ANNO LXVI - N. 3 LUGLIO - SETTEMBRE 2014 


RASSEGNA 
AV V O C AT U R A 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 


COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino -
Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 

DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 

COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria 
Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano 
Varone. 

CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi 
Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria 
Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri Adele 
Quattrone - Pietro Vitullo. 

HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Paolo Canaparo, Federico Casu, Giuseppe 
Cerrone, Francesco Maria Ciaralli, Anna Collabolletta, Roberta Costanzi, Eugenio De Bonis, 
Carlo Deodato, Ettore Figliolia, Fabio Fraternali, Pietro Garofoli, Michele Gerardo, Paolo 
Grasso, Emanuele Grippaudo, Iolanda Luce, Fabrizio Urbani Neri. 

E-mail: 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829562 

ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................� 40,00 
UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 


Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico 
bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 
42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare 
la spedizione, codice fiscale del versante. 

I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo 

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 

Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


INDICE - SOMMARIO 


TEMI ISTITUZIONALI 

Michele Giuseppe Dipace, Audizione dell�Avvocato generale dello Stato 
avanti alla I^ Commissione della Camera dei Deputati, mercoled� 22 ottobre 
2014 ore 14: indagine conoscitiva nell�ambito dell�esame dei progetti 
di legge costituzionali in materia di revisione della parte seconda 
della Costituzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 

1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue 

Lorenzo D�Ascia, Note sui rapporti tra Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea e Costituzioni nazionali (C. giustizia, Sez. V, sent. 
11 settembre 2014, causa C-112/13). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

2.- I giudizi in corso della Corte di giustizia Ue 

Sergio Fiorentino, Libert� di stabilimento. Diritti fondamentali - Carta 
dei diritti fondamentali. Concorrenza - Intese, Causa C-497/12 . . . . . 
Fabrizio Urbani Neri, Fiscalit�. Principi, obiettivi e missioni dei Trattati, 
Causa C-349/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Libert� di stabilimento. Libera prestazione dei servizi, 
Causa C-463/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Fabrizio Urbani Neri, Libera circolazione delle merci. Unione doganale. 
Tariffa doganale comune, Causa C-546/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Anna Collabolletta, Agricoltura e pesca - Banane. Disposizioni finanziarie 
- Risorse proprie, Causa C-607/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Ambiente - Rifiuti, Causa C-653/13 . . . . . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Libert� di stabilimento, Causa C-657/13 . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Concorrenza - Intese - Aiuti concessi dagli Stati, 
Causa C-68/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Ravvicinamento delle legislazioni, Causa C-104/14 
Sergio Fiorentino, Propriet� intellettuale, industriale e commerciale Brevetti, 
Causa C-125/14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sergio Fiorentino, Paolo Grasso, Concorrenza - Aiuti concessi dagli 
Stati, Causa T-527/13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Pietro Garofoli, Reti transeuropee, Causa T-695/13 . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTENZIOSO NAZIONALE 

Emanuele Grippaudo, L�onere della prova nel mobbing (Cass. civ., Sez. 
lavoro, sent. 14 maggio 2014 n. 10424) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Michele Gerardo, Alla ricerca del termine per l�opposizione al decreto di 
liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze 
del C.T.U. (art. 15 D.L.vo 1� settembre 2011 n. 150) (Trib. Napoli, 
ord. 17 aprile 2014) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 1 
�� 7 
�� 21 
�� 37 
�� 43 
�� 67 
�� 72 
�� 80 
�� 92 
�� 96 
�� 106 
�� 115 
�� 121 
�� 140 
�� 153 
�� 173 


Francesco Maria Ciaralli, La giurisdizione in materia di contributi pubblici 
alle imprese (Cons. St., Ad. Pl., sent. 29 gennaio 2004 n. 6) . . . . . . 

Roberta Costanzi, Il dialogo partecipativo tra privato e p.A. nella fase 
di controllo successiva alla presentazione della segnalazione certificata 
di inizio attivit�: s.c.i.a. e preavviso di rigetto (T.a.r. Lombardia, Sez. II, 
sent. 3 aprile 2014 n. 880) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Iolanda Luce, L�affidamento di incarichi esterni da parte della pubblica 
amministrazione (T.a.r. Campania, Salerno, Sez. II, sent. 16 luglio 2014 

n. 1383). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 

Ettore Figliolia, Poteri di autotutela della p.A. negli appalti di infrastrutture 
strategiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Eugenio De Bonis, Il rimborso delle spese legali ex art. 18 D.l. 67/1997 
per esercizio di funzioni parlamentari (opinioni espresse ai sensi dell�art. 
68 Cost.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Ettore Figliolia, Gli istituti della transazione e dell�accordo bonario nella 
disciplina dei contratti pubblici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

Giuseppe Fiengo, E se cambiassimo strada sull�emergenza appalti? . . . 

Paolo Canaparo, La finanziaria light � ormai soltanto un lontano ricordo!? 
(Riflessioni in vista della prossima legge di stabilit� 2015) . . . . 

Fabio Fraternali, Green Public Procurement . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTRIBUTI DI DOTTRINA 

Carlo Deodato, Considerazioni sui poteri del Presidente del Consilgio dei 
ministri nell�attivit� normativa del Governo. L�evoluzione del ruolo del 
Premier nei Governi degli ultimi vent�anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Federico Casu, Giuseppe Cerrone, I limiti di ammissibilit� del referendum 
abrogativo: il caso delle Prefetture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 180 
�� 196 
�� 212 
�� 225 
�� 228 
�� 231 
�� 239 
�� 242 
�� 281 
�� 301 
�� 323 


TEMI ISTITUZIONALI 
RELAZIONE DELL�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO, 
MICHELE GIUSEPPE DIPACE 


1^ Commissione della Camera dei Deputati 

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) 

Audizione dell�Avvocato generale dello Stato avanti alla I^ Commissione, mercoled� 22 ottobre 
2014 ore 14: indagine conoscitiva nell�ambito dell�esame dei progetti di legge costituzionali 
in materia di revisione della parte seconda della Costituzione 

1. Premessa 

Il tema dei rapporti Stato-Regioni e, pertanto, delle modifiche al Titolo 
V della Costituzione che li regola � uno dei pi� complessi perch� attiene alla 
visione politica dell�ordinamento delle autonomie e del federalismo collegato 
alle complessit� che derivano dalla molteplicit� dei livelli di governo previsto 
dalla Costituzione. 

Come � stato affermato, i problemi principali posti dall�attuazione del Titolo 
V sono costituiti dall�incerto riparto delle competenze legislative tra Stato 
e Regioni, dal mancato raccordo tra funzioni legislative e amministrative e 
dalla mancanza di coordinamento con il sistema delle autonomie locali. 

Naturalmente, data la mia funzione istituzionale, il mio intervento riguarder� 
una breve esposizione del contenzioso tra Stato, Regioni e Province autonome 
dinanzi alla Corte Costituzionale in materia di impugnazioni in via 
principale di leggi regionali o di leggi statali ritenute invasive delle rispettive 
competenze statali o regionali e in materia di conflitti di attribuzione tra poteri 
statali, regionali e provinciali nell�emanazione di provvedimenti amministrativi. 

2. La tipologia e i dati numerici 

I ricorsi trattati dalla Corte Costituzionale sono essenzialmente: a) i ricorsi 
proposti dallo Stato con il patrocinio dell�Avvocatura Generale dello Stato nei 
confronti delle Regioni e le Province autonome, con riferimento sia ai ricorsi 


per impugnazione in via principale delle leggi regionali e provinciali sia ai 
conflitti di attribuzione; b) i ricorsi proposti dalle Regioni e dalle Province autonome 
nei confronti dello Stato, con riferimento sia ai ricorsi in via diretta 
avverso norme statali, sia ai conflitti di attribuzione. 

Nel 2013 lo Stato ha impugnato 64 leggi regionali e provinciali; nel 2014 
lo Stato ha impugnato 39 leggi regionali e provinciali, per un totale complessivo, 
negli anni 2013 e 2014 (fino al 21 ottobre 2014), di 103 atti. 

Nel 2013 Regioni e Province autonome hanno proposto 37 ricorsi contro 
leggi statali; nel 2014 (fino al 21 ottobre 2014) hanno proposto 44 ricorsi contro 
leggi statali, per un totale, nel biennio considerato, di 81 atti. 

Come � stato affermato nella relazione del Presidente della Corte sulla giurisprudenza 
costituzionale dell�anno 2013, il numero dei giudizi in via principale 
ha superato quello dei giudizi in via incidentale. Vi �, pertanto, una 
prevalenza, nel lavoro della Corte, del contenzioso Stato-Regioni, non sufficientemente 
prevenuto dalla composizione in sede politica delle controversie 
sulle rispettive competenze sia legislative che amministrative. 

Afferma la Corte che le norme contenute nel Titolo V rivelano ogni giorno 
la loro inadeguatezza con riferimento sia ai criteri di definizione delle materie 
sia agli strumenti di raccordo tra lo Stato centrale e gli enti territoriali. 

I dati numerici del contenzioso non sono, tuttavia, rilevanti solo da un 
punto di vista quantitativo, che pure ne rappresenta con immediatezza la consistenza, 
ma anche da un punto di vista qualitativo, perch� dall�esame delle 
materie nelle quali possono essere ricondotte le questioni sottoposte all�esame 
della Corte, si nota come quest�ultima abbia provveduto a delineare in termini 
chiari e definitivi le rispettive competenze dello Stato, delle Regioni e delle 
Province autonome nelle materie indicate nell�art. 117 Cost., senza omettere 
mai di sottolineare l�essenzialit� del ruolo del principio di leale collaborazione. 

La necessit� di fronteggiare la grave crisi della finanza pubblica nell�attuale 
congiuntura storica ha portato la Corte a ridurre progressivamente i margini 
di autonomia finanziaria delle Regioni e delle Province autonome, 
mostrando grande sensibilit� al contesto economico-finanziario e, quindi, ritenendo 
legittime le norme che incidevano, anche in modo significativo, sulle 
leggi di spesa delle Regioni e delle Province autonome (ad esempio, in tema 
di contenimento della spesa sanitaria o per il personale, anche con riferimento 
alla indispensabilit� del pubblico concorso per l�accesso ai pubblici uffici; sentenze 
n. 91/2012; 163/2011; 51/2013), soffermandosi sulla c.d. finanza pubblica 
allargata, evidenziando come il coordinamento della finanza pubblica 
attiene soprattutto al rispetto delle regole di convergenza e di stabilit� dei conti 
pubblici, regole provenienti sia dall�ordinamento comunitario che da quello 
nazionale, in particolare, dal c.d. patto di stabilit� interno (sentenze n. 36/2004; 
267/2006; 138/2013; 219/2013; 175/2014). 

Non va dimenticato che, a partire dall�esercizio finanziario 2014, la ma



TEMI ISTITUZIONALI

teria �armonizzazione dei bilanci pubblici� � stata ricompresa nel secondo e 
non pi� nel terzo comma dell�art. 117 Cost., con conseguente attribuzione 
della materia alla potest� legislativa dello Stato. 

Su altri temi, pure di rilevante impatto ordinamentale, la Corte Costituzionale 
ha delineato con chiarezza lo spazio della competenza statale, come 
in tema di istruzione, di ordinamento civile (materia di competenza esclusiva 
del legislatore statale, ad eccezione delle sole disposizioni di tipo meramente 
organizzativo o contabile; sentenze n. 401/2007; sentenza n. 137/2013) e di 
governo del territorio; riconoscendo, inoltre, alla competenza statale il potere 
di individuare il punto di equilibrio in una determinata materia, come l�ambiente, 
restando alla competenza regionale solo il potere di incrementarne la 
tutela (la sentenza n. 58/2013 ha ribadito il principio secondo il quale � consentito 
alla legge regionale incrementare gli standard di tutela dell�ambiente, 
quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della Regione 
e non compromette un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente 
individuato dalla norma dello Stato; sentenze n. 66/2012; n. 225/2009; 

n. 398/2006, n. 407/2002). 

3. Il nuovo testo dell�art. 117 Costituzione 

Come sottolineato anche nei precedenti interventi, la riforma del Titolo 
V ha ricondotto allo Stato alcune competenze fondamentali (coordinamento 
della finanza pubblica del sistema tributario, energia, opere pubbliche di interesse 
nazionale ecc.), seguendo le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza 
della Corte Costituzionale; ha eliminato opportunamente le competenze di legislazione 
concorrente, fonti del notevole contenzioso prima indicato, aumentando 
le competenze �proprie� sia dello Stato sia delle Regioni, ma ha 
opportunamente introdotto una �clausola di supremazia� della legge statale 
sulle leggi regionali; ha previsto la possibilit� di deleghe al legislatore regionale 
e ha eliminato l�ultimo comma dell�art. 116. 

Su tale impostazione non si pu� che dare un giudizio positivo perch� mira 
a chiarire situazioni giuridiche incerte e, perci�, a far diminuire il contenzioso. 

Sarebbe in ogni caso opportuno ancor pi� individuare con chiarezza le materie 
nelle quali lo Stato fissa le norme generali che, poi, vanno specificate da 
parte delle Regioni e delle province autonome (salute, istruzione, turismo, sport). 

4. Il ruolo dell�Avvocatura dello Stato 

Una, seppur breve, illustrazione del ruolo dell�Avvocatura dello Stato 
nella difesa dello Stato non pu� prescindere, innanzitutto da un succinto riepilogo 
delle modalit� di trattazione del contenzioso, che nasce dalla delibera del 
Consiglio dei Ministri e dalla sua vincolativit� quanto alle norme da censurare 
e ai parametri costituzionali di riferimento, perch�, in base alla giurisprudenza 
ormai consolidata della Corte Costituzionale, la deliberazione del Consiglio 


dei Ministri e l�allegata relazione del Dipartimento per gli Affari Regionali devono 
necessariamente indicare le specifiche disposizioni che il Governo ritiene 
di impugnare costituendone �il pertinente presupposto giuridico�. 

La delibera del Consiglio dei Ministri � �il fulcro della politica regionale del 
Governo�, quale espressione della determinazione politica del Governo stesso. 

La proposizione del ricorso ex art. 127 Cost. � espressione della funzione 
di visione d�insieme dell�Avvocatura dello Stato, che, se non pu� modificare 
i parametri normativi di riferimento indicati nella delibera del Consiglio dei 
Ministri, pu�, tuttavia, assicurare il collocamento della singola questione nel 
quadro di insieme e valutarla nell�ottica dei principi costituzionali delineati 
dalla Corte (ambito della difesa tecnica). 

La trasmissione da parte dell�Avvocatura dello Stato delle sentenze della 
Corte Costituzionale in materia al Dipartimento Affari regionali e al DAGL 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri � corredata da una nota di accompagnamento 
esplicativa, che serve, soprattutto, a segnalare orientamenti giurisprudenziali 
particolarmente significativi e/o che si vanno consolidando, per 
orientare l�attivit� delle Amministrazioni statali in senso conforme alle statuizioni 
della Corte e ovviare alle criticit� applicative. 

Si deve, peraltro, evidenziare alcune criticit� riscontrate nella pratica attuazione 
della difesa: alle volte, nonostante la piena collaborazione del Dipartimento 
per gli Affari regionali, l�Avvocatura dello Stato riceve la 
determinazione di impugnazione a ridosso della scadenza del termine per proporre 
le impugnazioni di leggi o statuti regionali o provinciali, che meriterebbero, 
invece, maggiori approfondimenti per scongiurare anche i possibili rischi 
di inammissibilit� delle impugnazioni stesse e ponderare meglio la valutazione 
della loro opportunit�. 

A ci� si potrebbe ovviare con la previsione di un filtro preventivo della 
stessa Avvocatura dello Stato, nell�ottica della leale collaborazione, che possa 
servire a segnalare con tempestivit� e, quindi, anche in funzione deflattiva del 
contenzioso costituzionale, le criticit� di livello costituzionale della legislazione 
regionale e delle Province autonome, anche tenendo conto dei principi 
che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha affermato nelle relative 
materie trattate. 

5. Le prospettive per il futuro 

Una pi� chiara delimitazione e individuazione delle competenze legislative 
dello Stato e delle Regioni avr� un benefico influsso al fine di ridurre il 
contenzioso e, comunque, sar� utile per superare le antinomie normative, rendendo 
anche pi� funzionale l�attivit� delle Regioni e delle Citt� metropolitane 
e delle Province autonome. 

In questa ottica il ruolo dell�Avvocatura sar� fondamentale sia, nella fase 
contenziosa per assicurare l�unitariet� della difesa innanzi alla Corte, contri



TEMI ISTITUZIONALI

buendo cos� alla elaborazione della giurisprudenza in materia; sia, nella fase 
consultiva, anche al fine di prevenire l�instaurazione dei giudizi di costituzionalit� 
e di assicurare l�applicazione dei principi delineati dalla Corte. 

L�Avvocatura dello Stato potrebbe, comunque, fornire un contributo fondamentale 
anche nella fase preventiva all�instaurazione del contenzioso, attraverso 
l�interlocuzione non solo con il Dipartimento per gli Affari Regionali 
e con il DAGL della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma anche direttamente 
con le Regioni in modo da raffreddare il conflitto, quando � possibile, 
attraverso il suggerimento di eventuali modifiche della legge regionale sospettata 
di illegittimit� costituzionale, senza, ovviamente, intervenire sulle decisioni 
politiche di tali enti. 

Non va sottaciuto che, con una certa frequenza, alla proposizione del ricorso 
ex art. 127 Cost., segue l�adozione - da parte della Regione interessata di 
una modifica normativa che riconduce nell�alveo della legittimit� costituzionale 
la norma regionale originariamente impugnata, con conseguente estinzione 
del giudizio di costituzionalit�, una volta perfezionate la rinuncia al ricorso e 
l�accettazione della stessa. Con ci� si ottengono due risultati positivi: la riduzione 
del contenzioso costituzionale e la uniformit� della normativa regionale. 

Si potrebbe, quindi, anche valutare l�opportunit� di demandare al legislatore 
ordinario la procedimentalizzazione di tale importante funzione di esame 
preventivo che dovrebbe superare le previsioni della legge c.d. La Loggia, rimaste 
di fatto pressoch� inattuate. 

Si potrebbe anche proporre una modifica dell�art. 120 Cost., aggiungendo 
all�ultimo comma le seguenti parole: � la legge definisce, altres�, le procedure 
atte a prevenire la proposizione della questione di legittimit� costituzionale ai 
sensi dell�art. 127 Cost. nel rispetto del principio di leale collaborazione�. 

Non si pu�, tuttavia, non escludere che, almeno nella prima fase applicativa 
del nuovo riparto, possa aumentare il numero dei ricorsi proposti, specie 
in considerazione della eliminazione delle materie di competenza concorrente 
e della introduzione di numerose ipotesi di riserva statale limitata alle disposizioni 
generali o di principio (a ci� si aggiunga che il nuovo testo costituzionale 
non risolve il problema del contrasto tra la legge statale in materia di 
riserva esclusiva e gli statuti speciali). 

In proposito, appare condivisibile l�opinione di chi propugna l�eliminazione 
della previsione di residualit� della competenza regionale in caso di silenzio 
della Costituzione su alcune materie di cui al terzo comma dell�art. 117 
Cost. e, cio�, della frase �nonch� in ogni materia non espressamente riservata 
alla competenza esclusiva dello Stato�. 

In conclusione, si ribadisce il giudizio positivo sul nuovo testo dell�art. 
117 Cost. con l�auspicio che dalla chiarezza del riparto di competenze discenda 
una minore conflittualit� con le Regioni e le Province autonome. 


LE DECISIONI DELLA 
CORTE DI GIUSTIZIA UE 
Note sui rapporti tra Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione Europea e Costituzioni nazionali 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA, SENTENZA 11 SETTEMBRE 2014, CAUSA C-112/13 

Lorenzo D�Ascia* 

La posta in gioco nella causa pregiudiziale sollevata dalla Corte di Cassazione 
austriaca (nella quale la norma nazionale risultava contraria sia a un 
principio della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione Europea che alla Costituzione 
austriaca) era quella di verificare se l�attribuzione al giudice nazionale 
del compito di dare applicazione diretta e diffusa della normativa 
comunitaria, disapplicando sempre quella interna ad essa contraria, sia compatibile 
con i meccanismi costituzionali interni che invece non consentono al 
giudice ordinario di disapplicare una norma incostituzionale, essendo la competenza 
accentrata in capo alla Corte Costituzionale. 

Al centro di una contesa tra giudice costituzionale e Corte di Cassazione 
austriaci � il tema, che interessa altri Stati membri, delle modalit� di disapplicazione 
del diritto nazionale contrario ai principi della Carta, nei casi in cui 
questi coincidano con norme costituzionali interne, e della conformit� con il 
diritto dell�Unione - in particolare con l�art. 267, TFUE - di sistemi nazionali 
di sindacato accentrato dinanzi alla Corte Costituzionale. 

La Corte di Giustizia, che, non sembra operare esplicitamente alcun distinguo 
tra norme di diretta applicazione e principi generali contenuti nella 
Carta, nonostante la previsione dell�art. 52, par. 5, Carta, ritiene ammissibile 
una normativa interna che preveda un procedimento incidentale dinanzi alla 
Corte Costituzionale finalizzato a determinare l�annullamento generalizzato 
della norma incostituzionale (oltre che contraria a un principio della Carta), 

(*) Avvocato dello Stato. 


purch� siano salvaguardate alcune garanzie di effettivit� del diritto dell�Unione. 

In particolare al giudice nazionale, obbligato dal diritto interno a sollevare 
dinanzi alla Corte Costituzionale questione di legittimit� costituzionale, ove 
non sia possibile una interpretazione della legge conforme ai principi contenuti 
nella Costituzione, deve essere sempre riconosciuta la possibilit�: 

a) di sollevare in qualunque momento questione pregiudiziale dinanzi 
alla Corte di Giustizia, sia prima della rimessione alla Corte Costituzionale, 
che dopo la sua decisione; 

b) di adottare misure cautelari provvisorie a tutela del diritto ritenuto leso 
dalla legge nazionale; 

c) di disapplicare, anche dopo il sindacato accentrato della Corte Costituzionale 
(e a prescindere dal suo esito), la legge nazionale ritenuta contraria 
al diritto dell�Unione. 

L�intervento del Governo italiano, di cui si riporta un estratto in calce alla 
sentenza, ha messo in risalto come, ai fini dell�applicazione dei principi della 
sentenza Simmenthal, ferma restando la primazia del diritto dell�Unione, la 
scelta del legislatore nazionale di predisporre un sistema di sindacato accentrato 
non sia di per s� illegittima, a condizione che sia assicurata al giudice 
adito la facolt� di sollevare la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia anche 
in alternativa alla remissione della questione di costituzionalit� -. 

La decisione in commento ritiene che il meccanismo del sindacato accentrato, 
volto a perseguire la finalit� di assicurare una rimozione definitiva e 
generalizzata della norma allorch� sia in contrasto non solo con i principi della 
Carta, ma anche con la Costituzione, non sia di per s� lesivo della primazia 
del diritto dell�Unione. 

La possibilit� di rimettere in ogni momento la questione alla Corte di Giustizia, 
gi� affermata nella sentenza Melki-Abdeli del 22 giugno 2010 (cause 
riunite C-188 e 189/10), non pare creare problemi di coordinamento con l�ordinamento 
nazionale. 

Vi � tuttavia un rischio di cortocircuito rispetto agli equilibri costituzionali 
interni, nei casi in cui il giudice ordinario, dopo una pronuncia della Corte Costituzionale 
di infondatezza della questione di legittimit� costituzionale, ritenga 
ugualmente di disapplicare la legge nazionale, in quanto contraria, a suo avviso, 
al principio sancito dalla Carta. 

Secondo la Corte di Giustizia il potere di disapplicazione diffusa deve essere 
sempre garantito al giudice ordinario, che � anche giudice �europeo�. 

Si potrebbe verificare cos� un contrasto diretto tra Corte Costituzionale e 
giudice ordinario, il quale, ancorch� obbligato dal diritto interno a sollevare 
la questione di costituzionalit�, potrebbe poi non tener conto della decisione 
di rigetto della Corte Costituzionale e disapplicare ugualmente la norma, anche 
senza la mediazione di una pronuncia della Corte di Giustizia. 

La norma interna che stabilisce il sindacato accentrato della Corte Costi



tuzionale e il concetto di �rilevanza� alla base della disciplina di detto sindacato 
accentrato potrebbero essere, nella sostanza, svuotati di contenuto, con 
portata amplissima vista l�estensione dei principi generali sanciti dalla Carta 
(e la loro sovrapposizione con gran parte dei principi della Costituzione). 

Il giudice interno che intenda disapplicare una norma contraria alla Costituzione, 
oltre che contraria ai principi della Carta, sarebbe sempre tenuto a 
rimettere la questione alla Corte Costituzionale, ma, una volta concluso negativamente 
il relativo procedimento incidentale, potrebbe disapplicarla contro 
l�avviso della Corte Costituzionale. 

Capovolgendo l�angolo prospettico, le norme interne contrarie ai principi 
della Costituzione, ove questi siano riconducibili anche ai principi della Carta, 
sarebbero suscettibili di una disapplicazione diffusa ad opera dei giudici ordinari, 
che prescinderebbe dall�esito del sindacato accentrato. 

Il sindacato dei giudici costituzionali assumerebbe una pi� limitata finalit�: 
non pi� quella di esercitare una competenza accentrata esclusiva, ma solo quella 
di garantire la rimozione dall�ordinamento della norma incostituzionale. 

La Carta, occupando con i suoi principi gli spazi propri delle Costituzioni 
nazionali a tutela dei diritti fondamentali, e ad esse sovrapponendosi, finisce 
cos� per incidere sul riparto interno di competenze tra giudici ordinari e Corte 
Costituzionale, come sancito dalle Costituzioni di molti Stati dell�Unione. 

La soluzione data dalla Corte di Giustizia offre agli ordinamenti interni 
unicamente la possibilit� di consentire, oltre alla disapplicazione �diffusa� 
della norma contraria alla Carta, la sua rimozione definitiva ad opera del giudice 
costituzionale per esigenze di certezza del diritto. 

Non � invece riconosciuta la scelta del legislatore costituente di riservare 
alla competenza del solo giudice costituzionale la valutazione circa la contrariet� 
o meno della norma interna al principio generale, non di diretta applicazione, 
contenuto nella Costituzione, e previsto anche dalla Carta. 

Corte di giustizia dell�Unione europea, Quinta Sezione, sentenza 11 settembre 2014, nella 
causa C-112/13 -Pres. e Rel. T. von Danwitz, Avv. Gen. Y. Bot - Domanda di pronuncia pregiudiziale 
proposta dall�Oberster Gerichtshof (Austria) l�8 marzo 2013 � A / B e a. 

�Articolo 267 TFUE - Costituzione nazionale - Procedimento incidentale di controllo di legittimit� 
costituzionale obbligatorio - Esame della conformit� di una legge nazionale sia con 
il diritto dell�Unione sia con la Costituzione nazionale - Competenza giurisdizionale ed esecuzione 
delle decisioni in materia civile e commerciale - Mancanza di un domicilio o di una 
residenza conosciuti del convenuto sul territorio di uno Stato membro - Proroga di competenza 
in caso di comparizione del convenuto - Curatore del convenuto in absentia� 

[...] 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali 

15 Il 12 ottobre 2009, B e altri hanno presentato dinanzi al Landesgericht Wien (Tribunale 


di Vienna) un ricorso per risarcimento danni contro A, facendo valere che quest�ultimo 
aveva rapito i loro mariti o i loro padri in Kazakistan. 

16 Riguardo alla competenza dei giudici austriaci, B e altri hanno sostenuto che A aveva il 
proprio domicilio abituale nel distretto del giudice adito. 

17 Il Landesgericht Wien ha compiuto vari tentativi di notifica, dai quali � emerso che A 
non era pi� domiciliato agli indirizzi di notifica. Il 27 agosto 2010 detto giudice ha nominato 
per il convenuto, su richiesta di B e degli altri, un curatore in absentia (Abwesenheitskurator) 
ai sensi dell�articolo 116 della ZPO. 

18 Successivamente alla notifica dell�atto di citazione, tale curatore in absentia ha depositato un 
controricorso in cui concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e sollevando numerose eccezioni 
di merito, senza peraltro contestare la competenza internazionale dei giudici austriaci. 

19 Soltanto in seguito, uno studio legale al quale A aveva conferito mandato � intervenuto in 
giudizio per conto di quest�ultimo e ha contestato la competenza internazionale dei giudici 
austriaci. A tal riguardo, esso ha dedotto che l�intervento del curatore del convenuto in absentia 
non poteva fondare la competenza internazionale dei giudizi austriaci dato che lo 
stesso curatore non aveva avuto alcun contatto con A e non conosceva i fatti avvenuti in 
Kazakistan. Quanto al suo domicilio, A ha affermato di avere definitivamente lasciato l�Austria 
prima della proposizione del ricorso nei suoi confronti. Adducendo una minaccia per 
la sua vita, egli non ha fornito al suddetto giudice informazioni sul suo domicilio, ma ha 
chiesto di effettuare in futuro qualsiasi notifica allo studio legale mandatario. 

20 Il Landesgericht Wien ha dichiarato la propria incompetenza internazionale e ha respinto 
il ricorso, con la motivazione che A era domiciliato nel territorio della Repubblica di 
Malta e che la comparizione del curatore in absentia non valeva quale comparizione ai 
sensi dell�articolo 24 del regolamento n. 44/2001. 

21 L�Oberlandesgericht Wien (Corte d�appello di Vienna) ha accolto l�appello proposto da 
B e altri avverso la suddetta decisione e ha respinto l�eccezione di incompetenza internazionale. 
A suo giudizio, i giudici nazionali erano obbligati a verificare la propria competenza 
internazionale, ai sensi dell�articolo 26 del regolamento n. 44/2001, soltanto in caso 
di mancata comparizione del convenuto. Orbene, nel diritto austriaco, gli atti processuali 
del curatore del convenuto in absentia, tenuto a preservare gli interessi di tale convenuto, 
produrrebbero gli stessi effetti giuridici dell�atto di un mandatario convenzionale. 

22 Dinanzi all�Oberster Gerichtshof, adito con ricorso per �Revision�, A ha fatto valere una 
violazione dei propri diritti della difesa sanciti all�articolo 6 della Convenzione europea 
per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, firmata a Roma il 4 
novembre 1950 (in prosieguo: la �CEDU), e all�articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea (in prosieguo: la �Carta�). Per contro, B e altri hanno sostenuto 
che tali disposizioni della CEDU e della Carta garantiscono anche il loro diritto 
fondamentale a un ricorso effettivo, imponendo la nomina di un curatore del convenuto 
in absentia ai sensi dell�articolo 116 della ZPO. 

23 Secondo le indicazioni dell�Oberster Gerichtshof, A aveva, al momento della proposizione 
del ricorso, un domicilio a Malta. Dato che il curatore in absentia, nominato per A, non 
aveva contestato la competenza internazionale dei giudici austriaci, sorgerebbe la questione 
se il controricorso depositato da detto curatore fosse imputabile ad A e valesse 
quale �comparizione� del medesimo ai sensi dell�articolo 24 del regolamento n. 44/2001. 
A tal riguardo, l�Oberster Gerichtshof rileva che l�ampio potere di rappresentanza del curatore 
del convenuto in absentia, di cui all�articolo 116 della ZPO, pu� essere considerato, 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 11 

allo stesso tempo, come necessario per garantire il diritto fondamentale di B e altri a un 
ricorso effettivo e come incompatibile con il diritto fondamentale di A al contraddittorio. 

24 In tale contesto, il giudice del rinvio rileva che, secondo una giurisprudenza costante, 
esso disapplica caso per caso le disposizioni di legge in contrasto con il diritto dell�Unione 
sulla base del principio del primato di quest�ultimo. Orbene, in una decisione del 14 marzo 
2012, U 466/11, il Verfassungsgerichtshof si sarebbe discostato da tale giurisprudenza 
affermando che il suo controllo di costituzionalit� delle leggi nazionali, nell�ambito del 
procedimento di controllo generale delle leggi (�Verfahren der generellen Normenkontrolle
�) ai sensi dell�articolo 140 B-VG, dovrebbe essere esteso alle disposizioni della 
Carta. Infatti, nell�ambito del suddetto procedimento, i diritti sanciti dalla CEDU potrebbero 
essere fatti valere al suo cospetto in quanto diritti di rango costituzionale. Quindi, 
secondo il Verfassungsgerichtshof, il principio di equivalenza, quale risultante dalla giurisprudenza 
della Corte, imporrebbe che detto controllo generale delle leggi verta anche 
sui diritti garantiti dalla Carta. 

25 Secondo l�Oberster Gerichtshof, tale decisione ha come conseguenza che i giudici austriaci 
non possono disapplicare di propria iniziativa una legge contraria alla Carta, ma 
sono tenuti a presentare al Verfassungsgerichtshof una domanda di annullamento erga 
omnes di detta legge, �ferma restando la possibilit� di adire la Corte in via pregiudiziale�. 
Inoltre, il Verfassungsgerichtshof avrebbe dichiarato che, quando un diritto garantito dalla 
Costituzione e uno fondato sulla Carta hanno lo stesso ambito di applicazione, non sussiste 
alcun obbligo di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte ai sensi dell�articolo 267 TFUE. 
In tal caso, l�interpretazione della Carta non sarebbe rilevante ai fini della decisione su 
una domanda di annullamento erga omnes di una legge, giacch� la decisione potrebbe 
fondarsi sui diritti garantiti dalla Costituzione austriaca. 

26 Il giudice del rinvio s�interroga sulla questione se il principio di equivalenza esiga di estendere 
la portata del ricorso incidentale di incostituzionalit� ai diritti garantiti dalla Carta, in 
quanto tale ricorso prolungherebbe la durata del procedimento e ne aumenterebbe i costi. 
Si potrebbe conseguire l�obiettivo di una correzione generale del diritto annullando la legge 
contraria alla Carta anche dopo la conclusione del procedimento. Inoltre, la circostanza 
che un diritto garantito dalla Costituzione austriaca e un diritto sancito dalla Carta abbiano 
lo stesso ambito di applicazione non potrebbe dispensare dall�obbligo di rinvio pregiudiziale. 
Non si potrebbe escludere che l�interpretazione di detto diritto fondamentale da parte 
del Verfassungsgerichtshof si discosti da quella della Corte e, pertanto, che la decisione di 
quest�ultimo sia in contrasto con gli obblighi derivanti dal regolamento n. 44/2001. 

27 Alla luce di queste considerazioni, l�Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento 
e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se si debba dedurre dal �principio di equivalenza� previsto nell�ordinamento giuridico 
europeo, nell�applicazione del diritto dell�Unione europea a un sistema di procedura nel 
quale i giudici ordinari chiamati a decidere nel merito devono s� verificare anche l�anticostituzionalit� 
di talune disposizioni, ma non godono della facolt� di abrogazione generalizzata 
delle leggi, riservata ad una Corte costituzionale organizzata secondo previste modalit�, 
che detti giudici ordinari, qualora una legge violi l�articolo 47 della [Carta], devono durante 
il procedimento altres� adire la Corte costituzionale per ottenere l�abrogazione generalizzata 
di tale legge e non possono limitarsi a disapplicarne le disposizioni nel caso concreto. 
2) Se l�articolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione 
procedurale ai sensi della quale un giudice non competente a livello internazionale 


nomina per una parte, nell�impossibilit� di accertarne la residenza, un curatore in absentia, 
il quale con la sua comparizione in giudizio � in grado di determinare in maniera vincolante 
la competenza internazionale. 
3) Se l�articolo 24 del regolamento [n. 44/2001] debba essere interpretato nel senso che 
sussiste una �comparizione del convenuto� ai sensi di tale disposizione solo se il relativo 
atto processuale � stato compiuto dal convenuto stesso o da un rappresentante legale cui 
egli abbia conferito procura, oppure se essa sia valida senza limitazioni anche nel caso di 
un curatore nominato in conformit� della legislazione dello Stato membro interessato�. 

Sulle questioni pregiudiziali 

Sulla prima questione 

28 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se il diritto del-
l�Unione, in particolare l�articolo 267 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso 
osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ai 
sensi della quale i giudici ordinari d�appello o di ultima istanza, qualora ritengano che una 
legge nazionale sia contraria all�articolo 47 della Carta, sono obbligati ad adire, durante il 
procedimento al loro cospetto, la Corte costituzionale con una domanda di annullamento 
con efficacia erga omnes della legge, senza limitarsi a disapplicarla nel caso di specie. 

29 Anche se il giudice del rinvio si riferisce, nell�ambito della prima questione, unicamente 
al principio di equivalenza, in ragione della giurisprudenza del Verfassungsgerichtshof 
che ha fondato su tale principio l�obbligo di sottoporgli una domanda di annullamento 
con efficacia erga omnes di qualsiasi legge contraria alla Carta, dalla motivazione della 
decisione di rinvio emerge che il suddetto giudice si interroga, in particolare, sulla conformit� 
di tale giurisprudenza agli obblighi dei giudici ordinari ai sensi dell�articolo 267 
TFUE e al principio del primato del diritto dell�Unione. 

30 A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo la giurisprudenza del Verfassungsgerichtshof 
citata al punto 24 della presente sentenza, i giudici ordinari d�appello o 
di ultima istanza sono tenuti ad adire il suddetto Verfassungsgerichtshof, qualora ritengano 
che una legge nazionale sia contraria alla Carta, in applicazione della procedura di annullamento 
con efficacia erga omnes delle leggi ai sensi degli articoli 89 e 140 B.VG. 
Dato che una tale domanda di annullamento con efficacia erga omnes delle leggi deve 
intervenire nell�ambito del procedimento in corso dinanzi a tali giudici ordinari, il giudice 
del rinvio considera che questi ultimi non possono statuire direttamente sulla controversia 
loro sottoposta disapplicando una legge che ritengano contraria alla Carta. 

31 Per quanto riguarda, inoltre, le conseguenze di tale giurisprudenza costituzionale sugli 
obblighi derivanti dall�articolo 267 TFUE, il giudice del rinvio si limita ad osservare che 
l�obbligo di sottoporre al Verfassungsgerichtshof qualsiasi legge contraria alla Carta non 
pregiudica la facolt� di adire la Corte in via pregiudiziale, senza tuttavia precisare se tale 
facolt� sia soggetta a condizioni. 

32 Risulta tuttavia dal fascicolo di cui dispone la Corte, nel quale figura la decisione del Verfassungsgerichtshof 
citata al punto 24 della presente sentenza, che l�obbligo di sottoporre 
a quest�ultimo una tale domanda di annullamento erga omnes delle leggi non pregiudica 
la facolt� dei giudici ordinari di deferire alla Corte, secondo la statuizione del Verfassungsgerichtshof 
tratta dalla giurisprudenza della Corte nella sentenza Melki e Abdeli 
(C.188/10 e C.189/10, EU:C:2010:363, punto 57), in qualunque fase del procedimento 
ritengano appropriata, e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo 
della costituzionalit�, qualsiasi questione pregiudiziale giudichino necessaria, di adottare 


qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria e di disapplicare, 
al termine del procedimento incidentale, una disposizione legislativa nazionale 
contraria al diritto dell�Unione. A tal riguardo, il Verfassungsgerichtshof ritiene importante, 
come risulta dal punto 42 della sua decisione, che la Corte non sia privata della 
possibilit� di procedere al controllo della validit� del diritto derivato dell�Unione in rapporto 
al diritto primario ed alla Carta. 

33 � alla luce di tali circostanze che occorre rispondere alla prima questione. 

34 Si deve in proposito ricordare che l�articolo 267 TFUE attribuisce alla Corte la competenza 
a pronunciarsi, in via pregiudiziale, tanto sull�interpretazione dei trattati e degli atti 
compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell�Unione, quanto sulla validit� 
di tali atti. Detto articolo dispone, al suo secondo comma, che un organo giurisdizionale 
nazionale pu� sottoporre alla Corte siffatte questioni qualora reputi necessaria, per emanare 
la sua sentenza, una decisione su tale punto, e, al suo terzo comma, che tale organo 
giurisdizionale � tenuto a farlo se avverso le sue decisioni non possa proporsi un ricorso 
giurisdizionale di diritto interno. 

35 Ne consegue, in primo luogo, che, anche se potrebbe essere vantaggioso, secondo le circostanze, 
che i fatti di causa siano acclarati e che i problemi di puro diritto nazionale siano 
risolti al momento del rinvio alla Corte (v. sentenze Irish Creamery Milk Suppliers Association 
e a., 36/80 e 71/80, EU:C:1981:62, punto 6; Meilicke, C.83/91, EU:C:1992:332, 
punto 26, nonch� J�mO, C.236/98, EU:C:2000:173, punto 31), gli organi giurisdizionali 
nazionali godono della pi� ampia facolt� di adire la Corte se ritengono che, nell�ambito di 
una controversia al loro cospetto, siano sorte questioni, essenziali per la pronuncia nel merito, 
che richiedano un�interpretazione o un accertamento della validit� delle disposizioni 
del diritto dell�Unione (v., in particolare, sentenze Rheinm�hlen-D�sseldorf, 166/73, 
EU:C:1974:3, punto 3; Mecanarte, C.348/89, EU:C:1991:278, punto 44, Cartesio, 
C.210/06, EU:C:2008:723, punto 88, nonch� Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 41). 

36 In secondo luogo, la Corte ha gi� dichiarato che il giudice nazionale incaricato di applicare, 
nell�ambito della propria competenza, le norme del diritto dell�Unione ha l�obbligo di garantire 
la piena efficacia di tali norme, disapplicando all�occorrenza, di propria iniziativa, 
qualsiasi disposizione nazionale contrastante, anche posteriore, senza doverne chiedere o 
attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale 
(v., in particolare, sentenze Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punti 21 e 24; 
Filipiak, C.314/08, EU:C:2009:719, punto 81; Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 43 e 
giurisprudenza ivi citata, nonch� �kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 45). 

37 Infatti, sarebbe incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto del-
l�Unione qualsiasi disposizione di un ordinamento giuridico nazionale o qualsiasi prassi, 
legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta 
efficacia del diritto dell�Unione per il fatto di negare al giudice competente ad applicare 
questo diritto il potere di compiere, all�atto stesso di tale applicazione, tutto quanto � necessario 
per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino 
alla piena efficacia delle norme dell�Unione (v. sentenze Simmenthal, EU:C:1978:49, 
punto 22; Factortame e a., C.213/89, EU:C:1990:257, punto 20, nonch� �kerberg Fransson, 
EU:C:2013:105, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). � quanto accadrebbe qualora, 
in caso di conflitto tra una disposizione di diritto dell�Unione ed una legge nazionale, la 
soluzione di questo conflitto fosse riservata ad un organo diverso dal giudice cui � affidato 
il compito di garantire l�applicazione del diritto dell�Unione e dotato di un autonomo po



tere di valutazione, anche se l�ostacolo in tal modo frapposto alla piena efficacia di tale 
diritto fosse soltanto temporaneo (v. sentenze Simmenthal, EU:C:1978:49, punto 23, nonch� 
Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 44). 

38 In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale investito di una controversia 
concernente il diritto dell�Unione, il quale consideri che una norma nazionale non 
solo � contraria al diritto dell�Unione, ma � anche inficiata da vizi di incostituzionalit�, 
non � privato della facolt� n� dispensato dall�obbligo, di cui all�articolo 267 TFUE, di 
sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative all�interpretazione o alla validit� del 
diritto dell�Unione per il solo fatto che la constatazione dell�incostituzionalit� di una 
norma di diritto interno sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale. 
Infatti, l�efficacia del diritto dell�Unione rischierebbe di essere compromessa se un 
obbligo di ricorso alla Corte costituzionale potesse impedire al giudice nazionale, al quale 
� stata sottoposta una controversia regolata dal diritto dell�Unione, di esercitare la facolt�, 
attribuitagli dall�articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte di giustizia le questioni vertenti 
sull�interpretazione o sulla validit� del diritto dell�Unione, al fine di stabilire se una 
norma nazionale sia o meno compatibile con quest�ultimo (sentenza Melki e Abdeli, 
EU:C:2010:363, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). 

39 In considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 35 a 38 della presente sentenza, 
il funzionamento del sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici 
nazionali instaurato dall�articolo 267 TFUE e il principio del primato del diritto del-
l�Unione necessitano che il giudice nazionale sia libero di adire, in ogni fase del procedimento 
che reputi appropriata, e finanche al termine di un procedimento incidentale di 
legittimit� costituzionale, la Corte di giustizia con qualsiasi questione pregiudiziale ritenga 
necessaria (v., in tal senso, sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punti 51 e 52). 

40 Inoltre, qualora il diritto nazionale preveda l�obbligo di avviare un procedimento incidentale 
di controllo costituzionale generalizzato delle leggi, il funzionamento del sistema instaurato 
dall�articolo 267 TFUE esige che il giudice nazionale sia libero, da un lato, di adottare qualsiasi 
misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti 
dall�ordinamento giuridico dell�Unione e, dall�altro, di disapplicare, al termine di siffatto 
procedimento incidentale, una disposizione legislativa nazionale che esso ritenga contraria 
al diritto dell�Unione (v. sentenza Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 53). 

41 Infine, per quanto concerne l�applicabilit� in parallelo dei diritti fondamentali garantiti da 
una Costituzione nazionale nonch� di quelli garantiti dalla Carta a una legge nazionale attuativa 
del diritto dell�Unione ai sensi dell�articolo 51, paragrafo 1, di quest�ultima, occorre 
rilevare che il carattere prioritario di un procedimento incidentale di controllo della costituzionalit� 
di una legge nazionale il cui contenuto si limiti a trasporre le disposizioni imperative 
di una direttiva dell�Unione non pu� pregiudicare la competenza esclusiva della Corte di 
giustizia a dichiarare l�invalidit� di un atto dell�Unione, e segnatamente di una direttiva, competenza 
che ha per oggetto di garantire la certezza del diritto assicurando l�applicazione uniforme 
del diritto dell�Unione (v., in tal senso, sentenze Foto-Frost, 314/85, EU:C:1987:452, 
punti da 15 a 20; IATA e ELFAA, C.344/04, EU:C:2006:10, punto 27; Lucchini, C.119/05, 
EU:C:2007:434, punto 53, nonch� Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 54). 

42 Infatti, laddove il carattere prioritario di un procedimento incidentale di controllo della 
legittimit� costituzionale portasse all�abrogazione di una legge nazionale che si limiti a 
recepire le disposizioni imperative di una direttiva dell�Unione, a causa della contrariet� 
di detta legge alla Costituzione nazionale, la Corte potrebbe di fatto essere privata della 


possibilit� di procedere, su domanda dei giudici del merito dello Stato membro interessato, 
al controllo della validit� di detta direttiva rispetto agli stessi motivi relativi alle esigenze 
del diritto primario, segnatamente dei diritti riconosciuti dalla Carta, alla quale 
l�articolo 6 TUE conferisce lo stesso valore giuridico che riconosce ai Trattati (sentenza 
Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 55). 

43 Prima di poter effettuare il controllo incidentale di costituzionalit� di una legge il cui contenuto 
si limiti a trasporre le disposizioni imperative di una direttiva dell�Unione alla luce 
degli stessi motivi che mettono in discussione la validit� di tale direttiva, gli organi giurisdizionali 
nazionali avverso le cui decisioni non possono essere proposti ricorsi giurisdizionali 
di diritto interno sono, in linea di principio, tenuti, in forza dell�articolo 267, 
terzo comma, TFUE, a chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla validit� di 
detta direttiva e, successivamente, a trarre le conseguenze derivanti dalla sentenza pronunciata 
dalla Corte a titolo pregiudiziale, a meno che il giudice che d� avvio al controllo 
incidentale di costituzionalit� non abbia esso stesso adito la Corte di giustizia con tale 
questione in forza del secondo comma del suddetto articolo. Infatti, nel caso di una legge 
nazionale di trasposizione avente un simile contenuto, la questione se la direttiva sia valida 
riveste, alla luce dell�obbligo di trasposizione della medesima, carattere preliminare (sentenza 
Melki e Abdeli, EU:C:2010:363, punto 56). 

44 Peraltro, quando il diritto dell�Unione riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalit� 
nell�attuazione di un atto di diritto dell�Unione, resta consentito alle autorit� e 
ai giudici nazionali assicurare il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione 
nazionale, purch� l�applicazione degli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali 
non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla 
Corte, n� il primato, l�unit� e l�effettivit� del diritto dell�Unione (v., in tal senso, sentenza 
Melloni, C.399/11, EU:C:2013:107, punto 60). 

45 Per quanto riguarda il principio di equivalenza richiamato dal giudice del rinvio nella sua 
domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve rilevare che, secondo detto principio, le modalit� 
procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza 
del diritto dell�Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi 
analoghi di natura interna (sentenze Transportes Urbanos y Servicios Generales, C.118/08, 
EU:C:2010:39, punto 33, nonch� Agrokonsulting-04, C.93/12, EU:C:2013:432, punto 36 
e giurisprudenza ivi citata). Orbene, l�osservanza del principio di equivalenza non pu� avere 
per effetto di dispensare i giudici nazionali, al momento dell�applicazione delle modalit� 
procedurali nazionali, dal rigoroso rispetto dei precetti derivanti dall�articolo 267 TFUE. 

46 Sulla scorta di quanto precede, alla prima questione occorre rispondere che il diritto del-
l�Unione, e in particolare l�articolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso 
osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, 
in forza della quale i giudici ordinari d�appello o di ultima istanza, qualora ritengano che 
una legge nazionale sia contraria all�articolo 47 della Carta, sono obbligati ad adire, nel 
corso del procedimento, la Corte costituzionale con una domanda di annullamento erga 
omnes della legge, anzich� limitarsi a disapplicarla nel caso di specie, nei limiti in cui il 
carattere prioritario di siffatta procedura abbia per effetto di impedire a tali giudici ordinari 

� tanto prima della proposizione di una siffatta domanda al giudice nazionale competente 
per l�esercizio del controllo di costituzionalit� delle leggi, quanto, eventualmente, dopo la 
decisione di tale giudice sulla suddetta domanda � di esercitare la loro facolt� o di adempiere 
al loro obbligo di sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali. Per contro, il diritto 





dell�Unione, in particolare l�articolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso 
non osta a una siffatta normativa nazionale se i suddetti giudici ordinari restano liberi: 


� di sottoporre alla Corte, in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata, e 
finanche al termine del procedimento incidentale di controllo generale delle leggi, qualsiasi 
questione pregiudiziale a loro giudizio necessaria; 
� di adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria 
dei diritti conferiti dall�ordinamento giuridico dell�Unione, e 
� di disapplicare, al termine di un siffatto procedimento incidentale, la disposizione legislativa 
nazionale in questione ove la ritengano contraria al diritto dell�Unione. 
Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale possa essere interpretata 
conformemente a tali precetti del diritto dell�Unione. 


[...] 

***** 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del Governo della Repubblica Italiana, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

nella causa C-112/13 

Promossa, ai sensi dell�art. 267, TFUE, dall�Oberster Gerichtshof, con ordinanza del 17 dicembre 
2012, depositata l�8 marzo 2013. 
[...] 


II.2 sulla prima questione. 

13. La questione prospettata con il primo quesito involge il problema della ripartizione delle 
competenze tra Corte di Giustizia dell�Unione Europea e Corti Costituzionali nazionali. 
14. � inoltre in discussione la posizione, nelle fonti del diritto dell�Unione, della Carta dei diritti 
fondamentali dell�Unione Europea, alla luce dell�art. 6, par. 1, TUE, anche in relazione a 
quanto stabilito dagli artt. 51 e 52, della Carta stessa. 
15. L�art. 6 TUE attribuisce alla Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea �il valore 
giuridico dei Trattati�, al tempo stesso precisando che la Carta non estende �in alcun modo� 
le competenze dell�Unione definite nei Trattati. 
L�art. 51 della Carta stabilisce che le sue disposizioni si applicano: 


- alle istituzioni, organi e organismi dell�Unione nel rispetto del principio di sussidiariet�; 


-agli Stati membri �esclusivamente nell�attuazione del diritto dell�Unione�. 


16. Le prescrizioni della Carta hanno quindi valore giuridico dei Trattati ma un ambito di applicazione 
limitato alla sola attuazione del diritto dell�Unione, senza estensione delle competenze 
dell�Unione. 
17. L�art. 52 della Carta, al paragrafo 5, contiene l�ulteriore limitazione che le disposizioni 
della Carta che contengono principi possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini 
dell�interpretazione e del controllo della legalit� degli atti legislativi ed esecutivi adottati per 
darvi attuazione (1). 
18. Con il primo quesito l�Oberster Gerichtshof chiede di chiarire se il principio comunitario 
di equivalenza imponga agli Stati membri di assicurare un meccanismo diffuso e non accentrato 
di disapplicazione delle norme interne contrastanti con i principi della Carta (in particolare 
quelli di cui all�art. 47 della Carta di Nizza). 



19. La questione, come detto, riguarda la disciplina del curatore in absentia (ancorch� in relazione 
all�applicazione dell�art. 24, Regolamento n. 44/2001), prevista dall�ordinamento processuale 
civile austriaco, e la sua conformit� al principio dell�equo processo sancito dall�art. 
47, Carta dei diritti fondamentali dell�Unione Europea. 
20. L�Oberster Gerichtshof s�interroga se il sistema, come ricostruito dalla Corte Costituzionale 
austriaca (Verfassungsgerichtshof), del necessario controllo accentrato - presso la medesima 
Corte Costituzionale - della conformit� del diritto interno ai principi della Carta di Nizza 
sia rispettoso del principio di equivalenza, o se debba invece ritenersi possibile (e comunitariamente 
doveroso) un sindacato diffuso con disapplicazione diretta, caso per caso, da parte 
del giudice adito. 
21. Il Governo italiano ritiene che il principio di equivalenza non osti a un sistema costituzionale 
di annullamento accentrato, dinanzi alla Corte Costituzionale nazionale, dell�atto normativo 
interno contrario ai principi della Carta di Nizza e in generale contrario a norme del 
diritto dell�Unione non suscettibili di diretta applicazione. 
E ci� sulla base di due ordini di ragioni. 
22. In primo luogo, si osserva che l�invocato principio dell�equo processo (nel quale sia garantito 
e tutelato il diritto di difesa e di contraddittorio del convenuto), per la sua generalit� e la possibilit� 
di essere declinato con modalit� diverse in ciascun ordinamento nazionale, non pu� che 
rappresentare un principio generale della Carta e non una norma di diretta applicazione. 
23. Ai sensi dell�art. 52, par. 5 della Carta dei diritti fondamentali le disposizioni contenenti principi 
generali non sono direttamente invocabili dinanzi al giudice, se non al fine di costituire un parametro 
di interpretazione e un controllo di legalit� dell�atto interno adottato per darvi attuazione. 
24. Si tratta di una limitazione significativa introdotta nella Carta in sede di modificazione, allorquando 
alla stessa, con il Trattato di Lisbona, � stato riconosciuto il valore giuridico dei Trattati. 
25. La norma, nella sua formulazione letterale, sembra peraltro circoscrivere il controllo di legalit� 
ai soli atti interni adottati per dare attuazione al principio della Carta, e non anche, dunque, 
agli atti previgenti o comunque agli atti non adottati in funzione di attuazione del principio contenuto 
nella Carta e che non abbiano come base giuridica un principio della Carta. 
26. La previsione, in ordinamenti come quello austriaco, di un sindacato accentrato della Corte 
Costituzionale nazionale sulle disposizioni normative nazionali, volto a verificarne la conformit� 
alla Carta dei diritti fondamentali e, in caso negativo, a disporne l�annullamento e la rimozione, 
pare aderente a quanto sancito dall�art. 52, par. 5. 
27. La Corte di Giustizia, con riferimento alla CEDU, ha ritenuto che l�art. 6, TUE non disciplina 
il rapporto tra CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e non impone ai 
giudici nazionali degli Stati membri di applicare direttamente le disposizioni della Convenzione, 
disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa (Corte di Giustizia, 
24 aprile 2012, C-571/10, Kamberaj, nn. 62-63). 
28. Alla Carta dei diritti fondamentali dell�Unione, l�art. 6, TUE ha attribuito il valore giuridico 
dei Trattati. 


(1) L�art. 52, par. 5 cos� dispone: 

�Le disposizioni della presente Carta che contengono dei principi possono essere attuate da atti 
legislativi e esecutivi adottati da istituzioni, organi e organismi dell�Unione e da atti di Stati membri 
allorch� essi danno attuazione al diritto dell�Unione, nell�esercizio delle loro rispettive competenze. 
Esse possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell�interpretazione e del controllo di legalit� 
di detti atti�. 


29. La stessa Carta, per�, come detto, nella formulazione adottata all�esito delle modifiche 
intervenute con i lavori della seconda Convenzione, pone il limite secondo cui rispetto ai principi 
in essa contenuti non � prevista una diretta invocabilit� dinanzi ai giudici nazionali: � 
quindi ammesso un sistema costituzionale in forza del quale il giudice � tenuto a rimettere all�organo 
competente ad effettuare il controllo di legalit� delle leggi (come la Corte costituzionale) 
le questioni di conformit� del diritto nazionale al principio comunitario eventualmente 
disatteso dall�atto normativo attuativo. 
30. L�art. 6, TUE non osta a un sistema nazionale che preveda un sindacato accentrato della 
conformit� dell�atto normativo interno ai principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali, 
nel quale la norma della Carta stessa assuma il ruolo di parametro interposto di costituzionalit�. 
31. Questa � infatti � una delle modalit� che gli ordinamenti nazionali possono prevedere per 
esercitare il controllo di legalit� degli atti normativi interni previsto dall�art. 52, par. 5 della Carta. 
32. Fermo restando che gli Stati membri, attraverso i propri giudici nazionali, devono assicurare 
l�effettivit� e la primazia del diritto dell�Unione, le norme del Trattato non escludono che 
gli ordinamenti nazionali prevedano al loro interno meccanismi di accentramento del controllo 
di conformit� del diritto nazionale ai principi generali della Carta in relazione ad atti normativi 
interni attuativi degli stessi. 
33. In presenza di norme dell�Unione con efficacia diretta (che siano cio� frutto dell�esercizio 
di un potere di normazione diretta degli organi dell�Unione), il giudice nazionale ha un potere 
/ dovere generalizzato e diffuso di disapplicazione della normativa interna contraria. 
34. In relazione alle norme di non diretta e immediata applicazione, espressione di un corrispondente 
potere dell�Unione di normazione per principi, il giudice nazionale � chiamato ad 
adottare ogni strumento interpretativo per riportare la normativa nazionale nell�alveo della 
conformit� con le norme dell�Unione. 
35. Ovviamente lo strumento dell�interpretazione conforme da parte del giudice adito � ammesso 
solo nei limiti in cui il diritto nazionale conferisce al giudice un margine discrezionale 


o una possibilit� interpretativa in tal senso e, dunque, non quando essa appaia assolutamente 
impraticabile secondo il diritto interno (Cfr. Corte di giustizia 23 aprile 2009, cause riunite 
da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki). 

36. Qualora la disposizione nazionale (attuativa della disposizione di principio dell�Unione) 
sia formulata in maniera tale da non consentire una interpretazione adeguatrice al predetto 
principio, le norme costituzionali interne possono imporre al giudice nazionale di devolvere 
la questione (ai fini della disapplicazione [rectius, dell�annullamento] della norma interna) 
alla Corte Costituzionale. 
37. Nella sentenza 19 gennaio 2010, causa C- 555/07, K�c�kdeveci, punti 51-55, la Corte di 
Giustizia, alla quale era stato espressamente sottoposto il quesito della possibilit� di disapplicare 
la norma interna anche senza sottoporre la questione alla Corte Costituzionale, pare aver 
lasciato all�ordinamento costituzionale nazionale la scelta del meccanismo processuale interno 
da seguire, purch� sia garantito il primato del diritto dell�Unione e la piena applicazione del 
principio sancito dalla norma dell�Unione. 
38. In detta pronuncia, la Corte di Giustizia non dichiara la contrariet� ai principi dell�Unione 
dell�obbligo del giudice investito della causa concreta - sancito in quel caso dal diritto tedesco 


-di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalit� 
della norma interna in quanto contraria a un principio generale sancito da una direttiva. 

39. La Corte di Giustizia ha infatti affermato: 
a) che il meccanismo di sindacato accentrato dinanzi alla Corte Costituzionale non comporta 





un obbligo, per il giudice adito, di sottoporre preventivamente la questione pregiudiziale alla 
Corte di Giustizia; 
b) che i giudici nazionali devono disapplicare la norma interna contraria al principio sancito 
dal diritto dell�Unione. 


40. Se dunque la disapplicazione da parte del giudice nazionale interno � realizzata attraverso 
una pronuncia di illegittimit� costituzionale della norma interna, e fermo restando che deve essere 
sempre garantita la possibilit� di rimessione alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale, 
ci� non pare contrario all�affermazione sub b) ed � consentito dall�art. 52, par. 5 della Carta. 
41. Anche la sentenza 22.11.2005, causa C-144/04, Mangold, punto 76 sancisce che, in attuazione 
del principio generale del diritto comunitario di non discriminazione dei lavoratori in ragione 
dell�et�, il giudice nazionale deve �assicurare, nell�ambito della sua competenza, la tutela 
giuridica che il diritto comunitario attribuisce ai singoli, garantendone la piena efficacia e disapplicando 
le disposizioni eventualmente confliggenti della legge nazionale� (enfasi aggiunta). 
42. La Corte di Giustizia assicura quindi la salvaguardia del riparto di competenze tra i giudici 
nazionali sancito da ciascun ordinamento costituzionale nazionale. 
43. Non � dunque esclusa (n� d�altra parte, costituirebbe una forma di violazione dell�obbligo di 
leale collaborazione degli Stati per l�attuazione del diritto dell�Unione) la necessaria mediazione, 
ai fini dell�attuazione del principio contenuto nella Carta e della disapplicazione della legge interna 
confliggente, della pronuncia di illegittimit� costituzionale della Corte Costituzionale. 
44. Questa mediazione, nell�equilibrio costituzionale degli Stati membri, deriva dalla riserva 
al legislatore del potere discrezionale di recepimento e attuazione di detti principi, e dall�assegnazione 
alla Corte Costituzionale, quale giudice delle leggi, del sindacato di conformit� 
delle leggi ai principi contenuti nella Carta. 
45. Ci� appare conforme al riparto di competenze tra la Corte di Giustizia e le Corti Costituzionali, 
alla luce del quale la Corte di Giustizia interpreta il diritto dell�Unione Europea e non 
i diritti nazionali, e spetta poi ai giudici nazionali trarre le conseguenze di questa interpretazione 
sul loro diritto interno. 
46. Del resto, diversamente opinando, la distinzione tra norme di diretta applicazione e norme 
di principio contenute nella Carta perderebbe la sua effettivit�. 
* * * 


47. In secondo luogo, e con riferimento al principio di equivalenza evocato dal giudice remittente, 
il sindacato accentrato delle disposizioni ritenute contrarie alla Costituzione � previsto 
nel diritto austriaco (come in altri ordinamenti che contemplano un sindacato accentrato 
della Corte Costituzionale sulle leggi rispetto alla Costituzione) sia per le posizioni di origine 
interna che per quelle che derivano dal diritto dell�Unione, senza alcuna lesione del principio 
di equivalenza. 
48. La possibilit� che, per il controllo di legalit� delle norme in relazione a principi contenuti 
nella Carta dei diritti fondamentali, sia prevista anche la rimessione della questione pregiudiziale 
alla Corte di Giustizia non pare costituire un elemento di violazione del principio di 
equivalenza rispetto alle posizioni di diritto interno che non scontano questa fase incidentale 
dinanzi alla Corte di Giustizia. 
49. Diversamente opinando si dovrebbe ritenere che, in tutti i processi in cui sia possibile la 
rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, perch� involgono l�applicazione 
di norme europee, debba sopprimersi un grado di giudizio interno in modo da assicurare 
l�equivalenza (nel numero di gradi o di fasi) con quei giudizi nei quali siano controverse situazioni 
giuridiche puramente interne. 



50. La comparazione attiene in realt� al rapporto tra a) il meccanismo previsto per le norme 
di diretta applicazione della Carta, per le quali il sistema costituzionale austriaco ammette il 
potere diffuso dei giudici nazionali di disapplicazione delle leggi interne contrarie, e b) il meccanismo 
di annullamento accentrato nella Corte Costituzionale delle leggi interne, previsto 
in relazione ai principi della Carta che non sono di diretta applicazione. 
51. Sono posizioni rispetto alle quali non pare invocabile il principio di equivalenza, derivando 
entrambe dal diritto dell�Unione. 
52. La scelta del sindacato accentrato delle leggi interne rispetto ai principi dell�Unione risponde 
all�esigenza di salvaguardare gli equilibri costituzionali degli Stati membri, senza peraltro 
necessariamente integrare un rallentamento del giudizio, dal momento che 
l�annullamento definitivo della disposizione in questione consente di risolvere a priori, per il 
futuro, ogni dubbio sulla definizione di controversie analoghe, nelle quali non potr� pi� venire 
in discussione l�applicazione della legge interna contraria alla norma dell�Unione. 
53. In questo modo si realizza una generalizzata e definitiva rimozione della norma interna 
contraria al principio dell�Unione, e si scongiura anche il rischio di interpretazioni difformi 
tra singoli giudici. 
III. Conclusioni 


54. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere al quesito sottoposto al suo esame nel seguente modo: 


L�ordinamento giuridico europeo e, segnatamente, il principio di equivalenza, non ostano 
alla previsione costituzionale di un ordinamento nazionale in forza della quale, ove una legge 
interna violi il principio generale sancito dall�art. 47 della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione Europea, il giudice adito, ritenendo di non applicare detta legge, debba rimettere 
la questione alla Corte Costituzionale per ottenere l�abrogazione generalizzata della stessa, 
ferma restando la possibilit� di rimettere la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia 
dell�Unione Europea. 


I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 
Causa C-497/12 - Materia: Libert� di stabilimento. Diritti fondamentali 

- Carta dei diritti fondamentali. Concorrenza - Intese -Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la 
Sicilia (Italia) il 7 novembre 2012 - Davide Gullotta, Farmacia di Gullotta 
Davide & C. Sas / Ministero della Salute, Azienda Sanitaria Provinciale di 
Catania. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 

del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 

giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 
nella causa C-497/12 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 

267 TFUE dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sezione staccata (Italia), 

nella causa 

-DAVIDE GIUSEPPE GULLOTTA 

- FARMACIA DI GULLOTTA DAVIDE & C. S.A.S. 
- ricorrenti contro 


MINISTERO DELLA SALUTE 
- resistente nonch� 


-AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANIA 

- FARMACIA TUCCARI 
- controinteressati non costituiti con 
l�intervento di 

FEDERFARMA � FEDERAZIONE UNITARIA DEI TITOLARI DI FARMACIA ITALIANI 

- interveniente ad opponendum 


*** 

I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con ordinanza del 23 settembre 2012, depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 
7 novembre, la quarta sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia 
- sezione di Catania, nell�ambito di un giudizio amministrativo di primo grado 
vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni: 

(primo quesito) se i principi di libert� di stabilimento, di non discriminazione e di tutela 
della concorrenza, di cui agli articoli 49 ss. TFUE, ostino ad una normativa nazionale 
che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma 
non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire 
al dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione 
medica su �ricetta bianca�, cio� non posti a carico del Servizio sanitario 


nazionale ed a totale carico del cittadino, stabilendo anche in questo settore un divieto 
di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico 
degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale; 
(secondo quesito) se l�art. 15 della Carta dei Diritti fondamentali dell�Unione europea 
vada interpretato nel senso che il principio ivi stabilito si applichi senza limiti anche alla 
professione di farmacista, senza che il rilievo pubblicistico di detta professione giustifichi 
differenti regimi fra titolari di farmacie e titolari di parafarmacie in ordine alla vendita 
dei farmaci di cui al superiore punto 1; 
(terzo quesito) se gli artt. 102 e 106 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che il 
divieto di abuso di posizione dominante va senza limiti applicato alla professione di farmacista, 
in quanto il farmacista titolare di farmacia tradizionale, vendendo farmaci per 
effetto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale si avvantaggia del divieto per i 
titolari di parafarmacie di vendere i farmaci di fascia C, senza che ci� trovi valida giustificazione 
nelle pur indubbie peculiarit� della professione farmaceutica dovute all�interesse 
pubblico alla tutela della salute dei cittadini. 

II LE NORME NAZIONALI RILEVANTI ED I FATTI DI CAUSA 

II.1 LE NORME TIALIANE SUL SERVIZIO FARMACEUTICO VIGENTI ALLA DATA DI INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO 
A QUO 

2. Nell�ordinamento italiano la vendita dei farmaci di qualunque tipo � stata riservata alle 
farmacie, fino all�entrata in vigore del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in 
legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. �decreto Bersani�). 
3. Le farmacie sono sottoposte a un regime di contingentamento che risale alla legge 22 
maggio 1913, n. 468 e il cui impianto che � stato, nella sostanza, confermato dalle successive 
leggi intervenute in materia (legge 2 aprile 1968, n. 475 e legge 8 novembre 1991, 


n. 362) (1). 

4. L�art. 14 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ha disposto che l�assistenza farmaceutica 
venga erogata (oggi dalle �Aziende sanitarie locali�) attraverso le farmacie di cui sono 
titolari enti pubblici e attraverso le farmacie private, tutte convenzionate con il sistema 
di assistenza sanitaria pubblico (il �Servizio sanitario nazionale�: in prosieguo �S.S.N.�). 
5. Numerose disposizioni di legge succedutesi nel tempo (2), hanno proceduto alla classificazione 
delle specialit� medicinali e dei preparati galenici, distinguendoli in varie 
�classi� (o �fasce�). Per effetto di tali disposizioni, in sintesi, i farmaci possono essere 
cos� distinti (3): 


-fascia A. Comprende i farmaci essenziali e i farmaci per malattie croniche. Tali farmaci 
sono a carico del S.S.N. e, dunque, sono tendenzialmente gratuiti per il cittadino (salva 
la possibilit� delle Regioni di applicare un c.d. �ticket�, a carico del privato, a copertura 

(1) Del sistema italiano di contingentamento la Corte si � gi� occupata in passato: si vedano, segnatamente, 
le ordinanze 17 dicembre 2010, causa C-217/09 Polisseni e 13 gennaio 2012, causa C315/
08, Grisoli. Questioni connesse hanno formato oggetto della causa pregiudiziale C-393/08, Sbarigia, 
peraltro definita con declaratoria di irricevibilit� delle questioni (sentenza 1� luglio 2010). 
(2) Da ultimo l�art. 87 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, di attuazione della direttiva 
2001/83/CE (e successive direttive di modifica), relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali 
per uso umano, nonch� della direttiva 2003/94/CE. 
(3) Si veda, in particolare, l�art. 8, comma 10, della legge n. 537 del 1993 e successive modifiche 
e integrazioni. 



di parte della spesa) (4). All�interno di tale fascia si collocano anche i farmaci del c.d. 
gruppo H, che, ove contrassegnati con la sigla OSP, sono di esclusivo uso ospedaliero e, 
quindi, non vendibili ai cittadini presso le farmacie aperte al pubblico (ove, invece, contrassegnati 
con le sigle RR o RNR sono dispensabili in farmacia, ma solo a totale carico 
del paziente, come i farmaci di fascia C); 

-fascia C. Comprende i farmaci che, non essendo considerati essenziali, sono completamente 
a carico del cittadino. Tali farmaci possono essere suddivisi in: 
i. farmaci soggetti a prescrizione medica; 


ii. farmaci senza obbligo di prescrizione medica, i quali comprendono, a loro volta: 
a) farmaci di automedicazione (o prodotti da banco o over the counter), utilizzabili senza 
l�intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del 
trattamento, i quali possono essere oggetto di pubblicit�; 
b) farmaci su consiglio, che vengono anch�essi assunti in assenza di controlli medici, ma 
possono promuovere l�insorgenza di reazioni avverse gravi, dovute principalmente a interazioni 
con altri farmaci, presenza di patologie concomitanti, uso improprio o abuso. 

6. Si noti che manca la fascia B, ormai abolita, la quale comprendeva i farmaci ritenuti utili 
ma non essenziali. Una parte dei farmaci della fascia B � confluita nella fascia A ed �, 
quindi, prescrivibile a carico del S.S.N. in relazione a specifiche patologie; un�altra parte 
� confluita nella fascia C. Alcune categorie di pazienti possono, poi, ottenere - in ragione 
delle loro condizioni economiche soggettive o della particolare patologia da cui sono affetti 
- il rimborso da parte del S.S.N. anche dei farmaci di fascia C. 
7. Il decreto Bersani, all�articolo 5, ha previsto che le c.d. parafarmacie possono effettuare 
attivit� di vendita al pubblico dei farmaci di automedicazione e degli altri prodotti non 
soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione di avvio dell�attivit� al Ministero 
della salute e alla Regione in cui ha sede l�esercizio commerciale. La vendita � consentita 
durante l�apertura dell�esercizio commerciale, deve essere effettuata nell�ambito di un 
apposito reparto, alla presenza e con l�assistenza personale e diretta al cliente di uno o 
pi� farmacisti abilitati all�esercizio della professioni e iscritti al relativo. 
8. Tale articolo, intitolato �Interventi urgenti nel campo della distribuzione dei farmaci�, 
prevede infatti quanto segue: 


�1. Gli esercizi commerciali di cui all�articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto 
legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (5), possono effettuare attivit� di vendita al pubblico 
dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all�articolo 9-bis del decreto-legge 18 
settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 
405 (6), e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione 
al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l�esercizio e secondo lemodalit� previste dal presente articolo. � abrogata ogni norma incompatibile. 

(4) Il farmaco �, ovviamente, a carico del S.S.N. ove prescritto in relazione alla patologia che d� 
diritto al suo utilizzo quale farmaco essenziale. � quindi responsabilit� del medico stabilire e indicare 
se il paziente abbia o meno diritto ad ottenere il farmaco in regime assistenziale. In assenza di tali indicazioni, 
il farmaco, anche se prescritto dal medico, � dispensato a totale carico del paziente. 
(5) Ossia gli esercizi commerciali che effettuano vendita al dettaglio, con esclusione della grande 
distribuzione oltre un certo limite e dei centri commerciali. 
(6) L�articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, 
dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, riguarda i �(m)edicinali non soggetti a ricetta medica�. 



2. La vendita di cui al comma 1 � consentita durante l�orario di apertura dell�esercizio 
commerciale e deve essere effettuata nell�ambito di un apposito reparto, alla presenza e 
con l�assistenza personale e diretta al cliente di uno o pi� farmacisti abilitati all�esercizio 
della professione ed iscritti al relativo ordine. Sono, comunque, vietati i concorsi, le operazioni 
a premio e le vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci. 
3. � 7. (...)�. 


II.2 LA SUCCESSIVA EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA 

9. In pendenza del giudizio principale, il legislatore italiano ha introdotto talune modifiche 
normative che tuttavia, come subito si vedr�, hanno lasciato sostanzialmente inalterato il 
quadro sopra descritto. 
10. In data 6 dicembre 2011 � stato, infatti, emanato il decreto-legge n. 201 che, all�art. 32, 
aveva previsto che le parafarmacie situati in Comuni con meno di quindicimila abitanti 
potessero vendere anche tutti gli altri farmaci di fascia C. Tale iniziativa governativa non 
� stata, tuttavia, condivisa dal Parlamento che, in sede di conversione del decreto-legge 


- conversione avvenuta con legge 22 dicembre 2011, n. 214 - ha riscritto l�art. 32. 

11. Al comma 1, tale articolo, come risultante dalla legge di conversione, prevede che le parafarmacie 
possano vendere senza ricetta medica i farmaci gi� contenuti nella fascia C, 
salvo talune eccezioni stabilite per legge. Tuttavia, al comma 1-bis � previsto che altre 
eccezioni - e cio� i farmaci di fascia C per i quali permane l�obbligo di prescrizione medica 
- siano individuate con successivo decreto del Ministero della salute, periodicamente 
aggiornabile. Una prima versione di tale decreto � stata successivamente emanata il 18 
aprile 2012: il decreto elencava 230 specialit� medicinali di fascia C non vendibili nelle 
parafarmacie. Il 15 novembre 2012 � stata emanata una seconda versione del decreto 
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 27 novembre 2012). 
12. In sostanza, l�intervento operato in sede di conversione, sebbene prefiguri un possibile 
aumento delle specialit� che potranno essere vendute nelle parafarmacie, non intacca i 
principi e la disciplina prevista dall�art. 5 del decreto Bersani, in quanto continua a collegare 
il diritto alla distribuzione di farmaci in fascia C, da parte delle parafarmacie, all�assenza 
di un obbligo di prescrizione medica. 
13. In altre parole, l�art. 32 del decreto-legge n. 201 del 2011, come convertito dalla legge 
214 del 2011, continua a escludere che le parafarmacie possano vendere farmaci soggetti 
a prescrizione medica, bench� si tratti di medicinali per i quali non � previsto il rimborso 
a carico del S.S.N. (vale a dire c.d. �farmaci su ricetta bianca�) (7). 
14. Da ultimo, va segnalato che l�art. 11, comma 15, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 
1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel contesto di un pi� ampio intervento di 
potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica e di agevolazione all�accesso 
alla titolarit� delle farmacie, ha previsto quanto segue: 


�Gli esercizi commerciali di cui all�articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, 

n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in possesso dei 
requisiti vigenti [i.e. le parafarmacie], sono autorizzati, sulla base dei requisiti prescritti 
dal decreto del Ministro della salute previsto dall�articolo 32, comma 1, del decreto-legge 

(7) Come evidenzia anche l�ordinanza di rinvio, la legittimit� costituzionale di tale riserva di vendita 
alle farmacie � stata messa in dubbio da un altro Tribunale amministrativo regionale italiano, che 
ha rimesso dinnanzi alla Corte costituzionale italiana la questione della possibile violazione dell�art. 3 
(principio di eguaglianza) e dell�art. 41 (libert� di iniziativa economica) della Costituzione. 


6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 
214, ad allestire preparazioni galeniche officinali che non prevedono la presentazione di 
ricetta medica, anche in multipli, in base a quanto previsto nella farmacopea ufficiale 
italiana o nella farmacopea europea�. 

15. Anche questa disposizione conferma, pertanto, che le specialit� medicinali che possono 
essere vendute dalle parafarmacie sono quelle non soggette a prescrizione medica. 

II.3 I FATTI DI CAUSA 

16. Il ricorrente � abilitato all�esercizio della professione di farmacista, � iscritto all�ordine dei 
farmacisti di Catania ed �, a quanto pu� evincersi dall�ordinanza di rinvio, titolare di una 
parafarmacia nella medesima provincia (o comunque socio accomandatario di una societ� 
in accomandita titolare di un simile esercizio, anch�essa ricorrente nel giudizio principale). 
17. Nel corso dell�anno 2011, il ricorrente ha chiesto al Ministero della salute e all�Azienda 
Sanitaria di Catania di essere autorizzato a vendere (anche) i farmaci di fascia C soggetti 
a prescrizione medica e ha successivamente impugnato, dinnanzi al giudice di rinvio, il 
provvedimento di diniego emesso dal Ministero della salute il 13 agosto 2011. 
18. Secondo quanto si ricava dall�ordinanza di rinvio, il ricorso si fonda essenzialmente sulla 
contestazione della legittimit� delle norme italiane che non consentono alle parafarmacie 
di vendere i suddetti medicinali, che i ricorrenti assumono essere in contrasto con il diritto 
primario dell�Unione europea e/o con norme o principi italiani di rango costituzionale. 


III ANALISI 

III.1 SUL PRIMO QUESITO 

19. Il primo quesito posto dal giudice a quo costituisce dichiaratamente la riproposizione di 
altra questione pregiudiziale, di cui il T.A.R. per la Sicilia riprende anche la motivazione, 
sollevata da un diverso giudice italiano, il Tribunale Amministrativo Regionale per la 
Lombardia. 
20. Con tale questione, il T.A.R. della Lombardia aveva chiesto alla Corte di stabilire, in 
buona sostanza, se il divieto di vendita da parte delle parafarmacie di farmaci in fascia C 
soggetti a prescrizione medica, cio� dei farmaci su ricetta bianca, costituisca una restrizione 
alla libert� di stabilimento e, in caso affermativo, se essa sia, o meno, giustificata 
da motivi imperativi di interesse pubblico e proporzionata a tale obiettivo. 
21. Nel giudizio in questione - si tratta delle cause riunite C-159/12, C-160/12 e C-161/12 la 
Repubblica italiana ha svolto intervento nella fase scritta. In questa sede, pertanto, si 
produce in allegato copia delle osservazioni scritte gi� depositate nel suddetto giudizio 
(Allegato A.1), limitandosi ad alcune osservazioni ulteriori. 
22. Sembra al Governo italiano che, sulla scorta della consolidata giurisprudenza della Corte, 
non possa essere seriamente contestato che il divieto qui in esame costituisca una restrizione 
alla libert� di stabilimento, nella misura in cui esso, pur senza introdurre discriminazioni 
dirette o indirette fondate alla cittadinanza (che, in effetti, la misura contestata 
manifestamente non introduce), riserva l�esercizio di una particolare attivit� economica 
a taluni operatori che rispondono a esigenze predeterminate, al cui rispetto � subordinato 
il rilascio di un�autorizzazione all�esercizio dell�attivit� medesima (8). 
23. La Corte ha, tuttavia, ripetutamente affermato che, che nel campo della distribuzione dei 
farmaci, una simile restrizione pu� essere giustificata da obiettivi di tutela della sanit� 


(8) Cfr., per tutte, sentenza 19 maggio 2009, causa C-531/06, Commissione / Italia, punto 44. 


pubblica e, in particolare, dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione 
sicuro e di qualit� (in tal senso, si vedano le sentenze 11 dicembre 2003, causa 
C-322/01, Deutscher Apothekerverband, punto 106; 11 settembre 2008, causa C-141/07, 
Commissione/Germania, punto 47; 19 maggio 2009, causa C-531/06, Commissione/Italia, 
punti 51 e 52; sentenza 1� giugno 2010, cause riunite C-570/07 e C-571/07, Blanco Perez 
e a., punti da 63 a 65 nonch� le ordinanze 17 dicembre 2010, causa C-217/09, Polisseni, 
punto 18 e 29 settembre 2011, causa C-315/08, Grisoli, punto 23). 

24. La Corte ha, inoltre, chiarito che un sistema di contingentamento delle farmacie - attraverso 
un criterio �demografico� e un criterio �geografico� - � in linea di principio uno 
strumento idoneo al raggiungimento di tale scopo, giacch�, in assenza di qualsivoglia regolamentazione, 
le farmacie possono concentrarsi in localit� reputate attraenti, sicch� in 
alcune localit� di trovare un numero di farmacie insufficiente ad assicurare un servizio 
farmaceutico sicuro e di qualit� (sentenza Blanco e a., cit., punti da 73 a 78; ordinanza 
Polisseni, cit., punto 31; ordinanza Grisoli, cit., punto 27). 
25. In base alla consolidata giurisprudenza della Corte - e salvo quanto si dir� pi� oltre, a proposito 
del requisito di proporzionalit� della restrizione - �, quindi, in facolt� degli Stati 
membri, in vista della tutela dei descritti obiettivi di tutela della sanit� pubblica, riservare 
l�attivit� di dispensa di medicinali ad un numero determinato di operatori economici e stabilirne 
la ripartizione territoriale, sempre che tali operatori siano individuati in base a criteri 
trasparenti e non discriminatori. Tale principio � efficacemente richiamato nel ventiseiesimo 
�considerando� della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche 
professionali, il quale, nel confermare che la direttiva non coordina tutte le condizioni per 
accedere alle attivit� nel campo della farmacia e all�esercizio di tale attivit� (limitandosi, 
appunto, agli aspetti concernenti il riconoscimento del titolo professionale di farmacista), 
chiarisce che �la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio nella dispensa dei 
medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri�. 
26. L�affermazione di questo principio implica necessariamente che si accetti che lo Stato 
membro definisca una sfera di attivit� riservate alle farmacie: � chiaro che senza una simile 
previsione - se, cio�, anche altri operatori economici potessero svolgere un�attivit� 
esattamente sovrapponibile a quella delle farmacie - non avrebbe senso consentire che 
queste ultime siano contingentate secondo criteri demografici e/o geografici. 
27. Ne consegue che la misura che forma oggetto della presente causa - e cio� la preclusione 
alle parafarmacie dell�attivit� di vendita dei medicinali soggetti a prescrizione medica non 
costituisce una restrizione diversa e ulteriore rispetto a quella gi� esaminata e ritenuta 
in linea di principio ammissibile dalla Corte, in quanto giustificata da motivi imperativi 
di interesse pubblico. 
28. L�attenzione deve, allora, spostarsi sulla proporzionalit� della misura. Nelle precedenti occasioni 
la Corte si � occupata - a volte demandando al giudice nazionale di operare una 
verifica in concreto - della proporzionalit� di un complesso di disposizioni che riserva il 
diritto di gestire una farmacia al dettaglio alle sole persone fisiche laureate in farmacia e 
alle societ� composte esclusivamente da soci farmacisti (sentenza 19 maggio 2009, Commissione/
Italia, cit.) ovvero di misure legislative che condizionano l�autorizzazione al-
l�aperture di nuove farmacie a requisiti connessi al numero di abitanti e/o al rispetto di 
distanze minime con altri analoghi esercizi (sentenza Blanco Perez e a., cit., e ordinanze 
Polisseni e Grisoli, citt.). Nel nostro caso la Corte � chiamata, in sostanza, a stabilire se 
l�Italia abbia rispettato il requisito di proporzionalit� nel definire la sfera di attivit� riservate 





alla farmacie, in particolare comprendendovi anche la vendita di farmaci �su ricetta bianca�. 


29. Ebbene, sembra al Governo italiano che, sulla base degli argomenti gi� utilizzati nelle 
precedenti occasioni dalla Corte, sia agevole affermare che una misura che riservi alle 
farmacie la dispensa dei farmaci soggetti a prescrizione medica risponda agli obiettivi di 
salute pubblica che si propone di tutelare e non vada oltre tale obiettivi, in particolare - e 
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del rinvio - non avendo l�effetto di costituire 
una ingiustificata �protezione del reddito degli esercizi esistenti� (9). 
30. Questi obiettivi non sarebbero altrettanto adeguatamente garantiti da una misura che riservasse 
alle farmacie la distribuzione delle sole specialit� medicinali il cui costo � a 
carico del S.S.N. (ossia dei farmaci in fascia A). �, infatti, evidente che, in assenza di un 
nucleo sufficientemente ampio e remunerativo di attivit� riservate, riemergerebbe l�interesse 
dei farmacisti a concentrarsi in localit� reputate attraenti - ivi aprendo una parafarmacia 
e, dunque, rinunciando al rapporto di convenzionamento con il S.S.N. - con la 
conseguenza che si determinerebbe nuovamente quell�effetto, valorizzato dalla Corte 
nella giurisprudenza richiamata al punto 24 del presente scritto, di lasciare alcune localit� 
sguarnite di un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro 
e di qualit�. 
31. Sembra incontestabile che, quanto meno, potrebbe determinarsi un rischio in tal senso: 
rischio che, allo stato delle conoscenze attuali, il legislatore italiano ha evidentemente ritenuto 
di non potere escludere (fermo restando che tale decisione potrebbe essere rivista 
in un futuro assetto, se del caso previa opportuna sperimentazione). Giova, allora, ricordare 
che la Corte ha affermato che �qualora sussistano incertezze sull�esistenza o sulla 
portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro pu� adottare misure di protezione 
senza dover attendere che la realt� di tali rischi sia pienamente dimostrata� (10). 
32. Si deve quindi, contestare l�argomento utilizzato nell�ordinanza di rinvio, secondo il quale 
non potrebbe rinvenirsi, nella misura in esame, �la motivazione di aumentare la sicurezza 
... dell�approvvigionamento della popolazione in medicinali�: ben diversamente, il rischio 
di diminuire la sicurezza e l�approvvigionamento di medicinali per la popolazione costituisce 
appunto il fondamento della misura. 
33. N� appaiono determinanti gli ulteriori argomenti spesi dal giudice a quo. Infatti, anche 
dando per accertato che l�apertura alle parafarmacie della vendita dei farmaci su ricetta 
bianca non aumenti �il rischio derivante da eccesso di consumo, neppure in termini di 
risorse pubbliche assorbite�, � sufficiente evidenziare che la prevenzione di tali rischi e 
in particolare l�elemento del rimborso pubblico del costo dei medicinali - non � mai 
stata alla base delle varie decisioni della Corte che hanno ritenuto in linea di principio 
giustificato il sistema di contingentamento delle farmacie. 
34. E tale sistema, come detto, implica che in favore delle farmacie debba essere costituito 
un monopolio nella dispensa di almeno una parte delle specialit� medicinali: l�attuale 


(9) Questo argomento � stato peraltro, gi� esaminato dalla Corte nella citata sentenza Blanco Perez 
e a. (cfr., in particolare, punti 88 e 89): in tale occasione la Corte ha ricordato �che la libert� di stabilimento 
degli operatori economici deve essere bilanciata con le esigenze di tutela della sanit� pubblica 
e che la gravit� degli obiettivi perseguiti in tale settore pu� giustificare restrizioni che abbiano conseguenze 
negative, anche gravi, per taluni operatori�. 
(10) v. sentenza 19 maggio 2009, cause riunite, C-171/07 e C-172/07, Apothekerkammer des Saarlandes, 
punto 30; v. anche sentenza Blanco Perez e a., cit., punti 74 e 75. 



scelta del legislatore italiano di riservare ad esse la vendita dei medicinali che possono 
essere venduti solo su prescrizione medica sembra al Governo italiano tutt�altro che artificiosa 
e tale da realizzare un equo bilanciamento con gli interessi degli operatori del 
settore che non siano titolari di farmacie. 

III.2 SUL SECONDO QUESITO 

35. Con il secondo quesito, il T.A.R. per la Sicilia chiede alla Corte di chiarire se l�art. 15 
della Carta dei Diritti fondamentali dell�Unione europea (11) vada interpretato nel senso 
che il principio ivi stabilito si applichi senza limiti anche alla professione di farmacista, 
senza che il rilievo pubblicistico di detta professione giustifichi differenti regimi fra titolari 
di farmacie e titolari di parafarmacie in ordine alla vendita dei farmaci non soggetti a rimborso 
da parte del S.S.N. 
36. A giudizio del Governo italiano, il quesito � irricevibile. 
37. Ci�, sebbene non si contesti, evidentemente, la vigenza nell�ordinamento dell�Unione europea 
di un diritto affermato dalla Corte sin dalla famosa sentenza Nold del 1974 (e che 
tuttavia deve essere bilanciato con il diritto alla protezione della salute, parimenti tutelato 
dalla Carta, all�art. 35). 
38. L�art. 6, par. 1, comma 1 del TUE stabilisce, ben vero, che �(l)�Unione riconosce i diritti, 
le libert� e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea del 
7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico 
dei trattati�. 
39. Il comma immediatamente successivo dell�art. 6, par. 1, del TUE prevede, tuttavia, che 
�(l)e disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell�Unione 
definite nei trattati� (sottolineatura aggiunta). 
40. � chiaro, quindi, che il richiamo alla Carta di Nizza, e la sua equiparazione al diritto primario 
dell�Unione europea, non ha comportato un�espansione del diritto dell�Unione medesima, 
attribuendo alle previsioni della Carta il valore di diritto dell�Unione in settori 
da esso non regolati. 
41. In altre parole, � da escludere che la Carta di Nizza costituisca uno strumento di tutela 
dei diritti fondamentali oltre le competenze dell�Unione europea: la Carta assume rilievo 
nella misura in cui introduce dei limiti di validit� alle disposizioni di diritto derivato del-
l�Unione, con la conseguenza la sua evocazione � giustificata esclusivamente ove venga 
in questione una fattispecie comunitariamente rilevante (al fine di interpretare correttamente 
il diritto dell�Unione o, eventualmente, di sollevare una questione di validit� della 
norma dell�Unione dinnanzi alla Corte di giustizia UE, ai sensi dell�Art. 267, comma 1, 
lett. b. TFUE). 
42. Inaccettabile, perch� contraria al principio di non espansione delle competenze del-
l�Unione fissato dall�art. 6, par. 1, TUE, �, invece, la tesi secondo la quale - con inversione 
del meccanismo appena descritto - una fattispecie diverrebbe comunitariamente rilevante 
per il solo fatto di ricadere nel campo di applicazione della Carta di Nizza. 


(11) Tale articolo, rubricato �Libert� professionale e diritto di lavorare�, dispone: 

�1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. 

2. Ogni cittadino dell�Unione ha la libert� di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare 
servizi in qualunque Stato membro. 
3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto 
a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell�Unione�. 



43. Pertanto, il giudice che sollevi una questione fondata sulla contrariet� di norme nazionali rispetto 
alla Carta, deve pregiudizialmente porsi il problema di individuare la normativa del-
l�Unione applicabile alla fattispecie: qualora non la faccia, e tanto pi� se non lo possa fare 
(perch� la materia non rientra nelle competenze dell�Unione), la questione � irricevibile. 
44. La giurisprudenza della Corte �, in tal senso, pacifica: basti richiamare, per limitarsi alla 
giurisprudenza successiva al Trattato di Lisbona, l�ordinanza 12 novembre 2010, causa 
C-339/10, Asparuhov Estov e a., nella quale la Corte ha ricordato che �ai sensi dell�art. 
51, n. 1, della Carta, le disposizioni di quest�ultima si applicano �agli Stati membri esclusivamente 
nell�attuazione del diritto dell�Unione�� e che �in forza dell�art. 6, n. 1, TUE, 
che attribuisce alla Carta efficacia vincolante, e come risulta dalla dichiarazione sulla 
Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea allegata all�atto finale della Conferenza 
intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona, essa non crea alcuna nuova 
competenza per l�Unione, n� ne modifica le competenze�. La Corte ha quindi, chiarito, 
che �le esigenze derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali vincolano gli Stati membri 
in tutti i casi in cui essi sono chiamati ad applicare il diritto dell�Unione� e, pertanto, di 
essere competente a pronunciarsi in sede di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto 
dell�Unione europea esclusivamente in relazione a �misur(e) di attuazione del diritto 
dell�Unione o che � presenti(no) altri elementi di collegamento con quest�ultimo� (punti 
da 11 a 14 dell�ordinanza). 
45. Nella fattispecie � manifesto che ci� non si verifichi, non avendo il giudice a quo individuato 
la disposizione di diritto dell�Unione europeo di cui - alla luce (anche) dei principi 
contenuti nella Carta di Nizza - chiede l�interpretazione alla Corte. 


46. D�altronde, la questione di fondo posta dal T.A.R. per la Sicilia nel secondo quesito - se, 
e in quale misura, nell�organizzare i sistemi sanitari nazionali si debba tenere conto delle 
aspettative professionali dei farmacisti - non rientra manifestamente nelle competenze 
dell�Unione, come risulta con chiarezza dall�art. 168, par. 7, TFUE, secondo il quale 
�(l)�azione dell�Unione rispetta le responsabilit� degli Stati membri per la definizione 
della loro politica sanitaria e per l�organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di 
assistenza medica�. 

47. Questo principio, come si � gi� ricordato, � declinato nel ventiseiesimo �considerando� 
della direttiva 2005/36/CE in materia di riconoscimento di qualifiche professionali, il 
quale chiarisce che il diritto dell�Unione non restringe la competenza degli Stati membri 
nell�impostare i loro sistemi di protezione sociale e ad adottare, in particolare, norme destinate 
all�organizzazione di servizi sanitari come le farmacie. Sempre in attuazione di 
tale principio i servizi sanitari sono stati esclusi anche dal campo di applicazione della 
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (e tra i servizi sanitari sono 
compresi quelli farmaceutici, come enuncia il ventiduesimo �considerando� della direttiva 
medesima). 
48. � chiaro, pertanto, che la questione che forma oggetto del secondo quesito posto dalla 
giurisdizione del rinvio deve essere dichiarata irricevibile in quanto estranea alle competenze 
della Corte, tenuto conto che �n� la direttiva 2005/36 n� alcun altro atto che dia 
attuazione alle libert� fondamentali enunciano regole di accesso alle attivit� del settore 
farmaceutico che intendano porre condizioni per l�apertura di nuove farmacie� (12). 


(12) Sentenza Blanco Perez e a., cit., punto 45. 


III.3 SUL TERZO QUESITO 

49. Con il terzo quesito, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di accertare 
se le disposizioni italiane che riservano alle farmacie la vendita (anche) dei farmaci in 
fascia C soggetti a prescrizione medica non costituisca una misura statale a effetto anti-
concorrenziale, contraria all�art. 102 TFUE, letto in combinato disposto con l�art. 106 
TFUE. 
50. Nel motivare la formulazione del quesito, il T.A.R. per la Sicilia si limita a rilevare che 
tale questione �(...) concerne l�interpretazione delle norme del diritto comunitario applicabili 
alla fattispecie in relazione alla posizione di monopolio di cui godono i farmacisti 
che operano nell�ambito delle farmacie tradizionali. Sotto questo profilo, il collegio ritiene 
di dover chiedere ... se gli artt. 102 e 106/1 TFUE ostino a una regolamentazione 
dell�attivit� dei farmacisti che vieta a una parte di essi la vendita di farmaci dietro presentazione 
di ricetta medica e senza costi a carico del Servizio sanitario nazionale, cos� 
realizzandosi una situazione di sostanziale monopolio in favore dei farmacisti titolari di 
farmacie tradizionali e a svantaggio dei farmacisti titolari di parafarmacie� (punto 5B 
dell�ordinanza). 
51. Ritiene conseguentemente il Governo italiano che alla questione, cos� come proposta 
nell�ordinanza di rinvio, sia agevole dare risposta negativa. 
52. Il giudice rimettente, infatti, prospetta la violazione delle richiamate disposizioni del Trattato 
per il solo fatto che le disposizioni normative nazionali costituiscono un regime di 
monopolio in favore delle farmacie �tradizionali�. Questa circostanza, tuttavia, non � sufficiente 
ad integrare la violazione denunciata, posto che proprio dall�art. 106 TFUE si 
evince che vi sono casi in cui � consentito agli Stati membri istituire regimi di monopolio 


o attribuire diritti speciali a determinate categorie di imprese, selezionate secondo criteri 
trasparenti e non discriminatori. Per tale ragione, secondo una giurisprudenza costante, 
la mera esistenza di un monopolio o di un regime di diritti esclusivi e con esso di una posizione 
dominante non � di per s� contraria al Trattato (13). 

53. Occorre, pertanto, un quid pluris affinch� si verifichi la dedotta violazione: ad es. la creazione 
di una posizione dominante attraverso l�attribuzione di diritti esclusivi pu� essere 
incompatibile con l�art. 102 TFUE, quantunque non lo sia in quanto tale, se l�impresa che 
ne � titolare fosse necessariamente indotta ad abusarne (14). Poich�, tuttavia, il giudice di 
rinvio non individua alcuna di tali possibili conseguenze, ma si limita a riferirsi al monopolio 
in quanto tale, � evidente che alla questione proposta occorre dare risposta negativa. 
54. D�altronde, se � vero che la costituzione di un monopolio, o la sua estensione successiva 
(che nella specie non si � verificata, perch� la vendita di farmaci su ricetta bianca � sempre 
stata riservata alla farmacie), deve essere in qualche modo sottoposta a verifica di compatibilit� 
rispetto all�art. 106 TFUE e alle norme sostanziali di volta in volta rilevanti che 
a tale disposizione si collegano, � indiscutibile che l�oggetto di tale verifica � la possibilit� 
di giustificare le misure in funzione di un motivo imperativo di interesse generale che sia 
coerente con gli obiettivi dell�Unione. 
55. Ecco allora che tale verifica finisce per perdere di autonomia rispetto a quella operata in 


(13) Vedi, ex plurimis, sentenza 19 maggio 1993, causa C-320/91, Corbeau, punto 11 e 18 giugno 
1991, causa C-260/89, ERT, punti 15, 19, 20 e da 32 a 35. 
(14) Vedi, fra le tante, sent. 18 giugno 1998, causa C-266/96, Corsica Ferries France (Ormeggiatori 
Genova), punto 40. 



sede di risposta al primo quesito, allorquando ci si � posti il problema dell�esistenza di 
una giustificazione per l�introduzione di una restrizione alla libert� di stabilimento. 

IV CONCLUSIONI 

56. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla 
Corte di rispondere come segue ai quesiti ad essa sottoposti: 

-sul primo quesito, affermando che: 

Una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo 
ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta 
organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, anche 
quei farmaci soggetti a prescrizione medica su �ricetta bianca�, cio� non posti a carico 
del Servizio sanitario nazionale ed a totale carico del cittadino, non costituisce una restrizione 
alla libert� di stabilimento vietata dall�art. 49 TFUE, essendo giustificata da 
obiettivi di tutela della sanit� pubblica - e, in particolare, dallo scopo di garantire un 
rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualit� - ed essendo proporzionata 
a tale obiettivo; 

-sul secondo quesito: 

dichiarando che la questione � irricevibile; 

-sul terzo quesito, affermando che: 

una regolamentazione dell�attivit� dei farmacisti che vieta a una parte di essi la vendita 
di farmaci dietro presentazione di ricetta medica e senza costi a carico del Servizio sanitario 
nazionale, cos� realizzando una situazione di sostanziale monopolio in favore 
dei farmacisti titolari di farmacie tradizionali e a svantaggio dei farmacisti titolari di 
parafarmacie, non contrasta, in quanto tale, con gli artt. 102 e 106, par. 1, TFUE. 

Roma, 18 febbraio 2013 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

INDICE DEI DOCUMENTI ALLEGATI ALLE OSSERVAZiONI 

DEL GOVERNO ITALIANO NELLA CAUSA C-497/12 
Allegato A.1: Copia delle osservazioni scritte del Governo italiano nelle cause riunite C159/
12, C-160/12 e C-161/12. 
- punto 21 delle osservazioni 


Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. 

nelle cause riunite C-159/12, C-160/12 e C-161/12 

promosse ai sensi dell�art. 267 TFUE dal Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, 
con ordinanze in data 22.03.2012. 
��� 

1. Il giudizio a quo 
2. La parte Venturini Alessandra, farmacista abilitata, titolare dell�omonima parafarmacia, comunicava 
al Ministero della Salute la propria intenzione di avviare la vendita al pubblico dei 





medicinali di cui all�art. 87, comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 219/06, ovvero di farmaci a totale 
carico del cittadino acquirente senza richiesta di rimborso da parte del servizio sanitario regionale 
e nazionale, nonch� di tutte le specialit� medicinali per uso veterinario soggette a ricetta 
medica, anch�esse a totale carico del cittadino acquirente, senza richiesta di rimborso 
da parte del servizio sanitario regionale o nazionale. 


3. Il Ministero della Salute, con provvedimento del 18 agosto 2011, rigettava la domanda, affermando 
che, sulla base della normativa nazionale vigente in materia, la vendita dei medicinali 
suddetti pu� essere effettuata solo all�interno delle farmacie. 
4. Con ricorso depositato il 14 novembre 2011, la parte impugnava il diniego, sostenendo che 
la normativa su cui il diniego era fondato sarebbe contraria al diritto dell�Unione Europea, 
nella parte in cui osta alla vendita dei medicinali di c.d. fascia C soggetti a prescrizione, ma 
non a carico del S.S.N. 
5. Con ordinanza del 22.03.2012, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia 
riteneva necessario investire di questione pregiudiziale la Corte di Giustizia dell�Unione. Analogamente, 
con distinte ordinanze, il Tar investiva la Corte di identiche questioni sollevate in 
relazione ai ricorsi, di identico contenuto, proposti dai dott.ri Gramegna Maria Rosa e Muzzo 
Anna. Infine, la Corte di Giustizia, con ordinanza del 27.04.2012, riuniva tutte e tre le questioni 
pregiudiziali proposte, iscritte rispettivamente alle cause C-159/12, C-160/12 e C-161/12. 


��� 

6. Il quesito 

7. Il giudice a quo, a mente dell�art. 267 TFUE, sottopone alla Corte il seguente quesito: 
�Se i principi di libert� di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza di 
cui agli articoli 49 ss. TFUE, ostino ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, 
abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale 
ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui � 
titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su "ricetta bianca", cio� non posti 
a carico del Servizio Sanitario Nazionale ed a totale carico del cittadino, stabilendo anche in 
questo settore un divieto di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento 
numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale�. 

��� 

8. Il contesto normativo 
9. Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: 


Art. 49 T.F.U.E. �Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libert� 
di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono 
vietate. Tale divieto si estende altres� alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, 
succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un 
altro Stato membro. 
La libert� di stabilimento importa l'accesso alle attivit� autonome e al loro esercizio, nonch� 
la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di societ� ai sensi dell'articolo 54, secondo 
comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti 
dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali.�. 

Dir. 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 
relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, considerando 26 �La presente 
direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit� nel campo della 
farmacia e all'esercizio di tale attivit�. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie 
e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza 


degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e 
amministrative degli Stati membri che vietano alle societ� l'esercizio di talune attivit� di farmacista 
o sottopongono tale esercizio a talune condizioni.�. 

10. Norme interne. 
Art. 122 del R.D. 27-7-1934 n. 1265. Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie. 

�La vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non � permessa che ai 
farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilit� del titolare della medesima. 
Sono considerati medicinali a dose o forma di medicamento, per gli effetti della vendita al 
pubblico, anche i medicamenti composti e le specialit� medicinali, messi in commercio gi� 
preparati e condizionati secondo la formula stabilita dal produttore. 
Tali medicamenti composti e specialit� medicinali debbono portare sull'etichetta applicata a 
ciascun recipiente la denominazione esatta dei componenti con la indicazione delle dosi; la 
denominazione deve essere quella usuale della pratica medica, escluse le formule chimiche. 
Il contravventore � punito con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a 1.000.000�. 

Art. 5 comma 1 del decreto-legge n. 223 del 4.7.2006 conv. in legge n. 248/2006. Interventi 
urgenti nel campo della distribuzione di farmaci. 
�1. Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 
31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivit� di vendita al pubblico dei farmaci 
da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, 

n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci 

o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute 
e alla regione in cui ha sede l'esercizio e secondo le modalit� previste dal presente articolo.
� abrogata ogni norma incompatibile�. 

Art. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 06.12.2011 conv. in legge n. 
214/2011 �Il Ministero della salute, sentita l�Agenzia italiana del farmaco, individua entro 
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto 
un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui all� articolo 8, comma 10, lettera 
c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali permane l�obbligo 
di ricetta medica e dei quali non � consentita la vendita negli esercizi commerciali di 
cui al comma 1�. 

��� 

12. Sul quesito proposto il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. 
13. Il comma 1 bis dell�art. 32 del decreto legge n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011 
rimette al Ministero della Salute il compito di individuare, entro centoventi giorni dalla data 
di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, un elenco (recentemente adottato), 
periodicamente aggiornabile, dei medesimi farmaci di fascia C, per i quali permane l'obbligo 
di ricetta medica e dei quali non � consentita la vendita negli appositi locali degli esercizi 
commerciali (parafarmacie). 
14. La disciplina italiana, secondo il Tar Lombardia, sarebbe in contrasto con l'art. 49 TFUE, 
in quanto idonea a rendere di fatto impossibile lo stabilimento di un farmacista in Italia che 
voglia accedere al mercato dei farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica, oltre che a 
rendere concretamente pi� difficile lo svolgimento di tale attivit� economica entro il mercato 
nazionale. 
15. Il contingentamento del numero di esercizi farmaceutici sul territorio nazionale abilitati 
alla vendita dei farmaci di fascia C sembrerebbe tradursi, secondo il giudice a quo, in una 



sproporzionata protezione di reddito delle strutture esistenti, piuttosto che nel conseguimento 
di una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi di vendita al pubblico 
dei farmaci. 

16. In sintesi, come ritiene il Tar Lombardia, �non sembrano esserci motivi che possono giustificare 
una tale restrizione all'esercizio di una libert� economica, n� vi � alcuna motivazione 
legata all'obiettivo di ripartire in modo equilibrato le farmacie nel territorio nazionale, n� di 
aumentare la sicurezza e qualit� dell'approvvigionamento della popolazione di medicinali, 
di un eccesso di consumo o di ammontare di risorse pubbliche assorbite�. 
17. Si ricorda che nel sistema nazionale la vendita dei farmaci di qualunque tipo � stata, fino 
alla L. 248/2006, riservata esclusivamente alle farmacie, in base alla disciplina che risale al 
Testo Unico delle leggi sanitarie r.d. 27.7.1934 n. 1265. 
18. Infatti, l�art. 122 del Testo Unico stabiliva che spettava unicamente alle farmacie �la vendita 
al pubblico� dei medicinali. 
19. In seguito, l'art. 5, comma 1, del decreto-legge 4.7.2006, n. 223, convertito in legge 
4.8.2006, n. 248, ha consentito la vendita al pubblico di alcuni farmaci, ossia dei farmaci da 
banco o di automedicazione e degli altri farmaci vendibili senza ricetta medica anche nei normali 
esercizi commerciali (esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita). 
20. Successivamente � intervenuto il menzionato comma 1 bis dell�art. 32 del decreto legge 


n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, che ha mantenuto il divieto di vendita nelle parafarmacie 
per alcuni tipi di farmaci di fascia C, riservando al Ministero della Salute un potere 
di controllo nella vendita dei farmaci. 

21. Tale limitazione appare conforme ai principi stabiliti in materia dalla giurisprudenza della 
Corte di Giustizia (causa C-108/96 sent. MacQuen del 01.02.2001 e cause riunite C-570/07 
e 571/07), in quanto: 
22. si applica in maniera non discriminatoria, posto che la riserva di legge si applica a prescindere 
dalla circostanza che il farmacista sia di nazionalit� italiana o di altro stato membro; 
23. � giustificata da motivi imperativi di interesse generale, posto che la legislazione italiana 
sulle attivit� farmaceutiche si ispira essenzialmente a precise esigenze di tutela della salute 
pubblica; 
24. � finalizzata a garantire l�obiettivo preposto di tutela dell�interesse generale della salute 
pubblica, considerato che il servizio farmaceutico � deputato all�erogazione di un servizio pubblico, 
al punto che gli stessi farmacisti sono considerati soggetti incaricati di servizio pubblico; 
25. � adeguata e proporzionata rispetto al suo raggiungimento, perch� limita la distribuzione 
dei farmaci al di fuori delle farmacie per quei farmaci che necessitano di prescrizione medica, 
ancorch� a totale carico del paziente (farmaci di fascia C). 
26. Le opposte tesi, dedotte a sostegno dell�incompatibilit� di detta limitazione col principio 
di libera concorrenza e di libert� di stabilimento, non sembrano pertinenti. 
27. Si passano in rassegna dette tesi, contenute nelle ordinanze di rimessione. 
28. A) Tesi della rimborsabilit� del farmaco. Secondo questa tesi, la riserva di legge a favore 
della vendita dei farmaci nelle sole farmacie sarebbe giustificata solo per quei farmaci rimborsati 
dallo Stato a mezzo del Servizio Sanitario Nazionale e non per quelli, come nella fattispecie, 
la cui spesa ricade esclusivamente sull�utente. 
29. In sostanza, poich� non vi sono oneri per le finanze pubbliche, nulla osterebbe alla libera 
iniziativa economica dei privati. 
30. Il criterio economico non appare decisivo. La stessa Corte costituzionale ha espressamente 
chiarito che la vendita dei medicinali non � una semplice attivit� commerciale, ma � parte di 





una pi� complessa funzione sanitaria, esplicitata in un sistema di farmacie organizzato sul 
territorio (Corte Cost., sent. 4 febbraio 2003, n. 27). 


31. Non sembra censurabile, pertanto, la scelta del legislatore che ha posto come obiettivo 
primario della disciplina del settore farmaceutico la tutela della salute dei cittadini attraverso 
misure per prevenire, nel massimo grado possibile, il rischio di compromissione di un diritto 
fondamentale riconosciuto dalla Costituzione. 
32. Proprio il fatto che il diritto alla salute sia definito fondamentale dalla Costituzione giustifica 
un sistema che assicuri il massimo di protezione di tale bene. 
33. B) Tesi basata sull�ampliamento dei punti vendita di alcuni farmaci al di fuori delle piante 
organiche delle farmacie. Secondo tale tesi, poich� la legge italiana consente l�apertura di 
esercizi commerciali denominati parafarmacie, la vendita al pubblico di alcune categorie di 
farmaci dovrebbe essere consentita senza limitazioni o controlli della pubblica autorit�. 
34. Anche il criterio burocratico-amministrativo non pare decisivo. Le norme sulle deroghe 
alla pianta organica rappresentano solo una parte di una complessa disciplina della farmacia 
come luogo deputato alla vendita al pubblico dei medicinali e attraverso cui si realizza una 
funzione sanitaria dello Stato. 
35. La complessa regolamentazione pubblicistica e, in particolare, la pianificazione della rete 
di distribuzione dei farmaci mira ad assicurare e a controllare l�accesso dei cittadini ai prodotti 
medicinali e in tal modo a garantire la tutela della salute pubblica, come affermato, tra l�altro, 
dalla Corte Costituzionale (sent. n. 430/2007). 
36. Poich�, dunque, risulta preminente l�interesse alla tutela della salute, non sembrano incompatibili 
con i principi comunitari quelle norme che intendono assicurare allo Stato una funzione 
di controllo nella vendita di farmaci, essendo il farmaco e il luogo di vendita del farmaco momenti 
fondamentali in cui lo Stato esplica la sua funzione di tutela della salute pubblica. 
37. Tale assunto � conforme alla giurisprudenza comunitaria, laddove afferma, nella sentenza 
relativa alla causa C-531/06 del 19 maggio 2009, che (par. 36) �In sede di valutazione del rispetto 
di tale obbligo, occorre tenere conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano 
il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati 
membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della sanit� pubblica e il 
modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Poich� tale livello pu� variare da uno Stato 
membro all�altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalit� (v., in 
tal senso, sentenze 11 dicembre 2003, causa C.322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. 
pag. I.14887, punto 103; 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/Germania, Racc. 
pag. I-6935, punto 51, e Hartlauer, cit., punto 30)�. 
38. Tale sentenza si occupa anche della questione se una norma nazionale che disciplina il 
settore farmaceutico, apportando delle limitazioni alla libert� di stabilimento, sia giustificabile 


o meno, riconoscendo che (par. 54) �qualora sussistano incertezze circa l�esistenza o l�entit� 
dei rischi per la salute delle persone, lo Stato membro possa adottare misure di tutela senza 
dover aspettare che la concretezza di tali rischi sia pienamente dimostrata. Inoltre lo Stato 
membro pu� adottare misure che riducano, per quanto possibile, il rischio per la sanit� pubblica 
(v., in tal senso, sentenza 5 giugno 2007, causa C.170/04, Rosengren e a., Racc. pag. 
I.4071, punto 49), compreso, pi� precisamente, il rischio per il rifornimento di medicinali 
alla popolazione sicuro e di qualit�. 55. In tale contesto si deve sottolineare il carattere molto 
particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per i loro 
effetti terapeutici (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 1991, causa C.369/88, Delattre, Racc. 
pag. I.1487, punto 54). 56. In ragione di tali effetti terapeutici, i medicinali possono nuocere 





gravemente alla salute se assunti senza necessit� o in modo sbagliato, senza che il paziente 
possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione. 57.Un consumo eccessivo 


o un uso sbagliato di medicinali comporta inoltre uno spreco di risorse finanziarie, tanto pi� 
grave se si considera che il settore farmaceutico genera costi considerevoli e deve rispondere 
a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alla sanit�, 
qualunque sia il modo di finanziamento utilizzato, non sono illimitate (v., per analogia, riguardo 
alle cure ospedaliere, sentenze 13 maggio 2003, causa C.385/99, M�ller-Faur� e van 
Riet, Racc. pag. I.4509, punto 80, nonch� Watts, cit., punto 109). Al riguardo si deve rilevare 
che esiste un nesso diretto tra tali risorse finanziarie e gli utili di operatori economici attivi 
nel settore farmaceutico poich� la prescrizione di medicinali � presa in carico, nella maggior 
parte degli Stati membri, dagli organismi di assicurazione malattia interessati. 58. Con riguardo 
a tali rischi per la sanit� pubblica e per l�equilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza 
sociale, gli Stati membri possono sottoporre le persone che si occupano della distribuzione 
dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalit� 
di commercializzazione di questi ultimi e alla finalit� di lucro�. 


39. Di conseguenza, appare compatibile la scelta dello Stato, effettuata a mezzo dell�art. 32 
comma 1 bis sopra richiamato, di valutare se esista un rischio per la salute pubblica nella vendita 
indifferenziata dei farmaci di fascia C fuori dalla farmacie, atteso che la vendita nelle parafarmacie, 
che sono esercizi commerciali finalizzati dal raggiungimento dello scopo di lucro, 
potrebbe pregiudicare il fine della legge di porre una limitazione tesa a combattere l�eccesso 
dell�uso dei farmaci da parte dei pazienti/consumatori. 
40. Non pare che detto obiettivo potrebbe essere raggiunto da misure meno restrittive, quale, 
ad esempio, l�obbligo di presenza di un farmacista nella parafarmacia. 
41. Invero, il fatto che i farmacisti esercitino la loro attivit� nelle farmacie � elemento che d� 
garanzia all�unit� e coerenza delle disposizioni sulle salute pubblica nell�organizzazione della 
rete di distribuzione dei farmaci soggetti a ricetta medica (v. Corte Giust. sentenza C-141/07 
par. 51-57). 
42. Un�apertura non regolamentata e fuori dall�ambito del servizio sanitario nazionale di 
nuove parafarmacie potrebbe comportare un aumento delle spese farmaceutiche, impedendo 
allo Stato di controllare la concentrazione di punti vendita dei farmaci di fascia C soggetti a 
prescrizione medica. 
43. La necessit�, tra l�altro, per la vendita di un farmaco di fascia C, della presentazione al 
farmacista della prescrizione medica sta proprio l� a significare la sottesa presenza di ragioni 
di cautela e di prevenzione dell�eccessivo acquisto ed uso del tipo di farmaco in parola. 
44. Tali ragioni, si presume, sarebbero eluse, laddove logiche commerciali operanti verisimilmente 
su larga scala finirebbero col far prevalere esigenze di distribuzione del farmaco soggetto 
a prescrizione medica sulle reali esigenze terapeutiche sue proprie. 
45. Mentre, quindi, il farmacista che esercita l�attivit� in una farmacia si trova associato, per 
le ragioni indicate, ad una politica generale di sanit� pubblica, in gran parte incompatibile con 
una logica puramente commerciale, diversamente accade per soggetti commerciali quali le 
parafarmacie, sganciate dal circuito del S.S.N. 
46. Ecco, perch� s�insiste nel dire che, non solo la professionalit� acquisita, ma anche il luogo 
di svolgimento dell�attivit�, ossia la farmacia, � garanzia per il farmacista dell�indipendenza 
necessaria alla natura della sua funzione. 
47. Pertanto, si osserva, in conclusione, con riferimento alla vendita dei farmaci di fascia C, 
come il legislatore italiano sembri avere fatto un uso corretto e proporzionato della discrezio



nalit� che la normativa europea riconosce in tale settore agli Stati membri, optando per un sistema 
che garantisce al contempo un elevato livello di protezione della sanit� pubblica ed un 
rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione. 

��� 

48. La risposta che il Governo italiano propone per il quesito � dunque la seguente �Il sistema 
italiano, che disciplina il settore farmaceutico-sanitario, e, in particolare, la regola, di cui 
all�art. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 06.12.2011 conv. in legge n. 214/2011, 
per la quale la vendita dei medicinali di fascia C pu� essere effettuata solo all�interno delle 
farmacie, garantiscono un livello non discriminatorio, proporzionato e di elevato standard 
di tutela della sanit� pubblica, finalizzato ad assicurare alla popolazione un rifornimento 
dei farmaci suddetti adeguato e non incontrollato, con ci� essendo, per tali ragioni, non 
incompatibili con l�art. 49 T.F.U.E.�. 

Fabrizio URBANI NERI 
AVVOCATO DELLO STATO 

Causa C-349/13 - Materia: Fiscalit�. Principi, obiettivi e missioni dei Trattati 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny S.d Administracyjny 
(Polonia) il 25 giugno 2013 - Minister Finans�w / Oil Trading 
Poland. 

La causa, promossa da giudice della Polonia, verte in materia di accise non armonizzate. 
L�Italia, infatti, assieme ai soli Polonia, Danimarca e Portogallo, applica l�imposta di consumo 
sugli oli lubrificanti, che rappresenta un�eccezione nel panorama europeo. 
In particolare, si tratta degli oli lubrificanti utilizzati per fini diversi dall�uso come carburante 
per motori o come combustibile per riscaldamento, e, perci�, esenti dall�accise comunitaria 
e soggetti ai diritti d�accisa nazionali. 
La questione, quindi, riguarda il fatto se lo Stato polacco possa o meno gravare di accise nazionale 
gli oli lubrificanti adibiti a usi diversi da quelli su cui incombe un�accise comunitaria, 
laddove tale possibilit� � consentita allo Stato membro a condizione, tuttavia, secondo la giurisprudenza 
europea, che detta imposta nazionale non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, 
�a formalit� connesse al passaggio di frontiera� (Corte Giustizia, III sezione, sentenza 
5 luglio 2007, cause riunite C-145/06 e C-146/06). 
La tesi italiana � che le disposizioni del diritto nazionale, che prevedono l�applicazione di 
un�imposta nazionale su detti oli lubrificanti, esenti dal pagamento dell�accise armonizzata, 
con la previsione di adempimenti formali uguali ai prodotti armonizzati, non aggravano il 
passaggio alla frontiera nazionale dello Stato membro di detti oli non armonizzati, trattandosi 
di beni sottoposti a tassazione non al momento di passaggio alla frontiera, bens� all�atto della 
loro immissione in consumo e non comportano, pertanto, alcuna violazione del divieto di discriminazione 
ai sensi dell�art. 110 TFUE. 
La Commissione ha presentato osservazioni scritti conformi alle tesi di Polonia ed Italia. 
L�udienza dibattimentale � stata tenuta il 10 luglio 2014. 
Si allegano le osservazioni depositate. 


CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. 

nella causa C-349/13 
promossa ai sensi dell�art. 267 TFUE dal Naczelnys Sad Administracyjny (Polonia), con ordinanza 
del 05.03/25.06.2013. 

��� 
Il giudizio a quo 

1. Con l�ordinanza in epigrafe indicata il giudice di rinvio chiede se l�articolo 3, paragrafo 3, 
della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, debba essere interpretato nel 
senso che non osta all�applicazione, da parte di uno Stato membro, agli oli lubrificanti di cui 
al codice da NC 2710 19 71 a 2710 19 99, utilizzati per fini diversi dall�uso come carburante 
per motori o come combustibile per riscaldamento, e, perci�, esenti dall�accise comunitaria, 
dei diritti d�accisa nazionali. 
2. La domanda di pronuncia pregiudiziale trae spunto dalla vicenda che coinvolge una societ� 
polacca che commercializza all�ingrosso e al dettaglio oli lubrificanti acquistati in ambito comunitario, 
sottoposti a tassazione nazionale. 
3. La contestazione che la societ� muove alle autorit� fiscali polacche riguarda l�aver assoggettato 
ad accisa e sottoposto alle relative disposizioni in materia di controllo e vigilanza i 
suddetti oli lubrificanti, utilizzati per fini diversi da carburanti per motori o combustibile per 
riscaldamento e, inoltre, l�applicazione agli stessi di istituti tipici di tale regime. 
4. � sorto, quindi, il dubbio all�organo giurisdizionale che determinate prescrizioni vigenti in 
Polonia con riguardo all�attivit� di vendita di oli lubrificanti di provenienza comunitaria possano 
costituire, negli scambi tra Stati membri, formalit� connesse all�attraversamento delle frontiere. 
5. Detta formalit� consisterebbero, in particolare, nelle seguenti operazioni: presentazione 
preventiva all�introduzione nel territorio nazionale, della dichiarazione di futuro acquisto di 
oli lubrificanti; prestazione di una cauzione per il pagamento dell�imposta; presentazione di 
una dichiarazione semplificata; versamento dell�accisa dovuta entro dieci giorni dal ricevimento 
dei prodotti; tenuta di un registro dei prodotti acquistati. 
6. La questione, quindi, riguarda il fatto se lo Stato polacco possa o meno gravare di accise 
nazionale gli oli lubrificanti adibiti a usi diversi da quelli su cui incombe un�accise comunitaria, 
laddove tale possibilit� � consentita allo Stato membro a condizione, tuttavia, secondo 
la giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, che detta imposta nazionale non dia luogo, negli 
scambi fra Stati membri, �a formalit� connesse al passaggio di frontiera� (Corte Giustizia, 
III sezione, sentenza 05.07.2007, cause riunite C-145/06 e C-146/06). Il Giudice polacco, pertanto, 
individuato nel Naczelnys Sad Administracyjny, devolveva, su tali premesse, la suddetta 
questione interpretativa alla Corte di Giustizia formulando il seguente quesito. 


��� 

Il quesito 

7. Il giudice a quo, a mente dell�art. 267 TFUE, sottopone alla Corte il seguente quesito: �Se 
l�articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa 
al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti 
ad accisa 1 (e successive modifiche), corrispondente ora all�articolo 1, paragrafo 3, lettera 
a), prima frase, della direttiva del Consiglio 2008/118/CE, del 16 dicembre 2008, relativa al 
regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE 2 (come modificata), debba 


essere interpretato nel senso che non osta all�applicazione, da parte di uno Stato membro, 
agli oli lubrificanti di cui al codice da NC 2710 19 71 a 2710 19 99, utilizzati per fini diversi 
dall�uso come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento, dei diritti d�accisa 
secondo le regole specifiche per l�accisa armonizzata applicabili al consumo dei prodotti 
energetici�. 

��� 

8. Il contesto normativo 

Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: 
Art. 3, paragrafo 3 della Direttiva 25-2-1992 n. 92/12/CEE - Direttiva del Consiglio relativa 
al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad 
accisa, secondo cui �Gli Stati membri conservano la facolt� di introdurre o mantenere imposizioni 
che colpiscono prodotti diversi da quelli di cui al paragrafo 1, a condizione tuttavia 
che dette imposte non diano luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit� connesse al 
passaggio di una frontiera�. 

Norme interne. 
Art. 62, comma 1, D.Lgs. 26-10-1995 n. 504 - Testo unico delle disposizioni legislative concernenti 
le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative 
(T.U.A.), secondo cui �sono sottoposti ad imposta di consumo: 
a) gli oli lubrificanti (codice NC da 2710 19 81 a 2710 19 99) quando sono destinati, messi 
in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o carburazione (235) ; 
b) i bitumi di petrolio (codice NC 2713 20 00) ; 
c) con la medesima aliquota prevista per i prodotti di cui alla lettera a), gli oli minerali greggi 
(codice NC 2709 00), gli estratti aromatici (codice NC 2713 90 90), le miscele di alchilbenzoli 
sintetici (codice NC 3817 00) ed i polimeri poliolefinici sintetici (codice NC 3902) quando 
sono destinati, messi in vendita o usati per la lubrificazione meccanica�. 

��� 

9. Sul quesito proposto il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. 
Per quanto riguarda il regime fiscale nazionale degli oli lubrificanti in Italia l�imposizione 
sugli oli minerali � disciplinata dal decreto legislativo del 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato 
dal decreto legge 135/200920. Il Titolo I del decreto 504 contiene le disposizioni generali 
in materia di accise, mentre il Titolo III contiene le disposizioni specifiche riguardanti 
l�imposta sul consumo degli oli lubrificanti. Tali imposte si applicano agli oli lubrificanti e 
altri prodotti energetici qualora utilizzati ai fini della lubrificazione meccanica. L�imposta colpisce 
anche agli oli lubrificanti utilizzati in miscela con i carburanti con funzione di lubrificazione. 
Precedentemente alla riforma delle disposizioni in materia di imposte sul consumo 
di oli lubrificanti rigenerati, attuata con il decreto legge 135/2009, questi venivano tassati ad 
aliquota ridotta del 50% rispetto all�aliquota applicata agli oli di prima distillazione. Tuttavia 
tali previsioni potevano ritenersi discriminatorie nei confronti degli altri Stati membri della 
EU. Gli oli rigenerati importati in Italia dagli altri membri EU non potevano infatti godere 
delle medesime agevolazioni, ai sensi della legge finanziaria per il 2006. 
10. Al fine di rispondere alla procedura d�infrazione n. 2004/2190 aperta dalla Commissione 
Europea per l�esistenza di tali norme discriminatorie, il decreto sopra citato sopprimeva le 
agevolazioni a favore degli oli rigenerati e prevedeva un�aliquota unica applicabile a tutti gli 
oli lubrificanti che veniva fissata in misura inferiore rispetto alla precedente, a � 750,00 per 
mille chilogrammi di prodotto, in modo tale da mantenere il gettito erariale invariato. Successivamente 
l�aliquota d�imposta � rimasta inalterata a tale livello. 



11. Presupposto d�imposta � l�immissione in consumo nel mercato interno di oli lubrificanti. 
L�immissione in consumo si verifica: 


-per i prodotti nazionali, al momento della cessione agli utilizzatori o ad imprese esercenti il 
commercio che ne effettuano la rivendita; 
-per i prodotti comunitari, all�atto di ricevimento della merce da parte dell�acquirente ovvero 
al momento della cessione del prodotto, cos� come definita ai fini delle imposte sul valore aggiunto, 
da parte del venditore residente in altro Stato membro a privati consumatori o a soggetti 
che agiscono nell�esercizio di impresa, arte o professione; 
-per i prodotti provenienti da altri Paesi, all�atto dell�importazione; 
-per i prodotti che risultano mancanti alle verifiche e per i quali non � possibile accertare il 
regolare esito, all�atto della loro constatazione. 
La base imponibile � costituita dal volume espresso in migliaia di chilogrammi di prodotto 
(misurato a una temperatura di 15� Celsius). 


12. Obbligati al pagamento dell�imposta sono: il fabbricante di prodotti ottenuti sul territorio 
nazionale; il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza 
comunitaria; l�importatore per i prodotti provenienti da Paesi terzi. 
13. Come cennato, la legge finanziaria italiana per il 2006 (Legge n. 266/2005 art. 1 comma 
116) stabiliva che �l'articolo 62 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le 
imposte sulla produzione e sui consumi � di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 
504, continua ad esplicare i suoi effetti. A decorrere dal 1� gennaio 2006 l'aliquota dell'imposta 
di consumo sugli oli lubrificanti di cui all'allegato I al medesimo testo unico � fissata 
in euro 842 per mille chilogrammi�. Tali norme quindi abrogavano quelle contenute nel decreto 
452/2001 e pertanto la disciplina riguardante l�imposta sul consumo di lubrificanti continuava 
a produrre i suoi effetti. 
14. Come affermato nell�ordinanza di rinvio del giudice a quo, le direttive adottate dal Consiglio 
dell�Unione europea nel 1992 imponevano l�obbligo di esenzione degli oli lubrificanti 
dall�ambito di applicazione delle accise. Tuttavia nel 2003 si registrava un cambiamento di 
rotta in tale ambito normativo modificando radicalmente il regime previsto dall�art. 8 della 
direttiva 92/81/CEE. Veniva infatti emanata la nuova direttiva 2003/96/CE, riguardante la 
tassazione dei prodotti energetici e dell�elettricit�. All�art. 30 tale direttiva abrogava le precedenti 
direttive CEE 81 e 82 del 1992. 
15. Sostanzialmente la nuova direttiva rimuove ogni vincolo alla tassazione nazionale dei lubrificanti 
ed ogni Paese � quindi libero da allora di assoggettare i lubrificanti ad imposte di 
consumo (o sulla produzione). 
16. Le istituzioni comunitarie sono state chiamate a esprimere il loro giudizio sulla compatibilit� 
tra normativa nazionale e comunitaria, cos� come riformata della nuova direttiva. Nel-
l�ambito delle controversie tra Fendt Srl e l�Agenzia delle Dogane�Ufficio Dogane di Trento, 
la Commissione tributaria di secondo grado di Trento presentava alcune domande di pronuncia 
giudiziale nei confronti della Corte di giustizia delle Comunit� europee. Questa volta, alla 
luce della nuova disciplina, la Corte di giustizia si pronunci� in favore delle norme italiane 
riguardanti l�imposizione indiretta sugli oli lubrificanti. Con sentenza del 05.07.2007 relativa 
alle cause unificate C-145/06 e C-146/06, la Corte rilevava l�esclusione degli oli lubrificanti 
dall�ambito di applicazione della direttiva del 2003 e giudicava quindi le disposizioni nazionali 
(art. 61 e ss del D.lgs. n. 504/95 - T.U.A.) oggetto della controversia come compatibili con la 
nuova normativa comunitaria. 
17. In seguito, il d.l. 135/2009 sottoponeva gli oli rigenerati allo stesso trattamento fiscale 





degli oli di prima distillazione e fissava l�aliquota d�imposta a � 750,00 per mille kg. Oltre 
alle accise, in base all�articolo 13 del decreto legge 166/200936, le imprese italiane sono gravate 
da un contributo obbligatorio di � 155 per ogni tonnellata di prodotto immesso in consumo 
nei confronti del Consorzio obbligatorio degli oli usati. 


18. Sussistono analogie tra la normativa della Polonia e il sistema giuridico nazionale italiano 
disciplinante l�imposta di consumo sugli oli lubrificanti, quale recato dagli artt. 61 e ss. del 
D.Lgs. n. 504/95. 
19. In particolare, le disposizioni di cui al D.M. 17.9.1996, n. 557, dettano specifiche formalit� 
relative all�adempimento dell�imposta per i prodotti di provenienza comunitaria. 
20. Infatti, dal richiamato quadro normativo di riferimento emerge che il soggetto obbligato 
al pagamento dell�imposta, identificato in quello che effettua la prima immissione in consumo 
di prodotti di provenienza comunitaria, presenta una denuncia all�Ufficio delle dogane almeno 
sessanta giorni prima della data d�inizio dell�attivit�; egli, inoltre, presta una cauzione pari al 
10 per cento dell�imposta gravante su tutto il prodotto giacente, rimodulabile in ragione del-
l�ammontare del tributo mediamente corrisposto alle scadenze periodiche; infine, egli � munito 
di licenza di esercizio. 
21. Inoltre, lo stesso soggetto presenta, ai fini dell�accertamento dell�imposta in parola, entro 
il mese successivo a quello cui si riferisce, la dichiarazione mensile dalla quale risultano i 
quantitativi di prodotto finito immessi in consumo e l�ammontare del tributo dovuto; la parte, 
dunque, entro lo stesso termine, effettua il versamento dell�imposta. 
22. Circa le finalit� perseguite dall�imposizione nazionale sui prodotti non armonizzati si deve 
precisare che: gli obblighi comunitari contabili trovano identica applicazione anche per i prodotti 
nazionali, scongiurando, cos�, ipotesi di discriminazione in base alla nazionalit� delle merci. 
23. Inoltre, tali adempimenti risultano finalizzati a garantire il pagamento dell�imposta di consumo 
nazionale. 
24. Le finalit� degli adempimenti fiscali, cui i produttori e depositari commerciali di lubrificanti 
sono sottoposti, quali gli obblighi documentali di tenuta dei registri, di comunicazione 
preventiva e successiva, sono previsti ai fini della salvaguardia del gettito erariale, come anche 
sono giustificati dall�esistenza di interessi nazionali al controllo dei quantitativi prodotti e 
della loro movimentazione. 
25. � importante notare inoltre che analoghi adempimenti (quali la denuncia di inizio attivit� 
e rilascio di licenza, gli obblighi riguardanti circolazione e deposito, la tenuta dei registri di 
carico e scarico) sono richiesti per la produzione e commercializzazione di altri prodotti non 
energetici soggetti ad accisa, come per le bevande alcoliche e i tabacchi, proprio allo scopo 
di tutela del gettito erariale e di vigilanza finanziaria sulla movimentazione di tali prodotti. 
26. Proprio per le esposte ragioni si ritiene l�assoggettamento ad accise nazionale per gli oli 
lubrificanti non armonizzati dotata del requisito della compatibilit� con la disciplina comunitaria 
e non violativa del divieto di discriminazione dell�art. 110 TFUE. 
27. Nel caso degli oli lubrificanti, ci si riferisce ad accisa non armonizzata, definita, pi� precisamente, 
imposta erariale di consumo; nel caso le accise rientrino o meno nel campo di applicazione 
delle direttive di armonizzazione, possono distinguersi in armonizzate e non 
armonizzate. 
28. Come detto, l�art. 61 del Testo unico impone, al primo comma lettera a), che l�imposta 
sia dovuta sui prodotti immessi in consumo nel mercato interno e che, lettera b), obbligato al 
pagamento sia il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza 
comunitaria. 



29. Proprio la provenienza comunitaria degli oli lubrificanti rappresenta il cardine del problema 
sul quale vogliamo soffermarci. Infatti, per i prodotti di provenienza da Paesi terzi, 
l�imposta di consumo viene accertata e riscossa direttamente durante le operazioni in dogana; 
mentre, per gli acquisti intracomunitari, venendo meno il passaggio in dogana, l�assolvimento 
dell�imposta in questione diviene pi� problematico, essendo spostato al successivo momento 
dell�effettiva immissione in consumo. 
30. La circostanza, quindi, che per gli acquisti intracomunitari � ormai venuto il controllo alla 
frontiera nazionale giustifica la predisposizione dello Stato membro di una serie di adempimenti 
formali che consentano di controllare il flusso di movimentazione e la destinazione 
degli oli adibiti a uso diverso, ossia definiti come non armonizzati. 
31. Il sistema di tassazione di questi prodotti non d� luogo per la legislazione italiana a maggiori 
�formalit� connesse al passaggio di una frontiera�, come asserito nell�ordinanza di rinvio 
del giudice polacco. 
32. La normativa italiana, infatti, prevede che gli oli lubrificanti in parola siano sottoposti a 
tassazione all�atto del loro impiego, dopo o piuttosto a prescindere dal loro passaggio in frontiera 
(che avviene ormai senza controllo), ossia all�atto della loro �immissione in consumo�, 
come previsto dalla pi� volte citata disposizione nazionale dell�art. 61 T.U.A. 
33. L�assenza di formalit� doganali da adempiere all�atto del passaggio della frontiera nazionale 
fa s�, quindi, che la norma sia conforme all�orientamento di codesta Ecc.ma Corte, per la 
quale �dalla giurisprudenza della Corte risulta che un sistema fiscale � compatibile con l�art. 
90 CE solo qualora esso sia congegnato in modo da escludere in ogni caso che i prodotti importati 
vengano assoggettati ad un onere pi� gravoso rispetto ai prodotti nazionali e, pertanto, 
che esso non comporta, in nessun caso, effetti discriminatori (sentenze Haahr Petroleum, cit., 
punto 34, e 23 ottobre 1997, causa C.375/95, Commissione/Grecia, Racc. pag. I.5981, punto 
29)� (Corte Giustizia, I sezione, causa C-313/2005, sentenza del 18.01.2007, par. 40). 
34. Tanto � vero che in quella causa, l�Avvocato generale aveva concluso sulla compatibilit� 
delle accise nazionali, in quanto non finalizzate a scopi di protezionismo del mercato interno, 
affermando che (par. 59) �La terza questione sottoposta alla Corte �, in sostanza, se l�art. 
90, secondo comma, CE, vieti di imporre un�accisa sulle autovetture usate importate da altri 
Stati membri a un�aliquota variabile in funzione dell�et� del veicolo e della cilindrata, ma 
non sulla vendita di autovetture usate all�interno dello Stato membro in questione (alle quali 
l�accisa � gi� stata applicata in base a una formula analoga anteriormente alla loro prima 
immatricolazione, incidendo in tal modo sul loro successivo prezzo di rivendita). 


60. L�art. 90, secondo comma, CE, vieta le imposizioni interne tali da proteggere indirettamente 
prodotti nazionali che, senza essere similari a prodotti importati ai sensi del primo 
comma, nondimeno si trovino con essi in un rapporto di concorrenza. 
61. Tuttavia, la valutazione chiesta dal giudice del rinvio riguarda un confronto tra autovetture 
usate gi� presenti sul mercato nazionale e autovetture usate acquistate in un altro Stato membro. 
Queste due categorie sono chiaramente prodotti similari ai sensi dell�art. 90, primo 
comma, CE, e l�accisa controversa va quindi valutata alla luce di tale disposizione. 
62. Poich� dall�ordinanza di rinvio e dalle osservazioni presentate alla Corte non emerge 
che l�imposta protegge indirettamente prodotti nazionali diversi che si trovino in un rapporto 
di concorrenza con le autovetture, ritengo che sia sufficiente l�analisi svolta alla luce 
dell�art. 90, primo comma, CE, nel contesto della seconda questione del giudice nazionale� 


(Conclusioni Avvocato Generale Sharpston presentate il 21 settembre 2006). 

35. E d�altro canto, nello stesso senso si � pronunciata codesta Ecc.ma Corte in similari inter



venti, chiarendo che �la �condizione� cui sono soggette le imposte rientranti nell�ambito 
d�applicazione dell�art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva 92/12 fa riferimento all�unica 
condizione prevista dal primo comma dello stesso paragrafo, cio� che le �imposte non diano 
luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit� connesse al passaggio di una frontiera�� 

(Corte Giustizia, Prima Sezione, causa C-491/03, sentenza del 10 marzo 2005, par. 34; nello 
stesso senso Prima sezione, causa C-2/09, sentenza del 03.06.2010 e Terza Sezione, causa C145-
146/06, sentenza del 05.07.2007). 

��� 

17. La risposta che il Governo italiano propone per il quesito � dunque la seguente �Le disposizioni 
del diritto nazionale, che prevedono l�applicazione di un�imposta nazionale sui 
consumi degli oli lubrificanti per uso diverso dall�uso come carburante per motori o come 
combustibile per riscaldamento (esenti dal pagamento dell�accise armonizzata), con la previsione 
di adempimenti formali uguali ai prodotti armonizzati, non aggravano il passaggio 
alla frontiera nazionale dello Stato membro di detti oli non armonizzati, trattandosi di beni 
sottoposti a tassazione all�atto della loro immissione in consumo e non comportano, pertanto, 
alcuna violazione del divieto di discriminazione ai sensi dell�art. 110 TFUE�. 

Fabrizio URBANI NERI 
AVVOCATO DELLO STATO 

Causa C-463/13 - Materia: Libert� di stabilimento. Libera prestazione 
dei servizi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di 
Stato (Italia) il 23 agosto 2013 - Stanley International Betting Ltd e Stanleybet 
Malta Ltd / Ministero dell�Economia e delle Finanze e Agenzia delle Dogane 
e dei Monopoli di Stato. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

nella cause C-463/13 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 
267 TFUE dal Consiglio di Stato (Italia), nella causa 

-STANLEY INTERNATIONAL BETTING LTD 

- STANLEYBET MALTA LTD 

- ricorrente/appellante contro 


MINISTERO DELL�ECONOMIA E DELLE FINANZE � AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI 

DI STATO 

- resistente/appellato nei 
confronti di 

- INTRALOT ITALIA S.P.A.; 

-SNAI S.p.A.; 


- GALASSIA GAME S.R.L.; 
- EUROBET ITALIA S.R.L.; 
- LOTTOMATICA S.R.L.; 
- SISAL MATCH POINT S.P.A.; 


-COGETECH GAMING S.R.L. 

- controinteressati e/o intevenienti ad opponendum 


*** 

I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con sentenza non definitiva del 20 agosto 2013, depositata presso la Cancelleria della 
Corte il successivo 26 agosto, il Consiglio di Stato italiano, nell�ambito di un giudizio 
amministrativo di ultimo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla 
Corte la seguente questione: 

(primo quesito) Se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla 
Corte di Giustizia dell�Unione Europea, nella sentenza 16 febbraio 2012 [cause riunite 
C-72/10 e C-77/10], vadano interpretati nel senso che essi ostano a che vengano poste 
in gara concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove la detta 
gara sia stata bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall�illegittimit� 
dell�esclusione di un certo numero di operatori dalle gare. 
(secondo quesito) Se gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati 
dalla Corte di Giustizia dell�Unione Europea, nella medesima sentenza 16 febbraio 2012 
[cause riunite C-72/10 e C-77/10], vadano interpretati nel senso che essi ostano a che 
l�esigenza di riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze 
delle concessioni costituisca giustificazione causale adeguata di una ridotta durata delle 
concessioni poste in gara rispetto alla durata dei rapporti concessori in passato attribuiti. 


