ANNO LXVI - N. 1 GENNAIO - MARZO 2014 RASSEGNA AV V O C AT U R A DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Benedetta Barmann, Federico Basilica, Matteo Bertuccioli, Alessandra Bruni, Saverio Capolupo, Francesco Maria Ciaralli, Alfonso Contaldo, Roberta Costanzi, Pierluigi Di Palma, Michele Gerardo, Michele Gorga, Giulia Guccione, Gaetano Molica, Amalia Muollo, Matteo Maria Mutarelli, Valerio Perotti, Sergio Massimiliano Sambri, Agnese Soldani, Valeria Romano, Mariarita Romeo. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829562 ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Saverio Capolupo, Gli appalti pubblici: tra opportunit e minacce. Le esperienze operative della Guardia di Finanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Fiengo, I criteri selettivi e le regole procedurali dellattivit dellorgano di autogoverno dellAvvocattura dello Stato (Cons. St., Sez. IV, sent. 17 marzo 2014 n. 1321) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Michele Gerardo, Corollari della societ in house: esclusione dal fallimento ed applicazione della normativa organizzatoria relativa al socio pubblico. In specie, ove lente ausiliato sia una P.A., patrocinio dellAvvocatura dello Stato (Trib. Napoli, VII sez. civ., decr. 9 gennaio 2014, N.R.R.Fall. 1097/13) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Patrocinio del Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune di Roma (ora Roma Capitale). Nuove istruzioni. Circolare A.G.S. prot. 70963 del 17 febbraio 2014 n. 11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Autorizzazione ad avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato. Circolare A.G.S. prot. 156853 del 7 aprile 2014 n. 23. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Modifiche al c.p.c. introdotte dallart. 54 del D.L. n. 83/2012 (convertito nella legge n. 134/2012). Sentenza n. 8053/2014 delle Sezioni Unite. Modifiche alla circolare n. 56/2012. Circolare A.G.S. prot. 187299 del 29 aprile 2014 n. 26. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Pierluigi di Palma, National case study: Italian law on strategic assets; Golden Power. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue Sergio Massimiliano Sambri, Amalia Muollo, La Corte di Giustizia Europea censura lAdunanza Plenaria. Note a margine della sentenza 4 luglio 2013 C-100/12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO NAZIONALE Federico Basilica, Valeria Romano, I recenti tracciati della giurisprudenza costituzionale in materia di qualit della regolazione (C. cost., sentt. 23 gennaio 2013 n. 8 e 16 aprile 2013 n. 70) . . . . . . . . . . . . . . . . . Benedetta Barmann, La rilevanza dellinteresse legittimo nellesercizio della protezione diplomatica (Cass. civ., Sez.Un., sent. 19 ottobre 2011 n. 21581) Francesco Maria Ciaralli, La dialettica dei distini: il diritto di recesso nellofferta fuori sede (Cass. civ., Sez. Un., sent. 3 giugno 2013 n. 13905) pag. 1 17 32 46 50 51 55 63 77 96 103 Marina Russo, Indennizzabilit dei danni da emotrasfusione a seguito di prestazione eseguita allestero (Cass., Sez. lavoro, sent. 19 dicembre 2013 n. 28435). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 125 Alessandra Bruni, Matteo Bertuccioli, La specialit della disciplina del rapporto di lavoro presso gli enti lirico-sinfonici (Trib. Roma, Sez. 3 lav., ord. 20 febbraio 2014, R.G. 43146/2013) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 Giulia Guccione, Azione generale di arricchimento nei confronti della P.A. e problematiche sulla determinazione del quantum indennizzabile (Cons. St., Sez. V, sent. 7 giugno 2013 n. 3133) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152 Mariarita Romeo, Indirizzi giurisprudenziali in tema di revoca della gara dappalto e responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione (Cons. St., Sez. V, sent. 15 luglio 2013 n. 3831). . . . . . . . . . . . . . . 166 Roberta Costanzi, Sul rapporto tra ricorso principale ed incidentale escludente nel processo amministrativo: la parola ritorna al giudice comunitario (CGAR Siciliana, ord. 17 ottobre 2013 n. 848) . . . . . . . . . . 179 Gaetano Molica, Una SCIA-Demaniale: possibile? (TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, sent. 25 luglio 2013 n. 1543). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Francesco Meloncelli, Procedimento disciplinare: termini e segreto istruttorio in pedenza di procedimento penale per medesimi fatti illeciti . . . . 211 Agnese Soldani, Rimborso spese legali ex art. 18 d.l. 67/1997 in relazione Marina Russo, Permuta di unarea di propriet statale con area di pro- Giuseppe Fiengo, Parere su Accordo per la gestione degli atti di pignoramento in danno di Amministrazioni dello Stato notificati alla Banca a procedimento penale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217 priet comunale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 dItalia - Tesoreria dello Stato, in veste di terzo pignorato . . . . . . . . . . 225 LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Valerio Perotti, Lordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, dalla singolarit nazionale alla proiezione europea (II PARTE) . . . . . . . . 249 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Alfonso Contaldo, Michele Gorga, Le notifiche nel processo civile telematico alla luce dei pi recenti decreti ministeriali . . . . . . . . . . . . . . . . . 347 Matteo Maria Mutarelli, Le nuove procedure di conciliazione dopo il Collegato lavoro e la riforma Fornero. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366 temi istituzionali TEMI ISTITUZIONALI Ritengo opportuno far conoscere a tutti i colleghi la relazione del Generale di Corpo dArmata Saverio Capolupo, Comandante Generale della Guardia di Finanza, tenuta il 13 maggio 2014 alla Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia sul tema, di grande interesse, Gli appalti pubblici: tra opportunit e minacce. Le esperienze operative della Guardia di Finanza. Michele Dipace Avvocato Generale dello Stato PREMESSA Desidero, innanzitutto, porgere a tutti i presenti il mio pi cordiale saluto e ringraziare, in modo particolare, il Direttore della Scuola, Generale Amato. Linvito rivolto mi offre loccasione di illustrare, in questa prestigiosa sede, limpegno della Guardia di Finanza nel contrasto ai diversi - e purtroppo non marginali - contesti di illegalit che minacciano il settore degli appalti pubblici, tema quanto mai di attualit. In verit, la materia complessa e non si presta a facili schematizzazioni. In tale prospettiva ho preferito predisporre lintervento in chiave eminentemente operativa, prendendo le mosse da una sintetica analisi del contesto economico e legislativo di riferimento, volta a rendere palpabile limpatto che la contrattualistica pubblica riverbera sul sistema Paese. Proseguir illustrando le coordinate essenziali della strategia dintervento della Guardia di Finanza nel settore, delineando le patologie pi ricorrenti che i Reparti hanno riscontrato nella quotidiana pratica operativa per fornire, in conclusione, alcuni spunti di riflessione di carattere generale. IL CONTESTO ECONOMICO Entrando nel merito della tematica, ritengo utile richiamare qualche in formazione sul volume annuale degli affidamenti di lavori, servizi e forniture da parte della Pubblica Amministrazione. Si tratta di dati che possono offrire una chiara visione delleffettiva dimensione della contrattualistica pubblica e sulla rilevanza delle grandezze economiche da essa movimentate. Nel 2012, stando ai dati pi recenti forniti dallAutorit di Vigilanza sui Contratti Pubblici, sono state bandite oltre 125.000 gare, per importi a base dasta superiori a 40.000 euro. Il complessivo giro di affari derivante dalle esigenze di approvvigionamento delle Pubbliche Amministrazioni si attesta intorno ai 100 miliardi di euro allanno e rappresenta circa il 6% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Nello scenario europeo, lincidenza macroeconomica degli appalti parimenti rilevante. La Commissione ha stimato, sempre con riguardo al 2012, che la spesa delle Amministrazioni degli Stati membri per rifornirsi di beni e servizi stata pari al 18% del P.I.L. dellintera Unione, ossia a circa 13.000 miliardi di euro. Certamente degni di nota sono anche i riflessi della contrattualistica pubblica sui livelli occupazionali. A tal riguardo, prendendo ancora a base le elaborazioni della predetta Authority, emerge che, per ogni miliardo di euro investito in appalti, si creano tra gli 11.700 e i 15.600 occupati, dei quali 7.800 direttamente riconducibili allesecuzione dei contratti ed i rimanenti creati nellindotto dei fornitori e dei prestatori di servizi. Un recentissimo studio, pubblicato il mese scorso dal Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per lEdilizia ed il Territorio, mostra, con riferimento al settore degli appalti, un trend in forte crescita per il primo trimestre 2014. In particolare, nei primi 3 mesi di questanno, sono stati pubblicati circa 3.800 bandi di gara, per un valore complessivo pari a 6,8 miliardi di euro. Rispetto allo stesso periodo del 2013, il numero degli incanti cresciuto del 9,5% e limporto del 82,7%, grazie anche allincremento degli investimenti delle Pubbliche Amministrazioni. Bench si tratti di dati parziali, legati alla sola edilizia pubblica e privata, essi rappresentano segnali confortanti che possono preludere allavvio della tanto auspicata ripresa economica del Paese. IL CONTESTO LEGISLATIVO: LINEE EVOLUTIVE Lenorme massa di denaro collegata al sistema degli appalti gestita in base a un complesso di regole riconducibili, essenzialmente, al codice degli appalti del 2006 ed al relativo regolamento attuativo del 2010. Come accade, di frequente, nel nostro Paese, non siamo in presenza di un corpus normativo di agevole lettura e stabile nel tempo, essendo stato oggetto di ripetuti interventi di modifica e revisione, stratificatisi nel corso degli anni. A testimonianza di questo continuo processo evolutivo della normativa di settore, voglio fare cenno alle pi recenti novit introdotte in materia, partendo da quelle di matrice europea. Il Parlamento europeo, di concerto con la Commissione, sta portando a compimento la revisione del quadro dispositivo del comparto, frutto della consultazione sviluppata, a partire dal 2011, nellambito del c.d. Libro verde sulla modernizzazione della politica europea in materia di appalti. Non un caso che nella strategia Europa 2020 (Europa venti-venti), che detter le linee prioritarie di sviluppo dellUnione a 28 per il prossimo decennio, gli appalti pubblici sono destinati a rivestire un ruolo fondamentale per stimolare la crescita occupazionale, linnovazione imprenditoriale e la competitivit dellintero spazio economico europeo. In questa prospettiva, il citato processo di legiferazione ha portato alla recente emanazione di 3 direttive, pubblicate nella gazzetta ufficiale dellUnione Europea il 28 marzo scorso; la prima delle quali riferita agli appalti pubblici per il settore ordinario, la seconda relativa a quelli nei settori speciali (acqua, energia, trasporti, servizi postali) e la terza dedicata alla regolamentazione dei contratti di concessione. La riforma introdotta dal legislatore europeo, che incider inevitabilmente sul sistema di norme del codice degli appalti, ha gli obiettivi di velocizzare la fase di aggiudicazione delle gare e di favorire un ampliamento dei casi di deroga per il ricorso alla trattativa privata. Un altro aspetto molto qualificante della nuova disciplina comunitaria sugli appalti attiene al sostanziale abbandono del criterio del costo pi basso per la scelta del contraente, in favore del parametro dellofferta economicamente pi vantaggiosa, che impone alla stazione appaltante di svolgere valutazioni basate su criteri essenzialmente qualitativi. Venendo, ora, al piano nazionale, non possono non essere citate, innanzitutto, le significative disposizioni introdotte con il recentissimo decreto legge n. 66 del 24 aprile scorso. Il provvedimento - che reca un ricco catalogo di misure di rilancio della competitivit e della giustizia sociale - non ha trascurato il settore della contrattualistica pubblica, a testimonianza del suo ruolo fondamentale per lequilibrio economico del Paese. Ebbene, ricorrendo alla decretazione durgenza, il Governo ha inteso perseguire, sin da subito, lambizioso obiettivo di ridurre il numero delle stazioni appaltanti, facendo confluire le competenze per lapprovvigionamento dei beni e dei servizi in capo a centrali di committenza a livello regionale, quali soggetti in grado di garantire maggiore economicit ed efficacia nelle acquisizioni. Questa importante novit si accompagna allattribuzione allAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, da un lato, del delicato compito di procedere allelaborazione di un sistema di prezzi di riferimento per le forniture della Pubblica Amministrazione; dallaltro, di pi pregnanti funzioni di controllo nel settore. Si tratta di innovazioni di non poco conto che, se realizzate appieno, potranno determinare la semplificazione del comparto e, conseguentemente, la riduzione delle chance di sviluppo per lillegalit. Proseguendo a ritroso, merita un cenno lintroduzione, ad opera della legge n. 190/2012, attuativa della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, di specifici obblighi di trasparenza per la Pubblica Amministrazione. Per ci che qui interessa, in base a tale disciplina normativa, le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare, sui propri siti web istituzionali, una serie di informazioni sugli asppalti indetti nonch a trasmettere gli stessi dati allAutorit Nazionale AntiCorruzione per il tramite dellAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (A.V.C.P.), pena lapplicazione di specifiche sanzioni amministrative ed il rischio di incorrere in responsabilit per danni erariali. Il senso di queste misure - che si estendono ad ulteriori aspetti della complessiva gestione degli apparati statali - quello di rendere le Pubbliche Amministrazioni vere e proprie case di vetro, anche nella prospettiva di stimolare la crescita di una forma di controllo sociale dellazione amministrativa da parte di tutti i cittadini. Concludendo lesame dellevoluzione normativa in materia di appalti, appare utile accennare a 2 provvedimenti in tema di prevenzione dei fenomeni di infiltrazione della criminalit organizzata e del riciclaggio. Faccio riferimento, da un lato, al decreto legislativo n. 159 del 2011 che ha significativamente riformato le disposizioni in materia di documentazione antimafia prevedendo, tra laltro, la realizzazione di unapposita banca dati nazionale unica per la verifica, in tempo reale, delleventuale sussistenza di cause di decadenza, sospensione, divieto ovvero di tentativi di infiltrazione criminale tra i partecipanti alle gare per laggiudicazione di commesse pubbliche. In proposito, segnalo il recente, favorevole pronunciamento del Garante della privacy sulla bozza del regolamento che discipliner il funzionamento della banca dati in parola, che ritengo potr determinarne lentrata a regime nel breve periodo. Collegate alla tematica dellantimafia - anche per il loro inserimento allinterno della legge delega n. 136 del 2010 che ha dato vita al nuovo codice in materia - sono le disposizioni in tema di tracciabilit dei flussi finanziari sottesi al perfezionamento di procedure di appalto. Il legislatore ha previsto un generalizzato obbligo di ricorso, da parte degli appaltatori, a conti correnti bancari o postali dedicati, per la canalizzazione dei pagamenti ricevuti dalle stazioni appaltanti. La stessa legge, peraltro, intervenuta anche sul codice penale, innalzando le pene per il reato di turbata libert degli incanti ed introducendo, allart. 353-bis, la nuova fattispecie della turbata libert del procedimento di scelta del contraente. IL SISTEMA DI VIGILANZA Per concludere questa sintetica panoramica sul contesto di riferimento, un ultimo richiamo va riservato al sistema di vigilanza apprestato nel settore degli appalti pubblici, prescindendo, per il momento, dalle funzioni preventive e repressive affidate alla Guardia di Finanza e alle altre Forze di Polizia. Al riguardo, occorre menzionare i compiti generali di controllo e monitoraggio che il Codice degli appalti demanda all'Autorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (A.V.C.P.), ai fini della garanzia del rispetto dei principi di trasparenza e correttezza dei pubblici incanti. La stessa Autorit, tra laltro, deputata alla gestione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, che raccoglie i dati trasmessi dalle stazioni appaltanti sulle procedure avviate per lavori, servizi o forniture di importo superiore a 40.000 euro. Ulteriori compiti di vigilanza sono affidati al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che li esercita per il tramite della Servizio per lAlta Sorveglianza delle Grandi Opere (S.A.S.G.O.) e del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Anche lAutorit Garante per la Concorrenza ed il Mercato (A.G.C.M.) e la gi citata Autorit Nazionale AntiCorruzione (A.N.AC.) fanno parte del dispositivo di prevenzione in tema di appalti. La prima vigila sul rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni dannose per la concorrenza. La seconda, invece, verifica lattuazione delle misure di prevenzione della corruzione e dellillegalit nella Pubblica Amministrazione contemplate dalla normativa in materia di integrit del settore pubblico. CONSIDERAZIONI FRUTTO DELLANALISI DI CONTESTO: OPPORTUNIT E MINACCE Il quadro sinora tracciato consente di formulare alcune considerazioni di carattere generale. Guardando alla dimensione dei flussi economici generati, non difficile cogliere la rilevanza del ruolo che gli appalti pubblici possono assumere per lo sviluppo del nostro Paese. Si tratta, come si detto, di un settore che, ogni anno, movimenta decine di miliardi di euro e dalla cui ottimale gestione possono scaturire effetti positivi, sia diretti che mediati. Da un lato, infatti, la corretta destinazione delle risorse pubbliche disponibili migliora la qualit dei servizi erogati ai cittadini ed alle imprese divenendo, quindi, fattore di crescita e volano per migliorare la competitivit del sistema-Paese. Per altro verso, lottimizzazione della spesa, attraverso la quale si provvede al soddisfacimento dei bisogni della collettivit, genera opportunit di investimento per gli imprenditori e, con queste, ritorni occupazionali, maggiori entrate fiscali e redistribuzione della ricchezza. Da ultimo, in un equilibrato sistema di gestione degli appalti, cresce il livello di leale concorrenza tra le aziende, dal momento che queste ultime, per intercettare la domanda di lavori, servizi e forniture di una Pubblica Amministrazione equa e trasparente, devono competere sul piano della qualit ed economicit della propria offerta, pi che sul fattore prezzo. La gestione di un sistema cos complesso di interessi, opportunit e relazioni tra Istituzioni e privati richiede delle regole che, come ho gi segnalato, sono confluite in una produzione normativa probabilmente sovrabbondante. Questa eccedenza di precetti pu essere interpretata come risposta allesigenza di una regolamentazione delle procedure di appalto sempre pi dettagliata e tecnica, ma anche come indice dellaffannosa ricerca di rimedi alle falle che le procedure di scelta del contraente, di valutazione delle offerte e di esecuzione degli appalti hanno mostrato sul piano attuativo. Di certo, per qualunque delle due chiavi di lettura si propenda, la proliferazione normativa non facilita il compito dellinterprete e il lavoro di chi, a vario titolo, chiamato ad applicare le norme, n ha impedito linsorgere di forme di illegalit di varia natura. Le minacce al sistema degli appalti si sostanziano in un ampio campionario in cui troviamo, innanzitutto, gli illeciti che incidono negativamente sulla fase di aggiudicazione delle commesse e che possono interessare, separatamente, la parte privata e quella pubblica, oppure coinvolgere entrambe. Mi riferisco, in particolare, alle forme di sviamento delle gare attraverso la costituzione di cartelli preventivi tra imprese, ma anche alle infedelt di amministratori che si rendono protagonisti di condotte di corruzione, concussione o abuso. Altre categorie di violazioni attengono alla materiale esecuzione degli appalti, un ambito nel quale possono annidarsi frodi nelle pubbliche forniture, inadempienze contrattuali dannose per la regolare erogazione dei servizi pubblici, indebiti abbattimenti dei costi dellopera tramite il ricorso al lavoro nero nonch ingiustificati rialzi dei valori dei contratti, volti unicamente a drenare denaro pubblico in misura superiore a quella originariamente stabilita. Occorre, infine, considerare i fenomeni dingerenza della criminalit organizzata, che, nel campo degli appalti, sfociano in condotte violente o in comportamenti pi subdoli di condizionamento dei mercati, tendenti al riciclaggio ed al reimpiego di ingenti somme di denaro, profitto di reato. In definitiva, come osservato dalla Commissione Europea nel citato Libro Verde i rischi finanziari in gioco e la stretta interazione tra il settore pubblico e quello privato fanno degli appalti pubblici unarea in cui particolarmente forte il rischio di prassi commerciali scorrette, conflitti dinteresse, favoritismi e corruzione. POSIZIONAMENTO DELLA GUARDIA DI FINANZA Il quadro - appena delineato - delle minacce al sistema degli appalti non certo rassicurante. Per la Guardia di Finanza, si tratta di un campo dazione estremamente vasto, che abbraccia tutti i segmenti della sua missione istituzionale: dal contrasto alle frodi e agli sprechi, alla lotta alla corruzione, dallaggressione ai patrimoni della criminalit organizzata al contrasto allevasione fiscale ed al lavoro nero. Questi fenomeni - che, a fattor comune, inquinano il regolare svolgersi dellattivit contrattuale della Pubblica Amministrazione - sono affrontati, sul piano operativo, mediante un approccio unitario, che mira a proteggere la spesa pubblica nazionale da qualunque tipologia di aggressione. In altri termini, gli sperperi, le diseconomie, le inefficienze o le vere e proprie condotte predatorie che hanno ad oggetto le risorse connesse agli affidamenti pubblici costituiscono, in sostanza, espressioni diverse della stessa minaccia allintegrit dei bilanci dello Stato e degli Enti locali. Invero, si tratta di unimpostazione che rispecchia le ampie attribuzioni di polizia economico-finanziaria affidate alla Guardia di Finanza dal Decreto Legislativo n. 68 del 2001, che consentono al Corpo di affrontare i fenomeni di illegalit in modo trasversale, vale a dire cogliendo (e colpendo), contestualmente, tutti i risvolti illeciti di una medesima condotta. Su questo concetto torner pi avanti, dopo aver completato la ricognizione delle norme che attribuiscono alla Guardia di Finanza un ruolo centrale nel dispositivo di vigilanza a presidio degli appalti pubblici. Oltre al richiamato Decreto 68/2001, altre norme hanno posto le basi di virtuosi network di collaborazione tra i nostri Reparti e le Autorit di vigilanza. il caso del codice degli appalti con riferimento alla collaborazione con lAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (A.V.C.P.): lart. 6 prevede, infatti, la possibilit per lAutorit di avvalersi del Corpo che, in tali frangenti, pu eseguire verifiche ed accertamenti con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini fiscali. Il canale di sinergia in argomento stato ulteriormente rafforzato, di recente, grazie al gi menzionato Decreto Legge 66 dellaprile scorso, in relazione alla necessit di supportare lAutorit nei nuovi compiti di controllo sulle attivit di acquisizione di beni e servizi da parte dei soggetti pubblici. La Guardia di Finanza ulteriormente chiamata in causa dal codice degli appalti allart. 163, questa volta per fornire ausilio al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in tema di vigilanza per le grandi opere. Il legislatore del Decreto 179 del 2012, poi, ha scelto il Corpo come partner operativo dellAutorit Nazionale Anti-Corruzione, cui compete una pluralit di campi di intervento che spaziano dalla normativa in materia di prevenzione dei fenomeni di illegalit nel settore pubblico, alla trasparenza, alle cause di incompatibilit ed inconferibilit nellattribuzione di incarichi amministrativi di vertice. Da ultimo, la Guardia di Finanza chiamata a fornire il proprio contributo specialistico nei servizi di prevenzione delle infiltrazioni della criminalit organizzata negli appalti, attraverso la partecipazione dei GG.I.C.O ai Gruppi interforze istituiti presso le Prefetture e i Commissariati di Governo. Nello stesso ambito si inquadra anche la presenza di Ufficiali del Corpo nelle unit specializzate interforze create per gestire specifici contesti quali, ad esempio, la ricostruzione delle aree terremotate dellAbruzzo e dellEmilia Romagna, lExpo 2015, la realizzazione della Tratta ad Alta Velocit Torino-Lione. Inoltre, il Corpo garantisce un rilevantissimo supporto allAutorit Giudiziaria, per tutte le tipologie di indagini che hanno a che fare con qualsivoglia criticit nella gestione degli appalti. Analogamente, in ossequio al ruolo di principale referente operativo attribuito allIstituzione dal Decreto Legge 152 del 1991, la Guardia di Finanza collabora con la Corte dei Conti nellaccertamento di profili di responsabilit contabile che derivano da episodi di cattiva gestione delle risorse erariali. LA STRATEGIA DINTERVENTO DEL CORPO Da un punto di vista organizzativo, i servizi operativi nel settore degli appalti coinvolgono sia i Reparti territoriali, sia quelli della componente speciale. Nel primo ambito giocano un ruolo fondamentale i Nuclei di polizia tributaria che costituiscono, in ragione delle loro competenze, professionalit e struttura, il polo investigativo di punta nel dispositivo di vigilanza istituzionale. Non meno significativo il contributo fornito dai Reparti Speciali del Corpo, che assolvono, essenzialmente, a funzioni di analisi nei segmenti di rispettiva pertinenza. Per i servizi che interessano il comparto degli appalti, assumono particolare rilievo le attivit del Nucleo Speciale Tutela Mercati, al quale sono ricondotte le funzioni di referente operativo nei rapporti di collaborazione con le Autorit di vigilanza di settore. Nel medesimo contesto, significativo anche il contributo del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie, che presidia tutto il segmento delle uscite. Naturalmente, la trasversalit dei servizi induce, spesso, a coinvolgere nelle analisi altre Unit dei Reparti speciali, tra cui, in particolare, il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalit Organizzata. Sul versante operativo, va evidenziato che il vigente quadro normativo consente al Corpo di intervenire nel particolare settore da pi fronti, il primo dei quali attiene allo sviluppo dei servizi diniziativa con i poteri di cui al citato Decreto n. 68 del 2001. Con questa tipologia di interventi i Reparti possono mettere a frutto spunti investigativi su ogni potenziale scenario di illegalit che emerga dallintelligence, dallanalisi di rischio e dal controllo economico del territorio. Oltre alle attivit che sono impostate - gi in origine - per la verifica di specifiche procedure contrattuali, lapprofondimento di singoli appalti avviene, assai frequentemente, nellambito di servizi operativi aventi finalit diverse. A tal riguardo, va precisato che i Reparti, in sede di selezione delle posizioni a rischio da sottoporre a controllo nei comparti pi disparati, non tralasciano di valutare leventuale esistenza di rapporti contrattuali tra il soggetto monitorato e la Pubblica Amministrazione. Ci, nel presupposto che la conoscenza della qualifica di appaltatore pubblico delloperatore sotto osservazione pu rivelarsi utile per interpretare correttamente le circostanze operative oggetto di analisi e quelle che, eventualmente, emergeranno allesito del controllo. Questo assunto vale tanto per i servizi di carattere fiscale, quanto per quelli in materia di riciclaggio o di spesa pubblica. Per fare un esempio concreto, si pensi alla scoperta, nel corso di una verifica fiscale, di una serie di fatture false emesse o utilizzate da un soggetto che ha avuto o ha rapporti contrattuali con un Ente pubblico. Oltre ai risvolti fiscali connessi al recupero dellindebito vantaggio dimposta, non deve essere trascurato il fatto che il documento fittizio potrebbe nascondere altre finalit vietate dallordinamento, tra cui quella di creare la provvista per alimentare fondi neri da utilizzare per il pagamento di tangenti. Tale circostanza pu, dunque, suggerire lapprofondimento della procedura contrattuale riconducibile alloperatore ispezionato, nella prospettiva di individuare eventuali irregolarit. proprio in tal senso che si declina, in concreto, il significato della trasversalit della nostra azione di servizio: utilizzare i poteri a disposizione e le competenze maturate sullasse economico-finanziario per intercettare ogni possibile risvolto sottostante alla commissione di una condotta illecita. Una seconda modalit dintervento nellarea dei contratti pubblici quella connessa allattuazione delle linee di partenariato con le Autorit di vigilanza di settore. Le forme di collaborazione in argomento, formalizzate in appositi protocolli dintesa, hanno, tra laltro, il pregio di ampliare il novero dei possibili input da sviluppare autonomamente sul piano operativo. Ci si realizza non solo attraverso lo sviluppo delle attivazioni e delle segnalazioni di irregolarit inoltrate ai nostri Reparti, ma anche in virt della possibilit di accesso alle banche dati in uso ai predetti Organi. Del resto, in qualunque attivit di carattere investigativo il possesso di un quadro informativo completo e fruibile in chiave di analisi risulta fondamentale per la piena efficacia dellattivit di law enforcement. Nel campo degli appalti, tale necessit appare ancor pi evidente, considerati i ragguardevoli volumi dei flussi di spesa in gioco ed il numero delle procedure che vengono, ogni anno, perfezionate. Anche in questo ambito, il Corpo intende sfruttare il patrimonio informativo disponibile con riferimento alle commesse pubbliche grazie alla collaborazione inter-istituzionale. Infatti, in via di perfezionamento unimportante iniziativa, finanziata con fondi messi a disposizione dellUnione Europea nellambito del Programma Operativo Nazionale - Sicurezza per lo sviluppo. Si tratta, in dettaglio, della realizzazione dellapplicativo Mo.Co.P. (Monitoraggio Contratti Pubblici), che ha lobiettivo di agevolare i Reparti nello sviluppo di attivit investigative concernenti procedure di appalto. Il nuovo strumento si basa sullintegrazione tra gli archivi dellAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (A.V.C.P.) e dellAlta Sorveglianza delle Grandi Opere (S.A.S.G.O.) e gli applicativi informatici in dotazione al Corpo. Lidea non solo quella di costituire una semplice banca dati da cui attingere utili elementi conoscitivi sugli affidamenti pubblici. La pi importante funzionalit del Mo.Co.P., infatti, sar quella di analisi, che il sistema svilupper automaticamente, incrociando le informazioni sulle gare con altri dati di rilievo operativo, opportunamente calibrati in base ad un ricco set di indicatori di rischio. Il tutto per individuare le specifiche situazioni rispetto alle quali auspicabile un approfondimento ispettivo, in unottica generale che vuole rendere sem pre pi performante lazione di vigilanza del Corpo sulla spesa pubblica. Proseguendo nella panoramica delle tipologie di intervento dei Reparti nel campo degli appalti, ritengo opportuno fare cenno ai profili di collaborazione con la Corte dei Conti che, peraltro, non attengono esclusivamente allesercizio della funzione giurisdizionale ma anche a quella assai complessa - del controllo. Linterazione con la Magistratura contabile molto importante, perch consente alle Unit operative di controllare loperato di Amministrazioni pubbliche cui demandata la gestione di significativi flussi di denaro della collettivit. Le casistiche di responsabilit amministrativa individuate a seguito delle vertenze delegate al Corpo sono varie ed hanno riguardato, ad esempio, laggiudicazione di opere di notevole valore senza lesperimento di gare ad evidenza pubblica. In altri casi stato accertato lingiustificato ricorso a varianti dopera per progetti urbanistici in corso di realizzazione da cui sono derivati risparmi per gli appaltatori e maggiori costi per la Pubblica Amministrazione. Ulteriori ipotesi si sono sostanziate nel pagamento di ingenti somme di denaro da parte delle stazioni appaltanti per lavori mai eseguiti o eseguiti solo in parte. Insomma, unampia gamma di sperperi che, non di rado, sono collegati ad ulteriori profili di illegalit, il cui approfondimento riservato alla polizia giudiziaria. In effetti, le indagini penali che riguardano il settore dei contratti pubblici impegnano i Reparti quotidianamente. Molti dei contesti in argomento traggono origine da deleghe dellAutorit Giudiziaria, altri costituiscono lo sviluppo degli interventi amministrativi di cui ho parlato in precedenza. Del resto, gli accertamenti in materia di appalti prevedono analisi documentali e contabili che richiedono - e, nel contempo, esaltano - il peculiare patrimonio professionale dei Finanzieri che, conseguentemente, rappresentano per gli organi inquirenti insostituibili punti di riferimento. Solo per fornire qualche dato concreto, mi preme segnalare che, nel 2013, lazione operativa del Corpo ha determinato la denuncia allAutorit Giudiziaria di 657 soggetti, responsabili di reati specifici nel settore degli appalti. Nei primi 4 mesi di questanno, poi, i Reparti hanno gi denunciato per fattispecie legate alla contrattualistica pubblica 290 soggetti, di cui 26 tratti in arresto. In questo contesto, il dato significativo che pi della met dei circa 820 milioni di euro di gare di appalto controllate risultata oggetto di irregolare assegnazione: parliamo di oltre 500 milioni di euro che, in qualche maniera, non sono stati correttamente impiegati. Nello stesso periodo, infine, con riferimento alle attivit di collaborazione con la Corte dei Conti, sono stati accertati oltre 108 milioni di danni erariali e segnalati 220 soggetti. LE PATOLOGIE NEGLI APPALTI: ESPERIENZE OPERATIVE Entrando, ora, nel merito delle patologie che - come stato anticipato -incidono sulla regolarit del sistema degli appalti pubblici, vorrei fornire un sintetico quadro di situazione, collegato ai diversi momenti di svolgimento dei contratti. Partendo dalla fase precedente allindizione della gara, un primo ambito su cui mi preme focalizzare lattenzione riguarda il fenomeno della presentazione di falsa documentazione alle Societ Organismo di Attestazione. Come noto, le S.O.A. sono enti di diritto privato con funzioni pubblicistiche, che hanno il compito di attestare il possesso - da parte delle imprese interessate a partecipare a gare di appalto per lavori di importo superiore a 150.000 euro - dei necessari requisiti tecnici, organizzativi ed economico-finanziari. Le verifiche delle S.O.A. hanno carattere essenzialmente documentale e riguardano la valutazione delle opere svolte dalle imprese nel quinquennio precedente. In tale ambito, non sono rari i casi in cui, per ottenere lattestazione in parola, le aziende presentino alle S.O.A. fatture false, che servono a dimostrare lavvenuta effettuazione di lavori che, in realt, non sono mai stati eseguiti. In altre circostanze, i Reparti hanno individuato, nella contabilit delle aziende che avevano richiesto la certificazione, documenti fiscali che, sebbene riconducibili ad opere effettivamente realizzate, manifestavano talune materiali alterazioni rispetto all'originale, per far rientrare i lavori nella tipologia o nel periodo utile per il riconoscimento dell'attestazione. Linsidiosit di tali condotte di tutta evidenza: esse consentono a soggetti che non possiedono solidit organizzativa ed economica, tale da garantire un adeguato assolvimento degli obblighi contrattuali, di inserirsi indebitamente nelle procedure ad evidenza pubblica, con intuibili ripercussioni sulla qualit ed i costi delle prestazioni per la Pubblica Amministrazione. Venendo alla fase dellaggiudicazione, sono frequenti le indagini che svelano lesistenza di gruppi dimprese in grado di pilotare, sistematicamente, laggiudicazione di commesse pubbliche verso soggetti gi individuati a monte. Al riguardo, la pratica di servizio ha fatto emergere diverse tipologie di illegalit. In primo luogo, vi sono i casi in cui laccordo illecito limitato al settore privato, nel senso che lindebito orientamento dellesito delle gare pre scinde dal coinvolgimento della parte pubblica che ha indetto o gestisce le medesime. In tali circostanze, si attua una sorta di spartizione territoriale delle commesse tra un gruppo definito di operatori economici che, a rotazione, ottengono laffidamento degli appalti mediante la presentazione di offerte concordate. Ben pi insidiose sono le alterazioni delle procedure che si realizzano con la complicit di pubblici ufficiali operanti allinterno dellEnte responsabile delle gare. Anche in questo ambito si possono fare alcune distinzioni tipologiche: in alcuni casi, il condizionamento della gara avviene attraverso la preventiva conoscenza, da parte degli imprenditori implicati, del valore delle offerte presentate dagli altri concorrenti. Il sistema, naturalmente, si regge sulla compiacenza di funzionari pubblici corrotti che si prestano, per corrispettivi in denaro o altre utilit, a manipolare o a sostituire le buste contenenti le offerte, per favorire i propri sodali. A volte, per conoscere in anticipo il contenuto del carteggio, si ricorre a trucchi scientifici. In unindagine svolta dal Nucleo di polizia tributaria di Brindisi, ad esempio, stato accertato che le buste delle offerte riguardanti appalti nel settore sanitario venivano aperte e richiuse con precisione chirurgica, utilizzando addirittura un bisturi da sala operatoria. Unulteriore forma di inquinamento delle fasi di aggiudicazione delle commesse con il coinvolgimento della parte pubblica si attua attraverso la formazione di bandi di gara su misura, volti a favorire determinate imprese. Sul piano investigativo, laccertamento di queste forme sofisticate di illecito presuppone unapprofondita conoscenza dellapparato normativo di riferimento, dal momento che, in definitiva, il compito degli inquirenti quello di dimostrare luso distorto del potere amministrativo che ha garantito la scelta di un contraente in luogo di un altro. A titolo esemplificativo, in una recente operazione svolta dal Gruppo di Monza sono stati acclarati episodi corruttivi attraverso i quali funzionari di un ente, incaricati di redigere i capitolati dappalto, provvedevano ad inserire requisiti di partecipazione talmente restrittivi da far risultare vincitrice di commesse per oltre 260 milioni di euro sempre la stessa impresa. Un focus a parte meritano i condizionamenti delle gare ad evidenza pubblica perpetrati dalla criminalit organizzata. Le cosche criminali, infatti, sono particolarmente attente alle dinamiche politico-amministrative del territorio. La loro azione costantemente orientata alla creazione di canali di collegamento con gli apparati pubblici locali, in modo da condizionarne i processi decisionali e, conseguentemente, ottenere laggiudicazione di appalti e subappalti. Disporre di uomini di fiducia allinterno della pubblica amministrazione significa accedere in maniera privilegiata ad informazioni di straordinaria importanza per lesercizio del potere sul territorio. , questo, un fenomeno particolarmente presente nelle regioni del Sud, da sempre luogo di radicamento delle mafie e in condizioni di degrado sotto il profilo socio-economico. In molti casi di scioglimento di Comuni ed Enti Locali per infiltrazioni mafiose, sono emerse illecite ingerenze, soprattutto nei pubblici appalti, in virt di legami, diretti o indiretti, tra amministratori e organizzazioni delinquenziali operanti in loco. In una recentissima indagine del Comando Provinciale di Crotone, ad esempio, stata acclarata la compromissione degli organi amministrativi e tecnici di un Comune nella gestione di gare dappalto per la coltivazione di terreni agricoli, con lobiettivo di favorire, attraverso la fissazione, a monte, di prezzi base dasta irrisori, imprese contigue ad una locale cosca criminale. Occorre, tuttavia, puntualizzare che la tendenza dei sodalizi criminali ad espandersi oltre i confini delle proprie aree di origine ha reso vulnerabili anche le realt amministrative del Settentrione che, dunque, non possono certo ritenersi al riparo dal rischio di infiltrazioni. quanto accertato, ad esempio, dal Nucleo di polizia Tributaria di Milano che, nellambito di una recente operazione, ha ricostruito le attivit criminose di una ndrina calabrese che, anche attraverso la collusione di alcuni amministratori locali, era in grado di manovrare appalti e concessioni e di intervenire per modificare il piano di governo del territorio per favorire gli interessi dell'associazione mafiosa. Proseguendo nellanalisi, altre patologie caratterizzano lo sviluppo del- lappalto successivamente alla sua aggiudicazione. In proposito, vengono in evidenza sia forme di indebita lievitazione dei costi delle commesse, sia vere e proprie truffe nelle modalit di esecuzione dei contratti. Nella prima categoria rientra, ad esempio, lartificiosa prospettazione della necessit di procedere a variazioni straordinarie in corso dopera, relativamente a circostanze dichiaratamente sopravvenute ma di cui, in realt, era gi nota lesistenza. In unindagine del Nucleo di polizia tributaria di Bari relativa alla realizzazione di opere per lampliamento di un porto commerciale, stato scoperto che la presenza di ordigni bellici sul fondale del bacino - da rimuovere per proseguire i lavori - era conosciuta, gi nella fase della progettazione, tanto dalla stazione appaltante, quanto dallappaltatore. Nellaltra tipologia che ho citato pocanzi sono ricomprese tutte le situazioni in cui lappaltatore realizza unopera, esegue una prestazione o provvede ad una fornitura in maniera difforme rispetto alle pattuizioni. La casistica disponibile ricca di esempi. Si va dalla predisposizione di manti stradali con spessore dasfalto inferiore a quello stabilito, alla copertura di scavi con materiale di risulta non vagliato; dallimpiego in opere marittime di materiali da costruzione adatti per le sole infrastrutture terrestri alla fornitura di macchinari con caratteristiche tecniche diverse da quelle contemplate dal capitolato. In questo genere di situazioni la responsabilit delle stazioni appaltanti risiede nella carenza o nellomissione di controlli sullo sviluppo delle attivit, talvolta colpevolmente garantita in cambio di dazioni di denaro o altre forme di corruttela. Da parte sua, loperatore economico lucra sui costi di realizzazione ed amplia la forbice del proprio guadagno a scapito dei cittadini. Sempre con riferimento alla fase dellesecuzione contrattuale, ulteriori violazioni riguardano il sub-appalto di lotti di lavori. Tale pratica prevede, spesso, laffidamento delle prestazioni a ditte individuali i cui titolari, in realt, sono veri e propri dipendenti dellappaltatore, muniti - strumentalmente - di partita Iva per un indebito abbattimento dei costi di manodopera. Un ultimo genus di illeciti su cui voglio soffermarmi riguarda, infine, i casi in cui determinati lavori, servizi o forniture per la Pubblica Amministrazione vengono affidati senza effettuazione di alcuna gara, pur essendo necessaria. Si tratta di forme clientelari di contiguit tra pubblico e privato che procurano unalterazione molto significativa del mercato degli appalti, poich escludono a priori la stessa possibilit di concorrenza tra imprese. Oltre a tali effetti, i contesti in argomento comportano, sovente, costi di acquisizione particolarmente onerosi ed assolutamente ingiustificati, come nel caso scoperto dal Nucleo di polizia tributaria di Foggia nel corso di unindagine sulla gestione delle forniture di unAzienda Sanitaria della regione. Il Reparto, in particolare, ha accertato che lEnte, ricorrendo ad un affidamento diretto - peraltro viziato da vari episodi di corruzione - era riuscito ad approvvigionarsi di un comune disinfettante pagando la smisurata cifra di 1.920 euro a flacone, quando, in realt, il valore di acquisto del prodotto allingrosso non arrivava a 60 euro. CONCLUSIONI Mi avvio alla conclusione, richiamando il titolo del mio intervento che, non a caso, fa riferimento alle tante opportunit e alle non minori minacce che permeano il mondo della contrattualistica pubblica. Sono convinto - e la pratica operativa me ne d quotidianamente dimo strazione - che non esiste la possibilit di impermeabilizzare gli appalti pubblici dallillegalit solo per via normativa. Ogni misura del legislatore, infatti, per quanto auspicabile ed efficace, finirebbe per essere aggirata pi o meno agevolmente a causa delle alchimie di imprenditori senza scrupoli e delle infedelt di taluni dirigenti e funzionari della Pubblica Amministrazione. Da un punto di vista prettamente operativo, lazione di contrasto ai fenomeni illeciti nel settore degli appalti pu e deve essere intensificata. Infatti, in un momento storico come quello attuale, caratterizzato dalla necessit di razionalizzare e contenere la spesa pubblica, assolutamente indispensabile garantire che il denaro disponibile venga gestito e distribuito correttamente, senza dispersioni, sprechi o frodi. Ci a tutela dei cittadini, che concorrono al mantenimento della macchina statale pagando le imposte, ma anche degli operatori economici onesti, che fanno della legalit il faro ispiratore del proprio agire quotidiano e vogliono poter concorrere sul mercato ad armi pari. In tale prospettiva, posso senzaltro assicurare che la Guardia di Finanza intende investire, come gi sta facendo, le migliori risorse e professionalit, per correggere le deviazioni che si annidano nel settore degli appalti e della spesa pubblica in generale. Ma lintensificazione dellattivit di controllo, per quanto incisiva, non sar sufficiente se non sar accompagnata da un radicale cambiamento della cultura e dei comportamenti, tanto da parte degli amministratori pubblici, quanto di imprese e professionisti. Ed ogni cittadino potr dare il proprio prezioso contributo, mediante lesercizio di quella forma di controllo esterno sulloperato della Pubblica Amministrazione che i nuovi meccanismi di trasparenza e pubblicit consentono, oggi, di effettuare. Vi ringrazio per lattenzione. I criteri selettivi e le regole procedurali dellattivit dellorgano di autogoverno dellAvvocatura dello Stato compito del Direttore della Rassegna pubblicare anche le sentenze del Consiglio di Stato nelle quali lAvvocatura dello Stato, come amministrazione, sia rimasta soccombente: la nomina di un avvocato distrettuale dello Stato stata annullata per carenza nella motivazione sulla base di unapplicazione dei principi generali desumibili - questa lopinione del Consiglio di Stato dalla legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo. La tesi in astratto convince, ma viene il dubbio che il giudice amministrativo non abbia valutato quanto elaborato, sulla base delle regole introdotte dalla legge 3 aprile 1979 n. 103, da una esperienza ultraquarantennale del Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato. I criteri selettivi e le regole procedurali, da applicarsi al caso, enfaticamente indicate dal giudice amministrativo, ci sono, elaborati e scritti dallorganismo di autogoverno e normalmente applicati dallAvvocato Generale. CՏ solo una caratteristica, che sembra connotare le prassi dellAvvocatura dello Stato ed una sorta di antica remora nellesprimere con inequivoca chiarezza motivati giudizi su persone, in un ambito nel quale il problema prioritario sembra restare quello di tutelare, evitando classifiche, il prestigio professionale dei membri togati del- lAvvocatura dello Stato. quindi verosimile che tali criteri, richiamati al giudice amministrativo, potessero risultare puntualmente applicati anche nel caso di specie. N. 01321/2014 REG.PROV.COLL. N. 07808/2013 REG.RIC. N. 07910/2013 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7808 del 2013, proposto da: Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, domiciliata per legge, contro A.M.B., rappresentata e difesa dagli avv. Marcello Vignolo, Massimo Massa, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104; nei confronti di F.M.; sul ricorso numero di registro generale 7910 del 2013, proposto da: F.M., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso Giovanni Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11; contro A.M.B., rappresentata e difesa dagli avv. Massimo Massa, Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense 104; Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, domiciliata per legge; Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato; per la riforma quanto ad entrambi i ricorsi nn. 7808 e 8312 del 2013: della sentenza del T.a.r. del Lazio - Sede di Roma - Sezione I n. 08312/2013, resa tra le parti, concernente nomina per la copertura dell'incarico di Avvocato Distrettuale di (...). Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.M.B. e della Presidenza del Consiglio dei Ministri; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti lAvvocato Marcello Vignolo, lAvvocato dello Stato Palmieri e lAvvocato Giovanni Pellegrino; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - ha accolto il ricorso di primo grado integrato da motivi aggiunti, proposto da A. M.B., odierna parte appellata e volto ad ottenere lannullamento, (quanto al ricorso principale) del parere favorevole espresso il 24 aprile 2012 dal Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato sulla nomina dell'avv. F.M. ad avvocato distrettuale dello Stato di (...), nonch di tutti gli atti presupposti e conseguenti, fra i quali: a) il verbale della riunione del 14 maggio 2012 del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, in quanto avrebbe approvato il verbale della riunione del 24 aprile, e b) della successiva proposta dell'Avvocato generale dello Stato e del decreto del Presidente del consiglio dei ministri. Con successivo ricorso per motivi aggiunti era stata altres gravata la proposta 30 aprile 2012, dellavvocato generale dello Stato, per la nomina di F.M. ad avvocato distrettuale ed il d.P.R. 5 giugno 2012, di nomina del predetto Avv. F.M. ad avvocato distrettuale. La odierna parte appellata A.M.B., avvocato dello Stato alla quarta classe di stipendio, in servizio presso l'Avvocatura distrettuale di (...), aveva fatto presente che, il 19 aprile 2012, essa aveva comunicato alla Segreteria dell'Avvocatura generale dello Stato la propria disponibilit a ricoprire il posto di avvocato distrettuale a (...), da poco divenuto vacante. Il 24 aprile 2012, il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato - C.A.P.S. (svolgente compiti di autogoverno della categoria) espresse tuttavia il proprio parere ex 18, II comma, della L. 3 aprile 1979, n. 103, in favore del collega F.M., che pure aveva partecipato la propria disponibilit, come egualmente aveva fatto un terzo collega della stessa Avvocatura di (...). Lavvocato generale dello Stato, con atto 30 aprile 2012, aveva proposto al Presidente del Consiglio la nomina del M., cui infine fu conferito lincarico con d.P.R. 5 giugno 2012. Essa era insorta, prospettando plurime doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere, che il Tar ha accolto, previo analitico vaglio delle dette censure e delle contrarie argomentazioni delle parti resistenti. In particolare, il Tar ha compiutamente sintetizzato il parere espresso dal C.A.P.S. e ripercorso landamento della procedura di nomina. Ha quindi escluso che fosse fondata leccezione preliminare di tardivit del mezzo, riferita al decreto presidenziale di nomina, in quanto la originaria ricorrente aveva impugnato gli atti lesivi nei sessanta giorni dalla loro piena conoscenza o conoscibilit per effetto di rituale pubblicazione, n lAmministrazione aveva provato il contrario. Il primo giudice ha quindi scrutinato gli ultimi quattro motivi di ricorso, escludendone la fondatezza, per poi passare allesame delle altre doglianze meritevoli - ad avviso del primo giudice - di un pi pregnante approfondimento. A tal proposito, ha fatto presente di volere premettere una valutazione preliminare sulla lettera dellavvocato distrettuale uscente presa in esame dal Caps, esprimendo il convincimento che si trattasse di un messaggio destinato a un lettore del tutto diverso dal suo destinatario apparente, lavv. M. Infatti, da avviso del Tar, la nota dattiloscritta di due pagine, siglata sulla prima e firmata sulla seconda, principiava (nellimminenza del mio collocamento a riposo) come una nota encomiastica privata indirizzata al M., per la preziosa collaborazione che, quale avvocato pi anziano del ruolo e, dunque, quale mio naturale vicario nella direzione dellUfficio, mi hai offerto in ormai oltre diciotto anni. La missiva, per, non si limitava ad accennare soltanto ai presunti meriti del M. (come di norma avviene in simili circostanze), ma li esponeva analiticamente e compendiava anche alcuni avvenimenti, che pure dovevano essere perfettamente noti ad entrambi: ci che poteva apparire pleonastico (come, ad esempio, ricordare al M. che stato il primo del suo concorso; o la fervida amicizia che gli stata dimostrata da alcuni pubblici funzionari da lui difesi, lentit dei compensi per onorari da lui raccolti, lorganizzazione dei turni di udienza che svolge da due anni); ad avviso del Tar ci acquistava senso e ragione una volta riconosciuto che la nota era stata scritta per lAutorit che avrebbe dovuto scegliere il nuovo avvocato distrettuale. Nonostante la forma apparentemente confidenziale, la detta lettera rivelava il proprio contenuto di giudizio attitudinale, espresso dal dirigente dellufficio dove il M. prestava servizio, e che per tale stato positivamente recepito, prima dallAvvocato generale quale presidente del C.A.P.S., poi dal C.A.P.S. stesso e poi, nuovamente, dallAvvocato generale, che ha proposto la nomina del M. in senso conforme allavviso del Consiglio stesso. Ne conseguiva che un giudizio attitudinale del Distrettuale uscente aveva assunto, secondo le parole dellAvvocato generale, un rilievo determinante per stabilire chi fosse il soggetto pi adatto a ricoprire lincarico di Avvocato distrettuale. Senonch, cos valutata la detta missiva, sarebbe stato legittimo pretendere che la sua produzione non fosse stata lasciata alliniziativa personale degli aspiranti, tanto pi considerato che la prassi era prevalentemente orientata a valorizzare lanzianit di ruolo. La sintesi delle censure proposte dalla originaria ricorrente era quindi fondata: o un simile giudizio si richiedeva a tutti gli interessati - in generale, o nel singolo procedimento - oppure si sarebbe dovuto prescindere da esso, ad evitare che il provvedimento emesso sulla base dello stesso fosse viziato da eccesso di potere per disparit di trattamento e difetto di istruttoria. In contrario senso non assumevano rilievo pregnante gli argomenti dellAmministrazione e del contro interessato, secondo i quali, stante il tenore dellart. 18, II comma, della l. 103/79, non si era svolto alcun procedimento concorsuale e la lettera dellavvocato distrettuale uscente avrebbe confermato una sorta di merito assoluto del M., e non sarebbe invece elemento di prevalenza comparativa. Secondo le odierne parti appellanti, infatti, in base allart. 18, comma 2, della l. 103/1979, doveva certamente escludersi la natura concorsuale della procedura di conferimento dellincarico di avvocato distrettuale; e, in base a quanto ribadito dallAvvocato generale, nel corso della seduta del C.A.P.S. del 24 aprile, il conferimento di un incarico direttivo poteva riguardare ogni Avvocato dello Stato in possesso dei requisiti prescritti, a prescindere dalla presentazione di eventuali dichiarazioni di disponibilit. Il Tar ha in proposito rilevato che lo scrutinio di detto argomento difensivo integrava il proprium del giudizio richiesto al Tribunale. Senonch, richiamate le competenze dellAvvocato generale dello Stato, fissate, in via generale, dallart. 15 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, quale sostituito dallart. 15 della l. 3 aprile 1979, n. 103, non era desumibile che il conferimento dellincarico di Avvocato distrettuale dello Stato fosse attribuito fiduciariamente dallAvvocato generale, n che lAvvocato distrettuale dello Stato si trovasse in rapporto di diretta collaborazione con lAvvocato generale. Tanto ci era vero, che il soggetto nominato Avvocato distrettuale dello Stato non doveva essere confermato ogni volta che veniva nominato un nuovo Avvocato generale. Tale deduzione trovava ulteriore fondamento nellart. 18, I comma, della l. 103/79, che, definendo le competenze dellAvvocato distrettuale, gli assicurava piena autonomia di direzione nellambito dellAvvocatura di appartenenza, limitandosi a prevedere che egli riferisca, successivamente, all'Avvocato generale dello Stato sull'attivit svolta dall'Avvocatura distrettuale, segnalando le controversie pi importanti nonch le eventuali carenze legislative ed i problemi interpretativi che emergono nel corso dell'attivit di istituto. Da ci il Tar ha fatto discendere il convincimento che nellorganizzazione dellAvvocatura dello Stato non esistesse un rapporto di stretta dipendenza fiduciaria tra lAvvocato generale e gli Avvocati distrettuali, per cui al primo non poteva essere riconosciuta una peculiare autonomia nellindividuazione del soggetto da proporre per la nomina, anche rispetto al parere obbligatorio del C.A.P.S. A tale parere, lAvvocato generale avrebbe potuto non conformarsi: ci, per, fornendo una puntuale motivazione, (come in generale per tutti i provvedimenti amministrativi che si difformino dai pareri obbligatori che vi ineriscono). Detta motivazione, poi, appariva tanto pi doverosa, essendo tale organo composto sia da una rappresentanza eletta tra tutti gli avvocati ed i procuratori, sia dagli Avvocati con funzioni direttive pi anziani, e presuntivamente pi esperti, dellIstituto. Lart. 18, II comma doveva essere comunque interpretato in conformit ai principi generali in materia di provvedimenti amministrativi, di cui alla successiva l. 241/90: la norma della legge professionale, sebbene non contemplasse una procedura concorsuale, in realt - ad avviso del Tar - neppure la escludeva espressamente o implicitamente, limitandosi a fissare alcuni passaggi della procedura di nomina, di cui individuava sia gli organi competenti, sia i soggetti muniti del requisito proprio per aspirarvi, e cio la qualit di Avvocati dello Stato in servizio, alla terza classe di stipendio, con cinque anni di anzianit di servizio nella stessa. Il Tar ha poi irrobustito il proprio convincimento accoglitivo, facendo presente che solo attraverso un palese salto logico si poteva affermare che la previsione di tale requisito fondasse un potere di chiamata. In s considerata, infatti, la norma attribuiva (soltanto) una legittima aspettativa a tutti gli Avvocati con la predetta qualifica ed anzianit di essere scrutinati per lincarico in questione, mentre non escludeva affatto che, per poter essere nominato, il soggetto dovesse anche presentare una domanda, comunque qualificata. Argomentare diversamente avrebbe comportato laffermazione per cui - posto che tutti costoro erano nominabili a prescindere dallavere dato la disponibilit - il C.A.P.S. avrebbe ogni volta dovuto considerare le posizioni di tutti i colleghi con tale requisito, o almeno dei pi anziani tra essi, fino ad individuare il designabile, per poi richiederne il consenso (ci in spregio ad elementari principi di economicit e di efficacia). Al contrario, la scelta si doveva svolgere solo tra i soggetti che avevano dichiarato la loro disponibilit allincarico; e ci a propria volta - oltre al criterio di pubblicit - ex art. 1 della legge n. 241/1990 - avrebbe imposto che fosse stata preventivamente divulgata la vacanza, con modalit idonee ad informare tutti gli interessati, e con un ragionevole spatium deliberandi per la presentazione della dichiarazione di disponibilit. Daltro canto, la procedura cos delineata avrebbe dovuto altres rispettare i criteri dimparzialit e di trasparenza; e ci poteva avvenire prefissando regole procedimentali comuni per la presentazione e lesame delle domande su cui il C.A.P.S. avrebbe dovuto esprimere il parere. Inoltre, nel rispetto di detti criteri e dellobbligo di motivazione (artt. 2 e 3), tutte le domande ammissibili avrebbero dovuto essere comparativamente valutate dal C.A.P.S., pervenendo alla motivata scelta dellaspirante pi idoneo da proporre. Il Tar ha espresso il convincimento che dette regole, discendenti dalla disciplina positiva e dai principi ordinamentali, erano state disattese nel caso di specie. Lodierno appellante M. non risultava essere stato prescelto a conclusione di una valutazione comparativa tra i tre aspiranti, o, almeno, ci era quanto poteva desumersi dall' esposizione delle ragioni della proposta, che non sembravano contenere alcun elemento di raffronto. Ad avviso del Tribunale amministrativo, quindi. n la valutazione espressa dall'Avvocato distrettuale uscente, n il giudizio consequenziale formato dal C.A.P.S. erano sufficienti, isolatamente considerati, a giustificare ed a rendere legittima la scelta compiuta. Conclusivamente, tanto il parere dellorgano, quanto gli atti susseguenti, erano viziati per violazione della parit di trattamento e dei principi sul procedimento, nonch per violazione del- lart. 18, II comma, della l. 103/79 (il che rendeva sostanzialmente irrilevante lesame delle censure riferite agli errori nella valutazione del M., dove venivano segnalate come straordinarie svariate attivit rientranti, al pi, nelle ordinarie funzioni vicarie dal medesimo esercitate). Se pure si fosse voluto individuare nel parere C.A.P.S. - anche riferendosi al pur generico richiamo alle capacit di tutti gli aspiranti che esso conteneva - lesito di un confronto, il detto parere sarebbe stato comunque viziato, in quanto ivi si era dato un rilievo preponderante ad una valutazione tecnica che non era richiesta agli altri aspiranti, alterando cos irreparabilmente la par condicio tra di essi. Sotto altro profilo, inoltre, nessun elemento, sia pur sintetico, era contenuto nel parere per giustificare la circostanza che - in difformit da una prassi certo non univoca, ma comunque prevalente - la maggiore anzianit della originaria ricorrente B. non era stata presa in alcuna considerazione al momento in cui era stato individuato laspirante da proporre per lincarico in questione. Il Tar ha proseguito il proprio iter motivo, precisando che non si poteva ovviamente affermare che la B. fosse dei concorrenti il pi adatto; ma che il vizio che si riscontrava nellazione amministrativa riposava nella circostanza che non era stato accertato, o, quantomeno, che non si era chiarito, perch ella non lo fosse, pur dopo averle fornito le indicazioni su come dovesse dimostrarlo. Questo in ultimo elencato, ad avviso del primo giudice, era leffetto della mancanza di un sistema di regole prestabilite, pur elementari, che stabilisse come scegliere nella platea dei potenziali aspiranti - tutti gli avvocati con determinata anzianit e qualifica - il candidato pi idoneo per meriti ed attitudini a dirigere un determinato Ufficio distrettuale nelle condizioni date, il che aveva condotto ad una scelta che appariva pi arbitraria che discrezionale: alla stregua delle esposte considerazioni il Tar ha annullato il parere C.A.P.S. 24 aprile 2012, la proposta 30 aprile 2012, dellAvvocato generale dello Stato, il d.P.R. 5 giugno 2012, di nomina di F.M. ad Avvocato distrettuale di (...). Avverso tale sentenza sono stati proposti due ricorsi, luno dallAmministrazione e laltro dallavv. M. Ricorso n. 7808/2013; La difesa erariale ha proposto un articolato appello, censurando integralmente lapprodo cui era giunta la gravata decisione. In particolare ivi stato sostenuto, in via principale, il malgoverno, da parte del Tar, dellart. 18, II comma, della l. 103/79, sostenendosi la assoluta fiduciariet (ex artt. 1,18, 23 della legge medesima) dellincarico di Avvocato distrettuale da parte dellAvvocato generale dello Stato: trattavasi, infatti, dellattribuzione di un mero incarico, e non di una qualifica. Ed era del tutto irrilevante che la predetta legge non contenesse una previsione di c.d. spoil system: la previsione nel sistema di simili disposizioni costituiva indizio certo della natura fiduciaria di un incarico; non era vero, per, il contrario, come arbitrariamente desunto dal Tar. Il Tar inesattamente aveva poi affermato linesistenza di un rapporto di stretta fiduciariet tra lAvvocato generale dello Stato (anzitutto dimostrato dalla circostanza che nel procedimento di nomina questultimo rivestiva un ruolo assolutamente centrale, mentre al Caps era attribuito un ruolo esclusivamente consultivo) e lAvvocato distrettuale. LAvvocato distrettuale, ex art. 18 citato, doveva assicurare il coordinamento e lunit di indirizzo: non era pensabile che ci non dovesse avvenire in collaborazione sincronica con lAvvocato Generale (che aveva il compito di vigilare sulle sedi periferiche, coordinarne lattivit e di ci essere direttamente responsabile). Il Tar aveva esattamente richiamato lart. 15 del RD 30.10.1933, siccome sostituito dallart. 15 della l. 103/79, e lart. 18 della l. 103/79, ma ne aveva clamorosamente travisato il senso. stato poi censurato il passaggio motivazionale che faceva riferimento alla natura concorsuale e comparativa della procedura di scelta dellAvvocato distrettuale. La legge individuava latto di impulso nella proposta dellAvvocato generale; non certo nella domanda dellinteressato. Ne conseguiva che la scelta ineriva agli Avvocati che possedevano i requisiti, avessero essi - o meno - manifestato la disponibilit. Lordine del giorno, relativo alla vacanza del posto di Avvocato distrettuale nel distretto di (...), era stato diramato a tutti gli Avvocati e Procuratori dello Stato, e tanto valeva ad assicurare la pubblicit pretesa dal Tar, in quanto tutti erano stati messi in condizione di manifestare la propria disponibilit. Ma questultima non era affatto equipollente ad una domanda: ben la scelta avrebbe potuto ricadere su un soggetto che tale disponibilit non aveva manifestato. Il Tar era stato fuorviato dal tentativo di assimilare la detta disciplina a quella prevista per il conferimento degli incarichi direttivi in Magistratura. Nella procedura per cui causa, invece, non vera obbligo di fornire motivazione comparativa rispetto agli altri aspiranti: la giurisprudenza amministrativa era giunta ad analogo divisa mento con riguardo alle alte cariche diplomatiche, dirigenziali, e non vera motivo di disco- starsi dai detti approdi. La sentenza gravata (II censura) era addirittura affetta da straripamento, laddove, obliando che erano stati rispettati gli obblighi di trasparenza, imparzialit e motivazione, ipotizzava che avesse avuto rilievo alcuno, ai fini del conferimento, la missiva che lAvvocato distrettuale uscente aveva indirizzato al M. Il Tar, che gi aveva errato facendo riferimento al concetto di comparazione, aveva vieppi insistito laddove non si era avveduto che la predetta lettera non aggiungeva alcun elemento a quanto gi avrebbe potuto ricavarsi dal curriculum del M. Non era chiaro da quale elemento potesse trarsi il convincimento che detta missiva avesse rivestito portata determinante: quanto alla prassi relativa alla nomina dei dipendenti maggiormente anziani (e lAvv. B. certamente lo era rispetto al prescelto), lo stesso Tar riconosceva che alla stessa non era stato attribuito, in passato, rilievo decisivo. Nel merito, il primo giudice aveva disconosciuto che si era pervenuti alla scelta pi ragionevole, avuto riguardo ai meriti del prescelto, alla funzione vicariale dallo stesso esercitata per quasi 18 anni, dalla circostanza che questi si era classificato al primo posto nel proprio concorso per Avvocato (a differenza della appellata controinteressata B., classificatasi ultima nella graduatoria degli idonei del concorso per Procuratore dello Stato e poi assunta a seguito di scorrimento della graduatoria ed ultima dei vincitori al concorso per Avvocato dello Stato). Lappellata ha depositato unarticolata memoria (proponendo riserva di appello con riguardo ai motivi proposti in primo grado e disattesi dal Tar) chiedendo la reiezione del gravame perch infondato. Il Tar non aveva mai affermato la natura concorsuale della procedura de qua: il Tar aveva affermato, invece, che - una volta che la scelta avvenga soltanto tra coloro i quali avevano manifestato la propria disponibilit (ed il dato non era n contestabile, n contestato) - doveva essere rispettato lobbligo di imparzialit e trasparenza, destinato ad essere trasfuso in motivazione. Ci in quanto era innegabile che alla scelta si pervenisse a seguito di comparazione tra coloro che avevano manifestato la propria disponibilit. Ed allora, affermare che non veniva attribuita una nuova qualifica appariva (oltre che discutibile, in quanto gli Avvocati distrettuali, ex art. 21 della l. 103/79 erano componenti di diritto del Caps) del tutto neutro, perch ci che rilevava era il modo in cui il detto incarico veniva conferito. Era ben vero che allAvvocato generale era attribuito un ruolo centrale nella procedura di scelta: ma ci non ostava a che questultima rispettasse i canoni di imparzialit e trasparenza. N allAvvocato generale subentrante era attribuito un generalizzato potere di revoca degli Avvocati distrettuali nominati dal predecessore, a testimonianza del fatto che lelemento della fiduciariet non rivestiva portata n esclusiva, n decisiva. Quanto al secondo motivo di gravame, esso era infondato in quanto era palese che la scelta si era svolta allinterno di una terna; che ci costituiva autolimitazione concreta rispetto al c.d. potere di chiamata; n il richiamo ad arresti relativi al conferimento di incarichi in altre Amministrazioni era condivisibile, posto che ivi, sempre, la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito lobbligo di motivare in ordine alle ragioni della scelta (il che presupponeva una comparativit della procedura). Nel merito, ogni sforzo di svalutare la portata rivestita dalla lettera dellAvvocato distrettuale uscente era risultato vano: come vano era risultato il tentativo di sminuire lassoluto spessore del curriculum dellappellata B. Ricorso n. 7910/2013. Il controinteressato M., gi resistente rimasto soccombente in primo grado, ha proposto un articolato appello, censurando integralmente lapprodo cui era giunta la gravata decisione, proponendo censure sostanzialmente identiche e sovrapponibili a quelle proposte dalla difesa erariale nellambito del ricorso n. 7808/2013 ed in precedenza illustrate. Lappellata ha depositato memoria chiedendo la reiezione del gravami, perch infondato. Alla adunanza camerale del 19 novembre del 2013 fissata per la delibazione delle domande di sospensione della esecutivit della gravata decisione, le due controversie sono state rinviate al merito. Tutte le parti processuali hanno depositato ulteriori scritti difensivi volti a ribadire e puntualizzare le rispettive prospettazioni. Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2014 le due cause sono state posta in decisione dal Collegio. DIRITTO 1. I suindicati appelli devono essere riuniti, in quanto diretti a gravare la medesima sentenza. Essi sono infondati e vanno pertanto respinti, con conseguente improcedibilit delle censure, assorbite o disattese dal primo giudice, riproposte da parte appellata. 2. Ritiene utile il Collegio, in via assolutamente preliminare, richiamare il dato normativo essenziale ai fini della risoluzione delle problematiche devolute allesame del Collegio. 2.1. Stabilisce lart. 18 della legge 3 aprile 1979, n. 3 che: L'avvocato distrettuale dello Stato: vigila e soprintende, nell'ambito dell'avvocatura distrettuale, all'espletamento delle funzioni di istituto ed alla organizzazione e funzionamento degli uffici e dei servizi; assegna agli avvocati e procuratori in servizio presso l'avvocatura distrettuale gli affari contenziosi consultivi, in base ai criteri stabiliti dal comitato consultivo; assicura il coordinamento e l'unit di indirizzo dell'attivit contenziosa e consultiva dell'avvocatura distrettuale, promuovendo l'esame e la decisione collegiale delle questioni giuridiche di maggiore rilievo, nonch l'informazione e collaborazione reciproca tra gli avvocati e procuratori; determina le direttive inerenti alla trattazione degli affari contenziosi; riferisce all'avvocato generale dello Stato sull'attivit svolta dall'avvocatura distrettuale, segnalando le controversie pi importanti nonch le eventuali carenze legislative ed i problemi interpretativi che emergono nel corso dell'attivit di istituto; riferisce al presidente della giunta regionale per gli affari trattati nell'interesse della regione, anche presentando apposite relazioni e segnalando le controversie pi importanti nonch le eventuali carenze legislative. L'incarico di avvocato distrettuale dello Stato conferito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell'avvocato generale dello Stato, sentito il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, ad avvocati dello Stato che abbiano almeno conseguito la terza classe di stipendio e maturati in essa cinque anni di servizio. Con le stesse modalit disposta la cessazione dall'incarico. L'avvocato distrettuale che cessa dall'incarico pu chiedere di essere associato all'Avvocatura generale dello Stato. Lart. 15 del R.D. 30-10-1933 n. 1611, recante Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento del- l'Avvocatura dello Stato, nel testo sostituito dall'art. 15, L. 3 aprile 1979, n. 103, a propria volta, cos dispone: L'avvocato generale dello Stato: determina le direttive inerenti alla trattazione degli affari contenziosi e consultivi; presiede e convoca il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato ed il comitato consultivo; vigila su tutti gli uffici, i servizi e il personale dell'Avvocatura dello Stato e soprintende alla loro organizzazione, dando le opportune disposizioni ed istruzioni generali; risolve, sentito il comitato consultivo, le divergenze di parere sia tra gli uffici distrettuali del- l'Avvocatura dello Stato, sia tra questi e le singole amministrazioni; assegna agli avvocati e procuratori in servizio presso l'Avvocatura generale dello Stato gli affari contenziosi e consultivi, in base ai criteri stabiliti dal comitato consultivo; riferisce periodicamente al Presidente del Consiglio dei Ministri sull'attivit svolta dall'Avvocatura dello Stato, presentando apposite relazioni, e segnala anche prontamente le eventuali carenze legislative ed i problemi interpretativi che emergono nel corso dell'attivit di istituto; fa le proposte e adotta i provvedimenti espressamente attribuiti alla sua competenza, nonch ogni altro provvedimento riguardante gli uffici ed il personale dell'Avvocatura dello Stato che non sia attribuito ad altra autorit. In caso di impedimento o di assenza l'avvocato generale sostituito dal vice avvocato generale con maggiore anzianit nell'incarico. Sebbene soltanto menzionata (ma non utilizzata dal primo giudice per il vaglio sulle questioni devolutegli), appare altres rilevante al Collegio menzionare il disposto di cui allart. 21 della sopracitata legge 3 aprile 1979, n. 3, che cos prevede: istituito il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, che composto: a) dall'avvocato generale dello Stato, che lo presiede; b) da due avvocati dello Stato, con incarico di vice avvocato generale, pi anziani nell'incarico; c) da due avvocati dello Stato, con incarico di avvocato distrettuale, pi anziani nell'incarico; d) da quattro componenti, di cui almeno un procuratore dello Stato, eletti da tutti gli avvocati e procuratori dello Stato riuniti in un unico collegio, secondo le norme dell'articolo 22 della presente legge. In caso di impedimento o di assenza o quando il consiglio debba esprimere parere sui provvedimenti che li concernono, i componenti di cui alle lettere b) e c) sono sostituiti dagli avvocati che li seguono in ordine di anzianit nell'incarico, i componenti di cui alla lettera d) dai supplenti eletti contestualmente secondo l'ordine di elezione. Il segretario generale dell'Avvocatura dello Stato interviene alle sedute del consiglio senza diritto di voto. I componenti eletti durano in carica tre anni, non sono immediatamente rieleggibili n possono essere loro conferiti, finch sono in carica, incarichi direttivi. Le funzioni di segretario del consiglio sono espletate dal pi giovane dei componenti. Le funzioni di relatore per ciascun affare in trattazione presso il consiglio sono esercitate da uno dei suoi componenti designato di volta in volta dall'avvocato generale. Il consiglio non pu validamente deliberare se non sono presenti sei dei nove membri che lo compongono; le deliberazioni del consiglio sono adottate col voto favorevole della maggioranza dei suoi componenti salvo i casi previsti nelle lettere c), d), e), g) e h), dell'articolo 23, per i quali richiesto il voto favorevole di almeno sei componenti il consiglio. Sono abrogati gli articoli 25 e 26 del testo unico approvato con regio decreto 10 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni. Detto Organismo, in sostanza lOrgano di autogoverno dellAvvocatura dello Stato, i cui compiti e funzioni sono scolpiti nel successivo art. 23 della citata legge. Tale disposizione completa il quadro dei precetti ad avviso del Collegio rilevanti per la fattispecie per cui causa, unitamente allart. 19 della sopracitata legge, che pure di seguito si riporta: Gli avvocati e procuratori dello Stato: trattano gli affari contenziosi e consultivi loro assegnati; in caso di divergenza di opinioni nella trattazione di detti affari con l'avvocato generale, con i vice avvocati generali o con l'avvocato distrettuale, possono chiedere, presentando relazione scritta, la pronuncia del comitato consultivo e, se questa contraria al loro avviso, di essere sostituiti nella trattazione dell'affare per cui sorta la divergenza di opinioni; possono essere sostituiti nella trattazione degli affari loro affidati in caso di assenza, impedimento o giustificata ragione; quando ricorrano gravi motivi possono essere sostituiti, con provvedimento motivato, dall'avvocato generale o dall'avvocato distrettuale dello Stato. Avverso tale provvedimento pu essere proposto ricorso entro trenta giorni al consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato. I procuratori dello Stato provvedono anche al servizio di procura per la cause trattate dagli avvocati e dagli altri procuratori dello Stato, secondo le disposizioni dei dirigenti degli uffici, cui sono addetti. 2.2. Cos ricostruito lordito normativo sotteso alla controversia, ritiene il Collegio di dovere immediatamente ribadire la propria convinta adesione al consolidato approdo della giurisprudenza amministrativa, secondo il quale (Consiglio di Stato Ad. Plen. 15/09/1999 n. 14) il principio del giusto procedimento amministrativo - pur non essendo di rilievo costituzionale -costituisce comunque un criterio di orientamento sia per il legislatore sia per l'interprete. (Arg ex Corte Costituzionale 19/03/1993 n. 103). noto, poi, che il dibattito dottrinario e giurisprudenziale in proposito ha conosciuto una ulteriore evoluzione, tanto da indurre a pi riprese allaffermazione per cui l'applicazione dei principi desumibili dalla l. n. 241/1990 quale espressione del diritto al giusto procedimento, dovrebbe rientrare tra i livelli essenziali dei diritti civili da garantire a tutti i cittadini, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), o, qualificando le norme della l. n. 241 come "norme interposte", che integrano il sistema costituzionale ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Carta fondamentale (ex aliis si veda in tal senso Consiglio di Stato sez. V 28/02/2011 n. 1271; T.A.R. Molise 09/03/2006 n. 194). Non essendo n utile, n rilevante ai fini della risoluzione della fattispecie per cui causa, non ritiene il Collegio di immorare su tale ultimo tema di natura qualificatoria: sufficiente, per, rilevare che i principi partecipativi, di trasparenza, di efficacia ed efficienza che permeano la nozione di giusto procedimento costituiscono adeguato canone interpretativo utilizzabile nella fattispecie per cui causa. Ci nel forte convincimento per cui, tra due interpretazioni di un medesimo precetto, una delle quali collida con i detti principi generali, di cui alla legge n. 241/1990, ed unaltra appaia con gli stessi armonica, linterprete debba certamente privilegiare la seconda (analogamente allinsegnamento reso a pi riprese dalla Corte Costituzionale, secondo il quale - ex aliis sentenza n. 46/2013 sentenza n. 21 del 2013, ordinanze n. 255 del 2012, n. 287 del 2011 e n.110 del 2010 - di una disposizione legislativa non si pronuncia l'illegittimit costituzionale quando se ne potrebbe dare un'interpretazione in violazione della Costituzione, ma quando non se ne pu dare un'interpretazione conforme a Costituzione). 2.3. Alla stregua di tale canone ermeneutico, il Collegio esaminer la fattispecie per cui causa, in ordine alla quale si pu in prima battuta svolgere una considerazione (anchessa assai agevole e quasi necessitata alla stregua della piana lettura delle disposizioni primarie summenzionate): pu senzaltro concordarsi con due affermazioni contenute nella decisione impugnata. La prima di esse riposa nella considerazione per cui pu riscontrarsi la mancanza di un sistema di regole prestabilite, pur elementari, che stabilisca come scegliere nella platea dei potenziali aspiranti - tutti gli avvocati con determinata anzianit e qualifica - il candidato pi idoneo per meriti ed attitudini a dirigere un determinato Ufficio distrettuale nelle condizioni date. La seconda, complementare a quella appena esposta, quella secondo la quale lart. 18, II comma succitato sebbene non contempli una procedura concorsuale, in realt neppure la esclude, espressamente o implicitamente, limitandosi a fissare alcuni passaggi della procedura di nomina, di cui individua sia gli organi competenti, sia i soggetti muniti del requisito proprio per aspirarvi, e cio la qualit di avvocati dello Stato in servizio, alla terza classe di stipendio, con cinque anni di anzianit di servizio nella stessa. Tali dati sono incontrovertibili e neppure sono stati seriamente contestati dalle parti appellanti, che, al contrario, agli stessi si rifanno esplicitamente, per sostenere: che debba escludersi la natura concorsuale della procedura di conferimento dellincarico di avvocato distrettuale; che si tratterebbe di una chiamata fiduciaria da parte dellAvvocato Generale; che il sostrato di tale nomina riposerebbe in una valutazione di merito assoluto resa dal- lAvvocato generale medesimo. Sullo sfondo di tali argomentazioni aleggiano le considerazioni - di natura sostanziale - secondo cui gli atti valutati dal Caps (tra i quali la nota dellAvvocato distrettuale uscente, encomiastica nei confronti del prescelto Avv. M., odierno appellante) ed il percorso di carriera degli aspiranti non farebbero che confermare come una serena valutazione del merito assoluto non avrebbe premiato altri che il soggetto effettivamente prescelto. 2.4. Premette in proposito il Collegio che esula certamente dai propri compiti quello di criticare disposizioni di legge vigenti, e men che meno suggerire eventuali iniziative legislative di riforma/ridefinizione della disciplina normativa in oggetto. E ritiene, altres, opportuno far presente che non si ritiene neppure di indugiare in ordine a valutazioni degli argomenti relativi alla prevalenza di uno od altro aspirante. Ci in quanto, da un lato, la pur scarna disciplina normativa succitata, ove interpretata armonicamente al principio di parit delle parti e di trasparenza, pare condurre a considerazioni contrarie a quelle esposte nei riuniti appelli; secondariamente, perch ritiene che, proprio alla stregua dei segnalati canoni ermeneutici (parit delle parti e trasparenza), il procedimento oggetto di scrutinio da quei canoni si sia discostato e pertanto meriti condivisione lapprodo de- molitorio raggiunto dal primo giudice. 2.5. Quanto sopra, alla stregua delle seguenti considerazioni: a) pu concordarsi con la tesi secondo la quale la nomina dellAvvocato distrettuale pertenga alla esclusiva responsabilit dellAvvocato generale; b) inteso in questo - limitato - senso, pu ben parlarsi di fiduciariet; ma ben ovvio che il criterio debba essere quello delladeguatezza a svolgere il detto incarico e che tale valutazione debba discendere da dati relativi al percorso professionale del prescelto e non certo da elementi di conoscenza personale dellAvvocato generale o da dati e circostanze non ostese, n desumibili; c) ci appare dato incontrovertibile e si ricava (oltre che dalla logica), a tacer daltro, dalla circostanza che debba essere sentito il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, il quale predispone un parere (parere che non avrebbe senso alcuno laddove fondato su dati parziali incompleti e quindi distonici rispetto al materiale cognitivo poi utilizzato dallAvvocato Generale per rendere la propria scelta); d) posto che lAvvocato generale effettua tale scelta con propria esclusiva responsabilit, pure in questo limitato senso pu parlarsi di fiduciariet: il che certo non significa assoluto arbitrio; e) ostano, in nuce, alla possibilit di una considerazione del termine fiduciariet maggiormente estesa di quella sinora tratteggiata, due dirimenti circostanze: e1) non assolutamente previsto che il neonominato Avvocato generale possa ad nutum revocare le nomine gi disposte dal predecessore (come dovrebbe avvenire laddove la nomina fosse legata non a parametri oggettivi, legati allo sviluppo di carriera dal prescelto, ma ad un rapporto fiduciario in senso stretto) e men che meno previsto che, ogniqualvolta cessi dalla carica il soggetto nominante, la nomina del soggetto da questi prescelto decada e/o debba essere riconfermata; e2) previsto che, tra i membri di diritto del Caps (art. 21 lett. c della legge succitata) i due avvocati dello Stato, con incarico di avvocato distrettuale, siano i pi anziani nell'incarico; il che confligge con unimpostazione fondata su una scelta assolutamente libera (resa a prescindere dallo sviluppo di carriera degli aspiranti allincarico legittimati), in quanto, se cos fosse, ne dovrebbe discendere che pure la composizione dellOrgano consultivo dovrebbe essere determinata secondo criteri fiduciari, disconnessi da parametri obiettivi previamente vagliati; e ci renderebbe perlomeno dubbia lattitudine del predetto Organo a rendere i pareri richiesti ex lege in piena indipendenza dallOrgano (lAvvocato Generale, appunto) deputato a ricevere i detti pareri. 2.5. Unitamente a tali - gi dirimenti - considerazioni congiurano a far ritenere ben ristretto il concetto di nomina fiduciaria, predicabile in simili ipotesi, le modalit con le quali si proceduto alla nomina dellAvvocato distrettuale in passato e nellambito della stessa presente procedura. 2.5.1. Come acutamente osservatosi nella decisione di primo grado, infatti, la norma di cui allart. 18 comma 2 prima citata attribuisce una legittima aspettativa a tutti gli avvocati con la predetta qualifica ed anzianit di essere scrutinati per lincarico in questione. Il primo giudice ha sostenuto anche che la norma stessa non esclude affatto che, per poter essere nominato, il soggetto debba anche presentare una domanda, comunque qualificata. 2.5.2. Il Collegio non concorda con detta ultima affermazione. Si pu invece concordare con le parti appellanti nel ritenere che, in via di principio, lavvenuta presentazione di una dichiarazione di disponibilit ad assumere lincarico non sia condizionante della possibilit di essere nominato, e che - sempre in via di principio - anche un soggetto che tale dichiarazione di disponibilit non ha mai presentato possa essere attributario del predetto incarico. 2.5.3. Senonch, tale constatazione in nulla sposta i termini della controversia, avuto riguardo al concreto meccanismo seguito dallAmministrazione per pervenire alla nomina (nel caso di specie) ed al meccanismo (se non si vuole utilizzare il termine procedura, evocativo di una fase procedimentalizzata eterogovernata da una fonte normativa superior) tenuto presente in passato, per quel che qui risulta incontestato. 2.5.4. In ossequio alle esigenze di trasparenza (queste s pienamente rispettate nella fase embrionale del procedimento) viene di regola data notizia della vacanza del posto e la platea degli aventi diritto presenta la dichiarazione di disponibilit (ci avvenuto in passato, e ci avvenuto nel caso di specie). A questo punto, il giudizio sotteso alla nomina, postula una disamina delle posizioni (non gi dellintera ampia platea dei soggetti aventi diritto, ma soltanto) di quei soggetti che, in possesso dei requisiti di anzianit, hanno presentato la dichiarazione di disponibilit. 2.5.5. Non volendo ritenere (perch neppure parte appellante si spinge ad affermare tanto) che il C.A.P.S. abbia (in passato e/o anche soltanto nel caso di specie) considerato le posizioni di tutti i Colleghi che possedevano i requisiti per la nomina (o anche, a tutto concedere, almeno dei pi anziani tra essi) fino ad individuare il designabile, e non si sia limitato a vagliare le posizioni soltanto dei soggetti che avevano presentato dichiarazione di disponibilit, ne discende una conseguenza. O tutte le procedure di nomina ad Avvocato distrettuale in passato adottate (ed anche quella oggetto di esame) sarebbero viziate da difetto di istruttoria, in quanto sarebbe stata omessa la disamina di tutti i soggetti potenzialmente nominabili, ovvero leventualit di nominare taluno che non avesse presentato la dichiarazione di disponibilit resta, in concreto, una evenienza teorica, alla quale potrebbe accedersi laddove nessuno dei latori della dichiarazione di disponibilit fosse stato nominabile e/o avesse posseduto i requisiti richiesti, e che, di converso, al di fuori di detta teorica evenienza, la avvenuta presentazione della dichiarazione di disponibilit, se non costituisce tecnicamente (e non pu esserlo per legge) requisito per la nomina, ha leffetto di restringere - quantomeno in prima battuta, lo si ripete, e salva la teorica evenienza prima descritta - il novero dei soggetti valutabili. E pu essere sintomatico rilevare, a tale proposito, che nei remoti e sporadici precedenti giurisprudenziali resi su fattispecie assimilabile a quella per cui oggi causa, la giurisprudenza (pur escludendo che si dia corso ad un vero e proprio procedimento comparativo) ha proprio riconosciuto un tale effetto di delimitazione del novero delle posizioni esaminabili alla avvenuta presentazione di dichiarazioni di disponibilit da parte di soggetti aspiranti legittimati (T.A.R. Sicilia Sez. I, 18-03-1991, n. 173: nel sistema delineato dalla l. n. 103/1979, che ha modificato l'ordinamento dell'avvocatura dello stato, per la copertura dei maggiori uffici - avvocato generale e avvocato distrettuale - esclusa qualsiasi previsione di procedura concorsuale o di predeterminazione di criteri selettivi; T.A.R. Puglia, 07-03-1987, n. 139: nel sistema delineato dagli art. 16, 17 e 18 l. 3 aprile 1979 n. 103, il conferimento degli incarichi nell'ambito dell'avvocatura dello stato - ed in particolare quello di avvocato distrettuale - non richiede una tipica procedura concorsuale, bens una scelta da operare fra soggetti che abbiano manifestato di aspirare all'incarico, in forza di una lata discrezionalit al cui esercizio estraneo il modulo procedimentale della valutazione analitica dei requisiti e delle qualit di ciascuno dei sottoposti a vaglio, proprio degli scrutini). 2.5.6. E - se consentita una considerazione di merito - non solo la sistematica selettiva sinora adottata appare logica, ma il Collegio neppure ha remore nellaffermare che la stessa sia positivamente apprezzabile ed idonea a garantire celerit ed efficienza della procedura di nomina: sarebbe un inutile spreco di tempo ed energia valutare la posizione di centinaia di soggetti in astratto nominabili (in quanto in possesso dei detti requisiti) e procedere successivamente a richiederne il consenso/disponibilit alla nomina (manifestazione privata, questultima, che potrebbe anche mancare, con il rischio di dover ripetere la valutazione un numero incalcolabile di volte), piuttosto che, quantomeno in prima battuta, vagliare unicamente le posizioni di chi tale dichiarazione di disponibilit aveva prodotto (salva la possibilit di nominare eventualmente, nei casi prima soltanto esemplificativamente indicati, un soggetto che tale disponibilit non aveva esternato); 2.6. Se quindi, in via generale, la dichiarazione di disponibilit, pur non inibendo laltra possibilit prima rappresentata, ha leffetto di restringere, quantomeno in un primo approccio, il novero delle posizioni valutabili, da tale considerazione devono discendere alcune rilevanti conseguenze: a) seppur non si possa parlare di comparazione, nel senso canonico del termine (parte ap pellante si richiama, per assimilazione, al concetto di merito assoluto), la valutazione delle posizioni, almeno in prima battuta, lo si ripete, si svolge nellambito di una platea ristretta (e solo di quella); id est: unicamente con riguardo a coloro che hanno presentato la dichiarazione di disponibilit; b) se cos , a costoro, in quanto potenziali destinatari del provvedimento di nomina, devono essere garantite le minimali garanzie procedimentali: trasparenza e par condicio; c) tali garanzie si strutturano, in primis, nella identit del materiale cognitivo esaminabile dal Caps con riferimento ad ognuno degli aspiranti; e, secondariamente, nella esternazione, anche embrionale, degli elementi di preferenza che hanno guidato la scelta verso luno ovvero verso laltro. 3. Muovendo dai detti presupposti, pu concordarsi con la tesi del primo giudice, secondo cui del rispetto di tali minimali presupposti non vi sia prova, con riguardo al procedimento di nomina sottoposto a scrutinio. 3.1. A guardare al materiale cognitivo, il Caps ha preso in esame, in chiave di comprova della sussistenza delle caratteristiche tese a comprovare il merito assoluto in capo al nominato, una nota teoricamente destinata ad altri fini e diretta a questultimo. Pu concordarsi con la circostanza sottolineata da parte appellante, secondo cui detta nota nulla di ulteriore rispetto al patrimonio cognitivo valutabile abbia in realt aggiunto. Pur tuttavia, a tacer daltro, non risulta dagli atti del procedimento che fosse stata chiarita agli altri latori della dichiarazione di disponibilit (tra cui lappellata) la possibilit che simili atti venissero fatti oggetto di valutazione: a tacer daltro, non dato conoscere se simili note fossero state indirizzate ad altri aspiranti che avevano presentato la dichiarazione di disponibilit, quali espressioni contenessero, quali elementi professionali avessero esaltato, etc. In teoria nulla vieta che ve ne fossero di altre, maggiormente apprezzabili, e lincertezza in ordine alla producibilit e valutabilit delle medesime non ha giovato alla par condicio, quanto alla perimetrazione del materiale cognitivo valutabile. 3.2. Quanto al profilo relativo alla trasparenza, non si rinviene nessuna sia pur embrionale motivazione che chiarisca - se non la prevalenza del prescelto - quantomeno, seppur espressi in termini assoluti e non comparativi, i dati che si riteneva coincidessero con il criterio del merito assoluto, sicch, anche per sottrazione, quantomeno gli altri aspiranti (ma si ricorda che le esigenze di trasparenza soltanto immediatamente possono ricondursi alla posizione degli altri aspiranti, mentre mediatamente ed in via pi generale rispondono ad esigenze di pi generale verifica della rispondenza ad interesse pubblico dellattivit pubblicistica posta in essere) fossero in grado di rendersi conto di quali fossero stati gli elementi del curriculum professionale del prescelto tali da farlo giudicare pi idoneo e meritevole in assoluto. 4. Tali riscontrate lacune inducono il Collegio alla reiezione dei riuniti appelli, non prima, per di avere esternato unultima, assorbente, considerazione. Nellappello della difesa erariale si assimila la procedura per cui causa ad altre - in passato oggetto di scrutinio da parte del Consiglio di Stato - caratterizzate dal criterio del merito assoluto, quale, ad esempio, quella per lattribuzione delle pi alte cariche diplomatiche. Non ritiene il Collegio di doversi attardare in ordine alla correttezza - o meno - di tale processo di accostamento ed assimilazione (contestato da parte appellata) della procedura per cui causa con quella suindicata (per il vero caratterizzata da decisi indici normativi che, ben pi che nellipotesi oggetto dellodierno scrutinio, fanno propendere per la qualificazione della medesima come procedura di designazione, sottratta ad ogni riferimento di natura comparativistica). Ci che giova precisare, per, che anche nelle ipotesi segnalate dalla difesa erariale la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (ex aliis si veda la decisione n. 5050/2001) ha avuto modo di svolgere un condivisibile ragionamento (questo s, plasticamente traslabile alla fattispecie per cui causa) che vale la pena riportare di seguito. Escluso che ci si trovi al cospetto di insindacabili atti politici e dovendosi qualificare latto di nomina, in quelle vicende, come atto di alta amministrazione, esso resta sindacabile debolmente dallAutorit giudiziaria, in ossequio al canone costituzionale di cui allart. 24 della Carta Fondamentale: ci, sia pure nei limitati casi di abnormit ed irragionevolezza o per vizi relativi allistruttoria: ma un sia pur ristretto sindacato, perch possa essere esplicato, necessita a monte che della scelta compiuta (anche di merito assoluto) sia stata data contezza, con motivazione, sia pur sintetica ed unitaria, non parcellizzata e non comparativa, e che la procedura valutativa sia stata svolta rispettando il canone della par condicio. Se cos, , essendo mancata nella fattispecie per cui causa quantomeno la sintetica esternazione di tali elementi, tanto che alcuno dei soggetti che diedero la disponibilit, n questo Collegio, in grado di percepire le ragioni del merito assoluto riscontrato in capo al nominato, di necessit deve discendere la reiezione dei riuniti appelli e la conferma, nei termini di cui alla motivazione che precede, della gravata decisione, salvi gli ulteriori provvedimenti dellAmministrazione (con conseguente assorbimento nella detta statuizione delle ulteriori censure riproposte da parte appellata). 5. La complessit e parziale novit delle questioni esaminate, oltrech la peculiare natura della controversia, legittima lintegrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui riuniti appelli, come in epigrafe proposti, li respinge. Spese processuali compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati: Paolo Numerico, Presidente Sandro Aureli, Consigliere Raffaele Greco, Consigliere Fabio Taormina, Consigliere, Estensore Andrea Migliozzi, Consigliere DEPOSITATA IN SEGRETRIA IL 17/03/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) Corollari della societ in house: esclusione dal fallimento ed applicazione della normativa organizzatoria relativa al socio pubblico. In specie, ove lente ausiliato sia una P.A., patrocinio dellAvvocatura dello Stato TRIBUNALE DI NAPOLI, VII SEZ. CIV., DECRETO 9 GENNAIO 2014, N.R.R.FALL. 1097/13 Michele Gerardo* SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Esclusione dal fallimento delle societ in house. - 3. Ulteriori corollari della qualificazione della societ in house, quale mero patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico. - 4. (segue) In specie: rappresentanza e difesa in giudizio delle societ in house aventi quale azionista un Amministrazione Statale. 1. Introduzione. Il decreto motivato che si annota ha ad oggetto il problema dellassoggettabilit al fallimento della societ in house, nellambito del pi ampio discorso del fallimento delle societ pubbliche. Lart. 1 comma 1 della Legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) sancisce che Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attivit commerciale, esclusi gli enti pubblici. Fin dallentrata in vigore del codice civile - introducente alcune disposizioni relative alle societ commerciali partecipate dalla P.A. (artt. 2458-2460: Delle societ con partecipazione dello Stato e degli enti pubblici; art. 2461: Delle societ di interesse nazionale) - stato posto il problema della rilevanza dellinteresse pubblico di cui portatore lente azionista, anche ad altri fini, ed in particolare se esso, venendo a contrastare con linteresse sociale, debba oppure no prevalere nei confronti di questo, con riferimento soprattutto allipotesi in cui lente pubblico sia socio di maggioranza, ci con inevitabili ricadute sulla disciplina e finanche sulla qualificazione della societ (1). La societ in house una societ commerciale - e quindi imprenditore commerciale per definizione - oppure una articolazione nellambito di un ente pubblico (azionista di essa societ) o un ente pubblico distinto dallazionista pubblico? (*) Avvocato dello Stato. (1) Per una sintesi: A. GRAZIANI-G. MINERVINI -U. BELVISO, Manuale di diritto commerciale, Morano editore, 1990, 208; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 1. Diritto dellimpresa, UTET, V edizione, 2006, 75; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr ed., XII edizione, 2010, 100; L. TORCHIA (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, Il Mulino, 2009, 202; P. SANTORO, Manuale di contabilit e finanza pubblica, Maggioli editore, V ed., 2012, 414; F. FIMMAN, Il fallimento delle societ pubbliche, in Gazzetta Forense, 2013, novembre-dicembre 2013, 13. Allo stato vi un vivace dibattito dottrinale - con orientamenti giurisprudenziali, specie di merito, contrastanti - sulla possibilit che le societ di diritto privato aventi un azionista pubblico possano essere sottoposte a fallimento. Vuol farsi riferimento alle societ di diritto privato pure - tra le quali le societ in house - e non a quelle aventi una disciplina in deroga al diritto comune delle societ. A grandi tratti, un primo orientamento ritiene che la scelta della P.A. di acquisire partecipazioni in societ private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta; sicch la scelta di gestire un servizio pubblico essenziale, utilizzando il modello della societ di capitali, anzich lazienda speciale o la concessione a terzi, comporta lapplicazione dello statuto dellimprenditore commerciale in pieno, qualsiasi sia lattivit economica svolta ed a prescindere dalla relativa collocazione in un mercato concorrenziale, e non solo i vantaggi derivanti dalla segregazione patrimoniale; lapplicazione dello statuto dellimprenditore commerciale comporta, tra laltro, per le societ commerciali la sottoposizione al fallimento. Altro orientamento, diversamente, esaltando gli aspetti sostanziali ed altres lattivit di tali societ ha escluso la sottoposizione delle societ pubbliche al fallimento, riqualificando esse societ come ente pubblico o qualificandole come mere articolazioni interne allente azionista, ossia mero patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico. Data la rilevanza dei corollari necessario, a colpi di sciabola, perimetrare i caratteri della societ in house. Questa una species del genus delle societ pubbliche, ossia aventi come azionista una P.A. in house la societ che produce beni, servizi o lavori in favore del socio pubblico. Ricorre il fenomeno denominato in house providing con il quale la P.A. acquisisce un bene o un servizio attingendoli allinterno della propria compagine organizzativa, senza ricorrere a terzi tramite gara e dunque al mercato. La prima definizione giurisprudenziale della figura fornita dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunit europee del 18 novembre 1999, causa C-107/98 -Teckal, che ha esaminato il problema dellapplicabilit delle regole della gara in materia di appalti nella evenienza che la committente sia una P.A. e che aggiudicatario sia una societ partecipata dalla prima. Alluopo la Corte ha affermato che non necessario rispettare le regole della gara in materia di appalti nellipotesi in cui lamministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto aggiudicatario un "controllo analogo" a quello esercitato sui propri servizi ed il soggetto aggiudicatario svolge la maggior parte della propria attivit in favore dellente pubblico di appartenenza. In ragione del "controllo analogo" e della "destinazione prevalente del- lattivit", lente in house non pu ritenersi "terzo" rispetto allamministrazione controllante, ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dellamministrazione stessa: non , pertanto, necessario che lamministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per laffidamento di appalti di lavori, servizi e forniture. Ci in quanto nel caso di specie ricorre un rapporto organico (o di delegazione interorganica), venendo a mancare la qualit di terzo in capo al soggetto affidatario. La delega interorganica e il conseguente rapporto di strumentalit dellente affidatario rispetto allamministrazione aggiudicatrice rendono allora lo svolgimento della prestazione una vicenda tutta interna alla pubblica amministrazione. Il "controllo analogo", per la giurisprudenza comunitaria e nazionale, si caratterizza per i seguenti requisiti: -il consiglio di amministrazione della societ in house non deve avere rilevanti poteri gestionali e lente pubblico deve poter esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale. Le decisioni pi importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dellente affidante, atteso che se il consiglio di amministrazione ha poteri ordinari non si pu ritenere sussistere un "controllo analogo" (2). Lente pubblico partecipante deve avere, statutariamente, il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della societ in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica; -limpresa non deve aver "acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo" da parte dellente pubblico (3); -il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice previsione nello statuto della cedibilit delle quote a privati (4), sicch necessario che lo statuto dell'ente inibisca in modo assoluto la possibilit di cessione a privati delle partecipazioni societarie di cui gli enti pubblici siano titolari; -il controllo analogo non escluso dalla circostanza che il pacchetto azionario della societ sia posseduto (anche in misura esigua per ciascuno) da una pluralit di enti pubblici (5). In tal caso, la verifica sul "controllo analogo" si sposta necessariamente nel rinvenimento di clausole o prerogative che conferiscono agli enti locali partecipanti a quote societarie anche se esigue, effettive possibilit di controllo nellambito in cui si esplica la attivit decisionale dellorganismo societario attraverso i propri organi (assembleari o di amministrazione) da intendersi tale controllo esercitabile in chiave non soltanto propulsiva o propositiva di argomenti da portare allordine del giorno del consesso (2) Consiglio di Stato, 8 gennaio 2007, n. 5. (3) Tale vocazione risulterebbe, tra laltro: dallampliamento delloggetto sociale; dallapertura obbligatoria della societ, a breve termine, ad altri capitali; dallespansione territriale dellattivit della societ a tutta lItalia e allestero: sentenze della Corte di giustizia delle Comunit europee 13 ottobre 2005, causa C-458/03 -Parking Brixen GmbH e 10 novembre 2005, causa C-29/04 -Mdling o Commissione c/ Austria. (4) Consiglio di Stato, 30 agosto 2006, n. 5072. (5) Corte di giustizia, sent. 10 settembre 2009, n. 573/07 e 13 novembre 2008, n. 324/07. assembleare bens, e principalmente, di poteri inibitivi di iniziative o decisioni che si pongano in contrasto con gli interessi dellente locale nel cui ambito territoriale si esplica il servizio (6). In senso particolarmente restrittivo stato inteso anche il requisito dellattivit svolta prevalentemente a favore dellente affidante. Tale condizione soddisfatta quando laffidatario diretto non fornisca i suoi servigi a soggetti diversi dallente controllante, anche se pubblici, ovvero li fornisca in misura quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali, ed in ogni caso non fuori della competenza territoriale dellente controllante (7). I connotati ora decritti della societ in house sono stati recepiti anche dal legislatore. Alluopo una definizione rinvenibile nellart. 19, comma 5 del D.L. 1 luglio 2009 n. 78, conv. L. 3 agosto 2009, n. 102, secondo cui: Le amministrazioni dello Stato, cui sono attribuiti per legge fondi o interventi pubblici, possono affidarne direttamente la gestione, nel rispetto dei principi comunitari e nazionali conferenti, a societ a capitale interamente pubblico su cui le predette amministrazioni esercitano un controllo analogo a quello esercitato su propri servizi e che svolgono la propria attivit quasi esclusivamente nei confronti dell'amministrazione dello Stato. Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi ai fondi sono a carico delle risorse finanziarie dei fondi stessi. Sui requisiti della societ in house, sulla necessit che essi requisiti sussistano tutti contemporaneamente e che trovino tutti il loro fondamento in precise e non derogabili disposizioni dello statuto sociale, di recente si sono pronunciate le SS.UU. della Cassazione con la sentenza 25 novembre 2013 n. 26283, ampiamente citata nel provvedimento che si annota. 2. Esclusione dal fallimento delle societ in house. Il decreto che si annota esamina uno dei principali corollari della qualificazione della natura pubblica o privata della societ in house, ossia quello della assoggettabilit al fallimento. Il Tribunale di Napoli, anche sulla scorta di un recente arresto del giudice di legittimit, esclude il fallimento della societ in esame con un interessante percorso motivazionale, imperniato, in sintesi, non sulla qualificazione di autonomo ente pubblico della societ in house, bens sulla immedesimazione, sulla non alterit della societ rispetto allente per il quale svolge funzioni ancillari. Il giudice partenopeo, sulla scorta delle citate SS.UU. della Cassazione, rileva che: -la societ in house, non un'entit posta al di fuori dell'ente pubblico, atteso che questultimo ne dispone come di una propria articolazione interna; (6) Cos T.a.r. Lazio, sentenza 16 ottobre 2007 n. 9988. (7) C.G.A. per la Regione Sicilia, sentenza 4 settembre 2007 n. 719. -la societ non altro che una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che laffidamento pubblico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo; -l'ente in house non pu ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa; -l'uso del vocabolo societ qui serve solo allora a significare che, ove manchino specifiche disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va desunto dal modello societario; tuttavia di una societ di capitali, intesa come persona giuridica autonoma cui corrisponda un autonomo centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse suo proprio, non pi possibile parlare; -non risultando possibile configurare un rapporto di alterit tra l'ente pubblico partecipante e la societ in house che ad esso fa capo, la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della societ si pu porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarit. Il giudicante evidenzia che viene meno anche la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della societ, argomento su cui, invece, si fondava la pregressa giurisprudenza, anche di legittimit, che ne riteneva la fallibilit, proprio in quanto soggetto giuridico distinto dal socio pubblico (da ultimo Cass. civ., n. 22209/2013; n. 21991/2012). Il giudice conclude che - sul rilievo che gli enti pubblici sono sottratti al fallimento - la societ in house integralmente partecipata da un ente pubblico, non pu essere soggetta alla liquidazione fallimentare, in quanto la stessa concreta mero patrimonio separato dell'ente pubblico (e non un distinto soggetto giuridico, un centro decisionale autonomo e distinto dal socio pubblico titolare della partecipazione); inoltre - statuisce il giudicante - lente pubblico esercita sulla societ un potere di governo del tutto corrispondente a quello esercitato sui propri organi interni. Allevidenza, le conclusioni affermate nel provvedimento in esame circa la qualificazione della societ in house, quale mero patrimonio separato del- l'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico, sono persuasive e da condividere, basate su un giusto approccio sostanziale dei rapporti giuridici. Difatti, il dato insopprimibile nelle societ in house che queste curano interessi pubblici a mezzo di risorse della collettivit. La forma societaria costituisce principalmente un mezzo per agire in modo snello, mezzo che deve essere, tuttavia, coerente con i dati sostanziali. La personalit giuridica della societ in house rileva ai fini della separazione patrimoniale, ai fini della reciproca insensibilit delle vicende patrimoniali interessanti la societ ed il socio. Sicch nellipotesi del ricorso alla societ per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la societ con il suo patrimonio (art. 2325, comma 1 c.c.); analoga regola vale per la societ a responsabilit limitata (art. 2462 comma 1 c.c.). Delle obbligazioni della societ in house non risponde la pubblica amministrazione, socio di riferimento, bens soltanto la societ con il suo patrimonio. Ci in coerenza con il proprium dellacquisto della personalit giuridica ed in coerenza, altres, con la tendenza del sistema normativo contemporaneo il quale, per favorire liniziativa economica, mette a disposizione degli operatori variegati strumenti per limitare la responsabilit patrimoniale. Valga per tutti lesempio del patrimonio destinato ad uno specifico affare (artt. 2447 bis e ss. c.c.). In tale evenienza i creditori della societ per azioni - a date condizioni, anche pubblicitarie - non possono far valere alcun diritto sul patrimonio destinato (art. 2447 quinquies, comma 1, c.c.); inoltre per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la societ risponde nei limiti del patrimonio ad esso destinato (art. 2447 quinquies, comma 3, c.c.). 3. Ulteriori corollari della qualificazione della societ in house, quale mero patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico. La qualificazione della societ in house quale mero patrimonio separato dell'ente pubblico ha importanti ricadute sulla disciplina della stessa. Nella evenienza che la societ in house abbia come azionista una Amministrazione Statale saranno applicabili alla stessa - in coerenza con il presupposto - le norme caratterizzanti lorganizzazione dello Stato, a meno che non vi sia una espressa deroga legislativa; ci in aggiunta alla disciplina codicistica del tipo di societ prescelta, sul rilievo - operato nel provvedimento in esame -che, ove manchino specifiche disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va desunto dal modello societario. Vuol dirsi che il principio generale in materia quello che, in via immediata e diretta, si applica alla societ la normativa relativa alla organizzazione amministrativa dello Stato senza necessit di alcuna norma di richiamo; ove vi fosse una norma di richiamo o fosse presente una disposizione che dichiara applicabili alla societ determinati istituti organizzativi dello Stato, saremmo in presenza di una norma ricognitiva, senza alcuna capacit di innovare lordinamento giuridico, introdotta solo al fine di specificazione, di chiarezza e di evitare equivoci. Viceversa per escludere lapplicazione alla societ di un istituto o di una disposizione relativa alla detta organizzazione statale necessaria una norma primaria di deroga. In conseguenza di quanto detto, nella evenienza che la societ in house abbia come azionista una Amministrazione Statale saranno applicabili le norme caratterizzanti lorganizzazione dello Stato. Tra queste, si richiama: a) la normativa sulla contabilit di Stato. Il bilancio avr ad oggetto lattivit delle Amm.ni Statali, ivi comprese le societ in house. In tal senso, ad esempio, lart. 4 comma 14 D.L. 13 agosto 2011 n. 138, conv. L. 14 settembre 2011, n. 148 e succ. mod. - per il quale Le societ cosiddette in house affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilit interno secondo le modalit definite, con il concerto del Ministro per gli Affari Regionali, in sede di attuazione dell'articolo 18, comma 2-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. Gli enti locali vigilano sull'osservanza, da parte dei soggetti indicati al periodo precedente al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilit interno - costituisce precetto confermativo e specificativo del principio generale sopracitato. Analogo rilievo vale per lart. 4 comma 15 D.L. n. 138 cit. secondo cui Le societ cosiddette in house e le societ a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l'acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni e per lart. 3 comma 15 L. 24 dicembre n. 244 statuente che le societ non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dellarticolo 2359, primo comma, numero 1, del c.c. adottano, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualit e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle PP.AA. dalla Consip Spa.; b) la normativa sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio (R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611). Anche per le societ in house varr quindi la regola fissata dallart. 1 R.D. cit. relativa alla difesa in giudizio - in via organica ed esclusiva - dellAvvocatura dello Stato; c) la disciplina legislativa sul controllo e responsabilit attribuiti alla cognizione della Corte dei Conti (art. 103 Cost., comma 2; R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13; L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 4). Alluopo la normativa (8) che ha introdotto per gli amministratori di date societ quotate una eccezione alla giurisdizione contabile costituisce deroga al principio generale della sottoposizione di questi al giudizio di responsabilit amministrativa dinanzi al giudice contabile. I rilievi ora fatti valgono, mutatis mutandis, anche nel caso che socio sia una pubblica amministrazione diversa dallo Stato. Molto rilevante il settore delle societ partecipate dalle regioni e dagli altri enti locali, a mezzo delle quali viene operata la gestione dei pubblici servizi locali. La fattispecie che ha occasionato il provvedimento in commento riguarda proprio una societ che gestisce il pubblico servizio di trasporto locale, integralmente partecipata (8) Art. 16 bis D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, conv. L. 28 febbraio 2008, n. 31, secondo cui: Per le societ con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per cento, nonch per le loro controllate, la responsabilit degli amministratori e dei dipendenti regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario. dalla Regione Campania, detentrice del 100% del capitale sociale. Quanto ricostruito trova conferma nella evoluzione della normativa disciplinatrice delle societ in esame. Al fine di evitare equivoci o dubbi interpretativi - sul presupposto che le societ in house gestiscono interessi pubblici con risorse della collettivit sono state introdotte varie disposizioni dirette ad estendere regole valevoli per la P.A. alle societ da questa partecipate. Oltre alle norme sopracitate alla lettera a) in tema di bilancio, particolarmente significativo lart. 18 D.L. 25 giugno 2008 n. 112, conv. L. 6 agosto 2008, n. 133, e succ. mod., secondo cui: 1 [], le societ che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalit per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 [] 2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle societ a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale n commerciale, ovvero che svolgano attivit nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Si applicano, altres, le disposizioni che stabiliscono, a carico delle rispettive pubbliche amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei soggetti medesimi della vigente normativa in materia di vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria. []. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, comma 7, del presente decreto, le societ che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica sono escluse dall'applicazione diretta dei vincoli previsti dal presente articolo. Per queste societ, l'ente locale controllante, nell'esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, stabilisce modalit e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti. []. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle societ quotate su mercati regolamentati. La ragione dei precetti intuitiva. Circa il limite delle assunzioni, ad esem pio, questo potrebbe essere eluso dalla P.A. a mezzo di una societ partecipata. Ulteriore precetto emblematico del trend diretto a considerare le societ in esame quali mere articolazioni dellente azionista lart. 76 comma 7 D.L n. 112 cit. il quale - ai fini del calcolo della spesa del personale degli enti locali, determinante la possibilit di effettuare assunzioni di personale - prescrive che si calcolano le spese sostenute anche, tra laltro, dalle societ a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, n commerciale, ovvero che svolgono attivit nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, escluse le societ quotate su mercati regolamentari. 