ANNO LXV - N. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2013 RASSEGNA AV V O C AT U R A DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo DĠAscia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Clizia Ardanese, Gabriella DĠAvanzo, Gesualdo dĠElia, Enrico De Giovanni, Ettore Figliolia, Giulia Guccione, Massimo Massella Ducci Teri, Marco Stigliano Messuti, Glauco Nori, Vincenzo Nunziata, Valerio Perotti, Rocco Steffenoni, Fabio Tortora, Fabrizio Urbani Neri, Paola Maria Zerman. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829562 ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................Û 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. Û 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Cerimonia di inaugurazione dellĠAnno Giudiziario 2014. Intervento dellĠAvvocato Generale dello Stato, Avv. Michele Giuseppe Dipace . . . . pag. 1 Massimo Massella Ducci Teri, Intervento al Convegno ÒPubblica Amministrazione e giurisdizione: tradizione e prospettiveÓ. Avvocatura Generale dello Stato, Sala Vanvitelli, 12 dicembre 2013. . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 9 Protocollo di intesa con lĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli, Circolare A.G.S. prot. 47599 del 3 febbraio 2014 n. 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 14 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Glauco Nori, La sovranitˆ degli Stati, il rating e le regole sulla concorrenza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 21 1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue Fabrizio Urbani Neri, Note minime sulla vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie (C. giustizia Ue, Sez. IV, sent. 5 dicembre 2013 in cause riunite C-159/12, C-160/12, C-161/12) . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 38 CONTENZIOSO NAZIONALE Paola Maria Zerman, Rocco Steffenoni, Riutilizzo commerciale dellĠinformazione detenuta nel settore pubblico in materia di dati ipotecari e catastali alla luce dei Trattati europei e della Direttiva 2003/98/CE (C. appello Venezia, Sez. I civ., sent. 20 marzo 2013 n. 624) . . . . . . . . . . . . ŬŬ 51 Marina Russo, In materia di accesso difensivo, finalizzato alla difesa in giudizio, ex art. 24, comma 7, L.n. 241/90 (Cons. St., Sez. VI, ord. 7 febbraio 2014 n. 600). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 77 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Giuseppe Albenzio, Il suggellamento degli apparecchi televisivi a seguito di disdetta dellĠabbonamento R.A.I.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 83 Gesualdo dĠElia, La clausola di salvaguardia nei contratti di acquisto di prestazioni sanitarie da strutture private accreditate . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 85 Vincenzo Nunziata, La permanenza in servizio di professori e ricercatori universitari. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 91 Ettore Figliolia, Composizione/modificazione del Raggruppamento temporaneo di imprese, ex art. 97, co. 9, Codice appalti. . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 94 Enrico De Giovanni, Istanza rimborso spese legali nel caso di un Òatto plurimoÓ di diniego . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 97 Gabriella DĠAvanzo, Procedimento di ripetizione di somme indebitamente erogate al lavoratore da parte del datore di lavoro statale . . . . . . . . . . . ŬŬ 101 Fabio Tortora, Riconoscimento del compenso assembleare di cui allĠart. 2389, co. 1, cod. civ. in societˆ controllate da pubbliche amministrazioni ŬŬ 104 Marco Stigliano Messuti, Oneri ed incentivi ex art. 92, co. 5, D.Lgs. n. 163/2006. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 Gabriella DĠAvanzo, Precari scuola: trattamento economico differenziato rispetto ai rapporti a tempo indeterminato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 127 LEGISLAZIONE ED ATTUALITË Valerio Perotti, LĠordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, dalla singolaritˆ nazionale alla proiezione europea . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 131 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Clizia Ardanese, Effettivitˆ della tutela e giusto processo amministrativo nellĠordinamento multilivello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 267 Giulia Guccione, La tutela dei creditori nellĠamministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: profili di giurisdizione e rimedi esperibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ŬŬ 352 TEMI ISTITUZIONALI CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELLĠANNO GIUDIZIARIO 2014 Intervento dellĠAvvocato Generale dello Stato Avv. Michele Giuseppe Dipace Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Corte di Cassazione, Autoritˆ, Signore e Signori LĠinaugurazione dellĠanno giudiziario  lĠoccasione per dare conto delle attivitˆ svolte, nel 2013, dallĠIstituto che ho lĠonore di dirigere. Proceder˜ per flash, utilizzando dati statistici, sempre particolarmente significativi quando si parla del carico di lavoro dellĠAvvocatura dello Stato. I nuovi affari trattati, nellĠanno 2013, ammontano, a livello nazionale, ad oltre 155.000 che si aggiungono alle diverse centinaia di migliaia di affari degli anni scorsi ancora pendenti. Si tratta di una mole di lavoro imponente che grava su un organico complessivo di 370 unitˆ togate solo in parte coperto, con una media di ben 468 nuovi affari annui pro capite (nel complesso, ogni Avvocato e Procuratore dello Stato ha mediamente in carico ben 4.000 affari). Un terzo del lavoro grava, peraltro, sullĠAvvocatura Generale che ha contato nel 2013 pi di 50.000 affari, con un incremento, rispetto al 2012, di quasi 3.000 affari. 1.-Il contenzioso trattato riguarda tutte le giurisdizioni. LĠAvvocatura rappresenta e difende, infatti, lo Stato nelle sue principali articolazioni e gli altri soggetti pubblici, autorizzati ad avvalersi del patrocinio erariale, dinanzi a tutti gli organi giudiziari sopranazionali e nazionali (*). 1.1-Sul piano sovranazionale, ricordo, tra i 310 affari trattati dinanzi ai giudici comunitari, due recentissime sentenze. (*) Legenda: Punto 1.1- relaziona sulle cause comunitarie Con la prima, resa nelle cause riunite da C-159/12 a C-161/12, la CGUE ha statuito che lĠart. 49 TFUE (principio di non discriminazione) deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale (italiana) che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto allĠordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche farmaci soggetti a prescrizione medica non a carico del SSN. Con la seconda, resa in data 12 dicembre 2013, nella causa C-355/13, la Corte ha deciso che lĠart. 3 della Direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), va interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale (italiana) come quella relativa alla tassa sulle attivitˆ svolte nel contesto di una concessione governativa. Quanto al contenzioso C.E.D.U., esprimo, ancora una volta, lĠauspicio di una sempre maggiore partecipazione dellĠAvvocatura dello Stato nel patrocinio e nella difesa dei ricorsi in cui  coinvolto lo Stato o che potrebbero avere effetti rilevanti nel nostro ordinamento; coinvolgimento che , peraltro, in linea con il principio secondo il quale lĠAvvocatura dello Stato  legittimata a patrocinare lo Stato davanti a tutti gli organismi giudiziari nazionali e sovranazionali. 1.1.1-A livello nazionale, degni di particolare menzione, fra i 480 giudizi trattati in Corte Costituzionale ricordo, oltre alle impugnazioni di leggi regionali, la questione incidentale di costituzionalitˆ avente ad oggetto il c.d. de- creto-legge Òsalva ILVAÓ, risolta positivamente dalla Corte; quelle relative alla riforma della c.d. Ògeografia giudiziariaÓ, ivi compresa la richiesta di referendum abrogativo avanzata da nove Regioni (richiesta dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale proprio nei giorni scorsi) nonchŽ quella concernente le misure di sterilizzazione economica delle progressioni stipendiali (relative al personale della carriera diplomatica, ai docenti universitari ed al personale delle Autoritˆ indipendenti), introdotte nel 2010 per fare fronte alla gravissima situazione economico-finanziaria del Paese. Segnalo, inoltre, che recentissimamente la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dallĠAvvocatura nellĠinteresse del Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione allĠapposizione del segreto di Stato con riferimento alla nota vicenda dellĠex Imam di Milano, Abu Omar. 1.1.2-Dinanzi ai giudici ordinari, va, anche questĠanno, citato il vasto contenzioso relativo alla irragionevole durata del processo (c.d. legge Pinto), Punto 1.1.1- relaziona sulle cause in Corte Costituzionale Punto 1.1.2- altre rilevanti cause civili e penali Punto 1.1.3- contenziosi dinanzi al Giudice amministrativo Punto 1.1.4- affari consultivi Punto 2.- giudizi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione Punto 3.- esito cause/dati statistici sede romana pari a complessivi 17.238 affari. Al proposito, si deve segnalare che si  registrato, nel 2013, un significativo decremento dei relativi ricorsi (17.238 rispetto ai 24.231 del 2012); sembra, pertanto, che le nuove disposizioni introdotte in materia, che hanno dettato una pi chiara e stringente regolamentazione di tali procedimenti, abbiano comportato una contrazione di tale contenzioso. Merita, altres“, un doveroso cenno il contenzioso in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana, di protezione internazionale e di asilo politico dei cittadini stranieri che costituisce uno dei fenomeni sociali pi rilevanti e complessi del nuovo millennio, questioni e principi ora in fase di discussione in sede politico-parlamentare per le modifiche della relativa normativa. Segnalo, ancora, la sentenza del Tribunale ordinario di Roma, n. 23355 del 14 dicembre 2013 che rappresenta la prima applicazione della disciplina sullĠazione di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni, degli enti territoriali o degli enti pubblici in genere, responsabili di violazioni del diritto dellĠUnione Europea o della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo (CEDU) che abbiano comportato oneri finanziari in capo allo Stato italiano. Innanzi al giudice del lavoro,  doveroso fare menzione del vastissimo contenzioso instaurato dal personale precario della scuola, e ci˜ in relazione ad alcune recentissime decisioni della Corte di Giustizia, che prefigurano un quadro non rassicurante in vista della decisione che, questĠanno, la CGUE dovrˆ prendere sulla specifica problematica italiana. Al riguardo, lĠAvvocatura dello Stato non mancherˆ di sostenere ed evidenziare, in sede comunitaria, le assolute specificitˆ del sistema scolastico nazionale, al fine di evitare una decisione di condanna che potrebbe avere effetti finanziari assai consistenti. Quanto ai processi penali nei quali lĠAvvocatura dello Stato risulta, a vario titolo, coinvolta, vanno segnalati quelli aventi ad oggetto il disastro della nave da crociera Concordia, lĠattentato terroristico allĠIstituto Falcone-Morvillo di Brindisi; (conclusosi, in primo grado, con una sentenza con la quale  stata riconosciuta, tra gli altri, la risarcibilitˆ, quale danno patrimoniale, delle spese sostenute dal Ministero dellĠInterno per lĠallestimento del complesso apparato investigativo), il processo a carico dei c.d. NO TAV della Val di Susa, nonchŽ il processo sulla c.d. Òtrattativa Stato-mafiaÓ, i numerosi processi penali nei confronti dei dirigenti del Ministero della Difesa in materia dellĠuso del- lĠamianto ed infine le costituzioni di parte civile per lĠAgenzia delle Entrate in materia di evasione fiscale. Sempre in relazione ai processi penali che hanno visto coinvolto lĠIstituto, ricordo che, nellĠultimo scorcio del 2013,  stata definita, a seguito di una complessa trattativa con le societˆ assicuratrici, la transazione relativa ai danni subiti dalle Amministrazioni statali in conseguenza del disastro ferroviario verificatosi presso la stazione di Viareggio; transazione, questĠultima, che ha consentito allo Stato non solo di recuperare i danni materiali e di immagine subiti, ma anche di conseguire, sia pure in parte, il rimborso della speciale elargizione che una apposita legge aveva riconosciuto in favore delle vittime dellĠincidente ferroviario. Permettetemi, infine, di sottolineare, anche questĠanno, lĠimportanza della impegnativa assistenza difensiva che lĠAvvocatura dello Stato continua ad assicurare allĠAmministrazione della Difesa con riferimento alla nota vicenda dei due Mar˜ sottoposti a procedimento penale in India; vicenda, che  ora ad una svolta, dopo la nota defaticante inerzia della giustizia indiana, in seguito alla richiesta italiana di formulazione del capo di imputazione. 1.1.3-Altrettanto corposo il contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi, che ha riguardato le pi svariate materie in sede di impugnazione di provvedimenti amministrativi, nonchŽ azioni di risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo; una particolare menzione merita la trattazione dei numerosi ricorsi proposti in ordine allĠattuazione della riforma della c.d. Ògeografia giudiziariaÓ nonchŽ quelli attinenti il diniego di autorizzazione ex art. 88 del T.U.L.P.S. per lĠesercizio dellĠattivitˆ di raccolta di scommesse su eventi sportivi per conto di societˆ straniere prive di concessione nellĠordinamento italiano (contenziosi definiti favorevolmente per il Ministero dellĠInterno dal Consiglio di Stato con decisioni emesse allĠesito dellĠudienza ÒtematicaÓ del 14 novembre 2013). Sempre numeroso  il contenzioso attinente agli esami di idoneitˆ alla professione forense ed ai concorsi per la copertura dei posti di notaio e di magistrato. Particolarmente delicati, e anche in questo caso numerosi, sono, poi, i ricorsi proposti da magistrati ordinari contro i provvedimenti del C.S.M. in tema di incarichi direttivi e semidirettivi; molto impegnativo, per la complessitˆ delle questioni giuridiche sottese e la rilevanza economica che lo caratterizza, , inoltre, il contenzioso riguardante i provvedimenti delle Autoritˆ indipendenti. Un particolare cenno merita, anche questĠanno, il contenzioso in materia di ÒQuote latteÓ (in ordine al quale la Commissione europea ha avviato una indagine conoscitiva) che, anche nellĠanno 2013, ha visto la trattazione e la decisione favorevole allĠAmministrazione statale di qualche centinaio di ricorsi. 1.1.4-In sede consultiva, lĠAvvocatura dello Stato, oltre alla consueta attivitˆ di consulenza nelle transazioni e nelle composizioni bonarie, ha fornito il proprio parere, tra lĠaltro su questioni di grande attualitˆ; ricordo quella relativa alla sperimentazione del c.d. Òmetodo StaminaÓ in ordine alla quale lĠAvvocatura, oltre a rappresentare il Ministero della Salute nel giudizio svoltosi davanti al T.A.R. del Lazio, ha assicurato al predetto Dicastero un costante ausilio consultivo sulle procedure e in sede di predisposizione degli atti amministrativi. Nel settore della contrattualistica pubblica, lĠAvvocatura dello Stato ha svolto la propria attivitˆ di assistenza e consulenza in favore delle Amministrazioni statali, resa pi complessa in questo momento di necessaria contra zione delle risorse pubbliche disponibili, che inevitabilmente porta ad un aumento del relativo contenzioso. Nel corso del 2013, sono state, inoltre, affrontate, sia in sede consultiva che contenziosa, le problematiche legate allĠimpatto delle disposizioni del decreto legislativo n. 235/12 (c.d. Òlegge SeverinoÓ) sulle procedure di aggiudicazione ed, in particolare, sulla risoluzione delle controversie, anche alla luce della notevole riduzione del ricorso allĠistituto arbitrale. Ricordo, ancora, le delicate problematiche connesse alla decisione (pure giustificata dalla contingente situazione finanziaria) di abbandonare alcune grandi opere (si pensi, per tutte, al Ponte sullo Stretto di Messina), che ha richiesto la soluzione di delicati problemi giuridici (affrontati anche in sede di Comitato consultivo) volti allo scioglimento dei ai rapporti contrattuali in essere. 2.-Il nostro impegno dinanzi alla Corte di Cassazione, che oggi ci ospita,  notevole e molto importante e siamo onorati di poter lavorare con la Cassazione in piena armonia e nellĠinteresse della giustizia. Dinanzi alla Corte Suprema, il contenzioso  stato, anche nel 2013, particolarmente numeroso: sono stati, infatti, proposti dallĠAvvocatura Generale dello Stato 5.021 ricorsi per Cassazione rispetto ai 4.703 del 2012; di questi, 3.875 ricorsi riguardano il contenzioso tributario (con una percentuale pari al 77,18% del totale). Anche nel 2013,  proseguita la stretta collaborazione tra la Corte di Cassazione e lĠAvvocatura dello Stato, finalizzata alla fissazione in tempi brevi dellĠudienza di discussione in cause ÒpilotaÓ, su questioni che hanno dato luogo a numerose controversie nei gradi di merito, nonchŽ alla fissazione di udienze tematiche al fine della rapida decisione di interi ÒfiloniÓ di cause. La collaborazione ha ovviamente interessato la materia tributaria, che, comĠ noto, occupa gran parte dellĠattivitˆ sia della Cassazione Civile che dellĠAvvocatura dello Stato. Di oltre 6.000 richieste, formulate dallĠAgenzia delle Entrate, dopo attento esame, sono stati proposti poco pi di 3.600 ricorsi, un numero sostanzialmente equivalente a quelli proposti dai contribuenti. Su tali richieste, giˆ filtrate dallĠAgenzia a livello regionale rispetto alle ben pi numerose decisioni delle commissioni tributarie regionali, lĠAvvocatura opera una ulteriore selezione non coltivandone oltre il 20%, cos“ pervenendo ad un numero di ricorsi in cassazione sostanzialmente equivalente a quelli proposti dai contribuenti (pari a circa 3.600). LĠesito dei giudizi suddetti si conferma ancora nel complesso favorevole allĠErario. Gli ultimi dati disponibili indicano una percentuale di vittoria di oltre il 70%, che supera il 75% se si considera il valore economico delle controversie. Ci˜ significa che su un valore annuo nel 2013 di circa un miliardo di euro, lĠimporto delle cause favorevoli ammonta a circa 760 milioni di euro. NellĠintervento dello scorso anno, venne evidenziata la delicata questione degli effetti processuali derivanti dalla cancellazione delle societˆ dal registro delle imprese. Va preso atto, con soddisfazione, che la risposta della Corte  stata tempestiva ed adeguata. Con la sentenza n. 6070/2013, resa a Sezioni Unite, sono stati stabiliti importanti principi che sono riusciti a coniugare la volontˆ del legislatore con il rispetto dei diritti delle parti. Restano, tuttavia, ancora aperte questioni importanti, che ci si augura possano trovare soluzione nelle prossime decisioni. A tale proposito, va segnalato che, nei prossimi mesi, le Sezioni Unite della Corte dovranno sciogliere il nodo della applicabilitˆ, o meno, ai ricorsi tributari del nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. che, comĠ noto, consente ora di impugnare le sentenze non pi per Òper omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizioÓ ma soltanto per Òomesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che  stato oggetto di discussione tra le partiÓ. Senza volermi inserire nellĠacceso dibattito derivante da una purtroppo non felice formulazione della norma che ha introdotto la citata modifica, mi permetto soltanto una breve osservazione. Se, come pare, con il nuovo testo dellĠart. 360 n. 5 il legislatore ha voluto rendere in qualche modo non sindacabile la logicitˆ o contraddittorietˆ della motivazione della sentenza impugnata, credo occorra considerare i riflessi che ci˜ pu˜ avere in materia tributaria. Sono evidenti i riflessi che la predetta novella processuale, ove interpretata in senso positivo, potrebbe avere in materia tributaria il cui accertamento fiscale si fonda spesso su presunzioni, per le quali  necessario il controllo sulla logicitˆ delle stesse. Se il nuovo articolo 360 n. 5 dovesse essere interpretato nel senso di impedire un tale controllo, ne conseguirebbe lĠimpossibilitˆ di ottenere la riforma di sentenze ingiuste, con conseguente pregiudizio, spesso irreparabile, non solo per lĠerario ma anche per i contribuenti. Di tale peculiaritˆ della giustizia civile-tributaria spero che la Corte tenga conto, ed analizzi le nuove norme (pur emanate nel lodevole intento di ridurre il contenzioso), alla luce dei principi contenuti negli artt. 24 e 111 della Costituzione, nonchŽ del principio di effettivitˆ della tutela giurisdizionale previsto dal diritto comunitario. Altra questione, non meno importante, che verrˆ esaminata dalle Sezioni Unite nelle prossime settimane,  quella rimessa con lĠordinanza n. 959/2013 della VI sezione civile. Si tratta del problema relativo agli effetti di una pronuncia della Corte di Giustizia da cui derivi la possibilitˆ di chiedere rimborsi, rispetto alle situazioni ormai definite, in quanto una eventuale riapertura dei termini di decadenza o di prescrizione produrrebbe effetti negativi in termini di incremento del contenzioso e di incertezza delle situazioni giuridiche (per prescrizione o decadenza). E ci˜ anche in considerazione del fatto che analoghi principi non potrebbero non valere anche per le pronunce di incostituzionalitˆ. Con riferimento alla materia doganale, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha dato, nel 2013, un notevole impulso alla definizione del contenzioso pendente ponendo in discussione la quasi totalitˆ dei ricorsi presentati tra il 2007 e il 2011 (e alcuni del 2012 connessi). LĠandamento del contenzioso  stato estremamente proficuo per gli interessi pubblici, con una percentuale di cause favorevoli allĠAmministrazione vicina al 90% ed il recupero, a beneficio dellĠUnione Europea e dello Stato italiano, di somme dĠimporto complessivamente superiore a centocinquanta milioni di euro. Con riguardo al processo telematico, lĠAvvocatura dello Stato, nellĠanno 2013, ha proseguito nel proprio impegno volto alla realizzazione dell'ambizioso progetto del fascicolo elettronico. Da una iniziale messa in esercizio nella sede romana, si  capillarmente raggiunta ogni sede distrettuale, consentendo la creazione di una consistente piattaforma documentale nazionale che ha riguardato il 58% dei documenti cartacei convertiti in digitale e caricati nel fascicolo elettronico. Si , infatti, passati da una percentuale iniziale del 3% dei documenti cartacei protocollati in ingresso, convertiti in digitale e caricati nel fascicolo elettronico, ad un complessivo 58%, rilevato a fine anno. Per ridurre i tempi ed i costi dei processi di lavoro, lĠiter di dematerializzazione della carta e lĠausilio dellĠinformatica appaiono ormai un percorso inevitabile per gestire lĠenorme mole di contenzioso ed essere al passo con i tempi. La sua piena realizzazione potrˆ essere, peraltro, agevolata dalla costituzione della c.d. ÒIntermagistratura TelematicaÓ, un importante tavolo congiunto di tutte le magistrature (civile, amministrativa, tributaria e contabile) e dellĠAvvocatura dello Stato per lĠanalisi e la risoluzione di problemi comuni in materia informatica. 3.-Passando, infine, ai risultati del nostro lavoro, fornisco alcuni dati statistici relativi alla sede romana. Dinanzi al Tribunale civile le cause vinte sono il 60%, dinanzi al giudice amministrativo il 70%, dinanzi alla Corte dĠappello il 53% e dinanzi alla Cassazione il 58%. La percentuale pi bassa di esiti favorevoli innanzi alla Corte dĠAppello  attribuibile al fatto che, nel numero, sono comprese le cause della c.d. Òlegge PintoÓ, che rappresentano la maggioranza degli affari trattati in Corte dĠAppello (come unico grado di merito) e che sono, nella stragrande maggioranza dei casi, cause perse per lo Stato. Il che porta a concludere per un buon rapporto costi-benefici dellĠattivitˆ svolta dallĠAvvocatura, ove si consideri che ogni causa - quale che sia la sua durata ed il numero dei gradi di giudizio nel complesso - costa in media allo Stato circa 800 euro, cio meno di un decimo di quello che sarebbe il costo di mercato. Purtroppo, la funzionalitˆ dellĠIstituto continua ad essere minacciata da una grave limitazione nel turn-over del personale togato e dalla insufficienza di risorse economiche. Sotto il primo profilo, evidenzio come il carattere emergenziale della situazione potrˆ essere solo attenuato dalla giˆ ricordata previsione, contenuta nella recente legge di stabilitˆ, che autorizza lĠAvvocatura dello Stato ad assumere non solo i vincitori ma anche gli idonei dellĠultimo concorso di Procuratore dello Stato (nel complesso, sedici unitˆ); ringrazio, comunque, personalmente ed a nome dei colleghi, il Governo per lĠattenzione mostrata nei confronti dellĠIstituto. Sotto il secondo profilo, devo segnalare che lĠIstituto continua ad avere difficoltˆ ad assolvere ai suoi doveri con lĠattuale importo stanziato in bilancio per le spese correnti, che sono incomprimibili ed indispensabili per garantire lĠassolvimento dei compiti istituzionali, quali ad esempio le spese di funzionamento degli uffici tra cui quelle per lĠacquisto di carta per le fotocopie necessarie a depositare gli atti defensionali nel numero di esemplari richiesto. Anche sotto questo profilo, ringrazio il Governo e, in particolare, il Ministero dellĠEconomia e delle Finanze, per avere voluto assicurare gli stanziamenti, in una misura peraltro sufficiente solo ad evitare la paralisi dellĠIstituto. 4.-Concludo, osservando che il difficilissimo momento che il Paese continua ad attraversare richiede a tutte le Istituzioni ed a tutti noi il massimo impegno nellĠesercizio dei compiti affidati. Sono certo di poterLe assicurare, Signor Presidente della Repubblica, che lĠAvvocatura dello Stato e i suoi componenti faranno ogni possibile sforzo per essere allĠaltezza delle rilevanti funzioni assegnate, confermando il prestigio che ha sempre avuto. Roma, l“ 24 gennaio 2014 Palazzo di Giustizia, Aula Magna CONVEGNO DI STUDI SUL TEMA ÒPUBBLICA AMMINISTRAZIONE E GIURISDIZIONE: TRADIZIONE E PROSPETTIVEÓ (*) Intervento di Massimo Massella Ducci Teri 1. Tra le letture fatte in vista del presente incontro ce ne  stata una che ha costituito, per me, motivo di particolare riflessione. Mi riferisco allĠintervento svolto dal Giudice costituzionale, Prof. Cassese, alle Assise della Giustizia. Un forum sulle politiche comunitarie per la giustizia, che si  svolto a Bruxelles, nei giorni 21 e 22 novembre scorsi, sotto lĠegida della Commissione Europea, i cui lavori sono stati conclusi dalla Signora Viviane Reding, Commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza. Nel suo contributo il Giudice Cassese ha sottolineato che lĠopzione tra giurisdizione unitaria e giurisdizione ripartita assume, ormai, un diverso rilievo ove considerata nel contesto europeo ed alla luce del processo di integrazione dei diversi ordinamenti nazionali. Ed infatti, giˆ sotto un profilo di fatto, deve registrarsi un sostanziale avvicinamento tra lĠordinamento inglese (laddove sono state previste sezioni specializzate per i giudizi in materia amministrativa) e quello francese (nel cui ambito il giudice amministrativo ha assunto un livello di indipendenza e di terzietˆ non inferiore a quello dei giudici civili e penali). A ci˜ deve aggiungersi, sotto un profilo squisitamente sostanziale, che deve ormai darsi atto: 1.-del riconoscimento e dellĠapplicazione generalizzata, da parte degli Stati nazionali e dei Giudici chiamati a sindacare lĠesercizio e le manifestazioni del pubblico potere, dei principi che trovano la loro fonte nellĠart. 6, del Trattato U.E. e, quindi, nella Carta dei diritti fondamentali dellĠU.E. (v. art. 47, in materia di giustizia) e nella Carta europea dei diritti dellĠuomo (v. art. 6, equo processo); 2.- dellĠinviduazione, in sede comunitaria, di regole e principi comuni per disciplinare lĠagire della pubblica amministrazione e per assicurare una effettiva tutela giudiziaria nei confronti della stessa; 3.-del ruolo primario svolto dalla Corte di Giustizia (ma anche da altre Corti sovranazionali), con interventi in materie un tempo riservate agli Stati (*) Gioved“ 12 dicembre 2013, Avvocatura Generale dello Stato, Sala Vanvitelli. AllĠinizio del Convegno, organizzato dalla Societˆ Italiana degli Avvocati Amministrativisti,  stato consegnato il Premio Aldo Sandulli 2013 al Prof. Vincenzo Cerulli Irelli. Ai lavori, introdotti dallĠAvvocato Generale dello Stato, Avv. Michele Dipace, hanno partecipato il Prof. Avv. Andrea Proto Pisani, il Prof. Avv. Riccardo Villata e lĠAvv. dello Stato Massimo Massella Ducci Teri, del quale si pubblica lĠinteressante intervento. nazionali e con effetti significativi sui livelli di tutela riconosciuti ai singoli. In estrema sintesi pu˜ affermarsi che, in ambito europeo, ci˜ che assume rilievo  il rispetto, in concreto, dei principi di natura sostanziale (imparzialitˆ, trasparenza, proporzionalitˆ, adeguatezza, congruitˆ, logicitˆ e ragionevolezza) e processuale (effettivitˆ e pienezza della tutela, attraverso un giusto processo, rimesso ad un giudice terzo). Perch solo in questo contesto pu˜ realizzarsi unĠArea Europea della Giustizia fondata, come ha affermato il Commissario Reding, sulla fiducia: fiducia reciproca tra coloro che dettano le norme e coloro che le applicano e fiducia nel sistema da parte di coloro che ne beneficiano (cittadini ed operatori economici). Ed in tale contesto sfumano le formule organizzative dellĠordinamento giudiziario adottate da ciascuno Stato membro. 2. Se esaminato da questa angolazione, il nostro sistema giudiziario appare sicuramente rispettoso dei canoni europei. Gli interventi del legislatore, le pronunce della Corte Costituzionale e delle nostre Magistrature Superiori, come unanimamente riconosciuto, consentono di affermare: -il superamento del rigido dualismo diritti soggettivi ed interessi legittimi; - lĠeffettiva tutela del rapporto, sin dalla fase cautelare; -la pienezza della tutela (azione risarcitoria); - la sua effettivitˆ (ottemperanza). Si sta realizzando, quindi, un sistema organico ed omogeneo del nostro ordinamento giudiziario ed il giudice amministrativo  sempre pi il giudice ordinario delle situazioni soggettive affidate alla sua competenza (NIGRO). Il percorso non  stato sempre agevole e lineare e sicuramente pu˜ e deve essere migliorato. Autorevoli interventi hanno prospettato disegni riformatori. Alcuni, di ampio respiro, sottendono una verifica dei rapporti tra legislativo, esecutivo e giudiziario nonchŽ di quelli tra questĠultimo e nuovi soggetti dellĠordinamento (Autoritˆ indipendenti) per i quali si rivendica il riconoscimento costituzionale a tutela della loro indipendenza ed a garanzia della insindacabilitˆ di alcuni loro atti di regolamentazione generale. Altri disegni riformatori attengono in via specifica alla organizzazione della giurisdizione proponendo una pluralitˆ di soluzioni relative ai Giudici c.d. speciali. Soffermandomi su queste ultime, consentitemi una prima valutazione di natura esclusivamente personale: non mi sembra che questo sia il problema pi urgente non tanto per il Paese, quanto per il sistema giustizia nel suo complesso. LĠattuale sistema dualistico rende un servizio che segna ampi miglioramenti in termini di efficienza e tempestivitˆ. Alcuni Uffici Giudiziari Ordinari -come ad esempio, basandomi sulla mia recente esperienza professionale, il Tribunale di Milano, ma analoga valutazione pu˜ essere estesa ad altri Tribunali - hanno raggiunto tempi di definizione dei giudizi di primo grado di livello europeo. La Giustizia Amministrativa, a sua volta, con gli strumenti del nuovo Codice e la sensibilitˆ di numerosi Magistrati, riesce a definire il doppio grado di giudizio di merito in 12/18 mesi, anche in fattispecie non regolate da procedure accelerate. Di sicuro un intervento troppo incisivo, in questo momento di forte impegno di tutti gli operatori del settore per adeguarsi alla nuova normativa (CPA -Tribunale delle imprese e riduzione degli Uffici Giudiziari), potrebbe non essere utile nŽ opportuno. 3. In questa fase in cui la certezza del diritto  posta a dura prova, non mi sembrerebbe opportuno incidere radicalmente anche sulla giurisdizione. Al contrario, deve essere assicurata la Òcertezza della giurisdizioneÓ, specie in un periodo in cui il legislatore non sempre si avvale di quanto previsto dallĠart. 113, 3Ħ comma, della Costituzione. é unĠesigenza che potrebbe essere soddisfatta, a mio avviso, in tempi ragionevoli anche perch non sembra richiedere una modifica della Carta costituzionale. Mi riferisco allĠipotesi, giˆ autorevolmente prospettata, di istituire il Tribunale dei conflitti. Ove tale Consesso fosse previsto nellĠambito della Corte di Cassazione, verrebbe rispettato il vincolo posto dalla Costituzione e potrebbe essere istituito con legge ordinaria. Lo stesso, inoltre, potrebbe essere a composizione paritaria tra magistrati ordinari ed amministrativi. E, sotto tale profilo, si ripercorrerebbero esperienze giˆ conosciute nellĠambito del nostro ordinamento (v. Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche). Tale Consesso dovrebbe sicuramente risolvere i casi in cui deve riconoscersi se il giudice adito abbia il potere di decidere. Ed avrebbe anche lĠautorevolezza per garantire il rispetto di quel disegno organico del nostro ordinamento giudiziario, cos“ come delineato dai Costituenti, e dei limiti posti allo stesso, in quellĠequilibrato bilanciamento tra Poteri che tutti abbiamo sempre apprezzato. In tale ambito, potrˆ fornire chiare chiavi interpretative su quella sempre pi sottile e delicata linea di confine tra giudizio di legittimitˆ e merito. é questo, da sempre, uno degli snodi pi sensibili della giurisdizione amministrativa. é pacifico che il Giudice Amministrativo debba rispettare la legge ed i limiti della sua giurisdizione. é, parimenti, affermato e riconosciuto che il Giudice Amministrativo, per la sua esperienza, la sua sensibilitˆ, il suo abito mentale, sia attualmente il pi adatto ad armonizzare due esigenze, entrambe riconosciute, con pari dignitˆ, dalla Costituzione: la tutela giurisdizionale e la salvaguardia dellĠinteresse pubblico, curato dallĠAmministrazione. Tale funzione gli  stata, recentemente, riconfermata dalla Corte Costituzionale anche con riferimento ai diritti costituzionali primari e non comprimibili (Sentenza n. 85/2013, ILVA). La stessa Corte, tuttavia, ha chiaramente precisato che lĠatto, ove ragionevole, non pu˜ essere contestato nel merito delle scelte compiute dalla amministrazione competente, che non possono essere sostituite da altre nella valutazione discrezionale delle misure ritenute necessarie. Tuttavia, a volte, il sindacato del Giudice Amministrativo appare travalicare nel sindacato dei fini e degli obiettivi perseguiti dallĠAmministrazione ed appare incidere su quelle valutazioni di carattere soggettivo che costituiscono lĠelemento fondante di scelte discrezionali. Al riguardo vorrei premettere che, nellĠattuale fase storica, molto spesso tali valutazioni del Giudice Amministrativo, che sembrano particolarmente penetranti, sono indotte dallo stesso legislatore. Siamo in una fase in cui abbiamo un diritto ricco di norme ma privo di principi (DE LISE). Norme, per di pi, assai dettagliate che pongono vincoli fin troppo precisi al successivo agire della pubblica amministrazione, limitando di per se stesse, lĠesercizio della discrezionalitˆ e condizionando i contenuti del successivo sindacato giurisdizionale. Ma prescindendo da tali ipotesi, che spesso fotografano momenti patologici dellĠordinamento, non possiamo non dare il giusto rilievo alle norme di diritto amministrativo sostanziale che dettano i principi cui deve necessariamente ispirarsi lĠazione amministrativa. Con la legge 241/90 sono state dettate le regole di condotta dellĠAmministrazione. Il loro rispetto consente di affermare che il potere discrezionale non  pi ÒliberoÓ ma controllato e controllabile dagli stessi interessati, prima che si formalizzi definitivamente. Il rispetto di tali regole; la piena trasparenza sui criteri applicati in concreto; il pieno, concreto ed effettivo contraddittorio tra Amministrazione e soggetti privati si pongono come garanzia dellĠordinamento ma anche come limiti alla tutela da richiedere. Vi sono provvedimenti che sono necessariamente il frutto di valutazioni soggettive, consentite a colui che le applica, effettuate da un soggetto cui  stata affidata la cura dellĠinteresse pubblico e che ne  responsabile, che non sempre possono essere, di fatto, sostituite nellĠambito di un giudizio di legittimitˆ e con riferimento alle sue figure sintomatiche. Analogamente, sempre su questo sottile crinale tra valutazione soggettiva e legittimitˆ del provvedimento, si pone il sindacato sullĠelemento fiduciario che caratterizza alcuni procedimenti di nomina. E ci˜, con particolare riferimento a quelle fattispecie in cui la fiducia dellĠesecutivo appare condivisa dal legislativo non solo con un parere ma, a volte, anche mediante il voto delle Assemblee. 4. Volendo concludere. La certezza della giurisdizione appare sicuramente una prioritˆ per il nostro ordinamento giudiziario e la via della reductio ad unum, se pu˜ sembrare la pi semplice, non  di per se risolutiva e richiede sicuramente tempi lunghi sia perch diventi effettiva, sia per la sua successiva attuazione. In ogni caso essa rischia di dissipare un patrimonio culturale apprezzato anche allĠestero e di disperdere la fucina ove  nato il nostro diritto amministrativo e si sono formati numerosi maestri di questa disciplina. LĠorganicitˆ che va assumendo il sistema giudiziario nazionale implica, tuttavia, che si persegua una sempre pi intensa omogeneitˆ tra gli ordini giudiziari. Non mi riferisco tanto alle omogeneitˆ di natura, per cos“ dire, organizzativa ed ordinamentale (terzietˆ; criteri di conferimento degli incarichi direttivi [esperienza professionale concreta, merito e non solo anzianitˆ] e la loro durata; attivitˆ c.d. esterne, peraltro connesse, per il Giudice Amministrativo, anche alle diverse funzioni che la Costituzione gli riconosce ed attribuisce) quanto alla omogeneitˆ nelle tutele concesse. Per tutte una (e qui il discorso si amplia anche alla Corte dei Conti): la tutela risarcitoria, che va assumendo, giustamente, un rilievo sempre maggiore e rispetto alla quale il Giudice Amministrativo sta calibrando i propri interventi. Siamo certi che i criteri applicati per la sua determinazione siano omogenei e che possa essere a lungo condiviso che solo per la tutela avanti il Giudice Ordinario siano previste valutazioni di legittimitˆ? O dovremmo accettare che, in questa materia, lĠultima parola sia devoluta ad una Corte sovranazionale? Avvocatura Generale dello Stato CIRCOLARE N. 8/2014 Oggetto: Protocollo di intesa con lĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli. Si trasmette in allegato copia del protocollo di intesa sottoscritto dallĠAvvocato Generale e dal Direttore delĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli in data 30 gennaio 2014. LĠAvvocato Generale dello Stato Michele Dipace PROTOCOLLO DI INTESA TRA LĠAVVOCATURA DELLO STATO E LĠAGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI Visto Il protocollo di intesa del 10 maggio 2001 sottoscritto tra lĠAvvocatura dello Stato e lĠAgenzia delle Dogane; Visto LĠarticolo 23-quater del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 che ha disposto lĠincorporazione dellĠAmministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato nellĠAgenzia delle Dogane, che assume la denominazione di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con la successione di questĠultima nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, insistenti in capo allĠAmministrazione incorporata; Considerato Che, ai sensi dellĠart. 72 del Decreto Legislativo n. 300/1999 lĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli si avvale del patrocinio dellĠAvvocatura dello Stato ai sensi dellĠart. 43 del R.D. n. 1611/1933 e successive modificazioni e che, in base a tale ultima disposizione, lĠAvvocatura dello Stato  autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa, salve le ipotesi di conflitto ed i casi speciali ivi previsti, dellĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli; Visti -lĠart. 15 della legge n. 241 del 7 agosto 1990, comma 1, che consente la possibilitˆ per le amministrazioni pubbliche di concludere Òaccordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comuneÓ; -la delibera n. 234 del 29 gennaio 2014 (All. n.1 ) del Comitato di Gestione dellĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ritenuta -lĠopportunitˆ di disciplinare nelle forme di seguito descritte le modalitˆ della coo perazione tra lĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito denominata ÒAgenziaÓ) e lĠAvvocatura dello Stato (di seguito denominata ÒAvvocaturaÓ), al fine di assicurare nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici coinvolti, prevedendo anche forme snelle e semplificate di relazioni, tali da promuovere e rafforzare lĠefficienza e lĠefficacia dellĠazione amministrativa e lĠottimale funzionalitˆ delle strutture; -in particolare, lĠopportunitˆ di prevedere modalitˆ operative volte a garantire un efficiente ed incisivo apporto consultivo dellĠAvvocatura nonchŽ lo svolgimento del patrocinio dellĠAgenzia affidato alla stessa Avvocatura nei giudizi attivi promossi o proseguiti in gradi ulteriori e nei giudizi passivi instaurati o coltivati da terzi nei confronti della medesima Agenzia. Tra il Direttore dellĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli, dr. Giuseppe PELEGGI e lĠAvvocato Generale dello Stato avv. Michele Giuseppe DIPACE, si conviene quanto segue. ATTIVITË CONSULTIVA 1. Le competenti strutture centrali dellĠAgenzia propongono allĠAvvocatura Generale dello Stato quesiti e richieste di pareri che involgono questioni interpretative di carattere generale o di particolare rilevanza, mentre le strutture interregionali, regionali e interprovinciali dellĠAgenzia corrispondono direttamente con le Avvocature distrettuali, fatti salvi i casi di urgenza, per i quali potranno inoltrare, previo coordinamento con le competenti strutture centrali, specifiche richieste allĠAvvocatura Generale. 2. Considerato che lĠefficacia dellĠattivitˆ consultiva  direttamente correlata alla tempestiva acquisizione dei chiesti pareri, lĠAvvocatura provvede a corrispondere alle relative richieste nei termini imposti dai procedimenti amministrativi o in mancanza, entro sessanta giorni dalla richiesta, ovvero entro novanta giorni se risulta necessario sentire il Comitato Consultivo dellĠAvvocatura Generale, segnalando, tempestivamente, i casi ove ci˜ non sia possibile anche in considerazione della particolaritˆ della fattispecie e dellĠimpegno professionale necessario. 3. Su richiesta dellĠAgenzia, lĠAvvocatura rende, anche in via preventiva, suggerimenti e/o pareri sui principali orientamenti assunti o da assumere dalla stessa Amministrazione, con particolare riferimento allĠinterpretazione della normativa di prima applicazione, anche in ordine ai riflessi sulla gestione del relativo contenzioso, potenziale o in atto. 4. LĠAvvocatura - ferme restando le competenze del Consiglio di Stato nella materia esprime pareri sugli atti di transazione redatti dalle strutture centrali o periferiche dellĠAgenzia e, su richiesta delle competenti strutture della stessa Agenzia, presta la propria collaborazione alla redazione degli stessi atti, assicurando lĠassistenza nel luogo ove si svolge lĠattivitˆ transattiva. 5. Salvo che non si tratti di questioni con contenuti di assoluta unicitˆ, le richieste di consultazione di cui ai punti 3 e 4 sono sempre inoltrate contestualmente agli uffici centrali dellĠAgenzia e allĠAvvocatura Distrettuale o Generale, in relazione alle rispettive competenze. ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 6. LĠAvvocatura fornisce assistenza richiesta dalle strutture centrali e territoriali del lĠAgenzia, anche in sede esecutiva, al fine di assicurare la piena tutela degli interessi pubblici alla stessa affidati. 7. LĠAgenzia, attraverso le proprie strutture centrali o territoriali, provvede ad investire lĠAvvocatura delle richieste di patrocinio con il pi ampio margine rispetto alle scadenze, fornendo una completa e documentata relazione in fatto e in diritto, corrispondendo contestualmente in formato cartaceo e web, quale necessario supporto per lĠefficace difesa delle ragioni dellĠAgenzia; in attesa di esprimere le proprie definitive valutazioni, in caso di urgenza, la stessa Amministrazione potrˆ comunque anticipare lĠinoltro allĠAvvocatura degli atti di causa in proprio possesso. Al fine di rendere praticabile operativamente un percorso di immediata e diretta comunicazione, anche informale, in sede di richiesta verranno precisati i riferimenti relativi allĠUfficio e al funzionario responsabile del procedimento per la sua immediata reperibilitˆ (telefono, fax, e-mail); analogamente lĠAvvocatura provvederˆ a comunicare alla struttura richiedente dellĠAgenzia il nominativo dellĠavvocato incaricato dellĠaffare e le suindicate modalitˆ di immediata reperibilitˆ, il tutto con il reciproco impegno a comunicare ogni eventuale modifica. Al fine di rendere pi sollecito ed efficace lo svolgimento delle rispettive attivitˆ istituzionali,  assicurato allĠAvvocatura lĠaccesso alla documentazione tributaria (normativa, prassi e giurisprudenza) ove disponibile in banca dati, nonchŽ lĠacquisizione dei dati relativi alle controversie trattate dallĠAgenzia; per la stessa finalitˆ,  assicurato allĠAgenzia lĠaccesso telematico diretto alle banche dati dellĠAvvocatura. Nel caso la controparte sia una societˆ, lĠAgenzia ne verifica la vigenza e lĠattualitˆ della ragione sociale e della sede. Ove lĠAvvocatura ritenga di non convenire, per singole controversie, sulle richieste avanzate dallĠAgenzia, provvederˆ, se del caso previa acquisizione di supplementi istruttori, a darne tempestiva e motivata comunicazione alla struttura richiedente e, per conoscenza, alla struttura centrale, al fine di pervenire ad una definitiva concordata determinazione. LĠeventuale divergenza che dovesse insorgere tra lĠAvvocatura e lĠAgenzia circa lĠinstaurazione o la resistenza in giudizio e/o la prosecuzione dello stesso, ove non composta fra le due Istituzioni,  risolta dal Direttore dellĠAgenzia ai sensi dellĠarticolo 12 della Legge 3 aprile 1979, n. 103, in tempo utile per consentire allĠAvvocatura di svolgere la pi efficace difesa delle ragioni dellĠAgenzia. 8. Gli atti introduttivi del giudizio, o di un grado di giudizio e qualunque altro atto o documento notificati allĠAgenzia presso una sede dellĠAvvocatura non ancora investita della difesa, sono da questĠultima prontamente inviati alla competente struttura dellĠAgenzia e comunque con il pi ampio margine temporale rispetto alle scadenze, utilizzando allo scopo gli strumenti di comunicazione pi rapidi. 9. LĠAvvocatura provvede a tenere informata la competente struttura dellĠAgenzia dei significativi sviluppi delle controversie dalla stessa curate, assicurando, laddove lĠAgenzia ne faccia motivata richiesta, il tempestivo invio degli atti difensivi propri (in formato editabile onde agevolarne lĠutilizzo in casi analoghi) e delle controparti, nonchŽ dei relativi documenti allegati, dando comunque pronta comunicazione del- lĠesito del giudizio con la trasmissione di copia della decisione, in particolare se notificata. Ove si tratti di pronuncia sfavorevole allĠAgenzia suscettibile di gravame, lĠAvvocatura formula il proprio preliminare parere in ordine allĠimpugnabilitˆ della decisione, contestualmente allĠinoltro della stessa, riservando il definitivo parere una volta ricevute le considerazioni dellĠAgenzia. Le sentenze sono dallĠAvvocatura trasmesse alla Direzione locale interessata ed alla struttura centrale dellĠAgenzia competente alla trattazione del contenzioso. 10. A richiesta del Direttore dellĠAgenzia, lĠAvvocatura pu˜ assumere, ai sensi dellĠart. 44 del R.D. n. 1611/1933, la rappresentanza e la difesa di dipendenti dellĠAgenzia nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio, segnalando tempestivamente i casi particolari nei quali non  possibile assumere il patrocinio potendosi verificare un conflitto di interessi. LĠAvvocatura segnala tempestivamente i casi in cui non pu˜ assumere il patrocinio potendosi configurare un conflitto di interessi con altra amministrazione. Con provvedimento motivato del Direttore, lĠAgenzia segnala allĠAvvocatura Generale eventuali casi di possibile conflitto con altra amministrazione parimenti assistita dallĠAvvocatura, per le relative determinazioni. 11. Per le cause che si svolgono innanzi ad Autoritˆ Giudiziarie aventi sede diversa da quella della competente Avvocatura, ai sensi dellĠart. 2 del R.D. n. 1611/1933, questĠultima, previa preventiva intesa, ha facoltˆ di delegare funzionari dellĠAgenzia per la rappresentanza in giudizio fuori dai casi in cui lĠAgenzia giˆ non provveda a farsi rappresentare da propri dipendenti, secondo le disposizioni vigenti, trasmettendo tempestivamente lĠatto di delega alla competente struttura territoriale della stessa, fornendo precise indicazioni in ordine alle argomentazioni da esporre in difesa degli interessi dellĠAgenzia. In mancanza si farˆ applicazione della facoltˆ di delega ad avvocati del libero foro ai sensi del comma 2 del sopra citato art. 2 del R.D. 1611/1933. 12. LĠAgenzia sta in giudizio direttamente nei casi in cui la legge lo consente, salvo diverse intese a livello locale. LĠAvvocatura assicura comunque, dĠintesa con lĠAgenzia, il patrocinio e la presenza alle udienze nelle controversie in cui vengono in rilievo questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico o dei principi di diritto in discussione. 13. Per le cause che richiedono una complessa valutazione o comunque di particolare rilevanza, anche per i principi di diritto alle stesse connessi, innanzi alle Commissioni Tributarie, Provinciali o Regionali, in cui lĠAgenzia  difesa dai propri funzionari, lĠAvvocatura si rende disponibile, su richiesta dellĠAgenzia, ad esprimere una valutazione preventiva in ordine alle linee difensive ed alle strategie processuali, con particolare attenzione agli atti e documenti da depositare in giudizio nellĠinteresse dellĠAgenzia. 14. Le sentenze pronunciate in grado dĠappello relativamente a controversie di lavoro, notificate presso lĠAvvocatura Distrettuale dello Stato, sono da questĠultima trasmesse contemporaneamente, oltre che allĠAvvocatura Generale dello Stato, alla struttura dellĠAgenzia parte nel giudizio di appello, unitamente agli atti essenziali di cui lĠAgenzia stessa non sia in possesso. 15. Per i giudizi innanzi alla Corte di Cassazione, considerato il recente intervento normativo che ha ridotto i termini processuali, si conviene che gli Uffici dellĠAgenzia tenuto conto della decorrenza dei termini processuali, adotteranno ogni decisione in merito allĠimpugnazione per Cassazione delle sentenze rese dal Giudice di appello con ogni consentita urgenza e comunque avendo cura di investire tempestivamente, per il relativo parere, lĠAvvocatura Generale dello Stato con una completa e docu mentata relazione in punto di fatto e diritto, trasmessa in formato editabile, con allegati gli atti e i documenti disponibili in formato elettronico oppure agevolmente convertibili, anticipandola allĠindirizzo di posta elettronica della sezione dellĠAvvocatura competente. Le richieste di ricorso per Cassazione sono integrate dalla documentazione per consentire allĠAvvocatura la compiuta delibazione delle stesse anche sotto il profilo della concreta ed effettiva possibilitˆ di recupero erariale. Il parere negativo in merito alla proposizione del ricorso per Cassazione  espresso dallĠAvvocatura di norma almeno trenta giorni prima della scadenza del termine per lĠimpugnazione, cos“ da permettere allĠAgenzia di esprimere il suo eventuale diverso orientamento e, quindi, lĠeventuale proposizione del ricorso, salva lĠapplicazione del punto 7, ultimo capoverso, del presente protocollo. LĠAvvocatura dˆ tempestiva informazione alla Direzione competente della avvenuta proposizione del ricorso anche attraverso lĠinvio dellĠistanza di cui allĠart. 369, terzo comma, c.p.c. e ai sensi dello stesso articolo si pu˜ avvalere della collaborazione delle strutture dellĠAgenzia per la richiesta di trasmissione del fascicolo dĠufficio. Qualora un ricorso per Cassazione sia notificato presso la sede della Direzione centrale competente, questa trasmette direttamente allĠAvvocatura lĠoriginale del ricorso notificato e, contestualmente, ne invia copia alla Direzione territoriale competente, che provvede ad inoltrare allĠOrgano legale gli elementi istruttori per il controricorso e per lĠeventuale ricorso incidentale, con le modalitˆ e i tempi di cui al primo comma. La Direzione centrale competente pu˜ segnalare i giudizi in Cassazione relativi a una questione controversa caratterizzata da ampia diffusione o comunque di particolare rilevanza per il principio di diritto in contestazione, affinchŽ lĠAvvocatura solleciti alla Cassazione la decisione della causa, facendo presente il significativo effetto deflattivo che conseguirebbe dal tempestivo consolidarsi dellĠorientamento della Cassazione. 16. La proposta di costituzione di parte civile nei giudizi penali concernenti fenomeni delittuosi aventi rilevanza particolare per la tutela degli interessi erariali e comunitari coinvolti, dovrˆ essere inoltrata dalle Direzioni territoriali competenti alle rispettive Avvocature distrettuali, per la richiesta di parere obbligatoria, mediante la trasmissione di una documentata (notizia di reato, richiesta di rinvio a giudizio e avviso di fissazione dellĠudienza preliminare) e circostanziata relazione dalla quale emergano le ragioni poste a fondamento della proposta e la quantificazione, anche via equitativa, del danno subito; le Avvocature distrettuali interessate forniranno tempestivamente il proprio parere preventivo in ordine alla proposta di costituzione di parte civile. La competente Direzione centrale dellĠAgenzia curerˆ lĠacquisizione della prescritta autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e provvederˆ ad inoltrarla tempestivamente alla Direzione territoriale competente perchŽ questĠultima provveda a trasmetterla allĠAvvocatura patrocinante. Nei casi di urgenza, lĠAvvocatura provvederˆ ad acquisire direttamente dalla Presidenza del Consiglio la prescritta autorizzazione, informando tempestivamente lĠAgenzia. Eventuali conflitti tra lĠAgenzia e lĠAvvocatura in ordine alla costituzione di parte civile saranno risolti ai sensi del punto 7, ultimo capoverso, del presente protocollo. Nei giudizi ove si formalizzerˆ la costituzione, lĠAgenzia assicurerˆ allĠAvvocatura, su richiesta di questĠultima, il necessario affiancamento operativo con i propri fun zionari e, se del caso, coinvolgendo anche la Guardia di Finanza. LĠAvvocatura informa la direzione competente dellĠAgenzia in ordine agli esiti dei procedimenti penali in cui lĠAgenzia si  costituita parte civile. 17. LĠAvvocatura provvede al diretto recupero nei confronti delle controparti delle spese, competenze ed onorari di giudizio, posti a loro carico per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione; lĠAgenzia presterˆ, comunque, ogni assistenza e collaborazione per la riscossione, su richiesta dellĠAvvocatura. In caso di giudizio conclusosi con esito favorevole per lĠAgenzia ma con disposta compensazione, totale o parziale, delle spese, competenze ed onorari del giudizio, cos“ come in caso di transazione dopo sentenza favorevole, trova applicazione il disposto dellĠart. 21, commi terzo, quarto e quinto R.D. n. 1611/1933 e successive modificazioni, avendo riguardo alla complessitˆ e allĠimpegno processuale della controversia, sulla base delle tariffe professionali applicabili. 18. LĠAvvocatura presta la propria collaborazione allĠAgenzia per le notificazioni degli atti diversi da quelli processuali, ove questa non possa provvedervi direttamente. INCONTRI PERIODICI 19. Tra lĠAvvocatura e lĠAgenzia  istituito un calendario di incontri periodici, a cadenza trimestrale, da tenersi a livello centrale, interregionale, regionale e provinciale, per lĠesame di questioni giuridiche di particolare interesse, nonchŽ per valutare lĠevoluzione del contenzioso concernente le pi significative e rilevanti problematiche in discussione (in particolare in ordine allĠapplicazione delle norme tributarie e alle controversie di lavoro) anche al fine di definire congiuntamente le linee di condotta nelle controversie in corso, ovvero valutare eventuali aspetti di interesse alla prosecuzione delle stesse. A tal fine lĠAvvocatura generale indicherˆ un proprio avvocato con funzione di referente, mentre per gli incontri periodici da tenersi a livello territoriale il referente sarˆ lĠAvvocato distrettuale o un suo delegato; per lĠAgenzia saranno presenti i dirigenti dei vari servizi interessati o i loro delegati. 20. Al fine di consentire la risoluzione di questioni di particolare rilievo la cui tempistica non risulta compatibile con il rinvio allĠincontro periodico ed allo scopo di acquisire un primo orientamento in ordine alle attivitˆ da porre in essere, i dirigenti della sede centrale dellĠAgenzia potranno ricorrere alla consulenza in via breve dellĠavvocato che sarˆ designato dallĠAvvocatura Generale a partecipare agli incontri periodici da tenersi a livello centrale. 21. Anche in ragione della intervenuta incorporazione dellĠAmministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, lĠAgenzia potrˆ istituire un ufficio di coordinamento del contenzioso nazionale e comunitario nonchŽ dei connessi rapporti con lĠAvvocatura Generale dello Stato, affidandone le funzioni ad un Direttore centrale e allĠAvvocato dello Stato designato secondo il precedente punto 20. DISPOSIZIONI FINALI 22. LĠAvvocatura e lĠAgenzia si impegnano a segnalare reciprocamente tutte le difficoltˆ operative eventualmente insorte nella gestione dei rapporti oggetto del presente protocollo, allo scopo di provvedere al superamento delle stesse, nello spirito della pi estesa collaborazione. 23. LĠAvvocatura designerˆ in ciascuna sede, compatibilmente con le esigenze di servizio, uno o pi avvocati incaricati degli affari di competenza dellĠAgenzia. 24. LĠAgenzia fornirˆ allĠAvvocatura in ciascuna sede, compatibilmente con le proprie dotazioni, ogni supporto che risulterˆ utile per il migliore svolgimento dellĠattivitˆ oggetto del presente protocollo. 25. Per assicurare la migliore collaborazione possibile, verranno previste forme di utilizzo promiscuo delle reciproche banche dati. 26. LĠAvvocatura generale e quelle distrettuali organizzeranno periodicamente per il personale dellĠAgenzia corsi di formazione per la gestione del contenzioso di cui allĠart. 12, dĠintesa con le competenti strutture dellĠAgenzia e con la Scuola Superiore di Economia e Finanza. Roma, 30 GEN. 2014 Il Direttore Generale dellĠAgenzia LĠAvvocato Generale dello Stato delle Dogane e dei Monopoli Avv. Michele Dipace Dott. Giuseppe Peleggi CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE La sovranitˆ degli Stati, il rating e le regole sulla concorrenza Glauco Nori* SOMMARIO: Premesse - 1. La nascita delle agenzie e lĠevoluzione del rating - 2. DallĠInvestor Pays allĠIssuer Pays - 3. Il rating sui bilanci statali - 4. La funzione economica del rating sui bilanci degli Stati - 5. Il rating sui bilanci sovrani ed il mercato di riferimento - 6. La pubblicazione del rating unsolicited - 7. La situazione attuale - 8. La posizione dominante delle agenzie nel mercato dellĠUniione Europea - 9. La configurabilitˆ di un abuso ai sensi dellĠart. 102 TFUE. Premesse Le agenzie di rating hanno raggiunto una posizione di primo piano nella finanza internazionale in una luce non sempre favorevole. Il mercato  diventato cos“ complesso che anche chi vi opera professionalmente, malgrado le sue conoscenze specialistiche, non sempre  in grado di arrivare a verifiche o valutazioni soddisfacenti. Grazie anche ai loro apparati, che consentono analisi pi approfondite, gli spazi di intervento delle agenzie di rating si sono per questo sempre pi ampliati. Malgrado errori di valutazione tanto clamorosi da farne mettere in dubbio l'accidentalitˆ, le agenzie, la cui affidabilitˆ reale non sempre corrisponde a quella supposta, di fatto continuano ad esercitare sui mercati finanziari internazionali un potere condizionante sempre pi spesso ritenuto eccessivo. La qualificazione come agenzie pu˜ dare l'impressione, e talvolta l'ha data, che siano soggetti terzi ed imparziali, che operano in un'atmosfera di piena neutralitˆ. Non  cos“ o, per lo meno, non lo  sempre. Le agenzie sono societˆ per azioni con fini di lucro di cui alcuni soci, con partecipazioni rile (*) Professore, Avv. dello Stato, Presidente emerito del Comitato scientifico di questa Rassegna. Articolo pubblicato in Forum di Quaderni costituzionali - I Paper del Forum - 26 marzo 2012. vanti, hanno interessi nei settori che restano influenzati dai rating. I conflitti di interesse, ipotetici o reali, nei quali possono venirsi a trovare sono stati messi in evidenza pi volte anche dalla stampa non specializzata ed il pericolo di incorrervi  stato riconosciuto implicitamente dalle stesse agenzie quando si sono premurate di indicare gli accorgimenti adottati per non farli diventare attuali. Il mercato  occupato quasi integralmente da tre di esse, una delle quali di dimensioni e giro di affari notevolmente inferiori rispetto alle altre due. Si  cos“ costituito un oligopolio, in pratica da sempre. Le altre, anche per i tempi della loro costituzione, occupano spazi di mercato limitati che non consentono la forzatura di quello che potrebbe essere definito come tripolio. I loro giudizi sulla affidabilitˆ dei bilanci e della situazione finanziaria, all'origine limitati alle imprese, oggi sono estesi a soggetti pubblici, compresi gli Stati. In quanto imprese, l'attivitˆ che svolgono all'interno dell'Unione Europea  soggetta alla normativa comunitaria anche se la loro sede si trova altrove. 1. La nascita delle agenzie e l'evoluzione del rating. é stato John Moody che per primo ha valutato l'affidabilitˆ dei bonds, quelli delle compagnie ferroviarie che all'epoca, nel 1909, erano protagoniste del mercato. Nel 1916 si aggiunse la Poor's Publishing Company, seguita dalla Standard Statistic Company nel 1922 e dalla Fitch Publishing Company nel 1924. Nel 1962 Moody's  stata comprata da Dun & Bradstreet. Poor's e Standard si sono fuse nel 1941 per poi essere incorporate nella McGraw-Hill nel 1966. Fitch nel 1997 si  fusa con IBCA (societˆ inglese sussidiaria della FMILAC, conglomerata francese di servizi finanziari). Nel 2000, quando prese piede il mercato dei subprime resindential mortgages, Moody's, Standard & Poor's e Fitch erano le sole agenzie il cui rating veniva richiesto. La legislazione statunitense, se non  stata decisiva per la costituzione del loro oligopolio, certamente lo ha favorito. All'inizio il giudizio sull'affidabilitˆ dei titoli era richiesto dagli investitori. Dopo il 1934, secondo la normativa introdotta dalla Securities and Exchange Commission (SEC), appena istituita, il riconoscimento dell'affidabilitˆ dei titoli emessi  stata condizionata al rilascio di rating di un certo livello. Le agenzie legittimate ad emetterli non erano individuate, ma le destinatarie della disciplina non potevano essere che le tre che esaurivano il mercato. La forma di rating adottata da Standard & Poor's ed utilizzata ancora oggi (AAA, AA, A, BBB e cos“ via)  diventata nel frattempo di applicazione generale. Con lo stesso criterio si  proceduto nel mercato bancario. Secondo un decreto del 1936 le banche non potevano pi investire in speculative investment securities, vale a dire in titoli al di sotto dell'investment grade, desumibile dai recognized rating manuals, che erano dei soli Moody's, Standard & Poor's e Fitch. Quando poi  stato esteso al settore assicurativo  diventato in pratica di applicazione generale all'intero mercato finanziario. Come qualcuno ha subito rilevato, l'Amministrazione statunitense ha adottato una forma di outsourcing attraverso la quale le valutazioni delle tre agenzie, in base alla normativa che le ha richieste, hanno assunto in pratica la forza di legge. Negli anni '70 fu creata la Nationally Recognized Statistical Rating Organization (NRSRO). Secondo la SEC solo il rating delle agenzie riconosciute poteva certificare i requisiti di capitale richiesti nel mercato finanziario (dei broker-dealers). Le banche e le altre istituzioni finanziarie si sono sentite cos“ dispensate dal valutare direttamente il margine di rischio dei loro investimenti perchŽ potevano soddisfare le richieste dei regolatori attraverso il rating di una delle tre agenzie. La posizione delle tre agenzie maggiori per questo non  mutata (1). Anche se altre hanno ricevuto il riconoscimento, la loro posizione  restata del tutto marginale. Mentre il loro potere andava aumentando, per precauzione adottavano clausole secondo le quali sui rating e su ogni opinione che vi era riportata non si doveva fare affidamento nel decidere gli investimenti (2). Le agenzie, alle quali la regolazione rimetteva il giudizio sull'affidabilitˆ di certi investimenti, si premuravano dunque di avvertire che i loro rating non andavano utilizzati per investire. La situazione era sicuramente singolare (3). (1) Come ha rilevato L.J. WHITE, The Credit Rating Agencies in Journal of Economic Perspectives "the Security and Exchange Commission created a new category - nationaily recognized statistical rating organization (NRSRO) - and immediate/y grandfathered Moody's. Standard&Poor's, and Fitch into the category". (2) "Any user of the information conta“ned herein should not rely on any credit rating or other opinion contained herein in making any investment decision". é la clausola adottata da Standard & Poor's: Mood's ne ha adottata una analoga. (3) Secondo l'art. 2.4 della legge n. 130/1999 "nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di cartolarizzazione siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione deve essere sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi". Per il legislatore italiano gli investitori professionali sono in grado di valutare direttamente i rischi. La dottrina ha proposto l'ampliamento della sfera del rating ritenendo che la valutazione sia necessaria quando l'investitore professionale acquista i titoli per collocarli successivamente presso il pubblico (v. RODFORD, Cartolarizzazione dei crediti e tutela del risparmio, in Societˆ, 2000, p. 1167). La CONSOB, come richiesto dal comma 5 dello stesso art. 2, con deliberazione n. 12175 del 2 novembre 1999 ha stabilito i requisiti di professionalitˆ ed i criteri per assicurare l'indipendenza degli operatori che svolgono la valutazione del merito di credito e l'informazione sugli eventuali rapporti esistenti tra questi e i soggetti che a vario titolo partecipano allĠoperazione. L'art. 2.1, lett. b) dispone che "alla formulazione del giudizio sul merito di credito concorrano persone che abbiano maturato un'esperienza direttiva non inferiore a tre anni in societˆ o strutture aziendali specializzate nella valutazione dei crediti". Questi requisiti (comma 2) "si considerano posseduti dagli operatori attivi nel mercato dell'Unione Europea da almeno tre anni nell'attivitˆ di valutazione del merito di credito alla entrata in vigore del presente regolamento". In pratica anche in Italia  stata confermata la posizione preminente delle tre societˆ operanti da tempo nel mercato internazionale. V. in proposito DE VITIS, Le societˆ di rating, in FERRO-LUZZI, La cartolarizzazione, commento alla legge n. 130/99, 2005, p. 232 e ss.. 2. DallĠInvestor Pays all'Issuer Pays. Sempre negli anni '70 nel mercato del rating  intervenuta un'altra innovazione. Sin da quando Moody aveva cominciato ad operare il pagamento era stato a carico dell'investitore, che lo aveva richiesto, per il quale era utile qualunque valutazione, positiva o negativa che fosse, purch affidabile. Il suo interesse era, pertanto, non orientato cosicch il fatto che il pagamento fosse a suo carico non faceva sorgere dubbi sulla affidabilitˆ del giudizio. Negli anni '70 le posizioni si sono invertite. Il pagamento ha cominciato ad essere a carico dell'emittente il cui interesse era per un rating favorevole, quindi orientato. La neutralitˆ del rapporto economico  venuta cos“ ad incrinarsi. Per questo cambiamento sono state prospettate diverse ragioni. Secondo alcuni il vecchio sistema avrebbe favorito il free-riding perch le fotocopiatrici, da poco entrate in uso, avevano consentito di avere rapidamente copie da chi aveva richiesto il rating, riducendo cos“ le operazioni di mercato. Per altri sarebbe stato decisivo lo shock provocato dal fallimento nel 1970 del Penn-Central Railroad (4). Sono queste ed altre solo ipotesi, nessuna del tutto convincente. Quello che non sembra contestabile  che chi ne poteva trarre beneficio erano le agenzie. La ragione  stata giˆ accennata. Mentre l'interesse degli investitori era per un giudizio attendibile, positivo o negativo che fosse, per gli emittenti non era lo stesso. Avrebbero pagato volentieri qualcosa di pi per un giudizio favorevole, che comportava una riduzione del costo del loro debito. Non  questo un sospetto dovuto a diffidenza preconcetta. Nel 2008 davanti alla Commissione Banking del Senato degli Stati Uniti si sono avute diverse audizioni in materia. Pu˜ essere lasciata da parte quella di Eric Kolchinsky, giˆ analista presso Moody's, con la quale ha avuto un contenzioso. Non possono, invece, essere trascurate le dichiarazioni di Arturo Cifuentes (5) e di Mark Froeba (6). L'esperienza del primo era vasta. Aveva lavorato in pratica in tutti i settori nevralgici: agenzie di rating, compagnie di riassicurazione, hedge funds, banche di investimento. In particolare, era stato Senior Vice-Presidente di Moody dal 1996 al 1999. A suo giudizio alle agenzie erano stati attribuiti troppi poteri, in particolare: definire il significato del rating adottato (come esempio ha richiamato il BBB, dove era fissato l'investment grade); stabilire le condizioni per l'assegnazione del rating; verificare se nei titoli esaminati ricorressero le condizioni volute; in tutti e tre i casi con la possibilitˆ di cambiare a discrezione i criteri. (4) Le ragioni di volta in volta addotte sono richiamate da W.J. WHILE, op. cit., p. 214-215, che ha rilevato come il cambiamento del modo di pagamento ha aperto la porta al potenziale conflitto di interessi. (5) Banking.senate.gov/public_fi/es/opgstnet Cifuentes/US Senate Hearings 222008.pdf (6) Banking.senate.gov/public/index.cfm Ha indicato come particolarmente pericolosa la mancanza di quella che ha definito la Muraglia Cinese, vale a dire la separazione tra il rating business ed il rating analysis, per evitare che gli analisti fossero soggetti alla supervisione dei managers, il cui compenso dipende dall'entitˆ dei ricavi e, quindi, degli utili. Il giro di affari non  di poco conto. Solo per fare un esempio. nel 2008 Moody's ha dichiarato ricavi per un miliardo ed ottocento milioni di dollari ed un utile di $ 458 milioni (7). Cifuentes ha, pertanto, concluso che, in mancanza della separazione tra i due settori (la Muraglia Cinese) c'era il pericolo reale che i manager finissero con l'esercitare una influenza indebita sugli analisti, le cui promozioni, i cui aumenti salariali ed i cui bonus si sarebbero dovuti legare alla esattezza delle analisi e non all'incremento degli utili della societˆ e della sua quota di mercato. Cifuentes, a quest'ultimo proposito, ha richiamato l'opinione di Mark Froeba, anche lui sentito dalla Commissione, avvocato a New York, dopo aver lavorato presso Moody's per un diecina di anni nel CDO group, lasciando l'agenzia nel 2007, anche lui come Senior Vice President. La sua dichiarazione ha preso le mosse dalla situazione normativa anteriore alla crisi finanziaria. Le agenzie godevano di un monopolio effective nel mercato del rating, rafforzato dal fatto che la domanda per il loro prodotto monopolistico era non solo stimolata, ma addirittura imposta dalla normativa in vigore, mentre la giurisprudenza escludeva la loro responsabilitˆ per danni. Segnalava, pertanto, alla Commissione la necessitˆ di verificare che cosa non avesse funzionato perch solo a questa condizione si sarebbero potuti predisporre rimedi efficienti. Per l'indagine, secondo il suo parere, sarebbe stato indispensabile accertare la reale situazione di fatto attraverso informazioni assunte non a livello teorico o con colloqui con i managers delle agenzie, ma interpellando gli analisti incaricati. Solo attraverso interviste di questo genere con il maggior numero di analisti di ciascuna agenzia sarebbe stato possibile arrivare a sapere che cosa in effetti fosse successo e non quello che solo si supponeva. Il primo rimedio anche per Froeba era la predisposizione di un fire wall, quella che Cifuentes ha poi chiamato Muraglia Cinese. In secondo luogo il divieto per i dipendenti delle agenzie di possedere azioni delle societˆ interessate. Il possesso di azioni - sono sempre osservazioni di Froeba - anche se non avesse condizionato i singoli ratings. avrebbe potuto provocare dubbi negli investitori, che invece non dovrebbero mai domandarsi se chi opera per le agenzie sia pi sensibile agli interessi degli azionisti che a quelli degli inve (7) I. FENDER - J. MITCHELL, Finanza strutturata; complessitˆ. rischio e impiego dei rating in Rassegna trimestrale BRI, giugno 2005, p. 79, richiamano la relazione annuale di Moody's per il 2003 secondo la quale solo per le operazioni di finanza strutturata  indicato un giro di affari di $ 460 milioni, vale a dire oltre il 40% dei proventi da commissioni per l'assegnazione di rating. stitori. Per la stessa ragione la qualitˆ delle analisi e non la loro incidenza sugli utili dell'agenzia avrebbe dovuto incidere sulla remunerazione degli analisti. Froeba ha cos“ confermato le perplessitˆ di Cifuentes. Questi interventi sarebbero stati tanto pi necessari per il fatto che le agenzie non erano ritenute responsabili per i danni prodotti dalle loro previsioni sbagliate. La previsione di rimedi in caso di danni - ha tenuto a precisare -sopratutto se rilevanti, sarebbe servita non a fare un regalo agli investitori, ma a ripristinare la loro fiducia una volta che fosse chiaro che le agenzie non avrebbero potuto pi assegnare rating sbagliati impunemente (with impunity). Quando il rating di un certo livello  richiesto per la valutazione dei rischi di istituzioni finanziarie, come dalla SEC per i broker-dealers, dalla Federal Reserve per le banche e dalla NAIC per le societˆ di assicurazione, secondo Froeba c' un compelling interesse ed anche il dovere di disciplinare rigorosamente la materia. La delega alle agenzie non avrebbe, comunque, dovuto dispensare il governo dal provvedere ad un controllo serio. A sostegno dell'utilitˆ di sanzioni ha richiamato anche il parere di altri esperti. Il valore di queste osservazioni non pu˜ essere svilito solo perchŽ espresse in forma dubitativa. In particolare una delle domande dovrebbe mettere sul- l'avviso tra quelle che secondo Froeba si sarebbero dovute rivolgere agli analisti in sede di indagine, se cio fossero state esercitate pressioni, dirette o indirette, per tenere conto, nel condurre le analisi, degli interessi dell'agenzia. Proposta da chi era stato Senior Vice President di una delle maggiori agenzie, assumeva un significato al di lˆ della forma (8). 3. Il rating sui bilanci statali. L'indagine condotta dal Senato riguardava il mercato ordinario del rating, quello a richiesta. I termini della questione sono diversi quando si passa al rating sui bilanci statali. Da parte degli Stati non c' richiesta. Ci si dovrebbe, pertanto, domandare se le agenzie abbiano il diritto di valutare, senza richiesta, l'affidabilitˆ di un bilancio statale e soprattutto di pubblicare la propria valutazione. I giudici statunitensi, ai quali si sono rivolti alcuni soggetti (non lo Stato) per essere risarciti dei danni risentiti da rating non richiesti, hanno respinto la domanda in base al primo emendamento della Costituzione, secondo il quale "il Congresso non potrˆ fare alcuna legge ... per limitare la libertˆ di parola o di stampa ...". Le domande non erano fondate sulla illegittimitˆ della valutazione per il solo fatto che non fosse stata richiesta, quindi in violazione della riservatezza, quanto sul carattere negativo del rating che aveva prodotto i danni. (8) Circa i timori sui potenziali conflitti di interessi quando il servizio  prestato su incarico del- l'emittente v. I. FENDER - J. MITCHELL, Finanza strutturata: complessitˆ, rischio e impiego dei rating, giˆ richiamato, p. 79 e L.J. WHITE, The Credit Rating Agencies, giˆ richiamato, p. 215. Se il rating  espresso a richiesta, tra le parti si instaura un rapporto contrattuale alla stregua del quale vanno risolte le questioni che possono sorgere. La parti vi avranno inserito tutte le clausole alle quali avevano interesse. Quando, in mancanza di richiesta, tra le parti non c' un rapporto precostituito, diventano applicabili i principi sulla responsabilitˆ extracontrattuale. Non  il caso di soffermarsi ad esaminare la motivazione delle sentenze. Pu˜ essere sufficiente qualche osservazione di principio. L'emendamento pone un limite al potere legislativo. Nei casi decisi, senza che fosse in discussione la legittimitˆ di una norma, il giudice era chiamato a verificare se nell'esercizio della libertˆ di espressione, non messa in dubbio, l'agenzia si fosse spinta al di lˆ del consentito. Questo aspetto della questione, rilevante per la giurisprudenza europea, non lo  stato nella stessa misura per i giudici statunitensi, che per tradizione hanno una visione diversa dei rapporti tra libertˆ (la libertˆ di espressione e la tutela della sfera personale). Nel giudizio non era coinvolto lo Stato la cui posizione particolare, se fosse stata interessata, avrebbe probabilmente comportato un'indagine almeno parzialmente diversa. Sulla questione di diritto statunitense non  necessario proseguire. 4. La funzione economica del rating sui bilanci degli Stati. Il giudizio  espresso dalle agenzie nello svolgimento della loro attivitˆ economica, rivolta al mercato. Non costituisce, pertanto, pura espressione di pensiero, ma, come si vedrˆ, strumento per realizzare un utile economico. Quelli utilizzati dalla agenzie sono dati personali, ai sensi dell'art. 4.1, lett. b) d. lgs. n. 196/2003. PoichŽ provengono da documenti conoscibili da tutti non  richiesto il consenso per il trattamento (art. 24.1. lett. c). Non  necessario soffermarsi sulla applicabilitˆ della normativa richiamata alle persone giuridiche e, in particolare, allo Stato perchŽ quello praticato dalle agenzie non sembra classificabile come trattamento dei dati perch non sono sottoposti alle operazioni elencate nell'art. 4.1, lett. a), ma solo utilizzati come informazioni per arrivare ad un giudizio secondo criteri che in gran parte sono tecnici. Forse anche per questo, a quanto risulta, la questione non  finita all'esame del Garante (9). Esclusa l'applicabilitˆ del d. lgs. n. 196/2003, ci si deve domandare se sia (9) Il Garante si  occupato delle agenzie di rating con provvedimento del 19 maggio 2010, n. 1736161 (Boll. n. 116/maggio 2010). 1 dati riguardavano il personale dell'agenzia e soggetti comunque in rapporto con essi. La finalitˆ del trattamento era la prevenzione di conflitti di interessi che si sarebbero potuti verificare se il personale avesse posseduto i titoli sottoposti ad analisi. Non erano prese in considerazione le posizioni di conflitto in cui si potrebbero trovare le agenzie e non i loro dipendenti, posizioni centrali nelle dichiarazioni rese alla Commissione del Senato degli Stati Uniti. consentito, per svolgere un'attivitˆ economica a fini di lucro, interferire nella sfera altrui, producendo danni all'interessato. La particolaritˆ della questione richiede qualche ulteriore precisazione anche attraverso il richiamo di quanto  stato giˆ detto. Se il rating  a richiesta, si instaura tra le parti un rapporto contrattuale, che pu˜ essere modellato secondo le esigenze rispettive. L'agenzia avrˆ diritto ad un compenso, variabile da caso a caso, e il cliente potrˆ inserire anche la clausola di riservatezza del rating, che l'agenzia non potrˆ mettere in circolazione. Nel caso di rating sui bilanci statali con lo Stato non c' nessun rapporto precostituito. L'iniziativa  della stessa agenzia, che di conseguenza non ha corrispettivi. Le operazioni, alle quali l'agenzia deve procedere, sono in genere complesse e costose. Se non ricavasse nessun utilitˆ, nemmeno in via indiretta, potrebbe sorgere qualche dubbio sulla legittimitˆ dell'iniziativa. Si riproporrebbe la questione se sia consentito ad una societˆ, che per definizione ha fini di lucro, svolgere un'attivitˆ per sua natura in perdita. Non  necessario mettere in evidenza che in questo caso non si tratta di elargizioni per fini di interesse pubblico o di beneficenza. Non sembra facile far passare come fini di interesse pubblico la pubblicazioni di giudizi che interessano il mercato finanziario e che comportano lo spostamento di grandi quantitˆ di risorse. Va pertanto verificato se le agenzie trovino, o sperino di trovare, una compensazione per le spese che affrontano in qualcosa di diverso da un corrispettivo diretto. In quanto prestatrici di servizi le agenzie hanno un loro mercato di riferimento, che  quello del rating a pagamento. Si pu˜ ritenere che quello del rating sui bilanci degli Stati costituisca un mercato autonomo? Mercato, secondo la nozione ormai tradizionale,  quell'ambiente funzionale in cui si realizza il valore di scambio dei beni e dei servizi, dove la domanda si incontra con l'offerta. Senza la richiesta non si pu˜ instaurare nessun rapporto con il soggetto interessato, che interessato non pu˜ nemmeno essere definito perchŽ nella maggioranza dei casi ha un interesse a non avere un rating. Il fenomeno resta del tutto unilaterale e la funzione di scambio va esclusa per definizione. Se fosse configurabile un mercato autonomo, come gli amministratori potrebbero giustificare di fronte agli azionisti un'attivitˆ, svolta in perdita sicura, impegnando le strutture societarie specializzate in indagini costose? Non risulta che sia stata mai prospettata una responsabilitˆ degli amministratori per danni alla societˆ o agli azionisti e certamente non si pu˜ pensare che l'omissione sia dovuta a spirito altruistico. Il mercato andrebbe escluso anche se l'attivitˆ, per ipotesi solo di scuola, fosse classificata di beneficenza, svolta per fine altruistico. Da una parte non ci sarebbe una domanda in senso tecnico, ma solo una posizione passiva di ri cezione delle prestazioni, la cui natura e la cui entitˆ sono lasciate alla valutazione di chi vi provvede; dall'altra la prestazione non sarebbe rivolta ad avere una utilitˆ economica, ma eventualmente solo a dare a chi la effettua una collocazione sul piano etico. In proposito la giurisprudenza comunitaria ha giˆ avuto occasione di pronunciarsi. 5. Il rating sui bilanci sovrani ed il mercato di riferimento. Se l'attivitˆ di rating sui bilanci statali, considerata autonomamente, non va collocata in un mercato autonomo, non significa che sia estranea a ogni mercato. Al mercato, quello dei rating a pagamento, gli Stati sono rimasti sinora estranei per una ragione che sembra evidente: la loro condotta finanziaria  condizionata da scelte di politica sociale, economica ed internazionale, assunte nell'esercizio della propria sovranitˆ. Non avrebbe senso che ne richiedessero la convalida a soggetti privati, come le agenzie, che applicano (o che dovrebbero applicare) criteri solo economici o di finanza. Ci˜ malgrado, subiscono rating ad iniziativa delle agenzie. Per questo  stato affacciato il dubbio che i rating, proprio perch non richiesti, siano tenuti bassi per esercitare una sorta di ricatto sugli emittenti privati in modo da indurli a richiederli a pagamento, prevedibilmente migliori (10). Un rating unsolicited negativo pu˜ produrre al soggetto emittente danni molto maggiori dei vantaggi di uno positivo. Che sia o non fondato il dubbio, non pu˜ negarsi che di fatto ci sia una spinta per le societˆ a richiedere rating a pagamento, che statisticamente sono pi favorevoli di quelli unsolicited (11). (10) V. CHRISTINA E., BANNER, PATRICK BEHR, ANDRƒ GUTTLER, Do unsolicited ratings contain a strategic rating component? p. 3 e ss. (2008), www. frankfurt-school. de/content/e u/fipema/research/publications. html. Degli stessi Autori v. anche Rating opaque borrowers: why are unsolicited ratings lower? (2009), http.//hdl.handle net/10419/30175. V. anche L. WHITE, op. cit., p. 216. Qualche accenno si trova anche nella dichiarazioni di Froeba alla Commissione senatoriale. P. VAN ROY, Is there a difference between solicited and unsolicited ratings and if so. why?, NBB, Working paper n. 79, February 2006. p. 1-2, dopo aver richiamato le statistiche SEC, secondo le quali i rating unsolicited non risultavano altrettanto favorevoli di quelli solicited, ne ha prospettato anche una ragione alternativa. Quando il rating  richiesto gli emittenti procedono ad una self-selection, nel senso che l'interesse  soprattutto di quelli che, consapevoli della propria buona condizione, possono fare affidamento su un rating elevato. In questo caso, inoltre, le agenzie ottengono pi informazioni da parte del richiedente, mentre i rating non richiesti nella maggior parte dei casi sono fondati su informazioni desumibili dalle relazione annuali pubblicate e quindi tendono ad essere more conservative. (11) In BANNER, BEHR e GUTTIER. op. cit., p. 2  richiamata un'indagine della SEC del 2005 secondo la quale i rating non richiesti risultavano pi bassi di quelli emessi a pagamento. V. le tabelle che vi sono riportate. In particolare  messo in evidenza l'interesse della agenzia ad operare nei paesi in via di sviluppo: "In developing countries, unsolicited ratings are even more common. thus corroborating the 'business expantion' argument. Interestingly, however. particularly the biggest rating agencies seem to use the concept of unsolicited ratlngs to penetrate new markets. As such, unsolicited ratings are often criticized as additional barriers to entry into the rating industry by increasing the market power of the already large rating agencies rather than opening up competition". La situazione che si  venuta a creare  tale che soggetti, che giˆ per operare nei mercati finanziari devono affrontare in ogni caso dei rischi, si trovano esposti ad iniziative altrui tanto pi frequenti quanto pi possono riuscire dannose, senza la possibilitˆ di impedirle e, almeno secondo la giurisprudenza statunitense, senza nemmeno la possibilitˆ di essere risarciti dei danni prodotti da rating sbagliati. Intenzioni pi o meno ricattatorie possono essere escluse nei confronti degli Stati che non richiedono rating sui loro titoli e che pertanto non possono essere indotti a farlo, qualunque sia il mezzo adottato. I rating negativi che subiscono non sono, peraltro, senza effetti per le tre agenzie che attraverso di essi, per i danni che sono capaci di produrre, vedono rafforzata la loro posizione di mercato (12). Da qui l'interesse ad emettere rating non richiesti, soprattutto se sono negativi. Pi negativi essi sono, maggiori sono gli effetti, pi temibili diventano le agenzie. E non  senza significato che i rating unilaterali, prevalentemente negativi, siano emessi anche nei confronti degli operatori economici, potenziali soggetti del mercato, che possono per questo essere indotti a richiederli (13). Le agenzie sono andate anche oltre. Hanno ideato l'outlook negativo. Se non sono in grado o non hanno temporaneamente interesse ad emettere un nuovo rating peggiorativo, cominciano ad annunciare che negative sono le previsioni. Lo Stato, che ne  destinatario, si viene cos“ a trovare in una situazione ambigua, ma giˆ produttiva di danni, destinata a durare per un tempo non prevedibile. Se limitarsi ad un outlook, se emettere un rating, quando emetterlo e nei confronti di chi, vale la pena di ripeterlo, sono tutte iniziative lasciate alla scelta, ed agli interessi, delle agenzie, che decidono anche, sempre autonomamente se, quando ed in quale forma pubblicarli. 6. La pubblicazione del rating unsolicited. Se le agenzie si fermassero alla redazione dei rating non sorgerebbero questioni o, se sorgessero, sarebbero di interesse minore. Potrebbero costituire materiale di ricerca, utile per avere una visione complessiva dei mercati finanziari della quale tenere conto nella elaborazione dei rating richiesti. Che gli obiettivi siano ben diversi  dimostrato dal fatto che tutti i rating vengono pubblicati, scegliendo anche il tempo in cui possano produrre i danni maggiori. (12) Thomas L. Friedman, in una intervista riportata dal New York Times (richiamata da White, citato, p. 216) giˆ nel 1996 sosteneva: "Secondo me ci sono oggi nel mondo due superpotenze. Ci sono gli Stati Uniti, e Moody's Bond Rating Service. Gli Stati Uniti possono distruggerti buttando delle bombe, e Moody's ti pu˜ distruggere degradando i tuoi bonds. E credetemi, spesso, non  chiaro chi  pi potente". (13) Nel 1998 la Hannover Re, societˆ tedesca di riassicurazione, dopo aver rifiutato il servizio di rating da parte di Moody's, si  vista assegnare dall'agenzia un pessimo rating unsolicited (v. BANNER, BEHR e GUTTIER, op. cit., p. 3). Un caso analogo  richiamato da L.J. White, cit., p. 216. Se ce ne fosse stato bisogno. una prova ulteriore si  avuta recentemente. Dopo che la Grecia, ricevuta una valutazione ben al di sotto dell'investment grade, aveva provveduto a misure di notevole rigore finanziario, le agenzie hanno subito peggiorato ulteriormente la loro valutazione. Che il nuovo rating e, soprattutto la sua pubblicazione, fossero rivolti agli investitori per metterli al corrente dei rischi che avrebbero potuto correre, va escluso senz'altro. Non solo i rating precedenti, ma soprattutto le lunghe discussioni intergovernative nell'ambito dell'Unione Europea, erano state anche in eccesso per avvertirli. L'obiettivo non pu˜ essere stato che un altro: sottolineare presso l'opinione pubblica specializzata che le agenzie erano giudici assoluti dell'affidabilitˆ anche politica degli Stati, al di sopra degli organi nazionali e della stessa Unione. Il rating, infatti, non era rivolto solo alla Grecia, ma anche alle misure finanziarie disposte dall'Unione, considerate inefficienti. Quali erano gli interessi in gioco? Da una parte La Grecia, le cui misure giˆ prese, fortemente penalizzanti nei confronti dei contribuenti e soprattutto dei lavoratori subordinati, secondo la maggioranza dei commentatori avrebbero provocato un aggravamento della recessione e che, a seguito del nuovo rating, poteva essere costretta a prendere ulteriori provvedimenti restrittivi. Dall'altra le agenzie, il cui solo interesse era al consolidamento della loro posizione, quasi di giudici di ultima istanza, anche a costo di provocare danni forse insostenibili ai contribuenti di uno Stato giˆ in difficoltˆ. Che il loro scopo fosse di produrre i danni maggiori  dimostrato dal tempo della pubblicazione. La pubblicazione immediata dopo le misure della Grecia e dell'Unione non era necessaria. Ha giovato non agli investitori. che erano in allarme da tempo, ma solo alle agenzie stesse che, per consolidare la loro posizione di mercato, sono passate sopra agli interessi di un'intera nazione. Prima della prudenza, la correttezza avrebbe dovuto suggerire di aspettare i possibili effetti dei provvedimenti giˆ presi per valutarli a consuntivo. Il rating, ulteriormente negativo e pubblicato a breve scadenza, era fondato pi che su argomenti di finanza, su di una valutazione politica della capacitˆ, oltre che della Grecia di attuare le misure giˆ prese, anche dell'Unione di essere in grado di sostenerla nelle forme e nella misura sufficienti. Le agenzie, da soggetti che sul mercato forniscono servizi tecnici a richiesta, si sono cos“ investite da sole del potere di sottoporre a giudizi definitivi di politica economica e finanziaria tutti gli operatori mondiali, Stati compresi. Tra questi ultimi anche gli Stati Uniti che sono stati avvertiti del rischio di un ritocco al ribasso del loro rating. 7. La situazione attuale. L'attivitˆ del rating ha, dunque, assunto un funzione ben diversa dall'originaria per iniziativa delle tre agenzie che occupano il mercato quasi per l'in tero e che del tutto autonomamente hanno deciso di estenderla al settore pubblico, compreso quello statale, senza esserne richieste. Da soggetti privati, hanno svolto tradizionalmente attivitˆ di valutazione dell'affidabilitˆ di titoli di natura diversa, negoziati sui mercati di riferimento. Questa loro attivitˆ si  svolta per lungo tempo nella sua forma propria. Il servizio era reso all'investitore interessato a comprare i titoli, a carico del quale era di conseguenza il corrispettivo. Col tempo - non  necessario ricercarne le ragioni - si sono avuti mutamenti sostanziali. Il corrispettivo  finito a carico dell'emittente dei titoli il cui interesse era per una valutazione positiva. é arduo pensare che l'emittente potesse essere interessato anche ad un rating negativo, come se non fosse giˆ al corrente dei punti di debolezza dei titoli emessi o che si stava preparando ad emettere. Come si sa, il mercato pi esteso e pi rischioso  diventato quello dei derivati che sono meglio valutabili da chi li ha costruiti o a contribuito a costruirli, che ne conoscono a fondo la struttura. Una volta che l'interesse non era pi bifronte come quello degli investitori (positiva o negativa che fosse la valutazione), ma era orientato verso un rating positivo, poteva sorgere il dubbio che l'emittente per averlo fosse disposto a pagare anche qualcosa di pi. Chi nella nuova situazione restava estraneo al rapporto era l'aspirante sottoscrittore, quello che all'origine aveva stimolato il mercato. Fino a qui si potrebbe dire che erano affari degli interessati, di chi chiede e paga il rating e di chi se ne fida. Nel frattempo  intervenuto anche un altro mutamento, che con i meccanismi di mercato ha poco a che fare. Sempre le stesse tre agenzie si sono messe a valutare anche i bilanci di chi non ne aveva fatto richiesta, compresi gli Stati. Per questi ultimi si  creata una situazione realmente singolare. Il bilancio di uno Stato - l'osservazione  banale - non  formato con criteri soltanto economici. Vi sono voci - quelle pi rilevanti - per i servizi che lo Stato deve prestare necessariamente. Fino a quale limite le spese possano essere sostenute e fino a quale limite in corrispondenza possa essere portata la pressione tributaria per farvi fronte,  rimesso alla valutazione dello Stato, che deve tenere conto della situazione complessiva. Anche questa  un'osservazione banale che viene fatta perchŽ sembra trascurata. Ogni giudizio sui bilanci degli Stati, non a caso definiti nel gergo degli addetti ai lavori come sovrani, non pu˜ essere condotto con criteri soltanto economici o finanziari. Di questo sono ben consapevoli le agenzie. Recentemente, esprimendosi su alcune misure prese dall'Italia, ritenute corrette, alcune delle tre agenzie hanno abbassato il rating precisando che era fondato su valutazioni politiche, vale a dire sui dubbi, legati alla situazione interna, che quelle misure possano essere attuate correttamente. A questa affermazione non si  avuta una reazione appropriata o, se c' stata,  rimasta un poĠ nell'ombra. Non mancano motivi per essere quanto meno perplessi. Da una parte ci sono soggetti privati, con fini di lucro, che ricavano i loro utili da rating che emettono a richiesta, con i corrispettivi a carico della parte che non sembra proprio la pi titolata. Dall'altra ci sono gli Stati, enti sovrani che svolgono una serie di attivitˆ economiche con criteri ben diversi da quelli di chi persegue fini di lucro. Ebbene i primi giudicano dell'affidabilitˆ dei bilanci dei secondi senza che nessun glielo abbia chiesto, scegliendo i tempi in cui farlo, le fonti delle informazioni, i criteri secondo i quali valutarli e gli indici di valutazione. E questo senza che gli Stati, benchŽ enti sovrani ed interessati in senso contrario, possano impedirlo. 8. La posizione dominante delle agenzie nel mercato del'Unione Europea. Per la mancanza di qualsiasi rapporto tra agenzie e Stato, quest'ultimo, come si  giˆ accennato, potrebbe fondare pretese risarcitorie solo sulle norme in materia di illecito extracontrattuale. Il giudizio presenterebbe difficoltˆ di non poco conto per la complessitˆ delle questioni che sorgerebbero. Andrebbe accertato: -se le agenzie possano a discrezione procedere alla emissione di rating ed alla loro pubblicazione; -se rispondano giˆ per il fatto di aver proceduto unilateralmente, indipendentemente dalla natura dei rating; -se un danno sia profilabile solo in caso di rating negativi; -se per la risarcibilitˆ sia necessaria la prova della loro inattendibilitˆ. Se la risposta fosse positiva per il primo quesito e negativa per il secondo, la prova a carico dello Stato non sarebbe agevole. Il rating  fondato sulla previsione del rischio. Il rischio non significa che il danno si verifichi sicuramente, ma solo che ce ne  la probabilitˆ. Il rimborso dei titoli senza difficoltˆ non sarebbe un dato sufficiente. Bisognerebbe accertare che la previsione del rischio sia stata sbagliata, quindi attraverso una indagine tecnica con tutte le complicazioni conseguenti. Piuttosto che risarcire i danni una volta prodotti sarebbe pi utile ed equo cercare di evitarli con mezzi preventivi. In prima fila si troverebbero quelli approntati dalla normativa sulla concorrenza. Data l'estensione del mercato rilevante non c' dubbio che andrebbe applicata la normativa comunitaria, oggi dell'Unione Europea. Ponendosi dal punto di vista dell'art. 101 TFUE la figura di intesa sulla quale vale la pena di indagare  la pratica concordata. Non mancano elementi indicatori. Tutte le agenzie hanno adottato non solo il rating, ma anche l'outlook negativo. L'outlook poteva rappresentare una innovazione introdotta dall'agenzia che l'aveva adottato per prima. Le altre, utilizzandolo a loro volta, hanno dimostrato di volersi conformare alla iniziativa della prima realizzando cos“ l'elemento tipico della pratica concordata. I loro rating negativi si inseguono a breve distanza di tempo. Tutte e tre, una volta abbassato il rating allo Stato, assegnano lo stesso anche alle imprese, in particolare alle banche, che operano all'interno dello Stato. é questo in criterio la cui validitˆ  stata sinora solo affermata, ma non dimostrata. Che, in mancanza di una valida dimostrazione, sia seguito da tutte e tre le agenzie  anche questo un indice significativo della cooperazione consapevole che realizza la pratica concordata (14). é fuori discussione che sia interessato il commercio comunitario. A quello dei rating unsolicited, non essendo un mercato, non possono essere applicate le norme sulla concorrenza. L'emissione coordinata di rating negativi non solo induce i possibili clienti a richiederli per la maggiore probabilitˆ che siano positivi, ma contemporaneamente rafforza la posizione delle tre agenzie perchŽ, attraverso l'entitˆ dei danni che sono capaci di produrre agli Stati, dimostrano la efficacia delle loro valutazioni. Le condizioni sarebbero pi che sufficienti per domandarsi se l'art. 101 TFUE sia stato violato. Ma  l'art. 102 TFUE che sembra meglio applicabile, tenendo presente che la sua applicazione non sarebbe incompatibile con quella dell'art. 101. Alla costituzione dell'oligopolio, come si  visto, ha contribuito la normativa statunitense che ha richiesto rating di un certo livello per classificare affidabile un numero sempre maggiore di investimenti. L'oligopolio non  stato scalfito, ma confermato con la istituzione della NRSR0 (15). Sin dall'inizio, e sicuramente negli ultimi tempi, hanno raggiunto una posizione dominante collettiva, rafforzata dopo che tutte insieme hanno cominciato ad emettere rating unsolicited sui bilanci statali. Questa loro posizione si proietta anche sul mercato comunitario. Negli ultimi tempi i bilanci statali presi di mira sono stati in prevalenza quelli del- l'Unione tanto da far pensare che le agenzie stessero contribuendo ad un attacco all'euro piuttosto che alle finanze degli Stati. Il coordinamento che costituisce la condizione perchŽ possa riscontrarsi una posizione dominante collettiva  riscontrabile nei fatti. I rating unsolicited di tutte e tre sono nella maggior parte negativi. L'iniziativa  presa a turno. Dopo il primo, stando ai dati disponibili, non risulta che siano stati emessi rating con (14) Come noto,  la formula adottata dalla Corte di Giustizia nella sentenza 14 luglio 1972, ICI (n. 48/69). (15) "... the Security and Exchange Commission created a new category - 'nationally recognized statistical rating organization' (NRSRO) - an immediately grandfathered Moodys, Standard & Poors, ane Fitch into the categoy" (L.J. WHITE, loc. cit., p. 214). Le tre agenzie hanno cos“ continuato a trovarsi in posizione dominante (v. p. 217). trastanti da parte delle altre agenzie che, al massimo, si sono limitate a tacere. La spiegazione non pu˜ essere trovata nel fatto che le analisi sono condotte secondo principi di tecnica economica e finanziaria che, se applicati correttamente, portano alle stesse conclusioni. Lo hanno smentito le stesse agenzie. Dopo che alcuni Stati hanno preso misure serie di risanamento dei bilanci, per confermare i loro rating negativi hanno riconosciuto di aver adottato parametri politici. C' quanto  sufficiente per ritenere che la loro sia da tempo una posizione dominante collettiva anche nel mercato dell'Unione. 9. La configurabilitˆ di un abuso ai sensi dell'art. 102 TFUE. Resta da vedere se siano incorse in un abuso. La situazione presenta alcune particolaritˆ. Non  consueto che in un mercato, del quale sono soggetti le agenzie e coloro che richiedono rating sui titoli emessi o da emettere, restino coinvolti degli Stati, che non solo non hanno fatto richiesta di valutare i loro bilanci, ma che, se lo potessero, lo impedirebbero. Il rapporto tra gli interessi in gioco  squilibrato. Da una parte imprese, quindi con fini di lucro, che prendono iniziative a loro discrezione per rafforzarsi nella posizione dominante nel mercato di riferimento, dall'altra soggetti che perseguono interessi generali, che non sono in grado di sottrarsi ai danni conseguenti. A questo proposito c' da sottolineare che le agenzie scelgono non solo come e quando intervenire, e nei confronti di chi, ma anche il tempo della pubblicazione dei rating, che pu˜ incidere, e non poco, sull'entitˆ dei danni. Non pu˜ essere considerato un caso che la pubblicazione intervenga quasi sempre quando sono prevedibili danni maggiori. Se poi si guarda ai soggetti che ne possono trarre dei vantaggi le perplessitˆ aumentano. I rating, stando alla situazione attuale, non si possono pi considerare emessi nell'interesse degli investitori, che non li richiedono e non li pagano. Che il loro interesse non sia tenuto in considerazione  confermato dalle stesse agenzie, che hanno avuto la cura di precisare che sulle loro valutazioni non si pu˜ fare affidamento per investimenti. Su questo mutamento del mercato  necessario insistere. Non  stato possibile verificare se in coincidenza con il passaggio del- l'onere agli emittenti l'ammontare dei corrispettivi sia aumentato (16). Il fatto che i rating unsolicited non fossero emessi quando l'onere economico era a carico degli investitori (almeno non  stato possibile trovarne; se anche ce ne (16) Secondo alcuni, come si  visto, il mutamento si sarebbe reso necessario perchŽ il rating attraverso le fotocopie sarebbe potuto pervenire anche a soggetti diversi dai richiedenti. Una volta che il pagamento  passato a carico dell'emittente ed  diventato necessariamente unico, tutto lascia presumere che l'ammontare del corrispettivo sia aumentato. fossero stati, sono restati poco noti al pubblico) e che siano andati aumentando dopo l'inversione economica, non pu˜ ugualmente essere considerato una semplice coincidenza. Per l'accertamento di un eventuale abuso di posizione la competenza  della Commissione dell'Unione Europea, il cui intervento sarebbe utile sia perchŽ consentirebbe di chiarire la situazione con tutte le garanzie del contraddittorio sia perchŽ giˆ il solo su inizio potrebbe suggerire una maggiore prudenza. Sarebbe questa non una minaccia odiosa, ma un tentativo di rimediare ad una situazione alla quale non  stata prestata forse l'attenzione che meritava. Nella giurisprudenza della Corte di Giustizia si trovano giˆ gli elementi utili. "In mancanza di espresse disposizioni, non si pu˜ ritenere che il Trattato, il quale vieta all'art. 85 talune decisioni di semplici associazioni di imprese che alterino la concorrenza senza eliminarla, ammetta tuttavia all'art. 86 come lecito il fatto che determinate imprese, collegandosi in un'unitˆ organica, possano raggiungere una posizione dominante tale da escludere in pratica qualsiasi seria possibilitˆ di concorrenza. ... Qualora infatti fosse sufficiente, per eludere i divieti di cui all'art. 85, che nell'ambito delle intese i rapporti tra imprese siano cos“ stretti da sottrarle all'applicazione del suddetto articolo senza ch'esse ricadano sotto l'art. 86, diverrebbe lecito, in contrasto con i principi fondamentali del mercato comune, l'isolamento di una parte sostanziale di questo mercato" (17), "La nozione di sfruttamento abusivo  una nozione oggettiva, che riguarda il comportamento dell'impresa in posizione dominante atto ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza  giˆ sminuito e che ha come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti e servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza" (18). Che i mezzi utilizzati dalla agenzie siano "diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale" non sembra che abbia bisogno di essere dimostrato. La Corte di Giustizia in pi di un'occasione ha anche chiarito che il comportamento dell'impresa pu˜ produrre i suoi effetti anche su un mercato distinto da quello nel quale l'impresa ha la sua posizione dominante. "... Il giudice comunitario ha definito illeciti taluni comportamenti su mercati diversi dai mercati dominati, che producevano effetti su questi ultimi" "é esatto dire che l'applicazione dell'art. 86 presuppone l'esistenza di un nesso tra (17) Si  trascritto dalla sentenza 21 febbraio 1973, Continental Can, (n. 6172), punto 25. (18) Sentenza 13 febbraio 1979, Hofmann - La Roche, (n. 85/76), punti 90-91. la posizione dominante e il comportamento che si asserisce abusivo ...Ó (19). Nel caso in esame, dove il mercato  solo uno, l'indagine viene ad essere pi facile. Il comportamento da valutare presenta un'anomalia maggiore perchŽ tenuto fuori mercato e con criteri che con quelli di mercato hanno poco a che fare. Considerato di per sŽ, un comportamento del genere, in quanto svolto in perdita e con danni allo Stato il cui bilancio  valutato, andrebbe evitato dal- l'agenzia nel suo stesso interesse. Se visto in connessione con il mercato del rating, si coglie il pregiudizio alla concorrenza. La richiesta di rating, stimolata dal timore di riceverne uno non richiesto, produce due effetti, entrambi distorsivi: nella maggior parte dei casi il rating sarˆ pi favorevole di quello che sarebbe in condizioni normali, come  confermato dai dati statistici giˆ richiamati; chi lo ha richiesto, e pagato, si mette al sicuro da un rating unsolicited e quindi dalla probabilitˆ, anche essa confermata dalle statistiche, che sia negativo. Gli investitori finiscono cos“ con avere indicazioni inattendibili, di cui sono consapevoli le stesse agenzie, che non a caso sono ricorse alle clausole di garanzia richiamate (20). Se l'abuso fosse accertato, gli effetti dannosi potrebbero essere evitati imponendo, ad esempio, alle agenzie di astenersi da rating unsolicited, a secondo dei casi nei confronti di tutti o solo di alcune categorie di soggetti. Una volta che i danni si fossero prodotti, chi li ha subiti, compresi gli Stati, ne potrebbero chiedere il risarcimento. é un principio ormai consolidato che chi viola il diritto dell'Unione  tenuto al risarcimento nei confronti di chi ha subito i danni prodotti dalla violazione (21) ed  tenuto secondo le norme comunitarie. In sede europea non sarebbe agevole la difesa fondata sulla libertˆ di espressione, fatta valere con successo davanti ai giudici statunitensi. Sarebbe in discussione non la libertˆ, garantita sia dall'ordinamento dell'Unione che da quelli nazionali, ma il modo in cui viene esercitata. Se si possa correttamente far valere quella libertˆ quando il fine reale perseguito non  la espressione del proprio pensiero, ma il conseguimento di un beneficio con danni per altri, sarebbe rimesso alla Corte di Giustizia. Una considerazione finale, che pu˜ sembrare banale, ma che vuole cogliere l'aspetto concreto della questione. La normativa antitrust, per prima quella statunitense, mira a tutelare la fair competition. Sembra piuttosto azzardato definire fair quella praticata dalle tre agenzie. (19) Sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pack (C-333/1994), punti 25 e 27. (20) La posizione degli investitori  ulteriormente pregiudicata dal fatto che le tre agenzie sono somewhat reluctant a rendere noto se il rating pubblicato  stato commissionato o non (v. BANNIER, BEHR e GUTTIER, cit. p. 2), impedendo cos“ di conoscere su quale tipo di informazioni il rating sia fondato. (21) Il principio risale alla sentenza 16 dicembre 1969, Humblet, 6/60, punto 2. Ha trovato poi conferma definitiva nella sentenza 19 dicembre 1991. Francovich, C-6 e C-9/1990. LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Note minime sulla vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie CORTE DI GIUSTIZIA UE, QUARTA SEZIONE, SENT. 5 DICEMBRE 2013, CAUSE C-159, 160 E 161/2012 Fabrizio Urbani Neri* 1. La Corte di Giustizia si  pronunciata sulla compatibilitˆ o meno del divieto di cui allĠart. 32 comma 1 bis D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011 conv. in L. n. 214/2011 con i principi fissati dallĠUnione europea, artt. 49 e ss. del TFUE. Pi specificatamente, il conflitto con il TFUE si era posto con riguardo ai farmacisti abilitati e iscritti al relativo ordine professionale ma titolari di parafarmacie - esercizi commerciali non ricompresi nella pianta organica del S.S.N. -, ai quali il sistema italiano preclude di distribuire al dettaglio i farmaci soggetti a prescrizione medica su "ricetta bianca", posti cio a totale carico del cittadino e non del Servizio Sanitario Nazionale. LĠart. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, conv. in legge n. 214/2011, stabilisce che ÒIl Ministero della salute, sentita lĠAgenzia italiana del farmaco, individua entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui allĠarticolo 8, comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali permane lĠobbligo di ricetta medica e dei quali non  consentita la vendita negli esercizi commerciali di cui al comma 1Ó. In fatto la controversia era sorta a seguito dei ricorsi al Tar Lombardia presentati da tre farmaciste iscritte allĠordine professionale di Milano per ottenere lĠannullamento del diniego del Ministero della Salute allĠautorizzazione a vendere, nelle rispettive parafarmacie, medicinali soggetti a prescrizione medica con pagamento interamente a carico del cliente (cosiddetti farmaci di fascia C). Il diniego era motivato dal fatto che la normativa nazionale autorizza la vendita di simili medicinali solo nelle farmacie. Il Tar Lombardia chiedeva, quindi, alla Corte di Giustizia di pronunciarsi, spiegando se il divieto contenuto nel sistema italiano fosse o meno compatibile con i principi fissati dallĠUnione europea. 2. LĠincerto panorama normativo nazionale  stato caratterizzato, negli (*) Avvocato dello Stato. ultimi anni, da una progressiva apertura alle parafarmacie della possibilitˆ di vendere, alla presenza di un farmacista, medicinali e medicamenti, la cui vendita era sempre stata limitata allĠinterno dellĠesercizio farmaceutico previsto nella pianta organica del S.S.N.. Cos“, da una norma-base, qualĠera quella fissata allĠart. 122 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), per la quale ÒLa vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento non  permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilitˆ del titolare della medesimaÓ, il legislatore aveva acceduto ad una mitigazione del rigore del principio con lĠart. 5 comma 1 del decreto- legge n. 223 del 4 luglio 2006 conv. in legge n. 248/2006 (Interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci), con cui si disponeva che Ò Gli esercizi commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivitˆ di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medicaÓ. Infine, sopraggiungeva il menzionato art. 32 della novella del 2011, che pur consentendo teoricamente la vendita dei farmaci di cosiddetta fascia C anche alle parafarmacie, ne subordinava il commercio alla previa autorizzazione del Ministero della Salute. 3. Di qui i dubbi sollevati dalla giurisprudenza amministrativa, confluiti nellĠordinanza di rimessione del Tar Lombardia della questione pregiudiziale al giudice comunitario (1), con la quale lĠad“to Tar di Milano, superando la clausola di salvaguardia a favore del Ministero della Salute, chiedeva, in sostanza, di dichiarare la novella del 2011 incompatibile con il sistema comunitario e con la realtˆ del libero mercato, in base alla considerazione, per la quale Ònon sembrano esserci motivi che possono giustificare una tale restrizione all'esercizio di una libertˆ economica, nŽ vi  alcuna motivazione legata all'obiettivo di ripartire in modo equilibrato le farmacie nel territorio nazionale, nŽ di aumentare la sicurezza e qualitˆ dell'approvvigionamento della popolazione di medicinali, (1) Cos“ anche il T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Ordinanza, 23 ottobre 2012, n. 2491, rimetteva la questione alla Corte di Giustizia; diversamente il Tar Reggio Calabria, con ordinanza del 9 maggio 2012, n. 333, rimetteva la questione alla Corte Costituzionale, affermando che ÒIl diniego nei confronti dell'istanza da parte di un titolare di esercizio farmaceutico, cd. parafarmacia, all'autorizzazione alla vendita di medicinali con obbligo di ricetta medica non soggetti a rimborso S.s.n., motivato dalla normativa di cui all'art. 5 della legge n. 248 del 2006 (peraltro confermata dal recente art. 32 del D.L. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214), non contrasta con le disposizioni europee che demandano tale responsabile competenza agli Stati membri, mentre vi sono i presupposti per la rimessione della questione alla Corte costituzionale ai fini di verificare se la limitazione della libertˆ di iniziativa economica privata sia giustificata, o meno, da ragioni di utilitˆ socialeÓ. La Corte Costituzionale ha fissato udienza pubblica al prossimo 8 luglio 2014. di un eccesso di consumo o di ammontare di risorse pubbliche assorbiteÓ. Al riguardo  da menzionare anche lĠarresto del T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II (ord. 8 maggio 2012, n. 787), che ben esprimeva la diversa sensibilitˆ in materia della giurisprudenza, affermando che ÒDa alcuni anni l'Autoritˆ Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) evidenzia che nella regolamentazione dell'attivitˆ delle farmacie occorre introdurre un maggiore livello di concorrenza (compresa la possibilitˆ di differenziare le strategie commerciali, a partire dagli orari di apertura). La finalitˆ del nuovo approccio  di favorire in primo luogo i consumatori, sotto forma di competizione sui prezzi e sulla varietˆ dei servizi accessori, ma anche di rafforzare la struttura imprenditoriale delle farmacie: queste ultime infatti in seguito all'ingresso sul mercato delle parafarmacie di cui all'art. 5 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 devono potersi difendere ad armi pari disponendo di maggiore flessibilitˆ nel posizionamento della propria offerta per intercettare ogni segmento di clientela potenziale. In sintesi l'AGCM afferma, condivisibilmente, che la tutela della salute dei cittadini non  incompatibile con pi elevati livelli di concorrenza nella vendita al dettaglio dei farmaci, il che dovrebbe condurre a considerare gli orari di apertura non come un limite invalicabile ma piuttosto come il servizio minimo da garantire ai cittadini. Gli auspici dell'AGCM sulla piena liberalizzazione degli orari e dello svolgimento del servizio in ogni settore commerciale hanno trovato concretizzazione in alcuni recenti interventi legislativi [v. art. 3 commi 7 e 8 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; art. 3, c. 1, lett. d-bis del D.L. n. 223/2006, come modificato dall'art. 31 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201; art. 1 commi 1 e 2 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1]. Sono ora ammissibili soltanto limitazioni proporzionate a specifiche finalitˆ pubbliche, il che evidentemente non consente di ritenere esclusa dal nuovo regime l'intera attivitˆ di vendita al dettaglio dei farmaci per il solo fatto che sussiste un collegamento con la tutela della salute (le deroghe alla liberalizzazione devono essere direttamente funzionali a garantire ciascuna un aspetto dell'interesse pubblico)Ó. LĠimportanza della decisione della Corte di Giustizia deriva, quindi, dalla soluzione del contrasto degli opposti principi della libera concorrenza, da un lato, e della tutela della salute, dallĠaltro, che caratterizzano, appunto, le ultime caute aperture al mercato del legislatore nazionale. 4. La Corte di Giustizia, previa riunione di tre cause, tutte vertenti su identico petitum e causa petendi, ha affermato che: a) il titolare di una parafarmacia, contrariamente al titolare di una farmacia, non pu˜ commercializzare i medicinali soggetti a prescrizione medica ed , quindi, escluso da determinate quote del mercato dei medicinali in Italia e, di conseguenza, dai relativi benefici economici (par. 34); b) lĠobiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualitˆ pu˜ giustificare restrizioni alla libertˆ di stabilimento (par. 46); c) se non ci fosse alcuna pianificazione nellĠubicazione delle farmacie, le farmacie potrebbero concentrarsi in localitˆ reputate attraenti, mentre in localitˆ meno attraenti si rischierebbe di non trovare un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualitˆ (par. 53). Alla luce delle suesposte premesse, la Corte di Giustizia ha affermato che ÒLĠarticolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto allĠordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirenteÓ. 5. Le perplessitˆ del Tar remittente riguardavano se il principio di libera concorrenza poteva ritenersi violato, nel caso in cui il farmacista che svolge in Italia attivitˆ quale titolare di una parafarmacia resta escluso dal settore commerciale relativo al mercato dei medicinali soggetti a prescrizione medica, il cui prezzo  pagato interamente dallĠacquirente. Dette preoccupazioni sono superate dalla predetta pronuncia della Corte di Giustizia, laddove si afferma che, se da un lato, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio dei medicinali Òsono di competenza degli Stati membriÓ, dallĠaltro, il principio della libera concorrenza va modulato nel settore sanitario in base allĠassunto per cui ÒSe fosse consentito vendere nelle parafarmacie determinati medicinali soggetti a prescrizione medica, ci˜ equivarrebbe a commercializzare tali medicinali senza osservare il requisito della pianificazione territoriale, con il rischio che le parafarmacie si concentrino nelle localitˆ considerate pi redditizieÓ. Quindi, le regole italiane, che prevedono un diritto di esclusiva in favore delle sole farmacie, in ordine alla vendita di tutti i medicinali soggetti a prescrizione medica, sono state giudicate compatibili con il diritto comunitario. 6. Proprio tale passo della sentenza pu˜ essere letto quale indice di attenzione della Corte nel non assolutizzare il principio della libera concorrenza, in casi, come quello di specie, in cui la normativa italiana persegue un obiettivo di interesse generale, ossia di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualitˆ attraverso una pianificazione che copra tutto il territorio e Òche tenga conto delle regioni geograficamente isolate o svantaggiateÓ. Si  voluto, quindi, significare che la necessitˆ di assicurare alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro rientra nel superiore obiettivo di tutela della salute e tale obiettivo pu˜ legittimamente essere raggiunto se, come avviene in Italia, la prestazione di servizi farmaceutici viene esercitata solo attraverso farmacie comunali oppure a mezzo di concessione governativa ai privati farmacisti, anche a costo di rendere lĠiniziativa imprenditoriale antieconomica. Tale tesi era stata diversamente formulata nelle difese del Governo italiano, laddove si era affermato che le diverse tesi che potevano sottostare a una decla ratoria dĠincompatibilitˆ non sembravano fondate, atteso che 1) la cosiddetta tesi della rimborsabilitˆ del farmaco (la spesa ricade sullĠutente) sembrava recessiva rispetto alla tutela della salute dei cittadini attraverso misure per prevenire, nel massimo grado possibile, il rischio di compromissione di un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione e 2) la tesi dellĠampliamento dei punti vendita di alcuni farmaci al di fuori delle piante organiche delle farmacie non sembrava idonea a derogare rispetto alla complessa disciplina del S.S.N., che descrive la farmacia come luogo deputato alla vendita al pubblico dei medicinali e attraverso cui si realizza la funzione sanitaria dello Stato. 7. Di certo il punto fermo consiste e rimane nella conferma dellĠaspetto prioritario della tutela della salute pubblica in relazione alla tutela della libera iniziativa economica, giˆ, peraltro, oggetto di precedenti pronunce della Corte, quale, ad esempio, la sentenza relativa alla causa C-531/06 del 19 maggio 2009, nella quale si afferma che (par. 36) ÒIn sede di valutazione del rispetto di tale obbligo, occorre tenere conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della sanitˆ pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. PoichŽ tale livello pu˜ variare da uno Stato membro allĠaltro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalitˆ (v., in tal senso, sentenze 11 dicembre 2003, causa C.322/01, Deutscher Apothekerverband, Racc. pag. I.14887, punto 103; 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-6935, punto 51, e Hartlauer, cit., punto 30)Ó. 8. Resta in penombra nella motivazione della sentenza la possibilitˆ di conciliare altrimenti i cennati principi, mediante la garanzia da parte del legislatore nazionale di un diverso livello di tutela della sanitˆ pubblica, che assicuri al contempo il libero gioco della concorrenza e i suoi possibili benefici effetti sul mercato, specie con riferimento alla possibilitˆ di calmieramento dei prezzi dei farmaci nella vendita al dettaglio. Corte di Giustizia, Quarta Sezione, sentenza 5 dicembre 2013 nelle cause riunite da C.159/12 a C.161/12 - Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il 2 aprile 2012 -Pres. L. Bay Larsen, rel. J. Malenovsk., avv. gen. N. Wahl. ÇLibertˆ di stabilimento Articolo 49 TFUE Sanitˆ pubblica Normativa nazionale che vieta alle parafarmacie la vendita di medicinali soggetti a prescrizione medica a carico del pazienteÈ 1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullĠinterpretazione dellĠarticolo 49 TFUE. 2 Tali domande sono state presentate nellĠambito di controversie tra, da un lato, le sig.re Venturini (causa C.159/12), Gramegna (causa C.160/12) e Muzzio (causa C.161/12), tre farmaciste abilitate, iscritte allĠordine professionale dei farmacisti di Milano e titolari di esercizi commerciali (in prosieguo: le ÇparafarmacieÈ), e, dallĠaltro, le Aziende Sanitarie Locali (ASL) di Varese (causa C.159/12), di Lodi (causa C.160/12) e di Pavia (causa C.161/12), il Ministero della Salute, la Regione Lombardia, il Comune di Saronno (causa C.159/12), il Comune di SantĠAngelo Lodigiano (causa C.160/12) e il Comune di Bereguardo (causa C.161/12), nonchŽ lĠAgenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in merito a un divieto imposto alle parafarmacie di vendere medicinali soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), bens“ sono pagati interamente dallĠacquirente. Contesto normativo Il diritto dellĠUnione 3 Il considerando 26 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22), enuncia quanto segue: ÇLa presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivitˆ nel campo della farmacia e allĠesercizio di tale attivitˆ. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle societˆ lĠesercizio di talune attivitˆ di farmacista o lo sottopongono a talune condizioniÈ. Il diritto italiano 4 La legge n. 468 del 22 maggio 1913 definiva la prestazione di servizi farmaceutici come unĠÇattivitˆ primaria dello StatoÈ, che poteva essere esercitata solo attraverso le farmacie comunali oppure a mezzo di concessione governativa ai privati farmacisti. 5 Al fine di garantire la corretta ripartizione delle farmacie su tutto il territorio nazionale, scongiurando il rischio che esse si concentrino unicamente nelle zone commercialmente pi attraenti,  stato attuato uno strumento amministrativo di limitazione dellĠofferta, la Çpianta organicaÈ, il quale prevede un numero massimo di farmacie insediabili sul territorio, considerato adeguato a rispondere alla domanda degli interessati garantendo a ciascuno di loro una quota di mercato e a soddisfare il fabbisogno di medicinali su tutto il territorio nazionale. 6 I successivi sviluppi normativi hanno sostanzialmente mantenuto tale modello. 7 Infatti, lĠarticolo 1, paragrafi 1, 2 e 7, della legge n. 475, recante norme concernenti il servizio farmaceutico, del 2 aprile 1968 (GURI n. 107, del 27 aprile 1968, pag. 2638), come modificata dalla legge n. 362, recante norme di riordino del settore farmaceutico, dellĠ8 novembre 1991 (GURI n. 269, del 16 novembre 1991, pag. 3), dispone quanto segue: Ç1. LĠautorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia  rilasciata dallĠautoritˆ competente per territorio. 2. Il numero delle autorizzazioni  stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5 000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12 500 abitanti e una farmacia ogni 4 000 abitanti negli altri comuni. (...) 7. Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zonaÈ. 8 Il regio decreto n. 1265, del 27 luglio 1934, allĠarticolo 122, aveva riservato la vendita dei medicinali alle sole farmacie. 9 La successiva legge n. 537, del 24 dicembre 1993, ha proceduto alla riclassificazione dei medicinali per fasce, vale a dire: fascia A, per i farmaci essenziali e i farmaci per malattie croniche, fascia B, per i farmaci, diversi da quelli della fascia A, di rilevante interesse terapeutico, e fascia C, per i farmaci diversi da quelli rientranti nelle fasce A o B. Ai sensi dellĠarticolo 8, paragrafo 14, della legge n. 537, del 24 dicembre 1993, i farmaci delle fasce A o B sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale, mentre il costo dei farmaci della fascia C viene pagato interamente dal cliente. 10 Successivamente, lĠarticolo 85, paragrafo 1, della legge n. 388, del 23 dicembre 2000, ha abolito la fascia B, mentre lĠarticolo 1 della legge n. 311, del 30 dicembre 2004, ha istituito una nuova classe di medicinali, la fascia C.bis, per i medicinali non soggetti a prescrizione medica con accesso, a differenza dei prodotti rientranti nelle altre fasce, alla pubblicitˆ al pubblico. Come nel caso dei medicinali appartenenti alla fascia C, il costo dei farmaci della fascia C.bis  a carico del cliente. 11 Il decreto legge n. 223, del 4 luglio 2006, convertito nella legge n. 248, del 4 agosto 2006, ha consentito lĠapertura di parafarmacie, nelle quali i rispettivi proprietari erano autorizzati a vendere medicinali della fascia C.bis. Pi di recente, il decreto legge n. 201, del 6 dicembre 2011, convertito nella legge n. 214, del 22 dicembre 2011, ha ulteriormente ampliato il numero dei medicinali che possono essere venduti nelle parafarmacie; queste ultime possono oramai proporre al pubblico determinati medicinali di fascia C per i quali non  richiesta alcuna prescrizione medica. Procedimenti principali e questione pregiudiziale 12 Ciascuna ricorrente nei procedimenti principali presentava domanda presso lĠASL competente e il comune interessato, il Ministero della Salute e lĠAgenzia Italiana del Farmaco, chiedendo lĠautorizzazione a dispensare al pubblico medicinali ad uso umano soggetti a prescrizione medica ma che vengono pagati interamente dal cliente, nonchŽ medicinali per uso veterinario anchĠessi soggetti a prescrizione medica e che vengono pagati interamente dal cliente. 13 Il 17 agosto 2011 le ASL competenti respingevano le domande delle ricorrenti nei procedimenti principali, poichŽ, in base alla normativa nazionale in vigore, simili medicinali potevano essere venduti solo nelle farmacie. Analoghe decisioni di rigetto venivano emesse dal Ministero della Salute il 16 e il 18 agosto 2011. 14 Le ricorrenti nei procedimenti principali proponevano ricorso avverso tali decisioni dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sostenendo che la normativa sulla quale si basavano le stesse decisioni, nella parte in cui stabiliva il divieto di vendere nelle parafarmacie medicinali della fascia C soggetti a prescrizione medica, ma non a carico del Servizio sanitario nazionale, era contraria al diritto dellĠUnione. 15 Ci˜ considerato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia decideva di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, redatta in termini identici nelle cause da C.159/12 a C.161/12: ÇSe i principi di libertˆ di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza di cui agli articoli 49 e seguenti TFUE ostano ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su Òricetta biancaÓ, cio non posti a carico del Servizio sanitario nazionale ed a totale carico dellĠacquirente, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionaleÈ. 16 Con ordinanza del presidente della Corte del 27 aprile 2012, le cause da C.159/12 a C.161/12 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza. Sulla questione pregiudiziale Osservazioni preliminari 17 Va rilevato che il giudice del rinvio, nella propria questione pregiudiziale, fa riferimento non solo alla libertˆ di stabilimento, ma anche al principio di non discriminazione e alla tutela della concorrenza. 18 In proposito, per quanto riguarda, il principio di non discriminazione, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale principio tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto dellĠUnione per le quali il Trattato FUE non stabilisce norme specifiche di non discriminazione. Orbene, in materia di diritto di stabilimento, il principio del divieto di discriminazione  stato attuato dallĠarticolo 49 TFUE (v., segnatamente, sentenze del 29 febbraio 1996, Skanavi e Chryssanthakopoulos, C.193/94, Racc. pag. I.929, punti 20 e 21; del 13 aprile 2000, Baars, C.251/98, Racc. pag. I.2787, punti 23 e 24, nonchŽ dellĠ11 marzo 2010, Attanasio Group, C.384/08, Racc. pag. I.2055, punto 37). 19 Pertanto, nel caso di specie, occorre prendere in considerazione il principio di non discriminazione nellĠambito dellĠarticolo 49 TFUE. 20 DallĠaltro lato, si deve ricordare che lĠesigenza di giungere ad unĠinterpretazione del diritto dellĠUnione che sia utile per il giudice nazionale impone che questĠultimo definisca lĠambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Tali condizioni valgono in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzato da situazioni di fatto e di diritto complesse (v., in particolare, sentenze Attanasio Group, cit., punto 32, nonchŽ del 10 maggio 2012, Duomo Gpa e a., da C.357/10 a C.359/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22). 21 Orbene, nel caso di specie, le decisioni di rinvio non forniscono alla Corte gli elementi di fatto e di diritto che le consentirebbero di determinare le circostanze in cui provvedimenti statali come quelli in discussione nei procedimenti principali potrebbero confliggere con disposizioni del Trattato relative alla concorrenza. In particolare, tali decisioni non forniscono indicazioni di sorta quanto alle precise regole della concorrenza di cui viene chiesta lĠinterpretazione, nŽ chiarimento alcuno circa il collegamento operato fra dette regole e le controversie principali o lĠoggetto di queste ultime. 22 Non occorre, pertanto, valutare la questione sollevata con riferimento alla tutela della concorrenza. 23 In base a tutte le suesposte considerazioni, deve ritenersi che il giudice del rinvio intende sostanzialmente sapere se lĠarticolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non consente a un farmacista, abilitato ed iscritto allĠordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella Çpianta organicaÈ, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente. Sulla ricevibilitˆ 24 La Federfarma Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani con testa la ricevibilitˆ delle domande di pronuncia pregiudiziale in quanto le controversie principali non contengono elementi transfrontalieri. La presente causa sarebbe sostanzialmente identica a quella che ha dato luogo alla sentenza del 1Ħ luglio 2010, Sbarigia (C.393/08, Racc. pag. I.6337), nella quale la Corte ha ritenuto che lĠesercizio del diritto di stabilimento non fosse manifestamente in discussione e, pertanto, ha respinto la domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto irricevibile. 25 In proposito, secondo una giurisprudenza costante della Corte, se  vero che una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, che si applica indistintamente ai cittadini italiani e ai cittadini degli altri Stati membri, deve, di regola, risultare conforme alle disposizioni relative alle libertˆ fondamentali garantite dal Trattato solo qualora si applichi a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi fra gli Stati membri, non si pu˜ tuttavia escludere che cittadini di Stati membri diversi dalla Repubblica italiana siano stati o siano interessati ad aprire una parafarmacia in questĠultimo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 1Ħ giugno 2010, Blanco PŽrez e Chao G—mez, C.570/07 e C.571/07, Racc. pag. I.4629, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). 26 Orbene, quantunque dalle decisioni di rinvio emerga che le ricorrenti nei procedimenti principali sono cittadine italiane e che tutti gli elementi di fatto delle controversie principali sono circoscritti allĠinterno di un solo Stato membro, resta nondimeno che la normativa di cui trattasi nei procedimenti principali pu˜ produrre effetti che non siano limitati a tale Stato membro. 27 Del resto, i procedimenti principali si distinguono da quello che ha dato luogo alla citata sentenza Sbarigia, procedimento, questĠultimo, relativo ad una decisione sullĠeventuale concessione di una deroga riguardo allĠorario di apertura di una particolare farmacia e nel quale, di conseguenza, nulla indicava come una siffatta decisione potesse produrre effetti su operatori economici provenienti da altri Stati membri. 28 Per di pi, anche in una situazione puramente interna come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, nella quale tutti gli elementi sono circoscritti allĠinterno di un solo Stato membro, una risposta pu˜ comunque risultare utile al giudice del rinvio, in particolare nellĠipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di far beneficiare un cittadino nazionale degli stessi diritti di cui godrebbe, in base al diritto dellĠUnione, un cittadino di un altro Stato membro nella medesima situazione (v. sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 39 e giurisprudenza ivi citata). 29 Ci˜ posto, le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere considerate ricevibili. Nel merito SullĠesistenza di una restrizione alla libertˆ di stabilimento 30 Secondo una giurisprudenza costante, ogni provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare lĠesercizio, da parte dei cittadini dellĠUnione europea, della libertˆ di stabilimento garantita dal Trattato costituisce una restrizione ai sensi dellĠarticolo 49 TFUE, pure se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2004, Commissione/Paesi Bassi, C.299/02, Racc. pag. I.9761, punto 15, e del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia, C.140/03, Racc. pag. I.3177, punto 27). 31 Come risulta dal contesto giuridico nazionale precedentemente esposto, un farmacista che intenda stabilirsi in Italia avrˆ la facoltˆ di scegliere tra, da un lato, chiedere, ed eventualmente ottenere, il rilascio di unĠautorizzazione preventiva che gli consenta di divenire titolare di una farmacia oppure, dallĠaltro lato, aprire una parafarmacia, senza essere subordinato, in tal caso, ad una siffatta autorizzazione. CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 32 Riguardo alla prima opzione, la Corte ha giˆ dichiarato che il requisito di unĠautorizzazione preventiva costituisce, in linea di principio, una restrizione alla libertˆ di stabilimento ai sensi dellĠarticolo 49 TFUE (v. ordinanze del 17 dicembre 2010, Polisseni, C.217/09, punto 16, e del presidente della Corte del 29 settembre 2011, Grisoli, C.315/08, punto 23). 33 Tuttavia, nei procedimenti principali si applica la seconda opzione. Al riguardo, occorre verificare se costituisca una restrizione alla libertˆ di stabilimento una normativa nazionale che non consente a un farmacista, cittadino di un altro Stato membro, titolare di una parafarmacia, di vendere anche i medicinali soggetti a prescrizione medica, in particolare quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente. 34 Orbene, si deve constatare che il titolare di una parafarmacia, poichŽ, contrariamente al titolare di una farmacia, non pu˜ commercializzare siffatti medicinali,  escluso da determinate quote del mercato dei medicinali in Italia e, di conseguenza, dai relativi benefici economici. 35 Una normativa nazionale del genere pu˜, quindi, ostacolare e scoraggiare lĠapertura di una parafarmacia sul territorio italiano da parte di un farmacista cittadino di un altro Stato membro. 36 Di conseguenza, una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali costituisce una restrizione alla libertˆ di stabilimento ai sensi dellĠarticolo 49 TFUE. Sulla giustificazione della restrizione alla libertˆ di stabilimento 37 Secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alla libertˆ di stabilimento applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza possono essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dellĠobiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C.169/07, Racc. pag. I.1721, punto 44, nonchŽ del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C.171/07 e C.172/07, Racc. pag. I.4171, punto 25). 38 Nei procedimenti principali si deve constatare, in primo luogo, che la normativa nazionale controversa  applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza. 39 Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli obiettivi effettivamente perseguiti da detta normativa che possano giustificare restrizioni alla libertˆ di stabilimento, si deve sottolineare che, nellĠambito di una controversia sottoposta alla Corte ai sensi dellĠarticolo 267 TFUE, la loro identificazione compete al giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2011, Dickinger e …mer, C.347/09, Racc. pag. I.8185, punto 51, nonchŽ del 24 gennaio 2013, Stanleybet International e a., C.186/11 e C.209/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26). 40 Come si ricava dalle decisioni di rinvio, la normativa di cui trattasi nei procedimenti principali  ritenuta perseguire lĠobiettivo di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualitˆ, il quale rientra nellĠobiettivo pi generale di tutela della salute. 41 Orbene, dallĠarticolo 52, paragrafo 1, TFUE risulta che la tutela della salute pu˜ giustificare restrizioni alla libertˆ di stabilimento. LĠimportanza di tale obiettivo  confermata dagli articoli 168, paragrafo 1, TFUE e 35 della Carta dei diritti fondamentali del- lĠUnione europea, in virt dei quali, in particolare, nella definizione e nellĠattuazione di tutte le politiche ed attivitˆ dellĠUnione  garantito un livello elevato di protezione della salute umana (v. sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punti 63 e 65). 42 Inoltre, la Corte ha dichiarato, pi precisamente, che lĠobiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualitˆ pu˜ giustificare restrizioni alla libertˆ di stabilimento (v. sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 64 e giurisprudenza ivi citata). 43 Ne consegue che lĠobiettivo di garantire una tale fornitura di medicinali pu˜ giustificare una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali. 44 In terzo luogo, occorre esaminare se una normativa del genere sia idonea a garantire questo obiettivo. 45 In proposito, va ricordato anzitutto che lĠapertura di farmacie sul territorio italiano  oggetto di un regime di pianificazione in forza del quale, da un lato, il numero di farmacie ivi presenti  limitato, in quanto queste ultime sono ripartite in modo equilibrato, e, dallĠaltro, lĠapertura di una nuova farmacia  subordinata al rilascio di una previa autorizzazione al suo titolare. 46 Orbene, la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale che preveda un simile regime di pianificazione  in linea di principio atta a realizzare lĠobiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualitˆ (v., in tal senso, sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 94, nonchŽ citate ordinanze Polisseni, punto 25, e Grisoli, punto 31). 47 Infatti, un regime del genere pu˜ rivelarsi indispensabile per colmare eventuali lacune nellĠaccesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nellĠapertura delle strutture, in modo che sia garantita unĠassistenza medica adeguata alle necessitˆ della popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate (v., in tal senso, citate sentenze Hartlauer, punto 52, e Blanco PŽrez e Chao G—mez, punto 70). 48 Come rilevato dalla Corte, se non ci fosse alcuna regolamentazione, le farmacie potrebbero concentrarsi in localitˆ reputate attraenti, mentre in localitˆ meno attraenti si rischierebbe di non trovare un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualitˆ (sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 73). 49 Ci˜ considerato, uno Stato membro pu˜ ritenere che sussista un rischio di penuria di farmacie in talune parti del suo territorio, di conseguenza, un rischio di inadeguato approvvigionamento di medicinali quanto a sicurezza e a qualitˆ, e, adottare, pertanto, un regime di pianificazione delle farmacie (v., in tal senso, sentenza Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 75). 50 Occorre poi ricordare che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali prevede che la distribuzione di tutti i medicinali soggetti a prescrizione medica sia riservata alle sole farmacie. 51 Orbene, accettare la situazione auspicata dalle ricorrenti dei procedimenti principali, in base alla quale sarebbe possibile vendere nelle parafarmacie determinati medicinali soggetti a prescrizione medica, equivarrebbe a poter commercializzare tali medicinali senza osservare il requisito della pianificazione territoriale. Pertanto, gli interessati potrebbero stabilirsi in ogni luogo e a proprio piacere. 52 Cos“, non  escluso che una facoltˆ del genere porti ad una concentrazione di parafarmacie nelle localitˆ considerate pi redditizie e quindi pi attraenti, con il rischio per le farmacie situate in tali localitˆ di vedere diminuire la propria clientela e, di conseguenza, di essere private di una parte significativa dei loro introiti, tanto pi che le farmacie sono CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 soggette ad una serie di obblighi specifici riguardo alle modalitˆ di gestione della loro attivitˆ commerciale. 53 Orbene, una tale perdita di reddito potrebbe causare non soltanto una diminuzione della qualitˆ del servizio che le farmacie forniscono al pubblico, ma anche, se necessario, la chiusura definitiva di talune farmacie, conducendo cos“ ad una situazione di penuria di farmacie in determinate parti del territorio e, pertanto, ad un approvvigionamento inadeguato di medicinali quanto a sicurezza e a qualitˆ. 54 Da quanto precede risulta che la facoltˆ di cui al punto 51 della presente sentenza avrebbe ripercussioni negative sullĠeffettivitˆ dellĠintero sistema di pianificazione delle farmacie e quindi sulla sua stabilitˆ. 55 Ci˜ considerato, la normativa di cui trattasi nei procedimenti principali, che riserva alle sole farmacie, la cui apertura  subordinata a un regime di pianificazione, la distribuzione dei farmaci soggetti a prescrizione medica, compresi quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente,  atta a garantire la realizzazione dellĠobiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualitˆ nonchŽ, pertanto, la tutela della salute. 56 Il governo italiano teme che, in assenza di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, il consumo di farmaci diventi eccessivo. Tuttavia, tale timore  infondato. 57 Infatti,  irrilevante, al riguardo, il numero degli esercizi commerciali che vendono i medicinali soggetti a prescrizione medica, inclusi quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, ma sono pagati interamente dallĠacquirente. Dato che solo i medici sono autorizzati a prescrivere tali medicinali, nŽ i titolari di farmacie nŽ i titolari di parafarmacie hanno influenza diretta sul volume di distribuzione di detti medicinali e non possono quindi contribuire al loro eventuale sovraconsumo. 58 Resta da esaminare, in quarto luogo, se la restrizione alla libertˆ di stabilimento non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dellĠobiettivo addotto, vale a dire se non esistano misure meno restrittive per realizzarlo. 59 In proposito, si deve anzitutto ricordare che, secondo giurisprudenza costante della Corte, in sede di valutazione dellĠosservanza del principio di proporzionalitˆ nellĠambito della sanitˆ pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro pu˜ decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanitˆ pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. PoichŽ tale livello pu˜ variare da uno Stato membro allĠaltro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalitˆ (v. sentenze dellĠ11 settembre 2008, Commissione/Germania, C.141/07, Racc. pag. I.6935, punto 51; Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 19, nonchŽ Blanco PŽrez e Chao G—mez, cit., punto 44). 60 Del resto,  necessario che, qualora sussistano incertezze sullĠesistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro possa adottare misure di protezione senza dover attendere che la realtˆ di tali rischi sia pienamente dimostrata. In particolare, uno Stato membro pu˜ adottare le misure che riducono, per quanto possibile, un rischio per la salute, compreso, segnatamente, un rischio per la fornitura di medicinali sicura e di qualitˆ alla popolazione (v. citate sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 30, nonchŽ Blanco PŽrez e Chao G—mez, punto 74). 61 In forza della normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali,  riservata alle farmacie la vendita dei soli medicinali soggetti a prescrizione medica. Orbene, que sto tipo di medicinali, la cui assunzione e il cui consumo da parte del paziente sono oggetto di un controllo continuo di un medico e i cui effetti sulla salute sono in genere importanti, deve poter essere rapidamente, facilmente e sicuramente accessibile. 62 Cos“, il rischio, evocato al punto 53 della presente sentenza, di unĠeventuale situazione di penuria delle farmacie, la quale comporti lĠassenza di un accesso rapido e facile ai medicinali soggetti a prescrizione medica in determinate parti del territorio, risulta importante. Il fatto che la misura di liberalizzazione del regime di pianificazione delle farmacie si limiterebbe ai soli medicinali prescritti che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente non pu˜ ridurre la portata di un rischio simile. 63 Ci˜ considerato, il sistema attuato nello Stato membro in causa nei procedimenti principali, che non consente alle parafarmacie di vendere anche farmaci soggetti a prescrizione medica, segnatamente quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente, poichŽ riduce sostanzialmente il rischio richiamato nel punto precedente della presente sentenza, non risulta andare oltre quanto necessario per raggiungere lĠobiettivo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualitˆ. 64 Del resto, nessun elemento del fascicolo indicherebbe un eventuale sistema alternativo che possa ridurre un rischio simile con la stessa efficacia. 65 DallĠinsieme delle considerazioni suesposte discende che il sistema attuato dalla normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali  giustificato alla luce del- lĠobiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualitˆ,  idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non risulta andare oltre quanto necessario per raggiungerlo. 66 Tutto ci˜ considerato, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che lĠarticolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto allĠordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente. Sulle spese 67 Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: LĠarticolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto allĠordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui  titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens“ vengono pagati interamente dallĠacquirente. CONTENZIOSO NAZIONALE Riutilizzo commerciale dellĠinformazione detenuta nel settore pubblico in materia di dati ipotecari e catastali alla luce dei Trattati europei e della Direttiva 2003/98/CE CORTE DĠAPPELLO DI VENEZIA, SEZ. I CIVILE, 20 MARZO 2013, N. 624 Paola Maria Zerman e Rocco Steffenoni* SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Sintesi della dinamica processuale - 3. La nozione europea di impresa come condizione di applicabilitˆ dell'art. 102 TFUE - 4. L'attivitˆ di riutilizzo dell'informazione nel settore pubblico e lĠipotesi di abuso di posizione dominante: un dialogo tra corti - 5. Conclusione. 1. Introduzione. La pubblica amministrazione detiene tramite l'Agenzia del Territorio (1) l'insieme dei dati ipotecari e catastali che le imprese sono tenute a comunicare per legge. Tali informazioni costituiscono una banca dati unica in quanto a completezza e aggiornamento. Alcune societˆ private, che operano nel settore delle informazioni immobiliari, accedono a tali dati per poi rielaborarli e somministrarli ai propri clienti come servizio di intermediazione con la pubblica amministrazione. (*) Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato; Rocco Steffenoni, Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso lĠAvvocatura dello Stato. La sentenza annotata fa parte di un filone pi ampio di controversie afferente allĠutilizzazione dei dati catastali tuttora non compiutamente definito dalla Corte di Cassazione. Si pubblica - in calce allĠarticolo - una parte della relazione di recente pervenuta dallĠAgenzia del Territorio (ora Entrate) [ndr]. (1) L'Agenzia del Territorio  un ente dotato di personalitˆ giuridica di diritto pubblico. é stato istituito con il d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 al fine di fornire, in regime di monopolio legale, i servizi catastali, di conservatoria dei registri immobiliari e i servizi di mera informazione. Alcune delle proprie funzioni e dei propri oneri di conservatore sono altres“ previsti dall'art. 2673 cod. civ.. Nell'ultimo decennio, il legislatore e la giurisprudenza hanno iniziato a occuparsi della disciplina di questo settore oscillando, tuttavia, sullĠestensione del margine di commercializzazione di questi dati da parte della pubblica amministrazione stessa. La ragione di questo orientamento si fonda principalmente sulla supposta condotta anticoncorrenziale (abuso di posizione dominante) che assumerebbe un ente pubblico nel momento in cui, avvantaggiandosi della propria banca dati, iniziasse a svolgere alcune attivitˆ commerciali in concorrenza con gli operatori privati. La controversia in esame riguarda, infatti, l'art. 8, comma 1, l. 10 ottobre 1990, n. 287, nella parte in cui estende la disciplina antitrust anche alle imprese pubbliche e a quelle a prevalente partecipazione statale, e la normativa europea (artt. 102, 106 TFUE), che estende parimenti le regole e i principi in materia di concorrenza alle imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale oppure operano in regime di monopolio fiscale sul mercato. Questo arresto della Corte d'Appello di Venezia (2) costituisce, pertanto, un'occasione per osservare le difficoltˆ del corretto equilibrio tra regolazione e concorrenza. In questĠottica, infatti, l'orientamento del Collegio di Venezia, nel conformarsi alla pi recente giurisprudenza europea, propone una lettura innovativa del tema, cos“ da costituire un'ottima premessa per una revisione del precedente orientamento della maggioritaria giurisprudenza italiana. 2. Sintesi della dinamica processuale. Il presente giudizio si instaura davanti alla Corte d'Appello di Venezia con atto di citazione della societˆ I.T.C. avverso lĠAgenzia del Territorio. La societˆ ITC adduce, infatti, che l'Agenzia, nel svolgere la propria attivitˆ di conservazione dei registri e di rilascio dei dati detenuti, ha violato il divieto di abuso di posizione dominante ex art. 3 l. 287/90. Peraltro, tale giudizio  stato preceduto da un ricorso ante causam, con cui la societˆ ITC ha chiesto che all'Agenzia del Territorio fosse inibito di proseguire a elaborare e offrire al pubblico il servizio di ricerca continuativa telematica (3) in via diretta senza utilizzare, a paritˆ di costi e condizioni con altre imprese operanti nel settore, una societˆ separata (ex art. 8, comma 2bis, l. 287/90 (4)). La Corte d'Appello di Venezia ha accolto con ordinanza (2) Corte dĠAppello di Venezia, sez. I civile, 20 marzo 2013, n. 624. (3) Il servizio di ricerca continuativa consiste nella trasmissione delle variazioni dei dati ipotecari e catastali relativi ad un determinato soggetto lungo un periodo di tempo indicato dal richiedente. La possibilitˆ per l'Agenzia del Territorio di svolgere il servizio di ricerca continuativa le  stato attribuito dal d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni in legge dalla l. 31 marzo 2005, n. 43, in concomitanza, peraltro, con l'introduzione della nuova tabella recante l'aggiornamento delle tasse ipotecarie. (4) In particolare, l'art. 8, comma 2-bis, della l. 287/90 impone alle imprese che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato di Òoperare mediante societˆ separate" qualora intendano "svolgere attivitˆ diverse in mercati diversi da quelli in cui agisconoÓ. quest'ultimo ricorso e, in seguito, lo ha anche confermato in sede di reclamo. Nella controversia in esame, lĠinteresse della societˆ ITC si qualifica alla luce della specifica attivitˆ d'impresa: rilevazione e rielaborazione dei dati presso i pubblici registri immobiliari al fine di offrire sul mercato un servizio di segnalazione tempestiva all'utenza di ogni variazione (trascrizioni, iscrizioni, annotamenti) che intervenisse nel patrimonio immobiliare di alcuni soggetti determinati. Secondo la ragione dell'attore, infatti, l'Agenzia del Territorio, in quanto ente dotato di personalitˆ giuridica di diritto pubblico, ha esorbitato dal proprio incarico pubblicistico esercitando in condizioni di monopolio servizi inerenti il catasto e la conservatoria dei registri immobiliari. Oltretutto, si ritiene illegittimo che lo statuto dell'Agenzia del Territorio consenta di svogere, a soggetti pubblici e privati, due mansioni cos“ differenti, come quella istituzionale e quella di commercializzazione di servizi. In particolare, si tratta dei servizi di monitoraggio continuativo dei soggetti presenti nelle formalitˆ ipotecarie. Infatti,  grazie alla propria funzione pubblicistica che lĠAgenzia del Territorio detiene l'universalitˆ dei dati sul sistema immobiliare e, quindi, che le permette di offrire sul mercato gli stessi servizi che le societˆ intermediarie svolgono attraverso la rielaborazione dei dati raccolti. Inoltre, secondo la societˆ ITC, l'aumento tariffario da 0,70 euro a 4,00 euro per il rilascio dell'elenco soggetti (essenziale per l'attivitˆ di monitoraggio da parte delle imprese private), introdotto dal d.l. 262/2006 (5),  stato un fattore causale determinante per l'esponenziale aumento dei propri costi di produzione e, quindi, per il crollo del fatturato dell'impresa ITC. Il ricorrente ritiene, infatti, che lĠesercizio contestuale da parte dell'Agenzia del Territorio dellĠattivitˆ pubblicistica e di quella commerciale, nonchŽ l'esponenziale e ingiustificato aumento dei costi di accesso ai registri, hanno integrato una fattispecie di abuso di posizione dominante. Pertanto, nelle proprie conclusioni, ITC chiede al Collegio della Corte d'Appello di Venezia che venga riconosciuta l'illiceitˆ della condotta del- l'Agenzia del Territorio integrante la fattispecie dell'abuso di posizione dominante e che venga condannata al risarcimento del danno, prodotto dall'introduzione del servizio di ricerca continuativa sia in termini di incremento dei costi di produzione per lĠaumento tariffario sia in termini di perdita di clientela per la rinuncia al servizio di monitoraggio immobiliare. L'Agenzia del Territorio si  costitutita in giudizio eccependo che il servizio di conservatoria dei registri immobiliari  un servizio pubblico, e, in quanto tale,  escluso dalle norme sulla concorrenza. Del resto, la natura e la determinazione della tariffa per lĠaccesso al servizio da parte degli operatori (5) D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, recante ÒDisposizioni urgenti in materia tributaria e finanziariaÓ, convertito con modificazioni in legge dalla l. 24 novembre 2006, n. 286. del settore esulano dalla propria competenza, essendo eterodeterminati con legge dal legislatore nazionale. Il Collegio della Corte dĠAppello di Venezia, dopo aver affermato la propria giurisdizione (6) in tema di azione risarcitoria per violazione del divieto di abuso di posizione dominante (c.d. Òillecito concorrenzialeÓ), rigetta la domanda di parte attrice sia nella parte in cui viene supposto il carattere imprenditoriale del servizio svolto dall'Agenzia del Territorio, con la conseguente violazione della disciplina nazionale ed europea a tutela della concorrenza, sia nella parte relativa alla richiesta di risarcimento del danno. In particolare, nella sentenza non viene escluso in termini aprioristici che un soggetto pubblico possa svolgere unĠattivitˆ con caratteri di commercialitˆ, cos“ da poter essere oggetto della normativa antitrust. Infatti, per lĠattivitˆ di raccolta dei dati e di divulgazione degli stessi viene svolta unĠanalisi in concreto, sia in termini soggettivi che oggettivi, della qualificazione dellĠattivitˆ dellĠAgenzia del Territorio. Peraltro, in termini soggettivi si afferma che il fatto che lĠAgenzia sia qualificata come pubblica non Ònon osta al suo assoggettamento alla disciplina antimonopolistica in quanto ci˜ dipende unicamente dal tipo di attivitˆ che essa svolge e dal modo in cui tale attivitˆ si esplica sul mercatoÓ. Mentre, in termini oggettivi, si ribadisce che non esiste una preclusione assoluta per un soggetto pubblico, infatti, Ònei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attivitˆ economica che pu˜ essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, si pu˜ affermare che esso svolga attivitˆ economica [soggetta alla normativa antitrust]Ó. Per il Collegio, quindi, il servizio di ricerca continuativa reso dallĠAgenzia si qualifica come unĠattivitˆ di semplice rilascio di dati ex art. 5 della Direttiva 2003/98/CE e non, invece, di riutilizzo a fini commerciali del documento pubblico, ex art. 2, paragrafo 1, n. 4 della stessa Direttiva (7). Ne (6) La ripartizione della giurisdizione in materia antitrust viene in linea generale assegnata alla cognizione del giudice amministrativo salvo quanto previsto dallĠart. 33, comma 2, della l. 10 ottobre 1990, n. 287, il quale, al tempo della controversia, sottoponeva alla Corte dĠAppello la cognizione del giudice ordinario per quanto concerne le ipotesi di Òazioni di nullitˆ e di risarcimento del danno, nonchŽ i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV [della stessa legge] ... promossi davanti alla corte d'appello competente per territorioÓ. In seguito alle modifiche apportare dall'art. 2, comma 2, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma 1, l. 24 marzo 2012, n. 27  venuta meno la competenza della Òcorte d'appello competente per territorioÓ in favore del Tribunale competente per territorio presso cui  stata istituita la sezione specializzata di cui all'art. 1 del d.lgs. 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, con decorrenza per i Ògiudizi instaurati dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decretoÓ. (7) Per 'riutilizzo' la Direttiva 2003/98/CE intende Òl'uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti. Lo scambio di documenti tra enti pubblici esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non costituisce riutilizzoÓ (art. 2, par. 1, n. 4). consegue che il servizio, non avendo carattere commerciale, esula dall'ambito della disciplina della l. 287/90 in materia di concorrenza. 3. La nozione europea di impresa come condizione di applicabilitˆ dell'art. 102 TFUE. Per la soluzione della presente controversia  apparsa quantomai decisiva la nozione di impresa che il Collegio ha ritenuto di adottare. Infatti, a titolo di premessa, la giurisprudenza europea ritiene, come condizione di applicabilitˆ dell'art. 102 TFUE in tema di abuso di posizione dominante, che vi sia l'esercizio di un'impresa (pubblica (8) o privata). Quindi, la qualifica di impresa, intesa come esercizio di una attivitˆ economica (9),  pregiudiziale all'intera disciplina. Inoltre  pacifico che le attivitˆ che sono manifestazione d'imperio nell'esercizio di pubblici poteri, poichŽ non presentano profili di economicitˆ, non sono oggetto della applicazione delle norme del Trattato FUE sulla concorrenza (10). Una volta acquisito il principio per cui un ente statale si qualifica come impresa ogni qual volta non agisca come pubblica autoritˆ (11), si pu˜ osser (8) Sulla possibilitˆ che lo Stato e gli enti pubblici agiscano come impresa, cfr. CGCE, 20 marzo 1985, C-41/83, Italia/Commissione, p.ti 16-20. In questa pronuncia si segnala la tesi difensiva sostenuta dalla Repubblica italiana secondo la quale ÒL'art. 86 del Trattato si applica unicamente ad un'attivitˆ imprenditoriale esercitata secondo le forme del diritto privato e non all'attivitˆ normativa esercitata, in base ad una legge, da un servizio pubblico gestito a condizioni stabilite dai pubblici poteriÓ (p.to 16). (9) In questo senso CGUE, sez. III, 11 luglio 2013, C-440/11, Commissione/Stichting Administratiekantoor Porielje, p.to 36; CGUE, sez. II, 28 febbraio 2013, C-1/12, Ordem dos TŽcnicos Oficiais de Contas/Autoridade da Concorrncia, p.to 35; CGUE, Grande Sezione, 19 luglio 2012, cause riunite C628/ 10 e C-14/11, Alliannce One Int. e a./Commissione, p.to 42; CGCE, 16 giugno 1987, C-118/85, Commissione/Italia, p.to 7; CGCE, 16 marzo 2004, AOK-Bundesverband e a., cause riunite C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, in Giurisprudenza italiana, Utet, nov. 2004, pag. 2025-2034. Sulla nozione di Òattivitˆ economicaÓ, intesa come Òqualunque attivitˆ consistente nell'offrire beni o servizi in un determinato mercatoÓ, cfr. CGUE, 3 marzo 2011, sez. I, C-437/09, AG2R PrŽvoyance, p.to 42; CGCE, sez. III, 10 settembre 2009, C-97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, p.to 54; CGCE, Grande Sezione, 1 luglio 2008, C-49/07, MOTOE, p.to 22; CGCE, Grande Sezione, 28 giugno 2005, cause riunite C189/ 02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rżrindustri e a./Commissione, p.to 112; CGCE, sez. VI, 24 ottobre 2002, C-82/01, AŽroports de Paris/Commissione, p.to 79. A riguardo la recente pronuncia CGUE, sez. VIII, 19 dicembre 2012, C-288/11, Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen Leipzig-Halle, p.to 50 in cui si afferma che Òil carattere economico o meno di un'attivitˆ non dipende dallo statuto privato o pubblico del soggetto che la esercita nŽ dalla redditivitˆ di tale attivitˆÓ. (10) CGCE, 11 luglio 1985, C-107/84, Commissione/Germania, p.ti 14-15; CGCE, 19 gennaio 1994, C-364/92, SAT Fluggesellschaft, p.to 30; CGCE, MOTOE, cit., p.to 24. Da una lettura a contrario dalla giurisprudenza europea (CGCE, AŽroports de Paris/Commissione, cit., p.to 74; MOTOE, cit., p.to 25) si deduce, infatti, che i caratteri di economicitˆ rilevanti ai fini della applicazione della normativa concorrenziale possono riferirsi anche a segmenti divisibili di una attivitˆ. (11) Ex plurimis, CGCE, 18 marzo 1997, C-343/95, Cal“ & Figli/Servizi Ecologici Porto di Genova. In questo caso la vicenda verteva su una attivitˆ (rientrante nell'alveo delle missioni di interesse generale) svolta da un privato sulla base di una concessione esclusiva conferita da un ente pubblico. Tale attivitˆ, nonostante il contributo per il finanziamento versato dagli utenti, non  stata ricompresa nell'art. 86 TCE (oggi 106 TFUE) in quanto costituisce una manifestazione di pubblici poteri. vare una giurisprudenza europea (12) molto recente che ha preso nuovamente in esame alcuni di questi aspetti. La Corte di Giustizia ha affermato, infatti, che Ònei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attivitˆ economica che pu˜ essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, in ordine a una siffatta attivitˆ tale ente agisce come impresa mentre, qualora la suddetta attivitˆ economica sia indissociabile dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, tutte le attivitˆ svolte da tale ente rimangono attivitˆ che si ricollegano all'esercizio dei suddetti poteriÓ (13); con ci˜ la qualificazione dellĠattivitˆ viene dissociata da ogni preclusione soggettiva. Del resto, tale principio  perfettamente in linea con l'enunciato normativo dell'art. 8, c. 2-bis, della l. 287/90 (14) che, da un lato ammette che un ente pubblico svolga un'attivitˆ d'impresa in concomitanza con l'attivitˆ pubblicistica, ma dall'altro lato ne impone la differenziazione societaria. A tal fine l'iter argomentativo della sentenza che si annota si fonda appieno nel solco dell'interpretazione della nozione di impresa data dalla giurisprudenza europea la quale Òabbraccia qualsiasi entitˆ che eserciti un'attivitˆ economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalitˆ di finanziamentoÓ (15); dovendo cos“ il giudice andare a svolgere una valutazione in concreto sul Òtipo di attivitˆ che essa svolge e sul modo in cui tale attivitˆ si esplica sul mercatoÓ (16) e che Òsi tratti di un'attivitˆ economica consistente nell'offerta di beni o servizi sul mercato da cui esula l'esercizio di un potere d'imperioÓ (17). Invece, lĠaspetto della fonte del finanziamento e della natura (12) CGUE, sez. V, 12 luglio 2012, C-138/12, Compass-Datenbank GmbH/Republik …sterreich, p.to 38. (13) CGUE, sez. V, 12 luglio 2012, C-138/12, cit., p.to 38. Tale principio viene ripreso in parte dalla sentenza CGCE, 26 marzo 2009, sez. II, C-113/07 P, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, p.ti 72 e ss.. (14) Cfr. supra nt. n. 4. (15) Relativamente alla questione dello status giuridico e del finanziamento ex plurimis: CGUE, sez. I, 13 giugno 2013, C-511/11, p.to 51; CGCE, sez. II, 10 gennaio 2006, C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., p.to 107; CGCE, Grande Sezione, 11 luglio 2006, C-205/03 P, FENIN/Commissione, p.to 25; CGCE, Grande Sezione, 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, cit., p.to 112; CGCE, sez. VI, 23 aprile 1991, C-41/90, Hšfner e Elser/Macroton, p.to 21; CGCE, 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91, C-160/91 Poucet e Pistre/AGF e Cancava, p.to 17. Anche la giurisprudenza nazionale di legittimitˆ richiama questi principi, ad es. in Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. (16) Cfr. CGUE, sez. I, 3 marzo 2011, C-437/09, cit., p.to 69. Secondo la quale costituisce pratica abusiva contraria all'art. 106 TFUE Òquando uno Stato membro conferisce ad un'impresa il diritto esclusivo di esercitare talune attivitˆ e crea una situazione in cui tale impresa non  manifestamente in grado di soddisfare la domanda che presenta il mercato per questo genere di attivitˆÓ. (17) Cfr. Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. In questo senso sembra procedere anche lĠargomentazione della sentenza CGUE, sez. II, 26 marzo 2009, C-113/07, cit., nella parte in cui pone come condizione dello svolgimento di una attivitˆ economica che tale attivitˆ possa essere dissociata dall'esercizio di pubblici poteri. Al tempo stesso la presenza di un corrispettivo (sia esso previsto dalla legge e non determinato in alcun modo dall'ente) non  sufficiente per qualificare l'attivitˆ come economica e l'ente come impresa, cfr. CGCE, 19 gennaio 1994, C-364/92, SAT Fluggesellschaft/Eurocon del corrispettivo per l'attivitˆ di detenzione e fornitura di dati del registro immobiliare  ritenuto di scarso rilievo e, comunque, non sufficiente come indice di attivitˆ economica. Peraltro, l'Agenzia del Territorio svolge solo la mera funzione (non discrezionale) di riscossione dei diritti e/o delle tasse, dal momento che la quantificazione dell'ammontare del corrispettivo  interamente demandata alla discrezionalitˆ del legislatore. Si tratta cos“ di una lettura non-formalistica della nozione di impresa, che si fonda sullĠosservazione in concreto dei caratteri dell'attivitˆ e che prescinde del tutto dalla qualifica nominale (pubblica o privata) dei soggetti. Infatti, per il Collegio Òosta l'assoggettamento [dell'Agenzia del Territorio] alla disciplina antimonopolisticaÓ ex art. 102 TFUE, non tanto per la sua qualifica di ente pubblico ma piuttosto per la specifica funzione, non dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, che ha svolto. 4. L'attivitˆ di riutilizzo dell'informazione nel settore pubblico e lĠipotesi di abuso di posizione dominante: un dialogo tra corti. 4.1-L'Agenzia del Territorio, in virt della propria funzione, detiene in Italia lĠinsieme dei dati contenuti nei registri di sua competenza (ad es. dati catastali). LĠaccesso a tali dati  essenziale per trarre molteplici e rilevanti informazioni sulla consistenza patrimoniale di persone fisiche e giuridiche. Per questo motivo nel mercato nazionale ed europeo vi sono alcune societˆ intermediarie che, su richiesta dei propri clienti, accedono ai dati del- l'Amministrazione contenuti negli archivi e nei registri pubblici, ne rielaborano i dati e li somministrano ai propri clienti in forma di dati rielaborati. Con la la legge finanziaria per l'anno 2005 (18) il legislatore ha previsto un generico divieto di somministrazione a terzi (leggasi 'riutilizzazione commerciale') di Òdocumenti, dati e informazioni catastali e ipotecari acquisiti [...] dagli archivi e i pubblici registri tenuti dagli uffici dell'Agenzia del TerritorioÓ. Col tempo, tuttavia, tale divieto si  affievolito. Infatti, in un primo momento lĠaccesso alle banche dati veniva dato a fronte di un mandato scritto trol. Si veda inoltre sulla linea di demarcazione tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico (in base ai criteri: i) sulla modalitˆ di costituzione; ii) sulla fase dell'organizzazione; iii) sulla natura dell'attivitˆ svolta; iv) sul fine perseguito) e quindi sulla compatibilitˆ della compresenza tra interesse pubblico e scopo di lucro Cons. St., sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, in Foro amm. CdS, 2012, 3, 696 e ss., ma anche la recente pronuncia del Cons. St., sez. VI, 11 gennaio 2013, n. 122, con nota di A. NICODEMO, Societa pubbliche: attivita d'impresa e attivita amministrativa, in Foro amm. CdS, 2013, 3, 814-824. In tal senso si veda anche: CGCE, sez. VI, 26 marzo 2009, C-113/07, cit., p.to 82; CGCE, sez. VI, 14 settembre 2000, C-343/98, Collino e Chiappero, p.to 33; CGCE, 27 ottobre 1993, C-69/91, Decoster, p.to 15. Infine, dalla giurisprudenza precedentemente citata si pu˜ desumere a contrario che deve essere considerato come impresa un ente integrato nell'amministrazione pubblica che esercita attivitˆ che presentano un carattere economico e che non rientrano nell'esercizio di prerogative dei pubblici poteri. (18) Art. 1, comma 367-374, l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). di incarico per l'acquisizione delle informazioni, con la conseguente possibilitˆ di riutilizzazione commerciale dei dati in seguito alla stipula di specifiche convenzioni con l'Agenzia del Territorio. Successivamente, invece, in parziale attuazione della Direttiva 2003/98/CE (19) il divieto di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecari e catastali  venuto meno (20). Nella sentenza che si annota rilevano in particolar modo sia la Direttiva 2003/98/CE, in materia di riutilizzo a fini commerciali della documentazione detenuta da enti pubblici, e sia l'art. 8 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 (21), recante i criteri di esenzione dalla normativa antitrust per le imprese pubbliche, private o a prevalente partecipazione pubblica che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato. Come si  richiamato (supra ¤ 3), in materia di concorrenza la giurisprudenza europea  costante nel manifestare un approccio anti-formalistico, tale da ritenere che venga ricompreso nella nozione di 'impresa' e di 'attivitˆ d'impresa' ogni ente che eserciti un'attivitˆ economica, indipendentemente dal proprio status giuridico e dalle proprie modalitˆ di finanziamento. (19) Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico. Tale Direttiva, i cui effetti dovevano trovare attuazione nell'ordinamento nazionale entro il 1 luglio 2005, non era stata adeguatamente recepita. Infatti, il d.lgs. 24 gennaio 2006, n. 36 aveva eccettuato all'art. 4 quanto previsto in materia di riutilizzazione commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie, previste dalla l. 30 dicembre 2004, n. 311. Tale normativa, tuttavia, rimane in vigore fino alla l. 4 giugno 2010, n. 96, che all'art. 44, comma 1, abroga il d.lgs. 36/2006, facendo salve per˜ le sole norme tariffarie ex art. 1, commi 370, 371 e 372, l. 311/2004. Si rileva, infine, che la segnalazione proveniente dalla Autoritˆ Antitrust (n. AS321, 27 gennaio 2006) e la comunicazione ufficiale del 19 marzo 2009 della Commissione europea al Ministro degli Affari esteri italiano mostrano come le disposizioni contenute nei commi 367-372 e nel d.lgs. 36/2006 non appaiono adeguate per l'attuazione della Direttiva. (20) Òé consentito il riutilizzo dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecari a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti, fermo restando il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personaliÓ, cos“ recita l'articolo 5, comma 4-bis, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, che abroga il comma 367 dell'art. 1 della finanziaria per l'anno 2005. In ogni caso bisogna considerare la neutralitˆ della Direttiva 2003/98/CE in tema di riutilizzazione o meno dei dati contenuti nei registri; tale aspetto si evince dalla lettura del Considerando n. 9 laddove prevede che: ÒLa presente Direttiva non prescrive l'obbligo di consentire il riutilizzo di documenti. La decisione di autorizzare o meno il riutilizzo spetta agli Stati membri o all'ente pubblico interessatoÓ. In ogni caso, la Direttiva allĠart. 6 prescrive i criteri che ogni ente pubblico dovrebbe adottare per la fissazione del prezzo, un aspetto decisivo in relazione a comportamenti abusivi delle imprese dominanti volti all'esclusione dei concorrenti. Ad esempio, viene indicato che Òil totale delle entrate provenienti dalla fornitura e dalla autorizzazione al riutilizzo dei documenti non supera i costi di raccolta, produzione, riproduzione e diffusione, maggiorati di un congruo utile sugli investimentiÓ. (21) Si fa riferimento alle disposizioni introdotte con la novella all'art. 11, comma 3, l. 5 marzo 2001, n. 57, recante ÒDisposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercatiÓ. Si veda a riguardo F. PIRON, Separazione societaria e obbligo di comunicazione preventiva secondo l'art. 8 della L. 10 ottobre 1990, n. 287, in Studium iuris, 2006; V. MELI, La modifica dellĠart. 8 della legge antitrust, in Le nuove leggi civili commentate, 2001, fasc. 5, pag. 1084 e ss.. Inoltre, si evidenzia anche l'orientamento europeo in base al quale ad ogni soggetto economico  fatto obbligo di rispondere sulla base del principio della responsabilitˆ personale nell'ipotesi in cui vi sia una violazione delle norme in materia di concorrenza (22). Pertanto, l'Agenzia del Territorio avrebbe potuto rispondere in linea teorica della propria condotta se nell'esercizio di una attivitˆ d'impresa a valle della tenuta di pubblici registri avesse integrato i presupposti per un'infrazione alle regole del mercato concorrenziale. Si tratta di una ricostruzione interpretativa resa oltretutto necessaria nel- l'ordinamento italiano in forza del richiamo ai principi interpretativi europei da parte dell'art. 1, comma 4, l. 287/90. In quest'ottica, la qualifica dell'Agenzia come ente pubblico non solo non ne limita l'attivitˆ a meri atti di imperio ma, anzi, non esclude affatto che venga esercitata un'attivitˆ economica di offerta di beni o servizi sul mercato. In questĠipotesi, tuttavia, lĠente diviene soggetto al controllo di legittimitˆ della propria condotta anche in relazione allĠillecito concorrenziale. In tale vicenda si incardina, peraltro, un'ulteriore questione circa lĠeffetto scriminante del divieto di abuso di posizione dominante che si verrebbe a determinare nell'ipotesi in cui la descritta attivitˆ svolta dall'Agenzia del Territorio venisse interamente ricondotta all'interno della categoria della gestione dei servizi di interesse generale. La Cassazione, pronunciandosi in merito, ha fissato il principio per cui  necessario che venga fatta una valutazione in concreto dell'attivitˆ al fine di determinare se la condotta sia strettamente connessa all'adempimento degli specifici compiti affidati all'impresa o meno (23). Tra l'altro, in termini probatori spetta all'impresa l'onere di dimostrare che la condotta messa in atto costituisca Òl'unico mezzo possibile per il perseguimento del fine istituzionaleÓ (24). Successivamente, la Cassazione, su un caso similare, ha valutato la rispondenza della attivitˆ di riutilizzo dei dati da parte dell'Agenzia del Territorio rispetto alla disciplina dei servizi di interesse economico generale (e quindi dell'art. 106 TFUE e dell'art. 8 l. 287/90) al fine di considerarne l'esenzione (22) In questo senso si esprime la giurisprudenza europea CGUE, sez. I, 20 gennaio 2011, C90/ 09 P, General Qu’mica e a./Commissione, punti 34-36; CGCE, sez. III, 10 settembre 2009, C-97/08 P, cit., p.to 56; CGCE, Grande Sezione, 11 dicembre 2007, C-280/06, ETI e a., p.ti 38-39. Anche la giurisprudenza nazionale in tema di tutela della libertˆ di concorrenza ex l. 287/1990 qualifica la violazione di tali interessi come responsabilitˆ aquiliana da danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., cfr. Cass. SS. UU., 4 febbraio 2005, n. 2207; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 993. (23) ÒAmmesso e non concesso che da tali gare possa essere derivato un danno ingiusto per le imprese attrici, si sarebbe comunque trattato di condotta esentata l. n. 287, ex art. 8 dall'applicazione del diritto antitrustÓ in quanto Òimprese che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generaleÓ, Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3638. Si vedano anche Cass. civ., sez. I, 10 gennaio 2008, n. 355; Cass. civ., sez. I, 16 maggio 2007, n. 11312. (24) Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3638. dalla disciplina della concorrenza (25). In merito, quindi, la Suprema Corte, nell'operare un giudizio di bilanciamento e ragionevolezza, ha escluso che nel caso esaminato si possa ritenere operante la deroga ex art. 8, comma 2, l. 287/90, dal momento che non  stato adeguatamente dimostrato il necessario nesso funzionale Òtra il servizio di formazione, conservazione e gestione dei registri pubblici, da un lato, e dall'altro le limitazioni che l'Agenzia del territorio  abilitata a porre nella successiva utilizzazione economica dei dati da parte di altri soggettiÓ. 4.2-Un recente arresto europeo della Corte di giustizia (26) ha ulteriormente sviluppato il dialogo tra corti sul tema in esame. La Corte ha, infatti, preso in esame il caso di una autoritˆ pubblica austriaca che gestisce in regime di monopolio una banca dati con la funzione di raccogliere e renderne pubblici i dati. Il giudice dell'Oberster Gerichtshof austriaco ha sollevato una domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia del- lĠUnione europea circa l'interpretazione dell'art. 102 TFUE in relazione alla messa a disposizione dei dati del registro delle imprese (Firmenbuch) e, alla luce della Direttiva 2003/98/CE, in tema di riutilizzo a fini commerciali della documentazione detenuta da enti pubblici per motivi di servizio pubblico. In primo luogo, la Corte ha posto come discrimine della configurabilitˆ per un ente pubblico di una attivitˆ come 'impresa' (27) la possibilitˆ che questa possa essere dissociata dall'esercizio del pubblico potere; e, quindi, se un'attivitˆ non pu˜ essere dissociata deve essere necessariamente ricollegata all'esercizio del pubblico potere. In secondo luogo, suddivide in due momenti il processo di raccolta e messa a disposizione dei dati: un'attivitˆ di raccolta di dati relativi ad imprese, basata su un obbligo legale di dichiarazione imposto a queste ultime e sui correlativi poteri coercitivi; un'attivitˆ consistente nel conservare e nel rendere accessibili al pubblico i dati in tal modo raccolti, vuoi mediante semplice consultazione, vuoi mediante la fornitura di copie su supporto cartaceo, conformemente alla normativa nazionale applicabile. Per entrambe le fasi (inscindibili e l'una preordinata all'altra) si ritiene che nŽ si configuri un'attivitˆ economica nŽ che la pubblica autoritˆ possa essere qualificata come impresa ai sensi dell'art. 102 TFUE. (25) Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. A riguardo nella sentenza si afferma che ÒLa ragione di tale esenzione, com' noto, risiede essenzialmente nel fatto che quei servizi, benchŽ esercitati da imprese e finalizzati a scopi lucrativi, sono altres“ funzionali ad obiettivi extraeconomici di pi ampia portata - e dunque appunto d'interesse generale - essendo volti a soddisfare esigenze di carattere sociale, ambientale, culturale e simili, facenti capo ad una indeterminata platea di soggettiÓ. (26) CGUE, sez. III, 12 luglio 2012, C-138/11, Compass-Datenbank, in Foro amm. CdS, 2012, 7-8, 1733 e ss.. (27) Cfr. supra par. 2. In terzo e ultimo luogo, la Corte considera l'ipotesi della somministrazione di dati a soggetti interessati dietro un corrispettivo. In questo caso la presenza di un corrispettivo non  ipso facto un'indice di commerciabilitˆ (e quindi di attivitˆ economica) Ònei limiti in cui i diritti o le tasse dovuti per la messa a disposizione del pubblico delle informazioni di cui trattasi non sono determinati, direttamente o indirettamente, dall'ente interessato, bens“ sono previsti dalla leggeÓ. 4.3-Solo con queste premesse, si pu˜ analizzare lo sviluppo argomentativo della sentenza della Corte d'Appello di Venezia che si annota. Infatti, in linea con la citata sentenza Compass-Datenbank della Corte di Giustizia, il Collegio della Corte dĠAppello di Venezia ha condotto una valutazione in concreto dellĠattivitˆ svolta dalla Agenzia del Territorio, avendo altres“ in considerazione come orizzonte interpretativo la Direttiva 2003/98/CE. In particolare, il Collegio fa riferimento all'art. 10 della Direttiva, il quale, da un lato al primo paragrafo impone che non vi siano effetti discriminatori in termini di riutilizzo dei documenti, dall'altro al secondo paragrafo dispone che Òse un ente pubblico riutilizza documenti per attivitˆ commerciali che esulano dall'ambito dei suoi compiti di servizio pubblico, la messa a disposizione dei documenti in questione per tali attivitˆ  soggetta alle stesse tariffe e condizioni applicate agli altri utilizzatoriÓ. La questione si concentra, quindi, sulla qualificazione che si intende dare alla attivitˆ di ricerca continuativa (28), poichŽ, a seconda dell'interpretazione, questa assume i caratteri propri di una attivitˆ d'impresa oppure quelli di attivitˆ d'imperio, propria di un ente pubblico, e quindi esclusa dalla disciplina antitrust. Infatti, nel primo caso la normativa applicabile sarebbe quella inerente il riutilizzo a fini commerciali dei dati pubblici ex art. 2 n. 4 (29) della Direttiva cos“ comportando la necessitˆ della applicazione della normativa europea in materia di concorrenza ex art. 102 TFUE e ss. e quella interna ex l. 287/90 (sub specie dell'art. 8 della stessa legge); nel secondo caso il servizio del- l'Agenzia verrebbe a costituire una mera Òmessa a disposizione dei documenti per via elettronicaÓ ex art. 5 della Direttiva, cosicchŽ essendo inquadrata come attivitˆ svolta in esercizio della funzione pubblica esula dall'applicazione della normativa antitrust. A fronte di queste considerazioni, il Collegio, nel rigettare l'istanza della societˆ ITC, sceglie di non qualificare lĠattivitˆ effettivamente svolta della Agenzia del Territorio come 'attivitˆ d'impresaĠ, poichŽ Òl'attivitˆ in parola non concreta il riutilizzo del documento a fini commerciali ma il semplice ri (28) V. supra nt. n. 3. (29) V. supra nt. n. 5. lascio di dati e ci˜ in quanto le notizie che vengono comunicate all'utente per via telematica, ancorchŽ riferite ad un soggetto monitorato in un arco continuativo di tempo, derivano direttamente dall'utilizzo del moderno sistema informatico di tenuta dei registriÓ (30). 5. Conclusioni. La Corte dĠAppello di Venezia, nel definire il giudizio, pone in evidenza alcuni aspetti di rilievo in una materia nuova quanto complessa come quella del riutilizzo dellĠinformazione nel settore pubblico, altrimenti nota con lĠacronimo inglese di PSI (Public Sector Information). La Direttiva 2003/98/CE costituisce, infatti, un primo punto di parteza per una normativa comune allĠinterno del pi ampio percorso per una Agenda Digitale per l'Europa (31). Per questo motivo  necessario non solo il pieno recepimento nellĠordinamento italiano della Direttiva ma anche una lettura conforme allĠevoluzione della giurisprudenza comunitaria in materia. La sentenza esaminata si discosta dalla precedente giurisprudenza nazionale di legittimitˆ affermando che non costiuisce attivitˆ economica lĠattivitˆ svolta dalla Agenzia del Territorio ma mera esecuzione di atti dĠimperio pubblicistici. Pertanto, non qualificandosi tale funzione come ÔimpresaĠ non deve considerarsi applicabile la normativa in materia di sfruttamento abusivo di posizione dominante sul mercato ex art. 102 TFUE. Peraltro, la circostanza che la somministrazione dei dati venga fornita dallĠAgenzia a fronte di un corrispettivo e il fatto che tale corrispettivo abbia subito degli incrementi (anche rilevanti) non significa di per sŽ che tale attivitˆ debba essere riqualificata come commerciale nŽ che la prova della sproporzione dellĠaumento possa Òessere fatta derivare sic et simpliciter dall'aumento della tariffaÓ. (30) Tuttavia, in materia non mancano precedenti di segno contrario che abbiano affermato invece la violazione da parte della Agenzia del Territorio della normativa antitrust. In un caso Cassazione ha infatti rigettato il ricorso della Agenzia, confermando la sentenza di secondo grado che riconosceva l'abuso di posizione dominante nei confronti di una societˆ commerciale per la mancata somministrazione di informazioni contenute in pubblici registri in applicazione di una normativa interna in contrasto con la disciplina comunitaria in vigore (Direttiva 2003/98/CE), Cass. civ., sez. III, 29 dicembre 2011, n. 29736. In tema di configurabilitˆ della 'attivitˆ d'impresa' si veda invece come in un altro caso la giurisprudenza di merito abbia qualificato l'attivitˆ della Agenzia del Territorio come attivitˆ d'impresa sulla base della previsione statutaria della Agenzia stessa che le permette di somministrare nelle materie di sua competenza e tramite la stipula di convenzioni servizi, consulenze e collaborazioni a terzi, cfr. Corte d'Appello di Torino, sez. I civ., 11 febbraio 2010, n. 218; un'impostazione argomentativa, peraltro, confermata in sede di ricorso per Cassazione (Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175). (31) Di questi aspetti e della Direttiva 2003/98/CE (compresa lĠanalisi della Proposta [COM(2011) 877] per modificare la Direttiva stessa) ne dˆ ampia descrizione M. MAGGIOLINO, Il riutilizzo dell'informazione detenuta dal settore pubblico. Alcune riflessioni di politica e diritto della concorrenza, in Concorrenza e mercato, 2012, 1, pag. 765-802. I riferimenti alla suddetta Proposta si rinvengono alla voce Commissione europea, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dellĠinformazione del settore pubblico, 2011/0430 (COD), 12 dicembre 2011. Decisamente rilevante, infine, l'interpretazione che viene data del servizio di ricerca continuativa, inteso come Òsemplice rilascio di datiÓ e non come Òriutilizzo del documento a fini commercialiÓ; ci˜ induce a ritenere tale attivitˆ come l'effetto ÒmeccanicoÓ della tenuta dei registri pubblicitari e, quindi, a qualificarla come mero atto dĠimperio (32). Con questa sentenza viene cos“ a definirsi una giurisprudenza nazionale, conforme ai pi recenti arresti della Corte di Giustizia, che si spera potrˆ essere confermata anche in sede di legittimitˆ, cos“ da porre fine (o perlomeno certezza) a questa querelle che riguarda lĠAgenzia del Territorio e le imprese private operanti nel settore delle informazioni immobiliari. RELAZIONE DELLĠAGENZIA DELLE ENTRATE SUL CONTENZIOSO IN MATERIA DI RIUTILIZZAZIONE DEI DATI IPOTECARI E CATASTALI 1) Premessa Le banche dati ipotecaria e catastale gestite dall'Agenzia delle Entrate - che, per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 23-quater del D.L. 6 luglio 2012, n. 95,  competente a svolgere, tra l'altro, i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, giˆ di competenza della incorporata Agenzia del Territorio contengono informazioni di notevole rilievo per il mercato immobiliare ed hanno da sempre rappresentato, per gli operatori di detto mercato, la fonte principale cui attingere notizie di interesse. In proposito, si  sviluppato un notevole e delicato contenzioso -incardinato con il peculiare rito processuale, previsto in materia anticoncorrenziale, innanzi alle Corti di Appello competenti in grado unico di giudizio, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 287 del 1990 - nel quale le (32) Tuttavia, si deve peraltro menzionare che il tema del servizio di ricerca continuativa  stato di recente oggetto di una novella con lĠeffetto di una possibile diminuzione degli aspetti controversi tra l'Agenzia e le imprese operanti nel settore. Infatti, con l'intervento del d.l. 2 febbraio 2012, n. 16  stato parzialmente abolito per lĠAgenzia il servizio di ricerca continuativa per via telematica ed  stato abbassato il costo di trasmissione telematica dell'elenco. L'art. 6, comma 5-decies, (inserito nell'art. 1, comma 1, della legge di conversione), d.l. 2 marzo 2012, n. 16, recante ÒDisposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, convertito con modificazioni dalla l. 26 aprile 2012, n. 44Ó, ha abbassato il costo per ogni soggetto per la trasmissione telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalitˆ di un determinato giorno da euro 1 a euro 0,15 di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347. Inoltre lo stesso articolo ha previsto anche che Òl'importo  dovuto anticipatamente. Il servizio sarˆ fornito progressivamente anche in formato elaborabile. Fino all'attivazione del servizio di trasmissione telematica l'elenco dei soggetti continua a essere fornito su supporto cartaceo a richiesta di chiunque, previo pagamento del medesimo tributo di euro 0,15 per ogni soggettoÓ. Peraltro, la stessa Tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, era giˆ stata oggetto dell'art. 7, comma 19, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, il quale non solo alzava le tasse ipotecarie per alcune voci ma prevede anche che l'importo per il servizio di certificazione ipotecaria e per la trasmissione telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalitˆ di un determinato giorno sia Òfornito progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commercialeÓ. societˆ attrici, lamentando un abuso di posizione dominante dell'Agenzia, chiedono le correlate pronunce inibitorie di alcune presunte condotte anticoncorrenziali e, previo espletamento di apposita consulenza tecnica, le conseguenti condanne risarcitorie dei danni patiti. Tale contenzioso si  sostanzialmente sviluppato su due fronti, articolandosi rispettivamente in: -un primo filone giudiziario, sorto in relazione ad alcune disposizioni contenute nella legge finanziaria per l'anno 2005 in materia di divieto di riutilizzazione - un secondo filone, correlato ad una specifica previsione tariffaria prevista dal D.L. n. 262 del 2006, nonchŽ alla intenzione espressa dall'Agenzia di introdurre un nuovo servizio di fornitura di dati (cd. ricerca continuativa). 2) Osservazioni utili per le linee difensive nei due filoni di contenzioso Nel rinviare, per un pi approfondito esame dei due filoni contenziosi, a quanto dettagliatamente rappresentato al successivo paragrafo 3), si ritiene qui opportuno riassumere brevemente le rispettive problematiche, al fine di individuare concreti accorgimenti difensivi utili alla tutela della posizione dell'Agenzia. Il primo filone, avviato nell'anno 2005, dopo un andamento non uniforme delle pronunce di merito, ha visto un rilevante arresto giurisprudenziale nella pronuncia n. 30175/2011 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a seguito della quale le successive decisioni di merito e di legittimitˆ si sono attestate su un ormai consolidato orientamento sfavorevole all'Agenzia. Ci˜ pu˜ far legittimamente presumere un esito sfavorevole - quantomeno sull'an - anche per i giudizi ancora pendenti: allo stato, dei 33 giudizi complessivamente avviati nel territorio nazionale, 24 si sono definitivamente conclusi e 9 sono tuttora pendenti (nel merito, o in Cassazione, o in sede di rinvio). In tale "coda" processuale, assodato l'accertamento della condotta anticoncorrenziale, residua tuttavia la concreta possibilitˆ di espletare efficaci difese sotto il profilo della prova e della quantificazione dei danni; ci˜, al fine di cercare di limitare il pregiudizio per l'Agenzia, anche in considerazione dell'entitˆ spesso rilevante, delle avverse pretese, nonchŽ in considerazione dei precedenti esiti giudiziali di condanna che frequentemente si sono attestati su una quantificazione di gran lunga inferiore rispetto alle richieste attoree. Il secondo filone, avviato nel 2006/2007, vede incardinati complessivamente 13 giudizi tutti attualmente ancora pendenti (o nel merito, o in cassazione). Questo filone contenzioso merita una particolare attenzione per alcuni motivi: La condotta in contestazione nel secondo filone  totalmente diversa rispetto a quella del primo filone in ordine alla quale  ormai attestata, in sede giurisprudenziale, la natura anti- concorrenziale. Tale diversitˆ di oggetto non risulta adeguatamente compresa dai giudici aditi sul secondo filone i quali spesso, fondandosi impropriamente sulla citata sentenza n. 30175/2011 delle Sezioni Unite, tendono a confondere gli ambiti in esame ed applicano supinamente ed in toto al secondo filone le sfavorevoli statuizioni emesse con detta sentenza dalla Corte in relazione al primo filone. Ora, se tale applicazione pu˜ essere accettata per quanto concerne le statuizioni di carattere generale e preliminare (in materia di competenza, di giurisdizione, nonchŽ di legittimazione passiva dell'Agenzia quale "impresa"), di contro non risulta accettabile una automatica applicazione per quanto concerne il merito della vicenda, cio il carattere anticoncorrenziale delle condotte in contestazione che, come detto, sono del tutto diverse tra primo e secondo filone. In tale secondo filone giudiziario, anch'esso caratterizzato da decisioni di merito non uniformi, non si  ancora consolidato un apprezzabile orientamento della Corte di Cassazione. In tale con testo, infatti, la Corte di Cassazione si  pronunciata due sole volte (CEDAC srl Brescia sent. n. 17164/2012, depositata il 9.10.2012 e D&B DATA HOUSE srl - ora RIBES spa Milano sent. n. 21481/2013, depositata il 19.09.2013), cassando con rinvio le rispettive sentenze di merito favorevoli all'Agenzia, peraltro con argomentazioni che non hanno espressamente e chiaramente affrontato la tematica della anticoncorrenzialitˆ della specifica condotta in contestazione. La stessa condotta, che  in contestazione in tale secondo filone, non risulta, di per sŽ, chiaramente compresa. Essa infatti concerne due ben distinti elementi, proposti da parte avversa come esplicazione di un unico e articolato disegno anticoncorrenziale dell'Agenzia: si fa riferimento, in particolare, all'introduzione del Òservizio di ricerca continuativa" e all'aumento tariffario del Òservizio elenco soggetti". Ora,  bene chiarire che i due servizi di cui si discute nel secondo filone, oltre ad essere diversi dalla condotta contestata nel primo filone, sono anche del tutto diversi tra loro: per natura, per funzione e per concrete applicazioni. A dispetto della diversitˆ di tali due servizi, i medesimi vengono invece spesso confusi in un unicum che costituirebbe una unica condotta anticoncorrenziale; questa confusione spesso parte da una valutazione di anticoncorrenzialitˆ del servizio di ricerca continuativa per giungere ad una immotivata valutazione di anticoncorrenzialitˆ dell'intera condotta in contestazione, ivi compreso l'aumento tariffario dell'elenco soggetti. Ci˜ risulta tanto pi inaccettabile se si considera che detto servizio di ricerca continuativa non  mai stato attivato dall'Agenzia (in quanto rimasto ad una fase meramente sperimentale e poi definitivamente abbandonato) e pertanto l'oggetto della contestazione dovrebbe concentrarsi unicamente sulla eventuale anticoncorrenzialitˆ connessa all'altro servizio (elenco soggetti, rectius aumento tariffario disposto dal legislatore del 2006 in relazione a tale servizio). Anche per questo filone assume notevole rilievo, in disparte l'an, il profilo afferente il quantum, anche per quanto concerne le diverse modalitˆ ed i diversi criteri utilizzabili per pervenire alla eventuale quantificazione dei danni. 3) Analisi dei due filoni giudiziari in materia di riutilizzazione Per un eventuale approfondimento si rappresenta quanto segue con riferimento a ciascuno dei due filoni giudiziari in esame, fornendo, al contempo, evidenza dei rispettivi giudizi ancora pendenti. PRIMO FILONE Approfondimenti La tematica oggetto di esame nel primo filone concerne alcune lamentate restrizioni al libero riutilizzo delle informazioni. In particolare, le disposizioni introdotte dall'art. 1, commi dal 367 al 373, della Legge Finanziaria 2005, avevano delineato una articolata disciplina in tema di riutilizzo dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie acquisiti anche per via telematica, in via diretta o mediata, dagli archivi all'epoca tenuti dagli uffici dell'Agenzia del Territorio. Nello specifico, tali norme avevano disposto un generale divieto della riutilizzazione commerciale dei suddetti documenti, informazioni e dati acquisiti da archivi e registri tenuti da uffici dell'Agenzia del Territorio. Il riutilizzo, in base alle citate disposizioni, veniva consentito solo previa sottoscrizione di apposita convenzione con l'Agenzia a fronte del pagamento dei tributi dovuti secondo le modalitˆ stabilite dal comma 370 (pagamento effettuato in relazione ad ogni singolo atto di riutilizzo). In seguito alla emanazione delle predette disposizioni, si  sviluppato un contenzioso particolarmente complesso, su iniziativa prevalente di alcune societˆ operanti nel settore delle informazioni commerciali e finanziarie. Tali azioni giudiziarie lamentano, in sostanza, la turbativa del mercato e della concorrenza che sarebbe derivata da un presunto abuso di posizione dominante da parte dell'Agenzia del Territorio. In particolare, viene lamentata la contrarietˆ delle citate disposizioni normative con i principi comunitari in materia d“ riutilizzazione delle informazioni contenuti, soprattutto, nella Direttiva CE 98/2003; contrarietˆ che, secondo l'assunto di controparte, avrebbe dovuto condurre alla disapplicazione della citata normativa statale del 2005 in quanto anticomunitaria. Le doglianze sono accompagnate dalla contestuale richiesta di risarcimento dei danni nei confronti dell'Agenzia. Successivamente, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007) ha modificato sensibilmente la normativa in tema di "riutilizzazione commerciale" dei dati e delle informazioni ipotecarie e catastali. L'art. 1, comma 386, della L. 296 del 2006 infatti, ha sostituito l'art. 1, comma 370 della legge n. 311/2004, il quale, a seguito di tale intervento, dopo aver stabilito che i documenti, i dati e le informazioni catastali ed ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, dispone che, a far data dal 1Ħgennaio 2007, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere un quid con riferimento alla sola acquisizione originaria: in particolare, per l'acquisizione originaria dei dati e delle informazioni catastali devono provvedere al pagamento di un importo fisso annuale determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, mentre, per l'acquisizione originaria dei dati e delle informazioni ipotecarie, devono corrispondere il pagamento dei tributi previsti maggiorati nella misura del 20 per cento. In sostanza si  disposto un pagamento forfetario che, una volta effettuato al momento dell'acquisizione originaria dei dati, consente il successivo riutilizzo degli stessi senza alcuna altra obbligazione tributaria. La modifica normativa introdotta con la finanziaria 2007, tuttavia, pur eliminando il pagamento dei previgenti tributi previsti per ogni atto di riutilizzo, non contiene disposizioni di carattere transitorio o comunque ad effetto "definitorio" sui rapporti pregressi per cui non ha inciso sul fronte delle iniziative di carattere giudiziario che le societˆ operanti nel settore delle informazioni ipotecarie e catastali avevano giˆ intrapreso su tutto il territorio nazionale per contrastare il previgente regime introdotto dalla Legge Finanziaria del 2005. Allo stato attuale, dopo alcune pronunce di merito intervenute con contenuti eterogenei, si  pronunciata sul tema la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che con la sentenza n. 30175, depositata in data 30.12.2011, si  espressa in termini sfavorevoli per questa Agenzia. In sostanza, in tale sentenza la Corte ha affermato i seguenti principi: -vige, in materia, la giurisdizione civile non potendosi ritenere devoluta alla giurisdizione tributaria la questione dedotta in contestazione; -l'Agenzia  legittimata passiva di tali azioni potendo essere considerata una "impresa" soggetta anch'essa alle regole nazionali e comunitarie in tema di concorrenza e non risultando rilevante la qualifica di ente pubblico, ma esclusivamente la specifica attivitˆ presa in considerazione; -l'attivitˆ istituzionale di tenuta e pubblicitˆ dei dati ipotecari e catastali deve essere tenuta distinta, ai fini di interesse nel giudizio in questione, dalle attivitˆ che - in coerenza con le previsioni statutarie che ne ammettono l'esplicazione - pongono l'Agenzia in competizione economica con altri soggetti; - non opera, nel caso di specie, l'esenzione dall'osservanza delle regole in materia di concorrenza (ai sensi dell'art. 8 della legge n. 287 del 1990 e dell'art. 106 del Trattato UE) in quanto l'abuso di posizione dominante afferisce non alla funzione primaria della formazione, con servazione e gestione dei pubblici registri, bens“ alle ulteriori e diverse attivitˆ relative al trattamento commerciale dei dati ricavati dalla consultazione di detti registri; -le limitazioni all'utilizzazione economica dei dati in questione discendono dal generale divieto di riutilizzazione dei medesimi, per cui nessun rilievo assume in giudizio il nuovo assetto normativo realizzatosi a partire dall'anno 2007 con l'abolizione del divieto generalizzato di riutilizzo; -le disposizioni contenute nella legge finanziaria per l'anno 2005 (oggetto di doglianza) non appaiono affatto compatibili con i dettami vincolanti contenuti nella direttiva europea 2003/98/CE in tema di riutilizzo delle informazioni, in coerenza con quanto evidenziato dal- l'Autoritˆ Garante per la Concorrenza ed il Mercato e dalla stessa Commissione europea; -i dettami in materia non risultano rispettati dall'Agenzia sia a causa della previsione di specifiche convenzioni per l'esercizio del riutilizzo (che invece dovrebbe operare in base a licenze standard), sia per la tariffazione improntata alla duplicazione dei tributi per l'acquisizione originaria del dato (e non a criteri di economicitˆ). Sulla base di tali principi la Corte ha rigettato il ricorso per cassazione che era stato presentato dall'Agenzia, condannando l'amministrazione anche alle spese di giudizio. All'esito di tale pronunciamento delle Sezioni Unite si  verificato un generalizzato adeguamento giurisprudenziale dei vari giudici aditi in materia ed anche l'Avvocatura Generale dello Stato, nelle ipotesi di sentenza di merito sfavorevole all'amministrazione, si  pronunciata nel senso della opportunitˆ di prestare ormai acquiescenza omettendo l'ulteriore gravame in sede di legittimitˆ. (...) SECONDO FILONE Approfondimenti Sempre in materia di riutilizzazione commerciale dei dati e delle informazioni questa Agenzia  coinvolta in un Òsecondo filone giudiziario" sviluppatosi a seguito della emanazione dei due seguenti provvedimenti normativi: - il D.L. 31 gennaio 2005, n. 7 che ha aggiunto alla legge 311/2004 l'allegato 2-sexies, recante la nuova Tabella delle Tasse ipotecarie (il cui punto 4 prevede l'introduzione del servizio di "Ricerca continuativa"); -il D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, che ha, tra l'altro, fortemente innovato la disciplina concernente la fornitura del cd. servizio di "Elenco soggetti", modificando la Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al D.Lgs. 347/1990. Con tale ultimo intervento normativo, in particolare, oltre a mantenere il c.d. servizio di "Ricerca continuativa" di cui al numero d'ordine 4.1 della Tabella delle Tasse ipotecarie, sono state stabilite nuove tariffe e nuove modalitˆ di rilascio del predetto "Elenco soggetti", prevedendo che tale ultimo servizio venga rilasciato per via telematica, su base convenzionale, ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale. Le societˆ attrici, in questo secondo filone giudiziario, lamentano il fatto che, con l'introduzione del servizio di "Ricerca continuativa per via telematica" e con l'aumento dei tributi correlati al servizio di "Elenco soggetti", si sarebbe realizzato un abuso di posizione dominante (in violazione dei principi fissati dalle disposizioni comunitarie in materia) foriero di una illegittima turbativa del mercato che convoglierebbe i clienti di dette societˆ verso i servizi del- l'Agenzia. Anche per tale secondo filone giudiziario,  stato utilizzato, da parte dei soggetti attori, lo strumento processuale previsto dall'art. 33 della legge 287 del 1990, in tema di violazione delle norme poste a tutela della concorrenza e del mercato, dal momento che gli istanti lamentano una turbativa delle regole in materia a danno dell'attivitˆ svolta dagli stessi. Tali giudizi sono anch'essi tendenzialmente caratterizzati dall'attivazione di una prima fase cautelare e, successivamente, da una fase di merito, a tutt'oggi, ancora in parte sub iudice. é importante evidenziare che l'emanazione di alcune pronunce sfavorevoli nella fase cautelare, ha prudenzialmente indotto questa Agenzia prima ad interrompere la sperimentazione del servizio di "Ricerca continuativa" e poi ad abbandonare definitivamente l'ipotesi di attivare tale servizio (successivamente anche formalmente espunto dalla corrispondente previsione tariffaria). La sospensione della sperimentazione del servizio di "Ricerca continuativa" ha concentrato (rectius avrebbe dovuto concentrare) le "attenzioni" unicamente sull'altro servizio oggetto di contestazione ("Elenco soggetti") in relazione al quale si contesta soprattutto l'aumento tariffario disposto dal D.L. 262 del 2006 (Û 4,00 per ogni soggetto presente nell'elenco). A tal proposito appare opportuno evidenziare che a fronte di numerose pronunce cautelari favorevoli, sono intervenuti alcuni provvedimenti cautelari sfavorevoli all'Agenzia con i quali  stato riconosciuto il diritto delle attrici a ricevere il detto servizio alle condizioni tariffarie ante D.L. 262/2006. In relazione alla fase di merito, allo stato attuale si evidenzia che risultano ancora pendenti nel merito circa una metˆ dei giudizi. Rileva al riguardo anche evidenziare che, recentemente, sulla materia  nuovamente intervenuto il legislatore il quale, con l'art. 5, comma 4-bis del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106: -ha abrogato il divieto di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecarie e catastali; -ha eliminato l'importo fisso annuale e la maggiorazione del 20 % introdotti dalla legge finanziaria del 2007; -ha modificato la Tabella delle tasse ipotecarie riducendo il tributo da versare per il servizio di Òelenco soggetti". Tale intervento normativo risulta inserito in un contesto di espressa finalitˆ volta ad agevolare la circolazione delle informazioni concernenti gli immobili ed ha comportato anche la formale espunzione del servizio di ricerca continuativa dalla previsione tabellare (servizio che, come detto, aveva suscitato notevoli preoccupazioni in ordine ad una presunta posizione concorrenziale dell'Agenzia e che, a titolo cautelativo, non era mai stato concretamente attivato). In tale filone, occorre tener presente che - in funzione della eventuale anticoncorrenzialitˆ delle condotte addebitate all'Agenzia - costituisce profilo di delicatezza la tematica del rispetto dei criteri di tariffazione fissati dalla disciplina comunitaria (congruitˆ del corrispettivo rispetto ai costi sostenuti). Ci˜ in quanto, indipendentemente dalla natura tributaria della tariffa percetta a fronte della prestazione del servizio, alcuni rinvengono anche nella richiesta di una tariffa ritenuta "eccessiva" un comportamento che - in relazione al principio comunitario di congruitˆ della tariffazione in materia di riutilizzazione commerciale - altera le regole del mercato arrecando danno agli operatori del settore a vantaggio dell'Agenzia (Agenzia che - si rammenta - ove volesse porre in essere attivitˆ concorrenziali con quelle del mercato, per essere al riparo da eventuali doglianze di turbativa, dovrebbe operare mediante una societˆ separata soggetta alle medesime regole cui soggiacciono gli altri operatori). Tale aspetto si interseca naturalmente con quello afferente la individuazione dei servizi che costituiscono esplicazione dell'attivitˆ istituzionale affidata dall'ordinamento all'Agenzia quale svolgimento di un compito pubblico gestito in esclusiva, al fine di distinguere tali servizi (esclusi dalla disciplina anticoncorrenziale) da quelli il cui svolgimento potrebbe invece configurare esplicazione di una attivitˆ concorrenziale esercitata nell'abuso di una posizione dominante. Su tale profilo, peraltro, anche l'Autoritˆ Garante della Concorrenza e del Mercato ha avuto modo in pi occasioni di evidenziare il rilievo da attribuire, nell'ottica della individuazione dei comportamenti che possono ritenersi insuscettibili di alterare le regole della concorrenza e del mercato, al carattere istituzionale rinvenibile nei servizi offerti nello svolgimento di un compito pubblico (in tal senso, in particolare, l'Autoritˆ si  espressa con la Segnalazione del 30 novembre 2006 e la Segnalazione del 27 gennaio 2006). Con riferimento ai servizi svolti da questa amministrazione fiscale e al presunto connotato "commerciale" di alcuni di essi, nonchŽ in relazione al profilo della "tariffazione", si ritiene che abbia portato elementi di interessante novitˆ il recente intervento normativo effettuato con il decreto legge 2 marzo 2012, n. 16. In particolare, l'articolo 6, comma 1, di detto decreto legge ha modificato l'articolo 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ove sono individuate le attivitˆ svolte dall'Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate). Con tale intervento, il legislatore ha soppresso la precedente previsione che consentiva all'Agenzia del Territorio di svolgere servizi tecnici da offrire direttamente sul mercato ed ha previsto ora, anche per tali servizi (estimativi e valutativi su beni immobili) una natura istituzionale connessa all'esplicazione di una competenza spettante all'Agenzia in relazione alle richieste formulate da pubbliche amministrazioni e dagli enti ad esse strumentali. In tal modo  stato eliminato un elemento che spesso veniva addotto a riprova della "attivitˆ commerciale" svolta dall'Agenzia: elemento peraltro impropriamente addotto a carico dell'Agenzia dal momento che faceva riferimento alla possibilitˆ di fornire "servizi commerciali" in ambito tecnico-estimativo e non nella materia della fornitura dei dati ipotecari e catastali. Inoltre, per quanto qui di interesse, rilevano anche i commi successivi del medesimo articolo 6 del D.L. n. 16 del 2012 ove si  disposto, tra l'altro, anche in un'ottica di adeguamento ai principi comunitari in materia di tariffazione: -la rimodulazione del tributo correlato al servizio di rilascio dell'elenco soggetti, precedentemente fissato in Û 4,00, con determinazione del nuovo importo in Û 0,15 per ogni soggetto presente nell'elenco; -la riduzione del 10 per cento sui tributi dovuti nelle ipotesi di consultazione telematica della banca dati ipotecaria; -la reintroduzione dei tributi per le visure catastali, con previsione di una analoga riduzione del 10 per cento per la consultazione effettuata per via telematica; -la previsione della fornitura di alcuni servizi in formato elaborabile (in sostanziale coerenza con l'assetto che prevede la fornitura del dato "grezzo" da parte dell'amministrazione e la composizione di un prodotto rielaborato e commercialmente utilizzabile da parte degli operatori del mercato di riferimento). A tale ultimo proposito, con Provvedimento Direttoriale del 26 settembre 2012  stato attivato, a decorrere dal 1Ħ ottobre 2012, il servizio di "fornitura telematica dell'elenco soggetti", nonchŽ il rilascio "in formato elaborabile" del medesimo elenco soggetti e dell'elenco sintetico delle formalitˆ estratto in sede di consultazione della banca dati ipotecaria. (...). Corte dĠappello di Venezia, Sez. I civ., sentenza 20 marzo 2013 n. 624 -Pres. est. L.M.T. Zoso - Soc. I.T.C. (avv. C. Granelli) c. Agenzia del Territorio (avv. distrett. Stato Venezia). (...) Svolgimento del processo Con ricorso cautelare ante causam, la societˆ I.T.C. Italian Trade Consultant s.r.l. instava affinchŽ fosse inibito all'Agenzia del territorio di proseguire nella produzione ed offerta al pubblico del servizio di ricerca continuativa telematica in via diretta piuttosto che per il tramite di societˆ separata ammessa all'accesso ai dati detenuti dell'Agenzia a paritˆ di costi e condizioni con le altre imprese operanti nel settore. Con ordinanza del 15 dicembre 2006 la corte d'appello di Venezia accoglieva il ricorso e il provvedimento veniva confermato in sede di reclamo il 30 gennaio 2007. Il giudizio di merito aveva inizio con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2007 da I.T.C. Italian Trade Consultant s.r.l.. a mezzo del quale conveniva in giudizio l'Agenzia del territorio esponendo di svolgere attivitˆ di produzione e commercializzazione di servizi di informazione commerciale basati sull'elaborazione di dati reperibili presso i pubblici registri immobiliari ed il catasto terreni e fabbricati tenuti dall'Agenzia del territorio. Sosteneva che, nell'esercizio della sua attivitˆ d'impresa, procedeva alla rilevazione presso i pubblici registri immobiliari dei dati necessari per l'elaborazione dei servizi di informazione ipocatastale e procedeva alla rielaborazione dei dati al fine di compiere relazioni patrimoniali immobiliari ed eseguire il monitoraggio immobiliare, che consisteva nella segnalazione tempestiva all'utenza di qualsiasi variazione fosse intervenuta nel patrimonio immobiliare dei soggetti che il cliente finale richiedeva venissero tenuti sotto costante controllo. Il monitoraggio immobiliare veniva svolto attraverso la rilevazione presso gli uffici dell'Agenzia del territorio degli elenchi dei soggetti presenti nelle formalitˆ di un dato giorno, in cui si trovavano evidenziati i nominativi di tutti i soggetti relativamente ai quali erano state effettuate nella giornata trascrizioni, iscrizioni o annotamenti; successivamente tali dati venivano digitati in formato elettronico e, attraverso l'impiego di un software, venivano incrociati i dati contenuti negli elenchi con i nomi dei soggetti che dovevano essere monitorati; a seguito di tale operazione veniva inviata al cliente la segnalazione della variazione eventualmente intervenuta nel patrimonio del soggetto monitorato. Sosteneva l'attrice che l'Agenzia del territorio, ente dotato di personalitˆ giuridica di diritto pubblico, era incaricato di svolgere i servizi relativi al catasto e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari ma lo statuto dell'Agenzia prevedeva espressamente che essa potesse svolgere, oltre a tali funzioni istituzionali, anche attivitˆ di fornitura di servizi nelle materie di competenza a soggetti pubblici e privati sulla base di rapporti contrattuali; dunque l'Agenzia del territorio, oltre a svolgere i compiti istituzionali cui era preposta quale ente di diritto pubblico, poteva svolgere altres“ attivitˆ di impresa sul mercato con abuso di posizione dominante in quanto agiva in concorrenza con le imprese private nella prestazione di servizi elaborati utilizzando i dati di cui era in possesso. Ci˜ facendo essa era in grado di sfruttare la posizione agevolata che le derivava dall'essere depositaria dell'universalitˆ dei dati relativi al sistema immobiliare ed aveva l'opportunitˆ di offrire direttamente agli utenti gli stessi servizi informativi che potevano essere prestati dalle agenzie private nello svolgimento delle loro funzioni intermediarie tra il cliente privato ed il pubblico ufficio depositario delle registrazioni immobiliari. Assumeva l'attrice che l'Agenzia del territorio aveva offerto sul mercato i propri servizi di monitoraggio continuativo dei soggetti presenti nelle formalitˆ ipotecarie. Inoltre con decreto legge 3 ottobre 2006 numero 262, convertito con modifiche con legge 24 novembre 2006 numero 286, era stato previsto che le tasse ipotecarie relative al servizio di rilascio dell'elenco soggetti, cio le informazioni sulla base delle quali le imprese private elaboravano il servizio di monitoraggio immobiliare, venivano aumentate ad euro 4.00 per ogni soggetto mentre fino ad allora veniva fornito ai richiedenti il medesimo servizio al prezzo di euro 0.70 a soggetto. A causa dell'aumento tariffario previsto da tale decreto alcuni clienti della societˆ avevano comunicato di sospendere la richiesta di monitoraggio immobiliare, con il conseguente crollo del fatturato dell'impresa ITC c l'incremento vertiginoso dei costi di produzione. L'Agenzia del territorio, agendo in modo da entrare nel mercato dei servizi di informazione ipocatastale ed offrendo il servizio di monitoraggio immobiliare, aveva violato: -l'art. 10 del trattato CE, che prescrive che gli Stati membri si astengono da qualsiasi misura atta a compromettere la realizzazione degli scopi del trattato e, tra questi, quello dell'instaurazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno; -l'art. 82 del trattato CE che vieta lo sfruttamento abusivo da parte di uno e pi imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo; -lĠart. 86 del trattato CE che statuisce che anche le imprese gestite da un ente pubblico sono sottoposte alle norme del trattato e, in particolare, alle regole della concorrenza. nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti allĠadempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata; -l'art. 8, comma primo, della legge 287/1990 che, in attuazione dell'articolo 86 del trattato CE, prevede che le disposizioni contenute nei precedenti articoli si applicano sia alle imprese private che a quelle pubbliche o a prevalente partecipazione statale. Ora, l'Agenzia del territorio doveva essere ritenuta impresa dotata di personalitˆ giuridica di diritto pubblico operante sul mercato dei servizi informativi tratti dall'utilizzazione dei dati detenuti in virt dei compiti istituzionali di conservazione dei registri immobiliari e, conseguentemente, essa in quest'ambito era soggetta ai limiti del diritto della concorrenza. Rimarcava l'attrice che l'art. 8, comma 2 bis, della legge numero 287/1990 imponeva che, qualora le imprese che gestivano i servizi di interesse economico generale ovvero operavano in regime di monopolio sul mercato intendessero svolgere attivitˆ in mercati diversi da quelli in cui agivano nella realizzazione dei loro fini istituzionali, dovevano operare mediante societˆ separate in quanto la separazione societaria consentiva di verificare il rispetto, da parte degli enti che avevano la disponibilitˆ esclusiva dei servizi informativi, dell'obbligo di rendere accessibili detti beni o servizi a condizioni equivalenti alle altre imprese direttamente concorrenti. Anche sotto tale profilo, dunque, ovvero per la mancata istituzione di una societˆ separata che agisse nell'ambito dei servizi immobiliari, era ravvisabile l'abuso di posizione dominante. Tutto ci˜ premesso, doveva essere inibito all'Agenzia del territorio la prosecuzione delle denunciate condotte che integravano gli estremi dell'abuso di posizione dominante in violazione delle norme interne e comunitarie a tutela della concorrenza e l'Agenzia stessa doveva essere condannata al risarcimento del danno da determinarsi in corso di causa. Si costituiva la convenuta eccependo in via preliminare la carenza di giurisdizione e l'incompetenza territoriale del giudice adito. Nel merito chiedeva il rigetto della domanda in quanto l'Agenzia del territorio non poteva essere considerata impresa poichŽ operava nell'esercizio di funzioni pubbliche e svolgeva il servizio di conservatoria dei registri immobiliari. Il decreto legge 31 gennaio 2005 numero 7 ed il decreto legge 3 ottobre 2006 numero 262 avevano introdotto la ricerca continuativa e la trasmissione elenco soggetti che rappresentavano strumenti a disposizione dell'utenza per l'ac quisizione in via telematica di dati e informazioni ipotecarie. Tali elenchi contenevano i nominativi dei soggetti a favore e contro i quali erano state eseguite le formalitˆ in un determinato giorno presso ciascuna singola conservatoria con indicazione della tipologia di formalitˆ coinvolta e per tale servizio era stato previsto il tributo di euro 4,00 per ogni soggetto. Sostanzialmente la trasmissione dell'elenco soggetti non avveniva in forma cartacea ma per via telematica e, tuttavia, ci˜ non coinvolgeva in alcun modo la fase di utilizzazione commerciale dei dati ipotecarie e catastali e costituiva solo una modalitˆ di rilascio dell'elenco soggetti; il criterio di misurazione della tassa dovuta a soggetto si atteggiava, poi, come norma di carattere fiscale destinata a incidere in modo esclusivo sull'attivitˆ di acquisizione dei dati. La ricerca continuativa per via telematica, poi, altro non era che una modalitˆ di acquisizione dell'elenco soggetti poichŽ allĠutente che ne faceva richiesta era data comunicazione delle formalitˆ che riguardavano un determinato nominativo per un determinato periodo di tempo. Dunque l'istituzione della ricerca continuativa e della trasmissione elenco soggetti non era incisa dai principi stabiliti dalla direttiva 2003/98/CEE in materia di imponibilitˆ del riutilizzo commerciale dei dati. Evidenziava la convenuta che l'attrice, come altre imprese operanti nel settore, svolgeva l'attivitˆ di elaborazione dei dati acquisiti finalizzata a fornire alla clientela un prodotto diverso che era il frutto dell'elaborazione dei dati forniti dall'agenzia del territorio, la quale si limitava ad erogare il servizio pubblico previo versamento di una tassa. In corso di causa l'attrice proponeva ricorso ex articolo 669 bis c.p.c. al fine di ottenere la disapplicazione della legge nazionale istitutiva del nuovo regime tariffario con imposizione all'Agenzia convenuta della cessazione dall'imposizione di prezzi d'acquisto non equi. La corte rigettava il ricorso ed, altres“, il reclamo avverso di esso proposto rilevandone l'infondatezza. Disposta consulenza tecnica e precisate le conclusioni, la causa era trattenuta in decisione all'udienza del 20 dicembre 2012, con i termini di legge per note e repliche. Motivi della decisione Preliminarmente rileva la corte che non pu˜ darsi luogo alla discussione orale della causa richiesta dalla convenuta con memoria di replica non essendo stata formalizzata la domanda all'udienza di precisazione delle conclusioni, giusta la norma di cui all'art. 275 c.p.c.. In ordine alle eccezioni preliminari di difetto di giurisdizione e di incompetenza svolte dalla convenuta, si osserva che esse sono infondate. Invero, quanto all'eccezione di giurisdizione, in base alla previsione dell'articolo 33, secondo comma della legge n. 287 del 1990, che attribuisce alla corte d'appello territorialmente competente il compito di provvedere sulle azioni di nullitˆ e di risarcimento dei danni, oltre che sui ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d'urgenza, spetta alla corte d'appello pronunciarsi sull'azione risarcitoria per violazione del divieto di abuso di posizione dominante, non occorrendo a tal fine che sia individuabile uno specifico atto del quale si assuma la nullitˆ o del quale chi agisce per il risarcimento debba essere destinatario attuale o potenziale, ma  sufficiente che l'attore deduca di essere un operatore del mercato in cui si  consumato l'abuso di posizione dominante e di averne perci˜ risentito un pregiudizio economico. Neppure si pu˜ sostenere la natura tributaria della controversia in quanto l'azione proposta, anche se da essa possono derivare conseguenze sul piano dei rapporti tributari, ha un petitum ed una causa petendi che esulano dall'ambito della giurisdizione delle commissioni tributarie poichŽ si tratta di stabilire se il comportamento dell'Agenzia del territorio, alla quale si attribuisce carattere imprenditoriale, sia o meno contrario alla disciplina antimonopolistica e se la societˆ attrice abbia subito danni da risarcire. Dunque l'oggetto del contendere  l'illecito concorrenziale ed il conseguente risarcimento del danno che fuoriesce dalla giurisdizione del giudice tributario per rientrare, invece, in quella del giudice ordinario. Quanto alla dedotta incompetenza territoriale della corte adita, si osserva che l'azione proposta ha ad oggetto il risarcimento del danno aquiliano, che si assume essersi prodotto nell'ambito territoriale in cui opera la societˆ attrice, ovvero Padova, Vicenza, Verona e relative province, luoghi nei quali si  prodotto il danno da cui  sorta l'obbligazione risarcitoria di talchŽ la competenza territoriale si afferma sulla base dell'art. 20 c.p.c.. Nel merito osserva la corte che la nozione di impresa, nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza (cui occorre fare riferimento nell'interpretazione delle norme previste dalla legge numero 287/1990, a norma dell'articolo 1, quarto comma, della medesima legge), abbraccia qualsiasi entitˆ che eserciti un'attivitˆ economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalitˆ di finanziamento (si veda la sentenza della Corte di giustizia CE 3 marzo 2011 nella causa C-437/09) in quanto occorre avere riguardo non giˆ al modo in cui i singoli ordinamenti nazionali definiscono l'ente o la persona fisica alla quale lĠattivitˆ economica fa capo ma all'esercizio organizzato e durevole di un'attivitˆ economica sul mercato. Pertanto la qualifica di ente pubblico attribuita dall'ordinamento italiano all'Agenzia del territorio non osta al suo assoggettamento alla disciplina antimonopolistica in quanto ci˜ dipende unicamente dal tipo di attivitˆ che essa svolge e dal modo in cui tale attivitˆ si esplica sul mercato. Ci˜ che rileva, dunque,  che si tratti di un'attivitˆ economica consistente nell'offerta di beni o servizi sul mercato da cui esula l'esercizio di un potere d'imperio (cfr. Cass. 30175/2011). Per contro, le attivitˆ che si ricollegano all'esercizio di pubblici poteri non presentano un carattere economico che giustifichi l'applicazione delle norme sulla concorrenza previste dal trattato FUE ed un soggetto di diritto pubblico pu˜ essere considerato impresa unicamente per quanto riguarda una parte delle sue attivitˆ se queste ultime corrispondono a quelle che debbono essere qualificate come attivitˆ economiche; ne consegue che nei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attivitˆ economa che pu˜ essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, si pu˜ affermare che esso svolga attivitˆ economica (Corte di giustizia CE 26 marzo 2009 C113/ 07). Inoltre la circostanza secondo cui un prodotto o un servizio fornito da un ente pubblico e inerente all'esercizio da parte del medesimo di pubblici poteri venga fornito dietro un corrispettivo previsto dalla legge e non determinato, direttamente o indirettamente, da tale ente, di per sŽ non  sufficiente a far qualificare l'attivitˆ svolta come attivitˆ economica e l'ente che la svolge come impresa (Corte di giustizia CE 19 gennaio 1994 C-364/92). Pertanto un'attivitˆ di raccolta di dati relativi ad imprese, basata su un obbligo legale di dichiarazione imposto a queste ultime e sui relativi poteri coercitivi, entra nell'esercizio di pubblici poteri e, di conseguenza, un'attivitˆ di tal genere non configura attivitˆ economica. Parimenti un'attivitˆ consistente nel conservare e nel rendere accessibili al pubblico i dati in tal modo raccolti mediante consultazione o mediante la fornitura di copie su supporto cartaceo, conformemente alla normativa nazionale applicabile, non costituisce neanche essa attivitˆ economica, poichŽ la tenuta di una banca dati contenente tali dati e la sua messa a disposizione del pubblico sono attivitˆ inscindibili dall'attivitˆ di raccolta degli stessi dati. E la raccolta dei suddetti dati sarebbe ampiamente privata della sua utilitˆ qualora non venisse tenuta una banca che li registra affinchŽ possano essere consultati dal pubblico. Per quanto riguarda la circostanza che la messa a disposizione dei dati contenuti nel database avvenga dietro corrispettivo, nei limiti in cui i diritti o le tasse dovute per la messa a disposizione del pubblico delle informazioni sono previsti dalla legge, e non sono determinati diret tamente o indirettamente dall'ente interessato, la riscossione di siffatto corrispettivo pu˜ essere considerata inscindibile da tale messa a disposizione. Conseguentemente l'attivitˆ della pubblica autoritˆ consistente nel memorizzare, in una banca dati, dati che le imprese sono tenute a comunicare in forza di obblighi legali, nel consentire agli interessati di consultare tali dati e/o nel fornire loro copie degli stessi su supporto cartaceo non costituisce un'attivitˆ economica e, di conseguenza, nell'ambito di una siffatta attivitˆ, la pubblica autoritˆ non deve essere considerata un'impresa ai sensi dell'articolo 102 TFUE. La circostanza che tale consultazione e/o tale fornitura di copie vengano effettuate dietro pagamento di un corrispettivo previsto dalla legge e non determinato, direttamente o indirettamente, dall'ente di cui trattasi non  atta a modificare la qualificazione giuridica di tale attivitˆ (Corte di giustizia CE 12 luglio 2012 C-138/12). Ci˜ premesso, nel caso che occupa l'attrice sostiene che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge 31 gennaio 2005 numero 7 recante la nuova tabella delle tasse ipotecarie,  stata prevista l'introduzione del servizio di ricerca continuativa da fornirsi da parte dell'Agenzia delle entrate. Con il decreto legge 262/2006  stato, poi, aumentato notevolmente l'importo della tassa ipotecaria relativa al servizio della trasmissione elenco soggetti. PoichŽ l'attrice effettua una serie di servizi di informazione, sia in forma telematica che allo sportello e sia a favore di singoli cittadini che di imprese relativamente a ispezioni ipotecarie, visure catastali e certificazioni, essa assume che dall'aumento sproporzionato della tassa ipotecaria relativa alla consultazione dellĠelenco soggetti presenti nelle formalitˆ di un determinato giorno, che  passata da 7 euro per pagina a 40 curo per pagina,  derivato un danno patrimoniale consistito nel fatto che i clienti hanno rinunciato all'attivitˆ di monitoraggio immobiliare per i notevoli maggiori costi che ci˜ comportava. Dal fatto di non poter pi effettaure lĠattivitˆ di monitoraggio immobiliare e, conseguentemente, di non effettuare l'acquisizione degli elenchi soggetti il cui costo ricadeva sul cliente, sono derivati ulteriori danni dipesi dalla perdita di valore della banca dati ovvero dell'archivio che lĠattrice non ha potuto aggiornare costantemente sempre a causa della forzata rinuncia al servizio di monitoraggio. Invero la presenza di questa banca dati aggiornata costituiva un elemento patrimoniale positivo per lĠattrice che le consentiva di operare a costi assai minori relativamente alle anagrafiche contenute e aggiornate in essa. Quasi contemporaneamente all'aumento sproporzionato della tassa ipotecaria,  stato previsto il servizio di ricerca continuativa per via telematica, che consiste nella trasmissione delle variazioni dei dati ipotecari e catastali relativi ad un determinato soggetto lungo un periodo di tempo indicato dal richiedente. Secondo l'attrice l'aumento sproporzionato della tariffa ipotecaria della richiesta nominativa di soggetti e la concomitante offerta del servizio di ricerca continuativa per via telematica implica abuso di posizione dominante da parte dell'Agenzia delle entrate in quanto non agisce nell'ambito dei suoi compiti di servizo pubblico di messa a disposizione dei documenti relativi alla gestione dellĠanagrafe dei beni immobiliari, dei servizi di pubblicitˆ immobiliare e di conservazione dei registri ma realizza una attivitˆ commerciale che esula dallĠambito di suoi compiti, di talchŽ soggiace alle norme per la tutela della concorenza e del mercato previste dalla legge 287/1990 ed, in particolare, dallĠarticolo 3 di detta legge che vieta lĠabuso da parte di unĠimpresa di posizione dominante inibendo che essa pratichi prezzi di acquisto ingiustificatamente gravosi tali da limitare lĠaccesso al mercato in danno dei cosumatori. Osserva la corte che, allo stato,  venuta meno la materia del contendere in ordine alla richiesta di inibitoria alla continuazione delle attivitˆ pregiudizievoli da parte dell'Agenzia delle Entrate, tenuto conto che, a seguito dell'entrata in vigore del D.L. 2. marzo 2012 n. 16,  stato abolito il servizio di ricerca continuativa per via telematica e la tariffa per soggetto presente nell'elenco soggetti  stata ridotta ad euro 0,15. L'oggetto del contendere si appunta, perci˜, sulla domanda risarcitoria in relazione al danno prodottosi nella vigenza della precedente normativa. Quanto al danno direttamente correlato all'aumento della tariffa, occorrerebbe affermare che l'aumento abbia costituito abuso di posizione dominante. Orbene, la tariffa  stata fissata dallo Stato e non dall'Agenzia del territorio; inoltre, quandĠanche si volesse ritenere che la tassa ipotecaria, ancorchŽ prevista con legge dello Stato, costituisca pagamento del corrispettivo in denaro, occorrerebbe dimostrare che tale corrispettivo supera i costi di raccolta, produzione, e diffusione, maggiorati di un congruo utile sugli investimenti, che lĠarticolo 5, comma secondo, della mentovata direttiva 2003/98 CE pone quale limite delle tariffe praticate dall'ente pubblico per continuare a produrre un certo tipo di documento e per- metterne il riutilizzo da parte di un'organizzazione del settore privato o pubblico. La prova del superamento di tale limite non  stata raggiunta in quanto essa non pu˜ essere fatta derivare sic et simpliciter dall'aumento della tariffa poichŽ, nella valutazione della proporzionalitˆ di essa, occorre considerare il lungo lasso di tempo intercorso dalla fissazione della previgente tariffa e dell'incremento dei costi di produzione del servizio, da ritenersi rilevante in considerazione dell'estensione dell'intervento necessario all'informatizzazione dei servizi sull'intero territorio nazionale e del notevole impegno finanziario richiesto dagli investimenti necessari per l'apprestamento sull'intero territorio nazionale delle indispensabili dotazioni tecniche, dei corsi di formazione professionale del personale da adibirsi all'operazione, degli strumenti informatici di nuova introduzione e della maggiore onerositˆ del costo di manodopera derivante dal diverso livello retributivo spettante al personale specializzato. Quanto al danno correlato al fatto che l'Agenzia del territorio ha proposto agli utenti il servizio di ricerca continuativa di talchŽ, quale diretta conseguenza di esso, si sono prodotti i danni dipesi dalla rinuncia al servizio di monitoraggio immobiliare da parte della clientela, si osserva quanto segue. Secondo la direttiva CEE 2003/98 del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, il riutilizzo dell'uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti  soggetta alle stesse tariffe e condizioni applicati agli altri utilizzatori (articolo 10 e 9Ħ ÒconsiderandoÓ). La questione si appunta, perci˜, nel definire la natura del servizio di ricerca continuativa per via telematica, la quale presuppone la necessitˆ di elaborare i dati contenuti nei registri. Invero, se si ritiene che tale servizio non costituisce una forma di "messa a disposizione del documento per via elettronica", secondo il dettato dell'art. 5 della direttiva (per il che l'attivitˆ rientra nell' esercizio della funzione pubblica della tenuta dei registri e del rilascio di copia) ma un "riutilizzo" del documento pubblico a fini commerciali, cos“ come previsto dall'art. 2 n. 4 della direttiva stessa, allora si pu˜ affermare che l'espletamento del servizio in parola costituisce abuso di posizione dominante nell'accezione data dall'art. 3 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 poichŽ l'Agenzia si trova avvantaggiata rispetto alle imprese che espletano la medesima attivitˆ in quanto dispone essa stessa direttamente dei dati provenienti dai registri. Viceversa, se si ritiene che la ricerca continuativa altro non  che una modalitˆ di messa a disposizione del documento, allora si tratta di attivitˆ espletata nell'esercizio della funzione pubblica di conservazione dei registri e di rilascio di copie che esula dal campo dellĠattivitˆ commerciale disciplinata dalla legge 10 ottobre 1990 n. 287. Ritiene questa corte che lĠattivitˆ in parola non concreti riutilizzo del documento a fini commerciali ma semplice rilascio di dati e ci˜ in quanto le notizie che vengono comunicate al- l'utente per via telematica, ancorchŽ riferite ad un soggetto monitorato in un arco continuativo di tempo, derivano direttamente dall'utilizzo del moderno sistema informatico di tenuta dei registri, laddove l'inserimento di un parola chiave consente, come in qualsiasi banca dati, l'estrapolazione di elementi selezionati. é estranea a tale iter ogni attivitˆ valutativa propria dell'intelletto umano ed  cosa ben diversa la ricerca continuativa, che promana meccanicamente dal sistema informatico di tenuta dei registri pubblicitari, dal monitoraggio immobiliare, che  attivitˆ che si colloca "a valle " e presuppone lo studio dei titoli sulla base dei quali si sono ottenute le trascrizioni, iscrizioni o annotazioni a favore o contro un determinato soggetto. Basti considerare che con la ricerca continuativa si ottiene solamente il dato, di per se non significativo, della variazione a favore od a carico del soggetto monitorizzato ma non  dato evincere la consistenza patrimoniale del bene che ne  oggetto e solo a seguito dell'esame delle note di trascrizione  possibile individuare e stimare la rilevanza dell'atto compiuto. Il fatto, poi, che nel passato il servizio di ricerca continuativa non fosse offerto al pubblico dall'Agenzia del territorio  dipeso dalla mancanza di risorse in capo alla pubblica amministrazione di talchŽ gli enti commerciali offrivano ai privati tale servizio ritraendone un utile. Ma l'evolversi della tecnologia e l'applicazione dei sistemi informatici, che si  ormai diffusa capillarmente in ogni settore della pubblica amministrazione, hanno consentito di superare la difficoltˆ di rilascio, anche in via continuativa, dei dati dei registri pubblicitari la quale, allo stato, non apparirebbe pi giustificabile se non in un'ottica che esula da quella della mera applicazione delle norme. La domanda attorea va, perci™, rigettata e le spese processuali, in considerazione della novitˆ delle questioni trattate, si compensano per lĠintero P.Q.M. La Corte d'Appello di Venezia, pronunciando in via definitiva nella causa promossa da I.T.C. Italian Trade Consultant s.r.l. contro l'Agenzia del Territorio, cosi provvede: rigetta la domanda e compensa le spese processuali. Cos“ deciso a Venezia il 13 marzo 2013 In materia di accesso difensivo, finalizzato alla difesa in giudizio, ex art. 24, co. 7, L. n. 241/90 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. SESTA, ORDINANZA 7 FEBBRAIO 2014 N. 600 Marina Russo* Il Consiglio di Stato con lĠordinanza in rassegna si  pronunciato su una controversia in materia di accesso c.d. ÒdifensivoÓ a documentazione coperta da classifica ai sensi dellĠart. 42 della legge 124/07. Ha annullato lĠordinanza con la quale il TAR Lazio aveva accolto un ricorso incidentale ex art. 116 comma 2 c.p.a., con il quale la ricorrente mirava ad accedere a due note della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rispettivamente classificate, ai sensi della legge 124/07, come ÒriservataÓ e ÒriservatissimaÓ. LĠAmministrazione aveva respinto lĠistanza di accesso, motivando il diniego con la classifica di riservatezza, comunque esplicitando che dette note contenevano notizie relative ad un rischio di proliferazione di armi di distruzione di massa. Il giudice dellĠappello ha affermato i seguenti principi in materia di accesso difensivo a documentazione classificata: lĠart. 24 comma 7 della legge 241/90 non autorizza ad attribuire indiscriminata prevalenza al diritto di accesso cosiddetto ÒdifensivoÓ rispetto al- lĠinteresse al riserbo sotteso ai vari casi di esclusione normativamente previsti; ne discende che, in astratto, si potrebbe anche teorizzare una sistematica negazione dellĠaccesso a fini difensivi, in presenza di uno dei casi di esclusione previsti; in alternativa,  comunque necessario procedere ad una comparazione in concreto fra i contrapposti interessi, per accordare lĠaccesso solo nel caso in cui la comparazione stessa conduca ad attribuire prevalenza allĠinteresse difensivo rispetto a quello al riserbo. Nel caso di specie, il giudice non prende tuttavia posizione fra la prima opzione, pi rigorosa, e la seconda; ci˜ in quanto la comparazione degli interessi coinvolti lo induce a ritenere comunque evidente la prevalenza di quello pubblico alla sicurezza nazionale ed internazionale rispetto a quello, pur dotato di rilevanza costituzionale, allĠesercizio dellĠiniziativa economica privata. Il Consiglio di Stato sottolinea, infine, la necessitˆ di valutare con specifico riguardo al caso concreto anche il profilo della stretta indispensabilitˆ del documento alla difesa, peraltro escludendolo nella fattispecie, posto che il ricorrente ha potuto comunque spiegare ampiamente le proprie difese, sulla base delle informazioni disponibili. *) Avvocato dello Stato. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ordinanza 7 febbraio 2014 n. 600 -Pres. Severini, Est. Giovagnoli - Ministero sviluppo economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato M. Russo) c. M.Q.I. s.p.a. (avv. O. Grandinetti). (...) 1. Il Ministero dello sviluppo economico e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno impugnato, chiedendone la sospensione, lĠordinanza istruttoria 29 novembre 2013, n. 10221, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha accolto lĠistanza incidentale di accesso proposta dalla societˆ ai sensi dellĠart. 116, comma 2, Cod. proc. amm. LĠordinanza appellata, in particolare, ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso contenuto nel provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico del 14 agosto 2013 e, per lĠeffetto, ha ordinato al Ministero medesimo di depositare presso la segreteria della Sezione i seguenti atti: -nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del gennaio 2013; -nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 31 maggio 2013 -nota prot. PCI/48401 del 22 marzo 2013; -verbale della riunione del Comitato consultivo n. 289 del 30 novembre 2012. 2. Il Ministero dello sviluppo economico, destinatario dellĠordine istruttorio, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla quale promana la documentazione oggetto dellĠordine di esibizione, con il presente appello hanno chiesto lĠannullamento dellĠordinanza istruttoria nella parte in cui essa consente lĠaccesso anche alle note della Presidenza del Consiglio del 31 gennaio 2013 e del 31 maggio 2013. 3. Giova evidenziare, per una migliore comprensione della vicenda, che lĠistanza di accesso  stata proposta in via incidentale dalla societˆ nellĠambito del ricorso principale proposto per ottenere lĠannullamento dei provvedimenti (prot. PCI/254141 del 12 dicembre 2012, prot. PCI/14878 del 29 gennaio 2013 e prot. PCI/108132 del 27 giugno 2013) con i quali il Ministero dello sviluppo economico ha imposto, e successivamente riconfermato, lĠapplicazione della cosiddetta clausola catch-all, di cui allĠart. 4, paragrafo 1, del regolamento CE del Consiglio del 5 maggio 2009 n. 428/2009 (Regolamento del Consiglio che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dellĠintermediazione e del transito di prodotti a duplice uso), ad unĠoperazione di esportazione a favore della societˆ turca P. (relativa alla forniture di otto refrigeratori, tipo ÒchillerÓ, per il condizionamento dellĠaria, destinati alla realizzazione del complesso sportivo olimpionico di Ashgabat, per un importo complessivo di Û 565.622,05). 4. Ai sensi dellĠart. 4, paragrafo 1, del regolamento CE n. 428/2009 ÒlĠesportazione di prodotti a duplice uso non compresi nellĠelenco di cui allĠallegato I  subordinata ad unĠautorizzazione nel caso in cui lĠesportatore sia stato informato dalle competenti autoritˆ dello Stato membro in cui  stabilito che detti prodotti sono o possono essere destinati, in tutto o in parte, ad una utilizzazione collegata allo sviluppo, alla produzione, alla movimentazione, al funzionamento, alla manutenzione, alla conservazione, allĠindividuazione, allĠidentificazione o alla disseminazione di armi chimiche, biologiche o nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari oppure allo sviluppo, alla produzione, alla manutenzione o alla conservazione di missili che possano essere utilizzati come vettori di tali armiÓ. Nel caso di specie, il Ministero dello sviluppo economico, nellĠimporre detta clausola, ha dichiarato di essere in possesso di informazioni riservate da cui potrebbe evincersi una connes sione tra lĠesportazione della societˆ ricorrente e possibili utilizzazioni attinenti allo sviluppo e produzione di armi di distruzione di massa. LĠimposizione di detta clausola, peraltro,  stata riconfermata dal Ministero, sulla base di ulteriori Òinformazioni concernenti la rilevante sensibilitˆ dellĠoperazione de quaÓ. 5. Al fine di difendersi nel predetto giudizio di annullamento avverso lĠimposizione della c.d. clausola catch-all, la societˆ ha chiesto lĠaccesso ad una serie di documenti, ivi comprese, per quello che pi interessa in questa sede, le note della Presidenza del Consiglio del gennaio 2013 e del 31 maggio 2013, attestanti la rilevante sensibilitˆ dellĠoperazione con riferimento al rischio di proliferazione di armi di distruzione di massa. Il diniego di accesso opposto dal Ministero (provvedimento del 14 agosto 2013)  stato impugnato dalla societˆ in via incidentale, ai sensi dellĠart. 116, comma 2, Cod. proc. amm., nellĠambito del giudizio giˆ pendente per lĠannullamento dei provvedimenti di imposizione (e di riconferma) della clausola catch-all. 6. LĠordinanza oggetto del presente appello ha accolto il ricorso avverso il diniego di accesso ed ha ordinato lĠesibizione dei documenti richiesti (ivi comprese le due note della Presidenza del Consiglio di gennaio e maggio 2013), prescrivendo, a tutela della esigenze di riservatezza invocate dal Ministero, il deposito in busta sigillata presso la segreteria della Sezione e la visione degli stessi Òalla presenza del Direttore della Sezione Terza Ter, che redigerˆ apposito verbale e provvederˆ a riporre i documenti, una volta definita la conoscenza degli stessi da parte della ricorrente, in busta debitamente sigillata per la successiva visione da parte del CollegioÓ. 7. LĠappello proposto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri  volto a contestare lĠaccessibilitˆ delle due note della Presidenza del Consiglio del gennaio 2013 e del maggio 2013, contenenti le sopra richiamate informazioni riservate in ordine alla ritenuta sensibilitˆ dellĠoperazione di esportazione rispetto al rischio di possibile utilizzo nella fabbricazione di armi di distruzione di massa. Le Amministrazioni appellanti deducono che le note in questione sarebbero escluse dal diritto di accesso, trattandosi di documenti coperti dalla qualifica di ÒriservatoÓ ai sensi dellĠart. 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto). 8. Si  costituita la societˆ chiedendo il rigetto del ricorso e riproponendo, comunque, ai sensi dellĠart. 101, comma 2, Cod. proc. amm., i motivi proposti a sostegno dellĠistanza incidentale di accesso assorbiti in primo grado. 9. Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2014, formalmente fissata per la decisione sul- lĠistanza cautelare, le parti, evidenziando le peculiaritˆ della fattispecie e del relativo rito oltre alla circostanza che lĠudienza di discussione nel merito del ricorso principale innanzi al Tribunale amministrativo regionale  fissata per il 27 marzo 2014, hanno chiesto lĠimmediata definizione del giudizio ai sensi dellĠart. 60 Cod. proc. amm. 10. Il Collegio ritiene che, come richiesto dalle parti, sussistano i presupposti per senzĠaltro definire il giudizio nel merito, considerato che il contradditorio  integro, lĠistruttoria  completa e la risoluzione della lite dipende dalla risoluzione di unĠunica questione di diritto. 11. LĠappello proposto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri merita accoglimento. 12. Il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso sulla base della previsione contenuta nellĠart. 24, comma 7, legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammi nistrativi), nel testo sostituito dallĠart. 16 legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sullĠazione amministrativa), ai sensi della quale: ÒDeve comunque essere garantito ai richiedenti lĠaccesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridiciÓ. Secondo lĠordinanza appellata, da tale norma emergerebbe una generale prevalenza del c.d. accesso difensivo (finalizzato alla difesa in giudizio) rispetto a tutti gli altri interessi contrapposti, pubblici e privati, a tutela dei quali sono previste le diverse ipotesi di esclusione dal- lĠaccesso disciplinate negli altri commi dello stesso art. 24 della legge n. 241 del 1990. Partendo da tale premessa, il Tribunale amministrativo regionale ha reputato irrilevante la circostanza che i documenti in questione siano tra quelli che il Ministero ha espressamente sottratto allĠaccesso con il d.m. 16 maggio 1996, n. 422 (Regolamento recante norme per lĠindividuazione dei documenti di competenza del Ministero del commercio con lĠestero, sottratti al diritto di accesso ai sensi dellĠart. 24, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241) o che tali documenti siano, comunque, coperti da un divieto di divulgazione, ai sensi dellĠart. 42 legge n. 124 del 2007, in quanto oggetto di classifica di segretezza (ÒriservatoÓ) da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ci˜ in quanto, secondo il Tribunale amministrativo regionale, lĠaccesso c.d. difensivo sarebbe comunque prevalente e il rischio di una irragionevole compressione degli altri interessi pro- tetti, aventi, rispetto al diritto di difesa, uguale rilevanza costituzionale e comunitaria, sarebbe adeguatamente scongiurato attraverso una applicazione dellĠart. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990 secondo il canone della strettissima interpretazione, volta ad appurare la reale funzionalitˆ dellĠaccesso al diritto di difesa. 13. Tale conclusione non pu˜ essere condivisa. Non merita condivisione, in particolare, la premessa interpretativa da cui essa muove, ovvero che lĠaccesso c.d. difensivo di cui allĠart. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990 sia in grado di prevalere su ogni ipotesi di esclusione dallĠaccesso ai sensi dei precedenti commi dello stesso art. 24. Il Collegio ritiene, al contrario, che (nonostante la non felice formulazione dellĠart. 24, comma 7, come sostituito dallĠart. 5 della legge n. 15 del 2005) la regola della prevalenza del c.d. accesso difensivo non riguardi tutte le ipotesi di esclusione di cui al medesimo art. 24, ma solo la particolare ipotesi di esclusione (contemplata dalla lettera d del comma 6) determinata dalla necessitˆ di tutelare la riservatezza di terzi (persone, gruppi, imprese e associazioni). 14. é vero che in senso contrario (ovvero a favore della tesi della generalizzata prevalenza dellĠaccesso difensivo) sembrerebbe deporre la collocazione della relativa regola in un comma autonomo (il comma 7 dellĠart. 24 della legge n. 241 del 1990), da cui potrebbe, appunto, ricavarsi che oggi, a differenza di quanto accadeva prima delle modifiche introdotte con la legge n. 15 del 2005, lĠaccesso difensivo prevalga su ogni fattispecie di esclusione. 15. Tale argomento, legato alla collocazione topografica della previsione normativa, tuttavia cede alla luce delle seguenti considerazioni. 16. Innanzitutto, esso trova smentita nei lavori preparatori della legge n. 15 del 2005, dai quali emerge, in maniera sufficiente, lĠintenzione del legislatore di attribuire prevalenza allĠaccesso difensivo solo con riferimento ai documenti contenenti dati personali, ossia allorchŽ venga in rilievo la tutela della riservatezza. Nella Relazione della Prima Commissione permanente della Camera Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni), presentata alla Presidenza il 6 novembre 2003, a pag. 13, infatti, si legge: Òla tutela della riservatezza dei dati, stabilisce il comma 7, deve comunque garantire, agli interessati che lo richiedono, lĠaccesso ai documenti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per lĠesercizio del diritto di difesa o per far valere un diritto in giudizioÓ. La norma di cui al comma 7 viene, quindi, ricondotta esclusivamente al rapporto tra accesso e riservatezza, senza menzionare le altre ipotesi di esclusione. Al di lˆ dellĠintenzione del legislatore storico, a sostegno di tale interpretazione dellĠart. 24, comma 7, depongono due ulteriori argomenti. 17. Il primo si ricava da una lettura complessiva dellĠart. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990. Tale disposizione si compone di due periodi: il primo, che sancisce la regola della prevalenza dellĠaccesso difensivo, senza ulteriori specificazioni; il secondo, che limita lĠapplicazione di tale regola, occupandosi di attenuarne la portata solo con riferimento ad alcune categorie di dati personali (i dati sensibili, i dati giudiziari e i dati sensibilissimi). Mentre il primo periodo fa generico riferimento alla necessitˆ di consentire lĠaccesso strumentale allĠesercizio del diritto di difesa in giudizio (senza specificare rispetto a quali documenti), il secondo periodo, nel limitare la portata della regola, fa riferimento ai dati sensibili e giudiziari (puntualizzando che, in questo caso, non basta la semplice strumentalitˆ, ma occorre la stretta indispensabilitˆ) e ai dati sensibilissimi (specificando, tramite il rinvio allĠart. 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, che Òquando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento  consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi  di rango almeno pari ai diritti dellĠinteressato, ovvero consiste in un diritto della personalitˆ o in un altro diritto o libertˆ fondamentale e inviolabileÓ). é evidente allora che non  plausibile una interpretazione atomistica del primo periodo del comma 7 dellĠart. 24, che non tenga conto di quanto dispone il secondo periodo nel chiarire e limitare la portata della regola che sancisce la prevalenza dellĠaccesso difensivo. LĠeccezione del secondo periodo si occupa solo dei dati personali sensibili e sensibilissimi (coperti dal c.d. nocciolo duro del diritto alla riservatezza) sul presupposto, non esplicitato ma comunque evidente, che la regola del primo periodo valga, a sua volta, solo per i documenti che contengono dati personali (e non per qualsiasi ipotesi di esclusione dal diritto di accesso). 18. LĠopposto assunto, oltre ad essere smentito dal punto di vista storico-teleologico oltre che dal dato letterale (tenendo conto dellĠintera formulazione del comma 7) darebbe luogo anche a conclusioni irragionevoli, finendo per tutelare la riservatezza delle informazioni private e personali in misura maggiore rispetto alla riservatezza delle informazioni pubbliche, che sarebbero cedevoli rispetto allĠaccesso difensivo indipendentemente da ogni concreto bilanciamento tra opposti interessi e senza tener conto del dominante rilievo e della portata stessa dellĠinteresse pubblico sotteso allĠipotesi legislativamente prevista di esclusione. 19. Deve, quindi, escludersi che lĠart. 24, comma 7, primo periodo, legge n. 241 del 1990 possa essere interpretato nel senso di giustificare una indiscriminata prevalenza dellĠaccesso difensivo su tutte le ipotesi di esclusione normativamente previste. 20. Esclusa la generalizzata applicazione della regola dellĠaccesso difensivo di cui allĠart. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990, i rapporti tra lĠaccesso strumentale alla difesa in giudizio e gli altri casi di esclusione tipizzati dalla legge non potrˆ che essere risolto seguendo una delle seguenti vie: a) secondo una accezione pi radicale, dando sempre prevalenza ai secondi (come sembrerebbe desumersi dallĠart. 24, comma 1, legge n. 241 del 1990 che, con lĠespressione Òil diritto di accesso  esclusoÓ sembra individuare negli interessi pubblici che integrando le fattispecie tipiche di esclusione inderogabili limiti negativi al contenuto del diritto di accesso, quale che sia la sua finalitˆ); b) secondo una accezione pi ÒflessibileÓ, ammettendo la possibilitˆ di un bilanciamento in concreto, che tenga conto (analogamente a quanto previsto per i dati personali sensibilissimi), da un lato, della indispensabilitˆ dellĠaccesso rispetto alla difesa e, dallĠaltro, del rango comparativo degli interessi contrapposti (quello tutelato con lĠesclusione dellĠaccesso e quello alla cui tutela in giudizio mira lĠistanza ostensiva). 21. Non vi  ragione qui di indicare le ragioni perchŽ sia da preferire lĠuna o lĠaltra via, perchŽ, anche ad accogliere la pi flessibile tesi del bilanciamento Òin concretoÓ, non vi  dubbio che, nel caso di specie, tale bilanciamento non potrebbe che concludersi nel senso di escludere lĠaccesso richiesto dalla societˆ. 22. In questo caso, infatti, lĠinteresse economico del richiedente (per quanto rilevante e collegato a un valore di rilievo costituzionale come quello della libertˆ di iniziativa economica) non pu˜ che restare subvalente rispetto allĠinteresse pubblico che giustifica la non ostensione, vale a dire il segreto, connesso comĠ ai beni pubblici protetti dalla tutela della sicurezza nazionale e internazionale dello Stato e della lotta al terrorismo. Basti considerare che il diniego di accesso riguarda, in questo caso, Òdocumenti classificatiÓ ai sensi dellĠart. 42 della legge n. 124 del 2007, e le classifiche di segretezza, in base al comma 1 del medesimo art. 42, sono attribuite proprio Òper circoscrivere la conoscenza di informazioni, atti e attivitˆ ai soli soggetti che abbiano necessitˆ di accedervi in ragione della proprie funzionali istituzionaliÓ. Vi  quindi una specifica previsione legislativa che esclude la comune accessibilitˆ. 23. Inoltre, non sembra emergere quel rapporto di stretta indispensabilitˆ tra il richiesto accesso e lĠesercizio del diritto di difesa. La societˆ ricorrente, invero, nellĠambito del ricorso diretto allĠannullamento del provvedimento impositivo dellĠobbligo di previa autorizzazione ha esposto circostanze dettagliate e formulato motivi puntuali (ivi compresa la lamentata disparitˆ di trattamento rispetto allĠaltro operatore italiano che ha esportato gli stessi prodotti presso la medesima impresa), che confermano la non indispensabilitˆ della conoscenza delle informazioni riservate contenute nelle note della Presidenza del Consiglio dei Ministri del gennaio 2013 e del maggio 2013 per lĠesercizio del diritto di difesa. 24. Alla luce delle considerazioni che precedono lĠappello deve essere accolto e, per lĠeffetto, in riforma dellĠordinanza appellata, deve essere respinto il ricorso incidentale contro il diniego di accesso proposto dalla societˆ ai sensi dellĠart. 116, comma 2, Cod. proc. amm. 25. Le spese della presente fase incidentale seguono la soccombenza e sono liquidati in complessivi Û 3.000 (tremila). P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), accoglie lĠappello e, per lĠeffetto, in riforma dellĠordinanza impugnata, respinge lĠistanza incidentale di accesso proposta ai sensi dellĠart. 116, comma 2, cod. proc. amm. Condanna la societˆ al pagamento, a favore delle Amministrazioni appellanti, delle spese del giudizio incidentale sullĠaccesso, che liquida in complessivi Û 3.000 (tremila/00). Cos“ deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2014. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Il suggellamento degli apparecchi televisivi a seguito di disdetta dellĠabbonamento R.A.I. PARERE 17/10/2013-412985, CS 19702/13, SEZ. III, AVV. GIUSEPPE ALBENZIO La questione sottoposta a questa Avvocatura concerne lĠindividuazione dellĠautoritˆ competente a svolgere le operazioni di suggellamento descritte dallĠart. 10, regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito in legge 4 giugno 1938, n. 880. Ai sensi di questa disposizione, in caso di disdetta del- lĠabbonamento R.A.I., lĠapparecchio atto o adattabile alla ricezione di radioaudizioni deve essere racchiuso in un apposito involucro in modo da impedirne il futuro funzionamento, salva la facoltˆ dellĠabbonato di cedere lĠapparecchio a terzi. LĠindividuazione dellĠautoritˆ competente a svolgere le operazioni di cui sopra deve necessariamente prendere le mosse da unĠattenta ricognizione delle fonti normative: in questo caso, il regio decreto legge 246/1938 che ancora oggi costituisce parte integrante del reticolato normativo vigente in materia di abbonamenti R.A.I. Ai sensi dellĠart. 12, lĠautoritˆ competente a svolgere le operazioni di chiusura e riapertura degli apparecchi nei casi indicati allĠart. 10  individuata negli Uffici tecnici erariali. ComĠ noto, infatti, con il regio decreto 22 ottobre 1936, n. 2007, gli Uffici tecnici di finanza hanno assunto la denominazione di Uffici tecnici erariali, lasciando peraltro inalterate le prerogative giˆ attribuite a quelle amministrazioni periferiche dello Stato. Con il citato atto legislativo, gli Uffici tecnici erariali sono stati suddivisi in quattro sezioni: I) Demanio e consulenze tecniche erariali; II) Imposte di fabbricazione; III) Stime; IV) Conservazione del catasto. Con il successivo regio decreto legge 16 giugno 1938, n. 962, sono stati istituiti gli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione (U.T.I.F.), cui sono stati attribuiti Òtutti i servizi attualmente disimpegnati dagli uffici tecnici erariali a mezzo della loro sezione 2Ħ, a termini dellĠart. 3 del regio decreto 22 ottobre 1936, n. 2007 e dellĠart. 30, n. 11, del decreto ministeriale 1Ħ dicembre 1936Ó (art. 2), ovvero i servizi precedentemente assegnati alla sezione Imposte di fabbricazione degli Uffici tecnici erariali. UnĠulteriore tappa del percorso normativo, rilevante ai fini della risoluzione della questione sottoposta,  rappresentata dal decreto legislativo 105/1990 che ha istituito, nellĠambito del Ministero delle Finanze, il Dipartimento delle Dogane e delle Imposte Indirette. A detto dipartimento viene riconosciuta autonomia organizzativa e funzionale; ai sensi dellĠart. 16, comma 3, lett. a) di tale decreto - in attuazione di quanto prescritto dalla legge delega 349/1989 allĠart. 3, lett. e) - le competenze degli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione sono stati trasferiti agli Uffici tecnici di finanza (U.T.F.), incardinati nel Dipartimento delle Dogane. Infine, con il decreto legislativo 300/1999, le competenze del Dipartimento delle Dogane sono confluite nellĠAgenzia delle Dogane, oggi Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato. Dalla successione degli atti legislativi appena ricostruita si evince quindi che lĠodierna Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato abbia ereditato soltanto parte delle competenze precedentemente riconosciute agli Uffici tecnici erariali, segnatamente quelle rientranti nella sezione II (Imposte di fabbricazione), istituita con il r.d. 2007 del 1936. Al fine di poter accertare quindi se lĠAgenzia abbia ereditato dagli Uffici tecnici erariali anche lĠobbligo di eseguire le operazioni di suggellamento di cui allĠart. 12 cit., risulta determinante stabilire a quale delle quattro sezioni degli U.T.E. fosse stata assegnata lĠesecuzione delle operazioni di chiusura e riapertura degli apparecchi. Da unĠapprofondita ricognizione delle fonti normative, infatti, risulta che la norma attributiva di competenza contenuta nellĠart. 12, r.d.l. 246/1938 non sia stata abrogata. Una indicazione di primaria importanza, a tal fine,  fornita dal ÒRegolamento di servizio per gli uffici provinciali dellĠamministrazione del catasto e dei servizi tecnici erarialiÓ, approvato con decreto ministeriale del 1Ħ dicembre 1936, n. 6888. LĠart. 30, rubricato ÒOrdinamento degli Uffici tecnici erarialiÓ, esplica le specifiche competenze affidate a tali uffici, ripartendole per ciascuna delle quattro sezioni. Orbene, unĠattenta lettura delle singoli voci induce ad escludere che le operazioni di suggellamento potessero essere fatte rientrare nella sezione I (Demanio e consulenze tecniche erariali), III (Stime) e IV (Conservazione del catasto). Oltre che per una mera argomentazione a contrario, si ritiene convincente ricondurre le operazioni di suggellamento alla sezione II in quanto questa, benchŽ denominata ÒImposte di fabbricazioneÓ,  chiamata a svolgere anche Òservizi fiscali in materia di radiofonia, secondo le vigenti disposizioni di legge ed istruzioni ministerialiÓ (art. 30, n. 11, lett. c), decreto ministeriale 1 dicembre 1936, n. 6888): una voce cui senzĠaltro possono essere ricondotte le operazioni di suggellamento come disciplinate dalla normativa in materia di radioaudizioni (r.d.l. 246/1938). Ad ulteriore dimostrazione che la competenza in materia di operazioni di suggellamento abbia seguito il percorso normativo prima indicato (segnatamente dagli Uffici tecnici erariali agli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione ed, infine, agli Uffici tecnici di finanza) vi  la circostanza che nel successivo ÒRegolamento di servizio per gli uffici provinciali dellĠamministrazione del catasto e dei servizi tecnici erarialiÓ, approvato con decreto ministeriale del 30 giugno 1945, n. 1441 (quindi, successivo, sia allĠattribuzione delle competenza in materia di operazioni di suggellamento ex art. 12, r.d.l. 246/1938, sia al trasferimento di competenze operato dallĠart. 2 del r.d.l. 962/1938), non solo non compaia pi la voce relativa ai Òservizi fiscali in materia di radiofoniaÓ - ormai devoluti agli U.T.I.F. - ma non vi sia alcuna altra voce che indichi le permanenza in capo agli Uffici tecnici erariali della competenza a svolgere le operazioni di suggellamento. In conclusione, ad avviso di questa Avvocatura, gli atti legislativi sopra citati, cos“ come si sono succeduti nel tempo, inducono a ritenere che ad oggi gli Uffici tecnici di finanza, giˆ incardinati nel Dipartimento delle Dogane e delle Imposte Indirette e, ora, nellĠAgenzia delle Dogane e dei Monopoli, abbiano ereditato dagli Uffici tecnici erariali la competenza ad eseguire le operazioni di suggellamento, che andrebbe cos“ ascritta tra gli Òaltri compiti a loro [gli Uffici tecnici di finanza] devoluti da leggi specialiÓ, come richiamati dallĠallora vigente art. 16, comma 3, lett. a), decreto legislativo 105/1990. Il presente parere  stato sottoposto allĠesame del Comitato Consultivo di questa Avvocatura Generale che si  espresso in conformitˆ nella seduta del 14 ottobre 2013. La clausola di salvaguardia nei contratti di acquisto di prestazioni sanitarie da strutture private accreditate PARERE 28/10/2013-428589, CS 33457/13, SEZ. V, AVV. GESUALDO DĠELIA Codesta Amministrazione chiede il parere di questa Avvocatura in relazione allĠammissibilitˆ della clausola di salvaguardia nellĠambito dei contratti per lĠacquisto di prestazioni sanitarie da strutture private accreditate, ed espone, in fatto, che: -in data 18 luglio 2013  pervenuta allĠUfficio Legislativo del Ministero della Salute una nota della Direzione generale della programmazione sanitaria con cui si chiede il parere del suddetto Ufficio sulla medesima questione; -che si tratta di un tema di portata generale in quanto concerne aspetti problematici riguardanti le procedure e le condizioni per la stipulazione dei contratti con le strutture sanitarie accreditate, la cui soluzione dovrebbe poi essere estesa per uniformitˆ a tutte le regioni e in particolare a quelle in piano di rientro; -la clausola, che  stata inserita dal 2008 nei contratti stipulati dalle regioni in piano di rientro con le strutture private accreditate recita: Ò1. Con la sottoscrizione del presente accordo la struttura accetta espressamente, completamente ed incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto del contratto. 2. In conseguenza dellĠaccettazione, la Struttura presta acquiescenza ai medesimi provvedimenti e, per lĠeffetto, rinuncia alle azioni giˆ intraprese e/o a futuri contenziosi avverso gli atti e/o provvedimenti suddettiÓ; -che codesto Ufficio Legislativo ritiene di poter condividere la ricostruzione della normativa e della giurisprudenza rilevanti sul tema in oggetto, illustrata nella nota della Direzione generale della programmazione sanitaria, nonchŽ la proposta di riformulazione del secondo comma della clausola; -che da quanto riferito nella citata nota e sulla base dellĠesame della giurisprudenza rilevante, emerge che tale clausola  stata oggetto di impugnativa da parte delle strutture interessate e la giurisprudenza sul punto  oscillante. Le impugnative si basano su due ordini di motivi, e pi precisamente sulla lesione dellĠautonomia privata da una parte (art. 41 Cost.), e sulla lesione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) dallĠaltro; Codesta Amministrazione chiede quindi parere sui seguenti profili: a) se sia condivisibile la tesi esposta in ordine alla conservazione del primo comma della clausola, o se invece si ritenga che anche tale comma possa comunque essere causa di ulteriori contenziosi; b) se sia condivisibile la proposta di riformulazione del secondo comma della clausola, illustrata nella richiesta della suddetta Direzione e riportata nella nota a riscontro, o se si ritenga, invece, che, per non esporsi a ulteriori contenziosi, tale comma debba essere soppresso; c) pi in generale, va considerato che in alcune realtˆ regionali - e segnatamente nella regione Abruzzo, come segnalato dal Presidente della Regione - le strutture sanitarie si rifiuterebbero di sottoscrivere la clausola nella formulazione attuale, in quanto non intendono rinunciare alle precedenti impugnative, o anche ad eventuali impugnative future, avverso gli atti di determinazione dei tetti di spesa e delle tariffe, e che, in conseguenza di ci˜, le regioni dovrebbero attivare la procedura di sospensione dellĠaccreditamento giˆ rilasciato (ai sensi dellĠarticolo 8-quinquies, comma 2-quinquies del d. lgs. n. 502/1992); ci˜ posto, si chiede se si ritenga che la conservazione della clausola, eventualmente anche modificata nel senso illustrato, possa poi esporre le amministrazioni regionali o le ASL (o i Commissari ad acta nelle regioni in piano di rientro) ad ulteriori contenziosi - anche sub specie di richiesta di risarcimento danni - laddove i giudizi pendenti o futuri sugli atti di determinazione dei tetti di spesa e delle tariffe dovessero risolversi in senso favorevole ai ricorrenti, successivamente allĠavvenuta sospensione dellĠaccreditamento per la mancata sottoscrizione del contratto. Questa Avvocatura osserva quanto segue. Per quanto riguarda il punto a) - premesso che  impossibile stabilire a priori se una norma potrˆ essere oggetto di controversia (anche la norma ÒperfettaÓ pu˜ esserlo) - si ritiene di poter condividere lĠipotesi di conservazione del primo comma della clausola. Non vi  dubbio sul fatto che lĠautonomia privata possa subire dei limiti. Lo stesso articolo 41 Cost., dopo aver stabilito che lĠiniziativa economica privata  libera, pone ad essa alcuni limiti espliciti. Infatti, lĠart. 41 stabilisce al secondo comma che lĠiniziativa economica privata Ònon pu˜ svolgersi in contrasto con lĠutilitˆ socialeÓ e al terzo che ÒLa legge determina i programmi e i controlli opportuni perchŽ lĠattivitˆ economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini socialiÓ. Esaminando la legislazione ordinaria, si nota che il d. lgs. n. 502/1992 prevede allĠart. 8 quater, secondo comma, che Òla qualitˆ di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui allĠarticolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per lĠaccreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attivitˆ delle strutture accreditate, cos“ come definiti dallĠarticolo 8-quinquiesÓ. Inoltre, il primo comma dello stesso articolo da una parte subordina, tra lĠaltro, lĠaccreditamento delle strutture richiedenti Òalla loro funzionalitˆ rispetto agli indirizzi di programmazione regionaleÓ e dallĠaltra impone alle regioni di definire il Òfabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenzaÓ. Tutto ci˜  diretto allĠindividuazione dei criteri Òper la verifica della funzionalitˆ rispetto alla programmazione nazionale e regionaleÓ. Con specifico riferimento agli accordi, lĠarticolo 8-quinquies prevede che essi debbano indicare, tra lĠaltro Òil volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nellĠambito territoriale della medesima unitˆ sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalitˆ di assistenzaÓ e Òil corrispettivo preventivato a fronte delle attivitˆ concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nellĠaccordoÓ. é opportuno qui richiamare anche lĠarticolo 32, comma 8 della legge n. 449/1997 il quale prevede che ÒLe regioni, in attuazione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 28 di cembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonchŽ gli indirizzi e le modalitˆ per la contrattazione di cui all'articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662Ó. Da questo quadro normativo la giurisprudenza amministrativa ha tratto le seguenti conclusioni interpretative. é utile, innanzi tutto, richiamare sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n. 7236/2009 la quale dichiara che ÒIl valore autoritativo e vincolante delle determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie di competenza delle regioni ai sensi dell'art. 32 comma 8 l. 27 dicembre 1997 n. 449 esprime la necessitˆ che l'attivitˆ dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell'ambito di una pianificazione finanziaria, con la conseguenza che tale imprescindibile funzione programmatoria, tendente a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili, deve intervenire in ogni caso, perchŽ la fissazione dei limiti di spesa rappresenta comunque l'adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo che influisce sulla possibilitˆ stessa di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate (Consiglio Stato , sez. V, 25 gennaio 2002 , n. 418). Le Regioni, nellĠesercitare questa potestˆ programmatoria, godono di un ampio potere discrezionale, che deve bilanciare interessi diversi, quelli al contenimento della spesa, quelli relativi alla pretesa degli assistiti a prestazioni sanitarie adeguate, quelli degli operatori privati che, nel sistema sanitario si muovono con logica imprenditoriale, quelli dellĠefficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario universalistico, ben potendo in una determinata fase storica accentuare lĠesigenza di contenimento della spesa ed in unĠaltra lĠesigenza di rafforzamento della tutela sanitaria, essendo lĠatto programmatorio in esame quello che condiziona lĠesercizio del diritto sociale alla salute compatibilizzandolo con il suo costo finanziarioÓ e che ÒIl piano annuale preventivo di programmazione sanitaria, che riguarda sia i soggetti pubblici sia i soggetti privati accreditati, ha carattere autoritativo in quanto la regione fissa unilateralmente il tetto massimo annuale di spesa sostenibile dal fondo nazionale per ogni singola istituzione o per gruppi di istituzioni e i preventivi annuali delle prestazioni, nonchŽ le direttive da seguire nella successiva negoziazione dei piani annualiÓ. Come si evince chiaramente dal quadro normativo e dalla giurisprudenza, lĠautonomia privata pu˜ subire i limiti derivanti dalle esigenze di programmazione e di gestione efficiente delle risorse da destinarsi alla spesa sanitaria. QuestĠultima, se si tiene conto della congiuntura economica negativa che da alcuni anni a questa parte ha imposto dolorosi tagli in molti settori, diventa una necessitˆ impellente. Dunque, la definizione dei tetti di spesa e delle tariffe costituisce non solo un diritto dellĠamministrazione ma anche e soprattutto un dovere imposto dalla legge. Tali provvedimenti sono poi indispensabili per poter arrivare alla successiva fase degli accordi, il contenuto dei quali viene inevitabilmente condizionato. Infine,  opportuno evidenziare che non si ravvisa nessuna costrizione da parte dellĠAmministrazione sanitaria nel procedimento teso alla conclusione degli accordi. Siccome questi ultimi si concludono unicamente nel caso del- lĠincontro delle due volontˆ, basterebbe la mancanza della volontˆ delle strutture accreditate per evitare la sottoposizione a qualsiasi ÒimposizioneÓ da parte dellĠAmministrazione. Fa parte anche questo del concetto di autonomia privata e forse ne costituisce il nucleo essenziale. In merito al punto b) si ritiene di poter condividere lĠillustrata proposta di riformulazione del secondo comma della clausola. Nella attuale formulazione, infatti, tale clausola, a prescindere dalle eventuali valutazioni di merito, appare radicalmente nulla, tanto da doversi avere per non apposta (si pu˜ considerare cio tamquam non esset). CĠ quindi una palese violazione del diritto di difesa stabilito dallĠart. 24 Cost.. La giurisprudenza sul punto  abbastanza chiara. Si veda al riguardo la sentenza del TAR Lazio n. 7978 del 17 ottobre 2011, la quale dichiara che Òlo schema contrattuale si manifesta, per quanto espressamente previsto dalla clausola di rinuncia alle azioni intraprese e future, palesemente in contrasto con i principi posti dalla Costituzione a tutela del diritto di difesaÓ. In senso analogo si esprime il TAR Sicilia rilevando che clausole di questo tipo, Òsubordinando la sottoscrizione degli accordi alla rinuncia al contenzioso - attuale o potenziale - su detti atti, mira ad impedire lĠesercizio di un diritto costituzionalmente garantito: quello al sindacato della legittimitˆ di provvedimenti amministrativi (incidenti sulla determinazione della struttura della spesa sanitaria), in violazione degli art. 24 e 113 della Costituzione)Ó e che Ònel porsi principalmente - e dichiaratamente - contro il contenuto precettivo delle dichiarate disposizioni costituzionali, tralascia di considerare la ricostruzione del sistema, e la qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive sottostanti (e del connesso regime anche costituzionale)Ó. Nella medesima sentenza il TAR Sicilia richiama una decisione del Consiglio di Stato (n. 8/2006) la quale afferma che ÒLa determinazione da parte dellĠAmministrazione del tetto di spesa e la suddivisione di essa tra le attivitˆ assistenziali, costituisce esercizio del potere di programmazione sanitaria, a fronte del quale la situazione del privato  di interesse legittimoÓ e, aggiunge il TAR, Ònon si vede sulla base di quale motivazione possa escludersi con atto amministrativo la tutela giurisdizionale di siffatti interessi legittimi, costituzionalmente garantitaÓ. Particolarmente rilevante sul punto appare poi la recentissima sentenza del Consiglio di Stato n. 5966 del 27 novembre 2012 la quale afferma che Òla acquiescenza ad un provvedimento amministrativo esige un'esplicita e inequi voca manifestazione di piena accettazione, mediante il compimento di atti o comportamenti univocamente rivelatori della volontˆ di accettarne gli effetti, posta in essere in un momento successivo a quello in cui si sia verificata la lesione dell'interesse legittimo azionato, nessuna acquiescenza o rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo apparendo configurabile, quando lo strumento di tutela non  ancora azionabile per mancanza dell'attualitˆ della lesioneÓ. Si ritiene, dunque, che si possano trascurare le pronunce di diverso avviso del TAR Calabria n. 1245 del 19 settembre 2011e n. 981 del 22 dicembre 2011 in quanto si riferiscono ad ipotesi pi specifiche. Nella prima si afferma che ÒNon  nemmeno ravvisabile la pretesa lesione del diritto di difesa con riferimento alla clausola contrattuale di cui allĠart. 13 dello schema di contratto. Si rileva, infatti, da un lato, la mancanza di attualitˆ della lesione denunciata, la quale, allo stato,  semmai solo potenziale, dovendosi verificare in concreto lĠeffettiva portata ed operativitˆ della clausola stessa, dallĠaltro, che la detta clausola contrattuale rappresenta acquiescenza ai tetti di spesa, ai quali, comunque, lĠerogatore ha accettato di sottostare (e, quindi, di rispettare) con la sottoscrizione del contrattoÓ; mentre nella seconda si dice: ÒlĠadozione di simili clausole - a natura transattiva e conciliatoria - costituisce attuazione di una delle condizioni per il Piano di rientro, che  dipendente, in concreto, dallĠaccertamento dei debiti pregressi, dal loro ripianamento e dalla conciliazione con i creditori (si veda a tal proposito lĠart. 4, comma 2 bis del DL 1 ottobre 2007, n. 159, conv. in l. 29 novembre 2007, nr. 222, richiamato dalla LR n. 11/2009), e, conseguentemente, risulta sorretta da gravi ragioni di interesse pubblico, tradotte in una speciale conformazione degli atti imperativi che hanno sostanzialmente concretizzato i termini ed i contenuti delle convenzioni- tipo, a fronte delle quali la clausola in esame non  irragionevole, dal momento che  riferita solo alle liti relative ai tetti di spesa 2009Ó. Come si vede, a parte il fatto che le due pronunce si riferiscono specificamente a regioni in piano di rientro, il ragionamento sviluppato non appare coerente, da un lato perchŽ la non attualitˆ della lesione non giustifica la rinuncia ex ante alla tutela giurisdizionale (il che potrebbe rilevare anche sotto profili di violazione della Convenzione Europea dei Diritti dellĠUomo), dallĠaltro perchŽ detta rinuncia non  consentita nemmeno dalla necessitˆ di rispettare i limiti di spesa. In conclusione, sembra senzĠaltro opportuno modificare la clausola n. 2 sopprimendo il riferimento ai contenziosi futuri, ferma rimanendo la rinuncia (che giˆ si deduce dal tenore della clausola, che dichiara lĠacquiescenza) ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti giˆ adottati e conosciuti dal contraente. Per quanto riguarda il punto c) - fermo restando che non  possibile prevedere lĠentitˆ e i motivi sottostanti ad eventuali contenziosi futuri - si ritiene, per tutte le ragioni finora illustrate, che la conservazione della clausola n. 2 nella versione riformulata non dovrebbe, ragionevolmente, dar luogo ad even tuali contenziosi futuri che possano apparire fondati in diritto, essendo essa, nella proposta riformulazione, pienamente legittima e difendibile. Sulla questione  stato sentito, nella seduta del 14 ottobre 2013, il Comitato Consultivo dellĠAvvocatura dello Stato, che si  espresso in conformitˆ. La permanenza in servizio di professori e ricercatori universitari PARERE 02/11/2013-436034/7, CT 28352/13, SEZ. VII, AVV. VINCENZO NUNZIATA Con nota 11 maggio 2013 lĠUniversitˆ di Bologna ha formulato a codesta Avvocatura richiesta di parere in ordine alle modalitˆ con cui dare applicazione allĠart. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013 che ha dichiarato la incostituzionalitˆ dellĠart. 25 della legge n. 240/2010; tale disposizione, come  noto, escludeva docenti e ricercatori dalla facoltˆ di richiedere la proroga prevista dal richiamato articolo 16. Ritiene questo G.U. di condividere le considerazioni svolte da codesta Avvocatura. Dispone lĠarticolo 16 che Òé in facolta' dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di etˆ per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso  data facoltˆ allĠamministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dellĠefficiente andamento dei servizi. La disponibilitˆ al trattamento va presentata allĠamministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di etˆ per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento (...)Ó. é noto al riguardo che la originaria formulazione della norma, consistente nel solo primo periodo dinanzi riportato, riconosceva ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici (compresi i professori universitari) una sorta di diritto potestativo a permanere in servizio (Consiglio di Stato, IV, 21 febbraio 2005, n. 573). Il comma 7 dellĠarticolo 72 del d.l. 112 del 2008 ha profondamente modificato tale previsione, con lĠaggiunta del secondo periodo, il quale non riconosce pi un diritto soggettivo (potestativo) alla permanenza in servizio del pubblico dipendente, ma prevede che lĠistanza, che egli ha facoltˆ di presentare, vada valutata discrezionalmente dallĠamministrazione, la quale, a sua volta, ha facoltˆ di accoglierla solo in presenza degli specifici presupposti individuati dalla disposizione, legati sia ai profili organizzativi generali dellĠamministrazione medesima (Òin base alle proprie esigenze organizzative e funzionaliÓ ) che alla situazione specifica soggettiva e oggettiva del richiedente (Òin relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dellĠefficiente andamento dei serviziÓ ). Tale lettura della disposizione  viepi rafforzata dalle ulteriori modifiche ad essa apportate dal legislatore con lĠarticolo 1, comma 17, del decreto legge 138/2011, conv. con legge 148/2011, che ha inteso confermato il carattere assolutamente discrezionale della valutazione operata dallĠAmministrazione nel senso che il dipendente interessato deve presentare una Òdisponibilitˆ al trattenimentoÓ, e non pi una ÒrichiestaÓ: con ci˜ essendo ancora pi evidente che ci si trova in presenza di unĠeccezionale deroga allĠordinaria estinzione del rapporto dĠimpiego per raggiunti limiti di etˆ, autorizzabile dallĠamministrazione allĠesito di una propria valutazione ampiamente discrezionale. ÒAlla luce della richiamata disciplina  dato ricavare che lĠistituto del trattenimento in servizio ha ormai assunto un carattere di eccezionalitˆ in considerazione delle generali esigenze di contenimento della spesa pubblica che hanno ispirato e informato lĠintero impianto normativo sotteso alla disciplina di cui al d.l. 112 cit., e segnatamente, alla disciplina di cui al Capo II di tale decreto, nel cui ambito  collocato il pi volte richiamato art. 72Ó (cos“ Cons. Stato, VI, 26 marzo 2013, n. 1672, che richiama Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2012, n. 2518, e VI, 24 novembre 2011, n. 479). Ha poi affermato il giudice amministrativo (1672/2013, cit.) che: ÒPoichŽ  questa la ratio sottesa al richiamato intervento normativo, ne consegue che lĠipotesi ordinaria  quella della mancata attivazione dellĠistituto del trattenimento (ipotesi ricorrendo la quale lĠonere motivazionale gravante sullĠamministrazione sarˆ limitata allĠinsussistenza di particolari esigenze organizzative e funzionali le quali inducano a decidere in tal senso), mentre allĠipotesi del trattenimento sarˆ da riconoscere carattere di eccezionalitˆ, con la necessitˆ di esplicitare in modo adeguato le relative ragioni giustificatrici, conferendo rilievo preminente alle esigenze dellĠamministrazione lato sensu inteseÓ. Tale quadro interpretativo  stato ampiamente richiamato dal Consiglio di Stato anche nelle ordinanze di rimessione alla Corte della questione di costituzionalitˆ e dallo stesso giudice delle leggi, nella pronuncia di incostituzionalitˆ citata, ove si legge che lĠarticolo 16, nel testo oggi vigente Òrealizza, per lĠappunto, il suddetto bilanciamento, affidando allĠamministrazione la facoltˆ di accogliere o no la richiesta del dipendente, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali e secondo i criteri nella norma medesima indicatiÓ. Tale essendo il quadro interpretativo, pu˜ confermarsi, muovendo dal terzo dei quesiti posti, che il termine entro il quale occorre presentare la domanda (dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di etˆ per il collocamento a riposo) non ha natura perentoria, in quanto esso  posto nellĠinteresse esclusivo dellĠAmministrazione e risponde appunto alle esigenze di programmazione della provvista di risorse umane. In tal senso, specificamente, si  espresso il Consiglio di Stato (IV, 16 novembre 2011, n. 6051), sia pure con riferimento al trattenimento in servizio del personale di magistratura: ÒCos“ stando le cose,  evidente che la previsione della necessitˆ di presentare la domanda di trattenimento in servizio nellĠarco di una ÒfinestraÓ temporale compresa tra i 24 e i 12 mesi antecedenti il collocamento a riposo - come emerge anche dalla sua introduzione contestuale alla ricordata trasformazione ÒontologicaÓ della posizione soggettiva del dipendente - viene a configurarsi non giˆ come un onere imposto allĠinteressato in vista della realizzazione di un suo proprio interesse, ma piuttosto come preordinata a garantire allĠamministrazione la possibilitˆ di ponderare adeguatamente le condizioni che possono legittimare lĠaccoglimento del- lĠistanza (e, in particolare, le Òproprie esigenze organizzative e funzionaliÓ). Trattandosi dunque di termini sostanzialmente ispirati da esigenze di buon andamento riconducibili allĠart. 97 Cost., non  ragionevole ritenere che il potere discrezionale cos“ riconosciuto in capo allĠamministrazione venga meno, o comunque non sia pi esercitabile, per il solo fatto che la richiesta di trattenimento in servizio sia stata depositata al di fuori dei termini medesimi: lĠunico limite a tale conclusione essendo quello discendente dal- lĠesigenza di evitare che di tale discrezionalitˆ sia fatto un uso irragionevole, discriminatorio o arbitrario (ci˜ che, a tacer dĠaltro) contrasterebbe con lĠaltro fondamentale canone costituzionale dellĠimparzialitˆÓ. Venendo agli ulteriori quesiti posti dallĠUniversitˆ di Bologna, essi sostanzialmente riguardano gli eventuali effetti retroattivi della sentenza della Consulta, con riguardo ai docenti che: sono giˆ cessati e non hanno presentato istanza di biennio; sono cessati dopo aver presentato istanza di biennio, non accolta in applicazione dellĠart. 25 della Legge 240/2010 ora dichiarato incostituzionale. é noto al riguardo che gli effetti della sentenza della Corte che dichiara la incostituzionalitˆ di una norma non si estendono ai rapporti ormai esauriti (cfr. Cass. 6 maggio 2010, n. 10958; Cons. Stato, VI, 18 ottobre 2011, n. 5600). In entrambe le ipotesi suddette si  invece verificato il presupposto della cessazione dal servizio, sia nel caso di omessa presentazione della dichiarazione disponibilitˆ, che di suo mancato accoglimento, non impugnato, sulla base della norma vigente ratione temporis. In entrambi i casi  dunque da escludere che la sentenza della Corte possa trovare applicazione, in ipotesi a seguito di istanza degli interessati di riammissione in servizio. Sul presente parere  stato sentito il Comitato Consultivo dellĠAvvocatura dello Stato che si  espresso in conformitˆ. Composizione/modificazione del Raggruppamento temporaneo di imprese, ex art. 97, co. 9, Codice appalti PARERE 05/11/2013-439812, CT 39980/13, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA Con la nota che si riscontra, codesto Ministero chiede di conoscere il parere di questo G.U. in ordine alla applicabilitˆ del disposto di cui al comma 9 dellĠart. 37 del d.lgs. 163/2006 rispetto alle sopravvenute modificazioni della composizione dellĠATI promotore finanziario, successivamente allĠesperimento della procedura negoziata ai fini della aggiudicazione della concessione di cui allĠoggetto, fase questa conclusasi senza lĠindividuazione di alcuna offerta concorrente con lĠATI promotore, e senza che sia intervenuta lĠaggiudicazione provvisoria Òper motivazioni non note a questa struttura di vigilanzaÓ. Riferisce ancora codesto Ministero che allĠesito della procedura di selezione del promotore venne dichiarata di pubblico interesse Òla proposta formulata dalla Prima ATI Si.Ó, proposta delibata positivamente dal Cipe, e, successivamente, il promotore Òper poter prendere parte alla successiva fase di procedura negoziataÓ ha Òcostituito, nel rispetto delle disposizioni normative il Raggruppamento Temporaneo con lĠaggiunta della M. s.p.a (di seguito Seconda ATI Si.)Ó. Peraltro, nel corso della fase istruttoria posteriore allĠespletamento della procedura negoziata comportante il diritto del promotore ad ottenere lĠaggiudicazione della concessione di che trattasi in relazione alla giˆ rappresentata carenza di partecipanti alla procedura stessa, il promotore (Seconda Ati Si.) Òha rappresentato la necessitˆ di procedere ad unĠulteriore modifica della compagine del Raggruppamento TemporaneoÓ, in relazione alla procedura ex art. 160 e ss. della legge fallimentare che ha colpito lĠImpresa S. ausiliaria di Si. s.pa.: in particolare, lĠimpresa Costruzioni G.M. s.p.a. non sarebbe pi componente dellĠATI promotrice ma acquisirebbe il ruolo di ausiliaria di Seconda Ati Si. s.pa. in sostituzione di Impresa S., e, con nota del 1Ħ ottobre 2013, codesto Ministero ha trasmesso il relativo contratto di avvalimento. In subordine, poi, rispetto al quesito dellĠapplicabilitˆ al contesto del disposto dellĠart. 37, comma 9 del d.lgs. 163/2006, codesta Amministrazione richiede lĠavviso di questo G.U. circa ÒlĠopportunitˆ di procedere allĠannullamento del bando relativo allĠaffidamento in oggetto, dato il notevole tempo trascorso e le conseguenti modifiche normative intervenuteÓ. Ritiene al riguardo questa Avvocatura Generale di dover rappresentare quanto segue. ComĠ noto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che la fase della individuazione del promotore e quella seguente volta allĠaffidamento della concessione debbono ritenersi sostanzialmente distinte, in quanto mentre la seconda costituisce una procedura soggetta alla normativa comunitaria e nazionale in materia di evidenza pubblica, ovviamente alla stregua delle peculiaritˆ e delle specifiche deroghe previste per lĠaffidamento delle concessioni, al contrario la individuazione del promotore, ancorchŽ procedimentalizzata,  caratterizzata da amplissima discrezionalitˆ amministrativa essendo finalizzata alla valutazione dellĠesistenza di un interesse pubblico che giustifichi, nellĠambito della programmazione delle opere pubbliche, lĠaccoglimento della proposta formulata dallĠaspirante promotore (Cons. Stato, Ad. Plenaria 15 aprile 2010, n. 2155; Cons. Stato, Sezione V, 10 novembre 2005, n. 6287). Ulteriormente ha statuito il Consiglio di Stato (citata sentenza Ad. Plen. n. 2155/2010) che, in via generale, lĠaccertamento dei requisiti soggettivi del promotore partecipante alla successiva procedura selettiva di affidamento vada condotto al momento della domanda di partecipazione alla stessa, tenuto conto della diversitˆ tra Òquanto lĠimpresa  tenuta a dimostrare ai fini dellĠassunzione della veste di promotore e quanto invece deve documentare per lĠammissione alla successiva garaÓ. Per quanto suesposto deve ritenersi, quantomeno alla stregua del rapporto informativo stilato a corredo dei quesiti in rassegna, che rispetto alla procedura selettiva lĠAmministrazione committente abbia riscontrato positivamente la ricorrenza di tutti i requisiti occorrenti a legislazione vigente per opinare la sussistenza delle condizioni per lĠaffidamento, atteso che seppure non sono noti i motivi per cui non intervenne lĠaggiudicazione provvisoria, il che certamente non pu˜ non destare talune perplessitˆ, peraltro codesta Amministrazione al momento non evidenzia in merito la ricorrenza allĠepoca di elementi interdittivi. Orbene, il rappresentato mutamento della composizione soggettiva del promotore Seconda ATI Si., con la diversitˆ di ruolo dellĠimpresa Costruzioni G.M. s.p.a da componente dellĠATI ad ausiliaria, determinato dalla sopravvenienza della procedura di cui allĠart. 160 legge fallimentare che ha colpito lĠImpresa S., nella specie parrebbe tuttavia non costituire di per sŽ elemento ostativo allĠaffidamento della concessione sulla base delle considerazioni che seguono. In primo luogo, va rilevato che alla procedura negoziata di selezione non hanno partecipato ulteriori imprese concorrenti oltre il promotore, sicchŽ lĠeventuale affidamento a questĠultimo nella mutata composizione del Raggruppamento Temporaneo non potrebbe essere sindacata nella sede giurisdizionale da eventuali altre imprese tenuto conto del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui non ricorrere la legittimazione al ricorso nei confronti di chi non ha partecipato alla procedura selettiva (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131). Ulteriormente, lĠeventuale predetto affidamento non parrebbe idoneo a pregiudicare quei fondamentali principi di par condicio tra i concorrenti e di trasparenza delle procedure che sono recepiti nella disciplina di cui al comma 9 dellĠart. 37 del codice dei Contratti. Le circostanze, poi, della mancata adozione del provvedimento di aggiudicazione, unitamente ai caratteri propri della procedura negoziata, e tenuto conto della peculiare disciplina del contesto concessorio rispetto a cui dovrebbe avvenire nellĠipotesi che ci occupa lĠaffidamento al promotore, parrebbero far ritenere insussistenti elementi ostativi allĠaffidamento medesimo posto che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei soli principi desumibili dal Trattato o e dei principi relativi ai contratti pubblici, e in particolare dei principi di trasparenza, adeguata pubblicitˆ, non discriminazione, Òparitˆ di trattamentoÓ, mutuo riconoscimento, proporzionalitˆ, principi che non parrebbero in alcun modo lesi da un eventuale affidamento al promotore nella parzialmente diversa composizione prospettata. Le deroghe, poi, previste dai commi 18 e 19 dellĠarticolo 37 del codice dei Contratti, riguardo al principio della immodificabilitˆ soggettiva dellĠATI, ritenute di carattere eccezionale e come tali insuscettibili di estensione analogica, non sembrano poter essere richiamate nellĠipotesi oggetto del presente parere, tenuto conto che i citati commi riguardano la tuttĠaffatto diversa ipotesi in cui sia avvenuta lĠaggiudicazione, viceversa, come detto, carente nella specie. Inoltre, il rilievo che lĠimpresa Costruzioni G.M. s.p.a. da componente soggettiva dellĠATI promotore diventi ausiliaria a mezzo dellĠistituto dellĠavvalimento ex art. 49 del codice dei contratti, con ogni conseguente responsabilitˆ solidale del promotore e dellĠausiliario nei confronti della stazione appaltante in relazione al complesso delle prestazioni oggetto del contratto ai sensi del comma 4 del predetto articolo di legge (Cons. Stato, sez. III, 1 ottobre 2012 n. 5161; Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 2011, 6079), parrebbe escludere la possibilitˆ di individuare profili di pregiudizio agli interessi stessi di titolaritˆ della committenza rispetto alla ineludibile esigenza di assicurare a questĠultima un occorrente quadro informativo delle imprese da impegnare nel costituendo rapporto obbligatorio in termini di certezza delle relative capacitˆ professionali rispetto a quanto oggetto di concessione. Parimenti, lĠesigenza della stazione appaltante di conoscere preventivamente e senza incertezze se le componenti dellĠATI cos“ come ausiliate con lo strumento dellĠavvalimento siano in possesso dei requisiti occorrenti a fronte della ripartizione delle quote di esecuzione delle prestazioni oggetto dellĠaffidamento, bene potrebbe essere compiutamente soddisfatta nellĠattualitˆ attraverso gli accertamenti di carattere tecnico amministrativo di competenza esclusiva di codesta Amministrazione, da praticarsi anteriormente al provvedimento di aggiudicazione. Sulla base delle superiori considerazioni, e tenuto anche conto di un orientamento giurisprudenziale secondo cui la modificazione del raggruppamento per sola ÒsottrazioneÓ, senza cio la sostituzione con altro componente del soggetto nei cui confronti sia cessata la permanenza nel raggruppamento stesso, non costituisce violazione del principio racchiuso nel comma 9 dellĠart. 37 del Codice dei Contratti (Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 888; Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964), conclusivamente, si risponde al primo quesito prospettato nel senso che non si individuano violazioni di sorta del principio della immodificabilitˆ soggettiva del raggruppamento partecipante alla procedura dettato dal predetto comma. Per quanto concerne, poi, il quesito ulteriore afferente alla prospettata opportunitˆ di annullare il bando Òdato il notevole tempo trascorsoÓ ed in relazione al sopravvenuto mutamento del quadro normativo di riferimento, preliminarmente osserva questo G.U. che trattasi problematica inerente al merito delle valutazioni proprie dellĠAmministrazione che sfuggono alle prerogative dellĠAvvocatura dello Stato, quantomeno in difetto di una circostanziata relazione che evidenzi le eventuali criticitˆ riscontrate rispetto alla possibilitˆ di dare ulteriore corso alla procedura in essere. Tuttavia, si ritiene opportuno suggerire a codesta Amministrazione nel- lĠesercizio delle proprie competenze valutative, di tenere nella debita considerazione che la normativa vigente allĠepoca dellĠespletamento della procedura selettiva di cui trattasi  stata censurata in sede comunitaria, sicchŽ non pu˜ escludersi che un eventuale affidamento postumo possa generare eventuali criticitˆ nella stessa sede comunitaria, anche se la tutela dellĠaffidamento del soggetto promotore scrutinato positivamente allĠesito della procedura selettiva deve essere parimenti apprezzata nel quadro valutativo di che trattasi rispetto alla probabile instaurazione di contenziosi da parte dello stesso soggetto promotore che ottenesse un definitivo diniego della auspicata aggiudicazione. Comunque, non potrˆ non considerarsi da parte di codesto Ministero nellĠambito delle determinazioni da assumere in merito al contesto, lĠattualitˆ dellĠinteresse alla realizzazione e gestione delle opere previste in termini di urgenza incompatibili con lĠipotizzata rinnovazione della procedura selettiva, nonchŽ la permanenza della corrispondenza del quadro finanziario alla consistenza attuale degli oneri realizzativi. Nei sensi suesposti  la consultazione richiesta su cui si  pronunciato il Comitato Consultivo di questa Avvocatura. Istanza rimborso spese legali nel caso di un Òatto plurimoÓ di diniego PARERE 02/12/2013-480871, AL 45095/07, SEZ. V, AVV. ENRICO DE GIOVANNI Con riferimento alla nota cui si risponde si rappresenta quanto segue. Il Gen. (...) (insieme con altri ufficiali)  stato processato ed assolto dalla Corte dei Conti - con compensazione delle spese del giudizio - dall'accusa di aver causato danno erariale nell'ambito del disastro di Ustica, con sentenza della Sez. Giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei Conti (confermata in appello con sentenza della Prima Sez. Centrale d'Appello), giudizio cui aveva dato corso la Procura Contabile ancor prima della conclusione del procedimento penale dinanzi alla Corte di Assise di Roma, poi conclusosi con il proscioglimento di tutti gli imputati (tra cui l'istante in argomento). Il Gen. (...) (cos“ come gli altri colleghi assolti) inviava richiesta di rimborso delle spese a codesta Direzione Generale che, per˜, con atto cumulativo (indirizzato a tutti gli istanti) dellĠ11/10/2007 rigettava l'istanza. Nella vicenda del rimborso delle spese legali si instaurava un giudizio di interpretazione della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Centrale sulla parte del dispositivo delle sentenze di proscioglimento riguardante la compensazione delle spese e, anche, sulla spettanza del richiesto rimborso, giudizio definito con sentenza affermante la non spettanza del rimborso. Tutti gli interessati, compreso l'ufficiale in oggetto, impugnavano la sentenza "di interpretazione" con ricorso per difetto di giurisdizione alle SS.UU. della Cassazione che accoglievano il ricorso, ritenendo che con la sentenza impugnata si era "inteso pregiudicare, in maniera vincolante, una decisione da adottare in altra sede giurisdizionale", cassava senza rinvio la sentenza della Corte dei Conti. Tutti i destinatari dellĠatto di rigetto (compreso il Gen.(...)) lo avevano, intanto, impugnato con distinti ricorsi innanzi al TAR Lazio, ricorsi tutti rigettati dal TAR Lazio con distinte pronunce. Mentre l'istante non impugnava la sentenza che lo riguardava (che cos“ passava in giudicato) gli altri colleghi, invece, ricorrevano in appello al Consiglio di Stato il quale accoglieva i ricorsi e riformava le sentenze del TAR dichiarando espressamente il diritto al rimborso e annullando la nota dell'11/10/2007 indirizzata ad essi ed anche al Gen. (...). Alle decisioni del Consiglio di Stato faceva seguito l'invio delle notule alla Scrivente da parte di codesta D.G. per i relativi pareri di congruitˆ di questa Avvocatura sui singoli rimborsi. Il Gen. (...), prendendo atto che suddette pronunce del Consiglio di Stato avevano espressamente annullato la nota impugnata dai colleghi e conseguentemente affermato il diritto degli originari istanti al rimborso in questione, ha inviato in data 7 febbraio 2013 apposita istanza (sottoscritta anche dal proprio legale) con cui chiede: 1) in via principale, l'accoglimento ora per allora dell'istanza 6 marzo 2007 per il rimborso delle spese legali relative al primo e al secondo grado del processo subito innanzi alla Corte dei Conti, ritenendo che le sentenze del Consiglio di Stato (rese in giudizi vertenti sul medesimo fatto e sulle stesse questioni di diritto) abbiano "eliminato dall'ordinamento giuridico" la nota di diniego dell'11/10/2007; 2) in via subordinata, l'annullamento o revoca in via di autotutela della suddetta nota (rispettivamente ex art. 21 octies o ex art. 21 quinquies c.1 della L. 241/1990) ed il conseguente accoglimento ora per allora della predetta istanza per il rimborso delle spese legali. AllĠistanza viene allegata anche una lettera dellĠavv. S.G. con cui si dichiara di rinunciare, nei confronti del proprio Cliente, agli importi dovuti per i giudizi successivi alle sentenze di assoluzione della Corte dei conti (giudizio di interpretazione, ricorso alle SS.UU., ricorso al TAR), quantificati in una parcella pro forma pure allegata, e si precisa che residuano Òi soli importi di cui alla nota pro forma del 2007, ridotti alla metˆÓ. Su quanto chiesto dall'istante si chiede il parere della Scrivente. Ci˜ posto, lĠistanza in questione, anche come sopra delimitata, non pu˜ essere accolta, sotto alcun aspetto. Va premesso che lĠistanza non sarebbe in ogni caso accoglibile (anche se non fosse stata rinunziata) nella parte in cui essa si riferisce a giudizi che non hanno avuto ad oggetto la responsabilitˆ (o meno) dellĠalto Ufficiale (cio quelli di interpretazione avanti alla C. Conti e di impugnazione alle SS.UU.), non potendo comunque rientrare nellĠambito dellĠart. 18 D.L. n. 67/97 e nella parte in cui si riferisce al giudizio avanti al TAR promosso contro il diniego di codesto Ministero, avente ad oggetto il rimborso, ma conclusosi con sentenza sfavorevole allĠistante, non appellata e quindi passata in giudicato, per cui a tale titolo nulla potrebbe essere dovuto (le spese sono regolate, in tale ipotesi, dal giudice). Limitandoci pertanto allĠeffettivo oggetto dellĠistanza di rimborso si osserva: A) Quanto richiesto in via principale non merita accoglimento. Infatti, l'annullamento della nota dell'11/10/2007 da parte di pi decisioni del C.d.S. non comporta l'automatico annullamento di essa per tutti i destina- tari di essa. Tale nota, infatti, non  un atto generale, bens“ un atto plurimo (il medesimo contenuto  destinato a pi soggetti individuati a priori). Come ogni atto plurimo la nota in questione  scindibile in tanti atti quanti sono i destinatari, atti che, pur avendo contenuto identico, riguardano individualmente e separatamente ciascun destinatario. Di conseguenza l'annullamento dell'atto da parte del G.A. va a beneficio dei soli destinatari che lo abbiano impugnato, mentre esso rimane efficace nei confronti degli altri. Perci˜, quanto chiesto in via principale non pu˜ essere accolto. B) Quanto alla domanda proposta in via subordinata si osserva che nella specie, anche considerato lĠelevato importo richiesto, non sembrano sus sistere concrete e attuali Òragioni di interesse pubblicoÓ (che, ex art. 21 nonies, L. n. 241/90, costituiscono requisito essenziale per qualsiasi annullamento dĠufficio), che vadano al di lˆ di un generico interesse alla legalitˆ, nŽ sopravvenuti motivi di interesse pubblico o altre sopravvenienze di fatto o di diritto, che possano legittimare una revoca dellĠatto di diniego, istituto comunque applicabile ai soli provvedimenti di durata (e non al mero diniego). In ogni caso, a un suo accoglimento osta il fatto dellĠintervenuto giudicato negativo sulla medesima istanza. In particolare, il TAR del Lazio ha statuito che ҏ proprio la sentenza della Corte dei Conti ad affermare, in modo deciso, chiaro e tassativo, che  mancato un accertamento definitivo sulla responsabilitˆ amministrativa di parte ricorrenteÓ per cui difetta Òla condizione normativa imposta dalla fonte paradigmatica occorrendo, affinchŽ le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti siano rimborsate dallĠAmministrazione di appartenenza, il definitivo proscioglimento dellĠagente nel meritoÓ (sent. n. 21751/10). In tale situazione, qualunque sia la natura (paritetica o provvedimentale) che voglia attribuirsi allĠatto di diniego, non pu˜ pensarsi ad un annullamento (e tanto meno a revoca) dĠufficio, in quanto il relativo atto, andando in diretto contrasto con il giudicato, sarebbe affetto da nullitˆ, ex art. 21 septies, L. n. 241/90 (Ò1. EĠ nullo il provvedimento amministrativo che sia stato adottato É in violazione o elusione del giudicatoÓ ): trattasi di un principio dettato dal doveroso rispetto del pronunciato giurisdizionale, risalente alla L. n. 1865, n. 2248 All. E (art. 4) e che trova applicazione in tutti i campi del diritto (v. D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 2: ÒNon si procede ad annullamento dĠufficio É per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole allĠAmministrazione finanziariaÓ). DĠaltra parte, non si potrebbe nemmeno estendere il favorevole pronunciato, formatosi sullĠappello degli altri Ufficiali interessati, ipotizzabile solo allorch il pubblico dipendente non abbia partecipato al giudizio, ci˜ integrando una chiara elusione del giudicato suddetto ed ostandovi comunque il Òdivieto a tutte le Amministrazioni pubbliche di cui agli artt. 1, c. 2 e 70, c. 4, D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165, e succ. modif., di adottare provvedimenti per lĠestensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato o comunque divenute esecutive, in materia di personale dellĠAmministrazioni pubblicheÓ (L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 2, c. 132; D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 41). Si ritiene pertanto, allo stato, che lĠistanza di rimborso non possa essere accolta per insussistenza dei presupposti ed ostandovi lĠintervenuto giudicato sul diniego a suo tempo disposto. Sulla questione si  pronunciato in conformitˆ il Comitato consultivo dellĠAvvocatura Generale dello Stato nella seduta del 21 novembre 2013. Procedimento di ripetizione di somme indebitamente erogate al lavoratore da parte del datore di lavoro statale PARERE 04/12/2013-485731, AL 11277/13, SEZ. VII, AVV. GABRIELLA DĠAVANZO Il quesito sottoposto allĠesame trae origine dal contenzioso instaurato dalle nominate in oggetto - funzionarie di codesto Ministero, inquadrate nella posizione C3, ex IX q.f. - le quali, dopo avere percepito dallĠAmministrazione soccombente le differenze retributive nei sensi statuiti dal Tribunale in accoglimento dei ricorsi da loro separatamente proposti, contestano la correttezza del procedimento di ripetizione delle medesime somme che lĠAmministrazione ha effettuato nei loro confronti in esecuzione delle sentenze della Corte dĠAppello, con le quali sono state integralmente riformate le pronunce di primo grado. Lamentano, infatti, le interessate che la restituzione delle predette somme  stata richiesta - nelle more del giudizio di legittimitˆ da loro introdotto per la cassazione delle sfavorevoli pronunce del Giudice dĠappello - al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, ma Òal lordo delle ritenute erarialiÓ (comprensivo, cio, di quanto liquidato dallĠAmministrazione quale sostituto di imposta). Ritengono invece le dipendenti che, sulla base dei principi enunciati in Cass. n. 1464/2012, Òil datore di lavoro che debba procedere alla ripetizione di somme indebitamente erogate al lavoratore pu˜ esigere soltanto quanto effettivamente corrisposto, cio, quindi, il netto dellĠimporto, ossia solo quanto di fatto sia entrato a far parte della sfera patrimoniale del lavoratoreÓ. Con nota del 7 novembre 2012 lĠAgenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, in risposta a istanza di interpello di codesto Ministero, ha confermato la correttezza del recupero delle somme di cui trattasi al lordo delle ritenute di legge, ritenute che erano state Òoperate legittimamente a suo tempo per effetto di una sentenza di primo gradoÓ. Secondo lĠAgenzia Òlo strumento previsto dal legislatore per il recupero delle imposte relative a somme che hanno concorso al reddito in periodi di imposta precedenti e sono restituite al soggetto erogatore  offerto dallĠarticolo 10, comma 1 lettera d - bis) del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) che ne prevede, a tal fine, la deducibilitˆ dal reddito complessivo delle persone fisiche (IRPEF)Ó. A conforto di tale conclusione viene richiamata la circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997, nella quale si legge che, Òattraverso lĠintroduzione di un nuovo onere deducibile, pari, appunto, allĠimporto delle somme che in un periodo di imposta sono state assoggettate a tassazione e, successivamente, vengono rimborsate allĠente erogatore, il legislatore ha cercato di risolvere il problema del rimborso delle imposte pagate su somme percepite e assoggettate a tassazione secondo il criterio di cassa e poi resti tuite al soggetto erogatore. Non essendo previsto, infatti, lĠistituto delle sopravvenienze passive per i redditi tassati con il criterio di cassa, rimaneva dubbia lĠesistenza di un supporto giuridico per procedere al rimborso delle imposte relative a somme che erano entrate nella disponibilitˆ del contribuente, ma che successivamente erano state restituiteÓ. In relazione a quanto precede, lĠAgenzia delle Entrate ha ritenuto non convincente la sentenza n. 1464/2012 della Corte di Cassazione sia perchŽ non risulta esaminato il citato art. 10, comma 1 lett. d-bis) del TUIR, che regola, appunto, il recupero delle imposte su somme costituenti reddito in anni precedenti restituite al soggetto erogatore, e sia perchŽ il considerare le somme oggetto di ritenuta come Ònon percepite e non entrate nel patrimonio del sostituitoÓ non appare in linea con lĠistituto della sostituzione di imposta, in quanto, si legge nella nota del 7 novembre 2012, Òi redditi di lavoro dipendente sono tassati per cassa, ossia devono essere (cfr. art. 51, comma 1 del TUIR) e solo se si assume la percezione pu˜ essere applicata la ritenuta a titolo dĠacconto da parte del sostituto (cfr. art. 23, comma 1 del D.P.R. n. 600 del 1973)Ó. La Scrivente, esaminati gli atti, osserva quanto segue. A norma dellĠart. 29 del citato DPR 29 settembre 1973, n. 600 il datore di lavoro statale effettua, allĠatto del pagamento della retribuzione (la norma fa riferimento alle Òsomme ed i valori di cui allĠarticolo 23Ó del DPR 600 del 1973, cio, per quanto qui interessa, alle somme ed i valori determinati a norma dellĠarticolo 48 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 - Testo Unico delle imposte sui redditi ) Òuna ritenuta diretta in acconto dellĠimpostaÓ dovuta dai pubblici dipendenti. Il pagamento avviene, quindi, tramite sostituto di imposta ex art. 64 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi: , cio il datore di lavoro che provvede al pagamento di imposte Òin luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili...Ó : in tal modo egli adempie a unĠobbligazione altrui (quella del proprio lavoratore subordinato - contribuente sostituito) nei confronti dellĠamministrazione finanziaria. Analogamente avviene, ai sensi dellĠart. 23 del medesimo DPR n. 600 del 1973, nel caso di lavoro privato o pubblico. é noto che la previsione dellĠobbligo di pagamento a carico del datore di lavoro si giustifica con la particolare relazione in cui questi si trova con il presupposto di imposta, in quanto eroga le retribuzioni e i compensi assoggettati a tributo ed  in grado, per il rapporto che lo lega al lavoratore sostituito, di trasferire su di lui con estrema facilitˆ il peso economico dellĠimposta versata, operando la rivalsa mediante il prelievo delle somme pagate da quelle dovute al dipendente per le prestazioni effettuate. Trattasi, in sostanza di una partita di giro che per˜, per il datore di lavoro statale, si risolve in un pagamento virtuale dellĠimposta, in quanto, a differenza di quanto avviene nel caso di lavoro privato, lĠamministrazione statale, per il principio di unitarietˆ dello Stato, non versa una vera ritenuta al fisco. Ed  appunto tenendo conto della specificitˆ della riscossione a mezzo di Òritenuta direttaÓ e, quindi, del fatto che lĠamministrazione statale non paga, a differenza del datore di lavoro privato, una vera ritenuta fiscale, che appare pi consona al sistema, e, quindi preferibile, la scelta di effettuare la ripetizione delle somme al netto di quanto, sia pure giuridicamente, ma non effettivamente (arg. in Cass. Lav. n. 10942/2000) sia entrato nel patrimonio del dipendente. N appare idoneo a condurre a una diversa conclusione lĠargomento secondo cui lĠintroduzione della predetta lettera d-bis dellĠart. 10, comma 1 del TUIR Òsi  resa necessaria proprio in quanto il sistema dei rapporti tra erario, sostituto e sostituito comporta che il recupero, a carico del contribuente, delle somme a suo tempo a lui erogate avvenga al lordo delle imposte che lĠente erogatore ha versato allĠErario in qualitˆ di sostitutoÓ. La norma in esame, infatti, disponendo che rientrano tra gli oneri deducibili le somme Òrestituite al soggetto erogatoreÉÓ non comporta, necessariamente, che nelle predette somme debbano essere ricomprese anche le ritenute operate dal sostituto. Peraltro, la norma avrebbe una sua ratio anche nellĠipotesi di restituzione delle somme al netto dellĠimposta, e, precisamente, il fine di configurare la spettanza di un rimborso nel caso in cui le somme restituite al netto (sommando ad esse figurativamente lĠammontare dellĠimposta versata dal sostituto) concorrendo ad integrare il reddito, abbiano comportato per il contribuente un aggravio impositivo in seguito allĠapplicazione di unĠaliquota maggiore, o anche nel caso di tassazione separata del reddito relativo ad annualitˆ anteriori. (é appena il caso di rilevare che la modifica del citato art. 10 prevista allĠart. 118 della legge di stabilitˆ 2014 non influisce sulla soluzione data al quesito in esame, in quanto essa riguarda le modalitˆ di recupero delle somme in tutto o in parte non dedotte nel periodo di imposta di restituzione). Non pu˜ infine non considerarsi che la scelta della restituzione al lordo delle somme comporterebbe, inevitabilmente, un aggravio del procedimento amministrativo, imponendo lo svolgimento di adempimenti fiscali in forme pi costose e meno agevoli per il contribuente, conseguenze queste, non in linea con quanto prevede, in materia di Òconoscenza degli atti e semplificazioneÓ, lĠart. 6, comma 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 - recante lo ÒStatuto dei diritti del contribuenteÓ - le cui disposizioni costituiscono, a norma dellĠart. 1 della medesima legge, Òprincipi generali dellĠordinamento tributarioÓ. In relazione a quanto precede, tenuto conto della peculiaritˆ del sistema della riscossione a mezzo della Òritenuta direttaÓ, la Scrivente ritiene opportuno che codesto Ministero richieda la restituzione delle somme di cui trattasi al netto delle ritenute fiscali versate, rectius trattenute, in qualitˆ di sostituto di imposta, secondo i principi enunciati in materia sia dalla Corte di Cassazione con la richiamata pronuncia n. 1464/2012, che dal Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 1164/2009; id., n. 2061/2005 e n. 1358/1998). Il suesposto parere  stato sottoposto allĠesame del Comitato Consultivo che, nella seduta del 30 ottobre 2013, si  espresso in conformitˆ. Riconoscimento del compenso assembleare di cui allĠart. 2389, co. 1, cod. civ. in societˆ controllate da pubbliche amministrazioni PARERE 19/12/2013-510784, CS 41118/13, SEZ. III, AVV. FABIO TORTORA Con la nota a riscontro codesto Istituto chiede di sapere se, alla luce della disciplina introdotta dallĠart. 23 bis D.L. n. 201/11, come convertito dalla L. n. 214/11 e nel testo oggi vigente a seguito di ulteriori modifiche ed integrazioni, avente ad oggetto i ÒCompensi per gli amministratori e per i dipendenti delle societˆ controllate dalle pubbliche amministrazioniÓ, possa addivenirsi alla possibilitˆ di attribuire allĠamministratore delegato della controllata (...) S.p.A. il compenso assembleare di cui allĠart. 2389, comma 1 c.c., o se lo stesso debba intendersi riassorbito nella retribuzione percepita per il rapporto di lavoro ove questĠultima fosse superiore al limite stabilito dalle fasce individuate nellĠAtto di Governo n. 27. Premesso che tale ultimo Atto, sottoposto a parere parlamentare, non  ancora efficace, con lo stesso il Governo, in ottemperanza al preciso disposto dellĠart. 23 bis, comma 1, del detto D.L. n. 201/11, ha inteso individuare tre fasce dimensionali nelle quali includere le societˆ controllate direttamente o indirettamente dal MEF, ad esclusione di quelle quotate e di quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, ci˜ al fine di parametrare in misura differenziata e proporzionale la determinazione degli emolumenti previsti dallĠart. 2389, comma 3 c.c. (ÒLa rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformitˆ dello statuto  stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, lĠassemblea pu˜ determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari caricheÓ ). Il legislatore, con lĠintroduzione del comma 5 bis del detto art. 23 bis (ad opera dallĠart. 2, comma 20 quater, lett. b), D.L. n. 95/12, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/12), ha esteso tale previsione limitativa dei com pensi ex art. 2389, comma 3 c.c. a tutte le societˆ non quotate, direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (e non solo dal MEF), disponendo che il detto compenso Ònon pu˜ comunque essere superiore al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quello previsto al periodo precedenteÓ, con ci˜ introducendo un tetto specifico di commisurazione massima dei detti emolumenti del quale lĠAtto di Governo sembra avere fatto piena applicazione. Senza entrare nel merito della metodologia utilizzata dal Governo per la individuazione delle dette fasce dimensionali, allo stato la societˆ Editalia S.p.A., controllata di IPZS, appare rientrare nella terza delle medesime, per la quale il limite massimo degli emolumenti ai sensi dellĠart. 2389, comma 3, c.c.  stato fissato dal detto Atto di Governo al 50% del trattamento economico vigente per il Primo Presidente della Corte di Cassazione. Come messo in luce da codesto istituto lĠAtto di Governo, peraltro, aggiunge, oltre quanto disposto dalla norma primaria cui dˆ attuazione (id est art. 23 bis menzionato), una ulteriore indicazione precettiva, laddove prevede allĠart. 3 comma 3: ÒNei casi in cui lĠamministratore con deleghe sia anche dirigente della societˆ, sulla base di un rapporto di lavoro instaurato prima del 28 settembre 2007, nella determinazione del compenso ex art. 2389, comma 3, ai fini del rispetto del limite stabilito dai precedenti commi, si computa anche la retribuzione percepita per il rapporto di lavoro. Qualora la retribuzione percepita per il suddetto rapporto di lavoro risulti superiore al limite stabilito per la relativa fascia, tale retribuzione viene considerata corrisposta anche a titolo di compenso ex articolo 2389 comma 3Ó. Tale specificazione appare applicabile al caso di specie, posto che lĠAmministratore delegato della Editalia S.p.A. , allo stato, direttore generale della medesima, assunto nella qualitˆ con contratto a tempo indeterminato in data antecedente al 28 settembre 2007. Stante quanto sopra allora, ed in ossequio alle norme richiamate e alle specifiche disposizioni dellĠAtto di Governo, al medesimo soggetto indicato sembrano applicabili i limiti ivi previsti, dovendosi intendere che allo stesso non possa attribuirsi ulteriore compenso ex art. 2389, comma 3 c.c. ove il suo trattamento sia giˆ superiore al limite stabilito per la relativa fascia (ÒQualora la retribuzione percepita per il suddetto rapporto di lavoro risulti superiore al limite stabilito per la relativa fascia, tale retribuzione viene considerata corrisposta anche a titolo di compenso ex articolo 2389 comma 3Ó). Tale interpretazione appare sufficientemente lineare e non necessita di ulteriore specificazione. Altra e diversa conclusione, invece, va rappresentata per il differente compenso previsto dallĠart. 2389, comma 1 c.c. (ÒI compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti allĠatto della nomina o dallĠassembleaÓ). Tale compenso, infatti,  previsto per tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione, a prescindere dalle deleghe esercitate, e costituisce solitamente una posta di valore decisamente minore, se non di modesta entitˆ, poichŽ non remunerativa delle dette deleghe o dei particolari incarichi svolti. Come tale, infatti, non viene considerato dallĠintero disposto normativo dellĠart. 23 bis D.L. n. 201/11, nŽ dallĠAtto di Governo che a tale disposto dˆ attuazione. La norma citata, infatti, fa riferimento a fini limitativi (ed in pi punti) ai soli emolumenti specificamente previsti dallĠart. 2389, comma 3 c.c., in quanto remunerativi di deleghe anche complesse esercitate da (alcuni dei) componenti del Consiglio di Amministrazione, ma mai a quelli ÒgenericiÓ di cui allĠart. 2389, comma 1 c.c.. La ratio di tale norma limitativa, verosimilmente, appare quella di evitare che agli amministratori delegati delle societˆ controllate o a componenti del C.d.A. con particolari incarichi possano attribuirsi compensi sproporzionati fuori del controllo dellĠAssemblea, ed in contrasto con le notevoli criticitˆ economiche e finanziarie degli ultimi anni che hanno indotto il legislatore ad intervenire con numerosi provvedimenti di cd. spending review a ritarare la spesa complessiva della macchina amministrativa. Ci˜ non sembra avvenire con il compenso semplice dei componenti del C.d.A., anche per il diverso meccanismo di controllo della sua determinazione (atto di nomina o assemblea), oltre che per la sua tendenziale tenuitˆ, dovuta come detto alla sua natura non remunerativa di deleghe o particolari incarichi svolti. Nessuna utile argomentazione, in proposito, sembra poi potersi dedurre dalla lettura dei due pareri rilasciati dal Consiglio di Stato in materia, e richiamati puntualmente nel corpo dellĠAtto di Governo (Adunanza Generale n. 559/13, e Adunanza della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi n. 2648/13). Contrariamente a quanto ritenuto da codesto Istituto nella parte finale della nota a riscontro, peraltro,  possibile rinvenire anche in questo caso una norma limitativa dei compensi assentibili per lĠipotesi, ricorrente in termini, di componente del Consiglio di amministrazione che sia allo stesso tempo anche dipendente della societˆ medesima. Resta, infatti, fermo nella ipotesi specificata anche in relazione a tale compenso, pur escluso dalla disciplina suddetta, il limite massimo introdotto, con valenza generale per tutte le societˆ controllate, dal comma 5 ter del detto art. 23 bis (anchĠesso introdotto dallĠart. 2, comma 20 quater, lett. b), D.L. n. 95/12, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/12), che recita: ÒIl trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle societˆ non quotate di cui al comma 5-bis non pu˜ comunque essere superiore al tratta mento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quello previsto al periodo precedenteÓ. Essendo la individuazione delle fasce funzionale e specificamente prevista per la determinazione del solo compenso previsto dallĠart. 2389, comma 3 c.c. come indicato dalla norma che la dispone, non appare possibile utilizzare tale parametro (la fascia di riferimento) anche per il diverso compenso in discussione. Sul parere, costituente questione di massima,  stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta del 17 dicembre 2013, si  espresso in conformitˆ. Oneri ed incentivi ex art. 92, co. 5, D.Lgs. n. 163/2006 PARERE 21/12/2013-513720/23, CS 4955-6145/13, SEZ. VII, AVV. MARCO STIGLIANO MESSUTI Con due diverse note vengono sottoposti diversi quesiti attinenti agli incentivi ed ai compensi per collaudo statico, per collaudo tecnico-amministrativo, per lĠespletamento di attivitˆ di segreteria tecnico-amministrativa unificata, in regime di convenzione con altri enti. *** Con la nota prot. n. 12970 del 5 dicembre 2012, il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria fa riferimento ad una convenzione tra il medesimo Provveditorato e la Societˆ di Gestione Expo 2015-SOGE s.p.a. per lĠespletamento di attivitˆ di collaudo e di attivitˆ di segreteria tecnico-amministrativa unificata, premesso che, ai sensi dellĠart. 4, comma 9, DPCM 22 ottobre 2008, Òla SOGE, sulla base di convenzioni pu˜ anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati e pu˜ disporre di personale comandato degli stessiÓ. Il Provveditorato chiede quindi: 1) Òse lĠincentivo alla progettazione ex art. 92 del D. Lgs. n. 163/2006 possa considerarsi giuridicamente un emolumento retributivo ovvero un compenso per prestazioni occasionali, ancorchŽ di carattere professionale, poichŽ prestate da dipendenti appartenenti allĠAmministrazioneÓ, tenendo presente che, ai sensi dellĠart. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, viene riassegnato ad apposito capitolo di bilancio lĠimporto corrispondente al 50% dei ÒcompensiÓ spettanti al dipendente pubblico per lĠattivitˆ di collaudo in sede di contratti di lavori, servizi e forniture; 2) Òse debba ritenersi applicabile il disposto di cui allĠart. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, in caso di erogazione dellĠincentivo di cui allĠart. 92 del decreto legislativo 163/2006Ó; 3) Òse la convenzione stipulata fra Expo 2015 s.p.a. ed il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria, per effetto delle previsioni normative di cui al DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni, costituisca di fatto espletamento di compiti di istitutoÓ, posto che l'espletamento di compiti di istituto rappresenta il presupposto imprescindibile per l'assegnazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Al riguardo si osserva quanto segue. *** 1-2) I primi due quesiti formulati dal Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria impongono di valutare se, in definitiva, gli incentivi di cui allĠart. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, siano assimilabili ai "compensi" di cui allĠart. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, convertito in legge 133/2008, ai fini dellĠapplicazione della ritenuta del 50 % prevista da questĠultimo disposto. D'altra parte, questa valutazione si impone dal momento che la ritenuta prevista espressamente per gli incentivi ex art. 61, comma 8, D.L. n. 112/2008,  stata abrogata dall'art. 1, comma 10-quater, lett. b), D.L. n. 162/2008; si chiede dunque di verificare se, abrogata la ritenuta di cui all'art. 61, comma 8, D.L. n. 112/2008, non sia forse applicabile quella di cui all'art. 61, comma 9, tuttora vigente. Ci˜ detto, occorre preliminarmente osservare che gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, possono essere assegnati per l'attivitˆ di segreteria tecnico-amministrativa unificata, soltanto se questa attivitˆ ha ad oggetto un "contributo intellettuale e materiale all'attivitˆ del responsabile del procedimento, alla redazione del progetto, del piano della sicurezza, alla direzione dei lavori ed alla loro contabilizzazione" (art. 4, comma 4, lett. g), del D.M. Infrastrutture e Trasporti del 17 marzo 2008, n. 84). Occorre motivare i provvedimenti di riconoscimento e di ripartizione degli incentivi in tal senso. Ad ogni buon conto, nonostante la natura retributiva degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006 (Cassazione, Sez. lav., 8 novembre 2012, n. 19328; 27 luglio 2010, n. 17536), gli stessi non sono assimilabili ai "compensi" di cui all'art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, ai fini dell'applicazione della ritenuta del 50 % da destinare ad apposito capitolo di bilancio. In primo luogo, infatti,  soltanto il comma 8 dell'art. 61, D.L. n. 112/2008, che, prima della sua abrogazione, riguardava espressamente gli incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl., destinandoli Ònella misura dello 0,5 per cento alle finalitˆ di cui alla medesima disposizione e, nella misura dellĠ1,5 per cento,  versata ad apposito capitolo dellĠentrata del bilancio dello StatoÓ. Per converso, l'art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, riguarda i compensi per attivitˆ professionali del pubblico dipendente, espletate occasionalmente, al di fuori dei compiti di istituto e dell'orario di lavoro. Tali conclusioni sono avvalorate da alcuni obiter dicta della Corte Costi tuzionale, per cui: ÒIl comma 8 dellĠart. 61 si riferisce allĠincentivo, Çnon superiore al due per cento dellĠimporto posto a base di gara di unĠopera o di un lavoroÈ, che, ai sensi dell'art. 92, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), Ǐ ripartit[o], per ogni singola opera o lavoro, con le modalitˆ e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dallĠamministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonchŽ tra i loro collaboratoriÈ. Il censurato comma 8 dell'art. 61, a decorrere dal 1Ħ gennaio 2009, ha ridotto tale percentuale, disponendo che essa possa essere destinata solo nella misura dello 0,5 per cento alla finalitˆ di incentivo prevista dal codice dei contratti pubblici, dovendo invece, nella misura dell'1,5 per cento, essere Çversata ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello StatoÈ. Il legislatore ha in sŽguito abrogato la disposizione impugnata (con l'art. 1, comma 10-quater, lettera b), del decreto-legge n. 162 del 2008), salvo reintrodurre, in un momento ancora successivo (con l'art. 18, comma 4-sexies, del decreto-legge n. 185 del 2008), una disposizione identica a quella abrogata, che  attualmente contenuta nel vigente comma 7-bis dell'art. 61Ó. Il comma 9 dellĠart. 61 riguarda, invece, i compensi spettanti ai dipendenti pubblici perarbitrati o collaudi. La norma dispone che sia versato direttamente ad apposito capitolo del bilancio dello Stato il 50 per cento dei compensi spettanti ai dipendenti pubblici per lĠattivitˆ di componente o di segretario del collegio arbitrale e per i collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La disposizione precisa che il predetto importo  riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli organi di auto- governo del personale di magistratura e dell'Avvocatura generale dello Stato ove esistentiÓ (Corte Costituzionale, 30 dicembre 2009, n. 341). In secondo luogo, invece, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, sono diversi rispetto ai veri e propri compensi professionali, ancorchŽ entrambi possano avere ad oggetto l'attivitˆ di collaudo. D'altra parte, l'incentivo viene corrisposto in ragione della partecipazione del pubblico dipendente alla complessiva attivitˆ di progettazione, pianificazione, collaudo, ecc., al di lˆ della sua qualifica professionale, nellĠambito dei compiti di istituto e durante lĠorario di lavoro, sempre che l'attivitˆ svolta costituisca un valore aggiunto rispetto alle prestazioni attese dal dipendente medesimo (ARAN, Orientamenti applicativi, RAL1081). Per contro, il compenso viene corrisposto in ragione della qualifica professionale posseduta dal pubblico dipendente ed in ragione della sua effettiva, specifica ed occasionale partecipazione allĠattivitˆ di progettazione, pianificazione, collaudo, ecc., al di fuori dellĠorario di lavoro ed al di lˆ dei compiti di istituto cui  assegnato il pubblico dipendente medesimo. Sulla distinzione tra incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl., ed i compensi per attivitˆ professionali (cfr. C. Conti Piemonte, Sez. contr., delibera, 30 agosto 2012, n. 290); Cassazione, 16 giugno 2009, n. 13941; sui presupposti per il riconoscimento di compensi professionali a favore dei dipendenti, (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 1999, n. 1027; 2 novembre 1998, n. 1571). Pertanto, la natura retributiva degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, non osta a che: a) gli incentivi medesimi non siano strutturalmente assimilabili ai compensi per attivitˆ professionale prestata dal pubblico dipendente; b) lĠart. 61, comma 9, D. L. n. 112/2008, riguardi i soli compensi per attivitˆ professionali, e non pure gli incentivi di cui trattasi, ricordando come le prestazioni patrimoniali imposte dal decreto delegato del 2008 devono essere sottoposte ad interpretazione restrittiva, ai sensi dellĠart. 23 Cost. Da quanto esposto emerge che, ai fini dellĠapplicazione dellĠart. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, non sono assimilabili a compensi per prestazioni professionali, nŽ sono soggetti alla ritenuta del 50 %, da destinare ad un apposito capitolo del bilancio dello Stato come misura di contenimento dei costi per realizzare obiettivi di finanza pubblica. 3) Con il terzo quesito, il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria chiede di verificare se, ai fini dellĠapplicazione del- lĠart. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, lĠespletamento di attivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativa unificata rientri tra i compiti di istituto di codesto Provveditorato, ai sensi e per gli effetti della disciplina dettata dal DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni. Preliminarmente occorre osservare che il DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni  stato abrogato dal DPCM 6 maggio 2013. Ad ogni modo, specularmente rispetto a quanto prevedeva lĠart. 4, comma 9, del DPCM 22 ottobre 2008, anche lĠart. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, stabilisce che: ÒLa Societˆ EXPO 2015 p.a., sulla base di convenzioni, pu˜ anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati e pu˜ disporre di personale comandato dagli stessi, nonchŽ pu˜ avvalersi degli enti fieristici, senza scopo di lucro, con sede in Lombardia e operativi a livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli enti locali interessati, ovvero delle persone giuridiche da questi controllateÓ. Tutto ci˜ premesso, al fine di valutare se le attivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativa unificata rientrino tra i compiti di istituto del Provveditorato alle OO.PP., occorre esaminare: a) cosa debba esattamente intendersi per compiti di istituto e se, in particolare, questi ultimi equivalgono agli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata amministrazione o di un determinato ente pubblico; b) se la SOGE s.p.a. sia una societˆ in house, la quale esercita un'attivitˆ prevalentemente nei confronti delle pubbliche amministrazioni interessate, tra le quali si annovera il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; c) se l'avvalimento dei Provveditorati alle OO.PP. da parte della SOGE s.p.a. corrisponde ad una comunanza di interessi pubblici tra i soggetti in questione; d) se le convenzioni stipulate dai Provveditorati con la SOGE s.p.a. rappresentino misure attuative dell'avvalimento, nonchŽ accordi ex art. 15, l. n. 241/1990, con cui le amministrazioni disciplinano Òlo svolgimento in collaborazione di attivitˆ di interesse comuneÓ. Con riferimento alla questione sub a), i compiti di istituto equivalgono agli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata amministrazione o di un determinato ente pubblico (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2007, n. 4060; Sez. V, 9 settembre 1999, n. 1027). Inoltre, ai sensi del comb. disp. dell'art. 9, comma 2 lettera c), DPR n. 211/2008, e dell'art. 42, comma 1, lett. a), b), d-bis), d-ter), d-quater), D.Lgs. n. 30 luglio 1999, n. 300, tra i compiti di istituto dei Provveditorati alle OO.PP. rientra, inter alia: a) l'attivitˆ di supporto su base convenzionale nella programmazione, progettazione ed esecuzione di opere anche di competenza di amministrazioni non statali, anche ad ordinamento autonomo, economico e non, nonchŽ di enti ed organismi pubblici; b) la programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione in proprio delle reti infrastrutturali di interesse nazionale, come quelle relative ad Expo 2015, ai sensi dell'art. 1, comma 1, allegato 1, DPCM 6 maggio 2013. Con riferimento alla questione sub b), la SOGE s.p.a., organismo di diritto pubblico ai sensi dell'art. 3, D.Lgs. n. 163/2006,  altres“ una societˆ in house. Secondo la giurisprudenza Teckal della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nonchŽ secondo la giurisprudenza amministrativa, una societˆ  in house se l'amministrazione pubblica esercita sulla stessa un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, nonchŽ se la societˆ svolge la sua attivitˆ prevalentemente con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, Sez. V, Teckal srl c. Comune di Viano e Azienda Gas - Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia, 18 novembre 1999, causa C-107/98; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5). Elementi sintomatici del controllo analogo sono: a) la totalitˆ della partecipazione pubblica al capitale sociale, con annessa incedibilitˆ delle azioni a privati; b) la derivazione dello statuto e dell'atto costitutivo della societˆ in house da un provvedimento autoritativo o legislativo-regolamentare; c) il potere di nomina di una parte consistente del management e del collegio sindacale da parte del soggetto controllante pubblico; d) il potere del soggetto controllante pubblico di determinare le scelte strategiche della societˆ in house (Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, Parking Brixen, 13 novembre 2005, causa C-458/04; Agusta spa, 8 aprile 2008, causa C-337/05; Consiglio di Stato, Sez. V, 30 settembre 2010, n. 7214; 24 settembre 2010, n. 7092; 9 marzo 2009, n. 1365; 3 febbraio 2009, n. 591; CGA, 4 luglio 2007, n. 719). Per contro, si ha lo svolgimento di attivitˆ prevalentemente nell'interesse delle amministrazioni quando, sia con riguardo all'oggetto sociale, sia con riguardo all'attivitˆ concretamente esercitata, la societˆ realizza lavori, servizi e forniture in misura quantitativamente e qualitativamente preponderante per e per conto dell'amministrazione controllante (Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, Grande Sezione, 12 dicembre 2002, causa C-270/99; Sez. II, 17 luglio 2008, causa C-371/2005). Si dice che l'in house  convenzionato quando un ente pubblico affida, con convenzione ex art. 15 l. n. 241/1990, un appalto a favore di una societˆ controllata da un altro ente. In tale ipotesi, l'affidamento in house senza gara  stato ritenuto illegittimo, perchŽ vi deve essere coincidenza tra l'ente pubblico che esercita il controllo analogo ed il soggetto nei cui confronti  esercitata l'attivitˆ prevalente della societˆ (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6736). L'in house, invece, si definisce frantumato quando molteplici enti pubblici partecipano al capitale della societˆ, senza che nessuno di essi abbia singolarmente il controllo della stessa. In questo caso il controllo analogo  comunque assicurato dal coordinamento degli enti in esame per quanto attiene alla determinazione della strategia aziendale (Corte di Giustizia dell'UE, 29 novembre 2012, Econord spa c. Comune di Varese; Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, 13 novembre 2008, Coditel Bradant Sa; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 marzo 2011, n. 1447; 9 marzo 2009, n. 1365; 29 dicembre 2009, n. 8970; 31 marzo 2009, n. 5082). Ne deriva che, sotto il profilo del controllo analogo, la SOGE s.p.a., organismo di diritto pubblico,  altres“ una societˆ in house (frantumato) in quanto: a) il capitale sociale  suddiviso tra Ministero dell'Economia e delle Finanze, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Camera di Commercio di Milano, i quali sono enti interessati ad Expo 2015 (art. 6, DPCM 6 maggio 2013; art. 5, DPCM 22 ottobre 2008, sui tavoli interistituzionali tra gli enti interessati), secondo le quote stabilite con decreto del MEF (art. 5, comma 2, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 2, DPCM 22 ottobre 2008); la frantumazione del capitale sociale non impedisce che i diritti di voto relativi alle quote azionarie siano esercitati secondo un'unica direttrice strategica, come dimostra la regolamentazione dei tavoli interistituzionali tra gli enti interessati ex art. 6, DPCM 6 maggio 2013; b) l'atto costitutivo e lo statuto sono predisposti dal Commissario Straordinario del Governo (art. 5, comma 1, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 1, DPCM 22 ottobre 2008), mentre l'oggetto sociale  predeterminato per via regolamentare nel senso che la SOGE "realizza e fa realizzare le opere per la migliore riuscita di Expo 2015 [...] e organizza e gestisce Expo 2015" (art. 5, comma 4, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 4, DPCM 22 ottobre 2008); c) il numero dei membri del consiglio di amministrazione (5)  fissato per via regolamentare e per via regolamentare sono fissate anche le modalitˆ di nomina del management (art. 5, comma 3, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 3, DPCM 22 ottobre 2008); d) la SOGE  tenuta a presentare un rendiconto periodico, anche finanziario, sulle opere da realizzare, mentre il rendiconto generale finanziario  approvato dal Ministro per l'Economia e le Finanze (art. 5, commi 5 e 7, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, commi 5 e 7, DPCM 22 ottobre 2008). Ugualmente, sotto il profilo dell'attivitˆ svolta prevalentemente nell'interesse delle amministrazioni, la SOGE espleta la propria attivitˆ nell'esclusivo interesse degli enti pubblici che la controllano. Trattasi dunque di una societˆ in house. Per converso, per quanto attiene al rapporto tra la SOGE ed il Provveditorato alle OO.PP., il quale si fonda su una convenzione tra i due enti, si esula dalla figura dell'in house convenzionato, istituto ritenuto illegittimo dal Consiglio di Stato. In effetti, l'in house convenzionato ha luogo quando la societˆ non  controllata dall'ente pubblico affidante l'appalto, mentre svolge attivitˆ per quest'ultimo in base ad una convenzione. Nel caso all'attenzione della scrivente, invece, lo Stato (in cui il Provveditorato si inserisce) controlla la SOGE insieme ad altre amministrazioni (in house frantumato); inoltre, la SOGE svolge la sua attivitˆ esclusivamente nell'interesse delle pubbliche amministrazioni controllanti, incluso lo Stato, in vista della realizzazione di Expo 2015. Senza dimenticare come la convenzione tra il Provveditorato e la SOGE non  volta ad affidare ai dipendenti di quest'ultima o del MIT lo svolgimento di attivitˆ professionali. Al contrario, siffatta convenzione viene stipulata in virt del potere/dovere di avvalimento delle amministrazioni interessate, ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. Tali amministrazioni, per˜, non esercitano attivitˆ professionale esterna per conto della SOGE (art. 90, comma 1, lett. d) e ss., D.Lgs. n. 163/2006), il che sarebbe illegittimo (Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5003). Piuttosto, le amministrazioni (e non i loro dipendenti presi singolarmente) concorrono, nell'ambito dei compiti di istituto, alla realizzazione di Expo 2015, insieme alla SOGE. In breve, la SOGE spa, la quale ha una soggettivitˆ giuridica distinta da quella delle amministrazioni, rappresenta un modulo istituzionale ed organizzativo ad hoc per il coordinamento e la realizzazione degli interventi connessi ad Expo 2015, i quali riguardano enti pubblici su diversi livelli, statale, regionale e locale. Di questo modulo organizzativo si avvalgono, tramite convenzioni, tutte le amministrazioni in questione per realizzare compiti di istituto in vista di un evento eccezionale. Specularmente, tramite le medesime convenzioni, la SOGE s.p.a. si avvale, ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, delle amministrazioni pubbliche interessate, come i Provveditorati alle OO.PP. Cos“, in un caso analogo, la Cassazione ha ritenuto che sussistesse la giurisdizione della Corte dei Conti sugli amministratori della societˆ per la candidatura di Trieste ad ospitare lĠEsposizione Universale, posto che le amministrazioni locali, anche tramite convenzioni, si avvalevano di tale organismo di diritto privato per perseguire finalitˆ istituzionali loro proprie (trattasi di compiti di istituto: Cassazione, Sez. Un., ordinanza, 9 maggio 2011, n. 10063). Ci˜ detto, se da una parte la SOGE  societˆ in house che svolge strutturalmente attivitˆ nell'interesse esclusivo delle pubbliche amministrazioni controllanti, dall'altra, vi  una coincidenza tra gli interessi/i compiti di istituto di queste ultime e l'oggetto sociale della SOGE medesima. D'altro canto, sotto il profilo letterale,  lo stesso art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, a sancire una comunanza di interessi e di compiti istituzionali tra la SOGE e gli "enti pubblici interessati" di cui la stessa pu˜ avvalersi. In particolare, la SOGE s.p.a., partecipata anche dallo Stato, ha tra i suoi compiti istituzionali la realizzazione delle opere pubbliche per Expo 2015. Al contempo, i Provveditorati Interregionali alle OO.PP. hanno sempre, come funzioni loro proprie, l'attivitˆ di supporto su base convenzionale nella programmazione, progettazione ed esecuzione di opere anche di competenza di amministrazioni non statali, anche ad ordinamento autonomo, economico e non, ovvero di Enti ed organismi pubblici, nonchŽ la programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione in proprio delle reti infrastrutturali di interesse nazionale, come quelle relative ad Expo 2015. Con riferimento alla questione sub c), l'avvalimento dei Provveditorati alle OO.PP. da parte di altri enti  disciplinato: a) in via generale, dall'art. 90, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006 (giˆ art. 19, comma 3, l. quadro n. 109/1994); b) in modo particolare, dall'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. L'istituto dell'avvalimento corrisponde ad un rapporto tra due o pi amministrazioni in cui, in base ad una previsione legislativa o regolamentare (ad es., l'art. 90, D.Lgs. n. 163/2006; l'art. 19, comma 3, l. n. 109/1994; l'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013), una amministrazione od un ente ha il potere (simile ad un diritto potestativo sostanziale) di utilizzare le strutture di una seconda amministrazione, sulla quale incombe il dovere specifico di fornirle, senza potersi rifiutare (Corte dei Conti, Sez. contr., 12 giugno 1996, n. 87). La materia oggetto di avvalimento, quindi, rientra tra i compiti di istituto della seconda amministrazione, posto che il dovere specifico di fornire le proprie strutture, ai sensi dell'art. 90, D.Lgs. n. 163/2006, deve essere previsto dalla legge o da un regolamento e posto che il regolamento o la legge individuano le funzioni, i compiti, i doveri delle varie amministrazioni e dei vari enti pubblici, in ossequio al principio di legalitˆ ex art. 97 Cost.. Ne deriva che, se ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, la SOGE si avvale delle strutture del Provveditorato per attivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativa unificata, questa materia  oggetto di un dovere specifico, di una funzione, di un compito di istituto stabilito direttamente dalla legge a carico del Provveditorato medesimo. Con riferimento alla questione sub d), un accordo ex art. 15 l. n. 241/1990 pu˜ essere definito come il patto tra pi amministrazioni od enti sostanzialmente pubblici che, su un piano di paritˆ, regolano l'attivitˆ di interesse comune, ad esempio in virt del potere di avvalimento affidato dalla legge ad una di esse (Corte dei Conti, Sez. contr., 12 giugno 1996, n. 87). Con gli accordi, in definitiva, le parti contraenti compongono in un quadro unitario gli interessi pubblici di cui ciascuna amministrazione  portatrice (Corte dei Conti, Sez. Giur. Reg. Puglia, 21 marzo 2003, n. 244). Entrambe le amministrazioni contraenti, per˜, devono essere competenti ed avere ex lege la cura di interesse pubblico tale da legittimare la stipula dell'accordo (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2007, n. 1707), sempre che la convenzione ex art. 15 cit. non si risolva nell'acquisizione senza gara di servizi presso un soggetto professionista/imprenditore (Consiglio di Stato, Sez. III, 25 gennaio 2012, n. 324). Inoltre, la giurisprudenza amministrativa e di legittimitˆ ha pacificamente ammesso l'eventualitˆ che accordi ex art. 15, l. n. 241/1990, possano essere stipulati tra un'amministrazione ed una societˆ in house, frantumato o meno (Cassazione, Sez. Un., ordinanza, 9 maggio 2011, n. 10063; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6736). Dunque, laddove la SOGE spa  una societˆ in house che pu˜ avvalersi ex lege del Provveditorato, stipula con quest'ultimo una convenzione attuativa del potere di avvalimento (art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013). Questa convenzione, la quale pone su un piano di paritˆ un'amministrazione ed una societˆ in house,  un accordo ex art. 15, l. n. 241/1990. Con questo accordo, il Provveditorato e la SOGE regolano attivitˆ di interesse comune, la quale pu˜ a sua volta essere regolata per via convenzionale solo in quanto entrambi gli enti coinvolti (incluso il Provveditorato) abbiano come compito di istituto la materia oggetto della convenzione medesima. Da quanto esposto emerge che l'espletamento di attivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativo unificata per conto della SOGE costituisce, nella specie, un compito di istituto del Provveditorato alle OO.PP., ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. In primo luogo, infatti, i compiti di istituto coincidono con gli interessi che la legge affida alle cure delle amministrazioni e degli altri enti pubblici. In particolare, i Provveditorati alle OO.PP. provvedono all'attivitˆ di supporto su base convenzionale nella programmazione, progettazione ed esecuzione di opere anche di competenza di amministrazioni non statali, anche ad ordinamento autonomo, economico e non, nonchŽ di enti ed organismi pubblici. In secondo luogo, sotto il profilo letterale, l'art. 5, comma 9, DPCM 6 mag gio 2013, menziona espressamente l'"interesse" degli enti pubblici, tra i quali i Provveditorati, rispetto alle attivitˆ che costituiscono l'oggetto sociale della SOGE s.p.a. (realizzazione delle opere e predisposizione dei servizi per Expo 2015). In terzo luogo, la SOGE s.p.a.  una societˆ in house che, secondo la giurisprudenza Teckal della Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, espleta la propria attivitˆ prevalentemente nell'interesse delle amministrazioni pubbliche partecipanti al capitale sociale. Ne deriva una comunanza di interessi pubblici e compiti di istituto tra la SOGE e le amministrazioni medesime, ivi compresi i Provveditorati, i quali sono ovviamente interessati alla realizzazione delle opere per Expo 2015. In quarto luogo, l'avvalimento di un'amministrazione pubblica da parte di un altro ente pubblico o di una societˆ a partecipazione pubblica  sintomatico di una comunanza di interessi e compiti di istituto. In quinto luogo, le convenzioni attuative del potere di avvalimento o del dovere di concedere l'avvalimento sono veri e propri accordi ex art. 15, l. 241/1990, strutturalmente volti a disciplinare attivitˆ di interesse comune. Ne deriva che, se le attivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativa unificata sono ad oggetto di una convenzione tra il Provveditorato e la SOGE, tali attivitˆ costituiscono, altres“, attivitˆ di interesse comune, nonchŽ compiti di istituto della SOGE e del Provveditorato medesimi. *** Con la nota prot. n. 16332 del 30 novembre 2012, il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per lĠEmilia Romagna e le Marche fa riferimento ad una convenzione tra il medesimo Provveditorato, lĠUniversitˆ degli Studi di Parma ed il Comune di Parma-Assessorato ai Lavori Pubblici per la ristrutturazione ed il restauro dellĠex carcere di San Francesco, destinato ad ospitare strutture dellĠateneo parmense. Il Provveditorato chiede dunque: 4) se, per i dirigenti delle pubbliche amministrazione, i compensi per incarichi di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo rientrino o meno nel trattamento economico dirigenziale, tenendo presente il principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione spettante ai dirigenti medesimi; 5) chi debba intendersi per membro interno ovvero esterno alla stazione appaltante ai fini dellĠapplicazione rispettivamente degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero dei compensi per le attivitˆ professionali di collaudo tecnico-amministrativo, ai sensi dell'art. 90, comma 1, lett. d) e ss., D.Lgs. n. 163/2006, nonchŽ degli articoli 210, DPR n. 554/1999, e 238, DPR n. 207/2010; 6) se, per le attivitˆ di collaudo tecnico-amministrativo svolte da dipendenti pubblici sulla base di convenzioni tra pi amministrazioni, si debba fare riferimento - in deroga rispetto agli incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl. - alle tariffe professionali di ingegneri ed architetti, posto che, ai sensi dellĠart. 120, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 163/2006, ÒnellĠipotesi di carenza di organico allĠinterno della stazione appaltante di soggetti in possesso dei necessari requisiti, accertata e certificata dal responsabile del procedimento, ovvero di difficoltˆ a ricorrere a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze specifiche in materia, la stazione appaltante affida lĠincarico di collaudatore ovvero di presidente o componente della commissione collaudatrice a soggetti esterni scelti secondo le procedure e con le modalitˆ previste per lĠaffidamento dei servizi; nel caso di collaudo di lavori lĠaffidamento dell'incarico a soggetti esterni avviene ai sensi dell'articolo 91. Nel caso di interventi finanziati da piamministrazioni aggiudicatrici, la stazione appaltante fa ricorso prioritariamente a dipendenti appartenenti a dette amministrazioni aggiudicatrici sullabase di specifiche intese che disciplinano i rapporti tra le stesseÓ. Al riguardo si osserva quanto segue. *** 4) Con riferimento al primo quesito formulato dal Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per lĠEmilia Romagna e le Marche, occorre valutare se il principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione dei dirigenti subisce deroghe in relazione ai compensi per attivitˆ professionali oltre i compiti di istituto, nonchŽ in relazione agli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n.163/2006, strutturalmente connessi all'espletamento di compiti di istituto. Sul punto, il D.M. Infrastrutture e Trasporti del 17 marzo 2008, n. 84, reca le norme per la ripartizione dell'incentivo di cui all'art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Questo decreto ministeriale nulla dispone in ordine alla spettanza dell'incentivo a favore dei dirigenti. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa, civile e contabile  concorde nellĠaffermare che Òil principio di onnicomprensivitˆ (art. 24, D.Lgs. n. 165/2001), che concerne tutti gli incarichi conferiti ai dirigenti pubblici in ragione dellĠufficio o su designazione dell'amministrazione di appartenenza, trattandosi di attivitˆ connesse in maniera pi o meno diretta al rapporto organico, tra dipendente pubblico ed amministrazione, il cui svolgimento pu˜ fra lĠaltro riflettersi direttamente sul raggiungimento degli obiettivi assegnati al medesimo dirigente, non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare incarichi retribuiti a titolo professionale dallĠamministrazione, ove ne ricorrano i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque espletamento di compiti di istitutoÓ (inter alia, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 marzo 2011, n. 1733). Le deroghe al principio di onnicomprensivitˆ del trattamento economico dirigenziale sono comunque soggette ad un regime applicativo restrittivo, mentre i compiti o finalitˆ di istituto sono interpretati in modo estensivo (cfr. Cassazione, Sez. lav., 24 febbraio 2011, n. 4531; Cons. Giust. Amm. Sic., 20 dicembre 2010, n. 1504). Ci˜ detto, occorre distinguere tra i compensi per attivitˆ professionale e gli incentivi. Anzitutto, come si  osservato nella risposta al quesito n. 1), i compensi per attivitˆ professionale vengono corrisposti soltanto nel caso in cui non siano espletati compiti di istituto. Dal mancato espletamento di siffatti compiti discende automaticamente l'estraneitˆ dei compensi in esame rispetto alle mansioni ordinarie del dirigente ed al principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione ex art. 24, D.Lgs. n. 165/2001. Pi complesso  il caso degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, i quali vengono assegnati se si espletano compiti di istituto. In questo caso, infatti, occorre verificare se, ai sensi dei contratti collettivi applicabili ratione temporis, siano previste altre forme di incentivazione che non rimangano assorbite nel trattamento economico accessorio dei dirigenti, rappresentato dalla retribuzione di posizione e di risultato. Sul punto, indipendentemente da quanto concerne i dirigenti del comparto regioni ed enti locali, i quali hanno un diverso contratto collettivo, con parere n. 173/2004 del 4 maggio 2005, l'Adunanza della Commissione Speciale Pubblico Impiego del Consiglio di Stato ha definitivamente affermato che, nelle amministrazioni statali e negli enti previdenziali, il principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione assorbe qualsiasi compenso sia per gli incarichi affidati ai dirigenti nell'esercizio delle loro specifiche mansioni (ad esempio il ruolo di RUP), sia per gli incarichi ulteriori affidati discrezionalmente dal- l'amministrazione statale in virt di specifiche qualifiche professionali possedute (ad esempio l'incarico di collaudatore o di progettista): "La Commissione speciale deve osservare, in proposito, che il principio dell'onnicomprensivitˆ, di cui si discute, risulta ispirato al soddisfacimento di una pluralitˆ di esigenze, ed in ispecie risulta legato con un rapporto di stretta conseguenzialitˆ alla particolare posizione che assumono i dirigenti, nell'ambito dell'organizzazione della pubblica amministrazione, specie dopo la riforma relativa alla "privatizzazione" del rapporto di pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni. Come  noto, in base alla normativa suddetta ai predetti dirigenti  stata attribuita la diretta responsabilitˆ in materia di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, restando demandata agli Organi di governo la funzione di definire gli obiettivi ed i programmi da attuare, nonchŽ di verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite. Un simile mutamento di prospettiva, quindi, ha sensibilmente accentuato lĠambito delle pur ampie responsabilitˆ giˆ attribuite alla dirigenza dal d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, e la disciplina mediante lo strumento contrattuale dei singoli rapporti ha coerentemente consentito non solo di rapportare la retribuzione all'impegno ed alla complessitˆ dei compiti connessi alle diverse posizioni organiche, ma anche di corrispondere un trattamento economico accessorio collegato ai risultati effettivamente conseguiti nell'espletamento dell'attivitˆ. In ogni caso va opportunamente sottolineato che il carattere contrattuale del rapporto di impiego implica necessariamente un incontro della volontˆ delle parti, anche per quanto riguarda la determinazione del compenso, che non viene ora rapportato a parametri rigidamente predeterminati per legge, come avveniva precedentemente pure per la categoria della dirigenza. Trattandosi, d'altronde, di un impegno di carattere esclusivo, nell'espletamento del quale il funzionario deve prestare tutta la sua opera (con le sole eccezioni previste per gli incarichi non compresi nei compiti e doveri dĠufficio, autorizzabili ai sensi dellĠart. 53 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001), la corresponsione di un trattamento economico onnicomprensivo appare coerente con i fondamentali principi di correttezza e di trasparenza che debbono caratterizzare l'organizzazione dei pubblici uffici, e si palesa, altres“, maggiormente rispondente all'opportunitˆ di consentire un pi equo e favorevole trattamento previdenziale e pensionistico per il personale in questione. Tenuto conto di quanto sopra, non appaiono fondate le perplessitˆ prospettate dal Ministero riferente (cui si  associato anche il Ministero dell'economia e delle finanze) in ordine alla applicazione del principio della onnicomprensivitˆ pure con riguardo agli incarichi ulteriori, comunque conferiti dall'Amministrazione. Anzitutto  da escludere che possa configurarsi, in una simile fattispecie, una prestazione imposta per unilaterale volontˆ di una delle parti, atteso che trattasi pur sempre di incarichi che debbono essere accettati dall'interessato e quest'ultimo, pertanto, pu˜ liberamente determinarsi nel senso di rifiutare l'ulteriore aggravio del carico di lavoro. NŽ appare pertinente l'obiezione secondo cui un simile rifiuto potrebbe riflettersi negativamente sulla valutazione finale dell'attivitˆ svolta, atteso che il conferimento di ampi poteri amministrativi e gestionali ai dirigenti comporta, inevitabilmente, la responsabilizzazione dei medesimi con riguardo a tutte le scelte ed alle opzioni effettuate nel corso dello svolgimento delle funzioni di competenza, anche con riferimento alla individuazione delle iniziative da intraprendere e alle attivitˆ da svolgere in concorrenza o in alternativa con altre, ai fini del conseguimento degli obiettivi di pubblico interesse da perseguire in base alle direttive generali impartite dagli Organi di governo. Per quanto concerne il rispetto del canone costituzionale relativo alla proporzionalitˆ della retribuzione alla quantitˆ e qualitˆ della prestazione lavorativa che, in ogni caso, deve essere sufficiente ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia Òuna esistenza libera e dignitosaÓ, si rammenta che, come sottolineato dalla Corte costituzionale e come ampiamente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, la proporzionalitˆ e sufficienza della retribuzione vanno valutate considerando la retribuzione nel suo complesso, e non in base ai singoli elementi che compongono il trattamento economico (Cfr. Corte Cost. 20 giugno 2002, n. 263; 12 marzo 2004, n. 91; Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7101). Per quanto riguarda specificamente lĠaspetto della durata degli incarichi, poi, deve convenirsi con quanto osservato dal Dipartimento della funzione pubblica in ordine alla ir rilevanza del carattere non continuativo dellĠimpegno richiesto, ai fini del- lĠassoggettamento del relativo compenso al regime della onnicomprensivitˆ. Nell'ipotesi di compensi dovuti dai terzi per incarichi aggiuntivi, dunque, ogni dubbio in proposito dovrebbe essere senz'altro superato con riguardo alla complessiva congruitˆ del trattamento economico spettante al dirigente. Deve tenersi conto, inoltre, dalla previsione, di cui all'articolo 14, comma 2, del contratto collettivo per la dirigenza sottoscritto il 5 aprile 2001, giˆ sopra ricordato, secondo cui, allo scopo di remunerare il maggiore impegno e la maggiore responsabilitˆ dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi, viene loro corrisposta, ai fini del trattamento accessorio, oltre alla retribuzione di posizione e di risultato, una quota, in ragione del loro apporto, fino al 30% della somma che confluisce nel fondo di attuazione del principio di onnicomprensivitˆ. Pu˜ ritenersi, infatti, che una simile previsione, consentendo un trattamento differenziato e di particolare favore per i dirigenti maggiormente impegnati, sia comunque idonea a soddisfare le esigenze di carattere sostanzialmente perequativo segnalate dall'Amministrazione riferente". Inoltre,  principio pacifico in giurisprudenza che gli incentivi ex art. 92 Cod. Cod. Contr. Pubbl. siano riconosciuti previa adozione di un provvedimento ampiamente discrezionale di accertamento, da parte del dirigente di prima fascia o da parte del dirigente seconda fascia delegato, in ordine all'attivitˆ di progettazione espletata ovvero in ordine alla sua perdurante effettiva utilitˆ per l'amministrazione (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12 aprile 2011, n. 8344; Trib. Napoli, 6 luglio 2012, L.A. e altri c. Universitˆ degli Studi di Napoli "Federico II" e altri; cfr. art. 5, comma 1, D.M. Infrastrutture 17 marzo 2008, n. 84). Secondo questa prospettiva, il dirigente generale o di IĦ fascia non ha poteri di controllo sulle performances dei dirigenti di IIĦ fascia eventualmente delegati (fatto salvo il potere di sostituzione in caso di inerzia; art. 16, D.Lgs. n. 165/2001). Dunque, laddove il dirigente di IIĦ fascia dovesse realizzare progetti, sarebbe egli stesso a dovere valutare i presupposti per il riconoscimento degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Sembrerebbe determinarsi, cos“, un potenziale conflitto di interessi tra il dirigente che esegue opere di progettazione ed il medesimo dirigente che deve valutarne, ad esempio, la perdurante utilitˆ. Ci˜  ancor pi vero per quanto attiene ai dirigenti generali, anch'essi soggetti al principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione ex art. 24, D.Lgs. n. 165/2001, ed ancor di pi sottratti al controllo sulle performances, anche in termini di ritiro della delega. Dunque, il comb. disp. degli articoli 24, D.Lgs. n. 165/2001, e 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, sembrerebbe doversi interpretare nel senso che i dirigenti siano esclusi dall'ambito di applicazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, cit., anche perchŽ, all'interno della retribuzione onnicomprensiva ex art. 24, D.Lgs. n. 165/2001, si colloca il trattamento economico di risultato in base agli obiettivi raggiunti, pure in termini di progettazione, collaudo, ecc. 5-6) Gli ultimi due quesiti formulati dal Provveditorato alle OO.PP. per lĠEmilia Romagna e le Marche meritano una trattazione unitaria ed impongono di valutare se: a) per quanto attiene gli incarichi di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo, siano applicabili discipline distinte, in conformitˆ al parere del Consiglio Superiore dei LL.PP. n. 97/2008, per cui gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, non sarebbero riferibili allĠattivitˆ di collaudo statico; b) per gli incarichi di collaudo tecnico-amministrativo, siano applicabili gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero i compensi per attivitˆ professionale, laddove siano state stipulate convenzioni tra pi amministrazioni a norma dellĠart. 120, ult. comma, Cod. Contr. Pubbl. Con riguardo al punto sub a), con determinazione n. 43/2000, l'Autoritˆ di Vigilanza sui Lavori Pubblici affermava che, ai fini dell'applicazione degli incentivi, "per incaricato di collaudo, ai sensi dell'art. 18, comma 1, della legge n. 109/1994 (cfr. ora l'art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006), deve intendersi non solo il redattore del certificato di collaudo finale o certificato di regolare esecuzione, bens“ anche l'incaricato del collaudo statico, il quale, peraltro, coincide con il primo oppure con uno dei tre membri della suddetta commissione". Successivamente, con parere n. 97/2008 del 16 setembre 2008, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici dissentiva dall'avviso espresso dall'AVLP. In particolare, il CSLP affermava che, in alcuni casi, negli appalti di lavori pubblici, la figura del collaudatore tecnico-amministrativo non coincide con quella del collaudatore statico. Pertanto, secondo il Consiglio Superiore, non era corretto l'assunto dell'AVLP circa la coincidenza delle figure del collaudatore statico e del collaudatore tecnico-amministrativo, con conseguente inapplicabilitˆ degli incentivi al collaudatore statico. Ci˜ nondimeno, ai fini dellĠapplicazione dellĠart. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006,  irrilevante la distinzione tra collaudo statico (ex articoli 7, l. n. 1086/1971, 25 e 67, DPR n. 380/2001) che attiene alla conformitˆ dellĠopera rispetto alle normative tecniche ed il collaudo tecnico-amministrativo o di conformitˆ dellĠopera alla legge, alle regole dĠarte, al progetto ed ai capitolati, al contratto. DĠaltra parte, con la determinazione n. 43/2000, l'AVLP ha individuato la coincidenza tendenziale tra il collaudatore statico e quello tecnico-amministrativo come ulteriore, ma non unico, indice sintomatico circa l'inclusione delle due figure nell'ambito di applicazione degli incentivi, come dimostra l'uso della congiunzione "peraltro". Inoltre, per quanto attiene alla ratio logico-giustificativa, l'art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, si riferisce all'attivitˆ di "collaudo" nel complesso esercitata e disciplina unicamente l'aspetto economico della retribuzione dei di pendenti pubblici per l'espletamento di compiti di istituto. Sul punto non rilevano le ipotesi di non coincidenza tra la figura del collaudatore statico e quella del collaudatore tecnico amministrativo, come quando quest'ultimo non possiede le qualifiche per effettuare il collaudo statico (art. 238, DPR n. 207/2010; art. 187, DPR n. 554/1999). Tale distinzione, infatti, non concerne l'aspetto economico della retribuzione, ma l'affidamento di incarichi all'interno dell'amministrazione. Infine, sul fronte dell'oggetto dell'attivitˆ di collaudo, ai sensi dellĠart. 