II IL DIRITTO DELL�UNIONE EUROPEA RILEVANTE 

2. La compatibilit� dei sistemi nazionali di organizzazione e gestione delle scommesse sportive 
con i Trattati, e in particolare con la libert� di stabilimento e la libera prestazione di 
servizi (oggi dagli artt. 49 e 56 TFUE), � stata oggetto di ripetuti interventi della Corte. 
3. Sin dalla sentenza Schindler (1), resa in una fattispecie che riguardava il Regno Unito, la 
Corte aveva chiarito che le attivit� di lotteria vanno considerate attivit� di �servizi� ai sensi 
del Trattato e che una disciplina nazionale la quale vieti, salvo eccezioni da essa stabilite, 
lo svolgimento delle lotterie nel territorio di uno Stato membro costituisce una restrizione 
alla libera prestazione dei servizi. Tale restrizione pu�, tuttavia, risultare giustificata per il 
fatto di perseguire scopi legati alla tutela dei consumatori ed alla protezione dell�ordine 
sociale, sempre che non comporti alcuna discriminazione in base alla nazionalit�. 
4. Nella sentenza Zenatti, la Corte ha affermato che �(a)nche se la sentenza Schindler riguarda 
l�organizzazione delle lotterie, queste considerazioni sono ugualmente valide � 
per gli altri giochi di azzardo che presentano caratteristiche analoghe�, nel cui novero 
rientrano anche �le scommesse sulle competizioni sportive�, in quanto �pur non potendo 
essere considerate giochi di puro azzardo, al pari di questi ultimi offrono, contro una posta 
avente valore di pagamento, una prospettiva di profitto pecuniario� e �(t)enuto conto della 
rilevanza delle somme che esse consentono di raccogliere e dei profitti che possono offrire 


(1) Sentenza 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler. 


agli scommettitori, esse comportano gli stessi rischi di criminalit� e di frode e possono 
avere le stesse conseguenze individuali e sociali dannose� (2). Nella medesima sentenza, 
la Corte - rilevato che �la normativa italiana sulle scommesse si distingue dalla normativa 
controversa nella sentenza Schindler soprattutto in quanto non vieta totalmente le operazioni 
considerate, ma le riserva a taluni enti a determinate condizioni� (punto 32) - ha 
chiarito che �la sola circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela 
diverso da quello adottato da un altro Stato membro non pu� incidere sulla valutazione 
della necessit� e della proporzionalit� delle disposizioni adottate in materia. Tali disposizioni 
devono essere valutate unicamente alla luce degli obiettivi perseguiti dalle autorit� 
nazionali dello Stato membro interessato e del livello di tutela che esse mirano a garantire� 
(punto 34): �(i)nfatti, un�autorizzazione limitata dei giochi d�azzardo nell�ambito di diritti 
speciali o esclusivi riconosciuti o concessi a determinati enti, che presenta il vantaggio di 
incanalare il desiderio di giocare e la gestione dei giochi in un circuito controllato, di prevenire 
il rischio che tale gestione sia diretta a scopi fraudolenti e criminosi e di impiegare 
gli utili che ne derivano per fini di pubblica utilit�, serve anch�essa al perseguimento di 
detti obiettivi� (punto 35). Tuttavia �una limitazione siffatta � ammissibile solamente se 
essa anzitutto persegue effettivamente l�obiettivo di un�autentica riduzione delle opportunit� 
di gioco e se il finanziamento di attivit� sociali attraverso un prelievo sugli introiti 
derivanti dai giochi autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria, 
e non la reale giustificazione, della politica restrittiva attuata� (punto 36). 

5. Con la sentenza Gambelli e a. (3) la Corte ha chiarito che la detta normativa costituisce, 
altres�, una restrizione alla libert� di stabilimento, anche se tale restrizione si impone indistintamente 
a tutte le societ� di capitali potenzialmente interessate da tali concessioni, 
indipendentemente dal fatto che abbiano sede in Italia o in un altro Stato membro. Nel rimettere 
al giudice nazionale la valutazione circa la proporzionalit� delle misure concretamente 
adottate in Italia, la Corte ha per� chiarito che �anche se l�obiettivo perseguito 
dalle autorit� di uno Stato membro � quello di evitare il rischio che i concessionari dei 
giuochi siano implicati in attivit� criminali o fraudolente, escludere la possibilit� per le 
societ� di capitali quotate sui mercati regolamentati degli altri Stati membri di ottenere 
concessioni per la gestione di scommesse sportive, soprattutto quando esistano altri strumenti 
di controllo dei bilanci e delle attivit� delle dette societ�, pu� risultare una misura 
eccessiva rispetto a quanto necessario per impedire la frode� (punto 74). 
6. I suddetti principi sono stati ripresi nella sentenza Placanica e a. (4). La Corte ha ribadito 
che �(u)n sistema di concessioni pu� � costituire un meccanismo efficace che consente 
di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire 
l�esercizio di � [attivit� di giochi e scommesse] � per fini criminali o fraudolenti� (punto 
57), evidenziando, tuttavia, che l�esclusione totale dal novero dei possibili concessionari 
delle societ� di capitali quotate nei mercati regolamentati - vigente in Italia sino al 2003, 
sul presupposto che i singoli azionisti non sarebbero stati identificabili in qualsiasi momento 
-�va oltre quanto � necessario per raggiungere l�obiettivo mirante ad evitare che 
soggetti che operano nel settore dei giochi d�azzardo siano implicati in attivit� criminali 


(2) Cfr. sentenza 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti, punti da 16 a 19. 
(3) Sentenza 6 novembre 2003, causa C-243/01, Gambelli e a. 
(4) Sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a. 



o fraudolente � [poich�] � esistono altri strumenti di controllo dei bilanci e delle attivit� 
degli operatori nel settore dei giochi di azzardo che limitano in modo minore la libert� di 
stabilimento e la libera prestazione dei servizi, come quello consistente nel raccogliere 
informazioni sui loro rappresentanti o sui loro principali azionisti� (punto 62). Poich� le 
conseguenze di tale illegittima esclusione si erano ripercosse anche sulla situazione delle 
concessioni in essere dopo il 2002, per effetto della durata e della proroga delle concessioni 
esistenti, alla Repubblica italiana spettava individuare gli strumenti giuridici per rimediare 
a tale situazione, dovendosi medio tempore astenere dall�applicare sanzioni nei confronti 
di soggetti per i quali si accertasse che vi era stata un�illegittima esclusione dal mercato. 


7. Le misure adottate in Italia per eliminare i suddetti profili di incompatibilit� con il diritto 
dell�Unione europea - ed in particolare le misure contenute nel decreto-legge 4 luglio 
2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (c.d. �decreto Bersani� (5)) sono 
state esaminate dalla successiva e recente sentenza Costa e Cifone (6), nella quale 
la Corte si � occupata, come gi� nel caso precedente, di una fattispecie in cui ai gestori di 

c.d. �centri di trasmissione dati� (�C.T.D.�) era stata contestata la commissione di un 
reato per avere agito senza la prescritta autorizzazione di polizia. Nella sentenza, la Corte 

-rilevato che l�art. 38, commi 2 e 4, del decreto Bersani aveva previsto che i nuovi concessionari 
dovessero insediarsi ad una certa distanza dai concessionari gi� esistenti - ha 
affermato che �(c)oncedere agli operatori esistenti ulteriori vantaggi concorrenziali rispetto 
ai nuovi concessionari�, dovuti al fatto che i primi avevano potuto insediarsi anni 
prima sul mercato con una certa notoriet� e una clientela propria, �ha come effetto di perpetuare 
e rafforzare gli effetti dell�esclusione illegittima di questi ultimi dalla gara del 
1999 e costituisce una nuova violazione degli articoli 43 CE e 49 CE nonch� del principio 
di parit� di trattamento� (punto 53) e che, conseguentemente, �(u)na misura siffatta implica 
dunque una discriminazione nei confronti degli operatori esclusi dalla gara del 
1999� (punto 58). Inoltre, con riferimento ad altro profilo rilevante nel giudizio a quo e 
in particolare la clausola di decadenza della concessione a motivo della commercializzazione 
di giochi d�azzardo mediante siti telematici situati al di fuori del territorio nazionale 
- la Corte ha affermato che �(s)ussiste � incertezza riguardo all�obiettivo e agli 
effetti di tale disposizione, i quali potrebbero essere o di impedire che un concessionario 
commercializzi attivamente nel territorio italiano giochi d�azzardo diversi da quelli per 
i quali egli detiene una concessione, o di impedire qualsiasi attivit� transfrontaliera in 
materia di giochi d�azzardo, e in particolare un�attivit� esercitata con un modus operandi 
quale quello della Stanley, fondato sul ricorso a CTD� (punto 88) e che, pertanto, �non 
si pu� addebitare ad un operatore � il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura 
per una concessione in assenza di qualsiasi sicurezza sul piano giuridico, fintanto 
che permaneva incertezza riguardo alla conformit� del suo modus operandi alle disposizioni 
della convenzione da sottoscrivere al momento dell�attribuzione di una concessione. 
Qualora tale operatore fosse stato escluso, in violazione del diritto dell�Unione, 
dalla gara precedente oggetto di censura nella citata sentenza Placanica e a., deve rite


(5) Per effetto di tale decreto sono stati messe a concorso, con bando di gara pubblicato anche 
sulla Gazzetta Ufficiale dell�Unione europea, 500 nuovi punti vendita dedicati di gioco ippico, di ulteriori 

9.500 nuovi punti vendita non dedicati di gioco ippico e di ulteriori 4.400 punti di vendita non dedicati 
di gioco sportivo. Sono state inoltre attivate reti di gioco sportivo a distanza. 

(6) Sentenza 16 febbraio 2012, cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone. 


nersi che la nuova gara non abbia effettivamente rimediato a tale esclusione dell�operatore 
in questione� (punto 90). 

8. Tra le sentenze successive, merita ricordare innanzi tutto la sentenza c.d. della Santa Casa 
(7), resa su rinvio pregiudiziale di un giudice portoghese, nella quale la Corte ha affermato 
che �l�art. 49 CE non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto 
della causa principale, che vieti ad operatori, quali la Bwin, stabiliti in altri Stati membri 
in cui forniscono legittimamente servizi analoghi, di offrire giochi d�azzardo tramite Internet 
sul territorio del detto Stato membro� (punto 74). Trattasi di restrizione che �pu� 
essere considerata, tenuto conto delle particolarit� connesse all�offerta di giochi d�azzardo 
su Internet, giustificata dall�obiettivo di lotta contro la frode e la criminalit�� 

(punto 72) (8). 

9. Altre successive decisioni della Corte si sono successivamente occupate della restrizione 
alla libert� fondamentali consistente nella concessione di un diritto esclusivo avente ad 
oggetto lo svolgimento, la gestione, l�organizzazione e il funzionamento dei giochi d�azzardo 
ad un organismo unico. Ad esempio, nella sentenza Zeturf (9), resa a seguito di 
rinvio del Consiglio di Stato francese, la Corte ha ribadito che �uno Stato membro che 
intenda assicurare un livello di tutela particolarmente elevato pu� legittimamente ritenere 
che solo la concessione di diritti esclusivi ad un organismo unico soggetto ad uno stretto 
controllo da parte delle autorit� pubbliche sia atta a consentire loro di padroneggiare i 
rischi connessi al settore dei giochi d�azzardo e di perseguire l�obiettivo di prevenire l�induzione 
a spese eccessive collegate al gioco e di lotta alla dipendenza dal gioco in modo 
sufficientemente efficace� (punto 41). 
10. Nella sentenza Garkalns (10), originata da un rinvio di un giudice nazionale lettone, la 
Corte, nel ribadire l�astratta legittimit� di una siffatta restrizione, ha chiarito che �affinch� 
sia rispettato il principio della parit� di trattamento, nonch� l�obbligo di trasparenza che 
ne costituisce il corollario, un regime di autorizzazione dei giochi d�azzardo deve essere 


(7) Sentenza 8 settembre 2009, causa C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin 
International. 
(8) A tale conclusione, la Corte � pervenuta sulla base di molteplici considerazioni: 


-innanzi tutto in quanto �(s)i deve rilevare, in proposito, che il settore dei giochi d�azzardo offerti 
tramite Internet non costituisce oggetto di un�armonizzazione comunitaria. Uno Stato membro pu� 
quindi legittimamente ritenere che il solo fatto che un operatore, quale la Bwin, offra legittimamente 
servizi compresi in tale settore tramite Internet in un altro Stato membro in cui sia stabilito e in cui sia 
gi� soggetto, in linea di principio, a determinati requisiti di legge ed al controllo da parte delle competenti 
autorit� di quest�ultimo Stato membro, non possa essere considerato quale garanzia sufficiente di 
protezione dei consumatori nazionali contro i rischi di frode e di criminalit�, alla luce delle difficolt� 
che, in un siffatto contesto, le autorit� dello Stato membro di stabilimento possono incontrare nella valutazione 
delle caratteristiche qualitative e della correttezza professionale degli operatori� (punto 69); 

- �Inoltre, in considerazione dell�assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l�operatore, i giochi 
d�azzardo accessibili via Internet implicano rischi di natura differente e maggiore importanza rispetto 
ai mercati tradizionali dei giochi medesimi per quanto attiene ad eventuali frodi commesse dagli operatori 
nei confronti dei consumatori� (punto 70); 

-�Non pu� essere peraltro esclusa la possibilit� che un operatore, che sponsorizzi talune delle competizioni 
sportive per le quali accetta scommesse nonch� talune delle squadre partecipanti alle competizioni 
medesime, si venga a trovare in una situazione che gli consenta di influire direttamente o 
indirettamente sul risultato delle medesime, aumentando cos� i propri profitti� (punto 71). 

(9) Sentenza 30 giugno 2011, causa C-212/08, Zeturf Ltd. 
(10) Sentenza 19 luglio 2012, causa C-470/11, SIA Garkalns. 



fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, cos� da circoscrivere 
sufficientemente l�esercizio del potere discrezionale delle autorit�, di modo che non se 
ne abusi� (punto 42) e che �(p)er consentire il controllo sull�imparzialit� dei procedimenti 
di autorizzazione � peraltro necessario che le competenti autorit� fondino le proprie decisioni 
su un iter logico accessibile al pubblico, che indichi, in modo preciso, i motivi in 
virt� dei quali l�autorizzazione � stata eventualmente rifiutata� (punto 43). 

11. Nella sentenza Stanleybet International e a. (11), resa su rinvio di un giudice greco, la 
Corte si � interrogata sul rispetto del principio di proporzionalit� della misura, qualora risultasse 
che, sebbene l�obiettivo della normativa nazionale consistesse o nel limitare l�offerta 
di giochi d�azzardo o nel favorire la lotta alla criminalit� ad essi connessa, l�impresa 
cui � stato conferito questo diritto esclusivo perseguisse una politica commerciale espansionistica. 
Nel rimettere tale valutazione al giudice nazionale, la Corte ha, tuttavia, chiarito 
che �(p)er quanto concerne il primo obiettivo, consistente nel limitare l�offerta dei giochi 
d�azzardo (...), spetta ai giudici nazionali assicurarsi, tenendo conto in particolare delle 
concrete modalit� di applicazione della normativa restrittiva di cui trattasi, che quest�ultima 
risponda veramente all�intento di ridurre le occasioni di gioco e di limitare le attivit� 
in tale settore in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, sentenza Garkalns, cit., 
punto 44 e giurisprudenza citata)� (punto 31) e che �(q)uanto al secondo obiettivo, concernente 
la lotta alla criminalit� connessa ai giochi d�azzardo, al giudice del rinvio spetta 
anche verificare, segnatamente in base all�evoluzione del mercato dei giochi d�azzardo a 
livello nazionale, se il controllo statale a cui le attivit� dell�impresa che ha il monopolio 
sono soggette sia effettivamente attuato perseguendo in modo coerente e sistematico gli 
obiettivi ai quali mira l�instaurazione del sistema di esclusiva a favore di una simile impresa 
(v., in tal senso, sentenza Zeturf, cit., punto 62 e giurisprudenza citata)� (punto 33), 
fermo restando che �l�efficacia di tale controllo statale deve essere valutata dal giudice 
del rinvio tenendo conto del fatto che una misura tanto restrittiva come un monopolio 
deve, tra l�altro, essere soggetta ad uno stretto controllo ad opera delle autorit� pubbliche 
(v., in tal senso, sentenza Zeturf, cit., punto 58)� (punto 34). 
12. Da ultimo, tornando ad occuparsi del regime italiano, nella sentenza Biasci e Rainone 


(12) la Corte ha affermato che �il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione 
sia di un�autorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi 
non �, in s�, sproporzionata rispetto all�obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, 
ossia quello della lotta alla criminalit� collegata ai giochi d�azzardo� (punto 27) (13), 
ribadendo che �considerato l�ampio margine discrezionale degli Stati membri riguardo 
agli obiettivi che essi intendono perseguire ed al livello di tutela dei consumatori da essi 
ricercato e vista l�assenza di un�armonizzazione in materia di giochi d�azzardo, allo stato 

(11) Sentenza 24 gennaio 2013, cause riunite C-186/11 e C-209/11, Stanleybet e a. 
(12) Sentenza 12 settembre 2013, cause riunite C-660/11 e 8/12, Biasci e Rainone. 
(13) La Corte ha, peraltro, precisato che �Tuttavia, poich� le autorizzazioni di polizia sono rilasciate 
unicamente ai titolari di una concessione, irregolarit� commesse nell�ambito della procedura di 
concessione di queste ultime vizierebbero anche la procedura di rilascio di autorizzazioni di polizia. La 
mancanza di autorizzazione di polizia non potr� perci� essere addebitata a soggetti che non siano 
riusciti a ottenere tali autorizzazioni per il fatto che il rilascio di tale autorizzazione presuppone l�attribuzione 
di una concessione, di cui i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del 
diritto dell�Unione (v. sentenza Placanica e a., cit., punto 67)� (punto 28). 



attuale del diritto dell�Unione non esiste alcun obbligo di mutuo riconoscimento delle 
autorizzazioni rilasciate dai vari Stati membri (v., in tal senso, sentenze dell�8 settembre 
2010, Sto� e a., C-316/07, da C-358/07 a C-360/07, C-409/07 e C-410/07, Racc. pag. I8069, 
punto 112, nonch� del 15 settembre 2011, Dickinger e �mer, C-347/09, Racc. pag. 
I-8185, punti 96 e 99)� (punto 40). 

III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA 

III.1. LE NORME NAZIONALI 

III.1.1. L�attivit� di raccolte delle scommesse in Italia 

13. In Italia, l�attivit� di raccolta di scommesse presuppone l�ottenimento di una concessione 
di servizi, regolata dall�art. 30 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (14), da parte 
del c.d. bookmaker, che certifica il rapporto con lo scommettitore, e di una licenza di pubblica 
sicurezza (art. 88 del T.U.L.P.S. cit.), che si rilascia, all�esito di una specifica verifica 
dei requisiti di onorabilit� personale, al gestore del locale dove materialmente si raccolgono 
le scommesse. 
14. Gli obiettivi perseguiti, da un lato, dalla riserva di attivit� in favore di concessionari dello 
Stato e, dall�altro alto, dall�autorizzazione di polizia sono consimili e complementari, ma 
non del tutto sovrapponibili. Attraverso il sistema concessorio lo Stato punta in primo 
luogo a canalizzare la domanda e l�offerta del gioco in circuiti controllabili al fine di prevenirne 
una possibile degenerazione criminale; attraverso l�autorizzazione di polizia, esso 
mira a garantire che il singolo soggetto che viene in contatto con il consumatore sia munito 
dei necessari requisiti di onorabilit� e affidabilit�. 
15. In altre parole, attraverso la concessione - che individua i soggetti ritenuti qualificati ed 
affidabili a gestire funzionalmente i giochi pubblici - e attraverso il successivo atto di con


(14) Tale articolo, rubricato �Concessione di servizi�, dispone quanto segue: 

�1. Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni 
di servizi. 

2. Nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente 
nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente 
stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei 
confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e del-
l�ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento 
dell�equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla 
qualit� del servizio da prestare. 
3. La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi 
generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, 
non discriminazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�, previa gara 
informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati 
in relazione all�oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi. 
4. Sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme pi� ampie di tutela della concorrenza. 
5. Restano ferme, purch� conformi ai principi dell�ordinamento comunitario le discipline specifiche che 
prevedono, in luogo delle concessione di servizi a terzi, l�affidamento di servizi a soggetti che sono a 
loro volta amministrazioni aggiudicatrici. 
6. Se un�amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non � un�amministrazione aggiudicatrice 
diritti speciali o esclusivi di esercitare un�attivit� di servizio pubblico, l�atto di concessione 
prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell�ambito di tale attivit�, detto soggetto rispetti 
il principio di non discriminazione in base alla nazionalit�. 
7. Si applicano le disposizioni della parte IV. Si applica, inoltre, in quanto compatibile l�articolo 143, 
comma�. 



venzione sottoscritto dai soggetti aggiudicatari, l�ordinamento interno stabilisce l�insieme 
di regole e modalit� affinch� tale gestione risulti esercitata, secondo criteri di proporzionalit� 
e coerenza, nel rispetto di preminenti interessi pubblici quali l�ordine pubblico, la 
tutela del consumatore minore di et� e il contrasto della criminalit�. Attraverso la licenza, 
i controlli si estendono anche agli operatori incaricati dalle societ� concessionarie all�esercizio 
dell�attivit� di scommesse su rete fisica e possono portare al diniego dell�autorizzazione 
richiesta qualora l�autorit� di pubblica sicurezza accerti che tali soggetti non 
posseggono i requisiti di moralit� previsti dall�ordinamento. L�attribuzione di una licenza 
ai sensi dell�art. 88 T.U.L.P.S. presuppone, infatti, una verifica ai sensi dell�art. 11 del medesimo 
T.U.L.P.S., che individua i requisiti soggettivi generali di cui devono disporre i 
soggetti che richiedono le autorizzazioni di polizia: per effetto di tale disposizione, qualsiasi 
autorizzazione di polizia pu� essere negata (i) a chi ha riportato una condanna per delitto 
non colposo con pena superiore a tre anni di privazione della libert� personale (e non ha 
ottenuto riabilitazione); (ii) a chi � stato sottoposto a misura di prevenzione personale, o � 
stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; (iii) a chi ha riportato 
condanna per alcuni reati, specificamente indicati, tra i quali i reati contro la moralit� pubblica 
e il buon costume o violazioni della normativa relativa, appunto, ai giochi d�azzardo. 

16. I due titoli sono, pertanto, entrambi essenziali ai fini dello svolgimento dell�attivit�. 
17. In tale contesto si inserisce la previsione dell�art. 2, comma 2-ter, del decreto-legge 25 
marzo 2010, n. 40 (15), convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, 
che richiede che la licenza per l�esercizio delle scommesse, ove rilasciata per strutture commerciali 
nelle quali si svolge l�esercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, 
� da intendersi efficace solo a seguito dei rilascio ai titolari delle medesime strutture del-
l�apposita concessione per l�esercizio e la raccolta di tali giochi. La misura � evidentemente 
orientata al contrasto dei fenomeni di raccolta irregolare di tutti i giochi pubblici, prevalentemente 
mediante rete fisica, stabilendo una sorta di �limitazione� alla operativit� della 
licenza rilasciata dall�autorit� di pubblica sicurezza, condizionandone l�efficacia alla presenza, 
in capo al titolare, alla concessione per l�esercizio e la raccolta di giochi pubblici. 
18. Nei casi oggetto dei giudizi a quo, l�espressione �titolari degli esercizi che raccolgono 
giochi pubblici�, utilizzata dalla norma citata al punto precedente, deve essere riferita a 
quei soggetti (necessariamente concessionari dello Stato) il cui brand � presente nell�esercizio 
e per conto dei quali l�esercente - in quanto gestore o per altro titolo riconosciuto e 
riconoscibile - raccoglie le scommesse. Pertanto, quando l�attivit� di raccolta delle scommesse 
� esercitata da terzi per conto del concessionario, ai sensi dell�art. 14-ter, comma 
2, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (16) terzi 
da considerarsi rappresentanti del concessionario ai sensi dell�art. 93 T.U.L.P.S. (17) 


(15) Tale diposizione stabilisce che �(l)�articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, 
di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso 
che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l�esercizio e la 
raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, � da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai 
titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l�esercizio e la raccolta di tali giochi da parte 
del Ministero dell�economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato�. 
(16) Tale disposizioni stabilisce quanto segue: �L�attivit� di raccolta e accettazione delle scommesse 
ippiche e sportive pu� essere esercitata dal concessionario con mezzi propri o di terzi, nel rispetto 
dell�articolo 93 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni� 


(enfasi aggiunta). 


- la licenza prevista dall�art. 88 T.U.L.P.S. pu� essere posseduta dall�esercente (terzo), 
ma � efficace solo se colui che esercita le scommesse (rappresentato) � in possesso di 
idonea concessione. 

19. Quindi, nei casi in cui il gestore dell�esercizio commerciale non sia titolare di concessione, 
esso pu� operare in nome e per conto di un altro soggetto, a condizione che quest�ultimo 
sia munito della concessione e lo abbia qualificato quale suo �rappresentante� ai sensi 
dell�art. 93 T.U.L.P.S. Su questa regola si innesta, tuttavia, il principio che la Corte, come 
si � visto, ha enunciato al punto 67 della sentenza Placanica e ribadito al punto 28 della 
sentenza Biasci e Rainone, secondo il quale il difetto di autorizzazione non pu� essere 
addebitata al soggetto che abbia comunque operato, se la mancata assegnazione del titolo 
autorizzatorio sia conseguenza del fatto che l�impresa, di cui esso � �rappresentante�, non 
abbia ottenuto la concessione in violazione del diritto dell�Unione europea. 
20. Per completezza, merita ricordare, oltre all�operatore che raccoglie le scommesse (come 
il C.T.D.), anche l�impresa che esercita concretamente le scommesse deve a propria volta 
munirsi della licenza di cui all�art. 88 T.U.L.P.S., sia perch� cos� dispone il primo comma 
di tale disposizione - il quale prevede che la licenza debba essere ottenuta sia da chi esercita 
le scommesse, sia dai suoi incaricati - sia perch�, in caso contrario, l�obiettivo della 
norma potrebbe essere facilmente eluso, conferendo l�incarico di raccolta delle scommesse 
esclusivamente a soggetti terzi. Sembra, pertanto, evidente la necessit� che il requisito 
introdotto dall�art. 88 T.U.L.P.S. per coloro che effettuano �l�esercizio delle 
scommesse� debba, in primo luogo, essere integrato dal soggetto che effettua concretamente 
tale attivit� con assunzione dei relativi rischi e connesse responsabilit�. 
21. L�art. 2, comma 2-bis, del citato decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, ha, poi, delineato 
una netta separazione tra raccolta fisica di giochi pubblici con vincita in denaro (attraverso 
agenzie, negozi e corner) e raccolta a distanza dei giochi suddetti (18). Tale disposizione 
ribadisce che, con riferimento alla raccolta a distanza, l�esercizio dell�attivit� da parte dei 
concessionari deve avvenire sulla base delle modalit� stabilite dalla legge 7 luglio 2009, 


n. 88 all�art. 24, commi da 11 a 26, mentre dispone espressamente, per l�attivit� di raccolta 
del gioco fisico con vincita in denaro, che la stessa sia esercitata solo nelle sedi e con le 
modalit� fissate nelle relative convenzioni di concessione, vietando le attivit� di raccolta 
di giochi con vincita in denaro espletate presso sedi diverse da quelle autorizzate o attraverso 
modalit� o apparecchiature che consentono la partecipazione telematica. 

22. Il citato art. 24 dispone, infatti, quanto segue: 

�1. � 10. (...) 

11. Al fine di contrastare in Italia la diffusione del gioco irregolare ed illegale, nonch� di 
perseguire la tutela dei consumatori e dell�ordine pubblico, la tutela dei minori e la lotta 

(17) L�art. 93 del T.U.L.P.S. stabilisce che �(s)i pu� condurre l'esercizio per mezzo di rappresentante�. 
(18) La norma citata dispone che �Fermo quanto previsto dall�articolo 24 della legge 7 luglio 
2009, n. 88, in materia di raccolta del gioco a distanza e fuori dei casi ivi disciplinati, il gioco con 
vincita in denaro pu� essere raccolto dai soggetti titolari di valida concessione rilasciata dal Ministero 
dell�economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato esclusivamente nelle 
sedi e con le modalit� previste dalla relativa convenzione di concessione, con esclusione di qualsiasi 
altra sede, modalit� o apparecchiatura che ne permetta la partecipazione telematica; � conseguentemente 
abrogata la lettera b) del comma 11 dell�articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 
2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248�. 



al gioco minorile ed alle infiltrazioni della criminalit� organizzata nel settore dei giochi, 
tenuto conto del monopolio statale in materia di giochi di cui all�articolo 1 del decreto 
legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e nel rispetto degli articoli 43 e 49 del Trattato CE, 
oltre che delle disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio 
decreto 18 giugno 1931, n. 773, nonch� dei princ�pi di non discriminazione, necessit�, 
proporzionalit� e trasparenza, i commi da 12 a 26 del presente articolo recano disposizioni 
in materia di esercizio e di raccolta a distanza dei seguenti giochi: 
a) scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati, sportivi, inclusi 
quelli relativi alle corse dei cavalli, nonch� su altri eventi; 
b) concorsi a pronostici sportivi e ippici; 
c) giochi di ippica nazionale; 
d) giochi di abilit�; 
e) scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori; 
f) bingo; 
g) giochi numerici a totalizzatore nazionale; 
h) lotterie ad estrazione istantanea e differita. 


12. (�) 
13. L�esercizio e la raccolta a distanza di uno o pi� dei giochi di cui al comma 11, lettere 
da a) a f), ferma la facolt� dell�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di stabilire, 
ai sensi del comma 26, in funzione delle effettive esigenze di mercato, in un numero 
massimo di duecento, le concessioni di cui alla lettera a) del presente comma da attribuire 
in fase di prima applicazione, � consentito: 
a) ai soggetti in possesso dei requisiti e che assumono gli obblighi di cui al comma 15, 
ai quali l�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato attribuisce concessione per 
la durata di nove anni; 
b) ai soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono gi� titolari di 
concessione per l�esercizio e la raccolta di uno o pi� dei giochi di cui al comma 11 attraverso 
rete fisica, rete di raccolta a distanza, ovvero entrambe. 
14. (�) 
15. La concessione richiesta dai soggetti di cui al comma 13, lettera a), � rilasciata subordinatamente 
al rispetto di tutti i seguenti requisiti e condizioni: 
a) esercizio dell�attivit� di gestione e di raccolta di giochi, anche a distanza, in uno degli 
Stati dello Spazio economico europeo, avendovi sede legale ovvero operativa, sulla base 
di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell�ordinamento 
di tale Stato, con un fatturato complessivo, ricavato da tale attivit�, non inferiore 
ad euro 1.500.000 nel corso degli ultimi due esercizi chiusi anteriormente alla data di 
presentazione della domanda; 
b) fuori dai casi di cui alla lettera a), possesso di una capacit� tecnico-infrastrutturale 
non inferiore a quella richiesta dal capitolato tecnico sottoscritto dai soggetti di cui al 
comma 16, lettera b), comprovata da relazione tecnica sottoscritta da soggetto indipendente, 
nonch� rilascio all�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di una garanzia 
bancaria ovvero assicurativa, a prima richiesta e di durata biennale, di importo 
non inferiore ad euro 1.500.000; 
c) costituzione in forma giuridica di societ� di capitali, con sede legale in uno degli Stati 
dello Spazio economico europeo, anteriormente al rilascio della concessione ed alla sottoscrizione 
della relativa convenzione accessiva; 



d) possesso da parte del presidente, degli amministratori e dei procuratori dei requisiti 
di affidabilit� e professionalit� richiesti alle corrispondenti figure dei soggetti di cui al 
comma 16, lettera b); 
e) residenza delle infrastrutture tecnologiche, hardware e software, dedicate alle attivit� 
oggetto di concessione in uno degli Stati dello Spazio economico europeo; 
f) versamento all�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di un corrispettivo 
una tantum, per la durata della concessione e a titolo di contributo spese per la gestione 
tecnica ed amministrativa dell�attivit� di monitoraggio e controllo, pari ad euro 300.000, 
pi� IVA, per le domande di concessione riferite ai giochi di cui al comma 11, lettere da 
a) ad e), e ad euro 50.000, pi� IVA, per le domande di concessione riferite al gioco di cui 
al comma 11, lettera f); 
g) sottoscrizione dell�atto d�obbligo di cui al comma 17. 
17 � 26. (�)�. 

III.1.2. La gara per l�assegnazione di concessioni del 2012 

23. A seguito della sentenza Costa e Cifone, richiamata al punto 7 del presente scritto, la Repubblica 
italiana ha stabilito di indire un gara per l�affidamento in concessione di ulteriori 

2.000 diritti per l�esercizio congiunto dei giochi pubblici (scommesse ippiche e sportive), 
attraverso l�attivazione di rete fisica di negozi di gioco. 

24. In tal senso ha disposto l�art. 10, comma 9-octies, del decreto-legge 2 marzo 2012, come 
modificato dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44. Questo comma ha stabilito, 
in particolare, quanto segue. 

�Nelle more di un riordino delle norme in materia di gioco pubblico, incluse quelle in materia 
di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, le disposizioni del presente 
comma sono rivolte a favorire tale riordino, attraverso un primo allineamento 
temporale delle scadenze delle concessioni aventi ad oggetto la raccolta delle predette 
scommesse, con il contestuale rispetto dell�esigenza di adeguamento delle regole nazionali 
di selezione dei soggetti che, per conto dello Stato, raccolgono scommesse su eventi sportivi, 
inclusi quelli ippici, e non sportivi ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di giustizia 
dell�Unione europea del 16 febbraio 2012 nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10. A questo 
fine, in considerazione della prossima scadenza di un gruppo di concessioni per la raccolta 
delle predette scommesse, l�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (19) bandisce 
con immediatezza, comunque non oltre il 31 luglio 2012, una gara per la selezione dei soggetti 
che raccolgono tali scommesse nel rispetto, almeno, dei seguenti criteri: 
a) possibilit� di partecipazione per i soggetti che gi� esercitano attivit� di raccolta di 
gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ove 
operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni 
vigenti nell�ordinamento di tale Stato e che siano altres� in possesso dei requisiti di 
onorabilit�, affidabilit� ed economico-patrimoniale individuati dall�Amministrazione autonoma 
dei monopoli di Stato tenuto conto delle disposizioni in materia di cui alla legge 
13 dicembre 2010, n. 220, nonch� al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; 
b) attribuzione di concessioni, con scadenza al 30 giugno 2016, per la raccolta, esclusivamente 
in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi presso 

(19) Ora �Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato�. 


agenzie, fino a un numero massimo di 2.000, aventi come attivit� esclusiva la commercializzazione 
di prodotti di gioco pubblici, senza vincolo di distanze minime fra loro ovvero 
rispetto ad altri punti di raccolta, gi� attivi, di identiche scommesse; 
c) previsione, quale componente del prezzo, di una base d�asta di 11.000 euro per ciascuna 
agenzia; 
d) sottoscrizione di una convenzione di concessione di contenuto coerente con ogni altro principio 
stabilito dalla citata sentenza della Corte di giustizia dell�Unione europea del 16 febbraio 
2012, nonch� con le compatibili disposizioni nazionali vigenti in materia di giochi pubblici; 
e) possibilit� di esercizio delle agenzie in un qualunque comune o provincia, senza limiti 
numerici su base territoriale ovvero condizioni di favore rispetto a concessionari gi� abilitati 
alla raccolta di identiche scommesse o che possono comunque risultare di favore 
per tali ultimi concessionari; 
f) rilascio di garanzie fideiussorie coerenti con quanto previsto dall�articolo 24 del decreto-
legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111�. 

25. Attraverso tali disposizioni, il legislatore italiano ha perseguito un duplice intento: 

-quello immediato, di sopperire alla carenza di punti di gioco nella rete fisica di raccolta 
delle scommesse ippiche e sportive, a causa della naturale scadenza delle concessioni rilasciate 
in una precedente procedura selettiva (i bandi di gara del 1999, che avevano riguardato 
un numero effettivo di circa 1.000 agenzie ippiche e sportive); 

- quello mediato, di dare pronta applicazione ai principi affermati dalla Corte nella sentenza 
Costa e Cifone, ponendo in essere iniziative idonee al �recupero� da parte di possibili 
soggetti interessati - per lo pi� operatori di gioco stabiliti in altri Stati membri 
dell�Unione - che avrebbero potuto cos� eventualmente acquisire il titolo concessorio necessario 
per operare in Italia nel settore delle scommesse. 

26. � utile al riguardo ricostruire, sia pure sinteticamente, le vicende che negli anni precedenti 
avevano interessato le concessioni in esame. 
27. Una prima selezione concorrenziale di concessionari - quella esaminata nella sentenza 
Placanica - fu indetta nel 1999 e completata nell�anno 2000. Per effetto di essa sono sorti 
una serie di rapporti, per lo pi� della durata di dodici anni (la gara riguardava, infatti, 
concessioni della durata di sei anni, tuttavia rinnovabili, sia pure per una sola volta). 
28. Alla fine dell�anno 2006, con il citato decreto Bersani, anche per consentire l�eventuale 
ingresso nel mercato di soggetti che, come appunto affermato dalla Corte nella sentenza 
Placanica, ne erano stati indebitamente esclusi sino all�anno 2002, � stata indetta una 
nuova gara, per l�attribuzione di altre concessioni con scadenza al 2016, che ha portato 
all�assegnazione di ca. 14.000 punti ulteriori di raccolta (21): questa gara � stata esaminata 
nella sentenza Costa e Cifone. 


(21) La gara, come indicato nel testo, era stata indetta nell�intento di dare seguito ai contenuti 
della sentenza Placanica, senza incidere in maniera drammatica sull�affidamento degli operatori titolari 
di concessione a seguito della selezione indetta nel 1999. D�altra parte, procedere senz�altro alla revoca 
delle concessioni - in ragione del fatto che, come aveva dichiarato la Corte, non era stata offerta la possibilit� 
di partecipare a tutte le imprese che avrebbe dovuto averne titolo - avrebbe fatto s� che sarebbe 
venuta a mancare l�offerta di gioco �lecito� sul mercato, con pregiudizio dell�interesse pubblico in vista 
del quale � appunto organizzato il mercato delle scommesse in Italia. Come si � accennato al punto 6 
del presente scritto, la stessa sentenza Placanica aveva lasciato un certo margine alle autorit� italiane 
nella scelta delle modalit� per rimediare al vizio riscontrato nell�occasione dalla Corte. 


29. Giungevano a quindi a scadenza nel 2012 un numero - non particolarmente elevato - di 
concessioni, mentre la gran parte di esse avrebbe avuto scadenza al 2016. In questo contesto 
� intervenuta la sentenza Costa e Cifone, alla quale, come si � detto, l�art. 10, comma 
9-octies, della legge n. 44 del 2012 si � proposto di dare attuazione. 
30. A questo punto - scartata l�ipotesi di una revoca anticipata delle concessioni in scadenza 
al 2016, per ragioni identiche a quelle gi� viste in nota a pi� di pagina 20 e, cio�, per evitare 
di sguarnire il mercato dall�offerta di gioco lecito (oltre che, evidentemente, per evitare 
di farsi carico di importi incalcolabili per l�indennizzo dei concessionari che avevano 
confidato sulla legittimit� della procedura di affidamento) - alle autorit� nazionali si presentavano 
due alternative: 


-attendere che maturasse il termine di scadenza anche delle concessioni in corso di esecuzione 
(2016) e, all�esito, bandire una gara avente ad oggetto tutti i punti di gioco della 
rete nazionale; 

-concepire la possibilit� di una gara �intermedia�, per concessioni della durata di quattro 
anni, relativa alle posizioni venute a scadenza nel 2012 (ed eventualmente ad altre liberatesi 
per altre ragioni: rinuncia del titolare, fallimento, etc..), tale da conseguire un risultato 
di sostanziale uniformazione degli operatori. Questo, anche per evitare l�indubbia 
aggravio amministrativo che sarebbe derivato da un disallineamento dei termini di scadenza 
delle concessioni, che avrebbe imposto, negli anni a venire, la moltiplicazione delle 
procedure di gara. 

31. Questa seconda alternativa, poi privilegiata dalla legge, avrebbe comunque consentito essendo 
stato rimosso ogni possibile profilo di discriminazione, effettivo o anche solo 
potenziale - a operatori come l�odierna ricorrente la tanto agognata (quanto meno a parole) 
opportunit� di inserirsi nel circuito ufficiale dei concessionari dello Stato per la raccolta 
di gioco. Ma, soprattutto, l�indizione di questa selezione avrebbe di per s� posto termine 
a una situazione che, sia pure in doveroso ossequio alle sentenze della Corte, consentiva 
proprio alla odierna ricorrente, quale impresa �discriminata�, di operare sul mercato attraverso 
una rete �parallela� di offerta di gioco che, come si vedr�, di fatto le consentiva 
di usufruire di condizioni concorrenziali di vantaggio rispetto agli operatori �ufficiali�. 
32. Sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati nella legge, l�Amministrazione autonoma 
dei Monopoli di Stato ha, dunque, avviato la procedura di selezione, pubblicando 
un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 30 luglio 2012 (e 
nella GUUE del 31 luglio 2012). 


III.2. I FATTI DI CASUA E LE MOTIVAZIONI DEL RINVIO 

33. Le questioni pregiudiziali sono sorte, appunto, nel contesto di un giudizio di impugnazione 
del bando di gara test� descritto. Le ricorrenti - due societ� del gruppo Stanley hanno, 
infatti, scelto nuovamente di non presentare domanda di partecipazione alla gara, 
ritenendola discriminatoria, cos� sostanzialmente proponendosi di riprodurre la situazione 
che ha dato luogo alle sentenze Placanica e Costa e Cifone. 
34. Le ricorrenti hanno, quindi, premesso di essere state illegittimamente escluse dalle precedenti 
procedure di selezione, ossia da quella indetta nel 1999 e da quella indetta nel 
2006, come riconosciuto nelle sentenze Placanica e Costa e Cifone (ma si � visto che 
quest�ultima sentenza, a stretto rigore, non ha accertato che vi fosse stata una illegittima 
esclusione, essendosi limitata a dichiarare che non poteva imputarsi a soggetti come la 
Stanleybet di non aver presentato offerte, in presenza di clausole del bando dal contenuto 
poco chiaro). 



35. Ci� posto, esse hanno, in sintesi (rinviando all�ampio provvedimento di rinvio per una 
pi� approfondita analisi), fatto valere i seguenti profili di illegittimit� del bando: 


(i) lo Stato italiano, alla luce dei principi affermati nella sentenza Costa e Cifone, non 
avrebbe potuto bandire alcuna gara senza avere previamente revocato le concessioni in 
essere; 
(ii) in ogni caso, la nuova gara avrebbe dovuto contenere prescrizioni tali da rimuovere i 
vantaggi di cui avrebbero goduto i pregressi concessionari nel caso in cui questi avessero 
proposto domanda di partecipazione; 


(iii) se anche si fosse negato fondamento a tali argomenti, ugualmente la gara non sarebbe 
stata idonea a rimuovere le pregresse discriminazioni, poich� essa era stata strutturata in 
maniera tale da perpetuare e rafforzare le posizioni dei precedenti concessionari, attribuendo 
loro ulteriori vantaggi (ci� che, secondo le ricorrenti, la Corte aveva diffidato dal 
fare), in quanto: 
a) la nuova gara era finalizzata ad attribuire concessioni che avevano una durata ridotta 
rispetto al passato; 
b) essa imponeva requisiti pi� rigidi rispetto alle gare precedenti; 
c) le condizioni previste dallo schema di convenzione da sottoscrivere da parte del concessionario 
avrebbero imposto alle ricorrenti di disfarsi della propria rete di C.T.D. (e 
cio� della rete �parallela� di raccolta che, come si � visto al punto 31 delle presenti osservazioni, 
Stanley ha potuto, di fatto, mantenere in Italia, in conseguenza delle sentenza 
della Corte che avevano riconosciuto una sua precedente discriminazione). 

36. Sul complesso delle questioni, il Consiglio di Stato si � pronunciato con c.d. �sentenza 
non definitiva�: con tale tipo di provvedimento, previsto dall�art. 36, comma 2, del codice 
del processo amministrativo italiano, il giudice amministrativo pu� decidere definitivamente 
su alcune questioni che abbiano una propria autonomia, disponendo per la prosecuzione 
del giudizio in relazione alle altre (non mature per la decisione in quanto, ad esempio, 
siano necessari un supplemento di istruzione ovvero una pronuncia incidentale della Corte 
costituzionale o, come nella specie, della Corte di giustizia dell�Unione europea). 
37. Ebbene, con tale sentenza non definitiva il Consiglio di Stato, nel rinviare alla Corte, si � 
definitivamente pronunciato su tutte le questioni poste dalle appellanti - questioni che, pertanto, 
non possono essere rimesse in discussione tra le parti (salvi eventuali rimedi straordinari 
previsti dall�ordinamento nazionale) - ad eccezione di quella relativa alla durata 
delle concessioni messe a gara, per la quale ritiene necessaria la pronuncia interpretativa. 
38. Nell�illustrare i contorni di tale questione (che viene esaminata ai punti da 6.10 in poi del 
provvedimento di rinvio, dunque nelle pagine 118 e ss.), il giudice a quo rileva che le 
contestazioni delle ricorrenti riguardano, appunto, la clausola di cui all�art. 3 della convenzione, 
nella quale �il termine di durata � determinato fino al 30 giugno 2016, con lo 
scopo, indicato nella norma primaria, di allineare la scadenza delle nuove concessioni 
a quelle gi� rilasciate sulla base della previgente normativa�: secondo le ricorrenti, la 
durata breve dei rapporti - o, comunque, pi� contenuta di quelli costituiti attribuite con la 
gara del 2006/2007 - attribuirebbe �ulteriori vantaggi� ai concessionari gi� operanti, perpetuando 
i vantaggi concorrenziali di cui questi avrebbero gi� goduto, per il fatto di essere 
concessionari gi� da tempo presenti nel mercato italiano. 
39. Tanto premesso, il Consiglio di Stato evidenzia di essere tenuto a sollevare la questione, 
nella sua qualit� di giudice di ultimo grado, poich� sul punto di diritto controverso non 
esiste gi� una consolidata giurisprudenza della Corte e poich� l�interpretazione della 





norma dell�Unione non si impone con evidenza tale da non dare adito a ragionevoli dubbi. 


40. Quanto al fondamento della questione, il giudice a quo afferma, tuttavia, di non ritenere 
persuasiva l�affermazione secondo la quale la diversa durata delle nuove concessioni 
messa a gara rispetto alle precedenti avrebbe un contenuto discriminatorio: nel sollevare 
tale questione, infatti, le ricorrenti trascurano, a giudizio del Consiglio di Stato, un elemento 
assolutamente rilevante, quale il prezzo - decisamente ridotto rispetto al passato delle 
concessioni in questione. Ma non � solo questo l�elemento �dimenticato� dalle appellanti, 
perch� altri oneri connessi alla concessione sono stati ridimensionati e parametrati 
alla minore durata del rapporto: il numero dei terminali che il concessionario � tenuto a 
utilizzare e l�importo della cauzione provvisoria a carico del medesimo. 
41. In definitiva, secondo il giudice del rinvio �se � vero ... che le concessioni messe in gara 
hanno minor durata di quelle precedentemente attribuite, esse sono, per�, anche meno 
onerose e meno impegnative economicamente per l�aspirante concessionario�. Tanto che 
le affermazioni di parte ricorrente circa la antieconomicit� dei diritti messi a gara possono 
dirsi �oggettivamente smentite dalla numerosa partecipazione alla gara da parte di numerosi 
gruppi, anche stranieri�. 
42. Peraltro, sempre a giudizio del Consiglio di Stato, indipendentemente dalle precedenti 
considerazioni �l�esigenza di razionalizzare il sistema, prevedendo, s�, una durata ridotta, 
ma con lo scopo di raccordarla alla scadenza delle concessioni in essere ... pare ... esigenza 
organizzativa degna di ragguardevole considerazione�, essendo, in ultima analisi, 
�proprio finalizzata a ridurre o azzerare gli inconvenienti lamentati dall�appellante�. 
43. Tutte queste considerazioni �condurrebbero il Collegio a disattendere nel merito� il motivo 
di ricorso proposto dalle appellanti. Tuttavia, poich� non si pu� affermare che l�elemento 
della durata trova giustificazione nell�esigenza di prevenire l�esercizio delle attivit� 
di raccolta delle scommesse per fini di prevenzione delle frodi - cio� per gli obiettivi che 
la Corte ha ritenuto essere giustificazioni astrattamente valide per una limitazione alle libert� 
fondamentali tutelate dal Trattato - bens� su una �(mera) esigenza organizzativa e 
razionalizzatrice�, il giudice a quo ritiene di sollevare la questione, non potendosi con 
assoluta sicurezza escludere che la ridotta durata del rapporto rischi di favorire gli operatori 
gi� presenti e, quindi, privare di giustificazione la misura, che dovrebbe essere considerata 
oggettivamente volta a garantire gli operatori gi� titolari di concessione. 


IV ANALISI 

IV.1. SULLA RICEVIBILIT� DELLE QUESTIONI 

44. Ritiene il Governo italiano che occorra innanzi tutto interrogarsi sulla ricevibilit� delle 
questioni pregiudiziali. 
45. Entrambe le questioni vertono, in sostanza, sulla compatibilit� di un regime di durata delle 
concessioni di esercizio dell�attivit� di raccolta delle scommesse, stabilito dal legislatore di 
uno Stato membro, con la libert� di stabilimento e con la libera prestazione di servizio. 
46. Non si vuole ignorare che, nell�ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali 
stabilita dall�art. 267 TFUE, spetti esclusivamente al giudice nazionale, cui � stata sotto-
posta la controversia e che deve assumersi la responsabilit� dell�emananda decisione giurisdizionale, 
valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la 
necessit� di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza 
sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. 
47. Nel nostro caso, tuttavia, il giudice del rinvio si dimostra ben consapevole della giurisprudenza 
della Corte - che, evidentemente, non mette in discussione - secondo la quale 



la riserva dell�attivit� di raccolta delle scommesse a un certo numero di operatori, sulla 
base di concessioni, costituisce una restrizione giustificata dall�obiettivo di controllare 
l�esercizio di attivit� di giochi e scommesse che persegue fini criminali o fraudolenti 
(come la Corte ha riconosciuto, nel caso del sistema italiano, quanto meno a partire dalla 
sentenza Gambelli e a.). 

48. Non solo. Il Consiglio di Stato � ben consapevole anche di quanto affermato dalla Corte 
al punto 52 della sentenza Costa e Cifone, e cio� che �tanto una revoca e la redistribuzione 
delle precedenti concessioni, quanto la messa a concorso di un numero adeguato 
di nuove concessioni potrebbero essere soluzioni appropriate. Entrambe queste soluzioni 
sono in linea di principio idonee a rimediare, quanto meno per il futuro, all�esclusione 
illegittima di alcuni operatori, permettendo a questi ultimi di esercitare la loro attivit� 
sul mercato alle stesse condizioni applicabili agli operatori esistenti�. 
49. Ora, posto che ogni rapporto di concessione deve avere una durata, � chiaro che l�elemento 
temporale non pu� incidere, in quanto tale, sulla questione dell�esistenza di una 
valida giustificazione per la restrizione, ma, eventualmente, sulla proporzionalit� della 
misura adottata. 
50. La questione della proporzionalit� di una misura di restrizione �, evidentemente, questione 
di competenza del giudice nazionale, essendo fondata sulla valutazione dei fatti e non 
sull�interpretazione del diritto dell�Unione europea. Ne consegue che la Corte non � competente 
a pronunciarsi su tale questione, come essa stessa ha dichiarato - per restare al 
nostro ambito - al punto 58 della sentenza Placanica e a. (�(...) spetter� ai giudici nazionali 
verificare se queste restrizioni soddisfino le condizioni che risultano dalla giurisprudenza 
della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalit��) (22). 
51. � pur vero che, nel rimettere una valutazione al giudice nazionale, la Corte pu� fornire e 
spesso fornisce - indicazioni circa i parametri di diritto dell�Unione europea, alla stregua 
dei quali tale giudice dovr� definire la questione ad esso riservata. Ed � pur vero, quindi, 
che l�utilit� di una pronuncia della Corte a questi fini potrebbe astrattamente rinvenirsi 
anche nel nostro caso. 
52. Tuttavia, anche per fornire indicazioni di questa natura la Corte avrebbe dovuto disporre 


(22) Il principio � assolutamente pacifico nella giurisprudenza della Corte. Si confronti, tra gli 
innumerevoli precedenti, la recente ordinanza 7 ottobre 2013, causa C-82/13, Madonna dei Miracoli, 
punti 11 e 12 (sottolineature nostre): �(�) in forza dell�articolo 267 TFUE, fondato sulla netta separazione 
delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, quest�ultima � legittimata a pronunciarsi soltanto 
sull�interpretazione o sulla validit� di un atto dell�Unione, a partire dai fatti che le vengono indicati 
dal giudice nazionale (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, 
C-226/08, Racc. pag. I-131, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Spetta invece esclusivamente al giudice 
del rinvio interpretare la normativa nazionale (v., in particolare, sentenza del 15 gennaio 2013, 
Kri.an e a., C-416/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58 nonch� giurisprudenza ivi citata). 
Inoltre, nell�ambito del procedimento pregiudiziale, una questione di fatto � sottratta alla valutazione 
della Corte ed � di competenza del giudice nazionale (sentenza del 22 marzo 1972, Merluzzi, 80/71, 
Racc. pag. 175, punto 10). Dall�altro lato, occorre notare che, secondo costante giurisprudenza, una 
questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale � irricevibile qualora la Corte non disponga degli 
elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni ad essa sottoposte (v. 
sentenza del 15 ottobre 2009, Audiolux e a., C-101/08, Racc. pag. I.9823, punto 31 e giurisprudenza 
citata). La Corte, infatti, oltrepasserebbe i limiti delle proprie funzioni se decidesse di pronunciarsi su 
un problema di natura ipotetica, senza disporre degli elementi di fatto o di diritto necessari (sentenza 
del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, Racc. pag. I-4871, punti 32 e 33)�. 


di informazioni - e segnatamente di un�analisi economica dei rapporti di concessione, 
sulla base della quale valutare l�appetibilit� della posizione messa a gara in rapporto agli 
oneri che ne derivavano - che visibilmente l�ordinanza di rinvio non contiene (e ci�, a 
giudizio del Governo italiano, non per trascuratezza del giudice del rinvio, bens� per una 
carenza di prova della domanda delle ricorrenti, cui indiscutibilmente incombeva l�onere 
di dimostrare il fondamento della propria contestazione). 

53. Nella giurisprudenza di codesta Corte si trova costantemente affermato che l�esigenza di 
giungere a un�interpretazione del diritto dell�Unione che sia utile per il giudice nazionale 
impone che quest�ultimo definisca l�ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le 
questioni sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono 
fondate (23). 
54. � necessario, inoltre, che questi elementi risultino gi� dal provvedimento di rinvio perch�, 
diversamente, non si consentirebbe ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate 
- che non hanno accesso al fascicolo di causa - di presentare, con cognizione di 
causa, osservazioni ai sensi dell�art. 20 dello Statuto della Corte (24). 
55. L�ordinanza di rinvio non contiene, manifestamente, indicazioni che soddisfino i requisiti 
sopra ricordati. Ci� acquista particolare gravit� in una materia quale quella qui trattata, 
tenuto conto che, secondo la giurisprudenza della Corte, le esigenze di chiarezza e completezza 
�valgono in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzata 
da situazioni di diritto e di fatto complesse� (25). 
56. Insomma, le circostanze di fatto illustrate nell�ordinanza di rinvio non consentono, con ogni 
evidenza, di fornire alcuna indicazione utile al giudice a quo. La Corte dovrebbe limitarsi 
a richiamare i consolidati orientamenti della giurisprudenza nella materia: orientamenti che, 
come detto, il giudice nazionale dimostra di conoscere e che dovrebbero consentirgli, una 
volta approfondita la questione di fatto, di risolvere autonomamente la questione. 
57. Per tali ragioni le questioni, a giudizio del Governo italiano, devono essere dichiarate irricevibili. 


IV.2. SUL PRIMO QUESITO 

58. Con il suo primo quesito, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di chiarire 
se la libert� di stabilimento, la libera prestazione di servizi e i principi enunciati nella sentenza 
Costa e Cifone impongano di bandire gare per le concessioni del servizio di raccolta 
delle scommesse di durata non inferiore a quelle precedentemente attribuite, allorquando 
tali gare si propongano anche di rimediare all�illegittima esclusione di un certo numero 
di operatori dalle gare pregresse. 
59. Prima di affrontare nel merito tale questione, � opportuno ricapitolare alcune vicende di 
fatto riguardanti le societ� ricorrenti. 
60. Queste societ� appartengono al gruppo Stanley, il cui contenzioso con le autorit� italiane 


(23) Cfr., ex plurimis, sentenze 26 gennaio 1993, cause da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo 
e a., punto 6, 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asociaci�n Nacional de Empresas Forestales, punto 33; 9 
novembre 2006, causa C-205/05, Nemec, punto 26 nonch� ordinanze 17 settembre 2009, causa C-181/09, 
Canon Kabushiki Kaisha, punto 8 e 8 settembre 2011, causa C-144/11, Abdallah, cit., punto 10. 
(24) v. ordinanze Abdallah, cit., punto 11; 7 giugno 2012, causa C-21/11, Volturno, punto 13; 14 
giugno 2005, causa C-358/04, Caseificio Valdagnese, punto 9; 22 febbraio 2005, causa C-480/04, D�Antonio, 
punto 6; 21 aprile 1999, cause riunite C-28/98 e C-29/98, Charreire, punto 9. 
(25) v. sentenza Telemarsicabruzzo, cit., punto 7 e sentenza 17 febbraio 2005, causa C-134/03, 
Viacom Outdoor, punto 23 e giur. ivi citata. 



ha dato origine a diverse delle pronunce pregiudiziali richiamate nella Sezione II del presente 
scritto difensivo, all�esito delle quali la Corte ha riconosciuto che vi era stata una 
discriminazione iniziale delle societ� di tale gruppo nell�accesso alla concessioni italiane 
per la raccolta di scommesse e che la gara organizzata sulla base del decreto Bersani del 
2006 non aveva rimosso gli effetti negativi di tale situazione. 

61. L�effetto di tali sentenze � stato, tuttavia, quello di rendere - quanto meno - non sanzionabile 
l�attivit� svolta in Italia dai c.d. C.T.D. legati al gruppo Stanley. Di tale stato di 
cose si d� atto nello stesso provvedimento di rinvio: ad esempio, al punto 1.1. dall�esposizione 
in diritto (pag. 43), il Consiglio di Stato chiarisce che �(l)a Stanley opera in Italia 
tramite l�intermediazione di oltre duecento agenzie, comunemente denominate �centro 
di trasmissione dati� (in prosieguo: i �CTD�). Questi ultimi mettono a disposizione degli 
scommettitori un percorso telematico che consente loro di accedere al server Stanley situato 
nel Regno Unito. Gli scommettitori possono in tal modo, per via telematica, inviare 
alla Stanley proposte di scommesse sportive selezionate all�interno di programmi di eventi 
e quotazioni forniti dalla Stanley, nonch� ricevere l�accettazione di tali proposte, pagare 
le loro poste e, se del caso, riscuotere le loro vincite�; al punto 6.17 (pag. 126) il giudice 
del rinvio afferma che �la impugnante societ� ha comunque sinora operato in Italia attraverso 
il sistema dei CTD per circa 15 anni, con l�oggettivo privilegio che i propri delegati 
sono rimasti al di fuori dei controlli di pubblica sicurezza�. 
62. Si deve, quindi, concludere che - se discriminazione del gruppo Stanley vi � stata in Italia a 
questa discriminazione hanno in buona misura posto rimedio le stesse sentenze della Corte. 
63. Se poi si considera che, in ragione di una interpretazione che ha avuto largo spazio in Italia 
quanto meno sino alla sentenza Biasci e Rainone, i C.T.D. hanno costantemente operato 
qualificandosi non come organizzatori delle scommesse - perch� queste venivano organizzate 
dal bookmaker nello Stato in cui quest�ultimo aveva sede - ma come meri centri di servizi, 
che si limitavano a raccogliere e trasmettere dati all�organizzatore, si comprende come 
questa rete �parallela� si sia potuta sviluppare sfuggendo al pagamento del tributo specifico 
previsto per chi organizza in Italia la raccolta di scommesse (il c.d. PREU - prelievo erariale 
unico). Tale tributo, in base alla tesi della natura meramente ausiliaria dei C.T.D., era infatti 
dovuto dagli organizzatori, che tuttavia operavano senza stabile organizzazione in Italia. A 
questo punto, � agevole giungere alla conclusione che il gruppo Stanley, bens� discriminato 
dalle condizioni della gara prevista nel 1999, abbia paradossalmente potuto godere, per effetto 
della lamentata discriminazione, di condizioni concorrenziali addirittura vantaggiose, 
che ha potuto sfruttare offrendo migliori condizioni ai propri clienti. 
64. In questo contesto, non pu� sorprendere che tale gruppo miri a contestare che, con la 
messa a gara di 2.000 nuove concessioni, si sia posto fine alla stato di fatto che legittimava 
il precedente modo di operare del gruppo medesimo in Italia e che, per sostenere tale tesi, 
esso abbia dovuto evitare di presentare domande di concessione, impugnando anche il 
recente bando e sostenendone la natura discriminatoria. 
65. Tra tutti i profili di discriminazione denunciati dalle ricorrenti, la Corte, come detto, � 
chiamata a occuparsi solo di quello connesso alla durata quadriennale del rapporto. 
66. Le appellanti hanno lamentato, nel ricorso, che tale limitata durata non renderebbe remunerativo 
l�investimento necessario per garantire il servizio. Questo argomento, oltre a non 
essere supportato da seri elementi di prova (ma � questione che dovr� essere affrontata 
dal giudice nazionale), appare smentito, come rilevato dal Consiglio di Stato, dalla nutrita 
partecipazione alla gara, da parte di numerosi gruppi, anche non italiani. 



67. Ci� conferma le informazioni di cui dispone il Governo italiano - che, ove necessario, 
potr� darne conto nelle ulteriori fasi del giudizio - secondo cui gli investimenti iniziali 
necessari sarebbero tutt�altro che proibitivi e, comunque, tali da ricevere ampia remunerazione 
in un periodo quadriennale (26). Non vi sono indici, insomma, per concludere 
che la durata delle concessioni sia fissata in modo tale da non consentire di ammortizzare 
gli investimenti e remunerare i capitali impiegati. In ogni caso, questa pur rilevante valutazione, 
come gi� detto, non pu� essere condotta dalla Corte, che si dovrebbe quindi limitare 
a richiamare il rispetto di tale elementare esigenza, innanzi tutto in quanto ad essa 
non sono stati forniti i necessari elementi di fatto. 
68. Infatti, la durata novennale delle precedenti concessioni non pu� costituire neanche elemento 
di prova per affermare che quelle oggi messe a gara abbiano una durata troppo ridotta. 
Non vi � alcuna prova, innanzi tutto, del fatto che la durata delle precedenti 
concessioni fosse stata stabilita in nove anni perch� tale periodo era stato considerato 
quello minimo utile a remunerare l�investimento iniziale e ad assicurare una redditivit� 
al concessionario. Se anche ci� fosse, occorrerebbe considerare che - come ha puntualmente 
rilevato il giudice del rinvio - queste precedenti concessioni imponevano ben maggiori 
oneri agli affidatari, non solo quanto alla misura del canone, ma anche con 
riferimento alle altre obbligazioni accessorie imposte ai concessionari (numero dei terminali, 
cauzione, etc.) (27). Quindi, il fatto che l�equilibro economico delle precedenti 
concessioni fosse eventualmente assicurato dalla durata di nove anni delle medesime, 
non pu� implicare che un�uguale durata sia necessaria nel nostro caso, nel quale gli oneri 
a carico del concessionario sono notevolmente inferiori e nel quale, peraltro, si interviene 
in una situazione di mercato che si � evoluta nel senso di una crescente domanda di gioco. 
69. Non � chiaro, pertanto, quale possa essere l� �ulteriore vantaggio� che le autorit� italiane 
avrebbero attribuito ai precedenti concessionari, stabilendo che il gruppo di concessioni 
messo oggi a gara abbia una durata di quattro anni. N� indicazioni diverse provengono 


(26) Peraltro, come si � pi� volte spiegato nel testo, la situazione concreta delle ricorrenti � particolare, 
perch� il loro gruppo gi� opera sul mercato italiano: difficile immaginare un impegno economico 
imponente per questi operatori, che dispongono gi�, in Italia, di esercizi commerciali affiliati dotati di 
mezzi telematici collegati all�operatore inglese/maltese, di schermi televisivi per la visione degli eventi 
sportivi su cui si scommette e di monitor sui quali � possibile vedere l�esito di eventi della c.d. scommesse 
virtuali. � evidente che chi dispone di queste rete potrebbe impegnare nell�attivit� oggetto di concessioni 
una serie di asset gi� in parte, se non completamente, ammortizzati. 
(27) Sul punto � forse utile riportare anche alcune considerazioni del giudice di primo grado: �Al 
riguardo, giova evidenziare come siano stati eliminati i limiti riferiti alle distanze tra gli esercizi - in 
ci� conformandosi a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia con la sentenza Costa-Cifone - ed al numero 
di concessioni attribuibili, sia stata fissata una base d�asta a livello normativo sensibilmente inferiore 
rispetto alle precedenti procedure, sia stato dimezzato il numero di terminali da utilizzare, siano 
stati sensibilmente ridimensionati gli importi della cauzione provvisoria e di quella definitiva rispetto 
a quelli delle precedenti gara, parametrandoli alla diversa e minore durata dell�affidamento. La durata 
delle nuove concessioni risulta, dunque, essere congrua rispetto al ridotto importo di ciascun diritto e 
ai limitati investimenti necessari - consistenti nell�allestimento di una postazione fisica - (...) dovendo 
al riguardo ulteriormente evidenziarsi come parte ricorrente sia gi� operante nel mercato italiano attraverso 
la propria rete fisica di locali aperti al pubblico, risultando per l�effetto particolarmente agevole, 
per la stessa, l�avviamento e l�esercizio dell�attivit� in veste di concessionario avvalendosi dei 
propri Centri gi� operanti, cosicch� neanche in via di mero fatto parte ricorrente pu� lamentare il carattere 
particolarmente oneroso in termini economici della prevista durata delle nuove concessioni e, 
ancor meno, il suo carattere immediatamente escludente�. 



dal giudice del rinvio, il quale si limita, in effetti, a ricordare che il soggetto gi� operante 
sul mercato gode naturalmente di una posizione di vantaggio rispetto all�incumbent: ma 
tale stato di cose prescinde, evidentemente, dalla durata delle nuove concessioni (e, peraltro, 
il gruppo Stanley � gi� ampiamente presente, di fatto, nel mercato italiano). E la 
Corte, nel gi� citato punto 52 della sentenza Costa e Cifone, ha chiarito che le autorit� 
italiane non sono tenute ad annullare tale effetto, �azzerando� le concessioni preesistenti. 

70. Da ultimo, sul fronte degli oneri richiesti, pu� essere preso in considerazione - come vorrebbero 
le ricorrenti - il sacrificio economico costituito dalla rinuncia alla rete parallela 
di cui dispone Stanley e dalla sua conversione in un segmento della rete ufficiale dei concessionari. 
Questo effetto deriva dal fatto stesso che lo Stato italiano ha, con la norma del 
2012, eliminato ogni profilo di discriminazione: � indipendente dalla partecipazione alla 
gara e non pu�, pertanto, essere considerato un costo derivante da tale partecipazione, 
non avendo la Stanley titolo per rivendicare il diritto a continuare ad agire, per il futuro, 
nelle condizioni eccezionali in cui � stata posta per effetto delle sentenze della Corte. 

IV.3. SUL SECONDO QUESITO 

71. Con il secondo quesito, il Consiglio di Stato chiede se gli artt. 49 e 56 e ss. TFUE vadano 
interpretati nel senso che essi ostano a che l�esigenza di riordino del sistema attraverso 
un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione 
causale adeguata di una ridotta durata delle concessioni poste in gara rispetto alla durata 
dei rapporti concessori in passato attribuiti. 
72. Premesso che, come nel caso del precedente quesito, la libera prestazione di servizi non 
sembra venire in gioco nella fattispecie, la domanda - come si � illustrato trattando della 
ricevibilit� - sembra, innanzi tutto, mal posta, perch� la durata della concessione non � 
elemento che pu� incidere sulla questione dell�esistenza di una giustificazione per la limitazione 
di una delle libert� fondamentali garantite dal Trattato. 
73. La restrizione, infatti, consiste nella stessa sottoposizione dell�attivit� a un regime di concessione. 
Ed � una restrizione che, come ha ripetutamente chiarito la Corte, appare giustificata 
rispetto all�obiettivo di prevenire il gioco illecito e, con esso, le attivit� criminali 
e le frodi (28). 
74. Le singole modalit� esecutive del regime di autorizzazione introdotto dallo Stato possono 
venire in rilievo solo se si ipotizzi che esse rendono di fatto impossibile l�esercizio del 
diritto - ove si faccia, quindi, una questione di effettivit� del diritto allo stabilimento (ma 
� eventualit� manifestamente estranea all�attuale vicenda processuale) - ovvero se si metta 
in discussione la loro proporzionalit�, cio� la loro adeguatezza a perseguire l�obiettivo e 
non andare oltre tale obiettivo. 


(28) Gli insegnamenti della Corte, come noto, sono stati recepiti nella nuova �Direttiva concessioni
�, di prossima pubblicazione, un cui �considerando� recita: �This Directive should not affect the 
freedom of Member States to choose, in accordance with Union law, methods for organising and controlling 
the operation of gambling and betting, including by means of authorisations. 
It is appropriate to exclude from the scope of this Directive concessions relating to the operation of lotteries 
awarded by a Member State to an economic operator on the basis of an exclusive right granted 
by means of a procedure without publicity pursuant to applicable national laws, regulations or administrative 
provisions in accordance with the Treaty. That exclusion is justified by the granting of an exclusive 
right to an economic operator, making a competitive procedure inapplicable, as well as by the need 
to retain the possibility for Member States, in compliance with the Union law, to regulate the gambling 
sector at national level in view of their obligations in terms of protecting public and social order�. 


75. Ora, nel giudicare la proporzionalit� della regola sulla durata delle concessioni, � chiaro 
che nessuna relazione pu� stabilirsi tra tale elemento e l�obiettivo di prevenzione delle 
frodi perseguito dal regime di autorizzazione. Pu�, invece, discutersi se l�elemento della 
durata sia stato stabilito per perseguire un diverso e non legittimo obiettivo, come quello 
di tutelare la posizione di mercato acquisita dagli operatori nazionali o da quelli gi� stabiliti 
nel territorio italiano. 
76. Ebbene, nella stessa sentenza di rinvio il giudice ha ampiamente dato conto di quali fossero 
le ragioni che hanno indotto le autorit� italiane alla scelta di fissare una durata di 
quattro anni. Si tratta di motivazioni tutt�altro che artificiose, essendo del tutto evidente 
come un sistema di concessioni sia di pi� agevole ed economica gestione, sul piano organizzativo, 
nel momento in cui tutti i rapporti vengano a scadenza contemporaneamente. 
Ci� consentir� di ricollocare contemporaneamente sul mercato tutti i diritti messi a gara, 
garantendo anche una pi� corretta concorrenza tra gli offerenti. 
77. La scelta di mettere a gara un pacchetto pi� limitato di concessioni con scadenza allineata 
a quella della stragrande maggioranza dei rapporti in essere �, pertanto, la scelta che, secondo 
una ragionevole valutazione delle autorit� italiane, consentiva di assicurare l�obiettivo 
voluto dalla sentenza Costa e Cifone con il minor sacrificio dell�interesse pubblico. 
78. � questo e non altro, pertanto, l�obiettivo che si sono proposte le autorit� italiane nello 
stabilire la durata delle nuove concessioni 
79. E, per garantire l�assoluta proporzionalit� della misura, gli oneri a carico del concessionario 
sono stati ridotti notevolmente, pervenendo a un punto di equilibrio la cui bont� oltre 
a non trovare smentita nelle affermazioni di parte ricorrente - � testimoniata dalla 
larghissima partecipazione alla gara di cui d� conto il giudice del rinvio. 


V. CONCLUSIONI 

80. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere ai quesiti ad essa sottoposti affermando che: 

-le questioni proposte sono irricevibili 

o, in subordine, che: 

- gli artt. 49 e segg. e 56 e segg. del TFUE ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia 
dell�Unione Europea, nella sentenza 16 febbraio 2012 [cause riunite C-72/10 e C-77/10], 
devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che vengano poste in gara concessioni 
di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, ancorch� la detta gara sia stata 
bandita al fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall�illegittimit� dell�esclusione 
di un certo numero di operatori dalle gare, allorquando si accerti - la relativa valutazione 
essendo rimessa al giudice nazionale - che tale inferiore durata, anche in considerazione 
delle condizioni alle quali � attribuita la concessione, sia fissata sia in modo tale da consentire 
di ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali impiegati. 
Nella valutazione di tale condizione di proporzionalit� della misura deve essere considerata, 
quale legittimo interesse tutelabile dalle autorit� nazionali, anche l�esigenza di 
riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze di tutte le 
concessioni attribuite. 

Roma, 16 dicembre 2013 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 


****** 
*** 

ECC.MA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 
CAUSA C-463/13 � STANLEY INTERNATIONAL BETTING E A. 
OSSERVAZIONI ORALI 


nell�interesse del Governo italiano. 
*** 
Signor Presidente, Signori Giudici. 

1. Prima di concentrarmi sulle questioni su cui ci ha sollecitato la Corte, mi sembra opportuno 
ritornare, brevemente, sul contesto nel quale si colloca la vicenda processuale. 
2. Come abbiamo osservato nella fase scritta del procedimento, le ricorrenti sono parte di 
un gruppo imprenditoriale che � da anni presente, in maniera massiccia, sul mercato italiano 
dei giochi. Lo � senza disporre del titolo concessorio cui, secondo la pacifica giurisprudenza 
della Corte, l�Italia pu� legittimamente subordinare l�accesso a tale mercato. 
3. Tale stato di cose si � potuto determinare in virt� dell�interpretazione che i giudici nazionali 
hanno dato di alcune sentenze di questa Corte, in particolare delle sentenze Placanica 
e Costa e Cifone: quelle sentenze si erano, in realt�, limitate a riconoscere che il 
sistema di attribuzione delle concessioni in Italia aveva realizzato una discriminazione 
di Stanley nell�accesso al mercato e che, conseguentemente, la Repubblica italiana 
avrebbe dovuto individuare gli strumenti giuridici per rimediare a tale situazione, evitando, 
nel frattempo, di applicare sanzioni nei confronti dell�operatore. La giurisprudenza 
interna, quanto meno sino alla sentenza Biasci e Rainone, ne ha tratto la 
conclusione che non potesse impedirsi a Stanley, e ai soggetti ad essa legati, di operare 
in Italia, anche per il futuro, a prescindere dall�ottenimento di una concessione. 
4. La Stanley ha, dunque, operato senza che la propria attivit� fosse circondata da quel-
l�apparato di garanzie e limitazioni che il rapporto di concessione legittimamente introduce, 
a salvaguardia della qualit� del servizio e a tutela dei consumatori. 
5. Se a questo si aggiunge che, muovendosi in questa area grigia, attraverso il sistema dei 
centri trasmissione dati (i cosiddetti CTD), Stanley ha potuto sfuggire all�imposizione 
italiana - sia alle imposte specifiche sui giochi, sia alle imposte sui redditi (queste ultime 
sul presupposto, recisamente contestato dalle autorit� italiane, che l�attivit� economica 
non si svolgerebbe in Italia, bens� a Malta o nel Regno Unito, dove sono stabilite le imprese 
di Stanley) - si comprende quale sia il vantaggio competitivo di cui hanno goduto 
le ricorrenti in Italia. 
6. E si comprende da dove abbia origine la poderosa penetrazione di Stanley nel mercato 
italiano, che � stata prima descritta dalle parti private: non da una fisiologica concorrenza 
sui meriti, bens� dalla possibilit� di Stanley di proporre alla propria clientela condizioni 
di offerta e di prezzo precluse agli altri operatori, che agiscono nel rispetto della disciplina 
amministrativa e fiscale nazionale. 
7. � evidente, quindi, l�interesse di Stanley a conservare questa condizione di soggetto 
�discriminato� - ma in realt� paradossalmente privilegiato - piuttosto che disporsi ad 
accedere, finalmente, al mercato legale delle scommesse in Italia. 
8. Basti pensare che, secondo le risultanze di una recentissima indagine per evasione fiscale 
avviata dalla Procura della Repubblica di Roma, il fatturato di Stanley in Italia era gi� 
quantificabile in circa 212 Mil di euro nel 2008 ed � cresciuto sino a 378 Mil di euro 
nel 2013. Ed in seno a tale procedimento, lo scorso 16 settembre un giudice del Tribunale 





di Roma, ritenendo che tale indagine abbia un serio fondamento, ha autorizzato il sequestro, 
nei confronti di alcuni rappresentanti dell�impresa, di beni per il valore di oltre 
56 mil di euro, corrispondenti alle sole imposte sui redditi che l�impresa avrebbe evaso 
in questo periodo. 


9. Ora, il Governo italiano ritiene che la situazione che ho appena descritto non possa pi� 
essere tollerata: non solo per la macroscopica distorsione della concorrenza che essa determina, 
ma soprattutto perch� consente all�operatore di sottrarsi a quell�apparato di regole 
e di controlli che � essenziale per garantire la qualit� del servizio, la tutela dei consumatori 
e, non ultima, la regolarit� degli eventi sportivi sui quali si svolgono le scommesse. 
10. � noto, a tale riguardo, che il fenomeno, sempre pi� preoccupante, del c.d. match fixing 
pu� essere contrastato solo disponendo di informazioni tempestive su eventuali movimenti 
anomali di scommesse su un dato evento: informazioni di cui - nel caso di Stanley o di altri 
operatori che si sottraggono al regime delle concessioni - le autorit� pubbliche non possono 
disporre, in quanto le scommesse raccolte da questi operatori sfuggono al sistema di tracciatura 
informatica cui, invece, soggiacciono le imprese che agiscono nel circuito ufficiale. 
11. Per questa ragione, considerato che Stanley in questa sede torna a lamentare una discriminazione, 
auspichiamo che la Corte voglia cogliere l�occasione per ribadire che eventuali 
discriminazioni - che nella circostanza, peraltro, assolutamente non esistono - danno 
diritto a misure riparatorie, come quelle descritte al punto 63 della sentenza Placanica 
e al punto 52 della sentenza Costa e Cifone, non anche ad operare senz�altro in Italia, 
nel frattempo, senza disporre dei titoli concessori e autorizzatori necessari. 
12. Vengo, quindi, al punto specifico che ci � stato richiesto di approfondire: la durata stabilita 
per le nuove concessioni messe a gara costituisce una restrizione all�esercizio delle libert� 
fondamentali garantite dal Trattato? E, qualora fosse da considerare una restrizione, sarebbe 
giustificabile con un motivo imperativo di interesse generale, il cui perseguimento 
passi attraverso l�allineamento temporale della scadenza di tutte le concessioni? 
13. Ora, alla prima di tali domande sembra agevole, a nostro giudizio, dare risposta negativa: 
la durata di una concessione non costituisce, di per s�, una restrizione, ma costituisce 
solo una modalit� operativa di una restrizione - quella della sottoposizione dell�attivit� 
in esame a un regime concessorio - che la Corte ha ripetutamente considerato giustificata. 
Si tratta, semmai, di stabilire se tale modalit� non incida sulla effettivit� del diritto 
e se essa non alteri la proporzionalit� della misura di restrizione. 
14. Ebbene, veramente non vediamo come si possa ritenere che ci� accada della fattispecie. 
Come ha osservato la Commissione, ai punti da 34 a 36 delle osservazioni scritte, la durata 
delle concessioni messa a bando in Italia sembra prima facie conformarsi alle prescrizioni 
della giurisprudenza della Corte, recentemente codificate nella c.d. direttiva 
concessioni, n. 23 del 2014. Ci�, a meno che non si dimostri che la durata della concessione 
renda a priori impossibile il recupero degli investimenti necessari. 
15. Ora, come abbiamo gi� osservato, la Corte, sulla base della sentenza di rinvio, non dispone 
degli strumenti per potere condurre un�analisi economica di una qualche accuratezza 
su tale punto: di qui anche la nostra eccezione di irricevibilit� della questione. 
16. Disponiamo, in effetti, di un solo elemento empirico di prova, ma particolarmente significativo: 
il dato della effettiva partecipazione alla gara. Ebbene, come ha spiegato il 
giudice del rinvio e come mi sembra abbia condiviso la Commissione, questo dato � decisamente 
tranquillizzante: la partecipazione alla gara � stata massiccia, con una richiesta 
di concessioni per negozi di gioco che superava della met� l�offerta (circa 3.000 a fronte 





delle 2.000 concessioni messe a gara); alla gara hanno partecipato anche diversi operatori 
stranieri non presenti sul mercato. 


17. Operatori che, pertanto, a differenza delle ricorrenti, avrebbero dovuto avviare ex novo 
degli investimenti in Italia. E nonostante questo hanno ritenuto conveniente l�offerta. 
Per Stanley, gi� presente intensamente nel nostro mercato, l�unico nuovo investimento, 
di rilievo veramente secondario, sarebbe consistito nell�allacciamento della propria rete 
al sistema informatico nazionale. 
18. � chiaro, quindi, che - per riprendere le parole del punto 90 della sentenza Costa e Cifone 


-questa volta si pu� ben �addebitare ad un operatore, il fatto di aver rinunciato a presentare 
una candidatura per una concessione�. Nessuna clausola del bando escludeva 
Stanley dalla partecipazione. La decisione di Stanley di non partecipare si deve a una 
sua libera scelta, giustificata con inesistenti considerazioni di carattere economico 
(smentite dall�intenso interesse che hanno manifestato altre 119 imprese), ma in realt�, 
a nostro avviso, pretestuosamente ispirata dalla volont� di prospettare un�ennesima, ma 
stavolta inesistente, discriminazione. 

19. Ma perch� le autorit� italiane - e vengo qui al punto fondamentale - hanno stabilito una 
durata tale da allineare la scadenza delle vecchie concessioni e di quelle nuove? 
20. Nelle osservazioni scritte abbiamo fatto riferimento a innegabili ragioni di convenienza 
amministrativa, ispirate al perseguimento della coerenza nella politica nazionale dei giochi. 
Ragioni che sono state lucidamente colte da alcune delle parti intervenute: mi riferisco, 
ad esempio, alle osservazioni svolte dal Regno del Belgio ai punti 35 e 36 del suo 
intervento scritto, ai quali rinvio. 
21. Ma abbiamo fatto riferimento, soprattutto, alle necessit� di tutela della concorrenza e 
della corretta competizione tra le imprese. 
22. Mi rendo conto che abbiamo, forse, dato per scontato il nesso esistente tra allineamento 
delle concessioni e tutela della concorrenza. Ma questo nesso si coglie con immediata 
evidenza ove si osservi che - in omaggio al principio pacta sunt servanda, comune al 
diritto degli Stati membri - ogni innovazione legislativa che incida sulle modalit� di fornitura 
del servizio pu�, di regola, ripercuotersi sulle concessioni in essere solo dal momento 
del loro rinnovo. 
23. Se, ad esempio (come � in effetti avvenuto in Italia), si stabilisce che debba esserci una 
certa distanza tra i punti di gioco e le scuole, questa nuova regola non pu� riguardare - per 
ragioni intuitive - le concessioni in vigore, perch� non si pu� imporre a un operatore di rivedere, 
in corso d�opera, il piano economico sulla base del quale ha partecipato alla gara. 
24. In altre parole, le condizioni di esercizio della concessione devono restare, tendenzialmente, 
quelle esistenti al momento del suo affidamento. Di qui l�esigenza, che mi sembra 
veramente manifesta, che tutte le concessioni siano affidate contemporaneamente: solo 
cos� si pu� garantire che gli operatori tra loro in concorrenza agiscano in un ambiente 
giuridico che assicuri pari condizioni. Se le concessioni del 2012 avessero avuto durata 
di nove anni, ci� avrebbe di fatto impedito di inserire nei rapporti, sino al 2021, eventuali 
condizioni pi� restrittive imposte della legge. Nel frattempo, nel 2016, sarebbero state 
rinnovate le concessioni gi� esistenti, a condizioni necessariamente diverse. 
25. Questo rischio, rilevabile in assoluto (e, ripeto, lo ha efficacemente colto il Regno del 
Belgio al punto 36 del proprio intervento), era, in Italia, reso particolarmente concreto 
dalla novit� legislative che erano gi� intervenute e che si prospettavano nel 2012, al momento 
in cui fu bandita la gara. Ci�, nel quadro di una politica legislativa volta - dopo la 





fase innegabilmente espansiva degli anni precedenti - a circondare l�offerta di gioco con 
maggiori garanzie, in vista, soprattutto, della tutela dei soggetti deboli, come i minori e le 
persone affette da c.d. ludopatia, oltre che di contrasto delle attivit� illegali o criminali. 


26. In questo solco - e mi avvio a concludere - si inscrivono l�art. 24 della legge n. 88 del 
2009, l�art. 1, comma 70, della legge n. 220 del 2010 e l�art. 24 della legge n. 98 del 
2011: tre interventi regolatori di ampio respiro, che hanno ridisegnato le condizioni di 
esercizio dell�attivit�. Si inscrive, poi, soprattutto l�art. 7 del decreto-legge n. 158 del 
2012, in materia, appunto, di contrasto della ludopatia, che ha previsto, tra l�altro, il ricordato 
intervento sulla collocazione geografica dei negozi di gioco rispetto ad aree sensibili 
come scuole o altri centri frequentati da giovani, luoghi di culto, case di cure etc. 
Ed � particolarmente significativo come il comma 10 di tale articolo preveda, inevitabilmente, 
che tali nuove regole operino - cito testualmente -�relativamente alle concessioni 
di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in 
vigore della legge�: quindi dal 2016, per le vecchie concessioni, data alla quale era, pertanto, 
indispensabile allineare anche quelle nuove. 
27. Sino ad arrivare, da ultimo, alla delega concessa con legge n. 23 del 2014 dal Parlamento 
al Governo, ad introdurre, entro il marzo del 2015, una nuova disciplina organica della 
materia, che, nuovamente, dovr� prestare particolare e rinnovata attenzione ai fenomeni 
della ludopatia, del gioco d�azzardo patologico e del gioco minorile. 
28. � chiaro, insomma, come solo l�affidamento contestuale di tutte le concessioni possa 
garantire parit� di condizioni fra imprese concorrenti. Ed � chiaro che questa � l�esigenza 
principale che si sono poste le autorit� italiane nel 2012, al momento della messa a gare, 
extra ordinem, di nuove concessioni, originata dalla necessit� di corrispondere a quanto 
stabilito dalla Corte nella sentenza Costa e Cifone. 
29. Concludo, pertanto, ringraziando la Corte per avermi ascoltato e chiedendo l�accoglimento 
delle conclusioni che abbiamo rassegnato nelle osservazioni scritte. 


Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

Causa C-546/13 (*) - Materia: Libera circolazione delle merci. Unione doganale. 
Tariffa doganale comune - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) il 22 ottobre 2013 - Agenzia 
delle Dogane e Ufficio di Verona dell�Agenzia delle Dogane / ADL American 
Dataline Srl. 

La causa ruota attorno all�esatta nomenclatura tariffaria che occorre attribuirsi a beni costituiti 
da casse acustiche prodotte dalla societ� statunitense Harman Multimedia destinate ad essere 
utilizzate esclusivamente quali unit� periferiche di uscita per computer del tipo �APPLE�. 
Nelle dichiarazioni doganali la merce � stata dichiarata dalla parte con il codice identificativo 
NC 8471 90 (periferiche per computers), per il quale era prevista la esenzione daziaria. 

(*) Causa definita con sentenza della Corte (Decima Sezione) del 6 novembre 2014. 


Per l�Autorit� doganale italiana, invece, la merce � stata erroneamente dichiarata per l�importazione 
come periferica per computers CNC 84716090 con aliquota dazio nulla, poich� 
va dichiarata come altoparlante con voce doganale 85182290 con aliquota dazio del 45%, 
poich� la funzione di riprodurre e amplificare il suono � prevalente rispetto alla utilizzabilit� 
dei prodotti in un sistema informatico. 
La Commissione ha presentato osservazioni scritte aderenti alla tesi del Governo italiano. 
Con nota 19 giugno 2014 la Corte ha deciso che la causa sar� giudicata senza conclusioni 
dell�Avvocato generale e senza udienza dibattimentale. 
Seguono le osservazioni depositate. 


CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell'Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d'Italia. 

nella causa C-546/13 

promossa ai sensi dell�art. 267 TFUE dalla Corte di Cassazione (Italia), con ordinanza del 
19.05/11.10.2013 n. 23105/2013. 
��� 

Il giudizio a quo 

1. La societ� American Dataline s.r.l. nel periodo dicembre 2001/ottobre 2003 effettuava diciotto 
operazioni doganali, importando nel territorio doganale della Comunit� �casse acustiche 
prodotte dalla societ� statunitense Harman Multimedia destinate ad essere utilizzate 
esclusivamente quali unit� periferiche di uscita per computer del tipo �APPLE��. 
2. Nelle dichiarazioni doganali la merce era identificata con il codice NC 8471 60 90 (periferiche 
per computers), per il quale era prevista la esenzione daziaria. 
3. Nell�anno 2005 l�Agenzia delle Dogane - Ufficio doganale di Verona, in esito a procedimento 
di revisione dell�accertamento doganale divenuto definitivo, procedeva a contabilizzare 
a posteriori il dazio dovuto dalla societ�, rilevando che �la merce � stata erroneamente dichiarata 
per l�importazione come periferiche per computers CNC 84716090 con aliquota 
dazio nulla, anzich� altoparlanti con voce doganale 85182290 con aliquota dazio del 45%�. 
4. Il giudizio di merito svoltosi avanti le competenti Commissioni tributarie ed avente ad oggetto 
la domanda di annullamento dei provvedimenti applicativi del dazio era definito con 
sentenza a favore della societ�, poich� con decisione n. 77 del 10.07.2009 la Commissione 
Tributaria Regionale del Veneto riteneva corretta l�indicazione del codice dichiarata dalla 
parte all�importazione. 
5. L�Agenzia delle Dogane impugnava la sentenza del giudice tributario dinnanzi alla Corte 
di Cassazione, deducendo, in sostanza, che vi era fondato sospetto che fosse stata dichiarata 
una qualit� della merce diversa da quella effettiva con conseguente mancato assoggettamento 
della stessa al pagamento del dazio; in particolare, l�Agenzia delle Dogane faceva presente 
che le questioni sollevate dalla parte, per contestare l�operato della Dogane di Verona, concernono 
la presunta illegittimit� degli atti impugnati sotto il profilo della motivazione per 
mancata allegazione di atti, da una parte, e per la diversit� dei prodotti cui le rettifiche fanno 
riferimento rispetto a quelli importati, dall�altra. 
6. Quanto alla prima questione, in entrambi i gradi del giudizio tributario, l�Organo Giurisdizionale 
si pronunciava sulla legittimit� e validit� degli atti impugnati, in primis perch� gli accertamenti 
sono stati considerati sufficientemente motivati, poich� hanno messo il contribuente 





nella condizione di approntare efficacemente la propria difesa ed anche perch� l�attivit� di 
controllo eseguita dall�Ufficio, mediante visita fisica delle merci importate (su 9 delle 18 operazioni 
oggetto di contestazione), non pregiudica in alcun modo la possibilit�, per il medesimo 
Ufficio, di svolgere ulteriori accertamenti sulle medesime operazioni. 


7. L�esponente Agenzia precisava che, nel processo verbale di revisione dell�accertamento 
del 09/09/2004, allegato a tutti gli avvisi di accertamento impugnati, la parte era stata resa 
edotta dei motivi che avevano condotto alla successiva rettifica da parte dell�Ufficio delle 
Dogane di Verona, il quale, prendendo avvio dalla segnalazione INF N 132/2004, revisionava 
tutte le operazioni della specie e rettificava la classificazione tariffaria, attribuendo ai prodotti 
importati una voce doganale differente rispetto a quella dichiarata all�atto dell�importazione. 
8. Quanto alla seconda questione, relativa alla presunta diversit� dei prodotti importati rispetto 
a quelli oggetto di revisione, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con le sentenze 
76 e 77/2009, riteneva che la classificazione doganale attribuita dal contribuente ai dispositivi 
acustici fosse corretta. 
9. Le predette sentenze erano, appunto, impugnate dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, 
poich� la violazione della normativa sulla classificazione tariffaria costituisce una fattispecie 
di violazione di legge. La Corte di Cassazione, quindi, devolveva la questione alla Corte di 
Giustizia dell�Unione Europea (odierna causa C-546/13). 


Il quesito 

10. Con l�ordinanza n. 23105/2013 del 19.05/11.10.2013 la Corte di Cassazione civile italiana 
sospendeva il giudizio Nrg 23398/2010 promosso da ADL American Dataline srl contro 
l�Agenzia delle Dogane e sottoponeva a codesta Corte di Giustizia i seguenti quesiti: 

�a) se osti agli artt. 10 paragr. 2 e 12 del reg. CEE n. 2658/87 del Consiglio del 23.7.1987 nonch� 
al principio di certezza del diritto, desumere dalle modifiche introdotte alle Note esplicative a 
corredo del capitolo 84 della Tabella dei dazi, Parte II dell�All. 1 dal regolamento CE n. 1549/06 
della Commissione in data 17.10.2006 (che ha escluso le casse acustiche dalla voce 8471, se 
presentate separatamente dalle macchine automatiche per la elaborazione della informazione), 
elementi interpretativi per riconoscere che i prodotti importati dalla societ� ADL s.r.l. -descritti 
alla lett. A punti 1, 3 e 4 della presente ordinanza- esercitano una specifica funzione (riproduzione 
ed amplificazione del suono) �diversa� da quella della elaborazione dell�informazione; 
b) se i prodotti importati dalla societ� ADL s.r.l. -descritti alla lett. A punti 1, 3 e 4 della presente 
ordinanza- in quanto �casse acustiche� commercializzate separatamente dalla macchina 
automatica per la elaborazione della informazione, debbano ritenersi dispositivi che �esercitano 
una specifica funzione diversa dalla elaborazione della informazione� -ove tale debba 
essere considerata la funzione di riproduzione ed amplificazione del suono-, oppure non possano 
ritenersi unit� di sistema esercenti una specifica funzione diversa dalla elaborazione 
della informazione in quanto, avuto riguardo alle specifiche caratteristiche tecniche (esclusivo 
collegamento con cavo USB; necessit� di un sistema operativo MAC OS 9.) �non svolgono 
funzioni che potrebbero esercitare senza l�ausilio d� una macchina del genere [idest: di una 
macchina automatica per la elaborazione della informazione]� (cfr. sentenze Corte giustizia 
19.10.2000 in causa C-339/98, Peacock AG, punti 14 e 15 del 18.7.2007 in causa C-142/06, 
Olicom, punti 20, 29 e 30 -pur se riferite ad altro genere di dispositivo -schede di rete e schede 
cd. combinate- sembrano ricondurre l�assenza d� funzioni specifiche �diverse�, al duplice 
elemento dell�esclusivo funzionamento del dispositivo attraverso PC e della capacit� di ricevere 
e trasformare in uscita i segnali trasmessi dall�elaboratore)�. 

��� 


Il contesto normativo 

Ai fini della soluzione dei quesiti, hanno diretta rilevanza le seguenti norme: 

n. 3, Titolo I, Regole generali, lettera A, parte I allegato I del reg. CEE n. 2658/1987 del 
Consiglio in data 23.07.1987 (nomenclatura tariffaria), come sostituito dai Reg. nn. 
2031/2001 e 1832/2002, applicabili ratione temporis, per cui, qualora una merce sia classificabile 
in due o pi� voci �la voce pi� specifica deve avere la priorit� sulle voci di portata generale�. 
Nota 5 del capitolo 84 della Tariffa doganale - TARIC, secondo cui �Le macchine che esercitano 
una specifica funzione diversa dalla elaborazione dell�informazione che incorporano 
una macchina automatica di elaborazione dell�informazione o che lavorano in collegamento 
con tale macchina sono da classificare nella voce corrispondente a questa funzione o, in difetto, 
in una voce residua�. 

��� 

9. Sui quesiti proposti il Governo italiano svolge le seguenti osservazioni. 
Il merito della controversia verte essenzialmente, per la soluzione di entrambi i quesiti, sull�esatta 
classificazione doganale da attribuire ai prodotti importati da American Dataline S.r.l. con le 
bollette doganali indicate in 18 avvisi di accertamento, con cui l�Ufficio delle Dogane di Verona 
rettificava le voci tariffarie dei prodotti importati e calcolava i maggiori diritti doganali dovuti. 
10. La societ� dichiarava che i beni importati erano da ritenersi speakers (altoparlanti) multimediali. 
11. In effetti, essi sono indiscutibilmente casse acustiche, in quanto hanno la funzione di riprodurre 
il suono mediante la trasformazione di un segnale elettromagnetico in onde sonore. 
Per esempio, il prodotto denominato �Soundsticks� � una cassa acustica prodotta dall�americana 
Harman Kardon ed � costituita da sub-woofer (uguale a �iSub�) e due stick; il sub-woofer 
comprende un amplificatore inserito nella base che serve anche i satelliti (gli sticks) per la riproduzione 
delle frequenze medio alte; gli �sticks� sono, invece, due �bastoni� collegati ad 
un anello metallico che serve da base ed all�interno del quale si trova un condotto che dovrebbe 
aumentare l�effetto cassa armonica dello speaker. 
12. Quindi, il prodotto importato, da un lato presenta le caratteristiche per essere classificato 
come altoparlante (voce 8518 2290 00), ma, dall�altro, essendo, secondo la ditta, utilizzabile 
esclusivamente se collegato a un personal computer, presenta, eventualmente, anche i requisiti 
per essere classificato come unit� di uscita di macchine automatiche per l�elaborazione 
dell�informazione (voce 8471 6090 00). 
13. La possibilit� di una duplice classificazione ha reso necessario il ricorso all�applicazione 
delle regole generali per l�interpretazione del Sistema Armonizzato della Tariffa doganale. 
14. ComՏ noto, �21�quando la Corte � adita con rinvio pregiudiziale in materia di classificazione 
doganale, la sua funzione consiste nel chiarire al giudice nazionale i criteri la cui 
attuazione gli permetter� di classificare correttamente nella NC i prodotti di cui trattasi, piuttosto 
che nel procedere essa stessa a tale classificazione, tanto pi� che quest�ultima non dispone 
necessariamente di tutti gli elementi indispensabili a tale riguardo. In effetti, il giudice 
nazionale appare comunque avvantaggiato a far questo (sentenza 28 ottobre 2010, causa C423/
09, X, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 14 e giurisprudenza ivi citata)� (Corte 
di Giustizia UE VIII sez., 18-05-2011 causa Delphi Deutschland GmbH c. Hauptzollamt D�sseldorf 
e V Sez., 28 ottobre 2010, causa C-423/09, Staatssecretaris van Financi�n c. X BV). 
15. In particolare, la citata sentenza della Corte del 2011 riporta che �23. Secondo costante 
giurisprudenza, per garantire la certezza del diritto e facilitare i controlli, il criterio decisivo 
per la classificazione tariffaria delle merci va ricercato, in linea di principio, nelle loro carat



teristiche e propriet� oggettive, quali definite nel testo della voce della NC e delle note delle 
sezioni o dei capitoli (v., segnatamente, sentenza X, cit., punto 15 e giurisprudenza ivi citata)�. 

16. L�Ufficio delle Dogane ha rilevato che nel caso in trattazione fosse applicabile la REGOLA 
3 PUNTO A, secondo la quale �la voce pi� specifica deve avere la priorit� sulle voci 
di portata pi� generale�. 
17. Infatti, il testo della voce 8471.60 (unit� di uscita di macchine automatiche per l�elaborazione 
dell�informazione) dichiarata dalla parte, � evidentemente molto pi� generico rispetto 
al testo della voce 8518 (altoparlanti), che, invece, identifica in modo molto pi� specifico le 
caratteristiche e la funzione del prodotto importato. 
18. Tale regola interpretativa generale trova, oltretutto, una specifica trasposizione nella NOTA 


5.E del capitolo 84 della Tariffa doganale (richiamata a sua volta nella NOTA 5-B), secondo 
la quale le macchine che esercitano una specifica funzione diversa dall�elaborazione del-
l�informazione, che incorporano una macchina automatica di elaborazione dell�informazione, 

o che lavorano in collegamento con tale macchina, sono da classificare nella voce corrispondente 
a questa funzione o, in difetto, nella voce residua. 

19. Tanto premesso, avendo i prodotti importati la funzione principale di riprodurre e amplificare 
il suono, pure essendo utilizzabili esclusivamente o principalmente in un sistema automatico 
di trattamento dell�informazione, vanno classificati nella voce corrispondente alla 
funzione (quella di altoparlanti), quindi nella voce 8518. 
20. Tale circostanza di fatto emerge chiaramente dalle dichiarazioni della stessa ditta, ragione 
per cui l�attivit� istruttoria � stata diretta, prevalentemente, a verificare la sussistenza del requisito 
dell�utilizzazione esclusiva degli apparecchi importati mediante collegamento ad un 


p.c. (NOTA 5.B.a del capitolo 84 della TARIC: �essere del tipo utilizzato esclusivamente o 
principalmente in un sistema automatico di trattamento dell�informazione�). 

21. L�indagine condotta dalla Dogana di Verona e dalla Direzione Regionale di Venezia evidenziava 
che il prodotto pu� essere utilizzato anche per altri impieghi. 
22. Ne consegue che le considerazioni e le osservazioni tecniche effettuate dalla parte in sede 
giudiziale, oggetto dell�ordinanza della Corte di Cassazione di rimessione, in merito all�utilizzabilit� 
dei prodotti esclusivamente o principalmente in un sistema automatico di trattamento 
dell�informazione quali: 


� �... le casse acustiche importate per il loro funzionamento riconoscono segnali di tipo 
digitale, cio� scomposti e campionati in sequenze numeriche binarie (sequenze di 0-1, acceso-
spento), sistema tipico posto a base del funzionamento dei personal computer.� 
� � ... Tali caratteristiche tecniche rendono i prodotti importati incompatibili (cio� non 
utilizzabili) sia con strumentazioni audio diverse da personal computer, sia con personal computer 
il cui funzionamento � basato su sistemi operativi diversi dal Mac 0S9, tra i quali, tanto 
per citare il pi� diffuso, il sistema operativo Windows� non hanno alcuna rilevanza alla definizione 
del caso di specie, avendo la funzione specifica e principale del prodotto (riprodurre 
e amplificare il suono) di carattere prevalente rispetto alla sua utilizzabilit� esclusivamente 
in un sistema informatico. 


23. Pertanto, l�esclusione delle casse acustiche dalla voce 8471 non � che un�applicazione 
della regola della specificit� della funzione (di cui alla norma interpretativa 3.A), dato che la 
funzione di riproduzione del suono � pi� specifica rispetto a quella dell�elaborazione dell�informazione 
di cui alla voce 8471 dichiarata dalla parte e correttamente rettificata nella voce 
8518 dall�Ufficio doganale italiano. 

��� 


La risposta che il Governo italiano propone per i quesiti �, dunque, la seguente �In presenza 
di importazione di beni, quali casse acustiche prodotte dalla societ� statunitense Harman 
Multimedia, destinate ad essere utilizzate esclusivamente quali unit� periferiche di uscita 
per computer del tipo APPLE, detti prodotti, pur essendo utilizzabili esclusivamente o principalmente 
in un sistema automatico di trattamento dell�informazione, hanno la funzione 
principale di riprodurre e amplificare il suono e vanno classificati, ai sensi della regola 3 
punto A e della nota 5.E capitolo 84 Taric, nella voce corrispondente alla funzione specifica 
(quella, nel caso concreto, di altoparlanti, quindi nella voce tariffaria 8518 e non nella voce 
prevista per le unit� di uscita di macchine automatiche per l�elaborazione dell�informazione 
-voce 8471 6090 00), atteso che la funzione di riprodurre e amplificare il suono � prevalente 
rispetto alla utilizzabilit� dei prodotti in un sistema informatico�. 

Fabrizio URBANI NERI 
AVVOCATO DELLO STATO 

Causa C-607/13 - Materia: Agricoltura e Pesca -Banane. Disposizioni finanziarie 
- Risorse proprie -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) il 25 novembre 2013 - Ministero 
dell�Economia e delle Finanze e a. / Francesco Cimmino e a. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

nella causa C-607/13 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 
267 TFUE dalla Corte di Cassazione (Italia), nella causa 

A) MINISTERO DELL�ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONO


POLI E COMMISSIONE EUROPEA 

contro 

CIMMINO FRANCESCO ED ALTRI 

* * * 
I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con ordinanza n. 2048/2013 del 10 luglio 2013, depositata il 31 ottobre 2013, la Corte di 
Cassazione, nell�ambito del procedimento che vede contrapposte le parti indicate in epigrafe, 
ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni: 

a) �Se l�art. 11 del Regolamento CE n. 2362/98, il quale prevede a carico degli Stati membri 
l�onere di accertare se gli operatori che esercitano una attivit� di importazione per proprio 
conto come entit� economica autonoma quanto alla direzione, al personale e all�esercizio, 
debba essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali 
accordati tutte le attivit� di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale 
qualora queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti 
per i �nuovi operatori� dallo stesso Regolamento; 

b) Se il Regolamento CE n. 2362/98 consenta ad un operatore tradizionale di vendere ba



nane che si trovano al di fuori del territorio dell�Unione ad un operatore nuovo arrivato 
accordandosi con quest�ultimo perch� provveda a far entrare nel territorio dell�Unione 
le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo 
concordato prima dell�intera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio d�impresa 
e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione; 

c) Se l�accordo di cui al precedente punto 2 integri una violazione del divieto di cessione 
di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui all�art. 21, paragrado 
2, del Regolamento CE n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione effettuata resta 
priva di effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai 
sensi dell�art. 4, paragrafo 3, del Regolamento n. 2988/95. 

II I FATTI E LA CONTROVERSIA NELLA CASUA PRINCIPALE 

2. Nel giudizio principale si procede per il delitto di cui agli articoli 110, 81, secondo comma, 
cod. pen., 292, 295, secondo comma, lettera c), e terzo comma, 301 del D.P.R. n. 43 del 
1973, in relazione ai Regolamenti CE 28 ottobre 1998, n. 2362/98 (in vigore dal 1� gennaio 
1999) e 12 ottobre 1992, n. 2913/92, nei confronti di alcuni soggetti che sottraevano 
i diritti di confine (dazi doganali ed Iva all�importazione). 
3. La condotta contestata consiste nell�aver corrisposto diritti di confine nella misura ridotta 
di euro 75,00 o non averli corrisposti affatto, violando, attraverso fittizie interposizioni 
di soggetti giuridici nelle operazioni di importazione poste in essere, il divieto, sancito 
dall�art. 21, ultimo paragrafo, del Regolamento CE n. 2362/98, di trasferire i diritti di importazione 
a dazio agevolato, derivanti dall�utilizzo di certificati intestati ad altre aziende 
ammesse a godere di tale beneficio in quanto �operatori nuovi� arrivati, cos� definiti dal-
l�art. 7 del citato Regolamento CE, agli importatori di banane denominati �tradizionali� 
in base all�art. 3 del medesimo regolamento CE. 
4. Nel procedimento si sono costituiti parte civile, allo scopo di richiedere il risarcimento 
dei danni subiti, il Ministero dell�Economia e delle Finanze, l�Agenzia delle Dogane e 
dei Monopoli e la Commissione Europea, quale organo esecutivo dell�Unione Europea, 
in persona del Presidente, tutti rappresentati e difesi dall�Avvocatura dello Stato. 
5. Con sentenza del 21 dicembre 2005, il Tribunale di Verona ha dichiarato Misturelli Fabrizio 
responsabile dei reati ascritti per aver posto in essere operazioni di contrabbando, 
quale legale rappresentante della Nuova Rico Italia s.r.l. e dalla Cori s.r.l., e lo ha condannato 
alla pena indicata e al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi 
in separato giudizio, con pagamento di una provvisionale di euro 286.607,96 in 
favore del Ministero dell�Economia e delle Finanze e dell�Agenzia delle Dogane, ma non 
in favore della Commissione Europea. Il Tribunale ha assolto gli altri imputati. 
6. La Corte d�Appello di Venezia, con sentenza del 24 novembre 2011, ha dichiarato inammissibile 
l�impugnazione delle parti civili agli effetti penali, ha dichiarato non doversi 
procedere nei confronti di Misturelli Maurizio, per essere i reati a lui ascritti estinti per 
prescrizione ed ha confermato le statuizioni civili soltanto a carico del Misturelli. 
7. La Corte d�Appello ha basato la sua decisione sull�interpretazione del regolamento CE n. 
2362/98 che, introducendo la distinzione tra �operatori tradizionali� e �operatori nuovi arrivati�, 
stabilisce i requisiti che tali ultimi devono possedere per poter ottenere i certificati 
Agrim: esercizio di un�attivit� commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli 
freschi nei tre anni precedenti a titolo autonomo e la realizzazione, nell�ambito di tale 
attivit� di importazioni per un valore dichiarato in dogana pari o superiore a 400.000 ecu. 
8. Secondo la Corte d�Appello, ad eccezione della societ� del Misturelli, le altre societ� 





operatori nuovi - erano realmente esistenti ed avevano agito con effettive operazioni commerciali 
per le quali erano state emesse regolari fatture, acquistando banane estere, utilizzando 
i certificati Agrim e pagando il relativo dazio agevolato, per poi rivendere alla 
stessa entit� commerciale, nella specie la S.I.M.B.A. s.p.a., la merce, che fisicamente non 
si spostava mai dal luogo dello stoccaggio. 


9. Secondo la Corte d�Appello anche l�operatore nuovo subiva il rischio d�impresa, atteso 
che lo stesso, allo scopo di ottenere certificati Agrim, doveva versare, un anno prima, idonea 
cauzione e dichiarare, con congruo anticipo, il quantitativo di banane che avrebbe 
avuto intenzione di acquistare, con l�alea effettiva di non riuscire a reperire la merce da 
importare, perdendo, cos�, quanto gi� versato. 
10. Ad avviso del giudice di secondo grado, �non viene, in sostanza ravvisata alcuna anomalia 
nella prassi consistente nella vendita di banane da sdoganare da parte di un operatore tradizionale 
a un operatore nuovo arrivato, nella nazionalizzazione di tali banane ad opera 
del nuovo arrivato mediante propri certificati Agrim e nella successiva rivendita delle banane 
nazionalizzate allo stesso operatore tradizionale che le aveva vendute, perch� ci� costituisce 
una consuetudine diffusa e consentita dalla normativa comunitaria applicabile.� 
11. Pertanto, essendo stata verificata la reale esistenza delle ditte contraenti e delle transazioni 
commerciali tra i nuovi arrivati e l�operatore tradizionale S.I.M.B.A. s.p.a. doveva essere 
esclusa un�interposizione fittizia. 
12. Avverso la sentenza della Corte d�Appello hanno proposto ricorso per cassazione le parti 
civili, deducendo diversi motivi di censura. 
13. Ai fini che interessano nella presente questione pregiudiziale, la difesa erariale evidenziava 
che le pratiche di rilascio dei certificati Agrim erano state svolte da un unico soggetto 
che poi non aveva mai inoltrato i certificati ai nuovi operatori, che ne erano titolari, 
ma direttamente alla S.I.M.B.A. s.p.a.; i nuovi operatori non si erano avvalsi di un�agenzia 
per lo svolgimento delle pratiche di importazione, ma si erano rivolti alla societ� concorrente 
Rico Italia, la quale deteneva le fotocopie degli Agrim; i certificati Agrim non utilizzati 
erano stati pagati con fondi della S.I.M.B.A. s.p.a. e restituiti alla Rico Italia; tutti 
i nuovi operatori, i quali erano privi di mezzi per la custodia e la conservazione delle banane 
e non erano mai concretamente entrati sul mercato, avevano rivenduto le banane 
sempre e soltanto alla S.I.M.B.A. e tutti allo stesso prezzo, inferiore al prezzo di mercato. 
Vi sarebbe, dunque, violazione dell�art. 21 del Regolamento CE 1998/2632, nonch� del-
l�art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, perch�, con le operazioni sopradescritte, l�operatore 
tradizionale acquisiva la disponibilit� di merce sdoganata ad un prezzo concorrenziale e 
l�operatore nuovo riceveva un compenso del tutto svincolato da una reale attivit� commerciale 
e dalle fisiologiche variazioni del prezzo delle merci. 
14. La Corte di Cassazione, quale giudice del rinvio, rappresenta che nella fattispecie, quanto 
ai profili di fatto evidenziati dalla Corte d�appello e dalle difese degli imputati relativamente 
alla ricostruzione delle condotte di reato, emergono allo stato i seguenti elementi: 
�a) gli operatori nuovi arrivati erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto 
delle banane e le acquistavano al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole 
poi ad un prezzo predeterminato allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; 
b) gli operatori nuovi arrivati non affrontavano il rischio della cauzione, perch� esso gravava 
interamente sull�importatore tradizionale, attraverso un meccanismo di indennizzo; 
c) il pagamento del dazio da parte dell�importatore era computato nel corrispettivo globale 
pattuito in anticipo; d) il rischio-prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di ven



dita delle banane preventivamente concordati; e) era del pari esclusa, per gli operatori 
nuovi, ogni possibilit� di avvantaggiarsi dell�oscillazione dei prezzi; f) Del Monte pagava 
a S.I.M.B.A. la provvigione una sola volta e non pagava nessuna provvigione ai nuovi 
operatori; dunque questi ultimi erano commercialmente irrilevanti�. 

III LA NORMATIVA COMUNITARIA ED INTERNA RILEVANTE E LE MOTIVAZIONI DELLA GIURISDIZIONE 

DI RINVIO. 

15. I quesiti posti nell�ordinanza di rinvio vertono sull�interpretazione di alcune disposizioni 
del regolamento CE n. 2362/98 (recante modalit� d�applicazione del regolamento (CEE) n. 
404/93 del Consiglio), con riguardo al regime d�importazione delle banane nella Comunit�. 
16. il sesto �considerando� del regolamento prevede che �una parte dei contingenti tariffari 
e delle banane ACP tradizionali deve essere riservata agli operatori nuovi arrivati; che 
tale assegnazione globale deve essere sufficiente a consentire agli operatori di impegnarsi 
in questo commercio d�importazione e a favorire una sana concorrenza�; 
17. l�ottavo �considerando� del regolamento prevede che � l�esperienza acquisita nel corso 
di vari anni di applicazione del regime comunitario d�importazione delle banane induce 
a rafforzare i criteri definiti per l�ammissibilit� di nuovi operatori in modo da evitare la 
registrazione di semplici agenti prestanome e la concessione di assegnazioni per domande 
artificiose o speculative; che � opportuno esigere in particolare un�esperienza minima 
nel commercio d�importazione di prodotti analoghi, dei prodotti freschi dei capitoli 7 e 
8 dei prodotti del capitolo 9, a determinate condizioni, della nomenclatura combinata; 
che per evitare parimenti domande di assegnazioni annue sproporzionate rispetto alle 
capacit� effettive degli operatori e alle quali non farebbero seguito domande dei titoli 
d�importazione per quantitativi corrispondenti, � opportuno subordinare la presentazione 
della domanda di assegnazione annua alla costituzione di una cauzione che sostituisca 
la cauzione relativa al titolo d�importazione; che tale cauzione deve essere svincolata 
senza indugio proporzionalmente ai quantitativi per i quali l�operatore utilizza effettivamente 
la propria assegnazione annua; che nello stesso intento occorre subordinare la 
concessione di un�assegnazione, negli anni successivi, ad un�utilizzazione minima del-
l�assegnazione annua precedente; che occorre infine stabilire le condizioni di accesso 
dei �nuovi arrivati� al gruppo degli �operatori tradizionali�. 
18. L�art. 7 del regolamento detta specifici requisiti per l�ottenimento della qualifica di 
nuovo operatore, stabilendo che: �Ai fini del presente regolamento operatore nuovo arrivato, 
ai fini dell�importazione nell�ambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP 
tradizionali, � l�agente economico stabilito nella Comunit� al momento della sua registrazione 
e in possesso dei seguenti requisiti: a) esercizio di un�attivit� commerciale come 
importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi dei capitoli 7 e 8, come pure dei prodotti 
del capitolo 9 della nomenclatura tariffaria e statistica e della tariffa doganale comune 
qualora abbia effettuato anche importazione dei prodotti suddetti dei capitoli 7 e 8, per 
proprio conto e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni immediatamente precedenti 
l�anno per il quale � chiesta la registrazione; b) realizzazione, nell�ambito di tale attivit�, 
di importazioni per un valore dichiarato in dogana pari o superiore a 400.000 ECU durante 
il periodo di cui alla lettera a).� 


19. L�art. 11 del regolamento stabilisce che: 
�1. Gli Stati membri controllano il rispetto delle disposizioni della presente sezione. 
Verificano in special modo se gli operatori interessati esercitano un�attivit� d�importazione 
nel settore indicato all�articolo 7, per proprio conto, come entit� economica auto



noma quanto alla direzione, al personale e all�esercizio. Qualora vi fossero indizi che 
dette condizioni potrebbero non essere rispettate, la ricevibilit� delle domande di registrazione 
e di assegnazione annua � subordinata alla presentazione, da parte dell�operatore 
interessato, di prove ritenute soddisfacenti dall�autorit� nazionale competente. 

2. Gli Stati membri e la Commissione si comunicano tutte le informazioni utili per l�applicazione 
del presente articolo. 

20. L�art. 21 del regolamento stabilisce che: 
�1. I diritti derivanti dai titoli d�importazione rilasciati conformemente al presente capo 
sono trasferibili, alle condizioni di cui all�articolo 9 del regolamento (CEE) n. 3719 /88, 
a un solo cessionario, salvo il disposto del paragrafo 2 del presente articolo. 

2. Il trasferimento dei diritti pu� aver luogo come segue: 
a) fra operatori tradizionali registrati in applicazione dell�articolo 5; 
b) dagli operatori tradizionali agli operatori nuovi arrivati registrati in applicazione 
dell�articolo 8; o 
c) tra operatori nuovi arrivati. 
Il trasferimento dei diritti non � ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un 
operatore tradizionale.� 


Quanto alla normativa interna, rileva la disposizione di cui al D.p.r. 23 gennaio 1973, 

n. 43 (approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), 
secondo cui �Chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci 
al pagamento dei diritti di confine dovuti, � punito con la multa non minore di due e non 
maggiore di dieci volte i diritti medesimi.� 

La Corte di Cassazione, con l�ordinanza di rinvio, premessi i profili di fatto riportati al 
numero 14 delle presenti osservazioni, ritiene che risulti essenziale, allo scopo di esercitare 
il sindacato attribuitogli dall�art. 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc. pen., sul-
l�inosservanza o l�erronea applicazione della legge penale e sulla mancanza, 
contraddittoriet� o manifesta illogicit� della motivazione � procedere alla corretta interpretazione 
della disposizione che costituisce il presupposto per l�applicazione della sanzione 
penale prevista dall�ordinamento interno, e cio� del pi� volte richiamato 
Regolamento CE n. 2362/1998. 
La Cassazione ha, peraltro, osservato che: �� altres� evidente, in forza di quanto gi� sopra 
osservato sub. 3, che l�interpretazione di tale regolamento non risulta sufficientemente 
chiara e che ci� rende necessaria una pronuncia da parte della Corte di Giustizia del-
l�Unione europea ai sensi dell�art. 234, comma 3, del Trattato, essendo questa Corte suprema 
di cassazione una giurisdizione nazionale di ultima istanza, avverso le cui decisioni 
non pu� essere proposto un ricorso giurisdizionale di diritto interno.� 

IV. OSSERVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO. 

Sui quesiti. 

21. Il Governo Italiano intende prendere posizione sulle questioni poste dal giudice di rinvio. 
22. In ordine al primo quesito � agevole rispondere in senso positivo sia in base al disposto 
letterale delle disposizioni del regolamento n. 2362/98, sia in virt� della sua ratio ispiratrice, 
delineata nei �considerando�. 
23. Il citato regolamento si prefiggeva lo scopo di riservare una parte dei contingenti tariffari 
e delle banane ACP tradizionali agli �operatori nuovi arrivati�, in modo da favorire una 
sana concorrenza nel settore; il sesto considerando stabiliva espressamente che i quantitativi 
di banane a dazio agevolato riservati agli operatori nuovi arrivati fossero calcolati 





in modo da essere sufficienti a consentire agli operatori di impegnarsi in questo commercio 
di importazione e a favorire una sana concorrenza. 


24. Il regolamento, pertanto, perseguiva l�obiettivo di garantire una sana concorrenza nel 
mercato internazionale delle banane, governato da oligopolio, obiettivo da realizzare mediante 
l�incentivo del dazio agevolato concesso solo ai nuovi arrivati e per un periodo 
non superiore nel massimo a tre anni, al fine di favorire una loro evoluzione commerciale 
nel settore (pure espressamente prevista dagli artt. 10 e 11). 
25. Per raggiungere tale fine il regolamento ha definito i criteri per l�ammissibilit� di tali 
nuovi operatori, in modo da evitare la registrazione di semplici agenti prestanome e la 
concessione di assegnazioni di domanda artificiose o speculative (ottavo considerando); 
26. Il nuovo operatore, ai sensi dell�art. 7 del regolamento, per poter essere registrato come 
tale, deve esercitare un�attivit� commerciale nel settore degli ortofrutticoli freschi ed aver 
effettuato importazioni, per un determinato valore, dei predetti prodotti, per proprio conto 
e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni immediatamente precedenti l�anno per il 
quale � richiesta la registrazione. 
27. Alla luce dei predetti �considerando� � evidente che l�art. 11 debba essere letto nel senso 
di escludere dai benefici doganali accordati tutte le attivit� di importazioni eseguite solo 
formalmente da nuovi operatori ma che in realt� erano poste in essere a beneficio degli 
operatori tradizionali. 
28. � evidente che se si accordassero i benefici doganali a tali attivit� si violerebbe apertamente 
il disposto dell�art. 11, che richiede, quale condizione, per i nuovi operatori, l�esercizio 
di un�attivit� di importazione nel settore indicato all�articolo 7, per proprio conto, 
come entit� economica autonoma quanto alla direzione, al personale e all�esercizio. 
29. Infatti, la necessit� di un reale ingresso di nuovi attori sul mercato � collegata necessariamente 
all�assunzione di uno specifico rischio di impresa nel nuovo settore commerciale 
intrapreso dai nuovi operatori, che possono concretamente accedere ad un mercato governato 
da un oligopolio in quanto siano predisposte, a loro favore, forti agevolazioni doganali. 
30. Pertanto, in tutti i casi come quello da cui � originata la presente questione pregiudiziale, 
in cui, come sottolineato nell�ordinanza di rinvio: a) gli operatori nuovi arrivati erano 
privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane e le acquistavano al solo 
fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi ad un prezzo predeterminato 
allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; b) gli operatori nuovi arrivati non affrontavano 
il rischio della cauzione, perch� esso gravava interamente sull�importatore tradizionale, 
attraverso un meccanismo di indennizzo; c) il pagamento del dazio da parte del 
nuovo importatore era computato nel corrispettivo globale pattuito in anticipo; d) il rischio-
prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di vendita delle banane preventivamente 
concordati; e) era esclusa, per gli operatori nuovi, ogni possibilit� di 
avvantaggiarsi dell�oscillazione dei prezzi, si deve ravvisare sia la violazione dell�art. 11 
che dell�art. 21 del citato regolamento con conseguente revoca dei benefici doganali accordati, 
in quanto i nuovi operatori facevano esclusivamente da prestanome e non hanno 
mai assunto il rischio di impresa nel settore in cui sono apparentemente entrati. 
31. Sul secondo quesito 
32. Dalla risposta negativa al primo quesito discende anche quella di uguale segno al secondo 
quesito. 
33. Pur essendo astrattamente ammissibile una formale operazione di acquisto della merce 
allo stato estero e di successiva rivendita dopo l�importazione, per non essere la stessa 





vietata dal regolamento, tuttavia tale operazione, inserita nel contesto sopra descritto, ha 
comportato la mancata realizzazione degli obiettivi del regolamento, in particolare non 
ha realizzato l�ingresso nel mercato di nuovi operatori commerciali, per non avere questi 
ultimi assunto alcun effettivo rischio d�impresa e per non aver posto in essere alcuna organizzazione 
di mezzi riguardo alle operazioni di importazione. 


34. Un�operazione di tipo essenzialmente cartolare non pu� rendere chi la compie un nuovo 
operatore del mercato in cui � compiuta, se non si inserisce in un�autonoma strategia commerciale 
del soggetto che deve essere associata ad una serie di elementi a ci� indispensabili: 
investimenti crescenti in funzione dei rischi sostenuti, pluralit� di soggetti e di 
partners commerciali, spese correlate agli oneri sostenuti, dotazione o disponibilit� di 
mezzi da adibire al commercio del prodotto, spese di promozione commerciale. 
35. L�operazione di importazione compiuta a dazio agevolato dal �nuovo operatore� non pu� 
considerarsi compiuta in proprio conto dallo stesso importatore; infatti, in fattispecie come 
quella oggetto del giudizio principale, l�operatore tradizionale tornava semplicemente in 
possesso della stessa quantit� di merce che aveva in precedenza ceduto allo stato estero 
senza che fosse stato aggiunto ad essa, dal nuovo importatore, alcun valore se non, unicamente, 
lo sdoganamento della stessa a dazio agevolato. 
36. Ne discende da tale operazione l�assenza del rischio di impresa, incompatibile con l�esercizio 
di attivit� imprenditoriale e con la sana concorrenza, obiettivo del regolamento n. 
2362/98. 
37. Sul terzo quesito 
38. Il terzo quesito merita una risposta positiva. 
39. L�art. 21 del Reg. n. 2362/98, paragrafo 2, prevede che �il trasferimento dei diritti non � 
ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale.� 
40. La risposta positiva al quesito discende sia dalle disposizioni del Regolamento sia dalla 
giurisprudenza di Codesta Corte in tema di abuso del diritto. 
41. Pur prevedendo il regolamento n. 2362/98 il divieto di trasferimento dei diritti derivanti 
dai titoli di importazione e non disciplinando alcun divieto di vendita da parte di un operatore 
nuovo arrivato ad un operatore tradizionale di un prodotto gi� messo in libera pratica, 
tuttavia, la risposta negativa al terzo quesito discende da quanto detto sopra in 
relazione ai precedenti quesiti, ossia dall�obbligo, in capo all�operatore nuovo di effettuare, 
per conto proprio, l�importazione nella Comunit�, assumendo il rischio d�impresa. 
42. La risposta positiva al quesito � conforme a quanto statuito da Codesta Corte in materia 
di pratiche abusive. 
43. Nella sentenza Emsland-Starke GmbH, C 110/99 Codesta Corte ha affermato che �52 La 
constatazione che si tratta di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di 
circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni 
previste dalla normativa comunitaria, l�obiettivo perseguito dalla detta normativa non � 
stato raggiunto. 53 Essa richiede, d�altra parte, un elemento soggettivo che consiste nella 
volont� di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa comunitaria mediante la creazione 
artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento. L�esistenza di un simile 
elemento soggettivo pu� essere dimostrata, in particolare, dalla prova di una 
collusione tra l�esportatore comunitario, beneficiario delle restituzioni e l�importatore 
della merce nel paese terzo. 54 Spetta al giudice nazionale stabilire l�esistenza dei due 
detti elementi, la cui prova pu� essere fornita conformemente alle norme del diritto nazionale, 
purch� ci� non pregiudichi l�efficacia del diritto comunitario.� 



44. Nella fattispecie, oggetto della causa principale, sussistono entrambi gli elementi richiesti 
da Codesta Corte affinch� si configuri una pratica abusiva. 
45. Le circostanze oggettive, che provano il mancato raggiungimento dell�obiettivo perseguito 
dal Regolamento che consisteva nel favorire una sana concorrenza, consentendo ad i 
nuovi operatori di impegnarsi nel commercio di banane, sono evidenziate a pagina 21 
dell�ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione: �a) gli operatori nuovi arrivati 
erano privi di strutture per la conservazione e il trasporto delle banane e le acquistavano 
al solo fine dello sdoganamento a dazio agevolato, rivendendole poi ad un prezzo predeterminato 
allo stesso soggetto che gliele aveva vendute; b) gli operatori nuovi arrivati 
non affrontavano il rischio della cauzione, perch� esso gravava interamente sull�importatore 
tradizionale, attraverso un meccanismo di indennizzo; c) il pagamento del dazio 
da parte dell�importatore era computato nel corrispettivo globale pattuito in anticipo; d) 
il rischio-prezzo era escluso, essendo i prezzi di acquisto e di vendita delle banane preventivamente 
concordati; e) era del pari esclusa, per gli operatori nuovi, ogni possibilit� 
di avvantaggiarsi dell�oscillazione dei prezzi; f) Del Monte pagava a S.I.M.B.A. la provvigione 
una sola volta e non pagava nessuna provvigione ai nuovi operatori; dunque questi 
ultimi erano commercialmente irrilevanti.� 
46. L�elemento soggettivo, consistente nella volont� di ottenere un vantaggio derivante dalla 
normativa comunitaria mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per 
il suo ottenimento, emerge dall�intera operazione commerciale posta in essere al solo fine 
di continuare ad importare banane a dazio agevolato da parte degli operatori tradizionali. 


V. CONCLUSIONI 

47. In conclusione, il Governo Italiano, suggerisce di rispondere ai quesiti sottoposti al suo 
esame nel seguente modo: 

a) L�art. 11 del Regolamento CE n. 2362/98, il quale prevede a carico degli Stati membri 
l�onere di accertare se gli operatori che esercitano un�attivit� di importazione per proprio 
conto come entit� economica autonoma quanto alla direzione, al personale e all�esercizio, 
deve essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali tutte le attivit� 
di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale qualora queste siano 
svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti per i �nuovi operatori� 
dallo stesso Regolamento; 

b) Il Regolamento CE n. 2362/98 non consente ad un operatore tradizionale di vendere banane 
che si trovano al di fuori del territorio dell�Unione ad un operatore nuovo arrivato 
accordandosi con quest�ultimo perch� provveda a far entrare nel territorio dell�Unione 
le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo 
concordato prima dell�intera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio d�impresa 
e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione; 

c) L�accordo di cui al precedente punto b integra una violazione del divieto di cessione di 
diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui all�art. 21, paragrafo 2, del 
regolamento CE n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione effettuata resta priva di 
effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai sensi del-
l�art. 4, paragrafo 3, del Regolamento n. 2988/95. 

Roma, 13 marzo 2014 
avvocato dello Stato 
Anna Collabolletta 


Causa C-653/13 - Materia: Ambiente - Rifiuti -Ricorso presentato il 10 dicembre 
2013 - Commissione europea / Repubblica italiana. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

CONTRORICORSO 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia, 

- resistente contro 


la COMMISSIONE EUROPEA (in prosieguo �la Commissione�), rappresentata dalle Sig.re Donatella 
Recchia e Eulalia Sanfrutos Cano, membri del suo Servizio giuridico, in qualit� di 
agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, edificio BECH, 2721, presso la Sig.ra Merete 

Clausen, anch�ella membro del suo Servizio giuridico, 
- ricorrente nella 
causa C-653/13 
introdotta con ricorso ai sensi dell�art. 260, par. 2, TFUE 
INDICE 
I I FATTI E LA PROCEDURA. IL CONTESTO NORMATIVO DELL�UNIONE EUROPEA 
(punti da 1 a 8) 
II SULLA MANCATA ESECUZIONE DELLA SENTENZA 
pg. 3 [80] 
(punti da 9 a 51) 
II.1 L�autosufficienza nazionale nella gestione dei rifiuti indifferenziati 
(punti da 10 a 18) 
II.2 La stabilit� del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella regione 
Campania 
(punti da 19 a 26) 
II.3 Le misure adottate per la creazione di una rete integrata di gestione 
dei rifiuti nella regione Campania 
(punti da 27 a 51) 
III SULLA RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLE SANZIONI 
pg. 5 [82] 
pg. 6 [82] 
pg. 9 [85] 
pg. 11 [86] 
(punti da 52 a 67) 
IV CONCLUSIONI 
pg. 18 [89] 
(punto 68) 
*** 
pg. 21 [91] 
I I FATTI E LA PROCEDURA. IL CONTESTO NORMATIVO DELL�UNIONE EUROPEA. 

1. Con ricorso depositato in data 11 dicembre 2013, ai sensi dell�art. 260, par. 2, TFUE, la 
Commissione ha chiesto che la Corte: 

�dichiari che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza 
della Corte di giustizia dell�Unione europea del 4 marzo 2010, nella causa C297/
08, nella quale � stato dichiarato che la Repubblica italiana, non avendo adottato, 
per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati 
o smaltiti senza pericolo per la salute dell�uomo e senza recare pregiudizio al-
l�ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti 
di smaltimento, � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 4 e 
5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, re



lativa ai rifiuti (in prosieguo la �sentenza di accertamento�), la Repubblica italiana � venuta 
meno agli obblighi che le incombono in virt� dell�articolo 260, paragrafo 1, TFUE; 
ordini alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una penalit� giornaliera 
pari a EUR 256.819,2 (cio� EUR 85.606,4 al giorno per ogni categoria di installazione), 
meno l�eventuale riduzione risultante dalla formula di degressivit� proposta, dal giorno 
in cui sar� pronunciata la sentenza nella presente causa fino al giorno in cui sar� stata 
eseguita la sentenza nella causa C-297/08; 
ordini alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una somma forfetaria il cui 
importo risulta dalla moltiplicazione di un importo giornaliero pari a EUR 28.089,6 per il 
numero di giorni di persistenza dell�infrazione dal giorno della pronunzia della sentenza 
nella causa C-297/08 alla data alla quale sar� pronunziata la sentenza nella presente causa, 
condanni la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio�. 

2. Il ricorso contiene una compiuta descrizione del contenuto della sentenza di accertamento, 
delle vicende che hanno caratterizzato la procedura di infrazione e degli altri antefatti 
processuali. Si pu� fare rinvio a tale descrizione ai fini del presente controricorso. 
3. L�esecuzione della sentenza di accertamento deve essere valutata alla luce delle pertinenti 
disposizioni della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE (in prosieguo: la �direttiva 
rifiuti�), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti, che ha abrogato, 
tra le altre, la direttiva 2006/12/CE. 
4. La materia in precedenza regolata dall�art. 4 della direttiva 2006/12/CE � ora disciplinata 
dagli artt. 13 e 36, par. 1, della direttiva rifiuti. 


5. L�art. 13, rubricato �Protezione della salute umana e dell�ambiente�, stabilisce quanto 
segue: 
�Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti 
sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all�ambiente 
e, in particolare: 
a) senza creare rischi per l�acqua, l�aria, il suolo, la flora o la fauna; 
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e 
c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse�. 

6. L�art. 36, intitolato �Applicazione e sanzioni�, al par. 1, dispone: 
�Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l�abbandono, lo scarico e la 
gestione incontrollata dei rifiuti�. 
7. La materia gi� regolata dall�art. 5 della direttiva 2006/12/CE � ora contenuta nell�art. 16 
della direttiva rifiuti, intitolato �Principi di autosufficienza e prossimit��, il quale dispone 
quanto segue: 


�1. Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ci� risulti necessario 
od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e 
adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani 
non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta 
comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori 
tecniche disponibili. 
In deroga al regolamento (CE) n. 1013/2006, al fine di proteggere la loro rete gli Stati 
membri possono limitare le spedizioni in entrata di rifiuti destinati ad inceneritori classificati 
come impianti di recupero, qualora sia stato accertato che tali spedizioni avrebbero 
come conseguenza la necessit� di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo 
non coerente con i loro piani di gestione dei rifiuti. Gli Stati membri notificano siffatta de



cisione alla Commissione. Gli Stati membri possono altres� limitare le spedizioni in uscita 
di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006. 

2. La rete � concepita in modo da consentire alla Comunit� nel suo insieme di raggiungere 
l�autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti nonch� nel recupero dei rifiuti di cui al paragrafo 
1 e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento 
di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessit� di impianti specializzati 
per determinati tipi di rifiuti. 
3. La rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al paragrafo 
1 in uno degli impianti appropriati pi� vicini, grazie all�utilizzazione dei metodi e 
delle tecnologie pi� idonei, al fine di garantire un elevato livello di protezione dell�ambiente 
e della salute pubblica. 


8. 4. I principi di prossimit� e autosufficienza non significano che ciascuno Stato membro 
debba possedere l�intera gamma di impianti di recupero finale al suo interno�. 

II SULLA MANCATA ESECUZIONE DELLA SENTENZA 

9. Il Governo italiano intende contestare le conclusioni che la Commissione pone a fondamento 
del proprio ricorso. Nel prosieguo del presente scritto, pertanto, si cercher� di dimostrare 
che: 

- non � (pi�) violato il principio di autosufficienza, come definito dall�art. 16 della direttiva 
2008/98/CE: alla data di scadenza prevista dalla lettera di messa in mora, la capacit� nazionale 
di smaltire e recuperare i rifiuti urbani indifferenziati � dimostrata dai dati certificati 
dall�Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (�ISPRA�); 

-non sono (pi�) rinvenibili rischi per la salute e per l�ambiente e, conseguentemente, non 
sono (pi�) violati i principi di cui agli artt. 13 e 36 della direttiva 2008/98/CE, secondo il 
quale gli Stati membri devono garantire che i rifiuti siano smaltiti senza recare pregiudizio 
all�ambiente e senza pericolo per la salute dell�uomo: alla data di scadenza della messa 
in mora non erano pi� presenti, da mesi, rifiuti per le strade della regione Campania; 

- sono state adottate le misure necessarie alla piena attuazione della sentenza di accertamento, 
al fine di completare una rete integrata di gestione dei rifiuti anche nella regione 
Campania. 

II.1 L�autosufficienza nazionale nella gestione dei rifiuti indifferenziati 

10. La Commissione afferma che �( l)a produzione annua di rifiuti in Campania ammonta 
all�8,41% della produzione nazionale e la popolazione della suindicata regione rappresenta 
il 9,70% della popolazione nazionale. Come gi� ricordato dalla Corte, una carenza 
importante nella capacit� della Campania di smaltire i rifiuti che essa produce � tale da 
compromettere seriamente la capacit� della Repubblica italiana di perseguire l�obiettivo 
dell�autosufficienza nazionale� (punto 121 del ricorso). 
11. Questa affermazione resta, evidentemente, ancorata alla situazione esistente alla data della 
sentenza di accertamento e non tiene conto dell�evoluzione successiva registratasi in Italia 
(e, in particolare, della messa in opera di sufficientemente efficaci sistemi di cooperazione 
interregionale e transfrontaliera). 
12. A confutazione di quanto dedotto dalla Commissione, si producono i dati certificati dal-
l�ISPRA in una propria relazione del 3 marzo 2014, vertente appunto sulla capacit� dello 
Stato italiano di assicurare l�obiettivo dell�autosufficienza nazionale, i quali dimostrano 
incontestabilmente come, nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, tale obiettivo 
possa dirsi raggiunto e come, conseguentemente, sia da ritenersi erroneo l�assunto della 
Commissione. 



13. Nel rinviare al contenuto di tale relazione (allegato B.1 al presente controricorso), si evidenziano, 
di seguito i principali elementi di informazione. 
14. Di particolare rilevanza, innanzitutto, sono i dati relativi ai flussi di rifiuti per il 2012, i 
quali evidenziano che, dall�analisi della �banca dati MUD�, contenente tutte le dichiarazioni 
dei soggetti che producono e gestiscono rifiuti sul territorio italiano (1), emerge che 


�non ci sono quote di rifiuti urbani indifferenziati che dalla Campania vengono esportate 
per essere gestite in altri Stati membri o fuori dall�Unione europea. Meno di 140 
mila tonnellate di frazione secca prodotta dagli impianti di trattamento meccanico biologico 
(STIR) presenti sul territorio regionale sono state esportate nel 2012 a impianti di 
incenerimento/recupero di energia localizzati nei Paesi Bassi (circa 127 mila tonnellate), 
in Svezia (7000 tonnellate) e in Germania (2000 tonnellate)� (all. B.1, pag. 4, penultimo 
paragrafo - enfasi e sottolineature nostre) (2). 

15. Il dato dimostra chiaramente, per il 2012, la sufficiente capacit� nazionale di smaltimento 
e recupero di tutti i rifiuti urbani indifferenziati nazionali, ivi compresi quelli prodotti nella 
regione Campania e, quindi, il rispetto degli obiettivi di autosufficienza, nei limiti in cui 
questi sono fissati dall�art. 16 della direttiva 2008/98/CE, il cui paragrafo 4 chiarisce espressamente 
che i principi di prossimit� e autosufficienza non implicano che ciascuno Stato 
membro debba possedere l�intera gamma di impianti di recupero finale al suo interno. 
16. Tale risultato si deve, come anticipato, alla realizzazione da parte delle autorit� italiane, 
successiva alla sentenza di accertamento, di un sistema di cooperazione interregionale 
che ha garantito e garantisce la capacit� della rete nazionale di smaltire e recuperare, a livello 
nazionale, la totalit� dei rifiuti urbani indifferenziati, compresi quelli prodotti nella 
regione Campania. 


(1) Il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (�MUD�) � stato istituto dalla legge n. 70 del 
1994 e, a partire dal 1996, rappresenta la principale fonte di informazione in merito alla produzione, 
gestione, trasporto dei rifiuti speciali ed urbani a livello nazionale. La Banca dati MUD � formata dal-
l�insieme delle informazioni risultanti da tali dichiarazione. 
Le dichiarazioni presentate dai soggetti obbligati sono, in particolare, raccolte dalle Camere di commercio, 
che le �informatizzano� per la trasmissione agli enti competenti (Catasto Nazionale, Agenzie 
Regionali per l�Ambiente, Province, organi di controllo) e predispongono una raccolta statistica articolata 
su base provinciale. 
Nel corso degli anni sono variati i soggetti obbligati alla presentazione e i dati da comunicare: dal 2013 
la trasmissione del MUD � esclusivamente telematica, fatta eccezione per i piccoli produttori di rifiuti. 
Sono tenuti alla presentazione della comunicazione produttori e gestori di rifiuti speciali, Comuni, Consorzi 
e Comunit� Montane per le raccolte di rifiuti urbani e assimilabili, Consorzi, gestori di veicoli 
fuori uso e produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. 
Il portale consente di ricercare e consultare le dichiarazioni MUD presentate a partire dal 2005 dai soggetti 
obbligati (circa 400 mila ogni anno) e di stampare visure ed elenchi di dichiarazioni. Gli enti competenti 
possono inoltre scaricare gli archivi contenenti tutte le dichiarazioni di propria competenza. 
(2) Gli �S.T.I.R.� (Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio dei Rifiuti) sono degli impianti 
nei quali si realizza il processo di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati (�R.U.I.�), attraverso varie 
fasi, all�esito delle quali i R.U.I. vanno, in prevalenza, a costituire una frazione secca tritovagliata, che 
pu� essere utilizzata quale combustile in un termovalorizzatore, e in una frazione umida tritovagliata, 
da destinare al riciclaggio (attraverso il processo di ossidazione, tale frazione si trasforma in un materiale 
organico stabilizzato, con basso contenuto di umidit� e non putrescibile, in genere utilizzato per interventi 
di riqualificazione ambientale, come ad esempio bonifiche di cave o di discariche). 
Lo scarto ferroso viene inviato a recupero. Lo scarto di raffinazione - ossia quella parte della frazione 
umida non stabilizzabile - viene avviata al ciclo dei rifiuti. 



17. Il fondamento di tale aspetto del ricorso della Commissione postulerebbe, quindi, la dimostrazione 
da parte di essa (onerata, evidentemente, della prova) dell�erroneit� dei dati 
certificati dall�ISPRA, i quali, viceversa, attestano incontrovertibilmente che la rete nazionale 
� tale da garantire persino una capacit� residua di trattamento: �(�) dalla regione 
Campania vengono avviate fuori regione circa 862 mila tonnellate di rifiuti delle quali 
solo 380 tonnellate sono di rifiuti urbani indifferenziati (CER 200301). Le altre quote 
di rifiuti urbani, destinati a impianti fuori regione sono rappresentate da frazioni merceologiche 
di raccolta differenziata (carta, vetro) avviata al recupero di materia. In particolare, 
per quanto riguarda la frazione organica, le quote principali sono destinate ad 
impianti di compostaggio localizzati in Puglia e al centro-nord del Paese. Gli impianti 
di compostaggio localizzati al nord che ricevono questa frazione, anche in presenza di 
elevati livelli di raccolta differenziata. Dispongono di capacit� impiantistica in grado di 
sostenere anche il trattamento di rifiuti provenienti da altre regioni. A tal riguardo, si 
evidenza che il principio di prossimit� non si applica alle quote di rifiuti urbani destinate 
al recupero. A livello nazionale, i quantitativi di rifiuti organici da raccolta differenziata 
complessivamente trattati dagli impianti operativi di compostaggio e di digestione anaerobica 
ammontano, nel 2012, a quasi 4,2 milioni di tonnellate. Includendo anche altre 
tipologie di rifiuti (tra cui fanghi, rifiuti organici di provenienza agroindustriale, ecc.) il 
totale gestito ammonta a circa 5,1 milioni di tonnellate. La quantit� complessiva autorizzata 
degli impianti operativi risulta di poco inferiore a 6.9 milioni di tonnellate da cui 
ne consegue una percentuale residua di trattamento pari al 26,9% (quasi 1,8 milioni di 
tonnellate)� (all. B.1, pag. 3, ultimo paragrafo e ss.). 
18. La relazione attesta, inoltre, che una capacit� residua � disponibile per le altre tipologie 
di impianti: 


(i) �La potenzialit� degli impianti operativi di trattamento meccanico-biologico localizzati 
sull�intero territorio nazionale, rilevata nell�ultimo censimento ISPRA riferito al 
2011, � pari a circa 14 milioni di tonnellate, mentre i quantitativi di rifiuti effettivamente 
trattati sono pari a circa 9,2 milioni di tonnellate. Risulta quindi una capacit� residua di 
trattamento di circa 4,8 milioni di tonnellate� (all. B.1, pag. 5, penultimo paragrafo - enfasi 
aggiunta); 
(ii) �La capacit� residua delle discariche per rifiuti non pericolosi che hanno ricevuto 
rifiuti urbani, calcolata al 31 dicembre 2012 sulla base dei dati trasmessi dagli enti locali 
(Province, Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell�ambiente e Regioni), � 
pari a circa 37,5 milioni di metri cubi. Tale valore, riferendosi al 67% degli impianti, 
rappresenta una sottostima dell�effettiva capacit� disponibile alla data di rilevazione 
(per la restante quota i dati della capacit� residue non sono attualmente disponibili). Al 
riguardo, si rileva, inoltre, che a livello nazionale sono presenti ulteriori discariche per 
rifiuti non pericolosi che attualmente ricevono altre tipologie di rifiuti ma che potrebbero, 
comunque, essere autorizzate allo smaltimento degli RU, incrementando ulteriormente 
la volumetria complessiva disponibile per lo smaltimento di tale tipologia di rifiuti� (all. 
B.1, pag. 7, secondo paragrafo - enfasi aggiunta); 


(iii) �Anche le quote di rifiuti urbani indifferenziati, frazione secca e CSS (provenienti dal 
trattamento degli RU) avviate a incenerimento, calcolate in percentuale rispetto alla produzione, 
mostrano una progressiva crescita negli anni, con una capacit� residua di trattamento, 
che potrebbe essere utilizzata ai fini della gestione di ulteriori quote di rifiuti urbani, 
pari, nel 2012, al 13,5% della quantit� totale autorizzata (circa 870 mila tonnellate)�. 