4. (segue) In specie: rappresentanza e difesa in giudizio delle societ in house aventi quale azionista un Amministrazione Statale. Corollario di quanto detto che per tutte le societ in house aventi quale azionista una Amministrazione Statale vale la regola, a prescindere da una puntuale previsione normativa, della rappresentanza e difesa in giudizio - in via organica ed esclusiva - dellAvvocatura dello Stato. Difatti, costituendo le societ in house mere articolazioni interne dellAmministrazione Statale azionista, mero patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico vale il precetto posto dallart. 1 R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 per il quale La rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura dello Stato. noto che negli ultimi anni rilevante stato in numero delle societ ancillari riconducibili allAmm.ne statale e in specie al Ministero dellEconomia e delle Finanze (M.E.F.). Tra queste possiamo citare: -la SOGIN s.p.a. - Societ Gestione Impianti Nucleari, partecipata al 100 % dal M.E.F., responsabile della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attivit industriali, di ricerca e di medicina nucleare; -la CONSIP - Concessionaria Servizi Informativi pubblici, societ per azioni del M.E.F., che ne l'azionista unico, la quale opera secondo gli indirizzi strategici di questi, lavorando al servizio esclusivo della Pubblica Amministrazione e svolge attivit di consulenza, assistenza e supporto in favore delle amministrazioni pubbliche nellambito degli acquisti di beni e servizi; -la SICOT - Sistemi di consulenza per il Tesoro s.r.l., quale struttura di supporto qualificata per fornire assistenza al Dipartimento del Tesoro nelle attivit istituzionali relative alla gestione e valorizzazione delle partecipazioni azionarie detenute dalla Pubblica Amministrazione e per l'attuazione dei pro cessi di privatizzazione. L'attivit della Societ svolta in via esclusiva per il Ministero dell'economia e delle finanze, unico socio, sulla base di una Convenzione quinquennale che ne fissa ambiti e criteri di intervento; -la SOGEI - Societ Generale d'Informatica S.p.A., partecipata al 100% dal M.E.F. preposta al settore Information Technology del Ministero medesimo; ha progettato e realizzato il Sistema informativo della fiscalit del quale segue costantemente la conduzione e l'evoluzione, operando sulla base del modello organizzativo dell'in house providing". Dagli esempi fatti appare evidente che le societ in house gestiscono materie di interesse e competenza statali che solo per ragioni organizzatorie hanno assunto la forma giuridica di societ commerciale e non quella di struttura interna (Dipartimento, Direzione, ecc.) di un dato Ministero. La qualit degli interessi gestiti, allevidenza conferma lapplicazione della normativa sulla organizzazione statale. I dirigenti di tali societ, gestendo risorse pubbliche, devono sottostare al giudizio di responsabilit della Corte dei Conti. Le controversie coinvolgenti tale societ debbono essere patrocinate dallAvvocatura dello Stato, anche per la visione unitaria del contenzioso e del raccordo con le altre funzioni amministrative statali assicurate da questa, in disparte alle economie di spese conseguibili con la difesa erariale in luogo del ricorso alla difesa privata, specie in tempi di spending review. Quanto detto per le societ partecipate da Amm.ni statali, vale anche per quelle partecipate da enti ammessi al patrocinio dellAvvocatura dello Stato ex art. 43 R.D. 30 ottobre 1933 n.1611 (9). Sicch, ad esempio ove lANAS s.p.a. (ammessa al patrocinio dellAvvocatura dello Stato ex art. 7 comma 11 D.L. 8 luglio 2002 n.138, conv. L. 8 agosto 2002 n. 178) o lISTAT (ammessa al detto patrocinio ex art. 15 comma 5 D. L.vo 6 settembre 1989 n. 322) siano azionisti di una societ commerciale anche per questultima varr il patrocinio dellAvvocatura dello Stato. (9) Il quale nei primi tre commi cos dispone: L'Avvocatura dello Stato pu assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorit giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto. Le disposizioni e i provvedimenti anzidetti debbono essere promossi di concerto coi Ministri per la grazia e giustizia e per le finanze. Qualora sia intervenuta l'autorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le regioni. Tribunale di Napoli, VII sez. civ., decreto 9 gennaio 2014 -N.R.R.Fall. 1097/13 -Pres. Di Nosse, Rel. Grimaldi. (...) Letto il ricorso presentato da N.E.S. S.r.l., tendente ad ottenere la dichiarazione di fallimento di E.A.V. S.r.l.; udita la relazione del giudice delegato all'istruttoria; letta la comparsa di costituzione della societ resistente, nonch l'atto di intervento della Regione Campania e del Commissario ad acta; OSSERVA Preliminare l'indagine sulla ricorrenza del presupposto di cui all'art. 1 L. Fall. per poter far luogo alla dichiarazione di fallimento, ossia che la societ resistente sia un imprenditore commerciale privato. Invero, l'art. 1 cit. esclude dall'area dalla fallibilit gli enti pubblici. Nel caso che ci occupa, dubbi sull'assoggettabilit dell' E.A.V. alle disposizioni sul fallimento nascono dalla considerazione della circostanza che trattasi di societ che gestisce il pubblico servizio di trasporto locale, integralmente partecipata dalla Regione Campania, che detiene il 100% del capitale sociale. Ebbene - pur nella consapevolezza dell'orientamento giurisprudenziale, seguito anche dalla Corte d'Appello napoletana ed avallato di recente dalla Suprema Corte, che ritiene decisivo, ai fini dell'individuazione dei soggetti fallibili, il rilievo del tipo sociale attraverso cui esercitata l'attivit, e dunque sicuramente fallibile una societ, pur integralmente partecipata da ente pubblico e costituita per la prestazione esclusiva di un servizio pubblico, c.d. in house providing, che per rivesta le forme delle societ regolate dal codice civile - questo Collegio ritiene di poter porre in discussione tale tesi prendendo le mosse dal recentissimo intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che si occupata del tema, pur se a diversi fini. Sono ormai ben delineati nell'ordinamento, come ritenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza e, del resto, autorevolmente dalle stesse SS.UU. (cfr. sent. n. 26283 del 25 novembre 2013), i connotati qualificanti della societ in house, costituita per finalit di gestione di pubblici servizi, che si individuano nei seguenti requisiti: la natura esclusivamente pubblica dei soci, l'esercizio del- l'attivit esclusivamente o quanto meno in prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici, presupposti che, per poter parlare di societ in house, necessario sussistano tutti contemporaneamente e che trovino tutti il loro fondamento in precise e non derogabili disposizioni dello statuto sociale. In ordine al primo requisito, la Suprema Corte ha avuto modo di ricordare come gi la giurisprudenza europea abbia ammesso la possibilit che il capitale sociale faccia capo ad una pluralit di soci, purch si tratti pur sempre di enti pubblici (cfr. Corte di giustizia, sent. 10 settembre 2009, n. 573/07; 13 novembre 2008, n. 324/07), come del resto ritenuto anche dal Consiglio di Stato (cfr. sent. n. 7092/10; n. 8970/09), e che necessario che lo statuto dell'ente inibisca in modo assoluto la possibilit di cessione a privati delle partecipazioni societarie di cui gli enti pubblici siano titolari. Il requisito della prevalente destinazione dell'attivit in favore dell'ente o degli enti partecipanti alla societ postula che l'impresa sia preposta in via principale alla prestazione di un servizio d'interesse economico generale e che l'attivit accessoria eventualmente esercitata non sia tale da implicare una significativa presenza della societ quale concorrente con altre imprese sul mercato di beni o servizi. Infine, il requisito del c.d. controllo analogo, sussiste qualora lente pubblico partecipante abbia statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della societ in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica, e dunque la societ sia soggetta ad un regime di gestione del tutto corrispondente a quello che l'ente partecipante esercita sulle proprie articolazioni interne. chiaro, dunque, che non si allude all'influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria o totalitaria e di regola in grado di esercitare sull'assemblea della societ, e, di riflesso, sulle scelte degli organi sociali, sulla scorta dell'esercizio degli ordinari diritti e facolt di socio, in base alle norme del codice civile, ma di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente, fino al punto che all'organo amministrativo della societ non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale. Partendo, dunque, da tale premesse, del tutto condivisibilmente le SS.UU. evidenziano la difficile conciliabilit del fenomeno delle societ in house providing con la configurazione della societ di capitali, intesa quale persona giuridica autonoma e distinta dai soggetti che in essa agiscono e per il cui tramite essa stessa agisce, per lo svolgimento di attivit imprenditoriali a fine di lucro, attesa la completa assenza da parte di tali societ di un potere decisionale loro proprio, in conseguenza del totale assoggettamento degli organi sociali al potere gerarchico dell'ente pubblico titolare delle partecipazioni sociali. Pertanto, il Supremo Collegio ha concluso nel senso che "La societ in house, come in qualche modo gi la sua stessa denominazione denuncia, non pare in grado di collocarsi come un'entit posta al di fuori dell'ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. stato osservato, infatti, che essa non altro che una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che laffidamento pubblico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo (Corte cost. n. 46/13, cit.); di talch <> (cosi Cons. Stato, Ad. plen., n. 1/08, cit.). II velo che normalmente nasconde il socio dietro la societ e dunque squarciato: la distinzione tra socio (pubblico) e societ (in house) non si realizza pi in termini di alterit soggettiva. L'uso del vocabolo societ qui serve solo allora a significare che, ove manchino specifiche disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va desunto dal modello societario; ma di una societ di capitali, intesa come persona giuridica autonoma cui corrisponda un autonomo centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse suo proprio, non pi possibile parlare" (cfr. SS.UU. cit., in motivazione). La conseguenza di tale impostazione e che se non risulta possibile configurare un rapporto di alterit tra l'ente pubblico partecipante e la societ in house che ad esso fa capo, giocoforza concludere che anche la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della societ si pu porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarit. Ebbene, anche se le SS.UU. hanno effettuato tale ricostruzione del fenomeno dellin house providing ai fini del riparto di giurisdizione in merito allazione di responsabilit degli organi di gestione e controllo, ritiene questo Collegio che analoghe conclusioni siano da prendere anche relativamente alla questione dell'assoggettabilit della societ in house alla disciplina del fallimento. Infatti, se vero che gli enti pubblici sono sottratti al fallimento, anche la societ in house integralmente partecipata dagli stessi, non potr essere soggetta alla liquidazione fallimentare, in quanto concreta mero patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuri dico, centro decisionale autonomo e distinto dal socio pubblico titolare della partecipazione, che esercita sullo stesso un potere di governo del tutto corrispondente a quello esercitato sui propri organi interni. Ebbene, questa la conclusione cui si giunge nel caso di specie. Invero, ai sensi dell'art. 6 dello Statuto della E.A.V. acquisito in atti, ricorre il primo requisito per la individuazione di una societ in house, ossia l'integrale partecipazione pubblica al capitale, essendo statutariamente previsto che le quote della societ possono essere trasferite solo a soggetti pubblici, su delibera della Giunta Regionale previo parere della commissione consiliare permanente, dunque con l'esclusione della possibilit di partecipazione di soci privati. Ricorre, inoltre, il c.d. controllo analogo da parte della Regione Campania, espressamente menzionato nell'art. 8 bis, il quale specificamente contempla l'esercizio da parte della regione di un controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, riservando espressamente - tra gli altri - allassemblea dei soci l'approvazione, entro il 15 dicembre dell'anno precedente, di un Piano di Programma annuale, cui l'Organo amministrativo dovr attenersi e dare esecuzione, che definisce le attivit, gli obiettivi annuali, le eventuali modifiche dell'assetto organizzativo della societ, i costi e ricavi dellesercizio. Pertanto, lo statuto pone l'organo amministrativo in una situazione di dipendenza assoluta dal- l'assemblea e, dunque, dal socio pubblico che la compone, il quale ne determina annualmente l'attivit, gli obiettivi, i costi e ricavi della gestione, diretta all'esercizio del servizio pubblico. Infine, quanto all'attivit esercitata, incontroverso che la E.A.V. gestisce il pubblico servizio di trasporto locale, dunque chiaramente l'attivit della stessa prevalentemente destinata in favore dell'ente partecipante, titolare del pubblico servizio. Pertanto, alla luce dei suesposti principi, la E.A.V. si configura come una societ in house della Regione Campania, costituita per la gestione del pubblico servizio di trasporto locale, del tutto dipendente dall'ente regionale, titolare del 100% del capitale e che ne determina statutariamente gli obiettivi e l'attivit. Del resto, la stessa normativa di settore conferma l'identificazione della societ resistente come un mero organismo regionale per la gestione del servizio pubblico. Infatti, con il D.L. n. 83 del 22.6.2012, convertito il L. n. 134/2012, stata prevista una particolare procedura per il rientro dal disavanzo delle societ partecipate dalla regione Campania che gestiscono il trasporto regionale, con la nomina di un Commissario ad acta, cui demandata una ricognizione dei debiti e dei crediti e l'elaborazione di un piano di rientro dal disavanzo accertato ed un piano dei pagamenti, alimentato da risorse regionali disponibili in bilancio e da altre entrate, da sottoporre all'approvazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell'Economia e delle Finanze (art. 16, co. 5), a completamento di tale procedura e per assicurare lo svolgimento della stessa, nonch lefficienza e continuit del servizio di trasporto, lo stesso decreto ha previsto il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle societ a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale, per un periodo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto citato (co. 7), prorogato dapprima al 31.12.2013 dalla L. n. 228 del 24.32.2012, e poi al 31.12.2014, dal D.L. 30 dicembre 2013, n. 151. Ebbene, tale normativa speciale conferma l'equiparazione della societ in house all'ente pubblico partecipante, ai fini dell'esenzione dal fallimento, ai sensi dellart. 1 se vero - come chiarito dalle SS.UU. - che non risulta possibile configurare un rapporto di alterit tra lente pubblico partecipante e la societ in house che ad esso fa capo, per cui viene meno anche la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della societ, argomento su cui, invece, si fon dava la pregressa giurisprudenza, anche di legittimit, che, invece, ne riteneva la fallibilit, proprio in quanto soggetto giuridico distinto dal socio pubblico (cfr. da ultimo Cass. civ., n. 22209/2013; n. 21991/2012). Ci confermato, nel caso che ci occupa, in particolar modo dalla previsione della destinazione di risorse regionali o comunque da determinare da parte dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Economia, al ripianamento del deficit accertato, dunque dell'obbligo, sancito da legge, del socio pubblico di provvedere al pagamento delle obbligazioni contratte dall'organismo per il tramite del quale ha gestito il servizio di interesse generale. questa, del resto, l'unica interpretazione possibile della normativa speciale richiamata, per la quale altrimenti si porrebbero chiari dubbi di legittimit costituzionale, specie nella parte in cui e stato disposto il perdurare della sottrazione dell'ente alle esecuzioni, anche concorsuali, che se pu giustificarsi nell'ottica dell'urgenza e, dunque, per tempi limitati, si porrebbe in contrasto con gli interessi dei privati che hanno contratto con l'ente medesimo, parimenti meritevoli di tutela, anche costituzionalmente riconosciuta (cfr. Corte Cost. n. 186 del 12.7.2013). Pertanto, deve concludersi che la E.A.V., quale societ in house della regione Campania, costituita per la gestione del pubblico servizio di trasporto locale e, dunque, quale mero organismo dell'ente pubblico, che ne determina attivit ed obiettivi, escludendo la possibilit di partecipazione di soci privati, non soggetta alle disposizioni sul fallimento, ai sensi dellart. 1 L.Fall. P. Q. M. Rigetta il ricorso. Cosi deciso in Napoli, li 9.1.2014 Avvocatura Generale dello Stato CIRCOLARE N. 11/2014 Oggetto: Patrocinio del Commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune di Roma (oraRoma Capitale). Nuove istruzioni. Con parere, reso dal Comitato Consultivo nel corso della seduta del 5 dicembre 2011, con nota n. 394854 del 7 dicembre 2011, era stato fornito riscontro al quesito formulato dalla Struttura commissariale in oggetto chiarendo che, "pur con le doverose perplessit che l'assenza di una puntuale ed espressa disciplina sul tema fa sorgere, ... l'eccezionalit, del tutto particolare, della disciplina della Gestione prevista dall'art. 78 D.L. 112/2008 non autorizza detta gestione ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato e sembra imporre, invece, la prosecuzione del patrocinio della Avvocatura Comunale" (*). (*) Testo integrale del Parere 07/12/2011-394854: <> CIRCOLARE N. 23/2014 Oggetto: Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Autorizzazionead avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. Si segnala che, con D.P.C.M. del 28 febbraio 2014, che si unisce in copia, l'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali stata autorizzata ad avvalersi della rappresentanza e difesa dell'Avvocatura dello Stato nei giudizi attivi e passivi avanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali. L'AVVOCATO GENERALE Michele Dipace Il Presidente del Consiglio dei Ministri VISTI l'articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, l'articolo 1 della legge 16 novembre 1939, n. 1889, e l'articolo 11 della legge 3 aprile 1979, n. 103; VISTA la legge 12 gennaio 1991, n.13; VISTA la richiesta di ammissione al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato avanzata dal- l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali; CONSIDERATA l'opportunit di autorizzare l'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali; ACQUISITO il parere favorevole dell'Avvocatura generale dello Stato; DI CONCERTO con i Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze DECRETA 1. L'Avvocatura dello Stato autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa del- l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali nei giudizi attivi e passivi avanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali. Il presente decreto sar sottoposto alle procedure di controllo previste dalla normativa vigente e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 28 FEB. 2014 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI SEGRETARIATO GENERALE UFFICIO DEL BILANCIO E PER IL RISCONTRO DI REGOLARIT AMMINISTRATIVO-CONTABILE VISTO E ANNOTATO AL N. 522/2014 Roma, 5.3.2014 Reg.to ALLA CORTE DEI CONTI Add 19 MAR. 2014 n. 788 CIRCOLARE N. 26/2014 Oggetto: Modifiche al c.p.c. introdotte dall'art. 54 del D.L. n. 83/2012 (convertito nella legge n. 134/2012). Sentenza n. 8053/2014 delle Sezioni Unite. Modifiche alla circolare n. 56/2012. Con la sentenza 7 aprile 2014 n. 8053, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, si pronunciata in ordine alla interpretazione delle modifiche introdotte al c.p.c. dall'art. 54 del D.L. n. 83/2012 (convertito nella legge n. 134/2012), con particolare riferimento: a) ai limiti di applicabilit della nuova normativa al processo tributario; b) agli effetti delle nuove disposizioni in ordine alla possibilit di censurare mediante ricorso per cassazione la motivazione della sentenza. 1) L'applicabilit della nuova normativa anche al processo tributario. La Suprema Corte, pur prendendo atto che il citato art. 54 al comma 3 bis dispone che "Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546", pervenuta alla conclusione secondo cui al giudizio tributario risultano applicabili sia l'art. 360 comma 1 n. 5 nella nuova formulazione, sia le regole della c.d. "doppia conforme" prevista dal nuovo art. 348 ter commi 4 e 5 c.p.c. In particolare la Corte ha affermato il seguente principio di diritto: Le disposizioni di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e ci sia per quanto riguarda la nuova formulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), secondo la quale la sentenza d'appello impugnabile "per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che stato oggetto di discussione tra le parti", sia per quanto riguarda l'ultimo comma dell'aggiunto art. 348 ter c.p.c., secondo il quale la proponibilit del ricorso per cassazione ammessa esclusivamente per i motivi di cui all'art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), qualora l'impugnazione sia proposta avverso una sentenza d'appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata. Conseguentemente devono ritenersi superate le istruzioni contenute al riguardo nella precedente Circolare n. 56/2012, in cui si prospettava l'opposta tesi. Per completezza si precisa (come peraltro gi evidenziato nella citata Circolare n. 56/2012): a) che l'art. 360 n. 5 nella nuova formulazione applicabile a tutti i ricorsi per cassazione proposti avverso decisioni depositate dall'11 settembre 2012 (ormai, nella sostanza, a tutti i giudizi); b) che la regola della "doppia conforme" invece applicabile alle sole cause in cui l'atto di appello sia stato proposto dalla suddetta data; c) che la regola della "doppia conforme" (che limita la proponibilit di un ricorso per cassazione ai soli motivi da 1) a 4) dell'art. 360 c.p.c.), limitata ai soli casi in cui "l'impugnazione sia proposta avverso una sentenza d'appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata". Ci significa che per aversi una ipotesi di "doppia conforme" non sufficiente la mera identit del dispositivo tra le due sentenze, dovendosi invece avere riguardo alla motivazione "inerente alle questioni difatto ". Ne consegue che la disposizione non risulter applicabile in tutti i casi in cui la sentenza di appello, pur confermativa quella di primo grado, si fondi su ragioni "inerenti alle questioni di fatlo" che siano diverse. 2) Il vizio di motivazione come "violazione di legge". La Corte ha precisato i casi in cui il vizio di motivazione della sentenza "si converte in violazione di legge", richiamando la giurisprudenza delle stesse SS.UU. formatesi sul vizio di motivazione ex art. 111 Cost. (prima delle modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 40/2006, che ha esteso a tali ricorsi l'applicazione dell'intero comma 1 dell'art. 360 c.p.c.). In particolare la Corte ha affermato al riguardo il seguente principio di diritto. La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui deducibile esclusivamente l "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che stato oggetto di discussione tra le parti", deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimit, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimit solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in s, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di "sufficienza", nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". La Corte non ha precisato se le suddette ipotesi configurino un "error in procedendo" (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) ovvero un "error in iudicando" (ex art. 360 n. 3) limitandosi a qualificarle come casi di "violazione di legge". Al riguardo sembra preferibile la prima opzione (error in procedendo), trattandosi di censura con cui si lamenta la violazione di una regola processuale (in tal senso Cass. 27 settembre 2013 n. 22171). In ogni caso una eventuale diversa qualificazione (come art. 360 n. 3 c.p.c.) non dovrebbe rendere il motivo inammissibile, alla luce dei principi di cui a Cass. SSUU. n. 17931/2013. 3) Il nuovo art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. La Corte ha poi chiarito l'esatta portata del nuovo art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., in forza del quale la sentenza pu essere impugnata per cassazione "per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che stato oggetto di discussione tra le parti ", affermando il seguente principio di diritto: Il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5), introduce nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Precisa ancora la Corte che La parte ricorrente dovr indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all'art. 366 c.p. c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), - il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato ", testuale o extratestuale, da cui ne risulti l'esistenza, il "come" e il "quando" (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la "decisivit" del fatto stesso. Da ultimo la Corte precisa ancora che L'omesso esame di elementi istruttori non integra di per s vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, bench la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (anche se in concreto, pu apparire non agevole distinguere tra "fatto storico decisivo" ed "elemento istruttorio"). 4) Il problema della censurabilit delle presunzioni. Al punto 14.8 della sentenza, la Corte si d carico del problema (evidenziato nelle difese dell'Avvocatura) della censurabilit in sede di legittimit delle presunzioni, che in particolare nel processo tributario "hanno una loro specifica e particolare rilevanza", pervenendo alla conclusione che la riforma del 2012 non ha sottratto al controllo di legittimit le questioni relative al "valore" e alla "operativit" delle stesse presunzioni. In particolare la Corte ha ritenuto possibile dedurre la violazione dell'art. 2729 comma 1 c.c. (ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.): non solo nell'ipotesi (davvero rara) in cui il giudice abbia direttamente violato la norma in questione deliberando che il ragionamento presuntivo possa basarsi su indizi che non siano gravi, precisi e concordanti, ma anche quando egli abbia fondato la presunzione su indizi privi di gravit, precisione e concordanza, sussumendo, cio, sotto la previsione del- l'art. 2729 c. c., fatti privi dei caratteri legali, e incorrendo, quindi, in una falsa applicazione della norma, esattamente assunta nella enunciazione della 'fattispecie astratta", ma erroneamente applicata alla "fattispecie concreta". 5) Gestione dei ricorsi gi proposti. In relazione ai ricorsi gi proposti nei quali siano stati formulati motivi in difformit dei principi enunciati dalla Corte, si potr cercare di evitare pronunce di inammissibilit richiamando sia le citate SS.UU. n. 17931/2013 in tema di esatta rubricazione dei motivi, sia la giurisprudenza in tema di mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale (c.d. overruling) (Cass. SS.UU. n. 15144/2011) nonch l'esigenza di tutela del- l'affidamento, derivante dall'incertezza in ordine alla portata della disposizione contenuta nel- l'art. 54 comma 3 bis del citato D.L. n. 85/2012. L'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO Michele Dipace contenzioso comunitario CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE National case study: Italian law on strategic assets; Golden Power Pierluigi Di Palma* Come noto, con il termine Golden Share viene indicato listituto giuridico di origine anglosassone in forza del quale uno Stato sovrano, nellambito del processo di privatizzazione, anche parziale, di unimpresa pubblica di carattere strategico, si riserva poteri speciali che possono essere esercitati dai rappresentanti del Governo in ambito societario, seppure sulla base di una residuale partecipazione di minoranza. Tra i poteri, da segnalare: la riserva di una certa quota azionaria a favore dello Stato; lopposizione a partecipazioni rilevanti; la sospensione del diritto di voto per le quote azionarie superiori ad una certa soglia; la riserva di nomina di uno o pi membri del consiglio di amministrazione; esercizio di poteri di governance strategica. In estrema sintesi, tale istituto giuridico mira a tutelare linteresse pubblico in quelle societ, gi di propriet statuale, che operano in settori produttivi ed economici di rilevante importanza come difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di energia ed in generale nel comparto delle pubblic utilities. La Corte di Giustizia delle Comunit europee ha, pi volte, affermato che lutilizzo della Golden Share nelle legislazioni dei Paesi membri pu, in determinate circostanze, violare i precetti contenuti nel Trattato CE, perch lesercizio di tale potere tende a consentire ad uno Stato, in contrasto con le regole del libero mercato, ad esercitare una capacit di controllo sproporzionato (*) Avvocato dello Stato, Presidente del Centro Studi Demetra -Development of European Mediterranean Transportation. Il presente scritto lintervento dellAutore al Forum Recenti sviluppi della normativa sul controllo allesportazione Space Technology, tenutosi presso la sede ESA -European Space Agency, Salle A, Parigi, 14 marzo 2014. rispetto alla propria partecipazione nel capitale sociale della societ in questione. Nei vari pronunciamenti il giudice europeo ha sottolineato come la Golden Share elaborata dalle varie legislazioni nazionali opera in violazione della libert di stabilimento e dei principi di libera circolazione dei capitali, fondanti il trattato di Schengen. Sulla base di tali premesse, la Commissione Europea ha avviato una serie di procedure di infrazione in materia di Golden Share nei confronti del- lItalia, del Portogallo, del Regno Unito, della Francia, del Belgio, della Spagna e della Germania. In sostanza, secondo la Commissione Europea, la disciplina sulla Golden Share, introdotta in diversi ordinamenti giuridici europei, appare comprimere eccessivamente i principi della concorrenza e della contendibilit delle imprese in ragione del conferimento al Governo nazionale di un potere discrezionale di carattere generale che pu impedire operazioni di acquisto di partecipazioni azionarie e di altre operazioni incidenti sulla governance di carattere strategico. La definizione dei criteri di compatibilit comunitaria della disciplina della Golden Share stata operata dalla stessa Commissione europea con una specifica comunicazione del 1997 dove affermato che detti poteri speciali devono esercitarsi senza discriminazione, sulla base di criteri obiettivi, stabili e resi pubblici e solo se giustificati da motivi imperiosi di interesse generale correlati a motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanit pubblica. In ogni caso, le predette restrizioni devono rispettare il principio di proporzionalit, rappresentando un provvedimento necessario per garantire la protezione e la tutela di interessi generali incomprimibili e, comunque, non devono esistere altri provvedimenti utili a raggiungere lo scopo, meno restrittivi delle libert economiche su cui si fonda il Trattato CE. Insomma, la Golden Share: a) deve applicarsi in modo non discriminatorio; b) essere giustificata da motivi imperiosi di interesse pubblico; c) essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito; d) non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento dellobiettivo. In tale contesto, nonostante le modifiche apportate alla normativa vigente (decreto legge n. 332/94, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 474/94) allesito della decisione della Corte di Giustizia del 26 marzo 2009, la Commissione europea, ritenendo tuttora, sulla base di un parere motivato, la normativa italiana incompatibile con la libert di stabilimento e la libera circolazione dei beni, ha, da tempo, avviato una procedura di infrazione. Il legislatore italiano, con lobiettivo di rendere compatibile con il diritto dellUnione la disciplina nazionale dei poteri speciali, ha quindi emanato il decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 dell11 maggio 2012. Con lentrata in vigore di tale legge, la Commissione ha sospeso la decisione di deferire lItalia dinanzi la Corte di Giustizia, rinviando lanalisi della compatibilit con il diritto dellUnione della nuova legge italiana ad un momento successivo, cio alla sua piena applicazione con ladozione dei provvedimenti attuativi. In ogni caso, la disciplina previgente (decreto legge n. 332/94) non cessa immediatamente di produrre effetti, in quanto la norma transitoria della nuova legge ne prevede labrogazione o la modifica, solo a decorrere dalla data di entrata in vigore di tutti i provvedimenti attuativi. La nuova legge consta di pochi articoli (6), di cui solo i primi due di carattere sostanziale in materia di poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale (art. 1) e poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dellenergia, dei trasporti e delle comunicazioni (art. 2). Per quanto concerne lesercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale (art. 1), la legge affida a provvedimenti del Presidente del Consiglio, da adottarsi su proposta dei Ministri competenti e da comunicarsi al Parlamento, lindividuazione delle attivit di rilevanza strategica. Una volta individuate le attivit, in caso di modifica di assetti societari, il Presidente del Consiglio, su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, da trasmettere al Parlamento pu, in caso di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, esercitare i seguenti poteri speciali: imposizioni di specifiche condizioni; veto alladozione di delibere societarie o degli organi di amministrazione; opposizione allacquisto di partecipazioni societarie rilevanti. La disciplina non si applica per le operazioni di carattere societario che si svolgono allinterno di un medesimo gruppo e subordina lesercizio dei poteri speciali alla sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. Una volta reso opponibile ai terzi, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, lelenco delle attivit di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, tutte le imprese interessate, a pena di nullit, al fine di consentire il tempestivo esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, hanno un onere di notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di una informativa che descriva la delibera o latto da adottare ovvero il progetto di acquisizione anche di carattere azionario, se rilevante. Il potere speciale, veto ovvero opposizione allacquisto, deve essere esercitato da parte del Governo entro quindici giorni dalla notifica. Qualora si renda necessario richiedere informazioni alloperatore economico che ha provveduto alla notifica il termine di quindici giorni entro cui il Governo pu esercitare i poteri speciali sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Eventuali richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini, decorsi i quali loperazione pu essere effettuata. Secondo la normativa, il potere speciale esercitato nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ci sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. In caso di inadempimento o violazione delle condizioni imposte, per tutto il periodo in cui perdura linadempimento o la violazione, i diritti, connessi alle azioni o alle quote partecipative, di contenuto diverso da quello patrimoniale sono sospesi e le delibere adottate con il voto di tali azioni o quote sono nulli. Inoltre, loperatore economico che non osservi le condizioni imposte soggetto ad una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore dellattivit posta in essere in contrasto con le prescrizioni governative e comunque non inferiore all1% del fatturato realizzato nellultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio. I decreti di individuazione delle attivit di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale sono aggiornati almeno ogni tre anni. Sino alladozione di uno specifico regolamento con il quale sono emanate le disposizioni di attuazione dei poteri speciali, le competenze inerenti alle proposte per lesercizio dei poteri speciali sono attribuite al Ministero del- leconomia e delle finanze per le societ da esso partecipate ovvero, per le altre societ, al Ministero della difesa o al Ministero dellinterno, secondo i rispettivi ambiti di competenza. Lart. 2 della legge disciplina i poteri speciali nei comparti dellenergia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Tale norma detta disposizioni analoghe a quelle previste dallart. 1 riguardanti il comparto difesa e sicurezza e affida ad uno o pi regolamenti lindividuazione degli asset strategici di rilevanza strategica che possono essere tutelati con lesercizio dei poteri speciali. Nel settore energia, trasporti e comunicazioni possibile da parte del Governo esprimere il veto alle delibere, atti e operazioni delle societ di settore che diano luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuit degli approvvigionamenti. Nelle more dellemanazione del regolamento di attuazione delle disposizioni di cui allart. 1 in materia di poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2012, n. 253, si provveduto, secondo le previsioni della norma transitoria (art. 1, comma 8) ad individuare le attivit di carattere strategico sottoposte ad eventuale esercizio dei poteri speciali. Quanto al merito dellelenco esso appare orientato a salvaguardare lintegrit e la propriet nazionale dei sistemi tecnologici essenziali alla difesa e alla sicurezza nazionale sotto il profilo militare, sulla base di esigenze direttamente correlate alle competenze del Ministero della difesa, ricomprendendo lo studio, la ricerca, la progettazione, lo sviluppo, la produzione, lintegrazione e il sostegno al ciclo vita, ivi compresa la catena logistica, dei sistemi di interesse. Le tipologie individuate risultano raggruppate per classi che consentono, in conformit alla normativa comunitaria, di ben delimitare i settori e ricomprendere la totalit dei sistemi e dei materiali tecnologici essenziali per la difesa. Da sottolineare la tutela che viene data ai sistemi satellitari militari ad elevate prestazioni e protezione, sia nella componente terrestre sia in quella spaziale (inclusa lattivit gestionale dei relativi servizi), per losservazione terrestre (ottica e radar) e per le comunicazioni. Per far fronte allipotesi di vendita di Telecom Italia, in mancanza dei provvedimenti attuativi dellart. 2 che avrebbero permesso al Governo italiano di esercitare i poteri speciali nello specifico settore delle comunicazioni, il DPCM n. 253/2012, unico strumento posto in essere per la tutela degli asset strategici, stato modificato dal DPCM 2 ottobre 2013, n. 129, il quale ha aggiornato il novero delle attivit di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, aggiungendo, nel corpus normativo del primo, il comma 2 bis, che include negli attivi di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni le reti e gli impianti utilizzati per la fornitura dellaccesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale e dei servizi a banda larga e ultralarga. Su tale DPCM, il Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, nelladunanza del 26 settembre 2013, ha espresso parere favorevole ritenendo corretto estendere la tutela nel settore delle comunicazioni, per reti ed impianti, la cui rilevanza per la difesa e sicurezza nazionale inevitabilmente destinata ad accrescersi costantemente. Il 25 novembre 2013, la Commissione europea ha trasmesso allItalia una nota in cui chiede chiarimenti sul DPCM n. 129/2013, ritenuto potenzialmente lesivo della libert di circolazione dei capitali, in quanto contiene una definizione molto ampia degli attivi strategici che copre potenzialmente la gestione e il funzionamento di quasi tutti gli impianti di comunicazione. La Commissione sinterroga sulle ragioni per cui le attivit aggiunte dal DPCM n. 129 sono considerate strategiche per la difesa e la sicurezza nazionale e richiedono la previsione di poteri speciali dello Stato quali quelli applicabili nel settore della difesa. Inoltre, in considerazione del fatto che i decreti attuativi di cui allart. 2, d.l. n. 21 (che disciplina anche il comparto comunicazioni) non sono stati ancora emanati, la Commissione si chiede quale sia il collegamento tra le attivit nel settore delle comunicazioni incluse nel nuovo decreto e gli interessi essenziali di sicurezza che potrebbero essere seriamente pregiudicati. Il 4 dicembre 2013, il Governo italiano ha risposto alla Commissione, rappresentando che stato predisposto il nuovo regolamento recante individuazione delle attivit di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. Tale provvedimento abroga espressamente il DPCM n. 253 del 2012, ed finalizzato a riunire in un unico regolamento, per esigenze di semplificazione, le norme che individuano le attivit di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale di competenza del Ministero dell'interno e di quelle di competenza del Ministero della difesa. Pertanto, il DPCM n. 129 del 2013, oggetto di censura (peraltro mai applicato), deve ritenersi definitivamente superato dal nuovo testo anche se stato funzionale allo scopo di introdurre una tutela giuridica per la vendita di Telecom Italia in attesa della predisposizione dello specifico regolamento per lesercizio dei poteri speciali in materia di energia, trasporti e comunicazioni. Lo schema dei regolamenti per lindividuazione delle procedure per lattivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e quello per lindividuazione degli attivi strategici nel settore dellenergia, trasporti e comunicazioni sono stati approvati, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri del 9 ottobre 2013 ed inviati al Consiglio di Stato che, nel mese di novembre, ha espresso parere sostanzialmente favorevole, salvo marginali modifiche di carattere puramente formale. In seguito, sono stati trasmessi al Parlamento per il prescritto parere ed approvati, in via definitiva, dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2014, per la successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale una volta sottoscritti dal Presidente della Repubblica. Completa il quadro dei provvedimenti sub-primari necessari a dare compiuta attuazione alla legge sulla Golden Power il regolamento per lindividuazione delle procedure per lattivazione dei poteri speciali nei settori dellenergia, dei trasporti e delle comunicazioni, adottato, sempre nel corso del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2014, in attuazione dellart. 2, c. 9, del decreto legge 15 marzo 2012, n. 21. Allesito di questa complessa attivit burocratica che permette di superare il vecchio e contestato assetto normativo della Golden Share, il Governo italiano viene a disporre di una lista ricomprendente le attivit strategiche nei settori della difesa e sicurezza nonch dei trasporti, energia e comunicazioni, per effetto della quale lo Stato pu esercitare penetranti poteri speciali, tenendo conto comunque che tali poteri costituiscono una restrizione alla libera circolazione dei capitali e devono pertanto essere giustificati sulla base di una delle deroghe previste nel Trattato sul funzionamento dellUnione europea. Elemento fondamentale da sottolineare che il passaggio da un potere regolamentare -Golden Share - ad una potest regolatoria -Golden Power determina un importante passaggio di competenze dal Ministero delleconomia e finanze alla Presidenza del Consiglio. Infatti, i regolamenti di cui si discute prevedono che il coordinamento delle attivit propedeutiche allesercizio dei poteri speciali sia attribuito al Pre sidente del Consiglio dei Ministri secondo modalit da stabilirsi con apposito provvedimento, che dovr: individuare lufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri responsabile del coordinamento; istituire un gruppo di lavoro composto dal responsabile del coordinamento della Presidenza del Consiglio e dai responsabili di settore dei Ministeri interessati, integrati, ove occorra potenziare le capacit di analisi, da rappresentanti di altre strutture; stabilire le procedure telematiche ed elettroniche per consentire tempestivamente e in sicurezza la trasmissione delle informazioni su operazioni di rilevanza strategica e leventuale esercizio dei poteri speciali; fissare i tempi e le modalit di raccordo tra i Ministeri coinvolti, nonch i termini per la presentazione, da parte degli stessi, in relazione alle competenze, del parere motivato per lesercizio o meno dei poteri speciali. Vi da dire che la regolamentazione della Golden Power trae spunto dallesperienza maturata dallamministrazione italiana nella gestione di un importante caso concreto relativo allacquisto, per oltre 3 miliardi di euro, del settore dei sistemi di propulsione aerospaziali e navali del Gruppo AVIO da parte della societ General Electric. In questo caso la General Electric, sulla base della regolamentazione provvisoria determinata dalladozione del provvedimento (DPCM 30 novembre 2012, n. 253) ha accettato limposizione di specifiche prescrizioni che secondo i rappresentanti del Governo italiano sono risultate sufficienti ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. Detti impegni, contenuti in uno specifico provvedimento del Presidente del Consiglio del 6 giugno 2013, adottato previa delibera del Consiglio dei Ministri su congiunta proposta dei Ministri della difesa e delleconomia e delle finanze, tende a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali nel nostro Paese e la tutela del Know-how aziendale. Per tali finalit, oltre ad essere garantiti presidi fiduciari del Governo italiano allinterno dellazienda, il nuovo proprietario si impegnato a fornire al Ministero della difesa un rapporto annuale di compliance sul rispetto delle condizioni allacquisto. Per garantire la verifica delle condizioni ed eventuali proposte di modifica stato costituito tra le parti un comitato paritetico presieduto da un rappresentante del Ministero della difesa che ha titolo ad informare dellandamento del- laccordo il Presidente del Consiglio dei Ministri per le conseguenti decisioni. Tale soluzione ha portato la GE ad esprimere formale soddisfazione rispetto ad una capacit della burocrazia italiana che, nel caso di specie, ha saputo svolgere, con disponibilit e competenza, tutte le procedure senza ostacoli, tanto da raggiungere un risultato di grande importanza per il sistema industriale del Paese. Pertanto, con assoluta serenit il Governo italiano attende le valutazioni della Commissione europea sul nuovo assetto normativo della Golden Power, nella consapevolezza di aver superato i limiti della vecchia disciplina della Golden Share per la quale la Commissione ha sospeso la sua decisione di deferire lItalia dinanzi la Corte di Giustizia. corte di giustizia ue LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia Europea censura lAdunanza Plenaria Note a margine della Sentenza 4 luglio 2013 C-100/12 Sergio Massimiliano Sambri e Amalia Muollo* Lo scorso 4 luglio 2013 la Corte di Giustizia Europea, nella causa C100/ 12, ha completamente capovolto lorientamento della giurisprudenza amministrativa nazionale circa la pregiudizialit (e conseguente effetto preclusivo ad essa collegato) del ricorso incidentale nei contenziosi in materia di appalti pubblici. Con una pronuncia sintetica ma chiara nella sua semplicit la Corte di Giustizia ha censurato il modo in cui il Consiglio di Stato, con la decisione resa in Adunanza Plenaria il 7 Aprile 2011 (1), ha inteso applicare il diritto comunitario sostanziale e processuale degli appalti pubblici. Sebbene ad una prima lettura la sentenza possa apparire scarsamente motivata (2), invero la pronuncia si presenta essenziale nel suo contenuto cos come lo la normativa comunitaria. Muovendo dallart. 1 della Direttiva 89/665 cos come modificata dalla Direttiva 2007/66, ovvero dalla situazione giuridica soggettiva lesa e dalla relativa condizione dellazione (c.d. legittimazione a ricorrere), la Corte di Giustizia ha osservato che in presenza di reciproche contestazioni sulla legittimit dellofferta ciascuno dei concorrenti pu far valere un analogo interesse legittimo allesclusione dellofferta degli altri, che pu indurre lamministrazione aggiudicatrice a constatare limpossibilit di procedere alla scelta di unofferta regolare. Senza voler qui ripercorrere i passaggi svolti dalla Corte, ormai ampiamente noti, appare evidente che la questione sostanziale che viene in rilievo, soprattutto in termini di applicabilit nellordinamento italiano, sia proprio il concetto di situazione giuridica soggettiva lesa e le garanzie che devono essere (*) Avvocati del libero Foro. V., contra, ad annotazione della stessa sentenza Rass. 2013, II, 37 ss., STEFANO VARONE, ... Note minime sui rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale escludente. Per comodit del Lettore si ripropone, come duso, il testo integrale della sentenza in calce allarticolo. (1) Cons. St. Ad. Plen., 7 Aprile 2011, n. 4. (2) Cos A. CACCIARI, Ricorso principale e ricorso incidentale: una questione davvero risolta dalla Corte di Giustizia?, su www.giustizia-amministrativa.it, n. 7-2013. riconosciute in capo al soggetto ricorrente e al proprio diritto ad avere giustizia. La conclusione a cui giunge il giudice comunitario appare perfettamente corrispondente alla motivazione contenuta nel paragrafo 17 del preambolo della direttiva che consente di ricostruire anche la voluntas legislatoris: Una procedura di ricorso dovrebbe essere accessibile almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. Non si tratta solo di parit di trattamento tra le imprese concorrenti (che gi garantita dallart. 47 della Carta dei Diritti dellUnione Europea e dallart. 111 della Costituzione sul giusto processo) bens di effettivit (perch cos che va intesa la parola accessibilit della rubrica dellart. 1 Dir. 89/665) a qualsiasi operatore abbia o perfino abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. E il principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia, cos incisivo e puntuale nel ribadire proprio leffettivit della tutela e del giusto processo, sembra voler ricordare ai giudici nazionali che proprio perch la procedura di attribuzione del contratto strumentale allattribuzione del contratto stesso, il rapporto tra le parti, ivi compresa lamministrazione aggiudicatrice, deve essere garantito in modo paritario, al di l dei formalismi inerenti al tipo di impugnazione. Anche per evitare che, utilizzando strumentalmente i famosi cavilli processuali, il contratto venga aggiudicato ad un soggetto che non ne avrebbe titolo, cos violando il principio ordinatore dellintero sistema delle gare ad evidenza pubblica basato su concorrenza, parit di trattamento e merito. Nulla di pi vero, se non fosse che applicando la Direttiva 89/665 con gli schemi nazionali dellinteresse legittimo e dellinteresse a ricorrere si finisce inevitabilmente col disapplicare la Direttiva stessa nella sua effettivit, cos come stato - a parere della Corte - per il Consiglio di Stato nel 2011 che ha negato il fatto essenziale che loggetto del processo amministrativo - in particolare in materia di giurisdizione esclusiva - deve essere laccertamento del rapporto giuridico controverso. Del resto lart. 1, par. 3, della Dir. 89/665 (non recepito con il D.Lgs. 53/2010 e pertanto direttamente applicabile) non sembra operare questa classificazione tra posizioni soggettive ma anzi assicura a chiunque abbia o abbia avuto interesse alla aggiudicazione di una gara pubblica un diritto soggettivo alla libera partecipazione agli appalti pubblici (3) con la conseguenza che la (3) In questo senso, in particolare, S. DANCONA, Riflessioni sul rapporto tra ricorso principale e incidentale alla luce della Direttiva ricorsi, in Riv. It.Dir.Pubbl.Comun., 1/2013, pp. 33-59, dove lautore osservava che lart. 1 osta a ogni tipo di classificazione e gerarchizzazione da parte del Giudice degli interessi avanzati in giudizio (interesse a mantenere laggiudicazione illegittima, interesse allannullamento della procedura illegittima) e riconduce in capo ad ogni concorrente una posizione giuridica soggettiva rilevante. situazione giuridica soggettiva di diritto comunitario dei soggetti, persone fisiche o giuridiche che operano nel settore degli appalti pubblici, non essendo di interesse legittimo, non pone limiti alla ricorribilit in giudizio a prescindere dallutilit a cui si aspira. Certo, potrebbe obiettarsi, anche in forza di giurisprudenza assolutamente conforme della CGE (4), che non spetta agli organi dellUnione Europea qualificare la situazione giuridica stessa nel diritto nazionale; ma ci a condizione che la tutela sia efficace, effettiva, completa e non esistano ostacoli che rendono pi difficile ovvero onerosa la tutela della medesima situazione; tanto vero che gli Stati membri sono obbligati ad armonizzare proprio a tale scopo le norme sostanziali e processuali nazionali. E difatti, gi con lemanazione del Codice del Processo Amministrativo ed in particolare dellart. 7 che in tema di giurisdizione ammette la tutela dei diritti soggettivi anche separatamente da quella degli interessi legittimi, cos di fatto non richiedendo pi lintreccio di situazioni qualificabili come interessi legittimi e diritti soggettivi, pare potersi affermare che la configurazione dellinteresse legittimo pretensivo non pu avere minore estensione del corrispettivo diritto soggettivo, e quindi ben pu (e deve) il giudice amministrativo giudicare nel merito della lesione di diritti soggettivi, ancorch essa sia stata compiuta da una pubblica amministrazione (5). In linea con le garanzie riconosciute dalla Direttiva 89/665, infatti, le componenti di tale situazione sono quindi rispettivamente dal punto di vista sostanziale e processuale: la dimostrazione dellinteresse a ottenere laggiudicazione e la dimostrazione non solo della lesione effettivamente subita ma anche del mero rischio di lesione. Non sono richieste altre condizioni affinch sia tutelato il diritto soggettivo alla libera partecipazione ad appalti pubblici, che una delle principali applicazioni del diritto alla libera prestazione dei servizi. Quanto poi allinteresse a ricorrere, esso consiste nel semplice rischio di lesione (e non nellinteresse specifico, attuale e concreto richiesto dalla giurisprudenza amministrativa nazionale), ovvero nella attualit o perfino trascorsa lesione. Ed quindi in tale ambito che dovrebbe essere rettamente inquadrato il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale senza che sia reso possibile in alcun modo al secondo di: -paralizzare lazione a tutela del diritto comunitario degli appalti attraverso la eccezione della mancata dichiarazione del possesso dei requisiti; -evitare, in subordine, le conseguenze del proprio illegittimo operato (cio la mancanza di proprie valide dichiarazioni inerenti al possesso dei requisiti stessi) e cio lannullamento della gara e la sua ripetizione ai sensi del- larticolo 121 e 122 del Codice del Processo Amministrativo. (4) Vedi per tutti CGE, Sentenza Dorsch Consult, 17 settembre 1997, su causa 54/1996. (5) Cfr. Corte Cost., Sent. 27 aprile 2007, n. 140, 19 ottobre 2009 n. 259 e 5 febbraio 2010, n. 35. Del resto per lUnione Europea la procedura degli appalti pubblici deve servire a garantire il gioco del mercato non il trionfo di formalismi a scapito della qualit stessa del prodotto, servizio o opera pubblica che viene fornita al- lamministrazione. Di conseguenza il limite comunitario delle censure eventualmente contenute sia nel ricorso principale che in quello incidentale e che riguardano la reciproca contestazione del possesso dei requisiti di partecipazione ad un determinato appalto pubblico costituito dalla dimostrazione che il possesso non cera effettivamente, al di l delle dichiarazioni formali incomplete o irregolari, e ci possibile solo attraverso la loro disamina ed accertamento. Invero, come si accennava, con lemanazione del Codice del Processo Amministrativo pare si fosse gi fatto un passo avanti in tal senso: anche a mente del combinato disposto degli articoli 7, 119, 120 e 133 la giurisdizione sugli appalti pubblici configura una giurisdizione amministrativa esclusiva comprensiva della tutela sia degli interessi legittimi che dei diritti soggettivi, esaminati congiuntamente o anche separatamente. E tale tutela deve in ogni caso comprendere la verifica dellintero esercizio del potere della pubblica amministrazione o del soggetto ad essa equiparato senza che sia possibile con artifizi di carattere rituale e procedurale limitare la pienezza di tale tutela, pena la violazione del principio di effettivit e del giusto processo. Solo quando loggetto del processo amministrativo in materia di appalti sia limitato alla censura del difetto (reciproco) del possesso dei requisiti per la partecipazione alle gare pubbliche si pone il problema della eventuale inammissibilit di entrambi i ricorsi principale e incidentale. Ebbene in tali casi la censura contenuta nel c.d. ricorso incidentale e relativa al preteso difetto del possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara pubblica in capo al ricorrente principale non si configura come domanda il cui interesse sorge in dipendenza della domanda posta in via principale, ma come semplice eccezione - non rilevabile dufficio - tesa a paralizzare in rito lesame della domanda principale (ma nei soli limiti in cui la medesima non abbia altri oggetti oltre laccertamento della mancanza del possesso dei requisiti per partecipare alle gare pubbliche in capo al soggetto contro interessato). Essendo uneccezione che non riguarda e non pu obiettivamente riguardare lintero ricorso, essa potr dunque paralizzare lesame dei soli motivi di ricorso che riguardano la legittima gestione della procedura di gara in senso stretto a partire cio dalla fase (successiva alla domanda di partecipazione) di verifica del possesso dei requisiti, ma non i motivi che attengono alla regolarit della formazione delle leggi di gara o ad eventi che hanno inciso sulla legittimit e liceit della gara stessa; con la conseguenza che si dovr pur sempre valutarne la fondatezza. Viceversa, la gravit della soluzione che esclude la legittimazione al ricorso qualunque sia il vizio denunciato per il solo fatto della mancata dichia razione delle potenziali cause di esclusione (si badi bene non laccertamento del difetto di possesso dei requisiti richiesti dalla direttiva e dalle norme nazionali di trasposizione per poter validamente ed efficacemente partecipare alle gare pubbliche) facilmente dimostrabile: garantisce limpunit al soggetto aggiudicatario anche quando sia incontestabile che egli non ha il possesso dei requisiti prescritti dalla legge e dal diritto comunitario. In sostanza, si vuol dire che nel nostro processo amministrativo ci sono, e da tempo, i presupposti per una corretta applicazione del diritto comunitario e in particolare dellassoluta equiordinazione delle domande proposte dai ricorrenti nel pieno rispetto della parit delle parti (6). In tal quadro, appare di tutta evidenza che le conclusioni a cui giunta la Corte di Giustizia potrebbero esporre concretamente lo Stato italiano alla azione di inadempimento agli obblighi derivanti dalla appartenenza allUnione Europea proprio a causa del comportamento della istituzione che per prima chiamata a garantire leffettivit dellordinamento comunitario stesso, cio il giudice ed in particolare il giudice cui spetta costituzionalmente sindacare la legittimit del potere in concreto esercitato dalla amministrazione aggiudicatrice. Infatti, non diversamente dai casi di omessa disapplicazione o omesso rinvio pregiudiziale, attraverso loperato del giudice amministrativo che dichiara inammissibile il ricorso principale in accoglimento di quello incidentale addirittura motivato in rito (ad es. mancanza della legittimazione a ricorrere per mancata dichiarazione del possesso dei requisiti non per dimostrata mancanza del possesso dei requisiti effettivi) si compiono due violazioni chiare e manifeste del diritto comunitario e dello stesso diritto nazionale che ne costituisce puntuale trasposizione e recezione: - in primo luogo, si impedisce la effettivit della tutela giurisdizionale della impresa ricorrente per quanto attiene non gi la completezza e pienezza della tutela, ma lo stesso minimo denominatore comune cio la possibilit di esame nel merito del ricorso ai fini dellaccertamento della sua fondatezza o infondatezza; -in secondo luogo, si aggira lo spirito e la lettera del diritto comunitario sostanziale (direttive 17 e 18/2004 e codice dei contratti) per il quale la concorrenza aperta ed effettiva vuole laccertamento del possesso o meno dei requisiti non la regolarit formale delle dichiarazioni. In tal quadro se da un lato, come gi alcune voci in dottrina hanno anticipato (7), occorrer effettuare unattenta riflessione sullincidenza che linterpretazione applicativa della statuizione della Corte di Giustizia avr rispetto (6) In questi termini, G. PELLEGRINO, Ricorso incidentale: i nodi tornano al pettine, in www.giustizia- amministrativa.it., Aprile 2012. (7) Cfr. P. QUINTO, La Corte di Giustizia anticipa lAdunanza Plenaria, in www.lexitalia.it, n. 78/ 2013. a quelle decisioni del Giudice Amministrativo che hanno dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dai partecipanti ad una gara dappalto, dallaltro lato paiono sussistere tutte le condizioni per iniziare un giudizio di inadempimento contro lo Stato italiano da parte di quegli operatori che si sono visti negare, in sede di appello, sia la richiesta di disapplicazione della normativa sostanziale e processuale italiana incompatibile con il diritto comunitario degli appalti, sia soprattutto la richiesta di interpretazione pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 del TFUE. Ci in quanto, lasciando in disparte la questione dell'obbligo o meno della c.d. disapplicazione degli atti nazionali per incompatibilit comunitaria, comunque il Consiglio di Stato - in quanto organo giurisdizionale di ultima istanza - era obbligato e non facoltizzato a sospendere i relativi giudizi e a inviare gli atti alla Corte di Giustizia della Unione Europea perch si pronunciasse sulla questione pregiudiziale (8). E ci per levidente influenza di diritto comunitario nel processo amministrativo attraverso laffermazione di principi sostanziali e processuali, configurati come principi generali comuni che autorevole dottrina definisce in termini di co-giurisdizione (9). Di diverso avviso la giurisprudenza nazionale che, evidentemente dubbiosa circa la prevalenza del ruolo nomofilattico della Corte di Giustizia ha recentemente posto due questioni pregiudiziali alla Corte stessa riguardanti, da un lato, il perimetro di applicabilit dei principi dichiarati dalla stessa Corte con la sentenza in commento e dallaltro proprio la vincolativit delle regulae juris comunitarie sullattivit delle sezioni del Consiglio di Stato le quali, ai sensi dellart. 99, comma 3 del C.p.A., sono vincolate ai principi di diritto enunciati dallAdunanza Plenaria (10). La pronuncia del Consiglio di Giustizia amministrativa della regione Sicilia sembra avvitarsi su se stessa, poich con ogni probabilit linvocato intervento della Corte di Giustizia potr giungere a dirimere i dubbi interpretativi solo dopo che lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato si sar nuovamente pronunciata, sulla base delle ordinanze di rimessione emesse dalla V e VI della sezione del Consiglio di Stato (peraltro antecedenti allintervento della Corte di Giustizia europea (11)), sulla priorit dellesame del ricorso principale o di quello incidentale. (8) In giurisprudenza sufficiente ricordare i casi Kobler/2003 e Traghetti del Mediterraneo s.p.a./2006 nei quali la Corte di Giustizia ha ribadito che ben pu essere azionata la responsabilit civile per inadempimento di uno Stato membro a causa di un mancato rinvio pregiudiziale da parte di un organo giurisdizionale di ultima istanza che abbia creato un danno al ricorrente. (9) E. PICOZZA, Processo amministrativo e diritto comunitario, Padova, 2004; F. SORRENTINO, La giustizia amministrativa, Torino 2002, 37. (10) Ci si riferisce allOrdinanza 17 ottobre 2013, n. 848 resa dalla CGA sezione Giurisdizionale in relazione allappello proposto avverso la Sentenza del TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, n. 351/2013. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 Ove lAdunanza Plenaria dovesse confermare il suo precedente orientamento enunciato nella sentenza n. 4/11, anche in relazione al caso di due sole imprese ammesse alla procedura, potrebbero determinarsi insanabili contrasti tra gli orientamenti interpretativi dei due plessi giurisdizionali, luno del Giudice nazionale e laltro espresso dalla Corte di Giustizia, eventualmente superabili, questa volta, solo attraverso una nuova rimessione della questione interpretativa alla Corte di Giustizia europea. Non resta che augurarsi dunque che lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato riesamini la questione in termini (solleciti e) tali da non provocare lennesima censura della Corte di Giustizia Europea. Corte di Giustizia dellUnione Europea, Decima Sezione, sentenza 4 luglio 2013 nella causa C-100/12 -Pres. A. Rosas, Rel. D. .vby, Avv. Gen. J. Kokott - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte - Fastweb SpA contro Azienda Sanitaria Locale di Alessandria. Appalti pubblici Direttiva 89/665/CEE Ricorso in materia di appalti pubblici Ricorso proposto contro la decisione di aggiudicazione di un appalto da un offerente escluso Ricorso fondato sulla motivazione che lofferta prescelta non sarebbe conforme alle specifiche tecniche dellappalto Ricorso incidentale dellaggiudicatario fondato sullinosservanza di alcune specifiche tecniche dellappalto nellofferta presentata dallofferente che ha proposto il ricorso principale Offerte entrambe non conformi alle specifiche tecniche dellappalto Giurisprudenza nazionale che impone di esaminare in via preliminare il ricorso incidentale e, in caso di fondatezza di questultimo, di dichiarare inammissibile il ricorso principale senza esaminarlo nel merito Compatibilit con il diritto dellUnione 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007 (GU L 335, pag. 31; in prosieguo: la direttiva 89/665). 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra Fastweb SpA (in prosieguo: Fastweb), da una parte, e lAzienda Sanitaria Locale di Alessandria, nonch Telecom Italia SpA (in prosieguo: Telecom Italia) ed una controllata di questultima, Path-Net SpA (in prosieguo: Path-Net), dallaltra, a proposito dellaggiudicazione di un appalto pubblico a tale controllata. Contesto normativo 3 Il secondo ed il terzo considerando della direttiva 89/665 sono formulati come segue: [C]onsiderando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire [l]applicazione [effettiva delle direttive in materia di (11) Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 15 aprile 2013, n. 2059; Consiglio di Stato, Sezione VI, ordinanza 30 luglio 2013 n. 4023; Consiglio di Stato, sezione VI, ordinanza 17 maggio 2013, n. 2681; Consiglio di Stato, sezione V, ordinanza 15 aprile 2013, n. 5104. appalti pubblici] non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che lapertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinch essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto. 4 Il considerando 3 della direttiva 2007/66 cos recita: [] le garanzie di trasparenza e di non discriminazione che costituiscono lobiettivo [in particolare della direttiva 89/665] dovrebbero essere rafforzate per garantire che la Comunit nel suo complesso benefici pienamente degli effetti positivi dovuti alla modernizzazione e alla semplificazione delle norme sullaggiudicazione degli appalti pubblici, operate [in particolare dalla direttiva 2004/18/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114)] (...). 5 Ai sensi dellarticolo 1 della direttiva 89/665, rubricato Ambito di applicazione e accessibilit delle procedure di ricorso: 1. La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva [2004/18], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva. Gli appalti di cui alla presente direttiva comprendono gli appalti pubblici, gli accordi quadro, le concessioni di lavori pubblici e i sistemi dinamici di acquisizione. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2004/18], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto pi rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono. (...) 3. Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalit dettagliate che gli Stati membri possono determinare, [per lo meno] a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. (...). 6 Larticolo 2, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue: Gli Stati membri provvedono affinch i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui allarticolo 1 prevedano i poteri che consentono di: (...) b) annullare o far annullare le decisioni illegittime (); (...). 7 Il considerando 2 della direttiva 2004/18 formulato come segue: Laggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico subordinata al rispetto dei principi del trattato [FUE] ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch ai principi che ne derivano, quali i principi di parit di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 con valore superiore ad una certa soglia opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare lapertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformemente alle norme ed ai principi citati, nonch alle altre disposizioni del trattato. 8 Ai sensi dellarticolo 2 della direttiva: Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parit, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza. 9 Larticolo 32 della direttiva in questione cos dispone: (...) 2. Ai fini della conclusione di un accordo quadro, le amministrazioni aggiudicatrici seguono le regole di procedura previste dalla presente direttiva in tutte le fasi fino allaggiudicazione degli appalti basati su tale accordo quadro. (...) Gli appalti basati su un accordo quadro sono aggiudicati secondo le procedure previste ai paragrafi 3 e 4. (...) (...) 4. (...) Gli apalti basati su accordi quadro conclusi con pi operatori economici possono essere aggiudicati: (...) qualora laccordo quadro non fissi tutte le condizioni, dopo aver rilanciato il confronto competitivo fra le parti in base alle medesime condizioni, se necessario precisandole, e, se del caso, ad altre condizioni indicate nel capitolato doneri dellaccordo quadro, secondo la seguente procedura: a) per ogni appalto da aggiudicare le amministrazioni aggiudicatrici consultano per iscritto gli operatori economici che sono in grado di realizzare loggetto dellappalto; (...) d) le amministrazioni aggiudicatrici aggiudicano ogni appalto allofferente che ha presentato lofferta migliore sulla base dei criteri di aggiudicazione fissati nel capitolato doneri dellaccordo quadro. Procedimento principale e questione pregiudiziale 10 Conformemente al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dellamministrazione digitale (supplemento ordinario alla GURI n. 112 del 16 maggio 2005), il Centro Nazionale per lInformatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) abilitato a concludere contratti quadro con operatori economici da esso individuati. Le amministrazioni non statali hanno facolt di attribuire appalti fondati su tali contratti quadro, sulla base delle proprie esigenze di servizio. 11 Il CNIPA ha concluso un contratto quadro di questo tipo, in particolare, con Fastweb e Telecom Italia. Il 18 giugno 2010, lAzienda Sanitaria Locale di Alessandria ha indirizzato a tali societ una richiesta di progetto riguardante linee dati/fonia sulla base di un piano di fabbisogni. Con delibera del 15 settembre 2010, essa ha scelto il progetto presentato da Telecom Italia, concludendo un contratto con una controllata di questultima, Path-Net, il 27 dello stesso mese. 12 Fastweb ha proposto ricorso contro la decisione di aggiudicazione dellappalto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte. Telecom Italia e Path-Net sono intervenute nel procedimento, proponendo ricorso incidentale. La legittimit dellofferta di ciascuno degli operatori viene contestata dal suo unico concorrente a causa del mancato rispetto di alcune specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni. 13 In esito alla verificazione dellidoneit delle offerte presentate dalle due societ rispetto al piano di fabbisogni, disposta dal giudice del rinvio, stato constatato che nessuna delle due offerte risultava conforme allinsieme delle specifiche tecniche imposte dal piano. Secondo tale giudice, una simile constatazione dovrebbe logicamente condurre allaccoglimento dei due ricorsi e, di conseguenza, ad annullare la procedura di aggiudicazione dellappalto pubblico in questione, dal momento che nessun offerente ha presentato unofferta idonea a dar luogo ad aggiudicazione. Tale soluzione soddisferebbe linteresse del ricorrente principale, in quanto la rinnovazione della procedura di aggiudicazione gli procurerebbe una nuova chance di ottenere lappalto. 14 Il giudice del rinvio rileva tuttavia che, con decisione del 7 aprile 2011, resa in adunanza plenaria, il Consiglio di Stato, a proposito dei ricorsi in materia di appalti pubblici, ha enunciato un principio di diritto secondo il quale lesame di un ricorso incidentale diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale, in quanto illegittimamente ammesso a partecipare alla procedura di aggiudicazione controversa, deve precedere lesame del ricorso principale, anche nel caso in cui il ricorrente principale abbia un interesse strumentale alla rinnovazione dellintera procedura di aggiudicazione e indipendentemente sia dal numero dei concorrenti che vi hanno preso parte, sia dal tipo di censura prospettata con il ricorso incidentale, sia infine dalle richieste dellamministrazione interessata. 15 Il Consiglio di Stato ritiene infatti che la legittimazione a ricorrere contro la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico spetti soltanto al soggetto che abbia legittimamente partecipato alla procedura di aggiudicazione. Secondo tale giudice, laccertamento dellillegittimit dellammissione del ricorrente principale alla procedura avrebbe una portata retroattiva e lesclusione definitiva di questultimo dalla suddetta procedura comporterebbe che esso si trovi in una situazione che non gli permette di contestare lesito della procedura stessa. 16 Secondo questa giurisprudenza del Consiglio di Stato, linteresse pratico alla rinnovazione della procedura di aggiudicazione invocato dalla parte che abbia proposto ricorso contro la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico non attribuisce a questultima una posizione giuridica fondante la legittimazione al ricorso. Tale interesse non si distinguerebbe infatti da quello di qualsiasi altro operatore economico del settore che aspiri a partecipare ad una futura procedura di aggiudicazione. Pertanto, il ricorso incidentale diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale dovrebbe essere sempre esaminato per primo, anche quando gli offerenti siano solo due, ossia il ricorrente principale, cio lofferente escluso e il ricorrente incidentale, cio laggiudicatario. 17 Il giudice del rinvio esprime dubbi sulla compatibilit di tale giurisprudenza, in particolare nella misura in cui essa afferma incondizionatamente la prevalenza del ricorso incidentale su quello principale, con i principi di parit di trattamento, non discriminazione, libera concorrenza e tutela giurisdizionale effettiva, quali recepiti negli articoli 1, paragrafo 1, e 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665. Secondo tale giudice, infatti, lesame in via preliminare ed eventualmente assorbente del ricorso incidentale attribuisce allaggiudicatario un vantaggio ingiustificato rispetto a tutti gli altri operatori economici che hanno partecipato alla procedura di aggiudicazione, qualora risulti che lappalto gli stato aggiudicato illegittimamente. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 18 Alla luce di quanto sopra, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se i principi di parit delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza nei pubblici appalti, di cui alla Direttiva [89/665], ostino al diritto vivente quale statuito nella decisione dellAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 2011, secondo il quale lesame del ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale attraverso limpugnazione della sua ammissione alla procedura di gara, deve necessariamente precedere quello del ricorso principale ed abbia portata pregiudiziale rispetto allesame del ricorso principale, anche nel caso in cui il ricorrente principale abbia un interesse strumentale alla rinnovazione dellintera procedura selettiva e indipendentemente dal numero dei concorrenti che vi hanno preso parte, con particolare riferimento allipotesi in cui i concorrenti rimasti in gara siano soltanto due (e coincidano con il ricorrente principale e con laggiudicatario-ricorrente incidentale), ciascuno mirante ad escludere laltro per mancanza, nelle rispettive offerte presentate, dei requisiti minimi di idoneit dellofferta. Sulla ricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale 19 Telecom Italia, Path-Net e il governo italiano contestano la ricevibilit della domanda di pronuncia pregiudiziale per diversi motivi. Tuttavia, le quattro eccezioni di irricevibilit sollevate al riguardo non possono essere accolte. 20 In primo luogo, infatti, il presente rinvio pregiudiziale avvenuto in un caso che rientra perfettamente nella previsione dellarticolo 267 TFUE. Ai sensi del primo e del secondo comma di tale articolo, un giudice di uno Stato membro pu domandare alla Corte di pronunciarsi su qualsiasi questione relativa allinterpretazione dei trattati e degli atti di diritto derivato, qualora reputi una decisione su questo punto necessaria per emanare la sua sentenza nella controversia di cui investito. Orbene, nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte esprime dei dubbi in merito alle implicazioni della direttiva 89/665 nel contesto fattuale e processuale della controversia di cui al procedimento principale, prospettando due possibili risposte dalle quali discenderebbero soluzioni diverse di tale controversia. 21 In secondo luogo, la decisione del giudice del rinvio contiene una descrizione sufficientemente chiara del contesto giuridico nazionale, in quanto essa descrive e chiarisce la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la quale fondata sullinterpretazione, fornita da questultimo, dellinsieme delle norme e dei principi processuali di diritto nazionale rilevanti in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nonch delle conseguenze che ne derivano, secondo tale giudice, in merito allammissibilit del ricorso principale dellofferente escluso. 22 In terzo luogo, nonostante il giudice del rinvio non indichi la specifica disposizione di diritto dellUnione della quale aspira ad ottenere linterpretazione, esso si riferisce esplicitamente, gi nella stessa questione pregiudiziale, alla direttiva 89/665, e la decisione di rinvio contiene un insieme di informazioni sufficientemente completo per permettere alla Corte di individuare gli elementi di tale diritto che richiedono uninterpretazione, tenuto conto delloggetto del procedimento principale (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2006, Chateignier, C.346/05, Racc. pag. I.10951, punto 19 e giurisprudenza citata). 23 Infine, in quarto luogo, non risulta che tale controversia riguardi un appalto pubblico rientrante in una delle eccezioni di cui allarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665. Pertanto, nella misura in cui limporto di tale appalto raggiunga la soglia per lapplica zione della direttiva 2004/18 fissata allarticolo 7 di questultima, cosa che spetta al giudice del rinvio accertare, ma di cui nulla al momento induce a dubitare, le due citate direttive sono applicabili ad un appalto come quello di cui al procedimento principale. Va ricordato, in proposito, che il fatto che una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico riguardi soltanto imprese nazionali irrilevante ai fini dellapplicazione della direttiva 2004/18 (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Michaniki, C.213/07, Racc. pag. I.9999, punto 29 e giurisprudenza citata). Sulla questione pregiudiziale 24 Con la sua questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2, debbano essere interpretate nel senso che se, in un procedimento di ricorso, laggiudicatario solleva uneccezione di inammissibilit fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dellofferente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che lofferta da questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dallautorit aggiudicatrice per non conformit alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, il suddetto articolo 1, paragrafo 3, osta al fatto che tale ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza dellesame preliminare di tale eccezione di inammissibilit, quando il ricorrente contesta a sua volta la legittimit del- lofferta dellaggiudicatario con identica motivazione e soltanto questi due operatori economici hanno presentato unofferta. 25 Va rilevato che dallarticolo 1 della direttiva 89/665 deriva che questultima mira a consentire la proposizione di ricorsi efficaci contro le decisioni delle autorit aggiudicatrici contrarie al diritto dellUnione. Secondo il paragrafo 3 del suddetto articolo, gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo le modalit che gli Stati membri possono determinare, almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. 26 A questo proposito, una decisione con cui lautorit aggiudicatrice esclude unofferta prima ancora di procedere alla selezione costituisce una decisione contro la quale devessere possibile ricorrere, ai sensi dellarticolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665, essendo tale disposizione applicabile a tutte le decisioni adottate dalle autorit aggiudicatrici soggette alle norme di diritto dellUnione in materia di appalti pubblici e non prevedendo essa alcuna limitazione relativa alla natura e al contenuto di dette decisioni (v., in particolare, sentenza del 19 giugno 2003, Hackermller, C.249/01, Racc. pag. I.6319, punto 24, e giurisprudenza citata). 27 In tal senso, al punto 26 della citata sentenza Hackermller, la Corte ha affermato che il fatto che lautorit dinanzi alla quale si svolge il procedimento di ricorso neghi la partecipazione a tale procedimento, per mancanza della legittimazione a ricorrere, ad un offerente escluso prima ancora di procedere a una selezione, avrebbe leffetto di privare tale offerente non solo del suo diritto a ricorrere contro la decisione di cui egli afferma lillegittimit, ma altres del diritto di contestare la fondatezza del motivo di esclusione allegato da detta autorit per negargli la qualit di persona che sia stata o rischi di essere lesa dallasserita illegittimit. 28 Certamente, quando, al fine di ovviare a tale situazione, viene riconosciuto allofferente il diritto di contestare la fondatezza di detto motivo di esclusione nellambito del procedimento instaurato a seguito di un ricorso avviato da questultimo per contestare la legittimit della decisione con cui lautorit aggiudicatrice non ha ritenuto la sua offerta CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 come la migliore, non si pu escludere che, al termine di tale procedimento, lautorit adita pervenga alla conclusione che detta offerta avrebbe dovuto effettivamente essere esclusa in via preliminare e che il ricorso dellofferente debba essere respinto in quanto, tenuto conto di tale circostanza, egli non stato o non rischia di essere leso dalla violazione da lui denunciata (v. sentenza Hackermller, cit., punto 27). 29 In una situazione del genere, allofferente che ha proposto ricorso contro la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico deve essere riconosciuto il diritto di contestare dinanzi a tale autorit, nellambito di tale procedimento, la fondatezza delle ragioni in base alle quali la sua offerta avrebbe dovuto essere esclusa (v., in tal senso, sentenza Hackermller, cit., punti 28 e 29). 30 Tale insegnamento applicabile, in linea di principio, anche qualora leccezione di inammissibilit non sia sollevata dufficio dallautorit investita del ricorso, ma in un ricorso incidentale proposto da una parte nel procedimento di ricorso, come laggiudicatario regolarmente intervenuto nello stesso. 31 Nel procedimento principale, il giudice del rinvio, allesito della verifica dellidoneit delle offerte presentate dalle due societ in questione, ha constatato che lofferta presentata da Fastweb non era conforme allinsieme delle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni. Esso giunto peraltro alla stessa conclusione in relazione allofferta presentata dallaltro offerente, Telecom Italia. 32 Una situazione del genere si distingue da quella oggetto della citata sentenza Hackermller, in particolare per essere risultato che, erroneamente, lofferta prescelta non stata esclusa al momento della verifica delle offerte, nonostante essa non rispettasse le specifiche tecniche del piano di fabbisogni. 33 Orbene, dinanzi ad una simile constatazione, il ricorso incidentale dellaggiudicatario non pu comportare il rigetto del ricorso di un offerente nellipotesi in cui la legittimit dellofferta di entrambi gli operatori venga contestata nellambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti pu far valere un analogo interesse legittimo allesclusione dellofferta degli altri, che pu indurre lamministrazione aggiudicatrice a constatare limpossibilit di procedere alla scelta di unofferta regolare. 34 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che se, in un procedimento di ricorso, laggiudicatario che ha ottenuto lappalto e proposto ricorso incidentale solleva uneccezione di inammissibilit fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dellofferente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che lofferta da questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dallautorit aggiudicatrice per non conformit alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, tale disposizione osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza del- lesame preliminare di tale eccezione di inammissibilit senza pronunciarsi sulla compatibilit con le suddette specifiche tecniche sia dellofferta dellaggiudicatario che ha ottenuto lappalto, sia di quella dellofferente che ha proposto il ricorso principale. Sulle spese 35 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (decima sezione) dichiara: Larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che se, in un procedimento di ricorso, laggiudicatario che ha ottenuto lappalto e proposto ricorso incidentale solleva uneccezione di inammissibilit fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dellofferente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che lofferta da questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dallautorit aggiudicatrice per non conformit alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, tale disposizione osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza dellesame preliminare di tale eccezione di inammissibilit senza pronunciarsi sulla conformit con le suddette specifiche tecniche sia dellofferta dellaggiudicatario che ha ottenuto lappalto, sia di quella dellofferente che ha proposto il ricorso principale. contenzioso nazionale CONTENZIOSO NAZIONALE I recenti tracciati della giurisprudenza costituzionale in materia di qualit della regolazione CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZE 23 GENNAIO 2013 N. 8 E 16 APRILE 2013 N. 70 Federico Basilica* Valeria Romano** SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. La qualit della regolazione come autonomo parametro di costituzionalit: il caso campano - 3. Il contributo della Corte costituzionale alla qualit della regolazione: una ricognizione in chiave storica - 4. Lelevato standard qualitativo della legislazione come leva per lo sviluppo economico nella giurisprudenza costituzionale pi recente. 1. Introduzione. Con le sentenze 23 gennaio 2013, n. 8 e 16 aprile 2013, n. 70 la Corte Costituzionale intervenuta sul tema della qualit della regolazione. Le citate pronunzie destano interesse perch affrontano due rilevanti profili connessi al tema della semplificazione normativa. Nella sentenza del 23 gennaio 2013, in particolare, il Giudice delle Leggi delinea il rapporto di derivazione diretta tra qualit della regolazione e crescita economica in forza del quale una coerente ed intellegibile produzione delle regole si configura come un efficace fattore di sviluppo economico ed imprenditoriale. La sentenza 16 aprile 2013, n. 70, daltro canto, offre un prezioso spunto di riflessione per interrogarsi sulla giustiziabilit, in sede di giudizio di legittimit costituzionale, della cattiva qualit della legislazione. La giurisprudenza costituzionale dellultimo anno sembra, dunque, aver riconosciuto un duplice ruolo alla qualit della regolazione intesa sia come (*) Avvocato dello Stato. (**) Dottoranda di ricerca in diritto e impresa - LUISS Guido Carli, gi praticante forense presso lAvvocatura dello Stato. fattore incidente sullo sviluppo economico che come autonomo parametro di legittimit costituzionale (1). 2. La qualit della regolazione come autonomo parametro di costituzionalit: il caso campano. La sentenza 16 aprile 2013, n. 70 affronta la questione della sindacabilit in sede costituzionale della qualit dei testi normativi indagando, in particolare, i margini di censurabilit costituzionale dei provvedimenti legislativi lacunosi, contraddittori o eccessivamente complessi. La vicenda dalla quale trae origine la sentenza n. 70 del 2013 muove dalla caotica produzione legislativa della Regione Campania sul tema della definizione della distanza massima tra gli aerogeneratori deputati alla produzione dellenergia eolica (2). Prima di analizzare le conclusioni cui giunge la Corte costituzionale, appare essenziale, onde poter pi agevolmente comprendere i termini del problema, ripercorrere le fasi che hanno segnato la vicenda venuta al vaglio del Legislatore negativo. Con lart. 1 co. 2 della legge regionale dell1 luglio 2011, n. 11 (3), il legislatore regionale disponeva che la costruzione di nuovi aerogeneratori autorizzata esclusivamente nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dallaerogeneratore pi vicino preesistente o gi autorizzato. A fronte dellemanazione di tale normativa regionale, il Governo si determinava allimpugnazione della riportata norma di fronte alla Corte costituzionale per contrasto con gli artt. 117, commi 1, 2 e 3 e 97 Cost. Nelle more del giudizio di legittimit costituzionale, tuttavia, la Regione Campania, con un secondo intervento normativo (legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1) (4), prevedeva labrogazione della disposizione impugnata dal Governo a decorrere dal 29 febbraio 2012. LEnte territoriale chiedeva, dunque, la dichiara (1) Sul tema della valenza costituzionale della qualit della regolazione, R. PINARDI, S. SCAGLIARINI, Sindacato sulle leggi e tecnica legislativa: un giudizio senza parametro?, in AA.VV., Scritti in onore di Michele Scudiero, III, Napoli, 2008, 1771; A. VEDASCHI, Le tecniche legislative e la giurisprudenza della Corte costituzionale, in Iter legis, 1999, 415 ss.; V. PAMIO, Corte costituzionale e tecniche legislative. Il triennio 2002-2004, in Dir. soc., 2005, 75 ss.; E. LONGO, Il contributo della Corte costituzionale alla qualit della normazione, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2007. La qualit della regolazione, Torino, 2009, 51 ss.; G.M. SALERNO, La tecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giurisprudenza costituzionale pi recente, in Rass. parl., 1997, 1041; V.P. COSTANZO, Il fondamento costituzionale della qualit della normazione (con riferimenti comparati e allUE), in AA.VV., Studi in memoria di Giuseppe G. Floridia, Napoli, 2009, 183. (2) Gli interventi del legislatore campano oggetto del vaglio della Corte Costituzionale vengono di seguito, per chiarezza espositiva, riportati in ordine cronologico: a) Legge regionale 1 luglio 2011, n. 11; b) Legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1; c) Legge regionale 21 maggio 2012, n. 13; d) Legge regionale 9 agosto 2012, n. 2613. (3) Legge Regione Campania 1 luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici). (4) Legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2012). zione della cessazione della materia del contendere di fronte al Giudice delle Leggi. Ottenuta lestinzione del processo (5), il Consiglio Regionale della Campania approva un terzo intervento legislativo (legge 21 maggio 2012, n. 13) (6) nel cui eterogeneo corpus veniva disposto il differimento della prevista abrogazione dal 29 febbraio al 30 giugno 2012. Dal quadro normativo tracciato poteva, non senza qualche difficolt, desumersi che il divieto di installazione di nuovi impianti a una distanza inferiore a 800 metri da quelli preesistenti era operante dal 1 luglio 2011 al 28 febbraio 2012, veniva meno dal 29 febbraio al 28 maggio 2012, operava nuovamente con efficacia retroattiva dal 29 maggio fino 29 giugno ed, infine, cadeva definitivamente dal 30 giugno (7). A fronte dal varo della legge regionale del 21 maggio 2012, n. 13, il Consiglio dei Ministri ne deliberava limpugnazione limitatamente alla disposizione che differiva labrogazione ripristinando di fatto il divieto di cui alla legge n. 11/2001. Stante la nuova impugnativa promossa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Campania abrogava la norma impugnata con lart. 42, comma 4, della legge regionale 9 agosto 2012, n. 2613 verosimilmente con lo scopo di ottenere nuovamente lestinzione del giudizio di fronte alla Consulta. Il Giudice delle Leggi, tuttavia, ben lungi dal ritenere cessata la materia del contendere si pronunciato, con la sentenza in commento, nel merito della vicenda dichiarando lillegittimit costituzionale dellarticolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13 per violazione dellart. 97 Cost. cos riconoscendo nel cattivo uso della potest legislativa e nella scarsa intellegibilit degli interventi regolatori della Regione Campania un diretto vulnus ai canoni di imparzialit e buon andamento dellamministrazione. La declaratoria di illegittimit costituzionale della norma impugnata dal Governo per violazione del principio della buona amministrazione appare esemplificativa di un evidente cambio di passo della giurisprudenza della Corte costituzionale con riguardo alla questione della giustiziabilit della cattiva qualit della legislazione. La posizione assunta dai Giudici costituzionali rispetto al tema della qualit della regolazione , infatti, stata tradizionalmente connotata da un certo self-restraint nel dichiarare lillegittimit costituzionale delle norme per il mancato raggiungimento di un adeguato standard qualitativo dei testi legislativi. (5) La Corte costituzionale ha dichiarato estinto il processo con ordinanza n. 89/2012 depositata il 12 aprile 2012, pubblicata in GU. 18 aprile 2012. (6) Legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2012. (7) Per una completa ricostruzione della vicenda in esame, D. PARIS Il controllo del giudice costituzionale sulla qualit della legislazione nel giudizio in via principale in www.forumcostituzionale.it. La sentenza presenta, pertanto, profili di accentuata innovativit rispetto al pregresso panorama giurisprudenziale perch, per la prima volta, la Corte costituzionale afferma che lassoluta oscurit della legge, ponendosi in contrasto con il canone costituzionale di cui allart. 97, causa di illegittimit costituzionale della disposizione che, in ragione della sua complessit, deve essere espunta dallordinamento. La sentenza in esame si presta, quindi, ad essere letta come una chiara presa di posizione della Corte costituzionale nel segno di una rinnovata centralit del principio della certezza del diritto e della chiarezza normativa. La Corte, in definitiva, sembra avallare la posizione dellautorevole dottrina (8) che gi da tempo aveva riconosciuto la valenza costituzionale del principio della qualit della regolazione e della semplificazione normativa per aggredire grovigli normativi ed interventi legislativi caotici e disorganici. Linnovativit della pronunzia in esame si apprezza a pieno solo si indaga, in chiave storica, levoluzione della giurisprudenza costituzionale sul tema della sindacabilit del tasso di qualit della regolazione. 3. Il contributo della Corte costituzionale alla qualit della regolazione: una ricognizione in chiave storica. Il tema della sindacabilit costituzionale delle norme mal formulate dal Legislatore stato differentemente affrontato dalla Corte Costituzionale a seconda della natura penale ovvero extra-penale della disposizione sottoposta al vaglio di legittimit. Nel primo caso, infatti, la sindacabilit della tecnica redazionale degli atti normativi in sede costituzionale non mai stata posta in discussione trovando un saldo addentellato normativo allart. 25 Cost. e nel principio, dalla norma ricavabile, di tassativit delle fattispecie penali. ben noto come in forza del menzionato principio il Legislatore che qualifica un certo fatto come reato deve indicare con sufficiente determinazione la condotta incriminata e le sanzioni penali ricondotte alla sua commissione al fine di consentire ai consociati di orientare consapevolmente le proprie condotte e di calcolarne in anticipo le conseguenze sulla base di un quadro normativo certo e ben definito. Secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, dunque, il principio di tassativit , prima di tutto, rivolto al Legislatore in capo al quale deve essere riconosciuto lonere di formulare norme concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza e dellintellegibilit dei termini impiegati evitando il ricorso a vocaboli polisensi, clausole generali e concetti elastici il cui impiego sovvertirebbe i pi ovvi princpi che sovraintendono razionalmente ad ogni sistema legislativo nonch le pi elementari nozioni ed insegnamenti (8) M. AINIS, La legge oscura. Come e perch non funziona, Bari, 2010, 117 ss. intorno alla creazione e alla formazione delle norme giuridiche (9). Una proiezione sovranazionale delle affermazioni della Corte costituzionale in ordine alle tecniche di formulazione delle fattispecie penali rinvenibile nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Lelaborazione giurisprudenziale della Corte Edu ha, infatti, conferito rilievo alla dimensione qualitativa del principio di legalit sancito allart. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo e delle Libert Fondamentali. La norma impone, secondo linterpretazione fornita dai Giudici di Strasburgo, non solo la preesistenza della norma incriminatrice al fatto, ma anche la sua accessibilit e comprensibilit (10). Sulla scorta delle considerazioni che precedono appare evidente la censurabilit costituzionale ex art. 25 Cost. delle norme penali imprecise e contraddittorie nonch la sindacabilit ex art. 117 Cost. e 7 Cedu del grado di determinatezza e precisione delle norme c.d. intrinsecamente penali ovvero delle disposizioni che, sebbene non qualificate come penali dal Legislatore nazionale, abbiano una natura afflittiva e sanzionatoria di stampo penalistico. Ci posto, residua la centrale questione, affrontata dalla sentenza 16 aprile 2013, n. 70, relativa alla sindacabilit di tutte le altre norme extra-penali formulate da Legislatore in modo oscuro, ambiguo o vago. La questione sopra delineata apparsa, sin dalle pi risalenti pronunzie della Corte costituzionale, particolarmente problematica per due essenziali ragioni. In primo luogo la Costituzione italiana non contiene disposizioni che si occupano esplicitamente della qualit della regolamentazione nel settore extrapenale. In aggiunta alla carenza di un espresso parametro di censurabilit del cattivo esercizio del potere legislativo, lammissibilit del sindacato sulla qualit della normazione apparsa ostica stante il fondamentale principio per cui il controllo di legittimit costituzionale esclude ogni valutazione sulluso del potere discrezionale del Parlamento (11). I margini di sindacabilit della qualit delle leggi sono, pertanto, apparsi da subito angusti stante soprattutto lassenza di un espresso parametro cui ancorare il giudizio. In questo senso lassenza di un preciso parametro cui saldare il sindacato di costituzionalit stata dalla dottrina qualificata come un paradosso ed un concreto ostacolo alla censurabilit in sede costituzionale di una legge oscura (12). (9) Cos Corte Cost. sentenza 8 giugno 1981, n. 96. Sul tema della tassativit delle norme penali appaiono in particolar modo rilevanti le note pronunzie del 30 luglio 2008 n. 327 in G.U. 6 agosto 2008 e n. 5 del 2004 sulla legittimit costituzionale dellart. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. (10) Corte 26 aprile 1979, The Sunday Times v. United Kingdom (Series A No 30). (11) Cfr., art. 28 della Legge L. 11 marzo 1953, n. 87 recante Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, pubblicata in G.U. 14 marzo 1953, n. 62. (12) M. AINIS, La legge oscura. Come e perch non funziona, Laterza, Bari, 1997, p. 113 e ss. La Corte costituzionale si , pertanto, per lungo tempo limitata ad indirizzare al Legislatore inviti e moniti al miglioramento degli standards qualitativi dei testi legislativi astenendosi dalla realizzazione di dirette censure anche a fronte di casi di spiccata imprecisione, contraddittoriet, irrazionalit e lacunosit dei testi legislativi sottoposti al suo vaglio. A fronte di tale quadro la dottrina ha pervicacemente teso ad isolare, in via ermeneutica, dal testo costituzionale un generale principio di qualit della regolazione e semplificazione normativa per aggredire i grovigli normativi e gli interventi legislativi caotici e disorganici. Lelaborazione dottrinale consta di numerosi contributi indirizzati a superare il problema dellapparente carenza di un paramento di sindacabilit della qualit delle regole da parte del Giudice delle Leggi. In tale ottica, la dottrina ha individuato un ampio ordito normativo composto da una pluralit di norme costituzionali alle quali collegare il sindacato sul rispetto dei livelli qualitativi minimi nella regolazione extra-penale. Si fatto riferimento, in particolare, allart. 72 Cost. (sistema di votazione della legge), allart. 71 Cost. (redazione di progetti di legge in articoli, in caso di iniziativa legislativa popolare), nonch allart. 54 Cost. (dovere di osservare la legge, che presuppone la sua conoscibilit ed intellegibilit) ed allart. 97 Cost. (buon andamento e imparzialit dellamministrazione), oltre che allart. 3 Cost. (canone di ragionevolezza). Si dunque opinato nel senso di ritenere che dalla combinazione delle norme citate sia dato desumere la sussistenza, nel nostro ordinamento, di un generale principio di qualit della regolazione alla stregua del quale sindacare testi legislativi non comprensibili e disorganici (13). Altra parte della dottrina si , invece, mostrata propensa ad ancorare il sindacato sulla qualit della regolazione al principio di leale collaborazione interpretando la cattiva qualit della legislazione come il risultato di uno scarso coordinamento tra i soggetti (Parlamento, Governo, Regioni) coinvolti nel processo legislativo. La giurisprudenza della Corte costituzionale ha gradualmente mutuato le elaborazioni dottrinali di cui si dato succintamente conto giungendo a ritenere sindacabile la scarsa qualit della regolazione sulla base, di volta in volta, di parametri diversi. Un primo tentativo stato esperito evocando unapplicazione sul terreno della qualit della regolazione del principio di ragionevolezza inteso come criterio di razionalit e coerenza delle scelte operate dal Legislatore nellambito del libero esercizio della potest normativa. Sul punto merita richiamare la (13) V. CAIANIELLO, Il drafting delle leggi nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Riv. trim. Scienza Amm., 1999, n. 1, 15 s.; M. CARLI, Come garantire il rispetto delle regole sulla buona qualit delle leggi dello stato, in Osservatorio sulle fonti 2007, Giappichelli, Torino, 2009, p. 3 e ss. sentenza n. 52/1996 con la quale stato dichiarato illegittimo per contrasto con i principi di ragionevolezza, e di razionalit della legislazione, desumibili dall'art. 3 della Costituzione l'articolo 15, comma 17, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica). In altre pronunzie il controllo giurisdizionale della qualit della legislazione stato condotto valorizzando il generale principio di certezza del diritto. In talune sentenza, tra le quali merita menzione la n. 376/2002, traspare lidea per cui la chiarezza e lintelligibilit della regolazione scongiura il rischio di incertezza del diritto che alligna nelleccesso di norme, soprattutto se confuse e contraddittorie, la quale pu condurre alla negazione del diritto stesso e a porre le premesse per comportamenti illegali. Alla luce della breve analisi sin ora tracciata con riguardo alla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di giustiziabilit della cattiva regolazione dovrebbe apprezzarsi pienamente il carattere innovativo della sentenza 16 aprile 2013, n. 70. La sentenza, come detto, ha collegato il sindacato sulla qualit delle norme allart. 97 Cost. ed ha individuato nelloscurit della disposizione un elemento decisivo ai fini della relativa dichiarazione di incostituzionalit ponendo laccento sullonere, in capo tanto al Legislatore regionale quanto del Legislatore nazionale, di formulare i testi legislativi in maniera chiara e comprensibile. La pronunzia si apprezza anche perch la Corte costituzionale sembrata animata dalla preoccupazione di farsi carico delle conseguenze del grave disordine normativo ingenerato dal cattivo uso della potest legislativa regionale sugli attori economici operanti nel mercato campano dellenergia eolica, nonch sui cittadini e sui fruitori dei servizi. La dottrina ha, infatti, evidenziato come la pronunzia si ponga come una presa di posizione di fondamentale rilievo soprattutto in ordine allattenzione mostrata dai Giudici costituzionali rispetto al tema dei costi economici della cattiva qualit della legislazione (14). Tali ultime considerazioni consentono di rintracciare il trait d'union tra la pronunzia sin ora esaminata e la sentenza 23 gennaio 2013 n. 8 sulla quale appare opportuno spendere alcune considerazioni. 4. Lelevato standard qualitativo della legislazione come leva per lo sviluppo economico nella giurisprudenza costituzionale pi recente. Nella sentenza 23 gennaio 2013, n. 8 la Corte Costituzionale stata chiara nellaffermare che una legislazione composta da norme sovrapposte, stratificate e poco chiare in uno a procedimenti amministrativi lenti e farraginosi ingenera negli operatori economici difficolt sia di accesso sia di permanenza (14) P. MAZZINA, Qualit della legislazione e competitivit: alcune riflessioni intorno ad una recente esperienza campana, in www.rivistaaic.it, Osservatorio costituzionale, ottobre 2013, 4 s. sul mercato rappresentando un collo di bottiglia rispetto allobiettivo della crescita economica. Nel vagliare la legittimit costituzionale degli articoli 1, comma 4, e 35, comma 7, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit), la Corte ha invocato, infatti, politiche volte ad alleggerire la regolazione, liberandola dagli oneri inutili e sproporzionati e che perseguano lo scopo di sostenere lo sviluppo delleconomia nazionale. Sul punto i Giudici costituzionali hanno rilevato come non sia difficile cogliere lintimo legame fra le politiche economiche di liberalizzazione, intesa come razionalizzazione della regolazione, e le implicazioni finanziarie delle stesse. La Corte ha ben sintetizzato, nella pronunzia in esame, il circolo virtuoso innescabile con la messa in campo di politiche di riduzione della pressione regolatoria. Nellottica adottata dal Legislatore negativo, infatti, un contesto normativo agevole ed intellegibile realizza una maggiore libert di accesso al mercato ed incentiva lintrapresa economica privata. Lingresso di nuovi operatori sul mercato incrementa, a sua volta, lefficienza e la competitivit del sistema produttivo che, per leffetto, in grado di generare crescita economica favorendo laumento del gettito tributario che concorre alla riduzione del disavanzo della finanza pubblica funzionale al rispetto degli indici del Patto europeo di stabilit. La necessit, cos espressa dalla Corte costituzionale, di puntare ad una stagione di politiche di semplificazione normativa come leva per il rilancio del Paese appare largamente condivisa dagli analisti internazionali e nazionali. Lassunto trova conforto, in particolare, nelledizione del 2014 del Rapporto Doing Business predisposto dalla Banca Mondiale sulla facilit di fare impresa. Il rapporto ha comparato i sistemi di business regulation di 189 Paesi misurando le ripercussioni degli oneri normativi, in ciascun contesto nazionale, sullo svolgimento di attivit come avviare unimpresa, ottenere un licenza, registrare una propriet, impiegare lavoratori, importare ed esportare beni. Lo studio si tradotto in una graduatoria che vede lItalia collocata al 65 posto, dopo Rwanda e Ghana, per qualit della regolazione e celerit dei procedimenti amministrativi (15). Il negativo effetto della pressione regolatoria ed amministrativa sulle attivit produttive stato denunciato anche dalla Commissione Europea che, da ultimo nella comunicazione del 7 marzo 2013, COM(2013) 122 Smart Regulation: Responding to the needs of small and medium-sized enterprises, ha riaffermato la necessit di far leva sul miglioramento della regolazione come (15) I dati raccolti dalla Banca Mondiale nel rapporto 2014 sono reperibili al seguente indirizzo web: http://www.doingbusiness.org/~/media/GIAWB/Doing%20Business/Documents/AnnualReports/ English/DB14-Full-Report.pdf. strumento di competitivit e di sviluppo economico. Sulla stessa linea anche Businesseurope, la Confindustria europea, che ha chiarito: the current crisis has brought smart regulation as a tool for encouraging growth and competitiveness to the top of the EU political agenda. Come dimostrato dalla posizione assunta dagli organismi internazionali, delle Istituzioni europee e della recente giurisprudenza costituzionale di cui si dato conto, il collegamento tra la qualit della regolazione e la crescita economica ormai dato inconfutabile. La cattiva qualit della regolazione rappresenta, dunque, un diretto vulnus rispetto ai principi costituzionali di imparzialit, ragionevolezza e certezza del diritto che, come stato efficacemente messo a fuoco dalla Corte costituzionale nellultimo anno con le sentenze 23 gennaio 2013, n. 8 e 16 aprile 2013, n. 70, si riverbera immediatamente sul piano economico essendo a tutti chiaro che se non cՏ la certezza del diritto non assicurata n la crescita n la competitivit (16). Di qui, allora, bisogna ripartire: ricostruire una governance di sistema che, presa piena consapevolezza del rapporto di derivazione diretta tra la qualit della legislazione e la promozione della crescita, intraprenda iniziative di riduzione dello stock normativo e favorisca il passaggio ad una amministrazione performance-oriented la cui azione si inserisca in un quadro di complessiva stabilit legislativa ed istituzionale. Concludendo, in un periodo di crisi la scarsit di mezzi finanziari deve tradursi in stimolo verso ad maggiore efficienza nel loro impiego. Allinterno di una agenda di organiche e sistematiche politiche di regulatory reform sar, quindi, prioritario contemperare modifiche normative e di procedura dirette a promuovere la competitivit del sistema-Paese in vista di un ritorno alla fiducia nel breve periodo ed alla crescita nel lungo periodo. Corte costituzionale, sentenza 23 gennaio 2013 n. 8 -Pres. Quaranta, Red. Cartabia - avv.ti M. Bertolissi e L. Manzi per la Regione Veneto, M. Cecchetti per la Regione Toscana e avv. Stato P. Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri. (...) Considerato in diritto 1. Con i due ricorsi indicati in epigrafe, la Regione Toscana (reg. ric. n. 82 del 2012) e la Regione Veneto (reg. ric. n. 83 del 2012) hanno proposto in via principale varie questioni di legittimit costituzionale relative al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27, tra cui alcune aventi ad oggetto larticolo 1, comma 4, e, per quanto riguarda la sola Regione Toscana, lart. 35, comma 7, del decreto- legge indicato cos come convertito. (16) R. GIOVAGNOLI, Liberalizzazioni, semplificazioni ed effettivit della tutela, www.giustamm.it, n. 6/2012. In particolare, in ordine allart. 1, comma 4, la Regione Toscana lamenta la violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 della Costituzione; mentre la Regione Veneto ritiene che siano stati violati gli artt. 3, 5, 97, 114, 117, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 118, 119 della Costituzione, nonch lart. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il principio di leale collaborazione e i principi di cui agli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettere z) e ll), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dellarticolo 119 della Costituzione). Per quanto riguarda lart. 35, comma 7, poi, la sola Regione Toscana lamenta la violazione degli artt. 77, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, nonch del principio di leale collaborazione. 2. Stante la connessione esistente tra i predetti ricorsi, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con ununica pronuncia, la quale avr ad oggetto esclusivamente le questioni di legittimit costituzionale delle disposizioni legislative sopra indicate - art. 1, comma 4, e art. 35, comma 7 - essendo riservata ad altre decisioni la valutazione delle restanti questioni, promosse con i medesimi ricorsi dalle Regioni Toscana e Veneto. 3. Riguardo allart. 1, comma 4, del decreto-legge impugnato, devono preliminarmente dichiararsi inammissibili le censure prospettate dalla Regione Veneto con riferimento agli artt. 3, 5, 97, 114 e 119 Cost., nonch quelle che lamentano la violazione dellart. 9, comma 2, della legge costituzionale n. 3 del 2001, e degli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettere z) e ll), della legge n. 42 del 2009. 3.1. Le censure relative agli artt. 3 e 97 Cost. sono inammissibili, in quanto non sufficientemente motivate. La Regione ricorrente si limita a lamentare la genericit e lindeterminatezza della disposizione impugnata, omettendo di mostrare le ragioni per cui tali caratteristiche della normativa in esame determinino una lesione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, invocati a parametro di giudizio, e trascurando del tutto di indicare come lasserita violazione di tali principi ridondi sul riparto di competenze sancito dal Titolo V della Parte seconda della Costituzione. 3.2. Ugualmente inammissibili sono le questioni prospettate in riferimento agli artt. 5 e 114 Cost., e al principio di cui allart. 9, comma 2, della legge costituzionale n. 3 del 2001. Su tali punti il ricorso risulta carente di motivazione e financo inconferente. Dette censure sono esclusivamente vlte a rivendicare la posizione equiordinata di cui godrebbero le Regioni rispetto allo Stato, che renderebbe illegittima lintroduzione di qualsiasi strumento di controllo statale sulle Regioni, senza che siano addotte specifiche argomentazioni in ordine alla asserita illegittimit costituzionale della disposizione impugnata. La motivazione, oltre che insufficiente, appare anche inconferente, in quanto la norma censurata non ripristina alcun controllo sugli atti legislativi o amministrativi delle Regioni, in contrasto con la legge costituzionale n. 3 del 2001, invocata a parametro del presente giudizio. 3.3. Infine, inammissibile, per carenza assoluta di motivazione, il ricorso della Regione Veneto nella parte in cui ritiene violati lart. 119 Cost. e gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettere z) e ll), del legge n. 42 del 2009. Sul punto, il ricorso privo di qualunque svolgimento argomentativo, limitandosi a richiamare le suddette norme, senza mostrare in quale senso esse risultino incise dalle disposizioni impugnate e senza neppure offrire ragioni a sostegno della possibilit di far valere levocata legge n. 42 del 2009 come parametro nei giudizi davanti a questa Corte. 4. Nel merito, le rimanenti questioni aventi ad oggetto lart. 1, comma 4, non sono fondate. 4.1. Occorre, anzitutto, chiarire il significato della disposizione impugnata, alla luce del contesto normativo in cui sinscrive. Il contenuto del censurato art. 1, comma 4, infatti, pu essere compreso solo in relazione ai commi che lo precedono, dal momento che esso prevede che le Regioni e gli altri enti territoriali si adeguino ai principi desumibili dai primi tre commi del medesimo art. 1 e, al fine di incentivare gli enti territoriali ad operare nel senso indicato dal legislatore statale, il comma 4 afferma che il predetto adeguamento costituisce elemento di valutazione della virtuosit, alla quale si connettono conseguenze di ordine finanziario, secondo quanto previsto dallart. 20, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111. I principi contenuti nei commi 1, 2 e 3 dellart. 1 - la cui attuazione da parte di tutti gli enti territoriali il legislatore intende incentivare con il dispositivo contenuto nel comma 4, oggetto del presente giudizio - riguardano la liberalizzazione delle attivit economiche e si pongono in linea di continuit, anche attraverso richiami testuali espliciti, con lart. 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, su cui questa Corte si pronunciata con sentenza n. 200 del 2012. In vista di una progressiva e ordinata liberalizzazione delle attivit economiche, lart. 1 del decreto-legge n. 1 del 2012 prevede un procedimento di ri-regolazione delle attivit economiche a livello statale, da realizzarsi attraverso strumenti di delegificazione, che mira al- labrogazione delle norme che, a vario titolo e in diverso modo, prevedono limitazioni o pongono condizioni o divieti che ostacolano liniziativa economica o frenano lingresso nei mercati di nuovi operatori, fatte salve le regolamentazioni giustificate da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con lordinamento comunitario (art. 1, comma 1, lettera a), e che siano adeguate e proporzionate alle finalit pubbliche perseguite (art. 1, comma 1, lettera b). Allo stesso scopo, lart. 1, comma 2, prevede che [l]e disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni allaccesso ed allesercizio delle attivit economiche siano interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalit di interesse pubblico generale e indica una serie dinteressi pubblici, anche di rango costituzionale, che possono giustificare limiti e controlli, vlti, ad esempio, ad evitare possibili danni alla salute, allambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana e possibili contrasti con lutilit sociale, con lordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica. Segue, allart. 1, comma 3, la previsione che il Governo individui con regolamenti di delegificazione, ai sensi dellart. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dellattivit di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le attivit per le quali permangono limiti, regolamentazioni e controlli e identifichi, altres, le disposizioni legislative e regolamentari che, invece, risultano abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. Vista nel suo insieme, la disciplina contenuta nellart. 1 del decreto-legge n. 1 del 2012 si colloca nel solco di unevoluzione normativa diretta ad attuare il principio generale della liberalizzazione delle attivit economiche, richiedendo che eventuali restrizioni e limitazioni alla libera iniziativa economica debbano trovare puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale (sentenza n. 200 del 2012). Tale intervento normativo, conformemente ai prin cipi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dellattivit economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dallaltro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con lutilit sociale e con gli altri principi costituzionali (sentenza n. 200 del 2012). 