215, comma 1, DPR n. 207/2010 (giˆ art. 187, DPR n. 554/1999), avviene che: ÒIl collaudo [affidato ex articoli 90, 91 e 120, D. Lgs n. 163/2006] ha lo scopo di verificare che lĠopera o i lavoro siano stati eseguiti a regola dĠarte, secondo il progetto approvato e le relative prescrizioni tecniche, nonchŽ le eventuali perizie di variante, in conformitˆ del contratto e degli eventuali atti di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati. [É] Il collaudo comprende altres“ tutte le verifiche tecniche previste dalle leggi di settoreÓ. Sulla compatibilitˆ e coincidenza tra collaudo statico e collaudo-tecnico amministrativo negli appalti di OO.PP., cfr. inter alia Cassazione, Sez. I, 23 novembre 1993, n. 11560. Ne deriva che, concordemente rispetto all'avviso espresso nella determinazione n. 43/2000 dell'AVLP, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, si applicano sia al collaudo statico, sia al collaudo tecnico-amministrativo. Per quanto concerne il punto sub b) e come giˆ precisato nella risposta al quesito n. 1, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, sono diversi dai compensi per attivitˆ professionale di collaudo ex art. 120, D.Lgs. n. 163/2006. Da un lato, infatti, lĠincentivo viene corrisposto in ragione della partecipazione del pubblico dipendente allĠattivitˆ di collaudo nellĠambito dei compiti di istituto e durante lĠorario di lavoro. Dall'altro, invece, il compenso viene corrisposto in ragione della qualifica posseduta anche dal pubblico dipendente ed in ragione della sua effettiva, specifica ed occasionale partecipazione allĠattivitˆ di collaudo, al di fuori del- lĠorario di lavoro ed al di lˆ dei compiti di istituto cui  assegnato il pubblico dipendente medesimo. Il compenso, peraltro ed a differenza dell'incentivo, viene determinato a norma del D.M. Giustizia del 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha introdotto i nuovi criteri per la determinazione giudiziale e stragiudiziale dei compensi per le professioni regolamentate, dopo che il D.L. n. 1/2012, conv. con modificazioni dalla l. n. 27/2012, ha abrogato le tariffe professionali (sul punto, cfr. Corte Costituzionale, 31 maggio 2013, n. 115). Inoltre, come si  giˆ osservato nella risposta al quesito n. 4, i compiti di istituto coincidono con gli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata amministrazione. Tutto ci˜ premesso, ai dipendenti pubblici che svolgono attivitˆ professionale nell'ambito dei compiti di istituto delineati dalla Convenzione tra l'Uni versitˆ, il Provveditorato ed il Comune di Parma si applicano i soli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, e non pure i compensi per attivitˆ professionale. In primo luogo, infatti, dissentendo dall'avviso espresso da codesto Provveditorato, non rileva quanto disposto dall'art. 120, Cod. Contr. Pubbl., il quale rinvia alle convenzioni per la disciplina dei rapporti intersoggettivi tra amministrazioni, ma non ammette esplicitamente deroghe, da parte dell'autonomia negoziale, rispetto alle previsioni legislative imperative, come nel caso dell'art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. In secondo luogo, gli appalti finanziati e realizzati da pi amministrazioni in regime di convenzione ai sensi dell'art. 120, D.Lgs.n. 163/2006, sono definiti "appalti complessi integrati". In questo caso, secondo l'AVCP, le diverse amministrazioni coinvolte espletano compiti di istituto e trovano applicazione gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, e non pure i compensi per attivitˆ professionale, un tempo parametrati rispetto alle tariffe professionali di ingegneri ed architetti (AVCP, deliberazione n. 77, 1 agosto 2012; determinazione n. 2, 25 febbraio 2009). In terzo luogo, l'Universitˆ si avvale per legge delle strutture del Provveditorato, ai sensi degli articoli 52, comma 1, l. n. 388/2000, 19, comma 3, l. n. 109/1994 (cfr. oggi l'art. 90, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006). Come si  evidenziato nella risposta al quesito n. 3), l'avvalimento riflette una comunanza ed una ripartizione di compiti di istituto tra le amministrazioni coinvolte, l'Universitˆ ed il Provveditorato. In quarto luogo, la Convenzione tra l'Universitˆ, il Comune ed il Provveditorato attua il potere/dovere di avvalimento e rientra tra gli accordi ex art. 15, l. 241/1990, con cui si disciplinano attivitˆ di interesse comune. Pertanto, anche sotto questo profilo, l'attivitˆ di collaudo ad oggetto di una convenzione stipulata rientra tra i compiti di istituto del Provveditorato alle OO.PP. In quinto luogo, si potrebbe prospettare una violazione delle regole della concorrenza, laddove i dipendenti pubblici con qualifiche professionali fossero retribuiti con compensi per attivitˆ professionale determinati ex D.M. Giustizia n. 140/2012, sulla base di una convenzione e senza il previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento di incarichi al di sopra della soglia per gli interventi in economia. D'altro canto, la giurisprudenza di matrice europea: a) ha qualificato le Universitˆ come operatori economici (Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, sentenza CoNISMA, C-305/08); b) ha affermato che persino il rimborso di spese integra il requisito di onerositˆ dell'appalto (Corte di Giustizia dell'UE, ASL Lecce e Universitˆ degli Studi del Salento c. Ordine degli Ingegneri di Lecce et al., 19 novembre 2012, causa C-159/11); c) ha sancito che gli affidamenti onerosi di lavori, servizi e forniture a fa vore di operatori economici universitari tramite accordi ex art. 15, l. n. 241/1990, violano le regole di concorrenza di cui alla direttiva n. 2004/18/CE, laddove: -tali convenzioni non abbiano ad oggetto servizi di interesse economico generale, -tali convenzioni non corrispondano ad attivitˆ di interesse pubblico comune, ancorchŽ graduato in attivitˆ finali ed attivitˆ strumentali; -siano in grado di alterare la concorrenza quando non siano previste gare a valle per l'affidamento di incarichi a professionisti privati (da ultimo, cfr. Corte di Giustizia dell'UE, Sez. X, ord., 16 maggio 2013, causa C-564/11; cfr. anche Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Ufficio del Consigliere Giuridico, parere prot. n. CG/0025732 del 30/04/2013: allegato). Dunque, in prima istanza, se gli incarichi di collaudo a favore di pubblici dipendenti fossero pagati alla stregua di compensi per attivitˆ professionale, si potrebbe determinare una violazione delle regole concorrenziali. In effetti, se il pubblico dipendente fosse pagato con compensi per attivitˆ professionali ex D.M. Giustizia n. 140/2012, questi verrebbe considerato e pagato alla stregua di un professionista privato, senza il previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica a monte. Pertanto,  necessario fare ricorso agli incentivi ex art. 92, D.Lgs. n. 163/2006, i quali, comunque, sono strettamente connessi all'espletamento di compiti di istituto, ricordando come il ricorso al personale dipendente per l'espletamento di funzioni istituzionali esclude ipso jure il ricorso a professionisti esterni, ai sensi dell'art. 90, comma 6, D.Lgs. n. 163/2006. Per completezza, bisogna valutare se gli stessi incentivi, aventi natura retributiva (cfr. la risposta al quesito 1), costituiscano forme di trattamento economico in violazione delle regole concorrenziali rispetto ai professionisti privati. In questa sede si esclude che gli incentivi ex art. 92 D.Lgs. n. 163/2006 siano in violazione della concorrenza: a) in quanto sono distribuiti presso il personale dipendente dell'amministrazione utilizzato in regime di insourcing (come accade nell'in house providing); b) in quanto sono quantitativamente inferiori ai compensi professionali che sarebbero corrisposti a soggetti esterni ai sensi del D.M. Giustizia n. 140/2012; c) in quanto sono ipso jure relativi all'esercizio di compiti di istituto, i quali non possono essere espletati da soggetti esterni, se non in caso di assenza o di indisponibilitˆ di personale dipendente pubblico qualificato (art. 90, D.Lgs. n. 163/2006). In seconda istanza, viola le regole europee in tema di concorrenza l'affidamento diretto di incarichi professionali a personale non specificamente inquadrato come ingegnere-architetto (ad esempio, sono inquadrati in tal senso i funzionari esperti del MIT di categoria F6 od F7), in base a convenzioni od accordi ex art. 15, l. n. 241/1990. Cos“, da un lato, la Corte dei Conti, Sez. contr., con pronuncia del 12 giu gno 1996, n. 87, ha stabilito che  "legittima una convenzione tra il comune e il Provveditorato regionale alle opere pubbliche con la quale quest'ultimo assume compiti inerenti la progettazione esecutiva e il collaudo di opere pubbliche da realizzare per conto del ComuneÓ. Ci˜ nondimeno, per la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 324/2012, lĠaccordo o la convenzione intersoggettiva ex art. 15, l. n. 241/1990, non deve risolversi in una violazione della concorrenza attraverso lĠacquisizione di servizi presso soggetti pubblici imprenditori e/o professionisti (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1902). In tal senso, desta perplessitˆ l'art. 8 della Convenzione tra il Provveditorato alle OO.PP. per l'Emilia Romagna e le Marche, l'Universitˆ degli Studi di Parma ed il Comune di Parma. In base a questo articolo, "l'Universitˆ provvederˆ a nominare, d'intesa con il Provveditorato, i collaudatori [...]". Ebbene, il presente disposto potrebbe essere in grado di violare la concorrenza nell'affidamento di incarichi professionali, laddove i collaudatori scelti non siano inquadrati, come dipendenti pubblici del Provveditorato, alla stregua di ingegneri ed architetti, i quali per specifica mansione possono svolgere l'attivitˆ di collaudo per conto dell'amministrazione. Soltanto in questo modo l'attivitˆ di collaudo, retribuita con i meri incentivi ex art. 92, D.Lgs. n. 163/2006, viene espletata all'interno dei compiti di istituto, senza implicare l'esercizio di una professione extra moenia, anche da parte del pubblico dipendente. *** Conclusivamente: Quesito n. 1) ÒSe lĠincentivo alla progettazione ex art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 possa considerarsi giuridicamente un emolumento retributivo ovvero un compenso per prestazioni occasionali, ancorchŽ di carattere professionale, poichŽ prestate da dipendenti appartenenti allĠAmministrazione". Nonostante abbiano natura retributiva, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D. Lgs. n. 163/2006, non equivalgono ai compensi per attivitˆ di collaudo svolta fuori dai compiti istituzionali e dall'orario di lavoro, occasionalmente, anche dal pubblico dipendente-professionista. *** Quesito n. 2) ÒSe debba ritenersi applicabile il disposto di cui allĠart. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, in caso di erogazione dellĠincentivo di cui allĠart. 92 del decreto legislativo 163/2006Ó. La ritenuta del 50 %, prevista dallĠart. 61, comma 9, D.Lgs. n. 112/2008,  inapplicabile agli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Gli incentivi spettano anche per l'attivitˆ di segreteria tecnico-amministrativa unifi cata soltanto se quest'ultima ha ad oggetto un "contributo intellettuale e materiale all'attivitˆ del responsabile del procedimento, alla redazione del progetto, del piano della sicurezza, alla direzione dei lavori ed alla loro contabilizzazione". Occorre motivare in tal senso i provvedimenti di riconoscimento e di ripartizione degli incentivi. *** Quesito n. 3) ÒSe la convenzione stipulata fra Expo 2015 s.p.a. ed il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria, per effetto delle previsioni normative di cui al DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni, costituisca di fatto espletamento di compiti di istitutoÓ. Ai fini dellĠapplicazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, rientra tra i compiti di istituto lĠattivitˆ di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativo unificata, svolta dal Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria in attuazione della convenzione con la SOGE spa, ai sensi dellĠart. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, il quale ha abrogato il DPCM 22 ottobre 2008. *** Quesito n. 4) "Se, per i dirigenti delle pubbliche amministrazione, i compensi per incarichi di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo rientrino o meno nel trattamento economico dirigenziale, tenendo presente il principio di onnicomprensivitˆ della retribuzione spettante ai dirigenti medesimi". Ai sensi del comb. disp. degli articoli 24, D.Lgs. n. 165/2001, e 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, in base all'orientamento del Consiglio di Stato espresso in sede consultiva, si ritiene che i pubblici dirigenti siano da escludere dall'ambito di applicazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, cit.. Ad ogni modo, si auspica un intervento chiarificatore del legislatore ovvero l'adozione di clausole normative ad hoc in sede di contrattazione collettiva. *** Quesiti nn. 5 e 6 "chi debba intendersi per membro interno ovvero esterno alla stazione appaltante ai fini dellĠapplicazione rispettivamente degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero dei compensi basati sulle tariffe professionali di ingegneri ed architetti per le attivitˆ di collaudo tecnico-amministrativo, ai sensi dell'art. 90, comma 1, lett. d) e ss., D.Lgs. n. 163/2006, nonchŽ degli articoli 210, DPR n. 554/1999, e 238, DPR n. 207/2010". "Se, per le attivitˆ di collaudo tecnico-amministrativo svolte da dipendenti pubblici sulla base di convenzioni tra pi amministrazioni, si debba fare riferimento - in deroga rispetto agli incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl. - alle tariffe professionali di ingegneri ed architetti". Con riferimento allĠattivitˆ di collaudo statico, ovvero tecnico-ammini strativo, - regolarmente autorizzata dall'amministrazione - svolta dal Provveditorato nellĠambito di una convenzione con altra amministrazione, non si esula dai compiti di istituto e si applicano gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, a nulla rilevando la distinzione tra collaudo statico e collaudo tecnico-amministrativo. Tali incentivi, comunque, si applicano sempre laddove lĠattivitˆ di collaudo rientra tra i compiti di istituto, ad esempio in attuazione di una convenzione stipulata dal Provveditorato in attuazione del dovere di concedere l'avvalimento. Per converso, il pubblico dipendente-collaudatore riceve un compenso, parametrato secondo le modalitˆ previste dal D.M. Giustizia n. 140/2012, nel solo caso residuale in cui lĠattivitˆ viene espletata al di fuori delle funzioni istituzionali e dellĠorario di lavoro. Infine, l'art. 8 della Convenzione tra il Provveditorato, l'Universitˆ ed il Comune di Parma, deve essere interpretato nel senso che l'Universitˆ ed il Provveditorato concordano sulla scelta dei collaudatori o di altri professionisti tecnici esclusivamente nell'ambito dei dipendenti del Provveditorato medesimo che siano inquadrati come ingegneri-architetti. *** Sul presente parere  stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta del 17 dicembre 2013, si  espresso in conformitˆ. Precari scuola. Trattamento economico differenziato rispetto ai rapporti a tempo indeterminato PARERE 17/01/2014-22097, CS 51594/13, SEZ. VII, AVV. GABRIELLA DĠAVANZO (*) Con riferimento alla nota in oggetto, che viene inviata per opportuna conoscenza anche alla Direzione generale per il personale scolastico del Ministero, si chiede di conoscere lĠavviso della Scrivente in ordine allĠopportunitˆ di continuare a coltivare, anche in sede di legittimitˆ, la questione di diritto concernente la pretesa del personale c.d. precario della Scuola volta a ottenere la progressione professionale retributiva e, quindi, a percepire le differenze stipendiali maturate in ragione dellĠanzianitˆ di servizio, richiesta accolta in primo grado con decisione che, si precisa nella nota, in caso di impugnazione sarˆ verosimilmente confermata dalla Corte dĠappello di Firenze, la cui giurisprudenza si  giˆ pronunciata in fattispecie analoghe in senso favorevole alla parte privata. (*) Parere reso in via ordinaria. Occorre preliminarmente rilevare che il contenzioso riguardante il personale in questione involge tre diverse problematiche: 1 - una prima questione concerne la pretesa del dipendente a tempo determinato di ottenere dal giudice la conversione dei diversi contratti a termine in un unico rapporto a tempo indeterminato (a decorrere dalla data di stipula del primo dei contratti dedotti in giudizio) con il pagamento delle differenze retributive. In via subordinata si chiede la condanna della P.A. al risarcimento dei danni subiti sul rilievo dellĠillegittima apposizione del termine contrattuale e, quindi, dellĠabuso in cui sarebbe incorso il datore di lavoro - amministrazione scolastica, nello stipulare i diversi contratti a termine in violazione della clausola 5, punto 1 dellĠaccordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla citata direttiva 1999/70/CE. Con detta clausola, intitolata Òmisure di prevenzione degli abusiÓ si dispone che, in assenza di Ònorme equivalentiÓ, gli Stati membri dovranno introdurre misure idonee per la prevenzione degli abusi derivanti dallĠutilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato; 2 - una seconda questione (lĠipotesi  quella ora sottoposta allĠesame) attiene alla pretesa dei ricorrenti - lavoratori a termine volta a ottenere la paritˆ retributiva rispetto al personale scolastico assunto a tempo indeterminato; a fondamento della domanda gli interessati assumono che il trattamento differenziato tra le due categorie di dipendenti, che svolgono le medesime mansioni, violerebbe la clausola 4, punto 1 dellĠanzidetto Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. La citata clausola 4, sul Òprincipio di non discriminazioneÓ sancisce la paritˆ di trattamento nelle Òcondizioni di impiegoÓ fra i lavoratori a tempo determinato con quelli a tempo indeterminato. (Nel nostro sistema, invece, il personale precario viene retribuito sulla base della fascia iniziale, senza quindi tener conto dei diversi contratti a termine eventualmente stipulati: la normativa collettiva, art. 79 C.C.N.L. vigente, stabilisce solo per il personale scolastico di ruolo Òun trattamento economico differenziato per posizioni stipendialiÓ al termine di periodi prestabiliti di servizio); 3 - una terza questione riguarda, infine, la richiesta volta a ottenere, ai sensi dellĠart. 53, comma 2 della legge n. 312 del 1980, gli scatti biennali di stipendio nella misura del 2,50% della retribuzione spettante. *** Cos“ riepilogati i termini del contenzioso in atto si osserva che, comĠ noto, sulla questione di cui al punto sub 1) si  pronunciata, con la sentenza n. 10127/2012, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione che ha escluso che potesse essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno che il dipendente scolastico assumeva di avere subito in ragione della successione dei contratti a termine. In tale occasione, infatti, il Giudice di legittimitˆ ha definito il sistema delle supplenze Òcorpus normativoÓ dotato di intrinseca Òspecialitˆ e completezzaÓ nei cui confronti  inapplicabile il D.L.vo 6 settembre 2001, n. 368 -Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES. Sulla base di tali principi la Cassazione ha quindi concluso che il reclutamento del personale scolastico a mezzo supplenze ҏ conforme alla clausola 5, punto 1 dellĠaccordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio CE 1999/70/CE e costituisce, quindi, in quanto risponde ad oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa che ne regola lĠassegnazioneÓ. Successivamente, tuttavia, la stessa Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno rinviare la decisione di alcuni ricorsi in materia (alcuni dei quali riguardanti anche il quesito di cui al punto sub 2) concernente cio la paritˆ di trattamento retributivo tra le due categorie di personale riconosciuta da alcuni giudici dĠappello) e di attendere lĠesito dei giudizi pendenti sia avanti la Corte Costituzionale che avanti la Corte di Giustizia; a questĠultima, infatti, con ordinanza del 3 luglio 2013  stata rimessa, dal Tribunale di Napoli, ex art. 267 TFUE, la questione riguardante lĠinterpretazione della citata clausola 5, punto 1 dellĠaccordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE. Ed infine, con ordinanza del 3 luglio 2013 la medesima Corte Costituzionale ha sollevato, ai sensi del citato art. 267 TFUE, questione pregiudiziale in ordine alla conformitˆ allĠanzidetta clausola 5 della direttiva europea del nostro sistema di reclutamento, nella parte in cui si dispone il conferimento di supplenze annuali Òin attesa dellĠespletamento delle procedure concorsuali per lĠassunzione di personale docente di ruoloÓ. Sulla questione di cui al punto sub 2), le pronunce dei giudici di merito che accolgono le richieste dei c.d. precari si basano sul rilievo che il mancato riconoscimento a questi ultimi del diritto alla progressione professionale retributiva, riconosciuta invece al personale assunto a tempo indeterminato, configurerebbe un trattamento discriminatorio, non giustificato da ragioni oggettive, cos“ da violare la clausola 4 dellĠaccordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla citata direttiva 1999/70/CE. La questione non  stata ancora decisa dalla Corte di Cassazione, avanti la quale pendono numerosi ricorsi proposti nellĠinteresse dellĠAmministrazione. Infine, per quanto riguarda il punto sub 3) il contenzioso introdotto dal personale assunto con contratti a termine per ottenere gli scatti biennali in applicazione dellĠart. 53, comma 3 della legge n. 312 del 1980 deve ritenersi ormai risolto in senso favorevole allĠAmministrazione, alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale che, con ordinanza n. 146/2013, depositata il 20 giugno 2013, ha dichiarato: -Òinammissibile la questione di legittimitˆ costituzionale dellĠart. 53, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo funzionale del personale civile e militare dello Stato) sollevata - in riferimento agli artt. 3, 36, 11 e 117 della Costituzione, questi ultimi due parametri in relazione alla clausola 4 dellĠaccordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio - sollevata dalla Corte dĠappello di Firenze, in funzione di giudice del lavoro con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti non di ruolo a tempo indeterminato; -non fondata la questione di legittimitˆ costituzionale del medesimo art. 53, terzo comma della legge n. 312 del 1980 sollevata, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, dalla Corte dĠappello di Firenze in funzione di giudice del lavoro con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti di religioneÉÓ. *** In risposta al quesito in oggetto - tenuto conto della rilevanza, in punto di diritto, del contenzioso di cui trattasi, oltre che del notevole numero dei ricorsi pendenti, considerata lĠoscillante giurisprudenza di merito che ha risolto la questione con pronunce di segno opposto, nonchŽ la favorevole sentenza n. 10127/2012 della Corte Suprema di Cassazione, anche se riguardante fattispecie di cui al quesito sub 1) - si ritiene che, in attesa delle pronunce della Corte di Giustizia, debbano continuare a coltivarsi tutte le cause nelle quali lĠAmministrazione risulta soccombente, come peraltro giˆ ritenuto, sia pure con riferimento alla problematica di cui allĠanzidetto punto sub 1), nel parere 13 giugno 2012, n. 237321 (*) (giˆ inoltrato a tutte le Avvocature Distrettuali e che ad ogni buon conto si unisce nuovamente in copia) reso dal Comitato Consultivo di questa Avvocatura Generale (cfr. anche circolare n. 26 del 2012 dellĠAvvocato Generale). Ed infatti, pur tenendo conto della circostanza che entrambi i sopra ricordati rinvii pregiudiziali ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia non riguardano (anche) la questione concernente la paritˆ retributiva reclamata dal personale precario, si  dellĠavviso che lĠattesa pronuncia della Commissione di Giustizia enuncerˆ principi che rileveranno anche ai fini della soluzione del contenzioso di cui trattasi. (*) Rass., 2012, Vol. II, p. 33. LEGISLAZIONE ED ATTUALITË LĠordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, dalla singolaritˆ nazionale alla proiezione europea Valerio Perotti* Lo studio che segue, di diritto amministrativo comparato, verte sui fondamenti ordinamentali della pubblica sicurezza ed  suddiviso in due parti: nella prima, incentrata sul diritto dell'Unione Europea ed internazionale (in primis OSCE ed ONU), si cerca di desumere, dalla molteplicitˆ spesso non sistematica nŽ organica delle fonti, i tratti qualificanti della materia a livello sovrastatale. Nella seconda parte, invece, tali criteri vengono confrontati con le soluzioni adottate da alcuni legislatori nazionali, con particolare riguardo al caso italiano. L'oggetto di indagine, pressochŽ misconosciuto a livello dottrinale,  in realtˆ fondamentale nei modelli contemporanei dello Stato di diritto, laddove la realtˆ operativa italiana - per i pi forse inaspettatamente - presenta delle decisive eccellenze, indicate come esempio a livello internazionale. SOMMARIO: PARTE I -1. Il ruolo dellĠUnione Europea nelle politiche di ordine e sicurezza degli Stati membri. Il modello integrato civile/militare nelle strategie di sicurezza interna ed esterna dellĠUE. Le discipline di settore degli ordinamenti ONU e NATO. A) Le innovazioni operate dal Trattato di Lisbona. B) Il riparto delle competenze tra lĠUnione e gli Stati membri. C) La normativa dellĠUnione Europea in materia di sicurezza e le Raccomandazioni del Consiglio dĠEuropa: premesse introduttive. Le fonti giuridice dellĠOSCE. D) Le fonti normative dellĠUnione Europea in materia di pubblica sicurezza. Verso un istema multipolare ed integrato? E) Il tema della pubblica sicurezza tra fonti internazionali e comunitarie. Il Òmodello EU (*) Avvocato dello Stato. Del presente saggio si pubblica la prima parte, con lĠinvito - per il Lettore interessato alla integrale fruizione - al successivo numero della Rassegna. ROGENDFORÓ. F) Il Òmodello MSUÓ tra diritto internazionale (FPU) e comunitario (IPU). LĠapprocio integrato civile/militare nelle fonti normative della PESC/PSDC. G) Le politiche di sicurezza nellĠex ÒTerzo PilastroÓ UE: la cooperazione di polizia tra collaborazione e coordinamento. H) Le Agenzie dellĠUE strumentali alla collaborazione di polizia. Elementi di sintesi sul modello di sicurezza dellĠUnione Europea. PARTE II -2. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: A) Il principio di coordinamento tra ordinamento nazionale e comunitario, nel rapporto con la potestˆ ordinatoria dellĠAutoritˆ di governo. A.1) Il modello di coordinamento nel sistema amministrativo italiano. A.2) Il modello di coordinamento nelle fonti dellĠUnione Europea. Conclusioni - 3. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: B) LĠordinamento italiano alla luce della legge 121/81 e del TULPS: linee guida, profili storici e problematicitˆ di sistema. B.1) LĠAmministrazione della Pubblica Sicurezza in Italia. B.2) Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. B.3) Le Autoritˆ provinciali di Pubblica Sicurezza. B.4) Sicurezza urbana e poteri del Sindaco quale rappresentante del Governo. Il modello della cd. Òsicurezza partecipataÓ - 4. Elementi di diritto comparato nella prospettiva del Òmodello europeoÓ. La cd. gestione Òdi prossimitˆÓ. Sintesi e conclusioni. 1. Il ruolo dellĠUnione Europea nelle politiche di ordine e sicurezza degli Stati membri. Il modello integrato civile/militare nelle strategie di sicurezza internaed esterna dellĠUE. Le discipline di settore degli ordinamenti ONU e NATO. A) LE INNOVAZIONI OPERATE DAL TRATTATO DI LISBONA. Tra le prioritˆ individuate dal Trattato di Lisbona, che ha ampiamente riformato lĠimpianto istituzionale dellĠUnione Europea, vi  la realizzazione, nel territorio degli Stati membri, di uno Òspazio europeo comuneÓ nel quale le persone possano circolare liberamente e ricevere una protezione giuridica efficace: per raggiungere un tale obiettivo  per˜ necessario intervenire preventivamente su materie non solo particolarmente sensibili per lĠopinione pubblica quali lĠimmigrazione, la lotta contro la criminalitˆ organizzata o il terrorismo, ma soprattutto caratterizzate da una forte dimensione transfrontaliera, tale da richiedere unĠefficace cooperazione a livello interstatale. Il Trattato distingue le questioni relative allo Òspazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ (1) in quattro settori: 1) le politiche relative ai controlli alle frontiere, allĠasilo ed allĠimmigrazione; 2) la cooperazione giudiziaria in materia civile; 3) la cooperazione giudiziaria in materia penale; 4) la cooperazione di polizia. (1) Per una complessiva introduzione sullĠargomento, cfr. RINOLDI, Lo spazio di libertˆ, sicurezza e giustizia, in DRAETTA-PARISI (a cura di), Elementi di Diritto dellĠUnione Europea - Parte Speciale, Milano 2010. Sul regime normativo antecedente le riforme di Lisbona, e con specifico riguardo al Diritto di polizia, si veda anche PASTORE, Lo Spazio Europeo di Libertˆ, Sicurezza e Giustizia. Implicazioni per lĠItalia, CeSPi Roma 1998. In precedenza, le questioni di cooperazione giudiziaria in materia penale e di cooperazione fra le Forze di polizia rientravano nel cd. ÒTerzo PilastroÓ dellĠUnione Europea, un insieme di materie regolamentato dal metodo della cooperazione intergovernativa, nel quale le Istituzioni europee (Consiglio, Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia) non avevano alcuna competenza e non potevano quindi adottare provvedimenti vincolanti quali regolamenti o direttive. Il Trattato di Lisbona - come meglio verrˆ evidenziato sopprimendo il sistema Òa PilastriÓ ha posto fine a questa distinzione, consentendo allĠUnione di intervenire in tutte le questioni sopra evidenziate. Ci˜ premesso, va ora individuato lĠoggetto di questo lavoro, dalla duplice natura: da un lato occorrerˆ individuare le caratteristiche, i profili e le modalitˆ operative del Òsistema sicurezzaÓ definito dalle fonti normative sovranazionali per il menzionato Òspazio comune europeoÓ, dallĠaltro dovranno essere chiariti, in modo rigoroso, i possibili margini di inferenza tra questĠultimo e gli ordinamenti nazionali. Si tratta, in breve, di introdurre il tema dei reali rapporti tra gli ordinamenti nazionali di pubblica sicurezza e la normativa dellĠUnione Europea, per delineare un possibile quadro di riferimento entro il quale il legislatore statuale sia eventualmente chiamato a muoversi, se e nei limiti in cui trovi spazio, in materia, il principio della primautŽ del diritto comunitario sulle fonti di legge ordinaria (2). A tal fine,  indispensabile chiarire - per prima cosa - oggetto e portata della normativa UE in materia di sicurezza e difesa (gli odierni settori PESC/PSDC e FSJ, giˆ GAI). Con lĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1Ħ dicembre 2009, il sistema delle fonti primarie del diritto sovranazionale  stato completamente rivoluzionato, cos“ che lĠUnione Europea, soggetto giuridico che succede alle (2) La regola di prevalenza del diritto comunitario (primario e derivato) sulle norme di legge ordinaria (ed equiparate) degli Stati membri si fonda sul principio di leale cooperazione (ex art. 4 TUE) e sulla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (a partire dalla Sentenza Costa c. ENEL del 15 luglio 1964) nonchŽ - in ambito nazionale - sulle pronunce della Corte Costituzionale, a far data dalla Sent. Granital del 1984. In merito invece allĠeventuale contrasto tra una norma di diritto sovranazionale derivato ed il contenuto di un provvedimento amministrativo, la giurisprudenza della Corte di Giustizia - dopo avere escluso lĠesistenza di un obbligo generale ed incondizionato di rimozione sine die dei provvedimenti comunitariamente illegittimi, laddove sussista pur sempre un apprezzabile interesse pubblico al loro mantenimento (sent. KŸhne & Heitz [Causa C-453/00] del 13 gennaio 2004) -  giunta recentemente ad affermare lĠobbligo, per lĠAmministrazione interessata, di disporne lĠannullamento in autotutela solo in assenza di un legittimo affidamento da parte di terzi nella sua validitˆ, e dunque nella conseguente produzione dei relativi effetti (sent. Arcor del 19 settembre 2006 - Cause riunite C-392/04 e C-422/04). SullĠargomento, per unĠefficace disamina delle varie posizioni dottrinali e giurisprudenziali sulla materia, si rinvia a RAIMONDI, Atti nazionali inoppugnabili e diritto comunitario tra principio di effettivitˆ e competenze di attribuzione, Il Diritto dellĠUE n. 4/2008, pp. 773 ss.. Con riferimento specifico al Trattato di Lisbona, si veda invece CELOTTO, La primautŽ nel Trattato di Lisbona, in AA.VV. (a cura di LUCARELLI e PATRONI GRIFFI), Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona: nuovi studi sulla Costituzione europea, Napoli 2009. precedenti Comunitˆ, si fonda adesso su due Trattati costituzionali: il TUE (Trattato sullĠUnione Europea), contenente le disposizioni generali della sua architettura istituzionale, ed il TFUE (Trattato sul Funzionamento dellĠUnione Europea), recante la disciplina ordinamentale ed operativa dei vari organi ed Agenzie UE. A ci˜ aggiungasi che lĠart. 6, par. 1 comma primo TUE ha attribuito alla Carta dei Diritti Fondamentali dellĠUE (cd. ÒCarta di NizzaÓ(3)) un valore vincolante analogo a quello dei Trattati. Le innovazioni politicamente pi significative del Trattato di Lisbona sono per˜ consistite nellĠabolizione della precedente struttura ordinamentale Òa PilastriÓ e nellĠespresso (e tassativo) riparto delle competenze tra lĠUnione e gli Stati membri. LĠUnione Europea diventa un ordinamento unitario, assorbe la Comunitˆ ed acquista personalitˆ giuridica (art. 47 TUE). Da tali innovazioni possono trarsi due principali conseguenze. In primo luogo, per quanto riguarda i rapporti con lĠesterno, lĠattribuzione della personalitˆ giuridica allĠUE comporta una semplificazione rispetto alla precedente architettura istituzionale, in quanto le attribuisce un volto unitario (lĠAlto rappresentante per gli Affari esteri) e le consente di concludere autonomamente degli accordi internazionali vincolanti, senza dover pi ricorrere alla complessa prassi degli accordi misti (ex art. 216 TFUE). Sul piano interno, invece, il superamento della tradizionale architettura Òper PilastriÓ risalente al Trattato di Maastricht comporta delle novitˆ per quanto concerne le funzioni attribuite allĠUnione nei settori in precedenza oggetto dei due ex-Pilastri intergovernativi, ossia la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e lo spazio di libertˆ, sicurezza e giustizia (GAI, ora FSJ (4)). Sul punto occorre per˜ essere precisi. In effetti anche nel dopo-Lisbona permane la specificitˆ della PESC/PSDC, che conserva la precedente gestione intergovernativa (tale politica non  stata infatti inclusa nelle tre competenze generali dellĠUnione Europea: esclusiva, concorrente e di sostegno), pur potendosi ipotizzare, nel futuro, un maggior intervento del legislatore sopranazionale, seppur circoscritto allo strumento (marginale) delle cd. ÒpasserelleÓ e delle cooperazioni rafforzate. La persistente specialitˆ della PESC si deduce immediatamente dal fatto che lĠart. 2 TFUE, nel distinguere per categorie generali le competenze europee, non menziona la materia in esame, la cui disciplina specifica  invece conte (3) Pubblicata per la prima volta in GUCE C-364 del 18 dicembre 2000, e successivamente in GUCE C-83 del 30 marzo 2010: la seconda versione venne proclamata nel dicembre 2007, a seguito di modifiche resesi necessarie per superare le riserve di alcuni Stati al suo recepimento nel Trattato di Lisbona. (4) In argomento si veda anche la Nota informativa del Segretariato Generale del Consiglio UE (su http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/111625.pdf), rilasciata nel novembre 2009. nuta nel Capo II del TUE (da cui si ricava che la PESC  definita ed attuata dal Consiglio Europeo e dal Consiglio, che deliberano allĠunanimitˆ su iniziativa degli Stati membri o dellĠAlto rappresentante, ma non della Commissione). In materia di PESC  poi esclusa lĠadozione di atti legislativi, come pure la giurisdizione della Corte di Giustizia UE, salvo per le questioni riguardanti la definizione del confine tra la PESC e le altre politiche europee, nonchŽ la legittimitˆ delle misure restrittive eventualmente adottate in tale ambito. In deroga alla regola dellĠunanimitˆ, il Consiglio pu˜ comunque deliberare a maggioranza qualificata quando la sua decisione sia sollecitata dal Consiglio Europeo, salvo che un membro del Consiglio dichiari di opporsi per specifici e vitali motivi di politica nazionale. La regola dellĠunanimitˆ, tuttavia, pu˜ essere superata attraverso lĠutilizzo delle cd. ÒpasserelleÓ. Una, di carattere speciale,  prevista dallĠart. 31 par. 3 TUE, che consente al Consiglio di passare al voto a maggioranza qualificata in specifici ambiti della PESC; lĠaltra, di carattere generale,  invece prevista allĠart. 48 par. 7 TUE, che secondo alcuni rappresenterebbe lo strumento con cui ÒnormalizzareÓ lĠintera politica di settore. LĠutilizzo di questa seconda ÒpasserellaÓ  comunque precluso per il settore della Difesa (PSDC (5)), che pure rientra a pieno titolo nella PESC quale sua parte integrante. In ordine alle cooperazioni rafforzate, vale a dire azioni a cui partecipano solo alcuni Stati, lĠart. 20 TUE chiarisce che gli Stati membri possono realizzarle nei settori per i quali non operano competenze esclusive dellĠUnione. Il Consiglio pu˜ autorizzare una cooperazione rafforzata adottando, in ultima istanza, una decisione ad hoc, nella quale si dia atto che gli obiettivi ivi perseguiti non potrebbero essere conseguiti dallĠUnione, nel suo insieme, entro un termine ragionevole, ed a condizione che vi partecipino almeno nove Stati membri. LĠart. 333 TFUE prevede poi la possibilitˆ, per il Consiglio, di deliberare allĠunanimitˆ una decisione che consenta il passaggio al voto a maggioranza (5) LĠesplicita (e reiterata) esclusione del settore ÒDifesaÓ dalla sfera di incidenza, sia pur indiretta, del diritto sovranazionale  dovuta anche alla precisa volontˆ di alcuni Stati membri di impedire nuovi sconfinamenti della Corte di Giustizia che, muovendo dal generico presupposto di assicurare la tutela di ipotetici diritti fondamentali della persona (nella specie, il diritto delle donne di accedere alla carriera militare), con la sentenza Kreil c. Bundesrepublik Deutschland dellĠ11 gennaio 2000, C-285/98 (scaricabile da http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:61998CJ0285:IT:HTML) aveva in realtˆ finito col pronunciarsi sullĠordinamento delle Forze militari di uno Stato membro, nonostante giˆ allĠepoca fosse pacifico che la materia non rientrava in alcun modo nelle competenze del- lĠUE. La sentenza  censurabile in quanto emanata in assoluta carenza di potere, posto che nessuna norma attribuisce alla Corte di Giustizia il ruolo di Giudice (generale) dei diritti fondamentali, al di fuori delle materie di competenza dellĠUnione (ruolo che invece compete alle Corti Costituzionali nazionali, ed entro certi limiti alla CEDU). Analoghi problemi - seppur in settori totalmente diversi - si sono avuti anche con le sentenze Viking (11 dicembre 2007, C-438/05) e Laval (18 dicembre 2007, C-341/05), dove parimenti la Corte  intervenuta nel merito, nonostante lĠart. 137 TCE prevedesse (come fa ancor oggi lĠart. 153 TFUE) lĠimpossibilitˆ per lĠUE di dettare regole in materia di sciopero o retribuzioni. qualificata. Anche questa facoltˆ  per˜ inapplicabile al settore della Difesa. Storicamente, la costruzione di uno Òspazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ, reso necessario dalla progressiva attuazione della libertˆ di circolazione sul territorio dellĠUE e dal conseguente abbattimento delle frontiere interne fra gli Stati membri, ha determinato la nascita, nel 1993, con lĠentrata in vigore del Trattato di Maastricht, del ÒTerzo PilastroÓ della Giustizia e degli Affari Interni (GAI), comprendente quattro materie: il controllo delle frontiere, lĠasilo politico e lĠimmigrazione, la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. Con il successivo Trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, le materie della cooperazione giudiziaria nel settore civile e dellĠimmigrazione transitano nel ÒPrimo PilastroÓ, ossia quello a pieno regime comunitario; il metodo di decisione intergovernativo continua invece a valere per le altre due materie, ossia la cooperazione giudiziaria in materia penale ed il controllo delle frontiere, che verranno ÒcomunitarizzateÓ solo con il successivo Trattato di Lisbona. Lo Òspazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ  adesso collocato in seno alle politiche comuni dellĠUE ed incluso, ai sensi dellĠart. 4 TFUE, tra le materie di competenza concorrente dellĠUnione. La riconduzione ad unitˆ del ÒTerzo PilastroÓ nellĠambito delle politiche comuni ha avuto conseguenze rilevanti: infatti, le misure adottate dallĠUnione Europea in materia di cooperazione giudiziaria penale e di polizia sono ormai adottate, ai sensi dellĠart. 79 TFUE, su proposta della Commissione (o di un quarto degli Stati membri), assumono la forma di direttive e regolamenti, sono sottoposte alla giurisdizione della Corte di Giustizia e, se rimaste inattuate, possono dar luogo ad una procedura di infrazione nei confronti degli Stati inadempienti. La specificitˆ della materia, involgente eminenti profili della sovranitˆ nazionale, ha comunque giustificato la previsione di rilevanti eccezioni, mantenendo la competenza esclusiva statale in taluni settori: in tema di integrazione degli immigrati e di prevenzione della criminalitˆ, ad esempio, gli artt. 79, par. 4, ed 84 TFUE attribuiscono allĠUnione solamente una Òcompetenza di sostegnoÓ, traducentesi nella possibilitˆ, per Parlamento e Consiglio UE, di adottare - secondo la procedura ordinaria - dei provvedimenti che si limitino ad incentivare o sostenere lĠazione degli Stati, senza per˜ poter sindacare il merito degli stessi. Ancora, lĠart. 79 par. 5 TFUE riconosce ai soli Stati membri la competenza a determinare il volume di ingresso, nel loro territorio, di immigrati da paesi terzi per ragioni di lavoro. Gli artt. 82 par. 3 ed 83 par. 3 TFUE codificano poi due ipotesi di Òfreno di emergenzaÓ che consentono ad ogni Stato membro - in materia di cooperazione giudiziaria penale - di sospendere la procedura legislativa ordinaria in seno al Consiglio quando Òritenga che un progetto di direttiva incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penaleÓ. Infine, nellĠambito di tutti e quattro i settori dellĠattuale Òspazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ (FSJ - ex-GAI) residuano delle materie in relazione alle quali il Consiglio delibera, in sede legislativa, solo allĠunanimitˆ. Di converso, ad evitare che tali rilevanti deroghe alla ÒcomunitarizzazioneÓ del settore finiscano col produrre una situazione di stallo, il Trattato di Lisbona ha previsto la possibilitˆ di Òcooperazioni rafforzateÓ anche in ambito FSJ, a condizione che vi partecipino almeno nove Stati. Sotto il profilo giurisdizionale, a scongiurare che - per il tramite del- lĠestensione di massima del metodo comunitario al settore ex-GAI - si aprisse un varco per il sindacato della Corte di Giustizia UE in materia di ordine e sicurezza pubblici interni degli Stati (che lĠart. 4 TUE sottrae comunque allĠinterferenza sovranazionale), lĠart. 276 TFUE espressamente esclude che la medesima Corte possa giudicare della validitˆ e/o proporzionalitˆ delle operazioni condotte dalla polizia (o da altri servizi incaricati) allĠinterno di uno Stato membro per il mantenimento dellĠordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza. B) IL RIPARTO DELLE COMPETENZE TRA LĠUNIONE E GLI STATI MEMBRI. A differenza di quanto capitava nella vigenza degli abrogati Trattati istitutivi (di CEE ed UE), con il Trattato di Lisbona vengono per la prima volta tracciati i confini - con disciplina espressa di carattere generale - delle competenze dellĠUnione Europea e degli Stati membri. In precedenza, infatti, erano di volta in volta le singole norme materiali ad indicare se nei vari settori sui quali le stesse andavano ad incidere vi fosse o meno una competenza esclusiva della CE (preclusiva di ulteriori interventi statali), ovvero concorrente. Il Trattato di Lisbona, invece, pone unĠimportante distinzione - benchŽ non esaustiva - tra competenza esclusiva, concorrente e di sostegno, regolandone i criteri di attribuzione. LĠart. 1 TUE, dopo aver ricordato la natura non originaria, bens“ derivata e strumentale dellĠUnione Europea (che infatti nasce da un accordo internazionale multilaterale tra gli Stati membri, dai quali dunque trae ogni legittimazione ad agire, nonchŽ le correlate potestˆ e funzioni), codifica il cd. Òprincipio di attribuzioneÓ delle competenze (cfr. art. 5 TUE), che trovano giustificazione nei limiti in cui la parziale devoluzione di sovranitˆ a favore del- lĠorganismo sovranazionale sia indispensabile per il perseguimento di determinati obiettivi comuni. A sua volta, lĠart. 2 TFUE distingue tra competenze esclusive (tassativamente individuate allĠart. 3 TFUE e non estensibili in via interpretativa), nel cui ambito lĠUnione pu˜ emanare atti giuridicamente vincolanti; competenze concorrenti (individuate dallĠart. 4 TFUE in termini meramente esemplifica tivi), nel cui ambito coesistono lĠattivitˆ legislativa di principio dellĠUE e quella - esecutiva e di dettaglio - dei singoli Stati membri (lĠart. 2 TFUE descrive per˜ la competenza statuale come residuale, potendo essere esercitata solo se le competenti Istituzioni dellĠUnione non abbiano fatto uso delle proprie attribuzioni); competenze di ausilio e di coordinamento di politiche nazionali (art. 5 TFUE) nonchŽ competenze complementari, di sostegno e di completamento dellĠazione degli Stati membri (art. 6 TFUE). I criteri di riparto delle competenze sono gli stessi giˆ previsti dal Trattato di Maastricht del 1992, in primis il giˆ menzionato Òprincipio di attribuzioneÓ - ora espresso in termini negativi - che delimita le competenze dellĠUE. LĠart. 5, par. 2 TUE precisa infatti che Òin virt del principio di attribuzione, lĠUnione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita allĠUnione nei trattati appartiene agli Stati membriÓ. Il limite negativo di cui sopra viene costantemente riproposto nei Trattati istitutivi dellĠUE: ad esempio, per lĠart. 6 TUE le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali Ònon estendono in alcun modo le competenze dellĠUnione definite nei Trattati. I diritti, le libertˆ e i principi della Carta sono interpretati in conformitˆ delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioniÓ (previsione coerente con quanto giˆ espressamente previsto nellĠart. 51 della Carta di Nizza). Inoltre, per rimanere nellĠambito di questo lavoro, lĠart. 4 TUE ricorda che qualsiasi competenza non attribuita allĠUE nei Trattati appartiene agli Stati membri, ulteriormente precisando, al par. 2, che Òla sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membroÓ. La delimitazione delle competenze dellĠUnione Europea trova espresso riconoscimento anche nellĠambito dellĠistituto descritto dallĠart. 352 TFUE (6), nel quale  stata tradotta la teoria dei cd. Òpoteri implicitiÓ, utilizzata a partire dagli anni Settanta dalla Corte di Giustizia CEE per estendere (spesso forzando la portata dei Trattati istitutivi) lĠarea dellĠintervento comunitario. Prevede infatti tale norma che Òse unĠazione dellĠUnione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando allĠunanimitˆ su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriateÓ. Ove si intenda procedere in tal senso, la Commissione ha per˜ lĠonere di richiamare lĠattenzione dei Parlamenti nazionali sulle proposte formulate. (6) Parte della dottrina parla, al riguardo, di Òclausola di flessibilitˆÓ. Il successivo par. 3 precisa per˜ che neppure tale atipico istituto pu˜ comportare unĠarmonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei casi in cui i Trattati la escludono e, ad evitare fraintendimenti di sorta nel settore FSJ, il par. 4 significativamente esclude dalla portata dei cd. poteri impliciti proprio Òil conseguimento di obiettivi riguardanti la politica estera e di sicurezza comuneÓ. Nella materia oggetto di questo lavoro, dunque, dovrebbero essere scongiurate Òfughe in avantiÓ creative della Corte di Giustizia o di altre Istituzioni europee. é per˜ dĠobbligo lĠuso del condizionale, poichŽ a tale precisazione sembra in qualche modo contrapporsi lĠambiguo tenore (seppur privo di valore legale vincolante, a differenza della norma pocĠanzi citata) della 41ğ Dichiarazione allegata allĠatto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona (7), relativa alla portata dellĠart. 352 TFUE, a mente della quale Òé É escluso che unĠazione basata sullĠarticolo 352 del TFUE persegua soltanto gli obiettivi di cui all'articolo 3, paragrafo 1 del TUEÓ (secondo cui lĠUE Òsi prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoliÓ ), dovendosi piuttosto intendere che Òil riferimento, nellĠarticolo 352, paragrafo 1 del TFUE, agli obiettivi dellĠUnione  un riferimento agli obiettivi di cui allĠarticolo 3, paragrafi 2 e 3 del TUE ÉÓ, obiettivi - i primi - propri del settore FSJ (8). Quasi ad Òaggiustare il tiroÓ, per˜, sempre la 41ğ Dichiarazione conclude ricordando che Òconformemente allĠarticolo 31, paragrafo 1 del TUE, non si possono adottare atti legislativi nel settore della politica estera e di sicurezza comuneÓ: ne discende una certa ambiguitˆ circa lĠeffettiva operativitˆ di tale criterio anche nel Òsettore sicurezzaÓ poichŽ, che se da un lato vi si oppone unĠespressa disposizione di legge, dallĠaltro vi  pur sempre la richiamata Dichiarazione n. 41 che - a volerle attribuire unĠatipica rilevanza ermeneutica nel precisare che lo stesso non potrebbe esplicarsi in atti normativi, implicitamente sembrerebbe ammetterne, pur in via residuale, lĠesistenza. Pi pertinente e chiara  invece la successiva 42ğ Dichiarazione, a mente della quale Òper giurisprudenza costante della Corte di Giustizia dellĠUnione Europea, lĠarticolo 352 del TFUE, costituendo parte integrante di un ordinamento istituzionale basato sul principio dei poteri attribuiti, non pu˜ costituireil fondamento per ampliare la sfera delle competenze dellĠUnione al di lˆ dellĠambito generale risultante dal complesso delle disposizioni dei Trattati, ed in particolare da quelle che definiscono i compiti e le azioni dellĠUnioneÓ. (7) Su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0335:0360:IT:PDF. (8) Recita infatti il par. 2 dellĠart. 3 TUE: ÒLĠUnione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertˆ, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, lĠimmigrazione, la prevenzione della criminalitˆ e la lotta contro questĠultimaÓ. C) LA NORMATIVA DELLĠUNIONE EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA E LE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DĠEUROPA: PREMESSE INTRODUTTIVE. LE FONTI GIURIDICHE DELLĠOSCE. Fin dal Preambolo del TUE - undicesimo alinea - fa ingresso un principio fondamentale, consistente nellĠobiettivo dellĠUE di Òattuare una politica estera e di sicurezza comune che preveda la definizione progressiva di una politica di difesa comune, che potrebbe condurre ad una difesa comune a norma delle disposizioni dell'articolo 42Ó: da ci˜  nata lĠidea che le Istituzioni europee (in particolare, il Consiglio ed il Consiglio Europeo) dispongano di una competenza generale in materia di sicurezza (interna ed esterna) del relativo Òspazio comuneÓ. Al riguardo  necessario fare chiarezza, a scanso di equivoci. Come giˆ anticipato, in linea di principio, lĠUnione Europea non ha attribuzioni di carattere generale, ma solo riferite ai settori (eccezionali e specifici) espressamente devoluti alla sua competenza: ci˜  stato ancora di recente ricordato, quale obiter dictum, dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 11 marzo 2011, n. 80 e 22 luglio 2011, n. 239, oltre che dalla stessa Corte di Giustizia successivamente allĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona (9). I Trattati istitutivi non assegnano allĠUnione competenze generali in materia di pubblica sicurezza: le sue strutture politiche e strumentali (prive, queste ultime, di capacitˆ operative) possono infatti intervenire non a fronte di qualsiasi situazione di pericolo a carattere transnazionale, ma solo in presenza di determinate tipologie di illeciti (normativamente, previsti) quali il traffico di armi e stupefacenti, la tratta di esseri umani ed il commercio di organi, i reati associativi di stampo mafioso, etc. LĠintervento del legislatore UE, peraltro, sotto il profilo che qui interessa  pi che altro circoscritto alla realizzazione di strutture di raccordo tra le varie Forze dellĠordine nazionali, con cui agevolare la spontanea collaborazione interstatale ed - entro margini ancor pi ristretti, tuttora in fieri - lĠeventuale coordinamento delle politiche di sicurezza comuni, ogniqulvolta lĠazione isolata dei singoli Stati non appaia in grado di fronteggiare una minaccia capace di attingere anche gli interessi comunitari. Contrariamente a quanto talvolta si crede, inoltre, lĠUnione Europea non ha alcun titolo a disciplinare il settore dellĠorganizzazione interna statuale della pubblica sicurezza, trattandosi di materia riservata allĠesclusiva ed insindacabile giurisdizione domestica degli Stati membri. Ci˜ viene puntualizzato dallĠart. 4 TUE, vera norma-chiave del sistema, il cui secondo comma cos“ recita: ÒLĠUnione rispetta lĠuguaglianza degli Stati (9) Soprattutto in materia di diritti fondamentali (settore, del resto, la cui fluiditˆ ha storicamente fornito alla Corte uno strumento per superare i limiti di competenza imposti dalle fonti normative comunitarie): cfr. sentenza 5 ottobre 2010, C-400/10 (PPU e McB); ordinanza 12 novembre 2010, C399/ 10 (Krasimir et alii). In precedenza, si veda anche lĠordinanza 17 marzo 2009, C-217/08 (Mariano). membri davanti ai Trattati e la loro identitˆ nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare lefunzioni di salvaguardia dellĠintegritˆ territoriale, di mantenimento dellĠordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membroÓ. La regola del Òriservato dominioÓ nazionale, sancita dallĠart. 4 TUE,  espressione di un principio generale di diritto internazionale, richiamato dal- lĠart. 2, par. 7 della Carta ONU; una regola, del resto, mai revocata in dubbio (10) dagli organi comunitari e costantemente riaffermata dal Consiglio. Sempre allĠart. 4 - non a caso - vengono poi espressi i correlati principi di sussidiarietˆ e di leale cooperazione (11) tra gli Stati membri e lĠUnione. Al principio enunziato dallĠart. 4 TUE fa da complemento lĠart. 72 TFUE, a mente del quale ÒIl presente titolo [titolo V, avente ad oggetto lo ÒSpazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ - ndr] non osta allĠesercizio delle responsabilitˆ incombenti agli Stati membri per il mantenimento dellĠordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza internaÓ. Il successivo art. 24 TUE descrive invece, in termini generali (poi precisati dal TFUE e da disposizioni di settore), le competenze dellĠUE in materia di politica estera e di sicurezza: ÒLa competenza dellĠUnione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dellĠUnione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che pu˜ condurre a una difesa comuneÓ. In estrema sintesi, lĠUE rivendica a sŽ, quale soggetto internazionale dotato di autonoma personalitˆ giuridica nelle materie di sua pertinenza, lĠesercizio di una politica estera e di sicurezza (PESC) strumentale al perseguimento dei propri obiettivi. La norma merita per˜ attenzione per un ulteriore profilo, atteso il carattere ordinamentale del TUE: questĠultimo, infatti, individua gli organi nei quali  strutturata lĠUE, anche in prospettiva di sviluppo. Orbene, se da un lato, in seno al pi ampio settore della PESC, viene indi (10) Si pensi, ad esempio, alla risposta allĠinterrogazione scritta P-1603-03 (pubblicata in GUCE C51 E/114 del 26 febbraio 2004) con cui la Commissione Europea (lĠorgano esecutivo dellĠUE) ufficialmente ricordava, in data 26 maggio 2003, che ÒÉ la salvaguardia della legge, dellĠordine pubblico e della sicurezza interna, ambito in cui rientrano lĠorganizzazione e la gestione della polizia, sono esclusivamente di competenza degli Stati membriÓ. (11) Ai sensi del primo comma, ÒIn conformitˆ dell'articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membriÓ; laddove il terzo precisa che ÒIn virt del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'UnioneÓ. viduato un obiettivo preciso (seppur futuribile) della politica di difesa del- lĠUnione (PSDC (12)), ovverosia la creazione di unĠautonoma struttura militare comune, non esiste per contro unĠanaloga previsione in materia di Forze di polizia, per le quali gli artt. 67 ss. TFUE prevedono solo delle forme di (libera) cooperazione transfrontaliera, nel caso in cui specifici fatti di reato assumano una dimensione comunitaria e non pi solo nazionale. Quanto sopra  emblematico di un convinto self restraint del legislatore UE in merito alle politiche di polizia, reso ancor pi evidente dallĠesplicito ed incontrovertibile limite posto dallĠart. 4 TUE. Del resto, se di un embrionale ÒEsercito europeoÓ si parlava giˆ nel lontano 1950 con lĠistituzionalizzazione (poi abortita) della CED (Comunitˆ Europea di Difesa) - il cui Trattato costitutivo, mai ratificato da Francia ed Italia, venne firmato il 27 maggio 1952, dopo la restituzione della sovranitˆ statuale alla Repubblica Federale Tedesca da parte delle tre Potenze che ne occupavano il territorio (13) - dellĠesigenza di unĠanaloga struttura di polizia non si rinviene invece alcuna traccia nelle fonti del diritto comunitario, fin dalle sue origini. Di estremo rilievo  anche il secondo comma dellĠart. 24 TUE, che traccia i requisiti caratteristici della PESC: ÒLa politica estera e di sicurezza comune  soggetta a norme e procedure specifiche. Essa  definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimitˆ, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente. é esclusa l'adozione di atti legislativi. La politica estera e di sicurezza comune  messa in atto dallĠAlto rappresentante dellĠUnione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dagli Stati membri in conformitˆ dei trattati. Il ruolo specifico del Parlamento europeo e della Commissione in questo settore  definito dai trattati. La Corte di giustizia dellĠUnione europea non  competente riguardo a tali disposizioni, ad eccezione della competenza a controllare il rispetto dell'articolo 40 del presente trattato e la legittimitˆ di talune decisioni, come previsto dallĠarticolo 275, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europeaÓ. La PESC (e, al suo interno, la PSDC) restano quindi disciplinate da decisioni del Consiglio (adottate allĠunanimitˆ) ex artt. 25 e 26 TUE (ÒIl Consiglio europeo individua gli interessi strategici dellĠUnione, fissa gli obiettivi e defini (12) LĠex-PESD, rinominata ÒPolitica di Sicurezza e Difesa ComuneÓ (PSDC) dopo lĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona e facente parte integrante della PESC ai sensi dellĠart. 42 TUE. Sul sistema PESC/PSDC si rinvia allo studio di LIAKOPOULOS-VITA, Introduzione di politica estera e sicurezza comune nel diritto comunitario ed internazionale, Napoli 2009. (13) Secondo il programma presentato dai francesi Monnet e Pleven, la creazione della CED (finalizzata a scongiurare lĠadesione alla NATO da parte della Repubblica Federale Tedesca ed il suo conseguente riarmo, caldeggiato dagli USA ma osteggiato dalla Francia) avrebbe avuto la funzione di non ostacolare la formazione di un Esercito europeo e nel contempo di evitare un riarmo tedesco: tutti gli Stati partecipanti avrebbero infatti ÒdevolutoÓ una Divisione allĠEsercito europeo, mantenendo comunque una propria Forza armata nazionale, salvo la Germania che avrebbe potuto armare solo la Divisione partecipante allĠEsercito integrato, rimanendo per il resto smilitarizzata. sce gli orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa. Adotta le decisioni necessarieÓ ). Come giˆ accennato, in seno alla PESC si colloca la pi specifica ÒPolitica di Sicurezza e Difesa ComuneÓ (PSDC), ai sensi del primo comma dellĠart. 42 TUE, la quale Òassicura che lĠUnione disponga di una capacitˆ operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. LĠUnione pu˜ avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. LĠesecuzione di tali compiti si basa sulle capacitˆ fornite dagli Stati membriÓ. In seno alla PSDC, come vedremo, sono stati adottati diversi atti esecutivi e di dettaglio, talvolta utili a chiarire i variegati confini delle politiche di sicurezza (soprattutto quella ÒesternaÓ) dellĠUnione ed i rapporti tra le altre Forze chiamate ad operare sul campo. La PSDC comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dellĠUnione, che negli intenti del Trattato potrˆ condurre ad una vera e propria Forza di difesa comune a seguito di unĠeventuale, futura decisione in tal senso del Consiglio Europeo, allĠunanimitˆ. In tale evenienza il Consiglio Europeo dovrebbe raccomandare agli Stati membri di adottare una conforme decisione legislativa, coerentemente (dato atto, ad esempio, dei limiti contenuti nella Costituzione tedesca) alle rispettive norme costituzionali. LĠart. 42 fa comunque salvi gli obblighi internazionali dei singoli Stati, quali quelli derivanti dallĠadesione alla NATO. Pi in generale, a differenza di quanto previsto per le Forze di polizia (Capo V - Titolo 5 TFUE), le disposizioni dei Trattati non sembrano insistere medio tempore - su una pi qualificata cooperazione (o coordinamento) tra le Forze nazionali esistenti (di fatto adeguandosi, sotto tale profilo, ai giˆ sperimentati moduli operativi della NATO - cfr. infra). Il comma terzo, cpv, prevede poi che ÒGli Stati membri che costituiscono tra loro Forze multinazionali possono mettere anche tali Forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comuneÓ, norma che secondo alcuni consentirebbe di inserire in ambito PSDC strutture operative come lĠEUROGENDFOR, la cui azione viene peraltro riconosciuta dalle stesse Istituzioni UE (cfr. infra) come riferibile a tutti i settori della PESC - in primo luogo quelli attinenti le incombenze di polizia civile - e non solo agli impieghi prettamente militari. Altri riconducono tale struttura al genus delle Òcooperazioni strutturateÓ di cui allĠart. 46 TUE, tesi che per˜ non appare corretta, stante lĠassenza di una decisione istitutiva del Consiglio. Infine, ad evidenziare la stretta complementaritˆ tra le politiche di sicurezza (interna ed esterna) dellĠUE, di cui si parlerˆ pi oltre, lĠart. 43 TUE precisa lĠoggetto delle missioni PSDC, nelle quali lĠUnione pu˜ ricorrere tanto a mezzi civili quanto militari: queste Òcomprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unitˆ di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorioÓ. In breve, non solo azioni ÒbellicheÓ nel senso tradizionale del termine, ma pi in generale di Òpeace keepingÓ, nellĠottica pi ampia di arginare, tra lĠaltro, eventuali fenomeni terroristici e contribuire cos“ anche alla salvaguardia della sicurezza interna dellĠUE e dei singoli Stati membri. Ricorrendone i presupposti, la regola della cooperazione tra le Forze dellĠordine quale obiettivo e strumento della PESC trova espressione nellĠart. 87 TFUE, per cui ÒLĠUnione sviluppa una cooperazione di polizia che associa tutte le Autoritˆ competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia, i servizi delle dogane e altri servizi incaricati dell'applicazione della legge specializzati nel settore della prevenzione o dell'individuazione dei reati e delle relative indaginiÓ: trattasi, con ogni evidenza, non tanto di una politica diretta ad incidere specificamente sullĠattivitˆ delle Forze di polizia, quanto piuttosto -in ottica integrata e ÒpartecipataÓ - su tutti i soggetti preposti alla prevenzione e repressione del crimine (14). Tra le strutture incaricate di favorire tale obiettivo vi  lĠEUROPOL, unĠAgenzia creata per Òsostenere e potenziare lĠazione delle Autoritˆ di polizia e degli altri servizi incaricati dell'applicazione della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la criminalitˆ grave che interessa due o pi Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalitˆ che ledono un interesse comune oggetto di una politica dellĠUnioneÓ. LĠazione degli organismi dellĠUE ha solo una finalitˆ di supporto, ed in tanto si giustifica, in quanto lĠillecito abbia assunto una rilevanza ben pi ampia del contesto nazionale, attingendo gli interessi comuni oggetto delle politiche dellĠUnione. Al di fuori di questa ipotesi ogni intervento delle Autoritˆ dellĠUE sarebbe privo di legittimazione. Non a caso, del resto, nel settore PESC lĠart. 352 comma quarto TFUE esclude lĠoperativitˆ dei c.d. Òpoteri implicitiÓ (regola generale secondo cui ÒSe unĠazione dellĠUnione appare necessaria, nel quadro delle politiche de (14) SullĠargomento si veda anche la proposta di Regolamento n. COM/2011/0753-definitivo 2011/ 0368 (COD) che istituisce, nellĠambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalitˆ e la gestione delle crisi (su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0753:FIN:IT:HTML). finite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimitˆ su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriateÓ ): in tale contesto vale lĠopposta regola della tassativitˆ dei settori di intervento, principio che del resto trova conferma, sempre in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia, allĠart. 82 comma secondo TFUE. Neppure  ammissibile un sindacato della Corte di Giustizia UE, come ribadito dallĠart. 276 TFUE. Ancor oggi il tema delle possibili interferenze tra lĠordinamento comunitario e quello nazionale concernente lĠAmministrazione della Pubblica Sicurezza non risulta essere stato oggetto di specifici studi giuridici, venendosi cos“ a creare una sorta di Òcono dĠombraÓ che nel tempo ha favorito la nascita, tra lĠaltro, di dubbi, ambiguitˆ e singolari luoghi comuni che pu˜ essere interessante menzionare al solo scopo di puntualizzare alcuni principi di fondo. In primo luogo va sfatata lĠidea - abbastanza diffusa ma priva di fondamento giuridico - che le Istituzioni europee abbiano titolo a dettare regole, pi o meno vincolanti, sullĠassetto organizzativo dei singoli apparati di P.S. e delle stesse Forze di polizia allĠinterno degli Stati membri. Sulla base di tale erroneo presupposto, invero, si  inspiegabilmente diffusa, nel corso del tempo e tra gli operatori del settore, unĠidea alquanto curiosa secondo cui a Òlivello europeoÓ si sarebbe optato nientemeno che per assetti ordinamentali delle Forze dellĠordine di tipo ÒcivileÓ rispetto a quelli a status militare, tanto da imporre - entro scadenze pi o meno tassative - il definitivo superamento di questi ultimi a vantaggio dei primi. In poche parole, per motivi pi o meno articolati, secondo questa bizzarra tesi lĠUnione Europea imporrebbe ai singoli Stati membri lo scioglimento delle varie Forze di polizia ad ordinamento militare. Si  ad esempio sostenuto che a livello comunitario alcuni Stati membri avrebbero mosso delle ipotetiche resistenze a che, nel caso di operazioni congiunte di polizia, il proprio territorio fosse attraversato da militari in armi di altri Paesi, dimenticando per˜ di spiegare per quale ragione il problema sarebbe venuto meno allorchŽ a transitare sul medesimo territorio fossero state le stesse persone (dotate di analogo armamento), ma stavolta prive dello status militare e ricondotte a quello civile. Tale tesi sembra inoltre ignorare che la questione  giˆ stata regolamentata - significativamente in tuttĠaltro senso - proprio dal legislatore comunitario, nel- lĠambito del cd. Aquis di Schengen (si veda la raccolta pubblicata dal Consiglio UE su GUCE L-239 del 22.9.2000 ed ivi, in particolare, gli artt. 40 e 41 della Convenzione di applicazione dellĠAccordo di Schengen del 14 giugno 1985 - documento scaricabile online allĠindirizzo http://www.esteri.it/mae/normative/Normativa_Consolare/Visti/Acquis_di_Schengen.pdf). Una variante sul tema fa invece improprio riferimento ad un risalente procedimento per infrazione aperto nel 2006 nei confronti dellĠItalia (e di altri 10 Paesi, poi archiviato nel 2011), per scorretto recepimento della Direttiva 2002/22/CE del Parlamento UE e del Consiglio, ed ivi dellĠart. 26 (avente ad oggetto il cd. ÒNumero di emergenza unico europeoÓ). La totale inconsistenza di tale rilievo si appalesa ove si consideri che la Direttiva in questione nulla ha a che fare con il settore della pubblica sicurezza e men che mai con quello delle Forze di polizia (nŽ potrebbe del resto averlo, trattandosi di materie sottratte allĠingerenza comunitaria), bens“ con quello (questo s“, di pertinenza UE) della tutela dei consumatori, con particolare riferimento al cd. Òservizio universale ed ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronicaÓ. La Direttiva ha infatti ad oggetto non lĠorganizzazione dei servizi di polizia o delle rispettive Centrali operative, bens“ i diritti dei consumatori nel settore della telefonia fissa e mobile, come evidenziato ai p.ti 1, 3, 7 e 36 del relativo Preambolo, laddove ÒLa liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, lĠintensificazione della concorrenza e la pi ampia scelta di servizi di comunicazione implicano unĠazione parallela volta a istituire un quadro normativo armonizzato che garantisca la prestazione di un servizio universale. Il concetto di servizio universale dovrebbe evolvere ai fini di rispecchiare il progresso tecnologico, l'evoluzione del mercato e della domanda degli utenti É Il fatto di assicurare un servizio universale (ossia la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a prezzo abbordabile) pu˜ comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato É Gli Stati membri dovrebbero continuare a provvedere affinchŽ nel loro territorio i servizi elencati nel Capo II siano messi a disposizione di tutti gli utenti finali ad un determinato livello qualitativo, a prescindere dallĠubicazione geografica dei medesimi É Occorre che gli utenti possano chiamare gratuitamente il numero d'emergenza unico europeo Ç112È o qualsiasi numero dĠemergenza nazionale a partire da qualsiasi apparecchio telefonico, compresi i telefoni pubblici a pagamento, senza dover utilizzare alcun mezzo di pagamentoÓ. Ancora, lĠart. 6 comma terzo prevede che ÒGli Stati membri provvedono affinchŽ sia possibile effettuare chiamate d'emergenza dai telefoni pubblici a pagamento utilizzando il numero di emergenza unico europeo (Ç112È) o altri numeri di emergenza nazionali, gratuitamente e senza alcun mezzo di pagamentoÓ. LĠinconferenza di quanto sopra con la materia della pubblica sicurezza - e, segnatamente, della sua organizzazione interna - trova conferma nella sentenza 15 gennaio 2009 (causa C-539/07, su http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=74310&mode=req&pageIndex=1&dir=& occ=first&pat=1&text=&doclang=IT&cid=805504) con cui la Corte di Giustizia UE si pronunci˜ sulla questione, dichiarando s“ la responsabilitˆ dellĠItalia per inadempimento della suddetta Direttiva, ma non certo perchŽ erano rimasti attivi i diversi numeri di emergenza delle singole Forze dellĠordine nazionali e le relative, autonome Centrali operative (ipotesi che la stessa Direttiva fa espressamente salva), bens“ per il fatto (del tutto diverso) che si era Òomesso di mettere a disposizione delle autoritˆ incaricate dei servizi di soccorso le informazioni relative allĠubicazione del chiamante per tutte le chiamate telefoniche effettuate al numero di emergenza unico europeo Ç112È, nella misura in cui ci˜ era tecnicamente fattibileÓ, con ci˜ venendo Òmeno agli obblighi ad essa incombenti in forza dellĠart. 26, n. 3, della direttivaÓ (cos“, espressamente, al p.to 14 della sentenza). Il Ònumero unicoÓ altro non  che un servizio di call-center (possibilmente in pi lingue) offerto al consumatore-utente dei servizi di telefonia, che certo non presuppone accorpamenti, scissioni o smilitarizzazioni di Forze di polizia o quantĠaltro: lĠart. 26, comma primo ribadisce infatti che ÒGli Stati membri provvedono affinchŽ É oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autoritˆ nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali di servizi telefonici accessibili al pubblico, ed in particolare gli utenti di telefoni pubblici a pagamento, possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo Ç112ÈÓ; questĠultimo si riferisce quindi ad un servizio di smistamento telefonico - rigorosamente gratuito - che si affianca e si raccorda (senza per˜ sostituirli) ai numeri nazionali giˆ esistenti, che lĠUE non chiede certo di unificare (avendo titolo ad esprimersi sulla tutela dei consumatori ex art. 4 lett. ÒfÓ TFUE, ma non anche sulla gestione delle emergenze o sullĠorganizzazione dei relativi servizi - sanitari, di polizia, antincendio, etc. - di esclusiva competenza domestica). La tesi qui confutata, invero, muove da un equivoco di fondo: sul presupposto, infatti, che in Italia (a differenza di altri Paesi dellĠUE), al momento di adozione della Direttiva 2002/22/CE il numero telefonico 112 non era ÒliberoÓ ma giˆ in uso alle Centrali operative dei Carabinieri (che a tal punto, a rigor di logica, avrebbero dovuto essere potenziate quanto a mezzi ed organici per poter efficacemente svolgere anche tali nuove incombenze, soluzione indubbiamente meno onerosa del creare ulteriori strutture - terze rispetto alle Forze dellĠordine, ai Vigili del Fuoco, al 118, etc. - fungenti appunto da smistamento e filtro), impropriamente finisce con lĠequiparare le funzioni del 112 europeo a quelle delle Centrali operative di polizia, per poi suggerirne (incoerentemente, date le premesse) lĠaccorpamento. Per maggiori approfondimenti su questĠultimo punto, si veda quanto precisato infra, nel Cap. 4 di questo lavoro). Per una complessiva introduzione sulla materia, si veda il portale istituzionale ÒDigital Agenda for EuropeÓ del Consiglio, su http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/whatare- eu-rules-concerning-112, nonchŽ lĠImplementation Report della Commissione Europea, aggiornato al 18 marzo 2013 e scaricabile online dal portale istituzionale http://ec.europa.eu/information_society/newsroom/cf/dae/document.cfm?doc_id=1674). Pi di recente, una terza versione sembra invece far indirettamente leva sui vincoli di bilancio imposti dal patto di stabilitˆ europeo (da cui, tra lĠaltro, la cd. Òspending reviewÓ) evidenziando i presunti risparmi di spesa che deriverebbero dal prefigurato accorpamento, stimati addirittura in miliardi di euro (da 1 a 7, a seconda delle versioni; in occasione della Legge di stabilitˆ 2014 si  pensato di indicare lĠimporto ÒmedianoÓ di 4,5 Mld). Va per˜ evidenziato che di tali importi non viene fornita alcuna giustificazione contabile, di per sŽ piuttosto improbabile ove si consideri che le uniche spese riducibili - salvo tagliare gli organici - sono attualmente quelle dĠordine ed in conto capitale, laddove gli stanziamenti di bilancio 2013/2014 sarebbero addirittura inferiori al totale complessivo delle spese correnti necessarie (e dunque non ulteriormente riducibili) per lĠoperativitˆ delle Forze a competenza generale. In termini finanziari, a titolo dĠesempio, nello Stato di previsione della spesa del Ministero della Difesa per il 2013 (15) allĠArma dei Carabinieri sono attribuiti 5 miliardi e mezzo di euro per i costi del personale (retribuzione, etc.), pi allĠincirca 315 milioni complessivi per spese correnti e di investimento, cui si aggiungono 238.500.000 Û stanziati sul Bilancio del Ministero dellĠInterno per il pagamento dei fitti di 4.314 Caserme dei Reparti territoriali minori e la relativa manutenzione, oltre alle missioni di polizia giudiziaria, spese di per sŽ in (15) Si veda, in particolare, quanto riportato nella Nota Integrativa al Disegno di Legge di Bilancio per lĠanno 2013 e per il triennio 2013-2015 (Tabella 11 - Ministero della Difesa), in particolare alle pp. 6 ss. (dove esplicitamente si evidenzia lĠinsufficienza di tali stanziamenti giˆ solo a consentire lĠordinaria attivitˆ operativa dellĠArma). Il documento contabile  pubblicato sul sito della Ragioneria Generale dello Stato (www.rgs.mef.gov.it); lo Stato di previsione della spesa 2013 del Ministero della Difesa  invece reperibile su http://www.difesa.it/Content/Pagine/statoprevisionespesa2013.aspx. differibili (16). Si tratta comunque di importi giˆ fortemente ridotti rispetto al biennio precedente, grazie ad economie di scala, comĠ vero che nel c.d. ÒRapporto Giarda sulla Spending reviewÓ (marzo 2013 - cfr. infra), a pag. 31 si indicava una spesa - per il 2011 - di circa 6,7 Mld, a fronte di 7,2 Mld della Polizia di Stato. In termini di saldi monetari, dunque, i prefigurati risparmi sarebbero addirittura superiori al costo complessivo dellĠArma (nellĠipotesi monstre dei 7Mld) o comunque (in quella per cos“ dire Òal ribassoÓ di 1Mld) al doppio di tutte le sue spese correnti (personale escluso) e di investimento annue, il che si dimostra - sia sotto il profilo contabile che logico - del tutto implausibile. Per analoghe ragioni appare priva di consistenza lĠulteriore ipotesi teorica che analoghi risparmi potrebbero derivare giˆ solo dallĠunificazione delle Centrali operative a livello provinciale (su cui cfr. infra), ovvero sottoponendo alcune strutture territoriali di polizia sotto il comando e/o la direzione di altre Forze (evenienza che, oltre a rappresentare unĠanomalia a livello internazionale, nulla avrebbe a che fare con riscontri di carattere economico, come a suo tempo giˆ rilevato per alcuni emendamenti, poi ritirati, nellĠiter di approvazione della legge 78/2000: Atto Senato n. 50-282-358-1181-1386-2793-ter-2958-3060-B). La materia  stata invece oggetto di approfonditi studi tecnici in Francia, dove nel 2009 la Presidenza della Repubblica aveva voluto ricondurre anche la Gendarmeria sotto la dipendenza gerarchica del Ministero dellĠInterno (secondo le linee tracciate nel rapporto congiunto ÒPolice- Gendarmerie: vers la paritŽ globale au sein dĠun mme MinistreÓ), proprio nella prospettiva dei maggiori risparmi di spesa che sarebbero dovuti derivare da un pi stretto coordinamento integrato delle due Forze (e relative strutture di vertice), con connessa riduzione di organici. Al riguardo sono significative le conclusioni del rapporto tematico ÒPolice et Gendarmerie nationales: depenses de remuneration et temps de travailÓ della Corte dei Conti francese, del marzo 2013, che in modo netto formalizzano il fallimento di tale opzione (giˆ tentata pure in Spagna col Real Decreto n. 991/06, tendente allĠunificazione dei vertici delle Direcciones Generales delle Forze di sicurezza ma definitivamente abbandonata nel 2012, ripristinando il precedente regime, poichŽ fonte di gravi inefficienze di sistema): dopo aver riconosciuto che le differenze tra le due Forze sono in larga parte ÒirrŽductiblesÓ (al di lˆ del diffuso luogo comune che entrambe Òfarebbero le stesse coseÓ: pp. 93 ss.), si evidenzia come, ben lungi dal dar luogo a risparmi strutturali, Òde 2006 ˆ 2011, ces dŽpenses ont augmentŽ de 10,5% dans la police nationale et de 5,1% dans la gendarmerie nationale É La succession ininterrompue des mesures catŽgorielles a lourdement dŽsŽquilibrŽ lĠaction conjuguŽe des facteurs dĠŽvolution de la masse salariale. En effet, le cožt annuel supplŽmentaire induit par ces mesures au cours de la pŽriode 2008-2011 a ŽtŽ largement supŽrieur aux Žconomies rŽsultant des reductions dĠeffectifs, ŽvaluŽes ˆ 131 MÛ dans la police et 148 MÛ dans la gendarmerie en 2011, dans des proportions qui se sont ŽlevŽes respectivement ˆ 217 % et 113 %Ó (pubblicato su http://www.ccomptes.fr/index.php/Publications/Publications/Police-etgendarmerie- nationales-depenses-de-remuneration-et-temps-de-travail). (16) Cfr. la Nota Integrativa del Ministero dellĠInterno (Tabella 8), Missione 3 (Ordine pubblico e sicurezza), Programma 3.2 (Servizio permanente dellĠArma dei Carabinieri per la tutela dellĠordine e la sicurezza pubblica [7.9]), pubblicata sul sito della Ragioneria Generale dello Stato (www.rgs.mef.gov.it). Contrariamente a quanto spesso affermato, rispetto alle altre Forze dellĠordine il contributo economico del Ministero dellĠInterno  del tutto minoritario, essendo pari ad appena 1/25 del fabbisogno totale dellĠArma (il che ancor pi toglie credito alle succitate prospettive di risparmio a seguito di unĠipotetica riconducibilitˆ organizzativa nellĠambito di tale Dicastero). A livello dottrinale, si segnala infine un recente scritto (17) nel quale parimenti si sostiene che sarebbe in atto, in alcuni Stati europei dotati di Forze di gendarmeria (nella specie, Francia, Italia e Spagna), una progressiva smilitarizzazione delle stesse, quale verosimile preludio alla loro estinzione: in ci˜ risiederebbe il ÒparadossoÓ segnalato nel titolo, tra la circostanza che il Òmodello sicurezzaÓ dellĠUnione europea (cui sarˆ dedicata ampia parte di questo Capitolo) porta a privilegiare un tale tipo di Forze, laddove proprio i Paesi che per primi le hanno istituite sembrerebbero invece orientati a disfarsene. A prescindere dalla circostanza che di tale Òsmilitarizzazione in corsoÓ non viene in realtˆ fornita alcuna evidenza,  appena il caso di ricordare come tale lavoro - benchŽ vertente su questioni giuridico-istituzionali (in tale ambito, infatti, va collocato lĠassetto organizzativo delle Forze dellĠordine) - ometta qualsiasi riferimento proprio alla normativa di settore (salvo un sommario richiamo allĠart. 13 della Raccomandazione 10/2001 del COE, su cui si dirˆ pi oltre), per menzionare piuttosto qualche articolo di stampa, alcune dichiarazioni di esponenti sindacali e, pi in generale, la singolare idea per cui vi sarebbe una contraddizione di fondo tra lo status militare ed una societˆ democratica. I pochi riferimenti ÒtecniciÓ riportati, inoltre, appaiono sovente imprecisi (18). NŽ pare persuasiva la tesi di fondo secondo cui le prime avvisaglie di tale ipotizzata ÒdissoluzioneÓ sarebbero date dallo scioglimento della Gendarmeria belga (nel 2001) e di quella austriaca (nel 2005), trattandosi di realtˆ assolutamente non comparabili: lo studio infatti non tiene in considerazione le differenze strutturali in materia di capacitˆ operative e di organici (al momento della loro massima estensione quei Corpi contavano a malapena circa 11-15.000 unitˆ, contro le oltre 100.000 delle gendarmerie prese a raffronto), ma soprattutto pecca sotto un profilo oggettivo. In effetti, al di lˆ del nome, sia nel caso della Bundesgendarmerie austriaca che in quello della Rijkswacht / Gendarmerie nationale belga non si era in presenza di Forze di gendarmeria: infatti la prima era stata smilitarizzata da oltre trentĠanni (con organici che nel frattempo (17) LUTTERBECK, The Paradox of Gendarmeries: Between Expansion, Demilitarization and Dissolution, Geneva 2013. (18) A titolo dĠesempio, la smilitarizzazione della Guardia Civil spagnola (che avrebbe rappresentato un obiettivo del Governo nei primi anni 2000) troverebbe un punto di partenza nellĠunificazione - con Real Decreto 991/06 - delle Direcciones Generales delle Forze di sicurezza: orbene, anche a prescindere dal fatto che proprio nel 2004 venne nominato (per la prima volta dopo il periodo franchista) un militare al vertice del Corpo, lo studio sembra ignorare che tale ÒunificazioneÓ  stata abrogata con Real Decreto n. 400 del 7 febbraio 2012, causa le gravi inefficienze cui aveva dato corso, ripristinando lĠoriginario regime. Poco persuasivo appare anche il richiamo ai rapporti tra la Guardia Civil ed il regime dittatoriale, ove si pensi che sino al 1952 questĠultimo aveva avuto a pi riprese intenzione di sopprimerla, ritenendola politicamente inaffidabile (come in effetti avvenne, con Ley 15 marzo 1940, per il Cuerpo de Carabineros: cfr. LOPEZ CORRAL, La Guardia Civil de Franco, in Cuadernos de la Guardia Civil, XLII/2010, pp. 13 ss.). Circa il caso francese, le cui recenti riforme appaiono riconducibili ai mutevoli rapporti fiduciari degli apparati di sicurezza con la Presidenza della Repubblica, tipici di tale modello istituzionale, va evidenziato come nessuna modifica sia stata apportata allĠart. L3211-1 del Code de la dŽfense, che eleva la gendarmeria al rango di Forza armata (principio confermato dallĠart. 1 della legge di riforma 2009-971 del 3 agosto 2009, nonchŽ dallĠart. 6 dellĠOrdonnance n. 2012-351 del 12 marzo 2012, nellĠintrodurre il successivo art. L3211-3); appare inoltre del tutto erroneo leggere un principio di smilitarizzazione nella possibilitˆ che al vertice del Corpo sia posto pure un civile (un magistrato o un prefetto): invero, contrariamente a quanto ivi evidentemente ritenuto, dal 1Ħ ottobre 1933 sino allĠattuale riforma la gendarmeria francese non ha mai avuto vertici militari (con la comprensibile eccezione del periodo bellico, dal 18 agosto 1943 al 18 luglio 1947), come invece accade proprio dal 2004 in poi. Sul caso italiano, infine, non viene in realtˆ riportato alcunchŽ di significativo, al di lˆ di qualche suggestiva dichiarazione del Cocer. erano rimasti fortemente penalizzati - sotto il profilo stipendiale - rispetto ad altri Corpi minori), la seconda formalmente dal 1991, sebbene giˆ dai primi anni Ottanta rivendicasse apertamente lo status di Forza civile sindacalizzata (un poĠ come le Guardie di P.S. in Italia, in quegli stessi anni confluite nella Polizia di Stato). Significativamente, del resto, nessuna delle due era parte delle organizzazioni internazionali (ad es. il FIEP) di gendarmeria. Come giˆ anticipato, la portata (e lĠambito di operativitˆ) della legislazione europea in materia non generano particolari incertezze, distinguendosi due settori di disciplina: a. lĠorganizzazione interna dellĠapparato di pubblica sicurezza ed ordine pubblico di ciascuno Stato membro: si tratta di una materia del tutto sottratta allĠinterferenza del legislatore e della Corte di Giustizia europei (da ultimo, ex art. 4 TUE); b. le politiche di cooperazione transfrontaliera tra gli apparati di polizia degli Stati membri, ogniqualvolta questi siano interessati da particolari fenomeni criminali coinvolgenti pi Paesi: sono disposte con atti formali del- lĠUnione ma hanno esclusivamente ad oggetto - sulla falsariga di quanto giˆ avviene a livello internazionale con lĠINTERPOL - la creazione di una rete interstatale di collaborazione, formazione e cooperazione tra gli organi di polizia interni, che restano gli unici attori operativi del sistema. Anche per fornire a questi ultimi il necessario supporto informativo e scientifico sono stati costituiti, nel tempo, alcuni organismi strumentali (quali EUROPOL, FRONTEX e CEPOL - cfr. infra). I principi generali di cui sopra operano anche a livello internazionale (come si pu˜ evincere dalle basi giuridiche delle missioni di peacekeeping del personale di polizia, ad esempio nei programmi EUPOL ed EUPM) e rappresentano il presupposto logico-normativo delle strategie di CIVPOL (in ambito ONU) ed EUCIVPOL (ambito UE (19)). In realtˆ, la tesi ÒsmilitarizzatriceÓ di cui si  detto muove da un equivoco di fondo, ricorrente nella letteratura non specialistica (20) che confonde tra (19) In materia va menzionato almeno lĠampio saggio introduttivo di JEAN, An Integrated Civil Police Force for the European Union, Brussels (CEPS) 2002, pp. 53 ss.. (20) LĠequivoco affiora in alcuni studi, soprattutto quando si affrontano determinati luoghi comuni: Òé difficile non osservare che tante sono le risorse umane impiegate per ragioni militari, sia allĠestero che in Italia, che nulla hanno a che fare con il controllo del territorio in termini di prevenzione e prossimitˆ con i cittadini. Compiti, questi ultimi, che troverebbero pi corrispondenza in un contingente specifico e specializzato appositamente costituito nellĠEsercito italianoÓ precisando - in nota - che tale considerazione sarebbe giustappunto riferita alla Òdifferenza tra soldato e poliziottoÓ (cos“, ad esempio, RENIS, In É sicurezza dei cittadini. Organizzazione ed efficacia delle Forze di polizia in Italia, Roma 2009, p. 132). Pi di recente, LUTTERBECK (The Paradox, cit. pp. 57 ss.), prescindendo - tra lĠaltro - da precisi riferimenti giuridico-istituzionali, sembra richiamare una tesi piuttosto screditata (o, per meglio dire, una illazione priva di qualsiasi scientificitˆ tecnico-operativa, elaborata evidentemente in ambienti carenti di competenze e capacitˆ in materia) secondo cui le Forze di gendarmeria ben potrebbero essere ridotte a piccoli contingenti da impiegare esclusivamente allĠestero - e dunque private delle loro naturali competenze generali di polizia civile - dopo averne sciolto e smilitarizzato il principale apparato. Òpolizia a status militareÓ e Òpolizia militareÓ, ritenendo si tratti di sinonimi o comunque di espressioni equivalenti. Ci˜  del tutto errato, poichŽ in materia di pubblica sicurezza (e di polizia giudiziaria) per Òpolizia civileÓ (ovvero, pi correttamente, per ÒpoliziaÓ in quanto tale) si intendono indifferentemente le Forze ad ordinamento civile come quelle ad ordinamento militare, allorchŽ svolgano il proprio servizio direttamente a favore dei cittadini (id est, della cd. Òsocietˆ civileÓ); per contro, cosa assolutamente diversa  la polizia militare, che opera esclusivamente allĠinterno delle FF.AA. Tale regola, come vedremo,  pacifica anche nelle fonti dellĠordinamento UE. Tra queste si pu˜ sin dĠora citare lĠAnnesso II dellĠAllegato VI (par. 3) alle dichiarazioni conclusive della Presidenza del Consiglio Europeo di Nizza (7-9 dicembre 2000 (21)), nel quale viene chiarito il concetto - valevole per il diritto dellĠUnione - di ÒForze di poliziaÓ (ÒConcept of Police ForcesÓ): ÒThe two functions (strengthening of and substituting for local police forces) draw on all specialist policing techniques available in the Member States (NB: Òpolice forcesÓ here covers both police forces with civilian status and police forces with military status of the gendarmerie type). It has been found that European police forces have developed within their ranks a variety of skills, based on similar professional criteria, available for use at various stages of crisis management ÉÓ (tradotto: il concetto Ç"le Forze di polizia" comprende qui sia le Forze di polizia a statuto civile, sia le Forze di polizia a status militare del tipo gendarmeriaÈ). Conformemente alla prassi giuridica internazionale, nel concetto di ÒForze di poliziaÓ non viene invece ricompresa la Òpolizia militareÓ, che opera in un contesto diverso dalla Òsocietˆ civileÓ (22). La ÒcontrapposizioneÓ, infatti, non va intesa tra ÒpoliziottiÓ e ÒgendarmiÓ (che anche a livello normativo UE, NATO ed OSCE vengono giustamente considerati operatori di polizia a pari titolo), bens“ tra funzioni di polizia ÒcivileÓ (svolte cio al servizio dei privati cittadini) e funzioni di polizia ÒmilitareÓ (svolte nellĠesclusivo interesse delle Forze armate, per il mantenimento dellĠordine pubblico e la repressione dei reati al loro interno). (21) Alla pagina http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/00400r1.% 20ann.en0.htm. (22) Per Òpolizia militareÓ si intende infatti, ai sensi dellĠart. 6 D.lgs 5 ottobre 2000, n. 267 (cfr. ora lĠart. 90 del D.lgs 15 marzo 2010, n. 66), il Òcomplesso delle attivitˆ volte a garantire le condizioni generali di ordine e sicurezza delle Forze armate sul territorio nazionale ed all'esteroÓ, comprensive sia dellĠattivitˆ di polizia giudiziaria che di quella di ordine pubblico. é generalmente svolta da appositi reparti delle stesse Forze armate che se ne avvalgono, tranne negli ordinamenti che dispongono di una Forza di gendarmeria (attualmente 54, tra gli Stati membri dellĠONU), alla quale viene attribuita anche tale incombenza, parallelamente alle ordinarie funzioni di polizia ÒcivileÓ. Per uno studio nel solco della normativa previgente, cfr. FERRARI, La Polizia Militare. Profili storici, giuridici e dĠimpiego, Roma 1993 (suppl. a Rass. Arma Carabinieri 2/1993). Al riguardo va precisato che la distinzione tra ÒCivil PoliceÓ e ÒMilitary PoliceÓ - e relative attribuzioni - nasce e si rende necessaria in quegli ordinamenti (soprattutto anglosassoni e scandinavi) nei quali, non esistendo un Corpo di gendarmeria o simile, le funzioni di polizia militare vengono svolte direttamente - ma limitatamente a tale peculiare contesto - da specifici contingenti delle stesse Forze armate: la differenza di attribuzioni ha quindi lo scopo di evitare unĠimpropria attribuzione di funzioni generali di polizia anche a questi ultimi, generalmente privi di una formazione specifica per i contesti civili (23). Ci˜ premesso, nel concludere la questione di cui trattasi si pu˜ fare riferimento alla curiosa vicenda della Raccomandazione 10/2001/REC del Consiglio dĠEuropa (24). Sul punto,  opportuno premettere tre considerazioni. 1. Innanzitutto, il provvedimento in questione nulla ha a che fare con lĠordinamento dellĠUnione Europea (25), al di lˆ di una parziale omonimia dellĠorgano che lĠha adottato (il ÒConsiglio dĠEuropaÓ, o COE) con quello legislativo dellĠUE (il ÒConsiglioÓ (26)). 2. Sebbene riconducibile ad un organismo internazionale di cui fa parte lĠItalia, non dispiega allĠinterno dellĠordinamento statuale alcuna efficacia reale, neppure di carattere interpretativo, trattandosi di una mera Raccomandazione (e non, ad esempio, di una Convenzione pattizia, ex art. 117 Cost.). 3. Ci˜ premesso sul piano procedurale, occorre ricordare - nel merito che il contenuto dispositivo di tale Raccomandazione  esattamente lĠopposto di quello che talvolta si crede, dal momento che - ben lungi dallĠauspicare giˆ solo un ridimensionamento delle Forze di polizia a statuto militare -a pi riprese ne riconosce (e garantisce) le funzioni ed il ruolo centrale nel moderno Stato di diritto. é significativo, inoltre, il fatto che la suddetta Raccomandazione venga (23) Va per˜ considerato che alcuni Corpi di polizia militare (ad es. i FeldjŠger tedeschi, ovvero la polizia militare ceca e polacca, per citarne alcuni), pur non strutturati come ordinarie Forze di gendarmeria hanno comunque consolidato delle capacitˆ operative Òdi poliziaÓ a seguito delle esperienze internazionali di peacekeeping UE/NATO. (24) Il cui testo integrale (con Preamboli ed allegati), nella versione ufficiale inglese,  reperibile sul sito istituzionale del Consiglio dĠEuropa allĠindirizzo https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=224783. Per la versione francese, si veda invece https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=224803. (25) LĠestraneitˆ riguarda anche le materie di riferimento, poichŽ il Òsettore sicurezzaÓ UE ricomprende anche le politiche di difesa (PSDC) che sono invece espressamente escluse dal novero di materie su cui il COE pu˜ essere chiamato ad esprimersi, ai sensi dellĠart. 1 lett. d) del relativo Statuto. Lo stesso dicasi per lĠex ÒTerzo PilastroÓ UE (GAI - ora FSJ), per la collaborazione transfrontaliera tra Forze di polizia in materia penale. (26) Il Consiglio dĠEuropa, infatti,  unĠorganizzazione internazionale (e non sovranazionale, come lĠUE) istituita con il Trattato di Londra del 5 maggio 1949, che comprende 47 Stati (contro i 27 dellĠUE), tra i quali Russia, Georgia, Azerbaijan e Norvegia, nonchŽ gli USA (oltre a Giappone, Israele, Canada e Messico) in qualitˆ di osservatori. Non ha nulla a che fare con la CEE (nata molti anni dopo, nel 1957, con la firma dei Trattati di Roma tra i sei Stati fondatori): unici tratti comuni, lĠinno e la bandiera del COE, adottati anche dalla CEE nel 1985 con lĠassenso di questĠultimo. spesso riportata in modo parziale e sulla base di traduzioni sommarie. Il documento in questione (chiamato anche ÒCodice etico per le Forze di poliziaÓ)  stato adottato il 19 settembre 2001 allĠesito della 765ğ Sessione del COE, ed  composto di 66 articoli: tra questi, la norma talvolta richiamata a sostegno delle interpretazioni sovra richiamate  lĠart. 13, che nel testo ufficiale inglese (lĠunico dotato di validitˆ legale, oltre alla versione francese) cos“ recita: ÒPolice organisations, when performing police duties in civil society, shall be under the responsibility of civilian authoritiesÓ. Il testo francese ha contenuto identico. In italiano pu˜ tradursi con: ÒLe Forze (27) di polizia, nellĠesercizio delle loro funzioni in seno alla societˆ civile, devono essere sottoposte alla responsabilitˆ delle Autoritˆ di governoÓ. Autoritˆ Òdi governoÓ e non (pi genericamente) ÒciviliÓ, come potrebbe suggerire una rapida traduzione letterale, essendo tale il significato dellĠespressione - tipica del diritto costituzionale inglese -ÒCivilian AuthoritiesÓ. Tale nozione trova una prima definizione compiuta in uno dei testi fondamentali del costituzionalismo inglese, lĠAn Examination of the Political Part of Mr. Hobbs his Leviathan di LAWSON, del 1657 (su cui cfr. infra, in conclusione di questo lavoro). A livello legislativo si richiama, ad esempio, il ÒCivil Authorities [Special Powers] Act [for Northern Ireland]Ó del 7 aprile 1922 (in http://cain.ulst.ac.uk/hmso/spa1922.htm), il cui ÒPreamboloÓ chiarisce come lĠespressione si riferisca al Ministero dellĠInterno ed allĠAutoritˆ governativa dellĠUlster (ÒThe civil authority shall have power, in respect of persons, matters and things within the jurisdiction of the Government of Northern Ireland É For the purposes of this Act the civil authority shall be the Minister of Home Affairs for Northern IrelandÓ). Nella letteratura giuridica, ad esempio, cfr. ELAZAR, Federal Models of (Civil) Authority, in Journal of Church and State, XXXIII, 2/1991, pp. 231-254. La riconducibilitˆ della nozione giuridica di ÒAuthorityÓ - almeno in parte - a quella di ÒPotereÓ dello Stato trova inoltre conforto nel ÒLaw Dictionary, Adapted to the Constitution and Laws of the United StatesÓ (a cura di BOUVIER, Philadelphia 1856), laddove: ÒAuthority, government. The right and power which an officer has in the exercise of a public function to compel obedience to his lawful commands. A judge, for example, has authority to enforce obedience to his not being correctÓ. Un ragionamento pi articolato vale invece per lĠordinamento statunitense, nel quale tale nozione viene utilizzata anche dalla dottrina costituzionale del Òcivilian control of the militaryÓ, che Òplaces ultimate responsibility for a CountryĠs strategic decision-making in the hands of the civilian political leadership, rather than professional military officersÓ: sulla questione, cfr. FEAVER, The Civil-Military Problematique: Huntington, Janowitz and the Question of Civilian Control, Armed Forces & Society - Winter 1996 (23/2), pp. 149-178, secondo (27) In alternativa, si potrebbe ricorrere allĠespressione Òle strutture di poliziaÓ, per accentuare il riferimento allĠaspetto organizzativo di cui si occupa il Titolo IV della Raccomandazione (ÒOrganisational Structures of the PoliceÓ). Il termine utilizzato appare per˜ pi aderente alla ratio testuale, e soprattutto coerente con i concetti espressi nellĠinterpretazione autentica dellĠart. 13, fornita dallo stesso COE (cfr. infra). cui ÒThe proper subordination of a competent, professional military to the ends of policy as determined by civilian authorityÓ. In questi termini, LOBB (Civil Authority versus Military, in The Virginia Law Register 1919, vol. 4 n. 12, pp. 897 ss.) si riferisce ai Poteri sovrani dello Stato previsti dalla Costituzione e pi propriamente parla di Òcivil powerÓ e di Òsovereign powerÓ. Analogamente dicasi per la ÒProclamation 157Ó del Presidente Johnson del 20 agosto 1866, ripristinante la Òcivil autorityÓ sullĠintero territorio federale al termine della guerra civile americana (cfr. http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=71992). In questo contesto si colloca la definizione di LIPSCOMB, contenuta in Civil Government: Its Origin, Mission, and Destiny, Nashville 1913: ÒCivil authority (also known as civil government) is that apparatus of the state other than its military units that enforces law and order. It is also used to distinguish between religious authority (for example Canon law) and secular authority. In a religious context it may be defined as synonymous with human government, in contradistinction to a government by God, or the divine governmentÓ. Pi in generale, nel sistema statunitense la ÒcontrapposizioneÓ tra Òcivil authorityÓ e Òmilitary authorityÓ si fonda sui presupposti di applicabilitˆ della legge marziale, unico strumento legittimo con cui sia possibile sospendere le garanzie costituzionali e politiche dei cittadini: Òmartial law is the suspension of civil authority and the imposition of military authority. When we say a region or country is "under martial law", we mean to say that the military is in control of the area, that it acts as the police, as the courts, as the legislature ÉÓ. Sempre nellĠordinamento statunitense, la nozione giuridica di ÒCivil AuthorityÓ trova ulteriore riscontro nel Titolo 32, par. 185.3 del Code of Federal Regulations, rubricato ÒMilitary Support to Civil AuthoritiesÓ , che a tal fine rinvia alla definizione contenuta nella Joint publication 1-02 (ÒDictionary of Military and Associated TermsÓ dellĠUS Department of Defense (http://www.dtic.mil/doctrine/new_pubs/jp1_02.pdf), emendata il 15 agosto 2012conferendole valore normativo: ÒThose elected and appointed É who constitute the governments of the 50 States, District of Columbia, Commonwealth of Puerto Rico, US possessions and territories, and political subdivisions thereofÓ. SullĠargomento, cfr. BUCHALTER, Military support to Civil Authorities: the role of the Department of Defense in support to homeland defense, Washington 2007. Esprime un concetto analogo anche la nozione di ÒCivil AdministrationÓ contenuta nel medesimo JP 1-02, ovverosia ÒAn administration established by a foreign government in (1) friendly territory, under an agreement with the government of the area concerned, to exercise certain authority normally the function of the local government; or (2) hostile territory, occupied by United States forces, where a foreign government exercises executive, legislative, and judicial authority until an indigenous civil government can be established. Also called CA. (JP 3-05)Ó. Per unĠintroduzione sulle differenze dei modelli polizieschi continentale ed anglosassone, cfr. BERTACCINI, I modelli di polizia. Polizia professionale. Polizia di comunitˆ. Polizia dei problemi. Polizia del- l'ordine. Polizia di prossimitˆ, Santarcangelo di Romagna 2011, pp. 15 ss.. NellĠevoluzione del diritto anglosassone (28) la ÒCivil AuthorityÓ  stata dapprima contrapposta dai costituzionalisti inglesi - si pensi, per tutti, alla Poli (28) Echi sono per˜ riscontrabili anche negli ordinamenti continentali di ÒCivil LawÓ: cfr. ad esempio lĠart. 218 TULPS, che parla di ÒAutoritˆ civiliÓ in relazione alle tipiche funzioni da queste esercitate, in contrapposizione allo status della legge marziale, ovvero la nozione di ÒGovernos CivisÓ nella legislazione portoghese di pubblica sicurezza, che sino alla soppressiva Resolu‹o n. 13 (II sŽrie) del 30 giugno 2011 indicava i rappresentanti territoriali del Governo. tica Sacra et Civilis di LAWSON - alla ÒReligious AuthorityÓ (29), a partire dal- lĠepoca delle guerre di religione nel XVI secolo, dove lĠAutoritˆ di governo mirava ad imporre la regola della sua totale preminenza rispetto al potere della Chiesa prima, ed alle confessioni nazionali poi; quindi - pi di un secolo dopo ma nel limitato contesto del diritto statunitense - anche alla ÒMilitary AuthorityÓ, secondo una peculiare linea di pensiero influenzata dal pacifismo quacchero. In ogni caso, vale sempre ad indicare - nei diversi periodi storici -la primazia del potere di governo statuale (prima monarchico-assolutista e poi parlamentare) su ogni altra istanza nazionale: si tratta dunque di una nozione che nulla ha a che fare con lĠaspetto organizzativo dellĠapparato considerato (o con il suo ordinamento), ma che attiene invece alle funzioni esercitate, potendo eventualmente essere accostata, seppur con molta approssimazione, a quella (tipica dei sistemi giuridici dellĠEuropa continentale) di ÒPotere dello StatoÓ. I funzionari ÒciviliÓ, anche quelli di livello apicale (in Italia, ad es., il direttore generale di un Ministero, un dirigente di polizia, i funzionari amministrativi dello Stato, etc.) rientrano invece nella diversa nozione giuridica dei Òcivil servantsÓ (o dei Òpublic servantsÓ, nel diritto inglese (30)). Con (29) Secondo la tradizionale definizione data dalla Catholic Encyclopedia (New York 1907), per Civil Authority si pu˜ intendere Òthe moral power of command, supported (when need be) by physical coercion, which the State exercises over its members É The authority of the State is absolute, that is to say, full and complete in its own sphere, and subordinate to no other authority within that sphere. But the authority of the State is not arbitraryÓ. In questi termini, la nozione anglosassone di Òautoritˆ civileÓ dello Stato  tributaria della precedente elaborazione della Tomistica (cfr. Summa Theologica, I II.92.1 ad 4), nei termini in cui ÒCivil Authority would be simply what was bargained for and prescribed in the arbitrary compact with made civil society. As it is, civil authority is a natural means to anatural end and is checked by that endÓ. (30) NellĠordinamento statunitense la nozione risale al 1871, con lĠistituzione del ÒFederal Civil ServiceÓ comprendente - ai sensi del Titolo V, par. 2101 USC (United States Code) -Òall appointive positions in the executive, judicial, and legislative branches of the Government of the United States, except positions in the uniformed servicesÓ. A sottolineare la netta distinzione rispetto alla sfera della ÒCivil AuthorityÓ (cfr., in Italia, i principi evincibili dai D.lgs 80/1998 e 165/01), fino allĠHatch Act del 1939 i funzionari civili non potevano svolgere alcuna attivitˆ a connotazione politica o assumere incarichi di tale natura per tutta la durata del loro servizio. Rientrano nellĠambito del Òcivil serviceÓ tutte le Agenzie indipendenti nonchŽ i 15 Federal Executive Departments, con relativi vertici dirigenziali. LĠordinamento inglese  pi articolato, poichŽ Òcivil servantsÓ sono solo i Òfunzionari della CoronaÓ (di cui non fanno parte i funzionari di polizia, nŽ i militari ed i magistrati), distinti rispetto agli altri funzionari pubblici (detti genericamente Òpublic servantsÓ), compresi i dipendenti amministrativi del Parlamento: lĠHer MajestyĠs Home Civil Service  infatti lo stabile apparato burocratico di supporto (consultivo ed esecutivo) del Governo britannico, composto dal Gabinetto dei Ministri e dalle tre Amministrazioni periferiche del Governo scozzese e del Galles, pi lĠEsecutivo dellĠUlster. Sottolinea la distinzione rispetto alla ÒCivil AuthorityÓ la definizione di BRADLEY-EWING (Constitutional and Administrative Law, London 2003, p. 272): Òa servant of the Crown working in a civil capacity who is not the holder of a political (or judicial) office; the holder of certain other offices in respect of whose tenure of office special provision has been made; [or] a servant of the Crown in a personal capacity paid from the Civil ListÓ. Analogo significato ha, nella tradizione giuridica francese, lĠespressione ÒAutoritŽ civileÓ, utilizzata cetto giuridico in parte affine  quello tedesco di ÒBeamterÓ. La Civil Authority ha poteri generali di indirizzo politico (con relative, connesse responsabilitˆ), i civil servants no. Ci˜ trova implicita conferma anche in uno dei testi fondamentali di diritto internazionale in materia di pubblica sicurezza, il ÒDocumento della riunione di Copenhagen della Conferenza sulla dimensione umana della CSCEÓ (31), laddove si precisa, al p.to 5.6 del Preambolo (ricomprendente i principi di ordine generale), che Òmilitary Forces and the police will be under the control of, and accountable to, the civil authoritiesÓ (32): proprio il riferimento congiunto a Forze di polizia e Forze armate, senza distinzioni di sorta, smentisce la chiave di lettura di cui si  in precedenza detto (secondo cui il riferimento alla primazia della ÒCivil AuthorityÓ verrebbe ad incidere anche sullo status ordinamentale delle Forze poste sotto la sua responsabilitˆ), poichŽ - se cos“ mai fosse - tale regola dovrebbe allora valere per entrambi i destinatari della normativa OSCE, con lĠeffetto paradossale di preconizzare unĠinedita smilitarizzazione nientemeno che delle Forze armate tradizionali (o di fanteria). Per contro, a confutare ogni ipotesi di contraddizione o separatezza, va ricordato che proprio in ambito OSCE  costante lĠobiettivo di assicurare - ben lungi da una smilitarizzazione - unĠefficace integrazione delle stesse Forze armate in seno alla societˆ civile, quale Òaspetto essenziale della sicurezzaÓ (33). Il principio generale del controllo politico (con correlata responsabilitˆ) sulla generalitˆ degli apparati coinvolti nel Òsettore sicurezzaÓ viene ribadito nel ÒCodice di condotta OSCE relativo agli aspetti politico-militari della sicurezzaÓ (art. VII par. 20, dato ad Istanbul il 3 dicembre 1994 (34)), laddove ÒGli Stati partecipanti ritengono che il controllo politico democratico delle Forze militari, paramilitari e di sicurezza interna nonchŽ dei Servizi di informazione e della polizia sia un elemento indispensabile della stabilitˆ e della sicurezza ÉÓ. Ad ogni buon conto, quello appena enunciato non  un principio rivoluzionario, ma un pacifico presupposto degli ordinamenti di democrazia classica (qual  indubbiamente anche quello italiano), dove le Forze di polizia, nessuna esclusa, sono da sempre poste alle dipendenze funzionali di specifici organi nel secondo testo ufficiale della Raccomandazione (indicativa cio dellĠAutoritˆ governativa statale, rappresentata nei Dipartimenti e nelle Regioni dal Prefetto ai sensi dellĠart. 72 della Constitution Franaise del 1958, nel combinato disposto con lĠart. 1 del DŽcret 10 marzo 1982), complementare alla nozione di Ògouvernance civileÓ (su cui cfr. retro). (31) ÒConferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in EuropaÓ, organismo da cui  derivata lĠOSCE nel 1995. (32) Testualmente: ÒLe Forze armate e quelle di polizia devono essere poste sotto il controllo e la responsabilitˆ delle Autoritˆ (civili) di governoÓ. Testo integrale (nella versione ufficiale) su http://www.osce.org/odihr/elections/14304. (33) In questi termini, ad esempio, il par. 15 della Dichiarazione di Edimburgo dellĠAssemblea parlamentare OSCE (5-9 luglio 2004 su http://www.oscepa.org/publications/declarations/2004-edinburgh-declaration). (34) Versione italiana su http://www.osce.org/it/fsc/41358. di governo (a seconda degli ordinamenti, il Ministro della Giustizia, dellĠInterno o della Difesa, ovvero il Presidente del Consiglio dei Ministri, etc. (35)), facendo capo agli altri Dicasteri per quanto di residua pertinenza (dipendenza gerarchica ed ordinamentale, reclutamento e trattamento giuridico ed economico del personale, dotazioni di materiale di servizio, svolgimento di attivitˆ specifiche, retribuzione, etc.). Invero, ai criticati esegŽti del citato art. 13 sfugge la chiave di volta del- lĠintero sistema giuridico ed istituzionale della pubblica sicurezza: lĠaggettivo ÒcivileÓ non ha nulla a che fare con lĠassetto organizzativo e/o ordinamentale della Forza di volta in volta chiamata ad operare (ovvero dei suoi uomini), bens“ attiene alle funzioni concretamente svolte. Occorre ricordare, al riguardo, che la stessa nozione di Òpubblica sicurezzaÓ ha carattere rigorosamente funzionale, come chiarito - in Italia - dalla Corte Costituzionale (36) ed evincibile dalle fonti normative comunitarie ed internazionali (soprattutto in seno allĠOSCE ed alle Nazioni Unite - cfr. infra). Le fonti normative dellĠOrganizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa, in particolare, non solo delineano una peculiare strategia di sicurezza basata Òsul concetto globale e cooperativo della sicurezza e della sua indivisibilitˆÓ (37) - cui largamente attinge la strategia ÒolisticaÓ dellĠUnione Europea -ma direttamente individuano le caratteristiche di un Corpo di polizia (civile) democraticamente ordinato, che attengono esclusivamente alle funzioni esercitate e non anche al suo assetto ordinamentale ed organizzativo (38). (35) In Italia, ad esempio, fin dalle Regie Patenti del 13 luglio 1814, istitutive del Corpo dei Carabinieri Reali e della ÒDirezione generale del Buon GovernoÓ (embrione del futuro Ministero dellĠInterno), i primi vennero s“ funzionalmente posti alle dipendenze della seconda, contestualmente per˜ sancendone la piena autonomia operativa, organizzativa ed ordinamentale (di carattere militare). Successivamente, con le Regie Patenti del 15 ottobre 1816 la ÒDirezione del Buon GovernoÓ venne soppressa ed in sua vece fu creato il ÒMinistero della PoliziaÓ, con funzioni direttive in materia di sicurezza pubblica. (36) Corte Cost., sent. 7 aprile 1995, n. 115 (su Giur. Cost. 1995, p. 920). Tale caratterizzazione non rappresenta una novitˆ, essendo mutuata da precedenti arresti della Corte (in particolare le sentt. 162/90, 218/88, 1034/88 e 77/87). (37) Definita nel ÒDocumento di LisbonaÓ del 3 dicembre 1996 (DOC.S/1/96http:// www.osce.org/it/mc/39542?download=true). In particolare, al par. 4 dellĠallegata ÒDichiarazione di Lisbona su un modello di sicurezza comune e globale per lĠEuropa del ventunesimo secoloÓ vengono evidenziati due elementi che diverranno centrali nelle politiche di pubblica sicurezza dellĠUnione Europea, ovverosia la globalitˆ ed indivisibilitˆ della sicurezza, che ostano a rigide segmentazioni di competenze per favorire piuttosto le capacitˆ operative ÒibrideÓ o multidisciplinari. In precedenza, si veda anche la ÒDecisione su un Modello di Sicurezza Comune e GlobaleÓ del Consiglio dei Ministri OSCE (Budapest 8 dicembre 1995), su http://www.osce.org/it/mc/40412. (38) Tali requisiti sono, in concreto: 1) essere una manifestazione visibile dellĠAutoritˆ dello Stato, in ragione dellĠesercizio di alcuni compiti fondamentali (mantenere lĠordine pubblico e far rispettare la legge; proteggere e rispettare i diritti e le libertˆ delle persone; prevenire e combattere la criminalitˆ; fornire servizi di assistenza e dei cittadini); 2) agire in conformitˆ della legislazione nazionale e delle norme internazionali accettate dai Paesi partecipanti allĠOSCE (tra cui lĠItalia); 3) avere un codice di condotta professionale e compiere il proprio dovere nel rispetto degli accordi internazionali in materia di diritti umani, civili e politici; 4) svolgere i propri compiti in modo responsabile e trasparente, per i cittadini, In questi termini, ad esempio, i Carabinieri (per restare al caso italiano) sono innegabilmente dei militari (cos“ come lo  la loro Istituzione di appartenenza, unĠautonoma Forza armata), ma nel momento in cui svolgono la propria ordinaria attivitˆ in seno alla societˆ civile (corrispondente ad oltre il 90% del servizio di istituto), sono a tutti gli effetti - per rimanere nel dualismo sopra richiamato tra polizia civile e militare - una Forza di polizia ÒcivileÓ. Per polizia ÒcivileÓ, infatti, non si intende unĠattivitˆ (o unĠorganizzazione) di polizia posta in essere da civili, bens“ un servizio svolto ad esclusivo vantaggio della popolazione civile. Lo stesso vale, come vedremo, nelle operazioni di peacekeeping internazionale, dove molti erroneamente ritengono che i contingenti dellĠArma (o di altre Forze di polizia a statuto militare) vadano ad esercitare mere competenze di polizia militare. Ad ulteriore conferma di quanto sopra, si pu˜ richiamare una delle principali fonti normative del diritto internazionale di polizia, lo ÒUN Code of Conduct for Law Enforcment OfficialsÓ (39), il cui commentario allĠart. 1 (lett. b) chiarisce che ÒIn countries where police powers are exercised by military authorities, whether uniformed or not, or by State security forces, the definition of law enforcement officials shall be regarded as including officers of such servicesÓ. Per restare alla nozione funzionale della ÒCivil AuthorityÓ ed ai connessi rapporti di dipendenza (parimenti funzionale) delle Forze dellĠordine dai vari Ministeri, non pu˜ non ribadirsi che questi ultimi, in quanto parte della pi complessa compagine governativa, hanno necessariamente tutti natura ÒcivileÓ, compreso quello della Difesa, posto che ci˜ che rileva, a tal fine, sono le attribuzioni svolte dallĠorganismo (inteso cio ad operare in seno ed a beneficio della Òsocietˆ civileÓ) e non invece lo specifico status giuridico del relativo personale. A livello discendente, lo stesso pu˜ dirsi (in Italia) per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza che, pur con la precisazione simbolica - cfr. infra del suo ordinamento ÒcivileÓ, ha poi innegabilmente, nella realtˆ, una composizione operativa interforze civile/militare, analogamente ai Servizi di Sicurezza (AISE, AISI e DIS), alla Protezione civile (si pensi alla componente militare della Croce Rossa), etc. il diritto e le Istituzioni, secondo la direzione e il controllo delle Autoritˆ (cd. ÒciviliÓ) di governo, con una chiara catena di comando e rispettando la divisione dei Poteri. Le fonti CSCE/OSCE rilevanti in materia sono il giˆ richiamato ÒDocumento di CopenhagenÓ del 1990, il ÒCode of Conduct on Politico-Military Aspects of SecurityÓ (Bucarest 1994), la ÒCharter for European SecurityÓ (Istanbul 1999, in particolare lĠart. 45), la Decisione n. 9 adottata nella nona riunione del Consiglio dei Ministri a Bucarest il 28 novembre 2001, avente ad oggetto ÒPolice-Related ActivitiesÓ e soprattutto il ÒGuidebook on Democratic PolicingÓ, adottato a Vienna nel maggio 2008 (testo scaricabile da http://www.osce.org/spmu/23804). (39) Adottato dallĠAssemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione n. 34/169 del 17 dicembre 1979. Testo ufficiale su http://www.iansa.org/system/files/UNcodeconduct.pdf. Nel sistema cos“ delineato, i compiti delle Forze dellĠordine sono meramente esecutivi (sotto il profilo funzionale) delle linee di indirizzo espresse dal Ministro competente (in Italia quello dellĠInterno, ma non in via autonoma, bens“ quale membro del Governo, nel cui ambito viene individuato lĠindirizzo politico generale delle Amministrazioni dello Stato ex art. 95 Cost.), cui va quindi imputata la responsabilitˆ di tali scelte ed il successivo coordinamento dei soggetti chiamati ad attuarlo. Nel definire i propri obiettivi, la Raccomandazione n. 10/2001 del COE individua innanzitutto i destinatari, ovverosia le Òtraditional public policeForces or police services, or to other publicly authorised and/or controlled bodies with the primary objectives of maintaining law and order in civil society and, who are empowered by the state to use force and/or special powers for these purposesÓ; nel testo francese, a sua volta, si parla di ÒForces ou services de police publics traditionnels ou ˆ d'autres organes autorisŽs et/ou contr™lŽs par les pouvoirs publicsÓ. Dunque, tutte le Forze di polizia tradizionalmente intese, senza distinzioni di sorta, allorchŽ vengano impiegate per il mantenimento dellĠordine e della sicurezza pubblici nellĠambito della societˆ civile. A queste la Raccomandazione aggiunge, in via sussidiaria, eventuali organismi comunque autorizzati dai pubblici poteri al perseguimento dei medesimi obiettivi (a rigore, dunque, pure dei Corpi di vigilanza privata, ove sottoposti, a tale specifico fine, allĠAutoritˆ pubblica ex art. 139 TULPS (40)). Tale precisazione, da sola, conferma lĠinconsistenza dellĠesegesi sovra richiamata: se infatti persino un vigilante privato, per quanto sotto la direzione dellĠAutoritˆ pubblica, sarebbe legittimato ad operare quale organo di polizia, non si comprende perchŽ mai ci˜ dovrebbe essere precluso nientemeno che a dei Pubblici ufficiali, solo perchŽ rivestenti un grado militare. Ma non solo. La maggior parte delle pubblicazioni della Raccomandazione in esame non appaiono tecnicamente corrette, poichŽ trascurano che il cd. ÒCode of Police EthicsÓ non  costituito esclusivamente dal ÒcodiceÓ propriamente detto, ma pure da un secondo documento, inscindibile dal primo ed approvato, in pari data, dallĠAssemblea del COE, ovverosia il suo Commentario. LĠinscindibilitˆ deriva da un generale principio di diritto internazionale, in base al quale il commentario ufficiale di una fonte normativa (pur non vincolante), alla pari dei suoi Protocolli o Allegati tecnici, va considerato a tutti (40) Sebbene il commentario alla preliminare ÒDefinizione del campo di applicazione del codiceÓ precisi (ult. cpv) che ÒIt should be added that private security companies are not covered by this RecommendationÓ, va rilevato che lĠesclusione riguarda (testualmente) solo lĠordinaria attivitˆ privatistica del personale dipendente dalle ditte di sorveglianza, e non anche il caso in cui lĠAutoritˆ statuale ordini (per ragioni di necessitˆ) ai singoli vigilanti privati di assisterla nel compimento di atti del suo ufficio, come  appunto il caso dellĠart. 139 TULPS. SullĠargomento si vedano, in generale, AA.VV., Polizia privata: costituzione, organizzazione e rapporti con gli organi di pubblica sicurezza, Roma 1991. gli effetti parte integrante di questĠultima - ove adottato con identica procedura -alla pari dellĠeventuale Preambolo introduttivo (41). Essendo stato adottato contestualmente alla Raccomandazione e con la medesima procedura di voto, il commentario ne rappresenta unĠinterpretazione esplicativa ÒautenticaÓ. Ci˜  conforme alla prassi di Common Law e mira a risolvere le incertezze derivanti dallĠinevitabile genericitˆ e/o frammentarietˆ di tal tipo di norme. In merito al ÒPreamboloÓ, il commentario istituzionale chiarisce che: ÒThe Code applies regardless of how such police are being organised; whether centralised or locally oriented, whether structured in a civilian or military manner, whether labelled as services or forces, or whether they are accountable to the state, to regional or local authorities or to a wider publicÓ (42). In relazione allĠart. 13, poi, lo stesso recita: ÒIt should be recalled that the scope of the present Code is limited to police work in civil society. The judicial side of police work - the police being a component of the criminal justice system - and the public order side of the police, as well as the public service dimension of police work, and the integration of the police in civil society, are all elements that are different from military functions and objectives. Moreover, the legal basis and powers of the police in a rule of law society, where the focus is on the respect for civil and political rights of individuals, are also different from those of the military. Although there are some similarities between police and military functions and performances, the above special characteristics of the police are so important in a democratic society governed by the rule of law that they should be supported by all means. The organisational responsibility is one of the means in this respect. A police organisation under civilian responsibility (43) is likely (41) Tale principio  stato positivizzato, ad esempio, nellĠart. 31 par. 2 della Convenzione di Vienna sul dritto dei Trattati del 23 maggio 1969, relativamente alle fonti pattizie internazionali. Una regola speciale  invece prevista per le ÒSpiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentaliÓ dellĠUE (recentemente ÒcostituzionalizzataÓ dal Trattato di Lisbona), richiamate dallĠart. 