II.2 La stabilit� del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella regione Campania 

19. La sentenza di accertamento stabilisce, indubbiamente, un nesso diretto tra la presenza di 
quantitativi ingenti di rifiuti ammassati per le strade, nella fattispecie nella regione Campania, 
e la prova, da un lato, del mancato rispetto dei principi di autosufficienza e prossimit� 
e, dall�altro lato, del pregiudizio - o quanto meno del rischio di pregiudizio -agli obiettivi 
tutelati dalla direttiva rifiuti e, in particolare, dai suoi attuali artt. 13 e 36, par.1. 
20. La situazione di accumulo dei rifiuti abbandonati per le strade cittadine ha, in altre parole, 
portato la Corte a ravvisare, nella sentenza di accertamento, la violazione del principio, 
fondamentale nell�impianto della direttiva rifiuti, che impone agli Stati membri di assicurare 
che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell�uomo e 
senza pregiudizio per l�ambiente (3). 
21. La valutazione contenuta nella sentenza di accertamento si fondava, infatti, principalmente 
sulla circostanza che nel marzo del 2008, data di scadenza del termine fissato dalla Commissione 
nel parere motivato ex art. 226 CE, i rifiuti giacenti nelle strade ammontavano 
a circa 55.000 tonnellate e che gli stessi si aggiungevano ai rifiuti, stimabili in una cifra 
compresa tra 110.000 e 120.000 di tonnellate, che si trovavano in attesa di trattamento 
nei siti comunali di stoccaggio. 
22. Si deve convenire che, qualora tale situazione non fosse stata risolta a data attuale, o 
quanto meno non fosse stata modificata in maniera molto significativa, a giusto titolo la 
Commissione potrebbe contestare la mancata esecuzione della sentenza da parte delle autorit� 
italiane. 
23. Sennonch�, la Commissione - nella lettera di costituzione in mora che ha proceduto 
l�odierno ricorso e nel ricorso medesimo - contesta questo profilo di inadempimento bench� 
l�attuale situazione di fatto non sia in alcun modo paragonabile a quella che ha fondato 
la prima sentenza. 
24. Non solo la censura non � in alcun modo provata, ma costituisce fatto notorio il contrario: 
che, cio�, alla scadenza del termine fissato nella lettera di costituzione in mora per dare 
esecuzione alla sentenza di accertamento (15 gennaio 2012), non erano presenti, da mesi, 
rifiuti per le strade della regione Campania. 
25. La stessa Commissione appare perfettamente consapevole che il blocco nello smaltimento 
dei rifiuti urbani, verificatosi nei mesi di giugno e luglio 2011, ha avuto carattere del tutto 
episodico, atteso che essa, al punto 56 del ricorso, riconosce espressamente che le criticit� 
evidenziate nella lettera di messa in mora del 30 settembre 2011, erano gi� risolte da met� 
agosto 2011 (�(�) secondo quanto riferito dagli organi di stampa, l�accumularsi di tonnellate 
di rifiuti era continuato durante tutto il mese di luglio 2011 e sino alla met� del-
l�agosto 2011�). 
26. La Commissione, pertanto, non pu� fondatamente sostenere che tale situazione caratterizza 
in modo sistematico la gestione dei rifiuti della regione Campania. In effetti, dalla 


(3) Cfr., ad esempio, punto 106 della sentenza di accertamento: �(u)n accumulo nelle strade e 
nelle aree di stoccaggio temporanee di quantitativi cos� ingenti di rifiuti, come � avvenuto nella regione 
Campania alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, ha dunque indubbiamente creato un 
rischio �per l�acqua, l�aria, il suolo e per la fauna e la flora� ai sensi dell�art. 4, n. 1, lett. a), della direttiva 
2006/12. Inoltre, tali quantitativi di rifiuti provocano inevitabilmente �inconvenienti da odori�, 
ai sensi del n. 1, lett. b), di tale articolo, in particolare se i rifiuti rimangono per un lungo periodo abbandonati 
a cielo aperto nelle strade o nelle vie�. 


met� dell�agosto 2011, episodi di questo tipo - all�epoca determinati da una pronuncia di 
un giudice amministrativo italiano, come riferisce la stessa Commissione - non si sono 
pi� riprodotti. Il che costituisce una riprova di quanto gi� affermato nella risposta alla 
Commissione delle autorit� italiane, le quali avevano evidenziato il carattere contingente 
dei fattori che avevano portato alla �crisi� della met� del 2011, in un quadro di sostanziale 
adeguatezza delle misure adottate per dare esecuzione alla sentenza di accertamento, le 
quali avrebbero garantito, senza soluzione di continuit�, la raccolta e lo smaltimento dei 
rifiuti urbani indifferenziati. 

II.3 Le misure adottate per la creazione di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione 
Campania 

27. Le autorit� italiane avevano adottato - alla data di scadenza fissata dalla lettera di costituzione 
in mora (15 gennaio 2012) e tanto pi�, alla data di deposito del ricorso - tutte le 
misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza di accertamento, anche nelle parti in 
cui questa richiama al rispetto al principio di prossimit� (v. punti 64 e 65): principio che, 
peraltro, la Commissione finisce per enfatizzare eccessivamente nel proprio ricorso, tanto 
da stabilire un nesso - assolutamente inesistente in questi termini - tra �l�adeguatezza 
delle rete impiantisca della regione Campania� e la violazione (anche) del principio di 
autosufficienza nazionale previsto dall�art. 5 della direttiva 2006/12/CE (ora art. 16 della 
direttiva 2008/98/CE) (4) . 
28. La sentenza di accertamento, al punto 66, chiarisce effettivamente che �gli Stati membri 
devono ... adoperarsi per disporre di una rete che consenta loro di soddisfare l�esigenza 
di impianti di stabilimento quanto pi� vicini possibili ai luoghi di produzione�, ma aggiunge 
che resta ferma �la possibilit� di organizzare una rete siffatta nell�ambito di cooperazioni 
interregionali, o addirittura transfrontaliere� che rispondano a propria volta 
al principio di prossimit�. 
29. Non �, quindi, possibile stabilire un nesso diretto tra principio di autosufficienza nazionale 


-il quale attiene alla capacit� complessiva dello Stato membro di gestire i rifiuti, eventualmente 
avvalendosi dei meccanismi di cooperazione transfrontaliera - e principio di 
prossimit�, il quale attiene alla capacit� dello Stato di garantire lo smaltimento dei rifiuti 

o il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica in 
impianti quanto pi� possibile vicini al luogo di produzione dei rifiuti o di far ricorso alla 
cooperazione interregionale o transfrontaliera con il minimo possibile pregiudizio del criterio 
della vicinanza territoriale. 

30. In altre parole, il ricorso alla cooperazione interregionale e transfrontaliera non implica 
necessariamente la violazione del principio di prossimit�, mentre l�eventuale violazione 
di tale principio non implica necessariamente la violazione del principio di autosufficienza 
nazionale, la quale deve essere autonomamente dimostrata dalla Commissione. 

(4) Si veda, ad esempio, il punto 39 e, soprattutto, il punto 121 del ricorso: �(...) una carenza importante 
nella capacit� della Campania di smaltire i rifiuti che essa produce � tale da compromettere 
seriamente la capacit� della Repubblica italiana di perseguire l�obiettivo dell�autosufficienza nazionale
�. Questa constatazione �, bens�, contenuta anche nel punto 70 della sentenza di accertamento, ma 
essa va inquadrata nel contesto di fatto esaminato dalla Corte (cio� alla situazione esistente all�epoca 
della scadenza del primo parere motivato), nel quale - alla accertata inadeguatezza, al tempo, della rete 
di trattamento dei rifiuti della regione Campania - si accompagnava l�insufficiente attivazione dei meccanismi 
di cooperazione interregionale o transfrontaliera. 


31. Comunque, come gi� anticipato, le autorit� italiane ritengono di avere adottato tutte le 
misure possibili per adeguare la rete di impianti della regione Campania alle esigenze di 
trattamento dei rifiuti proprie di tale regione e, nel contempo, per gestire la fase transitoria 

-quella, cio�, che condurr� all�assetto definitivo del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti, 
previsto per il 2016 - in modo che siano pienamente salvaguardati gli interessi tutelati 
dalla direttiva rifiuti. 

32. Su tali aspetti, sia consentito, al fine di non appesantire eccessivamente il presente scritto 
difensivo, rinviare alla relazione prodotta dalla regione Campania (allegato B.2 al controricorso), 
il cui contenuto - che sar� richiamato solo per alcuni passaggi essenziali - si 
abbia qui per integralmente riprodotto. 
33. Da tale relazione si evince, innanzi tutto, che le autorit� competenti, oltre ad avere risolto 
definitivamente - gi� da agosto 2011, come gi� detto - la situazione dell�accumulo di rifiuti 
abbandonati per le strade cittadine, hanno provveduto, nel gennaio 2012, alla necessaria 
revisione del Piano Regionale Gestione Rifiuti Urbani (�PRGRU� - testo pubblicato nel 
Bollettino ufficiale della regione Campania n. 5 del 24 gennaio 2012), secondo quanto 
prescritto dalla Commissione per la risoluzione concordata della procedura di infrazione. 
34. Il processo di revisione del PRGRU � stato, infatti, caratterizzato da una permanente collaborazione 
tra l�Istituzione dell�Unione - che ha costantemente preso posizione sull�adeguatezza 
del piano - e le autorit� italiane, come dimostra il ripetuto invio di versioni successive 
della bozza di piano, di cui la Commissione d� atto ai punti da 11 a 15 del ricorso. 
35. Il piano � stato, quindi, condiviso con la Commissione ed � stato messo in pratica, come 
riconosce in pi� punti il ricorso medesimo (si veda, per tutti, il punto 160): in esso, era 
chiarito che le misure necessarie a rendere intrinsecamente autosufficiente il ciclo di gestione 
dei rifiuti in Campania sarebbero divenute operative nel 2016, come confermato 
dalla ricorrente nel punto 23 dell�atto introduttivo, nel quale si d� conto anche della circostanza 
che, nella riunione del 25 gennaio 2012, la Commissione, posta a conoscenza 
dei contenuti del piano, ha invitato le autorit� italiane a �far s� che in Campania i rifiuti 
venissero gestiti in modo adeguato anche durante il periodo transitorio 2012 � 2016 fino 
alla entrata in funzione di tutti gli impianti previsti dal piano�. 
36. La sostanziale accettazione del percorso proposto dalle autorit� italiane da parte della 
Commissione, fa s� che ogni eventuale contestazione dovrebbe oggi appuntarsi sull�efficacia 
delle misure transitorie predisposte nella regione Campania. 
37. Ora, nella relazione della regione Campania (All. B.2, pag. 2, ultimo paragrafo) si evidenzia 
che il programma di gestione del periodo transitorio � stato elaborato ed � stato, 
anch�esso, trasmesso alla Commissione. L�andamento di tale programma � stato illustrato, 
come concordato con la Commissione, attraverso report trimestrali (il quinto dei quali, 
non conosciuto dalla Commissione all�epoca della redazione del ricorso, viene qui prodotto 
quale allegato B.3 al presente controricorso). 
38. Alla pagina 3 e 4 della relazione prodotta all�allegato B.2 si descrivono sinteticamente i 
risultati dell�attuazione del programma, poi pi� diffusamente analizzati nel resto della relazione, 
attraverso un�analisi suddivisa per le seguenti aree tematiche: 


- incremento della raccolta differenziata con particolare riferimento alla citt� di Napoli 
(All. B.2, pagg. da 5 a 8); 
- capacit� di trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta separatamente 
(All. B.2, pagg. da 9 a 15); 
- dotazione impiantistica per il recupero energetico (termovalorizzatori) e per lo smalti



mento (discariche) dei rifiuti urbani residuali della raccolta differenziata (All. B.2, pagg. 
da 16 a 20); 

-gestione dei rifiuti stoccati (ecoballe e altri rifiuti storici) (All. B.2, pagg. da 20 a 22); 

- smaltimento dei rifiuti urbani residuali alla raccolta differenziata nel 2013 (All. B.2, 
pagg. da 22 a 26). 

39. Ne emerge un sistema di gestione di rifiuti stabile, che si mantiene in equilibrio e che contrariamente 
a quanto affermato nel ricorso (cfr., in particolare, il punto 59) - dipende 
solo in misura ridotta dai trasferimenti fuori regione, anche in ragione della costante diminuzione 
della quantit� complessiva di rifiuti prodotti. 
40. Nel rinviare, come gi� detto, ai contenuti integrali della relazione, merita soffermarsi sul 
dato sintomatico - e come tale considerato nel ricorso della Commissione - della raccolta 
differenziata (in prosieguo: �RD�). 
41. Il dato complessivo della RD nella regione, a dicembre 2013, si attesterebbe al 50%, secondo 
i dati provvisori forniti dall�Ufficio flussi delle regione Campania (v. quinto report 
trimestrale - All. B.3, pag. 2, penultimo paragrafo). Il dato certificato dall�ISPRA, riferito 
al 2012, � del 41,5% (cfr. all. B.1, pag. 2, prima tabella e primo paragrafo). 
42. Anche limitandosi alla sola provincia di Napoli, il trend dei risultati � positivo: nel 2012 
la RD in provincia di Napoli ha raggiunto il 36,48%, con un incremento di 5 punti percentuali 
rispetto all�anno precedente. Nel 2013, tale percentuale si � ulteriormente incrementata 
di 4 punti, secondo i dati forniti dall�Ufficio flussi regionale (non ancora 
certificati al momento in cui si redige il presente atto) (5). 
43. Non si vede come questi dati, sostanzialmente rispondenti a quelli che le autorit� italiane 
avevano comunicato come obiettivo, possano giustificare il giudizio di insufficienza che 
ne trae la Commissione, la quale sorprendentemente finisce per fare leva sul differenziale 
che si registra tra il risultato della provincia di Napoli e il risultato complessivo dalla regione 
Campania (con la conseguenza, paradossale, che quanto pi� le autorit� italiane migliorassero 
i risultati nel resto della regione, tanto pi� negativo sarebbe il giudizio 
sull�esecuzione della sentenza, che la Commissione evidentemente indirizza sulle sole 
realt� territoriali pi� funzionali alle proprie necessit� processuali). Non sembra, comunque, 
inutile ricordare che i dati della sola provincia di Napoli sono in linea con la media 
europea di raccolta differenziata, che, nel 2012, si attestava al 34% (6). 
44. N� sembra pertinente l�argomento utilizzato dalla Commissione, secondo il quale la realt� 
della provincia di Napoli sarebbe pi� significativa, in quanto in tale parte delle regione � 
concentrata la maggior produzione di rifiuti: se ci� � vero, come � vero, � anche vero che 
il dato di tale provincia ha finito inevitabilmente per influenzare in maniera determinante 
la media regionale (la quale si determina sulla base del totale dei rifiuti regionali e sul totale 
di quelli per cui � effettuata la RD). Ma ci� non ha impedito che questa si attestasse 
alle percentuali di cui si � detto. 
45. Altro accenno particolare merita la situazione dei c.d. �rifiuti storici�, di cui la Commissione 
tratta nei punti da 89 a 106 del proprio ricorso e che essa assume quale fattore di �aggrava


(5) In particolare, a fronte di un dato costante, non del tutto soddisfacente, della comune di Napoli 
(ca. 1.000.000 di abitanti), che si � fermato a una percentuale del 21% nel 2012 e nel 2013, il resto della 
provincia di Napoli (ca. 2.000.000 di abitanti) ha registrato una raccolta differenziata del 45% del 2012 
e tale percentuale � aumentata al 49%, secondo le stime riferite al 2013. 
(6) Fonte Eurostat 2012. 



mento� dell�illecito, ai fini della determinazione della sanzione (punto 154 del ricorso). 

46. Nella relazione della regione Campania, si attesta che �utilizzando la diponibilit� della 
discarica di San Tammaro si � proceduto a svuotare quasi completamente il sito di Ferrandelle
� e che �a fronte di uno stoccaggio complessivo iniziale di circa 500.000 tonnellate 
di rifiuti, al momento rimangono da conferire in discarica circa 30.000 tonnellate. 
Il sito oggi si presenta con 17 piazzole su 18 completamente svuotate� e l�attivit� di svuotamento 
era in via di completamento al momento della redazione della relazione (All. 
B.2, pag. 20, ultimo paragrafo). 
47. Si pu� confermare, quindi, il raggiungimento dell�obiettivo indicato al punto 101 del ricorso 
della Commissione. 
48. Nel contempo, peraltro, � in via di avanzata esecuzione l�attivit� di svuotamento delle 
piazzole di stoccaggio provvisorio del sito di San Tammaro: �rispetto alla circa 190.000 
tonnellate di rifiuti urbani stoccati, ne sono stati smaltiti circa 130.000 ton.; l�attivit� di 
conferimento si concluder� entro aprile. Inoltre, � stato completato lo svuotamento di 
circa 90.000 di FST in balle; resta da completare lo svuotamento dell�ultima piazzola n. 
6 per circa 40.000 ton.� (All. B.2, pag. 21, primo paragrafo). 
49. Ancora, nella relazione della regione Campania � attestato che �( l)�attivit� di svuotamento 
degli impianti STIR � stata definitivamente compiuta nell�anno 2012� e che il materiale 
in giacenza in tali impianti � solo quello in corso di lavorazione (All. B.2, pag. 21 
secondo paragrafo e ss.). 
50. Anche in questo caso, si deve, quindi, confermare il raggiungimento dell�obiettivo che si 
erano poste le autorit� italiane, richiamato dalla Commissione al punto 103 del proprio 
ricorso. 
51. Quanto alla situazione delle c.d. ecoballe, si rinvia alle pagine 21 e 22 della medesima 
relazione della regione Campania (all. B.2), nella quale si evidenzia che tale materiale � 
costantemente monitorato e che i soggetti preposti intervengono immediatamente ogniqualvolta 
si manifestino possibili rischi per l�ambiente o per la salute. 


III SULLA RICHIESTA DI APPLICAZIONI DI SANZIONI 

52. Il governo italiano contesta di non avere dato esecuzione alla sentenza di accertamento 
e, conseguentemente, ritiene che non vi sia titolo per l�applicazioni di sanzioni. 
53. In ogni caso, qualora emergesse che solo ad alcuni degli aspetti di inadempimento rilevati 
nella sentenza di accertamento non si sia ancora data efficace risposta, � chiaro che la 
sanzione richiesta dalla Commissione - la cui determinazione presuppone, invece, l�integrale 
fondamento del proprio ricorso - andr� proporzionalmente ridotta, intervenendo 
sull�elemento della gravit� dell�infrazione e, quindi, sul coefficiente 8 da essa proposto 
in funzione di tale elemento. 
54. Fuori da tali considerazione, anche assumendo -quod non - per integralmente fondate le 
deduzioni della Commissione, la proposta sanzione si dimostra, a giudizio del Governo 
italiano, eccessiva alla luce degli stessi criteri da essa enunciati nella Comunicazione del 
13 dicembre 2005 sull�applicazione dell�articolo 228 del trattato CE (in prosieguo: la 
�comunicazione del 2005�). 
55. In effetti, dalla lettura del ricorso si ritrae che la gravit� dell�infrazione � stata essenzialmente 
desunta dalla natura dell�interesse tutelato dalle norme che si assumono violate, 
oltre che dal tasso di �recidiva�, per cos� dire, evidenziato dall�Italia nella materia delle 
infrazioni nel settore ambientale. 
56. Ora, premesso che la violazione contestata comunque non rientra tra quelle che la stessa 





comunicazione del 2005, al punto 16.1, considera gravissime, dalla lettura della comunicazione 
medesima si evince che elementi fondamentali per la determinazione della gravit� 
dell�infrazione sono anche il grado dell�inadempimento contestato, la condotta tenuta 
dalle autorit� dello Stato membro successivamente all�emissione della sentenza della 
Corte che ha accertato l�infrazione e il contesto di fatto nel quale lo Stato membro si � 
trovato a operare per rimediare all�infrazione. 


57. Al punto 16.3 della comunicazione del 2005, la Commissione enuncia, infatti, che occorre 


�tener conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato misure che ritiene sufficienti 
per conformarsi alla sentenza della Corte, mentre la Commissione le reputa inadeguate�, 
che �una mancanza di cooperazione leale con la Commissione nella procedura prevista 
dall�articolo 228, paragrafo 2, primo comma costituisce una circostanza aggravante� e 
che �il fatto che ... esistano difficolt� intrinseche particolari per assicurarne l�esecuzione 
in un breve lasso di tempo, va invece considerato una circostanza attenuante�. 

58. In altre parole, ipotizzato un certo coefficiente di gravit� - in relazione all�importanza delle 
disposizioni dell�Unione oggetto dell�infrazione - per il caso in cui lo Stato membro non 
abbia adottato alcuna misura di esecuzione, tale coefficiente andr� significativamente ridotto 
ove consti che lo Stato medesimo abbia, invece, messo in atto un complesso di misure 
per porre rimedio all�infrazione, abbia cooperato con la Commissione nella ricerca delle 
soluzioni pi� appropriate e si sia mosso in un contesto di fatto di particolare complessit� 
(altro �, ad esempio, rimediare una violazione che consiste nell�introduzione di una norma 
giuridica contraria al diritto dell�Unione, altro � dover rimediare a una situazione di fatto, 
e particolarmente complessa come quella determinata dalla crisi nella gestione dei rifiuti 
nella regione Campania sussistente all�epoca della sentenza di accertamento). 
59. Ora, si evince dalla stessa lettura del ricorso della Commissione che tutti e tre gli elencati 
possibili fattori di attenuazione della sanzione sono presenti nella fattispecie. 
60. La stessa Commissione - pur arrestando la propria analisi a un�epoca notevolmente anteriore 
alla data di proposizione del ricorso - riconosce, ripetutamente, che la situazione di 
fatto non era affatto rimasta quella esistente alla data di emissione della sentenza di accertamento, 
ma erano stati fatti progressi (7). 
61. La leale collaborazione delle autorit� italiane nella gestione dell�infrazione appare fuori 
discussione: ne d� conto la stessa Commissione nell�intera sezione 2 del proprio ricorso, 
nella quale si fa costante riferimento a incontri, invio di bozze di proposte di piano, modifiche 
di tali proposte in conseguenza delle osservazioni della Commissione, invio di 
report trimestrali, etc. 
62. E altrettanto fuori discussione - non sembra necessario diffondersi particolarmente su 
questo punto - � la complessit� del contesto di fatto nel quale le autorit� italiane si sono 
trovate a operare. 
63. Ora, di tutti questi possibili fattori di attenuazione, la Commissione ne prende in considerazione 
solo uno, peraltro svalutandone l�importanza. Attribuisce, infatti, il valore di 
circostanza attenuante - che, tuttavia, non si capisce quale peso abbia - al fatto che �un 
piano di gestione sia stato approvato dalle autorit� italiane e che esse abbiano cominciato 


(7) Ad esempio: punto 60 (�la Commissione � del parere che le autorit� italiane abbiano utilizzato 
i trasferimenti fuori regione per far fronte all�emergenza�); punto 69 (�nonostante gli sforzi e i progressi 
compiuti dalle autorit� italiane, la RD non appare tuttora sufficiente�); punto 159 (�nonostante le autorit� 
italiane siano riuscite a migliorare la situazione (...)�), etc. 


a metterlo in pratica, sebbene accumulando ritardi tali da compromettere l�applicazione 
e la piena efficacia del suddetto piano�. Tra l�altro, la Commissione omette di considerare 
che le autorit� italiane hanno affiancato, al piano di gestione da completare nel 2016, il 
piano per la gestione del periodo transitorio 2012-2016, di cui essa stessa d� conto ripetutamente 
nel ricorso (cfr., ad es., il punto 49 del ricorso). 

64. In definitiva, ritiene il Governo italiano che, anche in caso di accoglimento integrale del 
ricorso, il coefficiente di gravit� - ipotizzandone un importo base pari a 10 (si deve, infatti, 
procedere per ipotesi, non avendo la Commissione fornito una rappresentazione analitica 
del proprio calcolo) - debba subire due attenuazioni, stimabili in un terzo del suo importo, 
in considerazione dell�attivit� compiuta dalle autorit� italiane (pur limitandosi a quella 
descritta dalla Commissione nel proprio ricorso) e in considerazione della notevole complessit� 
del contesto di fatto. La misura che ne risulta dovrebbe essere, ad avviso del Governo 
italiano, equitativamente ridotta a 3, in considerazione del notevole grado di 
collaborazione prestato dalle autorit� italiane nella gestione della fase successiva all�emissione 
della sentenza di accertamento. 
65. Da ultimo, si vuole contestare anche l�attribuzione del coefficiente massimo (3) all�elemento 
della durata dell�infrazione: nel determinarlo, la Commissione si limita - erroneamente, 
ad avviso del Governo italiano - a valutare l�elemento cronologico in senso stretto, 
senza dare alcun peso alla complessit� dell�intervento necessario a sanare l�infrazione. 
66. Sembra, invece, evidente che il coefficiente di aggravamento in funzione della durata 
dell�infrazione deve essere attribuito in relazione al tempo che si stima necessario a risolvere 
l�infrazione: sei mesi possono essere eccessivi, se si tratta semplicemente di eliminare 
una norma contraria al diritto dell�Unione, mentre trentanove mesi possono non 
esserlo, in relazione a una situazione complessa come quella qui in esame. 
67. Pertanto, ritiene il Governo italiano che il coefficiente di durata dell�infrazione, anche in 
caso di integrale accoglimento del ricorso della Commissione, non possa essere stabilito 
in misura superiore a due. 


IV CONCLUSIONI 

68. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano chiede alla Corte di: 

-in via principale, rigettare il ricorso proposto dalla Commissione europea; 
-in via subordinata, per il caso di parziale accoglimento delle contestazioni della Commissione, 
attenuare l�importo delle sanzioni in misura corrispondente; 
-in via ulteriormente subordinata, per il caso di accoglimento integrale delle contestazioni 
della Commissione, determinare l�importo delle sanzioni attribuendo un coefficiente di 
gravit� non superiore a 3 e un coefficiente di durata non superiore a 2; 


-condannare la Commissione europea alle spese. 

Roma, 23 aprile 2014 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 


Causa C-657/13 - Materia: Libert� di stabilimento -Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dal Finanzgericht D�sseldorf (Germania) il 12 dicembre 
2013 - Verder LabTec GmbH & Co. KG / Finanzamt Hilden. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

nella causa C-657/13 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 
267 TFUE dal Finanzgerichthof D�sseldorf (Germania), nella causa 
VERDER LAB TEC GMBH & CO. KG; 

- ricorrente contro 


FINANZAMT HILDEN [Ufficio delle entrate di Hilden] 

-convenuto 


*** 

I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con decisione del 5 dicembre 2013, depositata il successivo 12 dicembre, il Finanzgerichtshof 
(organo giurisdizionale di primo grado della Repubblica federale di Germania, 
competente per le controversie tributarie), ha sottoposto alla Corte la seguente questione: 

Se sia compatibile con la libert� di stabilimento sancita dall�articolo 49 TFUE il fatto che 
una normativa nazionale stabilisca che il trasferimento, nell�ambito di una medesima impresa, 
di un bene economico da una stabile organizzazione nazionale ad una stabile organizzazione 
estera costituisce un prelevamento di beni aziendali destinato a finalit� estranee 
all�esercizio dell�impresa, sicch�, per effetto dell�emersione di riserve latenti, viene in essere 
un utile da prelevamento di beni aziendali, e che un�ulteriore normativa nazionale 
offra la possibilit� di ripartire uniformemente tale utile su cinque o dieci esercizi annuali. 

II IL DIRITTO DELL�UNIONE EUROPEA RILEVANTE 

2. La Corte si � ripetutamente occupata della compatibilit� con la libert� di stabilimento, o 
con altre libert� fondamentali garantite dai Trattati, di meccanismi impositivi nazionali che, 
per comodit�, possiamo qui definire exit taxes - i quali comportano l�assoggettamento 
a tassazione delle plusvalenze esistenti allo stato latente nel patrimonio di un soggetto, in 
occasione del trasferimento in altro Stato membro di tale patrimonio (per effetto del trasferimento 
della residenza del soggetto medesimo o per effetto del trasferimento di singole 
attivit� patrimoniali). 
3. Per limitarsi alla giurisprudenza pi� recente, merita di essere ricordata, innanzitutto, la 
sentenza National Grid Indus (1), relativa a una normativa dei Paesi Bassi in virt� della 
quale sono assoggettate a imposizione le plusvalenze latenti relative agli attivi di una societ�, 
in occasione del trasferimento della sede amministrativa della societ� in un diverso 
Stato membro. 
4. La Corte ha, al riguardo, chiarito che la disparit� di trattamento che tale normativa realizza, 
tra societ� che trasferiscono la propria sede amministrativa all�interno del territorio 


(1) Sentenza 29 novembre 2011, causa C-371/10, National Grid Indu BV. 


olandese e societ� che la trasferiscono all�estero, �costituisce una restrizione in linea di 
massima vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libert� di stabilimento� (punto 
40). Tale restrizione si dimostra, tuttavia, giustificata da motivi legati alla tutela della ripartizione 
del potere impositivo tra gli Stati membri, che costituisce un obiettivo legittimo, 
riconosciuto dalla Corte (v., in particolare, punti 45 e 46 e giurisprudenza ivi citata, nonch� 
punto 48). Una simile restrizione �, per�, contraria al principio di proporzionalit� se fa 
coincidere con il momento del trasferimento della sede amministrativa anche la riscossione 
immediata delle imposte dovute in relazione alle plusvalenze virtuali, e non la sola 
determinazione di tale imposte (che verrebbero poi riscosse al momento dell�effettivo 
realizzo). Maggiormente rispondente al principio di proporzionalit� sarebbe, piuttosto, 
una normativa che lasciasse al contribuente la scelta tra l�onere finanziario costituito dal-
l�immediata pagamento dell�imposta e l�onere amministrativo rappresentato dalla necessit�, 
in caso di opzione per il pagamento differito, di mantenere obblighi permanenti di 
dichiarazione nei confronti dello Stato membro di origine (v. punti 73 e 81). 

5. Nella successiva sentenza Commissione c. Portogallo (2), la Corte ha affermato che introduceva 
una restrizione alla libert� di stabilimento una misura normativa portoghese la 
quale stabiliva che, in caso di trasferimento in altro Stato membro della sede statutaria e 
della direzione effettiva di una societ� o di trasferimento parziale o totale, verso tale Stato, 
degli attivi di una stabile organizzazione portoghese di una societ� non residente in Portogallo, 
nel momento in cui analoghe condotte realizzate all�interno del territorio portoghese 
non producevano il medesimo effetto (punti 27 e 28). Pertanto, tale misura poteva 
considerarsi giustificata e conforme al principio di proporzionalit� solo alla condizione non 
realizzata dal regime normativo portoghese, nella versione esaminata dalla Corte che 
essa rispondesse ai criteri indicati al punto 73 della sentenza National Grid Indus, 
che imponevano di riconoscere alla societ� il diritto di differire il concreto pagamento 
dell�imposta al momento dell�effettivo realizzo della plusvalenza (punti 31 e 32). 
6. Principi sostanzialmente analoghi sono stati enunciati nella sentenza Commissione c. Danimarca 
(3), nella quale la Corte si � occupata di una norma danese che assimila alla vendita, 
cos� tassando le plusvalenze latenti, il trasferimento di attivi da una societ� danese a 
una stabile organizzazione estera o a una sede situata all�estero, mentre analoghe conseguenze 
non discendono da un analogo trasferimento che si verifichi all�interno del territorio 
danese (misura che la Corte ha reputato essere una restrizione alla libert� di stabilimento 
che, in ragione delle modalit� di riscossione dell�imposta, andava oltre l�obiettivo - in s� 
legittimo - di tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri). 
7. Infine, nella sentenza DMC Beteilungsgesellschaft (4), la Corte si � occupata di una misura 
tedesca che determina l�immediata imponibilit� delle plusvalenze generate sul territorio 
tedesco, quando il detentore di attivi non sia pi� tassato in Germania sull�ulteriore 
cessione degli attivi medesimi (5). La Corte ha esaminato la vicenda in relazione alla li


(2) Sentenza 6 settembre 2012, causa C-38/10, Commissione c. Portogallo. 
(3) Sentenza 18 luglio 2013, Commissione c. Danimarca. 
(4) Sentenza 23 gennaio 2014, causa C-164/12, DMC Beteilungsgesellschaft mbH. 
(5) La disposizione tributaria tedesca disponeva, in particolare, quanto segue: �la societ� di capitali 
deve fissare il valore degli attivi societari al loro valore di stima qualora, al momento del conferimento 
in natura, la Repubblica federale di Germania non abbia potest� impositiva sulla plusvalenza 
derivante dalla cessione societarie attribuite al conferente�. 



bera circolazione di capitali, atteso che la norma tedesca trova applicazione indipendentemente 
dalla circostanza che le partecipazioni oggetto di tassazione conferiscano una 
posizione di controllo nella societ�. La Corte ha, quindi, nuovamente reputato che una 
simile previsione introduce una restrizione alle libert� fondamentali, giustificata dal-
l�obiettivo del mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri 
alla condizione, da accertarsi da parte del giudice nazionale, che lo Stato membro si trovi 
effettivamente nell�impossibilit� di esercitare il proprio potere impositivo su tali plusvalenze 
al momento della loro effettiva realizzazione (punto 58). 

8. Quanto alla proporzionalit� della misura, la Corte - richiamati i principi enunciati al punto 
73 della sentenza National Grid Indus e ai punti 31 e 32 della sentenza Commissione c. 
Portogallo - ha affermato che la normativa oggetto del procedimento �lasciando la scelta 
al contribuente tra una riscossione immediata o scaglionata su cinque annualit� (...) non 
va al di l� di quanto necessario per conseguire l�obiettivo di tutela della ripartizione del 
potere impositivo tra gli Stati membri� (punto 64). Per contro, va oltre tale obiettivo la 
richiesta di fornire una garanzia bancaria in caso di rateizzazione del debito fiscale, se 
tale onere viene imposta indiscriminatamente e non solo in presenza di un rischio effettivo 
di mancato recupero dell�imposta (punti 66 e 67). 

III I FATTI DI CAUSA E IL DIRITTO NAZIONALE 

9. In sintesi, la controversia a seguito di una verifica fiscale condotta dall�Amministrazione 
finanziaria tedesca che, all�esito di tale verifica, ha emesso un provvedimento con il quale 
ha preteso di sottoporre a tassazione le plusvalenze latenti relative ad alcuni attivi (diritti 
su brevetti, marchi e modelli di utilit�) che la ricorrente, societ� con sede in Germania, 
aveva trasferito nel 2005 a una propria stabile organizzazione olandese. 
10. Secondo quanto si ricava dall�ordinanza di rinvio, infatti, l�Amministrazione finanziaria 
ha ritenuto che tale fattispecie ricadono nel campo di applicazione dell�art. 4, par. 1, terzo 
periodo della legge tedesca sull�imposta sul reddito (Einkommengesetz � �EStG�), il 
quale stabilisce che la �esclusione o la limitazione del potere impositivo della Repubblica 
federale di Germania in relazione all�utile risultante dall�alienazione o dall�utilizzo di 
un bene economico sono considerate equivalenti a un prelevamento di beni aziendali destinato 
a finalit� estranee all�esercizio dell�impresa�. 
11. Ci� in quanto al successivo quarto periodo di tale articolo - inserito nel 2010, successivamente 
ai fatti di causa, ma espressamente dichiarato applicabile ai periodi d�imposta precedenti (6) 


-l�EStG stabilisce che �(s)i determina un�esclusione o una limitazione del potere impositivo 
in relazione all�utile risultante dall�alienazione di un bene economico segnatamente nel caso 
in cui un bene economico sino ad allora imputabile ad una stabile organizzazione nazionale 
del soggetto passivo debba essere imputato ad una stabile organizzazione estera�. 

(6) Secondo quanto si ricava dall�ordinanza di rinvio, la giurisprudenza tedesca, a seguito di una 
sentenza del luglio 2008 del Bundesgerichthof, si era orientata nel senso di ritenere inapplicabile la presunzione 
di prelevamento di beni aziendali, di cui all�art. 4, par.1, terzo periodo dell�EStG, al caso del 
trasferimento di un bene economico di un�impresa tedesca ad una stabile organizzazione estera di tale 
impresa, laddove questa fosse situata in uno Stato legato alla Germania da convenzione contro la doppia 
imposizione sui redditi. Ci�, in quanto le norme convenzionali avrebbe consentito al Fisco tedesco di 
assoggettare a tassazione le plusvalenze al momento dell�eventuale realizzo, con riferimento all�aumento 
di valore del bene verificatosi mentre questo si trovava in Germania. Ecco perch� la norma del 2010, 
che potremmo definire di �interpretazione autentica�, � stata dichiarata applicabile anche ai fatti verificatisi 
prima della sua entrata in vigore. 


12. Il trasferimento ad altra sede del bene, pertanto, determina l�emersione di una plusvalenza, 
a misura della differenza tra il valore di bilancio del bene e il suo valore �corrente�, ossia 
il suo valore di mercato (art. 6, par. 1, punto 4, primo periodo dell�EStG). 
13. Quanto alla riscossione dell�imposta cos� dovuta, l�art. 4g, par. 1, dell�EStG, in sostanza, 
prevede, attraverso un meccanismo di iscrizione di una posta contabile compensativa, la 
possibilit�, a richiesta dell�interessato, di �spalmarne� il pagamento in rate costanti, nel 
corso di cinque esercizi sociali. Dalla lettura dell�ordinanza di rinvio si evince, tuttavia, 
che le autorit� fiscali tedesche ritengono che il debito fiscale della ricorrente possa essere 
estinto in dieci anni (cfr. � 3 dell�ordinanza) e tale eventualit� � presa in considerazione 
anche dal giudice del rinvio (� 38): ci�, a quanto � dato capire, poich� la disposizione 
test� citata dell�EStG risale al 2006, sicch� la fattispecie di causa dovrebbe essere regolata 
dalla prassi precedentemente instauratasi, secondo la quale l�estinzione della posta contabile 
creata con riferimento alle plusvalenze latenti - e quindi il pagamento della relativa 
imposta - doveva avvenire in rate annuali costanti, in ragione del residuo periodo di utilizzazione 
del bene e, comunque, non oltre i dieci anni. 


IV ANALISI 

14. Sembra al Governo italiano che la fattispecie possa essere agevolmente definita sulla base 
della giurisprudenza richiamata nella Sezione 2 del presente scritto (punti da 2 a 8). 
15. L�analisi delle sentenze ivi citate consente, innanzitutto, di affermare che la misura normativa 
in esame introduce una restrizione alla libert� di stabilimento, nel momento in cui 
fa emergere le plusvalenze latenti nel caso del trasferimento del bene a una stabile organizzazione 
estera di un�impresa tedesca, mentre analogo effetto non si produce nel caso 
di trasferimento a una stabile organizzazione tedesca della medesima impresa. 
16. Tuttavia - e sembra averlo riconosciuto la medesima ricorrente nel corso del giudizio 
principale - tale restrizione �, in astratto, giustificata dall�obiettivo di garantire la ripartizione 
del potere impositivo tra gli Stati membri, nel senso di assicurare a ciascuno di tali 
Stati membri l�imposta relativa al presupposto imponibile (l�incremento di valore del 
bene) realizzatasi sul proprio territorio. 
17. La questione che si pone �, dunque, quella della proporzionalit� della misura: proporzionalit� 
che, secondo la ricorrente, non sarebbe rispettata dalla normativa tedesca, perch� questa 
prevede la riscossione dell�imposta al momento del trasferimento del bene (sia pure con la 
descritta �rateizzazione�) e non al momento dell�effettivo realizzo della plusvalenza. 
18. Questa opinione � condivisa dalla giurisdizione del rinvio che, richiamando i principi affermati 
al punto 73 della sentenza National Grid Indus, ritiene che, al fine di non eccedere l�obiettivo 
che giustifica la restrizione, la norma tedesca dovrebbe lasciare al contribuente la scelta tra il 
pagamento immediato dell�imposta o il suo pagamento al momento dell�effettivo realizzo 
della plusvalenza (sia pure, in tale secondo caso, facendosi carico degli oneri amministrativi 
derivanti dalla necessit� di mantenere un costante rapporto con le autorit� fiscali tedesche). 
19. Considerata l�epoca di deposito dell�ordinanza di rinvio, tuttavia, il Finanzgerichthof non 
poteva conoscere la citata sentenza DMC Beteilungsgesellschaft, nella quale la Corte ha affermato 
essere a propria volta conforme al principio di proporzionalit� una misura che lasciasse 
al contribuente la scelta tra la riscossione immediata o scaglionata su cinque annualit�. 
20. Questa condizione sembra, invece, verificarsi nel caso di specie, nel quale - a differenza 
della fattispecie esaminata dalla sentenza DMC Beteilungsgesellschaft - non consta che 
la rateizzazione del debito d�imposta sia condizionata dal previo rilascio, da parte del 
contribuente, di una garanzia reale o personale. 



21. Alla stregua di quanto precede, sembra al Governo italiano che debba concludersi che la normativa 
tedesca oggetto del rinvio pregiudiziale sia compatibile con la libert� di stabilimento. 


V CONCLUSIONI 

22. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere al quesito sottoposto al suo esame affermando che: 

La libert� di stabilimento sancita dall�articolo 49 TFUE non si oppone a una normativa 
nazionale che stabilisce che il trasferimento, nell�ambito di una medesima impresa, di 
un bene economico da una stabile organizzazione nazionale ad una stabile organizzazione 
estera costituisce un prelevamento di beni aziendali destinato a finalit� estranee all�esercizio 
dell�impresa - con la conseguenza che, per effetto dell�emersione di riserve latenti, 
viene in essere un utile da prelevamento di beni aziendali - in quanto tale misura costituisce 
una restrizione alla suddetta libert� giustificata dall�obiettivo di garantire la ripartizione 
del potere impositivo tra gli Stati membri e che non va oltre tale obiettivo, se 
al contribuente � lasciata la scelta tra il pagamento immediato dell�imposta o la sua ripartizione 
uniforme su cinque esercizi annuali (condizione viepi� soddisfatta ove sia consentita 
una ripartizione su dieci esercizi annuali). 

Roma, 1 aprile 2014 
Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

Causa C-68/14 - Materia: Concorrenza - Intese - Aiuti concessi dagli Stati 
-Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Ordinario di 
Aosta (Italia) il 10 febbraio 2014 - Equitalia Nord SpA / CLR di Camelliti Serafino 
& C. Snc. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 

del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 

giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 
nella causa C-68/14 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 

267 TFUE dal Tribunale di Aosta (Italia), nella causa 

EQUITALIA NORD 
- opponente contro 


C.L.R. DI CAMELLITTI SERAFINI & C S.N.C. 

- opposta 


*** 

I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con ordinanza del 12 dicembre 2013, depositata presso la Cancelleria della Corte l�11 
febbraio 2014, il Tribunale di Aosta, nell�ambito di un giudizio civile di primo grado, di 
opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto 
alla Corte la seguente questione: 


(primo quesito) Se la normativa italiana vigente di cui all�art. 3, commi 1� e 4�, del de-
creto-legge 6 luglio 2012, n. 95, come parzialmente modificato dalla legge di conversione 
7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui prevede che �in considerazione dell�eccezionalit� 
della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento 
degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in 
vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l�aggiornamento relativo 
alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente, non si applica 
al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della 
pubblica amministrazione, come individuate dall�Istituto nazionale di statistica ai sensi 
dell�articolo l, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch� dalle Autorit� indipendenti 
ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ� e la borsa (Consob) per 
l�utilizzo in locazione passiva di immobili per finalit� istituzionali�, ed inoltre, al comma 
4�, che �ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione 
passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni 
centrali, come individuate dall�Istituto nazionale di statistica ai sensi dell�articolo 
l, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch� dalle Autorit� indipendenti ivi 
inclusa la Commissione nazionale per le societ� e la borsa (Consob) i canoni di locazione 
sono ridotti a decorrere dal 1� gennaio 2015 della misura del 15 per cento di quanto attualmente 
corrisposto�, laddove �a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di 
conversione del presente decreto la riduzione di cui al periodo precedente si applica comunque 
ai contratti di locazione scaduti o rinnovati dopo tale data� sia in contrasto con 
il dettato di cui all�art. 106, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul Funzionamento dell�Unione 
Europea in quanto idonea ad assicurare a soggetti operanti in regime di concorrenza un 
vantaggio ingiustificato e discriminatorio rispetto alla posizione di altri soggetti che esercitino 
la medesima attivit� pur non risultando beneficiari della normativa medesima. 
(secondo quesito) se la predetta normativa, in quanto idonea ad accordare a soggetti 
operanti in regime di concorrenza un vantaggio ingiustificato e discriminatorio rispetto 
alla posizione di altri soggetti che esercitino la medesima attivit� pur non risultando beneficiari 
della normativa medesima, possa considerarsi �aiuto di stato� ai sensi e per gli 
effetti di cui all�art. 107, paragrafo l, del TFUE. 

II IL DIRITTO DELL�UNIONE EUROPEA RILEVANTE 

2. I quesiti pregiudiziali vertono sull�interpretazione di due disposizioni del Trattato sul funzionamento 
dell�Unione europea. 
3. L�art. 106 del TFUE dispone: 


�1. Gli Stati membri non emanano n� mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e 
delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme 
dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. 

2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi 
carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare 
alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l�applicazione di tali norme non osti all�adempimento, 
in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo 
degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell�Unione. 
3. (...)�. 
4. L�art. 107 del TFUE stabilisce: 


�1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, 
nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, 


ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o 
talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. 

2. � 3. (...)�. 
III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA 

III.1. LE NORME NAZIONALI 

5. In Italia, � usuale che il canone dei contratti di locazione subisca un adeguamento annuale 
parametrato a una grandezza che misura il diminuito potere d�acquisto della valuta: la 
variazione dell��indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati� accertata 
dall�Istituto nazionale di statistica (�ISTAT�). 
6. Tale stato di cose � l�effetto dell�art. 28 della legge n. 392 del 1978 (�Disciplina delle locazioni 
di immobili urbani�) che, nella sua versione pi� recente, derivante da modifiche 
introdotte da ultimo nel 2009, dispone: 


�Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su 
richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della [lira]. 
Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a 
quella di cui all�articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate 
dall�ISTAT, dell�indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. 
(�)�. 

7. Sebbene l�aumento parametrato all�indice di variazione dei prezzi rilevato dall�ISTAT (in 
prosieguo, l��indice ISTAT�), secondo un costante orientamento della giurisprudenza italiana, 
non sia automatico, ma deve essere espressamente pattuito dalle parti, tale disposizione 
- che stabilisce, con riferimento alle tipologie di contratti da essa previste, la 
misura massima dell�adeguamento che le parti possono convenire - ha fatto s� che divenisse 
socialmente tipica, nei contratti di locazione, la clausola di automatico adeguamento 
all�indice ISTAT (nella misura del 75% nei casi previsti dal comma secondo, in misura 
piena negli altri casi). Conseguentemente, la realt� del mercato delle locazioni immobiliari 
italiano si caratterizza per l�esistenza di rapporti di locazione che normalmente prevedono 
tale forma di adeguamento automatico. 
8. In questo contesto � intervenuto il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni 
dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, intitolato �Disposizioni urgenti 
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonch� 
misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario� (in prosieguo 
�il d.l. 95/2012� o, secondo la denominazione giornalistica a suo tempo data al decreto, 
�il d.l. spending review�)�. 
9. L�art. 3 del d.l. 95/2012, rubricato �Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei 
costi per locazioni passive�, ha, in particolare, stabilito quanto segue (sottolineature nostre): 


�1. In considerazione dell�eccezionalit� della situazione economica e tenuto conto delle 
esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, 
a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 
2013 e 2014, l�aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla 
normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto 
economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall�Istituto nazionale 
di statistica ai sensi dell�articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, 
nonch� dalle Autorit� indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societ� e la 
borsa (Consob) per l�utilizzo in locazione passiva di immobili per finalit� istituzionali. 

2. � 2-bis. (�) 



3. Per i contratti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e 
gli enti locali hanno facolt� di recedere dal contratto, entro il 31 dicembre 2013, anche 
in deroga ai termini di preavviso stabiliti dal contratto. 
4. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione 
passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, 
come individuate dall�Istituto nazionale di statistica ai sensi dell�articolo 1, comma 
3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonch� dalle Autorit� indipendenti ivi inclusa la 
Commissione nazionale per le societ� e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti 
a decorrere dal 1� luglio 2014 della misura del 15 per cento di quanto attualmente 
corrisposto. A decorrere dalla data dell�entrata in vigore della legge di conversione del 
presente decreto la riduzione di cui al periodo precedente si applica comunque ai contratti 
di locazione scaduti o rinnovati dopo tale data. La riduzione del canone di locazione si 
inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell�articolo 1339 c.c., anche in 
deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del 
locatore. Analoga riduzione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo 
alla data di entrata in vigore del presente decreto. Il rinnovo del rapporto di locazione � 
consentito solo in presenza e coesistenza delle seguenti condizioni: 
a) disponibilit� delle risorse finanziarie necessarie per il pagamento dei canoni, degli 
oneri e dei costi d�uso, per il periodo di durata del contratto di locazione; 
b) permanenza per le Amministrazioni dello Stato delle esigenze allocative in relazione 
ai fabbisogni espressi agli esiti dei piani di razionalizzazione di cui dell�articolo 2, comma 
222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ove gi� definiti, nonch� di quelli di riorganizzazione 
ed accorpamento delle strutture previste dalle norme vigenti. 
5. (�) 
6. Per i contratti di locazione passiva, aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale di propriet� 
di terzi, di nuova stipulazione a cura delle Amministrazioni di cui al comma 4, si applica 
la riduzione del 15 per cento sul canone congruito dall�Agenzia del Demanio, ferma restando 
la permanenza dei fabbisogni espressi ai sensi dell�articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 
2009, n. 191, nell�ambito dei piani di razionalizzazione ove gi� definiti, nonch� in 
quelli di riorganizzazione ed accorpamento delle strutture previste dalle norme vigenti. 
7. Fermo restando quanto previsto dal comma 10, le previsioni di cui ai commi da 4 a 6 
si applicano altres� alle altre amministrazioni di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto 
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in quanto compatibili. Le regioni e le province autonome 
di Trento e Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa 
corrente al fine di conseguire risparmi non inferiori a quelli derivanti dall�applicazione 
della presente disposizione. 
8. � 9. (�) 


10. Nell�ambito delle misure finalizzate al contenimento della spesa pubblica, gli Enti 
pubblici non territoriali ricompresi nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, 
come individuato dall�ISTAT ai sensi dell�articolo 1, comma 2, della legge 
31 dicembre 2009, n. 196, fermo restando quanto previsto dall�articolo 8 del decreto-
legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122, comunicano 
all�Agenzia del Demanio, entro, e non oltre, il 31 dicembre di ogni anno, gli immobili o 
porzioni di essi di propriet� dei medesimi, al fine di consentire la verifica della idoneit� 
e funzionalit� dei beni ad essere utilizzati in locazione passiva dalle Amministrazioni statali 
per le proprie finalit� istituzionali. L�Agenzia del Demanio, verificata, ai sensi e con 


le modalit� di cui al comma 222 dell�articolo 2 della legge n. 191 del 2009, la rispondenza 
dei predetti immobili alle esigenze allocative delle Amministrazioni dello Stato, ne 
d� comunicazione agli Enti medesimi. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di 
comunicazione, l�Agenzia del Demanio effettua la segnalazione alla competente procura 
regionale della Corte dei conti. La formalizzazione del rapporto contrattuale avviene, ai 
sensi del citato comma 222, con le Amministrazioni interessate, alle quali gli Enti devono 
riconoscere canoni ed oneri agevolati, nella misura del 30 per cento del valore locativo 
congruito dalla competente Commissione di congruit� dell�Agenzia del Demanio di cui 
all�articolo 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266�. 

10. Si vede, quindi, come tale articolo, con il chiaro obiettivo di contenere i costi a carico 
della finanza pubblica, abbia stabilito, in relazione a una serie di contratti di locazione 
gravanti su bilancio pubblico, che: 

-nonostante l�eventuale diversa pattuizione delle parti, cessasse immediatamente di avere 
applicazione la clausola di adeguamento del canone all�indice ISTAT; 

-a decorrere dal 1� luglio 2014, il canone pattuito fosse automaticamente ridotto del 15%, 
salvo, in tal caso, il diritto di recesso del locatore. Questa stessa riduzione avrebbe dovuto 
essere applicata ai contratti rinnovati, sia pure tacitamente, dopo l�entrata in vigore della 
legge di conversione d.l. 95/2012 (ossia dal 15 agosto 2012). 

11. I locatari cui si applicano tali disposizioni sono le �amministrazioni pubbliche inserite 
nel conto economico consolidato�, individuate, sempre dall�ISTAT, ai sensi dell�art. 1, 
comma 3, della legge n. 196 del 2009, ivi incluse - per espressa previsione della norma le 
autorit� indipendenti (di cui �, in effetti, tuttora controverso se debbano, o meno, essere 
inserite nella citata categoria). Si fornisce, in allegato al presente scritto, l�elenco di tali 
soggetti, pubblicato dall�ISTAT nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 229 
del 30 settembre 2013 (cfr. allegato A.1 al presente atto di intervento). 

III.2. I FATTI DI CAUSA E LE MOTIVAZIONI DEL RINVIO 

12. La questione pregiudiziale � sorta in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso 
da Equitalia Nord S.p.A. (in prosieguo �Equitalia� o �la locataria�) nei confronti 
della C.L.R. di Camellitti Serafino & C. s.n.c. (in prosieguo �la locatrice�). 
13. Tra le parti � in corso un contratto di locazione a uso commerciale, avente ad oggetto un 
complesso immobiliare situato in Aosta, di propriet� della locatrice. Tale contratto � stato 
stipulato in data 1� febbraio 2007, per il canone annuo iniziale di � 44.000,00, oltre IVA, 
da pagarsi in rate trimestrali anticipate. Il contratto, che aveva inizialmente scadenza al 
31 gennaio 2013, � stato automaticamente rinnovato per un ulteriore periodo di sei anni, 
fino al 31 gennaio 2019. 
14. Secondo quanto si evince dall�ordinanza di rinvio, al contratto ineriva una clausola di 
adeguamento all�indice ISTAT, con la conseguenza che il canone, al gennaio 2013, sarebbe 
divenuto pari a 48.857,72, oltre IVA. 
15. Nel corso del 2013, la locatrice ha chiesto l�emissione di un decreto ingiuntivo, che intimasse 
alla locataria il pagamento della somma di � 5.025,00, oltre interessi e spese del 
procedimento, in ragione del fatto che la locatrice aveva corrisposto, per i trimestri febbraio/
aprile 2013 e maggio/luglio 2013, l�importo di soli � 12.562,54, IVA compresa, per 
trimestre, anzich�, come dovuto da contratto, di � 15.075,04 per trimestre. 
16. Equitalia ha proposto opposizione, eccependo: 


-che il canone pattuito doveva considerarsi automaticamente ridotto del 15%, ai sensi del-
l�art. 3, comma 4, del d.l. spending review, in mancanza di recesso della locatrice dal con



tratto o, meglio, avendo la locatrice consentito la rinnovazione tacita del contratto nonostante 
la previsione del citato articolo: circostanza, questa, che sarebbe stata preventivamente comunicata 
da Equitalia alla locatrice con lettere del 2 agosto e del 12 ottobre 2012; 

- che il canone non poteva risentire dell�adeguamento all�indice ISTAT, in applicazione 
dell�art. 3, comma 1, del d.l. spending review. 

17. Ci�, in quanto Equitalia era, appunto, contemplata nell�elenco ISTAT delle amministrazioni 
pubbliche inserite nel conto economico consolidato della Repubblica italiana. 
18. Nel resistere all�opposizione, la locatrice ha fatto valere la contrariet� della disposizione 
di legge all�art. 107 TFUE, nella misura in cui essa attribuisce un beneficio a soggetti 
che, come Equitalia, opererebbero in regime di concorrenza nell�attivit� di riscossione 
dei tributi. Ci�, sia nella parte in cui la norma esclude l�adeguamento all�indice ISTAT 
per gli anni 2012, 2013 e 2014, sia nella parte in cui essa stabilisce la riduzione del 15% 
in sede di rinnovo del contratto e, comunque, a decorrere dal 1� luglio 2014 (1). Sosteneva, 
quindi, che la normativa interna andasse disapplicata nei confronti di Equitalia. 
19. Sebbene esso abbia poi finito per sollevare una questione anche riferita all�art. 107 TFUE, 
il giudice del rinvio dubita della pertinenza, nella fattispecie, della normativa dell�Unione 
europea in materia di aiuti di Stato. 
20. Esso prospetta, tuttavia, una possibile violazione dell�art. 106 TFUE. La disposizione nazionale, 
infatti, accorderebbe a taluni soggetti, �qualificati soggettivamente e non gi� in 
riferimento all�attivit� obiettivamente svolta�, un regime privilegiato nell�esecuzione dei 
rapporti di locazione passiva di immobili per finalit� istituzionali, accordando a tali loca-
tari una riduzione degli oneri locativi. 
21. In relazione alla posizione specifica di Equitalia, il Tribunale di Aosta rileva, in particolare, 
che �(a)nche ammesso (...) che l�attivit� di riscossione dei tributi sia qualificabile 
come servizio di interesse economico generale (sieg), non � dato, tuttavia, comprendere 
perch� solo taluni dei soggetti esercenti detta attivit�, in concorrenza con gli altri operatori 
di servizio analogo, debbano godere di tale beneficio, n� potrebbe fondatamente 
sostenersi che il rispetto della disciplina di concorrenza imposta dal TFUE sia di ostacolo 
all�esercizio di attivit� della tipologia riguardata�. 


IV ANALISI 

IV.1. SULLA RICEVIBILIT� DELLE QUESTIONI 

22. Ritiene il Governo italiano che occorra innanzi tutto interrogarsi sulla complessiva ricevibilit� 
delle questioni pregiudiziali. 
23. L�irricevibilit� dei quesiti sembra, infatti, discendere dal loro carattere meramente ipotetico, 
nel momento in cui il giudice del rinvio trascura di approfondire le caratteristiche di 
Equitalia e di spiegare perch� essa rientrerebbe nella nozione di diritto dell�Unione europea 
di impresa (nozione presupposta da entrambe le disposizioni del TFUE di cui il giudice 
chiede l�interpretazione). Il giudice a quo non spiega, in particolare, alla Corte - e 
alle parti eventualmente interessate a intervenire - i motivi per i quali non attribuisca a 
tale societ� pubblica la natura di soggetto sostanzialmente pubblico, n� chiarisce perch� 
non possa applicarsi ad essa la nota giurisprudenza Eurocontrol (2) e Diego Cal� (3), se


(1) Nell�ordinanza di rinvio si fa riferimento alla diversa data del 1� gennaio 2015. Ci� si deve a 
un refuso, verosimilmente dovuto a precedenti versione della norma. 
(2) Sentenza 19 gennaio 1994, causa C-364/92, SAT Flugegesellschiaft (pi� nota come �Eurocontrol�). 
(3) Sentenza 18 marzo 1997, causa C-343/95, Diego Cal�. 



condo la quale non costituisce attivit� economica quella attraverso la quale si estrinsecano 
le prerogative istituzionali che, per ragioni imperative di interesse pubblico, lo Stato riserva 
a se medesimo. 

24. Come � noto, al fine di stabilire se determinate attivit� si ricollegano, o meno, all�esercizio 
delle prerogative dei pubblici poteri rileva, tra l�altro, la circostanza che il soggetto disponga 
di facolt� o poteri coercitivi derogatori rispetto al diritto comune (4), mentre non 
� decisivo - ai fini della qualificazione dell�attivit� come attivit� economica - il fatto che 
tale servizio venga reso dietro un corrispettivo, tanto pi� se previsto dalla legge e non determinato, 
direttamente o indirettamente, dal soggetto medesimo. 
25. Equitalia S.p.A., capogruppo delle societ� del gruppo Equitalia, � una societ� a capitale 
interamente pubblico (il 51% � detenuto dall�Agenzia delle entrate e il 49% dall�INPS Istituto 
nazionale della previdenza sociale), che esercita, sulla base di un compenso di riscossione 
predeterminato per legge, l�attivit� di riscossione coattiva dei tributi statali e pu� 
esercitare, ai sensi dell�art. 52, comma 5, lett. b) del decreto legislativo n. 446 del 1997, 
l�attivit� di riscossione coattiva di entrate degli enti locali (i quali, in alternativa all�affidamento 
a Equitalia, possono esercitare tali attivit� in proprio o affidare il servizio a terzi). 
26. Ora, l�attivit� di riscossione coattiva dei tributi statali costituisce tipica espressione delle 
prerogative dei pubblici poteri, come chiarito, fra l�altro, proprio dalla sentenza Eurocontrol, 
al punto 28. Lo Stato italiano, del resto, non ha introdotto meccanismi di mercato 
per esercizio dell�attivit� in questione, che � affidata a Equitalia per legge. La natura del-
l�attivit� non muta, evidentemente, per il fatto che essa sia esercitata, dall�Agenzia delle 
entrate, attraverso una societ� per azioni, trattandosi di una scelta organizzativa meramente 
interna dell�autorit� pubblica. 
27. Quanto all�attivit� di riscossione dei tributi degli enti locali, � ben vero che tra i modelli 
disponibili - alternativi alla gestione in proprio, eventualmente attraverso una societ� in 
house e all�affidamento a Equitalia - vi � anche quello dell�affidamento a terzi, da selezionare 
tramite procedura di gara, con la conseguenza che, in tal caso l�attivit� va qualificata 
come attivit� economica (5). Ciononostante, nel caso in cui l�ente locale - in genere 
per le sue ridotte dimensioni o per il limitato ammontare delle entrate da riscuotere - decida 
invece di avvalersi della facolt� di affidare il servizio a Equitalia, si deve nuovamente 
ritenere che l�attivit� da essa svolta non costituisca attivit� economica. Anche in tal caso, 
infatti, si tratterebbe di una societ� a totale controllo pubblico che esercita un�attivit� pubblicistica 
nell�interesse esclusivo di un ente pubblico locale. Se pure si ritenesse il contrario, 
si dovrebbe verificare se tale attivit� di Equitalia sia scindibile dalla sua attivit� 
principale, anche alla luce delle modalit� con cui essa viene svolta (di regola, ad esempio, 
Equitalia riscuote i tributi statali e degli enti locali congiuntamente, avvalendosi delle 
medesime prerogative e dei medesimi poteri) (6). 
28. Si vede, insomma, come la questione dell�applicabilit�, dal punto di vista soggettivo, 
degli articoli 106 e 107 del TFUE al caso di Equitalia presupponga l�analisi di situazioni 


(4) Sentenza Eurocontrol, cit., punto 24. 
(5) V. sentenza 10 maggio 2012, cause riunite da C-357/10 a C-359/10, Duomo Gpa e a. 
(6) Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, infatti, l�esercizio di un�attivit� economica 
che sia indissociabile dall�esercizio dei pubblici poteri, fa s� che l�intera attivit� svolta dal soggetto debba 
considerarsi attivit� che si ricollega all�esercizio di tali poteri: cfr. sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 
P, Selex/Commissione, punto 69 e 12 luglio 2012, causa C-138/11, Compass-Datenbank, punto 36. 



di fatto complesse, in relazione alle quali il giudice del rinvio non ha fornito elementi di 
valutazione sufficienti affinch� la Corte e le parti diverse da quelle principali possano 
formulare con cognizione di causa le proprie valutazioni. 

29. Non si vuole ignorare che, nell�ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali 
stabilita dall�art. 267 TFUE, spetti esclusivamente al giudice nazionale, cui � stata sotto-
posta la controversia e che deve assumersi la responsabilit� dell�emananda decisione giurisdizionale, 
valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la 
necessit� di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza 
sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. 
30. Nella giurisprudenza della Corte si trova, tuttavia, costantemente affermato che l�esigenza di 
giungere a un�interpretazione del diritto dell�Unione che sia utile per il giudice nazionale impone 
che quest�ultimo definisca l�ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni 
sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (7). 
31. � necessario, inoltre, che questi elementi risultino gi� dal provvedimento di rinvio perch�, 
diversamente, non si consentirebbe ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate 
di presentare, con cognizione di causa, osservazioni ai sensi dell�art. 20 dello Statuto 
della Corte (8). 
32. Ora, l�ordinanza di rinvio che ha incardinato la presente fase del procedimento non contiene, 
manifestamente, indicazioni che soddisfino i requisiti sopra ricordati. 
33. Ci� acquista particolare gravit� in una materia quale quella qui trattata, tenuto conto che, 
secondo la giurisprudenza della Corte, le esigenze di chiarezza e completezza �valgono 
in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzata da situazioni 
di diritto e di fatto complesse� (9). 
34. Infatti, il giudice del rinvio fornisce delle indicazioni chiaramente insufficienti sul contesto 
di fatto e di diritto della controversia, senza soffermarsi sulle caratteristiche del mercato 
in cui opererebbe Equitalia - e in cui essa si potrebbe eventualmente trovare ad agire in 
concorrenza con altri operatori economici - n� sulle condizioni alle quali essa pu� avere 
accesso a tale mercato (non chiarisce, ad esempio, se Equitalia S.p.A. partecipi alle gare 
di affidamento dei servizi di riscossione in favore di enti diversi dalle Amministrazione 
centrali e se lo faccia attraverso proprie controllate che svolgono, nel contempo, l�attivit� 
di agenti di riscossione o attraverso societ� diverse, anche economicamente separate). 
35. La situazione sembra, in conclusione, del tutto analoga a quella che ha condotto recentemente 
la Corte a dichiarare manifestamente irricevibile altra questione, sollevata da un 
giudice italiano in materia di diritto della concorrenza e riferita, appunto, a Equitalia (10). 


IV.2. SUL PRIMO QUESITO 

36. Con il suo primo quesito, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni contenute nell�art. 

(7) Cfr., ex plurimis, sentenze 26 gennaio 1993, cause da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo 
e a., punto 6; 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asociaci�n Nacional de Empresas Forestales, punto 33; 9 
novembre 2006, causa C-205/05, Nemec, punto 26 nonch� ordinanze 17 settembre 2009, causa C-181/09, 
Canon Kabushiki Kaisha, punto 8 e 8 settembre 2011, causa C-144/11, Abdallah, cit., punto 10. 
(8) V. ordinanze Abdallah, cit., punto 11; 7 giugno 2012, causa C-21/11, Volturno, punto 13; 14 
giugno 2005, causa C-358/04, Caseificio Valdagnese, punto 9; 22 febbraio 2005, causa C-480/04, D�Antonio, 
punto 6; 21 aprile 1999, cause riunite C-28/98 e C-29/98, Charreire, punto 9. 
(9) V. sentenza Telemarsicabruzzo, cit., punto 7 e sentenza 17 febbraio 2005, causa C-134/03, 
Viacom Outdoor, punto 23 e giur. ivi citata. 
(10) Ordinanza 27 febbraio 2014, causa C-181/13, Acanfora. 



3 del d.l. spending review, nella misura in cui si applicano a soggetti che esercitano attivit� 
economica, quale si assume essere Equitalia, attribuiscano un indebito vantaggio concorrenziale, 
in violazione dell�art. 106 TFUE. 

37. Al riguardo, mette conto anzitutto rilevare - sebbene tali finalit� emergano con evidenza 
dal testo dell�articolo di legge e dall�intero contesto normativo in cui le disposizioni si 
inseriscono - che l�intervento realizzato con il d.l. 95/2012 � ispirato essenzialmente dal-
l�obiettivo di contenere i costi a carico del bilancio pubblico, con l�intento di far fronte 
alla crisi finanziaria che ha colpito l�Italia a partire dall�anno 2009, divenendo particolarmente 
acuta dalla met� dell�anno 2011. 
38. L�intervento sulle locazioni pubbliche passive si inscrive in questo contesto, essendo, tuttavia, 
anche giustificato dal notorio andamento decrescente del mercato immobiliare negli 
ultimi anni. La soluzione �autoritativa� della riduzione ope legis si giustifica, in particolare, 
con la considerazione che i committenti pubblici sono tenuti all�osservanza di procedure 
amministrative standardizzate e al rispetto di modelli tipo di contratti (ad esempio, 
con riferimento alla durata, a eventuali clausole di recesso volontario, etc.). Questo stato 
di cose fa s� che, indiscutibilmente, i contraenti pubblici hanno maggiori difficolt� ad adeguare, 
con il solo strumento negoziale, i contratti in corso alle mutate condizioni di mercato 
e dunque, anche, a reagire con tempestivit� ed efficacia a eventuali oscillazioni 
favorevoli dei prezzi. Di qui l�opportunit� di provvedere con lo strumento normativo. 
39. Cos�, contro una prassi che fa ritenere normalmente congruo il rinnovo di un contratto di 
locazione alle condizioni di prezzo precedentemente pattuite, il comma 4 dell�art. 3 in 
esame impone ai soggetti pubblici di astenersi dall�accettare proposte di rinnovo dei contratti 
in scadenza - e di evitare che tali contratti si rinnovino automaticamente per mancata 
disdetta - a meno che il corrispettivo non sia rinegoziato, sino a una misura inferiore di 
almeno il 15% di quello che caratterizzava il contratto scaduto. 
40. Ammesso che tale condotta procuri un vantaggio, � evidente che nulla impedisce ai soggetti 
privati, presunti concorrenti di Equitalia, di adottarla anch�essi. 
41. Questo meccanismo, come si � visto, � stato appunto invocato da Equitalia nel giudizio 
a quo. Essa ha, infatti, fatto valere di avere preventivamente comunicato alla locatrice 
che il rinnovo del contratto di locazione, alla scadenza del gennaio 2013, sarebbe avvenuto 
sula base di un compenso del 15% inferiore a quello previsto dal contratto in scadenza. 
La locatrice non ha comunicato alcuna disdetta del rapporto, sicch� si deve ritenere che 
il nuovo contratto - tale dovendosi considerare il contratto di locazione automaticamente 
�rinnovato� - si sia perfezionato alle nuove condizioni (11). 
42. Altra regola prevista dal comma 4 dell�art. 3 � quella che concerne l�automatica riduzione 
del 15% dei corrispettivi dei contratti che siano tuttora in corso alla data del 1� luglio 
2014, con decorrenza da tale medesima data, salvo recesso da parte del locatore. 
43. Al riguardo, va anzitutto rilevato che il quesito pregiudiziale � meramente ipotetico - e, pertanto, 
irricevibile - nella parte in cui concerne tale aspetto. Infatti, come si � visto, il rapporto 
oggetto del giudizio principale scadeva il 31 gennaio 2013, sicch� la diminuzione del 15% 
� stata inserita nel contratto al momento del rinnovo, con la conseguenza che il rapporto non 


(11) Non � escluso, naturalmente, che la locatrice possa far valer l�eventuale errore in cui sia incorsa, 
sempre che si tratti di uno dei casi in cui l�errore pu� assumere rilevanza ai sensi del codice civile 
italiano. In tal caso, peraltro, essa avrebbe diritto all�annullamento del contratto e non alla sua esecuzione 
alle condizioni erroneamente ritenute esistenti. 


sar� interessato dalla riduzione automatica del corrispettivo a partire del 1� luglio 2014. 

44. In disparte tale rilievo, al fine di escludere che la norma attribuisca vantaggi non reperibili 
sul mercato ai soggetti pubblici interessati - i quali peraltro, come si ripete, non sono imprese 
pubbliche: non lo � Equitalia e non lo � alcuno degli altri soggetti contemplati nel-
l�elenco ISTAT di cui all�All. A.1 - � decisiva la considerazione che � fatto salvo il diritto 
del recesso del locatore. Sar�, quindi, quest�ultimo a valutare se la riduzione disposta ex 
lege corrisponda o meno alle effettive condizioni di mercato: eserciter� il recesso qualora 
la domanda di locazione sia tale da offrirgli la possibilit� di lucrare un canone pi� elevato 
e, qualora non lo far�, sar� lecito presumere che le nuove condizioni contrattuali corrispondano 
alla mutata situazione di mercato. 
45. Il soggetto pubblico, pertanto, conseguir� un vantaggio contrattuale alla condizione che 
questo gli venga accordato dal locatore. E, se ci� � vero, � lecito presumere che un equivalente 
vantaggio potrebbe essere grosso modo ottenuto, su base negoziale, anche da un 
contraente privato. 
46. Venendo all�esclusione dell�adeguamento all�indice ISTAT, si tratta, evidentemente, di 
una misura eccezionale, giustificata dalla necessit� di perseguire con assoluta tempestivit� 
l�obiettivo imperativo di interesse pubblico della riduzione dei costi dell�apparato statale, 
come si desume anche dalla sua immediata entrata in vigore. 
47. Essa non va oltre tale obiettivo - non proponendosi, in particolare n� di favorire le imprese 
pubbliche (peraltro del tutto assenti, come si � detto, dal novero dei soggetti interessati), 
n� di porre i costi del risanamento della finanza pubblica a carico di una particolare categoria 
di cittadini (i proprietari degli immobili dati in locazione ai soggetti pubblici) sia 
per la sua incidenza economica individuale tutto sommato ridotta, sia, come pi� volte 
ripetuto, per la sua corrispondenza agli effettivi andamenti del mercato delle locazioni 
immobiliari: perch�, in altre parole, essa mira ad attribuire anche ai soggetti pubblici, in 
genere vincolati da condizioni contrattuali pi� stabili e difficilmente rinegoziabili, benefici 
corrispondenti a quelli ottenibili in condizioni analoghe dai privati, i quali si trovano ad 
agire in un contesto giuridico pi� duttile e pi� in grado di rispondere prontamente alla 
mutate condizioni della domanda e dell�offerta. 


IV.3. SUL SECONDO QUESITO 

48. Con il secondo quesito, il Tribunale di Aosta chiede alla Corte di chiarire se le misure sin 
qui analizzate costituiscano aiuto di Stato, ai sensi dell�art. 107 TFUE. 
49. A tale questione � agevole dare risposta negativa. Come gi� rilevato nell�ordinanza di rinvio, 
infatti, difetta nella fattispecie quanto meno uno degli elementi essenziali dell�aiuto 
di Stato e, cio�, quello della concessione del presunto beneficio �mediante risorse statali�. 


V. CONCLUSIONI 
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere ai quesiti ad essa sottoposti affermandone l�irricevibilit� o, in subordine, 
dichiarando che l�art. 106 TFUE non si oppone all�adozione di misure quali quelle previste 
dall�art. 3, commi 1 e 4, del d.l. n. 95/2012, le quali, inoltre, non costituiscono aiuti 
di Stato ai sensi dell�art. 107 TFUE. 

Roma, 26 maggio 2014 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 


Causa C-104/14 - Materia: Ravvicinamento delle legislazioni -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia) 
il 5 marzo 2014 - Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali / 
Federazione Italiana Consorzi Agrari e a. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

nella causa C-104/14 
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 
267 TFUE dalla Corte suprema di cassazione (Italia), nella causa 

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI 

- ricorrente contro 


-FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI (�FEDERCONSORZI�), S. COOP. A R.L. IN CON


CORDATO PREVENTIVO 

- LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DEI BENI CEDUTI A CREDITORI DEI BENI DELLA FEDERCON


SORZI IN CONCORDATO PREVENTIVO 

- controricorrenti 


*** 

I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con ordinanza del 28 novembre 2013, depositata presso la Cancelleria della Corte il 5 marzo 
2014, la Corte di cassazione italiana, nell�ambito di un giudizio civile di ultimo grado vertente 
tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto alla Corte la seguente questione: 

(primo quesito) Se il rapporto di mandato ex lege intercorrente tra l�Amministrazione 
statale ed i Consorzi agrari (rapporto dal quale � nato il credito successivamente ceduto 
dai Consorzi alla Federconsorzi e da questa ai suoi creditori nell�ambito di una procedura 
concorsuale) per l�approvvigionamento e la distribuzione di prodotti agricoli, quale 
risultante dal d. lgs. n. 169/1948 e dalla legge n. 1294/1957, rientri nella definizione di 
transazione commerciale, come definita dall�art. 2 della direttiva 2000/35/CE e dall�art. 
2 della direttiva 2011/7/UE. 
(secondo quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 1), se l�obbligo di recepimento 
delle direttive 2000/35/CE (art. 6 par. 2) e 2011/7/UE (art. 12 par. 3), con la possibilit� 
di lasciare in vigore norme pi� favorevoli, implichi l�obbligo di non mutare in 
peius, o addirittura escludere, il tasso di mora applicabile ai rapporti gi� in corso al momento 
della entrata in vigore delle direttive. 
(terzo quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 2), se l�obbligo di non mutare 
in peius il tasso di mora applicabile ai rapporti gi� in corso debba essere valutato come 
operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo 
momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 1995) il riconoscimento di 
un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come 
richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto la corresponsione di un interesse 
legale, con una disciplina che, attesi gli estremi della controversia in atto, non � 
necessariamente sfavorevole per il creditore. 
(quarto quesito) Se l�obbligo di recepimento delle direttive 2000/35/CE (art. 6) e 


2011/7/UE (art. 12), nella parte in cui, in relazione alla proibizione dell�abuso della libert� 
contrattuale in danno del creditore, prevedono, rispettivamente agli artt. 3, par. 3, 
e 7, l�inefficacia di clausole contrattuali o prassi inique, implichi il divieto per lo Stato 
di intervenire con norme che, con riferimento a rapporti di cui lo Stato � parte e che sono 
in corso al momento di entrata in vigore delle direttive, escludano la corresponsione di 
interessi moratori. 
(quinto quesito) Nel caso di positiva risposta al quesito sub 4, se l�obbligo di non intervenire 
in rapporti in corso, e nei quali lo Stato sia parte, con norma di esclusione degli 
interessi di mora sia operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che 
preveda fino ad un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 
1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale 
e non semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto 
la corresponsione di un interesse legale, con una disciplina, che, attesi gli estremi della 
controversia in atto, non � necessariamente sfavorevole per il creditore. 

II IL DIRITTO DELL�UNIONE EUROPEA RILEVANTE 

2. I quesiti pregiudiziali vertono sull�interpretazione delle disposizioni di due successive direttive, 
relative alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. 
3. La direttiva 29 giugno 2000, n. 2000/35/CE, all�art. 1, rubricato �Ambito di applicazione
�, stabilisce: 
�La presente direttiva si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in 
una transazione commerciale�. 
4. Il successivo art. 2, contenente le �Definizioni�, dispone: 
�Ai fini della presente direttiva si intende per: 
1) �transazioni commerciali�: contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni 
che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento 
di un prezzo; 
�pubblica amministrazione�: qualsiasi amministrazione o ente, quali definiti dalle direttive 
sugli appalti pubblici [�.]; 
�impresa�: ogni soggetto esercente un�attivit� economica organizzata o una libera professione, 
anche se svolta da una sola persona; 
2 � 5) (�)�. 
5. L�art. 6 della direttiva 2000/35, intitolato �Recepimento�, stabilisce: 


�1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative 
necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all�8 agosto 2002. 
Essi ne informano immediatamente la Commissione. 
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento 
alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all�atto della pubblicazione 
ufficiale. Le modalit� del riferimento sono decise dagli Stati membri. 


2. Gli Stati membri possono lasciare in vigore od emanare norme che siano pi� favorevoli 
al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 
3. Nell�attuare la presente direttiva gli Stati membri possono escludere: 
a) i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore; 
b) contratti conclusi prima dell�8 agosto 2002; e 
c) richieste di interessi inferiori a 5 EUR. 
4. � 5. (�)�. 


6. La materia oggetto della direttiva 2000/35/CE � attualmente disciplinata dalla direttiva 





16 febbraio 2011, n. 2011/7/UE, che ha operato una rifusione della precedente direttiva, 
che � stata contestualmente abrogata. 


7. L�ambito di applicazione e le definizioni della direttiva sono rimaste, per quanto qui interessa, 
sostanzialmente invariate. 
8. L�art. 12 della nuova direttiva, rubricato �Recepimento�, dispone: 


�1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative 
necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 8 e all�articolo 10 entro il 16 marzo 
2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. 
(�). 

2. (�). 
3. Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare disposizioni pi� favorevoli al 
creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 
4. Nel recepire la presente direttiva, gli Stati membri decidono se escludere contratti conclusi 
prima del 16 marzo 2013�. 


9. L�art. 13 della nuova direttiva, intitolato �Abrogazione�, stabilisce: 
�La direttiva 2000/35/CE � abrogata con effetto dal 16 marzo 2013, fatti salvi gli obblighi 
degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione. 
Essa continua tuttavia ad applicarsi ai contratti conclusi prima di tale data ai quali in 
virt� dell�articolo 12, paragrafo 4, non si applica la presente direttiva. 
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti 
secondo la tavola di concordanza figurante nell�allegato�. 
10. L�interpretazione di tali due articoli � agevolata dai seguenti �considerando�: 


(37) L�obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato 
alle disposizioni che rappresentano modificazioni sostanziali della direttiva 2000/35/CE. 
L�obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate deriva da quest�ultima direttiva. 
(38) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai 


termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione della direttiva 2000/35/CE. 
III LE NORME NAZIONALI RILEVANTI E I FATTI DI CAUSA 

III.1. L�AMMASSO OBBLIGATORIO DI CEREALI E I CONSEGUENTI CREDITI DEI CONSORZI AGRARI 

11. Il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge, con modificazioni, dalla 
legge 26 aprile 2012, n. 44, all�art. 12, comma 6, stabilisce: 

�I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti 
agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell�interesse dello Stato, diversi 
da quelli estinti ai sensi dell�articolo 8, comma 1, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, 
come modificato dall�articolo 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultanti dai 
rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell�agricoltura e delle 
foreste e registrati dalla Corte dei conti, che saranno estinti nei riguardi di coloro che risulteranno 
averne diritto, nonch� le spese e gli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura 
delle relative contabilit�, indicata nei decreti medesimi, producono interessi calcolati: 
fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, 
con capitalizzazione annuale; per il periodo successivo sulla base dei soli interessi legali�. 

12. Questa disposizione di inserisce nel contesto di una delle pi� lunghe vicende processuali 
italiane, che contrappone il Ministero delle politiche agricole e forestali e gli aventi causa 
da 58 consorzi agrari provinciali che, nel dopoguerra e fino al 1967, hanno gestito i c.d. 
ammassi obbligatori di grano: si cercher�, con lo sforzo della massima sintesi, di ripercorrerne 
i tratti essenziali e rilevanti ai nostri fini. 



13. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, le autorit� italiane, per far fronte alla 
drammatica situazione socio-economica che si era prodotta anche in Italia, hanno fatto 
ricorso all�istituto dell�ammasso obbligatorio del grano (istituto, peraltro, gi� utilizzato 
dal precedente regime, quale strumento di politica agricola e di sostegno, o di controllo, 
dei prezzi dei prodotti), ossia alla gestione centralizzata dall�approvvigionamento dei cereali, 
cui i produttori e gli importatori erano tenuti a conferire la propria produzione. 
14. Lo strumento per la gestione dell�ammasso fu individuato nei preesistenti �consorzi 
agrari�. Questi erano organizzazioni di agricoltori costituiti in forma di societ� cooperativa, 
su base provinciale. Federconsorzi era l�organizzazione di livello nazionale che riuniva 
i suddetti consorzi: nel corso degli anni essa si � resa cessionaria di larga parte dei 
crediti maturati dai singoli consorzi agrari (in particolare, dei 58 consorzi agrari indicati 
nel provvedimento di rinvio). 
15. In particolare, con il decreto legislativo 23 gennaio 1948 n. 169, intitolato �assunzione a 
carico dello Stato dell�onere risultante dalle importazioni di cereali derivati e prodotti 
comunque destinati alla pani - pastificazione a decorrere dalla campagna cerealicola 
1946/47� si � stabilito che �per le importazioni dall�estero dei cereali, dei loro derivati, 
degli altri prodotti comunque destinati alla panificazione e alla pastificazione e delle 
paste alimentari effettuate per conto dello Stato dalla Federazione Italiana dei Consorzi 
Agrari, a cominciare dalla campagna cerealicola 1946/47, la Federazione medesima 
deve provvedere al preventivo finanziamento del controvalore in lire della valuta occorrente 
per gli acquisti, nonch� a quello delle spese occorrenti per la resa, delle merci importate 
franco vagone porto Italiano o franco vagone stazione di confine�. 
16. Successivamente, la legge 22 dicembre 1957 n. 1294, rubricata �acquisti dall�estero per 
conto dello Stato di materie prime, prodotti alimentari ed altri prodotti essenziali�, ha 
previsto - pur in condizioni economiche decisamente progredite - che �in relazione alle 
esigenze indispensabili per assicurare l�approvvigionamento del paese� la �facolt� delle 
Amministrazioni interessate di stabilire che gli acquisti, la gestione e la vendita delle 
merci ... siano affidati ad enti pubblici e privati�, che �l�ente gestore provvede al finanziamento 
per gli acquisti e per le importazioni ed a tutte le spese accessorie� e che, conseguentemente, 
esso era �soggetto, per le operazioni effettuate, alla resa del conto� da 
presentare alle amministrazioni interessate ai fini della liquidazione delle spese sostenute 
per acquisti, finanziamenti, spese generali, ecc. 
17. Nelle disposizioni transitorie e finali, la legge disciplinava espressamente la posizione di 
Federconsorzi, prevedendo che �si intendono condotte per conto e nell�interesse dello 
Stato le gestioni delle merci importate in Italia per incarico del Governo Italiano da parte 
della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari in esecuzione di una serie di accordi di 
cooperazione economica� (cfr. artt. 11, 12 e 15), e che �per le importazioni di cereali, 
dei loro derivati e degli altri prodotti derivati dalla pani - pastificazione effettuata e da 
effettuare per conto dello Stato dalla Federazioni Italiana dei Consorzi Agrari al di fuori 
degli accordi... restano ferme le disposizioni emanate con Decreto Legislativo n. 169 del 
26 gennaio 1948� (Art. 18). 
18. In buona sostanza, lo Stato affid� alla rete dei consorzi agrari e, quanto alle esigenze di 
carattere nazionale, direttamente alla Federazione che li riuniva la funzione di garantire 
l�approvvigionamento dei prodotti agroalimentari in questione, riconoscendo ampia autonomia 
di azione sia in senso gestionale che finanziario, con il solo obbligo del rendiconto 
annuale (cui faceva da contropartita l�obbligo dello Stato alla refusione delle spese). 



19. Le fonti normative sopra richiamate hanno, dunque, dato origine a quello che il giudice 
del rinvio qualifica come mandato ex lege. 
20. Fondamentale, in quest�ambito, la questione degli interessi, il cui rimborso - considerata 
la necessit� dei consorzi agrari di finanziarsi sul mercato bancario - costituiva elemento 
decisivo anche per il raggiungimento delle finalit�, quanto meno iniziali, di sostegno all�offerta 
che ispirava l�istituzione del regime dell�ammasso. Tale questione fu disciplinata 
fin dall�origine, con il decreto legislativo luogotenenziale 8 maggio 1946 n. 579, il quale 
stabil� che fossero posti a carico del bilancio dello Stato gli interessi sulle somme anticipate 
dagli istituti di credito per il pagamento delle quote integrative di prezzo e premi dovuti 
ai conferenti agli ammassi dei cereali, delle fave e dell�olio. 
21. Il principio generale stabilito da tale disposizione � stato declinato, nel tempo, da una 
serie di provvedimenti amministrativi, che hanno via via specificato il tasso di interesse 
dovuto dallo Stato, fissando in un livello agganciato al tasso ufficiale di sconto (�TUS�), 
ossia al tasso con cui la Banca centrale concede prestiti alle altre banche, maggiorato di 
una percentuale, con capitalizzazione semestrale. 
22. Il succedersi di fonti di regolazione spesso di difficile interpretazione, oltre alla complessit� 
dell�attivit� di rendicontazione delle spese, ha dato origine, nel corso degli anni, a un 
articolato contenzioso tra i consorzi e lo Stato italiano. 
23. In questo contesto sono intervenuti ulteriori provvedimenti normativi, tra i quali si deve 
citare la legge 28 ottobre 1999, n. 410 che - anche per effetto di modifiche introdotte dalla 
successiva legge n. 388 del 2000 - ha stabilito, all�art. 8, che i crediti derivanti dalle gestioni 
di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, 
svolte dai consorzi agrari per conto e nell�interesse dello Stato, maturati alla data del 31 
dicembre 1997, sarebbero stati estinti mediante assegnazione di titoli di Stato e che i relativi 
interessi sarebbero stati cos� calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso 
ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per gli anni 
1996 e 1997 sulla base dei soli interessi legali. 
24. Il giudizio a quo verte, tra l�altro, sul calcolo degli interessi dovuti. Come riferisce l�ordinanza 
di rinvio, la Corte d�Appello ha ritenuto che la norma appena citata non fosse 
opponibile a Federconsorzi, perch� essa era finalizzata a estinguere i contenziosi con i 
singoli consorzi agrari e, pertanto, non si applicava a soggetti diversi, ivi compresi i cessionari 
dei crediti dei consorzi. 
25. Il Ministero delle politiche agricole e forestali ha proposto ricorso per cassazione contestando 
tale interpretazione e, successivamente, chiedendo l�applicazione dello ius superveniens 
introdotto dal decreto-legge n. 16/2012. 
26. Ritenendo tale decreto-legge potenzialmente applicabile alla fattispecie, la Corte di cassazione 
ha sollevato le questioni pregiudiziali che hanno dato origine al presente giudizio incidentale. 


III.2. IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE CONTRO I RITARDI DI PAGAMENTO 

27. La direttiva 2000/35/CE � stata recepita in Italia con il decreto legislativo 9 ottobre 
2002, n. 231, che, all�art. 11, recante le �Norme transitorie finali�, stabiliva: 

�1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai contratti conclusi prima dell�8 
agosto 2002. 

2. Sono fatte salve le vigenti disposizioni del codice civile e delle leggi speciali che contengono 
una disciplina pi� favorevole per il creditore. 
3. (�)� 


28. La direttiva 2011/7/UE � stata trasposta in Italia con il decreto legislativo 9 novembre 


2012, n. 192, che ha apportato modifiche al d.lgs n. 231 del 2002 e, all�art. 3, contenente 
le �Disposizioni finali�, ha stabilito: 

�1. Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo si applicano alle transazioni 
commerciali concluse a decorrere dal 1� gennaio 2013. 
(�)�. 


IV ANALISI 

IV.1. SUL PRIMO QUESITO 

29. Con il suo primo quesito, la Corte di cassazione chiede se un rapporto quale quello intercorrente 
tra lo Stato italiano e i consorzi agrari rientri astrattamente nel campo di applicazione 
oggettivo delle direttive sui ritardi di pagamento, come rispettivamente definito 
dai loro articoli 2: se, cio�, tale rapporto rientri nella nozione di �transazione commerciale
� rilevante ai fini dell�applicazione delle direttive. 
30. Il giudice del rinvio ha gi� chiarito che tale rapporto si modella sul mandato, ossia sul 
contratto in forza del quale una parte si obbliga a compiere uno o pi� atti giuridici per 
conto dell�altra. Il rapporto ha, dunque, indiscutibilmente a oggetto la prestazione di servizi. 
Pu�, parimenti, darsi per scontato che i consorzi agrari rientrino nella nozione di impresa 
recepita dalle direttive. 
31. Il dubbio del giudice del rinvio sembra, dunque, originare principalmente dalla fonte legale, 
e non contrattuale, del rapporto: fonte che, prima facie, lo colloca al di fuori del perimetro 
della nozione di transazioni commerciali, perch� questa riguarda i �contratti�, 
ossia, secondo il comune significato del vocabolo, gli accordi tra due o pi� parti aventi 
un contenuto patrimoniale. Nel nostro caso, non � stato concluso alcun contratto: le parti 
sono state obbligate per legge a fornire le proprie prestazioni (i servizi da un lato, i corrispettivi 
dall�altro). 
32. A giudizio del Governo italiano occorre, tuttavia, considerare che, nella sentenza 25 febbraio 
2010, causa C-172/08, Pontina Ambiente (1), la Corte ha gi� dato un�interpretazione 
estensiva della nozione di �transazione commerciale� e di �pagamento effettuato a titolo 
di corrispettivo�. Si trattava, nella fattispecie, di un�impresa incaricata della gestione di 
una discarica, la quale era tenuta ad anticipare alla Regione l�importo del tributo speciale 
per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, potendo poi rivalersi sulle amministrazioni 
locali che effettuavano il versamento dei rifiuti in discarica. La Corte ha, nell�occasione 
citata, ritenuto che ricadesse nell�ambito di applicazione della direttiva anche il rapporto 
di rivalsa tra il gestore della discarica e le amministrazioni locali, bench� questo non 
avesse fonte negoziale. 
33. Sembra, quindi, al Governo italiano che la Corte abbia recepito una nozione di �contratto�, 
rilevante ai fini dell�art. 2 delle due direttive, che si fonda sul contenuto del rapporto e non 
sulla sua fonte (negoziale, legale o - laddove � consentito che cos� sorgano rapporti negoziali 
- anche di fatto). Rientrerebbero, dunque, in tale nozione tutti i rapporti giuridici che 
comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un 
prezzo, indipendentemente dal fatto che essi abbiano fonte in un previo accordo tra le parti. 
34. Questa lettura appare rafforzata dalle disposizioni della nuova direttiva, che, all�art. 7, 
sancisce l�illiceit� - oltre che delle clausole contrattuali contrarie alla direttiva - anche 


(1) Si veda anche la successiva sentenza 24 maggio 2012, causa 97/11, Amia, riguardante la medesima 
fattispecie di diritto interno. 


delle �prassi inique�, cos� contribuendo a chiarire che anche gli aspetti del regolamento 
negoziale non regolati dall�accordo delle parti debbono ricadere nel campo di applicazione 
della direttiva medesima (2). Non avrebbe senso, d�altra parte, reprimere le prassi contrarie 
alle direttive e disinteressarsi di leggi nazionali che istituiscono e/o regolano rapporti 
commerciali in difformit� con le disposizioni imperative della direttiva. 

35. Alla luce di questa giurisprudenza, sembra al Governo italiano che alla questione posta 
dal primo quesito - che, tuttavia, come si cercher� di dimostrare, � questione irrilevante 
ai fini della risoluzione della controversia principale - debba darsi risposta positiva. 

IV.2. SUL SECONDO QUESITO 

36. Con il secondo quesito, la giurisdizione del rinvio chiede alla Corte di stabilire se la direttiva 
2000/35/CE vietasse agli Stati membri di modificare in peius per il creditore le 
condizioni dei rapporti contrattuali sorti anteriormente alla scadenza della direttiva medesima 
(o se, comunque, tale divieto derivi dalle disposizioni della direttiva 2011/7/UE). 
37. Essendo pacifico che gli Stati membri fossero liberi di rendere applicabili le disposizioni 
della direttiva ai contratti conclusi dopo la scadenza della direttiva 2000/35/CE (8 agosto 
2002) e che l�Italia si � avvalsa di tale facolt�, un simile divieto potrebbe ritenersi discendere, 
secondo la Corte di cassazione, dalla disposizione, contenuta nell�art. 6, par. 2 della 
direttiva medesima (e riproposta nell�art. 12, par. 3, della direttiva 2011/7/UE), secondo 
la quale gli Stati membri possono mantenere - oltre che adottare - disposizioni pi� favorevoli 
per il creditore. 
38. A tale quesito, sembra al Governo italiano quanto mai agevole dare risposta negativa. 
39. Discende pianamente dalla lettura dell�art. 6, par. 3, lettera b) della direttiva 2000/35/CE 
che i contratti conclusi prima dell�8 agosto 2002 non rientrano nell�ambito del ravvicinamento 
delle legislazioni attuato dalla direttiva. La disciplina di tali contratti, pertanto, 
resta nella competenza dei singoli Stati membri, fermo restando che questi debbono esercitare 
tale competenza nel rispetto dei Trattati e di eventuali altre fonti di diritto derivato 
(rispetto che, nella fattispecie, non � messo in discussione). 
40. Anche la clausola di �non regresso� - clausola, peraltro, relativa e non assoluta (non essendo 
vietato agli Stati membri intervenire sulle norme pi� favorevoli) - si riferisce, e 
non potrebbe che riferirsi, ai contratti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva. 
La clausola prevista dall�art. 6, par. 2, della direttiva 2000/35/CE si limita, in altre 
parole, a stabilire che gli Stati membri possono mantenere - o anche introdurre - disposizioni 
pi� favorevoli per i creditori per i contratti stipulati a partire dall�8 agosto 2002, 
ossia per i contratti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva. 
41. Neanche tale clausola, pertanto, riguarda i contratti precedenti, rispetto ai quali il legislatore 
dell�Unione non � intervenuto con la direttiva. N�, probabilmente, avrebbe avuto titolo 
per intervenire: verosimilmente, una competenza dell�Unione avrebbe potuto 
esercitarsi, senza incorrere nel divieto di esercizio retroattivo delle competenze (divieto 
che costituisce naturale corollario del principio di attribuzione), in relazione alle sole obbligazioni 
non ancora eseguite dei contratti precedenti alla scadenza della direttiva. Ma 
non certo in relazione ai rapporti che, a tale data, fossero gi� esauriti. 
42. Ecco, allora, la reale funzione dell�art. 6, par. 3, lettera b) della direttiva 2000/35/CE: esso 
sta, appunto, a indicare che l�esercizio delle competenze dell�Unione non si estende � 


(2) La direttiva 2000/35/CE, all�art. 3, par. 3, si riferiva invece ai soli accordi �iniqui�. 


come forse avrebbe avuto - ai rapporti in corso, disciplinando le obbligazioni non ancora 
eseguite in seno a tali rapporti, ma riguarda solo i rapporti futuri. 

43. Se ne deve concludere che, a maggior ragione, nessuna influenza possono avere le disposizioni 
della direttiva sui contratti che, alla data della sua scadenza, non solo erano stati 
conclusi, ma erano anche stati integralmente eseguiti. 
44. Tale stato di cose non � mutato con l�adozione della direttiva 2011/7/UE, come si evince 
agevolmente dai suoi artt. 12 e 13 e dai �considerando� nn. 37 e 38. 


IV.3. SUL TERZO QUESITO 

45. La risposta negativa che si � suggerita per il secondo quesito, consente di prescindere 
dall�esaminare il terzo quesito. 

IV.4. SUL QUARTO QUESITO 

46. Con il quarto quesito, la Corte di cassazione chiede se un divieto di intervenire sui contratti 
in corso alla data di scadenza delle direttive discenda eventualmente dall�art. 3, par. 3, 
della direttiva 2000/35/CE o dall�art. 7 della direttiva 2011/7/UE, nella parte in cui proibiscono 
l�abuso della libert� contrattuale in danno del creditore. 
47. Il divieto riguarderebbe, in particolare, i contratti in cui � parte lo Stato, quale debitore 
dell�obbligazione pecuniaria, perch� sarebbe appunto lo Stato, attraverso un proprio atto 
(la legge), a inserire nel regolamento contrattuale un elemento iniquo (3). 
48. Giova premettere che la stessa Corte di cassazione, nella formulazione del terzo e del 
quinto quesito, rileva come la norma introdotta dal decreto-legge n. 16 del 2012 non � 
necessariamente peggiorativa per il creditore, avuto riguardo a quanto poteva ritenersi ad 
esso spettare in base alla previgente normativa. E comunque si deve rilevare - in sintesi, 
onde non affaticare la Corte con questioni di diritto interno - che la disposizione contenuta 
nell�art. 12, comma 6, del decreto-legge non esclude la corresponsione di interessi mora-
tori, ma ne prevede il pagamento secondo un calcolo diverso. Viene, in particolare, richiamato 
il tasso previsto dalla legge n. 410 del 1999 che, secondo un�interpretazione 
(quella fatta propria dalla Corte d�Appello, ma non ancora avallata dalla Corte di cassazione), 
si rendeva applicabile alle sole posizioni creditorie dei consorzi agrari non cedute 
a Federconsorzi (in pratica, ai consorzi agrari che avevano agito in regime di separazione 
contabile). Con un intervento che appare tutt�altro che irragionevole, il legislatore italiano 
ha quindi stabilito espressamente che questo medesimo regime si applicasse agli altri casi. 
49. Tanto premesso, la risposta negativa al quesito della Corte di cassazione discende, a giudizio 
del Governo italiano, dagli argomenti che si sono esposti nell�analizzare il primo quesito. 
50. Le due direttive sono, infatti, chiarissime nell�indicare che le disposizioni delle direttive 


(3) La Corte di cassazione, con approccio sostanzialistico, ritiene, quindi, che si debba prescindere 
da sottili distinzioni tra c.d. Stato-legislatore e Stato-amministrazione, imputando comunque la variazione 
del regolamento contrattuale alla volont� di una delle parti (lo Stato), bench� essa sia riferibile a 
un organo del tutto diverso da quello concretamente debitore (il legislatore e non l�autorit� amministrativa 
tenuta al pagamento). Tale approccio appare, invero, percorribile, ma solo in relazione agli obblighi 
derivanti dall�appartenenza all�Unione europea, in relazione ai quali l�entit� statuale assume contorni 
unitari. Non sembra che questo stesso approccio - lo si deve qui evidenziare �a futura memoria�, ad evitare 
fraintendimenti della posizione che assume il Governo italiano - potrebbe essere automaticamente 
riproposto sul piano interno, nel caso in cui la legittimit� della norma fosse messa in discussione in relazione 
a parametri di diritto costituzionale: in questo diverso ambito, infatti, l�autorit� amministrativa 
debitrice assumerebbe la veste di persona giuridica soggetta, al pari di tutte le altre, all�applicazione 
della legge, che � espressione della volont� del Parlamento e non dell�amministrazione medesima. 


medesime non si applicano ai rapporti in corso. Gli Stati membri erano, evidentemente, 
liberi di estendere a tali rapporti la regolazione contenuta nella direttiva, ma anche ove si 
fossero avvalsi di tale facolt� (e l�Italia non lo ha fatto), essi avrebbe agito nell�esercizio 
di una propria competenza. Con la conseguenza che essi avrebbero potuto intervenire 
nuovamente, sempre nell�esercizio di tale competenza e senza violare il diritto del-
l�Unione europea, sulla disciplina dei rapporti in questione. 

51. Quindi, gli obblighi che discendono dall�art. 3, par. 3, della direttiva 2000/35/CE e dall�art. 
7 della direttiva, riguardano le clausole, originarie o sopravvenute, che ineriscono ai contratti 
disciplinati dalle direttive e le prassi (inique) che eventualmente si instaurino in relazione 
a tali contratti, non anche le clausole e le prassi che riguardano i rapporti in corso 
alla data della scadenza delle direttive medesime (ammesso che possa definirsi in corso 
il rapporto tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e Federconsorzi). 
52. A tale lettura potrebbe obiettarsi che l�accordo modificativo di un contratto in corso costituisce, 
esso stesso, un contratto, con la conseguenza che, ove questo intervenga dopo la scadenza 
della direttiva, esso dovrebbe essere soggetto alle sue disposizioni. E quindi, secondo 
il �parallelismo� su cui si � convenuto nella risposta al primo quesito, a tali disposizioni 
dovrebbero essere soggette anche le modifiche di rapporti commerciali introdotte per legge. 
53. Tuttavia, sembra evidente che una simile obiezione avrebbe un fondamento nel momento 
in cui l�accordo di modifica di un contratto rientri, di per s�, nella definizione di transazione 
commerciale contenuta nell�art. 2 della direttiva 2000/35/CE (o nell�analoga definizione 
contenuta nella direttiva 2011/7/UE): se, cio�, esso comporti la consegna di 
(ulteriori) merci o la prestazione di (ulteriori) servizi, contro il pagamento di un prezzo. 
54. � evidente, in altre parole, che qualora le parti di un rapporto in corso alla data di scadenza 
della direttiva convengano una modifica in forza della quale una di loro � tenuta a consegnare 
ulteriori merci o a fornire ulteriori servizi, i termini di pagamento dei corrispettivi di 
tali prestazioni saranno regolati dalla direttiva, perch� le parti hanno dato vita a un (nuovo) 
rapporto, che non vi sarebbe ragione per sottrarre all�applicazione della direttiva medesima. 
55. Ma nulla di tutto ci� ha a che vedere con la fattispecie che � oggetto del giudizio principale, 
nella quale il creditore ha eseguito, gi� da decine di anni, la propria prestazione e 
non � tenuto, in forza del decreto-legge n. 16 del 2012, a eseguirne altre. 


IV.5. SUL QUINTO QUESITO 

56. La risposta negativa che si � suggerita per il quarto quesito consente di prescindere dal-
l�esame del quinto quesito. 

V. CONCLUSIONI 

57. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere complessivamente ai quesiti ad essa sottoposti dichiarando che: 

L�obbligo di recepimento delle direttive 2000/35/CE e 2011/7/UE non implica l�obbligo di 
non mutare in peius il tasso di mora applicabile ai rapporti in corso al momento dell�entrata 
in vigore della direttiva, non discendendo, un simile obbligo, n� dalla possibilit� di lasciare 
in vigore norme pi� favorevoli (rispettivamente, art. 6, par. 2 e art. 12, par. 3 delle due direttive), 
n� dalle disposizioni che impongono di reprimere l�abuso della libert� contrattuale 
del debitore in danno del creditore (rispettivamente, art. 3, par. 3, e 7 delle due direttive). 

Roma, 23 giugno 2014 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 


Causa C-125/14 - Materia: Propriet� intellettuale, industriale e commerciale 
- Brevetti -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal F.v�rosi 
T�rv�nysz�k (Ungheria) il 18 marzo 2014 - Iron & Smith Kft. / Unilever NV. 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 

OSSERVAZIONI 

del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 

giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 
nella causa C-125/14 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi dell�art. 

267 TFUE dal F.v�rosi T�rv�nysz�k (Ungheria), nella causa 

IRON & SMITH 
- ricorrente contro 


UNILEVER NV 

- controinteressato 


*** 
I LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 

1. Con ordinanza del 10 marzo 2014, depositata presso la Cancelleria della Corte il successivo 
18 marzo, il F.v�rosi T�rv�nysz�k (Tribunale della Capitale ungherese), nell�ambito 
di un giudizio civile di primo grado vertente tra le parti indicate in epigrafe, ha sottoposto 
alla Corte la seguente questione: 

(primo quesito) Se, ai fini della prova della notoriet� di un marchio comunitario ai sensi 
dell�articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni 
degli Stati membri in materia di marchi d�impresa (in prosieguo: la �direttiva�), 
possa essere sufficiente il fatto che tale marchio goda di notoriet� in un solo Stato membro, 
anche nel caso in cui la domanda di registrazione di marchio nazionale, oggetto di 
opposizione sul fondamento di tale notoriet�, sia stata presentata in un paese diverso da 
detto Stato membro. 
(secondo quesito) Se, nell�ambito dei criteri territoriali utilizzati per l�esame della notoriet� 
di un marchio comunitario, possano essere applicati i principi stabiliti dalla Corte 
di giustizia dell�Unione europea in relazione all�uso effettivo del marchio comunitario. 
(terzo quesito) Se, qualora il titolare del marchio comunitario anteriore dimostri la notoriet� 
del suo marchio in paesi - che coprano una parte sostanziale del territorio del-
l�Unione europea - diversi dallo Stato membro in cui � stata presentata la domanda di 
registrazione nazionale, possa essergli richiesto, indipendentemente da ci�, di fornire 
una prova sufficiente anche per quanto riguarda detto Stato membro. 
(quarto quesito) Se, in caso di risposta negativa alla questione precedente, considerando 
le peculiarit� del mercato interno, possa accadere che un marchio utilizzato in modo intensivo 
in una parte sostanziale dell�Unione europea non sia noto al pubblico nazionale 
pertinente e che, pertanto, non venga soddisfatto il secondo requisito per la sussistenza 
dell�impedimento alla registrazione a norma dell�articolo 4, paragrafo 3, della direttiva, 
non ricorrendo il rischio che il marchio nazionale rechi pregiudizio alla notoriet� o al 
carattere distintivo del marchio anteriore o tragga indebito vantaggio da essi; in tal caso, 
quali elementi debba dimostrare il titolare del marchio comunitario perch� il requisito 
menzionato sia soddisfatto. 


II IL DIRITTO DELL�UNIONE EUROPEA RILEVANTE 

2. I quesiti pregiudiziali portano sull�interpretazione di alcune disposizioni della direttiva 
22 ottobre 2008 n. 2008/95/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul 
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d�impresa (Versione 
codificata) (in prosieguo la �direttiva�). 
3. L�art. 4 della direttiva, rubricato �Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullit� 
relativi ai conflitti con diritti anteriori�, al par. 3, stabilisce: 


�3. Un marchio di impresa � altres� escluso dalla registrazione o, se registrato, pu� essere 
dichiarato nullo se � identico o simile a un marchio di impresa comunitario anteriore ai 
sensi del paragrafo 2 e se � stato destinato a essere registrato o � stato registrato per 
prodotti o servizi i quali non sono simili a quelli per cui � registrato il marchio di impresa 
comunitario anteriore, quando il marchio di impresa comunitario anteriore gode di notoriet� 
nella Comunit� e l�uso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo 
trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet� del marchio di impresa 
comunitario anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi�. 

4. Il successivo art. 5, intitolato �Diritti conferiti dal marchio d�impresa�, al par. 2 dispone: 

�2. Ciascuno Stato membro pu� inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare 
ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al 
marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso � 
stato registrato, se il marchio di impresa gode di notoriet� nello Stato membro e se l�uso 
immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla 
notoriet� del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi�. 

5. Nell�interpretazione di tali disposizioni, sono di ausilio i seguenti �considerando�: 

(10) �� fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione 
dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano negli ordinamenti giuridici 
di tutti gli Stati membri la medesima tutela; ci� non priva tuttavia gli Stati membri della facolt� 
di tutelare maggiormente i marchi di impresa che abbiano acquisito una notoriet��; 
(11) �La tutela che � accordata dal marchio di impresa registrato e che mira in particolare 
a garantire la funzione d�origine del marchio di impresa dovrebbe essere assoluta in caso 
di identit� tra il marchio di impresa e il segno, nonch� tra i prodotti o servizi. La tutela dovrebbe 
essere accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segnoe tra i prodotti o servizi. � indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione 
al rischio di confusione; il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi 
fattori, e segnatamente dalla notoriet� del marchio di impresa sul mercato, dall�associazione 
che pu� essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado 
di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, dovrebbe 
costituire la condizione specifica della tutela. La presente direttiva non dovrebbe 
pregiudicare le norme procedurali nazionali alle quali spetta disciplinare i mezzi grazie a 
cui pu� essere constatato il rischio di confusione, e in particolare l�onere della prova�. 


6. Ai fini della risoluzione della questione pregiudiziale, occorrer� tenere conto anche del 
Reg. (CE) 26-2-2009 n. 207/2009, Regolamento del Consiglio sul marchio comunitario 
(Versione codificata) (in prosieguo: il �regolamento�) e, in particolare, del suo art. 9, intitolato 
�Diritti conferiti dal marchio comunitario�, che, al par. 1, stabilisce: 
�Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto 
di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio: 
a) � b) (...) 


c) un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono 
simili a quelli per i quali questo � stato registrato, se il marchio comunitario gode di notoriet� 
nella Comunit� e se l�uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito 
vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet� del marchio comunitario o reca pregiudizio 
agli stessi�. 

III I FATTI DI CASUA 

7. La ricorrente ha chiesto all�Ufficio ungherese della propriet� intellettuale (in prosieguo 
l��Ufficio�) la registrazione come marchio del segno figurativo a colori �be impulsive�. 
La controinteressata si � opposta, invocando i diritti derivanti dai propri preesistenti marchi 
denominativi, comunitari e internazionali, �Impulse�. 
8. Secondo quanto si evince dall�ordinanza di rinvio, i marchi preesistenti non erano registrati 
per prodotti o servizi identici a quelli per cui la ricorrente chieda la registrazione 
del proprio marchio. L�opponente, attuale controinteressata, ha tuttavia fatto valere che 
l�uso del marchio �be impulsive� avrebbe arrecato pregiudizio al carattere distintivo o 
alla notoriet� dei propri marchi �Impulse� - da qualificare marchi notori - o, comunque, 
avrebbe consentito alla ricorrente di trarre indebito vantaggio da esso. 
9. L�opponente non ha dimostrato la notoriet� del marchio �Impulse� in Ungheria, ma l�Ufficio 
ha accertato che essa aveva venduto grandi quantitativi di prodotti contraddistinti dal 
proprio marchio comunitario e li aveva pubblicizzati nel Regno Unito e in Italia. L�Ufficio 
ha, quindi, concluso che era dimostrata la notoriet� del marchio in una parte sostanziale 
dell�Unione europea e - ricorrendo le altre condizioni previste dalla norma ungherese con 
cui � stato recepito l�art. 4, par. 3, della direttiva - ha rigettato la domanda di registrazione. 
10. Iron & Smith ha presentato ricorso giurisdizionale avverso la decisione dell�Ufficio e ne ha 
chiesto l�annullamento, ritenendo erronea la decisione dell�Ufficio nella parte in cui aveva 
dichiarato la notoriet� del marchio comunitario della concorrente sulla sola base del fatto 
che questa deteneva una quota di mercato del 5% nel Regno Unito e dello 0,2% in Italia. 
11. Alla domanda si � opposta la controinteressata. 


IV ANALISI 

IV.1. SUL PRIMO QUESITO 

12. Si deve premettere che il Governo italiano intende prendere posizione esclusivamente su 
primi due quesiti posti dal giudice del rinvio. 
13. Con il suo primo quesito, il Tribunale ungherese chiede alla Corte di chiarire se la notoriet� 
del marchio comunitario, rilevante ai fini dell�art. 4, par. 3, della direttiva, possa derivare 
anche dalla sola circostanza che il marchio goda di notoriet� in un unico Stato 
membro, diverso da quello nel quale � richiesta la registrazione del nuovo marchio. 
14. Ad avviso del Governo italiano, la questione della notoriet�, o meno, di un marchio comunitario 
implica essenzialmente una valutazione di fatto, in via di principio rimessa all�apprezzamento 
del giudice nazionale. Ci� anche perch�, come osserva il giudice del 
rinvio, nel diritto dell�Unione europea non si rinviene una indicazione puntuale al riguardo. 
15. �, tuttavia, quanto mai opportuno che la Corte fornisca alla giurisdizione del rinvio indicazione 
precise circa la cornice giuridica entro la quale inserire e risolvere tale questione 
di fatto. 
16. Ora, nella sentenza General Motors (1), la Corte ha stabilito che l�espressione �gode di 


(1) Sentenza 14 settembre 1999, causa C-375/99, General Motors. 


notoriet� nello Stato membro�, contenuta nell�attuale art. 5, par. 2, della direttiva, non 
consente di esigere che il marchio sia notorio su tutto il territorio dello Stato membro, 
essendo sufficiente che lo sia in una �in una parte sostanziale di esso� (punto 28). 

17. Parallelamente, nella sentenza Pago International (2), la Corte - occupandosi in qual caso 
di un marchio comunitario e, dunque, dell�interpretazione dell�art. 9, par. 1, lett. c) del 
regolamento - ha stabilito che �per godere della protezione prevista da detta disposizione, 
un marchio comunitario deve essere conosciuto da una parte significativa del pubblico 
interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio, in una parte sostanziale 
del territorio della Comunit�� (punto 30). 
18. Essa ha, poi, chiarito che �tenuto conto delle circostanze della causa principale�, il fatto 
che la notoriet� del marchio fosse stata accertata in un solo Stato membro, l�Austria, poteva 
ritenersi sufficiente a ritenere integrato il suddetto requisito. 
19. Come osserva il giudice del rinvio, si pu� ritenere - o, quanto meno, non si pu� escludere 


-che le �circostanze della causa principale�, cui la Corte ha attribuito peso decisivo, consistessero 
nel fatto che il titolare del marchio comunitario avesse proposto opposizione 
alla registrazione di un marchio nazionale proprio in Austria, cio� nello Stato membro in 
cui era stata provata la notoriet� del marchio comunitario. 

20. Da tale sentenza non pu�, quindi, desumersi automaticamente che la notoriet� del marchio 
comunitario in uno Stato membro sia sufficiente affinch� il suo titolare possa beneficiare, 
in tutto il territorio dell�Unione, della tutela pi� estesa e intensa attribuiti ai marchi notori. 
21. In tal senso depongono le conclusioni depositate, nella causa Pago International, dal-
l�Avvocato generale Sharpston - conclusioni che il Governo italiano ritiene meritino integrale 
condivisione - nella quali si legge che: 


- �non � possibile stabilire se un marchio comunitario goda di notoriet� nella Comunit� 
basandosi sul fatto che esso goda, o meno, di notoriet� in un solo Stato membro. Dal carattere 
unitario del marchio comunitario discende che il territorio della Comunit� dovrebbe 
essere considerato nel suo complesso. La sentenza General Motors va applicata 
per analogia per stabilire quale sia una parte sostanziale della Comunit�. Ci� va accertato 
in ogni caso specifico tenendo conto del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi 
contraddistinti dal marchio e dell�importanza dell�area in cui sussiste la notoriet�, come 
identificata da fattori quali l�ambito geografico, la popolazione e l�importanza economica 
nel territorio comunitario inteso nel suo complesso� (punto 40); 

-�(...) Ci� che, a tal fine, costituisce una parte sostanziale della Comunit� non dipende 
dai confini nazionali, ma dev�essere accertato con una valutazione di tutte le circostanze 
pertinenti del caso, tenendo conto, in particolare, (i) del pubblico interessato ai prodotti 

o ai servizi contraddistinti dal marchio e della percentuale di quel dato pubblico che conosce 
il marchio e (ii) dell�importanza dell�area in cui sussiste la notoriet�, come definita 
in base a fattori quali il suo ambito geografico, la popolazione e l�importanza economica� 

(punto 41). 

22. Occorre, dunque, concludere che, in considerazione del carattere unitario del marchio comunitario, 
il fatto che esso goda di notoriet� in un qualsiasi Stato membro non � condizione 
sufficiente per stabilire che esso sia notorio in una parte sostanziale del territorio 
dell�Unione e, conseguentemente, che sia integrato il requisito previsto dall�art. 9, par. 1, 

(2) Sentenza 6 ottobre 2009, causa C-301/07, Pago International. 


lett. c) del regolamento. Il riferimento all�ambito geografico, alla popolazione e all�importanza 
economica dell�area interessata dalla notoriet� del marchio, contenuto nelle citate 
conclusioni dell�Avvocato generale Sharpston, chiarisce che tale condizione ben pu� mancare 
ancorch� il marchio sia sicuramente notorio nell�intero territorio di uno degli Stati 
dell�Unione. 

23. Parallelamente, la notoriet� in uno Stato membro non pu� ritenersi neanche condizione 
necessaria per stabilire la notoriet� del marchio comunitario, potendosi, in astratto, identificare 
le relative condizioni anche nel caso in cui il marchio sia notorio in una parte soltanto 
del territorio di uno Stato membro, laddove tale condizione soddisfi comunque i 
requisiti di importanza geografica, economica e di popolazione necessari. 

IV.2. SUL SECONDO QUESITO 

24. Con il secondo quesito, la giurisdizione del rinvio chiede alla Corte di stabilire se, nel-
l�ambito dei criteri territoriali utilizzati per stabilire la notoriet� di un marchio comunitario, 
si possa fare applicazione nei principi indicati nella sentenza Leno Merken (3) in 
relazione all�uso effettivo del marchio comunitario. 
25. Sembra al Governo italiano che, proprio nella sentenza Leno Merken, al punto 53, debbano 
rintracciarsi le ragioni per dare risposta tendenzialmente negativa al quesito. In tale 
passaggio della decisione, la Corte ha, infatti, negato che la giurisprudenza rilevante per 
stabilire se sussista il requisito della notoriet� in una parte sostanziale dello Stato membro 
e dell�Unione abbia rilievo ai fini dell�individuazione della condizione dell�uso effettivo, 
affermando che tale �giurisprudenza riguarda l�interpretazione delle disposizioni relative 
alla tutela estesa accordata ai marchi che godono di notoriet� e di rinomanza nella Comunit� 
o nello Stato membro nel quale sono stati registrati. Orbene, tali disposizioni perseguono 
un obiettivo diverso da quello del requisito dell�uso effettivo, il quale potrebbe 
condurre al rigetto dell�opposizione o addirittura alla decadenza del marchio, come previsto 
segnatamente all�articolo 51 del regolamento n. 207/2009�. 
26. Ci�, anche perch� l�estensione territoriale dell�uso costituisce non gi� un criterio distinto 
dall�uso effettivo, bens� una delle componenti di tale uso, che deve essere inserita nel-
l�analisi complessiva ed essere studiata parallelamente alle altre componenti dello stesso. 
27. La stessa dimensione territoriale �, quindi, un criterio che pu� giocare diversamente ai 
fini della verifica della notoriet� di un marchio comunitario e ai fini della verifica di un 
suo uso effettivo nell�Unione (e, peraltro, nella sentenza Leno Merken, la Corte ha chiarito 
che l�uso effettivo in uno Stato membro non pu� costituire sintomo di un uso effettivo 
nell�Unione, non essendo, tra l�altro, vincolante la dichiarazione comune del Consiglio e 
della Commissione annessa al verbale di riunione, all�atto dell�adozione del reg. n. 40/94). 
28. In maniera speculare, sembra, quindi, doversi escludere che i fatti rilevanti ai fini della 
verifica dell�uso effettivo possano, di per s�, giocare un ruolo nella soluzione della diversa 
questione relativa alla notoriet� di un marchio nazionale o comunitario. 
29. Ci� non esclude, naturalmente, che vi sia una possibile interferenza tra le due questioni 
di fatto, nel senso che alcuni fatti possono venire in considerazione in entrambi i casi. 


IV.2. SUL TERZO E SUL QUARTO QUESITO 

30. Come gi� anticipato, il Governo italiano non prende posizione sulle questioni poste dal 
terzo e dal quarto quesito, rimettendosi al giudizio della Corte. 

(3) Sentenza 19 dicembre 2012, causa C-149/11, Leno Merken. 


31. Sembra, tuttavia, che tali questioni debbano essere risolte considerando che la notoriet� 
del marchio costituisce solo il presupposto per la sua tutela. L�applicazione della regola 
posta dall�art. 4, par. 3, della direttiva richiede, quindi, che siano accertate le autonome 
condizioni di fatto che la giustifichino - e, dunque, il fatto che il segno che si intende registrare 
o utilizzare, in ragione della sua percezione presso il pubblico, sia suscettibile di 
arrecare effettivamente pregiudizio al marchio notorio anteriore o consenta di trarre indebitamente 
vantaggio dal carattere distintivo o dalla notoriet� di quest�ultimo - le quali 
non possono presumersi sulla base della sola notoriet� del marchio comunitario. 
32. Ai fini della verifica di tali circostanze non sembra, peraltro, potersi richiedere che il marchio 
comunitario goda di notoriet� nello Stato membro interessato. N�, d�altra parte, pu� 
stabilirsi alcuna presunzione assoluta circa l�irrilevanza della registrazione o dall�uso del 
segno dalla circostanza che il marchio comunitario non goda di notoriet� nello Stato membro 
interessato. 
33. Cos� ragionando, infatti, si finirebbe per imporre - in contrasto con l�art. 9, par. 1, lettera 
c) del regolamento - un presupposto ulteriore per la tutela del marchio comunitario, la 
quale, come si � visto, ha come unica condizione quella della notoriet� del marchio in 
una parte sostanziale dell�Unione e non anche quella della sua notoriet� nell�area territoriale 
di registrazione o uso del segno che si pone in conflitto con tale marchio. 


V. CONCLUSIONI 

34. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte 
di rispondere ai primi due quesiti ad essa sottoposti dichiarando che: 

Ai fini della prova della notoriet� di un marchio comunitario ai sensi dell�articolo 4, paragrafo 
3, della direttiva 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati 
membri in materia di marchi d�impresa, non � sufficiente il fatto che tale marchio goda 
di notoriet� in un solo Stato membro, dovendosi condizione identificare, all�esito di una 
valutazione di fatto, tenendo conto del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti 
dal marchio e dell�importanza dell�area in cui sussiste la notoriet�, come 
identificata da fattori quali l�ambito geografico, la popolazione e l�importanza economica 
nel territorio dell�Unione inteso nel suo complesso. 
Nell�ambito dei criteri territoriali utilizzati per l�esame della notoriet� di un marchio comunitario, 
non assumono di per s� rilievo i principi stabiliti dalla Corte di giustizia del-
l�Unione europea in relazione all�uso effettivo del marchio comunitario. 

Roma, 1 luglio 2014 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 


Causa T-527/13 - Materia: Concorrenza - Aiuti concessi dagli Stati - Ricorso 
proposto il 30 settembre 2013 - Italia/Commissione. 

TRIBUNALE DELL�UNIONE EUROPEA 

RICORSO 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

- ricorrente 


contro 
la COMMISSIONE EUROPEA, in persona del legale rappresentante pro tempore (in prosieguo 
la �Commissione�) 

-convenuto -

per ottenere 
l�annullamento, ai sensi dell�art. 263 del TFUE, della decisione della Commissione n. C (2013) 
4046 final del 17 luglio 2013, notificata il successivo 18 luglio, relativa all�aiuto di Stato 
SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 (11/NN)] concesso dall�Italia (proroga del pagamento dei 
prelievi sul latte in Italia). 

*** 

INDICE E DEFINIZIONI 

INDICE 
INTRODUZIONE � da 1 a 3 
IN FATTO � da 4 a 37 

I Il quadro normativo e fattuale � da 4 a 22 

I.1 Il regime dei prelievi supplementari sul latte e la decisione di autorizzazione 
� da 4 a 7 

I.2 L�attuazione della decisione di autorizzazione nell�ordinamento italiano � da 8 a 16 

I.3 I pi� recenti interventi del legislatore italiano: la misura contestata nella 
decisione impugnata. Il procedimento di indagine � da 17 a 21 

II La decisione impugnata � da 22 a 37 

IN DIRITTO � da 38 a 67 

III Primo motivo di ricorso. Violazione dell�art. 3, paragrafo 7, del regolamento 
(CE) n. 1535/2007 � da 38 a 47 
IV Secondo motivo di ricorso. Violazione dell�art. 3, paragrafo 2, secondo 
comma, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dell�art. 1, lett. c), del regolamento 
(CE) n. 659/1999 e dell�art. 4, par. 1, del regolamento (CE) n. 794/ 

/2004. Insufficiente motivazione � da 48 a 67 
V Conclusioni � 68 
*** 

DEFINIZIONI 

Ai fini del presente ricorso si intender� per: 
a) �decisione� o �decisione impugnata�: la decisione della Commissione n. C (2013) 4046 
final del 17 luglio 2013, oggetto di impugnazione; 
b) �decisione di autorizzazione�: la decisione del Consiglio dell�Unione europea n. 
2003/530/CE del 16 luglio 2003, sulla compatibilit� con il mercato comune di un aiuto che la 
Repubblica italiana intendeva concedere ai suoi produttori di latte; 
c) �aiuto esistente�: il regime conseguente alla decisione di autorizzazione; 



d) �programma di rateizzazione�: il piano di rateizzazione del debito dei produttori, adottato 
in Itala con decreto-legge n. 49 del 2003 e con D.M. del 30 luglio 2003, in esecuzione della 
decisione di autorizzazione; 
e) �programma complementare di rateizzazione�: il piano oneroso di ulteriore rateizzazione 
del debito dei produttori, adottato in Italia con il decreto-legge n. 5 del 2009 (convertito dalla 
legge n. 33 del 2009); 
f) �prima proroga�: la proroga semestrale del termine di pagamento di una rata, da parte dei 
produttori, adottata in Italia con l�art. 40-bis del decreto-legge n. 78 del 2010; 
g) �seconda proroga� o �misura contestata�: la proroga semestrale del termine di pagamento 
di una rata, da parte dei produttori, adottata in Italia con decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 
225, nella versione risultante dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10. 

INTRODUZIONE 

1. Con il presente ricorso, la Repubblica italiana impugna la decisione della Commissione 

n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013 (in prosieguo, �la decisione� o �la decisione 
impugnata�: Allegato A.1 al presente ricorso), con la quale la Commissione ha: 

-dichiarato che una proroga di pagamento della rata in scadenza il 31 dicembre 2010 dei 
prelievi sul latte, disposta in Italia appunto nel dicembre 2010, costituisce, anche in ragione 
delle sue modalit� di applicazione, un aiuto di Stato incompatibile con il mercato 
interno; 
-dichiarato che il mancato rispetto delle condizioni fissate nella decisione 2003/530/CE 
(in prosieguo �la decisione di autorizzazione�: Allegato A.2), determinato dalla proroga 
di pagamento di cui sopra, costituisce un aiuto incompatibile con il mercato interno; 
- ordinato all�Italia di farsi rimborsare dai beneficiari della proroga di pagamento l�importo 
dei suddetti aiuti incompatibili, aumentato degli interessi. 


2. Con un primo motivo di ricorso, il Governo italiano lamenta la violazione dell�art. 3, paragrafo 
7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, in quanto la decisione impugnata fa applicazione 
di tale disposizione sull�erroneo presupposto che l�aiuto esistente, autorizzato 
con decisione del Consiglio n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003, rappresentasse l�importo 
massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, con la conseguenza che ogni 
eventuale ulteriore misura di aiuto, ancorch� rientrante nel regime de minimis (e ancorch� 
di entit� assolutamente marginale), avrebbe ipso iure determinato, per effetto del cumulo, 
un�intensit� d�aiuto superiore a quella consentita. Per effetto di tale erronea valutazione 
in diritto, la Commissione ha omesso di verificare se effettivamente l�intensit� complessiva 
degli aiuti, risultante dal cumulo del pro rata dell�aiuto esistente (calcolato in relazione 
al triennio rilevante) e dell�equivalente sovvenzione della proroga, superasse quella 
consentita dal regolamento n. 1535/97. 
3. Con un secondo motivo di ricorso, il Governo italiano lamenta la violazione dell�art. 3, 
paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dell�art. 1, lett. c), del regolamento (CE) 


n. 659/1999 e dell�art. 4, par. 1, del regolamento (CE) n. 794/2004, nonch� insufficiente 
motivazione. Infatti, la decisione impugnata ha fatto applicazione del citato art. 3, par. 2 

-che riguarda il cumulo di aiuti ciascuno dei quali rientri, di per s�, nel regime de minimis 

-in un caso in cui l�aiuto in de minimis si innestava su un aiuto esistente. Inoltre, la decisione 
ha errato nel qualificare la misura contestata quale modifica di aiuto esistente, rilevante 
ai fini dell�art. 1, lett. c), del reg. n. 659. Infatti, la proroga semestrale del termine 
di una delle rate annuali costituiva una misura a s� stante e, comunque, non determinava 
un�alterazione sostanziale dell�aiuto esistente. Inoltre, essa non comportava un aumento 


non superiore al 20% della dotazione originaria del regime di aiuti esistenti e non incideva 
sulla valutazione di compatibilit� di tale regime. In ogni caso, la Commissione ha omesso 
di motivare sufficientemente su tali punti. 

IN FATTO 

I IL QUADRO NORMATIVO E FATTUALE 

I.1 IL REGIME DEI PRELIEVI SUPPLEMENTARI SUL LATTE E LA DECISIONE DI AUTORIZZAZIONE 

4. Tra gli strumenti della politica agricola comune dell�Unione europea, � stato da tempo 
istituito, con l�obiettivo di ridurre il divario tra l�offerta e la domanda e le conseguenti 
eccedenze strutturali, cos� da conseguire un migliore equilibrio del mercato, un sistema 
di prelievi nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari [si veda, in particolare, il Reg. 
(CEE) 31 marzo 1984 n. 856/84, poi sostituito dal Reg. (CEE) 28 dicembre 1992 n. 
3950/92 e infine dal Reg. (CE) 29 settembre 2003 n. 1788/2003]. 
5. In estrema sintesi, tale sistema mira al contingentamento della produzione attraverso 
l�imposizione agli allevatori europei di un prelievo finanziario per ogni chilogrammo 
di latte prodotto oltre un limite stabilito (c.d. �quota latte�). Le quote latte sono assegnate 
ai diversi Stati membri in base alla produzione accertata nel 1983 e vengono periodicamente 
rinegoziate (da ultimo ci� � avvenuto il 18 novembre 2008). Questo 
prelievo parafiscale - o, se si preferisce, sanzionatorio - viene di regola riscosso dagli 
acquirenti di latte (latterie, caseifici, ecc.), che devono quindi verificare le consegne di 
latte dei produttori propri conferenti e, nel momento in cui questi ultimi superano la 
quota latte, devono trattenere dai corrispettivi dovuti il prelievo stabilito dalle norme 
dell�Unione europea. 
6. Nel periodo dal 1995/1996 al 2001/2002, gli allevatori italiani - anche a causa, a loro 
dire, di una sottostima dei dati su cui era stata calcolata la quota italiana - hanno prodotto 
quantitativi di latte superiori a quelli di riferimento, risultando debitori dell�Unione europea, 
a titolo di prelievo supplementare, per un importo di 1 386 475 250 EUR. Il gran 
numero di produttori di latte coinvolti e le gravi conseguenze finanziarie per il settore 
che avrebbe comportato un recupero immediato, unitamente all�andamento insoddisfacente 
del contenzioso tra tali produttori e le autorit� nazionali italiane, ha indotto queste 
ultime a chiedere l�autorizzazione a una misura di aiuto ai sensi dell�art. 88, par. 2, comma 
3 CE (attuale art. 108, par. 2, comma 3 TFUE). 
7. Con decisione n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003(Allegato A.2) il Consiglio dell�Unione 
europea ha, quindi, dichiarato compatibile con il mercato interno una misura di aiuto che, 
in sintesi, presentava le seguenti caratteristiche: 


-l�Italia si sarebbe sostituita negli obblighi di pagamento dei produttori nei confronti 
dell�Unione; 

- l�Italia avrebbe esercitato la rivalsa verso i produttori mediante pagamenti differiti effettuati 
su vari anni, senza interessi; 

-la rivalsa sarebbe stata comunque completa, mediante rate annuali di uguale importo; 

-il periodo di rimborso non avrebbe comunque superato i quattordici anni. 

I.2 L�ATTUAZIONE DELLA DECISIONE DI AUTORIZZAZIONE NELL�ORDINAMENTO ITALIANO 

8. Sulla scorta della decisione di autorizzazione del Consiglio, l�Italia ha approvato alcune 
disposizioni nel contesto del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, recante �Riforma della 
normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei 
prodotti lattiero-caseari�, poi convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 
2003, n. 119. 



9. L�art. 10 di tale decreto-legge (1), al comma 34, ha in particolare previsto quanto segue: 


�I produttori di latte, relativamente agli importi imputati e non pagati a titolo di prelievo 
supplementare latte, per i periodi di commercializzazione compresi tra gli anni 19951996 
e 2001-2002, versano l�importo complessivamente dovuto, senza interessi. Il versamento 
pu� essere effettuato in forma rateale in un periodo non superiore a trenta anni�. 

10. In esecuzione di tale disposizione � stato adottato il decreto del Ministro delle politiche 
agricole e forestali: il D.M. 30 luglio 2003 che, nel suo articolo unico, ha previsto quanto 
segue (sottolineatura nostra): 

�1. Il versamento complessivo senza interessi del prelievo supplementare imputato e non 
pagato per i periodi di commercializzazione dal 1995/1996 al 2001/2002 pu� essere effettuato, 
direttamente dal produttore, in rate annuali di pari importo per un massimo di 
quattordici; l�importo delle singole rate non pu� in ogni caso essere inferiore a 10 euro. 

2. (...). 
3. Per accedere alla facolt� di cui al comma 1, il produttore interessato deve recarsi, a 
partire dal 15 settembre 2003 e non oltre il 15 novembre 2003 (2), presso gli uffici preposti 
della regione o provincia autonoma competente per territorio, e sottoscrivere una apposita 
istanza, da redigersi utilizzando il modello di cui all�allegato 1 del presente decreto. 
4. � 14. (...)�. 


11. � successivamente intervenuto il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in legge, 
con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. Tale decreto-legge ha istituto, all�art. 
8-ter, un Registro nazionale dei debiti dei produttori agricoli, collocandolo presso 
l�A.G.E.A. (�Agenzia per le erogazioni in agricoltura�). Il successivo art. 8-quater, rubricato 
�Rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte�, ha stabilito quanto segue (sottolineature 
aggiunte): 

�1. Al fine di consolidare la vitalit� economica a lungo termine delle imprese, accelerare 
le procedure di recupero obbligatorio degli importi del prelievo latte dovuti dai produttori 
e deflazionare il relativo contenzioso, il produttore agricolo, che vi abbia interesse, pu� 
richiedere la rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale di cui all�articolo 8ter 
derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte per i quali si sia realizzato l�addebito 
al bilancio nazionale da parte della Commissione europea. 

2. La rateizzazione di cui al comma 1 � consentita: 
a) per somme non inferiori a 25.000 euro; 
b) per una durata non superiore a tredici anni per i debiti inferiori a 100.000 euro; 
c) per una durata non superiore a ventidue anni per i debiti compresi fra 100.000 e 


300.000 euro; 
d) per una durata non superiore a trenta anni per i debiti superiori a 300.000 euro. 


3. Sul debito di cui � richiesta la rateizzazione si applica il seguente tasso d�interesse: 
a) per le rateizzazioni di durata non superiore a tredici anni, il tasso di riferimento di 
base valido per l�Italia, calcolato dalla Commissione europea in conformit� con la comunicazione 
2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato di 60 punti base; 
b) per le rateizzazioni di durata superiore a tredici anni e non superiore a ventidue anni, 


(1) Si fa qui riferimento, per brevit�, ad una versione risultante da modifiche introdotte da un successivo 
decreto-legge, il n. 16 del 27 gennaio 2004. 
(2) Termine cos� prorogato da successivi decreti ministeriali. 



il tasso di riferimento di base valido per l�Italia, calcolato dalla Commissione europea 
in conformit� con la comunicazione 2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato 
di 140 punti base; 
c) per le rateizzazioni di durata superiore a ventidue anni e non superiore a trenta anni, 
il tasso di riferimento di base valido per l�Italia, calcolato dalla Commissione europea 
in conformit� con la comunicazione 2008/C 14/02, e successivi aggiornamenti, maggiorato 
di 220 punti base� (3). 

12. � infine intervenuto il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che all�art. 40-bis, intitolato 
�quote-latte�, ha previsto quanto segue (sottolineatura nostra): 

�1. Al fine di far fronte alla grave crisi in cui, principalmente a seguito della negativa 
congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso, versa il settore lattiero-caseario 
e favorire il ripristino della situazione economica sui livelli precedenti il 1� gennaio 2008, 
il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010 previsti dai piani di rateizzazione 
di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla 
legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, � prorogato fino al 31 dicembre 2010. 

2. All�onere di cui al presente articolo, pari a 5 milioni di euro per l�anno 2010, si provvede 
mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa 
delle leggi permanenti di natura corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero 
dell�economia e delle finanze, come determinato dalla Tabella C allegata alla legge 23 
dicembre 2009, n. 191. 
3. (...)�. 


13. Si vede, in conclusione, come il legislatore italiano, a seguito della decisione di autorizzazione, 
ha adottato due successivi piani di rateizzazione del debito dei produttori relativo alla 
restituzione degli importi che, in forza della medesima decisione di autorizzazione, il governo 
italiano aveva anticipato al bilancio dell�Unione europea. Un primo programma di rateizzazione, 
risultante dal decreto-legge n. 49 del 2003 e dal D.M. del 30 luglio 2003, ha autorizzato 
i produttori a chiedere che il debito fosse estinto in quattordici rate annuali, senza il 
pagamento di interessi. Un programma complementare di rateizzazione, introdotto dal de-
creto-legge n. 5 del 2009 (convertito dalla legge n. 33 del 2009), ha autorizzato i produttori 
ad aderire a un ulteriore piano di estinzione del debito, di durata variabile, che prevedeva il 
pagamento di interessi ad un tasso corrispondente a quello indicato dalla Commissione nella 
comunicazione 2008/C 14/02, con un maggiorazione da 60 a 220 punti base. 
14. Nessuna delle due misure ha suscitato obiezioni da parte della Commissione, che, verosimilmente, 
ha reputato che il primo piano di rateizzazione fosse conforme alla decisione 
di autorizzazione e che il secondo piano non integrasse un aiuto di Stato, in ragione della 
previsione di interessi non inferiori al tasso di mercato (ma, anzi, certamente superiori a 
tale tasso). Come si vedr� meglio nel prosieguo, peraltro, solo una quota limitata dei produttori 
ha aderito al primo piano di rateizzazione, perch� tale adesione implicava la rinuncia 
ai contenziosi in corso e/o futuri. Tra costoro, poi, solo una quota molto limitata 
ha aderito al piano complementare di rateizzazione, reputando conveniente la dilazione, 
che veniva concessa a titolo oneroso. 


(3) Per l�esecuzione di tale norma � stato adottato, da un Commissario straordinario appositamente 
nominato per l�attuazione di questa e altre disposizioni del decreto-legge n. 5 del 2009, il decreto 3 
marzo 2010. 


15. Inoltre, con il decreto-legge n. 78 del 2010, l�Italia ha adottato un�ulteriore misura (in 
prosieguo: �la prima proroga�), di carattere puntuale - e del tutto identica a quella oggi 
contestata - con la quale ha differito di sei mesi il termine di pagamento della rata in scadenza 
il 30 giugno 2010. 
16. Neanche questa ulteriore misura � stata contestata: nella decisione impugnata (Allegato 
A.1) la Commissione d� atto, al punto 22, di avere ricevuto, da parte di un terzo interessato, 
osservazioni inerenti la proroga semestrale disposta con decreto-legge n. 78 del 
2010; tuttavia, al punto 55 della decisione medesima, essa afferma che �[p]er quanto riguarda 
le osservazioni formulate dalla prima parte interessata (si veda il punto 22) la 
Commissione sottolinea che la rinvio del pagamento previsto dall�art. 40 bis della legge 


n. 122/2010, per una rata da versare nel quadro di un programma di rateizzazione complementare 
istituito dalla legge n. 33/2009, non si applica il procedimento oggetto della 
presente decisione, poich� esso non concerne il programma di rateizzazione complementare 
istituito dalla decisione 2003/530/CE)�. 

I.3 I PI� RECENTI INTERVENTI DEL LEGISLATORE ITALIANO: LA MISURA CONTESTATA NELLA DECISIONE 
IMPUGNATA. IL PROCEDIMENTO DI INDAGINE. 

17. Il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, nella versione risultante dalla legge di conversione 
26 febbraio 2011, n. 10, ha prorogato al 30 giugno 2011 il pagamento della rata 
dei prelievi sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010. II costo della proroga � stato imputato 
su una dotazione globale di 5 milioni di EUR destinata a molteplici fini. 
18. In particolare, l�art. 1, comma 12-duodecies, di tale decreto-legge (in prosieguo �la seconda 
proroga� o �la misura contestata�) ha stabilito quanto segue (sottolineatura aggiunta): 
�Al fine di fare fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero-caseario, sono differiti 
al 30 giugno 2011 i termini per il pagamento degli importi con scadenza 31 dicembre 
2010 previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, 
con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e al decreto-legge 10 febbraio 
2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, come 
prorogato dall�articolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Agli oneri conseguenti, valutati in 5 
milioni di euro per l�anno 2011, si provvede a valere sulle disponibilit� di cui all� articolo 
1 comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, come incrementate 
ai sensi del presente provvedimento�. 
19. Le autorit� italiane hanno precisato che l�equivalente sovvenzione di tale misura sarebbe 
stato imputato sull�aiuto de minimis previsto per l�Italia dal regolamento (CE) n. 1535/2007 
della Commissione, del 20 dicembre 2007, relativo all�applicazione degli articoli 87 e 88 
del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti agricoli. 
20. Con lettera dell�11 gennaio 2012 (Allegato A.3), la Commissione ha affermato che, sulla 
base delle informazioni in proprio possesso, essa non poteva concludere che l�equivalente 
sovvenzione della proroga di pagamento disposta dall�autorit� italiane non superasse i 7 
500 EUR, n� che, cumulato con altri aiuti de minimis per gli esercizi fiscali 2011, 2010 e 
2009, non comportasse per nessun beneficiario un superamento della soglia di 7 500 EUR 
(punto 16). Essa ha, inoltre, constatato che la proroga di pagamento veniva ad aggiungersi 
a un aiuto approvato dal Consiglio, che, a giudizio della Commissione, avrebbe dovuto 
essere �considerato come aiuto unico massimo non cumulabile con nessun altro tipo di 
intervento� (punto 19). La Commissione ha, poi, affermato che l�inosservanza delle condizioni 
del rimborso stabilite nella decisione del Consiglio - la restituzione in rate annuali 



di eguale importo - faceva s� che �l�aiuto quale modificato dalla proroga non corrisponda 
pi� all�aiuto approvato dal Consiglio e divenga, pertanto, un nuovo aiuto, non notificato� 

(punto 27). 