4.2. In questo quadro, lart. 1, comma 4, estende allintero sistema delle autonomie il compito di attuare i principi di liberalizzazione, come sopra delineati. Del resto, affinch lobiettivo perseguito dal legislatore possa ottenere gli effetti sperati, in termini di snellimento degli oneri gravanti sullesercizio delliniziativa economica, occorre che lazione di tutte le pubbliche amministrazioni - centrali, regionali e locali - sia improntata ai medesimi principi, per evitare che le riforme introdotte ad un determinato livello di governo siano, nei fatti, vanificate dal diverso orientamento delluno o dellaltro degli ulteriori enti che compongono larticolato sistema delle autonomie. Questultimo, infatti, risponde ad una logica che esige il concorso di tutti gli enti territoriali allattuazione dei principi di simili riforme. A titolo esemplificativo, si pu rammentare che persino gli statuti di autonomia speciale prevedono che le norme fondamentali delle riforme economico-sociali costituiscono vincoli ai rispettivi legislatori regionali e provinciali, che sono tenuti ad osservarle nellesercizio di ogni tipo di competenza ad essi attribuita. Per queste ragioni, il principio di liberalizzazione delle attivit economiche - adeguatamente temperato dalle esigenze di tutela di altri beni di valore costituzionale - si rivolge tanto al governo centrale (art. 1, commi 1, 2 e 3), quanto a Comuni, Province, Citt Metropolitane e Regioni (art. 1, comma 4), perch solo con la convergenza dellazione di tutti i soggetti pubblici esso pu conseguire risultati apprezzabili. 4.3. Lampiezza dei principi di razionalizzazione della regolazione delle attivit economiche non comporta, nel caso in esame, lassorbimento delle competenze legislative regionali in quella spettante allo Stato nellambito della tutela della concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che pure costituisce il titolo competenziale sulla base del quale latto normativo statale impugnato stato adottato. Al contrario: grazie alla tecnica normativa prescelta, i principi di liberalizzazione presuppongono che le Regioni seguitino ad esercitare le proprie competenze in materia di regolazione delle attivit economiche, essendo anzi richiesto che tutti gli enti territoriali diano attuazione ai principi dettati dal legislatore statale. Le Regioni, dunque, non risultano menomate nelle, n tanto meno private delle, competenze legislative e amministrative loro spettanti, ma sono orientate ad esercitarle in base ai principi indicati dal legislatore statale, che ha agito nellesercizio della sua competenza esclusiva in materia di concorrenza. 4.4. Ci determina linfondatezza delle censure relative allart. 117, secondo, terzo, quarto e sesto comma, e 118 Cost., dato che con la disposizione impugnata il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regionale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livello statale (sentenza n. 200 del 2012). 4.5. Neppure sono fondate le censure, prospettate dalla Regione Veneto, in riferimento allart. 117, primo e quinto comma, Cost., considerato che non emerge alcun profilo di contrasto con il diritto dellUnione europea, mentre, sotto il profilo del riparto di competenze, la disposizione impugnata si qualifica in termini di tutela della concorrenza (ex plurimis, sentenze n. 299 e n. 200 del 2012), rientrando dunque pienamente allinterno delle competenze di pertinenza esclusiva statale, ex art. 117, secondo comma, Cost., senza nulla togliere alle Regioni in materia di attuazione del diritto europeo. 4.6. Quanto alla violazione del principio di leale collaborazione, lamentata dalla Regione Veneto, la relativa questione parimenti infondata. A prescindere da ogni considerazione sulla formulazione, in vero poco perspicua, della censura, occorre ribadire che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, linvocato principio non trova applicazione in riferimento al procedimento legislativo ed, inoltre, esso non opera allorch lo Stato eserciti la propria competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza (cos la sentenza n. 299 del 2012 e similmente le sentenze n. 234 del 2012, n. 88 del 2009 e n. 219 del 2005). 5. Il principale elemento di novit della disposizione impugnata, rispetto allevoluzione normativa sopra richiamata (punto 4.1.), costituito dal raccordo tra attuazione dei principi di razionalizzazione delle attivit economiche e implicazioni di natura finanziaria a carico delle autonomie territoriali. Proprio in ordine a tale correlazione stato formulato il pi nutrito gruppo di censure, per violazione dellart. 117, terzo comma, e 119 Cost., rispettivamente in materia di coordinamento della finanza pubblica e autonomia finanziaria regionale. 5.1. Le questioni non sono fondate. Lart. 1, comma 4, censurato, prevede che la Presidenza del Consiglio comunichi al Ministero delleconomia gli enti che hanno proceduto allapplicazione delle procedure previste dal presente articolo, volte allattuazione del principio di liberalizzazione. Tale adeguamento viene considerato tra i parametri di virtuosit, sulla base dei quali, ai sensi dellart. 20, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011, gli enti territoriali vengono suddivisi in due classi, ai fini del rispetto del patto di stabilit interno. Gli enti stimati complessivamente virtuosi sono chiamati a rispettare vincoli di finanza pubblica meno stringenti rispetto agli enti meno virtuosi, come ad esempio quelli relativi al contenimento delle spese correnti, ai sensi dellart. 77-ter, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. Al contrario, gli enti collocati nella classe meno virtuosa subiscono una riduzione dei trasferimenti e concorrono alla realizzazione di obiettivi di finanza pubblica maggiormente onerosi, ai sensi dellart. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivit economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 giugno 2010, n. 122. La valutazione della virtuosit degli enti si basa su un complesso di parametri assai articolato (ex art. 20, comma 2, lettere da a a l, e comma 2-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011), tra i quali la disposizione impugnata introduce anche ladeguamento ai principi della razionalizzazione della regolazione economica, quale elemento aggiuntivo rispetto agli altri fattori gi previsti dal legislatore. 5.2. Non difficile cogliere la ratio del legame tracciato dal legislatore fra le politiche economiche di liberalizzazione, intesa come razionalizzazione della regolazione, e le implicazioni finanziarie delle stesse. Secondo limpostazione di fondo della normativa - ispirata a quelle evidenze economiche empiriche che individuano una significativa relazione fra liberalizzazioni e crescita economica, su cui poggiano anche molti interventi delle istituzioni europee - ragionevole ritenere che le politiche economiche volte ad alleggerire la regolazione, liberandola dagli oneri inutili e sproporzionati, perseguano lo scopo di sostenere lo sviluppo del- leconomia nazionale. Questa relazione tra liberalizzazione e crescita economica appare ulteriormente rilevante in quanto, da un lato, la crescita economica uno dei fattori che pu contribuire allaumento del gettito tributario, che, a sua volta, concorre alla riduzione del disa vanzo della finanza pubblica; dallaltro, non si pu trascurare il fatto che il Patto europeo di stabilit e crescita - che alla base del Patto di stabilit interno - esige il rispetto di alcuni indici che mettono in relazione il prodotto interno lordo, solitamente preso a riferimento quale misura della crescita economica di un Paese, con il debito delle amministrazioni pubbliche e con il deficit pubblico. Il rispetto di tali indici pu essere raggiunto, sia attraverso la crescita del prodotto interno lordo, sia attraverso il contenimento e la riduzione del debito delle amministrazioni pubbliche e del deficit pubblico. In questa prospettiva, ragionevole che la norma impugnata consenta di valutare ladeguamento di ciascun ente territoriale ai principi della razionalizzazione della regolazione, anche al fine di stabilire le modalit con cui questo debba partecipare al risanamento della finanza pubblica. Lattuazione di politiche economiche locali e regionali volte alla liberalizzazione ordinata e ragionevole e allo sviluppo dei mercati, infatti, produce dei riflessi sul piano nazionale, sia quanto alla crescita, sia quanto alle entrate tributarie, sia, infine, quanto al rispetto delle condizioni dettate dal Patto europeo di stabilit e crescita. 5.3. Complessivamente, dunque, non irragionevole che il legislatore abbia previsto un trattamento differenziato fra enti che decidono di perseguire un maggiore sviluppo economico attraverso politiche di ri-regolazione dei mercati ed enti che, al contrario, non lo fanno, purch, naturalmente, lo Stato operi tale valutazione attraverso strumenti dotati di un certo grado di oggettivit e comparabilit, che precisino ex ante i criteri per apprezzare il grado di adeguamento raggiunto da ciascun ente nellambito del processo complessivo di razionalizzazione della regolazione, allinterno dei diversi mercati singolarmente individuati. Introdurre un regime finanziario pi favorevole per le Regioni che sviluppano adeguate politiche di crescita economica costituisce, dunque, una misura premiale non incoerente rispetto alle politiche economiche che si intendono, in tal modo, incentivare. Non sussiste pertanto alcuna violazione sotto linvocato profilo dellart. 119 Cost., n dellart. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. 6. La Regione Toscana ha promosso questioni di legittimit costituzionale dellart. 35, comma 7, del d.l. n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni, nella legge n. 27 del 2012 -che ha soppresso lintesa introdotta con lart. 10, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonch di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), nellambito del procedimento volto alladozione dellatto di indirizzo di cui allart. 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dellorganizzazione del Governo, a norma dellarticolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), adottato dal Ministero delleconomia e delle finanze - per violazione degli artt. 77, secondo comma, 117, terzo comma (in materia di coordinamento del sistema tributario), 118, primo comma, e 119, secondo comma, Cost., nonch del principio di leale collaborazione. 6.1. In riferimento alle censure mosse nei confronti dellart. 35, comma 7, necessario, in primo luogo, indagare il significato sia del cosiddetto atto di indirizzo del Ministro delleconomia e delle finanze, che costituisce il presupposto per il rinnovo della Convenzione tra il Ministero e lAgenzia delle entrate, prevista dallart. 59 del d.lgs. n. 300 del 1999, sia di tale Convenzione. Questultima, in particolare, disciplina i rapporti tra Ministero delleconomia e delle finanze e Agenzia delle entrate, in relazione alle funzioni amministrative di riscossione alla stessa rimesse. In merito alla suddetta Convenzione, la Corte costituzionale ha gi avuto modo di precisare che: la citata Convenzione [] non idonea a produrre lesione della sfera di competenza costituzionale della ricorrente [Regione Siciliana], in quanto essa disciplina i rap porti tra il Ministero e lAgenzia, senza alcun riferimento alle competenze regionali, n contiene alcun profilo che in qualche modo possa dar luogo ad una compressione dei poteri regionali in materia di riscossione dei tributi (sentenza n. 288 del 2004). Di conseguenza, come pure precisato nella predetta sentenza, la possibilit di pervenire a una intesa tra Regione e Agenzia delle entrate per la riscossione dei tributi di spettanza regionale non risulta in alcun modo pregiudicata dalla Convenzione stipulata a livello centrale, per ambiti diversi ed estranei alle competenze regionali, tra Ministero e Agenzia. Il d.lgs. n. 68 del 2011 segue proprio questa impostazione, prevedendo specifiche Convenzioni tra Regioni e Agenzia delle entrate, distinte da quella tra Ministero e Agenzia. Infatti, ai sensi dellart. 10, comma 2, del d.lgs. n. 68 del 2011 le Regioni possono definire con specifico atto convenzionale, sottoscritto con il Ministero delleconomia e delle finanze e con lAgenzia delle entrate, le modalit gestionali e operative dei tributi regionali, nonch di ripartizione degli introiti derivanti dallattivit di recupero dellevasione, nel rispetto della autonomia organizzativa delle stesse e nella scelta delle forme di organizzazione delle attivit di gestione e di riscossione. La disposizione prosegue, specificando che [l]atto convenzionale, sottoscritto a livello nazionale, riguarda altres la compartecipazione al gettito dei tributi erariali . E ancora, lart. 10, comma 4, del medesimo decreto legislativo specifica che le modalit di gestione dellIRAP e delladdizionale regionale allIRPEF, nonch il relativo rimborso spese, sono disciplinate sulla base di convenzioni da definire tra lAgenzia delle entrate e le Regioni. 6.2. Stante lestraneit della disposizione impugnata agli ambiti di competenza regionale, la questione sollevata relativamente alla violazione dellart. 77, secondo comma, Cost., inammissibile. Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha ritenuto, infatti, ammissibili le questioni di legittimit costituzionale proposte da una Regione, nellambito di un giudizio in via principale, in riferimento a parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione, solo quando sia possibile rilevare la ridondanza delle asserite violazioni sul riparto di competenze tra Stato e Regioni e la ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese indirettamente dalla violazione di parametri diversi da quelli contenuti nel Titolo V, nonch le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentenze n. 22 del 2012, n. 128 del 2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004). In particolare, con riferimento allart. 77 Cost., questa Corte ha ribadito in parte qua la giurisprudenza sopra ricordata, riconoscendo che le Regioni possono impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione del medesimo art. 77, ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali (ex plurimis, sentenza n. 6 del 2004). Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto, come eccepito dallAvvocatura generale dello Stato, non si vede come lasserita mancanza di ragioni di straordinaria necessit e urgenza, richieste dallart. 77 Cost., si ripercuota sul riparto delle competenze legislative. 6.3. Nel merito, alla luce del quadro normativo poco sopra illustrato, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, 119, secondo comma, Cost. e al principio di leale collaborazione non sono fondate. , infatti, in sede di Convenzione tra Regioni e Agenzia delle entrate, e non nellambito della formazione del cosiddetto atto di indirizzo ministeriale, che possono trovare spazio le indicazioni regionali - spazio di cui la ricorrente ritiene essere stata privata con leliminazione dellintesa ad opera della disposizione impugnata - ed , di nuovo, in tale sede che deve e pu trovare possibilit di esprimersi la leale collaborazione tra Stato e Regioni, come previsto, del resto, dai commi 5, 6, e 7 dellart. 10 del d.lgs. n. 68 del 2011, secondo cui Al fine di as sicurare a livello territoriale il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale di cui al comma 1, la convenzione di cui al comma 2 pu prevedere la possibilit per le regioni di definire, di concerto con la Direzione dellAgenzia delle entrate, le direttive generali sui criteri della gestione e sullimpiego delle risorse disponibili. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni, con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze sono definite le modalit attuative delle disposizioni di cui al comma 5. Per la gestione dei tributi il cui gettito sia ripartito tra gli enti di diverso livello di governo la convenzione di cui al comma 2 prevede listituzione presso ciascuna sede regionale dellAgenzia delle Entrate di un Comitato regionale di indirizzo, di cui stabilisce la composizione con rappresentanti designati dal direttore dellAgenzia delle entrate, dalla regione e dagli enti locali. La citata gestione dei tributi svolta sulla base di linee guida concordate nellambito della Conferenza Stato-Regioni, con lAgenzia delle entrate. Alla luce di detto contesto normativo, la soppressione dellintesa - che non era prevista nelloriginaria formulazione dellart. 59 del d.lgs. n. 300 del 1999, ma stata introdotta con lart. 10, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011, e subito eliminata con lart. 35, comma 7, del decreto-legge n. 1 del 2012, in questa sede impugnato - non determina alcuna lesione delle competenze regionali in tema di coordinamento del sistema tributario di cui allart. 117, terzo comma, Cost., n viola in alcun modo il principio di leale collaborazione. Per le medesime ragioni non sono neppure fondate le censure basate sulla violazione dellart. 118, primo comma, Cost., e dellart. 119, secondo comma, Cost. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE riservata a separate pronunce la decisione delle questioni di legittimit costituzionale riguardanti le altre disposizioni contenute nel decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit), convertito con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27, riuniti i giudizi, 1) dichiara inammissibili le questioni di legittimit costituzionale dellarticolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012, come convertito nella legge n. 27 del 2012, promosse dalla Regione Veneto con riferimento agli articoli 3, 5, 97, 114 e 119 della Costituzione; 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); 1, comma 1, e 2, comma 2, lettere z) e ll), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dellarticolo 119 della Costituzione), con il ricorso indicato in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimit costituzionale dellarticolo 35, comma 7, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 27 del 2012, promossa, in riferimento allarticolo 77, secondo comma, della Costituzione dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe; 3) dichiara non fondate le questioni di legittimit costituzionale dellarticolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012, come convertito nella legge n. 27 del 2012, promosse dalla Regione Toscana e dalla Regione Veneto, con riferimento agli articoli 117, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 118, 119 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, con i ricorsi indicati in epigrafe; 4) dichiara non fondate le questioni di legittimit costituzionale dellarticolo 35, comma 7, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 27 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, 118, primo comma, 119, secondo comma, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2013. Corte costituzionale, sentenza 16 aprile 2013 n. 70 -Pres. Mazzella, Rel. Lattanzi -avv. Stato A. Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e avv. A. Bove per la Regione Campania. (...) Considerato in diritto 1.. Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimit costituzionale dellarticolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2012), in riferimento agli articoli 117 e 118, nonch 117, secondo comma, lettera l), e 97 della Costituzione. La questione si collega a un ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri avverso la legge della Regione Campania 1 luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici), che stato deciso da questa Corte con lordinanza n. 89 del 2012, di estinzione del processo a seguito di rinuncia. La rinuncia avvenuta dopo labrogazione, a far data dal 29 febbraio 2012, della norma allora impugnata, con la quale si prevedeva che la costruzione di nuovi aereogeneratori fosse autorizzabile solo nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dallaereogeneratore pi vicino. La disposizione oggi censurata interviene sul testo della norma abrogatrice, ovvero sul- lart. 52, comma 15, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del Bilancio Annuale 2012 e Pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2012), per stabilire che il termine del 29 febbraio 2012 differito al 30 giugno 2012. Il ricorrente afferma che il legislatore regionale avrebbe indotto lo Stato a rinunciare al ricorso, definito con lordinanza n. 89 del 2012, per poi reintrodurre la norma che ne era oggetto, cos violando il principio di leale collaborazione. In secondo luogo, gli effetti retroattivi della norma impugnata, in deroga agli artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale, sarebbero preclusi dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. Infine, la tecnica legislativa seguita nel caso di specie avrebbe ingenerato forti difficolt applicative, in contrasto con lart. 97 Cost. 2.. In via preliminare, la Corte prende atto che la norma impugnata stata abrogata dallart. 42, comma 4, della legge della Regione Campania 9 agosto 2012, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dellattivit venatoria in Campania), dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero dal 14 agosto 2012; tuttavia, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa regionale in punto di inammissibilit del ricorso, con ci non si determinata la cessazione della materia del contendere, perch non si pu escludere che la norma abbia trovato medio tempore applicazione (ex plurimis, sentenze n. 243 del 2012 e n. 158 del 2012). Per smentire questa ipotesi, la Regione Campania ha prodotto in giudizio una nota del lamministrazione regionale, con la quale si certifica che nel periodo compreso tra il 29 maggio 2012 ed il 30 giugno 2012 alcun procedimento ha avuto esito negativo in ragione della riviviscenza della legge reg. Campania n. 11 del 2011. Ma la data iniziale cos individuata, con riferimento allentrata in vigore della legge regionale oggi impugnata, non garantisce che il divieto da essa reintrodotto non abbia avuto concreta applicazione dal 29 febbraio fino al 28 maggio seguente. Ci sarebbe in linea astratta possibile, posto che, differendo il termine abrogativo recato dallart. 52, comma 15, della legge reg. Campania n. 1 del 2012, lordinamento regionale ha inteso escludere che labrogazione potesse avere efficacia da quando era stata inizialmente disposta, e dunque dal 29 febbraio, fino al 30 giugno. In ogni caso, con riguardo allintero arco temporale compreso tra il 29 febbraio e il 30 giugno, in presenza di una norma di divieto, neppure vi la certezza che essa non sia stata presa in considerazione nel corso della fase istruttoria di procedimenti amministrativi, che avrebbero avuto esito favorevole proprio perch la parte istante si era uniformata a tale divieto. 3.. Leccezione di inammissibilit del ricorso, avanzata dalla Regione Campania per il fatto che il ricorrente non ha riproposto le censure che lo avevano indotto ad impugnare la precedente legge regionale n. 11 del 2011, non fondata. Si tratta di una decisione dipendente dalla libera scelta della parte del giudizio in via principale, che non ha alcun nesso, neppure sul piano logico, con liniziativa di contestare per altri profili lesercizio della potest legislativa regionale su vicende analoghe. 4.. La questione di legittimit costituzionale della norma impugnata fondata con riferimento allart. 97 Cost., che viene posto a base del ricorso con adeguata motivazione. Questa Corte ha gi affermato che non conforme a tale disposizione costituzionale ladozione, per regolare lazione amministrativa, di una disciplina normativa foriera di incertezza , posto che essa pu tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura della pubblica amministrazione (sentenza n. 364 del 2010). Il fenomeno della riviviscenza di norme abrogate, quandanche si manifesti nellambito delle ipotesi tipiche e molto limitate che lordinamento costituzionale tollera, rientra in linea generale in questa fattispecie, perch pu generare conseguenze imprevedibili (sentenza n. 13 del 2012), valutabili anche con riguardo allobbligo del legislatore di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione. Nel caso di specie, il legislatore regionale, dopo avere dettato una regola di azione per lamministrazione regionale, lha prima abrogata; poi lha fatta rivivere, ma solo per un periodo di tempo limitato e attraverso la tecnica, di per s dagli esiti incerti, del differimento di un termine abrogativo gi interamente maturato; infine lha nuovamente abrogata. Questa Corte chiamata a giudicare della legittimit costituzionale proprio della fase pi critica di tale manifestamente irrazionale esercizio della discrezionalit legislativa, segnata dalla presunta riviviscenza del divieto recato dalla legge reg. Campania n. 11 del 2011. I procedimenti amministrativi che si sono svolti in questo periodo di tempo sono stati assoggettati ad una normativa difficilmente ricostruibile da parte dellamministrazione, continuamente mutevole, e, soprattutto, non sorretta da alcun interesse di rilievo regionale degno di giustificare una legislazione cos ondivaga. Se, infatti, il legislatore campano avesse ritenuto prioritario imporre il divieto in questione, non si vede perch avrebbe deciso di farlo rivivere solo fino al 30 giugno 2012, n si capisce che cosa ne avrebbe determinato la successiva, nuova abrogazione da parte della legge regionale n. 26 del 2012, peraltro posteriore allesaurimento dellefficacia di tale divieto. La frammentariet del quadro normativo in tal modo originato non perci giustificabile alla luce di alcun interesse, desumibile dalla legislazione regionale, ad orientare in modo non univoco lesercizio della discrezionalit legislativa, cos da accordarla a necessit imposte dallo scorrere del tempo. Ne consegue lillegittimit costituzionale della disposizione censurata per violazione dellart. 97 Cost. 5.. Sono assorbite le questioni relative agli artt. 117 e 118, nonch 117, secondo comma, lettera l), Cost. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimit costituzionale dellarticolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - Legge finanziaria regionale 2012). Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2013. La rilevanza dell'interesse legittimo nell'esercizio della protezione diplomatica CASSAZIONE CIVILE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 19 OTTOBRE 2011 N. 21581 Benedetta Barmann* Con la sentenza n. 21581/2011 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso proposto da una societ privata, che svolgeva attivit di collegamento marittimo tra Italia e Marocco, riconoscendo la sussistenza in capo alla stessa di un interesse legittimo a contestare la condotta adottata dal Governo italiano a seguito del diniego di autorizzazione da parte del Marocco all'esercizio dell'attivit di collegamento. Come stato osservato (1), tale pronuncia costituisce "uno sviluppo di un certo rilievo in tema di protezione diplomatica, con particolare riferimento alla possibilit dell'individuo di contestare l'eventuale inerzia dello stato nazionale a tutelare le situazioni giuridiche individuali lese all'estero". Per meglio inquadrare la decisione delle Sezioni Unite ed analizzarne il contenuto innovativo, bene, tuttavia, ricostruire brevemente la vicenda processuale che ha portato alla cassazione della sentenza del Consiglio di Stato impugnata dalla societ ricorrente. Quest'ultima, difatti, si rivolta alla Suprema Corte dopo essersi vista rigettare, sia in primo che in secondo grado, la richiesta di risarcimento del danno, attribuito ad una condotta omissiva del Governo italiano (in particolare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero degli Affari Esteri e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). Nello specifico, i giudici del TAR per il Lazio, con la sentenza n. 7278/2007, hanno negato la sussistenza del nesso di causalit tra il danno lamentato (ovvero, l'interruzione del collegamento marittimo) e l'illegittimit imputata allo Stato italiano (consistente nell'aver omesso di intervenire in protezione diplomatica nei confronti dello Stato marocchino). Tale pronuncia stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, richiedendone la riforma nel senso del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno. Ha osservato l'Alto Consesso come la ricorrente, pur riconoscendo che la mancata autorizzazione all'esercizio del- l'attivit di collegamento marittimo sia imputabile allo Stato marocchino, sostenga la concorrente responsabilit dello Stato italiano per non aver posto in essere le azioni sufficienti per dare effettiva attuazione alla L. n. 433/1985 (2) (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) P. PUSTORINO, Protezione diplomatica e interesse legittimo dellindividuo, in Rivista di diritto internazionale, volume XCV 1/2012, pp. 156-159. (2) Ratifica ed esecuzione dell'accordo in materia di marina mercantile tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco. e per non aver adottato le misure previste dalla L.n. 69/1987 (3), la quale prevede che in caso di manifesta attivit di boicottaggio da parte di uno Stato straniero, lo Stato italiano debba intervenire con apposite misure anti-discriminatorie (4). Sulla base di tali allegazioni, il Consiglio di Stato ha correttamente inquadrato la questione nell'ambito dell'istituto della protezione diplomatica e, basandosi sull'orientamento giurisprudenziale sviluppatosi in proposito, ha affermato che il Governo non obbligato, nei confronti del cittadino che la invoca, ad esercitare la protezione diplomatica contro lo Stato straniero; pi specificatamente, si legge nel dispositivo che: "gli atti compiuti da uno Stato nel regolamento delle relazioni internazionali sono infatti atti politici e, come tali, sottratti al sindacato giurisdizionale, sia ordinario che amministrativo. Deve quindi escludersi che il cittadino possa pretendere il risarcimento del danno per il mancato esercizio della c.d. protezione diplomatica" (Consiglio di Stato, Sezione VI, sent. n. 8719/2009). Dunque, il Consiglio nega la fondatezza del ricorso ritenendo, in via pregiudiziale, che gli atti del Governo, espressione dell'esercizio della protezione diplomatica, essendo atti politici stricto sensu, siano sottratti al sindacato del- l'autorit giudiziaria e che, conseguentemente, attesa la non obbligatoriet del loro esercizio, la mancata attivazione del Governo attraverso tali provvedimenti non possa costituire fonte di danno. A questo proposito, necessario evidenziare che l'orientamento seguito dal Consiglio di Stato risulta essere perfettamente in linea con quella che stata l'impostazione seguita dalla dottrina e dalla giurisprudenza fino ad oggi (rectius, fino alla pronuncia della Cassazione). Secondo la concezione tradizionale, difatti, la protezione diplomatica costituisce un istituto del diritto internazionale volto alla protezione di un interesse diretto o di un diritto dello Stato che sia stato leso da un altro Stato attraverso un comportamento illecito tenuto nei confronti di un suo cittadino (5). Tale assunto diretta conseguenza della concezione classica che nega rilevanza sul piano internazionale all'individuo ed ai suoi diritti; come stato osservato (6), "lo Stato che agisce in protezione di (3) Disposizioni per la difesa della Marina mercantile italiana. (4) A titolo esemplificativo, l'art. 1 stabilisce che lo Stato italiano ha facolt di limitare o vietare la partecipazione al trasporto marittimo originato dal sistema economico nazionale in entrata ed uscita dai porti italiani alle compagnie di navigazione di quei Paesi che limitano la libert di concorrenza nei traffici marittimi internazionali con misure quali riserve di traffico, concorrenza non commerciale, regolamentazioni portuali e fiscali preferenziali, regimi di controllo o doganali ed altre misure comunque idonee ad influire sulla scelta della bandiera e a determinare, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, una ripartizione o un controllo unilaterale dei trasporti marittimi. Analoghi provvedimenti possono essere adottati nei confronti delle compagnie di navigazione che, pur non appartenendo ai predetti Paesi, effettuano tuttavia il trasporto in virt delle misure da questi adottate. (5) cos A. BASSU, La rilevanza dell'interesse individuale nell'esercizio della protezione diplomatica, Giuffr, 2008. (6) B. CONFORTI, Diritto internazionale, volume VIII, Editoriale scientifica. plomatica esercita un diritto di cui esso e non il suo suddito, , dal punto di vista dell'ordinamento internazionale, titolare. Lo Stato non agisce come rappresentante o mandatario dell'individuo". Da ci discende la conseguenza per cui l'esercizio della protezione diplomatica da parte di uno Stato assolutamente discrezionale; dunque, non esisterebbe un dovere internazionale di protezione da parte degli Stati n la legittimazione ad agire degli stessi pu essere in alcun modo influenzata. Questa prevalenza dell'interesse statale su quello individuale priva i cittadini di avere giustizia anche sul piano interno, lasciando ai governi la piena libert nel condurre le trattative sul piano internazionale. Questa stata anche l'impostazione seguita dalla giurisprudenza interna; a titolo esemplificativo, si menziona la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la n. 2452 del 12 luglio 1969, in cui si legge che: "la preminenza assoluta degli interessi della collettivit organizzata a Stato, che con tali atti vengono tutelati, vieta che nel compimento degli atti medesimi sia imposto il minimo limite alla discrezionalit degli organi che li pongono in essere ... l'interesse del singolo rimane pienamente sacrificato di fronte all'interesse dello Stato inteso come collettivit" (7). Non sono mancate, tuttavia, gi in passato, opinioni isolate secondo le quali agli individui spetterebbe il diritto di ottenere l'esercizio della protezione diplomatica da parte dello Stato; gi autorevole dottrina (Conforti) si posta il problema se, dal punto di vista del diritto interno, il Governo non sia obbligato nei confronti dei suoi cittadini ad esercitare la protezione diplomatica. Se in passato le risposte a tali interrogativi sono state sempre negative, con la sentenza delle Sezioni Unite presa in esame si verificata una vera e propria inversione di tendenza. Queste ultime, infatti, accogliendo il ricorso proposto dalla societ privata, annullano la decisione del Consiglio di Stato e rinviano nuovamente gli atti al Giudice Amministrativo per un nuovo giudizio. Dopo aver osservato che l'esclusione della giurisdizione in ordine all'adozione o meno degli atti prospettati quale fonte di danno sia ricondotta in via consequenziale all'interpretazione dell'istituto della c.d. protezione diplomatica in termini di atto politico, come tale sottratto tout court a qualsivoglia sindacato giurisdizionale" conclude la Corte che "il rigetto della domanda risarcitoria motivato dal difetto di giurisdizione per la pretesa natura politica dell'attivit lesiva - al cospetto di una espressa previsione costituzionale (art. 113) che non consente tale declinatoria tout court - si risolve, nella sostanza, nel diniego, in astratto, di qualsivoglia posizione giuridica azionabile dal privato, id est nel sostanziale rifiuto da parte del GA di esercitare, secondo il dettato costituzionale, la propria giurisdizione. (...) Il diniego assoluto di giurisdizione in subiecta materia si risolve nellillegittimo diniego della sussistenza tout (7) Si pu vedere anche la sentenza della Corte internazionale di Giustizia sul caso Barcelona Traction. court di qualsivoglia posizione soggettiva giuridicamente tutelata rispetto al mancato esercizio dei poteri attribuiti alle Amministrazioni dello Stato (...). In ordine all'illegittimo esercizio sussistono, pertanto, inalienabili posizioni soggettive di interesse legittimo (assimilabili alle legitimate expectations previste e tutelate in Common law in ordine all'esercizio di poteri derivanti, come nella specie, dal diritto internazionale consuetudinario), rispetto alle quali si pone al di fuori dei limiti della potestas iudicandi dell'organo di giustizia amministrativa il diniego assoluto di tutela giurisdizionale che, viceversa, attesa la gi rilevata consistenza giuridica delle predette posizioni, deve ritenersi devoluta a quell'autorit giudiziaria". Il riconoscimento da parte della Corte di una posizione giuridica soggettiva rispetto all'esercizio della protezione diplomatica costituisce, come ricordato, una novit particolarmente rilevante nel nostro ordinamento; allo stesso tempo, tuttavia, si presentano all'interprete una serie di interrogativi. Difatti, non entrando le S.U. nel merito della risarcibilit di detto interesse nel caso concreto (8), ma rimandando gli atti al Giudice amministrativo, viene spontaneo chiedersi quali siano i limiti entro i quali l'autorit giudiziaria possa accordare il risarcimento del danno per la lesione dell'interesse dell'individuo rispetto all'esercizio della protezione diplomatica da parte dello Stato: o ancora meglio, quand' che detto interesse possa dirsi leso? Solo in caso di mancato esercizio della protezione diplomatica o anche nell'ipotesi in cui le misure adottate dal Governo vengano giudicate inadeguate al caso di specie? Una risposta affermativa a quest'ultimo interrogativo introdurrebbe la possibilit di entrare nel merito dell'attivit di Governo sul piano internazionale. Bisogna riconoscere, tuttavia, come stato autorevolmente osservato (9), che con questa pronuncia la Cassazione mostra di conoscere bene gli sviluppi della giurisprudenza internazionale sul tema; in particolare, nell'ambito di alcuni sistemi giuridici nazionali si registrata una nuova tendenza che sembrerebbe orientarsi verso il riconoscimento di un diritto individuale di promuovere un ricorso interno, mirante al controllo giurisdizionale della decisione da parte di uno stato di agire o meno in protezione diplomatica (10). Difatti, l'analisi comparativa della giurisprudenza degli Stati europei pi recente (11) conduce ad alcuni importanti sviluppi in tema di protezione diplomatica, nella misura in cui alcune Corti interne rilevano l'operativit di alcuni (8) Senza contare che la sentenza non ha affrontato neanche la questione, pure importante, del previo esaurimento dei ricorsi interni prevista dal diritto internazionale come presupposto necessario affinch uno Stato possa agire in protezione diplomatica. (9) P. PUSTORINO, Protezione diplomatica e interesse legittimo dell'individuo, in Rivista di diritto internazionale, volume XCV 1/2012, pp. 156-159. (10) cos, L. PANELLA, La protezione diplomatica, sviluppi e prospettive, Giappichelli. (11) Ad es. Corte Costituzionale tedesca, caso Hess del 16 dicembre 1980 in cui si afferma che gli organi della Repubblica Federale hanno il dovere (compito) costituzionale di fornire protezione ai cittadini tedeschi e ai loro interessi negli stati stranieri. limiti al potere discrezionale dello Stato, che si manifestano in primo luogo nel diritto dell'individuo di attivare un ricorso interno mirante al controllo giurisdizionale della decisione statale; il fondamento di tale controllo viene spesso rinvenuto nell'esistenza di norme costituzionali o legislative che consentono un esame giurisdizionale delle decisioni assunte a livello governativo. In secondo luogo, sono stati enucleati alcuni indici, quali l'adeguatezza e la proporzionalit rispetto al caso di specie (o, ancora, la ragionevolezza e la non arbitrariet che devono essere rispettati dagli organi governativi sia in riferimento alla decisione di intervenire sia in relazione all'entit dell'intervento (12)), sulla base dei quali possibile valutare il contenuto dell'azione statale in protezione diplomatica, con riferimento all'importanza degli interessi individuali violati; tale giurisprudenza ha tuttavia specificato che tali interessi possono subire un contemperamento in virt di superiori esigenze di politica estera ed dato, comunque, rilevare il perdurare di un atteggiamento di deferenza degli organi giurisdizionali nei confronti dell'esecutivo; anche quelle corti che hanno dedotto l'esistenza di un obbligo costituzionale di protezione dei cittadini all'estero, hanno tuttavia ammesso che non si pu imporre al Governo l'adozione di misure specifiche nella condotta delle relazioni internazionali, se non al rischio di ledere il principio della separazione dei poteri (13). Inoltre, necessario sottolineare che, nei casi citati, il riconoscimento di un diritto dell'individuo affinch lo Stato agisca in protezione diplomatica avviene, per lo pi, quando si tratti di violazioni compiute dallo Stato straniero incidenti sui diritti umani; ci si domanda, dunque, se l'intervento del Governo in protezione diplomatica sia necessario e possa essere sottoposto ad un sindacato giurisdizionale anche nel caso in cui il privato, anzich un diritto umano, faccia valere un interesse di tipo economico, come nel caso portato all'attenzione della Suprema Corte. In definitiva, dal momento che parametri di riferimento per l'indagine sul contenuto dell'azione statale non sono stati individuati dalla Suprema Corte, si resta in attesa di conoscere l'esito del giudizio riassunto dinanzi al Consiglio di Stato. (12) Per citarne alcuni: Corte d'appello dell'Aja sentenza 22 novembre 1984; Court of Appeal britannica nel caso Abbasi. (13) L. PANELLA, op. cit.. Cassazione civile, Sez. Un., sentenza 19 ottobre 2011 n. 21581 -Primo Pres. f.f. Vittoria, Rel. Travaglino, P.M. Iannelli (difforme) - Il tuo viaggio S.r.l. (avv.ti Aloisio e Gallo) c. Presidenza Consiglio dei Ministri, Ministero infrastrutture e trasporti, Ministero affari esteri (avv. gen. Stato). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La s.r.l. "Il Tuo Viaggio" contesta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero degli affari esteri la mancata attivazione dell'istituto della protezione diplomatica volta a sostenere le richieste dell'istante, che svolgeva attivit di collegamento marittimo tra l'Italia e il Marocco, all'esito del rigetto dell'autorizzazione all'esercizio (o al suo mantenimento) della linea gestita ai sensi della L. n. 433 del 1985. 1.1. L'odierna ricorrente espone che, adito il Tar Lazio per ottenere la convocazione della commissione italo-marocchina e il risarcimento dei danni per l'inerzia dello Stato italiano nel non attivare i principi di reciprocit e difesa della marina mercantile nazionale, si vide rigettare il ricorso per mancanza di nesso eziologico tra la condotta omissiva italiana e il danno lamentato, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato che, nel dicembre 2009, ritenne, in via pregiudiziale, che il mancato esercizio della protezione diplomatica non potesse costituire, ipso facto, fonte di danno, attesa la non obbligatoriet ex lege del suo esercizio (attingendo il suo pi intimo contenuto ai rapporti tra Stati in guisa di incensurabile atto politico), confermando poi, nel merito, la gi riconosciuta (in prime cure) impredicabilit di un nesso di causalit giuridicamente rilevante tra condotta omissiva ed evento di danno. 2. La sentenza del Consiglio di Stato stata impugnata dalla societ di navigazione con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo di gravame illustrato da memoria. 2.1. Resistono con controricorso la PdCdM, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello degli affari esteri. 3. Lamenta la ricorrente la violazione, per falsa e mancata applicazione, degli artt. 24, 111, 113 Cost.; della L. 25 luglio 1985, n. 433; della L. 3 marzo 1987, n. 69, recante disposizioni per la difesa della marina mercantile italiana, in relazione al Decreto 3.9.1999 dell'allora ministero dei trasporti e della navigazione, ora ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 3.1. Il motivo fondato. 3.1.1. La fondatezza della censura emerge dal sinergico esame del motivo di ricorso e delle ragioni addotte dalla difesa erariale per contrastarlo. 3.2. In limine, va osservato come, sia dalla motivazione della decisione oggi impugnata sia dalle obiezioni mosse a ricorso dall'Avvocatura oggi resistente, emerga che l'esclusione della giurisdizione in ordine all'adozione o meno degli atti prospettati quale fonte di danno sia ricondotta in via consequenziale alla interpretazione dell'istituto della c.d. "protezione diplomatica" in termini di atto politico, come tale sottratto tout court a qualsivoglia sindacato giurisdizionale, sia ordinario che amministrativo - salvo poi l'adozione, da parte del giudice amministrativo, di un decisum (anche) di merito sotto il profilo della causalit (ritenuta nella specie insussistente) tra condotta ed evento di danno. 4. L'accertamento compiuto in via pregiudiziale da parte del C.d.S. avvenuto, peraltro, non in via incidentale ma principale, non avendo gli atti oggetto del presente giudizio valenza autoritativa stricto sensu (onde, di essi, non sarebbe risultato legittimo l'annullamento, se richiesto), mentre il rigetto della domanda risarcitoria motivato dal difetto di giurisdizione per la pretesa natura politica dell'attivit lesiva - a cospetto di una espressa previsione costituzionale (art. 113 Cost.) che non consente tale declinatoria tout court - si risolve, nella sostanza, nel di niego, in astratto, di qualsivoglia posizione giuridica azionabile dal privato, id est nel sostanziale rifiuto da parte del GA di esercitare, secondo dettato costituzionale, la propria giurisdizione. 4.1. Correttamente e condivisibilmente evidenzia, pertanto, il ricorrente come il diniego assoluto di giurisdizione in subiecta materia si risolva nell'illegittimo diniego della sussistenza tout court di qualsivoglia posizione soggettiva giuridicamente tutelata rispetto al mancato esercizio dei poteri attribuiti alle Amministrazioni dello Stato dalla L. n. 433 del 1985 e dalla L. n. 69 del 1987: onde la irredimibile violazione degli artt. 24 e 113 della Carta fondamentale. 4.2 Censurabile risulta dunque la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di qualificare la posizione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente con riferimento all'istituto della protezione diplomatica - che, secondo la definizione contenuta nell'art. 1 del relativo progetto adottato dalla Commissione del diritto internazionale (e fatta propria dalla Corte Internazionale di Giustizia con la sentenza 24.5.2007, Sadio Diallo), consiste nella contestazione da parte di uno Stato (attraverso un'attivit diplomatica o altri mezzi di risoluzione delle controversie) della responsabilit di altro Stato per un danno causato da un fatto illecito (sul piano internazionale) ad una persona fisica o giuridica che abbia la nazionalit del primo Stato al fine di attivare consequenzialmente tale responsabilit - opinando che l'esercizio dei poteri di cui alla L. n. 69 del 1987, art. 1 potesse ascriversi ad una incensurabile attivit di politica estera sottratta integralmente al vaglio della giurisdizione: cos omettendo del tutto di considerare che i poteri in discorso (dapprima attribuiti al Ministero della marina mercantile, poi trasferiti a quello delle infrastrutture e dei trasporti) sono esercitati, su proposta (non di un organo politico, bens) di una commissione tecnica al fine di difendere la marina mercantile nazionale e di disciplinare i traffici commerciali marittimi per la tutela dell'interesse nazionale, poteri il cui contenuto esula del tutto dal novero degli atti politici stricto sensu, trattandosi viceversa di atti di (alta) amministrazione rientranti nell'esercizio di una pi specifica politica marittimo-mercantile nazionale. 5. In ordine all'illegittimo esercizio - ovvero, come nella specie, al mancato esercizio di tali poteri - sussistono, pertanto, inalienabili posizioni soggettive di interesse legittimo (assimilabili alle legittimate expectations previste e tutelate in Common law in ordine all'esercizio di poteri derivanti, come nella specie, dal diritto internazionale consuetudinario), rispetto alle quali si pone al di fuori dei limiti (negativi) della potestas iudicandi dell'organo di giustizia amministrativa il diniego assoluto di tutela giurisdizionale che, viceversa, attesa la gi rilevata consistenza giuridica delle predette posizioni, deve ritenersi devoluta a quell'autorit giudiziaria. 6. Gli ulteriori argomenti spesi in sentenza (in ordine alla causalit e al danno) non possono costituirne, nel caso di specie, idonea e autosufficiente ratio decidendi, degradando piuttosto, ipso facto, a rango di meri obiter dicta, attesa la pregiudiziale declinatoria assoluta di potestas iudicandi da parte del giudice adito. Il ricorso pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza oggi impugnata. Va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. La causa deve, pertanto, essere rinviata dinanzi al Consiglio di Stato. Alla disciplina delle spese del giudizio di cassazione provveder il giudice dinanzi al quale il processo rinviato. P.Q.M. La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Consiglio di Stato. La dialettica dei distinti: il diritto di recesso nellofferta fuori sede CASSAZIONE CIVILE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 3 GIUGNO 2013 N. 13905 Francesco Maria Ciaralli* SOMMARIO: 1. Il caso concreto. - 2. Lo jus poenitendi nellofferta fuori sede: genesi e successivi sviluppi. - 3. Dal contrasto giurisprudenziale alla pronuncia delle Sezioni Unite. 4. La ermeneutica rilevanza della littera legis. - 5. Tutela del risparmiatore sorpreso quale ratio della disciplina. - 6. Il principio di eguaglianza e il diritto di recesso secondo le Sezioni Unite. - 7. La recente novella: adesione o limite alla giurisprudenza di legittimit? - 8. Rilievi conclusivi. Nelle pagine che seguono si affronta il tema dellestensione del perimetro applicativo dello jus poenitendi nelle ipotesi di offerta fuori sede di strumenti finanziari, che ha di recente formato oggetto di una rilevante decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (1). La rilevanza della decisione altres acuita dal fatto che il Governo della Repubblica, pochi giorni dopo il deposito della sentenza, intervenuto in via durgenza a disciplinare la medesima materia in senso solo parzialmente conforme a quanto statuito dalle Sezioni Unite (2). La sentenza in commento costituisce il punto di emersione degli orientamenti della Suprema Corte in tema di interpretazione teleologica e costituzionalmente orientata, rivestendo dunque una portata generale al di l della specifica materia incisa dalla pronuncia (3). 1. Il caso concreto. La controversia, da cui scaturisce la pronuncia delle Sezioni Unite, ha per oggetto la sottoscrizione di obbligazioni da parte di un risparmiatore, avvenuta a seguito dellattivit sollecitatoria svolta fuori sede da un promotore finanziario della Banca Mediolanum s.p.a. Rivelatesi inesigibili le obbligazioni a causa del sopravvenuto fallimento dellemittente, il cliente al dettaglio ha convenuto la Banca dinanzi al Tribunale di Palermo domandando la restituzione delle somme investite. Lattore (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. (1) Cass. civ. SS.UU. 3 giugno 2013, n. 13905, in Il Caso.it, I, 9083. (2) Lart. 56 quater del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, cosiddetto decreto del fare, convertito con l. 9 agosto 2013, n. 98, disciplina lo jus poenitendi nellofferta fuori sede. Per la trattazione del rapporto tra la novella legislativa e la sentenza delle Sezioni Unite si rinvia al paragrafo 7 di questa nota. (3) Nella sentenza de qua le Sezioni Unite fanno diretta applicazione, nei rapporti interprivati, dellart. 3 Cost. La relazione intercorrente tra il diritto al ripensamento ed il principio di eguaglianza oggetto di trattazione nel par. 6 del presente scritto, cui si rimanda. ha dedotto la nullit dellacquisto per diverse ragioni, inter alia per lomessa previsione nel contratto del diritto di recesso che lart. 30, sesto comma, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nel prosieguo Tuf, attribuisce allinvestitore in strumenti finanziari collocati fuori sede dallintermediario. La domanda dellattore stata accolta in primo grado (Trib. Palermo, 18 luglio 2007, in www.ilcaso.it) con sentenza confermata in appello (C. App. Palermo, 6 luglio 2010, in www.ilcaso.it), in virt della considerazione secondo cui il lemma collocamento non ha, per quanto concerne il diritto di recesso, unaccezione tecnica tale da determinarne la sicura identificazione con il servizio di collocamento in senso proprio, come individuato dallart.1, quinto comma, lett. c), Tuf. A seguito del ricorso del soccombente, la prima sezione civile della Corte di Cassazione, rilevata la sussistenza in dottrina e giurisprudenza di opinioni diverse circa il perimetro applicativo delle disposizioni suindicate, ha sollecitato la rimessione della questione alle Sezioni Unite, le quali hanno respinto il ricorso pronunciando la sentenza qui in commento (4). 2. Lo jus poenitendi nellofferta fuori sede: genesi e successivi sviluppi. La vigente disciplina concernente il diritto di recesso costituisce lesito di un processo di stratificazione normativa, la cui ricognizione si rende necessaria al fine di determinare lambito applicativo dello jus poenitendi nellofferta fuori sede. Lart. 30, comma sesto, Tuf, infatti il risultato di due autonome disposizioni che per esigenze strutturali sono confluite nella medesima norma. La prima disposizione si rinviene nellart. 18 ter, comma 2, l. 7 giugno 1974, n. 216, in virt del quale lefficacia dei contratti stipulati mediante vendita a domicilio ed aventi per oggetto valori mobiliari era sospesa per la durata di cinque giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione. Entro il termine suindicato lacquirente aveva facolt di comunicare al venditore o al suo agente il proprio recesso senza corrispettivo(5); inoltre, tale facolt doveva essere riprodotta nei contratti stessi i quali, se stipulati in violazione di quanto stabilito nellart. 18 ter, erano nulli (6). La ratio della norma era pianamente e diffusamente rinvenuta nellesigenza di differenziare il regime protettivo dellinvestitore che motu proprio si fosse (4) Per ulteriore approfondimento del caso, si rinvia a CIVALE, Diritto di ripensamento nellofferta fuori sede di prodotti finanziari: dalle questioni semantiche alleterogenesi dei fini, in dirittobancario.it, 2013 e NIGRO, Le Sezioni Unite e la vis expansiva della disciplina dello jus poenitendi, in corso di pubblicazione in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, fasc. n. 12. (5) Autorevole dottrina riteneva che il diritto di ripensamento inserisse a tutti i contratti conclusi porta a porta, prescindendo da ogni indagine concernete il servizio di investimento eventualmente prestato. Si veda, ex multis, ALPA, Lo jus poenitendi, in BESSONE-BUSNELLI (a cura di), La vendita porta a porta, Milano, 1992, p. 143 ss. recato presso la sede della controparte, al fine di stipulare il contratto, da quello dellinvestitore che, fatto oggetto di attivit sollecitatoria, fosse stato indotto a contrarre in conseguenza di uniniziativa proveniente dal venditore stesso. In tale ultima ipotesi, infatti, linvestitore era esposto al rischio di essere colto di sorpresa dalla proposta della controparte, sicch nella valutazione del legislatore si rendeva necessario accordare un ulteriore spatium deliberandi onde consentire allinvestitore di ponderare la propria decisione. Lattribuzione del diritto di recesso si configurava quindi come misura idonea a riequilibrare le posizioni contrattuali delle parti contraenti, al fine di neutralizzare lo squilibrio cagionato dalla peculiare intrusivit che connotava la vendita a domicilio. In seguito, si proceduto allintroduzione, senza alcun coordinamento con la disposizione suindicata, dellart. 8, comma 1, lett. c), l. 2 gennaio 1991, n. 1, che ha sancito il diritto di recesso per il cliente in relazione al contratto di gestione di patrimoni concluso sia in sede sia fuori sede. Tale disposizione poi confluita nellart. 20, d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415, il quale, con riferimento ai contratti di gestione di portafogli, ha accordato al cliente il diritto di ripensamento per sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione in caso di offerta fuori sede. I due filoni citati sono stati poi riuniti nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, il cui art. 30 unitariamente disciplina sia lofferta fuori sede che il diritto di recesso. La confusio delle due disposizioni nellart. 30 Tuf implica la necessit di ricostruire gli elementi costitutivi della fattispecie di offerta fuori sede e del diritto di recesso, al fine di appurare se tra le due previsioni normative vi sia identit di perimetro applicativo ovvero un rapporto di genus ad speciem. Secondo lopzione ricostruttiva unanimemente accolta in dottrina (7), lofferta fuori sede di strumenti finanziari costituisce fattispecie complessa al cui perfezionamento concorrono, alla stregua dellart. 30, comma primo, Tuf, gli (6) La sospensione dellefficacia dei contratti stipulati a seguito di vendita a domicilio a sua volta il portato di un complesso processo evolutivo. Esso trae origine dalla prassi, posta in essere dalle reti di vendita a partire dalla met degli anni 70 del secolo scorso, di offrire prodotti finanziari alternativi ai titoli azionari ed obbligazionari, quali quote di fondi comuni immobiliari e certificati di partecipazione. Tale prassi si connotava dunque per una duplice atipicit, relativa sia al canale distributivo (diverso dallo sportello bancario) sia al titolo distribuito, sicch emerse nellordinamento mobiliare la lacuna consistente nella circostanza che lofferta al pubblico dei titoli atipici esulava dalle competenze della Consob nonch, per quanto riguarda il canale distributivo, dalle attribuzioni di controllo delle Autorit creditizie. Il legislatore intervenne sulla materia attraverso la l. 23 marzo 1983, n. 77, modificativa della l. 7 giugno 1974, n. 216, con cui, da un lato, venivano estese le competenze di controllo delle Autorit di settore e, dallaltro, si disciplinava il collocamento porta a porta dei valori mobiliari, con conseguente previsione del diritto di recesso onde riequilibrare le posizioni contrattuali di acquirente e venditore. Per unanalitica disamina di tale processo normativo si veda CARBONETTI, Lo jus poenitendi nellofferta fuori sede di prodotti finanziari, in Banca bor. tit. cr., 2001, p. 770 ss. (7) Ex multis, PARRELLA, Offerta fuori sede, in FRATINI, GASPARRI (a cura di), Il testo unico della finanza, I, p. 489 ss. e CARBONETTI, op. cit., p. 775. elementi costitutivi di seguito individuati. In primo luogo si richiede che venga posta in essere, presso il pubblico, unattivit di promozione e collocamento, avente per oggetto strumenti finanziari ovvero servizi e attivit di investimento. Tale attivit deve essere svolta, al fine dellintegrazione della fattispecie, in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze del proponente linvestimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento. Inoltre, onde distinguere lofferta fuori sede dalla diversa ipotesi di promozione e collocamento a distanza di servizi e attivit dinvestimento e strumenti finanziari, altres necessario che lofferta sia svolta mediante tecniche di contatto che implicano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato, secondo il combinato disposto dellart. 30, primo comma, e dellart. 32, primo comma, Tuf (8). Costituisce elemento negativo della fattispecie la qualifica dellinvestitore come cliente professionale, difettando in tal caso lesigenza di garanzia che presiede alla disciplina sullofferta fuori sede (9). Non qui duopo esaminare partitamente gli elementi costitutivi menzionati, basti solo porre in evidenza che la locuzione promozione e collocamento, come impiegata nel comma primo dellart. 30 Tuf per definire lofferta fuori sede, non costituisce unendiadi, con la conseguenza che anche la sola promozione, qualora concorra con gli ulteriori elementi qualificativi indicati, integra unipotesi di offerta fuori sede (10). Tale circostanza rilevante ai fini della distinzione tra la fattispecie generale di offerta fuori sede, definita nel primo comma, e la previsione avente per oggetto specifico il diritto di recesso accordato al risparmiatore dal sesto comma del medesimo art. 30 Tuf. Il legislatore, infatti, nel conferire lo jus poenitendi, non menziona disgiuntivamente la promozione e il collocamento di strumenti finanziari, bens fa esclusivo riferimento ai contratti conclusi fuori sede, a differenza di quanto rilevato supra circa la nozione generale di offerta fuori sede. Inoltre il sesto comma dellart. 30, anzich riferirsi come il primo comma a servizi e attivit di investimento tout court promossi o collocati in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dellintermediario, individua due fattispecie cui accede lo jus poenitendi: il collocamento di strumenti finanziari nonch la gestione di portafogli individuali. (8) Lart. 32 Tuf si limita a commettere alla Consob lonere, sentita la Banca dItalia, di disciplinare con regolamento la promozione e il collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza di servizi e attivit di investimento e di prodotti finanziari. (9) PARRELLA, op. cit., p. 492 s. (10) In tal senso, PARRELLA, op. cit., p. 489 s. nonch CARBONETTI, loc.ult.cit. Per quanto concerne la distinzione tra promozione e pubblicit, si rinvia a RABITTI BEDOGNI, Le offerte fuori sede e a distanza di strumenti finanziari dopo il d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415, in Il diritto del mercato mobiliare, a cura di RABITTI BEDOGNI, Milano, 1997, p. 210, ivi si qualifica come promozione lattivit prodromica alla stipula del contratto, la quale implica che siano individuati i contenuti del negozio e le modalit della sua conclusione. Sicch parte della giurisprudenza di merito e la dottrina maggioritaria hanno ravvisato una discrasia tra lambito applicativo del diritto di recesso e quello pi ampio della disciplina concernente lofferta fuori sede (11). La distonia tra primo e sesto comma dellart. 30 Tuf si fonda, secondo autorevole dottrina, proprio sul processo di stratificazione normativa in esito al quale sono state congiunte in un medesimo articolo due disposizioni diverse per genesi ed effetti (12). La formulazione della norma di risulta ha dato adito ad un contrasto giurisprudenziale circa la delimitazione del perimetro applicativo dello jus poenitendi, oggetto del paragrafo che segue. 3. Dal contrasto giurisprudenziale alla pronuncia delle Sezioni Unite. Lorientamento prevalente accolto dalla giurisprudenza di merito valorizza lesigenza di tutelare il risparmiatore dalleffetto sorpresa potenzialmente scaturente dallofferta fuori sede di strumenti finanziari. Tale esigenza non emerge (11) Ex multis, SANTOSUOSSO, Jus poenitendi e servizi di investimento: la tutela dell`investitore dalleffetto sorpresa, in Banca bor. tit. cr., 2008, II, p. 776 s.; CHIEPPA MAGGI, sub art. 30, in CAMPOBASSO (diretto da), Testo unico della finanza, Commentario, Torino, 2002, p. 271; CENDON (a cura di), I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, Torino, 2004, p. 60. Contra, GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, Le obbligazioni e i contratti, I, Obbligazioni in generale. Contratti in generale, Padova, 1990, p. 166 ss., ancorch con riferimento alla disciplina di cui allart. 18 ter, comma 2, l. 7 giugno 1974, n. 216. Per quanto concerne la giurisprudenza di merito, linterpretazione restrittiva del diritto di recesso rispetto alla fattispecie di offerta fuori sede fatta propria da Trib. Parma 14 maggio 2007 e App. Brescia 27 settembre 2007, entrambe in www.ilcaso.it. Contra, lorientamento estensivo stato seguito nelle seguenti pronunce: Trib. Parma 20 dicembre 2011, in www.dirittobancario.it; Trib. Bologna 15 aprile 2009, in www.ilcaso.it; Trib. Modena 6 marzo 2009, ivi; Trib. Forl 13 gennaio 2009, in Contratti, 2009, 401; Trib. Milano 17 aprile 2007, in Giur. it., 2007, 2815; Trib. Bologna 17 aprile 2007, in www.ilcaso.it; Trib. Benevento 26 ottobre 2005, in Banca borsa e tit. cred., 2008, 753; Trib. Rimini 28 aprile 2007, in www.ilcaso.it; Trib. Roma 20 luglio 2006 e 14 settembre 2006, ivi; Trib. Pescara 9 maggio 2006, in Giur. Mer., 2007, 1276; Trib. Parma 17 gennaio 2006, in www.giuemilia.it; Trib. Mantova 10 dicembre 2004, in Contratti, 2005, 604; App. Palermo 2 luglio 2010, in Giur. it., 2010, 868. (12) CIVALE, Diritto di ripensamento nellofferta fuori sede di prodotti finanziari: dalle questioni semantiche alleterogenesi dei fini, in dirittobancario.it, 2013, p. 5 s. Unaltra opinione contesta che la diversit genetica delle disposizioni sia tale da impedire unestensione del diritto di recesso oltre i contratti espressamente menzionati dal legislatore, in virt della considerazione secondo cui il sostantivo collocamento impiegato nella norma come sinonimo di decisione dinvestimento, sicch nulla osta alla sua applicazione anche con riferimento ai servizi dinvestimento diversi da quelli indicati. La ragione di tale opinione sta in ci: che il servizio di collocamento, inteso in senso proprio, postula un contratto tra emittente ed intermediario e non tra intermediario ed investitore, come invece richiesto dal sesto comma dellart. 30 Tuf, per cui il lemma collocamento, agli effetti della disciplina sullofferta fuori sede, deve necessariamente interpretarsi in senso atecnico, come mera decisione di investimento (LA ROCCA, Lofferta fuori sede di strumenti finanziari in cassazione e lart. 56 quater del d.l. del fare, in Il Caso.it, 2013). Tale indirizzo non accolto da chi ritiene che la norma sul diritto di recesso scaturisca autonomamente dalla tutela approntata sin dal 1991 per i contratti di gestione di portafogli, e che il riferimento al collocamento di strumenti finanziari si motivi in forza della standardizzazione delle condizioni contrattuali che connota le operazioni di collocamento (CIVALE, op. cit., p. 7 ss.). solo con riferimento alle fattispecie di collocamento e gestione di portafogli individuali, bens ogniqualvolta un investitore non professionale venga indotto a contrarre fuori dei locali deputati allo svolgimento dellattivit negoziale. Riveste valore paradigmatico di tale indirizzo giurisprudenziale la sentenza pronunciata dal Tribunale di Bologna il 17 aprile 2007, avente per oggetto un contratto di negoziazione di strumenti finanziari tramite promotori finanziari (13). Secondo tale decisione il collocamento, ai sensi dellart. 30 Tuf, divisato come offerta ad un destinatario collettivo pi o meno ampio, configurandosi di conseguenza come mero prodromo del negozio specifico di acquisto integrato dal contratto di negoziazione. Corollario di tale ricostruzione che i moduli relativi al contratto di negoziazione devono recare menzione del diritto di recesso riservato al risparmiatore, sotto comminatoria di nullit ex art. 30, comma settimo, Tuf. Il Tribunale di Genova, invece, con sentenza pronunciata il 16 gennaio 2007, nonostante rilevi che la formulazione del testo non ottimale, ha escluso lapplicabilit dello jus poenitendi oltre le fattispecie espressamente individuate dal legislatore, in virt del principio di tassativit che connota le ipotesi di nullit cui la mancata indicazione del diritto di recesso nel contratto concluso fuori sede d origine. Si evidenzia inoltre come vi sia una incompatibilit oggettiva tra la sospensione di efficacia del negozio e le esigenze connesse allimmediata esecuzione degli ordini di acquisto e vendita di strumenti finanziari (14). A conferma dellorientamento da ultimo menzionato, la giurisprudenza di legittimit ha ripetutamente statuito la non coincidenza tra il perimetro applicativo della fattispecie generale di offerta fuori sede e quello specificamente relativo al diritto di recesso (15). In particolare, la Corte di Cassazione ha rilevato che lo jus poenitendi Ǐ stato stabilito per i contratti di collocamento di strumenti finanziari conclusi fuori sede (con esclusione pertanto di quelli soltanto promossi fuori sede, che viceversa rientrano nella previsione di cui al comma 1, lett.a), nonch limitatamente a quella parte dei servizi di investimento che riguarda la gestione di portafogli individuali e quindi, conclusivamente, in termini pi contenuti e circoscritti rispetto alla fattispecie dellofferta fuori sede delineata nel primo comma dellart. 30 (16). (13) Trib. Bologna 17 aprile 2007, in Banca bor. tit. cr., 2008, II, p. 776 ss. con nota di SANTOSUOSSO. (14) Trib. Genova 16 gennaio 2007, in Banca bor. tit. cr., loc. ult. cit. (15) Si fa riferimento alle seguenti sentenze: Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2065, in Societ, 2012, p. 779 ss., con nota di GUFFANTI, Il diritto di ripensamento nellofferta fuori sede; nonch Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4564, in www.ilprocessocivile.com. (16) Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2065, cit.; contra Cass. civ. SS.UU., 3 giugno 2013, n. 13905, cit., ove si solleva il dubbio che nellintero art. 30 lespressione collocamento sia stata adoperata dal legislatore con un significato pi ampio e generico, quasi come sinonimo di qualsiasi operazione volta ad immettere sul mercato prodotti finanziari o servizi dinvestimento. Le Sezioni Unite hanno recentemente modificato lindirizzo in precedenza seguito dalla giurisprudenza di legittimit (17); i motivi addotti per argomentare lestensione del diritto di recesso oltre le ipotesi espressamente prese in considerazione dal legislatore si sostanziano in due considerazioni convergenti. Da un lato, si ritiene che il sostantivo collocamento ed il verbo collocare siano impiegati in modo promiscuo nellart. 30 Tuf, s da non inibire uninterpretazione che estenda il diritto di recesso ad ogni ipotesi di compravendita e sottoscrizione fuori sede. Dallaltro lato, la ratio della disposizione rinvenuta dalla Corte nella posizione di vulnerabilit in cui si trova il cliente al dettaglio qualora loperazione dinvestimento si sia perfezionata al di fuori della sede dellintermediario, indipendentemente dal servizio di collocamento prestato. Le menzionate rationes decidendi concernenti la delimitazione del diritto di ripensamento nellofferta fuori sede sollevano rilevanti perplessit, partita- mente oggetto dei paragrafi che seguono. 4. La rilevanza ermeneutica della littera legis. Il processo ermeneutico in esito al quale le Sezioni Unite sono pervenute alla conclusione che lart. 30 Tuf contiene ununica nozione, peraltro atecnica, di collocamento, non coincidente con il servizio di collocamento propriamente inteso, articolabile in due fasi. Anzitutto il primo comma dellarticolo 30 menziona, onde definire la nozione di offerta fuori sede rilevante agli effetti della norma, inter alia la promozione ed il collocamento presso il pubblico di servizi e attivit dinvestimento, beninteso in luogo diverso dalla sede o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o lattivit. La Corte osserva che il servizio di collocamento in senso proprio sembra concepibile solo se avente ad oggetto dei prodotti finanziari da altri emessi o offerti in vendita, non invece se ad esser collocati siano a loro volta altri servizi dinvestimento di vario genere . Di conseguenza si inferisce che il lemma collocamento sia stato impiegato dal legislatore in unaccezione atecnica, al fine di ricomprendere ogni forma di sollecitazione che lintermediario rivolga ai propri clienti affinch questi si avvalgano del servizio dinvestimento loro proposto. Il secondo, e decisivo, passaggio consiste nellidentificare tout court, stante la medesima esigenza di protezione sottesa ad entrambe le disposizioni, il perimetro applicativo del primo con quello del sesto (e settimo) comma dellart. 30 Tuf. Esito di tale processo lestensione del diritto di recesso, nonch della comminatoria di nullit nellipotesi in cui tale diritto non sia previsto, a tutti i contratti concernenti servizi dinvestimento promossi o conclusi fuori sede. Ma proprio qui emergono talune criticit della ricostruzione proposta. (17) Cass. civ. SS.UU., 3 giugno 2013, n. 13905, cit. In primo luogo, il sesto comma dellart. 30 fa riferimento ai soli contratti conclusi fuori sede, con ci espressamente restringendo il campo applicativo di tale disposizione rispetto al primo comma (18). Inoltre, come osserva la Cassazione 22 marzo 2012, n. 4564, la menzione dei contratti di gestione di portafogli individuali, accanto a quelli di collocamento, rende palese che il legislatore non abbia voluto utilizzare unespressione residuale e generica, bens abbia analiticamente determinato il novero delle ipotesi cui connesso il diritto di recesso (19). Strumento ermeneutico per interpretare la disposizione in parola dunque largomento a contrario, in virt del quale il sesto comma enumera solo alcuni dei servizi dinvestimento cui invece fa riferimento il primo comma proprio al fine di escludere gli altri. Tuttavia, anche a prescindere dai rilievi supra formulati, linterpretazione di una proposizione normativa non pu prescindere dallapplicazione dellart. 12 prel., il cui primo comma preclude lattribuzione ad una disposizione di altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. Non dunque agevole inferire che il legislatore - attraverso la locuzione contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede - abbia inteso far riferimento a tutte le decisioni di investimento sollecitate da un intermediario che agisce fuori sede. Non si spiegherebbe, in tal caso, la ragione per la quale il legislatore avrebbe associato alla menzione di uno specifico servizio dinvestimento, quale la gestione di portafogli individuali, unespressione cos lata da ricomprendere tutti i servizi dinvestimento, ivi incluso quello espressamente nominato. Lindicazione della gestione di portafogli dovrebbe dunque essere considerata come il mero portato di un processo di stratificazione normativa, ormai riassorbito nella residuale nozione di collocamento inteso come sinonimo di atto negoziale mediante il quale uno strumento finanziario viene fatto acquisire dal cliente (20). Acquista a tal proposito rilievo lobiezione di chi, favorevole allestensione del diritto di recesso, invita ad essere consequenziali nellinterpretazione (18) Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2065, con nota di GUFFANTI, cit. (19) Alle medesime conclusioni pervengono SANTOSUOSSO, op. cit., p. 776 e CARBONETTI, op. cit., p. 779; contra LA ROCCA, op. cit., p. 5 ss. (20) Occorre rilevare che autorevole dottrina (LA ROCCA, loc. ult. cit.) sostiene la portata espansiva del diritto di recesso proprio in considerazione del dato storico. Secondo tale indirizzo, infatti, la locuzione promozione e collocamento promiscuamente utilizzata dal legislatore per intendere qualsiasi decisione di investimento sollecitata fuori sede, ci dovendosi alla prassi di denominare proprio promozione e collocamento lattivit fuori sede svolta dalla banca. Contra CIVALE, loc. ult. cit., ove si mette in luce che linterpretazione estensiva non tiene conto del processo di stratificazione normativa di cui lart. 30 Tuf il risultato, al quale hanno contribuito come affluenti sia il filone normativo disciplinante la vendita a domicilio sia quello disciplinate la gestione di patrimoni, cui era in origine riconnesso il diritto di recesso indifferentemente nellipotesi in cui il relativo contratto fosse concluso in sede o fuori. della littera legis, sicch il lemma collocamento non potrebbe farsi coincidere con il servizio di collocamento, in quanto nellart. 30 il legislatore si riferisce al contratto concluso tra intermediario e risparmiatore anzich a quello intercorrente tra emittente ed intermediario, connotante il collocamento inteso quale servizio dinvestimento (21). Tale opinione non priva comunque di valore la considerazione secondo cui - attraverso la locuzione contratti di collocamento di strumenti finanziari - il legislatore ha inteso far riferimento a quei contratti conclusi tra intermediario e risparmiatore, a condizioni standardizzate, in conseguenza del servizio di collocamento che lega lintermediario e lemittente gli strumenti finanziari collocati (22). Losservazione da ultimo indicata sar meglio chiarita alla luce della ratio legis, di cui la successivo paragrafo. 5. Tutela del risparmiatore sorpreso quale ratio della disciplina. Qualora non si ritenesse linterpretazione letterale idonea a fugare i dubbi, sollevati da parte della giurisprudenza di merito e della dottrina, sulla portata applicativa dellart. 30, comma 6, Tuf, un argomento ancora pi pregnante pu trarsi dallinterpretazione teleologica della disposizione in commento (23). Punto di partenza pu essere la considerazione, svolta dalle Sezioni Unite, secondo cui neanche la normale fissit del prezzo di collocamento di stru (21) LA ROCCA, op. cit., p. 6. (22) interessante notare come la citata dottrina, dopo aver considerato equivoco e promiscuo il dato letterale emergente dallart. 30 Tuf, proponga, quale replica allindirizzo attento alla littera legis, uninterpretazione letterale - sia consentita lespressione -pi realista del re, in virt della quale il fenomeno collocamento come dimidiato, considerandosi solo laspetto che lega lintermediario allemittente e non quello che lega il medesimo intermediario al risparmiatore. palese, stante lintera impostazione dellart. 30 ed a fortiori quella del sesto comma, che il legislatore intenda riferirsi a quei rapporti negoziali che coinvolgono il cliente al dettaglio, nella norma in oggetto conseguenti ad una operazione di collocamento di strumenti finanziari. Tale ultima conclusione stata da tempo fatta propria dalla migliore dottrina, ex multis, PARRELLA, op. cit., p. 494 ss. nonch SANTOSUOSSO, loc. ult. cit.. altres degna di nota losservazione secondo cui la disposizione che accorda il diritto di recesso non pu considerarsi come avente effetti eccezionali, in quanto i contratti coinvolgenti il consumatore trovano la loro regola generale nel codice del consumo anzich nel codice civile. Conseguenza di tale opinione che il diritto di recesso stabilito a tutela del consumatore suscettibile di applicazione analogica, ai sensi dellart. 12 prel., secondo comma (LA ROCCA, op. cit., p. 11 s.). A prescindere dalla condivisione di tale posizione, resta impregiudicato il fatto che le Sezioni Unite non hanno applicato analogicamente lo jus poenitendi, bens hanno senzaltro sostenuto che la locuzione contratti di collocamento di strumenti finanziari comprende qualsiasi atto negoziale mediante il quale uno strumento finanziario viene fatto acquisire dal cliente. Accede ad una diversa ricostruzione la Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2065, cit., la quale valorizza lesigenza di privilegiare una interpretazione che tenga conto degli effetti eccezionali della disposizione. (23) Lanalisi della ratio legis considerata prevalente nella pronuncia delle Sezioni Unite rispetto allinterpretazione letterale, stante la conclusione per cui il sostantivo collocamento impiegato in senso atecnico e promiscuo nellart. 30 Tuf. Contra Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2012, n. 2065, cit. e Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4564, cit. le quali fanno prevalente affidamento sulla littera legis al fine di ricostruire la norma in commento. menti finanziari in pendenza dellofferta al pubblico basta del tutto ad escludere la possibilit che nel medesimo lasso di tempo () si determinino oscillazioni di valore in grado dinfluenzare la decisione dellinvestitore di recedere dallacquisto. Di conseguenza, si conclude che - potendo ricorrere oscillazioni di valore anche con riferimento alle condizioni standardizzate proprie del servizio di collocamento - viene a cadere linterpretazione che vorrebbe il diritto di recesso limitato a tale servizio proprio in ragione della normale fissit del prezzo di collocamento. Tale ricostruzione si rivela invero ellittica, poich non priva di valore lopinione secondo cui il diritto di recesso riconosciuto per i soli contratti di collocamento - oltrech di gestione di portafogli individuali - specificamente in virt della normale fissit delle condizioni contrattuali, tale da minimizzare il rischio di comportamenti opportunistici nelle more del termine riservato al ripensamento (24). Il rischio suddetto preso in considerazione dalle Sezioni Unite, le quali ritengono che esso possa comunque essere neutralizzato invocando il principio generale di buona fede, che deve presidiare qualsiasi rapporto contrattuale, ma non vale certo a negare il fondamento stesso sul quale il riconoscimento di quel diritto riposa. Tuttavia, come rilevato da autorevole dottrina (25), il principio di buona fede oggettiva non vale a paralizzare, nel caso di specie, la fruizione del diritto di recesso sulla base di un giudizio di convenienza economica. Dovendosi, infatti, declinare la buona fede oggettiva anzitutto come osservanza di un comportamento ragionevole, non infrange detto principio generale chi esercita lo jus poenitendi in ipotesi di riduzione del margine di convenienza economica della propria operazione di investimento (26). Del pari chiaro che, in tale fattispecie, il diritto di recesso non garantisce il ripensamento del risparmiatore colto di sorpresa, bens consente una seconda valutazione, successiva alla conclusione del contratto, circa la profittabilit dellinvestimento, peraltro riservata dalla legge ad una sola delle parti contraenti. Le Sezioni Unite affrontano, sia pure incidentalmente, largomento suindicato, allorch presentano come conseguenza inevitabile dellaccresciuta tutela del cliente al dettaglio un sacrificio per lintermediario, comunque compensato dai vantaggi che questi si ripromette di ottenere attraverso un sistema di com (24) Per quanto concerne la gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede, lattribuzione del diritto di recesso frutto di un separato filone normativo, confuso con le norme sullofferta fuori sede a cagione di esigenze sistematiche. Per la ricostruzione storica del diritto di ripensamento nellofferta fuori sede si veda CIVALE, op. cit., p. 2. (25) DOLMETTA, MINNECI, MALVAGNA, Il ius poenitendi tra sorpresa e buona fede: a proposito di Cass. SS.UU. N. 13905/2013, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 16, p. 5. (26) Eloquentemente MAFFEIS, Investimenti fuori sede e difetto di indicazione della facolt di recesso, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 15, 2013, p. 3, si riferisce alla buone fede oggettiva come ad un grande principio, dunque, ma che, forse, desinit in piscem. mercializzazione capillare pi aggressivo qual lofferta fuori sede. Tuttavia la variabilit cui sono esposti i prezzi degli strumenti finanziari, unitamente alle difficolt dutilizzare il principio di buona fede come argine ad un uso opportunistico del diritto di recesso, fa emergere il bilanciamento al di l del mero dato letterale, comunque assai eloquente - in virt del quale il legislatore ha circoscritto il diritto di recesso alle sole fattispecie analiticamente enumerate (27). Inoltre, nelle ipotesi di collocamento in senso proprio nonch di gestione di portafogli individuali, il risparmiatore compie linvestimento contestualmente alla sottoscrizione del contratto, risultando di conseguenza esposto all effetto sorpresa nel caso in cui il negozio sia concluso fuori sede. Al contrario, i contratti di negoziazione e trasmissione di ordini, ancorch stipulati fuori sede, implicano, posteriormente alla loro conclusione, autonome manifestazioni di volont del risparmiatore il quale dunque sottratto al rischio di non poter maturare adeguatamente la decisione di investimento (28). La valutazione costi-benefici del diritto di ripensamento induce, altres, a stigmatizzarne lestensione a tutti i servizi dinvestimento. La sospensione di efficacia del contratto per un periodo di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione postula, infatti, un ritardo nellesecuzione dellinvestimento programmato difficilmente compensato dal vantaggio in termini di maggiore tutela del risparmiatore. Autorevole dottrina arguisce che il regime di responsabilit gravante sugli intermediari per lattivit posta in essere dai promotori finanziari, di cui allart. 31, comma terzo, Tuf, unitamente alle regole di vigilanza cui sono soggetti gli stessi promotori, costituisce strumento idoneo a proteggere il risparmiatore dallaggressivit della vendita porta a porta, senza incorrere nei ritardi cagionati dai sette giorni del periodo di moratoria (29). 6. Il principio di eguaglianza e il diritto di recesso secondo le Sezioni Unite. Gli argomenti svolti dalle Sezioni Unite nella pronuncia sullo jus poenitendi non si limitano a contestare lunivocit del dato letterale n la ricostruzione teleologica in precedenza elaborata dalla stessa Corte, ma si spingono ad affermare lestensione del diritto di recesso a tutte le decisioni dinvestimento, beninteso sollecitate fuori sede, sulla base del dettato costituzionale. (27) Autorevole dottrina evidenzia come lestensione del diritto di recesso oltre il perimetro espressamente delineato dal legislatore sia suscettibile di provocare una vera e propria eterogenesi dei fini della norma sullo jus poenitendi (CIVALE, op. cit., p. 7 ss.). (28) SANTOSUOSSO, op. cit., p. 776 s., ove si nota altres che, qualora linterpretazione estensiva venisse accolta, il periodo di moratoria potrebbe essere abbreviato solo da unesplicita manifestazione di volont del risparmiatore nel cui interesse stabilito. Tale manifestazione di volont si renderebbe necessaria onde evitare i ritardi connessi alla sospensione di efficacia del contratto, con ci comportando un aggravio degli oneri per linvestitore. (29) CARBONETTI, op. cit., p. 785 s. Affermata lequivocit della proposizione normativa formulata nel sesto comma, il Giudice di legittimit sostiene che il medesimo effetto sorpresa presente nel caso di collocamento fuori sede si ripresenta anche per tutti gli altri servizi dinvestimento, sicch agli investitori esposti allo stesso rischio deve essere garantita la stessa tutela. Nello specifico, milita in tal senso la difficolt di giustificare, anche sul piano costituzionale, una disparit di trattamento tra lipotesi di offerta fuori sede di strumenti finanziari che sia fondata sulla diversa tipologia di servizio dinvestimento reso dallintermediario, quando () del tutto analoga la situazione di maggiore vulnerabilit in cui viene comunque a trovarsi il cliente per il fatto stesso che lofferta lo raggiunge fuori dalla sede dellintermediario o degli altri soggetti indicati dal primo comma del citato art. 30(30). Tale ancoraggio costituzionale suscita invero numerosi e gravi dubbi. lecito anzitutto obiettare che sovente si fatto uso in giurisprudenza del principio di eguaglianza come argomento retorico, volto a corroborare lopera ricostruttiva. Daltro canto, vi chi ritiene che la decisione in commento costituisca applicazione necessaria dellart. 3 Cost., allorch attribuisce il medesimo trattamento giuridico a decisioni di investimento aventi le medesime caratteristiche indipendentemente dal servizio di investimento in esito al quale sono assunte (31). Invero, la modalit con cui la Corte di Cassazione ha fatto riferimento, in conclusione delle motivazioni, al piano costituzionale, quale parametro che milita a favore dellipotesi ricostruttiva accolta, induce a ritenere che il principio di eguaglianza sia impiegato come argomento ad adiuvandum, al fine di confermare la posizione assunta. Inoltre, ancorch si considerasse lart. 3 della Costituzione quale parametro decisivo del giudizio, permarrebbero comunque rilievi di carattere sostanziale. In primo luogo pu affermarsi che - proprio in virt della normale fissit delle condizioni di offerta nellipotesi di collocamento - vi sia una cesura di carattere qualitativo tra il servizio di collocamento e gli altri servizi di investimento, posto che per il primo pu essere attribuito il diritto di recesso in favore della controparte non professionale e pi debole proprio perch ricorre un contenuto rischio di comportamenti opportunistici, tali altrimenti da snaturare la finalit per cui lo jus poenitendi stato accordato. La valorizzazione dellart. 3 Cost. apre altres un profilo pi generale di compatibilit tra linterpretazione costituzionalmente orientata della legge, co (30) La Corte di Cassazione fa riferimento al principio di eguaglianza in senso formale, cio alla parit di trattamento a fronte di posizioni analoghe. Per lesame della valenza di tale principio, si rinvia a BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 1997, Cap. I, ove viene messa in luce la preminenza che, nella gerarchia dei valori elaborata dalla Corte costituzionale, stata costantemente annessa agli interessi sottesi allart. 3 Cost., considerato quale norma di chiusura dellordinamento costituzionale. (31) LA ROCCA, op. cit., p. 7. gente negli Stati aventi costituzione rigida, ed il rispetto delle scelte operate dal legislatore. Nel caso di specie, bench il sesto comma dellart. 30 Tuf espressamente circoscriva il diritto di recesso solo ad alcuni servizi dinvestimento, le Sezioni Unite - privando di valore il dato letterale per privilegiare unautonoma ricostruzione della ratio conforme a Costituzione - hanno esteso lo jus poenitendi a tutti i servizi dinvestimento, ci che equivale alla creazione in via pretoria di una norma nuova. La decisione in commento induce a domandarsi quale sia il confine tra lattivit ermeneutica, ancorch espansiva, e la spendita di poteri additivi, nel nostro ordinamento riservati alla Corte Costituzionale. 7. La recente novella: adesione o limite alla giurisprudenza di legittimit? La decisione delle Sezioni Unite non ha lasciato inerte il Governo che, pochi giorni dopo il deposito della sentenza, ha varato il decreto legge cosiddetto del fare attraverso il quale stata modificata la disciplina del recesso nellofferta fuori sede. In particolare, lart. 56 quater del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con l. 9 agosto 2013, n. 98, ha disposto quanto segue: All'articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo il secondo periodo aggiunto il seguente: Ferma restando l'applicazione della disciplina di cui al primo e al secondo periodo ai servizi di investimento di cui all'articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d), per i contratti sottoscritti a decorrere dal 1 settembre 2013 la medesima disciplina si applica anche ai servizi di investimento di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a). In questa sede si tralasciano le considerazioni concernenti limpiego della decretazione durgenza oltre i limiti sanciti dal Costituente (art. 77 Cost.) (32), volendosi invece evidenziare le implicazioni della reazione legislativa scaturita dallintervento nomofilattico. Il legislatore, accordando il diritto di recesso anche nellipotesi di negoziazione per conto proprio, ha prima facie accolto le motivazioni in base alle quali la Corte di Cassazione ha da ultimo superato il tenore letterale dellart. 30, sesto comma, Tuf. Tuttavia, ad un pi attento esame, emerge che il Giudice di legittimit ha enucleato nella sentenza de qua un ben pi vasto principio di diritto, in virt del quale le decisioni di investimento conseguenti a sollecitazione svolta fuori sede sono assistite dal diritto di recesso a prescindere dal servizio dinvestimento in esito al quale sono assunte. Posta in tali termini la questione, si fa palese come il legislatore abbia inteso circoscrivere gli effetti della pronuncia delle Sezioni Unite solo allimmediato oggetto di essa, con la conseguenza che inibita in via normativa la potenziale estensione del dictum giurisprudenziale a tutti i servizi dinvestimento (33). (32) Su tali aspetti si veda, ancorch incidentalmente, LA ROCCA, op. cit., p. 9 s.. (33) agevole fare uso dellargomento a contrario, in virt del quale lanalitica enumerazione di taluni servizi dinvestimento esclude gli altri. In tale contesto non fuori luogo sostenere che il legislatore sia corso ai ripari, ponendo tuttavia in essere un intervento che solleva notevoli problemi di coordinamento. Infatti, la statuizione per cui la novella si applica solo ai contratti sottoscritti a decorrere dal 1 settembre 2013 rende arduo attribuire natura interpretativa alla norma in esame, stante la retroattivit che ordinariamente connota le disposizioni a contenuto interpretativo. Di conseguenza, si configurano due regimi giuridici distinti aventi per oggetto il diritto di recesso nellofferta fuori sede, il cui spartiacque costituito dalla data 1 settembre 2013. I contratti sottoscritti anteriormente a tale data soggiacciono alla disciplina enucleata dalle Sezioni Unite, sicch in tali ipotesi il diritto di recesso assiste ogni atto negoziale mediante il quale uno strumento finanziario viene fatto acquisire dal cliente. I contratti conclusi posteriormente alla data spartiacque sono invece soggetti alla nuova disciplina legislativa, per cui il diritto di recesso si applica esclusivamente a taluni servizi dinvestimento, nella specie: i) negoziazione per conto proprio; ii) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dellemittente; iii) collocamento senza assunzione a fermo n assunzione di garanzia nei confronti dellemittente; iv) gestione di portafogli. lecito il dubbio che la novella, per le modalit di formulazione, anzich contribuire alla certezza del diritto abbia incrementato, almeno per il periodo di sopravvivenza della previgente disciplina, le difficolt applicative. Risulta infatti eloquente lopinione di chi gi propone, in alternativa alla questione di legittimit costituzionale, linterpretazione analogica della novella medesima proprio sulla base del principio di eguaglianza onde conseguire comunque, anche per il periodo successivo al 1 settembre 2013, gli effetti estensivi assicurati dalla pronuncia delle Sezioni Unite (34). 8. Rilievi conclusivi. La sentenza in commento pu essere a ragione considerata il punto di emersione della scelta legislativa di far convivere nella medesima disposizione due norme distinte per genesi ed effetti. Tale il caso della disciplina sullofferta fuori sede e di quella sullo jus poenitendi, riunite per esigenze sistematiche nellart. 30 Tuf ancorch siano scaturite da due vicende storiche diverse (35). La conseguenza di tale riunione il contrasto dottrinale e giurisprudenziale che ha indotto la pronuncia delle Sezioni Unite, comunque rivelatasi non risolutiva al punto da determinare il Governo ad intervenire con decreto legge pochi giorni dopo il deposito della sentenza. Il recente intervento normativo conferma linterpretazione tendente a re (34) Cos LA ROCCA, op. cit., p. 15. (35) Per la ricostruzione storica del diritto di recesso nellofferta fuori sede si veda CARBONETTI, op. cit., p. 770 ss. nonch CIVALE, op. cit., p. 2 s. stringere il diritto di recesso alle sole ipotesi tassativamente enunciate: il legislatore, infatti, statuendo che resta ferma lapplicazione del diritto di ripensamento al servizio di collocamento ed a quello di gestione di portafogli, rende palese che proprio a tali servizi dinvestimento si riferisce lart. 30 Tuf con lespressione contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestioni di portafogli individuali. Sicch per estendere lapplicazione di tale disposizione anche al servizio di negoziazione per conto proprio necessario un apposito intervento legislativo, in quanto tale servizio non evidentemente gi compreso nella locuzione sopra riportata. A conferma di tale conclusione il legislatore stabilisce che lapplicazione dello jus poenitendi al servizio di negoziazione per conto proprio non retroattiva, bens ha come dies a quo il 1 settembre 2013; corollario di tale disposizione che lintervento normativo in commento - anche a prescindere dal dibattito sulla natura innovativa ovvero interpretativa della novella - esclude che in precedenza tale servizio dinvestimento fosse incluso nellart. 30, sesto comma, Tuf. Lart. 56 quater, d.l. del fare, quindi, se da un lato recepisce il dispositivo delle Sezioni Unite con riferimento al suo oggetto specifico (la negoziazione per conto proprio), dallaltro lato priva di valore il principio di diritto enunciato nelle motivazioni, con la conseguenza di restringere il diritto di recesso alle sole fattispecie analiticamente enumerate. Si spera, di conseguenza, che il recente intervento sia idoneo a sopire, almeno per il futuro, il contrasto di opinioni che ha diviso dottrina e giurisprudenza sul diritto di ripensamento nellofferta fuori sede. Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 3 giugno 2013 n. 13905 -Primo Pres. ff. Luccioli, Est. Rordorf, P.M. Apice (difforme) - Banca Mediolanum S.p.a. (avv.ti Siggia e Danisi) c. B.S. (avv. Todaro). Il diritto di recesso accordato allinvestitore dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, comma 6, e la previsione di nullit dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo comma 7, trovano applicazione non soltanto nel caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dellintermediario sia intervenuta nellambito di un servizio di collocamento prestato dallintermediario medesimo in favore dellemittente o dellofferente di tali strumenti, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio dinvestimento diverso, ove ricorra la stessa esigenza di tutela. [Massima ufficiale] SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto notificato il 26 maggio 2005 il sig. B.S. cit in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo la Banca Mediolanum s.p.a. (in prosieguo indicata come Mediolanum) riferendo di aver sottoscritto, a seguito delle sollecitazioni di un promotore di detta banca, obbligazioni emesse dalla societ G.S.F. per il prezzo complessivo di Euro 49.560,00. Ci premesso, e premesso altres che le obbligazioni erano poi risultate di fatto inesigibili a causa del sopravvenuto fallimento dell'emittente, l'attore dedusse la nullit dell'acquisto per diverse ragioni, tra cui la mancata previsione nel contratto del diritto di recesso che il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, comma 6, (conosciuto come testo unico della finanza ed in prosieguo indicato con la sigla tuf) attribuisce all'investitore in strumenti finanziari collocati dall'intermediario al di fuori della propria sede. Chiese, pertanto, che la banca convenuta fosse condannata a restituirgli le somme investite. La domanda fu accolta in primo grado e la pronuncia del tribunale venne poi confermata in secondo grado dalla Corte d'appello di Palermo con sentenza resa pubblica il 6 luglio 2010. La corte palermitana, infatti, ritenne che lo jus poenitendi previsto dalla citata disposizione dell'art. 30, comma 6, del tuf e la nullit dei contratti che non contemplino la clausola di recesso, sancita dal successivo settimo comma dello stesso articolo, trovino applicazione non solo nel caso di offerta pubblica di strumenti finanziari dei quali l'intermediario abbia curato il collocamento per esserne stato incaricato dall'emittente o dall'offerente, ma anche in ogni altro caso di negoziazione di tali strumenti al di fuori dalla sede dell'intermediario: ragione per la quale il contratto di cui si discute in causa, per essere valido, avrebbe dovuto prevedere la facolt di recesso dell'acquirente nei sette giorni successivi alla stipulazione. Avverso tale sentenza la Mediolanum ha proposto ricorso per cassazione dolendosi, sotto diversi profili, della ritenuta applicabilit al caso di specie delle citate disposizioni dell'art. 30 del tuf che, a suo giudizio, nel menzionare i "contratti di collocamento" (oltre alla gestione di portafogli), farebbe riferimento alle sole operazioni ricollegabili all'espletamento del servizio di collocamento, quale definito dal precedente art. 1, comma 5, lett. c), ossia all'offerta al pubblico di strumenti finanziari effettuata dall'intermediario in esecuzione di un contratto da esso stipulato con l'emittente o con l'offerente, su incarico e per conto di quest'ultimo ed alle condizioni da lui indicate. L'intimato si difeso con controricorso. La prima sezione civile, con ordinanza n. 10376 del 2012, avendo rilevato l'esistenza in dottrina ed in giurisprudenza di opinioni diverse sulla portata delle disposizioni normative sopra menzionate ed avendo stimato comunque che la questione sia di massima di particolare importanza, ne ha sollecitato la rimessione alle sezioni unite. Il ricorso stato perci assegnato alle sezioni unite e discusso all'odierna udienza. Entrambe le parti hanno depositato memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La questione sulla quale le sezioni unite sono chiamate a pronunciarsi investe, come gi accennato, l'interpretazione da dare all'art. 30 del tuf, il cui sesto comma prevede che l'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi al di fuori della sede dell'intermediario autorizzato sia sospesa per la durata di sette giorni, decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore, e che entro il medesimo termine l'investitore possa comunicare il proprio recesso, senza spese n corrispettivo, al promotore finanziario o all'intermediario. Occorre inoltre che tale facolt di recesso sia espressamente indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore e nelle proposte contrattuali effettuate fuori sede, ed il successivo settimo comma commina la sanzione della nullit, deducibile solo da parte del cliente, per i contratti che questa indicazione non rechino. L'interrogativo che la presente causa pone se la nozione di "contratti di collocamento", cui la citata disposizione si riferisce ed ai quali quindi si applica la prescrizione concernente l'inserimento a pena di nullit della clausola di recesso in favore del cliente, sia da intendere come circoscritta ai contratti strettamente connessi e conseguenti alla prestazione del "servizio di collocamento", menzionato dall'art. 1, comma 5, lett. c) (ed ora anche lett. c bis), del tuf, o se invece comprenda qualsiasi operazione in virt della quale l'intermediario offra in vendita a clienti non professionali strumenti finanziari al di fuori della propria sede, anche nell'espletamento di servizi d'investimento diversi, quali ad esempio quelli di negoziazione o di esecuzione di ordini enunciati all'art. 1, stesso comma 5, lett. a) e b). In argomento la giurisprudenza di merito si in passato divisa, ma in due precedenti occasioni, nelle quali si discuteva della validit dell'acquisto di strumenti finanziari operato a seguito di ordini impartiti da clienti nel quadro di contratti d'intermediazione finanziaria in precedenza stipulati con l'intermediario, questa corte ha affermato che il diritto di recesso previsto a favore dell'investitore per i contratti conclusi fuori sede e la connessa sanzione della nullit in caso di mancata comunicazione all'investitore del suindicato diritto di recesso sono circoscritti ai soli contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali, trattandosi di una disciplina peculiare che, come tale, non potrebbe essere applicata alla diversa ipotesi di contratti concernenti la prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari oppure di raccolta e trasmissione di ordini (Cass. n. 2065 del 2012 e n. 4564 del 2012). Rispetto a tale orientamento pu sembrare per certi versi distonica un'ulteriore decisione, assunta nello stesso torno di tempo in una particolare fattispecie (Cass. n. 1584 del 2012), che, tuttavia, non ha affrontato in modo esplicito la questione ora in esame. Tali pronunce non hanno sopito il dibattito in dottrina, ed anche questo ha indotto ad investire le sezioni unite della questione. 2. Per dare una risposta corretta al quesito indispensabile una breve premessa ed una sintetica ricognizione delle norme che rilevano ai fini della risoluzione del problema. 2.1. I servizi d'investimento finanziario, com' noto, sono alquanto minuziosamente elencati nell'art. 1, comma 5, del tuf, dalla lett. a) sino alla g). Al tempo dei fatti di causa, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 164 del 2007, l'elenco si arrestava alla lett. c), e non comprendeva la lett. c bis), ma tali innovazioni normative non sono particolarmente interessanti ai fini della risoluzione della presente vertenza. Di maggiore interesse osservare come, tra detti servizi, quello di collocamento figuri indicato distintamente (lett. c, ed ora anche lett. c bis), sia rispetto alla negoziazione per conto proprio ed all'esecuzione di ordini per conto dei clienti (prima denominata negoziazione per conto terzi: lett. a e b) sia rispetto alla ricezione e trasmissione di ordini (lett. e). Mentre, nel caso della negoziazione per conto proprio, l'intermediario si pone come controparte diretta del cliente nell'acquisto o nella vendita di strumenti finanziari, normalmente destinata ad aver luogo sul mercato secondario, nel caso dell'esecuzione di ordini d'acquisto o vendita impartitigli dal cliente egli opera sul medesimo mercato in veste di mandatario, oppure, nel caso della ricezione e trasmissione di ordini, quale mero tramite delle disposizioni del cliente in rapporti di compravendita destinati ad intercorrere tra quest'ultimo e soggetti terzi. Tutte queste situazioni, peraltro, implicano l'instaurazione di rapporti individuali tra intermediario e cliente, nell'interesse del quale l'intermediario stesso tenuto ad operare. Il servizio di collocamento si caratterizza invece per essere prestato dall'intermediario in favore del soggetto che emette gli strumenti finanziari, o che comunque li offre in vendita al pubblico, di regola sul mercato primario, onde con quest'ultimo soggetto che l'intermediario medesimo anzitutto instaura un rapporto contrattuale e nell'interesse del quale presta il servizio (che assuma o meno egli stesso un impegno diretto di acquisto o una qualche forma di garanzia), addossandosi il compito di promuovere l'acquisto da parte dei terzi investitori degli strumenti finanziari offerti in vendita o in sottoscrizione. Naturalmente, perch il collocamento abbia poi effettivamente luogo, occorrer pur sempre che esso metta capo alla stipulazione di ulteriori atti negoziali, mediante i quali gli strumenti finanziari da collocare sono acquistati o sottoscritti dagli investitori; ma in questo caso la vendita avviene all'esito di un'offerta al pubblico e, quindi, in base a condizioni predeterminate, senza di regola alcuno spazio di negoziazione individuale tra il collocatore e colui che aderisce all'offerta. 2.2. L'art. 30 del tuf (anch'esso oggetto di successive modifiche ad opera del citato D.Lgs. n. 164 del 2007, che qui non sono tuttavia rilevanti) disciplina la "offerta fuori sede", che storicamente deriva dalla figura della sollecitazione al pubblico risparmio c.d. a domicilio (o "porta a porta"), considerata dalla L. n. 1 del 1991, art. 1, lett. f), come un'autonoma attivit d'intermediazione mobiliare (accanto alla negoziazione ed al collocamento di valori mobiliari, alla raccolta d'ordini, alla gestione di patrimoni ed alla consulenza), ed in seguito disciplinata, invece, gi dal D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 22, alla stregua di una particolare modalit di svolgimento di servizi d'investimento diversi. Il citato art. 30, comma 1, definisce "offerta fuori sede" la promozione ed il collocamento presso il pubblico: a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento; b) di servizi ed attivit di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio. 2.3. L'esame del citato art. 30 evidenzia subito come il sostantivo "collocamento" ed il verbo "collocare" sembrano adoperati nel primo comma in un'accezione non perfettamente coincidente con quella suggerita dalla nozione di "servizio di collocamento", cui sopra s' fatto cenno. Se, infatti, pu essere coerente con quella definizione il parlare, nell'ipotesi considerata sub a), di collocamento di strumenti finanziari presso il pubblico, intendendosi con tale espressione l'attivit di distribuzione al pubblico degli strumenti finanziari in base all'impegno in questo senso assunto dall'intermediario collocatore nei confronti dell'emittente o dell'offerente per il quale egli presta l'anzidetto servizio, meno agevole ricondurre nel medesimo alveo il collocamento di servizi ed attivit d'investimento di cui fa menzione la lett. b). Il servizio di collocamento in senso proprio, svolto dal collocatore in favore di un emittente o di un offerente, sembra concepibile solo se avente ad oggetto dei prodotti finanziari da altri emessi o offerti in vendita, non se invece ad esser "collocati" siano a loro volta altri servizi d'investimento di vario genere. Con riferimento a questi ultimi il collocamento fuori sede di cui parla il citato art. 30, comma 1, lett. b), sta quindi presumibilmente ad indicare ogni forma di sollecitazione che l'intermediario rivolga a propri clienti affinch questi si avvalgano del servizio d'investimento loro proposto, senza che tra l'offerente ed il collocatore del servizio vi sia un pregresso rapporto riconducibile alla figura giuridica del "servizio di collocamento" definito dalla precedenti gi citate disposizioni dell'art. 1, comma 5. Nasce da ci il dubbio che nell'intero art. 30 l'espressione "collocamento" sia stata adoperata dal legislatore con un significato pi ampio e generico, quasi come sinonimo di qualsiasi operazione volta ad immettere sul mercato prodotti finanziari o servizi d'investimento. L'accennata ambiguit terminologica accresciuta dalle disposizioni dettate dal sesto e settimo comma del medesimo art. 30, che contemplano il gi ricordato jus poenitendi in favore del- l'investitore e la nullit dei contratti di collocamento fuori sede che non prevedano il recesso. Anche a tal riguardo non pu non rilevarsi come la menzione dei "contratti di collocamento" sia, se non imprecisa, quanto meno non del tutto univoca. Il servizio di collocamento, come si appena ricordato, infatti scomponibile in due fasi diverse, che entrambe danno vita a rapporti contrattuali: il primo che s'instaura tra l'emittente o l'offerente degli strumenti finan ziari da collocare, da un lato, e l'intermediario collocatore dall'altro; il secondo che si realizza in un momento successivo ed intercorre tra l'intermediario collocatore ed i singoli investitori disposti ad aderire all'offerta. In dottrina v' perci chi ha distinto tra il "contratto per il servizio di collocamento", stipulato dall'emittente o offerente dei medesimi prodotti finanziari con l'intermediario che s'incarica della loro distribuzione sul mercato, ed il "contratto di collocamento", che invece quello volto a disciplinare il rapporto tra l'intermediario distributore dei prodotti finanziari ed il cliente che li sottoscrive. certo da escludere che lo jus poenitendi menzionato dal sesto comma del citato art. 30 riguardi la prima delle due figure contrattuali sopra accennate; appare viceversa evidente che esso si riferisce ai rapporti contrattuali intrecciati dall'intermediario collocatore, al di fuori della propria sede o dalle dipendenze dell'emittente o dell'offerente, con i destinatari dell'offerta, come dimostra il fatto che il diritto di recesso espressamente previsto in favore dello "investitore", sicch anche il "cliente" legittimato a far valere la nullit del contratto che non rechi la clausola di recesso altri non pu essere se non il sottoscrittore o l'acquirente degli strumenti finanziari collocati (cio pubblicamente offerti in sottoscrizione o in vendita) fuori sede dall'intermediario. Resta per da chiedersi se la portata delle disposizioni in tema di recesso e di eventuale nullit sia circoscritta ai soli contratti stipulati fuori sede a mezzo di promotori da intermediari impegnati nella prestazione di veri e propri servizi di collocamento, quali sopra definiti (oltre che nel servizio di gestione di portafogli), oppure se anche qui, come gi s' visto a proposito della definizione dell'offerta fuori sede contenuta nel primo comma, la parola "collocamento" sia da intendere in un'accezione pi ampia ed in qualche misura atecnica, cio come sinonimo di qualsiasi operazione implicante la vendita all'investitore di strumenti finanziari, anche nel- l'espletamento di servizi d'investimento diversi (negoziazione, esecuzione, ricezione o trasmissione di ordini), se effettuata dall'intermediario al di fuori della propria sede. 3. Una risposta soddisfacente non sembra ricavabile dal mero dato letterale. Se vero, infatti, che l'espressione "contratti di collocamento", figurante nel sesto comma del citato art. 30, pu indurre intuitivamente a ritenere che il legislatore abbia inteso riferirsi a contratti la cui stipulazione sia legata alla prestazione del servizio di collocamento (e non ad altri, salvo la gestione di portafogli), altres vero che, come si gi dianzi osservato, nel medesimo articolo - o quanto meno nel suo primo comma - la parola "collocamento" ha anche sicuramente un'accezione che va al di l della prestazione di quello specifico servizio. Il solo criterio d'interpretazione letterale non si rivela perci decisivo. Neppure sembra dirimente il dato storico - che potrebbe far propendere per un'interpretazione restrittiva, derivando l'attuale normativa da esigenze di tutela manifestatesi originariamente nel campo della sollecitazione al pubblico risparmio, di cui il collocamento un momento attuativo -, perch la disciplina ha conosciuto nel tempo un'evidente evoluzione, ed il primo comma dell'articolo in esame, bench rechi traccia di quell'origine (in particolare laddove fa menzione di "collocamento presso il pubblico") palesemente ne ha travalicato i limiti, com' agevole dedurre dal fatto che l'offerta fuori sede pu oggi avere ad oggetto non solo prodotti finanziari, ma qualsiasi servizio d'investimento (art. cit. comma 1, lett. b). Difficile anche trarre argomento dalla direttiva Europea n. 85/577, in tema di tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il cui art. 3 prevede s il diritto di recesso del consumatore, ma lo esclude per quelli aventi ad oggetto valori mobiliari (comma 2, lett. e). Tale direttiva cesser comunque di essere in vigore a partire dal 13 giugno 2014, in forza di quanto disposto dall'art. 31 della successiva direttiva n. 2011/83, che all'art. 16, lett. b), espressamente esclude il diritto di recesso del consumatore per i contratti stipulati fuori dai locali commerciali aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi il cui prezzo sia legato a fluttuazioni nel mercato finanziario, quando siffatte fluttuazioni non siano controllabili da parte del professionista e possano verificarsi durante il periodo di recesso (analoga disposizione contenuta nell'art. 6 della direttiva n. 65/2002, in tema di commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, che ha trovato attuazione nell'art. 67 duodecies del codice del consumo). 4. allora soprattutto alla ratio legis che conviene guardare, per intendere meglio il senso della norma e poterne definire, di conseguenza, la portata applicativa. Sulla ragion d'essere dello jus poenitendi di cui si discute le opinioni degli interpreti e degli studiosi sono sufficientemente univoche: la circostanza che l'operazione d'investimento si sia perfezionata al di fuori dalle sede dell'intermediario a rendere necessaria una speciale tutela per l'investitore al dettaglio (la normativa non si applica agli investitori professionali, come chiarisce il secondo comma del citato art. 30), perch ci significa che, di regola, l'iniziativa non proviene da lui. logico cio presumere che, in simili casi, l'investimento non sia conseguenza di una premeditata decisione dello stesso investitore, il quale a tale scopo si sia recato presso la sede dell'intermediario, ma costituisca invece il frutto di una sollecitazione, proveniente da promotori della cui opera l'intermediario si avvale; sollecitazione che, perci stesso, potrebbe aver colto l'investitore impreparato ed averlo indotto ad una scelta negoziale non sufficientemente meditata. Il differimento dell'efficacia del contratto, con la possibilit di recedere nel frattempo senza oneri per il cliente, vale appunto a ripristinare, a posteriori, quella mancanza di adeguata riflessione preventiva che la descritta situazione potrebbe aver causato. Se questa, come pare difficilmente contestabile, l'esigenza di tutela in vista della quale il legislatore ha introdotto la disciplina del recesso nei contratti di collocamento di strumenti finanziari stipulati fuori sede dall'intermediario, arduo negare che la medesima esigenza si ponga non soltanto per le operazioni compiute nell'ambito della prestazione di un servizio di collocamento in senso proprio, nell'accezione gi prima richiamata, ma anche per qualsiasi altra ipotesi in cui l'intermediario venda fuori sede strumenti finanziari ad investitori al dettaglio, sia pure nell'espletamento di un servizio d'investimento diverso. La differenza tra le due descritte situazioni, in questa ottica, appare davvero poco significativa, specie ove si consideri che nel servizio di collocamento "con assunzione a fermo" l'intermediario piazza sul mercato prodotti finanziari rispetto ai quali la sua posizione ed il suo interesse alla vendita sono del tutto analoghi a quelli di una vendita in proprio. Il che avvalora l'opinione secondo cui la parola "collocamento", nel testo dell'articolo in esame, da intendere in senso ampio, come sinonimo di atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario vien fatto acquisire al cliente e quindi inserito nel suo patrimonio (o, come nel linguaggio del mercato finanziario si usa dire, nel suo portafoglio), a prescindere dalla tipologia del servizio d'investimento che abbia dato luogo a tale operazione. 5. Nessuna delle obiezioni che potrebbero essere mosse - e che sono state mosse - a questa conclusione sembra davvero dirimente. Non lo quella che fa leva sul fatto che nel vero e proprio collocamento l'offerta in vendita degli strumenti finanziari agli investitori ha luogo a condizioni uniformi e predeterminate, dovendo l'intermediario attenersi in proposito alle condizioni dettate dall'offerente, onde non v' di regola alcuno spazio per forme di negoziazione individuale che potrebbero invece essere presenti quando l'acquisto dei medesimi strumenti finanziari avvenga nell'ambito della prestazione di un servizio d'investimento diverso; n lo la circostanza che, in questa seconda evenienza, l'acquisto normalmente si realizza in base alle previsioni di un c.d. contratto-quadro, in precedenza stipulato tra l'intermediario e l'investitore. Il fatto che il prezzo e le altre condizioni di vendita siano pi o meno predefiniti non toglie che si comunque in presenza, di volta in volta, di una decisione d'investimento, di modo che solo quando l'investitore abbia assunto egli stesso l'iniziativa di recarsi presso la sede del- l'intermediario, o in un luogo di pertinenza del proponente, lecito presumere che la sua scelta sia stata preceduta da una matura riflessione; e quando invece cos non sia, sussiste in ogni caso - indipendentemente dalla fissit delle condizioni di vendita - il rischio che il medesimo investitore si sia trovato ad essere destinatario di una proposta che potrebbe averlo colto di sorpresa. S'intende, poi, che la disciplina del recesso di cui si sta parlando non pu che riguardare i singoli rapporti negoziali in base ai quali, di volta in volta, l'investitore si trovi a sottoscrivere uno strumento finanziario offertogli dall'intermediario fuori sede, e non la stipulazione del c.d. contratto-quadro, che di per s non implica l'acquisto di strumenti finanziari ed perci sicuramente estranea alla nozione di "collocamento", sia pur latamente intesa. Nemmeno la circostanza che l'ordine di acquisto possa essere riconducibile ad un siffatto con- tratto-quadro, cio ad un pregresso impianto contrattuale volto a disciplinare in via generale le modalit della prestazione del servizio, fa venir meno il rischio che il cliente venga colto di sorpresa, quando il singolo ordine sia frutto di una sollecitazione posta in essere dall'intermediario fuori dalla propria sede; ed quel rischio che giustifica la gi ricordata esigenza della tutela supplementare apprestata dal citato art. 30, commi 6 e 7, del tuf. D'altronde, non va trascurato che parte della dottrina e la stessa autorit di vigilanza (si veda la comunicazione della Consob n. DIN/12030993 del 19 aprile 2012, che pure si pronuncia in favore di un'interpretazione restrittiva della citata disposizione dell'art. 30) sono propense ad ammettere la possibilit che anche nell'espletamento del servizio di collocamento si realizzi talvolta un rapporto di durata tra il prestatore del servizio ed il cliente, nel cui ambito le singole operazioni siano perci disciplinate da un contratto-quadro; il che difficilmente per basterebbe, stante il testo della norma, ad escludere in siffatti casi l'applicazione dello ius poenitendi agli specifici atti negoziali mediante i quali il collocamento fuori sede in concreto sia realizzato. Neppure il rilievo per cui durante il periodo di sospensione degli effetti del contratto le condizioni di mercato potrebbero mutare, prestandosi cos a comportamenti opportunistici da parte dell'investitore, sembra rivestire carattere decisivo ai fini della questione di cui si sta qui discutendo. Si consideri che neanche la normale fissit del prezzo di collocamento di strumenti finanziari in pendenza dell'offerta al pubblico basta del tutto ad escludere la possibilit che nel medesimo lasso di tempo (vuoi per fatti influenti in generale sull'andamento del mercato, vuoi per eventi riferibili alla situazione particolare dell'emittente) si determinino oscillazioni di valore in grado d'influenzare la decisione dell'investitore di recedere dall'acquisto. Ma, anche a prescindere da tale rilievo, va osservato che il rischio di un utilizzo non corretto del diritto di recesso potr eventualmente, ove si dia il caso, essere neutralizzato invocando il principio generale di buona fede, che deve presidiare qualsiasi rapporto contrattuale, ma non vale certo a negare il fondamento stesso sul quale il riconoscimento di quel diritto riposa. D'altronde, inevitabile che il riconoscimento di una maggior tutela in favore dell'investitore che acquista si traduca in una posizione meno vantaggiosa per l'intermediario che vende, ma questa la naturale contropartita dei vantaggi che, su pi larga scala, lo stesso intermediario si ripromette di conseguire utilizzando per la vendita dei prodotti finanziari un sistema di commercializzazione capillare esterna, per certi versi pi aggressivo ("porta a porta"), anzich attendere che i clienti vengano ad acquistare quei medesimi prodotti in sede. 6. A favore di un'interpretazione estensiva della citata disposizione dell'art. 30 del tuf, che sia in grado di meglio assicurare la tutela del consumatore, militano d'altro canto i principi generali desumibili dallo stesso testo unico, sicuramente ispirati all'esigenza di effettivit dell'indicata tutela, cui da ulteriore rinforzo la previsione dell'art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, che, nel garantire "un livello elevato di protezione dei consumatori", per ci stesso impone d'interpretare le norme ambigue nel senso pi favorevole a questi ultimi. Ma, soprattutto, milita in tal senso la difficolt di giustificare, anche sul piano costituzionale, una disparit di trattamento tra l'ipotesi di offerta fuori sede di strumenti finanziari che sia fondata sulla diversa tipologia di servizio d'investimento reso dall'intermediario, quando, per le ragioni gi sopra indicate, del tutto analoga la situazione di maggiore vulnerabilit in cui viene comunque a trovarsi il cliente per il fatto stesso che l'offerta lo raggiunge fuori dalla sede dell'intermediario o degli altri soggetti indicati dal primo comma del citato art. 30. 