6 par. 1 TUE, a mente del quale ÒI diritti, le libertˆ e i principi della Carta sono interpretati É tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioniÓ. Testo pubblicato su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:303:0017:0035:IT:PDF. In argomento si veda DI STASI, Brevi osservazioni intorno alle ÇspiegazioniÈ alla Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea, in ZANCHI-PANELLA (a cura di), Il Trattato di Lisbona tra conferme e novitˆ, Torino 2010, p. 425 ss.. (42) ÒIl Codice trova applicazione a prescindere dal modello organizzativo di polizia, sia esso centralizzato o decentrato, a struttura civile o militare, ovvero qualificato come servizio o Forza, ed a prescindere dal fatto che queste rispondano allo Stato, ad autoritˆ regionali o locali ovvero ad un pubblico pi ampioÓ. (43) La Òcivilian responsibilityÓ come corollario esecutivo della ÒCivil AuthorityÓ  concetto tipico della dottrina dello Stato anglosassone, e si traduce nella necessitˆ che i servizi di pubblica sicurezza, seppur eventualmente svolti da militari, siano sottratti allĠautodichia delle Forze armate tradizionali un tempo considerate vere e proprie Istituzioni a sŽ stanti, quasi uno Stato nello Stato (sul punto, cfr. SANTI ROMANO, LĠordinamento giuridico, Firenze 1951, pp. 40 ss. e BACHELET, Disciplina militare e ordinamento giuridico statale, Milano 1962, pp. 68 ss.) - per essere sottoposti alla direzione, o comunque to best cultivate police professionalism suitable for civil society. The organisational police structures -civil or military - differ very much in Europe. In western and northern Europe the police are primarily civilian. In central and eastern Europe, several police organisations have a military structure; whereas in southern Europe, both models exist, sometimes side by side in the same country (É) In the prevailing circumstances and, with full respect to the history and traditions in member states, the present Article does not go any further than to state that police functions performed in civil society -whether carried out by civilian or militarily organised police -should ultimately be under the responsibility of civilian authoritiesÓ (44). al preventivo controllo ed assenso delle Autoritˆ di governo (quelle cio che guidano la cd. Òsocietˆ civileÓ, e che per lĠeffetto vengono a loro volta definite Autoritˆ ÒciviliÓ), proprio perchŽ destinate a produrre effetti in seno alla comunitˆ generale dei cittadini. Il fatto di assumere, in modo pi o meno ampio, la paternitˆ di tali scelte comporta, in capo alla suddetta Autoritˆ, una conseguente responsabilitˆ, almeno sul piano politico. Tale dottrina, nata in contrapposizione ai modelli di sicurezza dellĠEuropa continentale del tardo Assolutismo, trova un radicale precedente nel Federalist n. 8 (uno dei Federalist Papers, serie di 85 articoli e saggi volti a promuovere - tra il 1787 ed il 1788 - la ratifica della Costituzione degli Stati Uniti dĠAmerica), nel quale Hamilton sostiene la necessitˆ di creare un Governo civile che tenga alla larga lĠEsercito, a causa degli elevati costi e dellĠinnata tendenza a scatenare guerre. Descrivendo lĠesperienza europea come un esempio negativo e quella britannica come positiva, presenta lĠidea che una Nazione possa salvaguardare la propria indipendenza da altri Stati semplicemente avvalendosi di una potente Marina (i cui contingenti, tra lĠaltro, avrebbero lĠulteriore pregio di essere stanziati sul territorio dello Stato solo in minima parte), senza necessitˆ di una componente militare permanente. Anche Madison  critico sulla possibilitˆ di creare nello Stato delle stabili strutture militari, considerandole uno strumento di tirannia in Patria e sostenendo che in tutta Europa gli Eserciti, sotto il pretesto di difenderlo, avrebbero schiavizzato il popolo (ÒIn time of actual war, great discretionary powers are constantly given to the Executive Magistrate. Constant apprehension of War, has the same tendency to render the head too large for the body. A standing military force, with an overgrown Executive, will not long be safe companions to liberty. The means of defense against foreign danger, have been always the instruments of tyranny at home ... Throughout all Europe, the armies kept up under the pretext of defending, have enslaved the peopleÓ). (44) ÒVa ricordato che il campo di applicazione del presente Codice  limitato allĠattivitˆ di polizia svolta in seno alla societˆ civile. Le funzioni di polizia giudiziaria - essendo le Forze di polizia una componente del sistema di giustizia penale - e quelle che invece riguardano lĠordine pubblico, cos“ come la natura di servizio pubblico dellĠattivitˆ resa dalle Forze di polizia e lĠintegrazione di queste ultime nella societˆ civile, sono tutti elementi che distinguono tale attivitˆ rispetto alle tradizionali funzioni ed obiettivi cui sono invece tradizionalmente deputate le Forze armate. Sono parimenti diverse sia le basi giuridiche di riferimento, sia il tipo di poteri attribuiti alle Forze di polizia, in seno ad uno Stato di diritto nel quale valore primario sia accordato al rispetto delle libertˆ civili e politiche degli individui. Vi sono, invero, delle affinitˆ tra le funzioni e le attivitˆ delle Forze di polizia e quelle delle Forze armate in quanto tali, ma le caratteristiche peculiari dellĠattivitˆ di polizia appaiono cos“ importanti in una societˆ democratica governata dal primato del diritto da dover essere supportate con ogni mezzo. La responsabilitˆ organizzativa  uno dei mezzi utili a tal fine. Un organismo di polizia posto sotto la responsabilitˆ dellĠAutoritˆ civile di governo appare idoneo a meglio assicurare una professionalitˆ adatta alle specificitˆ della societˆ civile. Le strutture organizzative della polizia - civili o militari - sono molto diverse in Europa. NellĠEuropa occidentale e settentrionale la polizia  principalmente unĠorganizzazione civile. NellĠEuropa centrale ed orientale, vari Corpi di polizia hanno una struttura militare; mentre nellĠEuropa meridionale esistono Parlare di Òassunzione di responsabilitˆÓ da parte delle Autoritˆ di governo (centrale o territoriale, a seconda degli ordinamenti) significa semplicemente che queste ultime si devono far carico delle conseguenze (politiche e giuridiche) connesse allo svolgimento dellĠattivitˆ istituzionale delle Forze di polizia, per il fatto di averne precedentemente individuati i contenuti e gli obiettivi nellĠesercizio della propria funzione di indirizzo politico. In questi termini,  significativo ed inequivoco lĠutilizzo del termine ÒresponsibilityÓ, che nel diritto costituzionale anglosassone indica giustappunto la responsabilitˆ politica: invero, se si fosse voluto parlare direttamente di subordinazione, direzione o controllo, sarebbero state utilizzate espressioni specifiche quali ÒcontrolÓ, ÒcommandÓ, ÒleadershipÓ o ÒdirectionÓ. Premesso quanto sopra, va poi chiarito che la decisione del COE di enunciare - solo nel 2001 - il principio di cui si  detto non  casuale, ma giustificata dallĠintensa attivitˆ - propria di quel periodo (45) - di riconversione ai principi dello Stato di diritto degli ordinamenti dei Paesi in precedenza facenti parte del cd. Òblocco sovieticoÓ. Dal 1990 in poi, infatti, lĠattivitˆ del COE  stata quasi interamente in- dirizzata a favorire la transizione democratica delle strutture istituzionali degli Stati dellĠex-Patto di Varsavia, nei quali le Forze armate e soprattutto quelle di polizia non rispondevano ad alcuno degli standard occidentali, essendo totalmente autoreferenziali in quanto precedentemente poste sotto lĠautoritˆ dellĠestablishment al potere, anzichŽ di Parlamenti o Governi democraticamente eletti. Tale linea programmatica  stata formalizzata nella ÒDichiarazione di ViennaÓ del Comitato dei Ministri del 9 ottobre 1993. entrambi i modelli, a volte uno di fianco allĠaltro, nello stesso Paese. (É) Nella situazione attuale e nel pieno rispetto della storia e delle tradizioni degli Stati membri, il presente articolo si limita a dichiarare che le funzioni di polizia in seno alla societˆ civile siano esse svolte da una Forza di polizia ad ordinamento civile o militare - devono in ultima analisi essere soggette alla responsabilitˆ delle Autoritˆ di governoÓ. Il testo ufficiale francese, a sua volta,  ancora pi esplicito nel precisare che ÒÉ les bases juridiques de la police et les fonctions quĠelle est appelŽe ˆ exercer dans une sociŽtŽ rŽglŽ par le principe de la prŽŽminence du droit, centrŽe sur le respect des droits civils et politiques des individus, diffrent Žgalement de celles des personnels militaires. On relve certaines similitudes entre les fonctions et t‰ches policires et militaires, mais les caractŽristiques de la police dŽcrites ci-dessus sont si importantes dans un Žtat de droit qu'elles doivent tre appuyŽes par tous les moyens. Le cadre organisationnel est lĠun des moyens ˆ mettre en oeuvre ˆ cette fin. Un service de police respectueux des valeurs civiles a toutes chances dĠtre le mieux ˆ mme de pratiquer un professionnalisme policier adaptŽ aux besoins de la sociŽtŽ civile. (É) Dans lĠŽtat actuel des choses, respectant lĠhistoire et les traditions des Etats membres, le prŽsent article se contente de souligner que lĠexercice des missions de police dans la sociŽtŽ civile, quĠelles soient assurŽes par des services civils ou militaires, doit tre placŽ sous la responsabilitŽ des autoritŽs civilesÓ. La norma non si riferisce invero allĠorganizzazione interna dei Corpi di polizia, bens“ -utilizzando non a caso le espressioni specifiche di Òservice de policeÓ ed Òexercice des mission de po- liceÓ - alle concrete modalitˆ di esercizio della loro attivitˆ istituzionale. (45) LĠadesione al COE degli Stati dellĠex-Patto di Varsavia inizia infatti nel 1990 (Ungheria) per concludersi nel 2001, con Armenia ed Azerbaijan. Per il COE era imprescindibile che le Forze di polizia (46) rispondessero ad Autoritˆ di governo democraticamente elette (sulle Forze deputate alla difesa esterna dello Stato non poteva invece interloquire, trattandosi di un settore escluso dal proprio Statuto), e dunque non tanto si preoccupava del loro status civile o militare, quanto piuttosto del fatto che la loro organizzazione (ovverosia la linea di comando) rispondesse ai vertici politici dello Stato seguendone le linee di indirizzo, con ci˜ collocandosi sotto la loro responsabilitˆ. Il pi volte citato art. 13, del resto, non dice in alcun punto che le Forze di polizia destinate a svolgere servizio in seno alla cd. Òsocietˆ civileÓ debbano poi anche assumere - a loro volta - un ordinamento interno di tipo civile, se del caso ÒsmilitarizzandosiÓ. Sul punto - al contrario -  lo stesso Comitato dei Ministri del COE ad evidenziare, testualmente, come la Raccomandazione in questione nulla abbia a che fare con la natura e lĠordinamento interno dei singoli Corpi di polizia, militare o civile che sia, ed anzi a riconoscere ai primi piena dignitˆ istituzionale. Sul presupposto, infatti, che le funzioni cui  tradizionalmente deputato un Esercito come apparato - ovverosia la difesa esterna dello Stato nellĠeccezionalitˆ dellĠevento bellico, in occasione del quale pu˜ essere anche prevista la sospensione delle libertˆ costituzionali - divergono profondamente da quelle al cui esercizio sono invece generalmente preposte le Forze di polizia (tutela dellĠordine e della sicurezza pubblica, nellĠordinaria quotidianitˆ e sotto la vigenza dei diritti costituzionalmente garantiti), la Raccomandazione invita gli Stati ad assicurare una piena autonomia funzionale ed operativa a queste ultime, in ragione di tale tipicitˆ professionale. Criterio del resto compatibile con i principi della CIVPOL in ambito ONU (cfr. infra), laddove la ÒcontrapposizioneÓ (con la Military Police) non riguarda la veste giuridica ed organizzativa - militare o civile - sotto la quale lĠAutoritˆ di polizia opera, bens“ il tipo di funzioni esercitate (47). Per completezza, infine, a sottolineare come il sistema europeo non tragga comunque ispirazione dalla richiamata Raccomandazione 10/2001/REC, si ricorda che della stessa viene fatta menzione solo in due atti ufficiali dellĠUE, in primis il ÒProgetto di conclusioni del Consiglio sulle norme professionali di polizia relative alla cooperazione internazionale fra gli organi di poliziaÓ, adottato in sede GAI a Bruxelles il 28 ottobre 2004 (doc. 11977/2/04 REV 2ENFOPOL 109 (48)), nel quale semplicemente si rilevava lĠopportunitˆ di ela (46) In quanto titolari - unitamente agli Eserciti - del monopolio legale dellĠuso della Forza armata allĠinterno dello Stato. (47) Non a caso la Raccomandazione, allĠart. 1, non distingue tra poliziotti e militari, ma individua le funzioni tipiche di un funzionario di polizia (militare o civile che sia) in quanto tale, evidenziandone alcuni caratteristici elementi distintivi rispetto a quelle normalmente svolte dai membri delle tradizionali Forze armate, a scopo difensivo e/o offensivo. (48) Il documento  disponibile su http://register.consilium.eu.int/pdf/en/04/st11/st11977-re02.en04.pdf. borare degli standard professionali e comportamentali minimi (relativi, in particolare, al rispetto dei diritti umani e dei principi dello Stato di diritto) cui gli operatori di polizia avrebbero dovuto conformarsi nello svolgimento di operazioni ricadenti nel limitato ambito delle competenze UE (ovverosia lĠallora ÒTerzo PilastroÓ GAI -Cooperazione transfrontaliera di polizia in campo penale): a tal fine si ipotizzava di assumere in futuro i principi enunciati nel cd. ÒCodice EticoÓ quale punto di partenza verso unĠautonoma elaborazione europea (testualmente, al p.to 7 ÒThe recommendation of the Council of Europe [2001], ÔThe European Code of Police EthicsĠ, should be a starting point for the development of police professional standards regarding international operational cooperation in the EUÓ). Ci si riferiva quindi alle sole regole di comportamento enunciate nella Raccomandazione (cd. Òpolice professional standardsÓ), e non anche allĠorganizzazione interna dei relativi Corpi, di esclusiva competenza nazionale (oggi ribadita dallĠart. 4 TUE, post-Lisbona) e del resto non considerata neppure dalla citata Raccomandazione. Lascia dunque perplessi lĠaffermazione, non meglio documentata, di parte della dottrina (49) che parla di futura ÒcomunitarizzazioneÓ di tale documento, invero mai ipotizzata dal Consiglio. Il secondo atto  invece una Risoluzione del Parlamento europeo, di poco posteriore, ÒSui progressi compiuti nel 2004 in sede di creazione di uno spazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ (8 giugno 2005), che richiama le succitate Conclusioni del Consiglio GAI manifestando lĠopportunitˆ dellĠadozione da parte dellĠUE di tali principi. Corre lĠobbligo di precisare che lĠesortazione del Parlamento europeo  rimasta lettera morta, non avendo lĠUnione Europea, allora come oggi, competenze su buona parte delle materie contenute nella Raccomandazione 10/2001/REC (non a caso, del resto, il Consiglio aveva solo timidamente parlato di principi da cui trarre spunto e comunque valevoli solo per il limitato settore nel quale lĠUnione svolgeva un ruolo autonomo, ovverosia lĠallora ÒTerzo PilastroÓ GAI). La questione non ha avuto alcun seguito. Individuati come sopra i tratti caratteristici della funzione di Òpolizia civileÓ, solo per inciso si evidenzia come - proprio in relazione allĠoggetto di questo lavoro - dal citato art. 13 potrebbe comunque trarsi un ulteriore spunto di riforma dellĠordinamento della pubblica sicurezza in Italia. Se infatti, come dice la norma, tutte le Autoritˆ di polizia devono essere egualmente subordinate alle decisioni di indirizzo politico dellĠAutoritˆ di governo - che conseguentemente assume la responsabilitˆ del loro conforme operato - ne discende che nessuna di esse dovrebbe, per contro, a sua volta (49) ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione giudiziaria e terzo pilastro del- lĠUnione Europea, Padova 2009, p. 259. partecipare, direttamente o per delega, allĠesercizio di tale potere di scelta e/o indirizzo. Diversamente argomentando, il soggetto controllato (la singola Forza di polizia) finirebbe con lĠesercitare anche funzioni di controllore (in ultima analisi, di se stesso), con evidente contraddizione dei fondamenti costituzionali dello Stato di diritto (in primis, la divisione dei poteri, nonchŽ i criteri di trasparenza ed imparzialitˆ). Questo principio rappresenta invero la chiave di volta dellĠimpianto istituzionale prefigurato dalla Raccomandazione 2001/10/REC, ribadito dalla considerazione (art. 5) che il personale di polizia  soggetto alla stessa legislazione applicabile ai comuni cittadini, con le uniche eccezioni giustificate dalla necessitˆ di assicurarne il corretto svolgimento delle funzioni, ma pur sempre allĠinterno dello Stato di diritto. Ci˜, del resto,  coerente con i principi generali del diritto amministrativo e costituzionale, che distinguono nettamente tra funzioni - ed organi - di indirizzo politico (tendenzialmente insindacabili in sede giudiziaria) e funzioni ed organi - esecutivi di queste ultime, oggetto invece di riscontro giurisdizionale di legittimitˆ. Distinzione che da ultimo ha trovato formale sanzione nei D.lgs 80/1998 e 165/01, nonchŽ nella legge 15/2009. Orbene, secondo parte della dottrina tale regola sembrerebbe mettere in discussione uno dei punti qualificanti della legge 121/81 (e parzialmente del TULPS), ovverosia lĠattribuzione della qualifica di Autoritˆ di pubblica sicurezza - con conseguenti potestˆ di valutazione ed indirizzo - non solo allĠOrgano di governo (il Ministro ed il Prefetto, questĠultimo quale ÒdelegatoÓ territoriale del primo), ma pure ai vertici di una singola Forza di polizia (il Questore - sebbene con compiti pi operativi - ed il Capo della Polizia, nel momento in cui lo stesso automaticamente riveste, per legge, anche il ruolo di Capo del Dipartimento di P.S., un organo chiaramente ausiliario e non solo esecutivo e per tale partecipe attivo delle richiamate scelte di indirizzo). D) LE FONTI NORMATIVE DELLĠUNIONE EUROPEA IN MATERIA DI PUBBLICA SICUREZZA. VERSO UN SISTEMA MULTIPOLARE ED INTEGRATO? Premesso quanto sopra dal punto di vista del diritto internazionale, si tratta adesso di verificare se il sistema giuridico/istituzionale dellĠUnione Europea in qualche modo confligga con la presenza di Corpi di polizia nazionali a status militare, privilegiando per contro quelli ad ordinamento civile. Tale tesi, talvolta sostenuta richiamando la prassi giuridica e culturale dei Paesi di area anglosassone e scandinava (nei quali vige una rigida separazione tra le funzioni di tutela interna ed esterna dello Stato ed unĠaltrettanto netta suddivisione delle relative competenze operative, con tendenziale svalutazione della componente militare), non trova in realtˆ positivo fondamento. LĠordinamento sovranazionale, in effetti, si  progressivamente evoluto secondo principi del tutto diversi, fondati, allĠopposto, sulla complementarietˆ delle attribuzioni civili e militari (oltrechŽ di pubblico soccorso) ai fini della tutela della sicurezza comune, con conseguente primato - in luogo di una rigida separatezza delle funzioni - dei cd. Òmodelli integratiÓ che propugnano invece la creazione di Forze in grado di sintetizzare diverse capacitˆ operative e gestionali, nellĠambito della medesima linea di comando. In tale contesto, come vedremo, il modello fatto proprio dallĠUnione Europea (di tipo ÒolisticoÓ) espressamente esalta le cd. ÒForze ibrideÓ civili/militari (tra cui, in primo luogo, proprio i Corpi di gendarmeria) in ragione della loro tipica capacitˆ di operare, con perfetta fungibilitˆ, sia in contesti militari che civili, anche contemporaneamente. Quanto sopra, peraltro, non deroga al principio fondamentale - di portata costituzionale - per cui il legislatore europeo non pu˜ in alcun caso dettare regole in materia di organizzazione interna dellĠAmministrazione di P.S. (o di polizia) dei singoli Stati membri: nonostante ci˜, per˜, appare comunque opportuno chiedersi se dalle fonti dettate nei settori PESC/PSDC/FSJ si possano trarre dei principi generali di orientamento ed indirizzo, in virt del fatto che -pur nella naturale separatezza degli ordinamenti sovranazionale e statuale (attesa la diversitˆ di funzioni ed il diverso livello di intervento (50)) - gli Stati membri sono pur sempre chiamati a contribuire, con risorse materiali e provvedimenti normativi, allĠimplementazione delle politiche dellĠUnione (51) e nel fare ci˜ devono conformarsi al principio di leale collaborazione ex art. 4 comma terzo TUE, evitando di assumere decisioni che nuocciano o comunque ostacolino il raggiungimento degli obiettivi di questĠultima. (50) Il principio di separatezza tra lĠordinamento nazionale e quello comunitario - ognuno autonomo e competente nei propri ambiti di intervento, cos“ come individuati dai Trattati istitutivi CEE/UE -  stato riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale a partire dalla sentenza 8 giugno 1984, n. 170 (Granital), con la conseguente prevalenza, nei settori ivi devoluti alla competenza sopranazionale, alle regole recate dagli atti comunitari (ove dotati di immediata efficacia diretta) rispetto alle disposizioni della legge nazionale confliggenti, le quali per˜ non vengono abrogate, ma rimangono semplicemente ÒquiescentiÓ per tutto il periodo di vigenza della norma europea. Ancora di recente la tesi della separatezza sembra essere stata ripresa dalla Corte di Cassazione, con sent. 22 marzo 2012 n. 4538. (51) Questione diversa  il fenomeno di ÒeuropeizzazioneÓ delle politiche interne di sicurezza dei singoli Stati, dovuto allĠinterscambio di metodologie ed esperienze operative tra i competenti organismi tecnici dei singoli Stati (interscambio favorito dalle politiche dellĠUnione, che a tal fine si avvale anche di organismi strumentali quali FRONTEX, EUROJUST, CEPOL ed EUROPOL), come pure allĠopera di collaborazione e di limitato coordinamento intergovernativo in seno al Consiglio UE (per il tramite, soprattutto, di articolazioni strumentali come il COSI - cfr. infra). In argomento si vedano CHEVALIER-GOVERS, LĠeuropŽanisation de la politique de sŽcuritŽ interieure, in OBERDORFF (a cura di), LĠeuropŽanisation des politiques publiques, Grenoble 2008, pp. 85 ss., nonchŽ RADAELLI, EuropŽanisation, in AA.VV., Dictionnaire des politiques publiques, Paris 2006, pp. 193 ss.. Tale nozione viene comunque spesso utilizzata in modo improprio, nellĠambito di contributi pi vagamente politologici e/o sociologici. In questi termini - pur nellĠassoluta libertˆ di strutturarsi nel modo ritenuto pi opportuno - dovrˆ ritenersi coerente e razionale lĠadozione di un assetto organizzativo interno in grado di meglio rapportarsi (anche per omogeneitˆ di metodo) con le politiche dellĠUnione in tema di sicurezza e difesa (o, per meglio dire, di sicurezza ÒinternaÓ ed ÒesternaÓ). Prima di affrontare tale questione  per˜ doveroso sgomberare il campo da unĠultima problematica, relativa alla cd. ÒpluralitˆÓ delle Forze di polizia, tema sul quale si riscontrano sovente opinioni poco rigorose; in particolare,  diffusa lĠidea secondo cui lo standard europeo ed internazionale sarebbe di uno - al massimo due Corpi a carattere generale o specializzato per Stato, laddove il sistema italiano rappresenterebbe unĠanomalia (anche in termini di costi) avendone ben cinque, oltre alle varie polizie municipali. Si tratta, in realtˆ, di affermazioni prive di pregio. Al riguardo, occorre puntualizzare due cose: 1) da un lato, non ha alcun fondamento giuridico lĠidea secondo cui lĠUnione Europea (o altro organismo internazionale) potrebbe fissare ÒstandardsÓ operativi od ordinamentali circa lĠorganizzazione delle Forze di polizia nazionali (o, pi in generale, in materia di pubblica sicurezza), ovvero che le Istituzioni dellĠUnione (priva, come si  detto, di competenze in materia) possano anche solo ÒsuggerireÓ accorpamenti o riduzioni di Corpi od organici, ovvero interloquire in materia di allocazione delle spese. Storicamente, del resto, giˆ il Trattato istitutivo della CED (Comunitˆ Europea di Difesa - cfr. retro), fonte giuridica che pi di ogni altra avrebbe potuto espropriare gli Stati membri della propria sovranitˆ in materia di uso della forza (e proprio per questo mai entrata in vigore), era estremamente chiaro sul punto (52). 2) DallĠaltro, se si intende giˆ solo operare un raffronto ideale tra le diverse realtˆ del Continente, emerge con ogni evidenza che si  in presenza di un banale luogo comune, dovuto ad una scorretta informazione riconducibile, probabilmente, allĠassenza di un criterio omogeneo di rilevazione (emblematica  una recente indagine di EUROPOL). Va infatti evidenziato che almeno due delle cinque Forze di polizia attribuite allĠItalia - la Polizia Penitenziaria ed il Corpo Forestale - a livello internazionale non verrebbero ricondotte in tale ambito, e dunque escluse dal computo. Sotto questo profilo lĠItalia  dunque, in realtˆ, uno degli Stati pi ÒvirtuosiÓ. é appena il caso di ricordare, infatti, che proprio gli Stati europei tradizionalmente indicati come modelli di semplificazione (in primis, Gran Breta (52) LĠart. 11 del Trattato (avente ad oggetto la creazione di un Esercito comune europeo), precisava infatti che ÒDes Forces de police et de gendarmerie, exclusivement prŽposŽes au maintien del'ordre intŽrieur, peuvent tre recrutŽes et entretenues au sein des ƒtats membres. Le caractre national de ces Forces nĠest pas affectŽ par le prŽsent TraitŽÓ. La norma ribadiva due concetti fondamentali: la natura di Forza di polizia a tutti gli effetti dei Corpi di gendarmeria e lĠimpossibilitˆ per lĠorganizzazione sovranazionale di incidervi normativamente. gna e Germania) hanno in realtˆ il pi alto numero di Forze di polizia autonome, spesso non coordinate tra loro (53). (53) Si pensi, in primis, al caso della Germania, generalmente accreditata - nelle convinzioni dei pi - di un solo Corpo di polizia a competenza generale, ma nella realtˆ disponente di circa una trentina di essi, oltre alle Forze di polizia municipali: qui lĠordinamento costituzionale assegna non allo Stato federale, bens“ ai singoli LŠnder (16 in tutto) le competenze generali in materia di polizia, s“ che ogni Land dispone di almeno una Forza di polizia autonoma (Landespolizei) rispetto a quelle degli altri Stati federati ed a quelle federali, che a loro volta sono tre (lĠoriginaria Bundesgrenzschutz [Polizia di frontiera -avente anche funzioni di Guardia costiera - sino al 1976 a statuto militare e recentemente confluita nella Bundespolizei], la Bundeskriminalamt [Polizia criminale federale - BKA] e la pi piccola ÒPolizia del ParlamentoÓ [Polizei beim Deutschen Bundestag - Polizei DBT], presente solo a Berlino, il cui fondamento giuridico riposa nientemeno che su una disposizione costituzionale, lĠart. 40 par. 2 GG. Ad esse andrebbe per˜ aggiunta anche la Polizia dognale [Zollkriminalamt], Corpo autonomo dipendente dal Ministero federale delle Finanze). UnĠelencazione analitica delle Forze si trova sul portale istituzionale http://www.polizei.de. Ciascun Land ha inoltre un proprio Codice normativo che individua lĠorganizzazione ed i compiti delle rispettive Forze di polizia generaliste (Landespolizeigesetz o Sicherheits- und Ordnungsgesetz): negli anni Sessanta venne avanzata la proposta di creare un singolo ÒCodice di poliziaÓ uniformato per tutta la Federazione tedesca (Allgemeines Polizeigesetz), ma a tale progetto non fece poi seguito alcun intervento concreto. Va poi ricordato che generalmente ogni Land possiede altres“ una propria Polizia criminale (Landeskriminalamt - LKA), con cui la BKA federale ha lĠobbligo di cooperare; a ci˜ si aggiunga, infine, che pure le Unitˆ speciali di polizia (Sondereinsatzkommandos) e le Unitˆ mobili di controllo (Mobile Einsatzkommandos) sono organizzate e gestite in maniera autonoma e differente in ciascun Stato federato. Il tutto, come anticipato, senza tener conto delle varie polizie municipali (istituite nella RFT negli anni Ô70), poichŽ prive di competenze di P.S. In Gran Bretagna lĠorganizzazione di polizia  ancor pi complessa, comportando pi di 50 diversi Corpi e differendo da Stato a Stato anche sotto il profilo della base legale (comĠ noto, lĠUK  unĠunione di 4 Stati con propri Parlamenti: Inghilterra, Scozia, Galles ed Ulster): trovano infatti applicazione i Police Act del 1996 e 1997, il Police (Scotland) Act del 1967, il Police and Magistrates Court Act del 1994, il Police Reform Act del 2002, nonchŽ i Police Acts (Northern Ireland) del 2000 e 2003. La situazione  ben compendiata dalla recente Joint Doctrine Publication 02 (settembre 2007) del Ministero della Difesa britannico, il cui Cap. 9 (significativamente titolato ÒCivilian OrganisationsÓ, dal momento che il Regno Unito  con le regioni scandinave lĠunica area dĠEuropa a non aver mai posseduto una Forza di gendarmeria) elenca, dal par. 904 in poi, le innumerevoli Forze di polizia autonome operanti su un territorio di circa 230.000 km.:cfr.https://www.gov.uk/government/publications/operations-in-the-uk-the-defencecontribution- to-resilience. In Inghilterra vi  generalmente un Corpo di Police per Contea (salva la Metropolitan Police londinese, a sŽ stante), in Scozia e Galles ve nĠ uno per distretto (in tutto 12), in Ulster uno soltanto (la PSNI, statale). A quanto sopra vanno poi aggiunte la Serious Organized Crime Agency (Forza di polizia interstatale per la lotta al crimine organizzato, dipendente dal Ministero dellĠInterno: in Scozia vi  invece lĠautonoma e similare Scottish Crime and Drug Enforcement Agency - SCDEA), la British Transport Police (Polizia Ferroviaria interstatale, dipendente dallĠautonoma British Transport Police Authority) e la Civil Nuclear Constabulary. Infine, allĠelenco vanno aggiunte le Provincial Police Forces di Inghilterra e Galles (che si sommano alle 48 ÒstataliÓ giˆ presenti in tali regioni). Il tutto dovrebbe trovare un qualche coordinamento in seno al Police National Information and Coordination Centre (PNICC), a sua volta per˜ duplicato, in Scozia, nel S-PICC (Scottish Police Information and Coordination Centre). Si collocano infine in posizione del tutto autonoma la States of Jersey Police, la Guernsey Police Force e la Isle of Man Constabulary. Tanto per dare unĠidea, a fronte di una realtˆ cos“ parcellizzata il Governo britannico si  significativamente avvalso di corsi di formazione sul coordinamento tenuti proprio in Italia, presso il Dipartimento della P.S. A confutare lĠidea che lĠItalia sia agli ultimi posti in Europa quanto a razionalitˆ delle strutture operative di polizia, va ricordato che giˆ solo in Spagna vi sono cinque Corpi (ai due nazionali vanno infatti aggiunte Va inoltre precisato che dalla nozione di ÒForze di poliziaÓ vengono esclusi i Corpi di polizia municipale, in quanto destinatari, ex lege, solo di competenze di natura amministrativa (notifiche, rilevazioni, etc.) e pertanto non partecipi, in linea di principio, delle funzioni di P.S. Ci˜ premesso, tornando ai settori-chiave della Òsicurezza internaÓ ed ÒesternaÓ, lĠorientamento pi risalente continua a considerarli realtˆ separate ed autonome, oggetto pertanto di distinti approcci operativi e di metodo (54). Storicamente, tale orientamento attinge al dogmatismo ottocentesco (55) secondo cui i militari andavano ristretti in Caserma per evitare che venissero a contatto con la popolazione civile, pena una pericolosa confusione dei ruoli; in termini operativi ne discende una rigida divisione per ambiti di competenza, intesa come esclusiva, tra i due settori della sicurezza e soprattutto tra gli attori che vi operano (le Forze di polizia ed il personale delle Forze armate in primis, ma a rigore pure gli operatori del soccorso pubblico, il personale di magistra almeno le tre Forze autonome di Euskadi, Catalunya e Navarra), tre in Portogallo, Lettonia, Francia (Police, Gendarmerie e Polizia Doganale), Bulgaria (Polizia civile, Gendarmeria e Polizia di frontiera), Finlandia, San Marino (Gendarmeria, Corpo di Polizia Civile e Protezione Civile, nonchŽ Nucleo Uniformato della Guardia di Rocca), Olanda ed Estonia, sette in Lituania (inclusa la gendarmeria ed, eccezionalmente, la Polizia penitenziaria), due in Irlanda, Slovacchia, Austria e Rep. Ceca, quattro in Romania e Svezia (oltre alla Polizia nazionale, lĠEkobrottsmyndigheten, la Kustbevakningen e la Tullverket), etc. La Polonia, tradizionalmente accreditata di unĠunica Forza centralizzata di polizia (la Policja), in realtˆ presenta una struttura pi articolata delle Forze di pubblica sicurezza, come rilevato anche nei report di EUROPOL: i Corpi civili (escluse quindi la .andarmeria Wojskowa e la Stra. Ochrony Kolei) con attribuzioni di pubblica sicurezza sono infatti sette, tra i quali viene eccezionalmente inclusa la Polizia penitenziaria. La Svizzera, infine, dispone di ben 26 polizie cantonali (strutturate secondo il modello delle gendarmerie, non subordinate alle Autoritˆ federali ma facenti capo ai Dipartimenti di polizia dei rispettivi Cantoni), 76 Forze di polizia regionali (del pari autonome), un Corpo della Guardia di confine ed unĠunitˆ di Polizia federale: per unĠintroduzione, si veda il portale http://polizei.ch/it. Salve le menzionate eccezioni, in nessuno di questi casi vengono computati gli organici dellĠAmministrazione penitenziaria o quelli dei servizi amministrativi: applicando quindi allĠItalia gli standard internazionali, delle cinque Forze di P.S. individuate dalla legge 121/81 rimarrebbero con sicurezza le due ÒstoricheÓ a carattere generalista (pi incerta la posizione della terza, stanti le prevalenti attribuzioni amministrative ed il marginale rilievo delle capacitˆ di pubblica sicurezza), ovverosia i Carabinieri e la Polizia di Stato, e con esse la qualifica di Stato tra quelli con minor numero di Forze in campo. Un essenziale panorama descrittivo delle Forze di polizia negli Stati europei (con relative competenze)  reperibile sia sul portale istituzionale dellĠOSCE (allĠindirizzo http://polis.osce.org/countries, aggiornato al 2006), sia su quello di EUROPOL (https://www.europol.europa.eu/content/page/memberstates- 131). (54) Secondo lĠimpostazione tradizionale, oggi superata dallĠevoluzione normativa, le prime sarebbero riconducibili al cd. Diritto di polizia - TULPS ed altre leggi speciali - mentre le seconde atterrebbero alla Dottrina militare. (55) In argomento si veda GOOCH, Esercito, Stato e societˆ in Italia 1870-1915, Milano 1989. Spunti si rinvengono nella letteratura anglosassone (cui  tradizionalmente estranea lĠidea di una Forza militare che eserciti funzioni dirette in seno alla societˆ civile) e negli studi della cd. ÒScuola di CopenhagenÓ: su questĠultimo punto, cfr. MARCZUK, The Third Option. Carabinieri / Gendarmerie like forces in selected Mediterranean Countries, Warszawa 2007, pp. 64 ss. (che confuta lĠapproccio sociologico favorevole alla de-militarizzazione del comparto sicurezza, tra cui BUZAN, Rethinking Security after the Cold War, in Cooperation and Conflict vol. 32, n. 1/1997, pp. 5 ss.). tura, etc.), impostazione che ancor oggi largamente informa il TULPS ed in certa misura la legge 121/81. Una segmentazione che per˜ appare sempre pi obsoleta ed inconciliabile con il modello integrato cui si informa la normativa dellĠUnione Europea in materia di sicurezza e cooperazione transfrontaliera. Nel settore della pubblica sicurezza, infatti, lĠUE si  dotata da tempo di alcune fonti giuridiche di riferimento nelle quali sono state tracciate le principali linee-guida della materia: da ultimo, nella sessione del 25 e 26 febbraio 2010, il Consiglio (nella composizione ÒGiustizia ed affari interniÓ, in materia di cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri),  stato adottato un atto formale (56) relativo a sicurezza ed ordine pubblico ÒinterniÓ allo Spazio Comune europeo, dal titolo ÒStrategia di sicurezza interna per lĠUnione Europea. Verso un modello di sicurezza europeoÓ. Tale provvedimento  stato successivamente approvato dal Consiglio Europeo del 25 e 26 marzo 2010, in quanto Istituzione deputata a definire le linee- guida delle politiche europee (il cd. Òindirizzo politicoÓ): in esso viene definita la strategia in materia di sicurezza interna dellĠUnione, che cos“ completa il percorso iniziato il 12 dicembre 2003 con la pubblicazione delle linee-guida sulla sicurezza ÒesternaÓ. Dopo aver ribadito che tale strategia non  Òintesa di per sŽ a creare nuove competenze, bens“ ad integrare le strategie e gli approcci concettuali esistenti e a riconoscere il quadro del programma di StoccolmaÓ (57), nel cui ambito viene (56) Doc. 5842/2/10 REV 2 JAI 90 del 23 febbraio 2010, pubblicato sul portale istituzionale http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsdata/librairie/PDF/QC3010313ITC.pdf. Per unĠintroduzione si veda WESSELS-BOPP, The Institutional Architecture of CFSP after the Lisbon Treaty - Constitutional breakthrough or challenges ahead?, Brussels (CEPS) 2008. (57) Il vigente ÒProgramma di StoccolmaÓ (pubblicato su GUCE n. C-115 del 4 maggio 2010, pp. 0001 - 0038) stabilisce unĠagenda per lĠUnione Europea in materia di giustizia, libertˆ e sicurezza per il periodo 2010-2014, delineando le prioritˆ dellĠUnione per la realizzazione dello spazio di libertˆ, sicurezza e giustizia di cui al recente Trattato di Lisbona. QuestĠultimo, come  noto, in materia di cooperazione transfrontaliera tra le Forze di polizia europee (odierno settore FSJ) ha rimosso il precedente ÒTerzo PilastroÓ dellĠUE (cd. GAI) ed esteso anche a tale settore, almeno in linea di principio, il Òmetodo comunitarioÓ, con la conseguenza che le Istituzioni europee potranno ivi adottare regolamenti e direttive. La procedura legislativa ordinaria  estesa a tutti gli aspetti non operativi della cooperazione di polizia (per la cooperazione operativa farˆ invece riferimento ad una procedura legislativa speciale che richiederˆ lĠunanimitˆ del Consiglio: in ci˜ il settore FSJ si differenza dalla PESC, per la quale lĠart. 24 TUE esclude comunque il ricorso alla procedura legislativa). Tuttavia il Trattato di Lisbona prevede anche la possibilitˆ di istituire delle cooperazioni rafforzate (nel cui ambito, secondo alcuni, potrebbe comprendersi anche lĠEUROGENDFOR - cfr. infra - riservata alle Forze di polizia ad ordinamento militare e sinora impiegata soprattutto per le missioni allĠestero, sebbene il suo Statuto non preveda alcun limite al riguardo), qualora non si raggiunga l'unanimitˆ del Consiglio. Il Trattato di Lisbona ipotizza inoltre un progressivo rafforzamento del ruolo di raccordo del cd. ÒUfficio Europeo di PoliziaÓ (EUROPOL), autorizzando Consiglio e Parlamento ad estenderne i settori di intervento (cos“ come per EUROJUST), secondo la procedura legislativa ordinaria. Attualmente EUROPOL persegue il fine di promuovere la cooperazione tra le Autoritˆ di PG e PS degli Stati membri, tramite una serie di scambi formativi e lĠimplementazione di una Òbanca datiÓ condivisa delle Forze di polizia dei Paesi UE); il Trattato di Lisbona precisa, a tal riguardo, che gli eventuali nuovi compiti potranno includere il coordinamento, lĠorganizzazione e la realizzazione di interventi operativi, definitivamente chiarita ÒlĠinterdipendenza tra sicurezza interna ed esterna nel definire un approccio di "sicurezza globale" con i paesi terziÓ, il Consiglio ricorda (pag. 10) che ÒQuello della sicurezza interna  un concetto che va inteso in senso ampio e articolato e che abbraccia molteplici settori per fronteggiare tali gravi minacce ed altre ancora che hanno unĠincidenza diretta sulla vita, la sicurezza e il benessere dei cittadini, fra cui le catastrofi naturali e di origine umana quali incendi boschivi, terremoti, inondazioni e tempeste. La cooperazione tra autoritˆ di contrasto e autoritˆ di frontiera, autoritˆ giudiziarie e altri servizi dei settori, ad esempio, sanitario, sociale e della protezione civile riveste unĠimportanza essenziale. La strategia di sicurezza interna dellĠEuropa deve sfruttare le potenziali sinergie che esistono nel campo della cooperazione tra autoritˆ di contrasto, della gestione integrata delle frontiere e dei sistemi di giustizia penale. Tali ambiti di attivitˆ nello spazio europeo di libertˆ, sicurezza e giustizia sono di fatto inscindibili: la strategia di sicurezzainterna ne deve assicurare lĠintegrazione e il rafforzamento reciprociÓ. Le linee-guida del 2010 enucleano il principio-chiave del vigente modello di pubblica sicurezza europea, imprescindibile nella ricerca di un Òmodello ottimale di sicurezzaÓ per lĠipotesi di eventuali riforme nazionali: la Òsicurezza internaÓ non solo  un settore reticolare e multidisciplinare (cio coinvolgente, in diversi livelli e momenti, una pluralitˆ di strutture ed operatori) ma non  neppure scindibile dalle parallele politiche di sicurezza ÒesternaÓ (tradizionalmente devolute allĠattivitˆ delle sole Forze armate). Ad avviso del Consiglio, infatti, Òla presente strategia É definisce un modello di sicurezza europeo che annovera strumenti comuni e i seguenti impegni: É rafforzare lĠinterdipendenza tra sicurezza interna ed esternaÓ. Il principio-cardine dellĠinterdisciplinaritˆ delle politiche di sicurezza viene riaffermato al par. IX delle linee-guida per il periodo 2010-2014 (58), dove si legge (al par. ÒDimensione esterna della sicurezza interna/cooperazione con paesi terziÓ) che ÒNon pu˜ esistere un concetto di sicurezza interna senza unadimensione esterna, poichŽ sempre pi la sicurezza interna dipende in ampiamisura dalla sicurezza esterna. La cooperazione internazionale, sia bilaterale che multilaterale, da parte dellĠUE degli Stati membri  essenziale al fine di garantire la sicurezza, proteggere i diritti dei nostri cittadini e promuovere la sicurezza e il rispetto dei diritti allĠestero. Le politiche dellĠUE per quanto riguarda i paesi terzi devono tener conto della sicurezza quale fattore chiave e sviluppare meccanismi di coordinamento tra la politica di sicurezza e altre po- ai quali per˜ il personale dellĠAgenzia UE non potrˆ mai prendere parte, stante lĠesclusiva competenza delle Forze nazionali in tale materia. Il Programma di Stoccolma viene attuato mediante un Òpiano dĠazioneÓ oggetto di preventiva concertazione tra le parti e disposto dalla Commissione Europea [attualmente la COM(2010) 171 def., non pubblicato in GUCE ma scaricabile online dal portale istituzionale http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52010DC0171:IT:NOT]. (58) Pubblicate su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st07/st07120.it10.pdf. litiche correlate, quali la politica estera, nel cui ambito  sempre pi necessario tener conto dellĠaspetto "sicurezza" in un approccio integrato e proattivoÓ. Ed ancora: Òé pertanto necessario rafforzare ulteriormente la cooperazione con il settore della politica comune europea in materia di sicurezza e di difesa, in particolare tra le agenzie dellĠUE e le rispettive missioni. ƒ altres“ molto importante intensificare la partecipazione delle agenzie preposte all'applicazione della legge e degli organismi che operano nel settore della liberta, della sicurezza e della giustizia in tutte le fasi delle missioni incaricate della gestione civile delle crisi, di modo che possano svolgere un ruolonella risoluzione dei conflitti cooperando con tutti gli altri servizi operanti sul terreno (servizi militari, diplomatici, di emergenza, etc.). É In questo contesto, la strategia di sicurezza interna costituisce un complemento indispensabile della strategia di sicurezza dellĠUE sviluppata nel 2003 nellĠambito della politica di sicurezza e difesa dellĠUE nel far fronte a rischi e minacce globali e impegnarsi a favore dello sviluppo sociale, politico ed economico della societˆ globalizzata quale modo pi efficace per ottenere una sicurezza effettiva e duraturaÓ. Cooperazione, dunque molteplicitˆ di attori e competenze, secondo il classico approccio ÒreticolareÓ e ÒsussidiarioÓ tipico delle politiche dellĠUnione (59). In questĠottica, agli Stati membri viene affidato il compito di Òadoperarsi costantemente per sviluppare strumenti affinchŽ le frontiere nazionali, le diverse legislazioni, le lingue e i modus operandi differenti non siano d'ostacolo ai progressi nella prevenzione della criminalitˆ transfrontalieraÓ, laddove ÒIl Trattato di Lisbona ha istituito il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (COSI) al fine di assicurare un coordinamento e una cooperazione efficaci tra le autoritˆ di contrasto e di gestione delle frontiere, compreso il controllo e la protezione delle frontiere esterne, e se opportuno una cooperazione giudiziaria in materia penale che riguarda la cooperazione operativaÓ. LĠintervento del legislatore comunitario, quindi, ha carattere sussidiario, giustificandosi solo laddove, per ampiezza e specificitˆ transnazionali del fenomeno criminoso, non sia pi solo in gioco la sicurezza interna dello Stato (materia nella quale non  consentita alcuna ingerenza sovranazionale), ma vengano direttamente messi a rischio gli stessi interessi dellĠUnione. A conferma di ci˜ viene ribadito che lo spazio di intervento dellĠUE  circoscritto al settore della cooperazione tra gli organi nazionali e quelli europei (o di altri Stati - pag. 22), che per˜ prende corpo solo in presenza di illeciti transnazionali: esclusivamente a fronte di tali presupposti, dun (59) SullĠapproccio integrato e complementare alle politiche di sicurezza UE allĠindomani del Consiglio di Feira (1999), cfr. PASTORE, Reconciling the PrinceĠs Two ÔArmsĠ: Internal-External Policy Coordination, Paris UEO 2001. que, ÒLa Corte di Giustizia europea diventa pienamente competente (60) in tale ambito (eccettuato per quanto riguarda lĠordine pubblico internoe le responsabilitˆ in materia di sicurezza degli Stati membri)Ó. Nei settori dellĠordine pubblico e della sicurezza interni agli Stati la Corte di Giustizia - cos“ come gli altri Organi dellĠUE - non ha invece alcun potere di intervento, poichŽ estranei alla sua sfera di attribuzioni. La netta divisione in materia di competenze e ruoli tra le Istituzioni dellĠUE e gli Stati, altro non  che la trasposizione del principio espresso allĠart. 4, comma secondo del TUE (testo avente uno specifico valore ÒcostituzionaleÓ), a mente del quale: ÒL'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai Trattati e la loro identitˆ nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integritˆ territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membroÓ. La necessitˆ di implementare tra loro, strutturalmente, le politiche di sicurezza interna ed esterna (fermo restando il principio secondo cui ÒÉ la salvaguardia della legge, dellĠordine pubblico e della sicurezza interna, ambito in cui rientrano lĠorganizzazione e la gestione della polizia, sono esclusivamente di competenza degli Stati membriÓ (61)) era giˆ stata espressa, seppur con minor incisivitˆ, nelle linee-guida UE in materia di Òsicurezza esternaÓ del 12 dicembre 2003. Tale documento (titolato ÒUnĠEuropa sicura in un mondo migliore - Strategia europea in materia di sicurezzaÓ) dava infatti particolare rilievo (62) agli interventi militari allĠestero, pur non escludendo lĠopportunitˆ di azioni strutturate su pi livelli. (60) La tesi di una sopravvenuta competenza generale della Corte di Giustizia (a voler intendere in tal senso lĠespressione ÒpienamenteÓ utilizzata dal Consiglio), oltre che ne settore FSJ (pur con temperamenti), anche in materia di PESC non  invece corretta, poichŽ contraddirebbe lĠesplicita esclusione di cui agli artt. 24 TUE e 274 TFUE (cfr. retro). (61) Come ricordato giˆ nel 2003 dalla Commissione Europea in una risposta (pubblicata su GUCE C51 E/114 del 26 febbraio 2004) allĠinterrogazione scritta P-1603-03. (62) Non si tratta, in ogni caso, di un testo di Dottrina militare: lĠinvio di contingenti allĠestero, infatti,  considerato uno strumento con il quale contrastare allĠorigine una serie di gravi minacce esterne che si potrebbero ripercuotere sulla sicurezza interna dellĠUnione. Del resto era giˆ noto il principio (approfondito nelle linee-guida del 2010) per cui ÒContrariamente alla minaccia visibile e imponente della guerra fredda, nessuna delle nuove minacce  di natura puramente militare, nŽ alcuna di esse pu˜ essere affrontata con mezzi solamente militari. Ciascuna di esse richiede invece una combinazione di strumenti. (É) Per la lotta al terrorismo pu˜ essere necessario combinare intelligence, mezzi di polizia, giudiziari, militari e di altro genere. (É) LĠuso sistematico di strumenti comuni e condivisi ridurrebbe le duplicazioni, le spese generali e, a medio termine, aumenterebbe le capacitˆ. In quasi tutti i principali interventi, lĠefficienza militare  stata seguita dal caos civile. Abbiamo bisogno di una maggiore capacitˆ di utilizzare le risorse civili nelle situazioni di crisi e post-crisiÓ. Il modello formalizzato nel 2010 non smentisce nŽ supera le precedenti linee strategiche del 2003, ma ne completa la portata, formalizzando un quadro di sempre pi marcata cooperazione (e talvolta cogestione) tra le diverse capacitˆ operative del settore ÒsicurezzaÓ, ponendo in particolare evidenza la stretta complementaritˆ tra quelle (difensive e non solo) cui ordinariamente attendono le Forze armate stricto sensu intese e quelle di polizia ÒcivileÓ, delle quali viene soprattutto valorizzata la funzionalitˆ al quotidiano mantenimento della pace sociale. Contraddicendo il risalente orientamento dottrinale che descrive il confronto tra Forze armate e Forze di polizia in termini di separatezza, se non di vera e propria rivalitˆ e/o inconciliabilitˆ, il modello funzionale europeo evidenza come si tratti, in realtˆ, di due aspetti della stessa realtˆ (63). Ci˜ che conta, per il legislatore UE, non  infatti lĠassetto organizzativo della singola Forza, ma ci˜ che essa  realmente in grado di fare e soprattutto -come vedremo - la sua capacitˆ di adattarsi ai diversi contesti di intervento (civile, militare, di emergenza, etc.) senza apprezzabile soluzione di continuitˆ. In questi termini, lĠUnione opta dichiaratamente per un approccio funzionale che privilegia le capacitˆ integrate e multipolari, in luogo di (pi o meno) inefficaci segmentazioni di settore. Non vi  dunque, nel sistema giuridico dellĠUnione Europea, alcun ostacolo a che le funzioni di pubblica sicurezza (o, pi in generale, di polizia ÒcivileÓ) vengano esercitate da una Forza militare, come del resto emerge dalle fonti legislative UE aventi indirettamente (64) ad oggetto proprio lĠassetto organizzativo di tali realtˆ istituzionali. In tali circostanze, infatti, la normativa dellĠUE non contrappone le Forze armate a quelle di polizia, ma distingue fra tradizionali funzioni delle FF.AA. e funzioni di polizia, etc. Esempio pu˜ trarsi dalla Direttiva 2000/78/CE del Consiglio (in data 27 novembre 2000 (65)), avente ad oggetto la paritˆ di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, il cui 18Ħ Considerando, nellĠindividuare i destinatari di una particolare deroga normativa, non fa riferimento ad unĠipotetica categoria omogenea ÒForze di poliziaÓ contrapposta alle Forze armate in precedenza menzionate, ma pi correttamente parla di Òservizi di poliziaÓ: que (63) Per uno studio complessivo della materia, non si possono non richiamare GRECO-PIROZZISILVESTRI (a cura di), LĠUnione Europea e la gestione delle crisi. Istituzioni e capacitˆ, IAI Roma 2010. (64) Il riferimento  solo indiretto poichŽ, come giˆ detto, lĠUE non ha titolo ad interloquire sullĠorganizzazione delle Forze armate o di polizia dei singoli Stati membri, riservata alla competenza domestica. (65) In GUCE L-303 del 2 dicembre 2000, pp. 16 ss. La norma cos“ recita: ÒLa presente direttiva non pu˜ avere lĠeffetto di costringere le Forze armate nonchŽ i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari per svolgere lĠinsieme delle funzioni che possono essere chiamate ad esercitare ÉÓ. La precisazione  ripetuta allĠart. 15 della Direttiva. Nella versione francese analogamente si legge Òles Forces armŽes ainsi que les services de police, pŽnitentiaires ou de secoursÓ, cos“ come in quella inglese: Òthe armed Forces and the police, prison or emergency servicesÓ. sti ultimi, dunque, a differenza di una Forza armata (individuabile per caratteristiche oggettive ed intrinseche quali la sua peculiare struttura organizzativa e disciplinare, etc.) si caratterizzano esclusivamente per le funzioni esercitate e non anche per un particolare assetto organizzativo interno ovvero in ragione dello status giuridico (civile o militare, o altro) del relativo personale. Premesso quanto sopra, se tale  lĠobiettivo (ed il metodo) cui progressivamente tende lĠintero sistema della pubblica sicurezza dellĠUnione, viene da chiedersi quale potrebbe essere lĠassetto organizzativo ottimale di una Forza di polizia nazionale (ovvero, di un sistema interno di P.S.) ai fini di un miglior dialogo con gli organi sovranazionali preposti allĠattuazione di tali politiche. Trattasi, peraltro, di una valutazione ideale, dal momento che, come in precedenza giˆ detto, lĠUE non ha alcuna diretta competenza in materia. Occorre ricordare, al riguardo, che lĠordinamento dellĠUnione trae in gran parte spunto dalle soluzioni istituzionali adottate nei vari Stati membri, o gruppi di essi, ove ritenute pi funzionali di altre al perseguimento di determinati obiettivi. Sotto questo punto di vista, non  casuale che la maggior parte dei Paesi UE membri del Ògruppo G6Ó (da non confondersi con lĠomologo ÒclubÓ delle sei economie pi sviluppate del pianeta, oggi peraltro superato dai summit ÒG8Ó e ÒG20Ó (66)) adotti il modello del cd. Òdoppio binarioÓ nella gestione della pubblica sicurezza, mettendo in campo sia Corpi di polizia ÒtradizionaliÓ, sia articolate Forze di gendarmeria. Queste ultime sono presenti da lungo tempo anche in altri Stati del- lĠUnione (ad es. Paesi Bassi e Portogallo (67)), ed  significativo che tale modello si sia notevolmente sviluppato negli ultimi venti anni, di pari passo con la transizione dei Paesi dellĠex blocco sovietico verso regimi politici demo (66) Del gruppo del G6 europeo, ricomprendente gli Stati dellĠUnione pi popolati (e dunque con maggior numero di voti a disposizione in Parlamento e Consiglio), fanno parte, nellĠordine, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Polonia: di questi, solo Germania e Gran Bretagna sono sprovvisti di Forze di gendarmeria. Va comunque precisato che la gendarmeria polacca, pur dopo lĠingresso della Polonia in EUROGENDFOR come Partner nel 2007, opera quale Corpo (strumentale) dellĠEsercito, non essendole state ancora attribuite generali competenze di polizia civile. Per essa, infatti, continua ad applicarsi lĠart. 18/a del Testo Unico del 6 aprile 1990 (cd. ÒPolice ActÓ, il cui testo consolidato  reperibile su http://www.policja.pl/ftp/pliki/police_act.pdf), in base al quale la polizia militare pu˜ essere utilizzata a supporto di quella civile nei casi in cui la stessa non sia in grado di far fronte a gravi problemi di ordine pubblico (regola che peraltro  venuta attenuandosi nella prassi, stante il sempre pi frequente uso di pattuglie della gendarmeria a presidio della sicurezza nei maggiori centri urbani del Paese). Anche nel sistema polacco trova poi conferma il (corretto) carattere funzionale delle attribuzioni di pubblica sicurezza, comĠ vero che, ai sensi del secondo comma della norma da ultimo citata, allorchŽ i gendarmi vengano a svolgere le suddette incombenze (su autorizzazione del Primo ministro) automaticamente acquisiscono, senza eccezioni di sorta, tutti i poteri e le capacitˆ della tradizionale polizia civile, in primis nei confronti dei privati cittadini. (67) Non vengono invece generalmente incluse nellĠelenco le 26 gendarmerie cantonali svizzere (per la Gendarmeria ticinese, cfr. http://www4.ti.ch/?id=3958), che pur avendo unĠorganizzazione (territoriale e funzionale) analoga a quella delle gendarmerie classiche, hanno uno statuto civile. cratici (68); sono inoltre presenti negli Stati rivieraschi del Vicino oriente (69), nella maggior parte delle ex-Colonie francesi dellĠAfrica, in Sudamerica (Argentina, Brasile e Cile), nellĠAsia meridionale (ad esempio in India e Pakistan) e dal 2008 nel sub-continente cinese (70). In Messico, infine, allĠesito di un processo iniziato nellĠottobre 2008,  stata pianificata la costituzione della Gendarmer’a Nacional (cfr. il par. 3.2 [Compromiso 76] del Pacto por MŽxico del 2012 (71)), significativamente quale Òcuerpo de control territorial que permita el ejercicio de la soberan’adel Estado mexicano en todos los rincones del pa’s, sin importar su lejan’a, aislamiento o condici—n de vulnerabilidadÓ che dovrebbe sostituire, in quanto polizia di prossimitˆ, almeno in parte lĠattuale polizia federale, a statuto civile. Pur trattandosi, a tutti gli effetti, di strutture di polizia a prevalente vocazione ÒcivileÓ (72) svolgenti un ruolo di polizia di prossimitˆ a diretto contatto con le popolazioni locali, sono generalmente in grado - per formazione e natura - di sostituirsi anche alle ordinarie Forze armate nello svolgimento di unĠazione militare (di intelligence, diretta o di supporto), in patria come allĠestero, o comunque di affiancarle in condizioni di fungibilitˆ. Il che intuitivamente meglio risponde (rispetto, ad esempio, a Corpi operativi in settori pi circoscritti (73)) alle esigenze di flessibilitˆ, multidisciplinaritˆ, economicitˆ ed efficienza che informano le politiche di settore dellĠUnione Europea, preoccupate di meglio reagire alla gravitˆ delle incalzanti sfide globali e, da ultimo, alle prolungate e strutturali crisi finanziarie. (68) Si ricordano (oltre alla .andarmeria Wojskowa polacca, giˆ menzionata), la Viesojo Saugumo Tarnyba lituana, la Zhandarmeriya bulgara, la Jandarmeria Rom‰n. (romena), la .andarmerija serba e la Vnutrenniye Voiska russa. A questi Corpi si affiancano alcune realtˆ meno conosciute, quali la Trupa Carabinerilor-Jandarmeria della Moldova o la Vnutrisni Viys'ka Ukrayiny dellĠUcraina, nonchŽ lĠOtryad Militsii Osobogo Naznacheniya bielorussa. LĠistituzione di unĠulteriore struttura di tal genere sarebbe allo studio in Ungheria, dove del resto giˆ esisteva - dal 1881 al 1945 - la Magyar Kir‡lyi Csend.rsŽg (parte della dottrina ha per˜ prospettato la riconducibilitˆ alle Forze di gendarmeria della RendŽszeti Biztons‡gi Szolg‡lat, autonoma unitˆ operante alle dipendenze del Ministero della Giustizia). (69) Ad esempio la Jandarma turca, associata nel 2008 al Progetto europeo ÒPhareÓ (volto, tra lĠaltro, alla formazione ed allĠimplementazione del rispetto dei diritti umani nellĠattivitˆ di polizia, in tal caso gestito da un consorzio tra Istituzioni governative e lĠArma dei Carabinieri, unitamente alla Guardia Civil spagnola), nonchŽ la maggior parte degli Stati della sponda mediterranea (Israele, Siria, Libia, Libano, Egitto, Algeria, Tunisia e Marocco). (70) La Forza di Polizia Armata del Popolo Cinese (.......... - Zh.nggu— rŽnm’n w.zhu.ng j.ngch‡ bdu“), abbreviata in CAFP o PAP,  un Corpo di polizia ad ordinamento militare che dipende congiuntamente, quanto ad attribuzione delle funzioni, dal Consiglio di Stato e, quanto ad organici e dotazioni, dalla Commissione Militare Centrale. Svolge rilevanti funzioni-chiave di polizia politica, giudiziaria, amministrativa e di frontiera, oltre a gestire lĠordine e la sicurezza pubblici interni. Si veda anche http://eng.mod.gov.cn/ArmedForces/armed.htm. (71) Pubblicato su http://www.elsiglodetorreon.com.mx/noticia/814586.texto-integro-delpacto- por-mexico.html. Il nuovo Corpo, dotato di un organico iniziale di almeno 5.000 elementi mutuati dallĠEsercito e dalla Marina, dovrebbe essere operativo a partire dal 2014-2015. (72) In effetti le funzioni di polizia militare, ove attribuite, assorbono una minima parte dellĠattivitˆ dĠistituto. A ci˜ aggiungasi che, negli Stati che ne dispongono, generalmente tali Forze controllano la maggior parte del territorio nazionale, con correlati risultati operativi (74). In ragione della loro strutturale duplicitˆ di ruoli, si prestano ad operare sia sotto la direzione di Autoritˆ militari che di Autoritˆ civili, sempre seguendo la medesima linea di comando: per lĠeffetto, nellĠottica delle linee di indirizzo UE rappresentano una realtˆ che pi di altre  in grado di operare da subito in ogni possibile contesto (militare o civile, di peacekeeping come di polizia giudiziaria), senza implicare avvicendamenti di Comandi o Reparti, nŽ costi aggiuntivi di implementazione operativa. Lˆ dove sono necessari due o pi operatori di settore, qui normalmente ne basta uno (75). LĠinscindibile complementaritˆ tra le strategie di sicurezza ÒinternaÓ ed ÒesternaÓ  una delle cause che hanno portato alla decisione di superare il sistema (73) Storicamente, del resto, i principali Corpi di polizia ad ordinamento civile vennero istituiti come unitˆ specifiche per i maggiori conglomerati urbani, le cui particolaritˆ ambientali - soprattutto a seguito dei rivolgimenti sociali causati dalla rivoluzione industriale, col progressivo spopolamento delle campagne ed il correlato formarsi di vaste aree di degrado urbano - richiedevano un nuovo tipo di approccio operativo, incentrato in particolar modo sulla gestione dellĠordine pubblico. In argomento, cfr. TAYLOR, The new police in nineteenth century England: crime, conflict and control, Manchester 1997; REYNOLDS, Before the Bobbies: The night Watch and Police reform in Metropolitan London, 1720-1830, Oxford 1998; RAEFF, The well-ordered police state. Social and institutional change through law in Germany and Russia. 1600-1800, London 1983; PIASENZA, Polizia e cittˆ. Strategie dĠordine, conflitti e rivolte a Parigi tra Sei e Settecento, Bologna, 1990; NAPOLI, Naissance de la police moderne. Pouvoir, normes, sociŽtŽ, Paris 2003; AA.VV., Amministrazione della giustizia e poteri di polizia dagli stati preunitari alla caduta della Destra, Atti del LII Congresso di Storia del Risorgimento italiano (Pescara 710 novembre 1984), Roma 1986, pp. 215-266; MORI, La polizia fra opinione e amministrazione nel Regno Lombardo-Veneto, in ÇSocietˆ e StoriaÈ n. 105, 2004, pp. 559-601. Espressione di ci˜, nellĠordinamento italiano, fu ad esempio lĠart. 4 del R.D. 31 agosto 1907, n. 690 (erede dellĠart. 1, comma secondo, della legge 11 luglio 1852, n. 1404, che aveva limitato la presenza dellĠallora Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza - subentrato al Corpo dei Carabinieri veterani - alle sole cittˆ metropolitane di Torino e Genova: testo su http://www.edizionieuropee.it/data/html/23/zn46_09_001.html). (74) A titolo dĠesempio, per rimanere al caso dei ÒPaesi G6Ó, in Francia la Gendarmerie Nationale controlla circa il 90% del territorio metropolitano, pur essendo assente dai centri urbani con pi di 20.000 abitanti, con unĠattivitˆ di segnalazione e repressione pari - nel 2008 - allĠincirca al 42% (la maggioranza relativa) del totale nazionale (dati evincibili da http://www.senat.fr/rap/r07-271/r07-27115.html); in Italia lĠArma dei Carabinieri  invece presente su tutto il territorio nazionale (ed in via esclusiva nel 75% circa di esso), con unĠattivitˆ di segnalazione pari, in media (da ultimo, nel quadriennio 20082011), al 71%-72% del totale nazionale (comunque maggioritario anche nella pi gran parte dei capoluoghi metropolitani, dove la sua presenza  peraltro ridotta alla proporzione di 1:3 rispetto alle altre Forze dellĠordine) ed un autonomo apporto operativo pari ad oltre il 54% (dati pubblicati, da ultimo, negli Allegati alla ÒRelazione al Parlamento sullĠattivitˆ delle forze di polizia, sullo stato dellĠordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalitˆ organizzataÓ del Ministero dellĠInterno, per lĠanno 2011). Le rilevazioni statistiche sono acquisibili anche presso il Dipartimento della P.S. - Banca Dati delle Forze di polizia. (75) Sul tema, in assenza di un compiuto studio monografico, si rinvia a HOVENS-VAN ELK, Gendarmerie and the Security Challenges of the 21st Century, FIEP 2011, opera che, talvolta con taglio pi sociologico che giuridico, affronta con ampio respiro le principali questioni su cui si confrontano assertori e critici degli equilibri ÒbinariÓ delle politiche di sicurezza. Inoltre MATELY, Une police judiciaire É militaire? La gendarmerie en question, Paris 2006. Òa PilastriÓ nato dal Trattato di Maastricht, che di fatto si era risolto nella creazione di tre macro-aree tra loro non comunicanti, seppur strettamente interdipendenti: ci˜ valeva, in particolare, per il secondo ed il terzo ÒPilastroÓ, concernenti la ÒPolitica estera e di sicurezza comuneÓ (comprendente la PESD, oggi PSDC), e la ÒCooperazione di polizia e giudiziaria in materia penaleÓ (allora GAI, oggi conglobata nella nuova FSJ), nei quali vi era una competizione particolarmente serrata tra gli operatori civili della pubblica sicurezza, dovuta principalmente allĠeccessiva frammentazione delle competenze, a tutto discapito degli sforzi verso un modello integrato di Òsicurezza partecipata e di prossimitˆÓ (cfr. infra (76)). Un tale stato di cose portava infatti, nel sistema ante-Lisbona, ad escludere di volta in volta determinati operatori qualificati (dalle Forze armate alle pi articolate istanze territoriali, anche di governo (77)), dando vita ad irrazionali sovrapposizioni di competenze e, quindi, a nuove potenziali situazioni di conflitto. Ci˜  particolarmente evidente nellĠevoluzione delle strutture amministrative di cui lĠUnione Europea si avvale per dare corso alle proprie politiche di sicurezza, in particolare quelle coinvolgenti le Forze di polizia (cd. ÒCapacitˆ civili dellĠUEÓ): punto di partenza pu˜ essere il provvedimento del Consiglio UE recante la ÒEuropean Security and Defence Policy: The Civilian Aspects of Crisis ManagementÓ (78), pubblicato alcuni anni dopo lĠadozione del primo Civilian Headline Goal (su cui cfr. infra (79)). Da esso emerge che le linee-guida sugli interventi di polizia ÒcivileÓ dellĠUE al fuori dei confini degli Stati membri sono state ampiamente mutuate (76) Il Piano dĠAzione per lĠAttuazione del Programma di Stoccolma della Commissione Europea [COM(2010) 171-final su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0171: FIN:EN:PDF], espressamente riconosce, al p.to 5, la necessitˆ di un approccio olistico: ÒÉ An Internal Security Strategy, based upon the full respect of fundamental rights and on solidarity between Member States, will be implemented with care and firm resolve to face the growing cross-border challenges. It implies a coordinated approach to police cooperation, border management, criminal justice cooperation and civil protection. We need to address all the common security threats from terrorism and organised crime, to safety concerns related to man-made and natural disastersÓ. Occorre invero ricordare che il Òsistema sicurezzaÓ di uno Stato (cos“ come di un territorio comune) non  comprensivo delle sole attribuzioni di P.S. - chiaramente specialistiche - ma pure delle funzioni di protezione civile, polizia giudiziaria, prevenzione sociale, etc. (77) In netto contrasto con quanto invece teorizzato in ambito UE giˆ nel Consiglio di Feira del 1999: sullĠargomento si vedano gli studi di BIGO, When Two Became One. Internal and External Securisations in Europe, in KELSTRUP-MORTEN-WILLIAMS (eds.), International Relations Theory and the Politics of European Integration, London 2000, pp. 171-198, nonchŽ LUTTERBECK, Blurring the Dividing Line. The Convergence of Internal and External Security in Western Europe, in European Security 2005 (vol. 14, II), pp. 231-253. (78) Disponibile sul portale http://www.consilium.europa.eu/eeas/security-defence/civiliancrisis- management?lang=en [doc. civ/03, Brussels, August 2009, p. 2]. In materia si veda anche ÒCivilian CSDP Missions: the 2010 report on lessons and best practicesÓ, nella medesima pagina web. (79) Approvato dal Consiglio Europeo il 17 dicembre 2004: in esso vengono per la prima volta formalizzati obiettivi e procedure di intervento dellĠUE negli scenari esteri di crisi, diversi da quelli prettamente bellici. Il testo ufficiale (non pubblicato in GUCE) pu˜ essere consultato online allĠindirizzo http://register.consilium.eu.int/pdf/en/04/st15/st15863.en04.pdf. - spesso senza un preciso quadro organico di riferimento - dalla prassi internazionale vigente per il settore militare (80). Gli obiettivi strategici di sicurezza ÒesternaÓ dellĠUnione, infatti, si sono inizialmente attestati nel solco della tradizione giuridica internazionale di peacekeeping, con lĠinvio nei teatri di crisi di contingenti militari e di missioni ÒmisteÓ di polizia (cd. CIVPOL (81)): la maggior parte delle missioni civili in ambito PESD (ora PSDC), in particolare, mirava al rafforzamento delle strutture tipiche di uno Stato di diritto, con particolare attenzione alla riforma delle Forze di polizia. Per lĠeffetto, la maggioranza del personale impiegato proveniva dalle Forze dellĠordine degli Stati membri (82), oltre che dalla Magistratura (soprattutto ordinaria) e dai Corpi di polizia penitenziaria (che nella prassi internazionale generalmente non vengono ricompresi nella prima categoria (83)). Al pari delle missioni ONU, per˜, anche quelle di EUCIVPOL (variante nominale della CIVPOL) dovettero fare i conti con la carenza di uomini e mezzi messi a disposizione dagli Stati membri, il che imped“, tra lĠaltro, di realizzare le annunciate ÒSquadre di Reazione CivileÓ (Civilian Response Teams / CRT (84) che avrebbero dovuto caratterizzare in senso innovativo gli interventi dellĠUnione a tutela delle propria sicurezza ÒesternaÓ. (80) Per unĠinterpretazione di maggior autonomia, tuttavia, cfr. LINDBORG, European Approaches to Civilian Crisis Management, BASIC Special Report, London 2002, p. 4. (81) CALL-BARNETT (in Looking for a Few Good Cops: Peacekeeping, Peacebuildig and CIVPOL, Abingdon 2007, p. 53) evidenzia le principali differenze dei contingenti di gendarmeria rispetto alle tradizionali componenti di CIVPOL, poichŽ Òdiffer from 'civilian police' (although they can be commanded by a civilian) in that they are trained not only in policing but also in military tactics and can deploy as units rather than individuallyÓ. Gli stessi Autori, preso atto della complementare multidisciplinaritˆ (civile/ militare) che caratterizza lĠazione dei Corpi di gendarmeria, ritengono per˜ non opportuno il loro utilizzo ad integrale sostituzione delle tradizionali Forze armate, soprattutto nella prima fase dellĠintervento ÒNo matter how robust, an international gendarmerie monitoring and quick-reaction force should never wholly substitute for military capabilities where security threats remainÓ. (82) Nel richiamato documento civ/03 del 2009, lĠUE espressamente Òpunta ad essere in grado di portare a compimento qualsiasi operazione di polizia, dai compiti di consulenza, assistenza ed addestramento alla sostituzione delle Forze di polizia localiÓ. Peraltro Ògli sforzi esperiti su scala internazionale al fine di rafforzare e, qualora necessario, ristabilire Forze di polizia locali credibili pu˜ avere successo solo in presenza di un sistema giudiziario e penitenziario adeguatamente funzionante e che sostenga le Forze di poliziaÓ, coerentemente con le strategie inclusive e multipolari di sicurezza dellĠUnione. (83) Coerente con la generale esclusione della custodia carceraria dalle funzioni di polizia  pure lĠart. 11 della citata Raccomandazione COE 10/2001/REC. (84) Richiamate anche nella Risoluzione del Parlamento Europeo dellĠ11 maggio 2011 (cfr. infra), unitamente alle successive CPCC, come in precedenza era avvenuto nellĠanalogo provvedimento del 2008 [documento 2008/2003(INI) P6_TA(2008)0255]. Secondo gli auspici, le CRT dovrebbero essere un dispositivo multi-funzionale di reazione rapida per la gestione di crisi di dimensioni non predefinite, composto da esperti degli Stati membri. Tra i loro compiti vi  lo svolgimento di missioni di valutazione ed accertamento in situazioni di crisi o di crisi imminente, con garanzia di una rapida dislocazione sul campo, a livello operativo, a seguito dellĠadozione di unĠAzione Comune. In caso di necessitˆ ed urgenza dovrebbero altres“ essere rafforzati i meccanismi UE giˆ esistenti per la gestione delle crisi a livello nazionale e regionale (mediazione dei conflitti, misure miranti a rafforzare la fiducia, operazioni di monitoraggio, etc.). Nel 2007 venne adottato lo ÒCivilian Headline GoalÓ per il 2010 (cfr. infra), che introduceva - in seno al Segretariato del Consiglio - una ÒUnitˆ operativa di Capacitˆ Civile di Pianificazione e CondottaÓ (Civilian Planning and Conduct Capability - CPCC (85)); presso il Consiglio UE, inoltre, venivano istituite due strutture a livello politico, il CPS (Comitato Politico e di Sicurezza) ed il CIVCOM (Comitato per gli Aspetti Civili della Gestione delle Crisi), cui si affiancavano (successivamente alla riunione del Consiglio Europeo di Helsinki del 1999) ulteriori organismi permanenti, politici e civili che avrebbero dovuto svolgere un ruolo strumentale nellĠorganizzazione ed avvio delle missioni PESD. Tra questi (nel Segretariato del Consiglio) la Direzione Generale per le Relazioni Economiche Esterne e per gli Affari Politico Militari (Dg E IX) e le sue sub-articolazioni, in primis lĠUnitˆ di polizia. Dal momento, per˜, che la costituzione di questĠultima risult˜ oltremodo problematica - contrariamente a quanto invece avvenuto per la formazione dello staff militare presso il Consiglio - nel 2008 si decise di attivare perlomeno la CPCC, cos“ da disporre comunque di un organo di pianificazione comune delle operazioni di polizia allĠestero, che rispondesse al CIVCOM. Ad oggi, i risultati sono stati discontinui, come evidenziato anche dalle citate Risoluzioni del Parlamento Europeo sullĠattuazione delle strategie europee di sicurezza (86). A fronte di tali problemi, una parte degli Stati membri decise di dar vita -al di fuori delle rigide procedure comunitarie - allĠEUROGENDFOR, una struttura operativa organizzata sul modello dei Corpi di gendarmeria nazionali e quindi composta esclusivamente da Forze a competenza multidisciplinare, caratterizzate da uniformitˆ operativo/formativa e da una linea di comando unitaria di carattere militare. Del resto, uno dei maggiori problemi riscontrati dal Consiglio - a fronte della relativa omogeneitˆ operativa delle strutture militari - fu la mancanza di strumenti e modelli comuni sulla cui base elaborare degli standards informativi, di addestramento ed operativi anche per le Forze civili di polizia. Per far fronte a tale frammentazione, il Trattato di Lisbona ha previsto che le strutture esistenti al momento della sua entrata in vigore vengano in futuro fatte confluire in un ÒServizio Europeo per lĠAzione Esterna - SEAEÓ (87), che (85) Sul punto, cfr. (critici) MENON e SEDELMEIER, Instruments and Intentionality: Civilian Crisis Management and Enlargement Conditionality in EU Security PolicyÓ, in West European Politics, 33, n. 1, 2010, pp. 83-84. (86) HYNEK, Consolidating the EU.s Crisis Management Structures: Civil-Military Coordination and the Future of the EU OHQ, Brussels, 2010, p. 9 (richiamato in AA.VV., LĠUnione Europea e la gestione delle crisi. Istituzioni e capacitˆ, cit., pp. 30ss.). Sulla centralitˆ democratica dei sistemi integrati civili/militari di polizia, cfr. altres“ NĠKOY, Gendarmerie et reconstruction dĠun Žtat de droit au Congo- Kinshasa, Paris 2007, nonchŽ AA.VV., La rŽforme des systmes de securitŽ et de justice en Afrique francophone, Paris 2010. dovrebbe razionalizzare i meccanismi di comando e di controllo; parallelamente -come vedremo - ha posto lĠaccento sulla necessitˆ di unĠopera pi incisiva delle Agenzie europee di formazione (in primis EUROPOL e CEPOL). Nel sistema ante-Lisbona la rigida divisione dellĠazione comunitaria secondo ÒPilastriÓ di materie aveva col tempo generato - nel settore sicurezza una struttura istituzionale sempre pi complessa e frammentata, specchio delle divisioni esistenti tra i vari livelli di intervento, da cui erano scaturite vere e proprie contrapposizioni tra i diversi operatori civili, come si vide nella gestione delle missioni condotte nei Balcani occidentali. In queste condizioni era velleitario pensare a politiche di sicurezza ÒintegrateÓ tra il tradizionale settore militare (abbastanza coeso al suo interno, ma assai specialistico) e quello ÒcivileÓ (di polizia e giurisdizionale), per contro estremamente disaggregato. Si impose quindi la necessitˆ non solo di superare il sistema Òa PilastriÓ, ma pure di razionalizzare gli strumenti operativi (88) e di consulenza a disposizione del Consiglio. Tale ristrutturazione procede di pari passo con lĠevoluzione della dottrina sulla sicurezza dellĠUnione, che ha portato a sviluppare due nuovi concetti generali, sui cui fondamenti giuridici si tornerˆ pi oltre: la ÒCooperazione Civile- MilitareÓ (Civil-Military Cooperation - CIMIC) ed il ÒCoordinamento Civile-MilitareÓ (Civil-Military Coordination - CMCO). La prima ha come principale obiettivo la protezione delle Forze armate (e non dei civili) che si trovino in missione allĠestero da aggressioni di natura criminale ed atti terroristici, il secondo invece - tuttora in fase di consolidamento -Òaffronta la necessitˆ di un efficace coordinamento delle azioni di tutti i principali attori dellĠUE impegnati nella pianificazione e nella successiva attuazione delle risposte dellĠUE alle crisiÓ (89). Mira, in estrema sintesi, a sviluppare una cultura del coordinamento paritetico tra gli operatori della sicurezza, senza per˜ ricorrere a procedure dettagliate (90) e burocratiche che ancor pi appesantirebbero il quadro normativo dĠinsieme. Nel dare corpo alle linee dĠindirizzo del 2003, il Consiglio Europeo pub (87) LĠorganizzazione ed il funzionamento del nuovo Servizio sono disciplinati dalla Decisione del Consiglio 2010/427/UE, pubblicata online con gli allegati ed i documenti presupposti allĠindirizzo http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32010D0427:IT:NOT. (88) Secondo parte della dottrina (ad es. HYNEK, op. ult. cit.), rientrerebbe in questo processo di razionalizzazione anche la scelta, medio tempore, di attribuire ad una medesima figura il ruolo di rappresentante di vertice tanto della CEE che dellĠUE, allĠepoca soggetti giuridici diversi e talvolta in conflitto (la CEE  poi venuta meno a seguito dellĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona). A titolo dĠesempio viene citata la nomina di Erwan FouerŽ sia quale Capo della Delegazione CEE a Skopje, sia quale Rappresentante speciale dellĠUE nel medesimo contesto, nonchŽ quella di Koen Vervaeke nella doppia veste di Rappresentante Speciale UE presso lĠUnione Africana e di Capo della delegazione CEE ad Addis Abeba. (89) Civil-Military Coordination (CMCO), Doc. 14457/03, Bruxelles 7 novembre 2003, p. 2, su http://register.consilium.eu.int/pdf/en/03/st14/st14457.en03.pdf. (90) Cfr. Par. II p.to 4: ÒAt the top of the list of fundamentals lies the need for a culture of co-ordination, rather than seeking to put too much emphasis on detailed structures or proceduresÓ. blicava infine, nel 2008, un ÒRapporto sullĠapplicazione della Strategia europea di sicurezzaÓ (91) nel quale poneva lĠaccento sui principi di ÒcoerenzaÓ e di ÒcoordinamentoÓ - considerati sfide fondamentali per la sicurezza dellĠUE - enfatizzando la necessitˆ di una vera e propria Òsinergia civile-militareÓ (92) con cui massimizzare ÒlĠefficacia sul campo cos“ come al livello di pianificazioneÓ. Nelle conclusioni del Consiglio Europeo, ci˜ sarebbe dovuto avvenire anche nei singoli Stati membri (ÒDobbiamo migliorare il modo di combinare la dimensione interna con quella esterna. Sono necessari un miglior coordinamento, trasparenza e flessibilitˆ delle diverse agenzie, a livello nazionale ed europeoÓ). Similmente, la ÒDichiarazione sul rafforzamento delle capacitˆ civili e militariÓ del 2008 includeva le cd. missioni ÒibrideÓ (miste civili/militari) tra le operazioni previste nellĠambito della PESD. Da ultima, la Risoluzione del Parlamento Europeo dellĠ11 maggio 2011 sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dellĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona [doc. P7_TA(2011)0228] evidenzia alcuni punti di interesse: Ò42. incoraggia una stretta cooperazione tra l'Agenzia [lĠAED, Agenzia Europea di Difesa -ndr] e la Commissione in vista del rafforzamento di capacitˆ a duplice uso, al fine di trovare lĠapproccio pi ampio alla ricerca nelcampo della sicurezza e di una gestione sinergica delle risorse civili/militari, in particolare attraverso il tema ĠsicurezzaĠ del programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico; apprezza a tal fine la prospettiva dellĠ8Ħ programma quadro che sarˆ volto anche alla sicurezza esterna ed esorta la Commissione a riconoscere la realtˆ della natura civile-militare della gestione delle crisi ÉÓ. Pi in generale la suddetta Risoluzione, come si legge anche nel parere della minoranza parlamentare, si concentra sulla confluenza di risorse e capacitˆ civili e militari, e ribadisce sia la classificazione delle missioni di polizia/gendarmeria come missioni civili, sia lĠinserimento dellĠattivitˆ di polizia nelle missioni delle Forze armate (sul modello EUFOR Althea - cfr. infra). Elemento-chiave nelle politiche di sicurezza UE  dunque la nozione (mai formalizzata in un documento ufficiale) di Ògestione civile delle crisiÓ, sviluppata in ambito PESC (e successivamente adottata nella PESD) quale tratto distintivo del modello europeo (93). Si tratta - coerentemente con lo standard internazionale OSCE ed ONU - di un modello funzionale, nel quale il termine ÒcivileÓ sta ad indicare delle specifiche funzioni distinte e/o complementari a (91) Consultabile su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st17/st17104.it08.pdf. (92) Tale sinergia (ivi richiamata) veniva preconizzata in un separato documento del Consiglio, dal titolo ÒPromuovere sinergie in materia di rafforzamento delle capacitˆ rispettivamente civili e militari dell'UEÓ, Doc. 15475/09 - PESC 1480, Bruxelles 9 novembre 2009, p. 2 (pubblicato sul portale online http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st15/st15475.en09.pdf). Sinergia che richiama, nei suoi moduli esplicativi, il modello ordinamentale ed operativo delle gendarmerie, specifiche attrici della polizia di prossimitˆ. (93) Cfr. DWAN, Civilian Tasks and Capabilities in EU Operations, London 2004. quelle tradizionali delle Forze armate e non anche lo status organizzativo ed ordinamentale dei soggetti che le esercitano. La natura ÒinclusivaÓ ed integrata delle politiche europee di sicurezza viene formalizzata nel 2000, nellĠAllegato III alle Conclusioni del Consiglio Europeo di Feira, dove si invoca il rafforzamento delle capacitˆ ÒciviliÓ del- lĠUE per affrontare, sotto diversi profili, le complesse crisi politiche estere, Òassicurando complementaritˆ tra gli aspetti militari e civili della gestione delle crisi che comprendano lĠintero spettro delle missioni di PetersbergÓ (94). Tali obiettivi prendono forma nella Strategia europea di sicurezza 2003, che riconosce alle Òcapacitˆ civiliÓ (nel senso sovra ricordato) la natura di strumento essenziale nella prevenzione di unĠampia serie di minacce per la sicurezza dellĠUnione. A Feira, in particolare, gli Stati membri individuano quattro prioritˆ di intervento nellĠambito PESD, ovverosia polizia, Stato di diritto, amministrazione civile e tutela della popolazione. LĠapproccio ÒeuropeoÓ alle politiche di sicurezza (sia interna che esterna) ha natura rigorosamente integrata: non si parla mai (95) di gestione puramente civile (o puramente militare) delle crisi, ma sempre e soltanto di sinergia tra i diversi livelli e settori di intervento, che necessariamente presentano dei momenti di contatto rispetto ai quali occorre sviluppare forme efficaci di collaborazione. In questi termini, per Ògestione civile delle crisiÓ non si intende un ipotetico monopolio - nelle operazioni in corso - degli apparati non militari, bens“ la scelta di incidere innanzitutto sulla formazione degli apparati istituzionali aventi diretta incidenza sulla Òsocietˆ civileÓ (in primis magistratura, Forze di polizia ed organi amministrativi dello Stato), onde promuovere da subito (94) Ai sensi dellĠart. 43 TUE ÒLe missioni di cui all'articolo 42, paragrafo 1, nelle quali l'Unione pu˜ ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unitˆ di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorioÓ. (95) A riscontro di ci˜, si veda anche la Risoluzione del Parlamento UE sulla strategia europea di sicurezza 2005 [doc. 2004/2167(INI) - P6_TA(2005)0133], che al p.to 14 sottolinea la peculiaritˆ ed il plusvalore della PESD, ÒrŽsident dans la conjonction des composantes civile set militaires É lĠUnion sera ˆ lĠavenir de plus en plus confrontŽe au dŽfi de trouver un bon et juste Žquilibre entre les Žlements militaires et civils pour appliquer les objectifs et lĠesprit de la stratŽgie europŽenne de sŽcuritŽÓ; inoltre, al p.to 19, richiama il precedente Rapporto ÒA Human Security Doctrine for EuropeÓ in merito alla pianificazione delle future missioni miste civili/militari UE. Last, but not least, la complementaritˆ civile-militare (e quindi lo specifico plusvalore strumentale delle cd. Forze ÒibrideÓ, in grado pi di ogni altra di assicurarne la piena realizzazione) viene assunta a principio-chiave dellĠordinamento comunitario con lĠespressa menzione nel decimo Protocollo al Trattato di Lisbona (pubblicato in GUCE C-115 del 9 maggio 2008, il cui valore giuridico, come  noto,  equivalente a quello della fonte cui accede), laddove ÒRecalling that the common security and defence policy is an integral part of the common foreign and security policy; that it provides the Union with operational capacity drawing on civil and military assets ÉÓ. lĠintegrazione delle libertˆ fondamentali e dello Stato di diritto, nel presupposto che questĠultimo comprende sicuramente - ma non solo - lo strumento militare, richiedendo, per sopravvivere - una sinergia organica di molteplici capacitˆ operative. La necessitˆ di una progressiva integrazione tra le capacitˆ civili e militari degli operatori deputati alla sicurezza interna viene infine ribadita, quale tratto caratteristico del sistema, nella ÒStockholm Programme mid-term reviewÓ (doc. n. 15921 del Consiglio UE, in data 13 novembre 2012 (96)). Parte della dottrina (97) legge nelle modalitˆ di dispiegamento della missione militare EUFOR-Althea in Bosnia-Erzegovina del 2004 un primo tentativo del Consiglio UE di dare concreta applicazione al metodo ÒintegratoÓ: inizialmente, infatti, mandati coincidenti si tradussero in due missioni UE, lĠEUPM (operazione di polizia, cui hanno partecipato singolarmente vari Corpi di gendarmeria, anche assumendone il comando) e lĠEUFOR (operazione militare, alla cui Unitˆ Integrata di Polizia - IPU ha partecipato anche, dal 2007, lĠEUROGENDFOR - cfr. infra), entrambe impegnate nella lotta al crimine organizzato, nel controllo delle attivitˆ criminali e nellĠapplicazione della legge. Occorre per˜ precisare che tale divisione non rispecchiava alcuna linea di demarcazione (in ambito strategico UE) tra Forze di polizia e Forze militari. Due anni dopo, nel 2006, in occasione della revisione del mandato EUPM, le due missioni parallele - di polizia e militare - si accordarono per elaborare una serie di linee-guida operative (cd. ÒCommon Operational Guidelines for EUPM-EUFOR Support to the Fight against Organised CrimeÓ, poi approvate dal Consiglio (98)), con cui regolare le proprie relazioni con le Forze dellĠordine locali. In base a tali accordi il coinvolgimento di EUFOR nel controllo delle attivitˆ criminali venne limitato allĠeventuale supporto operativo alle Autoritˆ locali, previa valutazione - da parte della missione EUPM - della sua legittimitˆ e necessitˆ: tale soluzione, ad avviso degli addetti ai lavori, avrebbe consentito di superare eventuali sovrapposizioni, preservando al contempo natura e caratteristiche dei soggetti coinvolti, per massimizzare le rispettive professionalitˆ. Il processo di ÒcomplementarizzazioneÓ dei settori PESC/PSDC e FSJ (ex (96) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/nov/eu-councilstockholm- mid-review-15921-12.pdf. In particolare, ÒIn that context but also more generally, more training and more multi-disciplinary cooperation should remain a priority, despite budgetary constraints. There is still a deplorable lack of knowledge at the operational level of what is available in the EU law enforcement toolboxÓ. (97) PENSKA, Security Governance, Complex Peace Support Operations and the Blurring of Civil- Military Tasks, in AA.VV., Rethinking Security Governance: The Problem of Unintended Consequences, New York 2010, pp. 46 ss.. (98) Consultabili in http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/06/st10/st10769-re01.en06.pdf. Il documento, del 2006,  stato declassificato nel 2010. GAI)  in via di consolidamento amministrativo sulla base di una Òtabella di marciaÓ (il Documento ARES [2011] 118322 (99)) elaborata in seno al CMPD (la Direzione ÒGestione e Pianificazione delle CrisiÓ del Consiglio (100)) dopo che il 13 maggio 2011 il ÒComitato Politico per la SicurezzaÓ (PSC) aveva preso atto del documento di lavoro congiunto sul ÒRafforzamento dei legami tra gli Attori CSDP (PESD) e FSJ - Proposte per il percorso futuroÓ (101). A tale presa dĠatto  seguito il parere favorevole del CIVCOM (23 maggio 2011), che ha riconosciuto la possibilitˆ di raggiungere dei risultati concreti nel breve periodo, sia sullĠimplementazione di strutture di Intelligence europea, sia in relazione alla possibilitˆ di dotare lĠUE di adeguate risorse umane e strutture formative con cui perseguire le proprie politiche di sicurezza. Nella Òtabella di marciaÓ, in particolare,  sempre prevista una rappresentanza bilanciata di esperti dei settori PESD, in primis militari, e FSJ (Forze di polizia, organici della magistratura ed altri apparati amministrativi) Òal fine di riflettere la natura interdisciplinare trasversale e globale di tale attivitˆÓ. In questĠottica, nella ÒRelazione sullĠattuazione della strategia europea in materia di sicurezzaÓ dellĠ11 dicembre 2008 (doc. S407/08 (102)), il Consiglio giˆ esortava lĠUnione e gli Stati membri, per quanto di competenza, a dispiegare ÒForze di polizia, giuristi e soldati nelle zone instabili del mondoÓ. Per quel che riguarda lĠoggetto di questo lavoro, le linee dĠazione di maggior rilievo tra quelle indicate nella Òtabella di marciaÓ sembrano essere, nel- lĠArea 1 (ÒConsapevolezza globale della situazione e assistenza in materia di intelligence allĠUEÓ), la n. 1 (ÒIstituire unĠattivitˆ di polizia orientata al- lĠintelligence per le missioni civili condotte nellĠambito della PESD, tenendo conto inter alia dellĠesperienza di Europol in qualitˆ di Agenzia di law enforcement orientata allĠintelligence in ambito UEÓ); nonchŽ, nellĠArea 2 (ÒScambio di informazioni e mutua assistenzaÓ), la n. 2 (ÒDefinire la partecipazione allo sviluppo degli attori dellĠarea di LSG (in particolare le Agenzie UE come Europol, Frontex ed Eurojust nelle missioni PESD. Sottoazione: concepire ed elaborare norme e metodologie chiare di cooperazione fra le missioni PESD ed i servizi di law enforcement degli Stati membri dellĠUE ÉÓ), la n. 3 (ÒElaborare proposte per lo sviluppo della cooperazione fra le strutture EEAS e lĠIcpo-Interpol in un pi ampio contesto di cooperazione fra la PESD e lĠarea di LSG É Sottoazione: definire un accordo quadro fra lĠUE [HR/VP] e lĠ Icpo- Interpol per le missioni e le operazioni PESDÓ), la n. 4 (ÒAnalizzare ed individuare ambiti di cooperazione globale [scambio di informazioni e assistenza (99) Reperibile sul sito (non istituzionale) http://www.statewatch.org/news/2012/jan/eu-councilpsc- csdp-fsj-15562-11.pdf. (100) In inglese ÒCrisis Management and Planning DirectorateÓ: per unĠintroduzione si veda http://www.consilium.europa.eu/eeas/security-defence/csdp-structures-and-instruments/cmpd. (101) Doc. ARES (2011) 549943 del 6 maggio 2011. (102) Scaricabile da http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/newsWord/it/reports/104641.doc. reciproca] al fine di rafforzare i legami tra le attivitˆ PESD a livello strategico e operativo e le agenzie UE [Europol, Eurojust, Frontex] incluso il potenziamento della cooperazione e dello scambio di informazioni nella fase iniziale della pianificazione PESDÓ), la n. 5 (ÒMigliorare la cooperazione fra le missioni PESD ed Europol É individuare gli ostacoli alla cooperazione fra le missioni di polizia PESD ed Europol É valutare possibili settori di cooperazioneÓ). NellĠArea 4 (ÒMiglioramento della cooperazione in materia di pianificazione delle azioni esterne UEÓ), la linea dĠazione n. 1 (ÒSviluppare proposte per il miglioramento del processo di pianificazione delle missioni civili CSDP, per lĠindividuazione delle interconnessioni e per il sostegno delle attivitˆ di CSDP e FSJ, ponendo lĠattenzione anche sulle questioni in materia di sicurezza interna [ad es. lotta contro il terrorismo, tratta di esseri umani, ecc.]Ó). Infine, nellĠArea 5 (ÒCapacitˆ: risorse umane e formazioneÓ) le linee dĠazione n. 6 e 7 (ÒÉ Migliorare le disposizioni concernenti le missioni CSDP civili con risorse umane qualificate provenienti dal settore FSJ [comprese le Agenzie UE] É favorire il rafforzamento temporaneo delle missioni CSDP con expertise specifico di squadre FSJ e/o attori FSJ individuali degli Stati membri É proposte di nuovi metodi per il coordinamento di programmi di formazione tra Cepol, ESDC, ENTRI, Europol, Eurojust e Frontex É proposte per la partecipazione incrociata degli attori CSDP e FSJ nei loro rispettivi eventi di formazioneÓ). La Òtabella di marciaÓ muove dallĠesigenza di superare la sostanziale assenza di dialogo tra gli attori istituzionali del settore PESC/PSDC (nel testo del documento si usa ancora lĠacronimo PESD) e del FSJ, data dalla resistenza delle componenti ÒciviliÓ ad aprirsi ad una collaborazione paritaria con quelle militari (problema avvertito anche in sede di missioni ONU), come pure da carenze formative dei contingenti di polizia nazionali, generalmente non preparati a svolgere attivitˆ operativa in contesti atipici caratterizzati - se non da un vero e proprio stato di guerra - perlomeno dalla dissoluzione dello Stato di diritto. Scenari, questi ultimi, che - analogamente al consolidamento delle strutture democratiche civili - rientrano nellĠambito elettivo della PESC, le cui metodologie operative sono risultate essere, allĠatto pratico, poco integrabili con gli standard procedurali delle Forze di polizia tradizionali (con la sola eccezione, riscontrata dalla dottrina, delle cd. Forze ÒibrideÓ (103). Sul versante militare, per contro, si  tentato - soprattutto a livello nazionale (104) - di incorporare, allĠinterno della linea di comando, delle unitˆ esterne dotate di specifiche professionalitˆ civili in grado di interloquire con (103) In argomento cfr. CHEVREL-MASSERET, La gendarmerie, acteur paradoxal de la ÇsŽcuritŽ intŽrieure-extŽrieureÈ, in Revue Internationale et StratŽgique 3/2005, pp. 57 ss.. (104) Nel caso italiano (ma analoghi strumenti sono utilizzati anche allĠestero) si  ricorsi alla ÒRiserva SelezionataÓ di cui allĠart. 674 D.lgs 15 marzo 2010, n. 66. attori non militari, in scenari spesso ostili; correlativamente, come giˆ anticipato, alcuni Stati hanno invece optato per generalizzare il modello ÒibridoÓ delle Forze di gendarmeria, istituendo nel 2004 lĠEUROGENDFOR (altres“ detta ÒForza di Gendarmeria EuropeaÓ, espressamente qualificata, allĠart. 3 lett. ÒaÓ del Trattato di Velsen, come ÒForza di polizia multinazionale a statuto militareÓ (105)) quale strumento abilitato ad intervenire sia nello spazio comune europeo, sia sul piano internazionale. E) IL TEMA DELLA PUBBLICA SICUREZZA TRA FONTI INTERNAZIONALI E COMUNITARIE. IL ÒMODELLO EUROGENDFORÓ. La riconducibilitˆ di EUROGENDFOR anche al settore della pubblica sicurezza dellĠUnione Europea emerge in modo inequivo dal Preambolo del Trattato istitutivo, laddove - richiamati i fondamenti giuridici della PESC/PESD - si individua lo scopo dellĠaccordo nel Òcontribuire allo sviluppo dellĠIdentitˆ Europea di Sicurezza e Difesa e rafforzare la Politica Europea di Sicurezza e di Difesa comuneÓ. EUROGENDFOR non  per˜ un organismo dellĠUE, bens“ una struttura ausiliaria, concepita da singoli Stati membri nellĠambito di una Òcooperazione rafforzataÓ (106) in ambito PESC/PSDC e, come tale, sottratta al processo di (parziale) comunitarizzazione che dopo il Trattato di Lisbona (2009) ha interessato anche il ÒSecondo PilastroÓ dellĠUnione, nel cui ambito avrebbe dovuto originariamente inserirsi. Le ragioni di ci˜ sono frutto delle contingenze del momento. LĠintento iniziale di collocare tale strumento in seno allĠUE, facendolo diventare una delle capacitˆ della PESC utilizzabile indifferentemente dalla componente militare come da quella civile, dovette fare i conti con la circostanza che, allĠepoca, solo cinque Stati membri disponevano di Forze di gendarmeria in grado di assolvere lĠintero spettro delle missioni (civili e militari) di polizia. Il progetto avrebbe quindi escluso tutti gli altri partners, col rischio di creare un diffuso sentimento di sfavore, soprattutto da parte di quei Governi (Gran Bretagna, Germania ed alcuni Stati scandinavi (107)) che (105) Forza ÒmultinazionaleÓ e non ÒsovranazionaleÓ (con le note differenze giuridiche che ne derivano), come invece erroneamente riportato da alcuni commentatori. (106) Nel Rapporto della Commissione Affari Esteri, Difesa e Forze Armate del Senato francese [docc. 669 (2009-2010) e 99 (2011-2012)] sulla ratifica del Trattato di Velsen, si precisa che ÇCette Force nĠest pas un organisme de lĠUnion EuropŽenne, mais une coopŽration intergouvernementale, une sortie de ÒcoopŽration renforcŽeÓÈ. In argomento cfr. anche DIAZ ALCANTUD, EGF, Una nueva herramienta para las operaciones de gestion de crisis, Cuadernos de la Guardia Civil XXXVII/2008, pp. 67 ss. (107) Sui rilievi posti da tali Paesi allĠeventuale sottoposizione delle Forze di polizia IPU/EUCIVPOL ad un comando militare, cfr. POINCIGNON, European Union Civilian Policing. Foreign Policy Action or Internal Security Tool?, The Quarterly Journal 2/2003, pp. 116 ss.. La questione  poi stata risolta in senso affermativo, seppur in via eventuale, dal Comprehensive concept for Police Substitution Missions del 2002 (doc. 8655/1/02 REV 1, rivisto nel 2003 e declassificato nel 2010, pubblicato su http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/02/st08/st08655-re05.en02.pdf). non solo non disponevano di gendarmerie, ma concepivano gli strumenti di polizia esclusivamente in chiave civile (108). (108) Le Forze di gendarmeria generalmente non sono presenti negli ordinamenti anglosassoni (con la parziale eccezione del Canada) e scandinavi, il che non consente di comparare de plano - in un ideale rapporto costi/benefici - i vari sistemi operativi attualmente in essere nellĠarea UE. Nel Canada  presente la Royal Canadian Mounted Police (in francese Gendarmerie Royale du Canada), un organismo di polizia altamente specializzato (attualmente di circa 20.000 unitˆ, pi 9.000 ausiliari civili) sorto nel 1872 quale Corpo militare di polizia a cavallo, deputato a presidiare le praterie nel- lĠovest del Paese a ridosso degli Stati Uniti e ad amministrare la giustizia, relativamente ai reati minori. Tale status  stato successivamente abbandonato, pur mantenendo invariata la struttura organizzativa e disciplinare (a carattere militare: cfr. http://laws-lois.justice.gc.ca/PDF/R-10.pdf), nonchŽ la caratteristica natura di Forza di polizia al contempo federale, provinciale - con lĠeccezione di QuŽbec ed Ontario - e municipale. Alcuni Autori riconducono alle Forze di gendarmeria anche la United States Coast Guard (Guardia Costiera), la quinta - e pi piccola (circa 42.000 unitˆ) - Forza armata degli USA (dipendente, in tempo di pace, non dal Dipartimento della Difesa, bens“ dal Department of Homeland Security), i cui compiti attengono la tutela dei cittadini, dellĠambiente, degli interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti in ogni regione marittima dove possano essere a rischio, comprese le acque internazionali, le coste, i porti e le vie dĠacqua interne. Non a caso, del resto, a questa Forza non si applica il Posse comitatus act del 18 giugno 1878 (doc. 18 USC 1385), che fa divieto alle polizie militari federali USA - ma non anche, per contro, alle eventuali polizie civili a status militare - di esercitare poteri riservati alle polizie ordinarie dei singoli Stati federati ed agli ufficiali civili locali di polizia. Un discorso a parte vale anche per lĠAlaska State Defense Force (ÒForza per la Difesa dello Stato dellĠAlaskaÓ) la cui sezione di polizia agisce come polizia dello Stato. In Germania la LandjŠger territoriale perse di fatto ogni rilevanza con la riconduzione, nel 1936, delle Forze di polizia in seno alle strutture civili del partito al potere, tramite la creazione di una struttura comune (lĠOrdnungspolizei). Ci˜ per effetto dei Tgb n. O/S n. 1/36 v. e Tgb n. O/S n. 2/36 v. del 26 giugno 1936, che posero la Forza civile di polizia (Schutzpolizei) e la gendarmeria sotto il diretto comando del ReichsfŸhrer SS (lĠAllgemeine-SS, va ricordato, era unĠorganizzazione civile, seppur strutturata in forme paramilitari). Nel 1938 vi si aggiunse la Polizia antincendio (Feuerschutzpolizei) e nel 1942 le Forze di protezione civile. In argomento cfr. SCHWEGEL, Der Polizeibegriff im NS-Staat: Polizeirecht, Juristische Publizistik und Judikative 1931-1944, TŸbingen 2005. Alla fine della guerra non venne pi ripristinata, in ragione dellĠintervenuta summa divisio istituzionale che riservava allo Stato centrale lĠordinamento delle Forze armate, devolvendo di converso ai LŠnder (sprovvisti di attribuzioni nel settore militare) le pi rilevanti competenze di polizia. Va per˜ ricordato che sino allĠentrata in vigore della riforma della Bundesgrenzschutzgesetz, disposta con legge federale del 19 ottobre 1994 (in BGB 1, I, 2978-2979), i membri della Bundesgrenschutz (Polizia di frontiera), dalla quale deriv˜, nel 2005, lĠodierna Bundespolizei, avevano lo status di combattenti militari. Negli Stati dellĠEuropa continentale, invece, lo sviluppo, a decorrere dal XVIII secolo, delle moderne gendarmerie rappresent˜ - per la loro capillare presenza sul territorio quali rappresentanti dello Stato a tutela della sicurezza pubblica - un elemento decisivo nel mutamento dei tradizionali rapporti tra il potere centrale e le periferie, sino a quel momento connotato da radicale separatezza. Una caratteristica che trova rinnovata eco nelle politiche di sicurezza Òdi prossimitˆÓ recentemente entrate nel lessico corrente, ma fin dallĠorigine peculiaritˆ dei Corpi in questione. In argomento si vedano BONATESTA (a cura di), Gendarmerie e polizie dei maggiori Paesi europei, Roma 1972; DIEU, La Gendarmerie, sŽcrets dĠun corps, Paris 2002, pp. 195ss.; LUC, Gendarmerie, ƒtat et SociŽtŽ au XIX sicle, Paris 2002 e BROUILLET, De la MarŽchaussŽe ˆ la Gendarmerie, cit. Per il Regno di Sardegna, cfr. il Preambolo delle Regie Patenti del 13 luglio 1814. Sempre in argomento, SIMON, Cambiamenti nella concezione della sicurezza e origine della polizia moderna nel XVIII secolo, in AA.VV. (a cura di ANTONIELLI), La polizia in Italia e in Europa: punto sugli studi e prospettive di ricerca, Soveria Mannelli 2006, pp. 65 ss. nonchŽ LORGNIER, La MarechaussŽe, une institution de police et de justice en Flandres 1679-1790, Lille 1980. DĠaltra parte, i complessi meccanismi decisionali della PESC, fondati sulla regola dellĠunanimitˆ, non assicuravano una rapida definizione del progetto, per cui si decise, alla fine, di seguire il modello giˆ utilizzato per creare la cd. ÒForza Operativa Europea di Reazione RapidaÓ (EUROFOR), sottoscrivendo una dichiarazione dĠintenti politica che consentisse lĠimmediata realizzazione della struttura comune, da recepire successivamente in un apposito Trattato aperto allĠadesione di terzi. EUROGENDFOR nasce quindi da un ordinario accordo internazionale multilaterale (109) che ricalca, quanto a stato del personale ed immunitˆ, le tradizionali previsioni dei precedenti Trattati in materia di difesa e di pubblica sicurezza (si vedano, a titolo dĠesempio, gli artt. 7 ed 8 dello Status of Force Agreement NATO (110)). Circostanza che smentisce la tesi di chi legge negli articoli 21-23, nonchŽ 28 e 29 del Trattato di Velsen una deroga ai principi dello Stato di diritto, se non addirittura lo spunto per giustificare un futuro scioglimento dei vari Corpi di gendarmeria in Europa (111). Del resto, lĠentrata in vigore del Trattato non ha comportato alcuna diretta modifica degli ordinamenti degli Stati membri, come invece  avvenuto, ad (109) Sebbene si menzioni normalmente il solo Trattato finale istitutivo, la genesi di EURONGENDFOR  pi risalente: il primo progetto di costituzione data infatti allĠottobre 2003, in occasione di una riunione informale a Roma dei Ministri della Difesa dellĠUnione Europea, nel corso della presidenza italiana, col decisivo contributo della delegazione francese. La cd. ÒGendarmeria EuropeaÓ, strutturata sul modello dellĠArma dei Carabinieri e delle sue MSU, nacque lĠanno successivo da un accordo informale (dichiarazione dĠintenti) sottoscritto a Noordwijk il 17 settembre 2004 tra Italia, Francia, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo, che stabilirono la sede del Quartier generale in Vicenza (operativa dal 23 gennaio 2006); solo in seguito, il 18 ottobre 2007, venne sottoscritto tra gli stessi Stati fondatori il Trattato di Velsen, composto di 42 articoli, che disciplina compiti e potestˆ dellĠEUROGENDFOR. SullĠargomento, cfr. MONGRENIER, Les enjeux gŽopolitiques du projet franais de dŽfense europŽenne, Paris 2006, nonchŽ TAYLOR OF BOLTON-COSIDO GUTIERREZ, Le r™le de la Force de gendarmerie europŽenne, Bruxelles 2006 (rapporto presentato per conto della Commissione Difesa UE, in occasione della 52ğ Sessione dellĠAssemblea Interparlamentare Europea di Sicurezza e Difesa) e STER, La Force de gendarmerie europŽenne, in Rev. Gendarmerie Nationale n. 215, 2005, pp. 5 ss. Per unĠintroduzione divulgativa, si veda la pubblicazione istituzionale su http://www.eurogendfor.org/eurogendfor-library/downloadarea/ eurogendfor-book/eurogendfor-book. (110) Contenuto nella Convenzione di Londra del 19 giugno 1951,  reperibile online allĠindirizzo http://www.nato.int/cps/en/natolive/official_texts_17265.htm. (111) Tale tesi trova smentita proprio nel Trattato di Velsen, che impegna gli Stati aderenti a fornire (e dunque a disporre di) una Forza militare che ordinariamente svolga tutte le tipiche attivitˆ di polizia ÒcivileÓ; per contro i Paesi che siano solamente Òdotati di una Forza che abbia statuto militare ed alcune competenze di poliziaÓ (ad es. la Germania o lĠAustria con i FeldjŠger, ovvero la polizia militare della Repubblica Ceca, etc.), non potrebbero partecipare a pieno titolo al Trattato, ma (al pi) Òrichiedere lo status di PartnerÓ. Ne discende - per rimanere al caso italiano - che un ipotetico scioglimento dellĠArma dei Carabinieri, ovvero la sua smilitarizzazione o anche solo il venir meno delle sue competenze generali di polizia civile potrebbero a rigore prestarsi anche ad una censura di costituzionalitˆ (per violazione dellĠart. 117 comma primo Cost.) stante lĠassunzione, da parte del- lĠItalia, di precisi impegni internazionali conseguenti alla ratifica - in qualitˆ di membro effettivo del Trattato di Velsen (con legge 14 maggio 2010, n. 84: principio consolidato allĠart. 155, secondo alinea del D.lgs 15 marzo 2010, n. 66, a seguito della modifica impressa dallĠart. 1, comma 1, lett. ÒzÓ del D.lgs. 24 febbraio 2012, n. 20). esempio, con il Trattato Nord-Atlantico (112), del quale, peraltro, non  mai stata revocata in dubbio la compatibilitˆ costituzionale. EUROGENDFOR non  una sorta di polizia sovranazionale avente titolo ad interferire negli ordinari compiti di P.S. degli Stati membri, ma solamente una Forza di reazione rapida che si raccoglie, allĠoccorrenza, intorno ad un Quartier generale (lĠunica struttura permanente di tale organismo, composta da una trentina di ufficiali), da impiegare - previa formale richiesta di chi intenda avvalersene e previo consenso degli Stati aderenti alla Forza - nelle aree di crisi, a copertura dellĠintero spettro delle operazioni di polizia (113). EUROGENDFOR ha acquisito autonoma personalitˆ giuridica con lĠentrata in vigore, il 1Ħ giugno 2012, del Trattato di Velsen, a seguito della ratifica francese del precedente 26 aprile (114); contestualmente  venuto meno ogni ostacolo al perfezionamento delle ulteriori procedure di ratifica della Convenzione da parte degli Stati non fondatori (in primis la Romania (115)). Sino a quel momento lĠoperativitˆ della Forza era stata comunque assicurata sulla base dellĠiniziale Dichiarazione dĠintenti sottoscritta dalle parti contraenti, il cui contenuto in gran parte coincideva con il testo del successivo Trattato. Le funzioni operative di EUROGENDFOR vengono ricondotte dalle stesse Istituzioni comunitarie al settore PESC/PSDC, in ragione di quanto indicato nel Trattato istitutivo e nella ÒDichiarazione dĠintentiÓ di Noordwijk (17 settembre 2004), che parla di Òcontribuer au dŽveloppement de la Politique europŽenne de SŽcuritŽ et de DŽfense (PESC/PSDC) et ˆ la creation dĠun espace de libertŽ, de sŽcuritŽ et de justice (GAI/FSJ)Ó nellĠambito delle missioni di polizia e di gestione di situazioni di crisi. Ci˜ viene confermato nella ÒDichiarazione di WarnsveldÓ (25 ottobre 2004 (116)) dei Capi di polizia europei, che non solo riconosce il ruolo centrale delle Forze ÒibrideÓ (recte, delle gendarmerie) in seno alla PESC/PESD (ESDP, in inglese), ma pure auspica una futura affiliazione di Stati e Forze allora non partecipanti allĠaccordo: ÒThey underlined the important contribution the EGF (112) In particolare, modificando la competenza costituzionale degli organi interni dello Stato (Governo e Parlamento) prevista allĠart. 78 Cost: si pensi alla facoltˆ di autorizzare lĠimpiego di missili a testata nucleare, che venne attribuita, sulla base di una semplice risoluzione del Consiglio dei Ministri NATO (la cd. ÒDouble-TrackÓ Decision adottata il 12 dicembre 1979), ad un organo diverso da quelli costituzionali italiani; oppure - stavolta in ambito UEO - allĠattribuzione di poteri di emergenza ad organi diversi da quelli parimenti previsti nella Costituzione. (113) Per unĠintroduzione, cfr. PARIS, La Gendarmeria Europea, in RID 4/2005. (114) Con votazione del 28 febbraio 2012 il Senato francese aveva approvato in via definitiva il progetto di legge n. 97 relativo alla sua autorizzazione. Cronologia su http://www.assembleenationale. fr/13/dossiers/creation_eurogendfor.asp. Gli strumenti di ratifica del Trattato sono pubblicati sul sito istituzionale del Ministero degli Esteri dei Paesi Bassi, allĠindirizzo http://www.minbuza.nl/en/keytopics/ treaties/search-the-treaty-database/2007/10/011496.html. (115) Sulle modifiche strutturali impresse alla gendarmeria romena per assicurare il rispetto dei principi OSCE ed UE si veda PETA, Aspecte privind dezvoltarea .i adaptarea Jandarmerieri Rom‰ne la cerin.ele Europene, in Studii de Securitate Public‰, vol. I n. 4/2012, pp. 269 ss.. can make to the ESDP by making available a capacity for the more demanding scenarios and for rapid deployment. The Chiefs of Police stressed the need to explore further the possibilities of close affiliation of EU Member States not currently participating in the EGFÓ. La piena operativitˆ della Forza anche in seno ad una gestione puramente ÒcivileÓ della crisi trova conferma nella recente richiesta (21 dicembre 2011) -rivolta dal Comandante della Missione al CIMIN - di autorizzare la partecipazione di EUROGENDFOR ad EULEX-Kosovo e ci˜, significativamente, proprio sulla base legale della ÒCouncil Joint ActionÓ 2008/124/CFSP del 4 febbraio 2008 (a scanso di equivoci, va ricordato che EULEX-Kosovo  una missione di ÒRule of LawÓ e non militare (117)). Pi in generale, la rilevanza delle Forze ÒibrideÓ (o di gendarmeria) nelle politiche di sicurezza interna dellĠUnione trova sanzione nel giˆ richiamato Annesso II dellĠAllegato VI delle dichiarazioni conclusive della Presidenza del Consiglio Europeo di Nizza (7-9 dicembre 2000 (118)), in merito al Òconcetto di Forze di poliziaÓ (Concept of Police Forces); identico principio viene ribadito nel ÒPresidency report to the Gšteborg European Council on European Security and Defence PolicyÓ dellĠ11 giugno 2001 (doc. 9526/1/01 COSDP 142 (119)), nel significativo contesto (ÒPolice Action PlanÓ) della Òinteroperability of police Forces participating in EU police operations, including those for common equipment, administration and logistical support, and the development of a common vocabulary and guidelines for international policing. (NB: The term police forces covers both police Forces with civilian statusand police Forces of gendarmerie type)Ó. Questi presupposti generali sono poi stati formalizzati negli ÒEU selection criteria for police officersÓ del 2001 (120). A sua volta, anche il Parlamento Europeo dava atto, nella propria ÒRiso (116) Analoga dichiarazione venne resa dai Ministri degli Esteri dellĠUnione a Bruxelles (22 novembre 2004), evidenziando la particolare funzionalitˆ dello status militare dei componenti di EUROGENDFOR Òfor the more demanding scenarios and for rapid deployment in order to guarantee public security and public orderÓ, ed auspicandone lĠallargamento. Entrambi i documenti sono pubblicati su http://consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/misc/82760.pdf. (117) Come precisato allĠart. 2 (Mission Statement) della Joint Action 2008, pubblicata su GUCE L-42 del 16.2.2008. (118) La versione ufficiale del documento  pubblicata online sul portale del Consiglio Europeo (http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/00400-r1.%20ann.en0.htm). La portata di questa precisazione - in virt del contesto in cui si colloca -  di estrema importanza, se si pensa che dal Consiglio Europeo di Nizza  scaturita la ÒCarta dei Diritti Fondamentali dellĠUEÓ, il cui valore giuridico  analogo a quello dei Trattati costitutivi dellĠUnione (ex art. 6 TUE). (119) Documento, classificato come ÒlimitatoÓ, pubblicato online su http://www.bits.de/CESDPA/ 16-06-01.pdf. (120) ÒEU selection criteria for police officers, their equipment, and requirements for their training in the context of civilian crisis managementÓ, doc. 5038/3/01 ENFOPOL 1 REV 3 COR 1, 2-7 maggio 2001. luzione sulla Strategia Europea di SicurezzaÓ del 14 aprile 2005 (121), di come la dimensione ÒcivileÓ delle politiche di gestione delle situazioni di crisi avesse trovato uno sviluppo cruciale nellĠistituzione di una ÒGendarmeria EuropeaÓ (EUROGENDFOR) - evidenziando ÒlĠutilitŽ particulire de cette Force pour assurer la transition entre une phase dĠopŽrations purement militaires pour lĠessentiel et une phase mixte ou purement civileÓ, il tutto alla luce della ÒnecessitŽ de dŽvelopper une culture de sŽcuritŽ europŽenne par une mise en oeuvre efficace du concept de formation de lĠUnion dans la PESD qui augmente lĠinteropŽrativitŽ entre tous les acteurs engagŽs dans la gestion des crises par lĠUnionÓ. EGF, lo ricordiamo,  aperta solo allĠapporto di personale di polizia ad ordinamento militare, in ragione delle peculiaritˆ operative e della flessibilitˆ ÒmultilevelÓ che lo caratterizzano. Flessibilitˆ che trova espressione nellĠart. 4 del Trattato di Velsen, secondo cui ÒEurogendfor deve essere in grado di coprire l'intera gamma delle missioni di polizia, tramite la sostituzione o il rafforzamento, durante tutte le fasi di un'operazione di gestione della crisi. 2. Le Forze EGF possono essere poste indifferentemente alle dipendenze dell'autoritˆ civile o del comando militareÓ, in base alle missioni loro concretamente assegnate (122). Sono per˜ forse le considerazioni svolte il 23 gennaio 2006 dallĠAlto Rappresentante PESC (123) a meglio rappresentare la dimensione europea delle Forze di gendarmeria: ÒUne des principales conclusions de la StratŽgie europŽenne de sŽcuritŽ concerne la necessitŽ pour lĠEurope de se doter de capacitŽs les plus performante set mieux adaptŽes pour rŽpondre aux dŽfis et aux menaces dans le monde. Dans ce contexte, la Force europŽenne de gendarmerie est un instrument des plus pertinents. Les Forces de gendarmerie, capables ˆ la fois de remplir des missions de police et dĠopŽrer efficacement dans des structuresmilitaries, sont en effet une composante utile dans le cadre de lĠapproche mul (121) Reperibile in versione integrale sul n. 87 del Chaier de Chaillot, Paris 2006, pp. 65 ss. (cfr. anche http://www.iss.europa.eu/uploads/media/cp087f.pdf). (122) Nel testo ufficiale ÒThe EGF must be capable of covering every aspect of crisis response operations: - during the initial phase of the operation, the EGF could enter the theatre along with the military force in order to perform its police tasks; - during the transitional phase, EGF could continue its mission alone or together with a military force, facilitating co-ordination and co-operation with local or international police units; - during the military disengagement phase, this force could facilitate the handing over of responsibilities to civilian authorities and agencies taking part in the co-operation efforts, if necessary. During crisis prevention, the EGF could be deployed on its own or jointly with a military force. In accordance with the mandate of each operation, the EGF will perform a broad spectrum of activities related to its own police capability, such as: - performing security and public order missions; -monitoring of and advice for local police in their day-to-day work, including criminal investigation work; - conducting public surveillance, traffic regulations, border policing and general intelligence; performing criminal investigation work, covering detection of offences, tracing of offenders and their transfer to the appropriate judicial authorities; - protecting people and property and keeping order in the event of public disturbances; - training of police officers as regards international standards; - training of instructors, particularly through co-operation programmesÓ. (123) Trascritte in Cahier de Chaillot n. 98, ISS Paris 2007, p. 17. tidisciplinaire qui est la notre en matire de gestion des crises. Et ce dĠautant plus que la coopŽration civilo-militaire est devenue un ŽlŽment-clŽ dans ce domaine. LĠinitiative annoncŽe il y a deux ans et qui deviant aujourdĠhui une realitŽ est donc un atout pour la Politique europŽenne de sŽcuritŽ et de dŽfenseÓ (124). In quanto composta da Forze di gendarmeria, EUROGENDFOR  predisposta per svolgere, in ogni sua componente, indifferentemente compiti civili e militari, senza soluzione di continuitˆ, nel rispetto dei principi di diritto promossi dallĠUnione Europea e dallĠOSCE. Tale interdisciplinaritˆ viene ribadita nel successivo comma 3 dellĠart. 4: ÒEurogendfor potrˆ essere utilizzata al fine di: a) condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; b) monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l'attivitˆ d'indagine penale; c) assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attivitˆ generale d'intelligence; d) svolgere attivitˆ investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autoritˆ giudiziarie competenti; e) proteggere le persone e i beni e mantenere l'ordine in caso di disordini pubblici; f) formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali; g) formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazioneÓ. Infine, EUROGENDFOR pu˜ essere messa a disposizione tanto dellĠUnione Europea (UE) quanto delle Nazioni Unite (ONU), dellĠOrganizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dellĠOrganizzazione del Trattato Nord-Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche (art. 5). Per far ci˜, ovviamente, deve rispettare gli standards operativi e qualitativi di tali organizzazioni internazionali, in primis le linee-guida (sovra ricordate) elaborate dallĠOSCE. La circostanza poi che EGF sia potenzialmente a disposizione anche organismi diversi dallĠUE non ne contraddice la natura ÒeuropeaÓ (125) ma  (124) Al riguardo, IOANNIDES (Le capacitˆ civili dellĠUE, cit., p. 33) nota come ÒIn aggiunta allĠimpiego delle Unitˆ Integrate di Polizia (IPU), la Forza di Gendarmeria Europea (EGF) É rappresenta anchĠessa un importante fattore nel momento in cui si prendono in considerazione gli sforzi fatti verso una gestione integrata delle crisi e lo sviluppo della cooperazione civile-militare. Ci˜  vero in special modo per ci˜ che concerne il percorso intrapreso dallĠUE verso la definizione di pacchetti di capacitˆ (capability packages) multi-funzionali con il dispiegamento di questi due organismi in parallelo con missioni civili sotto egida PESD (principalmente missioni di polizia). Le IPU e la EGF sono ritenute in grado di facilitare una transizione pi agevole dalla fase militare a quella civile di supporto alle operazioni di pace e di limitare il problema dei soldati che intraprendono missioni civili di polizia nellĠambito della gestione delle crisiÓ. La questione  specificamente affrontata anche da HILLS (The Inherent Limits of Military Forces in Policing Peace Operations, in International Peacekeeping, Vol. VIII, 3/2001, pp. 79-98). (125) Sebbene nata da un accordo internazionale, EUROGENDFOR ha natura esclusivamente ÒeuropeaÓ, come ribadito dagli artt. 42, 43 e 44, che limitano agli Stati membri dellĠUE la possibilitˆ di aderire alla Forza; lo status di osservatore (attualmente la Turchia)  invece attribuito agli Stati candidati al- lĠadesione allĠUE. coerente, ad esempio, con il rapporto ÒintegratoÓ che lega le politiche di sicurezza ÒesternaÓ dellĠUnione a quelle della NATO, ribadito nella dichiarazione congiunta del 2002 (126) nella quale vengono enunciati sei principi fondamentali - tra cui la cooperazione o partnership (127) - implicanti il Òmutuo rinforzoÓ delle attivitˆ per la gestione delle crisi. A latere dellĠautonomia del processo decisionale di UE e NATO si prevede infatti lo Òsviluppo coerente di requisiti di capacitˆ militari compatibili e che si rafforzano reciprocamente, comuni alle due organizzazioniÓ. Conformemente al principio generale di diritto che nettamente distingue la sfera (e gli organi) dellĠindirizzo politico da quella dellĠesecuzione operativa, laddove venga chiamata ad agire in ambito PESC/PSDC lĠEUROGENDFOR opera sotto il controllo del CPS (ÒComitato Politico e di SicurezzaÓ del Consiglio UE). La Òmatrice europeaÓ della struttura  stata ribadita in occasione del Summit UE/USA di Praga (5 aprile 2009): nel puntualizzare la posizione comune sulla crisi afghana, il Consiglio UE ha ribadito che ÒLe sommet dĠhier de lĠOTAN a une nouvelle fois confirmŽ notre engagement ˆ long terme de stabiliser la situation en Afghanistan, et la dŽclaration du sommet a mentionnŽ le r™le de la Force de gendarmerie europŽenne (128) et mis lĠaccent sur les activitŽs dĠentra”nement mises en oeuvre par la mission de police de lĠUnion EuropŽenne, EUPOL, en AfghanistanÓ. Ancora - nellĠAllegato 5 alle Conclusioni del Consiglio Europeo di Bruxelles (18-19 giugno 2009) -ÒLe Conseil europŽen souligne lĠimportance du projet de dŽploiement de la Force de gendarmerie europŽenne en Afghanistan dans le cadre de la mission OTAN de formation en Afghanistan (NTM-A), qui constituera une initiative complŽmentaire visant ˆ renforcer les capacitŽs de la policeÓ (129). (126) EU-NATO Declaration on ESDP (http://www.nato.int/docu/pr/2002/p02-142e.htm) del 16 dicembre 2002. Sui rapporti UE-ONU si veda TARDY, EU-UN cooperation in peacekeeping: a promising relationship in a constrained environment, in Cahier de Chaillot n. 78, Paris 2005, pp. 49 ss.. (127) La partnership  stata definita con lĠaccordo Berlin plus del marzo 2003, che permette allĠUE di utilizzare strutture, meccanismi e risorse della NATO per condurre operazioni militari nel caso questĠultima non voglia intervenire. Inoltre  stato sottoscritto un accordo che regola lo scambio e la gestione di informazioni e di materiale sensibile tra lĠUE e lĠAlleanza Atlantica. Per un approfondimento si vedano COMELLI-PIROZZI, La cooperazione tra lĠUnione europea e la Nato, Roma 2007 (http://www.iai.it/pdf/Oss_Transatlantico/69.pdf), nonchŽ ARMITAGE-MOISAN, Constabulary Forces and Postconflict Transition: The Euro-Atlantic Dimension, Strategic Forum n. 218/2000. (128) Che in tale contesto opera sotto egida NATO, dal 2009. Come giˆ in Bosnia, alla Missione di polizia UE (EUPOL) hanno invece partecipato le singole Forze di gendarmeria nazionali, impegnate nellĠaddestramento proprio delle Forze civili di polizia (lĠAfghan National Police - ANP) e lĠAfghan Border Police - ABP). Ai Carabinieri italiani  stata assegnata anche la formazione dellĠAfghan National Civil Order Police (ANCOP), strutturata come Forza a competenza ÒibridaÓ. (129) I testi delle dichiarazioni ufficiali rese nel Consiglio Europeo di Bruxelles e nel Summit sono pubblicati nel decimo volume di ÒSŽcuritŽ et dŽfense de lĠUnion europŽenne - Textes Fondamentaux 2009Ó, pubblicato nel 2010 dallĠISS (Institut dĠƒtudes de SecuritŽ Union EuropŽenne), Agenzia autonoma dellĠUE succeduta nel 2002 allĠIESUE. In termini pi generali, parlando del rapporto tra le missioni multinazionali NATO e la PESD in occasione della riunione dei Ministri degli Esteri e della Difesa del 10 novembre 2008 a Bruxelles (130), lĠAlto Rappresentante per la PESC sottolineava la necessitˆ di pi strette relazioni Òwith some of these formations (e.g. the Eurocorps and the European Gendarmerie Force). This could be in the form of information exchange, involvement in exercises, and common workshops or meetings. In the end it will lead to better preparation of and participation in these Multinational Forces in our ESDP operationsÓ. La fungibilitˆ operativa di EUROGENDFOR  dunque coerente non solo con le politiche integrate di sicurezza dellĠUE, ma pure con il tradizionale rapporto (131) tra le Forze di questĠultima e quelle della NATO, considerate Òseparate, ma non separabiliÓ. Da quato sopra evidenziato possono essere individuati alcuni primi tratti qualificanti di un ipotetico Òmodello ordinamentale europeoÓ della pubblica sicurezza, desumibili dalle fonti normative sovranazionali. In primo luogo la natura integrata e multipolare del Òsistema sicurezzaÓ europeo, se da un lato favorisce ed esalta le Forze e gli operatori a capacitˆ ÒibrideÓ o multidisciplinari, non presuppone assolutamente lĠunicitˆ (o comunque lĠuniformitˆ (132)) dei soggetti destinati a dare attuazione alle politiche di settore, bens“ - al contrario - una pluralitˆ di operatori e competenze, delle quali va per˜ assicurato lĠesercizio armonico e complementare, al fine di perseguire determinati obiettivi comuni. Questi ultimi vengono individuati dagli organi di indirizzo politico (per lĠUE il Consiglio Europeo, ed in chiave pi operativa il Consiglio), che si avvalgono - come vedremo - di strutture ausiliarie intermedie per assicurarne unĠesecuzione coerente ed efficace da parte dei soggetti di cui sopra, mediante lĠesercizio della funzione di coordinamento. In estrema sintesi, dunque, lĠordinamento comunitario - che in ci˜ mutua un principio costituzionale comune agli Stati membri (in Italia disciplinato con i D.lgss 31 marzo 1998, n. 80 e 30 marzo 2001, n. 165 nonchŽ con legge 4 marzo 2009, n. 15) - presuppone una netta distinzione tra gli organi competenti ad effettuare le scelte di indirizzo politico (la cd. Autoritˆ di governo, o Civil Authority) e quelli invece deputati a darvi diretta esecuzione (gli operatori del Òsettore sicurezzaÓ quali Forze dellĠordine, Forze armate, personale del (130) Testo pubblicato in Cahier de Chaillot n. 117, ISS Paris 2009, p. 423. (131) Si veda ROBINSON, The European UnionĠs Headline Goal, CDI Washington 2002. NellĠattuale modello di sicurezza, infatti, le stesse Forze e capacitˆ costituiscono le basi dellĠimpegno sia del- lĠUE che dellĠAlleanza Atlantica, anche se parte di esse potrebbe essere destinata esclusivamente allĠUnione Europea, se necessario. (132) Uniformitˆ che del resto contraddirebbe il principio generale - proprio di tutti i settori di intervento dellĠUnione ed avente carattere ÒcostituzionaleÓ - non solo della sussidiarietˆ, ma prima ancora del rispetto delle tradizioni istituzionali dei singoli Stati membri. pubblico soccorso, della magistratura e della protezione civile, volontari, etc.) per i quali vale il pi volte richiamato principio ÒolisticoÓ. Nel mezzo, come vedremo, si collocano delle strutture ausiliarie di coordinamento che in qualche modo partecipano del potere di indirizzo e per tali sono distinte dai singoli soggetti coordinati, pur essendo previste forme di partecipazione degli stessi (o di parte di essi), in posizione assolutamente equiordinata e paritaria, ai lavori di tali organismi, per apportarvi le imprescindibili competenze specialistiche. Tale , in estrema approssimazione, il meccanismo di funzionamento del ÒComitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza internaÓ (COSI - su cui cfr. infra (133)), concepito dal Trattato di Lisbona come un organo ausiliario per la definizione, a livello operativo, delle politiche di sicurezza elaborate in seno al Consiglio (nel settore FSJ, ex ÒTerzo PilastroÓ), la cui composizione potremmo definire ÒinterforzeÓ, per usare unĠespressione tipica della prassi italiana. La filosofia istituzionale dellĠUnione mira a coniugare efficacia e trasparenza (134), ma soprattutto tenta di risolvere le sovrapposizioni e duplicazioni venutesi a creare, nel corso degli anni, allĠinterno delle strutture deputate alla pianificazione ed attuazione delle politiche di sicurezza: per questa ragione, se da un lato punta a superare - con un approccio ÒintegratoÓ - la rigida compartimentazione ÒottocentescaÓ (135) tra i settori ÒsicurezzaÓ e ÒdifesaÓ, dallĠaltro impone una netta distinzione tra la sfera dellĠindirizzo (e controllo) politico e quella dellĠesecuzione delle correlate direttive, assicurando lĠequilibrio del sistema tramite forme di coordinamento ÒpartecipatoÓ o ÒconsensualeÓ. LĠesigenza di una strategia operativa ÒintegrataÓ ed ÒolisticaÓ della pubblica sicurezza discende dalla necessitˆ di far fronte - sul piano interno e nella prospettiva internazionale - a Òpericoli diffusi, ambigui ed asimmetriciÓ; ÒintegrazioneÓ che  per˜ lĠesatto opposto di unĠipotetica, indiscriminata commistione delle funzioni attribuite per legge ai singoli operatori istituzionali (133) Cfr. quanto riportato, in argomento, sul portale http://europa.eu/legislation_summaries/ justice_freedom_security/police_customs_cooperation/ai0028_it.htm. (134) Criterio, questĠultimo, previsto dagli artt. 11 comma terzo e 15 del Trattato di Lisbona, nonchŽ dagli artt. 1 TUE e 15 TFUE, avente natura indisponibile, tanto pi in un settore delicato qual  quello delle politiche di sicurezza, che se da un lato non devono trovare ostacoli in pletorici vincoli burocratici, dallĠaltro presuppongono la chiara individuazione degli ambiti di responsabilitˆ di chi vi agisce, e soprattutto la netta separazione delle attribuzioni operative rispetto alla sfera politica: sullĠargomento si vedano MANGANARO, LĠevoluzione del principio di trasparenza amministrativa, in AA.VV., Studi in onore di R. Marrama, Napoli 2011; GALETTA, Trasparenza e governance amministrativa nel diritto europeo, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun. 2/2006, p. 279 ss.; CHITI, Le forme di azione dellĠAmministrazione europea, in BIGNAMI-CASSESE (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Milano 2004, pp. 53 ss.. Inoltre PEPE, Principi generali dellĠordinamento comunitario e attivitˆ amministrativa, Roma 2012. (135) Cui si connetteva, soprattutto ai primordi delle rivoluzioni liberali, lĠantinomia concettuale tra Forze di polizia (generalmente dipendenti dal Governo) e Forze armate, originariamente legate al Re. (Forze di polizia, Esercito, volontariato, etc.), che invece contraddirebbe i presupposti delle politiche di EUCIVPOL (136). Caratteristica del Òmodello europeoÓ  invece la realizzazione di apparato di sicurezza ÒinterforzeÓ integrato, come si evince ad esempio - in ambito PESC/PSDC - dalle linee-giuida sullĠazione delle Forze armate tradizionali (in particolar modo nei settori della protezione civile, del controllo delle coste dove giˆ cooperano i reparti di Guardia costiera - e delle frontiere, nonchŽ nellĠattivitˆ di presidio del territorio, laddove le altre componenti siano numericamente insufficienti). In ambito comunitario, fin dai primi sviluppi della PESC/PESD si  ritenuto strategico il superamento dei tradizionali confini tra gestione militare e gestione civile, come emerge da una serie di interventi qualificati quali la missione ÒcivileÓ in Aceh (137), gestita in realtˆ pi che altro da Forze militari; quindi in Sudan e Somalia (138), espressamente denominate azioni ÒcivilimilitariÓ di supporto, nonchŽ in Guinea Bisssau (primo esempio di operazione PESD civile-militare (139)). Secondo quanto riportato giˆ nel ÒProgetto di strategia di sicurezza interna per lĠUEÓ, approvato dal Consiglio in data 23 febbraio 2010 (140), Òil modello di sicurezza europeo É annovera strumenti comuni e i seguenti impegni: stabilire un nesso sinergico tra sicurezza, libertˆ e vita privata; migliorare la cooperazione e la solidarietˆ tra gli Stati membri; coinvolgere tutte le isti (136) HILLS, International Peace Support Operations and CIVPOL: Should there be a Permanent Global Gendarmerie?, in International Peacekeeping 5/III 1998, pp. 26 ss.. (137) Il Nanggroe Aceh Darussalam  un territorio ad Òautonomia specialeÓ (daerah istimewa) situato nella parte nord dellĠisola di Sumatra (Indonesia). Base giuridica dellĠintervento UE (Aceh Monitoring Mission - AMM)  lĠAzione Comune del Consiglio 2005/643/CFSP del 9 settembre 2005 (pubblicata su GUCE del giorno successivo). I rapporti di coordinamento tra lĠAutoritˆ di controllo politico (cfr. la Civil Authority, su cui retro) e quella di direzione strategica sono precisati allĠart. 