21. Con lettera del 24 aprile 2012 (Allegato A.4), le autorit� italiane hanno comunicato alla 
Commissione: 

-di avere identificato i beneficiari che hanno usufruito del programma di rateizzazione 
e, dunque, dell�aiuto esistente e di avere constatato che - degli 11.271 produttori aderenti 

- solo 1.291 avevano usufruito della misura contestata. Altri 9.965 produttori, pari 
all�88,41%, avevano effettuato il versamento entro il 31 dicembre 2010 e, dunque, in conformit� 
alla decisione di autorizzazione e all�originario programma di rateizzazione (mentre 
altri 15 produttori non avevano effettuato alcun versamento e, pertanto, sarebbero stati 
dichiarati decaduti dal programma di rateizzazione); 
- che l�utilizzo della misura contestata da parte di solo il 11,45% dei produttori dimostrava 
che non era stato compromesso il buon andamento del programma di rateizzazione, che 
restava sostanzialmente conforme alla decisione di autorizzazione; 


-che, per quanto riguarda i 1.291 beneficiari della misura contestata, il beneficio concesso 
attraverso la proroga senza interessi era quantificabile - ipotizzando un finanziamento alternativo 
al tasso euribor a tre messi maggiorato di 100 punti base - gli aiuti erano quantificabili 
entro un minimo di � 0,08 e un massimo di � 694,19. Come emergeva da una 
tabella allegata, 1.187 di tali imprese avevano beneficiato di un aiuto inferiore a � 100,00; 

-che non vi era alcun concreto rischio di violazione della condizione prevista dall�art. 3, 
par. 2, del regolamento n. 1535/2007, in quanto il totale degli aiuti percepiti dai beneficiari 
della proroga (� 50.877,41) era ampiamente al di sotto dell�importo cumulativo massimo 
previsto dal regolamento stesso; 
-che nessuna base giuridica precludeva di per s� ai beneficiari dell�aiuto esistente di percepire, 
in regime de minimis, una diversa misura di aiuto, perch� non emergeva che l�aiuto 
esistente corrispondesse al massimale autorizzabile. 


II LA DECISIONE IMPUGNATA 

22. Con la decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la proroga di pagamento 
della rata dei prelievi sul latte in scadenza il 31 dicembre 2010, introdotta come comma 
12 duodecies all�articolo 1 del decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010 dalla legge n. 
10/2011, non rispetta le condizioni fissate nella decisione 2003/530/CE del Consiglio e 
viola l�articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell�Unione europea, costituendo 
un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno. 
23. Conseguentemente, la Commissione ha dichiarato che l�Italia � tenuta a farsi rimborsare 
dai rispettivi beneficiari della misura contestata gli aiuti incompatibili, con gli interessi 
dalla data in cui gli aiuti sono stati posti a disposizione dei beneficiari alla data del loro 
effettivo recupero, calcolati secondo il regime dell�interesse composto a norma del capo 
V del regolamento (CE) n. 794/2004. 
24. La Commissione ha precisato che il recupero deve riguardare unicamente coloro che 
hanno effettivamente usufruito della proroga di pagamento introdotta con il citato comma 
12 duodecies, e hanno quindi beneficiato dell�aiuto incompatibile con il mercato interno, 
e deve comprendere i seguenti importi: 
a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 
31 dicembre 2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero 
effettivo; 





b) gli interessi maturati sugli annualit� giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2004, 
2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit� � stato pagato prima che la 
proroga di pagamento comportasse una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati 
degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
c) gli interessi maturati sulle annualit� giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 
e 2012 (nessuna informazione dimostra che il capitale non � stato pagato alla scadenza), 
maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit� che giungono a scadenza il 31 dicembre 
2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del 
Consiglio. 


25. La Commissione ha deciso che il recupero degli aiuti � immediato ed effettivo, e ha stabilito 
che l�Italia dovesse provvedere affinch� la decisione in esame sia eseguita nei quattro 
mesi successivi alla data della notifica. 
26. Ha altres� previsto che entro due mesi dalla notifica della decisione, l�Italia � tenuta a comunicare 
alcune informazioni: a) l�elenco dei beneficiari che hanno ricevuto aiuti nel 
quadro dei regimi di aiuto di cui all�articolo 1 e l�importo complessivo degli aiuti ricevuti 
da ciascuno di loro nell�ambito del regime; b) l�importo complessivo (capitale e interessi) 
che deve essere recuperato presso ogni beneficiario che abbia ricevuto aiuti cui non sia 
applicabile la regola de minimis; c) una descrizione dettagliata delle misure gi� adottate 
e previste per conformarsi alla decisione; d) i documenti attestanti che ai beneficiari � 
stato imposto di rimborsare gli aiuti. 
27. Infine, ha deciso che l�Italia dovr� informare la Commissione dei progressi delle misure 
nazionali adottate per l�attuazione della decisione fino al completo recupero degli aiuti 
concessi nel quadro dei regimi in esame e che l�Italia dovr� trasmettere immediatamente, 
dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure gi� adottate 
e previste per conformarsi alla decisione, fornendo inoltre informazioni dettagliate 
riguardo all�importo dell�aiuto e degli interessi gi� recuperati presso i beneficiari. 
28. La decisione si fonda sulle argomentazioni che qui di seguito sinteticamente si riportano. 
29. La Commissione ha anzitutto riconosciuto che �le autorit� italiane hanno dimostrato che 
gli interessi connessi alla proroga di pagamento rientrano in una forcella che va da 0,08 
EUR a 694,19 EUR�. La Commissione ha altres� constatato che �l�importo degli interessi 
relativi alla proroga, presi isolatamente, non supera i 7 500 EUR previsti dall�articolo 
3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007� e ha preso atto del fatto che �l�importo 
totale degli aiuti concessi con la proroga, ossia 50 877,41 EUR, non ha comportato 
il superamento del massimale di 320 505 000 EUR previsto per 1�Italia nell�allegato 
dello stesso regolamento�. 
30. Tuttavia, affermando di non disporre di alcun nuovo elemento che dimostri che il massi-
male individuale di 7 500 EUR �non sia stato superato in nessun caso computando anche 
tutti gli aiuti de minimis ricevuti dallo stesso beneficiario nell�arco di tre esercizi fiscali�, 
la Commissione ha affermato di non poter concludere che il massimale dell�aiuto individuale 
summenzionato fosse stato rispettato in ogni caso, tanto pi� che essa deve anche 
tenere conto dell�ulteriore aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione 


n. 2003/530/CE. 

31. La Commissione ha precisato al riguardo di dover �esaminare complessivamente la misura 
in oggetto� (l�aiuto connesso alla proroga del pagamento concessione dell�equivalente 
di un prestito senza interessi - e il nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione 


di autorizzazione), osservando che �un considerevole numero di beneficiari (oltre 1250) 
hanno beneficiato della proroga del pagamento e l�importo dell�aiuto comprende anche 
una parte del principale (quella corrispondente alle annualit� che scadono il 31 dicembre 
degli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017) con interessi, oltrepassando ampiamente gli 
interessi relativi alla proroga del pagamento presi in considerazione dalle autorit� italiane 
a sostegno delle loro argomentazioni�. 

32. La Commissione ha poi ricordato che l�articolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 
1535/2007 della Commissione dispone che �[gli] aiuti de minimis non sono cumulabili 
con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d� luogo a un�intensit� 
d�aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, 
dalla normativa comunitaria�. A questo proposito, la Commissione aveva gi� indicato, 
avviando il procedimento di cui all�articolo 108, paragrafo 2, del trattato, che la proroga 
di pagamento veniva ad aggiungersi a un aiuto approvato dal Consiglio, che doveva essere 
considerato �il massimo concedibile in questo contesto�. 

33. La Commissione ha ritenuto non condivisibile la posizione espressa sulla questione dalle 
autorit� italiane, secondo le quali la proroga del pagamento dovrebbe essere valutata quale 
�misura a s� stante, vista la scarsa adesione da parte dei produttori, l�esiguit� degli importi 
e la non modificazione del programma di rateizzazione, che resta intatto nella sua 
struttura, sia con riguardo al numero complessivo delle rate, sia alla scadenza� e, in ogni 
caso, l�aiuto autorizzato dal Consiglio non rappresenta l�importo massimo che pu� essere 
concesso ai produttori di latte, dato che l�esistenza delle �circostanze eccezionali� che 
hanno portato all�autorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti �non costituisce 
di per s� un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit�, per i beneficiari, di ottenere un 
qualsiasi altro sostegno, dal momento che il trattato si limita a citare le circostanze eccezionali 
senza imporre restrizioni relative alla natura e alle modalit� di applicazione 
degli aiuti autorizzati�. 

34. La Commissione ha invece rilevato in contrario che la proroga in argomento non pu� essere 
considerata priva di qualsiasi relazione con la rateizzazione istituita con decisione 
2003/530/CE; inoltre, pur riconoscendo che il trattato stabilisce all�articolo 108, paragrafo 
2, terzo comma, che �[...] il Consiglio, deliberando all�unanimit�, pu� decidere che un 
aiuto (...) deve considerarsi compatibile con il mercato interno [...] quando circostanze eccezionali 
giustifichino tale decisione� e che il punto 8 del preambolo della decisione 
2003/530/CE recita �[...] si riconosce l�esistenza di circostanze eccezionali che, [...] autorizzano 
a considerare l�aiuto [...] compatibile con l�organizzazione comune dei mercati�, 
ha tuttavia ritenuto che lo stesso Consiglio, nel dispositivo della propria decisione, ha stabilito 
che l�aiuto � considerato compatibile con il mercato interno �eccezionalmente� e non 
�tenuto conto delle circostanze eccezionali�, di talch� avrebbe inteso �segnalare la concessione 
dell�aiuto conferendogli un carattere unico, nonostante l�esistenza di circostanze 
eccezionali di cui al punto 8 del preambolo�, per cui il riferimento all�unanimit� effettuato 
dalle autorit� italiane, se pu� dimostrare effettivamente una procedura eccezionale, non pu� 
rimettere in discussione il �carattere unico dell�aiuto� definito nella decisione. 
35. Conseguentemente, ad avviso della Commissione, dato che l�aiuto approvato dal Consiglio, 
per il suo carattere unico, costituiva �il massimo concedibile in quel determinato 
contesto, vale a dire l�equivalente di un aiuto al 100%�, l�aggiunta di una proroga di pagamento 
ha comportato l�applicazione automatica delle disposizioni dell�articolo 3, paragrafo 
7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (�Gli aiuti de minimis non sono cumulabili 



con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d� luogo a un�intensit� 
d�aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, 
dalla normativa comunitaria�), cosicch� l�equivalente sovvenzione della proroga di pagamento 
non pu� essere considerato compreso nel campo di applicazione del suddetto 
regolamento, e rappresenta quindi un elemento di aiuto di Stato, la cui compatibilit� con 
il mercato interno deve essere analizzata alla luce delle regole sulla concorrenza in vigore 
al momento della concessione della proroga. 

36. A seguito di tale analisi, la Commissione ha ritenuto che �l�aiuto connesso alla proroga 
dei pagamenti e, di conseguenza, il nuovo aiuto istituito con il mancato rispetto del quadro 
della decisione 2003/530/CE costituiscono di conseguenza aiuti unilaterali, destinati 
semplicemente a migliorare la situazione finanziaria dei produttori senza contribuire in 
alcun modo allo sviluppo del settore, vale a dire aiuti al funzionamento incompatibili con 
il mercato interno�. 
37. La decisione della Commissione appare erronea ed ingiusta, e va annullata per le seguenti 
ragioni. 


IN DIRITTO 

III PRIMO MOTIVO DI RICORSO. VIOLAZIONE DELL�ART. 3, PARAGRAFO 7, DEL REGOLAMENTO 
(CE) N. 1535/2007. 

38. L�articolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 dispone che �[g]li aiuti de 
minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici concessi per le stesse spese ammissibili 
se tale cumulo d� luogo a un�intensit� d�aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche 
circostanze di ogni caso, dalla normativa comunitaria�. 
39. La Commissione ha ritenuto che la misura contestata, la quale ha prorogato al 30 giugno 
2011 il pagamento della rata dei prelievi sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010, costituisce 
un elemento di aiuto di Stato che, cumulato con l�aiuto esistente, determina un�intensit� 
di aiuto superiore a quella stabilita dalla decisione di autorizzazione, che gi� di 
per s� rappresentava �il massimo concedibile in questo contesto�. 
40. Il presupposto sul quale la Commissione ha fondato tale decisione � sinteticamente il seguente: 
il Consiglio, nel dispositivo della decisione di autorizzazione, aveva stabilito che 
l�aiuto di Stato ivi contemplato andava considerato compatibile con il mercato interno 
�eccezionalmente� e non �tenuto conto delle circostanze eccezionali�, di talch� avrebbe 
inteso �segnalare la concessione dell�aiuto conferendogli un carattere unico, nonostante 
l�esistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo�. 
41. L�assunto non appare condivisibile. In particolare, non appare corretta l�interpretazione 
data dalla Commissione alla decisione di autorizzazione, nel senso che l�aiuto con la 
stessa approvato costituiva �il massimo concedibile in quel determinato contesto, vale a 
dire l�equivalente di un aiuto al 100%�. 
42. Si deve al riguardo osservare che l�aiuto autorizzato dal Consiglio, in applicazione del-
l�articolo 108, paragrafo 2, terzo comma, del trattato (�[...] il Consiglio, deliberando al-
l�unanimit�, pu� decidere che un aiuto (...) deve considerarsi compatibile con il mercato 
interno [...] quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione�), non rappresentava 
affatto l�importo massimo che poteva essere concesso ai produttori di latte, dato 
che l�indubbia esistenza delle �circostanze eccezionali�, che avevano portato all�autorizzazione 
del piano di rateizzazione dei pagamenti, non poteva costituire di per s� un fattore 
di esclusione di qualsiasi possibilit�, per i beneficiari, di ottenere in futuro un eventuale 
ulteriore sostegno. Infatti, a ben vedere, sia il trattato che la decisione del Consiglio si li



mitano a citare le circostanze eccezionali, senza imporre restrizioni di alcun genere in relazione 
alla natura e alle modalit� di applicazione degli aiuti autorizzati. 

43. La motivazione testuale che ha indotto il Consiglio a ritenere compatibile con il mercato 
comune l�aiuto ivi contemplato conferma tale assunto. Il considerando n. 8 della relativa 
decisione recita: �[p]er evitare ai singoli produttori di latte italiani interessati insostenibili 
problemi finanziari, che sarebbero probabilmente causati da un immediato recupero globale 
degli importi dovuti, e quindi allentare le tensioni sociali esistenti, si riconosce l�esistenza 
di circostanze eccezionali che, in deroga alle disposizioni dell�articolo 87 del 
trattato, autorizzano a considerare l�aiuto che la Repubblica italiana intende concedere 
ai suddetti produttori di latte, sotto forma di anticipi e pagamenti differiti, compatibile 
con l�organizzazione comune dei mercati, in deroga all�articolo 87 del trattato�. 
44. Dall�evidente assenza di restrizioni esplicite o implicite in ordine alla natura e alle modalit� 
di applicazione degli aiuti autorizzati consegue che ingiustificatamente la Commissione 
ha affermato che il Consiglio avrebbe inteso �segnalare la concessione 
dell�aiuto conferendogli un carattere unico, nonostante l�esistenza di circostanze eccezionali 
di cui al punto 8 del preambolo�. 
45. Pertanto, se la misura della rateizzazione istituita con la decisione di autorizzazione non 
rappresentava �il massimo concedibile in questo contesto, vale a dire l�equivalente di un 
aiuto al 100%�, l�aggiunta della proroga disposta con la misura contestate non poteva 
comportare in via automatica l�applicazione delle disposizioni dell�articolo 3, paragrafo 
7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, come erroneamente deciso dalla Commissione. 
46. Si consideri, peraltro, che il beneficio accordato con la misura contestata, rappresenta una 
misura assolutamente marginale, vista la scarsa adesione da parte dei produttori, l�esiguit� 
degli importi e la non modificazione del programma di rateizzazione, che resta intatto 
nella sua struttura, sia con riguardo al numero complessivo delle rate, sia alla scadenza. 
Tali elementi sono stati riconosciuti persino nella decisione della Commissione, laddove 
si legge espressamente che �le autorit� italiane hanno dimostrato che gli interessi connessi 
alla proroga di pagamento rientrano in una forcella che va da 0,08 EUR a 694,19 
EUR� (punto 34) e che �l�importo degli interessi relativi alla proroga, presi isolatamente, 
non supera i 7 500 EUR previsti dall�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 
1535/2007� e ha preso atto del fatto che �l�importo totale degli aiuti concessi con la proroga, 
ossia 50 877,41 EUR, non ha comportato il superamento del massimale di 320 505 
000 EUR previsto per 1�Italia nell�allegato dello stesso regolamento� (punto 35). 
47. In conclusione, la Commissione ha tutt�altro che dimostrato, nella decisione impugnata, 
che l�aiuto esistente costituisse il massimo dell�importo concedibile e che, pertanto, la 
concessione di aiuto ulteriore, ancorch� di misura marginale, comportasse l�automatico 
superamento dell�intensit� d�aiuto massima autorizzata dalle norme dell�Unione europea. 


IV SECONDO MOTIVO DI RICORSO. VIOLAZIONE DELL�ART. 3, PARAGRAFO 2, SECONDO COMMA, 
DEL REGOLAMENTO (CE) N. 1535/2007, DELL�ART. 1, LETT. C), DEL REGOLAMENTO (CE) N. 659/1999 
E DELL�ART. 4, PAR. 1, DEL REGOLAMENTO (CE) N. 794/2004. INSUFFICIENTE MOTIVAZIONE. 

48. L�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 consta di due commi, che 
dispongono nei termini che seguono: 

�L�importo complessivo degli aiuti de minimis concessi a una medesima impresa non supera 
7 500 EUR nell�arco di tre esercizi fiscali. Tale massimale si applica indipendentemente 
dalla forma degli aiuti o dall�obiettivo perseguito. Il periodo da prendere in 


considerazione � determinato facendo riferimento agli esercizi fiscali utilizzati dall�impresa 
nello Stato membro interessato. 
Se per una misura di aiuto l�importo complessivo dell�aiuto concesso supera il massimale 
di cui al primo comma, tale importo complessivo non pu� beneficiare dell�esenzione prevista 
dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massimale. 
In questo caso, tale misura d�aiuto non pu� beneficiare delle disposizioni del presente 
regolamento, n� al momento della concessione dell�aiuto, n� in un momento successivo�. 

49. Dall�esame del punto 50 della decisione impugnata si evince che la Commissione, pur 
senza affermarlo espressamente, ha inteso applicare alla fattispecie la norma predetta, e 
in particolare il secondo comma del richiamato paragrafo, dal momento che ha previsto 
un recupero circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente usufruito della 
proroga di pagamento e hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente incompatibile 
con il mercato interno, ordinando il recupero dei seguenti importi: 
a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 
31 dicembre 2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero 
effettivo; 
b) gli interessi maturati sugli annualit� giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2004, 
2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit� � stato pagato prima che la 
proroga di pagamento comportasse una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati 
degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
c) gli interessi maturati sulle annualit� giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 
e 2012 (nessuna informazione dimostra che il capitale non � stato pagato alla scadenza), 
maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit� che giungono a scadenza il 31 dicembre 
2013, 2014, 2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del 
Consiglio. 
50. Dunque, la Commissione ha applicato la severa disposizione di cui all�articolo 3, paragrafo 
2, comma 2, del regolamento n. 1535/2007, per la quale, nell�ipotesi in cui, in virt� 
di una misura di aiuto de minimis, l�importo complessivo dell�aiuto concesso supera il 
massimale di cui al primo comma del medesimo paragrafo, ossia di un precedente aiuto 
de minimis, a tutto l�importo complessivo � negato il beneficio dell�esenzione prevista 
dal regolamento, persino alla frazione che non supera detto massimale. In questo caso, 
addirittura, tale misura d�aiuto non pu� beneficiare delle disposizioni del predetto regolamento, 
n� al momento della concessione dell�aiuto, n� in un momento successivo. 
51. La Commissione ha errato nell�applicare tale disciplina per un duplice ordine di ragioni. 
52. Anzitutto, come dimostrato con il primo motivo di ricorso, non sussistono i presupposti 
indicati dalla norma. Infatti, non vi � prova che la misura contestata abbia determinato 
un importo complessivo dell�aiuto concesso che supera il massimale di cui al all�articolo 
3, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 1535/2007. E anzi, vi sono dati che 
comprovano proprio il contrario. 
53. Inoltre, la norma non potrebbe comunque applicarsi alla fattispecie, che non rientra affatto 
nell�ambito di applicazione del paragrafo 2 citato, circoscritto ai soli aiuti de minimis. Infatti, 
tenendo conto dell�architettura del testo, la disposizione contenuta al secondo comma del 
paragrafo 2, proprio per la sua specifica collocazione, pu� riferirsi solo al cumulo di pi� 
aiuti de minimis contemplato al primo comma, e non gi� avere ambito di applicazione generalizzato 
(si evidenzia l�inciso �[...] supera il massimale di cui al primo comma [...]�). 



54. Conseguentemente, anche volendo accettare la non cumulabilit� dell�aiuto de minimis in 
commento con il precedente aiuto di cui alla decisione del Consiglio 2003/530/CE, che 
non aveva le caratteristiche del de minimis, la disapplicazione della misura contestata da 
parte dell�amministrazione competente, vale a dire l�addebito degli interessi corrispondenti 
al periodo di ritardo nel pagamento della settima rata, rappresenterebbe, gi� di per 
s�, la massima conseguenza prevista dal trattato per gli aiuti non autorizzati, vale a dire 
la soppressione dell�aiuto concesso. 
55. L�addebito degli interessi come sopra indicato, e quindi la soppressione dell�ulteriore 
aiuto concesso, dovrebbe essere quindi sufficiente a garantire il pieno rispetto dell�articolo 
3, paragrafo 7, del regolamento n. 1535/2007, che si limita a sancire la non cumulabilit� 
degli aiuti de minimis con altri aiuti concessi per le stesse spese ammissibili, mentre la 
soppressione dell�aiuto de minimis non dovrebbe comportare anche l�annullamento del-
l�aiuto legalmente concesso; non pu� invero applicarsi, al caso in specie, l�articolo 3, paragrafo 
2, secondo comma del medesimo regolamento. Le disposizioni ivi contenute 
sembrano piuttosto finalizzate ad evitare che con una serie di aiuti de minimis concessi 
allo stesso soggetto possa essere aggirato il rispetto del massimale stabilito. 
56. In altre parole, non vi sono elementi che consentano di stabilire che i beneficiari dell�aiuto 
esistente, i quali abbiamo usufruito della misura contestata, debbano essere chiamati a 
restituire non solo l�importo corrispondente alla misura contestata, ma anche quello ricevuto 
a titolo di aiuto esistente (e, dunque, gli interessi non versati, sulla base della decisione 
di autorizzazione, con riferimento al primo programma di rateizzazione). 
57. N� pu� ritenersi che l�estensione della decisione di recupero anche all�aiuto esistente 
possa essere legittimamente fatta discendere dalla individuazione di una modifica sostanziale 
di quell�aiuto, idonea a far considerare le due misure come un unico aiuto nuovo, 
non notificato alla Commissione e quindi illegale. 
58. Una simile conclusione sarebbe l�evidente effetto del travisamento della nozione di �modifica 
dell�aiuto esistente�, rilevante ai fini dell�applicazione dell�art. 1, lett. c) del Reg. n. 
659/1999. In ogni caso, la Commissione sarebbe lontana dall�aver fornito un�adeguata 
motivazione circa la sussistenza delle condizioni di fatto per l�applicazione di tale nozione. 
59. � noto che la definizione della predetta nozione si ricava dal primo paragrafo dell�art. 4 
del Regolamento (CE) n. 794 del 2004, il quale dispone (sottolineature nostre): 


�1. Ai fini dell�articolo 1, lettera c) del regolamento (CE) n. 659/1999 si intende per modifica 
di un aiuto esistente qualsiasi cambiamento diverso dalle modifiche di carattere 
puramente formale e amministrativo che non possono alterare la valutazione della compatibilit� 
della misura con il mercato comune. Un aumento non superiore al 20% della 
dotazione originaria di un regime di aiuti non � tuttavia considerata come una modifica 
di un aiuto esistente�. 

60. Ora, nel nostro caso emerge ictu oculi che la misura contestata - anche a volerla ritenere 
quale modifica dell�aiuto esistente - fosse ampiamente contenuta al di sotto del 20% della 
dotazione originaria. La circostanza emerge dalla semplice considerazione che la proroga 
semestrale del termine di una della quattordici rate annuali del programma di rateizzazione 
corrisponde, appunto, alla met� di 1/14 dell�originario equivalente sovvenzione. 
61. � chiaro, quindi, che la modifica dell�aiuto esistente - consideriamola per il momento 
come tale - era largamente all�interno dei limiti che consentivano di fare applicazione 
della presunzione assoluta di (perdurante) compatibilit� dell�aiuto, posta dall�art. 4, par. 
1, del Reg. 794/2004. 



62. N� si vede perch� quest�ultima disposizione non debba trovare l�applicazione allorquando 
la compatibilit� dell�aiuto sia stata riconosciuta da una decisione del Consiglio ai sensi 
dell�art. 108, par. 2, comma 3 TFUE, anzich� da una decisione della Commissione. Una 
simile interpretazione, del tutto innovativa e contraria al tenore letterale delle pertinenti 
disposizioni di diritto dell�Unione, giustificherebbe, quanto meno a titolo di tutela del-
l�affidamento dello Stato membro coinvolto e dei beneficiari, che la decisione di recupero 
si limitasse agli importi concessi con la misura nuova e non si estendesse a quanto percepito 
per effetto dell�aiuto esistente. 
63. Inoltre, anche a voler ritenere inapplicabile la presunzione di compatibilit�, la Commissione 
avrebbe dovuto chiarire, in omaggio alla regola generale posta dal citato art. 4, par. 
1, del Reg. 794/2004, perch� la ritenuta modifica dell�aiuto esistente finisse per �alterare 
la valutazione della compatibilit� della misura� con il mercato interno. Questa motivazione 
non � stata fornita dalla Commissione perch� essa ha preso le mosse, nuovamente, 
dell�erroneo convincimento che l�aiuto esistente fosse, in buona sostanza, gi� incompatibile 
con il mercato interno. Ma, in effetti, nessuna istituzione dell�Unione ha mai dato 
questa valutazione di incompatibilit�, la quale non si ricava dalla considerazione che la 
misura � stata autorizzata all�unanimit� del Consiglio. Infatti, come si evince dalla procedura 
descritta dall�art. 108, par. 2, comma 3 TFUE la decisione del Consiglio interviene 
prima della eventuale decisione della Commissione sulla compatibilit� e nulla autorizza 
a ritenere, ora per allora, che questa decisione sarebbe stata negativa. 
64. Ma, come si � prima anticipato, neanche pu� darsi per scontato - cos� come, invece, ha 
sostanzialmente fatto la Commissione - che la misura contestata costituisse una modifica 
dell�aiuto esistente e non una misura di aiuto a s� stante. 
65. Nella giurisprudenza del Tribunale si trova affermato che, qualora le modifiche apportate 
ad un regime di aiuti esistenti siano chiaramente separabili dal regime inizialmente previsto, 
sono soltanto queste che assumono la qualificazione di �aiuti nuovi�, senza pregiudicare 
la perdurante attribuzione della qualifica di aiuto �esistente� al regime originario 
e che Ǐ (...) solo nell�ipotesi in cui la nuova modifica incida sulla sostanza stessa del 
regime iniziale che tale regime viene trasformato in un regime di aiuti nuovo� (4). 
66. La Commissione avrebbe, pertanto, dovuto ben altrimenti chiarire per quale ragione la 
proroga semestrale concessa - soprattutto alla luce dei limitatissimi effetti incontestatamente 
da essa prodotti - incidesse sulla sostanza stessa del regime iniziale, ossia comportasse 
una non marginale alterazione degli effetti distorsivi del mercato da esso prodotti, 
anzich� limitarsi ad affermare, come ha fatto al punto 39 della decisione impugnata, che 
�la proroga non pu� (...) considerarsi priva di qualsiasi relazione con la rateizzazione 
istituita con decisione 2003/530/CE�. Infatti, non �ogni relazione� con l�aiuto esistente 
integra la nozione normativa di modifica di aiuto esistente, ma solo quella relazione che 
incide sulla sostanza di tale aiuto. 


67. La decisione impugnata �, pertanto, illegittima anche per non avere sufficientemente motivato 
sul rigetto dell�argomentazione delle autorit� italiane, secondo la quale il regime 
contestato rappresentava una �misura a s� stante� e non una integrazione dell�aiuto esistente. 


(4) Sentenza 30 aprile 2002, cause riunite T-195/01 e T-207/01, Government of Gibraltar c. Commissione, 
punti 109 e 111. 


V CONCLUSIONI 

68. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano chiede al Tribunale 
dell�Unione europea, in accoglimento dei proposti motivi di ricorso, di: 

- annullare la decisione della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, 
notificata il successivo 18 luglio, relativa all�aiuto di Stato SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 
(11/NN)] concesso dall�Italia (proroga del pagamento dei prelievi sul latte in Italia), per 
le ragioni illustrate nei motivi di ricorso; 
- in subordine, di annullare la suddetta decisione nella parte (art 2, lettere b, c e d) in cui 
estende l�obbligo di recupero agli aiuti derivanti dalla decisione del Consiglio n. 
2003/530/CE; 
- condannare la Commissione al pagamento delle spese. 


Roma, 27 settembre 2013 

Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

Paolo Grasso 
avvocato dello Stato 

TRIBUNALE DELL�UNIONE EUROPEA 

MEMORIA DI REPLICA 
del GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in persona dell�Agente designato per il presente 
giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l�Ambasciata d�Italia 

- ricorrente 


contro 
La COMMISSIONE EUROPEA, rappresentata e difesa dalla sig.ra Petra Nemeckova e dai signori 
Daniele Nardi e Davide Grespan, membri del Servizio giuridico, con domicilio eletto in Lussemburgo, 
edificio Bech, 2721, presso la sig.ra Merete Clausen, anch�essa membro del Servizio 
giuridico 

- convenuta -

nella causa T-527/13 
avente ad oggetto la domanda di annullamento, ai sensi dell�art. 263 del TFUE, della decisione 
della Commissione n. C (2013) 4046 final del 17 luglio 2013, notificata il successivo 18 luglio, 
relativa all�aiuto di Stato SA.33726 (11/C) [ex SA.33726 (11/NN)] concesso dall�Italia (proroga 
del pagamento dei prelievi sul latte in Italia). 

*** 

1. Letto il controricorso depositato dalla Commissione europea (in prosieguo la �Commissione
� o �Controparte�), il Governo italiano espone, con il presente scritto, alcune brevi 
considerazioni in replica. 
2. A sostegno del proprio ricorso, il Governo italiano ha dedotto due distinti motivi: la violazione 
dell�articolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007 e quella dell�articolo 
3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1535/2007. 
3. Con il primo motivo di ricorso, il Governo italiano ha contestato l�interpretazione data 
dalla Commissione alla decisione 2003/530/CE del Consiglio, ossia che l�aiuto con la 
stessa approvato costituiva �il massimo concedibile in quel determinato contesto, vale a 
dire l�equivalente di un aiuto al 100%�, argomentando in contrario che l�aiuto autorizzato 
dal Consiglio, in applicazione dell�articolo 108, paragrafo 2, terzo comma, del trattato, 
non rappresentava affatto l�importo massimo che poteva essere concesso ai produttori di 





latte, dato che l�indubbia esistenza delle �circostanze eccezionali�, che avevano portato 
all�autorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti, non poteva costituire di per 
s� un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit�, per i beneficiari, di ottenere in futuro 
un eventuale ulteriore sostegno. 


4. Con il secondo motivo di ricorso, il Governo italiano ha rilevato che la Commissione, pur 
senza affermarlo espressamente, ha in concreto inteso applicare alla fattispecie il secondo 
comma dell�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007, dal momento che 
ha previsto un recupero circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente usufruito 
della proroga di pagamento ed hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente 
incompatibile con il mercato interno. Ha quindi contestato tale applicazione per 
insussistenza dei presupposti, non essendo provato che la proroga avesse comportato il superamento 
del massimale consentito ai sensi del primo comma della citata disposizione 
nonch� per la riconducibilit� della norma al solo cumulo di pi� aiuti de minimis. 
5. Nel controricorso, la Controparte ha eccepito, in ordine al primo motivo di ricorso, che, 
ai fini dell�applicazione dell�articolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, 
le condizioni stabilite dalla decisione di approvazione definivano l�intensit� massima 
d�aiuto che poteva essere concesso, e che pertanto qualsiasi regime che avesse previsto 
un aiuto ulteriore avrebbe comportato la concessione di un aiuto di intensit� superiore a 
quella prevista dalla normativa dell�Unione (paragrafo 16 del controricorso). 
6. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, la Controparte ha sostanzialmente sottolineato 
l�erroneit� degli assunti su cui lo stesso � fondato, ossia che la Commissione avrebbe applicato 
al caso di specie il secondo comma dell�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento 
(CE) n. 1535/2007 ed avrebbe ritenuto che la proroga costituisse una modifica sostanziale 
e non separabile del regime di aiuti di cui alla decisione di autorizzazione. Al riguardo ha 
eccepito, da una parte, che la Commissione non doveva e non ha fatto applicazione del secondo 
comma dell�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 (paragrafo 
31 del controricorso) e, dall�altra, che la stessa ha sempre fatto riferimento a due misure 
di aiuto ben distinte, di cui la prima costituita dall�aiuto connesso alla proroga di pagamento 
e la seconda dal nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione (paragrafo 
34 del controricorso), concludendo che entrambi gli aiuti sono incompatibili. 
7. Ad avviso del Governo italiano, le argomentazioni difensive offerte dalla Commissione 
non appaiono idonee ad inficiare la correttezza e la fondatezza dei motivi di ricorso pro-
posti avverso la decisione impugnata ed a convincere circa la legittimit� di quest�ultima. 
8. Con riguardo al primo motivo di ricorso, si osserva che la materia del contendere ruota 
fondamentalmente intorno alla corretta interpretazione dell�articolo 3, paragrafo 7, del 
regolamento (CE) n. 1535/2007 (�gli aiuti de minimis non sono cumulabili con aiuti pubblici 
concessi per le stesse spese ammissibili se tale cumulo d� luogo a un�intensit� 
d�aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, dalla normativa 
comunitaria�), dovendosi verificare se la misura della rateizzazione istituita con 
decisione 2003/530/CE del Consiglio rappresentava o meno il massimo concedibile in 
questo contesto, vale a dire l�equivalente di un aiuto al 100%, e dunque se la proroga introdotta 
con la legge n. 10/2011 abbia determinato o meno il superamento dell�intensit� 
massima dell�aiuto autorizzato. 
9. La Commissione ha ritenuto sul punto (paragrafo 14 del controricorso), condivisibilmente, 
che �l�aiuto � eccezionalmente considerato compatibile�, e tuttavia ha poi aggiunto, apoditticamente 
e dunque contestabilmente, �semprech� talune condizioni siano rispettate�. 



Ha spiegato (paragrafo 15) che il rispetto delle condizioni della decisione di approvazione 
costituiva un elemento sine qua non della compatibilit� dell�aiuto, che (paragrafo 17) la 
proroga incideva su una delle condizioni stabilite dalla decisione di approvazione, e che 
dunque (paragrafo 18) essa, consentendo ai produttori di non rispettare la normativa comunitaria 
applicabile, non era configurabile come aiuto de minimis. 

10. Il ragionamento di Controparte � infondato giacch� poggia su un presupposto erroneo, 
quello per cui il Consiglio, nel dispositivo della propria decisione 2003/530/CE, aveva 
stabilito che l�aiuto di Stato ivi contemplato andava considerato compatibile con il mercato 
interno �eccezionalmente� e non gi� �tenuto conto delle circostanze eccezionali�, 
di talch� avrebbe inteso �segnalare la concessione dell�aiuto conferendogli un carattere 
unico, nonostante l�esistenza di circostanze eccezionali di cui al punto 8 del preambolo�. 
11. Si deve al contrario ribadire (richiamando quanto rilevato ai paragrafi 42 e seguenti del 
ricorso) che l�aiuto autorizzato dal Consiglio, in applicazione dell�articolo 108, paragrafo 
2, terzo comma, del trattato, non rappresentava affatto l�importo massimo che poteva essere 
concesso ai produttori di latte, dato che l�indubbia esistenza delle �circostanze eccezionali
�, che avevano portato all�autorizzazione del piano di rateizzazione dei pagamenti, 
non poteva costituire di per s� un fattore di esclusione di qualsiasi possibilit�, per i beneficiari, 
di ottenere in futuro un eventuale ulteriore sostegno. Infatti, a ben vedere, sia il 
Trattato che la decisione del Consiglio si limitavano a citare le circostanze eccezionali, 
senza imporre restrizioni di alcun genere in relazione alla natura e alle modalit� di applicazione 
degli aiuti autorizzati. 
12. La motivazione testuale che ha indotto il Consiglio a ritenere compatibile con il mercato 
comune l�aiuto ivi contemplato conferma tale assunto. L�ottavo �considerando� della relativa 
decisione recita: �Per evitare ai singoli produttori di latte italiani interessati insostenibili 
problemi finanziari, che sarebbero probabilmente causati da un immediato recupero 
globale degli importi dovuti, e quindi allentare le tensioni sociali esistenti, si riconosce 
l'esistenza di circostanze eccezionali che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 87 del 
trattato, autorizzano a considerare l'aiuto che la Repubblica italiana intende concedere 
ai suddetti produttori di latte, sotto forma di anticipi e pagamenti differiti, compatibile con 
l'organizzazione comune dei mercati, in deroga all'articolo 87 del trattato�. 
13. Dall�evidente assenza di restrizioni esplicite o implicite in ordine alla natura e alle modalit� 
di applicazione degli aiuti autorizzati consegue che ingiustificatamente la Commissione 
ha affermato che il Consiglio avrebbe inteso �segnalare la concessione 
dell�aiuto conferendogli un carattere unico, nonostante l�esistenza di circostanze eccezionali 
di cui al punto 8 del preambolo�. 
14. Pertanto, se la misura della rateizzazione istituita con decisione 2003/530/CE del Consiglio 
non rappresentava �il massimo concedibile in questo contesto, vale a dire l�equivalente 
di un aiuto al 100%�, l�aggiunta della una proroga di pagamento di cui alla legge 
italiana n. 10/2011, che ha introdotto all�articolo 1 del decreto legge 29 dicembre 2010, 


n. 225, il comma 12 duodecies, non poteva comportare in via automatica l�applicazione 
delle disposizioni dell�articolo 3, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1535/2007, come 
erroneamente deciso dalla Commissione. 

15. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, la Controparte ha negato di aver applicato al 
caso di specie il secondo comma dell�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 
1535/2007 ed ha sottolineato di avere sempre fatto riferimento a due misure di aiuto ben 
distinte: la prima costituita dall�aiuto connesso alla proroga di pagamento e la seconda 





dal nuovo aiuto sorto dalla violazione della decisione di autorizzazione, concludendo che 
entrambi gli aiuti sono incompatibili. 


16. In ordine al primo profilo, si prende atto dell�affermazione di Controparte che la decisione 
impugnata non costituisce applicazione del secondo comma dell�articolo 3, paragrafo 2, 
del regolamento (CE) n. 1535/2007, e pertanto si rileva, di conseguenza, che essa risulta 
priva di riferimenti normativi che possano legittimarla. 
17. Infatti, il secondo comma dell�articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1535/2007 
(�Se per una misura di aiuto l�importo complessivo dell�aiuto concesso supera il massi-
male di cui al primo comma, tale importo complessivo non pu� beneficiare dell�esenzione 
prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massi-
male. In questo caso, tale misura d�aiuto non pu� beneficiare delle disposizioni del presente 
regolamento, n� al momento della concessione dell�aiuto, n� in un momento 
successivo�) costituiva a ben vedere l�unico appiglio positivo su cui la decisione avrebbe 
potuto astrattamente basarsi. Avendo per� la Controparte esplicitamente e ufficialmente 
escluso, con il controricorso, che la suddetta disposizione rappresenti la base normativa 
che sorregge il recupero cos� come concretamente disposto (1), ne discende che, per ci� 
solo, il recupero che coinvolge misure diverse rispetto a quella veicolata con la legge italiana 
n. 10/2011, che ha introdotto all�articolo 1 del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 
225, il comma 12 duodecies, si rivela illegittimo, con conseguente fondatezza della domanda 
di annullamento, in parte qua, della decisione impugnata. 
18. In ordine al secondo profilo, qualificato dalla Controparte (cfr. paragrafo 32 del contro-
ricorso) come il �secondo fraintendimento su cui si basa il ricorso (ovvero che la Commissione 
avrebbe considerato la proroga come modifica sostanziale e non separabile del 
regime di aiuti di cui alla decisione d�autorizzazione)�, la Commissione ha sottolineato 
di avere sempre fatto riferimento a due misure di aiuto ben distinte: la prima costituita 
dall�aiuto connesso alla proroga di pagamento e la seconda dal nuovo aiuto sorto dalla 
violazione della decisione di autorizzazione, concludendo che entrambi gli aiuti sono incompatibili 
(cfr. paragrafo 34 del controricorso). 
19. Questa difesa contesta recisamente tale impostazione, facendo rilevare che la qualificazione 
di un unico intervento normativo (la proroga introdotta con la legge italiana n. 
10/2011) come �ambivalente�, ossia autonomamente illegittimo da una parte e contestualmente 
avente riflessi modificativi di una misura precedente a suo tempo approvata 


(1) Il recupero disposto dalla Commissione � circoscritto unicamente a coloro i quali hanno effettivamente 
usufruito della proroga di pagamento ed hanno quindi beneficiato di un aiuto complessivamente 
incompatibile con il mercato interno, ed ha ad oggetto i seguenti elementi: 
a) gli interessi connessi alla proroga del pagamento della rata di prelievo che scadeva il 31 dicembre 
2010, maggiorati degli interessi di mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
b) gli interessi maturati sugli annualit� giunte a scadenza ii 31 dicembre degli anni 2004, 2005, 2006, 
2007, 2008 e 2009 (il capitale di tali annualit� � stato pagato prima che la proroga di pagamento comportasse 
una violazione della decisione del Consiglio), maggiorati degli interessi di mora maturati fino 
alla data del recupero effettivo; 
c) gli interessi maturati sulle annualit� giunte a scadenza il 31 dicembre degli anni 2011 e 2012 (nessuna 
informazione dimostra che il capitale non � stato pagato alla scadenza), maggiorati degli interessi di 
mora maturati fino alla data del recupero effettivo; 
d) il capitale e gli interessi connessi alle annualit� che giungono a scadenza il 31 dicembre 2013, 2014, 
2015, 2016 e 2017, data ultima dello scadenzario istituito con decisione del Consiglio. 


con la decisione di autorizzazione, si traduce in un�alterazione surrettizia e ingiustificata 
del contesto in esame, giungendo a conseguenze aberranti. 

20. Non appare invero ragionevole sostenere che un unico aiuto possa possedere doppia valenza, 
come se consistesse in due distinte misure, di cui una costituita dall�aiuto connesso 
alla proroga di pagamento e l�altra da un fantomatico nuovo aiuto sorto dalla violazione 
della decisione di autorizzazione, giungendo per tale via al punto di dichiarare che �entrambi 
gli aiuti sono incompatibili� e di �ordinare la restituzione degli importi concessi 
ai sensi delle due misure�. 
21. Si rileva in contrario che l�aiuto concesso con la misura del 2010 - cio� il differimento di 
sei mesi del pagamento di una rata - deve essere preso in considerazione e giudicato solo 
in se stesso come entit� autonoma, per cui, laddove dovesse essere ritenuto illegale, ben 
potrebbe essere eliminato attraverso la sola disapplicazione della norma che lo introduce 
nell�ordinamento da parte dell�amministrazione competente e, quindi, con il recupero 
degli interessi corrispondenti al periodo di ritardo nel pagamento della settima rata rappresenterebbe, 
gi� di per s�, la massima conseguenza prevista dal trattato per gli aiuti non 
autorizzati, ossia la soppressione dell�aiuto concesso. 
22. L�addebito degli interessi come sopra indicato, e quindi la soppressione del nuovo aiuto 
concesso, dovrebbe essere quindi sufficiente a garantire il pieno rispetto dell�articolo 3, 
paragrafo 7, del regolamento CE n. 1535/2007, che si limita a sancire la non cumulabilit� 
degli aiuti de minimis con altri aiuti concessi per le stesse spese ammissibili, mentre la 
soppressione dell�aiuto de minimis non dovrebbe comportare anche l�annullamento del-
l�aiuto legalmente concesso. 
23. Non � invece possibile considerare tale misura, nel contempo, elemento di un nuovo aiuto, 
che faccia decadere i beneficiari anche dall�aiuto autorizzato dal Consiglio (cos� come fa 
la Commissione, al punto 35 della decisione, ripreso al par. 28 del controricorso). Ci� 
anche perch�, come illustrato nel ricorso (v. punti da 56 a 66, ai quali per brevit� si rinvia), 
per giungere a tale conclusione la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che fossero 
integrati i presupposti previsti dall�art. 4 del Reg. (CE) n. 794 del 2004, che descrive appunto 
la nozione di �modifica dell�aiuto esistente�, stabilendo le condizioni in forza delle 
quali una simile modifica integra un aiuto nuovo. 
24. In conclusione, poich� nessuno degli argomenti sollevati dalla Controparte appare fondato, 
il ricorso dovr� essere accolto. 
*** 


25. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo della Repubblica Italiana, 
richiamata ogni ulteriore argomentazione e deduzione formulata nei precedenti scritti difensivi, 
insiste nelle conclusioni rassegnate nel ricorso e confida nel loro accoglimento. 


Roma, 27 gennaio 2014 
Sergio Fiorentino 
avvocato dello Stato 

Paolo Grasso 
avvocato dello Stato 


Causa T-695/13 - Materia: Reti transeuropee -Ricorso proposto il 31 dicembre 
2013 - ENAC / Commissione e TEN-T EA. 

TRIBUNALE DELL�UNIONE EUROPEA 
RICORSO 
Ai sensi dell�art. 263 del TUEF 


per 

L�ENAC Ente Nazionale per l�Aviazione Civile in persona del Direttore pro-tempore, 
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici � domiciliato 
in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 (posta elettronica certificata: 
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06-96514000) 

ricorrente 

contro 
La COMMISSIONE DELL'UNIONE EUROPEA, in persona del suo rappresentante pro tempore, 
e contro 
La TRANS-EUROPEAN TRANSPORT NETWORK EXECUTIVE AGENCY, in persona del suo 
rappresentante pro tempore 

resistente 

e nei confronti della 

SACBO S.P.A., con sede in Grassobbio (Bergamo-Italia), via Orio al Serio n. 49/51 (CF. 
00237090162), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante 
Sig. Palmiro Radici (C.F. RDCPMR41A10E509N) 

per l'annullamento 

della nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 
avente ad oggetto: �studio per lo sviluppo dell�intermodalit� dell�Aeroporto di Bergamo Orio 
al Serio� con la quale la Commissione Europea ha preannunziato l�inizio della procedura per 
il rimborso di parte del contributo concesso per la realizzazione di detto studio e l�invio di 
una �debit note� per l�ammontare di euro 158.517,54; 

della determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans-European Transport 
Network Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella predetta nota del 23 ottobre 2013, 
ed avente ad oggetto la �Chiusura dell'azione 2009-IT-91407-S - "Studio per lo sviluppo intermodale 
dell'Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio" - Decisione della Commissione 
C(2010)4456�, nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non sovvenzionabili 
i costi relativi alle attivit� 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7, gi� da tempo espletate, richiedendo la restituzione 
dell'importo di Euro 158.517,54. 

FATTO 

1 La SACBO S.p.A., societ� di gestione dell�Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio ha 
attivato una richiesta di cofinanziamento per l�assegnazione di un contributo per lo sviluppo 
delle reti transeuropee dei trasporti (TEN-T) con riferimento all�Annual Work Programme 
2009 presentando lo �Studio per lo sviluppo dell�intermodalit� dell�Aeroporto di Bergamo 
Orio al Serio�. 

2 A seguito di parere favorevole sul progetto, espresso dalla competente Direzione Pianificazione 
Aeroportuale (oggi Direzione Pianificazione e progetti) l�ENAC, in qualit� di soggetto 
proponente, ha predisposto la documentazione per la successiva presentazione della 
domanda di partecipazione al bando per il tramite del Ministero italiano delle Infrastrutture e 
dei Trasporti. 


3 Con Decisione n. C(2010) 1108 del 05/03/2010, in esito alle procedure selettive riguardanti 
il Bando Annuale 2009, il suddetto studio � stato selezionato per un cofinanziamento 
dalla parte della Commissione Europea. 

4 In data 24/06/2010 la Commissione Europea, con Decisione n. C(2010)4456 (cfr Allegato 
n. 1) ha concesso, a favore del predetto Studio, un contributo finanziario dell�ammontare 
massimo di 800.000,00 Euro, pari al 50% del costo totale stimato dello studio. 

5 La Decisione individua l�ENAC come Beneficiario del contributo finanziario messo 
a disposizione e riconosce la presenza di un ente attuatore e cofinanziatore (c.s. implementing 
body) per la realizzazione delle singole attivit� di cui � composto lo studio. 

6 Al fine di definire i ruoli e le responsabilit� in capo al soggetto beneficiario e al soggetto 
attuatore nonch� cofinanziatore (SACBO S.p.A.). in conformit� a quanto stabilito nella 
Decisione di finanziamento, e di individuare le modalit� per il trasferimento del finanziamento 
da ENAC in favore di SACBO, � stata stipulata una Convenzione tra I�Ente e Ia SACBO 

S.p.A (cfr. Allegato n. 2). 

7 Nel corso dello svolgimento dell�azione, I�ENAC ha provveduto ad erogare in favore 
di SACBO la somma di 400.000,00 Euro ricevuta dalla Commissione a titolo di prefinanziamento 
e a trasmettere, in qualit� di Beneficiario, le relazioni intermedie predisposte dalla 
SACBO, riguardanti lo stato d�avanzamento del progetto all�Agenzia Ten-T (Agenzia istituita 
dalla Commissione Europea per l�attuazione del programma della rete transeuropea di trasporto.) 

8 L�azione � terminata il 31/12/2011 ed il Master Plan Finale dello Studio in data 
29/03/2012 � stato formalmente approvato dallo Steering Committee composto dall�ing. Alessandro 
Cardi per conto dell�ENAC e da qualificati rappresentanti della SACBO. 

9 A seguito dell�ultimazione dello Studio (31/12/2011), in adempimento alla Decisione 
Comunitaria, l�ENAC (ente Beneficiario) ha presentato all�Agenzia la relazione finale ed il 
rendiconto finanziario dell�attivit� svolta (c.d. Final Report and Financial Statement), validati 
dal Ministero italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti. 

10 Sulla base della suddetta documentazione, l�Agenzia Ten-T ha effettuato delle procedure 
di verifica per determinare i costi ammissibili ed il saldo del finanziamento a favore dello Studio. 

11 L�Agenzia con nota prot. ARES(2013)363828 del 18/03/2013 (cfr. Allegato n.3) ha 
comunicato che non sono stati ritenuti ammissibili i costi di alcuni affidamenti in quanto non 
conformi alla normativa Europea sugli affidamenti ed ha per altro, rideterminato il contributo 
finanziario comunitario concesso in 241.482,46 Euro. 

12 Tenuto conto che la Commissione Europea aveva provveduto ad erogare aIl�ENAC 
Ia quota di 400.000,00 Euro a titolo di pre-finanziamento, l�Agenzia ha altres� comunicato 
che avrebbe provveduto ad emettere una nota di debito. 

13 In seguito, in linea con le indicazioni contenute nella richiamata Decisione, si � svolto 
il contraddittorio tra Agenzia Ten-T e Beneficiario e quindi il soggetto attuatore per Ia presentazione 
di osservazioni e controdeduzioni alla nota di chiusura dell�Azione. 

14 Contemporaneamente la SACBO SpA ha impugnato la nota di chiusura dell�Azione 
dell�Agenzia TEN-T ed il giudizio attualmente pende innanzi a codesto On. Tribunale Europeo. 
15 L�Agenzia TEN-T, esaminate le osservazioni formulate dalla SACBO SpA (Allegati 

n. 4 e n. 6), ha confermato, con lettera prot. Ares (2013) 3321778 del 23/10/2013 (cfr. Allegati 
n. 5 e n. 7), le conclusioni precedentemente formulate ed ha trasmesso al Beneficiario in data 
5/11/2013 Ia nota di debito (cfr. Allegato n. 8) per la restituzione, entro il termine perentorio 
del 19/12/2013, della somma di 158.517,54 Euro corrispondente alle spese non riconosciute 
ammissibili a finanziamento. 



16 Con nota prot. 0132394/DG del 22/11/2013 l�ENAC (cfr. Allegato n. 9) ha provveduto 
a richiedere alla SACBO SpA la restituzione dell�importo dovuto entro il 2/12/2013 per il successivo 
e tempestivo trasferimento alla Commissione Europea, in conformit� alle previsioni 
della Convenzione sottoscritta tra ENAC e SACBO SpA il 25/11/2010, in base alle quali le 
spese non riconosciute ammissibili rimangono a carico del soggetto attuatore - SACBO SpA. 

17 l�ENAC, destinatario della citata nota di debito in qualit� di beneficiario, al fine di 
evitare che potessero comunque decorrere, a partire dal 19 dicembre p.v., interessi moratori, 
ha provveduto al pagamento, con espressa riserva di ripetizione all�esito del giudizio. 

18 VՏ da rilevare che la determinazione finale dell�Agenzia TEN-T � sicuramente errata 
a fronte dell�indubbio risultato ottenuto. Infatti, la determinazione in data 18 marzo 2013 (notificata 
all'ENAC in data 26 marzo 2013), ha escluso dal cofinanziamento la massima parte delle 
voci di spesa, considerando riconoscibili costi per soli euro 482.964,91 (a fronte delle spese complessive, 
integralmente sostenute e provate per ogni singola componente, di euro 1.485.604,03). 

19 La motivazione di siffatta grave decurtazione � del seguente tenore: 

"The external costs related to activities 1, 2.1, 4, 5, 6 and 7 are considered ineligible 
due to non-compliance with EU procurement rules. The referred activities were implemented 
through separate contracts which all have been awarded directly without respecting the principle 
of sound financial management and without allowing for a sound, transparent and competitive 
process. In particular the splitting-up of the contracts concerned has not been justified 
and the reasons given by the implementing body for derogating from public procurement rules 
are neither technically nor legally acceptable. In addition, it has been established that the 
subject of the contracts concerned are so closely linked that they should have been tendered 
together, therefore considering the aggregate value of the contracts it has been concluded that 
the contracts was artificially split up to avoid application of national and EU public procurement 
rules. This is not in compliance with Article 17 (2) of Directive 2004/17/EC and thus, in 
accordance with Article III.3.7 (f) of Commission Decision (2010) 4456, the costs related to 
all the directly awarded contracts are considered ineligible and cannot be co-financed". 

20 Conseguentemente, dunque, il contributo comunitario � stato limitato ad euro 
241.482,46 (euro 482.964,91: 2) e la SACBO, che pure ha gi� sostenuto l'intero costo del-
l'operazione e che ha ricevuto (tramite l'ENAC) soltanto l'anticipo europeo di 400.000,00 
euro, dovrebbe altres� restituire a TEN-T EA il cospicuo ulteriore importo di euro 158.517,54. 

21 La suddetta determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans-European 
Transport Network Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella impugnata nota della 
Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente ad oggetto: �studio 
per lo sviluppo dell�intermodalit� dell�Aeroporto di Bergamo Orio al Serio� � quindi gravemente 
illegittima (nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non 
sovvenzionabili i costi sostenuti dalla SEBCO, per attivit� gi� da tempo espletate, richiedendo 
la restituzione dell'importo di Euro 158.517,54) e pertanto se ne chiede l�annullamento per 
gli stessi motivi gi� in parte esposti dalla SACBO nel giudizio pendente presso codesto On. 
Tribunale e che di seguito si riportano 

DIRITTO 

Primo motivo. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed estrinseca) 
e assertoria. 

22 L�impugnata nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 
3321778 avente ad oggetto: �studio per lo sviluppo dell�intermodalit� dell�Aeroporto di Bergamo 
Orio al Serio� che come si � pi� volte detto richiama la precedente determinazione 


datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans- European Transport Network Executive Agency 
(TEN-T EA) � cos� apoditticamente motivata: �I regret to inform you that the Agency hasn�t 
noted any new elements allowing us to modify our previous assessment. I therefore consider 
that the assessment of the final report and financial statement as communicated to you in our 
letter of 18 March 2013 ref. Ares (2013) 3321778) is now final�. 

23 La motivazione su riportata omette del tutto di illustrare quali siano le ragioni di fatto 
e di diritto per le quali la Commissione abbia ritenuto di respingere le obiezioni rivolte al suo 
precedente assessment. 

24 In particolare, la Trans- European Transport Network Executive Agency (TEN-T 
EA) ha confermato le sue precedenti posizioni omettendo di chiarire le ragioni di fatto e gli 
argomenti di diritto sulla cui base � giunta a tale determinazione. 

25 La nota impugnata merita dunque di essere annullata. Infatti � principio di diritto comune 
che il provvedimento amministrativo � viziato tutte le volte in cui la sua motivazione 
risulti �meramente apparente�, e cio� pur essendo materialmente individuabile nel testo scritto, 
tuttavia non consente di rilevare quale sia stata la �ratio decidendi�. 

26 Ci� accade sicuramente quando il provvedimento � motivato unicamente �per relationem� 
mediante rinvio a precedenti richiamati in modo acritico, omettendo un qualsiasi riferimento 
ai fatti specifici oggetto di critica. 

27 Il provvedimento impugnato avrebbe dovuto contenere tra l�altro l�esposizione dei 
motivi in fatto e in diritto che hanno indotto l�Agenzia a ritenere che �hasn�t noted any new 
elements allowing us to modify our previous assessment�. 

28 In tema di contenuto � sempre necessaria una disamina logico-giuridica che lasci trasparire 
il percorso logico seguito. Non viene fornita, infatti, spiegazione alcuna di come i principi 
generali regolanti la materia, n� le norme di riferimento debbano essere applicati nella 
concreta fattispecie. 

29 Una siffatta esposizione, alla luce dei principi normativi e giurisprudenziali sopra 
esposti, non pu� soddisfare assolutamente l�obbligo di motivazione di un atto amministrativo. 

30 In particolare, risulta meramente apparente sia la parte c.d. statica della motivazione (si 
da atto di aver esaminato le controdeduzioni e i documenti senza indicarne nemmeno succintamente 
il contenuto), sia quella c.d. dinamica, necessaria alla ricostruzione dell�iter logico seguito. 

31 � cos� impedita la comprensione di quali questioni di fatto e/o di diritto la Commissione 
abbia preso in esame e su quali elementi di legittimit� e di merito abbia fondato la propria 
decisione. 

32 N� � sufficiente il generico richiamo alla correttezza del precedente assessment al fine 
di ritenere assolto l�obbligo di motivazione, nemmeno sub specie di motivazione per relationem. 

33 E invero, che l�Agenzia avesse espresso, quand�anche sinteticamente, le ragioni della 
conferma della precedente decisione in relazione ai motivi di critica proposti, in modo che il percorso 
argomentativo desumibile attraverso la parte motiva dei due atti risulti appagante e corretto. 

34 Il che presuppone che sia comunque riportato, ancorch� sommariamente, il contenuto 
dell�atto precedente e delle critiche ad esso rivolte in modo da rendere chiaro e trasparente il 
contenuto del ragionamento al quale l�Agenzia ha inteso aderire. 

35 In conclusione. La nota impugnata � insufficiente in ordine alla reale motivazione 
della decisione. Il che implica che la stessa sia stata adottata in violazione delle forme sostanziali, 
dato che come tale dev'essere considerata una motivazione che che non consenta agli 
interessati di comprendere la reale giustificazione della misura assunta (Tribunale di primo 
grado, sez. V 4 marzo 2009, in causa T-445/05). 


36 Pertanto va annullata la nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. 
Ares (2013) 3321778. 

Secondo motivo. Violazione dell'art. 17, par. 2 e 6 della Direttiva 2004/17/CE del 
Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004. Violazione dell'art. 296, par. 2, 
del T.F.U.E. e dell'art. 41 par. 2 lett. c) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione 
europea. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed estrinseca) e assertoria. 
Violazione dell'art. II.2.3 della decisione della Commissione (2010) 4456 del 24 giugno 
2010. 

37 La decisione, a cui rimanda per relationem l�impugnata nota del 23 ottobre 2013, 
nella sua parte motiva, asserisce che "i costi relativi alle attivit� 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7 sono ritenuti 
inammissibili per mancato rispetto della normativa europea sugli appalti". Ma, per dimostrare 
l'assunto, opera un ragionamento profondamente contraddittorio: da un lato afferma che vi 
sarebbe stata una ingiustificata "frammentazione dei contratti" (addirittura arrivando a parlare 
di "contratto... artificiosamente diviso"), ma d'altro lato afferma che "l'oggetto dei contratti" 
sarebbe "talmente connesso" che gli stessi avrebbero dovuto essere oggetto di una procedura 
unitaria di affidamento. 

38 Ma � chiaro che la seconda affermazione � di per s� idonea a confutare la prima. Se, 
infatti, si tratta di contratti ad oggetto connesso, si potr� discutere sulla necessit� di un loro 
affidamento unitario, ma si deve escludere -per la contraddizione che non lo consente- che vi 
sia stata indebita frammentazione di un contratto unitario: non vi pu� essere unitariet� di contratto 
ed unicit� del suo oggetto, se vi � connessione tra contratti diversi. 

39 In conclusione. La decisone impugnata � intrinsecamente contraddittoria e tale da 
non dare sicurezza in ordine alla reale motivazione della decisione. Il che implica che la stessa 
sia stata adottata in violazione delle forme sostanziali, dato che come tale dev'essere considerata 
una motivazione che presenti contraddizioni interne (Corte Giust. Grande sez. 10 luglio 
2008 causa C-413/06). 

40 In ogni caso non � vero che vi sia stata frammentazione di un contratto unitario (infra, 
par. 1.3, 1.4 e 16.5), cos� come non � vero che vi fosse necessit� di un affidamento unitario di 
pi� contratti tra di loro strettamente connessi (infra par. 16.6). 

41 Quanto al primo addebito (indebita frammentazione di un appalto unitario), la relativa 
confutazione scaturisce dall'oggetto dei singoli contratti, dalle diverse specializzazioni dei 
possibili contraenti, dall'ordine logico della relativa esecuzione e dalle valutazioni operate 
dalla stessa Commissione con la Decisione (2010) 4456 del 24 giugno 2010 di concessione 
del contributo finanziario. 

42 Che si tratti di appalti ad oggetto eterogeneo � dimostrato dal fatto che essi riguardano 
di volta in volta categorie diverse di servizi, alla stregua delle tabelle contenute negli allegati 
XVII A e XVII B della Direttiva 2004/17/CE. Si va, infatti, da servizi di consulenza tecnica (per 
le attivit� contrassegnate nella decisione di concessione del finanziamento come 1 e 6), a servizi 
di architettura e ingegneria (attivit� 2.1), a servizi legali (attivit� 4), a servizi di consulenza gestionale 
ed affini (attivit� 7) e cos� via. Ed � chiaro che a ciascuna di tale tipologia di servizi corrispondono 
diverse specializzazioni e diverse figure professionali di possibili esecutori. 

43 Inoltre tali servizi sono stati concepiti dalla decisione di concessione del finanziamento 
in rapporto di presupposto-consequenzialit�, nel senso che l'espletamento dell'uno presuppone 
la gi� avvenuta esecuzione (totale o parziale) dell'altro, con una tempistica affatto 
differenziata, come risulta dalla tabella contenuta a pag. 10 di detta decisione. Sicch� non v'� 
dubbio che nella decisione di concessione del contributo tali servizi siano stati considerati ad 


oggetto differenziato, come � dimostrato anzitutto dalle espressioni usate (si parla di "singoli 
studi che costituiranno la base del piano generale", si parla di "attivit� individuali descritte 
nella ripartizione del bilancio di cui all'art. II.3.3", si parla di "costi effettivi che rientrano 
nelle categorie indicate nell'importo previsto". 

44 E come � confermato anche dalla puntuale ed analitica descrizione dei contenuti delle 
singole attivit� ed anche delle sottoattivit� e persino dalla determinazione dei costi, individuati 
separatamente, per singole macroattivit�, da 1 ad 7 (cfr. Tabella contenuta a pag. 20 della Decisione 
pi� volte citata). 

45 Particolarmente significativa � in proposito la disciplina delle modifiche al piano di 
ripartizione dei costi, cos� come contenuto nella tabella da ultimo richiamata. Si legge infatti 
nell'art. III.2.7 della decisione di concessione del contributo (pag. 25) che "Durante l'esecuzione 
dell'azione il beneficiario pu� adeguare i costi delle attivit� individuali descritte nella 
ripartizione del bilancio di cui all'articolo II.3.3, a condizione che tale adeguamento sia necessario 
per realizzare gli obiettivi dell'azione e che il trasferimento tra attivit� non sia superiore 
al 20% del costo totale ammissibile di cui all'articolo II.3.1". 

46 Si tratta di una disciplina del tutto incompatibile con la tesi del contratto unitario. 
Essa ha un senso infatti solo in un contesto di una pluralit� di attivit�, ciascuna con un proprio 
tetto di costi, sia pure nell'ambito del budget complessivo previsto per l'intera iniziativa relativa 
allo sviluppo intermodale dell'aeroporto di Orio al Serio. 

47 Il che dimostra, appunto, che in base alla decisione di concessione del contributo dette 
attivit� di studio erano da considerare autonomamente anche dal punto di vista dei costi. E la 
decisione in questa sede impugnata, che viceversa ha ipotizzato una indebita frammentazione 
di un servizio unitario, contrasta non solo con la realt� delle cose, ma anche e soprattutto con la 
valutazione operata dalla stessa Commissione all'atto della concessione del contributo. 

48 Non v'� stato, dunque, alcun "splitting up" dei contratti, diverso da quello gi� contemplato 
per le principali attivit� (contrassegnate da 1 a 7) dalla decisione di concessione dei 
contributi. E non v'� stata alcuna "suddivisione dei progetti" (art. 17, par. 2, della Direttiva 
2004/17/CE), idonea a portare artificiosamente sotto soglia i singoli contratti, per eludere la 
disciplina europea degli appalti pubblici. 

49 Ora � noto che "vietati sono dunque i frazionamenti artificiosi di un appalto unitario. 
Sebbene la Corte valuti in modo assolutamente rigoroso tale divieto, un simile intento elusivo 
non pu� essere presunto tout court. Ogni singolo affidamento di appalto in forma frazionata 
va valutato alla luce del contesto e delle particolarit� del caso, controllando, in particolare, se 
ci siano motivi seri che depongano in senso favorevole oppure contrario al frazionamento di 
volta in volta considerato" (cfr. Conclusioni dell'Avvocato generale Verica Trstenjak, in data 
14 aprile 2010 in causa C-271/08 punto 165). E alla luce del contesto sinora esaminato (e tenuto 
conto anche delle approvazioni delle fasi intermedie, di cui si dir� nel successivo motivo 
di ricorso) la sussistenza di un intento elusivo non pu� che essere esclusa in radice. 

50 Ne deriva che la decisione impugnata ha operato una erronea applicazione del richiamato 
art. 17, par. 2, incorrendo in una chiara violazione, per cattiva applicazione, di una 
regola di diritto, rilevante ai sensi dell'art. 263 del T.F.U.E. 

51 Va soggiunto -per evitare equivoci- che se � pur vero che vi � stata una qualche ulteriore 
suddivisione di attivit�, rispetto a quanto contemplato nella decisione di concessione dei 
contributi, essa � tuttavia assolutamente irrilevante, ai fini del menzionato art. 17, par. 2. Si � 
trattato, infatti, di una suddivisione in subattivit� di attivit� (o macroattivit�) gi� di per s� ampiamente 
al di sotto della soglia comunitaria, sicch� � risultata del tutto ininfluente. 


52 E, invero, tale ulteriore suddivisione ha riguardato le attivit� contrassegnate con i numeri 
4 (fattibilit� giuridica e amministrativa) e 5 (fattibilit� finanziaria, economica e gestionale). Per 
le quali, appunto, sono stati assegnati contratti diversi, a seconda che la fattibilit� fosse giuridica 

o amministrativa, nel primo caso, ovvero finanziaria, economica e gestionale, nel secondo caso. 

53 Ma, come si diceva, si tratta di attivit� che gi� nella loro unitaria consistenza risultavano 
e risultano ampiamente inferiori alla soglia comunitaria, oltre la quale sarebbe scattato 
l'obbligo di applicazione della normativa europea sugli appalti pubblici. 

54 Infatti l'attivit� 4 prevedeva un costo complessivo di appena 50.000 euro e l'attivit� 
5 prevedeva un costo complessivo di appena 80.000 euro: sicch� entrambe erano di gran lunga 
lontane dalla soglia di 387.000 prevista dall'art. 16 della Direttiva 2004/17/CE, per imporre 
l'applicazione della relativa disciplina. 

55 Risulta cos� confermato che non v'� stata alcuna elusione della normativa CE ed alcuna 
artificiosa suddivisione degli studi e dei servizi affidati a terzi, rilevante ai sensi dell'art. 
17, par. 2 della citata Direttiva (� chiaro infatti che "un siffatto frazionamento � da considerarsi 
contrario alle citate direttive solo qualora persegua lo scopo di sottrarre la prevista acquisizione 
di beni e servizi all'applicazione delle direttive medesime": conclusioni dell'Avvocato Generale 
Verica Trstenjak cit. punto 165). N� pu� esservi elusione dal momento che la suddivisione 
delle attivit� era gi� stata considerata dalla stessa Commissione in sede di approvazione. In 
quella sede si deve dare per presupposto che il controllo della Commissione sia stato attento 
e approfondito. In ogni caso si tratterebbe di un errore in cui � incorsa la stessa Commissione, 
errore che esclude "a priori" la possibilit� che si tratti di elusione. 

56 Del pari risulta destituita di fondamento anche l'accusa (opposta alla prima) di non aver 
proceduto ad un affidamento unitario, trattandosi di contratti ad oggetto strettamente connesso. 

57 La relativa smentita scaturisce ancora una volta dalla decisione di concessione dei 
contributi, che viceversa ha ritenuto di ben distinguere i contenuti delle attivit� da 1 ad 7, individuandone 
specificamente, analiticamente e separatamente gli oggetti. Ed ha anche individuato 
separatamente i costi di ogni singola attivit�, compiendo cos� un'operazione che sarebbe 
stata superflua, in caso di necessario affidamento unitario di tutto il complesso delle attivit� 
(per il quale gi� sussisteva l'indicazione complessiva -euro 1.600.000- dell'intera operazione). 

58 Ma al di l� di quest'ultima osservazione, la censura risulta infondata anche per quel 
che concerne il suo presupposto. Essa, infatti, presuppone che vi fosse un obbligo di accorpamento 
di contratti "connessi", che peraltro non � certo contemplato nella Direttiva comunitaria. 

59 Quest'ultima, invero, all'art. 17, par. 6, prevede il caso di "un progetto di acquisto di 
servizi" che pu� "dar luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti". Ma 
si tratta di ipotesi diversa da quella prefigurata nel provvedimento impugnato (essa incide sul 
computo del singolo lotto, da affidare comunque separatamente, e non impone un affidamento 
unitario) e comunque non applicabile neppure essa al caso di specie. 

60 Anzitutto perch� per le diverse attivit� o macroattivit� (contemplate nella decisione 
di concessione del contributo e contrassegnate con i numeri da 1 a 7) non si pu� parlare di 
"lotti" di un stesso appalto, dato che il concetto di "lotto" implica la ripetitivit� qualitativa 
della attivit�, che nella specie, come si � visto, non esiste. In secondo luogo perch� nel nostro 
caso -e ancora una volta per espressa determinazione della decisione di concessione del contributo- 
le varie attivit� contrassegnate da 1 a 7 dovevano essere eseguite con tempistiche diverse: 
sicch� era previsto un ordine logico (ad esempio, lo studio preliminare -categoria 1doveva 
essere concluso prima delle altre attivit�) e temporale del tutto incompatibile con un 
affidamento "contemporaneo" di tutte le attivit� relative all'intera iniziativa finanziata. 


61 Le censure che precedono sono assorbenti. Infatti, gli ulteriori aspetti motivazionali, 
che si rinvengono nella decisione impugnata, non sembrano autonomi, ma appaiono mere articolazioni 
dei motivi gi� trattati e censurati. Il che vale in particolare con riferimento al cenno 
di mancato rispetto del "principio di sana gestione finanziaria", contenuto nell'art. III.3.7, lett. 
f) della decisione di concessione del contributo, che nel provvedimento impugnato appare 
una mera conseguenza della asserita frammentazione di un unico contratto: si legge infatti 
nella decisione impugnata che detta asserita frammentazione sarebbe "in violazione dell'Articolo 
17, comma 2, della Direttiva 2004/17/CE e, quindi, conformemente all'Articolo III.3.7, 
lett. f), della Decisione della Commissione (2010)4456, i costi relativi ai contratti affidati direttamente 
non sono ammissibili e, pertanto, non possono essere co-finanziati". 

62 Ove cos� non fosse, valgono le ulteriori censure che si passa ad esporre. Una violazione 
del principio di "sana gestione finanziaria", di cui all'art. III.3.7, lett. f), nella specie 
non � configurabile anzitutto per carenza di motivazione. Infatti, una volta escluso che esso 
dipenda da una artificiosa divisione di un unico contratto (che nella specie non esiste), non 
v'� nulla nella motivazione della decisione impugnata che spieghi le ragioni per le quali vi 
sarebbe stata detta violazione. 

63 Detta violazione, comunque non sussiste neanche nella realt� delle cose, dato che i 
costi per gli incarichi professionali appaltati a terzi risultano inferiori ai costi pro die del personale 
interno qualificato di SACBO, utilizzato per lo sviluppo dell'attivit� e riconosciuti 
come ammissibili dalla stessa agenzia TEN-T EA (punto 12). 

64 Se infine si ritenesse che la decisione impugnata abbia comunque lamentato la violazione 
del diritto europeo, pur trattandosi di contratti "sotto soglia", la stessa risulterebbe ancora 
una volta illegittima per assoluta mancanza di motivazione. � chiaro infatti che uno o 
pi� contratti "sotto soglia" possono ledere i principi scaturenti dalle libert� fondamentali del 
Trattato, se e in quanto si dimostri che detti contratti presentino o avessero presentato un "interesse 
transfrontaliero certo" (cfr. Corte di Giustizia, sez. II, 21 febbraio 2008 in causa C412/
04, Commissione/Italia e Corte di Giustizia, Grande Sezione, 13 novembre 2007, in causa 
C-507/03, Commissione/Irlanda; Comunicazione Interpretativa della Commissione 2006/C 
179/02, sub par. 1.3): e poich� nulla di simile si trova nella decisione impugnata, n� in altro 
atto della procedura relativa al progetto cofinanziato, in nessun caso si pu� parlare di violazione 
del diritto europeo anche sotto il profilo da ultimo preso in considerazione. 

Terzo motivo. Violazione dell'art. I.3.1 della Decisione della Commissione (2010) 
4456, in data 24 giugno 2010. Violazione dell'art. 41 par. 2 lett. c) della Carta dei diritti 
fondamentali dell'Unione europea. Violazione dell'art. 296 del Trattato sul Funzionamento 
dell'Unione Europea. Motivazione insufficiente, contraddittoria (intrinseca ed 
estrinseca) e assertoria. Violazione del principio dell'affidamento. 

65 Le affermazioni poste alla base della decisione impugnata sono, dunque, totalmente 
infondate per quel che si � sinora dedotto. Ma, ancor pi� radicalmente, esse configurano censure 
in ordine all'operato di SACBO che appaiono addirittura inammissibili, prima ancora 
che infondate, in quanto in contrasto con i riconoscimenti e le approvazioni gi� compiute da 
TEN-T EA, con riferimento alle Relazioni gi� presentate da SACBO medesima nel corso 
della procedura di espletamento dell'attivit� cofinanziata. 

66 Infatti, come si � gi� esposto in fatto, SACBO aveva gi� presentato ben due Relazioni, 
prima di quella finale. Ed entrambe sono state approvate incondizionatamente o, comunque, 
senza alcuna riserva che possa essere ricollegata aduna presunta necessariet� di un appalto 
unitario da affidare a terzi. 


67 La prima relazione riguarda lo Strategic Action Plan (SAP), nell'ambito della quale 
Sacbo aveva indicato i contratti gi� stipulati con One Works SpA e relativi all'attivit� 1 e 7. Nel 
medesimo SAP sono state puntualmente indicate le ragioni di tali due primi affidamenti diretti. 

68 Come pure si � visto (supra in fatto), l'assegnazione di tali contratti � stato oggetto 
di puntuale approfondimento da parte di TEN-T EA, con richiesta di delucidazioni e con successivi 
chiarimenti da parte della SACBO. Ed � chiaro che gi� tali prime due assegnazioni 
escludevano che si potesse trattare di un appalto unitario per tutte le attivit� programmate (da 
1 ad 7), tanto pi� se si considera che venivano fornite indicazioni anche sul modus procedendi 
dei successivi contratti da assegnare ove si prospetta una distinzione tra contratti sopra e sotto 
soglia, con differenti modalit� di affidamento nei due casi). 

69 Il SAP inoltre conteneva un preciso cronoprogramma, con distinzione delle varie attivit� 
da 1 ad 7 e con inizio delle singole attivit�, relativa durata e conclusione delle stesse assolutamente 
differenziati l'una dall'altra. Sicch� gi� da tale cronoprogramma scaturiva, anche 
per l'incisivit� grafica dei distinti colori e dei distinti periodi di riferimento, che si trattava di 
attivit� diverse e ad esecuzione differenziata. 

70 Il SAP � stato approvato, come si � visto, senza riserva alcuna. Sicch�, oltre all'assegnazione 
diretta dei primi due contratti, quel che risulta certo e incontestato � che si trattasse 
di contratti differenti, da assegnare individualmente, indipendentemente da ogni diversa questione 
sul metodo da utilizzare per l'affidamento di ogni singolo contratto. 

71 E analoga vicenda si � ripetuta a proposito dell'Action Status Report 2011 (che si riferiva 
all'attivit� del 2010). Tale rapporto conteneva un elenco pi� ampio dei contratti fino a quel momento 
stipulati con terzi (e relativi alle attivit� 1, 2.1, 5.1, 5.2 e 7), nonch� le ragioni per le quali 
non erano state applicate le procedure comunitarie degli appalti pubblici. E ancora una volta la 
relazione � stata approvata senza alcuna contestazione sulla assegnazione di contratti diversi. 

72 Vero � che quest'ultima approvazione contiene la riserva di non costituire accettazione 
"di possibili deviazioni dagli originari piani di implementazione per i quali la decisione prevede 
specifiche procedure di approvazione" . 

73 Ma tale riserva non riguarda affatto il problema della unicit� o della pluralit� del o 
dei contratti con i terzi, dato che le procedure di modificazione della decisione di concessione 
del contributo riguardano, come si � visto, problematiche ben diverse. 

74 Le "deviazioni dagli originari piani di implementazione", che necessitavano di adeguata 
procedura di approvazione, riguardavano, infatti, il superamento dei costi previsti per 
le "attivit� individuali" indicate all'art. II.3.3 della decisione di concessione del contributo. 

75 E, infatti, le sole modifiche apportate in sede di esecuzione hanno riguardato esclusivamente 
talune sottoattivit� (o tappe), attraverso l'accorpamento delle tre "tappe" della attivit� 
1 in un unico contratto e la suddivisione delle attivit� contrassegnate con i numeri 4 
(fattibilit� giuridica e amministrativa) e 5 (fattibilit� finanziaria, economica e gestionale), di 
cui si � gi� parlato supra. 

76 E poich� tali modifiche meramente operative non riguardavano le macroattivit� di 
cui all'art. II.3.3 della decisione di concessione del contributo e non rientravano pertanto tra 
le modifiche che necessitavano di previa approvazione, ai sensi dell'art. III.2.7 della medesima 
decisione, la "riserva" contenuta nell'approvazione dell'Action Status Report del 2011 viceversa, 
che l'attivit� svolta fino a quel momento � stata approvata senza riserva alcuna. 

77 Risulta cos� confermato, in altri termini, da un lato che sono state accettate senza riserve 
le assegnazioni relative ad un ampio numero di attivit� (1, 2.1, 5.1, 5.2 e 7) e, d'altro 
lato, che � risultato pacifico e incontroverso che non si trattasse di un unico contratto per l'in



tera attivit� relativa allo studio di fattibilit�, sibbene di una pluralit� di contratti, da affidare 
in relazione alle proprie specifiche caratteristiche (e a seconda che si trattasse di contratti sotto 

o sopra soglia). E la decisione in questa sede impugnata, che inopinatamente e per la prima 
volta ha prospettato la tesi che si trattasse sostanzialmente di un unico contratto, contrasta anzitutto 
con le decisioni pregresse, con le approvazioni dei contratti cui esse si riferivano, nonch� 
con l'affidamento creato per i contratti successivi, sulla acquisita certezza che si trattasse 
comunque di contratti distinti da affidare separatamente. 

78 Il che � tanto pi� grave se si considera che la fase di approvazione delle varie relazioni 
serve anche a consentire eventuali correzioni, di fronte alle contestazioni che il beneficiario 
del contributo o il soggetto attuatore dovessero ricevere (sub art. I.3 e sub art. III.4.2.3). Sicch�, 
in mancanza di contestazioni, non pu� che consolidarsi l'affidamento in ordine alla correttezza 
del proprio comportamento e, nella specie, della interpretazione accolta in relazione alla pluralit� 
e non unicit� dei contratti da affidare a terzi. 

79 Nella specie tale affidamento � stato ingenerato da una Istituzione comunitaria (cfr. 
sentenza del Tribunale di primo grado, VI sez. 27 settembre 2012 in causa T-387/09 punto 
57), dall'incondizionata approvazione di tutto quanto contenuto nel SAP e nell'Action Status 
Report 2011 (come si � sottolineato la riserva relativa a quest'ultimo atto non riguarda affatto 
il tema della pluralit� dei contratti), dall'inequivoco contenuto di detta approvazione, certamente 
non in contrasto con la normativa applicabile, dato che la circostanza che si tratti di un 
unico contratto o di una pluralit� di contratti � questione di puro fatto, che di per s� non contrasta 
con atti normativi. 

80 Risultano presenti dunque tutte le condizioni previste dalla giurisprudenza perch� si 
crei un legittimo affidamento (Tribunale di primo grado, sez. VI, 27 settembre 2012, cit. punto 
58 e Tribunale di primo grado, III sez. 19 settembre 2012, in causa T-265/08, punto 142). E 
la decisione in questa sede impugnata risulta a sua volta in contrasto con tale legittimo affidamento 
ed � come tale illegittima. 

Quarto motivo. In subordine, violazione dell'art. 40, par. 2, lett. b), c) e d) della Direttiva 
2004/17/CE. 

81 In subordine e anche nella non creduta ipotesi che l'appalto o gli appalti affidati a 
terzi dovessero seguire la disciplina prevista dalla Direttiva 2004/17/CE, nondimeno l'assegnazione 
diretta di detti appalti si sottrae alle censure contenute nella decisione in questa sede 
impugnata. Anche a voler coltivare tale ipotesi infatti non sarebbe stato necessario procedere 
con gara pubblica, anche secondo la menzionata Direttiva 2004/17/CE, per tutta una serie di 
ragioni che si passano ad esporre. 

82 Anzitutto perch� nella specie ci troviamo di fronte ad appalti relativi ad uno "studio 
di fattibilit�". Ed � noto che "gli enti aggiudicatori possono ricorrere ad una procedura senza 
previa indizione di gara ... b) quando un appalto � destinato solo a scopi di ricerca, di sperimentazione, 
di studio o di sviluppo... purch� l'aggiudicazione dell'appalto non pregiudichi 
l'indizione di gare per appalti successivi che perseguano, segnatamente, questi scopi". 

83 N� potrebbe essere altrimenti. Gli appalti che hanno ad oggetto ricerche, studi e prospettive 
di sviluppo di una certa area o di una certa attivit� produttiva hanno caratteristiche 
particolari, perch� presuppongono conoscenze specifiche locali ed uno spiccato rapporto fiduciario 
col committente (intuitus personae): sich� la specifica e derogatoria disciplina, prevista 
dalla direttiva 2004/17/CE, costituisce il portato di tali esigenze. 

84 Orbene, che il nostro caso rientri nell'ambito degli appalti di servizio aventi come scopo 
la ricerca e lo studio non pu� essere messo in dubbio. Infatti si legge nella Decisione (2010) 


4456 di concessione del contributo che "L'azione consiste in uno studio di fattibili� sull'accesso 
all'aeroporto e l'inter-scambio modale. Attualmente l'aeroporto di Bergamo non � collegato alla 
rete ferroviaria nazionale e pu� essere raggiunto soltanto in automobile o in autobus. 

85 L'obiettivo perseguito � quindi agevolare l'accesso al terminal dal bacino di utenza 
tenendo conto delle previsioni di traffico. In particolare, lo studio intende verificare la realizzazione 
di un complesso di infrastrutture per collegare l'attuale terminal e i servizi aeroportuali 
a un nuovo raccordo ferroviario ... Gli studi riguarderanno inoltre la fattibilit� tecnica, giuridica, 
amministrativa e finanziaria dei lavori previsti. Saranno valutati la sostenibilit� e l'impatto 
sull'ambiente e sul sistema socioeconomico. Il prodotto finale sar� un piano generale 
globale, il quale dovr� essere approvato dai responsabili politici che parteciperanno ai lavori 
e alle operazioni future" (pag. 9 e 10). 

86 Dunque non solo si tratta di mera attivit� di studio e di sviluppo, ma la stessa certo non 
pregiudica l'indizione di gare per la progettazione ed esecuzione dei lavori e delle operazioni future, 
rispetto ai quali lo studio di fattibilit�, oggetto di co-finanziamento, costituir� un sicuro punto 
di riferimento, senza alcun condizionamento per le modalit� di espletamento per l'attivit� futura. 

87 Il mancato espletamento di una previa procedura di gara risulta poi anche giustificato 
per un altro ordine di ragioni. Che riguardano da un lato la sostanziale vincolativit� della 
scelta del possibile affidatario e dall'altro la tempistica dell'esecuzione dell'intera operazione. 

88 E cos�, sotto il primo profilo, l'individuazione ad esempio di One Works per il conferimento 
dell'incarico dello Studio preliminare di fattibilit� (attivit� 1) � stata in realt� una 
scelta necessitata, trattandosi dell'unico possibile operatorie in grado di svolgere detta attivit�, 
avendo gi� provveduto a realizzare il Master Plan degli investimenti dei successivi 20 anni 
nell'area aeroportuale. Dunque, l'unico possibile contraente (o "operatore economico determinato", 
ex art. 40 par. 3, lett. c della Direttiva 2004/17/CE), soprattutto in considerazione 
dei tempi strettissimi, entro cui doveva svolgere il suo compito. 

89 Il che si ricollega al secondo profilo sopra cennato. Come si � ampiamente esposto, 
infatti, la decisione di concessione del contributo in data 24 giugno 2010 prevedeva delle tempistiche 
di realizzazione di alcune attivit� del tutto incompatibili con l'espletamento della ben 
che minima gara. Ci si riferisce in particolare all'attivit� 1, che avrebbe dovuto essere iniziata 
il 1� dicembre 2009 e conclusa il 31 luglio 2010 e all'attivit� 7, che avrebbe dovuto essere 
iniziata sin dal 31 dicembre 2009. E poich� viceversa la decisione di concessione � sopraggiunta 
solo in data 24 giugno 2010, sussistevano quelle ragioni di "estrema urgenza", previste 
dall'art. 40, par. 3, lett. d) della direttiva 2004/17/CE, che giustificano per altro verso l'aggiudicazione 
senza previa indizione di gara. 

90 La Commissione era assolutamente consapevole delle ristrette tempistiche necessarie 
per la realizzazione del progetto e ci� � comprovato dall'approvazione che, intervenuta solo 
nel giugno 2010, esplicitamente conteneva i riferimenti alle attivit� gi� avviate all'esecuzione 
fino dal 1 dicembre 2009. 

Quinto motivo. In estremo subordine: violazione del principio di proporzionalit�. 

91 Ai sensi dell'art. III.4.2.4 della Decisione di concessione del contributo "In caso di 
risoluzione, i pagamenti della Commissione sono limitati ai costi ammissibili realmente sostenuti 
dal beneficiario alla data effettiva della risoluzione, nel rispetto delle disposizioni della 
decisione di concessione del contributo finanziario". 

92 Nella specie non vi � stata risoluzione del rapporto di concessione del contributo, 
sebbene solo una riduzione del contributo stesso, ai sensi (verosimilmente) dell'art. III.4.2.2, 
paragrafo 2, lett. b. Tuttavia, pur trattandosi di misura sicuramente meno grave della risolu



zione (la quale a sua volta presuppone ben pi� gravi violazioni), le conseguenze in termini di 
costi riconosciuti e costi dichiarati inammissibili � stata la medesima. 

93 Il che risulta in contrasto con il principio di proporzionalit�. � chiaro infatti che non 
possono essere disposte le stesse conseguenze pregiudizievoli per due fattispecie notevolmente 
diverse tra di loro. 

94 La risoluzione riguarda casi di violazioni gravi, come si diceva, che si trovano elencate 
essenzialmente nell'art. III.4.2.2., paragrafo 4, della Decisione (2010) 4456. Si tratta di 
casi di inottemperanza "ad un obbligo sostanziale", casi di condanna penale per un reato riguardante 
la condotta professionale, casi di dichiarazioni false e dolose, ecc. 

95 Ma nel nostro caso non si � verificato nulla di simile e, comunque, l'intera operazione 
� stata condotta a buon fine e sono stati raggiunti i risultati cui il contributo comunitario mirava. 
Sicch� penalizzare il soggetto attuatore allo stesso modo ed agli stessi termini previsti 
per i casi sopra indicati di risoluzione della concessione appare illogico ed in contrasto con 
ogni rapporto di proporzionalit�. 

96 Va del resto ribadito che anche nella denegata ipotesi in cui la suddivisione delle attivit� 
fosse considerata contraria ai principi comunitari, la scelta della ricorrente non potrebbe 
comunque essere ricondotta ad un intento elusivo della normativa. Come si � ampiamente dimostrato, 
con la documentazione allegata, la indicata suddivisione � stata fin dall'origine dal 
rapporto con la Commissione e cos� da quest'ultima conosciuta e approvata. 

97 Tale assetto dei rapporti comporta che l'esecuzione del progetto cofinanziato � stata 
al massimo frutto di errore in cui � incorsa non solo la ricorrente, ma la stessa Commissione. 

98 Quanto a quest'ultima, � certo che se avesse tempestivamente rilevato l'errore, in 
sede di approvazione, avrebbe permesso alla ricorrente di non reiterarlo e, cos�, di circoscrivere 
la riduzione del finanziamento come oggi determinata e contestata. 

Sesto motivo. Violazione dell'art. 13 par. 1 del Regolamento CE n. 680/2007 del 
Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007, nonch� dell'art. III.4.2.2 e 

III.4.2.3 della decisione della Commissione (2010) 4456 del 24 giugno 2010. 

99 Occorre, infine osservare, a completamento dei profili di ricorso sopra evidenziati 
che nonostante l�ENAC e SACBO, come si � visto, hanno pi� volte interloquito con l�Agenzia 
TEN-T EA, tuttavia mai � stata attivata la procedura di "denuncia", di cui all'art. III.4.2.3 della 
delibera di concessione del finanziamento, nonostante che tale procedura fosse necessaria 
anche per i casi di riduzione del contributo finanziario. 

100 Mai l�Agenzia, nella pur ampia corrispondenza ed interlocuzione con il beneficiario 
del contributo e con il soggetto attuatore e co-finanziatore dello Studio, ha contestato e sollevato 
la questione principale, sulla quale poi ha basato la decisione di riduzione del finanziamento, 
in questa sede impugnata. Mai infatti l�Agenzia TEN-T ha posto, prospettato o anche 
solo ventilato l'ipotesi che si sia realizzata una artificiosa suddivisione di un unico contratto 
in pi� contratti, al fine di evitare l'applicazione della disciplina europea sugli appalti pubblici. 

101 E poich� � quest'ultima, come si pu� agevolmente constatare, la principale censura 
evidenziata dall�Agenzia, � chiaro come sia stato violato il principio del contraddittorio. 
102 Per le suesposte ragioni la nota impugnata merita di essere annullata in accoglimento 
delle seguenti 
CONCLUSIONI 
Voglia codesto On. Tribunale Europeo annullare 
1) la nota della Commissione Europea del 23 ottobre 2013 ref. Ares (2013) 3321778 avente 
ad oggetto: �studio per lo sviluppo dell�intermodalit� dell�Aeroporto di Bergamo Orio 


al Serio� con la quale ha preannunziato l�inizio della procedura per il rimborso del di 
parte del contributo concesso ad a tal fine l�invio di una �debit note� per l�ammontare 
di euro 158.517.54; 

2) la determinazione datata 18 marzo 2013 adottata dalla Trans- European Transport Network 
Executive Agency (TEN-T EA), richiamata nella predetta nota del 23 ottobre 2013, 
ed avente ad oggetto la �Chiusura dell'azione 2009-IT-91407-S - "Studio per lo sviluppo 
intermodale dell'Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio" - Decisione della Commissione 
C(2010)4456�, nella parte in cui ha considerato non riconoscibili e, pertanto, non sovvenzionabili 
i costi relativi alle attivit� 1, 2.1, 4, 5, 6 e 7, gi� da tempo espletate, richiedendo 
la restituzione dell'importo di Euro 158.517,54. 

Roma, 13 ottobre 2014 
Pietro Garofoli 
avvocato dello Stato 


CONTENZIOSO NAZIONALE 
L�onere della prova nel mobbing 

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAV., SENTENZA 14 MAGGIO 2014 N. 10424 

L�annullamento in autotutela e la pluralit� soggettiva degli organi �mobbizzanti� contribuiscono ad 
escludere la responsabilit� per mobbing della Pubblica Amministrazione 

Emanuele Grippaudo* 

SOMMARIO: 1. La fattispecie decisa con la sentenza 10424/2014 - 2. Storie di cocci che 
non si riparano - 3. Il mobbing nel diritto vigente - 4. Elementi costitutivi del mobbing - 5. 
L�azione di risarcimento - 6. Considerazioni conclusive. 

1. La fattispecie decisa con la sentenza 10424/2014. 

La sentenza in commento ha ad oggetto una fattispecie quantomai attuale, 
attinente ad un argomento, quello del �mobbing�, fino a pochi anni fa terra di 
conquista del diritto vivente, di merito come di legittimit�, e ad oggi ancora 
spesso inesplorato nei suoi meandri tecnici. 

Tizio proponeva ricorso al tribunale di Mistretta nei confronti dell�Amministrazione 
(1) al fine di ottenere il riconoscimento dei danni subiti in ragione 
di comportamento asseritamente vessatorio del datore di lavoro. 

In seguito al rigetto della domanda, Tizio impugnava il provvedimento 
innanzi alla Corte d�Appello di Messina, la quale a sua volta confermava la 
sentenza di primo grado ritenendo che, sebbene il rapporto lavorativo fosse 
stato connotato da aspra conflittualit� tra le parti, la maggior parte degli atti 
posti in essere dall'Amministrazione erano neutri, legittimi o giustificati, e 
che, in ogni caso, nessun intento vessatorio del datore nei confronti del dipendente 
era stato provato. 

(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 

(1) Per un approfondimento in merito alla difesa della P.A. in giudizio vedi A. BRUNI, G. PALATIELLO, 
La difesa dello Stato nel processo, Torino, 2010. 


Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore. Resiste 
l�Amministrazione con controricorso. 

Con il primo motivo di ricorso, Tizio lamenta, ai sensi dell'articolo 360 
c.p.c., n. 3, violazione di legge in relazione agli articoli 1218, 2087 e 2697 
c.c., per avere la sentenza impugnata rigettato la domanda per mancata prova 
da parte del lavoratore dell'intento vessatorio del datore. A detta del ricorrente, 
il giudice di seconde cure avrebbe trascurato il carattere contrattuale della responsabilit� 
datoriale e l'obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro 
ai sensi dell'articolo 2087 c.c., giacch� ad essere onerato della prova dell'adempimento 
dell'obbligo contrattuale sarebbe dovuto essere il datore di lavoro. 

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, 
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso 
e decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata mal valutato i vari 
fatti dedotti dal lavoratore e, per altro verso, per aver omesso di considerare il 
complesso di fatti medesimi, visti nella loro successione temporale e nella loro 
connessione, secondo una valutazione globale del comportamento datoriale. 

La Suprema Corte dichiara infondati entrambi i motivi di ricorso. 

Quanto al primo, ricorda, anzitutto, al fine di fare chiarezza sul tema, che 
l'attribuzione di rilevanza ai soli obblighi di protezione del lavoratore, pretesa 
dal lavoratore nel primo motivo di ricorso, � questione diversa dal mobbing 
dedotto nell�atto introduttivo del processo innanzi al tribunale e discusso nei 
precedenti gradi di giudizio. Difatti, �i detti obblighi possono venire in gioco 
in s�, anche al di fuori dei casi di mobbing, tutte le volte in cui fatti del rapporto 
di lavoro, ancorch� privi di connotazione emulativa, siano comunque 
obiettivamente pericolosi per il lavoratore, in ragione della loro potenzialit� 
dannosa per l�integrit� psicofisica del lavoratore�. 

La sentenza impugnata non avrebbe dunque fatto gravare sul lavoratore, 
che aveva dedotto di aver subito mobbing, oneri probatori diversi da quelli 
configurabili a suo carico: �a) la molteplicit� di comportamenti di carattere 
persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano 
stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il 
dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalit� 
del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del 
superiore gerarchico e il pregiudizio all�integrit� psico-fisica del lavoratore; 
d) la prova dell'elemento soggettivo, cio� dell'intento persecutorio�. 

La corte non solo ritiene l�intento persecutorio non desumibile dai comportamenti 
posti in essere dalla parte datoriale, ma, anche analizzando singolarmente 
gli atti compiuti dall�Amministrazione, non rileva alcuna violazione 
di legge, escludendo sia la responsabilit� per mobbing che per violazione degli 
obblighi di protezione del prestatore di lavoro. 

Quanto a questi ultimi, il collegio riafferma il principio in base al quale, 
se, da un lato, � vero che �in tema di responsabilit� del datore di lavoro per 


CONTENZIOSO NAZIONALE

violazione delle disposizioni dell'articolo 2087 c.c., la parte che subisce l'inadempimento 
non deve dimostrare la colpa dell'altra parte, dato che ai sensi 
dell'articolo 1218 c.c., � il debitore-datore di lavoro che deve provare che l�impossibilit� 
della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque 
il pregiudizio che colpisce la controparte derivano da causa a lui non imputabile�; 
dall�altro, �l'articolo 2087 c.c., non configura un'ipotesi di responsabilit� 
oggettiva, in quanto la responsabilit� del datore di lavoro va collegata alla 
violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti 
dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento� e, quindi, la presunta 
vittima ҏ comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare 
l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere 
state violate, provando che l'asserito debitore ha posto in essere un comportamento 
contrario o alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto o a 
norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede 

o alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate per tutelare 
l�integrit� fisica e la personalit� morale dei prestatori di lavoro�. 

La medesima sorte segue il secondo motivo di ricorso. 

La valutazione effettuata dalla corte territoriale viene infatti ritenuta adeguatamente 
e congruamente motivata quanto agli episodi dedotti dal lavoratore, 
sia singolarmente considerati, �i quali sono stati ritenuti espressione al pi� di un 
rapporto conflittuale tra le parti, ma non di un intento vessatorio nei confronti 
del lavoratore�, sia nella loro globalit�, �essendosi evidenziato che si � trattato 
talora di atti legittimi discrezionali (e talora doverosi) dell'amministrazione, altre 
volte di atti illegittimi ma nei confronti dei quali il lavoratore ha comunque visto 
soddisfare il proprio interesse oppositivo (attivando i rimedi previsti a tutela dal-
l'ordinamento), ed in genere di fatti che, per la circostanza di provenire da persone 
diverse dell'amministrazione, per di pi� in un arco temporale ampio (si 
parla di una ventina di fatti nell'arco di un decennio), hanno anche una portata 
lesiva in s� modesta�; sia esaminati nella loro globalit�, perch� �posti in essere 
in un arco temporale ampio�, �da diverse persone fisiche che hanno rivestito 
nel tempo la qualit� di organi dell�amministrazione� (con conseguente esclusione 
di una connessione tra i vari fatti), �in buona parte legittimi e dovuti� o, comunque, 
�annullati dalla stessa amministrazione� in autotutela. Ne consegue l�inidoneit� 
degli stessi a costituire un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. 

Con questo provvedimento, il giudice di legittimit� conferma l�operato 
della Corte d�Appello che, dopo aver esaminato singolarmente e nella loro 
globalit� gli atti allegati dal ricorrente, aveva rigettato il ricorso per mancato 
raggiungimento della prova del mobbing. Sono rari i casi in cui quest�ultima 
viene raggiunta, non di rado difettano uno o pi� elementi costitutivi della fattispecie, 
ma la sentenza in epigrafe, facendo luce su vecchie e nuove problematiche 
della materia, permette una costruzione razionale dell�istituto dalla 
quale non ci si pu� tirare indietro. 


2. Storie di cocci che non si riparano. 

Negli anni �70 dello scorso secolo, lo zoologo ed etologo austriaco Konrad 
Lorenz, nel dare un nome al comportamento di alcune specie animali che, 
al fine di allontanare un proprio simile dal branco, lo circondano e lo assalgono 
rumorosamente in gruppo, conia per primo il termine �mobbing�. Ad un simile 
atteggiamento, che da sempre ha riscontrato grande successo nel genere 
umano, pi� che in quello animale, mietendo vittime fin dall�alba dei tempi, finalmente 
viene dato un nome, un nome nuovo per una malattia antica (2). 

La patologia in questione trova il suo fondamento nella natura dell�uomo, 
che spesso e volentieri preferisce essere �non uomo, ma lupo per l�altro uomo� 
(3), prendendolo di mira, accalcandoglisi attorno, aggredendolo, schernendolo 
(� questo il significato del verbo �to mob�), fino a farlo allontanare da una 
qualsivoglia forma di societ�, naturale e non. 

Diversi autori hanno inteso tale locuzione come applicabile in tutti i campi 
in cui l�individuo possa essere oggetto di vessazioni da parte del prossimo: in 
numerosi scritti si parla di mobbing familiare (4), mobbing nelle scuole, nella 
sanit� (5), nella societ�. A tale opinione si contrappone quella del noto psicologo 
del lavoro Harald Ege, che ritiene il mobbing un problema concernente 
esclusivamente l�ambiente lavorativo, reputandone non scientificamente attendibile 
ogni altra forma (6). Quest�ultima impostazione � da preferire in 
quanto si deve ritenere, cavalcando l�onda provocata da una recentissima statuizione 
della Corte di Cassazione (7), che la nozione di mobbing assuma, in 
campi diversi da quello lavorativo, un rilievo meramente descrittivo. 

Il mobbing pu� manifestarsi sotto diverse sembianze: �orizzontale�, �verticale� 
e �ascendente�. 

Il primo caso (45% dei casi in Italia (8)) si integra attraverso una serie di 
atti e comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica (calunnie, 
disprezzi, spregi e pettegolezzi), attuati, in maniera volontaria e costante, da per


(2) Cfr. I. TUBALDO, Mobbing. Un nome nuovo per una malattia antica, Torino, 2003. 
(3) Cfr. PLAUTO, Asinara, a. II, sc. IV, �Lupus est homo homini, non homo, quom, qualis sit, non 
novit�. 
(4) Per un approfondimento sulla tematica del mobbing familiare, cfr. FACCI G., I nuovi danni 
nella famiglia che cambia, Milano, 2009, 44. 
(5) Cfr. V. IACOVINO, Mobbing: tutela civile, penale ed assicurativa, Milano, 2006, 126. 
(6) H. EGE, La valutazione peritale del danno da mobbing, Milano, 2002, 16: "Non ha alcun senso 
parlare di mobbing al di fuori del contesto lavorativo (�) Lasciamo per� da parte il termine mobbing 
per ci� che riguarda quei conflitti che si generano al di fuori di quel che succede sul posto di lavoro: chiamiamo 
quest'ultimi con il proprio nome e affrontiamoli con gli strumenti pi� adatti al caso specifico!�. 
(7) Cfr. Cass. civ. sez. I, 19 giugno 2014, n. 13983, Diritto & Giustizia, 2014, 19 giugno. 
(8) Per un caso di mobbing orizzontale, cfr. Cass. civ., sez. VI, 27 settembre 2012, n. 16503, che 
ha stabilito che �Sono riscontrabili gli estremi della giusta causa di licenziamento nella condotta del lavoratore 
consistita nell'avere posto in essere un vero e proprio comportamento persecutorio nei confronti 
di un collega di lavoro, per di pi� affetto da grave handicap psichico, e nell'aver pesantemente insultato 
altri colleghi intervenuti per difenderlo�. Vedila in Diritto e Giustizia online, 2012, 27 settembre. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

sone che ricoprono lo stesso livello di potere della vittima; nel secondo caso 
(50% dei casi in Italia), invece, il mobber � un superiore gerarchico (o il datore 
di lavoro stesso); nel terzo caso (5% dei casi in Italia), infine, quest�ultimo � la 
vittima, la cui autorit� viene messa in discussione da un singolo dipendente o, 
come avviene nella quasi totalit� dei casi, da gruppi di dipendenti, al fine di ottenerne 
la sostituzione con un altro ritenuto pi� vicino alle proprie esigenze (9). 

Le cause che spingono il mobber a compiere i c.d. atti persecutori sono 
molteplici, e vanno ricercati sia in comuni vizi umani, come l�invidia (ad esempio 
verso un collega pi� competente o pi� fortunato) o la bramosia di potere, 
sia in delle vere e proprie scelte di opportunit�. Gli scopi di tali atti spaziano 
dalla semplice volont� di perseguitare il prossimo poich� si � �degli altrui 
danni pi� lieto assai che di ventura propria� (10), alla necessit� di isolare la 
persona che rappresenta una minaccia per il futuro proprio o dell�azienda, al-
l�utilit� di privarla di ogni opportunit� di crescita professionale, magari bloccandogli 
la carriera. Infine, nei casi pi� drastici, l�intento � quello di indurre 
la vittima ad abbandonare il posto di lavoro. 

Le fattispecie elencate sono tanto indegne quanto antiche e se ne hanno 
chiare tracce nella storia dell�umanit�, fin dalla sua alba. 

Vera e propria macchina attraverso la quale rendere effettivi tali intenti 
persecutori fu l�ostracismo (11), che nell�antica polis di Atene ebbe un ruolo 
centrale per tutto il V secolo a.c. La procedura, introdotta da Clistene (12), 
noto riformatore Ateniese vissuto a cavallo tra il VI ed il V secolo a.c., consisteva 
nel far designare, da un voto dell�assemblea alla quale dovevano partecipare 
almeno seimila cittadini, l�uomo o gli uomini che sembravano 
rappresentare un pericolo per la citt�. I votanti scrivevano su dei cocci (13) 
(�straka) i nomi degli uomini, in genere politici, che meritavano di essere 
mandati in esilio per un periodo di dieci anni. La stessa procedura venne ripresa 
nelle colonie della magna graecia e propriamente a Siracusa, dove fu 
adottata la variante del petalismo (14), nella quale i nomi non venivano scritti 
su frammenti di vasi ma bens� su foglie d�ulivo (p�talos). 

Attraverso tale mezzo, politici e militari tra i pi� influenti vessavano i 
propri colleghi, minacciando di farli cacciare dalla citt� nel caso in cui avessero 
espresso opinioni divergenti. 

Tale sorte tocc� infatti ad Aristide, che si era opposto alla c.d. �legge na


(9) Le percentuali sono indicate in B. CAPICOTTO, Mobbing: elementi costitutivi, tipologie e tutela 
del lavoratore mobbizzato, pubblicato su Diritto.net. 
(10) Cfr. DANTE, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIII, versi 109-111. 
(11) Cfr. C. MOSS�, Il cittadino nella Grecia Antica, Roma, 1998, 116. 
(12) Cfr. G. CAMASSA, Atene: la costruzione della democrazia, Roma, 2007, 91. 
(13) Secondo un'altra ricostruzione i cittadini davano il loro voto scrivendo il nome dell�accusato 
sopra una conchiglia, cfr. E.J. MONCHABLON, Dizionario compendioso d�antichit�, Napoli, 1783, 185. 
(14) Cfr. C. ROLLIN, Storia antica, Venezia, 1802, 220. 



vale� di Temistocle, il quale, al fine di farlo ostracizzare, sparse nel popolo la 
voce che si volesse far tiranno (15). Successivamente, fu lo stesso Temistocle 
ad essere ostracizzato, perch� contrario al programma di Cimone e degli spartani 
di continuare la guerra contro i Persiani. 

Come non citare l�eclatante caso di mobbing posto in essere da Ottaviano 
ai danni del �collega� Marco Antonio, nel I secolo a.c., quando, al fine di convincere 
l�intera classe politica romana a privare del potere l�ex alleato, lo calunni� 
con l�ausilio di pettegolezzi (16) e di superstizioni (17), arrivando a 
farlo dichiarare nemico pubblico. 

Di particolare interesse sono, infine, i casi di mobbing verticale susseguitisi 
fin dall�antichit� all�interno della Chiesa Cattolica (18), tra cui spicca quello subito 
nei primi anni del XIX secolo dal sacerdote inglese John Henry Newman, �messo 
da parte� sia dal suo diretto superiore che usava sottoporlo a continue umiliazioni 
(19), sia dalla Chiesa romana, che gli affidava incarichi irrealizzabili. 

Il fenomeno, dunque, muta nel tempo e nello spazio, e provoca reazioni 
differenti nella vittima a seconda del contesto sociale in cui questa � inserita. 
Ad esempio, in Italia si � sviluppato il fenomeno del c.d. doppio mobbing (20), 
che si ha quando gli effetti del mobbing non si producono esclusivamente in 
ambito lavorativo ma anche nella vita di relazione, seriamente compromettendo 
sia i rapporti coniugali sia quelli di amicizia e costringendo non di rado 
la vittima ad utilizzare il proprio tempo libero a curarsi e difendersi. Tale particolare 
effetto � una diretta proiezione del ruolo particolare che la famiglia 
ricopre nello stivale, partecipando attivamente alla definizione personale e sociale 
dei suoi membri, legati spesso da rapporti particolarmente intensi. Il lavoratore 
andr� dunque cercando nella famiglia il sostegno per affrontare le 

(15) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. G. POMPEI, Le vite degli uomini illustri, 
Napoli, 1839, 378: �levati avendo i tribunali, con quel suo giudicare da per s� solo tutte le cose, aveasi 
di soppiatto formata una unonarchia senza custodi che la guardassero�. 
(16) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. L. DOMENICHI, Vite di Plutarco, II, Venezia, 
1582, 363: �Ad Antonio fu levato il magistrato, c�egli aveva gi� conceduto ad una donna; aggiungeva 
di pi� Cesare queste parole; che Antonio essendo ammalato da beveraggi amorfi, non si poteva 
n� reggere n� governare, ma che contra i Romani facevano guerra Mardione eunucho, Fotino, Ira barbiere 
di Cleopatra, e Charmio, i quali erano quegli che governavano per lo pi� l�imperio di Antonio�. 
(17) Cfr. PLUTARCO, Vite dei nobili greci e romani, trad. it. L. DOMENICHI, Vite di Plutarco, II, Venezia, 
1582, 363: �Dicesi, che innanzi alla guerra avvennero questi prodigi, la citt� di Pesaro poco lontano 
da Hadria, dove Antonio aveva menato una colonia, fu inghiottita dalla terra. In Patra, mentre che 
Antonio era quivi, il tempio d�Hercole fu percosso dal folgore, e abbruci�. In Athene dalla battaglia d� 
giganti Bacco levato per forza di venti casc� gi� nel teatro: e, come i dissi sopra, Hercole era auttore del 
suo sangue e Bacco guida della sua vita, e perci� egli era chiamato Bacco il giovane. Quel medesimo 
temporale gett� per terra i colossi di Eumene e d�Attalo, i quali erano in Athene, intitolati in Antonio, e 
quei soli tra molti altri che v�erano�. 
(18) Cfr. I. TUBALDO, op. cit., 34. 
(19) Cfr. J.H NEWMAN, Diario intimo e poesie, Vicenza, 1990, 36. 
(20) Cfr. S. CARLUCCI, Mobbing e organizzazioni di personalit�. Aspetti clinici e dinamici, Milano, 
2009, 52. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

vessazioni sul posto di lavoro, esponendosi a crisi e reazioni �difensive� dei 
familiari (21), che non sopportano di dover gestire la rabbia, la depressione, 
l'aggressivit�, il malumore della vittima e la iniziano a vedere come una minaccia 
per l'integrit� e la salute del nucleo familiare (22). 

3. Il mobbing nel diritto vigente. 

Solo sul finire degli anni �80 si inizia a parlare di mobbing quale condizione 
di persecuzione psicologica nell�ambiente di lavoro, grazie allo psicologo 
tedesco ma cittadino svedese Heinz Leymann, che fornisce la seguente 
definizione dell�istituto: �Una forma di terrorismo psicologico che implica un 
atteggiamento ostile e non etico posto in essere in forma sistematica, e non 
occasionale ed episodica, da una o pi� persone, nei confronti di un solo individuo 
il quale viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di 
una serie di iniziative vessatorie e persecutorie�. Secondo tale autorevole voce, 
le iniziative debbono ricorrere con una determinata frequenza (almeno una 
volta la settimana) e nell�arco di un lungo periodo di tempo (almeno sei mesi) 
e determinano considerevoli sofferenze mentali, psicosomatiche e sociali (23). 

Nel corso del successivo decennio, una parte degli Stati europei decide 
di affrontare frontalmente il problema, seguendo l�esempio della Norvegia 
che, fin dal 1977, aveva introdotto una specifica previsione contro il mobbing 
all�interno della legge sulla tutela dell�ambiente di lavoro, e aggiorna la propria 
legislazione al fine di contrastare il fenomeno (24): il 31 marzo 1994, la Svezia 
si dota di un�ordinanza (integrata successivamente nel 1997) sul mobbing recante 
misure da adottare contro ogni forma di persecuzione psicologica negli 
ambienti di lavoro; nel 2002, la Francia si dota di una legge tra le pi� organiche 
nell�ambito (�Lutte contre le harc�lement moral au travail�); l�11 giugno 
2002, il Belgio regolamenta il fenomeno anch�essa con legge (�Loi relative � 
la protection contre le violence et le harc�lement moral ou sexual au travail�). 

L�Italia, nonostante la risoluzione del Parlamento europeo A5-0283/2001 
del 20 settembre 2001 abbia esortato gli Stati membri �a verificare e ad uniformare 
la definizione della fattispecie di mobbing� (25) e nonostante abbia 
riconosciuto il mobbing tra le malattie da costrittivit� organizzativa (26) (fra 
l�altro, tra quelle caratterizzate da limitata probabilit� di origine lavorativa, 

(21) Cfr. L. ORSINI, Mobbing: le linee generali di un fenomeno complesso, in AranNewsletter, 6, 
2003, 8. 
(22) Cfr. H. EGE, Il mobbing in Italia, Bologna, 1997, 97 ss. 
(23) Cfr. C. CARDARELLO, Licenziamento, lavoro a progetto, agenzia, Milano, 2008, 151. 
(24) Per approfondire la tematica del mobbing in chiave comparata cfr. STAIANO R., Mobbing, 
comportamenti e tutele processuali, Sant�arcangelo di Romagna (RN), 2012, 7 ss. 
(25) Cfr. N. GIRELLI, La protezione del benessere psicofisico dei lavoratori: mobbing, molestie 
sessuali, straining, in Lavoro nella Giur., 2012, 5, 466. 
(26) Cfr. D.M. 27 aprile 2004, in Redazione Ipsoa, ISL Igiene e sicurezza del Lavoro. Il codice, 
Milano, 2007, 2097 ss. 



comportando la non automaticit� dell�indennizzo), non si � dotata di una legislazione 
nazionale specifica in materia, tanto che la nozione stessa dell�istituto, 
introdotta nell�ordinamento da due sentenze del Tribunale di Torino (27) 
della fine del secolo scorso, continua ad essere �modellata� esclusivamente 
dalla giurisprudenza, attraverso sentenze che spesso ne rendono poco chiara 
la struttura e l�ambito di applicazione (28). 

D�altronde, questa � la volont� del giudice delle leggi, che ha dichiarato 
costituzionalmente legittime solo quelle leggi regionali che non disciplinano 
il fenomeno (29), limitandosi a prevenirne e contrastarne l�insorgenza e la diffusione, 
riconducendo la disciplina del mobbing alla materia dell�ordinamento 
civile, prevista dall�art. 117, comma 2, Cost., di competenza esclusiva dello 
Stato e alle materie della tutela e sicurezza del lavoro e della tutela della salute, 
previste dall�art. 117, comma 3, Cost., entrambe di competenza legislativa 
concorrente Stato-Regioni (30). 

Tenuto conto che la sentenza in epigrafe ha ad oggetto un caso di mobbing 
verticale, ci si limiter� ad analizzare unicamente questa fattispecie. 

4. Elementi costitutivi del mobbing. 

Non tutti gli istituti hanno la possibilit� di affondare le loro radici nella 
Carta costituzionale, il mobbing � uno di questi. Difatti, non solo appartiene 
alla nostra cultura giuslavoristica gi� dal 1942, come dimostra la presenza nel 
codice civile dell�art. 2087 c.c. (31) (�Tutela delle condizioni di lavoro: L�imprenditore 
� tenuto ad adottare nell�esercizio dell�impresa le misure che, secondo 
la particolarit� del lavoro, l�esperienza e la tecnica, sono necessarie a 
tutelare l�integrit� fisica e la personalit� morale dei prestatori di lavoro�), ma 
trova una conferma nella successivamente promulgata Costituzione all�art. 41, 
comma 1, in cui � stabilito che l�iniziativa economica privata non pu� svolgersi 
in contrasto con l�utilit� sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla 
libert�, alla dignit� umana (32). Si tratta, dunque, di un istituto, la cui ratio 

(27) Cfr. Trib. Torino, 16 novembre 1999, in Riv. Ital. Dir. Lav., 2000, II, 102, con nota di PERA; 
Trib. Torino, 30 dicembre 1999, in Danno e Resp., 2000, 406, con nota di BONA e OLIVA. 
(28) Cfr. Corte d�Appello Torino, 21 febbraio 2000, in Foro it., 2000, parte I, col. 1555: la Corte, 
in una fattispecie di separazione con addebito, ha riassunto nella formula del mobbing, tutti quei comportamenti 
emarginanti o irriguardosi, le offese e le mortificazioni esternate in privato e in pubblico e, 
pi� sinteticamente, le azioni commesse in violazione "del principio di uguaglianza morale e giuridica 
dei coniugi posto dall'art. 3 della Costituzione che trova nell'art. 29 la sua conferma e specificazione". 
(29) Si tratta delle leggi 11 agosto 2004, n. 26, della Regione Abruzzo, 28 febbraio 2005, n. 18, 
della Regione Umbria e 8 aprile 2005, n.7, della regione Friuli Venezia Giulia. 
(30) Cfr. C. Cost., 19 dicembre 2003, n. 359, secondo cui: �� incostituzionale la l. reg. Lazio 11 
luglio 2002 n. 16 la quale contiene una definizione generale ed una disciplina del fenomeno mobbing�. 
Vedila in Contratti, 2004, 177, nota di ALPA. Per un approfondimento sulla vicenda, Cfr. R. STAIANO, 
Dequalificazione professionale e mobbing. Profili applicativi, Matelica (MC), 2006, 83-85. 
(31) Cfr. F. CARINGELLA, L. BUFFONI, Manuale di diritto civile, Roma, 2013, 1384. 
(32) Cfr. L. TRAMONTANO, Il risarcimento danni da attivit� lavorativa, Piacenza, 2009, 22. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

era quindi presente tra i principi fondanti della nuova codicistica nostrana, rimasto 
latente nei gangli del diritto, fino a quando l�evoluzione dei rapporti sociali, 
progressivamente rivelatasi contraria a quelle aspirazioni che la 
Costituzione aveva espresso e recepito, ne ha suscitato l�emersione attraverso 
quel �diritto vivente (33)�, che in Germania si chiama das lebende Recht o lebendes 
Recht e in Francia flexible droit e che sovente copre i vuoti di tutela 
lasciati dal legislatore. 

Tuttavia, nonostante l�istituto presentasse un titolo pi� che valido ed una 
prenotazione risalente ai tempi in cui il Vassalli �rimproverava� al Carnelutti 
che il ricondurre il rapporto matrimoniale ad un diritto reale (�ius in corpore� ) 
dell�uomo sulla donna fosse un �macabro scherzo� (34), il legislatore ne ha 
ripetutamente negato l�imbarco su una qualsiasi forma di atto avente valore 
normativo, garantendo, come � di consueto in questi casi (35), attraverso qualche 
�timido� decreto (36), forme di assistenza �postume�. 

Sulla base di diverse pronunce, di merito come di legittimit�, di giudici ordinari 
del lavoro come amministrativi (37), il mobbing pu� essere definito come 
�una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e pro-
tratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell�ambiente di lavoro, che 
si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere 
forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui pu� conseguire 
la mortificazione morale e l�emarginazione del dipendente, con effetto 
lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalit�� (38). 

Da tale pronuncia si possono estrarre gli elementi necessari al fine della 
configurabilit� della condotta lesiva del datore di lavoro. 

Il primo di questi � la pluralit� di azioni lesive (39). Difatti, come ha affermato 
la Corte di Cassazione in una sua nota sentenza (40), �La condotta di 
mobbing � integrata da una pluralit� di atti, giuridici, o meramente materiali, 
anche intrinsecamente legittimi, sorretti dalla volont� diretta alla persecuzione 

o all�emarginazione del dipendente�. I fatti lamentati dalla vittima vanno dunque 
accertati con una valutazione complessiva e non episodica della condotta 

(33) Cfr. V. CARBONE, Le difficolt� dell�interpretazione giuridica nell�attuale contesto normativo: 
il diritto vivente, in Corr. giur., 2011, 153 ss.; M. CAVINO, Diritto vivente [aggiornamento-2010], in Digesto 
pubbl., Utet, 134; ALPA, Il diritto giurisprudenziale e il diritto �vivente� - Convergenza o affinit� 
dei sistemi giuridici?, in Sociologia dir., 2008, fasc. 3, 47. 
(34) Cfr. F. VASSALLI, Del Ius in corpus, Del debitum coniugale e della servit� d�amore, Roma, 
1944, 143. 
(35) Per un eventuale approfondimento sulla disciplina del negato imbarco sugli aeromobili, Cfr. 
G. MASTRANDREA, Trasporto aereo di cose, in M. DEIANA, Diritto alla navigazione, Milano, 2010, 493. 
(36) Cfr. D.M. 27 aprile 2004, in Redazione Ipsoa, op cit. 
(37) Cfr. Cons. St., sez. VI, 15 aprile 2008, n. 1739, in R. CHIEPPA, V. LOPILATO, S. TENCA, Giurisprudenza 
amministrativa 2012, Milano, 2012, 94. 
(38) Cfr. Cass. civ., 17 febbraio 2009, n. 3785, in Mass. giur. lav., 2009, 683, nota VINCIGUERRA. 
(39) Cfr. F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile, Piacenza, 2013, 23. 
(40) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 9 settembre 2008, n. 22858, in Danno e resp., 2009, 394, nota FLICK. 



datoriale, che potrebbe rivelarsi, se valutata in relazione ai singoli comportamenti, 
pienamente rispettosa delle norme poste dall�art. 2087 del Codice civile 
a tutela del lavoratore subordinato (41). 

Nella sentenza in commento, i fatti allegati dal lavoratore sono stati giudicati 
in buona parte legittimi e dovuti, cos� come sporadici e privi di una connessione 
tra di loro, escludendo a priori l�integrarsi della fattispecie di mobbing. 

Le azioni mobbizzanti possono essere ricondotte entro cinque categorie: 
attacchi ai contatti umani (limitazioni alle possibilit� di esprimersi, continue 
interruzioni del discorso, rimproveri e critiche frequenti, sguardi e gesti con 
significato negativo); isolamento sistematico (trasferimento in un luogo di lavoro 
isolato, atteggiamenti tendenti ad isolare la vittima, divieti di parlare od 
avere rapporti con questa); cambiamenti delle mansioni (privazione totale delle 
mansioni, assegnazione di lavori inutili, nocivi o al di sotto delle capacit� della 
vittima); attacchi contro la reputazione (pettegolezzi, ridicolizzazioni, anche 
calunnie, umiliazioni); violenza o la minaccia di violenza (minacce o atti di 
violenza fisica, anche a sfondo sessuale) (42). 

Secondo e terzo elemento costitutivo sono, rispettivamente, l�evento lesivo 
della salute psico-fisica e dell�integrit� del dipendente ed il nesso eziologico 
tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e la lesione 
stessa. � il medico legale che si occupa di accertare se il soggetto presunto 
vittima abbia subito un effettivo danno alla salute o alla personalit�, come ad 
esempio lo stato di disagio psicologico o l�insorgenza di una serie di disturbi 
incidenti sulla sfera relazionale, e se tale patologia possa essere riconducibile 
al rapporto di lavoro svolto. Successivamente, esprime un doppio giudizio di 
probabilit�: �ex post�, sulla possibilit� o meno che l�evento dannoso sia il risultato 
dell�azione vessatoria, ed �ex ante�, sull�idoneit� dell�azione vessatoria 
a procurare danno (43). La prova del nesso di causalit� tra la patologia del lavoratore 
e le condizioni dell�ambiente di lavoro � raggiunta se l�evento consegue 
dalla causa in termini di alta probabilit� (44). 

Quarto ed ultimo elemento costitutivo � l�elemento soggettivo, ossia l�intento 
persecutorio, di cui devono essere �impregnati� la totalit� degli atti diretti 
verso il dipendente e la cui assenza nella fattispecie decisa con sentenza in 
epigrafe, ha portato i giudici di legittimit� ad estromettere la vicenda dall�ambito 
di applicazione del mobbing. Giudice ordinario e giudice amministrativo 
concordano infatti sulla necessit� della �finalit� di persecuzione e di discriminazione� 
dei comportamenti datoriali (45), concorrente con l�esteriorizzazione 

(41) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4774, in Riv. giur. lav., 2006, II, 632, nota FEDERICI. 
(42) Il periodo � integralmente riportato da M. BERTONCINI, Il mobbing secondo la cassazione, in 
Resp. Civ. e prev., 2009, 2, 290. 
(43) Cfr. P. G. MONATERI, Accertare il mobbing. Profili giuridici, psichiatrici e medico legali, Milano, 
2007, 350. 
(44) Cfr. M. GENTILE, Il mobbing. Problemi e casi pratici nel lavoro pubblico, Milano, 2009, 82. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

e concretizzazione di questa finalit� in comportamenti oggettivamente vessa-
tori e la portata discriminatoria degli stessi, nel senso che il trattamento riservato 
dal mobber alla vittima � diverso da quello che in casi simili avrebbe 
riservato ad altri (� dunque da escludersi qualsiasi forma mobbing generalizzato 
(46)). L�elemento psicologico, inoltre, non potr� rinvenirsi nella colpa 
ma esclusivamente nel dolo, potendosi ritenere l�illecito sussistente solo se si 
accerti che l�unica ragione della condotta � consistita nel procurare un danno 
al lavoratore, mentre lo si deve escludere in caso contrario, indipendentemente 
dalla prevedibilit� o meno degli effetti (47). Difatti, come ha recentemente 
stabilito il Supremo Consesso di giustizia amministrativa (48), �non ogni contrasto 
o pur anche un giudizio sull�attivit� lavorativa d�un sottoposto � sicura 
volont� di discriminazione ed emarginazione di questi�, cos� come non si pu� 
lecitamente ritenere esistente il mobbing sulla base di �percezioni irrealistiche, 
se non distorte delle cose�. Dunque, non sconfinano nella fattispecie n� gli 
screzi o i conflitti interpersonali, che sono frequenti nel mondo del lavoro e 
che per loro stessa natura non sono dovuti ad una volont� persecutoria, ma 
bens� a fenomeni di rivalit�, ambizione o antipatie reciproche (49), n� le sollecitazioni 
che, in caso di rapporto tra amministratore e dipendenti caratterizzato 
da informalit�, vengono non di rado rivolte al dipendente, perch� 
finalizzate a stimolare una maggiore produttivit� dello stesso (50). 

Parte della dottrina (51) e della giurisprudenza di merito (52) ritengono necessario, 
oltre al dolo generico (animus nocendi) di voler nuocere psicologicamente 
il lavoratore, il dolo specifico di volerlo emarginare dal gruppo e 
allontanare dall�impresa. Difatti, nella quasi totalit� dei casi, la condotta del 
mobber � diretta ad uno specifico scopo: emarginazione, danneggiamento della 

(45) Cfr. Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4063, in Giust. civ., 2010, 9, 1984 e Cons. St., 
sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2272, in Foro amm. CdS, 2010, 832. 
(46) Cfr. N. SAPONE, La discriminazione � componente essenziale del mobbing?, in Giur. merito, 
2011, 9, 2112. Secondo l�autore, �se il mobbing implica un elemento discriminatorio, e se discriminare 
significa fare differenza, deve rilevarsi che non si pu� fare la differenza nei confronti di tutti. Dunque 
un mobbing generalizzato - ossia posto in essere in pregiudizio di tutti i dipendenti - � sul piano giuridico 
una contraddizione in termini�. Della stessa idea � Trib. Milano, sez. lav., 5 ottobre 2012, che �non ha 
ammesso le prove dedotte dalla ricorrente, ritenendo le circostanze dedotte da parte attrice in parte inammissibili, 
perch� generiche e valutative, e in parte inidonee a provare l�esistenza di una volont� persecutoria 
diretta solo nei confronti della ricorrente, in quanto si trattava di episodi riferiti anche ad altri 
dipendenti della convenuta�. Vedila in Lavoro nella Giur., 2013, 1, 96, nota COLLIA e ROTONDI. 
(47) Cfr. Cons. St., sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 14, in Danno e Resp., 2012, 2, 196, nota GIOIA. 
(48) Cfr. Cons. St., sez. III, 21 febbraio 2014, n. 846, in Foro it., 2014, III, 289. 
(49) Cfr. Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2013, n. 1609, in Riv. infortuni, 2013, II, 84. 
(50) Cfr. Trib. Milano, sez. lav., 7 novembre 2011, in Lavoro nella Giur., 2012, 2, 198, nota COLLIA 
e ROTONDI. 
(51) Cfr. D. SIMEOLI, Mobbing, inadempimento contrattuale e dolo del mobber, in Giust. civ., 
2009, 12, 2770. 
(52) Cfr. ex multis Corte app. l�Aquila, sez. lav., 16 gennaio 2013, n. 1398, in Guida al dir., 2013, 
13, 74. 



carriera, abbandono del posto di lavoro, e cos� via. Nei casi in cui la condotta 
non sia dovuta ai rapporti tra il mobber e la sua vittima ma ad una strategia aziendale, 
la fattispecie assume il nome di mobbing �strategico� (53). Un esempio di 
scuola � quello che si verifica nei casi in cui la parte datoriale, cui non � (pi� 
(54)) consentito recedere ad nutum dal rapporto obbligatorio instaurato con il 
dipendente, compie (o, come non di rado avviene, far compiere ai propri dipendenti) 
atti vessatori verso la vittima, al fine di rendergli insopportabile la vita lavorativa 
e costringerlo, cos�, �di fatto�, ad abbandonare il posto di lavoro (55). 

Resta infine da valutare cosa avviene nel caso in cui il giudice ritenga i 
comportamenti denunciati non idonei ad essere unificati da un preciso intento 
persecutorio e vessatorio. 

In questo caso, come ha riaffermato (56) la sentenza in epigrafe, il giudice 
� comunque tenuto a valutare se i comportamenti denunciati, �esaminati singolarmente 
ma sempre in correlazione con gli altri�, possano essere considerati 
vessatori e mortificanti e, quindi, ascrivibili a responsabilit� del datore di lavoro 
ex art. 2087 c.c. 

Il datore di lavoro pu�, dunque, essere ritenuto responsabile di singoli 
episodi nei confronti del prestatore di lavoro anche nel caso in cui siano privi 
della unicit� del disegno-intento persecutorio (57). 

5. L�azione di risarcimento. 

Non prevedendo il nostro ordinamento norme specifiche appositamente 
codificate aventi ad oggetto il fenomeno del mobbing, per poter affrontare il 
fenomeno � necessario procedere ad un�applicazione analogica di quanto previsto 
dal codice civile in materia di contratto di lavoro e di fatti illeciti. 

La giurisprudenza ammette entrambe le forme di responsabilit� aquiliana 
e �contrattuale�, anche se la loro possibilit� di cumulo � oggetto di posizioni 
contrastanti (58) e comunque riservata al caso in cui il mobber ed il datore di 
lavoro coincidano. 

Quanto alla prima, si fa valere in giudizio una generica violazione del 

(53) Cfr. S. PETRILLI, Il contrasto al fenomeno del mobbing nelle P.A.: il ruolo dei comitati unici 
di garanzia, in Azienditalia - Il Personale, 2012, 4, 185. 
(54) Quando, con la legge 15 giugno 1966, n. 604, viene positivamente stabilito che �il licenziamento 
del prestatore di lavoro non pu� avvenire che per giusta causa ai sensi dell�art. 2119 del Codice 
civile o per giustificato motivo�, e l�art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, introduce, in caso di licenziamento 
illegittimo, la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro, si creano tutte le condizioni affinch� 
questa forma di mobbing verticale possa espandersi a macchia d�olio. 
(55) Cfr. R. ROMANI, Mobbing ed elemento soggettivo, in Resp civ. e prev., 2012, I, 139, in cui �La 
finalit� specifica di tale condotta �, spesso, proprio quella di indurre il dipendente divenuto �scomodo� 
a rassegnare le dimissioni con atteggiamenti consistenti in �minacce reiterate, rimproveri, atteggiamenti 
severi, talvolta anche sabotaggi di difficile dimostrazione� da parte dei vertici della dirigenza�. 
(56) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 5 novembre 2012, n. 18927, in Foro it. 2013, 1, I, 140. 
(57) Cfr. M. RINALDI, Mobbing senza azioni vessatorie: il lavoratore va comunque risarcito, in 
Altalex, 20 novembre 2012. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

principio del neminem laedere, previsto dall�art. 2043 c.c., dal quale sia derivato 
un danno, di norma psicofisico, al dipendente. Tale norma viene prevalentemente 
invocata quando il mobber non coincide con il datore di lavoro 
(mobbing verticale da parte di un superiore gerarchico; mobbing orizzontale 
(59)), poich� in questo caso mobber e vittima non sono legati da alcun vincolo 
contrattuale e quest�ultima non pu� imputare al primo alcuna violazione del-
l�art. 2087 c.c. Tale responsabilit� potr�, tuttavia, concorrere con quella imputata 
alla parte datoriale, responsabile per culpa in vigilando, ex art. 2049 
c.c., dei danni arrecati dal fatto illecito dei suoi domestici e commessi nel-
l'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti (60). In questo secondo caso, 
per�, il datore di lavoro � responsabile nel solo caso in cui ricorra il c.d. nesso 
di �occasionalit� necessaria� fra gli atti lesivi e l�attivit� lavorativa, rinvenibile 
�ogni qual volta le mansioni del dipendente abbiano reso possibile o agevolato 
la sua condotta, e quindi anche nel caso che egli agisca autonomamente nel-
l�ambito dell�incarico, e persino ove lo stesso ecceda dai limiti concessi o trasgredisca 
agli ordini ricevuti, attuando anche una condotta contraria alle 
direttive e non riconducibile agli interessi del datore� (61). 

Quanto al regime probatorio, la vittima deve fornire la prova dei quattro 
elementi indicati nel paragrafo precedente, compreso quindi l�intento vessatorio 
datoriale che, stante l�impossibilit� di provare un intento che risiede nella 
sfera volitiva altrui, pu� essere dedotto, come riaffermato nella sentenza in 
epigrafe, dalla sistematicit� e durata dell'azione nel tempo e dalle sue caratteristiche 
oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente 
da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione 
di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato; in breve, 
da presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c. (62). 

La disciplina ordinaria della responsabilit� extracontrattuale si applica 
anche al caso di specie, comportando un termine di prescrizione di 5 anni e la 
competenza del giudice ordinario. 

La forma di responsabilit� invocata dall�attore della sentenza in epigrafe 
�, invece, quella contrattuale, che si caratterizza per un termine di prescrizione 
pi� lungo (10 anni) e la competenza del giudice del lavoro. 

(58) Per un�opinione contraria all�ipotesi dell�eventuale cumulo � N. GIRELLI, op cit; per un�opinione 
favorevole si veda F. DE STEFANI, Danno da mobbing, Milano, 2012, 24, secondo cui, nel caso in cui cumulativamente 
vengano invocate entrambe le tipologie di responsabilit� il regime di ripartizione dell�onere 
della prova � quello pi� favorevole al dipendente e pertanto quello contrattuale. Tra i primi a sostenere 
questa posizione vi � il Tribunale di Forl� con le due sentenze 15 marzo 2001 e 28 gennaio 2005. 
(59) Cfr. F. PUCCINELLI, Vessazioni sul lavoro: il mobbing nel nostro ordinamento, in Resp. Civ. e 
prev., 2008, 1, 133. 
(60) Cfr. Cass. civ., 25 maggio 2006, n. 12445 in Foro it., 2006, I, 2738. Cfr. anche L. AUGUARDA, 
Demansionamento non vuol dire mobbing, in Resp. civ. e prev., 2013, 2, 0530C. 
(61) Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2012, n. 789, in Diritto e Giustizia online, 2012, 26 gennaio. 
(62) Cfr. M. GENTILE, op. cit., 82. 



Fonte della stessa � l�art. 2087 c.c., che milita in tal senso: �il datore di 
lavoro � tenuto ad adottare, nell�esercizio dell�impresa, le misure che, secondo 
la particolarit� del lavoro, l�esperienza e la tecnica sono necessarie per tutelare 
l�integrit� psicofisica e la personalit� morale del prestatore di lavoro�. La 
norma, che inaugura un obbligo accessorio di protezione, gravita intorno alla 
prestazione principale, assicurando, in piena applicazione di quanto previsto 
dall�art. 1175 c.c. in materia di buona fede e correttezza tra i contraenti e tenendo 
conto della mutevole realt� socioeconomica, �la piena realizzazione di 
tutti gli interessi per il soddisfacimento dei quali il vincolo � sorto o che comunque 
a tale vincolo si ricollegano� (63). 

La norma in questione non va considerata esclusivamente nella sua sola 
eccezione negativa, ma va tenuto conto anche della sua componente positiva, 
che si realizza nell�adozione di misure di prevenzione e tutela dei lavoratori. 

Tuttavia, � opportuno riaffermare, come ha diverse volte ricordato la Cassazione 
(anche nella pronuncia che qui si commenta), che l�art. 2087 non configura 
un�ipotesi di responsabilit� oggettiva, poich� la vittima avr�, comunque, 
l�onere di provare non solo la lesione alla propria integrit� psicofisica, ma 
anche il nesso di causalit� tra quest�ultima e l�eventuale inadempimento datoriale, 
rimanendo esentato dal provare, data la forma della responsabilit�, l�elemento 
psicologico. In seguito, sar� il datore di lavoro a dover provare di aver 
ottemperato all�obbligo di adottare tutte le misure necessarie ad impedire il 
verificarsi del danno, o che lo stesso non � ricollegabile all�inosservanza di 
tali obblighi. Le regole fin qui richiamate in tema di (in)adempimento delle 
obbligazioni (artt. 1218 e 1176 c.c.), di inadempimento dovuto al fatto del-
l�ausiliario (art. 1228 c.c.), come di responsabilit� extracontrattuale per fatto 
illecito di �domestici e commessi� (art. 2049 c.c.), richiedono tutte che la condotta 
imputabile alla parte datoriale sia almeno colposa, se non dolosa (64). 
Infatti, si avr� inadempimento dell�obbligazione di sicurezza posta dall�art. 
2087 c.c. solo nel caso in cui il debitore non presenti la diligenza oggettiva richiesta 
per l�adempimento da quella specifica obbligazione (art. 1176 c.c.) e 
dunque se versi in colpa come in dolo; ovvero, potr� essere imputato al debitore 
l�inadempimento dell�obbligazione di sicurezza solo se tale inadempimento 
sia dovuto al fatto doloso o colposo dell�ausiliario (art. 1228 c.c.); infine, 
sar� imputata al datore di lavoro (come �padrone o committente�) la responsabilit� 
per fatto del lavoratore subordinato (come �domestico o commesso�) 
se tale fatto � illecito ai sensi dell�art. 2043 c.c. (l�art. 2049 c.c.), cio�, doloso 

o colposo. Se, come nel caso di specie, il lavoratore omette di fornire la prova 
della condotta mobbizzante realizzata in proprio danno sul posto di lavoro, 
(63) S. MAZZAMUTO, Il mobbing, Milano, 2004, 24. 
(64) Per un approfondimento sul tema, cfr. M.T. CARNICI, Il mobbing: alla ricerca della fattispecie, 
in Quad. dir. Lav., 2006, 29. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

inutile sar� ogni eventuale indagine sugli altri 2 elementi ed il risarcimento 
non sar� dovuto, difettando un elemento costitutivo della fattispecie (65). 

Quando a far valere la responsabilit� contrattuale � un dipendente pubblico 
�non privatizzato�, la domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo (66). Tale giudice si dovr� cos� pronunciare non sulla 
legittimit� di uno o pi� atti amministrativi (che fra l�altro, come affermato, 
possono essere pienamente legittimi), ma bens� sulla legittimit� di un intero 
rapporto (67), quello tra la P.A. ed il dipendente, rimanendo cos� nel solco 
tracciato dalle ultime pronunce del Consiglio di Stato (68). Di conseguenza, 
specularmente a quanto affermato precedentemente in materia di obbligazioni, 
anche il legittimo impiego del potere pubblico non si misura pi� soltanto in 
relazione allo schema normativo che ne descrive astrattamente l�esercizio, ma 
�in considerazione del modo in cui, alla luce di una serie di altri elementi, esso 
si profila come potenzialmente lesivo di un diritto del lavoratore a esercitare 
la propria professionalit� in un ambiente lavorativo che ne rispetti integrit� fisica 
e personalit� morale� (69). 

6. Considerazioni conclusive. 

Al di la delle dichiarazioni e dei richiami svolti dalla sentenza, un punto 
determinante risulta quello in cui si afferma che i giudici di merito hanno valutato 
i fatti dedotti dal lavoratore nella loro globalit�, chiarendo che l�indagine 
non si � svolta sull�elemento psicologico ma sui fatti concreti allegati dal lavoratore. 
In particolare, va tenuta presente la qualificazione dei fatti richiesti, 
giudicati in buona parte legittimi e dovuti, ma, soprattutto, sporadici e privi di 
una connessione tra di loro, con la precisazione che una parte degli stessi sono 
stati dalla stessa P.A. annullati in autotutela, escludendo l�intento persecutorio 
per il lavoratore (70) e provando che l�Amministrazione ha agito secondo i 
canoni di buona fede e correttezza (71). Difatti, come sostiene il Supremo 
Consesso di Giustizia Amministrativa (72), il potere di autotutela mediante 
annullamento degli atti rappresenta, pur in presenza di provvedimenti ritenuti 

(65) L. R. BIAN, Le prove necessarie al �danno da emarginazione lavorativa o mobbing�, in Giur. 
Merito, 2012, 5, 1192. 
(66) Cfr. Cons. St., sez. VI, 15 aprile 2008, n. 1739, in Foro It., 2008, 7-8, 3, 349. 
(67) Per un approfondimento sul passaggio dal giudizio sull�atto al giudizio sul rapporto, cfr. F. 
CARINGELLA, Manuale di Diritto Amministrativo, Roma, 2012, 131-146. 
(68) Cfr. Cons. St., ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, in Foro amm., CDS, 2011, 3, 826. 
(69) Cfr. A. PIOGGIA, Tutela dal mobbing nell�impiego pubblico non privatizzato: prove di evoluzione 
del sindacato sul pubblico potere, in Giur. It., 2012, 2, 369. 
(70) Della stessa opinione Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3695, in Foro amm. - Cons. 
Stato, 2010, 1221. 
(71) Il collegamento tra annullamento d�ufficio e dovere di buona fede e correttezza � gi� presente 
nella materia del diritto tributario, cfr. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, parte generale, Torino, 
2006, 166. 
(72) Cfr. Cons. St., sez. VI, 7 gennaio 2014, n. 12, in Foro Amministrativo, 2014, 1, 138. 



illegittimi, una facolt� attribuita all�amministrazione e mai un obbligo (73), 
da esercitare sempre previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse. Significativo 
altres� il richiamo ad una pluralit� soggettiva di organi dell�Amministrazione, 
che esclude in radice il mobbing, legato ad un rapporto 
soggettivo tra gli stessi soggetti. La sentenza conferma dunque l�orientamento 
dei giudici di legittimit� e del Consiglio di Stato in materia di mobbing, che si 
dimostra idoneo ad arginare i danni dovuti all�inesistenza di una specifica disciplina 
normativa che ne riconosca effetti e rimedi. 