7. L'orientamento in precedenza espresso da questa corte sulla questione in esame non pu essere dunque ulteriormente seguito ed occorre invece enunciare il principio secondo cui il diritto di recesso accordato all'investitore dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 30, comma 6, e la previsione di nullit dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo comma 7, trovano applicazione non soltanto nel caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dell'intermediario sia intervenuta nell'ambito di un servizio di collocamento prestato dall'intermediario medesimo in favore dell'emittente o dell'offerente di tali strumenti, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d'investimento diverso, ove ricorra la stessa esigenza di tutela. 8. Alla stregua di tale principio il ricorso non appare meritevole di accoglimento. 9. Essendo stato il ricorso deciso sulla base di un orientamento diverso da quello in precedenza assunto da questa corte, appare equo compensare le spese del presente giudizio di legittimit. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio. Cos deciso in Roma, il 14 maggio 2013. Indennizzabilit dei danni da emotrasfusione a seguito di prestazione eseguita allestero CASSAZIONE, SEZ. LAVORO, SENTENZA 19 DICEMBRE 2013 N. 28435 La Corte di cassazione affronta per la prima volta ex professo la questione della indennizzabilit, ai sensi della l. 210/92, dei danni da emotrasfusione eseguita all'estero in base ad autorizzazione della competente ASL ex art. 3, comma 5 l. 595/1985. Ad avviso della Corte, tali danni - ancorch cagionati dall'operato di strutture sanitarie estere, per definizione sottratte al controllo delle autorit italiane - sono comunque suscettibili di indennizzo; ci in considerazione della natura solidaristica del beneficio, da accordarsi a prescindere dalla susssitenza, o meno, di responsabilit delle strutture sanitarie nazionali. Cassazione, Sez. lavoro, sentenza 19 dicembre 2013 n. 28435 -Pres. Lamorgese, Rel. Arienzo, P.M. Celentano (difforme) - Ministero Salute (avv. Stato Marina Russo) c. M.S. (avv. Brizzi). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza del 10.11.2009, la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame proposto dal Ministero della Salute avverso la decisione di prime cure con la quale, in accoglimento del ricorso proposto da M.C., era stata disposta la condanna del Ministero al pagamento, in favore del ricorrente, dell'indennizzo L. n. 210 del 1992, ex art. 2 in conseguenza di malattia contratta a seguito di trasfusioni e somministrazione di emoderivati effettuati nell'ambito di struttura sanitaria estera nel corso di ricoveri per interventi cardiochirurgici. La Corte del merito osservava che, sebbene il riferimento esplicito all'autorit sanitaria riguardasse il solo caso delle vaccinazioni obbligatorie, l'interpretazione sistematica della norma consentiva di ritenerlo esteso anche alle ipotesi di contagio da HIV o di epatiti HCV contratte a seguito di trasfusioni o somministrazioni di emoderivati praticate all'estero. Secondo il giudice del gravame, deponevano in senso contrario all'estensione della tutela il riconoscimento dell'indennizzo anche agli operatori sanitari che avessero riportato danni per trasfusioni in occasione e durante il servizio nonch la previsione dell'obbligo per i medici di compilare una scheda informativa dei dati relativi alla trasfusione praticata, certamente incompatibile, ai fini dell'accertamento del rapporto di causalit, con i ricoveri presso strutture sanitarie di stati esteri, accertamento affidato ad organi sanitari italiani (Cass. 753/2005) e non erano ravvisabili profili di incostituzionalit, in quanto la collettivit assumeva su di s le conseguenze dannose unicamente di trasfusioni e somministrazione di emoderivati praticate nelle strutture sanitarie dello Stato, posto che l'evento dannoso era comunque indipendente da decisioni assunte dalla collettivit nel proprio interesse come nelle vaccinazioni obbligatorie e che, pertanto, dovesse valere una limitazione di carattere territoriale. Osservava che, tuttavia, il principio non poteva trovare applicazione nel caso di specie, in cui si verteva in materia di assistenza sanitaria indiretta, autorizzata dal S.S.N., ed in cui la prestazione sanitaria all'estero era equivalente a quella eseguita in Italia, stante l'espressa previsione legislativa di tale opzione. La L. n. 833 del 1978, art. 3 imponeva alla USL di attuare le misure idonee a garantire che le prestazioni urgenti fossero erogate con priorit nell'ambito delle loro strutture, introducendo il principio della libera scelta del ricovero presso ospedali pubblici e convenzionati ad alta specializzazione delegando alla legge regionale il compito di individuare i casi in cui erano ammesse forme straordinarie di assistenza indiretta. La Corte territoriale richiamava varie norme (L. n. 595 del 1985, art. 3, comma 5, e successivi DD. MM. di attuazione) che sancivano che le prestazioni sanitarie all'estero gravavano sul sistema sanitario nazionale se autorizzate o, in casi di eccezionale urgenza, specificamente individuati, anche in difetto di autorizzazione e quindi che esse erano del tutto equivalenti alle prestazioni sanitarie in Italia ed in quanto tali garantite. Ritenendosi diversamente, il diritto alla salute costituzionalmente garantito non avrebbe avuto piena tutela nel caso di cittadino italiano che ricorresse a cure all'estero per carenze strutturali del SSN. Quanto al nesso causale tra patologia e trasfusioni praticate, aderiva alle conclusioni del C.t.u. officiato, che ne aveva accertato la sussistenza, in base a criteri probabilistici, avallati dalla giurisprudenza in materia, la quale aveva indicato la possibilit del ricorso a presunzioni idonee a fondare un giudizio di elevata probabilit. Per la cassazione di tale decisione ricorre il Ministero con unico motivo, illustrato con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. Resiste, con controricorso, il M.. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Ministero si duole della violazione di legge, in relazione al combinato disposto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, commi 1 e 3 ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, richiamando, per la somiglianza del caso esaminato, sentenza della Corte di Cassazione n. 753/2005 per inferirne che non possa essere oggetto di copertura assistenziale, ai sensi della L. n. 210 del 1992, il danno da emotrasfusione derivante da intervento chirurgico praticato all'estero, al pari di quello conseguente ad un trapianto effettuato all'estero preso in considerazione nel menzionato precedente giurisprudenziale, in quanto, seppure la Corte di Appello ne aveva tratto argomenti in senso contrario, ritenendo che la pronunzia di legittimit fosse essenzialmente fondata sul rilievo della mancanza di prova dell'esistenza di convenzioni in materia di cooperazione sanitaria tra la Regione di provenienza ed il luogo posto al di fuori del territorio nazionale ove era stato praticato l'intervento, l'argomento utilizzato portava ad una violazione del combinato disposto della L. n. 210 del 1992, art. 1, commi 1 e art. 3 che ha previsto una limitazione di carattere territoriale, come ritenuto dalla stessa Corte del merito. Quest'ultima - secondo il ricorrente - aveva valorizzato in senso favorevole alla tesi sostenuta dall'assistito elementi che deponevano, invece, in senso contrario, come la compilazione della scheda da parte del medico che somministri gli emoderivati, nonch la estensione dei benefici agli operatori sanitari, norme palesemente rivolte a chi abbia contratto l'infezione lavorando nelle strutture sanitarie nazionali. Se l'intenzione del legislatore era quella di circoscrivere la tutela ai soli trattamenti eseguiti nel territorio nazionale, la circostanza che lo stesso fosse stato eseguito all'estero, sebbene previa autorizzazione, non mutava tale voluntas legis. N l'organo sanitario italiano poteva avere titolo per sindacare, valutando il nesso causale tra trattamento sanitario e contagio, l'operato di organi sanitari esteri, non potendo neanche ritenersi operante l'obbligo della compilazione di scheda informativa in capo a sanitari di stati esteri. Argomenta ulteriormente in ricorso rilevando che la circostanza che non esistessero convenzioni tra la Regione e lo stato estero ove era stato praticato l'intervento non aveva costituito un profilo meritevole di rilevanza nel contesto della decisione della Corte di legittimit richiamata. Il ricorso infondato. Con sentenza della Corte Costituzionale del 18.4.1996 n. 118 stata evidenziata la necessariet del collegamento, come condizione di legittimit costituzionale, tra la previsione legislativa dell'obbligo di sottoporsi a vaccinazione e l'indennizzabilit del pregiudizio da essa derivante, che rende palese la differenza tra l'ipotesi considerata e tutte le altre evenienze in cui, in nome della solidariet, la collettivit assuma su di s, totalmente o parzialmente, le conseguenze di eventi dannosi fortuiti e comunque indipendenti da decisioni che la societ stessa abbia preso nel proprio interesse. stato chiarito che nella prima ipotesi la solidariet non implica soltanto, come invece nella seconda, un dovere al quale il legislatore possa dare seguito secondo quei criteri di discrezionalit e quella necessaria ragionevole ponderazione con altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale che valgono per i diritti previsti da norme costituzionali a efficacia condizionata all'intervento del legislatore, ma comporta un vero e proprio obbligo, cui corrisponde una pretesa protetta direttamente dalla Costituzione. La specialit dell'obbligo deriva dal fatto che per la collettivit in questione l'obbligo di ripagare il sacrificio che taluno si trova a subire per un beneficio atteso dall'intera collettivit, sicch sarebbe contrario al principio di giustizia, come risultante dall'art. 32 Cost., alla luce del dovere di solidariet stabilito dall'art. 2, che il soggetto colpito venisse abbandonato alla sua sorte e alle sue sole risorse o che il danno in questione venisse considerato come un qualsiasi evento imprevisto al quale si sopperisce con i generali strumenti della pubblica assistenza, ovvero ancora si subordinasse la soddisfazione delle pretese risarcitorie del danneggiato all'esistenza di un comportamento negligente altrui, comportamento che potrebbe mancare (cfr. C. Cost. 118/96 cit). In termini riassuntivi nella suddetta decisione del Giudice delle leggi sono evidenziate tre distinte conseguenze della menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari: a) il diritto al risarcimento pieno del danno, riconosciuto dall'art. 2043 c.c., in caso di comportamenti colpevoli; b) il diritto a un equo indennizzo, discendente dall'art. 32 Cost. in collegamento con l'art. 2, ove il danno, non derivante da fatto illecito, sia stato subito in conseguenza del- l'adempimento di un obbligo legale; c) il diritto, a norma degli artt. 38 e 2 Cost., a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore, nell'ambito dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali, in tutti gli altri casi (cfr., in motivazione, C. Cost. 118/96 cit., nonch C. Cost. 22.6.2000 n. 226). Nel caso oggetto della presente controversia ricorre proprio la terza delle ipotesi considerate, essendo invocato un intervento indennitario di tipo esclusivamente assistenziale per il quale si pone il problema della possibilit della sua estensione anche a casi di trattamenti sanitari eseguiti in strutture sanitarie di stato estero allorch il ricovero risulti autorizzato dal Servizio Sanitario Nazionale. A tal proposito stato evidenziato come la L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 6, - che in parallelo con quanto stabilito dal comma precedente per il caso di vaccinazione obbligatoria, impone al medico che effettua trasfusioni o somministra emoderivati di compilare una scheda informativa dei dati relativi alla trasfusione o alla somministrazione - imponga adempimenti non compatibili con l'applicazione della norma a casi diversi da quelli di infezioni contratte a seguito di trasfusioni o somministrazione di emoderivati effettuate nell'ambito delle strutture sanitarie italiane. In particolare, stata considerata l'incompatibilit concreta fra gli obblighi di valutazione del nesso causale stabiliti dall'art. 4 della legge a carico della Commissione ivi richiamata (organo sanitario italiano) e la effettuazione di trasfusioni o la somministrazione di emoderivati all'estero ed, infine, sono state richiamate le previsioni dell'art. 1, comma 2, riguardanti l'estensione dei benefici agli operatori sanitari per i danni da essi riportati in occasione e durante il servizio, per inferirne che le stesse sono palesemente rivolte a chi abbia contratto l'infezione lavorando nelle strutture sanitarie nazionali. , poi, stato aggiunto che neppure pu indurre ad una diversa conclusione il criterio della interpretazione costituzionalmente orientata e che pertanto l'indennizzo non sia riconoscibile ove richiesto per patologie contratte a seguito di trasfusioni o somministrazioni di emoderivati effettuate all'estero, in quanto, secondo le indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale, l'indennizzo in parola si configura, a norma degli artt. 38 e 2 Cost., quale misura di sostegno assistenziale disposta dal legislatore nell'ambito dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali. A tale qualificazione doveva conseguire che la determinazione dei casi nei quali la misura fosse accordata non potesse prescindere anche dalla considerazione delle risorse finanziarie disponibili, spettando "al legislatore nell'equilibrato esercizio della sua discrezionalit e tenendo conto anche delle esigenze fondamentali di politica economica bilanciare tutti i fattori giuridicamente rilevanti, tra cui gli andamenti della finanza pubblica" (cfr. in tali termini, Cass., 17/01/2005, n. 753, che richiama Corte Cost. maggio 1995, n. 99). Nel caso considerato nella pronunzia, stata esclusa, altres, la decisivit della circostanza che la somministrazione di sangue infetto fosse avvenuta in occasione di un trapianto praticato nel Land del Tirolo, in forza di apposite convenzioni con le province di Trento e Bolzano, fondate sugli accordi di cooperazione transfrontaliera tra Italia e Austria, perch gli stessi erano successivi all'esecuzione dell'intervento chirurgico praticato. In tal modo riassunti i termini in cui questa Corte ha nella menzionata decisione affrontato lo specifico tema, deve rilevarsi che la questione dell'assimilabilit dei due trattamenti (danno da vaccinazione obbligatoria e danno post trasfusionale) stata presa in esame dal Giudice delle Leggi sotto vari aspetti, tra i quali quello della decorrenza dell'indennizzo, a carico dello Stato in conseguenza di un danno irrimediabile alla salute, ritenendosi che non possa essere confrontata la disciplina apprestata in caso di danno da vaccinazione obbligatoria con quella del danno da trasfusione, ancorch quest'ultimo trattamento, pur non essendo imposto per legge, sia comunque necessitato, pena il rischio della vita, instaurandosi, a tal fine, il rapporto tra "cogenza" dell'obbligo legale e "necessit" della misura terapeutica. La ragione determinante del diritto all'indennizzo stata individuata nell'interesse pubblico di promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario ed stato osservato che lo stesso interesse - una volta che sia assunto a ragione dell'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio o di una politica incentivante - fondamento dell'obbligo generale di solidariet nei confronti di quanti, sottoponendosi al trattamento, vengono a soffrire di un pregiudizio alla salute. La Corte Costituzionale ha anche sottolineato come il diritto a misure di sostegno quali l'equo indennizzo a carico dello Stato per i danni irreversibili da epatiti posttrasfusionali - per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo gi stabilito dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3, - non indipendente dal necessario intervento del legislatore nell'esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualit, della misura e delle modalit di erogazione delle provvidenze da adottarsi, nonch della loro gradualit, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, la cui ponderazione rientra nell'ambito della sua discrezionalit. Con analoghe argomentazioni, la Corte costituzionale (sentenza n. 423 del 2000) ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalit relativa alla mancata previsione da parte della L. n. 210 del 1992, a favore dei soggetti danneggiati irreversibilmente da epatiti post-trasfusionali, del diritto all'assegno "una tantum", previsto, invece, per quanti abbiano subito una menomazione permanente alla salute da vaccinazione obbligatoria: anche tale pronuncia ha dunque presupposto l'interpretazione della normativa di riferimento nel senso che l'assegno "una tantum" non concedibile ai poli-trasfusi. In conseguenza di tale declaratoria, con successiva ordinanza n. 522/2000, la Corte costituzionale ha, poi, dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimit nella quale il giudice rimettente aveva richiesto una pronuncia che esten desse il diritto all'assegno previsto per il caso di menomazione permanente della salute da vaccinazione obbligatoria (o promossa e incentivata nell'ambito di una politica sanitaria pubblica) alla diversa ipotesi di chi abbia subito un danno irreversibile da infezione HIV o da epatite post-trasfusionale (cfr. Cass. 11.8.2014 n. 15614). I profili da ultimo evidenziati, quali la decorrenza del beneficio ovvero il diritto all'assegno una tantum prescindono, tuttavia, dalla problematica, affrontata nella presente controversia, della possibilit di conseguire il beneficio di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3 nel- l'ipotesi di pregiudizio conseguito a prestazioni sanitarie erogate all'estero ed autorizzate dal Servizio Sanitario Nazionale. Occorre considerare, per una corretta valutazione dei profili giuridici rilevanti ai fini della decisione, che, nel caso di epatite post-trasfusionale, il beneficio economico previsto dalla L. n. 210 del 1992 prescinde dai presupposti della responsabilit civile ed ha, invece, natura assistenziale, collegata alla situazione obiettiva di menomazione dello stato di salute in cui si trova il beneficiario e che, pertanto, la limitazione del beneficio in funzione del luogo di intervento creerebbe una violazione nella sfera di protezione della salute del cittadino. In tale direzione si posta la giurisprudenza di merito e quella amministrativa che ha ritenuto illegittimo il provvedimento ministeriale di rigetto dell'istanza di indennizzo proposta da un ricorrente ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, dopo aver contratto un'epatite a seguito di due trasfusioni postoperatorie, pur se effettuate fuori dal territorio italiano, osservando che i benefici della citata legge possono applicarsi legittimamente nei confronti dei cittadini italiani che abbiano riportato danni a seguito di trasfusioni effettuate in Stati esteri, ove il ricorso alla struttura estera sia stato necessitato per sopperire a deficienze del Servizio Sanitario Nazionale e da questo riconosciute nel momento in cui, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, ha autorizzato preventivamente - come nel caso esaminato - il ricorso alle prestazioni estere. Da un'opposta interpretazione deriverebbe, invero, un vulnus agli artt. 32 e 3 Cost., ossia una violazione dei diritti fondamentali alla tutela della salute e dell'uguaglianza dei cittadini, (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. 1, 29/03/2002, n. 1724, nonch Trib. Ravenna 24.3.2004). La L. n. 210 del 1992, art. 1 nel prevedere il diritto a un indennizzo da parte dello Stato in favore di soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati, non richiede in alcun modo che il contagio debba avvenire per effetto di interventi effettuati all'interno di strutture sanitarie italiane, pubbliche o private. Escluso, dunque, che la legge contenga limitazioni nel riconoscimento del beneficio in relazione al fatto che la trasfusione sia stata effettuata o meno in uno stato estero ed escluso che le stesse limitazioni possano trarsi dalla disciplina dettata per le vaccinazioni - trattamenti effettuati entro periodi di tempo predeterminati che consentono perci la normale programmazione della somministrazione della terapia all'interno delle strutture mediche italiane - occorre rilevare, in base ad una corretta applicazione dei criteri interpretativi della legge, che la norma guarda letteralmente alla condizione obiettiva del cittadino e non detta alcuna limitazione con riferimento al luogo dove sia eseguita la prestazione. Oltre al dato letterale, anche l'interpretazione logica, sistematica e costituzionale inducono a conclusioni diverse da quelle prospettate del Ministero ricorrente. Sotto il profilo logico pacifico che l'indennizzo in questione abbia natura assistenziale, configurandosi come misura economica di sostegno collegata ad una situazione di menomazione obiettiva della salute derivante da una prestazione ospedaliera. Non si tratta, perci, come gi sopra evidenziato, di un emolumento collegato ad una qualche ipotesi di responsabilit (oggettiva e soggettiva) di strutture sanitarie. Il dato della territorialit e la sua valorizzazione , invece, a ben vedere, funzionale all'accertamento di responsabilit in capo al soggetto che ha praticato la trasfusione ed all'ascrivibilit allo stesso di condotte tendenzialmente omissive connesse all'osservanza dei dovuti controlli per l'accertamento del livello di sicurezza del sangue. Su un piano diverso si pone, per quanto gi considerato, l'indennizzo in oggetto, collegato dalla L. n. 210 del 1992, al verificarsi di un danno di tipo irreversibile a causa di trasfusioni praticate in relazione al quale rileva unicamente il nesso eziologico tra somministrazione di sangue ed emoderivato ed il pregiudizio alla salute, prescindendosi dall'imputazione di responsabilit a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti allo stesso trattamento, che assume rilievo su un piano diverso da quello del profilo strettamente indennitario che caratterizza il beneficio economico in questione (cfr. Cass. 28.2.2012, n. 3039). La limitazione del beneficio agli eventi derivanti da cure effettuate nell'ambito di strutture italiane, per quanto detto, presupporrebbe un approccio teso a valutare aspetti di natura risarcitoria, che, invece, non rilevano nella presente sede, pure essendo consentito al beneficiario dell'indennizzo di far valere le proprie pretese risarcitorie nei confronti di eventuali responsabili civili. Ci che rileva ai fini considerati , dunque, unicamente, la situazione patologica del beneficiario, rispetto alla quale la circostanza che il contagio sia avvenuto per trasfusione effettuata nel corso di intervento chirurgico effettuato in struttura sanitaria estera non assume significato scriminante rispetto al riconoscimento del beneficio, quando l'intervento sanitario all'estero considerato dalla legge come necessario per tutelare al meglio il diritto alla salute del cittadino italiano, ovvero nei casi in cui le stesse prestazioni effettuate all'estero sono ricondotte dalla legge all'interno del sistema di assistenza pubblica sanitaria garantita ai cittadini, essendo indifferente il luogo di effettuazione della prestazione. In tali casi - in cui la legge italiana autorizza i cittadini a curarsi all'estero (anche in relazione all'interesse collettivo che sempre correlato alla pi efficace tutela della salute dei singoli) -le limitazioni alla concessione del beneficio in funzione del luogo dell'intervento configurerebbero un vulnus nella sfera di protezione della salute del cittadino, provocando la menomazione di un diritto costituzionalmente protetto anche nell'interesse della collettivit e la diminuzione delle tutele che la legge appresta, limitandosi in tal modo la protezione legale della salute all'estero alla copertura dei costi della prestazione, senza ricomprendervi tutte le altre conseguenze derivanti dagli stessi interventi quando vengano praticati all'interno dello Stato. L'interpretazione indicata dal Ministero anche sotto altro profilo confliggerebbe con i principi costituzionali perch, oltre a ledere l'effettivit della protezione del bene salute tutelato dall'art. 32 Cost., determinerebbe l'introduzione di una irragionevole disparit di trattamento tra cittadini, non giustificata alla luce della natura assistenziale del beneficio. N la considerazione che la misura di sostegno assistenziale sia, nell'ipotesi diversa da quella delle vaccinazioni obbligatorie, disposta dal legislatore nell'ambito dell'esercizio - costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali, pu indurre a conclusioni diverse da quelle finora illustrate, non potendo, sotto altro versante, le ragioni interpretative connesse alla impraticabilit da parte della commissione medica del controllo delle norme tecniche in uso in ambito intracomunitario rilevare ai fini prospettati. Ed invero, tutte le risoluzioni sulla sicurezza e l'autosufficienza del sangue, per finire alla direttiva 12202/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003, stabiliscono norme di qualit e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione e conservazione e distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e la compilazione della scheda informativa dei dati relativi alla trasfusione o alla somministrazione da parte del medico che effettui le stesse (L. 210 del 1992, art. 3, comma 6) funzionale all'accertamento del nesso causale tra infermit o lesioni e la trasfusione o somministrazione di emoderivati, attraverso un parere espresso dalla Commissione medica, avverso il quale previsto il ricorso in sede amministrativa, secondo un iter procedi- mentale che deve precedere il ricorso in sede giudiziaria. Ci, tuttavia, non ostativo all'estensibilit del beneficio in relazione a conseguenze dannose verificatesi per effetto di trasfusioni e somministrazione di sangue ed emoderivati praticate in strutture sanitarie estere quando l'intervento sia legalmente autorizzato, non potendo ritenersi che l'omissione od impraticabilit degli accertamenti in sede amministrativa possa, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, essere di impedimento alla azionabilit della pretesa in sede giudiziaria. Nella specie, peraltro, il parere espresso dal CTU officiato in ordine al nesso causale tra intervento e danno post trasfusionale non stato oggetto di contestazione e di contraddittorio tra le parti, costituendo dato pacifico tra le stesse, al pari di quello relativo alla esistenza di preventiva autorizzazione a ricorrere alla prestazione sanitaria in stato estero. Conclusivamente, l'intervento terapeutico all'estero necessitato dall'esigenza di sopperire a deficienze del Servizio Sanitario Nazionale e da questo preventivamente autorizzato nella verificata sussistenza dei presupposti di legge deve essere fondatamente ricondotto nell'ambito della protezione predisposta dalla legge per la tutela della salute del cittadino italiano, sicch appare del tutto ingiustificata l'introduzione di limiti territoriali nell'erogazione dell'indennizzo per cui causa. Il ricorso va, pertanto, respinto. Quanto alle spese di lite, la complessit e le difficolt interpretative che caratterizzano la questione esaminata giustificano la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio. Cos deciso in Roma, il 23 ottobre 2013. La specialit della disciplina del rapporto di lavoro presso gli enti lirico-sinfonici TRIBUNALE DI ROMA, SEZ. 3 LAV., ORDINANZA 20 FEBBRAIO 2014, R.G. 43146/13 Alessandra Bruni* Matteo Bertuccioli** SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La natura giuridica degli enti lirico-sinfonici di interesse nazionale e della Fondazione Teatro dellOpera di Roma: enti pubblici economici di interesse nazionale. - 3. La specialit della disciplina del rapporto di lavoro presso gli enti lirico-sinfonici. 4 - La non applicabilit della riforma Fornero al rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti lirico-sinfonici. 1. Premessa. Lordinanza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, del 20 febbraio 2014, che ha deciso per la non applicabilit alle Pubbliche Amministrazioni del rito accelerato introdotto dalla riforma Fornero (l. 92/2012), ha fornito lo spunto per svolgere alcune riflessioni in merito allattualissima problematica dellapplicabilit o meno della riforma Fornero alle Pubbliche Amministrazione ed agli enti lirico-sinfonici, riflessione inevitabilmente collegata al tema della natura giuridica e della specialit della disciplina del rapporto di lavoro presso questi soggetti. Temi che ancora vedono incertezze giurisprudenziali nonostante i numerosi recenti interventi chiarificatori del Legislatore. Per ragioni di ordine logico e sistematico si proceder partendo dalla questione, necessariamente preliminare, relativa alla natura giuridica degli enti lirico- sinfonici e nello specifico della Fondazione Teatro dellOpera di Roma, inserendola nel pi ampio contesto delle privatizzazioni e giungendo alle conclusioni accolte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 153 del 2011. Poste le basi, si analizzer quindi la speciale disciplina del rapporto di lavoro che da sempre ha caratterizzato, e continua a caratterizzare, questi soggetti per affrontare infine, nel contesto dellultimo quadro normativo costituito dalla legge Bray (d.l. n. 91/2013, convertito con modifiche in legge n. 112/2013), la recentissima questione, tuttaltro che pacifica in dottrina ed in giurisprudenza, relativa allapplicabilit o meno della riforma Fornero (legge n. 92/2012). (*) Avvocato dello Stato. (**) Dottore in giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. 2. La natura giuridica degli enti lirico-sinfonici di interesse nazionale e della Fondazione Teatro dellOpera di Roma: enti pubblici economici di interesse nazionale. In primo luogo necessario affrontare e chiarire la questione relativa alla natura giuridica degli enti lirico-sinfonici, nello specifico della Fondazione Teatro dellOpera di Roma, problematica sorta in seguito alla trasformazione dellEnte autonomo Teatro dellOpera di Roma, soggetto di diritto pubblico, in Fondazione Teatro dellOpera di Roma. La questione non costituisce un mero esercizio teorico -dottrinario, ma presenta importanti risvolti pratico applicativi, anche con riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro. La trasformazione dellente pubblico in fondazione avvenuta per la prima volta con il d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367, che obbligava gli enti lirici di rilievo nazionale previsti dalla legge n. 800/67 a trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Di fronte allinerzia degli enti, due anni pi tardi interveniva nuovamente il d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134, imponendo la trasformazione ex lege. Decreto che stato dichiarato illegittimo per eccesso di delega dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 503 del 2000, ma il cui contenuto stato sostanzialmente reiterato con il d.l. 24 novembre 2000, n. 345, convertito in legge 26 gennaio 2001, n. 6 (1), che costituisce lattuale disciplina della trasformazione. Il fenomeno va necessariamente inquadrato nellambito del processo delle privatizzazioni iniziato nei primi anni Novanta con cui, in nome di una dichiarata maggiore efficienza del privato, nel contesto della prima grande crisi della finanza pubblica e del debito, si sono utilizzati modelli organizzativi privatistici per lo svolgimento di funzioni ed attivit precedentemente esercitate secondo modelli e formule organizzative di diritto pubblico. accaduto cos che nellorganizzazione pubblica siano entrate figure organizzative formalmente di diritto comune: ci ha riguardato i modelli della societ per azioni e delle fondazioni e associazioni (2). Nel nostro ordinamento sono cos presenti nel- lambito dellorganizzazione pubblica persone giuridiche formalmente private che tuttavia data la loro sostanza, sono sottoposte a vincoli di diritto pubblico imposti dallesigenza del rispetto dei principi costituzionali di cui allo stesso (1) Una ricostruzione puntuale del processo di trasformazione, partendo dalla disciplina della cd. legge Corona (l. n. 800/67) per arrivare agli ultimi interventi del d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito in legge 31 marzo 2005, n. 43 presente in MANGANARO F., Pubblico e privato nella disciplina giuridica delle fondazioni liriche e teatrali, in Nuove autonomie 2005 n. 4-5, 523 e ss. (2) Sul tema si soffermata ampiamente la dottrina, che ha individuato sostanzialmente tre differenti processi evolutivi che hanno portato alla presenza di tre specie di organizzazioni formalmente private nellorganizzazione pubblica: le imprese pubbliche in forma di societ per azioni, le fondazioni e le associazioni, e le societ per azioni non deputate allesercizio di attivit dimpresa costituite per il perseguimento di interessi pubblici. Riguardo alle fondazioni si parlato di utilizzo del modello in modo descrittivo e non tecnico dal momento che difficile rintracciare in tutte queste figure il carattere proprio delle fondazioni private intese in senso tecnico come patrimoni destinati ad uno scopo. Il tema affrontato da CERULLI IRELLI V., Diritto privato dellAmministrazione pubblica, Torino, 2008. art. 97 (3), con la sola eccezione delle organizzazioni che svolgono attivit dimpresa, tra le quali non rientrano le fondazioni lirico-sinfoniche. Le fondazioni risultanti da questo processo, tra le quali rientra il Teatro dellOpera di Roma, che svolgono attivit culturali liriche e teatrali di primario interesse nazionale, costituiscono entit profondamente differenziate rispetto alle fondazioni delineate dal modello del Codice civile, con una disciplina giuridica difforme che ha portato ad utilizzare lespressione Fondazioni di diritto amministrativo (4). Il modello fondazione, la formula organizzativa, viene utilizzata in maniera neutra, indifferente rispetto alle regole specifiche poste per le attivit istituzionali affidate allente, con limposizione di vincoli pubblicistici al fine di garantire la tutela di interessi pubblici ritenuti rilevanti dalla legge. La differenza principale rispetto al modello privatistico disciplinato dal Codice civile negli artt. 14 e ss., che comporta una rilevante modifica del regime giuridico e della natura dellente, da rinvenirsi nella sua costituzione ex lege. Le fondazioni lirico-sinfoniche non sono costituite n per un atto di autonomia privata, n per un negozio di fondazione. Lo Statuto della Fondazione Teatro dellOpera individua i soci fondatori negli enti pubblici territoriali: lo Stato, il Comune di Roma e la Regione Lazio (il che richiama in maniera non celata la caratteristica principale degli enti pubblici non economici, ovvero il loro legame con gli enti territoriali di riferimento), e detta una specifica disciplina in caso di estinzione dellente (che richiama il connotato essenziale degli enti pubblici non territoriali, ovvero lindisponibilit della propria esistenza). La legge stabilisce poi il contenuto dello Statuto, il numero degli organi e dei loro componenti e i loro compiti (5). Tutte prerogative che (3) CERULLI IRELLI V., Amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011, 32 e ss. Queste considerazioni sono avvalorate nella prosecuzione dello studio in cui si dimostra come non sia pi possibile ragionare in termini di rigida e netta separazione tra pubblico e privato. Lattivit giuridica delle organizzazioni pubbliche oggi si esercita normalmente anche secondo moduli di diritto privato e le stesse funzioni di amministrazione in senso sostanziale possono essere conferite a soggetti formalmente privati. Tuttavia lo spazio del diritto privato nellamministrazione pubblica resta uno spazio stretto () per i suoi limiti interni (ci che, una volta privatizzato, pu svolgersi immune da condizionamenti pubblicistici, dal subire lingresso di istituti pubblicistici). Vi sono pertanto tre specie di organizzazione formalmente private presenti nellambito dellorganizzazione pubblica che traggono origine da tre differenti processi evolutivi: trasformazione di enti pubblici economici in societ per azioni. Trasformazione di enti pubblici non economici in persone giuridiche di diritto privato disciplinate dal libro I del Codice civile. Trasformazione di enti pubblici non economici in societ per azioni. (4) ROMANO TASSONE, Le Fondazioni di diritto amministrativo: un nuovo modello, Relazione al Convegno di Palermo Fondazioni e attivit amministrativa, 13 maggio 2005; MANGANARO F., Pubblico e privato nella disciplina giuridica delle fondazioni liriche e teatrali, in Nuove autonomie 2005 n. 4-5, 523 e ss., che analizza dettagliatamente le difformit dal modello del Codice civile. In generale la Dottrina si ampiamente occupata del fenomeno delle Fondazioni come soggetti giuridici creati ex lege per cui leccessiva difformit normativa rispetto al modello del Codice civile porta a ritenere necessario parlare di Fondazioni di diritto pubblico, BARDUSCO, Fondazione di diritto pubblico, in Dig. Disc. Pubb., IV, Torino, 1991, 390 e ss. (5) Si pu consultare lo Statuto della Fondazione Teatro dellOpera di Roma sulla pagina web http://www.operaroma.it/ita/fondazione-statuto.php. sono sottratte allautonomia privata ed elementi che vedono una disciplina di chiaro stampo pubblicistico, svuotandosi di fatto in questo modo di contenuto sostanziale il richiamo al modello civilistico ed alla personalit giuridica di diritto privato. La ratio di questassetto peculiare senza dubbio giustificato dallinteresse pubblico perseguito dallattivit di questi enti. Va tenuta presente unaltra peculiarit propria degli enti lirico-sinfonici: la forte funzionalizzazione dellattivit svolta ai compiti istituzionali di interesse pubblico ad essi affidati. Se in generale vero che la questione della natura giuridica non sia il fattore determinante per comprendere la disciplina specifica di unattivit (6), tuttavia una maggiore funzionalizzazione delle attivit svolte da soggetti formalmente privati costituisce un indizio rilevante e decisivo nei casi di incertezza delle soluzioni, e rende pi forte il vincolo pubblicistico ed il limite che incontrano linterprete ed il legislatore. Insomma, ci troviamo di fronte ad un caso, comune nel nostro ordinamento e nella storia della trasformazione degli enti pubblici, di trasformazione al livello di privatizzazione meramente formale del modello organizzativo, e non invece di privatizzazione sostanziale. In questo senso, nonostante la veste formalmente privatistica, la Corte Costituzionale ha riconosciuto con la sentenza n. 153 del 2011 [A. BRUNI, N. GUASCONI, Sulla natura giuridica degli enti lirico sinfonici in Rass. Avv. Stato 2011, IV, 85 ss.- ndr] in maniera inequivoca la natura sostanzialmente pubblica delle fondazioni lirico-sinfoniche di interesse nazionale, e quindi della Fondazione Teatro dellOpera di Roma. La pronuncia della Consulta, chiamata ad esprimersi su un ricorso in via principale con cui venivano impugnate alcune disposizioni del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attivit culturali), ha ricondotto la normativa avente ad oggetto gli enti lirici nel solco della competenza statale di cui allart. 117, comma 2, lett. g) della Costituzione, ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, risolvendo in maniera chiara ed organica la questione della natura giuridica degli enti lirico-sinfonici. In tale sede la Consulta, dopo aver ripercorso il complesso iter normativo di privatizzazione formale (7), ha avuto modo di specificare che sulla qua (6) Si parlato di dottrina di discrasia tra soggettivit ed attivit, in quanto un soggetto pu essere sottoposto a differenti discipline in relazione alle diverse attivit (FALZEA). (7) Scrive la Consulta: Una breve premessa sulla storia della disciplina degli enti autonomi lirici (e istituzioni concertistiche assimilate) indispensabile. Tali enti hanno ricevuto una prima regolazione dalla legge 14 agosto 1967, n. 800 (Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attivit musicali), che ha attribuito agli stessi, nominativamente individuati sub art. 6, la personalit giuridica di diritto pubblico e li ha sottoposti alla vigilanza dellautorit di Governo competente (allepoca, il Ministro del turismo e dello spettacolo). Ha dichiarato, inoltre, di rilevante interesse generale lattivit lirica e concertistica, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettivit nazionale (art. 1). Il conferimento della personalit giuridica di diritto pubblico e la sottoposizione alla vigilanza ministeriale sono stati ritenuti dalla legge istitutiva i lificazione in senso pubblicistico degli enti lirici, ancorch privatizzati, si registra anche una sostanziale convergenza delle parti, nel solco peraltro di una giurisprudenza prevalente (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 2637 del 2006; T.A.R. Liguria, sez. II, sentenza n. 230 del 2009; T.A.R. Sardegna, sez. II, sentenza n. 1051 del 2008). Si ritiene, infatti, concordemente che, nonostante lacquisizione della veste giuridica formale di fondazioni di diritto privato, tali soggetti conservino, pur dopo la loro trasformazione, una marcata impronta pubblicistica (8). Tale affermazione trova peraltro ampio riscontro nei molteplici ed univoci indici della connotazione pubblica che la stessa Corte costituzionale identifica nei finanziamenti, nel conseguente assoggettamento al controllo della Corte dei conti (9); e ancora nel patrocinio dellAvvocatura dello Stato (10), nellinclusione nel novero degli organismi necessari presupposti, non solo per la realizzazione di spettacoli di alto livello, ma anche per la diffusione dellarte musicale, per la cura della formazione professionale degli artisti e per lo sviluppo del- leducazione musicale della collettivit (art. 5).() Il decreto legislativo n. 367 del 1996 ha previsto la trasformazione dei medesimi enti, qualificati di prioritario interesse nazionale [] nel settore musicale (art. 2), in fondazioni di diritto privato. E ci al fine dichiarato di eliminare rigidit organizzative e di attrarre conseguentemente finanziamenti privati. Nel testo risultante dalle numerose novelle via via intervenute, il d.lgs. n. 367 del 1996: a) individua le finalit delle fondazioni nel perseguimento senza scopo di lucro della diffusione dellarte musicale, della formazione professionale dei quadri artistici e delleducazione musicale della collettivit (art. 3); b) stabilisce che le fondazioni hanno personalit giuridica di diritto privato e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dallo stesso d.lgs., dal codice civile e dalle relative norme di attuazione (art. 4); c) detta norme generali sul contenuto indispensabile degli statuti, prevedendo in una percentuale minoritaria lapporto complessivo dei privati al patrimonio e subordinando la possibilit di nomina dei consiglieri di amministrazione, da parte dei privati, allerogazione di un apporto annuo non inferiore all8% del totale dei finanziamenti statali (art. 10); d) disciplina gli organi di gestione e le loro funzioni: il presidente-sindaco, il consiglio di amministrazione, il sovrintendente ed il collegio dei revisori, dettando la composizione numerica degli organi collegiali ed imponendo la presenza di membri in rappresentanza dellautorit di Governo e della Regione interessata, i primi in maggioranza nel collegio dei revisori (artt. 11-14); e) mantiene la sottoposizione delle fondazioni lirico-sinfoniche al controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria ed alla vigilanza dellautorit di Governo competente in materia di spettacolo; f) demanda i criteri di riparto della quota del Fondo unico per lo spettacolo da destinare alle medesime fondazioni ad un decreto del Ministro per i beni e le attivit culturali in relazione alla quantit e qualit della produzione offerta ed agli interventi posti in essere per la riduzione della spesa (art. 24). Il procedimento di trasformazione, che era stato soltanto delineato dagli artt. 5 ss. del d.lgs. n. 367 del 1996, stato realizzato successivamente con il d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134 (Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dellart. 11, comma 1, lettera b, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Con esso il Governo ha abrogato, sul punto, il precedente provvedimento legislativo e ha disposto direttamente per legge la trasformazione in oggetto, ritenendo che la veste giuridica privata consentisse ai suddetti enti di svolgere pi proficuamente la propria attivit. La Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato lillegittimit del d.lgs. da ultimo citato per eccesso di delega (sentenza n. 503 del 2008). In seguito, per, lart. 1 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 345 (Disposizioni urgenti in tema di fondazioni lirico-sinfoniche), convertito in legge, con modificazioni, dallart. 1 della legge 26 gennaio 2001, n. 6, ha nuovamente disposto la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti lirici, con decorrenza dal 23 maggio 1998. E ci al fine di salvaguardare con effetto ex tunc luniformit e la continuit degli assetti istituzionali gi riformati dal d.lgs. n. 134 del 1998. di diritto pubblico sottoposti alla disciplina del Codice degli appalti (11). Riassumendo pu dirsi che gli elementi qualificativi della natura giuridica pubblica della Fondazione Teatro dellOpera di Roma, e degli enti lirico-sinfonici, oltre alle finalit culturali di rilevo pubblico ed istituzionale e di interesse nazionale perseguite con la sua attivit, sono la sussistenza del prevalente finanziamento pubblico, la soggezione al controllo della Corte dei Conti, il potere di vigilanza del Ministero dei beni e delle attivit culturali, la composizione e le procedure di nomina degli organi costitutivi, la struttura della fondazione, la sottoposizione alla disciplina dellevidenza pubblica negli appalti di servizi e forniture ed il patrocinio dellAvvocatura Generale dello Stato, nellassenza di autonomia contabile e finanziaria, tale da inserirla nel comparto della finanza pubblica con leffetto di perpetuare in capo ad essa la copertura vincolistica preposta al contenimento della spesa dello Stato. Alla luce di quanto rappresentato dalla Consulta, che conclude rilevando la natura pubblica di tali enti - non controversa, la casella nella quale va ricompreso un soggetto come la Fondazione Teatro dell'Opera quella del- l'ente pubblico non economico di prioritario interesse nazionale (12), con personalit di diritto privato. (8) Corte Costituzionale, sentenza n. 153/2011, punto 5.2 in diritto, che prosegue Anche questa Corte, in un altro caso in cui, analogamente, le attivit dellente eccedevano la dimensione regionale o locale, ha rilevato - sia pure sotto la vigenza del precedente art. 117 Cost. - che la Societ di cultura La Biennale di Venezia, dopo la privatizzazione, aveva mantenuto la funzione di promuovere attivit permanenti e di organizzare manifestazioni internazionali inerenti la documentazione nel campo delle arti e continuava ad assolvere, pur nella nuova forma privata assunta, compiti di interesse nazionale (sentenza n. 59 del 2000). (9) Ai sensi dellart. 15, comma 5, del d.lgs. n. 367 del 1996. (10) Ai sensi dellart. 1, comma 3, del decreto-legge n. 345 del 2000. (11) In particolare, il tenore della citata disciplina sugli appalti pubblici, di derivazione comunitaria, appare molto eloquente, perch riconosce a livello legislativo la compatibilit della nozione di organismo di diritto pubblico con la forma giuridica privata dellente (anche in forma societaria), purch lente stesso risulti, come nella specie, istituito per soddisfare esigenze dinteresse generale, dotato di personalit giuridica e finanziato in modo maggioritario dallo Stato o da altri enti pubblici (art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006). La direttiva appalti 18/2004/CE del 31 marzo 2004 nellallegato III, in cui ai sensi dellart. 1, comma 9, sono elencati in via esemplificativa gli organismi di diritto pubblico, indica gli enti pubblici preposti ad attivit di spettacolo e gli enti culturali di promozione artistica. (12) evidente la dimensione nazionale di questi enti lirici per la rilevanza generale delle finalit perseguite e lampiezza delle attivit svolte e conseguentemente interventi di riassetto ordinamentale ed organizzativo () incidendo profondamente in un settore dominato da soggetti che realizzano finalit dello Stato - devono essere ascritti alla materia ordinamento e organizzazione amministrativa [] degli enti pubblici nazionali, di competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.. Trattandosi di un giudizio in via principale la Consulta si sofferma abbondantemente sulla rilevanza nazionale di questi enti rilevando come Alla natura pubblica di tali enti - non controversa - la Corte ritiene che si accompagni il carattere nazionale dei medesimi. E ci non tanto perch suggerito dallindicazione del loro rilievo nazionale, costantemente presente in tutta la normativa di riferimento come attributo qualificante di essi, ma soprattutto perch le finalit delle anzidette fondazioni, ossia la diffusione dellarte musicale, la formazione professionale dei quadri artistici e leducazione musicale Il Teatro, infatti, un ente culturale che non esercita attivit produttiva di ricchezza, attivit di impresa, ma svolge funzioni inequivocabilmente di interesse pubblico: custodisce lo storico patrimonio italiano nel settore di riferimento, svolge primarie finalit culturali di conservazione, educazione, diffusione, anche con lo scopo, individuato dalla legge, di trasmettere i valori civili fondamentali tradizionalmente coltivati dalle pi nobili istituzioni teatrali e culturali della Nazione, per la realizzazione delle quali i costi superano sempre i guadagni. Ci costituisce esplicazione dei princpi fondamentali dello sviluppo della cultura e della tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, di cui allart. 9, primo e secondo comma, Cost. (13). pertanto seguendo il percorso logico tracciato dalla Consulta, data per assodata la natura pubblica di questi soggetti, che bisogna muoversi per risolvere le successive questioni. 3. La specialit della disciplina del rapporto di lavoro presso gli enti lirico sinfonici. La natura sostanziale di enti pubblici non economici delle fondazioni lirico- sinfoniche, e quindi del Teatro dellOpera, produce delle conseguenze rilevanti in materia di disciplina del rapporto di lavoro. Lart. 22 del D.lgs. n. 367/1996 ha previsto che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e sono costituiti e regolati contrattualmente. Si passati cos ad un regime di privatizzazione, con una norma generale di tenore e contenuto simile a quella contenuta nellart. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001. Tuttavia pur non applicandosi al personale delle fondazioni lirico-sinfoniche il Decreto sul pubblico impiego (14), non si pu giungere alla conclusione che la disciplina del rapporto di lavoro presso gli enti lirico-sinfonici sia de plano quella del lavoro privato per una serie di considerazioni e di dati normativi, anche costituzionali, su cui si cercher di fare chiarezza. della collettivit (), travalicano largamente i confini regionali e si proiettano in una dimensione estesa a tutto il territorio nazionale. Sono significativi, daltronde, del fatto che non si tratta di attivit di spettacolo di interesse locale gli ingenti flussi di denaro con cui lo Stato ha sovvenzionato e continua a sovvenzionare tali soggetti. Anche il confronto con i teatri di tradizione e le altre istituzioni concertistico-orchestrali, protagonisti - essi s - della programmazione di attivit musicali in mbito ben circoscritto (art. 28 della legge n. 800 del 1967), evidenzia chiaramente la vocazione, per contro, spiccatamente nazionale di quel gruppo di enti lirici di eccellenza (che, non a caso, si ritenuto di ampliare con legge dello Stato, includendovi la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari costituita ex art. 1 della legge n. 310 del 2003), la rilevanza generale delle finalit perseguite e lampiezza delle attivit svolte.(). (13) Punto 5.3 del considerando in diritto. (14) Poich, come si illustrato nel primo paragrafo, le fondazioni lirico-sinfoniche non rientrano nella nozione di pubblica amministrazione in senso stretto rinvenibile nellart. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, che rappresenta anche la disposizione che individua i soggetti a cui si deve applicare la disciplina del Decreto sul pubblico impiego. Le fondazioni lirico-sinfoniche svolgono attivit ibride, non sono titolari di poteri autoritativi e agiscono principalmente con strumenti di diritto privato. Le loro caratteristiche per, come individuate dalla Corte Costituzionale, fanno si che siano sottoposte ad un diritto del tutto speciale (15), con ampi settori in cui si applica una disciplina che deve essere definita perci quanto meno speciale, se non ci si vuole spingere a chiamarla di diritto pubblico. Alla luce del- limpostazione ormai largamente dominante della giurisprudenza e della dottrina che ha rilevato come nel nostro ordinamento non vi sia una definizione statica di pubblica amministrazione quanto piuttosto una nozione di pubblica amministrazione a geometria variabile, si deve ritenere che le organizzazioni sostanzialmente pubbliche in forma privatistica, come gli enti lirico-sinfonici, rientrino in una nozione di pubblica amministrazione in senso lato, nozione ricostruibile alla luce di una serie di disposizioni di diritto positivo quali, oltre allart. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, lart. 7, comma 2, del codice del processo amministrativo, lart. 3, comma 26, del d.lgs. 163/2006, lart. 1, comma 1 ter, della l. 241/90 e lart. 29, comma 1, della l. 241/90. Occupandoci della disciplina del rapporto di lavoro la questione cardine, che si differenzia dal regime nel settore privato e che presenta profili pubblicistici di rilievo costituzionale, riguarda il regime delle assunzioni (16) con tutto ci che ne consegue (il riferimento al tema della conversione dei contratti a tempo determinato). Il profilo dellaccesso al rapporto di lavoro negli enti pubblici in seguito alle privatizzazioni formali, proprio per la natura sostanzialmente pubblica degli enti, continua necessariamente ad essere disciplinato da norme pubblicistiche, sia relativamente alla capacit di assumere nuovo personale, che incontra un limite nelle dotazioni organiche e quindi nel profilo della macro-organizzazione, sia relativamente alle modalit di assunzione, che deve avvenire per pubblico concorso (17), sia relativamente alle speciali disposizioni di legge che prevedono oggi esplicitamente il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Il generale regime di diritto privato che regola il rapporto di lavoro e la sua gestione non sufficiente a far venire meno la natura sostanzialmente pubblica dellente e non pu costituire una via di fuga dalla norma costituzionale che rappresenta il principio cardine dellattivit di questi soggetti, ov (15) Giova richiamare ancora una volta i poteri ministeriali di vigilanza, il regime dei controlli, la responsabilit degli amministratori, la particolare struttura istituzionale, i fini da perseguire individuati dalla legge, il prevalente finanziamento pubblico ed il controllo pubblico, lobbligo di rispettare la disciplina dellevidenza pubblica negli appalti. (16) CERULLI IRELLI V., Amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011, 59 e ss. (17) Il principio generale del pubblico concorso pu trovare delle eccezioni solo laddove la legge prevede esplicitamente delle deroghe. La giurisprudenza della Corte Costituzione particolarmente rigida e consente deroghe solo in relazione al principio del buon andamento dellente (Corte cost. n. 225/2010; Cass. SS.UU. 15 ottobre 2003, n. 15403, Consiglio di Stato n. 7107/2007). vero lart. 97 della Costituzione ed il principio fondamentale delle assunzioni per concorso (18). Tutte le societ a partecipazione pubblica di controllo e tutti i soggetti riconducibili al libro I del Codice civile sono obbligati a selezionare il personale secondo la regola del pubblico concorso. La regola, come si vedr a breve, stata recepita in maniera espressa dal legislatore a fronte di esitazioni giurisprudenziali, ma costituisce comunque, a prescindere dalla traduzione in esplicite disposizioni, un principio immanente del processo di privatizzazione formale. Nel momento in cui si privatizzano enti pubblici si opta per un modello di organizzazione e gestione dellattivit (anche del rapporto di lavoro) ma non si cancella la natura dellente ed i vincoli che essa comporta. Due punti, cos, rimangono insuperabili: la gestione del denaro pubblico non mai libera (19) ed il regime delle assunzioni deve avvenire tramite concorso (20). Tenuti fermi questi paletti si possono scegliere modelli pi elastici (21) e privatizzare, senza tuttavia che ci sia da solo sufficiente a far venire meno la natura sostanziale pubblica e la specialit della disciplina, imposta dalla costituzione e dal diritto dellUnione europea (22), per gli aspetti che si sono individuati. La disciplina del rapporto di lavoro applicabile agli enti lirico-sinfonici pertanto una disciplina speciale rispetto a quella generale del lavoro privato e presenta peculiarit sue proprie. Tenendo ben fermi i principi che si sono illustrati, si proceder ad analizzare il dato normativo per dimostrare come via sia una sostanziale linea di continuit mai venuta meno, neppure a seguito della privatizzazione formale, oltre che dal punto di vista della natura giuridica sostanzialmente pubblica, anche dal punto di vista della disciplina del rapporto di lavoro quantomeno per gli aspetti connessi alla natura pubblica dellente (23). (18) Le uniche organizzazioni formalmente private ma sostanzialmente pubbliche che sono esonerate dallapplicazione della generale regola concorsuale sono le societ per azioni che svolgano attivit dimpresa. (19) Secondo il principio del divieto di sperpero del denaro pubblico (GIANNINI). Da qui le speciali disposizioni sulla vigilanza, il controllo e la responsabilit degli enti lirico sinfonici. (20) Tutti i cittadini, in virt del principio di uguaglianza, hanno diritto di accedervi in condizioni di parit, secondo la lettura prevalente della ratio del principio concorsuale collegato ai principi di imparzialit e buon andamento. (21) Basti considerare come con la privatizzazione venga meno il vincolo di bilancio preventivo. (22) Per il diritto europeo non rilevano le distinzioni formali pubblico / privato secondo le discipline di diritto comune dei singoli Stati. Testimonianza la creazione dellistituto dellorganismo di diritto pubblico: un soggetto non esercente attivit dimpresa con controllo pubblico che operi secondo fini di interesse generale. Questi soggetti, tra cui rientrano le fondazioni lirico -sinfoniche, sono pienamente equiparati dal diritto europeo alle pubbliche amministrazioni intese in senso tradizionale. (23) Anche se la norma dellart. 22 del d.lgs. 367/1996 contenendo una formula analoga a quella dellart. 2, comma 2, del d.lgs. 165/2001 non ne riproduce la seconda parte fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo, si deve ritenere che le numerose disposizioni speciali di legge costituiscano un corpus tale da far parlare di disciplina speciale. Era evidente, sin dallorigine nella vigenza dellordinamento pubblicistico introdotto dalla legge n. 800/1967, la specialit della disciplina propria, pubblicistica, degli enti lirici rispetto a quella della legge n. 230/1962 relativa al lavoro a tempo determinato. Si delineava fin dallora un doppio livello di regolamentazione: da un lato, quello generale, dettato dalla legge n. 230/1962, che in certe condizioni ammetteva che labusivo ricorso alla contrattazione a termine potesse portare alla stabilizzazione dei rapporti, dallaltro, quello settoriale proprio degli enti lirici, connotato da una forte ingerenza pubblicistica, funzionale ad uno scopo di contenimento della spesa pubblica in un settore soggetto a flussi occupazionali di carattere stagionale (24). Prima dei recenti interventi chiarificatori del legislatore nel 2013, parte della giurisprudenza aveva ritenuto che con la privatizzazione formale fosse venuta meno la tradizionale specialit della disciplina del rapporto di lavoro negli enti lirico-sinfonici, optando per una piena e facile, ma erronea, parificazione al lavoro privato (25). La privatizzazione formale veniva interpretata in termini di ontologica incompatibilit con la sopravvivenza del disposto di (24) Eloquente relativamente alla volont del legislatore di creare un corpus, soggetto a regole sue proprie, separato dalla disciplina generale sui contratti a termine, era la normativa successivamente varata (legge 14 novembre 1979 n. 589; art. 2, penultimo comma, della legge 6 marzo 1980 n. 54; art. 1 comma 2, della legge 10 aprile 1981 n. 146; art. 2, comma 2, della legge 17 febbraio 1982 n. 43 e art. 3, comma 3, legge 10 maggio 1983 n. 182) che reiterava le finalit di contenimento degli organici degli enti lirici, ribadendo loperativit del divieto di conversione. (25) Gli interventi normativi di cui si dir infra pongono fine alla diatriba insorta negli ultimi anni, oggi non pi attuale alla luce degli interventi del 2013, ma di cui se ne d conto, condizionata in parte da una errata lettura del pronunciamento in materia ad opera della Suprema Corte (ultima in ordine di tempo la sentenza n. 11573/2011). La controversia sottoposta alla disamina della Corte di Cassazione riguardava i contratti stipulati nella vigenza della precedente disciplina sui contratti a termine (ovvero la l. n. 230/62), ove nessuna previsione speciale era riservata alle fondazioni liriche, soprattutto con riguardo alla disciplina delle proroghe e della successione dei contratti. In questo contesto, il termine rinnovi, poteva ingannare linterprete, suggerendo una qualificazione in senso tecnico dello stesso, e conducendo alla erronea conclusione secondo la quale il divieto di conversione doveva ritenersi limitato alle sole ipotesi di violazione delle norme sulle proroghe o sulla successione dei contratti. Tuttavia, con la vigente disciplina ci non accade, proprio perch tale effetto oggi prodotto dallart. 11 del d.lgs. n. 368/01, che esclude lapplicabilit agli enti lirici delle disposizioni di cui ai precedenti artt. 4 e 5 in materia di proroghe e successione di contratti a termine. In senso contrario cfr. sentenza n. 2124/2010 della Corte dAppello di Palermo. Il termine rinnovi infatti, poteva ingannare linterprete, suggerendo una qualificazione in senso tecnico dello stesso, e conducendo alla erronea conclusione secondo la quale il divieto di conversione doveva ritenersi limitato alle sole ipotesi di violazione delle norme sulle proroghe o sulla successione dei contratti. Tuttavia, con la vigente disciplina ci non accade, proprio perch tale effetto oggi prodotto dallart. 11 del d.lgs. n. 368/01, che esclude lapplicabilit agli enti lirici delle disposizioni di cui ai precedenti artt. 4 e 5 in materia di proroghe e successione di contratti a termine. Pertanto non pu che rafforzarsi la tesi secondo cui il termine rinnovi vada inteso in senso atecnico (cfr. Corte di Appello di Palermo n. 2124/2010) e dunque escludere la conversione anche del nuovo contratto a termine anche se geneticamente viziato. In caso contrario si avrebbe uninutile duplicazione della medesima disciplina, posto che, aderendo alle tesi della controparte, lart. 3 della l. 426/77, fatto rivivere dal decreto legge n. 64 del 2010, e lart. 11 del d.lgs. 368/2001 avrebbero in sostanza la stessa funzione. Ma ci non , proprio per lintrinseca natura pubblicistica degli enti lirici che il decreto Bondi, ha inteso ribadire attraverso il permanere del divieto di conversione. cui allart. 3 della legge n. 426/1977 (26), fulcro della specialit, che disponeva il divieto di conversione dei contratti, disciplinava ipotesi di divieto di assunzione e dettava una disciplina specifica per il rapporto di lavoro. Altro indirizzo giurisprudenziale, tuttavia, muoveva dalla conservazione in capo agli enti lirici di forti connotati pubblicistici. Ci in coerenza con la ratio della disposizione di cui allart. 22, comma 2, del D.lgs. n. 367/96 che, nellescludere espressamente lapplicazione dellart. 2 della legge n. 230/62, dettava una disciplina speciale del lavoro a tempo determinato senza smantellare lantecedente sistema imperniato sulla operativit del generale divieto di assunzione di personale a fronte di qualsivoglia ipotesi di nullit del rapporto anche di natura genetica o funzionale. In tale solco ermeneutico si collocava la prevalente giurisprudenza risalente, orientata a riconoscere alla legge n. 426/77 leffetto di derogare alla previsione di cui allart. 2, comma 2, della legge n. 230/62, con lobiettivo, confermato dalle leggi successive, di evitare lincremento del contingente numerico del personale degli enti musicali e di escludere che la rinnovazione dei contratti di lavoro a termine potesse implicare la stabilizzazione dei rapporti (27). Con la trasformazione non vi stata una soluzione di continuit rispetto alla specialit della disciplina del rapporto di lavoro, sia per le riflessioni svolte sulla natura pubblica dellente, che rimaneva sostanzialmente pubblica, sia per la ratio delloperazione di privatizzazione, sia per dati normativi. Il quadro non stato poi modificato dallentrata in vigore del testo di riforma dei contratti a termine (d.lgs. n. 368/2001) il quale, nellart. 11, dopo avere disposto labrogazione della legge n. 230/62, al comma 4 ripropone il dettato di cui allart. 22 del d.lgs. n. 367/96, prevedendo che al personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale previste dal d.lgs. 29 giugno 1996 n. 367, non si applichino le norme di cui agli art. 4 e 5, concernenti il meccanismo della conversione in caso di proroghe e di successioni di contratti a termine (28). A fronte di una perdurante incertezza giurisprudenziale il legislatore in (26) Sono, altres, vietati i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato (comma 4). Le assunzioni attuate in violazione del divieto di cui al precedente comma sono nulle di diritto, ferma la responsabilit personale di chi le ha disposte (5 comma). Dette disposizioni erano inoltre precedute dal comma secondo che disponeva il divieto di assunzioni di personale amministrativo, artistico e tecnico, anche in adempimento di obblighi d legge, che avessero comportato aumenti del contingente numerico del personale a qualunque titolo in servizio presso i predetti enti ed istituzioni alla data del 31 ottobre 1973. (27) Consiglio di Stato, 29 maggio 1987 n. 331; Consiglio di Stato n. 352 del 23 marzo 1998; Consiglio di Stato n. 571 del 28 aprile 1998. (28) Disposizioni speciali sono dettate anche nellart. 10, comma 7, lett. b) e d), per cui ai contratti stagionali o relativi a specifici spettacoli non si applicano i limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a tempo determinato. tervenuto con lart. 3, comma 6, del d.l. n. 64/2010 (29), convertito in legge n. 100/2010, al fine di fare chiarezza con una norma interpretativa sulla sopravvivenza, anche per il periodo successivo alla trasformazione in senso formalmente privatistico degli enti lirici, della specialit della disciplina e del divieto di conversione. Il decreto si colloca in una situazione di emergenza economico-finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche (30). Si coglie nella disposizione una continuit ideale tra la sopravvenuta disposizione ed il sistema precedente (31): si conferma, con una disposizione interpretativa di portata retroattiva, la perdurante applicazione del divieto di conversione sin dalla trasformazione. Lettura questa che oggi si presenta come lunica possibile ai sensi della norma di interpretazione contenuta nel d.l. n. 69/2013 recante Disposizioni urgenti per il rilancio delleconomia, convertito in legge n. 98/2013, che nellart. 40, comma 1 bis, ha stabilito che L'articolo 3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle nome in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti. Non vi sono dubbi che la specialit della disciplina dichiaratamente (29) Lart. 3, comma 6, del decreto citato: Alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, continua a applicarsi larticolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 febbraio 1977 n. 426 e successive modificazioni, (testo riportato sopra) anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368. Sono altres inefficaci i contratti di scrittura artistica non concretamente riferiti a specifiche attivit artistiche espressamente programmate. Non si applicano, in ogni caso, alle fondazioni lirico-sinfoniche le disposizioni dellart. 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 (omissis). Il D.L. 64/2010, al pari della legislazione precedente, si innesta a pieno titolo nel solco del sistema di controllo della finanza pubblica, prevedendo un invalicabile limite alle assunzioni a tempo indeterminato ed alle assunzioni a tempo determinato, che dal 2013 non potranno eccedere precisi contingenti numerici (cfr. comma 5 della disposizione in commento). Per un analisi delle diverse interpretazioni presenti in giurisprudenza si confronti la sentenza del Tribunale di Firenze, 11 marzo 2011, in D e L, Rivista critica di diritto del lavoro privato e pubblico, 2011, 337 e ss. (30) Per unanalisi completa del D.lgs. n. 64/2010 ed il suo intervento nellambito degli enti lirici si confronti LEON A.F., Enti lirici tra fini pubblici, irresponsabilit dimpresa e autonomia territoriale, in Economia della cultura, 2010, 75 e ss., in cui si analizza come la riduzione del Fondo unico allo spettacolo, le deboli politiche di promozione della cultura lirica, un sostanziale fallimento della trasformazione abbiano contribuito a peggiorare progressivamente la situazione. (31) Il tenore letterale della norma (continua ad applicarsi lart. 3 commi quarto e quinto della legge 22 luglio 1977 n. 426) suggerisce lopzione esegetica favorevole alla sopravvivenza del divieto di conversione anche per il periodo susseguente alla trasformazione degli enti lirici. Con i periodi successivi poi si introducono disposizioni tese ad impedire (in ogni caso) il funzionamento dellistituto della conversione estendendone lefficacia anche ai rapporti in essere. retroattiva equivalga ad una sostanziale continuit con il regime precedente. A breve distanza temporale poi lart. 11, comma 19, del d.l. n. 91/2013 recante Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivit culturali e del turismo, come convertito con modifiche dalla legge n. 112/2013 ha ancora espressamente previsto che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche instaurato esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche (32). Lintervento si colloca allinterno della legge Bray, che prevede una disciplina di risanamento per gli enti lirico-sinfonici in stato di dissesto economico -finanziario attraverso un restringimento di tutti gli ambiti e le possibilit di assunzione. Oltre al divieto assoluto di conversione con portata retroattiva ed oltre al principio dellaccesso esclusivamente tramite concorso previsto in via generale nei piani di risanamento un restringimento della pianta organica del personale (33). La ratio di tutto lintervento del le (32) Per la certificazione, le conseguenti verifiche e le relative riduzioni del trattamento economico delle assenze per malattia o per infortunio non sul lavoro, si applicano le disposizioni vigenti per il pubblico impiego. () La Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti competente certifica l'attendibilit dei costi quantificati e la loro compatibilit con gli strumenti di programmazione e bilancio, deliberando entro trenta giorni dalla ricezione, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione comunicato alla fondazione, al Ministero dei beni e delle attivit culturali e del turismo e al Ministero dell'economia e delle finanze. Se la certificazione positiva, la fondazione autorizzata a sottoscrivere definitivamente l'accordo. () Le fondazioni, con apposita delibera dell'organo di indirizzo, procedono a rideterminare l'organico necessario all'attivit effettivamente realizzata, previa verifica dell'organo di controllo. La delibera deve garantire l'equilibrio economico- finanziario e la copertura degli oneri della dotazione organica con risorse aventi carattere di certezza e stabilit. (33) Art. 11, comma 1, lettera c) la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al cinquanta per cento di quella in essere al 31 dicembre 2012 e una razionalizzazione del personale artistico, che verr perseguito tramite un sistema di pensionamenti e accordi sindacali. Con la legge Bray (D.l. n. 91/2013, convertito in legge n. 112/2013) stata prevista dallart. 11 recante Disposizioni urgenti per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche e il rilancio del sistema nazionale musicale di eccellenza una corposa e complessa disciplina di risanamento degli enti lirico/sinfonici. Ai sensi del comma 1 del citato articolo la Fondazione Teatro dellOpera di Roma rientra nellambito di applicazione della disciplina. Ai sensi del comma 1 del citato articolo la Fondazione, atteso lo stato di dissesto economico -finanziario (perdite per circa 10 milioni di euro nel 2013 che si aggiungono ad un ingente debito pregresso), rientrata obbligatoriamente nellambito di applicazione della disciplina e del piano di risanamento previsto dalla legge, con una conseguente riduzione della pianta organica. Accedere al programma di risanamento previsto dalla legge non costituisce infatti una scelta gestionale della Fondazione ma una conseguenza prevista dalla legge a causa dello stato di dissesto economico -finanziario. La legge Bray, cd. Provvedimento salva fondazioni liriche, ha previsto che tutti gli enti lirico -sinfonici in stato di sofferenza economico -finanziaria, debbano presentare un piano di ristrutturazione che vede, tra i punti qualificanti, il ripensamento delle piante organiche, con una diminuzione dellorganico fino al 50% ed il decadimento del contratto integrativo esistente. A suddetti piani di riduzione e riorganizzazione della pianta organica sono subordinati i fondi messi a disposizione dalla legge per ripianare il deficit e consentire la sopravvivenza dellente. Ai sensi dellultima parte dellart. 11, comma 19, Le fondazioni, con apposita delibera dell'organo di indirizzo, da adottare entro il 30 settembre 2014, procedono a rideterminare l'organico necessario all'attivit gislatore chiara, si inserisce nel contesto costituzionale, e specifica ancora una volta ci che gi era implicito nel sistema alla luce delle considerazioni svolte, ovvero che linstaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso gli enti lirici pu avvenire esclusivamente e necessariamente tramite concorso pubblico. Quanto si verificato con il decreto Bondi ed il decreto Bray nel settore speciale del lavoro presso gli enti lirico-sinfonici si pone in perfetto parallelismo con quanto accaduto nel pubblico impiego a seguito della riforma cd. Brunetta (d.lgs. n. 150/2009): un aumento del tasso di specialit della disciplina che si allontana sempre di pi dal modello del lavoro privato (34). In questa congiuntura storico-economica anche la disciplina del lavoro negli enti lirici segue le linee di tendenza del pubblico impiego e presenta caratteristiche sue proprie peculiari. Proprio perch la natura pubblica degli enti e le peculiarit che da ci derivano nella disciplina del rapporto di lavoro sono dati di fondo del sistema, non alterabili e che riemergono, indipendentemente dalla scelta sul modello: impossibile considerare il rapporto di lavoro di diritto comune pieno. Non importa pi di tanto a questo punto rilevare ancora come gli enti lirico- sinfonici non rientrino nella nozione di pubblica amministrazione in senso stretto delineata dallart. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/201 e siano pertanto fuori dal suo ambito di applicazione. Gli enti lirico-sinfonici, enti pubblici ricompresi senza dubbio in una nozione di pubblica amministrazione in senso lato, hanno una propria disciplina speciale e peculiare del rapporto di lavoro che va ricostruita alla luce dei principi costituzionali e delle specifiche disposizioni di legge che si sono analizzate, rinviando alla disciplina del codice ci- da realizzare nel triennio successivo. La delibera deve garantire l'equilibrio economico-finanziario e la copertura degli oneri della dotazione organica con risorse aventi carattere di certezza e stabilit'. Lart. 11, comma 13, prevede che Per il personale eventualmente risultante in eccedenza all'esito della rideterminazione delle dotazioni organiche di cui al comma 1, le fondazioni di cui al medesimo comma, fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale, applicano l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. In caso di ulteriori eccedenze, con uno o pi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attivit culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa informativa alle organizzazioni sindacali, sono disposti apposita procedura selettiva di idoneit e il successivo trasferimento del personale amministrativo e tecnico dipendente a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore del presente decreto nella societ Ales S.p.A., nell'ambito delle vacanze di organico e nei limiti delle facolt assunzionali di tale societ e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. evidente come siano stati oggettivamente ristretti tutti gli ambiti di una possibile assunzione. I finanziamenti, destinati principalmente al rientro del debito, vengono inoltre agganciati e subordinati ai piani di risanamento e ad una gestione in termini di economicit ed efficienza degli enti (art. 11, comma 7 e art. 11, comma 9 lett. a)). (34) DALESSIO G., La disciplina del lavoro nelle pubbliche amministrazioni tra pubblico e privato, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 1 e ss. vile e delle leggi sul lavoro nelle imprese private solamente in quei settori ove sia costituzionalmente consentito oppure ove non sia diversamente stabilito da norme di legge speciali. Ci detto e tenuto ben presente, si pu passare ad analizzare lultima problematica relativa allapplicabilit della riforma Fornero. 4. La non applicabilit della riforma Fornero al rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti lirico-sinfonici. Abbiamo visto come gli enti lirico sinfonici siano enti pubblici non economici sottoposti ad una disciplina speciale relativamente ai rapporti di lavoro. Si pone a questo punto la necessit di analizzare il problema relativo allapplicabilit della riforma Fornero (legge n. 92/2012) alle pubbliche amministrazioni ed agli enti lirico-sinfonici, con particolare attenzione per il nuovo rito accelerato in materia di licenziamento introdotto dallart. 1, commi da 47 a 68. Per risolvere la questione necessario partire dal dato normativo. Analizzando le disposizioni della legge troviamo nellart. 1, comma 7, che Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (). Il successivo comma 8 prevede che ai fini dellapplicazione del comma 7 il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione () individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalit ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni. Non vi dubbio che il legislatore si sarebbe potuto esprimere in modo meno criptico, risparmiando agli interpreti numerose fatiche. Le norme non prevedono unapplicazione automatica delle disposizioni della legge n. 92/2012 (e quindi anche del rito accelerato in materia di licenziamento) ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni. Al contrario la legge, in maniera chiara, prevede che le disposizioni in essa contenute costituiscano solamente principi e criteri (il che ben differente da una diretta applicabilit) e che in ogni caso vi debba essere un intervento o una iniziativa del Ministro della funzione pubblica per una definizione degli ambiti, modalit e tempi di applicazione ai dipendenti pubblici della riforma, al fine di unarmonizzazione con le peculiarit della disciplina del rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, o presso altri enti pubblici. Se dal comma 7 potrebbe ricavarsi, con una forzatura, unapertura ad una possibile estensione, il successivo comma 8 dichiara in modo inequivoco il valore meramente programmatico della riforma per le Pubbliche Amministrazioni (tanto che si parlato di barriera imprescindibile ed invalicabile (35)) e rinvia ad altra futura ed eventuale sede lestensione della riforma al settore del lavoro privatizzato presso soggetti pubblici (36). La legge, quindi, subordina lapplicabilit delle sue previsioni al settore pubblico ad un futuro intervento di armonizzazione delle discipline. In claris non fit interpretatio, la diretta applicabilit apertamente esclusa. La soluzione da prediligere deve essere per forza nel senso della non estensione della riforma Fornero e del rito speciale alle Pubbliche Amministrazioni, con la conseguente sopravvivenza del vecchio testo dellart. 18 dello Statuto dei lavoratori e con la necessit di ricorrere al rito ordinario. Linterprete obbligato a ricavare lunica interpretazione possibile dal dato letterale. Si deve escludere anche la possibilit di accedere ad interpretazioni che forzino la distinzione tra aspetti processuali ed aspetti sostanziali (37). Il dato normativo e la ratio della riforma, che si rivolge al mondo del lavoro privato, non possono consentire interpretazioni contra legem, nonostante una parte della giurisprudenza abbia seguito questa impostazione (38). (35) ROMEO C., La legge Fornero e il rapporto di impiego pubblico, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 718. Il comma 8 si oppone a qualsiasi tentativo che possa portare ad interpretazioni estensive della disciplina al fine di unomogeneit maggiore della regolazione del lavoro pubblico e privato. Nello stesso senso CARINCI F., Art. 18 St. lav. per il pubblico impiego privatizzato cercasi disperatamente, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 13 e ss. Unampia analisi la svolge anche n CAVALLARO L., Lart. 18 St. lav. e il pubblico impiego: breve (per ora) storia di un equivoco, in Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, n. 6. (36) CARINCI F., Commentario alla legge Fornero, in Diritto e pratica del lavoro, IPSOA, 2012, 3, secondo il quale il co. 8 fa capire che quel che si ha in mente non unestensione della riforma ma una sua riformulazione ad hoc, secondo lormai prevalente tendenza a dividere quanto si era cercato di unire con la privatizzazione del pubblico impiego culminata nel T.U. del 2001. (37) Nulla si prevede in tal senso, anzi, la legge depone proprio in senso contrario: il silenzio del Legislatore stato a volte erroneamente interpretato dalla giurisprudenza (ordinanza 7 marzo 2014 del Tribunale di Roma, ma anche Tribunale di Roma, 23 gennaio 2013 secondo cui Ai rapporti di impiego pubblico privatizzato si applica il rito speciale per limpugnazione dei licenziamenti previsto dalla l. n. 92 del 2012 (c.d. riforma Fornero), ma non anche il nuovo testo dellart. 18 st. lav. introdotto dalla medesima legge, Tribunale di Catanzaro, 28 febbario /2013 e Tribunale di Trento, 13 marzo 2013, secondo cui vi sarebbe uno spazio per larmonizzazione delle norme sostanziali ma non per le norme processuali che quindi sarebbero le uniche direttamente applicabili alle Pubbliche Amministrazioni) come una tacita differenziazione tra aspetti processuali e sostanziali. Una simile soluzione avrebbe per necessitato di espressi appigli normativi o indizi a favore. Nel totale silenzio sul punto, tra le due interpretazioni, si deve ritenere che nulla abbia inteso differenziare il Legislatore, il quale ha invece optato per ununiformit tra aspetti processuali e sostanziali. Sulla inscindibilit dellaspetto sostanziale da quello processuale ROMEO C., La legge Fornero e il rapporto di impiego pubblico, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 715. (38) Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che il rinvio mobile operato dallart. 51 T.U. n. 165/2001 allo Statuto dei lavoratori faccia s che non possa negarsi lapplicazione ai rapporti di lavoro pubblico della riforma Fornero. Per negare tale conseguenza, bisognerebbe, secondo questo orientamento, supporre che lart. 51 comma 2 T.U. n. 165/2001 sia stato abrogato nella parte in cui rende immediatamente applicabili al pubblico impiego le modifiche concernenti lart. 18 St. lav., ma una simile abrogazione non avrebbe appigli testuali, ed i commi 7 e 8 vengono a volte ignorati ed altre considerate norme di fatto superabili. Cos Trib. Perugia, ord. 9 novembre 2012 e 15 gennaio 2013, Trib. Ancona, ord. 31 gennaio 2013 e Trib. S. Maria Capua Vetere, ord. 2 aprile 2013. Limpostazione non regge per una serie di considerazioni: una parte della dottrina ha ritenuto che il rinvio allo Statuto dei lavoratori e sue successive modificazioni contenuto nella norma del T.U. fosse limitato alle modifiche intervenute fino alla data di entrata in vigore del T.U. e non si riferisse alle modifiche successive a tale data. In ogni caso non si pu ritenere che tale rinvio possa riguardare le recenti e radicali modi Si rifletta, nello specifico, sul nuovo rito speciale accelerato in tema di licenziamento introdotto dallart. 1, commi da 47 a 68. Gi il solo fatto che si caratterizzi come rito speciale, utilizzando pi volte il legislatore la definizione rito specifico, dovrebbe portare a ritenere che la sua applicabilit debba essere intesa in senso restrittivo, non si possa estendere al di l dei casi espressamente previsti dalla legge. Per quanto riguarda le controversie in materia di licenziamento con le Pubbliche Amministrazioni bisogner continuare ad utilizzare il rito ordinario del lavoro senza poter ricorrere al nuovo rito speciale accelerato. A prescindere dallimprecisione ed approssimazione della lettera della legge, un ulteriore dato andrebbe considerato: lart. 1, comma 42 (39), recita Allarticolo 18 della legge () sono apportate le seguenti modificazioni (...). Non si parla di sostituzione del vecchio testo dellarticolo con il nuovo, ma solo di modificazioni. Modificazioni appunto nellambito di operativit della riforma, con il precedente impianto che non viene toccato e rimane applicabile al lavoro pubblico: se modificata la disposizione non pienamente abrogata e sostituita, ma diversificata nella sua sfera di applicazione (40): si riprende autorevole dottrina secondo cui la terminologia nuova, centrata sullapplicazione di una norma, che, a prescindere dallimprecisione ed ap fiche introdotte dalla riforma Fornero, per limpossibilit della valenza ex post di una norma in vigore nel lontano 2001 che disporrebbe un rinvio ultrattivo in grado di prevalere rispetto a successive disposizioni contrarie di legge che prevedano linapplicabilit e rinviino espressamente ad una successiva opera di armonizzazione. Il quadro non pi quello del 2001, momento culmine del tentativo di avvicinamento tra lavoro pubblico e privato. Il quadro quello dei successivi interventi del 2003, del 2009 e del 2012 che hanno scavato un solco profondo tra lavoro privato e pubblico impiego. Risponde a questa tesi in maniera convincente CARINCI F., Art. 18 St. lav. per il pubblico impiego privatizzato cercasi disperatamente, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 13 e ss., secondo cui non sembra affatto da escludere che una volta interpretata larruffata lettera dellart. 1, commi 7 e 8 l. n. 92/2012 nel senso di escluderne lapplicabilit alle pubbliche amministrazioni, la disposizione dellart. 51 comma 2 del d.lgs. n. 165/2001 vada intesa come riferita al vecchio testo dellart. 18 St. Lav. a tuttoggi vigente, ma con un ambito applicativo ridotto, cio confinato allimpiego pubblico. Mentre, a sua volta, il nuovo testo dello stesso articolo sostituisce s il vecchio, ma anchesso con un ambito applicativo ristretto, cio limitato al lavoro privato. Con unaltra obiezione mossa a questa impostazione si rileva come muovendo dai commi 7-8 non si pu che escludere lestensione proprio per scelta del Legislatore. Non vi infatti silenzio sul punto ma una chiara presa di posizione. Se infatti vero che tali prescrizioni rivelano lintenzione di varare un corpus normativo speciale per il pubblico impiego c.d. privatizzato non possibile che nelle more della sua elaborazione la riforma Fornero si applichi ai lavoratori pubblici: la modifica del regime normativo vigente per il pubblico impiego non ricompresa tra gli obiettivi della riforma Fornero in sintonia con il precedente costituito dal d.lgs. n. 276/2003 (che non si applica per espressa previsione al pubblico impiego) con cui vi una forte linea di continuit. Ulteriore obiezione si ha considerando come il regime dei licenziamenti per il pubblico impiego da sempre stato differente rispetto a quello nel privato, dal momento che lo Statuto si applica a prescindere dal numero dei dipendenti: non si vede come non possa cogliersi nella riforma Fornero unulteriore, consueta, esplicita differenziazione tra i due regimi. (39) Cio il comma che riscrive non solo la rubrica dellart. 18 dello Statuto dei lavoratori, ma integralmente il suo contenuto nei commi da 1 a 6. prossimazione della lettera della legge, se modificata non novellata, e se cancellata non abrogata, ma diversificata nella sua sfera di applicazione (41). Cio disapplicata solo per alcuni o che sopravvive solo per altri, con una conversione della terminologia da abrogazione a disapplicazione. Fermo il dato letterale, anche considerazioni di tipo sistematico ci mostrano come negli ultimi interventi in materia di lavoro pubblico (d.lgs. n. 150/2009) si sia preso atto del fallimento del modello del pubblico impiego privatizzato e si sia segnata una forte divaricazione con il settore del lavoro privato, che ha portato numerosi commentatori a parlare di nuova pubblicizzazione del pubblico impiego. La soluzione della non applicabilit della legge Fornero alle Pubbliche Amministrazioni deve essere preferita anche per tali motivi e per il progressivo e ormai costante allontanamento tra le due discipline, distacco che trova una testimonianza aggiuntiva nella riforma del d.lgs. n. 276/2003 che esplicitamente prevede la sua non applicabilit al pubblico impiego (42). Vi una linea di continuit. La riforma Fornero si inserisce a pieno titolo in questo percorso inverso, che dura ormai da una decina danni, rispetto allavvicinamento tra pubblico e privato iniziato con la privatizzazione del 1993 e proseguito con le riforme del 1998. La sua ratio e le sue finalit di intervento trovano ragion dessere solo nel settore privato (43), questa la volont del legislatore, e costituiscono una ulteriore prova della divaricazione in atto tra le due discipline. Allinterno di questo quadro si collocano anche gli enti lirico sinfonici. Lanalisi compiuta nei paragrafi precedenti ci ha mostrato come la loro natura di enti pubblici non economici li inserisca a pieno titolo nella nozione di pubblica amministrazione in senso lato e di come la loro disciplina del rapporto di lavoro sia del tutto speciale e si muova anchessa verso un accentuazione, o un recupero, del tasso di specialit e di come vi sia una centralit delle politiche di risanamento e di riduzione delle piante organiche (decreto Bray) in perfetto parallelismo con quanto avvenuto nel settore pubblico con la riforma Brunetta e con le recenti misure introdotte dal d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 (cd. Decreto spending review) in materia di riduzione delle dotazioni organiche e gestione delle eccedenze del personale. (40) Non sarebbe peraltro la prima volta che il nostro ordinamento ci presenterebbe soluzioni differenti tra impiego pubblico e lavoro privato. Proprio in relazione allart. 18 dello Statuto dei lavoratori sufficiente richiamare lart. 51, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001. La soluzione pertanto rispetta il canone di ragionevolezza. (41) CARINCI F., Art. 18 St. lav. per il pubblico impiego privatizzato cercasi disperatamente, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 13. (42) Art. 1, comma 2, del d.lgs. 276/2003. In base alla riforma del 2003 coesistevano, relativamente al trasferimento dazienda ed al tempo parziale, due testi differenti: uno per il settore privato, e laltro, il vecchio, per il pubblico. (43) Per un ampio commento in questo senso si rinvia a CARINCI F., Commentario alla legge Fornero, in Diritto e pratica del lavoro, IPSOA, 2012. Di fronte ad un consistente divaricamento, o allontanamento (44), dalla regolamentazione privatistica sia per il pubblico impiego che per la disciplina speciale degli enti pubblici lirico-sinfonici, si deve concludere rilevando linapplicabilit agli enti pubblici che non svolgano attivit dimpresa della legge Fornero, pensata per il settore privato e ad esso esclusivamente applicabile per ragioni sistematiche e per espresse disposizioni di legge, non superabili con salti interpretativi. Tribunale di Roma, Sez. Terza lav., ordinanza 20 febbraio 2014, R.G. 43146/13 -Giud. D. Conte. La presente causa non appare trattabile col rito col quale si chiesto di introdurla (art.1, commi 48 e segg. legge n. 92/2012), perch dal combinato disposto dei commi 7 e 8 dell'art. 1 della legge cit. che in sostanza dicono che le disposizioni della legge non costituiscono che principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici, rimandando ad iniziative normative del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione lindividuazione e defnizione de gli ambiti, le modalit ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche appare emergere con sufficiente chiarezza la volont del Legislatore di non dare diretta ed immediata applicazione alle novelle disposizioni nel settore del pubblico impiego, in quanto ivi chiamate a costituire un mero quadro di principi per una normazione a venire. Appare pertanto preferibile, siccome coerente con la volont del legislatore, l'orientamento (pure emerso, come si apprende dalla produzione attorea, nel foro barese) per cui la legge 92/2012 non si applica direttamente ai rapporti di pubblico impiego, tanto pi che nulla appare ostare alla possibilit che il legislatore, per detti rapporti, abbia inteso conservare la disciplina previgente: mentre gli agitati profili di irragionevolezza dell'impossibilit, per i pubblici dipendenti, di accedere al rito sommario, se possono forse porre questioni di legittimit costituzionale, non possono apparire idonei ad indurre ad una applicazione diretta della "legge Fornero evidentemente non voluta. Ai meri fini della gestione del processo il giudicante ritiene, allo stato, che dalla inapplicabilit dellart. 1, commi 48 e segg., della legge n. 92/2012 non debba derivare l'inammissibilit del ricorso, ma la conversione del rito, perch la prima opzione appare contraria al cd. principio di conservazione degli atti (art. 159, co. 3, c.p.c.) il quale vuole che se una ragione di nullit impedisce un determinato effetto, l'atto pu produrre gli altri effetti per la produzione dei quali idoneo, se ne presenta i requisiti di forma e sostanza. In particolare, in applicazione di detto principio, si segnala condivisibilmente, ad esempio, che un atto proposto come reclamo dinanzi al giudice competente pu va1ere dinanzi allo stesso giudice come appello (Cass. 17939/2009); l'appello in materia di separazione proposto con citazione anzich con ricorso si conserva se non sono intervenute decadenze (Cass. 17645/2007); e nessuno dubita che in tali casi, sebbene non esistano (non esistessero) disposizioni sulla conversione del rito, il giudice adito debba poi procedere secondo il rito inderogabilmente prescritto per materia in relazione alla fattispecie, semplicemente perch il giudice deve inderogabilmente applicare il (44) Di gap incolmabile parla ROMEO C., La legge Fornero e il rapporto di impiego pubblico, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2012, 725. rito prescritto dalla legge, se questo non optativo; potendo venire in considerazione solo lidoneit dellatto ad introdurre il rito richiesto dalla legge. E tale questione pu essere decisa validatnente solo una volta che il processo sia stato gestito secondo il rito richiesto dalla legge. Poich il passatagio dal rito Fornero al rito lavoristico ordinario comporta linnesto di un regime di preclusioni altrimenti inesistente, debbono trovare applicazione, se del caso in via analogica, le disposizioni di cui agli artt. 426 c.p.c. e 4, co. 3, del D.lgs. n.150/2011. P.Q.M. a) dispone che la presente causa sia trattata col rito lavoristico ordinario di cui agli artt. 409 e segg. c.p.c.; b) rinvia la causa alludienza del 17 aprile 2014 alle ore 10, autorizzando parte ricorrente ad integrare latto introduttivo mediante nota da depositare entro il 12 marzo 2014: e parte convenuta a fare altrettanto, entro il 4 aprile 2014. Azione generale di arricchimento nei confronti della P.A. e problematiche sulla determinazione del quantum indennizzabile CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, SENTENZA 7 GIUGNO 2013 N. 3133 Giulia Guccione* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Inquadramento generale dell'istituto - 3. Laccertamento della misura dellarricchimento dovuto. 1. Premessa. Con recente pronuncia la quinta sezione del Consiglio di Stato ha mostrato di aderire all'orientamento secondo il quale l'indennit prevista dall'art. 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall'esecutore della prestazione resa in virt del contratto (nel caso di specie di appalto pubblico) invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; per cui, ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto, non potrebbe farsi ricorso alla revisione prezzi poich tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall'esecuzione del contratto, e inidonea, pertanto, a costituire anche solo un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto. Al fine di meglio comprendere l'opportunit di tale orientamento giurisprudenziale, gi consolidatosi nella giurisprudenza ordinaria, s' scelto di operare una ricostruzione storica e dogmatica dell'istituto, con particolare riferimento all'evoluzione delle elaborazioni teoriche concernenti la determinazione della misura dell'indennit e le problematiche sottese in ordine alle differenti possibili soluzioni. 2. Inquadramento generale dell'istituto. L'arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., trova antecedente in quel- l'istituto del diritto romano classico, ricondotto alla categoria dei quasi contratti, che prendeva il nome di actio de in rem verso (1), ed appartiene all'ampia ed eterogenea categoria dei rimedi restitutori essendo, per l'appunto, volto a consentire il recupero di quanto da un soggetto lucrato senza causa a spese di un altro (2). (*) Avvocato del libero Foro, gi praticante presso lAvvocatura dello Stato. (1) In tema v. GALLO, Commentario al Codice civile diretto da BUSNELLI, artt. 2041-2042, Milano, 2003, 9. (2) ALBANESE, Ingiustizia del profitto e arricchimento senza causa, Padova, 2005, 381 e ss. Oggi, a ben guardare, potrebbe risultare fuorviante l'inquadramento operato dalla dottrina romanistica posto che, com' noto, elemento caratterizzante il quasi contratto la presenza di un comportamento volontario del soggetto che, con esso, fa sorgere l'obbligazione. Nell'arricchimento senza causa invece assente ogni componente volontaristica poich l'obbligazione sorge direttamente dalla legge quando si verifichino i presupposti fondamentali, individuati secondo l'interpretazione tradizionale, in quattro elementi fondamentali: la contemporanea sussistenza di un arricchimento da un lato, e di un impoverimento, dall'altro; l'esistenza del nesso causale fra quest'ultimi e la mancanza di un titolo giustificativo del negozio (3). L'azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione (4) presenta caratteri di specialit rispetto al rimedio generale. Caratteri, quest'ultimi, configurati in via pretoria, e comportanti talvolta anche vistosi allontanamenti dalla struttura-base prima brevemente richiamata. Primo dato differenziale l'aggiunta di un ulteriore requisito: il riconoscimento dell'utilit da parte dell'Amministrazione (5) (o, per usare una locuzione ripresa da risalente giurisprudenza, previo gradimento dell'amministrazione stessa). Requisito, questo, formulato gi nella vigenza del codice del 1865 dapprima in materia di gestione d'affari altrui e successivamente esteso anche all'azione di arricchimento e confermato da una pronuncia delle Sezioni Unite del 2008 (6), leading case nella materia de qua, cui successivamente si con- formata la giurisprudenza sia civile che amministrativa (7). Un presupposto che, prima facie, potrebbe apparire iniquo dato che cos ragionando si subordina il diritto del depauperato al compimento di un atto da parte di un soggetto che, in linea teorica e astratta, non ha alcun interesse a compimento ma che diviene condivisibile ove si tenga conto della ratio sottesa, da ravvisarsi nel fatto che l'autorit giudiziaria - per i limiti di cui all'art. 4, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E - non potrebbe scendere ad un esame discrezionale e tecnico circa l'utilit conseguita dalla P.A, il cui giudizio rimesso interamente e unicamente all'amministrazione. (3) CARINGELLA, Manuale di diritto civile. Le obbligazioni, Milano, 2008, 1221 e ss. (4) PRUSSIANI, L'azione di arricchimento senza causa nei rapporti tra la pubblica amministrazione ed il professionista: riconoscimento dell'utilitas e criteri di quantificazione dell'indennizzo, in Corriere Giur., 2012, 10, 1216. (5) Ex plurimis: v. Trib. Milano Sez. I, 15 febbraio 2012 ai sensi del quale L'azione di arricchimento senza giusta causa, disciplinata dall'art. 2041 c.c., esperibile nei confronti della P.A. allorquando la stessa abbia tratto un vantaggio economico dall'attivit posta in essere in suo favore da un terzo. Ai fini del valido esperimento dell'azione, in ragione degli interessi pubblici perseguiti dall'amministrazione, richiesta la sussistenza di ulteriori condizioni rispetto alla previsione codicistica quali, oltre al fatto materiale dell'esecuzione di una prestazione economicamente vantaggiosa per l'ente pubblico, il riconoscimento dell'utilit stessa da parte dell'ente. (6) Cass. civ. Sez. Unite, 11 settembre 2008, n. 23385. (7) Cons. St., Sez. III, 24 aprile 2013, n. 2312. A questa, si affianca l'ulteriore esigenza di tutelare l'interesse pubblico che deve permeare l'agire della P.A. - contro l'iniziativa di privati che agiscano all'insaputa delle autorit competenti per trarne comunque un vantaggio economico; esigenza tanto pi sussistente se si pensa alla circostanza che un orientamento ha, in passato, ammesso il computo del lucro cessante all'interno del quantum da restituire (8). Altra obiezione che potrebbe essere mossa attiene ad un'asserita disparit che in tal modo si creerebbe quando, a parit di prestazione e soggetto passivo dell'obbligazione, l'azione si modellerebbe in modo differente a seconda che destinatario della prestazione sia un altro soggetto privato o l'Amministrazione. Profilo che non si pu certo ritenere discriminatorio se sol si pensa alla diversa rilevanza degli interessi giuridicamente rilevanti di cui questi sono portatori, pertanto idonea a giustificare, sul piano della ragionevolezza, una diversit di disciplina. Superati tali preliminari dubbi, ci si chiesti, quanto alle modalit con cui deve avvenire il riconoscimento, se questo sia ammissibile anche in forma implicita o debba, piuttosto, avere carattere esplicito e avvenire con atto formale. In particolare, i fautori di quest'ultima tesi si dividono tra quanti richiedono non solo un atto espresso, ma anche che questo sia costituito da un provvedimento adottato a conclusione di un procedimento correttamente instaurato ed abbia, insomma, tutti i crismi di validit ed efficacia, e tra quanti ammettono che il requisito sia soddisfatto anche da un atto carente delle varie formalit, purch da questo risulti chiaramente che l'Amministrazione riconosce d'aver conseguito un vantaggio. Viceversa, altro orientamento ha ritenuto che il riconoscimento potesse avvenire anche implicitamente (9), soprattutto quando l'ente era addivenuto all' utilizzazione, posto che, empiricamente, si riscontrava l'esperibilit di quest'azione in presenza di prestazioni di privati avvenute in dipendenza di contratti irregolari, nulli o inesistenti da parte, generalmente, di imprenditori o professionisti. Cos, negli ultimi tempi la giurisprudenza ha optato per un'attenuazione della rilevanza di questo requisito, essendosi infine consolidata la regola in virt della quale ai fini del riconoscimento sufficiente un uso o un impiego dei beni o dei servizi per le finalit dell'ente; sicch pu oggi ammettersi che questo risulti implicitamente per facta concludentia o attraverso l'utilizzazione della prestazione. Questa evoluzione giurisprudenziale trova giustificazione nel tentativo, (8) V. Cass. 7136/1996; Cass. 12 aprile 1995 n. 4192; Cass. sez. un. 5833/1984 e Cass. 6570/2005 che apportano un temperamento alla tesi ivi sostenuta e secondo cui il mancato guadagno indennizzabile deve considerarsi soltanto quello che il professionista avrebbe ricavato dal normale svolgimento della sua attivit professionale nel periodo di tempo dedicato invece all'esecuzione dell'opera utilizzata dal- l'ente pubblico. (9) Cfr. Cons. St., Sez. V, 4 giugno 2009 n. 3460. da parte dei giudici, di temperare la posizione di vantaggio in cui si trova la P.A. in dette situazioni sostanziali, ed evitarne un eccessivo arbitrio. Altro profilo che attiene le forme del riconoscimento riguarda gli organi all'uopo abilitati. Se da un lato, infatti, la giurisprudenza ha mostrato un'apertura verso le esigenze del privato ammettendo la forma implicita del riconoscimento, dal- l'altro ha circoscritto l'ambito dei soggetti deputati al riconoscimento (esplicito o implicito) dell'utilit della prestazione. Questo, infatti, pur non dovendo rispondere a particolari requisiti di forma, desumibile solo da atti e comportamenti di organi qualificati, cui sia rimessa la formazione della volont dell'ente, e non da qualsiasi soggetto facente parte della struttura dell'ente (10). 2. L'accertamento della misura dell'arricchimento dovuto. La querelle che tuttavia ha maggiormente interessato la giurisprudenza attiene al profilo dell'accertamento della misura dell'arricchimento dovuto e, con tutta probabilit, nasce dal fatto che lazione di arricchimento - nonostante la sua natura sussidiaria - un rimedio suscettibile di essere esperito in moltissime fattispecie. Tra i casi in cui vi si fatto pi frequente ricorso spiccano larricchimento causato da fatto altrui e larricchimento dovuto allesecuzione di una prestazione professionale sulla base di un negozio irregolare, invalido o inesistente (11); ed forse per ovviare alle iniquit che si sarebbero prodotte in questi casi che recentemente la giurisprudenza ha cominciato a scostarsi dalla previsione testuale dell'art. 2041 il quale, a onor del vero, dice che l'obbligo restitutorio non pu superare il limite dell'arricchimento. Tre sono i filoni giurisprudenziali succedutisi a riguardo negli anni: il primo, volto a escludere dal computo dellindennizzo il mancato guadagno ex artt. 1223 e ss. c.c., pone laccento sulla differenza tra il danno aquiliano e il pregiudizio cui si riferisce la disciplina dell'arricchimento; un secondo sostiene (10) Vedi in tal senso: Cass. civ. Sez. I, 18 aprile 2013, n. 9486 secondo cui il riconoscimento dell'utilit dell'opera e la configurabilit stessa di un arricchimento restano affidati a una valutazione discrezionale della sola P.A. beneficiaria, unica legittimata - mediante i suoi organi amministrativi o tramite quelli cui istituzionalmente devoluta la formazione della sua volont - ad esprimere il relativo giudizio, che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, dell'opera al pubblico interesse, senza che possa operare in via sostitutiva la valutazione di amministrazioni terze, pur se interessate alla prestazione, n di un qualsiasi altro soggetto dell'amministrazione beneficiaria. Tale riconoscimento pu essere esplicito o implicito, occorrendo, in quest'ultimo caso, che l'utilizzazione dell'opera sia consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell'ente, in quanto la differenza tra le due forme di riconoscimento sta solo nel fatto che la prima contenuta in una dichiarazione espressa, mentre la seconda si ricava da un comportamento di fatto, tale da far concludere che il suo autore abbia inteso conseguire uno specifico risultato. (11) Si veda, sull'argomento: PRUSSIANI, L'azione di arricchimento senza causa nei rapporti tra la pubblica amministrazione ed il professionista: riconoscimento dell'utilitas e criteri di quantificazione dell'indennizzo in Corriere Giur., 2012, 10, 1216. che deve essere indennizzato il valore corrispondente al giusto prezzo o giusto corrispettivo della prestazione eseguita dallimpoverito; un ultimo, maggioritario, invece ritiene che allimpoverito debba essere indennizzato sia il danno emergente che il lucro cessante. La prima impostazione fra quelle citate ha, in particolare, fatto leva sul concetto di diminuzione patrimoniale e sulla differenza intercorrente fra i concetti di perdita e danno (12) i quali differirebbero, per la circostanza che il secondo, a differenza del primo, ricollegato a profili di responsabilit. Alla sussistenza di una responsabilit del soggetto, infatti, corrisponderebbe un maggior disvalore del fatto e, pertanto, la necessit di un differente trattamento in sede di computo del quantum: ne deriverebbe la necessaria esclusione del mancato guadagno, il quale atterrebbe, pi opportunamente, alla sola nozione di danno. Di conseguenza, una equa liquidazione del quantum dovrebbe ammontare limitatamente alla somma di quanto un soggetto abbia fatto proprio in virt della diminuzione patrimoniale dellaltro soggetto coinvolto. I fautori della seconda ricostruzione - secondo cui invece il danno ex art. 2041 c.c. deve essere equivalente al valore del bene o della prestazione o del- lattivit altrui che ha prodotto larricchimento - ravvisano l'elemento differenziale con la responsabilit da illecito nel fatto che, in quest'ultimo caso, il danno pari non al valore della cosa o della prestazione, bens allinteresse leso, valutato in concreto e corrispondente al danno emergente e al lucro cessante. L'art. 2041, porrebbe una tutela omogenea ad altre ipotesi (artt. 935, 936 e 939 c.c.) tutte espressive, in realt, di principi aventi portata generale. Quindi, se da un lato non pu ristorarsi il lucro cessante, ci non vuol dire che limpoverito debba subire un ingiusto pregiudizio, quale sarebbe se l'indennizzo non corrispondesse al giusto valore. Una tesi siffatta stata seguita dalla giurisprudenza soprattutto nei casi di prestazione d'opera di un professionista o di un imprenditore, avvenuta in virt di un titolo inesistente o invalido. Con una soluzione equitativa e dando rilievo al giusto corrispettivo per la prestazione eseguita, si cos riconosciuto al professionista ci che avrebbe ricavato dal normale svolgimento della propria attivit professionale, pur negando - formalmente - la possibilit che la restituzione potesse consistere nella controprestazione indicata nel contratto stesso poich l'actio de in rem verso non pu surrettiziamente instaurare vincoli contrattuali. Ben presto, e specificamente con riguardo alle azioni di arricchimento esperite nei confronti della pubblica amministrazione per prestazioni profes (12) Mentre, infatti, quest'ultimo mira ad ottenere la restitutio in integrum in virt del principio in base al quale si vuole evitare che l'agire contra legem di un soggetto possa produrre conseguenze negative nella sfera patrimoniale e personale di un altro soggetto; il riparare alla perdita ha come fine quello di rimediare, semplicemente, allo squilibrio formatosi senza adeguata giustificazione, sicch avrebbe quella base prettamente equitativa, riscontrabile in altre fattispecie codicistiche (es.: 2045 e 2047 c.c.) ove sono previste indennit al difettare dei presupposti per il risarcimento ex art. 2043. sionali eseguite in virt di contratti invalidi, si sviluppato il terzo orientamento menzionato, il quale propendeva per uninterpretazione estensiva della locuzione di cui all'art. 2042 c.c.: pregiudizio subito . Ponendo, infatti, al centro dellanalisi la lesione dellinteresse e il danno dellimpoverito, la Cassazione ha riconosciuto indennizzi individuati in base ai tariffari professionali, o a norma dellart. 1226 c.c., cos realizzando un ristoro per la lesione della situazione giuridica soggettiva dell'impoverito del tutto analogo a quello che potrebbe realizzarsi con lazione risarcitoria. Pur ammettendo che linterpretazione letterale conduceva alla non indennizzabilit del mancato guadagno, s'affermava - tuttavia - che diminuzione patrimoniale rilevante ex lart. 2041 c.c. dovesse essere ogni perdita economica del soggetto a svantaggio del quale laccipiens si fosse arricchito, compreso il mancato guadagno. Ci perch a fondamento della norma vi sarebbe una ratio volta ad evitare che un soggetto ottenga senza causa un incremento patrimoniale a danno di un altro soggetto: il considerare l'intero pregiudizio subto sarebbe, insomma, diretta conseguenza dell'interpretazione teleologica dell'istituto e approdo necessitato dalla rilevanza dell'elemento causale all'interno del nostro ordinamento, sicch non sarebbe possibile tollerare spostamenti patrimoniali disgiunti da una causa giustificatrice, neppure quando beneficiario ne sia un ente pubblico (13). Una siffatta soluzione, condivisibile per la coerenza coi principi fondamentali che governano gli spostamenti patrimoniali, ha tuttavia avuto - quale effetto distorsivo - quello di trasformare l'actio de in rem verso in un rimedio equitativo privo di parametri certi di riferimento, idoneo a far conseguire ai soggetti privi di valido titolo il compenso tendenzialmente integrale cui avrebbero avuto diritto ove l'affare fosse stato validamente concluso. Con la particolarit che, di volta in volta, l'azione di indebito arricchimento prendeva in prestito (mascherandoli da meri indici parametrici o da elementi di prova presuntiva richiesti per una corretta valutazione equitativa) i criteri di liquidazione pi favorevoli all'impoverito, applicandoli senza dover sottostare ai presupposti e alle condizioni cui il legislatore subordinava l'individuazione della controprestazione di lavori e servizi per la P.A. Con la pericolosa conseguenza di indebiti vantaggi per il privato contraente con la P.A., il quale avrebbe potuto ottenere la rideterminazione in base a parcella da lui stesso predisposta, ancorata alle tariffe professionali, anzich il minor compenso gi prestabilito dal- l'ente nella convenzione invalida o nel capitolato (14). Ad aggravare il quadro generale stava la circostanza che questi effetti positivi si producevano anche a favore di chi sapeva non esistere affatto un contratto o, peggio, ne conosceva l'invalidit, poich - non riguardando profili di responsabilit - l'azione de qua (13) Cfr. Cass., S.U., n. 1025/1996; Cass. 7694/1992. (14) V. Cass. civ. Sez. III, 25 settembre 1998, n. 9584. prescinde da qualsiasi indagine sull'elemento psicologico; e ci anche nelle ipotesi del c.d. arricchimento imposto o mediato, ove gli impoverimenti sono dovuti ad iniziative e comportamenti stessi dell'impoverito. Il risultato aberrante di questa giurisprudenza stato quello di rendere l'azione de qua una alternativa rispetto al rapporto contrattuale vero e proprio, ideale scappatoia per eludere l'applicazione delle norme imperative dell'evidenza pubblica (15). A partire dagli anni Novanta subentrata in giurisprudenza una cautela sempre maggiore nella concessione dell'azione de qua. Cautela che s' tradotta, anzitutto, nella pretesa di un doppio requisito del riconoscimento, che poc'anzi abbiamo anticipato e qui giova ripetere e meglio puntualizzare, che dev'essere sia consapevolmente attuato dagli organi rappresentativi dell'ente, e concretizzarsi nell'effettiva utilizzazione della prestazione medesima; sia proveniente non pi da qualsiasi soggetto o ufficio che faccia parte della struttura dell'ente, bens solo da quelli cui rimessa la formazione della volont dello stesso o che per legge ne hanno la rappresentanza esterna, o in altre parole, da quegli stessi organi che sarebbero stati competenti a manifestare la volont dell'amministrazione di contrarre nonch a stipulare. In questo clima si innesta una importante pronuncia delle SS.UU. (16) che, con l'occasione, hanno riesaminato in radice funzione e finalit dell'azione ex art. 2041 c.c. allorch rivolta contro la pubblica amministrazione e, disattendendo la giurisprudenza divenuta ormai maggioritaria, si sono espresse a favore dellinterpretazione che esclude dal computo dellindennizzo il lucro cessante. Pi sono gli argomenti a sostegno svolti in motivazione. In primis, l'argomento testuale: la lettera della norma chiara sul punto e si (15) Mosso proprio da questa preoccupazione, intervenuto il legislatore che ha tentato, senza peraltro riuscirvi, di ridimensionare l'istituto con l'art. 23, 4 co., D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito in L. 24 aprile 1989, n. 144, stabilendo che in materia di enti locali in caso di lavori urgenti, non regolarizzati, solo possibile agire ex contractu nei confronti del funzionario che ha agito illegittimamente. Nelle intenzioni del legislatore la configurazione di una responsabilit contrattuale diretta in capo al funzionario avrebbe dovuto costituire un deterrente contro le violazioni di legge da parte dei pubblici dipendenti i quali perseguivano fini di profitto colludendo con soggetti privati contraenti. Ma sarebbe stato deterrente per i privati stessi, onerati ad addivenire a una contrattazione munita di tutti i crismi, data la probabile e frequente insolvibilit del funzionario stesso. In seguito la giurisprudenza si per lo pi attenuta a questa normativa escludendo la possibilit per il privato di agire direttamente in arricchimento contro la P.A.: infatti, posto il carattere esplicitamente sussidiario dell'azione ex art. 2042 c.c., la possibilit di agire ex contractu nei confronti del funzionario escluderebbe la possibilit di agire in arricchimento nei confronti della P.A., salva la possibilit per il privato di esperirla in via surrogatoria. Successivamente il legislatore nuovamente intervenuto con il D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342 riconoscendo alla P.A. la facolt di riconoscere i debiti fuori bilancio nel limite dell'indebito arricchimento, in tal modo generando notevole confusione perch da un lato ripristinava il principio per cui compete all'ente stesso il riconoscimento dell'utilit, dall'altro pretendeva un riconoscimento formale, in palese contrasto con l'evoluzione giurisprudenziale prima citata che gi in precedenza aveva ammesso che questo avvenisse anche implicitamente. (16) Cass. Civ., Sez. Un., 11 settembre 2008, n. 23385. pone in linea di continuit col principio romanistico iure naturae aequum est neminem cum alterius detrimento et iniuria fieri locupletiorem il quale consentiva di riparare, attraverso la nascita di obbligazioni restitutorie in capo allarrichito, il detrimentum sofferto da un impoverito a seguito dellesecuzione di una prestazione senza una giustificazione, sia essa mancante ab origine o venuta meno successivamente. Tale istituto presupponeva la nascita di un'obbligazione avente marcatamente carattere restitutorio, non di riparazione o risarcimento. Se, dunque, la natura dellobbligazione restitutoria, oggi come in passato, deve concludersi che lesclusiva funzione dell'actio de qua sia semplicemente quella di porre in equilibrio una situazione di fatto alterata. A conferma le Sezioni Unite riportano che gi sotto il codice del 1865 la giurisprudenza ammetteva lactio de in rem verso del tutto simile a quella romanistica. Conclusione avallata, oltre che dalle applicazioni storiche dell'istituto anche dalla collocazione sistematica che questo riceve all'interno del codice: subito dopo le ipotesi di obbligazioni restitutorie. Potrebbe concludersi, da ci, che tali ipotesi e lazione di arricchimento hanno un comune principio ispiratore volto a ripristinare una situazione di equilibrio tramite la restituzione , rimanendo comunque differenziati circa la portata: le prime sono rimedi applicabili a fattispecie tipiche, riferite a specifiche perdite, lazione ex art. 2041 ha invece portata generale potendo applicarsi a tutte le ipotesi di perdite ingiuste non previste dal legislatore a chiusura dei rimedi esperibili e avente dunque carattere sussidiario (previsto esplicitamente allart. 