9, in base al quale ÒThe PSC shall exercise, under the responsibility of the Council, the political control and strategic direction of the mission. The Council hereby authorises the PSC to take the relevant decisions for the purpose and duration of the mission, in accordance with third subparagraph of Article 25 of the Treaty. This authorisation shall include the powers to amend the OPLAN and the chain of command. The powers of decision with respect to the objectives and termination of the mission shall remain vested in the CouncilÓ. Testo integrale su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/en/oj/2005/l_234/l_23420050910en00130016.pdf. (138) La missione UE civile-militare in Sudan, di supporto allĠAMIS (African UnionĠs enhanced Mission to Sudan / Darfur) viene disposta, su richiesta dellĠUnione Africana del 18 luglio 2005, con Azione Comune del Consiglio 2005/557/CFSP, OJ L 188 del 20.7.2005. La missione in Somalia (EUNAVFOR Somalia/Operation Atalanta) ha invece ad oggetto la protezione delle coste e delle tratte commerciali marittime dalla pirateria locale: le basi legali sono molteplici, e vanno dallĠAzione Comune del Consiglio 2008/749/CFSP del 19 settembre 2008 alla Decisione del Comitato Politico e sulla Sicurezza Atalanta/2/2011 del 15 giugno 2011. Tutti i documenti, come pure quelli relativi alla Missione in Guinea Bissau (nota successiva) sono scaricabili da http://consilium.europa.eu/eeas/security-defence/euoperations? lang=en. (139) La Missione EU-SSR Guinea Bissau, svolta in ambito PESD, si  conclusa il 30 settembre 2010. (140) Reperibile su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st05/st05842-re02.it10.pdf. tuzioni dellĠUE; affrontare le cause dell'insicurezza, oltre che i soli effetti; promuovere la prevenzione e l'anticipazione; coinvolgere, laddove pertinente, tutti i settori - politico, economico e sociale - che contribuiscono alla protezione dei cittadini; rafforzare l'interdipendenza tra sicurezza interna ed esternaÓ. NellĠottica del legislatore europeo - come si legge nel prosieguo del documento - quello della sicurezza interna  un concetto articolato ed intersettoriale che riguarda una pluralitˆ di minacce per la vita, la sicurezza ed il benessere dei cittadini, non limitato, ad esempio, ai ÒclassiciÓ atti di terrorismo e criminalitˆ, ma comprendente pure Òle catastrofi naturali e di origine umana quali incendi boschivi, terremoti, inondazioni e tempesteÓ. Per questa ragione la strategia adottata in ambito europeo  fondata sulla collaborazione tra i diversi soggetti di volta in volta coinvolti sotto il profilo operativo, concretamente ottenibile solo grazie ad una costante attivitˆ di coordinamento, a seconda dei casi previo accordo dei medesimi o ad opera di organismi terzi: nelle parole del richiamato Progetto del 2010, il Òsistema sicurezzaÓ assume quindi i tratti tipici della pianificazione multilivello, se non dellĠorganicismo, in presenza di Òambiti di attivitˆ [che] nello spazio europeo di libertˆ, sicurezza e giustizia sono di fatto inscindibili: la strategia di sicurezza interna ne deve assicurare lĠintegrazione e il rafforzamento reciprociÓ. Da tali premesse si  giunti allĠelaborazione delle strategie di sicurezza 2010 - 2014 (cfr. retro) che, coerentemente, non perseguono lĠobiettivo di creare nuove competenze, ma di integrare quelle esistenti. A tal fine, il Consiglio si  dotato di alcune strutture operative, tra cui il ÒComitato Politico e di SicurezzaÓ (CPS), che dovrebbe assicurare lĠazione coordinata degli operatori UE dispiegati sul campo, sulla scorta dei pareri ricevuti dal ÒComitato per gli Aspetti Civili della Gestione delle CrisiÓ (CIVCOM) e dal ÒComitato Militare dellĠUnione EuropeaÓ (EUMC) nel corso del processo decisionale sullĠavvio delle operazioni dellĠUE. La logica sottesa alla cooperazione civile-militare (CIMIC) trova espressione nella recente Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010 sulla ÒCooperazione civile-militare e lo sviluppo di capacitˆ civili-militariÓ [Doc. 2010/2071(INI) (141)], laddove si Òsottolinea che, per essere efficaci, le risposte alle crisi attuali e alle minacce per la sicurezza, comprese le catastrofi naturali, devono poter attingere sia alle capacitˆ civili che a quelle militari ed esigono una pi stretta cooperazione tra di esse; ricorda che lo sviluppo dellĠapproccio globale dellĠUE e delle sue capacitˆ congiunte di gestione civile e militare dellecrisi ha costituito un tratto distintivo della PESD e rappresenta il suo principale (141) Pubblicata su GUCE C-99 E del 3 aprile 2012. Testo scaricabile dal portale istituzionale http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:099E:0007:0014:IT:PDF. Gli atti del procedimento sono a loro volta pubblicati sul portale del Parlamento Europeo, allĠindirizzo online: http://www.europarl.europa. eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?reference=2010/2071(INI)&l=EN. valore aggiunto É ai fini dello sviluppo di un approccio globale dellĠUE, raccomanda altres“ uno stretto coordinamento tra il SEAE e tutte le unitˆ competenti in seno alla Commissione, segnatamente quelle che si occupano dello sviluppo, dell'aiuto umanitario, della protezione civile e della salute pubblica; sottolinea la necessitˆ di collegamenti diretti tra il SEAE e le agenzie PESD É nell'ambito del meccanismo di protezione civile (É) chiede un miglior coordinamento eun pi rapido spiegamento delle attivitˆ militari nel contesto del soccorso in caso di catastrofiÓ. Conseguenza di ci˜  la centralitˆ delle Forze di gendarmeria, come precisato nel par. 35 della medesima Risoluzione 2010/2071, per cui lĠUnione  Òpienamente favorevole allĠuso della Forza di gendarmeria europea (FGE), che pu˜ essereposta sotto il comando militare o civile ed offre una capacitˆ di dispiegamento rapido per missioni di spedizione di polizia, come uno strumento molto adatto per una vasta gamma di efficaci operazioni di gestione delle crisi, comprese le missioni di stabilizzazione successive a catastrofi; invita tutti gli Stati membri che dispongono di Forze di polizia a statuto militare ad aderire all'iniziativaÓ. Sotto lĠaspetto organizzativo/istituzionale, infine, il par. 13 (cd. Livello strategico) cos“ precisa: Òsul piano politico-strategico, [il Parlamento] accoglie confavore lĠintegrazione di elementi civili e militari all'interno della Direzione Gestione delle crisi e pianificazione (DGCP) come un passo nella giusta direzione; sottolinea, tuttavia, la necessitˆ di trovare un giusto equilibrio tra capacitˆ di pianificazione strategica civili e militari, non solo in termini numerici, ma anche per quanto concerne la posizione gerarchica, al fine di sfruttare al massimo le sinergie disponibiliÓ. Nel modello europeo, dunque, non trova accoglimento la tesi secondo cui le componenti militari sarebbero in qualche modo estranee alla societˆ civile, tanto pi nel concorso allĠesercizio delle funzioni di pubblica sicurezza (in questi termini, lĠordinamento UE pu˜ dirsi innovativo e non meramente recettivo di principi comuni alla generalitˆ degli Stati membri, comĠ vero che lĠopposta tesi ancor oggi informa lĠorientamento di alcuni Stati del Nord Europa in seno al Consiglio, come pure il TULPS). NellĠottica UE, invero, le componenti civili e militari della societˆ sono assolutamente sullo stesso piano, in quanto egualmente partecipi del diritto di nazionalitˆ europea: nessuna fonte giuridica riconducibile ad organi o Istituzioni dellĠUnione legittima una prevalenza dellĠuna o dellĠaltra parte, nŽ lascia intendere che gli organismi a status civile debbano in qualche modo avere la direzione di quelli militari o viceversa, poichŽ il fondamento delle politiche sovranazionali non  ideologico, bens“ pragmatico. Ci˜ trova conferma, oltre che nelle numerose fonti in precedenza richiamate, negli atti comunitari in materia di antiterrorismo (settore a cavallo tra gli allora Pilastri PESC e GAI), in primis il fondamentale documento n. 14469/4/05 del Consiglio (ÒThe European Union Counter-Terrorism Stra tegyÓ), che anche in tale settore pacificamente riconosce (parr. 33 e 37) il ruolo operativo concorrente di Forze di polizia (comprensive delle eventuali gendarmerie nazionali) e Forze armate tradizionali (142). Fine essenziale della CIMIC  contribuire al raggiungimento degli obiettivi dello Stato di diritto in tutti i settori (giustizia, cultura, economia, sociale, sicurezza, etc.), per favorire la ricostruzione del tessuto socio-economico nelle aree di crisi, interna o internazionale. La cooperazione avviene generalmente attraverso organismi comuni di collegamento tra le diverse componenti oppure, di concerto, al momento della materiale prestazione di attivitˆ in favore della popolazione civile (143). LĠEUMS (Stato Maggiore dellĠUE (144)), a sua volta,  responsabile della pianificazione ed attuazione della cooperazione civile-militare, sia a livello politico che strategico (145). La sua cellula civile-militare (operativa dal 2006)  stata il primo organismo permanente dellĠUE ad integrare, al suo interno ed al massimo livello, tanto le competenze militari che quelle civili (ivi comprese quelle riconducibili al personale della Commissione UE), ai fini di un concreto coordinamento civile-militare (CMCO (146)). A livello politico riceve ordini sia dal CIVICOM che dallĠEUMC, e fornisce allĠUE sia una capacitˆ di pianificazione autonoma (la cd. Òcellula di pianificazione strategicaÓ), sia il Centro Operazioni (attivo dal gennaio 2007), com (142) ÒIn the event of an incident with cross border effects there will be a need for rapid sharing of operational and policy information, media co-ordination and mutual operational support, drawing on all available means, including military resources. The ability of the EU to take consistent or collective action will also be essential to an effective and efficient response. The development of EU crisis co-ordination arrangements, supported by the necessary operational proceduresÓ. (143) Si richiamano gli studi di ANKERSEN, Civil-Military Cooperation in Post-Conflict Operations. Emerging theory and practice, Abingdon/New York 2008 e MOCKAITIS, Civil-military cooperation in peace operations: the case of Kosovo, Carlisle 2004. In termini pi generali, AA.VV. (a cura di NOWAK), Civilian crisis management: the EU way, Chaillot Paper n. 90, ISS Paris 2006. (144) Istituito con Decisione 2001/80/ PESC, poi novellata dalla Decisione 2008/298/ PESC del 7 aprile 2008. (145) Ai sensi dellĠart. 4 Decisione 2008/298/PESC, non solo Òcontribuisce allo sviluppo di un corpus di dottrina e concetti, traendo esperienza dalle operazioni e dalle esercitazioni civili e militariÓ, ma pure Òcontribuisce alla pianificazione strategica di reazione alle crisi per le operazioni civili/militari congiunte, sviluppando le opzioni strategiche previste nelle procedure di gestione delle crisi. Detta pianificazione compete direttamente al DGEUMS e al DCPCC sotto la direzione generale dellĠSG/AR; - su richiesta del DCPCC al DGEUMS, fornisce assistenza alla pianificazione di reazione alle crisi a livello strategico e operativo per le missioni civili effettuate sotto la responsabilitˆ del DCPCCÓ. Testo su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:102:0025:01:IT:HTML. (146) Cfr. BADIALETTI, La Cooperazione Civile-Militare. Interazione tra struttura militare ed organismi civili, in Informazioni della Difesa 2001, pp. 28 ss.. In argomento si richiama la Risoluzione del Parlamento Europeo del 23 novembre 2010 sulla cooperazione civile-militare e sullo sviluppo di capacitˆ civili-militari [doc. 2010/2071 (INI) P7_TA(2010)0419], par. da 6 a 12. Per completezza, si ricorda che lĠobiettivo di una strutturale (non limitata cio a casi eccezionali) azione sinergica delle funzioni civili e di quelle militari  punto qualificante anche del vigente Civilian Headline Goal 2010 (doc. 14823/07, parr. da 11 a 14 - cit.), come pure delle Civilian Capability and Development Guiding Lines, sempre del Consiglio UE (doc. 11697/1/09). petente a definire le cd. missioni ibride (civili e militari) in ambito PESD/PSDC. LĠEUMS svolge inoltre un fondamentale ruolo di consulenza e programmazione in materia di riforma del settore della sicurezza (RSS) e di politiche di ÒDisarmo, Smobilitazione e ReintegrazioneÓ (DDR). In determinate circostanze pu˜ costituire delle Unitˆ di pianificazione e gestione che si avvalgono delle sue conoscenze, del suo personale e della sua infrastruttura. Se necessario pu˜ anche, attraverso lĠEUMC, chiedere temporaneamente personale supplementare agli Stati membri dellĠUE. La simbiosi tra i due settori della sicurezza si riflette ancora nellĠart. 5 della Decisione 2008/298/PESC, laddove si precisa che ÒlĠEUMC indirizza, attraverso il DGEUMS, le attivitˆ militari svolte dalla EUMS nel quadro della gestione civile dellecrisi. I contributi dell'EUMS agli aspetti civili della gestione delle crisi restano sotto la responsabilitˆ funzionale della DGEIX per tutte le attivitˆ (pianificazioni, missioni esplorative, ecc.) compreso lo sviluppo del CMC e, se del caso, CSO/PSO. Una volta adottata la decisione di avviare una missione, tali contributi sono sotto la responsabilitˆ funzionale del DCPCCÓ. LĠultima aggiunta alla Òcellula civile-militareÓ  rappresentata dalla componente della ÒCapacitˆ di VigilanzaÓ, operativa dal 2008 e concepita per supportare la pianificazione operativa, sia militare che civile. Nonostante tali interventi, molto resta per˜ ancora da fare, anche sul piano del coordinamento. Non si tratta, invero, di carenza di personale (in seno allĠEUMS il numero di rappresentanti civili  analogo a quello dei militari), nŽ di scarsa qualificazione (i Rappresentanti Speciali dellĠUE sono quasi sempre dei rappresentanti politici di rilievo), ma piuttosto di un problema culturale: in termini operativi, infatti, i diversi attori sono tra loro indipendenti, comĠ vero che le Forze armate prendono regolarmente ordini dal Comitato Militare UE e ricevono le eventuali istruzioni politiche direttamente dal CPS, analogamente a tutte le altre Forze in campo. Per contro, allĠatteggiamento dei militari che spesso - memori delle esperienze fallimentari dei pi risalenti interventi di CIVPOL in sede ONU - considerano molte strategie civili inadeguate al concreto livello di rischio dei teatri di intervento, si contrappone una costante diffidenza della componente civile, che teme una perdita di influenza (147). (147) NORHEIM-MARTINSEN, Matching Ambition with Institutional Innovation: The EU.s Comprehensive Approach and Civil-Military Organisation, Oslo 2009, p. 17. Sebbene ve ne siano accenni giˆ nella Guerra del Peloponneso di TUCIDIDE, la dottrina del Comprehensive Approach (ÒApproccio GlobaleÓ) di tutte le Forze (e problematiche) in campo  recente, e si sviluppa soprattutto in occasione della Missione ISAF in Afghanistan. La Gran Bretagna  stata probabilmente il primo Stato ad adottare, nel 2006, delle organiche linee-guida di azione in tal senso, mentre in seno alla NATO la questione  stata promossa solo nel recente vertice di Bucarest del 2008. SullĠargomento si vedano NEAL-WELLS (a cura di), Capability Development in Support of Comprehensive Approaches. Transforming International Civil-Military Interactions, Washington 2011 (sul particolare approccio svedese cfr, ivi, BJ…RKMAN e FRIMAN, pp. 229 ss.). A ci˜ si aggiunga che le procedure di decisione in seno al Consiglio (148), nel settore delle politiche di sicurezza, spesso non sono molto lineari. Secondo attenta dottrina (149) il problema verrebbe acuito dal fatto che, a fronte della creazione di una Òcellula civile/militareÓ concepita come un integratore di sistema, il ÒConcetto di Gestione delle CrisiÓ (CMC) non avrebbe invece analoga composizione mista: mentre la Òcellula civile-militareÓ ha contribuito a specifici interventi ÒibridiÓ (ad es. la missione di monitoraggio in Aceh), la stesura del CMC  rimasta nelle mani di un organismo ad hoc in seno allĠEUMS, il cosiddetto ÒNucleo di Coordinamento per la Risposta alle CrisiÓ. é pur vero, peraltro, che al problema di scarsa comunicabilitˆ il Consiglio aveva pensato di porre rimedio creando (nel 2008) un ulteriore organismo, la ÒDirezione per la Gestione delle Crisi e la PianificazioneÓ (CMPD), che univa sotto unĠunica Direzione gli aspetti civili e militari della pianificazione delle Missioni UE (rispettivamente DGEIX e DG E VIII, incardinate presso il Segretariato del Consiglio), per coordinare i compiti degli attori di volta in volta coinvolti. Le funzioni di tale organo - attuale responsabile del CMC - sono adesso individuate alla pag. 5 del doc. 15475/09 del Consiglio (ÒPromuovere sinergie in materia di rafforzamento delle capacitˆ rispettivamente civili e militari dellĠUEÓ (150)). Rilevante ne  anche il ruolo di coordinamento (secondo il modello UE, basato sul presupposto generale dellĠequiordinazione delle Forze in campo), come emerge al conclusivo par. 23: ÒOnce established, the CMPD within its area of responsibility should foster and coordinate work on synergies betweencivil and military capability development, including in helping identify dual needs. This work should be undertaken in close cooperation with the EUMC, the CIVCOM, the EDA, the Commission and other relevant bodies and agencies and should take into account priorities set by the Member StatesÓ. Resta per˜ in parte irrisolto il problema della complessitˆ della catena di comando. Lo stesso documento, inoltre, al par. 20 riconosce che Òdovrebbero essere ricercate sinergie [perfino] nel campo dellĠaddestramento [civile-militare; ndr] (a livello strategico, operativo e tattico), i cui benefici sono stati comunemente identificati in entrambi i processiÓ (151). Ancora pi esplicito, per quanto qui interessa, il par. 15 (e seguenti), dove il Consiglio UE precisa che, al fine di promuovere sinergie tra i diversi soggetti (148) Per unĠanalisi dei meccanismi decisionali dellĠUnione Europea in tema di politica estera e di sicurezza, comparati con quelli dellĠONU e della NATO, si veda DIJKSTRA, The Institutional Design of Peacekeeping Organizations: United Nations, NATO and the European Union, Maastricht 2010 (consultabile su http://www.fdcw.unimaas.nl/staff/files/users/274/paper_dijkstra_UACES_ECPR.pdf). (149) IOANNIDES, Le capacitˆ civili dellĠUE e la cooperazione con il settore militare, in AA.VV., LĠUnione Europea e la gestione delle crisi. Istituzioni e capacitˆ, cit., p. 33. (150) Reperibile allĠindirizzo http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st15/st15475.en09.pdf. in campo, dovrebbero essere sviluppate concrete capacitˆ cd. Òdual-useÓ onde facilitarne la potenziale fruizione sia per le operazioni civili che per quelle militari (qui in ambito PESD), pur tenendo ovviamente presenti le specificitˆ di ogni settore di intervento (152). In precedenza, peraltro, il par. 10 escludeva che il processo di ÒcomplementarizzazioneÓ potesse comunque portare ad accorpamenti o fusioni dei diversi settori, il che avrebbe contraddetto gli obiettivi multipolari dellĠUE (153). Quanto sopra sanziona due principi cardine del Òmodello europeoÓ dellĠAmministrazione di P.S.: da un lato viene una volta di pi confermata la centralitˆ delle Forze (o, pi in generale, degli operatori) a capacitˆ ÒibridaÓ; dallĠaltro, coerentemente con tale principio, viene espressamente respinta lĠipotesi di procedere ad accorpamenti o fusioni per affrontare la sovrapposizione di competenze di cui si  detto in precedenza. Quella che potrebbe sembrare unĠantinomia, in realtˆ, non  altro che semplice buon senso. Per comprendere la logica delle Istituzioni UE, occorre muovere dalla premessa secondo cui una coerente strategia di sicurezza devĠessere inclusiva, cio ricomprendere lĠazione dei diversi operatori di settore - non solo militari o di polizia - che di volta in volta prestano la loro attivitˆ nella gestione delle situazioni di crisi, interna o internazionale: operatori del soccorso pubblico, medici, magistrati, volontari, etc. La gestione ordinata e razionale di tale sistema  obiettivamente difficile, poichŽ ci si trova di fronte a soggetti che agiscono secondo protocolli e linee di comando del tutto diverse tra loro, quasi sempre prive di punti di raccordo. Per questa ragione lĠunica soluzione possibile  il ricorso a forme di coordinamento (su cui cfr. infra) che consentano di ÒincasellareÓ lĠazione di ognuno in un quadro complessivo pi ampio e razionale, secondo un approc (151) Testualmente: ÒTraining is a key element of military and civilian capability development. Synergies should be sought in the field of training (strategic, operational and tactical levels) where benefits have commonly been identified in the two processes. This could include pre-deployment training whenever possible, at national and EU levels. The European Security and Defence College should play a central role in establishing civil and military synergies in the field of trainingÓ. Sotto il profilo dottrinario si richiama HOSLAG-DOYLE, The New Global Security Landscape: Recommendations from the 2010 Security Jam, Brussels 2010, pp. 21 ss., testo pubblicato anche in versione online allĠindirizzo http://www.securitydefenceagenda.org/Portals/7/2010/Publications/SDA_JAM_Report_highres.pdf. (152) Nel testo: ÒSynergies could be fostered in developing concrete dual use capabilities including through joint research and technology efforts, and finding ways to facilitate their potential availability for ESDP civilian missions and military operations while taking full account of civilian and military specificities. The creation of a pool of European experts in Security Sector Reform is an example of such civil-military synergiesÓ. (153) ÒThis closer cooperation must preserve the different specificities and objectives of the two processes thus ensuring their integrity. Such a balanced and comprehensive approach should also be reflected in the human resources allocated for this workÓ. Il concetto, espresso in termini generali ed astratti, andrˆ poi applicato ad ogni settore nel quale le due realtˆ vengano a coesistere. cio ÒolisticoÓ. Titolare della potestˆ di coordinamento sarˆ necessariamente lĠAutoritˆ che giˆ dispone del potere di indirizzo politico, trattandosi di dare puntuale attuazione a questĠultimo (il che presuppone non solo una precisa conoscenza dello stesso ma pure, allĠoccorrenza, la possibilitˆ di procedere a modifiche pi o meno consistenti delle decisioni iniziali, anche per ragioni di opportunitˆ). Valutazioni, queste, che competono solo allĠAutoritˆ di governo (o ai suoi delegati istituzionali). A fronte di una simile complessitˆ di gestione,  preferita la presenza di soggetti a competenza multisettoriale o ÒibridaÓ poichŽ - per dirla in breve svolgono in autonomia dei compiti che richiederebbero altrimenti lĠintervento di soggetti diversi, che come tali dovrebbero a loro volta essere diretti da un terzo, con relativi oneri e costi; per contro, lĠunicitˆ della linea di comando di questi ultimi assicura una maggior rapiditˆ nellĠazione ed unĠimmediata individuazione delle eventuali responsabilitˆ. Alla luce di tali premesse ben si spiega la ragione per cui le fonti comunitarie non puntano a forme di accorpamento o fusione tra i diversi operatori (o livelli) di sicurezza, bens“ su un metodo di coordinamento che salvaguardi le professionalitˆ di ciascuno di essi: in effetti, unificare (o mescolare) una pluralitˆ di soggetti distinti e portatori di specifiche attribuzioni potrebbe al pi dar luogo a strutture composite (in quanto tali, tuttĠaltro che omogenee), destinate per˜, nel corso del tempo, ad una progressiva perdita di efficienza. Il che  lĠesatto contrario di quanto auspicato dalle Istituzioni dellĠUE, che mirano, nel medio periodo, alla condivisione di determinati standards operativi e di qualitˆ degli operatori del Òsettore sicurezzaÓ. La mera unione materiale non porta, di per sŽ, alla reciproca ÒcondivisioneÓ delle competenze precedentemente acquisite dai singoli attori del comparto, ma pi verosimilmente alla confusione di capacitˆ che per formazione sono e restano distinte; nella prospettiva europea viene invece privilegiata unĠopera di formazione costante e progressiva, che non mira certo ad operare un ÒtravasoÓ di competenze da un soggetto allĠaltro, bens“ ad individuare dei tratti procedurali comuni, delle best practices operative, degli standards professionali. A tal fine, infatti, sono state istituite alcune Agenzie strumentali, che si avvalgono (in particolare CEPOL, cfr. infra) della collaborazione ÒcircolareÓ e paritaria tra i centri formativi dei singoli Stati membri. Un discorso a parte, ovviamente, vale invece per le Forze ÒibrideÓ, che non nascono certo dalla riunione di diverse componenti operative, ognuna dotata di autonome capacitˆ ÒsegmentarieÓ, ma vengono formate, sin dallĠorigine, proprio per soddisfare professionalmente una pluralitˆ di competenze. Le sinergie richieste dal legislatore UE, comunque, non si esauriscono nei tradizionali settori operativo-addestrativi, ma attingono capacitˆ pi complesse che fuoriescono dai tradizionali schemi delle politiche di pubblica sicurezza (coinvolgendo, ad esempio, il settore finanziario o la giustizia (154)), capacitˆ che in concreto sono tipiche di organismi deputati a svolgere normalmente (anche) funzioni di polizia giudiziaria. Il 1Ħ febbraio 2008, infine, il Consiglio ha adottato le ÒDraft Guidelines for Command and Control Structure for EU Civilian Operations in Crisis ManagementÓ (doc. 9919/07 Ext 2 (155)), con lĠobiettivo di semplificare ed elevare il grado di coerenza delle strutture di comando e di controllo della GCC (Ògestione civile delle crisiÓ): a tal fine viene introdotta la figura del Comandante delle operazioni civili (CivOpCdr), incaricato di esercitare il comando ed il controllo a livello strategico di tutto ci˜ che concerne la pianificazione e la conduzione delle operazioni civili PESD (156), agendo sotto il controllo politico e la direzione strategica del CPS e sotto lĠautoritˆ dellĠAlto Rappresentante PESC. F) IL ÒMODELLO MSUÓ TRA DIRITTO INTERNAZIONALE (FPU) E COMUNITARIO (IPU). LĠAPPROCCIO INTEGRATO CIVILE/MILITARE NELLE FONTI NORMATIVE DELLA PESC/PSDC. A fronte di un tal variegato contesto si spiega il successo ottenuto, anche in sede europea, dal cd. Òmodello MSUÓ (157), sviluppato negli anni Ô90 dal- lĠArma dei Carabinieri per conto dellĠAlleanza Atlantica (158) in occasione del (154) Come indicato al par. 18, pur senza particolare enfasi. (155) Parzialmente declassificato, su http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/07/st09/st09919ex02. en07.pdf. (156) Per unĠintroduzione generale, cfr. MATTELER, The CSDP Mission Planning Process of the European Union: Innovations and Shortfalls, Wien 2010 (http://eiop.or.at/eiop/texte/2010-009a.htm). (157) Le MSU (Multinational Specialized Unit) sono Reggimenti dellĠArma dei Carabinieri nati nel 1998 per assolvere agli obiettivi fissati al meeting di Petersberg nel 1992: oltre a compiti di soccorso, svolgono operazioni di peacekeeping e missioni di combattimento, con lĠobiettivo di mantenere la pace. Si tratta, in particolare, di strutture in grado di esprimere, al tempo, capacitˆ militari ed autonomia logistica con alcune unitˆ appositamente addestrate, e contemporaneamente di operare a tutto campo come Forze di polizia a competenza generale, in collaborazione con assetti multinazionali inseriti nellĠorganizzazione militare della NATO. Per unĠefficace introduzione in materia, si veda PARIS, Le Multinational Specialized Unit della NATO, in Riv. Polizia, 1/2003. (158) Nel corso della riunione ministeriale tenutasi a Bruxelles del dicembre 1997 sulla guerra in Bosnia, il Consiglio Nord Atlantico incaric˜ il Consiglio in sessione permanente di fornire delle direttive allĠAutoritˆ militare NATO, nellĠormai prossima scadenza della Missione SFOR (Stabilization FORces), al fine di garantire la stabilitˆ e la sicurezza nel Paese. Fu infine deciso che la Forza militare che sarebbe succeduta alla SFOR ne avrebbe mantenuto il nome, ma avrebbe incentrato la propria attivitˆ sugli aspetti civili dellĠintervento, in collaborazione con lĠInternational Police Task Force dellĠONU e le Autoritˆ bosniache. Il Comando Alleato individu˜, tra le aree critiche, il mantenimento dellĠordine e della sicurezza pubblica, dal momento che tra missione e capacitˆ militari di SFOR e missione e capacitˆ di polizia internazionale ONU - tenuto altres“ conto delle Forze di polizia locali - esisteva un limbo nel quale nessuno era stato sino a quel momento in grado di intervenire: SFOR, infatti, disponeva di Forze militari armate ed addestrate in modo tradizionale, non idonee a gestire eventuali problematiche civili di ordine e sicurezza pubblica, mentre la polizia dellĠONU (secondo le tradizionali dottrine di CIVPOL anglosassoni) era disarmata. A loro volta le Forze di polizia locali non volevano o non potevano intervenire per ragioni conflitto bosniaco (159), da cui sono state successivamente mutuate le IPUs - Integrated Police Units - dellĠUnione Europea, aperte, a differenza del primo, anche alla partecipazione di Corpi di polizia ad ordinamento non militare. Il modello MSU, in estrema sintesi,  la trasposizione in ambito internazionale ed in un teatro di guerra (civile o di altra natura) dellĠattivitˆ ordinaria dellĠArma dei Carabinieri sul territorio nazionale, associata ad una serie di incombenze e capacitˆ tipicamente militari in ragione dello specifico contesto ambientale di volta in volta presente. Per meglio comprendere le problematiche in essere, va ricordato che le prime missioni internazionali di polizia, in ordine di tempo, furono quelle delle Forze di interposizione ONU (i cd. ÒCaschi BluÓ), la cui base giuridica riposava sullĠart. 42 dello Statuto delle Nazioni Unite: si trattava di contingenti rigorosamente disarmati, secondo il classico approccio dottrinale di CIVPOL anglosassone che voleva il poliziotto comunque privo di mezzi di offesa allorchŽ chiamato ad operare a contatto con la popolazione civile. In realtˆ, tale modello non riposava tanto su principi etici, bens“ su un solido pragmatismo, essendo lĠunico funzionale agli equilibri geopolitici del momento, dominati da due blocchi continentali contrapposti nei quali, di fatto, nulla accadeva se non con il placet delle maggiori Superpotenze e dove nulla doveva in realtˆ interporsi nella loro competizione permanente. In questi termini la ratio dellĠintervento ONU era stata efficacemente compendiata (fin dal 1957) dallĠallora Segretario Generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjšld, secondo cui i Caschi Blu Ònon devono imporre soluzioni politiche nŽ influenzare lĠequilibrio politico esistente, non devono interferire in conflitti interniÓ. Venuti meno gli equilibri di Yalta, lĠŽscamotage dottrinario perdette ogni utilitˆ a livello internazionale, pur conservando una certa suggestivitˆ in alcuni etniche o equilibri politici. Il Comando Alleato pens˜ allora ad unĠUnitˆ militare capace di svolgere alcuni compiti tipici di una Forza di polizia ordinaria - in particolare il mantenimento dellĠordine pubblico -che fosse quindi in grado di colmare il vuoto esistente tra le capacitˆ della componente militare tradizionale e quella di polizia civile. Apparve chiaro fin dal primo momento che tale esigenza poteva essere soddisfatta solo da Forze di polizia ÒciviliÓ ad ordinamento militare, in quanto integrate nello strumento militare tradizionale ma in possesso delle capacitˆ professionali tipiche delle seconde. LĠAlleanza si rivolse pertanto allĠItalia ed allĠArma dei Carabinieri in particolare, chiedendo di sviluppare il concetto nei dettagli e di avviare le attivitˆ di pianificazione e di costituzione dellĠUnitˆ. (159) Come nota BELLINI (in Seminario sulle Multinational Specialized Units, Suppl. a Rass. Arma Carabinieri 4/2004), ÒLe caratteristiche degli interventi nelle aree destabilizzate possono essere collocate su un largo spettro che va dall'intervento armato per imporre la pace, di competenza delle Forze armate, alla semplice assistenza tecnica o umanitaria, di competenza di organismi civili pi o meno strutturati. All'interno di tale spettro  possibile individuare un segmento, alquanto ampio, che non  pi riferibile esclusivamente ad attivitˆ operative di tipo "combat", ma che non  ancora configurabile come impegno attribuibile agli ambiti della pura assistenza tecnica o umanitaria. In questosegmento trova particolare valenza l'impiego delle Forze di polizia ad ordinamento militare ... é infatti richiesta una capacitˆ particolare, una sorta di Òpolizia intermediaÓ (É)Ó. contesti nazionali. A livello ONU le tradizionali unitˆ di CIVPOL vennero quindi progressivamente affiancate - o sostituite - da contingenti operativi di FPUS (ÒFormed Police UnitsÓ), militarmente organizzati e strutturati sul modello delle gendarmerie/MSU, cos“ da poter realmente svolgere unĠopera di interposizione tra le parti e colmare il costante gap di coordinamento ed interoperativitˆ tra le unitˆ militari e quelle di polizia, spesso carenti di capacitˆ logistiche autonome. In un contesto cos“ disaggregato, la dottrina operativa della MSU riusc“ a risolvere il principale ostacolo ad ogni reale forma di coordinamento ed interoperativitˆ tra i diversi soggetti in campo, supplendo alla necessitˆ di dar vita ad una complessa catena di comando (esclusivamente civile) che rispondesse - come in passato - ad una frammentazione di competenze ed attribuzioni di settore, spesso eterogenee quanto a procedure operative interne e professionalitˆ e neppur integrabili con la distinta, ma quasi sempre presente, componente militare. Analogo problema - come giˆ anticipato - si presenta, in sede europea, pure nel settore FSJ (ex-GAI - cfr. infra), nel quale la cooperazione transfrontaliera tra le Forze di polizia degli Stati membri viene perseguita attraverso attivitˆ di formazione volte ad implementare delle procedure e linee-guida standardizzate valide su tutto il territorio dellĠUnione, funzionali ad unĠeffettiva cooperazione a fronte di illeciti di rilevanza comunitaria. Nel settore militare (dalla cui metodologia concettuale anche il diritto dellĠUE ha attinto, nel definire le proprie linee guida in materia di sicurezza), si parla di Òstrategia operativaÓ per indicare quella parte della strategia generale militare che Òdefinisce i principi, le condizioni e le modalitˆ dĠimpiego delle ForzeÓ e che rinvia al corpus concettuale dottrinario per identificare le diverse tipologie di azione coerenti con le pi svariate evenienze del caso. In tale contesto si distingue tra ÒconcettoÓ e ÒdottrinaÓ: al vertice si colloca il Òconcetto sullĠimpiego delle ForzeÓ, che definisce gli obiettivi di carattere generale delle Forze a disposizione e si declina in base alle diverse componenti operative e tipologie dĠimpiego; in subordine si colloca la dottrina, che precisa il concreto utilizzo delle risorse in campo. Il primo individua gli obiettivi che  necessario raggiungere, la seconda le modalitˆ concrete con cui perseguirli. LĠUnione Europea non dispone di un vero e proprio corpo dottrinario PESC/PSDC distinto da quelli dei singoli Stati membri o della NATO, che eventualmente fissi gli indirizzi di massima in materia di strategia operativa della sicurezza integrata civile/militare (160); per contro, le basi giuridiche e dottrinarie (160) In argomento si veda lĠampio studio di PFISTER, La gestion civile des crises: un outil politico- stratŽgique au service de lĠUnion europŽenne, Genve 2008, pp. 305 ss. (su http://archiveouverte. unige.ch/unige:1407). Cfr. altres“ COUTEAU-BEGARIE, UnitŽ et diversitŽ des cultures stratŽgiques en Europe, in KLEIN-BUFFOTO-VILBOUX (a cura di), Vers une politique europŽenne de sŽcuritŽ et de dŽfense, Paris 2003, pp. 119 ss.. (161) su cui si fonda il Òmodello MSUÓ sono assai articolate, stante lĠiniziale difficoltˆ del mondo anglosassone (predominante in seno alla NATO) di concepire una Forza di polizia ÒcivileÓ a statuto militare, che allĠoccorrenza potesse anche svolgere operazioni di polizia militare se non anche di combattimento. Dopo una fase sperimentale (162), lĠautonomo ruolo istituzionale delle MSU (161) Di particolare importanza sono le fonti NATO (nel cui ambito le MSU sono state create), articolate su tre livelli. Il 1Ħ (pi elevato) include la Allied Joint Publication - AJP 01 (Pubblicazione Interforze Alleata 01) denominata ÒCapstoneÓ - pietra miliare - nonchŽ quelle denominate ÒKeystonesÓ, che per ogni branca funzionale (ad es. intelligence, operazioni, logistica, cooperazione civile-militare, etc.) dettano i principi generali. Il 2Ħ livello, denominato ÒSupporting Joint DoctrineÓ (Dottrina Alleata di Supporto) disciplina i settori e le specifiche attivitˆ che sono ricondotte ad ogni singola branca funzionale. Il 3Ħ livello, infine,  quello della ÒJoint Applicable DoctrineÓ (Dottrina Interforze Applicabile) che detta norme immediatamente operative e concretamente applicabili. Al di sotto di tale ripartizione esistono numerose altre tipologie di documenti, non dottrinali, con valore normativo (ad es. i documenti di pianificazione operativa, tra cui i piani e gli ordini di operazione, le Technical Tactical Procedure, le Standing Operating Procedures, etc.) che hanno per˜ efficacia particolare e non generale (ad es. per una specifica Task Force o per uno specifico teatro operativo) poichŽ sono emanati da Comandanti strategici, operativi o tattici. Sulla questione, cfr. - sovra riportato - PARIS, Le Multinational Specialized Units, unĠesperienza militare di polizia tutta italiana, Riv. Polizia 1/2003, p. 45. (162) I primi riferimenti alla MSU nella dottrina NATO risalgono allĠAJP-01(a), ora superata dal- l'AJP-01(b) ÒAllied Joint DoctrineÓ, nel cui capitolo 2 (Stanag 2437 - paragrafo 2204) si legge che i militari, grazie alle loro capacitˆ, possono essere chiamati a contribuire, nelle operazioni di risposta alle crisi non contemplate dallĠarticolo 5, a compiti propri degli attori civili che vanno dalla pubblica sicurezza alla guardia delle frontiere. Su questa premessa la dottrina NATO conferisce alle MSU una vasta gamma di compiti specifici che in un contesto tradizionalmente stabile sono propri delle Forze di polizia operanti in seno alla societˆ civile. Testualmente: ÒFurthermore, experience has shown that in addition to the availability of specialized units for a particular task, the military, because of its organization, capabilities and ability to deploy rapidly, could be called on, in exceptional circumstances, to contribute to tasks which are responsibility of a mandated civil actors. Such as could run from public security, engineer support for municipal services to border security/control. Given that non-Article 5 CRO may be as demanding and intense as Article 5 operations, NATO forces need to be trained, equipped and supplied to accomplish the range of tasks mentioned in this paragraphÓ. Il principio viene ribadito al cap. 2 par. 2004 dellĠAJP-01(b). NellĠAJP-01(a) era stata inserita una variante nella parte relativa alle Òoperazioni militari diverse dalla guerraÓ (ÒMilitary Operations Other Than WarÓ sono le operazioni non di combattimento che lo strumento militare pu˜ in concreto essere chiamato a svolgere, quali interventi umanitari, imposizione di sanzioni, operazioni antidroga, etc.) ed in relazione allĠobiettivo politico finale delle stesse (Sezione II, Par. 2306 modificato: ÒÉ Nella condotta delle operazioni diverse dalla guerra, lĠobiettivo militare pu˜ essere limitato alla creazione di un ambiente sicuro nel quale Unitˆ specializzate ed Agenzie civili possano pi facilmente raggiungere lĠobiettivo politico finaleÓ). Con tale variante si riconosceva lĠesistenza di Reparti specializzati, cui si attribuiva la missione di raggiungere - unitamente alle Agenzie civili operanti sul campo - lĠobiettivo politico finale di unĠoperazione non bellica. La variante non era per˜ sufficiente dal punto di vista concettuale, poichŽ faceva riferimento solo ad aspetti organizzativi e di missione, senza definire la funzione svolta ed il ruolo ricoperto dalle MSU. Inoltre limitava lĠimpiego delle MSU alle sole operazioni diverse dalla guerra. La successiva AJP-3.4 ÒAllied Joint Doctrine for non-art. 5 crisis response operationsÓ prevede, al capitolo 0407b, che il supporto militare alla sicurezza pubblica possa implicare il coinvolgimento in operazioni atte a mantenere lĠordine e la sicurezza pubblica locale nella fase iniziale di unĠoperazione, sino a quando le Autoritˆ del posto non siano in grado di assumersi questi compiti: tali incombenze vengono attribuite alla MSU. La medesima AJP prevede inoltre, ai capitoli 0405 e 0406, che la capacitˆ di controllo delle masse sia compito della Forza impegnata nelle Òoperazioni di evacuazione delle popolazioni non -in quanto ÒUnitˆ specializzateÓ - trov˜ un primo fondamento nellĠAJP-3 (163), che le qualificava come una Òcomponente funzionaleÓ dei Comandi integrati (cio multinazionali ed interforze) della NATO (al pari delle tradizionali componenti terrestre, marittima, aerea e dellĠoramai consolidata componente delle Forze per operazioni speciali): ne consegue che la funzione militare di polizia della NATO da esse assolta  una funzione operativa autonoma, incardinata ad unĠautonoma componente del Comando integrato (164). Non pi quindi una funzione di polizia militare, come erroneamente ritenuto in un primo momento. DallĠAJP-3 discende lĠAJP (di secondo livello) 3.4.1 ÒPeace support operationsÓ del luglio 2001, (ÒOperazioni di supporto alla pace - PSOÓ) che al capitolo 0529 individua la missione delle MSU, ovverosia la creazione di un ambiente sicuro dalle minacce non militari, oltre ad incombenze di carattere informativo, investigativo, di intelligence criminale, controterrorismo, ordine e sicurezza pubblica, tutela della legge, etc: in breve, tutte le classiche attivitˆ degli organi di polizia civile, sino a che le Autoritˆ locali non siano in grado di assumersene lĠonere (165). Sempre nellĠAJP-3.4.1, la PSO viene articolata in quattro fasi e la MSU  significativamente lĠunico soggetto abilitato ad operare in ciascuna di esse, a prescindere dalla loro connotazione militare o civile (ÒOnce the security situation is sufficiently stable, and Civpol can hope with the maintenance of law combattentiÓ - chiamate ÒNEOÓ - e nelle Òoperazioni di estrazioneÓ, con ci˜ ponendo le basi per lĠimpiego delle Forze MSU anche negli ultimi due scenari. Testualmente, ÒPublic Security. In exceptional circumstances, within a mandate for a lager mission, Nato military Forces could be called on to contribute to tasks related to public security which are the responsibility of a mandated civil authority, organization, or agency. Specifically, military support to public security will depend entirely on the mission and the residual local policing and judicial capability, and may require involvement in civil security tasks, including operations to maintain local law and order during the initial stage of an operation, until appropriate civilian authorities can take over their tasks. This assistance will normally be provided by Multinational Specialized Units, or in special circumstances, by other ForcesÓ. (163) AJP-3 ÒAllied Joint OperationsÓ, Cap. 2, Par. 2007: ÒIntegration of Command. The command structure should ensure that the capabilities of the nations, or those of several nations, can be brought to bear decisively to achieve the joint commanderĠs operational objectives in the most effective way. Normally, Component Commands into which nations contribute are functional (maritime, land, air, Special Operations and other specialised units). The specific task organisation will be tailored by the higher command authority to suit the needs of each operationÓ. (164) Cos“, testualmente, PARIS, op. ult. cit., p. 56. (165) ÒMultinational Specialized Units. Over the long term local police should have primary responsibility for all civilian law enforcement issues. In the interim, and where this is not possible, the PSF has the responsibility for creating a secure environment. Multinational Specialized Units (MSUS) provide the JFC with police forces that have military status and the training, experience and capability to deal with this area of public security. MSU roles may include information gathering, investigations, criminal intelligence, counter terrorism, maintenance of law and order, and public security related matters. The aim should be for MSU and other PSF components to transfer civilian law enforcement responsibilities to civilian police components of the Pso, and/or to local civilian police forces, at the earliest feasible point in the course of the operationÓ. Testo sullĠarchivio http://www.cimicweb.org/ and order, the main PSF can withdraw but MSU units may need to remain until the end of this phase. Emergency relief agencies may need to continue their activities to reduce human sufferingÓ). In questo documento, la MSU  ancora considerata una forza parallela alla CIVPOL, di rinforzo. Va ricordato, al riguardo, che con lĠespressione ÒCIVPOLÓ non si fa riferimento a Corpi di polizia a statuto civile, bens“ a Forze multinazionali destinate ad operare esclusivamente in seno alla societˆ civile, quando ormai la crisi  cessata, generalmente disarmate (salvo il necessario per lĠautodifesa). Il compito di controllare le masse e, pi in generale, di contrastare la violenza delle folle viene invece previsto nel successivo AJP-3.4.1.1 ÒPSO tactical proceduresÓ (ÒProcedure tattiche delle operazioni di supporto alla paceÓ - Stanag 2496). Emblematico, in tale documento,  il paragrafo 0704 del Capitolo 7, che riconosce le specifiche competenze dei Carabinieri italiani e delle altre Forze di gendarmeria sotto la significativa rubrica ÒThe role of the civil policeÓ: ÒFirst and foremost it is the role of the police to maintain law and order. However, those police forces based upon the constabulary function, i.e. policemen acting as individual law enforcement agents, may have difficulties producing the formed units necessary to confront hostile crowds. The role of the civil police on their employment. An armed police force with a military capability such as Carabinieri, Gendarmerie or Koninklijke Marechaussee is likely to be both wellprepared and trained in riot drills. The military force is therefore not likely to be asked to intervene until rioting has reached serious proportions. On the other hand, an unarmed force, not used to operating in formed units will be less well able to deal with hostile crowds and may seek military assistance at a comparatively early stage. In this case the military should be trained accordinglyÓ. La MSU non  una polizia militare (166). Nonostante ci˜ in alcuni documenti viene ancora inquadrata - seppur con capacitˆ pi ampie - in tale contesto. Come nota attenta dottrina (167), Òquesta discrepanza concettuale risale alle origini dellĠUnitˆ, quando la differenza tra Forza di polizia militare e (166) Nel documento dottrinario D-14 del 2003 (cfr. infra) si precisa, con riferimento al diritto interno (cap. 3, par. 3), che ÒIl Dlgs. 5 ottobre 2000, n. 297 É ha previsto un sistema a doppio binario per i compiti di polizia allĠestero. Infatti, mentre lĠart. 5, comma 2, delinea i compiti di garanzia del- lĠordinata convivenza e di sicurezza nellĠarea di intervento, il successivo art. 6 fissa i compiti della Polizia militare stabilendo che essa provveda a garantire lĠordine e la sicurezza allĠinterno della compagine militare. MSU, quindi  un assetto profondamente diverso dalla polizia militare, oltre che da quelli delle altre Forze armate, in quanto preposto ad assolvere i compiti di cui al citato art.5, comma 2, conseguentemente la MSU opera al di fuori dellĠambiente militare, necessita di capacitˆ specialistiche diverse e di pi ampio respiro e indirizza le proprie attivitˆ verso la popolazione locale. Tuttavia,  necessario stabilire rapporti di collaborazione tra la MSU e la MPÓ. (167) PARIS, Aspetti di dottrina militare delle Multinational Specialized Units, Suppl. a Rass. Arma Carabinieri, 4/2004. I frequenti errori nei quali cade parte della dottrina vengono rilevati anche da GOBINET, The Gendarmerie alternative: is there a case for police services with a military status in the 21st century European police apparatus?, Portsmouth 2006 (scaricabile da http://eprints.port.ac.uk/499). Forza di polizia a statuto militare, cio una Forza di gendarmeria, non era chiaramente percepita in ambiente NATO. Questa  la ragione per la quale le MSU sono incluse nella Pubblicazione Procedurale Alleata n. 12 " NATO Procedure e Dottrine di Polizia Militare", ma questa inclusione non ha ottenuto il consenso unanime delle Nazioni a causa dellĠimpegno di polizia della MSU nellĠambito della comunitˆ civileÓ (168). La non riconducibilitˆ delle MSU allĠambito della Polizia militare, bens“ in quella civile (criterio che trova rispondenza nelle strategie di sicurezza UE) emerge con particolare evidenza al momento dellĠadozione dellĠAJP-12 (Military Police Doctrine and Procedures - Stanag 2226), nel cui Capitolo 8, dedicato alle cd. ÒUnitˆ Specializzate di Polizia MilitareÓ si era erroneamente pensato di ricondurre anche le MSU. Pur ratificando il documento, lĠItalia (analogamente ad altri Stati, quali la Spagna) non lo ha mai portato a pratica esecuzione (169), stante lĠimpossibilitˆ di ricondurre le tradizionali Forze di gendarmeria a meri contingenti di polizia militare (errore che sta alla base delle incomprensioni affiorate, nel corso degli anni, soprattutto con alcuni Stati del Nord Europa, anche in merito allĠiniziale progetto di inserire lĠEUROGENDFOR - cfr. retro - nellĠallora secondo pilastro PESC). (168) Il problema, in effetti,  puramente culturale. Sotto il profilo del diritto interno, la distinzione tra i due ambiti  assolutamente pacifica e non crea problemi neppure sul piano operativo: giˆ lĠart. 6 del D.lgs 5 ottobre 2000, n. 297 (adesso artt. 90 e 91 D.lgs 15 marzo 2010 n. 66) disciplinava la funzione di polizia militare come unĠattivitˆ interna alla compagine militare, sebbene caratterizzata da relazioni con lĠambiente esterno. Il fondamento giuridico della diversa funzione militare di polizia civile svolta dalle MSU - che dal punto di vista della dottrina militare concretizza la funzione di Òsostituzione del combattimentoÓ -  invece contenuto nellĠart. 5, comma 2, dello stesso decreto legislativo che assegna allĠArma, accanto ai tradizionali compiti di combattimento e di polizia militare, anche quello del tutto peculiare di Òrealizzare condizioni di sicurezza ed ordinata convivenza nelle aree dĠinterventoÓ nel quadro delle Òoperazioni per il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionaleÓ. Tale norma deve essere letta alla luce dellĠart. 1, comma 1, del decreto, che individua natura e ruolo dellĠArma quale Istituzione militare con rango di Forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza e con competenza generale di polizia. In merito al concetto informatore delle polizie ad ordinamento militare ed ai diversi modelli organizzativi di polizia tra civil e common law, si veda lo studio di LIBERTINI, Alcune considerazioni sulle differenze fra Forze armate e di polizia, in Riv. Polizia, III-IV/2001 pp. 225 ss.. (169) La definizione dottrinaria dei compiti operativi delle MSU (codificata nel 2003 dal Comando Generale dellĠArma dei Carabinieri e successivamente sottoposta agli organismi militari NATO ed UE per il recepimento formale) nulla ha a che vedere con le tradizionali funzioni militari svolte in un teatro operativo: queste infatti si concentrano sulla sola attivitˆ di combattimento (Òcombattimento, supporto al combattimento e sostegno logistico al combattimentoÓ), laddove nel documento ÒDottrina e procedura di impiego delle Unitˆ Specializzate MultinazionaliÓ si parla di una nuova funzione militare di Òsostituzione del combattimentoÓ (combat replacement). Con questĠespressione ci si riferisce alle operazioni condotte non nei confronti di gruppi armati convenzionali, bens“ della popolazione civile, per garantire lĠordine e la sicurezza nellĠarea di responsabilitˆ. La nuova funzione - precedentemente sconosciuta alla Dottrina militare e chiaramente plasmata sulle professionalitˆ della polizia civile - attribuisce al Comandante della Forza una capacitˆ esclusiva di polizia ordinaria, di cui lo strumento militare ha necessitˆ e che non pu˜ permettersi di trascurare per condurre efficacemente la propria missione nelle operazioni di pace. A loro volta hanno avanzato rilievi la Danimarca (ratifica con riserva), la Francia (che neppure lĠha ratificato), e la Polonia (ratifica con riserva), evidenziando come si trattasse di una forzatura concettuale, dal momento che i due strumenti esercitano funzioni ben distinte: la polizia militare svolge infatti un supporto al combattimento (170), mentre la MSU opera al di fuori di esso, poichŽ esercita il suo servizio nellĠinteresse della popolazione civile (171). In estrema sintesi, la MSU  lĠinedita proiezione, su un teatro internazionale (ed a composizione interforze), del modello operativo Òdi prossimitˆÓ proprio dellĠArma dei Carabinieri, sin dalla sua fondazione: lĠelemento di novitˆ  per˜ dirompente (172), sia perchŽ, storicamente, i Corpi armati di stanza allĠestero hanno quasi sempre svolto una funzione di occupazione o di protettorato esterno, anzichŽ di servizio alla popolazione civile, sia perchŽ ha evidenziato lĠeccezionale versatilitˆ ed efficacia delle Forze di polizia a competenza ÒibridaÓ (che nei testi NATO e G8 hanno assunto la significativa (170) Sulle funzioni della polizia militare, si rinvia a LIBERTINI-PARIS, La funzione di polizia militare nellĠordinamento delle Forze armate, Forl“ 2006. Il principio viene ribadito nel paragrafo 0301 dellĠAJP 3.2.3.3 (ÒMilitary Police Support to Combat FunctionsÓ), secondo cui ÒMP activities can contribute to all combat functions. However, MP units may not be able to perform all tasks simultaneously, therefore these tasks must be prioritised in parallel with the main effortÓ. (171) Nel corso della MP Chiefs Conference del settembre 2003 la delegazione italiana propose in effetti lĠelaborazione di unĠautonoma pubblicazione NATO sulla MSU da parte di un Working Group diverso da quello della polizia militare e, conseguentemente, la cancellazione del Capitolo 8 dellĠAJP 12. Nel corso della discussione che ne deriv˜, la Conference richiese ufficialmente allĠItalia di mantenere le MSU, seppure con completa autonomia, nellĠambito concettuale della Military Police allo scopo di non rompere ÒlĠunitˆ della famiglia della MP-NATOÓ e di sostenere il ruolo della polizia militare. La proposta, accettata in quella sede, prevedeva per˜ la riformulazione dellĠAJP-12 in una AJP ÒMilitary PoliceÓ del secondo livello dottrinale, con un capitolo dedicato alle MSU i cui aspetti tecnici sarebbero stati trattati a parte. Attualmente la questione ha trovato sostanziale componimento con lĠadozione, il 21 settembre 2009, dellĠAJP-3.2.3.3 (di terzo livello, ossia di dettaglio, sino ad allora mancante) ÒAllied Joint Doctrine for Military PoliceÓ (NATO Stanag 2296), nel quale si parla sia di MSU che di polizia militare, per definirne i limiti di competenza: premesso che il Provost Marshall (lĠufficiale delle FF.AA. responsabile della polizia militare) sovrintende a tutte le attivitˆ di polizia militare e civile (ÒForemost É provides advice: 1) Pertaining to all military and civil police activities across the spectrum of operations including information sharing, close cooperation and liaison between NATO military forces and civilian police authoritiesÓ), e che la nozione di Military Police viene intesa in senso ampio ed inclusivo, onde consentirne lĠadattamento anche a Stati formalmente privi di strutture ad hoc (ÒPM is the generic term used to define the senior officer charged with the proponency of specialist military police advice to commanders, establishing policy and procedures and facilitating planning for employment of MP forcesÓ), nel Capitolo 2 paragrafo A), recante ÇConsiderazioni fondamentali per la pianificazione delle attivitˆ di Polizia militareÈ, al p.to c) si precisa che ÒMSU provides the commander with police forces that have military status and training, experience and capability to deal with this area of public security. MSU roles may include information gathering, investigations, criminal intelligence, counter terrorism, maintenance of law and order, and public security matters. When an MSU is established, the PM and MSU commander must cooperate closely to ensure overlapping interests are deconflicted to improve information sharing and continuity of effortÓ, il che chiarisce come i compiti di PM, per quanto ampi, sono altra cosa rispetto alle funzioni della MSU/gendarmeria, che ha unĠautonoma linea di comando. denominazione di ÒCarabinieri/Gendarme-like ForcesÓ (173)), in grado di assicurare una permanente funzione di polizia giudiziaria e civile adeguandosi ai contesti di guerra, ma operando allo stesso tempo quali principali attori della CIMIC (Civil-Military Cooperation (174)) intorno ai quali possono aggregarsi, a seconda dei casi, sia Forze di polizia militare, sia Forze civili di polizia (che giˆ operano a loro fianco nei rispettivi Paesi di origine), dimostrandosi interoperative con ogni componente sul campo (175)). Interoperativitˆ richiamata anche nel ÒConcept for Allied Future Joint OperationsÓ del 2005, laddove ÒThis is the fundamental principle behind an effects-based approach to operations or EBAO, which may be defined as the comprehensive integrated application of all instruments of Alliance power, both military and non-military, to create campaign effects, which will achieve desired outcomesÓ (176). (172) Si veda, a titolo dĠesempio, lo studio di PERITO, Where is the lone ranger when we need him? AmericaĠs search for a postconflict stability force, Washington (UISP) 2004. Di particolare interesse, la menzione (pp. 47-51) di un recente studio governativo relativo alla possibilitˆ di costituire una gendarmeria USA, o di estendere il precedente storico dei Rangers del Texas che nel 1874, al termine della guerra di Secessione, vennero riconosciuti per legge quali Forza di polizia a statuto militare (lĠiniziale ruolo di guardie di frontiera venne progressivamente dismesso intorno agli anni Ô20, per assumere i compiti tipici delle tradizionali polizie civili: a titolo di curiositˆ, si segnala che il Texas Government Code, alla sez. 411.024, ne vieta lo scioglimento, in quanto patrimonio storico della comunitˆ texana cfr. http://www.texasranger.org/today/statutes.htm). Cfr. anche CLARKE, Does America need a Gendarmerie?, in Defense News 2-14/2002 e BLUM, The National Guard transforming to an operational force, in Joint Force Quarterly, 4/2006, pp. 12 ss.. (173) Nella dichiarazione finale del Summit G8 di Sea Island del 2004 (ÒG8 Action Plan 2004Ó), ad esempio, si legge ÒIncreasingly, Carabinieri/Gendarme-like forces have demonstrated their unique skills in recent peace support operations. These units can fill the security gap between military forces and civilian police, relieving some of the military unitsĠ heavy burden and establishing an environment in which civilian police can operate effectively within the rule of law. More interoperable and a greater number of these units are needed to participate in international peace support operations and their related activitiesÓ. Tali operatori vengono considerati, a livello internazionale, i peacekeepers ideali poichŽ adatti - in ragione della loro quotidiana attivitˆ nei Paesi dĠorigine - ad operare in situazioni di post conflitto con la forma mentale del poliziotto ma con lĠaddestramento e la disciplina militari, e quindi capaci di dialogare ed interagire sia con la Forza armata tradizionale che con quella puramente civile. (174) In relazione alla Missione MSU in Kosovo, per il 2008, si veda la documentazione riportata su http://www.nato.int/kfor/cimic/projects/msu_081107.pdf. La dottrina NATO sulla CIMIC era espressa nellĠAJP-9 del giugno 2003, ora sostituita dallĠAJP 3.4.9 (in corso di ratifica per lĠItalia: testo ufficiale su http://www.cimic-coe.org/download/AJP_3.4.9_CivMilCoop_ratification_draft.pdf). In argomento si veda, per unĠintroduzione, REHSE, CIMIC: Concepts, Definitions and Practice, Hamburg 2004, nonchŽ il documento MC 411/1-NATO (scaricabile da http://www.nato.int/ims/docu/mc411-1-e.htm). (175) Sul punto, cfr. LIBERTINI, op. ult. cit., pp. 168 ss.. Fondamentale  pure lĠeclettico studio, per conto del Ministero della Difesa francese, di BRAEM-CHICHIGNOUD, De la Gendarmerie et des polices militaires ˆ lĠinternational, Paris C2SD 2008 (su http://www.youscribe.com/catalogue/tous/artmusique- et-cinema/autres/les-thematiques-du-414044). (176) In argomento si veda il Rapporto Nolin allĠAssemblea Parlamentare NATO nel 2006, doc. 117-STC-06-E (Interoperability: the need for Transatlantic Harmonisation), incentrato significativamente sulla cooperazione NATO-UE e sullĠarmonizzazione delle rispettive dottrine di sicurezza: http://www.nato-pa.int/default.asp?SHORTCUT=1004. Nel diritto italiano, base legale delle MSU  stata, storicamente, lĠart. 5 del D.lgs 5 ottobre 2000, n. 297, che nellĠenunciare i compiti militari del- lĠArma dei Carabinieri indica anche la partecipazione alle operazioni (militari) allĠestero; in tale contesto, il secondo comma della norma prevede - accanto alle tradizionali mansioni di combattimento e di polizia militare - pure quella di Òrealizzare condizioni di sicurezza ed ordinata convivenza nelle aree di interventoÓ, nel quadro delle operazioni Òper il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionaleÓ (177). La norma va letta nel combinato disposto con lĠart. 2, comma primo del medesimo D.lgs, che individua natura e ruolo dellĠArma, qualificata ÒIstituzione militare con rango di Forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza, e con competenza generale di poliziaÓ. In questi termini, come nota attenta dottrina (178), ÒLĠarticolo 5, comma 2, individua É lĠesercizio di una nuova ed originale funzione militare (179) che possiamo definire Òdi polizia ordinariaÓ. Tale funzione, normativamente distinta da quella di polizia militare, che  disciplinata nellĠarticolo 6 del decreto, deve essere tenuta separata anche concettualmente e nella pratica da questĠultima, con cui non si sovrappone ma realizza invece una vicendevole integrazione. La legge, peraltro, implicitamente separa anche gli strumenti operativi a cui le due funzioni fanno capo. LĠesercizio della citata funzione e lĠautonoma struttura a cui essa  incardinata, pertanto, non solo trovano giustificazione giuridica nel dettato normativo ma costituiscono la modalitˆ pi efficiente ed efficace per la sua piena applicazione. La valenza legislativa di MSU (come funzione e come reparto), per˜, non si esaurisce nel richiamato dettato legislativo. Infatti, il Legislatore ha anche attribuito allĠArma, sempre nel citato articolo 5, comma 2, del decreto, il compito di concorrere ad Òassicurare il contributo nazionale alle attivitˆ promosse dalla comunitˆ internazionale o derivanti da accordi internazionali, volte alla ricostituzione ed al ripristino dellĠoperativitˆ dei corpi di polizia locali nelle aree di presenza delle Forze armate, assolvendo compiti di addestramento, consulenza, assistenza e osservazioneÓ. é questo un altro compito militare che, sebbene di norma riconducibile a missioni di polizia internazionale dellĠONU (180) o di Organizzazioni regionali (181), anche MSU pu˜ agevolmente svolgere in completa (177) Sulla questione, cfr. LIBERTINI, Alcune osservazioni sulla funzione di polizia militare, in Riv. Polizia, 1/2002, pp. 13 ss.. Si vedano, adesso, gli artt. 155 e 156 del D.lgs 66/2010. (178) PARIS, Le Multinational Specialized Units, cit., pp. 43 ss. (da cui sono tratte pure le quattro note successive). (179) Ad abundantiam, la militaritˆ della funzione si desume, oltre che dallĠinquadramento sistematico tra i compiti militari attribuiti allĠArma, anche dallĠarticolo 20, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che recita ÒAl Ministero della Difesa sono attribuite le funzioni ed i compiti spettanti allo Stato in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace ÉÓ. A nessun altro Dicastero, infatti, la legge attribuisce esplicita competenza nel campo delle missioni a supporto della pace. (180) Ad esempio lĠInternational Police Task Force della Missione ONU in Bosnia Erzegovina. mento e contestualmente alle sue altre attivitˆ (182), in particolare a quelle sostitutive di imposizione della legge, quale attivitˆ preparatoria alla cessione di autoritˆ e responsabilitˆ di polizia alle forze locali, cui naturalmente spettanoÓ. Il consolidato dottrinale e procedurale sulle MSU riposa nel documento D-14 ÒDottrina e procedura di impiego delle Unitˆ Specializzate Multinazionali (MSU)Ó del 2003, che disciplina lĠutilizzo nel sistema giuridico internazionale delle Forze di gendarmeria per lo svolgimento di compiti di polizia civile nelle aree destabilizzate (183). Solo per completezza si ricorda che il termine ÒdottrinaÓ non va qui inteso nellĠaccezione comune, trattandosi di fonte scritta sostanzialmente vincolante, una volta recepita dai soggetti istituzionali interessati (Stati ed organizzazioni internazionali). Prima di esaminare i profili giuridici della questione in sede comunitaria,  per˜ opportuno chiarire il ruolo delle Forze di polizia nel pi ampio ordinamento internazionale, con particolare riferimento allĠOrganizzazione delle Nazioni Unite. Se la base legale delle decisioni operative NATO (cfr. retro) risiede generalmente negli artt. 5 e 6 del Trattato di Washington del 4 aprile 1949, di prammatica nel combinato disposto con i paragrafi 32-34 del vigente NAC 1991 (ÒNuovo Concetto Strategico dellĠAlleanza AtlanticaÓ (184)), pi complessa  la situazione in ambito ONU. (181) LĠUE, in aderenza ai possibili scenari di impiego delle proprie Forze di polizia (missioni di sostituzioni in aree altamente destabilizzate e missioni di rafforzamento delle polizie locali), ha elaborato un concetto dĠazione specifico per la ricostituzione e lĠaddestramento delle polizie locali, lo ÒEuropean Union comprehensive concept for strengthening of local police ForcesÓ del 31 maggio 2002. LĠArma dei Carabinieri, maggiore contributore europeo, partecipa alla capacitˆ di polizia della UE con 800 unitˆ, a varia prontezza operativa, di cui 720 per le Unitˆ Integrate di polizia (IPUS) e 80 da spendere individualmente, in particolare per missioni di rafforzamento. (182) MSU-SFOR, ad esempio, partecipa ad un programma di addestramento della polizia locale condotto dallĠIPTF in esecuzione dellĠarticolo 3 dellĠallegato 11 allĠAccordo di pace. (183) NellĠincipit al Capitolo I viene ribadita la natura inclusiva e complementare della MSU, che Òquale Unitˆ militare, lĠMSU, a livello di Brigata o di Reggimento  composta da Forze di polizia a status militare, che non espletano compiti di polizia militare, e dispone dellĠaddestramento, dellĠesperienza e della capacitˆ per soddisfare le esigenze di sicurezza ed ordine pubblico ed affrontare le problematiche relative alla polizia ordinaria al fine di creare un ambiente sicuro per le Forze militari schierate nellĠambito della propria Area di Responsabilitˆ (Area of Responsibility - AOR) durante le Òoperazioni di risposta alle crisi non articolo 5 della NATOÓ o nelle cosiddette Òmissioni di PetersbergÓ della UEÓ. Fondamentale  poi il richiamo alle funzioni di polizia di prossimitˆ (Par. 4, lett. c), per cui ÒIl personale MSU di ogni grado, nellĠespletamento delle attivitˆ operative, dovrˆ considerare i contatti con la popolazione locale un fattore essenziale per la buona riuscita della missione. I contatti dovranno essere ricercati e mantenuti con imparzialitˆ verso le diverse etnie o religioni ÉÓ. (184) Dopo la fine della Òguerra freddaÓ gli Stati membri hanno progressivamente ridefinito ruolo ed obiettivi dellĠAlleanza Atlantica che, pur mantenendo le proprie prerogative nel campo della difesa collettiva, ha cominciato a svolgere attivitˆ di cooperazione militare con gli Stati dellĠEuropa orientale ed a ricoprire (dal 1995) nuovi compiti in materia di gestione delle crisi e di mantenimento della pace, generalmente su mandato ONU: in tale contesto si colloca il cd. ÒPartenariato per la paceÓ, programma volto a pianificare attivitˆ di addestramento comuni ed a facilitare la trasparenza dei processi di pianificazione e bilancio in materia di difesa. La Carta delle Nazioni Unite non prevede infatti le operazioni di peacekeeping, nŽ il ÒComitato speciale per le operazioni di mantenimento della paceÓ - istituito dallĠAssemblea generale nel 1965 -  andato oltre lĠelaborazione di linee-guida generali per lĠapprontamento di tali operazioni; ad avviso della dottrina, lĠunico sforzo classificatorio in materia, sebbene atipico e non vincolante, pu˜ essere individuato nellĠAgenda for Peace (e relativo Supplemento) elaborati nel 1992 dallĠallora Segretario generale Boutros Ghali. Neppure la prassi fornisce indicazioni sul fondamento giuridico delle operazioni di mantenimento della pace, che nŽ il Consiglio di Sicurezza, nŽ lĠAssemblea Generale hanno mai precisato nelle loro risoluzioni: parte della dottrina ritiene che risieda nel Cap. VI della Carta (in particolare nellĠart. 36, che autorizza il Consiglio di sicurezza a raccomandare Òprocedimenti o metodi di sistemazione adeguatiÓ in caso di controversie suscettibili di mettere in pericolo la pace o la sicurezza internazionale), altri invece lo individuano nel cap. VII (allĠart. 39, che autorizza il Consiglio di Sicurezza ad intervenire in presenza di una minaccia alla pace, violazione della pace o atto di aggressione, ovvero ancora allĠart. 42, concernente lĠadozione di misure implicanti lĠuso della forza). Altri ancora richiamano la teoria dei Òpoteri implicitiÓ, alla luce dellĠobiettivo generale di mantenimento della pace perseguito dallĠONU (ai sensi del Preambolo e dellĠart. 1 della Carta). Significativamente il secondo Segretario Generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjšld, assegnava le missioni di peacekeeping allĠideale ÒCapitolo sei e mezzoÓ della Carta ONU, posizionandole tra i tradizionali metodi di soluzione pacifica delle controversie - come la negoziazione e la mediazione, previste dagli articoli del Capitolo VI - e le azioni pi risolute, compreso lĠuso della forza, previste dal Capitolo VII (185). La questione pare essere stata incidentalmente trattata solo in un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia, il 20 luglio 1962 (relativo a Òcerte spese delle Nazioni UniteÓ). Contrariamente alle misure adottate ai sensi dellĠart. 42 Carta ONU, le operazioni di peacekeeping non hanno natura coercitiva, poichŽ non sono dirette contro uno Stato, ma mirano a preservare una situazione di ordine sociale o uno status quo di non belligeranza: di conseguenza possono realizzarsi solo con il consenso dello Stato allĠinterno del quale devono operare. Il personale militare che vi partecipa, quindi, ha il diritto di usare la forza solo per legittima difesa e solo nellĠattivitˆ di polizia interna; alla componente militare si  poi gradualmente aggiunto personale civile e di polizia, per far (185) La dottrina pi recente parla invece di ÒCapitolo sette e mezzoÓ (cfr. MONACO, Manuale di Diritto internazionale pubblico. Parte generale, Torino 2009, p. 591). Per unĠefficace sintesi delle questioni, cfr. PIGOLI, La riforma delle operazioni di mantenimento della pace: Nazioni Unite, organizzazioni regionali e nuove potenze emergenti, CeMiSS Roma 2010 (reperibile anche allĠindirizzo web http://www.difesa.it/SMD/CASD/IM/CeMiSS/Pubblicazioni/Documents/PIGOLI.pdf). fronte alle modifiche funzionali di tali operazioni (spesso non riducibili alla semplice separazione ed interposizione tra le parti). Ne  derivata lĠesigenza di un effettivo coordinamento sinergico degli operatori civili e militari presenti nelle missioni di pace: da un lato, si  scelto di delegare ad organizzazioni regionali (quali la NATO, lĠOUA, lĠUE, etc.) la concreta gestione operativa delle crisi, non disponendo il Consiglio di Sicurezza di Forze sufficienti per agire direttamente, dallĠaltro si  tentato di sperimentare vari modelli di coordinamento strategico ed operativo, elaborando il concetto di Òmissioni integrateÓ (186). LĠapproccio ONU fa anchĠesso perno sul principio-chiave del coordinamento civile/militare: i maggiori contributi dottrinari in tal senso provengono dallĠOffice for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN-OCHA), dal Department of Peacekeeping Operations (DPKO) e dallĠInter-Agency Standing Committee (IASC). La nozione di Òcoordinamento civile-militareÓ, proposta da UN-OCHA e successivamente ripresa da altre Agenzie, parla esplicitamente di Òdialogo e interazione essenziali tra attori civili e militari nelle emergenze umanitarie, necessari per proteggere e promuovere i principi umanitariÓ che rappresentano lĠobiettivo comune da raggiungere. Il DPKO ha invece pubblicato successivamente un documento (187) che tratta il tema civili/militari allĠinterno del caso specifico delle operazioni di pace, superando quindi il precedente ambito della sola dimensione umanitaria: ÒIl coordinamento NU tra civili e militari  il sistema di interazioni che coinvolgono lo scambio di informazioni, il negoziato, lĠevitare indesiderate interferenze reciproche (il cosiddetto de-confliction), il mutuo soccorso e la pianificazione a tutti i livelli tra elementi militari e organizzazioni umanitarie, agenzie di sviluppo, popolazione civile locale per raggiungere i rispettivi obiettiviÓ. Sul terreno operativo, lĠONU ha cercato di consolidare il concetto di ÒIntegrated Mission Task ForceÓ per la pianificazione delle missioni, traducendolo nel concetto di ÒStrategic FrameworkÓ (in Afghanistan) o di ÒResults Focused Transition FrameworkÓ (in Sierra Leone) con lĠesplicito obiettivo (188) di rac (186) SullĠargomento, si veda ad esempio lo studio condotto dallo ÒRobert Schuman Centre for Advanced StudiesÓ, AA.VV., European Report on Development 2009. Overcoming Fragility in Africa, Bruxelles 2009. (187) UN DPKO, Civil-Military Coordination Policy, New York, 9 settembre 2002 (anche su http://ochanet.unocha.org/p/Documents/DPKO%20Civil-Military%20Coordination%20Policy.pdf). In argomento cfr. anche DURCH, Twenty-first-century peace operations, Washington 2006. (188) Si veda, in questi termini, il Paragrafo 4 della ÒNote on Guidance on Integrated MissionsÓ, del Segretario Generale, in data 17 gennaio 2006: ÒIntegration is the guiding principle for the design and implementation of complex UN operatons in post-conflict situations and for linking the different dimensions of peacebuilding (political, development, humanitarian, human rights, rule of law, social and security aspects) into a coherent support strategy. An integrated mission is based on a common strategic plan and a shared understanding of the priorities and types of programme interventions that need cordare le complesse missioni di peacebuilding e lĠarticolato sistema di programmi (a breve, medio e lungo termine) in un unico Òsistema ONUÓ relativo al singolo Stato di intervento, combinando tra loro le dimensioni politiche, di sviluppo, umanitarie, dei diritti umani, dello Stato di diritto, sociali e di sicurezza. Nel 2008, di fronte alle difficoltˆ operative ed alle resistenze allĠintegrazione delle componenti del sistema ONU (soprattutto quelle civili, che temevano di perdere il predominio acquisito durante gli anni della ÒGuerra FreddaÓ, allorchŽ non era realmente ipotizzabile un intervento militare nei teatri di guerra in cui le Superpotenze si contendevano le sfere di influenza), venne introdotto il concetto di Òapproccio integratoÓ (189), che non presuppone lĠintegrazione delle strutture (come invece accade per le Òmissioni integrateÓ) ma si limita a prefigurare un Òpartenariato strategicoÓ tra tutte le componenti operative: a tal pro, il DPKO ha istituito una ÒIntegrated Mission Training CellÓ che si prefigge di integrare (nel senso di raccordare, pur mantenendole distinte) le funzioni formative di militari, Forze di polizia ed operatori civili in unĠunica unitˆ. AllĠinterno di tale cornice, nessuna fonte giuridica parla di polizie a status civile o a status militare, men che mai si fa cenno (pi di recente) alle MSU, ad EUROGENDFOR o altro: semplicemente si distingue - peraltro in termini estremamente ampi - tra FPUs (Formed Police Units) e CIVPOL (generalmente disarmata), cos“ da non vincolare lĠapporto - giˆ notoriamente esiguo - dei singoli Stati membri a precise tipologie di personale. Molti Stati, infatti, hanno Forze di polizia con raggruppamenti operativi dediti alla salvaguardia dellĠordine e della sicurezza pubblici che, pur essendo gerarchicamente e militarmente organizzati, non hanno per˜ uno status giuridico militare o sono inseriti unicamente nellĠorganico del Ministry of Interior (ad esempio, lĠIndia) o della Giustizia. La necessitˆ di non privarsi di alcun apporto utile spinge dunque lĠONU a chiedere - per poter far parte di un contingente di FPU - semplicemente una concreta capacitˆ di Òrobust policeÓ, cos“ precisata: ÒÉ which give them a heightened robustness compared to IPOsÓ (190). to be undertaken at various stages of the recovery process. Through this integrated process, the UN system seeks to maximize its contribution towards countries emerging from conflict by engaging its different capabilities in a coherent and mutually supportive mannerÓ. (189) Cfr. la Decision n. 2008/24 - Integration. Decisions of the Secretary General, Policy Committee, UN, New York, 25 June 2008. In argomento si vedano METCALFE-GIFFEN-ELHAWARY, UN Integration and Humanitarian Space, Washington HPG 2011. (190) Gli ÒIPOÓ sono i tradizionali individual police officers. La definizione di Òrobust policeÓ  contenuta nel documento di policy DPKO 2009.32 (ÒFormed Police Units in UN Peacekeeping OperationsÓ), che rivede il precedente DPKO/PD/2006/00060 del 9 novembre 2006. Sempre nel DPKO/PD/2009/00032, al paragrafo D.1.1 si precisa che ÒA United Nations Police component can consist of individual police officers (IPOs) and where they are authorised and deployed formed units. Both together form what is referred to as UNPOLÓ. Il successivo alinea chiarisce che ÒUnited Nations FPUs are defined as cohesive mobile police units, providing support to United Nations operations and ensuring the safety and security of United Nations personnel and missions, primarily in public order Va per˜ evidenziato che al p.to 21 del DPKO/PD/2009/00032 il ÒlegislatoreÓ ONU, nellĠindividuare lĠassetto organizzativo delle FPUs, utilizza significativamente espressioni tipiche del lessico militare quali ÒplotoniÓ ed Òinteroperabili sotto-unitˆ tatticheÓ (191); se a ci˜ si aggiungono i requisiti di impiego e logistici che emergono dalla lettura complessiva del documento, restano ben pochi dubbi sulla struttura organizzativa e sulle capacitˆ funzionali dello strumento, che rimane comunque, salvo specifiche eccezioni (vedansi i punti da 63 a 70 del documento) a disposizione della massima Autoritˆ di polizia in teatro (HOPC-Commissioner). Le fonti giuridiche dellĠONU non prendono tuttavia espressa posizione sulle MSU (192), che vengono ricomprese tra le unitˆ militari nella disponibilitˆ del Force Commander, figura presente in tutte le missioni ove la componente militare abbia una qualche minima rilevanza: per il Òsistema ONUÓ non vi sono infatti funzioni od unitˆ di polizia al di fuori dellĠautoritˆ del HOPC- Commissioner, ma al pi delle azioni di coordinamento con componenti militari della missione, Forze e strutture alleate ed Autoritˆ locali. management. As a coherent part of the United Nations police component, FPUs work in support of the establishment and maintenance of safe, democratic and human rights abiding communities by delivering professional, responsive and more robust policing in accordance with the mandateÓ. In precedenza giˆ DWAN, Executive policing. Enforcing the Law in Peace Operations, SIPRI Oxford 2002. (191) Testualmente: ÒThe minimum overall operational capacity is approximately 120 police officers. The operational capacity consists of inter-operable tactical sub-units (platoons). The recommended number of tactical sub-units (platoons) is four (4), the minimum number is three (3), consisting of approximately 30 officers each. If an FPUĠs operational capacity is made up of only three tactical sub-units, they will have to consist of approximately 40 officers each to reach the minimum overall operational capacity of 120. Specialised units may be added, but do not count towards the minimum operational capacity of 120Ó. Su http://www.un.org/en/peacekeeping/sites/police/documents/formed_police_unit_policy_032010.pdf. (192) Il rapporto formativo-dottrinale tra FPU e MSU trova eco nel recente ÒMemorandum of Understanding between the Center of Excellence for Stability Police Units (CoESPU) and the United Nations Department of Peacekeeping Operations (DPKO)Ó, sottoscritto il 29 giugno 2010, a mente del quale lĠOrganizzazione Internazionale Òwill continue to cooperate to CoESPU programmes and activities, considering its doctrinal contribution, making use of its expertise in training police cadres and trainers and utilizing its facilities and resources in the areas of training in accordance with the DPKO/DFS Training Policy on Support to Military and Police Pre-deployment TrainingÓ. Il CoESPU  il centro formativo dĠeccellenza dellĠArma dei Carabinieri, istituito su decisione congiunta (Action Plan) dei Paesi partecipanti al summit G8 di Sea Island del 2004 (Canada, Francia, Germania, USA, UK, Russia, Italia e Giappone) al fine di dar vita -ex nihilo - ad un ÒÉ international training center that would serve as a Center of Excellence to provide training and skills for peace support operationsÓ: ad oggi tale Istituzione cura la formazione e lĠorganizzazione di Forze (soprattutto del tipo Carabinieri/Gendarmeria, nonchŽ FPUs) preparate per un dispiegamento rapido, logisticamente indipendenti ed in grado di operare con componenti sia civili che militari per stabilire una forte presenza di polizia in ambienti ostili. Un analogo Memorandum  stato sottoscritto il 3 febbraio 2014 tra lĠArma dei Carabinieri e lĠOffice of the Under Secretary of Defense Personnel & Readiness del Dipartimento della Difesa USA. Per unĠintroduzione generale, cfr. CRETA-PIROZZI, Formazione e reclutamento del personale civile, in AA.VV. (a cura di PIROZZI), LĠItalia nelle missioni civili dellĠUe. Criticitˆ e prospettive, Roma (IAI) 2010, pp. 49 ss.. In materia, cfr. anche HILLS, International Peace Support Operations and CIVPOL, cit., pp. 26 ss., nonchŽ LUTTERBECK, Between Police and Military. The New Security Agenda and the Rise of Gendarmeries, in Cooperation and Conflict 39/2004, pp. 45ss.. Ritornando allĠambito UE, va innanzitutto precisato che base legale degli interventi internazionali PSDC/PESD  attualmente lĠart. 43 TUE, che consente al- lĠUnione di intraprendere missioni estere a carattere sia civile che militare (caratteri invero complementari, ut supra) nellĠattuazione della propria politica di sicurezza interna ed esterna; le missioni a carattere militare possono avvalersi anche di Forze e capacitˆ della NATO, secondo quanto previsto - nellĠambito del partenariato strategico tra le due organizzazioni - dagli accordi ÒBerlin PlusÓ (cfr. retro). Tra le fonti normative dellĠUnione Europea non  dato trovare una disciplina specifica delle MSU, dal momento che questĠultimo modello  stato in larga parte trasfuso nelle IPUs (193): che si tratti per˜ di due realtˆ affini e sostanzialmente interscambiabili lo si  visto nel 2004, in occasione dellĠavvicendamento tra la missione SFOR della NATO e la subentrante EUFOR dellĠUE, che comport˜ la necessitˆ di trasformare anche il Reggimento MSU (fino a quel momento operante in seno alla SFOR quale Forza di polizia giudiziaria e di prossimitˆ). In quella circostanza si ritenne di mantenere la missione sotto un comando militare, per garantire un passaggio graduale dalla responsabilitˆ NATO a quella dellĠUE, e fu deciso che la MSU, pur rimanendo sostanzialmente la stessa, si sarebbe trasformata in una nuova struttura a metˆ strada tra lĠassetto originario e lĠIPU. Tale nuova struttura prese informalmente il nome di ÒIPU style capabilitiesÓ, con lĠunica novitˆ di includere delle ulteriori aliquote di personale di polizia (austriaci) e di fanteria (ungheresi), scelta questĠultima piuttosto irrituale, essendo la MSU a tutti gli effetti una struttura di polizia. Nella letteratura specialistica esistono due documenti sul tema, lo ÒEuropean Union Multinational Specialised Union ConceptÓ, elencante i principi generali che disciplinano la MSU, da considerarsi una sorta di ponte verso una missione di polizia civile (tesi comune alla dottrina NATO) e lo ÒEuropean Union Multinational Specialised Union ProceduresÓ. QuestĠultimo individua le procedure tecnico-tattiche che governano lĠimpiego di una MSU nel teatro operativo, focalizzandone i potenziali compiti ed elencando, per ognuno di essi, i fattori-chiave e le procedure di coordinamento con la polizia militare, la polizia locale (quando esiste) e le eventuali missioni di polizia internazionale che operano nella stessa zona: aspetto cruciale del modello MSU  in effetti la flessibilitˆ, stante la sua capacitˆ di adattarsi a qualsiasi realtˆ possa emergere sul campo (194). Flessibilitˆ che, come giˆ visto, rappresenta il tratto caratteristico anche di EUROGENDFOR. I principi espressi in tali documenti, sottoposti allĠEUMC per una ricezione (193) ÒUnitˆ Integrate di PoliziaÓ create in ambito UE a seguito del Consiglio Europeo di Gšteborg (2001) per contribuire allĠattuazione pratica alle linee-guida sulla sicurezza esterna elaborate nel precedente Consiglio di Feira. (194) Sul punto, PARIS, op. ult. cit. formale (195), vengono giˆ ora informalmente utilizzati dalla DG IX del Segretariato Generale del Consiglio ed anche dallĠEUMS. Come giˆ anticipato, le incertezze dottrinarie sorte inizialmente in ambito NATO avevano comportato la necessitˆ di configurare la MSU come uno strumento che opera solo sotto lĠAutoritˆ militare ed  composta esclusivamente da personale non civile; la strategia di sicurezza dellĠUE mira, per contro, a distinguersi dalla dottrina NATO elaborando il concetto integrato (civile/militare) di Ògestione civile delle crisiÓ (GCC): conseguentemente si  optato per una variante del modello NATO-MSU, denominato IPU (Integrated Police Unit, la cui funzione - rispetto a quella delle MSU di creare un ambiente sicuro -  piuttosto quella di consolidare una sicurezza giˆ acquisita), aperta alla partecipazione anche di Forze civili di polizia, sia per missioni di sostituzione delle Forze dellĠordine locali, sia per incarichi privi di mandato esecutivo (come ad esempio la polizia militare dellĠUnione Europea in Bosnia (196)). Recependo lo standard delle gendarmerie, lĠIPU pu˜ operare sia sotto comando civile, sia (seppur temporaneamente) sotto quello militare (197). Il rapporto di derivazione dallĠMSU  evidente anche nella disciplina dottrinale IPU, elaborata con il contributo del Comando generale dei Carabinieri ed operativamente testata giˆ nel 2003, nellĠesercitazione ÒLucerna-03Ó (198); ciononostante, vi sono delle differenze sostanziali tra MSU ed IPU: ad esempio questĠultima - allo stato attuale - non pu˜ esercitare alcuna funzione militare, essendo formata anche da organici a status civile, limitazione che viene a colpire anche i contingenti di gendarmeria che entrino a farne parte. Proprio da tali limiti trae fondamento il principio generale - espresso da unĠimportante fonte giuridica dellĠUnione Europea in materia di sicurezza dellĠopportuna compresenza, negli ordinamenti nazionali, di Forze di polizia a carattere militare con quelle (legate soprattutto allĠesperienza del Nord Europa) (195) Comitato Militare dellĠUE, istituito con Decisione del Consiglio il 22 gennaio 2001. (196) Sul rapporto MSU/IPU si rinvia allo studio di LIBERTINI, ÒLe prospettive di impiego delle unitˆ multinazionali di polizia a status militare nellĠambito delle missioni di supporto alla paceÓ, Ce- MiSS Roma 2005, pp. 146 ss.. (197) Tale eventualitˆ (cfr. retro), mutuata dalla prassi internazionale, trova conferma anche nel ÒComprehensive concept for Police Substitution MissionsÓ del Consiglio UE (doc. n. 8655/1/02 dellĠ8 maggio 2002, declassificato nel 2003 ed aggiornato allĠ11 ottobre 2010): ÒSubject to their national rules and legislation, certain police components may be placed temporarily under the responsibility of the military authority entrusted with the protection of the populationÓ. Il testo integrale  scaricabile da http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/02/st08/st08655-re05.en02.pdf. Le IPUS vengono indicate (in nota 1) come Òspecialised units were first defined in the European Council of Feira as robust, rapidly deployable, flexible and interoperable Forces, capable of performing executive tasks in order to re-establish the law and order in non-stabilised situationsÓ. (198) Condotta a Roma proprio dallĠArma dei Carabinieri sotto gli auspici dellĠUE, con la partecipazione delle Forze di polizia di 25 Nazioni europee. In materia si veda anche AA.VV., The Future Roles for Stability Police Units Workshop, Washington 2005, disponibile in versione online allĠindirizzo http://www.usip.org/files/resources/april_coespu.pdf. prettamente civili: nella ÒDichiarazione sulle Forze di poliziaÓ del Consiglio UE (data a Bruxelles il 19 novembre 2001) si precisa infatti, al p.to 5, lett. b) secondo alinea, che ÒLe capacitˆ di polizia impegnate comprendono sia Forzedi polizia con status civile che Forze di polizia con status militare del tipo gendarmeria. Questa diversitˆ  un asset qualitativo per lĠUnione Europea. Nel caso di unĠoperazione coinvolgente componenti militari e di polizia, lĠazione dellĠUE secondo i "compiti di Petersberg" richiede una forte sinergia tra la polizia e le componenti militari di tale operazione. Sul terreno, questo sarˆ assicurato da uno stretto coordinamento tra le due componentiÓ (199). Gli obiettivi relativi alle quattro aree prioritarie individuate nel Consiglio Europeo di Feira (2000) vengono precisati nel corso del Consiglio Europeo di Gšteborg, del giugno 2001; con riferimento alle missioni di polizia, in particolare, viene approvato un ÒPiano dĠazioneÓ mirante a razionalizzare le risorse e gli strumenti disponibili, nonchŽ a creare delle strutture che sovrintendano alla gestione delle Forze operanti nel quadro della GCC. In questĠottica viene dato avvio al processo di costituzione di Integrated Police Units (IPUs), vale a dire - in accordo con la definizione datane giˆ in occasione del Consiglio di Feira - unitˆ Òconsistenti, rapidamente schierabili, flessibili e interoperabiliÓ (200), concepite per agire con Òcompiti esecutivi in situazioni non stabilizzate, soprattutto nel passaggio da un comando militare iniziale al successivo comando civileÓ (201). Seppur aperte alla contribuzione di qualsiasi Forza di polizia (tanto a status civile quanto militare), in concreto solo le Forze cd. ÒrobusteÓ e le gendarmerie appaiono in grado di soddisfare i requisiti operativi individuati dalla normativa UE per le IPUS; solo le gendarmerie, per˜, oltre ad assicurare una fondamentale unitˆ della linea di comando (202) possono prendere parte sia (199) Su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/01/st14/st14237.it01.pdf (all.II - p. 16). (200) Le Conclusioni del Consiglio Europeo di Feira individuano i due principi-cardine della PESC, ossia la Òcapacitˆ di reazione rapidaÓ (aspetto prettamente operativo) e soprattutto la ÒmultifunzionalitˆÓ, da cui discende la regola-chiave dellĠorganizzazione ÒintegrataÓ della pubblica sicurezza. (201) Definizione riportata nellĠAppendice IV (Obiettivi concreti per la polizia) delle Conclusioni della Presidenza al Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira, 19-20 giugno 2000, p. 20. Sulla dottrina IPU si veda lĠefficace sintesi di COPPOLA, in AA.VV., Seminario sulle Multinational Specialized Units, cit., p. 177. Il testo integrale delle Conclusioni (che correttamente distinguono tra funzioni di polizia ÒcivileÓ e capacitˆ militari, nel senso pi volte ribadito in queste pagine), con allegati,  reperibile su http://www.europarl.europa.eu/summits/fei1_it.htm. (202) In argomento, cfr. JEAN, An Integrated, cit., che a p. 34 evidenzia (in un paragrafo significativamente titolato ÒPolice vs. Military ForceÓ) come ÒThe various European police forces have extremely different organisations and cultures. Some states - such as Italy or France - also have Òmilitary-statuteÓ general police units, whose normal tasks totally overlap with those of the civilian police. This civilian statute may cause some coordination difficulties even at national level, and also makes it necessary to ensure that all different national police components are represented in a balanced way in the European staff organisations. By the way, the existence of military-statute police corps - as mentioned above - provides the Union with useful ÒbridgesÓ that can enhance cooperation, synergy and unity of the EU intervention. This would be crucial especially in the early stages of an interventionÓ. ad una MSU che allĠEUROGENDFOR, strutture indispensabili a risolvere il noto problema dello svolgimento delle funzioni generali di polizia in un contesto (inizialmente) bellico nel quale non si intenda comunque applicare la legge marziale. Contesto, del resto, nel quale le IPUs non possno operare, intervendno solo nella fase successiva del consolidamento delle condizioni di sicurezza. é questo il punto in cui - in ottica puramente europea - le tradizionali dottrine della sicurezza interna che respingono lĠapproccio ÒintegratoÓ entrano in crisi: come nota un Autore (203) con esemplare chiarezza, Òi Paesi che non dispongono di Forze di polizia a status militare hanno difficoltˆ oggettive ad integrarsi in un sistema cos“ delineato e che, peraltro, costituisce la vera novitˆ dello strumento militare nelle PSO. Tali Paesi possono avvalersi soltanto della polizia militare per entrare nel sistema e, per converso, le stesse organizzazioni di polizia militare ne avvertono la necessitˆ per evitare un ridimensionamento proporzionale alla diminuzione quantitativa generalizzata degli strumenti militari. Ebbene, la polizia militare per contiguitˆ professionale, pur non disponendo di tutte le capacitˆ necessarie per svolgere compiti di polizia ordinaria, pu˜ giocare un ruolo importante in MSU ma non nelle IPU in quanto assetti civili di polizia nei quali potranno trovare, invece, adeguata collocazione elementi di Forze civili di polizia. Da questo punto di vista appare centrale il ruolo delle Forze ÒCarabinieri-likeÓ intorno alle quali possono aggregarsi, a seconda delle necessitˆ e del tipo di assetto, Forze di polizia militare o Forze civili di polizia ordinaria, ci˜ in quanto le Forze di gendarmeria hanno intrinseche capacitˆ organizzative e logistiche che le rendono di rapido schieramento, oltre che interoperabili con la Forza militareÓ. Le IPUs sono strutture di polizia ÒrobusteÓ a spiegamento rapido, che si inquadrano nellĠambito di missioni civili di polizia (del tutto distinte da quelle militari, ove invece la MSU pu˜ anche operare), nelle quali la catena di comando e di controllo coincide con quella civile (lĠHead Police Mission dipende infatti dal Rappresentante Speciale PESC). Le ÒMultinational Specialized UnitsÓ della NATO e le ÒIntegrated Police UnitsÓ dellĠUnione Europea sono quindi due facce della stessa medaglia, in quanto strumenti pensati per dare risposta alle necessitˆ concrete che si presentano in uno scenario di crisi; entrambe, inoltre, presuppongono la partecipazione di Forze di polizia a status militare (204). Proprio questĠultimo aspetto consente allĠIPU di raccordarsi con gli altri (203) LIBERTINI, Le prospettive di impiego, cit., pp. 168 ss.. (204) La comune derivazione dottrinaria ed operativa delle IPUs e delle FPUs dal modello MSU  ricordata da DZIEDZIC, The public security challenge and International Stability Police Units, SAM - Ankara 2012, p. 4: ÒTo date, doctrinal development in NATO and the EU for use of police units with a military structure has progressed along the same path because the same individual from the Italian Carabinieri has been responsible in both cases. To preserve this doctrinal convergence and promote interoperability, both among the countries that provide stability police and among the international organizations that use them, a Center for Doctrine and Training of International Stability Police Units should be establishedÓ. operatori sul campo, pur presentando una diversa composizione rispetto a MSU ed EUROGENDFOR (EGF) proprio per quel che concerne il personale militare, poichŽ nelle IPU - come giˆ anticipato -non trovano collocazione componenti militari che non abbiano - nel proprio Paese -una generale capacitˆ di polizia ordinaria. Possono cio farne parte le Forze di polizia civile a status militare ma non anche le semplici polizie militari, che invece hanno titolo a partecipare sia ad una MSU che ad EGF (205). Tale principio trova ulteriore conferma nel ÒComprehensive concept for Police Substitution MissionsÓ - doc. 8655/1/02 REV 1 del Consiglio UE (2002, cit.) - tuttora in vigore, nel quale lĠorgano legislativo (il Consiglio) espressamente riconosce le competenze generali (206) esercitate dai Corpi di gendarmeria non solo nelle missioni di pace internazionali, ma direttamente nei singoli Stati membri: una caratteristica che viene testualmente definita Òvalore aggiuntoÓ, confermandone il ruolo centrale nellĠordinamento sovranazionale. I principi sinora esposti trovano ulteriore riscontro nelle ÒGuidelines for rapid deployment of Integrated Police Units - IPUs - and other Police elements in the initial stage of an EU-led substitution mission and interoperability of IPUs and Police HeadquartersÓ (207) adottate dallĠUE nel disciplinare lĠutilizzo di tali Unitˆ, oltre che nella dottrina sui rapporti sinergici tra Forze ar (205) Seppur con il ruolo di ÒOsservatoriÓ. LĠEGF potrebbe rappresentare, secondo una corrente di pensiero, lo strumento operativo per coinvolgere nelle attivitˆ di peacekeeping quelle componenti specialistiche (soprattutto del Nord e Centro-Europa) che svolgono s“ funzioni di polizia, ma non direttamente a servizio della popolazione civile. La possibilitˆ di attingere organici dalle tradizionali Forze di fanteria viene invece esclusa, in ragione della diversa professionalitˆ richiesta e della formazione specifica che distingue il poliziotto dal soldato. (206) ÒA police substitution mission may have to cover the main following functions: General policing; patrols, security, preventive and community policing; traffic police, immigration and border police; maintenance of public order and SWAT; VIPS protection; antiterrorism; explosives devices disposal, intelligence and information, etc; Criminal investigation: analysis and criminal intelligence, crime investigation (including assistance to international tribunals), organised crime investigation, identification of people and forensic sciences É The Member States of the EU have the full range of necessary police capacities for such a mission. The police capabilities committed comprise both police forces with civil status and police forces with military status of gendarmerie type. These capacities should complement each other, taking into account the specific characteristics of each situation. This variety of police forces enriches the capacity of the European Union and provides added value to undertake a wide range of police missionsÓ. Tale precisazione segue la premessa per cui nelle specifiche missioni di ÒPolice SubstitutionÓ  necessario il Òdeployment, simultaneously or almost simultaneously when possible, of a police substitution mission with the military operation in order to reduce as much as possible the gap in which the military contingent might assume, on its own, public security tasks, particularly those related to public orderÓ. (207) Doc. del Consiglio n. 15956/04, Restreint UE (versione parzialmente declassificata sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/sep/eu-council-guidelines-integrated-police-units15956- ext1-04.pdf). In argomento si pu˜ citare innanzitutto il rapporto della Conferenza tenutasi a Washington il 4 maggio 2005 sul tema ÒThe Future Roles for Stability Police Units WorkshopÓ (su http://www.usip.org/files/resources/april_coespu.pdf). In termini critici, invece, cfr. NEUTZE, Responsibility beyond Brussels? European Union Peacebuilding - Performance and capacity of European peace operations exemplified through EU crisis management in Macedonia, sul sito http://www.atlantic-community.org. mate, di polizia ed operatori civili nella gestione multi-level delle situazioni (internazionali ed interne) di crisi (208). Nel paragrafo 1.2.1, non a caso, viene indicato come elemento essenziale delle IPUs lĠessere una componente di polizia (209) che soddisfa le condizioni di Òrobust, rapidly deployable, flexible and interoperable forcesÓ: dunque, una Forza flessibile ed interoperativa (Òinteroperable among themselves and with other Police ElementsÓ ai sensi del doc. del Consiglio UE 26 ottobre 2001, n. 13307/01 ÒStandardisation and interoperabilityÓ, classificato), che deve soddisfare alcune caratteristiche tra cui il disporre di unitˆ strutturate secondo una propria catena unitaria di comando, nonchŽ lĠutilizzo di tattiche, tecniche e procedure di formazione comune ed in grado di svolgere tutte le funzioni di polizia civile. Ancora, al par. 1.4.1 ÒThe use of IPUs is expected to reduce as much as possible the gap in which the military component might assume, on its own, public security tasks. Therefore interaction with the military will be a priority (210). The simultaneous deployment of military and police components will requireclose coordination including an integration of planning processesÓ. Infine (par. 5.2.1), ÒComposition and dimension of IPUs is and remains a national issueÓ. é opportuno evidenziare che le regole di interoperativitˆ delle Forze di polizia di cui si  detto costituiscono un preciso obbligo giuridico - almeno in prospettiva, stante lĠassenza di meccanismi sanzionatori nel doc. 13307/01 per gli Stati membri dellĠUE, alla luce degli impegni formalmente assunti con la Dichiarazione finale della ÒConferenza ministeriale sul miglioramento delle capacitˆ di poliziaÓ di Bruxelles (19 novembre 2001). La centralitˆ del modello di Forza ÒibridaÓ nel diritto dellĠUnione trova espressione anche nelle recenti ÒLessons and best practices for CSDP from the European Union Police Force Training (EUPFT) 2008-2010Ó (211), una relazione riservata avente ad oggetto lĠindividuazione delle questioni di maggior rilevanza emerse nel contesto triennale del suddetto Corso di formazione, attualmente lĠunico in comune per i Corpi di polizia dei vari Stati membri in ambito PESC/PSDC (CSDP in inglese). (208) In argomento, HANSEN-GIENANTH-PARKES, International and Local Policing in Peace Operations. Lessons Learned and the Way Forward to Integrated Approaches, Zentrum fŸr Internationale FriedenseinsŠtze, Berlin 2006. (209) Nel par. 6 del doc. 15956/04 sono elencate le tipiche funzioni dei contingenti IPUS, che vanno dal mantenimento dellĠordine pubblico alle attivitˆ di polizia criminale e giudiziaria. Pi in generale, ÒIPUs are flexible and multi-functional. Therefore, they are able to perform tasks in all fields of policing. They act as a police force with general competence (within a broader Rule of Law approach) and in coordination with other actors to enforce and re-establish law and orderÓ. (210) LĠinteroperativitˆ tra le Forze armate tradizionali e quelle di polizia  una prioritˆ giˆ enunciata in termini generali nelle ÒGuidelines for Police Command and Control Aspects of EU Crisis ManagementÓ, doc. 7854/02 (restreint). (211) Il doc. ARES (2011) 1466618, del 12 dicembre 2011, ad accesso limitato,  pubblicato sul portale non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/feb/eu-eeas-csdp-police-training-20082010- 18536-11.pdf. Tale documento - che tenta altres“ di colmare la persistente lacuna dottrinaria in materia di IPUs (212) - non solo invita gli Stati membri ad individuare con precisione quali tra le proprie Forze di polizia effettivamente rispondano ai requisiti oggettivi (fissati dal Consiglio UE) per poter contribuire alle politiche di sicurezza dellĠUnione, ma da subito chiarisce che una capacitˆ generale in tal senso hanno le componenti nazionali di EUROGENDFOR: in tal senso Òshould consider the resources of the European Gendarmerie Force (EGF) to facilitate deployment of IPUs - resources that, according to EGF's official website, are "first and foremost at disposal of EU" - but that the EU has so far never availed itself of in civilian crisis management under CSDP. The study should contribute to a necessary work/reflection on an harmonised approach of rapid deployment and to improve conditions of interoperabilityÓ. Decisivo, al riguardo,  il principio di ÒinteroperativitˆÓ, chiave di volta del Òsistema sicurezzaÓ comunitario, sia sotto il profilo operativo che del contenimento dei costi. Una compiuta definizione  data al par. 59 dello ÒInitial Long-Term Vision for European Defence Capability and Capacity NeedsÓ - valido per il periodo 2006-2025 (213) - che mutua i caratteri dalla normativa previgente (214). Anche alla luce dei principi sovra esposti, oltre che nel mondo anglosassone (soprattutto statunitense) pure nella dottrina tedesca sembra in atto una rivisitazione dei modelli a Òcompetenza ibridaÓ, come emerge da un recente studio dello ÒStiftung Wi§enschaft und PolitikÓ (215), significativamente titolato ÒUnitˆ di Gendarmeria nelle missioni internazionali di stabilizzazione. Una possibilitˆ per la Germania?Ó. (212) Invero per le FPUS esiste il documento DPKO/PD/2006/00015 dellĠ8 maggio 2006, avente ad oggetto ÒGuidelines for Formed Police Units on assignment with peace operationsÓ, integrate dalla Policy per le Formed Police Units in United Nations Peacekeeping Operations (doc. 2009.32 - cfr. retro). Sui rapporti tra la dottrina FPU ed IPU si segnala il comprensivo ÒINPROL Consolidated Response (08-006)Ó a cura di BRUZZESE-POULIOT-SAL RODRIGUEZ, in http://inprol.org/files/CR08006.pdf. Sulla dottrina FPU si veda BENNER-MERGENTHALER-ROTMANN (a cura di), Doctrine Development in the UN Peacebuilding Apparatus: The Case of UN Constabulary Police, 1999-2006, San Francisco 2008 (testo nel quale tra lĠaltro implicitamente si accoglie - p. 14 - la dottrina internazionale che vede nei Carabinieri italiani una complessa e pi evoluta forma di gendarmeria, ut supra). (213) ÒThis needs to be at the heart of all European capability development work. Expeditionary, multi-national operations, with strong inter-action with civil instruments, require interoperability within national Forces, between national Forces, and with civilian actors. Just as equipment is only one element of capability, so the interoperability requirement relates to all other aspects of capability, from language to procedure to trainingÓ. Il testo, non pubblicato sulla GUCE,  reperibile su http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressdata/EN/reports/91135.pdf. (214) In particolare dal doc. 13307/01 (ÒStandardisation and interoperabilityÓ) del Consiglio, in data 26 ottobre 2001, che definisce lĠinteroperabilitˆ nella pubblica sicurezza come ÒThe ability of systems, units or forces to provide services to and accept services from other systems, units or forces and to use the services so exchanged to enable them to operate effectively togetherÓ. La medesima nozione viene richiamata dal recente ÒConcept for rapid deployment of police elements in an EU-led substitution missionÓ del 19 luglio 2012, laddove per Òpolice elementsÓ si indicano espressamente le ÒIntegrated Police Units, Police Headquarters, Formed Police Units, Specialised Teams and Individual Police OfficersÓ). Su http://www.parlament.gv.at/PAKT/EU/XXIV/EU/08/85/EU_88597/imfname_10037428.pdf Come  noto, la scelta della Repubblica Federale Tedesca di dotarsi esclusivamente di Forze di polizia a statuto civile (con lĠeccezione di una ridotta aliquota di FeldjŠger, che per˜ svolgono quasi esclusivamente funzioni di polizia militare ed in parte, fino al 1994, della Bundesgrenzschutz) nasce dai postumi del secondo conflitto mondiale, allĠesito del quale lo Stato (o quel che ne restava, dopo le mutilazioni territoriali e di sovranitˆ) era stato sostanzialmente disarmato. A differenza dellĠItalia, che cerc˜ di superare i limiti del diktat inserendo tutte le Forze di polizia (non sottoposte a limiti di contingentamento) in seno alle Forze armate, lĠordinamento tedesco trovava un ostacolo nellĠart. 87-a, commi secondo, terzo e quarto della Grundgesetz (Costituzione federale) del 1949, che non solo devolveva i principali compiti di polizia ai singoli LŠnder (le Landespolizeien sono infatti le Forze di polizia a carattere generale dellĠordinamento tedesco) anzichŽ allo Stato centrale (216), ma ancor oggi limita lĠimpiego delle Forze armate in appoggio alla polizia allĠipotesi di Òun incombente pericolo per lĠesistenza o per lĠordinamento costituzionale liberale e democratico della Federazione o di un Land É se le Forze di polizia, cos“ come la polizia confinaria federale non sono sufficienti É per proteggere obiettivi civili e per combattere ribelli organizzati ed armati militarmenteÓ (217). Sebbene la Costituzione non parli dello status organizzativo da imprimere alle Forze di polizia, nŽ vi siano dei precedenti storici che giustifichino tali perplessitˆ, lĠorientamento in questione sembra essere stato messo in discussione (218) solo a seguito del confronto con lĠapproccio ÒintegratoÓ di matrice comunitaria (219). In un primo momento, invero, il Governo tedesco non ma (215) ÒIstituto Tedesco per gli Affari di Sicurezza InternazionaleÓ (SWP), organo tecnico ausiliario del Governo federale e del Parlamento tedeschi. Lo studio  di KEMPEN e KREUDER-SONNEN, Gendarmerieeinheiten in internationalen Stabilisierungsmissionen. Eine Option fŸr Deutschland?, Berlin 2010 (su http://www.swp-berlin.org/fileadmin/contents/products/studien/2010_S06_kmp_kreuder_ks.pdf). Sui limiti dellĠordinamento tedesco (fondato sul principio della rigida separazione delle competenze) rispetto ad altri modelli flessibili ed integrati europei si veda poi lĠampio studio di LIOE, Armed Forces in Law Enforcement Operations? The German and European Perspective, Heidelberg 2011. (216) Situazione che permane anche a seguito della Fšderalismusreform del 2006, in occasione della quale venne abbandonata lĠidea di estendere le competenze federali in materia di antiterrorismo: http://www.bundesrat.de/cln_330/nn_276146/DE/foederalismus/foederalismus-node.html?__nnn=true. (217) Cos“, testualmente, il quarto comma dellĠart. 87-a GG: ÒZur Abwehr einer drohenden Gefahr fŸr den Bestand oder die freiheitliche demokratische Grundordnung des Bundes oder eines Landes kann die Bundesregierung, wenn die Voraussetzungen des Artikels 91 Abs. 2 vorliegen und die PolizeikrŠfte sowie der Bundesgrenzschutz nicht ausreichen, StreitkrŠfte zur UnterstŸtzung der Polizei und des Bundesgrenzschutzes beim Schutze von zivilen Objekten und bei der BekŠmpfung organisierter und militŠrisch bewaffneter AufstŠndischer einsetzenÓ. (218) SullĠargomento va indicato il lavoro di HANON, Policiers et militaires en Allemagne: le nouvel agencement, in Cultures & Conflits n. 67 (2009), pp. 85 ss., pubblicato anche in versione online su http://conflits.revues.org/index3122.html. (219) Invero, come puntualmente documenta HANON, Policiers et militaires, cit., pp. 97 ss., il problema si pone a partire dagli anni Ġ90, ed emerge con particolare evidenza in seguito alla pubblicazione, nel 2006, di un ÒLibro BiancoÓ sulle politiche di sicurezza e difesa tedesche (ÒWei§buch 2006 zur Sicherheitspolitik Deutschlands und de Zukunft der BundeswehrÓ, scaricabile dal sito http://bundeswehr.de). nifest˜ un particolare interesse per il modello EUROGENDFOR (220), che sotto molti punti di vista rappresentava unĠalternativa strutturale a quello interno, segnato da una rigida compartimentazione (e sotto certi aspetti da una vera e propria contrapposizione) delle competenze, con conseguente scarsa comunicabilitˆ tra gli operatori del settore; una rigiditˆ - anche dottrinaria - contrapposta alle prospettive di gestione ÒintegrataÓ della sicurezza, infine rivelatasi di ostacolo alla corretta implementazione delle politiche della PESC: ÒEs fehlt eine Kraft, die in einem instabilen Umfeld eigenstŠndig operieren kann und imstande ist, Unruhen und organisierte KriminalitŠt einzudŠmmen. Wo Gendarmen oder robuste PolizeikrŠfte in AuslandseinsŠtze entsendet wurden, haben sie sich als wirkungsvolles Instrument erwiesen, insbesondere bei der BekŠmpfung von AufstŠnden und organisiertem VerbrechenÓ (221). In materia  recentemente intervenuta la Corte Costituzionale tedesca, con la sentenza BVerfG, 2 PBvU 1/11 del 17 agosto 2012 (222), che ha ribadito la possibilitˆ che il Governo federale (tenuto in tal caso a decidere come organo collegiale, ex art. 62 GG) possa far ricorso alle Forze armate tradizionali per il mantenimento dellĠordine pubblico interno sulla base dellĠart. 35, parr. 2 e 3 GG (nel combinato disposto con gli artt. 87a par. 4 e 91 par. 1 GG (223), (220) AllorchŽ nel 2004 il Governo francese lanci˜ lĠidea di una Forza di gendarmeria europea, il Ministro della Difesa tedesco, Peter Struck, dichiar˜ che la Germania non vi avrebbe partecipato in ragione della netta separazione, prevista a livello costituzionale -Çeine klare TrennungÈ - tra Forze di polizia e militari. Tali affermazioni venivano ribadite da alcuni dirigenti dellĠallora Bundesgrenzschutz, i quali sostenevano che i militari tedeschi non avessero alcun tipo di formazione teorica o pratica per poter gestire un intervento umanitario. Invero, entrambe le obiezioni non tenevano conto del fatto che le gendarmerie sono, per loro natura, Corpi di polizia e non di fanteria, e che comunque la Costituzione tedesca non solo non prevede alcuna antinomia genetica o funzionale tra Forze armate e di polizia, nŽ che queste ultime debbano avere statuto esclusivamente civile, ma semplicemente che lĠEsercito federale (non, quindi, unĠeventuale gendarmeria territoriale) non potrebbe ordinariamente intervenire nella gestione dellĠordine pubblico e della sicurezza interni, in quanto di esclusiva competenza dei LŠnder. (221) Lo studio (p. 12) individua la caratteristica (ed il plusvalore operativo) delle gendarmerie nella natura ibrida ed inclusiva Òcivile-militareÓ, che ne consente lĠinteroperativitˆ tanto con le Autoritˆ civili quanto con quelle militari: ÒBestimmungsmerkmal einer jeden Gendarmerie ist ihr hybrider Status zwischen Polizei und MilitŠr. Aus ihm leiten sich alle Mšglichkeiten und Grenzen ihres Handelns ab. Gendarmerien besitzen sowohl militŠrische als auch polizeiliche FŠhigkeiten und kšnnen diese kombinieren. Im Unterschied zu Polizeieinheiten sind KrŠfte in VerbŠnden organisiert [nt. - Dieses Organisationsmuster ist jedoch kein PrŠjudz fŸr die Frage nach militŠrischen oder zivilem Kommando der Einheiten]Ó. Di seguito (nel par. ÒTrennung von Polizei und MilitŠrÓ, pp. 17 ss.) si affronta la questione giuridica della compatibilitˆ di tale modello con lĠordinamento costituzionale tedesco, tenuto conto del riparto di competenze tra Federazione e LŠnder, ex artt. 30, 70 comma 1, 87 e 91 GG. Una soluzione transitoria viene individuata nel valorizzare il ruolo della polizia militare (i FeldjŠger) quale punto di partenza verso unĠevoluzione pi coerente con la ratio del modello europeo. (222) Peculiaritˆ della decisione non  lĠaver ribadito la possibilitˆ di utilizzo, da parte del Governo federale e sotto la sua responsabilitˆ, dellĠEsercito e delle altre Forze armate per il mantenimento del- lĠordine pubblico interno, in circostanze di particolare gravitˆ (eventualitˆ giˆ prevista dalla Costituzione), bens“ nellĠaver chiarito che in tale frangente le stesse potranno comunque disporre del proprio armamento ordinario (anche da guerra). Il testo integrale della decisione  pubblicato online sul portale http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/up20120703_2pbvu000111.html. in presenza di Òsituazioni calamitose dĠemergenza internaÓ - genericamente intese - giˆ in essere e che eccedano lĠambito territoriale dei singoli LŠnder (testualmente, ҟberregionalen KatastrophennotstandÓ), o che comunque questi non siano in grado di contrastare con efficacia. In tal caso, nellĠesercizio delle funzioni ÒciviliÓ di tutela della sicurezza dei cittadini e di prevenzione delle attivitˆ di saccheggio, le Forze impiegate faranno uso del proprio armamento ordinario. La sentenza fa poi breve cenno alla questione della delegabilitˆ (ex art. 65 par. 2 GG) del potere collegiale governativo, in caso di estrema urgenza, ai singoli Ministri (in particolare, a quello della Difesa). Sempre nella letteratura comparata, va poi ricordato il cd. Rapporto Clingendael (224), uno dei pochi studi scientifici di ampio respiro su EUROGENDFOR, che riprendendo le dichiarazioni istituzionali a margine del meeting di Warnsveld e del Consiglio UE di Bruxelles nel 2004 (cfr. retro) suggerisce di estendere tale modello professionale ed etico anche a Forze di polizia genera- liste a statuto non propriamente militare, ma pur sempre affini per formazione o attitudini operative (225), in unĠottica di proiezione mondiale quale quella perseguita dal CoESPU (cfr. infra). Pi in generale, infine, un recente studio (226) comparato dei maggiori Istituti di Sicurezza internazionali ha ripreso i concetti sinora espressi, evidenziando la caratteristica interoperativitˆ delle Forze ÒibrideÓ, che attribuisce loro il ruolo insostituibile di Òattore di collegamentoÓ tra le politiche di polizia proprie dellĠUE e della NATO (227). I criteri sovra esposti vengono ribaditi - in ottica di integrata complementaritˆ - anche negli atti adottati dallĠUE in materia di sicurezza militare. Anche in tale settore emerge la specificitˆ delle Forze di gendarmeria (223) La Corte espressamente ricorda che lĠarticolo 87a, par. 4, nel combinato disposto con lĠarticolo 91 par. 2 della Legge fondamentale prevede lĠimpiego delle Forze armate per rispondere a minacce che attentino allĠesistenza o al libero ordine democratico della Federazione (o di un singolo Land che non sia in grado di contrastarle). LĠart. 87a par. 4 consente, in particolare, lĠutilizzo di Forze armate a supporto operativo di quelle di polizia. (224) Edito dal Nederlands Instituut voor Internationale Betrekkingen (Clingendael). Si tratta dello studio di DE WEGER, The Potential of the European Gendarmerie Force, Den Haag 2009. Il testo  anche su http://www.clingendael.nl/publications/2009/20090400_cscp_gendarmerie_weger.pdf. (225) Espressamente, ÒIt would bring more resources for common goals, it would result in more capacities when using this unique organisation, thereby professionalising more gendarmerie forces and policing in Europe, and would further intensify European security integrationÓ (op. cit., p. 46). (226) HAMILTON-BURWELL-FRANCES (a cura di), Shoulder to Shoulder: Forging a Strategic U.S.EU Partnership, edito sotto il patrocinio di: Atlantic Council of the United States / Center for European Policy Studies / Center for Strategic and International Studies / Center for Transatlantic Relations / Fundacion Alternativas / Prague Security Studies Institute / Real Instituto Elcano / Swedish Institute of International Affairs, 2009. (227) Degno di nota  il ruolo espressamente assunto, in tal ambito, dai Carabinieri italiani, riconosciuti quasi come un modello autonomo di Forza di polizia (p. 46): ÒUnlike the U.S., which lacks a national police force and therefore relies on contractors, this EU Police Force draws its officers from a variety of European police Forces, including the European Gendarmerie Force (EGF) and the Italian CarabinieriÓ. stavolta rispetto alle tradizionali Forze armate - e la loro generale riconducibilitˆ operativa a quelle di polizia ÒcivileÓ, con particolare riferimento al sistema di coordinamento introdotto dai vigenti ÒHeadline Goal 2010Ó e ÒCivil Headline Goal 2010Ó (228), laddove Òhow civil-military coordination elements are applied to crisis management tools such as the EU BGs and the CRTs are still work in progress. Moreover, there are limited training execises undertaken at thr EU-level that incorporate contributions from military and civilian rapid response elements to practise such cooperation on the ground. In the case of the EU BGs, there are may be a need to refine certification and training processes to enhance the ability to operate alongside civilian personnel. Different requirements may be needed to operate with civilians ESPD packages such as the CRTs and IPUs and multinational packages such as the European Gendarmerie Force (EGF)Ó (229). G) LE POLITICHE DI SICUREZZA NELLĠEX ÒTERZO PILASTROÓ UE: LA COOPERAZIONE DI POLIZIA TRA COLLABORAZIONE E COORDINAMENTO. Esaurita la trattazione delle principali questioni concernenti lĠordinamento della pubblica sicurezza a livello sovranazionale, con particolare accento al settore della PESC, non resta che accennare alla disciplina giuridica del settore FSJ (coincidente per lo pi con il precedente ÒTerzo PilastroÓ dellĠUE) per evidenziarne le specificitˆ. Ad esso, infatti, fanno capo le disposizioni del TFUE in materia di Òcooperazione (transfrontaliera) di poliziaÓ, in un contesto nel quale parimenti opera il modello ÒintegratoÓ che caratterizza il sistema UE (230). Coerentemente a tale presupposto, le principali Agenzie strumentali ivi operanti (EUROPOL, EUROJUST, FRONTEX E CEPOl) sono tenute a raccordare le proprie metodologie operative con quelle previste in ambito PESC/PSDC. La FSJ , al pari della PESC, solo una delle componenti della pi ampia strategia europea di sicurezza, per la quale valgono le regole generali in pre (228) In materia si richiama, da ultimo, lĠHeadline Goal 2010, succeduto allĠHelsinki Headline Goal del 1999 e relativo alla creazione - in ambito PESC/PSDC - di contingenti di pronto intervento per operazioni militari (approvato dal Consiglio UE ÒAffari Generali e Relazioni EsterneÓ il 17 maggio 2004, e dal Consiglio Europeo nella sessione del successivo 17-18 luglio). SullĠargomento, per alcuni rilievi critici, LINDLEY-FRENCH, Headline Goal 2010 and the concept of the EU Battle Groups: an assessment of the build-up of a European Defence capability, Paris 2005, e soprattutto LINDSTROM, Enter the EU Battlegroups, in Chaillot Paper n. 97 (2007). A completare il quadro sul versante degli operatori ÒciviliÓ (che sono qui cosa diversa da quelli di polizia: cooperanti, magistrati, consiglieri civili, etc.), il Consiglio UE ha poi adottato il 19 novembre 2007 il ÒCivilian Headline Goal 2010Ó (doc. 14823/07), cit.. (229) Cos“ LINDSTROM, op. ult. cit., p. 68. (230) In termini generali, seppur anteriore al Trattato di Lisbona e con riferimento alla questione del ruolo, in tale ambito, delle competenze ÒibrideÓ, si vedano AA.VV. (a cura di BIGO), Quelle place pour la Gendarmerie au sein de lĠespace judiciaire europŽen? Internalisation de la criminalitŽ et coopŽration entre les diffŽrents acteurs de la police judiciaire, franais et Žtranger, Paris CEtC/DAS 2004. Per uno studio complessivo delle problematiche istituzionali della cooperazione di polizia in ambito UE, si veda MILAZZO, Quadro costituzionale italiano e cooperazione europea di polizia, Napoli 2012. cedenza esaminate: la disciplina dettata nel TFUE, per˜, consente di introdurre quello che sarˆ il tema centrale del secondo Capitolo di questo lavoro, ovverosia il principio generale del coordinamento di polizia, come inteso dal legislatore sovranazionale. Invero, coerentemente al principio generale di cui allĠart. 