Nonostante la fattispecie di matrice giurisprudenziale sia alquanto soddisfacente, 
il vuoto normativo lasciato dal Legislatore ha portato ad una serie 
di spiacevoli conseguenze: da un lato, si � sottovalutato il problema, dando 
eco ad una molteplicit� di �inutili ironie � (74) da parte di soggetti che, un 
po� per ignoranza, un po� per convenienza, hanno ricondotto soprusi e vessazioni, 
incidenti sull�integrit� della salute, alla fisiologica e stimolante competizione 
sul lavoro, considerandolo un problema minore o, persino, 
insignificante (75) (si tenga conto del fatto che, nonostante il fenomeno non 
abbia ancora raggiunto la drammatica estensione che ha in altri paesi (76), � 
stato calcolato che, in Italia, circa il 13% dei suicidi � riconducibile a pratiche 
di mobbing (77)); dall�altro, si � assistito ad una proliferazione dei processi, 
in quanto la facolt� di allegare tra i comportamenti vessatori fatti leciti e, soprattutto, 
la possibilit� di avvalersi della responsabilit� da inadempimento, 
che esonera la presunta vittima dal provare l�elemento psicologico, ha spinto 
alcuni lavoratori dipendenti a instaurare processi dalla durata decennale a 
fronte di atti che spesso si dimostrano totalmente privi del carattere persecutorio 
che dovrebbe caratterizzarli. In qualche raro caso, gli ermellini, che 
pioneristicamente avevano introdotto la fattispecie nell�ordinamento (78), 
sono dovuti intervenire cassando statuizioni di giudici di merito che avevano 
prestato tutela a presunte vittime del mobbing, rivelatesi successivamente affette 
da disturbi psichici (79). Purtroppo, la fattispecie viene anche utilizzata 
come mezzo attraverso cui ottenere risarcimenti per aver sub�to sanzioni disciplinari 
giustificate (80) e, quindi, erogate nel pieno rispetto della normativa 
giuslavoristica. 

(73) Cfr. Cons. St., sez. V, 25 luglio 2014, n. 3964, in Redazione Giuffr� amministrativo, 2014. 
(74) Molti dei casi che indicher� sono trattati in M. MEUCCI, Danni da mobbing e loro risarcibilit�, 
Roma, 2012, 61-62. 
(75) Per un�approfondita analisi del fenomeno del Mobbing anche all�estero, cfr. M. DUFFY, L. SPERRY, 
Overcoming mobbing: a recovery guide for workplace aggression and bullying, Oxford, 2014, 17. 
(76) A livello europeo, secondo un sondaggio eseguito per conto dell�Ue, l�8% dei lavoratori della 
Comunit�, corrispondente a 12 milioni di casi, � stato vittima del mobbing sul posto di lavoro. Le percentuali 
pi� elevate si registrano nel Regno Unito (16,3%), Svezia (10,2%), Francia (9,9%), Irlanda 
(9,4%), Germania (7,3%); l�Italia guida la parte bassa della classifica con il 6% e precede Spagna (5,5%), 
Belgio (4,8%) e Grecia (4,7%). 
(77) P. CENDON, Lavoro vol. 4: licenziamento, mobbing, processo del lavoro, Torino, 2009, 234. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

Dalla sentenza in commento si pu� facilmente comprendere la soluzione 
adottata dai giudici di legittimit�, che consiste nell�escludere categoricamente 
il mobbing, senza neanche indagare sull�esistenza o meno degli ulteriori elementi 
costitutivi della fattispecie, ogni qual volta gli atti o comportamenti allegati 
dalla presunta vittima non siano idonei ad essere unificati da un preciso 
intento persecutorio e vessatorio. 

In definitiva, si deve condividere l�orientamento adottato dalla Corte di 
Cassazione (e delle corti di merito) sulla prova del mobbing, perch� disincentiva 
dall�esperire azioni prive di effettivo supporto probatorio e si dimostra in 
grado di bilanciare ex ante gli interessi sostanziali di entrambe le parti, lavoratore 
e datore di lavoro. 

Per affrontare e regolamentare il fenomeno del mobbing � necessario un 
intervento legislativo che, nel creare una fattispecie apposita, da un lato, renda 
al bersaglio dei soprusi un diritto per cui lottare (81) e, dall�altro, imponga al 
giudice regole precise entro cui applicare la fattispecie (82). Una lodevole soluzione 
proviene dalla vicina Francia, dove l�illecito � sanzionabile attraverso 
articoli di leggi speciali del settore civile, penale ed amministrativo (83) e dove 
la vittima pu� servirsi dell�assistenza �sul campo� del delegato del personale 
(84). Ci si chiede, a questo punto, come si comporter� il nostro legislatore: 
come un re della Grecia antica, che crea un diritto nuovo ed autoctono, secondo 
quella concezione del diritto espressa da Carl Schmitt, allievo di Max 
Weber, e contenuta in Der Nomos der Erde im Volkerrecht des Jus Pubblicum 
Europaeum, che difende la legalit� statale che si esplica rispetto ad un dato 

(78) Cfr. Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 2000, n. 143. 
(79) Cfr. ex multis Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2013, n. 19814, in Corr. giur., 2013, 10, 1314, 
nota CARBONE, in cui �non solo non sono emersi elementi idonei ad avvalorare la tesi di un intento vessatorio� 
ma �le risultanze della prova testimoniale, unitamente a quelle medico-legali espresse nella 
c.t.u., avevano tratteggiato un atteggiamento tendente a personalizzare come ostile ogni avvenimento e 
tale da creare tensione nei rapporti di lavoro�. 
(80) Cfr. ex multis Cass. civ., sez. lav., 21 gennaio 2014, n. 1149, in Lavoro nella Giur., 2014, 5, 
501, in cui i supremi giudici hanno escluso la sussistenza di alcun intento discriminatorio, �posto che la 
societ� datrice di lavoro si era limitata ad applicare, a fronte di palesi atti di insubordinazione o di violazione 
delle regole aziendali, la sanzione disciplinare pi� lieve e talvolta, in caso di mancanza di chiari 
elementi di prova (nonostante l'accusa provenisse da superiori gerarchici del ricorrente) non aveva provveduto 
disciplinarmente nei suoi confronti, il che ha condotto al definitivo rigetto del ricorso e alla condanna 
del ricorrente al pagamento delle spese processuali�. 
(81) Cfr. R. V. JHERING, La lotta per il diritto, Bari, 1935. 
(82) Si veda anche Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2011, n. 5437, in Riv. critica dir. lav., 2011, 1, 
147, in cui il danno psichico da mobbing era stato liquidato dalla Corte d�Appello �richiamando il criterio 
dell'equit� ed individuando una somma in modo apodittico� e non, come prevede la legge, attraverso 
�una valutazione del medico legale�. 
(83) D. HANOT, Les sanctions du harc�lement au travail dans les secteurs priv�s et publics, Paris, 
2008, 16. Cfr. anche il libro I, titolo V, capitolo II del Code du travail, dedicato alla c.d. molestia morale 
(harc�lement morale). 
(84) Cfr. F. DUMONT, Droit du travail. Cours et exercise corrig�es, Paris, 2012. 



territorio (85); o come un re della Grecia moderna, che sceglie di importare il 
diritto straniero nel suo paese (86), noncurante del differente contesto (87) in 
cui l�attivit� di interpretazione giuridica deve operare? 

Cassazione civile, Sez. lavoro, sentenza 14 maggio 2014 n. 10424 -Pres. Stile, Rel. Buffa, 

P.M. Servello (difforme) - F.A. (avv. Andronico) c. Agenzia delle entrate (avv. gen. Stato). 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1. Con sentenza del 28 aprile 2010, la Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza 
del tribunale di Mistretta che aveva rigettato la domanda proposta da F.A. nei confronti del 
Ministero dell'Economia e dell'Agenzia delle Entrate, volta al riconoscimento dei danni subiti 
in ragione di comportamento asseritamente vessatorio del datore di lavoro. 
2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che, sebbene il rapporto lavorativo sia stato 
connotato da aspra conflittualit� tra le parti, la maggior parte degli atti posti in essere dall'amministrazione 
erano neutri, legittimi o giustificati, e che in ogni caso nessun intento vessatorio 
del datore nei confronti del dipendente era stato provato. 
3. Propone ricorso avverso tale sentenza il lavoratore, per due motivi, illustrati da memoria. 
Resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso; il Ministero � rimasto intimato. 
4. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di 
legge in relazione agli artt. 1218, 2087 e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata rigettato 
la domanda per mancata prova da parte del lavoratore dell'intento vessatorio del datore, trascurando 
il carattere contrattuale della responsabilit� datoriale e l'obbligo di protezione gravante 
sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c., sicch� era il datore di lavoro che era 
onerato della prova dell'adempimento dell'obbligo contrattuale. 
5. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, omessa insufficiente o 
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la 
sentenza impugnata mal valutato i vari fatti dedotti dal lavoratore e, per altro verso, per aver 
omesso di considerare il complesso di fatti medesimi, visti nella loro successione temporale 
e nella loro connessione, secondo una valutazione globale del comportamento datoriale. 
6. Il primo motivo di ricorso � infondato. Il lavoratore ha dedotto di aver subito mobbing e, 
in relazione a tale fattispecie, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che costituisce 
mobbing la condotta del datore di lavoro, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti 
del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolva, sul piano oggettivo, in sistematici e reiterati 
abusi, idonei a configurare il cosiddetto terrorismo psicologico, e si caratterizzi, sul 
piano soggettivo, con la coscienza ed intenzione del datore di lavoro di arrecare danni - di 
vario tipo ed entit� - al dipendente medesimo (Sez. L, Sentenza n. 18836 del 7 agosto 2013), 
sicch�, se occorre il compimento di una pluralit� di atti (giuridici o meramente materiali ed, 
eventualmente, anche leciti), questi devono essere diretti alla persecuzione o all'emarginazione 
del dipendente (Sez. L, Sentenza n. 18093 del 25 luglio 2013). Quanto alla prova richiesta al 


(85) SCHMITT, Der Nomos der Erde im Volkerrecht des Jus Pubblicum Europaeum, Berlin 1974, 
trad. it., Il Nomos della terra, Milano, 1991, 19 s. 
(86) Cfr. Giornale del foro, Roma, 1840, 123, in cui si legge: �nel 1837 fu pubblicata una traduzione 
greca del codice di commercio francese e le fu data forza di legge�. 
(87) IRTI, Testo e contesto, Padova, 1996. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

lavoratore, si � specificato (Sez. L, Sentenza n. 3785 del 17 febbraio 2009) che, ai fini della 
configurabilit� della condotta lesiva del datore di lavoro sono rilevanti: a) la molteplicit� di 
comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, 
che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente 
con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalit� del dipendente; 
c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio al-
l'integrit� psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cio� dell'intento 
persecutorio. L'idoneit� offensiva della condotta del datore di lavoro pu� essere dimostrata 
(come chiarito da Sez. L, n. 4774 del 6 marzo 2006), per la sistematicit� e durata dell'azione 
nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente 
da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza della violazione 
di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. 

7. La sentenza impugnata, che ha rilevato che i fatti dedotti dal lavoratore non hanno dimostrato 
un loro carattere pretestuoso e che il lavoratore non ha provato alcun intento persecutorio 
del datore, si � attenuta a tali principi. 
8. L'attribuzione di rilevanza ai soli obblighi di protezione del lavoratore - pretesa dal lavoratore 
nel primo motivo di ricorso - � questione diversa dal mobbing dedotto nel ricorso introduttivo 
del giudizio e discusso nei precedenti gradi di giudizio, potendo i detti obblighi 
venire in gioco in s�, anche al di fuori dei casi di mobbing, tutte le volte in cui fatti del rapporto 
di lavoro, ancorch� privi di connotazione emulativa, siano comunque obiettivamente pericolosi 
per il lavoratore, in ragione della loro potenzialit� dannosa per l'integrit� psicofisica del lavoratore. 
Si � infatti affermato (Sez. L, n. 18927 del 5 novembre 2012) che, nella ipotesi in cui 
il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrit� psico-fisica in conseguenza 
di una pluralit� di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura 
asseritamente vessatoria, il giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un 
intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi della 
configurabilit� di una condotta di "mobbing", � tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti 
denunciati - esaminati singolarmente, ma sempre in sequenza causale - pur non essendo accomunati 
dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti 
per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili a responsabilit� del datore di lavoro, che possa 
essere chiamato a risponderne, nei limiti dei danni a lui imputabili. 
9. Ma anche cos� ricostruita in astratto il regime della responsabilit� datoriale, va evidenziato 
(con Sez. L, n. 2038 del 29 gennaio 2013) che l'art. 2087 c.c., non configura un'ipotesi di responsabilit� 
oggettiva, in quanto la responsabilit� del datore di lavoro va collegata alla violazione 
degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze 
sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di 
avere subito, a causa dell'attivit� lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare 
l'esistenza di tale danno, come pure la nocivit� dell'ambiente di lavoro, nonch� il nesso tra 
l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il 
datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il 
verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non � ricollegabile alla inosservanza di 
tali obblighi. Nello stesso senso, Sez. L, n. 8855 del 11 aprile 2013 (nonch�, in precedenza, 
Sez. L, Sentenza n. 9817 del 14 aprile 2008) ha affermato che, in tema di responsabilit� del 
datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art. 2087 c.c., la parte che subisce l'inadempimento 
non deve dimostrare la colpa dell'altra parte - dato che ai sensi dell'art. 1218 c.c., 
� il debitore-datore di lavoro che deve provare che l'impossibilit� della prestazione o la non 





esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte derivano 
da causa a lui non imputabile - ma � comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare 
l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere state violate, 
provando che l'asserito debitore ha posto in essere un comportamento contrario o alle clausole 
contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali 
di correttezza e buona fede o alle misure che, nell'esercizio dell'impresa, debbono essere adottate 
per tutelare l'integrit� fisica e la personalit� morale dei prestatori di lavoro. 


10. La sentenza impugnata non ha dunque fatto gravare sul lavoratore oneri probatori diversi 
da quelli - rimasti nella specie del tutto insoddisfatti- configurabili a suo carico alla luce degli 
anzidetti principi, cui va data continuit�, sicch� il motivo di ricorso va rigettato. 
11. Il secondo motivo di ricorso � del pari infondato. 
12. La sentenza esamina distintamente i vari fatti dedotti dal ricorrente, consistenti in procedimenti 
disciplinari (dai quali era stato prosciolto o comunque verso i quali erano pendenti giudizi), 
un trasferimento illegittimo (poi annullato), note di qualifica penalizzanti, diniego di 
accesso a fascicolo personale (poi disposto con ordine giudiziale), mancata retribuzione del lavoro 
straordinario espletato, un procedimento penale (conclusosi con proscioglimento) e relativa 
sospensione cautelare (poi venuta meno) nonch� sanzione disciplinare per i medesimi fatti, 
due denunce per danni erariali (poi archiviate dalla Procura della Corte dei Conti), assegnazione 
a sede in Calabria (malgrado la disponibilit� di sedi in Sicilia), assegnazione a sedi diverse da 
quella spettante per le condizioni di salute del padre (attribuita a funzionario non dirigente). 
13. La corte territoriale ha motivato ampiamente sui singoli episodi dedotti dal lavoratore, singolarmente 
considerati, i quali sono stati ritenuti, con valutazione di merito insindacabile in questa 
sede in quanto congruamente e specificamente motivata, espressione al pi� di un rapporto conflittuale 
tra le parti, ma non di un intento vessatorio nei confronti del lavoratore, trattandosi di iniziative 
del datore talora doverose, ovvero giustificate o comunque, quand'anche illegittime, prive 
del carattere della pretestuosit� o arbitrariet� ed inidonee ad esprimere un intento emulativo. 
14. La corte territoriale ha anche valutato i fatti dedotti dal lavoratore nella loro globalit�, sottolineando 
che i vari fatti sono stati posti in essere in un arco temporale ampio da diverse persone 
fisiche che hanno rivestito nel tempo la qualit� di organi dell'amministrazione, escludendo 
anche per tale pluralit� soggettiva l'assenza di connessione tra i vari fatti e la inidoneit� degli 
stessi, peraltro in buona parte legittimi e dovuti, ed in altra parte annullati dalla stessa amministrazione, 
a costituire espressione di un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. 
15. La valutazione della corte territoriale � adeguatamente e congruamente motivata, essendosi 
evidenziato che si � trattato talora di atti legittimi discrezionali (e talora doverosi) dell'amministrazione, 
altre volte di atti illegittimi ma nei confronti dei quali il lavoratore ha comunque 
visto soddisfare il proprio interesse oppositivo (attivando i rimedi previsti a tutela dall'ordinamento), 
ed in genere di fatti che, per la circostanza di provenire da persone diverse dell'amministrazione, 
per di pi� in un arco temporale ampio (si parla di una ventina di fatti nell'arco 
di un decennio), hanno anche una portata lesiva in s� modesta. 
16. Le spese devono essere compensate in considerazione della complessit� dei fatti e della difficolt� 
della loro valutazione in una prospettiva unitaria, anche in relazione all'intento datoriale. 


P.Q.M. 
la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 marzo 2014. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Alla ricerca del termine per l�opposizione al decreto di 
liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle 
competenze del C.T.U. (art. 15 D.L.vo 1� settembre 2011 n. 150) 

TRIBUNALE DI NAPOLI, ORDINANZA 17 APRILE 2014 

Michele Gerardo* 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Sistema normativo previgente - 3. Sistema normativo vigente 

- 4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione - 5. Termine entro il quale proporre 
l�opposizione. 

1. Premessa. 

Il provvedimento che si annota si inserisce nella problematica - tuttora in 
evoluzione - relativa al termine entro il quale proporre l�opposizione avverso 
il decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle 
competenze del C.T.U., procedimento all�attualit� regolato dall�art. 15 D.L.vo 
1� settembre 2011 n. 150. 

2. Sistema normativo previgente. 

L�art. 11 L. 8 giugno 1980 n. 319 stabiliva: 

�La liquidazione dei compensi al perito, al consulente tecnico, all'interprete 
e al traduttore � fatta con decreto motivato del giudice o del pubblico 
ministero che lo ha nominato. 

La liquidazione � comunicata al perito, al consulente tecnico, all'interprete, 
al traduttore ed alle parti. [�] 

Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente 
esecutivo nei confronti della parte a carico della quale � posto 
il pagamento. 

Avverso il decreto di liquidazione il perito, il consulente tecnico, l'interprete, 
il traduttore, il pubblico ministero e le parti private interessate possono 
proporre ricorso entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione davanti al 
tribunale o alla corte d'appello alla quale appartiene il giudice o presso cui 
esercita le sue funzioni il pubblico ministero ovvero nel cui circondario ha 
sede il pretore che ha emesso il decreto [�]�. 

La legge n. 319/1980, ad eccezione dell'art. 4, � stata abrogata dall'art. 299, 
D.L.vo. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 

3. Sistema normativo vigente. 

L�attuale sistema normativo costituisce il portato di due interventi legi


(*) Avvocato dello Stato. 


slativi, operati - rispettivamente - con il D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (che 
ha sistematizzato la disciplina preesistente, con previsione dell�ufficio giudiziario 
in composizione monocratica a giudicare dell�opposizione) e con il 
D.L.vo 1� settembre 2011 n. 150 (sulla semplificazione dei riti civili). 

Ai sensi dell�art. 168 D.P.R. n. 115/2002 la liquidazione delle spettanze 
agli ausiliari del magistrato � effettuata con decreto di pagamento, motivato, 
del magistrato che procede, che � comunicato al beneficiario e alle parti, compreso 
il pubblico ministero, ed � titolo provvisoriamente esecutivo. 

Il successivo art. 170 del D.P.R. n. 115/2002 stabilisce che avverso il decreto 
di pagamento de quo, il beneficiario e le parti processuali, compreso il 
pubblico ministero, possono proporre opposizione disciplinata dall'articolo 15 
del D.L.vo 1� settembre 2011, n. 150 (1). Tale ultima disposizione cos� recita: 

�1. Le controversie previste dall'articolo 170 del decreto del Presidente 
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di 
cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 

2. Il ricorso � proposto al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il 
magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti 
emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero 
presso il tribunale � competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti 
emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello 
� competente il presidente della corte di appello. 
3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 
4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato pu� essere sospesa 
secondo quanto previsto dall'articolo 5. 
5. Il presidente pu� chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi 
li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione. 
6. L'ordinanza che definisce il giudizio non � appellabile�. 


La descritta disciplina in tema di opposizione si applica altres� ai provvedimenti 
determinativi del compenso in relazione ad altre fattispecie disciplinate 
nel D.P.R. n. 115/2002 mediante opportune disposizioni di richiamo (2). 

4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione. 

Il provvedimento di liquidazione viene pronunciato non d�ufficio, ma su 

(1) Il comma 2 dell�articolo 170 - abrogato dall'art. 34, comma 17, lett. b), D.Lvo n. 150/2011 prevedeva 
che il processo � quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l'ufficio giudiziario 
procede in composizione monocratica. 
(2) Tra tali provvedimenti si citano quelli relativi a: onorari al difensore di soggetto ammesso al 
patrocinio a spese dello Stato (art. 84); compenso spettante all'investigatore privato della parte ammessa 
al patrocinio (art. 104); onorario e spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione 
dei collaboratori di giustizia (art. 115); onorario e spese al difensore di ufficio della parte, anche irreperibile 
o minore (artt. 116-118); compenso all�avvocato e all'ausiliario del magistrato nei processi avverso 
il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea (art. 142) e 
nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (art. 143). 



CONTENZIOSO NAZIONALE

espressa domanda dell�interessato, da presentare entro un termine di decadenza (3). 

L�art. 168 del D.P.R. n. 115/2002 individua i requisiti del provvedimento 
di liquidazione che ci interessa. 

Innanzitutto la forma � quella del decreto motivato. 

L�ordinario decreto, previsto dal codice di rito civile all�art. 135, ha una 
natura non decisoria, ma istruttoria, � adottato solitamente senza contraddittorio 
e non � motivato �salvo che la motivazione sia prescritta espressamente 
dalla legge�. 

All�evidenza il decreto de quo devia dal tipo legale (4) atteso che il suo 
contenuto non � istruttorio, ma decisorio, su diritti soggettivi; difatti si statuisce 
sulla pretesa dell�ausiliario al compenso. 

Inoltre il provvedimento di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente 
esecutivo. La qualit� di titolo esecutivo implica che lo stesso pu�, 
quindi, fondare ex art. 474 n. 1 c.p.c. l�azione esecutiva. Sulla sua base l�ausiliario 
pu� intimare precetto di pagamento e, successivamente, pignorare i 
beni della parte gravata del carico delle spese. 

Lo stesso non costituisce anche titolo per l�iscrizione di ipoteca giudiziale 
ex art. 2818 c.c. data l�assenza di una specifica previsione in tal senso. 

Vi � un provvedimento giurisdizionale su diritti adottato inaudita altera 
parte e al di fuori di un giudizio, costituente titolo esecutivo. Tale qualit� esiste 
fino a che il decreto non venga eliminato dal mondo giuridico con il mezzo di 
contestazione tipicamente previsto, formato nel caso di specie dall�opposizione 
ex art. 15 D.L.vo n. 150/2011. La caducazione consegue alla pronuncia del-
l�ordinanza che definisce nel merito il giudizio. 

Nel rapporto �decreto-definizione dell�opposizione� - tenuto conto dei 
caratteri del decreto e della natura di cognizione di primo grado del giudizio 
di opposizione - sono predicabili le seguenti conclusioni: 

a) la mera proposizione dell�opposizione non determina la caducazione 
del decreto; 

b) la definizione del giudizio di opposizione con una pronuncia in rito quale 
la dichiarazione di inammissibilit� (5) o di estinzione - lascia integro il 
decreto, come se l�opposizione non fosse stata proposta. La purezza del decreto 
all�esito dell�estinzione del giudizio di opposizione non costituisce una deroga 
alla regola secondo cui �L�estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non 
le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano 
la competenza� (art. 310 comma 2 c.p.c.) in quanto esso decreto non � 
stato pronunciato nel corso del processo, ma in una autonoma fase anteriore. 

(3) Secondo la disciplina contenuta nell�art. 71 del D.P.R. n. 115/2002 rubricato �Domanda di liquidazione 
e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte�. 
(4) Circostanza non insolita nel sistema. Caso analogo � il decreto ingiuntivo. 
(5) Ad esempio: per carenza di legittimazione od interesse ad agire. 



Ove il giudizio di opposizione venga dichiarato inammissibile o si estingua 
o si definisca comunque in rito, l�ausiliario potr� continuare ad avvalersi 
del decreto come titolo esecutivo, mentre il debitore inciso dal decreto potr� 
contestare il suo debito riproponendo l�opposizione ex art. 15, ove non ancora 
prescritta la relativa azione; 

c) la definizione del giudizio con l�ordinanza che pronuncia sul merito, 
sia di accoglimento che di rigetto dell�opposizione, ha portata sostitutiva rispetto 
al decreto, del quale ne determina la caducazione. 

Nella evenienza che sia decorso il termine entro il quale proporre l�opposizione 
e il decreto non sia caducato, la qualit� di titolo esecutivo da provvisoria 
diviene definitiva. 

La definitivit� del titolo non comporta anche che lo stesso acquisti la qualit� 
di cosa giudicata ai sensi dell�art. 2909 c.c. All�acquisto della cosa giudicata 
ostano diverse circostanze: 

-in primo luogo il decreto non germina all�esito di un processo, di un 
giudizio nel contraddittorio tra le parti; 

-difetta una esplicita previsione normativa in tale senso; 

-infine, diversamente dal decreto ingiuntivo, con il quale ha alcune analogie, 
non sono previsti anche dei mezzi di contestazione straordinari, sulla 
falsariga degli art. 650 e 656 c.p.c., presupponenti il conseguimento della stabilit� 
del giudicato. 

Il provvedimento de quo non ha natura di volontaria giurisdizione, non 
sussistendo i requisiti paradigmatici delineati nelle �Disposizioni comuni ai 
procedimenti in camera di consiglio� (artt. 737-742 bis c.p.c.). 

In conclusione: il decreto di liquidazione delle competenze � un provvedimento 
giurisdizionale, a contenuto decisorio, su diritti soggettivi, costituente 
titolo esecutivo, inidoneo al giudicato. 

5. Termine entro il quale proporre l�opposizione. 

Prima della novella nel 2011 sulla semplificazione dei riti, si applicava il 
termine di venti giorni quale limite decadenziale alla proposizione dell�opposizione. 
Ci� in virt� del vecchio testo dell�art. 170 comma 1 D.P.R. n. 115/2002 
per il quale "avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario 
del magistrato, del custode e delle imprese private cui � affidato l'incarico di 
demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso 
il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni 
dall'avvenuta comunicazione, al presidente dell'ufficio giudiziario competente". 
Termine non pi� vigente atteso che la citata novella ha eliminato la relativa 
previsione. Tale eliminazione pu� essere ascritta ad una svista del 
legislatore delegato atteso che in quasi tutti i giudizi oppositori disciplinati nel 
capo Terzo del D.L.vo n. 150/2011 relativo alle �controversie regolate dal rito 
sommario di cognizione� vi � la previsione di un termine di decadenza di 


CONTENZIOSO NAZIONALE

trenta giorni decorrente dalla fattispecie individuata dal legislatore (notificazione 
o altra, a seconda dei casi) (6). 

Da questa possibile svista non si pu� per� ricavare la conseguenza di applicare 
in via analogica le disposizioni citate nella nota 6 prevedenti il termine 
di trenta giorni. Vari fattori ostruiscono tale strada. 

In prima battuta si rileva che nel capo Terzo vi sono giudizi oppositori quali 
l�opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e 
del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonch� agli altri provvedimenti 
dell'autorit� amministrativa in materia di diritto all'unit� familiare (art. 20) per 
i quali non vi � la previsione di un termine decadenziale. Sicch� l�indicato 
termine di decadenza � solo tendenziale e non costituisce una regola generale. 

La decadenza, poi, costituisce un istituto eccezionale per il quale vi � il 
divieto, sancito dall�art. 14 delle preleggi, dell�applicazione analogica, pena 
altres� la lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24). Difatti, 
la decadenza non costituisce, a differenza della prescrizione, una causa 
generale di estinzione dei diritti sicch� le relative norme non si applicano oltre 
i casi e i tempi in esse considerati (7). 

Infine si rileva che gli artt. 168-170 del D.P.R. n. 115/2002 e 15 D.L.vo 

n. 150/2011 delineano un microsistema autosufficiente escludente la previsione 
di termini decadenziali. 

Sul punto il Ministero della Giustizia opina "� da ritenersi che il termine 
per la proposizione di un'eventuale opposizione al decreto di pagamento ex 
art. 170 del DRP 115/02 vada individuato in quello espressamente previsto 
per il procedimento sommario di cognizione e, quindi, in quello di trenta giorni 
dall'avvenuta comunicazione (vedi art. 702-quater del c.p.c.)" (8). Tale opinione, 
icto oculi non � condivisibile atteso che il termine di trenta giorni di 
cui all�art. 702-quater c.p.c. si riferisce alla diversa fattispecie dell�appello avverso 
l�ordinanza definitoria del giudizio sommario - appello peraltro inammissibile 
ai sensi dell�ultimo comma dell�art. 15 D.L.vo n. 150/2011 nel 

(6) Vuol farsi riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 17, comma 3 (controversie in materia 
di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari), 18, 
comma 3 (controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione 
europea), 19, comma 3 (controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale), 21, 
comma 3 (opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio), 22, comma 4 (azioni popolari 
e delle controversie in materia di eleggibilit�, decadenza ed incompatibilit� nelle elezioni comunali, 
provinciali e regionali), 23, comma 3 (azioni in materia di eleggibilit� e incompatibilit� nelle 
elezioni per il Parlamento europeo), 24, comma 3 ('impugnazione delle decisioni della Commissione 
elettorale circondariale in tema di elettorato attivo), 26, comma 3 (impugnazione dei provvedimenti disciplinari 
a carico dei notai), 27, comma 4 (impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale 
dell'Ordine dei giornalisti) e 29, comma 3 (controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni 
per pubblica utilit�). 
(7) F. ROSELLI, in Trattato di diritto privato. Tutela dei diritti. II, in Trattato di diritto privato, diretto 
da P. RESCIGNO, UTET, II edizione, 2002, 603. 
(8) Nota DAG 7 novembre 2012 n. 0148412U. 



giudizio che ci riguarda - e non al ricorso introduttivo del giudizio di opposizione 
da trattare con il rito sommario. 

Parte della dottrina suggerisce l�applicazione del termine di quaranta 
giorni dalla notificazione, in analogia con il procedimento di opposizione a 
decreto ingiuntivo (9). 

Il provvedimento in rassegna � intervenuto nel corso di un procedimento 
di opposizione instaurato dalla Regione Campania, difesa dall�Avvocatura 
dello Stato ex art. 107 comma 3 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, avverso vari 
decreti liquidatori delle competenze di ausiliari del giudice adottati nel corso 
di un giudizio civile. Il giudicante, sul punto esaminato nel presente paragrafo, 
reputa applicabile il vecchio termine di decadenza di venti giorni �di cui all'art. 
170 DPR 115/2002 che, seppur nella nuova formulazione non prevede 
testualmente il termine di 20 giorni per la presentazione dell'opposizione, la 
dottrina processualcivilistica e talune ordinanze di merito sul punto hanno riconosciuto 
che implicitamente detto termine permanga non risultando una 
esplicita voluntas legis di abrogarlo�. Quanto opinato dal giudicante contrasta 
con l�attuale disciplina della materia, come sopraevidenziata. 

A nostro giudizio, non essendovi - nella sedes materiae - la previsione di 
uno specifico termine entro il quale proporre l�opposizione, si applica la disciplina 
generale sulla estinzione delle situazioni giuridiche soggettive. Per i 
principi, qualsiasi tipo di diritto - salve le imprescrittibilit� ope legis - si estingue 
per prescrizione con il decorso del termine, assenti specifiche previsioni, 
di dieci anni ex artt. 2934 e 2946 c.c. Anche l�azione giurisdizionale (artt. 24 
Cost., 2907 c.c., 99 c.p.c), costituente un diritto soggettivo di natura potestativa, 
si prescrive. Da ci� il corollario che l�opposizione, essendo una specifica azione 
giurisdizionale, pu� essere proposta entro il termine ordinario di prescrizione 
ex art. 2946 c.c., ossia entro dieci anni dalla pubblicazione del decreto. 

Va evidenziato che l�inidoneit� al giudicato esclude l�applicazione del cd. 
termine lungo di cui all�art. 327 c.p.c. (10). 

(9) Una sintesi delle varie tesi sul punto: M. FARINA, in B. SASSANI -R. TISCINI, La semplificazione 
dei riti civili, Dike Editrice Giuridica, 2011,142. 
(10) Conf. Cass. Civ. 06 ottobre 2011 n. 20485 secondo cui �l'art. 327 cod. proc. civ., non � applicabile, 
in materia di spese di giustizia, con riguardo all'opposizione del decreto di pagamento delle 
spettanze agli ausiliari emessi dal magistrato che procede. E ci� per le seguenti ragioni.[�]. La ratio 
dell'art. 327 cod. proc. civ., presuppone che si sia svolto un grado di giudizio a contraddittorio pieno 
che sia terminato con la pronuncia di una sentenza o di un provvedimento a contenuto decisorio. Tale 
evenienza non ricorre nel caso del decreto di pagamento adottato dal magistrato che procede, ai sensi 
del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168: tale decreto viene infatti emesso sulla base della mera istanza di 
liquidazione dell'ausiliario stesso, senza che ne siano in alcun modo informate e coinvolte le parti del 
procedimento nel quale si � svolta l'attivit� dell'ausiliario. Queste vengono a conoscenza del provvedimento 
emesso dal giudice sulla base della relativa istanza soltanto con la comunicazione da parte della 
cancelleria e possono promuovere, nei successivi venti giorni, un giudizio di cognizione a contraddittorio 
pieno, rivolto a contestare l'avvenuta liquidazione delle spettanze�. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

Tribunale di Napoli, ordinanza 17 aprile 2014 -Regione Campania c. A.G., U.P. e societ� 

H.C. s.p.a. 

Il Giudice, letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede osserva quanto segue: 
il presente procedimento, introdotto nelle forme del rito ex art. 702 bis c.p.c. cos� come previsto 
dal D.Lgs. 150/2011, ha ad oggetto l'opposizione alla liquidazione degli onorari CTU 
nel confronti dei dottori ..., disposta con provvedimento del GU dott. ... nell'ambito del procedimento 
civile con R.G. .../2010 introdotto da ..., nei confronti della Regione Campania. 
Dalla lettura degli atti si evince che la Regione Campania, costituitasi con comparsa di risposta 
del 30 novembre 2010 (doc. n. 3 al foliario avvocatura dello Stato) con il ministero dei difensori 
[appartenenti all�Avvocatura Regionale] non ha indicato agli atti la pec ove inviare comunicazioni 
e/o notificazioni, in violazione dell'art. 125 1� comma c.p.c.; 
con comparsa di risposta del 28 marzo 2012 l'avvocatura dello Stato di Napoli ha assunto in 
via esclusiva la difesa della regione Campania indicando la pec per la trasmissione degli atti ...; 
dai decreti di liquidazione emerge che: 
a) La liquidazione degli onorari in favore di ... (dep. in data 4 ottobre 2012) � stata trasmessa 
a mezzo fax all'avv. ... - cfr. all. 10 foliario avvocatura la quale per intervento del nuovo difensore 
non poteva esser considerato pi� "procuratore costituito" al fine della comunicazione 
e notifica di atti 
b) Parimenti a dirsi per la liquidazione degli onorari nei confronti di ... la quale risulta comunicata 
a mezzo <fax al convenuto> (cfr. All. 9 foliario atti Avvocatura dello Stato) che pu� 
presumersi esser stato il precedente "collegio difensivo" della regione Campania; ad ogni 
buon conto dalla annotazione di comunicazione della cancelleria non si evince affatto che la 
comunicazione a mezzo fax sia stata diretta all'Avvocatura dello Stato alla pur segnalata utenza 
numero 081-4979313 (cfr. all. 5 foliario atti dell'avvocatura dello Stato) 
c) Se ne deduce che � condivisibile l'argomento adoperato dall'Avvocatura dello Stato di aver 
avuto conoscenza dei provvedimenti de quibus mediante estrazione di copia dalla cancelleria 
giusta timbro accertante la copia conforme del 23 maggio 2013 data rispetto la quale pienamente 
tempestivo si palesa il deposito in data 12 giugno 2013 (esattamente il 20� giorno utile 
d� cui all'art. 170 DPR 115/2002 che, seppur nella nuova formulazione non prevede testualmente 
il termine di 20 giorni per la presentazione dell'opposizione, la dottrina processualcivilistica 
e talune ordinanze di merito sul punto hanno riconosciuto che implicitamente detto 
termine permanga non risultando una esplicita voluntas legis di abrogarlo) ... 
Si comunichi alle parti ed al CTU. 


La giurisdizione in materia di contributi pubblici alle imprese 

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA, SENTENZA 29 GENNAIO 2014 N. 6 

Francesco Maria Ciaralli * 

SOMMARIO: 1. Premessa normativa: le sovvenzioni previste dalla l. 19 dicembre 1992, 

n. 488 - 2. Criteri tradizionali del riparto di giurisdizione - 3. Natura giuridica del contributo 
e principio di concentrazione: le ragioni della giurisdizione esclusiva nell�applicazione giurisprudenziale 
- 4. L�Adunanza Plenaria conferma l�assetto tradizionale - 5. Considerazioni 
conclusive: visione funzionalista dei contributi pubblici. 

1. Premessa normativa: le sovvenzioni previste dalla l. 19 dicembre 1992, n. 

488. 

Il decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, concernente la disciplina organica 
dell�intervento straordinario nel Mezzogiorno e norme per l�agevolazione 
delle attivit� produttive, � stato convertito con modificazioni nella legge 19 
dicembre 1992, n. 488, la quale ha riformato il sistema dei contributi agevolati 
destinati alle imprese delle aree svantaggiate per la realizzazione di programmi 
di investimento nei settori dell�industria, turismo e commercio (1). 

Gli incentivi si articolano in una quota di contributo in conto capitale ed 
in un finanziamento agevolato, erogati alle imprese qualificatesi meritevoli a 
seguito dell�istruttoria valutativa e di ammissibilit� svolta dalla banca concessionaria 
convenzionata con il Ministero dello Sviluppo Economico, il quale 
predispone le apposite graduatorie pubblicate in Gazzetta Ufficiale. 

Giova porre sin da ora in evidenza che il sistema di agevolazioni disciplinato 
dalla l. 19 dicembre 1992, n. 488, persegue il fine pubblicistico di incrementare 
lo sviluppo del sistema economico e l�occupazione in aree 
svantaggiate. In tale contesto, quindi, l�attribuzione di un beneficio finanziario 
al privato imprenditore non costituisce l�obiettivo dell�intervento - del resto 
incompatibile con il divieto comunitario di aiuti alle imprese - ma si configura 
come strumento per il conseguimento delle finalit� di interesse pubblico di 

(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 

(1) Il Servizio Studi della Camera dei Deputati cos� descrive i tratti salienti dei contributi in esame: 
�Le agevolazioni della legge n. 488/1992 sono concesse ai programmi di investimento alle imprese del 
settore industria, finalizzati alla costruzione, ampliamento e ammodernamento degli impianti produttivi 
relativi alle attivit� estrattive e manifatturiere, alle attivit� di produzione e distribuzione di energia elettrica, 
di vapore e acqua calda, alle attivit� di costruzioni e, nei limiti del 5% delle risorse, alle attivit� 
dei servizi reali alle imprese nel settore dell'informatica (e dei servizi connessi di formazione professionale), 
del trasferimento tecnologico e intermediazione dell'informazione, di consulenza tecnico-economica. 
Le agevolazioni sono state inoltre estese alle imprese, localizzate nelle aree sottoutilizzate, operanti 
nel settore turistico-alberghiero (art. 9 legge n. 449/1997) e alle imprese operanti nel settore del commercio 
(art. 54, comma 2, legge n. 448/1998)�. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

volta in volta individuate, quali ex pluris lo sviluppo di attivit� di ricerca, il 
miglioramento della compatibilit� ambientale delle attivit� economiche, il recupero 
delle aree colpite da calamit� naturali. 

Il procedimento di attribuzione degli incentivi si snoda attraverso tre fasi: 
l�istruttoria condotta al fine di verificare la presenza dei requisiti cui la legge 
subordina l�ammissione al regime di agevolazioni, l�adozione del provvedimento 
di concessione provvisorio con conseguente pubblicazione delle graduatorie 
sulla G.U.R.I. ed infine l�adozione della concessione definitiva. 

Alle suindicate fasi corrispondono differenti posizioni soggettive delle 
imprese richiedenti l�agevolazione, rilevanti ai fini del riparto di giurisdizione 
tra autorit� giudiziaria ordinaria ed amministrativa. 

Questioni di particolare delicatezza si pongono allorch� l�Amministrazione, 
servendosi degli istituti della revoca, decadenza o risoluzione, abbia ritirato 
la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento del beneficiario 
agli obblighi assunti in sede di concessione, ravvisando la giurisprudenza prevalente 
in tal caso una vicenda inerente al rapporto privatistico sorto a s�guito 
della concessione, che ha determinato la formazione in capo all�impresa agevolata 
di un diritto soggettivo perfetto. 

2. Criteri tradizionali del riparto di giurisdizione. 

Secondo l�orientamento consolidato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
nonch� del Consiglio di Stato, il criterio di riparto della giurisdizione in 
materia di controversie riguardanti la concessione e revoca di contributi e sovvenzioni 
pubbliche si fonda sulla natura della situazione soggettiva azionata (2). 

Con la conseguenza che ricorre un diritto soggettivo perfetto e dunque la 
giurisdizione del giudice ordinario allorch� il finanziamento sia riconosciuto direttamente 
dalla legge, residuando in capo all�Amministrazione solo la verifica 
dell�effettiva sussistenza dei requisiti partitamente indicati dalla legge stessa (3). 

Qualora, invece, la legge demandi alla Pubblica Amministrazione di procedere 
alla valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati rispetto 
all�interesse primario cui � funzionale l�erogazione del contributo, si versa in 
un�ipotesi di apprezzamento discrezionale circa l�an, il quid ed il quomodo 
dell�attribuzione, sicch� la giurisdizione spetta al giudice amministrativo. 

(2) In tali termini si esprime la sentenza del Cons. St., Ad. Plen., 29 gennaio 2014, qui in commento. 
La menzionata sentenza conferma il consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamando numerosi 
�precedenti� della Corte regolatrice (Cass. Sez. Un., ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776; Cass. 
Sez. Un., 24 gennaio 2013, n. 1710; Cass. Sez. Un., 18 luglio 2008, n. 19806; Cass. Sez. Un., 26 luglio 
2006, n. 16896; Cass. Sez. Un., 10 aprile 2003, n. 5617, rinvenibili in gazzettaamministrativa.it) nonch� 
del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 13, in giustizia-amministrativa.it, la quale sostiene 
invero un indirizzo parzialmente difforme dalla sentenza qui in commento). 
(3) In tal senso cfr. Cass. Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28041 e Cass. Sez. Un., 7 gennaio 2013, 
n. 150, in gazzettaamministrativa.it. 



A fronte di una valutazione discrezionale dell�Amministrazione, come noto, 
l�impresa � titolare di un interesse legittimo pretensivo o dinamico avente per 
oggetto un�istanza di ampliamento della propria sfera giuridica patrimoniale (4). 

Conseguentemente, l�esclusione dell�impresa in tale fase - causata dalla 
presentazione di domanda irregolare o dall�insussistenza dei requisiti previsti 
dalla legge, con nota di rigetto formulata a cura dell�istituto bancario che ha 
seguito l�istruttoria - pu� essere contestata dinanzi all�autorit� giudiziaria amministrativa, 
secondo il generale criterio di riparto sancito dall�art. 103, primo 
comma, della Costituzione repubblicana. 

Il medesimo criterio di riparto � applicabile, secondo la giurisprudenza 
della Corte regolatrice, anche alle controversie sorte posteriormente all�adozione 
di un provvedimento di concessione provvisorio (5). 

Occorre tuttavia considerare che, secondo un recente orientamento della giurisprudenza 
amministrativa condiviso da autorevole dottrina, la natura vincolata 
dal provvedimento non � di per s� idonea a fondare la giurisdizione del giudice 
ordinario (6). �, infatti, necessario ricostruire la natura dell�interesse alla cui tutela 
� funzionale la norma che impone il vincolo, con la conseguenza che il diritto 
soggettivo sorge solo qualora tale vincolo sia posto nell�interesse dei privati (7). 

In tal senso si � espresso il Consiglio di Stato, rilevando come: �anche a 
fronte di attivit� connotate dall�assenza in capo all�amministrazione di margini 
di discrezionalit� valutativa o tecnica, quindi, occorre aver riguardo, in 
sede di verifica della natura della corrispondente posizione soggettiva del privato, 
alla finalit� perseguita dalla norma primaria, per cui quando l�attivit� 

(4) Ex multis, GAROFOLI - FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, 2013, p. 1896 s., ove si 
evidenza che tale nozione si fonda sulla considerazione della Pubblica Amministrazione come Leistungsverwaltung, 
entit� deputata cio� ad adottare provvedimenti incidenti positivamente sulla sfera giuridica 
del destinatario, determinandone un ampliamento. Logicamente complementare alla nozione di interesse 
pretensivo � quella di interesse oppositivo (o statico), consistente nell�istanza di conservazione della 
sfera giuridica negativamente incisa da un provvedimento amministrativo. 
Per quanto concerne la nozione generale di interesse legittimo, non essendo qui d�uopo proporre una ricognizione 
del dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia, giova evidenziare la dimensione marcatamente 
sostanziale dell�interesse legittimo che ormai costituisce jus receptum in giurisprudenza (la 
�centralit� che il bene della vita assume nella struttura di detta situazione soggettiva� � riconosciuta 
da numerose pronunce del Consiglio di Stato, tra cui, ex multis, Cons. St., A.P., 23 marzo 2011, n. 3, 
Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6838, nonch� Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2578, in 
giustizia-amministrativa.it). 
(5) Cass. civ. Sez. Un., 16 dicembre 2010, n. 25398, ne ildiritto.it, in ipotesi di revoca del finanziamento 
gi� provvisoriamente concesso, determinata a seguito dell�accertamento di spese non ammissibili 
perch� sostenute prima della domanda di ammissione. 
(6) Si vedano, in tal senso: NIGRO, Giustizia amministrativa, III ed., Bologna, 1983, p. 188; ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, I, Principi generali, VIII ed., Milano, 1958, p. 189; CASETTA, 
Diritto soggetivo e interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 
1952, pp. 611 e ss.; JANNOTTA, La giurisdizione del giudice amministrativo, Milano, 1985, pp. 176-178; 
SCOCA, Interessi protetti (dir. amm.), in Enc. Giur., XVII, Roma 1989, pp. 8-9; MAZZAROLLI, Ragioni e 
peculiarit� del sistema italiano di giustizia amministrativa, in AA.VV., Diritto Amministrativo, Bologna, 
III ed., 2001, p. 1852. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

amministrativa, ancorch� a carattere vincolato, tuteli in via diretta l�interesse 
pubblico, la situazione vantata dal privato non pu� che essere protetta in via 
mediata, cos� assumendo connotazione di interesse legittimo� (8). 

L�insegnamento dell�Adunanza Plenaria � stato rapidamente recepito in 
numerose pronunce di primo grado, tra cui pu� citarsi la sentenza n. 2959 
emessa il 17 settembre 2007 dalla II sez. del TAR Piemonte: �considerato che 
l'attivit� amministrativa relativa alla concessione di agevolazioni o contributi 
si svolge a tutela dell'interesse pubblico alla migliore gestione delle risorse, la 
posizione del privato in relazione al potere dell'amministrazione di negare o 
revocare l'attribuzione di agevolazioni � di interesse legittimo, anche se l'attivit� 
stessa presenti aspetti di carattere vincolato, e la controversia concernente la 
valutazione dei presupposti di interesse pubblico all'elargizione appartiene alla 
giurisdizione del g.a.�. Sulla stessa linea il TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 
203 dell�11 febbraio 2011: �� il vincolo normativo depone nel senso della sussistenza 
di un diritto soggettivo solo nel caso in cui esso sia posto nell�interesse 
del privato e non (come nel caso di specie) nell�interesse dell�Amministrazione 
o, pi�, in generale a tutela della correttezza, economicit� e trasparenza del-
l�azione amministrativa (rispondendo ad un elementare esigenza di buona amministrazione 
che i benefici finanziari siano erogati solo nella misura in cui 
essi rispondano ad effettive finalit� di interesse pubblico)� (9). 

Tuttavia, in materia di contributi pubblici alle imprese, si � sovente affermato 
che la giurisdizione inderogabilmente pertiene al plesso ordinario allorch� 
il finanziamento sia direttamente riconosciuto alla legge, essendo 
all�Amministrazione demandato �soltanto il compito di verificare l�effettiva 
esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale 
circa l�an, il quid, il quomodo dell�erogazione�, a prescindere 
dunque dalla natura dell�interesse a presidio del quale il vincolo � posto (10). 

(7) L�Avvocatura dello Stato ha posto in evidenza, in sede di memoria conclusiva, l�obiettivo pubblicistico 
cui sono preordinati i contributi pubblici alle imprese: �N� pu� esservi dubbio che i vincoli 
normativi siano, nel caso di specie, posti a presidio dell�interesse pubblico avuto di mira dall�intervento 
agevolativo, che non � certo rivolto ad arrecare un vantaggio finanziario al privato imprenditore questo 
� lo strumento, non il fine ultimo dell�impiego delle risorse pubbliche - ma lo sviluppo del sistema 
economico, il sostegno all�occupazione o i pi� specifici obiettivi di volta in volta individuati, quali lo 
sviluppo della ricerca o della tecnologia, il miglioramento della compatibilit� ambientale delle attivit� 
economico, il recupero di aree colpite da fenomeni di crisi o da calamit� naturali, ecc.� . 
(8) Cons. St., Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8, in giutizia-amministrativa.it. 
(9) Ed ancora, il TAR Molise - Campobasso, sezione I, con la sentenza n. 661 del 23.09.2009, per 
l�ulteriore precisazione che �le norme che disciplinano tali aiuti � oltre ad incidere sul mercato sono 
connotate e funzionalizzate ad uno scopo tipicamente pubblicistico che travalica la causa tipica dei 
rapporti di finanziamento di diritto privato�. 
(10) In tali termini si esprime l�Ad. Plen. 29 gennaio 2014, n. 6, qui in commento, riprendendo 
l�orientamento espresso dal Giudice del riparto con Cass. Sez. Un. 7 gennaio 2013, n. 150, in gazzettaamministrativa.
it. 



3. Natura giuridica del contributo e principio di concentrazione: le ragioni 
della giurisdizione esclusiva nell�applicazione giurisprudenziale. 

Il suesposto assetto della giurisprudenza in materia di contributi economici 
� stato ritenuto suscettibile di rivisitazione dalla Sesta Sezione del Consiglio 
di Stato che, con ordinanza 15 luglio 2013, n. 3789, ha rimesso all�Adunanza 
Plenaria la questione relativa all�individuazione del giudice avente giurisdizione 
sulla domanda relativa all�impugnazione della revoca delle agevolazioni 

o contributi concessi alle imprese ex l.19 dicembre 1992, n. 488. 

La Sezione rimettente, nella specie, qualifica il potere di revoca esercitato 
dall�Amministrazione in termini di autotutela pubblicistica, a fronte della quale 
l�impresa beneficiaria � titolare di un interesse legittimo oppositivo da tutelare, alla 
stregua del tradizionale criterio di riparto, dinanzi al giudice amministrativo (11). 

L�ordinanza di rimessione, tuttavia, non si limita a paventare l�attrazione 
nell�alveo della giurisdizione generale di legittimit� delle controversie aventi 
per oggetto un atto di ritiro dell�Amministrazione, ma ravvisa in materia di 
contributi pubblici alle imprese un�ipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 
133, primo comma, lett. b), c.p.a., inerendo la revoca della misura agevolativa 
a �rapporti di concessione di beni pubblici�. 

Si argomenta, infatti, che il denaro pubblico, concesso alle imprese beneficiarie 
all�esito di procedure ad evidenza pubblica disciplinate dal d.lgs. 123/1998, 
per il perseguimento di un interesse generale comunitariamente regolato, non 
possa costituire altro che un bene pubblico, rientrante nel genus dei �beni destinati 
ad un pubblico servizio� alla stregua di quanto previsto dall�art. 826 c.c. 

Consente, d�altronde, di opinare nella medesima direzione l�art. 12 della 
legge sul procedimento amministrativo, che apertis verbis fa riferimento alla 
�concessione di sovvenzioni, sussidi ed ausili finanziari�. 

Depone nel senso della natura concessoria anche la configurazione strutturale 
dell�attribuzione patrimoniale ex l. 19 dicembre 1992, n. 488, alla cui 
stregua l�impresa beneficiaria � resa destinataria di un provvedimento accrescitivo 
mirante al conseguimento di interessi pubblici (sviluppo di aree sottoutilizzate, 
sostegno all�occupazione, etc.), al quale il beneficiario deve 
contribuire mediante la realizzazione di attivit� d�impresa di cui assume il ri


(11) L�Avvocatura erariale cos� argomenta la natura pubblicistica del potere di revoca del contributo: 
�Non occorre peraltro evidenziare che l�atto che incide sulla posizione soggettiva del beneficiario 
della concessione di un contributo, qualificato nella prassi amministrativa come �revoca� e 
frequentemente riqualificato dalla giurisprudenza come provvedimento decadenziale, ha certamente 
l�efficacia e l�imperativit� di ogni provvedimento amministrativo (non emesso in carenza di potere), 
fino a quando non sia annullato o sospeso dall�Amministrazione in autotutela ovvero dal giudice legittimato 
a farlo (ai sensi degli artt. 113 Cost., 4 l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 7 e 29 d.gls. 
2.7.2010, n. 104)�. Si evidenzia, altres�, che l�atto di ritiro � adottato a s�guito di un provvedimento 
amministrativo che contempla le garanzie procedimentali stabilite dalla l. 241/90, ivi incluso il modello 
di contraddittorio. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

schio, conformemente allo schema generale, comunitariamente imposto, del-
l�istituto concessione siccome disciplinato dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 
3, commi 11 e 12, che regola le procedure comparative ad evidenza pubblica, 
equivalenti a quelle previste in materia di contributi pubblici alle imprese. 

La qualificazione in termini concessori dei contributi economici, paventata 
dall�ordinanza di rimessione all�Adunanza Plenaria, non � priva di concreti 
riscontri giurisprudenziali. Si richiama, infatti, la sentenza del TAR Puglia Sezione 
di Lecce, 9 maggio 2012, n. 805, che, prescindendo dalla posizione 
soggettiva dell�impresa, ha ritenuto, la propria giurisdizione esclusiva, appunto 
�in base all�art. 133, primo comma, lettera b), del codice del processo amministrativo, 
che affida al G.A. �le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti 
relativi a 133, primo comma, lett. B) rapporti di concessione di beni 
pubblici�. E ci� in quanto l�erogazione del pubblico denaro riveste la forma 
della concessione (occorrendo valorizzare il dato normativo proveniente 
dall�art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che chiaramente si riferisce per 
l�appunto alla �concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari�), 
non potendosi neanche dubitare che trattasi della concessione di un 
bene pubblico, tale essendo il denaro della collettivit��. 

Alle medesime conclusioni � giunto anche il Tribunale ordinario di Firenze 
che, mediante ordinanza 3 aprile 2013, n. 2126, resa ex art. 700 c.p.c. e 
dunque idonea ad acquisire stabilit�, ha declinato la propria giurisdizione a 
favore di quella esclusiva del giudice amministrativo, in quanto �l�art. 12 L. 
241/90 in materia di provvedimenti attributivi di vantaggi economici fa riferimento 
a �concessioni di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari�; 
l�art. 133 comma 1 lett.b) cpa afferma la giurisdizione esclusiva del Giudice 
Amministrativo riguardo alle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti 
relativi a rapporti di concessione di beni pubblici; anche la concessione 
di contributi economici pubblici rientra nella previsione della norma suddetta 

(v. in tal senso ord. Cons.di St. 28.1.13 n. 517�. 

La Sezione rimettente enuclea, altres�, un ulteriore profilo attrito tra la 
prassi applicativa ed il generale criterio di riparto fondato sulla causa petendi, 
rinvenibile nella difficolt� di discernere tra diritti soggettivi ed interessi legittimi 
nella materia in questione, stante il fatto che il provvedimento di revoca 
del contributo ben pu� essere fondato sia sull�inadempimento dell�impresa 
beneficiaria sia sul difetto di un requisito originario, che pu� essere �scoperto� 
anche in fase successiva all�inizio dell�esecuzione (12). 

(12) Il Tar Lecce, protagonista delle pi� rilevanti aperture in materia di contributi pubblici, nella 
succitata sentenza n. 805/2012, ha altres� affermato che �non � agevole distinguere se il provvedimento 
amministrativo che dispone la revoca delle agevolazioni si basi sulla mancanza di un requisito previsto 
o non, piuttosto, sull�inadempimento del beneficiario, il richiamato indirizzo crea il rischio di 
suddividere tra i plessi la giurisdizione sulla medesima vicenda, tutte le volte in cui il ritiro della 


Tale promiscuit� di situazioni soggettive � dovuta al fatto che la fase di 
erogazione del contributo � riconducibile, sia pure mediatamente, all�esercizio 
del pubblico potere di concessione del beneficio, con la conseguenza che, 
quand�anche non dovesse ravvisarsi in materia di agevolazioni un�ipotesi di 
giurisdizione esclusiva, le controversie concernenti la fase esecutiva sarebbero 
naturaliter attratte nell�alveo della giurisdizione generale di legittimit�, stante 
la �necessit� di concentrazione delle tutele� sancita dall�art. 44 della legge 
delega 18 giugno 2009, n. 69 nonch� dall�art. 7 c.p.a., il quale prevede che 
siano devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie riguardanti 
provvedimenti e comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all�esercizio 
del pubblico potere (13). 

D�altra parte, la stessa Corte costituzionale, con le sentenze 6 luglio 2004, 

n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191 ha valorizzato la riconducibilit� del rapporto 
giuridico, riguardato in prospettiva sintetica e non atomistica, alla spendita di 
un pubblico potere, a prescindere dal fatto che successive fasi del rapporto involgano 
situazioni qualificabili in termini di diritto soggettivo (14). 

4. L�Adunanza Plenaria conferma l�assetto tradizionale. 

Con sentenza 29 gennaio 2014, n. 6, resa dal Consiglio di Stato nella sua 
pi� autorevole composizione, � stato ribadito il tradizionale discrimen tra giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa, fondato sulla natura della situazione 
giuridica fatta valere, qualificata in termini di interesse legittimo �ove la controversia 
riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale 
attributivo beneficio� nonch� qualora tale provvedimento sia stato 
annullato per vizi di legittimit� o revocato in autotutela, mentre si ravvisa un 
diritto soggettivo nel caso in cui il finanziamento sia direttamente riconosciuto 
dalla legge e quando la controversia attenga �alla fase esecutiva del rapporto 

concessione del denaro pubblico sia dovuto ad entrambi i fattori, come di fatto accaduto (vedi TAR 
Lazio - Latina, 20 giugno 2008 n. 770), ponendo seri dubbi sulla capacit� di assicurare in tal caso la 
pienezza ed effettivit� della tutela, secondo il principio ora codificato dall�art. 1 c.p.a�. 

(13) Il riferimento al principio di concentrazione � fatto proprio apertis verbis dall�Avvocatura 
dello Stato nella memoria conclusiva: �Ma soprattutto - e ci� proprio nell�ottica della nota e pi� volte 
richiamata sentenza C. cost. n� 204/2004 - la definitiva inclusione delle controversie in materia di contributi 
ed agevolazioni nell�ambito della giurisdizione esclusiva potrebbe, una volta per tutte, eliminare 
l�obiettiva incertezza del cittadino riguardo all�autorit� giudiziaria competente a tutelare le sue ragioni. 
Incertezza divenuta ormai tanto pi� intollerabile, essendo notoria la negativa ricaduta, in termini di 
appetibilit� del Paese per gli investimenti privati, dei sempre pi� estenuanti riparti di giurisdizione. Si 
tratta di veri e propri nodi gordiani, che continua a creare un�intrigata commistione di diritti e interessi 
legittimi, nel campo sempre pi� vasto ed articolato degli strumenti economico-finanziari a disposizione 
delle imprese: patologia ormai cronica, per la quale non si vedrebbe altra terapia che un pi� deciso ricorso 
a misure di giurisdizione esclusiva�. 
(14) Autorevole dottrina opina, infatti, che �ci� che rileva � il rapporto in seno al quale la condotta 
� tenuta, pi� che la condotta in s� intesa e il suo legame atomistico con singoli atti abilitativi o autorizzativi� 
(CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, 2014, p. 344). 



CONTENZIOSO NAZIONALE

di sovvenzione e all�inadempimento degli obblighi cui � subordinato il concreto 
provvedimento di attribuzione�. 

Il Consiglio di Stato non condivide l�orientamento fatto proprio dal Tar 
Lecce e, in una significativa occasione, anche dal Tribunale ordinario di Firenze, 
ritenendo non potersi ravvisare un rapporto concessorio nell�attribuzione del-
l�agevolazione pubblica che invece costituisce un�ipotesi di mero finanziamento, 
il quale �implica un tipo di rapporto del tutto diverso, in forza del quale il finanziato 
acquisisce la piena propriet� del denaro erogatogli ed eventualmente 
assume l�obbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza�. 

Suscita invero dubbi il successivo passaggio dell�iter logico-argomentativo 
seguito dal Consiglio di Stato, ove si afferma che la sussumibilit� delle 
misure agevolative entro il genus concessione non sarebbe comunque utile a 
radicare la giurisdizione esclusiva per le controversie concernenti l�erogazione 
e la ripetizione del contributo, atteso che ai sensi dell�art. 133, lett. b), c.p.a. 
�canoni, indennit� ed altri corrispettivi� sono devoluti alla giurisdizione ordinaria 
anche con riferimento ai rapporti concessori. 

Nel caso di specie, tuttavia, il denaro pubblico non costituisce, come pure 
afferma l�Adunanza Plenaria, un �compenso vantato dal concessionario�, 
bens� rileva direttamente come bene oggetto della concessione, attribuito al 
privato in vista del conseguimento di un interesse generale e non certo come 
contropartita di una prestazione. 

Per quanto concerne, poi, la prossimit� tra posizioni di diritto soggettivo 
ed interesse legittimo, il Consiglio di Stato pone in rilievo che �dalla richiamata 
giurisprudenza costituzionale non pu� ricavarsi che ogni controversia comunque 
riconducibile, sia pure in via indiretta o mediata, all�esercizio del potere 
pubblico possa essere ricondotta alla giurisdizione amministrativa di legittimit�, 
involgendo, per ci� solo, posizioni di interesse legittimo�, poich� il criterio 
della riferibilit� al potere amministrativo si atteggia come limite costituzionale 
alla scelta legislativa di introdurre ipotesi di giurisdizione esclusiva. 

Il Consiglio di Stato, inoltre, qualifica in termini privatistici la revoca del 
contributo a s�guito di inadempimento del beneficiario, atteso che i provvedimenti 
di ritiro sono ancorati a precisi requisiti stabiliti dalla legge sul procedimento 
amministrativo. 

L�ordinamento, d�altra parte, conosce altre tassative ipotesi di autotutela 
privatistica esperibile dall�Amministrazione, le pi� importanti delle quali si 
rinvengono nell�esecuzione dei contratti pubblici, stante il diritto di recesso 
attribuito dall�art. 134 cod. contr. publ., previo pagamento dei lavori eseguiti, 
valore dei materiali utili nonch� decimo dell�importo delle opere non eseguite. 

5. Considerazioni conclusive: visione funzionalista dei contributi pubblici. 

La sentenza in commento parrebbe disconoscere un elemento che emerge 
con forza dal contenzioso avente per oggetto la revoca dei pubblici contributi, 


che sovente si conforma ai caratteri tipici del sindacato di legittimit�: le imprese 
beneficiarie, infatti, sono solite �aggredire� il provvedimento di revoca, contestandone 
in concreto i vizi, pur quando la lite sia incardinata innanzi all�A.G.O. 

A prescindere dai rilievi concernenti la �morfologia� del contenzioso in 
subiecta materia, appare evidente come la posizione tradizionale, riconfermata 
dall�Adunanza Plenaria, frustri le aperture di una pregevole giurisprudenza, 
sia amministrativa che ordinaria, la quale si avvede dell�inscindibile nesso 
funzionalistico che avvince la fase attributiva con quella esecutiva del contributo, 
entrambe tese al perseguimento dell�interesse pubblico e non a riconoscere 
altrimenti inammissibili �compensi� alle imprese beneficiarie (15). 

Anche la fase esecutiva, infatti, discende dalla spendita del pubblico potere 
concessorio che permane durante tutto lo svolgimento del rapporto, potendo 
in ogni momento l�Amministrazione revocare l�agevolazione sia per il 
difetto di requisiti di ammissibilit� sia per inosservanza successiva degli obblighi 
assunti dall�impresa, con provvedimento di ritiro adottato a s�guito di 
un iter procedimentale scandito dagli adempimenti, soprattutto partecipativi, 
previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 

� lecito auspicare, pertanto, che le esigenze di concentrazione avvertite 
da numerosi organi giudiziari possano tradursi in una rivisitazione, quanto mai 
necessaria, del riparto di giurisdizione in materia di contributi pubblici alle 
imprese previsti dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488. 

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 29 gennaio 2014 n. 6 -Pres. Giorgio Giovannini, 
Est. Roberto Giovagnoli - C.A. e C.M. (avv. Giovanni Bruno) c. Ministero dello Sviluppo 
Economico, Ministero dell�Economia e delle Finanze (avv. Stato Vittorio Russo). 

FATTO e DIRITTO 

1. I signori A. e M.C., odierni appellanti, hanno chiesto la riforma della sentenza in epigrafe 
indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha dichiarato il difetto di giurisdizione 
del giudice amministrativo a decidere il ricorso n. 160 del 2013, proposto avverso 
l�atto - emesso il 12 settembre 2012 - di revoca delle agevolazioni gi� concesse dalla Cassa 

(15) Il disagio per una lettura atomistica ed esclusivamente civilistica del complesso rapporto giuridico 
che scaturisce dalla concessione del beneficio � plasticamente rappresentata dall�Avvocatura erariale 
nella citata memoria conclusiva: �Non di rado addentrandosi in laboriose tessiture sull�autonomia 
del �negozio di garanzia� in questione, la cennata giurisprudenza civile arrestava il suo sguardo allo 
schema di Tizio che si garantisce attraverso Caio dall�insolvenza di Sempronio. Ma per tal via sembrando 
essa dimenticare, o comunque non adeguatamente valorizzare, in una chiave di lettura pur privatistica 
della vicenda, la peculiarit� del substrato causale, di un negozio plurilaterale complesso 
funzionalizzato al pur sempre perseguimento di un interesse del soggetto Stato; il quale agisce s� de 
jure privatorum, ma comunque per un obiettivo pubblico, di sviluppo. Mancandosi il quale anche a ragionarsi 
privatisticamente, si verserebbe in un�insanabile patologia del negozio. E, sul piano pubblico-
economico, in una penalizzazione dei preminenti interessi della Collettivit�, delle cui conseguenze pu�, 
di questi tempi pi� che mai, percepirsi tutta la gravit��. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

per il Mezzogiorno il 20 febbraio 1985 alla loro dante causa, signora C.M., titolare della omonima 
ditta, a causa della diversit� dell�effettiva attivit� esercitata (servizi di manutenzione) 
rispetto a quella (produzione in serie di mobili metallici) prevista nel programma d�investimento 
a suo tempo approvato ai sensi e per gli effetti dell�art. 69 d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 
(Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno). 

2. Nella fattispecie in esame, le circostanze che hanno determinato la contestata revoca sono 
emerse a seguito dell�accertamento di spesa previsto dall�art. 73 del citato Testo unico, effettuato 
nello stabilimento della ditta M. il 18 settembre 1991, dopo il rilascio del provvedimento 
che ha disposto il beneficio, per la mancata produzione delle merci previste dalla classificazione 
ISTAT dichiarata nel programma approvato, sostituite da servizi non ammissibili ai benefici 
della legge 2 maggio 1976, n. 183 (Disciplina dell'intervento straordinario nel 
Mezzogiorno per il quinquennio 1976-80), e quindi per ragioni inerenti alla qualificazione 
dell�attivit� effettivamente esercitata. 
3. Gli appellanti contestano la decisione, evidenziando che la revoca costituisce esercizio di 
un pubblico potere, sindacabile perci� dal giudice amministrativo. 
4. La Sesta Sezione, con ordinanza 15 luglio 2013, n. 3789, ha rimesso all�Adunanza Plenaria 
la questione relativa alla individuazione del giudice avente giurisdizione sulla domanda relativa 
all�impugnazione della revoca dei contributi o agevolazioni concesse alle imprese. 
L�ordinanza di rimessione richiama la consolidata giurisprudenza (delle Sezioni Unite della 
Corte di Cassazione del Consiglio di Stato) secondo cui sussiste la cognizione del giudice ordinario 
quanto alle controversie instaurate per contrastare l�Amministrazione che, servendosi 
degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento o 
la sovvenzione sulla scorta di un preteso inadempimento, da parte del beneficiario, degli obblighi 
impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo in esame, mentre � configurabile 
una situazione soggettiva d�interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice 
amministrativo, se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato 
o revocato per vizi di legittimit� o per contrasto iniziale con il pubblico interesse. 
5. La Sezione remittente, pur riconoscendo che in fattispecie corrispondenti a quella ora in 
esame l�indirizzo giurisprudenziale appena richiamato ravvisa pacificamente la sussistenza 
di un diritto soggettivo e, quindi, la giurisdizione civile, ritiene, tuttavia, che i principi espressi 
da tale giurisprudenza circa l�individuazione del giudice competente a pronunciarsi sulla legittimit� 
della revoca (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo 
a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione, e sulla qualificazione in termini di 
provvedimento obbligato della revoca del finanziamento a causa della mancata conformit� 
alle norme che lo consentono: cfr. Cass. Sez. Un. 21 novembre 2011, n. 24409) possano essere 
oggetto di una rimeditazione generale, che valga alla riconduzione sistematica delle diverse 
questioni alla sola giurisdizione amministrativa. 
6. A sostegno del superamento del precedente indirizzo giurisprudenziale, la Sezione, in parte 
anche richiamando le considerazioni svolte nella precedente ordinanza di rimessione n. 517 
del 2013, indica i seguenti argomenti: 
a) il potere di autotutela dell�Amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), 
in base ai principi del contrarius actus, incide di per s� sempre su posizioni d�interesse 
legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio 
di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico 
sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell�ipotesi d�inadempimento del concessionario); 
b) l�art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha 





giurisdizione nelle controversie �riguardanti provvedimenti, atti [�] riconducibili anche mediatamente 
all�esercizio� del potere pubblico, fra i quali rientrerebbe anche il provvedimento 
di ritiro di un precedente atto a sua volta di natura autoritativa; 
c) la configurabilit� di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza 
dell�esercizio del potere di autotutela, risulta pi� rispondente alle esigenze di certezza del diritto 
pubblico (divenendo l�atto di revoca inoppugnabile, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) 
ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poich� l�esercizio del 
medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non 
dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori 
atti aventi natura autoritativa (onde neppure si giustificherebbe sul piano della logica giuridica 
l�attribuzione alla giurisdizione civile della controversia riguardante la legittimit� dell�atto di 
ritiro, mentre indubbiamente sussiste quella amministrativa per le controversie riguardanti la 
fase di ulteriore attribuzione delle risorse recuperate a seguito dell�atto di ritiro); 
d) la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via 
esclusiva, in considerazione dell�art. 12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i �provvedimenti 
attributivi di vantaggi economici�, che disciplina la �concessione di sovvenzioni, contributi, 
sussidi ed ausili finanziari�, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi 
provvedimento che disponga l�erogazione del denaro pubblico. Sotto tale profilo, potrebbe, 
allora, risultare rilevante l�art. 133, comma 1, lettera b), cod. proc. amm. sulla sussistenza 
della giurisdizione esclusiva per le �controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi 
a rapporti di concessione di beni pubblici�. 
e) la portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate non sarebbe riducibile in 
via interpretativa, per il rilievo da attribuire all�art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che 
ha condotto all�approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto 
del medesimo dovesse avvenire �al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza 
della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice 
di procedura civile in quanto espressione di princ�pi generali e di assicurare la concentrazione 
delle tutele�). Infatti, la finalit� di adeguamento alla giurisprudenza della Corte 
costituzionale ha consentito l�elaborazione dell�art. 7 del codice, ripetitivo di espressioni contenute 
nelle sentenze della Corte stessa 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191. 
Inoltre, la distinta, e parimenti rilevante, finalit� di �assicurare la concentrazione delle tutele� 
pu� aver giustificato l�attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie riguardanti 
- per il tramite dell�esercizio del potere di autotutela - il ritiro dei provvedimenti �attributivi 
di vantaggi economici�, aventi ex lege natura concessoria, e dunque delle controversie 
che peraltro gi� di per s� potevano essere riferite ai rapporti inerenti alla concessione di un 
bene pubblico (il denaro), prima ancora delle modificazioni disposte dal codice del processo 
amministrativo. 


7. Alla camera di consiglio del 20 novembre 2013 la causa � stata trattenuta per la decisione. 
8. L�Adunanza Plenaria ritiene di dover confermare il tradizionale e consolidato indirizzo giurisprudenziale, 
condiviso sia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. 
Un., ordinanza 25 gennaio 2013, n. 1776; Cass. Sez. Un. 24 gennaio 2013, n. 1710; Cass. 
Sez. Un. 7 gennaio 2013, n. 150; Cass. Sez. Un. 20 luglio 2011, n. 15867; Cass. Sez. Un. 18 
luglio 2008, n. 19806; Cass. Sez. Un. 26 luglio 2006, n. 16896; Cass. Sez. Un. 10 aprile 2003, 


n. 5617), sia dal Consiglio di Stato (cfr., da ultimo, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 13), secondo 
cui il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie 
riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve 


CONTENZIOSO NAZIONALE

essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione 
soggettiva azionata, con la conseguenza che: 

-sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento � riconosciuto 
direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione � demandato soltanto il compito 
di verificare l�effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento 
discrezionale circa l�an, il quid, il quomodo dell�erogazione (cfr. Cass. Sez. Un. 
7 gennaio 2013, n. 150); 

-qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto 
di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione 
o dall�acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la 
giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati 
come revoca, decadenza o risoluzione, purch� essi si fondino sull'inadempimento alle 
obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato � 
titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo 
la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento 
degli obblighi cui � subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (cfr. Cass. Sez. 
Un., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776); 

-viceversa, � configurabile una situazione soggettiva d�interesse legittimo, con conseguente giurisdizione 
del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale 
precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito 
della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimit� 
o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario 
(Cass. Sez. Un. 24 gennaio 2013, n. 1710; Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2013, n. 17). 

9. Le pur suggestive ed articolate argomentazioni invocate nell�ordinanza di rimessione al 
fine di superare tale indirizzo giurisprudenziale non possono essere condivise. 
10. Anzitutto, deve essere disatteso l�argomento che - muovendo dalla qualificazione del denaro 
come bene pubblico e, di conseguenza, dell�atto di erogazione come provvedimento di natura 
concessoria - sostiene che le controversie in materia di attribuzione (e, quindi, di revoca) di contributi 
o agevolazioni finanziarie rientrerebbero nella giurisdizione esclusiva di cui il giudice 
amministrativo dispone in materia di concessioni di beni pubblici ai sensi dell�art. 133, lett. b) 
cod. proc. amm. (tesi sostenuta, oltre che dall�ordinanza di remissione, anche da una parte minoritaria 
della giurisprudenza amministrativa: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 1993, n. 727; 
Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4255; Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2005, n. 516). 
Come hanno bene evidenziato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 19 
maggio 2008, n. 12641, deve essere esclusa l�equiparabilit� tra concessione di beni ed erogazione 
del denaro, in quanto, anche se il denaro � annoverabile nella categoria dei beni, non va 
confusa la figura della concessione a privati di benefici pubblici, che presuppone l�uso temporaneo 
da parte dei privati di detti bene per una finalit� di pubblico interesse, con quella del finanziamento, 
che implica un tipo di rapporto giuridico del tutto diverso, in forza del quale il 
finanziato acquisisce la piena propriet� del denaro erogatogli ed eventualmente assume l�obbligo 
di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza. Ben altrimenti, infatti, nel-
l'uno e nell'altro caso, le finalit� pubbliche s'intrecciano con l'interesse del concessionario o 
del finanziato, e le ragioni di non agevole distinguibilit� tra posizioni di diritto soggettivo e 
d�interesse legittimo, che sottostanno alla scelta legislativa di attribuire alla cognizione esclusiva 
del giudice amministrativo le controversie in tema di concessione di beni o servizi pubblici, 
non necessariamente ricorrono nei rapporti di finanziamento. N�, d�altronde, il carattere ecce



zionale della giurisdizione esclusiva ne consente l�applicazione al di l� dei casi indicati dalla 
legge (in questi termini Cass. Sez. Un. 19 maggio 2008, n. 12641, par. 3 della motivazione). 

10.2. Inoltre, anche a prescindere dalla possibilit� di riconoscere natura concessoria all�atto di 
erogazione del contributo, va ulteriormente evidenziato che alla sussistenza della giurisdizione 
amministrativa osterebbe, comunque, la riserva, prevista dallo stesso art. 133, lett. b) cod. proc. 
amm., a favore della giurisdizione ordinaria di tutte le questioni patrimoniali inerenti a compensi 
vantati dal concessionario, qualunque sia il nomen in concreto utilizzato (�canoni, indennit� 
ed altri corrispettivi�) (in tal senso cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2002, 

n. 1989; Cass. Sez. Un. 11 gennaio 1994, n. 215; Cass. Sez. Un. 10 dicembre 1993, n. 12164). 

10.3. L�insussistenza di una giurisdizione esclusiva afferente, in generale, alla materia di contributi 
pubblici risulta, inoltre, confermata, argomentando a contrario, dalla recente introduzione, 
ad opera della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione 
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), 
nel testo dell�art. 133 del codice del processo amministrativo della lettera z-sexies. La 
disposizione in esame ha espressamente devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
�le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato 
in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea 
e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una 
decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio 
del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l�ha concesso�. 

In questo modo, la �concessione� di aiuti non notificati e il �recupero� di aiuti incompatibili 
diventano, per tabulas, materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Nel-
l�ambito della variegata categoria dei contributi pubblici, il legislatore ha, dunque, selezionato 
una species, (quella dei contributi che costituiscono aiuti di Stato), attribuendoli espressamente 
alla giurisdizione esclusiva, realizzando cos� una reductio ad unitatem, con l�effetto di escludere 
le altre giurisdizioni nazionali (ordinaria e tributaria) e di superare le diversit� delle molteplici 
discipline sostanziali. 
Appare evidente come una tale previsione, interferendo con la questione oggetto del presente 
giudizio, si giustifichi proprio sul presupposto che, in assenza di norme speciali, la giurisdizione 
in materia di contributi e agevolazioni finanziarie � soggetta agli ordinari criteri di riparto, 
con il conseguente possibile concorso, a seconda del tipo di controversia e di situazione 
soggettiva dedotta, delle giurisdizioni ordinaria, amministrativa e tributaria. 

11. L�esclusione della sussistenza di una giurisdizione esclusiva consente di superare anche 
l�argomento fondato sull�art. 7 cod. proc. amm., laddove tale disposizione richiama, attraverso 
la formula �atti [�] rincoducibili anche mediatamente all�esercizio del potere amministrativo� 
le espressioni contenute nelle note sentenze della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 
204 e 11 maggio 2006, n. 191. 
Nella citata giurisprudenza costituzionale, invero, il riferimento alla riconducibilit� della controversia, 
anche in via mediata o indiretta, all�esercizio del potere viene utilizzato non come 
criterio generale di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, 
ma come criterio legittimante, sotto il profilo della compatibilit� con il vincolo costituzionale 
delle �particolari materie� di cui all�art. 103 Cost., la stessa giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo. 
In altri termini, dalla richiamata giurisprudenza costituzionale non pu� ricavarsi che ogni controversia 
comunque riconducibile, sia pure in via indiretta o mediata, all�esercizio del potere 
pubblico possa essere ricondotta alla giurisdizione amministrativa di legittimit�, involgendo, 


CONTENZIOSO NAZIONALE

per ci� solo, posizioni di interesse legittimo. La Corte costituzionale, al contrario, ha individuato 
nella riconducibilit� all�esercizio, pure se in via indiretta o mediata, del potere pubblico, 
il criterio che legittima la scelta legislativa di introdurre una ipotesi di giurisdizione esclusiva, 
escludendo, per converso, tale possibilit� ove detto collegamento sia assente. 
Ne deriva che il criterio della riconducibilit� all�esercizio del potere opera all�interno della 
giurisdizione esclusiva, come condizione in assenza della quale la controversia avente ad oggetto 
diritti soggettivi, nonostante l�afferenza degli stessi alla materia oggetto della giurisdizione 
esclusiva, deve comunque essere devoluta al giudice ordinario. 
L�art. 7 cod. proc. amm. che tale espressione ha recepito deve, quindi, essere interpretato nel 
senso che, ferma la vigenza del generale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla 
dicotomia tra diritti soggettivi e interessi legittimi, nelle materie di giurisdizione esclusiva � 
comunque necessario che il diritto soggettivo sia stato leso da atti, accordi o comportamenti 
riconducibili, sia pure in via diretta o mediata, all�esercizio del potere. 

12. Non pu� essere enfatizzata, per derogare a detto assetto, neanche la finalit� �di assicurare 
la concentrazione delle tutele�, pur richiamata dall�art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69. 
Quello della concentrazione delle tutele �, infatti, in primo luogo, un criterio direttivo che la 
legge delega ha posto all�esercizio del potere legislativo delegato da parte del Governo e che 
ha legittimato, fra l�altro, la scelta (gi� avallata dalla sopra citata giurisprudenza costituzionale) 
di concentrare in campo al giudice amministrativo ogni forma di tutela dell�interesse legittimo, 
ivi compresa quella risarcitoria. Esso, tuttavia, non consente di attrarre, in via meramente interpretativa 
e senza base normativa, nell�ambito della giurisdizione amministrativa controversie 
relative a diritti soggettivi, pure a prescindere dall�individuazione di una disposizione 
legislativa fondante un�ipotesi di giurisdizione esclusiva. 
Ci� a maggior ragione se si considera che nel caso di specie la domanda proposta ha ad oggetto 
esclusivamente diritti soggettivi (il diritto soggettivo al mantenimento del finanziamento gi� erogato) 
e non vi � alcuna connessione con domande contestualmente proposte relative ad interessi legittimi. 
13. Non pu�, peraltro, non ricordarsi come le Sezioni Unite, nella loro veste di giudice del riparto, 
hanno in pi� occasioni disatteso la tesi dello spostamento della giurisdizione per motivi 
di connessione (anche in presenza di connessione tra domande contestualmente proposte di 
fronte ad un unico giudice, ma devolute a diverse giurisdizioni), affermando l�opposto principio 
secondo cui �salvo deroghe normative espresse, vige nell�ordinamento processuale il 
principio generale dell'inderogabilit� della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi 
risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operativit� della giurisdizione 
ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole 
della sospensione del procedimento pregiudicato� (cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 aprile 
2013, n. 9534; Cass. Sez. Un. 7 giugno 2012, n. 9185). 
� vero che alcune sentenze delle Sezioni Unite, in presenza di controversie rimesse alla giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo ed interessate parallelamente da domande consequenzialmente 
nascenti da pretese di diritto privato, di fronte all�esigenza di decisione 
unitaria, hanno ritenuto che le norme costituzionali sul giusto processo e sulla sua ragionevole 
durata di esso (art. 111 Cost.) e sul diritto di difesa (art. 24 Cost.), coordinate con l�art. 103 
Cost., hanno escluso la possibilit� di scindere il processo in tronconi affidati a giurisdizioni 
diverse ed hanno imposto il giudizio unitario, di modo che � stata ritenuta prevalente la giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo e si � rimessa allo stesso anche la decisione 
sulle domande accessorie su cui avrebbe dovuto pronunziarsi il giudice ordinario (Cass. Sez. 
Un. 28 febbraio 2007 n. 4636 e 27 luglio 2005 n. 15660). 



La giurisprudenza successiva ha, tuttavia, definitivamente chiarito che la prevalenza del potere 
cognitivo del giudice amministrativo presuppone, oltre che la contestuale proposizione delle 
domande, che egli sia titolare di giurisdizione esclusiva, a fronte della giurisdizione sui soli 
diritti propria del giudice ordinario. In questo caso, infatti, il giudice amministrativo � titolare 
di poteri maggiori che non quelli riconosciuti al giudice ordinario (cfr. Cass. Sez. Un. 24 giugno 
2009, n. 14805; Cass. Sez. Un. 7 giugno 2012, n. 9185). 
Nel caso di specie, oltre alla gi� rilevata circostanza dell�assenza di domande propriamente �connesse�, 
� assorbente la considerazione che il giudice amministrativo non � titolare di giurisdizione 
esclusiva, il che esclude ulteriormente la possibilit� di invocare la concentrazione delle tutele per 
giustificare deroghe all�assetto del riparto della giurisdizione normativamente delineato. 

15. A favore della tesi secondo cui il codice del processo amministrativo non abbia inteso, n� 
direttamente, n� indirettamente, innovare il criterio di riparto della giurisdizione previgente 
(quale desumibile dal �diritto vivente� delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione) deve 
ancora richiamarsi quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 giugno 2012, 

n. 162, che ha dichiarato incostituzionali, per eccesso di delega, gli articoli 133, comma 1, 
lett. l); 134., comma 1, lett. c) e 135, comma 1, lett. c) del codice del processo amministrativo, 
nella parte in cui attribuiscono al giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, 
con competenza funzionale del T.a.r. Lazio, le controversie in materia di sanzioni amministrative 
applicate dalla Consob. 
La Corte costituzionale ha ravvisato la violazione dell�art. 76 Cost. nella circostanza che il 
legislatore delegato, disattendendo l�obbligo previsto dalla legge delega (art. 44 legge n. 69 
del 2009) di �tenere conto della giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni 
superiori�, ha attribuito le sanzioni irrogate dalla Consob alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, discostandosi dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di 
cassazione formatasi sul tema (che, invece, avrebbe dovuto orientare l�intervento del legislatore 
delegato, secondo quanto previsto dalla legge delega). 
� evidente, quindi, che, anche alla luce dei principi affermati nella sentenza costituzionale n. 
162 del 2012, deve escludersi una interpretazione delle norme del codice del processo amministrativo 
volta a riconoscere al giudice amministrativo spazi di giurisdizione innovativi rispetto 
a quelli gi� ad esso attribuiti in base all�assetto normativo previgente come risultante 
dall�interpretazione univocamente fornitane dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 

16. Non risulta, del resto, condivisibile neanche l�argomento secondo cui gli atti di ritiro di 
cui si discute, in quanto espressione di �autotutela�, sarebbero per ci� solo atti di esercizio di 
un potere autoritativo, a fronte del quale non potrebbe che configurarsi una posizione di interesse 
legittimo del privato. Nel caso di specie, al contrario, non viene in rilievo il generale 
potere di autotutela pubblicistica (fondato sul riesame della legittimit� o dell�opportunit� del-
l�iniziale provvedimento di attribuzione del contributo e sulla valutazione dell�interesse pubblico), 
ma lo speciale potere di autotutela privatistica dell�Amministrazione (di cui peraltro 
l�ordinamento conosce altre tassative ipotesi, le pi� importanti delle quali si riscontrano nel-
l�esecuzione dei contratti pubblici: cfr. le ipotesi di recesso e risoluzione di cui agli artt. 134136 
d.lgs. 12 aprile 2006 recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e 
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), con il quale, nell�ambito di 
un rapporto ormai paritetico, l�Amministrazione fa valere le conseguenze derivanti dall�inadempimento 
del privato alle obbligazioni assunte per ottenere la sovvenzione. L�atto in questione 
si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto cui la legge ricollega 
l�effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non 


CONTENZIOSO NAZIONALE

gi� in una rinnovata ponderazione tra l�interesse pubblico e quello privato, ma nell�asserito 
inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario e nella verifica dei presupposti di esigibilit� 
del credito. Ne deriva che le contestazioni che investono l�esercizio di tale forma di 
autotutela, sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e sono devolute a quella 
del giudice ordinario. 

17. Alla luce delle considerazioni che precedono, l�appello deve essere respinto, in quanto 
nel caso di specie la revoca del contributo finanziario � stato disposto assumendo l�inadempimento 
da parte del beneficiario delle obbligazioni assunte, per avere realizzato un programma 
di investimento (servizi di manutenzione) diverso da quello approvato per 
l�ottenimento delle agevolazioni (produzione di mobili metallici). 
Ed invero, l�erogazione del contributo - anche se avvenuto, come nella specie, in via provvisoria 
- crea un credito dell�impresa all�agevolazione, che viene adempiuto, senza margini di 
discrezionalit�, dall�Amministrazione erogante, sussistendo gi�, per effetto di una siffatta concessione, 
un diritto soggettivo (relativamente alla concreta erogazione delle somme di denaro 
oggetto del finanziamento e alla conservazione degli importi a tale titolo gi� riscossi o da riscuotere), 
con la conseguenza che il giudice ordinario � competente a conoscere le controversie 
instaurate per ottenere gli importi dovuti o per contrastare l'Amministrazione che, 
servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, abbia ritirato il finanziamento 
o la sovvenzione concessi, adducendo l�inadempimento, da parte del beneficiario, 
degli obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo. 
18. Le spese del giudizio di appello seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in 
complessivi � 1.500. 


P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando 
sull�appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 
Condanna gli appellanti in solido al pagamento, a favore del Ministero dello Sviluppo Economico, 
delle spese del giudizio di appello, che liquida in complessivi � 1.500 (millecinquecento). 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall�autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013. 


Il dialogo partecipativo tra privato e p.A. nella fase di 
controllo successiva alla presentazione della segnalazione 
certificata di inizio attivit�: s.c.i.a. e preavviso di rigetto 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA, 
SEZIONE II, SENTENZA 3 APRILE 2014 N. 880 


Roberta Costanzi* 

SOMMARIO: 1. La sentenza - 2. La ricostruzione di matrice privatistica dell�istituto e 
l�orientamento prevalente che nega l�applicabilit� dell�art. 10 bis L. 241/90 alla s.c.i.a. - 3. 
I dubbi di parte della giurisprudenza (e dottrina) contraria alla tesi prevalente - 4. Osservazioni 
conclusive. 

1. La sentenza. 

La sentenza TAR Lombardia, Milano, sez. II, 3 aprile 2014, n. 880 offre 
l�occasione di affrontare la contrastata questione della sussistenza in capo alla 

p.a. dell�obbligo di comunicazione dei motivi ostativi di cui all�art. 10 bis della 
L. 241 del 1990 con riferimento alle istanze del privato sussumibili come 
s.c.i.a., anche alla luce della ormai consolidata ricostruzione �privatistica� 
dell�istituto. Pi� in generale, la pronuncia presenta profili di interesse che travalicano 
la materia stessa del decisum per investire, ad un pi� ampio livello 
di analisi, la delicata questione della liberalizzazione delle attivit� private e 
del rapporto tra p.A. e operatori economici. 


In essa l�interprete, decidendo su di una controversia in materia di modifica 
delle caratteristiche trasmissive di impianti di telecomunicazione, si � pronunciato 
a favore della amministrazione resistente ed ha respinto le doglianze 
del privato che chiedeva una pronuncia di illegittimit� sia del provvedimento 
inibitorio della s.c.i.a. che del preavviso di rigetto che lo aveva preceduto. 

Il Collegio, in particolare, ha ritenuto legittimo il comportamento della 
amministrazione che aveva interrotto il termine per il consolidamento della 

s.c.i.a. a seguito della notifica del preavviso di rigetto con cui si sollecitavano 
integrazioni istruttorie da parte del privato operatore economico, argomentando 
tale statuizione con un�analisi di ampio respiro sistematico che giunge 
a sostenere l�applicabilit� alla s.c.i.a dell�istituto di dialogo partecipativo introdotto 
dalla L. 15/2005 per tutti i quei procedimenti ad istanza di parte che 
certamente si concluderanno con l�adozione di un provvedimento negativo. 

Nel caso di specie il Collegio ha preliminarmente inquadrato la peculiare 
normativa di settore disciplinata dal d.lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni 
elettroniche) dove all�articolo 87-bis si legge che: �fermo re


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

stando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all�articolo 87 
nonch� di quanto disposto al comma 3-bis del medesimo articolo, � sufficiente 
la segnalazione certificata di inizio attivit�, conforme ai modelli predisposti 
dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all�allegato n. 13. 
Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa 
domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dell�ente 
locale o un parere negativo da parte dell�organismo competente di cui all�articolo 
14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia � priva di effetti�. 

L�interprete ha poi inteso colmare le evidenti lacune normative, tentando 
di conciliare la ratio di semplificazione (o meglio, liberalizzazione) procedi-
mentale perseguita dal legislatore anche nel settore economicamente strategico 
degli impianti di telecomunicazione, con la necessit� di mantenere inalterato 
il rigoroso controllo da parte della p.A. dei requisiti di legge finalizzati a tutelare 
diritti fondamentali - quali il diritto alla salute - che possono risultare 
compromessi se si sostituisce la procedura autorizzatoria con la segnalazione 
certificata da parte del soggetto interessato (1); si legge nel corpo della motivazione 
che �la circostanza che il procedimento autorizzatorio sia stato sostituito, 
per effetto della legge statale, dalla segnalazione certificata di inizio 
di attivit� non fa venir meno la rilevanza della fattispecie sul piano sostanziale 
e la necessit� di trattarla, solo sotto questo profilo, al pari dell�ipotesi di installazione 
ed esercizio di un nuovo impianto�. 

Per tali motivi, nel respingere le eccezioni del ricorrente di un ingiustificato 
aggravio procedimentale causato dalla richiesta di ulteriori certificazioni 
(come richiesto dalla normativa regionale in materia di telecomunicazioni (2)), 
ha ritenuto legittima la condotta del Comune che, con riferimento alla s.c.i.a. 
carente della documentazione che ne attestasse la validit� (3), ha emanato il 

(1) Liberalizzazione che non comporta l�eliminazione dei vincoli regolativi, ma la sostituzione di 
un modulo autorizzatorio preventivo ad uno inibitorio successivo ed eventuale. La normativa italiana 
ha in tal senso recepito la Direttiva 2006/123/CE, entrata in vigore il 28 dicembre 2006, da recepirsi 
entro il 28 dicembre 2009, che prevede disposizioni generali finalizzate ad agevolare la libera circolazione 
dei servizi e la libert� di stabilimento dei prestatori di servizi. 
Si legge al punto 42 e 43 della direttiva citata: �Le norme relative alle procedure amministrative non 
dovrebbero mirare ad armonizzare le procedure amministrative, ma a sopprimere regimi di autorizzazione, 
procedure e formalit� eccessivamente onerosi che ostacolano la libert� di stabilimento e la creazione 
di nuove societ� di servizi che ne derivano�; �ɏ necessario stabilire principi di semplificazione 
amministrativa, in particolare mediante la limitazione dell�obbligo di autorizzazione preliminare ai casi 
in cui essa � indispensabile e l�introduzione del principio della tacita autorizzazione da parte delle autorit� 
competenti allo scadere di un determinato termine�. 

(2) (3)Ai sensi del comma 2, lettere g) e h) articolo 7 della legge regionale n. 11 del 2001 �Norme 
sulla protezione ambientale dall�esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni 
e per la radiotelevisione� - per il rilascio della s.c.i.a. � richiesta la produzione di un 
�atto di impegno, sottoscritto dal titolare dell'impianto o da suo legale rappresentante, ad una corretta 
manutenzione dell'impianto ove, ai fini della protezione della popolazione, devono essere rispettate le 
indicazioni specificamente fornite dall'esperto di cui al comma 4 dell'articolo 3�; atto con il quale �Il 
titolare dell'impianto o il suo legale rappresentante si impegnano altres� ad eseguire, nel caso di disat



preavviso di diniego ex art. 10 bis L. 241/90 al fine di richiedere l�integrazione 
dei documenti necessari al corretto svolgimento dell�attivit� segnalata. 

In altri termini, l�interprete ha inteso garantire a questa peculiare s.c.i.a. 
in ambito di telecomunicazioni le medesime tutele degli istituti del dialogo 
partecipativo che la normativa generale prescrive per i procedimenti amministrativi 
ad istanza di parte. 

Dapprima, sostenendo che l�amministrazione, in questo caso specifico, 
correttamente pu� comunicare il preavviso di diniego con la richiesta di integrazione 
degli atti allo scopo precipuo (e certamente non irragionevole) di 
dare garanzia alla collettivit� sia in ordine alla regolare manutenzione del-
l�impianto a tutela della salute pubblica, sia in relazione al corretto smantellamento 
e ripristino ambientale in caso di dismissione dell�infrastruttura. 

Poi, con un�analisi di sistema, affermando che anche se l�art. 10-bis della 
legge n. 241 del 1990 sia testualmente riferito ai procedimenti a istanza di parte, 
si tratta di disposizione avente una pi� ampia portata di principio, in quanto 
costituente diretta applicazione dei canoni di imparzialit� e buon andamento 
dell�amministrazione e finalizzata ad assicurare la piena tutela dell�interesse 
alla partecipazione procedimentale del destinatario del provvedimento. 

Parafrasando il Collegio ha applicato estensivamente l�istituto de quo a 
tutte le istanze di parte, a prescindere dalla loro natura giuridica, al fine di 
mantenere inalterate le garanzie partecipative e di assicurare l�interesse stesso 
del soggetto privato, che pu� cos� evitare l�adozione di un provvedimento di 
segno negativo in presenza di semplici carenze o irregolarit�. 

Per tali motivi conclude il giudice, deve ritenersi che sia consentito al 
Comune interrompere il termine di trenta giorni per il consolidamento della 
SCIA attraverso la sollecitazione del contributo istruttorio del privato, come, 
del resto, gi� riconosciuto dalla giurisprudenza con riferimento alla diversa 
ipotesi di semplificazione procedimentale costituita da silenzio-assenso di cui 
al gi� richiamato articolo 87, comma 9, del d.lvo n. 259 del 2003 (Cons. Stato, 
Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 418). 

La sentenza impone pertanto una nuova riflessione sulla ammissibilit� 
dei moduli partecipativi anche agli istituti di liberalizzazione delle attivit� private, 
riflessione che superando il dato formalistico della lettera della legge, 
affronti la questione dal punto di vista della finalit� pratica dell�istituto stesso. 

2. La ricostruzione di matrice privatistica dell�istituto e l�orientamento prevalente 
che nega l�applicabilit� dell�art. 10 bis L. 241/90 alla s.c.i.a. 

La soluzione normativa adottata dal legislatore con il d.l. n. 138/2011 

tivazione, i relativi interventi sull'impianto fino alla completa demolizione, ripristinando il sito in armonia 
con il contesto territoriale� (lettera g), nonch� del �certificato fideiussorio relativo agli oneri di 
smantellamento e ripristino ambientale� (lettera h). 


CONTENZIOSO NAZIONALE

convertito in L. n. 148/2011, ha avuto s� il pregio di chiarire la natura giuridica 
da attribuire alla �nuova� s.c.i.a. e di definire le forme di tutela applicabili 
dalla amministrazione e dal terzo leso, ma ha lasciato aperti, come detto, rilevanti 
problemi di coordinamento con consolidati principi del diritto amministrativo 
sanciti dall�art. 1 della L. 241/90, quali il principio di parit� delle parti, 
di leale collaborazione, di imparzialit� e buon andamento, impedendo di porre 
la parola fine al vivace dibattito intorno all�istituto (4). 

Il legislatore del 2011 ha chiaramente qualificato la s.c.i.a. come atto soggettivamente 
ed oggettivamente privatistico e confermato che in virt� del rapporto 
che si origina con la presentazione della segnalazione il privato 
dichiarante diviene �titolare di una posizione soggettiva di vantaggio immediatamente 
riconosciuta dall�ordinamento, che lo abilita a realizzare direttamente 
il proprio interesse, previa instaurazione di una relazione con la p.a., 
ossia un contatto amministrativo, mediante l�inoltro della informativa� (5). 

L�assunzione di responsabilit� del privato e la semplificazione degli 
adempimenti istruttori necessari per la presentazione della dichiarazione giustificano 
la scelta di un termine relativamente �contenuto� a disposizione del-
l�amministrazione per la verifica dei requisiti richiesti per lo svolgimento 
dell�attivit� segnalata. 

Ci� considerato, l�orientamento maggioritario, contrario alla attivazione di 
forme di dialogo partecipativo nella fase successiva alla presentazione della 
s.c.i.a., muove dal presupposto - di natura strettamente formalistica - che la s.c.i.a., 
attesa la sua natura non provvedimentale, non sia configurabile come istanza di 
parte, ed invero, il potere inibitorio dell�amministrazione non fa parte di alcun 
procedimento autorizzatorio, ma consiste in una potest� di fonte normativa da 
esercitarsi officiosamente sulla base della mera informazione di fatto fornita tramite 
la denuncia, di talch� sarebbe inapplicabile la comunicazione de qua (6). 

(4) Sulla natura giuridica della s.c.i.a. vi � una copiosa bibliografia. Senza pregio di completezza, 
per la manualistica: FRACCHIA-CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr�, 2012; CARINGELLA 
F., Manuale di Diritto amministrativo, Parte II, Il procedimento amministrativo, Dike, 2012, p. 936 e 
seg.; CHIEPPA-GIOVAGNOLI, Manuale di Diritto Ammministrativo, Giuffr�, 2012; ALPA-GAROFOLI Manuale 
di diritto Amministrativo, Nel Diritto editore, VII ed., 2014; tra le monografie, GIOVAGNOLI R., Il 
silenzio e la nuova scia, in Teoria e pratica del Diritto, Giuffr�, 2011; F. MARTINES, La segnalazione 
certificata di inizio attivit�. Nuove prospettive del rapporto pubblico-privato, Giuffr�, 2011; SANDULLI 
M.A., Dalla dia alla scia: una liberalizzazione a rischio, in Riv. Giur. Edilizia, 2010, II, 466 e seg.; 
CORRADINO M., Il procedimento amministrativo, Giappichelli Ed., 2010; CLARICH-FONDERICO, La difficile 
vita della Scia, in Dir. e pratica amm., 2011, fasc. 9, 29; AMOVILLI P. Il preavviso di rigetto tra nuovi 
modelli di contraddittorio, deflazione del contenzioso e vizi formali non invalidanti, in Riv. Nel diritto, 
2010, 230; FONDERICO G., La comunicazione dei motivi ostativi, la tutela processuale e la semplificazione 
(commento a TAR Lombardia, Milano, sez. III, 6 ottobre 2008, n. 4718), in Giornale di diritto 
amministrativo, 2009; SAITTA F., Preavviso di rigetto e atti di conferma: l�errore sta nella premessa, in 
Il foro amministrativo T.A.R., 2008, fasc. 11, pagg. 3235-3248. 
(5) Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Sent. 29 luglio 2011, n. 15. 
(6) Vedi, in particolare, Cons. St. Sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828. Conformi, ex multis Tar 
Liguria, sez. I, 22 febbraio 2010, n. 663; Tar Campania, Napoli, sez. IV, 4 febbraio 2010, 566. 



Soccorre l�orientamento maggioritario anche la considerazione di ordine 
pratico per cui, in ossequio al disposto di cui all'art. 21 octies, non � annullabile 
il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento (ivi compreso 
l�art. 10 bis) o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del 
provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto 
essere diverso da quello in concreto adottato. 

In questo caso, anche affermando la sussistenza dell�obbligo di comunicazione 
dei motivi ostativi all�accoglimento della istanza, la relativa omissione 
�potrebbe essere tale da non comportare l�annullamento del provvedimento 
inibitorio... ed allora la distanza tra i due richiamati orientamenti si assottiglierebbe 
sul piano delle conseguenze pratiche (7). 

La giurisprudenza chiama ad ulteriore sostegno l�incompatibilit� dell�istituto 
del preavviso di rigetto con l�intento perseguito dal legislatore di liberalizzare 
alcune attivit� private e di �trasferire� la responsabilit� della procedura 
istruttoria dalla P.A. al privato: di qui i tempi ristretti entro i quali l�amministrazione 
deve, o per meglio dire dovrebbe, provvedere a seguito della presentazione 
della s.c.i.a., non essendo tra l�altro possibile prevedere �parentesi 
procedimentali produttive di sospensione del termine stesso� (8). 

Diversamente opinando, si afferma, l�ente procedente riuscirebbe a prolungare 
artificialmente il termine di conclusione del procedimento, ogni volta 
giovandosi di una nuova integrale decorrenza. 

L�interruzione procedimentale prevista dall�art. 10 bis in nome della completezza 
della istruttoria e correttezza della ponderazione degli interessi da tutelare, 
lungi dal tutelarlo, finirebbe col sacrificare l�interesse del privato sotteso 
alla natura della s.c.i.a. 

Si tratta, nel silenzio del dettato normativo, di escludere estensivamente 
l�applicazione del preavviso di rigetto in tutti quei procedimenti nei quali il 
contraddittorio con l�amministrazione risulta incompatibile con le esigenze di 
celerit� della procedura (9). 

(7) AULETTA A., Dia e preavviso di rigetto, cit., pag. 720 e seg.; giurisprudenza conforme: TAR 
Puglia, Lecce, sez. III, 18 settembre 2013, 1937. 
(8) Ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. II, 13 gennaio 2014, n. 350, in Diritto & Giustizia 2014, 20 
gennaio; TAR Trento, sez. I, 9 febbraio 2012, n. 50, in Foro Amm., Tar, 2012, II, 377, dove si � statuito: 
�l�ordine di non iniziare o proseguire l�attivit� edilizia preannunciata non ha natura di rigetto in senso 
proprio ed inoltre l'onere del preavviso di diniego sarebbe incompatibile con il termine ristretto entro 
il quale l'amministrazione deve provvedere sulla DIA�. 
(9) In tal senso: Cons. St. sent. 26 febbraio 2008, n. 2518; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 
6 marzo 2006, n. 2641; per i contributi dottrinali vedansi, MARTINES F. in La segnalazione certificata di 
inizio attivit�, cit., pag. 68, il quale afferma che: �Sostenere che la P.A. (tenuta ad intervenire per inibire 
l�avvio dell�attivit� o per assumere altri comportamenti conformativi) in questo spatium temporis 
avrebbe dovuto curare anche la comunicazione ex art. 10 bis, significava escludere di fatto che i poteri 
pubblici potessero essere esercitati tempestivamente�. Si riporta anche l�analisi di TARULLO S., L�art. 
10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, 
in www.giustamm.it 2005, dove in merito alle cause di esclusione espressamente previste dall�art. 10 



CONTENZIOSO NAZIONALE

Nei procedimenti in questione pertanto l�orientamento prospettato dalla 
maggioranza della giurisprudenza ha ritenuto che le esigenze di celerit� dovessero 
prevalere sulle garanzie del contraddittorio. 

Tale conclusione appare maggiormente plausibile per l�istituto della 

s.c.i.a. che trae la sua origine dalla esigenza di de-procedimentalizzare e quindi 
incentivare le istanze di iniziativa economica. 

3. I dubbi di parte della giurisprudenza (e dottrina) contraria alla tesi prevalente. 

Recentemente, in ordine alla compatibilit� di s.c.i.a. e preavviso di rigetto, 
il dibattito si � spostato sempre di pi� da una prospettiva formalistica ad una 
sostanzialistica. 

Secondo tale orientamento persuade poco l�idea che, in nome della semplificazione 
ed accelerazione nello svolgimento degli adempimenti burocratici 
in materia di attivit� economiche private, si debbano sacrificare gli istituti partecipativi 
considerati, almeno in questo frangente, come zavorre da neutralizzare, 
anzich� come mezzi di elevazione qualitativa dell�istruttoria procedimentale 
(comunque necessaria) e di maggior garanzia del privato (10). 

L�articolo 10 bis si afferma non � in contrasto con la ratio dell�istituto della 

s.c.i.a. e con le finalit� acceleratorie ad esso sottese, anche nella parte in cui 
prevede una nuova decorrenza del termine perentorio per esercitare il potere 
di verifica e controllo, poich� controbilanciato dalla funzione di garanzia per 
il cittadino che aspira ad una determinata utilit� (11). 

L�implementazione del contraddittorio successivamente alla presentazione 
della scia assolve ad una funzione di favor per il privato dichiarante, il 
quale attraverso l�integrazione del materiale documentale coopera all�esplicazione 
del controllo amministrativo finalizzato alla verifica della conformit� 

bis si legge, ... per i procedimenti in questione il legislatore ha ritenuto che le esigenze di celerit� procedimentale 
dovessero prevalere sulle garanzie del contraddittorio. Tale conclusione appare plausibile 
non soltanto per le procedure di concorso pubblico, connotate in generale dall�elevato numero dei partecipanti, 
ma anche per le gare d�appalto (laddove la scelta acceleratoria si ripercuote anche in ambito 
processuale: cfr. l�art. 23-bis nella legge n. 1034 del 6 dicembre 1971, introdotto dall�art. 4 legge 21 
luglio del 2000 n. 205). La deroga attinente ai procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale 
gestiti dagli enti previdenziali poggia anch�essa sulla esigenza di salvaguardare la funzionalit� delle 
pubbliche amministrazioni mettendola al riparo da una ipertrofia garantistica suscettibile (in particolare 
per gli enti previdenziali, destinatari di numerose domande) di intralciare la celere definizione delle 
pratiche. Si sono voluti cos� impedire esiti opposti a quelli sottesi allo spirito della normativa del 1990, 
incentrata - cfr. il Capo IV della legge 241 - sulla semplificazione dell'azione amministrativa�. 

(10) In tal senso, AULETTA A., Dia e preavviso di rigetto, cit., pag. 716 e seg., afferma che ҏ proprio 
con riferimento all�esercizio di tale potere eventuale (inibitorio) che le garanzie procedimentali e 
partecipative, ivi inclusa quella prevista dall�art. 10-bis, riassumono la loro originaria espansione (a 
discapito delle esigenze della semplificazione e della celerit�), dovendosi infatti ritenere che l�intervento 
inibitorio trovi il suo presupposto logico (non in una vera e propria istanza di parte, ma) nella iniziativa 
del privato piuttosto che in quella officiosa della pubblica amministrazione. 
(11) Tar Veneto, sez. III, 7 maggio 2008, n. 1256; conforme Tar Campania, Napoli, sez. VII, 7 
maggio 2008, n. 3524. 



a legge dell�attivit� privata (12), evitando una pronuncia inibitoria dell�attivit� 
laddove si sia in presenza di semplici irregolarit� o carenze documentali. 

Ed invero, la finalit� acceleratoria evocata dalla giurisprudenza maggioritaria 
come principale impedimento alla applicabilit� dell�art. 10 bis all�istituto 
in commento, non sarebbe in alcun modo incisa dall�interruzione del 
procedimento al fine di richiedere l�integrazione di documenti e certificazioni, 
atteso che l�attivit� del privato in ogni caso pu� avere inizio sin dal giorno 
della presentazione della denuncia. 

Sin qui l�analisi dal punto di vista sistematico. 

� altres� pacifico affermare che il descritto fenomeno di liberalizzazione non 
comporta una totale sottrazione dell�attivit� privata al regime amministrativo, il 
quale si esplica obbligatoriamente con l�attivit� di verifica-controllo, ed eventuale 
inibizione: si parla, a tal proposito, di atto privato a regime amministrativo (13). 

La presentazione della denuncia ha pertanto la funzione di mettere in comunicazione 
il segmento privatistico con quello pubblicistico della fattispecie 
(14), e di far �incontrare� l�interesse al bene della vita del privato con l�interesse 
pubblico alla conformit� a legge dell�attivit� denunciata. 

In disparte la querelle se l�ordine-diffida di non iniziare o proseguire i 
lavori sia configurabile come o meno come atto di diniego, l�attivit� di controllo 
che lo precede, pur se attivata da un atto privatistico, ha certamente 
natura di potest� autoritativa della P.A. e determina gli stessi esiti inibitori 

o conformativi tipici di un provvedimento di diniego; sulla base di tale considerazione, 
� possibile sostenere la legittimit� della condotta della amministrazione 
che fa precedere l�atto inibitorio �limitativo� del diritto del 
privato al conseguimento del bene della vita con una attivit� cooperativa nei 
confronti di quest�ultimo (15). 

L�art. 10 bis, inoltre, nello specifico caso della s.c.i.a., si configura come 
comunicazione volta principalmente a contestare la carente produzione di documenti 
necessari ai fini della correttezza delle verifiche, per tale ragione il 
rapporto cos� instaurato tra privato e P.A. dovrebbe beneficiare delle medesime 
garanzie partecipative, ove compatibili, di cui gode il procedimento amministrativo 
introdotto ad istanza di parte (16). 

A maggior ragione, se si considera che l�attivit� istruttoria di verifica 

(12) TARULLO, L�art. 10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa 
e collaborazione istruttoria, cit. 
(13) La definizione, parzialmente diversa, � di BOSCOLO E., I diritti soggettivi a regime amministrativo, 
Padova, 2001. 
(14) CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo. Il procedimento amministrativo, cit. pag. 
935 e seg. 
(15) AULETTA A., D.i.a. e preavviso di rigetto, cit. pag. 720. Contra, TAR Lazio, Roma, sez. III, 
19 settembre 2005, n. 7202, ha ritenuto che �l�istituto, imponendo un aggravio dei tempi e degli incombenti 
procedurali, non � suscettibile di applicazione analogico od estensiva�. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

della p.a. � resa sempre pi� difficoltosa in considerazione dell�estensione del 
campo di operativit� della s.c.i.a. anche a quelle istanze, come nel caso in 
esame, che richiedono valutazioni tecnico-discrezionali, anche a tutela di diritti 
costituzionalmente garantiti, che vanno ben oltre il mero accertamento tecnico 

(17) e che necessitano di una maggiore collaborazione tra le parti. 

In una recente pronuncia (18) � stato rilevato inoltre che sul piano sostanziale, 
una previa interlocuzione con il privato dichiarante � necessaria anche 
ove sia possibile che l'attivit� di questi, non assentibile secondo quanto esposto 
in dichiarazione, possa essere conformata alla normativa vigente. 

Ne segue che il modulo partecipativo in commento pu� trovare la sua �ragion 
d�essere� oltre che nella circostanza di carenze o irregolarit� documentali, 
anche nel caso, tipizzato dal dettato normativo, in cui la p.a. inviti l�interessato 
a conformare l�attivit� oggetto della segnalazione alla normativa vigente. 

In ultimo, non � pacifico il carattere recessivo delle norme contenute nel capo 
III della L. 241/90 rispetto ad altre regolanti specifici settori: ed invero tali disposizioni 
generali sono volte a tutelare l�interesse del privato alla piena ed efficace 
tutela dei propri interessi, come statuito altres� dal diritto dell�Unione, e per tale 
motivo dovrebbero prevedere una deroga espressa alla loro applicazione (19). 

Avviandoci alla conclusione sia concessa un�ultima annotazione, nella for


(16) Si v. la recente Sentenza Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., del 15 maggio 2014, n. 292, 
dove il Collegio di seconda istanza ha statuito che �da ultimo l'appellante torna a lamentare il mancato 
invio da parte del comune del preavviso di rigetto. Al riguardo il TAR ha rilevato che il carattere assolutamente 
vincolato del diniego comunale determina l'irrilevanza dell'irregolarit� procedimentale. A 
ci� deve aggiungersi da un lato che sul piano formale la presentazione della S.C.I.A. non innesca in realt� 
un procedimento ad istanza di parte; dall'altro che sul piano sostanziale nella disciplina speciale 
disegnata dall'art. 19 della legge n. 241 del 1990 una previa interlocuzione col dichiarante � necessaria 
solo ove sia possibile che l'attivit� di questi - non assentibile secondo quanto esposto in dichiarazione 

- possa essere conformata alla normativa vigente�. 

(17) CASETTA E., Manuale di Diritto Ammministrativo, Giuffr�, 2012; ALPA-GAROFOLI, Manuale 
di diritto Amministrativo, Nel Diritto editore, cit.; GIOVAGNOLI R., Il silenzio e la nuova scia, in Teoria 
e pratica del Diritto, cit.; MARTINES F., La segnalazione certificata di inizio attivit�. Nuove prospettive 
del rapporto pubblico-privato, cit.; CORRADINO M., Il procedimento amministrativo, Giappichelli Ed., 
2010; SANDULLI M.A., Dalla Dia alla scia: una liberalizzazione �a rischio�, cit. pag. 465 e seg.; CLARICH-
FONDERICO, La difficile vita della Scia, cit.; LAVERMICOCCA D., La scia e la dia nell�edilizia e nei 
procedimenti speciali - La semplificazione si complica, in Urbanistica e appalti, 2011, 579; GRECO, La 
scia e la tutela dei terzi al vaglio dell�adunanza plenaria: ma perch� dopo il silenzio assenso e il silenzio 
inadempimento, non si pu� prendere in considerazione il silenzio diniego? In Dir. proc. Amm., 2011, 
359 e seg.; NITTI, L�istituto della Scia sostituisce quello della Dia, in Nuova Rass., 2011, 84. 
(18) Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., sent. del 15 maggio 2014, n. 292, cit. 
(19) LIGUORI, Note sul diritto privato, atti non autoritativi, e nuova denuncia di inizio attivit�, in 
www.giustamm.it.; LIGUORI-TUCCILLO, Commento all�art. 23 del TU dell�edilizia, in Testo unico del-
l�edilizia, a cura di SANDULLI M.A., II ed., Milano, 2009, pagg. 424-425, i quali osservano che �sebbene 
il privato sceglie di avvalersi della dia, la vicenda, di per s� riconducibile al diritto privato, pu� pur 
sempre trasformarsi in altro, facendo riemergere il potere se l�amministrazione � costretta ad intervenire 
a causa della inattendibilit� della dichiarazione del privato�. 
Contra: MARTINES, La segnalazione certificata, cit., pag. 60 e seg.; CARINGELLA F., Manuale di Diritto 
amministrativo, cit., pag. 437 e seg. 



mulazione interpretativa del Tar, desta qualche incertezza il riferimento all�istituto 
della �interruzione� che si realizza a seguito della comunicazione del preavviso 
di rigetto, evincendosi che l�interprete - a dispetto del dato testuale - intendeva in 
realt� introdurre una ipotesi di �sospensione�, ossia una parentesi temporale. 

Pertanto l�espressione successiva �deve escludersi che il termine di trenta 
giorni possa riprendere a decorrere fino a quando i documenti dovuti non 
siano stati effettivamente prodotti�, sembra doversi intendere nel senso che 
l�interprete si � discostato dal dato normativo che prescrive che il termine decadenziale 
riprenda a decorrere ex novo. 

� questo certamente un esempio delle difficolt� di coordinamento del-
l�istituto in esame con i consolidati principi che regolano il procedimento amministrativo, 
atteso il rischio di travalicare il principio di auto-responsabilit� 
del privato e di incidere sulla certezza dei tempi, come auspicata dal legislatore 
dell�Unione. 

4. Osservazioni conclusive. 

Su un piano dogmatico generale l�applicabilit� dell�art. 10-bis alla s.c.i.a. 
ripropone questioni sorte successivamente la modifica della L. 241/90 e che 
vedono gli istituti partecipativi (almeno in determinati frangenti) come ostacoli 
da neutralizzare, e non come mezzi di implementazione ed elevazione (qualitativa 
e quantitativa) dell�istruttoria procedimentale (20). 

Senza voler spingere il discorso troppo oltre, adottando una prospettiva di 
sistema, � possibile individuare alcuni �elementi indefettibili� della L. 241/90, 
espressione di regole generali che possono governare il dialogo tra p.A. e privati. 

L�anima garantistica e partecipativa affiorante dalla lettura del Capo III 
della legge de qua a ben vedere potrebbe risultare funzionale con la finalit� 
dell�istituto disciplinato all�art. 19 di liberalizzazione della attivit� privata e 
di semplificazione procedimentale. 

Non � difatti difficile scorgere che, nella �concretezza� della vita amministrativa, 
la possibilit� per il privato di partecipare al procedimento di controllo 

o per l�amministrazione di coinvolgerlo nelle scelte potrebbe avere il duplice 
effetto, per il privato, di conservare intatta la propria sfera giuridica evitando 
che essa sia autoritativamente intaccata dall�esercizio del potere, per la p.A. di 
perseguire l�interesse pubblico e la tutela di diritti costituzionalmente garantiti. 

Questa precisazione pone in evidenza come, ad una indagine non preconcetta, 
la comunicazione al privato del preavviso di rigetto, producendo, come 
detto, un miglioramento della necessaria fase istruttoria, in termini di interessi 
acquisiti, si possa coniugare perfettamente con l�esigenza di semplificazione 
e liberalizzare tanto cara al legislatore europeo. 

(20) TARULLO, L�art. 10 bis della legge 241/90: il preavviso di rigetto, cit. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda, sentenza 3 
aprile 2014, n. 880 -Pres. De Zotti, Est. Venera Di Mauro - Vodafone Omnitel N.V. (avv. 
Ghezzo) c. Comune di Magenta (avv. Bertacco). 

FATTO 

1. Vodafone Omnitel N.V. impugna innanzi a questo Tribunale la nota in data 13 marzo 2013 
con la quale il Dirigente del Settore territorio - Servizio territorio e servizi alla Citt� - Ufficio 
Sportello unico per l�edilizia del Comune di Magenta, �nega (...) l�accoglimento dell�istanza 
in data 19/12/2012 Prot. 38999 per lavori di modifica delle caratteristiche trasmissive della 
stazione radiobase in Via Cavallari 19�. Impugna altres� la ricorrente, in quanto richiamati nel 
suddetto provvedimento, il Regolamento comunale per l�installazione di impianti per telecomunicazioni 
e radiotelevisione, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 29 
giugno 2006 e il relativo Piano delle aree, nonch� il preavviso di diniego del 16 gennaio 2013. 
2. La ricorrente ha presentato segnalazione certificata di inizio di attivit�, assunta al protocollo 
del Comune di Magenta n. 38999 del 19 dicembre 2012, per la modifica di un impianto con 
tecnologia UMTS su infrastruttura di telecomunicazioni preesistente, ai sensi degli articoli 
86, 87, 87-bis e 88 del decreto legislativo 1� agosto 2003, n. 259 e successive modificazioni. 
3. La segnalazione � stata seguita dalla nota comunale del 16 gennaio 2013, comunicata alla 
Societ� il 17 gennaio mediante posta elettronica certificata, con la quale, ai sensi dell�articolo 
10-bis della legge n. 241 del 1990, �nelle more del parere di competenza di ARPA in merito 
al rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa ai sensi della L.R. 11/2001�, si preannunciava 
l�adozione di un provvedimento negativo, in quanto: 


-le modifiche all�impianto avrebbero determinato un �aumento di potenza totale sul sito di 328.85 
W per un totale di 626.96 W, non conforme ai limiti previsti per l�area dal Piano, essendo classificata 
come area in cui � consentita l�installazione di impianti di comunicazione e radiotelevisione 
ad eccezione di quelli con potenza totale ai connettori di antenna superiore a 300 W�; 

-non risultava essere stata presentata la documentazione di cui comma 2 dell�articolo 7 della 
Legge regionale n. 11 del 2001 e, in particolare, quanto richiesto dalle lettere g) e h), poich�, 
ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 7, qualora sia previsto l�aumento di potenza di 
emissione di un impianto, rispetto a quanto previsto nel provvedimento di autorizzazione, 
l�impianto deve essere assoggettato ad un nuovo procedimento autorizzativo. 
In conseguenza dei motivi ostativi evidenziati, la nota comunale recava l�invito alla Societ� a 
presentare le proprie osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, con 
espresso avviso che il termine per l�efficacia della SCIA dovesse intendersi a tutti gli effetti 
interrotto e che lo stesso avrebbe ripreso a decorrere �dalla data di presentazione della suddetta 
documentazione, o in mancanza di essa, dalla scadenza del sopraindicato termine di gg 30�. 

4. A seguito del preavviso di provvedimento negativo, la Societ� ha trasmesso in data 12 febbraio 
2013, mediante posta elettronica certificata, le proprie osservazioni, assunte al protocollo 
del Comune n. 6103 del 13 febbraio 2013, con le quali contestava sia la necessit� di produrre 
ulteriore documentazione a supporto della segnalazione certificata di inizio attivit�, sia la legittimit� 
della nota comunale e del richiamato �Piano delle aree�, nella parte relativa all�imposizione 
del limite di potenza di 300 W per le infrastrutture di telecomunicazione collocate 
nell�area ove sorge l�impianto oggetto dell�intervento. 
5. Il Comune ha quindi adottato il provvedimento impugnato, in considerazione del mancato 
superamento delle ragioni ostative gi� comunicate, evidenziando che �non � stata contestata 
la mancata presentazione di una nuova autorizzazione ai sensi dell�art. 7 comma 2 della L.R. 



11/2001 bens� la mancata presentazione della documentazione prevista al comma 2 dell�art. 
7 della L.R. 11/2001, in particolare della documentazione prevista alle lettere g) e h) (...)�. 

6. Vodafone Omnitel N.V. censura la determinazione comunale e gli atti ad essa presupposti, 
ritenendoli viziati per: violazione di legge sotto plurimi profili; eccesso di potere per insufficiente 
ed erronea motivazione; carenza di istruttoria; difetto dei presupposti di fatto e diritto; 
aggravamento del procedimento; violazione dei principi costituzionali e comunitari a tutela 
della libert� di comunicazione, della libert� di iniziativa economica e suo esercizio in regime 
di concorrenza; violazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella propria giurisprudenza 
in materia di disciplina degli impianti di telecomunicazione; sviamento; violazione 
dei principi di buon andamento e imparzialit� dell�azione amministrativa; illegittimit� derivata. 
Sostiene, in particolare, la ricorrente che: 
1) la SCIA sarebbe divenuta pienamente efficace, in quanto entro i trenta giorni dall�acquisizione 
al protocollo del Comune della segnalazione non sarebbe intervenuto un �provvedimento 
di diniego da parte dell�ente locale� o un parere negativo dell�ARPA, secondo quanto richiesto 
dall�art. 87-bis del d.lvo n. 259 del 2003; inoltre, anche a voler ritenere che il preavviso 
di diniego potesse determinare l�effetto di interrompere il predetto termine, questo avrebbe 
ripreso nuovamente a decorrere dal 12 febbraio 2013 (data di trasmissione mediante posta 
certificata delle osservazioni della Societ�) e sarebbe spirato il 14 marzo 2013, mentre il diniego 
da parte del Comune � stato comunicato il 15 marzo 2013; 
2) l�efficacia della SCIA non sarebbe da ritenere subordinata all�espressione di un parere favorevole 
dell�ARPA, essendo, invece, soltanto preclusa da un parere negativo; 
3) sarebbe illegittima la previsione del regolamento comunale che pone limiti alla localizzazione 
degli impianti di telecomunicazioni di potenza superiore a 300 W, in quanto le competenze urbanistiche 
comunali non potrebbero essere esercitate in modo da introdurre surrettiziamente una 
regolamentazione delle emissioni degli impianti di telecomunicazioni, stante l�esclusiva competenza 
statale in materia di tutela della salute mediante la fissazione di valori-soglia; l�illegittimit� 
del regolamento emergerebbe anche dall�incongruit� della previsione di limitazioni alla 
localizzazione degli impianti basate sulla potenza totale ai connettori di antenna, trascurando di 
considerare la diversa incidenza sulle persone che una pari potenza pu� comportare in ragione 
di altri parametri pretermessi (tipologia di impianto, livelli di esposizione, angolo di puntamento, 
inclinazione delle antenne, numero massimo di canali e portanti attivabili, e via dicendo); 
4) sarebbe illegittimo il richiamo all�articolo 7, comma 9, della legge regionale n. 11 del 2001, in 
quanto la disciplina cui fare riferimento � contenuta all�articolo 87-bis del d.vo n. 259 del 2003, 
il quale prevede il ricorso alla segnalazione certificata di inizio di attivit�; conseguentemente, 
non sarebbe applicabile il procedimento autorizzatorio previsto dalla richiamata norma regionale; 
quest�ultima, anzi, sarebbe illegittima nella parte in cui prevede, per l�ipotesi di aumento della 
potenza dell�impianto, la produzione di ulteriori documenti, cos� determinando un aggravamento 
procedimentale non consentito rispetto all�iter semplificato prefigurato dalla norma statale. 
7. In esito alla camera di consiglio del 13 giugno 2013, questa Sezione, chiamata a pronunciarsi 
sull�istanza di sospensione del provvedimento impugnato avanzata dalla Societ� ricorrente, 
ha pronunciato l�ordinanza n. 660 del 2013, con la quale sono stati richiesti documentati 
chiarimenti al Comune, che si � successivamente costituito in giudizio. 
8. Con ordinanza n. 818 del 12 luglio 2013, la Sezione ha ritenuto che le ragioni rappresentate 
da parte ricorrente fossero tutelabili con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ai 
sensi dell�articolo 55, comma 10, cod. proc. amm., fissando per la discussione del ricorso 
l�udienza pubblica del 6 marzo 2014. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

9. Entrambe le parti hanno prodotto memorie. 
10. All�udienza del 6 marzo 2014 la causa � passata in decisione. 
DIRITTO 


1. Il ricorso ha ad oggetto il provvedimento di diniego del Comune di Magenta, emesso a 
fronte della segnalazione certificata di inizio di attivit� di Vodafone Omnitel N.V. concernente 
la modifica delle caratteristiche trasmissive di un impianto radiobase esistente. 
Le censure dedotte attengono da un lato alla ritenuta tardivit� del provvedimento inibitorio e, 
dall�altro, all�illegittimit� dello stesso anche per ragioni sostanziali, dovute sia alla ritenuta 
assenza di un potere comunale di determinazione di limiti alla localizzazione degli impianti 
di telecomunicazione in relazione alla potenza di emissione, sia alla violazione del divieto di 
aggravamento procedimentale a causa della richiesta di documenti non dovuti. 
2. Il ricorso � infondato. 
3. Deve anzitutto esaminarsi il quarto motivo di ricorso, concernente le censure avverso le 
integrazioni documentali ritenute necessarie dal Comune. 


3.1. In proposito, rileva preliminarmente il Collegio che la disciplina applicabile alle installazioni 
di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti 
radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive � contenuta all�articolo 
87-bis del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche, 
il quale stabilisce che: �fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all�articolo 
87 nonch� di quanto disposto al comma 3-bis del medesimo articolo, � sufficiente la 
segnalazione certificata di inizio attivit�, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, 
ove non predisposti, al modello B di cui all�allegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla 
presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di 
diniego da parte dell�ente locale o un parere negativo da parte dell�organismo competente di 
cui all�articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia � priva di effetti.�. 
Tale disposizione, introdotta dall�articolo 5-bis, comma 1, del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, 
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, � stata poi modificata dall�articolo 
80, comma 1, lett. e), del decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 70; prescrizione normativa, quest�ultima, 
che ha sostituito l�istituto della SCIA in luogo della DIA, precedentemente prevista. 
La disposizione dell�articolo 87-bis ha quindi inteso introdurre una semplificazione procedimentale, 
stabilendo che, per gli interventi su infrastrutture di comunicazioni esistenti rientranti nelle 
ipotesi sopra richiamate, non sia necessaria la procedura autorizzatoria di cui all�articolo 87, potendo 
la stessa essere surrogata da una semplice segnalazione da parte del soggetto interessato. 

3.2 Al riguardo, occorre peraltro evidenziare come la semplificazione prefigurata dalla nuova 
disciplina attenga solo ed esclusivamente al titolo di legittimazione dell�intervento. Quest�ultimo, 
infatti, nelle ipotesi previste, non richiede pi� un provvedimento espresso dell�amministrazione, 
ma pu� essere effettuato sulla base di una semplice segnalazione da parte del soggetto interessato. 
Nessuna semplificazione ha, invece, inteso introdurre il legislatore quanto ai requisiti che l�intervento 
previsto deve rispettare in base alla normativa ad esso applicabile. 
E invero, la differenza fra la soggezione al regime autorizzatorio e la liberalizzazione dell�attivit� 
attraverso la previsione della mera necessit� di una segnalazione certificata del suo inizio 
attiene esclusivamente all�aspetto formale e procedimentale, ossia al modo attraverso il quale 
deve essere comprovato il rispetto dei requisiti cui l�intervento � soggetto. 
Nel caso dell�autorizzazione di cui all�articolo 87 del Codice, le condizioni per lo svolgimento 
dell�attivit� sono verificate dall�amministrazione, che ne d� atto attraverso un provvedimento 
espresso, il quale costituisce titolo per la realizzazione e l�esercizio dell�impianto. In mancanza 


del provvedimento, gli stessi requisiti si intendono accertati positivamente decorso il termine 
di cui al comma 9, che determina la formazione del medesimo titolo per silenzio-assenso. 
Nelle ipotesi �liberalizzate� di cui all�articolo 87-bis �, invece, l�interessato a dover certificare 
il rispetto di tutte le condizioni di legge, assumendosene la responsabilit�. 
Ne discende che la previsione normativa dell�assoggettamento di una attivit� a SCIA � �neutra� 
dal punto di vista della determinazione dei requisiti richiesti dall�ordinamento per lo svolgimento 
di quanto segnalato, poich� a tal fine rileva esclusivamente la disciplina sostanziale 
relativa all�attivit� oggetto di liberalizzazione. 

3.3 Nel caso in esame, � quindi da ritenere corretto l�operato del Comune, il quale, rilevando che, 
per effetto dell�intervento oggetto di segnalazione, la potenza di emissione dell�impianto avrebbe 
subito un significativo incremento, ha dato applicazione all�articolo 7, comma 9, della legge regionale 
11 maggio 2001, n. 11, in base al quale: �(...) Nel caso che, a causa delle modifiche da 
apportarsi, sia prevedibile un significativo aumento delle esposizioni o qualora si preveda l'aumento 
della potenza di emissione dell'impianto, rispetto a quanto previsto nel provvedimento di 
autorizzazione, l'impianto deve essere assoggettato ad un nuovo procedimento autorizzativo.�. 

Correttamente, peraltro, il Comune non ha preso in considerazione la suddetta disposizione 
per la sua valenza procedimentale - certamente non operante per effetto della richiamata norma 
statale, che liberalizza gli interventi in esame assoggettandoli a mera segnalazione certificata 
di inizio di attivit� - bens� unicamente quanto al profilo, di rilievo sostanziale, attinente alla 
documentazione necessaria a supporto della SCIA. 
E invero, la disposizione regionale determina una soglia di rilevanza delle modifiche tecniche 
degli impianti, stabilendo che soltanto quelle che comportino un aumento di esposizione o di 
potenza di emissione debbano essere assoggettate a nuova autorizzazione; il che equivale a 
dire che tali interventi vanno considerati, sotto il profilo sostanziale dei requisiti richiesti per 
l�esercizio dell�attivit�, come di nuova realizzazione. 
La circostanza che il procedimento autorizzatorio sia stato sostituito, per effetto della legge 
statale, dalla segnalazione certificata di inizio di attivit� non fa venir meno la rilevanza della 
fattispecie sul piano sostanziale e la necessit� di trattarla, solo sotto questo profilo, al pari del-
l�ipotesi di installazione ed esercizio di un nuovo impianto. 
Legittimamente, pertanto, il Comune ha richiesto, in sede di preavviso di diniego, l�integrazione 
dei documenti, non allegati alla SCIA, necessari per l�autorizzazione all�installazione e all�esercizio 
di nuove infrastrutture e, in particolare, la produzione - ai sensi del comma 2, lettere 
g) e h) del richiamato articolo 7 della legge regionale n. 11 del 2001 - di un �atto di impegno, 
sottoscritto dal titolare dell'impianto o da suo legale rappresentante, ad una corretta manutenzione 
dell'impianto ove, ai fini della protezione della popolazione, devono essere rispettate 
le indicazioni specificamente fornite dall'esperto di cui al comma 4 dell'articolo 3�; atto con 
il quale �Il titolare dell'impianto o il suo legale rappresentante si impegnano altres� ad eseguire, 
nel caso di disattivazione, i relativi interventi sull'impianto fino alla completa demolizione, ripristinando 
il sito in armonia con il contesto territoriale� (lettera g), nonch� del �certificato 
fideiussorio relativo agli oneri di smantellamento e ripristino ambientale� (lettera h). 

3.4 N�, per converso, possono trovare positiva valutazione le affermazioni di parte ricorrente secondo 
le quali la disposizione regionale dovrebbe essere disapplicata, in quanto introdurrebbe 
ingiustificatamente un aggravio procedimentale non previsto dalla disciplina statale di riferimento. 
Al riguardo, occorre considerare che la giurisprudenza ha ritenuto di ravvisare un siffatto aggravamento 
nel caso in cui, ad esempio, la normativa regionale imponga l�assoggettamento 
dell�impianto a valutazione d�impatto ambientale (Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

723), ossia a una fase procedimentale ulteriore e non richiesta dalla legge statale. 
Affatto diverso � il caso di specie, nel quale il privato � chiamato unicamente a produrre atti che 
rientrano nella sua esclusiva disponibilit� e che - senza che sia previsto il coinvolgimento di alcuna 
amministrazione, n� l�introduzione di fasi o segmenti procedimentali aggiuntivi - sono 
volti allo scopo precipuo (e certamente non irragionevole) di dare garanzia alla collettivit� sia 
in ordine alla regolare manutenzione dell�impianto a tutela della salute pubblica, sia in relazione 
al corretto smantellamento e ripristino ambientale in caso di dismissione dell�infrastruttura. 
Non pu� quindi ritenersi che la disposizione regionale determini un ingiustificato aggravamento 
procedimentale; nulla osta, pertanto, alla sua integrale applicazione. 

3.5 In conseguenza di quanto precede, il quarto motivo di ricorso deve essere respinto. 
4. Quanto affermato in merito alla necessit� delle integrazioni documentali richieste dal Comune 
appare dirimente al fine di respingere il primo motivo di impugnazione, volto a contestare 
la legittimit� del diniego comunale a causa della tardivit� della relativa comunicazione. 


4.1 Al riguardo, ritiene il Collegio che il �preavviso di diniego� inviato dal Comune abbia 
effettivamente interrotto il termine di trenta giorni normativamente previsto al fine del consolidarsi 
della SCIA. 
Non pu�, infatti, condividersi la prospettazione di parte ricorrente, secondo la quale il Comune 
non avrebbe avuto il potere di interrompere il predetto termine, essendogli consentita esclusivamente 
l�adozione di un provvedimento di diniego. Una siffatta soluzione appare contraria 
all�interesse stesso del soggetto privato che intenda procedere all�intervento, perch� imporrebbe 
al Comune di emettere un provvedimento di segno negativo anche in presenza di carenze 

o irregolarit� suscettibili di integrazione. 
D�altra parte, bench� l�art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 sia testualmente riferito ai procedimenti 
a istanza di parte, si tratta di disposizione avente una pi� ampia portata di principio, 
in quanto costituente diretta applicazione dei canoni di imparzialit� e buon andamento del-
l�amministrazione e finalizzata ad assicurare la piena tutela dell�interesse alla partecipazione 
procedimentale del destinatario del provvedimento. 
Deve quindi ritenersi che sia consentito al Comune interrompere il termine di trenta giorni 
per il consolidamento della SCIA attraverso la sollecitazione del contributo istruttorio del privato, 
come, del resto, gi� riconosciuto dalla giurisprudenza con riferimento alla diversa ipotesi 
di semplificazione procedimentale costituita da silenzio-assenso di cui al gi� richiamato articolo 
87, comma 9, del d.lvo n. 259 del 2003 (Cons. Stato, Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 418). 

4.2 D�altra parte, qualora, come nel caso di specie, la comunicazione del Comune, emessa 
nei termini, sia volta, tra l�altro, a contestare correttamente una carenza documentale della 
SCIA, deve escludersi che il termine di trenta giorni possa riprendere a decorrere fino a quando 
i documenti dovuti non siano stati effettivamente prodotti. 
E invero, il ricorso all�istituto della segnalazione certificata dell�inizio dell�attivit� presuppone 
l�assunzione di responsabilit� da parte del privato in ordine alla legittimit� dell�attivit� che 
questi dichiara di voler svolgere e trova la sua ragion d�essere nella circostanza che il potere 
di verifica dell�amministrazione abbia modo di esercitarsi agevolmente e rapidamente nei 
confronti di documentazione corretta e completa. Sono proprio l�assunzione di responsabilit� 
del privato e la completezza della documentazione prodotta a corredo della segnalazione a 
giustificare tanto la liberalizzazione dell�attivit�, quanto la limitazione entro termini estremamente 
contenuti del tempo a disposizione dell�amministrazione per la verifica della sussistenza 
delle condizioni per lo svolgimento di quanto segnalato. 
Pertanto, anche a voler ammettere che la SCIA possa produrre effetti a fronte di documenta



zione incompleta - ci� di cui � invero lecito dubitare - � in ogni caso da escludere che tali 
effetti possano permanere o addirittura consolidarsi per mero decorso del tempo, qualora la 
carenza documentale sia stata tempestivamente contestata dall�amministrazione e non seguita 
dalla produzione di quanto debitamente richiesto. 

4.3 Le considerazioni sopra esposte consentono di prescindere dalle argomentazioni di parte 
ricorrente, volte a dimostrare che il provvedimento finale sarebbe intervenuto il giorno successivo 
al trentesimo dalla produzione della memoria della ricorrente. 
Come detto, infatti, indipendentemente dalle modalit� di computo del dies a quo e del dies 
ad quem per il decorso dei trenta giorni, � da ritenere che, in mancanza dell�integrazione documentale 
necessaria e correttamente richiesta dal Comune, il termine stesso non potesse in 
ogni caso riprendere a decorrere. 
5. Neppure pu� trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il 
provvedimento impugnato rilevando che illegittimamente si sarebbe ritenuto necessario il parere 
positivo dell�ARPA per il consolidarsi della SCIA. 
Contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, la mancanza del parere dell�ARPA non 
figura tra le ragioni giustificatrici del diniego, che appaiono chiaramente indicate nell�ultimo 
punto della premessa al provvedimento impugnato e che risultano specificamente dettagliate 
alle lettere a, b, c, d ed e (pagg. 2 e 3). Il Comune, piuttosto, si limita correttamente a dare atto 
della mancanza di tale parere (secondo punto della premessa, pag. 1), nel quadro delle verifiche 
procedimentali dovute da parte dell�Ente ai fini dell�assunzione delle proprie determinazioni. 
6. Va, infine, disatteso anche il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura il diniego comunale 
e il presupposto regolamento, sulla base della ritenuta assenza di un potere dell�ente locale 
di stabilire limiti alle localizzazioni degli impianti in ragione della potenza di emissione. 


6.1 Mette conto di ricordare, al riguardo, che l�articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 
2001, n. 36, �Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed 
elettromagnetici�, stabilisce che �I comuni possono adottare un regolamento per assicurare 
il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione 
della popolazione ai campi elettromagnetici.�. 
In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che �il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 
ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, 
se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente 
spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi 
differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), (...)� e che 
�la potest� assegnata ai Comuni dall�art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001, deve tradursi 
nell�introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare 
pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ci� che riguarda la 
minimizzazione dell�esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell�individuazione 
di siti che per destinazione d�uso e qualit� degli utenti possano essere considerati sensibili 
alle immissioni radioelettriche), ma non pu� trasformarsi in limitazioni alla 
localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio 
comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 
4.4.2013, n. 1873)� (cos� Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.). 
In tale prospettiva, la medesima giurisprudenza afferma la necessit� di distinguere tra �limiti 

o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi (in quanto non impediscano 
di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalit� del servizio)� (Cons. 
Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.; Id., 10 luglio 2013, n. 3690). 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Nel solco del consolidato orientamento richiamato, la disciplina introdotta dai comuni �, pertanto, 
da ritenere illegittima soltanto allorch� determini � (...) una generale limitazione alla 
localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio 
comunale, con la esclusione (...) di pressoch� tutte le zone a destinazione residenziale e, comunque, 
con la esclusione di intere zone di P.R.G. e, soprattutto, senza la previsione di siti 
davvero idonei alla realizzazione di una rete UMTS efficientemente funzionante sull�intero 
territorio comunale.� (ancora Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.). 

6.2 � quindi da respingere l�affermazione di parte ricorrente secondo la quale sarebbe precluso 
al Comune di regolamentare la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione in ragione 
della potenza di emissione. Tale attivit� �, al contrario, legittimamente esercitabile, purch� 
attraverso l�adozione di criteri di localizzazione, che - senza introdurre divieti generalizzati o 
relativi a porzioni territoriali eccessivamente estese e senza impedire l�individuazione di soluzioni 
alternative tali da assicurare la piena efficienza della rete - siano volti tuttavia a preservare 
interessi di rilievo costituzionale primario, quale, tra gli altri, la tutela della salute, 
mediante la minimizzazione dell�esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. 