2042 c.c.). Inoltre, siffatta conclusione l'unica coerente con l'esigenza di evitare ogni possibile commistione con le azioni contrattuali, le sole aventi la funzione di assicurare al privato il giusto corrispettivo dell'incarico o dei lavori eseguiti. Ma v' di pi. In tal modo, risulta ripristinata la funzione originaria di norma generale di chiusura destinata a disciplinare tutti i casi cui debba conseguire la restituzione che il legislatore non sarebbe in grado di prevedere singolarmente. Con la rilevante conseguenza che, vertendosi in tema di restituzioni e non di risarcimento, deve concludersi necessariamente che la norma non mira alla ricomposizione del patrimonio dell'impoverito, sicch difetta in radice un titolo idoneo a compensare il suo mancato incremento attraverso profitti non realizzati. Da queste argomentazioni, non pu non trarsi una stigmatizzazione del percorso logico seguito dalla giurisprudenza prima esaminata, in base al quale la stima dell'indennizzo non solo veniva conformata al modello contrattuale senza tener poi conto delle specifiche condizioni e limitazioni costituite dalle regole dell'evidenza pubblica, ritenute eppure assolutamente inderogabili, eludendole e neutralizzandone in nome di imprecisate esigenze equitative; ma, altres, utilizzava istituti ed elementi parametrici peculiari di dette azioni col risultato di assicurare all'autore di una prestazione eseguita - malgrado l'invalidit del contratto - il medesimo profitto che avrebbe ricavato nello stesso periodo di tempo da altre attivit remunerate. In tal modo l'azione de qua non presenta pi i caratteri di strumento legibus solutus idoneo, da un lato, a ricomprendere tutti i benefici derivanti da un contratto valido e, dall'altro, a trascenderlo per aggiungervi anche quelli non consentiti dalle condizioni e dai limiti posti dall'ordinamento all'attivit negoziale degli enti pubblici. In conclusione, pu oggi dirsi che con la sentenza delle SS.UU. stato inaugurato un consolidato orientamento nella giurisprudenza di legittimit (17), teso a privilegiare l'interpretazione dell'art. 2041 c.c. che esclude dal calcolo dell'indennit (richiesta per la "diminuzione patrimoniale" subita dall'esecutore di una prestazione in virt di un contratto invalido) quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. Orientamento che, come dimostra la pronuncia in epigrafe, pare essere stato ormai recepito anche nella giurisprudenza amministrativa. Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza 7 giugno 2013 n. 3133 -Pres. Trovato, Est. Lotti - Monteco Srl (avv.ti Lazzari e Positano) c. Comune di Casarano (avv. Mormandi). DIRITTO Ritiene il Collegio di dover precisare, sotto il profilo fattuale, che la vicenda oggetto dellappello riguarda un contratto (rep. n. 1144 del 22 marzo 1994), con cui lappellato Comune di Casarano aveva affidato allA.T.I. G.I.ECO srl - SO.GEA.A. srl (poi Monteco srl, attuale appellante) il servizio di igiene urbana e servizi complementari per la durata di otto anni. Alla scadenza del suddetto rapporto contrattuale (28 febbraio 2002) il medesimo servizio veniva riaffidato alla societ concessionaria, inizialmente in virt della deliberazione di G.C. n. 15 del 18 gennaio 2002 e della determinazione n. 284 del 22 febbraio 2002; poi, in virt di delibera di G.C. n. 332 del 22 novembre 2002 e determinazione n. 67 del 9 dicembre 2002, fino al 17 luglio 2003. Successivamente, sia la cit. delibera di G.C. n. 15 del 18 gennaio 2002 che la cit. determina n. 284 del 22 febbraio 2002, venivano annullate da questo Consiglio con sentenza 2079-03; invece, la cit. delibera di G.C. n. 332 del 22 novembre 2002 e la cit. determinazione n. 67 del 9 dicembre 2002 risultavano adottate in violazione dellordinanza cautelare di questo Consiglio 28 agosto 2002, n. 3576, reso nel corso dello stesso giudizio dappello (RG n. 6947/02). Per fronteggiare la situazione di emergenza, il Comune appellato aveva imposto lesecuzione dellattivit precedentemente appaltata mediante ladozione di ordinanze sindacali ai sensi dellart. 13 del d.lgs. n. 22-1997 e dellart. 30 del d.lgs. n. 267-2000 (ordinanza n. 113 del 10 luglio 2003, ordinanza n. 209 del 30 dicembre 2003, ordinanza n. 124 del 29 giugno 2004, ordinanza n. 219 del 30 dicembre 2004, ordinanza n. 98 del 30 giugno 2005, ordinanza n. 212 del 30 dicembre 2005, tutte di durata infrasemestrale). Nel 2007, quando il Comune aveva affidato il medesimo servizio ad altro concessionario, individuato con apposita gara, la ditta Monteco ha presentato ricorso al TAR Puglia, sezione di Lecce, chiedendo: (17) V. anche Cass. SS.UU. n. 1875/2009 e Cass. n. 22313/2011; n. 20648/2011; n. 3905/2010. Pi di recente v. Cass. civ. Sez. I, Sent., 17 gennaio 2013, n. 1167. -il compenso revisionale (comprensivo degli importi corrispondenti allalea del 10%) per il periodo dal 1 gennaio 1998 al 17 luglio 2003; -il recupero dellimporto corrispondente allalea per il periodo 1 marzo 1995 - 31 dicembre 1995 e per il periodo 1 gennaio 1996 - 31 dicembre 1997; - il riconoscimento del diritto al rimborso dei maggiori oneri derivanti dallaffidamento coattivo del servizio. Il TAR, con la sentenza gi riassunta in punto di fatto, riconosceva il diritto della ricorrente alla revisione dei prezzi per il periodo di durata delloriginario rapporto contrattuale (ovvero sino al 28 febbraio 2002) e disconosceva il preteso diritto della ricorrente alla revisione dei prezzi per il periodo successivo (fino al 17 luglio 2003), rigettando la richiesta di rimborso dei maggiori oneri derivanti dallaffidamento coattivo. Lappellante impugnava detta sentenza limitatamente ai capi 2.2.B e 2.3.C, chiedendone la parziale riforma. Secondo il Collegio, lappello non pu essere accolto. Infatti, in primo luogo, con riferimento al periodo 28 febbraio 2002-17 luglio 2003, poich i provvedimenti con cui stato affidato il servizio (delibera di G.C. n. 15 del 18 gennaio 2002 e determina n. 284 del 22 febbraio 2002) sono stati annullati da questo Consiglio con sentenza 2079-03, il relativo contratto da ritenersi invalido affetto da nullit (rectius: sia stato caducato), come gi chiarito in via generale da questo Consiglio con la fondamentale sentenza della sez. V 13 novembre 2002, n. 6281, che ha utilizzato la categoria della nullit virtuale o extratestuale per violazione di norme imperative, ma anche, conseguentemente, di tipo strutturale, per difetto di titolo al contratto in capo all'affidatario. Secondo la cit. sentenza del 2002 la nullit per violazione di norma imperativa (proibitiva della stipula del contratto con l'affidatario), si traduceva, dunque, anche in una conseguente nullit strutturale per carenza di titolo a contrarre. Nella consapevolezza delle difficolt ricostruttive di questa figura, sembra che questa ricostruzione possa ritenersi sostituita dalla tesi della caducazione automatica, che vi si sovrapposta, secondo la quale la fase di evidenza pubblica costituisce un requisito legale di efficacia del contratto, il cui venire meno, per effetto dellannullamento dellaggiudicazione, determina il travolgimento automatico del contratto, in forza del principio generale del simul stabunt, simul cadent, proprio anche dei negozi giuridici privati collegati in via necessaria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 maggio 2003, n. 2332 e 4 aprile 2007, n. 1523). Tale opzione fa discendere, come conseguenza dellannullamento dellatto amministrativo, lautomatica e retroattiva improduttivit degli effetti del contratto, e tale descrizione della trasmissione del vizio di illegittimit del provvedimento sulla validit del contratto stipulato a valle non circoscrivibile alle sole ipotesi di aggiudicazione di un contratto dappalto, ma si estende a tutte le ipotesi in cui latto amministrativo e latto negoziale siano legati da un indissolubile nesso di presupposizione necessaria, nel senso che la stipulazione del contratto consegua al provvedimento di affidamento. Ovviamente, posteriormente al recepimento della cd. Direttiva ricorsi (Dir n. 66 del 2007, recepita con il d. lgs. n. 53 del 2010), saranno applicabili le regole attualmente contenute negli artt. 121 e ss. c.p.a., non applicabili, tuttavia, al caso di specie, che antecedente allintroduzione di tali novit normative. Peraltro, per detto periodo antecedente (cos come per i settori della contrattualistica pubblica attualmente non oggetto della Direttiva) potrebbe porsi un problema di giurisdizione riguardo alla cognizione della validit del contratto e della sorte del rapporto contrattuale, poich, come noto, in tema di attivit negoziale della P.A., rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto, cio non solo quelle che attengono al suo adempimento e quindi concernenti l'interpretazione dei diritti e degli obblighi delle parti, ma anche quelle volte ad accertare le condizioni di validit, efficacia, nullit o annullabilit del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da irregolarit o illegittimit della procedura amministrativa a monte e le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica o sussistenza di vizi che ne affliggono singoli atti (cfr. Cass. civile, Sez. Un., 5 aprile 2012, n. 5446 e 28 dicembre 2007, n. 27169). Tuttavia, le condizioni di validit, efficacia, nullit o annullabilit del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da irregolarit o illegittimit della procedura amministrativa a monte e le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica o sussistenza di vizi che ne affliggono singoli atti possono essere accertate incidentalmente dal giudice amministrativo, quando la loro determinazione, come in questo caso, sia funzionale allaccertamento rimesso alla cognizione del giudice amministrativo medesimo, poich ai sensi dell'art. 8, comma 1, c.p.a., il G.A. ha il potere di decidere, senza efficacia di giudicato, tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6400). Nel caso di specie, dunque, con riferimento al periodo 28 febbraio 2002-17 luglio 2003, poich i provvedimenti con cui stato affidato il servizio (delibera di G.C. n. 15 del 18 gennaio 2002 e determina n. 284 del 22 febbraio 2002) sono stati annullati da questo Consiglio con sentenza 2079-03, il relativo contratto da ritenersi, con accertamento incidentale, inefficace e caducato retroattivamente, con la conseguenza che manca il presupposto essenziale richiesto dall'art. 6, comma 4, l. n. 537/93 per poter configurare il diritto alla revisione del prezzo. Per il successivo periodo connesso allemanazione della cit. delibera di G.C. n. 332 del 22 novembre 2002 e della cit. determinazione n. 67 del 9 dicembre 2002, si deve rilevare che esse risultano adottate effettivamente in violazione dellordinanza cautelare di questo Consiglio 28 agosto 2002, n. 3576, reso nel corso dello stesso giudizio dappello, con conseguente nullit del relativo rapporto contrattuale. In proposito deve osservarsi che l'art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 dispone la nullit dell'atto violativo od elusivo del giudicato e non anche della pronuncia del giudice che non abbia ancora il carattere della definitivit. Il dato letterale della norma ha condotto parte della giurisprudenza di primo grado ad escludere la nullit dell'atto adottato in violazione od elusione delle statuizioni contenute in un'ordinanza cautelare ancorch non pi soggetta a gravame, in base allintrinseca provvisoriet che caratterizza le misure cautelari e nella inidoneit a regolare il rapporto in modo definitivo; oltre a poter essere oggetto di un provvedimento di revoca o di modifica (art. 58 c.p.a.), infatti, esse possono essere travolte da una decisione sul merito della causa di segno differente. Tuttavia, ragioni di effettivit della tutela giurisdizionale, impongono di assicurare l'osservanza del provvedimento cautelare da parte della pubblica amministrazione. Infatti, alcune recenti pronunce di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3606; Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2950; Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2007), sulla base di una supposta equivalenza tra giudicato e giudicato cautelare, hanno riconosciuto la nullit dei provvedimenti amministrativi dell'ordinanza cautelare divenuta inoppugnabile; nullit rilevabile anche dufficio dal giudice adito, giusto il disposto di cui allart. 31, comma 4, c.p.a. Si adottata, in questi casi, una nozione di giudicato pi ampia, comprensiva di tutte le pronunce immediatamente esecutive, in quanto caratterizzate da una certa stabilit. La questione, peraltro, ha trovato esplicita soluzione nell'art. 114, comma 4, c.p.a. che, alla lett. c), prevede che in caso di accoglimento del ricorso il giudice possa pronunciare l'inefficacia degli atti emessi in violazione od elusione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti; confermandosi, quindi, la tesi della nullit derivante dalla violazione di un giudicato cautelare, come nella specie. Peraltro, con riguardo alla richiesta di indennizzo ex art. 2041 c.c., si deve rilevare che sussisterebbe il difetto di giurisdizione del giudice adito poich, a seguito della sentenza della Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204 non appartiene pi alla giurisdizione del G.A., neppure nella materia dei pubblici servizi, e rientra dunque in quella del G.O., la controversia avente ad oggetto lazione di indebito arricchimento (cfr. Cass. civ, Sez. Un., n. 28042-08); tale capo della sentenza non stato impugnato dalla P.A. che ne eccepisce il difetto, come necessario ai sensi dellart. 9 c.p.a. Peraltro, come risulta dalla pacifica giurisprudenza civile, l'indennit prevista dall'art. 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall'esecutore della prestazione resa in virt del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; pertanto, ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto, non pu farsi ricorso alla revisione prezzi, tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall'esecuzione del contratto, la quale, non pu costituire neppure un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto (Cassazione civ., Sez. Un., 11 settembre 2008, n. 23385). Pertanto, alla luce di tali argomentazioni, il primo motivo dappello deve essere respinto. Con riferimento al secondo motivo dappello, relativo alla richiesta di riconoscimento del diritto al rimborso dei maggiori oneri derivanti dallaffidamento coattivo del servizio, dal luglio 2003 al 30 marzo 2006 in forza delle gi citate ordinanze contingibili ed urgenti, questo Collegio condivide la posizione del TAR. Infatti, la Societ ricorrente ha svolto il servizio per tale periodo in virt di 6 ordinanze sindacali contingibili ed urgenti, successive e autonome, nelle quali di volta in volta era stato sempre indicato in maniera esatta il corrispettivo a cui lente si obbligava; corrispettivo che la societ ha sempre accettato senza mai contestare alcunch e il cui eventuale ammontare inferiore a quello previsto dalla legge non inciderebbe comunque sulla legittimit dellatto amministrativo. Pertanto, non possibile in questa sede proporre domanda di risarcimento danni, trattandosi di atti del tutto legittimi, per i quali assente ogni profilo di violazione dellaffidamento da parte della P.A. e in cui, anzi, emerge una contraddittoriet nel comportamento dellappellante che si sempre uniformato al provvedimento e non ha mai contestato lammontare di quanto pattuito, integrando cos il principio del venire contra factum proprium idoneo a paralizzare la relativa azione giudiziaria (cfr., ex multis, Cassazione civ., sez. I, 4 settembre 2004, n. 17888). Tali argomentazioni sarebbero, dunque, gi tranchant e condurrebbero inevitabilmente alla reiezione dellappello. Il Collegio ritiene di precisare ulteriormente, al riguardo, che la richiesta tendente al riconoscimento del diritto a percepire le somme che le sarebbero spettate se fosse stato adottato il criterio della revisione dei prezzi, pu anche essere qualificabile come richiesta risarcitoria trattandosi di una diritto derivante da un provvedimento che si assume come implicitamente illegittimo. Pertanto, in virt di tale qualificazione giuridica, devono applicarsi i principi giurisprudenziali indicati nella nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 500-1999 che ha affermato chiaramente che l'imputazione della responsabilit alla P.A., riferibile agli elementi costituitivi della responsabilit ex art. 2043 c.c., non pu avvenire sulla base del mero dato obiettivo dellillegittimit dell'azione amministrativa, poich il giudice deve svolgere una pi penetrante indagine, non limitata al solo accertamento dell'illegittimit del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bens estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato che sar configurabile nel caso in cui l'adozione e l'esecuzione del- l'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialit, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi (punto 11 della motivazione). Al riguardo, pur vero che, in materia di appalti pubblici, la giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE 30 settembre 2010, C-314-09) ha affermato che la normativa dellUE osta alle norme nazionali che subordinano il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno compiuto da una Pubblica Amministrazione al carattere colpevole della violazione commessa dalla PA medesima. Ma tale indirizzo interpretativo strettamente connesso alle violazioni, commesse dalla PA, in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, procedure che, in relazione alla controversia in oggetto, non vengono direttamente in rilievo, trattandosi di lite relativa ad aspetti di esecuzione del contratto dappalto, a valle dellaggiudicazione, ove tale principio non operante (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 829). centrale, quindi, l'idea che l'elemento soggettivo della fattispecie aquiliana in esame debba configurarsi come colpa dell'apparato, non predicabili di riflesso in quanto discendenti dai rimproveri eventualmente addebitabili a carico del singolo agente, ma dedotta dalla considerazione dell'intero contegno dell'Amministrazione, ossia dal fatto che questa abbia effettivamente adottato l'atto illegittimo e dannoso mediante un esercizio scorretto della funzione, sindacabile come tale secondo il criterio usuale dell'id quod plerumque accidit. Anche per la giurisprudenza di questo Consiglio, coerentemente con lindirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, ai fini dell'ammissibilit della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica amministrazione non sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma altres necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 2013, n. 23). Si deve quindi verificare se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialit, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che il giudice amministrativo pu affermare la responsabilit dell'Amministrazione per danni conseguenti a un atto illegittimo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia del- l'organo nell'assunzione del provvedimento viziato e negarla quando l'indagine presupposta conduca al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessit della situazione di fatto. Nel caso in esame, il Comune di Casarano, nellemanare le ordinanze citate si sempre uniformato ai Decreti del Commissario Straordinario per lEmergenza Ambientale in materia di rifiuti, con ci palesando la conformit ai principi di buon andamento ed imparzialit del- lazione amministrativa e lassenza di ogni imputazione di responsabilit per colpa. Conclusivamente, anche alla luce di tale argomentazione, il secondo motivo dappello deve essere respinto, in quanto infondato. Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sullappello come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna parte appellante al pagamento, in favore dellappellato, delle spese di lite del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 4000,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013 Indirizzi giurisprudenziali in tema di revoca della gara dappalto e responsabilit precontrattuale della P.A. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE V, SENTENZA 15 LUGLIO 2013 N. 3831 Mariarita Romeo* Gli atti del procedimento dellevidenza pubblica, in quanto preordinati alla conclusione del contratto, sono al tempo stesso configurabili anche quali atti di trattativa e di formazione progressiva del contratto stesso, e come tali rilevanti anche ai sensi dellart. 1337 cod. civ. La legittimit della revoca della procedura di gara, quindi, non esclude la configurabilit della responsabilit precontrattuale dellAmministrazione, la quale tenuta a rispettare non solo le regole dettate nellinteresse pubblico, ma anche le norme di correttezza prescritte dal diritto comune. La circostanza che la procedura pubblicistica di scelta del contraente avviata sia stata revocata prima ancora dellaggiudicazione non vale, di per s sola, ad escludere la responsabilit precontrattuale dellamministrazione revocante, occorrendo verificare in concreto la condotta da questa tenuta alla luce del parametro di diritto comune della correttezza nelle trattative. Il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca invece sicuramente rilevante per individuare lo spessore dellaffidamento ingenerato nei partecipanti alla gara, ai fini dello scrutinio della fondatezza della domanda risarcitoria. ****** La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3831 del 15 luglio 2013, torna su un tema particolarmente ricorrente, oggetto di numerose pronunce, quale quello della responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione in caso di revoca della gara dappalto. Gli interventi giurisprudenziali degli ultimi tempi si sono concentrati principalmente su alcuni aspetti specifici, quali la relazione esistente tra laccertata legittimit della revoca disposta dallamministrazione e la configurabilit della sua responsabilit precontrattuale; la differenza dei presupposti su cui basare le domande di risarcimento del danno da attivit provvedimentale illegittima e del danno da responsabilit precontrattuale, ovvero di indennizzo ex art. 21 quinquies L.n. 241/1990; lincidenza dello stato di avanzamento della procedura di gara sullaffidamento del privato quale elemento della fattispecie della responsabilit precontrattuale. * Avvocato - Esperto amministrativo presso il Consiglio Regionale della Calabria. SOMMARIO: 1. La revoca della gara dappalto. - 2. Legittimit della revoca e responsabilit dellamministrazione. - 3. Elementi distintivi della responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione. - 4. Considerazioni conclusive. 1. La revoca della gara dappalto. ComՏ noto, la nozione di revoca che stata positivizzata tramite la riforma del 2005 e lintroduzione nella legge sul procedimento amministrativo dellart. 21 quinquies una nozione molto ampia, in virt della quale il ricorso alla revoca giustificato non solo quando, dopo ladozione dellatto amministrativo interessato, siano intervenuti fatti e/o elementi nuovi tali da mutare il precedente assetto di interessi, ma anche quando lamministrazione operi un ripensamento della situazione preesistente in virt di una diversa e pi attenta valutazione dellinteresse pubblico originario (si parla, in proposito, di jus poenitendi della p.a.) (1). La revoca del provvedimento precedentemente adottato deve avvenire con altro provvedimento adeguatamente motivato, che tenga conto dellesistenza di eventuali posizioni di privati ormai consolidate e del conseguente affidamento ingenerato in questi ultimi. Il sindacato di legittimit svolto dal giudice passa attraverso la valutazione del comportamento concretamente tenuto dallAmministrazione e la verifica dei margini decisionali effettivamente a sua disposizione. Nella materia specifica delle procedure ad evidenza pubblica, secondo un orientamento costante, fino a quando non sia intervenuta laggiudicazione definitiva la revoca del bando di gara e degli atti successivi, in presenza di motivi che rendano inopportuna o solo sconsigliabile la sua prosecuzione, rientra nellampia potest discrezionale della p.a. Si cos affermato che lamministrazione conserva il potere di annullare in via di autotutela o di revocare il bando e le singole operazioni di gara, quando i criteri di selezione siano suscettibili di produrre effetti indesiderati o comunque illogici; ovvero la stessa aggiudicazione della gara, quando venga in rilievo un ben individuato e superiore interesse pubblico, quale la mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dellopera (2). In tutte le ipotesi di revoca, appare comunque determinante la circostanza che il relativo provvedimento dia ragionevolmente conto delle motivazioni che hanno indotto lamministrazione a mutare la propria precedente manifestazione di volont. (1) In tal senso, v. Cons. St, sez. III, 15 novembre 2011, n. 6039 e 13 aprile 2011, n. 2291; cfr. anche, tra le pi recenti, Cons. St., sez. V, 2 maggio 2013, n. 2400 e 21 aprile 2010, n. 2244; sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662, in www.giustizia-amministrativa.it. (2) Sul punto, v. Cons. St., sez. III, 11 luglio 2012, n. 4116; sez. V, 8 settembre 2011, n. 5050 e 9 aprile 2010, n. 1997; sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3989 in www.giustizia-amministrativa.it. 2. Legittimit della revoca e responsabilit dellamministrazione. Laccertata legittimit del provvedimento di revoca disposto dallamministrazione, tuttavia, non esclude ogni profilo di responsabilit di questultima. Al contrario, la domanda di indennizzo ex art. 21 quinquies presuppone proprio la legittimit dellatto di revoca, venendo riconosciuto in tutti i casi in cui questultimo, seppur legittimo, arrechi pregiudizio in danno dei privati direttamente interessati (3). In proposito, si parla - sia pure in senso improprio - di responsabilit della p.a. per attivit legittima (4). Il fondamento dellindennizzo, infatti, non va rinvenuto in un comportamento colposo dellamministrazione, ma piuttosto in ragioni equitative. Attraverso di esso, si realizza il bilanciamento tra il soddisfacimento dellinteresse pubblico attuato tramite la revoca e la sfera patrimoniale del privato destinatario della stessa, che diversamente verrebbe a subire da solo il correlativo sacrificio. In tal modo, facile comprendere la differenza di presupposti rispetto alle domande di risarcimento del danno da attivit provvedimentale illegittima ovvero da responsabilit precontrattuale della p.a., che implicano una condotta quantomeno colposa dellamministrazione e necessitano del relativo accertamento (5). In particolare, la responsabilit precontrattuale della p.a. opera su un piano del tutto differente, in quanto pu prescindere dalle caratteristiche dellatto e concentrarsi sul comportamento ed il contegno complessivamente tenuti dal soggetto pubblico nel corso del procedimento. A partire dalla decisione dellAdunanza Plenaria n. 6/2005 (6), integra un convincimento pi che consolidato in giurisprudenza (ulteriormente confermato nella pronuncia in commento) quello secondo cui, ai fini del riconoscimento della responsabilit precontrattuale, non va attribuito alcun rilievo preclusivo allaccertata legittimit del provvedimento di revoca, legittimit che anzi ne costituisce una condizione (7). Si osserva che lamministrazione, nello svolgimento della sua attivit di ricerca del contraente, tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nel- linteresse pubblico, ma anche le norme di correttezza di cui allart. 1337 c.c. (3) Cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, n. 662/2012 gi citata; sez. V, 6 ottobre 2010 n. 7334 e 14 aprile 2008, n. 1667; sez. VI, 8 settembre 2009, n. 5266 in www.giustizia-amministrativa.it. (4) Di responsabilit per atti legittimi si parla in Cons. St., sez. V, 10 febbraio 2010, n. 671 e 6 ottobre 2010 n. 7334 in www.giustizia-amministrativa.it. (5) V. Cons. St., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 5124; sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144 in www.giustizia- amministrativa.it. (6) Si allude alla fondamentale Cons. St., Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6. (7) Secondo Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5002: ... lavvenuto riconoscimento della legittimit della revoca non contraddice leventualit di un risarcimento per responsabilit precontrattuale, ma ne fonda anzi la condizione imprescindibile (giacch, in caso di illegittimit della revoca e quindi del suo annullamento, si imporrebbe la ripresa della gara, ovvero il risarcimento per equivalente anche in relazione al mancato utile relativo alla specifica gara revocata: Cons. Stato, IV, 7 luglio 2008, n. 3380 . prescritte dal diritto comune (8). Si intendono cos tutelare gli affidamenti eventualmente suscitati nellimpresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica poi rimossi, potendo aver confidato questultima sulla possibilit di risultare aggiudicataria o, ancor pi in caso di aggiudicazione intervenuta e poi revocata, sulla disponibilit di un titolo utile alla stipula del contratto. Secondo quanto chiarito, il rispetto dei doveri di correttezza e buona fede cui tenuta lamministrazione anche nello svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica, impone in primis lobbligo di rendere al partecipante alla gara in modo tempestivo le informazioni necessarie a salvaguardare la sua posizione, su eventi, o sulla rinnovata valutazione dellinteresse pubblico alla gara che possano far ipotizzare fondatamente la revoca dei relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un pericoloso affidamento sulla, invece incerta, conclusione del procedimento; affidamento che deve ritenersi tanto pi formato quanto pi avanzato il procedimento di gara (9). Ne consegue che se la p.a. viola il suddetto dovere, ponendo in essere comportamenti o incorrendo in omissioni che non salvaguardano laffidamento della controparte nella correttezza dellazione amministrativa, ci comporta per la stessa la responsabilit precontrattuale nei confronti del privato danneggiato. 3. Elementi distintivi della responsabilit precontrattuale della pubblica amministrazione. Larco temporale da considerare per valutare la condotta della p.a., e dunque il verificarsi di ipotesi di responsabilit precontrattuale, va ricompreso almeno tra la pubblicazione del bando di gara (momento di avvio del procedimento) e la stipulazione del contratto oggetto di appalto. Se sotto la lente di ingrandimento finisce il procedimento nella sua interezza, ai fini della configurabilit della responsabilit precontrattuale per necessario che, allatto delladozione della revoca, si sia gi realizzata una situazione di vantaggio a favore di uno dei concorrenti. Si correttamente rilevato che Il vero e proprio rapporto precontrattuale fra amministrazione e privato concorrente si instaura, dunque, solo con lammissione dellaspirante alla gara. questo, infatti, il momento in cui mediante il provvedimento di ammissione si costituisce in capo allinteressato un primo effetto vantaggioso ed da questo momento che egli diventa una controparte specificamente individuata avente titolo a pretendere che lamministrazione si comporti nei suoi confronti con correttezza e buona fede (10). Nonostante la validit di queste considerazioni, spesso la giurisprudenza, (8) In questi termini, v. Cons. St., sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245 in www.giustizia-amministrativa.it. (9) V. Cons. St., sez. VI, n. 5002/2011 gi citata. (10) Cos E.M. BARBIERI, Appalti pubblici e responsabilit precontrattuale della Pubblica Amministrazione, in Rivista trimestrale degli appalti, Maggioli, n. 2/2013, pp. 311-321. anche in tempi recenti, si orientata in senso diverso. Come ricostruito nella pronuncia in commento, a parere di un indirizzo autorevole, solo una volta intervenuta laggiudicazione potrebbe insorgere unipotesi di responsabilit precontrattuale in capo allamministrazione. Ci in quanto, fino a quando non sia stata effettuata la scelta del contraente, i vari concorrenti rivestirebbero unicamente il ruolo di partecipanti alla gara e come tali sarebbero titolari di un mero interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri pubblici: in altri termini, solo laggiudicazione sarebbe in grado di creare una relazione specifica tra p.a. e privato assimilabile alle trattative contrattuali, imponendo alla prima il rispetto degli obblighi di protezione (11). La sentenza de qua, invece, si discosta da questa concezione prima facie riduttiva della culpa in contrahendo. I giudici della Quinta Sezione mettono in risalto che la gara non altro rispetto alla formazione del contratto della P.A.; e che i privati che vi partecipano, sottoponendo le proprie offerte alla Stazione appaltante, hanno tutti la qualit di possibili futuri contraenti con lAmministrazione. Nel caso di stipulazione di contratti pubblici, si in presenza di una formazione progressiva del contratto, nellambito della quale non possibile scindere le singole fasi, che vanno dunque considerate complessivamente, ivi compresa la fase strettamente procedimentale. Questa impossibilit di tenere nettamente distinti procedimento amministrativo e procedimento negoziale impedisce di limitare lapplicazione delle regole di responsabilit precontrattuale alla fase in cui il contatto sociale viene individualizzato con latto di aggiudicazione. Ne consegue che la valutazione giudiziale pu avere ad oggetto anche la condotta della p.a. che precede la scelta del contraente, con la puntualizzazione che la valutazione del momento procedimentale in cui si realizzata la violazione pu rilevare sul piano del- laccertamento dellentit del pregiudizio patrimoniale (12). Dunque, quanto pi la revoca sia stata adottata in una fase avanzata della procedura, tanto pi radicato sar laffidamento nella conclusione della gara ingenerato nella ditta concorrente, tanto maggiore potr essere il danno subito da questultima. La questione, comunque, pu definirsi tuttaltro che pacifica, posto che ancora la Sezione Terza del Consiglio di Stato, in una recentissima pronuncia (13), ha sottolineato che, ai fini della sussistenza della responsabilit precon (11) Il percorso per il riconoscimento della responsabilit precontrattuale della p.a. viene riassunto con completezza in Cons. St, sez. V, 6 dicembre 2006, n. 7194. La stessa sezione V aveva in precedenza aderito allorientamento in questione con le sentenze n. 3393 del 28 maggio 2010 e n. 6489 dell8 settembre 2010. (12) V. Cons. St., sez. VI, 7 novembre 2012, n. 5638; negli stessi termini, anche la n. 4236 del 25 luglio 2012 della medesima sezione. (13) Si tratta di Cons. St., sez. III, 24 maggio 2013, n. 2838. trattuale della p.a. nellambito di una procedura concorsuale, occorre che i rapporti tra le parti siano giunti ad uno stadio tale da giustificare laffidamento nella conclusione del contratto e che le aspettative della ditta concorrente siano state colpevolmente eluse dallamministrazione tramite una condotta in violazione dellart. 1337 c.c. 4. Considerazioni conclusive. La ricostruzione appena effettuata consente di sostenere senza dubbio la configurabilit della responsabilit precontrattuale dellamministrazione nelle procedure ad evidenza pubblica. La revoca della gara di appalto indetta dallAmministrazione infatti suscettibile, malgrado la sua legittimit, di arrecare pregiudizio ai concorrenti che abbiano incolpevolmente confidato nella sua favorevole conclusione e siano stati indotti, per tale motivo, a sostenere spese per la partecipazione ed a trascurare valide occasioni alternative (14). Altro dato acquisito quello per cui il sindacato del giudice non riguarder lesercizio del potere cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma il comportamento complessivamente tenuto dalla p.a. nel corso del procedimento fino alladozione della revoca (15). Secondo quanto emerge dalle pronunce intervenute, la condotta contraria ai doveri di correttezza e buona fede di cui allart. 1337 c.c., pu materializzarsi sotto molteplici forme, spesso connesse con la violazione di obblighi di informazione: mancata tempestiva comunicazione alle ditte interessate di determinazioni o fatti impeditivi della conclusione della gara; protratta ed ingiustificata inerzia della p.a.; notevole decorso del tempo tra leventuale aggiudicazione e la revoca della procedura; violazione dellobbligo di acquisire le informazioni necessarie per valutare la possibile sopravvenienza di una giusta causa di recesso dalle trattative. Si tratta, in ogni caso, di aspetti per cui lorientamento della giurisprudenza appare ormai sufficientemente uniforme. Ci che invece si dimostra ancora oggetto di discussione riguarda il momento in cui la revoca interviene ad interrompere la procedura ad evidenza pubblica e le sue ricadute sulla definizione della responsabilit precontrattuale della p.a. Effettivamente, la tesi che ritiene sostenibile la culpa in contrahendo dellAmministrazione soltanto una volta che sia stata individuata limpresa aggiudicataria, coglie nel segno quando sottolinea che solo con laggiudica (14) In tal senso, cfr. Cons. St., sez. IV, n. 662/2012 gi citata; sez. V, 30 novembre 2007 n. 6137, 8 ottobre 2008 n. 4947 e 11 maggio 2009 n. 2882; sez. VI, 17 dicembre 2008 n.6264 in www.giustiziaamministrativa. it. (15) Per tutte, v. Cons. St., sez. V, n. 5245/2009 gi citata. zione si instaura tra p.a. e ditta concorrente una relazione in grado di ingenerare in questultima un serio affidamento nella conclusione del contratto, tale da essere ritenuta meritevole di tutela. Tuttavia, innegabile che condizionare la responsabilit precontrattuale della P.A. allavvenuta aggiudicazione della gara significherebbe sottrarla al rispetto delle regole di diritto comune per tutto il corso della procedura ad evidenza pubblica. E, daltro canto, allargando troppo il campo di rilevanza, si potrebbe cadere nellopposto rischio di costringere lattivit amministrativa entro maglie sempre pi strette, che le precludano ogni margine di manovra per non incorrere sotto la scure del giudice. Se per dalle tesi dottrinali si passa al diritto vivente, pur nella convinzione di voler ammettere la responsabilit precontrattuale dellAmministrazione a prescindere dalla fase della procedura in cui intervenuta leventuale revoca, ci si avvede che i casi in cui il g.a. ha riconosciuto la culpa in contrahendo con riferimento a condotte maturate anteriormente allaggiudicazione della gara sono complessivamente meno numerose. questa una conseguenza del tutto fisiologica della circostanza che obiettivamente quando la revoca interviene in una fase ancora non avanzata della procedura (ad es. prima dellapertura delle offerte), laffidamento dei concorrenti appare meno scontato ed incerto e, di conseguenza, risulta anche pi complicato e difficile raggiungere la prova di eventuali danni subiti. Si esattamente osservato (16) che per ogni gara pubblica, ciascuna ditta che decide di parteciparvi deve mettere in conto la possibilit, oltre di non vedersela aggiudicata, che la stessa non vada a conclusione, potendo il suo svolgimento essere influenzato - a differenza di una semplice trattativa privata - da molteplici fattori, non solo strettamente economici, ma anche politici e sociali. Superata la soglia di questo rischio congenito a tutte le procedure ad evidenza pubblica, la responsabilit precontrattuale dellamministrazione stata riconosciuta per lo pi con riguardo a fattispecie in cui la stazione appaltante ha violato in modo grossolano le regole di correttezza, magari inanellando nel corso del procedimento una serie di inefficienze, ritardi e colpevoli omissioni tali da non poter negare di aver ingiustificatamente alimentato la fiducia dei concorrenti nella definizione della gara (17). Di ci troviamo ex adverso conferma nella sentenza in commento, relativa ad una revoca intervenuta quando ancora non si era giunti allespletamento della prima seduta di gara. La responsabilit precontrattuale della P.A. stata (16) E.M. BARBIERI, Appalti pubblici e responsabilit precontrattuale della Pubblica Amministrazione, gi citato. (17) Si vuole, cio, sottolineare che nelle ipotesi in cui - allatto della revoca - non si sia ancora addivenuti allaggiudicazione, ai fini del riconoscimento della pretesa risarcitoria la violazione del dovere di buona fede da parte della p.a. deve risultare particolarmente evidente. negata sul rilievo che ... la decisione di revoca della gara stata presa con tempistica di per s immune da possibili censure, e sollecitamente stata resa conoscibile con i mezzi a disposizione. Quindi, appare evidente che, intervenuta oppure no laggiudicazione della gara allatto della revoca, fulcro della valutazione del giudice sempre la condotta complessivamente tenuta dalla stazione appaltante, che deve perseguire e tendere a realizzare linteresse pubblico, ma deve altres compatibilmente tutelare gli affidamenti suscitati nei concorrenti, imponendo loro - alloccorrenza - il minor sacrificio possibile, nei limiti dei margini decisionali effettivamente a sua disposizione. Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 15 luglio 2013 n. 3831 -Pres. f.f. Caringella, Est. Gaviano - Comune di Afragola (avv. Messina) c. Societ Consortile a r.l. Generali Appalti Pubblici - Gap Scarl (avv. Linguiti). FATTO e DIRITTO La societ consortile a r.l. Generali Appalti Pubblici - Gap S.C.A.R.L., gi partecipante alla gara indetta dal Comune di Afragola con bando pubblicato il 15.11.2010 per laffidamento dei lavori di riqualificazione del sistema infrastrutturale nellarea urbana compresa tra via Ferrarese e via Maggese, per un importo complessivo posto a base di gara di euro 8.100.030,69, con ricorso al T.A.R. per la Campania esponeva: -che subito dopo la pubblicazione del bando erano pervenute al Comune numerose richieste di chiarimenti in ordine a molteplici e delicati profili della disciplina di gara ritenuti, dalle imprese, oscuri e contraddittori; -che in un primo momento il Comune aveva pubblicato delle note di chiarimento e delle precisazioni, per rettificare il contrasto ravvisato tra bando e disciplinare sui criteri di valutazione dellofferta; -che alla data del 29.12.2010, prevista per lespletamento della prima seduta di gara, questa non aveva per avuto luogo, per essere stata disposta la revoca della procedura; -che essa ricorrente non aveva peraltro avuto neppure in seguito alcuna comunicazione di tale revoca, nonostante la richiesta inoltrata con nota del 13.01.2011, avendo appreso solo nel mese di febbraio del 2011 che il Comune aveva adottato la determina di revoca n. 1824 del 24.12.2010, e ci in ragione della notevole confusione ingeneratasi nella giusta interpretazione del bando di gara, tale da poter indurre in errore i concorrenti. Tanto premesso, la ricorrente instava in giudizio in via principale per la condanna del Comune di Afragola al risarcimento di tutti i danni da essa patiti e patendi, quantificabili in complessivi euro 162.444,31 (di cui euro 81.444,00 per spese ed euro 81.000,31 per lucro cessante), oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di responsabilit extracontrattuale da atto amministrativo illegittimo. In via subordinata, per il caso, cio, di accertata legittimit dellatto di revoca, la ricorrente chiedeva, ad ogni modo, la condanna dellAmministrazione al risarcimento dei danni quantificati nella misura di euro 151.444,00 (di cui euro 81.444,00 per spese ed euro 70.000 per danno da perdita di chance), oltre interessi e rivalutazione, a titolo di responsabilit precontrattuale per violazione dei canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.. In via ulteriormente gradata, infine, domandava laccertamento del proprio diritto ad un equo indennizzo ai sensi dellart. 21 quinquies della legge n. 241/1990 per la somma di euro 81.444,00, ovvero nella somma ritenuta di giustizia da liquidarsi anche in via equitativa. Si costituiva il Comune di Afragola in resistenza al ricorso, del quale chiedeva il rigetto. Allesito del giudizio il Tribunale adto, con la sentenza n. 1646/2012 in epigrafe, pur ritenendo legittimo il provvedimento di revoca, reputava nondimeno che loperato del Comune fosse stato incompatibile con i doveri di correttezza e buona fede, e a tale titolo condannava lEnte al risarcimento del danno precontrattuale patito dalla ricorrente, stabilendo i criteri in base ai quali il debitore avrebbe dovuto proporre allavente diritto il pagamento di una somma a titolo di risarcimento entro il termine di giorni novanta dalla comunicazione della decisione ( lamministrazione comunale di Afragola, avuto riguardo alle fatture esibite in giudizio, avr cura di riscontrare le prestazioni di cui ha usufruito la ricorrente per la presentazione della offerta con la documentazione prodotta agli atti di gara, nonch di verificare la rispondenza degli importi oggetto di esborso da parte della ricorrente a tale titolo con le scritture contabili in possesso della medesima che la stessa avr cura di allegare). Seguiva lappello avverso la detta pronuncia del Comune, nella parte in cui il Tribunale ne aveva affermato la responsabilit precontrattuale, pronunciando la sua conseguente condanna risarcitoria. Resisteva allappello loriginaria ricorrente. La Sezione con ordinanza in data 15-16 gennaio 2013 accoglieva la domanda cautelare proposta dal Comune appellante, fissando la data della trattazione della controversia in sede di merito. Alla pubblica udienza del 4 giugno 2013 lappello stato trattenuto in decisione. 1- La Sezione deve dare preliminarmente atto che la sentenza di primo grado appellata diventata definitiva, per difetto di gravame, oltre che sul punto dellappartenenza della controversia alla giurisdizione amministrativa, su quello della legittimit della misura di revoca della gara in questione disposta dal Comune ora appellante, ed infine su quello della non spettanza allattuale appellata dellindennizzo da essa richiesto in precedenza a carico del Comune ai sensi dellart. 21 quinquies della legge n. 241/1990. Forma invero oggetto del presente, parziale appello il solo capo della sentenza di prime cure che ha reputato responsabile il Comune di Afragola a titolo di culpa in contrahendo, per leffetto condannandolo al risarcimento del danno precontrattuale cagionato alloriginaria ricorrente. Lappello fondato, sia pure solo in relazione al suo secondo motivo. 2a- Il Comune con il primo mezzo dappello assume che in materia di contratti pubblici una responsabilit precontrattuale della P.A. per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede potrebbe essere configurata solo in quella particolare fase della procedura che va dal- laggiudicazione alla stipula del contratto. Prima dellaggiudicazione, gli interessati sarebbero solo dei partecipanti al procedimento amministrativo volto alla selezione della migliore offerta, e come tali potrebbero soltanto far valere una pretesa alla legittimit degli atti compiuti dallAmministrazione. Poich, quindi, nella specie la revoca di cui si tratta stata disposta ancor prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, e perci in assenza di qualsivoglia aggiudicazione, non sarebbe configurabile alcuna forma di culpa in contrahendo. Diversamente argomentando, viene aggiunto, si giungerebbe al paradosso che la tutela risarcitoria potrebbe essere invocata da tutti i partecipanti ad una procedura di gara pur legittimamente revocata. 2b- Il motivo infondato. Il Collegio non potrebbe disconoscere il fatto che linterpretazione su cui poggia il motivo abbia trovato importanti riscontri presso autorevole giurisprudenza (cfr. Cass. civ., SS.UU., 26 maggio 1997, n. 4673; Sez. I, n. 13164 del 18 giugno 2005). Anche questa Sezione si del resto espressa, in un passato anche recente, nel senso della non configurabilit della responsabilit precontrattuale della P.A. anteriormente alla scelta del contraente, nella fase, cio, in cui gli interessati non hanno ancora la qualit di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione, mentre non sussiste una relazione specifica di svolgimento delle trattative (C.d.S., V, n. 3393 del 28 maggio del 2010 e n. 6489 dell8 settembre 2010: a fondamento di tale indirizzo, peraltro, stata richiamata, a partire dalla sentenza della Sez. IV n. 5633 dell11 novembre 2008, la decisione dellAdunanza Plenaria n. 6 del 5 settembre 2005, che oggettivamente tuttavia non risulta inscrivibile in tale orientamento). Il fatto che la ricaduta immediata di una simile impostazione quella di finire, in pratica, con lesonerare lAmministrazione dal rispetto del dovere di diligenza e correttezza per tutto larco della sua azione sul terreno delle procedure dellevidenza pubblica, che pure costituiscono la regola del suo agire nella dimensione contrattuale, finch lAmministrazione stessa non sia pervenuta allesito dellaggiudicazione. E questo a dispetto della soggezione di principio, pur normalmente enunciata, della stessa P.A. allistituto della culpa in contrahendo, che porta ad affermare che la sua responsabilit precontrattuale sarebbe configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza anch'esso tenuto, nell'ambito del rispetto dei doveri primari garantiti dall'art. 2043 cod. civ. (Cass. civ., III, n. 12313 del 10 giugno 2005, richiamata da Sez. II, n. 477 del 10 gennaio 2013). Onde linterpretazione sostenuta dallappellante si traduce in unaprioristica esenzione dal diritto comune dellAmministrazione (proprio quando la medesima opera sul piano contrattuale) che appare di difficile giustificazione. Occorre poi considerare che la gara non altro rispetto alla formazione del contratto della P.A.; e che i privati che vi partecipano, sottoponendo le proprie offerte alla Stazione appaltante, hanno tutti la qualit di possibili futuri contraenti con lAmministrazione. Come ha esattamente osservato in sostanza il primo Giudice, invero, gli atti del procedimento dellevidenza pubblica, in quanto preordinati alla conclusione del contratto, sono al tempo stesso configurabili anche quali atti di trattativa e di formazione progressiva del contratto stesso, e come tali rilevanti anche ai sensi dellart. 1337 cod.civ.. Questo Consiglio ha recentemente osservato (Sez. VI, n. 5638 del 7 novembre 2012, e n. 4236 del 25 luglio 2012), infatti, che "La fase di formazione dei contratti pubblici, come noto, caratterizzata dalla contestuale presenza di un procedimento amministrativo e di un procedimento negoziale. Il procedimento amministrativo disciplinato da regole di diritto pubblico finalizzate ad assicurare il perseguimento, anche quando la p.a. agisce mediante moduli convenzionali, dell'interesse pubblico. Il procedimento negoziale disciplinato da regole di diritto privato, finalizzate alla formazione della volont contrattuale, che contemplano normalmente un invito ad offrire della p.a. cui segue la proposta della controparte e l'accettazione finale della stessa p.a. La presenza di un modello formativo della predetta volont contrattuale predeterminato nei suoi profili procedimentali mediante la scansione degli atti sopra indicati, che vede normalmente la presenza di pi soggetti potenzialmente interessati al contratto, non rappresenta un ostacolo all'applicazione delle regole della responsabilit precontrattuale. Si , infatti, in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, non derogabile dalle parti, che si sviluppa secondo lo schema dell'offerta al pubblico. Non , dunque, possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale limitando l'applicazione delle regole di responsabilit precontrattuale alla fase in cui il "contatto sociale" viene individualizzato con l'atto di aggiudicazione. Del resto, anche nel diritto civile il modello formativo dell'offerta al pubblico presuppone normalmente il "contatto" con una pluralit di "partecipanti" al procedimento negoziale. Diversamente argomentando l'interprete sarebbe costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non pu che essere valutato nella sua complessit. Gi in precedenza, peraltro, la revoca di una procedura contrattuale non ancora sfociata in aggiudicazione era stata considerata come possibile fonte di responsabilit precontrattuale da numerose decisioni di questo Consiglio, quali Sez. V, n. 2882 dell11 maggio 2009 e n. 4947 dell8 ottobre 2008; Sez. VI, n. 5002 del 5 settembre 2011 e n. 4921 del 2 settembre 2011. E la decisione dellAdunanza Plenaria n. 6 del 2005 aveva avvertito come nello svolgimento della sua attivit di ricerca del contraente lamministrazione tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nellinteresse pubblico (la cui violazione implica lannullamento o la revoca dellattivit autoritativa) ma anche le norme di correttezza di cui allart. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune. Il Collegio, per quanto precede, dellavviso che la circostanza che la procedura pubblicistica di scelta del contraente avviata non fosse ancora sfociata nellaggiudicazione non valga, di per s sola, ad escludere la configurabilit di una responsabilit precontrattuale in capo al- lAmministrazione revocante, occorrendo invece alluopo verificare in concreto la condotta da questa tenuta alla luce del parametro di diritto comune della correttezza nelle trattative (fermo restando, comunque, che il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dellaffidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilit precontrattuale). Ne consegue linfondatezza di questo primo mezzo di appello. 3- Il motivo che residua per contro suscettibile di accoglimento. 3a- Il Comune con il suo secondo mezzo oppone che la propria condotta sarebbe stata del tutto conforme ai canoni della correttezza e buona fede. LEnte adduce, difatti: di avere risposto in modo tempestivo e puntuale alle richieste di chiarimenti ricevute dopo la pubblicazione del bando di gara (G.U. 15 novembre 2010); di avere indi ragionevolmente deciso per la revoca della procedura, disposta con provvedimento del 24 dicembre 2010: misura adottata a poco pi di un mese dalla pubblicazione del bando, e prima del termine fissato per la presentazione delle offerte (il successivo giorno 28); di avere dato, infine, pronta quanto adeguata pubblicit a tale revoca, mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale il seguente 27 dicembre ed affissione allalbo pretorio a partire dal giorno 28 (oltre che mediante le forme a suo tempo seguite per il bando). 3b- Queste considerazioni possono essere sostanzialmente condivise. 3c- Il Tribunale, con il ritenere che dalla revoca di una procedura di gara, pur intrinsecamente legittima, potesse ben scaturire una responsabilit precontrattuale dellAmministrazione, partito da un principio di diritto astrattamente ineccepibile. Esatta, infatti, la sua osservazione che la legittimit dellatto di revoca non elimina il profilo relativo alla valutazione del comportamento dellAmministrazione dal punto di vista del rispetto, nellambito del procedimento di evidenza pubblica, dei canoni di buona fede e correttezza. Secondo unacquisizione giurisprudenziale gi consacrata dallAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 6 del 5 settembre 2005), la revoca dellaggiudicazione e degli atti della relativa procedura, anche ove ritenuta legittima, lascia invero intatto il fatto incancellabile degli affidamenti suscitati nellimpresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi, onde i relativi comportamenti dellAmministrazione, allorch risultino contrastanti con le regole di correttezza e di buona fede di cui allart. 1337 del cod.civ., si pongono quali fatti generatori di responsabilit precontrattuale. E questa acquisizione si trova ribadita anche presso la giurisprudenza pi recente (cfr. C.d.S., VI: nn. 5638 del 7 novembre 2012 e 4236 del 25 luglio 2012, gi richiamate sotto diverso profilo nel precedente paragrafo 2b; n. 1440 del 15 marzo 2012). In altre parole, quindi, ai fini della configurabilit della responsabilit precontrattuale della p.a. non si deve tener conto della legittimit dell'esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell'art. 1337 c.c. (C.d.S., IV, 7 febbraio 2012, n. 662, che richiama a sua volta V, 7 settembre 2009 n. 5245). 3d- Tanto premesso, la Sezione deve tuttavia dissentire dal T.A.R. nella parte in cui questo ha ritenuto che la condotta tenuta in concreto dal Comune fosse stata in contrasto con i parametri deontologici della fase precontrattuale ispirati al valore della correttezza. Come ha gi ricordato il primo Giudice, il provvedimento di revoca stato motivato dallAmministrazione comunale di Afragola con la constatata equivocit nella formulazione di clausole che avevano dato luogo a numerose richieste di chiarimenti, ingenerando una notevole confusione nella giusta interpretazione della lex specialis, tale da indurre in errore i concorrenti nella procedura di gara. Lamministrazione, pertanto in vista di possibili contenziosi correlati alla constatata incertezza interpretativa, e dei connessi oneri futuri dovuti alla comune esperienza, ha inteso revocare la procedura di gara motivando la decisione con la necessit di garantire i principi fondamentali di trasparenza, correttezza, imparzialit e parit di trattamento nellesperimento della gara medesima. Tali essendo le ragioni che hanno indotto il Comune a recedere dalla procedura contrattuale poco prima avviata, la loro seriet e plausibilit appaiono subito manifeste. Partendo dallequivocit della lex specialis, pur senzaltro ammessa dal Comune (tanto da porla a base del proprio atto di revoca), va osservato che tale connotato aveva carattere palese, essendo perci manifesto anche per le ditte potenzialmente interessate. Come tale, pertanto, esso gi in partenza menomava lidoneit del bando a suscitare particolari affidamenti, in particolare con riferimento alla possibilit di una procedura dalla disciplina siffatta di andare a buon fine. Daltra parte, il solo fatto dellessersi una Stazione appaltante espressa, in occasione della redazione della disciplina di gara, con elementi equivoci, non pu di per s essere considerato alla stregua di un contegno lesivo del principio di correttezza nelle trattative: uninsufficiente chiarezza potrebbe essere stigmatizzata (al di l del caso estremo in cui sia addirittura seguita da un approfittamento della stessa parte dal contegno dianzi equivoco) solo quando sia stata senza giustificazione protratta nel tempo nel corso delle trattative, con il dare appunto seguito alla procedura a dispetto dellambiguit della sua lex specialis, tenendo in non cale le richieste di chiarimento avanzate dagli operatori. Ma una condizione del genere nella specie non ricorre. Quanto alla circostanza che il Comune prima si sia adoperato per tentare di chiarire il senso della disciplina di gara, e solo in un secondo tempo si sia risolto per la revoca della procedura, tale punto, lungi dal poter formare materia di addebito, semmai indice della cautela e del senso di responsabilit con cui lAmministrazione si mossa, optando per il recesso dalle trattative solo quando risultato con sufficiente nitidezza che non esistevano margini tali da permettere di recuperare il procedimento mediante interventi di chiarimento interpretativo. Va rilevato, infine, che la decisione di revoca della gara stata presa con tempistica di per s immune da possibili censure, e sollecitamente stata resa conoscibile con i mezzi a disposizione (in generale, sulla necessit di dare notizia immediata della revoca di una procedura di evidenza pubblica cfr. gi Ad.Pl. n. 6/2005 cit.). Occorre difatti osservare che quella di cui si tratta era una procedura aperta, onde la Stazione appaltante non conosceva a priori lidentit delle imprese che avrebbero potuto parteciparvi, s da poterle tempestivamente notiziare (a mezzo di fax o comunicazione di posta elettronica) prima che presentassero la loro offerta. Non resta allora che rilevare che la revoca, decisa alla vigilia di Natale del 2010, stata pubblicata sul sito istituzionale dellEnte il primo giorno feriale successivo, vale a dire il 27 dicembre, e dallindomani anche allalbo pretorio comunale, con tempistica dunque sufficientemente sollecita, e come tale non passibile di critica. Per quanto precede, al Comune non pu essere mosso alcun addebito di violazione del canone di correttezza nelle trattative. 4- In conclusione, per le ragioni esposte nel paragrafo 3d lappello deve trovare accoglimento, e conseguentemente, non potendo ascriversi alcuna responsabilit al Comune di Afragola, la pretesa risarcitoria introdotta a suo tempo dallattuale appellata deve essere respinta. Si ravvisano, nondimeno, ragioni equitative tali da giustificare la compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio tra le parti P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie, e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, respinge integralmente il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013. Sul rapporto tra ricorso principale ed incidentale escludente nel processo amministrativo: la parola ritorna al giudice comunitario CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, ORDINANZA 17 OTTOBRE 2013 N. 848 Roberta Costanzi* SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Larresto della Corte di Giustizia in C-100/12, Fastweb S.p.A. e le nuove posizioni dellAdunanza Plenaria n. 8/2014. - 3. Una nuova puntata della vexata quaestio: la recente ordinanza di remissione del Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana alla Corte di Giustizia (ord. n. 848/2013). 1. Premessa. Le recenti spinte comunitarie e levoluzione giurisprudenziale dellAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sua funzione nomofilattica hanno dato un nuovo impulso al dibattito circa lordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale escludente nel processo amministrativo. Lincerto panorama giurisprudenziale era stato caratterizzato sul piano interno, dallimportante arresto del Consiglio di Stato, che con decisione dellAdunanza Plenaria n. 4 del 7 aprile 2011, aveva statuito la pregiudizialit dellesame del ricorso incidentale - diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale attraverso limpugnazione della sua ammissione alla procedura di gara - rispetto allesame del ricorso principale, e ci anche nel caso in cui il ricorrente principale abbia un interesse strumentale alla rinnovazione dellintera procedura selettiva e con particolare riferimento allipotesi in cui i concorrenti rimasti in gara siano soltanto due (e coincidano con il ricorrente principale e con laggiudicatario-ricorrente incidentale), ciascuno mirante ad escludere laltro per mancanza, nelle rispettive offerte presentate, dei requisiti minimi di idoneit dellofferta. Larresto della Plenaria ha, pertanto, consolidato un indirizzo giurisprudenziale secondo cui, laddove il controinteressato eccepisca, tramite la proposizione di un ricorso incidentale, lillegittimit dellammissione alla gara dellofferta presentata dal ricorrente principale, il giudice deve prioritariamente esaminare tale doglianza che, se fondata, comporta linammissibilit dellimpugnativa principale per carenza di interesse e di legittimazione ad agire. In base a tale ricostruzione, linteresse pratico alla rinnovazione della procedura di aggiudicazione invocato dalla parte che abbia proposto ricorso principale non attribuisce a questultima una posizione giuridica fondante la legittimazione al ricorso. Tale interesse - motiva lAdunanza - non si distin (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. guerebbe infatti da quello di qualsiasi altro operatore economico del settore che aspiri a partecipare ad una futura procedura di aggiudicazione. Lesame prioritario del ricorso principale sarebbe ammesso, per ragioni di economia processuale, solamente laddove fosse evidente la sua infondatezza o irricevibilit. Tale soluzione ha suscitato un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, non privo di posizioni apertamente critiche, in particolare da parte della giurisprudenza dei TT.AA.RR. e dello stesso Consiglio di Stato, che con le ordinanze della V e della VI Sezione, aveva auspicato una rimeditazione complessiva di quellarresto giurisprudenziale (1). Come noto, il TAR Piemonte, con ordinanza del 9 febbario 2012 n. 208, ha proposto pregiudizialmente la questione dinanzi alla Corte di Giustizia dellUnione Europea, sollevando i seguenti quesiti: se i principi di parit delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza nei pubblici appalti, di cui alla cd. direttiva ricorsi (dir. 1989/665/CEE, modificata con la dir. 2007/66/CE), ostino al diritto vivente quale statuito nella sent. n. 4/2011, cit., con particolare riferimento allipotesi in cui i concorrenti in gara siano soltanto due ciascuno mirante ad escludere laltro per mancanza, nelle rispettive offerte, dei requisiti minimi di idoneit. Anche in questo caso un TAR si posto in diverso avviso rispetto al Consiglio di Stato, evidenziando che la Direttiva CE prescrive a tutti gli Stati membri di dotarsi di procedure adeguate che permettano lannullamento delle decisioni illegittime, onde evitare effetti distorsivi della concorrenza, cagionati, allinterno di un singolo Stato, da uneventuale maggiore difficolt di accesso alla tutela giurisdizionale da parte delle imprese. Sicch - motiva il TAR - sembra inconciliabile in unottica di effettivit della tutela laffermata incondizionata prevalenza delleffetto pregiudiziale del ricorso incidentale su quello principale. Lulteriore interesse alla rinnovazione della gara deve poter trovare ingresso nella disamina giurisdizionale, pena altrimenti lattribuzione di una ingiustificata forma di vantaggio (sia processuale sia sostanziale) allimpresa che , s, aggiudicataria, ma che lo diventata in modo non corretto o non legittimo. 2. Larresto della Corte di Giustizia in C-100/12, Fastweb S.p.A. e le nuove posizioni dellAdunanza Plenaria n. 8/2014. La Corte di Giustizia nel riscontrare la menzionata ordinanza con sentenza del 4 luglio 2013, in C-100/12, si espressa affermando la sussistenza di una difformit tra la corretta interpretazione del diritto dellUnione ed il principio di diritto interno enunciato dallAdunanza Plenaria con la citata sentenza n. 4/2011. Applicando il suddetto principio - motiva la Corte - la perfetta identit (1) Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza n. 2059, 15 aprile 2013, Pres. Volpe, est. Luttazzi; sez. VI, ordinanza n. 2681, 17 maggio 2013, Pres. Maruotti, est. Giovagnoli. sotto il profilo sostanziale tra le due posizioni del ricorrente principale e del- laggiudicatario ricorrente incidentale si altera in sede processuale, attribuendo preferenza alla posizione di questultimo, il quale, anche se beneficiario dello stesso errore compiuto dallamministrazione in sede di ammissione del ricorrente principale, riuscirebbe a conservare laggiudicazione a discapito dellinteresse del ricorrente principale ad ottenere la rinnovazione della gara. Nel caso Fastweb la Corte ha statuito il principio di diritto secondo cui in virt della direttiva 89/665/CEE, articolo 1, paragrafo 3, in un ricorso in materia di appalti, in cui le parti, uniche partecipanti alla gara, abbiano proposto censure identiche e reciprocamente escludenti, ciascuna di esse pu far valere un analogo interesse legittimo allesclusione dellofferta dellaltra, con la conseguenza di indurre lAmministrazione aggiudicatrice a constatare limpossibilit di procedere alla scelta di unofferta regolare. Conclude la Corte quindi che al fine di definire lordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, e quali siano i conseguenti effetti processuali, sia decisivo il principio per il quale il giudice, per essere imparziale, deve trattare le parti in condizioni di parit. Dal tenore letterale della pronuncia possibile ricavarne una interpretazione che comunque limita lapplicabilit del principio allipotesi - cos come delineata e suggerita dal giudice a quo - di vizi speculari ed escludenti nellambito di una gara con due sole partecipanti e ricorrenti. Ma ad avviso dello scrivente, il principio ricavibile pu essere esteso anche a fattispecie non del tutto analoghe, in virt del principio di effettivit della tutela cos come statuito in C-249/01, Hackermller, laddove la Corte afferma che dallarticolo 1 della direttiva 89/665 deriva che questultima mira a consentire la proposizione di ricorsi efficaci contro le decisioni delle autorit aggiudicatrici contrarie al diritto dellUnione. Secondo il paragrafo 3 del suddetto articolo, gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo le modalit che gli Stati membri possono determinare, almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione () Orbene, dinanzi ad una simile constatazione, il ricorso incidentale dellaggiudicatario non pu comportare il rigetto del ricorso di un offerente nellipotesi in cui la legittimit dellofferta di entrambi gli operatori venga contestata nellambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti pu far valere un analogo interesse legittimo allesclusione del- lofferta degli altri, che pu indurre lamministrazione aggiudicatrice a constatare limpossibilit di procedere alla scelta di unofferta regolare. A ben vedere, in questo passaggio della motivazione non dato scorgere alcun riferimento al numero di operatori rimasti in gara, ma solo la specularit delle impugnazioni dei due ricorrenti, e ci vale a maggior ragione se si considera la ratio ispiratrice della Direttiva 89/665. Ebbene, al di l di letture pi o meno restrittive della portata del principio affermato dalla Corte, resta il fatto che la peculiarit del caso in esame ha reso di perdurante vitalit la questione sino alla recente pronuncia dellAdunanza Plenaria n. 9 del 2014 seguita alle ordinanze di remissione del 2013, e ne ha in qualche modo indirizzato la soluzione. In tale sentenza, risolutiva nellottica di una controversia con due soli ricorrenti/ ammessi alla gara pubblica, la Plenaria, senza sconfessare completamente le acquisizioni dogmatiche elaborate con la sentenza 4/2011, osserva per che nel particolare caso in cui entrambe le offerte siano inficiate dal medesimo vizio che le rende inammissibili, apparirebbe prima facie contrario alluguaglianza concorrenziale escludere solo lofferta del ricorrente principale, dichiarandone inammissibile il ricorso, e confermare invece lofferta dellaggiudicatario ricorrente incidentale, bench suscettibile di esclusione per la medesima ragione. La ragione di tale apparente svolta interpretativa si evince dal seguente passaggio argomentativo in realt ci avviene perch, essendo il vizio fatto valere da entrambi i contendenti il medesimo, in concreto neppure si pone un problema di esame prioritario del ricorso incidentale rispetto al ricorso principale: prioritario, in questo peculiare caso, lesame del vizio; se questo sussiste, entrambi i ricorsi devono essere accolti, se non sussiste entrambi dovranno essere disattesi e laggiudicazione sar confermata. chiaro lintento di riportarsi nel solco di una interpretazione delle regole processuali di fonte legale che sia rispettosa dei principi di rango comunitario di effettivit della tutela, parit delle armi e non discriminazione cos come richiamati nella sentenza Fastweb della Corte di Giustizia (2). Suddetti principi - afferma la Plenaria - lungi dal comprimerla, confermano vieppi la concezione soggettiva del giudizio amministrativo di legittimit, basata sul vizio dedotto e non sullinteresse a dedurlo. Rileva la Plenaria che se si intende la giurisdizione amministrativa come giurisdizione di diritto soggettivo - e ci costituisce un approdo interpretativo obbligato, in mancanza di una normativa esplicita in senso contrario - linterpretazione delle condizioni dellazione deve avvenire alla luce di una valutazione di reale perseguimento del bene della vita conteso. Se linteresse a ricorrere non assume questa particolare declinazione il giudice non pu pronunciarsi sul ricorso principale se non in punto di rito, dichiarandone linammissibilit. quindi lidentit del vizio contestato nei due ricorsi, che nella sua con (2) Principi di parit delle parti e di imparzialit del giudice sanciti dallart. 111, secondo comma, Cost., e dallart. 6 della Convenzione Europea dei diritti delluomo. sistenza fattuale e nella sua speculare deduzione da ambedue le parti, fa s che sussista la legittimazione ad agire in capo al ricorrente principale e che, di conseguenza, venga meno lasimmetria di origine procedimentale tra legittimazione a resistere dellaggiudicatario e legittimazione a ricorrere del concorrente pretermesso. LAdunanza spiega, altres, in quali casi lidenticit dei motivi di ricorso comporti la pari dignit dellesame: sono identici - e dunque consentono lesame incrociato e leventuale accoglimento di entrambi i ricorsi - solo i vizi che afferiscono alla medesima categoria. Viceversa, non soddisfano il requisito di simmetria escludente (perch non si pongono in una relazione di corrispondenza biunivoca), come richiesto dalla sentenza Fastweb, e dunque impediscono lesame congiunto del ricorso principale ed incidentale, i vizi sussumibili in diverse categorie: ad esempio, la dedotta (nel ricorso incidentale) intempestivit della domanda dellimpresa non aggiudicataria, a fronte della dedotta (nel ricorso principale) carenza di un requisito economico dellimpresa aggiudicataria. evidente dalla lettura della pronuncia che, pur applicando la regola juris introdotta dalla sentenza Fastweb, lAdunanza Plenaria tenga saldi quei principi processuali di diritto interno che regolano lordine di esame delle questioni di rito e di merito, arrivando a derogarvi solo alle stringenti condizioni che: i. si versi allinterno del medesimo procedimento, ii. gli operatori rimasti in gara siano soltanto due, iii. il vizio che affligge le offerte sia identico per entrambe. Diversamente, si ritorna nellalveo di applicazione della regola processuale di fonte legale che impone al giudice di decidere gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili dufficio e quindi il merito della causa (3). 3. Una nuova puntata della vexata quaestio: la recente ordinanza di remissione del Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana alla Corte di Giustizia (ord. n. 848/2013). Lultima tappa della querelle giunta al Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana e da questi, nuovamente alla Corte di Giustizia, per una fattispecie in cui i concorrenti ammessi a partecipare alla gara dappalto oggetto della controversia sono pi di due, e dove limpresa seconda classificata e la prima, rispettivamente con ricorso principale ed incidentale escludente, hanno contestato la mancata esclusione alla procedura di gara dellaltra parte ricorrente. (3) Regola processuale disciplinata dallart. 76, IV co. del c.p.a., che rinvia al II comma dellart. 276 c.p.c.. Ladunanza Plenaria, in sentenza 9/2014 afferma, in tal senso, che: siffatta regola, al contrario, garantisce ed attua il principio di parit delle armi perch predetermina, in astratto ed in via generale, per tutti i litiganti, le modalit di esercizio del potere giurisdizionale. In adempimento alla sentenza di primo grado, che aveva accolto entrambe le impugnative, lamministrazione escludeva le prime due imprese classificate ed una volta fatta scorrere la graduatoria, tutte le altre imprese ammesse per inidoneit delle rispettive offerte, senza che nei termini le stesse impugnassero detta esclusione; la controversia, pertanto, giungeva al giudizio del Consiglio su gravame delle due imprese ricorrenti in primo grado e, di fatto, alle stesse circoscritta. In tale ipotesi evidente che con ancora tutti i concorrenti ammessi, laccoglimento di ambo le contrapposte impugnazioni, non avrebbe realizzato linteresse strumentale del ricorrente principale allannullamento della gara ma esclusivamente lobbligo dello scorrimento della graduatoria, previa esclusione delle prime due classificate. Di qui linterruzione del giudizio di gravame e la sottoposizione della questione pregiudiziale avanti alla Corte di Giustizia europea (con ordinanza n. 848 del 2013) in merito, tra gli altri, al seguente quesito: Se i principi dichiarati dalla CGUE con sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, con riferimento alla specifica ipotesi, oggetto di quel rinvio pregiudiziale siano anche applicabili, in ragione di un sostanziale isomorfismo della fattispecie contenziosa, anche nel caso sottoposto al vaglio di questo Consiglio in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara, sebbene ammesse in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dalla stazione appaltante, senza che risulti lintervenuta impugnazione di detta esclusione da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nel presente giudizio, di guisa che la controversia che ora occupa questo Consiglio, risulta di fatto circoscritta soltanto a due imprese. In attesa della pronuncia della Corte, alcune notazioni critiche si impongono. Con il principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia, si ribadito che le considerazioni che hanno ispirato la pronuncia n. 4/2011 della Plenaria, confliggono con una esigenza di effettivit della tutela processuale, che si so- stanzia in una effettiva parit delle parti nel giudizio. Ne consegue come corollario che nel caso di partecipanti alla gara che abbiano proposto censure identiche e reciprocamente escludenti, ciascuna di esse pu far valere un analogo interesse legittimo allesclusione dellofferta dellaltra, senza che si imponga la regola processuale dellesame prioritario del ricorso incidentale escludente, con la conseguenza di indurre lAmministrazione aggiudicatrice a constatare limpossibilit di procedere alla scelta di unofferta regolare. Per tali motivi, spetter al giudice stabilire se sia utile e conforme al principio di economia dellattivit giudiziale la trattazione congiunta e contestuale delle domande proposte, rispettivamente, dal ricorrente principale ed incidentale; e, a tale scopo, considerato sufficiente a giustificare un simultaneus processus che le questioni sollevate dalle parti, siano speculari ed egualmente escludenti. Nel caso in esame, come leggiamo nella stessa ordinanza di remissione, la fattispecie ivi descritta risulta essere, per quanto consta la fase del gravame, del tutto analoga dal punto di vista processuale e sostanziale a quella oggetto della precedente pronuncia della Corte. Si legge, infatti, nellordinanza di rimessione anche il presente contenzioso vede contrapposte, come segnalato, soltanto due imprese: ed invero, soltanto dette imprese hanno proposto ricorsi (principali e incidentali) nel primo e nel secondo grado del giudizio e, per quanto consta a questo Consiglio, nessuna delle altre imprese, successivamente escluse dalla gara, hanno contestato in sede amministrativa o giurisdizionale siffatta esclusione. Se vero dunque che nella fattispecie, le posizioni del ricorrente principale e del ricorrente incidentale sono simmetriche ed equivalenti, sarebbe contrario al principio di parit delle parti e di imparzialit del giudice - sanciti dallart. 111, secondo comma, Cost., e dallart. 6 della Convenzione Europea dei diritti delluomo - far discendere lesito del giudizio dal mero ordine logico seguito per la decisione delle impugnazioni proposte. Le scelte del giudice, difatti, non possono avere rilievo decisivo sullesito della lite quando, riguardando lordine di trattazione dei ricorsi, emerge lidenticit dei motivi oggetto delle reciproche contestazioni. Tali considerazioni si devono ora declinare in rapporto alla evoluzione giurisprudenziale dellAdunanza Plenaria dalla sentenza n. 4/2011 sino alla pronuncia n. 8/2014, questultima, intervenuta nelle more del rinvio pregiudiziale in esame, avrebbe certamente reso pi semplice il ruolo interpretativo del giudice di seconda istanza della regione siciliana, in particolare, relativamente ai dubbi legati a quale regola juris applicare nella fattispecie in esame. A ben vedere, il quesito cos come posto, se poteva avere un senso alla luce della difformit di orientamento in essere tra lAdunanza Plenaria - dopo la sentenza 4/2011 - e la Corte di Giustizia, risulta ora svuotato di ogni ragion dessere se si considera che lintervenuta Adunanza Plenaria n. 8/2014 ha di fatto ratificato lorientamento del giudice comunitario superando la rigida regola processuale legata allesame prioritario delle questioni incidentali di rito volte a sindacare la legittimazione ad agire. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, ordinanza 17 ottobre 2013 n. 848 -Pres. ff. de Francisco, Est. Carlotti. (...) A) Esposizione succinta delloggetto della controversia. (...) A7. - Ai fini del rinvio pregiudiziale sufficiente segnalare quanto segue: - la PFE ad il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo, onde ottenere lannullamento dei provvedimenti sopra indicati; - lATI GSA/Zenith replic alle censure avversarie e propose un ricorso incidentale, cd. escludente o paralizzante, mirante cio a contestare lomessa esclusione dalla gara della PFE e, quindi, diretto a far valere il conseguente difetto di interesse della suddetta PFE alla coltiva zione dellimpugnativa; ci in considerazione del fatto che, nellordinamento italiano, il giudizio amministrativo assume tipicamente le caratteristiche di un puro processo di parti, e non gi di diritto oggettivo, di guisa che linteresse a ricorrere - al quale deve sempre corrispondere una correlativa utilit pratica unicamente realizzabile per via giurisdizionale - costituisce unindefettibile requisito per la proposizione e la prosecuzione di qualunque azione; - con la sentenza impugnata il T.a.r. accolse entrambe le impugnative, principale e incidentale, cos espressamente disattendendo i principi enunciati al riguardo dallAdunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 7 aprile 2011 (in seguito anche: sentenza n. 4/2011), in tema di priorit dellesame del ricorso incidentale escludente rispetto a quello principale; - con lappello principale la PFE insorta contro la sunnominata sentenza del T.a.r. nelle parti recanti statuizioni in ordine a) al rigetto delleccezione preliminare di inammissibilit o di improcedibilit del ricorso incidentale della GSA, b) allaccoglimento dei due motivi del medesimo ricorso incidentale e c) al rigetto della domanda risarcitoria, sia in forma specifica sia per equivalente, nonch delle ulteriori e consequenziali domande formulate in prime cure; - con lappello incidentale la GSA ha impugnato la medesima sentenza gravata dalla PFE, ma nella parte in cui il Primo Giudice ha definito lordine di esame dei ricorsi, principale e incidentale, in violazione dei principi enunciati dalla suddetta pronuncia dellAdunanza plenaria del Consiglio di Stato e, in via subordinata, nella parte in cui il T.a.r. ha accolto il primo dei motivi del ricorso proposto in primo grado dalla PFE; - in particolare, con il primo motivo dellappello incidentale, la GSA ha dedotto la sussistenza di un error in iudicando per aver il T.a.r. ritenuto comunque necessaria, nonostante la proposizione di un ricorso incidentale di natura escludente, la disamina anche dei motivi del ricorso principale, giacch - qualora fossero stati rispettati i principi affermati dalla sentenza n. 4/2011 - il Tribunale, una volta accolto il ricorso incidentale della GSA, avrebbe dovuto conseguentemente dichiarare inammissibile quello proposto in via principale dalla PFE, consentendo cos alla GSA di vincere la causa e di conservare in tal modo lutilit rinveniente dallaggiudicazione della gara; -con le ultime memorie depositate in appello le parti hanno ribadito le rispettive posizioni e, in dettaglio, la GSA ha affrontato il tema dell'applicabilit, o no, al caso di specie dei principi dichiarati dalla CGUE con la sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12; inoltre, riguardo alla sorte della gara in contestazione, entrambe le imprese in lite hanno allegato che, successivamente alla pubblicazione della sentenza del T.a.r. oggetto di gravame, la stazione appaltante dapprima escluse dalla procedura sia la PFE sia lATI GSA e poi, una volta fatta scorrere la graduatoria, lAirgest escluse altres tutte le altre imprese ammesse per inidoneit delle rispettive offerte, poich tutte carenti del requisito rappresentato dalla specifica indicazione dei costi per la sicurezza; - in effetti, con lettera di invito, inviata dallAirgest a norma dellart. 125, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, risulta esser stata indetta una procedura negoziata mediante cottimo fiduciario per laffidamento del servizio di pulizia dellaeroporto civile V. Florio di Trapani-Birgi e di manutenzione delle aree verdi, della durata di tre mesi, prorogabili di ulteriori tre mesi; nel preambolo di siffatta lettera di invito si d conto dellintervenuta esclusione di tutte le offerte presentate nellambito della procedura aperta al centro del contendere e anche si subordina risolutivamente lefficacia della gara e dei relativi esiti alleventuale riforma, da parte di questo Consiglio, dellimpugnata sentenza del T.a.r.; -come gi riferito, con la sentenza non definitiva, n. 847/2013, questo Consiglio ha respinto in parte lappello principale proposto da PFE; inoltre si comunicata alle parti la decisione di disporre, con separato provvedimento, un rinvio pregiudiziale alla CGUE onde ottenere uninterpretazione del diritto eurounitario. B) Contenuto delle pertinenti disposizioni eurounitarie e nazionali, nonch della pertinente giurisprudenza della CGUE e del Consiglio di Stato. B1. - Le disposizioni eurounitarie rilevanti ai fini del presente rinvio pregiudiziale, per le ragioni che saranno illustrate nella successiva sezione C), sono le seguenti: - art. 1, parr. 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007: 1. La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva. Gli appalti di cui alla presente direttiva comprendono gli appalti pubblici, gli accordi quadro, le concessioni di lavori pubblici e i sistemi dinamici di acquisizione. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva 2004/18/CE, le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto pi rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2-septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono. [] 3. Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalit che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere laggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione; - art. 267 del TFUE, nella versione in vigore dal 1 dicembre 2009: La Corte di giustizia dell'Unione europea competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validit e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione. Quando una questione del genere sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale pu, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale tenuto a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il pi rapidamente possibile; - art. 47, parr. 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea (2000/C 364/01), rubricato Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale: Ogni individuo i cui diritti e le cui libert garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facolt di farsi consigliare, difendere e rappresentare; - art. 6, par. 1, comma 1, TUE, nella versione in vigore dal 1 dicembre 2009: 1. L'Unione riconosce i diritti, le libert e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati; - art. 19, par. 1, TUE, nella versione in vigore dal 1 dicembre 2009: 1. La Corte di giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati. Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione. B2. - Le disposizioni interne, della Repubblica italiana, rilevanti ai fini del presente rinvio pregiudiziale, per le ragioni che saranno illustrate nella successiva sezione C), sono le seguenti: - art. 111, ultimo comma, della Costituzione della Repubblica italiana: Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per cassazione ammesso per i soli motivi inerenti la giurisdizione; -art. 99, commi 3 e 4, c.p.a., rubricato Deferimento alladunanza plenaria: 3. Se la sezione cui assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dalladunanza plenaria, rimette a questultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. 4. Ladunanza plenaria decide lintera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente; -art. 1, comma 2, del D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato). 2. Il Consiglio di giustizia amministrativa ha sede in Palermo ed composto da due Sezioni, con funzioni, rispettivamente, consultive e giurisdizionali, che costituiscono sezioni staccate del Consiglio di Stato. B3. - La sentenza della CGUE, rilevante ai fini del presente rinvio pregiudiziale, per le ragioni che saranno illustrate nella successiva sezione C), la seguente: CGUE, decima sezione, 4 luglio 2013, in causa C-100/12. B4. - La sentenza del Consiglio di Stato, rilevante ai fini del presente rinvio pregiudiziale, per le ragioni che saranno illustrate nella successiva sezione C), la seguente: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, del 7 aprile 2011, n. 4 C) Motivi del rinvio pregiudiziale: oggetto e rilevanza. C1. - Con la sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta alla Corte dal T.a.r. per il Piemonte con decisione del 25 gennaio 2012, la CGUE ha conclusivamente dichiarato che: Larticolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che se, in un procedimento di ricorso, laggiudicatario che ha ottenuto lappalto e proposto ricorso incidentale solleva uneccezione di inammissibilit fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dellofferente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che lofferta da questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dallautorit aggiudicatrice per non conformit alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, tale disposizione osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza dellesame preliminare di tale eccezione di inammissibilit senza pronunciarsi sulla conformit con le suddette specifiche tecniche sia dellofferta dellaggiudicatario che ha ottenuto lappalto, sia di quella dellofferente che ha proposto il ricorso principale. C2. - Con la sunnominata sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12 ha, in particolare, verificato la compatibilit con il diritto dellUnione europea della regola stabilita dalla ridetta sentenza n. 4/2011 (il cui contenuto non si riassume poich gi conosciuto ed esaminato dalla CGUE) con la quale si , in sostanza, imposto - per le ragioni che saranno di seguito spiegate -alle Sezioni e ai Collegi del Consiglio di Stato, chiamati a pronunciarsi sugli appelli avverso sentenze pronunciate dai T.a.r., di attenersi al principio di diritto secondo cui, nei processi di primo grado in cui siano stati proposti sia un ricorso principale sia uno incidentale escludente, lordine di esame delle impugnative da parte dei T.a.r. debba essere nel senso di riservare prioritario esame al ricorso incidentale escludente e, in caso di accertata fondatezza di questultimo, di dichiarare improcedibile il ricorso principale (per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione, appunto in conseguenza dellaccoglimento di detto ricorso incidentale), senza valutarne il merito. C3. - Dalla lettura del tenore della questione pregiudiziale rimessa dal T.a.r. per il Piemonte e dei punti 31, 32 e 33 della motivazione della sentenza della CGUE del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, si evince che la fattispecie concreta, in relazione alla quale stata resa la dichiarazione riportata nel precedente . C1, riguardava un caso in cui i concorrenti rimasti in gara erano soltanto due e coincidevano dal punto di vista soggettivo, rispettivamente, con il ricorrente principale e con laggiudicatario-ricorrente incidentale, aventi ciascuno di mira, in maniera speculare, il risultato di ottenere in via giurisdizionale lesclusione dellaltro per mancanza, nelle rispettive offerte presentate, dei requisiti minimi di idoneit dellofferta. In tale ipotesi evidente che, in caso di accoglimento di ambo le contrapposte impugnazioni, la sentenza realizza lazzeramento della gara che - ove ribandita - consente ad entrambe le parti, come ad ogni altro operatore del settore, di avere lulteriore chance di poter ripresentare domanda per la partecipazione alla nuova gara. C4. - Nel caso che occupa questo Consiglio la fattispecie concreta almeno in parte differente da quella test descritta, poich le imprese ammesse a partecipare alla procedura della cui legittimit si controverte furono pi di due; nondimeno, dal punto di vista processuale e sostanziale - in disparte i distinti profili che sorreggono le reciproche censure di pretesa illegittimit delle rispettive ammissioni alla gara delle due imprese in lite (non essendo stata contestata, nel caso che occupa il Collegio, la conformit delle offerte alle specifiche tecniche, ma unicamente la validit delle dichiarazioni relative al possesso di taluni requisiti generale previsti dalla legge italiana per la partecipazione a procedure di affidamento di appalti pubblici) anche il presente contenzioso vede contrapposte, come segnalato, soltanto due imprese, la PFE e la GSA: ed invero, soltanto dette imprese hanno proposto ricorsi (principali e incidentali) nel primo e nel secondo grado del giudizio e, per quanto consta a questo Consiglio, nessuna delle altre imprese, successivamente escluse dalla gara, hanno contestato in sede amministrativa o giurisdizionale siffatta esclusione. Inoltre, come riferito nella superiore narrativa del fatto, la stazione appaltante, intervenuta la pubblicazione della gravata sentenza del T.a.r. per la Sicilia, ha escluso tutte le imprese che presero parte alla gara. In forza delle riferite circostanze, il presente giudizio ha ad oggetto, a ben vedere, soltanto le reciproche contesta zioni di due imprese, la PFE e la GSA, le quali - uniche tra tutte quelle originariamente ammesse alla procedura di affidamento - conservano un interesse, processualmente tutelabile, alla decisione in ordine alla legittimit della gara. C5. - Alla stregua di tutto quanto fin qui osservato, questo Consiglio, avanti al quale stato evocato il principio di diritto dellUnione europea sancito dalla CGUE nella sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, si interroga, e ritiene di essere obbligato a rivolgere linterrogativo alla CGUE, se il suddetto principio di diritto dichiarato dalla CGUE possa o debba ritenersi applicabile - in disparte il non rilevante profilo dei motivi di diritto per i quali la PFE e la GSA ritengono, specularmente, che la rispettiva controparte dovesse essere esclusa dalla gara - anche al caso sopra descritto sub A, ossia se la situazione che si venuta a determinare nella vicenda oggetto della presente controversia sia sostanzialmente assimilabile, in ragione del concreto isomorfismo che si ravvisa nei termini sopra spiegati, a quella in relazione alla quale stata pronunciata la sentenza della CGUE del 4 luglio 2013, in causa C-100/12 (il quesito meglio precisato, infra, sub D1). Infatti, nel caso odiernamente in esame, parrebbe ipotizzabile - proprio in quanto tutte le altre imprese partecipanti alla gara ne sono state escluse con provvedimenti rimasti inoppugnati e ormai inoppugnabili - che linteresse processuale delle due parti ora in causa si atteggi nel medesimo modo che se tali due parti fossero state le uniche a partecipare alla gara (comera nel caso che fu deciso dalla citata sentenza di codesta C.G.U.E.): sicch entrambe le parti potrebbero avere interesse allaccoglimento (e, prima ancora, allo scrutinio) delle proprie doglianze, anche in caso di accoglimento di quelle di controparte, quantomeno per realizzare il proprio interesse (c.d. strumentale) allazzeramento della gara, onde poter concorrere alla sua riedizione per rigiocarsi ex novo la chance di vincerla. C6. - Non a caso questo Consiglio ha prudenzialmente asserito, nel precedente . C5, di ritenere di dover sottoporre alla CGUE la sopra indicata questione pregiudiziale, posto che tale doverosit del rinvio (nelle ipotesi in cui, ovviamente, ricorrano le condizioni richiamate anche nel punto 12 delle Raccomandazioni), in virt delle regole che attualmente governano il processo amministrativo di appello, non prevista e, anzi, potrebbe apparire vietata, quanto meno nei sensi della possibilit di instaurare una diretta relazione tra il giudice amministrativo di ultima istanza (Sezione del Consiglio di Stato tabellarmente competente per la trattazione della causa) e la CGUE. C7. - Onde chiarire il senso di quanto test affermato, occorre muovere dalla considerazione che, secondo il diritto giurisprudenziale amministrativo italiano, pure al caso concreto oggetto del presente giudizio, al pari di quello gi deciso dalla CGUE con la sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, dovrebbero applicarsi i principi di diritto enunciati dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4/2011. Sennonch, mentre per la fattispecie sottoposta al vaglio del T.a.r. per il Piemonte, per lappunto intervenuta la decisione della CGUE, nella vicenda al centro del contenzioso instaurato avanti a questo Consiglio difetta una pronuncia analoga n pu con certezza reputarsi, stante quanto sopra considerato dubitativamente sub C4 e C5., che, nonostante la presenza di forti somiglianze tra le due cause, i principi stabiliti dalla CGUE nel precedente citato siano automaticamente trapiantabili anche nel presente contenzioso; al contempo evidente come la soluzione della questione dellapplicabilit, o no, di detti principi nel caso in esame sia fondamentale per le sorti del giudizio, incidendo sensibilmente sullesito della controversia. C8. - Tanto premesso, va tuttavia osservato che la situazione appena descritta, risultando ad essa residualmente applicabile (a cagione della diversit della fattispecie concreta) la regula iuris dettata dalla sentenza n. 4/2011, imporrebbe a questo Consiglio - in forza della vincolativit del precetto recato dallart. 99, comma 3, c.p.a., che obbliga a conformarsi al principio di diritto enunciato dallAdunanza plenaria ovvero, come unica alternativa, a rimettere a questultima la decisione della causa - di astenersi dal rinviare direttamente la questione sopra esposta alla CGUE e ci nonostante questo Consiglio sia a tutti gli effetti un giudice di ultima istanza delle controversie amministrative. C9. - Lultima affermazione merita un precisazione. Il punto 12 delle Raccomandazioni ricorda, tra laltro, ai giudici nazionali che, a norma dellart. 267 TFUE, le Corti di ultima istanza sono tenute a proporre alla CGUE una domanda di pronuncia pregiudiziale. Orbene, non vi dubbio che, secondo il diritto della Repubblica italiana, il Consiglio di Stato sia giudice di ultima istanza delle controversie appartenenti alla giurisdizione amministrativa. Vero che contro le decisioni del Consiglio di Stato lordinamento interno ammette la possibilit di ricorrere alla Corte suprema di cassazione, ma tale mezzo di impugnazione - per espresso dettato costituzionale (art. 111, ultimo comma, Cost.) - non potr mai riguardare la cognizione della res litigiosa, dovendo invece rimanere circoscritto ai soli profili di corretto riparto del contenzioso tra le varie giurisdizioni italiane (civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria, delle acque, ecc.). In altre parole, la Corte suprema di cassazione pu verificare se il Consiglio di Stato abbia potest di decidere una determinata controversia, ma non anche di stabilire come il Consiglio di Stato debba decidere la causa, con il che il Consiglio di Stato sicuramente giudice di ultima istanza del merito delle liti amministrative e in tal senso anche la giurisprudenza della CGUE. C10. - Ora, se il Consiglio di Stato giudice di ultima istanza, tale anche questo Consiglio, poich cos espressamente stabilisce lart. 1, comma 2, del D.Lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 che configura le due sezioni di cui si compone questo Consiglio alla stregua di altrettante sezioni, sebbene staccate, del Consiglio di Stato. C11. - Al pari di ogni altro giudice di ultima istanza, dunque, questo Consiglio dovrebbe poter domandare alla CGUE una pronuncia pregiudiziale sullinterpretazione del diritto dellUnione europea; sennonch tale potest in talune ipotesi, e tra queste quella che viene in rilievo nel presente giudizio, parrebbe non essere direttamente esercitabile; e ci appunto in ragione della vigenza di una norma processuale, lart. 99, comma 3, c.p.a., che obbliga tutte le Sezioni e i Collegi del Consiglio di Stato ad applicare, ai fini del decidere sul rito e sul merito delle controversie amministrative, i principi di diritto enunciati dallAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato, fatta salva la facolt di rimettere le questioni alla stessa Adunanza Plenaria (onde sollecitarne un revirement solo eventuale) quando la Sezione o il Collegio intendano da detti principi discostarsi. Va osservato che lart. 99, comma 3, c.p.a. sorretto da una ratio legis in astratto meritoria, atteso che il Legislatore interno ha ritenuto di poter accrescere in tal modo, attraverso cio il rafforzamento del potere nomofilattico dellAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle materie appartenenti alla giurisdizione amministrativa, la certezza del diritto giurisprudenziale interno; tuttavia, ad avviso di questo Consiglio, siffatto vincolo procedurale, qualora riferito anche alle questioni di diritto eurounitario, finisce per entrare in conflitto con pi di un principio dellordinamento sovranazionale e, principalmente, con la riserva dellinterpretazione del diritto dellUnione europea al magistero della CGUE e con il correlato e sinergico obbligo di rinvio pregiudiziale gravante su tutti i giudici di ultima istanza degli Stati membri (solo per completezza argomentativa, va peraltro segnalato in via incidentale che lart. 99, comma 3, c.p.a. tende ad orientare levoluzione del diritto processuale amministrativo italiano verso un modello di common law, incentrato sulla regola dello stare decisis, che pure confligge con il primato del diritto scritto, su quello di creazione giurisprudenziale, stabilito chiaramente dallart. 100, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana, secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, fatta salva la primazia del diritto dellUnione, a garanzia della loro indipendenza e quale corollario della separazione dei poteri; lesame della questione costituzionale interna per necessariamente postergato alla prodromica soluzione di quella eurounitaria). C12. - Onde chiarire quanto appena osservato, duopo illustrare con un esempio come operi, nel caso di specie, il vincolo procedurale derivante dallart. 99, comma 3, c.p.a. Innanzitutto, non pu revocarsi in dubbio che loggetto del presente giudizio investa una materia, cio quella delle procedure di affidamento degli appalti pubblici, che promana direttamente dal- lordinamento dellUnione europea. Si per sopra chiarito che la fattispecie in esame ricade, ancora, nellalveo applicativo del principio dettato dallAdunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 4/2011; pertanto, a questo Consiglio si pone la seguente alternativa: o questo Consiglio, ignorando la sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12 e i connessi dubbi sopra esternati in ordine alla possibile applicabilit nella fattispecie dei principi in quella sentenza affermati, opta per la decisione della controversia seguendo acriticamente la regola del prioritario scrutinio del ricorso incidentale (rischiando per in tal modo di violare il diritto dellUnione europea) oppure questo Consiglio, ritenendo che pure nel caso di specie possano attagliarsi i principi enunciati nella ridetta sentenza della CGUE, applica lart. 99, comma 3, c.p.a. e, per leffetto, rimette la questione dellapplicabilit alla vicenda in esame dei principi dettati dalla sentenza n. 4/2011 allAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato, segnalandone il parziale contrasto con quelli ricavabili dalla sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12. C13. - In ogni caso, ad avviso di questo Collegio, la situazione appena descritta collide sotto vari profili con il diritto dellUnione, giacch: - nel primo caso, si indeboliscono i fondamentali canoni del primato e del massimo effetto utile del diritto dellUnione europea; -nel secondo caso si limita sensibilmente la potest, riconosciuta dal diritto dellUnione europea a ogni giudice di ultima istanza degli ordinamenti degli Stati membri, di sottoporre in via diretta alla CGUE domande di pronunce pregiudiziali, atteso che tale potest viene, nei fatti, ad esser concentrata nella sola Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, almeno ogniqualvolta essa abbia affermato principi di diritto, s vincolanti per le Sezioni e i Collegi del Consiglio di Stato, ma non compatibili con quelli vigenti nellUnione europea e dichiarati dalla CGUE; - a quanto appena considerato, va altres aggiunto che siffatta obbligatoria intermediazione del rapporto tra giudici amministrativi di ultima istanza e CGUE, attraverso la previsione di un vincolo procedurale rappresentato dalla preventiva sollecitazione di una pronuncia del- lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato, per un verso, incrina la riserva della CGUE sul- linterpretazione del diritto dellUnione (dal momento che il filtro sui rinvii pregiudiziali esercitato dallAdunanza plenaria del Consiglio di Stato comunque esplica una funzione deflattiva e disincentivante delle relative domande e, in pi, potrebbe anche non condurre ad alcun rinvio pregiudiziale, potendo ritenere lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel- lesercizio della sua autonoma discrezionalit giurisdizionale, che talune questioni non meritino un vaglio incidentale della CGUE); per altro verso, infine, il passaggio obbligato della rimessione a norma dellart. 99, comma 3, c.p.a. infirma anche il primato del diritto del- lUnione europea, almeno nella misura in cui il magistero nomofilattico dellAdunanza Plenaria, sicuramente utile nella prospettiva di una maggiore certezza e unit dellesegesi del diritto amministrativo nazionale, interferisca e finisca per imporsi sul magistero della CGUE nelle materie disciplinate dal diritto dellUnione europea; infine, sotto un ultimo aspetto, il meccanismo disciplinato dallart. 99, comma 3, c.p.a. incide anche negativamente sulla durata ragionevole del processo, che costituisce un valore tutelato dal diritto dellUnione europea (v. gli artt. 6 TUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, nonch lart. 1, par. 1, comma 3, della direttiva 89/665/CEE), atteso che - anche a voler prescindere da ogni altra considerazione - detto passaggio obbligato allunga notevolmente i tempi di un giudizio, dovendosi aggiungersi a quelli indispensabili per la definizione del rinvio pregiudiziale anche quelli della rimessione allAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato affinch essa proponga, eventualmente, la domanda di pronuncia pregiudiziale alla CGUE. C14. - Per tutte le ragioni sopra spiegate questo Consiglio dubita della compatibilit eurounitaria dellart. 99, comma 3, c.p.a., qualora detta disposizione debba applicarsi anche in controversie che siano disciplinate dal diritto dellUnione europea (o dal diritto interno che costituisca recepimento di quello sovranazionale) e nella misura in cui lapplicazione di detta disposizione si traduca, nei modi sopra illustrati, in un ostacolo al pieno esercizio della potest di ogni Sezione e Collegio del Consiglio di Stato, in quanto giudice di ultima istanza, di rinviare pregiudizialmente una questione alla CGUE; ovvero, e altres, in un ostacolo al pieno esercizio della potest di ogni Sezione e Collegio del Consiglio di Stato, in quanto giudice di ultima istanza, di applicare direttamente, quale giudice comune del diritto dellUnione europea, i principi del diritto euro unitario, per come declinati dalla CGUE, in guisa da assicurarne il maggiore (e pi sollecito) effetto utile. I dubbi appena esposti sono condensati nellarticolato quesito di seguito declinato sub D2 e al quale ci si riporta. D) Formulazione dei quesiti. D1. - Se i principi dichiarati dalla CGUE con la sentenza del 4 luglio 2013, in causa C-100/12, con riferimento alla specifica ipotesi, oggetto di quel rinvio pregiudiziale, in cui due soltanto erano le imprese partecipanti a una procedura di affidamento di appalti pubblici, siano anche applicabili, in ragione di un sostanziale isomorfismo della fattispecie contenziosa, anche nel caso sottoposto al vaglio di questo Consiglio in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara, sebbene ammesse in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dalla stazione appaltante, senza che risulti lintervenuta impugnazione di detta esclusione da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nel presente giudizio, di guisa che la controversia che ora occupa questo Consiglio risulta di fatto circoscritta soltanto a due imprese; D2. - se, limitatamente alle questioni suscettibili di essere decise mediante lapplicazione del diritto dellUnione europea, osti con linterpretazione di detto diritto e, segnatamente con lart. 267 TFUE, l'art. 99, comma 3, c.p.a., nella parte in cui tale disposizione processuale stabilisce la vincolativit, per tutte le Sezione e i Collegi del Consiglio di Stato, di ogni principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria, anche laddove consti in modo preclaro che detta Adunanza abbia affermato, o possa aver affermato, un principio contrastante o incompatibile con il diritto dell'Unione europea; e, in particolare, -se la Sezione o il Collegio del Consiglio di Stato investiti della trattazione della causa, laddove dubitino della conformit o compatibilit con il diritto dell'Unione europea di un principio di diritto gi enunciato dall'Adunanza plenaria, siano tenuti a rimettere a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso, in ipotesi ancor prima di poter effettuare un rinvio pregiudiziale alla CGUE per accertare la conformit e compatibilit europea del principio di diritto controverso, ovvero se invece la Sezione o il Collegio del Consiglio di Stato possano, o piuttosto debbano, in quanto giudici nazionali di ultima istanza, sollevare autonomamente, quali giudici comuni del diritto dell'Unione europea, una questione pregiudiziale alla CGUE per la corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea; -se - nellipotesi in cui la risposta alla domanda posta nel precedente alinea fosse nel senso di riconoscere a ogni Sezione e Collegio del Consiglio di Stato il potere/dovere di sollevare direttamente questioni pregiudiziali davanti alla CGUE ovvero, in ogni caso in cui la CGUE si sia comunque espressa, viepi se successivamente all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, affermando la sussistenza di una difformit, o di una non completa conformit, tra la corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea e il principio di diritto interno enunciato dall'Adunanza plenaria - ogni Sezione e ogni Collegio del Consiglio di Stato, quali giudici comuni di ultima istanza del diritto dell'Unione europea possano o debbano dare immediata applicazione alla corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea per come interpretato dalla CGUE o se, invece, anche in tali casi siano tenuti a rimettere, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso all'Adunanza plenaria, con l'effetto di demandare all'esclusiva valutazione di quest'ultima, e alla sua discrezionalit giurisdizionale, l'applicazione del diritto del- l'Unione europea, gi vincolativamente dichiarato dalla CGUE; -se, infine, un'esegesi del sistema processuale amministrativo della Repubblica italiana nel senso di rimandare allesclusiva valutazione dellAdunanza Plenaria leventuale decisione in ordine al rinvio pregiudiziale alla CGUE - ovvero anche soltanto la definizione della causa, allorch questa direttamente consegua allapplicazione di principi di diritto eurounitario gi declinati dalla CGUE -- non sia di ostacolo, oltre che con i principi di ragionevole durata del giudizio e di rapida proposizione di un ricorso in materia di procedure di affidamento degli appalti pubblici, anche con l'esigenza che il diritto dell'Unione europea riceva piena e sollecita attuazione da ogni giudice di ciascuno Stato membro, in modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione siccome stabilita dalla CGUE, anche ai fini della massima estensione dei principi del cd. "effetto utile" e del primato del diritto dell'Unione europea sul diritto (non solo sostanziale, ma anche processuale) interno del singolo Stato membro (nella specie: sullart. 99, comma 3, del c.p.a. della Repubblica italiana). E) Sospensione del giudizio e disposizioni per la Segreteria. E1. - In conclusione, si rimettono allesame della CGUE le sopra esposte questioni di corretta interpretazione del diritto eurounitario. (...) E3. Visto lart. 79 c.p.a. e il punto 29 delle Raccomandazioni, il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, riservata alla pronuncia definitiva, una volta ricevuta la notificazione della decisione emessa dalla CGUE (v. il punto 34 delle Raccomandazioni). P.Q.M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dispone: 1) a cura della segreteria, la trasmissione alla Corte di giustizia dellUnione europea della presente ordinanza e di copia degli atti sopra indicati, con le modalit di cui in motivazione; 2) la sospensione del presente giudizio fino alla notificazione a questo Consiglio, da parte della cancelleria della Corte di giustizia dellUnione europea, della decisione emessa dalla suddetta Corte; 3) che rimanga riservata alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese del giudizio. Manda la Segreteria per gli altri adempimenti di legge. Cos deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2013. Una SCIA-Demaniale: possibile? TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA SICILIA, PALERMO, SEZIONE I, SENTENZA 25 LUGLIO 2013 N. 1543 Gaetano Molica* SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La fattispecie e le argomentazioni del giudice. - 3. Lo schema norma-fatto-effetto vs. norma-potere-effetto. - 4. Il demanio marittimo e le concessioni demaniali. - 5. Non sussumibilit del modello concessorio demaniale nello schema norma-fatto-effetto. 1. Premessa. La sentenza in commento, bench abbia ad oggetto lapplicazione di una norma regionale, presenta profili di interesse che travalicano gli angusti confini della portata territoriale della medesima, per investire, ad un pi ampio livello di analisi, la delicata questione della semplificazione dei moduli procedimentali e del rapporto tra P.A. e cittadino. Pi nel dettaglio, come si avr modo di vedere, il decisum oggetto del presente intervento, sulla scorta di un dato normativo apparentemente inequivoco, sembra ammettere lapplicazione dello schema - noto in materia di s.c.i.a. norma-fatto-effetto per lipotesi di destagionalizzazione di attivit balneari, privando la P.A. di ogni potere valutativo in merito allopportunit di assentire tale operazione e, in ultima analisi, in merito alla valutazione della perdurante compatibilit tra uso particolare e la tutela del c.d. interesse demaniale. Le considerazioni che con il presente scritto si intendono fare richiedono, tuttavia, una compiuta - sebbene contenuta - analisi della fattispecie e dellarticolato ragionamento logico-giuridico che hanno condotto alla sentenza in commento. 2. La fattispecie e le argomentazioni del giudice. Allatto del rinnovo di una concessione demaniale avente ad oggetto lo sfruttamento di una porzione del litorale sito nel Comune di Palermo per la realizzazione di uno stabilimento balneare, lautorit demaniale marittima competente - in ragione dei precorsi rapporti con il concessionario - aveva ritenuto opportuno inserire apposita clausola nellambito del provvedimento di concessione, con la quale si obbligava il concessionario medesimo, a pena di decadenza, a smontare interamente la struttura balneare al termine della stagione estiva. Conclusa la stagione balneare, dinnanzi al rifiuto del concessionario di (*) Dottorando in Diritto Comparato - Universit degli Studi di Palermo, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. adempiere allobbligo di smontaggio, la P.A. competente adottava il decreto di decadenza dalla concessione demaniale ai sensi dellart. 47, co. 1, lett. f), C.N. Contro tale provvedimento, allora, ricorreva la societ titolare della concessione de qua, chiedendone lannullamento. Con la sentenza oggetto del presente commento, il T.A.R. Palermo ha ritenuto di accogliere le doglianze del concessionario, annullando il provvedimento decadenziale impugnato. Le argomentazioni offerte dai decidenti sono diverse e variamente articolate. Tra queste, in considerazione del tema trattato, merita particolare attenzione linterpretazione letterale e sistematica della norma oggetto di applicazione. Secondo il Collegio, infatti, la disciplina di cui allart. 2, L.r. n. 15/2005 sarebbe chiara nellevidenziare lestensione annuale del titolo concessorio, previa comunicazione dellintenzione del concessionario di voler destagionalizzare lattivit. E ci in quanto si tratterebbe di una disposizione che, nellevidente intento di favorire lo sviluppo delle attivit turistiche anche oltre il consueto orizzonte temporale, avrebbe operato una estensione ex lege dei relativi titoli abilitativi, privando lautorit demaniale del potere di subordinare tale estensione ad una valutazione discrezionale propriamente intesa, posto che i concessionari possono avvalersi della concessione demaniale, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono gi in possesso per le attivit stagionali estive. Per corroborare questa interpretazione, il giudice fa uso dellargomento analogico, citando in particolare la giurisprudenza in materia di d.i.a. (oggi s.c.i.a.) e ritenendo, essenzialmente, possibile tracciare un parallelo tra la disciplina regionale in discorso e lo schema di funzionamento proprio della d.i.a., nel senso che la legittimazione del privato allesercizio dellattivit non pi fondata sullatto di consenso della P.A., secondo lo schema norma-potere- effetto, ma una legittimazione ex lege, secondo lo schema normafatto- effetto, in forza del quale il soggetto abilitato allo svolgimento dellattivit direttamente dalla legge, la quale disciplina lesercizio del diritto eliminando lintermediazione del potere autorizzatorio della P.A. Sulla base di questa premessa, il giudice ha ritenuto che il provvedimento decadenziale emesso dallautorit demaniale fosse tamquam non esset, posto che detta autorit non avrebbe potuto annullare o revocare la concessione demaniale per non aver il concessionario ottemperato a un provvedimento (il diniego di destagionalizzazione) non previsto dalla legge come tipologia provvedimentale, proprio perch la legge stessa escluderebbe un potere condizionante lesercizio delle relative facolt dei concessionari, sicch nessun inadempimento agli obblighi derivanti dalla concessione potrebbe essere loro imputato. Lunica via percorribile dalla P.A., secondo i giudici, avrebbe potuto essere quella di agire in autotutela ove circostanze e/o fatti nuovi avessero inciso sulla perdurante conformit alla legge e allinteresse pubblico dellassetto dinteressi fissato nella concessione demaniale. La sentenza in commento, peraltro, riconosce che la ricostruzione cos operata dellassetto normativo applicabile indebolisce, in modo problematico, il controllo amministrativo sulle attivit private esercitate sul demanio marittimo, riducendo drasticamente i poteri dellautorit pubblica competente; tuttavia, nella medesima decisione si legge come tale circostanza non costituirebbe valida ragione per praticare una interpretazione della disposizione in esame contraria al suo significato normativo e al suo chiaro tenore testuale. Come si pu agevolmente scorgere da una rapida lettura di quanto fin qui evidenziato, il Collegio giudicante, nellinterpretare la normativa applicabile, sembra aver impostato la propria analisi essenzialmente sul dato, nudo e crudo, di matrice giuridico-formale, senza apparentemente interrogarsi sulla praticabilit sistematica di tale operazione ermeneutica. Ci che, allora, si cercher di comprendere, in altre parole, riguarda leffettiva possibilit di discutere dellapplicabilit di uno schema marcatamente liberalizzatore - tale essendo il modulo norma-fatto-effetto, pensato in materia di d.i.a. - ad una classe di beni, quali quelli appartenenti al demanio marittimo, nonch ad un genus provvedimentale - la concessione demaniale connotati da una spiccata singolarit. Tale tentativo di ricostruzione sistematica, dunque, non pu che passare attraverso la considerazione delle menzionate specificit, in assenza di un dato normativo utilizzabile per offrire una rapida soluzione al problema che si intende in questa sede risolvere. 