4 TUE, anche in tale settore gli organi dellĠUnione non possono svolgere alcuna attivitˆ diretta, potendo al pi giocare un ruolo teso a favorire una pi efficace azione combinata (id est, una maggior cooperazione) delle Forze competenti ad operare nei singoli Stati membri. Tale principio era stato espresso, in termini generali, dal par. 59 dello ÒInitial Long-Term Vision for European Defence Capability and Capacity NeedsÓ, adottato in ambito PESD (230-bis). Base legale della cooperazione (transfrontaliera) di polizia, che presuppone la commissione di particolari reati transnazionali con modalitˆ tali da attingere direttamente gli interessi dellĠUnione, sono gli artt. 87, 88, 89 e 352 TFUE. Il quadro istituzionale risulta semplificato rispetto al regime ante-Lisbona, essendo stato esteso - per il settore FSJ, a differenza della PESC - lĠambito delle misure adottabili con procedura legislativa ordinaria (in codecisione con il Parlamento UE ed a maggioranza qualificata in Consiglio), per tali soggette al controllo della Corte di Giustizia. A ci˜ fanno eccezione le riserve valevoli per il Regno Unito, la Danimarca e lĠIrlanda, dove invece prevalgono le decisioni dei rispettivi Parlamenti nazionali (cfr. i Protocolli 1, 2, 21 e 22 allegati al TFUE). Va per˜ precisato che, trattandosi di un settore che attinge competenze operative esclusive degli Stati membri (ex art. 4 TUE), non offre grandi spunti in materia di coordinamento (il legislatore UE fa infatti sempre riferimento al diverso concetto di spontanea cooperazione tra le istanze nazionali), se non per quanto concerne la struttura di vertice prevista allĠart. 71 TFUE, il COSI (ÒStanding Committee on Operational Cooperation on Internal SecurityÓ - Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna), disciplinata con Decisione del Consiglio UE del 25 febbraio 2010 (doc. 2010/131/UE (231)). Ai sensi dellĠart. 71 TFUE Òé istituito in seno al Consiglio un Comitato permanente al fine di assicurare allĠinterno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. Fatto salvo l'articolo 240, esso favorisce il coordinamento dell'azione delle Autoritˆ competenti degli Stati membri. I rappresentanti degli organi e organismi inte (230-bis) Su http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressdata/EN/reports/91135.pdf (231) Pubblicata su GUCE L-52 del 3 marzo 2010. Testo scaricabile dal portale istituzionale http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:052:0050:0050:IT:PDF. La volontˆ di dar vita al COSI venne manifestata con Decisione della Presidenza del Consiglio UE in data 22 ottobre 2009 (doc. 16515/09 su http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st16/st16515.en09.pdf), cui fece seguito il progetto di Decisione doc. 5949/10 del 5 febbraio 2010 (Nota punto I/A del Segretario Generale, su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st05/st05949.it10.pdf). ressati dell'Unione possono essere associati ai lavori del Comitato. Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali sono tenuti informati dei lavoriÓ. LĠart. 2 della Decisione precisa a sua volta che ÒIl Comitato permanentefacilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle Autoritˆ degli Stati membri competenti in materia di sicurezza internaÓ, e ci˜ (art. 3) anche Òin settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonchŽ tra le Autoritˆ preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda lĠaspetto operativo nell'ambito della sicurezza internaÓ. Il Comitato permanente valuta inoltre lĠorientamento generale e lĠefficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le opportune raccomandazioni concrete per farvi fronte. Ad escludere per˜ (stante la preclusione di carattere generale di cui allĠart. 4 TUE) che si tratti di un organo in qualche modo operativo e, per tale, in grado di sostituirsi - in prospettiva - allĠiniziativa degli Stati, il successivo art. 4 precisa che ÒIl Comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membriÓ. In questi termini, lĠart. 72 TFUE significativamente puntualizza che ÒIl presente Titolo non osta allĠesercizio delle responsabilitˆ incombenti agli Stati membri per il mantenimento dellĠordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza internaÓ. Sempre ai fini del coordinamento di cui si  detto, alle riunioni del COSI prendono parte anche i rappresentanti delle Agenzie UE operanti nel settore sicurezza (EUROJUST, EUROPOL E FRONTEX), per assicurare la coerenza della loro attivitˆ con le linee-guida precedentemente individuate in sede di Comitato: di questo fanno parte i competenti vertici istituzionali degli Stati membri (ordinariamente dei Sottosegretari di Stato (232)) ed generalmente (a seconda degli ordinamenti nazionali) anche quelli delle relative Forze di polizia generaliste (per lĠItalia partecipano il Capo della Polizia di Stato ed il Comandante Generale dellĠArma dei Carabinieri, o dei loro delegati). Il COSI  un tipico organo ausiliario (233) dellĠAutoritˆ di indirizzo politico, in quanto tale non destinatario di attribuzioni meramente esecutive, ma pur esso partecipe, nella misura in cui il relativo apporto risulti determinante, (232) Normalmente assegnati ai Ministeri dellĠInterno o della Giustizia, sebbene la ratio ÒfunzionalisticaÓ del Òsistema sicurezzaÓ europeo non ponga limiti quantitativi o di attribuzione, ben potendo ad es. parteciparvi dei delegati dei Ministri delle Finanze allorchŽ si discuta di questioni che rientrano anche nella loro competenza (antiriciclaggio, etc.). Nel caso della Germania, ove le competenze generali di polizia sono attribuite ai LŠnder, partecipa dĠordinario anche un rappresentante politico comune di questi ultimi. (233) NellĠordinamento italiano (cfr. infra) un raffronto ideale pu˜ essere tentato con il Comitato Nazionale per lĠOrdine e la Sicurezza Pubblica (la cui funzione ausiliaria del Ministro dellĠInterno  prevista ex lege) e con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, organo cui  attribuita in via esclusiva la funzione di implementare - con la supervisione del Ministro - le strategie nazionali in materia di sicurezza interna. dellĠindirizzo medesimo. Inoltre la sua composizione variabile, tanto dal alto ÒpoliticoÓ che da quello operativo,  coerente con la caratteristica ÒinclusivaÓ ed olistica delle politiche di sicurezza dellĠUnione. In virt della presenza dei vertici operativi delle Forze di polizia nazionali, il COSI dovrebbe progressivamente sostituire la ÒTask Force dei Capi delle Polizie europeeÓ (TFPC), organismo informale istituito (senza una chiara base legale) dal Consiglio UE di Tampere del 1999. Giˆ si  detto di come siano allo studio (234) delle strategie operative tese a superare - venuto meno, anche formalmente, il precedente sistema Òa PilastriÓ - le rigide divisioni operative tra i settori FSJ ePESC/PSDC, da considerarsi parti di un pi ampio e comune Òsettore sicurezzaÓ; occorre per˜ evidenziare, dal punto di vista operativo, unĠimportante differenza tra quanto accade nei secondi e quanto, invece, nel primo (ove peraltro agiscono i medesimi soggetti (235)): in effetti, nel caso dei contingenti schierati allĠestero, la necessitˆ di creare una struttura logistica di supporto autosufficiente comporta lĠindividuazione di una o pi Autoritˆ (spesso dotate di un potere di ordine) che effettivamente assicurino un reale coordinamento delle Forze (civili e militari) ivi operanti, presupposto che invece non si pone nel caso della cooperazione transfrontaliera di polizia. In effetti, trattandosi di operazioni di polizia condotte sul territorio di uno o pi Stati membri (per fatti che ivi si sono svolti), necessariamente ricadono nella competenza domestica di questi ultimi. In base alla vigente normativa UE, infatti, la sussistenza di un interesse qualificato e differenziato dellĠUnione non incide sul principio generale per cui la commissione degli eventuali reati andrˆ comunque riscontrata dai Giudici nazionali, in base alla legge del locus commissi delicti (236). (234) Si veda il citato doc. 15562/11/ARES (2011) 118322, riferito a tutti i settori coinvolti nella gestione della pubblica sicurezza, con i seguenti indici: COSDP-965, PESC-1295, CIVCOM-470, CSDP/PSDC-607 e COSI-83. (235) LĠinteroperativitˆ di settore  assoluta per le Forze di gendarmeria, in parte limitata per le Forze civili di polizia. (236) Ci˜ peraltro spiega le recenti iniziative volte a dar vita ad un autonomo diritto penale del- lĠUnione - seppur limitato a singole fattispecie di reato o a determinati principi di carattere generale che perlomeno assicuri alcuni parametri di comune applicazione nazionale. Si veda, al riguardo, la recente Decisione della Commissione del 21 febbraio 2012, che istituisce il gruppo di esperti sulla politica penale dellĠUnione europea (doc. 2012/C 53/05 - su GUCE C-53 del 23.2.2012), cui lĠart. 2 attribuisce Òil compito di consigliare la Commissione in materia di diritto penale sostanziale nell'ambito dello sviluppo di una politica penale dell'Unione europea. Ci˜ comprende, in particolare, la consulenza su ogni questione di diritto che possa sorgere in tale contesto e sulla raccolta di prove fattuali onde valutare se per attuare efficacemente una politica dell'Unione siano indispensabili misure di diritto penale del- l'Unione europea, in consultazione con i gruppi di esperti esistenti nei settori interessatiÓ. Di rilievo anche la precedente Dichiarazione del Consiglio UE 20 settembre 2011 [doc. COM(2011) 573 final] titolata ÒVers une politique de lĠUE en matire pŽnale: assurer une mise en oeuvre efficace des politiques de lĠUE au moyen du droit pŽnalÓ. Base legale di tali interventi dovrebbe essere lĠart. 83 TFUE. In dottrina si vedano anche AA.VV. (a cura di GRASSO-SICURELLA), Per un rilancio del progetto europeo. Esigenze di tutela degli interessi comunitari e nuove strategie di integrazione penale, Milano 2009. Nel settore FSJ difficilmente (ed impropriamente) pu˜ parlarsi di coordinamento operativo (transnazionale) di polizia, poichŽ - con lĠeccezione di singole operazioni congiunte, nelle quali sono per˜ direttamente le parti in causa che preventivamente si accordano per definire i compiti di ognuna e le linee di intervento - le attivitˆ svolte sono principalmente delle attivitˆ interne degli Stati, afferenti ad un settore, quello della sicurezza ÒdomesticaÓ, che espressamente ricade nellĠesclusiva competenza degli stessi. In tale contesto, significativamente, non vi sono delle reali istanze di coordinamento, od organismi sovranazionali dotati di capacitˆ operative. Tali non sono sicuramente EUROPOL, CEPOL O FRONTEX, semplici Agenzie strumentali aventi lo scopo di dar vita ad una rete di interscambio di dati (relativi peraltro a casi ormai ÒchiusiÓ e non ad indagini in corso) e metodologie di intervento tra gli operatori di polizia degli Stati membri, previa individuazione di standards comuni di riferimento grazie ai quali rendere universalmente fruibili i dati inseriti nel sistema. LĠunico organismo dellĠUnione al quale pu˜ riconoscersi una certa qual funzione di coordinamento in ambito FSJ - almeno per fatti concludenti -  dunque il COSI, relativamente alle decisioni collegialmente prese al suo interno sugli obiettivi strategici in materia di sicurezza, che di fatto vengono ad assumere - per il ruolo apicale dei soggetti che vi partecipano e la natura concordata delle determinazioni che ne conseguono - una funzione di indirizzo per gli stessi attori che hanno contribuito a formarle (ovverosia gli organismi di vertice dei Ministeri interessati, nonchŽ delle maggiori Forze di polizia e di pubblica sicurezza degli Stati membri). Nel ÒDraft Report to the European Parliament and national Parliaments on the proceedings of the Standing Committee on operational cooperation on internal security for the period January 2010 - June 2011Ó (doc. 12980/11 del 18 luglio 2011 (237)) si ribadiscono, quali obiettivi specifici del Comitato permanente, lo sviluppo ed il monitoraggio delle strategie di sicurezza interna dellĠUnione Europea (238), avvalendosi se del caso dellĠopera delle Agenzie e delle Forze di polizia nazionali operanti nei settori di volta in volta interessati: a tal fine  stato raggiunto, in seno al COSI, un accordo circa un metodo di lavoro in grado di favorire non solo una maggior cooperazione, ma pure un maggior coordinamento in materia di sicurezza interna, accordo di cui il Consiglio UE ha preso atto il 9 giugno 2011. (237) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2011/aug/eu-councilcosi- annual-report-jan-10-jun-11-12980-11.pdf. Si tratta della prima informativa del Consiglio al Parlamento UE sullĠattivitˆ del COSI, ai sensi degli artt. 71 TFUE e 6, comma secondo, della richiamata Decisione del Consiglio n. 2010/131/UE (in GUCE L-52 del 3.3.2010, p. 50). (238) Testualmente, ÒÉthe Internal Security Strategy for the European Union and of the Stockholm Programme which mentions that developing, monitoring and implementing the internal security strategy should become one of the priority tasks of COSI ÉÓ. Il ruolo di coordinamento del COSI potrˆ riguardare, in particolare, la cooperazione di polizia e doganale, la protezione delle frontiere esterne e la cooperazione giudiziaria in materia penale pertinente alla cooperazione operativa nel settore della sicurezza interna. Il Comitato permanente  tenuto a riferire periodicamente sulle sue attivitˆ al Consiglio che, a sua volta, terrˆ informati il Parlamento Europeo e quelli nazionali. Il COSI potrˆ anche avere il compito di valutare lĠorientamento generale e lĠefficacia della cooperazione operativa, al fine di individuare eventuali lacune e adottare raccomandazioni per porvi rimedio. Al fine di migliorare la pianificazione dei flussi informativi in materia di sicurezza dello ÒSpazio Comune EuropeoÓ sono state programmate delle regolari riunioni informative a carattere inter-istituzionale e congiunto almeno una volta a trimestre;  stata inoltre approvata, relativamente al settore della cooperazione doganale, una revisione del meccanismo di coordinamento delle operazioni congiunte, con lĠobiettivo di coordinare giˆ in una fase iniziale le eventuali operazioni di polizia e doganali comuni, comprese le attivitˆ di FRONTEX ed i progetti COSPOL, onde evitare successive sovrapposizioni o incompatibilitˆ. In merito a questi ultimi il legislatore UE ha poi precisato (nota 8 del richiamato doc. 12980/11), a scanso di equivoci, che la scelta di mantenere lĠoriginaria denominazione (che sta per ÒComprehensive Operational Strategic Planning for the pOLiceÓ ) anche dopo il Trattato di Lisbona  dovuta esclusivamente allĠopportunitˆ di non ingenerare confusione tra gli addetti ai lavori, abituati da lungo tempo a tale sigla (che testualmente sembrerebbe contraddire i principi generali sovra richiamati in materia di collaborazione/coordinamento di polizia), e non certo allĠintenzione di operare deroghe al sistema: il che  estremamente significativo, ai fini di questo lavoro, se si considera che la vigente normativa europea non  pi nel senso del ÒplanningÓ - ossia la pianificazione gerarchica, di cui alla sigla - bens“ di una condivisa Òconversion of the multiannual strategic plans into concrete operational action plans per yearÓ. Nella nuova ottica valutativa, infatti, i precedenti piani (generali) pluriennali strategici vengono sostituiti da piani dĠazione concreti, dichiarati operativi di anno in anno e formati sulla base delle prioritˆ individuate dal Consiglio. Il COSI opera come una Òcamera di compensazioneÓ nella quale individuare delle linee di indirizzo comuni, alla luce delle prioritˆ rappresentate dai singoli Stati membri, seppur nei ristretti settori di pertinenza dellĠUnione: non pu˜ infatti dimenticarsi che il primo, vero ostacolo ad una reale interoperativitˆ delle Forze di polizia degli Stati membri (prescindendo dai pi ambiziosi obiettivi della PESC/PSDC, che prefigura un Òsistema sicurezzaÓ integrato militare/civile, strutturato su pi livelli sinergici che vanno dalla protezione civile alle missioni di pace allĠestero, passando per lĠantiterrorismo, lĠordine pubblico e le funzioni di polizia giudiziaria) risiede proprio nellĠobiettiva difformitˆ degli ordinamenti nazionali, cui  riservato il monopolio del Òsettore sicurezzaÓ. Difformitˆ che non attengono solo lĠaspetto procedurale (oltre alle regole del procedimento penale, la stessa attivitˆ dĠindagine pu˜ trovare una regolamentazione del tutto differente, in ragione del ruolo assunto, nei singoli ordinamenti, dalle Forze di polizia e dagli organi inquirenti), ma anche quello sostanziale allorchŽ, ad esempio, un medesimo fatto risulti vietato solo in alcuni di essi, oppure sanzionato con modalitˆ assolutamente diverse. Di per sŽ, forme di cooperazione di polizia (operazioni congiunte, scambi di notizie, etc.) esistevano ben prima della nascita delle Comunitˆ Europee, ma si trattava di fenomeni isolati, dettati dalle contingenze del momento e regolati dalle complesse norme sulle rogatorie internazionali, tantĠ che un primo passo avanti nel settore delle indagini di polizia criminale si ebbe solo con la creazione, nel 1922, dellĠINTERPOL, struttura internazionale a carattere coordinativo (non disponendo di propri agenti operativi (239)). Stante lĠimpossibilitˆ di una reductio ad unum degli ordinamenti nazionali, la soluzione  stata individuata nellĠadozione di standards operativi che consentano la circolaritˆ delle informazioni, una volta inserite nel sistema secondo parametri uniformi, comprensibili da tutti coloro che li adottano; standards elaborati e diffusi dalle Agenzie europee e dagli Istituti nazionali convenzionati (in particolare nel sistema CEPOL - cfr. infra), impegnati altres“ ad individuare una serie di criteri operativi comuni da utilizzare in occasione di attivitˆ collaborative transfrontaliere. Nel periodo successivo al Consiglio Europeo di Feira (1999) e sino allĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona, la cooperazione di polizia venne in gran parte a risolversi in periodiche riunioni biennali dei Capi della polizia e dei servizi di sicurezza nazionali (il cd. ÒClub di BernaÓ), nel corso delle quali si procedeva anche a scambi di informazioni in materie come il controspionaggio, il crimine organizzato ed il terrorismo. Con il Trattato di Lisbona si supera lĠinformalitˆ delle precedenti forme di cooperazione per attribuir loro una precisa base legale e soprattutto una sede istituzionale (il COSI, appunto (240)), della quale viene sancito il carattere Òin (239) Per ulteriori indicazioni, cfr. http://www.interpol.int/en/About-INTERPOL/Legal-materials. (240) Va per˜ evidenziato che anche il COSI, come ogni altra creatura del diritto,  frutto delle contingenze del momento: in particolare nel periodo gennaio 2010 - giugno 2011 si registrarono delle forti divisioni in seno alla cd. Troika Europea del Consiglio, tra la posizione della Spagna che sostanzialmente concepiva il COSI come una pura e semplice rielaborazione della Task Force dei Capi di polizia europei, ossia una struttura destinata a riunirsi solo in determinate occasioni - dunque piuttosto precaria - e quella del Belgio, che invece intendeva dar vita ad un organismo strumentale (consultivo e strategico) stabile e costantemente in attivitˆ. Venne infine raggiunta una soluzione di compromesso, dando vita ad un organo formalmente stabile, ma i cui componenti (tecnici) di diritto si riunivano solo a cadenze periodiche, per la restante parte del tempo rimanendo affidata la gestione delle questioni aperte ad un nutrito gruppo di ÒSherpaÓ nazionali, non necessariamente dotati delle competenze specifiche del Comitato. tegratoÓ interforze e la doppia natura operativa e di indirizzo (in ragione della sua natura ausiliaria al Consiglio), seppur limitatamente alle questioni afferenti la Òsicurezza internaÓ al territorio comune dellĠUE (cd. Òspazio FSJÓ). La previsione dellĠart. 71 TFUE non rappresenta comunque una novitˆ assoluta, poichŽ riprende, almeno in parte, il contenuto dellĠart. III-261 della cd. ÒCostituzione EuropeaÓ del 2003 (241), mai entrata in vigore: anche qui, infatti, veniva prevista la creazione di una ÒCommissione permanenteÓ per assicurare Òla cooperazione operativa in materia di sicurezza internaÓ (testualmente, Òensure operational cooperation [by facilitating] coordination of the action of Member StatesĠs competent authoritiesÓ). Al riguardo, va rilevato che il generico riferimento dellĠart. 71 TFUE alle ÒAutoritˆ [nazionali] competentiÓ (242) non  casuale, ma coerente con la natura del COSI: questĠultimo, infatti,  stato concepito (come giˆ le strutture informali che lĠavevano preceduto) quale luogo di mediazione delle scelte di indirizzo (anche strategico) in materia di sicurezza interna dellĠUnione, per tali coinvolgenti rilevantissimi profili di natura politica, in massima parte di pertinenza degli Stati membri ed in aliquota minore del Consiglio. LĠampia portata dellĠespressione usata tiene conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti di pubblica sicurezza dei vari Stati dellĠUE (che in determinati casi fanno riferimento a soggetti diversi dalle Forze dellĠordine: ne fanno infatti parte - secondo lĠampia formula utilizzata dal Consiglio Ò high-level officials from EU StatesĠ ministries of the interior and of Commission representatives. Eurojust, Europol, Frontex and other relevant bodies may be invited to attend meetings of COSI as observersÓ). Nel mese di febbraio 2005 la Presidenza lussemburghese produsse un ÒDocumento di discussione sul futuro del Comitato permanente per la sicurezza interna (COSI) - Trattato costituzionale, Art. III-261Ó (doc. n. 6626 del 21 febbraio 2005 (243)). (241) Testo integrale su http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2004:310:SOM:IT:HTML. (242) Il termine ÒAutoritˆÓ andrebbe peraltro riferito alle componenti governative che hanno la responsabilitˆ delle politiche di pubblica sicurezza nei singoli Stati membri, piuttosto che - per ipotesi - ai vertici delle Forze dellĠordine, (pur presenti nel Comitato per offrire il necessario apporto tecnico/specialistico), per una serie di ragioni: in primis, in assenza di una specifica norma derogatoria ad hoc (che qui non si rinviene), le regole contenute nei Trattati istitutivi dellĠUE hanno per destinatari gli Stati membri, o comunque le loro istanze di governo, e non i singoli organi che ne compongono la struttura amministrativa interna, tanto pi che il COSI non ha alcuna capacitˆ operativa diretta. Inoltre la clausola di sussidiarietˆ contenuta nello stesso art. 71 TFUE, proprio nel riferirsi al Òcoordinamento dell'azione delle autoritˆ competenti degli Stati membriÓ fa Òsalvo lĠart. 240Ó (norma che a sua volta prevede che ÒUn comitato costituito dai rappresentanti permanenti dei Governi degli Stati membri  responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio e dellĠesecuzione dei compiti che questĠultimo gli assegnaÓ). Tale espressa riserva non avrebbe senso, se lĠattivitˆ del COSI fosse direttamente rivolta - anzichŽ alle Autoritˆ nazionali ivi rappresentate - direttamente agli apparati amministrativi statali (cui sicuramente non si rivolge lĠattivitˆ del Comitato intergovernativo di cui allĠart. 240, che dunque non necessiterebbe di alcuna riserva in deroga del tipo di quella dellĠart. 71 TFUE). (243) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2005/may/6626.05.pdf. In precedenza, nel Programma de LĠAja su ÒGiustizia ed Affari InterniÓ adottato il 5 novembre 2004, si era deciso di istituire un Comitato provvisorio per predisporre lĠassetto definitivo del COSI. La prima riunione si tenne il 13 maggio 2005 e la relazione dei lavori venne diffusa dalla Presidenza del Consiglio il successivo 8 giugno, con sensibili modifiche rispetto alle premesse: scompariva infatti ogni riferimento alla Costituzione Europea e si parlava semplicemente di ÒRelazione di sintesi della prima riunione semestrale per il coordinamento della cooperazione operativa, come previsto dal Programma dellĠAiaÓ. A fondamento delle riunioni del Comitato provvisorio non era pi menzionata la base legale dellĠart. III-261, ma (correttamente) solo il Programma de LĠAja del 5 novembre 2004: ci˜ perchŽ tra la prima riunione di esso (13 maggio) e la pubblicazione della relazione (8 giugno) erano intervenuti i referendum francese (29 maggio) ed olandese (1 giugno) che avevano respinto il progetto costituzionale. Dalla relazione emergono alcuni punti qualificanti: innanzitutto, veniva affrontata la questione di chi dovesse prendere parte alle riunioni del COSI, in ragione della natura e delle funzioni assegnate (almeno in prospettiva (244)) a questĠultimo. La soluzione, assai variegata, venne assunta in coerenza al modello generale - ÒinclusivoÓ e multidisciplinare - che caratterizza le politiche di sicurezza dellĠUE (ÒinternaÓ ed ÒesternaÓ), posto che il costituendo COSI avrebbe dovuto ricomprendere Òi Presidenti del Comitato dell'articolo 36 (cooperazione di polizia e giudiziaria) e del Comitato strategico sullĠimmigrazione, le frontiere e lĠasilo (CSIFA), rappresentanti della Commissione, di Europol ed Eurojust, nonchŽ la Task force dei Capi di polizia, il Joint Situation Centre (SITCEN) e lĠ(allora appena creata) Agenzia Europea per le frontiere (EBA)Ó. Per completezza, si ricorda che nŽ la Task Force dei Capi di polizia, nŽ il SITCEN avevano (ed hanno) una base giuridica formale che ne giustificasse lĠesistenza, il che spiega la proposta di assorbirli nel neo-istituito Comitato permanente. Si precisava inoltre che il COSI avrebbe dovuto Òpreparare le decisioni del Consiglio UEÓ in materia di sicurezza interna, assumendo quindi un ruolo di supporto tecnico-programmatico dellĠorgano legislativo dellĠUE, ÒterzoÓ rispetto ai singoli operatori impegnati sul campo (245). Un supporto privo quindi di dirette capacitˆ operative e legislative: ÒThe COSI should not have legislative tasksÓ (UE doc. n. 5573/05 -ÒNote (244) In effetti, attesa la genericitˆ delle funzioni del COSI come inizialmente formulate nel Progetto di Costituzione per lĠEuropa, giˆ nel corso della riunione informale del Consiglio ÒGiustizia ed Affari InterniÓ del 27-29 gennaio 2005 si era preso atto della natura in fieri dellĠorganismo, non riducibile alle scarne parole dellĠallora art. III-261: ÒThe exact nature of the committee cannot be discerned by reading Article III-261Ó. (245) Testualmente, Òprepare decisions of the CouncilÓ e Ònot a day-to-day tool for operational cooperationÓ (cfr. doc. n. 8989/05). from Council General Secretariat to the Article 36 CommitteeÓ). Tali principi, che precludono tra lĠaltro ogni possibilitˆ di creare una sorta di FBI europea, verranno confermati dallĠart. 4 della richiamata (e vigente) Decisione del Consiglio n. 2010/131. Sin dallĠorigine il ruolo del COSI sarebbe dunque consistito nel definire le basi giuridiche per le azioni in materia di sicurezza (Òsetting out a legislative framework for operational actionÓ, peraltro Òwith Ôno linkĠ to budgetary issuesÓ); sul lato della cooperazione operativa, invece, si propose di integrare in seno al COSI la Task Force dei Capi della Polizia (246), onde evitare duplicazioni di sorta. Nel corso dei lavori condotti nel 2005 (in particolare, nel giˆ citato doc. 6626/05) fu elaborata unĠampia nozione giuridica di Òsicurezza internaÓ (materia che costituirˆ il settore per eccellenza del COSI), ricomprendente Òthe prevention and combating of crime; the prevention of the terrorist threat; intelligence exchange; public order management; the prevention and combating of criminal offences such as illegal immigration and trafficking in persons; the provision of an integrated management system for external borders as a major factor for preventing (certain) forms of crime within the EU; and crisis management with cross-border effects within the EUÓ. Tale nozione teneva conto delle (allora) diverse basi legali del COSI (in particolare, oltre alla disposizione generale sovra richiamata, gli artt. I-42, I43, III-257 [3], III-263, III-265 [1][c], III-267 [2][c] e [d], III-329 dellĠallora progetto di Costituzione UE) e tendeva a superare le apparenti limitazioni formali dellĠart. III-261, posto che il venir meno della suddivisione in ÒPilastriÓ (247) necessariamente implicava lo sviluppo di un concetto integrato di Òsicurezza internaÓ (desumibile appunto dalle suddette norme costituzionali). Nel documento n. 6626/05 si accentua la funzione di strumento di collaborazione del Comitato permanente, precisando per˜ (par. 6) che esso non ha diretta capacitˆ operativa; in particolare, non pu˜ Òdirectly in charge of conducting operational activities but shall ensure that operational cooperation is promotedand strengthened. This could be described as providing the appropriate framework, tools, policy, implementation and evaluation to allow/oblige the competent authorities to cooperate in areas of common interest or threatÓ. Conformandosi ad un principio generale di diritto amministrativo e costituzionale comune agli Stati membri (248), il legislatore UE ha quindi net (246) Sul punto rilevano le riserve del Regno Unito, secondo cui il COSI avrebbe dovuto pi che altro occuparsi della cooperazione operativa, assumendo conseguentemente le caratteristiche di una commissione di alto livello, composta da specialisti qualificati delle varie Forze dellĠordine nazionali, nonchŽ da consulenti e rappresentanti dei Ministri competenti per settore. (247) Giˆ prevista nel Progetto di Costituzione per lĠEuropa (mai entrata in vigore) e successivamente ripresa dal Trattato di Lisbona. (248) Espressione della regola generale di buona amministrazione e trasparenza (di cui agli artt. 15 TFUE e 97 Cost.), recepito in Italia, da ultimo, nel D.lgs 30 marzo 2001 n. 165 (artt. 4 ss.). tamente distinto le funzioni di programmazione (e - seppur in modo pi lato - di indirizzo, negli ambiti di competenza dellĠUnione), attribuite al COSI ed al Consiglio UE (di cui il primo  unĠarticolazione), da quelle concretamente operative, che spettano solo agli Stati membri. Nella formulazione originaria, come giˆ anticipato, anche la funzione di coordinamento fa la sua comparsa, allorchŽ il legislatore UE prospetta tre possibili ÒopzioniÓ sul futuro ruolo dellĠistituendo Comitato permanente: la prima, nel limitare il ruolo del COSI alla funzione di pianificazione operativa (operazioni con- giunte di polizia, delle Autoritˆ doganali e giudiziarie, etc.), comprende anche il coordinamento tra le varie operazioni ed azioni (il che presuppone lĠindividuazione delle necessitˆ operative del caso concreto, alla luce della valutazione delle minacce, nonchŽ la determinazione delle prioritˆ dĠintervento, etc.). Tale opzione venne sviluppata in seno alla Task Force dei Capi delle Forze di polizia (a seguito della correlata decisione del Consiglio UE, in data 19 novembre 2004), con la precisazione che il ruolo del COSI non avrebbe dovuto essere limitato alla cooperazione di polizia, dovendosi preferire lĠapproccio multidisciplinare ed integrato. Una seconda opzione, invece, voleva attribuire al COSI delle specifiche Òfunzioni strategicheÓ, tra cui lĠelaborazione di un ÒPiano UE per la sicurezza internaÓ e lĠesercizio della cooperazione operativa, con lĠunica preclusione delle funzioni legislative. Ancora, il documento in esame propone che nel COSI vengano nominati dei membri ÒresidentialsÓ, ovverosia dei rappresentanti permanenti designati da ciascun Governo nazionale, ai quali si affiancherebbero - con funzioni di consulenza - degli Òesperti di settoreÓ a seconda delle questioni affrontate (tra i quali sembrerebbero doversi ricomprendere anche le Agenzie UE quali EUROPOL, EUROJUST, il Comitato Strategico in materia di asilo, immigrazione e frontiere e la Task Force dei Capi di polizia, ferma restando - per questĠultima -la prospettiva dellĠassorbimento nel COSI medesimo (249) ). Con il Trattato di Lisbona il COSI e la precedente elaborazione dottrinale trovano una (nuova) base legale nellĠart. 71 TFUE. La sua principale funzione, come giˆ detto, consiste nel coadiuvare il Consiglio (del quale  un organismo ausiliario) per promuovere e rafforzare la cooperazione operativa tra le singole Autoritˆ nazionali, onde assicurare un efficace livello di sicurezza interna allo spazio comune europeo. Per fare ci˜, il legislatore comunitario ha puntato sul coordinamento dellĠazione istituzionale delle diverse Autoritˆ nazionali - assolutamente autonome nel proprio ambito interno - che dovrebbe essere favorito nel corso delle riunioni del Comitato permanente. (249) Nel documento del Consiglio UE n. 5815 del 29 gennaio 2010, si legge tra lĠaltro ÒCOSI should take over, for the most part, the functions of the European Police Chiefs Task Force as the management body for COSPOL projects. Nonetheless, if required, each Presidency could organise meetings between Member StatesĠ Police Chiefs, on a voluntary and informal basisÓ. Formula inoltre delle raccomandazioni ÒconcreteÓ al Consiglio, ed altres“ lo assiste ogni qual volta debba essere attuata la cd. Òclausola di solidarietˆÓ ex art. 222 TFUE (in base alla quale lĠUE deve mobilitare tutti gli strumenti a sua disposizione, compreso quello militare, per aiutare uno Stato membro oggetto di un attacco terroristico o vittima di una calamitˆ naturale provocata dallĠuomo). NellĠesercizio di queste concrete - e dunque non surrogabili - competenze, al pari di un tradizionale Dipartimento ministeriale, il COSI viene quindi di fatto a partecipare allĠattivitˆ di indirizzo politico dellĠUnione. Il COSI  un organo tecnico di supporto privo di attribuzioni operative, come chiarisce lĠart. 4 della citata Decisione istitutiva 2010/131 del Consiglio, per cui Òil Comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membriÓ; coerentemente, quindi, il documento del Consiglio UE n. 5815/10 del 29 gennaio 2010 (Jai 85 - Cosi 1 (250)), avente ad oggetto ÒConsequences of the entry into force of the Lisbon treaty: the COSIÓ, nel tracciarne le possibili linee di sviluppo (ricalcanti le linee-guida interdisciplinari in materia di sicurezza interna di cui al vigente ÒProgramma di StoccolmaÓ - cfr. retro) indica, tra lĠaltro Òla cooperazione di polizia [disciplinata al Capo V del TFUE - ndr] e doganale, il controllo e la protezione delle frontiere esterne, e, ove opportuno, la cooperazione giudiziaria in materia penaleÓ (251), ai fini della sicurezza pubblica nello spazio UE. Il suddetto documento indicava ai singoli Stati membri un questionario circa i possibili, futuri sviluppi di impiego del Comitato, con riferimento a tre ordini di questioni: 1) quali fossero le principali prioritˆ che il COSI doveva affrontare nella fase iniziale della sua attivitˆ; 2) se il COSI dovesse sostituirsi alla Task Force dei Capi della polizia, assumendone le funzioni; 3) se il COSI dovesse altres“ svolgere unĠopera tesa a favorire il coordinamento della cooperazione operativa in materia di scurezza con Stati terzi rispetto allĠUnione (252). Le risposte al questionario, articolate su pi profili, sono raccolte nel doc. n. 5830/10 del Consiglio UE, in data 12 febbraio 2010 (JAI 89-COSI 3), solo parzialmente accessibile (viene omesso, tra lĠaltro, il nome dello Stato cui si riferisce la risposta (253)). (250) Reperibile sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2010/feb/eu-cosi-5815-10.pdf. (251) Testualmente: Òit is foreseen that the Standing Committee shall facilitate and ensure effective operational cooperation and coordination, including in areas covered by police and customs cooperation and by authorities responsible for the control and protection of external borders. It shall also cover, where appropriate, judicial cooperation in criminal matters relevant to operational cooperation in the field of internal securityÓ. (252) Testualmente, ÒWith respect to the above, the Presidency invites Delegations to address the following questions: Which are the main priorities COSI should deal with in the first stages of its work? Should COSI take over the main tasks of the Police Chiefs Task Force? Should COSI facilitate the coordination of operational cooperation on security issues with third countries and key regions?Ó. (253) Il documento  reperibile, in base al numero di serie, tramite il motore di ricerca del portale del Consiglio UE (http://register.consilium.europa.eu). Il COSI non si occupa di questioni militari (operando nel settore FSJ e non anche nella PSDC), ma in virt della stretta interdipendenza tra i due ambiti dĠazione che caratterizza il Òmodello europeoÓ di sicurezza (254), sarˆ tenuto a confrontarsi con il pressochŽ ÒomologoÓ CPS (Comitato politico e di sicurezza (255)): sul punto si rinvia a quanto anticipato riguardo ai pi recenti indirizzi di cooperazione tra i settori PESC/PSDC e FSJ, descritti nella ÒTabella di marciaÓ doc. 15562/11/ARES(2011) 118322 (256). Tra i compiti della Commissione permanente vi  la valutazione della Òdirezione generaleÓ del sistema sicurezza (con possibilitˆ di raccomandare lĠadozione di misure idonee a fronte di eventuali carenze (257)), nonchŽ la funzione di garantire Òla rigorosa cooperazioneÓ tra le Autoritˆ competenti dello Stato membro di volta in volta coinvolto con le pertinenti strutture UE in materia di sicurezza interna (ad es. EUROPOL, FRONTEX, EUROJUST, CEPOL E SITCEN), ove se ne ravvisi la necessitˆ. Il COSI, in quanto tale, non prende direttamente parte allĠiniziativa legislativa dellĠUE, analogamente ad un Dipartimento ministeriale di diritto interno; pur tuttavia - in quanto organo ausiliario - fornisce un apporto decisivo (di carattere tecnico) nel sensibilizzare sulle esigenze operative del Òsistema sicurezzaÓ gli organi che intervengono nel processo legislativo e, con ci˜ facendo, finisce in concreto col partecipare pienamente alla formazione dellĠindirizzo politico dellĠUnione (258); un apporto che, in ragione (254) Nel vigente ÒProgramma di StoccolmaÓ sulla sicurezza europea, il COSI ha il compito di curare Òlo sviluppo, il monitoraggio e lĠattuazione della strategia di sicurezza internaÓ. (255) Il Comitato politico e di sicurezza (CPS) sovrintende alla situazione internazionale nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD/PSDC). Istituito con Decisione del Consiglio n. 2001/78/PESC (in data del 22 gennaio 2001, scaricabile da http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32001D0078:IT:NOT), riveste un ruolo centrale nel definire e controllare le risposte dellĠUnione Europea ad una crisi. (256) Attinente, significativamente, a tutti i settori coinvolti nella gestione della pubblica sicurezza, con i seguenti riferimenti: COSDP 965, PESC 1295, CIVCOM 470, CSDP/PSDC 607 e COSI 83. Gli stretti legami operativi tra PSDC (ex PESD) e FSJ (e relativi attori) trovano riscontro giˆ nella seconda linea dĠazione individuata in tale documento, che si sofferma su Òthe needs to enhance the framework for more comprehensive exchange of information, analyses and assessments between relevant CSDP and FSJ actors, including in the domain of crisis managementÓ. (257) Espressamente: ÒTo evaluate the general direction and efficiency of operational cooperation and identify possible shortcomings or failuresÓ. (258) In particolare, nel corso del tempo sono state ricondotte alla nozione comunitaria di sicurezza ÒinternaÓ (complementare ed inscindibile, occorre ricordare, da quella ÒesternaÓ, in seno alla quale operano con maggiore intensitˆ e frequenza le Forze armate tradizionali) - ove di rilevanza transnazionale - le seguenti tipologie di eventi: gestione integrata delle frontiere; cooperazione fra le Autoritˆ nazionali di polizia; armonizzazione dei sistemi della giustizia penale; protezione civile / gestione delle crisi; terrorismo; forme gravi di criminalitˆ organizzata; traffico di droga; criminalitˆ informatica; traffico di esseri umani; sfruttamento sessuale dei minori e pornografia infantile; criminalitˆ economica; corruzione; traffico di armi; calamitˆ naturali e provocate dall'uomo; criminalitˆ in generale; infrastrutture strategiche; frodi documentali; riciclaggio di denaro; violenza giovanile; violenza hooligan; grandi eventi internazionali (per quanto concerne i conseguenti problemi di ordine pubblico); partite di calcio ed eventi sportivi; incidenti stradali; protezione dei cd. Òvalori comuniÓ. dellĠintersettorialitˆ della nozione di sicurezza ÒinternaÓ valevole per lĠUE,in conformitˆ alla strategia integrata di sicurezza (ISS) attualmente in vigore, spiega ed impone - cos“ come del resto accade nella stragrande maggioranza degli ordinamenti contemporanei (con la parziale eccezione proprio del sistema delineato in Italia dalla legge 121/81) - la sua composizione integrata interforze, su base paritaria. Se in precedenza, infatti, prima dellĠadozione dei Trattati di Maastricht ed Amsterdam ci si limitava ai settori della cooperazione giudiziaria e di polizia, oltre che alle procedure in materia di immigrazione ed asilo, adesso tale nozione va intesa quale Òconcetto ampio ed articolato, che abbraccia molteplici settoriÓ e comprende Òuna vasta gamma di misureÓ: una realtˆ che sempre pi comporta il coinvolgimento di diverse professionalitˆ oltre alle Forze dellĠordine, tra cui le Autoritˆ di gestione delle frontiere e quelle giudiziarie, gli organismi di protezione civile e le Forze armate, nonchŽ lĠapporto del settore privato, sia in campo politico che economico e finanziario, oltrechŽ di volontariato. Una molteplicitˆ di competenze che certo non pu˜ essere coordinata o gestita (e men che mai comandata) dallĠuno piuttosto che dallĠaltro degli operatori in campo, ma necessita dellĠintervento terzo dellĠAutoritˆ (cd. ÒcivileÓ) di indirizzo politico, in conformiˆ al modello di sussidiarietˆ tipico dello Stato di diritto. H) LE AGENZIE DELLĠUE STRUMENTALI ALLA COLLABORAZIONE DI POLIZIA. ELEMENTI DI SINTESI SUL MODELLO DI SICUREZZA DELLĠUNIONE EUROPEA. Come giˆ anticipato, nel settore FSJ operano alcune Agenzie, il cui compito risiede nel favorire la cooperazione transfrontaliera tra i diversi operatori del Òsettore sicurezzaÓ degli Stati membri (non solo, quindi, le Forze di polizia tradizionali) ogniqualvolta si sia in presenza di situazioni di pericolo che attingono gli interessi propri dellĠUE. Va comunque chiarito, in via preliminare, che una cosa  la strategia (integrata) di sicurezza dellĠUnione Europea, che nel settore FSJ trova nel COSI il principale organo di riferimento, unĠaltra il ruolo delle Agenzie di cui trattasi, che possono s“ fornire - volta per volta - degli apporti tecnico/specialistici strumentali ad un migliore perseguimento della suddetta strategia, ma che pur sempre agiscono (alla pari di altri soggetti istituzionali come le Forze dellĠordine, i servizi di protezione civile, le Forze armate tradizionali, etc.) in settori determinati e con competenze specifiche. La pi conosciuta di esse, EUROPOL, a dispetto del nome suggestivo non  nŽ una Forza di polizia (ad esempio, una sorta di FBI europea (259)), nŽ un cen (259) Sul sito istituzionale di EUROPOL (https://www.europol.europa.eu), alla quarta voce delle FAQ (ÒIs Europol a European FBI?Ó) la questione viene (ovviamente) risolta in senso negativo: ÒNo. Europol has no executive powers. The European Police Office is a support service for the law enfor tro di monitoraggio e/o direzione, ma semplicemente un ufficio di collegamento tra le singole Forze di polizia nazionali, con fini di supporto tecnico. Tale situazione permane anche in seguito alle modifiche introdotte con il Trattato di Lisbona, a seguito del quale EUROPOL assume un indiretto ruolo strategico nel predisporre i rapporti sulla cui base verranno elaborate le linee programmatiche sulla sicurezza in seno al COSI, e quindi al Consiglio UE (cfr. infra). Seppur riconducibili allĠampia nozione (integrata) di pubblica sicurezza elaborata in sede europea, le attribuzioni strumentali di EUROPOL attengono pi che alle funzioni di P.S. tipicamente intese sul piano del diritto interno (TULPS e legge 121/81) - principalmente alle attribuzioni di polizia giudiziaria, tantĠ vero che di essa si occupa il Consiglio UE nella composizione dei Ministri della Giustizia e non in quella degli Affari interni. LĠUfficio Europeo di Polizia nasce con la Convenzione del 1995 (260), attuativa dellĠart. K.3 (par. 2 lett. c) del Trattato di Maastricht ed entrata in vigore il 1Ħ luglio 1999; sino alle riforme operate dal Trattato di Lisbona (o, per meglio dire, sino al 31 dicembre 2009) tale ufficio ha avuto il compito di agevolare la spontanea cooperazione tra le Forze di polizia degli Stati membri in presenza di forme particolarmente gravi di criminalitˆ transfrontaliera in grado di mettere a rischio gli stessi interessi comuni dellĠUnione, quali terrorismo, traffico illecito di stupefacenti (261), criminalitˆ organizzata internazionale (262), etc. Come giˆ accennato, EUROPOL nasce per favorire i rapporti di collaborazione tra gli Stati membri dellĠUE, al fine di prevenire e combattere gravi forme di criminalitˆ organizzata grazie allĠinterscambio di informazioni sensibili tra gli organi deputati alla tutela della pubblica sicurezza nazionale e ad unĠattivitˆ di analisi e studio volta allĠapprofondimento delle conoscenze specialistiche dei servizi interessati. In breve, EUROPOL procura la messa in co cement agencies of the EU Member States. This means that Europol officials are not entitled to arrest suspects or act without the approval of national authorities. However, the support provided by Europol consists of tools that can contribute to the executive measures carried out by the relevant national authorities. The tools are: fast information exchange, sophisticated intelligence analysis, co-ordination, expertise and trainingÓ. EUROPOL difetta di tutti i requisiti del citato Ufficio dellĠintelligence statunitense: lĠFBI opera infatti in regime autonomo e per una serie di reati contemplati nel Codice penale federale USA, per di pi con propri Sostituti procuratori e Giudici di riferimento. A ci˜ aggiungasi che si tratta di una struttura incardinata nel sistema sociale, dotata di propri poteri e legata alle Forze di polizia degli Stati federati da rapporti di cooperazione, laddove EUROPOL, a tacer dĠaltro, non ha alcun autonomo supporto di tipo giurisdizionale. Per unĠanalitica esposizione delle competenze e delle attivitˆ svolte dallĠAgenzia, si richiama la pubblicazione annuale del suo bilancio operativo, disponibile su https://www.europol.europa.eu/sites/default/files/publications/it_europolreviewitalian.pdf. (260) Atto del Consiglio del 26 luglio 1995 (95/C), su GUCE C-316 del 27.11.1995. Pubblicato su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995F1127%2801%29:IT:NOT. (261) Questo era inizialmente lĠunico settore di competenza dellĠAgenzia, allora EDU-EUROPOL. (262) Sino al 2009: 1) prevenzione e lotta contro il terrorismo; 2) traffico illecito di stupefacenti; 3) tratta di esseri umani; 4) reti d'immigrazione clandestina; 5) traffico illecito di materie radioattive e nucleari; 5) traffico di autoveicoli rubati; 6) lotta contro la contraffazione dell'euro e la falsificazione dei mezzi di pagamento; 7) riciclaggio di denaro (salvo le infrazioni primarie). mune del patrimonio informativo e del know-how operativo (tecniche di procedura, etc.) delle varie strutture di P.S. statali, onde favorire, sul versante conoscitivo e di metodo, una maggior cooperazione tra le Forze di polizia impegnate in operazioni transfrontaliere. A tal fine lĠAgenzia  tenuta a costituire - attraverso delle centrali di riferimento nazionali - una rete informatica comune tramite cui implementare unĠestesa banca dati del Òsettore sicurezzaÓ con la quale tutti i soggetti nazionali abilitati possano continuamente interagire, senza essere limitati dalle differenze di formazione (ed ordinamento) che necessariamente li contraddistinguono: il tutto grazie allĠutilizzo di particolari standards uniformi di archiviazione e ricerca sviluppati dal personale EUROPOL ed oggetto di appositi corsi di formazione. La presenza di una funzione di analisi dei dati e non di mera archiviazione, del resto,  alla base dellĠidea per cui lĠAgenzia UE dovrebbe progressivamente sviluppare una capacitˆ dinamica di formazione operativa e di consulenza a vantaggio degli operatori dei singoli Stati membri, sempre nella prospettiva della loro eventuale, reciproca collaborazione (263). EUROPOL non  un organo di polizia, nŽ ha competenze operative: ha formalmente unĠautonoma personalitˆ giuridica, ma nelle materie nelle quali svolge la propria attivitˆ non dispone comunque di poteri esecutivi sul tipo dei servizi di polizia nazionali (tantĠ che al suo personale  vietato procedere ad interrogatori, perquisizioni, etc.). In ci˜ risiede la principale differenza rispetto allĠINTERPOL (264), del quale lĠAgenzia europea avrebbe dovuto essere - secondo lĠoriginaria linea di pensiero tedesca - una versione continentale. (263) Nel sito istituzionale di EUROPOL sono indicati gli strumenti di supporto forniti allĠazione delle Forze dellĠordine degli Stati membri: ÒEuropol supports member states by: Facilitating the exchange of information, in accordance with national law, between Europol liaison officers (ELOS). ELOS are seconded to Europol by the member states as representatives of their national law enforcement agencies; Providing operational analysis in support of operations; Generating strategic reports (e.g. threat assessments) and crime analysis on the basis of information and intelligence supplied by member states and third parties; Providing expertise and technical support for investigations and operations carried out within the EU, under the supervision and the legal responsibility of the member states concerned. Europol is also active in promoting crime analysis and harmonisation of investigative techniques within the member statesÓ. (264) Sul cui ordinamento si vedano lo Statuto e le Regole generali, riportati sul portale istituzionale http://www.interpol.int/. In merito invece alla trasparenza del trattamento di dati sensibili (questione tuttora aperta per EUROPOL), si vedano i recenti ÒRules on the Processing of DataÓ del 14 marzo 2013 (su http://www.interpol.int/content/download/13042/90082/version/17/file/RTD%20ENGLISH.pdf). Mentre lĠOIPC-INTERPOL  basata su accordi fra le autoritˆ di polizia, EUROPOL si fonda giuridicamente su Trattati ratificati dai Parlamenti nazionali degli Stati membri UE; la prima pu˜ essere considerata una rete delle polizie nel mondo, laddove EUROPOL fornisce pi che altro supporto agli Stati membri del- lĠUnione nellĠanalisi dei dati con diretta influenza sul piano delle investigazioni. Il rapporto tra le due organizzazioni  disciplinato nella Convenzione istitutiva di EUROPOL del 1995, nella quale si fa espresso divieto, per le forme di cooperazione contemplate nella Convenzione, di pregiudicare altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale giˆ esistenti. Tra le due organizzazioni, inoltre, il 5 novembre 2001  stato sottoscriutto uno specifico accordo di collaborazione. Elemento centrale del sistema  la creazione di unĠUnitˆ Nazionale Europol (UNE) allĠinterno dei singoli Stati membri, istituita in Italia con Decreto Interministeriale del 21 febbraio 1996 ed inserita, sul piano ordinativo, nella Direzione Centrale della Polizia Criminale presso il Dipartimento di P.S., a necessaria composizione interforze ( diretta - con il principio della rotazione ad alternanza triennale - da un Primo dirigente della Polizia di Stato, un Colonnello dei Carabinieri o della Guardia di Finanza). Tale Unitˆ, talvolta impropriamente chiamata Òreferente unico nazionale di poliziaÓ (265),  il solo organo competente ad assicurare il collegamento tra EUROPOL ed i servizi di polizia dei singoli Stati membri per la gestione dei flussi informativi: a tal fine,  responsabile della validazione dei dati forniti e, come tale,  assoggettata a vari controlli: dal Garante per la tutela dei dati personali allĠAutoritˆ per la tutela del segreto di Stato, al Comitato parlamentare di controllo Schengen-EUROPOL, oltre a quelli gerarchici e funzionali. DallĠUnitˆ Nazionale Europol dipendono gli ufficiali di collegamento di provenienza interforze - distaccati presso la direzione di EUROPOL a LĠAja che costituiscono il desk italiano e si rapportano, nellĠassicurare la difesa degli interessi della propria Unitˆ Nazionale, con i desk degli altri Stati membri e con la direzione stessa di EUROPOL. Il D.M. 25 ottobre 2000, di riordino della ÒDirezione Centrale della Polizia CriminaleÓ, ha istituito nellĠambito di questĠultima un ÒServizio di Cooperazione InternazionaleÓ interforze (cui debbono fare riferimento, per gli aspetti della cooperazione tecnico-operativa, tutte le strutture del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e delle Forze di polizia), articolato in cinque Divisioni, che comprende INTERPOL (II e III), lĠUnitˆ nazionale EUROPOL (IV) e SI.RE.NE (V), ferme restando le autonomie funzionali di tali settori. LĠUnitˆ nazionale  incaricata, tra lĠaltro, di fornire ad EUROPOL le informazioni e le segnalazioni necessarie per adempiere al suo mandato, in particolare per alimentare il sistema di informazione (vero motore - e potenziale punto critico - del sistema), per rispondere a richieste di dati inoltrate dal- lĠAgenzia (ovvero rivolgere a questĠultima analoghe richieste), per diffondere presso i servizi competenti le informazioni fornite dalla stessa. Una parziale modifica  stata per˜ disposta con il Protocollo del 27 novembre 2003 (266), che consente adesso dei contatti diretti tra EUROPOL ed i (265) Accezione che non ha mancato di attrarre - lo citiamo ad colorandum - lĠinesausta fantasia di chi vorrebbe leggervi nientemeno che lĠindizio di una ÒspintaÓ europea verso lĠunificazione delle Forze di polizia. (266) Pubblicato su GUCE C-2 del 6.1.2004,  entrato in vigore il 18.4.2007 (consultabile su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:42004A0106(01):IT:HTML): per lĠeffetto, lĠart. 4 par. 2 della Convenzione EUROPOL prevede adesso che ÒLĠunitˆ nazionale  lĠunico organo di collegamento tra lĠEuropol e i servizi nazionali competenti. Gli Stati membri possono tuttavia permettere contatti diretti tra i servizi nazionali competenti designati e lĠEuropol purchŽ siano rispettate le condizioni stabilite dallo Stato membro in questione, compreso il coinvolgimento preliminare dell'unitˆ singoli servizi nazionali di settore, a condizione che vi sia unĠespressa autorizzazione dello Stato membro in tal senso e che di ci˜ venga comunque dato contestuale avviso allĠUNE medesima. A partire dal 1Ħ gennaio 2010, la Convenzione del 1995  stata sostituita dalla Decisione n. 2009/371/ GAI del Consiglio UE (267), che da un lato semplifica lĠamministrazione dellĠAgenzia e dallĠaltro dovrebbe consentire di apportare modifiche alla sua disciplina ordinamentale con minori ostacoli rispetto al passato. Parimenti muta il regime finanziario di EUROPOL, adesso direttamente sovvenzionato dal bilancio generale dellĠUE e quindi sottoposto al controllo del Parlamento Europeo, mentre in precedenza si provvedeva a mezzo di contributi diretti degli Stati membri. Come evidenziato dalla dottrina (268), EUROPOL  semplicemente una complessa rete informatica in grado di consentire la circolaritˆ di informazioni sensibili tra i servizi di pubblica sicurezza nazionali (Forze di polizia ed altro) dellĠUE, avvalendosi di specifici standard procedurali. A tal fine  stata prevista la creazione di un ÒSistema informatizzatoÓ (Computer System) di condivisione cui contribuisce un apposito gruppo di lavoro (Project Board), costituito da rappresentanti di tutti i Paesi dellĠUnione. In questi termini, dal 1Ħ gennaio 2010 EUROPOL  ÒcompetenteÓ (269) per nazionale. Allo stesso tempo l'unitˆ nazionale riceve dall'Europol tutte le informazioni scambiate nei contatti diretti tra lĠEuropol e i servizi nazionali competenti designati. Le relazioni tra l'unitˆ nazionale e i servizi competenti sono disciplinate dalla legislazione nazionale, segnatamente dalle norme costituzionaliÓ. Importante  anche il precedente Protocollo del 28 novembre 2002 (adottato con Decisione- Quadro 2002/465/GAI, pubblicata in GUCE C-312 del 16.12.2002), relativo alle cd. Squadre Investigative Comuni: due o pi Stati membri possono infatti costituire una squadra investigativa comune, la cui composizione  definita da un comune accordo fra gli Stati interessati. La squadra comune  costituita solo per un fine specifico e per un periodo limitato. é in ogni caso diretta da un funzionario dello Stato membro nel cui territorio interviene, che ne coordina e dirige le attivitˆ;  inoltre prevista la possibilitˆ di operazioni di infiltrazione effettuate da agenti sotto falsa identitˆ, nel rispetto del diritto e delle procedure nazionali dello Stato membro nel cui territorio viene effettuata l'operazione. LĠItalia non ha ancora recepito nel proprio ordinamento interno tale istituto. Sul punto il Consiglio UE ha recentemente adottato (nella composizione dei Ministri della Giustizia, in data 25-26 febbraio 2010 - cfr. doc. 6855/2/10 REV 2 [Presse 42]) una risoluzione su un nuovo modello di accordo. Il Manuale ad uso delle SIC  invece scaricabile da https://www.europol.europa.eu/sites/default/ files/st15790-re01.it11.pdf. (267) Pubblicata su GUCE L-121 del 15.5.2009, pp. 37-66. (268) GAGLIARDO, Europol (la Polizia Europea) ed il suo approccio al problema della sicurezza nellĠera della globalizzazione economica, in Rass. Arma Carabinieri 1/2002. (269) Attualmente EUROPOL ha i seguenti compiti: raccogliere, conservare, trattare, analizzare e scambiare informazioni; comunicare alle Autoritˆ competenti degli Stati membri le informazioni che le riguardano ed ogni collegamento constatato tra i reati; fornire intelligence e supporto analitico agli Stati membri in relazione ad eventi internazionali di primo piano; chiedere alle Autoritˆ competenti degli Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini, nonchŽ di proporre lĠistituzione di squadre investigative comuni in casi specifici; preparare valutazioni delle minacce ed altri rapporti. A seguito della Decisione 2005/511/GAI, EUROPOL  diventato pure ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dellĠEuro. criminalitˆ organizzata, terrorismo ed altre forme gravi di delinquenza che interessino due o pi Stati membri in modo tale da richiedere unĠazione comune degli stessi, nonchŽ per i reati connessi. Il personale EUROPOL pu˜ anche partecipare - con funzioni di supporto tecnico/ strumentale - alle squadre investigative comuni, ma limitatamente alle materie che rientrano nelle competenze di elaborazione ed archiviazione dati dellĠAgenzia; tale personale, tuttavia, se pu˜ direttamente fornire ai membri della squadra le informazioni trattate a livello europeo, non pu˜ per contro mai prender parte allĠattuazione di qualsiasi misura coercitiva (art. 87 ult. comma TFUE). Il sistema di interconnessione si basa sulle ÒUnitˆ nazionali EuropolÓ, organi di collegamento tra lĠAgenzia e le Autoritˆ di P.S. dei singoli Stati, tramite i quali  necessario passare per ottenere lĠaccesso ai dati: con lĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona, peraltro, viene prevista la possibilitˆ - rimessa alla discrezionalitˆ del singolo legislatore nazionale - che i singoli organismi di P.S. possano contattare direttamente lĠAgenzia. Ci˜ al fine di assicurare, in modo quanto pi possibile capillare e diffuso, la formazione di un nucleo essenziale di terminologie, metodiche comunicative e regole operative che col tempo possano diventare comuni ai vari sistemi di sicurezza degli Stati membri, cos“ da consentire una pi efficace collaborazione transfrontaliera tra le Forze dellĠordine. Fine ultimo dellĠUE, infatti, non  avere un unico modello di polizia valido per tutti gli Stati (ipotesi smentita dalla riserva di competenza domestica ex art. 4 TUE), bens“ assicurare che tutte le loro Forze dellĠordine (quante e quali esse siano non importa) in determinati campi e circostanze Òparlino lo stesso linguaggioÓ, onde potersi realmente coordinare tra loro, allĠoccorrenza. Intorno a questo essenziale principio ruota lĠarchitettura europea di sicurezza, cui  strumentale -in parte qua - lĠazione di EUROPOL quale strumento di sintesi allĠinterno di un sistema fondato sulla pluralitˆ di operatori ed ordinamenti, la cui funzionalitˆ deve essere assicurata mediante un approccio collaborativo ed olistico, in aderenza, del resto, al principio costituzionale di sussidiarietˆ comunitaria che giˆ informa il settore PESC. Come si avrˆ modo di evidenziare, nellĠesaminare le caratteristiche giuridiche della funzione di coordinamento, un sistema inclusivo fondato sullĠinteroperativitˆ degli attori che vi accedono presuppone la loro assoluta equiordinazione, e dunque un ordinamento delle eventuali azioni comuni strutturato in termini di coordinamento, anzichŽ di subordinazione, direzione o comando. Si pu˜ sin dĠora anticipare, comunque, che le funzioni di coordinamento (270) e cooperazione (271) di organismi [s“] esecutivi [ma] totalmente equior (270) Che compete allĠAutoritˆ di indirizzo politico, nellĠUE il Consiglio Europeo. (271) Degli operatori della sicurezza, tramite accordi, intese o diverse relazioni paritarie intercorse tra gli stessi. dinati tra loro, trovano nelle linee-guida del 2010 sulla sicurezza interna del- lĠUnione Europea (cfr. retro) il suggello pi evidente e diretto: pur con i limiti operativi che lĠimpianto prefigurato dal Consiglio tuttora presenta, non vĠ dubbio che la prospettiva di riferimento (ribadita nel corso degli ultimi tredici anni dalle massime istanze politiche dellĠUnione)  nel senso di creare uno strumento operativo complesso nel quale ogni componente apporti autonomamente le proprie capacitˆ specialistiche, pur con lĠovvia preferenza per quelle a carattere interdisciplinare, in quanto giˆ strutturate secondo un profilo ÒintegratoÓ e quindi maggiormente efficaci, oltre ad avere una minor incidenza di costi. In questo quadro dĠinsieme, EUROPOL (272)  solo una componente strumentale del sistema sicurezza, avente il compito di mettere in comunicazione vari attori istituzionali - ove impegnati nella prevenzione di determinate fattispecie di reato a carattere transfrontaliero - e di assicurarne la miglior interoperativitˆ possibile grazie allĠuso di standards e strumenti operativi comuni, riconoscibili da entrambe le parti. Come giˆ anticipato, il Trattato di Lisbona introduce alcune modifiche al quadro giuridico ed alle procedure legislative applicabili a diversi settori del precedente ÒTerzo PilastroÓ (Giustizia e affari interni - GAI): in breve, se la cooperazione operativa di polizia rimane sottoposta, come in precedenza, alla regola dellĠunanimitˆ dei consensi in seno al Consiglio (ex art. 87 par. 3 TFUE), la cooperazione non operativa (art. 87 par. 2 TFUE (273)) ed EUROPOL (art. 88 TFUE) passano invece al regime legislativo ordinario, con il necessario coinvolgimento del Parlamento Europeo. Il Trattato di Lisbona prevede, in particolare, la possibilitˆ di definire - e dunque eventualmente anche di estendere (274) rispetto al passato - le materie di competenza EUROPOL a mezzo di Regolamenti (direttamente applicabili in tutti gli Stati membri senza necessitˆ di atti di recepimento), nei limiti indicati dal primo comma dellĠart. 88: ÒEuropol ha il compito di sostenere e potenziare (272) Per unĠefficace analisi del sistema EUROPOL e dei suoi rapporti con le diverse politiche comunitarie (benchŽ anteriore allĠentrata in vigore del Trattato di Lisbona ed alle ÒnovelleÓ da questo apportate), si veda ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione giudiziaria e Terzo Pilastro dellĠUnione Europea, Padova 2009. In senso critico, DE MOOR-VERMEULEN, The Europol council decision: transforming Europol into an agency of the European union, in Common Market Law Review 2010, pp. 1089 ss., nonchŽ BUSUIOC-CURTIN-GROENLEER, Living Europol: Between Autonomy and Accountability, Colchester-ECPR 2010. (273) Circoscritta ai seguenti, tassativi settori: a) raccolta, archiviazione, trattamento, analisi e scambio delle pertinenti informazioni; b) sostegno alla formazione del personale e la cooperazione relativa allo scambio di personale, alle attrezzature e alla ricerca in campo criminologico; c) tecniche investigative comuni ai fini dellĠindividuazione di forme gravi di criminalitˆ organizzata. (274) Opzione inizialmente caldeggiata dalla Germania, alla cui iniziativa (nel 1991) risale la stessa creazione dellĠAgenzia, che negli intenti dellĠallora Cancelliere Kohl avrebbe dovuto essere strutturata sul modello dellĠFBI statunitense e della Bundeskriminalamt (BKA - Polizia Criminale Federale) tedesca. In argomento, cfr. OCCHIPINTI, The politics of EU police cooperation: toward a European FBI?, London/Boulder 2003, pp. 51 ss.. l'azione delle autoritˆ di polizia e degli altri servizi incaricati dell'applicazione della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la criminalitˆ grave che interessa due o pi Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalitˆ che ledono un interesse comune oggetto di una politica dellĠUnioneÓ. Inoltre, il giˆ ricordato vincolo dellĠunanimitˆ (ex art. 87 par. 3 TFUE) di fatto esclude la possibilitˆ per EUROPOL - che, ribadiamo, non ha competenze operative - di ambire al ruolo di autonoma polizia federale europea, pur circoscritta ad ipotesi delittuose di rilevanza sovranazionale (275). Maggiori incertezze desta invece il secondo comma dellĠart. 87 TFUE (276), non essendo del tutto chiaro se le materie elencate alle lettere a) e b) abbiano o meno carattere tassativo. La questione va affrontata sulla base della gerarchia delle fonti, laddove il TFUE (al pari del TUE e della Carta dei Diritti Fondamentali UE) riveste un valore primario, che in un ideale confronto con lĠordinamento italiano potremmo definire ÒcostituzionaleÓ. Orbene, lĠart. 88 comma secondo TFUE demanda ad una fonte di secondo grado (qual  un Regolamento, ai sensi dellĠart. 288 comma secondo TFUE) lĠindividuazione di Òstruttura, funzionamento, sfera dĠazione e compitiÓ dellĠAgenzia (277): in quanto fonte subordinata al TFUE, il suddetto regolamento attuativo non potrebbe mai eccedere la portata di quanto ivi espressamente previsto, pena il suo annullamento da parte della Corte Europea di Giustizia, adesso competente in tale specifico settore (278). (275) Sul punto la dottrina evidenzia la scarsa lungimiranza dei legislatori nazionali, che spesso finiscono per identificare la sovranitˆ nazionale con il Òmomento poliziescoÓ (per usare le parole di ROSI, Criminalitˆ organizzata transnazionale e sistema penale italiano, Torino 2007, p. 385), trascurando per contro i settori non meno importanti dellĠAmministrazione della Giustizia penale e civile (che concernono addirittura un Potere dello Stato), dando cos“ vita ad interventi disorganici ed inutilmente dirompenti (se non destabilizzanti, come dimostra la travagliata esperienza del cd. ÒMandato dĠarresto europeoÓ [di cui alla Decisione-quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002] avanti alla Corte Costituzionale tedesca e lĠincertezza applicativa dellĠistituto nella giurisprudenza delle magistrature europee di ultima istanza, dovuta alla necessitˆ di colmarne gli evidenti deficit garantistici. Per unĠintroduzione, LATTANZI, Il mandato di arresto europeo nellĠordinamento italiano, pubblicato in versione online su http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/RI_Lattanzi_Lisbona20121116.pdf. (276) La norma cos“ dispone: Ò2. Il Parlamento Europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d'azione e i compiti di Europol. Tali compiti possono comprendere: a) la raccolta, lĠarchiviazione, il trattamento, l'analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse, in particolare dalle autoritˆ degli Stati membri o di paesi o organismi terzi; b) il coordinamento, l'organizzazione e lo svolgimento di indagini e di azioni operative, condotte congiuntamente con le autoritˆ competenti degli Stati membri o nel quadro di squadre investigative comuni, eventualmente in collegamento con Eurojust. Tali regolamenti fissano inoltre le modalitˆ di controllo delle attivitˆ di Europol da parte del Parlamento Europeo, controllo cui sono associati i Parlamenti nazionali (É)Ó. (277) Con doc. 2012/C 5/03 pubblicato in GUCE del 7 gennaio 2012,  stato formalizzato il Regolamento interno del Consiglio di amministrazione. Testo scaricabile dal portale istituzionale, su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:005:0005:0007:IT:PDF. Va infatti ricordato che per consolidata giurisprudenza della stessa, la natura di Òdiritto derivatoÓ del Regolamento impone che lo stesso si basi tassativamente sulle disposizioni dei Trattati: peraltro, il TFUE non fornisce alcuna indicazione sulla struttura e sul funzionamento di EUROPOL, nŽ sulle materie (Òsfera dĠazioneÓ) nelle quali questa pu˜ esplicare la propria attivitˆ, materie che potranno quindi essere liberamente individuate nei citati regolamenti (con lĠovvio rispetto di eventuali competenze esclusive statali o di altri organi UE, esplicite o implicite). LĠart. 88 detta invece dei principi di riferimento in merito ai compiti dellĠAgenzia che - se considerati in modo obiettivo ed alla luce della prassi amministrativa comunitaria di avvalersi principalmente delle strutture nazionali per perseguire i propri scopi - rappresentano lo spettro di massimo intervento per lĠorganismo sovranazionale. LĠelencazione contenuta nelle lettere a) e b) andrˆ quindi considerata in modo tassativo, quale limite estremo allĠestensione dei compiti di EUROPOL, tanto pi in considerazione del fatto che - significativamente ed a contrario sulle altre tre voci il TFUE nulla dice. In effetti, se tale precisazione deve avere un senso rispetto al silenzio serbato sugli altri settori, questo non pu˜ che risiedere nellĠintenzione di limitare tassativamente lĠambito di intervento del diritto derivato, laddove negli altri casi il legislatore UE avrebbe un margine di manovra pi ampio. Del resto, la limitazione dei compiti dellĠAgenzia non  casuale, ma trova riscontro nellĠultimo comma della norma, che fissa lĠulteriore limite (coerente con la giurisdizione domestica in materia di sicurezza interna statale, ex art. 4 TUE) per cui ÒQualsiasi azione operativa di Europol deve essere condotta in collegamento e dĠintesa con le autoritˆ dello Stato membro o degli Stati membri di cui interessa il territorio. LĠapplicazione di misure coercitive  di competenza esclusiva delle pertinenti autoritˆ nazionaliÓ. Ci˜ conferma che i compiti diretti di EUROPOL (relativamente ai quali, cio, lĠAgenzia opera in autonomia) possono essere, al pi, solo quelli previsti dalla richiamata lett. a): in effetti, se qualsiasi tipo di azione ÒoperativaÓ (dunque, anche quelle di cui alla lettera ÒbÓ del comma precedente) non pu˜ mai essere posta in essere per iniziativa unilaterale dellĠAgenzia (ma solo a seguito di una preventiva intesa con le competenti Autoritˆ nazionali), non si comprende quali ipotetiche, ulteriori attivitˆ EUROPOL potrebbe autonomamente svolgere oltre a quelle giˆ indicate al comma secondo. Il limite strutturale di EUROPOL - unĠAgenzia strumentale ad una miglior cooperazione tra le Forze di polizia nazionali, e non certo una ÒPolizia mag (278) Pi correttamente, le nuove attribuzioni della Corte di Giustizia e della Commissione Europea diverranno applicabili allĠacquis legislativo dellĠex ÒTerzo PilastroÓ decorso un quinquennio dal- l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ossia il 1ĵ dicembre 2014, ai sensi dellĠarticolo 10 del Protocollo n. 36 sulle Disposizioni Transitorie del medesimo Trattato. gioreÓ - non  estemporaneo, ma coerente con il vigente modello integrato di sicurezza che presuppone una visione dĠinsieme delle problematiche emergenti nei settori FSJ e PESC/PSDC, tra loro interdipendenti: un diverso ruolo dellĠAgenzia, autonomamente operativo e non semplicemente strumentale e terzo rispetto alle Forze nazionali che con altri contribuiscono alla salvaguardia del Òsistema sicurezzaÓ dellĠUnione contraddirebbe infatti il suddetto modello ÒintegratoÓ, che esclude ogni forma di separatezza e/o segregazione dei molteplici apporti (militari, civili, giudiziari, etc.) nel complessivo settore della sicurezza UE. EUROPOL, infatti, ha un bacino di riferimento circoscritto alle Forze di polizia (sia pure a statuto composito, militare o civile), ragion per cui una sua ipotetica evoluzione in soggetto direttamente operativo (in concorrenza o sostituzione alle Forze nazionali) cui esclusivamente riferire lĠazione del settore FSJ finirebbe per contraddire i fondamenti delle politiche di sicurezza europee. Pi in generale,  lo stesso principio costituzionale della divisione dei Poteri (e del conseguente ruolo, pi o meno esteso, rivestito dalla magistratura nei singoli ordinamenti) ad opporsi ai tentativi di un rafforzamento operativo dellĠAgenzia: invero, le marcate differenze dei sistemi giudiziari dellĠEuropa dei 27 si riflettono non solo sulla cd. Òcooperazione giudiziaria in materia penaleÓ (ex ÒTerzo PilastroÓ UE, settore nel quale opera EUROJUST), ma pure -e direttamente - sullĠattivitˆ investigativa delle Forze di polizia: come nota la dottrina (279), il controllo esercitato dalla magistratura - il cui ruolo  generalmente garantito da fonti costituzionali - sulle Forze dellĠordine diverge nettamente da Paese a Paese e spesso  molto stringente, tantĠ che in molti Stati membri le Forze di polizia devono essere autorizzate dallĠAutoritˆ giudiziaria prima di compiere determinati atti investigativi potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali del cittadino. A sua volta, lĠorgano giudiziario in questione - che non dipende certo da EUROPOL (e men che mai da EUROJUST, per restare in tema), nŽ ad esso fa riferimento anche solo ideale -Òha gerarchie e controlli diversi da Stato a Stato, con poteri e carriere non paragonabili e, spesso, totalmente autonome. Per questo motivo, non di poco conto,  giˆ di per sŽ notevole che, allo stato attuale, si siano potute svolgere operazioni coordinate tra le diverse autoritˆ giudiziarie degli Stati membriÓ. In questi termini, atteso il monopolio giudiziario dellĠazione penale, in tanto EUROPOL potrˆ avere una qualche utilitˆ, in quanto diventi realmente un soggetto in grado di aggregare volta per volta le varie Forze di polizia europee, a seconda dellĠoccorrenza ma rispettandone totalmente le peculiaritˆ nazionali (organizzative, culturali, operative, etc.): in breve, un ruolo di catalizzatore in grado di rispondere alle esigenze di diversi soggetti, se ed in quanto questi (279) ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione intergiudiziaria e terzo pilastro dellĠUnione Europea, Padova 2009. debbano superare il proprio campo di elezione per fronteggiare delle situazioni di criminalitˆ sovranazionale che richiedano lĠutilizzo di squadre comuni o comunque forme di collaborazione (e competenze) avanzate. Ausilio che potrˆ operare su due fronti: nello scambio di informazioni e nella pianificazione e/o assistenza ad interventi operativi degli organi di polizia degli Stati membri. LĠelenco delle materie nelle quali EUROPOL potrˆ essere chiamata a svolgere questa delicata opera di intermediazione e di supporto tecnico-specialistico (280) dipenderˆ ovviamente dalla volontˆ degli Stati rappresentati in Consiglio, e dunque dal livello pi o meno sensibile con cui determinate emergenze verranno avvertite a livello nazionale. Alla luce di quanto sopra, pu˜ affermarsi che nellĠodierno settore FSJ (ex- GAI) la funzione di coordinamento di pubblica sicurezza  del tutto residuale e molto pi circoscritta che nel settore PESC, nonostante la formale maggior ÒintegrazioneÓ comunitaria rispetto a questĠultimo: anche nellĠex ÒTerzo PilastroÓ, infatti, trova applicazione il modello integrato tipico dellĠUnione Europea, che coinvolge attori dalle pi svariate competenze (civili, militari, protezione civile, etc.), ma per una serie di ragioni - attinenti in particolar modo la tutela dei fondamenti della sovranitˆ nazionale - si  preferito insistere sul principio volontaristico della ÒcollaborazioneÓ operativa. Un tale assetto istituzionale riposa su inequivoche norme dei Trattati istitutivi dellĠUE, ragion per cui non appare suscettibile di sostanziali mutamenti, ad esempio per effetto di semplici prassi evolutive. Di funzioni di coordinamento si parla soltanto in relazione al COSI (dove il modello seguito  paritetico e basato sullĠaccordo dei soggetti della cui azione si tratta) e ad EUROPOL (negli esigui limiti di cui allĠart. 88 lett. ÒbÓ TFUE, che nuovamente presuppone un preventivo accordo dei soggetti interessati, stante la regola di chiusura del successivo terzo comma); si tratta co (280) ROMANI, op. ult. cit., pp. 12-13 individua in particolare quattro settori nei quali dovrebbe concentrarsi lĠopera di coordinamento e sistematizzazione di EUROPOL, e precisamente: 1) un fattivo scambio di informazioni riguardanti fenomeni criminali sopranazionali, che spesso si possono manifestare in maniera eterogenea nei diversi Stati membri, favorito da una conoscenza personale degli operatori che materialmente trasmettono e ricevono; 2) uno scambio di tecniche investigative in senso generale (ogni Forza di polizia presente in EUROPOL porta in dote le proprie tecniche acquisite e sviluppate in risposta a fenomeni criminali locali che, in breve, subiranno una verifica operativa e diventeranno patrimonio di EUROPOL. Sarˆ naturale, poi, per il personale che avrˆ prestato la propria opera, acquisire tecniche nuove ed importarle nelle proprie Amministrazioni nazionali, individuando nel contempo le opportune modificazioni per applicarle in un ambiente diverso e in un quadro giuridico differente); 3) lo studio analitico dei fenomeni criminali, inteso, soprattutto, come messa in campo di esperienze, ragionamenti e capacitˆ professionali (tanto di natura repressiva quanto preventiva); 4) infine, EUROPOL dovrebbe svolgere anche una funzione di centro di riferimento per Paesi extracomunitari, per chiedere e fornire informazioni su fenomeni criminali che operano ai margini dell'Unione europea. Un riferimento, questo, anche per dare ulteriori strumenti alle organizzazioni di polizia di tutto il mondo, utili nella lotta al crimine intercontinentale. munque di un approccio relativamente recente, in coerenza con il progressivo consolidarsi delle competenze dellĠUnione in materia. In una prima fase, durata almeno sino a tutti gli anni Ġ90, si faceva infatti esclusivo riferimento al principio di ÒcooperazioneÓ, rimessa alla buona volontˆ dei soggetti coinvolti; solo successivamente, con lĠespandersi delle competenze dellĠUnione a settori (commercio e politica estera, politica finanziaria e valutaria, etc.) che necessariamente attingono profili rilevanti della sicurezza degli Stati, si inizi˜ a riflettere sullĠopportunitˆ o meno di assegnare ad organi dellĠUE delle competenze strumentali in materia. Bisogna per˜ premettere che lĠUnione Europea non dispone di propri contingenti di polizia, esattamente come non dispone di un proprio Esercito. Ogniqualvolta necessiti lĠapporto di personale operativo specializzato, deve fare affidamento sugli Starti membri, che tuttora detengono il monopolio delle Forze di sicurezza. Per lĠeffetto, nessun atto normativo dellĠUE prevede (anche solo in prospettiva) di assegnare ad organismi sovranazionali poteri di ordine o direzione delle Forze di polizia nazionali o degli altri soggetti operanti a qualsiasi titolo nel settore GAI/ FSJ, essendo soltanto prevista la possibilitˆ di un qualche coordinamento operativo nel momento in cui si trovino ad operare in situazioni che direttamente coinvolgano, prima ancora dellĠinteresse nazionale, gli interessi di pertinenza dellĠUnione. Il primo accordo globale in materia (allora in ambito CEE) risale al Forum sulla sicurezza interna del 1975 (il cd. ÒGruppo TreviÓ): allĠepoca il Consiglio Europeo non era ancora unĠIstituzione della CEE, ma solo unĠoccasione informale di confronto e dibattito tra i rappresentanti dei Governi nazionali, nel corso dei quali la rappresentanza inglese propose lĠistituzione di un forum permanente dei Ministri degli Interni e della Giustizia degli Stati membri, senza tuttavia fargli assumere la fisionomia di un organismo comunitario. LĠanno successivo ebbe inizio una prima forma di cooperazione (anchĠessa a carattere informale) tra le Forze di polizia, che port˜ alla creazione di alcuni gruppi di lavoro denominati Trevi 1 (lotta al terrorismo), Trevi 2 (cooperazione di polizia per le questioni di ordine pubblico) e Trevi 3 (repressione della criminalitˆ organizzata e del traffico di stupefacenti), questĠultimo destinato a porre le basi di EUROPOL con la creazione di una prima Agenzia per lo scambio di informazioni sul traffico di stupefacenti (EIDU). Ad EUROPOL  stata affiancata, nel 2001, una task force per lo scambio di contatti ed informazioni tra i Capi delle Forze di polizia europee (ECPTF) e, nel 2002, lĠAgenzia giudiziaria anticrimine (EUROJUST); contestualmente sono stati creati alcuni enti-satellite per la cooperazione tra le polizie fluviali e marittime (AQUAPOL, nel 2002) e di frontiera (FRONTEX, nel 2004), nonchŽ tra le Accademie nazionali di polizia (CEPOL, nel 2005). Sempre in questĠambito va inquadrata, ad avviso della dottrina (281), anche la specifica cooperazione - nel settore GAI/ FSJ - tra le Forze di gendarmeria, in staurata giˆ nel 1992 con lĠiniziativa del Direttore della Gendarmerie Nationale francese di promuovere un contesto giuridico formale per gli scambi formativi con i Carabinieri italiani e la Guardia Civil spagnola: ne segu“ la Dichiarazione tripartita di Madrid del 12 maggio 1994 sulla cooperazione nella sicurezza interna e la creazione di una commissione (indicata come FIEP dalle iniziali dei primi firmatari [282]) alla quale si sono poi aggiunti Portogallo (1996), Turchia (1998), Marocco ed Olanda (1999), Giordania (2010), Romania (2002), Argentina e Cile (2005), con richieste da Ucraina (2002) ed Azerbaijan. Cosa ancora diversa  la cooperazione europea nelle missioni internazionali di polizia (inizialmente nel quadro PESC o poi PESD/PSDC), di cui si  diffusamente parlato in precedenza. Un ulteriore impulso alla funzione di cooperazione tra le Forze di polizia europee venne dallĠAtto Unico Europeo del 1986, che individuava uno schema di misure necessarie alla creazione di uno spazio comune senza frontiere interne, tenuto conto delle conseguenti sfide della criminalitˆ transnazionale: due anni dopo venne istituito un nuovo gruppo di lavoro (il Trevi 1992) con il compito di pianificare le forme di cooperazione indispensabili per poter reggere alle conseguenze dellĠeliminazione dei controlli di frontiera. Il Trevi 1992 segna il superamento del metodo informale, con lĠattribuzione al gruppo di lavoro di poteri semi-ufficiali, sebbene non ancora operativi (sino al Trattato di Maastricht, infatti, la materia sarˆ disciplinata da semplici atti di collaborazione politica tra gli Stati); nel 1985, inoltre, era stato siglato tra alcuni Stati membri lĠAccordo di Schengen, poi seguito dalla relativa Convenzione di applicazione, sottoscritta il 19 giugno 1990. LĠAccordo si riferiva allĠabbattimento delle frontiere interne e vi erano disciplinate, in modo completo, le condizioni diplomatiche, tecniche e giuridiche dello spazio comune entro il quale i cittadini degli Stati firmatari avrebbero potuto transitare senza alcun controllo. La Convenzione di applicazione Schengen reca specifiche norme in materia di cooperazione di polizia, in primis lĠart. 2 e quindi gli artt. da 39 a 47, concernenti tra lĠaltro lĠosservazione, lĠinseguimento transfrontaliero e la potestˆ riconosciuta alle polizie degli Stati membri di applicare, in caso di urgenza, alcune misure coercitive sullĠindagato, compendiate nel ÒVademecum sulla cooperazione di polizia transfrontalieraÓ (283). (281) ROMANI, op. ult. cit. (282) Maggiori notizie sul sito http://www.fiep.org. (283) Doc. n. SCH/I (98) 90(1), classificato come ÒrestreintÓ. Integra il precedente ÒManuale Schengen sulla cooperazione di polizia nel settore del mantenimento dellĠordine pubblico e della sicurezza pubblicaÓ [doc. SCH/I (97) 36, 5a rev.] ed abroga la decisione del Comitato esecutivo del 24 giugno 1997 [doc. SCH/Com-ex (97) 6, 2a rev]. Gli Stati membri parti degli Accordi di Schengen si sono impegnati ad inserire il Vademecum nelle loro istruzioni nazionali ed a trasmetterlo ai propri servizi di polizia ai fini della sua attuazione. Cfr. anche la Decisione del Comitato esecutivo del 16 dicembre 1998 [doc. SCH/Com-ex (98) 52], in GUCE L-239 del 22 settembre 2000, p. 408. LĠarticolo 2 prevede la cd. Òclausola di salvaguardiaÓ, in base alla quale possono essere eccezionalmente ripristinati i controlli di frontiera: Òper esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, un Paese contraente pu˜, previa consultazione con i partners, decidere che, per un periodo limitato, alle frontiere interne siano effettuati controlli adeguati alla situazioneÓ; parimenti rilevante  lĠart. 39, per cui gli Stati dellĠarea Schengen possono prestarsi mutua assistenza in presenza di determinati requisiti. A sua volta lĠart. 40 (in materia di Òosservazione transfrontalieraÓ) prevede una forma di collaborazione passiva tra gli Stati, relativamente al compimento di alcuni atti di indagine su delitti specifici: lĠattivitˆ di osservazione devĠessere autorizzata dallo Stato cui  rivolta la richiesta, che pu˜ delegare le operazioni ai propri organi di polizia. In ogni caso di attraversamento della frontiera devĠessere informata lĠAutoritˆ centrale del Paese interessato, cui vanno rappresentate le eventuali ragioni dĠurgenza; nei casi in cui nessuna autorizzazione sia richiesta, gli agenti dello Stato richiedente saranno comunque tenuti a rispettare le norme procedurali del luogo in cui andranno ad operare, e salvo espressa decisione contraria dello Stato ÒospitanteÓ potranno portare al seguito lĠarma dĠordinanza, senza tuttavia poterla utilizzare se non in caso di legittima difesa. Gli agenti non sono inoltre legittimati a fermare o interrogare la persona indagata, ed  loro vietato lĠingresso nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico; ogni operazione dovrˆ inoltre essere relazionata alle competenti Autoritˆ dello Stato nel cui territorio  stata effettuata. Analogamente  stato disciplinato lĠinseguimento del sospetto che, colto in flagranza di reato nel territorio di uno Stato membro, cerchi la fuga attraversando le frontiere di un altro Paese contraente: in questo caso, ove vi sia urgenza e non sia stato possibile preavvisare le Autoritˆ competenti, nŽ vi siano i tempi per un intervento della polizia locale, il personale operante pu˜ procedere addirittura al fermo della persona inseguita, fermo in ogni caso lĠobbligo di informarne le Autoritˆ nazionali. LĠinseguimento, formalmente previsto solo per via di terra, deve per˜ cessare ove lĠAutoritˆ statale lo richieda. LĠart. 70 della Convenzione ha poi previsto la costituzione di un gruppo di lavoro permanente deputato ad esaminare i problemi comuni in materia di stupefacenti, con lĠincarico di elaborare strategie di cooperazione e scambio di informazioni. A tal fine  stata prevista anche la possibilitˆ di distaccare unitˆ di personale (e/o ufficiali di collegamento) presso altri Stati dellĠarea Schengen con compiti collaborativi e di assistenza alle Forze di polizia locali, nei casi in cui sia necessario realizzare attivitˆ congiunte nel medio-lungo periodo. In materia, trova anche applicazione il principio delle cd. Òconsegne sorvegliateÓ. A fronte di unĠarticolata disciplina in materia di collaborazione di polizia, nellĠAquis di Schengen non  per contro dato individuare procedure o tipologie di coordinamento: lĠelemento pi rilevante  sicuramente la creazione della banca-dati SIS, disciplinata dal Titolo V della Convenzione, che prevede unĠunitˆ centrale (SIS-C) con sede in Strasburgo per la gestione ed elaborazione dei dati di interesse operativo inviati dalle banche-dati nazionali (N-SIS), a loro volta alimentate dalle unitˆ periferiche delle varie Forze di polizia nazionali. I parallelismi teorici con EUROPOL sono evidenti: il SIS  un enorme archivio informatico in grado di immagazzinare milioni di dati relativi non solo a persone ma anche a cose, resi accessibili alle Forze di polizia degli Stati (non necessariamente membri dellĠUE: ad es. Svizzera e Norvegia) aderenti allĠarea Schengen, grazie allĠadozione di procedure omogenee: le sue finalitˆ sono espresse allĠart. 93 della Convenzione, e concernono soprattutto lĠordine e la sicurezza pubblici, a fini preventivi. Per agevolare le attivitˆ di polizia conseguenti agli accertamenti presso il SIS, in ciascun Paese aderente  stato costituito un ufficio, denominato S.I.RE.N.E. (ÒSupplementary Information Request at the National EntriesÓ), avente lĠincarico di gestire i flussi informativi ed i rapporti con i corrispondenti uffici degli altri Paesi (284). A tal punto resta da definire un ultimo, fondamentale principio generale di diritto comunitario in materia di pubblica sicurezza, ossia la Òfunzione di cooperazioneÓ. A seguito della rapida adesione di nuovi Stati allĠUE tra la fine degli anni Ġ80 ed il decennio successivo venne meno lĠomogeneitˆ politica che aveva caratterizzato la Comunitˆ Europea delle origini, con la conseguenza, tra lĠaltro, di far entrare progressivamente in stallo il tradizionale metodo decisionale dellĠunanimitˆ e la gestione intergovernativa del settore sicurezza; si fu quindi costretti, alla fine, ad intervenire su tali consolidati meccanismi, introducendo alcuni correttivi con i Trattati di Maastricht e soprattutto (nel 1997) di Amsterdam. Parallelamente - sotto il profilo operativo di polizia - la presenza di un numero s“ crescente di operatori dalle pi svariate competenze, ma tra loro sempre meno omogenei quanto a metodologie operative e sistemi giuridici di riferimento, rendeva ormai velleitario un approccio basato sulla cooperazione transfrontaliera rimessa alla semplice iniziativa di parte, apparendo piuttosto opportuno istituire una struttura ÒterzaÓ, tecnica e super partes, in grado di individuare delle linee-guida comuni di azione, pur senza interferire con le rispettive linee di comando e le specifiche attribuzioni nazionali. (284) Per lĠItalia, lĠaccesso al SIS avviene tramite lĠarchivio interforze SDI, gestito dalla Direzione Centrale di Polizia Criminale del Dipartimento di P.S. Il Trattato di Maastricht (285) consent“ quindi la nascita di EUROPOL ed istitu“ i settori (cd. ÒPilastriÓ) PESC e GAI - ancora caratterizzati dalla cooperazione intergovernativa (286) - nel cui ambito venivano per˜ attribuite al Consiglio, per la prima volta, anche delle funzioni di coordinamento (art. K.4). La cooperazione di polizia era prevista dallĠart. K.1 ed inquadrata nel ÒTerzo PilastroÓ della nuova Unione Europea; il successivo Trattato di Amsterdam oper˜ poi una rivisitazione della materia in chiave di sicurezza interna - cui venne dedicato lĠintero Titolo VI del TUE - individuando, quale obiettivo dellĠUnione, il Òraggiungimento di uno spazio di libertˆ, sicurezza e giustiziaÓ in cui fosse garantita la prevenzione e la lotta contro la criminalitˆ. Il Trattato pose particolare attenzione alla cooperazione transfrontaliera in materia penale (sia giudiziaria che di polizia: artt. 30 e 31), parallelamente riconoscendo la struttura di EUROPOL quale strumento della collaborazione operativa. A livello formativo, invece, venne successivamente promossa lĠistituzione della CEPOL. La cooperazione di polizia continuava ad avere carattere intergovernativo (287): gli Stati membri si consultavano in seno al Consiglio, che poteva adottare, in materia, delle decisioni-quadro (288) o delle convenzioni, nonchŽ decisioni e posizioni comuni; in ogni caso, le previsioni in questione (tutte contenute nel Titolo IV del Trattato) non interferivano (come oggi ribadisce (285) Negli anni immediatamente successivi al Trattato di Maastricht, la Conferenza dei Ministri degli Interni (TREVI) di Copenaghen del 2 giugno 1993 fiss˜ le linee guida dellĠEuropean Drugs Unit (EDU), poi ampliate e consolidate nellĠAzione Comune 95/73/GAI del 10 marzo 1995, su iniziativa della Germania. In tal modo venne realizzata una prima unitˆ di cooperazione di polizia, nella quale si potevano cogliere i lineamenti essenziali dellĠistituenda EUROPOL, le cui competenze investigative vennero estese al traffico illecito di materie radioattive e sostanze nucleari, alle organizzazioni di immigrazione clandestina ed al traffico illecito di autoveicoli, che si aggiungevano alle iniziali competenze sul traffico di droga e sul terrorismo internazionale, previste dallĠarticolo K.1/9. Il 26 luglio 1995 venne sottoscritta a Bruxelles la Convenzione istitutiva di EUROPOL, che entr˜ definitivamente in vigore il l Ħ luglio 1999. Gli anni seguenti furono caratterizzati dallĠadozione di alcuni Atti del Consiglio che contribuirono ad ampliare lĠambito della cooperazione tra le Forze di polizia: il 27 settembre 1996, in base all'articolo K.3, fu adottato lĠAtto del Consiglio con il quale si definiva una Convenzione relativa al- lĠestradizione tra gli Stati membri dellĠUE; il 26 maggio 1997 con Atto del Consiglio 97/C195/01 vide poi la luce la Convenzione per la lotta contro la corruzione di funzionari delle Comunitˆ europee o degli Stati membri dellĠUnione. Il 28 aprile 1997, infine, il Consiglio UE adott˜ un piano di azione globale per la lotta alla criminalitˆ organizzata, suggerendo, con la Raccomandazione n. 19, lĠistituzione di punti di contatto nazionale, mediante la realizzazione di una Rete giudiziaria europea (la futura EUROJUST), con il compito di velocizzare lo scambio di informazioni e le procedure relative alle domande di cooperazione concernenti lĠattuazione di norme penali. (286) Mediante lĠadozione di azioni comuni, posizioni comuni e convenzioni: cfr. lĠallora art. K.3 TUE. (287) Ai fini della parallela cooperazione giudiziaria in materia penale, invece, il Trattato di Amsterdam punta sulla semplificazione delle procedure di collaborazione tra Pubblici ministeri ed Autoritˆ giudiziarie, sullĠadozione di disposizioni ad hoc in materia di estradizione e su procedure volte ad uniformare i vari sistemi normativi. Al fine di realizzare una Òrete giudiziaria europeaÓ, il 29 giugno 1998 verrˆ poi adottata dal Consiglio lĠAzione Comune 98/428/GAI (in GUCE L-191 del 7.7.1998), divenuta operativa a decorrere dal 25 settembre dello stesso anno, nella quale si prevede che i membri della ÒreteÓ si riuniscano regolarmente, svolgendo azione di mediazione e raccordo tra le Autoritˆ giudiziarie e quelle di polizia degli Stati membri. lĠart. 4 TUE, post-Lisbona) con le responsabilitˆ esclusive degli Stati per il mantenimento dellĠordine pubblico e della sicurezza interna (289). Con il Trattato di Amsterdam, i principi giˆ stabiliti con la Convenzione di Schengen (e per tali vincolanti i soli Paesi ad essa aderenti) in materia di operazioni di polizia nel territorio di altri Stati membri vennero potenzialmente estesi erga omnes dallĠart. K.4 (290) - ovviamente solo previa collaborazione ed intesa con le Autoritˆ dello Stato interessato - attribuendo al Consiglio la definizione di condizioni e limiti di tale intervento; al Trattato di Amsterdam venne poi allegato un Protocollo sullĠintegrazione dellĠAcquis di Schengen nellĠambito dellĠUnione Europea, con il compito di far confluire in questĠultima la relativa normativa, il Segretariato ed il personale amministrativo. Il Trattato di Amsterdam introdusse infine la possibilitˆ di speciali forme di cooperazione rafforzata di polizia (291) tra alcuni Stati membri. Nella prospettiva di favorire la cooperazione transfrontaliera, lĠAtto del Consiglio UE 98/C 24/01 del 18 dicembre 1997 stabil“ inoltre una Convenzione di mutua assistenza, col fine di realizzare un sistema di cooperazione tra gli Stati membri tramite le rispettive Amministrazioni doganali e cos“ realizzare una maggiore efficacia nella lotta alla repressione del traffico di droghe ed armi. Nuovi interventi nellĠambito della cooperazione di polizia (oltre che in quella giudiziaria in materia penale) vennero anche individuati nel Consiglio (288) La tesi dellĠindifferenza, per il diritto interno, delle decisioni-quadro assunte in ambito GAI (Terzo Pilastro UE) nel regime antecedente il Trattato di Lisbona, venne smentita dalla nota sentenza Pupino della Corte di Giustizia UE (16 giugno 2005, procedimento C-105/03), che statu“ - muovendo dalla competenza attribuitale dal primo comma dellĠart. K.7 dellĠallora TUE (ÒLa Corte di giustizia delle Comunitˆ europee, alle condizioni previste dal presente articolo,  competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validitˆ o lĠinterpretazione delle decisioni quadro e delle decisioni, sull'interpretazione di convenzioni stabilite ai sensi del presente titolo e sulla validitˆ e sull'interpretazione delle misure di applicazione delle stesseÓ) - lĠobbligo per il Giudice nazionale di operare in ogni caso unĠinterpretazione del diritto interno conforme al contenuto precettivo (ed alla ratio) di queste ultime. (289) Ai sensi dellĠart. K.5 TUE, come riscritto dallĠart. 1 par. 11 del Trattato di Amsterdam, ÒIl presente titolo non osta allĠesercizio delle responsabilitˆ incombenti agli Stati membri per il mantenimento dellĠordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza internaÓ. A sua volta lĠart. K.7, comma quinto, ulteriormente precisava che: ÒLa Corte di giustizia non  competente a riesaminare la validitˆ o la proporzionalitˆ di operazioni effettuate dalla polizia o da altri servizi incaricati dell'applicazione della legge di uno Stato membro o lĠesercizio delle responsabilitˆ incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza internaÓ. (290) Testualmente, ÒIl Consiglio stabilisce le condizioni e i limiti entro i quali le Autoritˆ competenti di cui agli articoli K.2 e K.3 possono operare nel territorio di un altro Stato membro in collegamento e dĠintesa con le autoritˆ di questĠultimoÓ. Nel solco di quella che di l“ a poco sarebbe divenuto il modello ÒintegratoÓ di sicurezza (anche interna) europeo, non circoscritto alle sole Forze di polizia strictu sensu intese, lĠart. K.2 chiariva che ÒLĠazione comune nel settore della cooperazione di polizia comprende: a) la cooperazione operativa tra le Autoritˆ competenti degli Stati membri, compresi la polizia, le dogane e altri servizi specializzati incaricati dellĠapplicazione della legge, in relazione alla prevenzione e all'individuazione dei reati e alle relative indagini (É)Ó. (291) Nel cui ambito taluni riconducono anche la costituzione di EUROGENDFOR. Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, con la creazione di EUROJUST (unĠAgenzia composta da Pubblici ministeri, magistrati o funzionari di polizia di pari competenza, aventi il compito di favorire lĠottimale coordinamento tra le Autoritˆ nazionali che esercitano lĠazione penale). Venne inoltre istituita, come in precedenza detto, la ÒTask Force dei Capi delle Polizie europeeÓ, anchĠessa allo scopo di incrementare, in collaborazione con EUROPOL, lo scambio delle esperienze, delle migliori prassi e delle informazioni sulle tendenze attuali della criminalitˆ organizzata transnazionale, nonchŽ di studiare congiuntamente ogni adeguata misura di contrasto. Ai medesimi fini si decise poi di dar vita (Conclusione n. 47) ad una rete di collegamento tra gli Istituti di alta formazione delle Forze di polizia dellĠUE (292), con il compito (art. 7 della Decisione n. 681/05) di diffondere le migliori prassi ed i risultati della ricerca, oltre ad elaborare ed assicurare una formazione che preparasse le singole Forze di polizia a partecipare alla gestione Ònon militareÓ delle crisi (cfr. retro): in questi termini, il ruolo formativo del nuovo organismo abbracciava lĠintero ambito delle strategie di sicurezza dellĠUnione, stante lĠinterdipendenza e la complementaritˆ - nellĠottica integrata del modello europeo - dei settori GAI/SFJ e PESC/PSDC (293). A tal riguardo, al Consiglio di Tampere fece seguito quello di Feira del 1999, nel quale vennero poste le basi della strategia integrata Òcivile/militare/amministrativaÓ delle attuali politiche di sicurezza interna (ed esterna) dellĠUnione; il nuovo organismo di collegamento ed interscambio formativo - istituito con Decisione 2000/820/GAI del 22 dicembre 2000, poi abro (292) Gli obiettivi della CEPOL sono indicati allĠart. 6 della Decisione istitutiva n. 2005/681/GAI: 1) approfondire la conoscenza dei sistemi e delle strutture nazionali di polizia degli altri Stati membri e della cooperazione transfrontaliera tra le Forze di polizia dellĠUnione Europea; 2) migliorare la conoscenza degli strumenti internazionali e dellĠUnione, in particolare nei seguenti ambiti: a) istituzioni dellĠUnione europea e relativo funzionamento e ruolo, meccanismi decisionali e strumenti giuridici dellĠUnione europea, in particolare per quanto riguarda la cooperazione in materia di applicazione della legge; b) obiettivi, struttura e funzionamento dellĠEuropol, possibilitˆ di massimizzare la cooperazione fra Europol e i competenti servizi degli Stati membri incaricati della lotta contro la criminalitˆ organizzata; c) obiettivi, struttura e funzionamento di Eurojust; 3) assicurare una formazione adeguata in materia di rispetto delle garanzie democratiche, in particolar modo dei diritti della difesa. Le strategie formative della CEPOL sono invece indicate nellĠart. 7. (293) Per lĠadozione anche in sede CEPOL del modello ÒintegratoÓ caratterizzante le strategie europee in materia di sicurezza interna, si richiamano, da ultimo, le conclusioni del meeting di Bruxelles (8 marzo 2012) avente ad oggetto ÒA multidisciplinary and administrative approach to combating organised crime 2012Ó. In termini pi generali, si veda il Programma di lavoro CEPOL per il 2012 (adottato con provvedimento del Consiglio UE doc. 5532/12 ENFOPOL 15 - scaricabile dal portale istituzionale http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/12/st05/st05532.en12.pdf), in particolare p. 19: ÒPriorities for the year 2012 include further cooperation with the European institutions and EU agencies including enhancing cooperation with the European External Action ServiceÓ e le Conclusioni del Consiglio UE in tema di ÒEUĠs priorities for the fight against organised crime between 2011 and 2013Ó (Brussels 2010, doc. n. 15358/10, COSI 69 ENFOPOL 298 CRIMORG 185 ENFOCUSTOM 94, su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st15/st15358.it10.pdf). gata dalla Decisione del Consiglio 2005/681/GAI del 20 settembre 2005 - prese il nome di ÒAccademia Europea di PoliziaÓ (CEPOL/AEP). Infine, con Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, in data 26 ottobre 2004 (294), venne istituita FRONTEX, unĠAgenzia avente il compito di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne, anche attraverso lĠelaborazione di regole comuni in materia di formazione. La stessa Agenzia svolge inoltre analisi dei rischi di settore, segue lĠevoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne, aiuta gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere unĠassistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne, fornisce il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte. Pi di recente, peraltro, a seguito degli emendamenti di cui al Regolamento 1168/2011 (295)  stata previsa la possibilitˆ di attribuire allĠAgenzia (in ragione dellĠintervenuta ÒcomunitarizzazioneÓ delle politiche migratorie -a diferenza del settore Òpubblica sicurezza internaÓ) un maggior potere operativo (salva comunque Òla competenza degli Stati membri in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterneÓ, ex art. 1 comma 2 Reg. 2007/04), tramite la costituzione di ÒSquadre europee di Guardie di frontieraÓ (European Border Guard Teams), ossia contingenti di Guardie di frontiera messi annualmente a disposizione dellĠAgenzia dai singoli Stati membri, sulla base di specifici accordi bilaterali, per le finalitˆ di cui allĠart. 1-bis Reg. 2007/04. Al riguardo, i ÒConsiderandoÓ 13 e 14 del Regolamento 1168/11 preliminarmente evidenziano (pur in forma condizionale) come ÒPer assicurare lĠefficacia delle operazioni, lĠAgenzia dovrebbe creare delle squadre di Guardie di frontiera. Gli Stati membri dovrebbero contribuire a tali squadre con un numero adeguato di guardie di frontiera qualificate e metterle a disposizione per il loro impiego, salvo che si trovino a far fronte a una situazione eccezionale che incide in misura sostanziale sullĠadempimento dei compiti nazionali. LĠAgenzia dovrebbe poter contribuire a tali squadre con le Guardie di frontiera che sono distaccate presso lĠAgenzia dagli Stati membri su base semi-permanente, che dovrebbero essere soggette, nello svolgimento dei loro compiti e nel- l'esercizio delle loro competenze, allo stesso quadro giuridico applicabile agli agenti distaccati messi a disposizione direttamente dagli Stati membri presso tali squadreÓ. Va per˜ chiarito, al di lˆ di facili suggestioni, che tali Squadre, pur essendo riconducibili allĠorganizzazione interna del FRONTEX, difettano comunque dei requisiti minimi di autonomia e specificitˆ per potersi ipotetica- mente qualificare come Forza di polizia sovranazionale: in effetti, a differenza di quanto accade per i funzionari dellĠUnione, non si  in presenza di arruola (294) Pubblicato su GUCE L-349 del 25 novembre 2004. Testo scaricabile allĠindirizzo web http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32004R2007:EN:HTML. (295) Su http://frontex.europa.eu/assets/About_Frontex/frontex_amended_regulation_2011.pdf. menti diretti ad opera di unĠIstituzione comunitaria, ma di semplici forme di ÒdistaccoÓ di singoli operatori nazionali, per di pi a tempo limitato (non oltre sei mesi, ex art. 3-ter comma terzo Reg. 2007/04); inoltre, ai sensi del successivo art. 3-quater comma quarto, le Squadre comuni neppure dispongono di un proprio ordinamento disciplinare interno (296), comĠ vero che ÒNello svolgimento dei loro compiti e nellĠesercizio delle loro competenze, i membri delle squadre europee di Guardie di frontiera restano soggetti alle misure disciplinari dei rispettivi Stati membri dĠorigineÓ. FRONTEX opera in stretto collegamento con altri organismi dellĠUE responsabili, a vario titolo, in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come EUROPOL, CEPOL e lĠOLAF, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema (297). La centralitˆ delle cd. ÒForze ibrideÓ civili/militari nel Òmodello sicurezzaÓ europeo trova coerente riscontro anche in questo particolare settore, come dimostrano i recenti provvedimenti adottati nel quadro della missione EUBAM Libya (operativa nel periodo 22 maggio 2012 - giugno 2015), la cui base legale  tuttora il doc. 8182/4/13 del Consiglio, in data 18 aprile 2013 (298): non solo, (296) Non potendosi ricondurre a tale ambito il Codice di condotta, da redigersi annualmente, ex art. 2-bis Reg. 2007/04 (ÒLĠAgenzia elabora e sviluppa ulteriormente un codice di condotta applicabile a tutte le operazioni di cui assicura il coordinamento. Il codice di condotta stabilisce procedure intese a garantire i principi dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali, con particolare attenzione nel caso dei minori non accompagnati e delle persone vulnerabili, come anche delle persone che chiedono protezione internazionale, e applicabili a tutti coloro che prendono parte alle attivitˆ dellĠAgenzia. LĠAgenzia mette a punto il codice di condotta in cooperazione con il forum consultivo di cui allĠarticolo 26 bisÓ). Per una verifica pi puntuale delle caratteristiche di tali Squadre, si vedano le ÒTender SpecificationsÓ di cui allĠinvito ad offrire HOME/2012/EBFX/PR/1001, su http://ec.europa.eu/dgs/homeaffairs/ financing/tenders/documents/2013/01/tender_specifications_en.pdf. (297) In questo settore, la Commissione UE (nel 2006) ha proposto di istituire un sistema europeo di sorveglianza delle frontiere, lĠEUROSUR, che servirˆ ad aumentare il coordinamento allĠinterno degli Stati membri e tra un Paese e lĠaltro, per prevenire ed affrontare le pi gravi forme di criminalitˆ quali il traffico di droga e la tratta degli esseri umani, oltre a prevenire i decessi dei migranti in mare. Grazie al meccanismo di EUROSUR, le autoritˆ di sorveglianza delle frontiere dovrebbero potersi scambiare informazioni operative, facilitando cos“ la cooperazione transfrontaliera e con lĠAgenzia europea FRONTEX. Il sistema  ancor oggi particolarmente frammentato: si pensi, ad esempio, al fatto che in alcuni Stati si contano sino a sei diverse Autoritˆ coinvolte nella sorveglianza delle frontiere marittime, che talvolta gestiscono sistemi di controllo paralleli, senza regole e programmi di lavoro chiari. In base ai criteri EUROSUR ogni Stato situato lungo le frontiere esterne terrestri e marittime dovrebbe creare dei Centri nazionali di coordinamento per la sorveglianza di confine, che costituiranno gli unici punti di contatto per lo scambio - quasi in tempo reale - di dati, informazioni ed intelligence tra guardie di frontiera, guardie costiere, polizia ed altre competenti Autoritˆ nazionali, ma anche con FRONTEX ed altri centri nazionali, a mezzo di una rete protetta. Il testo della comunicazione del Consiglio n. 68/2008  riportato su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0068:FIN:IT:HTML. (298) Su http://ffm-online.org/wp-content/uploads/2013/11/EUBAMRapport-2013-04.pdf. Il documento, recante il ÒRevised Draft Concept of Operations ÔPlusĠ (CONOPS PLUS) for the CSPD mission EUBAM LibyaÓ, dovrebbe essere sostituito, giˆ nel corso del 2014, da un OPLAN (Operational Plan), a seguito di una revisione strategica sul mandato della missione, previa approvazione degli Stati membri. infatti, le principali attivitˆ addestrative delle Forze dellĠordine libiche vengono devolute a Corpi di polizia (civile) a status militare (in particolare, Carabinieri e Guardie di finanza italiane), ma nella valutazione delle Forze locali da riorganizzare lĠUnione Europea ha significativamente puntato su Òto re-build a Gendarmerie force, focused on strategic sites protectionÓ (cos“ nellĠAnnesso n. 10 del richiamato doc. 8182/4/13). La stessa fonte normativa, inoltre, confuta la pretestuosa interpretazione ÒsmilitarizzatriceÓ che taluni vorrebbero dare dellĠart. 13 della (pur non vincolante) Raccomandazione 10/2001 del COE (cfr. retro), allorchŽ individua (a p. 26) gli obiettivi di pi ampio respiro della missione nel ÒTo reinforce operational working methodologies for justice and security actors in line with EU and international standards and promote public accountability and civiloversight mechanisms over the security sectorÓ. Tale precisazione, infatti, chiarisce ancora una volta come lo standard europeo ed internazionale (soprattutto OSCE) non preveda assolutamente la riduzione delle Forze dellĠordine allo status civile - tantĠ che lĠUnione promuove, anche nei Paesi terzi, l'istituzione di gendarmerie - bens“ tutt'altra cosa, ossia l'attivazione di meccanismi di controllo ÒcivileÓ -id est, in capo agli organi di indirizzo politico - sul settore della sicurezza, nonchŽ una pi ampia responsabilizzazione, nei confronti dei cittadini, degli apparati coinvolti in detto operato. Va infine ricordato che le Istituzioni europee sembrano aver recentemente optato per una progressiva de-burocratizzazione del settore che - alla luce delle linee di indirizzo tracciate nel ÒJoint Statement of the European Parliament, the Council of the EU and the European Commission on decentralised AgenciesÓ del 19 luglio 2012 (299) e nellĠannesso ÒCommon ApproachÓ raggiunto tra Commissione, Parlamento e Consiglio (sulla cui base  stata adottata la Òtabella di marciaÓ del 18 dicembre 2012 (300)) - potrebbe tra lĠaltro portare allĠaccorpamento di EUROPOL e CEPOL, stante lĠampia sovrapposizione tra le sfere di competenza formativa delle due Agenzie. Conclusivamente, dal complessivo assetto normativo dellĠUnione Europea in materia di gestione operativa della sicurezza emergono alcuni punti qualificanti, in primis il carattere ÒintegratoÓ che presuppone la costante collaborazione (ovviamente, ognuno per quanto di propria competenza) dei sog (299) Su http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/sefcovic/documents/120719_agencies_ joint_statement_en.pdf. (300) Su http://europa.eu/agencies/documents/2012-1218_roadmap_on_the_follow_up_to_the_ common_approach_on_eu_decentralised_agencies_en.pdf. A giustificare lo scioglimento della CEPOL vi sarebbero la decisione del Governo britannico di non rinnovare la concessione della sede alla scadenza del 2014, gli elevati costi amministrativi e soprattutto il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi delle Forze di polizia (soprattutto per quel che riguarda la cooperazione internazionale) previsti nel Programma di Stoccolma (appena 1/3 del totale). getti istituzionali che a vario titolo intervengono nel Òcomparto sicurezzaÓ, a prescindere dalla loro natura militare o civile, volontaria o comandata, etc. Il modello europeo, che mira esclusivamente allĠefficienza, ha infatti carattere ÒfunzionaleÓ e si interessa soprattutto di raccordare i diversi attori del sistema sulla base delle funzioni da essi concretamente svolte (tiene cio conto degli effettivi contenuti dellĠazione di ciascuno di essi), ignorando quasi del tutto gli aspetti formali ed organizzativi. In questi termini, attesa la stretta interconnessione delle problematiche della sicurezza ÒinternaÓ con quelle relative alla sfera ÒesternaÓ, lĠUnione ritiene non si possa fare a meno di una costante sinergia tra le professionalitˆ operative della componente militare con quelle delle Forze dellĠordine tradizionalmente intese: in questi termini, i pi recenti sforzi normativi ed organizzatori sono tutti nel senso di assicurare quanto pi possibile non solo una collaborazione tra tali soggetti, ma decisamente una ÒcontaminazioneÓ formativa ed operativa tra gli stessi. Ci˜ spiega il ruolo centrale - nel Òsistema sicurezzaÓ europeo (cos“ come era giˆ avvenuto a livello internazionale nelle missioni ONU e NATO) - delle cd. ÒForze ibrideÓ civili/militari che, coniugando le capacitˆ operative di entrambi i settori, pi di altri sono in grado di soddisfare gli standard qualitativi europei in materia di gestione della sicurezza, potendo far fronte, a budget formativo invariato e mantenendo intatta la linea di comando, ad ogni possibile scenario operativo sul campo, tanto sul territorio nazionale quanto allĠestero, senza minimamente derogare ai principi dello Stato di diritto individuati dallĠOSCE. La tradizionale formazione quale polizia Òdi prossimitˆÓ, inoltre, attribuisce loro un ulteriore plusvalore di sistema. In una prospettiva pi ampia, a fronte delle inevitabili differenze di carattere formativo/ professionale tra i diversi operatori del Òsettore sicurezzaÓ, che possono ostacolare la collaborazione transfrontaliera in modo pi o meno marcato, il legislatore UE ha anche previsto alcune forme di coordinamento, che presentano comunque due tratti comuni: la natura consensuale (presuppongono cio un preventivo accordo dei soggetti interessati) ed il carattere paritario dei loro rapporti, nel senso che non pu˜ essere attribuito ad alcuno di essi un potere di ordine o direzione nei confronti degli altri, capacitˆ che viene invece conferita, se del caso (ad es. in ambito PESC/PSDC), a soggetti terzi. A ci˜ si aggiunga che le particolari attribuzioni (e soprattutto la composizione integrata politico/ operativa) del ÒComitato permanente per la sicurezza internaÓ (COSI) - per il quale ancor pi valgono i principi sovra esposti -rendono possibile una sua futura evoluzione, in materia di sicurezza interna, quale alter ego del ÒComitato politico e di sicurezzaÓ (CPS) giˆ esistente in ambito PESC/PSDC, con conseguente accentramento di notevoli poteri di indi rizzo e controllo politico (attesa la sua natura ausiliaria del Consiglio): anche per tale ragione, in virt dellĠunicitˆ del Òmodello sicurezzaÓ europeo, le due strutture saranno tenute a raccordarsi per assicurare la coerenza di un sistema considerato in ultima analisi unitario - pur nella sua complessitˆ - anche per quanto concerne le modalitˆ operative di azione. Il modello integrato civile/militare (etc.) ha avuto particolare sviluppo in sede PESC/PSDC (301), ma non  certo estraneo allĠex ÒTerzo PilastroÓ UE, odierno settore FSJ, nel cui ambito il TFUE detta una specifica disciplina sulla cooperazione operativa transfrontaliera tra le diverse Forze di polizia nazionali: alla luce delle vigenti disposizioni dei Trattati, vi  infatti una serie di aree nelle quali una potenziale sinergia - se non anche una compenetrazione civile/ militare sin dĠora emerge. La prima  la lotta contro il terrorismo, disciplinata parallelamente nelle disposizioni sulla PESC e da quelle sullo spazio di libertˆ, sicurezza e giustizia (FSJ): tale sinergia  il trait dĠunion che giˆ caratterizzava il Piano dĠazione adottato in seno al Consiglio straordinario GAI (ÒGiustizia e Affari interniÓ) del 21 settembre 2001 (302) - da cui scaturisce lĠelaborazione di una comune nozione di ÒterrorismoÓ ed il riavvicinamento del diritto sostanziale, in materia, degli Stati membri - e lĠAllegato V delle Conclusioni della Presidenza al Consiglio Europeo di Siviglia del 21 e 22 giugno 2002 (dedicato al contributo della PESC/PESD alla lotta contro il terrorismo (303)). In tale contesto emerge come il Consiglio abbia da tempo optato per un approccio multifunzionale ed olistico, volto ad assicurare lĠintegrazione della lotta al terrorismo in tutti gli aspetti delle politiche (interne ed esterne) del- lĠUnione. La seconda, implicitamente contenuta nella clausola di solidarietˆ di cui allĠart. 222 TFUE, contempla il ricorso allo strumento militare (tipico della sicurezza cd. ÒesternaÓ) sul territorio di Stati membri in risposta a minacce di chiara natura interna quali attacchi terroristici, calamitˆ naturali o disastri provocati dallĠattivitˆ umana. La terza  rappresentata dalla crescente connotazione Òdi sicurezzaÓ (un tempo specifica delle Forze di polizia) che caratterizza i compiti delle Forze armate europee in ambito PESD/PSDC, come dimostrato dallĠestensione delle ÒMissioni di PetersbergÓ introdotta dal testo attualmente in vigore (cfr. retro). (301) Si veda, al riguardo, KHOL, Civil-Military Coordination in EU Crisis Management, in AA.VV. (a cura di NOWAK), Civilian Crisis Management: The EU Way, in Chaillot Paper n. 90, Paris 2006, p. 124, consultabile al link http://www.iss.europa.eu/uploads/media/cp090.pdf. (302) Da cui scaturisce la Decisione-quadro del Consiglio n. 2002/475/GAI, del 13 giugno 2002 (su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2002:164:0003:0007:IT:PDF). In argomento si veda il lavoro comparatistico di ALCARO, La lotta al terrorismo dopo lĠ11 settembre, IAI Roma 2005. (303) Pubblicato su http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/72651.pdf. A ci˜ aggiungasi lĠintero settore della protezione civile (centrale in ambito FSJ), nel quale la partecipazione diretta delle Forze armate con funzioni operative (anche) di sicurezza  ormai da decenni una prassi acquisita nei singoli Stati dellĠUnione, nonchŽ, da ultimo, il presidio territoriale di ordine pubblico, anchĠesso una costante (304) in circostanze di particolare necessitˆ. (304) Previsto addirittura nelle Costituzioni di alcuni Stati membri, quali la Germania (cfr. retro). CONTRIBUTI DI DOTTRINA Effettivitˆ della tutela e giusto processo amministrativo nellĠordinamento multilivello Clizia Ardanese* SOMMARIO: 1. Introduzione ai principi di effettivitˆ e giusto processo nella tutela giurisdizionale. - 2. Effettivitˆ della tutela e giusto processo nel diritto internazionale e comunitario: a) gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali del 4 novembre 1950; b) lĠart. 47 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea del 7 dicembre 2000 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. - 3. I principi di effettivitˆ e giusto processo nella Costituzione italiana e nel codice del processo amministrativo: a) la Costituzione del 1948; b) la legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2; c) gli articoli 1 e 2 del codice del processo amministrativo. - 4. Profili di inadeguatezza di alcuni istituti del processo amministrativo italiano con detti principi: a) criticitˆ nellĠorganizzazione della giustizia amministrativa; b) criticitˆ processuali. - 5. Conclusioni e prospettive: i tentativi di adeguamento del processo amministrativo ai principi di effettivitˆ e giusto processo sono ancora problematici. 1. Introduzione ai principi di effettivitˆ e giusto processo nella tutela giurisdizionale. Mentre lĠesistenza di un processo di Çglobalizzazione del dirittoÈ  una realtˆ ancora allo stato embrionale e limitata alla convergenza intorno ad alcune regole, quella degli ordinamenti giuridici ÇmultilivelloÈ  consolidata, specialmente ove si guardi allĠesperienza dellĠintegrazione europea comunitaria (1). In questĠultimo ambito, la teoria del Çcostituzionalismo multilivelloÈ propone una concezione della costituzione emancipata dal presupposto della sua neces (*) Ricercatore di Diritto amministrativo, Universitˆ degli Studi di Roma ÒTor VergataÓ. (1) E. PICOZZA, Ordinamento giuridico multilivello, ruolo del giudice amministrativo, in Riv. dir. priv., 2010, 67 ss.; V. RICCIUTO, Diritto dellĠeconomia, Torino, 2013, 46 ss.. saria statualitˆ, in ci˜ differenziandosi dalla tradizione democratica e liberale che vede nello Stato nazionale lĠunico punto di riferimento in materia (2). Questa ricostruzione ipotizza per lĠEuropa un concetto ÇfunzionaleÈ di costituzione che non postula necessariamente un modello di Stato europeo, neanche federale, ma che, piuttosto, fa riferimento a quella fondamentale funzione di giustificazione e limitazione del potere pubblico che storicamente ha dato alla nozione di costituzione valore giuridico, oltre che contenuto politico e filosofico (3). Quella europea, quindi,  una Çcostituzione senza StatoÈ, plurale e composita, uno Çspazio costituzionaleÈ derivante dallĠunione tra il piano comunitario e quello nazionale, stratificato su pi livelli complementari che si integrano e che sono ricondotti ad unitˆ da principi fondamentali comuni (4). Al vertice di questo ordinamento multilivello si collocano quei principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed affermati non solo dai trattati istitutivi e dalle costituzioni nazionali ma anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali (CEDU) firmata a Roma il 4 novembre 1950, tra i quali quelli del Çgiusto processo È e di Çeffettivitˆ della tutelaÈ, cui  dedicato il presente lavoro. ComĠ noto, lĠespressione Çgiusto processoÈ (due process of law)  nata nella tradizione giuridica anglosassone con il ¤ 39 della Magna Charta Libertatum di Giovanni Senza Terra del 12 giugno 1215 (5). In seguito, il principio (2) P. SCARLATTI, Costituzionalismo multilivello e questione democratica, in Riv. ass. it. cost., 2012,1, che rinvia sul punto ai lavori di I. PERNICE, Multilevel constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: European constitution making revisited, in Common Market Law Review, vol. 36, 4, 1999, 703 ss.; ID., Multilevel constitutionalism in the European Union, in European Law Review, vol. 27, 5, 2002, 511 ss.; I. PERNICE, F. MAYER, La Costituzione integrata dellĠEuropa, in G. ZAGREBELSKY (a cura di) Diritti e Costituzione nellĠUnione Europea, Roma-Bari, 2003, 43 ss.. (3) Cos“ P. SCARALATTI, Costituzionalismo multilivello, cit., che cita M. MORLOK, Il diritto costituzionale nel sistema europeo a pi livelli, in S.P. PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e lĠEuropa. Riflessioni sui mutamenti costituzionali nel processo dĠintegrazione europea, Milano, 2002, 505 ss.. (4) L. TORCHIA, Una costituzione senza Stato, in Dir. pubbl., 2001, 2, 405 ss.. Sostiene L. MOCCIA, Comparazione giuridica, diritto e giurista europeo: un punto di vista globale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 3, 767 ss. che Çil sistema multi-livello di governo (multilevel governance) o la tutela multi- livello dei diritti (multilevel constitutionalism) [É], pur senza cancellare la territorialitˆ degli ordinamenti, la proietta con un effetto di dissolvenza in una dimensione di spazialitˆ, dai contorni meno definiti e definibili, dove locale, nazionale, internazionale, trans- e sovra-nazionale formano come un caleidoscopio di immagini tra loro variamente composte e componibili, ma tutte tra loro intrecciate e compatibili nella prospettiva cosmopolitaÈ. (5) Il ¤ 39 della Magna Charta Libertatum stabilisce che: ÒNullus liber homo capiatur, vel imprisonetur, aut disseisiatur, aut utlagetur, aut exuletur, aut aliquo modo destruatur, nec super eum ibimus, nec super eum mittemus, nisi per legale judicium parium suorum vel per legem terraeÓ; sul punto cfr. C.H. MCILWAIN, Due Process of Law in Magna Charta, in Columbia Law Rew., 1914, 27. Il ¤ III del VI Statuto di Edoardo III prevede che: ÒAt the Request of the Commons by their Petitions put forth in this Parliament, to eschew the Mischiefs and Damages done to divers of his Commons by false Accusers, which often-times have made their Accusations more for Revenge and singular Benefit, than for the Profit of the King, or of his People, which accused Persons, some have been taken, and sometime caused to come before the King's Council by Writ, and otherwise upon grievous Pain against the Law: It is assented and accorded, for the good Governance of the Commons, that no Man be put to answer without  stato riaffermato anche dal V emendamento della Costituzione degli Stati Uniti dĠAmerica del 15 dicembre 1791 ed  progressivamente divenuto patrimonio comune delle tradizioni giuridiche occidentali (6). NellĠesperienza europea continentale, il giusto processo si riconnette al progressivo emergere dello ÇStato di dirittoÈ, il cui nucleo portante, oltre alla divisione dei poteri,  il riconoscimento costituzionale dei diritti fondamentali e della loro tutela giurisdizionale anche e soprattutto nei confronti dello Stato, inteso sia come pubblica amministrazione sia come legislatore (7). Infatti, il passaggio allo Stato di diritto pu˜ dirsi compiutamente perfezionato quando i diritti fondamentali sono divenuti ÇsoggettiviÈ, iniziando a essere tutelati in quanto tali e non soltanto in via riflessa, cio ÇoggettivamenteÈ, tramite unĠazione amministrativa di protezione dellĠordine e di promozione del benessere collettivo (8). A partire dal secondo dopoguerra, le principali convenzioni internazionali e le costituzioni degli Stati europei hanno enunciato una serie di garanzie attinenti allĠesercizio della funzione giurisdizionale e al processo, perlopi conformate a noti principi di diritto naturale (es. nemo judex sine actore, ne eat judex ultra petita et alligata partium, nemo judex in causa sua, audiatur et altera pars, nemo inauditus damnari potest), dichiarandole come fondamentali e inviolabili (9). In particolare, a livello pattizio, questi valori sono stati sot- Presentment before Justices, or Matter of Record, or by due Process and Writ original, according to the old Law of the Land: And if any Thing from henceforth be done to the contrary, it shall be void in the Law, and holden for ErrorÓ; in argomento, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, I, Londra 1956, 485 ss.; H. POTTER, Historical Introduction to English Law, Bearb. Kiralfy, 1958, 141 e 142. (6) Il V emendamento della Costituzione degli Stati Uniti dĠAmerica recita: ÒNor shall any person be subject for the same offence to be twice put in jeopardy of life or limb; nor shall be compelled in any criminal case to be a witness against himself, nor be deprived of life, liberty, or property, without due process of law; nor shall private property be taken for public use, without just compensationÓ; al riguardo, v. J.V. ORTH, Due Process of Law. A Brief History, Lawrence KS, 2003. Per la dottrina nazionale, cfr. V. VIGORITI, Garanzie costituzionali del processo civile. Due process of law e art. 24 Cost., Milano, 1970; L. MOCCIA, Il sistema di giustizia inglese. Profili storici e organizzativi, Rimini, 1984. (7) Sullo Stato di diritto nelle differenti esperienze costituzionali europee cfr. E. GIANFRANESCO, Il principio dello Stato di diritto e lĠordinamento europeo, in S. MANGIAMELI (a cura di), LĠordinamento europeo, I, I principi dellĠUnione, Milano, 2006, 235 ss., 248 ss.. (8) Sul punto, C.F. VON GERBER, Sui diritti pubblici (1852), in ID., Diritto pubblico, trad. it., Milano, 1971, 7 ss., 65 ss., teorizz˜ i Òdiritti riflessiÓ, da cui prese poi vita la categoria dellĠinteresse legittimo; G. JELLINEK, Sistema dei diritti pubblici subiettivi, trad. it., Milano, 1912; V.E. ORLANDO, Teoria giuridica delle guarentigie della libertˆ, Torino, 1890; S. ROMANO, La teoria dei diritti pubblici subiettivi, in V. E. ORLANDO (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, I, Milano, 1897, 109 ss.. (9) Per ÇgaranziaÈ si intende ogni strumento o presidio tecnico-giuridico, il quale sia in grado di far convertire un diritto puramente riconosciuto o attribuito in astratto in uno effettivamente protetto in concreto, cio suscettibile di piena attuazione o reintegrazione ogni qual volta risulti violato. In questa ottica, sono garanzie Çin senso formale o staticoÈ quei profili strutturali che rafforzano dallĠesterno (es. costituzione rigida, riserva di legge) la stabilitˆ e lĠopponibilitˆ dei principi o dei diritti garantiti nei confronti di qualsiasi potere ordinario dello Stato, nonchŽ la loro tendenziale immodificabilitˆ nel tempo; sono, invece, garanzie Çin senso attuativo e dinamicoÈ quegli strumenti giurisdizionali che siano specificamente previsti - avanti ad organi di giustizia costituzionale od internazionale - per assicurare condi tolineati al punto tale da far ritenere che la loro forza vincolante non si fondi solo sul noto principio pacta sunt servanda ma sulla solennitˆ morale e civile degli impegni cos“ assunti (10). Questo modello internazionale di Çgiusto processo È si esprime in formule sintetiche postulanti: lĠeguaglianza delle parti; lĠindipendenza e lĠimparzialitˆ del giudice precostituito per legge; la pubblicitˆ delle udienze e della pronuncia delle decisioni; il diritto di accesso e di ricorso effettivo agli organi giudiziari; il contraddittorio e la possibilitˆ di difesa tecnica in giudizio; il diritto alla prova; la ragionevole durata del giudizio (11). Limitatamente ai processi penali, poi, sono affermati anche il divieto di autoincriminazione, il diritto di impugnare le pronunce di condanna dinanzi a un giudice superiore e lĠinvaliditˆ e inutilizzabilitˆ probatoria di una confessione ottenuta con mezzi coercitivi (12). LĠattenzione per le sopra ricordate garanzie, comĠ ben noto, deriva dalla consapevolezza, maturata allĠesito dellĠultimo conflitto mondiale, dellĠabominio nazifascista e dalla susseguente volontˆ di precostituire, nei Paesi liberati dalle armate anglo-americane, idonei presidi istituzionali di tutela delle libertˆ individuali e inalienabili dellĠessere umano (13). In linea con ci˜, nella codificazione di queste garanzie processuali traspare lĠinflusso dei sistemi di common law delle potenze di lingua inglese vincitrici, ispirati al c.d. adversary system fondato sul due process of law. é questĠultimo un modello assai diverso da quello romano e canonico - che ha natura inquisitoria e carattere prevalentemente scritto e segreto - e che garantisce a ogni individuo un judgment by his peers dinanzi ad una giuria composta da persone comuni sorteggiate dalle medesime categorie sociali di appartenenza dei litiganti (14). Il processo dinanzi ad una giuria (trial by jury) sĠimpronta a oralitˆ, pubblicitˆ e immediatezza, allo scopo di favorire lĠoperato del giurato-giudice popolare, perlopi sprovvisto di preparazione giuridica, dinanzi a cui si debbono provare fatti in zioni effettive di godimento a qualsiasi diritto attribuito o riconosciuto da quelle norme fondamentali. Nei termini sopra riportati si esprime L.P. COMOGLIO, Valori etici e ideologie del Ògiusto processoÓ (modelli a confronto), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 3, 887 ss.; ID., Le garanzie costituzionali, in L. P. COMOGLIO, C. FERRI, M. TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bologna, 1995, 53 ss.; ID., Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 1064 ss.. (10) L.P. COMOGLIO, Valori etici e ideologie, cit. (11) L.P. COMOGLIO, op. cit. (12) L.P. COMOGLIO, op. cit. (13) Oltre agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali del 4 novembre 1950, su cui si tornerˆ in seguito, si ricordano: lĠart. 10 della Dichiarazione universale dei diritti dellĠuomo proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 prevede che Çogni persona ha diritto, in condizioni di piena uguaglianza, ad essere ascoltata pubblicamente e con giustizia da un tribunale indipendente ed imparzialeÈ; lĠart. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici approvato dallĠAssemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 dispone, invece, che Çtutti sono uguali dinanzi ai tribunali e alle corti di giustizia. Ogni persona ha diritto di farsi ascoltare, in corretto e pubblico giudizio, da un giudice competente, indipendente ed imparziale, costituito per leggeÈ. (14) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit. certi e discutere i temi controversi con metodo dialettico ed in forma orale (15). QuestĠassetto, nelle esperienze di provenienza,  considerato due e lawful perchŽ in linea coi Çvalori culturali, etico-religiosi e sociali, sui quali si basano le radicate tradizioni di indipendenza, di libertˆ democratica e di fair play, proprie delle societˆ anglosassoniÈ (16). Se tale  la storia e la natura del due process of law, il principio di effettivitˆ della tutela giurisdizionale, invece, descrive la capacitˆ del processo di soddisfare lĠinteresse concreto dedotto in giudizio e richiede, quindi, una struttura funzionale alle caratteristiche sostanziali del contenzioso. Il principio di Çeffettivitˆ, completezza e adeguatezzaÈ  caratteristico dellĠesperienza comunitaria e comporta che, quando  portato davanti al giudice un rapporto tutelato dal diritto comunitario, lĠordinamento interno deve predisporre gli strumenti idonei a garantirgli una tutela efficace e rapida (ad esempio, nel contenzioso amministrativo, azioni di tipo costitutivo (annullamento), di accertamento (nullitˆ, dichiarazione di un rapporto controverso), di condanna, cautelari, esecutive (17). Il principio di effettivitˆ tende a coincidere con i corollari applicativi funzionali del fair trial, che per˜ ha un perimetro pi ampio, coinvolgendo anche gli aspetti strutturali del fenomeno processuale (18). Detta sovrapposizione  evidente per quanto attiene lĠindefettibilitˆ dellĠaccesso al giudice, la pienezza del contraddittorio e la ragionevole durata del processo, lĠadeguata e compiuta articolazione dei mezzi processuali e la completezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive (19). Il principio di effettivitˆ, oltre che essere radicato nellĠacquis communautaire,  ben noto allĠesperienza giuridica italiana, sol che si consideri la risalente e nota riflessione di G. CHIOVENDA per cui Çil processo deve dare per quanto  possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello che egli ha il diritto di conseguireÈ (20). LĠeffettivitˆ indica, quindi, lĠidoneitˆ di un dato modello processuale positivo a garantire la tempestiva, piena e puntuale soddisfazione dellĠinteresse protetto dalla norma sostanziale, qualunque ne sia la tecnica di tutela, diritto soggettivo o interesse legittimo, assicurando al suo titolare il conseguimento del bene della vita voluto. Nel vigente ordinamento costituzionale, le specifiche guarentigie poste a presidio dellĠeffettivitˆ della tutela sono le medesime del giusto processo, trovando entrambe la propria radice ultima nellĠinviolabilitˆ della tutela giuri (15) J.I.H. JACOB, The Fabric of English Civil Justice, London, 1987, 19 ss.. (16) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit.; J.I.H. JACOB, op. cit., 15 ss.. (17) E. PICOZZA, Il ÒgiustoÓ processo amministrativo, in Cons. St., 2000, II, 1071 ss.; ID., Il processo amministrativo, Milano, 2009, 3 ss.. (18) Nel senso della piena sovrapponibilitˆ tra le garanzie del giusto processo e quelle dellĠeffettivitˆ della tutela giurisdizionale di matrice comunitaria  S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sullĠeffettivitˆ della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004, 67. (19) S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit., 69. (20) G. CHIOVANDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 39 ss.. sdizionale sancita dallĠart. 24 Cost. Questa indissolubile connessione  la ragione per la quale, sebbene teoricamente distinti e distinguibili, i due principi sono normalmente trattati in modo congiunto; del resto, in nessun modo potrebbe considerarsi ÇgiustoÈ un processo che, alla prova dei fatti, si rivelasse ÇinutileÈ, cio non in grado di assicurare la completa soddisfazione della pretesa attorea risultata vincitrice. 2. Giusto processo ed effettivitˆ nel diritto internazionale e comunitario: a) gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali del 4 novembre 1950. A livello internazionale, il diritto a un Çequo processoÈ e ad un Çricorso effettivoÈ sono codificati dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali (c.d. CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dalla Repubblica Italiana con l. 4 agosto 1955 n. 848 (21). In particolare, avuto riguardo a tutti i tipi di processo, lĠart. 6 cit. afferma che Çogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (22). La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma lĠaccesso alla sala dĠudienza pu˜ essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nellĠinteresse della morale, dellĠordine pubblico o della sicurezza nazionale in una societˆ democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicitˆ possa portare pregiudizio agli interessi della giustiziaÈ. Il successivo art. 13, poi, completando idealmente il disegno dellĠart. 6 cit., dispone che Çogni persona i cui diritti e le cui libertˆ riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a unĠistanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da (21) Con specifico riferimento alle accuse penali, lĠart. 6, commi 2 e 3, CEDU prevede che Ç2. Ogni persona accusata di un reato  presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di: (a) essere informato, nel pi breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi del- lĠaccusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (c) difendersi personalmente o avere lĠassistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato dĠufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia; (d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e lĠesame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; (e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienzaÈ. (22) SullĠart. 6 CEDU e sulla sua influenza nellĠambito del diritto amministrativo: M. ALLENA, ART. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Napoli, 2012. persone che agiscono nellĠesercizio delle loro funzioni ufficialiÈ. La principale questione sollevata dagli artt. 6 e 13 cit.  quella del loro valore giuridico nellĠordinamento statuale italiano, un problema su cui la Corte costituzione si  espressa in tempi recenti nel senso che le disposizioni della CEDU, essendo pattizie, non rientrano nellĠambito di operativitˆ dellĠart. 10, comma 1, Cost. che riferisce il meccanismo di adattamento automatico alle sole norme internazionali consuetudinarie (23). Anche lĠart. 117, comma 1, Cost., nel testo introdotto dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, che pone i limiti per lĠesercizio delle funzioni legislative statali e regionali, distingue i vincoli derivanti dallĠÇordinamento comunitarioÈ da quelli riconducibili agli Çobblighi internazionali È, tra i quali ultimi quelli assunti con la ratifica alla CEDU. Infatti, con lĠadesione alle Comunitˆ europee, lĠItalia  entrata a far parte di un ordinamento pi ampio, sopranazionale, cui ha ceduto, ratione materiae, parte della propria sovranitˆ, con il solo limite dellĠintangibilitˆ dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione (24). Diversamente dallĠUnione europea, la (23) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, in Giur. cost., 2007, 3475. La sentenza in discorso ha affermato importanti principi in tema di rilevanza della CEDU nellĠordinamento interno, che possono essere riassunti nei termini che seguono. La Corte ha chiarito che la diretta applicabilitˆ che assiste le norme comunitarie e che si fonda sullĠart. 11 Cost. non trova applicazione per le norme della CEDU, che hanno Çnatura di norme internazionali pattizie che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nellĠordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale contrastoÈ. NŽ a un differente esito pu˜ giungersi valorizzando lĠart. 117, comma 1, Cost., il quale distingue i vincoli derivanti dallĠÇordinamento comunitarioÈ da quelli riconducibili agli Çobblighi internazionali È, tra cui quelli posti dalla CEDU, che non ha creato un ordinamento sopranazionale quale  quello dellĠUnione europea. Inoltre, la Corte ha precisato che le norme CEDU, in quanto pattizie, neppure rientrano nel perimetro applicativo dellĠart. 10, comma 1, Cost., che, ai fini dellĠadattamento automatico, si rivolge alle sole Çnorme del diritto internazionale generalmente riconosciuteÈ, cio a quelle consuetudinarie. Dal che consegue che le norme pattizie, incluse quelle poste dalla CEDU, Çnon possono essere assunte quali parametri del giudizio di legittimitˆ costituzionale, di per sŽ sole, ovvero come norme interposte ex art. 10 della CostituzioneÈ. In un tale contesto, tuttavia, lĠart. 117, comma 1, Cost., che condiziona lĠesercizio della potestˆ legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali quelli derivanti dalla CEDU, conferisce a questĠultima una maggior forza di resistenza rispetto a leggi ordinarie successive, attraendone le relative norme nella sfera di competenza della Corte costituzionale, poichŽ gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimitˆ costituzionale, per eventuale violazione dellĠart. 117, primo comma, Cost.. Peraltro, la disposizione costituzionale da ultimo citata pu˜ ritenersi operativa solo se vengano concretamente determinati gli Çobblighi internazionaliÈ che vincolano la potestˆ legislativa dello Stato e delle Regioni, che assumono quindi la funzione di fonte interposta di grado intermedio tra la Costituzione, cui sono subordinati, e la legge ordinaria. In merito a tali obblighi, la CEDU, rispetto agli altri trattati internazionali, ha la caratteristica di prevedere la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i diritti dellĠuomo, cui  affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa. Il che comporta che, fra gli obblighi internazionali assunti dallĠItalia con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione, vi sia anche quello di accoglierne le norme nel significato attribuitogli da detta Corte; norme che, in ogni modo, non sono immuni dal controllo di legittimitˆ costituzionale della Corte costituzionale, perchŽ restano pure ad un livello inferiore alla Costituzione. (24) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. CEDU non ha creato un ordinamento sopranazionale e non ha prodotto norme direttamente applicabili negli Stati contraenti (25). Peraltro, la Convenzione ha comunque istituito un organo giurisdizionale, la Corte di Strasburgo, cui  affidata la funzione di interpretare le proprie norme, con la conseguenza che, tra gli obblighi assunti dallĠItalia, rientra quello di adeguare la propria legislazione alle norme CEDU nel significato attribuitole dallĠanzidetta Corte (26). Da quanto sopra deriva che il giudice debba interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione convenzionale nel significato chiarito dalla Corte di Strasburgo, nei limiti in cui ci˜ sia possibile. In difetto, ovvero in ipotesi di dubbio sulla compatibilitˆ della norma interna con essa, egli non pu˜ disapplicarla ma deve investire la Corte costituzionale della relativa questione di legittimitˆ rispetto al parametro dellĠart. 117, comma 1, Cost., avendo la CEDU natura di fonte interposta tra la costituzione e le leggi che il legislatore ordinario ha lĠobbligo di rispettare (27). Fatta questa premessa generale sul valore giuridico della Convenzione di Roma, e quindi anche degli artt. 6 e 13,  stato osservato che la CEDU, pur enunciando il principio del giusto processo, non annovera tra le garanzie riguardanti la funzione giurisdizionale lĠÇazioneÈ, intesa come diritto di agire in giudizio, cio di adire il giudice per la tutela delle proprie posizioni di vantaggio riconosciute sul piano sostanziale (28). Ci˜ a differenza della Costituzione italiana e di quella tedesca che, invece, tra i diritti fondamentali e inviolabili dellĠindividuo, cio non ritrattabili da parte del legislatore ordinario, contemplano proprio il diritto di agire in giudizio in connessione allĠaffermata titolaritˆ di una posizione giuridica sostanziale (29). La ragione di questĠapparente dimenticanza  che lĠart. 6 CEDU, come giˆ detto, pur senza imporre un particolare modello di processo, riproduce i principi del fair trial anglosassone, in cui esistono soltanto i ÇrimediÈ (remedies), cio le singole possibilitˆ di attivare la giurisdizione in presenza di dati presupposti specifici, ma non si annette rilevanza alla posizione soggettiva preesistente riconosciuta dal diritto sostanziale e, quindi, al diritto di azione (30). Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il Çdiritto al tribunaleÈ  il (25) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. (26) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. (27) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. (28) N. TROCKER, Dal giusto processo allĠeffettivitˆ dei rimedi: lĠÒazioneÓ nellĠelaborazione della Corte europea dei diritti dellĠuomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 1, 35 ss.; AA.VV., La tutela dei diritti del cittadino davanti alla Corte europea dei diritti dellĠuomo di Strasburgo, Milano, 1989; P. BILANCIA, Le nuove frontiere della tutela multilivello dei diritti, in www.giuripol.unimi.it, pubblicato il 23 ottobre 2004. (29) SullĠaccoglimento del principio de quo nei principali testi costituzionali del dopoguerra: L. P. COMOGLIO, La garanzia costituzionale dellĠazione ed il processo civile, Padova, 1970, 97 ss., 116 ss.; N. TROCKER, Processo civile e Costituzione, Milano, 1974, 161 ss.. Pi in generale vedi G. CLEMENTE DI SANLUCA (a cura di), La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano, europeo e comparato, Napoli, I, 2011. primo aspetto di quello ad accedervi e, in questo senso, non si limita allĠottenimento di una decisione giudiziaria su una data situazione giuridica ma implica lo svolgimento di quanto necessario affinchŽ la tutela giurisdizionale si attui (31). In tal senso, il diritto di accedere al giudice  stato riconosciuto come parte integrante del principio del dovuto processo legale: escluderne la sussistenza comporterebbe di vanificare le garanzie enunciate dalla disposizione stessa (32). Questo diritto, tuttavia, non  assoluto, ma  compatibile con limiti o condizioni, quali il preventivo esperimento o esaurimento di ricorsi amministrativi o la fissazione di termini prescrizionali per la proposizione della domanda, purchŽ essi perseguano uno scopo legittimo e siano proporzionati (33). Inoltre, il diritto di adire un giudice deve essere effettivo, dovendosi garantire concretamente anche ai singoli in posizione pi svantaggiata la possibilitˆ di tutelare avanti ad un organo giudiziario i propri diritti. In questĠottica, atteso che la Convenzione di Roma si prefigge di tutelare diritti Çnon teorici e illusori ma concreti ed effettivi È, gli impedimenti Çdi fattoÈ, cio di carattere economico-sociale, possono comportare una violazione della CEDU al pari di quelli Çdi dirittoÈ (34). La giurisprudenza di Strasburgo  ripetutamente intervenuta per circoscrivere e chiarire il perimetro applicativo ed il significato del diritto a un giusto processo sancito dallĠart. 6 cit. In primo luogo, ha stabilito che il termine ÇcontroversiaÈ non pu˜ essere inteso in unĠaccezione troppo tecnica, dovendosene privilegiare una definizione sostanziale piuttosto che formale (35). Ha, poi, chiarito che se gli Stati contraenti godono di una maggiore libertˆ per la conformazione del contenzioso civile rispetto a quello penale, il requisito della Çparitˆ delle armiÈ, inteso come giusto equilibrio tra le parti, vale, in via di principio, anche in sede civile (30) La cultura giuridica anglosassone disconosce lĠimpostazione europea continentale del diritto soggettivo come situazione preesistente al rimedio giudiziario, ritenendosi che la vera garanzia dellĠindividuo risieda non nel potere di agire in giudizio ma nelle concrete modalitˆ di tutela ottenibili dal giudice, non esistendo alcun diritto diverso dal rimedio stesso (remedies precede rights). In tale contesto, sono ben radicati i valori della giustizia procedurale e dellĠequitˆ processuale, espressivi del diritto al dovuto processo legale (due process of law) giˆ enunciato dalla Magna Charta del 1215. In argomento, v. anche: V. DENTI, Azione (diritto processuale civile), in Enc. giur., II, Roma, 1988, 2; V. VARANO, Remedies, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 1997, XVI, 572. (31) N. TROCKER, Dal giusto processo allĠeffettivitˆ dei rimedi, cit.; CEDU 21 febbraio 1975 (Golder c. Regno Unito). (32) Corte CEDU 23 marzo 1995 (Loizidou c. Turchia), in Riv. internaz. dir. uomo, 1995, 483 ss., ha affermato che la Convenzione  un Çatto costituzionale dellĠordine pubblico europeoÈ. (33) N. TROCKER, op. ult. cit.; CEDU 28 maggio 1985 (Ashingdane c. Regno Unito), 30 gennaio 2003 (Cordova c. Italia), in Dir. e giust., 2003, 8, 69 ss. con il commento di G. BUONOMO, LĠimmunitˆ parlamentare pu˜ violare la convenzione dei diritti dellĠuomo. (34) V. CEDU 9 ottobre 1979 (Airey c. Irlanda), in Foro it., 1980, IV, c. 1 ss., per la quale, fra gli obblighi che gravano sugli Stati, vi  quello di rimuovere o, quantomeno, di neutralizzare gli ostacoli di ordine economico o sociale che, di fatto, compromettono la possibilitˆ di chiedere e di ottenere la tutela giurisdizionale. (35) CEDU 12 febbraio 2004 (Perez c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 718. (36). Ci˜ comporta che ogni parte debba avere una Çragionevole possibilitˆÈ di presentare la sua causa, prove incluse, in condizioni che non la pongano in una situazione di svantaggio rispetto alla controparte (37). La Corte ha pure sottolineato lĠimprescindibilitˆ del contraddittorio, sia come possibilitˆ di far conoscere gli elementi necessari per il successo delle sue pretese, sia come presa di conoscenza e discussione di ogni documento e osservazione presentata al giudice per influenzare la sua decisione (38). Al riguardo, posto che il diritto a un processo equo include la facoltˆ di presentare le osservazioni ritenute pertinenti, il giudice adito ha lĠobbligo di procedere ad un esame dei motivi, delle argomentazioni e delle prove offerte dai litiganti (39). La giurisprudenza ha pure affermato che la precostituzione del giudice per legge ha lo scopo di evitare che lĠorganizzazione del sistema giudiziario sia lasciata alla discrezionalitˆ del Governo e che, in una societˆ democratica, il diritto di essere sentito da un tribunale imparziale, sempre costituito per legge, occupa un posto cos“ eminente che una sua interpretazione restrittiva non corrisponderebbe allo scopo e allĠoggetto di tale disposizione (40). La Corte si  anche soffermata sul principio di pubblicitˆ della procedura giudiziaria, previsto a tutela delle parti rispetto a una Çgiustizia segreta che sfugga al controllo del pubblicoÈ; una garanzia funzionale anche a preservare la fiducia nel sistema giudiziario che  Çtra i principi fondanti di ogni societˆ democraticaÈ (41). Al riguardo, ha avuto modo di affermare che, per i giudici del solo diritto (i.e. le corti supreme), la mancanza di pronuncia in pubblica udienza della sentenza non contrasta con il principio di pubblicitˆ, quando lo scopo perseguito dal principio stesso, cio assicurare il controllo del potere giudiziario da parte della collettivitˆ, sia stato comunque raggiunto nel corso del procedimento considerato nel suo complesso (42). Anche gli abusi del potere legislativo sono stati oggetto di attenzione, concludendosene che se in materia civile non  vietato al legislatore disciplinare, con disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi vigenti, i principi della (36) CEDU 27 ottobre 1993 (Dombo Beheer B.V. c. Paesi Bassi), in Dir. uomo e lib. fondam., 2006, 2, 233. (37) CEDU 12 maggio 2005 (…calan c. Turchia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 976; CEDU 7 giugno 2001 (Kress c. Francia), ibidem, 430; CEDU 24 febbraio 1997 (De Haes e Gijsels c. Belgio), ibidem, 2006, 2, 567. (38) CEDU 20 luglio 2001 (Pellegrini c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 449; CEDU 18 marzo 1997 (Mantovanelli c. Francia), ibidem, 2006, 2, 590. (39) CEDU 12 febbraio 2004 (Perez c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 718. (40) CEDU 13 dicembre 2005 (Marcello Viola c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1142; 22 giugno 2000 (Co‘me e altro c. Belgio) in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 219. (41) CEDU 12 aprile 2006 (Martinie c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1253; 20 maggio 1998 (Gautrin e altro c. Spagna), ibidem, 2006, 2, 679. (42) CEDU 8 dicembre 1983 (Axen c. Rep. Fed. Germania), in Riv. dir. internaz., 1985, 383; 22 febbraio 1984 (Sutter c. Svizzera), ibidem, 1985, 647; 28 giugno 1984 (Campbell e altro c. Regno Unito), in Dir. uomo e lib. fondam., 2006, 1, 595. preminenza del diritto e del giusto processo, fatte salve prevalenti necessitˆ di interesse generale, Çsi oppongono allĠingerenza del legislatore nellĠamministrazione della giustizia con lo scopo di influire sullĠesito di una liteÈ (43). La Corte CEDU ha pure analizzato i modi di esercizio della giurisdizione per individuarne potenziali profili di attrito con la tutela dei diritti affermati dalla Convenzione, sancendo lĠinsindacabilitˆ di eventuali errori giudiziari di fatto o di diritto, salvo che abbiano pregiudicato i diritti e le libertˆ salvaguardati dalla Convenzione (44). La Corte, infatti, si limita ad accertare se la procedura giudiziaria interna, considerata nel suo insieme, incluse le modalitˆ di presentazione dei mezzi di prova, abbia carattere equo e se i diritti della difesa siano rispettati (45). Il mutamento dĠindirizzo giurisprudenziale non  ritenuto di per sŽ ostativo a un equo processo, non potendosi vantare una sorta di diritto allĠaderenza del giudice alle soluzioni giˆ affermatesi (46). Tuttavia, la presenza di una giurisprudenza ormai consolidata obbliga lĠorgano che voglia discostarsene a fornire una motivazione estesa e particolareggiata delle ragioni che supportano il cambio di orientamento, in ottemperanza al principio della certezza del diritto affermato dalla Convenzione (47). Da ultimo, posto che il principio del giusto processo deve essere interpretato alla luce del preambolo della CEDU, che enuncia la Çpreminenza del dirittoÈ come patrimonio comune degli Stati contraenti, essendo la certezza dei rapporti giuridici parte integrante di detta preminenza,  necessario che la soluzione data in maniera inappellabile a una controversia dallĠautoritˆ giudiziaria non sia pi rimessa in discussione (48). Quanto al principio di effettivitˆ della tutela, la Corte di Strasburgo ha stabilito che lĠart. 13 CEDU richiede che il ricorso interno abiliti il competente organo giudiziario nazionale a conoscere nel merito il contenuto delle doglianze e ad offrire un rimedio adeguato (49). Inoltre, un mezzo di ricorso pu˜ ritenersi effettivo e disponibile, sia in teoria sia in pratica, se  accessibile e suscettibile di offrire al ricorrente la riparazione delle sue doglianze con ragionevoli prospettive di successo (50). Gli Stati contraenti godono di un certo potere discre (43) CEDU 29 marzo 2006 (Scordino c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1204; CEDU 8 aprile 2004 (AssanidzŽ c. Georgia), ibidem, 747; CEDU 22 ottobre 1997 (Papageorgiou c. Grecia), ibidem, 2006, 2, 644. (44) CEDU 13 dicembre 2005 (Marcello Viola c. Italia), cit. (45) CEDU 13 dicembre 2005, cit. (46) CEDU 14 gennaio 2010 (Atanasovski c. ex Rep. Jugoslava di Macedonia), in Cass. pen., 2010, 6, 2450. (47) CEDU 14 gennaio 2010 (Atanasovski c. ex Rep. Jugoslava di Macedonia), cit. (48) CEDU 28 ottobre 1999 (Brumarescu c. Romania), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 91. (49) CEDU 16 ottobre 2007 (Capone c. Italia), in Foro it., 2008, 2, IV, 65; 2 febbraio 2006 (Chizzotti c. Italia), in Guida dir., 2006, 16, suppl. II, 73. (50) CEDU 14 dicembre 2006 (Markovic c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1325; 20 aprile 2006 (P. c. Italia), ibidem, 2007, 3, 1269. zionale quanto al modo di conformarsi agli obblighi loro imposti dallĠart. 13 cit., dato che la disposizione non esige una particolare forma di ricorso; pertanto, potendo la portata dellĠobbligo variare funzionalmente in base alla natura della singola doglianza, lĠesercizio del ricorso non deve essere comunque ostacolato in maniera ingiustificata da azioni od omissioni delle autoritˆ dello Stato convenuto (51). LĠistanza di cui parla lĠart. 13 CEDU, poi, pu˜ non essere necessariamente una istituzione giudiziaria in senso stretto (52). Da ultimo,  stato pure precisato che il diritto ad un ricorso effettivo comporta che il richiedente possa ottenere non solo un risarcimento ma anche la cessazione della violazione denunciata dei propri diritti (53). (segue) b) lĠart. 47 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea del 7 dicembre 2000 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. Il Capo VI della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea del 7 dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza) enuncia un complesso di garanzie giurisdizionali a tutela dei cittadini degli Stati membri, Çi cui diritti e le cui libertˆ garantite dal diritto dellĠUnione siano stati violatiÈ, indirizzate sia alle istituzioni ed agli organi comunitari, sia agli Stati stessi. La Carta di Nizza, accanto ai tradizionali diritti civili e politici di Çprima generazioneÈ, cui si riferisce la CEDU, contempla anche quelli, economici e sociali, di Çseconda generazione È, nonchŽ quelli di Çterza generazioneÈ, frutto ÇdellĠevoluzione della societˆ e [É] degli sviluppi scientifici e tecnologiciÈ, come la tutela ambientale o la protezione dei consumatori (54). Originariamente non dotata di unĠesplicita forza precettiva, la Carta era stata approvata dal Consiglio europeo come dichiarazione solenne di principi avente funzione di Çatto di ricognizione storicaÈ, cio di documento Çche attribuisce forma scritta e solenne a ci˜ che  ritenuto giˆ patrimonio della Comunitˆ e che  vigente nellĠordinamento dellĠUnione e dei suoi Stati membriÈ (55). Pertanto, le garanzie in essa consacrate riproducono diritto giˆ operante allĠinterno (51) CEDU 20 aprile 2006 (P. c. Italia) cit. (52) CEDU 4 maggio 2000 (Rotaru c. Romania), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 190. (53) CEDU 10 gennaio 2012 (Di Sarno e altro c. Italia), in Riv. giur. amb., 2012, 3-4, 407. (54) G. RAIMONDI, La Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 nel quadro della protezione dei diritti fondamentali in Europa, in Cass. pen., 2002, 5, 1885 ss.; F. POCAR, Commento alla Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea, in ID., Commentario breve al Trattato CE, Padova, 2001, 1178 ss.; R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO (a cura di), LĠeuropa dei diritti (Commento alla Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea), Bologna, il Mulino, 2001. (55) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea ed il processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 4, 1171 ss.; L. FERRARI BRAVO, La tutela dei diritti in Europa, in Eur. e dir. priv., 2001, 37 ss.; G. CONETTI, La Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea, in Studium iuris, 2001, 1163 ss.; A. PACE, A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea? Appunti preliminari, in Giur. cost., 2001, 193 ss.; M. FIORAVANTI, La Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea nella prospettiva del costituzionalismo moderno, relazione allĠincontro di studio ÒPrincipi, diritti e regole nella Carta EuropeaÓ, Firenze, 26-27 aprile 2001. dellĠUnione, ancorchŽ formatosi in via pretoria o mediante rinvio a fonti esterne come le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri o la CEDU (56). AllĠatto della sua proclamazione, gli Stati membri non avevano trovato lĠaccordo necessario per includerla nel Trattato, sia pur come allegato, essendosi impegnati a risolvere in un secondo tempo il problema dello status giuridico (57). La Carta, quindi, nasce come atto internazionale dichiarativo, privo di valore vincolante e avente natura di raccomandazione (c.d. soft law) munita di grande autorevolezza e valore persuasivo(58).In ci˜, il suo antecedente storico  la Dichiarazione comune del 5 aprile 1977, con la quale il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione riconobbero lĠimportanza primaria attribuita alle costituzioni degli Stati membri e alla CEDU, affermando che, nellĠesercizio dei loro poteri e nel perseguire gli scopi della Comunitˆ, essi Çrispettano e continueranno a rispettare questi dirittiÈ. Se confrontata con la Dichiarazione del 1977, la Carta del 2000  pi avanzata perchŽ non si rivolge pi soltanto alle istituzioni comunitarie ma anche agli Stati membri, nel momento in cui fanno applicazione del diritto comunitario, conformemente, del resto, ai risultati giˆ acquisiti sul piano giurisprudenziale (59). LĠefficacia giuridica della Carta dei diritti  stata a lungo controversa, in quanto, a fronte di una formale mancanza di vincolativitˆ, era stata sottolineata la sostanza costituzionale e non solo pattizia dellĠatto, in grado di annettergli comunque rilevanza giuridica (60). Del resto, lĠelaborazione di un catalogo di tali diritti in seno allĠordinamento comunitario  stata lĠalternativa rispetto al- lĠadesione dellĠUnione alla CEDU, possibilitˆ, questĠultima, esclusa dalla Corte (56) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali, cit. (57) G. RAIMONDI, La Carta di Nizza, cit. (58) G. RAIMONDI, op. ult. cit. (59) G. RAIMONDI, op. ult. cit.; F. POCAR, Commento, loc. cit. (60) Secondo A. BARBERA, La Carta europea dei diritti e la Costituzione italiana, in Le libertˆ e i diritti nella prospettiva europea. Atti della giornata di studio in memoria di Paolo Barile (Firenze, 25 giugno 2001), Padova, 2002, 121, la Carta era giˆ allora dotata di Çpregnante Ôforza giuridicaĠ non riconducibile alle tradizionali categorie delle fontiÈ; per A. PACE, A che serve la Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione Europea? Appunti preliminari, cit., 195, la Carta era Çuna sorta di testo unico, a mezza strada tra il compilativo e lĠinnovativoÈ; in termini analoghi M. CARTABIA, LĠora dei diritti fondamentali nel- lĠUnione europea, in ID. (a cura di), I diritti in azione. Universalitˆ e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007, 32 ss.; G.G. FLORIDIA, NellĠintenzion dellĠartista, e agli occhi degli abitanti (Osservazioni sulla ÒDichiarazione dei dirittiÓ di Nizza), in Dir. pubbl. comp. eur. 2001, 166, riteneva che la Carta creasse una propria disciplina dei diritti, quantomeno novativa della preesistente. Sul punto, v. anche: R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO, Introduzione, in EID. (a cura di), LĠEuropa dei diritti, Bologna 2001, 12; A. MANZELLA, Dopo Nizza: la Carta dei diritti ÒproclamataÓ, in L.S. ROSSI (a cura di), Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dellĠUnione europea, Milano 2002, 242; G.U. RESCIGNO, La Carta dei diritti come documento, in M. SICLARI (a cura di), Contributi allo studio della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, Torino 2003, 18; P. CARETTI, La tutela dei diritti fondamentali nel nuovo trattato che istituisce una Costituzione per lĠEuropa, in Dir. un. eur. 2005, 371 ss.; A. CELOTTO, G. PISTORIO, LĠefficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione Europea, in Giur. it. 2005, 427 ss.; G. SILVESTRI, Verso uno ius commune europeo dei diritti fondamentali, in Quad. cost. 2006, 18 ss.; G. TESAURO, Diritto dellĠUnione europea, Padova 2010, 140 ss.. di giustizia delle Comunitˆ europee, con parere n. 2/94 del 28 marzo 1996 (61). La Carta  stata oggetto di un vero e proprio Çsdoganamento giurisprudenziale È ed  stata successivamente inserita nel Trattato per una Costituzione europea, mai entrato in vigore per via dellĠesito negativo dei referendum francese ed olandese che ne impedirono la ratifica (62). Con lĠapprovazione del Trattato di Lisbona, il nuovo art. 6 del Trattato UE contiene un rinvio alla Carta dei diritti fondamentali, con la precisazione che essa Çha lo stesso valore giuridico dei trattatiÈ, superando definitivamente ogni questione in merito alla sua efficacia vincolante. La Carta dei diritti Çviene ad assumere direttamente allĠinterno dellĠordinamento dellĠUnione la veste di fonte di diritto primarioÈ ed ogni sua violazione  da equiparare a quella dei Trattati (63). La Corte costituzionale italiana, tuttavia, ha escluso che la Carta costituisca uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze del- lĠUnione europea, dato che suo presupposto di applicabilitˆ  che Çla fattispecie sottoposta allĠesame del giudice sia disciplinata dal diritto europeo e non giˆ da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale dirittoÈ (64). NellĠaffermare la diversa incidenza sullĠordinamento interno della CEDU e delle fonti comunitarie, la Corte costituzionale si  inserita nella tendenza, condivisa da altre istituzioni omologhe, a rivendicare a se stessa un ruolo privilegiato in ordine al controllo della tutela dei diritti fondamentali (65). La (61) G. RAIMONDI, op. ult. cit.; il parere Corte CE 28 marzo 1996 n. 2/94  pubblicato in, Racc., 1996, I, 1759. (62) LĠespressione Çsdoganamento giurisprudenzialeÈ  di O. POLLICINO, V. SCIARABBA, La Carta di Nizza oggi, tra Òsdoganamento giurisprudenzialeÓ e Trattato di Lisbona, in Dir. pubbl. comp. eur. 2008, 101; v. anche G. PISTORIO, La Carta dei diritti fondamentali dellĠUE: effettivitˆ versus efficacia, in G. BRONZINI, F. GUARRIELLO, V. PICCONE (a cura di), Le scommesse dellĠEuropa. Diritti, istituzioni, politiche, Roma 2009, 163 ss.. In senso dubitativo circa la natura costituzionale del trattato, cfr. P. CARNEVALE, La Costituzione europea come Costituzione, in Giur. it. 2005, 1101 ss.; A. PACE, Costituzione europea e autonomia contrattuale. Indicazioni e appunti, in Riv. dir. civ. 2006, 1, II, 1 ss.. Per un approfondimento sul fallimento del Trattato costituzionale v. P. PASSAGLIA, Il Trattato che adotta una Costituzione per lĠEuropa. Due anni dopo, in Foro it. 2007, V, 19 ss.. (63) D. CHINNI, Una sentenza retr˜. Ancora dubbi sulla forza giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea?, nota a Trib. CE, sez. VI, 13 settembre 2010 n. 166, in Giur. cost., 2011, 1, 895 ss.; L. DANIELE, Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea e Trattato di Lisbona, in Dir. un. eur. 2008, 661; in senso dubitativo C. COLAPIETRO, M. RUOTOLO, Diritti e libertˆ, in F. MODUGNO (a cura di), Lineamenti di diritto pubblico, Torino 2010, 619; A. CELOTTO, Il Trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente applicabile nell'ordinamento italiano? (in margine alla sentenza 1220/2010 del Consiglio di Stato), in www.giustamm.it; R. SESTINI, Il Trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente applicabile nellĠordinamento italiano? (in margine alla nota del Prof. Alfonso Celotto sulla sentenza n. 1220/2010 del Consiglio di Stato), ibidem. In giurisprudenza, v. anche Cons. Stato, ad. plen., 10 novembre 2008 n. 11, in Urb. app., 2009, 41 ss., con nota di L. TARANTINO, La Plenaria chiarisce i rapporti tra ricorso incidentale e ricorso principale nel processo amministrativo; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 18 maggio 2010 n. 11984, in www.giustamm.it; Corte conti, sez. giur. Puglia, 20 giugno 2011 n. 672, in www.astrid-online.it. (64) Corte cost. 25 gennaio 2011 n. 80, in www.cortecostituzionale.it. (65) M. ALLENA, La rilevanza dellĠart. 6, par. 1, CEDU per il procedimento e il processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2012, 2, 569. giurisprudenza della Corte di Cassazione si , quindi, adeguata allĠinsegnamento della Consulta, ribadendo recentemente, in tema di indennizzi per espropriazione per pubblica utilitˆ, che la diretta applicabilitˆ della Carta  affermabile soltanto ÇnellĠambito di fattispecie disciplinate dal diritto europeo ed attinenti a materie di interesse comunitarioÈ (66). Nel medesimo ordine dĠidee, sempre la giurisprudenza di legittimitˆ ha ulteriormente precisato che Çla Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione europea, alla luce della clausola di equivalenza sancita dallĠart. 52, ¤ 3, non ha determinato una trattatizzazione indiretta e piena della CEDU, la quale  predicabile solo per le ipotesi nelle quali la fattispecie sia disciplinata dal diritto europeo e non giˆ da norme nazionali prive di alcun legame con essoÈ (67). Fatte queste premesse sul valore della Carta di Nizza, ai sensi del suo art. 47, Çogni persona i cui diritti e le cui libertˆ garantiti dal diritto dellĠUnione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articoloÈ ed ha, altres“, diritto Ça che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per leggeÈ, oltre che Çdi farsi consigliare, difendere e rappresentareÈ. Inoltre, Ça coloro che non dispongono di mezzi sufficienti  concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ci˜ sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustiziaÈ. Le garanzie in parola sono ampiamente corrispondenti a quelle consacrate nella CEDU e nelle costituzioni dei singoli Stati membri in tema di diritto a un giusto processo (68). Anzi, lĠart. 47, comma 2, della Carta di Nizza riprende lĠart. 6, par. 1, CEDU che  giˆ direttamente applicabile negli ordinamenti interni degli Stati, visto che la pretesa al giusto processo ivi contenuta vale sia nei confronti delle autoritˆ comunitarie sia riguardo a quelle nazionali (69). Questa esegesi  supportata dallĠart. 52, comma 3, della Carta, a mente del quale, in caso di corrispondenza tra i diritti da essa riconosciuti e quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata dei primi Çsono uguali a quelli conferiti dalla suddetta ConvenzioneÈ e dallĠart. 53, che prevede il divieto di interpretare le disposizioni della Carta dei diritti dellĠUnione europea come limitative o lesive dei diritti dellĠuomo quali riconosciuti dalla CEDU (70). Con la disposizione citata si attua, quindi, una vera e propria comunita (66) Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2012 n. 10130, in Ced cass civ., rv. 622864. (67) Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2012 n. 9595, in Ced. cass. civ., rv. 623162. (68) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali, cit. (69) M. ALLENA, La rilevanza dellĠart. 6, par. 1, CEDU, cit. (70) LĠart. 53 della Carta di Nizza prevede che ÇNessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dellĠUnione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali lĠUnione, la Comunitˆ o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellĠuomo e delle libertˆ fondamentali, e dalle Costituzioni degli Stati membriÈ. rizzazione della giustizia tramite la riconduzione allĠordinamento europeo di principi destinati a influire sul modo di essere della tutela giurisdizionale approntata da ciascun ordinamento nazionale per le posizioni giuridiche soggettive attribuite dal diritto dellĠUnione (71). Particolarmente importante  il riferimento al principio di effettivitˆ della tutela giurisdizionale, trattandosi, in sede comunitaria, dellĠepilogo di un cammino iniziato con le sentenze von Colson e Bozzetti, ove la Corte di giustizia stabil“ che, pur spettando ÇallĠordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a risolvere controversie vertenti sui diritti scaturenti dallĠordinamento giuridico comunitario [É] gli Stati membri sono tenuti a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva di tali dirittiÈ (72). Con la pronuncia Johnston, poi, la Corte statu“ che la Çtutela giurisdizionale effettivaÈ non  una formula di stile o un espediente di carattere retorico, bens“ Çespressione di un principio giuridico generale che trova ingresso e assume rilievo nellĠordinamento comunitarioÈ, in quanto Çprincipio su cui sono basate le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membriÈ e perchŽ Çdiritto sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertˆ fondamentali del 1950È (73). A questĠultimo riguardo, il fatto che la giurisprudenza della Corte, nellĠaffermare i predetti principi, si sia ispirata allĠelaborazione della CEDU, ha indotto a ritenere che questĠultima fosse stata ÇcomunitarizzataÈ in via pretoria, anticipando la soluzione poi accolta con lĠart. 47 della Carta di Nizza (74). Mentre la CEDU costruisce il diritto alla tutela giurisdizionale prevalentemente come diritto a far valere in giudizio le proprie ragioni tramite un equo processo, che sia anche in grado di garantire unĠadeguata forma di protezione della situazione azionata, la giurisprudenza comunitaria si  concentrata su questĠultimo profilo (75). Oltre agli arresti della Corte di Giustizia, anche le altre istituzioni comunitarie sono intervenute con disposizioni in materia processuale, imponendo agli Stati non solo di garantire lĠaccesso a un giudice per le relative controversie, ma anche il tipo di tutela di cui devono munirle e i rimedi che devono offrire ai singoli a loro protezione. Il caso pi significativo  quello delle c.d. Çdirettive ricorsiÈ in materia di appalti pubblici, le quali, sulla base (71) N. TROCKER, op. cit. (72) Cfr. Corte CE 10 aprile 1984, C-14/83, in Racc., 1984, 1891 ss., 9 luglio 1985, C-179/84, in Racc., 1985, 2301. (73) V. Corte CE 15 maggio 1986, C-222/84, in Racc., 1986, 1663 ss.. (74) M.P. CHITI, LĠeffettivitˆ della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 508, e soprattutto P. PIVA, Il principio di effettivitˆ della tutela giurisdizionale nel diritto dellĠUnione Europea, Napoli, 2012. (75) M. CHIAVARIO, in S. BARTOLE, B. CONFORTI, G. RAIMONDI, Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dellĠuomo e delle liberta fondamentali, Padova, 2001, 153 ss.; R. SAPIENZA, Il diritto ad un ricorso effettivo nella Convenzione europea dei diritti dellĠuomo, in Riv. dir. int., 2001, 277 ss.. dellĠinesistenza, nellĠordinamento comunitario o in quelli domestici, di strumenti adeguati per garantire lĠeffettiva osservanza della normativa europea in materia, approntano un organico sistema di tutela (76). Un sistema informato allĠesigenza di garantire ricorsi rapidi ed efficaci, tali da assicurare una tutela sia preventiva, mediante Çprovvedimenti provvisori presi con la massima sollecitudine e con procedure dĠurgenzaÈ, sia successiva e in grado di assicurare, Çeventualmente accanto o a seguito dellĠannullamento dellĠatto illegittimo, lĠobbligo di risarcire i danni subiti da qualsiasi soggetto leso da una violazione del diritto comunitario o dalle norme nazionali che lĠhanno recepitoÈ (77). Le soluzioni percorse in tema di appalti pubblici sollevano il problema della distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, che  sconosciuta allĠordinamento dellĠUnione europea, in cui lĠespressione ÇdirittiÈ va intesa come comprensiva di tutte le posizioni giuridiche soggettive tutelate dal diritto comunitario (78). La Corte di Giustizia, infatti, non  mai entrata nel merito delle tecniche di tutela utilizzate nei singoli Stati, affermando che le norme comunitarie direttamente applicabili Çobbligano le autoritˆ e in particolare i giudici competenti degli Stati membri a proteggere gli interessi dei singoli contro eventuali violazioni di dette disposizioni, garantendo loro la tutela diretta ed immediata dei loro interessi, e ci˜ indipendentemente dal rapporto intercorrente, secondo il diritto nazionale, fra detti interessi e lĠinteresse pubblico a cui si riferisce la questione. Spetta allĠordinamento giuridico nazionale stabilire quale sia il giudice competente a garantire detta tutela e, a tal effetto, decidere come debba qualificarsi la posizione individuale in tal modo tutelataÈ (79). In definitiva, ci˜ che realmente rileva dal punto di vista del diritto comunitario  che sia in ogni caso garantita una tutela giurisdizionale adeguata ed effettiva a tutte le posizioni soggettive da esso tutelate, a prescindere dalla loro qualificazione secondo lĠordinamento domestico (80). (76) Si tratta della direttiva 89/665/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 e della direttiva 92/13/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992. Sul punto, v. M. ACONE, Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva CEE 89/665 alla legge ÒcomunitariaÓ per il 1991, in Foro it., 1992, V, 321 ss. e G. MORBIDELLI, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 831 ss.. (77) Il legislatore comunitario ha cos“ costretto ad evolversi il sistema italiano di giustizia amministrativa, allĠepoca ostile al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi; cfr. F. PATRONI GRIFFI, LĠinteresse legittimo alla luce del diritto comunitario e dei paesi membri: quali prospettive?, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 367 ss.. (78) N. TROCKER, op. ult. cit.; S. AMADEO, Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Milano, 2002. (79) Cfr. Corte CE 19 dicembre 1968, C-13/68, in Racc., 1968, p. 615 e in Foro it., 1969, IV, c. 156; 9 luglio 1985, C-179/84, cit.; 14 sett. 1997, C-316-96, in Racc. 1997, I, 7231. Questa giurisprudenza avvicina in termini pratici la portata del principio di effettivitˆ della tutela giurisdizionale a quello di equivalenza, sul quale si rinvia allĠopera di L. TORCHIA, Il governo delle differenze. Il principio di equivalenza nellĠordinamento europeo, Bologna, 2006. (80) N. TROCKER, op. ult. cit. La Corte di Giustizia ha anche ripetutamente precisato le garanzie procedurali cui hanno diritto le parti, secondo il principio del giusto processo (81). In questĠottica, pu˜ ricordarsi la giurisprudenza sulla ragionevole durata del processo, sia nei procedimenti della Commissione in tema di concorrenza e aiuti di Stato, sia nei giudizi innanzi agli organi comunitari di giustizia, sulla base di livelli di garanzia non inferiori a quelli assicurati dalla CEDU (82). Parimenti  a dirsi per il diritto alla difesa secondo il principio Çaudiatur et altera parsÈ, che la giurisprudenza comunitaria ritiene operare sia nei procedimenti amministrativi che in quelli giudiziari (83). Anche in tema di prove processuali, sono incompatibili con il diritto comunitario tutte le modalitˆ di prova o le ripartizioni del relativo onere Çil cui effetto sia di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile lĠesercizio di un dirittoÈ (84). La Corte ha pure avuto modo di affermare che il principio generale di diritto comunitario, in forza del quale ogni persona ha diritto a un processo equo, comporta il diritto di accedere a un tribunale indipendente, in particolare dal potere esecutivo (85). Il diritto a un giusto processo e lĠeffettivitˆ della tutela giurisdizionale sono stati ritenuti connessi anche al problema dei termini di prescrizione e decadenza. Al riguardo, secondo i giudici comunitari, pur avendo il legislatore nazionale facoltˆ di fissare scadenze temporali per le situazioni giuridiche soggettive, le relative previsioni non possono pregiudicarne la tutelabilitˆ e devono riguardare periodi comunque adeguati al caso anche sotto il profilo della decorrenza (86). In tal senso,  stato pure affermato che il dies a quo va ricollegato non al momento in cui il diritto (o il potere di farlo valere) sorge ma a quello, eventualmente successivo, in cui il titolare  posto in grado di averne effettiva conoscenza, in base al principio Çcontra non valentem agere non currit praescriptioÈ (87). In definitiva, lĠUnione europea, grazie alla giurisprudenza pretoria della Corte di Giustizia, ha sempre pi ampliato le proprie competenze alla tutela giurisdizionale dei diritti, materia tipicamente statuale e non assunta originariamente ad obiettivo di integrazione (88). La Corte, infatti,  intervenuta sulla (81) S. BALDI, Processo comunitario e processo equo ex articolo 6 della CEDU. Giurisprudenza comunitaria sul diritto ad un processo equo, in Dir. comm. int., 1998, 463 ss.. (82) Cfr. Corte CE 11 dicembre 1973, C-120/73 (Lorenz), in Racc., 1973, 1471, 17 dicembre 1998, C-185/95, (Baustahlgewebe), ibidem, 1998, I, 8417; in dottrina, v. P. PALLARO, Il diritto allĠequo processo nellĠordinamento giuridico comunitario alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, in Dir. com. scam. int., 2000, 493 ss.. (83) Cfr. Corte CE 23 ottobre 1974, C-17/74, in Racc., 1974, 1079, 13 febbraio 1979, C-85/76, ibidem, 1979, 511 ss.. (84) Cfr. Corte CE 9 novembre 1983, C-199/82, in Racc., 1983, 3595, 3 febbraio 2000, C-228/98, ibidem, 2000, I, 577 ss.. (85) Corte CE 11 gennaio 2000, C-189/98, in Racc., 2000, I, 1 ss.. (86) N. TROCKER, op. ult. cit. (87) Corte CE 1Ħ dicembre 1998, C-326/96, in Racc., 1998, I, 7835 ss.. (88) N. TROCKER, op. ult. cit.. legislazione processuale domestica quando ne ha rilevato profili di criticitˆ rispetto alle esigenze del diritto comunitario, elaborando principi generali de- sunti dalle tradizioni costituzionali e/o dalla CEDU. Questi canoni, qualificati come principi generali dellĠordinamento comunitario e muniti di un valore simile alle norme del Trattato, sono divenuti parametri di legittimitˆ delle norme processuali nazionali applicate dai giudici statali in qualitˆ di Çorgani comunitari decentratiÈ (89). Sebbene lĠelaborazione pretoria abbia consentito, nel- lĠimmediato, di implementare detti principi in modo pi semplice e immediato di quanto non sarebbe stato possibile mediante un esplicito riconoscimento normativo, una sistemazione pattizia della materia non era pi differibile ed  ci˜ che  avvenuto con gli artt. 6 e 47 cit.. 3. I principi di effettivitˆ e giusto processo nella Costituzione italiana e nel codice del processo amministrativo: a) la Costituzione del 1948. Nel solco della tradizione dello Stato di diritto e del principio di separazione dei poteri, giˆ da prima della novella dellĠart. 111 Cost. lĠordinamento nazionale si avvaleva di un potere giudiziario la cui indipendenza ed autonomia erano ampiamente garantite da una pluralitˆ di norme non disponibili per il legislatore ordinario (90). Infatti, la Costituzione del 1948, pur non enunciando espressamente il principio del giusto processo, soddisfaceva ampiamente i requisiti minimi richiesti per la celebrazione di un processo giusto ed equo, prevedendo: lĠeguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge ed al giudice; la soggezione di questĠultimo alla sola legge; lĠindipendenza e lĠautonomia del potere giudiziario; il diritto al giudice naturale precostituito per legge; il diritto di tutti ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi; lĠinviolabilitˆ del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento; lĠattribuzione ai non abbienti dei necessari mezzi per agire e per difendersi dinanzi a qualsiasi giurisdizione; il diritto alla pronuncia di provvedimenti giurisdizionali motivati; il diritto di ricorso straordinario in Cassazione per violazione di legge, nei confronti delle sentenze e dei provvedimenti sulla libertˆ personale (91). A tal proposito pu˜ ricordarsi la riflessione di P. CALAMANDREI per la quale lo scopo del processo  Çil pi alto che possa esservi nella vita: e si chiama giustiziaÈ, dovendo la sua conformazione ispirarsi al rispetto di basilari principi di civiltˆ giuridica quali lĠimparzialitˆ e la (89) N. TROCKER, op. ult. cit.. (90) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit.. (91) I.A. ANDOLINA, G. VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, Il modello costituzionale del processo civile italiano, Torino, 1997, 3 ss.; I.A. ANDOLINA, Il modello costituzionale del processo civile, in Genesis, Revista de direito processual civil, 1997, 4, 142 ss.; L.P. COMOGLIO, Sub art. 24, in G. BRANCA, V. SCIALOJA (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna-Roma, 1981, 1 ss.. terzietˆ del giudice, il contraddittorio e lĠeffettiva paritˆ delle parti, la motivazione delle decisioni (92). La rilevanza del principio del giusto processo nellĠordinamento italiano, quindi, non  nata con la l. cost. 23 novembre 1999 n. 2, essendo in precedenza ritenuto cogente, nei suoi portati applicativi, per la legittimitˆ della disciplina di ogni tipo di processo giurisdizionale (93). La stessa espressione Çgiusto processoÈ si era affermata in dottrina in relazione ai contributi elaborati sulla portata dellĠart. 6 CEDU (94). Ad esempio, con riferimento al diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, era nota lĠinsufficienza della mera possibilitˆ di agire o difendersi, essendo necessario che poi il giudizio si svolgesse con tutte le garanzie utili a qualificarlo come due process of law (95). Il principio del fair trial, in particolare, era fatto derivare dallĠart. 24 Cost. e alle altre norme (i.e. gli artt. 3, 25, 101-104, 107-108, 111113) che si riferiscono al processo e gli fanno da corona (96). La Costituzione del 1948 aveva, quindi, optato per una previsione analitica di specifiche garanzie del cittadino coinvolto in vicende processuali, senza tuttavia operarne unĠenunciazione Çconcentrata e sinteticaÈ (97). Proprio per questa scelta politica e normativa, lĠattuale codificazione, al massimo livello delle fonti interne, del principio del due process of law lo rende in modo pi efficace parametro di riferimento per possibili questioni di legittimitˆ costituzionale, specialmente per quanto riguarda lĠimparzialitˆ del giudice e la ragionevole durata del giudizio (98). Peraltro, a questa elevata considerazione dei contenuti sostanziali del prin (92) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, in Riv. dir. proc., 1950, I, 282; ID., Processo e democrazia, Padova, 1954, 46 ss., 121 ss., 145 ss.; N. TROCKER, Il rapporto processo-giudizio nel pensiero di Piero Calamandrei, ibidem, 1989, 968. (93) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), cit.; E. FAZZALARI, Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1996 e ID., Procedimento e processo (teoria generale), in Enc. giur., XXIV, 1991. (94) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, in Atti del Congresso Internazionale di Diritto processuale civile, Padova, 1953, 16 ss.; M. CAPPELLETTI, Diritto di azione e di difesa e funzione concretizzatrice della giurisprudenza costituzionale. Art. 24 Costituzione e Òdue process of law clauseÓ, in Giur. cost., 1961, 1284; V. ANDRIOLI, La Convenzione europea dei diritti dellĠuomo e il processo giusto, in Temi rom., 1964, pp. 443 ss.. V. DENTI, Valori costituzionali e cultura processuale, in A. PIZZORUSSO, M. VARANO (a cura di), LĠinfluenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, Milano, 1985, II, 814 e 816; M. CHIAVARIO, ÒCultura italianaÓ del processo penale e Convenzione europea dei diritti dellĠuomo: frammenti di appunti e spunti per una ÒmicrostoriaÓ, in Riv. int. dir. uomo, 1990, pp. 433, 436 ss.. Per una trattazione pi completa della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo, cfr.: M. DE SALVIA, La Convenzione europea dei diritti dellĠuomo, Napoli, 2001; A. BULTRINI, La Convenzione europea dei diritti dellĠuomo: considerazioni introduttive, in Corr. giur., 1999, 642 ss.. (95) M. CAPPELLETTI, Diritto di azione e di difesa, cit. (96) E. COUTURE, La garanzia costituzionale del Òdovuto processo legaleÓ, in Riv. dir. proc., 1954, I, 81 ss.; V. VIGORITI, Garanzie costituzionali del processo civile, cit.; M. CAPPELLETTI, Diritto di azione e di difesa, cit.; P. BARILE, Diritti dellĠuomo e libertˆ fondamentali, Bologna, 1987, 287; G. FERRARA, Garanzie processuali dei diritti costituzionali e Ògiusto processoÓ, in Rass. parl., 1999, 539 ss.. (97) N. TROCKER, op. ult. cit.. (98) N. TROCKER, op. ult. cit.. cipio in esame, al di lˆ della mancanza di una sua esplicita affermazione puntuale, faceva da contraltare la scarsa attenzione che la dottrina italiana di poco pi risalente, cio del periodo monarchico, riservata a un punto qualificante del giusto processo come il principio del contraddittorio. Al riguardo, esemplificativo era lĠinsegnamento di F. CARNELUTTI per il quale esso era Çun mezzo del processo non un fineÈ, con la conseguenza che Çil difetto di contraddittorio pu˜ pregiudicare, ma non pregiudica in ogni caso, lo scopo del processo; il contraddittorio  uno strumento utile del processo, quando vi sono ragioni per contraddire, se non ve ne sono,  un ingombroÈ e ancora che Çla mancanza effettiva di contraddittorio non sta punto in contrasto logico col fine del processo, perchŽ lĠattuazione della legge, attraverso una decisione giusta, pu˜ ottenersi anche senza la cooperazione delle partiÈ (99). Contrariamente a ci˜, lĠinviolabilitˆ della difesa in ogni stato e grado del procedimento comporta la necessaria esistenza del contraddittorio, dal momento che, per aversi un ÇprocessoÈ in senso proprio, al percorso di formazione dellĠatto finale devono partecipare anche i destinatari dei suoi effetti, della cui attivitˆ il giudice non pu˜ non tener conto (100). Peraltro,  da escludere che la pienezza di tutela dei diritti si abbia soltanto con le forme di contraddittorio operanti nel rito c.d. ordinario, potendo ben esservi pi di una modalitˆ di attuazione delle garanzie costituzionali del processo. Infatti, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio, rileva che un procedimento promosso in forma sommaria non si esaurisca in sŽ ma accordi al resistente la facoltˆ di difendersi in una successiva fase, in cui la domanda iniziale  sottoposta alla piena cognizione del giudice e lĠesecuzione provvisoria del provvedimento  suscettibile di sospensione o revoca (101). Sono dunque ammissibili i riti c.d. speciali, a condizione che siano sempre assicurati lo ÇscopoÈ e la ÇfunzioneÈ del principio del giusto processo, non dovendo il contraddittorio necessariamente svolgersi secondo forme e modalitˆ tendenzialmente costanti e uniformi (102). Pure il requisito della paritˆ delle armi era giˆ enucleabile in base agli artt. 3 e 24, comma 2, Cost., poichŽ lĠesigenza per cui ciascun contendente disponga degli stessi poteri processuali era ampiamente affermata dalla giurisprudenza convenzionale maturata sullĠart. 6 CEDU, costituendo un aspetto insopprimibile della nozione di processo equo davanti ad un tribunale indipendente e imparziale (103). Sul punto, si ricorda la posizione di P. CALA (99) F. CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile, II, Padova, 1933, 99, 168 ss.. (100) N. TROCKER, op. ult. cit.. (101) L.P. COMOGLIO, Rapporti civili, Art. 24-26, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1981, 67-69. (102) Corte cost. 1Ħ ottobre 1997 n. 306, 8 maggio 1996 n. 148 e 13 aprile 1995 n. 119, in Giur. cost., rispettivamente, 1997, 2875, 1996, 1437 e 1995, 947. (103) C. CONSOLO, LĠequo processo arbitrale nel quadro dellĠart. 6, par. 1 della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo, in Riv. int. dir. uomo, 1993, 323 ss.; N. ZANON, LĠordine della discussione davanti alla Corte di Cassazione, il diritto di difesa e le garanzie del Ògiusto processoÓ, in Giur. cost., 1999, 3125. MANDREI, per il quale affinchŽ un processo sia giusto,  indispensabile che, innanzi a un giudice imparziale, Çvi siano due parti in contraddittorio, in modo che il giudice possa udire le ragioni di tuttĠe dueÈ e Çche queste due parti si trovino tra loro in condizione di paritˆ non meramente giuridica (che pu˜ voler dire meramente teorica), ma che vi sia tra esse unĠeffettiva paritˆ pratica, che vuol dire paritˆ tecnica ed anche economicaÈ (104). Ci˜ in quanto, anche di fronte alla giustizia, cĠ pericolo che Çgravi sul meno abbiente quella maledizione che pesa su lui, ogni volta che gli ordinamenti democratici si limitano ad assicurargli, a lui come a tutti gli altri cittadini, le libertˆ politiche e civili: le quali troppe volte, quando gli mancano i mezzi economici indispensabili per valersi praticamente di quelle libertˆ, si risolvono [...] in una irrisioneÈ (105). Nel sistema della CEDU, peraltro, il problema dellĠeffettivitˆ del diritto di difesa  correlato allĠart. 6 che, come visto, garantisce la possibilitˆ di esercizio reale ed effettivo, e non meramente astratto ed illusorio, del diritto di azione e di difesa (106). SennonchŽ, era stata rilevata la difficoltˆ di accostare il prototipo italiano di giusto processo a quello internazionale in ragione della mancanza di unĠequivalente analiticitˆ, completezza e concentrazione di contenuti garantistici, non essendovi prescrizioni esplicite su molti suoi aspetti concreti qualificanti (107). Sulla laconicitˆ della Carta fondamentale, peraltro, in senso contrario a queste riflessioni era stato osservato che Çla normazione costituzionale dovrebbe guardarsi dal porre discipline dettagliate che sono incapaci di esaurire le valenze delle norme espressive di principi, e sono, invece, idonee a limitarle nellĠimmediato e a comprimerle nel medio-lungo periodoÈ (108). Anche la giurisprudenza costituzionale anteriore alla riforma del 1999 si era richiamata alla nozione di giusto processo, affermandone la natura di principio costituzionale, poichŽ la garanzia di un processo equo  Çesigenza suprema che non si risolve in affari di singoli, ma assurge a compito fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione di dicere ius di cui i diritti di agire e di resistere nel processo [É] rappresentano soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme disciplinatrici della titolaritˆ e dellĠesercizio della potestˆ dei giudiciÈ (109). Dando atto delle due anime del due process of law, attenendo esso alla posizione e alle funzioni del giudice e ai diritti delle parti, la Consulta  arrivata a definirlo come concetto Çin cui si compendiano i principi che la Costituzione detta in ordine tanto ai caratteri della giurisdizione, sotto il profilo soggettivo (104) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, cit., 145 ss.. (105) P. CALAMANDREI, op. ult. cit... (106) M. CHIAVARIO, ÒCultura italianaÓ cit., 443 e 447. (107) L.P. COMOGLIO, I modelli di garanzia costituzionale del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, 713 ss., 735. (108) G. FERRARA, Garanzie processuali, cit.. e oggettivo, quanto ai diritti di azione e difesa in giudizioÈ (110). LĠapproccio maggiormente seguito dalla giurisprudenza, non solo costituzionale,  stato perlopi ancorato al solo dato interno delle varie norme sulla giurisdizione contenute in ordine sparso nella Carta fondamentale, omettendo quasi del tutto i riferimenti a un modello internazionale di giusto processo (111). Le pronunce della Corte Costituzionale si sono soffermate sulle principali proiezioni applicative del principio in esame, prima tra tutte lĠimparzialitˆ del giudice, che Çha pieno valore costituzionale con riferimento a tutti i tipi di processoÈ (112). é questo un aspetto che non compare espressamente nel testo originario della Costituzione, ma che fa parte di quel carattere di terzietˆ che connota la funzione giurisdizionale e la posizione del giudice distinguendola da tutti gli altri poteri pubblici e condizionando lĠeffettivitˆ del diritto di azione e difesa in giudizio (113). In tal senso, nellĠambito del giusto processo Çvoluto dalla CostituzioneÈ, in assenza dĠimparzialitˆ del giudice Çle regole e le garanzie processuali si svuoterebbero di significatoÈ (114). LĠimparzialitˆ, in particolare, richiede che la funzione del giudice sia assegnata a un soggetto terzo, non solo scevro da interessi propri che possano ostacolare la rigorosa applicazione del diritto al caso di specie, ma anche sgombro da convinzioni precostituite sul thema decidendum, formatesi nelle precedenti fasi del giudizio (115). Sino alla novella del 1999, la Costituzione non enunciava espressamente il principio dellĠimparzialitˆ del giudice, invece affermato per la pubblica amministrazione, volendosi garantire lĠautonomia e (109) Corte cost. 12 dicembre 1984 n. 282, in Giur. cost., 1984, I, 2123. V. anche Corte cost. 13 febbraio 1985 n. 41, in Giur. cost., 1985, I, 172, 27 giugno 1986 n. 156, ibidem, 1986, I, 1085, 18 febbraio 1988 n. 189, ibidem, 1988, I, 720, 29 aprile 1993 n. 201, ibidem, 1993, 1375, 24 aprile 1996 n. 131, ibidem, 1996, 1139, 2 novembre 1996 n. 371, ibidem, 3386, 21 marzo 1997 n. 66, ibidem, 1997, 696, 1Ħ ottobre 1997 nn. 306 e 307, ibidem, 2875 e 2888, 18 luglio 1998 n. 290, ibidem, 1998, 2227, 30 marzo 1999 nn. 105 e 106, ibidem, 1999, 942 e 945, 18 maggio 1999 n. 178, ibidem, 1747, 17 giugno 1999 n. 241, ibidem, 2132, 20 aprile 2000 n. 113, ibidem, 2000, 1009. (110) Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131 cit. (111) Corte cost. 22 ottobre 1999 n. 388, in Giur. cost., 1999, 2991, 19 giugno 1998 n. 213, ibidem, 1998, 2355, 31 maggio 1996 n. 177, in Foro it., 1996, I, 2268, 20 maggio 1996 n. 155, ibidem, 1996, I, 1898, 24 aprile 1996, n. 131, in Giur. cost., 1996, 1139, 15 settembre 1995 n. 432, ibidem, 1995, 3371, 24 febbraio 1992, n. 62, ibidem, 1992, 337, 28 ottobre 1987 n. 345, in Giur. cost., 1987, 2652 ss., 22 dicembre 1980 n. 188, in Foro it., 1981, 319 ss.. In dottrina cfr. N. TONOLLI, Il principio della paritˆ delle armi nellĠequo processo e la regola Ònemo in propria causa testis esse debetÓ, in Riv. int. dir. uomo, 1996, 323 ss.; G. SPANGHER, Rapporti tra processo penale e carta costituzionale, in Dir. pen. e proc., 1998, 49; D. ALBERGHINI, A proposito di convenzioni internazionali e parametri di costituzionalitˆ, in Giur. cost., 1999, 339 ss.; A. BULTRINI, La Convenzione europea dei diritti dell'uomo: considerazioni introduttive, in Corr. giur., 1999, 642 e 648. (112) Corte. cost. 7 novembre 1997 n. 326, in Giur. cost., 1997, 2477. (113) Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131 cit., 22 ottobre 1997 n. 311, in Giur. cost., 1997, 2922. (114) Corte cost. 20 maggio 1996 n. 155, in Giur. cost., 1996, 1464, Corte cost. 22 ottobre 1997 cit. (115) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), in Enc. dir., Milano, V, 2001, 595 ss. lĠindipendenza della magistratura e dei singoli magistrati rispetto ai condizionamenti degli altri poteri dello Stato (116). In generale, lĠimparzialitˆ del giudice non dipende dallĠintensitˆ dei suoi poteri ma ne modera in concreto lĠesercizio, con la conseguenza che la riformulazione dellĠart. 111 Cost. non comporta una preferenza per il modello processuale dispositivo, di stampo anglosassone, rispetto a quello inquisitorio, proprio delle esperienze continentali (117). In materia di imparzialitˆ, la giurisprudenza costituzionale si  espressa anche sul pericolo di una sua lesione derivante da situazioni di possibile Çripetitivitˆ decisoriaÈ (118). Infatti, in campo civile, lĠincompatibilitˆ endoprocessuale  stata dapprima limitata alla sola Çpreesistenza di valutazioni che cadono pressochŽ sulla medesima res iudicandaÈ o pi esattamente, alla Çduplicazione di giudizi della medesima natura presso lo stesso giudiceÈ(119). Soltanto successivamente  stato chiarito che la nozione di Çaltro gradoÈ di giudizio ha un significato pi ampio di quello di Çgrado superioreÈ del processo, secondo lĠordine degli uffici giudiziari, operando lĠart. 51 n. 4 cod. proc. civ. anche lˆ dove la nuova cognizione sul medesimo tema si svolga in una nuova fase di opposizione, pur allĠinterno del medesimo grado latamente considerato (120). Sul medesimo argomento, la Corte di Strasburgo ha stabilito che Çil semplice cumulo in capo al medesimo giudice, persona fisica, della competenza a pronunciare provvedimenti provvisori e di merito non  di per sŽ solo capace di causare la parzialitˆ dello stesso. Minaccia allĠimparzialitˆ con possibile violazione dellĠart. 6, ¤ 1, CEDU si ha solo se i concreti provvedimenti presi nel corso della fase precedente e il concreto ambito della cognizione precedente pregiudicano la capacitˆ del giudice di esprimere un nuovo giudizio distaccato, libero dai condizionamenti della forza della prevenzione È (12). ÇTerzietˆÈ e ÇimparzialitˆÈ sono, in definitiva, due caratteristiche complementari e inscindibili che del giudice descrivono sia il profilo ordinamentale, di equidistanza dalle parti, sia quello psicologico di assenza di pregiudizi e condizionamenti tali da influire sul suo libero convincimento. Con riferimento al contraddittorio, giˆ prima della l. cost. n. 2 cit. la Corte Costituzionale aveva riconosciuto che tra i contenuti del giusto processo rientrano lĠeffettivitˆ di un Çcontraddittorio equilibratoÈ e la Çparitˆ delle armi tra accusa e difesaÈ (122). Il contraddittorio di cui allĠart. 111, (116) N. TROCKER, op. ult. cit.. (117) N. TROCKER, op. ult. cit.. (118) Corte cost. 15 settembre 1995 n. 432, 24 aprile 1996 n. 131, 20 maggio 1996 n. 155, tutte in www.cortecostituzionale.it. (119) Corte cost. 7 novembre 1997 n. 326, in Giur. it., I, 411, con nota di C. CONSOLO, Il giudice civile cautelare non diviene in via generale incompatibile a statuire nel merito secondo la Consulta; Corte cost. 21 ottobre 1998, n. 359, in Foro it., 1998, I, 3033. (120) Corte cost. 15 ottobre 1999 n. 387, in www.cortecostituzionale.it. (121) CEDU 24 maggio 1989 (Hauschildt), in Riv. int. dir. uomo, 1989, 456. (122) Corte cost. 18 dicembre 1997 (ord.za) n. 421, in Giur. cost., 1997, 3806. comma 2, Cost. non si riferisce, tuttavia, alla sola formazione della prova, come il successivo comma 4 per il processo penale, ma allĠintervento dialettico delle parti nel corso del giudizio, che pu˜ ben realizzarsi anche su prove giˆ costituite e prodotte (123). Si tratta, cio, del noto e risalente principio Çaudiatur et altera parsÈ, in base al quale un provvedimento giurisdizionale non pu˜ assumere definitivitˆ senza che la parte destinata a subirne gli effetti sia stata posta in condizioni di far valere le proprie ragioni (124). Il che non implica affatto la contestualitˆ del confronto tra le parti, potendo il contraddittorio dei processi non penali realizzarsi in un qualunque momento del giudizio, purchŽ prima che la decisione diventi definitiva e sempre che alla parte passiva sia assicurata la piena ed eguale possibilitˆ di incidere sul convincimento finale del giudice (125). (segue) b) la legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2. LĠidea di inserire esplicitamente il principio in esame in Costituzione  stata avanzata per la prima volta nellĠart. 130 del progetto di legge costituzionale approvato il 4 novembre 1997 dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, in stretta connessione con il principio di unicitˆ della giurisdizione e con la riserva assoluta di legge statale (126). Tuttavia, il consenso politico necessario ad attuarla si  formato solo dopo la pronuncia della sentenza della Corte Costituzionale 2 novembre 1998 n. 361, che ha dichiarato lĠillegittimitˆ dellĠart. 513 cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla l. 7 agosto 1997 n. 267, in tema dĠinutilizzabilitˆ delle dichiarazioni rese dai coimputati durante le indagini preliminari (127). La Consulta, in particolare, ha aderito a una concezione riduttiva del contraddittorio, inteso in senso meramente formale ed esperibile anche su prove giˆ costituite, almeno nei loro elementi essenziali, anzichŽ in vista della loro formazione, come sarebbe stato richiesto dal modello accusatorio di processo scelto con il codice di rito penale del 1988 (128). Secondo la dottrina pi critica, si finiva cos“ per sostituire al contraddittorio il Çmetodo di formazione dialettica della provaÈ, in base al quale lĠaccusato pu˜ semplicemente confutare, a posteriori e senza un confronto diretto, (123) P. FERRUA, Il Ògiusto processoÓ, cit., 78 ss.. (124) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), cit.; N. PICARDI, Il principio del contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1998, 673 ss.. (125) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (126) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (127) In particolare, la decisione aveva affermato la possibilitˆ di utilizzare gli elementi di prova raccolti in fase pre-dibattimentale in nome del principio di Çnon dispersione della provaÈ funzionale alla Çricerca della veritˆÈ, che  Çfine primario e ineludibile del processo penaleÈ. La sentenza si inserisce in un orientamento pi ampio di cui sono parte anche Corte cost. 31 gennaio 1992 n. 24, in Giur. cost., 1992, 114, 3 giugno 1992 nn. 254 e 255, ibidem, 1932 e 1961, 24 febbraio 1995 n. 60, ibidem, 1995, 508, 25 luglio 1995 n. 381, ibidem, 2778. (128) S. FOIS, Il modello costituzionale del Ògiusto processoÓ, in Rass. parl., 2000, 586 ss.. dichiarazioni a carico giˆ acquisite al processo prima del dibattimento (129). Era questa una visione assai diversa da quella che si stava consolidando in Parlamento, fondata su una pi rigorosa interpretazione delle garanzie costituzionali in tema di giusto processo giˆ esistenti, tale da indurre con urgenza a unĠintegrazione della Costituzione che la affermasse definitivamente anche nei confronti della giurisprudenza della Corte (130). Ebbene, il nuovo art. 111, commi 1 e 2, Cost., nel testo introdotto dalla l. cost. n. 2 cit., afferma che Çla giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di paritˆ, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durataÈ. La riserva di legge cos“ fissata  da intendere riferita allĠintera disciplina dello svolgimento di tutti i processi giurisdizionali e pone limiti di contenuto e di merito al legislatore ordinario (131). Si tratta, in particolare, di una riserva assoluta, compatibile con il potere regolamentare governativo soltanto in termini di stretta esecuzione (132). Essa non manifesta la propria forza limitatrice soltanto nei confronti del potere legislativo ma vale anche nei confronti della discrezionalitˆ del giudice nel configurare il modello processuale, precludendo che Çla forma e i termini (cio i poteri delle parti e del giudice) attraverso cui realizzare i poteri di domanda, eccezione, ecc., i poteri istruttori, il potere di difesa scritta e oraleÈ siano tutti rimessi quanto a modalitˆ e tempi alla discrezionalitˆ del magistrato (133). Al legislatore spetta, quindi, bilanciare lĠesigenza di predeterminazione legale della disciplina processuale con quella di flessibilitˆ che  parimenti indispensabile per la miglior tutela giurisdizionale (134). Per la sola giurisdizione penale, i successivi commi 3-5, sempre inseriti dalla l. cost. n. 2 cit., dispongono che Çnel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel pi breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dellĠaccusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltˆ, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e lĠinterrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dellĠaccusa e lĠacquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo penale  regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della (129) M. CECCHETTI, op. ult. cit.; G. FERRARA, Garanzie processuali dei diritti costituzionali e Ògiusto processoÓ, in Rass. parl., 1999, 539 ss.. (130) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (131) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (132) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (133) A. PROTO PISANI, Relazione, cit., 320. (134) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. prova. La colpevolezza dellĠimputato non pu˜ essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si  sempre volontariamente sottratto allĠinterrogatorio da parte dellĠimputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dellĠimputato o per accertata impossibilitˆ di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecitaÈ. LĠutilizzo dellĠaggettivo ÇgiustoÈ, da parte del nuovo art. 111 Cost., esplicita ancor pi lĠadesione dellĠordinamento repubblicano ai prima illustrati valori di stampo etico e politico, come conformati a livello internazionale e posti Çal di sopra della legge scritta, ricavati dalla natura e dalla ragione secondo i moduli del giusnaturalismoÈ (135). Tuttavia, essendo nata allĠinsegna dellĠurgenza, la novella del 1999 non ha compiutamente introdotto nella Carta fondamentale tutti i corollari applicativi del modello internazionale di giusto processo, ma solo quelli ritenuti politicamente pi indifferibili e condivisi, con unĠattenzione assai marcata sul processo penale: la pubblicitˆ del procedimento e della pronuncia delle sentenze, infatti, continuano a non figurare in termini espliciti, come pure lacunosi sono gli strumenti per garantire la ragionevole durata dei processi, come anche le guarentigie contro le auto-incriminazioni e i diritti delle vittime dei reati (136). In ogni modo, il nuovo art. 111 Cost. conferisce esplicito fondamento normativo a un principio che sino allora era soltanto desumibile dal quadro dei valori costituzionali, pur essendo codificato dallĠart. 6 CEDU tra i diritti minimi che spettano a chiunque sia interessato alla risoluzione di una controversia civile, oppure sia gravato da unĠaccusa di natura penale (137). Dalla lettura dellĠart. 111 cit. emerge che gli elementi che concorrono a definire la ÇgiustezzaÈ di ogni processo sono non solo il contraddittorio tra le parti in condizioni di paritˆ, la terzietˆ e lĠimparzialitˆ del giudice, la ragionevole durata, ma anche le preesistenti garanzie dellĠobbligo di motivazione delle decisioni giurisdizionali e la possibilitˆ di impugnare sentenze e provvedimenti sulla libertˆ personale almeno con il ricorso in cassazione per violazione di (135) E. AMODIO, Giusto processo, procs quitabile e fair trial: la riscoperta del giusnaturalismo processuale in Europa, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, 1-2, 93 ss., il quale scorge un lessico giusnaturalista anche negli artt. 13, 24 e 25 Cost.; L.P. COMOGLIO, I modelli di garanzia costituzionale del processo, in Scritti in onore di Vittorio Denti, Padova, 1994, I, 297 ss.. Esprimono scetticismo sulla portata della riforma costituzionale: P. FERRUA, Il giusto processo, Bologna, 2005; G. UBERTIS, Giusto processo (Diritto processuale penale), in Enc. dir., Annali, 1, Milano 2008, 419 ss.; S. LA CHINA, Giusto processo, laboriosa utopia, in Riv. dir. proc., 2005, 1111 ss.; L.P. COMOGLIO, Il giusto processo nella dimensione comparatistica, ibidem, 2002, 702 ss.; S. CHIARLONI, Giusto processo (Diritto processuale civile), in Enc. dir., Milano, 2008, 403 ss.. (136) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. (137) N. TROCKER, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il Ògiusto processoÓ in materia civile: profili generali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 2, 381 ss.; C. MORETTI, LĠimparzialitˆ del giudice tra la cautela e il merito, in Riv. dir. proc., 1996, 1101 ss.. legge (138). é appena il caso di osservare che lĠintroduzione del principio del giusto processo attiene al modo in cui deve disciplinarsi lĠesercizio della funzione giurisdizionale da parte del legislatore ordinario e non muta Çil concetto di funzione giurisdizionale, da intendersi come veicolo per il concretarsi del- lĠordinamento giuridico rispetto alla fattispecie della liteÈ (139). Il legislatore costituzionale ha inteso concentrare lĠattenzione non solo sul processo (che, in sŽ e per sŽ considerato,  uno strumento neutro, non qualificabile come giusto o in giusto) ma sul suo risultato decisorio finale, che non pu˜ prescindere dai basilari principi di civiltˆ giuridica, quali la terzietˆ del giudice, il contraddittorio e la motivazione dei provvedimenti (140). Pertanto, ÇgiustoÈ non  il processo astrattamente regolare nelle sue forme ma quello che sostanzialmente rispetta i valori consacrati nelle norme costituzionali e che, per questo, si svolge davanti ad un giudice imparziale, nel contraddittorio di tutti gli interessati e in un tempo ragionevole (141). La nozione di giusto processo, dunque, pi che alludere alla sola correttezza e lealtˆ sul piano procedurale, si riferisce soprattutto alla capacitˆ di raggiungere Çrisultati credibili nel senso della tempestivitˆ e dellĠefficaciaÈ (142). In tal senso, il principio di effettivitˆ costituisce un sinolo indissolubile con quello del giusto processo. ComĠ noto, il principio del giusto processo non ha un contenuto sintetizzabile in un unico precetto ma si esprime in una pluralitˆ di corollari applicativi, taluni dei quali denominati ÇstrutturaliÈ o di equitˆ, riguardanti il giudice e le parti, altri definiti ÇfunzionaliÈ o di efficienza, quali la generalitˆ, completezza e pienezza della tutela, nonchŽ la ragionevole durata (143). In particolare, il nuovo art. 111 Cost. coinvolge pi aspetti, come lĠindipendenza, lĠimparzialitˆ e la terzietˆ del giudice, il contraddittorio e la paritˆ delle parti, lĠobbligo di collaborazione processuale, il diritto alla prova e i tempi del giudizio, la presunzione dĠinnocenza, il diritto di difesa e il principio del giudice naturale (144). Nonostante la duplice rilevanza del principio del giusto processo, interna (138) G. VERDE, Giustizia e garanzie nella giurisdizione civile, in Riv. dir. proc., 2000, 307; E. PICOZZA, Il giusto processo amministrativo, cit., 1071 e 1075. (139) Cass. civ., sez. un., 15 luglio 2003 n. 11091, in Giur. it., 2004, 1, 634. (140) N. TROCKER, Il nuovo articolo 111 della Costituzione, cit.; L.P. COMOGLIO, Valori etici e ideologie del Ògiusto processoÓ (modelli a confronto), ibidem, 1998, 899; P. CALAMANDREI, Processo e democrazia, Padova, 1954, 122, 125, 128 ss.. (141) N. TROCKER, op. ult. cit.. (142) N. TROCKER, op. ult. cit.. (143) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2009, 119 ss.; F.G. SCOCA, I principi del giusto processo, in ID. (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2006, 141 ss.. (144) E. AMODIO, Giusto processo, procs quitabile e fair trial, cit. Accolgono la concezione ÇmonisticaÈ anche P. STEIN e J. SHAND, I valori giuridici della civiltˆ occidentale, Milano, 1981, 114 e ss.; contra V. GREVI, Spunti problematici sul nuovo modello costituzionale di Ògiusto processoÓ penale (tra Òragionevole durataÓ, diritti dellĠimputato e garanzia del contraddittorio), in Pol. dir., 2000, 437; E. MARZADURI, Commento alla l. cost. 23 novembre 1999, n. 2, in Leg. pen., 2000, 773; A. NAPPI, La ragionevole durata del giusto processo, in Cass. pen., 2002, 1542. e internazionale, non ci pare condivisibile distinguere sul punto garanzie oggettive e soggettive, quasi che il medesimo principio, quando affermato in sede pattizia, fosse un diritto del singolo, mentre quello azionato avanti alla giurisdizione domestica riflettesse ÇunĠesigenza oggettiva di attuazione della CostituzioneÈ (145). A tal riguardo, non pu˜ che rifuggirsi dalla tentazione di tramutare il giusto processo da inalienabile garanzia del singolo a oggetto di un potere statale preposto al sereno ed efficiente espletamento della funzione giurisdizionale, pur non essendo dubitabile che tale componente sia comunque presente in esso (146). Infatti, ogni garanzia processuale, per quanto abbia senzĠaltro riflessi sullĠorganizzazione della giustizia e sullĠesercizio della funzione sovrana di dichiarare il diritto nei casi controversi, resta essenzialmente un limite imposto al potere coercitivo dello Stato che, in quanto tale,  intestato solo e soltanto allĠindividuo che ne invoca la tutela. Rispetto alle acquisizioni giˆ maturate in epoca antecedente la riforma, la disposizione pi innovativa  lĠenunciazione del principio di tempestivitˆ della tutela giurisdizionale (147). La giurisprudenza costituzionale anteriore aveva giˆ puntualizzato che il diritto ad agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi implica una ragionevole durata del processo, affinchŽ la decisione giurisdizionale assicuri unĠefficace protezione e la realizzazione della giustizia; mancava, tuttavia, unĠespressa formalizzazione del principio (148). La ragionevole durata del processo  stata intesa come rivolta al legislatore e non al cittadino che, quindi, non ha una posizione giuridica direttamente azionabile a tutela del proprio interesse a una rapida definizione delle controversie che lo vedono coinvolto (149). In altri termini, lĠart. 111, comma 3, Cost. non stabilisce che ogni processo debba svolgersi in tempi ragionevoli nŽ che ciascuno abbia diritto a un processo di durata ragionevole, come invece fa lĠart. 6 CEDU, limitandosi ad affidare al legislatore ordinario il compito di assicurarla. Ci˜ significa che lĠefficienza della giustizia non  un valore assoluto ma da contemperare con le garanzie del contraddittorio tra le parti in condizioni di paritˆ (150). Ci˜ si traduce in unĠefficacia normativa ridotta del (145) M. CHIAVARIO, Appunti sul processo penale, Torino, 2000, 12. (146) E. AMODIO, Giusto processo, procs quitabile e fair trial, cit. Sul punto, v. anche P. TONINI, Il contraddittorio: diritto individuale e metodo di accertamento, in Dir. pen. proc., 2000, 1390; V. GREVI, op. cit., 436; E. MARZADURI, op. cit., 771. Pi in generale, v. M.R. DAMASKA, I volti della giustizia e del potere, Bologna, 1991. (147) Per quanto attiene alle esperienze straniere, lĠart. 24, comma 2, della Costituzione del Regno di Spagna del 27 dicembre 1978 stabilisce che tutti hanno diritto ad un processo Çsenza dilazioni indebite È; il VI emendamento alla Costituzione federale degli Stati Uniti dĠAmerica del 17 settembre 1787 afferma che, almeno nel processo penale, lĠaccusato abbia il diritto ad essere giudicato sollecitamente. (148) Corte cost. 22 ottobre 1999 n. 388, in Giur. cost., 1999, 2991. (149) N. TROCKER, op. ult. cit.. (150) M. CECCHETTI, op. cit.; N. TROCKER, Il valore costituzionale, cit., 47 ss.; A. PROTO PISANI, Relazione conclusiva, in M.G. CIVININI, C.M. VERARDI (a cura di), Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il giusto processo civile. Atti del Convegno dellĠElba, 9-10 giugno 2000, 324 ss.. nuovo dispositivo costituzionale che, ove non ritenuto una mera norma programmatica, pu˜ fungere da parametro di legittimitˆ costituzionale soltanto per norme Çche prevedano tempi lunghi, inutili passaggi di atti da un organo allĠaltro, formalitˆ superflue non giustificate nŽ da esigenze repressive nŽ da garanzie difensiveÈ (151). é appena il caso di ricordare che il principio in esame ha trovato accoglimento anche in sede comunitaria, ove la pronta definizione delle liti  ritenuta una delle basi delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, oltre che diritto sancito dalla CEDU (152). Anche il giudizio di cassazione, pur preesistendo alla novella del 1999, ai sensi dellĠart. 111, comma 7, Cost., rientra nel nucleo essenziale del giusto processo regolato dalla legge, essendo il rimedio Çcostituzionalmente imposto È avverso le sentenze e i provvedimenti limitativi della libertˆ personale per vagliarne la legalitˆ (153). LĠart. 111, comma 7, Cost. Çrappresenta un unicum nel quadro europeoÈ e Çcondiziona fortemente lĠattuazione di riforme in linea con quelle realizzate in altri PaesiÈ (154). Si tratta, in particolare, di una garanzia soggettiva a supporto dellĠeffettivitˆ della tutela giurisdizionale ma anche di una norma di chiusura del sistema delle impugnazioni, nel senso che la definitivitˆ dei provvedimenti giudiziari a contenuto decisorio, anche differenti da una sentenza, richiede che contro di essi sia ammissibile almeno il ricorso in Cassazione (155). Tuttavia, il ricorso per cassazione, notoriamente, non  soltanto una garanzia dellĠindividuo ma anche uno strumento per garantire lĠunitˆ dellĠordinamento giuridico: Çin Cassazione non si va per difendere soltanto lĠinteresse del litigante, quello che gli antichi giuristi chiamavano ius litigatoris, ma altres“ per difendere lo ius constitutionis, che  appunto lĠinteresse pubblico alla difesa del diritto e della sua unitˆ, messa in pericolo dalla pluralitˆ delle interpretazioni disformi e aberranti, le quali sono contagiose anche per lĠavvenireÈ (156). In ogni modo, le eventuali esigenze organizzative e funzionali di quello che, pur sempre,  un organo dello Stato, tese a semplificare o a ÇfiltrareÈ la mole di ricorsi proposti, non possono prevalere sulla garanzia del cittadino ad attivare (151) P. FERRUA, op. ult. cit.. (152) Corte CE 17 dicembre 1998, C-185/95, in Racc., I, 8417. (153) Corte cost. 9 luglio 2009 n. 207, in Giur. it., 2010, 3, con nota di A. CARRATTA; ID, Il ÒfiltroÓ al ricorso in cassazione fra dubbi di legittimitˆ costituzionale e salvaguardia del controllo di legittimitˆ, in Giur. it., 2009, 1563 ss.. (154) V. DENTI, LĠart. 111 della Costituzione e la riforma della Cassazione, in Foro it., 1987, V, 228. (155) V. DENTI, LĠart. 111 della Costituzione, cit., 229. (156) AA. VV., La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, Roma, 1970, V, 4141 ss.; G. DĠALESSIO (a cura di), Alle origini della Costituzione italiana, Bologna, 1979, 620 ss.; V. DENTI, Calamandrei e la costituente: il progetto e il dibattito sul potere giudiziario, in Sistemi e riforme. Studi sulla giustizia civile, Bologna, 1999, 111 ss.; A. PANZAROLA, La cassazione civile giudice del merito, Torino, 2005, I, 289 ss.. il controllo di legalitˆ di ultima istanza sullĠesercizio della funzione giurisdizionale (157). Ci˜ implica lĠimpossibilitˆ per il legislatore ordinario di limitare lĠaccesso al giudizio di legittimitˆ, anche se al fine di consentire alla Corte di cassazione di adempiere in modo migliore la propria funzione nomofilattica. In altri termini, la funzione nomofilattica del giudizio di cassazione, pur innegabilmente presente,  comunque collocata in secondo piano rispetto al diritto delle parti al controllo di legittimitˆ della Corte sullĠoperato dei giudici di merito (158). Non condivisibile, quindi,  lĠidea per cui il diritto al ricorso per cassazione dovrebbe conciliarsi con il principio della ragionevole durata del processo, mediante la previsione di ÇfiltriÈ allĠaccesso al giudizio di legittimitˆ (159). Infatti, cos“ opinando, si finisce col sacrificare uno degli aspetti pi importanti del giusto processo, che non pu˜ recedere di fronte alla considerazione dei tempi della giustizia (160). Del resto, nella propria giurisprudenza, la Corte Costituzionale ha sempre assicurato lĠeffettivitˆ del giudizio di legittimitˆ, avendo le parti il diritto al processo in cassazione, rispetto alla cui funzione non  ammissibile alcuna norma che lo restringa, sia pur a tutela di altre esigenze (161). Il legislatore ordinario, infatti, non pu˜ Çdisporre delle funzioni costituzionalmente riservate alla Corte di CassazioneÈ (162). (segue) c) gli articoli 1 e 2 del codice del processo amministrativo. Anche la giurisdizione amministrativa si attua attraverso un giusto processo regolato dalla legge e che sia in grado di assicurare una tutela ÇeffettivaÈ al bene giuridico oggetto del giudizio (163). In particolare, come afferma lĠart. (157) A. CARRATTA, nota a Corte cost. 9 luglio n. 207, in Giur. it., 2010, 3. (158) Cfr. A. CARRATTA, nota a Corte cost. 9 luglio 2009 n. 207, cit. (159) A. PROTO PISANI, Sulla garanzia costituzionale del ricorso per cassazione sistematicamente interpretata, in Foro it., 2009, par. 5, per il quale Çin tanto ha senso che la nostra costituzione abbia costituzionalizzato il ricorso per cassazione per violazione di legge, in quanto abbia ritenuto che il ricorso per cassazione per violazione di legge fosse funzionale alla attuazione del principio di eguaglianza: e, lo si  visto, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge pu˜ essere assicurato solo ove si introduca un idoneo filtro allĠaccesso in cassazioneÈ. (160) Cfr. A. CARRATTA, op. ult. cit.; Corte cost. 25 ottobre 2000 n. 439 (ord.za) in Foro It., 2000, I, 40, 9 febbraio 2001 n. 32 (ord.za), in Giur. Cost., 2001, 120; Cass. civ., sez. un., 3 novembre 2008, n. 26373, in Giur. It., 2009, 668. (161) Corte cost. 15 gennaio 1970 n. 1, 5 luglio 1971 n. 173, 13 gennaio 1972 n. 29, 28 luglio 2000 n. 395, in www.cortecostituzionale.it. (162) Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86, in Foro it., 1982, I, 1518 ss.. (163) E. PICOZZA (a cura di), Codice del processo amministrativo, Torino, 2010; R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo, Milano, 2010; ID., Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Milano, 2012; G. LEONE, L. MARUOTTI, C. SALTELLI, Codice del processo amministrativo, Padova, 2010; R. CARANTA, M. ANDREIS, Il nuovo processo amministrativo. Commentario sistematico, Bologna, 2011; A. QUARANTA, V. LOPILATO (a cura di), Il processo amministrativo, Milano, 2011; M. SANINO (a cura di), Codice del processo amministrativo, Torino, 2011; F. FRENI, P. CLARIZIA (a cura di), Il processo amministrativo nella giurisprudenza, Milano, 2012; L. IEVA, Riflessioni sul principio costituzionale del Ògiusto processoÓ applicato al giudizio amministrativo, in Riv. amm., 2002, 4, I, 311 ss.. 111 Cost., anche la giurisdizione amministrativa deve attuarsi mediante il principio del giusto processo regolato dalla legge (164). Un traguardo, questo, particolarmente impegnativo, ove si rifletta sul fatto che il processo amministrativo, sin dalla sua introduzione,  stato impostato come una vocatio iudicis di tipo impugnatorio, in cui il principio del contraddittorio e la sua paritˆ erano ritenuti, in qualche modo, secondari (165). LĠidea di Çgiusto processo amministrativoÈ  stata forgiata dalla dottrina tedesca e, in particolare, dallĠelaborazione di W. JELLINEK che, nel secondo dopoguerra, peror˜ lĠistituzione di un giudice specializzato che realizzasse il principio, di matrice anglosassone, del due process of law in modo da garantire il soddisfacimento delle pretese del cittadino nei confronti dellĠamministrazione (166). QuestĠidea ha cos“ ispirato la stesura dellĠart. 19 della Grundgesetz ed il riconoscimento di un simile processo come un diritto fondamentale del cittadino, organicamente disciplinato dalla Verwaltungsgerichtsordnung del 21 gennaio 1960. Il giusto processo amministrativo , poi, entrato anche nella CEDU e nel diritto comunitario, diffondendosi in tutti gli Stati membri (167). In particolare, nellĠordinamento italiano, la volontˆ di applicare il giusto processo amministrativo in tutti i suoi corollari applicativi non  nata con il codice del 2010 ma, in epoca antecedente, ha sollevato una serie di questioni che attengono alla sempiterna tensione verso la garanzia di una tutela equipollente ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi (168). Ed infatti il processo amministrativo  stato sempre agitato da una pluralitˆ di questioni eterogenee ricollegabili al tema del giusto processo, tra le quali, a titolo esemplificativo, possono ricordarsi lĠindividuazione dei destinatari della notifica del ricorso introduttivo, la disciplina dei termini processuali e dei mezzi di prova, lĠammissibilitˆ dellĠintervento autonomo dei terzi, la proponibilitˆ della domanda riconvenzionale e, soprattutto, lĠestensione della tutela cautelare (169). Pi in generale, una volta instaurato il rapporto processuale, la posizione dellĠamministrazione dovrebbe essere perfettamente speculare a quella del ricorrente; essa dovrebbe, cio, limitarsi a poter adottare i soli provvedimenti correttivi e satisfattivi della pretesa del privato, che facciano cos“ cessare la materia del contendere, laddove essa, in realtˆ, dispone di ben pi ampie possibilitˆ di intervenire sullĠatto o fatto controverso (170). (164) E. PICOZZA (a cura di), Codice, cit., sub artt. 1 e 2, 1 ss.. (165) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 19. (166) W. JELLINEK, Die Verwaltunsgerichtsbarkeit in der amerikanischen zone, in Deutsche Rechtszeitschrift (DRZ), 1948, 269 ss.. (167) E. GARCíA DE ENTERRíA, Le trasformazioni della giustizia amministrativa, Milano, 2007, 70. Per una pi ampia prospettiva comparatistica, si rinvia a D. SORACE (a cura di), Discipline processuali differenziate nei diritti amministrativi europei, Firenze, 2009. (168) S. TARULLO, op. cit., 66. (169) Cos“ S. TARULLO, op. loc. cit.. (170) L. IEVA, op. loc. cit.. In conseguenza di tutto quanto sopra, in passato, la distanza del giudizio concretamente celebrato innanzi agli organi di giustizia amministrativa dal- lĠarchetipo del giusto processo  stata a dir poco abissale, essendo stato correttamente osservato che Çil contraddittorio  formale; la condizione di paritˆ con lĠamministrazione  presunta, ma non reale; il giudice non  terzo, ma si sente investito dello stesso compito dellĠamministrazione di realizzare, a discapito della legalitˆ, lĠinteresse pubblico; i processi amministrativi non hanno per definizione una durata ragionevole e la fase cautelare assume un carattere sostanziale e unico in termini di tutelaÈ (171). Persino il regime generale dei termini processuali ha ostacolato la piena garanzia del contraddittorio, dato che quello di costituzione in giudizio dellĠamministrazione  sempre stato interpretato come ordinatorio e non perentorio e che la mancanza dellĠistituto delle Çnote di replicaÈ ha lungamente consentito alla parte pubblica di sottrarsi a una reale paritˆ delle armi (172). Con il codice, la ÇgiustiziaÈ amministrativa  definitivamente divenuta ÇgiurisdizioneÈ, liberandosi di quellĠimmagine propria della legislazione post-unitaria, in cui questa peculiare magistratura neppure poteva definirsi realmente tale (173). In realtˆ, giˆ prima del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, i principi del giusto processo e di effettivitˆ della tutela - specialmente questĠultimo - erano divenuti un punto di riferimento della giurisprudenza amministrativa che, grazie ad essi, era pervenuta ad importanti prese di posizione per la miglior tutela sia di interessi legittimi (es. in tema dĠimpugnazione del silenzio, misure cautelari, esecuzione del giudicato), sia di diritti soggettivi (i.e. in relazione agli atti paritetici e alla proponibilitˆ di azioni dichiarative e di condanna) (174). LĠart. 1, cod. proc. amm., dispone quindi che Çla giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeoÈ ed il successivo art. 2 prevede che Çil processo amministrativo attua i principi della paritˆ delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dallĠarticolo 111, primo comma, della Costituzione. Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processoÈ. LĠavere il codice inquadrato i principi in esame nel contesto costituzionale, comunitario ed internazionale di riferimento, per come illustrato nel corso della precedente trattazione, consente di poter esten (171) S. MANGIAMELI, ÒGiusto procedimentoÓ e Ògiusto processoÓ. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, in www.associazionedeicostituzionalisti. it, 2010. (172) E. PICOZZA, Il ÒgiustoÓ processo amministrativo, cit., 1076. (173) R. GISONDI, Alcune riflessioni sulla permanenza di unĠazione di adempimento nellĠultima bozza del nuovo codice amministrativo, in www.giustamm.it. (174) L. MARUOTTI, La giurisdizione amministrativa: effettivitˆ e pienezza della tutela, relazione al convegno Il codice del processo amministrativo, Lecce, 12 novembre 2010. dere al processo amministrativo tutta la ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale maturata nellĠambito della CEDU e dellĠordinamento europeo. LĠindicazione dei principi generali propri di ogni giurisdizione nel codice, in aggiunta allĠobbligo dĠinterpretazione conforme delle norme, avuto riguardo alle indicazioni provenienti dalle fonti superiori, rispecchia lĠappartenenza della Repubblica a un ordinamento giuridico multilivello formato, in ordine decrescente, da Comunitˆ internazionale, Unione europea e Stato. In questo contesto, oltre agli artt. 6 e 13 CEDU, vengono in questione anche lĠart. 340, Tratt. UE, sui Çprincipi generali comuni ai diritti degli Stati membriÈ - che attribuisce rilevanza alla certezza del diritto, allĠintangibilitˆ degli effetti delle decisioni che hanno definito una controversia, al rispetto del legittimo affidamento, al principio di proporzionalitˆ, rilevante soprattutto in materia sanzionatoria - e lĠart. 47 della Carta di Nizza che, come visto, ha acquisito lo stesso valore giuridico dei Trattati (175). In questĠordine dĠidee, lĠapertura del codice ad altre esperienze giuridiche contribuisce anche a rafforzare il principio stesso del primato del diritto comunitario su quello domestico, dato che tutti gli ordinamenti nazionali debbono uniformarsi ai medesimi principi comuni (176). In merito alle possibilitˆ applicative dei principi del giusto processo e di effettivitˆ, occorre ricordare che il progetto originario di codice del processo amministrativo era tendenzialmente esaustivo di ogni possibile questione applicativa, ma la ÇpotaturaÈ avvenuta in sede ministeriale prima dellĠemanazione del decreto legislativo, asseritamente giustificata da ragioni di contenimento della spesa pubblica, ha finito col produrre un testo finale disarmonico, talvolta contraddittorio, lacunoso e a tratti oscuro nel linguaggio (177). Al riguardo, per citare una problematica di ampio respiro, si pensi che lo schema licenziato dalla Commissione disciplinava dettagliatamente le azioni di annullamento, accertamento e condanna, inclusa quella di adempimento, nella quale, nei casi previsti, si determina il facere della pubblica amministrazione finalizzato al soddisfacimento della pretesa del privato (178). (175) L. MARUOTTI, La giurisdizione amministrativa, cit. Secondo Corte CEDU, 28 ottobre 1999 (Zielinski c. Francia),  contraria alla CEDU la legge dĠinterpretazione autentica, generale e astratta, quando non sussistono Çmotivi imperativi dĠinteresse generaleÈ, configurabili solo se la norma interpretativa corrisponda allĠoriginario contenuto di quella interpretata, risolva oscillazioni giurisprudenziali e si applichi nei giudizi pendenti, rispettando i diritti acquisiti. Parimenti contrastante con i dettami della CEDU la legge retroattiva priva dei requisiti di generalitˆ e astrattezza, e cio quando: sani un illecito che abbia giˆ dato luogo a una soccombenza in un giudizio [Corte CEDU 16 novembre 2006 (Muzevic c. Croazia), 19 ottobre 2006 (Kesyan c. Russia), 7 giugno 2005 (Fuklev c. Ucraina), 25 marzo 1999 (Iatridis c. Grecia) e 18 dicembre 1996 (Aksoy c. Turchia)]; disponga contro poche persone [Corte CEDU 10 novembre 2004 (Lizarraga c. Spagna), 28 ottobre 1999 (Zielinski c. Francia), 9 dicembre 1994 (Stran c. Grecia)]; intenda eliminare gli effetti di una decisione irrevocabile, interferendo sui diritti consolidatisi [Corte CEDU 6 ottobre 2005 (Draon c. Francia), 6 ottobre 2005 (Maurice c. Francia) e 28 ottobre 1999 cit.]. (176) F. MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 1, 1 ss.. (177) F. MERUSI, Sul giusto processo amministrativo, in Foro amm. CdS, 2011, 4, 1353 ss.. Nella versione finale entrata in vigore, invece, lĠazione generale di accertamento e quella di adempimento sono state soppresse e al loro posto sono state introdotte delle ipotesi tipiche di accertamento (i.e. silenzio e nullitˆ dellĠatto) e la possibilitˆ, nel quadro dellĠazione di condanna, di anticipare in sentenza alcune prescrizioni tipiche del giudizio di ottemperanza (179). Ecco, quindi, che al fine di superare questo, come altri limiti della codificazione,  utilmente impiegabile in sede esegetica il richiamo ai principi generali di cui agli artt. 1 e 2 cit.; in questo modo, infatti, si impone di interpretare e, se occorrente, integrare le singole previsioni codicistiche alla luce di essi, stante il vincolo promanante per il legislatore ordinario dallĠart. 111 Cost., che  una norma avente carattere precettivo (180). Per tornare, quindi, allĠesempio della tipicitˆ o meno delle azioni, se il processo, per essere giusto, deve poter soddisfare in modo pieno ed esaustivo la pretesa dedotta in giudizio, per conseguire tale risultato lĠazione deve essere funzionale rispetto a essa; pertanto, le azioni variano in funzione dellĠoggetto delle pretese (annullamento, condanna, adempimento, ecc.) e, nel caso in cui non siano descritte dalla legge processuale, alla giurisprudenza spetta il compito di circostanziarle, come pure affermato dallĠart. 32, comma 2, cod. proc. amm., a mente del quale Çil giudice qualifica lĠazione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice pu˜ sempre disporre la conversione delle azioniÈ (181). Il principio del giusto processo e quello di effettivitˆ della tutela giurisdizionale sono, come detto, in larga parte sovrapponibili, sebbene quello di effettivitˆ sia perlopi orientato a considerare lĠesito finale del processo e la sua satisfattivitˆ o meno per le parti, piuttosto che alle sue modalitˆ di radicamento e svolgimento. In particolare, nel processo amministrativo, i tratti distintivi del principio di effettivitˆ, sono: la ÇcompletezzaÈ, nel senso che lĠordinamento deve consentire lĠazionabilitˆ di tutte le pretese possibili nei confronti della pubblica amministrazione; la ÇpienezzaÈ, cio il fatto che la tutela deve assicurare la completa soddisfazione della pretesa azionata; ÇlĠaccesso effettivo al giudizio È, sotto il profilo della ragionevolezza dei costi e della durata del processo. Il giusto processo accolto nel nuovo codice, invece, comprende non solo le applicazioni da esso espressamente indicate, come lĠintegritˆ e la paritˆ del contraddittorio, lĠobbligo di collaborazione e la ragionevole durata, ma anche (178) F. MERUSI, Sul giusto processo amministrativo, cit., il quale cita lĠesempio del diniego di autorizzazione a Çpresupposto vincolatoÈ, unĠipotesi assai frequente nei settori di vita economica assoggettati alla produzione normativa comunitaria. (179) F. MERUSI, op. cit. (180) F. MERUSI, op. cit. Nel senso che il principio del giusto processo sia soltanto una norma programmatica v. P. FERRUA, Legge cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Giusto processo), in G. BRANCA, A. PIZZORUSSO, Commentario della Costituzione, Bologna, 2006, 69 ss.. (181) F. MERUSI, op. cit.. tutti gli ulteriori elementi strutturali e funzionali di un processo definibile come ÇgiustoÈ (182). Si tratta, in particolare, delle regole sulla ripartizione dellĠonere e della disponibilitˆ della prova, come pure del diritto del ricorrente a ottenere dal giudice una decisione nel merito. Egualmente  a dirsi per lĠobbligo di motivazione dei provvedimenti decisori e di redazione degli stessi in maniera chiara e sintetica (trattasi di una proiezione del principio di economicitˆ dei mezzi processuali), come pure per il dovere di cooperazione tra le parti ed il giudice, in modo che ai capi della domanda principale, riconvenzionale e del ricorso incidentali, corrispondano i capi di sentenza posti a fondamento del- lĠatto di impugnazione (183). A ben vedere, sono tutti canoni idonei non solo a interpretare le norme esistenti ma anche ad integrarle in sede pretoria, dal momento che le ÇpotatureÈ apportate al testo finale del decreto legislativo col pretesto di conseguire risparmi di spesa pubblica, hanno talora alterato la coerenza della disciplina di taluni istituti direttamente connessi al giusto processo, richiedendo cos“ unĠopera di supplenza da parte della giurisprudenza (184). LĠintera disciplina del codice del processo amministrativo, dunque, dˆ contenuto e costituisce applicazione ai principi del giusto processo e di effettivitˆ, la cui violazione  denunciabile in ogni stato e grado del giudizio. LĠaccettazione del giusto processo implica lĠaccoglimento di una ricostruzione dello strumento processuale come giudizio non tanto Çsul potereÈ, come pure  espressamente affermato dallĠart. 7, ma Çsul rapportoÈ, cio tendente allĠaccertamento ed alla soddisfazione della pretesa azionata (185). In questo senso, il processo celebrato innanzi agli organi di giustizia amministrativa, dovendo garantire la paritˆ delle parti, lĠintegritˆ del contraddittorio e una tutela piena ed effettiva, comporta un ripensamento della stessa categoria giuridica dellĠinteresse legittimo. LĠaffermazione del giusto processo amministrativo postula lĠattribuzione al cittadino di una corrispondete pretesa soggettiva a che il giudice la soddisfi pienamente (186). AffinchŽ tutto ci˜ avvenga, tuttavia,  necessario che il giudice possa conoscere integralmente della legittimitˆ dellĠesercizio del potere, per cui lĠinteresse legittimo diviene una pi ampia situazione soggettiva attiva, definibile come Çdiritto soggettivo pubblico È, non pi circoscritta al solo esercizio del potere in un caso concreto ma estesa allĠintero rapporto del privato con il predetto potere (187). (182) E. PICOZZA, sub art. 2, in ID. (a cura di), Codice del processo amministrativo, cit., 4 ss.. (183) E. PICOZZA, op. loc. cit.; A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, cit. (184) Sul Çcodice mutilatoÈ, cfr. F. MERUSI, In viaggio con Laband, in Giorn. dir. amm., 2010, 6, 658 ss.. (185) Su tale impostazione, v. M.S. GIANNINI - A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 249 ss.. (186) F. MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, cit. (187) F. MERUSI, op. ult. cit.; per un approfondimento delle problematiche del ÇrapportoÈ v. M. PROTTO, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008. Questa evoluzione concettuale, prefigurata giˆ da prima dellĠentrata in vigore del codice dalla pi attenta dottrina,  stata poi accolta dalla giurisprudenza costituzionale succedutasi sulle sempre pi importanti ipotesi di giurisdizione esclusiva rispetto a quella generale di legittimitˆ ed  stata ora trasfusa nel codice (188). La circostanza che il giudizio si svolga sul rapporto si manifesta anche nei processi di secondo grado, che sono mezzi di impugnazione e non di gravame e che sono una continuazione delle prime cure nellĠottica di un giudizio unico e unitario (189). Dal che consegue che il Consiglio di Stato pu˜ spingersi a riesaminare la vicenda controversa, esprimendo un giudizio rinnovatorio (190). Non vĠ, infatti, alcun dubbio che i principi generali della giurisdizione amministrativa siano applicabili anche ai giudizi di secondo grado; del resto, lo stesso canone di effettivitˆ della tutela, che deve essere piena, completa ed esaustiva, postula la necessitˆ di un doppio grado di giudizio (191). 4. Profili di inadeguatezza di alcuni istituti del processo amministrativo italiano con detti principi: a) criticitˆ nellĠorganizzazione della giustizia amministrativa. LĠesercizio della funzione giurisdizionale secondo i dettami del fair trial  affidata in primo luogo allĠimparzialitˆ del giudice, senza di cui nessun processo pu˜ definirsi giusto ed alcuna fiducia pu˜ sussistere nei confronti della giustizia (192). é questa la ragione per cui sia gli strumenti internazionali e comunitari, sia il diritto nazionale fanno riferimento allĠesigenza di un giudice indipendente ed imparziale precostituito per legge (193). LĠimparzialitˆ del giudice non  (soltanto) una qualitˆ personale del magistrato ma  il risultato applicativo di un sistema di regole preposte ad assicurare che chi  chiamato a funzioni giurisdizionali sia effettivamente equidistante nei confronti delle parti, cio esterno agli interessi versati nel pro (188) Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204, 11 maggio 2006 n. 191, 27 aprile 2007 n. 140, 19 ottobre 2009 n. 259, 5 febbraio 2010 n. 35, tutte in www.cortecostituzionale.it. A. POLICE, La giurisdizione amministrativa nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in G. DELLA CANANEA, M. DUGATO (a cura di), Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli, 2006, 475 ss.. (189) A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, in Giornale dir. amm., 2010, 11, 1117 ss.; per la giurisprudenza, v. Cons. Stato, ad. plen., 30 giugno 1978 n. 18, in Cons. St., 1978, I, 935, e 17 ottobre 1994 n. 13, ibidem, 1994, I, 1301. (190) A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, cit.; C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2010, 324. (191) A. POLICE, op. ult. cit.; A. QUARANTA, Doppio grado di giurisdizione (principio del). Diritto processuale amministrativo, in Enc. giur., XII, Roma, 1989, 2 ss.; C.E. GALLO, Appello nel processo amministrativo, in Dig. disc. pubbl., I, Torino, 1987, 317. (192) M. SERIO, Certezza del diritto e imparzialitˆ del giudice: riflessioni comparatistiche, in R. CERAMI (a cura di), Certezza del diritto e imparzialitˆ del giudice, Atti del convegno organizzato a Palermo dal Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia, 23 e 24 marzo 2007, Torino, 2007, 43 ss.. (193) M. SERIO, op. ult. cit.. cesso (194). In tal senso, secondo la giurisprudenza CEDU, detto requisito va accertato a un punto di vista sia soggettivo, cio delle convinzioni personali rispetto ad un dato caso, sia oggettivo, per verificare se il giudice offra garanzie sufficienti per escludere qualunque legittimo sospetto di parzialitˆ (195). Nonostante lĠintervenuta codificazione, ancora oggi persistono talune riserve sullĠorganizzazione della giustizia amministrativa e sui suoi stretti legami con lĠamministrazione ed il potere esecutivo. In Italia, la giurisdizione amministrativa ed i suoi organi si sono sempre caratterizzati per talune lacune storiche come: la mancanza di un giudizio di Çcassazione amministrativaÈ del tipo di quello esistente in Francia, Spagna e Germania, preposto ad un controllo finale della conformitˆ del doppio grado di processo ai principi di effettivitˆ della tutela e del giusto processo; la concentrazione del giudizio dĠappello presso un unico giudice, che ha sempre agito come una corte superiore di legittimitˆ, esprimente unĠopera nomofilattica; la commistione di funzioni consultive e giurisdizionali in capo al Consiglio di Stato (196). In particolare, il giudice amministrativo considera con particolare attenzione una delle parti, la pubblica amministrazione, normalmente convenuta, per i profili di interesse pubblico specifico, concreto ed attuale che essa deve tutelare (197). Il cordone ombelicale che lega la magistratura amministrativa al Governo affonda le proprie radici nelle origini del sistema e deriva direttamente dal principio di separazione dei poteri dello Stato e dalla volontˆ di garantire che la giustizia non potesse interferire con lĠamministrazione. Del resto, fu questa preoccupazione a indurre il legislatore del 1865 a precludere al giudice ordinario lĠannullamento degli atti dellĠamministrazione e quello del 1889 ad affidarne il potere a una giurisdizione ad hoc giˆ incardinata nellĠEsecutivo come organo consultivo (198). A tale ul (194) P. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2009, 89 ss.; L. MONTESANO, G. ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, Padova, 2001, 413 ss.; G. DI CHIARA, Linee evolutive della giurisprudenza costituzionale in tema di imparzialitˆ del giudice, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1, 85 ss.. (195) M. SERIO, op. ult. cit.; il quale cita, tra lĠaltro, le sentenze della CEDU 1Ħ ottobre 1982 (Piersack v. Belgio), 24 febbraio 1993 (Fey v. Austria), 22 aprile 1994 (Saraiva de Carvalho v. Portogallo), 7 agosto 1996 (Ferrantelli e Santangelo v. Italia). (196) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 7. (197) N. ZANON, F. BIONDI, Diritto costituzionale dellĠordine giudiziario, Milano, 2002, 115, sostengono che ÇBen noti sono, poi, i legami che avviluppano non solo lĠindipendenza ÒesternaÓ del giudice amministrativo nei confronti degli altri poteri dello Stato, ma anche quella ÒinternaÓ rispetto alle parti, una delle quali  indefettibilmente lĠamministrazioneÈ. (198) Il Consiglio di Stato come organo consultivo regio fu istituito dal Re di Sardegna con lĠeditto di Racconigi del 18 agosto 1831, assumendo a modello il Conseil dĠEtat francese, per assistere il sovrano nellĠassunzione delle sue determinazioni pi importanti; lĠorgano  poi menzionato dallo Statuto Albertino del 4 marzo 1848 (v. G. LANDI, La funzione consultiva del Consiglio di Stato: passato, presente e futuro, in Studi per il cento cinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981, 1267; S. ROMANO, Le funzioni e i caratteri, cit., 3 ss.). Secondo G. ROEHRSSEN, Consiglio di Stato e Tribunali amministrativi timo riguardo, diffusa era lĠopinione che la funzione consultiva e quella giurisdizionale fossero simili, perchŽ Çentrambe implicano un sindacato sugli atti amministrativi, lĠuno preventivo, lĠaltro repressivo; il primo domandato dalla stessa autoritˆ amministrativa, il secondo anche dai cittadini; che si esplica nellĠun caso con la forma e lĠefficacia del parere, nellĠaltro con la forma e lĠefficacia della decisioneÈ (199). LĠoriginaria commistione della magistratura amministrativa con il potere dello Stato di cui  giudice si  perpetuata nellĠordinamento repubblicano, sebbene non fossero mancate voci favorevoli al superamento della duplicitˆ di giurisdizione (200). Ne  derivato un sistema dĠindipendenza ÇforteÈ per la magistratura ordinaria e ÇsufficienteÈ per le altre (201). a-1) In concreto, la prima manifestazione di un rapporto peculiare tra giudice amministrativo ed Esecutivo  la commistione di funzioni consultive e giurisdizionali del Consiglio di Stato, accolta in Costituzione ma difficilmente compatibile con il principio del giusto processo, che sul punto sconta almeno unĠincoerenza, se non una Çauto-rotturaÈ (202). Il rapporto tra il riformato art. 111 Cost. e i previgenti artt. 100 e 103 Cost. va quindi ricostruito alla luce del canone di specialitˆ, e perci˜ di deroga delle seconde norme rispetto al canone generale enunciato dalla prima (203). LĠespressione pi rappresentativa di questo conflitto irrisolto  la possibilitˆ che uno stesso affare possa essere conosciuto in sede prima consultiva e poi giurisdizionale, sia pure in persona di magistrati differenti, con ogni difficoltˆ a sostenere che il medesimo organo possa contraddire se stesso, esprimendo su una medesima vicenda valutazioni divergenti (204). La presenza simultanea di funzioni di amministrazione consultiva e di giurisdizione  stata pure criticata dalla Corte di Strasburgo che, a proposito del Consiglio di stato lussemburghese, aveva timidamente sollevato dubbi sulla sua Çimparzialitˆ struttu regionali, in Dig. disc. pubbl., Torino, III, 1989, 425, Çnon si dubit˜ che la risoluzione delle controversie con la p.a. dovesse essere affidata al Consiglio di Stato, che era giˆ pienamente inserito nella organizzazione amministrativa dello Stato e della p.a. e ne era il miglior conoscitore, mentre aveva dato prova di indipendenza e di obiettivitˆ nellĠesercizio delle sue attribuzioni, nonostante la mancanza di precise garanzie giuridiche in propositoÈ. (199) S. ROMANO, op. ult. cit., 26. (200) G. VERDE, LĠunicitˆ della giurisdizione e la diversa scelta del costituente, in Dir. proc. amm., 2003, 345. (201) G. VERDE, LĠunicitˆ della giurisdizione, cit., 346. (202) M. MENGOZZI, Giusto processo e processo amministrativo. Profili costituzionali, Milano, 2009,161; lĠespressione Çauto-rotturaÈ  di G. MORBIDELLI, Lezioni di diritto pubblico comparato. Costituzioni e costituzionalismi, Bologna, 2001, 179 ss.. (203) A. TRAVI, Giusto processo e procedimenti amministrativi speciali, in AA.VV. Il giusto processo, Atti del convegno tenutosi a Roma il 28-29 giugno 2002, Roma, 2003, 68 ss.. (204) Sul punto, v. S. GIACCHETTI, Bicamerale e giurisdizione amministrativa, in Cons. St., 1997, II, 1011, per il quale il parere  Çuna sorta di sentenza preventivaÈ, con ogni conseguenza sullĠatteggiamento di prevenzione di fronte alla riproposizione del medesimo affare in sede giurisdizionale. raleÈ, pur senza prender