6.3 Orbene, il regolamento del Comune di Magenta (doc. 2 prodotto dalla difesa comunale) 
appare effettivamente non censurabile sotto il profilo in esame. 
L�atto prevede invero un divieto di installazione degli impianti solo ed esclusivamente �nel 
perimetro di pertinenza di asili, scuole, ospedali, case di cura e residenze per anziani, oratori, 
aree a verde attrezzato con parco giochi� (articolo 3, secondo comma, lettera a). 
Il territorio comunale � poi regolamentato secondo una articolata suddivisione in: �aree di 
particolare tutela�, comprese entro il limite di 100 metri dal perimetro di pertinenza dei luoghi 
sopra indicati (articolo 2, primo comma, n. 3), ove � prevista l�installazione di impianti di potenza 
fino a 300 W (articolo 3, secondo comma, lett. b); �aree 1�, ove � prevista la localizzazione 
di impianti fino a 1000 W (articolo 3, secondo comma, lett. c); �aree 2�, ove � 
consentita la localizzazione di ogni tipologia di impianti (articolo 3, secondo comma, lett. d). 
Come argomentato dalla difesa comunale e comprovato dall�estratto del Piano delle aree depositato 
in prossimit� dell�udienza, le aree di particolare tutela - nell�ambito delle quali � localizzata 
l�infrastruttura di comunicazione di cui Vodafone Omnitel N.V. intende incrementare la potenza 

-non appaiono di estensione manifestamente eccessiva o tale da compromettere la possibilit� 
di individuare localizzazioni alternative al fine di assicurare la piena funzionalit� delle infrastrutture 
di comunicazione. In queste aree, inoltre, non � preclusa la localizzazione di infrastrutture 
di telecomunicazione, ma sono stabiliti unicamente limiti alla potenza di emissione. 
In definitiva, le determinazioni comunali, assunte nell�esercizio della discrezionalit� amministrativa 
spettante all�Ente locale in materia, stabiliscono criteri di localizzazione degli impianti 
che non appaiono eccessivi n� irragionevoli e non sono quindi censurabili sotto i profili 
dedotti dalla ricorrente. 
Il ricorso va quindi respinto. 

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 

P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente 
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. 
Condanna Vodafone Omnitel N.V. alle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00, 
oltre accessori di legge. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2014. 


L�affidamento di incarichi esterni da parte della p.A. 

TAR CAMPANIA - SALERNO, SEZ. II, SENTENZA 16 LUGLIO 2014 N. 1383 

Iolanda Luce* 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il fatto - 3. Il quadro normativo - 4. I presupposti - 5. Il procedimento; 
differenza con l�appalto di servizi. 

1. Premessa. 

Una recente pronuncia del giudice amministrativo (1) ripropone alla attenzione 
degli operatori del diritto la questione delle modalit� di affidamento, 
da parte della pubblica amministrazione, di incarichi di consulenza legale a 
professionisti terzi, esterni cio� alla struttura burocratica dell�ente. 

Tale problematica risulta essere di forte attualit�, soprattutto in un momento 
storico quale quello attuale, caratterizzato dalla sempre pi� crescente 
esigenza, per l�amministrazione pubblica, di contenimento della spesa a fronte 
di un quadro normativo la cui complessit� impone, spesso, all�ente pubblico di 
ricorrere alla collaborazione di professionisti terzi particolarmente qualificati. 

Appare subito evidente, pertanto, come nella subiecta materia emergano 
due esigenze tra loro spesso contrapposte: da un lato quella di rivolgersi a professionisti 
esperti e qualificati, cui affidare un incarico dal carattere prettamente 
fiduciario basato, per sua intima natura, sull�intuitu personae; dall�altro 
quella di limitare la spesa garantendo, nel contempo, la trasparenza e pubblicit� 
delle procedure di affidamento dell�incarico legale. 

A ci� aggiungasi che il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, 
ormai costantemente reiterato dai recenti governi, rende sempre pi� emergente 
la problematica del reperimento, da parte dei soggetti pubblici, di personale 
qualificato in grado di risolvere le problematiche giuridiche che la moderna 
azione amministrativa deve affrontare. 

2. Il fatto. 

Un comune deliberava di assegnare a due avvocati, non incardinati nella 
propria struttura burocratico-amministrativa, un incarico di collaborazione 
esterna ad alto contenuto di professionalit� per lo svolgimento di attivit� di 
consulenza legale, giudiziale e stragiudiziale, da rendersi in maniera continuativa 
per la durata di un anno a favore di tutti gli organi dell�ente. 

Un altro avvocato impugnava, pertanto, la delibera comunale di affidamento 
del predetto incarico deducendo, tra gli altri vizi di legittimit�, la violazione degli 

(*) Avvocato dello Stato. 

(1) Tar Campania - Salerno, Sez. II, 16 luglio 2014 n. 1383. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

articoli 7 del D. lgs. n. 165\2001 e 110 del D. lgs. n. 267\2000 (TUEL), nonch� 
del Regolamento comunale recante la disciplina di affidamento degli incarichi. 

Secondo la prospettazione del ricorrente il Comune non avrebbe potuto 
procedere alla assegnazione in via fiduciaria della consulenza, ma avrebbe dovuto 
esperire una procedura di tipo selettivo e comparativo come richiesto 
dalle norme sopra citate. 

Le doglianze del ricorrente hanno trovato accoglimento da parte del TAR 
che, con la pronuncia in rassegna, ha disposto il conseguente annullamento 
della delibera comunale impugnata: pi� in particolare il giudice amministrativo, 
premessa la propria giurisdizione (2), ha ritenuto �illegittima la delibera 
con la quale il Comune ha affidato una serie di servizi legali a professionisti 
privati (�) senza esperire una procedura comparativa di tipo concorsuale 
per la scelta del miglior contraente, aperta alla partecipazione di tutti coloro 
che, in possesso di titoli e requisiti richiesti, potevano aspirare al conseguimento 
dell�incarico, in violazione di quanto previsto, in via generale, dall�art. 
7 co. 6 del D.lgs. n. 165\2001, come modificato dall�art. 32 del D.L. n. 
223\2006 convertito in L. n. 248\2006�. 

3. Il quadro normativo. 

Il quadro normativo di riferimento (3) � rappresentato, in primo luogo, 
dall�art. 7 del D. lgs. n. 165\2001 che al comma 6 (come modificato dall�art. 
1 comma 147 della L. 28 dicembre 2012, n. 228) cos� dispone: �per esigenze 
cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche 
possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, 
di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di 
particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza 
dei seguenti presupposti di legittimit�: 

a) l�oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attri


(2) TAR Campania cit.: �sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo atteso che il ricorrente, 
lungi dall'invocare un proprio diritto al conseguimento dell'incarico e alla stipulazione del contratto 
con l'amministrazione, ha inteso contestare la correttezza dell'azione amministrativa (...) Deve 
quindi rilevarsi, in uno con la giurisprudenza amministrativa, che il petitum fatto valere nel presente 
ricorso non attiene alla pretesa del ricorrente di conseguire l'incarico, bens� alla pretesa di legalit� 
dell'azione amministrativa, ossia alla pretesa che l'amministrazione, pur quando agisce secondo il diritto 
privato, pervenga alla selezione del contraente sulla base di procedure amministrative trasparenti e 
non discriminatorie, aperte alla partecipazione di tutti gli aventi diritto�. 
(3) L'art. 1 co. 9 e 11 del D.L. n. 168, conv. in L. 30.7.04, poi abrogato dalla L. 30.12.04 n. 311 
(Finanziaria 2005), aveva individuato tre categorie di incarichi: di studio, di ricerca, di consulenza. 
Sul punto Corte dei Conti, sez. riun. di controllo, 15.2.05 n. 5, secondo la quale �le norme attuali hanno 
per oggetto le tre categorie gi� individuate dal D.L. n. 168/04 (�) Gli incarichi di studio possono essere 
individuati con riferimento ai parametri indicati dal D.P.R. n. 338/94 che determina il contenuto del-
l'incarico nello svolgimento di un'attivit� di studio, nell'interesse dell'amministrazione (...) Gli incarichi 
di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte della pubblica amministrazione. 
Le consulenze, infine, riguardano richieste di pareri ad esperti�. 



buite dall�ordinamento all�amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti 
specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalit� 
dell�amministrazione conferente; 

b) l�amministrazione deve avere preliminarmente accertato l�impossibilit� 
oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; 

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; 
non � ammesso il rinnovo; l�eventuale proroga dell�incarico originario 
� consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi 
non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso 
pattuito in sede di affidamento dell�incarico; 

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e 
compenso della collaborazione. 

Per quanto riguarda gli enti locali, il TUEL prevede, all�art. 110 comma 
6, che �per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento 
pu� prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalit��. 

La legge 24 dicembre 2007 n. 244, all�art. 3 comma 6, ha poi previsto 
che �con il regolamento sull�ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai 
sensi del citato d. lgs. 18.8.2000, n. 267, sono fissati, in conformit� a quanto 
stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalit� per l�affidamento 
di incarichi di collaborazione, di studio o di ricerca, ovvero di consulenze 
a soggetti estranei all�amministrazione�. 

Al fine di garantire la trasparenza e pubblicit� delle procedure la L. 23 
dicembre 1996, n. 662 ha previsto, all�art. 1 comma 127, che le amministrazioni 
che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza 
retribuiti devono pubblicare gli elenchi sui conferimenti, da inviare 
semestralmente al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del 
Consiglio dei Ministri. 

La predetta disposizione � stata poi inserita nel D.lgs. n. 165\2001 (art. 
53 comma 14, 15, 16) che ha previsto l�obbligo per le amministrazioni di rendere 
noti, mediante l�inserimento nelle proprie banche dati di informazioni accessibili 
al pubblico, gli elenchi dei propri consulenti indicando, altres�, le 
ragioni e la durata dell�incarico nonch� l�ammontare del compenso. 

A tali norme si sono aggiunte poi, nel corso degli anni, le disposizioni contenute 
nelle leggi finanziarie (4), che di volta in volta hanno imposto alle am


(4) L. 24.12.07 n. 244 art. 3 co. 6 �il limite massimo della spesa amministrativa per incarichi di 
collaborazione � fissato nel bilancio preventivo degli enti territoriali�. Con specifico riferimento ai vincoli 
di finanza pubblica, tale forma di collaborazione non pu� essere utilizzata in caso di mancato rispetto 
del patto di stabilit� interno nell'esercizio precedente (art. 76 comma 4, D.L. n. 112/2008 convertito in 
L. n. 133/2008). Le collaborazioni coordinate e continuative soggiacciono, poi, se l'ente che le dispone 
� soggetto al patto di stabilit�, al limite di cui al comma 557 bis dell'art.1 della legge n. 296/2006 per 
espressa previsione legislativa (art. 1, comma 557 bis, L. n. 296/2006) che pone un obbligo di riduzione 
progressiva della spesa del personale, sanzionato, in caso di mancato rispetto, con il divieto di assunzione 



CONTENZIOSO NAZIONALE

ministrazioni limiti e tetti di spesa via via sempre pi� rigorosi al dichiarato fine 
di contenere la spesa pubblica ed evitare che dietro l�affidamento dell�incarico 
si celassero rapporti sostanzialmente riconducibili ad assunzioni a termine. 

Le citate disposizioni, nella interpretazione che di esse ha fornito la giurisprudenza 
sia contabile che amministrativa, trovano il loro diretto fondamento 
nei canoni costituzionali di buon andamento e trasparenza dell�azione amministrativa 
(5); esse, inoltre, se da un lato attestano che nel nostro ordinamento 
�non sussiste un generale divieto per la pubblica amministrazione di ricorrere 
ad esternalizzazioni per l�assolvimento di determinati compiti, dall�altro, tuttavia, 
confermano che l�utilizzazione del modulo negoziale non pu� concretizzarsi 
se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati�. 

4. I presupposti. 

Quanto ai presupposti cos� come delineati dall�art. 7 citato, occorre in 
primo luogo osservare che requisito primario di legittimit� del provvedimento 
di affidamento dell�incarico risulta essere la impossibilit� oggettiva, per l�amministrazione 
conferente, di utilizzare le risorse umane disponibili al proprio 
interno: secondo l�interpretazione prevalente in giurisprudenza (6) la norma 
non richiede la radicale e assoluta assenza, nella pianta organica, della professionalit� 
richiesta, essendo piuttosto sufficiente l�accertamento della impossibilit� 
di utilizzare le risorse umane interne all�apparato amministrativo; 
tale impossibilit�, tuttavia, deve presentarsi in maniera oggettiva e motivata, 

a qualsiasi titolo (il comma 557 ter, inserito dall'art. 14 del D.L n. 78/2010, rinvia all'art. 76 comma 4 
del D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 122/2010). L'amministrazione locale � altres� tenuta a 
mantenere un determinato rapporto fra spese per il personale e spese correnti, previsto dall'art. 76, comma 
7, del D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008. 
Infine, tale forma di collaborazione soggiace ai limiti di cui all'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, 
convertito nella legge n. 122/2010 e successivamente modificato, che stabilisce che le amministrazioni 
possano avvalersi di personale assunto a tempo determinato e con altre forme di lavoro c.d. flessibile 
nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta, per le stesse finalit�, nell'anno 2009 ovvero, in caso di 
assenza di spesa in tale anno, di quella concernente la media del triennio 2007-2009. A decorrere dal 
2013 gli enti territoriali possono superare il predetto limite del 50% per le assunzioni strettamente necessarie 
a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale 
nonch� per le spese sostenute per lo svolgimento di attivit� sociali mediante forme di lavoro accessorio 
di cui all'art. 70 n. 1 del D.lgs. 10.09.2003 n. 276, purch� la spesa complessiva non sia superiore alla 
spesa sostenuta per le stesse finalit� nell'anno 2009. 

(5) Corte dei Conti, sez. autonomie, delib. 24.4.08 n. 6; Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, delib. 

18.1.11 n. 83: �La pubblica amministrazione, in conformit� al dettato costituzionale, deve uniformare 
i propri comportamenti ai criteri di legalit�, economicit�, efficienza e imparzialit�, corollario, per ius 
receptum, il principio per cui essa, nell'assolvimento dei compiti istituzionali, deve avvalersi prioritariamente 
delle proprie strutture organizzative e del personale che vi � preposto rendendo ammissibile 
il ricorso ad incarichi e a consulenze professionali esterne solo in presenza di specifiche condizioni 
quali la straordinariet� e l'eccezionalit� delle esigenze da soddisfare, la carenza di personale idoneo, 
il carattere limitato nel tempo e l'oggetto circoscritto della consulenza�. 

(6) Corte dei Conti, sez. centrale di controllo della legittimit� degli atti del Governo e delle autonomie 
locali, delib. 19.11.10 n. 25; Corte dei Conti, sez. reg. di controllo Molise, 23.7.09 n. 4. 


non essendo sufficiente il generico riferimento al bisogno di supportare il servizio 
interno con la ricerca di professionalit� esterne (7). 

Quanto al requisito di cui all�art. 7 sub a), ossia quello della necessaria 
coerenza tra l�oggetto dell�incarico e le esigenze di funzionalit� dell�amministrazione 
conferente, � stato sottolineato come non sia sufficiente che l�incarico 
sia attinente alle competenze dell�ente, essendo necessaria anche una preventiva 
e specifica valutazione circa l�effettiva utilit� dello stesso. 

La consulenza deve inoltre essere a tempo determinato (8) e il suo contenuto 
specificamente determinato (9). 

Nella sentenza n. 463 del 22 novembre 2003 la Corte dei Conti sezione 
giurisdizionale per l�Emilia Romagna ha tracciato un vero e proprio elenco 
dei presupposti di legittimit� del conferimento degli incarichi esterni all�amministrazione: 
�la giurisprudenza della Corte dei Conti, condivisa da questo 
Collegio, ha ritenuto che per la nomina dei consulenti debbano essere rispettati 
i seguenti principi: 

a) che i conferimenti di incarichi di consulenza a soggetti esterni possono 
essere attribuiti ove i problemi di pertinenza dell�amministrazione richiedano 
conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dipendente 
e conseguentemente implichino conoscenze specifiche che non si 
possono nella maniera pi� assoluta riscontrare nell�apparato amministrativo; 

b) che l�incarico stesso non implichi uno svolgimento di attivit� continuativa 
bens� la soluzione di specifiche problematiche gi� individuate al momento 
del conferimento dell�incarico delle quali debbono costituire l�oggetto espresso; 

c) che l�incarico si caratterizzi per la specificit� e la temporaneit� dovendosi 
altres� dimostrare l�impossibilit� di adeguato assolvimento dell�incarico 
da parte delle strutture dell�ente per mancanza di personale idoneo; 

d) che l�incarico non rappresenti uno strumento per ampliare surrettiziamente 
compiti istituzionali e ruoli organici dell�ente al di fuori di quanto 
consentito dalla legge; 

e) che il compenso connesso all�incarico sia proporzionato all�attivit� 
svolta e non liquidato in maniera forfetaria; 

f) che la delibera di conferimento sia adeguatamente motivata al fine di 
consentire l�accertamento della sussistenza dei requisiti previsti; 

g) che l�organizzazione dell�amministrazione sia comunque caratterizzata 

(7) Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, delib. 18.11.11 n. 1619: �Vera finalit� delle norme � quella 
di escludere che ordinarie attivit� (...) che potrebbero essere svolte da personale interno (...) siano affidate 
all'esterno con incarichi di consulenza�. 
(8) Circolare Funzione Pubblica 11.3.08 n. 2; i contratti di collaborazione devono avere natura temporanea 
in quanto conferiti allo scopo di sopperire ad esigenze di carattere temporaneo: al riguardo si ritiene 
in giurisprudenza che l'incarico non sia rinnovabile n� prorogabile, se non a fronte di un ben preciso 
interesse dell'amministrazione, adeguatamente motivato e al fine di completare l'attivit� gi� intrapresa. 
(9) Corte dei Conti, sez. giurisd. Trentino Alto Adige, delib. 19/02/09 n. 6; Corte dei Conti, sez. 
giurisd. Abruzzo n. 876/04; Corte dei Conti, sez. giurisd. Puglia n. 14/01. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

per il rispetto dei principi di razionalizzazione, senza duplicazione di funzioni 
e senza sovrapposizione all�attivit� e alla gestione amministrativa �; 

h) che l�incarico non sia generico o indeterminato al fine di evitare un 
evidente accrescimento delle competenze e egli organici dell�ente ...; 

i) che i criteri di conferimento non siano generici perch� la genericit� 
non consente un controllo sulla legittimit� dell�esercizio dell�attivit� ammnistrativa 
di attribuzione degli incarichi�. 

In senso conforme la Corte dei Conti, sezioni riunite di controllo, con deliberazione 
del 15 febbraio 2005 n. 6, ha precisato che la legittimit� degli incarichi 
e delle consulenze esterne sussiste in presenza delle seguenti condizioni: 

1) �rispondenza dell�incarico agli obiettivi dell�amministrazione; 

2) inesistenza, all�interno della propria organizzazione, della figura professionale 
idonea allo svolgimento dell�incarico, da accertare per mezzo di 
una reale ricognizione; 

3) indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento 
dell�incarico; 

4) indicazione della durata dell�incarico; 

5) proporzione fra il compenso corrisposto all�incaricato e l�utilit� con-
seguita dall�amministrazione�. 

5. Il procedimento; differenza con l�appalto di servizi. 

L�art. 7 del D.lgs. 165\2001 sopra citato non delinea in modo specifico la 
procedura da seguire al fine della attribuzione dell�incarico. 

La giurisprudenza, tuttavia, richiede, ormai pacificamente, quale requisito 
di legittimit�, che l�amministrazione ponga in essere una procedura di tipo 
comparativo previamente disciplinata e adeguatamente pubblicizzata (10), 
all�esito della quale si instaura, tra l�ente conferente e l�esperto, un contratto 
riconducibile allo schema del contratto di prestazione d�opera delineato dagli 
artt. 2222 e ss. del codice civile, e, pi� in particolare, del contratto d�opera intellettuale 
di cui agli artt. 2229 e ss. (la Cassazione, con ordinanza 4 agosto 
2011 n. 16997, ha richiesto la forma scritta a pena di nullit�). 

Pi� specificamente, si tratta di un contratto riconducibile al modello della 
locatio operis rispetto al quale assume rilevanza la personalit� della prestazione 
resa dall�esecutore. 

Il procedimento finalizzato alla stipulazione del predetto contratto, per 
quanto non formalizzato, deve in ogni caso prevedere criteri oggettivi di com


(10) TAR Piemonte, sez. I, 29.9.2008, n. 2106: �qualsivoglia amministrazione pu� legittimamente 
conferire ad un professionista esterno un incarico di collaborazione, di consulenza, di studio, di ricerca, 
o quant�altro, mediante qualunque tipologia di lavoro autonomo continuativo o anche occasionale, solo 
a seguito dell�espletamento di una procedura comparativa previamente disciplinata e adeguatamente 
pubblicizzata�. In senso conforme Tar Campania - Napoli, sez. III, 15.3.2010 n. 14533; Cons. Stato, 
28.5.2010, n. 3405. 



parazione, anche se basati sulla sola valutazione del curriculum (11); l�atto di 
conferimento, inoltre, dovr� indicare tutti gli elementi costitutivi richiesti per 
qualsiasi contratto della pubblica amministrazione e, in particolare, l�oggetto 
della prestazione, la durata dell�incarico, le ipotesi di recesso, le modalit� di determinazione 
del corrispettivo e del suo pagamento e di verifica del risultato (12). 

Una volta delineati i principi generali cui ogni pubblica amministrazione 
deve attenersi qualora intenda affidare un incarico di consulenza a soggetti 
esterni al proprio apparato, occorre chiarire quale sia la procedura da seguire 
nella specifica ipotesi in cui l�amministrazione intenda affidare ad esperti terzi 
un incarico di consulenza e\o patrocinio legale. 

Nella prassi accade, infatti, spesso che gli enti locali, soprattutto se privi 
di un avvocatura civica interna, decidano di avvalersi della collaborazione di 
avvocati esterni al proprio assetto burocratico, e ci� sia per l�assistenza e il 
patrocinio relativi ad una singola vertenza sia per una pi� generale e continuativa 
attivit� di consulenza giuridica, sostanziantesi non solo nella difesa processuale 
vera e propria ma anche nella pi� generica attivit� di assistenza e 
consulenza legale. 

Sul piano strettamente civilistico, l�attivit� del consulente esterno all�amministrazione 
risulta, come sopra detto, riconducibile al contratto d�opera intellettuale, 
assumendo rilievo preponderante e qualificante l�elemento 
personalistico della prestazione resa e il carattere prettamente fiduciario che 
si instaura con l�ente conferente. 

Tali caratteristiche rendono dunque facilmente distinguibile tale tipologia 
contrattuale dal contratto di appalto di servizi che si connota, in special modo, 
per il carattere imprenditoriale del soggetto appaltatore, il quale opera (secondo 
la definizione codicistica) con organizzazione di mezzi propri e con gestione 
a proprio rischio. 

� infatti ormai pacifico in giurisprudenza che il tratto qualificante il contratto 
di appalto operi, per l�appunto, sotto il profilo soggettivo e organizzato-
rio, presentandosi l�appaltatore come soggetto avente la qualifica di 
imprenditore. 

Tale differenziazione, tuttavia, tende a sfumare quando si tratta di interpretare 
la normativa interna e comunitaria in tema di procedure di appalto e, 
pi� in particolare, di appalto di servizi. 

Nella normativa interna e comunitaria sugli appalti pubblici, infatti, la 
nozione di appaltatore non coincide in senso stretto con quella civilistica di 
imprenditore e non si esaurisce in essa, potendo qualificarsi come appaltatore 
chiunque (e dunque anche il singolo operatore sfornito di una struttura organizzativa 
di tipo imprenditoriale) si ponga sul mercato e offra all�amministra


(11) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per l�Emilia Romagna, delib. 26.7.2012, n. 310. 
(12) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, delib. n. 37/09. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

zione i propri servizi in condizioni di concorrenzialit� con gli altri operatori 
economici. 

Tale nozione trova, peraltro, il suo fondamento normativo nel chiaro disposto 
dell�art. 3 del codice dei contratti, a norma del quale (co. 19) �i termini 
imprenditore, fornitore, e prestatore di servizi designano una persona fisica o 
una persona giuridica o un ente senza personalit� giuridica � che offra sul 
mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di 
prodotti, la prestazione di servizi�. 

Fatta tale necessaria premessa, occorre evidenziare che l�attivit� di consulenza 
resa ad una amministrazione pubblica rientra, senza dubbio, nella nozione 
codicistica di �servizio�, da affidare a mezzo di procedura di evidenza pubblica. 

L�art. 20 del codice dei contratti, infatti, nel disciplinare l�appalto di servizi, 
prevede, per i servizi di cui all�allegato II B (tra i quali vi sono appunto 
i �servizi legali�) l�applicazione delle (sole) previsioni di cui agli artt. 68, 65 
e 225, mentre gli appalti di servizi di cui all�allegato II A (tra i quali sono ricomprese 
le �consulenze gestionali�) restano soggetti alla integrale applicazione 
della normativa codicistica. 

Occorre dunque stabilire, nella ipotesi di affidamento, da parte dell�amministrazione, 
di un incarico di consulenza legale ad un soggetto terzo, se 
l�ente debba necessariamente avviare una procedura di appalto di servizio, oppure 
possa procedere alla stipulazione del contratto senza ricorrere alle regole 
della evidenza pubblica. 

Secondo una certa corrente di pensiero (13) l�amministrazione che intenda 
avvalersi di professionisti esterni dovrebbe sempre porre in essere una 
procedura ad evidenza pubblica: ci� a prescindere dalla tipologia di incarico 
assegnato, e cio� sia se esso attenga ad una singola e isolata difesa e consulenza 
processuale, sia se si riferisca, invece, ad una pi� ampia e generica attivit� 
di consulenza legale. 

Secondo tale linea di pensiero, pertanto, il codice dei contratti pubblici 
attrarrebbe nella nozione di appalto di servizi anche la singola e isolata prestazione 
di un�opera intellettuale. 

Milita a sostegno di tale opinione la nozione omnicomprensiva, sopra 
vista, di �appaltatore�, nonch� il dato testuale ricavabile del codice dei contratti 
che utilizza il termine �servizi� al plurale, come tale riferibile a qualunque tipologia 
di incarico. 

Viene infine richiamata la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo 
la quale le norme e le nozioni giuridiche che definiscono l�ambito di 

(13) Tar Lazio - Latina, 20.7.2014, n. 604; Corte dei Conti, sez. Reg. di controllo per il Veneto, 
parere 14.1.2009 n. 7; L. OLIVERI: �La configurazione delle consulenze e delle prestazioni d�opera ai 
fini dell�applicazione del codice dei contratti. Le procedure comparative per gli incarichi di collaborazione�, 
in Lexitalia.it, 2006. 


applicazione della normativa in tema di evidenza pubblica vanno interpretate 
in chiave estensiva. 

Una opposta linea interpretativa, di recente sostenuta dal Consiglio di 
Stato (14) e da numerose pronunce dei giudici contabili (15), attribuisce, invece, 
valore preponderante alle caratteristiche dell�incarico che l�ente pubblico 
intenda attribuire, rimarcando la differenza ontologica tra quest�ultimo e l�assistenza 
e consulenza giuridica. 

Mentre, infatti, il primo ha carattere di episodicit�, la seconda si caratterizza 
per la durata e la complessit� dell�incarico tali da inserirsi in un pi� ampio 
contesto organizzativo: ne deriva che �il servizio legale, per essere oggetto di 
appalto, richiede un elemento di specialit�, per prestazione e per modalit� organizzativa, 
rispetto alla mera prestazione di patrocinio legale. L�affidamento 
di un servizio legale �, a questa stregua, configurabile allorquando l�oggetto 
del servizio non si esaurisca nel patrocinio legale a favore dell�ente, ma si 
configuri quale modalit� organizzativa di un servizio, affidato a professionisti 
esterni, pi� complesso e articolato, che pu� anche comprendere la difesa ma 
in essa non si esaurisce� (16). 

Del resto il contratto di conferimento del singolo e isolato incarico legale 
non potrebbe soggiacere alle regole dell�appalto in quanto la aleatoriet� tipica 
dell�iter processuale non consente di individuare criteri oggettivi in base ai 
quali procedere ad una eventuale valutazione delle offerte. 

In senso conforme a tale orientamento la Corte dei Conti Lombardia, nel 
parere n. 178\2014, ha escluso la necessit� dell�appalto per il conferimento, 
da parte di un comune, di un incarico di consulenza da affidare ad uno psicologo 
psicoterapeuta, iscritto all�albo degli psicologi, al fine di garantire la corretta 
esecuzione, da parte dell�amministrazione comunale, dei provvedimenti 
giurisdizionali in tema di affidamento e tutela dei minori. 

Secondo i giudici contabili, infatti, �non pare ravvisarsi � la necessit� 
di una organizzazione aggiuntiva, tipica dell�appalto, rispetto a quella che 
normalmente caratterizza il professionista�, n� pu� assumere rilevanza, al 
fine di qualificare la fattispecie in termini di appalto di servizi, l�utilizzo, da 
parte dello psicologo di strumenti quali tests diagnostici, cellulare, pc, trattandosi 
di mezzi che �possono essere ricompresi tra gli ordinari strumenti cognitivi 
e operativi a disposizione di qualunque lavoratore del settore�. 

Alla stregua di tale linea interpretativa, che a chi scrive sembra preferibile, 
l�amministrazione (ed, in specie, l�ente locale) che intenda avvalersi del patrocinio 
di avvocati esterni, dovr� preventivamente valutare il tipo di incarico 
da affidare a terzi e ricorrere, pertanto, alla procedura dell�appalto qualora og


(14) Consiglio di Stato, sez. V, 11.5.2013, n. 2730. 
(15) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, parere n. 51\13 e n. 178\14. 
(16) Corte dei Conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, parere n. 178\14. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

getto dell�affidamento sia una attivit� di consulenza giuridica pi� ampia e articolata, 
di durata prolungata nel tempo. 

L�unicit�, la singolarit� e la specificit� dell�incarico, al contrario, nonch� 
la determinatezza della sua durata consentiranno di qualificare la fattispecie 
come contratto d�opera, non richiedente, ai fini della sua stipulazione, la procedura 
ad evidenza pubblica. 

Tribunale amministrativo regionale della Campania - Salerno, Sez. Seconda, sentenza 
16 luglio 2014 n. 1383 -Pres. Luigi Antonio Esposito, Est. Rita Luce - L.A.B. (avv. Antonio 
Chiaravallo) c. Comune di Caposele (avv. Pasquale Salvo). 

FATTO 
L�avv. to B.L.A., titolare di uno studio legale in Calabritto ed avvocato iscritto all�Albo del 
Foro di S. Angelo dei Lombardi (AV), ha impugnato la delibera n. 1 del 11 giugno 2013 con 
la quale il Comune di Caposele ha conferito agli avv. ti P.M. e T.R. l�incarico di collaborazione 
esterna ad alto contenuto di professionalit� da svolgersi per la consulenza legale, giudiziale e 
stragiudiziale, a tutti gli organi comunali, per la durata di un anno. 
Il ricorrente ha dedotto l�illegittimit� di tale delibera per violazione dell�art. 7 del D.Lgso n. 
165/2001, dell�art. 100 del T.U. n. 267/2000, del Regolamento sugli incarichi esterni del Comune 
di Caposele, approvato con delibera n. 102/2010, e dell�art. 33 del R.O. del Comune. 
Ha, inoltre, censurato la delibera per illegittimit� derivata dalla violazione degli artt. 21 e 23 
della Carta Europea dei diritti dell�Uomo, dell�art. 51 della Costituzione, dell�art. 6 del T.U. 

n. 267/2000 e degli artt. 9 e 40 dello Statuto Comunale. 
Da ultimo, ha censurato la violazione degli artt . 78 e 49 del T.U. n. 267/2000. 
In sostanza, a detta del ricorrente, il Comune, vista la natura dell�incarico in questione, non 
avrebbe potuto procedere al suo diretto conferimento agli avv. ti M. e R. ma avrebbe dovuto 
porre in essere una procedura concorsuale di tipo selettivo, aperta alla partecipazione di 
tutti coloro che, in possesso dei titoli e requisiti richiesti, aspiravano al conseguimento del-
l�incarico. 
Nella formazione della seduta consiliare del 10 giugno 2013, poi, non erano state rispettate le 

c.d. quote rosa, ed il Sindaco non si era astenuto, proponendo e affidando l�incarico al coniuge 
di un parente entro il quarto grado, sottoscrivendo, altres�, il parere tecnico sulla proposta di 
delibera impugnata. 
Per tali ragioni la delibera andava annullata. 
Si costituiva in giudizio il Comune di Caposele eccependo la tardivit� del ricorso e la sua 
inammissibilit�. 
Nel merito, il Comune ribadiva la legittimit� della delibera in quanto emanata sulla base di 
una corretta interpretazione ed applicazione dell�art. 6 del Regolamento disciplinante l�affidamento 
degli incarichi esterni, approvato con delibera n. 102/2010 e rilevava che, comunque, 
il ricorrente non aveva dimostrato una propria seria ed apprezzabile possibilit� di vincere la 
gara e vedersi conferito l�incarico. 
Si costituiva in giudizio anche l�avv. to P.M., deducendo l�inammissibilit� del ricorso per carenza 
di legittimazione ed interesse, il difetto di giurisdizione del Tribunale amministrativo e 
l�infondatezza, nel merito, delle censure sollevate dal ricorrente. 
Deduceva, in particolare, che l�istante non aveva provato che dallo svolgimento di un�even



tuale procedura comparativa avrebbe ottenuto, con esito certo, l�attribuzione dell�incarico e 
ribadiva la legittimit� dell�operato del Comune. 
La contro-interessata, tuttavia, successivamente alla notifica del ricorso, rinunciava all�incarico. 
Alla camera di consiglio del 26 settembre 2013 l�adito Tribunale sospendeva, in via interinale, 
gli effetti dell�atto gravato ritenendo il ricorso non manifestamente infondato. 
Venivano depositate ulteriori note difensive. 
All�udienza del 12 giugno 2014 la causa veniva trattenuta in decisione. 
Il ricorso � fondato per le seguenti ragioni in 


DIRITTO 
In via preliminare, il Collegio osserva che, nella controversia in esame, sussiste la giurisdizione 
di questo Tribunale atteso che il ricorrente, lungi dall�invocare un proprio diritto al conseguimento 
dell�incarico e alla stipulazione di un contratto con l�amministrazione, ha inteso 
contestare la correttezza dell�azione amministrativa, impugnando la delibera con la quale il 
Comune di Caposele, in luogo della attivazione di una procedura comparativa, aveva proceduto 
all�affidamento diretto, in via fiduciaria, dell�incarico di consulenza ai due legali esterni. 
Deve, quindi, rilevarsi, in uno con la giurisprudenza amministrativa, che il petitum sostanziale 
fatto valere nel presente ricorso non attiene alla pretesa del ricorrente di conseguire l�incarico 
bens� alla pretesa di legalit� dell�azione amministrativa, ossia alla pretesa che l�amministrazione, 
pur quando agisce secondo il diritto privato, pervenga alla selezione del contraente 
sulla base di procedure amministrative trasparenti e non discriminatorie, aperte alla partecipazione 
di tutti gli aventi diritto, con la conseguenza che la cognizione sulla presente controversia 
deve ritenersi pieno titolo ascritta al giudice amministrativo (T.a.r Campania, Napoli, 
Sez. V, 24 gennaio 2008 n. 382). 
Va, altres�, disattesa l�eccezione di improcedibilit� del ricorso per tardivit� sollevata dal Comune 
atteso che il termine di impugnazione delle delibere comunali deve farsi decorrere, ove 
nelle stesse delibere non siano contemplati diretti e specifici destinatari, dal giorno in cui 
viene a scadere il termine della loro pubblicazione dell�atto nell�albo pretorio (Cons. Stato, 
Sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1918, Sez. V, 21 dicembre 2010 n. 9314), con la conseguenza che, 
nel caso in esame, a fronte di una delibera rimasta affissa all�albo pretorio del Comune dal 18 
giugno 2013 al 18 luglio 2013, il ricorso notificato il 23 luglio 2013 risulta tempestivo. 
Infine, il ricorrente ha documentato di svolgere attivit� forense, di essere iscritto all�albo del 
Foro di San�Angelo dei Lombardi e di avere svolto attivit� legale di comprovata esperienza 
anche su incarico di enti pubblici, di modo che � evidente il suo interesse a ricorrere avverso 
la delibera impugnata. 
Del resto, come gi� rilevato, il ricorrente non invoca, in questa sede, il diritto a vedersi conferire 
l�incarico di cui alla delibera impugnata ma lamenta la mancata attivazione, da parte 
dell�amministrazione, di una procedura di tipo comparativo idonea a consentire, a tutti gli 
aventi diritto, di partecipare, in condizioni di parit� e uguaglianza, alla selezione per la scelta 
del miglior contraente. Di qui il suo interesse a ricorrere, a prescindere dalla prova e consistenza 
delle chances di conseguire l�incarico. 
Passando, ora, al merito delle censure proposte, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato. 
Il Collegio osserva che, nella fattispecie in esame, l�incarico affidato ai legali esterni consisteva 
nella complessiva attivit� di assistenza e consulenza legale da espletarsi in favore del Comune, 
ovvero nella gestione di tutto il servizio di attivit� legale dell�amministrazione, comprensivo, 
come specificato nello schema di convenzione, di attivit� di consultazioni orali, scritte, e di redazione 
di pareri. In sostanza, non si trattava, nello specifico, dell�affidamento, in via fiduciaria, 


CONTENZIOSO NAZIONALE

di un singolo incarico o di una singola attivit� afferente ad una specifica vertenza legale, ma, 
piuttosto, della organizzazione di una complessiva attivit� di assistenza in favore dell�ente locale, 
da farsi rientrare, a pieno titolo, nella nozione ampia di consulenza legale. 
Per tali ragioni, il Collegio ritiene che il Comune avrebbe dovuto attivare una procedura comparativa 
allo scopo di selezionare, secondo logiche concorrenziali, il proprio contraente. 
A sostegno di tale conclusione, soccorre anche quanto previsto nello stesso Regolamento per 
la disciplina degli incarichi esterni, approvato dal Comune di Caposele con delibera n. 102/10 
che, allo scopo di garantire la trasparenza e pubblicit� dell�azione amministrativa, unitamente 
alla professionalit� degli incarichi, ammette, all�art. 6, la possibilit� di procedere al conferimento 
diretto di incarichi legali a professionisti esterni nelle sole e limitate ipotesi di rappresentanza 
e difesa in giudizio e di particolari consulenze, laddove l�ente locale reputi che la 
scelta di un determinato professionista risulti utile al buon esito della lite, prevedendo, negli 
altri casi, l�utilizzo di procedure selettive per la scelta del professionista esterno. 
Il tutto in conformit� con quanto previsto, in via generale, dall�art. 7 comma 6 del D. Lgs n. 
165/01, come modificato dall�art. 32 del D.L. n. 223/06, conv. in legge n. 248/06, a mente 
del quale le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri 
ordinamenti, le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione 
a professionisti esterni, potendo procedere al conferimento di incarichi individuali solo per 
soddisfare esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, ed alle condizioni e 
con i presupposti specificamente individuati dal legislatore. 
Giova, inoltre, ricordare quanto espresso di recente dalla giurisprudenza contabile (Corte 
Conti, Sez. Reg. Controllo Basilicata, parere n. 8/09) e dall�autorevole orientamento della 
giurisprudenza amministrativa, secondo la quale occorre distinguere la nozione di servizio 
legale da quella di singolo incarico difensivo, caratterizzandosi il servizio legale per un quid 
pluris, sotto il profilo dell�organizzazione, della continuit� e della complessit�, rispetto al singolo 
contratto d�opera intellettuale. 
Mentre il patrocinio legale, infatti, costituendo il contratto volto a soddisfare il solo e circoscritto 
bisogno di difesa giudiziale del cliente, deve essere inquadrato nell�ambito della prestazione 
d�opera intellettuale, il servizio legale presenta qualcosa in pi�, per prestazione o 
modalit� organizzativa, che giustifica il suo assoggettamento alla disciplina concorsuale. 
L�affidamento di servizi legali �, a questa stregua, configurabile allorquando l�oggetto del servizio 
non si esaurisce nel patrocinio legale a favore dell�Ente, ma si configura quale modalit� 
organizzativa di un servizio, affidato a professionisti esterni, pi� complesso e articolato, che 
pu� anche comprendere la difesa giudiziale ma in essa non si esaurisce (Autorit� per la Vigilanza 
sui Contratti, determina n. 4 del 7 luglio 2011). 
Esso, quindi, soggiace alle regole delle procedure concorsuali di stampo selettivo, incompatibili 
con il solo contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, vista la struttura 
della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dell�aleatoriet� dell�iter del giudizio, 
dalla non predeterminabilit� degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazioni 
e dalla conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione 
necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici (Cons. Stato, 
sez. V. 11 maggio 2012 n. 2730). 
Alla luce di tali argomentazioni, deve concludersi che, vista la natura e complessit� dell�incarico 
conferito dal Comune di Caposele, la mancata attivazione di una procedura comparativa 
di tipo concorsuale, da parte dell�Ente locale, per la scelta del miglior contraente, abbia determinato 
l�illegittimit� della delibera gravata, che, per tale ragione, deve essere annullata. 


In conclusione, il ricorso � fondato. 
La novit� della questione giustifica la compensazione integrale delle spese di lite. 


P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione 
Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie; 
compensa tra le parti le spese di lite. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Poteri di autotutela della p.A. negli appalti 
di infrastrutture strategiche 

PARERE 06/10/2014-409286, AL 27575/12, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA 

Si riscontra la nota in epigrafe, e preso atto del contenuto dell�atto di diffida 
alla stessa allegato, si ritiene di dover confermare integralmente la precedente 
consultazione resa da questo G.U. con la nota in data 5 luglio 2014 prot. 289317. 

In particolare va subito evidenziata la non condivisibilit� della prospettazione 
operata dalla Impresa diffidante secondo cui il disposto dell�articolo 
125 c.p.a. non consentirebbe �alla stazione appaltante di risolvere in autotutela 
il contratto�, tenuto conto, da un lato, che tale affermazione si pone in 
aperto contrasto con la stessa sentenza del Consiglio di Stato n. 3344 del 2014, 
e con la giurisprudenza amministrativa di primo grado (Tar Lombardia dec. 

n. 1802/2014), che, per converso, hanno ritenuto che detta norma non incide 
affatto sulle iniziative amministrative di annullamento del contratto invalido 
per effetto della riconosciuta illegittimit� degli atti presupposti; dall�altro lato 
la portata interdittiva dell�articolo 125 citato nei confronti dell�esercizio della 
potest� giurisdizionale rispetto alla eventuale statuizione di rimozione del contratto 
a seguito dell�annullamento giurisdizionale dell�aggiudicazione non si 
estende all�esercizio della possibile attivit� di autotutela della committenza 
che, evidentemente, opera su un piano assolutamente diverso, appunto in 
quanto, � notorio, lo spettro di valutazioni in tal caso rientra nella esclusiva 
potest� discrezionale della stazione appaltante che � chiamata a decidere secondo 
gli ordinari canoni che caratterizzano tale tipologia di potest� laddove 
sussistano ragioni di opportunit� e di interesse pubblico e concreto, in coerenza 
con il principio costituzionale di buon andamento che impegna senz�altro 
l�Amministrazione ad adottare atti per la migliore realizzazione 
dell�interesse pubblico. 

Al riguardo � utile chiarire, in via generale, anche richiamata la disposizione 
di cui all�articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990, che per effetto 


dell�annullamento giurisdizionale degli atti presupposti del contratto � certamente 
configurabile il potere della pubblica Amministrazione di procedere 
all�annullamento dell�atto convenzionale, come ripetutamente affermato dalla 
giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. quinta, 7 settembre 2011, 5032), 
che, appunto, proprio in virt� della stretta conseguenzialit� tra l�aggiudicazione 
della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, per il collegamento sostanziale 
tra i due atti, ha statuito che l�intervenuta stipulazione del contratto 
non impedisce l�esercizio da parte della Amministrazione del potere di annullamento 
d�ufficio. 

A ben vedere, pertanto, le argomentazioni dedotte nell�atto di diffida non 
colgono la finalit� che il legislatore con il richiamato art. 125 c.p.a. ha voluto 
perseguire, che � quella di evitare che rispetto ad opere inerenti ad infrastrutture 
strategiche, la cui realizzazione tempestiva � di particolare rilevanza per 
l�interesse pubblico, il giudice amministrativo si sostituisca alla committenza 
nella valutazione della corrispondenza allo stesso interesse pubblico della permanenza 
o meno della vigenza del contratto invalido, e senza che tale impedimento 
all�ingerenza giurisdizionale possa sostanzialmente incidere in 
termini interdittivi sull�azione di autotutela amministrativa, quale potest� rientrante 
nelle esclusive prerogative della pubblica Amministrazione, cos� opinando, 
il legislatore medesimo, che il risarcimento per equivalente costituisca 
per il concorrente vincitore nel giudizio amministrativo instaurato a carico 
della aggiudicazione intervenuta a favore di altro concorrente, misura adeguatamente 
satisfattiva dell�interesse leso, evidentemente privilegiando, rispetto 
all�interesse del medesimo concorrente vincitore al ristoro in forma specifica 
ad ottenere la rimozione del contratto invalido e l�assegnazione dell�appalto, 
la ponderazione, in via esclusiva, da parte della committenza della individuazione 
della migliore soluzione per l�interesse nazionale rispetto all�accertamento 
giudiziale della illegittimit� del proprio operato concorsuale. 

A tal proposito, come peraltro gi� rilevato nel precedente parere del 5 luglio 
u.s., e come evidenziato negli atti difensivi della Scrivente depositati nel 
corso del giudizio amministrativo d�appello, non risulta che il contratto vigente 
abbia avuto alcuna esecuzione con l�approvazione del progetto e la consegna 
dei lavori, e ci� nonostante il decorso di circa un biennio dalla sottoscrizione 
del contratto medesimo, e ci� evidentemente per la valutazione di non corrispondenza 
del progetto predisposto dall�Impresa aggiudicataria, ora diffidante, 
ai parametri individuati da codesto Ente in coerenza con lo specifico quadro 
esigenziale afferente alla realizzazione dell�opera pubblica di che trattasi, conformemente 
agli atti del procedimento concorsuale della scelta dell�appaltatore, 
sicch� � del tutto conseguente che in linea di diritto non ricorrono 
elementi ostativi al possibile esercizio della potest� di annullamento dell�atto 
negoziale invalido in via derivata per effetto delle statuizioni del giudice amministrativo 
di accoglimento del ricorso in appello di che trattasi. Per tale 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

aspetto, quindi, neppure emergerebbero quelle ragioni di �preminente interesse 
nazionale� che permeano la lettera e la �ratio� della citata disposizione ex art. 
125 c.p.a. ad evitare l�insorgenza di soluzioni di continuit� nella �sollecita realizzazione 
dell�opera� pubblica commissionata. 

Ulteriormente va sottolineato che nella specie neppure � riscontrabile 
l�elemento, in via generale notoriamente condizionante l�esercizio di tale potest�, 
costituito dall�affidamento della parte privata che subisce l�atto di auto-
annullamento alla stabilizzazione del rapporto giuridico in essere, stante la 
stessa pendenza del procedimento giurisdizionale instaurato dalla ATI M., successivamente 
all�aggiudicazione, anche a carico dell�impresa vincitrice controinteressata, 
che appunto si � concluso con il giudicato sfavorevole nei 
confronti di quest�ultima e di codesta Societ�. 

Non persuadono poi gli apprezzamenti formulati dalla Impresa diffidante 
afferenti alla opinata maggiore convenienza economica per l�Anas della perpetuazione 
del rapporto convenzionale in essere, posto che, ferma la valutazione 
al riguardo di esclusiva competenza di codesto Ente, non pu� non 
tenersi nella debita considerazione, in linea di diritto, che l�offerta del Raggruppamento 
soccombente non � suscettibile di costituire parametro alla stregua 
del quale scrutinare la convenienza dell�offerta dell�ATI appellante, 
tenuto conto del giudicato amministrativo che ha statuito definitivamente l�illegittimit� 
della offerta oggetto della citata aggiudicazione, per cui non si 
pone nella fattispecie oggetto del presente parere un dovere di valutazione 
per la committenza improntato �al fine di conseguire risparmi o minori oneri 
finanziari per le amministrazioni pubbliche�, nei sensi prospettati dalla Impresa 
autrice della diffida. 

Per quanto concerne poi le ulteriori valutazioni espresse dalla impresa 
diffidante in ordine alla ipotizzata esistenza di elementi di segno ostativo all�affidamento 
dell�appalto al Raggruppamento ricorrente, premesso che in merito 
alle evidenziate circostanze questa Avvocatura Generale non dispone di 
alcun adeguato quadro informativo, nulla essendo infatti stato esposto nella 
nota di codesta Anas che si riscontra, e che, comunque, tale tipologia di apprezzamenti 
compete a codesta Committenza, appare subito necessario sottolineare 
che, certamente, stante il carattere preclusivo del �decisum� 
amministrativo, non possono essere ulteriormente vagliate situazioni rispetto 
alle quali sia gi� intervenuta la delibazione del giudice d�appello, anche a 
fronte delle contestazioni svolte dalla impresa controinteressata nella proposta 
impugnativa incidentale, sicch� lo spettro di accertamenti che residuano nel-
l�attualit� in capo a codesto Ente va senz�altro limitato a quelle eventuali situazioni 
rimaste estranee al contesto giudiziale, e quindi non incise dalla 
pronunzia del Consiglio di Stato, eventualmente sopravvenute rispetto al giudicato, 
ovvero insorte successivamente alle determinazioni all�epoca gi� adottate 
dalla stazione appaltante con riferimento alla stessa collocazione della ATI 


M. nella graduatoria finale della espletata procedura concorsuale. 

Infine, si suggerisce di estendere, preventivamente rispetto alla adozione 
delle iniziative di competenza inerenti al contesto, alla conoscenza della ATI 

M. l�atto di diffida in rassegna, al fine di assicurare il corretto contraddittorio 
acquisendo ogni elemento informativo utile funzionale alle successive adottande 
determinazioni, anche tenuto conto delle contestazioni contenute nel-
l�atto di diffida in rassegna in ordine alla sostenuta inidoneit� del 
Raggruppamento appellante all�eventuale subentro nell�appalto in questione. 

Nei sensi su esposti � la richiesta consultazione, rimanendo ovviamente 
questo G.U. a disposizione per fornire ogni eventuale ulteriore assistenza in 
punto di diritto che codesto Ente dovesse ritenere necessaria, ... 

Sulle questioni di carattere generale affrontate nel presente parere � stato 
sentito il Comitato Consultivo di questa Avvocatura nella seduta del 2 ottobre 
2014. 

Il rimborso spese legali ex art. 18 D.l. 67/1997 per esercizio di 
funzioni parlamentari (opinioni espresse ai sensi dell�art. 68 Cost.) 

PARERE 06/10/2014-410058, AL 44527/13, SEZ. I, AVV. EUGENIO DE BONIS 

Si riscontra la nota sopra indicata, relativa alla richiesta di rimborso spese 
ex art. 18 D.l. n. 67/1997 per il patrocinio legale del nominato in oggetto, per 
evidenziare quanto segue. 

Come � noto il diritto al rimborso � subordinato alla sussistenza di due 
concorrenti condizioni: 

a) il procedimento al quale il rimborso si riferisce deve essere stato promosso 
nei confronti del dipendente �in conseguenza di atti o fatti connessi 
con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali�; 

b) il procedimento deve essersi concluso con sentenza o con provvedimento 
che escluda la responsabilit� del dipendente. 

Scopo della norma � quello di sollevare i funzionari pubblici dal timore 
di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio e 
tenere perci� indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse 
dell'Amministrazione dalle spese legali sostenute per difendersi dalle 
accuse di responsabilit�, poi rivelatesi infondate. 

Coerentemente con la ratio della norma, si deve affermare che nel caso di 
specie non sussiste il requisito di cui alla precedente lettera a), considerato che 
i fatti oggetto del procedimento civile non presuppongono condotte (attive od 
omissive) nello svolgimento delle funzioni di Ministro da parte del richiedente. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Come risulta dalla documentazione trasmessa, il procedimento civile si 
� concluso con una sentenza di rigetto della domanda risarcitoria azionata nei 
confronti dell�Onorevole determinata dalla delibera della Camera dei Deputati 
del 12 settembre 2007 nella quale si dichiara che �i fatti per i quali � in 
corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento 
nell�esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell�art. 68, primo comma, 
della Costituzione�. 

Orbene, in disparte i profili riguardanti il requisito sub b) (l�esistenza o 
meno di una sentenza assolutoria di merito), non sembrano ricorrere nel caso 
di specie i presupposti per il diritto al rimborso atteso che la decisione del 
Tribunale � scaturita dalla dichiarata esistenza della c.d. immunit� di cui all�art. 
68 della Cost., concernente lo status e le prerogative di parlamentare 
della Repubblica. 

La ratio della normativa in oggetto (art. 18 D.l. n. 67/1997, convertito in 
legge n. 135/1997) � invece indirizzata alla tutela dei pubblici dipendenti e 
dei funzionari dell�Amministrazione - cui pu� assimilarsi, a talune condizioni, 
la posizione degli organi di vertice - purch� nell�esercizio di funzioni afferenti 
al potere esecutivo, ma non riguarda la posizione dei membri del Parlamento, 
che esercitano un diverso potere dello Stato. 

Da ci� consegue che, qualora (come nel caso di specie), lo stesso soggetto 
assommi due qualit� (di membro dell�esecutivo e di membro del Parlamento), 
potr� essere in ipotesi equiparato ai funzionari ai fini dell�applicazione dell�art. 
18 citato, solo per le attivit� riconducibili al potere esecutivo mentre, qualora 
l�azione diretta nei confronti dello stesso sia riconducibile all�attivit� di parlamentare 
(come emerge dalla documentazione trasmessa) nessun rimborso 
delle spese legali potr� essere posto a carico di codesta Amministrazione. 

A tale riguardo occorre rilevare che, secondo la Corte Costituzionale (cfr. 
sentenza n. 304/2007, richiamata e condivisa da Cort. Cost. n. 29/2014) risulta 
priva di fondamento la tesi, �sviluppata dalla difesa del Senato della Repubblica, 
secondo cui, in caso di coincidenza della posizione di parlamentare con 
quella di ministro, la garanzia dell'insindacabilit�, di cui all'art. 68, primo 
comma, della Costituzione, dovrebbe coprire le dichiarazioni extra moenia 
del parlamentare-ministro, anche se non ascrivibili a funzioni parlamentari 
tipizzate, per il solo fatto di essere riferibili o connesse alla carica ministeriale 
e alla realizzazione dell'indirizzo politico che con essa si manifesta�. 

Prosegue la Corte rilevando che �Il fatto che il parlamentare chiamato a 
ricoprire la carica di ministro si trovi in una condizione parlamentare particolare, 
per non essere in grado di svolgere un'attivit� parlamentare piena, 
non consente di ritenere comprese nella sfera di operativit� della garanzia 
dell'insindacabilit� condotte poste in essere nell'esercizio delle attribuzioni 
del ministro, stante la oggettiva diversit� fra queste ultime, di per s� considerate, 
e le funzioni parlamentari. La coincidenza, nella stessa persona, della 


posizione di parlamentare e di ministro non giustifica in alcun modo l'applicazione 
estensiva al ministro della garanzia di insindacabilit� di cui all'art. 
68, primo comma, della Costituzione, propria del parlamentare, 
quando questi esercita funzioni attinenti alla carica di Governo�. 

3.5. - Per le ragioni che precedono risulta manifestamente infondata, in 
riferimento agli artt. 3, 68 e 96 della Costituzione, la questione di legittimit� 
costituzionale - prospettata in via gradata dalla difesa del Senato della Repubblica 
- dell'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140, nella parte 
in cui non include, tra le fattispecie cui si applica l'art. 68 Cost., condotte di 
natura politica, ascrivibili al parlamentare che sia anche ministro�. 

Tenuto conto dell�orientamento della Corte Costituzionale laddove, come 
nel caso di specie, una pronuncia giurisdizionale sia scaturita dall�applicazione 
dell�art. 68 Cost., la stessa non pu� intendersi riferita alla posizione giuridica 
di Ministro da parte del richiedente e non pu�, per l�effetto, esplicare alcun 
effetto utile ai fini della richiesta di rimborso. 

Appare opportuno precisare, per completezza, che la riconduzione delle 
dichiarazioni contestate all�attivit� di parlamentare (e non di Ministro), oltre 
a risultare dalla sentenza, � stata conseguenza di un�esplicita eccezione da 
parte del convenuto dalla quale � scaturita l�applicazione della l. 140/2003, 
(normativa di attuazione dell�art. 68 Cost.) che ha condotto alla delibera di insindacabilit� 
da parte della Camera dei Deputati. 

Siffatta riconduzione, peraltro, non risulta essere stata posta in dubbio 
(dall�Autorit� giudiziaria) attraverso il mezzo del conflitto di attribuzioni denunciabile 
innanzi alla Corte Costituzionale. 

In tale situazione, anche ipotizzando (come dichiarato dal Senatore nella 
richiesta di rimborso inoltrata a codesta Presidenza) che il richiedente abbia 
assunto, come membro del Governo, delle posizioni compatibili ed in linea 
con le opinioni espresse quale membro del Parlamento, la circostanza appare 
giuridicamente irrilevante ai fini del rimborso delle spese legali, fondandosi 
la pronuncia favorevole esclusivamente sulle guarentigie del parlamentare. 

Si osserva, infine, che, sul piano fattuale, non risulta che le circostanze 
che hanno dato luogo al giudizio dinnanzi al Tribunale di Modena fossero connesse 
all�esercizio delle funzioni di Ministro da parte del richiedente. Tanto a 
differenza della fattispecie sottoposta all�esame della Scrivente (parere CS 
46391/10 relativo alla richiesta di rimborso riguardante altro procedimento 
conclusosi con la sentenza 1655/08 del Tribunale di Milano) in relazione alla 
quale � stato rilevato come �indubbio che le dichiarazioni dell�Onorevole che 
hanno dato luogo al giudizio� fossero �strettamente connesse all�esercizio 
delle sue funzioni di Vice Presidente del Consiglio dei Ministri�. 

Per le ragioni sopra esposte questa Avvocatura ritiene che, nel caso di 
specie, non sussistano i presupposti per dare positivo seguito alla richiesta di 
rimborso delle spese legali sostenute dal richiedente. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Sui profili di massima della questione � stato sentito il Comitato Consultivo 
di questa Avvocatura che, nella seduta del 2 ottobre 2014, si � espresso in 
conformit�. 

Gli istituti della transazione e dell�accordo bonario 
nella disciplina dei contratti pubblici 

PARERE 07/10/2014-410698, AL 19442/14, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA 

Con il carteggio intercorso in ordine all�oggetto � posto a questo G.U. il 
quesito di carattere generale della praticabilit�, in linea di diritto, di accordi 
transattivi con l�appaltatore che rivesta lo status di contraente generale, nonch� 
si chiede parere sull�ulteriore specifica problematica concernente la fondatezza 
delle molteplici pretese del soggetto appaltatore, contraente generale, che 
hanno caratterizzato l�andamento dell�appalto inerente ai lavori di ammodernamento 
ed adeguamento di un tratto dell�autostrada Salerno Reggio Calabria, 
rispetto a cui sono molteplici le riserve iscritte dal predetto contraente generale, 
gi� determinanti una proposta di accordo bonario avanzata dalla commissione 
costituita ai sensi dell�articolo 240 del decreto legislativo 163 del 2006, intendendo 
codesto Ente definire stragiudizialmente ogni possibile contestazione 
onde evitare �grave pregiudizio per la prosecuzione dei lavori�. 

Osserva preliminarmente la Scrivente che il quesito riguardante la possibilit� 
per la committenza di transigere nel corso dell�appalto con il contraente 
generale le riserve dal medesimo iscritte, anteriormente quindi alla collaudazione 
delle opere, effettivamente comporta un�approfondita riflessione sul quadro 
normativo vigente relativo agli appalti pubblici, recentemente innovato 
dall�articolo 4 comma 2 lett. gg), n. 4), del decreto-legge 13 maggio 2011 numero 
70 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 numero 106, 
che ha introdotto al comma 1 dell�articolo 240 del codice dei contratti il divieto 
dell�accordo bonario, istituto, appunto, previsto da tale articolo, ai contratti di 
cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto, affidati a contraente generale, 
il che determina l�esigenza di verificare se tale divieto possa ritenersi implicitamente 
esteso al contratto di transazione, previsto dall�articolo 239 dello 
stesso codice, rispetto al quale la citata novella legislativa nulla ha disposto, 
in particolare, tenuto conto, tuttavia, che il comma 18 del predetto articolo 240 
statuisce espressamente che l�accordo bonario in entrambe le forme previste 
dallo stesso articolo �hanno natura di transazione�. 

Orbene appare subito necessario procedere preventivamente nel presente 
percorso ermeneutico ad individuare puntualmente l�ambito applicativo della 
transazione ex articolo 239 del decreto legislativo 163 del 2006 in relazione 


al successivo articolo 240 concernente l�ambito dell�accordo bonario, onde 
definire specificamente lo spettro di efficacia delle relative discipline, valutando 
se esistano o meno delle disposizioni speciali dettate dal legislatore 
esclusivamente per il richiamato accordo bonario, che, in quanto tali, non possano 
essere estensivamente interpretate anche per l�applicazione al contratto 
transattivo nell�ambito delle quali poter opinare ricompreso il divieto sancito 
dalla test� evocata novella legislativa. 

La corretta esegesi dell�articolo 239 del codice consente anzitutto di ritenere 
che, diversamente dall�accordo bonario, sono transigibili anche liti diverse 
dalla iscrizione di riserve o contestazioni sui documenti contabili, con 
la ovvia conseguenza che anche queste ultime sono suscettibili di essere composte 
con la sottoscrizione di una transazione che si pone perci� quale strumento 
diverso rispetto all�accordo bonario medesimo, e senza che per 
l�accordo transattivo siano rinvenibili limiti connessi all�oggetto dell�appalto 

o al suo valore, per cui bene possono essere con tale negozio definite le controversie 
relative a tutte le tipologie di appalti contemplate nel codice senza 
quelle perimetrazioni che, per converso, caratterizzano l�istituto ex articolo 
240 del citato codice. 

E tale diversit� trova la sua ragion d�essere nella altrettanto palese diversit� 
dei presupposti su cui si fondano i due istituti in esame, posto che, mentre 
la transazione � espressione dell�autonomia negoziale della Pubblica Amministrazione, 
esercitata nel rispetto dello statuto dell�attivit� contrattuale della 
pubblica amministrazione, statuto dato non soltanto dal diritto comune ma 
anche dal diritto speciale che costituisce il risultato del processo normativo di 
adattamento della disciplina generale del codice civile alle tipiche esigenze 
afferenti all�azione amministrativa permeata dall�interesse pubblico, l�accordo 
bonario, viceversa, costituisce il risultato di un procedimento normativamente 
tipizzato ad iniziativa dell�appaltatore che, in quanto titolare di una posizione 
giuridica soggettiva tutelata dall�ordinamento, vincola la committenza pubblica 
ad attivarsi per promuovere le procedure tutte per addivenire all�eventuale 
accordo bonario, senza possibilit� quindi di sottrarsi alla compulsazione 
dell�appaltatore medesimo rispetto al quale gi� per effetto dell�articolo 31 bis 
della legge Merloni la Corte di Cassazione ebbe a precisare che trattasi di procedura 
che l�Amministrazione ha il dovere di attivare al fine di accelerare la 
risoluzione delle controversie, configurandosi come una condizione di procedibilit� 
della domanda giudiziale che deve precedere il ricorso al procedimento 
arbitrale (Cass. Civ., sezione prima, 7 marzo 2007, n. 5274); tanto � vero 
che si � ritenuto da parte di una giurisprudenza che l�inerzia della amministrazione 
sull�istanza del privato finalizzata a concludere l�accordo bonario in 
quanto illegittimo pu� essere sindacata con il rito speciale previsto per il silenzio 
(Tar Catania, sent. n. 661/2003), mentre altra giurisprudenza ha opinato 
l�inammissibilit� per difetto di giurisdizione del ricorso proposto innanzi 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

al giudice amministrativo per l�annullamento del silenzio rifiuto formatosi 
sulla istanza dell�appaltatore volta all�attivazione della procedura di accordo 
bonario, ritenendo che non fossero configurabili posizioni di interesse legittimo 
bens�, addirittura, di diritto soggettivo (Tar Reggio Calabria sent. n. 
1211 del 2008). 

Ulteriore sostanziale divaricazione ricorrente tra i due istituti in questione 
emerge chiaramente rispetto all'oggetto dell'accordo bonario che viene concluso 
dalle parti, all'esito del relativo procedimento tipizzato, sulla base del 
riconoscimento totale o parziale della fondatezza delle riserve iscritte dall'appaltatore, 
rimanendo del tutto estraneo alla "ratio" dell'istituto il fondamentale 
presupposto del contratto transattivo costituito dalle "reciproche concessioni", 
e cio� dalla consapevole rinunzia bilaterale dei contraenti alle rispettive pretese, 
per addivenire volontariamente ad una regolamentazione dei propri interessi 
sulla base di un "quid medium" rispetto alle prospettazioni iniziali. 

In altre parole muta del tutto nella transazione l'approccio della Amministrazione 
alla problematica delle controversie negli appalti pubblici: nell'ottica 
di deflazionare il contenzioso, la committenza risolve la lite attuale o potenziale 
addivenendo all�"aliquid datum aliquid retentum" pur cosciente della effettiva 
consistenza dei propri diritti, e, parimenti, analoga condotta pone in 
essere l'appaltatore, entrambi non volendo affrontare l'alea del giudizio; per 
converso, nell'accordo bonario si sottoscrive una convenzione, anch'essa risolutiva 
del contrasto, ma senza rinunce di sorta, alla stregua di una valutazione 
delle pretese dell'appaltatore tendenzialmente corrispondente ad un 
giudizio oggettivamente formatosi sulla base delle risultanze documentali a 
corredo delle riserve iscritte. 

Orbene a fronte di tali elementi di spiccata eterogeneit� dei due istituti in 
rassegna, deve ora procedersi alla identificazione della "ratio" della esclusione 
per il contraente generale dell'accesso a tale accordo bonario, al fine di verificarne 
l'oggettiva portata anche rispetto alla vigente disciplina codicistica concernente 
il contratto transattivo. 

Al riguardo � opinione di questo G.U. che il legislatore, stante l'obbligazione 
di risultato che assume il contraente generale nei confronti della committenza, 
e disponendo di ampi poteri di organizzazione della propria attivit� 
imprenditoriale in piena autonomia rispetto al soggetto pubblico committente, 
ha ritenuto incompatibile con un tale assetto pattizio, stante la specifica tipologia 
delle obbligazioni delle parti contraenti, lo �status di sostanziale soggezione� 
dello stesso soggetto pubblico alla pretesa del contraente generale di 
ottenere, al verificarsi dei presupposti di legge, il riconoscimento stragiudiziale 
delle riserve iscritte, secondo le procedure dettate dall'articolo 240 del codice, 
evidentemente non riconoscendo sussistente alcuna esigenza meritevole di tutela 
giuridica per il contraente generale stesso di ottenere la immediata giustiziabilit� 
delle proprie domande ai maggiori compensi, nella oggettiva carenza 


di interesse per l'Amministrazione al raggiungimento di tale obiettivo. 

Per converso, rispetto al negozio transattivo, ricorre uno specifico interesse 
della stessa committenza, omogeneo rispetto a quello della controparte, 
ad ottenere la composizione del contrasto con l'appaltatore, e senza che rilevi 
a tali fini la eventuale qualit� di quest'ultimo come contraente generale, tanto 
� vero che per il perseguimento di detto obiettivo la committenza medesima 
coscientemente dispone di diritti di titolarit� anche in termini parzialmente abdicativi, 
ritenendo conforme al pubblico interesse conseguire dalla controparte 
la corrispondente rinuncia alle pretese avanzate, ricorrendo perci� una esigenza 
di superamento del contenzioso che certamente rimarrebbe insoddisfatta 
ove il divieto recato dalla novella legislativa dovesse ritenersi operante anche 
per il contratto de quo. 

Per quanto precede un�eventuale interpretazione estensiva del divieto in 
rassegna si risolverebbe in un pregiudizio per gli interessi di titolarit� dell'Amministrazione, 
cos� a ben vedere violandosi proprio la "ratio" della interdizione 
recata dal novellato comma 1 dell'articolo 240 del codice, volta ad evitare ingiustificati 
vantaggi per il contraente generale e non certo per contenere le facolt� 
della committenza afferenti alla gestione in aria pubblicistica dei diritti 
disponibili per il perseguimento del pubblico interesse. 

Alla stregua delle superiori considerazioni non sembra, ad avviso di questa 
Avvocatura Generale, che il comma 18 dell'articolo 240 del codice che, 
come ricordato del presente parere, dispone che l'accordo bonario ha natura 
di transazione, sia conducente rispetto ad una interpretazione estensiva della 
disposizione in rassegna, tenuto conto che il legislatore con il citato comma 
18 ha soltanto avvertito la necessit� di assicurare che l'accordo stesso fosse 
incontestabile, limitando le eventuali possibili cause di annullamento a quelle 
tipiche previste per il contratto di transazione, cos� dotando l'accordo stesso 
di un carattere di definitivit� tombale evidentemente pi� coerente con le esigenze 
della stessa Amministrazione in un ambito, quale quello degli appalti 
pubblici, che riveste una particolare importanza anche per la rilevante consistenza 
degli impegni economici a carico delle risorse pubbliche. 

Conclusivamente, � opinione di questo G.U. che in linea di diritto nulla 
osti a che codesto Ente proceda nel corso dell'appalto a comporre transattivamente 
il contesto controverso insorgente per l'appalto di che trattasi, avendo 
ovviamente cura di evitare la conclusione di eventuali accordi che possano 
avere un contenuto anche parzialmente novativo, con l'insorgenza di obbligazioni 
anche soltanto in parte diverse da quelle precedenti, evitando quindi che 
nel corpo dell'eventuale stipulando contratto siano presenti dichiarazioni di 
scienza che possano essere suscettibili di acquisire nel prosieguo valenza confessoria 
suscettibile di incidere sulla stessa regolarit� dell'appalto cos� come 
definito all'esito delle procedure di gara. 

Per quanto concerne poi la valutazione in diritto di competenza di que



PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

st�Avvocatura Generale rispetto ai contenuti dell�eventuale atto di transazione 
che potrebbe intercorrere a definizione stragiudiziale della contestazione in 
atto, tenuto conto delle pretese del contraente generale, e di cui alle riserve 
dal medesimo iscritte, va subito rilevato che se da un lato senz�altro ricorrono 
i presupposti per la rappresentata conciliazione in relazione alla sussistenza 
degli elementi della �res dubia� e dell��aliquid datum aliquid retentum�, peraltro 
gli aspetti di natura tecnica che effettivamente caratterizzano le pretese 
dell�appaltatore afferiscono certamente a valutazioni di merito che non possono 
che essere attribuite a codesto Ente, e rispetto a cui la Scrivente evidentemente 
difetta di specifiche competenze. 

Ritiene tuttavia questo G.U. di dover esprimere in punto di diritto una 
serie di valutazioni in ordine a quanto perspicuamente rappresentato da codesta 
Anas con la nota 78517 dell�11 giugno u.s. riguardo alle motivazioni che sorreggono 
le cinque perizie di variante intervenute, e rispetto alle quali il contraente 
generale non ha rinunciato agli oneri economici indicati nella stessa 
nota, posto che lo �status di contraente generale dell�appaltatore impone una 
serie di riflessioni che debbono tenere nella dovuta considerazione il complesso 
quadro delle obbligazioni di legge dal medesimo assunte con la sottoscrizione 
del contratto. 

Riferisce infatti codesto soggetto aggiudicatore che quattro perizie di variante 
sono state adottate �non per fronteggiare solo eccezionali ed imprevedibili 
eventi meteorologici, ma per introdurre le necessarie modifiche 
progettuali dovute alla rilevazione in corso d�opera di condizioni geologiche 
e geotecniche, che hanno richiesto un impegno organizzativo ed economico 
molto pi� rilevante rispetto a quello previsto, che � stato possibile definire 
solo in corso d�opera in funzione di quanto riscontrato sulla base del monitoraggio�: 
al riguardo, tuttavia, non pu� non sottolinearsi come le carenze 
progettuali successivamente riscontrate potrebbero essere poste a carico dello 
stesso contraente generale quantomeno in mancanza di un compiuto accertamento 
riguardo alla insorgenza successiva di problematiche che oggettivamente 
non potevano essere affrontate gi� nella precedente fase di 
progettazione, per cui ogni possibile giustificazione dei riconoscimenti in favore 
del contraente generale, sia pure nell�ottica transattiva, non pu� ovviamente 
prescindere dal dato oggettivo costituito dal pertinente riferimento 
normativo di cui all�articolo 176 del codice dei contratti che, comՏ noto, al 
comma 4 lett. a) pone �Le eventuali varianti necessarie ad emendare i vizi o 
integrare le omissioni del progetto redatto dallo stesso e approvato dal soggetto 
aggiudicatore� a carico del contraente generale. 

In altre parole rispetto all�incarico progettuale assegnato al contraente generale 
codesta Anas deve procedere ad una compiuta verifica se la inadeguatezza 
del progetto successivamente riscontrata poteva o meno essere rilevata 
dallo stesso contraente, nell�esercizio delle prerogative di competenza. 


Ferma poi ogni valutazione di merito tecnico di competenza esclusiva di 
codesta stazione appaltante circa l�apprezzamento delle situazioni di forza 
maggiore che possono aver determinato l�adozione delle varianti in parola da 
porsi a carico del soggetto aggiudicatore ai sensi della seconda parte della disposizione 
legislativa test� richiamata, e condivisa senz�altro la necessit� evidenziata 
dal responsabile del procedimento che siano correttamente individuati 
e provati i danni che i terzi affidatari del contraente generale avrebbero subito, 
osserva la Scrivente, in relazione all�analisi comparativa condotta dallo stesso 
responsabile del procedimento contenuta nel parere dal medesimo espresso 
sull�ipotesi di transazione, che ogni valutazione in merito da parte di codesta 
Societ� non pu� non tenere nella dovuta considerazione che, quantomeno in 
via generale, l�anomalo andamento lavori causativo di �sottoproduzione� non 
� suscettibile di ristoro nei confronti del contraente generale che, notoriamente, 
� soggetto deputato a fronteggiare adeguatamente gli eventuali impedimenti 
e ostacoli all�esecuzione dei lavori, in modo cio� senz�altro pi� efficiente rispetto 
ad un appaltatore vero e proprio, sicch� per la sua ampia capacit� organizzativa 
tecnico realizzativa dovrebbe superare le difficolt� che si presentano 
nella realizzazione dell�opera nell�ambito proprio dei compiti che gli spettano, 
caratterizzanti tale ruolo specifico, per cui i ristori inerenti ai maggiori costi 
di produzione meritano approfondimenti da parte di codesto Ente sul piano 
tecnico alla luce dei richiamati principi di diritto, non ritenendosi per ci� solo 
allo stato convincenti le conclusioni a cui sono addivenuti sia il Direttore dei 
lavori che il predetto Responsabile del procedimento. 

Per quanto precede si suggerisce di procedere, anche se del caso attivando 
a tal fine il Responsabile del procedimento, ad un�analisi maggiormente rigorosa 
e dettagliata delle pretese dell�appaltatore che privilegi le note peculiarit� 
del mandato del contraente generale, anche tenendo conto del dato rilevante 
che a fronte di situazioni insorte per fattori estranei sia alla committenza che 
all�appaltatore, e che avrebbero pregiudicato il previsto andamento delle lavorazioni, 
intanto si possono ritenere prodotti aggravi economici per l�appaltatore 
medesimo in quanto abbiano determinato sospensioni delle lavorazioni 
stesse e del cantiere, e fermo ovviamente l�altrettanto dato incontrovertibile 
che attraverso la concessione di proroghe contrattuali, quanto meno in difetto 
di un diverso specifico contesto probatorio, l�appaltatore dovrebbe ritenersi 
congruamente compensato. Tale aspetto della possibile compensazione con le 
disposte proroghe non sembra adeguatamente valorizzato dalla Direzione lavori 
e dal Responsabile del procedimento, per cui si ritiene di dover suggerire 
un ulteriore approfondimento di tale aspetto. E nella ulteriore indagine test� 
proposta non pu�, ad avviso di questo G.U., prescindersi da un�attenta verifica 
del complesso delle iniziative eventualmente praticate con la necessaria tempestivit� 
dal contraente generale, per ovviare proficuamente alle sopravvenute 
circostanze impeditive del regolare svolgimento dei lavori, sulla base di una 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

diversa organizzazione della produzione maggiormente corrispondente al contesto, 
e ci� proprio nell�esercizio di quella massima autonomia operativa che 
spetta a tale tipologia di appaltatore che deve essere in grado di fornire adeguate 
soluzioni alle problematiche insorte nel corso dell�appalto. 

Per le suesposte considerazioni, nell�ipotesi che gli accertamenti di competenza 
di codesta Societ� dovessero consentire di registrare nei confronti del 
contraente generale una inadeguata o intempestiva iniziativa per il superamento 
delle criticit� verificatesi, da parametrarsi proprio alla stregua del complesso 
di prerogative spettantegli, non vi sarebbe affatto titolo per il contraente 
generale medesimo di pretendere alcunch�. 

Nei sensi suesposti � la consultazione richiesta che, in quanto di interesse 
generale per taluni aspetti, viene estesa alla conoscenza del Ministero in indirizzo. 

In ordine alle problematiche di carattere generale affrontate nel presente 
parere � stato sentito il comitato consultivo di questa Avvocatura nella seduta 
del 2 ottobre 2014. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
E se cambiassimo strada sull'emergenza appalti?(*) 

Per combattere la corruzione e assicurare per tempo la fine dei lavori del-
l'EXPO 2015 si invoca la necessit� di poteri e norme eccezionali: � una strada 
che appaga il bisogno psicologico di chi, di fronte alle inchieste giudiziarie in 
corso, avverte la responsabilit� di una "scelta politica" forte. Ma non � detto 
che sia una soluzione valida sul piano dell'efficacia. 

L'esperienza dal 1994 dimostra che la persistente continuit� della corruzione 
negli appalti � connessa proprio al sistema delle "deroghe", utilizzato 
dalle leggi speciali, adottate ogni volta che occorreva fare opere pubbliche in 
occasione di eventi, calamit� naturali e/o per il perseguimento di obiettivi strategici; 
c'� una sottile linea rossa che lega nel tempo "Tangentopoli" ai poteri 
derogatori dei commissari di governo e agli interventi straordinari. Forse oggi, 
di fronte a questo meccanismo che tende a riprodursi e alla necessit� di innovare, 
si giustifica la ricerca di un'altra via. 

Per gestire e controllare gli appalti pubblici servono norme semplici e 
procedure ragionevoli: la misura pi� utile sarebbe paradossalmente quella di 
sospendere, per le opere connesse all'EXPO 2015, tutta la legislazione nazionale 
in materia di appalti e concessioni ed applicare sic et simpliciter la sola 
disciplina comunitaria cos� com'�; per la normativa secondaria il vecchio regolamento, 
adottato con R.D. 25 maggio 1895, n. 350, nei limiti della sua compatibilit� 
con le norme comunitarie, resta ancora il migliore. La nostra 
sovrabbondante disciplina nazionale sugli appalti e forniture � infatti strutturalmente 
contraddittoria rispetto alla valenza e alla funzione delle norme comunitarie 
in materia, che devono comunque essere applicate anche nei casi di 
"deroga". Ecco le conseguenze: a) sul piano giustiziale, il cumulo delle due 
discipline (comunitaria e nazionale) crea effetti perversi, soprattutto innanzi 

(*) Versione integrale di articolo pubblicato su �Il Sole 24 ore� - 06 giugno 2014. 


al giudice amministrativo, poco idoneo ad essere "giudice dei contratti" (vedi 
sul punto gli scritti di Piero Calamandrei e la giurisprudenza della Cassazione 
fino al 1995); b) sul piano economico, l'affidamento diretto di un appalto (che 
� l�obiettivo naturale dei regimi in deroga) porta un'impresa a guadagnare pi� 
del dovuto e questa diventa la premessa necessaria e sufficiente per avviare 
un percorso di corruzione. Se il margine operativo � ridotto da un serio confronto 
concorrenziale � difficile pagare tangenti. 

La linearit� delle norme comunitarie, la concorrenza necessaria che ne 
deriva, la lealt� e correttezza che tali norme richiedono alla stazione appaltante 
e alle imprese interessate, la celerit� nelle procedure e nei lavori che le stesse 
- ove razionalmente applicate - consentono, sono condizioni non facilmente 
compatibili con una disciplina speciale "fatta in casa" sotto la spinta dell'urgenza: 
in Europa le procedure e le regole sono oggettive ed efficaci; in casa le 
regole risultano spesso predisposte e applicate "su misura". 

Ma nell'applicare le regole comunitarie, occorre un nuovo modo di amministrare 
legato alla capacit� per chi decide di assumere piena responsabilit� 
di quello che fa: le procedure di gara, e le altre procedure imposte dalle direttive 
comunitarie, non servono - come comunemente si ritiene in Italia - a concludere 
automaticamente un contratto pubblico; gare e trasparenza si fermano 
un attimo prima del contratto e servono solo per la "scelta (obbligata) del contraente", 
con il quale sedersi ad un tavolo e responsabilmente trattare, secondo 
regole di correttezza e buona fede; il contratto si concluder� solo se risulter� 
ad entrambe le parti conveniente, equo e ragionevole. 

In questo contesto � noto come le nostre ditte, che spesso vincono le gare 
al massimo ribasso, si muovono in Italia nel presupposto di modificare nel 
corso dei lavori i prezzi concordati, mentre in Europa le stesse ditte, bench� 
vincitrici della gara, non riescono neppure a concludere il contratto. 

In definitiva, l'impatto delle norme comunitarie con le nostre vecchie 
leggi di contabilit� ha portato, sempre pi�, ad un automatismo nelle aggiudicazioni 
e ad una deresponsabilizzazione dell'amministrazione pubblica; la 
paura dei ricorsi e del giudice penale ha fatto il resto. 

Ma allora occorre anche cambiare giudice e affidare il controllo su tutte 
le procedure, di concessione e appalto, dal bando di gara al collaudo dei lavori, 
al giudice naturale dei contratti, eliminando quel tipo di controllo da parte del 
giudice amministrativo sugli atti posti in essere dalla stazione appaltante, che 
troverebbe giustificazione solo quando si � di fronte ad un vero e proprio potere 
autoritativo (vedi in tal senso sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale 
sui limiti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mai estesa 
in tutta la sua valenza). Con questa scelta non avremmo sospensione dei lavori, 
se non in casi di palese violazione di legge e di danno grave ed irreparabile, 
secondo una prassi adottata dal giudice ordinario, nei procedimenti d'urgenza 
di cui all'articolo 700 del codice di procedura civile, con estrema cautela. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

In sostanza la proposta operativa si muove paradossalmente su un itinerario 
del tutto opposto a quello sino ad oggi praticato per affrontare e risolvere 
i cosiddetti "problemi dell�emergenza"; non c'� bisogno di nessuna deroga, di 
nessun commissario straordinario, se non per gli aspetti meramente contabili 
e ragioneristici. 

Le linee tracciate dalle norme europee e il controllo del giudice ordinario 
bastano ad assicurare la trasparenza negli appalti e la loro accelerazione in 
vista dell'EXPO 2015. 

Liberare le imprese concorrenti e le amministrazioni aggiudicatrici da una 
legislazione contraddittoria e farraginosa, da controlli plurimi che non riescono 
ad entrare nella sostanza delle cose, impedire l'uso spesso strumentale della 
giustizia amministrativa costituiscono la strada maestra per dare alle imprese 
che lavorano per EXPO 2015 dignit� e rispetto di "operatori economici europei". 
Esistono, per contro, nelle amministrazioni pubbliche statali e regionali 
funzionari tecnici ed avvocati capaci ed onesti. � arrivato il momento di dar 
loro una ragionevole possibilit� di procedere con trasparenza e speditezza. 

g.f. 


La finanziaria light � ormai soltanto un lontano ricordo? 
(Riflessioni in vista della prossima legge di stabilit� 2015) 

Paolo Canaparo* 

SOMMARIO: 1. La crisi dell�istituto della legge finanziaria e la riforma della procedura 
di bilancio - 2. Le �prime� vicende della legge di stabilit� - 3. La proliferazione dei contenuti 
della legge di stabilit� 2014 - 4. Il ricorso eccessivo alla normativa sub-primaria. - 5. La 
�rete� dei decreti-legge e l�uso improprio della legislazione d�urgenza - 6. La ricerca di nuovi 
equilibri istituzionali tra Governo e Parlamento in materia finanziaria - 7. Le soluzioni di 
pi� lungo periodo. Quali prospettive per la Stabilit� 2015? 

1. La crisi dell�istituto della legge finanziaria e la riforma della procedura di 
bilancio. 

Le ultime vicende politiche assegnano al prossimo disegno di legge di 
stabilit� 2015 un ruolo dirimente per le tante questioni di politica finanziaria 
ancora insolute, che fa prevedere l�ennesima presentazione da parte del Governo 
(il termine � stabilito al 15 ottobre) di un corpo normativo dalle rilevanti 
dimensioni ed una successiva navigazione parlamentare, inevitabilmente, 
molto complessa, tenuto conto anche delle fibrillazioni nella maggioranza. 
Ci� nonostante molti temi delicati legati alla crescita economica e alla stabilizzazione 
dei conti pubblici siano stati affrontati nei gi� convertiti decreti-
legge 90 e 91 (il c.d. decreto-competitivit�) e in quello c.d. sblocca-Italia che 
verr� convertito prima dell�avvio della sessione di bilancio. Il disegno di legge 
Stabilit� 2015 sar� chiamato, infatti, tra l�altro, a tradurre in misure strutturali 
l�azione (tanto discussa) di spending review disegnata dal Commissario straordinario 
Cottarelli, al fine di reperire le risorse necessarie per finanziare �a 
regime� il bonus Irpef di 80 euro, nonch� di evitare che scattino le clausole di 
salvaguardia, sotto forma di tagli lineari, per la mancata riduzione delle detrazioni 
fiscali, e, soprattutto, di aumento di aliquote fiscali o accise previsto 
dalla legge di stabilit� per il 2014 (1), varata dall�Esecutivo Letta. 

Tutto, in altre parole, lascia presagire la conferma del sostanziale fallimento 
della riforma della procedura di bilancio adottata con la legge 196 del 
2009 (2) che, tanto attesa e condivisa da tutte le parti politiche al momento 
del varo, non � stata in grado, certamente non agevolata dalla perdurante crisi 
economico-finanziaria e dal difficile quadro politico in cui le ultime sessioni 
di bilancio si sono dibattute, di incidere effettivamente sulle vicende parlamentari 
di fine anno, riducendosi cos�, ad oggi, il passaggio dalla legge finanziaria 
a quella di stabilit� ad una mera modifica nominale. Le difficolt� di 

(*) Viceprefetto in servizio presso l�Ufficio Affari legislativi e Relazioni parlamentari del Ministero del-
l�Interno. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

pervenire a governi stabili, sorretti da ampie maggioranze e sufficientemente 
coesi hanno finito, piuttosto, per rafforzare spinte localistiche e di tutela di interessi 
settoriali confermando come le vicende delle manovre finanziarie, a 
prescindere dalle procedure previste per la loro approvazione, risentano comunque 
profondamente delle diverse stagioni politiche ed economiche. Gli 
effetti inevitabili sui testi licenziati dalle Camere sono stati una frammentazione 
delle disposizioni in misura non minore di quella delle leggi finanziarie, 
tanto attese in quanto veicoli legislativi ciclici che tradizionalmente consentivano 
interventi in tutti i settori economici, spesso anche di impatto modesto, 
per le pressioni dei gruppi parlamentari di maggioranza e di minoranza destinate 
a micro-finanziamenti e non programmate �esigenze�. 

Le premesse della riforma della 196 erano peraltro ben diverse: segnare 
una netta linea di discontinuit� rispetto alle finanziarie monstre per gli anni 
2007 (3) e 2008 (4), che avevano raggiunto dimensioni inimmaginabili (5). 
Assalto alla diligenza, spettacolo ignobile, indecente calderone, massacro parlamentare 
sono i termini con i quali erano state apostrofate le due manovre 
dell�ultimo governo Prodi, approvate a seguito di interminabili trattative e rin


(1) Legge 27 dicembre 2014, n. 147. 
(2) Legge 31 dicembre 2009, n. 196 , "Legge di contabilit� e finanza pubblica". La legge definisce 
il quadro normativo unico volto ad adeguare le regole di gestione del bilancio e di coordinamento della 
finanza pubblica agli obblighi derivanti dall�ordinamento comunitario e ai nuovi rapporti economici e 
finanziari tra Stato ed enti decentrati derivanti dal processo di attuazione del federalismo fiscale. Il provvedimento 
si muove lungo quattro direttrici fondamentali: coordinamento della finanza pubblica; armonizzazione 
dei sistemi contabili; ridefinizione dei sistemi di controllo; riforma degli strumenti di 
governo dei conti pubblici. Successive modificazioni sono state adottate con la legge 7 aprile 2011, n. 
39, �Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione 
europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri�, che ha recepito 
le nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche 
degli Stati membri. � stata prevista una nuova scansione temporale nella presentazione dei documenti 
di bilancio al fine di adeguare il ciclo di programmazione economica nazionale al nuovo quadro europeo 
che ha rafforzato il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio nell'Unione 
europea e nell'Unione monetaria. 
(3) Legge 27 dicembre 2006, n. 296. 
(4) Legge 24 dicembre 2007, n. 244. 
(5) Si rammenta che la riforma della legge di contabilit� del 1999 aboliva le leggi c.d. �collegate 
di sessione� alla manovra di finanza pubblica, volte a contenere tutte le disposizioni sostanziali che accompagnavano 
e rendevano possibile la manovra stessa: si trattava, in genere, di provvedimenti molto 
corposi, non infrequentemente approvati con la questione di fiducia, entrati in crisi proprio a causa della 
loro continua crescita. A titolo esemplificativo, la legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure per la 
razionalizzazione della finanza pubblica, era strutturata in tre articoli (sui quali � stata posta la questione 
di fiducia), composti, rispettivamente, di 267, 224 e 217 commi (per un totale di 708 commi). Tutta questa 
massa di disposizioni che accompagnavano e rendevano possibile la manovra di bilancio sono finite, a 
seguito della richiamata riforma, nella legge finanziaria: sempre a titolo puramente esemplificativo, la 
legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) risultava cos� composta di 158 articoli, per un 
totale di 983 commi. Successivamente tale massa � stata distribuita tra la legge finanziaria e un decreto-
legge che accompagnava o precedeva la manovra, con il conseguente progressivo travaso di disposizioni 
dalla prima al secondo. Con le due finanziarie 2007 e 2008 si segn� il ritorno alla finanziaria omnibus. 



vii in sede parlamentare e una quantit� di emendamenti della maggioranza 
parlamentare, del governo e del relatore dei provvedimenti (complessivamente 
superiori a quelli delle forze politiche di opposizione) che aveva portato all�ironica 
notazione da parte degli osservatori politici, di una �maggioranza 
che fa l'opposizione a se stessa". Il ricorso al maxi-emendamento proposto dal 
Governo, su cui porre la questione di fiducia, � stato lo strumento per forzare 
il procedimento legislativo al fine di consentire il via libera, in un colpo solo, 
a tante norme e tanto eterogenee (6), ma ha rappresentato anche un colpo mortale 
per la qualit� della legislazione (7), laddove ha condotto all�adozione di 
provvedimenti cos� importanti sostanzialmente illeggibili, in quanto composti 
da migliaia di commi. La Finanziaria 2008, al termine del suo iter parlamentare, 
� risultata composta di soli tre articoli ma con ben complessivi 1193 
commi (387 il primo articolo, 642 il secondo e 164 il terzo). Un vero e proprio 
record si � registrato con la finanziaria precedente, un solo articolo e 1.364 
commi (8). In realt� dovevano essere 1.363. Perch� nell'ultimo concitato vertice 
di maggioranza si era deciso di cassare uno di quei commi che avrebbe 
sottratto alla tagliola della Corte dei conti molti amministratori accusati di 
danno erariale. Ma la giungla di norme era talmente fitta e poi il comma era 
stato evidentemente scritto in maniera tanto criptica dal suo autore Pietro Fuda, 
allora Presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione legislativa, 
che chi era stato incaricato di trovarlo per tagliarlo, non lo trov�. Fu 
rintracciato dopo pi� attente ricerche, ma siccome la Finanziaria era stata gi� 
approvata, per abolire il contestato comma 1.343, fu necessario adottare lo 
stesso giorno un decreto-legge. Inutile dire che il messaggio spedito alle Camere 
il 16 dicembre 2004 dall' ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio 
Ciampi, dopo che il Senato aveva varato una finanziaria fatta da un unico 
maxi-emendamento di 593 commi (poca cosa rispetto a quello che poi � succeduto), 
era finito subito nel dimenticatoio. 

Rispetto a queste finanziarie monstre aveva immediatamente cercato di 
marcare una linea di discontinuit� il Ministro dell�Economia e delle Finanze 
Tremonti, che, pochi giorni dopo essere tornato al governo, nel giugno 2008, 
definiva la manovra di fine anno 2007, con notevole forza simbolica: �Un film 
dell'orrore�. Aggiungeva, perch� le sue intenzioni non venissero equivocate: 
�Che non vogliamo pi� proiettare�. Ma quella pellicola horror � rimasta assente 
dalle sale un anno soltanto. La Finanziaria 2009 (9) ha mantenuto, infatti, 
contenuti sostanzialmente circoscritti: il testo, all�esito del percorso parlamen


(6) Per una ampia bibliografia sul tema del maxi-emendamento v. LUPO, Il potere di emendamento 
e i maxiemendamenti alla luce della Costituzione, in Quaderni regionali 2007, 261 ss. 
(7) V. AINIS, La legge oscura. Come e perch� non funziona, Roma-Bari 2002. 
(8) La Finanziaria 2007 � stata peraltro affiancata dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, composto, 
nella versione licenziata dal Consiglio dei Ministri, di 48 articoli, per un totale di ben 197 commi. 
(9) Legge 22 dicembre 2008, n. 203. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

tare, � risultato composto di quattro articoli e complessivi 72 commi (di cui 4 
nel primo articolo, 50 nel secondo, 11 nel terzo e 7 nell�ultimo), a fronte di un 
testo originario di tre articoli e 45 commi. Il �successo� � in gran parte ascrivibile 
alla scelta del Governo di anticipare i contenuti della manovra finanziaria 
annuale con l�adozione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (10), 
che, dopo tre passaggi (Camera-Senato-Camera) e la triplice apposizione della 
fiducia, pass� comunque dai gi� considerevoli 85 articoli e 491 commi originari 
a 96 articoli e ben 702 commi finali (11). Questa scelta ha consentito al 
Governo di presentare un disegno di legge finanziaria con una struttura non 
particolarmente complessa con l�obiettivo di contenere le abituali pressioni 
parlamentari della sessione di bilancio. 

Diverso esito ha registrato la successiva Finanziaria 2010 (12), in netta 
controtendenza rispetto all�obiettivo inizialmente dichiarato dall�Esecutivo. Il 
22 settembre del 2009, dopo il varo della manovra, Tremonti annunciava, infatti: 
�Non � una manovra. � una finanziaria light, composta di soli tre articoli 
e relative tabelle, che ha il merito di anticipare di fatto gi� quest'anno la riforma 
della legge di bilancio, attualmente in discussione alla Camera in seconda 
lettura�. Aggiungeva il Ministro: �La finanziaria non c' � pi� ed � un 
bene per il Paese�. Niente pi� �assalti alla diligenza� dunque. La Finanziaria 
2010 - spiegava ancora Tremonti - prevede anche lo stop ai micro-emendamenti, 
la cui somma �ci ha portato al terzo debito pubblico mondiale�. �Del 
resto, nessun governo, di destra o di sinistra, democratico o autoritario, era 
in grado di superare la prova della Finanziaria italiana, con tre mesi di indiscrezioni, 
anticipazioni, smentite, scontri e discussioni. Non c'� pi� quello 
spettacolo ignobile che erano le Finanziarie�. Il sottosegretario alla Presidenza 
del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, non manc� di ringraziarlo pubblicamente: 
�Ogni anno si parla della necessit� della riforma della 
finanziaria. Quest�anno si far� un passo serio, forte e deciso. Lo si deve a 
Giulio Tremonti�, mentre anche il premier Silvio Berlusconi esultava: �Si 
tratta di un cambiamento epocale. Abbiamo evitato l'assalto delle lobbies�. 
Due mesi dopo quel �cambiamento epocale�, al termine di un interminabile e 
sofferto vertice di maggioranza notturno, � arrivato il maxi-emendamento del 
Governo e la finanziaria light, prevalentemente "tabellare" secondo i propositi 
annunciati da Tremonti, ha perso la sua �leggerezza�. Rispetto ai 3 articoli e 
30 commi del disegno di legge presentato dall�Esecutivo, il testo della Finanziaria 
2010 licenziato dalle Camere � risultato cos� composto di due soli arti


(10) �Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit�, la stabilizzazione 
della finanza pubblica e la perequazione tributaria�, convertito dalla legge 6 agosto 2012, n. 133. 
(11) Sul punto cfr. la ricostruzione di LUPO, Le sessioni di bilancio, ieri e oggi, in (a cura di) CARBONI, 
La funzione finanziaria del Parlamento. Un confronto tra Italia e Gran Bretagna, Torino, Giappichelli, 
2009, 37. 
(12) Legge 23 dicembre 2009, n. 191. 



coli, ma ai 4 commi del primo seguivano i ben 253 del secondo (13), con ci� 
manifestando un evidente contrasto con le prescrizioni e gli obiettivi della riforma 
della procedura di bilancio, che veniva definitivamente approvata nel 
corso della sessione e, ironia della sorte, pubblicata il 31 dicembre 2009, ovvero 
il giorno successivo alla pubblicazione della finanziaria. La manovra 
2010 � stata, peraltro, anticipata dall�adozione del decreto-legge 1 luglio 2009, 

n. 78 (14), secondo quello stesso schema adottato dal Governo l�anno precedente, 
replicato con la medesima finalit� (o meglio, con il medesimo auspicio, 
poi disatteso dai fatti) di agevolare lo svolgimento della sessione di bilancio. 
Il decreto, composto nella versione originaria di 26 articoli e 231 commi, � risultato, 
al termine del procedimento di conversione, nel quale era stata posta 
la questione di fiducia nei passaggi in entrambe le Camere, di ben 46 articoli 
e 317 commi. Il passaggio per due sole letture ne ha limitato sostanzialmente 
l�esame ad un solo ramo, quello di presentazione. 

Nel predetto contesto, il legislatore della 196/2009, al fine di decongestionare 
le manovre finanziarie annuali, ha provveduto ad una complessiva revisione 
delle modalit� e della procedura e degli strumenti di bilancio. In 
particolare, l�articolo 11 ha istituzionalizzato la �finanziaria snella� (o con il richiamato 
appellativo di Tremonti, della finanziaria light) (15), che diviene legge 
di stabilit� (16), e riconosciuto alla legge di bilancio la possibilit� di intervenire 
sulle leggi di autorizzazione di spesa, con ci� innovando il previgente sistema 

(13) Si rammenta che nella legge finanziaria � confluito il decreto-legge 23 novembre 2009, n. 
168, recante disposizioni urgenti in materia di acconti di imposta e trasferimenti erariali ai comuni. 
(14) �Provvedimenti anticrisi, nonch� proroga di termini�, conv. dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. 
(15) L�articolo 11 della legge n. 196 del 2009 ha sostanzialmente messo a regime il comma 1-bis 
dell�art. 1 del decreto-legge 112/2008, introdotto in sede di conversione, con cui si stabiliva che �in via 
sperimentale, la legge finanziaria per l'anno 2009 contiene esclusivamente disposizioni strettamente attinenti 
al suo contenuto tipico con l'esclusione di disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio 
dell'economia nonch� di carattere ordinamentale, micro-settoriale e localistico�. 
(16) Si rammenta che l'origine della nuova denominazione della legge finanziaria in legge di stabilit� 
� fatta risalire al ministro Tremonti e al suo articolato intervento di fronte alle Commissioni Bilancio 
di Camera e Senato, del 20 febbraio 2002, dove ricord� i tre cambiamenti che imponevano un 
ripensamento della legge di contabilit� e cio�: 1) �I vincoli europei (i) impongono bilanci pubblici 
quanto pi� possibile standardizzati su modelli europei, (ii) con la simmetrica necessaria rimozione dei 
differenziali domestici�; 2) �il nuovo titolo V della Costituzione [..] � tempo per iniziare una riforma 
dell�apparato contabile del Paese che sia coerente con il nuovo assetto costituzionale. Per favorirne, e 
non bloccarne, la realizzazione�; 3) �l'evoluzione tecnica� per cui �l�impianto contabile italiano - e 
qui si torna al primo punto, all�Europa - deve essere quanto pi� possibile coerente con il SEC �95, il sistema 
europeo dei conti pubblici�. �La tecnica contabile � evoluta [..] L�obiettivo finale pu� e deve essere 
quello di un bilancio realmente e direttamente leggibile dai cittadini�. Il Ministro cos� concludeva: 
�Una ipotesi di riforma articolata in questi termini potrebbe essere sintetizzata nella formula della trasformazione 
della attuale legge finanziaria in una legge di stabilit�. Nei suoi caratteri essenziali, comunque 
indicativamente, questo strumento dovrebbe (potrebbe) fissare: a) il tetto complessivo delle 
entrate e delle spese (quello per "saldi" pare ormai un metodo superato); b) il riparto di responsabilit� 
relativo all�attuazione del Patto di stabilit�, tra lo Stato e gli altri governi; c) le altre misure necessarie 
per il rispetto del Patto di stabilit�; d) gli ulteriori interventi necessari per attuare il programma di politica 
economica del Governo, come definito nella Risoluzione di approvazione del DPEF� . 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

che, escludendo tale ipotesi, rimetteva, conseguentemente, alla legge finanziaria 
tutti gli interventi sulle singole leggi sostanziali di spesa da adottare in sede di 
manovra annuale, poi recepiti negli effetti dalla legge di bilancio (17). 

Alla legge di stabilit� � riservata la funzione di definire il quadro di riferimento 
finanziario e di regolare le grandezze finanziarie, al fine di assicurare 
il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica in termini di saldi, in coerenza 
con gli impegni assunti dall�Italia nel quadro del Patto di stabilit� europeo. 
Dai contenuti propri sono escluse le norme prive di effetti finanziari nel 
triennio, quelle di delega (ivi comprese le modifiche a norme di delega gi� in 
vigore) o di carattere ordinamentale (anche implicita) o organizzatorio, anche 
qualora caratterizzate da un rilevante miglioramento dei saldi. Sono ritenute 
inammissibili anche le misure finalizzate allo sviluppo dell�economia mediante 
maggiore spesa o minore entrata, ci� in ragione della mancata riproposizione 
nel testo della legge n. 196/2009 della previgente lettera i) dell�articolo 
11 dell�abrogata legge n. 468 del 1978. Nella rinnovata articolazione della 
legge di stabilit� possono essere previsti soltanto quei finanziamenti che, non 
compresi nel bilancio a legislazione vigente, rispondano a finalit� di intervento 
pubblico di carattere generale (ad esempio, le risorse eventualmente necessarie 
per rinnovi dei contratti del pubblico impiego o quelle necessarie e coerenti 
con un ben definito programma di sostegno degli investimenti della crescita) 

o ad eventi straordinari - come le calamit� naturali- che, per definizione, sfuggono 
ad ogni criterio di ordinata programmazione. Consegue la improponibilit� 
di quegli interventi di natura localistica o micro-settoriali, per i quali le 
esigenze di sostegno pubblico, e, prima ancora, la ratio che ne giustifichi la 
sussistenza, devono essere sottoposte a ponderate verifiche in grado di valutare 
il grado di priorit� o di urgenza delle misure proposte, in un bilanciamento 
con possibili impieghi alternativi (18). 
(17) Sul punto LUPO, Costituzione e bilancio, Roma, 2007, 14 ss. La ragione principale dell'introduzione 
della legge finanziaria nel nostro ordinamento risiedeva, essenzialmente, nell'art. 81 della Costituzione 
e nel carattere di legge formale conferito al documento di bilancio dal terzo comma di questo 
articolo. La legge finanziaria nasce, quindi, come strumento per consentire di apportare qualunque modifica 
sostanziale alla legislazione di entrata e di spesa in modo tale da togliere rigidit� alla manovra di 
bilancio; con essa si opta per valorizzare non tanto la legge di bilancio bens� la �manovra di bilancio�. 
(18) La Corte dei conti, nella Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie 
adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 
2012, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, fa notare, in chiave prospettica, che la legge rinforzata 
n. 243 del 2012 ha sostanzialmente ribadito per la futura legge di bilancio unificata, che entrer� in 
vigore dal 2015, in riferimento alla prima sezione, il quadro dei divieti contenutistici attualmente previsti 
per la legge di stabilit�. Tale trasposizione � avvenuta forse in maniera tralaticia senza considerare il ruolo 
sovraordinato della legge rinforzata, almeno per la parte in cui essa d� attuazione ad un espresso richiamo 
contenuto dell�art. 81 Cost., sesto comma, quale � il caso in esame (contenuto della legge di bilancio). 
Ci� potrebbe comportare - evidenzia la Corte - la conseguenza che, dalla sua eventuale violazione discenda 
un vulnus di natura costituzionale, con questioni in termini di giustiziabilit� di non facile soluzione, tra 
l�altro in riferimento a singole disposizioni. La questione � resa pi� complessa dal fatto che in tutte le 
leggi di stabilit� sinora approvate si riscontrano norme la cui collocazione in tale sede sarebbe vietata. 



Le misure - anche quelle puntuali o di dettaglio - nei diversi settori ai fini 
dell�aggiustamento tra obiettivi e vincoli di bilancio e singole politiche sono 
rimesse ai diversi strumenti legislativi. In particolare, gli interventi di sviluppo 
economico e tutto ci� che ha rilevanza ordinamentale, anche se con riflessi 
sull�economia, sono, in linea di principio e secondo logica, destinate ad apposti 
disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, con caratteristiche 
di organicit� ed omogeneit� per materia e per competenza delle amministrazioni, 
chiamati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmatici 
fissati dalla Decisione di economia e finanza. La legge n. 196/2009 prevede 
che i disegni di legge collegati debbano essere indicati nella suddetta Decisione 

o nella successiva Nota di aggiornamento e presentati entro il mese di gennaio. 
Questo termine tuttavia non esclude la possibilit� del Governo di presentare 
disegni di legge collegati durante la sessione di bilancio ma, piuttosto, riconosce 
l�utilizzazione dei predetti strumenti legislativi entro un lasso di tempo pi� 
ampio rispetto a quello di conclusione della sessione. Il ricorso ai collegati � 
funzionale, tra l�altro, a consentire alle Commissioni parlamentari di settore di 
riprendere centralit� relativamente all�esame delle misure della parte di manovra 
finanziaria di interesse, laddove l�impropria confluenza di tutti i contenuti 
nella legge finanziaria ha finito per attrarre l�intero esame della manovra alle 
competenze delle Commissioni bilancio, con il conseguente interessamento di 
quelle di merito limitatamente all�espressione di un parere in sede consultiva. 

Un ruolo centrale per la semplificazione e la razionalizzazione dei contenuti 
della legge di stabilit� � assunto dai veicoli legislativi ciclici. Il riferimento 
� alla legge c.d. comunitaria, profondamente riformata con la legge n. 
234/2012 (19), funzionale all�adempimento degli obblighi che derivano dal-
l�Unione europea, e alle leggi per il mercato e la concorrenza (20) e per il sostegno 
al sistema delle micro, piccole e medie imprese (PMI) (21), dirette a 

(19) �Norme generali sulla partecipazione dell�Italia alla formazione e all�attuazione della normativa 
e delle politiche dell�Unione europea�. La tradizionale legge comunitaria � stata sdoppiata in 
due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, che il Governo presenta annualmente entro 
il 28 febbraio e che contiene solo le deleghe per l�attuazione delle direttive europee e delle decisioni 
quadro (se necessario un ulteriore disegno di legge di delegazione pu� essere presentato, con dicitura 
secondo semestre, entro il 31 luglio di ciascun anno), e la legge europea, per la quale non � previsto 
alcun termine di presentazione, che raccoglie le disposizioni di adempimento degli obblighi che derivano 
dall�UE. Per un commento alla legge 234/2012 v. PARIS, La legge europea e di delegazione europea 
2013. Osservazioni sulla prima attuazione dello �sdoppiamento della legge comunitaria, in Osservatoriosullefonti.
it, fasc. 1/2014; ESPOSITO, La legge 24 dicembre 2012, n. 234, sulla partecipazione del-
l�Italia alla formazione e all�attuazione della normativa e delle politiche dell�UE. Parte I - Prime 
riflessioni sul ruolo delle Camere, in federalismi.it., n. 2/2013. 
(20) Ex art. 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante �Disposizioni per lo sviluppo e l�internazionalizzazione 
delle imprese, nonch� in materia di energia�. Il disegno di legge, che deve essere 
presentato dal Governo al Parlamento entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relazione 
annuale da parte dell�Autorit� garante della concorrenza e del mercato, � diretto a rimuovere gli ostacoli 
regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all�apertura dei mercati, alla promozione dello sviluppo 
della concorrenza a e alla tutela dei consumatori. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

garantire la revisione - con cadenza periodica - di normative specifiche secondo 
criteri di maggiore organicit� e coerenza, tutti interventi prima assunti 
in maniera impropria tra i contenuti della legge finanziaria. 

2. Le �prime� vicende della legge di stabilit�. 

In netta contrapposizione con il predetto disegno riorganizzativo della manovra 
finanziaria annuale, la legge di stabilit�, nella sua pur breve esperienza 
(ad oggi ne sono state adottate soltanto quattro), ha mostrato una tendenza, crescente 
negli anni, ad �assorbire� i pi� ampi contenuti. Pochi articoli, poche misure, 
con contenuti limitati e circoscritti, e qualche tabella, in questo modo la 
legge di riforma della procedura di bilancio ha definito i �confini� della legge 
di stabilit�, per essere poi smentita (purtroppo) nei fatti. Il Governo, sopraffatto 
da questioni contingenti e da equilibrismi politici, ha finito, infatti, per presentare, 
prevedendo anche specifiche deroghe alle limitazioni di contenuto della 
legge n. 196/2009, disegni di legge di stabilit� corposi ed articolati, che hanno 
costituito l�occasione per l�adozione di correttivi parlamentari caratterizzati, 
anche tenuto conto della perdurante debolezza degli Esecutivi, da una estrema 
parcellizzazione ed etereogenit� dei contenuti ed una ridotta entit� finanziaria 
e qualit� degli interventi ivi previsti, in evidente contrasto sia con le richiamate 
prescrizioni di cui all�articolo 11, sia con gli stessi obiettivi di aggressione in 
modo incisivo delle dinamiche espansive della spesa pubblica e di realizzazione 
di una profonda azione in termini di ottimizzazione della qualit�, dell'efficienza 
e dell'efficacia delle politiche pubbliche e di riallocazione delle risorse pubbliche 
verso gli impieghi pi� produttivi. Le leggi di stabilit� sono state precedute 
e seguite da decreti-legge secondo una tendenza ormai consolidata che riserva 
alcuni contenuti delle manovre di bilancio a provvedimenti d�urgenza originariamente 
collocati nel periodo primaverile e, negli anni pi� recenti, spalmati 
su tutto l�anno a seconda delle esigenze di correzione dell�andamento delle finanze 
pubbliche e di sostegno alla crescita economica. La decretazione d�urgenza 
ha assunto cos� una funzione polivalente in quanto destinata non solo 
alla gestione delle emergenze ma anche - impropriamente - alla definizione di 
importanti percorsi di riforma amministrativa, economica, fiscale e previdenziale, 
in una prospettiva di medio-lungo periodo e multisettoriale, con ci� facendo 
propri i contenuti che dovrebbero essere riservati ai disegni di legge 
collegati alla manovra di finanza pubblica, strumenti questi ultimi ai quali il 
Governo non ha fatto pi� ricorso dopo l�approvazione della legge n. 196/2009. 
Il numero dei decreti-legge e la loro ravvicinata adozione hanno alimentato la 

(21) Ex art. 18 della legge 11 novembre 2011, n. 180, �Norme per la tutela della libert� delle imprese. 
Statuto delle imprese�. Il disegno di legge, che deve essere presentato dal Governo al Parlamento 
entro il 30 giugno di ciascun anno, � chiamato a definire gli interventi per la tutela e lo sviluppo del sistema 
delle micro, piccole e medie imprese, le norme per l�immediata riduzione degli oberi burocratici 
a loro carico, misure di semplificazione amministrativa. 


tendenza sempre pi� forte alla volatilit� delle norme, che mostrano di avere 
una sempre pi� labile resistenza nel tempo. Con ci� le manovre di finanza pubblica 
hanno assunto costantemente un carattere emergenziale e frammentario. 

In particolare, la prima legge di stabilit� (22), a fronte di un disegno di 
legge governativo organizzato su un unico articolo e 13 commi, � risultata 
composta di un solo articolo di 171 commi. Essa � stata peraltro preceduta dal 
decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 (23), il cui testo originario di 56 articoli 
e 364 commi � divenuto, all�esito della conversione con la legge 30 luglio 
2010, n. 122, di ben 63 articoli e 481 commi. Il provvedimento d�urgenza � 
passato per due sole letture parlamentari, con l�apposizione, in entrambe, della 
questione di fiducia. 

Un percorso rapido � stato riservato alla Stabilit� 2012 (24), approvata in 
via definitiva dal Parlamento gi� il 12 novembre 2011, con un due soli passaggi 
parlamentari. In quei mesi l�Italia si trovava in una fase di convulsa e tormentata 
crisi politico-istituzionale che, innestandosi sulla crisi economico-finanziaria, 
in breve tempo port� alle dimissioni del IV Governo Berlusconi, alla 
nomina di un Governo c.d. tecnico, guidato dal neo-nominato senatore a vita 
Mario Monti e, in seguito, alla fine anticipata della XVI Legislatura. Dopo la 
resa ufficiale del premier Berlusconi, le cui dimissioni sarebbero seguite al-
l�approvazione parlamentare della manovra, il Ministro Tremonti presentava 
un maxi-emendamento che recepiva tutte le riforme promesse alla UE gi� nel 
corso dell�esame in prima lettura del disegno di legge di stabilit� in commissione 
Bilancio in Senato, con l�accordo di maggioranza e opposizione di ritirare 
tutti i correttivi proposti al testo. Il disegno di legge veniva poi trasmesso 
alla Camera l�11 novembre ed il giorno successivo approvato definitivamente 
e pubblicato. Al testo originario di 7 articoli e 147 commi seguiva il testo definitivo 
composto di 36 articoli e 330 commi. 

L�approvazione della Stabilit� 2012 � stata peraltro seguita dalla adozione, 
subito dopo l�insediamento del Governo Monti, del decreto-legge 6 dicembre 
2011, n. 201 (25), che fu convertito, in tempi brevissimi, dalla legge 22 dicembre 
2011, n. 214. La stessa legge di stabilit� era stata preceduta da ben tre provvedimenti 
d�urgenza in materia economico-finanziaria, adottati a seguito delle 
pressioni dei mercati e delle istituzioni europee e internazionali: si tratta dei 
decreti-legge n. 70 (26), n. 98 (27) e n. 138 (28). I testi definitivi di tutti e tre 
i richiamati provvedimenti di urgenza non subivano l�abituale incremento dei 

(22) Legge 13 dicembre 2010, n. 220. 
(23) �Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivit� economica�. 
(24) Legge 12 novembre 2011, n. 183. 
(25) �Disposizioni urgenti per la crescita, l'equit� e il consolidamento dei conti pubblici� (c.d. 
salva-Italia). 
(26) Decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, �Semestre europeo - prime disposizioni urgenti per 
l�economia�, conv. dalla legge 12 luglio 2006, n. 106. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

contenuti in sede di conversione in ragione della sostanziale �blindatura� dei 
testi governativi per la necessit� di assicurarne una rapida approvazione: cos� 
il primo decreto-legge passava da 12 articoli e 126 commi a 14 articoli e 149 
commi, il secondo da 41 articoli e 435 commi a 41 e 445, l�ultimo da 20 articoli 
e 170 commi a 28 articoli e 252 commi. L�esigenza di una rapida approvazione 
limitava l�iter parlamentare del decreto-legge 98 a soli 9 giorni (dal 6 luglio, 
data di presentazione al Senato, al 14 luglio, data della definitiva approvazione 
da parte della Camera e contestuale pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). 
Una approvazione in tempi assai ristretti � stata riservata anche al decreto-
legge 138/2011, la c.d. manovra correttiva di ferragosto. Il provvedimento, 
presentato in Senato lo stesso giorno della sua pubblicazione, � stato licenziato, 
in prima lettura, dal Senato il 7 settembre e, definitivamente, dalla Camera il 
14 settembre, data in cui � stato poi immediatamente pubblicato il testo convertito. 
L�esigenza � stata quella di corrispondere in maniera rapida alle richieste 
formulate al Governo italiano con la lettera del 5 agosto 2011 firmata da 
Jean-Claude Trichet (presidente uscente della Banca centrale europea) e Mario 
Draghi (a fine mandato come governatore di Bankitalia, numero 1 in pectore 
dell�Eurotower), nella quale venivano indicate puntualmente le riforme ritenute 
necessarie a ristabilire la fiducia nel nostro Paese e le condizioni per una ripresa 
della crescita economica (29). La missiva inviata all�Italia si impose all�attenzione 
innanzitutto per la sua irritualit�. Indirizzata al solo Presidente del Consiglio, 
essa sollecitava, infatti, l�adozione di provvedimenti che comportavano 
anche (o esclusivamente) l�intervento del Parlamento italiano. Ci� che, tuttavia, 
dest� ancor pi� stupore risiedeva nel fatto che la Bce non si limitava a prospettare 
con puntualit� le misure che l�Italia avrebbe dovuto intraprendere per 
superare la fase di incertezza economico-finanziaria, ma arrivava, persino, ad 
individuare le modalit� pi� opportune per raggiungere quegli obiettivi. Si raccomandava, 
infatti, di intervenire con decreto-legge e, relativamente alle regole 
di bilancio, con una riforma costituzionale. Con ci�, dunque, non solo venivano 
dettati i tempi e le modalit� di approvazione degli interventi da essa raccomandati, 
ma cos� facendo si finiva per ridurre il Parlamento italiano a mero esecutore 
dei provvedimenti del governo. L�esautoramento dell�organo parlamentare 
si consumava, peraltro, su due fronti: da un lato, si sottolineava che l�urgenza 
delle misure elencate rendeva indispensabile intervenire attraverso decreti-
legge, non essendo ritenuto possibile attendere i tempi ordinari di discussione 

(27) Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, �Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria�, 
conv. dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 
(28) Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, �Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria 
e per lo sviluppo�, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. 
(29) Come si ricorder�, peraltro, quelli erano i giorni in cui, sul versante interno, il differenziale 
tra i tassi di interesse dei titoli di stato italiani (Btp) e quello dei titoli tedeschi (Bund) si aggirava intorno 
alla soglia dei quattrocento punti base. 



e deliberazione; dall�altro, si auspicava che la ratifica (rectius, conversione) 
dei suddetti decreti avvenisse comunque entro la fine di settembre 2011, con 
conseguente riduzione dei sessanta giorni costituzionalmente prescritti per la 
loro conversione da parte delle Camere. Per di pi� la Bce riteneva opportuno 
che le riforme strutturali e le azioni intraprese al fine di raggiungere gli obiettivi 
di crescita e di sostenibilit� delle finanze pubbliche fossero puntellati da una 
revisione costituzionale. Vi era evidentemente la convinzione che in questo 
modo si sarebbe scongiurata la sottrazione, in primo luogo del legislatore ordinario, 
alle rigorose regole di bilancio di l� a venire (30). 

Vicende complesse, legate ad un�altra crisi politica, quella del Governo 
Monti, hanno poi interessato la Stabilit� 2013 (31). In vista del successivo 
scioglimento delle Camere, il testo proposto dal Governo � divenuto, infatti, 
l�ultimo strumento utile della legislatura e vi ha finito cos� per confluire, in 
aperto contrasto con le prescrizioni della legge 196 sui contenuti della legge 
di stabilit� (peraltro gi� abbondantemente disattese), anche il �tradizionale� 
decreto di fine anno c.d. �mille-proroghe�. Il testo originario ha cos� finito per 
assumere, dopo tre passaggi parlamentari, con l�apposizione in ognuno di essi 
della fiducia su un maxi-emendamento del Governo, una conformazione finale 
di un solo articolo e di ben 561 commi. L�approvazione della legge di Stabilit� 
2013 � stata peraltro accompagnata dalla presentazione del decreto-legge 16 
novembre 2012, n. 174 (32), e, secondo un modello ormai consolidato, era 
stata comunque preceduta da una �manovra estiva� di correzione dei conti 
pubblici, adottata con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (33). 

3. La proliferazione dei contenuti della legge di stabilit� 2014. 

Il record dei commi per una legge di stabilit� spetta comunque alla stabilit� 
2014 che si compone di un solo articolo e di 749 commi. Gi� l�originario 
impianto del disegno di legge, costituito da ben 26 articoli e 330 commi, nonostante 
i successivi stralci, con determinazione del Presidente del Senato (34), 
delle disposizioni (cinque) ritenute estranee al suo oggetto e la confluenza in 
autonomi disegni di legge, � apparso difforme dalle prescrizioni della legge 

(30) Sul punto v. OLIVITO, Crisi economico-finanziaria ed equilibri costituzionali. Qualche spunto 
a partire dalla lettera della BCE al Governo italiano, in www.rivistaAIC.it, n. 1/2014. 
(31) Legge 24 dicembre 2012, n. 228. 
(32) �Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali�, conv. 
dalla legge 7 novembre 2012, n. 213. 
(33) �Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini�, 
conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. 
(34) Il Presidente del Senato, sentito il parere della V^ Commissione permanente e del Governo, 
prima dell�assegnazione, accerta se il disegno di legge di stabilit� �rechi disposizioni estranee al suo 
oggetto come definito dalla legislazione vigente, ovvero volte a modificare norme in vigore in materia 
di contabilit� generale dello Stato. In tal caso il Presidente comunica all�assemblea lo stralcio delle 
predette disposizioni� (art. 126, c. 3, del Reg.). 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

n. 196/2009 in tema di semplificazione dei contenuti della manovra finanziaria 
e, dal punto di vista sostanziale, ha finito per lasciare spazi alla possibilit� di 
inserire nuove disposizioni, di iniziativa parlamentare o dello stesso Governo, 
destinate ad ulteriormente ingigantire un testo gi� di per s� corposo. La prima 
lettura in Senato � stata cos� caratterizzata dalla proposizione di ben 3093 
emendamenti in Commissione Bilancio in sede referente, accompagnati da 
128 ordini del giorno. La mole di correttivi ha impedito alla Commissione di 
concludere l�esame del disegno di legge, dopo pi� di un mese di lavori (dal 
24 ottobre al 25 novembre). In Assemblea, il Governo ha poi presentato un 
maxi-emendamento di un solo articolo e 561 commi che ha recepito esclusivamente 
le modifiche approvate in Commissione, apponendo sul testo la fiducia. 
In Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, il testo � approdato 
il 3 dicembre ed � stato licenziato il 17 dicembre. Gli emendamenti presentati 
sono stati 3772 (in Commissione alla Camera non � possibile presentare ordini 
del giorno), di cui 172 delle Commissioni interessate sul testo in sede consultiva, 
36 del Governo e 42 del relatore. Sul testo approvato dalla Commissione, 
il Governo ha poi chiesto la fiducia in Aula. Anche la successiva definitiva 
lettura in Senato si � conclusa con l�apposizione della questione di fiducia. 

La Stabilit� 2014 ha assunto un significativo valore politico laddove, definendo 
direttamente la disciplina di interventi �di dettaglio� ed evidenziando 
anche una tendenza verso un ulteriore ampliamento del perimetro dell�intervento 
pubblico sull�economia, si � posta in netto contrasto non solo con il 
complessivo disegno di razionalizzazione dei contenuti della manovra di programmazione 
finanziaria di fine anno ma, piuttosto, anche con l�esigenza di 
una pi� efficace azione di spesa pubblica, in linea con gli impegni di consolidamento 
dei conti pubblici assunti a livello comunitario. In particolare, l�importante 
riduzione del �valore� finanziario delle misure connesse alle scelte 
governative e di quelle parlamentari ha fatto emergere, in maniera dirompente, 
il deterioramento dello strumento della legge di stabilit�, che doveva concorrere 
a rendere pi� trasparenti e �governabili� le sessioni di bilancio e che, invece, 
continua a risentire delle pressanti istanze parlamentari ed � utilizzato 
per finalit� redistributive diverse da quelle a cui � istituzionalmente preposta 
e non rispondenti ad un disegno organizzato della politica di bilancio pubblico. 
Guardando ai soli interventi di aumento delle spese - pari nel complesso a 7,6 
miliardi nel 2014, a 2,5 miliardi nel 2015 e a 2,2 miliardi nel 2016 -, oltre 130 
hanno riguardato maggiori uscite corrente per importi medi assai contenuti 
(circa 30 milioni), mentre circa 50 interventi hanno previsto un aumento delle 
spese in conto capitale, per un importo medio al di sotto di 70 milioni (35). 

(35) V. le tavole elaborate dalla Corte dei conti, nella Relazione quadrimestrale sulla tipologia 
delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel 
quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit., che classificano le misure che comportano maggiori spese 


Per l�anno 2014, gli interventi di importo superiore a 50 milioni di euro sono 
stati solo 30 su un totale di poco meno di 200 interventi, a conferma della dispersione 
dei finanziamenti. In proposito, quanto al numero e sempre con riferimento 
al 2014, pi� del 60 per cento degli interventi di spesa � risultato 
deciso durante l�iter parlamentare, per effetto di emendamenti approvati. Ma 
se si guarda alla dimensione dei provvedimenti, la gran parte � risultata gi� 
prevista nel disegno di legge iniziale (ben 6,3 miliardi, pari a circa l�80 per 
cento delle maggiori spese approvate), con ci� evidenziando la originaria frammentazione 
delle politiche di spesa disegnate dal Governo. 

Questo quadro di impegni sinteticamente descritti ha evidenziato anche i 
richiamati limiti di coerenza della Stabilit� 2014 con l�operazione di complessiva 
revisione della spesa, a cui sono affidati gli obiettivi di conseguimento di 
nuovi e significativi risparmi rispetto quanto iscritto a legislazione vigente. La 
collocazione che l�azione di spending review assume nell�agenda del Governo 
avrebbe dovuto, piuttosto, suggerire (o meglio, imporre) di procedere a decisioni 
sulla base di un sostanziale azzeramento degli impegni futuri (al di l� di 
quanto implicito nel quadro a legislazione vigente), per poter garantire una selezione 
degli oneri aggiuntivi mirata e non in contraddizione con gli indirizzi 
di contenimento e razionalizzazione della spesa nei diversi settori. In questo 
la legge di stabilit� 2014 ha mostrato impulsi contraddittori laddove ha prefigurato 
consistenti tagli di spesa, crescenti nel biennio 2015-2016, ci� mentre 
ha evidenziato, con la proliferazione in misura significativa degli interventi di 
limitata dimensione unitaria, un percorso di crescita della spesa corrente, in 
particolare per l�anno 2014. La proliferazione di misure micro-settoriali nelle 
manovre finanziarie � stata assunta, peraltro, tra le ragioni principali che hanno 
alimentato quell�approccio di tipo �incrementale� al bilancio, con il grosso 
della spesa pubblica definito di anno in anno con cambiamenti marginali, che 
� alla base del consolidamento dei livelli di spesa (la c.d. spesa storica) senza 
un riesame approfondito della validit� dei programmi in essere e della sempre 
pi� scarsa rispondenza tra priorit� del Governo e scelte di bilancio. Queste misure 
appaiono sempre condizionate da lobbies e �contrattazioni� con singoli 
parlamentari o piccoli gruppi, il pi� delle volte rispondenti a logiche e interessi 
territoriali piuttosto che di appartenenza a partiti politici, con effetti non solo 
in termini di frammentazione e incoerenza degli interventi ma anche di opacit� 
dei processi decisionali (36). La loro approvazione consegue alla tendenza del 
Governo a stabilire il contenuto della manovra finanziaria in via preliminare, 
riprendere in Parlamento le questioni rimaste aperte al suo interno, accogliere 

per dimensione quantitativa dell�intervento e per settore prevalente. Gli effetti degli interventi sono misurati 
in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, secondo le definizioni della 
contabilit� nazionale. L�esposizione dei dati distingue, inoltre, per ogni misura di intervento, gli effetti 
derivanti dall�originario impianto del disegno di legge - e, quindi, connessi alle scelte governative - e 
quelli da attribuire alle modifiche introdotte prima alla Camera e poi al Senato. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

parte delle proposte presentate dai parlamentari al fine di superare gli ostacoli 
in sede di sessione di bilancio e, infine, scaricare sulle Camere l�onere di non 
causare una crisi tramite la apposizione della questione di fiducia sul testo in 
Aula in tutti i passaggi parlamentari, strumentale a garantire il via libera alla 
manovra nei tempi previsti. Questo schema, tanto inviso, � stato purtroppo replicato 
con la legge di stabilit� 2014. 

4. Il ricorso eccessivo alla normativa sub-primaria. 

La Stabilit� 2014 ha confermato, peraltro, le criticit� proprie della legislazione 
degli ultimi anni (37), principalmente legate all�adozione di disposizioni 
- che assumono il pi� delle volte valenza programmatica e dichiarativa 

-a cui corrisponde il rinvio ad una imponente mole di provvedimenti attuativi 
(38). Tale tecnica di rimando ad ulteriori atti deriva probabilmente dalla necessit� 
di riservare spazi di successiva negoziazione tra le amministrazioni interessate, 
di superare ostacoli politici che si potrebbero frapporre 
all�approvazione di una norma primaria troppo dettagliata nei contenuti ed 
anche dalla rapidit� con cui vengono concepite ed approvate le norme, che 
non consente di mettere a fuoco le singole questioni, disciplinandole in maniera 
esaustiva, ma semplicemente di porre le basi per l�adozione di successivi 

(36) Su questi aspetti v. Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, XVI legislatura, 
Rapporto 2008 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, Tomo I, 10 ottobre 2008. Il rapporto, 
pag. 18, evidenzia: �L�ipertrofia della legge finanziaria e degli strumenti ad essa variamente associati, 
nei quali ha finito per concentrarsi una grande quota della legislazione annuale pi� rilevante, 
rappresenta nella lunga durata un fattore di opacit� e di riduzione delle garanzie democratiche di 
ordine, trasparenza e comprensione da parte dell�opinione pubblica�. 
(37) Sul punto v. Rapporto 2012 sulla legislazione, a cura dell�Osservatorio sulla legislazione 
della Camera dei deputati, Capitolo IV, Dati e tendenze della legislazione statale, in 
leg16.camera.it/cartellecomuni/Leg16/documenti/2012/capitoloIV.pdf, 387. Da ultimo, Comitato per la 
legislazione, Rapporto sull�attivit� svolta dal Comitato per la legislazione, Primo turno di Presidenza 
(7 maggio 2013-6 marzo 2014), presentato il 18 giugno 2014, che evidenzia una produzione normativa 
sempre pi� complessa e di difficile interpretazione, anche a causa delle numerose modifiche non testuali 
a previgenti disposizioni normative, condizionata da un alto numero di disposizioni derogatorie, che talora 
accompagnano persino la definizione della disciplina generale, che si deroga nel momento stesso 
in cui viene adottata, sempre pi� intrecciata con fonti di rango subordinato, in forza di due fenomeni tra 
loro correlati: le modifiche a fonti secondarie con fonti di rango primario e la previsione di provvedimenti 
non sempre facilmente riconducibili al sistema delle fonti per modificare atti legislativi (c.d. delegificazione 
spuria). Sulla qualit� e tecnica legislativa v. anche Corte dei conti, Relazione sulla tipologia 
delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel 
quadrimestre gennaio-aprile 2014, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, che fa riferimento all�introduzione 
di alcune tecniche normative inedite. 
(38) V. a tale proposito l�Editoriale del n. 3/2011 dell�Osservatoriosullefonti.it di TARLI, Delegificazione 
e decreti di natura non regolamentare nella "brace" del sistema delle fonti normative. V. altres� 
Corte dei conti, Audizione dinanzi alla Commissione parlamentare per la semplificazione, del 12 marzo 
2014, disponibile sul sito www.cortedeiconti.it, che evidenzia la frequente rinuncia all��auto applicabilit�� 
normativa che sposta su una pluralit� di sedi e livelli istituzionali l�adozione dei necessari provvedimenti 
attuativi con una tempistica spesso oggetto di rinvii e proroghe anche a causa dell�insorgere di 
interessi contrapposti. 



provvedimenti che esulano spesso dal sistema delle fonti, prevedendo adempimenti 
che appaiono atipici o talora indefiniti (39). Si unisce l�ulteriore criticit� 
di una struttura e una formulazione dei testi tali da rendere disagevole la 
lettura, per l�ampiezza e l�articolazione delle singole parti normative e per la 
dispersione e talora la dissoluzione dei precetti in espressioni prevalentemente 
costituite da indicazioni di finalit�, di motivazioni e del contesto nel quale le 
norme sono chiamate ad operare. 

In particolare, la legge di stabilit� 2014, in ragione della espressa previsione 
della legge di contabilit� che nega la possibilit� di introdurre deleghe, ha 
fatto ricorso a procedure di delegificazione. Essa poi contiene una serie di 
norme che demandano a disposizioni sub-primarie la definizione degli aspetti 
finanziari per quanto concerne, sia l�individuazione degli oneri, sia il reperimento 
delle occorrenti fonti di copertura (40). Si � confermata, quindi, la tendenza, 
gi� segnalata dalla Corte dei conti nel recente passato, del ricorso ad un 
modello legislativo che prevede a determinate scadenze l�acquisizione di una 
parte degli effetti finanziari della legge, che testimonia una difficolt� nella definizione 
in dettaglio della materia da parte della normativa primaria. Tale scelta 
si sostanzia nel varo di una normativa dai risvolti finanziari tendenzialmente 
generici, la cui successiva individuazione � rimessa all�attuazione dei vari istituti, 
e dunque agli aspetti gestionali, con ci� indebolendo il ruolo della stessa 
normazione primaria, che, sempre pi� spesso, va assumendo un carattere di natura 
programmatica, e configura un quadro complessivo che richiede quanto 
meno un attento monitoraggio, soprattutto sulle potenzialit� in ordine all�effettiva 
offerta di risorse per gli importi attesi sulla base della legge in vigore (41). 

(39) � ampio il ricorso ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che implicano la riconduzione 
di molte politiche settoriali alla diretta supervisione del Capo del Governo e ai decreti direttoriali, 
con un significativo spostamento della responsabilit� della emanazione dal soggetto politico 
(Governo e Parlamento) ai vertici amministrativi. Molto diffuso � anche il ricorso a decreti dei quali 
viene esplicitata la �natura non regolamentare�, con l�obiettivo di evitare la complessa procedura degli 
atti regolamentari e di superare il limite imposto dall�articolo 117, sesto comma della Costituzione, che 
limita la potest� regolamentare dello Stato alle materie di sua competenza legislativa esclusiva. Su questo 
ultimo fenomeno ha avuto modo di intervenire in maniera netta il Consiglio di Stato con la sentenza n. 
9 del 4 maggio 2012. Il Consiglio, pronunciandosi in merito alla �crescente diffusione di quel fenomeno 
efficacemente descritto in termini di �fuga dal regolamento� (che si manifesta, talvolta anche in base 
ad esplicite indicazioni legislative, tramite l�adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano 
in termini non regolamentari)�, ha sostenuto che �deve, in linea di principio, escludersi che il potere 
normativo dei Ministri e, pi� in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti �atipici�, di natura 
non regolamentare, specie laddove la norma che attribuisce il potere normativo nulla disponga (come 
in questo caso) in ordine alla possibilit� di utilizzare moduli alternativi e diversi rispetto a quello regolamentare 
tipizzato dall�articolo 17 legge n. 400 del 1988�. 
(40) Sul punto v. Corte dei conti, Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie 
adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-
dicembre 2012, cit. 
(41) Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche 
di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Un aspetto particolarmente delicato � la circostanza che molte delle forme 
�non fisiologiche� di legislazione hanno un impatto a volte diretto, altre volte 
indiretto, in ordine, sia alla effettiva agibilit� delle coperture individuate, sia 
alla tenuta del quadro stesso degli oneri complessivamente considerati. Con 
riferimento a questo ultimo profilo occorre tenere conto che una serie di norme 
ha previsto l�approvazione in momenti successivi di atti amministrativi per 
realizzare quote di maggiori entrate e o di minori spese i cui effetti sono stati 
gi� inseriti nei saldi a legislazione vigente il che rischia di rendere incerto il 
quadro previsionale, se poi tali effetti ascritti ex ante alla predetta normativa 
risultino difformi dalle previsioni (42). 

La delegificazione della decisione primaria finanziariamente rilevante, 
che riguarda l�individuazione degli oneri e la relativa copertura, oltre a rappresentare, 
di fatto, una riconfigurazione non irrilevante dell�equilibrio tra i 
poteri dello Stato, non appare coerente con il principio dell�autosufficienza 
della fonte legislativa, su cui insiste l�obbligo di prevedere la copertura. Al riguardo, 
occorre ricordare che il rinvio alla fonte secondaria in materia di coperture, 
stante il principio della riserva di legge derivante dall�art. 81 Cost., 
pu� essere consentito solo nel caso in cui i problemi rimessi alla fonte amministrativa 
rivestano natura squisitamente tecnica (si veda, da ultimo, la sentenza 
della corte Costituzionale n. 88 del 2014). Per altro verso, la previsione 
dell�approvazione di atti amministrativi per la realizzazione di quote di maggiori 
entrate o di minori spese finisce con l�infondere nel sistema elementi di 
incertezza circa l�effettiva portata finanziaria delle disposizioni, il che rileva 

(42) Si segnala per esempio, in primis per la rilevanza quantitativa, il comma 430, in base al quale 
- ove non siano approvate a tutto il 2014 misure di maggiori entrate, ovvero di spending review, con effetti 
quantificati in 3 miliardi per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017 - con 
dPCM, da adottare entro il 15 gennaio 2015, saranno disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni 
delle agevolazioni e delle detrazioni in vigore, al fine di assicurare i medesimi effetti. Tra le 
altre norme similari si ricorda, inoltre, il comma 427, che prevede economie derivanti dal lato della 
spesa per 0,6 miliardi per il 2015 e 1,3 miliardi per il 2016 e 2017, da realizzare con provvedimenti da 
adottare entro il 31 luglio 2014 (con una garanzia ad opera del successivo comma 428, che per intanto, 
accantona e rende indisponibili, per un importo pari circa alla met� dei risparmi attesi, le spese rimodulabili 
dei Ministeri). Sarebbero venuti in rilievo anche i due commi 575-576, i quali prevedevano l�attivazione, 
entro il 31 gennaio 2014, di un�operazione di razionalizzazione delle detrazioni e, in assenza, 
la riduzione delle detrazioni IRPEF per una serie di oneri, in vista del raggiungimento di un determinato 
gettito puntualmente quantificato dalle norme medesime in 0,4 miliardi per il 2014, 0,7 miliardi per il 
2015 e 0,5 miliardi a decorrere dell�anno 2016: con il decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2014 i due 
commi sono stati abrogati, incrementando i risparmi derivanti dalla spending review di cui al citato 
comma 427 (ad eccezione che per il primo anno) nonch�, naturalmente, la connessa garanzia di cui al 
parimenti citato comma 428 (accantonamento e indisponibilit� di spese rimodulabili dei Ministeri). 
Anche il successivo blocco ai commi 577-580 merita una segnalazione per il fatto di demandare ugualmente 
ad un dPCM, da adottare entro lo scorso 31 gennaio 2014, la individuazione delle quote di fruizione 
dei crediti d�imposta individuati nell�apposito allegato al fine di ottenere il gettito puntualmente 
quantificato dalle norme stesse (con il comma 580, in particolare, � disposta una clausola di salvaguardia 
con una ulteriore possibilit� di rideterminazione della materia, con decreto del Ministro dell�economia 
e delle finanze). 


anche dal punto di vista del rapporto che intercorre tra pubblica amministrazione 
e platea dei destinatari delle varie normative. Il richiamo �, in particolare, 
al fenomeno segnalato dalla Corte dei conti del rinvio all�azione amministrativa 
a proposito della specificazione dell�entit� dell�obbligazione tributaria, 
con riferimento tanto alle imposte indirette (ad es. coperture mediante aumento 
delle accise) che a quelle dirette (� il caso ad esempio della riduzione delle 
detrazioni e delle deduzioni). Con tali tecniche si sposta quindi alla fase attuativa 
l�individuazione di aspetti cruciali dell�obbligazione tributaria, che sarebbe 
compito della normativa primaria definire, che, invece, si limita a porre 
l�unico vincolo in termini di gettito da acquisire. Ci� pone profili che attengono 
anche all�osservanza dei vincoli di cui all�art. 23 Cost., con le implicazioni 
che ci� finisce con il presentare in ordine ad un trasparente e responsabile 
rapporto tra le pubbliche amministrazioni e la collettivit�, destinataria delle 
norme medesime. 

La Stabilit� 2014 si � inserita, inoltre, nell�ambito di quella tendenza, che 
si presenta ormai in modo ricorrente, delle leggi di natura non ordinamentale 
che sovraccaricano di competenze aggiuntive gli strumenti - legislativi e non di 
programmazione economica previsti a legislazione vigente ed introducono 
elementi di scarsa omogeneit� ed organicit� nell�ordinamento contabile, peraltro 
non ancora aggiornato. Il contenuto dei documenti di finanza pubblica, che oltretutto 
dovrebbe corrispondere ormai a prescrizioni di carattere comunitario, 
finisce in tal modo con il risultare assegnatario di una serie di funzioni collegate 
a materie di varia portata. In particolare, il testo della Stabilit� 2014 assegna 
nuovi compiti al Documento di economia e finanza, nonch� alle leggi di stabilit� 
future, che non si inquadrano in quelle tipiche che lo stesso ordinamento assegna 
a tale veicolo normativo (43). Questi interventi, senza alcun impatto sui saldi di 
finanza pubblica, oltre ad apparire in contrasto il divieto della legge 196 di apporre 
modifiche all�ordinamento contabile in sede di legge di stabilit�, rendono 
lo stesso ordinamento disomogeneo e frammentato, in quanto adottati in ragione 
di esigenze specifiche, al di fuori della sede naturale costituita dalla revisione 
della predetta legge. Le medesime conclusioni devono trarsi anche per l�altra 
tendenza consolidata ad accentuare la flessibilit� circa le modalit� di gestione 
del bilancio, con la previsione, in qualche caso, di esplicite deroghe all�ordinamento 
in vigore destinate a produrre ricadute sia sul piano della trasparenza 
circa l�uso delle risorse pubbliche, sia su quello dell�esercizio dello stesso controllo 
esterno, che non pu� che risultarne in qualche modo indebolito. 

5. La �rete� dei decreti-legge e l�uso improprio della legislazione d�urgenza. 

Con riferimento al suo contenuto complessivo, la Stabilit� 2014 non ha 

(43) � il caso, ad es., del comma 11, in materia di contenuto di relazioni che il Governo deve presentare 
e dei commi 431-435, in base al quale � istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

registrato, come rilevato positivamente dalla Corte dei conti (44), quel sostanziale 
svuotamento della sua portata determinatosi nel recente passato (a partire 
dall�anno 2009, con l�adozione del richiamato decreto-legge 112 del 2008) 
per l�anticipazione della definizione dei saldi di finanza pubblica in strumenti 
legislativi d�urgenza approvati prima della sessione di bilancio (le manovre 

c.d. �estive�). Per quella che la Corte definisce espressamente una �anomalia 
istituzionale�, sia pure legata a ragioni di tempestivit� nel consolidamento del 
quadro finanziario in ragione della grave crisi che si � manifestata in questi 
anni, alla legge finanziaria prima e alla stabilit� poi � stata attribuita, infatti, 
una funzione di mera ripartizione di risorse all�interno di obiettivi di finanza 
pubblica gi� precedentemente fissati, cos� pregiudicando la finalit� stessa dello 
strumento e la centralit� della sessione di bilancio. 

A fronte di questa significativa inversione di tendenza, che, nel rispetto 
della 196, ha valorizzato il ruolo e le funzioni della legge di stabilit� in tema 
di programmazione finanziaria di medio periodo, � stata comunque confermata 
una significativa stretta interrelazione di politiche e misure ivi previste con 
una vera e propria �rete� di provvedimenti di urgenza che l�hanno preceduta 
e accompagnata, anche in ragione della querelle senza fine sulla abrogazione 
dell�ICI e la conseguente riforma del regime fiscale sugli immobili. I decreti 
sono stati modificati in corso di conversione, o, comunque, si sono intrecciati 
con altri analoghi provvedimenti appena convertiti o anche essi all�esame parlamentare, 
finendo per alimentare una complicata stratificazione normativa, 
resa ogni giorno pi� consistente in forza delle dimensioni e della complessit� 
dei provvedimenti e della sempre pi� pronunciata volatilit� delle norme e la 
sovrapposizione al tessuto vigente di disposizioni prive delle necessarie clausole 
di coordinamento. 