3. Lo schema norma-fatto-effetto vs. norma-potere-effetto. Secondo la ricostruzione operata dal Tar Palermo, la norma di cui allart. 2, L.r. n. 15/2005 rientrerebbe nellalveo di quelle disposizioni mediante le quali il Legislatore - regionale, nel nostro caso -, in presenza di presupposti normativamente stabiliti, consente lacquisizione da parte del privato istante di un titolo abilitativo allesercizio di unattivit direttamente autorizzata dalla legge. In questo senso, dunque, prende forma e consistenza la dinamica normafatto- effetto, giacch il privato concessionario, nellipotesi qui considerata, non avrebbe bisogno di alcuna intermediazione dellAmministrazione per esercitare una facolt che direttamente la legge gli riconosce, quella di mantenere la struttura balneare montata anche durante il periodo invernale per lesercizio delle attivit collaterali alla balneazione. Nellinterpretazione datane dai giudici parlermitani, infatti, sarebbe sufficiente la mera comunicazione di tale volont, per poter legittimamente estendere lefficacia della concessione demaniale anche al periodo invernale. Adottando, dunque, la prospettiva dellAmministrazione al momento del rilascio e/o del rinnovo di una concessione demaniale, la posizione del Collegio giudicante nel senso che questa non potrebbe comprimere un diritto, che la legge riconosce espressamente al concessionario, imponendo clausole che obblighino questultimo a smontare le attrezzature nel periodo invernale, stabilendo la sanzione della decadenza dalla concessione a presidio delladempimento di tale obbligo. Al contrario, una volta rilasciata la concessione, questa, anche se limitata temporalmente al periodo estivo, suscettibile di essere estesa anche al periodo invernale sulla base della semplice comunicazione del concessionario, senza possibilit per lAmministrazione di valutare la perdurante compatibilit tra linteresse particolare alla destagionalizzazione e linteresse pubblico alla tutela del demanio marittimo. Da un punto di vista squisitamente letterale, del resto, la norma applicata sembra chiara nellabilitare i concessionari ad avvalersi della concessione demaniale in corso di validit anche per lo svolgimento delle attivit collaterali alla balneazione durante il periodo invernale, ritenendo sufficiente in tal senso la previa comunicazione di prosecuzione dellattivit. Questo stato di cose, di per s, non pone particolari interrogativi. La conformazione del rapporto tra cittadino e Amministrazione secondo logiche basate su modalit relazionali che non prevedono un intervento espresso della seconda sono, allevidenza, entrate a far parte stabilmente del moderno diritto amministrativo ormai da molto tempo. Si tratta, infatti, di moduli procedimentali che - partendo dallidea per la quale una regolazione amministrativa invasiva delle attivit economiche private una strategia largamente perdente, poich si pone contro lesigenza di celerit - ha spinto il legislatore a preferire forme di regolazione delliniziativa economica improntate tendenzialmente al principio della libert di accesso e di svolgimento. In questo senso, le innumerevoli ipotesi di silenzio significativo e la s.c.i.a. costituiscono espressione di questo nuovo assetto delle relazioni tra amministrante e amministrato. In particolare, la disciplina della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) - che la sentenza in commento pure richiama -, ponendosi in linea con la logica evidenziata, ha visto ridurre sempre pi lo spazio riconosciuto allAmministrazione, oggi ammesso solamente ex post e per un periodo di tempo limitato, decorso il quale lintervento amministrativo ammesso in ipotesi assolutamente eccezionali e previo esaurimento di rimedi alternativi. Tuttavia, adottando un prospettiva di sistema, bench oggi listituto della s.c.i.a. goda di un ambito di applicazione molto vasto che interessa, anche trasversalmente, fattispecie tra loro molto diverse, sembra comunque possibile individuare alcuni connotati indefettibili dellistituto in discorso, i quali, a parere di chi scrive, possono essere considerati espressione di regole generali che governano lormai silenzioso dialogo tra P.A. e privati. Un primo connotato riguarda la posizione del privato nei rapporti con lAmministrazione. un dato largamente acquisito, infatti, che lo schema norma-fatto-effetto, comportando una prevalenza della sfera della libert pri vata rispetto alla sfera autoritativa dellagire amministrativo, ammissibile solo ove la situazione giuridica che il privato intenda esercitare - e per la quale segnala il suo esercizio - appartenga gi al di lui patrimonio (in senso giuridico, ovviamente). Nonostante, a seguito delle recenti modifiche dellart. 19, L. n. 241/90, il Legislatore abbia apertamente escluso il carattere propriamente autorizzatorio della s.c.i.a., non si pu non considerare come tale istituto rimanga, nei fatti, un potente strumento abilitativo per il privato il quale, salva la responsabilit penale per la mendacit delle autodichiarazioni, a seguito della segnalazione, messo nelle condizioni di poter esercitare, ad esempio, la libert di iniziativa economica che gi la Costituzione gli riconosce. Non vi , dunque, lattribuzione di alcuna nova utilitas, bens il venir meno di ostacoli allesercizio di una libert di cui il privato gi titolare. In secondo luogo - ed in diretta conseguenza di ci che si detto - lo stesso art. 19, co. 1, L. n. 241/90 espressamente esclude dallambito di applicazione della s.c.i.a. i casi in cui, per lesercizio di una determinata attivit, sia necessario un atto per il cui rilascio non sia sufficiente il semplice accertamento dei presupposti richiesti dalla legge. Al di l dellapplicabilit diretta della s.c.i.a. alla fattispecie concreta considerata nel presente scritto - la quale certamente da escludere - il riferito art. 19, co. 1, pu essere considerato come espressione di un principio generale in tema di operativit dello schema norma-fattoeffetto; ci che si vuole sostenere, in altri termini, che una tale logica procedimentale pu presiedere al rapporto tra Amministrazione e privato solo qualora la prima sia chiamata a svolgere una funzione meramente ricognitiva dei presupposti richiesti dalla legge. Ove, al contrario, allAmministrazione si demandasse lesercizio di competenze ulteriori, si fuoriuscirebbe dalla dinamica norma-fatto-effetto per entrare nello schema norma-potere-effetto. Tale modello, al contrario del precedente, intimamente connesso alla stessa nozione di discrezionalit amministrativa: immanente ad esso , dunque, la ponderazione di interessi di diversa natura e segno con linteresse pubblico primario. La funzione di controllo affidata allamministrazione , ovviamente, maggiormente vicina a tale schema. , cio, la ponderazione tra opposti interessi che impone un intervento dellAmministrazione a composizione del riferito contrasto, avendo come scopo la cura dellinteresse pubblico secondo principi di proporzionalit. Le superiori affermazioni vanno, dunque, applicate in riferimento al rapporto tra demanio marittimo e relativa concessione. 4. Il demanio marittimo e le concessioni demaniali. Con riferimento al demanio marittimo, pi che al semplice aspetto definitorio, in questa sede bisogna volgere lo sguardo alla funzione che esso assolve nel quadro della ricerca e della tutela dellinteresse pubblico alla sua fruizione. Nella ricostruzione di tale profilo, certamente non inedito, meritano di essere richiamate le pi recenti acquisizioni cui pervenuta la giurisprudenza, giovandosi di rimarchevoli contributi dottrinali. Il riferimento , in particolare, alla notissima SS.UU. Cassazione Civile, n. 3665/2011, la quale ha posto le basi per la costruzione di un nuovo paradigma di demanio. In tempi di attenzione ai rigori di bilancio e contabilizzazione dei valori ambientali e culturali, la Cassazione ha attinto a piene mani ad una concezione lato sensu giusnaturalistica del demanio, capace di svincolarsi dalla tradizionale e formalistica classificazione tassativa prevista dalla legge, per diventare strumento di realizzazione e soddisfazione dei bisogni della persona umana. In particolare, nella menzionata sentenza, si osserva come, dagli artt. 2, 9 e 42 Cost., si ricavi il principio della tutela della umana personalit e del suo corretto svolgimento nell'ambito dello Stato sociale, anche nell'ambito del "paesaggio", con specifico riferimento non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa-codicistica, il demanio e il patrimonio oggetto della "propriet" dello Stato, ma anche riguardo a quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell'intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettivit. Linterpretazione sistematica di cui si discute, per - anche grazie allinflusso della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dellUomo - si lasciata alle spalle lasettica nozione illuministica di soggetto per porre al proprio centro la nozione di persona umana, da rendere effettiva, oltre che con il riconoscimento di diritti inviolabili, anche mediante "adempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale"; emerge, cos, l'esigenza interpretativa di guardare al tema dei beni pubblici oltre una visione prettamente patrimoniale-proprietaria per approdare ad una prospettiva personale- collettivistica. Tale mutamento paradigmatico, tuttavia, passa per una riqualificazione del soggetto che, formalmente, il titolare del demaine, cio lo Stato. Invero, pi che allo Stato-apparato, quale persona giuridica pubblica individualmente intesa, deve farsi riferimento allo Stato-collettivit, quale ente esponenziale e rappresentativo degli interessi della collettivit e quale ente preposto alla effettiva realizzazione di questi ultimi. In questo modo si approda ad una nuova demanialit, intesa come duplice appartenenza alla collettivit ed al suo ente esponenziale, dove la seconda [n.d.r. demanialit] (titolarit del bene in senso stretto) si presenta, per cos dire, come appartenenza di servizio che necessaria, perch questo ente che pu e deve assicurare il mantenimento delle specifiche rilevanti caratteristiche del bene e la loro fruizione. La prospettiva test adottata, allora, permette di comprendere meglio la particolarit della concessione demaniale (data dal peculiare scopo che la potest amministrativa corrispondente assolve). Bench lindagine attorno alla natura dello strumento concessorio sia stata al centro di un secolare dibattito dottrinale - sul quale, pi recentemente, ha influito notevolmente anche la prospettiva marcatamente economica del diritto europeo - pare potersi sostenere, alla luce della premessa fatta in merito alle caratteristiche del demanio marittimo, che la concessione demaniale marittima, rispetto alle altre tipologie di concessione (ad es. la concessione di servizi), conservi una connotazione fortemente dipendente dalle peculiarit del bene pubblico che ne forma loggetto. Pi nel dettaglio, alla concessione demaniale non pu essere sic et simpliciter ricollegata la funzione di permettere lo sfruttamento economico di un bene ma, riprendendo la concezione tradizionale, si deve rivendicare la sua identit di strumento attraverso il quale lAmministrazione attribuisce al concessionario utilitates che esulano dalla di lui sfera giuridica e che appartengono allAmministrazione medesima, nellesercizio, insomma, di un potere discrezionale. Orbene, essendo lAmministrazione la titolare del bene demaniale, al momento della distrazione di tale bene dalla sua naturale destinazione alluso generale, essa deve poter essere in grado di effettuare una valutazione ad ampio spettro della compatibilit tra uso particolare e interesse demaniale, questultimo da intendersi nellaccezione sopra delineata. Ove si disconoscesse il potere/dovere dellAmministrazione, intesa quale ente esponenziale della collettivit, di esercitare tale valutazione discrezionale, tanto al momento del rilascio della concessione, quanto durante il rapporto concessorio, si si porrebbe insanabilmente in contrasto con la ricostruzione delle SS.UU. ut supra descritta, che, al contrario, impone - rimarcando la doverosit della bona gestio - un perdurante controllo e la costante cura del bene demaniale, il quale, come detto, assume un ruolo fondamentale per la piena realizzazione della personalit di ciascun consociato e non del solo concessionario. 5. Non sussumibilit del modello concessorio demaniale nello schema norma-fatto-effetto. Enucleate le magmatiche regole di sistema che governano la materia de qua, pare potersi procedere alla soluzione del problema affrontato, cercando di giustapporre le diverse considerazioni fin qui condotte in merito, da un lato, al modello norma-fatto-effetto, e dallaltro, alle connotazioni della concessione demaniale. Tirando le fila del discorso pare, infatti, possibile escludere unapplicazione indiscriminata del modulo norma-fatto-effetto alle concessioni demaniali, tanto nella fase del loro rilascio, quanto nella fase della conformazione delle facolt del concessionario, quanto ancora nella fase della gestione del rapporto di concessione. In primo luogo, osta lendemica incompatibilit tra lessenza traslativa della concessione e la qualit latamente autorizzatoria del modello liberalizzatorio. Con la prima, infatti, lAmministrazione trasferisce in capo al privato un diritto o una posizione di vantaggio al concessionario, senza per privarsi del potere di riappropriarsene; con la seconda, al contrario, la legge rimuove una o pi barriere interposte tra il privato e lesercizio di un diritto o di unutilit di cui egli gi titolare. In secondo luogo, le caratteristiche del demanio impongono, per le ragioni sopra esposte, che lAmministrazione valuti la compatibilit tra uso particolare e uso generale. Con riferimento espresso alla fattispecie da cui ha preso spunto questo commento, ammettere la compressione delle legittime attribuzioni dellAmministrazione, significherebbe impedire, nei fatti, lesercizio della discrezionalit alla stessa demandata dalla legge e che alla stessa riconosce, in chiave funzionalistico/umanistica, la pi recente giurisprudenza. Pertanto, in sede di rilascio di una concessione, lAmministrazione, ove ritenga che la compatibilit tra uso particolare e uso generale possa essere assicurata solo limitando lefficacia della concessione al periodo estivo, deve potere inserire unapposita clausola nel titolo concessorio che imponga al privato lo smontaggio della struttura al termine del periodo balneare e, in caso di contravvenzione allobbligo cos imposto, deve poter intervenire con un provvedimento inibitorio. Come, allora, conciliare lapparente tranciante portata della norma regionale - che parla di comunicazione del privato - con la permanenza di un potere discrezionale in capo allAmministrazione? a) una prima soluzione - e anche la pi semplice - potrebbe indurre a qualificare lutilizzo del termine comunicazione come una svista del legislatore. Un tale argomento - certo supportato dalla sempre pi scadente tecnica di redazione legislativa lamentata dalla dottrina - non ha per autonoma capacit probante; b) volendo, al contrario, ritenere intenzionale la scelta del legislatore, potrebbe sostenersi che questultimo minus dixit quam voluit. In altre parole, il legislatore, da un lato, ha ammesso una oggettiva semplificazione dei rapporti tra concedente e concessionario, abilitando questultimo alla destagionalizzazione, previa comunicazione di tale intenzione e, dallaltro, ha fatto salvo il potere, comunque irrinunciabile, della P.A. di intervenire se, a seguito delle proprie valutazioni, ritenga e adeguatamente motivi linopportunit di assentire la destagionalizzazione per contrasto tra il prospettato interesse particolare e luso generale. Questa seconda soluzione sembra certamente preferibile. In primo luogo, come anticipato, si garantisce lutilit del dato testuale, senza per rinunciare alla possibilit che, ove ritenuto opportuno, lAmministrazione intervenga a salvaguardia del litorale concesso. In secondo luogo, tale ricostruzione della normativa applicabile non impedisce che lAmministrazione, sempre secondo una valutazione di opportunit alla stessa demandata, possa conformare il contenuto concreto di una concessione demaniale allesito della riferita ponderazione, con la conseguenza che, come successo nella fattispecie oggetto del commento, nulla osta a che lAmministrazione inserisca nel corpo della concessione una clausola che imponga al concessionario lo smontaggio dello stabilimento al termine della stagione balneare. In terzo luogo, alcune utili indicazioni provengono altres dalla giurisprudenza amministrativa siciliana e non solo. In ambito prettamente regionale, infatti, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, allatto di applicare la norma di cui allart. 2, L.r. n. 15/2005, pur senza lanciarsi in obiter dicta in merito alla portata della medesima, ha tassativamente escluso che da essa discenda un limite e/o una compressione delle attribuzioni del- lAmministrazione. Pertanto, allevidenza, la considerazione finale che si ritiene di poter trarre, oltre alle conclusioni gi ampiamente argomentate, riguarda il delicatissimo ruolo del giudice: come osservato da attentissima dottrina, in un periodo, quale quello attuale, in cui il diritto amministrativo predilige, per salvaguardia di superiori e - purtroppo - irrinunciabili imperativi economici, moduli procedimentali in cui lintervento pubblico espresso assume carattere recessivo, il giudice deve poter assicurare quella sensibilit che permetta di mediare le scelte di stimolo alleconomia con linsacrificabile tutela dei fondamentali interessi pubblici collettivi. Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Palermo, Sezione I, sentenza 25 luglio 2013, n. 1543 -Pres. ff. Cabrini, Est. Tulumello - Playa Bonita s.a.s. & C. (avv. Spatafora) c. Presidenza della Regione Siciliana - Assessorato Regionale Territorio e Ambiente (avv.distr. Stato). Lart. 2, co. II, L.r. Sic. n. 15/05 disposizione che, nellevidente intento di favorire lo sviluppo delle attivit turistiche anche oltre il consueto orizzonte temporale, ha operato una estensione ex lege dei relativi titoli abilitativi, privando lautorit preposta al rilascio di tali concessioni del potere di subordinare tale estensione ad una valutazione discrezionale propriamente intesa; e ci perch i concessionari, sulla base del testo di tale norma, possono avvalersi della concessione demaniale in corso di validit, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono gi in possesso per le attivit stagionali estive. 1. Con ricorso notificato il 14 giugno 2013, e depositato il successivo 4 luglio, la societ ricorrente ha impugnato il decreto del Dirigente Generale dell'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, recante il n. 316 del 30/04/2013, con cui alla societ stessa stata "dichiarata de- caduta, ai sensi dell'art. 47, lettere c) ed f) del C.N. e dell'art. 26 del R.C.N.", la concessione demaniale marittima n. 193/2012 del 17/05/2012, rilasciata alla ricorrente per realizzare uno stabilimento balneare ad uso pubblico. Si costitutita in giudizio, per resistere al ricorso, lamministrazione regionale intimata, senza peraltro svolgere difese scritte, n produrre documentazione. Con decreto monocratico n. 467 del 9 luglio 2013, stata accolta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato. Alludienza camerale del 24 luglio 2013, il ricorso stato trattenuto in decisione sulla domanda cautelare. Il Collegio ritiene di potere adottare la tipologia di provvedimento decisorio di cui allart. 60 d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, in ragione della ritualit delle modalit di instaurazione del contraddittorio e della completezza dello stesso, nonch della superfluit di ulteriore istruzione della causa e comunque dellassenza delle cause ostative previste dal citato art. 60. 2. Il provvedimento impugnato ha pronunciato la decadenza dalla concessione demaniale marittima sulla base del preteso inadempimento consistito nel non aver smontato le attrezzature balneari nel periodo invernale. Contro tale provvedimento la societ ricorrente deduce Eccesso di potere per contraddittoriet del comportamento dellazione amministrativa. Violazione di legge in riferimento alla Legge 26.02.2010 n. 25. Violazione di legge in materia di aziende turistico-balneari. Illegittimit del- lazione amministrativa. Difetto di motivazione. Illegittimit dellazione amministrativa anche per violazione della legge 241/90, cos come recepita dalla Regione Siciliana n. 10/1991. In fatto, la ricorrente deduce di avere mantenuto le attrezzature balneari previa comunicazione di tale attivit allamministrazione, ai sensi dellart. 2 della l.r. 15/2005. 3. Osserva il Collegio, in sede di ricostruzione della disciplina applicabile, propedeutica alla decisione del ricorso, che il citato articolo 2 era stato in un primo momento abrogato dallart. 11, comma 47, L.R. 9 maggio 2012, n. 26; successivamente detto comma 47 stato abrogato, a sua volta, dallart. 12, L.R. 10 agosto 2012, n. 47: che, in pari tempo, ha disposto, in conseguenza della suddetta abrogazione, la reviviscenza, con la medesima decorrenza, della disposizione originariamente abrogata (Il comma 47 dell'articolo 11 della legge regionale 9 maggio 2012, n. 26 abrogato, e per gli effetti rivivono l'articolo 2 ed i commi 2 e 3 dell'articolo 3 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15). La disciplina richiamata chiara nellevidenziare lestensione annuale del titolo concessorio, previa comunicazione di prosecuzione dell'attivit. La sentenza n. 2257/2011 di questa Sezione (confermata con sentenza del C.G.A. n. 782/2012), citata nella motivazione del provvedimento impugnato a sostegno dellinterpretazione ivi sostenuta, non ha affatto proposto una diversa ricostruzione in diritto, tale da legittimare lesistenza di un potere discrezionale circa il prolungamento ultra-stagionale delle attivit oggetto della concessione: ma, in una fattispecie del tutto peculiare, caratterizzata dalla riscontrata mancanza di un provvedimento di altra amministrazione relativo alla compatibilit con un interesse pubblico diverso da quello curato dallautorit preposta alla gestione del demanio marittimo, ha rilevato che la parte ricorrente non si era ritualmente munita di tale provvedimento. La stessa sentenza, del resto, ricorda che con ordinanza cautelare n. 785/2010 era stata sospesa lefficacia del provvedimento impugnato; tale ordinanza motivata con riferimento al rilievo che il ricorso appare supportato da sufficiente fumus boni iuris, avuto riguardo al tenore della norma di cui allart. 2 della legge regionale 15/2005, per come gi interpretata da questo Tribunale, ed alla concreta scansione del procedimento amministrativo seguito alla comunicazione della ricorrente di prosecuzione dellattivit. Il successivo rigetto, nel merito, del ricorso, consegue dunque ad una specifica e peculiare vicenda procedimentale, e non esprime pertanto un principio estensibile ad altre e diverse si tuazioni e, soprattutto, generalizzabile nel senso di una lettura della disposizione regionale in commento che si risolva in una interpretatio contra legem. 4. Quanto alle modalit di produzione delleffetto giuridico abilitativo (lestensione ultra-stagionale del titolo), la fattispecie in esame ricalca lo schema norma-fatto-effetto, laddove il provvedimento impugnato, al punto c) della motivazione, pretende di rivendicare un potere discrezionale in materia (schema: norma-potere-effetto; la distinzione, elaborata da autorevole dottrina, richiamata da Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 9 febbraio 2009, n. 717, in materia di d.i.a.: la legittimazione del privato allesercizio dellattivit non pi fondata, infatti, sullatto di consenso della P.A., secondo lo schema norma-potere-effetto, ma una legittimazione ex lege, secondo lo schema norma-fatto-effetto, in forza del quale il soggetto abilitato allo svolgimento dellattivit direttamente dalla legge, la quale disciplina lesercizio del diritto eliminando lintermediazione del potere autorizzatorio della P.A.). Il Collegio non ignora che la citata decisione del CGA, n. 782/2012, contiene invece unaffermazione di segno diverso: la legge citata demanda pur sempre allAmministrazione una valutazione circa la compatibilit del protrarsi delloccupazione con gli interessi pubblici coinvolti. Lo stesso C.G.A. sembra avere per successivamente operato un revirement giurisprudenziale: confermando, con lordinanza n. 312/2013, lordinanza di questa Sezione n. 223/2013, nella quale si affermato, accogliendo la domanda cautelare proposta contro un provvedimento analogo a quello oggetto del presente giudizio, che lart. 2 della l.r. n. 15/2005 (.) presuppone una comunicazione e non una autorizzazione. Al di l di tale dato, tuttavia, lesegesi della disposizione in esame ad apparire inconciliabile con laffermazione di una produzione di effetti giuridici collegata allesercizio del potere e non alla legge. 5. La disciplina legale della fattispecie identica, sotto questo punto di vista, alla fattispecie prevista dallart. 20, primo comma, della legge regionale n. 4 del 2003, che ha stabilito che In deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggetti a concessioni e/o autorizzazioni n sono considerati aumento di superficie utile o di volume n modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati 50 e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla-osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo. In relazione a tale disposizione, la sentenza n. 2989/2006 di questo T.A.R. che, utilizzando le medesime categorie successivamente valorizzate dalla citata decisione n. 717/2009 del Consiglio di Stato, aveva gi affermato che Nella definizione legale delle facolt edificatorie del proprietario viene dunque esclusa lintermediazione di un potere amministrativo il cui esercizio produca un effetto costitutivo sulla posizione giuridica del titolare del diritto dominicale, secondo lo schema norma-fatto-effetto. Ne consegue che il provvedimento con il quale lamministrazione comunale qualifichi diversamente le opere in questione, rispetto alla comunicazione effettuata al proprietario, non ha effetto conformativo sul regime delle opere stesse, e sul contenuto del diritto immobiliare. Si tratta di un atto avente natura dichiarativa inidoneo, se non impugnato, ad alterare il contenuto della propriet edilizia, siccome direttamente individuato dalla fonte legale: tanto che lo stesso provvedimento comunale di cui concretamente si discute nel caso di specie (nota prot. 13595 del 30 giugno 2004), ha il seguente contenuto testuale: Con la presente si riferisce che la comunicazione in oggetto non produce nessuno effetto in quanto le opere che intende regolarizzare, per i motivi sopra esposti, non rientrano tra quelle previste dallart. 20 della L.R. 4/2003. Si tratta di una dichiarazione con la quale lamministrazione mostra di non voler ritenere efficace la comunicazione ex art. 20, non condividendo la qualificazione delle opere che ne sono oggetto: un simile dichiarazione, non incidendo sul regime giuridico dellarea (come avviene nel caso di diniego di provvedimento abilitativo), non produce alcun effetto lesivo nella sfera giuridica dellinteressato, che non dunque onerato della sua impugnazione, essendo direttamente la legge la fonte del diritto di edificare (nella misura in cui la fattispecie concreta sia ricompresa nellambito di quella astratta). In detta sentenza si pure osservato, a proposito della disposizione oggetto di quel giudizio, che si tratta di una norma marcatamente liberalizzatrice, espressione di una politica urbanistica che opera un forte depotenziamento del controllo comunale sulle attivit edilizie (che sotto questo profilo pu essere oggetto di valutazioni critiche e di preoccupazioni delle amministrazioni locali in punto di difesa del territorio da usi incompatibili), ma che nel suo tenore letterale, e nei suoi effetti applicativi, oltremodo chiara. 6. Valutazioni di identico tenore, evidentemente anche problematico, vanno ripetute con riferimento allart. 2 della l.r. 15/2005. Si tratta di una disposizione che, nellevidente intento di favorire lo sviluppo delle attivit turistiche anche oltre il consueto orizzonte temporale, ha operato una estensione ex lege dei relativi titoli abilitativi (non solo demaniali), privando lautorit preposta al rilascio di tali concessioni del potere di subordinare tale estensione ad una valutazione discrezionale propriamente intesa: dal momento che i concessionari possono avvalersi della concessione demaniale in corso di validit, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono gi in possesso per le attivit stagionali estive. Dal che si ricava che non solo il titolo demaniale, ma anche quelli relativi ad interessi pubblici concorrenti, ove rilasciati, mantengono la loro efficacia e validit non solo per il periodo estivo, ma per tutto lanno; il che, per alcuni di essi, appare del resto ragionevole, posto che lesito positivo della valutazione di compatibilit fra interessi pubblici e interesse privato cui subordinato il rilascio di tali titoli non soggiace, salvo specifiche e peculiari situazioni, ad un orizzonte temporale stagionale: si pensi alla valutazione di compatibilit estetico-culturale, che, ove operata positivamente, non si presta di regola a differenti declinazioni riferite a diversi periodi del medesimo anno). Naturalmente questo assetto normativo indebolisce, anche in modo problematico, il controllo amministrativo sulle attivit private esercitate sul demanio marittimo, perch riduce drasticamente, in esito ad una precisa scelta politica del legislatore regionale, i poteri dellautorit pubblica competente alla gestione del demanio marittimo (peraltro, con riferimento al solo profilo dellestensione temporale): il che, tuttavia, e con tutte le riserve possibili, non costituisce una valida ragione per praticare una interpretazione della disposizione in esame contraria al suo significato normativo e al suo chiaro tenore testuale. 7. Allamministrazione rimane dunque un potere di verifica circa la effettiva ascrivibilit delle attivit collaterali che il concessionario intende svolgere al novero ristretto delle ipotesi in cui lart. 1 della stessa legge n. 15/2005 consente lesercizio di attivit sui beni demaniali marittimi (C.G.A., 782/2012, cit.). In relazione a questo profilo, lart. 1 della L. R. 19 aprile 2007, n. 10, ha stabilito che Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, si applicano a tutte le fattispecie previste dall'articolo 1 della medesima legge (vale a dire a: gestione di stabilimenti balneari e di strutture relative ad attivit sportive e ricreative; esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; costru zione, assemblaggio, riparazione, rimessaggio anche multipiano, stazionamento, noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, nonch l'esercizio di attivit di porto a secco, cantieri nautici che possono svolgere le attivit correlate alla nautica ed al diporto, comprese le attivit di commercio di beni, servizi e pezzi di ricambio per imbarcazioni; esercizi diretti alla promozione e al commercio nel settore del turismo, dell'artigianato, dello sport e delle attrezzature nautiche e marittime; porti turistici, ormeggi, ripari, darsene in acqua o a secco, ovvero ricoveri per le imbarcazioni e natanti da diporto). Infine lart. 2, comma 1, della citata legge regionale n. 10/2007 ha stabilito che I manufatti precari esistenti sul demanio marittimo, destinati all'esercizio delle attivit di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, realizzati alla data del 2 dicembre 2005, oggetto di concessione demaniale marittima e che siano stati riconosciuti conformi agli strumenti urbanistici alla stessa data vigenti, possono essere autorizzati anche in deroga ai parametri di altezza, sagoma, cubatura, superficie coperta e fronte mare, previsti dai Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati con decreto del- l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente. 8. Una esegesi di tali disposizioni contenuta nella citata ordinanza n. 223/2013 di questa Sezione (confermata, come ricordato, dalla pure richiamata ordinanza n. 312/2013 del C.G.A.), che ha in proposito chiarito che lart. 2 della l.r. n. 15/2005 appare applicabile non solo agli stabilimenti balneari, ma anche alle spiagge libere attrezzate ed alle aree attrezzate, in considerazione della esigenza di favorire la prosecuzione della gestione. Ne consegue che lautorit preposta alla gestione del demanio marittimo nellesercizio del potere di autotutela non pu legittimamente annullare o revocare la concessione demaniale per non avere il concessionario ottemperato a un provvedimento (il diniego di de-stagionalizzazione delle attivit suddette) che non previsto dalla legge come tipologia provvedimentale, proprio perch la legge stessa esclude un potere condizionante lesercizio delle relative facolt dei concessionari. Si tratta, allevidenza, di due piani diversi e non sovrapponibili: lamministrazione pu sempre, acquisendo fatti ed interessi tali da incidere sulla perdurante conformit alla legge e allinteresse pubblico dellassetto dinteressi fissato dalla concessione demaniale, agire in autotutela rispetto a tale concessione; ma non pu utilizzare, quale fatto legittimante la revoca o lannullamento, lasserito inadempimento consistente nella mancata ottemperanza al diniego di de-stagionalizzazione, giacch in tale fattispecie la legge stessa che conforma (in senso abilitante) le facolt del concessionario, sicch nessun inadempimento agli obblighi derivanti dalla concessione pu essergli imputato. Porre alla base dellesercizio dellautotutela la mancata osservanza di un provvedimento che non avrebbe potuto essere emanato, significa vanificare gli effetti della norma di legge che direttamente abilita il concessionario alla de-stagionalizzazione, escludendo un concorrente potere abilitante dellamministrazione. 9. Nel caso di specie gli elementi allegati (compatibilit ambientale, ed altro) sono stati dal- lamministrazione ritenuti ostativi al mantenimento della concessione non ex se, ma in quanto gi posti a fondamento del diniego di destagionalizzazione, cui il concessionario non si adeguato ritenendo perfezionata la fattispecie abilitante con linvio della comunicazione. Il citato art. 2 ha disciplinato, in ambito regionale, una intera tipologia provvedimentale, conformando ex lege lassetto dei relativi interessi, sicch rispetto alla volont del concessionario di prolungamento diacronico degli effetti del titolo leventuale provvedimento di diniego, propedeutico al riscontro di un preteso inadempimento del concessionario, - per quanto finora argomentato - tamquam non esset. 10. Nonostante il tema sia ampiamente sviluppato in ricorso, appare secondario nella presente fattispecie il profilo della proroga legale della concessione demaniale marittima. In ogni caso il Collegio non pu che ribadire in proposito quanto gi chiarito nella motivazione dellordinanza n. 223/2013 (sopra richiamata), nel senso che le concessioni demaniali marittime presupposte sono state prorogate ex art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009, nel testo vigente, come riconosciuto dalla Giunta regionale con la delibera n. 397/2012. N, il caso di aggiungere, la Giunta regionale avrebbe potuto fare diversamente: posto che le regioni, anche ad autonomia speciale, non sono titolari di alcun titolo competenziale in una materia che, incidendo direttamente sulla tutela della concorrenza, di competenza esclusiva statale. Nella specie, peraltro, la rilevanza teorica di un ipotetico spazio per lintervento normativo regionale ulteriomente e definitivamente preclusa dalla circostanza che il citato decreto-legge n. 194/2009, convertito dalla legge 25/2010, presenta profili rilevanti in relazione alladattamento al diritto dellU.E., in quanto la fissazione di un termine certo per lapertura al mercato delle concessioni demaniali marittime, in esso contenuta, ha costituito oggetto di valutazione nellambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, chiusa in data 27 febbraio 2012 per effetto dellemanazione dellarticolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010). Successivamente, larticolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012, novellando larticolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015. Infine, larticolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilit 2013) ha esteso le previsioni dellarticolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto il demanio marittimo, per concessioni con finalit sportive; il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalit turistico-ricreative e sportive; i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto. Ne consegue che la disciplina statale relativa alla proroga del termine di scadenza delle concessioni demaniali in essere non pu che operare ope legis - in quanto, tra laltro, necessaria ad assicurare un ragionevole e compatibile bilanciamento fra esigenze nazionali, non declinabili su scala regionale, e necessit dellapertura del settore al mercato imposte dal diritto dellU.E. - anche in ambito regionale siciliano. 11. Un ulteriore profilo di censura concerne il rapporto fra la disposizione in esame, e le concessioni demaniali marittime rilasciate dopo la sua entrata in vigore che contengano lindicazione di una efficacia temporale limitata al periodo estivo. Il citato art. 2 subordina la prosecuzione della attivit oltre il periodo estivo all'inoltro di apposita comunicazione all'autorit concedente. Conseguentemente la circostanza che la concessione avesse una durata limitata alla stagione estiva e onerasse il titolare della dismissione degli impianti alla fine della stessa, non ha alcun rilievo contrario. Al concessionario attribuita, dalla legge, la titolarit di una facolt di estensione temporale; egli pu valutare sulla convenienza di una prosecuzione della gestione dello stabilimento oltre il limite temporale previsto dalla concessione, e pu, o meno, esercitare tale facolt. Nel secondo caso la concessione segue la scadenza naturale indicata nel provvedimento stesso (la funzione di tale indicazione ha dunque certamente un senso per lipotesi di mancato invio della comunicazione ex art. 2 l.r. 15/2005). Nel primo caso, invece, il concessionario che decida di proseguire nelle attivit oltre il termine della stagione estiva, titolare di una facolt riconosciuta direttamente dalla legge, cosicch inoltrata la comunicazione e perfezionata la fattispecie si ha una modifica successiva - per effetto della fattispecie complessa costituita dalla previsione legale, e dalla comunicazione del concessionario che manifesta la volont di avvalersene - del titolo in punto di durata. In tale evenienza lamministrazione mantiene il potere-dovere di verificare, come gi chiarito, lascrivibilit delle attivit collaterali che il concessionario intende svolgere al novero delle ipotesi di cui allart. 1 della stessa legge n. 15/2005. Lefficacia della disposizione che stabilisce la de-stagionalizzazione delle attivit sul demanio marittimo non trova dunque un limite in simili clausole provvedimentali, che pertanto non devono essere oggetto di autonoma impugnazione da parte del concessionario che intenda destagionalizzare lattivit: non fossaltro che per la funzione cui le stesse adempiono nel contesto della ricostruzione normativa - come sopra delineata - di fissazione di una durata naturale dellefficacia del titolo, prorogabile ad iniziativa del concessionario. Il senso dellindicazione del termine finale (stagionale), non dunque in contrasto con la facolt legale di proroga ultra-stagionale: del resto lo stesso art. 2 cit. non avrebbe senso se non si applicasse a provvedimenti concessori con indicazione della scadenza al termine della stagione estiva, e conseguente obbligo di smontaggio delle strutture. Se infatti la concessione non prevedesse un limite temporale, il problema che la disposizione intende disciplinare neppure si porrebbe. N pu pensarsi - senza incorrere in una interpretazione irragionevole ed illogica - di subordinare lapplicazione di una chiara norma liberalizzatrice, che intende azzerare la discrezionalit della P.A. in punto di estensione temporale degli effetti del titolo, alla espressa previsione nel titolo stesso del limite temporale oggetto dellestensione disciplinata dalla norma in questione. Ci , evidentemente, pacifico per le concessioni rilasciate successivamente allentrata in vigore dellart. 2 della l.r. n. 15/2005: tanto che, per quelle rilasciate precedentemente, lo stesso art. 2 ha previsto un regime attuativo e transitorio. 12. Infine, quanto alla circostanza relativa alla allegazione o meno, alla comunicazione ex art. 2 cit., della necessaria documentazione, il Collegio osserva che lamministrazione, costituita in giudizio, non ha contestato laffermazione della parte ricorrente circa leffettiva allegazione di tale documentazione alla comunicazione in questione. In ogni caso, appare in argomento dirimente la fondatezza della censura che deduce la violazione della disciplina statale e regionale in materia di procedimento amministrativo, non avendo lamministrazione invitato la parte ad integrare la documentazione eventualmente mancante [art. 6, comma 1, lett. b), l. 241/1990]. 13. Il ricorso pertanto fondato, e come tale devessere accolto. Sussistono le condizioni di legge, alla luce della non univocit del delineato panorama giurisprudenziale, per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per leffetto annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2013. pareri co co PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Procedimento disciplinare: termini e segreto istruttorio in pendenza di procedimento penale per medesimi fatti illetici PARERE 14/02/2014-68988, CS 36967/2012, SEZ. III, AVV. FRANCESCO MELONCELLI Viene richiesto parere in merito al rapporto intercorrente fra i procedimenti disciplinari nell'ambito del pubblico impiego, cos come previsti dagli artt. 55 ss. DLgs 30 marzo 2001, n. 165, ed i procedimenti penali aventi ad oggetto i medesimi fatti illeciti. In particolar modo viene richiesto se <>. Ci soprattutto nell<>. Con la trascritta richiesta di parere vengono, in realt, sottoposte plurime questioni, luna connessa allaltra. * * * In ordine logico, va chiarita, anzitutto, quella che riguarda lindividuazione del momento in cui lamministrazione abbia conoscenza del fatto che potrebbe dar luogo allapertura del procedimento disciplinare. In proposito, la soluzione al quesito va rinvenuta nel disposto dellart. 55 bis del DLgs 30 marzo 2001, n. 165, oltre che nei generali principi di rappresentanza organica e, quindi, dimputazione allamministrazione delle situazioni giuridiche oggettive di conoscibilit in cui si trovino i titolari dei suoi organi. La disposizione normativa menzionata individua espressamente quale sia lorgano a cui attribuita la titolarit dellesercizio del potere disciplinare: il responsabile, purch abbia qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, allorquando << prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per pi di dieci giorni>> ovvero, in tutte le altre ipotesi, <>. Dopo aver attribuito la titolarit dellesercizio della potest disciplinare in capo a specifici organi dellamministrazione, il legislatore si premurato dindicare i termini perentori dinizio e di conclusione del procedimento disciplinare. La perentoriet si evince dallultimo periodo dei commi 2 e 4 del- lart. 55 bis citato: <> (questa la formulazione del comma 2, quasi identica a quella del comma 4). I termini dinizio del procedimento sembrano decorrere in funzione della competenza amministrativa ad esercitare lazione disciplinare, ripartita secondo i criteri fissati nel comma 1 dellart. 55 bis citato. I termini decorreranno, allora, dal momento in cui il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui lavora il dipendente abbia avuto <> (comma 2 dellart. 55 bis citato), per le infrazioni di minore gravit, per le quali prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per pi di dieci giorni, ovvero, nelle altre ipotesi, dalla data di ricezione degli atti trasmessi allufficio competente per i procedimenti disciplinari ovvero dalla data nella quale l'ufficio stesso ha altrimenti acquisito notizia dell'infrazione (comma 4 dellart. 55 bis citato). Fermo restando che, per il comma 3 dellart. 55 bis menzionato, il responsabile della struttura che sia incompetente, con qualifica dirigenziale o no, deve trasmettere gli atti allufficio competente entro cinque giorni dal giorno in cui ha avuto conoscenza del fatto illecito, dandone comunicazione allinteressato (lart. 66, comma 4, del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto delle Agenzia fiscali in vigore deve ritenersi abrogato nella parte in cui prevede che quel periodo sia di 10 giorni, per effetto degli artt. 67 e 69, comma 1, DLgs 27 ottobre 2009, n. 150, con cui stato introdotto nel DLgs n. 165/2001 il citato art. 55 bis), si noti che, quando competente lufficio appositamente istituito per i procedimenti disciplinari, rileva un duplice momento, alternativo: il momento della conoscibilit dellinfrazione, decorrente dalla data di ricezione della notizia che stata trasmessa da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora oppure il momento della conoscenza effettiva dellinfrazione da parte dellufficio stesso, comunque acquisita. Quando titolare dellesercizio dellazione disciplinare sia, invece, unicamente il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, il termine decorre soltanto dal momento in cui egli abbia avuto conoscenza effettiva dei comportamenti punibili. La lieve discrasia temporale evincibile dal tenore letterale delle disposizioni normative pari a cinque giorni - sembra prevista dalla legge per garantire leffettivo interscambio delle informazioni allinterno dellorganizzazione amministrativa e non appare perci sacrificare irragionevolmente il diritto di difesa del lavoratore dipendente, perch, per un verso, gli viene in ogni caso comunicata lavvenuta trasmissione della notizia allufficio competente e, per altro verso, non mutano per lui i termini conclusivi perentori del procedimento disciplinare, come si sta per constatare. Per quanto concerne il termine perentorio di conclusione del procedimento disciplinare, il regime normativo il seguente: quando competente allesercizio dellazione disciplinare sia il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, il termine per concludere il procedimento disciplinare scade in via ordinaria, cio salva restando leventuale proroga e/o sospensione e/o interruzione, entro sessanta giorni dalla contestazione delladdebito, che a sua volta deve avvenire senza indugio o, al massimo entro venti giorni dalla notizia che il responsabile medesimo della struttura abbia dei comportamenti punibili; in sostanza, quindi, il procedimento deve concludersi, nellipotesi estrema, nel termine di ottanta giorni dalla conoscenza effettiva da parte del responsabile della struttura, che abbia qualifica dirigenziale (ancora una volta da ritenersi superato lart. 66, comma 7, del citato contratto collettivo nazionale di lavoro). Quando invece lazione disciplinare debba essere esercitata dallufficio competente per i procedimenti disciplinari, il termine di conclusione del procedimento decorre da quello anteriore tra i seguenti due momenti: - quello in cui lufficio stesso abbia avuto conoscenza effettiva dellinfrazione; -quello in cui il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora abbia avuto conoscenza effettiva dellinfrazione. Si noti che in entrambe le ultime due ipotesi irrilevante la situazione di conoscibilit in cui si sia venuto a trovare lufficio per effetto della trasmissione, ad esso, della notizia. Poich nella normativa menzionata sono espressamente individuati gli organi che devono rispettare i termini del procedimento disciplinare e poich in essa parimenti esplicitato quali siano gli organi a cui debba imputarsi lo stato soggettivo di conoscenza, potenziale o effettiva, che di volta in volta assume rilevanza giuridica per la determinazione dei termini, se ne trae il convincimento che sia determinante, perch possano decorrere i termini di legge, soltanto lo stato cognitivo dei titolari di quegli organi, cio del responsabile della struttura (in cui lavora il dipendente), con qualifica dirigenziale o no (in funzione del termine dinteresse), oppure del titolare dellufficio competente per i procedimenti disciplinari. Stando allipotesi prospettata nella richiesta di parere, ne consegue, in definitiva, che, se il titolare dellorgano ispettivo, cio il soggetto che ha avuto notizia del comportamento punibile, non rivesta contemporaneamente il ruolo di responsabile della struttura in cui lavora il dipendente ovvero il ruolo di titolare dellufficio competente per i procedimenti disciplinari, il suo stato di conoscenza non imputabile agli organi dellamministrazione titolari del- lesercizio dellazione disciplinare, cosicch non pu decorrere dal suo stato soggettivo alcun termine di decadenza dallazione disciplinare. * * * Passando gradualmente ad affrontare gli altri problemi prospettati, viene ora in rilievo lipotesi in cui il soggetto appartenente allAgenzia partecipi ad attivit dindagine, come agente o ufficiale di polizia giudiziaria. Ci pu accadere perch ai funzionari doganali, nei limiti del servizio cui sono destinati, attribuita la facolt di accertare le violazioni di ogni legge la cui applicazione demandata alle dogane, tra cui alcuni reati; nell'esercizio di tali attribuzioni i funzionari predetti rivestono la qualit di ufficiali di polizia tributaria (art. 324 del DPR 23 gennaio 1973, n. 43; art. 31 L. 7 gennaio 1929, n. 4). In quanto ufficiali di polizia tributaria, ai predetti funzionari sono affidate le funzioni previste dallart. 55 cpp e, quindi, essi, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni, sono agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, ai sensi del comma 3 dellart. 57 cpp. La loro attivit dindagine pu essere espletata anche su delega dellautorit giudiziaria (art. 55, comma 2, cpp). Per i dipendenti pubblici sussiste lobbligo di denunciare, allorgano deputato ai procedimenti disciplinari, il fatto storico che potrebbe costituire fatto illecito punibile disciplinarmente (arg. ex artt. 13 e 20 DPR 10 gennaio 1957, n. 3, ed ex artt. 54 bis e 55 sexies, comma 3, DLgs n. 165/2001). Ci, del resto, costituisce corollario della doverosit dellesercizio del potere disciplinare da parte della pubblica amministrazione, nonostante che si tratti di rapporto di lavoro privatizzato, perch lazione amministrativa nel suo complesso deve ispirarsi ai principi di efficienza, efficacia e buon andamento (art. 1 L. 7 agosto 1990, n. 241), sicch lesercizio della potest disciplinare, in tale ottica, assume carattere di doverosit non appena lamministrazione ne possa disporre e ne ricorrano i presupposti. Ne consegue, dunque, che il procedimento disciplinare devessere iniziato nonostante la contestuale esigenza di tutela del segreto dellindagine penale, come si desume dal testo dellart. 55 ter DLgs n. 165/2001 (rubricato proprio: Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale ), il quale prevede, come regola generale: <>. In base a tale disposizione, interpretata anche secondo lintenzione del legislatore ex art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, linizio del procedimento disciplinare non in alcun modo ostacolato dalla pendenza, in qualunque tempo, di un procedimento penale; tanto ci vero che neanche il contestuale svolgimento del procedimento penale pu, in linea di principio, costituire ragione di per s sufficiente per sospendere il primo. Infatti, ai sensi del citato art. 55 ter, soltanto quando col procedimento disciplinare, il quale comunque devessere iniziato dallamministrazione, possano essere irrogate delle infrazioni considerate dalla legge di maggior gravit, cio punite con sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per pi di dieci giorni, lufficio competente dellamministrazione pu sospenderlo, se concorrono ulteriormente due condizioni: - di particolare complessit laccertamento del fatto addebitato al dipendente; - allesito dellistruttoria non si dispone di elementi sufficienti a motivare lirrogazione della sanzione. Sinvita a porre particolare attenzione alla circostanza che lattivit istruttoria devessere comunque svolta dallufficio competente prima delleventuale sospensione, la cui decisione spetta s discrezionalmente allamministrazione, ma con adeguata motivazione sui descritti requisiti, i quali sono previsti dalle predette disposizioni normative proprio per potersi derogare al principio generale di autonomia del procedimento disciplinare da quello penale pendente. Se ne evince, dunque, che lart. 68 del contratto collettivo nazionale di lavoro citato deve intendersi abrogato e sostituito di diritto in virt dellart. 2, commi 2 e 3 bis, del DLgs 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui, il CCNL, disciplinando il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, sia in contrasto con linterpretazione che sՏ appena fornita. Come conseguenza del regime finora descritto, si pu venire a creare una situazione in cui lagente o il funzionario di polizia giudiziaria, che sia gravato dallobbligo di comunicare il fatto storico costituente illecito allorgano competente dellAgenzia ovvero di dare avvio al procedimento disciplinare, si trovi al contempo a partecipare alle indagini penali sul fatto (eventualmente anche per apposita delega dell'autorit giudiziaria), col conseguente obbligo, la cui violazione sanzionata penalmente, di mantenere il segreto istruttorio ai sensi dellart. 329 cpp, per il quale, fatti salvi i casi previsti dai commi 2 e 3 dello stesso articolo, <>. Occorre, tuttavia, distinguere chiaramente lipotesi nella quale lagente o lufficiale di polizia giudiziaria non sia componente dellorgano che deve esercitare il potere disciplinare dellAgenzia da quella opposta. Nel primo caso, da un lato, la condotta del funzionario doganale che, pur essendo agente/ufficiale di polizia giudiziaria, riveli il fatto storico punibile di cui ha effettuato la denuncia allautorit giudiziaria (come ipotizzato nella richiesta di parere) - al fine di dare avvio al procedimento disciplinare, non integrerebbe reato, per loperare della scriminante delladempimento del dovere, tipizzata dallart. 51 cp, tanto pi che, per la giurisprudenza di legittimit (Corte di cassazione, sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 20105), il delitto di rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale (art. 379-bis cp) ha ad oggetto quelle notizie che siano state apprese in occasione della partecipazione o dell'assistenza all'atto posto in essere nel procedimento e riguarda, pertanto, l'atto del procedimento in quanto tale, nonch la sua documentazione, ma non il fatto storico oggetto dell'atto e dell'indagine di cui il soggetto abbia avuto precedentemente conoscenza. Dallaltro lato, ove lagente/funzionario di polizia giudiziaria, che non sia titolare dellorgano deputato allesercizio del potere disciplinare, non riveli il fatto storico al titolare di quellorgano, lamministrazione non incorre in alcuna decadenza dallazione disciplinare, alla luce di quanto sՏ sostenuto sopra circa limputazione allente dello stato di conoscenza rilevante per legge, sempre finch lorgano deputato ad esercitare lazione disciplinare non venga a conoscere o a poter conoscere altrimenti linfrazione del dipendente. Nel secondo caso, in cui il funzionario/agente di polizia giudiziaria denunciante e/o partecipante alle indagini sia componente dellorgano titolare dellesercizio del potere disciplinare, la sua conoscenza comporta che lAgenzia si trovi in quello stato soggettivo idoneo a far decorrere i termini del procedimento disciplinare. Fermo restando quanto detto circa la responsabilit penale del funzionario, scriminata ex art. 51 cp, lAgenzia sarebbe allora tenuta a iniziare e a concludere il procedimento disciplinare, i cui termini decorrono secondo quanto gi descritto in questo parere. Sul presente parere stato sentito lavviso del Comitato Consultivo di cui alla legge 103/79, che si espresso in conformit. Rimborso spese legali ex art. 18 d.l. 67/1997 in relazione a procedimento penale PARERE 22/02/2014-83052, CS 39454/2013, SEZ. IV, AVV. AGNESE SOLDANI (*) Con la nota in epigrafe, Codesta Avvocatura Distrettuale ha rimesso alle valutazioni di questo G.U., al fine di esprimere un parere di massima, la controversa questione circa il rimborso delle spese legali ex art. 18 d.l 67/1997, richiesto dallIspettore Capo della Polizia di Stato (...), imputato in un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 326 e 61 n. 10 c.p., poich avrebbe delegato con agevolando lassociazione mafiosa in questione, tenendola informata su tutte le indagini in corso e volte ad inquinare le investigazioni .... Il GIP presso il Tribunale di Bari, con sentenza successivamente confermata dalla Corte dAssise dAppello di Bari, ha assolto lIspettore Capo perch il fatto non sussiste. Codesta Avvocatura dubita della possibilit di inquadrare la condotta tenuta dal pubblico ufficiale in questione - e dalla quale ha avuto origine il procedimento penale a suo carico - come inerente ad atti e fatti connessi con lespletamento del servizio o con lassolvimento di obblighi istituzionali, come richiesto dal citato art. 18, in considerazione del fatto che in un passaggio della motivazione della sentenza la Corte dAppello avrebbe espresso riserve sulla correttezza deontologica e disciplinare della condotta tenuta dallimputato. Viene pertanto sottoposto allesame di questo G.U. il seguente quesito di massima: se, in assenza di una condanna in sede penale e disciplinare, al pubblico dipendente che abbia tenuto un comportamento, che nella motivazione della sentenza penale, sia stato censurato sotto il profilo morale, professionale e/o deontologico, vada comunque riconosciuto il rimborso delle spese legali ex art. 18 D.L. 67/97 o, di contro, debba essere data rilevanza ai citati comportamenti, i quali per la loro finalit, costituiscono una netta cesura tra i fatti e/o gli atti posti in essere dal dipendente e il perseguimento delle finalit isti (*) Alla stesura del parere ha collaborato il dott. Gionata Fiore, ammesso alla pratica forense presso lAvvocatura dello Stato. tuzionali, ponendo dunque fine al necessario rapporto di immedesimazione organica, che deve sussistere ai fini del rimborso ex art. 18 D.L. 67/97. A riguardo, sembra opportuno preliminarmente chiarire, in via generale, che se vero che lAmministrazione deve sostenere gli oneri della difesa del suo dipendente solo nei casi in cui limputazione riguardi unattivit svolta in diretta connessione con i fini dellente e sia in definitiva imputabile allente stesso (Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2004 n. 7660), pur vero che tale nesso di strumentalit va accertato caso per caso a seconda della condotta concretamente tenuta e non pu essere valutato esclusivamente sulla base del titolo di reato contestato. Pi in particolare, non sufficiente che il dipendente sia imputato per un reato c.d. proprio, vale a dire commesso in qualit di pubblico ufficiale, affinch tale nesso possa ritenersi automaticamente sussistente. Invero, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, anche in presenza di unimputazione per reato proprio, il rimborso deve essere negato ogni qualvolta la connessione della condotta con la qualifica di pubblico ufficiale sia meramente occasionale e non ascrivibile al novero delle incombenze direttamente promananti dalla posizione funzionale ed organizzativa rivestita dall'interessato nell'ambito della struttura dell'Amministrazione di appartenenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2013 sent. 1190)(1). Pertanto la mera considerazione che nel procedimento penale in oggetto fosse stato contestato allimputato il reato di rivelazione di segreti dufficio (art. 326 c.p.) non di per s decisiva al fine di accordare il richiesto rimborso (1) Ai fini del rimborso delle spese legali sostenute da un pubblico dipendente (nella specie, un maresciallo aiutante), affinch sia ravvisabile una connessione tra la condotta tenuta e l'attivit di servizio del dipendente, necessario che la suddetta attivit sia tale da poterne imputare gli effetti dell'agire del pubblico dipendente direttamente alla Amministrazione di appartenenza, poich il beneficio del ristoro delle spese legali richiede un rapporto causale con una modalit di svolgimento di una corretta prestazione lavorativa le cui conseguenze ricadrebbero sull'Amministrazione n sufficiente che l'evento avvenga durante e in occasione della prestazione (tra tante, Consiglio Stato sez. III, 1 marzo 2010, n. 275). L'imputazione basata sulla qualifica di pubblico ufficiale muove da giudizi prognostici ed astratti che non possono valere ad indebitamente estendere il perimetro applicativo dell'art. 18 D.L. n. 67 del 1997 modificandone il paradigma legale, il quale richiede che le condotte siano connesse con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali, e dunque rientranti nell'alveo della riferibilit al valore dell'Amministrazione, con esclusione di quelle che siano occasionalmente ricollegabili ad un incarico - come per esempio, come nella specie, l'acquisto a titolo privato di beni quali telefoni cellulari, abusando della qualit - e non pure al diretto svolgimento delle funzioni istituzionali e i cui effetti non siano imputabili all'Amministrazione, in quanto non ascritte al novero delle incombenze direttamente promananti dalla posizione funzionale ed organizzativa rivestita dall'interessato nell'ambito della struttura dell'Amministrazione di appartenenza. La mera connessione occasionale delle condotte con la qualifica di pubblico ufficiale non , quindi, sufficiente ai fini dell'ammissibilit del rimborso delle spese legali, altrimenti dovendo farsi rientrare nel campo applicativo della norma tutte le imputazioni relative ai reati propri inerenti a condotte che trovino nel servizio la mera occasione di realizzazione (Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2013 sent. 1190). delle spese legali, dovendosi, come accennato, valutare la condotta concretamente tenuta dal dipendente. Invero, vՏ connessione con il servizio svolto quando la predetta condotta sia riconducibile all'attivit funzionale del dipendente e in rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attivit che necessariamente si ricollegano all'esercizio diligente della pubblica funzione. La connessione , viceversa, certamente esclusa qualora la condotta non sia in alcun modo ricollegabile all'espletamento del servizio o all'assolvimento di obblighi istituzionali, in quanto non posta in essere in ragione del compimento dei doveri di ufficio, ma risulta addirittura contraria ai medesimi. Tuttavia tra questi due estremi paradigmatici, sovente dato ravvisare una zona grigia, di non agevole definizione, che si configura ogniqualvolta la condotta del pubblico dipendente, pur traendo origine da un valido mandato dellAmministrazione, nella sua concreta esecuzione travalichi i limiti dei compiti che gli sono stati affidati. In linea di principio, nellipotesi in cui vi sia un tale travalicamento, il rimborso pu essere negato, in quanto esso determina il venir meno del nesso di strumentalit necessario ai fini dellapplicabilit della norma in questione. Peraltro il predetto travalicamento generalmente coincide, ad avviso della Scrivente, con la condotta disciplinarmente rilevante o, comunque, deontologicamente scorretta. Come costante giurisprudenza ha chiarito, nei casi in cui la P.A. si sia costituita parte civile e/o abbia assunto una iniziativa disciplinare, deve considerarsi per ci stesso sussistente un conflitto dinteressi tra il dipendente e lAmministrazione con conseguente esclusione dellapplicabilit dellart. 18, a prescindere dall'esito del procedimento penale e dall'accertamento della responsabilit disciplinare (ex plurimis Cons. Stato Sez. V, Sent. 7 ottobre 2009, n. 6113; Cass. Civ. 19 novembre 2007, n. 23904; Cass. Civ. 17 settembre 2002, n. 13624). Ci tuttavia non significa che, a contrario, nellipotesi di mancata apertura di un procedimento disciplinare da parte dellAmministrazione competente, sarebbe in radice preclusa allAvvocatura dello Stato - al fine di rendere il parere ex art. 18 - qualsiasi autonoma valutazione della condotta e della sussistenza del predetto nesso di strumentalit. Ci in quanto il procedimento disciplinare potrebbe non essere stato avviato per ragioni diverse da una valutazione negativa dellAmministrazione circa la rilevanza disciplinare della condotta (ad esempio, scadenza dei relativi termini). Inoltre, lAvvocatura comunque tenuta - a prescindere dalle determinazioni assunte dallamministrazione in sede disciplinare - allautonoma verifica della sussistenza o meno della connessione con il servizio, in quanto questultima costituisce uno degli elementi essenziali della fattispecie prevista dallart. 18, sulla quale lAvvocatura dello Stato chiamata a rendere il proprio parere. Per converso deve parimenti affermarsi, come stato fatto da alcune sen tenze, che lAmministrazione, altrettanto autonomamente pu decidere di discostarsi dal parere espresso dallAvvocatura sullan della pretesa, salvo lobbligo di congrua motivazione (V. sentenza T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1572)(2). Tanto premesso in via generale, nel caso in questione lIspettore Capo stato assolto dallimputazione di rivelazione di segreti dufficio (art. 326 c.p.) ai sensi del comma 1 dellart 530 c.p.p. perch il fatto non sussiste. Tuttavia, nella motivazione della sentenza di secondo grado, che ha confermato quella assolutoria di primo grado, la Corte dAppello di Bari ha affermato: Si devono per confermare le perplessit, gi manifestate dal giudice di primo grado, circa la scarsa linearit sul piano deontologico del comportamento di quei carabinieri, tra gli imputati, che hanno avuto rapporti di frequentazione molto accentuati con ..., come risulta dalle inequivoche fotografie che li ritraggono insieme tra loro ed anche con varie donne, in ambienti marittimi. In proposito al pi ogni valutazione spetta agli organi disciplinari del- lArma dei Carabinieri (essendo alluopo necessari opportuni approfondimenti) (pag. 131 della sentenza). Al riguardo, va anzitutto osservato che non chiarissimo - non disponendo la Scrivente di ulteriori elementi istruttori quali ad esempio le fotografie citate dalla Corte - se la Corte intendesse riferirsi ad entrambi i due imputati che, nel processo, risultavano appartenere alle forze dellordine (come sembrerebbe suggerire luso del plurale) o solo allimputato R., unico dei due che appartenga allArma dei Carabinieri. Ad ogni modo, anche qualora il giudizio di disvalore espresso dal giudice di merito fosse da intendersi riferito anche allIspettore, esso comunque non concerne i fatti oggetto dellimputazione di rivelazione di segreti dufficio elevata a carico del medesimo - imputazione dalla quale stato assolto perch il fatto non sussiste - ma concerne il contesto e la modalit delle frequentazioni -accertate nel corso del giudizio - nellambito delle quali sarebbero intervenute le presunte rivelazioni (nello specifico conversazioni telefoniche e incontri in uno stabilimento balneare). (2) Il Collegio non ravvisa dalla normativa in questione elementi per affermare la necessit che la valutazione dell'Avvocatura dello Stato sia strettamente limitata all'aspetto relativo al quantum affermato da parte ricorrente, risultando ragionevole che la valutazione tecnica da parte della citata avvocatura possa riguardare l'intera vicenda inerente al rimborso. In ogni caso, la stretta attinenza alla valutazione di congruit intesa come quantum del rimborso con- cedibile, potrebbe venire in rilievo ai fini del carattere vincolante del parere inerente a tale valutazione (trattasi difatti di parere obbligatorio e vincolante), ma non inficerebbe la possibilit da parte dell'Avvocatura dello Stato, in quanto organo consultivo dell'Amministrazione, di far presente le sue valutazioni giuridiche sulla questione, essendo poi rimesso all'Amministrazione la decisione se aderire o meno alle valutazioni ricevute, in base al criterio della sussistenza o meno dei presupposti previsti nel pi volte citato art. 18. In altri termini, leventuale apertura di un procedimento disciplinare volto a verificare se le predette frequentazioni con esponenti della malavita fossero o meno corrette sul piano deontologico non avrebbe potuto influire, ad avviso della Scrivente, sullesito del presente parere, in quanto la valutazione della sussistenza del diritto al rimborso delle spese legali sostenute nel processo penale, ai sensi dellart. 18, va perimetrata avendo esclusivo riguardo alla condotta oggetto dellimputazione - come accertata in sentenza - che, nel caso di specie, riguardava la rivelazione di segreti dufficio. Pi in particolare, laddebito del quale lIsp. Capo ha dovuto rispondere consiste nellavere, in qualit di titolare delle indagini ... rivelato ... per il tramite del carabiniere R., informazioni sullo stato delle indagini coperte da segreto istruttorio. Poich limputato stato assolto perch il fatto non sussiste, quandanche sui medesimi fatti fosse stato aperto un procedimento disciplinare, il dipendente non sarebbe certo stato passibile di sanzione alcuna, atteso che ai sensi dellart. 653 c.p.p. la sentenza penale di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilit disciplinare davanti alle pubbliche autorit quanto allaccertamento che il fatto non sussiste (art. 653 c.p.p.). Alla luce di tali considerazioni, poich le spese di patrocinio sono state sostenute dal dipendente per difendersi da unaccusa di rivelazione di segreti dufficio e non da unaccusa di tipo diverso, e poich la sentenza ha accertato che egli, in qualit di incaricato delle indagini ... si limitato a redigere uninformativa di reato il cui contenuto, diversamente da quanto ipotizzato dallaccusa, non ha rivelato ... per il tramite del carabiniere R., non sembra possa affermarsi che nel caso di specie, avuto riguardo alla condotta oggetto di vaglio penale, lIspettore abbia travalicato i limiti delle proprie funzioni istituzionali s da interrompere il nesso di strumentalit, richiesto dallart. 18, tra condotta e servizio svolto. Si ritiene pertanto che, nel caso di specie, la richiesta di rimborso possa essere accolta, salve le valutazioni di competenza di codesta Distrettuale in ordine alla congruit delle somme richieste. Sulla questione stato sentito il comitato consultivo che nella seduta del 20 febbraio 2014 si espresso in conformit. Permuta di unarea di propriet statale con area di propriet comunale PARERE 04/03/2014-98221, CS 39253/2012, SEZ. VI, AVV. MARINA RUSSO Con la nota in riferimento, lAvvocatura Distrettuale in indirizzo riferisce di un lungo procedimento, mai portato a compimento, intercorso fra il Ministero dellEconomia e Finanze (cui , nelle more, subentrata lAgenzia del Demanio) ed il Comune di Rimini, volto a realizzare la permuta di unarea di propriet statale con unarea di propriet comunale, per la realizzazione su questultima delle caserme dei Carabinieri di Rimini e Viserba. Secondo quanto emerge dagli atti inviati dallAvvocatura in indirizzo, il procedimento - inizialmente avviato in base alla normativa di cui alla legge n. 16/1985 - si svolse poi secondo la scansione delineata dal R.D.L. 2000/1923, recante Norme per la permuta di immobili demaniali adibiti ad uso di pubblici uffici, indicata dal M.E.F. nellatto di autorizzazione quale normativa effettivamente applicabile al caso di specie, trattandosi di beni immobili con destinazione ad uso pubblico, appartenenti al patrimonio indisponibile. Le aree interessate furono consegnate dallo Stato al Comune, e viceversa, fin dal 1988. Sullarea di propriet statale, allepoca, era gi stata realizzata ad opera del Comune una scuola (come risulta dal verbale di consegna provvisoria). La porzione di area sulla quale era stata edificata la scuola, peraltro, secondo quanto riferito dallAvvocatura Distrettuale, non sarebbe ormai pi interessata dalla permuta in questione, in quanto gi inserita nella white list del federalismo demaniale. Come prescritto dal R.D.L. 2000/1923, il Comune nellanno 2003 ha provveduto - a seguito dellattualizzazione della stima - a versare allo Stato il conguaglio relativo alla differenza di valore delle aree interessate. Medio tempore, lAmministrazione statale aveva altres completato ledificazione delle due caserme che -ex art. 826 c.c. - ricadono ope legis nel patrimonio indisponibile dello Stato. Cionondimeno, il passaggio di propriet per permuta delle aree in parola fra Agenzia del Demanio e Comune non veniva mai formalizzato. Per effetto dellentrata in vigore della l. 30 dicembre 2004 n. 311, il R.D.L. n. 2000/1923 stato abrogato. Con il quesito sottoposto allattenzione della Scrivente, lAvvocatura Distrettuale in indirizzo richiede di conoscerne lavviso circa le problematiche connesse alla soppressione, frattanto intervenuta, della normativa regolante la materia e, in particolare, circa la praticabilit di un negozio transattivo a definizione della situazione rimasta in sospeso, oltre che in merito alla necessit di regolarizzazione catastale degli immobili coinvolti. Sulla questione sopra delineata, si rende il seguente parere. Va premesso che la fattispecie presenta peculiarit affatto singolari, ascrivibili allabnorme durata del procedimento, nelle cui more - da una parte - la normativa in forza della quale si era dato corso alliter finalizzato alla permuta stata abrogata e sostituita da un rinnovato, articolato complesso normativo sulla dismissione degli immobili dello Stato; dallaltra, liter procedimentale comunque pervenuto alla sua fase conclusiva, essendosene realizzati tutti i codificati passaggi in epoca antecedente alle summenzionate modifiche normative, salva, sola, la mancata adozione di un atto formale, traslativo della propriet. Lanomalia della situazione creatasi sta, essenzialmente, nella discrasia fra lo stato di fatto (sostanzialmente corrispondente ad un gi realizzato trasferimento della propriet dei beni, pur in assenza - ad oggi - di un formale atto traslativo) e lo stato di diritto delle aree interessate, oltre che nella sussistenza di profili problematici, suscettibili di originare contrastanti pretese fra le parti, in termini sia di reciproca rivendicazione dei beni, materialmente consegnati da oltre quindici anni dal Comune allAmministrazione statale e viceversa, sia di potenziali, rispettive pretese di carattere economico, connesse tanto alloccupazione delle aree, quanto allirreversibile trasformazione medio tempore compiuta - degli immobili interessati. Se la sopra descritta situazione comporta un innegabile margine dincertezza quanto allindividuazione della soluzione giuridica pi appropriata, sono tuttavia assolutamente evidenti - da una parte - il comune interesse delle Amministrazioni a comporre in via negoziale la vicenda, a definizione di ogni possibile reciproca contestazione ed a prevenzione di qualsivoglia turbativa rispetto ad una situazione ormai consolidata che sarebbe indubbiamente antieconomico alterare (si ricordi che sullarea consegnata dal Comune insistono oggi due caserme attualmente in uso); dallaltra, il consolidamento di una situazione fattuale sostanzialmente corrispondente ad un intervenuto passaggio di propriet delle aree fin dal 1988, quando furono reciprocamente consegnate e poi utilizzate, con successivo versamento del conguaglio da parte del Comune nel 2003, previa attualizzazione della stima a quella data ad opera del- lAgenzia del Demanio. Ci premesso, sembra che lo strumento che meglio si presta a superare la complessa impasse descritta possa essere individuato nella stipula, ad opera di un Ufficiale rogante, di un contratto a causa mista, che si ponga in linea con la necessit di adeguare stato di fatto e di diritto, onde evitare qualsivoglia fu- tura reciproca pretesa rivendicativa, indennitaria e risarcitoria delle parti in mancanza, come detto, di formalizzazione del reciproco trasferimento. Con il suddetto contratto misto, le Amministrazioni interessate - previa ricognizione del mutuo consenso al trasferimento delle propriet gi manifestato per fatti concludenti attraverso il compimento di tutti gli step procedi- mentali a tal fine necessari, a partire dalla consegna delle aree e dalla loro adibizione a fini di pubblico interesse, fino al pagamento del conguaglio nel 2003 - trasferiranno luna allaltra la propriet degli immobili in questione, precisando che ci avviene anche a transazione e tacitazione di tutte le potenziali, reciproche pretese connesse alla vicenda alle quali, perci, reciprocamente, rinunciano. In particolare, in tale negozio - la cui bozza lAmministrazione avr cura di sottoporre allAvvocatura Distrettuale in indirizzo - si dovr: -dare atto analiticamente in premessa di tutta la lunga vicenda procedi- mentale sopra descritta, nonch della necessit di ultimare ladeguamento dello stato di diritto degli immobili in questione, effettivamente adibiti ad uso pubblico, allo stato di fatto consolidatosi nel corso del lunghissimo periodo di tempo lungo il quale si articolato e, sostanzialmente, concluso il procedimento con il pagamento del conguaglio, formalizzando il reciproco assenso al trasferimento ed allacquisizione delle rispettive propriet; -chiarire che il negozio vale anche a prevenzione di ogni possibile contenzioso fra le parti. A tal fine, si espliciter che, con detto negozio, le parti intendono definire, come in effetti definiscono, tutte le questioni, di fatto e di diritto, in qualsiasi modo connesse, correlate o comunque conseguenti al procedimento traslativo avviato tramite lautorizzazione del Ministero dellEconomia e Finanze del 30 marzo 1987 e, pertanto, dichiarano di non avere pi nulla a pretendere luna dallaltra per qualsiasi titolo e/o ragione. Del suddetto negozio sar poi richiesta al competente Conservatore dei Registri immobiliari la trascrizione, anche ai fini della regolarizzazione catastale dei fabbricati. Sulla questione stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta del 20 febbraio 2014, si espresso in conformit. Parere su Accordo per la gestione degli atti di pignoramento in danno di Amministrazioni dello Stato notificati alla Banca dItalia - Tesoreria dello Stato, in veste di terzo pignorato(*) PARERE 11/03/2014-111107/111139, CT 40397/2013, SEZ. III, AVV. GIUSEPPE FIENGO 1. Con la nota 3 ottobre 2013 la Ragioneria Generale dello Stato richiede il parere dellAvvocatura dello Stato, in ordine ad una bozza di accordo predisposto dalla Banca dItalia, con alcune modifiche ed integrazioni effettuate da questo Dipartimento, che soddisfano pi adeguatamente le varie esigenze operative della Ragioneria Generale dello Stato. Laccordo, frutto di una serie di incontri svolti presso le sedi della Banca dItalia (Napoli e Roma) prende le mosse da due consultazioni rese dallAvvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli con le quali: a) si risolveva un contrasto di opinioni tra amministrazioni periferiche in ordine ai presupposti che potessero legittimare il ricorso alla procedura di conto sospeso per i pagamenti dello Stato a soggetti privati a seguito dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi aventi efficacia esecutiva (CS 9378/12 GER); b) si segnalavano alla Banca dItalia (e allAvvocatura Generale dello Stato) alcune irregolarit ed anomalie che caratterizzavano, soprattutto nei pignoramenti presso terzi innanzi al Tribunale di Napoli, le procedure esecutive di assegnazione e pagamento di somme dovute dallo Stato (CS 10923/12 CNZ). Avviato nellautunno 2012 un tavolo di lavoro presso la Banca dItalia, con la presenza di funzionari del Ministero dellEconomia e Finanze e, in una fase immediatamente successiva, del Ministero della Giustizia, attraverso progressivi affinamenti, si definiva una bozza concordata di accordo, ai sensi dellart. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sulla quale la Ragioneria Generale dello Stato aveva modo di richiedere (ed ottenere) dalla Banca dItalia quelle modifiche ed integrazioni cui fa cenno nella richiesta di parere. 2. In linea preliminare la Scrivente concorda sullo schema procedimentale adottato secondo cui laccordo quadro predisposto con gli uffici della Banca dItalia, possa essere regolato ai sensi dellarticolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, a norma del quale le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivit di interesse comune . Come noto, la funzione di Tesoreria provinciale dello Stato stata affidata alla Banca d'Italia, sin dal 1894 mentre con D.lgs. n. 430/97 stato affidato alla Banca d'Italia anche il servizio di Tesoreria centrale, prima svolto dalla Direzione generale del tesoro. Per disciplinare entrambi i servizi sono state approvate convenzioni con d.m. 17 gennaio 1992 per il servizio di Tesoreria (*) Il testo dellaccordo sottoscritto in calce al parere. provinciale e d.m 9 ottobre 1998, per quello di Tesoreria centrale che, prevedono, tra laltro, che i compiti delle Sezioni di tesoreria della Banca dItalia siano regolati dalla Legge sulla Contabilit Generale dello Stato e dal suo Regolamento, nonch dalle Istruzioni Generali sui Servizi del Tesoro (IGST) e che Il Servizio di Tesoreria soggetto a vigilanza da parte della Direzione Generale del Tesoro, ai sensi delle vigenti disposizioni (1). Anche se lorganizzazione delle strutture di tesoreria resta di esclusiva competenza della banca, che svolge il servizio senza vincolo gerarchico rispetto allamministrazione statale, dal quadro normativo sinteticamente richiamato consta che la Banca dItalia Istituto di diritto pubblico, assolve inoltre gli altri compiti ad essa attribuiti dalla legge e ... esercita il servizio di tesoreria dello Stato secondo speciali convenzioni. Pu svolgere altri servizi per conto dello Stato (artt. 1 e 37 dello Statuto, da ultimo approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2013). Le attivit compiute dalla Tesoreria centrale e dalle sezioni di tesoreria implicano lemersione di una precisa figura soggettiva, le cui attivit finiscono per imputarsi direttamente allamministrazione statale, nella specie il Ministero dellEconomia e delle Finanze. Con riferimento al Servizio di Tesoreria si , quindi, di fronte ad un organo dello Stato, del quale - tuttavia - titolare la Banca dItalia, persona giuridica pubblica distinta dallo Stato, figura soggettiva della persona giuridica titolare di ufficio (GIANNINI M.S., Diritto Amministrativo, 1970, p. 253)(2). Le osservazioni finora svolte, se, per un verso, rendono congruo il ricorso allaccordo tra pubbliche amministrazioni, previsto dallart. 15 della legge n. 241/90, sotto altro profilo mettono in dubbio la natura giuridica di terzo della Banca dItalia, laddove esercita funzioni di Tesoreria dello Stato. Una conferma indiretta su questo punto si ricava dallart. 5 comma 1 del D.P.R. 30 (1) In relazione alle procedure esecutive, lart. 69 R.D. 2440/1923 e lart. 498 comma 3 R.D. 827/1924, richiamano lobbligo dellAmministrazione, destinataria di atti di pignoramento, di rendere la dichiarazione del terzo (art. 611 c.p.c. 1865 ora art. 543 c.p.c. 1940). Le norme di contabilit si riferiscono alla posizione debitoria dellAmministrazione e non, in via immediata, a quella della Banca dItalia quale terzo pignorato nella qualit di tesoriere dello Stato. Cionondimeno, lart. 165 IGST prevede tra le fattispecie di impedimento dei pagamenti dovuti dallo Stato la notifica, nelle forme di cui allart. 543 c.p.c. di un atto di pignoramento (richiamato indirettamente attraverso il rinvio allart. 498 R.D. 827/1924). A norma dellart. 4 lett. o) delle IGST, le Sezioni di Tesoreria provinciali hanno il compito di attendere al ricevimento degli atti intesi a sospendere o ad impedire il pagamento di somme dovute dallo Stato e alla trasmissione di tali atti, a seconda dei casi, in originale o in copia, all'Avvocatura dello Stato o alle amministrazioni interessate. Appare evidente che tali disposizioni si riferiscono essenzialmente ai casi nei quali lAmministrazione dello Stato abbia un debito nei confronti del soggetto privato pignorato e mirano ad individuare le procedure idonee per procedere al pagamento di somme dovute dallo Stato a soggetti diversi da quelli che ne avevano originario diritto. (2) La tesi sembra smentita da Corte Cost. n. 350/98, ma laffermazione stata fatta per finalit diverse, afferenti alla rappresentanza e difesa nel giudizio sulla legittimit costituzionale delle leggi, e finisce per assumere nel contesto della citata decisione la funzione logica di un obiter dictum (vedi oltre). dicembre 2003 n. 398, pure citato nelle premesse della bozza di accordo, a norma del quale La Banca d'Italia non pu concedere anticipazioni di alcun tipo al Ministero. La prassi, talvolta utilizzata dalla Banca di far fronte ai pagamenti del terzo ricorrendo a fondi propri sembra operativamente volta a evitare il pignoramento mobiliare da parte dellUfficiale Giudiziario sui beni dellIstituto (3). Ove la stessa assumesse carattere continuativo e valori rilevanti potrebbe ritenersi, limitatamente al tempo necessario per il ripianamento delle somme da parte dellamministrazione interessata, non in linea con la normativa comunitaria, che - come detto - vieta anticipazioni allo Stato da parte delle Banche Centrali (cfr. in particolare gli Artt. 123, 258 e 271, lett. d) TFUE allart. 35.5 e 35.6 dello Statuto del SEBC e al considerando n. 9 del reg. (CE) del Consiglio n. 3603/93). In altri termini la Banca dItalia, in relazione alle somme di Tesoreria, non tecnicamente un debitore dello Stato ed i pignoramenti, ai quali una prassi ultradecennale sembra averla assoggettata, sembrano non avere le caratteristiche del tipicopignoramenti presso terzi, ma presentano, al pi, spiccate connotazioni di anomali pignoramenti diretti. Alle stesse conclusioni conduce unanalisi funzionale delle norme del codice di procedura civile: a) ai sensi dellart. 543, comma 1, lespropriazione forzata presso terzi comprende sia il pignoramento di crediti del debitore verso terzi sia il pignoramento di cose mobili, e, quindi, anche di somme di danaro di propriet del debitore che siano in possesso di terzi; b) con riferimento alla prima ipotesi (a differenza di quanto accade nel caso di depositi bancari, accessivi a contratti di conto corrente di corrispondenza o di ordinarie convenzioni di tesoreria, nei quali si configura il cosiddetto deposito irregolare, in cui il depositario acquista la propriet del bene diventando debitore del tandundem nei confronti del depositante) lo Stato conserva la piena propriet delle somme depositate in Tesoreria e non diventa quindi creditore del tandundem nei confronti della Banca dItalia; c) con riferimento alla seconda ipotesi occorre distinguere il caso in cui il debitore escusso non abbia la immediata disponibilit delle cose mobili (nel caso di specie, il danaro) in possesso del terzo (ipotesi nelle quali il pignoramento pu avvenire nelle forme dellart. 543 c.p.c.), da quello in cui il debitore abbia limmediata disponibilit (3) Ci si riferisce a quei casi in cui, nonostante una dichiarazione di terzo negativa resa dalla Banca dItalia, il G.E. assegna somme a favore del creditore e questultimo promuove un pignoramento presso la Banca dItalia per riscuotere coattivamente la somma. In tale ipotesi la Banca mette a disposizione dellUfficiale giudiziario somme attinte dai propri conti e, di norma, si oppone allesecuzione per rientrare in possesso delle somme pignorate. Nelleventualit che lopposizione non venga accolta dal Tribunale, la Banca chiede al MEF di essere autorizzata a scritturare le somme pignorate al conto sospeso collettivi. Tale meccanismo potrebbe essere evitato se il MEF autorizzasse in via generale lIstituto a scritturare direttamente in tale evenienze le somme pignorate al conto sospeso collettivi, curando -ricorrendone i presupposti - direttamente il giudizio di opposizione. del danaro, ipotesi nella quale il pignoramento deve invece avvenire nelle forme di cui allart. 513 e segg. c.p.c.; d) ne deriva che lespropriazione forzata per la realizzazione di crediti pecuniari verso lo Stato deve avvenire nelle forme di cui allart. 513 e segg. del codice di procedura civile (pignoramento mobiliare diretto), sia perch, relativamente alle somme giacenti in Tesoreria, non esiste un rapporto di credito/debito tra lo Stato e la Banca dItalia, incaricata del servizio di custodia e gestione, sia perch lo Stato mantiene limmediata disponibilit delle liquidit giacenti presso la Tesoreria, escludendosi per questa via che si possa trattare di cose del debitore che sono in possesso di terzi a sensi dellart. 543 c.p.c.. 3. Nasce, da quanto sopra riportato, la necessit di un approfondimento sul tema del ricorso allesecuzione forzata per il pagamento di somme dovute da Amministrazioni dello Stato. Va premesso che nel recente passato, sul tema della possibilit di espropriare danaro e crediti pecuniari dello Stato e degli enti pubblici, secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimit, le somme, ancorch esistenti presso le banche con funzioni di tesoriere, si presumevano destinate al pubblico servizio e quindi insuscettibili di pignoramento (cfr. Cass. 3 gennaio 1976 n. 1). Tale orientamento rispondeva allesigenza comune di evitare quello che comunemente si individua come "assalto alla diligenza", che avrebbe determinato serie difficolt operative per lo Stato, che rischiava - come poi avvenuto - di vedere vincolate le risorse destinate al suo stesso funzionamento. Dal 1979 la giurisprudenza si orientata nel senso contrario, ritenendo che il bilancio preventivo non consentisse di collegare le singole entrate a singole uscite e pertanto, in s, liscrizione in bilancio non poteva considerarsi fonte di vincolo di destinazione, tale da sottrarre le somme in esso affluite al- lazione espropriativa dei creditori dello Stato: secondo il nuovo orientamento lammissibilit della condanna della P.A. al pagamento di somme di danaro comportava come conseguenza imprescindibile la ammissibilit della esecuzione forzata. La Cassazione ritenne quindi che rimettere al debitore P.A. la determinazione circa il tempo ed il modo di adempiere unobbligazione, san- cita in una condanna giudiziale, avrebbe significato escludere lesistenza stessa dellobbligazione; che il pagamento fosse comunque atto dovuto privo di margini di discrezionalit a fronte del quale il creditore vanta un diritto soggettivo come tale tutelabile innanzi al giudice ordinario nel procedimento di espropriazione forzata (cfr. Cass. SS.UU. del 13 luglio 1979 n. 4071 e del 9 marzo 1981 n. 1299). I principi enunciati in dette sentenze trovarono definitiva consacrazione nella sentenza n. 138 del 1 luglio 1981 della Corte Costituzionale, che, richiamando anche propri precedenti (n. 32/1970 e n. 161/1971), afferm la ammissibilit del ricorso alla esecuzione forzata in danno della P.A. secondo le norme del codice di rito (in particolare nelle forme della espropriazione presso terzi). Anche tale pronuncia, tuttavia, come di seguito si esporr, va letta alla luce della evoluzione del giudizio amministrativo ed in particolare del giudizio di ottemperanza. Diversamente da quanto si legge anche in recenti pronunce della Cassazione (cfr. sentenza n. 7863 del 6 aprile 2011) ed in molti contributi di dottrina sullargomento, non si ritiene che lintroduzione dellart. 1 bis nella Legge n. 720/1984 abbia posto fine alla questione. Tale norma infatti prevede espressamente il richiamo alla disciplina dellesecuzione forzata presso la tesoreria solo per gli enti ed organismi pubblici di cui allallegato richiamato nel precedente articolo 1 fra i quali, chiaramente non si rinvengono le amministrazioni dello Stato. Lassunto che si legge nella citata pronuncia della Cassazione secondo cui la normativa sulla tesoreria unica prevede quindi quale unica forma di pignoramento del danaro delle pubbliche amministrazioni ivi contemplate (tra cui, se non altro per quel che qui interessa, le amministrazioni centrali dello Stato) quelle del pignoramento presso terzi presso il tesoriere, assunto alla quale la Corte perviene dopo una attenta ricostruzione del quadro normativo, pu essere condiviso solo nellipotesi in cui: a) sia pignorato il credito di un terzo verso le amministrazioni dello Stato (e tanto non in forza dellart. 1 bis della L. 720/1984, ma in virt delle disposizioni del R.D. n. 827/1924 di cui agli artt. 498 e segg. e comunque nei limiti da tali norme previsti); b) nellipotesi di credito che un terzo vanti, non nei confronti delle amministrazioni dello Stato, ma nei confronti di enti ed organismi pubblici (in forza, questa volta si, della legge n. 720/1984). Ci alla luce di quanto segue: a) non si riviene alcuna norma che preveda, per le amministrazioni dello Stato, la possibilit del ricorso allesecuzione forzata nella forma dellespropriazione presso terzi (Tesoreria) che veda lo Stato quale debitore esecutato, possibilit che quindi, allattualit, deve ritenersi ammessa solo per prassi, che non esclude la ragionevolezza di previsioni che -concretamente - svuotino tale ritenuta generale applicabilit dellespropriazione forzata presso terzo; b) gli artt. 498 e segg. del R.D. n. 827/1924 hanno riguardo, solo a volere leggere la rubrica del Capo IV nel quale essi sono inseriti degli atti aventi per scopo di impedire e di trattenere il pagamento di somme dovute dallo Stato, alle ipotesi in cui sia lo Stato ad essere terzo; c) lunica fonte normativa secondaria che potrebbe prevedere (come sopra si detto e in certa qual misura smentito) il D.M. 29 maggio 2007, recante le Istruzioni sul servizio di Tesoreria dello Stato, che al capo III, intitolato Atti impeditivi al pagamento allart. 165 comma 4 prevede: qualora latto impeditivo sia rivolto contro uffici centrali o periferici dello Stato () la Tesoreria vincola le eventuali disponibilit del debitore esecutato nella misura stabilita dalla legge e rende la conseguente dichiarazione di terzo (). Ma anche qui evidente che il riferimento non allo Stato debitore. Nellambito di una riflessione sulle conseguenze che la prassi del ricorso allesecuzione presso terzi per il soddisfacimento di crediti nei confronti dello Stato ha comportato, non possono sfuggire le considerazioni che seguono. Il vincolo apposto continuativamente sui capitoli di spesa delle amministrazioni dello Stato comporta non solo la indisponibilit dei fondi, che spesso si protrae indefinitivamente, per le anomalie che connotano il sistema, ma anche la necessit di proporre un numero molto elevato di opposizioni allesecuzione per far valere la impignorabilit delle somme, impignorabilit prevista da numerose disposizioni di legge. Infatti, per evitare la paralisi dellattivit ordinaria della P.A., il legislatore stato costretto ad introdurre sempre pi disposizioni che impongono vincoli di destinazione (sulla cui estensione inevitabile insorgano questioni anche spesso giuridicamente complesse) con le conseguenze immaginabili in termini di durata e del costo dei giudizi. Su tali disposizioni particolari, sempre pi utilizzate dal Legislatore, per garantire la continuit dellazione amministrativa nel campo dei cosiddetti servizi essenziali e ripresa pedissequamente - come sopra descritto - anche in relazione ai pagamenti previsti in esecuzione dei decreti di condanna per la Legge Pinto, si - tra laltro - pronunciata la Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 350 del 1998. Le conclusioni della Corte, se convincono in ordine alla ragionevolezza e legittimit costituzionale della speciale norma impugnata, lasciano aperte e meritano approfondimento in ordine: a) allesistenza in queste procedure di una effettiva tutela del creditore procedente; b) allestensione che si avuta (soprattutto nei periodi di crisi nei pagamenti dello Stato) a molteplici fattispecie della descritta impignorabilit; c) alla natura del rapporto di tesoreria tra Ministero dellEconomia e Banca dItalia, che non pu ragionevolmente, in assenza di gara o di procedure aperte, risolversi in un ordinaria concessione di servizio. Il recente ricorso massiccio al giudizio di ottemperanza (artt. 112 e segg. c.p.a.), segnalato dalle amministrazioni statali interessate e le forme anomale di pignoramento di azioni di societ a totale partecipazione pubblica in possesso del Ministero del Tesoro, le difficolt, infine, di far fronte alla prassi diffusa dei creditori di proseguire comunque nel tentativo di dar corso a pignoramenti presso terzi, costituiscono chiari sintomi di una vera e propria crisi di sistema. Per contro levoluzione della giustizia amministrativa, segnata dallapprovazione del nuovo codice del processo amministrativo, apre inedite prospettive in ordine alla puntuale esecuzione da parte degli organi dello Stato di dar corso, in tempi ragionevoli e senza iniqui oneri aggiuntivi, al pagamento delle condanne a somme di danaro. Larticolo 112 del Codice del processo amministrativo laddove estende, al comma 2, il giudizio di ottemperanza agli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo e delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il giudizio di ottemperanza sembra offrire una connotazione residuale e generale al nuovo giudizio di ottemperanza, affidandolo ad un giudice specializzato, non di sola legittimit, in grado di condurre per mano, e con duttilit nelle soluzioni in concreto adottate, lamministrazione alla immediata realizzazione dellinteresse del creditore insoddisfatto. In altri termini opinione della Scrivente che, nei giudizi resi dalla Cassazione e confermati dalla Corte Costituzionale, ai quali sopra si accennato, il punto essenziale che ha giustificato lestensione in via meramente interpretativa della possibilit, genericamente prevista dallordinamento civile, di assoggettare a pignoramento (diretto o presso il terzo tesoriere) le somme assegnate dal bilancio statale alle singole amministrazioni, risiede nella circostanza che, nella prassi interpretativa dellepoca, un creditore munito di titolo nei confronti dello Stato per somme di danaro non potesse utilmente esperire lazione di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo, ancorch il giudizio di ottemperanza fosse nato proprio per garantire lesecuzione delle condanne rese dal giudice ordinario nei confronti della P.A.. Una volta pacificamente ammesso che oggetto del giudizio di ottemperanza possa essere lesecuzione di sentenze di condanna di somme di danaro emesse dal giudice ordinario, sarebbero venuti meno i presupposti legittimanti la ammissibilit del ricorso allespropriazione forzata secondo il codice di rito, cos come oggi. Nulla osta a che il Legislatore intervenga a disciplinare la impignorabilit di ogni risorsa finanziaria dello Stato, considerata l'esistenza dello specifico mezzo che consente al creditore di soddisfare la propria pretesa attraverso il giudizio di ottemperanza: il principio secondo cui lAmministrazione statale, al pari di ogni altro debitore, risponde delle obbligazioni con l'intero patrimonio - principio che ha sorretto e giustificato l'orientamento della Corte di Cassazione - informa infatti parimenti l'istituto del giudizio di ottemperanza. In tale contesto avviso della Scrivente che sia opportuno che il Legislatore intervenga per prevedere che lunica forma per la soddisfazione coattiva di crediti monetari consacrati da titolo giudiziale nei confronti dellAmministrazione statale sia il ricorso al giudizio di ottemperanza, norma che garantirebbe la eliminazione, in radice, di tutte le conseguenze negative che discendono dal ricorso allespropriazione presso terzi regolata dal codice di rito. Si ritiene che tale previsione normativa possa superare il vaglio di costituzionalit tenuto conto della adeguatezza del rimedio per la effettiva soddisfazione (e quindi per leffettiva tutela giurisdizionale) del creditore e della coeva tutela delle posizioni della amministrazione statale che trovano copertura costituzionale. In linea con le suddette conclusioni la volont del Legislatore che, nel progetto iniziale della commissione per la adozione del codice del processo amministrativo, intendeva sostituire al nome "giudizio di ottemperanza" quello di "giudizio di esecuzione". Rimasta immutata la disciplina che ora conosciamo, si tornati al giudizio di ottemperanza: la celerit del rito, il dimezzamento dei termini processuali, gli ampi poteri del giudice amministrativo, la sicura soddisfazione del creditore a mezzo degli atti che eventualmente il commissario ad acta chiamato ad adottare, la previsione ed applicazione della sanzione pecuniaria per l'inadempimento (4), secondo i parametri dell'art. 614 bis c.p.c. anche per le statuizioni di condanna non tempestivamente eseguite, la proponibilit del giudizio per la esecuzione di pronunce giurisdizionali la cui esecutivit non sia sospesa (C.d.S. n. 6155/2011), sono tutti elementi che dovrebbero fare del giudizio di ottemperanza lo strumento di elezione per la soddisfazione delle pretese creditorie nei confronti dello Stato che siano consacrate in un titolo esecutivo. In tale sede potranno essere anche adottate congrue misure dirette ad evitare quelle anomalie e aggravi di spesa che, con dovizia di particolari ed una sostanziale ragionevolezza, vengono puntualmente segnalate dal Ministero della Giustizia. Evidentemente, ad esempio, occorrer particolare attenzione nel far coincidere la nomina di commissari ad acta con funzionari della stessa amministrazione debitrice in grado di redigere efficacemente i mandati (elettronici) di pagamento, in modo da evitare che il compito affidato dal giudice si sovrapponga, come lavoro aggiuntivo, ai normali compiti distituto svolti dai diversi dipendenti nominati commissari. Liniziativa legislativa potrebbe trovare la sua sede naturale nei provvedimenti che il Governo sta predisponendo proprio in relazione ai pagamenti delle pubbliche amministrazioni. 4. In questo contesto e sulla base delle considerazioni in diritto sopra svolte, la bozza di accordo che si va a sottoscrivere con la Banca dItalia assume una funzione strumentale di regolare al meglio una situazione di fatto, che presentava in relazione ai pignoramenti presso la Tesoreria, anche ulteriori anomalie e disfunzioni che le parti intendono comunque superare. Nellesprimere, quindi, sostanziale condivisione sulle premesse, sulloggetto e sugli obiettivi della bozza di accordo proposta, una particolare attenzione va riposta allutilizzo degli speciali ordini di pagamento in conto sospeso. Su tale tema, in sede di tavolo di lavoro, lAvvocatura, sulla scorta dei pareri resi in varie circostanze (Nota AGS 9356 del 29 gennaio 2003 e, da ultimo, dallAvvocatura distrettuale dello Stato di Napoli) aveva condiviso la formula (in verit generica) circa un maggiore utilizzo di tale strumento anche con riferimento a fattispecie assimilabili a quelle contemplate dalla let (4) Il ministero della Giustizia ha trasmesso in visione la nota CEDU del 13 dicembre 2012 con la quale la Corte segnala, in caso di componimento bonario, lobbligo di corrispondere per il ritardo nelladempimento (attestato dai ricorsi promossi presso lorganismo internazionale di giustizia) una somma forfettaria aggiuntiva di euro 200 a titolo di danno morale. La questione, in relazione al giudizio amministrativo oggi allesame della Corte Costituzionale presso la quale stata rimessa dallAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato. tera della norma di legge (transazioni stipulate per atto pubblico, conciliazioni giudiziali etc.). Tale formulazione stata espunta nelle modifiche richieste dalla Ragioneria Generale dello Stato. Su tale punto la Scrivente ritiene che il testo debba essere reintrodotto o, perlomeno, la questione affrontata. Il pagamento in conto sospeso stato introdotto dallart. 14 del DL 31 dicembre 1996, n. 669, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1997, n. 30 e concerne letteralmente procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro. Il comma 2 prevede che: Nell'ambito delle amministrazioni dello Stato, nei casi previsti dal comma 1, il dirigente responsabile della spesa, in assenza di disponibilit finanziarie nel pertinente capitolo, dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all'istituto tesoriere, da regolare in conto sospeso. La reintegrazione dei capitoli avviene a carico del fondo previsto dall'articolo 7 della legge 5 agosto 1978, n. 468, in deroga alle prescrizioni dell'ultimo comma. Con decreto del Ministro del tesoro sono determinate le modalit di emissione nonch le caratteristiche dello speciale ordine di pagamento previsto dal presente comma. La problematica relativa al pagamento da regolare in conto sospeso precede chiaramente le tematiche relative al pignoramento e riguarda le amministrazioni presso le cui sedi vengono ex lege notificati i titoli esecutivi, ai sensi e per gli effetti di cui allart. 14 del D.L. 669/96. LAvvocatura dello Stato, alla quale il titolo viene notificato per lulteriore finalit della decorrenza del termine breve per limpugnazione o comunicato dalla cancelleria dellautorit emittente, di norma trasmette il titolo allamministrazione corredandolo del relativo parere sulla impugnabilit o meno della statuizione, raccomandando comunque, ove non vi siano ragioni ostative, la pronta esecuzione, con riserva di ripetizione nel- leventualit di gravame. Si segnala che, come gi affermato dallAvvocatura Generale con nota n. 9356 del 29 gennaio 2003 e ribadito con recente parere (CS 9378/12 GER) dallAvvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, lamministrazione tenuta al pagamento, anche in conto sospeso, a prescindere dalla notifica del titolo in forma esecutiva, costituendo la notifica del titolo esecutivo (ed il decorso dello spatium adimplendi) solo un onere in capo al creditore ed avendo gi prima il titolo efficacia esecutiva con la operativit della statuizione di condanna del debitore, determinante, ad esempio, la maturazione di interessi in capo al creditore, eventualmente statuiti, o comunque legalmente prescritti. avviso della Scrivente che la procedura di conto sospeso possa ragionevolmente estendersi, eventualmente attraverso un atto di interpretazione autentica del Legislatore, agli atti di transazione e alle clausole conciliative le quali ove autenticate (art. 474 c.p.c.) acquistano natura di titolo esecutivo per le obbligazioni di somme di denaro in esse contenute. In altri termini sia la transazione e, ancor di pi latto conciliativo in sede giudiziaria, nel quale pu agevolmente confluire la stessa transazione, consentirebbero un notevole risparmio di spese e, spesso, in relazione a controversie relative ad apposizioni a decreti ingiuntivi, un abbattimento della stessa sorte richiesta dalla controparte. 5. In ordine allimpignorabilit dei fondi lintesa raggiunta, seppur rappresenta un passo avanti rispetto alle attuali prassi, non consente di superare del tutto le notevoli difficolt frapposte dal mondo forense e dagli stessi giudici dellesecuzione in relazione allapplicazione di disposizioni di legge, quali quelle che sanciscono la non pignorabilit di determinate somme, avvertite dal mondo giudiziario come ingiuste norme di privilegio. Inoltre spesso alla declaratoria legale di impignorabilit di determinate somme a disposizione dellamministrazione statale non segue lesplicita esenzione per la Tesoreria dallobbligo di accantonamento, sicch il riacquisto della disponibilit da parte dellamministrazione intimata avviene solo allesito (spesso incerto) di un giudizio di opposizione; si rammenta al riguardo lart. 168 del decreto ministeriale 29 maggio 2007 recante le Istruzioni sui servizi del Tesoro laddove genericamente prevede che in tutti i casi in cui lordinamento giuridico riconosca impignorabili e/o insequestrabili determinate disponibilit, le Tesorerie sono tenute ad apporre ugualmente il vincolo ad eccezione dei soli casi in cui norme di legge espressamente le esonerino dallobbligo di accantonare .... una chiara anomalia del sistema, dal momento che limpignorabilit stabilita dal Legislatore proprio per evitare che la mancanza di disponibilit di fondi paralizzi attivit delle amministrazioni statali costituenti servizi pubblici essenziali (5). (5) A titolo riassuntivo, e probabilmente non esaustivo, si evidenziano le disposizioni che concernono le fattispecie di impignorabilit. Lart. 1 DL 313/94 primo comma individua alcuni limiti oggettivi di impignorabilit per categorie di somme di denaro: i fondi di contabilit speciale a disposizione delle prefetture delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza; le aperture di credito a favore dei funzionari delegati degli enti militari, degli uffici o reparti della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, del Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualit e repressione frodi dei prodotti agroalimentari e dei comandi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o del Cassiere del Ministero dell'interno; i fondi destinati al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalit giudiziaria o penitenziaria; tutti i fondi comunque destinati a servizi e finalit di protezione civile, di difesa nazionale, di sicurezza pubblica di vigilanza, prevenzione e repressione delle frodi nel settore agricolo, alimentare e forestale; al rimborso delle spese anticipate dai comuni per l'organizzazione delle consultazioni elettorali; al pagamento di emolumenti e pensioni a qualsiasi titolo dovuti al personale amministrato. Fuori dei casi di impignorabilit, questi fondi sono tutti assoggettati esclusivamente alla procedura di espropriazione mediante pignoramento diretto di cui al comma 2 dellart. 1 DL 313/94. Il comma 3 (Non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento ai sensi del presente articolo presso le sezioni di tesoreria dello Stato a pena di nullit rilevabile anche d'ufficio. Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni medesime n sospendono l'accreditamento di somme nelle contabilit speciali intestate alle prefetture ed alle di rezioni di amministrazione ed in quelle a favore dei funzionari delegati di cui al comma 1) va inteso nel senso che i pignoramenti vanno effettuati esclusivamente nelle forme dello speciale pignoramento diretto di cui al citato articolo 2. Di contro presso la tesoreria non sono ammessi pignoramenti aventi ad oggetto le somme sopra individuate: conseguentemente, per espressa disposizione di legge, non sorge alcun obbligo di accantonamento in capo al terzo eventualmente irritualmente pignorato. Il medesimo espresso divieto di accantonamento riguarda le altre seguenti somme, parimenti dichiarate impignorabili e non soggette ad obbligo di accantonamento: 1) Fondi destinati al pagamento di spese, principali e accessorie, per servizi e forniture aventi finalit di difesa nazionale e sicurezza, nonch agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della difesa, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della difesa (art. 4 D.L. 29-12-2011 n. 215). 2) Fondi intestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonch al Ministero della Salute, I fondi destinati, mediante aperture di credito a favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della salute, a servizi e finalit di sanit pubblica nonch al pagamento di emolumenti di qualsiasi tipo comunque dovuti al personale amministrato o di spese per servizi e forniture prestati agli uffici medesimi, non sono soggetti ad esecuzione forzata (Art. 1 comma 294 L. 23-12-2005 n. 266 e Art. 37 L. 4-11-2010 n. 183). 3) Somme affluite nelle contabilit speciali intestate a carico degli enti ed organismi pubblici di cui al primo comma dell'articolo 1 comma 1-bis L. 29/10/1984 n. 720. 4) Le somme ed i crediti derivanti dai canoni di locazione e dalla alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica di spettanza degli IACP, iscritti in capitoli di bilancio o in contabilit speciale (Art. 2 comma 85 L. 23-12-1996 n. 662). 5) Emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della giustizia, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia (ex art. 1-ter del d.l. n. 143/2008 conv. in l. 181/2008). Quanto alla problematica relativa alla estensione del vincolo di impignorabilit di cui allart. 1-ter D.L. 143 del 16.9.2008 come modificato dalla Legge di conversione n. 181 del 13.11.08, concernente pignoramenti sulla contabilit ordinaria del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia, come gi evidenziato dallAvvocatura Generale con Parere del 21 ottobre 2009 prot. 311665, Per i pignoramenti presso terzi notificati successivamente al 16 novembre 2008, data di entrata in vigore della legge di conversione citata, la Banca dItalia dovrebbe rendere dichiarazione negativa nella quale si evidenzi di non aver eseguito alcun accantonamento in quanto latto di pignoramento, che avrebbe dovuto essere effettuato secondo le modalit di cui al comma 2 dellart. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, convertito in Legge 22-7-1994 n. 460, , in forza di esplicita prescrizione, affetto da nullit e non comporta obbligo di accantonamento da parte delle Tesorerie Provinciali dello Stato. In tale fattispecie, pertanto, sussistendo la dichiarazione negativa unitamente a mancato accantonamento, non vi sarebbe lesigenza di proporre opposizione allesecuzione. In quella sede si chiarito altres la rubrica dellart. 1-ter sopra citato va letta con riferimento al disposto della medesima norma, la quale non stabilisce limpignorabilit di qualsiasi somma in giacenza sulla contabilit ordinaria, ma solo le somme ivi presenti che siano destinate al pagamento di spese per servizi e forniture aventi finalit giudiziaria o penitenziaria, nonch agli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della giustizia, accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia. Ci fermo restando che la forma del pignoramento debba restare quella del pignoramento diretto con le conseguenze di cui subito appresso. Lart. 1 DL 313/94, richiamato dallart. 1-ter DL 143/08, deviando dallo schema normativo di cui allart. 617 c.p.c. - integra una forma espressa di nullit (di un atto processuale) insanabile, rilevabile dufficio e non assoggettata al termine di cui allart. 617 c.p.c. I pignoramenti debbono essere eseguiti esclusivamente, a pena di nullit rilevabile d'ufficio, secondo le disposizioni del libro III - titolo II - capo II del codice di procedura civile (e cio nelle forme dellespropriazione mobiliare presso il debitore), con atto notificato al funzionario delegato nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati, con l'effetto di sospendere ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate. Il funzionario, semprech esistano sulla contabilit speciale fondi pignorabili, provveder a vincolare l'ammontare delle somme pignorate (si veda art. 1, comma 2 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313 il quale espressamente afferma che detti pignoramenti si effettuano secondo le peculiari forme ivi indicate e cos si eseguono esclusivamente, a pena di nullit rilevabile d'ufficio). inoltre espressamente previsto dal successivo comma 3 dellart. 1 DL 313/94 che non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento ai sensi del presente articolo presso le sezioni di tesoreria dello Stato a pena di nullit rilevabile anche d'ufficio e che gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni medesime. (NB la norma pedissequamente riproposta allart. 5 quinquies della legge 89/01. Vedi oltre). Dal rapido excursus normativo sin qui effettuato, appare evidente che latto di pignoramento, effettuato in difformit dal peculiare modello disciplinato dal D.L. 313/94, assoggettato al seguente regime: a) la forma del pignoramento diretto lunica esclusivamente utilizzabile, diversamente opinando, la nuova forma del pignoramento diretto presso il debitore non potrebbe mai essere applicata perch lazione esecutiva o diretta ad aggredire fondi impignorabili (perch destinati ai particolari scopi individuati dalle singole normative sopra richiamate) oppure altri fondi (fondi diversi) che sarebbero pignorabili nelle normali forme dellespropriazione presso terzi. Ma la previsione di due diverse forme di pignoramento non contemplata dallart. 1 del D.L. 313/1994; b) latto difforme dal suddetto paradigma normativo qualificato espressamente come nullo e tale nullit espressamente qualificata come rilevabile dufficio; c) gli atti di pignoramento eventualmente effettuati presso le tesorerie (in difformit del paradigma normativo) sono assolutamente inefficaci in quanto non comportano obbligo di accantonamento. Essi, in altri termini, sottraggono alloggetto dellespropriazione le somme depositate presso le Tesorerie, e ci fanno privando gli atti di pignoramento erroneamente effettuati di ogni idoneit allimposizione del vincolo conservativo, cos evidenziando la voluntas legis di sottrarre le suddette somme al soddisfacimento forzato del credito per cui si procede. Trattandosi di nullit assoluta e rilevabile dufficio che volta ad impedire la prosecuzione del processo esecutivo verso lesito finale, la stessa non pu ritenersi assoggettata ai limiti temporali di rilevabilit di cui allart. 617 comma 2 c.p.c., n il giudice dellesecuzione libero nel non rilevarla costituendo lo stesso un vero e proprio potere-dovere. Linefficacia assoluta dellatto di pignoramento - ove effettuato nelle forme di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. anzich nelle forme di cui al DL 313/94 - costruita in modo da impedire il sorgere dello stesso obbligo di accantonamento e custodia in capo al terzo e quindi in modo da impedire il sorgere di alcun vincolo di indisponibilit del credito sussistente nei confronti del debitor debitoris. Ci rinviene la sua ratio, evidentemente, nella volont di sottrarre le somme depositate presso le Tesorerie alloggetto dellespropriazione, il che avviene privando gli atti di pignoramento erroneamente effettuati di ogni idoneit allimposizione del vincolo conservativo: emerge cos la voluntas legis di sottrarre le suddette somme al soddisfacimento forzato del credito per cui si procede. Infatti, una volta escluso lobbligo del terzo debitor debitoris di effettuare laccantonamento, viene a mancare loggetto stesso dellespropriazione, giacch quel credito sottratto al processo ed ineseguibile, in quanto al medesimo non attratto, per lassenza di produzione degli effetti preliminari di indisponibilit. Se lo scopo della norma quello di sottrarre le somme giacenti presso la Tesoreria al processo esecutivo, stabilendo per altra via le modalit con cui vanno individuate le somme destinate al soddisfacimento del creditore procedente, allora ammettere che comunque il pignoramento erroneamente effettuato nelle forme di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. possa proseguire costituirebbe uninterpretazione abrogratrice del chiaro dettato normativo che identifica il pignoramento diretto secondo le forme imposte dallart. 1 DL 313/94 quale forma esclusiva a pena di nullit assoluta delle altre forme di pignoramento senza che sia ipotizzabile alcuno spazio residuo per lespropriazione presso terzi. A mente della consolidata giurisprudenza di legittimit le situazioni invalidanti, che si producano nella fase che conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita, sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo (SS.UU. n. 11178 del 27/10/1995) allorch impediscano che il processo consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cio l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori. Detto principio stato confermato e precisato da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 837 del 16/01/2007 con la quale si statuito che le nullit sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo - me Se cos stanno le cose, allo stato degli atti la posizione assunta dalla Banca dItalia, laddove dichiara di attenersi ad una interpretazione restrittiva della normativa che dispone le ipotesi di impignorabilit e rende dichiarazione negativa solo se la legge contempla espressamente lesonero dallobbligo di accantonamento, diverge dallinterpretazione prospettata della ratio e funzionalit della declaratoria di impignorabilit disposta dalla legge e pone le premesse per il protrarsi di un contenzioso inutile e dannoso per lErario. Il semplice coordinamento dellattivit della Banca dItalia con la difesa assunta dallAvvocatura dello Stato, ancorch prassi utile (finora raramente seguita) non appare misura sufficiente ad una serena trattazione di siffatti anomali processi esecutivi. Evidentemente un atto legislativo che, in relazione a tutti i casi in cui la legge prevede limpignorabilit di determinati fondi, faccia seguire lesenzione dallobbligo di accantonamento da parte del terzo, con riguardo al complesso delle disponibilit dellamministrazione interessata, risolverebbe alla radice il problema. In tal modo il terzo (Banca dItalia) sarebbe esentato dal verificare la destinazione dei fondi ed il meccanismo, previsto dal legislatore, dispiegherebbe appieno i suoi effetti. 6. Quanto alle spese di registrazione dei titoli oggetto di esecuzione forzata lintesa operativa con la Banca dItalia appare utilmente perseguibile, soprattutto in relazione alleffetto di svincolo di somme che, date le circostanze, resterebbero accantonate e non disponibili da parte dellAmministrazione per tempo indefinito. apprezzabile altres sia linserimento di una formula di salvaguardia nella dichiarazione che va a compiere la Banca dItalia, sia linterlocuzione che si prospetta con lAvvocatura dello Stato in ordine alleventuale opposizione al pignoramento. Per quanto concerne la soluzione pratica prospettata di ricorrere in talune ipotesi a conti sospesi collettivi, la Scrivente non pu che ribadire quanto gi esposto sul punto nel documento di lavoro a suo tempo inviato, che si riporta in nota (6). diante opposizione agli atti esecutivi anche oltre il termine dei cinque giorni previsti a pena di decadenza, o d'ufficio dal giudice dell'esecuzione). In definitiva, la sottrazione dei fondi delle suddette contabilit alla possibilit dellespropriazione presso terzi integra un vizio di nullit assoluta che, dal lato degli obblighi della tesoreria, impone di non eseguire laccantonamento e, sul versante dellazione esecutiva (per ci che concerne lattivit dellAvvocatura) impediente lo svolgimento del processo (il quale sarebbe altrimenti mancante del suo oggetto); il relativo vizio sottratto ai termini di cui allart. 617 c.p.c. (6) noto al riguardo che le spese di registrazione per sentenze, provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato sono prenotati a debito, in quanto, in caso di soccombenza dellAmministrazione, le stesse costituiscono una partita di giro per lErario, che non subisce un vero e proprio esborso, rientrando nel c.d. Campione Civile (oggi, ai sensi dellart. 161 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia registro delle spese prenotate a debito). La statuizione del G.E. sul punto sarebbe infatti illegittima per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 59 del D.P.R. 131/1986 e 158 del D.P.R. 115/2002 secondo cui si registrano a debito, cio senza contemporaneo pagamento delle imposte dovute, le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato e sono prenotati a debito, se a carico dell'amministrazione, tra gli altri, anche l'imposta di registro ai sensi di detto articolo 59. Ove sussista, dunque, un titolo esecutivo (giudiziale) nei confronti dellAmministrazione dello Stato e il G.E., in sede di procedura esecutiva a carico di questultimo, disponga nellordinanza di assegnazione il pagamento anche delle spese di registrazione, la Tesoreria dovrebbe assumere limpegno di trasmettere immediatamente tale ordinanza allAvvocatura dello Stato onde consentire la tempestiva proposizione di opposizione agli atti esecutivi. La Tesoreria, ai sensi dellart. 170 del citato D.M. 29/5/2007, dovr comunque eseguire tempestivamente, e comunque nel termine di legge, le ordinanze di assegnazione corrispondendo, in aggiunta a quelle indicate nel provvedimento, quelle di registrazione solo se il creditore ne comprova il pagamento, trasmettendo copia degli atti allAvvocatura dello Stato per consentire lazione di ripetizione allesito dellopposizione agli atti esecutivi. In difetto di prova del pagamento si ritiene che la tesoreria abbia lobbligo di svincolare le somme che residuano dopo lesecuzione dellordinanza in quanto il vincolo di indisponibilit per limporto pari alle spese di registrazione dellordinanza di assegnazione, che si risolve in grave danno per le amministrazioni debitrici, non sarebbe giustificato, non costituendo lordinanza di assegnazione con contestuale liquidazione delle spese dellesecuzione, titolo esecutivo. Essa non pu contenere neanche una condanna in caso di incapienza del residuo credito insoddisfatto (cfr. Cass. Civ. ord. n. 30457 del 30 dicembre 2011). Con tale pronuncia la S.C. sembra aver superato il precedente orientamento (Cass. 19363/2007 e 3976/03) secondo cui lordinanza di assegnazione costituiva titolo esecutivo non solo per la somma assegnata, ma anche per le spese della procedura sia nei confronti del debitore sia nei confronti del terzo. Si legge in tale pronuncia:lart. 95 c.p.c , in relazione alla espropriazione forzata - ipotesi ricorrente nel caso in esame, si limita ad enunciare il principio secondo cui le spese sono a carico di chi ha subito lesecuzione, il che gi consente di escludere che, in questo tipo di esecuzione, sia consentito al giudice dellesecuzione adottare una pronuncia di condanna, costituente titolo esecutivo, nei confronti del soggetto che ha subito lesecuzione.() Deve infatti ribadirsi che, nel procedimento di espropriazione forzata - come nella specie - lonere delle spese non segue il principio della soccombenza, come nel giudizio di cognizione, ma quello della soggezione del debitore allesecuzione con il proprio patrimonio (artt. 2740 e 2910 c.c.), per cui il provvedimento di liquidazione delle spese, ancorch autonomamente emesso dal giudice dellesecuzione, ha solo la funzione di verifica del relativo credito, del tutto analoga a quella che il giudice dellesecuzione compie per il credito di cui si procede (ed i relativi interessi) ai fini del progetto di distribuzione e dellassegnazione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati (Cass. 8/5/1998 n. 4653; Cass. ord. 11/10/1994 n. 789). Ne deriva la correttezza della sentenza in questa sede impugnata, la quale ha ritenuto che lordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. non costituisse titolo esecutivo nei confronti del debitore n potesse contenere una condanna, nel caso - verificatosi nella specie - di incapienza del residuo credito soddisfatto. Del resto, sulla inidoneit dellordinanza di assegnazione ad acquisire il valore di giudicato si veda Cass. n. 11404/2009. Quindi la prassi seguita dalla Banca dItalia secondo cui, in assenza di prova del versamento dellimposta di registro, gli accantonamenti permangono fino al decorrere del termine ordinario di prescrizione ordinaria presuppone, con ci incorrendo in errore, che lordinanza di assegnazione, quanto alle spese di registrazione, costituisca titolo esecutivo. Ovviamente, nel caso in cui il G.E. nulla disponga, correttamente, sulle spese di registrazione, giammai esse dovranno, seppur documentate, essere corrisposte al creditore procedente acquisendo il pagamento, in caso contrario, il carattere di indebito alla luce dei richiamati artt. 59 del D.P.R. 131/1986 e 158 del D.P.R. 115/2002. Del pari la Tesoreria dovr astenersi dal dare corso al pagamento di somme intimate con precetto che abbiano esse riguardo a spese di registrazione, a spese della procedura esecutiva o al credito residuo per incapienza della somma assegnata. Sul punto peraltro soccorre anche lart. 165 comma 5 del D.M. 29/5/2007 di approvazione delle Istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato, a mente del quale le eventuali inibitorie o diffide notificate, anche a mezzo ufficiale giudiziario, alla Tesoreria non determinano la sospensione dei pagamenti. La Tesoreria d informativa di tali atti allamministrazione emittente, senza darne comunicazione agli interessati circa linefficacia degli atti stessi. 7. In relazione allestensione temporale dellobbligo del terzo e alle cosiddette dichiarazioni integrative la soluzione prospettata nella bozza di accordo, soprattutto se letta alla luce della nota della Banca dItalia n. 269841 del 15 marzo 2013 allegata allaccordo stesso - ad avviso della Scrivente pienamente satisfattiva. Nel documento di lavoro proposto dallAvvocatura dello Stato si esprimeva lavviso che la questione, derivante da una prassi largamente diffusa nel Foro campano, costituisse il punto pi delicato della trattazione in corso nel tavolo di lavoro. A fronte di un orientamento tuttora diffuso secondo il quale il pignoramento si estende a tutte le somme dovute e debende fino alleffettiva determinazione e soddisfazione del credito, o mediante dichiarazione o mediante sentenza che accerti lobbligo del terzo, sul punto non pu che richiamarsi a quanto dedotto nel parere dellAvvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli (CS 10923/2012 CNZ), soggiungendo che lobbligo di accantonamento del terzo si arresta, a rigore, alle somme dovute alla data di notifica del pignoramento e al pi tardi al momento della formazione della dichiarazione, che sar poi oggetto di comunicazione a mezzo raccomandata o pec sia allufficio giudiziario che al creditore procedente ed al debitore esecutato. Al riguardo va ricordato, che con riferimento alle procedure esecutive intraprese a far data dal 1 gennaio 2013 la novella introdotta con la legge 228/2012 ha profondamente mutato la natura e la struttura del pignoramento presso terzi. previsto, infatti, che la dichiarazione del terzo venga resa, oltre che a mezzo raccomandata, alternativamente anche a mezzo posta elettronica certificata. Su questo punto sembra doversi sottolineare lopportunit di impiegare esclusivamente questo strumento, anche tenuto conto del fatto che latto di pignoramento compiuto dalla parte con il patrocinio di difensore, obbligato a indicare nellatto lindirizzo di PEC. In via legislativa sarebbe opportuno rendere obbligatorio, a pena di improcedibilit dellesecuzione forzata rilevabile anche dufficio, lindicazione del codice IBAN del conto corrente del creditore procedente, al fine di snellire le procedure di pagamento (nel caso in cui non si ritenga di proporre opposizione) e di evitare la duplicazione continuativa di pignoramenti per le spese successive. Sempre riguardo alle spese di registrazione ove queste siano poste a carico del creditore procedente (allesito fruttuoso di un giudizio di opposizione), le stesse potranno essere recuperate attivando la riscossione mediante ruoli effettuata dallUfficio del Campione Civile esistente presso ogni Ufficio giudiziario giusta la previsione di cui allart. 158 del D.P.R. 115/2002 comma 3, a mente del quale le spese prenotate a debito e anticipate dall'erario sono recuperate dall'amministrazione, insieme alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell'altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore. La Tesoreria, in tale eventualit, e nellipotesi in cui si sia corrisposto in esecuzione dellordinanza del G.E. il pagamento dellimporto pari alle spese di registrazione, dovrebbe quindi impegnarsi a trasmettere al suddetto Ufficio del campione Civile la documentazione attestante lavvenuta liquidazione. Se il creditore procedente dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, e comunque il terzo non compaia alludienza, il giudice fissa unulteriore udienza con ordinanza da notificarsi al terzo almeno 10 giorni prima della nuova udienza. Se il terzo non compare a tale ulteriore udienza la somma pignorata si considera non contestata e si forma il titolo di assegnazione. Appare evidente, come il meccanismo si presti a un utilizzo abusivo da parte del creditore procedente, il quale potrebbe omettere il deposito della dichiarazione (affermando di non averla ricevuta) onde attivare il meccanismo di non contestazione in caso di mancata comparizione in udienza. Si badi che, in vista della seconda udienza, non prevista la possibilit di emettere dichiarazione a mezzo raccomandata o PEC ma consentita solo la partecipazione alludienza. Daltra parte, non previsto che il debitore venga a conoscenza dellavvenuta emissione della dichiarazione del terzo onde altamente probabile che non abbia modo di opporsi tempestivamente e fondatamente allassegnazione basata sul meccanismo di non contestazione. Inoltre, lunica ragione di opposizione agli atti riconosciuta al terzo quella relativa alleccezione di non aver avuto conoscenza della citazione di cui allart. 543 c.p.c.. Possibili rimedi: anzitutto sarebbe opportuno che la dichiarazione del terzo venga trasmessa via PEC anche allAvvocatura dello Stato per il tempestivo deposito in vista delludienza. In via legislativa: sarebbe auspicabile la promozione di una norma che consenta linvio direttamente alla cancelleria del giudice, a mezzo PEC, della dichiarazione di quantit, affinch la stessa venga dufficio aggiunta al fascicolo dellesecuzione. In tale nuovo contesto tuttavia la prassi che intende adottare (ed ha in parte gi adottato) la Banca dItalia, a seguito della nota a firma Saccomanni n. 269841 del 15 marzo 2013, appare ragionevole e non lesiva delle possibilit di effettiva difesa da parte dellamministrazione che subisce il pignoramento. 8. Sullestinzione delle procedure esecutive da lungo tempo pendenti, ma tuttora non dichiarate formalmente estinte e sullo svincolo delle relative somme accantonate (art. 169 IST), la collaborazione promessa dalla Banca dItalia e dal Ministero della Giustizia appaiono idonee a dar luogo ad uno snellimento negli accertamenti necessari. Il dato decisivo appare la possibilit di accesso da parte della Banca dItalia alle procedure telematiche presso le Cancellerie del GE, anche se la disponibilit di elenchi aggiornati (e dei relativi accantonamenti) consentono comunque agli uffici amministrativi e, alloccorrenza, allAvvocatura dello Stato di pervenire in tempi ragionevoli ad utili risultati. 9. In conclusione la Scrivente dellavviso che - sia pure nel quadro di incertezza normativa sopra delineato - laccordo predisposto con la Banca dItalia possa essere utilmente sottoscritto, rimettendosi la Scrivente alle valutazioni di codeste amministrazioni in ordine: a) alleventuale ripristino della formula a suo tempo concordata relativamente allart. 3, circa una pi estesa utilizzazione della procedura di pagamento in conto sospeso; b) ad una riformulazione dellart. 4 che tenga conto delleffettiva portata della impignorabilit, comunque sancita da fonte legislativa. In realt la materia dellesecuzione per somme di danaro nei confronti di organi dello Stato necessita ad avviso della Scrivente di una urgente riscrittura unitaria, muovendo, ove se ne ravvisi lopportunit, proprio dallesecuzione dei decreti di condanna sulla legge Pinto e chiarendo fino in fondo la valenza e lestensione delle varie impignorabilit, diffuse in disposizioni sparse e frammentate nella legislazione amministrativa vigente. Nei sensi di cui sopra il richiesto parere, sul quale stato acquisito lavviso del Comitato consultivo, che si espresso in conformit. *** ** *** ACCORDO PER LA GESTIONE DEGLI ATTI DI PIGNORAMENTO IN DANNO DI AMMINISTRAZIONI DELLO STATO NOTIFICATI ALLA BANCA DITALIA -TESORERIA DELLO STATO, IN VESTE Dl TERZO PIGNORATO VISTO l'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, disciplinante gli accordi tra pubbliche amministrazioni; VISTI la legge 28 marzo 1991, n. 104, di proroga della gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato, e la relativa convenzione tra il Ministero del Tesoro e la Banca d'Italia stipulata il 17 gennaio 1992, nonch l'art. 6 dei decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430, che affida alla Banca d'Italia il servizio di tesoreria centrale dello Stato, e la relativa convenzione tra il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e la Banca d'Italia stipulata il 9 ottobre 1998; CONSIDERATO che in veste di terzo pignorato la Banca d'Italia, in qualit di esercente il servizio di tesoreria dello Stato, riceve e gestisce un rilevante numero di "pignoramenti presso terzi in danno di Amministrazioni statali", attenendosi alle disposizioni del codice di procedura civile e alle leggi speciali che disciplinano la materia, nonch alle Istruzioni sul Servizio di Tesoreria dello Stato approvate con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 29 maggio 2007 (d'ora in poi IST); CONSIDERATO che, con nota n. 1031394 del 15 dicembre 2011, la Banca d'Italia ha proposto all'Avvocatura Generale dello Stato e al Ministero dell'Economia e delle Finanze la costituzione di un tavolo di lavoro per esaminare le problematiche derivanti dal significativo aumento degli atti di pignoramento presso terzi notificati negli ultimi anni alla Banca d'Italia in qualit di tesoriere dello Stato e che, con nota n. 243842 dell'8 marzo 2013, la partecipazione ai lavori stata estesa al Ministero della Giustizia, in considerazione delle peculiarit dei pignoramenti che interessano quest'ultimo Dicastero; CONSIDERATO che la Banca d'Italia, ai sensi dell'art. 5, comma 1, dei decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, non pu concedere anticipazioni di alcun tipo al Tesoro; CONSIDERATO quanto emerso dagli approfondimenti condotti nel corso delle riunioni svoltesi in data 12 aprile 2012, 19 novembre 2012, 4 e 30 aprile 2013, 23 maggio 2013, 17 e 24 giugno 2013 e 19 dicembre 2013, anche alla luce del documento di lavoro prodotto dall'Avvocatura Generale dello Stato, che contiene tra l'altro una proposta norma tiva volta a promuovere il ricorso al giudizio di ottemperanza come unica forma per la soddisfazione coattiva di crediti nei confronti della P.A.; la Banca d'Italia, in qualit d esercente il servizio di tesoreria dello Stato, il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (d'ora in avanti anche Dipartimento della Ragioneria Generate dello Stato), il Ministero della Giustizia e lAvvocatura Generale dello Stato (di seguito, quando considerati cumulativamente, indicati come sottoscrittori) sottoscrivono il presente Accordo. 1. Oggetto Il presente Accordo disciplina le attivit che i sottoscrittori si impegnano a porre in essere con riferimento alla gestione dei pignoramenti in danno di Amministrazioni dello Stato notificati alla Banca d'Italia -Tesoreria dello Stato in qualit di terzo pignorato. 2. Obiettivi Gli impegni assunti dai sottoscrittori con il presente Accordo perseguono i seguenti obiettivi: - accrescere l'efficienza nella gestione degli atti di pignoramento individuando e promuovendo attivit che, senza pregiudizio dei diritti dei creditori, prevengano le azioni esecutive, razionalizzino gli adempimenti in capo ai sottoscrittori e riducano i costi, diretti e indiretti, sostenuti dalle Amministrazioni debitrici, dalla Banca d'Italia in qualit di terzo pignorato e dal sistema giudiziario; - rafforzare la collaborazione interistituzionale tra i sottoscrittori e tra questi e gli uffici giudiziari, anche al fine di ridurre i margini d'incertezza nell'interpretazione della normativa di riferimento e di contenere i vincoli alla gestione delle ordinarie procedure di spesa derivanti dal blocco dei fondi conseguente al pignoramento; -promuovere soluzioni normative alle problematiche riguardanti la materia dei pignoramenti in danno delle Amministrazioni dello Stato. 3. Utilizzo degli speciali ordini di pagamento in conto sospeso al fine di prevenire le esecuzioni forzate Con l'art. 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, stato introdotto lo "speciale ordine di pagamento in conto sospeso", di seguito "SOP", con il quale le Amministrazioni dello Stato possono effettuare pagamenti per prevenire le esecuzioni forzate. Presupposti per l'emissione del SOP sono l'indicazione del debito in un provvedimento giurisdizionale o lodo arbitrale avente efficacia esecutiva e l'indisponibilit di somme sul capitolo di bilancio di pertinenza dell'Amministrazione debitrice. I sottoscrittori riconoscono l'efficacia del SOP in chiave preventiva alle esecuzoni forzate in danno dello Stato e convengono di intraprendere iniziative volte a favorire l'utilizzo di tale strumento. In relazione a ci: -l'Avvocatura Generate dello Stato si impegna a fornire indicazioni alle Avvocature Distrettuali affinch, nel trasmettere il titolo esecutivo notificato alle stesse ope legis, rammentino alle Amministrazioni debitrici l'utilizzo del SOP come strumento di assolvimento dell'obbligazione pecuniaria in assenza di fondi sul pertinente capitolo di bilancio, sottolineando quanto previsto dall'art. 14, comma 2, D.L. 669/96; -Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato si impegna a predisporre una circolare indirizzata alle Amministrazioni dello Stato, che riordini e coordini le istruzioni emanate a suo tempo per l'utilizzo dei SOP e legittimi la Banca d'Italia a dar corso ai SOP previa verifica della loro regolarit formale (compresa l'indicazione sul titolo del- l'Amministrazione emittente e del capitolo di bilancio interessato) e dell'avvenuto riscontro tramite apposizione del "visto" da parte degli Uffici Centrali di Bilancio o delle Ragionerie Territoriali. 4. Impignorabilit dei fondi I sottoscrittori convengono che l'ampia produzione normativa, con la quale il legislatore ha inteso sottrarre all'esecuzione forzata risorse destinate ad assicurare funzioni pubbliche meritevoli di particolare tutela, forma oggetto di un'applicazione non omogenea da parte dei tribunali e di un'interpretazione sovente non uniforme da parte delle Amministrazioni interessate. In tale contesto, si prende atto che la Banca d'Italia, in qualit di terzo pignorato, si attiene a un'applicazione restrittiva della normativa che dispone le ipotesi di impignorabilit, atteso il suo carattere derogatorio ed eccezionale rispetto ai principi generali in materia di responsabilit patrimoniale del debitore (art. 2740 c.c.). In relazione a ci: -la Banca d'Italia rende dichiarazione negativa solo se la legge contempla espressamente anche l'esonero dall'obbligo di accantonamento (1); -l'Avvocatura Generale dello Stato, con specifico riguardo alle ipotesi di interpretazione non uniforme della normativa in materia di impignorabilit, si impegna ad inviare alla Banca entro i tempi previsti per la dichiarazione di terzo, una nota nella quale esplicita le proprie considerazioni in merito all'impignorabilit dei fondi; -la Banca d'Italia si impegna ad accludere alle dichiarazioni di terzo positive o parzialmente positive le note pervenute dall'Avvocatura dello Stato entro i termini di presentazione delle dichiarazioni stesse e a indirizzare via PEC alla competente Avvocatura, nella stessa data d'invio al creditore, la dichiarazione di terzo resa unitamente all'atto di pignoramento. 5. Spese di registrazione di ordinanze di assegnazione Sovente nelle ordinanze sono assegnate alla parte creditrice le spese di registrazione delle ordinanze stesse ancorch detti oneri rientrino tra quelli oggetto d prenotazione a debito (c.d. "campione civile"). I sottoscrittori prendono atto che in alcuni casi tuttavia il pagamento di tali spese non viene richiesto e documentato alla Tesoreria unitamente ai pagamento della sorte capitale e delle altre spese di giudizio; i relativi accantonamenti sono pertanto mantenuti dalle Tesorerie per periodi indefiniti nella prospettiva dell'eventuale richiesta di pagamento. In relazione a ci: -il Ministero della Giustizia si impegna a richiamare l'attenzione delle Cancellerie dei Tribunali, con apposita Circolare, sugli adempimenti concernenti la registrazione "a debito" delle ordinanze emesse in esito a pignoramenti in danno di Amministrazioni statali; (1) In particolare, con riguardo ai pignoramenti in danno del Ministero della Giustizia, lesonero dal- lobbligo di acconttonamento non pu essere esteso ai cespisti (quali, ad sempio, quelli finalizzati al pagamento di imposte e tributi) che non rientrano nella previsione dellart. 1-ter della L. 181/08. -la Banca d'Italia si impegna a: inserire, nell'ambito delle dichiarazioni di terzo positive o parzialmente positive, la precisazione che "ai sensi degli artt. 59 del DPR 131/86 e 158 del DPR 115/02 le spese di registrazione dell'eventuale ordinanza di assegnazione emessa in esito della presente procedura esecutiva sono prenotate a debito"; trasmettere tempestivamente via PEC alla competente Avvocatura dello Stato l'ordinanza concernente le spese di registrazione; pagare le spese di registrazione solo se documentate e richieste contestualmente alla liquidazione dell'ordinanza di assegnazione e svincolare le somme residue; nell'ipotesi in cui il creditore assegnatario notifichi successivamente un precetto e promuova esecuzione diretta per il recupero delle spese di registrazione, subire il pignoramento diretto utilizzando fondi dell'Amministrazione esecutata o, in loro assenza, scritturando le somme sul conto sospeso "collettivi", ponendole a carico della stessa Amministrazione esecutata; trasmettere tempestivamente l'informativa sul pignoramento subto alla competente Avvocatura dello Stato, unitamente alla dichiarazione di terzo; svincolare le somme ancora accantonate per far fronte alle eventuali richieste di spese di registrazione non documentate; qualora dovesse successivamente essere documentato il pagamento di dette spese e richiesto il rimborso, si proceder secondo liter sopra delineato, utilizzando fondi disponibili del debitore esecutato ovvero, in mancanza, scritturando le somme richieste al conto sospeso collettivi, dandone tempestiva informativa al Ministero dell'Economia affinch provveda a interessare l'Amministrazione esecutata per il ripiano della partita scritturata a sospeso; -il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e la Banca d'Italia concordano la procedura per autorizzare la Banca stessa a scritturare sul conto sospeso "collettivi" le somme di cui al punto precedente, qualora non esistano disponibilit, libere da vincoli, dell'Amministrazione esecutata. 6. Estensione temporale dell'obbligo del terzo Con riferimento all'estensione temporale dell'obbligo del terzo di accantonare e dichiarare i fondi sopravvenuti alla data di notifica dell'atto di pignoramento, i sottoscrittori condividono, per i pignoramenti notificati dal 1 gennaio 2013, le linee di condotta individuate dalla Banca d'Italia e contenute nella nota n. 269841 del 15 marzo 2013, che si allega al presente Accordo. Per quanto concerne invece le procedure notificate anteriormente al 1 gennaio 2013, nell'eventualit in cui il Giudice dell'Esecuzione inviti il terzo pignorato a rendere una "dichiarazione integrativa": -la Banca d'Italia si impegna a comunicare tramite PEC al creditore procedente che la dichiarazione gi resa nel termine previsto dagli artt. 543 e 547 c.p.c, non pu essere oggetto di integrazione; -l'Avvocatura Generale dello Stato si impegna affinch la competente Avvocatura Distrettuale dello Stato si costituisca per conto dell'Amministrazione esecutata nell'eventuale giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo intrapreso nei confronti della Banca d'Italia, facendo valere l'inammissibilit e/o l'infondatezza dell'azione di accertamento per difetto della dichiarazione integrativa; -il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato si impegna a tenere indenne la Banca per il pagamento delle somme accertate nel giudizio di accertamento nonch per leventuale condanna alle spese di lite conseguenti alla soccombenza nel relativo giudizio di cognizione, da porre a carico dell'Amministrazione esecutata. Gli adempimenti procedurali da porre in essere sono concordati tra la Ragioneria Generale dello Stato e la Banca. 7. Estinzione delle procedure pregresse I sottoscrittori prendono atto che presso le Tesorerie risultano giacenti accantonamenti per procedure esecutive relativamente alle quali non in molti casi possibile acquisire l'attestazione, richiesta dall'art. 169 delle IST, che legittimi la Banca d'Italia allo svincolo delle somme. In relazione a ci: -la Banca d'Italia si impegna a comunicare via PEC all'Avvocatura dello Stato, al Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, al Ministero della Giustizia e alle Cancellerie dei Tribunali - con cadenza annuale -l'elenco delle procedure pendenti da oltre due anni a fronte delle quali sussistono accantonamenti. L'elenco conterr gli elementi relativi alla procedura esecutiva in possesso della Banca (indicazione delle parti; numero del titolo esecutivo richiamato nell'atto di pignoramento; importo accantonato e, ove gi noto il numero del Ruolo Generale); -Il Ministero della Giustizia si impegna a favorire le opportune iniziative dei Presidenti di Tribunale e dei Dirigenti di Cancelleria affinch sia agevolata, in relazione al punto che precede, la ricerca di informazioni sullo stato delle procedure pendenti da oltre due anni. Le informazioni acquisite sono messe a disposizione dell'Amministrazione debitrice, dell'Avvocatura e della Banca d'Italia. Il Ministero della Giustizia, inoltre, si attiver affinch la Banca d'Italia e gli altri grandi utenti - terzi pignorati possano avere accesso telematico alle Cancellerie. 8. Ulteriori impegni dei sottoscrittori I sottoscrttori si impegnano a incontrarsi con cadenza almeno semestrale al fine di verificare i risultati delle azioni intraprese e discutere eventuali adeguamenti in relazione all'evoluzione del contesto di riferimento, dando atto delle problematiche discusse in apposito verbale. Roma, 15 APR. 2014 Per la Banca d'Italia Il Direttore Generale Salvatore Rossi Per il Ministero dell'Economia e delle Finanze Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato Il Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco Per il Ministero della Giustizia Il Capo Dipartimento per gli affari di giustizia Simonetta Matone Per l'Avvocatura Generale dello Stato Vice Avvocato Generale Giuseppe Fiengo *** ** *** BANCA D'ITALIA EUROSISTEMA Prot. n. 0269841/13 del 15/03/2013 SERVIZIO RAPPORTI CON IL TESORO (832) DIVISIONE ANALISI NORMATIVA E PAGAMENTI PUBBLICI (025) AI CAPI DEI SERVIZI E DELLE FILIALI Classificazione VI 4 14 Oggetto Atti di pignoramento presso terzi. Modifiche al c.p.c. 1. Premessa. La legge di stabilit 2013 (L. 24.12.2012, n. 228) ha modificato alcuni articoli del codice di procedura civile riguardanti i pignoramenti presso terzi. Le disposizioni introdotte dallart. 1, co. 20, della legge (1) - che si applicano ai procedimenti esecutivi iniziati successivamente al 1 gennaio 2013 (2) - hanno una portata fortemente innovativa, con riflessi sugli adempimenti del terzo pignorato riguardanti la dichiarazione di quantit, l'estensione temporale dell'obbligo e il comportamento processuale. In particolare, sono stati integrati gli artt. 543 (Forma del pignoramento) e 547 (Dichiarazione del terzo) e sostituiti gli artt. 548 (Mancata o contestata dichiarazione del terzo) e 549 (Accertamento dell'obbligo del terzo). Le novit riguardano: la soppressione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo e la riconduzione dei relativi accertamenti nel processo di esecuzione (artt. 548 e 549 c.p.c.); l'invio della dichiarazione di terzo con posta elettronica certificata; la fissazione di un'apposita udienza per la comparizione del terzo nel caso in cui il creditore sostenga di non aver ricevuto la dichiarazione epistolare. Si forniscono di seguito - d'intesa con il Servizio Sistema dei Pagamenti - istruzioni per la gestione delle procedure esecutive in cui l'Istituto citato in veste di terzo pignorato; per uniformit di linea di condotta, le istruzioni si applicano sia ai pignoramenti del ramo "Banca", sia a quelli del ramo "Tesoreria" ove non diversamente indicato. 2. Novit concernenti l'accertamento dell'obbligo del terzo. L'art. 549 c.p.c. non contempla pi il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo ma demanda al G.E. - compiuti i "necessari accertamenti" - la definizione con ordinanza dei casi di contestazione della dichiarazione. La soppressione della possibilit di instaurare un giudizio autonomo e incidentale di accertamento dell'obbligo (3) consente di superare la necessit per il terzo di vincolare i fondi pervenuti in data successiva a quella della dichiarazione, con positivi riflessi sui carichi operativi delle unit Gestione Servizi di Pagamento. Pertanto, la presenza di tali (1) Per comodit di consultazione si riporta, in allegato, il testo vigente degli articoli del codice di procedura civile. (2) Ai sensi dell'art. 491 c.p.c., l'espropriazione forzata inizia con la notifica dell'atto di pignoramento. (3) Il precedente art. 548 c.p.c. stabiliva la possibilit del giudizio di accertamento anche se il terzo non compariva all'udienza stabilita o, comparendo, rifiutava di fare la dichiarazione. Pertanto, l'udienza assumeva anche per il terzo un carattere di centralit. fondi non andr pi monitorata, nel rispetto delle specificit di seguito indicate per i pignoramenti dei rami "Tesoreria" e "Banca". Avuto presente che il codice di procedura civile stabilisce che la dichiarazione va resa entro dieci giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento (artt. 543 e 547 c.p.c.), le dichiarazioni negative o parzialmente positive, per ragioni di uniformit di comportamento andranno predisposte, firmate e spedite sempre il decimo giorno, preferibilmente tra i primi adempimenti della giornata operativa (4). Le dichiarazioni positive possono invece essere via via spedite nell'arco temporale dei dieci giorni previsti dal codice. L'art. 549 c.p.c. non specifica gli strumenti e le modalit secondo cui il G.E. condurr i "necessari accertamenti" per definire le contestazioni. Dall'esame della norma si evince che le Filiali potrebbero essere destinatarie di notifiche di provvedimenti con cui il G.E. dispone la comparizione del terzo con finalit istruttorie. In tali ipotesi, si avr cura di interessare tempestivamente per le istruzioni il competente Servizio dell'A.C. e la Consulenza legale. Nel caso specifico di notifica di ordinanza emessa a norma dell'art. 549 c.pc. suscettibile di censure da parte del terzo andranno interessati il competente Servizio dell'A.C. nonch la Consulenza Legale ai fini della valutazione dell'impugnativa ex art. 617 c.p.c., sotto- posta al termine di decadenza di giorni venti. 3. Invio della dichiarazione di terzo con posta elettronica certificata. ora espressamente previsto che per l'invio della dichiarazione di terzo al creditore l'utilizzo della PEC ha effetti equivalenti a quello della raccomandata (artt. 543, co. 2, n. 4 e 547, co.1 c.p.c.). Pertanto, la dichiarazione dovr essere resa al legale del creditore a mezzo PEC, apponendo la firma digitale. Per le dichiarazioni del ramo 'Tesoreria", la PEC potr essere utilizzata anche per l'invio delle previste comunicazioni all'Amministrazione interessata e all'Avvocatura dello Stato. Resta inteso che nei casi in cui non sia possibile l'utilizzo della PEC, la dichiarazione sar trasmessa a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno. 4. Onere di comparizione all'udienza ex art. 548 c.p.c.. Nelle fattispecie diverse dai pignoramenti riguardanti i crediti di cui all'art. 545, co. 3 e 4 (5), qualora il creditore dichiari di non aver ricevuto la dichiarazione di terzo, il G.E. con ordinanza fissa un'udienza successiva. L'ordinanza notificata al terzo almeno 10 giorni prima della nuova udienza. In base a tale disposizione, il terzo ha l'onere di comparire all'udienza di rinvio ex art. 548, co. 2, c.p.c., in difetto il credito si ritiene non contestato e il G.E. potr assegnarlo. (4) Si richiama l'attenzione sulla particolare cura che andr posta, in caso di dichiarazione negativa o parzialmente positiva, nella verifica delle disponibilit del debitore esecutato pervenute immediatamente prima della spedizione della dichiarazione. Per quanto ovvio, alle dichiarazioni negative o parzialmente positive continuer ad accludersi l'elenco delle pregresse procedure in danno del medesimo debitore esecutato che non risultano ancora definite. Infine, si specifica che i debiti derivanti da contratti della Banca in essere alla data del decimo giorno successivo a quello di notifica dell'atto, come gi in precedenza, andranno inseriti nella dichiarazione di terzo e le eventuali somme gi esigibili e quelle ancora da maturare andranno vincolate fino alla concorrenza dell'importo precettato aumentato del 50% come dispone l'art. 546 c.p.c. (5) Si tratta delle somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennit relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento. All'udienza il terzo comparir al solo fine di attestare di avere gi reso la dichiarazione di quantit, producendola in copia unitamente alla documentazione attestante la notifica via PEC, ovvero alla ricevuta di accettazione della raccomandata e al relativo avviso di ricevimento. Della presenza del terzo e del deposito della documentazione andr chiesta la verbalizzazione all'udienza. A tal fine necessario che le Filiali accertino l'avvenuto ricevimento della dichiarazione di quantit da parte del legale del creditore procedente. Qualora nell'ordinanza di rinvio ad altra udienza il G.E., oltre alla comparizione, richieda di rendere la dichiarazione di terzo ovvero di integrarla con fondi sopravvenuti, le Filiali si limiteranno a confermare e comprovare la spedizione della dichiarazione senza alcuna integrazione. Nell'eventualit che il G.E. emetta ordinanza di assegnazione di somme non dichiarate, andranno tempestivamente interessati il competente Servizio dell'A.C. nonch la Consulenza Legale perch possa tempestivamente proporsi l'eventuale opposizione agli atti esecutivi per la quale il codice fissa un termine decadenziale di giorni venti (art. 617 c.p.c.). La presente comunicazione disponibile nell'archivio elettronico della normativa collegata alle Circolari 245/02 e I TP. (cap. II). Distinti saluti. IL DIRETTORE GENERALE FABRIZIO SACCOMANNI legislazione ed attualit LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Lordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, dalla singolarit nazionale alla proiezione europea Valerio Perotti* Conclusa l'analisi dei principi giuridici che caratterizzano il modello europeo di ordinamento della pubblica sicurezza (con particolare attenzione, da ultimo, alla funzione di coordinamento, decisiva nell'attuazione dei criteri di sussidiariet e leale cooperazione ex art. 4 TUE), lo studio prosegue con l'esame dei principali aspetti di quello italiano. Di quest'ultimo, in particolare, vengono evidenziate le maggiori criticit strutturali, derivanti dalla sovrapposizione di diverse materie nel corpus della legge 121/81 e dalla mancata adozione di un criterio-guida di carattere funzionale che sancisca la definitiva separazione tra organi (ed attribuzioni) di indirizzo ed organi (ed attribuzioni) esecutivi o di gestione. Di tali anomalie si tenta altres di fornire una spiegazione sistematica attraverso la puntuale (e spesso inedita) ricostruzione degli antecedenti storici delle norme attualmente in vigore. Lo studio si conclude poi con una sintetica verifica delle soluzioni adottate negli ordinamenti di pubblica sicurezza di altri Paesi membri dell'UE, tra cui quelli del cd. G6 europeo. SOMMARIO: PARTE II -2. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: A) Il principio di coordinamento tra ordinamento nazionale e comunitario, nel rapporto con la potest ordinatoria dellAutorit di governo. A.1) Il modello di coordinamento nel sistema amministrativo italiano. A.2) Il modello di coordinamento nelle fonti dellUnione Europea. Conclusioni - 3. Principi generali in materia di pubblica (*) Avvocato dello Stato. Del presente saggio si pubblica la seconda parte, con linvito - per il Lettore interessato alla integrale fruizione - al precente numero di questa rivista, Rass. 2013, IV, 131 ss. sicurezza: B) Lordinamento italiano alla luce della legge 121/81 e del TULPS: linee guida, profili storici e problematicit di sistema. B.1) LAmministrazione della Pubblica Sicurezza in Italia. B.2) Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. B.3) Le Autorit provinciali di Pubblica Sicurezza. B.4) Sicurezza urbana e poteri del Sindaco quale rappresentante del Governo. Il modello della cd. sicurezza partecipata - 4. Elementi di diritto comparato nella prospettiva del modello europeo. La cd. gestione di prossimit. Sintesi e conclusioni. 2. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: A) il principio di coordinamento tra ordinamento nazionale e comunitario, nel rapporto con lapotest ordinatoria dellAutorit di governo. A.1) IL MODELLO DI COORDINAMENTO NEL SISTEMA AMMINISTRATIVO ITALIANO. Lordinamento della pubblica sicurezza italiano, definito dalla legge 1 aprile 1981 n. 121, fa perno sul principio di coordinamento delle Forze di polizia, esercitato dal Ministro dellInterno per il tramite dellAmministrazione di Pubblica Sicurezza. Le Forze di polizia vengono a loro volta individuate dallart. 16 della medesima legge, ovverosia i due Corpi storicamente deputati a tale incombenza - la Polizia di Stato e lArma dei Carabinieri, questultima quale Forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza - cui vengono ad affiancarsi la Guardia di Finanza, la Polizia Penitenziaria ed il Corpo Forestale dello Stato. A livello centrale la funzione di coordinamento viene svolta in seno al Comitato nazionale per lordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Ministro dellInterno e composto dal Direttore generale della P.S. (nonch capo della Polizia di Stato), dal Comandante generale dellArma dei Carabinieri e dal Comandante generale della Guardia di Finanza, mentre a livello decentrato vi deputato il Comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica (uno per ogni provincia), presieduto dal Prefetto e composto dal Questore (che vi partecipa in qualit di dirigente territoriale della Polizia di Stato), dal Comandante provinciale dellArma dei Carabinieri e dal Comandante provinciale della Guardia di Finanza. In linea operativa e di principio, dunque, tale modello presuppone lassoluta parit delle Forze di polizia e la loro comune sottoposizione al potere direttivo (con correlata responsabilit) dellAutorit politica di governo. A sua volta, la legge 3 agosto 2007 n. 124, recante Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto, recante la riforma dei servizi segreti italiani, ha istituito il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), lAgenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) e lAgenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI) in luogo dei preesistenti CESIS, SISMI (militare) e SISDE (civile). Il DIS un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri deputato a vigilare sullattivit di AISI ed AISE in merito alla corretta applicazione delle disposizioni emanate dal Presidente del Consiglio quale Autorit nazionale per la sicurezza, ferme restando le competenze esclusive delle Agenzie per quanto riguarda lattivit di ricerca informativa e la collaborazione con i servizi di sicurezza degli Stati esteri. Il Dipartimento assicura inoltre lo scambio informativo tra AISE, AISI e Forze di polizia. Come gi accennato, la legge 121/81, dopo aver confermato la storica compresenza delle due Forze di polizia a carattere generale (lArma dei Carabinieri e la Polizia di Stato, nella quale era nel frattempo confluito il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza), attribu, seppur in via concorrente e/o residuale, la qualifica di Forze di polizia (con attribuzioni di pubblica sicurezza) ad ulteriori tre Corpi con competenze settoriali, cos da assicurare comunque ai Prefetti la disponibilit di forze sufficienti a fronteggiare eventuali emergenze di ordine pubblico (305). Per questa ragione, in presenza di una pluralit di soggetti coinvolti sotto il profilo operativo, si pens di ricorrere allistituto del coordinamento per assicurare unordinata gestione del sistema sicurezza, il che spiega la necessit di procedere - prima di ogni altra considerazione - alla corretta definizione di questo principio giuridico-organizzativo (306). Generalmente ne vengono individuate due figure -amministrativo e politico - frutto di una complessa evoluzione storica. In passato era comune lidea che il coordinamento amministrativo fosse un semplice predicato del vincolo di superiorit gerarchica, teso ad evitare, negli ordinamenti pi complessi, la contraddittoriet dellazione amministrativa (di per s tesa, per quanto possibile, al raggiungimento di obiettivi unitari e predeterminati (307)): in questi termini si parlava (308) di coordinamento per descrivere una relazione interorganica meno intensa di quelle gerarchica (connotata dal potere di ordine) e direttiva (connotata dai poteri di propulsione, direzione e controllo), intercorrente tra uffici tutti variamente subordinati ad un comune superiore gerarchico che si avvaleva di un coordinatore (spesso, ma non necessariamente, sovraordinato agli (305) Sullargomento si veda linteressante studio di SAVINO, Lassetto delle Forze di polizia in Italia: i problemi esistenti e le prospettive di riforma, IRPA Roma 2010. (306) Il principio del coordinamento, sviluppatosi contestualmente al progressivo intervento dello Stato moderno nei pi disparati settori della vita economica e sociale, una caratteristica delle cd. democrazie avanzate ed inclusive (per utilizzare la terminologia di DAHL, Poliarchia, Milano 1997), destinata ad assumere un ruolo crescente a fronte di uno sviluppo sempre pi articolato e complesso delle relazioni sociali, interne ed internazionali. inoltre una tipica funzione degli ordinamenti decentrati e/o federali, atta a comporre i rapporti tra gli organi di vertice dello Stato e le istanze territoriali, generalmente alla luce del principio di sussidiariet. (307) In argomento si veda CIRILLO, Il coordinamento amministrativo quale strumento procedi- mentale nellepoca del decentramento e della autonomia istituzionale, Roma 2004. (308) BACHELET, Coordinamento, in Enc. Dir. X, Milano,1962, pp. 630 ss. altri) per assicurare ununitariet amministrativa pi capillare. La tesi della derivazione gerarchica era legata alla concezione ottocentesca del potere ordinatorio, secondo cui lattivit amministrativa altro non sarebbe che unattivit di polizia (309) volta a contenere (e quindi sindacare) le iniziative egoistiche dei sudditi, componendole alla luce dellinteresse generale: ci giustificherebbe un margine di intervento amministrativo quanto pi ampio possibile, fatte soltanto salve le garanzie di legge a tutela dei diritti individuali. Da tale premessa discendeva lidea secondo cui tutte le disposizioni di legge possono essere superate - seppur in via temporanea - attraverso lesercizio dispositivo della potest ordinatoria (310), ogniqualvolta sussistano dei rischi per lintegrit dellinteresse generale che, di fatto, richiedano un intervento autoritativo. La riserva di un ampio margine di intervento ordinatorio veniva altres giustificata (una volta distinta, con lo Statuto Albertino, la funzione legislativa da quella esecutiva) in unottica costituzionalista, quale strumento per garantire lequilibrio tra i Poteri esecutivo e legislativo, ad evitare che il secondo potesse stemperare la ratio politica ed ordinativa sottesa al principio di separazione dei Poteri (311). Le attribuzioni ordinatoria e di coordinamento sarebbero quindi, secondo questa linea di pensiero, manifestazioni - di intensit diversa - della generale potest amministrativa connaturata agli organi del Potere esecutivo. Il progressivo consolidarsi del principio di legalit in seno allattivit amministrativa port peraltro, nel corso dei primi anni del Novecento, ad una significativa contrazione dei presupposti dellattivit ordinatoria di governo. Con lavvento della dittatura, per, il modello dello Stato di polizia riprese nuovo slancio, proprio in reazione al suddetto consolidamento, per essere infine consacrato nel TULPS in unottica opposta a quella del precedente sistema liberale: ci conseguiva al fatto che il mutamento di regime istituzionale (309) Nel senso etimologico del termine (dal greco Plis, o citt-Stato), quale complesso delle attivit di amministrazione delle comunit umane organizzate. Lespressione appare invero pi congruente con la nozione integrata di Polita elaborata nel Quarto Libro della Politica di Aristotele (IV, 4 1291-b 7-11, nonch IV, 2 1289-a 36-37; cfr. IV, 7 1293-a 39-41). (310) Consistente nella possibilit di adottare ordinanze contingibili ed urgenti (idonee a derogare pure a disposizioni di legge) e pertanto attribuita solo al Prefetto, in quanto espressione dellAutorit di governo, nonch al Sindaco (coerentemente, nei limiti in cui eserciti le funzioni di ufficiale del medesimo Governo). invece tuttaltra cosa il potere di ordinanza del Questore (ex art. 37 D.P.R. 782/85), avente correttamente ad oggetto - di converso - solo la precisazione delle linee-guida del coordinamento operativo delle Forze di polizia di volta in volta messe a disposizione dai rispettivi Comandi, sulla base di quanto in precedenza concordato in sede di Comitato Provinciale per lOrdine e la Sicurezza Pubblica, in presenza di particolari situazioni di pericolo ambientale. La necessit, in tale ipotesi, di ricorrere ad unordinanza dovuta anche alla circostanza che - rispetto a tali Forze - il Questore ed i suoi delegati non esercitano alcuna forma di sovraordinazione gerarchica e dunque non possono emettere direttamente degli ordini. (311) Cfr. VIRGA, La potest di polizia, Milano 1954. venutosi a creare, pur ad ordinamento costituzionale formalmente invariato (312), poneva il Governo non pi come diretta emanazione dellautorit del Sovrano (ovvero di una contingente maggioranza parlamentare), bens come alter ego di questultimo ed espressione delle reali linee di indirizzo politico- amministrativo dello Stato. In un regime non liberale, per, una tale ricostruzione fatalmente finiva per contraddire i principi dello Stato di diritto. In questottica, lart. 2 attribuiva al Prefetto (rappresentante del Governo) nel caso di urgenza o per grave necessit pubblica la facolt di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dellordine pubblico e della sicurezza pubblica, formalizzando il principio per cui il potere esecutivo (recte, di indirizzo politico-amministrativo, essendo il Prefetto diretta emanazione dellAutorit di governo) disponeva di un generale potere di ordinanza in materia di pubblica sicurezza, non tipizzabile a priori, al fine di assicurarne unit e costanza di indirizzo, anche a fronte di eventi subitanei ed imprevedibili. Bench formalmente circoscritte al settore sicurezza, le nuove linee di indirizzo descrivevano un sistema pi ampio ed inclusivo, nel quale di fatto tutta lattivit amministrativa veniva, in ultima analisi, ad essere ricondotta al genus dellintervento di polizia (quale strumento necessario per la tutela della sicurezza sociale), tantՏ vero che il successivo R.D. 3 marzo 1934 n. 383 (313) attribuiva sempre al Prefetto la potest di adottare in caso di urgente necessit i provvedimenti indispensabili nel pubblico interesse nei diversi rami del (suo) servizio. Il sistema tracciato dal TULPS, come si avr modo di approfondire, era incentrato sulla figura del rappresentante del Governo, dal quale non a caso dipendeva il Questore (appartenente anchegli alla carriera civile dellInterno, a differenza degli organici di polizia, e per questa ragione definito Autorit di P.S., pur con specifiche attribuzioni operative, a fronte delle competenze generali del proprio superiore), ma non anche i vertici delle altre Forze di polizia (segnatamente i Carabinieri, legati da giuramento al Capo dello Stato e non, come il primo, al capo del Governo). In tale assetto istituzionale sia la funzione ordinatoria, sia quella di coordinamento prefettizia garantivano, a livello territoriale, il necessario equilibrio tra il potere governativo (che aveva concretamente assunto anche le (312) Lo Statuto Albertino rimase infatti in vigore per circa un secolo, dal 4 marzo 1848 sino al 1 gennaio 1948, allorch fu sostituito dallattuale Costituzione repubblicana. Al pari della Costituzione di Weimar in Germania, la sua natura flessibile (ossia derogabile gi solo con legge ordinaria e priva di un effettivo apparato sanzionatorio, in caso di violazione) di fatto ne vanific la funzione di riferimento e limite per lattivit di governo. Tale concreta irrilevanza fu la vera ragione per cui non ci si pose mai il problema di una sua formale abrogazione, neppure a seguito di radicali mutamenti istituzionali. (313) Detto anche Testo Unico delle leggi comunale e provinciale (TULPC), abrogato dallart. 274 D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL). In argomento, cfr. anche TUFARELLI, Polizia amministrativa, in Nss. Dig. It. XIII, Torino 1966. funzioni legislative, esautorando di fatto il Parlamento) e la Corona. Con il mutato assetto costituzionale dello Stato, per, anche i presupposti giuridici del sistema sicurezza enucleato nel TULPS manifestano progressivi segni di cedimento: nel corso del tempo, in particolare, la tesi che la funzione di coordinamento sia un attributo del potere gerarchico stata superata dalla giurisprudenza di legittimit (ed implicitamente da quella costituzionale) a favore del principio che si tratti piuttosto di un vero e proprio rapporto organizzativo nel quale armonizzare lazione di centri di potest pubbliche dotati, a vario titolo, di autonomia (in primis operativo/amministrativa). Questa chiave di lettura si consolidata anche a livello sovranazionale (dove opera in raccordo con i principi di sussidiariet e di proporzionalit, ex art. 5 TUE) e vede nella funzione di coordinamento lo strumento pi idoneo a prevenire il rischio che lattuazione di doverose forme di decentramento amministrativo possa eventualmente generare, col tempo, una moltiplicazione di centri amministrativi autoreferenziali e di limitata efficacia, una volta riscontrata linefficienza del precedente modello direttivo-gerarchico (314). Le ragioni di tale evoluzione sono innanzitutto logiche: invero, la tesi (seguita almeno sino a tutti gli anni sessanta) secondo cui per coordinamento non si intenderebbe unautonoma categoria giuridica, bens un mero attributo della gerarchia (sul presupposto implicito che tra le funzioni del superiore gerarchico vi sarebbe stata anche quella di coordinare lattivit dei suoi sottoposti), in realt contraddiceva il dato normativo, poich il rapporto gerarchico (315) si caratterizza per il fatto di attribuire allorgano superiore un diretto potere di ordine (attributo del rapporto di supremazia), che invece assente nella funzione di coordinamento. Tra i critici della teoria della derivazione gerarchica, un primo orientamento (316) ricondusse la funzione di coordinamento in quella di direzione, (314) Cos, testualmente, CIRILLO, op. ult. cit. (315) Definibile quale rapporto esterno intercorrente tra organi individuali di grado diverso, allinterno (generalmente) di uno stesso ramo dellAmministrazione. Uneccezione a tal ultima regola viene ravvisata, da alcuni, nel vincolo gerarchico che lega il Prefetto anche ad altri Ministri diversi da quello dellInterno, rapporto che la dottrina generalmente riconduce alla nozione di dipendenza funzionale. (316) PIGA, Coordinamento (principio del), in Enc. Giur. IX, Roma 1988, pp. 1 ss. ne parla come di semplice attributo di altre forme tipiche di rapporto interorganico: in particolare, lattribuzione legislativa di un potere di emanare direttive a fini di coordinamento consentirebbe, secondo lAutore, di ricondurlo nellambito della direzione. Il coordinamento non sarebbe dunque unautonoma forma organizzatoria, bens una semplice potest esercitabile nellambito di schemi ordinatori preesistenti. Altra dottrina ha pensato di fondare tale interpretazione sul disposto degli artt. 16, comma primo lett. e), e 17 comma primo lett. d) del D.lgs. 165/2001 che, in materia di pubblico impiego statale, definisce il coordinamento come attributo del potere di direzione dei Dirigenti generali. La tesi non appare per fondata, in ragione sia della portata settoriale del D.lgs. 165/01 (che osta alla possibilit di desumervi un principio di carattere generale), sia dellespressa riferibilit di tali disposizioni ad un rapporto interorganico, laddove il coordinamento di cui si tratta ha invece ad oggetto lazione di soggetti appartenenti a diverse Amministrazioni, e comunque non legati tra loro da alcun vincolo di natura gerarchica (comՏ invece il caso dei Dirigenti generali e di quelli semplici, nellordinamento per Dicasteri cui si riferiscono le norme citate). modulo organizzativo nel quale un soggetto ha la potest di emanare direttive nei confronti di terzi, la cui obbligatoriet non per assoluta come nel caso degli ordini, essendo possibile discostarsene previa adeguata motivazione. In questi termini, la figura del coordinamento non assumeva ancora un rilievo autonomo, continuando ad essere ricondotta ad un rapporto di sovraordinazione (sia pur tendenziale) che si esprime nelladozione di direttive, strumentali alla funzione di indirizzo. Anche questa ricostruzione non pu per dirsi corretta, poich la funzione di coordinamento (consistente nellarmonizzare attivit diverse, superando contrasti e divergenze di metodo) cosa diversa da quella di indirizzo (che si traduce nel prefissare un obiettivo, senza per individuare le concrete modalit per raggiungerlo (317)): a tal proposito appare decisiva - anche in relazione al correlato potere ordinatorio dellAutorit di P.S. - la progressiva presa di coscienza del collegamento dellattivit amministrativa al potere di direzione politica del Governo (ex art. 95 Cost.) secondo criteri di imparzialit (art. 97 Cost.) che assicurino il perseguimento degli obiettivi istituzionali senza distinzioni arbitrarie nei confronti degli amministrati, in attuazione del principio di cui allart. 3 Cost. Questi principi portano - con specifico riguardo alla funzione di coordinamento amministrativo - al consolidamento del presupposto della piena e sostanziale equiordinazione dei soggetti da coordinare, da cui consegue che nessuno di essi pu disporre di un potere di sovraordinazione (e/o direzione) rispetto agli altri, essendo per contro tutti egualmente sottordinati agli organi di indirizzo politico (la cd. Civil Authority, nel diritto anglosassone). In merito invece al correlato potere ordinatorio (che del coordinamento talvolta rappresenta una modalit operativa), gli stessi principi comportano il progressivo ridimensionamento dellautonomia valutativa dellAutorit amministrativa, posto che lassoggettamento del suo operato al principio di legalit (adesso costituzionalmente imposto) tendenzialmente esclude la disponibilit sia della scelta del provvedimento da adottare, sia del relativo contenuto. Significativa dottrina (318) ha evidenziato come sin dalle origini la sicurezza sia stata considerata dal legislatore un fatto di organizzazione ammini (317) La potest di indirizzo, nel diritto amministrativo, cosa diversa da quella di ordine, tipica della relazione gerarchica, poich consiste nellemanare delle semplici direttive con le quali non vengono pi imposti dei puntuali comportamenti, ma sono fissati gli obiettivi concreti da perseguire, al pi con ordine di priorit. Per leffetto i destinatari della direttiva (tecnicamente sottordinati allorgano dirigente, ma non anche suoi subordinati) conservano un margine pi o meno ampio di autonomia, in relazione ai modi ed ai tempi dellazione (tantՏ che lorgano sottoposto a direzione pu comunque disattendere la direttiva, purch motivatamente, ove in contrasto con i propri fini istituzionali o per altri validi motivi). (318) GIUPPONI, Le dimensioni costituzionali della sicurezza, Bologna 2008. Cfr. anche CHIAPPETTI, Lattivit di polizia. Aspetti storici e dogmatici, Padova 1973. strativa (319), tanto nellassetto accentrato dello Stato assolutista (nel quale lAutorit di governo, unica interprete delle esigenze della collettivit, ha sia la capacit di dettare norme speciali ad hoc, sia di portarle ad esecuzione tramite lAmministrazione della Pubblica Sicurezza), quanto nei regimi parlamentari inclusivi, nei quali si assiste ad un ulteriore fenomeno, liniziale tendenza a circoscrivere le questioni concernenti la sicurezza nellambito dellamministrazione interna di polizia, riconoscendo autonomia, da un lato, sia allapparato militare di difesa esterna (costituito e organizzato secondo principi e norme del tutto peculiari, vero e proprio ordinamento speciale), sia, dallaltro, alla diversa funzione di repressione degli illeciti penali spettante allautorit giudiziaria. La distinzione tra le funzioni di sicurezza interna ed esterna, peraltro, come si visto in precedenza, secondo il modello europeo destinata a stemperarsi notevolmente. Come efficacemente rilevato (320), lAutorit amministrativa nel nuovo assetto costituzionale chiamata ad assolvere le proprie funzioni esecutive attraverso lesercizio discrezionale (321) della potest di cui investita, in linea con lindirizzo generale del Governo. La discrezionalit si traduce nellautonoma determinazione dei contenuti del provvedimento da adottare per lassolvimento della propria missione istituzionale, nel puntuale rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico e nei limiti delle competenze attribuite per legge (ex artt. 97 e 98 Cost.). In questi termini, nellesercizio delle potest ordinatoria e di coordinamento entrano in gioco nuovi principi, mutuati anche dallordinamento sovranazionale, in primis quello di trasparenza, principale corollario dellimparzialit. Del resto, a seguito delle riforme del 1998 e 2001 sulla struttura generale dellAmministrazione dello Stato, il rapporto tra organi amministrativi non viene (pi) configurato in termini gerarchici, bens di competenza: orbene, un tale mutamento di prospettiva non pu non coinvolgere anche lAmministrazione della Pubblica Sicurezza ed i rapporti tra questa e gli operatori che vi contribuiscono, in primis le Forze di polizia. Queste ultime, infatti, sono dotate di competenza generale nei rispettivi ordinamenti (322), incontrano gli stessi limiti e sono sottoposte ai medesimi vincoli (in primis il rispetto dei principi dello Stato di diritto, etc.). (319) In termini generali, si veda anche CORSO, Polizia di sicurezza, in Dig. Disc. Pubbl. XI, Torino 1996, pp. 319 ss.. (320) Sul punto LO TORTO, La potest ordinatoria tra autoritativit ed autorevolezza, in www.giustizia-amministrativa.it, p. 8. (321) Laddove per discrezionalit amministrativa si intende, secondo giurisprudenza consolidata, la possibilit di individuare, tra pi soluzioni egualmente legittime (in quanto prefissate dal legislatore), quella che meglio si attaglia, anche in termini di opportunit, al caso di specie, consentendo un ottimale contemperamento degli interessi coinvolti (id est, la minor lesione possibile di quelli soccombenti). In questa logica si iscrive larticolata attribuzione di potest ai soggetti che operano nel particolare sistema di cui trattasi: la conformazione al modello ordinamentale dello Stato di diritto esclude irreversibilmente ogni possibile giustificazione dellesercizio dispositivo dellattivit esecutiva, ed impone che anche lattivit ordinatoria, in quanto destinata ad incidere sugli interessi degli amministrati, debba trovare fondamento nella legge, che ne determina estensione e limiti (323). Il potere di ordinanza extra ordinem, in quanto idoneo a derogare (seppur temporaneamente) a norme dispositive di legge, un attributo esclusivo dellAutorit di governo, comՏ vero che viene riservato al Prefetto ed al Ministro dellInterno (artt. 2 e 216 del R.D. n. 773 del 18 giugno 1931, nonch per il primo - gi ex artt. 19 e 20 del R.D. 383 del 3 marzo 1934); coerentemente, ne sono invece privi i soggetti cui spettano compiti esecutivi (ovverosia le Forze di polizia), ivi compreso il Questore nelle sue attribuzioni - puramente tecniche e non di indirizzo - di Autorit di P.S. (cfr. infra). Sulla base di queste premesse lAlta Corte (324) ha definito i limiti del potere di ordinanza prefettizia ex art. 2 TULPS, precisando che i provvedimenti contingibili ed urgenti non possono comunque contrastare con i principi fondamentali dellordinamento, n incidere in materie coperte da riserva assoluta di legge; nei settori per i quali il Costituente ha previsto una prevalenza solo tendenziale della riserva di legge (riserva cd. relativa), comunque necessario che la legge indichi dei criteri appropriati a delimitare la discrezionalit dellorgano investito del relativo potere. Le ordinanze in questione non sono espressione della potest normativa di governo, ma solamente di un potere amministrativo, non esercitabile al di fuori dei casi previsti dalla legge. Integrano dunque uneccezionale potest in deroga, che per non consente (pi) di superare il disposto della legge ordinaria per adattarlo alle esigenze del caso concreto, ma solo di intervenite in via autoritativa per far fronte a situazioni parimenti eccezionali che non possono essere gestite con i mezzi ordinari. Il che implica che i provvedimenti deroga- tori avranno necessariamente efficacia circoscritta nel tempo, limitata alla so (322) Ci vale perlomeno per le due principali, a competenza generale: per lArma dei Carabinieri, cfr. i D.lgss. nn. 297 (Norme in materia di riordino dell'Arma dei Carabinieri) e 298 (Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli Ufficiali dei Carabinieri), entrambi del 5 ottobre 2000, nonch la legge-delega n. 78 del 31 marzo 2000, testi poi recepiti e riordinati nel Codice dellOrdinamento Militare (D.lgs. n. 66/2010) e relativo Testo Unico Regolamentare (D.P.R. 90/2010); per la Polizia di Stato, la legge 1 aprile 1981, n. 121 (gli artt. 24 ss.), nonch il D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782 (Approvazione del regolamento di servizio dellAmministrazione della Pubblica Sicurezza). La Guardia di Finanza ha invece competenza generale esclusivamente in materia economica e finanziaria sulla base delle peculiari prerogative conferite dalla legge (cos lart. 1, comma primo, del D.lgs. 19 marzo 2001, n. 68). (323) LO TORTO, op. ult. cit., p. 9. (324) Ex multis, Corte Cost. n. 8 del 20 giugno 1956 e n. 26 del 23 maggio 1961. luzione dellemergenza contingente e senza possibilit di incidere nel quadro normativo generale. Il potere ordinatorio prefettizio in materia di ordine e sicurezza pubblici dunque legato ad una decisione di indirizzo del Governo, cui corrisponde una precisa responsabilit politica. Pi di recente, sempre in materia di sicurezza, il principio stato ribadito dallart. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione civile, nel prevedere che Al verificarsi degli eventi di cui allarticolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del- larticolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale. A tal fine il Consiglio dei Ministri pu provvedere anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dellordinamento giuridico. Le ordinanze in deroga vanno comunque motivate. Il legislatore ha stabilito inoltre che lesercizio delle potest in deroga necessariamente presuppone un atto politico (con conseguente assunzione di responsabilit), in quanto circoscritto agli interventi richiedenti lesercizio di poteri straordinari (ex art. 2, comma primo, lett. a e b della legge 225/92). Ne connsegue (conformemente, del resto, a quanto si verifica nella quasi totalit degli ordinamenti improntati ai principi dello Stato di diritto individuati dallOSCE) che sia il potere ordinatorio che quello di coordinamento - relativamente al settore sicurezza - sono predicati della sola Autorit di governo, e non anche degli organi esecutivi (anche solo per effetto di delega). Ci premesso, la tesi pi accreditata e recente (325) supera le contraddizioni delle precedenti interpretazioni sul tema del coordinamento alla luce delle finalit indicate dallart. 97 Cost., evidenziando come se ne possa parlare solo quando i soggetti coinvolti siano tra loro assolutamente equiordinati e non invece quando luno si trovi, rispetto allaltro, in una posizione di (pur tendenziale) subordinazione, come ancora si verifica in un rapporto di direzione, avente mero carattere procedimentale. Questa ricostruzione trova conforto anche nel modello di coordinamento (325) In dottrina si vedano SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1989, pp. 237 ss. e CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano 2009, pp. 118 ss.. In questottica il coordinamento rappresenta una relazione organizzativa che intercorre tra organi posti tra loro in rapporto di assoluta equiordinazione e titolari di competenze che, pur essendo autonome e distinte, necessitano di essere ricondotte allinterno di un disegno unitario in vista della realizzazione di un interesse comune, per conferire coerenza e sistematicit allattivit della Pubblica amministrazione. In relazione alla funzione politica si veda invece MANGIAMELI, Lindirizzo e coordinamento: una funzione legislativa costituzionalizzata dalla Corte, in Giur. Cost. 1997, pp. 1131 ss. e GABRIELE, Indirizzo e coordinamento (dir. cost.), in Dizionario di diritto pubblico (a cura di CASSESE), IV, Milano 2006, pp. 3082 ss. amministrativo descritto dalla normativa comunitaria (cfr. infra). In base a tale orientamento, ormai pacifico, per coordinamento si intende la specifica formula organizzatoria con cui vengono gestite, nel diritto amministrativo, le relazioni interorganiche (o intersoggettive) nelle quali necessario salvaguardare lautonomia dei soggetti coordinati ed insieme la possibilit di un loro indirizzo unitario a determinati fini comuni (326): quindi inconciliabile con lesistenza di un rapporto gerarchico, nel quale lordine viene imposto e non - come nel coordinamento - cercato insieme con altri, la cui collaborazione essenziale per il raggiungimento del risultato comune. Sia il coordinare che lordinare sono attivit finalizzate al raggiungimento di un ordine, con la particolarit che coordinando si raggiunge un ordine condiviso. Accettando di essere coordinati, i soggetti coinvolti rinunciano consapevolmente ad una parte della propria autonomia, poich il fine che si intende raggiungere, e che tutti condividono, viene ritenuto pi importante degli obiettivi che ciascuno di essi potrebbe perseguire singolarmente, se non riconoscesse le limitazioni di cui si detto (327). La funzione di coordinamento riguarda quindi ipotesi in cui i soggetti pubblici coinvolti sono tutti titolari di una potest (328), alla quale per non corrisponde - parallelamente e reciprocamente - una situazione di soggezione: il che accade nei casi in cui la cura di un determinato interesse pubblico non esclusiva di un solo organo, ma viene attribuita ad una pluralit di soggetti tra loro indipendenti ed equiordinati. Non pu quindi parlarsi di coordinamento se non in presenza di soggetti collocati in posizione giuridica e funzionale assolutamente paritaria, principio questultimo che, come si avuto modo di approfondire, rappresenta non solo un elemento caratteristico delle pi recenti politiche di polizia internazionale, ma direttamente il presupposto imprescindibile delle strategie di sicurezza dellUnione Europea, a partire dal Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira (1999) in poi. (326) Cos BACHELET, op. cit., p. 635. Per quanto attiene il settore della pubblica sicurezza, si veda anche ROMANO, Il ruolo di coordinamento del Prefetto tra storia e prospettive future, in Instrumenta n. 24/2004, pp. 841 ss.. (327) Cos DE PAOLA, Il ruolo del Prefetto nel sistema della sicurezza pubblica. Le funzioni del Comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica nel nuovo quadro ordinamentale delle autonomie locali, Roma 2006, p. 47. (328) Ad esempio, i rapporti intercorrenti tra le Direzioni generali di uno stesso Ministero, ovvero tra pi soggetti appartenenti ad Amministrazioni diverse ma tutti competenti alla cura del medesimo interesse pubblico. A.2) IL MODELLO DI COORDINAMENTO NELLE FONTI DELLUNIONE EUROPEA. CONCLUSIONI. Lo strumento del coordinamento tipico del diritto dellUnione Europea, essendo impiegato nel cd. diritto primario (o diritto costituzionale dei Trattati) nellidentificare determinate competenze dellUnione. In particolare, lart. 6 TFUE, introdotto dal Trattato di Lisbona nel quadro di una complessiva riorganizzazione sistematica delle attribuzioni, istituisce in capo allUnione delle competenze complementari nei seguenti termini: LUnione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri. I settori di tali azioni, nella loro finalit europea, sono i seguenti: a) tutela e miglioramento della salute umana; b) industria; c) cultura; d) turismo; e) istruzione, formazione professionale, giovent e sport; f) protezione civile; g) cooperazione amministrativa. Un ruolo speciale riveste poi il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali, al quale dedicato il precedente art. 5 TFUE, che cos dispone: 1. Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche nellambito dell'Unione. A tal fine il Consiglio adotta delle misure, in particolare gli indirizzi di massima per dette politiche. Agli Stati membri la cui moneta l'euro si applicano disposizioni specifiche. 2. LUnione prende misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri, in particolare definendo gli orientamenti per dette politiche. 3. LUnione pu prendere iniziative per assicurare il coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri. Specifiche norme disciplinano inoltre i tre settori sovra considerati (in particolare, gli artt. 121, 148 e 153 TFUE). Bench nelle materie rientranti nella competenza complementare del- lUnione possano adottarsi anche provvedimenti di carattere legislativo, eventualmente secondo la procedura ordinaria (ad es. nel caso dellart. 173 TFUE, in materia di politica industriale), di regola non invece possibile porre in essere delle misure finalizzate ad armonizzare tra loro le specifiche normative di settore nazionali. Quanto sopra pare rispondere alla preoccupazione di stabilire precisi limiti alle competenze dellUnione in settori considerati sensibili dagli Stati membri. A ci aggiungasi che in alcune materie, quali le politiche sociali ed occupazionali, giovent, istruzione e formazione, si applicato, a partire dal 1998 (e rafforzato con ladozione della strategia di Lisbona nel 2000 (329)), il c.d. metodo aperto di coordinamento (MAC), uno strumento non vincolante di co (329) Larchivio delle relative fonti giuridiche su http://eur-lex.europa.eu/it/dossier/dossier_13.htm. ordinamento delle politiche pubbliche degli Stati membri consistente nello scambio di informazioni e best practices. Lart. 148 TFUE (ex art. 128 TCE) rappresenta un esempio di tale meccanismo nellarea delle politiche per loccupazione: 1. In base a una relazione annuale comune del Consiglio e della Commissione, il Consiglio europeo esamina annualmente la situazione dell'occupazione nell'Unione e adotta le conclusioni del caso. 2. Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del comitato per l'occupazione di cui all'articolo 150, elabora annualmente degli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione. Tali orientamenti sono coerenti con gli indirizzi di massima adottati a norma dell'articolo 121, paragrafo 2. 3. Ciascuno Stato membro trasmette al Consiglio e alla Commissione una relazione annuale sulle principali misure adottate per l'attuazione della propria politica in materia di occupazione, alla luce degli orientamenti in materia di occupazione di cui al paragrafo 2. 4. Il Consiglio, sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 3 e dei pareri del comitato per l'occupazione, procede annualmente ad un esame dell'attuazione delle politiche degli Stati membri in materia di occupazione alla luce degli orientamenti in materia di occupazione. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, pu, se lo considera opportuno sulla base di detto esame, rivolgere raccomandazioni agli Stati membri. 5. Sulla base dei risultati di detto esame, il Consiglio e la Commissione trasmettono al Consiglio europeo una relazione annuale comune in merito alla situazione dell'occupazione nell'Unione e all'attuazione degli orientamenti in materia di occupazione. Infine, il coordinamento tra le politiche economiche degli Stati membri rientra tra le materie disciplinate dal Trattato sulla stabilit, il coordinamento e la governance (c.d. Fiscal Compact) concluso nel marzo 2012: accanto alle pi note disposizioni in tema di disciplina fiscale e relativi meccanismi di controllo e sanzione, il Trattato contiene infatti un Titolo IV, intitolato Coordinamento delle politiche economiche e convergenza, composto dai seguenti tre articoli: art. 9 Basandosi sul coordinamento delle politiche economiche, quale definito dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le parti contraenti si impegnano ad adoperarsi congiuntamente per una politica economica che favorisca il buon funzionamento dell'unione economica e monetaria e la crescita economica mediante una convergenza e una competitivit rafforzate. A tal fine le parti contraenti intraprendono le azioni e adottano le misure necessarie in tutti i settori essenziali al buon funzionamento della zona euro, perseguendo gli obiettivi di stimolare la competitivit, promuovere l'occupazione, contribuire ulteriormente alla sostenibilit delle finanze pubbliche e rafforzare la stabilit finanziaria; art. 10 Conformemente alle disposizioni dei trattati su cui si fonda lUnione europea, le parti contraenti sono pronte ad avvalersi attivamente, se opportuno e necessario, di misure specifiche agli Stati membri la cui moneta leuro, come previsto allarticolo 136 del Trattato sul funzionamento dellUnione europea, e della cooperazione rafforzata, come previsto allarticolo 20 del Trattato sullUnione europea e agli articoli da 326 a 334 del Trattato sul funzionamento dellUnione europea, nelle materie essenziali al buon funzionamento della zona euro, senza recare pregiudizio al mercato interno; art. 11 Ai fini di una valutazione comparativa delle migliori prassi e adoperandosi per una politica economica pi strettamente coordinata, le parti contraenti assicurano di discutere ex ante e, ove appropriato, coordinare tra loro tutte le grandi riforme di politica economica che intendono intraprendere. A tale coordinamento partecipano le istituzioni dellUnione europea in conformit del diritto dell'Unione europea. In relazione alla citate norme del TFUE (per lapprofondimento tematico delle politiche di sicurezza dellUE si rimanda alla prima parte di questo lavoro) lattivit di coordinamento svolta dallUnione e talora, pi specificamente, da una sua Istituzione quale il Consiglio, laddove i soggetti coordinati sono gli Stati membri (o le loro Istituzioni di vertice), sicch sarebbe del tutto fuorviante inquadrarla in rapporti di tipo gerarchico: la funzione di coordinamento presuppone infatti, nel diritto dellUnione, un rapporto di assoluta pariordinazione tra i soggetti coordinati e la sua adozione come strumento della governance economica europea comprova linadeguatezza di una configurazione di tipo gerarchico a cogliere i rapporti tra coordinatore e coordinati, ovvero larticolazione delle rispettive competenze. Un esempio di ci dato dal gi richiamato metodo aperto di coordinamento (MAC), strumento col quale Commissione, Consiglio e Consiglio Europeo hanno cercato di promuovere il coordinamento delle politiche degli Stati membri in materia sociale, a partire dalla seconda met degli anni novanta: si basa - mutuando il modello del coordinamento delle politiche per loccupazione gi previsto dal Trattato di Amsterdam - su cicli iterativi con periodicit variabile che prevedono, per ciascun settore di policy cui il metodo viene applicato, la fissazione a livello europeo di linee guida ed obiettivi, la presentazione da parte degli Stati membri di piani nazionali dazione volti allattuazione di tali obiettivi, la valutazione inter partes (cd. peer review) di tali piani da parte dellinsieme degli Stati membri ed infine degli esercizi di valutazione congiunta da parte di Commissione e Consiglio (330). (330) In questi termini, SACCHI, Il metodo aperto di coordinamento, URGE/Moncalieri 2006, p. 2. In argomento si veda anche RADAELLI, The Open Method of Coordination: A new governance architecture for the European Union?, SIEPS/Stockholm 2003. Un tal metodo di azione, esteso nel tempo ad un numero sempre crescente di materie (ad es. ricerca ed innovazione, politiche pensionistiche, assistenza sanitaria, lotta alla povert, etc. (331)), rappresenta larchetipo (332) del modello di coordinamento nel sistema giuridico comunitario, poich ha lenorme vantaggio di neutralizzare eventuali forme di competizione autoreferenziale tra i soggetti da coordinare: procede infatti attraverso lo scambio delle cd. best practicies tra i soggetti coinvolti, in unottica di apprendimento reciproco che in nessun modo in grado di intaccare la loro sovranit ed lindipendenza delle parti coinvolte. Trattandosi di procedure fondate sullaccordo delle parti, i singoli Governi nazionali rimangono titolari di un potere di decisione per il quale assumono una specifica responsabilit politica nei confronti dei propri cittadini, con ci minimizzando per contro il rischio di unintrusione in tali ambiti di Commissione e Corte di Giustizia. Di converso, la normativa UE individua nellorganismo di indirizzo politico terzo (il Consiglio Europeo) lorganismo deputato al coordinamento ed alla guida del sistema, per garantire la coerenza globale e lefficace controllo dei progressi finalizzati al conseguimento del nuovo obiettivo strategico (cos al p.to 36 delle Conclusioni). Ulteriore esempio di come la normativa UE concepisca la ratio della funzione di coordinamento in chiave paritetica e volontaristica, in special modo nel settore sicurezza, lart. 73 TFUE, a mente del quale Gli Stati membri hanno la facolt di organizzare tra di loro e sotto la loro responsabilit forme di cooperazione e di coordinamento nel modo che ritengono appropriato tra i dipartimenti competenti delle rispettive amministrazioni responsabili per la salvaguardia della sicurezza nazionale. Il Consiglio adotta misure al fine di assicurare la cooperazione amministrativa tra i servizi competenti degli Stati membri nei settori di cui al presente titolo e fra tali servizi e la Commissione. Esso delibera su proposta della Commissione, fatto salvo l'articolo 76, e previa consultazione del Parlamento eu (331) Il metodo di coordinamento in questione viene utilizzato anche in settori chiave del sistema sicurezza quali le politiche di immigrazione ed asilo, in ambito FSJ (cfr. retro). Va per precisato che il mancato raggiungimento degli obiettivi del MAC non d luogo a sanzioni - se non di carattere politico -non potendo lo Stato membro essere convenuto in giudizio, per tale evenienza, avanti alla Corte di Giustizia UE. (332) In particolare, il MAC viene codificato e riconosciuto, al p.to 7 delle Conclusioni della Presidenza, come strumento di governance dellUE dal Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000: Questa strategia potr essere attuata migliorando i processi esistenti, introducendo un nuovo metodo di coordinamento aperto a tutti i livelli, associato al potenziamento del ruolo di guida e di coordinamento del Consiglio europeo ai fini di una direzione strategica pi coerente e di un efficace monitoraggio dei progressi compiuti. Una riunione del Consiglio europeo che si terr ogni primavera definir i pertinenti mandati e ne garantir il follow-up. Documentazione su http://www.consilium.europa. eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00100-r1.i0.htm. Per una sintesi introduttiva, cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/glossary/open_method_coordination_it.htm ropeo (333), norma questultima che si inquadra nel cd. sistema costituzionale multilivello dellUE (334). Quanto sopra trova conferma nel pi recente approccio di governance europea (o gouvernance civile, nellaccezione francese) - come codificato dal Consiglio UE nel relativo Libro bianco del 2001 [doc. COM(2001) 428 definitivo/2 (335)] - intesa quale insieme di norme, processi e comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze vengono esercitate, soprattutto per quanto riguarda lapertura, la partecipazione, la responsabilit, lefficacia e la coerenza nel processo di elaborazione delle politiche del- lUnione, principi che rafforzano quelli di sussidiariet e proporzionalit, gi previsti nei Trattati istitutivi. Il sistema di governance strettamente legato alla funzione di coordinamento (336) e presuppone il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati nelle tre fasi dellinformazione (comunicazione e trasparenza), della consultazione (partecipazione) e dellimplementazione delle decisioni. Si cos imposta una considerazione pi attenta ai diversi livelli territoriali di governo (multilevel governance) senza per interferire con gli ordinamenti interni degli Stati membri: da qui la previsione di forme di dialogo tra la Commissione e le associazioni europee e nazionali delle Amministrazioni regionali e locali. Una maggiore responsabilit degli attori-Stati, ma anche di cittadini ed imprese, parimenti implicita nelladozione del gi menzionato metodo aperto di coordinamento, impostato nel libro bianco e sviluppato in seguito al Summit europeo di Lisbona del 2000. Tutto ci premesso, resta da chiedersi con quali modalit (337) possa in concreto realizzarsi il coordinamento amministrativo, con particolare accento sul settore sicurezza. (333) Parte della dottrina (LADENBURGER, Police and Criminal Law in the Treaty of Lisbon. A New Dimension for the Community Method, in EuConst 4/2008, p. 36) ritiene che tale principio valga principalmente per i servizi di intelligence. (334) Sullargomento, cfr. PERNICE, The Treaty of Lisbon: Multilevel Constitutionalism in Action, Berlin/Princetown 2001. Dello stesso Autore, Multilevel Constitutionalism in the European Union, Berlin, WHI Paper 2/2002. (335) Pubblicato su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2001/com2001_0428it02.pdf. (336) Con il concetto extragiuridico di governance, di ascendenza anglosassone, si intende il perseguimento di un obiettivo unitario a fronte di una realt complessa, espressione di interessi pluriarticolati. Si tratta di un metodo operativo - sotto pi profili analogo alla funzione amministrativa di coordinamento - attraverso il quale le differenti posizioni di pi soggetti sociali sono tradotte in scelte politiche effettive (secondo la definizione di KOHLER-KOCH ed ESING, The Transformation of Governance in the European Union, London 1999, pp. 267 ss.) tramite forme di cooperazione ed interazione tra Stato e soggetti pubblici o privati (anche collettivi), al di fuori del modello gerarchico. (337) Con riferimento specifico al coordinamento delle Forze di polizia si rinvia, per approfondimenti, allo studio di MOSCA, Il coordinamento delle Forze di polizia, Padova 2005, nonch allefficace sinossi di FAVARO, Il Coordinamento delle Forze di Polizia, Lido di Ostia 2003 (su http://www.gdf.gov.it/repository/contentmanagement/ information/n60981200/il_coordinamento_delle_forze_di_polizia.pdf). Due, in particolare, sono i modelli generalmente adottati: il primo (prevalente nella legislazione dellUE) consiste in un accordo tra gli stessi soggetti la cui attivit va coordinata, generalmente raggiunto in seno ad organi collegiali o mediante atti di concerto; in alternativa si ricorre ad un soggetto terzo che svolga in maniera imparziale il ruolo di coordinatore. Il primo modello viene anche attuato in presenza di forme di decentramento amministrativo, soprattutto quando si tratti di riconoscere ai soggetti coinvolti un potere di indirizzo politico-generale, ovvero di alta amministrazione; il secondo viene invece preferito a fronte di attivit esecutive di un indirizzo politico gi definito da organismi diversi, sovraordinati ai soggetti da coordinare. In ogni caso, la funzione di coordinamento ha esclusivamente lo scopo di favorire lazione complementare (non necessariamente la collaborazione) di diversi soggetti tra loro equiordinati, nel momento in cui possano esservi forme di contatto, eliminando potenziali contrasti o anche soltanto ostacoli di carattere procedimentale: ci pu avvenire o attribuendo ad un terzo - estraneo ad entrambe le parti - tale incombenza, ovvero costituendo una struttura collegiale formata proprio da questi ultimi, lasciando agli stessi lonere di individuare regole e modalit tramite le quali disciplinare il reciproco intervento. Listituto del coordinamento, quindi, pi che una mera formula organizzatoria a tutti gli effetti un rapporto organizzatorio tra distinte figure soggettive equiordinate, che si instaura nellambito di un procedimento pubblicistico per armonizzare le diverse istanze e professionalit di cui sono portatori tali soggetti, onde evitare la frammentazione del- lazione amministrativa. Il rapporto, pur avendo unautonoma qualificazione giuridica, non necessariamente d luogo ad una struttura organizzativa stabile, ben potendosi esaurire con la conclusione di un singolo procedimento, ma durante la sua vigenza assume comunque carattere vincolante (338) per i soggetti coinvolti. In ogni caso, la formula del coordinamento va intesa pi come risultato che come modulo organizzatorio (339). Nel sistema della pubblica sicurezza assume poi rilievo la distinta funzione del coordinamento politico, che nellordinamento italiano, ai sensi dellart. 95 Cost., compete al Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale (338) La natura vincolante del programma concordato tra le parti della cui attivit operativa si tratta (talvolta denominato atto di disegno di coordinamento) da ritenersi, per giurisprudenza costante (che talvolta parla di condicio sine qua non), un presupposto implicito, pena il venir meno di ogni effettivit nellesercizio delle correlate potest pubblicistiche: ci anche laddove la legge nulla preveda al riguardo, neppure in merito al soggetto cui spetti formalmente adottarlo. Nel sistema francese, ove non sia intervenuto un atto atto di concerto direttamente tra i soggetti interessati, si ricorre ad apposite conferenze preliminari di servizi (cfr., in Italia, lart. 14 legge 241/90). (339) In argomento si veda PIGA, Premesse ad uno studio sul coordinamento amministrativo, in Foro ammin., 1981, pp. 716 ss. dirige la politica generale del Governo e ne responsabile. Mantiene unit di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando lattivit dei Ministri; nel modello costituzionale vigente, in effetti, ogni attribuzione decisionale sullindirizzo della pubblica sicurezza attratta in capo al Governo, che delega operativamente le relative incombenze al Ministro dellInterno. Questultimo, come noto, le esercita avvalendosi delle strutture interne del proprio Dicastero, in particolare dellorganico tecnico-strumentale interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Ci spiega perch sia il Ministro - e non il vertice del Dipartimento di P.S. - lorgano coordinatore del sistema sicurezza in Italia: il fatto poi che il Ministro dellInterno disponga di un potere di coordinamento, ma non anche di ordine nei confronti delle singole Forze di polizia (340), coerente con il vigente assetto ordinamentale dello Stato, nel quale venuto meno - da ultimo con D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 - ogni vincolo gerarchico tra i Ministri ed i dirigenti dei singoli Dicasteri. Lart. 3 del Decreto, in particolare, assegna agli organi di governo le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attivit amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti, laddove ai dirigenti pubblici compete ladozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'Amministrazione verso lesterno, nonch la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attivit amministrativa, della gestione e dei relativi risultati. La norma espressione non solo del principio di buona amministrazione (e responsabilizzazione) di cui allart. 97 Cost., ma pure dei principi che ispirano il pi complesso sistema amministrativo comunitario, nel quale viene nettamente separata lattivit di indirizzo politico (cui correlata lassunzione di responsabilit per il conforme operato dellAmministrazione statale (341)) (340) Il potere di direzione, peraltro, non riferito alle Forze di polizia presenti sul territorio di una provincia, bens ai soli servizi di ordine e sicurezza pubblica (come precisa lart. 1, comma primo, della legge121/81). (341) Ai sensi dellart. 4 D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attivit amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti; di converso Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonch la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attivit amministrativa, della gestione e dei relativi risultati. A sua volta, lart. 14 precisa che Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16: a) definisce obiettivi, priorit, piani e programmi da attuare ed emana da quella esecutiva del medesimo, devoluta alla responsabilit di apparati tecnici e professionali che risponderanno del perseguimento o meno degli obiettivi prefissati in sede di indirizzo. La funzione di coordinamento nel settore della pubblica sicurezza non tanto (e non solo) dovuta alla presenza di pi Forze di polizia, quanto piuttosto allinterdisciplinarit della materia, che coinvolge un numero pi o meno elevato di operatori dalle competenze molteplici, cos come unampia gamma di possibili tipologie di intervento: oltre alle funzioni specifiche delle Forze dellordine, infatti, a seconda dei casi troveranno impiego le risorse dei Vigili del fuoco piuttosto che dellEsercito o di altre Forze armate (ad es. la Guardia costiera) ovvero ancora le competenze della Protezione civile e di altri organismi pubblici a carattere specialistico. Di ci d piena espressione la vigente normativa dellUE in materia di pubblica sicurezza (interna ed esterna); questultima, inoltre, nel privilegiare il modello integrato a pluralit di competenze, secondo parte della dottrina contrasterebbe con un assetto della P.S. tendenzialmente monistico nel quale tali attribuzioni vengano attratte sotto la responsabilit diretta di un unico Dicastero, sia perch lapparato burocratico chiamato a gestirle - per quanto versatile - non potrebbe mai disporre di sufficienti competenze specialistiche e di idonei apparati di supporto, salvo renderlo elefantiaco (e dunque, alla lunga, inefficiente e costoso), sia per evidenti esigenze di garanzia istituzionale, per cui non sarebbe mai auspicabile uneccessiva concentrazione di poteri (tanto pi se idonei ad incidere sulla libert personale dei cittadini) in capo ad un unico centro di direzione e/o interessi, ovvero ad un singolo apparato di sicurezza. Non a caso, del resto, come si avr modo di sottolineare, nessun modello contemporaneo dello Stato di diritto prevede una simile eventualit. In questi termini, la legge 121/81 individua correttamente nel Ministro dellInterno non il capo di tutte le Forze di polizia dello Stato (e men che mai -anche solo pro tempore - degli altri soggetti di volta in volta chiamati a prestare servizio), bens lorgano funzionalmente deputato a tradurre, in materia di pubblica sicurezza, lindirizzo politico maturato collegialmente in seno al Governo, tramite il coordinamento degli apparati istituzionalmente tenuti a darvi pratica esecuzione. Alla natura tecnico/ausiliaria attribuita al Dipartimento di P.S. - unitamente alla sua composizione interforze, giacch diversi sono i soggetti istituzionali che costantemente attendono allesecuzione delle direttive governative - do- le conseguenti direttive generali per l'attivit amministrativa e per la gestione Per lesercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 Il Ministro non pu revocare, riformare, riservare o avocare a s o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti Resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimit. vrebbe quindi corrispondere un assetto organizzativo funzionale allespletamento delle funzoni di supervisione e coordinamento operativo cui deputato. La funzione di coordinamento amministrativo esercitata dal Ministro dellInterno presuppone per il preventivo coordinamento politico svolto dal Presidente del Consiglio dei Ministri - ex art. 95 Cost. - nel risolvere gli eventuali conflitti di interessi tra questi ultimi, posto che lindividuazione di una politica unitaria di sicurezza spetta allorgano collegiale e non al singolo Dicastero (in tal senso lart. 1 comma terzo della legge 121/81 fa salve le competenze del Consiglio dei Ministri previste dalle leggi vigenti). Anche sotto tale profilo costituzionale, dunque, non ha reale pregio giuridico la tesi di chi vorrebbe concentrare nelle mani di un unico Dicastero non solo la dipendenza funzionale ma pure quella ordinamentale e gerarchica di tutte le Forze dellordine nazionali. Non a caso la normativa speciale (in primis la legge 15 marzo 1997, n. 59 sulla riforma federalista della Pubblica Amministrazione, nonch il D.lgs. attuativo 30 luglio 1999, n. 300), nel considerare la Presidenza del Consiglio ed i singoli Ministeri in una prospettiva unitaria, rafforza il ruolo - anche amministrativo - della prima, riconoscendole una vera e propria funzione di monitoraggio e coordinamento dellattuazione delle politiche di governo. Conclusivamente, alla luce di quanto documentato nei primi due Capitoli si possono cos sintetizzare i caratteri fondamentali del modello sicurezza elaborato in ambito sovranazionale, sul presupposto che -sebbene le Istituzioni dellUnione Europea non abbiano alcun titolo a sindacare le scelte degli Stati membri per quanto concerne allocazione, ordinamento e competenze delle relative Forze dellordine - appare pur sempre coerente con il principio di leale cooperazione di cui allart. 4 TUE implementare un assetto interno della pubblica sicurezza in linea con tali parametri, in quanto idoneo a meglio rapportarsi con le istanze comunitarie: 1) necessaria distinzione tra organi di indirizzo politico (ivi inclusi gli organismi ausiliari di alta amministrazione) ed organi con competenze esecutivo/gestionali delle scelte operate dai primi (sia pur specificate dagli organismi ausiliari), con conseguente netta separazione delle relative strutture organizzative e di vertice. 2) Avendo gli organi di indirizzo politico la responsabilit dellazione svolta dalle Forze dellordine (o, pi in generale, dagli organi esecutivi) in conformit alle loro direttive in materia di sicurezza, agli stessi compete normalmente anche la funzione di coordinarne lattivit; in alternativa, la funzione di coordinamento pu essere esercitata sulla base di precedenti intese (di settore) intercorse tra gli stessi organi esecutivi. 3) Nei loro reciproci rapporti, cos come nelle relazioni che lAutorit di indirizzo intrattiene con ciascuno di essi, questi ultimi sono tra loro assolutamente equiordinati, nellambito delle rispettive competenze generali e di settore. 4) Quale conseguenza dei due punti precedenti, non prevista la possibilit, per un organo esecutivo/gestionale, di svolgere funzioni di coordinamento e/o direzione di altri organi, ai quali sia stata attribuita dalla legge, congiuntamente ad esso, la cura di determinati interessi pubblici. 5) Necessit di superare - tanto sotto il profilo teorico quanto sotto quello della gestione operativa - la tradizionale distinzione tra sicurezza interna ed esterna (e con essa la rigida ripartizione delle sfere di intervento dei relativi operatori), con conseguente sviluppo di un approccio integrato che coniughi le capacit operative di entrambi i settori. 6) Irrilevanza, ai fini dellindividuazione dei soggetti deputati ad operare nel settore sicurezza, di questioni relative al loro ordinamento (civile, miltare o misto) ovvero alla loro organizzazione interna (accentrata, decentrata o altro), rilevando esclusivamente le funzioni concretamente svolte (in quanto attribuite dalla legge o dallordine legittimo dellAutorit a ci preposta nei singoli ordinamenti nazionali). 7) Preferenza - nel settore sicurezza complessivamente inteso (interno ed esterno) per la creazione e lo sviluppo di organi esecutivo/gestionali aventi capacit multidisciplinari, nel- lambito di una medesima linea di comando: in tale contesto viene attribuito un valore aggiunto alle Forze di polizia ad ordinamento integrato civile/militare (ovverosia, alle Forze di gendarmeria) in quanto pi di altre idonee ad implementare i principi di cui ai punti precedenti. Per contro, si assiste ad un tendenziale sfavore per le rigide segmentazioni di competenze operative - di per s antieconomiche e poco efficienti - salve ovviamente le ipotesi di specialit qualificate. Contrariamente a quanto spesso si crede, tali criteri non valgono solo per le politiche dellUnione relative agli interventi di stabilizzazione civile/militare allestero (missioni di peacekeeping, diplomatiche o altro), ma pi in generale per tutti gli aspetti delle << politiche di sicurezza (o di polizia), comprese quelle "interne" allo spazio comune europeo (nonch dei singoli Stati: settori PESC e FSJ) >>. Ci premesso, si tratta adesso di verificare se - ed in che termini - i vari ordinamenti nazionali (con riferimento, in primis, al cd. G6 europeo) ed in particolare quello italiano siano coerenti con i principi sopra riassunti. 3. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: B) lordinamento italiano alla luce della legge 121/81 e del TULPS: linee guida, profili storici e problematicit di sistema. B.1) LAMMINISTRAZIONE DELLA PUBBLICA SICUREZZA IN ITALIA. Premesso quanto sopra sulla corretta individuazione dei caratteri giuridico/ operativi della funzione di coordinamento e sui principi generali che informano il modello comunitario della pubblica sicurezza, si pu passare ad un esame degli istituti pi rilevanti previsti dalla normativa nazionale in materia: si esaminer, in primo luogo, lAmministrazione della Pubblica Sicurezza, strumento operativo di cui si avvale il Ministro dellInterno quale massima Autorit del settore (342) - nellassolvere le proprie funzioni (342) Lart. 1 della legge 1 aprile 1981 n. 121 qualifica il Ministro dellInterno responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nonch Autorit nazionale di pubblica sicurezza. Ha l'alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina in materia i compiti e le attivit delle Forze di polizia. Il comma successivo precisa poi che Il Ministro dellInterno adotta i provvedimenti per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. in materia di tutela dellordine e della sicurezza pubblici (cos, espressamente, lart. 2 della legge 1 aprile 1981 n. 121). La norma, per, non ne fornisce alcuna definizione, che va dunque desunta dal complessivo quadro normativo di settore. Si tratta, in buona sostanza, di unarticolazione burocratica del Ministero dellInterno, strutturata in sede centrale nellomonimo Dipartimento di P.S. ed a livello periferico in una serie di uffici, in particolare Prefetture e Questure. Inizialmente, quella che divenne poi la legge 121/81 avrebbe dovuto semplicemente ridefinire lassetto organizzativo dellallora Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza (predecessore dellodierna Polizia di Stato) che, a far seguito alla riforma operata con R.D.L. 2 aprile 1925, n. 383, aveva ordinamento militare ed era strutturato secondo i tradizionali ruoli degli ufficiali (ruolo ordinario e ruolo degli ufficiali medici (343)), dei sottufficiali e della truppa (344), ripristinandone lintegrale ordinamento civile. Le funzioni dirigenziali e direttive di pubblica sicurezza facevano per capo a personale estraneo al Corpo, ovverosia i funzionari di P.S. (funzionari civili dellAmministrazione dellInterno, incardinati in un ruolo ed in una carriera diverse rispetto al suddetto personale militare, ovverosia Questori, Vice Questori e Commissari), analogamente a quanto ancor oggi capita, almeno in parte, per il Corpo della Polizia penitenziaria (laddove il personale di polizia subordinato gerarchicamente e funzionalmente a dirigenti civili). I funzionari di P.S., a loro volta, in ragione dellappartenenza ai ruoli civili (343) Il ruolo degli Ufficiali (dellallora Corpo degli Agenti di P.S.) era stato in realt soppresso con R.D. 11 dicembre 1927, n. 2380, attribuendo il comando dei reparti direttamente al personale civile delle Questure (ossia i funzionari di P.S., le cui attribuzioni verranno precisate con il successivo Regolamento del Corpo del 1930). Il ruolo degli Ufficiali verr ripristinato solamente con legge 26 gennaio 1942, n. 524. (344) La militarizzazione delle Guardie di P.S., lungi dallavere una qualche giustificazione ideologica, fu voluta, allindomani della fine della seconda Guerra mondiale, per aggirare le disposizioni del Trattato di pace con le Potenze vincitrici, che agli artt. 60, 61 e 65 imponeva una pesante limitazione al numero dei soldati che lItalia, quale Nazione sconfitta, poteva arruolare. In effetti, non essendo le Forze di polizia contemplate nelle clausole del diktat, il Governo si serv di tale scamotage per accrescere di fatto gli organici delle Forze armate, da schierare in caso di necessit. Ci avvenne riesumando, con D.lgs L.gt n. 365 del 2 novembre 1944, il vecchio Corpo delle Guardie di P.S. (del 1852), da quel momento inglobato nelle Forze armate, che successivamente venne ad assorbire il Corpo degli Agenti di P.S. (precedentemente gi inserito nelle FFAA con D.L. n. 687 del 31 luglio 1943) ed il Corpo di Polizia Repubblicana (operante dal 1943 al 1945 nella R.S.I.), oltre al Corpo di Polizia dellAfrica Italiana - P.A.I. (con D.lgs. L.gt. n. 43 del 13 febbraio 1945), tutti sgraditi agli Alleati poich compromessi con il passato regime, di cui erano stati unemanazione per controbilanciare i Carabinieri Reali (il cui giuramento personale al Re li rendeva autonomi dalle strutture del PNF). Anche per contrastare tale deficit dimmagine, nel nuovo Corpo di polizia vennero successivamente inseriti elementi delle disciolte Brigate partigiane di liberazione. Parallelamente si provvide, con D.lgs. L.gt. 21 agosto 1945, n. 508, ad apportare alcune modifiche al Corpo degli Agenti di Custodia (dal 1990 Corpo della Polizia penitenziaria), inquadrando pur esso nelle Forze armate dello Stato, tra quelle in servizio di pubblica sicurezza (unitamente a Guardie di P.S., Carabinieri e Guardie di Finanza). dellInterno erano gerarchicamente subordinati ai Prefetti (345), dei quali erano, del resto, organi ausiliari. Nel corso dei lavori, per, si pens di estendere il campo di intervento anche alla struttura organizzativa del Ministero dellInterno, anzich prevedere per questultima una disciplina ad hoc, interessando in particolare lallora Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, che venne sostituita dallodierno, omonimo Dipartimento. Questa scelta procedurale, unita ad una tecnica normativa non sempre felice, fu allorigine di gran parte delle criticit della legge 121 che, lungi dal risolvere le incompatibilit della normativa previgente con il sopravvenuto sistema costituzionale diede in realt vita ad una sovrapposizione tra due diverse sfere di interesse, con frequente confusione dei confini tra lordinamento del Dipartimento di P.S. (cio una struttura di governo) e quello della Polizia di Stato (una delle Forze di polizia statali). Levoluzione storica della struttura amministrativa della Publica Sicurezza postunitaria essenziale per comprendere le ragioni dellodierno assetto organizzativo e, nel contempo, per collocare in unobiettiva prospettiva giuridica le problematicit che verranno di volta in volta evidenziate. Con R.D. 9 ottobre 1861, n. 255, fu istituita presso il Ministero dellInterno la Direzione generale di pubblica sicurezza, retta da un Direttore generale ed articolata per lo svolgimento dei servizi in due Divisioni: una per il personale civile ed una per la polizia amministrativa e giudiziaria. Con R.D. 4 gennaio 1863, n. 1194, la Direzione generale venne soppressa e le funzioni di pubblica sicurezza furono svolte dalle due Divisioni, poste alle dirette dipendenze di un neo-istituito Segretariato generale; peraltro gi lanno successivo, con R.D. 30 ottobre 1864, n. 1980 la Direzione generale venne ricostituita, per poi essere di l a poco denominata -con R.D. 17 luglio 1866, n. 3071 -Direzione superiore di pubblica sicurezza, retta da un Direttore superiore ed articolata in due Divisioni. Con R.D. 23 aprile 1868, n. 4551, la Direzione superiore di pubblica sicurezza fu nuovamente abolita e le sue funzioni passarono direttamente alla Divisione seconda / polizia giudiziaria e amministrativa, mentre le competenze relative al personale passarono alla Divisione prima. Nel 1870 la Divisione seconda assunse il nome di Divisione della pubblica sicurezza e nel 1877, con R.D. 25 giugno, n. 3925, vi confluirono anche le competenze relative al personale. Successivamente al R.D. 7 ottobre 1880, n. 5668, i servizi di pubblica sicurezza vennero a loro volta ripartiti in due Divisioni: la seconda per la polizia giudiziaria e la polizia amministrativa e la terza per il personale di pubblica sicurezza; ad esse si affianc un ufficio per la trattazione degli affari politici che assunse poi la denominazione di Ufficio riservato. Dal 1880 al 1887 un Prefetto in missione diresse i servizi di pubblica sicurezza, non essendo previsto nellorganico il ruolo di direttore dei servizi di pubblica sicurezza. Con R.D. 3 luglio 1887, n. 4707 venne nuovamente (e questa volta definitivamente) istituita la Direzione generale di pubblica sicurezza, retta da un Direttore generale, di solito un Prefetto. Negli anni successivi venne istituita la polizia dellemigrazione ed un Ufficio (345) Secondo lallora previsione del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS), che confermava la dipendenza delle Questure dalle Prefetture, pur inserendole in uno speciale ruolo tecnico-operativo. esplosivi, mentre la polizia amministrativa - in seguito allampliamento delle sue competenze -assunse la denominazione di polizia amministrativa e sociale. Nel 1917 venne creato un ufficio centrale investigazioni, quindi un ufficio per la prevenzione e la repressione dellabigeato in Sicilia; vennero anche creati un ufficio valori, un ufficio di polizia ferroviaria ed un ufficio del bollettino delle ricerche. Con R.D.L. 9 ottobre 1919, n. 1846 i servizi della pubblica sicurezza furono ripartiti in cinque Divisioni: gabinetto e servizio ispettivo, affari generali e riservati (che subentrava allufficio riservato), polizia giudiziaria, polizia amministrativa e sociale, personale di pubblica sicurezza. Veniva istituito anche un Ufficio informazioni, poi Ufficio confidenziale. Dopo circa tre anni la Divisione polizia giudiziaria e la Divisione polizia amministrativa e sociale tornarono a confluire in ununica Divisione di polizia. Con il mutamento del regime politico nel 1922 viene per meno la separazione istituzionale tra vertice della Direzione generale (organo ausiliario del Governo) e vertice delle Forze dellordine dipendenti dal Ministero dellInterno, che trovava la sua ragion dessere nel principio liberale della divisione dei poteri e nella regola per cui gli organi esecutivi non possono mai coincidere con quelli di controllo: con R.D. 11 novembre 1923, n. 2395 il Direttore generale della pubblica sicurezza assunse la denominazione di Intendente generale di polizia e di l a poco, con R.D. 20 dicembre 1923, n. 2908, anche quella di Capo della polizia, cumulando le cariche. La ragion dessere di tale commistione, come gi evidenziato in ordine alla potest ordinatoria del Prefetto, risiedeva nel venir meno della distinzione tra i Poteri legislativo ed esecutivo, con prevalenza funzionale di questultimo. Dalla Divisione del personale si staccarono, nel 1926, i Servizi di gestione contratti e forniture, che vennero elevati a Divisione; quindi, in considerazione dei nuovi e pi ampi compiti preannunciati con circolare della Direzione generale n. 12982 del 25 settembre 1925, che sarebbero stati attribuiti alla polizia con lapprovazione del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS - del 1931) e della legge istitutiva del Tribunale speciale per la difesa dello Stato (legge 25 novembre 1926, n. 2008), a seguito del R.D.L. 9 gennaio 1927, n. 33 (Riordinamento del personale dellAmministrazione della pubblica sicurezza e dei servizi di polizia) si ebbe una nuova riorganizzazione dei Servizi della Direzione generale, che venne cos strutturata: Segreteria del Capo della polizia da cui dipendevano ispettori generali e regionali, Divisione affari generali e riservati, Divisione polizia politica, Divisione polizia, Divisione del personale, Divisione polizia di terra e di mare, poi detta di frontiera e trasporti, Divisione Forze armate di polizia e Divisione gestione contratti e forniture. Nello stesso anno passava alle dirette dipendenze del Capo del governo il Servizio stenografico, poi Servizio speciale riservato, costituito nel 1925 nellambito del Ministero dellInterno. Il R.D. 15 aprile 1940, n. 452, relativo alla ripartizione degli uffici dellAmministrazione centrale del Ministero - abrogato solo con lart. 24 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 conferm infine che la Direzione generale della pubblica sicurezza fosse retta dal Capo della polizia. Con la fine del secondo conflitto mondiale si provvide alla soppressione di alcune strutture non ritenute pi adeguate ai tempi (quali lUfficio confino politico e la Divisione polizia politica) e vennero gradualmente ricondotti nellambito della pubblica sicurezza i servizi di polizia ferroviaria, stradale, portuale, postelegrafonica espletati precedentemente dalla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. La 1egge 18 giugno 1955, n. 517 e il D.P.R. 25 ottobre 1955, n. 932 stabilirono inoltre le norme per la collaborazione tra lAutorit giudiziaria e quella di polizia; con 1egge 7 dicembre 1959, n. 1083 vennero poi istituiti i servizi di polizia femminile e con D.M. 24 aprile 1961 fu approvato lOrdinamento interno dei servizi della pubblica sicurezza. Con successivo D.M. 6 ottobre 1965 la Direzione generale venne infine cosi organizzata: Segreteria; 14 Divisioni: affari riservati, affari generali, affari legislativi e documentazione, personale di pubblica sicurezza, Forze armate di polizia, Scuole di polizia, polizia amministrativa, polizia criminale, polizia di frontiera e dei trasporti, gestione contratti e forniture, accasermamento Forze di polizia, servizi tecnici e telecomunicazioni, motorizzazione, assistenza sociale; ispettorato di ragioneria, ispettorato del Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza; Istituti superiori di istruzione. Dipendevano direttamente dalla Direzione generale lIspettorato generale di pubblica sicurezza presso la Presidenza della Repubblica, quello presso la Citt del Vaticano e lIspettorato generale di pubblica sicurezza presso il Ministero dellInterno. Con la legge 121/81 la Direzione generale di pubblica sicurezza venne infine sostituita dallomonimo Dipartimento. Storicamente, la legge 121/81 succede ad un lungo equilibrio istituzionale (risalente almeno al 1925) che vedeva lAutorit di polizia condivisa tra un Corpo di Pubblica Sicurezza (variamente denominato nel corso del tempo, con spiccate connotazioni di ordine pubblico e presente nei maggiori centri urbani del Paese) e lArma dei Carabinieri (operante in particolar modo nel settore della polizia giudiziaria, dellattivit informativa e della prevenzione dei reati), entrambi funzionalmente subordinati, in rapporto alle rispettive competenze, allAutorit di governo (id est, lAutorit ministeriale a livello centrale e quella prefettizia in provincia). importante, sul punto, chiarire alcuni profili della questione. La creazione di un nuovo Corpo accanto ai Carabinieri Reali risale alla legge 11 luglio 1852, n. 1404, dettata dalloppportunit - manifestatasi nel corso dei moti insurrezionali del 1821 e del 1848 - di assicurare ai Questori di Torino e Genova (funzionari civili di Prefettura coadiutori del Prefetto, deputati - per suo conto - alla cura delle questioni di pubblica sicurezza del capoluogo) la disponibilit di una Forza armata cui gli stessi potessero direttamente ed immediatamente impartire degli ordini per lesercizio delle funzioni loro assegnate, senza dover cercare ogni volta un preventivo accordo con i Comandi militari territoriali, che sino a quel momento avevano avuto il monopolio delle armi e non dipendevano in alcun modo dagli Intendenti provinciali e dai Prefetti (346). (346) Lordinamento di polizia sabaudo (poi esteso al resto dItalia, in seguito allunificazione della Penisola) era infatti nato con le Regie Patenti del 13 luglio 1814, che avevano istituito la Direzione del Buon Governo (affidata, con le Regie Patenti del 18 gennaio 1815, al Corpo dei Carabinieri - che in tal modo si trov ad avere insieme funzioni direttive ed esecutive - e quindi sostituita, nel 1816, da un Ministero di Polizia) ed i Carabinieri Reali, unica Forza di polizia a competenza generale del Regno di Sardegna, sin dallorigine dipendente gerarchicamente dallEsercito e funzionalmente dallAutorit civile. Nel 1821, a seguito dellinefficienza manifestata nel corso dei moti del 1821, il Ministero di Polizia venne a sua volta abolito e le competenze trasferite a quello dellInterno: lorganico allora adibito ad attivit di polizia aveva ordinamento militare e la tutela della sicurezza e dellordine pubblico era affidata a Comandanti militari (nella specie, in sede periferica, ai Governatori militari ed in loro assenza ai Comandanti generali, alle cui dipendenze operava un funzionario civile denominato Commissario di po Il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza venne quindi istituito con lintento di dar vita ad una sorta di braccio armato operativo della Prefettura/Questura, una Forza di polizia specifica per i centri urbani metropolitani con prevalenti attribuzioni di ordine pubblico (almeno sino al R.D. 14 agosto 1914, n. 1442, allorch venne creato il Corpo degli Agenti di investigazione, peraltro a composizione mista), attese le peculiarit ambientali (economiche e sociali, allora come oggi) di tali contesti rispetto al resto del Paese. La natura metropolitana del Corpo trov ulteriore sanzione nella legge 21 dicembre 1890, n. 7321, che significativamente ne mut il nome in Corpo delle Guardie di Citt, mantenuto sino alla soppressione disposta con R.D. 2 ottobre 1919, n. 1790, a seguito del mutato regime politico nazionale. Eco delle contingenze che lhanno preceduta la precisazione, al primo comma dellart. 3, che lAmministrazione della Pubblica Sicurezza civile ed ha un ordinamento speciale, inciso che per, in termini eminentemente pratici, non particolarmente significativo, ove si consideri che si sta parlando (non dellordinamento di una singola Forza di polizia, bens) dellarticolazione amministrativa di un Ministero, che per sua natura altro non pu essere che civile. Per fare un esempio, lo stesso Ministero della Difesa e le sue strutture burocratiche hanno natura di organismo civile e non militare: una cosa, infatti, lo status giuridico e disciplinare del personale che vi opera, unaltra la collocazione istituzionale dellorgano nel sistema dei Poteri dello Stato individuati a livello costituzionale: non a caso, del resto, diversamente dalle singole Forze armate - che per non partecipano della funzione di indirizzo politico, trattandosi di soggetti con competenze esecutive - neppure un organo costituzionale ed ausiliario quale il Consiglio Supremo di Difesa (347) pu tecnicamente dirsi militare. La precisazione dellart. 3 era prettamente simbolica, a rimarcare il processo di smilitarizzazione del disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, sancito proprio con la legge 121, ma gi da questi passaggi emergono lizia). Ci spinse Carlo Alberto, nel 1841, a trasferire la direzione della polizia al Ministero della Guerra e della Marina. Peraltro, a seguito dei problemi operativi riscontrati nel corso dei moti del 1848, che ebbero epicentro proprio nelle aree metropolitane del Paese, il Governo avvert lesigenza di dotare i propri rappresentanti territoriali in tali contesti (gli Intendenti provinciali, funzionari civili antesignani dei Prefetti) di poteri operativi e di ordine analoghi a quelli dei Comandanti militari, da esercitarsi attraverso una struttura a ci dedicata (non potendo gli stessi, chiaramente, impartire degli ordini alle Forze armate, che appartenevano ad altra branca dellAmministrazione pubblica). Venne quindi varato il R.D. 30 settembre 1848, n. 798, che prevedeva la devoluzione, anche a livello centrale, della direzione di polizia ad un organismo (denominato Amministrazione di sicurezza pubblica ) dipendente dal Ministero dellInterno e, di seguito, la legge 11 luglio 1852, n. 1404, che allart. 5 istituiva il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, i cui comandanti erano appunto dislocati uno a Torino e laltro a Genova. Con R.D. 25 luglio 1854 venne poi approvato il regolamento organico del Corpo, mentre le sue finalit istituzionali trovarono sanzione nel R.D. 21 settembre 1854. Con legge 13 novembre 1859, n. 3720, infine, lordinamento sabaudo fu progressivamente esteso ai vari Stati annessi al Regno dItalia. (347) La partecipazione di questultimo alla funzione di indirizzo, seppur per il tramite indiretto dellesercizio di unalta funzione consultiva, emerge dallart. 1 lett. b) della legge 18 febbraio 1997, n. 25 (cfr. adesso gli artt. 2-9 del D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66). le criticit cui si faceva in precedenza cenno, dovute alla sovrapposizione, nello stesso corpo normativo, di materie tra loro assolutamente diverse. Laggettivo in questione sarebbe stato dunque pi consono a descrivere lordinamento della neo-istituita Polizia di Stato, tanto pi ove si consideri che lapporto operativo alle politiche di pubblica sicurezza (implementate, per legge, attraverso lomonimo Dipartimento) per la maggior parte riconducibile a Forze ad ordinamento militare (Carabinieri e Guardie di Finanza (348)): lAmministrazione della Pubblica Sicurezza altro non , infatti, nel suo impianto amministrativo, che un apparato burocratico del Ministero dellInterno - dunque una struttura di governo - dato da un complesso di risorse umane ed uffici deputato allattuazione ed esame delle strategie di ordine e sicurezza pubblici, per far fronte ad eventuali situazioni ambientali ingeneranti allarme sociale. Una struttura che attualmente si articola - come gi detto - a livello centrale nel Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed a livello periferico in Prefetture e Questure (ribadendo sul punto quanto originariamente previsto nel TULPS), pi altri uffici minori (inizialmente individuati dallart. 31 della legge 121/81, poi sostituito dallart. 2 del D.P.R. 22 marzo 2001, n. 208). In particolare, lart. 3 comma secondo della legge 121/81 dispone che le sue funzioni sono esercitate: a) dal personale addetto agli uffici del Dipartimento della P.S. ed agli altri uffici, istituti e reparti in cui essa si articola; b) dalle autorit provinciali, dal personale da esse dipendente nonch dalle autorit locali di pubblica sicurezza; c) dagli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza sotto la direzione delle autorit centrali e provinciali di pubblica sicurezza. La norma sembra per presupporre uninversione logica del fondamento funzionalistico (349) che ispira le politiche di sicurezza in ambito OSCE ed UE: (348) Approssimativamente il 73,5% del totale delle segnalazioni di reati, nel 2011 (il 69,9-72% essendo riconducibile allattivit di presidio territoriale della sola Arma dei Carabinieri, alla quale altres riferibile il 54% circa dellattivit operativa svolta complessivamente sul territorio nazionale: dati pubblicati negli Allegati alla Relazione al Parlamento per il 2011 del Ministero dellInterno, sullAttivit delle Forze di polizia, sullo stato dellordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalit organizzata ). Un trend analogo viene riscontrato nei Paesi OSCE dotati di apparati misti o integrati (civili/militari) di pubblica sicurezza. (349) La connotazione in termini rigorosamente funzionali degli apparati tecnico-amministrativi dello Stato (quale indubbiamente lAmministrazione di P.S.) discende dalla distinzione tra poteri di indirizzo politico (riservati al Governo ed ai suoi organi di diretta rappresentanza territoriale) e poteri di gestione (attuativi dei suddetti indirizzi) riservati invece agli organi dellapparato amministrativo dello Stato, proprio in ragione delle funzioni da questi concretamente svolte: tale regola, comunemente recepita a livello comunitario, stata inizialmente formalizzata nellart. 3 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e quindi negli artt. 4, 14 e 16 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, quale espressione dei principi di efficienza, trasparenza e buona amministrazione di cui allart. 97 Cost. Sul tema della funzionalizzazione amministrativa nel diritto dellUnione Europea si richiamano i lavori di IPPOLITO, Fondamento, attuazione e controllo del principio di sussidiariet nel diritto della Comunit e dellUnione Europea, Milano 2007; ANZON, La delimitazione delle competenze dellUnione Europea, in Dir. Pubblico 2003, pp. 787 ss.; AZZENA, Il sistema delle competenze dellUnione Europea, in AA.VV., Istituzioni, diritti, economia. Dal Trattato di Roma alla Costituzione europea, Pisa 2004. in sede sovranazionale, infatti, si ammette a contribuivi solo chi svolga - in base alla legge o anche di fatto (comՏ il caso delle organizzazioni di volontariato) - una serie di specifiche attribuzioni considerate rilevanti dal legislatore, a prescindere dal suo assetto organizzativo o ordinamentale. Nel caso dellart. 3, invece, sembra riconoscersi a priori lesercizio di queste ultime ad una serie di soggetti, per il sol fatto di essere assegnati a determinati uffici. La legge, inoltre, non specifica quali siano, in concreto, le funzioni dellAmministrazione di P.S. Per prassi potrebbe pensarsi allesercizio delle potest che singole norme di legge attribuiscono a determinati funzionari, di volta in volta, ai fini della cura dellordine e della sicurezza pubblici; se cos fosse, per, limpianto della legge 121 potrebbe dar adito ad unincoerenza strutturale. Il sistema tripartito, dal momento che individua tre insiemi di soggetti chiamati, a vario titolo, ad esercitare le funzioni dellAmministrazione di P.S. La prima ipotesi, invero, non scevra da perplessit: per regola generale (350) infatti, le potest pubbliche non fanno capo ai singoli uffici, n ai singoli funzionari in quanto tali, bens allorgano del quale gli stessi fanno parte, ovverosia la persona o il complesso di persone (nel caso di organi collegiali) preposte ad un determinato centro di imputazione di competenza amministrativa, che in tale ruolo (e limitatamente ad esso) esercitano una pubblica potest. Organo in senso tecnico solo quello che esercita una pubblica funzione (ad es. il Prefetto, il Ministro, etc.), ovverosia unattivit che si connota per lesercizio di poteri autoritativi; non anche il funzionario che svolga una mera attivit materiale o esecutiva. La misura dei poteri e delle funzioni che ciascun organo chiamato a svolgere ne individua infine la competenza. La lettera a) dellart. 3 sembra per ignorare tale criterio, nel momento in cui attribuisce - genericamente e senza ulteriori precisazioni di merito - a tutto il personale in servizio presso gli uffici che compongono il Dipartimento di P.S. lesercizio delle suddette funzioni. Significativamente, infatti, la norma non dice che le funzioni sono esercitate dagli uffici, quanto piuttosto - in generale - dal personale addetto a questi ultimi. La mera appartenenza allufficio - e non tanto il tipo di potest (eventualmente) esercitata - sembra dunque essere il titolo per cui queste persone rientrano nel gruppo sub a). Dal novero della lettera a) devono per essere esclusi gli appartenenti alla Polizia di Stato (che pacificamente rientrano nellautonoma ipotesi sub c, oltre a quanto previsto dallart. 39 e che, altrettanto pacificamente, nellesercizio della propria attivit distituto hanno titolo ad esercitare determinate potest nellinteresse pubblico), con la conseguenza che tale disposizione risulta alla fine depotenziata. (350) Cos VIRGA, Diritto Amministrativo, I, Milano 2001. Per fare un esempio, il personale dellAmministrazione Civile dellInterno verrebbe a far parte dellAmministrazione della P.S. solo qualora presti servizio in uno di questi uffici, anche nel caso in cui svolga delle funzioni meramente amministrative (e dunque pur non partecipi alla concreta gestione dellordine o della sicurezza pubblici ed allesercizio delle correlate, tassative potest). Laddove il medesimo personale venga successivamente assegnato ad analoghe funzioni, ma presso un diverso Dipartimento (ad es. presso il Corpo dei Vigili del Fuoco, stesso Ministero e stessa attinenza alla tutela della sicurezza interna, secondo le linee-guida 2003 e 2010 dellUnione Europea - cfr. retro), cesser invece di farne parte. Pu dunque dirsi - sulla base della norma in esame - che non lesercizio di una particolare funzione a ricondurre o meno un soggetto allAmministrazione di P.S., bens il fatto che questi, in un certo momento, presti il proprio servizio in uno degli uffici o reparti sub lett. a), a prescindere poi dallattivit in concreto espletata. Sarebbe stato forse pi corretto precisare, piuttosto, che le funzioni di pubblica sicurezza sono esercitate da soggetti appartenenti a determinati organismi (in primis, ovviamente, le Forze di polizia) in ragione - e nei limiti della specifica attivit dagli stessi svolta, anzich far riferimento ad un criterio generico quale lappartenenza ad un mero ufficio amministrativo. La lettera b) richiama invece le autorit provinciali ed il personale da esse dipendente nonch dalle autorit locali di pubblica sicurezza. Se la prima ipotesi non d luogo a dubbi, in quanto riferita ad organi dello Stato (tali sono il Prefetto ed il Questore, in virt delle funzioni pubblicistiche loro attribuite dalla legge), la seconda pu dar adito a qualche incertezza: in effetti, una volta esclusi - ad evitare una duplicazione con la lettera c) - i funzionari e gli agenti della Polizia di Stato, in quanto dipendenti dal Questore, non resta che il personale della Prefettura-UTG, genericamente inteso. In via interpretativa, alcuni Autori ritengono opportuno circoscrivere la portata della norma al solo personale che coadiuva il Prefetto nelle sue funzioni di Autorit provinciale di P.S., ma pur vero che la disposizione di legge formulata in termini ampi. A beneficio dinventario, si ricorda che attualmente sono Autorit provinciali di pubblica sicurezza, secondo un modello organizzativo risalente al 1907 (351), il Prefetto ed il Questore; inoltre Autorit locale di pubblica sicurezza il funzionario distaccato o, dove questi manca, il Sindaco quale ufficiale di Governo. (351) Allora, peraltro, il Questore non era un funzionario di polizia, bens un funzionario civile (inizialmente scelto dai ruoli della magistratura) ausiliario del Prefetto. In particolare il R.D. 30 settembre 1847, n. 798, gli attribuiva un ruolo meramente esecutivo e privo di discrezionalit rispetto allorgano sovraordinato, limitandosi a prevedere che nelle citt capoluogo di divisione amministrativa questi affiancasse lIntendente generale operando alle sue dirette dipendenze, al pari degli altri funzionari civili. Secondo parte della dottrina il personale dei Commissariati distaccati di P.S. rientrerebbe nellipotesi sub a), mentre i funzionari dipendenti dal Sindaco (recte, dallEnte locale) non potrebbero comunque svolgere funzioni attinenti lAmministrazione della P.S. (tranne gli appartenenti alla polizia locale, in determinate circostanze). Il terzo insieme, sub lettera c), comprende gli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza sotto la direzione delle Autorit centrali e provinciali di pubblica sicurezza. Per comprendere la portata della norma, occorre porre alcune premesse. La legge 121/81, pur presentando elementi di novit rispetto alla normativa previgente, sul punto che ci occupa mutua limpianto organizzativo del TULPS del 1932 (che infatti non ha subito abrogazioni n modifiche, con lunica eccezione della sottrazione del Questore dalla dipendenza gerarchica nei confronti dei Prefetti, una volta ricondottolo a tutti gli effetti nel distinto ruolo dei funzionari di polizia). Ci premesso, la lettera c) d adito a perplessit interpretative. La qualifica di ufficiale o agente di P.S. data da speciali norme di legge, che la riservano ad alcuni soggetti (membri delle diverse Forze di polizia) non in ragione dellappartenenza ad unAmministrazione piuttosto che ad unaltra, ovvero allo status civile o militare, bens in virt delle funzioni e potest concretamente esercitate. Ai sensi dellart. 17 del Regio Decreto 31 agosto 1907, n. 690, Sono agenti di pubblica sicurezza in servizio permanente i Carabinieri [reali] e le Guardie di citt (352). Per il successivo art. 18 Sono pure agenti di pubblica sicurezza le Guardie di finanza forestali, le Guardie carcerarie, nonch le Guardie campestri, daziarie, boschive, ed altre dei comuni, costituite in forza di regolamenti, deliberati ed approvati nelle forme di legge, e riconosciute dal Prefetto. Attualmente, la legge attribuisce la qualit di ufficiale di P.S. agli appartenenti al ruolo dei commissari e dei dirigenti della Polizia di Stato ed agli ufficiali dei Carabinieri. Sono altres sostituti ufficiali di P.S. i sostituti commissari e gli ispettori superiori della Polizia di Stato, i luogotenenti ed i marescialli aiutanti-SUPS dei Carabinieri. Sono invece considerati agenti di P.S. tutti gli altri appartenenti allArma dei Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza, al Corpo forestale dello Stato (nei limitati casi in cui venga chiamato a concorrere ai servizi di ordine pubblico) ed ai Vigli del fuoco, nonch alla Polizia penitenziaria in quanto organo deputato al mantenimento dellordine pubblico negli Istituti di pena. Altre categorie residuali ed eventuali sono indicate allart. 5 del D.P.R. (352) Il R.D. 2 ottobre 1919, n. 1790 soppresse il Corpo delle Guardie di citt ed istitu in sua vece quello originalmente denominato Corpo delle Guardie per la pubblica sicurezza, da cui indirettamente deriva lodierna Polizia di Stato. 28 maggio 2001, n. 311, previo riconoscimento del Prefetto. Orbene, in base alla normativa vigente per rientrare nel gruppo sub c) dellart. 3 legge 121/81 occorre avere attribuzioni di P.S. ed essere contestualmente sottoposto alla direzione di unautorit di P.S. (attualmente il Prefetto ed il Questore); il che si verifica (limitatamente al personale non appartenente alla Polizia di Stato che di volta in volta venga eccezionalmente messo a disposizione dellAutorit di P.S.) a seguito delladozione di unordinanza di servizio questorile ex art. 37 D.P.R. 782/85. Se manca anche uno solo dei due requisiti il soggetto non rientra nel gruppo in questione. Prendiamo in esame il caso di un Carabiniere che presti servizio al corpo di guardia del proprio Comando provinciale: in quanto Carabiniere, egli agente di P.S., ma non essendo soggetto alla direzione n del Prefetto, n del Questore, n del Sindaco non rientra nellinsieme sub c). Non solo. Lo stesso Carabiniere non rientra in alcuna delle categorie individuate dallart. 3 anche quando agisce istituzionalmente di pattuglia per il controllo del territorio (oppure opera in una squadra antiterrorismo, antidroga, etc.) e dunque, formalmente, anche in tali circostanze non svolge funzioni proprie dellAmministrazione della P.S.. Se per un determinato giorno egli viene impiegato in un servizio allo stadio - purch regolamentato con ordinanza del Questore (sotto la direzione delle autorit centrali e provinciali di pubblica sicurezza, come precisa la norma in esame) - viene a soddisfare entrambi i requisiti e dunque rientra tra i soggetti che svolgono le predette funzioni. Analoga incertezza connota il ruolo del personale delle Forze armate diverse dallArma dei Carabinieri che - coerentemente alle linee-guida del- lUnione Europea in materia di sicurezza (cfr. retro) - viene impiegato a presidio di determinate aree (353) urbane ed extraurbane per dichiarate ragioni di ordine e sicurezza pubbliche, spesso in pattuglie miste con le Forze dellordine. Anche la lettera c) sembra quindi ricalcare, nella sostanza, il limite gi evidenziato sub lett. a), in quanto non attribuisce rilevanza decisiva alle funzioni esercitate, bens allinstaurarsi di un rapporto, per quanto provvisorio ed (353) Si pensi alloperazione Vespri Siciliani - durata sei anni, dal 25 luglio 1992 all8 luglio 1998, in appoggio alle Forze di polizia - indubitabilmente di ordine pubblico (e non di mero addestramento a pattugliamenti, come invece avvenuto per la coeva Forza Paris del luglio 1992 in Sardegna), ovvero alle pattuglie miste istituite in alcune realt metropolitane dallestate 2008 (cfr. gli artt. 7-bis del D.L. 92/2008; 2 del D.L. 151/2008; 24, comma 74, del D.L. 78/2009): a tal fine, ancor oggi circa 4.500 militari dellEsercito sono dispiegati nei maggiori centri urbani. Pi di recente, si consideri la presenza dellEsercito a presidio dei cantieri TAV della Val Susa ed il prossimo invio nella Terra dei fuochi in Calabria. Si veda altres, in termini generali, lart. 18 della legge 26 marzo 2001, n. 128, nel combinato disposto con lart. 13 legge 121/81. Per una rassegna pi puntuale, cfr. (peraltro critico) LETIZIA, Tra richieste di riforma e pulsioni di controriforma, in AA.VV. (a cura di CARRER), La Polizia di Stato a trentanni dalla legge di riforma, Milano 2014, pp. 307 ss. occasionale, di para-dipendenza (direzione, cosa diversa dal coordinamento - cfr. retro) da determinati organi amministrativi. Deve quindi desumersi, da quanto sopra, che nel sistema individuato dal legislatore del 1981 la pi gran parte degli organici di polizia - nella quotidiana attivit di repressione dei reati oggetto di denuncia - formalmente non svolgerebbero funzioni di pubblica sicurezza. La decisione di riformare lAmministrazione della Pubblica Sicurezza sul finire degli anni 70 prese le mosse da un lungo dibattito che si proponeva di assicurare una gestione efficiente del sistema sicurezza alla luce del mutato quadro istituzionale, riservando allAutorit politica (Ministro e Prefetto) le scelte di indirizzo, oltre alla disponibilit, al coordinamento ed al controllo delle Forze sul campo, ed attribuendo invece a queste ultime la concreta esecuzione delle direttive a carattere generale. Nel precedente sistema, ad avviso degli interessati, la dipendenza gerarchica dei dirigenti delle Questure dai Prefetti non avrebbe assicurato una piena espressione delle capacit di settore, determinando per contro unimpropria sovrapposizione tra esercizio di funzioni politiche e concreta attuazione delle stesse (354). Lobiettivo di una maggior razionalizzazione del sistema incorse per in una duplice impropriet di metodo: da un lato, la scelta di far confluire nel medesimo testo di legge materie tra loro eterogenee (per di pi senza suddividerle in maniera rigorosa allinterno dellarticolato normativo); dallaltro, la mancata revisione dellintera disciplina di settore (pur rappresentata nei lavori preparatori della legge (355)) cos da superare il precedente modello organizzativo del TULPS (356). Mantenendo in larga parte invariata la normativa generale di P.S. (oggetto, tra laltro, di strutturali censure dellAlta Corte), con lunica significativa eccezione di romperne lequilibrio interno facendo venir meno il monopolio quale Autorit di P.S. - del rappresentante del Governo, la mancata ridistribuzione delle competenze tra i soggetti deputati allamministrazione della sicurezza sul territorio fa apparire incompiuto - se non incongruo - il sistema tracciato dalla legge 121/81. Questultimo sconta un vizio di fondo, ovverosia laver tentato di innestare una riforma (che nelle intenzioni originarie avrebbe dovuto fondarsi sui principi dellassoluta parit delle Forze di polizia a competenza generale e del coordinamento delle stesse ad opera di un organo (354) In argomento, dellepoca, cfr. LANZARA, Autogoverno della polizia; precedenti storici del- lautonomia; capacit di auto amministrazione della polizia, Riv. Polizia 1958, pp. 433 ss.; ID., Il Prefetto autorit di p.s. di nome e non di fatto, in Riv. Polizia 1958, pp. 310 ss.; BONELLI, Organizzazione delle Forze di polizia, in Riv. Polizia 1966, pp. 358-359. (355) Su http://legislature.camera.it/_dati/leg08/lavori/schedela/trovaschedacamera.asp?pdl=895. (356) Che manteneva una coerenza logica nella misura in cui accentrava in capo ad un organo monocratico e politico (il Prefetto, proiezione territoriale dellAutorit di governo) il reale potere di governance dellintera materia, accentramento che sembra invece escluso dalla legge 121/81. terzo di indirizzo, il cd. Segretariato generale della pubblica sicurezza, a composizione interforze e verosimilmente esterno al Ministero dellInterno) nel solco tracciato dal TULPS, che si fondava su premesse ideologiche del tutto opposte. Una delle contraddizioni pi rilevanti data dalla figura del Questore, organo che alle ordinarie competenze operativo-logistiche di un dirigente apicale di polizia aggiunge delle inedite attribuzioni burocratico-politiche (357) ereditate dalla sua precedente posizione di funzionario civile di Prefettura: tali attribuzioni, invero, avrebbero logicamente dovuto venir meno a seguito della radicale separazione (sancita dalla legge 121/81) di tale carica dal rapporto di dipendenza col Prefetto, ma nonostante ci sono state mantenute poich previste da una norma di legge non incisa dalla riforma, ossia il TULPS (pi altre disposizioni speciali, anche successive). Va peraltro evidenziato come - una volta restituite tali attribuzioni allAmministrazione civile dellInterno (i.e., alla Prefettura) - verrebbe automaticamente meno ogni obiettiva ragione di mantenere la qualifica (pur essa risalente al TULPS e priva di corrispondenti a livello internazionale) di Autorit (tecnica) provinciale di P.S., seppur solo con funzioni di coordinamento (che, del resto, in base ai principi di diritto in precedenza enunciati a rigore dovrebbero competere solo ad un soggetto terzo rispetto agli organi esecutivi, quale appunto il Prefetto, unica vera Autorit decentrata di P.S.). A ci aggiungasi che a tali attribuzioni (si noti, del solo Questore come organo e non anche del Corpo di polizia che questi dirige) sono in in gran parte dovuti gli anomali carichi burocratici di Commissariati e Questure, che sottraggono a tali strutture - soprattutto nelle sedi minori - una gran parte della forza operativa. A ci aggiungasi una serie di incertezze formali, che portano a confondere lAmministrazione di P.S. (per il fatto che si articola in Prefetture, Questure, Commissariati, etc., mantenendo cio larticolazione antecedente il TULPS) con la struttura di una delle Forze di polizia. Incertezze che il legislatore talvolta ha addirittura amplificato, con lutilizzo in modo promiscuo delle espressioni Amministrazione della pubblica sicurezza ed ordinamento della Polizia di Stato, quasi coincidessero: valga a tal pro lesempio del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (Sanzioni disciplinari per il personale dellAmministrazione di Pubblica Sicurezza e regolamenta (357) Si pensi, a titolo desempio, alle attribuzioni in materia di rilascio di permessi di soggiorno o di provvedimenti di respingimento, le convalide dei certificati comunali di espatrio dei minori, il rilascio delle licenze per il porto di determinati tipi di arma (gli altri essendo di competenza del Prefetto) ovvero per lacquisto, la collezione o la fabbricazione di armi, la ricezione della denunzia di cessioni immobiliari, i controlli amministrativi e disciplinari sugli Istituti privati di vigilanza, lautorizzazione al trasporto ed alluso di gas tossici, il rilascio dei passaporti, la ricezione dai datori di lavoro privati della segnalazione di infortuni sul lavoro, nonch di inizio attivit per agenzie pubbliche di affari, di recupero crediti, pubblici incanti, pubbliche relazioni e per intermediazioni matrimoniali, etc. (357 bis) Questultimo, invero, non qualificava Autorit tecnico/operative di P.S. i Comandanti territoriali delle Forze di polizia, proprio perch gli stessi - a differenza del Questore - non facevano parte dellAmministrazione civile dellInterno, di talch non potevano configuarsi, formalmente, quali organi della struttura (territoriale) di governo; erano per funzionalmente subordinati ad essa, tantՏ che il Prefetto, pur non potendo dar loro direttamente degli ordini, poteva pur sempre disporne, alloccorrenza, con ordinanza di necessit. zione dei relativi procedimenti, i cui artt. 28 e 30 chiariscono come ci si stia in realt rivolgendo alla Polizia di Stato) ed ancor pi il D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782 (Approvazione del regolamento di servizio dellAmministrazione della Pubblica Sicurezza ), che a dispetto del titolo si riferisce espressamente, in ciascun articolo, solo al personale della medesima Forza di polizia (358). I Dipartimenti (359) dei Ministeri sono articolazioni della struttura del Governo, i cui organi di vertice hanno soprattutto compiti di indirizzo generale: le strutture amministrative che vi dipendono (tra cui anche le Forze di polizia, facenti capo a distinti Dicasteri, essendo la comune dipendenza dal Viminale solo di tipo funzionale), sono invece entit esecutive che, come tali, non partecipano delle funzioni di indirizzo politico, cui contribuisce il vertice del Dipartimento nellesercizio delle sue attribuzioni ausiliarie. Diversamente da quanto avviene negli altri Paesi europei (o, per meglio dire, negli ordinamenti improntati ai principi giuridici dellOSCE), la legge di riforma dellordinamento della pubblica sicurezza, operando sul punto un semplice rinvio allimpianto istituzionale del TULPS, considera lAmministrazione della Pubblica Sicurezza - piuttosto che una struttura connotata dalle funzioni concretamente esercitate - una semplice articolazione territoriale in parte del Ministero dellInterno ed in parte della Polizia di Stato, amministrativamente suddivisa in Prefetture e Commissariati di polizia. Il mutato assetto istituzionale dello Stato e delle Autonomie locali avrebbe peraltro potuto suggerire una soluzione integrata (tale da permettere ampie forme di decentramento, sul modello delle Forze di prossimit - cfr. infra), fondata su requisiti di carattere funzionale ed unificata, a livello centrale, da una superiore struttura tecnico-operativa interforze (sul modello, ad esempio, delle Agenzie di Sicurezza introdotte dalla legge 3 agosto 2007, n. 124), distinta ed indifferente allordinamento dei soggetti chiamati allattuazione delle politiche di sicurezza ivi definite. Va comunque evidenziato che il legislatore, nei successivi (360) interventi in materia, sembra aver impresso una svolta verso i modelli amministrativi di tipo integrato (o interforze), tentando di ricondurre allAutorit di indirizzo politico (rappresentata dal Prefetto, a livello provinciale) le principali competenze di settore, oltre alla concreta disponibilit delle Forze sul campo: in tal senso va letta la legge 30 dicembre 1991 n. 410 (istitutiva della DIA), per proseguire con il D.L. 23 ottobre 1996, n. 554 (il cui art. 2 introduce il comma 2bis nella legge 15 gennaio 1991, n. 16 (361)), oltre alle progressive aperture nellorganizzazione della stessa Direzione Centrale della Polizia Criminale (358) A tali esempi va poi aggiunto il dettato dellart. 31 legge 121/81, in seguito sostituito dallart. 2 del D.P.R. 208/2001. (359) Suddivisione organizzativa adesso imposta, in termini generali, dal D.lgs 300/1999. (360) A partire dal D.P.R. 11 giugno 1984 n. 423, recante il Regolamento della Scuola di perfezionamento per le Forze di polizia (in particolare gli artt. 13 ss.). (ovverosia, la struttura portante del Dipartimento di P.S.) ed alla gi richiamata riforma dei Servizi di Sicurezza dello Stato. Sotto tale profilo limpianto organizzativo di questi ultimi appare - anche a seguito della novella dellagosto 2012 (362) - pi coerente con i principi generali di diritto che informano lordinamento costituzionale, rispetto a quello, complessivo, della legge 121 e del TULPS: vi si distinguono infatti, con estrema precisione, tre livelli organizzativi e funzionali, ovverosia quello politico di indirizzo (nella specie, il Presidente del Consiglio dei Ministri, cui si affiancano il CISR ed il Sottosegretario di Stato delegato), quello di coordinamento tecnico/amministrativo (posto in essere dal Dipartimento interforze di riferimento, qui il DIS) ed infine quello operativo, dove opera concretamente il personale delle due Agenzie. Tra il Dipartimento e gli organi esecutivi (AISI ed AISE) non sussiste alcun rapporto gerarchico ma, correttamente, solo una dipendenza funzionale, laddove la gerarchia opera tra lAutorit politica di indirizzo (il Ministro) e lorgano ausiliario (il Dipartimento). Limpostazione di fondo della riforma del 2007 appare inoltre pi rispondente (rispetto al precedente della legge 121/81, sebbene ancora ampiamente incentrato sulla figura terza del Prefetto) ai presupposti della funzione di coordinamento come in precedenza individuati: infatti evidente che solo un organo terzo ed imparziale rispetto alle parti in causa pu effettivamente co (361) Istitutiva della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga. Il D.L. 554/96 introduce il principio per cui alla Direzione Centrale preposto, secondo un criterio di rotazione, con i rapporti di dipendenza operanti nellambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza in ragione della funzione esercitata, un dirigente generale della Polizia di Stato, un generale di divisione dellArma dei Carabinieri o un generale di divisione della Guardia di Finanza, che abbia maturato specifica esperienza nel settore. Il testo originario della legge 16/1991 pubblicato sulla GU n. 16 del 19 gennaio 1991. In argomento, cfr. anche il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il Decreto Interministeriale (Interno/Tesoro) del 15 giugno 1991 e la legge 23 dicembre 1996 n. 653. Sotto tali profili, peraltro, la normativa vigente anteriormente al varo della legge 121/81 appariva forse ancor pi rispondente al moderno approccio integrato, comՏ vero che lart. 7 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, che poneva direttamente alle dipendenze del Ministro - evidenziandone le funzioni di coordinamento e di indirizzo - lallora Ufficio di direzione e di coordinamento dellattivit di polizia volta alla prevenzione e alla repressione del traffico illecito delle sostanze stupefacenti o psicotrope, stabiliva come lo stesso fosse composto da funzionari o ufficiali designati dalla Direzione generale della pubblica sicurezza, da ufficiali designati dal Comando generale della Guardia di Finanza, dal Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, nonch da funzionari designati dal Ministro per la sanit, dal Ministro per la grazia e giustizia e dal Ministro per gli affari esteri. (362) Con leccezione, probabilmente, dei poteri di gestione unitaria accentrata (in capo al DIS, Dipartimento che provvede al coordinamento delle Agenzie) degli approvvigionamenti e dei servizi logistici comuni, adesso previsti dalla nuova lett. n-bis) dellart. 4 comma terzo (ferme restando le competenze operative dellAISE e dellAISI ), ipotesi che, se pu essere funzionale per i due organismi di cui si tratta, difficilmente per potrebbe essere estesa anche a strutture complesse ed articolate come le Forze di polizia nazionali, dotate di specialit diverse (tanto pi ove si consideri che una di esse - coerentemente con il modello europeo di sicurezza - svolge anche compiti militari di Forza armata). Il testo della riforma contenuto nella legge 7 agosto 2012 n. 133. ordinarne lazione in modo trasparente e responsabile, secondo parametri di economicit ed efficienza, fugando cos il rischio di perseguire interessi di parte. Ci vale innanzitutto per gli organi decisionali di vertice (svolgenti potest ausiliarie ed abilitati a formare e manifestare allesterno la volont del- lEnte, venendo con ci ad incidere sulle scelte governative di indirizzo politico), in posizione di terziet rispetto ai soggetti chiamati - in esecuzione di tali indirizzi - ad operare sul campo, soggetti che operano in posizione reciproca di assoluta parit, autonomia e dignit istituzionale. In questi termini, taluni Autori hanno letto nella riforma ibrida del Dipartimento di P.S. (in seno al Ministero dellInterno) unoccasione persa rispetto alliniziale progetto (363) di creare un Corpo civile di polizia in posizione paritetica allArma dei Carabinieri ed alla Guardia di Finanza, accanto allistituzione di un Segretario Generale delle Forze di polizia in veste di organo terzo di coordinamento (364). Complessivamente, pu concordarsi con la dottrina che qualifica lAmministrazione della P.S. come una specie di contenitore le cui dimensioni non sono definibili a priori, con intuibili ricadute in materia di programmazione ed efficienza: ci accade, in particolar modo, non tanto per i gruppi sub a) e b) dellart. 3 legge 121/81, ma soprattutto per linsieme sub c): in alcuni momenti essa composta da un numero notevolissimo di soggetti (ad esempio durante una giornata elettorale), per poi nuovamente decrescere. Ha dunque dimensioni variabili nel tempo, ed appare altres di complessa collocazione allinterno dellordinamento vigente. Alcuni soggetti si trovano al centro, presso il Dipartimento della P.S., altri stanno in periferia (come i Sindaci) altri ancora (la maggioranza degli organici di polizia) solo occasionalmente ne esercitano le funzioni, pur appartenendo, in larga parte, ad Istituzioni cui la legge attribuisce competenze generali di polizia ed eventualmente impone (come nel caso dei Carabinieri) lo svolgimento permanente delle funzioni di pubblica sicurezza (365). Esiste, allo stato attuale, una parte strutturata in uffici (Dipartimento ed altri uffici e reparti sub art. 3 lett. a)), una parte organizzata nel sistema delle Autorit provinciali e locali di P.S. (Prefetture, Questure e Commissariati) ed (363) Nellottica dei suoi proponenti, il Corpo civile di polizia sarebbe nato dalla riforma e dalla smilitarizzazione del Corpo delle Guardie di P.S., quale organismo civile dello Stato incardinato in unautonoma Direzione generale del Ministero dellInterno, diretto dal Capo della Polizia ed articolato sul territorio in Questure e Commissariati. In argomento, cfr. MOSCA, Profili strutturali del nuovo ordinamento della Polizia italiana, Latina 1981. (364) Figura che, nellintendimento di alcuni promotori, avrebbe rappresentato una sorta di corrispondente - relativamente al settore della sicurezza interna - del Segretario Generale della difesa (attualmente disciplinato dagli artt. 41 e 42 del D.lgs. 66/2010). (365) Per i Carabinieri, ai sensi dellart. 155 del D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66; per le Guardie di Finanza (prive peraltro di competenze generali al di fuori della materia economica e finanziaria), in base allart. 6 del D.lgs. 19 marzo 2001, n. 68. una parte variabile che rende lAmministrazione della P.S. simile ad una nebulosa, dai tratti talvolta indistinti. B.2) IL DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA. Come gi anticipato, lAmministrazione della Pubblica Sicurezza viene talvolta confusa con lomonimo Dipartimento, se non addirittura con un vero e proprio Corpo di polizia. In realt, in entrambi i casi si tratta di organismi diversi ma non estranei luno allaltro, in quanto legati da un particolare rapporto organizzativo. Lart. 4 della legge 121 dedicato al Dipartimento di Pubblica Sicurezza, il pi importante tra quelli in cui articolato il Ministero dellInterno. La norma, in particolare, cos dispone: Nellambito dellAmministrazione della pubblica sicurezza istituito il Dipartimento della pubblica sicurezza che provvede, secondo le direttive e gli ordini del Ministro dellInterno: 1) allattuazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica; 2) al coordinamento tecnico-operativo delle Forze di polizia; 3) alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato; 4) alla direzione e gestione dei supporti tecnici, anche per le esigenze generali del Ministero dellInterno. A capo del Dipartimento posto un Prefetto - generalmente uno dei 17 provenienti dal ruolo speciale dei Questori - che assume il contestuale incarico di Capo della Polizia di Stato (art. 5 comma secondo). Lorganizzazione del Dipartimento prevista al successivo art. 5: Il Dipartimento della pubblica sicurezza si articola nei seguenti uffici e direzioni centrali: a) ufficio per il coordinamento e la pianificazione, di cui all'articolo 6; b) ufficio centrale ispettivo; c) direzione centrale della polizia criminale; d) direzione centrale per gli affari generali; e) direzione centrale della polizia di prevenzione; f) direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, di frontiera e postale; g) direzione centrale del personale; h) direzione centrale per gli istituti di istruzione; i) direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale; l) direzione centrale per i servizi di ragioneria; l-bis) direzione generale di sanit, cui preposto, il dirigente generale medico del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato. A questi va recentemente aggiunta la DIA -Direzione Investigativa Antimafia, a composizione interforze, istituita con legge 30 dicembre 1991 n. 410. Dal combinato disposto delle due norme emerge nuovamente la sovrapposizione tra le articolazioni del Dipartimento in quanto organo ministeriale (una struttura che si basa sulla concreta gestione interforze della pubblica sicurezza, al di l dei limiti casistici dellart. 3) e quelle che invece attengono allorganizzazione interna della sola Polizia di Stato: il che, oltre a generare confusione nellinterprete, appare poco razionale sia in termini di ottimizzazione delle risorse, sia ai fini del necessario coordinamento sul territorio degli operatori della sicurezza. Gi si accennato, nella prima parte di questo lavoro, alle perplessit di parte della dottrina circa la rispondenza del sistema vigente alle sollecitazioni contenute nella raccomandazione del Consiglio dEuropa n. 10/2001/REC (cd. Codice Etico delle Forze di polizia), il cui art. 13 esorta ad attribuire la responsabilit delle scelte di indirizzo in materia di sicurezza ai soli organi di indirizzo politico, quali Autorit civili dello Stato, sostanzialmente estromettendo da tale incombenza le Forze di polizia in ragione del loro specifico e distinto ruolo esecutivo e gestionale. Distinzione che - gi recepita nelle linee-guida dellOSCE (cfr. retro) - appartiene in larga parte alle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi membri dellUE. Il principio di netta separazione della funzione di indirizzo politico da quella amministrativa ha trovato una prima sanzione formale, in Italia, nellart. 3 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80; contemporaneamente, attenta dottrina (366) ha evidenziato alcuni aspetti della legge 121 che di fatto porterebbero ad attribuire al vertice del Dipartimento della Pubblica Sicurezza un ruolo (chiaramente politico) di seconda Autorit nazionale di P.S., a latere (se non prevalente, allatto pratico) del Ministro dellInterno. Una proiezione a parti invertite di quanto si verifica a livello provinciale, ivi dovuta alla professionalit della carriera prefettizia, rispetto allonorariet delle cariche governative. In primo luogo, la citata lett. c) dellart. 3 parla (al plurale) di direzione delle Autorit centrali e provinciali; analogamente, lart. 43, comma ventiquattresimo parla di uffici dipendenti dalle Autorit nazionali e provinciali di P.S.. A ci aggiungasi il fatto che il suddetto organo definito dalla legge Direttore generale della pubblica sicurezza e non piuttosto del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, per tale preposto alla direzione generale di tutte le attivit concernenti la suddetta materia: in virt di ci sarebbe logicamente destinato ad esercitare un potere di supremazia su tutte le Autorit provinciali di P.S., compreso il Prefetto, nonostante questi sia diretta espressione fiduciaria di un Potere indubbiamente sovraordinato al suddetto Direttore, quale quello politico del Governo. Non si dimentichi, sotto questo aspetto, che a rigore allo stesso Ministro dellInterno inibita - in materia - qualsiasi concreta attribuzione di ordine o direzione, potendo agire solo attraverso lAmministrazione di cui si detto. Lart. 4 della legge 121/81 stabilisce che nellambito dellAmministrazione di Pubblica Sicurezza istituito il Dipartimento di Pubblica Sicurezza che provvede secondo le direttive e gli ordini del Ministro dellInterno. La norma va letta in connessione allart. 1 comma secondo, in base al quale il Ministro dellInterno adotta i provvedimenti per la tutela dellordine e della sicurezza pubblica. (366) MOSCA, Profili strutturali del nuovo ordinamento della Polizia italiana, cit., p. 70. Il Ministro dellInterno, nellambito delle sue attribuzioni, pu emanare direttive ed ordini; ai sensi dellart. 2, comunque, espleta i propri compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica avvalendosi dellAmministrazione di pubblica sicurezza. In quanto articolazione dellAmministrazione della pubblica sicurezza, il Dipartimento non ha competenze (recte, potest) proprie, ma provvede secondo le direttive del Ministro. Sempre lart. 4 elenca le competenze del Dipartimento: 1) ai sensi del numero 1, provvede allattuazione della politica dellordine e della sicurezza pubblica, ossia a mettere in pratica le decisioni, in materia, del- lAutorit ministeriale. Se le linee generali della politica dellordine e della sicurezza pubblica sono date dal Consiglio dei Ministri, il Ministro dellInterno, quale Autorit Nazionale di P.S. e responsabile della sicurezza pubblica, adotta i provvedimenti per indicare le specifiche e concrete scelte istituzionali in materia. Nel sistema previgente la legge 121/81, il Ministro dellInterno non era Autorit nazionale di P.S., e come tale non aveva formalmente alcuna capacit provvedimentale (riservata allallora Direzione Generale di P.S.). 2) Al numero 2 si parla invece di coordinamento tecnico-operativo delle Forze di polizia. Il coordinamento cui deputato il Dipartimento diverso da quello che gi compete al Ministro dellInterno, assumendo carattere tecnico operativo: il Dipartimento, dunque, non stabilisce la politica dellordine e della sicurezza pubblica, n coordina i compiti o le attivit delle Forze di polizia. Il coordinamento unattribuzione nuova rispetto al sistema previgente, che non comporta compiti di direzione (il che spiega, secondo alcuni Autori, la decisione legislativa - ad evitare equivoci - di mutare la precedente denominazione di Direzione Generale in quella pi neutra di Dipartimento). I compiti della struttura sono indicati al successivo art. 6. 3) In aggiunta alle precedenti funzioni super partes, il numero 3 gli attribuisce pure la direzione ed amministrazione della Polizia di Stato, mutuata dalla precedente Direzione Generale. 4) Infine, al numero 4, si indicano la direzione e gestione dei supporti tecnici, anche per le esigenze del Ministero dellInterno. Formalizzata per la prima volta (in precedenza era prevista solamente in via di fatto), non attiene al coordinamento, bens - come la precedente - al livello di direzione e gestione. La funzione di coordinamento tecnico-operativo di diverse Forze di polizia (che mantengono - su un piano di parit istituzionale - i rispettivi ordinamenti e dipendenze) una tipica funzione degli Enti cd. regolatori (nel cui ambito rientrano Agenzie specializzate, Authorities pubbliche, etc.), necessariamente neutrali -e non semplicemente imparziali -rispetto ai soggetti coordinati (o funzionalmente diretti). Sebbene di neutralit non sia possibile parlare, a legislazione vigente, secondo alcuni Autori la legge 121 assicurerebbe comunque unadeguata separazione dei ruoli - pur con le sovrapposizioni di cui si in precedenza detto - nel distinguere formalmente gli uffici del Dipartimento che si occupano dellamministrazione e direzione del personale e delle strutture della Polizia di Stato. B.3) LE AUTORIT PROVINCIALI DI PUBBLICA SICUREZZA. Il rapporto tra le Autorit di pubblica sicurezza rappresenta uno dei punti nevralgici della legge 121/81, che essendo stata promulgata a TULPS invariato ha finito col dar vita, nel corso del tempo, ad un singolare sistema binario incrociato recante serie criticit. Per chiarire la questione, di rado affrontata negli studi di settore, occorre porre alcune premesse di carattere strettamente giuridico. Lart. 3 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 - norma che per la prima volta (367) ordinava la dirigenza dello Stato secondo qualifiche e funzioni proprie -attribuiva ai Ministri una serie di poteri tipici del rapporto gerarchico, quale quello di annullamento, revoca e riforma di ogni atto adottato da dirigenti entro il termine di quaranta giorni dalladozione; revoca o modifica, per sopravvenute ragioni di pubblico interesse, degli atti dirigenziali aventi ad oggetto concessioni di durata pluriennale o rinnovabili o prorogabili; decisione dei ricorsi gerarchici sugli atti dei dirigenti; riserva in taluni casi. La regola aveva portata generale e come tale poteva essere derogata solo da disposizioni di legge a carattere speciale: tra queste vi era indubbiamente la normativa disciplinante lordinamento della carriera prefettizia, che ancor oggi prevede (368) la possibilit per il Ministro dellInterno di esercitare una serie di ben pi penetranti poteri gerarchici nei confronti degli atti adottati dal Prefetto, cui si aggiunge un distinto rapporto di dipendenza funzionale con i Ministri di volta in volta competenti per materia di intervento. In occasione della riforma dellordinamento di P.S. - intervenuta nella vigenza del predetto D.P.R. 748/72 - il legislatore, a differenza di quanto previsto per i Prefetti, non attribu al Ministro dellInterno alcuno specifico potere di carattere gerarchico nei confronti dei Questori e dei funzionari di polizia, limitandosi a parlare di responsabilit, alta direzione, coordinamento e direttive (artt. 2, 3 e 4): significativamente, del resto, lunica norma nella quale si parla (peraltro senza una precisa contestualizzazione) di ordini dellAutorit ministeriale - lart. 4 comma primo - indica genericamente quale destinatario di essi il Dipartimento della P.S. e non anche i singoli funzionari che ne fan parte, n il suo vertice. Semplicemente lart. 65 venne a precisare - stante lallora vigenza, come gi detto, del D.P.R. 748/72 - che Gli appartenenti ai ruoli dellAmministra (367) Nella specie, il legislatore definiva i dirigenti organi con funzioni limitate. (368) Si pensi, a tacer daltro, allart. 2 comma secondo del TULPS, tuttora in vigore, che attribuisce al Ministro dellInterno la potest di decidere il ricorso gerarchico contro i provvedimenti adottati dal Prefetto per la tutela dellordine pubblico e della sicurezza pubblica. Il principio trova conferma nel successivo art. 6. zione della pubblica sicurezza hanno [generici - ndr] doveri di subordinazione gerarchica nei confronti: a) del Ministro dellInterno; b) dei Sottosegretari di Stato per lInterno, quando esercitano, per delega del Ministro, attribuzioni in materia di pubblica sicurezza; c) del Capo della polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza. Restano salvi i doveri di subordinazione funzionali degli appartenenti allAmministrazione della pubblica sicurezza verso il Prefetto e, nei casi previsti dalla legge, verso le altre Autorit dello Stato. A rigore, dunque, la legge 121 formalmente sembrava estendere a tutto il personale dellAmministrazione di P.S. il vincolo gerarchico che il D.P.R. 748/72 prevedeva per i soli dirigenti, ma a differenza di questultimo non chiariva - e qui sta il punto - in quali forme il Ministro avrebbe potuto esercitarlo. Per tali ragioni il valore dellart. 65 era prettamente simbolico, a ribadire cio che il nuovo assetto dellAmministrazione della pubblica sicurezza non aveva assunto caratteri autoreferenziali, nonostante il venir meno della subordinazione gerarchica ai Prefetti, poich i suoi vertici dipendevano ancora fattivamente dallAutorit di governo (la cd. Civil Authority). Questo stato di cose sub per unalterazione nel momento in cui, anche sotto la spinta del diritto comunitario, il legislatore nazionale inizi a distinguere sempre pi nettamente le funzioni di indirizzo politico da quelle dirigenziali di gestione, quale corollario del principio costituzionale di buona amministrazione ex art. 97 Cost. (369): lautonomia dirigenziale fu in un primo momento prevista per le sole Amministrazioni non statali (con legge 3 aprile 1990, n. 142), ma di l a poco divenne regola generale del diritto amministrativo con il D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (cd. prima privatizzazione del pubblico impiego) e soprattutto con il D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (cui seguir il D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, attualmente in vigore). Venuta meno la maggior parte delle disposizioni del D.P.R. 748/72 per incompatibilit (370) - da ultimo - con quelle del D.lgs. 165/01 (ai sensi dellart. (369) La dottrina non ha mancato di evidenziare alcune contraddizioni insite nella stessa Carta Costituzionale riguardo al ruolo gerarchico o meno del Ministro, in primis tra gli artt. 95 e 97, laddove il primo afferma che i Ministri sono responsabili individualmente degli atti dei propri dicasteri, con ci apparentemente optando per un ordinamento amministrativo statale accentrato e gerarchizzato, nel quale il Ministro tiene sotto controllo lazione burocratica del proprio dicastero. Per contro lart. 97, nel disporre che nellordinamento dei pubblici uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilit proprie dei funzionari, sembrerebbe prevedere una distinzione tra il momento della scelta politica e quello della sua attuazione amministrativa, demandata a funzionari autonomi e responsabili del proprio agire. In questi termini, COLAPIETRO, Governo e amministrazione (I). La dirigenza pubblica tra imparzialit e indirizzo politico, Torino 2004, pp. 50-51. In argomento si veda anche il contributo di DAMIANO, La dirigenza pubblica tra politica e amministrazione, Napoli 2008 (su http://www.fedoa.unina.it/3447/1/Damiano_Antonio.pdf). (370) Nel senso dellimmediata abrogazione implicita (ex art. 15 disp. prel. cc. - almeno fin dallentrata in vigore del D.lgs. 80/1998 - per levidente incompatibilit tra i due sistemi) sono la dottrina prevalente e la giurisprudenza. Sul punto, cfr. DORTA, Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilit, in AA.VV. (a cura di CARINCI), Il lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, Milano 1995, p. 229. 72, comma 1 lett. b di questultimo), vennero correlativamente meno gli specifici poteri sino a quel momento riconosciuti al Ministro anche nei confronti dei vertici del Dipartimento di P.S.: in effetti lart. 3 del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 fa s salve eventuali disposizioni speciali dettate per determinate categorie di pubblici funzionari, tra le quali le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera prefettizia, ma tale eccezione attualmente permane, in concreto, solo per i Prefetti (in base alle norme speciali che li riguardano) e non anche per il restante personale dellAmministrazione di P.S., dal momento che - come gi evidenziato - lart. 65 della legge 121/81 in realt non attribuisce, nei riguardi di questultimo, alcun potere specifico e concreto al Ministro. Una sintesi della materia aiuter a comprendere la questione. Nellordinamento vigente, lAutorit di pubblica sicurezza , ai sensi dell'art. 1 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), unentit deputata: al mantenimento dellordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumit e alla tutela della propriet; cura l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonch delle ordinanze delle autorit; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni; per mezzo dei suoi ufficiali, e a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati. Ha dunque il compito di garantire le condizioni di pace sociale, prevenendo i fattori che potenzialmente la minacciano ed eliminando gli stati di turbativa gi in atto. LAutorit di pubblica sicurezza una funzione di governo, che si articola a livello nazionale, provinciale e locale. Le attribuzioni dellAutorit nazionale di pubblica sicurezza sono attualmente esercitate dal Ministro dellInterno (371), al quale lart. 1 della legge 1 aprile 1981, n. 121 ha attribuito la responsabilit della tutela dellordine e della sicurezza pubblica. Non pu per esercitarle autonomamente ed a propria discrezione, ma deve farlo per il tramite del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, articolazione del proprio Ministero. A capo di tale Dipartimento vi un organo individuale - il Direttore - che formalmente non qualificato dalla legge come Autorit (nazionale) di P.S., ma che di fatto, in ragione del vincolo sopra evidenziato, ha il reale monopolio della materia. Un monopolio accentuato dalla circostanza che per tale organo - unico nellordinamento nazionale e probabilmente europeo non vale il principio generale della separazione tra le funzioni di indirizzo e quelle esecutive. La stessa persona fisica viene infatti a ricoprire, contemporaneamente e con pienezza di poteri (372), sia le funzioni di capo di una singola Forza di polizia (avente cio attribuzioni esecutive, essendo chiamato con altri a dare attuazione alle linee di indirizzo formate in sede governativa), sia quelle di Capo del Dipartimento che tale indirizzo implementa e coordina (id est, un organo ausiliario del Ministro e come tale partecipe della predetta attivit di indirizzo). Tale compenetrazione di funzioni finisce quindi per attribuirgli - contemporaneamente (e paradossalmente) - il ruolo sia di controllore che di controllato, nel medesimo contesto operativo. Compenetrazione sottolineata dallulteriore circostanza che, in caso di impedimento, il Direttore della P.S. viene sostituito non da uno qualsiasi dei suoi tre vice-capi (che possono (371) Laddove altri ordinamenti le attribuiscono invece al Capo del Governo, attesa la sua naturale funzione di organo di coordinamento politico-amministrativo. anche provenire dalla carriera civile prefettizia), ma da quello delegato a dirigere la Direzione centrale della polizia criminale, che per legge deve provenire dalla carriera della Polizia di Stato. Ai sensi del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per lesecuzione del TULPS) lAutorit di P.S. poi anche provinciale e locale: in particolare, le attribuzioni dellAutorit provinciale di pubblica sicurezza sono esercitate dal Prefetto e dal Questore (questultimo solamente sotto il profilo operativo): il Prefetto dipende gerarchicamente dal Ministro dellInterno, in via diretta, mentre il Questore dipende funzionalmente dal Prefetto (quale autorit di pubblica sicurezza, alla pari di tutte le altre Forze di polizia operanti sulla provincia) e gerarchicamente dal Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza. La situazione che ne risulta d vita al singolare (ed in parte anomalo) schema di rapporti istituzionali che in precedenza stato definito binario/incrociato, per le ragioni che seguono: come anticipato, il Prefetto dipende gerarchicamente dal Ministro dellInterno, in via diretta, mentre il Questore (che non ha unanaloga dipendenza dal Ministro) dipende solo funzionalmente dal Prefetto (quale Autorit generale di pubblica sicurezza) e gerarchicamente dal Capo della Polizia. Questultimo, per, contestualmente anche, a sua volta, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e, se da un lato la sua dipendenza gerarchica dal Ministro ormai solo nominale (sia come Capo della Polizia di Stato che come Capo del Dipartimento), dallaltra - pur essendo un organo amministrativo, per quanto di grado apicale - finisce per essere funzionalmente (373 ) sovraordinato (in quanto, seppur non formalmente Autorit, pur sem (372) Entrambi i ruoli sono caratterizzati da piena effettivit di poteri: da tale organo-persona fisica dipendono infatti, direttamente, la Direzione centrale dellimmigrazione e della polizia delle frontiere, la Direzione centrale per le risorse umane, la Direzione centrale di sanit, la Direzione centrale per gli istituti di istruzione, la Direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale, la Direzione centrale per i servizi di ragioneria, lUfficio centrale Interforze per la sicurezza personale, la Scuola di perfezionamento per le Forze di polizia e la Scuola superiore di polizia; indirettamente (per il tramite cio di un vicedirettore generale - Direttore centrale della polizia criminale), la Direzione centrale della polizia criminale, lUfficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia, lUfficio centrale ispettivo, la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, la Direzione centrale per i servizi antidroga, la Direzione investigativa antimafia, la Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato, la Direzione centrale della polizia di prevenzione e la Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazione e per i reparti speciali della Polizia di Stato. (373) Secondo DI RAIMONDO (Il sistema della pubblica sicurezza, Padova 1984, p. 234) non si potrebbe parlare di un rapporto di sovraordinazione (gerarchica) tra il Direttore generale della pubblica sicurezza (nonch Capo della Polizia di Stato) e le Autorit provinciali e locali di P.S., dal momento che lart. 5 della legge 121/81, pur ponendo il primo al vertice dellAmministrazione di P.S., significativamente non gli attribuisce formalmente la qualifica di Autorit di pubblica sicurezza. Tale ricostruzione, motivata dallesigenza di sottrarre i Prefetti ad unanomala inversione dei ruoli (appunto quali subordinati - allatto pratico - dellorgano di vertice della Polizia), non appare del tutto convincente, poich finisce per collegare lesistenza o meno di un rapporto gerarchico (seppur circoscritto a specifici ambiti delle competenze prefettizie) ad un semplice dato nominalistico anzich - come si conviene - alleffettivit dei poteri e delle funzioni svolte. Inoltre sembra dimenticare che il Questore - anchegli Autorit provinciale di P.S. - indubbiamente dipende, gerarchicamente, dal proprio organo apicale, che attualmente coincide anche con il suddetto Direttore generale. Sostiene la tesi della mera relazione funzionale DE PAOLA (Il ruolo del Prefetto nel sistema della sicurezza pubblica, cit., p. 43), in forza della quale il Dipartimento si pone come la sede in cui vengono definiti, in conformit allindirizzo politico, i diversi piani generali pre Direttore della Pubblica Sicurezza a livello nazionale) proprio al Prefetto (quale Autorit periferica di P.S.), nonostante questi sia un organo di diretta emanazione del potere politico - del Governo e del Ministro dellInterno - che in tale veste esercita istituzionalmente un potere di indirizzo (374). Il Prefetto, infatti, s unAutorit di P.S., ma solo a livello provinciale, dunque pur sempre riferita ad un ambito di competenze (politiche ed operative) ridotto rispetto a quello nazionale. A ci aggiungasi che lo stesso Ministro dellInterno non ha un reale potere di direzione nei confronti del Capo del Dipartimento di P.S. (laddove lo ha invece nei confronti del Prefetto, il quale per, in concreto, subordinato a questultimo) o di autotutela, n in grado di intervenire direttamente nellattuazione delle politiche di sicurezza da lui stesso definite, posto che a tal fine deve esclusivamente avvalersi, per legge, proprio del medesimo Dipartimento. In questi termini, il sistema italiano presenta unanomalia strutturale assente negli altri ordinamenti del cd. gruppo G6 dellUnione, che distinguono tra Autorit di indirizzo (ricomprendendo in tale categoria, oltre al Ministro competente in materia ed eventuali Sottosegretari di Stato, anche lorgano di vertice operativo dellAmministrazione di P.S., in ragione delle sue funzioni ausiliarie e di alta amministrazione) ed apparati operativo/gestionali (nella specie, le singole Forze dellordine ed altre strutture di settore: ad es. Vigili del fuoco, Protezione civile, etc.). Volendo limitarci ad alcune indicazioni di massima, nellordinamento francese il vertice dellAmministrazione di P.S. risiede (art. 3 del Dcret n. 851057 del 2 ottobre 1985 (375)) nel Secrtaire gnral del Ministero del- lInterno (un funzionario dellAmministrazione civile, generalmente un Prefetto), che esercita le funzioni di coordinamento dellinsieme dei servizi e delle strutture della sicurezza nazionale, oltre a rilevanti attribuzioni di indirizzo (cfr. commi 5 e 6: Il est charg des affaires politiques. - Il est charg attinenti all ordine e alla sicurezza pubblica, di cui all art. 6 della legge n. 121/81 e le relative competenze del Prefetto. Presupposto della ricostruzione proposta dallAutore che il Prefetto non possa considerarsi un elemento organico allAmministrazione della P.S., pur integrandosi funzionalmente e necessariamente in essa: tale (mera) integrazione spiegherebbe il collegamento con il Dipartimento ed il suo vertice. Di conseguenza, in occasione dellelaborazione dei Piani, il Capo della Polizia potr influire sullazione dei Prefetti, che dovranno attenersi alle direttive da questi impartite per la loro corretta esecuzione in provincia. Tuttavia, questo potere del Capo della polizia non potr menomare la competenza del Prefetto riguardo allattuazione dellindirizzo politico governativo a livello provinciale. (374) Sempre DE PAOLA (op. ult. cit., p. 40) rileva che la politicit del Prefetto non si traduce in un autonomo potere di elaborazione dellindirizzo politico, che in materia di pubblica sicurezza spetta esclusivamente al Consiglio dei Ministri ed al Ministro dellInterno. Per politicit dovrebbe piuttosto intendersi una competenza generale di attuazione di tale indirizzo, che non si estrinsechi in una mera esecuzione delle direttive degli organi politici, quanto piuttosto nellinterpretazione dello stesso e nella traduzione in atti dindirizzo per le Forze di polizia, alla luce delle specificit della realt locale. (375) Su http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=2903D196155A93581F50EF789D0D B5CF.tpdjo15v_1?cidTexte=LEGITEXT000006064688&dateTexte=20121231. de coordonner la politique du Ministre de lIntrieur en matire de titres scuriss ), totalmente distinto dai vertici e dalle strutture delle Forze di polizia a carattere generalista (Police Nationale e Gendarmerie Nationale: artt. 5 e 5-bis), che da questi neppure dipendono. In Spagna, lorgano amministrativo di vertice la Secretara de Estado de Seguridad, anchessa separata (ai sensi dellart. 1, comma sesto, lett. a del Real Decreto n. 400 del 7 febbraio 2012 (376)) dalle strutture e dai vertici (tra loro autonomi) delle due Forze di polizia generaliste, che fanno invece capo alle distinte (377) ed equiordinate Direccin General de la Polica e Direccin General de la Guardia Civil: cfr. gli artt. 3 e 4, noch la Disposicin adicional cuarta e quinta - lett. c e la Disposicin transitoria tercera ), analogamente agli ulteriori servizi del settore sicurezza (si veda lart. 11 per la Proteccin Civil y Emergencias e lart. 5 relativamente alla Secretara General de Instituciones Penitenciarias ). Il Secretario de Estado de Seguridad, ai sensi dellart. 2, anchesso (come gi in Francia (378)) un funzionario dellAmministrazione civile posto allimmediata dipendenza gerarchica del Ministro dellInterno, ha parimenti compiti di direccin, coordinacin y supervisin delle strutture ed organismi della pubblica sicurezza nazionale (379): attraverso tale Secretara il Ministro dellInterno svolge anche le proprie funzioni istituzionali di coordinamento (art. 2 comma quinto: Est adscrita al Ministerio del Interior, a travs de la Secretara de Estado de Seguridad, la Comisin Ejecutiva de Coordinacin, como rgano estratgico de coordinacin ejecutiva de dicha Secretaria de Estado ). Anche nei sistemi tedesco (380) ed inglese, la cui organizzazione federale (376) Testo consolidato su http://www.boe.es/boe/dias/2012/02/18/pdfs/BOE-A-2012-2396.pdf. (377) Il tentativo di unificare i vertici delle due Direzioni generali (con Real Decreto n. 991/2006), nella dichiarata prospettiva di conseguire ipotetiche riduzioni di spesa, dopo circa sei anni venne abbandonato per ritornare al precedente regime, reintrodotto con il Real Decreto n. 400 del 7 febbraio 2012, causa le gravi inefficienze cui la novella aveva dato - in concreto - origine. (378) Anche ex art. 4 del Dcret n. 2012-771 del 24 maggio 2012, relativo alle attribuzioni del Ministro dellInterno. (379) Precisamente, il comma 1 lett. b) dellart. 2 attribuisce al vertice dellAmministrazione di P.S. spagnola Lesercizio del comando delle Forze e dei Corpi di sicurezza dello Stato, il coordinamento e il monitoraggio dei servizi e delle missioni di loro competenzai (testualmente: El ejercicio del mando de las Fuerzas y Cuerpos de Seguridad del Estado, la coordinacin y la supervisin de los servicios y misiones que les corresponden). Occorre ricordare, al proposito, che la Spagna presenta un ordinamento con fortissime autonomie territoriali che giustificano - in unottica di equilibrio istituzionale - un cos marcato accentramento operativo delle funzioni nazionali di sicurezza: tra le attribuzioni della Secretara de Estado de Seguritad vi sono inoltre le classiche incombenze di indirizzo politico, individuate dal comma terzo, p.to 1, della medesima norma nei termini che seguono: Desarrollar estrategias especficas de lucha contra la criminalidad y elaborar planes conjuntos de actuacin en materia de seguridad ciudadana, coordinando la actuacin de las Fuerzas y Cuerpos de Seguridad del Estado en este mbito, as como de stos con las Policas Autonmicas y Policas Locales. (380) Per unintroduzione, cfr. DUQUE QUICIOS, Modelo de seguridad aleman, in Cuadernos de la Guardia Civil XXXVII/2008, pp. 35 ss.. delle Forze dellordine oltremodo complessa (cfr. la prima parte di questo lavoro, nota 53), vi una netta distinzione tra le competenze dellAmministrazione di P.S. e le strutture operative che ne fanno parte o che comunque vi collaborano: in Germania le principali funzioni federali fanno capo alDipartimento-S (Abteilung ffentliche Sicherheit ) del Ministero del- lInterno (381), retto da un Segretario di Stato (382) e da cui dipendono anche la Bundeskriminalamt nonch i servizi dellantiterrorismo. Svolge inoltre le funzioni di coordinamento tra le numerose Forze dellordine operanti nel territorio federale e tra queste e le Agenzie strumentali dellUE. A sua volta, il diverso ed autonomo Dipartmento-B (Abteilung Bundespolizei ) - facente comunque capo al medesimo Segretario di Stato - supervisiona e gestisce le operazioni della Polizia federale (Bundespolizei) nonch (con funzioni di coordinamento e controllo) le Unit miste di pronto intervento (Bereitschaftspolizei). Anche nel modello tedesco (sia a livello federale che di singoli Lnder) si d atto della compartecipazione degli organismi di vertice dellAmministrazione della Pubblica Sicurezza (383) alle funzioni di indirizzo politico (resa ancor pi esplicita dal fatto che a tali strutture sono direttamente preposti dei Segretari di Stato di nomina politica), derivandone come conseguenza la netta separazione rispetto alle strutture aventi carattere operativo (tra cui le Forze dellordine e gli apparati di sicurezza). In termini strettamente giuridici, la base normativa del sistema operativo della pubblica sicurezza federale tedesca data da sette testi organici di legge: 1) la Gesetz ber das Bundeskriminalamt und die Zusammenarbeit des Bundes und der Lnder in kriminalpolizeilichen Angelegenheiten BKAG [cd. Bundeskriminalamtsgesetz (384)]; 2) la Gesetz ber die Zusammenarbeit des Bundes und der Lnder in Angelegenheiten des Verfassungsschutzes und ber das Bundesamt fr Verfassungsschutz - BVerfSchG [cd. Bundesverfassungsschutzgesetz (385)]; 3) la Gesetz ber die Bun (381) Cfr. http://www.bmi.bund.de/DE/Ministerium/Struktur-Abteilungen/struktur-abteilungen_node.html. (382) Proveniente dai ruoli dellAmministrazione civile dello Stato (ad es. un magistrato) o anche un politico di carriera. (383) State secretaries are the highest-ranking civil servants in a federal Ministry. They are responsible for ensuring that the Ministry is able to carry out its tasks in line with the Ministers directions and guidance; they also represent the minister as head of this supreme federal authority within the Ministry and beyond. Because this position requires a high level of agreement with the ministers policy and subject-related objectives, State secretaries are political civil servants, that is, the Federal President may suspend their appointment at any time following the recommendation of the Federal Minister, who does not need to provide any reasons for this recommendation (cos nellintroduzione del portale istituzionale del BMI -Bundesminiterium des Innern, novembre 2013). (384) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/bkag_1997/index.html. Si tratta della legge su ordinamento e funzioni della polizia criminale federale e sulla cooperazione tra questa e le autonome polizie criminali dei singoli Lnder. Cfr. AHLF-DAUB-LERSCH-STRZER, Bundeskriminalamtgesetz (BKAG), Kommentar, Stuttgart 2000. despolizei -BpolG [cd. Bundespolizeigesetz (386)]; 4) la Vereinsgesetz -VereinsG (387); 5) la Waffengesetz - WaffG (388); 6) la Gesetz ber explosionsgefhrliche Stoffe -Sprengstoffgesetz [cd. SprengG - (389)] e 7) la Zollfahndungsdienstgesetz -ZFdG (390). A loro volta, i singoli Lnder hanno competenze legislative esclusive in merito allordinamento della pubblica sicurezza interna, distinta - seppur con essa coordinata - da quella federale (391). La struttura dellapparato operativo di polizia riflette quella federale dello Stato, nella quale la maggior parte delle competenze (comprese quelle di pubblica sicurezza) appartiene ai singoli Lnder, residuando alla Federazione solamente la cura degli affari esteri, del Tesoro, delle Forze armate e della protezione delle frontiere, settori cui si sono recentemente aggiunti il controllo e la sicurezza degli aeroporti e delle stazioni ferroviarie, la lotta alla delin (385) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/bverfschg/BJNR029700990.html. Legge sullUfficio federale per la protezione dellordinamento costituzionale e sulla collaborazione tra i Governi federale e dei singoli Lnder in materia. In argomento cfr. KROGER, Bundesverfassungsschutzgesetz, Mnchen 1995. (386) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/bgsg_1994/BJNR297900994.html. Si tratta della legge che istituisce e regolamenta la Bundespolizei (o Polizia federale, specializzata in antiterrorismo ed ordine pubblico, nata dallincorporazione della precedente Polizia di frontiera). In merito si vedano DREWES-MALMBERG-WALTER, Bundespolizeigesetz BPolG. Zwangsamwendung nach Bundesrecht VwVG/UZwG, Stuttgart 2010. (387) Su http://www.gesetze-im-internet.de/bundesrecht/vereinsg/gesamt.pdf. la legge federale sulla libert di associazione, emendata nel 2007. Cfr. anche http://www.gesetze-im-internet.de/vereinsg/index.html. Si veda ERBS-KOHLHAAS, Strafrechtliche Nebengesetze. Kommentar, Mnchen 2012. (388) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/waffg_2002/index.html. Legge federale sulle armi. Si vedano BUSCHE, Kompendium Waffensachkunde, Kiel 2009 ed HELLER-SOSCHINKA, Waffenrecht. Handbuch fr die Praxis, Mnchen 2008. Cfr. anche http://www.gesetze-im-internet.de/awaffv/index.html. (389) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/sprengg_1976. Legge federale sulle sostanze esplosive. In argomento STEINDORF-PAPSTHART, Waffenrecht: Waffengesetz, Sprengstoffgesetz, Gesetz uber die Kontrolle von Kriegswaffen und Durchfuhrungsvorschriften, Mnchen 2012. (390) Testo consolidato su http://www.gesetze-im-internet.de/zfdg/index.html. Legge federale sui servizi di investigazione doganale. In argomento cfr. FEHN-LENZ, Zollfahndungsdienstgesetz (ZFdG): Handkommentar, Baden-Baden 2003. (391) Bayerischen Polizei (PAG); Bayerisches Landesstraf- und Verordnungsgesetz (LStVG); Berlin: Allgemeines Sicherheits- und Ordnungsgesetz (ASOG Bln); Brandenburg: Brandenburgisches Polizeigesetz (BbgPolG); Bremen: Bremisches Polizeigesetz; Hamburg: Hamburger Sicherheits- und Ordnungsgesetz (SOG); Hessen: Hessisches Gesetz ber die ffentliche Sicherheit und Ordnung (HSOG); Mecklenburg-Vorpommern: Sicherheits- und Ordnungsgesetz Mecklenburg-Vorpommern (SOG M-V); Niedersachsen: Niederschsisches Gesetz ber die ffentliche Sicherheit und Ordnung (Nds. SOG); Nordrhein-Westfalen: Nordrhein-Westflisches Polizeigesetz (PolG NRW); Ordnungsbehrdengesetz (OBG NRW); Rheinland-Pfalz: Rheinland-Pflzisches Polizei- und Ordnungsbehrdengesetz (POG); Saarland: Saarlndisches Polizeigesetz (SPolG); Sachsen: Schsisches Polizeigesetz (SchsPolG); Sachsen-Anhalt: Sachsen-Anhaltisches Sicherheits- und Ordnungsgesetz (SOG LSA); Schleswig-Holstein: Schleswig-Holsteinisches Landesverwaltungsgesetz (LVwG); Thringen: Thringer Polizei-aufgabengesetz (unitamente al par. 17 del Thringer Ordnungsbehrdengesetz). Testi consolidati sui singoli portali istituzionali, raccolti nellarchivio http://www.justiz-und-recht.de/Gesetze/landesrecht.html. quenza organizzata, al traffico di stupefacenti ed al terrorismo (392). Due sono le caratteristiche del sistema di polizia tedesco, la separazione verticale dei poteri e lassoluta autonomia dei Lnder nelle proprie decisioni di indirizzo (393): correlativamente, a fronte di una normativa processual-penalistica unitaria data a livello federale, che detta la disciplina da seguire nel contrasto alle attivit criminali (in particolare, le regole dellattivit investigativa di polizia), ogni Land approva unautonoma legge (amministrativa) organica di polizia (Polizeigesten) che disciplina missioni, competenze, funzioni ed organizzazione di ciascuna delle proprie Forze dellordine. Nel Regno Unito, a livello centrale si colloca lHome Office (gi Home Department, corrispondente al Ministero dellInterno (394)) e retto da un Home Secretary (equivalente del Ministro) supportato da un Permanent Secretary (funzionario di carriera dellAmministrazione civile) e da alcuni Ministers (Sottosegretari di Stato, di provenienza politica) preposti alle singole Direzioni generali ed Agenzie in cui si articola lAmministrazione di P.S. Anche questo sistema prevede una netta distinzione tra gli organismi di indirizzo e le singole strutture di polizia, ad essi sottordinate. A differenza della maggior parte degli altri modelli europei (strutturati su una pluralit di Forze di polizia, tra loro autonome ed equiordinate nel rapporto di dipendenza funzionale dallAutorit di governo), quello polacco viene invece generalmente ricondotto ad uno schema monistico, fondato cio su ununica Forza di polizia a competenza generale (o, per meglio dire, integrale), ripartita al suo interno in una pluralit di Reparti e Specialit dotati di autonomia operativa pi o meno marcata. Tale presupposto non per corretto, poich anche il sitema sicurezza polacco articolato secondo una pluralit di Forze dellordine, tra loro autonome: in particolare - oltre alla pi nota Policja civile - la Guardia di frontiera (Str. Graniczna/SG, il cui ordinamento venne inizialmente dato dalla legge 12 ottobre 1990 (395)) e lUfficio per la sicurezza del Governo (Biuro Ochrony (392) La Costituzione, peraltro, attribuisce alla Federazione ulteriori competenze, quali quelle di polizia giudiziaria, la difesa dellintegrit dello Stato, quella delle frontiere ed il contrasto alla delinquenza internazionale, laddove sia idonea a compromettere gli interessi comuni federali. (393) Unico elemento unificatore, la formazione comune dei quadri superiori delle varie Forze dellordine (appena il 2% del totale degli organici) presso i medesimi centri di istruzione (in particolare, lAccademia di polizia di Hilltrup). (394) Si veda il portale istituzionale http://www.homeoffice.gov.uk/about-us/our-organisation. Per una sinottica rassegna in materia, cfr. FORD, ACPO UK Police Directory, Hove 2014. Elementi di interesse si possono trarre anche dal rapporto The Strategic Policing Requirement, HMIC/London 2014. (395) Pubblicata su Dz.U. 1990, n. 78 voce 462, quindi - con emendamenti - su Dz.U. 2005, n. 234, voce 1997 (lultima modifica risale al 2009: cfr. Dz.U. 2009, n. 168, voce 1323). Testo consolidato su http://isap.sejm.gov.pl/Download?id =WDU19900780462&type=3. Le attribuzioni di tale Corpo (autonomo e non una Specialit della polizia civile, comՏ invece il caso della Polizia di frontiera italiana) sono analoghe, sotto diversi profili, a quelle originarie della Guardia di Finanza (prevenzione e repressione dei reati fiscali, etc.). Pur giuridicamente qualificabile come Forza di polizia a status civile, a dif Rz.du / BOR, regolamentato da ultimo con legge 16 marzo 2001 (396)), peraltro non inquadrabile come Forza di polizia, a differenza dellABV - Agencja Bezpiecze.stwa Wewn.trznego (397). Ad esse vanno poi aggiunte la Stra. Ochrony Kolei (polizia ferroviaria), a competenza specialistica e status paramilitare (398), la S.u.ba Celna (polizia doganale, dipendente dal Ministero delle Finanze (399)) e lInspekcja Transportu Drogowego (equivalente della polizia stradale (400)). Considerazione a parte merita infine la S.u.ba Wi.zienna (polizia penitenziaria), dipendente dal Ministero della Giustizia, la cui disciplina ordina- mentale riposa nella legge 9 aprile 2010 (401), che nellordinamento polacco -in deroga agli ordinari standard internazionali - viene espressamente qualificata come Corpo armato (di polizia, in ragione delle sue attribuzioni di pubblica sicurezza (402)). Lautonomia istituzionale delle diverse Forze trova una prima sanzione nellart. 14, commi 4 e 5, del Testo Unico del 6 aprile 1990 (403) sulla polizia statale, laddove si precisa che (solo) in via eccezionale questultima pu avvalersi, per la propria attivit, anche dei riscontri informativi della SG e dei servizi interni di sicurezza, trattandosi di strutture preposte alla cura di propri obiettivi specifici. Riscontri informativi, val la pena precisare, che sono attualmente gestiti ferenza degli altri Corpi fa uso di gradi di tipo militare. Altre autonome Forze di polizia di frontiera europee sono, a titolo desempio, la Derzhavna Prykordonna Sluzhba ucraina (a statuto militare), la Rajavartiolaitos finlandese (a statuto militare), la Hatr.rsg ungherese, la Politsei- ja Piirivalveamet estone, la Poli.ia de Frontier. rumena, la UK Border Agency (UKBA) britannica, etc. Tutte fanno riferimento, a livello di Unione Europea, al FRONTEX. (396) In precedenza questo organismo era disciplinato in via autonoma con legge 22 dicembre 1999, avente ad oggetto la temporanea subordinazione - a tal fine - di alcune unit militari, separate dalle strutture della Policja civile. (397) Seppur dotata di personale in uniforme, si tratta in realt di unAgenzia di sicurezza, istituita con l. 24/5/2002 (su Dz.U. 2010, n. 29 voce 154 -http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20100290154). (398) Cfr. sito istituzionale http://www.kgsok.pl/. regolamentata dalla legge sul trasporto ferroviario, in Dz.U. 2003 n. 86, voce 789 (http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20030860789). (399) Polizia istituita con legge 24 luglio 1999 (su Dz.U. 1999, n. 72 voce 802 http:// isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU19990720802) (400) Istituita con legge 6 settembre 2001 sul trasporto su strada, dipende dal Ministero delle Infrastrutture (maggiori dettagli sul sito istituzionale http://www.gitd.gov.pl/). (401) La disciplina ordinamentale della S.u.ba Wi.zienna pubblicata in Dz.U. 2010, n. 79 voce 523 (http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20100790523). (402) Testualmente, lart. 1 della legge 9 aprile 2010 cos recita: S.u.ba Wi.zienna jest umundurowan. i uzbrojon. formacj. apolityczn. podleg.. Ministrowi Sprawiedliwo.ci, posiadaj.c. w.asn. struktur. organizacyjn. (la Polizia penitenziaria una formazione armata ed in uniforme alle dipendenze del Ministero della Giustizia, con propria struttura organizzativa). A sua volta, lart. 2, comma 2 n. 6 attribuisce a tale Corpo - tra laltro - il compito di mantenere, in ambito carcerario, lordine e la sicurezza pubblici (zapewnienie w zak.adach karnych i aresztach .ledczych porz.dku i bezpiecze.stwa). (403) Pubblicato su Dz.U. 2002, n. 7 voce 58 (versione emendata): testo consolidato su http://isap.sejm.gov.pl/Download ?id=WDU20020070058&type=3 da una struttura centrale interforze, il Krajowe Centrum Informacji Kryminalnej (KCIK (404)), deputato a svolgere una fondamentale funzione di raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati e delle informazioni di carattere penale, quale organismo terzo di coordinamento operativo. Tutte e tre le strutture (unitamente alle due Agenzie di sicurezza, interna ed esterna, poste alle dirette dipendenze del Primo Ministro anche sotto il profilo gerarchico) sono formalmente subordinate al Capo del Governo, che ne nomina i vertici. Intercorre invece una dipendenza funzionale con il Ministro dellInterno, per ragioni eminentemente operative, fermo restando che la competenza a definire obiettivi e linee-guida in materia di sicurezza interna ed esterna del Paese spetta solamente al Consiglio dei Ministri (art. 146, par 4, p.tti 7 e 8). In particolare, in base al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 248 del 18 novembre 2011 (405), lesercizio delle funzioni generali in materia di pubblica sicurezza, individuate dalla legge 21 giugno 1996, n. 421 (406), viene affidato (di fatto, una sorta di delega) al neo-istituito Ministero dellInterno (in precedenza Ministerstwo Spraw Wewn.trznych i Administracji ) che a tal pro si avvale, ai fini operativi e pianificatori, di un apposito Dipartimento amministrativo (Dzia.em Administracji Rz.dowej - Sprawy Wewn.trzne) le cui attribuzioni sono previste allart. 29 della legge 4 settembre 1997 (407): tra queste, in particolare, la protezione della sicurezza e del- lordine pubblico (ochrony bezpiecze.stwa i porz.dku publicznego), concretamente svolta con il concorso di una serie di strutture operative (tra cui il Comando in Capo della Polizia interna (408), quello della Polizia di frontiera (409) e dei Vigili del fuoco, nonch la Direzione della Difesa Civile Nazionale), tra loro autonome ed equiordinate. Cos come in altri ordinamenti europei, anche nel sistema polacco, per assicurare un sostanziale equilibrio tra le Forze, queste vengono formalmente subordinate non ad uno specifico Ministro, bens direttamente al Capo del Governo. Per contro, non vi un organismo centrale che coordini le attivit di tutti i servizi: ad esempio, la Policja, la Guardia di frontiera e lUfficio per la sicu (404) Istituito ai sensi della legge 6 luglio 2001 (su Dz.U. 2001, n. 154, voce 1800). Per laccessibilit a questo servizio anche da parte della gendarmeria, lart. 40-a del relativo Testo Unico prevede che la Polizia militare pu, nella misura necessaria per svolgere le sue funzioni di legge, far uso delle informazioni raccolte dal Centro Nazionale Informazioni Criminali (.andarmeria Wojskowa mo.e, w zakresie koniecznym do wykonywania jej zada. ustawowych, korzysta. z informacji kryminalnej zgromadzonej w Krajowym Centrum Informacji Kryminalnych). (405) Testo consolidato su http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20112481491. (406) Testo consolidato su http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU19961060491. (407) Testo consolidato su http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20070650437. (408) La cui disciplina ordinamentale data, da ultimo, dal Testo Unico 14 ottobre 2011 n. 1687 (su http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20112871687). (409) La cui disciplina ordinamentale data, da ultimo, dal T.U. 11 maggio 2011, n. 675 su http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet?id=WDU20111160675. rezza del Governo fanno riferimento al Ministro dellInterno, mentre i due servizi di sicurezza (interna ed estera) nati dalla divisione dellex-Ufficio di protezione dello Stato (Urz.d Ochrony Pa.stwa - UOP), sino al 2002 (410) alle dipendenze del Ministero dellInterno, rispondono adesso direttamente al Primo Ministro e sono coordinati, nello svolgimento della loro attivit, da un apposito Comitato costituito in seno al Consiglio dei Ministri (cui lart. 146 cit. della Costituzione attribuisce collegialmente la competenza a definire la politica di sicurezza dello Stato (411)). La Gendarmeria, infine, nelle ipotesi in cui concorre al mantenimento dellordine pubblico al di fuori della compagine militare, se da un lato viene a partecipare di tutte le potest attribuite ex lege alla funzione di polizia civile, mantiene pur sempre la propria specificit ordinamentale e di stato (412), anche quanto a dipendenza funzionale e gerarchica. Lassenza di un organismo centrale di coordinamento verrebbe per in qualche modo attenuata dallattivit svolta dal Consiglio sulla Sicurezza nazionale, istituito presso il Consiglio dei Ministri ed esercitante funzioni (prevalentemente consultive) in materia di programmazione, supervisione e coordinamento delle attivit dei due Servizi di sicurezza nazionali, dei servizi segreti militari (Wojskowe Sluzby Informacyjne - WSI), della polizia statale, della Guardia di frontiera e della gendarmeria (in breve, dei principali soggetti che esercitano funzioni di pubblica sicurezza (413)). (410) Con lintervento della legge di riforma del 24 maggio 2002 (pubblicata su Dz.U. 2002, n. 74 voce 676). (411) Su Dz.U. n. 78 voce 483. Testualmente, W zakresie i na zasadach okre.lonych w Konstytucji i ustawach Rada Ministrw w szczeglno.ci: 7) zapewnia bezpiecze.stwo wewn.trzne pa.stwa oraz porz.dek publiczny; 8) zapewnia bezpiecze.stwo zewn.trzne pa.stwa; (trad. Nellambito e secondo i principi definiti dalla Costituzione e dalle leggi, il Consiglio dei Ministri in particolare assicura la sicurezza interna dello Stato e lordine pubblico; 8. assicura la sicurezze esterna dello Stato). (412) Da un lato, infatti, lart. 18/a del Testo Unico sulla Polizia statale del 6 aprile 1990 (cit.) prevede che la gendarmeria venga ad assumere le potest tipiche della polizia civile su disposizione del Primo Ministro (previo concerto dei Ministri dellInterno e della Difesa); dallaltro, lart. 66 del Testo Unico sullordinamento della Gendarmeria nazionale (legge 24 agosto 2001, pubblicata in Dz.U. 2001, n. 123 voce 1353 - testo su http://isap.sejm.gov.pl/Download?id=WDU20011231353&type=3) stabilisce in termini generali che Lart. 76 della legge 4 settembre 1997 sullorganizzazione del Governo (Dz.U.z 1999, n. 82 voce 928) sostituito dal seguente: Il Presidente del Consiglio, su richiesta del Ministro degli Affari Interni, del Ministro della Difesa nazionale del Capo dellUfficio per la Sicurezza dello Stato [nel 2002 lAgenzia stata divisa in due autonomi servizi (segreti) per la sicurezza interna ed esterna - ndr] dispone, con decreto, la ripartizione delle competenze tra la Polizia, lUfficio per la sicurezza del Governo, la Guardia costiera, la Polizia di frontiera, lAutorit nazionale di protezione civile, la Gendarmeria nazionale, le Forze dellordine ed i servizi di sicurezza, unitamente alle modalit della loro cooperazione. (413) Per quanto concerne, in particolare, il coordinamento della gendarmeria polacca con le altre Forze dellordine si richiama lart. 14 del Testo Unico sullordinamento della Gendarmeria nazionale, ai sensi del quale questultima, nello svolgimento delle sue funzioni (di cui al precedente art. 4) interagisce con lAgenzia per la sicurezza interna, la Polizia civile, le Guardie di frontiera, le Autorit doganali, quelle di controllo, etc.. Modalit e portata di tale interazione vengono definite con apposito regolamento del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 14 comma 2). In ragione delle sue attribuzioni (in particolare, nel rendere i richiesti pareri tecnico/consultivi sui disegni di legge inerenti la sicurezza dello Stato, con particolare accento sulle forme di cooperazione tra le Forze dellordine nazionali), il Consiglio partecipa della funzione di indirizzo politico e di alta amministrazione (questultima legata soprattutto alla nomina dei responsabili dei servizi di sicurezza). Il Consiglio composto dal Primo Ministro, da un Segretario del Consiglio, dal Ministro degli Affari Interni e dellAmministrazione, dal Ministro degli Affari Esteri, dal Ministro della Difesa Nazionale, dal Ministro delle Finanze, dal Capo del Ufficio presidenziale per la sicurezza nazionale (BBN), dai vertici dei servizi segreti (ABW, AW e WSI), nonch dal Presidente del Comitato parlamentare per i servizi di sicurezza. Il Presidente della Repubblica pu delegare un proprio rappresentante a partecipare alle riunioni del Consiglio. Sotto molti profili affine al sistema polacco, anche lordinamento lituano distingue in modo rigido le strutture operative dagli organi ausiliari del Governo (in primis il Dipartimento dellAmministrazione Interna), cui spettano funzioni di coordinamento e controllo - seppur non cos marcate come altrove - e dunque di sovraordinazione (funzionale) agli organi di vertice delle prime. Tra gli organismi con competenze di pubblica sicurezza vanno indicati i servizi di sicurezza propriamente detti (VSD e SIT, questultimo deputato alla lotta alla corruzione nella Pubblica amministrazione), che nel sistema lituano non sono subordinati alle contingenti maggioranze di governo, dipendendo direttamente dal Presidente della Repubblica (nella sua qualit di Capo dello Stato, carica tendenzialmente stabile e terza rispetto allEsecutivo, non essendo la Lituania una Repubblica presidenziale (414)) e dal Parlamento; ad essi si affiancano le Forze di polizia tradizionalmente dette (cinque pi la gendarmeria, che ha per limitate competenze di polizia civile), ovverosia la Lietuvos Policija (a competenza generale, articolata sui tre settori di polizia criminale, polizia stradale e polizia di sicurezza (415)), il VSAT (Valstyb.s sienos apsaugos tarnyba - Servizio di protezione delle frontiere, Corpo a status militare funzionalmente dipendente dal Ministero dellInterno (416)), il VPGT (in realt un servizio di protezione civile a tutti gli effetti, non limitato alla (414) Il VSD disciplinato dalla legge 20 gennaio 1994 e posto alle dirette dipendenze del Presidente della Repubblica. Il STT, costituito nel 1997, ha visto la sua autonomia riconosciuta con legge 2 maggio 2000, che lo assoggetta direttamente al Presidente della Repubblica ed al Parlamento. (415) Cfr. lart. 13 della legge sulla Polizia dell11 dicembre 1990, n. I-851 (emendata l11 maggio 2006). (416) Inizialmente posto alle dipendenze del Ministero della Difesa, al momento della sua costituzione con risoluzione 3 aprile 1990 dellallora Soviet Supremo della Lituania. Successivamente, con legge di riforma del 10 ottobre 2000 (e successiva risoluzione governativa del 22 febbraio 2001), venne posto alle dipendenze funzionali (di supervisione e controllo) del Ministero dellInterno, pur mantenendo lorganizzazione militare (in caso di guerra, la legge prevede che venga a fare integralmente parte delle Forze Armate: cfr. Cap. I Sez. I art. 2; Sez. 2 art. 5 e Sez. III art. 12 della legge sul Servizio della Guardia di Frontiera, 10 ottobre 2000 n. VIII-1996). prevenzione degli incendi come la sua denominazione darebbe ad intendere (417)), il VAD (Servizio di protezione delle personalit) ed il FNTT (Servizio di investigazione sui crimini finanziari). Alle Forze di polizia propriamente dette va poi aggiunta la Polizia penitenziaria (dipendente dal Ministero della Giustizia) cui anche lordinamento lituano attribuisce funzioni di pubblica sicurezza. Come gi nel sistema polacco, la Forza di gendarmeria (Viesojo Saugumo Tarnyba - VST, che di conseguenza partecipa ad EUROGENDFOR nella veste di Partner) non ha attualmente competenze generali di polizia civile, operando principalmente quale polizia militare. La regola fondamentale della netta separazione tra strutture (governative) di indirizzo e strutture (operative) delle Forze dellordine trova poi accoglimento anche negli altri ordinamenti europei quali quello del Portogallo, del Belgio, dellOlanda, dellAustria, etc.. Il sistema italiano, invece, sotto questo profilo rappresenta un unicum che sembra trovare ormai giustificazione pi nella casualit della successione normativa che in uneffettiva ratio di politica legislativa. Ci ha spinto parte della dottrina (confortata dalla prassi legislativa che dagli anni 90 in poi mira a diversificare strutturalmente le funzioni operative e di gestione da quelle di indirizzo) a suggerire un intervento normativo che separi anche in Italia le due cariche attualmente cumulate dal Direttore Generale della P.S., devolvendo tale attribuzione ad un funzionario dellAmministrazione civile dello Stato e restituendo alla Polizia quellautonomia di ordinamento e gestione cui da decenni non partecipa, unica tra le Forze dellordine, con creazione di un suo specifico Dipartimento in seno al Ministero dellInterno (418). Tale era, del resto, loriginaria ratio del sistema sicurezza italiano, sino allo stravolgimento del precedente sistema liberale negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, culminato - organizzativamente - con la moltiplicazione delle Questure quali duplicazioni/sovrapposizioni dei Comandi territoriali dei Carabinieri Reali e normativamente con ladozione del TULPS (pi la disciplina di attuazione e dettaglio). La necessaria separazione tra organi ausiliari di indirizzo ed organi esecutivo/ gestionali dovrebbe peraltro valere tanto a livello centrale quanto periferico (id est, provinciale), pena unevidente anomalia di sistema, con la conseguenza (di per s coerente con la struttura organizzativa e le origini storiche del Corpo, presente in forze solo nei centri maggiori) di superare la predetta duplicazione territoriale, ripristinado la presenza delle Questure (e dei (417) La sigla VPGT sta per Valstybin. prie.gaisrin. gelb.jimo tarnyba (Servizio antiincendi e di soccorso). (418) Evidenzia la necessit di separare le due distinte funzioni anche MANCINI PROIETTI, Libert (fondamentali) e (poteri dell) autorit in una possibile riforma dellorganizzazione e dellordinamento della pubblica sicurezza, in AA.VV., La Polizia di Stato a trentanni dalla legge di riforma, cit., p. 103. relativi Commissariati di P.S.) nelle sole citt metropolitane (419). Ci consentirebbe anche di risolvere le perplessit suscitate dal cd. sistema binario incrociato, poich da un lato si verrebbe ad incardinare il vertice del Dipartimento - in quanto organo ausiliario del Ministro - alla diretta dipendenza (anche gerarchica) da questultimo, mentre dallaltro il rapporto di dipendenza dei Prefetti territoriali verrebbe nuovamente ricondotto allinterno di una medesima linea di comando, nellambito cio dellAmministrazione civile dellInterno. In alternativa, ovviamente, vi sarebbe anche la soluzione pi radicale (adottata in alcuni Stati aderenti allOSCE) di sottrarre al Ministero dellInterno le scelte di indirizzo (420) in materia di pubblica sicurezza - con conseguente soppressione del relativo Dipartimento - devolvendole al Presidente del Consiglio dei Ministri (come gi accade per le Agenzie di sicurezza), tramite la creazione di un Dipartimento (politico/tecnico interforze) ad hoc. Le attribuzioni di indirizzo del Capo del Dipartimento della P.S. trovano ulteriore riscontro nella Direttiva per lattuazione del coordinamento e della direzione unitaria delle Forze di polizia, adottata dal Ministro dellInterno a seguito della riforma di cui alla legge 31 marzo 2000 n. 78: Nella logica istituzionale delineata dalla legge n. 78/2000, il Dipartimento della pubblica sicurezza si colloca in una posizione di snodo tra lAutorit politica e le Forze di polizia che svolgono compiti tecnico-operativi ed alle quali in ultima analisi spetta in concreto di assicurare la compiuta realizzazione della preminente finalit pubblica della tutela dellordine e della sicurezza pubblica sullintero territorio nazionale Altra peculiare funzione del Dipartimento della pubblica sicurezza quindi quella di elaborare e arricchire dei necessari contenuti di progettualit attuativa, le direttive impartite dal Ministro dellInterno in modo da individuare le linee programmatiche lungo le quali le Forze di polizia sono tenute a sviluppare, secondo parametri di efficienza ed economicit, la loro attivit squisitamente operativa (421). Il sistema pu quindi dirsi binario poich coinvolge due distinti centri di Autorit pubblica, ed incrociato per descrivere il sovrapporsi delle rispettive funzioni - a livello nazionale e decentrato - con modalit per ben poco coerenti con il principio di diritto che vuole lAutorit esecutiva posta (419) Di cui allart. 114 Cost. ed allart. 23 TUEL. Da ultimo, cfr. anche lart. unico della legge 7 aprile 2014, n. 56. Tale soluzione, giustificata dalle peculiarit ambientali di tale contesto (si tratta, infatti, di conurbazioni che superano ciascuna il milione di abitanti) e dallopportunit di disporre di specifiche strutture di polizia ad esse dedicate, sarebbe altres in linea con i rilievi espressi nella Relazione Giarda su talune irrazionalit nellallocazione della spesa pubblica (cfr. retro). (420) Riservandogli invece quelle operative connesse (gi oggi) alla gestione della Polizia di Stato oltre che dei vari servizi di emergenza e soccorso (Vigili del fuoco, in parte la Protezione civile, ufficiali del Governo, etc.) e relative esigenze logistiche. (421) Testo integrale su http://ssai.interno.it/download/allegati1/instrumenta_13_18_direttiva.pdf. sotto la responsabilit di quella di governo e non viceversa. Si consideri, in particolare, la posizione assunta dal Prefetto nella legge di riforma (la 121/81): il terzo comma dellart. 13, sviluppando quanto previsto nel precedente art. 3, secondo comma, lett. b) e riconoscendo a tale figura una funzione di indirizzo e supervisione per ogni questione attinente la sicurezza, dispone che lo stesso Assicura unit di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attivit degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti. La norma unevidente proiezione dellart. 1, secondo cui (come gi visto) il Ministro dellInterno dovrebbe coordinare a livello generale i compiti e le attivit delle Forze di polizia in materia di ordine e sicurezza pubblica; il Prefetto, in effetti, a sua volta coordina in provincia le attivit ed i compiti degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza (art. 13). Il legislatore assegna quindi al Prefetto un ruolo di filtro fra la linea politica indicata dal Ministro (art. 1, secondo comma) e la gestione tecnico-operativa del Questore (a sua volta non adespota ma vincolata a quanto deciso in sede di Comitato Provinciale per lOrdine e la Sicurezza Pubblica) ed in tale veste gli attribuisce il compito di attuare le singole direttive ministeriali armonizzando la valutazione politica nazionale alle esigenze locali, coordinando i compiti e le attivit degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza e promuovendo le misure occorrenti. A sua volta lart. 14, a mente del quale Il Questore ha la direzione, la responsabilit e il coordinamento, a livello tecnico-operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica, va letto alla luce del precedente art. 13 comma 2, secondo cui il Prefetto sovraintende allattuazione delle direttive emanate in materia. Ne emerge una responsabilit tecnica del Questore nei confronti del Ministro, mediata dalla supervisione/valutazione politica del Prefetto: in questi termini, i principi ispiratori della legge presuppongono che la gestione tecnico-operativa dellevento resti agganciata alla direttiva prefettizia da cui trae esistenza e dalla quale, in maniera significativa, devessere orientata. Esaminando pi nel dettaglio la disciplina di settore, sempre al Prefetto (art. 13) viene attribuita la responsabilit generale dellordine e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende allattuazione delle direttive emanate in materia. Assicura unit di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attivit degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti. - A tali fini il Prefetto deve essere tempestivamente informato dal Questore e dai Comandanti provinciali dellArma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza su quanto comunque abbia attinenza con lordine e la sicurezza pubblica nella provincia. - Il Prefetto dispone della Forza pubblica (422) e delle altre Forze (422) Per Forza pubblica, in assenza di unespressa definizione di legge (la prima menzione contenuta nel Capo IX della legge 13 novembre 1859, n. 3720, sullordinamento dellAmministrazione eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attivit. - Il Prefetto trasmette al Ministro dellInterno relazioni sull'attivit delle Forze di polizia in riferimento ai compiti di cui al presente articolo. Nello svolgimento di queste funzioni affiancato da un fondamentale organo ausiliario consultivo - vero e proprio strumento di decisione e coordinamento - il Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica. Con la riforma dellordinamento di P.S., come gi detto, venuta meno loriginaria unitariet delle funzioni di pubblica sicurezza in capo al rappresentante del Governo, dal quale - sino allentrata in vigore della legge n. 121/1981 - dipendevano gerarchicamente il Questore e solo funzionalmente i vertici delle altre Forze dellordine, ai sensi dellart. 3 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Loriginaria dipendenza gerarchica del Questore dal Prefetto va collocata nel- lesatta prospettiva giuridica e storica, per comprendere le ragioni (e le criticit) del- lodierno ordinamento della pubblica sicurezza che, come gi detto, stato riformato a TULPS invariato. La legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato B, recependo lorganizzazione della pubblica sicurezza sperimentata precedentemente nel Regno di Sardegna, istitu degli uffici di Questura nelle sole citt con popolazione superiore a sessantamila abitanti, attribuendo al capo dellufficio, il Questore (un funzionario dellAmministrazione civile - inizialmente proveniente dallOrdine giudiziario - e non un poliziotto) lesercizio dei poteri del Sottoprefetto nel circondario metropolitano in cui esercitava le proprie attribuzioni. In quanto Amministrazioni periferiche statali, anche le Questure erano direttamente subordinate alle Prefetture, con le quali esisteva un rapporto particolarmente stretto (rappresentando le prime la longa manus operativa delle seconde in materia di ordine pubblico). Con legge 21 dicembre 1890, n. 7321 venne istituito in ogni capoluogo di provincia, alle dipendenze del Prefetto, un Ufficio provinciale di pubblica sicurezza, ed in ogni capoluogo di circondario, alle dirette dipendenze del Sottoprefetto, un Ufficio circondariale di pubblica sicurezza; peraltro, solo nelle citt capoluogo con pi di 100.000 abitanti allufficio provinciale poteva essere preposto un Questore. fondamentale sottolineare, per comprendere lorigine dellodierno assetto della pubblica sicurezza in Italia, che lUfficio provinciale di pubblica sicurezza - fosse o meno sede di Questura - non era altro che una divisione della Prefettura, alla pari dei servizi amministrativi o di quello sanitario, ed il Questore, quale ufficiale di pubblica sicurezza, era semplicemente uno dei vari collaboratori interni del Prefetto (nella specie, era equiparato ad un Sottoprefetto): in quanto tale, coerentemente era posto alla dipendenza gerarchica di questultimo, al pari del restante personale civile. di P.S. del Regno di Sardegna), si intende convenzionalmente linsieme dei Corpi armati (di cui allart. 16 legge 121/81) posti a disposizione dellAutorit di governo (prefettizia), ossia le Forze di polizia dello Stato, nonch le Forze armate allorch esercitino funzioni di pubblica sicurezza. Anteriormente al riordino dellAmministrazione della P.S., per la dottrina le componenti erano essenzialmente due, lArma dei Carabinieri ed il Corpo delle Guardie di P.S; per correttezza, va per ricordato che allepoca lunica precisazione normativa dei soggetti facentine parte (lart. 1 della legge 23 aprile 1959, n. 189) menzionava un terzo Corpo, pur sprovvisto di specifiche attribuzioni di pubblica sicurezza, ovverosia la Guardia di Finanza. La legge n. 7321 conflu successivamente nel Testo Unico sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza (R.D. 21 agosto 1901, n. 409) che defin lassetto organizzativo dellAmministrazione della pubblica sicurezza a livello periferico: nelle pochissime province sedi di Questura, questa era contemporaneamente ufficio circondariale e provinciale di pubblica sicurezza, ed il Questore (come gi detto, un funzionario della carriera civile) era Autorit di pubblica sicurezza per il primo circondario e capo di divisione della Prefettura per il resto; nelle altre province era invece il Prefetto che provvedeva direttamente agli affari di pubblica sicurezza, coadiuvato ai soli fini operativi dal capo dellUfficio provinciale di pubblica sicurezza (un Commissario, anchesso appartenente ai ruoli civili dellAmministrazione). Le attribuzioni di direzione e comando in materia di pubblica sicurezza erano riservate ai funzionari civili dellAmministrazione dellInterno, comՏ vero che lart. 4 (ripreso pi pari dal successivo R.D. 690/07) chiariva che Il Questore, nel circondario di sua residenza, ha tutte le attribuzioni di pubblica sicurezza spettanti [ordinariamente - ndr] al Sottoprefetto, e pu avere alla sua dipendenza uffici di sezione. Con R.D. 31 agosto 1907, n. 690 venne infine approvato un nuovo Testo Unico relativo agli ufficiali ed agli agenti di pubblica sicurezza, il cui art. 1 precisava che Il servizio di pubblica sicurezza dipende dal Ministero dellInterno e, subordinatamente, dai Prefetti e dai Sottoprefetti, ed eseguito, sotto la loro direzione, dagli ufficiali e dagli agenti di pubblica sicurezza, coadiuvati da un personale dordine e di servizio; lart. 5 ribadiva invece che Gli uffici provinciali e circondariali di pubblica sicurezza fanno parte degli uffici di Prefettura e di Sottoprefettura. Le spese di affitto per i locali di ufficio provinciale e circondariali di pubblica sicurezza sono a carico della provincia. Il primato della Civil Authority trovava quindi sanzione nella regola per cui gli ufficiali di pubblica sicurezza dovevano dirigere il servizio di polizia sotto la dipendenza dellAutorit pubblica (il Prefetto o il Sottoprefetto, che la legge qualificava rappresentanti territoriali dellAutorit di governo). Con il mutamento di regime politico in Italia - analogamente a quanto occorso nel 1923 per la Direzione generale per la pubblica sicurezza (cfr. retro) - il sistema istituzionale subisce alcuni modifiche strutturali, mediante provvedimenti governativi: con R.D.L. 2 gennaio 1927, n. 1 vengono soppresse le Sottoprefetture e subito dopo, con R.D.L. 14 aprile 1927, n. 593 (recante la riforma delle Autorit di pubblica sicurezza) il Questore e il suo ufficio acquisiscono il rango di Autorit provinciale, a fianco (e sia pur alle dipendenze) del Prefetto. In questa fase i Questori erano ancora funzionari del ruolo civile dellInterno e non di quello di polizia, di talch lattribuzione della qualifica di Autorit di P.S. non alterava formalmente il principio di separazione tra gli organi di indirizzo e controllo e quelli esecutivo-gestionali. Nello stesso tempo, per, per contrastare lautorit regia in materia (che si esprimeva attraverso la capillare diffusione del Corpo dei Carabinieri Reali, i cui ufficiali non dipendevano dai Prefetti (423), n prestavano giuramento al Capo del Governo) ed assicurare una maggior pervasivit del controllo operato dalle strutture dal regime, sempre con R.D.L. 593/27 viene istituito un ufficio di Questura in ogni capoluogo di provincia. Tali finalit trovarono ulteriore sanzione nel TULPS del 1931 e soprattutto nel suo Regolamento di esecuzione (R.D. 635/1940), il cui art. 3, pur confermando la dipendenza del Questore dal Prefetto, dichiar (423) Lart. 17 del R.D. 690/1907 faceva infatti riferimento ai soli Carabinieri, cio la truppa ed i sottufficiali. che il primo dovesse assumere la direzione tecnica di tutti i servizi di polizia e di ordine pubblico nella provincia (424). Il fenomeno della moltiplicazione degli Uffici di Questura, le cui numerose attribuzioni burocratiche rappresentano in larga parte una condivisione/duplicazione di quelle originarie delle Prefetture, ha comportato nel tempo delle criticit organizzative e finanziarie (soprattutto nelle realt minori, dove laliquota fissa di personale necessario per il loro disbrigo finisce spesso per coincidere con ampia parte dei funzionari in servizio, conseguentemente distratti dallo svolgimento di funzioni operative di P.S.). Tale anelasticit verso economie di scala emerge anche dal recente Rapporto Giarda del marzo 2013, avente ad oggetto Analisi di alcuni settori di spesa pubblica (425) che, pur con i dichiarati limiti euristici dellindagine condotta, pone in evidenza (p. 105) unipotesi di inefficienza gestionale (con correlato eccesso di spesa) dovuta allattuale articolazione su base provinciale, pari a 4.604 addetti per il 2011 (426), in un sistema ordinamentale (p. 115) nel quale il numero di questi ultimi - verosimilmente a causa della fissit di cui si detto -non risponde comunque a variazioni nel numero degli addetti delle altre Forze dellordine presenti sul territorio (per le quali, invece, tale rigidit non opera), sia complessivamente che per aree di suddivisione amministrativa dello stesso. Il Questore, in base allart. 14 della legge 121/81 (che riprende sul punto limpianto del TULPS), anchesso Autorit provinciale di pubblica sicurezza. (424) Non ha per la direzione di alcuni importanti servizi della Polizia di Stato quali la Polfer e la Polizia postale, nonch la Polizia stradale (la cui linea di comando strutturata secondo autonomi Compartimenti regionali): questultima, in particolare, generalmente dispone - anche nelle province con minor consistenza dorganico - di caserme e centrali operative distinte da quelle cui fanno capo - spesso nello stesso conteso urbano - i servizi automontati della Squadra mobile (che invece dipendono dal Questore). Al riguardo lart. 34 legge 121/81 (poi abrogato) prevedeva che Gli uffici di polizia stradale, ferroviaria, postale e di frontiera provvedono, ai livelli di propria competenza territoriale, alla direzione e al coordinamento operativo dei rispettivi uffici in cui si articolano ... Ai fini dellattuazione del coordinamento di cui al capo primo, i dirigenti degli uffici suddetti devono riferire al Questore relativamente alle questioni concernenti l'ordine e la sicurezza pubblica. Cfr. adesso lart. 4 del D.P.R. 208/2001. (425)Suhttp://www.sitiarcheologici.palazzochigi.it/www.governo.it/aprile%202013/www.governo.it/rapportiparlamento/ documenti/rapporto_spending.pdf. (426) Testualmente: Linefficienza istituzionale (originata dalla adozione dei confini provinciali come strumento di definizione delle unit operative decentrate) costa 4.604 addetti. Leccesso di spesa nelle tre regioni Friuli, Calabria e Sicilia vale 3.382 addetti in pi. Inoltre, pur trattandosi di grandezze non necessariamente sommabili tra loro, poich originate da fenomeni diversi, leccesso di spesa associato a singole osservazioni (equivalente a 2.639 addetti) richiama lattenzione sulla ipotesi di inefficienza gestionale: singole strutture di produzione organizzate a livello provinciale che hanno spese superiori agli standard incorporati in altri territori. Ulteriori diseconomie sarebbero poi riscontrabili nei Reparti speciali, per uneccedenza complessiva stimata in ben 9.918 addetti (p. 99). La scelta politica (consolidata nel TULPS e ripresa dalla legge 121/81) di calibrare i servizi di sicurezza su base provinciale e regionale produrrebbe diseconomie di scala anche per lArma dei Carabinieri, che non deriverebbero per da fattori di inefficienza gestionale (assorbibili dalla sua struttura reticolare), bens dai costi fissi delle strutture di comando, create ex lege in funzione dei confini politici territoriali, piuttosto che del bacino di popolazione da servire (cfr. p. 56). Per contro, secondo lo studio in questione (che non si prefigge di indicare soluzioni organizzative o gestionali), la diversa struttura organizzativa dellArma, se da un lato presenta una forte concentrazione di personale nelle regioni meridionali del Paese rispetto ad una media nazionale fondata sullallocazione minima della Lombardia, consentirebbe pur sempre la correzione di eventuali criticit organizzative senza doversi strutturalmente incidere sulla sua complessiva dislocazione territoriale. Ha la direzione, la responsabilit ed il coordinamento, a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica e dellimpiego a tal fine della Forza pubblica e delle altre Forze eventualmente poste a sua disposizione. A tale scopo viene tempestivamente informato dai comandanti locali dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblica. Secondo uninterpretazione sistematica della norma (letta nel combinato disposto degli artt. 13 e 20 legge 121/81), lobbligo di informazione di cui trattasi non avrebbe carattere generale ed assoluto (come invece accade nei riguardi del Prefetto, verso il quale significativamente obbligato anche il Questore), ma varrebbe nei limiti in cui questultimo abbia titolo ad adottare unordinanza ex art. 37 D.P.R. 782/85, ossia previa determinazione del Prefetto (ex art. 13 comma 4 cit.) su valutazione del Comitato Provinciale per lOrdine e la Sicurezza Pubblica, ex art. 20 ult. cit. Lart. 14, infatti, precisa che lobbligo informativo vale solo a tale scopo (ovverosia, nei limitati casi in cui il Questore ha la direzione, la responsabilit e il coordinamento, a livello tecnico operativo, dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica e dellimpiego a tal fine della forza pubblica e delle altre Forze eventualmente poste a sua disposizione) e non anche in qualsiasi caso, come invece previsto dallart. 13, comma terzo legge 121/81 per le notizie da riferire al Prefetto; la differente disciplina appare peraltro giustificata, dal momento che nel secondo caso lobbligo di informazione - strumentale alla cura dellinteresse pubblico alla sicurezza sociale - generale ed incondizionato proprio perch finalizzato a consentire lesercizio di una responsabilit (parimenti) generale dellordine e della sicurezza pubblica nella provincia, attribuita dalla legge solo allorgano prefettizio. Il Questore invece una figura a competenza tecnico-operativa che esercita una serie di attivit proprie della polizia di sicurezza ed amministrativa, concretizzate in ordinanze, diffide, permessi, licenze ed autorizzazioni. Peraltro, in quanto anche dirigente della Polizia di Stato (in parallelo a quanto accade con il Direttore del Dipartimento di P.S.), dirige e coordina autonomamente lattivit della Questura e delle sue eventuali articolazioni in ambito provinciale: in tale veste - non quindi quale Autorit di P.S. - prende parte al Comitato Provinciale per lOrdine e la Sicurezza Pubblica, presieduto dal Prefetto. Come generalmente riconosciuto dalla dottrina, lattuale modello di amministrazione periferica della P.S. frutto di un compromesso tra la volont delle Questure di emanciparsi dalla tutela prefettizia (427) e la necessit di riservare comunque allAutorit politica (di cui il Prefetto espressione, seppur (427) In argomento, cfr. LANZARA, Autogoverno della polizia, cit., pp. 433 ss.; ID., Il Prefetto autorit di p.s. di nome e non di fatto, cit., pp. 310 ss.; BONELLI, Organizzazione delle Forze di polizia, cit., pp. 358-359. tecnica, in quanto rappresentante locale del Governo) la decisione ultima sulle linee-guida cui improntare le scelte di ordine e sicurezza pubblica sul territorio nazionale. Non volendosi incidere anche sul TULPS (posto che gi la riforma dellallora Direzione Centrale di P.S. rappresentava un quid pluris rispetto alloriginario disegno di legge), si prefer mantenere limpostazione della doppia Autorit provinciale di P.S., gi prevista dal R.D. 6 maggio 1940, n. 635, il cui art. 1 cos recitava: LAutorit di pubblica sicurezza provinciale e locale. Sono Autorit provinciali il Prefetto ed il Questore. Autorit locale, in ciascun Comune, il funzionario preposto all'ufficio di pubblica sicurezza. Nei Comuni dove non esiste un ufficio di pubblica sicurezza, Autorit locale il Sindaco o chi ne fa le veci. Il suddetto Regolamento, per, se da un lato formalmente attribuiva al Questore (art. 3) la direzione tecnica [ma non invece quella operativa, che permaneva alle singole Forze dellordine nellambito dei propri ordinamenti e funzioni - ndr] di tutti i servizi di polizia e d'ordine pubblico nella provincia, dallaltro precisava che ci doveva comunque avvenire alla dipendenza del Prefetto, e dunque riconduceva le nuove attribuzioni - al di l della condivisibilit o meno, nel merito, di tale scelta - ad una coerente unit di sistema. Col venir meno del rapporto di dipendenza gerarchica lart. 3, seppur non formalmente abrogato, cessa di fatto di avere efficacia ed il precedente modello unitario (o monistico, secondo alcuni) viene parzialmente eroso: solo parzialmente, per, dal momento che il Prefetto conserva una tendenziale centralit nel sistema sicurezza ed addirittura vede accrescere alcune attribuzioni rispetto al precedente regime del TULPS. Per contro, la figura del Questore assume dei contorni piuttosto sfocati, poich diventa s autonomo rispetto allAmministrazione civile dellInterno (della quale sino a quel momento faceva parte, nel solco della riforma del 1925), ma con poteri di fatto non esorbitanti quelli del responsabile di una Forza di polizia, al pari degli altri suoi omologhi (428). Generalmente la dottrina (429) non si sofferma sulla questione, ma pone (428) In effetti, se vero che la legge 121/81 introduce, ex novo rispetto al TULPS, una doppia incombenza per i Comandanti provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, che devono informare non solo pi il Prefetto, ma pure il Questore (trattandosi, nei fatti, di unulteriore Autorit operante sul territorio, rispetto al passato) su quanto comunque abbia attinenza con lordine e la sicurezza pubblica -seppur nei limiti sopra precisati - anche vero che il Questore non ha alcun diretto ed autonomo potere di ordine o di direzione nei confronti delle altre Forze dellordine, in quanto dirigente territoriale della sola Polizia di Stato (la potest di direzione e coordinamento, non a caso, testualmente non riferita agli organici che compongono tali Forze, bens ai servizi di ordine e sicurezza pubblica ed allimpiego, a tal fine, della Forza pubblica: coordina e dirige cio le modalit di impiego della Forza, ma non anche gli organici che la compongono). (429) ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, V, Milano 1959, p. 70. Il tema viene ripreso da LUZZI, Il nuovo ordinamento dellAmministrazione della Pubblica Sicurezza, Firenze 1981, pp. 39-40: Con la ricostituzione del Corpo delle Guardie di P.S., in base al citato R.D. 687/1943, con stato militare laccento su alcuni aspetti della riforma ritenuti particolarmente positivi, in primis lapparente ripristino del sistema a doppio binario voluto proprio dal legislatore del 1925 (430). Tale chiave di lettura si presta per ad alcuni rilievi, poich non contestualizzata alle profonde differenze ordinamentali nel frattempo intervenute: secondo i suddetti Autori, invero, con lentrata in vigore della legge 121/81 si sarebbe recuperata la tradizionale conformazione del nostro ordinamento giuridico, che vedrebbe coesistere - con evidenti vantaggi per il mantenimento degli equilibri democratici nazionali - una Forza di polizia ad assetto civile (sia pure a carattere speciale), quale la nuova Polizia di Stato, con una Forza di polizia ad ordinamento militare (lArma dei Carabinieri, destinata al servizio permanente di pubblica sicurezza oltre che ai compiti tipici di una Forza armata), la cui conformazione sarebbe meno sensibile - al pari di analoghi modelli esteri - a particolarismi e condizionamenti di natura politico/ideologica (come del resto testimoniato dallesperienza del XX secolo). Non si tiene per conto del fatto che tale equilibrio, rispetto al precedente preso in considerazione, risulta inciso dalla riduzione dei poteri gerarchici del Prefetto (ovverosia, proprio dellAutorit territoriale di governo), a fronte della quale il legislatore non sembra aver operato una qualche forma di bilanciamento, ad esempio disponendo una generale redistribuzione delle attribuzioni tecnico-operative tra tutte le Forze dellordine. In estrema sintesi, il legislatore ha ridotto i poteri della Civil Authority (il Prefetto, occorre ricordarlo, quale Autorit di P.S. agisce come rappresentante del Governo, e non nella veste di funzionario amministrativo), seppure nellintento di separarne i compiti di indirizzo da quelli puramente gestionali, ma a tale riduzione non corrisposto un riequilibrio delle competenze operative del settore sicurezza (essendo intervenuta a TULPS invariato). Per il resto, la figura prefettizia conserva pressoch intatta la sua posizione e soggezione alla giurisdizione penale militare, si ebbe un notevole cambiamento in quella che era stata la posizione dei due Corpi di pubblica sicurezza (Arma dei Carabinieri e Corpo degli Agenti di P.S.), secondo le disposizioni anteriori che garantivano una polizia come servizio civile e svincolato dallAutorit militare, estranea, sotto ogni verso, al servizio stesso. (430) Con R.D.L. 2 aprile 1925, n. 383 - rivelatosi fallimentare laccorpamento (operato con R.D. 31 dicembre 1922, n. 1680) del Corpo della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza (a sua volta nata dallo scioglimento delle Guardie di Citt, disposto con R.D. 2 ottobre 1919, n. 1790) in seno allArma dei Carabinieri - venne ricostituito il vecchio Corpo degli Agenti di P.S., risalente al 1848, ma privo di dirigenti di provenienza interna e posto alle dipendenze (quanto ad inquadramento e servizio di polizia) di ufficiali di P.S., in realt funzionari civili dellAmministrazione di Pubblica Sicurezza (come tali gerarchicamente dipendenti dal Prefetto). In precedenza il sistema della pubblica sicurezza in Italia era tendenzialmente monistico anche sotto il profilo operativo, riconoscendo la centralit dei Carabinieri Reali (Corpo a competenza generale, a differenza della Gendarmerie francese, ed unico nato come militare per vocazione, anche a garantirne lindipendenza dalle Autorit civili a beneficio delle quali svolgeva lattivit, in quanto subordinato solo alla legge), cui si affiancavano alcuni Corpi minori con competenze di settore (ad es. il Corpo delle Guardie doganali del 1861, poi evolutosi nel Corpo della Regia Guardia di Finanza del 1881, militarizzato nel 1907-1914). Per unefficace analisi storica si veda TINTI, Dai Reali Carabinieri alla 121, Perugia 1999, pp. 13 ss. di primazia rispetto al Questore ed - ovviamente - ai vertici delle altre Forze dellordine. In effetti, rispetto al contenuto dellart. 1 del TULPS e dellart. 2 del R.D. 635/40, i compiti del Prefetto risultano non solo pi circostanziati, ma ampliati (art. 13, commi 3 e 4 legge 121/81) alla luce degli obblighi sanciti per i vertici di tutte le Forze di polizia di tenerlo tempestivamente informato su quanto comunque abbia attinenza con lordine e la sicurezza pubblica nella provincia, nonch per la disponibilit (che a lui solo compete e non anche al Questore) della Forza pubblica, con le correlate attribuzioni di coordinamento. La primazia del Prefetto nei confronti degli uffici periferici dellAmministrazione statale (ivi comprese le Forze di polizia) funzionale alla conservazione dellordine pubblico nel quadro della legalit istituzionale (data in primis dallequilibrio dei poteri