In particolare, prima della pausa estiva dei lavori parlamentari, l�Esecutivo 
ha adottato i decreti-legge n. 69 (45) e n. 76 (46). Il primo, sulla base, 
delle Raccomandazioni rivolte all�Italia dalla Commissione europea il 29 maggio 
2013 nel quadro della procedura di coordinamento delle riforme economiche 
per la competitivit� (�semestre europeo�), ha recato un ampio novero 
di interventi rispondenti alle esigenze di semplificazione del quadro amministrativo 
e normativo per i cittadini e le imprese, nonch� di deflazione del contenzioso 
civile e promozione del ricorso a procedure extragiudiziali; di 
sostegno al flusso del credito alle attivit� produttive, anche diversificando e 

(44) V. Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche 
di quantificazione degli oneri, Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2012, cit. 
(45) Decreto-legge 15 giugno 2013, n. 69, �Disposizioni urgenti per il rilancio dell�economia�, 
conv. dalla legge 9 agosto 2013, n. 9 (il c.d. decreto del Fare). 
(46) Decreto-legge 26 giugno 2013, n. 76, �Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, 
in particolare giovanile, della coesione sociale, nonch� in materia di Imposta sul valore aggiunto 
(IVA) e altre misure finanziarie urgenti�, conv. dalla legge 9 agosto 2013, n. 99. 



migliorando l�accesso ai finanziamenti, e, infine, di prosecuzione dell�azione 
di liberalizzazione nel settore dei servizi e di miglioramento della capacit� infrastrutturale, 
incluso il settore dei trasporti; il secondo ha previsto un insieme 
di disposizioni di natura fiscale e in materia di lavoro, nonch� varie misure di 
finanziamento di specifici interventi. Il decreto-legge 24 giugno 2013, n. 72 
(47), decadeva, invece, per mancata conversione. 

Sono seguiti, a fine agosto, i decreti-legge n. 101 (48) e n. 102 (49) e, immediatamente 
prima della presentazione in Parlamento del disegno di legge 
di stabilit� 2014, il decreto-legge n. 120 (50), diretto a garantire - con una manovra 
c.d. correttiva - il rispetto degli impegni assunti per il 2013 a livello comunitario 
in termini di saldi di finanza pubblica. Si aggiungeva l�adozione, 
durante l�iter di esame del disegno di legge di stabilit�, del decreto-legge n. 
133 (51) e, immediatamente prima della sua definitiva approvazione, del de-
creto-legge n. 145 (52). Il 21 febbraio 2014 � stato poi presentato disegno di 
legge collegato alla manovra di finanza pubblica "Disposizioni in materia di 
semplificazione, razionalizzazione e competitivit� agricole del settore agricolo, 
agroalimentare e della pesca", che langue in Parlamento. 

Una vera e propria storia senza fine ha preso avvio, peraltro, con la presentazione, 
appena avviato l�esame del disegno di legge di stabilit� 2014, del 
decreto-legge n. 126 (53) (noto come decreto �salva-Roma�). Il provvedimento, 
dopo la prima lettura da parte del Senato, � approdato alla Camera �blindato� 
in ragione dei ristretti tempi di conversione ed ha ottenuto un rapido via 
libera in Commissione Bilancio. Il Governo, dopo aver presentato il maxi-emendamento 
in Aula ed aver incassato la fiducia, il 23 dicembre 2013, prima del 
voto finale sul provvedimento, ha deciso per� di rinunciare a proseguire l�iter 
di conversione all�esito del colloquio fra il premier Letta e il Presidente della 
Repubblica, nel quale quest�ultimo aveva manifestato tutto il suo disappunto 
per lo stravolgimento subito dal provvedimento nel passaggio parlamentare. Il 

(47) �Misure urgenti per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale�. 
(48) Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, �Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi 
di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni�, conv. dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. 
(49) Decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, �Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalit� 
immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonch� di cassa integrazione 
guadagni e di trattamenti pensionistici�, conv. dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. 
(50) Decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, �Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica 
nonch� in materia di immigrazione�, conv. dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137. 
(51) Decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, �Disposizioni urgenti concernenti l�IMU, l�alienazione 
di immobili pubblici e la Banca d�Italia�, convertito dalla 29 gennaio 2014, n. 5. 
(52) Decreto-legge 13 dicembre 2013, n. 145, �Interventi urgenti di avvio del piano "Destinazione 
Italia", per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per 
l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonch� misure per la realizzazione 
di opere pubbliche ed EXPO 2015�, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9. 
(53) Decreto-legge 29 ottobre 2013, n. 126, recante �Misure finanziarie urgenti in favore di regioni 
ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio�. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

decreto, anche sfruttando la circostanza che l�attenzione generale, politica e mediatica, 
era tutta rivolta al complicatissimo iter della legge di stabilit� in Commissione 
Bilancio alla Camera, che, poi, come evidenziato, non sarebbe riuscita 
a chiudere l�esame in sede referente, ha registrato, infatti, una crescita dei contenuti 
del suo testo originario di ben 10 articoli, per complessivi 90 commi. Il 
testo � risultato cos� �appesantito� da disposizioni provenienti da tutti i gruppi 
parlamentari e del tutto estranee alla materia inizialmente regolata, che passavano 
dal sistema di trasporto pubblico locale della Calabria, al servizio ferroviario 
di Campania, Sicilia e Valle d�Aosta; dagli oneri d�affitto pagati dallo 
Stato, al restauro del palazzo municipale di Sciacca; dalle slot machines ad una 
serie di misure a favore dei territori colpiti da terremoti e alluvioni, fino ad arrivare 
al coordinamento delle strutture amministrative della Croce rossa (54). 

La decisione dell�Esecutivo di abbandonare al destino della �decadenza� 
il decreto n. 126/2013 � stata comunicata unitamente alla precisazione che le 
�misure indifferibili� - segnatamente le norme sul bilancio della Capitale - sarebbero 
comunque confluite nel decreto �mille-proroghe� inserito nell�agenda 
del Consiglio dei Ministri del 27 dicembre. Ed � proprio in quella data (e in 
concomitanza con i lavori dell�Esecutivo) che il Capo dello Stato � intervenuto 
formalmente per segnalare con una missiva indirizzata ai Presidenti delle due 
Assemblee legislative come nell�iter di conversione il decreto-legge avesse 
incamerato ben ulteriori 10 articoli rispetto al contenuto originario e per fare 
cos� appello (ancora una volta) alla responsabilit� del sistema politico e ad un 
atteggiamento di leale e fattiva collaborazione istituzionale, al fine di porre 
termine ad una situazione che non appare pi� �sostenibile� nel quadro costituzionale 
del sistema delle fonti e dei rapporti fra Governo e Parlamento con 
riguardo alla produzione normativa. Ove detta prassi fosse scarsamente arginata 
dai regolamenti parlamentari, il Capo dello Stato ne sollecitava quindi 
una revisione, ma, da parte sua, non esitava, secondo quanto gi� accaduto in 
passato, a prospettare - come extrema ratio - il ricorso al rinvio ex art. 74 Cost. 
di leggi di conversione che presentassero contenuti abnormi e incoerenti rispetto 
alla normazione d�urgenza sottoposta all�esame delle Camere (55). Ri


(54) A leggere il parere del Comitato del 23 dicembre 2013, questo decreto-legge raccoglie quasi 
tutte le prassi distorsive che hanno caratterizzato l�iter di approvazione dei decreti-legge durante gli ultimi 
anni. Oltre ad essere notevolmente cresciuto durante la fase di approvazione parlamentare, passando 
da 2 a 10 articoli (per complessivi 90 commi), il decreto-legge ricorre ampiamente a norme temporanee, 
sperimentali, provvisorie, disposizioni a carattere transitorio, temporale o mere proroghe, e contiene alcune 
importanti deleghe legislative (introdotte dal Senato in fase di prima lettura). 
(55) Si tratta di una lettera che fa peraltro seguito a ben tre moniti nell�arco di soli tre anni. Sul 
punto, occorre sottolineare che il Capo dello Stato ha sempre interpretato in modo assai restrittivo i 
poteri emendativi del Parlamento, aderendo a quella dottrina che rimarca il ruolo tipico della funzione 
parlamentare di conversione (v. SILVESTRI, Alcuni profili problematici dell�attuale dibattito sui decreti-
legge, in Pol. dir., 3/1996, 425 ss.). La precedente lettera inviata il 22 febbraio 2012 agli ex presidenti 
Fini e Schifani risaliva al 23 febbraio 2012. Nella missiva il Capo dello Stato avvertiva che, di fronte 



spetto a tale circostanza, il Presidente Napolitano non escludeva �una parziale 
reiterazione� delle norme del decreto legge (inevitabilmente) decaduto �che 
ten[ga] conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame�. Il monito 
del Capo dello Stato richiamava espressamente la giurisprudenza costituzionale 
intesa a porre alcuni limiti agli �eccessi� nelle vicende della decretazione 
d'urgenza (56) e, in particolare, la sentenza n. 22 del 2012 (57), a cui � recentemente 
seguita la n. 32 del 2014 (58), depositata il 12 febbraio 2014. Due 
sentenze che guardano al versante parlamentare, concernendo eminentemente 
la conversione del decreto-legge e, solo di riflesso, trattando della decretazione 
d'urgenza in quanto tale (59). 

all�abnormit� dell'esito del procedimento di conversione, non avrebbe pi� potuto rinunciare ad avvalersi 
della facolt� di rinvio, pur nella consapevolezza che ci� avrebbe potuto comportare la decadenza del-
l'intero decreto-legge, non disponendo della facolt� di rinvio parziale. Esprimeva, inoltre, l'avviso che, 
in tal caso, fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta 
di riesame. La richiamata lettera del Presidente seguiva, peraltro, un suo precedente monito in 
data 22 febbraio 2011 che riguardava i contenuti delle modifiche e delle aggiunte apportate, nel corso 
dell'esame al Senato, al disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante 
proroga di termini previsti da disposizioni legislative e interventi urgenti in materia tributaria e di 
sostegno alle famiglie e alle imprese. A seguito delle modifiche apportate dalle Commissioni del Senato 
e dal Governo con il maxiemendamento in Aula, al testo originario del decreto-legge, costituito da 4 articoli 
(di cui il terzo relativo alla copertura finanziaria e il quarto all'entrata in vigore) e 25 commi, 
furono aggiunti altri 5 articoli e 196 commi. Il Capo dello Stato rilevava che questo modo di procedere, 
come aveva avuto modo in diverse occasioni, si ponesse in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 
77 della Costituzione e dall'articolo 15, comma 3, della legge di attuazione costituzionale n. 400 del 
1988, recepiti dalle stesse norme dei regolamenti parlamentari. L'inserimento nei decreti di disposizioni 
non strettamente attinenti ai loro contenuti, eterogenee e spesso prive dei requisiti di straordinaria necessit� 
ed urgenza, elude il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione 
dei decreti legge. Inoltre l'eterogeneit� e l'ampiezza delle materie non consentono a tutte le 
Commissioni competenti di svolgere l'esame referente richiesto dal primo comma dell'articolo 72 della 
Costituzione e costringono la discussione da parte di entrambe le Camere nel termine tassativo di 60 
giorni. Aggiungeva il Presidente che il frequente ricorso alla apposizione della questione di fiducia realizza 
una ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento. Tali considerazioni erano state peraltro 
espresse dallo stesso Capo dello Stato con la lettera ai capigruppo del 22 maggio 2010 che ha accompagnato 
la promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, in materia 
di incentivi, sottolineando come durante la procedura di conversione il decreto-legge fosse stato caricato 
di �contenuti impropri� e �norme eterogenee� e come la pratica del ricorso a fiducia e maxi-emendamenti 
indebolisca le prerogative parlamentari. Prima ancora il Presidente Napolitano aveva scritto: lettera 
del 25 giugno 2008 sul decreto-legge n. 112/08, in cui esprimeva preoccupazioni per il fatto che 
una manovra finanziaria fosse costretta nei tempi di esame di un disegno di legge di conversione del 
decreto-legge. Napolitano chiedeva, a tal fine, che la Camera intensificasse i lavori parlamentari per assicurare 
comunque un esame completo ed approfondito del provvedimento. In questa lettera non erano 
espressamente richiamati parametri costituzionali ma vi era il riferimento alla tutela delle prerogative 
del Parlamento; - lettera del 9 aprile 2009 inviata ai Presidenti di Senato e Camera, al Presidente del 
Consiglio e al Ministro dell�economia in occasione della promulgazione della legge di conversione del 
decreto-legge n. 5/09 sui settori industriali in crisi. Il Presidente evidenziava qui il problema connesso 
all��appesantimento� dei decreti-legge durante l�iter di conversione. A fronte di numerose modifiche al 
testo del decreto, era infatti resa ardua la verifica da parte del Presidente della Repubblica del contenuto 
della legge di conversione in vista della promulgazione, ove tale adempimento si collochi in prossimit� 
della scadenza del decreto-legge stesso. Napolitano richiamava in tale sede gli articoli 77 e 81 Cost. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

(56) In tema di decretazione d'urgenza, le sentenze della Corte costituzionale hanno inciso a fondo 
sulla prassi costituzionale e sul concreto funzionamento dell'ordinamento, talora segnando veri e propri 
momenti di svolta. Cos� � stato riguardo alla sentenza n. 360 del 1996, che ha sostanzialmente posto 
fine al fenomeno della reiterazione dei decreti-legge, all'epoca giunto ad eccessi patologici. E cos� � 
stato per la sentenza n. 171 del 2007 (sulla sua scia, la sentenza n. 128 del 2008), riguardo alla sindacabilit� 
dei presupposti di necessit� e urgenza del decreto-legge. Con la sentenza n. 171 del 2007 la Corte 
costituzionale ha accolto - per la prima volta - censure relative alla insussistenza dei requisiti della decretazione 
d'urgenza. Essa riconosceva che, fino a quel momento, nella sua giurisprudenza fossero convissuti 
due distinti orientamenti: uno teso a negare la sindacabilit� del decreto convertito (perch� il 
decreto-legge convertito � sanato dalla conversione operata dal Parlamento); l�altro volto ad affermare 
la sindacabilit� del decreto-legge anche dopo la conversione (perch� il vizio originale del decreto-legge 
non � sanato, ma si trasmette alla relativa legge di conversione). La Corte, con la sentenza n. 171, ha 
scelto la seconda via interpretativa - e l�ha percorsa sino a giungere all'annullamento della norma contestata. 
Tale orientamento � stato successivamente ribadito con la sentenza n. 128 del 2008. La Corte vi 
ha ripreso l�argomento principale a favore del sindacato giurisdizionale: non � possibile affermare che 
la conversione del decreto-legge, effettuata dal Parlamento, abbia un�efficacia sanante, perch� ci� significherebbe 
attribuire al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze 
del Parlamento e del Governo quanto alla produzione legislativa. E, secondo la Corte, tale riparto 
di competenze � parte integrante della forma di Governo e dell�assetto delle fonti voluti dai costituenti. 
(57) Nella sentenza la Corte ha rilevato l�esclusione, per il Parlamento, della facolt� di spezzare "un 
nesso di interrelazione funzionale" che deve esservi tra decreto-legge e legge di conversione. Conversione 
(non gi� delle disposizioni ma) dell'atto, unitariamente considerato. Pertanto "l'oggetto del decreto-legge 
tende a coincidere con quello della legge di conversione". E dunque: "La necessaria omogeneit� del de-
creto-legge [...] deve essere osservata dalla legge di conversione". Il Parlamento pu� s� emendare il de-
creto-legge, tuttavia rimanendo nell'alveo dei medesimi oggetti o delle medesime finalit� di questo. Sui 
contenuti innovativi della sentenza costituzionale v. DICKMANN, La Corte sanziona la �evidente estraneit�� 
di disposizioni di un decreto-legge inserite con la legge di conversione. Error in procedendo o vizio di irragionevolezza? 
(nota a Corte cost., 16 febbraio 2012, n. 22), in federalismi.it, 7 marzo 2012. 
(58) Con la sentenza n. 32 del 2014, la Corte costituzionale ha affermato che la fuoriuscita della 
legge di conversione dal nesso funzionale (proprio della medesima conversione) concreti non gi� "esercizio 
improprio" di un potere - come aveva rilevato la sentenza n. 22 - ma "carenza" di esso. Ne segue, 
per la norma che figuri nella legge di conversione quale intrusa, un vizio radicale nella sua formazione. 
La legge di conversione segue infatti, a detta della Corte, un iter parlamentare semplificato e �accelerato�, 
costituzionalmente ritagliato sulla "sua natura di legge funzionalizzata alla stabilizzazione di un 
provvedimento avente forza di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un lasso temporale 
breve e circoscritto". "Dalla sua connotazione di legge a competenza tipica derivano i limiti alla 
emendabilit� del decreto-legge. La legge di conversione non pu�, quindi, aprirsi a qualsiasi contenuto 
ulteriore". "Diversamente, l'iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei a quelli che 
giustificano l'atto con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare". 
Si rammenta che, tra le considerazioni di diritto che corredano la sentenza n. 32 del 2014, figurano 
alcune relative al procedimento parlamentare. L'equiparazione del trattamento sanzionatorio di droghe 
�leggere� e droghe �pesanti� (che in sede di conversione del decreto-legge n. 272 del 2005 si venne a 
disporre) fu una scelta normativa di rilievo. "Una tale penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate 
scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, 
possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex articolo 72 
della Costituzione". Un intervento normativo di quel rilievo, aggiunge la Corte, fu di contro "frettolosamente 
inserito in un maxi-emendamento del Governo, interamente sostitutivo del testo del disegno di 
legge di conversione", su cui inoltre fu posta la questione di fiducia. E qui la Corte annota che, in quel 
modo, "la presentazione in aula da parte del Governo di un maxi-emendamento al disegno di legge di 
conversione non ha consentito alle Commissioni di svolgere in Senato l'esame referente richiesto dal 
primo comma dell'articolo 72 della Costituzione". 
(59) La sentenza n. 220 del 2013 - depositata il 19 luglio 2013 - concerne, invece, pi� il versante 
del titolare esclusivo dell'iniziativa, ponendo in evidenza alcuni elementi costitutivi propri dell'atto de-
creto-legge. La sentenza, dichiarando costituzionalmente illegittima la cd. riforma delle Province, ha 



Al richiamato monito del Capo dello Stato del 27 dicembre 2013 ha fatto 
seguito, il giorno successivo, la missiva del Presidente del Senato inviata ai 
Presidenti delle Commissioni, nella quale esprimeva loro "una forte raccomandazione" 
affinch� il vaglio sulla proponibilit� degli emendamenti riferiti ai de-
creti-legge fosse particolarmente scrupoloso e attento, specialmente sotto il 
profilo della necessaria coerenza per materia con il testo del decreto. Ove non 
dovesse riscontrare la necessaria collaborazione di tutti i soggetti istituzionali 
e politici, �la Presidenza non esiter�, nel corso della successiva discussione 
in Assemblea, a dichiarare improponibili, per estraneit� alla materia, emendamenti 
di qualunque provenienza, anche se presentati dai relatori o dal Go


riguardato l'attitudine dell'atto decreto-legge a dettare quel complessivo riordino. Un primo ordine di 
argomentazioni concerne il carattere ordinamentale delle norme introdotte con i decreti-legge impugnati. 
La competenza legislativa esclusiva dello Stato a disciplinare "legislazione elettorale, organi di governo 
e funzioni fondamentali" degli enti locali (ai sensi dell'articolo 117 secondo comma, lettera p) della Costituzione) 
non abilita un decreto-legge, ad avviso della Corte, a porre "norme ordinamentali, che non 
possono essere interamente condizionate dalla contingenza, sino al punto da costringere il dibattito 
parlamentare sulle stesse nei ristretti limiti tracciati dal secondo e terzo comma dell'articolo 77, concepito 
dal legislatore costituente per interventi specifici e puntuali, resi necessari dall'insorgere di �casi 
straordinari di necessit� e d'urgenza�". Agire sulle componenti essenziali dell'intelaiatura dell'ordinamento 
degli enti locali, "per loro natura disciplinate da leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti 
ad esigenze sociali ed istituzionali di lungo periodo", si palesa come "incompatibile, sul piano logico e 
giuridico, con il dettato costituzionale, trattandosi di una trasformazione radicale dell'intero sistema, 
su cui da tempo � aperto un ampio dibattito nelle sedi politiche e dottrinali, e che certo non nasce, nella 
sua interezza e complessit�, da un �caso di straordinaria di necessit� e d'urgenza�". Rileva qui "la 
palese inadeguatezza dello strumento del decreto-legge a realizzare una riforma organica e di sistema, 
che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi 
attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di 
efficaci, rinvii a sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata 
al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale". Ed a conclusione di tale svolgimento argomentativo, 
la Corte rileva "come non sia utilizzabile un atto normativo, come il decreto-legge, per 
introdurre nuovi assetti ordinamentali che superimo i limiti di misure strettamente organizzative". Un 
secondo ordine di considerazioni riguarda l'immediata applicazione delle misure disposte dal decreto-
legge. "I decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad 
operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere 
regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessit�". "Operare immediatamente", 
dunque, rileva la Corte costituzionale. Ed invero vigente � la previsione (legislativa) secondo cui il de-
creto-legge deve contenere "misure di immediata applicazione" (articolo 15, comma 3, della legge n. 
400 del 1988, la quale reca disciplina dell'attivit� di Governo). Ebbene, la Corte sottolinea come siffatta 
disposizione della legge n. 400, "pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed 
esplicita ci� che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge". Pertanto il decreto-legge 
"entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere 
effetti pratici differiti nel tempo�. N� poteva valere, nel caso all'esame del giudice costituzionale, la possibile 
contro-deduzione di una non differita incidenza di risparmi di spesa, dal momento che la disciplina 
di riordino era recata dai due decreti-legge impugnati "senza che i perseguiti risparmi di spesa siano, 
allo stato, concretamente valutabili n� quantificabili, seppur in via approssimativa". Sul tema dell�esercizio 
dell�iniziativa governativa in tema di decretazione d�urgenza non � mancata peraltro attenzione 
da parte della Commissione Affari costituzionali del Senato: cfr. le annotazioni critiche rese dalla Presidente 
di quella Commissione, sen. Finocchiaro, nella seduta del 24 settembre 2013, entro una procedura 
informativa volta a conoscere (mediante audizione del ministro per i rapporti con il Parlamento) gli 
orientamenti governativi in tema di decretazione d'urgenza. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

verno o gi� approvati dalla Commissione con pareri favorevoli degli stessi relatori 
e dei rappresentanti dell'Esecutivo� (60). Da parte sua, anche il Presidente 
della Camera dei Deputati � intervenuta sulla questione con una lettera, 
in data 31 gennaio 2014, inviata al Presidente del Consiglio Letta, con cui sottolineava 
la numerosit� dei decreti-legge in conversione che, unita al carattere 
spesso eterogeneo del loro contenuto, � destinata a generare inevitabili tensioni 
nel rapporto tra maggioranza e gruppi di opposizione e finire per incidere molto 
negativamente sull'ordinato svolgimento dei lavori parlamentari, rendendo di 
fatto assai difficile una razionale programmazione dei lavori stessi. �Tutto ci�, 
peraltro, come ripetutamente rilevato anche da parte dei gruppi parlamentari, 
costringe di fatto l'Assemblea - chiamata a convertire entro il termine costituzionale 
una mole cos� ingente di decreti legge - a concentrarsi pressoch� esclusivamente 
nell'esame dei provvedimenti di urgenza, a scapito dell'esame di altri 
progetti di legge, anche di iniziativa parlamentare�. 

Le raccomandazioni del Capo dello Stato sono, peraltro, ancora una volta, 
cadute nel vuoto, laddove la �nuova� normazione d�urgenza approvata dal Governo 
lo stesso giorno del monito ha, nella sostanza, riproposto il decreto forzatamente 
�rinnegato� alla vigilia di Natale. Le norme censurate dal Presidente 
della Repubblica (prima nel colloquio con il Premier Letta e poi, formalmente, 
nella lettera inviata alle Camere) sono rientrate dalla finestra di Palazzo Chigi, 
confluendo nel decreto omnibus di fine anno. Tanto che, per aggirare i rilievi 
critici di Napolitano, il Governo ha optato per una scomposizione del testo licenziato 
dal Consiglio dei Ministri in due provvedimenti, uno sulle proroghe 
(decreto-legge 150/2013) e uno sulle misure finanziarie indifferibili (decretolegge 
151/2013, noto come �salva-Roma bis�) (61). Si � trattato per� di un 
mero ritocco di stile; un�opera di �razionalizzazione� - affidata al Sottosegretario 
alla Presidenza del Consiglio dei ministri - che non ha, per l�appunto, richiesto 
un nuovo passaggio in Consiglio. Minimi, in effetti, sono stati i 
cambiamenti nei contenuti, che hanno riguardato il depennamento dell�aumento 
delle accise sui tabacchi e della tassa di sbarco sulle isole minori. La 

(60) � quanto � poi avvenuto - in misura significativa, considerato il numero di proposte emendative 
ricusate dal vaglio presidenziale - nella seduta del 20 febbraio 2014, nell'esame del disegno di 
legge di conversione del decreto-legge n. 151 del 2013 (cd. �salva-Roma bis�). 

(61) Il decreto n. 151/2013 (pubblicato nella GU del successivo 30 dicembre) recava disposizioni 
riproduttive di alcune delle norme preesistenti nel testo del sopracitato DL n. 126/2013; in particolare 
quelle relative al commissariamento della citt� di Roma. Degno di nota il preambolo che accompagna 
il nuovo provvedimento nel quale si d� conto di quanto accaduto ricordando che il nuovo atto si rende 
necessario in quanto �l�eterogeneit� delle disposizioni introdotte nell'iter di conversione del decreto-
legge 31 ottobre 2013, n. 126, non ha consentito, alla luce della giurisprudenza costituzionale, di portare 
a definizione il procedimento legislativo�. Il preambolo continua, menzionando un altro importante elemento 
necessario per riaffermare la straordinaria necessit� e urgenza di provvedere: la sussistenza di 
�nuove ed aggravate ragioni di indifferibilit�, rispetto alla originaria deliberazione di alcune disposizioni�. 
Si rammenta che nel caso del decreto 150, la �reiterazione� parziale non � stata accompagnata 
da alcuna dichiarazione circa i nuovi motivi di necessit� e di urgenza. 


forma, in definitiva, ha salvato l��omogeneit�� della normazione d�urgenza 
di fine anno e anche il Governo, che ha ottenuto la firma dei provvedimenti 
presentati al Capo dello Stato. 

Mentre il citato decreto-legge n. 150 del 2013 � stato poi convertito dalla 
legge 27 febbraio 2014, n. 15, medesimo esito non ha avuto il decreto n. 151, 
il quale, analogamente al decreto n. 126, dopo una prima lettura �sofferta�, � 
stato lasciato decadere dal Governo in Aula alla Camera dei deputati. Alcune 
misure di quest�ultimo provvedimento sono state poi riprese dal decreto-legge 
6 marzo 2014, n. 16 (62) (meglio noto come �salva-Roma ter�), convertito 
dalla legge 2 maggio 2014, n. 68. 

6. La ricerca di nuovi equilibri istituzionali tra Governo e Parlamento in materia 
finanziaria. 

Quanto descritto evidenzia il nodo irrisolto della legge 196 del 2009 che 
non ha dispiegato tutto il suo potenziale riformatore volto a garantire un governo 
unitario e coerente delle politiche di bilancio. La predetta legge, rivedendo 
l�intero sistema di programmazione della finanza pubblica, ha 
sostanzialmente ridefinito l�assetto delle relazioni istituzionali tra Camere ed 
Esecutivo in materia di finanza pubblica. I due fattori principali di cambiamento 
sono stati, da una parte, la recente evoluzione della governance economica 
europea, con l�introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali 
ed operativi tesi a favorire un pi� intenso coordinamento ex ante delle politiche 
economiche e di vigilanza degli Stati membri dell�UE, e le nuove e stringenti 
regole in campo macroeconomico e fiscale (in particolare la regola sul debito 
e quella sulla spesa), derivanti dalla Riforma del Patto di stabilit� e crescita e 
dall'approvazione del c.d. Fiscal compact (63); dall'altra, la definizione di un 

(62) �Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonch� misure volte a garantire la funzionalit� 
dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche�. 
(63) Il Fiscal compact � il Patto di bilancio europeo, formalmente Trattato sulla stabilit�, coordinamento 
e governance nell'unione economica e monetaria, approvato con un trattato internazionale 
il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea, con l'eccezione del Regno Unito e della 
Repubblica Ceca, entrato in vigore il 1� gennaio 2013. Il patto contiene una serie di regole, chiamate 
"regole d'oro", che sono vincolanti nell'UE per il principio dell'equilibrio di bilancio. In particolare, 
prevede per i paesi contraenti, secondo i parametri di Maastricht fissati dal Trattato CE, l'inserimento, 
in ciascun ordinamento statale (con norme di rango costituzionale, o comunque nella legislazione nazionale 
ordinaria), di diverse clausole o vincoli tra le quali: obbligo del perseguimento del pareggio di 
bilancio (art. 3, c. 1); obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% 
del PIL (e superiore all'1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL); significativa riduzione 
del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 
60% del PIL; impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell'Unione e con la 
Commissione europea (art. 6). I principali punti contenuti nei 16 articoli del trattato sono: l'impegno 
ad avere un deficit pubblico strutturale che non deve superare lo 0,5% del PIL e, per i paesi il cui debito 
pubblico � inferiore al 60% del PIL, l'1%; l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% 
del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell'eccedenza 
in ciascuna annualit�; l'obbligo per ogni stato di garantire correzioni automatiche con scadenze deter



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

nuovo assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Autonomie territoriali a 
seguito del processo di federalismo fiscale prima e dell'attuazione del principio 
del pareggio di bilancio poi. 

Il cuore della riforma delle relazioni Parlamento-Governo � costituito 
dalla ridefinizione delle modalit� delle annuali procedure di bilancio (64), 
nella prospettiva di una riaffermazione del c.d. diritto al bilancio del Parlamento, 
a fronte della conferma della concentrazione nell�Esecutivo dell�iniziativa 
legislativa in materia finanziaria (leggi di bilancio, legge di stabilit�, 
collegati alla manovra finanziaria) (65). La gestione del bilancio nazionale diventa, 
per il legislatore della riforma, un�attivit� permanente che accompagna 
i lavori parlamentari e dell'Esecutivo per tutto l'anno secondo i nuovi termini 
dello scambio istituzionale che possono riassumersi: per il Parlamento, meno 
potere legislativo e prevalenti competenze di verifica e di indirizzo, alla luce 
dell�importante rafforzamento degli strumenti di conoscenza a disposizione 

(66) e al fine di valorizzarne la partecipazione ai complessi circuiti decisionali 

minate quando non sia in grado di raggiungere altrimenti gli obiettivi di bilancio concordati; l'impegno 
a inserire le nuove regole in norme di tipo costituzionale o comunque nella legislazione nazionale, che 
verr� verificato dalla Corte europea di giustizia; l'obbligo di mantenere il deficit pubblico sempre al di 
sotto del 3% del PIL, come previsto dal Patto di stabilit� e crescita; in caso contrario scatteranno sanzioni 
semi-automatiche; l'impegno a tenere almeno due vertici all'anno dei 18 leader dei paesi che adottano 
l'euro. Sui contenuti del Trattato v. Camera dei deputati XVI legislatura, Dossier di documentazione, n. 
209, del 7 marrzo 2012, Il Trattato sulla stabilit�, il coordinamento e la governance nell�unione economica 
e monetaria (c.d. fiscal compact). 

(64) Su questi aspetti v. Ministero dell�economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria 
generale dello Stato, La riforma della contabilit� e della finanza pubblica, Novit�, riflessioni e prospettive, 
Roma 2011, disponibile sul sito www.rgs.tesoro.it. 
(65) Sul punto v. RIVOSECCHI, L�indirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli 
europei, Cedam, 2007, 388 ss., e CABRAS, La nuova sessione di bilancio: gli effetti sull�attivit� del Parlamento, 
in federalismi.it, n. 16/2010. Quest�ultimo autore evidenzia come �in linea di massima i riflessi 
della riforma sull�attivit� parlamentare sono assumibili a due tipi: conservativo, se non riduttivo, delle 
competenze legislative; estensivo, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, della funzione di controllo�. 
(65) �Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale�. 
(66) Il riferimento � all�arricchimento, quantitativo e qualitativo, del contenuto informativo dei 
principali documenti di finanza pubblica, all�elaborazione di note esplicative delle metodologie di costruzione 
dei tendenziali di finanza pubblica, alla redazione di allegati informativi sull�efficacia delle 
manovre di finanza pubblica. Nel nuovo contesto istituzionale la configurazione dei documenti di bilancio 
in missioni e programmi � diretta non solo ad incrementare l�efficienza e a rendere pi� trasparenti 
le decisioni in merito all�allocazione delle risorse, ma anche a dare conto delle attivit� effettivamente 
svolte e degli obiettivi perseguiti dalle singole amministrazioni, individuando in modo inequivoco i responsabili 
della spesa. La nuova articolazione dei documenti di finanza pubblica e di bilancio si accompagna, 
peraltro, alla costruzione di un flusso periodico di informazioni dal Governo alle Camere, per il 
tramite del Ministero dell�economia e delle finanze (MEF) e della Ragioneria generale dello Stato (RGS), 
che ha uno sbocco in sede parlamentare sotto forma di relazioni, rapporti e documentazione informativa 
sugli andamenti della finanza pubblica, anche locale. Nella stessa ottica di implementazione della cultura 
della �accountability" nella gestione delle risorse pubbliche, � infine riconosciuta alle Camere la possibilit� 
di accedere, sulla base di apposite intese, alle banche dati delle amministrazioni pubbliche - tra 
cui quella istituita presso il MEF al fine specifico di assicurare l'efficace controllo e monitoraggio degli 
andamenti della finanza pubblica, nonch� per acquisire gli elementi informativi necessari per dare at



che coinvolgono Stato, Autonomie e Unione Europea; per il Governo, di riflesso, 
pi� obblighi informativi e controlli pi� pervasivi (67), a fronte del riconoscimento 
tanto della potest� decisionale in materia di spesa pubblica, 
quanto delle connesse responsabilit�, sia politiche, sia a livello di pubbliche 
amministrazioni (68). Il ruolo di vigilanza del Parlamento in materia finanziaria 
� �sancito� dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (69), che, all�articolo 
5, comma 4, riserva espressamente alle Camere l�esercizio, secondo 
modalit� stabilite dai rispettivi regolamenti, della funzione di controllo sulla 
finanza pubblica con particolare riferimento all�equilibrio tra entrate e spese, 
nonch� alla qualit� e all�efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni. 
A questo riconoscimento di una competenza peraltro sostanzialmente gi� 
svolta (70), si accompagna l�istituzione, presso le Camere e nel rispetto della 
relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale sono 
attribuiti compiti di analisi e di verifica degli andamenti di finanza pubblica e 
di valutazione dell�osservanza delle regole di bilancio (71). Si rammenta che 
poi l�articolo 7 della legge 24 dicembre 2013, n. 243 (72), ha intestato al Governo 
il compito di vigilare sui saldi di bilancio, sebbene anche su ci� l�articolo 

tuazione e stabilit� al federalismo fiscale - e �ad ogni altra fonte informativa gestita da soggetti pubblici 
rilevante ai fini del controllo della finanza pubblica�, nonch� la possibilit� di stipulare apposite convenzioni 
con l'ISTAT per l�acquisizione di dati ed elaborazioni considerate necessarie per l�esame dei 
documenti di finanza pubblica. 

(67) CABRAS, I poteri di informazione e controllo del Parlamento in materia di contabilit� e finanza 
pubblica alla luce della legge 31 dicembre, 2009, n. 196, 30 aprile 2010, www.forumcostituzionale.it, 3. 
(68) DICKMANN, �La riforma della legislazione di finanza pubblica e del sistema di bilancio dello 
Stato e degli enti pubblici�, in federalismi.it, n. 1/2010, 27. 
(69) �Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale�. 
(70) Il dossier Servizio studi del Senato, �Introduzione del principio del pareggio di bilancio 
nella Carta costituzionale, Disegni di legge AA.SS. nn 3047, 2384, 2851, 2881, 2890 e 2965�, XVI legislatura, 
n. 322, dicembre 2011, 73, ha evidenziato come il contenuto innovativo della disposizione 
dell�articolo 5, comma 4, non appaia agevolmente individuabile posto che l�esercizio di siffatto controllo 
non appare estraneo alle funzioni delle Camere gi� come disegnate dal vigente ordinamento costituzionale. 
La norma letta nel complessivo contesto della revisione costituzionale sembrerebbe piuttosto assumere 
una funzione di tipo programmatico indicando alle Camere un�opportunit�. Analoga 
considerazione sul carattere programmatico della disposizione, in quanto ricognitiva di poteri vigenti, 
� espressa nel dossier Servizio del Bilancio del Senato "Introduzione del principio del pareggio di bilancio 
nella Carta costituzionale", XVI legislatura, n. 55, dicembre 2011, 19. 
(71) Art. 5, c. 1, della legge cost. n. 1/2012. Il dossier Servizio studi del Senato, �Introduzione 
del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, Disegni di legge AA.SS. nn 3047, 2384, 
2851, 2881, 2890 e 2965�, ult. cit., 74, ha evidenziato come le due disposizioni possano essere poste in 
rapporto di correlazione ma non necessariamente di coincidenza, n� nell�attivit� (ampia, quella del controllo 
delle Camere, pi� circostanziata, quella dell�organismo indipendente), n� nel soggetto (le Camere, 
da una parte, l�organismo, dall�altra), n� nelle finalit� (in ipotesi individuabili nel controllo e nell�indirizzo 
politico, in un caso, nell�accertamento strumentale, nell�altro). 
(72) �Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 
81, sesto comma, della Costituzione�. Si tratta della legge rinforzata adottata in attuazione della legge 
costituzionale n. 1 del 2012. Per un commento alla legge v. NARDINI, La legge n. 243/2012 e l�adeguamento 
dell�ordinamento nazionale alle regole europee di bilancio, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 
1/2013. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

18 attribuisca funzioni di supervisione al citato organismo indipendente. In tal 
senso, l�articolo 8 obbliga il Governo a intervenire quando, nel DEF, rilevi 
scostamenti con riguardo ai risultati dell�esercizio precedente o dei due precedenti, 
cumulati, e se ritiene che tali scostamenti influenzino i risultati previsti 
per il periodo di riferimento (l�anno in corso e i tre successivi). Non � detto 
come l�intervento debba articolarsi: molto � lasciato alla discrezionalit� del 
Governo. Alle Camere � comunque riservata, con deliberazione a maggioranza 
assoluta dei rispettivi componenti, l�autorizzazione per quegli scostamenti correlati 
a eventi eccezionali (73). 

La crisi economico-finanziaria ha evidenziato per� alcune tendenze, peraltro 
gi� in atto prima della riforma della 196, che si discostano dal quadro 
organizzativo descritto. In particolare, la pressione delle urgenze di consolidamento 
dei conti pubblici ha riproposto la questione della reale collocazione di 
Governo e Parlamento nei processi di formazione delle politiche di finanza 
pubblica e della salvaguardia dei principi di rappresentanza, garanzia democratica 
e trasparenza delle decisioni a fronte di procedure decisionali che sono 
state orientate sempre pi� spesso verso l�accentramento delle competenze e 
verso l�eccezionalit� e straordinariet� degli interventi adottati (74). Nell�esperienza 
concreta, si � rafforzata, infatti, la tendenza ad un generale accentramento 
delle decisioni finanziariamente rilevanti nella funzione di governo (75) 
e, sul piano della produzione normativa, l�esercizio da parte dell�Esecutivo di 
una posizione da vero e proprio dominus, con uno svilimento del ruolo dell�organo 
parlamentare (76), chiamato ad assumere una funzione sempre pi� marginale 
rispetto a decisioni assunte a livello governativo in via emergenziale. 

In tal senso, i decreti-legge hanno subito una �mutazione genetica� da 
strumento essenzialmente di manutenzione normativa dalle connotazioni costituzionali 
di urgenza oggettiva e di portata generalmente modesta (salvo 
eccezioni, legate ad alcune specifiche tipologie) a strumento per la realizzazione 
delle pi� importanti linee programmatiche del Governo (77), con il 

(73) Art. 6, c. 3, della legge 243/2012. 
(74) Sulla tendenza all�accentramento dei poteri e delle competenze in periodi di crisi economica 
vedi BILANCIA, La nuova governance dell�Eurozona e i �riflessi� sugli ordinamenti nazionali, in federalismi.
it, fasc. 23/2012, 17 ss. 
(75) Sulla tendenza all�accentramento dei poteri e delle competenze in periodi di crisi econo


mica vedi BILANCIA, La nuova governance dell�Eurozona e i �riflessi� sugli ordinamenti nazionali, in 
federalismi.it, fasc. 23/2012, 17 s. 

(76) Cos� DI COSIMO, Il Governo pigliatutto: la decretazione d�urgenza nella XVI Legislatura, in 
Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1/2013. 
(77) In tal senso v, Rapporto 2012 sulla legislazione, a cura dell�Osservatorio sulla legislazione 
della Camera dei deputati, Dati e tendenze della legislazione statale, disponibile all�indirizzo 
leg16.camera.it/cartellecomuni/Leg16/documenti/2012/capitoloIV.pdf, 387. Sulla questione v. i recenti 
contributi dottrinali contenuti nel Focus Fonti del diritto, Decretazione d�urgenza e giurisprudenza costituzionale. 
Una riflessione a ridosso della sentenza della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, 
n. 1 dell�11 luglio 2014, in federalismi.it. 



quale impostare politiche di medio-lungo periodo, anche in relazione alla 
situazione economica e finanziaria (78) ai fini di imporre al Parlamento gli 
ambiti di intervento (quelli del testo originario del decreto-legge) e i tempi 
di approvazione (quelli perentori di conversione) (79). Analizzando il contenuto 
dei decreti-legge adottati dal Governo si evidenzia come il loro uso 
obbedisca allo stesso fine, cio�, non tanto all�immediata entrata in vigore di 
disposizioni, quanto alla certezza di tempi dell�esame parlamentare (80). 
Non � un caso, infatti, che quasi tutti i decreti approvati contengono disposizioni 
non immediatamente applicative (quanto addirittura programmatiche) 
che richiedono ulteriori norme per divenire davvero efficaci. Questa constatazione 
se mostra ancora una volta l�uso improprio che si fa del decreto-
legge, sottolinea dove sta il vero problema: l�indeterminatezza dei tempi del 
procedimento legislativo (81). 

I provvedimenti di urgenza si sono imposti per il numero e per l�ampiezza 
e la molteplicit� e l�eterogeneit� degli interventi normativi sull'economia nazionale, 
sulla disciplina fiscale e sui settori pi� disparati della pubblica amministrazione 
(82). Il loro succedersi ha determinato una accentuata stratificazione 
delle disposizioni e la sovrapposizione al tessuto vigente di misure prive delle 
necessarie clausole di coordinamento. Ci� tenuto conto anche che il ricorso 
allo strumento della decretazione d'urgenza ha comportato una conseguenza 

(78) MUSELLA, Governare senza il Parlamento? L'uso dei decreti legge nella lunga transizione 
italiana (1996-2012), in Rivista italiana di scienza politica, 3, 2012, 459 ss. 
(79) Sul punto v. Rapporto 2012 sulla legislazione, cit.. V. anche CIMINO, MORETTINI, PICCIRILLI, 
La decretazione d'urgenza in Parlamento, in Politica della legislazione oltre la crisi, a cura di L. DUILIO, 
Bologna, 2013, 55. 
(80) Come rilevato da PREDIERI, Il governo colegislatore, in Il decreto legge tra governo e parlamento, 
(a cura) di CAZZOLA, PREDIERI, PRIULLA, Milano, 1975, p. XXII. L�Autore rileva come �in altre 
parole, il processo del decreto-legge e la successiva conversione in legge sono diventati una alternativa 
al normale procedimento di formazione della legge su iniziativa governativa, che il governo presceglie 
per ragioni politiche di urgenza (che possono essere di pura tattica) (II), non gi� perch� vi siano presupposti 
di straordinariet�, intesa come imprevedibilit��. 
(81) LONGO, Dossier di approfondimento. Dati e tendenze dell�attivit� normativa del Governo 
nel primo anno della XVII legislatura, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 1/2014. Sul punto ha avuto 
modo di esprimersi anche il Presidente della Repubblica Napolitano con il comunicato dell�8 agosto 
2012, a seguito della promulgazione della legge di conversione del decreto legge per la revisione della 
spesa pubblica, in cui premettendo che si tratta di �una prassi di antica data, su cui il Presidente ha 
espresso le sue preoccupazioni, tendendo a porvi freno, fin dall'inizio e in tutto il corso del suo mandato�, 
� pur vero che tale abitudine si � resa necessaria sia per risolvere �emergenze e urgenze senza precedenti, 
insorte in sede europea� sia per la mancata approvazione di �modifiche costituzionali e riforme regolamentari 
che garantissero un iter pi� certo e spedito dei disegni di legge ordinari�. 
(82) Sul punto v. RUGGERI; Ancora in tema di decreti-legge e leggi di conversione, ovverosia di 
taluni usi impropri (e non sanzionati) degli strumenti di normazione (a margine di Corte cost. nn. 355 
e 367 del 2010), in Forum Quad. cost., 2010, 4. L�Autore evidenzia come il mero dato numerico dei de-
creti-legge adottati dal Governo riveli solo in parte il fenomeno consolidato del ricorso alla decretazione 
d�urgenza, laddove appaiono altrettanto significativi l'ampiezza e la molteplicit� e l�eterogeneit� degli 
interventi normativi con il risultato di rinnovare con forza l�attenzione sugli aspetti distorsivi circa l�uso 
dei decreti-legge rispetto alle finalit� cui essi sono preordinati. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

non secondaria, ovvero - come � successo pi� volte - l'entrata in vigore di norme 
che poi sono state modificate nella legge di conversione, creando spesso problemi 
in un quadro legislativo - quelle in tema di spesa e fiscalit� - gi� complicato 
per il cittadino-utente (si considerino, a titolo esemplificativo, le richiamate 
recenti vicende parlamentari sulla disciplina della fiscalit� locale, in particolare 
sulla soppressione dell�IMU) (83). In una sorta di azione e reazione all�aumento 
a dismisura dei decreti-legge e alla conseguente forte pressione dell�Esecutivo 
sulle Camere, si � registrata peraltro la proliferazione di correttivi parlamentari, 
in contrasto non solo con le norme ordinamentali di rango costituzionale ma 
anche con l�esigenza di definire un�organizzazione unitaria e coerente del quadro 
di programmazione di finanza pubblica per una credibile azione di risanamento 
dei conti pubblici, tenuto conto anche degli impegni assunti a livello 
comunitario. Il Parlamento si � riappropriato di quegli spazi sottratti con la decretazione 
d�urgenza e il contingentamento dei tempi di esame dei provvedimenti 
concentrandosi, piuttosto che sulla analisi e sulla riallocazione, in 
un�ottica selettiva e fondata sulla valutazione dei risultati, dello stock della 
spesa pubblica, sulle decisioni �al margine� e sulla ripartizione di risorse incrementali 
- peraltro sempre pi� scarse, con effetti anche di complicazione del 
quadro normativo. Si � aggiunta la tendenza dei singoli Ministeri ad inserire in 
sede di conversione ci� che non sono riusciti a introdurre nel decreto-legge o 
che non erano in condizione di inserire nel testo base se non all�esito di una 
negoziazione condotta dopo l�adozione del decreto. Non estranea alla richiamata 
complicazione del quadro normativo � la circostanza che la persistente 
situazione di crisi ha reso pervasivo il ruolo delle scelte di politica economico-
finanziaria, che hanno inciso in maniera determinante ed in modo trasversale 
su tutte le politiche di settore, con ci� condizionando la stessa legislazione finanziaria 
che � stata �invasa� da contenuti impropri ed ha perso i caratteri di 
organicit� e sistematicit�. 

Il ricorso ai provvedimenti d�urgenza � peraltro accompagnato dalla limitazione 
alla sola prima lettura della possibilit� di correttivi al testo originario 
e dall�abituale prassi governativa di presentare, gi� in quella occasione, maxiemendamenti 
(84) al momento dell�approdo del testo in Aula e apporre contestualmente 
la questione di fiducia, che diviene cos� un mero espediente 

(83) Sulle specifiche criticit� della produzione normativa in materia di tassazione immobiliare locale 
v. parere con osservazioni e raccomandazioni del Comitato per la legislazione del 18 giugno 2014 
sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge 9 giugno 2014, n. 88, recante disposizioni 
urgenti in materia di versamento della prima rata TASI per l�anno 2014. 
(84) Sulle prassi degenerative dei maxi-emendamenti, cfr. LUPO, Il potere di emendamento e i 
maxi-emendamenti alla luce della Costituzione, in Quaderni regionali, 2007, 243 ss.; IDEM, Presentazione. 
Alla ricerca di una nozione costituzionale di articolo, in Maxi-emendamenti, questione di fiducia, 
nozione costituzionale di articolo, Atti del seminario svoltosi presso la Luiss Guido Carli il 1 ottobre 
2009, Padova, CEDAM, 2010, 4 ss. 



procedurale (85) per trovare una soluzione al problema della frammentazione 
in Assemblea e delle divisioni interne alla maggioranza parlamentare (86). In 
questo modo i contenuti del provvedimento vengono �blindati� gi� all�esito 
del primo passaggio parlamentare, con ci� riservando, conseguentemente, al 
secondo ramo del Parlamento un esame spot del Parlamento in quanto estremamente 
ridotto nei tempi (a volte anche pochi giorni) in vista della scadenza 
del termine di conversione. Le conseguenze di tale procedura sono evidenti 
non solo in termini di sostanziale imposizione di una forma di �bicameralismo 
alternato�, o anche definito �monocameralismo procedurale� (87), che rischia 
di suscitare attriti tra i due rami del Parlamento a fronte del ruolo paritario riconosciuto 
dalla Costituzione ad entrambe le Camere (88), ma anche di significativa 
compressione delle loro prerogative (89), tenuto conto della 
sostanziale limitazione del potere emendativo sul testo governativo al solo 
ramo interessato in avvio di conversione e, per di pi�, alle sole Commissioni 
in sede referente, con il coinvolgimento diretto, quindi, di sole poche decine 
di parlamentari. La circostanza poi che la legislazione in materia di finanza 
pubblica non abbia assunto un carattere organico e sistematico, ma che, piuttosto, 
sia confluita in provvedimenti d�urgenza che esprimono tanto consistenti 
quanto disomogenei interventi genericamente qualificati come finanziari al 
fine di salvaguardarne la coerenza complessiva, ha determinato, quale effetto 
distorsivo, la sostanziale prevalenza delle Commissioni Bilancio dei due rami 
del Parlamento per la conseguente inevitabile �attrazione� nella loro orbita di 
competenza primaria rispetto alle altre Commissioni di merito, relegate ad 
esprimere pareri sul testo. Non � mancata, innanzi a tale andamento l'espres


(85) Sulle degenerazioni nell�uso della questione di fiducia e sulla perdita del suo carattere fiduciario 
v. FERRAJOLI, L�abuso della questione di fiducia. Una proposta di razionalizzazione, in Diritto 
pubblico, 2/2008, 587. 
(86) MUSELLA, op.cit. 
(87) Sul punto DEODATO, op.cit., nota come si tratti dello svuotamento di fatto della stessa possibilit� 
di esercizio della funzione legislativa da parte di una intera Camera, con i deputati o i senatori costretti 
a veicolare la loro iniziativa politica attraverso inconcludenti o velleitari ordini del giorno, anzich� 
attraverso il fisiologico deposito di proposte emendative. 
(88) Vedasi, a titolo esemplificativo, la reazione dei componenti della V^ Commissione Senato a 
seguito della decisione del Governo di far decadere il decreto-legge n. 151 del 2013 al momento della 
sua definitiva conversione alla Camera dei Deputati per l�ostruzionismo in Aula, dopo che gli stessi avevano, 
invece, garantito la rapida conversione del decreto 150. 
(89) Sul punto v. anche RIVOSECCHI, Il Parlamento di fronte alla crisi economico-finanziaria, 
in www.rivistaAIC.it, n. 3/2012, che evidenzia come �il pi� significativo �banco di prova� sulla 
compressione del ruolo del parlamento nei procedimenti legislativi ai tempi della crisi � tuttavia 
costituito dal ricorso combinato alla decretazione d'urgenza, ai maxi-emendamenti e alla questione 
di fiducia sui provvedimenti di governo dell'economia. Nonostante, infatti, il sostanziale rafforzamento 
del governo che emerge dalle riforme legislative e di contabilit� degli ultimi trent'anni, gli 
atti normativi della corrente legislatura hanno segnato un consistente spostamento del baricentro 
delle procedure di bilancio in favore dell�Esecutivo e, in particolare, del Ministero dell�economia e 
delle finanze�. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

sione di un disagio da parte del Parlamento (90) a cui il Governo, al di l� dei 
propositi pi� volte manifestati di ricondurre nell�alveo naturale la decretazione 
d�urgenza (91), ha limitatamente corrisposto con l�impegno a porre la questione 
di fiducia sui testi licenziati dalle Commissioni di merito (92). Con graduale 
evoluzione si � passati quindi da maxiemendamenti governativi che 
rispecchiavano nella sostanza il lavoro svolto in Commissione ma che contenevano 
anche misure non discusse in sede referente, alla limitazione dei loro 
contenuti ai soli correttivi ivi apportati, con l�esclusione di alcun ulteriore intervento 
sul testo, salvo quelli strettamente legati all�esigenza di assicurare il 
rispetto del vincolo di copertura finanziaria ex art. 81 Cost. 

La necessit� di rispettare i termini di conversione, nonch� la presentazione 
del maxi-emendamento e la contestuale apposizione della questione di 
fiducia, determinano la sostanziale riduzione del controllo parlamentare sulle 
politiche sostanziali di spesa (93) sotto i profili, sia degli oneri di spesa dichiarati, 
sia dei possibili riflessi sul quadro di bilancio delle disposizioni assunte 
come finanziariamente neutre, sia, infine, per quanto concerne la 
congruit� degli stanziamenti rispetto alle esigenze che si intende soddisfare 

(90) Tra l�altro se ne ha traccia in Senato, cos� in seno alla Commissione Affari costituzionali, 
come in Assemblea. In seno alla Commissione cfr. il documento predisposto dal Presidente della Sottocommissione 
per i pareri della Commissione Affari costituzionali, sen. Palermo, recante "Linee guida 
per l'attivit� consultiva sulle fonti normative", illustrato nella Commissione plenaria nelle sedute del 25 
giugno e 9 luglio 2013. In Aula si rammenta l'ordine del giorno presentato e accolto dal Governo (pertanto 
non posto in votazione) nella seduta pomeridiana del 6 agosto del 2013, dalle Commissioni riunite 
Affari costituzionali e Bilancio, le quali avevano condotto l'esame referente del disegno di legge di conversione 
del decreto-legge n. 69 del 2013 (c.d. decreto �del fare�: un testo inizialmente di 86 articoli). 
L'ordine del giorno recita: "Il Senato, in sede di discussione del disegno di legge n. 974: Conversione 
in legge, con modificazioni, del decreto- legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per 
il rilancio dell'economia, considerato che: come in altri casi analoghi, anche di precedenti legislature, 
il nucleo essenziale del provvedimento � importante e utile ma avvolto da una estensione ipertrofica di 
precetti; la dismisura dei decreti alimenta per azione e reazione, la proliferazione di emendamenti; 
l'esame parlamentare si compie cos� in condizioni difficili, estenuato nella proposizione di altre misure, 
anzich� impegnato in uno scrutinio critico idoneo a emendare i testi; la conversione in legge - in casi 
del genere - � comunque un atto di esercizio responsabile della funzione legislativa, impegna il Governo: 
a provvedere mediante decreti d'urgenza, quando ammesso dalla Costituzione, secondo i canoni stabiliti 
dalla legge, nonch� in base all'effettiva necessit� di ogni intervento legislativo e in misura proporzionata 
ai risultati perseguiti; a esercitare le proprie potest� di indirizzo e coordinamento affinch� dalle Amministrazioni 
non provengano suggestioni regolatorie indiscriminate; a riferire in Parlamento, subito dopo 
la pausa estiva dei lavori parlamentari, sugli indirizzi che intende seguire in futuro nel ricorso ai de-
creti-legge" (o.d.g. 9/974/1; numerazione resoconto Senato G. 100). 
(91) Sul tema v. Comunicazioni del Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento 
dell'attivit� di Governo Dario Franceschini sugli orientamenti in tema di decretazione d'urgenza, 1� 
Commissione Seduta n. 45 (pom.) del settembre 2013. 
(92) Nel caso del Senato, ove non si forma un testo della Commissione sui disegni di legge di 
conversione, ma l�Assemblea esamina distintamente i disegni di legge stessi e gli emendamenti eventualmente 
approvati dalle Commissioni di merito, l�impegno � quello a riprendere in un maxiemendamento 
esclusivamente i correttivi gi� approvati in sede referente. 
(93) Cfr. RIVOSECCHI, Il Governo europeo dei conti pubblici tra crisi economico-finanziaria e riflessi 
sul sistema delle fonti, in Osservatoriosullefonti.it, n. 1/2010. 



(94). A parte i casi - meno frequenti - della totale mancanza nell�esame di talune 
norme della relazione tecnica, spesso le disposizioni introdotte in sede 
di conversione - come pi� volte evidenziato dalla Corte dei conti (95) - sono 
supportate da relazioni insufficienti e i necessari chiarimenti richiesti, come 
risulta dagli atti delle Commissioni bilancio, vengono forniti dalle amministrazioni 
in modo per lo pi� sommario e comunque non aderente alle precise 
ed articolate osservazioni formulate. 

Gli effetti negativi determinati dal descritto consolidato modo di procedere 
si manifestano anche sulla qualit� della normazione che risente - a seguito 
della presentazione del maxiemendamento - dell�accorpamento di tutte le disposizioni 
in un articolo unico (o in un corpus normativo frazionato in pochissimi 
articoli) di ben difficile lettura (96). 

7. Le soluzioni di pi� lungo periodo. Quali prospettive per la Stabilit� 2015? 

L�esigenza appare ora quella di compiutamente realizzare un nuovo modello 
istituzionale per la programmazione e la gestione dei conti pubblici, tenendo 
sempre conto di quell�intreccio indissolubile, e sempre pi� evidente, 
tra la solidit� e la qualit� dell'assetto ordinamentale, le dinamiche economiche 
e, di conseguenza, il governo della spesa e il processo di consolidamento della 
finanza pubblica. 

(94) Su questi aspetti Camera dei deputati, Osservatorio sulla legislazione, XVI legislatura, Rapporto 
2011 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, Nota di sintesi, Nuovi modelli di governance 
europea, quali spazi per il coordinamento tra le assemblee legislative?, 4 novembre 2011. 
(95) V, tra l�altro, Corte dei conti - Sezioni riunite in sede di controllo, Relazione sulla tipologia 
delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel 
quadrimestre maggio-agosto 2011, deliberazione 30 dicembre 2011, in www.cortedeiconti.it, e Relazione 
concernente le tecniche di quantificazione degli oneri e le tipologie di copertura finanziaria delle leggi 
approvate dal Parlamento nel quadrimestre settembre-dicembre 2011, 27 marzo 2012, ivi. Le Relazioni 
evidenziano �difetti antichi e recenti della legislazione di spesa, con riguardo sia al mancato rispetto 
delle regole di quantificazione e copertura, sia alla ridotta trasparenza del rapporto fra governo e parlamento: 
il primo, costantemente impegnato nell�elaborazione di manovre finanziarie per far fronte, 
mediante decreti legge, a sempre nuove urgenze ed emergenze; il secondo, costretto ad esaminare i decreti 
governativi senza poterne approfondire, nei tempi previsti per la conversione in legge, i numerosi 
aspetti problematici e ad approvare, infine, �maxi-emendamenti� del governo (spesso contenenti disposizioni 
estranee al testo originario [�]), sui quali, con la richiesta governativa del voto di fiducia, 
si pone fine al dibattito parlamentare� (ibidem). La Corte dei conti, peraltro, richiama l�attenzione sugli 
effetti negativi determinati da tale processo, dal momento che �[i]l maggior accentramento sostanziale 
delle decisioni finanziariamente rilevanti nella funzione di governo, attuato nella forma di provvedimenti 
d�urgenza, ha avuto come conseguenza un diminuito controllo parlamentare sulle decisioni stesse sia 
sotto quello dei possibili riflessi di spesa delle disposizioni assunte come finanziariamente neutre, sia 
sotto quello, infine, della congruit� degli stanziamenti rispetto alle esigenze che si intende soddisfare. 
Il periodo di emergenza economico-finanziaria, acuitosi nella seconda parte dell�anno, ha certamente 
contribuito ad aggravare tale situazione ed ha anche impedito il pieno dispiegamento degli effetti positivi 
che avrebbero dovuto essere connessi all�anticipo delle manovre di bilancio [�]�. 
(96) Su questi aspetti v. SALERNO, La legge finanziaria 2008 tra fondati timori e necessit� di riforma, 
in federalismi.it, n. 19/2007. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

La crisi scoppiata nel 2008 ha costituito, d�altronde, un fortissimo elemento 
di pressione sugli equilibri istituzionali prefigurati nelle carte costituzionali 
del secondo dopoguerra, alterando la tutela dei diritti fondamentali, i 
rapporti tra gli organi e le relazioni tra i livelli di governo. Il diritto costituzionale, 
pi� di altri settori, ha risentito, infatti, degli interventi che ne sono 
conseguiti: questi non solo sono sembrati mettere in discussione il nucleo 
fondamentale delle Carte - la loro superiore normativit� - ma talvolta, per i 
contenuti o le modalit� di adozione, sono apparsi il risultato di vere e proprie 
forme di insofferenza nei riguardi della legalit� costituzionale e delle sue garanzie 
(97), soprattutto a fronte di procedure decisionali orientate sempre pi� 
spesso verso l�accentramento delle competenze e verso l�eccezionalit� e straordinariet� 
delle soluzioni adottate. Si � cos� innescato un corto circuito senza 
precedenti tra la crisi economico-finanziaria e gli assetti costituzionali preesistenti: 
l� dove la crisi si � manifestata, gli equilibri costituzionali hanno finito 
per indebolirsi e, nell�intento di mettere le istituzioni in condizione di 
fronteggiarla, � stata con insistenza prospettata la necessit� di modifiche 
anche radicali. 

Per l�Italia pu�, anzi, dirsi che non ci sia aspetto di interesse costituzionalistico 
che non sia stato in qualche modo toccato dai cambiamenti generati 
dalla crisi e dalle conseguenti soluzioni adottate a livello comunitario che 
hanno accentuato l�esigenza di definire un disegno complessivo di �attualizzazione� 
della Carta costituzionale (98) e hanno profondamente indirizzato (o 
meglio vincolato) le riforme interne, ritenute anche affrettate (99). Una risposta 

(97) ANGELINI, Costituzione ed economia al tempo della crisi�, in www.rivistaAIC.it, n. 4/2012. 
(98) In tale direzione si � mossa, ad esempio, la Commissione per le riforme costituzionali, istituita 
con D.P.C.M. dell�11 giugno 2013. Nella Relazione finale del 17 settembre 2013 (rinvenibile all�indirizzo 
http://riformecostituzionali.gov.it/documenti-della-commissione/relazione-finale.html) si legge, infatti, 
che �[p]er superare la crisi politica, economica e sociale la Commissione unanime ritiene necessari 
interventi di riforma costituzionale�. Una correlazione espressa e immediata fra crisi economica, supposte 
inefficienze costituzionali e riforma costituzionale si trova anche nella relazione di accompagnamento 
al disegno di legge costituzionale n. 813 (�Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme 
costituzionali ed elettorali�). Vi si legge, infatti, che �[l]�attuale situazione di crisi economica ha reso 
non pi� tollerabili le inefficienze e i nodi irrisolti che il nostro sistema politico e istituzionale si trascina, 
ormai, da oltre trent�anni. Si tratta di un costo che l�Italia non � pi� in grado di assorbire in una situazione 
di recessione che non trova precedenti nella storia recente del Paese�. Sul richiamo alla situazione 
di emergenza e sulla presentazione delle riforme costituzionali come strumento necessario per fronteggiare 
la crisi vedi criticamente AZZARITI, Tra crisi economica e scambio politico. La fretta e la furia di 
una riforma della Costituzione, SICLARI (a cura di), L�istituzione del Comitato parlamentare per le riforme 
costituzionali, cit., 93; RIDOLA, L�innovazione costituzionale tra indirizzo politico ed emergenza 
istituzionale, ivi, 67. 
(99) Il riferimento � alla tanto discussa formalizzazione nella Costituzione italiana del principio 
del pareggio di bilancio che, secondo molti economisti, ha rappresentato una improvvida decisione 
adottata per le pressioni europee - soprattutto a seguito dello specifico impegno assunto con il c.d. Fiscal 
Compact - e dei mercati finanziari. Come evidenzia RIVOSECCHI, Il c.d. pareggio di bilancio tra 
Corte e legislatore, anche nei suoi riflessi sulle regioni: quando la paura prevale sulla ragione, in 
www.rivistaAIC.it, n. 3/2012, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, �Introduzione del principio 



a tale necessit� di riforma � fornita dal disegno di legge costituzionale presentato 
dal Governo Renzi l�8 aprile 2014 in Senato (100) ed approvato in prima 
lettura l�8 agosto 2014. La stessa relazione al disegno di legge premette come 
il sistema istituzionale si sia dovuto confrontare �con potenti e repentine trasformazioni�. 
In particolare, evidenzia: lo spostamento del baricentro decisionale 
connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea 
e, in particolare, l'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione 
della governance economica europea (da cui sono discesi, tra l'altro, 
l'introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilit� e crescita) 
e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e 
della spesa); le sfide derivanti dall'internazionalizzazione delle economie e dal 
mutato contesto della competizione globale; le spinte verso una compiuta attuazione 
della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione tesa 
a valorizzare la dimensione delle Autonomie territoriali e, in particolare, la 
loro autonomia finanziaria (da cui � originato il cosiddetto federalismo fiscale), 
e l'esigenza di coniugare quest'ultima con le rinnovate esigenze di governo 
unitario della finanza pubblica connesse anche ad impegni internazionali. Tutti 
queste importanti novit� hanno dato luogo ad interventi di revisione costituzionale 
rilevanti, ancorch� circoscritti, che hanno, da ultimo, interessato gli 
articoli 81, 97, 117 e 119, della Carta, ma che - sottolinea la relazione - non 
sono stati accompagnati da un processo organico di riforma in grado di razionalizzare 
in modo compiuto il complesso sistema di governo multilivello articolato 
tra Unione europea, Stato e Autonomie territoriali, entro il quale si 
dipanano oggi le politiche pubbliche. In mancanza del necessario processo di 
adeguamento costituzionale, il sistema istituzionale � stato cos� indotto �ad 
adattamenti spontanei caratterizzati da risposte, spesso di carattere emergenziale, 
che si sono rivelate talora anomale e contraddittorie e che non hanno 
in definitiva rimosso alla radice i problemi�. Con ci� sono emerse patologie 

del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale�, � stata approvata in esito a un iter parlamentare 
della durata complessiva inferiore ai sette mesi, se si assume come momento di avvio la presentazione 
del disegno di legge del Governo (risalente al 15 settembre 2011) e nell'assenza pressoch� assoluta di 
dibattito pubblico e confronto con la societ� civile: una specie di record, se comparato ai tempi e ai metodi 
che hanno costantemente caratterizzato le procedure di revisione costituzionale nel nostro ordinamento. 
Anche a prescindere da ogni altra considerazione attinente alla teoria economica in merito alla 
dubbia opportunit� di un restringimento del vincolo di bilancio nei periodi di recessione, per rimanere 
a considerazioni attinenti al piano del diritto costituzionale e della contabilit� pubblica v. PIROZZOLI, Il 
vincolo costituzionale del pareggio di bilancio (11 ottobre 2011), in www.rivistaAIC.it, n. 4/2011; CIOLLI, 
I paesi dell'eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l'emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi 
ordinari (29 febbraio 2012), ivi, n. 1/2012; BILANCIA, Note critiche sul c.d. �pareggio di bilancio� 
(17 aprile 2012), ivi, n. 2/2012; BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell'Unione. 
A proposito della riforma costituzionale sull'equilibrio di bilancio (5 giugno 2012), ivi, n. 2/2012. 

(100) AS n. 1429, �Disposizioni per il superamento del bicameralismo prioritario, la riduzione 
del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la 
revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione�. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

riconducibili alla cronica debolezza degli Esecutivi nell'attuazione del programma 
di governo, alla lentezza e alla farraginosit� dei procedimenti legislativi, 
al ricorso eccessivo - per numero e per eterogeneit� dei contenuti - alla 
decretazione d'urgenza e all'emergere della prassi della questione di fiducia 
su maxiemendamenti, all'alterazione della gerarchia delle fonti del diritto e 
alla crescente entropia normativa, alle difficolt� di attuazione di una legislazione 
alluvionale e troppo spesso instabile e confusa, all'elevata conflittualit� 
tra i diversi livelli di governo. 

Ora il disegno di legge di riforma costituzionale ridefinisce l�assetto dei 
pubblici poteri prevedendo il mantenimento del procedimento legislativo bicamerale 
paritario solo per i disegni di legge costituzionali. Per i disegni di 
legge non costituzionali, il Senato � esclusivamente organo di seconda lettura, 
di "proposta" eventuale di modifiche. Cos� � anche per le deleghe legislative, 
l'amnistia e l'indulto, le ratifiche (e per la conversione dei decreti-legge, per 
la quale � prevista una specifica tempistica per l'esame senatoriale). La trasmissione 
al Senato del disegno di legge ordinario � obbligatoria. Tuttavia 
l'esame di esso � subordinato alla richiesta di esame formulata, entro dieci 
giorni, da un terzo dei componenti. Alcune disposizioni concernono la decretazione 
d'urgenza ed il relativo procedimento di conversione. Si prevede che 
il rinvio da parte del Presidente della Repubblica di un disegno di legge di 
conversione di un decreto-legge, determini il differimento (di trenta giorni) 
del termine costituzionalmente previsto per la conversione. Si dispone che il 
decreto-legge non possa: provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, 
quarto comma, della Costituzione; reiterare disposizioni di decreti-legge non 
convertiti o regolare i rapporti giuridici sorti sulla loro base; ripristinare l'efficacia 
di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi 
non attinenti al procedimento (101). Si dispone che il decreto-legge debba recare 
misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e 
corrispondente al titolo (102). La legge di riforma costituzionale prevede, infine, 
il rafforzamento dell�incidenza del Governo nel procedimento legislativo 
(non bicamerale paritario, salvo i disegni di legge costituzionale), riconoscendogli 
una triplice potest� di richiesta circa un disegno di legge: - di iscrizione 
con priorit� all'ordine del giorno della Camera dei deputati (previsione che 

(101) Sono in tal modo costituzionalizzate previsioni recate dalla legge n. 400 del 1988 (articolo 
15, comma 2). 

(102) Sono in tal modo costituzionalizzate previsioni recate dalla legge n. 400 del 1988 (articolo 
15, comma 3) e gi� ribadite come elementi del giudizio di costituzionalit� dalla recente giurisprudenza 
costituzionale. Si rammenta che per i disegni di legge di conversione, si ha una diversa modulazione 
dei tempi di esame presso il Senato (o per meglio dire, della loro decorrenza). Il termine di trenta giorni 
per disporre l'esame del disegno di legge di conversione in Senato decorre non gi� dalla trasmissione 
del testo dalla Camera dei deputati bens� dalla presentazione del testo alla Camera dei deputati. Decorre 
invece dalla trasmissione del testo dalla Camera dei deputati il successivo termine di dieci giorni, per la 
deliberazione eventuale di proposte di modificazione. 


verrebbe cos� costituzionalizzata); - di esame e voto finale entro un termine 
determinato (sessanta giorni dalla richiesta governativa di iscrizione, o termine 
inferiore determinato in base al regolamento, "tenuto conto della complessit� 
della materia"); - (decorso quel termine) di voto parlamentare �bloccato�, 
senza emendamenti agli articoli. Dietro richiesta del Governo, la votazione si 
fa �secca�, articolo per articolo, e votazione finale. 

A prescindere dai predetti correttivi in sede costituzionale e dai tempi 
necessari per la loro definitiva adozione, rimane comunque attuale l�esigenza 
di una pi� equilibrata ed efficace gestione da parte del Governo del disegno 
di legge di stabilit� e della sessione di bilancio che, come evidenziato, da ultimo, 
dalla legge di stabilit� 2014, nonostante la previsione di stringenti vincoli 
incrociati di natura contenutistica e procedimentale, frutto di progressivi 
affinamenti della normativa contabile, non riescono a garantire, n� una adeguata 
trasparenza dell'indirizzo politico-finanziario sotteso alle manovre stante 
la molteplicit� e disorganicit� delle poste di entrata e di spesa -, n� un 
elevato grado di ordine e di coerenza al complessivo processo di definizione 
delle priorit� e di allocazione delle disponibilit� finanziarie pubbliche. Ci� 
al fine non solo di assicurare che l�oggetto della decisione parlamentare risponda 
al principio delle stretta ed esclusiva connessione alle finalit� proprie 
della manovra di bilancio, ma anche ai criteri costituzionalmente rilevanti 
della chiarezza delle norme prescritte e della comprensibilit� delle scelte adottate 
dal legislatore. Trattasi cio� dei requisiti indispensabili, da un lato, per 
garantire che le Camere esprimano la loro volont� con la necessaria consapevolezza, 
mediante un processo corretto e trasparente, e, dall�altro lato, per 
evitare che i cittadini siano assoggettati a prescrizioni legislative difficilmente 
decifrabili (103). Ci� tenuto conto anche che il disegno di legge di stabilit� 
2015, in ragione degli stringenti vincoli europei di coordinamento delle politiche 
nazionali di finanza pubblica, dovr� comunque definire una programmazione 
finanziaria unitaria e coerente con gli impegni assunti in sede 
comunitaria con i Programmi nazionali di stabilit� e di riforma declinati nel 
Documento di economia e finanza 2014, dando riscontro alle susseguenti raccomandazioni 
dell�Unione europea impartite nell�ambito del c.d. semestre 
europeo. Un potenziale significativo effetto sulla costruzione della manovra 
potr� esplicare la consultazione preventiva con la Commissione europea sul 
progetto di bilancio ai sensi dell�articolo 6 del regolamento (UE) n. 473/2013 
(104), compreso nel c.d. �two-pack�. Quest�ultimo impone, infatti, a ciascun 
Stato membro dell�Unione, nell�ambito del rafforzamento del monitoraggio 
delle politiche di bilancio nell'area euro ed al fine di garantire la piena coerenza 
dei bilanci nazionali con gli indirizzi di politica economica contenuti 
nel Patto europeo di stabilit� e crescita, di trasmettere alla Commissione eu


(103) V. SALERNO, op.cit. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

ropea e all�Eurogruppo, entro il 15 ottobre, un Documento programmatico di 
bilancio contenente, tra l�altro, una descrizione e una quantificazione delle 
misure sul fronte delle spese e delle entrate da inserire nel progetto di bilancio 
per l'anno successivo (105). La descrizione pu� essere meno dettagliata per 
le misure il cui impatto stimato sul bilancio sia inferiore allo 0,1% del PIL. 
Sul predetto documento, la Commissione, il prima possibile e, in ogni caso, 
entro il 30 novembre, � chiamata ad esprimere un parere, reso pubblico e presentato 
all'Eurogruppo, che comprende una valutazione del seguito che i programmi 
di bilancio danno alle raccomandazioni formulate nell'ambito del 
semestre europeo nel settore dei bilanci. Su richiesta del Parlamento dello 
Stato membro interessato o del Parlamento europeo, la Commissione presenta 
il proprio parere al Parlamento che ne fa richiesta. Il parere ha una valore diverso 
a seconda dello stato di salute del saldo di bilancio. Per i Paesi pi� virtuosi, 
con un deficit sotto il 3% del PIL, il parere della Commissione UE ha 
il valore di un consiglio. Diverso � il caso dei Paesi con un deficit eccessivo 
(ovvero sopra il richiamato 3%) del PIL e sottoposti a procedura di rientro. 
Per loro il monitoraggio � pi� rigoroso con obblighi di informazioni aggiuntive 
e le raccomandazioni sono vincolanti. Se i predetti Paesi non seguono le 
indicazioni della Commissione tale comportamento diventa un fattore aggravante 
nella procedura. 

Il rischio pi� evidente � piuttosto che il prossimo disegno di legge di stabilit�, 
costituendo lo strumento per la soluzione di quelle questioni finanziarie 
non altrimenti risolte, diventi, di nuovo, terreno di scontro tra Governo e Parlamento, 
il primo impegnato a �portare� a casa il risultato ad ogni costo, il secondo 
alla ricerca di ambiti di manovra negati dal Governo con la continua 
proposizione di decreti-legge. Ci� tenuto conto di due profili. Il primo, la sostanziale 
negazione alle Camere di spazi utili per svolgere in modo nuovo le 
funzioni della rappresentanza garantendo la trasparenza dei processi di determinazione 
delle scelte, in primo luogo attraverso una serrata interlocuzione 
con il Governo sulle pi� importanti decisioni. Ci� in assenza di una effettiva 

(104) Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 
sulle �disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio 
e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro�, pubblicato sulla Gazzetta 
ufficiale dell�Unione europea n. 140 del 27 maggio 2013. Il regolamento introduce un calendario e 
regole di bilancio comuni per gli Stati membri della zona euro (tavola 1) e prevede anche la presentazione, 
in autunno, dei piani di bilancio per l�anno successivo. In particolare. Gli Stati membri della zona 
euro devono pubblicare entro il 30 aprile i loro piani di bilancio a medio termine (programmi di stabilit�), 
indicando inoltre le loro priorit� politiche per la crescita e l�occupazione per i 12 mesi successivi (programmi 
nazionali di riforma) nell�ambito del semestre europeo sul coordinamento delle politiche economiche. 
Gli Stati membri della zona euro devono pubblicare entro il 15 ottobre i loro progetti di bilancio 
per l�anno successivo. Gli Stati membri della zona euro devono pubblicare entro il 31 dicembre i loro 
bilanci per l�anno successivo. 

(105) La prima trasmissione del documento � avvenuta con la scorsa manovra finanziaria. 


valorizzazione, anche con riguardo alla cornice europea, di quelle funzioni 
parlamentari ulteriori rispetto a quella legislativa, come la valutazione ex ante 
ed il controllo ex post delle politiche pubbliche per la realizzazione di un processo 
sistematico di valutazione delle politiche che rappresenta un presupposto 
essenziale per l'avvio di politiche di bilancio selettive, volte a definitivamente 
superare quel tradizionale approccio "incrementale" nelle decisioni di bilancio 
che ancora emerge nelle sessioni di bilancio. Il secondo profilo, l�assenza di 
una definizione in termini tendenzialmente stabili dei rapporti finanziari tra i 
diversi livelli di governo e dei rispettivi ambiti di entrate e di spesa, laddove i 
riflessi specifici sulla situazione finanziaria nazionale hanno portato piuttosto 
ad una pluralit� di interventi anche incoerenti sulla finanza locale (106). Quel 
pi� generale approccio che ha marginalizzato l�effettivo coinvolgimento delle 
autonomie sulle scelte di risanamento fiscale in ragione di una legittimazione 
sostanziale del Governo centrale conseguente alla situazione dei conti pubblici 
e alla necessit� di urgenti riforme, fortemente sollecitate dall�Unione europea 
e dalle istituzioni internazionali (107) ha finito per attrarre verso l�alto, modificando 
il sistema dell�autonomia decisionale ed il ruolo di rappresentanza, 
anche quelle decisioni che atterrebbero alle istituzioni regionali e locali (con 
incremento del contenzioso costituzionale), secondo una sorta di movimento 
pendolare che dapprima, anche alla luce della entrata in vigore della legge 42 
del 2009 sull�attuazione del federalismo fiscale ha spostato (sia pure in maniera 
assolutamente parziale rispetto alle attese) talune decisioni verso il sistema 
delle autonomie e poi ha segnato un riaccentramento verso lo Stato, sia 
normativo che gestionale. L�esito pi� evidente � la supplenza da parte dei parlamentari 
nazionali sollecitati a risolvere, con la presentazione di emendamenti, 
tutte quelle questioni che il sistema delle autonomie non � risuscito a 
definire in sede di confronto con il Governo, recuperando spazi di manovra 
da quest�ultimo negati. 

(106) V. sul punto Audizione dinanzi alla Commissione bicamerale sull�attuazione del federalismo 
fiscale del Direttore centrale della finanza locale del Ministero dell�interno, dott. Giancarlo Verde, su 
attuazione e prospettive del federalismo fiscale, in cui auspica un �fermo biologico degli interventi sul 
sistema di finanza locale�, proprio al fine di superare sovrapposizioni e incongruenze di misure adottate 
con urgenza e che rischiano di disarticolare il predetto sistema. 

(107) Sul punto v. G.C. DE MARTIN, op. cit., che evidenzia �una crescente disattenzione per la 
leale collaborazione e per i meccanismi di codecisione (che si era tentato invano di prefigurare nel protocollo 
istituzionale del 2002 e poi nella legge delega sul federalismo fiscale)�. G. PIPERATA, op. cit., 
evidenzia come gli Esecutivi �preferiscano dialogare all�esterno, con le istituzioni sovranazionali di 
governo dell�economia e poi presentare all�interno le misure attraverso la decretazione d�urgenza�. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

Green Public Procurement 

Fabio Fraternali* 

SOMMARIO: Introduzione - 1. Green Public Procurement: sinossi teorica - 1.1 Nozione 
di Green Public Procurement (GPP) - 1.2 Sinossi delle leggi e delle strategie riguardanti il 
Green Public Procurement - 1.3 Vantaggi, difficolt� ed obiettivi del Green Public Procurement 

- 1.4 Corte dei Conti: Premio GPP Consip 2010 - 2. Best Practice: un caso esemplare - 2.1 
Interventi di GPP presso gli uffici di Via Baimonti e Caserma Montezemolo - 3. Best Practice: 
una analisi economica - 3.1 L�impianto fotovoltaico - Conclusioni. 

INTRODUZIONE 

L�obiettivo del presente scritto � portare all�attenzione del lettore una pratica 
molto importante che meriterebbe diffusione su un piano applicativo: il 
Green Public Procurement (GPP). 

Cercher� di dimostrare i vantaggi economici del GPP, suggerendo di conseguenza 
un cambio di mentalit�. Spero di riuscire chiaramente a evidenziare 
l�importanza vitale di salvaguardare l�ambiente e quali saranno le prospettive 
di vita non solo per le presenti ma anche per le generazioni future. 

Dopo aver fornito un quadro sinottico dei concetti che sono alla base della 
nozione del Green Public Procurement, sar� illustrata la situazione normativa. 

In seguito si illustrer� un caso di studio tratto dalla vita reale: la Corte dei 
Conti e l�uso delle strategie di GPP nelle sue strutture, con particolare attenzione 
all�installazione dell�impianto fotovoltaico nella sede di Via Baiamonti. 
Si condurr� una analisi della convenienza economica delle pratiche di GPP 
secondo il corretto principio del ciclo vitale e non quello del costo storico. 

Si concluder� dunque che le pratiche di GPP non soltanto rispondono alle 
ragioni dell�ambientalismo e del rispetto dell�ambiente, ma anche a quelle di 
una scelta economica. 

Ecco perch� l�urgenza che queste pratiche diventino parte della nostra 
mentalit� e della nostra cultura. 

1. Green Public Procurement: sinossi teorica. 

1.1 Nozione di Green Public Procurement (GPP). 

Recentemente si � imposto un approccio alle politiche ambientali che 
mira ad integrare ed unire i controlli amministrativi e l�applicazione di sanzioni, 
i quali si sono dimostrati abbastanza inefficaci sia nella repressione che 
nella prevenzione di pratiche dannose per l�ambiente, con nuove forme di po


(*) Dottore in Scienze dell�Economia - Universit� degli Studi di Roma �Tor Vergata�. Si pubblica una 
sintesi della sua tesi su Green Public Procurement, sistema di acquisto di beni e servizi �ambientalmente 
preferibili�, gestito da e per conto delle pubbliche amministrazioni. 


litiche ambientali. Queste sono incentrate sulla promozione e sull�incoraggiamento 
della produzione di prodotti pi� verdi: la cosiddetta �Politica Integrata 
di Prodotto� (Integrated Product Policy - IPP), �un approccio integrato che si 
occupa dell�intero ciclo di vita dei prodotti� (COM(2001)68-07/02/2001) e 
che mira a minimizzare il danno ambientale causato da beni e servizi nell�economia 
di mercato. 

La Politica Integrata di Prodotto � parte integrante della strategia europea 
per lo sviluppo sostenibile. 

Messa in atto gradualmente durante gli ultimi decenni, la Politica Integrata 
di Prodotto si basa su cinque principi generali: 

1) analisi dei costi secondo il criterio del ciclo di vita; 

2) gestione del mercato: introduzione di incentivi per indirizzare il mercato 
verso soluzioni pi� sostenibili. Pi� in particolare incoraggiamento di domanda 
ed offerta di prodotti pi� verdi e premi ai pi� innovativi ed alle 
compagnie che promuovono lo sviluppo sostenibile; 

3) coinvolgimento degli stakeholder: incoraggiare cio� coloro che entrano 
in contatto con il prodotto ad intervenire nel campo della loro influenza verso 
direzioni pi� ecosostenibili, promuovendo la cooperazione tra le varie parti 
interessate (industrie, consumatori, Autorit� Pubbliche); 

4) miglioramento continuo: ogni compagnia pu� mettere in atto miglioramenti 
legati al rapporto costo/efficacia; 

5) una variet� di strumenti di policy non solo nella creazione di nuovi 
strumenti, ma anche nell�attivazione di un modo d�uso pi� efficiente degli 
strumenti gi� esistenti: da azioni volontarie a strumenti legislativi, da iniziative 
locali a interventi internazionali. 

L�esperienza derivata dall�uso di alcuni metodi di gestione ambientale ha 
dimostrato che in un mondo competitivo il miglioramento pu� aiutare le 
aziende a sostenere la loro competitivit� nonch� quella dei loro prodotti. 

La politica ambientale di prodotto mira a supportare queste aziende, offrendo 
loro soprattutto maggiore visibilit�. Al fine di avere una effettiva Politica 
Integrata di Prodotto, � necessario incoraggiare i produttori a produrre 
beni pi� �verdi� ed i consumatori a comperarli. 

I mezzi utilizzabili per raggiungere questo obiettivo sono: 

1) sostenere l�uso di misure fiscali per incoraggiare il consumo e la produzione 
di prodotti pi� verdi; 

2) considerare gli aspetti ambientali e verdi negli appalti pubblici 
(COM(2002) 412 finale17.7.002 e la direttiva 2004/18/ CE 31 marzo 2004); 

3) promuovere l�applicazione del criterio dell�analisi del ciclo vitale; 

4) integrare l�uso di strumenti volontari (Eco-labels, EMAS, DAP, Green 
Public Procurement, etc.); 

5) fornire ai consumatori tutte le informazioni necessarie per una scelta 
consapevole nell�acquisto, uso e dismissione dei prodotti. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

� all�interno della Politica Integrata di Prodotto che incontriamo lo strumento 
degli appalti pubblici verdi, il Green Public Procurement (GPP). 

Il GPP � regolato da un grande numero di leggi, sia a livello nazionale 
che europeo, e mira ad influenzare l�offerta e la domanda di prodotti �ambientalmente 
preferibili� attraverso gli strumenti di mercato. 

L�obiettivo del Green Public Procurement � usare la competizione tra imprese 
per ottenere miglioramenti nelle prestazioni ambientali dei prodotti, tenendo 
in considerazione anche le conseguenze sulla complessiva qualit� 
ambientale che la spesa pubblica �verde� pu� avere, e l�esempio che famiglie 
e aziende possono trarre dal settore pubblico, incoraggiandole a modificare le 
loro scelte d�acquisto. 

Il Green Public Procurement � un sistema di approvvigionamenti pubblici 
che, all�interno delle procedure di acquisto dei beni e servizi necessari alla Pubblica 
Amministrazione per lavorare, considera criteri non solo legati alla convenienza 
economica, ma anche all�impatto ambientale dei beni e servizi stessi. 

Sustainable procurement is smart procurement: it means improving the 
efficiency of public procurement and at the same time using public market 
power to bring about major environmental and social benefits locally and globally 
(ICLEI, 2007). 

Tale sistema di acquisti �ambientalmente preferibili� se applicato in maniera 
olistica e diffusa avrebbe come effetto nel medio termine un rinverdimento 
della produzione industriale, stimolando il meccanismo competitivo 
basato non solo sui prezzi ma anche sulla sostenibilit� ambientale dei prodotti. 
Vale la pena di ricordare che in media gli acquisti verdi operati dalle pubbliche 
amministrazioni contano per circa il 17% del PIL di ogni Stato. 

L�espressione �Green Public Procurement� viene dall�unione di Public 
Procurement, il sistema di acquisti gestito dalla pubblica amministrazione per 
soddisfare il bisogno di fattori della produzione, e Green Procurement, un sistema 
di acquisti che �considera e valuta anche, nell�acquisto, l�impatto ambientale 
lungo l�intero ciclo vitale�(1). Possiamo definire dunque il Green 
Public Procurement come un sistema di acquisto di beni e servizi �ambientalmente 
preferibili�, gestito da e per conto delle pubbliche amministrazioni. 

Bisogna specificare che possiamo chiamare ambientalmente preferibili 
tutti quei beni e servizi �che hanno un minore o ridotto effetto sulla salute 
umana e sull�ambiente quando comparati con i beni e servizi concorrenti che 
servono il medesimo scopo� (Presidential documents, Federal Register, 1998), 
considerando l�intero ciclo di vita del prodotto. 

Da questa definizione � possibile trarre due considerazioni di fondamentale 
importanza per la pratica del Green Public Procurement: 

(1) FIESCHI M., 2004, (edited by), Le Forniture Verdi in Italia - Green Procurement: norme, capitolati, 
e esperienze d�acquisto di prodotti ambientalmente preferibili, Il Sole 24 Ore, Milano 


a) l�uso dei metodi di GPP, sia se intrapreso dalle autorit� pubbliche che 
dalle compagnie private, non ha una diretta conseguenza sull�acquisto di prodotti 
�ambientalmente preferibili�, ma piuttosto la considerazione, nella fase 
d�acquisto delle qualit� ambientali dei prodotti accanto ai pi� tradizionali parametri 
di scelta come il prezzo e le caratteristiche qualitative. Se questo non 
fosse il caso, il sistema d�acquisto, non considerando altri parametri di scelta, 
non stimolerebbe la competizione tra compagnie, ma rischierebbe di diventare 
statico protezionismo; 

b) l�analisi della preferibilit� ambientale deve essere condotta sull�intero 
ciclo di vita del prodotto (Life Cycle Assessment: �the comprehensive examination 
of a product�s environmental and economic aspects and potential impacts 
throughout its lifetime, including raw material extraction, transportation, 
manufacturing, use and disposal�) (2) e non soltanto su specifici aspetti. Poich� 
tale analisi della performance ambientale di un prodotto durante il suo 
ciclo di vita pu� essere difficilmente condotta da un consumatore medio, l�uso 
degli Eco-labels � divenuta pratica sempre pi� comune a livello europeo. 

1.2 Sinossi delle leggi e delle strategie riguardanti il Green Public Procurement. 


L�analisi della legislazione italiana riguardante il Green Public Procurement 
richiede, prima di tutto, alcune considerazioni introduttive sulla nozione 
di appalto e sulla relativa disciplina. L�articolo 1655 del Codice Civile ci offre 
la nozione di appalto, definendolo come il �contratto con il quale una parte assume, 
con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, 
il compimento di un�opera o di un servizio, verso un corrispettivo in denaro�. 

L�appalto nel diritto pubblico, invece, si caratterizza per la presenza di un 
contratto a diritto oneroso, stipulato in forma scritta tra un�agenzia appaltante ed 
un vincitore di gara, avente come suo oggetto la realizzazione di un lavoro, di 
un prodotto d�appalto oppure l�esecuzione di servizi (art. 3, D. Lgs. 163/2006). 

In particolare, la nozione pubblicistica di appalto enfatizza una specifica 
procedura, la cosiddetta �evidenza pubblica�. Per realizzare infatti l�interesse 
pubblico e la spesa di denaro pubblico, i metodi di stipulazione dei contratti 
debbono essere ricercati in specifiche procedure predefinite a livello normativo 
sia dal legislatore nazionale che da quello comunitario. 

La legislazione che disciplina gli appalti pubblici, un tempo divisa in settori 
(3), � oggi disciplinata da un singolo corpo normativo: il �Codice dei con


(2) Criterio del Ciclo Vitale: �l�esame globale degli aspetti economici ed ambientali di un prodotto 
ed i potenziali impatti durante la sua vita, compresa l�estrazione di materie prime, il trasporto, la produzione, 
l�uso e lo smaltimento�. Presidential Documents, Federal Register, Sec. 201, Title 3, Executive 
Order 13101 of September 14, 1998, �Greening the Government Through Waste Prevention, Recycling, 
and Federal Acquisition�, vol. 63, no. 179. 
(3) (L. 109/94 per il lavoro , D. Lgs. 157/95 per i servizi e il D. Lgs. 358/92 per le forniture). 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

tratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture� (D. Lgs. 163/2006) - il 
quale recepisce le direttive europee 2004/18/CE per i settori ordinari e 
2004/17/CE per i settori speciali. 

La legislazione europea comincia ad occuparsi degli appalti e del policymaking 
in materia ambientale nel 1996 con il �Libro Verde: gli appalti pubblici 
nell�Unione Europea� (27/11/1996, COM(96) 583), il quale considera la possibilit� 
di inserire aspetti ambientali nelle procedure d�appalto. 

Fortunatamente, ci sono diverse istanze della legislazione europea tese a 
favorire la sostenibilit� ambientale. Tra queste le pi� importanti sono: 

� La Decisione della Commissione Europea (24 gennaio 2001) concernente 
il Sesto Environment Action Programme (COM/2001/0031 final); 
� Il Libro Verde sulla Politica Integrata di Prodotto COM(2001) 68, febbraio 
2001; 
� La Comunicazione dalla Commissione -Un�Europa sostenibile per un 
mondo migliore: una strategia europea per lo sviluppo sostenibile (Proposta 
della Commissione al Consiglio Europeo di Gothenburg) COM(2001)264 finale, 
maggio 2001; 
� La Comunicazione dalla Commissione -Verso una strategia tematica 
sulla prevenzione ed il riciclo dei rifiuti [COM(2003) 301]; 
� Comunicazione dalla Commissione -Politica Integrata di Prodotto 
COM(2003) 302 finale; 
� 1 ottobre 2003 Comunicazione dalla Commissione - Per una strategia 
tematica finalizzata all�uso delle risorse eco-friendly; 
� 11 febbraio 2004 Comunicazione dalla Commissione - per una strategia 
tematica dello spazio urbano; 
� 28 gennaio 2004 Comunicazione dalla Commissione -pianificare le 
tecnologie ambientali; 
� Manuale �Buying Green!� (28 agosto 2004 Sec 1050) per informare 
la Pubblica Amministrazione sulle strategie per gli acquisti verdi; 
� Comunicazione interpretativa della Commissione delle Comunit� Europee 
[COM(2001)274] �The community right on public contracts and the faculty 
of integration with environmental considerations in public contracts�. Prima relazione 
sull�attuazione della ETAP (Environmental Technologies Action Plan); 
� Dichiarazione sui principi guida di uno sviluppo eco-friendly (2005). 


I pi� rilevanti indicatori dell�introduzione di considerazioni ambientali 
nei contratti pubblici possono essere individuati in due sentenze storiche della 
Corte di Giustizia Europea (C-513/99 del 17 settembre 2002 �Concordia Bus� 
e C-448/01 del 4 dicembre 2003 �Wienstrom�). Inoltre, si dovrebbe menzionare 
anche la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e 2004/17/CE del 31 
marzo 2004. 

Il verdetto �Concordia Bus� riguarda un contratto di appalto per i servizi 


di trasporto nella citt� di Helsinki, aggiudicato secondo il parametro dell�offerta 
pi� conveniente. La societ� che offr� il prezzo pi� basso si rivolse alla 
Corte asserendo che l�assegnazione di un punteggio supplementare al competitore 
che presentava monossido di azoto ed emissioni sonore pi� bassi doveva 
essere considerata parziale e discriminatoria. I criteri di vincita dell�appalto 
erano l�offerta economicamente pi� conveniente, comprendendo la qualit� dei 
veicoli e la gestione ambientale. Riguardo ai criteri tecnici, un punteggio addizionale 
sarebbe stato attribuito per emissioni pi� basse di 4g/kwh o 2g/kwh 
ed emission sonore inferiori a 77 dB. 

I Giudici della Corte di Giustizia europea considerarono che la scelta della 
Pubblica Amministrazione di Helsinki non contrastava con i principi espressi 
nel trattato europeo, disponendo che il parametro della offerta pi� conveniente 
non escludeva altre considerazioni non economiche. 

In aggiunta, il verdetto afferm� che era possibile introdurre standard al 
limite di impatto ambientale di un bene o servizio (assenza di emissioni sonore 
in questo caso), considerato che questi standard erano direttamente collegati 
con l�oggetto del contratto. I criteri ambientali dovevano essere stabiliti espressamente 
nell�annuncio pubblico della gara. 

Inoltre, in accordo con i principi del Trattato, la Corte stabil� che le autorit� 
pubbliche non avrebbero dovuto avere una facolt� di scelta senza limiti, 
intendendo che ogni requisito ambientale doveva essere specificato ed oggettivamente 
quantificabile. 

Nella causa �Wienstrom�, i documenti della gara specificavano che gli 
offerenti avrebbero dovuto fornire elettricit� da fonti rinnovabili. Inoltre era 
incluso un criterio di vincita cos� strutturato: una quantit� del 45%, con punti 
in aggiunta, basata sull�ammontare di elettricit� da fonti rinnovabili che il partecipante 
alla gara poteva offrire. Punti aggiuntivi sarebbero stati attribuiti per 
le quantit� in eccesso al 45%. 

La Corte stabil� che non era accettabile usare un criterio di vincita basato 
sull�ammontare totale di elettricit� da fonti rinnovabili in eccesso all�ammontare 
richiesto dal contratto, in quanto questo non era collegato all�oggetto del 
contratto stesso e avrebbe condotto a discriminazioni ingiustificate verso i partecipanti 
alla gara che rispettavano pienamente i requisiti del contratto. Tuttavia, 
i giudici affermarono anche che era possibile far uso di criteri ecologici 
premianti, anche se il criterio in questione non forniva un effetto economico 
immediato per l�autorit� che emetteva il bando di gara. La Corte aggiunse che 
era chiaramente ammissibile stabilire criteri premianti collegati ai metodi di 
produzione del prodotto acquistato (in questo caso energia da fonti rinnovabili), 
se rilevanti per il contratto. La Corte stabil� che la quantit� del 45%, data 
come criterio premiante, non era in conflitto con l�obbligazione dell�autorit� 
appaltante di identificare l�offerta economicamente pi� conveniente. 

Al fine di dare le stesse opportunit� a tutti i concorrenti nella formulazione 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

delle loro offerte, le autorit� pubbliche dovevano chiaramente comunicare i 
criteri, cosicch� a tutti i concorrenti fosse presentata una ragionevole quantit� 
di informazioni che con adeguata diligenza potesse essere interpretata allo 
stesso modo. 

La Corte di Giustizia stabil�, inoltre, che i criteri di vincita, per essere accettabili, 
dovevano poter essere verificabili, il che implicava che l�autorit� 
contraente richiedesse - attraverso la produzione di certificati ad esempio elementi 
tali da permettere la verifica delle informazioni fornite dai partecipanti 
alla gara in relazione ai criteri della stessa. 

Consideriamo ora la Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del 
Consiglio del 31 marzo del 2004 sul coordinamento delle procedure per l�aggiudicazione 
di contratti di lavori pubblici, contratti di offerta pubblica e contratti 
di servizi pubblici, e la Direttiva 2004/17/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio 
del 31 marzo del 2004 che coordina le procedure d�appalto di entit� operanti 
nei settori dell�acqua, energia, trasporti e nel settore del servizio postale. 

In queste direttive sono richiamate e vengono ufficializzate alcune considerazioni 
circa le procedure per l�aggiudicazione degli appalti pubblici, gi� 
contenute nella Comunicazione Interpretativa del 2001: in particolare quelle 
concernenti l�integrazione di criteri ambientali nella determinazione delle specifiche 
tecniche, i criteri d�aggiudicazione e d�esecuzione degli appalti pubblici. 
Nelle considerazioni iniziali della Direttiva 2004/17/CE, Il Parlamento 
Europeo ed il Consiglio affermano che la direttiva "[...] chiarisce le possibilit� 
per gli enti aggiudicatori di soddisfare le esigenze del pubblico interessato, 
tra l'altro in materia ambientale e sociale" (1) e "Conformemente all'articolo 
6 del trattato, le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente sono integrate 
nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui 
all'articolo 3 del trattato, in particolare nella prospettiva di promuovere lo 
sviluppo sostenibile. La presente direttiva chiarisce dunque in che modo gli 
enti aggiudicatori possono contribuire alla tutela dell'ambiente e alla promozione 
dello sviluppo sostenibile, garantendo loro la possibilit� di ottenere per 
i loro contratti il migliore rapporto qualit�/prezzo " (12); al punto (13), inoltre, 
sottolinea che "Nessuna disposizione della presente direttiva vieta di imporre 

o di applicare misure necessarie alla tutela dell'ordine, della moralit� e della 
sicurezza pubblici, della salute, della vita umana e animale o alla preservazione 
dei vegetali, in particolare nell'ottica dello sviluppo sostenibile, a condizione 
che dette misure siano conformi al trattato". 

Un�altra organizzazione sovranazionale che si occupa di sostenibilit� ambientale 
� l�Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). 

L�OCSE, con pi� di trenta stati membri, promuove politiche volte a: �(a) 
realizzare la pi� ampia espansione possibile dell'economia e dell'impiego e un 
miglioramento del tenore di vita nei paesi membri, mantenendo la stabilit� fi



nanziaria, contribuendo cos� allo sviluppo dell'economia mondiale; (b) contribuire 
a una sana espansione economica nei paesi membri, e non membri, in 
via di sviluppo economico; (c) contribuire all'espansione del commercio mondiale 
su una base unilaterale e non discriminatoria conformemente agli obblighi 
internazionali� (Convention on the Organisation for Economic 
Co-operation and Development, Paris, 14 dicembre 1960). 

Nelle �Raccomandazioni del Consiglio sul miglioramento della performance 
ambientale degli appalti pubblici � (4) (OCSE, 23 gennaio 2002), viene 
raccomandato che �i Paesi membri pongano maggior attenzione a considerazioni 
di carattere ambientale nell�acquisto di beni e servizi al fine di migliorare 
la performance ambientale degli appalti pubblici, e perci� promuovere un miglioramento 
continuo nella performance ambientale dei beni e servizi�. 

Recependo le normative europee il Ministero dell�Ambiente e della Tutela 
del territorio e del mare ha creato il �piano d�azione per la sostenibilit� ambientale 
dei consumi nel settore della pubblica amministrazione� . D�ora in 
avanti questo piano sar� citato come P.A.N. G.P.P. 

Il piano, adottato con decreto dell�11 aprile 2008 (G.U. n. 107 8 maggio 
2008), tende a ottimizzare il divario delle pubbliche amministrazioni italiane 
in materia ambientale e di GPP, al fine di massimizzare miglioramenti ambientali 
economici ed industriali. 

Il P.A.N. G.P.P. fornisce indicazioni generali sul Green Public Procurement, 
definendo gli obiettivi nazionali, identificando le categorie di beni, servizi 
e lavori che debbono ricevere priorit� per impatto ambientale e volume 
di spesa, definendo cos� �il criterio minimo ambientale�. 

Il documento prescrive specifiche direttive per gli enti pubblici, ai quali 
� richiesto di fare un�analisi delle loro necessit� con lo scopo di razionalizzare 
il consumo; inoltre identifica uffici ed enti competenti all�implementazione 
del Green Public Procurement e interessati al processo di spesa, disegnando 
uno specifico piano interno per le azioni di implementazione nel campo del 
GPP. In dettaglio il documento invita le autorit� locali a promuovere piani di 
efficienza per gli edifici scolastici dei quali sono responsabili. 

1.3 Vantaggi, difficolt� ed obiettivi del Green Public Procurement. 

Se la maggioranza degli uffici pubblici dirigesse la sua domanda verso 
prodotti a pi� basso impatto ambientale, ci sarebbero effetti significativi per 
un mercato di prodotti eco-friendly e l�industria sarebbe stimolata ad accrescere 
la sua produzione. Il GPP produce un effetto domino sul mercato e sugli 
operatori: fornisce incentivi a trovare soluzioni produttive ambientalmente efficienti, 
diffonde l�innovazione ed inoltre aiuta a spostare le preferenze dei 

(4) Recommendation of the Council on Improving the Environmental Performance of Public Procurement. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

consumatori in una direzione pi� ecologica. Dedicare tutta la domanda del settore 
pubblico ad acquisti ambientalmente preferibili, oltre ad una riduzione di 
costi grazie ad economie di scala ed all�aggregazione della domanda, offre 
inoltre tre significativi miglioramenti nel settore economico e sociale: 

a) sposta la produzione industriale verso prodotti ambientalmente preferibili 
ed ecosostenibili, stimolando la competizione tra le compagnie su tematiche 
ambientali; 

b) genera una consapevolezza dei cittadini in relazione ai prodotti ed al-
l�ambiente, includendo in ci� un comportamento d�acquisto pi� consapevole; 

c) riduce la spesa pubblica diminuendo i costi di gestione e, attraverso 
l�uso di prodotti ambientalmente preferibili, crea una internalizzazione ambientale 
di costi che in genere ricadono sul settore pubblico stesso. 

L�internalizzazione di questi costi non avviene in maniera immediata, ma 
nel lungo periodo pu� dare un contributo, attraverso il miglioramento delle finanze, 
a far uso delle pratiche di GPP. 

Tutte le azioni intraprese nell�ambito del GPP debbono conformarsi ad alcuni 
principi chiave per la promozione dello sviluppo sostenibile: perseguire 
l�obiettivo della dematerializzazione dell�economia, la quale genera una graduale 
riduzione di rifiuti e l�ottimizzazione nell�uso delle risorse, materiali ed energetiche. 
Per raggiungere ci�, concetti chiave sono il favorire l�innovazione tecnologica 
nei cicli produttivi e sviluppare materiali da materie prime rinnovabili. 

Ma il GPP ha anche altre implicazioni per quelle organizzazioni che ne fanno 
uso ed in generale per il contesto delle politiche ambientali ed economiche: 

a) incoraggia la diffusione del consumo sostenibile e di modelli d�acquisto 
ecologici da parte di imprenditori privati e di cittadini individuali, grazie 
all�esempio del settore pubblico; 

b) incoraggia la razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato per 
mezzo di un modello �culturale� che riguarda il frenare produzioni non pi� 
necessarie, dall�altro per mezzo di una pi� generale accettazione di un approccio 
pi� corretto alla valutazione del prezzo del prodotto, servizio o lavoro che 
� oggetto d�acquisto da parte del settore pubblico; 

c) incoraggia l�integrazione di tematiche ambientali nelle policies di altre 
organizzazioni oppure indirettamente riguarda settori che tradizionalmente 
non si occupano di tematiche ambientali (ad es. il Ministero dell�Economia) 
come anche settori con un enorme potenziale sulla permormance ambientale 
complessiva come il settore infrastrutturale, dei trasporti o edile; 

d) promuove la diffusione di un modello �culturale� teso alle tematiche 
ambientali sia dal lato della domanda che dell�offerta. La politica di appalto sostenibile 
rinforza significativamente gli incentivi esistenti in favore di ricerca e 
sviluppo ed innovazione, specialmente nel campo delle tecnologie ambientali; 

e) promuove la competenza dei dipendenti pubblici che si occupano di acquisti, 
in quanto incoraggia la responsabilit� e l�abilit� di ottimizzare scelte d�ac



quisto da un punto di vista economico complessivo e non solo finanziario; 

f) stimola le imprese ad investire in ricerca e sviluppo e propone soluzioni 
ambientali innovative che possono soddisfare l�acquirente pubblico. 

La domanda pubblica dunque pu� essere indirizzata verso direzioni pi� 
ecologiche, uno degli obiettivi della UE. 

Una ulteriore considerazione pu� essere aggiunta al punto b) e cio� che 
molti beni o servizi con un pi� basso impatto ambientale spesso hanno un 
prezzo di mercato che � pi� alto di quello del prodotto o servizio con la stessa 
funzione ma con un pi� alto impatto ambientale. Tuttavia, ci� non necessariamente 
implica che il Green Public Procurement comporti un incremento di 
costi per il settore pubblico. 

In primo luogo, l�acquisto di beni o servizi con un basso impatto ambientale 
si coniuga con una riduzione del loro consumo o di quello di beni e servizi 
connessi. Ad esempio, la fornitura di un servizio di pulizia ecologico � generalmente 
basato sull�uso di sostanze dannose per la salute e l�ambiente. Segue 
che i prodotti sono acquistati per un prezzo pi� alto ma in quantit� minori. Se 
prendiamo come esempio l�acquisto di una fotocopiatrice ecologica cio� con 
basso consumo energetico e di carta, con la funzione fronte - retro, il consumo 
di energia e carta diminuir� e cos� anche i costi. 

In secondo luogo, per calcolare se il GPP comporti un incremento nella 
spesa del settore pubblico � fondamentale tenere in considerazione non solo 
il prezzo di mercato di un prodotto o servizio, ma anche il costo del prodotto 
durante il suo ciclo vitale. 

Ci� implica di tenere in considerazione i costi collegati all�uso ed alla 
fine della vita del prodotto, ad esempio lo smaltimento, che nel caso di prodotti 
a basso impatto sono, nella gran parte dei casi, ridotti. 

Le difficolt� che possono essere incontrate nell�uso del GPP sono: 

� la difficolt� di valutare la compatibilit� ambientale dei prodotti; 
� la difficolt� di reperire questi prodotti sui mercati; 
� pi� alti costi (soprattutto costi storici) collegati alla compatibilit� ambientale; 
� la mancanza di sensibilit� ambientale nel contesto sociale e culturale. 


Queste problematiche possono tuttavia essere superate: infatti si sta diffondendo 
l�uso di etichette ecologiche e certificazioni ambientali che migliora 
la comunicazione nel mercato e permette ai consumatori di valutare meglio 
l�impatto ambientale dei prodotti. 

1.4 Corte dei Conti: Premio GPP Consip 2010 (5). 

A dimostrare la crescente attenzione per le tematiche legate alla sostenibilit� 
ambientale, nel 2009 il Ministero dell�Economia e delle Finanze e Consip 
S.p.A. hanno creato il premio �Progetti sostenibili e Green Public 
Procurement� dando riconoscimenti a due aree del settore pubblico e due societ� 
del settore privato che durante i dodici mesi precedenti abbiano raggiunto 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

risultati significativi nell�implementazione di politiche ambientali sostenibili. 

Nel 2010 il premio per la categoria �amministrazioni centrali� � stato 
vinto dalla Corte dei Conti per l�adozione di un approccio organico, sia organizzativo 
che manageriale, nel campo della sostenibilit�. 

Per alcuni anni la Corte dei Conti ha, in maniera crescente, preso in considerazione 
un approccio ecologico durante l�analisi del taglio dei costi e l�ottimizzazione 
delle attivit� di management. Lo scopo era sostenere l�efficienza 
e ridurre la spesa, come parte di un generale processo di rinnovamento e miglioramento 
delle attivit� dell�amministrazione dei settori operativi. 

Una serie di misure riguardanti diversi aspetti dell�organizzazione della 
Corte dei Conti sono state incluse nella sua corporate policy: 

� aderenza all�accordo Consip �servizio per l�energia integrata� per tutti 
gli uffici della Corte situati in Roma; 
� introduzione della chiusura obbligatoria il sabato per gli uffici della 
Corte in tutta Italia con lo scopo di contenere i costi di management e ridurre 
il consumo energetico; 
� introduzione, dall�inizio del 2010, per tutti gli uffici centrali e locali 
della posta elettronica certificata (PEC) per le comunicazioni ufficiali interne 
ed esterne. Ci� oltre a velocizzare le attivit�, comporta un significativo risparmio 
di carta, riduce l�uso di posta su gomma/binario, con la conseguente riduzione 
di emissioni atmosferiche; 
� pubblicazione, per circa cinque anni, di documenti interni diretti a tutto 
lo staff della Corte in Italia esclusivamente sul sistema INTRANET della Corte 


o via mail; 

� pubblicazione dei pi� importanti documenti della Corte su piattaforme 
digitali; introduzione nel 2003 di un database giuridico digitalizzato invece 
del formato cartaceo della Gazzetta Ufficiale; 
� introduzione di un nuovo sistema di gestione del parco automobili, che 
include l�uso di veicoli ecologici conformi agli standard Euro5, nonch� l�installazione 
di dispositivi per il risparmio energetico (start and stop, risparmio 
di energia in frenata etc.); 
� installazione di aree di parcheggio per biciclette con lo scopo di incoraggiare 
l�uso delle stesse tra i dipendenti; 
� implementazione di sistemi di raccolta differenziata, compresa la sezione 
dedicata ai rifiuti organici; 
� riciclo di supporti informatici obsoleti tramite il riuso. Gli stessi sono 
andati a scuole o associazioni caritative. 


Inoltre, l�opportunit� propizia si � avuta con l�inizio di una serie di ristrutturazioni 
e progetti di mantenimento (un programma di lavori chiamato 
�Progetto Efesto�) lanciati nel 2007 e che hanno riguardato gli uffici centrali 

(5) Devo ringraziare la Corte dei Conti per aver gentilmente fornito i dati. 


della Corte. Tra i molteplici interventi merita di essere menzionata l�installazione 
di pannelli fotovoltaici di ultima generazione con numerosi vantaggi 
pratici ed economici verso l�obiettivo finale della sostenibilit� ambientale. 
Proprio questa ultima caratteristica � stata l�oggetto della deliberazione Consip 
di attribuire il Premio GPP 2010 alla Corte. 

2. Best Practice: un caso esemplare. 

2.1 Interventi di GPP presso gli uffici di Via Baiamonti e Caserma Montezemolo. 

Confrontandosi con la necessit� di allineare i vecchi edifici ai nuovi standard 
normativi, la Corte dei Conti non si � limitata a rispettare alla lettera i requisiti 
minimi richiesti dalla normativa. Ma ha impostato un progetto di ristrutturazione 
generale con interventi che hanno riguardato ogni parte degli edifici: 

- sostituzione di tutte le porte e le finestre degli uffici centrali con soluzioni 
conformi alla normativa vigente in tema di riduzione del consumo energetico; 

-rimozione e smaltimento di tutte le tubature ed i canali obsoleti cio� 
composti di materiali non pi� accettati legalmente; 

-installazione di un sistema di aria condizionata centralizzato per sostituire 
il sistema esistente ormai obsoleto, con conseguente riduzione del consumo 
di energia. L�intervento ha introdotto l�innovazione che, per la prima 
volta, era ormai possibile il management centralizzato per quasi tutti gli uffici 
con evidenti benefici in termini di risparmio e di comfort; 
-installazione di mobilio e oggetti d�arredamento a basso impatto ambientale, 
come ad esempio la sostituzione di lampade alogene nei corridoi 
dell�intero edificio con luci a basso consumo, le lampade a LED; 


-acquisto di strumenti intelligenti per lo spegnimento automatico delle attrezzature. 
Un esempio per tutti: l�uso di sensori di movimento per l�illuminazione 
delle stanze: quando il sensore non registra pi� movimenti, la luce si 
spegne automaticamente da sola permettendo significativi risparmi di energia; 

-trasformazione dei circuiti elettrici da trifase 220 a trifase 380 volt+neutro, 
permettendo consistenti riduzioni di consumo; 

- ammodernamento dei cortili interni adeguandoli ai nuovi standard normativi. 


Tuttavia, l�elemento pi� importante non � stata la dimensione complessiva 
del progetto stesso ma l�installazione dell�impianto fotovoltaico per il suo significato 
simbolico. 

Infatti, nelle costruzioni moderne gli impianti fotovoltaici sono disegnati 
per integrarsi perfettamente con il sistema elettrico locale e nazionale. In questo 
modo, nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non pu� produrre l�energia 
sufficiente a coprire la domanda di elettricit�, questa viene fornita dal sistema. 
Viceversa, se l�impianto fotovoltaico produce un surplus di energia, questo 
pu� essere trasferito al sistema. 

� stato realizzato anche un piano di rinnovamento di quella che in passato 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

era la caserma dell�aviazione nazionale, la Caserma Montezemolo, ubicata 
anch�essa in Via Baiamonti. 

Il restauro � parte di un pi� vasto progetto di riunire in un singolo edificio 
una serie di uffici situati in pi� aree di Roma con significativi risparmi, non 
solo in termini di spesa ma anche di gestione dell�efficienza. 

Per questo progetto la Corte, alla luce della nuova legislazione in materia 
di risparmio energetico e in linea con le normative sulla sicurezza antincendio 
e di prevenzione, ha definito una serie di lavori strutturali per i nuovi uffici 
che hanno portato all�innalzamento della classificazione energetica dell�immobile 
alla classe �C�. 

3. Best Practice: una analisi economica (6). 

Dopo l�analisi descrittiva, intendiamo ora condurre un�analisi economica 
degli interventi di Green Public Procurement. 

In dettaglio, tra i diversi interventi realizzati nell�Istituzione, quello che 
sembra pi� significativo ed evocativo � l�installazione dell�impianto fotovoltaico 
dal costo di 76900,00 euro. 

3.1 L�impianto fotovoltaico. 

Prima di condurre un�analisi economica, � necessario riportare una serie 
di dati necessari all�analisi stessa. 

Il prezzo totale di aggiudicazione, comprensivo di installazione e costi di 
sicurezza, � stato di 92280,00 euro Iva inclusa. Nella seguente tavola sono illustrati 
i pi� importanti dati dell�impianto fotovoltaico che fornisce energia 
elettrica alla biblioteca degli uffici della Corte dei Conti in Via Baiamonti 25. 

Valore Note 
Potenziale dell�impianto 18.900 kWp Dal progetto definitivo 
Produzione attesa 24.500 kWh/a year Considerata la latitudine di Roma e la media annuale 
dell�irradiazione solare 
Costo � 92.280 Iva inclusa 
Vita residua 25 anni Beneficie economici e garanzie per 20 anni 
dal giorno di collaudo dell�impianto 

(6) Si ringrazia la Corte dei Conti per aver concesso i dati necessari all�analisi economica. 


Nel 2011 le entrate da energia fotovoltaica furono 7400,00 euro e nel 
2012 furono equivalenti a 10620,00 euro. Consideriamo, per gli scopi della 
nostra analisi, il pi� basso ammontare del 2011 come l�ipotesi meno fortunata, 
cio� l�ipotesi di un anno con bassi livelli di irradiazione solare. 

Riproduciamo l�ammontare per ogni anno, rivalutato ogni anno al 2%, al 
fine di ottenere una stima delle entrate dall�impianto fotovoltaico (il tasso del 
2% � un tasso teorico utilizzato per tutti i parametri). 

Anno Entrate annuali Rivalutazione al 2% 
0 7400 148 
1 7548 150.96 
2 7698,96 153,792 
3 7852,9392 157,058784 
4 8009,997984 160,999597 
5 8170,197944 163,4039589 
6 8333,601903 166,6720381 
7 8500,273941 170,0054788 
8 8670,279419 173,4055884 
9 8843,685008 176,8737002 
10 9020,558708 180,4111742 
11 9200,969882 184,0193976 
12 9384,98928 187,6997856 
13 9572,689065 191,4537813 
14 9764,142847 195,2828569 
15 9959,425704 199,1885141 
16 10158,61422 203,1722844 
17 10361,7865 207,23573 
18 10569,02223 211,3804446 
19 10780,40268 215,6080535 
20 10996,01073 219,9202146 
21 11215,93094 224,3186189 
22 11440,24956 228,8049913 
23 11669,05456 233,3810911 
24 11902,43565 

LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

Rivalutiamo l'investimento residuo al tasso teorico del 2%, lo stesso tasso 
della rivalutazione delle entrate. L'investimento residuo � calcolato sottraendo 
le entrate del primo anno dall'investimento iniziale. Quindi � rivalutato del 2% 
e sottratto al guadagno dell'anno successivo. 

Ripetendo l'operazione per 25 anni otteniamo: 

Anno Investimento residuo = Investimento - guadagno Incremento del 2% 
0 84880 1697,6 
1 79029,6 1580,592 
2 72911,232 1458,22464 
3 66516,51744 1330,330349 
4 59836,8498 1196,736996 
5 52863,38886 1057,267777 
6 45587,05473 911,7410946 
7 37998,52189 759,9704377 
8 30088,2129 601,7642581 
9 21846,29215 436,9258431 
10 0 0 
11 0 0 
12 0 0 
13 0 0 
14 0 0 
15 0 0 
16 0 0 
17 0 0 
18 0 0 
19 0 0 
20 0 0 
21 0 0 
22 0 0 
23 0 0 
24 0 

Ora, al fine di ottenere dati pi� eloquenti, analizziamo il trend delle differenze 
fra entrate e investimento residuo. 


Year Entrate � investimento residuo 
0 -77480 
1 -71481,6 
2 -65212,272 
3 -58663,57824 
4 -51826,85182 
5 -44693,19091 
6 -37253,45283 
7 -29498,24795 
8 -21417,93348 
9 -13002,60715 
10 9020,558708 
11 9200,969882 
12 9384,98928 
13 9572,689065 
14 9764,142847 
15 9959,425704 
16 10158,61422 
17 10361,7865 
18 10569,02223 
19 10780,40268 
20 10996,01073 
21 11215,93094 
22 11440,24956 
23 11669,05456 
24 11902,43565 
Tutti questi dati mostrano che l'investimento iniziale di 92.280 euro risulterebbe 
totalmente coperto a partire dall'11� anno di vita dell�impianto. 
Cos�, dall�11� anno inizierebbero i guadagni per la Corte. Tutto ci�, ripetiamo, 
prendendo a riferimento un anno sfortunato e non particolarmente soleggiato, 
cos� come il 2011 sembra essere stato rispetto al 2012. 

Ora, analizziamo l'ipotesi ottimistica di un anno molto soleggiato, come 
assumiamo essere stato il 2012, con una entrata equivalente a 10620,00. Ripetiamo 
le stesse operazioni effettuate per l'ipotesi pessimistica. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

Riproduciamo questo ammontare per ogni anno. Ogni anno � rivalutato 
al 2% allo scopo di avere una stima delle entrate dell'impianto fotovoltaico. 
Utilizziamo il tasso teorico del 2% sia per la rivalutazione delle entrate di investimento 
che per la rivalutazione del residuo di investimento stesso. Sappiamo 
che la vita utile di tali pannelli � di 25 anni. 

Anno Entrate annuali Aumento del 2% 
0 10620 212,4 
1 10832,4 216,648 
2 11049,048 220,98096 
3 11270,02896 225,4005792 
4 11495,42954 229,9085908 
5 11725,33813 234,5067626 
6 11959,84489 239,1968979 
7 12199,04179 243,9808358 
8 12443,02263 248,8604525 
9 12691,88308 253,8376616 
10 12945,72074 258,9144148 
11 13204,63516 264,0927031 
12 13468,72786 269,3745572 
13 13738,10242 274,7620483 
14 14012,86446 280,2572893 
15 14293,12175 285,8624351 
16 14578,98419 291,5796838 
17 14870,56387 297,4112774 
18 15167,97515 303,359503 
19 15471,33465 309,426693 
20 15780,76135 315,6152269 
21 16096,37657 321,9275314 
22 16418,3041 328,3660821 
23 16746,67019 334,9334037 
24 17081,60359 

Rivalutiamo l'investimento residuo al tasso teorico del 2%, lo stesso tasso 
di rivalutazione delle entrate. L'investimento residuo � calcolato sottraendo le 
entrate del primo anno dall'investimento iniziale. Quindi lo rivalutiamo al 2% 
e sottraiamo le entrate dell'anno successivo. 

Ripetendo l'operazione per 25 anni otteniamo: 


Ora, al fine di ottenere dati pi� eloquenti, analizziamo il trend delle differenze 
fra entrate ed investimento residuo. 

Anno Investimento residuo = Investimento - entrate Aumento del 2% 
0 81660 1633,2 
1 72460,8 1449,216 
2 62860,968 1257,21936 
3 52848,1584 1056,963168 
4 42409,69203 848,1938406 
5 31532,54774 630,6509548 
6 20203,3538 404,067076 
7 8408,379087 168,1675817 
8 0 0 
9 0 0 
10 0 0 
11 0 0 
12 0 0 
13 0 0 
14 0 0 
15 0 0 
16 0 0 
17 0 0 
18 0 0 
19 0 0 
20 0 0 
21 0 0 
22 0 0 
23 0 0 
24 0 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 

Anno Entrate � Investimento residuo 
0 -71040 
1 -61628,4 
2 -51811,92 
3 -41578,12944 
4 -30914,26249 
5 -19807,20961 
6 -8243,508909 
7 3790,662703 
8 12443,02263 
9 12691,88308 
10 12945,72074 
11 13204,63516 
12 13468,72786 
13 13738,10242 
14 14012,86446 
15 14293,12175 
16 14578,98419 
17 14870,56387 
18 15167,97515 
19 15471,33465 
20 15780,76135 
21 16096,37657 
22 16418,3041 
23 16746,67019 
24 17081,60359 

Tutti questi dati indicano che l'investimento iniziale di 92280,00 euro verrebbe 
totalmente coperto a partire dall'8� anno di vita dei pannelli e che quindi 
a partire dall'8� anno inizierebbero i guadagni annuali per la Corte. Tutto ci�, 
ripetiamo, utilizzando dati di un anno particolarmente fortunato e soleggiato 
come il 2012, rispetto al meno fortunato 2011. 

Possiamo concludere, quindi, che nella migliore delle ipotesi l'investimento 
iniziale verrebbe coperto a partire dall'8� anno di vita dell'impianto, in 
seguito al quale l'impianto inizierebbe a generare un guadagno netto. 

Nella peggiore delle ipotesi l'ammortamento si completerebbe all'11� 
anno, con l'impianto che genera guadagno per i rimanenti 14 anni. 


CONCLUSIONI 

Il Green Public Procurement se valutato al criterio del costo storico � 
economicamente non conveniente. Ma il criterio stesso non � valido per certi 
tipi di investimenti. 

I sistemi di GPP sono investimenti da valutare secondo il criterio del ciclo 
vitale. 

Nel contesto italiano, la speranza � che non solo il GPP diventi pratica 
comune ma che diventi obbligatoria come misura per proteggere l�ambiente e 
le future generazioni. 

L�uso del GPP deve diventare parte della nostra cultura. Per questo il modello 
offerto dalla Corte dei Conti � emblematico nel senso che rappresenta la 
concretizzazione di un avanzamento culturale. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Considerazioni sui poteri del Presidente del Consiglio 
dei ministri nell'attivit� normativa del Governo 

L'evoluzione del ruolo del Premier nei Governi degli ultimi vent'anni 

Carlo Deodato* 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il regime costituzionale dei poteri del Presidente del Consiglio 
- 3. La disciplina ordinaria - 4. La prassi dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento 
nell'attivit� normativa - 5. L'influenza del sistema elettorale e (pi� in generale) 
di quello politico sul ruolo del Presidente del Consiglio - 6. Prospettive evolutive, de iure 
condito e de iure condendo - 7. L'evoluzione del ruolo del Presidente del Consiglio nell'esperienza 
degli ultimi vent'anni - 8. Il decisionismo monocratico nel Governo in carica - 9. Considerazioni 
finali. 

1. Premessa. 

La personale esperienza maturata nelle collaborazioni con gli ultimi Governi 
ci suggerisce una disamina delle funzioni di indirizzo e di coordinamento 
assegnate dalla Costituzione al Presidente del Consiglio (segnatamente nella 
direzione dell'attivit� normativa) e un'analisi dell'evoluzione del loro esercizio 
negli Esecutivi della c.d. Seconda Repubblica. 

Senza alcuna pretesa di esaustivit� o di rigore accademico, ci limiteremo 
a rintracciare, nella declinazione operativa dell'art. 95 Cost., alcuni spunti di 
riflessione per una migliore comprensione del diritto vivente e degli sviluppi, 
di fatto (pi� che di diritto), dell'interpretazione del ruolo del Primo Ministro 
nell'attuale sistema politico-istituzionale. 

La vistosa mancanza della revisione della forma di Governo e, in particolare, 
della disciplina del ruolo del Presidente del Consiglio (d'ora innanzi 

(*) Consigliere di Stato. 


Presidente) nel progetto di riforma costituzionale proposto dal Governo in carica 
(che si � tradotto nella recente approvazione in prima lettura al Senato del 
relativo disegno di legge) impone, peraltro, una riflessione sull'esegesi dell'art. 
95 della Costituzione, sulla sua applicazione nella prassi degli ultimi Governi 
e sulle prospettive della sua modifica (da pi� parti avvertita come necessaria, 
al pari della riforma relativa al superamento del bicameralismo perfetto), anche 
al fine di comprendere la persistenza delle ragioni della sua revisione e di indagare 
le ragioni della suddetta lacuna. 

Ci occuperemo, in particolare, di descrivere la genesi dell'art. 95 Cost., 
di analizzare le diverse opzioni ermeneutiche, di studiare la sua declinazione 
nella legislazione ordinaria, di esaminarne le esperienze applicative e di illustrare 
le differenti proposte di revisione. 

Il perimetro dell'indagine rester�, quindi, limitato allo scrutinio dei rapporti, 
interni al Governo, tra il Presidente, i Ministri e il Consiglio dei ministri, 
con particolare riguardo all'attivit� normativa di competenza dell'Esecutivo. 

Non esamineremo, di conseguenza, le questioni attinenti alla forma di governo 
e, in particolare, ai rapporti dell'Esecutivo con gli altri organi costituzionali 
n� le modalit� di nomina del Presidente (se non nella misura in cui si rivelino 
strettamente funzionali allo scrutinio del tema principalmente esaminato). 

Dedicheremo, invece, un'attenzione particolare alla trasformazione del 
ruolo del Presidente, a costituzione invariata, rintracciabile nell'analisi dell'attivit� 
degli ultimi Governi e (segnatamente) di quello attualmente in carica. 

Sotto un profilo pi� strettamente metodologico giova, ancora, avvertire 
che la disamina del problema dei rapporti tra il Presidente e il Consiglio dei 
ministri sar� condotta, oltrech� alla stregua di parametri prettamente giuridici, 
sulla base di canoni pi� propriamente politologici, non potendosi trascurare 
l'influenza dell'assetto politico-partitico sulla forza del Capo dell'Esecutivo 
nei riguardi dei Ministri. 

2. 1l regime costituzionale dei poteri del Presidente del Consiglio. 

2.1- La Costituzione descrive (all'art. 95) il ruolo del Presidente con 
espressioni (volutamente) generiche e, per certi versi, equivoche, tanto che la 
disposizione � stata definita vaga e ambigua (1) e ha impegnato la dottrina in 
una complessa opera ermeneutica (2) (di cui daremo conto infra). 

(1) E. CATELANI, Art. 95, in Commentario alla Costituzione, a cura di P. Bifuico, A. Celotto, M. 
Olivetti, Torino, 2006, vol. II, 1842; E. CHELI - V. SPAZIANTE, Il Consiglio dei Ministri e la sua presidenza: 
dal disegno alla prassi, in L'istituzione Gov., pag. 43. 
(2) A. AMBROSI, voce Art. 95, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. 
Bin, Cedam, Padova, 2008, pp. 863 ss.: L. BARRA CARACCIOLO, Evoluzione del potere di coordinamento 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, disponibile sul sito www.centrostudiparlamentari.it.; P. BONETTI, 
L'ultimo tentativo di potenziare il ruolo costituzionale del Presidente del Consiglio dei Ministri: 
il riordino della Presidenza, in Rassegna parlamentare, 2000, fasc. 4, pp. 863 ss.; P. BONETTI, Il coor



DOTTRINA 303 

Ma, prima di illustrare le diverse tesi ricostruttive, appare utile una sintetica 
rassegna dei diversi modelli organizzativi (del Governo) esaminati dal-
l'Assemblea Costituente, del dibattito che si � svolto in seno ad essa e degli 
esiti decisori, poi cristallizzati nelle formule lessicali dell'art. 95 Cost. 

2.2- Le opzioni esaminate possono essere classificate secondo il seguente 
catalogo: a) direzione politica monocratica (Kanzlersprinzip); b) direzione 
politica collegiale (Kabinettsprinzip); c) autonomia dei singoli Ministri (Ressortsprinzip) 
(3). 

Si sono, tuttavia, confrontati, in concreto, due soli modelli: quello collegiale 
e quello monocratico. 

La recente (all'epoca della Costituente) esperienza del regime fascista 
aveva, in particolare, indotto i comunisti a preferire il modello collegiale (fino 
al punto da rifiutare la stessa previsione in Costituzione della figura del Capo 
dell'Esecutivo), mentre i democristiani avevano manifestato una preferenza 
per il principio della preminenza del Presidente. 

Le forze di sinistra temevano che la costituzionalizzazione della respon


dinamento della progettazione degli atti normativi del Governo: problemi e prospettive, in 
www.astrid.eu.; P.A. CAPOTOSTI, voce Presidente del Consiglio, in Enc. Dir., XXXV, Milano, 1986; E. 
CASTORINA, Direzione e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri nel sistema della protezione 
civile, in www.forumcostituzionale.it; E. CATELANI, Art. 95, in Commentario alla Costituzione, 
a cura di P. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Torino, 2006, vol. II, pp. 1836 ss.; E. CATELANI, voce Presidente 
del Consiglio dei Ministri, in Dizionario di diritto pubblico, a cura di S. Cassese, Milano, Giuffr�, 
2006, pp. 4431-4440; P. CIARLO, Commento all'art. 95, in Commentario della Costituzione, a cura di G. 
Branca, Zanichelli, Bologna, 1994, pp. 321 ss.; G.P. CIRILLO, Il potere di coordinamento amministrativo 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in www.giustizia.amministrativa.it; F. COCOZZA, L'ufficio 
centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa, le "procedure di governo" e "il governo in Parlamento", 
in Il Foro italiano, 1989, fasc. 6, pp. 366-371; M. D'UBALDI, L'attuazione della riforma. I 
nuovi poteri del Presidente del Consiglio, in Parlamento, 1988, fasc. 11-12. pp. 53-54; E. LONGO, La 
mutazione del potere di direttiva del Presidente del Consiglio nella prassi pi� recente, in Osservatorio 
sulle fonti, n. 1/2009; C. MANCINO - G. SAVIANI, Le strutture di coordinamento della presidenza del Consiglio: 
il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) e il Dipartimento per il coordinamento 
amministrativo (DICA), in amministrazioneincammino.luiss.it; S. MERLINI, Presidente del Consiglio e 
collegialit� del Governo, in Quaderni costituzionali, 1982, fasc. I. pp. 7 ss.; M. MEZZANOTTE, La figura 
del Presidente del Consiglio tra norme scritte e prassi, in Politica del diritto, 2001, fasc. 2, pp. 325 ss.; 

A. PAJNO, La presidenza del consiglio dei ministri dal vecchio al nuovo ordinamento, in Commento ai 
decreti legislativi n. 300 e 303 del 1999 sulla riorganizzazione della presidenza del consiglio e dei ministeri, 
a cura di A. Pajno e L. Torchia, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 35 ss.; G.G. PALEOLOGO, L 'attivit� 
normativa del governo nella legge sull'ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri, in Il 
Foro italiano, 1989, fasc. 6, pp. 344-354; F. PIGA, Ordinamento della Presidenza del Consiglio e rapporto 
organi ausiliari -Governo, in Quaderni costituzionali, 1982, fasc. 1, pp. 81 ss.; G. PITRUZZELLA, 
Il Governo del Premier, in La Costituzione promessa. Governo del Premier e federalismo alla prova 
della riforma, a cura di P. Calderisi, F. Cintioli, G. Pitruzzella, Soveria Mannelli, Rubettino, 2004; A. 
PREDIERI, voce Presidente del Consiglio dei Ministri, in Enc. giur. Trccani, 1991; A. RUGGERI, Il Governo 
tra vecchie e nuove regole e regolarit� (spunti problematici), in Atti del Convegno annuale dell'Associazione 
Italiana dei Costituzionalisti, Palermo, 2001; D. TRABUCCO, Il rapporto tra il Presidente del 
Consiglio dei Ministri e i Ministri: un difficile punto di equilibrio, in www.forumcostituzionale.it. 

(3) Per una compiuta rassegna del dibattito in senso all'Assemblea Costituente si vedano M. MEZZANOTTE 
e P. CIARLO, opere citate. 


sabilit� politica dell'Esecutivo in capo al Primo Ministro potesse favorire una 
gestione personalistica e plebiscitaria del Governo, mentre quelle cattoliche 
giudicavano indispensabile affidare al Capo dell'Esecutivo il compito di assicurare 
unit� ed efficienza all'azione di governo. 

Come accadde per diverse altre previsioni costituzionali che scontavano 
una significativa distanza ideologica tra le principali forze politiche e culturali 
rappresentate in seno alla Costituente (comunisti e democristiani), anche la 
redazione finale dell'art. 95 fu il frutto di un compromesso (implicante la reciproca 
rinuncia alle tesi di partenza). 

La mediazione raggiunta comporta il riconoscimento in capo al Consiglio 
dei ministri della responsabilit� collegiale della politica generale dell'Esecutivo 
(tanto che, secondo l'opinione pi� accreditata, l� dove la Costituzione menziona 
genericamente il Governo, si deve intendere il Consiglio dei ministri (4)) e l'attribuzione 
al Primo Ministro (il cui ruolo risulta, quindi, costituzionalizzato) 
delle funzioni di direzione della stessa e di mantenimento dell'unit� di indirizzo 
politico, nonch� di promozione e di coordinamento dell'attivit� dei Ministri. 

Rimasero, invece, disattese le istanze intese a rafforzare il ruolo del Presidente, 
quali quelle relative alla previsione di un sistema di cancellierato, all'introduzione 
della sfiducia costruttiva, all'intestazione del rapporto fiduciario al 
solo Primo Ministro, alla costituzionalizzazione di un consiglio di gabinetto (5). 

Resta cos� confermato il carattere transattivo della soluzione votata. 

Si tratta, per altro verso, di una scelta determinata (oltrech� dalla segnalata 
esigenza di sintesi politica) dal rilievo che le dinamiche dei rapporti tra il Presidente, 
i Ministri e il Consiglio dei ministri devono restare affidate alla dialettica 
propriamente politica interna all'Esecutivo e possono essere regolate, in 
astratto, solo con l'affermazione di principi generali che esigono una successiva 
declinazione nella legislazione ordinaria, oltre che (se non soprattutto) nella 
prassi (in conformit� al principio di autodeterminazione del sistema politico). 

2.3- La formulazione testuale della disposizione non appare, tuttavia, idonea 
a risolvere le questioni che sono state agitate in seno alla Costituente. 

Le difficolt� ermeneutiche si appuntano, in particolare, sia sull'interpretazione 
dell'oggetto dell'attivit� affidata alla responsabilit� del Presidente, sia 
sui contenuti dei poteri allo stesso attribuiti. 

2.4- Le nozioni di politica generale e di indirizzo politico e amministrativo 
sono apparse, infatti, di difficile decifrazione gi� ai primi commentatori della 
Costituzione. 

Un primo problema � quello che attiene ai rapporti tra i due concetti, non 
essendo chiaro se politica generale e indirizzo politico coincidono (6), se la 

(4) L. PALADIN, Governo, Enc. Dir., 706; A. RUGGERI, op. cit. 
(5) P. CIARLO, op. cit., 352. 
(6) L. PRETI, IL Governo nella Costituzione italiana, pag. 11 e ss. 



DOTTRINA 305 

prima costituisce attuazione del secondo (7) o se, al contrario, il secondo costituisce 
attuazione della prima (8). 

Attesa l'impossibilit� (prima che la difficolt�) di stabilire un ordine tra le 
due attivit� (risultando plausibili tutte e tre le interpretazioni sopra riportate) 
appare, invece, utile ribadire che la responsabilit� della determinazione dei 
contenuti di entrambe resta pacificamente affidata al Consiglio dei ministri. 

Ma rimangono da chiarire i caratteri delle due funzioni, potendosi ritenere, 
ai fini che qui rilevano, quella di politica generale assorbita da quella di 
indirizzo politico (e, quindi, esaminabile congiuntamente a quest'ultima). 

L'interpretazione della nozione di indirizzo politico ha risentito, pi� di 
altre, dell'evoluzione dell'organizzazione interna dello Stato e dei suoi rapporti 
con le istituzioni sovranazionali, nella misura in cui dall'originaria lettura di 
Mortati (9) (a sua volta influenzata dall'organicismo tedesco di Carl Schmitt 
(10)) quale funzione preordinata all'individuazione, con valenza normativa e 
cogente, dei fini generali dello Stato, passando per le esegesi di Crisafulli (11) 
e di Lavagna (12), che ne offrono una lettura riduttiva (l� dove intendono tutelare 
l'autonomia degli altri organi costituzionali e la posizione sovraordinata 
della Costituzione nella determinazione delle finalit� dello Stato), si giunge 
fino alle interpretazioni pi� moderne (13) che imputano la titolarit� della funzione 
in questione alle regioni, al Parlamento o all'Unione Europea, relativamente 
alle loro rispettive competenze istituzionali e politiche, e che riservano 
al Governo la sola individuazione degli obiettivi generali attinenti alla sua 
azione (e nei limiti delle sue attribuzioni costituzionali). 

2.5- Anche le nozioni di direzione e di coordinamento hanno impegnato 
i costituzionalisti in una ardua opera ermeneutica. 

L'ambiguit� semantica dell'uso del verbo dirigere ha imposto agli interpreti 
una difficile esegesi di una previsione che pu� essere letta sia come significativa 
di un mero compito di indirizzo di decisioni affidate alla 
responsabilit� collegiale del Consiglio dei ministri, sia come significativa di 
un pi� incisivo compito di determinazione dei contenuti dell'azione di governo. 

La preferenza che dev'essere accordata alla prima opzione ermeneutica 
(come meglio chiarito infra) comporta il rilievo dell'assenza, in capo al Presidente, 
di efficaci strumenti di esigibilit� delle direttive, la cui effettivit� resta 

(7) T. MARTINES, in Enc. Dir., Indirizzo politico, pag.155; G. FERRARA, Il Governo di coalizione, 
pag. 144 e ss. 
(8) A. MANNINO, Indirizzo politico e f�ducia nei rapporti tra Governo e Parlamento, pag. 52 e ss. 
(9) C. MORTATI, L'ordinamento del governo nel nuovo diritto pubblico italiano. 
(10) C. SCHIMITT, Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranit�. 
(11) V. CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in Studi Urbinati, 1939. 
(12) C. LAVAGNA, Contributo alla determinazione dei rapporti giuridici tra Capo del Governo e 
ministri. 
(13) R. BIN - G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, 166; G. CUOMO, Unit� e omogeneit� nel governo 
parlamentare, 1957, 165; V. CRISAFULLI - D. NOCILLA, Nazione, Enc. Dir., 810. 



confinata al circuito politico dei rapporti di forza interni all'Esecutivo (ma 
anche al Parlamento) e, in definitiva, all'uso dell'unica vera arma di cui dispone 
il Primo Ministro: la minaccia della crisi. 

In alternativa, l'inadempimento del Ministro pu� sempre essere sanzionato 
con la mozione di sfiducia individuale (secondo i canoni e le regole chiariti 
dalla Corte Costituzionale a proposito del caso Mancuso (14)), ma nell'ambito 
di una iniziativa politico-parlamentare (rispetto alla quale il Primo Ministro 
resta giuridicamente e formalmente estraneo). 

Pure l'attivit� di coordinamento, di per s�, non appare di agevole interpretazione. 


La struttura policentrica del Governo (tendente al ministerialismo (15)), 
infatti, impedisce una qualificazione esatta della funzione di coordinamento, 
che, tuttavia, pu� essere definita come quella competenza mediante la quale 
il Presidente sintetizza le diverse iniziative dei Ministri e armonizza le loro 
differenti o contrastanti posizioni, assicurando la coerenza delle decisioni con 
il programma di Governo, dovendosi, invece, rifiutare le letture che ne evidenziano 
il carattere meramente circolare o equiordinato (16). 

2.6- Ne risulta una oggettiva difficolt� nella definizione del ruolo del Presidente 
e del nucleo dei poteri a esso affidati dalla Costituzione. 

Tuttavia, a fronte delle opinioni minoritarie, che intestano, per un verso, 
al Presidente la responsabilit� dell'indirizzo politico del Governo (17) e, per 
un altro, al Consiglio dei ministri l'imputazione esclusiva della determinazione 
della politica generale dell'Esecutivo (18), la lettura prevalente (19) � 
quella che, invece, rifiutando sia il principio monocratico sia quello collegiale 
(intesi in senso assoluto), preferisce il riconoscimento di una posizione 
differenziata del Presidente (di primus inter pares), sebbene non di preminenza, 
che si sostanzia nelle funzioni di impulso, indirizzo, direzione e coordinamento 
nei processi decisionali che impegnano l'indirizzo politico del 
Governo e che restano affidati alla responsabilit� collegiale del Consiglio 
dei ministri. 

Si tratta, quindi, di un'interpretazione che sintetizza, armonizzandoli, i 
principi di direzione monocratica del Governo e di imputazione collegiale 
della determinazione dei contenuti della sua politica generale, che dovranno 

(14) Corte Cost., sentenza 18 gennaio 1996, n. 7. 
(15) L. PALADIN, Diritto Costituzionale, 411. 
(16) V. BACHELET, Profili giuridici dell'organizzazione amministrativa, pag. 16 e ss.; V. COCOZZA, 
Autonomia finanziaria regionale e coordinamento, pag. 31, P. CIARLO, op. cit., 377. 
(17) C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, 1975, 553; A. PREDIERI, Lineamenti della posizione 
costituzionale del Presidente del Consiglio, 1951: G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio 
dei ministri e l'organizzazione del Governo, 1986, 202. 
(18) F. CUOCOLO, Il Governo nel vigente ordinamento italiano, 1959, 117; A. RUGGERI, Il Consiglio 
dei Ministri nella Costituzione italiana, 1981. 
(19) P. CIARLO, op. cit.; E. CHELI - V. SPAZIANTE, op. cit. 



DOTTRINA 307 

essere coniugati secondo le dinamiche proprie dei rapporti politici e in coerenza 
con il sistema istituzionale di riferimento (20). 

In definitiva, secondo la comune lettura dell'art. 95 Cost., per come declinata 
nella legislazione ordinaria (secondo le regole descritte nel paragrafo 
che segue), l'assunzione delle decisioni che impegnano la politica generale del 
Governo (e, segnatamente, l'approvazione dei provvedimenti normativi) compete 
al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, 
mentre residuano in capo al Presidente (che, tuttavia, viene classificato come 
"autonomo centro di potere" (21) e "organo costituzionale" (22) le sole funzioni 
di indirizzo e di coordinamento. 

2.7- Si tratta, in ogni caso, di una disposizione dai confini (volutamente) 
elastici e flessibili, nella misura in cui il discrimine delle funzioni del Presidente, 
rispetto a quelle dei Ministri e del Consiglio dei ministri, resta, in definitiva, 
affidato alla dialettica politica delle relazioni di potere interne 
all'Esecutivo. 

3. La disciplina ordinaria. 

3.1- Il riparto delle competenze tra Presidente e Consiglio dei ministri, 
sanzionato dalla Costituzione con la sola affermazione dei principi generali 
appena esaminati, � rimasto, quindi, affidato alla legislazione ordinaria. 

L'attuazione dell'art. 95 Cost. � stata consacrata (solo) con l'approvazione 
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e, poi, ulteriormente precisata con l'emanazione 
del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 303, del 1999, che si sono preoccupati (la 
legge) di definire, in coerenza con la lettura pi� accreditata della suddetta previsione 
costituzionale, gli ambiti funzionali rispettivamente riservati al Presidente 
e al Consiglio dei ministri e (il decreto legislativo) di assicurare al 
Presidente un'organizzazione amministrativa funzionale all'esercizio delle sue 
funzioni di impulso, indirizzo e coordinamento. 

3.2- La legge n. 400 ha individuato, all'art. 2, le funzioni spettanti al Consiglio 
dei ministri e all'art. 5 quelle attribuite al Presidente. 

Dalla disamina del catalogo delle attribuzioni dettagliate in tali due disposizioni 
resta confermata la distinzione tra i compiti afferenti alla determinazione 
della politica generale del Governo, che rimangono affidati al 
Consiglio dei ministri, e quelli pertinenti alla promozione e al coordinamento 
dell'azione dell'Esecutivo, che restano intestati al Presidente. 

Per quanto concerne, in particolare, l'assunzione delle decisioni normative 
(che, si ricorda, costituisce l'oggetto principale del presente studio), competono 
al Consiglio dei ministri le deliberazioni relative all'approvazione dei disegni 

(20) S. BARTOLE, Governo, 638; R. BIN - G. PITRUZZELLA, op. cit., 169. 
(21) G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio e l'organizzazione del Governo, 197. 
(22) C. MEZZANOTTE, op. cit., 346. 



di legge, dei decreti legge, dei decreti legislativi e dei regolamenti aventi la 
forma del d.P.R. (art. 2, comma 3, lett. b e c, l. cit.), mentre residuano in capo 
al Presidente le mere funzioni attinenti agli adempimenti relativi alle deliberazioni 
normative del Consiglio dei ministri (art. 5, comma 1, lett. e), d), e), l. 
cit.) e quelle, pi� politiche, dettagliate all'art. 5, comma 2, l. cit. 

Tra queste ultime, rivestono una peculiare rilevanza, siccome espressive 
dei poteri di direzione cristallizzati in Costituzione, le attribuzioni che contemplano 
il potere di indirizzare direttive ai Ministri, di coordinare e promuovere 
la loro attivit� (l� dove incida sulla politica generale del Governo), di 
sospendere l'adozione di atti da parte dei Ministri competenti, sottoponendoli 
alla riunione successiva del Consiglio dei ministri, di deferire a quest'ultimo 
le decisioni sulle quali siano emersi contrasti tra amministrazioni e di concordare 
con i Ministri interessati le dichiarazioni pubbliche che impegnano la politica 
generale dell'Esecutivo. 

Merita, peraltro, un'attenzione particolare l'attribuzione al Consiglio dei 
ministri (anzich� al Presidente) del potere di porre la questione di fiducia (art. 
2, comma 2, lett. a), l. cit.). 

Nonostante alcune precedenti iniziative legislative avessero proposto la 
diversa soluzione di intestare direttamente al Presidente tale competenza, il 
legislatore del 1988 ha optato per la sua attribuzione al Consiglio dei ministri, 
sancendo, in tal modo, la titolarit� collegiale della gestione del circuito fiduciario 
Governo-Parlamento. 

Si tratta, come � evidente, di una scelta dirimente in ordine ai rapporti tra 
il principio monocratico e quello collegiale, atteso che la decisione sull'apposizione 
della questione di fiducia implica la scelta di una strategia (tutta politica) 
di governo dei rapporti tra l'Esecutivo, la maggioranza e l'opposizione (23). 

3.3- Si tratta, come si vede, di un nucleo di poteri che conferma la qualificazione 
del Presidente come primus inter pares, nella misura in cui configura 
un ruolo di preminenza nella direzione dell'azione di Governo, ma non di supremazia 
sui singoli Ministri, che si declina nell'imputazione al Primo Ministro 
delle (sole) responsabilit� di impulso, di indirizzo e di sintesi dell'attivit� del-
l'Esecutivo. 

3.4- Peraltro, le predette funzioni, che servono ad assicurare l'esercizio 
del ruolo direttivo affidato dalla Costituzione al Presidente, restano, perlopi�, 
sprovviste di sanzione e scontano, quindi, un deficit di effettivit�, nel senso 
che l'inosservanza delle direttive o della promozione di specifiche iniziative 
normative genera, al pi�, conseguenze politiche, ma non produce alcun effetto 
giuridico (24). 

In particolare, l'impossibilit� (giuridica), per il Primo Ministro, di sosti


(23) Come ben rilevato da P. CIARLO, op. cit., 42. 
(24) N.L. PALADIN, Governo, 695. 



DOTTRINA 309 

tuirsi al Ministro inadempiente, di revocargli l'incarico (25) o di disporre l'annullamento 
degli atti adottati in violazione delle direttive impone, per un verso, 
di ricondurre a dinamiche puramente politiche eventuali conflitti interni al Governo 
e impedisce, per un altro verso, di riconoscere al Presidente un'effettiva 
posizione di preminenza nella determinazione dell'indirizzo politico dell'Esecutivo, 
in coerenza, in ogni caso, con l'esegesi prevalente della previsione costituzionale 
di riferimento. 

3.5- Le lacune appena segnalate nella configurazione dei poteri del Primo 
Ministro hanno, peraltro, fondato le tesi, largamente accreditate e condivise, 
relative alla necessit� di un rafforzamento del suo ruolo, mediante una revisione 
costituzionale che gli assegni responsabilit� dirette di determinazione 
della politica generale dell'Esecutivo e una posizione di effettiva supremazia 
sui Ministri (che si esprima, ad esempio, mediante la potest� di revoca dell'incarico 
a questi ultimi). 

3.6- Si deve, in ogni caso, avvertire che, come in ogni organismo collegiale, 
il peso del Presidente sulle decisioni del collegio continuer� a dipendere 
da fattori esterni alle regole di funzionamento di quest'ultimo. 

Ancorch�, infatti, l'assunzione delle decisioni venga attribuita alla responsabilit� 
del Consiglio dei ministri, l'influenza del Presidente resta condizionata 
dalla sua autorevolezza personale, dal peso politico della maggioranza parlamentare 
di riferimento, dalla forza (politica e personale) dei singoli Ministri, 
dall'intensit� della legittimazione popolare del Premier, dalla natura composita 

o meno dell'Esecutivo. 

Dunque, bench� la Costituzione e il legislatore ordinario si siano sforzati 
di disciplinare i ruoli del Presidente e del Consiglio dei ministri nell'esercizio 
delle funzioni del Governo, la regolazione che ne � derivata rimane necessariamente 
elastica e flessibile, in modo da adattarsi alle diverse condizioni del 
contesto politico e partitico e consentire cos� un'oscillazione dal modello propriamente 
collegiale (tipico di governi di coalizione generati da un sistema 
parlamentare a rappresentanza proporzionale) a un modello di preminenza del 
Primo Ministro (pi� coerente con governi monocolore derivati da sistemi elettorali 
a forte impronta maggioritaria). 

3.7- In passato si � tentato di risolvere le difficolt� di gestione dei rapporti 
interni al Governo ricorrendo a moduli organizzativi diversi quali i Comitati interministeriali 
o il Consiglio di gabinetto (istituito nel 1983 con il primo Governo 
Craxi), ma tali soluzioni si sono rivelate fallaci, nella misura in cui sono risultate 
fattori di complicazione, pi� che di semplificazione, dei processi decisionali (26). 

(25) La dottrina prevalente nega la possibilit� della revoca di un Ministro (L. PALADIN, op. cit., 
G. PITRUZZELLA, op. cit., M. VILLONE, Art. 94, Comm. Branca, G. AZZARTI, C. Cost., 1995, S. NICCOLAI, 
Il Governo), anche se sono registrabili opinioni favorevoli (V. GALIZIA, Studi sui rapporti tra Parlamento 
e Governo, A. PREDIERI, Lineamenti, C. MORTATI, Istituzioni). 
(26) P. CIARLO, op. cit., 382 e ss. 



3.8- Quanto, invece, alla disciplina legislativa ordinaria dell'organizzazione 
delle strutture serventi (27), si deve rilevare che gli obiettivi fissati nella 
legge delega 15 marzo 1997, n. 59, in attuazione della quale � stato emanato 
il d.lgs. n. 303 del 1999, riassumibili nella dismissione delle funzioni gestionali 
da parte della Presidenza del Consiglio e nel potenziamento dell'organizzazione 
strettamente funzionale all'esercizio, da parte del Presidente, dei compiti 
attribuitigli dall'art. 95 Cost., sono stati, in parte, disattesi. 

A fronte, infatti, dell'opportuna trasformazione dell'Ufficio centrale per 
il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attivit� normativa del Governo, 
originariamente previsto dall'art. 23, comma 7, della legge n. 400 del 
1988, nel Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (d'ora innanzi: 
DAGL) e, quindi, in una struttura pi� articolata, non si pu� non osservare che 
quest'ultimo non � stato (amministrativamente) dotato di adeguate risorse 
umane e, soprattutto, che la Presidenza del Consiglio dei ministri � rimasta 
un'amministrazione pletorica e (ancora) titolare di compiti operativi e gestionali 
(di quelli di cui, cio�, la legge delega voleva l'eliminazione o il trasferimento 
presso altre amministrazioni), con la conseguente dispersione, 
nell'esercizio di funzioni di amministrazione attiva (che avrebbero dovuto essere 
allocate presso i Ministeri competenti), di risorse che, al contrario, dovrebbero 
essere impiegate per supportare il Presidente nell'esercizio dei suoi 
compiti costituzionali di indirizzo e di coordinamento. 

4. La prassi dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento nell'attivit� 
normativa. 

4.1- Oltrech� per effetto della legislazione ordinaria, l'art. 95 Cost. � stato 
riempito di contenuti dalla normativa secondaria e, segnatamente, dai provvedimenti 
regolamentari intesi a disciplinare l'organizzazione della Presidenza del 
Consiglio e il funzionamento del Consiglio dei ministri, da circolari o istruzioni 
operative sull'istruttoria dei provvedimenti normativi e dalla prassi governativa. 

Tale complesso di norme, nel limitarsi a dettagliare gli adempimenti spettanti 
al Presidente e alle sue strutture amministrative serventi, nella organizzazione, 
direzione e attuazione delle decisioni spettanti al Consiglio dei 
ministri, conferma la ripartizione delle competenze tracciata dalla legislazione 
ordinaria appena esaminata. 

4.2- In particolare, dall'analisi del d.P.C.M. 10 novembre 1993 (recante 
il Regolamento interno del Consiglio dei ministri), della Direttiva del Presidente 
del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2003 (che disciplina l'attivit� di 
concertazione dei disegni di legge di ratifica degli atti internazionali), della 
Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 26 febbraio 2009 (che regola 

(27) Per una compiuta analisi dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si 
veda A. PAJNO, op. cit. 


DOTTRINA 311 

l'istruttoria degli atti normativi del Governo), della Direttiva del Presidente 
del Consiglio dei ministri l0 novembre 2008 (che disciplina i tempi e le modalit� 
di effettuazione dell'analisi tecnico-normativa), del d.P.C.M. 11 settembre 
2008, n. 170 (recante la disciplina dell'analisi dell'impatto della 
regolamentazione) e del d.P.C.M. 19 novembre 2009, n. 246 (recante la disciplina 
della verifica dell'impatto della regolamentazione) emerge il ruolo di coordinamento 
che il Presidente svolge, tramite le strutture amministrative che 
dipendono da lui, e, in particolare, per mezzo del DAGL, nell'istruttoria, nella 
preparazione, nell'esame e nell'attuazione delle deliberazioni normative assunte 
dal Consiglio dei ministri. 

Il sistema configurato dalla formazione secondaria sopra indicata (nonch� 
dalla relativa prassi applicativa) definisce una procedura che pu� essere sintetizzata 
nei seguenti termini: il Ministero che propone l'approvazione di un 
provvedimento da parte del Consiglio dei ministri lo trasmette al DAGL, che 
ne controlla l'istruttoria con le Amministrazioni concertanti, verificando anche 
le relazioni di accompagnamento; il provvedimento, non appena ritenuto sufficientemente 
istruito, viene iscritto all'ordine del giorno della riunione preparatoria 
del Consiglio dei ministri (c.d. preconsiglio), dove si acquisisce il 
parere delle amministrazioni interessate, e viene diramato agli uffici legislativi 
di tutti i Ministri; esaurita l'istruttoria, il provvedimento viene iscritto all'ordine 
del giorno del Consiglio dei ministri, convocato dal Presidente; il provvedimento 
viene, poi, nuovamente diramato in vista della riunione del Consiglio 
dei ministri e pu� essere approvato senza modifiche, con modifiche o salvo 
intese; al coordinamento delle modifiche deliberate dal Consiglio dei ministri 
e alla formalizzazione delle intese alle quali � stata eventualmente subordinata 
l'approvazione provvede il DAGL; una volta definito il testo approvato, lo 
stesso viene trasmesso, dalle strutture della Presidenza competenti, prima al 
Ministero dell'economia e delle finanze per la c.d. bollinatura, poi al Presidente 
della Repubblica per la firma e, infine, in Parlamento (nei casi di disegni di 
legge o di decreti legge) per il successivo esame. 

Questa apparentemente inutile rassegna degli adempimenti che precedono 
e che seguono le deliberazioni normative del Consiglio dei ministri serve a 
documentare la declinazione operativa del ruolo assegnato dalla normativa di 
riferimento (costituzionale e ordinaria) al Presidente. 

4.3- Dall'esame della procedura sopra descritta risulta che l'unica funzione 
effettivamente incisiva del Presidente � quella che si esprime nel potere di 
convocazione del Consiglio dei ministri e di iscrizione dei provvedimenti pro-
posti dai Ministri all'ordine del giorno (prima) del preconsiglio e (dopo) del 
Consiglio dei ministri. 

Si tratta, a ben vedere, di un potere che assume implicazioni sia tecniche 
sia politiche, nel senso che il Presidente valuter�, ai fini dell'assunzione della 
relativa decisione, non solo il grado di istruttoria tecnica del provvedimento 


(valutazione affidata perlopi� al DAGL), ma anche la coerenza dello stesso 
con l'indirizzo politico dell'Esecutivo, per come enunciato nel programma e 
interpretato dallo stesso Presidente. 

Resta inteso, ovviamente, che il grado di intensit� di tale potere dipende 
dal contesto politico di riferimento, con la conseguenza che l'effettivit� della 
sua stessa possibilit� di esercizio resta condizionata dalla forza del Primo Ministro 
all'interno della compagine governativa (28). 

Ne discende che un Presidente "forte" potr� decidere concretamente i 
tempi delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, a prescindere dalle iniziative 
assunte dai Ministri competenti per materia, mentre un Presidente "debole" 
si limiter� a registrare in maniera notarile le proposte dei Ministri e a 
dargli corso secondo le esigenze dettate dalla sola istruttoria tecnica (e, a volte, 
neanche da quelle) (29). 

4.4- La sequenza procedurale sopra descritta ci consegna un'altra preziosa 
informazione: la diramazione dei provvedimenti in funzione dell'esame del 
Consiglio dei ministri serve a garantire il rispetto del principio di collegialit� 
cristallizzato nella Costituzione (secondo la sua pi� accreditata esegesi). L'imputazione 
collegiale delle decisioni normative, infatti, postula logicamente, 
prima che giuridicamente, che i testi dei provvedimenti siano conosciuti in 
tempo utile da tutti i Ministri. 

In difetto della preliminare e tempestiva diffusione dei testi, le deliberazioni 
del Consiglio dei ministri potranno essere imputate allo stesso solo formalmente, 
ma non sostanzialmente, con un evidente vulnus del principio di 
collegialit� voluto dalla Costituzione. 

4.5- Il regolamento interno del Consiglio dei ministri (che omette volutamente 
una disciplina dettagliata delle deliberazioni del Governo, non prevedendo 
quorum strutturali, maggioranze o sistemi di voto) sembra, peraltro, 
assegnare una posizione di preminenza al Presidente nelle decisioni relative 
alla presentazione degli emendamenti del Governo, che, appunto, devono essere 
autorizzati dallo stesso Presidente o, per sua delega, dal Ministro per i 
rapporti con il Parlamento (art. 17, comma 1, del regolamento). 

Sennonch�, per un verso, la medesima disposizione prescrive che gli 
emendamenti particolarmente rilevanti o che incidono sulla politica generale 
del Governo devono essere approvati dal Consiglio dei ministri e, per un altro, 
la prassi dimostra che spesso gli emendamenti governativi vengono firmati 
dal Ministro competente per materia o vengono, comunque, veicolati per via 
parlamentare (eludendo la regola dell'autorizzazione del Presidente o del Ministro 
per i rapporti con il Parlamento). 

(28) G. RIZZA, Il Presidente del Consiglio dei ministri, 102. 
(29) A. RUGGERI, op. cit. e P.A. CAPOTOSTI rilevano come l'esercizio del potere in questione resta 
condizionato dal carattere politicamente composito del Governo. 



DOTTRINA 313 

Anche sotto tale rilevante profilo, quindi, la preminenza del Presidente 
risulta ridimensionata da un sistema di regole che continua a privilegiare la 
competenza collegiale per l'assunzione delle decisioni di maggior rilievo politico 
e da una consuetudine che lo priva del controllo delle iniziative emendative 
sostanzialmente ascrivibili ai Ministri di settore. 

5. L'influenza del sistema elettorale e (pi� in generale) di quello politico sul 
ruolo del Presidente del Consiglio. 

5.1- Nella ricostruzione del ruolo del Presidente del Consiglio, nelle relazioni 
con il Consiglio dei ministri e con gli stessi Ministri, non pu� trascurarsi 
l'influenza esercitata dal sistema elettorale e, quindi, dalle modalit� di 
selezione e di nomina del Primo Ministro, nella misura in cui si rivelano idonee 
a introdurre (di fatto) una diversa forma di governo (30) (anche in assenza di 
coerenti modifiche costituzionali). 

Trattandosi di un tema che esula dall'oggetto principale della presente 
analisi, ci limiteremo a segnalare le implicazioni del sistema elettorale e (pi� 
in generale) di quello politico-istituzionale di riferimento sulle dinamiche di 
potere interne all'Esecutivo. 

5.2- Premesso che (come gi� rilevato supra) l'influenza concreta del Presidente 
sulla determinazione della politica generale del Governo dipende anche 
dalla sua forza politica, appare chiaro che, in un contesto ordinamentale nel 
quale la scelta del Primo Ministro risulta vincolata dagli esiti della consultazione 
elettorale (nel senso che la scelta del Presidente dev'essere coerente con 
l'indicazione, propria dei sistemi con significativi fattori maggioritari, emersa 
dai risultati delle elezioni politiche), il suo ruolo assumer� i contorni di un'autentica 
leadership di Governo, mentre, al contrario, in un assetto ordinarnentale 
nel quale l'individuazione del Premier risulta il frutto della mediazione 
parlamentare all'interno di una coalizione di partiti (tipica di sistemi parlamentari 
con sistemi elettorali proporzionali), la sua posizione si riveler� pi� debole 
e sostanzialmente condizionata dai compromessi politici raggiunti al di fuori 
di Palazzo Chigi. 

Senza addentrarci nelle tecnicalit� dei diversi possibili modelli elettorali 
e delle coerenti modalit� di selezione o di nomina del Primo Ministro, ai fini 
del presente studio � sufficiente rilevare come un sistema che prevede l'investitura 
elettorale diretta (mediante l'indicazione del candidato Premier nella 
scheda elettorale, meccanismi maggioritari di assegnazione dei seggi e la natura 
pressoch� vincolata della nomina da parte del Capo dello Stato) produce 
l'effetto di assegnare una legittimazione popolare e, quindi, una forza politica 
al Presidente, il quale, anche a costituzione invariata, finisce per assumere un 

(30) Sui rapporti tra sistemi elettorali e forme di governo si veda, G. SARTORI, Ingegneria costituzionale 
comparata, 2005. 


ruolo di effettiva supremazia, rispetto ai Ministri, nelle decisioni di politica 
generale del Governo. 

Al contrario, un modello elettorale proporzionale, che implica la formazione 
di composite maggioranze parlamentari, mediazioni politiche sul programma 
di Governo, accordi di coalizione e, in definitiva, ampia libert� (rispetto 
agli esiti delle elezioni politiche) nella scelta del Primo Ministro, finisce per indebolire 
il ruolo di quest'ultimo, che si trover� a svolgere un ruolo fiacco di direzione 
e di coordinamento di decisioni politiche assunte (perlopi�) in altre sedi 
o, comunque, con una sua partecipazione paritaria (e non preminente). 

5.3- Sotto un altro, ma connesso, profilo, si rivela decisiva, sulla "forza" 
del Primo Ministro, anche la composizione della maggioranza di Governo, nel 
senso che in un Esecutivo di coalizione il Presidente dovr� garantire le istanze 
politiche di tutti i partiti che compongono la compagine governativa, con il 
conseguente ridimensionamento del suo ruolo decisionale, mentre in Governi 
monocolore (che postulano un sistema elettorale maggioritario) la sua leadership 
ne risulter� rafforzata. 

5.4- Ovviamente modifiche costituzionali quali l'assegnazione al Presidente 
del potere di nominare e di revocare i Ministri e l'intestazione a esso 
solo del rapporto fiduciario con il Parlamento, implicherebbero la revisione 
della forma di governo e l'introduzione di un modello di premierato forte, da 
molti auspicato quale soluzione al problema della debolezza dell'Esecutivo e 
del suo Capo, che comporterebbe, a sua volta, l'effetto della costituzionalizzazione 
del principio monocratico (mediante l'attribuzione al Premier di una 
posizione, anche giuridica e formale, di supremazia sui Ministri). 

6. Prospettive evolutive, de iure condito e de iure condendo. 

6.1- La consapevolezza dei rischi insiti nella forma di governo parlamentare 
era ben presente gi� ai Costituenti e risulta ben sintetizzata nell'ordine del 
giorno Perassi che mirava proprio a scongiurare le "degenerazioni del parlamentarismo" 
e a rafforzare la stabilit� dell'azione di governo. 

Anche l'assetto dei poteri del Presidente, come disegnato nella Costituzione 
e declinato poi nella legislazione ordinaria, � stato giudicato, da pi� parti, 
inadeguato rispetto alle esigenze di leadership dell'Esecutivo, avvertite ormai 
come ineludibili nel contesto politico ed economico degli ultimi anni. 

Il gi� riscontrato deficit di effettivit� dei poteri di direzione assegnati dalla 
Costituzione al Premier, infatti, comporta significative difficolt� (se non una 
vera e propria impotenza) nella guida dell'Esecutivo (31). 

In particolare, l'assenza di poteri di determinazione dell'indirizzo politico, 
l'impossibilit� di sostituirsi a Ministri inadempienti (alle direttive) o semplicemente 
inerti (nell'attuazione del programma di Governo), l'impraticabilit� 

(31) C. MEZZANOTTE, op. cit., 329. 


DOTTRINA 315 

dell'avocazione di dossier strategici per l'azione dell'Esecutivo finiscono per 
disegnare una figura di chairman, ma non di chief (32). 

A fronte di tali lacune, risulta ormai condivisa la necessit� di trasformare 
il Presidente da mero coordinatore di Ministri a leader dell'Esecutivo. 

L'esigenza di rafforzamento del ruolo del Presidente pu� essere declinata 
sia de iure condito sia de iure condendo. 

6.2- Secondo la prima prospettiva, de iure condito appaiono indispensabili 
e praticabili, a legislazione vigente, due iniziative: il rafforzamento della struttura 
di supporto del Presidente in materia economica e il potenziamento del DAGL. 

6.2.1- Quanto alla prima, giova ricordare che uno dei fattori di debolezza 
del Presidente riscontrabile nelle esperienze degli ultimi Esecutivi � senz'altro 
la sua dipendenza dalle (se non la sua subordinazione alle) strutture del Ministero 
dell'economia e delle finanze, nella misura in cui l'approvazione di pressoch� 
tutti i provvedimenti normativi resta condizionata dagli esiti favorevoli 
delle verifiche tecniche della Ragioneria generale dello Stato. 

Sennonch�, il monopolio amministrativo, in capo al MEF, delle informazioni 
relative ai costi dei provvedimenti e alle relative coperture finanziarie, 
unitamente alla indisponibilit� delle stesse da parte della Presidenza del Consiglio, 
finisce per assegnare alla Ragioneria generale dello Stato un improprio 
ruolo di decisore di ultima istanza e per impedire al Presidente qualsivoglia 
controllo dell'attendibilit� delle relative stime (che restano confinate nell'impenetrabile 
ed esoterica liturgia di Via XX Settembre). 

Non solo, ma l'inaccessibilit� (diretta) di dati economici e di informazioni 
finanziarie da parte del Presidente e delle sue strutture impedisce, a prescindere 
dalla lealt� della collaborazione istituzionale del Ministro dell'economia e delle 
finanze, un'effettiva partecipazione del Primo Ministro, che resta cos� relegato 
in un'inaccettabile posizione di dipendenza informativa, alla progettazione 
della politica economica. 

Risulta, quindi, necessario, al fine di scongiurare l'estromissione del Presidente 
dalle informazioni finanziarie che servono all'assunzione di decisioni 
stabili e istruite, un rafforzamento delle strutture della Presidenza del Consiglio 
dedicate alla programmazione economica o, comunque, dello staff del Presidente, 
preordinato proprio a consentire a quest'ultimo una partecipazione diretta 
e (quantomeno) paritaria (rispetto al Ministro dell'economia e delle 
finanze) alle deliberazioni che rivestono carattere finanziario. 

Ovviamente le dotazioni aggiuntive di analisti e di economisti dovranno 
essere accompagnate da misure amministrative idonee a consentire agli stessi 
un accesso diretto alle informazioni e ai dati detenuti dal Ministero dell'economia 
e delle finanze, nella misura in cui si rivelino indispensabili a fornire 
al Presidente la base conoscitiva necessaria ad assumere decisioni autonome 

(32) S. FABBRINI - S. VASSALLO, Il Governo. Gli esecutivi nelle democrazie contemporanee, 154. 


e sufficientemente istruite anche sotto il profilo dell'impatto finanziario. 

6.2.2- In merito alla seconda iniziativa sopra indicata, invece, appare necessaria 
un'implementazione delle risorse (umane e finanziarie) assegnate al 
DAGL, che serva a consentire un effettivo controllo dei testi dei provvedimenti 
normativi e del loro impatto, di guisa da evitare una legislazione troppo spesso 
disordinata, incoerente e inefficace (rispetto agli obiettivi dell'azione di governo). 

L'attuale organizzazione amministrativa del Dipartimento, infatti, non 
permette un soddisfacente svolgimento delle predette funzioni (che si rivelano 
indispensabili per assicurare qualit� ed efficacia alla produzione normativa 
dell'Esecutivo) ed esige, quindi, un suo significativo rafforzamento. 

La restituzione al DAGL di un'effettiva capacit� operativa di gestione del-
l'istruttoria dei provvedimenti normativi da sottoporre all'esame del Consiglio 
dei ministri servirebbe, in particolare, al Presidente per esercitare le funzioni costituzionali 
di indirizzo e di coordinamento in maniera pi� incisiva ed efficace 
di quanto riesca a fare con l'attuale organizzazione della sua struttura servente. 

6.3- Quanto, invece, alle prospettive evolutive de iure condendo (che si 
possono riassumere nelle modifiche idonee a restituire al Presidente una posizione 
di preminenza all'interno dell'Esecutivo) ci limiteremo a esaminare i progetti 
di riforma costituzionale pi� significativi degli ultimi anni, concentrando 
la nostra analisi sui rapporti interni al Governo, pi� che sulle innovazioni (per 
quanto rilevanti) relative ai rapporti con gli altri organi costituzionali. 

6.3.1- Nella proposta elaborata dalla Commissione bicamerale D'Alema 
nella XIII Legislatura, si prevede una forma di governo di tipo sempipresidenziale, 
dove la posizione del Presidente viene rafforzata mediante la sua 
nuova denominazione di Primo Ministro, la previsione della sua nomina tenendo 
conto dei risultati elettorali, il riferimento del potere di direzione al-
l'azione (anzich� alla politica generale) del Governo e la sanzione dell'ossequio 
che i Ministri devono prestare alle direttive del Primo Ministro (33). 

6.3.2- Nel testo approvato nella XIV Legislatura (A.S. 2544-D c.d. "Devolution") 
e poi bocciato dal referendum, che costituisce il progetto pi� avanzato 
di introduzione del c.d. "Premierato forte", il Primo Ministro risulta sostanzialmente 
designato dall'elettorato (attraverso un meccanismo che dovrebbe collegare 
in maniera diretta i risultati delle elezioni politiche con la selezione del 
candidato alla carica di Primo Ministro), nomina e revoca (egli stesso) i Ministri, 
determina (in luogo di dirige) la politica generale del Governo e garantisce (anzich� 
mantiene) l'unit� di indirizzo politico e amministrativo. 

6.33- Nella c.d. "Bozza Violante" (elaborata nella XV Legislatura), invece, 
l'art. 95 non viene toccato, ma vengono introdotte misure che rafforzano 

(33) Nella relazione di maggioranza si legge che "la figura del Primo Ministro emerge nettamente 
non pi� come primo fra eguali, ma come primo sopra ineguali, conformemente ai sistemi di premiership". 



DOTTRINA 317 

i poteri del Governo in Parlamento (relativamente alla determinazione dei 
tempi di esame dei disegni di legge) e, soprattutto, il rapporto fiduciario viene 
intestato al Presidente del Consiglio (anzich� all'Esecutivo). 

6.3.4- Nella proposta A.C. 5386 (approvata al Senato nella XVI Legislatura), 
che propone una revisione della forma di governo in senso semipresidenziale 
(con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica), vengono rafforzati 
i poteri del Governo in Parlamento, ma non viene modificato il ruolo del Primo 
Ministro (se non nella limitata innovazione di tale nuova denominazione). 

6.4- Come si vede, si tratta di iniziative dichiaratamente finalizzate, per 
quello che riguarda l'oggetto del presente studio, a rafforzare il ruolo del Governo 
(in generale e in tutte le proposte) e del Primo Ministro (in particolare 
e in alcune di esse), seppur con modalit� e strumenti diversi e nell'ambito di 
differenti schemi di revisione della forma di governo. 

Non ci resta, tuttavia, che constatare amaramente il fallimento di tutti i 
progetti di revisione dell'architettura costituzionale (con l'unica eccezione della 
riforma del Titolo V del 2001), nonostante la larghissima condivisione politica 
della sua necessit�. 

Per quanto concerne l'oggetto della presente indagine, dobbiamo continuare 
a registrare l'insufficienza del regime, costituzionale e ordinario, del 
ruolo del Presidente e la necessit� di un suo adeguamento alle esigenze del 
suo rafforzamento, imposte dalla presente congiuntura storico-economico 
(nella misura in cui esigono rapidit� e tempestivit� nell'assunzione e nell'attuazione 
delle decisioni governative). 

7. L'evoluzione del ruolo del Presidente del Consiglio nell'esperienza degli 
ultimi vent'anni. 

7.1- Cos� ricostruite le prospettive di riforma dell'organizzazione del Governo, 
ci resta da esaminare l'esperienza degli ultimi vent'anni, al fine di scrutinare 
la declinazione operativa delle funzioni del Presidente nel mutato 
contesto politico-istituzionale della c.d. Seconda Repubblica. 

Possono registrarsi, al riguardo, due differenti tipologie di Esecutivi, che, 
tuttavia, rivelano (entrambe) il medesimo fenomeno del rafforzamento, a Costituzione 
invariata, del ruolo del Primo Ministro. 

7.2- L'introduzione di formule elettorali maggioritarie (rintracciabili, 
anche se con diverse modalit�, sia nel c.d. Mattarellum sia nel c.d. Porcellum), 
unitamente all'indicazione nella scheda elettorale del candidato Premier (prima 
di fatto e, poi, di diritto), ha prodotto, in primo luogo, l'effetto di "vincolare" 
la scelta del Primo Ministro agli esiti della consultazione elettorale e, poi, 
quello di assegnare allo stesso una investitura diretta. 

Tale configurazione del sistema elettorale consente di ritenere (seppur 
impropriamente su un piano strettamente giuridico) il Premier "eletto" dai cittadini 
e, quindi, legittimato dal consenso popolare, con la conseguente attri



buzione allo stesso di una "forza" nei rapporti con i Ministri non rinvenibile 
nei Governi della c.d. Prima Repubblica (nei quali non era infrequente la scelta 
di Presidenti appartenenti a partiti politici minori). 

Ovviamente la storia degli ultimi vent'anni ci consegna anche esperienze 
di sostituzione, nella medesima legislatura, del Presidente "eletto" con Presidenti 
sprovvisti della medesima legittimazione popolare, come anche prassi 
di preminenza, all'interno del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'economia 
e delle finanze, anche rispetto allo stesso Primo Ministro. 

Ma tali anomalie non valgono ad inficiare la considerazione di fondo che 
le formule maggioritarie implicano un rafforzamento della posizione del Presidente 
scelto in coerenza con gli esiti elettorali. 

7.3- Nel periodo considerato sono, nondimeno, riscontrabili anche esperienze 
di Governi tecnici o del Presidente (della Repubblica), perlopi� originati 
da situazioni di acuta crisi economica o di stallo politico-istituzionale nella 
formazione dell'Esecutivo, nei quali la preminenza del Presidente (del Consiglio) 
trova la sua giustificazione nella sua competenza tecnica o nella fiducia 
accordatagli dal Capo dello Stato, dal quale riceve legittimazione e al quale 
va, in definitiva, riferita la guida dell'Esecutivo (34). 

7.4- Si tratta, in ogni caso, di esperienze di governo che, seppur con modalit� 
molto diverse e, forse, opposte, ci consegnano gli effetti di un rafforzamento 
del ruolo del Premier (soprattutto se confrontato con quello proprio dei 
Presidenti della Prima Repubblica) che appare, ormai, acquisito nella storia 
politica e istituzionale del Paese (anche se il peculiare caso del Governo attualmente 
in carica, esaminato nel paragrafo che segue, sembra forzare ulteriormente 
tale linea evolutiva). 

8. Il decisionismo monocratico nel Governo in carica. 

8.1- L'assenza, nel disegno di legge di revisione costituzionale deliberato 
dall'Esecutivo in carica (e approvato in prima lettura dal Senato), di ogni intervento 
di modifica dell'art. 95 Cost., gi� segnalata all'inizio del presente studio, 
appare particolarmente vistosa (se confrontata con le modalit� decisionali 
finora registrate), ma potrebbe trovare una spiegazione attendibile nelle considerazioni 
che seguono. 

L'analisi di questi primi mesi di lavoro dell'attuale Governo ci consegna, 
infatti, un'inedita trasformazione del ruolo del Presidente del Consiglio, a Costituzione 
invariata e in (parziale) discontinuit� con le esperienze degli Esecutivi 
precedenti e con le relative prassi costituzionali. 

Si tratta di un processo di rafforzamento del ruolo del Premier, nell'ottica 
del progressivo consolidamento della preminenza della sua figura, che si svi


(34) G. PITRUZZELLA, La lunga transizione: la forma di governo nell�XI e nella XII legislatura, 
in Diritto Pubblico, 1996, 409. 


DOTTRINA 319 

luppa sotto il doppio binario di modifiche della legislazione ordinaria, intese 
proprio all'imputazione di alcune funzioni (prima allocate presso il Consiglio 
dei ministri o presso i Ministri) in capo al Presidente, e di coerente implementazione 
delle consuetudini e delle convenzioni costituzionali. 

Esamineremo nell'ordine i due fattori di mutamento del ruolo del Primo 
Ministro. 

8.2- Principiando dalla disamina delle iniziative normative preordinate 
all'accentramento di alcune funzioni in capo al Presidente, ci limiteremo ad 
una sintetica rassegna delle relative norme. 

L'art. 7, comma 1, lett. b), del c.d. d.d.l. Madia (A.S. 1577) contiene una 
delega legislativa finalizzata a definire gli strumenti normativi e amministrativi 
funzionali alla direzione della politica generale del Governo e al mantenimento 
dell'unit� di indirizzo politico e amministrativo nonch� a rafforzare il ruolo di 
coordinamento e promozione dell'attivit� dei Ministri da parte del Presidente. 

Altre disposizioni, contenute sia nel predetto d.d.l. sia nel d.l. n. 133 del 
2014 (c.d. Sblocca Italia), attribuiscono, invece, al Presidente il potere di emanare, 
in via sostitutiva, provvedimenti (sia normativi sia amministrativi) di 
competenza di altre amministrazioni, nelle ipotesi di ritardi o inerzie di queste 
ultime nell'adozione dei relativi atti o nella formulazione di concerti o nulla 
osta entro i termini prescritti. 

Come si vede, si tratta di due diverse tipologie di disposizioni: con la delega 
contenuta nel d.d.l. Madia si mira, infatti, ad implementare il ruolo di direzione 
e di coordinamento del Presidente, secondo l'auspicio pi� volte formulato e in 
ossequio al dettato testuale dell'art. 95 Cost., anche se la genericit� dei criteri 
impedisce di prefigurare le soluzioni regolative che il Governo immagina di inserire 
nei decreti legislativi attuativi e, quindi, di formulare qualsivoglia giudizio 
sulla loro utilit� ed efficacia; con l'altro gruppo di norme, invece, si intende devolvere 
al Presidente l'emanazione di provvedimenti, di competenza, per materia, 
di Ministri, nei casi di ritardi, inadempienze o inerzie degli stessi. 

Pur condividendo la finalit� di tali ultime disposizioni e astenendoci da 
qualsivoglia apprezzamento sulla loro compatibilit� costituzionale, ci limitiamo 
ad osservare che la loro concreta attuazione postula una capacit� amministrativa 
che le attuali strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri 
non sembrano possedere, con la conseguenza che, qualora non si provveda a 
un coerente rafforzamento delle esistenti dotazioni organizzative, le norme in 
questione rischiano di restare lettera morta. 

8.3- Pi� complessa si rivela l'analisi del secondo fattore di cambiamento 
del ruolo del Presidente nei processi decisionali normativi dell'Esecutivo. 

Bench� formalmente ascrivibili al Consiglio dei ministri, le deliberazioni 
approvative di provvedimenti normativi appaiono, per molti versi, imputabili 
sostanzialmente al Presidente, quantomeno relativamente alle presupposte 
scelte di strategia politica. 


Sono diversi gli indici sintomatici dai quali � possibile ricavare questo 
convincimento. 

Per intuibili ragioni, ci limitiamo ad accennare a tali indizi, evitando di 
trarre, da essi, conclusioni definitive. 

Appare, innanzitutto, significativo un dato temporale: la durata esigua (in 
relazione ai relativi ordini del giorno) di alcune riunioni del Consiglio dei ministri 
(35). 

Anche le comunicazioni dell'azione di governo, sia nella forma istituzionale 
che in quella pi� innovativa inaugurata dal Presidente in carica, indicano la sua 
sostanziale ascrivibilit� pi� al Presidente che alla collegialit� dell'Esecutivo. 

Il decisionismo del Presidente pare, inoltre, estendersi fino alla determinazione 
dei tempi di esame parlamentare dei disegni di legge governativi, mediante 
un'anticipazione (di fatto) degli effetti di diverse ipotesi di modifica 
costituzionale (che assegnano all'Esecutivo il potere di esigere la votazione 
delle sue proposte entro una certa data). 

L'impressione che se ne ricava � quella di un'interpretazione estensiva del 
ruolo del Primo Ministro, che ci consegna un'inedita esperienza di premierato 
di fatto o di Governo del Presidente (questa volta va precisato: del Presidente 
del Consiglio, non del Presidente della Repubblica), nel quale le decisioni vengono 
sostanzialmente e prevalentemente assunte dal (o, comunque, imputate 
al) Primo Ministro (con una netta prevalenza del principio monocratico su 
quello collegiale). 

Ci troviamo, in altri termini, di fronte ad un'espansione del ruolo del Presidente 
- che pare determinare, pi� che dirigere, la politica generale del Governo 

-fino agli estremi confini degli spazi applicativi consentiti dall'art. 95 Cost. 

Ne consegue un significativo e corrispondente sacrificio della dimensione 
collegiale del Governo (ricavabile anche dall'analisi dei tempi medi delle riunioni 
del Consiglio dei ministri (36)), che ne risulta diminuita e ridimensionata, 
nonostante la natura politicamente composita dell'Esecutivo (che resta, in ogni 
caso, di coalizione). 

8.4- Ci limitiamo a registrare la mutazione del ruolo del Presidente, astenendoci 
da qualsiasi giudizio politico su di essa, che atterrebbe pi� alla valutazione 
degli effetti di tale trasformazione sull'efficacia dell'azione di governo, 

(35) Il tempo occorso per la conclusione di alcuni Consigli dei ministri potrebbe, infatti, sembrare 
difficilmente compatibile con un compiuto esame collegiale dei provvedimenti iscritti all'ordine del 
giorno e appare, peraltro, inferiore a quella registrabile nelle paragonabili riunioni degli ultimi Esecutivi. 
� vero che sono riscontrabili vistose eccezioni all'osservazione relativa al confronto con i Governi precedenti, 
ma � anche vero che in quei casi la collegialit� veniva sacrificata in favore del ruolo preminente 
del Ministro dell'economia e delle finanze, e non del Presidente del Consiglio (non che sia meglio, ma 
� una situazione diversa, anche se maggiormente anomala). 
(36) Anche il tempo anomalo intercorso tra le riunioni in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti 
e la loro trasmissione al Capo dello Stato sembra confermare lo scarso rilievo della collegialit� 
in talune decisioni. 



DOTTRINA 321 

che al rafforzamento, in s�, del ruolo del Presidente, che si rivela, di per s�, 
neutro, se non, addirittura, positivo. 

Ma tale apprezzamento esula dai confini della presente indagine. 

9. Considerazioni finali. 

Resta, in conclusione, confermata l'esigenza di un rafforzamento dei poteri 
del Presidente del Consiglio, per come definiti in Costituzione, al fine di 
consentire la configurazione istituzionale di un'autentica leadership, che serva 
ad assegnare al Primo Ministro un efficace e riconosciuto ruolo di guida del-
l'Esecutivo. 

In attesa di una coerente riforma costituzionale, occorre, tuttavia, verificare 
se la trasformazione del ruolo del Presidente, avviata (o, comunque, proseguita) 
dall'attuale capo dell'Esecutivo, comporti una modifica stabile della 
Costituzione materiale, di per s� sufficiente a consolidare la preminenza del 
principio monocratico su quello collegiale, ovvero se sia necessario un conseguente 
adeguamento delle regole costituzionali di riferimento. 

Si deve, quindi, valutare se la vigente cornice regolatoria (costituzionale 
e ordinaria) dell'organizzazione del Governo sia idonea a legittimare l'evoluzione 
sopra segnalata, oppure se quest'ultima necessiti di una nuova disciplina 
che la giustifichi e (soprattutto) la regoli. 

Mortati ammoniva che "una volta ammesso che diritto non � l'insieme 
delle statuizioni consacrate in un testo di legge ed operanti pel solo fatto di 
tale consacrazione, ma quel complesso ordinato di situazioni e di rapporti che 
si raccoglie in un centro di autorit�, e costituisce il diritto "vivente", valevole 
come tale anche se contrastante con quello legale, allorch� l'osservazione documenti 
l'avvenuta sua stabilizzazione, non si rende possibile escluderne l'autonomo 
rilievo" (37). 

In conformit� alle indicazioni metodologiche appena ricordate, occorre, 
in altri termini, giudicare se esista uno iato tra il "diritto vivente" e le formule 
testuali dell'art. 95 Cost., ovvero se la declinazione del ruolo del Presidente, 
per come ricavabile dall'analisi degli ultimi Governi (e segnatamente di quello 
attualmente in carica), sia consentita dall'elasticit� della predetta formulazione 
letterale. 

E, ancora, se si ritiene plausibile la prima ipotesi, si devono identificare 
le modifiche pi� appropriate per eliminare la segnalata divergenza tra la Costituzione 
materiale e quella formale. 

Spetter�, poi, ai politologi valutare se siamo o meno in presenza di una 
trasformazione, di fatto, del sistema politico-istituzionale e, in particolare, di 
una modificazione profonda della fisionomia dei rapporti reciproci tra gli elettori, 
i partiti, il Parlamento e il Primo Ministro. 

(37) C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., Padova 1975, Tomo I, p. 34. 


Senza avventurarci nella complessa analisi delle questioni sopra indicate, 
ci limitiamo a osservare che, se si dovesse consolidare nel tempo il ruolo politico-
istituzionale del Presidente (per come sopra descritto), occorrerebbe 
provvedere a una revisione dell'art. 95 Cost., che cristallizzi il "diritto vivente" 
in coerenti formule costituzionali. 

Per il resto, basti aver sollevato il problema. 

In ogni caso, a prescindere dal regime giuridico (costituzionale o ordinario) 
delle funzioni del Premier, la forza e la stabilit� della sua leadership devono 
essere ricondotte a fattori estranei alla (e indipendenti dalla) definizione 
legislativa del suo ruolo: la competenza, la credibilit�, la seriet�, ma, soprattutto, 
la capacit� di vedere, interpretare e realizzare il bene della comunit� affidata 
al suo governo. 


DOTTRINA 323 

I limiti di ammissibilit� del referendum abrogativo: 
il caso delle Prefetture 

Federico Casu e Giuseppe Cerrone* 

SOMMARIO: 1. Il quesito referendario: abrogazione delle prefetture o dei prefetti? - 2. Il 
giudizio di ammissibilit� costituzionale: i limiti �ulteriori� rispetto a quelli dell�art. 75 - 2.1. 
Divagazione n. 1: Due parole sulla sovranit� popolare - 2.2 Divagazione n. 2: un altro aspetto 
della giurisprudenza della Corte in tema di ammissibilit� dei referendum: la �matrice razionalmente 
unitaria� - 3. L�ammissibilit� costituzionale dell�abrogazione dell�istituto prefettizio: 
considerazioni preliminari - 3.1. Prima ipotesi di lettura: prefetture e struttura dello Stato 

- 3.2. Seconda ipotesi di lettura: prefetture e persona reale dello Stato - 4. Conclusioni. 

1. Il quesito referendario: abrogazione delle prefetture o dei prefetti? 

Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale, n. 36 
del 13 febbraio 2014 e n. 46 del 25 febbraio 2014 - sono stati pubblicati due 
distinti annunci di richiesta di referendum popolare ai sensi dell�art. 75 della 
Costituzione, i quali, per quanto non esattamente identici (1), risultano chiaramente 
accomunati dalla volont� di sottoporre al giudizio referendario la figura, 
le funzioni e le competenze principali delle prefetture-UTG. 

Lo spirito dell�iniziativa, al di l� del freddo riferimento a molteplici disposizioni 
normative, alcune delle quali particolarmente risalenti nel tempo e 
certamente ignote alla pi� ampia platea del corpo elettorale, risulta facilmente 
desumibile dal materiale informativo che ha accompagnato l�attivit� di raccolta 
delle firme da parte del comitato promotore, riconducibile al movimento 
politico della Lega Nord: abolire le prefetture-Utg nella loro interezza, facendo 
in tal modo caducare, come in una sorta di effetto domino, tutte le competenze 
che ad esse sono state attribuite dalla tanta, copiosa legislazione di settore. 

Per ottenere questo risultato, la scelta adottata dal comitato promotore, 
forse muovendo proprio dalla oggettiva impossibilit� di raccogliere tutte le 
disposizioni normative vigenti che alle prefetture (o ai prefetti) hanno attribuito, 
nel corso degli anni, le funzioni e le competenze attualmente svolte, � 
stata quella di individuare alcune �norme chiave� che caratterizzano, forse pi� 

(*) Viceprefetti Aggiunti in servizio presso gli Uffici centrali del Ministero dell�Interno. 

(1) Le uniche differenze tra le due proposte sono rappresentate dalla presenza nel quesito pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2014 anche degli articoli 18 e 19 del R.D. 383 del 1934, 
corpo normativo integralmente abrogato dal testo unico degli enti locali del 2000 (decreto legislativo n. 
267/2000), il quale, peraltro, non contiene pi� le disposizioni che il quesito proponeva di sottoporre a 
referendum; di converso, la proposta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio propone l�abrogazione 
anche dell�art. 2 del R.D. n. 773 del 1931 (�Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica 
sicurezza�), disposizione che costituisce, tuttora, il fondamento giuridico delle c.d. ordinanze di necessit� 
in capo al prefetto. 


di altre, la stessa collocazione dell�istituto prefettizio nel nostro ordinamento. 

Non vi � dubbio che l�attuale formulazione dei quesiti in esame sia destinata 
a offrire il fianco ad innumerevoli censure di incoerenza, gi� sotto il profilo 
tecnico giuridico (2). 

Tuttavia, scopo del presente studio non � indugiare nella formulazione 
dei quesiti allo scopo di segnalarne difetti redazionali o contraddizioni, pi� o 
meno palesi, nella convinzione di poter offrire argomenti giuridici circa la non 
ammissibilit� degli stessi: un tale approccio, infatti, quand�anche orientato al 
massimo scrupolo scientifico, sarebbe inesorabilmente destinato ad un taglio 
basso, innescando peraltro il dubbio - invero legittimo, attesa la provenienza 
degli autori - di voler, proprio confidando nella mancata ammissibilit� dei quesiti, 
neutralizzare ogni forma di dibattito circa l�attualit� dell�istituto prefettizio 
e la sua effettiva collocazione nel nostro ordinamento giuridico. 

La finalit� di fondo del presente studio muove, invece, proprio da basi 
opposte, e, in particolare, dalla volont� di considerare la proposizione dei quesiti 
rivolti alla �abrogazione� delle prefetture come una occasione imperdibile 
per indagare, utilizzando come parametro le conclusioni della giurisprudenza 
costituzionale in materia di ammissibilit� dei referendum, la natura dell�istituto 
prefettizio, ipotizzandone una collocazione - potremmo dire: implicita - nel 
solco pi� autentico del nostro ordinamento costituzionale. 

2. Il giudizio di ammissibilit� costituzionale: i limiti �ulteriori� rispetto a 
quelli dell�art. 75. 

Il travagliato percorso giurisprudenziale della Corte Costituzionale in materia 
di ammissibilit� dei quesiti giurisprudenziali ha formato oggetto di ponderose 
analisi in dottrina, peraltro non prive di argomentazioni fortemente 
dialettiche da parte dei diversi autori. 

(2) Gi� una lettura superficiale delle disposizioni di cui si propone l�abrogazione referendaria 
rende evidenti numerose contraddizioni, insite, sotto il profilo pi� squisitamente logico-giuridico, nei 
quesiti in esame. Senza alcuno scopo di completezza, non essendo questo l�obiettivo del presente studio, 
ci si limita a segnalare le principali e pi� evidenti incoerenze, intrinsecamente connesse alle proposte 
abrogative in parola: la possibile abrogazione dell�art. 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121 (che disciplina 
i compiti del prefetto quale autorit� provinciale di pubblica sicurezza) non tiene conto della presenza 
nello stesso testo di legge di numerosi riferimenti alle autorit� provinciali (al plurale!) di pubblica sicurezza 
oltre che della sopravvivenza (art. 20) del Comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza pubblica, 
quale organo ausiliare di consulenza del prefetto (sic!); allo stesso modo, l�auspicata abrogazione del-
l�art. 11 del decreto legislativo 300/1999 (norma di istituzione della Prefettura-UTG) pone problemi di 
coordinamento con altra norma presente nello stesso testo (art. 15), che annovera gli uffici territoriali 
del governo nell�ambito dell�organizzazione periferica del Ministero dell�Interno, peraltro anche con 
compiti di rappresentanza generale del Governo sul territorio; il riferimento al solo art. 1, comma 4 del 

R.D. n. 773 del 1931, che pure assume lo scopo di espungere il prefetto dal novero delle attribuzioni 
della autorit� provinciale di pubblica sicurezza, lascerebbe, tuttavia, immutate, in un quadro di evidente 
incoerenza sistematica, le altre funzioni conferite dallo stesso corpo normativo all�autorit� prefettizia 
(si pensi a quelle in materia di armi, di esplosivi, di guardie particolari giurate �). 


DOTTRINA 325 

Anzi, nel pervenire a soluzioni in merito a specifici aspetti indicati dalla 
giurisprudenza costituzionale, anche se solo parzialmente difformi dagli orientamenti 
precedenti, sempre forte � risultata la tentazione di proporre nuove riflessioni 
sull�autentica natura dell�istituto referendario. 

La ragione di ci� � evidentemente insita nell�essenza stessa del referendum, 
una delle �forme� pi� formidabili ed innovative tra quelle in cui � dato 
esercitare la sovranit� popolare (art. 1 Cost.) e che, molto pi� di altre, ha impegnato 
i costituenti in un dibattito lungo e appassionato nel quale si � indugiato 
a lungo sulle radici, anche filosofiche, dell�istituto. 

Di tutto questo complesso percorso dottrinale, peraltro diffusamente analizzato 
in altri pregevolissimi studi (3), non si potr� dare conto in questa sede, 
se non limitatamente ad un aspetto che risulta determinante per inquadrare il 
contesto nel quale si pone il quesito referendario del quale si discute. 

Ci si riferisce al dibattito originato dalla stessa Corte Costituzionale 
nella celeberrima sentenza n. 16/1978 (4), con la quale, per la prima volta, 
fu affrontato, peraltro in modo sistematico, il tema dell�esistenza di limiti 
ulteriori rispetto a quelli espressamente contenuti nell�art. 75 Cost., secondo 
comma (5). 

Fu, infatti, tale sentenza ad affermare per la prima volta l�esistenza di �valori 
di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste 
referendarie, da tutelare escludendo i relativi referendum, al di l� della lettera 
dell�art. 75 secondo comma della Costituzione�. 

Tali valori furono puntualmente indicati nella sentenza in parola, la quale 
ha individuato quattro principi che hanno informato tutta la seguente giurisprudenza 
in tema di ammissibilit� dei referendum, per quanto con diversi 
gradi di coerenza. 

Mentre, infatti, non si sono registrati, fino ad ora, significativi scostamenti 
da tre dei quattro punti cardinali indicati dalla Corte (la necessit� che il quesito 
risponda ad una �matrice razionalmente unitaria� o che non abbia ad oggetto 
�la costituzione, le altre leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali 
considerate dall�art. 138 Cost., come pure gli atti legislativi dotati di 
una forza passiva peculiare� o che, infine, non riguardi �le cause di inammis


(3) Per un inquadramento, sintetico ma allo stesso tempo esaustivo, delle principali posizioni dottrinali, 
oltre che per un breve riepilogo delle differenti posizioni emerse in Assemblea Costituente, si 
suggerisce la lettura del �Commentario alla Costituzione� a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, 
Vol. II, UTET, 2008; altra agevole lettura � costituita da A. CHIMENTI, �La storia del Referendum�, 
Bari, Laterza, 1993 (seconda edizione nel 1999). 
(4) Tale sentenza, proprio per il suo valore capitale, � stata definita �didattica� da parte di G. Azzariti, 
presidente emerito della Corte Costituzionale, nel corso del convegno �L�ammissibilit� dei referendum 
sulla fecondazione assistita�, Roma, 10 dicembre 2004. 
(5) Per memoria anche - e soprattutto - di chi scrive, si riporta il testo del secondo comma dell�art. 
75 della Costituzione: �Non � ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e 
di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali�. 



sibilit� testualmente descritte nell�art. 75 cpv�), un profondo travaglio ha attraversato 
il quarto ordine di limiti: quello dettato dal divieto di incidere sulle 
�disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato�. 

Tale categoria di leggi - che, nell�impostazione assunta dalla Corte nella 
sentenza 16/1978, risponde a quella �il cui nucleo normativo non possa venire 
alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici 
disposti dalla Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali)� - ha, 
tuttavia, dimostrato fin dall�inizio una particolare propensione alla estensione 
logica e, di converso, alla proporzionale riduzione degli spazi destinati all�ammissibilit� 
dei quesiti referendari. 

� stata la stessa Corte, peraltro, a presagire, gi� nel corpo della stessa sentenza, 
l�avvento di nuovi scenari in merito all�area delle leggi comunque sottratte 
al giudizio referendario: e lo ha fatto indulgendo in una preoccupata 
excusatio non petita - invero sollecitata dalle memorie erariali - che, per il suo 
rilievo, merita di essere integralmente riportata almeno in nota, in modo da 
averne presente la distinzione, in essa proposta, tra �leggi costituzionalmente 
vincolate� e �leggi costituzionalmente obbligatorie�, in forza della quale solo 
queste ultime erano ritenute suscettibili di abrogazione referendaria (6). 

Una sintesi del percorso che ha portato ad una estensione significativa se 
non ad una vera e propria confusione delle due categorie (7) - � mirabilmente 
contenuta nella altrettanto celebre sentenza 45/2005, la quale ha fatto risalire a 
precedenti pronunce l�emersione di nuovi profili limitativi dell�abrogazione referendaria, 
ulteriormente sviluppati nel - contestatissimo - caso relativo all�ipotesi 
di abrogazione totale della legge n. 40 del 2004 in tema di procreazione 
medicalmente assistita (8): ci si riferisce, in particolare, alla sentenza n. 35 del 

(6) La Corte, infatti, si premura di precisare che �non � sostenibile che siano sottratte al referendum 
abrogativo tutte le leggi ordinarie comunque costitutive od attuative di istituti, di organi, di procedure, 
di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione. A parte l�ovvia considerazione che il referendum verrebbe 
in tal modo a subire limitazioni estremamente ampie e mal determinate, il riferimento alle leggi �costituzionalmente 
obbligatorie� si dimostra viziato da un equivoco di fondo. La formula in questione farebbe 
infatti pensare che quelle leggi e non altre, con i loro attuali contenuti normativi, siano indispensabili 
per concretare le corrispondenti previsioni costituzionali. Cosi invece non �, dal momento che questi atti 
legislativi - fatta soltanto eccezione per le disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato - non 
realizzano che una fra le tante soluzioni astrattamente possibili per attuare la Costituzione�. 
(7) � questa l�opinione di molti autori che hanno commentato proprio la sentenza 45/2005, successivamente 
citata nel testo: in primis, esplicitamente V. SATTA, �Scompare definitivamente la distinzione tra 
leggi costituzionalmente necessarie e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato? Uno sguardo d�insieme 
alle sentenze sui referendum del 2005�, tratto dal sito www.amministrazioneincammino.luiss.it, A. 
PUGIOTTO, ��� ancora ammissibile un referendum abrogativo totale?�, tratto dalla rivista dell�Associazione 
Italiana dei costituzionalisti, http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/referendum_abrogativo,S. 
PENASA, �L�ondivaga categoria delle leggi a contenuto costituzionalmente vincolato�, 2005, tratto da 
www.forumcostituzionale.it, P. CARNEVALE �inabrogabilit� di leggi costituzionalmente obbligatorie ed 
inammissibilit� di referendum puramente abrogativi: ancora una svolta della giurisprudenza costituzionale 
in materia referendaria�, commento alla sentenza 3 febbraio 1987, n. 29, in Giurisprudenza Costituzionale, 
pagg. 308 ss., 1987. 



DOTTRINA 327 

1997, nella quale compare un primo riferimento a quelle �leggi ordinarie la cui 
eliminazione determinerebbe la soppressione di una tutela minima per situazioni 
che tale tutela esigono secondo Costituzione� e, soprattutto, alla sentenza 

n. 49 del 2000, secondo la quale �le leggi costituzionalmente necessarie, in 
quanto dirette a rendere effettivo un diritto fondamentale della persona, una 
volta venute ad esistenza possono essere dallo stesso legislatore modificate o 
sostituite con altra disciplina, ma non possono essere puramente e semplicemente 
abrogate, cos� da eliminare la tutela precedentemente concessa, pena la 
violazione diretta di quel medesimo precetto costituzionale della cui attuazione 
costituiscono strumento�. 

Seguendo la linea argomentativa indicata dalla Corte in occasione della 
serie di sentenze che hanno interessato la legge 40/2004 emerge, con maggiore 
chiarezza rispetto alle decisioni precedenti, una mutazione genetica delle �leggi 
costituzionalmente obbligatorie� (le quali, peraltro, vengono ora appellate come 
�necessarie�, con ci� ingenerando un ulteriore dibattito dottrinale (9)): ad esse, 
infatti, per quanto considerate ancora come espressione della discrezionalit� del 
legislatore e, pertanto, non strettamente vincolate, viene riconosciuto il particolare 
status della intangibilit� per mano referendaria, ma solo se considerate 
nella loro interezza: in altre parole, attesa la loro discendenza, in qualche modo, 
da precetti costituzionali che attendevano dalla legge ordinaria un loro bilanciamento, 
la Corte ha ritenuto che non potessero determinarsi, per effetto di 
abrogazione totale, pericolosi vuoti normativi, essendo, di converso, ammissibile 
ogni iniziativa finalizzata ad una abrogazione parziale delle stesse (10). 

Giova, peraltro, rammentare come la principale possibile eccezione a tale 
impostazione sia stata dalla Corte neutralizzata gi� a partire da altra precedente 
sentenza (la n. 17 del 1997): se, infatti, muovendo dall�art. 37, terzo comma 
della legge n. 352 del 1970 (il quale prevede la facolt� per il Presidente della 
Repubblica di ritardare l�entrata in vigore della abrogazione referendaria per 
un termine non superiore a 60 giorni dalla data della pubblicazione del decreto 
contenente l�esito referendario), era lecito argomentare nella direzione della 
irrilevanza, nel giudizio di ammissibilit� innanzi alla Corte, di ogni paventato 
vuoto normativo - essendo il Parlamento (ma pi� ancora il Governo: come non 
notare una perfetta coincidenza del termine indicato nella citata norma rispetto 
a quello previsto per la conversione della decretazione d�urgenza�) piena


(8) Per la corretta comprensione della decisione assunta dalla Corte nella sentenza n. 45/2005, 
occorre necessariamente procedere ad una analisi diacronica anche delle altre coeve sentenze (dalla 46 
alla 49) relative a differenti ipotesi abrogative parziali della medesima legge 40/2004, le quali, infatti, 
hanno formato oggetto di studi comuni da parte della dottrina prevalente. 
(9) Cfr. S. PENASA, cit. 
(10) A conferma della �mutazione genetica� prospettata nel testo, basti rileggere la definizione di 
�leggi costituzionalmente obbligatorie� fatta dalla Corte nella sentenza n. 16/1978, integralmente riportata 
nella precedente nota 6. 



mente in grado di ridisciplinare la materia intaccata dal referendum (11) -, la 
Corte ha fermamente ribadito in ogni occasione che la propria competenza 
dovesse concentrarsi esclusivamente sulla portata oggettiva dei quesiti posti 
al suo esame, indipendentemente da uno sguardo prognostico sulla eventuale 
necessit� di correggere o integrare la disciplina di risulta (12). 

La rapida rassegna del percorso effettuato dalla Corte in tema di �limiti 
ulteriori�, nella quale pu� registrarsi con chiarezza la tendenza pretoria a riconoscere 
spazi sempre pi� angusti alle iniziative referendarie finalizzate ad 
incidere su materie che abbiano comunque un collegamento con i valori costituzionali 
(13), sar� molto utile nella parte finale di questo studio, proprio 
per provare ad affermare che i predetti collegamenti sussistono anche in relazione 
all�istituto prefettizio. 

Prima di passare ad argomentare tale tesi, che ha la presunzione di muovere 
da principi, ingiustamente ritenuti astratti, di teoria generale dello Stato, 
risulta opportuno dilungarsi in due lievi, ma brevi, divagazioni: una prima, in-
vero astratta (ma chiss� se poi tanto�) in merito al rapporto tra l�istituto referendario 
e la sovranit� popolare, ed una seconda, molto pi� prosaica e 
concreta, con la quale l�ipotesi di quesito referendario in esame verr� sottoposto 
al vaglio dell�altro fondamentale criterio espresso dalla giurisprudenza 
della Corte: l�esigenza della �matrice razionalmente unitaria�. 

2.1. Divagazione n. 1: Due parole sulla sovranit� popolare. 

La speculazione dottrinale che ha accompagnato dapprima il dibattito in 
sede di Assemblea Costituente (14) e, in seguito, l�evolversi della giurisprudenza 
costituzionale in materia, ha dovuto interrogarsi, soprattutto dopo le 
prime decisioni della Corte, sulla collocazione dell�istituto referendario nel


(11) Peraltro, si deve segnalare che, anche sulla base della argomentazione in parola - muovendo, 
cio�, dalla circostanza che il legislatore abbia da subito la possibilit� di colmare il vuoto normativo creatosi 
per effetto dell�abrogazione referendaria, se del caso giovandosi proprio del ritardo dell�effetto abrogativo 
eventualmente disposto dal Presidente della Repubblica - la Corte ebbe modo di avvalorare la 
ammissibilit� di un quesito relativo ad una legge asseritamente ritenuta �costituzionalmente obbligatoria�: 
la l. n. 20 del 1962 in materia di procedimenti e giudizi di accusa, una delle tante trattate nella sentenza 
n. 16 del 1978. Come si � avuto modo di evidenziare nel testo, tale soluzione risultava coerente 
con la impostazione originaria di �leggi costituzionalmente obbligatorie�, secondo la quale esse, in 
quanto soggette alla comune discrezionalit� del legislatore, ben possono essere soggette alla abrogazione 
referendaria. 
(12) La Corte, a tal riguardo, come anticipato nel testo, ha ripreso le affermazioni contenute nella 
sentenza n. 17 del 1997, secondo cui �ci� che conta � la domanda abrogativa, che va valutata nella sua 
portata oggettiva e nei suoi effetti diretti, per esaminare, tra l'altro, se essa abbia per avventura un contenuto 
non consentito perch� in contrasto con la Costituzione, presentandosi come equivalente ad una 
domanda di abrogazione di norme o princip� costituzionali, anzich� di sole norme discrezionalmente 
poste dal legislatore ordinario e dallo stesso disponibili (sentenza n. 16 del 1978 e n. 26 del 1981)�. 
(13) Di progressivo allargamento dell�ambito applicativo della categoria delle leggi costituzionalmente 
necessarie parla anche P. CARNEVALE, op. cit. 
(14) Cfr. �Commentario alla Costituzione�, cit. 



DOTTRINA 329 

l�ambito delle (varie) forme di espressione della sovranit� popolare. 

La concezione �massimalista� del referendum inteso come strumento supremo 
della sovranit�, quasi come una rinnovazione - sebbene su temi specifici 

-del potere costituente (15), per quanto derivante dalle nobilissime suggestioni 
politico-filosofiche di Rousseau (16), dovette ben presto scontrarsi da una parte 
con il dato positivo adottato in Costituzione (che, trascurate ipotesi ben pi� penetranti 
di consultazioni referendarie, ripieg� sulla sola tipologia abrogativa, per 
di pi� con i ben noti limiti di cui all�art. 75 cpv.) e, successivamente, con l�emersione 
di ancora ulteriori limiti, per effetto della giurisprudenza costituzionale. 

Se, peraltro, la ipotetica natura costituente dell�istituto, determinata da 
un asserito rapporto privilegiato tra il corpo elettorale e la �produzione� del 
diritto, risultava coerente con l�inquadramento del risultato referendario nel 
novero delle fonti stesse del diritto (17), rimaneva in ogni caso insuperabile 
l�aporia determinata dall�art. 138 della Costituzione, il quale, nel disciplinare 
il procedimento di revisione costituzionale (come noto, la migliore approssimazione 
possibile del potere costituente), considera come solo eventuale, ed 
in ogni caso subordinato al difetto della mediazione parlamentare, il ricorso 
al corpo elettorale. 

Tramontata, pertanto, l�originaria impostazione dottrinaria tesa a valorizzare 
il rapporto diretto tra l�istituto referendario e la sovranit� popolare, ben 
pi� coerenti con il dato positivo - e, soprattutto, con la giurisprudenza costituzionale 
- appaiono altre teorie che individuano l�essenza dell�istituto ora in 
un mero potere di controllo (18), appannaggio principalmente della minoranza 
parlamentare (19), ora in uno strumento di equilibrio - e, invero, non il pi� 
importante - nell�ambito del complesso (e plurale) meccanismo di produzione 
normativa, la quale resta assegnata in prima istanza al circuito della rappresentanza 
parlamentare (20). 

La progressiva riduzione dello spazio lasciato alla libera ammissibilit� 
dei quesiti referendari per effetto della giurisprudenza costituzionale risulta, 
pertanto, coerente con una concezione pi� moderna dell�istituto, la quale, scevra 
della cifra ideologica delle origini, pare prendere atto della intima necessit� 
dell�ordinamento statuale - come spiegheremo meglio tra poco - di difendere 
il nocciolo duro dei suoi valori e della sua �struttura� da tentativi di cambia


(15) DELP�R�E, Referendum e ordinamenti costituzionali, in Luciani, Volpi, 1992. 
(16) Cfr. in particolare �Il contratto sociale�, trad. it., Milano, 2001, passim, ma soprattutto 7678 
e Libro III. 
(17) Su tutti, cfr. G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale. 1. Il sistema delle fonti del 
diritto, Torino, 1988. 
(18) S. GALEOTTI, La garanzia costituzionale (presupposti e concetto), Milano, 1950, 81, 148-149. 
(19) BARBERA, MORRONE, La repubblica dei referendum, Bologna, 2003, 228. 
(20) Per un�analisi delle varie sfumature di tale posizione dottrinale, cfr. �Commentario alla Costituzione�, 
cit., in particolare: 2.4 L�opposta tesi del primato della rappresentanza parlamentare. 



mento che, per quanto sorretti dalla apparentemente pi� autentica iniziativa 
popolare, potrebbero spingersi fino ad una possibile manomissione del funzionamento 
delle sue istituzioni. 

N� pu� trascurarsi come tali conclusioni risultino avvalorate dai riconosciuti 
difetti intrinseci del referendum abrogativo - che, peraltro, la Corte ha 
tentato di mitigare introducendo il valore, mai sconfessato, della �matrice razionalmente 
unitaria� del quesito -, il quale inevitabilmente riduce l�apporto 
del corpo elettorale alla scelta binaria tra due alternative (21), di cui quella 
abrogativa si presenta, per di pi�, dagli esiti incerti e indefiniti, non potendosi 
escludere effetti imprevedibili sulla disciplina di risulta. 

Una ulteriore conferma alla riduzione degli spazi referendari ci viene offerta 
-ex adverso - da altro, importantissimo filone della giurisprudenza costituzionale 
che, per quanto estraneo alla questione di ammissibilit� referendaria, 
converge verso il medesimo assunto: quello della intangibilit� del nucleo essenziale 
di valori e principi desumibili dalla nostra carta costituzionale. 

Ci si riferisce alla serie di decisioni, inaugurata dalla sentenza n. 1146 del 
1988, in tema di limiti impliciti del procedimento di revisione costituzionale. 
Come noto, infatti, la Corte, a partire da tale giudizio, ha ritenuto che anche al 
legislatore costituzionale - per quanto soggetto al faticoso iter procedurale di 
cui all�art. 138, concepito dai costituenti proprio per assicurare la pi� ampia 
mediazione politica in sede parlamentare e garantire, per tal verso, un equilibrio, 
oltre che una rappresentanza, davvero simile a quella costituente - sia 
impedito incidere, oltre che su quanto esplicitamente contenuto nell�art. 139 
(la forma repubblicana), anche su quel nucleo di valori supremi sui quali si 
fonda la Costituzione italiana. 

Anche sotto questo aspetto, dunque, la giurisprudenza della Corte fornisce 
validi strumenti per riaffermare il principio - caro, come vedremo, alla disciplina 
della teoria generale dello Stato - secondo il quale addirittura alla sovranit� 
popolare, di cui il potere referendario e quello di revisione costituzionale costituiscono 
le espressioni pi� dirette, rimanga preclusa la possibilit� di accedere 
ad una zona presidiata esclusivamente dai valori supremi dell�ordinamento, tra 
i quali - � questa la tesi di fondo di questo studio - deve essere annoverata l�esigenza, 
tipica dello Stato moderno, di conservare un nucleo strutturale essenziale, 
deputato a garantirne la sicurezza e, in una parola, l�esistenza. 

2.2 Divagazione n. 2: un altro aspetto della giurisprudenza della Corte in 
tema di ammissibilit� dei referendum: la �matrice razionalmente unitaria�. 

Una volta adottata in Costituzione la scelta dell�introduzione del solo referendum 
abrogativo, la Corte Costituzionale ha dovuto fronteggiare, sin da subito, 
taluni tentativi finalizzati, attraverso un uso distorto dell�istituto, a reintrodurre 

(21) DI GIOVINE, Democrazia diretta e sistema politico, Padova, 2001, 15-16. 


DOTTRINA 331 

di fatto quelle tipologie di referendum che i Costituenti avevano esplicitamente 
escluso (in particolare quello propositivo o quello c.d. �di indirizzo�). 

Nasce da questa esigenza - oltre che dalla gi� citata necessit� che il corpo 
elettorale, chiamato su un quesito specifico, sia messo in grado di esprimere 
una volont� limpida e consapevole (22) - la scelta della Corte Costituzionale 
di indicare, quale primo dei gi� citati limiti ulteriori nel giudizio di ammissibilit� 
referendaria, quello della �matrice razionalmente unitaria� dei quesiti. 

Al riguardo, meglio e pi� sinteticamente di qualunque commento, giova 
riportare le parole espresse direttamente dalla Corte nella �solita� sentenza n. 
16/1978: �Se � vero che il referendum non � fine a se stesso, ma tramite della 
sovranit� popolare, occorre che i quesiti posti agli elettori siano tali da esaltare 
e non da coartare le loro possibilit� di scelta; mentre � manifesto che un 
voto bloccato su molteplici complessi di questioni, insuscettibili di essere ridotte 
ad unit�, contraddice il principio democratico, incidendo di fatto sulla 
libert� del voto stesso (in violazione degli artt. 1 e 48 Cost.)�. 

Per ci� che riguarda l�oggetto di questo studio, giova rammentare come 
tale limite abbia, da solo, giustificato l�esclusione di quesiti che, per tanti versi, 
assomigliano a quello in esame. 

Ci si riferisce ai tentativi di abolire per via referendaria il codice penale 
militare di pace e l�intero ordinamento giudiziario militare (entrambi trattati 
nella sentenza n. 16/1978), il Ministero dell�industria, del commercio e del-
l�artigianato (sentenze n. 36/1993 e n. 23/1997) e, solo per certi aspetti, il Ministero 
della Sanit� (sentenze n. 34/1993 e n.17/1997). 

In tali casi la reiezione dei quesiti referendari � stata sempre motivata con 
brevi, ma decise, argomentazioni. 

Esemplare, al riguardo, risulta il caso del Ministero dell�Industria, del commercio 
e dell�artigianato: non essendo il primo quesito riuscito a indicare tutta la 
stratificazione normativa comunque riferita al citato Dicastero, la Corte ha avuto 
modo di precisare che l�eventuale abrogazione referendaria avrebbe raggiunto un 
risultato parziale ed incoerente, poich� sarebbe stata in grado solo di mutilare - � 

(22) Sotto questo aspetto, la Corte Costituzionale, sempre nella citata sentenza n. 16 del 1978, 
coglie l�occasione per denunciare i limiti della stessa legge attuativa dell�istituto (la n. 352/1970) rea di 
non aver previsto meccanismi procedurali validi per effettuare una valutazione sulla omogeneit� dei 
quesiti preferibilmente prima della fase della raccolta delle firme, la quale pure deve essere connotata 
da un sufficiente grado di consapevolezza. Su tale punto giova riportare integralmente il testo della citata 
sentenza: �corrisponde alla naturale funzione dell�istituto (aderendo ad alcune importanti indicazioni 
ricavabili dagli atti dell�Assemblea Costituente) l�esigenza che il quesito da porre agli elettori venga 
formulato in termini semplici e chiari, con riferimento a problemi affini e ben individuati; e che, nel 
caso contrario, siano previste la scissione od anche la integrale reiezione delle richieste non corrispondenti 
ad un tale modello. In coerenza con questi scopi, la legislazione attuativa dell�art. 75 Cost. doveva 
e dovrebbe prevedere, dunque, appositi controlli delle singole iniziative, da effettuare - preferibilmente 

- prima ancora che vengano apposte le firme occorrenti a sostenere ciascuna richiesta; affinch� gli 
stessi sottoscrittori siano messi preventivamente in grado d�intendere con precisione il valore e la portata 
delle loro manifestazioni di volont��. 


il termine usato proprio dalla Corte -�il complesso organizzatorio che risponde 
al nome di Ministero dell�Industria, del commercio e dell�artigianato� (23). 

Quando, poi, ad un secondo tentativo di abrogazione del citato Ministero 
� la stessa Corte ad ammettere che i proponenti sono stati in grado di migliorare 
sensibilmente la qualit� del quesito, includendo �tutte le disposizioni concernenti 
l�organizzazione ministeriale, ma non le altre alle prime strettamente 
connesse, cio� quelle che attengono alle funzioni dell�apparato�, si � reso necessario 
addivenire ad una ulteriore specificazione del �principio della matrice 
razionalmente unitaria�. 

Nella sentenza n. 23/1997 viene, infatti, effettuata un significativa specificazione 
dei requisiti - potremmo dire - �minimi� di cui deve essere corredato 
un quesito referendario, soprattutto ove intenda incidere sulla organizzazione 

o l�ordinamento istituzionale dello Stato: �una consapevole espressione di 
voto non pu� non vedere connessi gli aspetti organizzativi e funzionali del dicastero, 
affinch� colui che manifesta la sua volont� nell�ambito della consultazione 
referendaria sia posto in grado di conoscere quali funzioni verranno 
private dell�attuale centro di imputazione. Diversamente, si determinerebbe 
una mancanza di chiarezza della domanda tale da rendere inammissibile il 
quesito. Che � propriamente quanto si verifica nel caso di specie, dove vi � 
una palese incongruit� del quesito rispetto all�oggetto reale del referendum, 
il quale - riguardando, come sՏ detto, la soppressione del Ministero dell�Industria 
- non pu� non coinvolgere nella domanda d�esame delle molteplici 
funzioni che ad esso sono attribuite dalla complessa stratificazione normativa 
di cui si � fatta test� menzione�. 

Per quanto, forse, basterebbero queste argomentazioni per denunciare 
l�intima fragilit� del quesito di cui oggi si discute - che, come detto, riguarda 
un nucleo, necessariamente incompleto, di disposizioni riguardanti l�istituzione 
prefettizia -, l�interesse di questo studio � avvalorare l�ipotesi che tale 
istituzione appartenga cos� intimamente alla organizzazione dello Stato da 
dover essere esclusa per questo motivo - e non in base ad una semplice incompletezza 
dei quesiti - ogni ipotesi abrogativa per mano referendaria. 

Peraltro, l�avvenuta ammissibilit� dei quesiti relativi al Ministero delle 
partecipazioni statali e del Ministero dell�agricoltura e delle foreste (24) devono 
costituire un monito per non indulgere ad affermare che ogni aspetto 
dell�organizzazione statuale sia di per s� sottratta dal giudizio referendario, 
magari in nome di una asserita riserva in capo al legislatore parlamentare di 
tali temi - per quanto, invero, assai complessi. 

(23) Sentenza n. 36/1993. 
(24) Ad onor del vero, la Corte � pervenuta all�ammissibilit� dei quesiti in parola, con le sentenze 
n. 26 e 27/1993, argomentando anche in base alla relativa semplicit� della disciplina di cui si proponeva 
l�abrogazione, essendo ben definito il corpus normativo relativo ai due dicasteri. 



DOTTRINA 333 

Gli esempi di cui sopra non escludono, infatti, la astratta possibilit� di ritenere 
ammissibili quesiti che risultino �razionalmente unitari� poich� capaci 
di cogliere tutta la stratificazione normativa relativa ad un dato istituto - circostanza 
che, per avventura, potrebbe avvenire anche in riferimento all�istituzione 
prefettizia. 

Il limite insuperabile diviene, allora, l�ancoraggio dell�istituto di cui si 
propone l�abrogazione referendaria a quel nucleo di valori, di implicito rilievo 
costituzionale, di cui la giurisprudenza della Corte che si � descritta dianzi ha 
dato ampio conto. 

Da qui deriva, dunque, il paradosso cui � soggetto il quesito di cui si discute: 
esso, infatti, ad una prima lettura appare privo di quella matrice razionalmente 
unitaria che viene richiesta ad ogni quesito referendario, poich� si 
propone di incidere solo su taluni aspetti e funzioni dell�istituzione prefettizia; 
tuttavia, anche nella denegata ipotesi in cui si riuscisse, proprio in nome della 
esigenza della chiarezza ed univocit� del quesito, a ottenere un consapevole 
risultato referendario su tutte le funzioni e su tutti gli aspetti organizzativi delle 
Prefetture, lo stesso quesito sarebbe in ogni caso interdetto dalla necessit�, riconosciuta 
dalla giurisprudenza della Corte, di non determinare un vuoto su 
profili, anche di rilievo costituzionale, che attengono alla pi� intima organizzazione 
statuale. 

3. L�ammissibilit� costituzionale dell�abrogazione dell�istituto prefettizio: considerazioni 
preliminari. 

Tornando alla terminologia usata dalla Corte in occasione della proposta 
�abrogazione� del Ministero dell�Industria, del commercio e dell�artigianato, 
non pu� non esprimersi l�avviso, in via preliminare, circa la mera capacit� del 
quesito in esame di solo �mutilare� la stratificazione normativa che �risponde 
al nome� di Prefettura (25). 

Ci� detto e per quanto, come anticipato, non sia questa la cifra principale 
di questo studio, � importante effettuare un�analisi sintetica del quesito referendario 
in esame innanzitutto alla luce dei principali, e pi� consolidati orientamenti 
della giurisprudenza costituzionale, cos� come dianzi meglio 
specificati: valutandone, cio�, la �matrice razionalmente unitaria� e individuando 
le eventuali connessioni con valori di rilievo costituzionale tali da rendere 
non sostenibile l�abrogazione tout court delle disposizioni normative 
proposte. 

E cos�, solo per fare qualche esempio, essendo, invero, molteplici le connessioni 
esistenti tra le norme di cui viene proposta l�abrogazione e la infinita 
disciplina �residua�, l�eliminazione dell�art. 10 della legge 5 giugno 2003, n. 

(25) Abbiamo volutamente parafrasato l�espressione contenuta nella Sentenza n. 36/1993, gi� riportata 
nel testo, supra. 


131 (26), potrebbe pregiudicare l�attivit� della Corte Costituzionale in tema 
di giudizio in via d�azione sulla legittimit� delle leggi regionali e di conflitto 
di attribuzione fra lo Stato e le Regioni e ci� in quanto verrebbe a mancare 
l�ufficio deputato ad attivare i relativi procedimenti per conto della Presidenza 
del Consiglio. 

E, ancora, l�abrogazione dell�art. 11 del d.lgs 30 luglio 1999, n. 300 (27), 
potrebbe privare improvvisamente il Ministero dell�Interno dei suoi organi periferici, 
tramite i quali esso assicura, ai sensi dell�art. 14 del medesimo decreto 
legislativo (peraltro non toccato dal quesito in esame�) la garanzia della regolare 
costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali, i servizi 
elettorali, la vigilanza sullo stato civile e sull�anagrafe, la tutela dei diritti civili, 
ivi compresi quelli delle confessioni religiose, di cittadinanza, immigrazione 
e asilo, la difesa civile etcc� 

Si tratta - � superfluo rimarcare - di competenze che risultano espressione 
di altrettante disposizioni di rilievo costituzionale: si pensi, solo per 
fare un esempio di estrema attualit�, al fatto che la soppressione delle prefetture 
determinerebbe un impatto imprevedibile, sia di natura organizzativa 
che funzionale, sulle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello 
status di rifugiato (28) e, in ogni caso, in merito all�attivazione dei procedimenti 
di riconoscimento del diritto d�asilo di cui al comma terzo dell�art. 10 
della Costituzione. 

Eliminare, inoltre, l�art. 2 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (29), 
priverebbe l�ordinamento dell�unico potere extra ordinem - sulla cui natura 
amministrativa o normativa non � qui il caso d�indugiare - che viene ricono


(26) Recante �Disposizioni per l�adeguamento dell�ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 
18 ottobre 2001, n. 3�. L�art. prevede che in ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto 
all�ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione svolga le funzioni di 
rappresentate dello Stato con il sistema delle autonomie. In tale veste il Prefetto, per il tramite dell�Ufficio 
territoriale del Governo con sede nel capoluogo della Regione, espleta una serie di attivit� fra le quali: 
1) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari 
regionali e ai Ministeri interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalit� di cui agli 
articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti amministrativi regionali, agli effetti dell�art. 134 della 
Costituzione, nonch� il tempestivo invio dei medesimi atti all�ufficio dell�Avvocatura dello Stato avente 
sede nel capoluogo regionale; 
2) l�esecuzione dei provvedimenti del Consiglio dei Ministri costituenti esercizio del potere costitutivo 
di cui all�art. 120, secondo comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo 
e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio regionale. 
(27) Recante �Riforma dell�organizzazione del Governo, a norma dell�articolo 11 della legge 15 
marzo 1997, n. 59�. 
(28) Proprio mentre si scrive, giunge notizia dell�emanazione del d.l. 119/2014 il quale, dopo aver 
chiarito che �Le Commissioni territoriali sono insediate presso le prefetture che forniscono il necessario 
supporto organizzativo e logistico, con il coordinamento del Dipartimento per le libert� civili e l'immigrazione 
del Ministero dell'interno�, nel prendere atto delle sempre maggiori esigenze connesse al fenomeno 
migratorio, non a caso oggetto di un provvedimento di urgenza, amplia il numero delle 
Commissioni in parola da 10 a 20. 
(29) Recante �Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza�. 



DOTTRINA 335 

sciuto in ambito provinciale e che consiste, come noto, nella facolt� di adottare, 
in caso di urgenza e grave necessit�, provvedimenti indispensabili per la 
tutela dell�ordine e della sicurezza pubblica: anche questi beni di sicuro rilievo 
costituzionale. 

Per non parlare - promesso: � l�ultimo esempio! - della proposta abrogazione 
dell�art. 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121, la quale, oltre a non 
tener conto di tutti gli altri riferimenti interni allo stesso testo, i quali rimarrebbero, 
in tal modo, privi di significato (uno su tutti: anche dopo la denegata 
abrogazione referendaria sopravviverebbe l�art. 20 della medesima legge 
121/1981, che disciplina il Comitato provinciale per l�ordine e la sicurezza 
pubblica, quale organo ausiliare di consulenza del prefetto�), determinerebbe 
altres� una radicale trasformazione dell�intero assetto della gestione 
dell�ordine pubblico. 

Tale ultimo caso, peraltro, risulta particolarmente utile ove si voglia valutare 
la capacit� del quesito in rassegna di corrispondere a quei requisiti di 
chiarezza immancabilmente richiesti dalla giurisprudenza della Corte, in 
quanto orientati ad assicurare il livello minimo di consapevolezza del voto referendario: 
in altre parole, con riferimento alla parte di quesito relativo alla 
legge 121/1981, risulta tutta l�inadeguatezza della prova di resistenza consistente 
nella effettiva capacit� del corpo elettorale di essere in grado di valutare, 
leggendo il quesito, la profonda trasformazione ordinamentale che si cela ove 
ritenuta ammissibile - dietro l�abrogazione di un solo articolo (30). 

Procedere, ancora, all�individuazione di ulteriori profili �problematici� 
intimamente connessi alla proposta di quesito in esame significherebbe, data 
la vastit� delle attribuzioni che l�ordinamento assegna alle prefetture e al Corpo 
prefettizio, non certo esauribili in una sola proposta abrogativa, produrre una 
lunga casistica che suonerebbe come un tentativo di difesa dell�istituzione, 
che nulla aggiungerebbe a quanto scritto sulle funzioni passate e presenti delle 
prefetture. 

D�altra parte non pu� sottacersi - ed, anzi, il prenderne atto, lungi dal rappresentare 
un limite della tesi che si vuol sostenere, costituisce un aspetto particolarmente 
interessante - che sono stati soprattutto gli studiosi di Storia 
costituzionale o amministrativa e gli amministrativisti tout court ad occuparsi 
finora di prefetti e prefetture, mentre i manuali di Diritto costituzionale ne 
hanno fatto e ne fanno talvolta sporadico cenno solo per esemplificare i rap


(30) Ci si riferisce alla possibile, profonda alterazione, per mano referendaria, di un intero assetto 
ordinamentale relativo a una funzione essenziale per lo Stato - l�ordine e la sicurezza pubblica - la quale, 
per antica tradizione avente giustificate ragioni anche di ordine storico, � stata concepita in modo plurale 
in quanto articolata sull�impegno parallelo di due corpi di polizia ad ordinamento generale e di altri tre 
ad ordinamento settoriale. Tale sistema, come noto, trova il proprio equilibrio ed una delicata sintesi 
tramite i poteri di coordinamento, disciplinati sempre nella l. 121/1981, posti in capo, sia a livello periferico 
che a livello centrale, alla figura del prefetto. 


porti di gerarchia nell�Amministrazione dello Stato o nel trattare il tema della 
rappresentanza organica. 

Eppure, non sarebbe azzardato sostenere che l�istituto prefettizio presenti 
campi d�indagine di diretto interesse per il Diritto costituzionale e, pi� nello 
specifico, per la Teoria generale dello Stato (31). 

3.1. Prima ipotesi di analisi: prefetture e struttura dello Stato. 

Una prima ipotesi di analisi potrebbe essere quella di considerare le prefetture 
come una istituzione direttamente funzionale alla �struttura� dello Stato 

(31) Qualunque siano i criteri prescelti per articolare una bibliografia sullo Stato - che � sconfinata 
ed in continua evoluzione - essi non potranno evitare, se non con molte difficolt�, problemi di 
classificazione sistematica e ci� in ragione della �trasversalit�� disciplinare dell�argomento. Nel presente 
lavoro ci si � limitati ad una bibliografia essenziale e strettamente legata agli argomenti trattati 
e, quindi, basata su Autori quasi totalmente italiani perch� �, appunto, sull�esperienza nostrana che 
queste pagine si concentrano. Essa � impostata in base alla seguente suddivisione: testi di Diritto pubblico 
e costituzionale; testi di Dottrina o di Teoria generale dello Stato; testi di Storia generale e di 
Storia costituzionale o amministrativa dello Stato italiano; testi di Dottrina politica; testi di Filosofia 
e di Filosofia del Diritto. Testi di Diritto pubblico e costituzionale: BISCARETTI DI RUFFIA P., Diritto 
costituzionale, XI, ed., Jovene Editore, Napoli, 1977, pagg. 1-239; CARR� DE MALBERG R., Contribution 
� la Th�orie g�n�rale de lՎtat, Libraire de la Societ� du Recueil Sirey, Paris, 1920; CERETI C., 
Corso di Diritto costituzionale italiano, Giappichelli, Torino, 1955, pagg. 1-93, 101-110, 171-189, 
421-428; CRISAFULLI V., Lezioni di Diritto costituzionale, Vol. I Introduzione al Diritto costituzionale 
italiano (Gli ordinamenti giuridici, Stato e Costituzione, Formazione della Repubblica italiana), 
CEDAM, Padova, 1970; DONATI D., La persona reale dello Stat, Estratto dalla �Rivista di Diritto 
pubblico� anno 1921 - parte I, Societ� editrice Libraria, Milano, 1921- Casa Editrice dott. Francesco 
Vallardi, Milano, 1921; LAVAGNA C., Istituzioni di Diritto pubblico, VI ed., UTET, Torino, 1985, pagg. 
1-131; MARTINES T., Diritto costituzionale, VIII ed., Giuffr�, Milano, 1994, pagg. 3-260; MORTATI C., 
La Costituzione in senso materiale, Giuffr�, Milano, 1998; MORTATI C., Istituzioni di Diritto pubblico, 
VI ed., CEDAM, Padova, 1962, pagg. 3-164, 531-561, 704-720; MORTATI C., Istituzioni di Diritto 
pubblico, IX ed., tomo I, CEDAM, Padova, 1975; ORLANDO V.E., Principi di Diritto costituzionale, 
G. Barbera Editore, Firenze, 1889, pagg. 13-66; PALADIN L., Diritto costituzionale, III ed., CEDAM, 
Padova, 1998; PERGOLESI F., Diritto costituzionale, XIV ed., CEDAM, Padova, 1960, pagg. 13-135; 
RANELLETTI O., Istituzioni di Diritto pubblico, parte generale, XIII ed., Giuffr�, Milano, 1951, pagg. 
3-159; ROMANO S., Corso di Diritto Costituzionale, VI ed. riveduta e aggiornata, CEDAM, Padova, 
1941, pagg. 3-206; SPAGNA MUSSO E., Diritto costituzionale, II ed., CEDAM, Padova, 1986, pagg. 
15-248. Testi di Dottrina o di Teoria generale dello Stato:BALLADORE PALLIERI G., Dottrina dello 
Stato, II ed., CEDAM, Padova, 1998; GROPPALI A., Dottrina dello Stato, Giuffr�, Milano, 1942; GUELI 
V., Elementi di una Dottrina dello Stato e del Diritto come introduzione al diritto pubblico, Soc. Ed. 
del Foro Italiano, Roma, 1959; PASSERIN D�ENTR�VES A., La Dottrina dello Stato. Elementi di analisi 
e di interpretazione, III ed., Giappichelli, Torino, 2009. Testi di Storia generale e di Storia costituzionale 
o amministrativa dello Stato italiano: ALLEGRETTI U., Profilo di Storia costituzionale italiana. 
Individualismo e assolutismo nello Stato liberale, il Mulino, Bologna, 1989; CASSESE S., 
Governare gli italiani. Storia dello Stato, il Mulino, Bologna, 2014; MELIS G., Storia dell�Amministrazione 
italiana, il Mulino, 1996; ROMANELLI R. (a cura di), Storia dello Stato italiano dall�Unit� 
ad oggi, Donzelli, Roma, 1995; WOLFGANG R., Storia dello stato moderno, il Mulino, Bologna, 2010. 
Testi di Dottrina politica: BOBBIO N., Stato, governo, societ�. Frammenti di un dizionario politico, 
Einaudi, Torino, 1995; MATTEUCCI N., Lo Stato moderno, il Mulino, Bologna, 1993; POGGI G., Lo 
Stato, il Mulino, 1992; TERNI M., Stato, Bollati Boringhieri, Torino, 2014. Testi di Filosofia e di Filosofia 
del Diritto: GENTILE G., Genesi e Struttura della Societ�, Le Lettere, Firenze, 2011, in particolare 
pp. 57-105; KOJ�VE A., La Nozione di Autorit�, Adelphi, Milano, 2011. 



DOTTRINA 337 

italiano, cos� com�esso � andato delineandosi in oramai pi� di un secolo e 
mezzo di storia. 

Non � facile rinvenire in dottrina una definizione del concetto di �struttura� 
utile a differenziarne il significato rispetto a quello di �forma� dello 
Stato. Eppure cՏ chi ha sostenuto che �... Forma e struttura dello Stato sono 
concetti diversi pur essendo inscindibilmente collegati� Struttura � qualcosa 
di pi� ampio e di diverso degli elementi separatamente presi e dei singoli organi 
attraverso i quali lo Stato si attua e si afferma; � il risultato di principi, 
di idee, di indirizzi che si sono politicamente e giuridicamente affermati negli 
ordinamenti e negli istituti statali� (32). 

Tracce, seppur meno evidenti, della distinzione tra �struttura� e �forma� 
si rinvengono anche nel pensiero del Groppali (33), che individua nel concetto 
di �scopo� dello Stato un significato generale ed uno particolare o storicamente 
determinato: il primo, che consiste nella garanzia della difesa dall�esterno e 
dell�ordine interno, nonch� nel progresso di una comunit�, attiene alla �struttura� 
dello Stato, costituendone la �ragione suprema di vita�, �l�elemento che 
meglio ne esprime e caratterizza l�intima essenza� (34); il secondo, invece, � 
il modo concreto con il quale un dato Stato attua storicamente lo scopo generale, 
influendo sulla relativa �forma� (35). 

Anche il Santi Romano usa il termine �struttura� quando afferma che lo 
Stato �... � un�unit� ferma e permanente; ha un�esistenza a s� oggettiva e concreta, 
esteriore e visibile; ha un�organizzazione o struttura che assorbe gli 
elementi che ne fanno parte e che � superiore e preordinata cos� agli elementi 
stessi come alle loro relazioni, in modo che non perde la sua identit�, almeno 
sempre e necessariamente, per singole mutazioni di tali elementi...� (36). 

(32) CERETI C., op. cit., pagg. 75-76. Nel pensiero del Gueli, la distinzione tra �struttura� e �forma� 
dello Stato sembra correre sulla linea di demarcazione concettuale fra �regime politico� e �principio 
costituzionale� dello Stato. Quest�ultimo, infatti, inteso come �... l�organizzazione del rapporto politico 
fondamentale..� - fra governanti e governati (ovvero il rapporto che collega il �potere sovrano� ai �sudditi� 
dello Stato) -�... secondo un dato principio giuridico...�, �... � la costituzione (in senso materiale) 
dello Stato�: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 123-124. Il regime politico invece, � quell��elemento della 
struttura dello Stato� definibile come �... la realizzazione del principio politico, che informa il rapporto 
fondamentale di una organizzazione statuale, nel principio giuridico costituzionale di essa e, tendenzialmente, 
in tutto il suo ordinamento giuridico...�: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 121, 126, 131-132. Per 
usare un�esemplificazione si potrebbe osservare che se la �forma� di uno Stato, ovvero il principio costituzionale, 
rappresenta il �come� un dato ordinamento giuridico disciplina il rapporto fondamentale 
tra governanti e governati, la �struttura� dello Stato, ovvero il �regime politico�, spiegherebbe il �perch�� 
di siffatta disciplina. 
(33) GROPPALI A., op. cit., pag. 142. 
(34) GROPPALI A., op. cit., pag. 141. 
(35) GROPPALI A., op. cit., pag. 142. 
(36) ROMANO S., op. cit., pagg. 48. Interessante e in linea con Santi Romano risulta la definizione generale 
di Stato fornita dal Biscaretti di Ruffia che, oltre a �struttura�, utilizza il termine �assetto�: �Da ci� 
ne discende che lo Stato, presentandosi come un ente sociale con assetto stabile e permanente, pu�, in pari 
tempo, considerarsi - secondo la teoria istituzionale �- un�istituzione o un ordinamento giuridico ..., che 



Il Donati per parte sua avverte che �� la persona dello Stato si presenta 
con struttura non di persona semplice (�fisica�), ma di persona complessa. 
Tale si rivela quella persona, le cui parti, considerate ciascuna per s�, sono a 
loro volta persone, laddove ci� non si verifica rispetto alle parti delle persone 
semplici� (37). 

A prescindere, per�, da queste definizioni e, pi� in generale, da ogni 
discorso relativo alla natura della �struttura� dello Stato - ovvero se puramente 
normativa o, al contrario, sociologica o mista - e al di l� di ogni riflessione 
sui suoi rapporti con la �forma� dello Stato o con le teorie della 
�istituzione� e della �costituzione materiale�, l�autonomia concettuale di 
quel termine pu� ricondursi al fatto che lo Stato ha in s� un interesse e una 
finalit� ultronei e costanti rispetto a quelli che, tradizionalmente, la dottrina 
riassume nella difesa e nel progresso di una data comunit� organizzata su 
un determinato territorio. 

In altri termini, atteso che lo Stato ha il compito precipuo di garantire la 
conservazione e il progresso della comunit� di riferimento e che tale compito 
pu� declinarsi in vario modo a seconda delle epoche storiche - di tal ch� il passaggio 
dal periodo moderno a quello contemporaneo ha, ad esempio, determinato 
l�affiancamento alle tradizionali competenze di difesa militare all�esterno, 
di garanzia dell�ordine e della sicurezza pubblica all�interno e di riscossione 
dei tributi quello di assicurare un�articolata serie di diritti sociali -, pu� per� 
sostenersi l�esistenza di un interesse che nasce prima di ogni altro, non soggetto 
a modificazioni e �strutturalmente� legato allo Stato. 

Le caratteristiche concettuali di tale interesse sono rinvenibili in un passaggio 
della Filosofia del Diritto di Hegel secondo cui �... Il bene d�uno Stato 
ha un diritto del tutto diverso dal bene del singolo...�: esso, infatti, �... ha la 
sua esistenza, cio� il suo diritto, immediatamente in un�esistenza non astratta, 
ma concreta,� e soltanto quest�esistenza concreta, non una delle molte proposizioni 
generali, ritenute per precetti morali, pu� essere principio del suo 
agire e del suo comportamento...� (38). 

Norberto Bobbio ha interpretato questo passaggio osservando che, per il 
filosofo tedesco, �� il principio dell�azione dello Stato deve essere ricercato 
nella sua stessa necessit� di esistere, di un�esistenza che � la condizione stessa 
dell�esistenza (non solo dell�esistenza ma anche della libert� e del benessere) 
degli individui�� (39). 

Si potrebbe, dunque, argomentare che attiene alla �struttura� dello Stato, 

abbraccia ed assorba nella sua organizzazione e struttura tutti gli elementi che ne fanno parte, acquistando 
rispetto ad essi una vita propria e formando un corpo a s�, che non perde la sua identit� per le eventuali 
successive variazioni degli elementi medesimi�� BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pagg. 33-34. 

(37) DONATO D., op. cit., pag. 17. 
(38) BOBBIO N., Stato, op. cit. pag. 76. 
(39) Ibidem. 



DOTTRINA 339 

di ogni Stato, il fatto che lo stesso abbia un�imprescindibile esigenza di esistere: 
il ch� significa anche che afferisce alla �struttura� di ogni Stato l�interesse 
-esistendo - a svolgere i suoi compiti (40). 

Peraltro, nessuno Stato nasce a termine, anche se pu�, come tutte le organizzazioni 
sociali, avere una fine: di �perpetuit�� dello Stato parla, ad esempio, 
il Santi Romano (41), mentre Carr� de Malberg osserva che �La 
personnalit� de lՎtat r�sulte d�un second fait, qui est sa continuit�. Tandis 
que les individus qui composent lՎtat ou qui expriment sa volont� en qualit� 
de governants, sont sans cesse ed changement, lՎtat demeure immuable, il 
est permanent et, en ce sens, perp�tuel..� (42). 

Alla luce di ci� e con particolare riferimento al caso italiano e al tema 
preso in considerazione in questo lavoro, sono possibili due osservazioni: 

1) la prima � che le prefetture, nate con lo Stato moderno (italiano) per 
assicurane unit� e continuit�, rappresentano il principale modello organizzativo 
e gestionale di prossimit� delle funzioni governative statali giunto sino ai 
giorni nostri; 

2) la seconda � che essendo le prefetture funzionali a garantire la sicurezza 
interna della Stato, nell�ambito del Sistema della sicurezza nazionale 
come disciplinato dalla legge 124 del 2007 (43), esse afferiscono direttamente 
alla �struttura� dello Stato, di guisa che una loro modifica, finanche una loro 
soppressione, per mano referendaria determinerebbe improvvise - e non ammissibili 
- lacune di sistema. 

PRIMA OSSERVAZIONE: le prefetture, nate con lo Stato moderno (italiano) per 
assicurane unit� e durata, rappresentano il principale modello organizzativo 
e gestionale di prossimit� delle funzioni governative statali giunto sino ai 
giorni nostri. 

Lo Stato � un fenomeno storico perch� nasce in una data epoca dell�uma


(40) In dottrina un riferimento esplicito a tale concetto si rinviene in Spagna Musso, secondo cui 
�... unico vero fine primario identificabile a priori di una comunit� statale � quello di perseguire la 
propria esistenza in quanto tale...�: cfr. SPAGNA MUSSO E., op. cit. pag. 55. 

(41) ROMANO S., op. cit., pag. 67. 
(42) CARR� DE MALBERG. R., op. cit., pag. 48. Di �continuit�� della persona statale parla anche 
Donato Donati secondo cui �... la differenziazione e la sintesi si operano, non soltanto rispetto al complesso 
dei funzionari coesistenti in un dato momento, ma anche rispetto al complesso dei funzionari 
succedentisi nel tempo. Per una via si ha la nozione della persona statale considerata in un dato momento, 
per l�altra via si ha la nozione della continuit� della persona stessa, si ha la nozione della persona 
dello Stato in quanto si mantiene nel tempo...� cfr. DONATI D., op. cit., pag. 16. Biscaretti di Ruffia 
parla, come gi� rilevato, di stabilit� e permanenza dello Stato: cfr. BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pag. 
2, mentre Gueli usa i termini di �permanenza�, �continuit�� ed �unit��, �durevole esistenza� e �stabilit�� 
e �tendenziale perpetuit��: cfr. GUELI V., op. cit., pagg. 31, 49-50, 104, 305. Il Mortati, invece, usa i termini 
di �durata e stabilit�� dello Stato: cfr. MORTATI C., op. cit., pag. 128. 
(43) Recante �Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del 
segreto�. 



nit� (44). Dibattuto � semmai fra i giuristi quando esso sia sorto, ovvero se 
nel 1648 (45), data in cui con la pace di Westfalia i grandi Stati europei affermarono 
la propria indipendenza sul Papato e l�Impero (46), o, al contrario, in 
tempi pi� risalenti, quando gli uomini passarono dall�organizzazione per famiglie 
ristrette a quella per clan gentilizi, per cui anche la polis greca e la Res 
pubblica (o Civitas) romana costituirebbero �Stati� a tutti gli effetti (47). 

Affermare che lo Stato sia un fenomeno storico significa sostenere, al 
contempo, l�esistenza di una storia generale dello Stato nell�ambito della quale, 
affianco al concetto di �struttura� e al connesso interesse dello Stato ad un�esistenza 
duratura, si delineano, nelle varie epoche storiche, diverse forme di 
Stato e di governo. Ma cos� come esiste una storia generale dello Stato, esiste 
anche una storia specifica per ogni singolo Stato e, dunque, una specifica 
�struttura� e determinate forme di Stato e di governo succedutesi nel tempo: 
il rapporto tra la storia dello Stato in generale e quella specifica delle sue possibili 
�strutture�, pu� essere esemplificativamente ridotto al rapporto tra 
l�uomo e il �carattere�: se, infatti, l�uomo in generale ha un �carattere�, ogni 
uomo in particolare ha un suo specifico �carattere� che non muta con il mutar 
del tempo, almeno nei suoi tratti essenziali. 

Insegna in proposito Vittorio Emanuele Orlando, al fine di spiegare la 
differenza tra Diritto costituzionale e Diritto amministrativo da una parte e 
Politica e Scienza dell�Amministrazione dall�altra, che i primi due afferiscono 
all�ordine giuridico che �... suppone lo studio di rapporti naturali e necessari� 
(48)�; e, in riguardo allo Stato, egli afferma che i vari rapporti cui esso 
d� luogo �... paiono improntati allo stesso carattere di necessit�, per cui con 
logica, obiettiva ed assoluta certezza, dato un popolo determinato, in un determinato 
ambiente, esso ha un insieme di istituzioni politiche, la cui portata, 
i cui termini, il cui contenuto deve necessariamente esser quello� (49). 

Applicando tale metodo deterministico al caso italiano � possibile rinve


(44) MARTINES T., op. cit., pag. 37-38; MATTEUCCI N., op. cit., pag. 22; ORLANDO V.E, op. cit., 
pagg. 23-26; RANELLETTI O., op. cit., pag. 18. 
(45) Si tratta di una data convenzionale presa come punto di riferimento da chi sostiene la tesi del 
carattere storicamente moderno del fenomeno �Stato�, i cui processi di formazione iniziarono, comunque, 
ben prima con l�accentramento del potere in capo alle grandi monarchie nazionali europee e con la 
formazione delle teorie sulla sovranit�. 
(46) Cfr. BALLADORE PALLIERI G., Dottrina, op. cit., pagg. 3-12; CASSESE S., op. cit., pag. 15, 23; 
MARTINES T., op. cit., pagg. 37-39; MATTEUCCI N., op. cit., pagg. 15-22; PALADIN L., op. cit., pagg. 3034; 
POGGI G., op. cit., pag. 41-52; WOLFGANG R., op. cit. 
(47) Il Lavagna distingue, ad esempio, le fasi evolutive dello Stato in Stato gentilizio, Stato patrimoniale 
e Stato politico-territoriale in LAVAGNA C., op. cit., pag. 65. Si veda, altres�, BISCARETTI DI 
RUFFIA P., op. cit., pag. 33-34, 37; CRISAFULLI V. op. cit., pagg. 56-57; GROPPALI A., op. cit. pagg. 8387; 
RANELLETTI O., op. cit., pag. 18. Sulla stessa linea sembrerebbe attestato il Gueli: cfr. GUELI V., op. 
cit., pagg. 4-7, 51-53, 96-97, 100-104, 113-114. 
(48) ORLANDO V.E., op. cit., pag. 29. 
(49) Ibidem. 



DOTTRINA 341 

nire nella struttura del nostro Stato, a prescindere dalle forme istituzionali e 
di governo che in pi� di un secolo e mezzo di storia si sono avvicendate, talune 
precise scelte di organizzazione che lo hanno connaturato, innanzitutto, in termini 
unitari e non federali. 

Persino con l�avvento della Costituzione repubblicana, che ha previsto per 
quanto concerne i rapporti tra centro e periferia - una forma regionale e 
non federale di Stato, fu comunque affermato il principio dell�unit� e dell�indivisibilit� 
della Repubblica (art. 5), senza peraltro stravolgere, ma anzi riaffermandolo, 
quel sistema che prevede ancora oggi, in modo ancora pi� netto, 
che i Comuni, oltre ad essere enti territoriali con autonome funzioni di rappresentanza 
politica, siano anche diramazioni dell�organizzazione dello Stato 
volte ad assicurare, con il coordinamento e il supporto delle prefetture, funzioni 
amministrative �statali� di prossimit� quali, ad esempio, l�anagrafe e lo 
stato civile o il servizio elettorale. 

In altri termini, � come se esistesse nella storia nazionale un filo conduttore 
che dalla scelta di Cavour di accantonare ogni progetto federalistico (si 
pensi alla proposta Minghetti) conduce alla Carta repubblicana, non essendo 
forse un caso che l�attuale legislatore stia ripensando - ancora una volta - in 
chiave statale la �riforma della riforma� del Titolo V della seconda parte della 
Costituzione. Ma quali le ragioni? Forse che l�Italia, con le �costanti� sociali 
della questione meridionale (50) o di una radicata presenza di forti organizzazioni 
criminali in ampie parti del suo territorio, si presenta come un un Paese 
che necessita di una altrettanto forte amministrazione periferica dello Stato 
per assicurarne la tenuta istituzionale? Forse che la ricca variet� di usi e costumi 
locali, che rendono l�Italia positivamente unica al mondo, abbisogna, 
come contrappeso, di strumenti organizzativi che, bilanciando spinte centrifughe 
e centripete, assicurino un delicato equilibrio di sistema? Potrebbe darsi 
che proprio a tali scopi siano servite le prefetture, pur con i limiti di qualsiasi 
umana organizzazione? 

Ma quando � nato lo Stato italiano? Anche questo � un tema che ha animato 
i dibattiti fra i giuristi. Alcuni (51), con convincenti motivazioni, sosten


(50) ALLEGRETTI U., op. cit., pag. 465; CASSESE S., op. cit., p. 105, 338-341; ROMANELLI R., in 
ROMANELLI R. (a cura di), op. cit., pag. 133. 
(51) In questo senso, con specifico riferimento alla fase di passaggio dal Regno sardo-piemontese 
al Regno d�Italia, cfr. ROMANO S., op. cit., pagg. 199-206. Dello stesso avviso e in termini pi� ampi 
fino alla nascita della Repubblica: cfr. BISCARETTI DI RUFFIA P., op. cit., pagg. 70- 76; CASSESE S., op. 
cit., pp. 327-368; CERETI C., op. cit., pag. 33, 39; CRISAFULLI V., op., cit., pagg. 110-141; LAVAGNA C., 
op. cit., pag., 98-98; PALADIN L., op. cit., pagg. 75-103. A parte lo Statuto del 1848, che divenne la costituzione 
del Regno d�Italia, altri segni di continuit� possono essere rinvenuti nel fatto che il Re mantenne 
la numerazione progressiva del titolo reale derivante dall�originaria investitura, che la prima 
Legislatura del Regno d�Italia fosse in realt� la VIII - secondo la numerazione derivante dal Parlamento 
subalpino - e il al fatto che rimasero in vigore i trattati stipulati dal Regno di Sardegna, ma non quelli 
degli altri Stati italiani pre-unitari. Persino la deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 



gono che le sue origini vadano ricercate nella nascita del Regno sardo-piemontese 
il quale, con successive incorporazioni territoriali, divenne Regno d�Italia 
e successivamente Repubblica italiana. Il 17 marzo del 1861 non sorse, quindi, 
un nuovo Stato, n� tantomeno ci� accadde con le leggi di costituzionalizzazione 
(1925, 1928 e 1939) del Regime fascista o con il voto del Gran Consiglio del 
25 luglio 1943, che diede la stura alla fase di transizione e poi a quella costituente, 
il tutto caratterizzato da una continuit� istituzionale che la XV e XVII 
disposizione transitoria della Costituzione repubblicana hanno poi ratificato. 

Semmai, occorrerebbe innanzitutto individuare il momento della nascita 
del Regno sardo-piemontese: che non � n� il 1848 (data in cui Carlo Alberto 
concesse lo Statuto quale legge fondamentale del Regno che sarebbe divenuta 
la Costituzione del Regno d�Italia), n� il 1720 (data in cui Vittorio Amedeo II 
di Savoia acquis� il Regno di Sardegna affiancandolo agli altri suoi possedimenti 
di terra ferma, fra i quali in primo luogo il Principato del Piemonte ed 
il Ducato di Savoia). La data �, molto pi� verosimilmente, il 27 novembre del 
1847, quando una delegazione del Parlamento del Regno di Sardegna, recatasi 
a Torino, formalizz� al Re la rinuncia alla secolare autonomia dell�Isola e la 
richiesta della fusione perfetta (politica, finanziaria e amministrativa) con gli 
Stati della terra ferma: � in quel momento che cess� di esistere quella che potrebbe 
essere definita (anche se con le dovute accortezze) una mera �Unione 

luglio del 1943 garant� una continuit� istituzionale, non forzata dal fatto che in un secondo momento 
il Re, ai sensi dell�art. 5 e 6 dello Statuto e dell�art. 2 della legge (fascista) 2263 del 1925 (Il Capo del 
Governo� � nominato e revocato dal Re�), nomin� il nuovo Primo Ministro senza prima consultare 
quell�organismo come, invece, stabilivano gli articoli 12 e 13 della legge 2693 del 1928 e ci� proprio 
in forza dell�ampio mandato attribuitogli dall�ordine del giorno Grandi. Anche la Luogotenenza, nonostante 
gli inconsueti ampi poteri attribuiti nella circostanza al Luogotenente, garant� la continuit� 
istituzionale per il tramite dei due decreti legislativi luogotenenziali n. 151 del 1944 e 98 del 1946, 
che aprirono la strada al referendum istituzionale e all�elezione dell�Assemblea costituente e, quindi, 
alla fase repubblicana. Il Pergolesi, bench� individui il 17 marzo del 1861 come la data formale della 
nascita del nuovo Stato italiano, sostiene la continuit� dell�ordinamento statuale fino al regime repubblicano 
compreso: cfr. PERGOLESI F., op. cit., pagg. 18-55. Singolare, invece, la posizione del Mortati 
che, inizialmente, fu sostenitore della tesi della discontinuit�. Egli, infatti - identificando lo Stato con 
la Costituzione materiale (intesa appunto come principio organizzativo dello Stato) e quest�ultima 
come l�insieme delle ��forze politiche dominanti ordinate intorno ad uno scopo, cio� a valori politici 
fondamentali��, ovvero i �...ceti dominanti le cui influenze poggiano su istituzioni sociali, economiche, 
religiose, culturali�� (MORTATI C., Istituzioni ed. 1962, op. cit., pagg. 77-78) - individu� almeno 
due soluzioni di continuit� nella storia delle istituzioni italiane: il 17 marzo 1861, nascita del nuovo 
Regno d�Italia rispetto al Regno sardo-piemontese, e il colpo di stato del 25 luglio 1943 che apr� la 
strada alla fase transitoria e costituente: cfr. MORTATI C., Istituzioni ed. 1962, op. cit. pag. 142, 153


159. In un secondo momento, l�illustre costituzionalista ader� alla tesi della continuit� istituzionale rilevando 
che la costituzione materiale italiana, ovvero gli assetti politici, economici e sociali 
riconducibili alle �lite dominanti, non fossero in realt� mutati nel passaggio dal regime liberale a quello 
fascista e da quest�ultimo al regime repubblicano e che la prova di ci� fosse da rinvenire nella ritardata 
e incompleta attuazione dei principi costituzionali a pi� di vent�anni dall�entrata in vigore della Carta 
repubblicana: cfr. MORTATI C., Istituzioni ed. 1975, op. cit., pag. 81-95. Per un approfondimento sul 
concetto di Costituzione materiale cfr. MORTATI, La Costituzione, op. cit. 


DOTTRINA 343 

reale� (52) per lasciare il posto ad uno Stato unitario (nuovo). Le prefetture, 
per come le conosciamo oggi, nascono poco pi� tardi, con la legislazione Rattazzi 
del 1859 (53) - ma va ricordato che i piemontesi gi� le avevano sperimentate 
nel 1807 nel c.d. Regnum Sardiniae (54) - e da quel momento sono 
divenute il principale strumento per l�unitaria gestione politico-amministrativa 
del nuovo Stato. 

SECONDA OSSERVAZIONE: essendo le prefetture funzionali a garantire la sicurezza 
interna della Stato, nell�ambito del sistema della sicurezza nazionale 
come disciplinato dalla legge 124 del 2007, esse afferiscono direttamente alla 
struttura dello Stato di guisa che una loro modifica, finanche una loro soppressione, 
per mano referendaria determinerebbe improvvise - e non ammissibili 
- lacune di sistema. 

Anche in un sistema democratico, in cui risulta fondante il principio della 
trasparenza nell�attivit� dello Stato e dei rapporti fra quest�ultimo e i cittadini, 
i segreti sono il male necessario ai fini di un�efficace difesa della Res publica 
da attacchi esterni o interni (55). 

� di strettissima attualit� la considerazione per la quale le minacce cui � 
soggetto uno stato moderno prendano forme imprevedibili e difficilmente sussumibili 
nell�ambito di una legislazione penale capace solo di (in)seguire 
l�evoluzione - anche tecnologica - dei vari agenti di rischio. Il nostro codice 
penale si limita, allora, a prefigurare fattispecie dai contorni labili, le quali costituiscono, 
tuttavia, l�argine, in termini di diritto positivo, assolutamente in


(52) Per �Unione reale� va intesa la riconducibilit� istituzionale di pi� titoli, legittimanti al governo 
di pi� Stati, ad una stessa Casa regnante, come ad esempio avvenne per i titoli di Re d�Italia e Re d�Albania 
nel 1939: cfr. ROMANO S., op. cit., pagg. 95-100. Per una sintesi storica degli eventi cfr. ALLEGRETTI 
U., op. cit., pagg. 397-398. Sul concetto di �Unione reale� cfr. altres� GROPPALI A., op. cit., pag. 249. 
(53) che prevedeva la suddivisione del Regno di Sardegna in province, circondari, mandamenti e 
comuni. A capo di ogni provincia era posto un Governatore poi rinominato Prefetto con il regio decreto 
260 del 1861: sulla nascita dell�ordinamento prefettizio cfr. ALLEGRETTI U., op. cit., 456-484; CASSESE 
S., op. cit., pagg. 54-56, 97-107, 115-145; MELIS G., op. cit., pp. 15-113; ROMANELLI R., in ROMANELLI 
R. (a cura di), op. cit., pp. 126-143. 
(54) Pi� nel dettaglio, l�istituto delle prefetture fu sperimentato dai Savoia gi� agli inizi del 1800, 
proprio nei possedimenti di oltremare costituenti il �Regno di Sardegna�. Ancora prima, peraltro, nel-
l�agosto del 1776, il Vicer� sabaudo Ferrero della Marmora interess� il ministro Cordara di Calamandrana 
con una proposta d'istituzione delle prefetture in Sardegna. La risposta, interlocutoria, � datata 9 
aprile 1778 e giunse a Cagliari da Torino (dalla Segreteria di Stato per gli Affari di Sardegna), ma bisogner� 
aspettare al 1807 quando Carlo Felice, con il regio editto del 4 maggio, suddivise la Sardegna in 
15 Prefetture, con a capo un Prefetto, ridotte poi a 10 nel 1821. I due documenti del 1776 e del 1778 
sono consultabili presso l'Archivio di Stato di Cagliari, rispettivamente in Segreteria di Stato, I serie, 
voI. 299, ff. 177-180 v. in Segreteria di Stato, I serie, voI. 48, f. 77-97 v. Sono, altres�, consultabili sul 
sito istituzionale della Prefettura di Oristano nella sezione �Documenti storico - giuridici�. 
(55) BOBBIO N., Democrazia e Segreto, Einaudi, Torino, 2011; MORRONE A., Il nomos del Segreto 
di Stato, in ILLUMINATI G. ED ALTRI, Nuovi profili del segreto di Stato e dell�attivit� di intelligence, Giappichelli, 
Torino, 2010. 



valicabile, per la difesa dello Stato: attentati contro l�integrit�, l�indipendenza 
e l�unit� dello Stato (art. 241 c.p.), associazioni sovversive (art. 270 c.p.) o 
con finalit� di terrorismo anche internazionale o di eversione dell�ordine democratico 
(art. 270 bis), attentato per finalit� terroristiche o di eversione (art. 
280 c.p.), attentato contro la Costituzione dello Stato (art. 283 c.p.) etc� 

� fuor di dubbio che nell�eventualit� in cui tali reati risultassero commessi, 
anche a livello di tentativo, si verificherebbe un danno all�ordinamento 
giuridico e nulla resterebbe da fare se non lasciare campo libero all�attivit� 
della magistratura per la necessaria opera di repressione. 

Talvolta, per�, residua un ampio spazio all�azione preventiva che lo Stato 
svolge tramite un proprio Sistema (o Organizzazione) a difesa della sicurezza 
nazionale. Naturalmente, in un qualsiasi ordinamento democratico, l�attivit� 
degli Apparati di sicurezza � sottoposta al controllo politico che, nel caso del-
l�Italia, � svolto, ai sensi della legge 124 del 2007: 

� dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (56), 
composto dal Presidente del Consiglio e dai principali ministri del Governo 
(Affari esteri, Interno, Difesa, Giustizia, Economia e finanze e Sviluppo economico), 
il quale, ovviamente, � a sua volta legato dal rapporto fiduciario con 
il Parlamento; 
� dal Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (57), il 
quale assicura il diretto controllo parlamentare delle Camere sul funzionamento 
del Sistema per la sicurezza nazionale. 


Detta Organizzazione �, in estrema sintesi, costituita da molteplici Organismi 
e Uffici: l�Organo nazionale alla sicurezza, che fa capo al Dipartimento 
per le Informazioni della Sicurezza presso la Presidenza del Consiglio, l�Ufficio 
centrale per la Segretezza, istituito nell�ambito del citato Dipartimento, 
e gli Organi centrali e periferici di sicurezza, prevalentemente facenti capo 
alle compagini ministeriali. 

Una lettura combinata della legge 124 del 2007 e del d.P.C.M. 22 luglio 
2011 (58) consente di evidenziare che presso ciascuna Amministrazione dello 
Stato possono essere istituiti organismi centrali e periferici deputati alla trattazione 
(produzione, ricezione e trasmissione) di informazioni necessarie per 
la sicurezza nazionale; informazioni alle quali l�ordinamento assicura elevati 
standard di riservatezza sia in fase di custodia e trattazione che di trasmissione, 
attraverso quelli che l�art. 50 del citato d.P.C.M. definisce �� materiali e documentazione 
COMSEC..�, ovvero �... gli algoritmi e le logiche crittografiche, 
le apparecchiature ed i sistemi crittografici, le chiavi di cifratura, nonch� 

(56) Art. 5 legge 124 del 2007. 
(57) Artt. 30 ss. legge 124 del 2007. 
(58) Recante Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni 
classificate. 



DOTTRINA 345 

le relative pubblicazioni, atti a garantire la sicurezza delle informazioni classificate 
trasmesse con mezzi elettrici o elettronici��. 

In tale contesto, Ministero dell�interno e prefetture rappresentano una 
delle principali dorsali, se non la principale, per gli aspetti della sicurezza interna 
dello Stato, tantՏ che le stesse sono citate, a mo� di esempio, dal d.P.C.M. 
12 giugno 2009, n. 7/2009 (59) fra gli organismi cui � conferito il potere di 
apporre i diversi livelli di classifica di segretezza (che vanno dal riservato al 
segretissimo, passando per il riservatissimo e il segreto) a documenti, atti, attivit�, 
cose e luoghi, con la conseguente responsabilit� di gestione degli stessi. 

Nella �dorsale territoriale� del Sistema della sicurezza nazionale la principale 
cinghia di trasmissione �, per precisa scelta ordinamentale, costituita 
dalle Prefetture: e ci� nonostante sia il Ministero dell�Interno (per il tramite 
delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco) sia altre Amministrazioni 
(si pensi all�Arma dei Carabinieri, per il tramite dei Comandi 
Provinciali o di Compagnia) abbiano una presenza sul territorio parimenti - o, 
addirittura ancor pi� - capillare. 

La motivazione, difatti, non risiede nella mera capillarit� sul territorio, 
come se l�ambito provinciale fosse ritenuto ex se il terreno di elezione per un 
esercizio equilibrato del ruolo di �sentinella� che pure � necessario nella funzione 
di cui si discute; le ragioni debbono, invece, essere tratte in considerazioni, 
pi� ampie, di natura ordinamentale: non solamente, infatti, il prefetto 
(titolare della prefettura), avendo la responsabilit� generale dell�ordine e della 
sicurezza pubblica (60) e poteri di coordinamento delle Forze di Polizia, rappresenta 
il collante tra gli ambiti di competenza, l�uno funzionale all�altro, della 
sicurezza pubblica e della sicurezza nazionale (61), ma � soprattutto un�Autorit� 
civile, la cui nomina � in tutto e per tutto �politica� nel senso nobile del termine, 
in quanto originata dal Consiglio di Ministri: mutata la visione prospettica, si 
pu� anche sostenere che costituisce garanzia di democraticit� il fatto che i prefetti 
rispondano direttamente e fiduciariamente al Governo della Repubblica e 
per il suo tramite al Parlamento - dello svolgimento di delicatissimi compiti 
connessi alla sicurezza pubblica e alla sicurezza e alla difesa dello Stato. 

Ma se cos� �, si pone la domanda se sia o meno costituzionalmente ammissibile 
sopprimere d�emble�, per via referendaria, le prefetture senza la previsione 
di una valida organizzazione alternativa e con il pericolo di 
determinare un vuoto di sistema. E ad essa se ne aggiunge un�altra ovvero se 

(59) Recante Determinazione dell�ambito dei singoli livelli di segretezza, dei soggetti con potere 
di classifica, dei criteri d�individuazione delle materie oggetto di classifica nonch� dei modi di accesso 
nei luoghi militari o definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica (Decreto n. 7/2009). 
(60) Ai sensi dell�art. 13 della legge 121 del 1981, che la proposta referendaria mirerebbe appunto 
ad abrogare. 
(61) Che sono tra loro connessi nel senso che buone politiche di sicurezza pubblica elevano i 
livelli di efficienza delle azioni in tema di sicurezza nazionale e viceversa. 



sia giusto chiamare i cittadini ad esprimersi su un�istituzione la cui attivit� 
pu� essere, per ragioni di riservatezza funzionali alla sicurezza delle istituzioni 
repubblicane, fino ad un certo punto resa nota. 

In altri termini un qualsiasi quesito referendario volto all�abolizione delle 
prefetture potrebbe presentare - anche sotto questo profilo - quegli stessi limiti 
intrinseci, in termini di chiarezza e unitariet�, sistematicamente vagliati dalla 
Corte Costituzionale? Oppure - e ancor meglio - la materia della sicurezza interna 
dello Stato, per quanto sicuramente soggetta alla discrezionalit� del legislatore 
nella sua declinazione concreta, non dovrebbe essere tuttavia annoverata 
nella nozione cui � faticosamente pervenuta la giurisprudenza costituzionale in 
occasione della sentenza n. 45/2005 in merito alle �leggi costituzionalmente 
necessarie�: quelle leggi, cio�, intangibili in sede referendaria ove considerate 
nella loro interezza - non potendosi determinare pericolose lacune normative 
in determinati ambiti - ma sicuramente soggette al generale e insopprimibile 
potere referendario in merito a scelte puntuali in esse contenute? 

Le pagine che hanno preceduto forniscono, ad avviso di scrive, molteplici 
argomentazioni per rispondere, con un ragionevole margine di serenit�, a tali 
interrogativi. 

3.2. Seconda ipotesi di analisi: prefetture e persona reale dello Stato nella 
concezione di Donato Donati (62). 

� nota la tesi del Donati secondo cui �... la sostanza della persona reale 
dello Stato � formata dal complesso dei suoi funzionari, in quanto tali, vale a 
dire da ci� che suol chiamarsi l�organizzazione statale� (63). Ed ancora: �Sostanza 
della persona statale devono dirsi i pubblici funzionari. Soltanto si ha, 
che i cittadini, nel loro complesso integrale o in un complesso pi� limitato, 
sono a loro volta assunti a funzionari pubblici� (64). 

Non importa soffermarsi sulla questione teorica se per funzionari dello 

(62) Donato Donati (Modena 1880 - Padova 1946) fu professore di Diritto costituzionale a Camerino 
(1907), poi a Sassari, Macerata, Parma e infine a Padova (1919), dove nel 1938 fu costretto ad 
abbandonare la cattedra per motivi razziali: fu reintegrato dal 1944. Divenne socio corrispondente dei 
Lincei (1935-38, 1945). 
(63) DONATO D., op. cit., pag. 12. 
(64) DONATO D., op. cit., pag. 19. Assonanze con la tesi di Donati si ritrovano nella teoria dell�Autorit� 
di Koj�ve, che definisce governanti e funzionari come il �supporto reale� dello Stato. In realt�, 
per�, il filosofo russo considera lo Stato come un�Entit� ideale (e non gi� reale) dotata di Autorit�, quest�ultima 
a sua volta definita come �... possibilit� che un agente ha di agire sugli altri (o su un altro), 
senza che questi altri reagiscano nei suoi confronti, pur essendo in grado di farlo..�: KOJ�VE A., op. cit., 
p. 20. Per Koj�ve l�Autorit� si esercita nello Stato mediante un autorit� politica, la quale esercita un 
potere politico e che si attualizza per il tramite di individui o gruppi che, detenendo materialmente il potere, 
costituiscono appunto il �... supporto reale dello Stato�. Per Koj�ve, infine, l�autorit� politica reale 
pu� essere: a) autonoma: � quella del Capo individuale o collettivo dello Stato; dipendente: � quella del 
funzionario individuale o collettivo, che la esercita in funzione di quella del Capo. Cfr. KOJ�VE A., op. 
cit. pp.76-78. Critico con la tesi del Donati � GROPPALI A., op. cit., pagg. 112-113, 160, 179, 256-257. 



DOTTRINA 347 

Stato, secondo la ricostruzione donatiana, debbano oggi intendersi solo quelli 
onorifici, ovvero i governanti, o anche gli appartenenti alle strutture amministrative; 
se, in altri termini, costituiscano la persona reale dello Stato solo i titolari 
degli Uffici di rappresentanza politica oppure anche quelli che generalmente 
sono soliti rientrare nella pi� ampia categoria giuridica del �pubblico impiego�. 

Ed infatti, quali che siano i confini di tale �insieme concettuale�, in esso 
rientrano certamente alcuni dei soggetti di cui all�art. 1 del decreto legge 2002, 

n. 83 (65), ovvero �� le alte personalit� istituzionali nazionali...�, nonch� le 
persone �... che per le funzioni esercitate o che esercitano o per altri comprovati 
motivi, sono soggette a pericoli o minacce, potenziali o attuali, nella persona 
propria o dei propri familiari, di natura terroristica o correlati al crimine 
organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti, di armi o parti di esse, anche 
nucleari, di materiale radioattivo e di aggettivi chimici e biologici o correlati 
ad attivit� di intelligence di soggetti od organizzazioni estere��. 

Per la loro protezione l�ordinamento stabilisce che siano apprestate specifiche 
misure sulla base delle direttive impartite dal Ministro dell�interno, sentito il 
Comitato nazionale dell�ordine e della sicurezza pubblica e d�intesa con la Presidenza 
del Consiglio (art. 1, comma secondo, decreto legge 83 del 2002) (66). 

A tal fine il Ministro � coadiuvato, a livello centrale presso il Dipartimento 
della Pubblica sicurezza, dall�Ufficio centrale per la sicurezza personale 
(UCIS) e, a livello periferico nell�ambito delle prefetture-Utg, dall�Ufficio 
provinciale per la sicurezza personale, quest�ultimo �� con compiti di raccolta 
ed analisi preliminare delle informazioni relative a situazioni personali 
a rischio, comunque acquisite a livello locale, nonch� di raccordo informativo 
con l�UCIS e con gli altri uffici interessati�� (67). Prosegue la legge stabilendo 
che per le esigenze del predetto Ufficio provinciale il prefetto �� convoca 
e presiede apposite riunioni di coordinamento, alle quali partecipano il 
questore ed i comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo 
della guardia di finanza, nonch�, con funzioni di segretario, il funzionario preposto 
all'Ufficio per la sicurezza, che cura la connessa attivit� preparatoria 
ed istruttoria. Per le questioni di sicurezza relative a magistrati partecipa 
anche il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello 
competente per territorio. Per la sicurezza di altre personalit�, il prefetto pu� 
altres� invitare alle riunioni le autorit� eventualmente interessate alla questione. 
Sulla base delle valutazioni espresse nelle predette riunioni, il prefetto 

(65) Recante �Disposizioni urgenti in materia di sicurezza personale ed ulteriori misure per assicurare 
la funzionalit� degli uffici dell�Amministrazione dell�interno� (convertito, con modificazioni, 
dalla legge 2 luglio 2002, n. 133). 
(66) Il comma terzo dello stesso articolo stabilisce che per �... specifiche circostanze e casi determinati 
il Presidente del Consiglio dei Ministri, d�intesa con il Ministro dell�interno, pu� definire modalit� 
differenziate in ordine alla tutela e alla protezione di cui al comma 1�. 
(67) Art. 5, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2002. 



formula all'UCIS proposte motivate sull'adozione, sulla modifica e sulla revoca 
delle misure di protezione e di vigilanza� (68). 

Alla luce di tale normativa si pone la questione se, nell�ambito di una teoria 
�realista� sulla natura dello Stato, con particolare riferimento all�esperienza 
positiva italiana, le prefetture siano in qualche modo funzionali alla salvaguardia 
della �struttura� o, per usare i termini del Donati, della �sostanza� dello 
Stato. 

In ultima analisi, anche in questo, come nel precedente paragrafo, la questione 
� se l�istituto referendario possa eliminare un�istituzione cos� fortemente 
connessa, si potrebbe dire �organica�, con l�interesse primario dello Stato ad 
esistere - attraverso i propri funzionari - ed, esistendo, ad esercitare le proprie 
funzioni. 

4. Conclusioni. 

Queste pagine hanno tentato di evidenziare il problema costituzionale 
dell�ammissibilit� del referendum abrogativo delle prefetture, senza tuttavia 
spingersi sino ad una difesa preconcetta e ideologica dell�istituto: il problema 
non � se il legislatore, tramite quella ponderatezza di giudizio che i tempi e le 
fasi del procedimento legislativo consentono, possa o meno pervenire ad una 
riforma (69) e finanche ad un radicale superamento delle prefetture, bens� se 
questa soluzione possa essere perseguita con lo strumento referendario. Esso, 
infatti, potrebbe non consentire al popolo una valutazione completa delle conseguenze 
di una decisione abrogativa e ci� per la sussistenza di delicate competenze 
non conoscibili ai pi�, in quanto svolte dalle Prefetture all�insegna 
della assoluta riservatezza. 

Ma nei paragrafi che precedono si � cercato, altres�, di abbozzare una riflessione 
sulle prefetture che vada al di l� dei tradizionali parametri di riferimento 
offerti dal Diritto amministrativo, utilizzando categorie di analisi dei fenomeni 
giuridici tipiche del Diritto costituzionale e della Teoria generale dello Stato. 

Un discorso appena abbozzato, dunque, ma che vuole rappresentare una 
richiesta di soccorso rivolta al mondo accademico ed agli operatori del settore 
per verificare l�ipotesi di un�interpretazione in chiave costituzionale di una vicenda, 
quella delle prefetture, che dagli albori dello Stato italiano conduce direttamente 
sino a noi. 

(68) Art. 5, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2002. 
(69) La conferma della piena legittimit� di un percorso che possa portare anche ad un pieno superamento 
delle prefetture ci viene dalla pi� stretta attualit�: pende, infatti, al Senato (AS 1577) un disegno 
di legge delega al Governo per la Riforma della Pubblica Amministrazione nell�ambito della quale � affrontato 
anche il tema della razionalizzazione e della riforma delle Prefetture, che pare preludere ad una 
loro profonda trasformazione. Nel corpo di tale proposta normativa non mancano, tuttavia, disposizioni 
specifiche per la riallocazione delle competenze che, a tutt�oggi, sono esercitate dalle prefetture-Utg. 



DOTTRINA 349 

BIBLIOGRAFIA 

1. ALLEGRETTI U., Profilo di Storia costituzionale italiana. Individualismo e assolutismo 
nello Stato liberale, il Mulino, Bologna, 1989; 
2. BALLADORE PALLIERI G., Dottrina dello Stato, II ed., CEDAM, Padova, 1998; 
3. BARBERA-MORRONE, La repubblica dei referendum, Bologna, 2003, 228; 
4. BIFULCO R., CELOTTO A., OLIVETTI M., a cura di, Commentario alla Costituzione, Vol. II, 
UTET, 2008; 
5. BISCARETTI DI RUFFIA P., Diritto costituzionale, XI ed., Jovene Editore, Napoli, 1977; 
6. BOBBIO N., Democrazia e Segreto, Einaudi, Torino, 2011; 
7. BOBBIO N., Stato, governo, societ�. Frammenti di un dizionario politico, Einaudi, Torino, 
1995; 
8. CARR� DE MALBERG R., Contribution � la Th�orie g�n�rale de lՎtat, Libraire de la Soci�t� 
du Recueil Sirey, Paris, 1920; 
9. CARNEVALE P., Inabrogabilit� di leggi costituzionalmente obbligatorie ed inammissibilit� 
di referendum puramente abrogativi: ancora una svolta della giurisprudenza costituzionale 
in materia referendaria, commento alla sentenza 3 febbraio 1987, n. 29, in Giurisprudenza 
Costituzionale, 1987; 
10. CASSESE S., Governare gli italiani. Storia dello Stato, il Mulino, Bologna, 2014; 
11. CERETI C., Corso di Diritto costituzionale italiano, IV ed., Giappichelli, Torino, 1955; 
12. CHIMENTI A., La storia del Referendum, Bari, Laterza, 1993 (seconda edizione nel 1999); 
13. CRISAFULLI V., Lezioni di Diritto costituzionale, Vol. I, Introduzione al Diritto costituzionale 
italiano (Gli ordinamenti giuridici, Stato e Costituzione, Formazione della Repubblica 
italiana), CEDAM, Padova, 1970; 
14. DELP�R�E, Referendum e ordinamenti costituzionali, in Luciani, Volpi, 1992; 
15. DI GIOVINE, Democrazia diretta e sistema politico, Padova, 2001, 15-16; 
16. DONATI D., La persona reale dello Stato, Estratto dalla �Rivista di Diritto pubblico� anno 
1921 - parte I, Societ� editrice Libraria, Milano, 1921- Casa Editrice dott. Francesco Vallardi, 
Milano, 1921; 
17. GALEOTTI S., La garanzia costituzionale (presupposti e concetto), Milano, 1950, 81, 148149; 
18. GENTILE G., Genesi e Struttura della Societ�, Le Lettere, Firenze, 2011; 
19. GROPPALI A., Dottrina dello Stato, Giuffr�, Milano, 1942; 
20. GUELI V., Elementi di una Dottrina dello Stato e del Diritto come introduzione al diritto 
pubblico, Soc. Ed. del Foro Italiano, Roma, 1959; 
21. KOJ�VE A., La Nozione di Autorit�, Adelphi, Milano, 2011; 
22. LAVAGNA C., Istituzioni di Diritto pubblico, VI ed., UTET, Torino, 1985; 
23. MARTINES T., Diritto costituzionale, VII ed., Giuffr�, Milano, 1994; 
24. MATTEUCCI N., Lo Stato moderno, il Mulino, Bologna, 1993; 
25. MELIS G., Storia dell�Amministrazione italiana, il Mulino, 1996; 
26. MORRONE A., Il nomos del Segreto di Stato, in Illuminati G. ed altri, Nuovi profili del segreto 
di Stato e dell�attivit� di intelligence, Giappichelli, Torino, 2010. 
27. MORTATI C., La Costituzione in senso materiale, Giuffr�, Milano, 1998; 
28. MORTATI C., Istituzioni di Diritto pubblico, VI ed., CEDAM, Padova, 1962; 
29. MORTATI C., Istituzioni di Diritto pubblico, IX ed., tomo I, CEDAM, Padova, 1975; 
30. ORLANDO V.E., Principi di Diritto costituzionale, G. Barbera Editore, Firenze, 1889; 



31. PALADIN L., Diritto costituzionale, III ed., CEDAM, Padova, 1998; 
32. PASSERIN D�ENTR�VES A., La Dottrina dello Stato. Elementi di analisi e di interpretazione, 
III ed., Giappichelli, Torino, 2009; 
33. PENASA S., �L�ondivaga categoria delle leggi a contenuto costituzionalmente vincolato�, 
2005, tratto da www.forumcostituzionale.it; 
34. PERGOLESI F., Diritto costituzionale, XIV ed., CEDAM, Padova, 1960; 
35. POGGI G., Lo Stato, il Mulino, 1992; 
36. PUGIOTTO A., �� ancora ammissibile un referendum abrogativo totale?�, tratto dalla 
rivista dell�Associazione Italiana dei costituzionalisti, 


http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/referendum_abrogativo; 

37. RANELLETTI O., Istituzioni di Dritto pubblico - Parte generale, XIII ed., Giuffr�, Milano, 
1951; 
38. ROMANELLI R. (a cura di), Storia dello Stato italiano dall�Unit� ad oggi, Donzelli, Roma, 
1995; 
39. ROMANO S., Corso di Diritto Costituzionale, VI ed. riveduta e aggiornata, CEDAM, Padova, 
1941; 
40. ROUSSEAU, J.J., �Il contratto sociale�, trad. it., Milano, 2001,76-78 e Libro III; 
41. SATTA V., �Scompare definitivamente la distinzione tra leggi costituzionalmente necessarie 
e leggi a contenuto costituzionalmente vincolato? Uno sguardo d�insieme alle sentenze 
sui referendum del 2005�, tratto dal sito www.amministrazioneincammino.luiss.it; 
42. SPAGNA MUSSO E., Diritto costituzionale, II ed., CEDAM, Padova, 1986; 
43. TERNI M., Stato, Bollati Boringhieri, Torino, 2014; 
44. WOLFGANG R., Storia dello stato moderno, il Mulino, Bologna, 2010; 
45. ZGREBELSKY G., Manuale di diritto costituzionale. 1. Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 
1988. 



Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 
Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma