ANNO LXV - N. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2013 


RASSEGNA 
AV V O C AT U R A 
DELLO STATO 


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COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino -
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DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 

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Varone. 

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Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni 

- Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola 
Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. 

HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Clizia Ardanese, Gabriella 
D�Avanzo, Gesualdo d�Elia, Enrico De Giovanni, Ettore Figliolia, Giulia Guccione, Massimo 
Massella Ducci Teri, Marco Stigliano Messuti, Glauco Nori, Vincenzo Nunziata, Valerio Perotti, 
Rocco Steffenoni, Fabio Tortora, Fabrizio Urbani Neri, Paola Maria Zerman. 

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INDICE - SOMMARIO 


TEMI ISTITUZIONALI 

Cerimonia di inaugurazione dell�Anno Giudiziario 2014. Intervento 
dell�Avvocato Generale dello Stato, Avv. Michele Giuseppe Dipace . . . . pag. 1 

Massimo Massella Ducci Teri, Intervento al Convegno �Pubblica Amministrazione 
e giurisdizione: tradizione e prospettive�. Avvocatura Generale 
dello Stato, Sala Vanvitelli, 12 dicembre 2013. . . . . . . . . . . . . . . . . �� 9 

Protocollo di intesa con l�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Circolare 

A.G.S. prot. 47599 del 3 febbraio 2014 n. 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 14 

CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 

Glauco Nori, La sovranit� degli Stati, il rating e le regole sulla concorrenza. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 21 

1.- Le decisioni della Corte di giustizia Ue 

Fabrizio Urbani Neri, Note minime sulla vendita dei farmaci di fascia 
C nelle parafarmacie (C. giustizia Ue, Sez. IV, sent. 5 dicembre 2013 
in cause riunite C-159/12, C-160/12, C-161/12) . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 38 

CONTENZIOSO NAZIONALE 

Paola Maria Zerman, Rocco Steffenoni, Riutilizzo commerciale dell�informazione 
detenuta nel settore pubblico in materia di dati ipotecari e 
catastali alla luce dei Trattati europei e della Direttiva 2003/98/CE (C. 
appello Venezia, Sez. I civ., sent. 20 marzo 2013 n. 624) . . . . . . . . . . . . �� 51 

Marina Russo, In materia di accesso difensivo, finalizzato alla difesa in 
giudizio, ex art. 24, comma 7, L.n. 241/90 (Cons. St., Sez. VI, ord. 7 febbraio 
2014 n. 600). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 77 

I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 

Giuseppe Albenzio, Il suggellamento degli apparecchi televisivi a seguito 
di disdetta dell�abbonamento R.A.I.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 83 
Gesualdo d�Elia, La clausola di salvaguardia nei contratti di acquisto di 
prestazioni sanitarie da strutture private accreditate . . . . . . . . . . . . . . . �� 85 
Vincenzo Nunziata, La permanenza in servizio di professori e ricercatori 
universitari. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 91 
Ettore Figliolia, Composizione/modificazione del Raggruppamento temporaneo 
di imprese, ex art. 97, co. 9, Codice appalti. . . . . . . . . . . . . . . . �� 94 
Enrico De Giovanni, Istanza rimborso spese legali nel caso di un �atto 
plurimo� di diniego . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 97 
Gabriella D�Avanzo, Procedimento di ripetizione di somme indebitamente 
erogate al lavoratore da parte del datore di lavoro statale . . . . . . . . . . . �� 101 
Fabio Tortora, Riconoscimento del compenso assembleare di cui all�art. 
2389, co. 1, cod. civ. in societ� controllate da pubbliche amministrazioni �� 104 


Marco Stigliano Messuti, Oneri ed incentivi ex art. 92, co. 5, D.Lgs. n. 
163/2006. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 107 
Gabriella D�Avanzo, Precari scuola: trattamento economico differenziato 
rispetto ai rapporti a tempo indeterminato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 127 
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
Valerio Perotti, L�ordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, 
dalla singolarit� nazionale alla proiezione europea . . . . . . . . . . . . . . . . �� 131 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Clizia Ardanese, Effettivit� della tutela e giusto processo amministrativo 
nell�ordinamento multilivello. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 267 
Giulia Guccione, La tutela dei creditori nell�amministrazione straordinaria 
delle grandi imprese in crisi: profili di giurisdizione e rimedi esperibili 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 352 

TEMI ISTITUZIONALI 
CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL�ANNO GIUDIZIARIO 2014 

Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Michele Giuseppe Dipace 


Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Corte di Cassazione, 
Autorit�, Signore e Signori 

L�inaugurazione dell�anno giudiziario � l�occasione per dare conto delle 
attivit� svolte, nel 2013, dall�Istituto che ho l�onore di dirigere. 

Proceder� per flash, utilizzando dati statistici, sempre particolarmente significativi 
quando si parla del carico di lavoro dell�Avvocatura dello Stato. 

I nuovi affari trattati, nell�anno 2013, ammontano, a livello nazionale, ad 
oltre 155.000 che si aggiungono alle diverse centinaia di migliaia di affari 
degli anni scorsi ancora pendenti. Si tratta di una mole di lavoro imponente 
che grava su un organico complessivo di 370 unit� togate solo in parte coperto, 
con una media di ben 468 nuovi affari annui pro capite (nel complesso, ogni 
Avvocato e Procuratore dello Stato ha mediamente in carico ben 4.000 affari). 

Un terzo del lavoro grava, peraltro, sull�Avvocatura Generale che ha contato 
nel 2013 pi� di 50.000 affari, con un incremento, rispetto al 2012, di quasi 

3.000 affari. 
1.-Il contenzioso trattato riguarda tutte le giurisdizioni. 
L�Avvocatura rappresenta e difende, infatti, lo Stato nelle sue principali 

articolazioni e gli altri soggetti pubblici, autorizzati ad avvalersi del patrocinio 
erariale, dinanzi a tutti gli organi giudiziari sopranazionali e nazionali (*). 
1.1-Sul piano sovranazionale, ricordo, tra i 310 affari trattati dinanzi ai 
giudici comunitari, due recentissime sentenze. 

(*) Legenda: 
Punto 1.1- relaziona sulle cause comunitarie 



Con la prima, resa nelle cause riunite da C-159/12 a C-161/12, la CGUE 
ha statuito che l�art. 49 TFUE (principio di non discriminazione) deve essere 
interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale (italiana) 
che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto all�ordine professionale, 
ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire 
al dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, anche farmaci soggetti a prescrizione 
medica non a carico del SSN. 

Con la seconda, resa in data 12 dicembre 2013, nella causa C-355/13, la 
Corte ha deciso che l�art. 3 della Direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni 
per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), 
va interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale 
(italiana) come quella relativa alla tassa sulle attivit� svolte nel contesto di una 
concessione governativa. 

Quanto al contenzioso C.E.D.U., esprimo, ancora una volta, l�auspicio di 
una sempre maggiore partecipazione dell�Avvocatura dello Stato nel patrocinio 
e nella difesa dei ricorsi in cui � coinvolto lo Stato o che potrebbero avere effetti 
rilevanti nel nostro ordinamento; coinvolgimento che �, peraltro, in linea con 
il principio secondo il quale l�Avvocatura dello Stato � legittimata a patrocinare 
lo Stato davanti a tutti gli organismi giudiziari nazionali e sovranazionali. 

1.1.1-A livello nazionale, degni di particolare menzione, fra i 480 giudizi 
trattati in Corte Costituzionale ricordo, oltre alle impugnazioni di leggi regionali, 
la questione incidentale di costituzionalit� avente ad oggetto il c.d. de-
creto-legge �salva ILVA�, risolta positivamente dalla Corte; quelle relative 
alla riforma della c.d. �geografia giudiziaria�, ivi compresa la richiesta di referendum 
abrogativo avanzata da nove Regioni (richiesta dichiarata inammissibile 
dalla Corte Costituzionale proprio nei giorni scorsi) nonch� quella 
concernente le misure di sterilizzazione economica delle progressioni stipendiali 
(relative al personale della carriera diplomatica, ai docenti universitari 
ed al personale delle Autorit� indipendenti), introdotte nel 2010 per fare fronte 
alla gravissima situazione economico-finanziaria del Paese. 

Segnalo, inoltre, che recentissimamente la Corte Costituzionale ha accolto 
i ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dall�Avvocatura nell�interesse 
del Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione all�apposizione del segreto 
di Stato con riferimento alla nota vicenda dell�ex Imam di Milano, Abu Omar. 

1.1.2-Dinanzi ai giudici ordinari, va, anche quest�anno, citato il vasto 
contenzioso relativo alla irragionevole durata del processo (c.d. legge Pinto), 

Punto 1.1.1- relaziona sulle cause in Corte Costituzionale 
Punto 1.1.2- altre rilevanti cause civili e penali 
Punto 1.1.3- contenziosi dinanzi al Giudice amministrativo 
Punto 1.1.4- affari consultivi 
Punto 2.- giudizi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione 
Punto 3.- esito cause/dati statistici sede romana 


pari a complessivi 17.238 affari. Al proposito, si deve segnalare che si � registrato, 
nel 2013, un significativo decremento dei relativi ricorsi (17.238 rispetto 
ai 24.231 del 2012); sembra, pertanto, che le nuove disposizioni introdotte in 
materia, che hanno dettato una pi� chiara e stringente regolamentazione di tali 
procedimenti, abbiano comportato una contrazione di tale contenzioso. 

Merita, altres�, un doveroso cenno il contenzioso in materia di riconoscimento 
della cittadinanza italiana, di protezione internazionale e di asilo politico 
dei cittadini stranieri che costituisce uno dei fenomeni sociali pi� rilevanti e 
complessi del nuovo millennio, questioni e principi ora in fase di discussione 
in sede politico-parlamentare per le modifiche della relativa normativa. 

Segnalo, ancora, la sentenza del Tribunale ordinario di Roma, n. 23355 
del 14 dicembre 2013 che rappresenta la prima applicazione della disciplina 
sull�azione di rivalsa dello Stato nei confronti delle Regioni, degli enti territoriali 
o degli enti pubblici in genere, responsabili di violazioni del diritto 
dell�Unione Europea o della Convenzione europea dei diritti dell�uomo 
(CEDU) che abbiano comportato oneri finanziari in capo allo Stato italiano. 

Innanzi al giudice del lavoro, � doveroso fare menzione del vastissimo 
contenzioso instaurato dal personale precario della scuola, e ci� in relazione 
ad alcune recentissime decisioni della Corte di Giustizia, che prefigurano un 
quadro non rassicurante in vista della decisione che, quest�anno, la CGUE 
dovr� prendere sulla specifica problematica italiana. Al riguardo, l�Avvocatura 
dello Stato non mancher� di sostenere ed evidenziare, in sede comunitaria, le 
assolute specificit� del sistema scolastico nazionale, al fine di evitare una decisione 
di condanna che potrebbe avere effetti finanziari assai consistenti. 

Quanto ai processi penali nei quali l�Avvocatura dello Stato risulta, a vario 
titolo, coinvolta, vanno segnalati quelli aventi ad oggetto il disastro della nave 
da crociera Concordia, l�attentato terroristico all�Istituto Falcone-Morvillo di 
Brindisi; (conclusosi, in primo grado, con una sentenza con la quale � stata riconosciuta, 
tra gli altri, la risarcibilit�, quale danno patrimoniale, delle spese 
sostenute dal Ministero dell�Interno per l�allestimento del complesso apparato 
investigativo), il processo a carico dei c.d. NO TAV della Val di Susa, nonch� 
il processo sulla c.d. �trattativa Stato-mafia�, i numerosi processi penali nei 
confronti dei dirigenti del Ministero della Difesa in materia dell�uso del-
l�amianto ed infine le costituzioni di parte civile per l�Agenzia delle Entrate 
in materia di evasione fiscale. 

Sempre in relazione ai processi penali che hanno visto coinvolto l�Istituto, 
ricordo che, nell�ultimo scorcio del 2013, � stata definita, a seguito di una 
complessa trattativa con le societ� assicuratrici, la transazione relativa ai danni 
subiti dalle Amministrazioni statali in conseguenza del disastro ferroviario verificatosi 
presso la stazione di Viareggio; transazione, quest�ultima, che ha 
consentito allo Stato non solo di recuperare i danni materiali e di immagine 
subiti, ma anche di conseguire, sia pure in parte, il rimborso della speciale 


elargizione che una apposita legge aveva riconosciuto in favore delle vittime 
dell�incidente ferroviario. 

Permettetemi, infine, di sottolineare, anche quest�anno, l�importanza della 
impegnativa assistenza difensiva che l�Avvocatura dello Stato continua ad assicurare 
all�Amministrazione della Difesa con riferimento alla nota vicenda 
dei due Mar� sottoposti a procedimento penale in India; vicenda, che � ora ad 
una svolta, dopo la nota defaticante inerzia della giustizia indiana, in seguito 
alla richiesta italiana di formulazione del capo di imputazione. 

1.1.3-Altrettanto corposo il contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi, 
che ha riguardato le pi� svariate materie in sede di impugnazione di provvedimenti 
amministrativi, nonch� azioni di risarcimento del danno da atto amministrativo 
illegittimo; una particolare menzione merita la trattazione dei 
numerosi ricorsi proposti in ordine all�attuazione della riforma della c.d. �geografia 
giudiziaria� nonch� quelli attinenti il diniego di autorizzazione ex art. 
88 del T.U.L.P.S. per l�esercizio dell�attivit� di raccolta di scommesse su eventi 
sportivi per conto di societ� straniere prive di concessione nell�ordinamento 
italiano (contenziosi definiti favorevolmente per il Ministero dell�Interno dal 
Consiglio di Stato con decisioni emesse all�esito dell�udienza �tematica� del 
14 novembre 2013). 

Sempre numeroso � il contenzioso attinente agli esami di idoneit� alla 
professione forense ed ai concorsi per la copertura dei posti di notaio e di magistrato. 
Particolarmente delicati, e anche in questo caso numerosi, sono, poi, 
i ricorsi proposti da magistrati ordinari contro i provvedimenti del C.S.M. in 
tema di incarichi direttivi e semidirettivi; molto impegnativo, per la complessit� 
delle questioni giuridiche sottese e la rilevanza economica che lo caratterizza, 
�, inoltre, il contenzioso riguardante i provvedimenti delle Autorit� 
indipendenti. 

Un particolare cenno merita, anche quest�anno, il contenzioso in materia 
di �Quote latte� (in ordine al quale la Commissione europea ha avviato una indagine 
conoscitiva) che, anche nell�anno 2013, ha visto la trattazione e la decisione 
favorevole all�Amministrazione statale di qualche centinaio di ricorsi. 

1.1.4-In sede consultiva, l�Avvocatura dello Stato, oltre alla consueta attivit� 
di consulenza nelle transazioni e nelle composizioni bonarie, ha fornito 
il proprio parere, tra l�altro su questioni di grande attualit�; ricordo quella relativa 
alla sperimentazione del c.d. �metodo Stamina� in ordine alla quale 
l�Avvocatura, oltre a rappresentare il Ministero della Salute nel giudizio svoltosi 
davanti al T.A.R. del Lazio, ha assicurato al predetto Dicastero un costante 
ausilio consultivo sulle procedure e in sede di predisposizione degli atti amministrativi. 


Nel settore della contrattualistica pubblica, l�Avvocatura dello Stato ha 
svolto la propria attivit� di assistenza e consulenza in favore delle Amministrazioni 
statali, resa pi� complessa in questo momento di necessaria contra



zione delle risorse pubbliche disponibili, che inevitabilmente porta ad un aumento 
del relativo contenzioso. Nel corso del 2013, sono state, inoltre, affrontate, 
sia in sede consultiva che contenziosa, le problematiche legate all�impatto 
delle disposizioni del decreto legislativo n. 235/12 (c.d. �legge Severino�) 
sulle procedure di aggiudicazione ed, in particolare, sulla risoluzione delle 
controversie, anche alla luce della notevole riduzione del ricorso all�istituto 
arbitrale. 

Ricordo, ancora, le delicate problematiche connesse alla decisione (pure 
giustificata dalla contingente situazione finanziaria) di abbandonare alcune 
grandi opere (si pensi, per tutte, al Ponte sullo Stretto di Messina), che ha 
richiesto la soluzione di delicati problemi giuridici (affrontati anche in sede 
di Comitato consultivo) volti allo scioglimento dei ai rapporti contrattuali 
in essere. 

2.-Il nostro impegno dinanzi alla Corte di Cassazione, che oggi ci ospita, 
� notevole e molto importante e siamo onorati di poter lavorare con la Cassazione 
in piena armonia e nell�interesse della giustizia. 

Dinanzi alla Corte Suprema, il contenzioso � stato, anche nel 2013, particolarmente 
numeroso: sono stati, infatti, proposti dall�Avvocatura Generale 
dello Stato 5.021 ricorsi per Cassazione rispetto ai 4.703 del 2012; di questi, 

3.875 ricorsi riguardano il contenzioso tributario (con una percentuale pari al 
77,18% del totale). 

Anche nel 2013, � proseguita la stretta collaborazione tra la Corte di Cassazione 
e l�Avvocatura dello Stato, finalizzata alla fissazione in tempi brevi 
dell�udienza di discussione in cause �pilota�, su questioni che hanno dato 
luogo a numerose controversie nei gradi di merito, nonch� alla fissazione di 
udienze tematiche al fine della rapida decisione di interi �filoni� di cause. 

La collaborazione ha ovviamente interessato la materia tributaria, che, 
comՏ noto, occupa gran parte dell�attivit� sia della Cassazione Civile che 
dell�Avvocatura dello Stato. 

Di oltre 6.000 richieste, formulate dall�Agenzia delle Entrate, dopo attento 
esame, sono stati proposti poco pi� di 3.600 ricorsi, un numero sostanzialmente 
equivalente a quelli proposti dai contribuenti. 

Su tali richieste, gi� filtrate dall�Agenzia a livello regionale rispetto alle 
ben pi� numerose decisioni delle commissioni tributarie regionali, l�Avvocatura 
opera una ulteriore selezione non coltivandone oltre il 20%, cos� pervenendo 
ad un numero di ricorsi in cassazione sostanzialmente equivalente a 
quelli proposti dai contribuenti (pari a circa 3.600). 

L�esito dei giudizi suddetti si conferma ancora nel complesso favorevole 
all�Erario. Gli ultimi dati disponibili indicano una percentuale di vittoria di oltre 
il 70%, che supera il 75% se si considera il valore economico delle controversie. 

Ci� significa che su un valore annuo nel 2013 di circa un miliardo di euro, 
l�importo delle cause favorevoli ammonta a circa 760 milioni di euro. 


Nell�intervento dello scorso anno, venne evidenziata la delicata questione 
degli effetti processuali derivanti dalla cancellazione delle societ� dal registro 
delle imprese. 

Va preso atto, con soddisfazione, che la risposta della Corte � stata tempestiva 
ed adeguata. Con la sentenza n. 6070/2013, resa a Sezioni Unite, sono 
stati stabiliti importanti principi che sono riusciti a coniugare la volont� del 
legislatore con il rispetto dei diritti delle parti. 

Restano, tuttavia, ancora aperte questioni importanti, che ci si augura possano 
trovare soluzione nelle prossime decisioni. 

A tale proposito, va segnalato che, nei prossimi mesi, le Sezioni Unite 
della Corte dovranno sciogliere il nodo della applicabilit�, o meno, ai ricorsi 
tributari del nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. che, comՏ noto, consente ora di impugnare 
le sentenze non pi� per �per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione 
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio� ma soltanto per 
�omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che � stato oggetto di 
discussione tra le parti�. 

Senza volermi inserire nell�acceso dibattito derivante da una purtroppo 
non felice formulazione della norma che ha introdotto la citata modifica, mi 
permetto soltanto una breve osservazione. 

Se, come pare, con il nuovo testo dell�art. 360 n. 5 il legislatore ha voluto 
rendere in qualche modo non sindacabile la logicit� o contraddittoriet� della 
motivazione della sentenza impugnata, credo occorra considerare i riflessi che 
ci� pu� avere in materia tributaria. 

Sono evidenti i riflessi che la predetta novella processuale, ove interpretata 
in senso positivo, potrebbe avere in materia tributaria il cui accertamento 
fiscale si fonda spesso su presunzioni, per le quali � necessario il controllo 
sulla logicit� delle stesse. 

Se il nuovo articolo 360 n. 5 dovesse essere interpretato nel senso di impedire 
un tale controllo, ne conseguirebbe l�impossibilit� di ottenere la riforma 
di sentenze ingiuste, con conseguente pregiudizio, spesso irreparabile, non 
solo per l�erario ma anche per i contribuenti. 

Di tale peculiarit� della giustizia civile-tributaria spero che la Corte tenga 
conto, ed analizzi le nuove norme (pur emanate nel lodevole intento di ridurre 
il contenzioso), alla luce dei principi contenuti negli artt. 24 e 111 della Costituzione, 
nonch� del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale previsto 
dal diritto comunitario. 

Altra questione, non meno importante, che verr� esaminata dalle Sezioni 
Unite nelle prossime settimane, � quella rimessa con l�ordinanza n. 959/2013 
della VI sezione civile. 

Si tratta del problema relativo agli effetti di una pronuncia della Corte di 
Giustizia da cui derivi la possibilit� di chiedere rimborsi, rispetto alle situazioni 
ormai definite, in quanto una eventuale riapertura dei termini di decadenza o di 


prescrizione produrrebbe effetti negativi in termini di incremento del contenzioso 
e di incertezza delle situazioni giuridiche (per prescrizione o decadenza). 

E ci� anche in considerazione del fatto che analoghi principi non potrebbero 
non valere anche per le pronunce di incostituzionalit�. 

Con riferimento alla materia doganale, la Sezione Tributaria della Corte 
di Cassazione ha dato, nel 2013, un notevole impulso alla definizione del contenzioso 
pendente ponendo in discussione la quasi totalit� dei ricorsi presentati 
tra il 2007 e il 2011 (e alcuni del 2012 connessi). 

L�andamento del contenzioso � stato estremamente proficuo per gli interessi 
pubblici, con una percentuale di cause favorevoli all�Amministrazione 
vicina al 90% ed il recupero, a beneficio dell�Unione Europea e dello Stato 
italiano, di somme d�importo complessivamente superiore a centocinquanta 
milioni di euro. 

Con riguardo al processo telematico, l�Avvocatura dello Stato, nell�anno 
2013, ha proseguito nel proprio impegno volto alla realizzazione dell'ambizioso 
progetto del fascicolo elettronico. Da una iniziale messa in esercizio 
nella sede romana, si � capillarmente raggiunta ogni sede distrettuale, consentendo 
la creazione di una consistente piattaforma documentale nazionale che 
ha riguardato il 58% dei documenti cartacei convertiti in digitale e caricati nel 
fascicolo elettronico. Si �, infatti, passati da una percentuale iniziale del 3% 
dei documenti cartacei protocollati in ingresso, convertiti in digitale e caricati 
nel fascicolo elettronico, ad un complessivo 58%, rilevato a fine anno. 

Per ridurre i tempi ed i costi dei processi di lavoro, l�iter di dematerializzazione 
della carta e l�ausilio dell�informatica appaiono ormai un percorso 
inevitabile per gestire l�enorme mole di contenzioso ed essere al passo con i 
tempi. 

La sua piena realizzazione potr� essere, peraltro, agevolata dalla costituzione 
della c.d. �Intermagistratura Telematica�, un importante tavolo congiunto 
di tutte le magistrature (civile, amministrativa, tributaria e contabile) e 
dell�Avvocatura dello Stato per l�analisi e la risoluzione di problemi comuni 
in materia informatica. 

3.-Passando, infine, ai risultati del nostro lavoro, fornisco alcuni dati statistici 
relativi alla sede romana. Dinanzi al Tribunale civile le cause vinte sono 
il 60%, dinanzi al giudice amministrativo il 70%, dinanzi alla Corte d�appello 
il 53% e dinanzi alla Cassazione il 58%. La percentuale pi� bassa di esiti favorevoli 
innanzi alla Corte d�Appello � attribuibile al fatto che, nel numero, 
sono comprese le cause della c.d. �legge Pinto�, che rappresentano la maggioranza 
degli affari trattati in Corte d�Appello (come unico grado di merito) 
e che sono, nella stragrande maggioranza dei casi, cause perse per lo Stato. 

Il che porta a concludere per un buon rapporto costi-benefici dell�attivit� 
svolta dall�Avvocatura, ove si consideri che ogni causa - quale che sia la sua 
durata ed il numero dei gradi di giudizio nel complesso - costa in media allo 


Stato circa 800 euro, cio� meno di un decimo di quello che sarebbe il costo di 
mercato. 

Purtroppo, la funzionalit� dell�Istituto continua ad essere minacciata da 
una grave limitazione nel turn-over del personale togato e dalla insufficienza 
di risorse economiche. 

Sotto il primo profilo, evidenzio come il carattere emergenziale della situazione 
potr� essere solo attenuato dalla gi� ricordata previsione, contenuta 
nella recente legge di stabilit�, che autorizza l�Avvocatura dello Stato ad assumere 
non solo i vincitori ma anche gli idonei dell�ultimo concorso di Procuratore 
dello Stato (nel complesso, sedici unit�); ringrazio, comunque, 
personalmente ed a nome dei colleghi, il Governo per l�attenzione mostrata 
nei confronti dell�Istituto. 

Sotto il secondo profilo, devo segnalare che l�Istituto continua ad avere 
difficolt� ad assolvere ai suoi doveri con l�attuale importo stanziato in bilancio 
per le spese correnti, che sono incomprimibili ed indispensabili per garantire 
l�assolvimento dei compiti istituzionali, quali ad esempio le spese di funzionamento 
degli uffici tra cui quelle per l�acquisto di carta per le fotocopie necessarie 
a depositare gli atti defensionali nel numero di esemplari richiesto. 
Anche sotto questo profilo, ringrazio il Governo e, in particolare, il Ministero 
dell�Economia e delle Finanze, per avere voluto assicurare gli stanziamenti, 
in una misura peraltro sufficiente solo ad evitare la paralisi dell�Istituto. 

4.-Concludo, osservando che il difficilissimo momento che il Paese continua 
ad attraversare richiede a tutte le Istituzioni ed a tutti noi il massimo impegno 
nell�esercizio dei compiti affidati. Sono certo di poterLe assicurare, 
Signor Presidente della Repubblica, che l�Avvocatura dello Stato e i suoi componenti 
faranno ogni possibile sforzo per essere all�altezza delle rilevanti funzioni 
assegnate, confermando il prestigio che ha sempre avuto. 

Roma, l� 24 gennaio 2014 
Palazzo di Giustizia, Aula Magna 


CONVEGNO DI STUDI SUL TEMA 

�PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E GIURISDIZIONE: TRADIZIONE E PROSPETTIVE� (*) 


Intervento di Massimo Massella Ducci Teri 

1. Tra le letture fatte in vista del presente incontro ce ne � stata una che 
ha costituito, per me, motivo di particolare riflessione. 

Mi riferisco all�intervento svolto dal Giudice costituzionale, Prof. Cassese, 
alle Assise della Giustizia. Un forum sulle politiche comunitarie per la 
giustizia, che si � svolto a Bruxelles, nei giorni 21 e 22 novembre scorsi, sotto 
l�egida della Commissione Europea, i cui lavori sono stati conclusi dalla Signora 
Viviane Reding, Commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali 
e la cittadinanza. 

Nel suo contributo il Giudice Cassese ha sottolineato che l�opzione tra 
giurisdizione unitaria e giurisdizione ripartita assume, ormai, un diverso rilievo 
ove considerata nel contesto europeo ed alla luce del processo di integrazione 
dei diversi ordinamenti nazionali. 

Ed infatti, gi� sotto un profilo di fatto, deve registrarsi un sostanziale avvicinamento 
tra l�ordinamento inglese (laddove sono state previste sezioni 
specializzate per i giudizi in materia amministrativa) e quello francese (nel 
cui ambito il giudice amministrativo ha assunto un livello di indipendenza e 
di terziet� non inferiore a quello dei giudici civili e penali). 

A ci� deve aggiungersi, sotto un profilo squisitamente sostanziale, che 
deve ormai darsi atto: 

1.-del riconoscimento e dell�applicazione generalizzata, da parte degli 
Stati nazionali e dei Giudici chiamati a sindacare l�esercizio e le manifestazioni 
del pubblico potere, dei principi che trovano la loro fonte nell�art. 6, del Trattato 
U.E. e, quindi, nella Carta dei diritti fondamentali dell�U.E. (v. art. 47, in 
materia di giustizia) e nella Carta europea dei diritti dell�uomo (v. art. 6, equo 
processo); 

2.- dell�inviduazione, in sede comunitaria, di regole e principi comuni 
per disciplinare l�agire della pubblica amministrazione e per assicurare una 
effettiva tutela giudiziaria nei confronti della stessa; 

3.-del ruolo primario svolto dalla Corte di Giustizia (ma anche da altre 
Corti sovranazionali), con interventi in materie un tempo riservate agli Stati 

(*) Gioved� 12 dicembre 2013, Avvocatura Generale dello Stato, Sala Vanvitelli. 
All�inizio del Convegno, organizzato dalla Societ� Italiana degli Avvocati Amministrativisti,
� stato consegnato il Premio Aldo Sandulli 2013 al Prof. Vincenzo Cerulli Irelli.
Ai lavori, introdotti dall�Avvocato Generale dello Stato, Avv. Michele Dipace, hanno partecipato 
il Prof. Avv. Andrea Proto Pisani, il Prof. Avv. Riccardo Villata e l�Avv. dello Stato Massimo 
Massella Ducci Teri, del quale si pubblica l�interessante intervento. 



nazionali e con effetti significativi sui livelli di tutela riconosciuti ai singoli. 

In estrema sintesi pu� affermarsi che, in ambito europeo, ci� che assume 
rilievo � il rispetto, in concreto, dei principi di natura sostanziale (imparzialit�, 
trasparenza, proporzionalit�, adeguatezza, congruit�, logicit� e ragionevolezza) 
e processuale (effettivit� e pienezza della tutela, attraverso un giusto processo, 
rimesso ad un giudice terzo). 

Perch� solo in questo contesto pu� realizzarsi un�Area Europea della Giustizia 
fondata, come ha affermato il Commissario Reding, sulla fiducia: fiducia 
reciproca tra coloro che dettano le norme e coloro che le applicano e fiducia 
nel sistema da parte di coloro che ne beneficiano (cittadini ed operatori economici). 
Ed in tale contesto sfumano le formule organizzative dell�ordinamento 
giudiziario adottate da ciascuno Stato membro. 

2. Se esaminato da questa angolazione, il nostro sistema giudiziario appare 
sicuramente rispettoso dei canoni europei. 

Gli interventi del legislatore, le pronunce della Corte Costituzionale e 
delle nostre Magistrature Superiori, come unanimamente riconosciuto, consentono 
di affermare: 

-il superamento del rigido dualismo diritti soggettivi ed interessi legittimi; 

- l�effettiva tutela del rapporto, sin dalla fase cautelare; 

-la pienezza della tutela (azione risarcitoria); 

- la sua effettivit� (ottemperanza). 

Si sta realizzando, quindi, un sistema organico ed omogeneo del nostro 
ordinamento giudiziario ed il giudice amministrativo � sempre pi� il giudice 
ordinario delle situazioni soggettive affidate alla sua competenza (NIGRO). 

Il percorso non � stato sempre agevole e lineare e sicuramente pu� e deve 
essere migliorato. 

Autorevoli interventi hanno prospettato disegni riformatori. 

Alcuni, di ampio respiro, sottendono una verifica dei rapporti tra legislativo, 
esecutivo e giudiziario nonch� di quelli tra quest�ultimo e nuovi soggetti 
dell�ordinamento (Autorit� indipendenti) per i quali si rivendica il riconoscimento 
costituzionale a tutela della loro indipendenza ed a garanzia della insindacabilit� 
di alcuni loro atti di regolamentazione generale. 

Altri disegni riformatori attengono in via specifica alla organizzazione 
della giurisdizione proponendo una pluralit� di soluzioni relative ai Giudici 

c.d. speciali. 

Soffermandomi su queste ultime, consentitemi una prima valutazione di 
natura esclusivamente personale: non mi sembra che questo sia il problema 
pi� urgente non tanto per il Paese, quanto per il sistema giustizia nel suo complesso. 


L�attuale sistema dualistico rende un servizio che segna ampi miglioramenti 
in termini di efficienza e tempestivit�. Alcuni Uffici Giudiziari Ordinari 


-come ad esempio, basandomi sulla mia recente esperienza professionale, il 
Tribunale di Milano, ma analoga valutazione pu� essere estesa ad altri Tribunali 
- hanno raggiunto tempi di definizione dei giudizi di primo grado di livello 
europeo. La Giustizia Amministrativa, a sua volta, con gli strumenti del nuovo 
Codice e la sensibilit� di numerosi Magistrati, riesce a definire il doppio grado 
di giudizio di merito in 12/18 mesi, anche in fattispecie non regolate da procedure 
accelerate. 

Di sicuro un intervento troppo incisivo, in questo momento di forte impegno 
di tutti gli operatori del settore per adeguarsi alla nuova normativa (CPA 

-Tribunale delle imprese e riduzione degli Uffici Giudiziari), potrebbe non 
essere utile n� opportuno. 

3. In questa fase in cui la certezza del diritto � posta a dura prova, non mi 
sembrerebbe opportuno incidere radicalmente anche sulla giurisdizione. Al 
contrario, deve essere assicurata la �certezza della giurisdizione�, specie in un 
periodo in cui il legislatore non sempre si avvale di quanto previsto dall�art. 
113, 3� comma, della Costituzione. 

� un�esigenza che potrebbe essere soddisfatta, a mio avviso, in tempi ragionevoli 
anche perch� non sembra richiedere una modifica della Carta costituzionale. 


Mi riferisco all�ipotesi, gi� autorevolmente prospettata, di istituire il Tribunale 
dei conflitti. 

Ove tale Consesso fosse previsto nell�ambito della Corte di Cassazione, 
verrebbe rispettato il vincolo posto dalla Costituzione e potrebbe essere istituito 
con legge ordinaria. 

Lo stesso, inoltre, potrebbe essere a composizione paritaria tra magistrati 
ordinari ed amministrativi. E, sotto tale profilo, si ripercorrerebbero esperienze 
gi� conosciute nell�ambito del nostro ordinamento (v. Tribunale Superiore 
delle Acque Pubbliche). 

Tale Consesso dovrebbe sicuramente risolvere i casi in cui deve riconoscersi 
se il giudice adito abbia il potere di decidere. 

Ed avrebbe anche l�autorevolezza per garantire il rispetto di quel disegno 
organico del nostro ordinamento giudiziario, cos� come delineato dai Costituenti, 
e dei limiti posti allo stesso, in quell�equilibrato bilanciamento tra Poteri 
che tutti abbiamo sempre apprezzato. 

In tale ambito, potr� fornire chiare chiavi interpretative su quella sempre 
pi� sottile e delicata linea di confine tra giudizio di legittimit� e merito. 
� questo, da sempre, uno degli snodi pi� sensibili della giurisdizione amministrativa. 
� pacifico che il Giudice Amministrativo debba rispettare la legge ed i 
limiti della sua giurisdizione. 
�, parimenti, affermato e riconosciuto che il Giudice Amministrativo, per 


la sua esperienza, la sua sensibilit�, il suo abito mentale, sia attualmente il pi� 
adatto ad armonizzare due esigenze, entrambe riconosciute, con pari dignit�, 
dalla Costituzione: la tutela giurisdizionale e la salvaguardia dell�interesse 
pubblico, curato dall�Amministrazione. 

Tale funzione gli � stata, recentemente, riconfermata dalla Corte Costituzionale 
anche con riferimento ai diritti costituzionali primari e non comprimibili 
(Sentenza n. 85/2013, ILVA). 

La stessa Corte, tuttavia, ha chiaramente precisato che l�atto, ove ragionevole, 
non pu� essere contestato nel merito delle scelte compiute dalla amministrazione 
competente, che non possono essere sostituite da altre nella 
valutazione discrezionale delle misure ritenute necessarie. 

Tuttavia, a volte, il sindacato del Giudice Amministrativo appare travalicare 
nel sindacato dei fini e degli obiettivi perseguiti dall�Amministrazione ed 
appare incidere su quelle valutazioni di carattere soggettivo che costituiscono 
l�elemento fondante di scelte discrezionali. 

Al riguardo vorrei premettere che, nell�attuale fase storica, molto spesso 
tali valutazioni del Giudice Amministrativo, che sembrano particolarmente 
penetranti, sono indotte dallo stesso legislatore. 

Siamo in una fase in cui abbiamo un diritto ricco di norme ma privo di 
principi (DE LISE). 

Norme, per di pi�, assai dettagliate che pongono vincoli fin troppo precisi 
al successivo agire della pubblica amministrazione, limitando di per se stesse, 
l�esercizio della discrezionalit� e condizionando i contenuti del successivo 
sindacato giurisdizionale. 

Ma prescindendo da tali ipotesi, che spesso fotografano momenti patologici 
dell�ordinamento, non possiamo non dare il giusto rilievo alle norme di 
diritto amministrativo sostanziale che dettano i principi cui deve necessariamente 
ispirarsi l�azione amministrativa. 

Con la legge 241/90 sono state dettate le regole di condotta dell�Amministrazione. 
Il loro rispetto consente di affermare che il potere discrezionale 
non � pi� �libero� ma controllato e controllabile dagli stessi interessati, prima 
che si formalizzi definitivamente. 

Il rispetto di tali regole; la piena trasparenza sui criteri applicati in concreto; 
il pieno, concreto ed effettivo contraddittorio tra Amministrazione e soggetti 
privati si pongono come garanzia dell�ordinamento ma anche come limiti 
alla tutela da richiedere. 

Vi sono provvedimenti che sono necessariamente il frutto di valutazioni 
soggettive, consentite a colui che le applica, effettuate da un soggetto cui � 
stata affidata la cura dell�interesse pubblico e che ne � responsabile, che non 
sempre possono essere, di fatto, sostituite nell�ambito di un giudizio di legittimit� 
e con riferimento alle sue figure sintomatiche. 

Analogamente, sempre su questo sottile crinale tra valutazione soggettiva 


e legittimit� del provvedimento, si pone il sindacato sull�elemento fiduciario 
che caratterizza alcuni procedimenti di nomina. E ci�, con particolare riferimento 
a quelle fattispecie in cui la fiducia dell�esecutivo appare condivisa dal 
legislativo non solo con un parere ma, a volte, anche mediante il voto delle 
Assemblee. 

4. Volendo concludere. La certezza della giurisdizione appare sicuramente 
una priorit� per il nostro ordinamento giudiziario e la via della reductio 
ad unum, se pu� sembrare la pi� semplice, non � di per se risolutiva e richiede 
sicuramente tempi lunghi sia perch� diventi effettiva, sia per la sua successiva 
attuazione. In ogni caso essa rischia di dissipare un patrimonio culturale apprezzato 
anche all�estero e di disperdere la fucina ove � nato il nostro diritto 
amministrativo e si sono formati numerosi maestri di questa disciplina. 

L�organicit� che va assumendo il sistema giudiziario nazionale implica, tuttavia, 
che si persegua una sempre pi� intensa omogeneit� tra gli ordini giudiziari. 

Non mi riferisco tanto alle omogeneit� di natura, per cos� dire, organizzativa 
ed ordinamentale (terziet�; criteri di conferimento degli incarichi direttivi 
[esperienza professionale concreta, merito e non solo anzianit�] e la loro 
durata; attivit� c.d. esterne, peraltro connesse, per il Giudice Amministrativo, 
anche alle diverse funzioni che la Costituzione gli riconosce ed attribuisce) 
quanto alla omogeneit� nelle tutele concesse. 

Per tutte una (e qui il discorso si amplia anche alla Corte dei Conti): la tutela 
risarcitoria, che va assumendo, giustamente, un rilievo sempre maggiore e 
rispetto alla quale il Giudice Amministrativo sta calibrando i propri interventi. 

Siamo certi che i criteri applicati per la sua determinazione siano omogenei 
e che possa essere a lungo condiviso che solo per la tutela avanti il Giudice Ordinario 
siano previste valutazioni di legittimit�? O dovremmo accettare che, in 
questa materia, l�ultima parola sia devoluta ad una Corte sovranazionale? 


Avvocatura Generale dello Stato 


CIRCOLARE N. 8/2014 
Oggetto: Protocollo di intesa con l�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. 


Si trasmette in allegato copia del protocollo di intesa sottoscritto dall�Avvocato Generale 
e dal Direttore del�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in data 30 gennaio 2014. 

L�Avvocato Generale dello Stato 
Michele Dipace 

PROTOCOLLO DI INTESA 

TRA 
L�AVVOCATURA DELLO STATO 
E 
L�AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI 


Visto 

Il protocollo di intesa del 10 maggio 2001 sottoscritto tra l�Avvocatura dello Stato e 
l�Agenzia delle Dogane; 

Visto 

L�articolo 23-quater del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 
2012, n. 135 che ha disposto l�incorporazione dell�Amministrazione Autonoma dei 
Monopoli di Stato nell�Agenzia delle Dogane, che assume la denominazione di Agenzia 
delle Dogane e dei Monopoli, con la successione di quest�ultima nei rapporti giuridici 
attivi e passivi, anche processuali, insistenti in capo all�Amministrazione incorporata; 

Considerato 

Che, ai sensi dell�art. 72 del Decreto Legislativo n. 300/1999 l�Agenzia delle Dogane e 
dei Monopoli si avvale del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato ai sensi dell�art. 43 
del R.D. n. 1611/1933 e successive modificazioni e che, in base a tale ultima disposizione, 
l�Avvocatura dello Stato � autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa, 
salve le ipotesi di conflitto ed i casi speciali ivi previsti, dell�Agenzia delle Dogane e 
dei Monopoli; 

Visti 

-l�art. 15 della legge n. 241 del 7 agosto 1990, comma 1, che consente la possibilit� 
per le amministrazioni pubbliche di concludere �accordi per disciplinare lo svolgimento 
in collaborazione di attivit� di interesse comune�; 
-la delibera n. 234 del 29 gennaio 2014 (All. n.1 ) del Comitato di Gestione dell�Agenzia 
delle Dogane e dei Monopoli. 

Ritenuta 

-l�opportunit� di disciplinare nelle forme di seguito descritte le modalit� della coo



perazione tra l�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di seguito denominata �Agenzia�) 
e l�Avvocatura dello Stato (di seguito denominata �Avvocatura�), al fine di assicurare 
nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici coinvolti, prevedendo anche 
forme snelle e semplificate di relazioni, tali da promuovere e rafforzare l�efficienza e 
l�efficacia dell�azione amministrativa e l�ottimale funzionalit� delle strutture; 
-in particolare, l�opportunit� di prevedere modalit� operative volte a garantire un efficiente 
ed incisivo apporto consultivo dell�Avvocatura nonch� lo svolgimento del patrocinio 
dell�Agenzia affidato alla stessa Avvocatura nei giudizi attivi promossi o 
proseguiti in gradi ulteriori e nei giudizi passivi instaurati o coltivati da terzi nei confronti 
della medesima Agenzia. 

Tra il Direttore dell�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dr. Giuseppe PELEGGI e 
l�Avvocato Generale dello Stato avv. Michele Giuseppe DIPACE, si conviene quanto 
segue. 

ATTIVIT� CONSULTIVA 

1. Le competenti strutture centrali dell�Agenzia propongono all�Avvocatura Generale 
dello Stato quesiti e richieste di pareri che involgono questioni interpretative di carattere 
generale o di particolare rilevanza, mentre le strutture interregionali, regionali 
e interprovinciali dell�Agenzia corrispondono direttamente con le Avvocature distrettuali, 
fatti salvi i casi di urgenza, per i quali potranno inoltrare, previo coordinamento 
con le competenti strutture centrali, specifiche richieste all�Avvocatura Generale. 
2. Considerato che l�efficacia dell�attivit� consultiva � direttamente correlata alla tempestiva 
acquisizione dei chiesti pareri, l�Avvocatura provvede a corrispondere alle 
relative richieste nei termini imposti dai procedimenti amministrativi o in mancanza, 
entro sessanta giorni dalla richiesta, ovvero entro novanta giorni se risulta necessario 
sentire il Comitato Consultivo dell�Avvocatura Generale, segnalando, tempestivamente, 
i casi ove ci� non sia possibile anche in considerazione della particolarit� 
della fattispecie e dell�impegno professionale necessario. 
3. Su richiesta dell�Agenzia, l�Avvocatura rende, anche in via preventiva, suggerimenti 
e/o pareri sui principali orientamenti assunti o da assumere dalla stessa Amministrazione, 
con particolare riferimento all�interpretazione della normativa di prima applicazione, 
anche in ordine ai riflessi sulla gestione del relativo contenzioso, potenziale 


o in atto. 

4. L�Avvocatura - ferme restando le competenze del Consiglio di Stato nella materia esprime 
pareri sugli atti di transazione redatti dalle strutture centrali o periferiche 
dell�Agenzia e, su richiesta delle competenti strutture della stessa Agenzia, presta la 
propria collaborazione alla redazione degli stessi atti, assicurando l�assistenza nel 
luogo ove si svolge l�attivit� transattiva. 
5. Salvo che non si tratti di questioni con contenuti di assoluta unicit�, le richieste di 
consultazione di cui ai punti 3 e 4 sono sempre inoltrate contestualmente agli uffici 
centrali dell�Agenzia e all�Avvocatura Distrettuale o Generale, in relazione alle rispettive 
competenze. 
ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 


6. L�Avvocatura fornisce assistenza richiesta dalle strutture centrali e territoriali del





l�Agenzia, anche in sede esecutiva, al fine di assicurare la piena tutela degli interessi 
pubblici alla stessa affidati. 


7. L�Agenzia, attraverso le proprie strutture centrali o territoriali, provvede ad investire 
l�Avvocatura delle richieste di patrocinio con il pi� ampio margine rispetto alle scadenze, 
fornendo una completa e documentata relazione in fatto e in diritto, corrispondendo 
contestualmente in formato cartaceo e web, quale necessario supporto per 
l�efficace difesa delle ragioni dell�Agenzia; in attesa di esprimere le proprie definitive 
valutazioni, in caso di urgenza, la stessa Amministrazione potr� comunque anticipare 
l�inoltro all�Avvocatura degli atti di causa in proprio possesso. Al fine di rendere praticabile 
operativamente un percorso di immediata e diretta comunicazione, anche informale, 
in sede di richiesta verranno precisati i riferimenti relativi all�Ufficio e al 
funzionario responsabile del procedimento per la sua immediata reperibilit� (telefono, 
fax, e-mail); analogamente l�Avvocatura provveder� a comunicare alla struttura richiedente 
dell�Agenzia il nominativo dell�avvocato incaricato dell�affare e le suindicate 
modalit� di immediata reperibilit�, il tutto con il reciproco impegno a 
comunicare ogni eventuale modifica. 
Al fine di rendere pi� sollecito ed efficace lo svolgimento delle rispettive attivit� istituzionali, 
� assicurato all�Avvocatura l�accesso alla documentazione tributaria (normativa, 
prassi e giurisprudenza) ove disponibile in banca dati, nonch� l�acquisizione 
dei dati relativi alle controversie trattate dall�Agenzia; per la stessa finalit�, � assicurato 
all�Agenzia l�accesso telematico diretto alle banche dati dell�Avvocatura. 
Nel caso la controparte sia una societ�, l�Agenzia ne verifica la vigenza e l�attualit� 
della ragione sociale e della sede. 
Ove l�Avvocatura ritenga di non convenire, per singole controversie, sulle richieste 
avanzate dall�Agenzia, provveder�, se del caso previa acquisizione di supplementi 
istruttori, a darne tempestiva e motivata comunicazione alla struttura richiedente e, 
per conoscenza, alla struttura centrale, al fine di pervenire ad una definitiva concordata 
determinazione. L�eventuale divergenza che dovesse insorgere tra l�Avvocatura 
e l�Agenzia circa l�instaurazione o la resistenza in giudizio e/o la prosecuzione dello 
stesso, ove non composta fra le due Istituzioni, � risolta dal Direttore dell�Agenzia ai 
sensi dell�articolo 12 della Legge 3 aprile 1979, n. 103, in tempo utile per consentire 
all�Avvocatura di svolgere la pi� efficace difesa delle ragioni dell�Agenzia. 
8. Gli atti introduttivi del giudizio, o di un grado di giudizio e qualunque altro atto o 
documento notificati all�Agenzia presso una sede dell�Avvocatura non ancora investita 
della difesa, sono da quest�ultima prontamente inviati alla competente struttura 
dell�Agenzia e comunque con il pi� ampio margine temporale rispetto alle scadenze, 
utilizzando allo scopo gli strumenti di comunicazione pi� rapidi. 
9. L�Avvocatura provvede a tenere informata la competente struttura dell�Agenzia dei 
significativi sviluppi delle controversie dalla stessa curate, assicurando, laddove 
l�Agenzia ne faccia motivata richiesta, il tempestivo invio degli atti difensivi propri 
(in formato editabile onde agevolarne l�utilizzo in casi analoghi) e delle controparti, 
nonch� dei relativi documenti allegati, dando comunque pronta comunicazione del-
l�esito del giudizio con la trasmissione di copia della decisione, in particolare se notificata. 
Ove si tratti di pronuncia sfavorevole all�Agenzia suscettibile di gravame, 
l�Avvocatura formula il proprio preliminare parere in ordine all�impugnabilit� della 
decisione, contestualmente all�inoltro della stessa, riservando il definitivo parere una 



volta ricevute le considerazioni dell�Agenzia. Le sentenze sono dall�Avvocatura trasmesse 
alla Direzione locale interessata ed alla struttura centrale dell�Agenzia competente 
alla trattazione del contenzioso. 

10. A richiesta del Direttore dell�Agenzia, l�Avvocatura pu� assumere, ai sensi dell�art. 
44 del R.D. n. 1611/1933, la rappresentanza e la difesa di dipendenti dell�Agenzia 
nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio, segnalando 
tempestivamente i casi particolari nei quali non � possibile assumere il patrocinio potendosi 
verificare un conflitto di interessi. 
L�Avvocatura segnala tempestivamente i casi in cui non pu� assumere il patrocinio 
potendosi configurare un conflitto di interessi con altra amministrazione. Con provvedimento 
motivato del Direttore, l�Agenzia segnala all�Avvocatura Generale eventuali 
casi di possibile conflitto con altra amministrazione parimenti assistita 
dall�Avvocatura, per le relative determinazioni. 
11. Per le cause che si svolgono innanzi ad Autorit� Giudiziarie aventi sede diversa da 
quella della competente Avvocatura, ai sensi dell�art. 2 del R.D. n. 1611/1933, quest�ultima, 
previa preventiva intesa, ha facolt� di delegare funzionari dell�Agenzia per 
la rappresentanza in giudizio fuori dai casi in cui l�Agenzia gi� non provveda a farsi 
rappresentare da propri dipendenti, secondo le disposizioni vigenti, trasmettendo tempestivamente 
l�atto di delega alla competente struttura territoriale della stessa, fornendo 
precise indicazioni in ordine alle argomentazioni da esporre in difesa degli 
interessi dell�Agenzia. In mancanza si far� applicazione della facolt� di delega ad 
avvocati del libero foro ai sensi del comma 2 del sopra citato art. 2 del R.D. 
1611/1933. 
12. L�Agenzia sta in giudizio direttamente nei casi in cui la legge lo consente, salvo diverse 
intese a livello locale. L�Avvocatura assicura comunque, d�intesa con l�Agenzia, 
il patrocinio e la presenza alle udienze nelle controversie in cui vengono in rilievo 
questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore economico 
o dei principi di diritto in discussione. 
13. Per le cause che richiedono una complessa valutazione o comunque di particolare rilevanza, 
anche per i principi di diritto alle stesse connessi, innanzi alle Commissioni 
Tributarie, Provinciali o Regionali, in cui l�Agenzia � difesa dai propri funzionari, 
l�Avvocatura si rende disponibile, su richiesta dell�Agenzia, ad esprimere una valutazione 
preventiva in ordine alle linee difensive ed alle strategie processuali, con particolare 
attenzione agli atti e documenti da depositare in giudizio nell�interesse 
dell�Agenzia. 
14. Le sentenze pronunciate in grado d�appello relativamente a controversie di lavoro, 
notificate presso l�Avvocatura Distrettuale dello Stato, sono da quest�ultima trasmesse 
contemporaneamente, oltre che all�Avvocatura Generale dello Stato, alla struttura 
dell�Agenzia parte nel giudizio di appello, unitamente agli atti essenziali di cui 
l�Agenzia stessa non sia in possesso. 
15. Per i giudizi innanzi alla Corte di Cassazione, considerato il recente intervento normativo 
che ha ridotto i termini processuali, si conviene che gli Uffici dell�Agenzia 
tenuto conto della decorrenza dei termini processuali, adotteranno ogni decisione in 
merito all�impugnazione per Cassazione delle sentenze rese dal Giudice di appello 
con ogni consentita urgenza e comunque avendo cura di investire tempestivamente, 
per il relativo parere, l�Avvocatura Generale dello Stato con una completa e docu





mentata relazione in punto di fatto e diritto, trasmessa in formato editabile, con allegati 
gli atti e i documenti disponibili in formato elettronico oppure agevolmente convertibili, 
anticipandola all�indirizzo di posta elettronica della sezione dell�Avvocatura 
competente. 
Le richieste di ricorso per Cassazione sono integrate dalla documentazione per consentire 
all�Avvocatura la compiuta delibazione delle stesse anche sotto il profilo della 
concreta ed effettiva possibilit� di recupero erariale. 
Il parere negativo in merito alla proposizione del ricorso per Cassazione � espresso 
dall�Avvocatura di norma almeno trenta giorni prima della scadenza del termine per 
l�impugnazione, cos� da permettere all�Agenzia di esprimere il suo eventuale diverso 
orientamento e, quindi, l�eventuale proposizione del ricorso, salva l�applicazione del 
punto 7, ultimo capoverso, del presente protocollo. 
L�Avvocatura d� tempestiva informazione alla Direzione competente della avvenuta 
proposizione del ricorso anche attraverso l�invio dell�istanza di cui all�art. 369, terzo 
comma, c.p.c. e ai sensi dello stesso articolo si pu� avvalere della collaborazione 
delle strutture dell�Agenzia per la richiesta di trasmissione del fascicolo d�ufficio. 
Qualora un ricorso per Cassazione sia notificato presso la sede della Direzione centrale 
competente, questa trasmette direttamente all�Avvocatura l�originale del ricorso 
notificato e, contestualmente, ne invia copia alla Direzione territoriale competente, 
che provvede ad inoltrare all�Organo legale gli elementi istruttori per il controricorso 
e per l�eventuale ricorso incidentale, con le modalit� e i tempi di cui al primo comma. 
La Direzione centrale competente pu� segnalare i giudizi in Cassazione relativi a una 
questione controversa caratterizzata da ampia diffusione o comunque di particolare 
rilevanza per il principio di diritto in contestazione, affinch� l�Avvocatura solleciti alla 
Cassazione la decisione della causa, facendo presente il significativo effetto deflattivo 
che conseguirebbe dal tempestivo consolidarsi dell�orientamento della Cassazione. 


16. La proposta di costituzione di parte civile nei giudizi penali concernenti fenomeni 
delittuosi aventi rilevanza particolare per la tutela degli interessi erariali e comunitari 
coinvolti, dovr� essere inoltrata dalle Direzioni territoriali competenti alle rispettive 
Avvocature distrettuali, per la richiesta di parere obbligatoria, mediante la trasmissione 
di una documentata (notizia di reato, richiesta di rinvio a giudizio e avviso di 
fissazione dell�udienza preliminare) e circostanziata relazione dalla quale emergano 
le ragioni poste a fondamento della proposta e la quantificazione, anche via equitativa, 
del danno subito; le Avvocature distrettuali interessate forniranno tempestivamente 
il proprio parere preventivo in ordine alla proposta di costituzione di parte civile. 
La competente Direzione centrale dell�Agenzia curer� l�acquisizione della prescritta 
autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e provveder� ad inoltrarla 
tempestivamente alla Direzione territoriale competente perch� quest�ultima provveda 
a trasmetterla all�Avvocatura patrocinante. 
Nei casi di urgenza, l�Avvocatura provveder� ad acquisire direttamente dalla Presidenza 
del Consiglio la prescritta autorizzazione, informando tempestivamente 
l�Agenzia. 
Eventuali conflitti tra l�Agenzia e l�Avvocatura in ordine alla costituzione di parte 
civile saranno risolti ai sensi del punto 7, ultimo capoverso, del presente protocollo. 
Nei giudizi ove si formalizzer� la costituzione, l�Agenzia assicurer� all�Avvocatura, 
su richiesta di quest�ultima, il necessario affiancamento operativo con i propri fun



zionari e, se del caso, coinvolgendo anche la Guardia di Finanza. 

L�Avvocatura informa la direzione competente dell�Agenzia in ordine agli esiti dei 
procedimenti penali in cui l�Agenzia si � costituita parte civile. 

17. L�Avvocatura provvede al diretto recupero nei confronti delle controparti delle spese, 
competenze ed onorari di giudizio, posti a loro carico per effetto di sentenza, ordinanza, 
rinuncia o transazione; l�Agenzia prester�, comunque, ogni assistenza e collaborazione 
per la riscossione, su richiesta dell�Avvocatura. 
In caso di giudizio conclusosi con esito favorevole per l�Agenzia ma con disposta 
compensazione, totale o parziale, delle spese, competenze ed onorari del giudizio, 
cos� come in caso di transazione dopo sentenza favorevole, trova applicazione il disposto 
dell�art. 21, commi terzo, quarto e quinto R.D. n. 1611/1933 e successive modificazioni, 
avendo riguardo alla complessit� e all�impegno processuale della 
controversia, sulla base delle tariffe professionali applicabili. 
18. L�Avvocatura presta la propria collaborazione all�Agenzia per le notificazioni degli 
atti diversi da quelli processuali, ove questa non possa provvedervi direttamente. 
INCONTRI PERIODICI 


19. Tra l�Avvocatura e l�Agenzia � istituito un calendario di incontri periodici, a cadenza 
trimestrale, da tenersi a livello centrale, interregionale, regionale e provinciale, per 
l�esame di questioni giuridiche di particolare interesse, nonch� per valutare l�evoluzione 
del contenzioso concernente le pi� significative e rilevanti problematiche in 
discussione (in particolare in ordine all�applicazione delle norme tributarie e alle controversie 
di lavoro) anche al fine di definire congiuntamente le linee di condotta nelle 
controversie in corso, ovvero valutare eventuali aspetti di interesse alla prosecuzione 
delle stesse. A tal fine l�Avvocatura generale indicher� un proprio avvocato con funzione 
di referente, mentre per gli incontri periodici da tenersi a livello territoriale il 
referente sar� l�Avvocato distrettuale o un suo delegato; per l�Agenzia saranno presenti 
i dirigenti dei vari servizi interessati o i loro delegati. 
20. Al fine di consentire la risoluzione di questioni di particolare rilievo la cui tempistica 
non risulta compatibile con il rinvio all�incontro periodico ed allo scopo di acquisire 
un primo orientamento in ordine alle attivit� da porre in essere, i dirigenti della sede 
centrale dell�Agenzia potranno ricorrere alla consulenza in via breve dell�avvocato 
che sar� designato dall�Avvocatura Generale a partecipare agli incontri periodici da 
tenersi a livello centrale. 
21. Anche in ragione della intervenuta incorporazione dell�Amministrazione Autonoma 
dei Monopoli di Stato, l�Agenzia potr� istituire un ufficio di coordinamento del contenzioso 
nazionale e comunitario nonch� dei connessi rapporti con l�Avvocatura Generale 
dello Stato, affidandone le funzioni ad un Direttore centrale e all�Avvocato 
dello Stato designato secondo il precedente punto 20. 
DISPOSIZIONI FINALI 


22. L�Avvocatura e l�Agenzia si impegnano a segnalare reciprocamente tutte le difficolt� 
operative eventualmente insorte nella gestione dei rapporti oggetto del presente protocollo, 
allo scopo di provvedere al superamento delle stesse, nello spirito della pi� 
estesa collaborazione. 



23. L�Avvocatura designer� in ciascuna sede, compatibilmente con le esigenze di servizio, 
uno o pi� avvocati incaricati degli affari di competenza dell�Agenzia. 
24. L�Agenzia fornir� all�Avvocatura in ciascuna sede, compatibilmente con le proprie 
dotazioni, ogni supporto che risulter� utile per il migliore svolgimento dell�attivit� 
oggetto del presente protocollo. 
25. Per assicurare la migliore collaborazione possibile, verranno previste forme di utilizzo 
promiscuo delle reciproche banche dati. 
26. L�Avvocatura generale e quelle distrettuali organizzeranno periodicamente per il personale 
dell�Agenzia corsi di formazione per la gestione del contenzioso di cui all�art. 
12, d�intesa con le competenti strutture dell�Agenzia e con la Scuola Superiore di 
Economia e Finanza. 


Roma, 30 GEN. 2014 

Il Direttore Generale dell�Agenzia L�Avvocato Generale dello Stato 
delle Dogane e dei Monopoli Avv. Michele Dipace 
Dott. Giuseppe Peleggi 


CONTENZIOSO COMUNITARIO 
ED INTERNAZIONALE 
La sovranit� degli Stati, il rating e le regole sulla concorrenza 

Glauco Nori* 

SOMMARIO: Premesse - 1. La nascita delle agenzie e l�evoluzione del rating - 2. Dall�Investor 
Pays all�Issuer Pays - 3. Il rating sui bilanci statali - 4. La funzione economica del 
rating sui bilanci degli Stati - 5. Il rating sui bilanci sovrani ed il mercato di riferimento - 6. 
La pubblicazione del rating unsolicited - 7. La situazione attuale - 8. La posizione dominante 
delle agenzie nel mercato dell�Uniione Europea - 9. La configurabilit� di un abuso ai sensi 
dell�art. 102 TFUE. 

Premesse 

Le agenzie di rating hanno raggiunto una posizione di primo piano nella 
finanza internazionale in una luce non sempre favorevole. 

Il mercato � diventato cos� complesso che anche chi vi opera professionalmente, 
malgrado le sue conoscenze specialistiche, non sempre � in grado 
di arrivare a verifiche o valutazioni soddisfacenti. Grazie anche ai loro apparati, 
che consentono analisi pi� approfondite, gli spazi di intervento delle agenzie 
di rating si sono per questo sempre pi� ampliati. 

Malgrado errori di valutazione tanto clamorosi da farne mettere in dubbio 
l'accidentalit�, le agenzie, la cui affidabilit� reale non sempre corrisponde a 
quella supposta, di fatto continuano ad esercitare sui mercati finanziari internazionali 
un potere condizionante sempre pi� spesso ritenuto eccessivo. 

La qualificazione come agenzie pu� dare l'impressione, e talvolta l'ha 
data, che siano soggetti terzi ed imparziali, che operano in un'atmosfera di 
piena neutralit�. Non � cos� o, per lo meno, non lo � sempre. Le agenzie sono 
societ� per azioni con fini di lucro di cui alcuni soci, con partecipazioni rile


(*) Professore, Avv. dello Stato, Presidente emerito del Comitato scientifico di questa Rassegna. 
Articolo pubblicato in Forum di Quaderni costituzionali - I Paper del Forum - 26 marzo 2012. 


vanti, hanno interessi nei settori che restano influenzati dai rating. I conflitti 
di interesse, ipotetici o reali, nei quali possono venirsi a trovare sono stati messi 
in evidenza pi� volte anche dalla stampa non specializzata ed il pericolo di incorrervi 
� stato riconosciuto implicitamente dalle stesse agenzie quando si sono 
premurate di indicare gli accorgimenti adottati per non farli diventare attuali. 

Il mercato � occupato quasi integralmente da tre di esse, una delle quali 
di dimensioni e giro di affari notevolmente inferiori rispetto alle altre due. Si 
� cos� costituito un oligopolio, in pratica da sempre. Le altre, anche per i tempi 
della loro costituzione, occupano spazi di mercato limitati che non consentono 
la forzatura di quello che potrebbe essere definito come tripolio. I loro giudizi 
sulla affidabilit� dei bilanci e della situazione finanziaria, all'origine limitati 
alle imprese, oggi sono estesi a soggetti pubblici, compresi gli Stati. 

In quanto imprese, l'attivit� che svolgono all'interno dell'Unione Europea 
� soggetta alla normativa comunitaria anche se la loro sede si trova altrove. 

1. La nascita delle agenzie e l'evoluzione del rating. 

� stato John Moody che per primo ha valutato l'affidabilit� dei bonds, 
quelli delle compagnie ferroviarie che all'epoca, nel 1909, erano protagoniste 
del mercato. Nel 1916 si aggiunse la Poor's Publishing Company, seguita dalla 
Standard Statistic Company nel 1922 e dalla Fitch Publishing Company nel 
1924. Nel 1962 Moody's � stata comprata da Dun & Bradstreet. Poor's e Standard 
si sono fuse nel 1941 per poi essere incorporate nella McGraw-Hill nel 
1966. Fitch nel 1997 si � fusa con IBCA (societ� inglese sussidiaria della FMILAC, 
conglomerata francese di servizi finanziari). 

Nel 2000, quando prese piede il mercato dei subprime resindential mortgages, 
Moody's, Standard & Poor's e Fitch erano le sole agenzie il cui rating 
veniva richiesto. 

La legislazione statunitense, se non � stata decisiva per la costituzione 
del loro oligopolio, certamente lo ha favorito. 

All'inizio il giudizio sull'affidabilit� dei titoli era richiesto dagli investitori. 
Dopo il 1934, secondo la normativa introdotta dalla Securities and Exchange 
Commission (SEC), appena istituita, il riconoscimento dell'affidabilit� dei titoli 
emessi � stata condizionata al rilascio di rating di un certo livello. Le agenzie 
legittimate ad emetterli non erano individuate, ma le destinatarie della disciplina 
non potevano essere che le tre che esaurivano il mercato. La forma di 
rating adottata da Standard & Poor's ed utilizzata ancora oggi (AAA, AA, A, 
BBB e cos� via) � diventata nel frattempo di applicazione generale. 

Con lo stesso criterio si � proceduto nel mercato bancario. Secondo un 
decreto del 1936 le banche non potevano pi� investire in speculative investment 
securities, vale a dire in titoli al di sotto dell'investment grade, desumibile 
dai recognized rating manuals, che erano dei soli Moody's, Standard 
& Poor's e Fitch. Quando poi � stato esteso al settore assicurativo � diventato 


in pratica di applicazione generale all'intero mercato finanziario. 

Come qualcuno ha subito rilevato, l'Amministrazione statunitense ha adottato 
una forma di outsourcing attraverso la quale le valutazioni delle tre agenzie, in 
base alla normativa che le ha richieste, hanno assunto in pratica la forza di legge. 

Negli anni '70 fu creata la Nationally Recognized Statistical Rating Organization 
(NRSRO). Secondo la SEC solo il rating delle agenzie riconosciute 
poteva certificare i requisiti di capitale richiesti nel mercato finanziario (dei 
broker-dealers). Le banche e le altre istituzioni finanziarie si sono sentite cos� 
dispensate dal valutare direttamente il margine di rischio dei loro investimenti 
perch� potevano soddisfare le richieste dei regolatori attraverso il rating di 
una delle tre agenzie. 

La posizione delle tre agenzie maggiori per questo non � mutata (1). 
Anche se altre hanno ricevuto il riconoscimento, la loro posizione � restata 
del tutto marginale. 

Mentre il loro potere andava aumentando, per precauzione adottavano 
clausole secondo le quali sui rating e su ogni opinione che vi era riportata non 
si doveva fare affidamento nel decidere gli investimenti (2). Le agenzie, alle 
quali la regolazione rimetteva il giudizio sull'affidabilit� di certi investimenti, 
si premuravano dunque di avvertire che i loro rating non andavano utilizzati 
per investire. La situazione era sicuramente singolare (3). 

(1) Come ha rilevato L.J. WHITE, The Credit Rating Agencies in Journal of Economic Perspectives 
"the Security and Exchange Commission created a new category - nationaily recognized statistical 
rating organization (NRSRO) - and immediate/y grandfathered Moody's. Standard&Poor's, and Fitch 
into the category". 
(2) "Any user of the information conta�ned herein should not rely on any credit rating or other 
opinion contained herein in making any investment decision". � la clausola adottata da Standard & Poor's: 
Mood's ne ha adottata una analoga. 
(3) Secondo l'art. 2.4 della legge n. 130/1999 "nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di 
cartolarizzazione siano offerti ad investitori non professionali, l'operazione deve essere sottoposta alla 
valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi". 
Per il legislatore italiano gli investitori professionali sono in grado di valutare direttamente i rischi. La 
dottrina ha proposto l'ampliamento della sfera del rating ritenendo che la valutazione sia necessaria 
quando l'investitore professionale acquista i titoli per collocarli successivamente presso il pubblico (v. 
RODFORD, Cartolarizzazione dei crediti e tutela del risparmio, in Societ�, 2000, p. 1167). 
La CONSOB, come richiesto dal comma 5 dello stesso art. 2, con deliberazione n. 12175 del 2 novembre 
1999 ha stabilito i requisiti di professionalit� ed i criteri per assicurare l'indipendenza degli operatori 
che svolgono la valutazione del merito di credito e l'informazione sugli eventuali rapporti esistenti tra 
questi e i soggetti che a vario titolo partecipano all�operazione. 
L'art. 2.1, lett. b) dispone che "alla formulazione del giudizio sul merito di credito concorrano persone 
che abbiano maturato un'esperienza direttiva non inferiore a tre anni in societ� o strutture aziendali specializzate 
nella valutazione dei crediti". Questi requisiti (comma 2) "si considerano posseduti dagli operatori 
attivi nel mercato dell'Unione Europea da almeno tre anni nell'attivit� di valutazione del merito 
di credito alla entrata in vigore del presente regolamento". 
In pratica anche in Italia � stata confermata la posizione preminente delle tre societ� operanti da tempo 
nel mercato internazionale. V. in proposito DE VITIS, Le societ� di rating, in FERRO-LUZZI, La cartolarizzazione, 
commento alla legge n. 130/99, 2005, p. 232 e ss.. 



2. Dall�Investor Pays all'Issuer Pays. 

Sempre negli anni '70 nel mercato del rating � intervenuta un'altra innovazione. 


Sin da quando Moody aveva cominciato ad operare il pagamento era stato 
a carico dell'investitore, che lo aveva richiesto, per il quale era utile qualunque 
valutazione, positiva o negativa che fosse, purch� affidabile. Il suo interesse 
era, pertanto, non orientato cosicch� il fatto che il pagamento fosse a suo carico 
non faceva sorgere dubbi sulla affidabilit� del giudizio. 

Negli anni '70 le posizioni si sono invertite. Il pagamento ha cominciato ad 
essere a carico dell'emittente il cui interesse era per un rating favorevole, quindi 
orientato. La neutralit� del rapporto economico � venuta cos� ad incrinarsi. 

Per questo cambiamento sono state prospettate diverse ragioni. Secondo 
alcuni il vecchio sistema avrebbe favorito il free-riding perch� le fotocopiatrici, 
da poco entrate in uso, avevano consentito di avere rapidamente copie 
da chi aveva richiesto il rating, riducendo cos� le operazioni di mercato. Per 
altri sarebbe stato decisivo lo shock provocato dal fallimento nel 1970 del 
Penn-Central Railroad (4). 

Sono queste ed altre solo ipotesi, nessuna del tutto convincente. Quello che 
non sembra contestabile � che chi ne poteva trarre beneficio erano le agenzie. 

La ragione � stata gi� accennata. Mentre l'interesse degli investitori era 
per un giudizio attendibile, positivo o negativo che fosse, per gli emittenti non 
era lo stesso. Avrebbero pagato volentieri qualcosa di pi� per un giudizio favorevole, 
che comportava una riduzione del costo del loro debito. 

Non � questo un sospetto dovuto a diffidenza preconcetta. 

Nel 2008 davanti alla Commissione Banking del Senato degli Stati Uniti 
si sono avute diverse audizioni in materia. 

Pu� essere lasciata da parte quella di Eric Kolchinsky, gi� analista presso 
Moody's, con la quale ha avuto un contenzioso. Non possono, invece, essere 
trascurate le dichiarazioni di Arturo Cifuentes (5) e di Mark Froeba (6). 

L'esperienza del primo era vasta. Aveva lavorato in pratica in tutti i settori 
nevralgici: agenzie di rating, compagnie di riassicurazione, hedge funds, banche 
di investimento. In particolare, era stato Senior Vice-Presidente di Moody dal 
1996 al 1999. A suo giudizio alle agenzie erano stati attribuiti troppi poteri, in 
particolare: definire il significato del rating adottato (come esempio ha richiamato 
il BBB, dove era fissato l'investment grade); stabilire le condizioni per l'assegnazione 
del rating; verificare se nei titoli esaminati ricorressero le condizioni 
volute; in tutti e tre i casi con la possibilit� di cambiare a discrezione i criteri. 

(4) Le ragioni di volta in volta addotte sono richiamate da W.J. WHILE, op. cit., p. 214-215, che ha 
rilevato come il cambiamento del modo di pagamento ha aperto la porta al potenziale conflitto di interessi. 

(5) Banking.senate.gov/public_fi/es/opgstnet Cifuentes/US Senate Hearings 222008.pdf 
(6) Banking.senate.gov/public/index.cfm 



Ha indicato come particolarmente pericolosa la mancanza di quella che 
ha definito la Muraglia Cinese, vale a dire la separazione tra il rating business 
ed il rating analysis, per evitare che gli analisti fossero soggetti alla supervisione 
dei managers, il cui compenso dipende dall'entit� dei ricavi e, quindi, 
degli utili. Il giro di affari non � di poco conto. Solo per fare un esempio. nel 
2008 Moody's ha dichiarato ricavi per un miliardo ed ottocento milioni di dollari 
ed un utile di $ 458 milioni (7). 

Cifuentes ha, pertanto, concluso che, in mancanza della separazione tra i 
due settori (la Muraglia Cinese) c'era il pericolo reale che i manager finissero 
con l'esercitare una influenza indebita sugli analisti, le cui promozioni, i cui aumenti 
salariali ed i cui bonus si sarebbero dovuti legare alla esattezza delle analisi 
e non all'incremento degli utili della societ� e della sua quota di mercato. 

Cifuentes, a quest'ultimo proposito, ha richiamato l'opinione di Mark 
Froeba, anche lui sentito dalla Commissione, avvocato a New York, dopo aver 
lavorato presso Moody's per un diecina di anni nel CDO group, lasciando 
l'agenzia nel 2007, anche lui come Senior Vice President. 

La sua dichiarazione ha preso le mosse dalla situazione normativa anteriore 
alla crisi finanziaria. 

Le agenzie godevano di un monopolio effective nel mercato del rating, 
rafforzato dal fatto che la domanda per il loro prodotto monopolistico era non 
solo stimolata, ma addirittura imposta dalla normativa in vigore, mentre la giurisprudenza 
escludeva la loro responsabilit� per danni. Segnalava, pertanto, alla 
Commissione la necessit� di verificare che cosa non avesse funzionato perch� 
solo a questa condizione si sarebbero potuti predisporre rimedi efficienti. 

Per l'indagine, secondo il suo parere, sarebbe stato indispensabile accertare 
la reale situazione di fatto attraverso informazioni assunte non a livello 
teorico o con colloqui con i managers delle agenzie, ma interpellando gli analisti 
incaricati. Solo attraverso interviste di questo genere con il maggior numero 
di analisti di ciascuna agenzia sarebbe stato possibile arrivare a sapere 
che cosa in effetti fosse successo e non quello che solo si supponeva. 

Il primo rimedio anche per Froeba era la predisposizione di un fire wall, 
quella che Cifuentes ha poi chiamato Muraglia Cinese. In secondo luogo il divieto 
per i dipendenti delle agenzie di possedere azioni delle societ� interessate. 
Il possesso di azioni - sono sempre osservazioni di Froeba - anche se non 
avesse condizionato i singoli ratings. avrebbe potuto provocare dubbi negli 
investitori, che invece non dovrebbero mai domandarsi se chi opera per le 
agenzie sia pi� sensibile agli interessi degli azionisti che a quelli degli inve


(7) I. FENDER - J. MITCHELL, Finanza strutturata; complessit�. rischio e impiego dei rating in 
Rassegna trimestrale BRI, giugno 2005, p. 79, richiamano la relazione annuale di Moody's per il 2003 
secondo la quale solo per le operazioni di finanza strutturata � indicato un giro di affari di $ 460 milioni, 
vale a dire oltre il 40% dei proventi da commissioni per l'assegnazione di rating. 


stitori. Per la stessa ragione la qualit� delle analisi e non la loro incidenza sugli 
utili dell'agenzia avrebbe dovuto incidere sulla remunerazione degli analisti. 
Froeba ha cos� confermato le perplessit� di Cifuentes. 

Questi interventi sarebbero stati tanto pi� necessari per il fatto che le 
agenzie non erano ritenute responsabili per i danni prodotti dalle loro previsioni 
sbagliate. La previsione di rimedi in caso di danni - ha tenuto a precisare 

-sopratutto se rilevanti, sarebbe servita non a fare un regalo agli investitori, 
ma a ripristinare la loro fiducia una volta che fosse chiaro che le agenzie non 
avrebbero potuto pi� assegnare rating sbagliati impunemente (with impunity). 

Quando il rating di un certo livello � richiesto per la valutazione dei rischi 
di istituzioni finanziarie, come dalla SEC per i broker-dealers, dalla Federal 
Reserve per le banche e dalla NAIC per le societ� di assicurazione, secondo 
Froeba c'� un compelling interesse ed anche il dovere di disciplinare rigorosamente 
la materia. La delega alle agenzie non avrebbe, comunque, dovuto 
dispensare il governo dal provvedere ad un controllo serio. 

A sostegno dell'utilit� di sanzioni ha richiamato anche il parere di altri esperti. 

Il valore di queste osservazioni non pu� essere svilito solo perch� espresse 
in forma dubitativa. In particolare una delle domande dovrebbe mettere sul-
l'avviso tra quelle che secondo Froeba si sarebbero dovute rivolgere agli analisti 
in sede di indagine, se cio� fossero state esercitate pressioni, dirette o 
indirette, per tenere conto, nel condurre le analisi, degli interessi dell'agenzia. 

Proposta da chi era stato Senior Vice President di una delle maggiori agenzie, 
assumeva un significato al di l� della forma (8). 

3. Il rating sui bilanci statali. 

L'indagine condotta dal Senato riguardava il mercato ordinario del rating, 
quello a richiesta. 

I termini della questione sono diversi quando si passa al rating sui bilanci 
statali. Da parte degli Stati non c'� richiesta. Ci si dovrebbe, pertanto, domandare 
se le agenzie abbiano il diritto di valutare, senza richiesta, l'affidabilit� 
di un bilancio statale e soprattutto di pubblicare la propria valutazione. 

I giudici statunitensi, ai quali si sono rivolti alcuni soggetti (non lo Stato) 
per essere risarciti dei danni risentiti da rating non richiesti, hanno respinto la 
domanda in base al primo emendamento della Costituzione, secondo il quale 
"il Congresso non potr� fare alcuna legge ... per limitare la libert� di parola o 
di stampa ...". Le domande non erano fondate sulla illegittimit� della valutazione 
per il solo fatto che non fosse stata richiesta, quindi in violazione della 
riservatezza, quanto sul carattere negativo del rating che aveva prodotto i danni. 

(8) Circa i timori sui potenziali conflitti di interessi quando il servizio � prestato su incarico del-
l'emittente v. I. FENDER - J. MITCHELL, Finanza strutturata: complessit�, rischio e impiego dei rating, 
gi� richiamato, p. 79 e L.J. WHITE, The Credit Rating Agencies, gi� richiamato, p. 215. 


Se il rating � espresso a richiesta, tra le parti si instaura un rapporto contrattuale 
alla stregua del quale vanno risolte le questioni che possono sorgere. 
La parti vi avranno inserito tutte le clausole alle quali avevano interesse. 
Quando, in mancanza di richiesta, tra le parti non c'� un rapporto precostituito, 
diventano applicabili i principi sulla responsabilit� extracontrattuale. 

Non � il caso di soffermarsi ad esaminare la motivazione delle sentenze. 
Pu� essere sufficiente qualche osservazione di principio. 

L'emendamento pone un limite al potere legislativo. Nei casi decisi, senza 
che fosse in discussione la legittimit� di una norma, il giudice era chiamato a 
verificare se nell'esercizio della libert� di espressione, non messa in dubbio, 
l'agenzia si fosse spinta al di l� del consentito. 

Questo aspetto della questione, rilevante per la giurisprudenza europea, 
non lo � stato nella stessa misura per i giudici statunitensi, che per tradizione 
hanno una visione diversa dei rapporti tra libert� (la libert� di espressione e la 
tutela della sfera personale). 

Nel giudizio non era coinvolto lo Stato la cui posizione particolare, se 
fosse stata interessata, avrebbe probabilmente comportato un'indagine almeno 
parzialmente diversa. Sulla questione di diritto statunitense non � necessario 
proseguire. 

4. La funzione economica del rating sui bilanci degli Stati. 

Il giudizio � espresso dalle agenzie nello svolgimento della loro attivit� 
economica, rivolta al mercato. Non costituisce, pertanto, pura espressione di 
pensiero, ma, come si vedr�, strumento per realizzare un utile economico. 

Quelli utilizzati dalla agenzie sono dati personali, ai sensi dell'art. 4.1, 
lett. b) d. lgs. n. 196/2003. Poich� provengono da documenti conoscibili da 
tutti non � richiesto il consenso per il trattamento (art. 24.1. lett. c). Non � necessario 
soffermarsi sulla applicabilit� della normativa richiamata alle persone 
giuridiche e, in particolare, allo Stato perch� quello praticato dalle agenzie non 
sembra classificabile come trattamento dei dati perch� non sono sottoposti alle 
operazioni elencate nell'art. 4.1, lett. a), ma solo utilizzati come informazioni 
per arrivare ad un giudizio secondo criteri che in gran parte sono tecnici. 

Forse anche per questo, a quanto risulta, la questione non � finita all'esame 
del Garante (9). 

Esclusa l'applicabilit� del d. lgs. n. 196/2003, ci si deve domandare se sia 

(9) Il Garante si � occupato delle agenzie di rating con provvedimento del 19 maggio 2010, n. 
1736161 (Boll. n. 116/maggio 2010). 1 dati riguardavano il personale dell'agenzia e soggetti comunque 
in rapporto con essi. 
La finalit� del trattamento era la prevenzione di conflitti di interessi che si sarebbero potuti verificare se 
il personale avesse posseduto i titoli sottoposti ad analisi. Non erano prese in considerazione le posizioni 
di conflitto in cui si potrebbero trovare le agenzie e non i loro dipendenti, posizioni centrali nelle dichiarazioni 
rese alla Commissione del Senato degli Stati Uniti. 


consentito, per svolgere un'attivit� economica a fini di lucro, interferire nella 
sfera altrui, producendo danni all'interessato. 

La particolarit� della questione richiede qualche ulteriore precisazione 
anche attraverso il richiamo di quanto � stato gi� detto. 

Se il rating � a richiesta, si instaura tra le parti un rapporto contrattuale, che 
pu� essere modellato secondo le esigenze rispettive. L'agenzia avr� diritto ad 
un compenso, variabile da caso a caso, e il cliente potr� inserire anche la clausola 
di riservatezza del rating, che l'agenzia non potr� mettere in circolazione. 

Nel caso di rating sui bilanci statali con lo Stato non c'� nessun rapporto 
precostituito. L'iniziativa � della stessa agenzia, che di conseguenza non ha 
corrispettivi. Le operazioni, alle quali l'agenzia deve procedere, sono in genere 
complesse e costose. Se non ricavasse nessun utilit�, nemmeno in via indiretta, 
potrebbe sorgere qualche dubbio sulla legittimit� dell'iniziativa. Si riproporrebbe 
la questione se sia consentito ad una societ�, che per definizione ha fini 
di lucro, svolgere un'attivit� per sua natura in perdita. 

Non � necessario mettere in evidenza che in questo caso non si tratta di 
elargizioni per fini di interesse pubblico o di beneficenza. Non sembra facile 
far passare come fini di interesse pubblico la pubblicazioni di giudizi che interessano 
il mercato finanziario e che comportano lo spostamento di grandi 
quantit� di risorse. 

Va pertanto verificato se le agenzie trovino, o sperino di trovare, una compensazione 
per le spese che affrontano in qualcosa di diverso da un corrispettivo 
diretto. 

In quanto prestatrici di servizi le agenzie hanno un loro mercato di riferimento, 
che � quello del rating a pagamento. Si pu� ritenere che quello del 
rating sui bilanci degli Stati costituisca un mercato autonomo? 

Mercato, secondo la nozione ormai tradizionale, � quell'ambiente funzionale 
in cui si realizza il valore di scambio dei beni e dei servizi, dove la domanda 
si incontra con l'offerta. Senza la richiesta non si pu� instaurare nessun 
rapporto con il soggetto interessato, che interessato non pu� nemmeno essere 
definito perch� nella maggioranza dei casi ha un interesse a non avere un rating. 
Il fenomeno resta del tutto unilaterale e la funzione di scambio va esclusa 
per definizione. 

Se fosse configurabile un mercato autonomo, come gli amministratori 
potrebbero giustificare di fronte agli azionisti un'attivit�, svolta in perdita sicura, 
impegnando le strutture societarie specializzate in indagini costose? Non 
risulta che sia stata mai prospettata una responsabilit� degli amministratori per 
danni alla societ� o agli azionisti e certamente non si pu� pensare che l'omissione 
sia dovuta a spirito altruistico. 

Il mercato andrebbe escluso anche se l'attivit�, per ipotesi solo di scuola, 
fosse classificata di beneficenza, svolta per fine altruistico. Da una parte non 
ci sarebbe una domanda in senso tecnico, ma solo una posizione passiva di ri



cezione delle prestazioni, la cui natura e la cui entit� sono lasciate alla valutazione 
di chi vi provvede; dall'altra la prestazione non sarebbe rivolta ad avere 
una utilit� economica, ma eventualmente solo a dare a chi la effettua una collocazione 
sul piano etico. 

In proposito la giurisprudenza comunitaria ha gi� avuto occasione di pronunciarsi. 


5. Il rating sui bilanci sovrani ed il mercato di riferimento. 

Se l'attivit� di rating sui bilanci statali, considerata autonomamente, non va 
collocata in un mercato autonomo, non significa che sia estranea a ogni mercato. 

Al mercato, quello dei rating a pagamento, gli Stati sono rimasti sinora 
estranei per una ragione che sembra evidente: la loro condotta finanziaria � 
condizionata da scelte di politica sociale, economica ed internazionale, assunte 
nell'esercizio della propria sovranit�. Non avrebbe senso che ne richiedessero 
la convalida a soggetti privati, come le agenzie, che applicano (o che dovrebbero 
applicare) criteri solo economici o di finanza. Ci� malgrado, subiscono 
rating ad iniziativa delle agenzie. Per questo � stato affacciato il dubbio che i 
rating, proprio perch� non richiesti, siano tenuti bassi per esercitare una sorta 
di ricatto sugli emittenti privati in modo da indurli a richiederli a pagamento, 
prevedibilmente migliori (10). 

Un rating unsolicited negativo pu� produrre al soggetto emittente danni 
molto maggiori dei vantaggi di uno positivo. Che sia o non fondato il dubbio, 
non pu� negarsi che di fatto ci sia una spinta per le societ� a richiedere rating 
a pagamento, che statisticamente sono pi� favorevoli di quelli unsolicited (11). 

(10) V. CHRISTINA E., BANNER, PATRICK BEHR, ANDR� GUTTLER, Do unsolicited ratings contain a 
strategic rating component? p. 3 e ss. (2008), www. frankfurt-school. de/content/e u/fipema/research/publications. 
html. Degli stessi Autori v. anche Rating opaque borrowers: why are unsolicited ratings 
lower? (2009), http.//hdl.handle net/10419/30175. V. anche L. WHITE, op. cit., p. 216. Qualche accenno 
si trova anche nella dichiarazioni di Froeba alla Commissione senatoriale. 
P. VAN ROY, Is there a difference between solicited and unsolicited ratings and if so. why?, NBB, Working 
paper n. 79, February 2006. p. 1-2, dopo aver richiamato le statistiche SEC, secondo le quali i rating 
unsolicited non risultavano altrettanto favorevoli di quelli solicited, ne ha prospettato anche una ragione 
alternativa. Quando il rating � richiesto gli emittenti procedono ad una self-selection, nel senso che l'interesse 
� soprattutto di quelli che, consapevoli della propria buona condizione, possono fare affidamento 
su un rating elevato. In questo caso, inoltre, le agenzie ottengono pi� informazioni da parte del richiedente, 
mentre i rating non richiesti nella maggior parte dei casi sono fondati su informazioni desumibili 
dalle relazione annuali pubblicate e quindi tendono ad essere more conservative. 
(11) In BANNER, BEHR e GUTTIER. op. cit., p. 2 � richiamata un'indagine della SEC del 2005 secondo 
la quale i rating non richiesti risultavano pi� bassi di quelli emessi a pagamento. V. le tabelle che 
vi sono riportate. In particolare � messo in evidenza l'interesse della agenzia ad operare nei paesi in via 
di sviluppo: "In developing countries, unsolicited ratings are even more common. thus corroborating 
the 'business expantion' argument. Interestingly, however. particularly the biggest rating agencies seem 
to use the concept of unsolicited ratlngs to penetrate new markets. As such, unsolicited ratings are often 
criticized as additional barriers to entry into the rating industry by increasing the market power of the 
already large rating agencies rather than opening up competition". 



La situazione che si � venuta a creare � tale che soggetti, che gi� per operare 
nei mercati finanziari devono affrontare in ogni caso dei rischi, si trovano 
esposti ad iniziative altrui tanto pi� frequenti quanto pi� possono riuscire dannose, 
senza la possibilit� di impedirle e, almeno secondo la giurisprudenza 
statunitense, senza nemmeno la possibilit� di essere risarciti dei danni prodotti 
da rating sbagliati. 

Intenzioni pi� o meno ricattatorie possono essere escluse nei confronti 
degli Stati che non richiedono rating sui loro titoli e che pertanto non possono 
essere indotti a farlo, qualunque sia il mezzo adottato. I rating negativi che 
subiscono non sono, peraltro, senza effetti per le tre agenzie che attraverso di 
essi, per i danni che sono capaci di produrre, vedono rafforzata la loro posizione 
di mercato (12). Da qui l'interesse ad emettere rating non richiesti, soprattutto 
se sono negativi. Pi� negativi essi sono, maggiori sono gli effetti, pi� 
temibili diventano le agenzie. 

E non � senza significato che i rating unilaterali, prevalentemente negativi, 
siano emessi anche nei confronti degli operatori economici, potenziali 
soggetti del mercato, che possono per questo essere indotti a richiederli (13). 

Le agenzie sono andate anche oltre. Hanno ideato l'outlook negativo. Se 
non sono in grado o non hanno temporaneamente interesse ad emettere un nuovo 
rating peggiorativo, cominciano ad annunciare che negative sono le previsioni. 
Lo Stato, che ne � destinatario, si viene cos� a trovare in una situazione ambigua, 
ma gi� produttiva di danni, destinata a durare per un tempo non prevedibile. 

Se limitarsi ad un outlook, se emettere un rating, quando emetterlo e nei 
confronti di chi, vale la pena di ripeterlo, sono tutte iniziative lasciate alla 
scelta, ed agli interessi, delle agenzie, che decidono anche, sempre autonomamente 
se, quando ed in quale forma pubblicarli. 

6. La pubblicazione del rating unsolicited. 

Se le agenzie si fermassero alla redazione dei rating non sorgerebbero 
questioni o, se sorgessero, sarebbero di interesse minore. Potrebbero costituire 
materiale di ricerca, utile per avere una visione complessiva dei mercati finanziari 
della quale tenere conto nella elaborazione dei rating richiesti. 

Che gli obiettivi siano ben diversi � dimostrato dal fatto che tutti i rating 
vengono pubblicati, scegliendo anche il tempo in cui possano produrre i danni 
maggiori. 

(12) Thomas L. Friedman, in una intervista riportata dal New York Times (richiamata da White, citato, 
p. 216) gi� nel 1996 sosteneva: "Secondo me ci sono oggi nel mondo due superpotenze. Ci sono gli 
Stati Uniti, e Moody's Bond Rating Service. Gli Stati Uniti possono distruggerti buttando delle bombe, e 
Moody's ti pu� distruggere degradando i tuoi bonds. E credetemi, spesso, non � chiaro chi � pi� potente". 
(13) Nel 1998 la Hannover Re, societ� tedesca di riassicurazione, dopo aver rifiutato il servizio 
di rating da parte di Moody's, si � vista assegnare dall'agenzia un pessimo rating unsolicited (v. BANNER, 
BEHR e GUTTIER, op. cit., p. 3). Un caso analogo � richiamato da L.J. White, cit., p. 216. 



Se ce ne fosse stato bisogno. una prova ulteriore si � avuta recentemente. 
Dopo che la Grecia, ricevuta una valutazione ben al di sotto dell'investment 
grade, aveva provveduto a misure di notevole rigore finanziario, le agenzie 
hanno subito peggiorato ulteriormente la loro valutazione. 

Che il nuovo rating e, soprattutto la sua pubblicazione, fossero rivolti agli 
investitori per metterli al corrente dei rischi che avrebbero potuto correre, va 
escluso senz'altro. Non solo i rating precedenti, ma soprattutto le lunghe discussioni 
intergovernative nell'ambito dell'Unione Europea, erano state anche 
in eccesso per avvertirli. L'obiettivo non pu� essere stato che un altro: sottolineare 
presso l'opinione pubblica specializzata che le agenzie erano giudici 
assoluti dell'affidabilit� anche politica degli Stati, al di sopra degli organi nazionali 
e della stessa Unione. Il rating, infatti, non era rivolto solo alla Grecia, 
ma anche alle misure finanziarie disposte dall'Unione, considerate inefficienti. 

Quali erano gli interessi in gioco? 

Da una parte La Grecia, le cui misure gi� prese, fortemente penalizzanti nei 
confronti dei contribuenti e soprattutto dei lavoratori subordinati, secondo la maggioranza 
dei commentatori avrebbero provocato un aggravamento della recessione 
e che, a seguito del nuovo rating, poteva essere costretta a prendere ulteriori 
provvedimenti restrittivi. Dall'altra le agenzie, il cui solo interesse era al consolidamento 
della loro posizione, quasi di giudici di ultima istanza, anche a costo 
di provocare danni forse insostenibili ai contribuenti di uno Stato gi� in difficolt�. 

Che il loro scopo fosse di produrre i danni maggiori � dimostrato dal 
tempo della pubblicazione. 

La pubblicazione immediata dopo le misure della Grecia e dell'Unione 
non era necessaria. Ha giovato non agli investitori. che erano in allarme da 
tempo, ma solo alle agenzie stesse che, per consolidare la loro posizione di 
mercato, sono passate sopra agli interessi di un'intera nazione. 

Prima della prudenza, la correttezza avrebbe dovuto suggerire di aspettare 
i possibili effetti dei provvedimenti gi� presi per valutarli a consuntivo. 

Il rating, ulteriormente negativo e pubblicato a breve scadenza, era fondato 
pi� che su argomenti di finanza, su di una valutazione politica della capacit�, 
oltre che della Grecia di attuare le misure gi� prese, anche dell'Unione 
di essere in grado di sostenerla nelle forme e nella misura sufficienti. Le agenzie, 
da soggetti che sul mercato forniscono servizi tecnici a richiesta, si sono 
cos� investite da sole del potere di sottoporre a giudizi definitivi di politica 
economica e finanziaria tutti gli operatori mondiali, Stati compresi. Tra questi 
ultimi anche gli Stati Uniti che sono stati avvertiti del rischio di un ritocco al 
ribasso del loro rating. 

7. La situazione attuale. 

L'attivit� del rating ha, dunque, assunto un funzione ben diversa dall'originaria 
per iniziativa delle tre agenzie che occupano il mercato quasi per l'in



tero e che del tutto autonomamente hanno deciso di estenderla al settore pubblico, 
compreso quello statale, senza esserne richieste. 

Da soggetti privati, hanno svolto tradizionalmente attivit� di valutazione 
dell'affidabilit� di titoli di natura diversa, negoziati sui mercati di riferimento. 
Questa loro attivit� si � svolta per lungo tempo nella sua forma propria. Il servizio 
era reso all'investitore interessato a comprare i titoli, a carico del quale 
era di conseguenza il corrispettivo. 

Col tempo - non � necessario ricercarne le ragioni - si sono avuti mutamenti 
sostanziali. Il corrispettivo � finito a carico dell'emittente dei titoli il cui interesse 
era per una valutazione positiva. � arduo pensare che l'emittente potesse essere 
interessato anche ad un rating negativo, come se non fosse gi� al corrente dei 
punti di debolezza dei titoli emessi o che si stava preparando ad emettere. 

Come si sa, il mercato pi� esteso e pi� rischioso � diventato quello dei 
derivati che sono meglio valutabili da chi li ha costruiti o a contribuito a costruirli, 
che ne conoscono a fondo la struttura. 

Una volta che l'interesse non era pi� bifronte come quello degli investitori 
(positiva o negativa che fosse la valutazione), ma era orientato verso un rating 
positivo, poteva sorgere il dubbio che l'emittente per averlo fosse disposto a 
pagare anche qualcosa di pi�. Chi nella nuova situazione restava estraneo al 
rapporto era l'aspirante sottoscrittore, quello che all'origine aveva stimolato il 
mercato. 

Fino a qui si potrebbe dire che erano affari degli interessati, di chi chiede 
e paga il rating e di chi se ne fida. 

Nel frattempo � intervenuto anche un altro mutamento, che con i meccanismi 
di mercato ha poco a che fare. Sempre le stesse tre agenzie si sono messe 
a valutare anche i bilanci di chi non ne aveva fatto richiesta, compresi gli Stati. 
Per questi ultimi si � creata una situazione realmente singolare. Il bilancio di 
uno Stato - l'osservazione � banale - non � formato con criteri soltanto economici. 
Vi sono voci - quelle pi� rilevanti - per i servizi che lo Stato deve prestare 
necessariamente. Fino a quale limite le spese possano essere sostenute e fino 
a quale limite in corrispondenza possa essere portata la pressione tributaria 
per farvi fronte, � rimesso alla valutazione dello Stato, che deve tenere conto 
della situazione complessiva. 

Anche questa � un'osservazione banale che viene fatta perch� sembra trascurata. 


Ogni giudizio sui bilanci degli Stati, non a caso definiti nel gergo degli 
addetti ai lavori come sovrani, non pu� essere condotto con criteri soltanto 
economici o finanziari. Di questo sono ben consapevoli le agenzie. Recentemente, 
esprimendosi su alcune misure prese dall'Italia, ritenute corrette, alcune 
delle tre agenzie hanno abbassato il rating precisando che era fondato su valutazioni 
politiche, vale a dire sui dubbi, legati alla situazione interna, che 
quelle misure possano essere attuate correttamente. 


A questa affermazione non si � avuta una reazione appropriata o, se c'� 
stata, � rimasta un po� nell'ombra. 

Non mancano motivi per essere quanto meno perplessi. Da una parte ci 
sono soggetti privati, con fini di lucro, che ricavano i loro utili da rating che 
emettono a richiesta, con i corrispettivi a carico della parte che non sembra 
proprio la pi� titolata. Dall'altra ci sono gli Stati, enti sovrani che svolgono 
una serie di attivit� economiche con criteri ben diversi da quelli di chi persegue 
fini di lucro. Ebbene i primi giudicano dell'affidabilit� dei bilanci dei secondi 
senza che nessun glielo abbia chiesto, scegliendo i tempi in cui farlo, le fonti 
delle informazioni, i criteri secondo i quali valutarli e gli indici di valutazione. 
E questo senza che gli Stati, bench� enti sovrani ed interessati in senso contrario, 
possano impedirlo. 

8. La posizione dominante delle agenzie nel mercato del'Unione Europea. 

Per la mancanza di qualsiasi rapporto tra agenzie e Stato, quest'ultimo, 
come si � gi� accennato, potrebbe fondare pretese risarcitorie solo sulle norme 
in materia di illecito extracontrattuale. 

Il giudizio presenterebbe difficolt� di non poco conto per la complessit� 
delle questioni che sorgerebbero. 

Andrebbe accertato: 

-se le agenzie possano a discrezione procedere alla emissione di rating 
ed alla loro pubblicazione; 
-se rispondano gi� per il fatto di aver proceduto unilateralmente, indipendentemente 
dalla natura dei rating; 
-se un danno sia profilabile solo in caso di rating negativi; 


-se per la risarcibilit� sia necessaria la prova della loro inattendibilit�. 
Se la risposta fosse positiva per il primo quesito e negativa per il secondo, 
la prova a carico dello Stato non sarebbe agevole. 


Il rating � fondato sulla previsione del rischio. Il rischio non significa che 
il danno si verifichi sicuramente, ma solo che ce ne � la probabilit�. Il rimborso 
dei titoli senza difficolt� non sarebbe un dato sufficiente. Bisognerebbe accertare 
che la previsione del rischio sia stata sbagliata, quindi attraverso una indagine 
tecnica con tutte le complicazioni conseguenti. 

Piuttosto che risarcire i danni una volta prodotti sarebbe pi� utile ed equo 
cercare di evitarli con mezzi preventivi. In prima fila si troverebbero quelli 
approntati dalla normativa sulla concorrenza. 

Data l'estensione del mercato rilevante non c'� dubbio che andrebbe applicata 
la normativa comunitaria, oggi dell'Unione Europea. 
Ponendosi dal punto di vista dell'art. 101 TFUE la figura di intesa sulla 
quale vale la pena di indagare � la pratica concordata. 
Non mancano elementi indicatori. Tutte le agenzie hanno adottato non 
solo il rating, ma anche l'outlook negativo. L'outlook poteva rappresentare una 


innovazione introdotta dall'agenzia che l'aveva adottato per prima. Le altre, 
utilizzandolo a loro volta, hanno dimostrato di volersi conformare alla iniziativa 
della prima realizzando cos� l'elemento tipico della pratica concordata. 

I loro rating negativi si inseguono a breve distanza di tempo. Tutte e tre, 
una volta abbassato il rating allo Stato, assegnano lo stesso anche alle imprese, 
in particolare alle banche, che operano all'interno dello Stato. � questo in criterio 
la cui validit� � stata sinora solo affermata, ma non dimostrata. Che, in 
mancanza di una valida dimostrazione, sia seguito da tutte e tre le agenzie � 
anche questo un indice significativo della cooperazione consapevole che realizza 
la pratica concordata (14). 

� fuori discussione che sia interessato il commercio comunitario. 

A quello dei rating unsolicited, non essendo un mercato, non possono essere 
applicate le norme sulla concorrenza. L'emissione coordinata di rating 
negativi non solo induce i possibili clienti a richiederli per la maggiore probabilit� 
che siano positivi, ma contemporaneamente rafforza la posizione delle 
tre agenzie perch�, attraverso l'entit� dei danni che sono capaci di produrre 
agli Stati, dimostrano la efficacia delle loro valutazioni. 

Le condizioni sarebbero pi� che sufficienti per domandarsi se l'art. 101 
TFUE sia stato violato. Ma � l'art. 102 TFUE che sembra meglio applicabile, 
tenendo presente che la sua applicazione non sarebbe incompatibile con quella 
dell'art. 101. 

Alla costituzione dell'oligopolio, come si � visto, ha contribuito la normativa 
statunitense che ha richiesto rating di un certo livello per classificare 
affidabile un numero sempre maggiore di investimenti. L'oligopolio non � 
stato scalfito, ma confermato con la istituzione della NRSR0 (15). 

Sin dall'inizio, e sicuramente negli ultimi tempi, hanno raggiunto una posizione 
dominante collettiva, rafforzata dopo che tutte insieme hanno cominciato 
ad emettere rating unsolicited sui bilanci statali. 

Questa loro posizione si proietta anche sul mercato comunitario. Negli 
ultimi tempi i bilanci statali presi di mira sono stati in prevalenza quelli del-
l'Unione tanto da far pensare che le agenzie stessero contribuendo ad un attacco 
all'euro piuttosto che alle finanze degli Stati. 

Il coordinamento che costituisce la condizione perch� possa riscontrarsi 
una posizione dominante collettiva � riscontrabile nei fatti. I rating unsolicited 
di tutte e tre sono nella maggior parte negativi. L'iniziativa � presa a turno. Dopo 
il primo, stando ai dati disponibili, non risulta che siano stati emessi rating con


(14) Come noto, � la formula adottata dalla Corte di Giustizia nella sentenza 14 luglio 1972, ICI 

(n. 48/69). 

(15) "... the Security and Exchange Commission created a new category - 'nationally recognized 
statistical rating organization' (NRSRO) - an immediately grandfathered Moodys, Standard & Poors, 
ane Fitch into the categoy" (L.J. WHITE, loc. cit., p. 214). Le tre agenzie hanno cos� continuato a trovarsi 
in posizione dominante (v. p. 217). 


trastanti da parte delle altre agenzie che, al massimo, si sono limitate a tacere. 

La spiegazione non pu� essere trovata nel fatto che le analisi sono condotte 
secondo principi di tecnica economica e finanziaria che, se applicati correttamente, 
portano alle stesse conclusioni. Lo hanno smentito le stesse 
agenzie. Dopo che alcuni Stati hanno preso misure serie di risanamento dei 
bilanci, per confermare i loro rating negativi hanno riconosciuto di aver adottato 
parametri politici. 

C'� quanto � sufficiente per ritenere che la loro sia da tempo una posizione 
dominante collettiva anche nel mercato dell'Unione. 

9. La configurabilit� di un abuso ai sensi dell'art. 102 TFUE. 

Resta da vedere se siano incorse in un abuso. 

La situazione presenta alcune particolarit�. Non � consueto che in un mercato, 
del quale sono soggetti le agenzie e coloro che richiedono rating sui titoli 
emessi o da emettere, restino coinvolti degli Stati, che non solo non hanno fatto 
richiesta di valutare i loro bilanci, ma che, se lo potessero, lo impedirebbero. 

Il rapporto tra gli interessi in gioco � squilibrato. Da una parte imprese, 
quindi con fini di lucro, che prendono iniziative a loro discrezione per rafforzarsi 
nella posizione dominante nel mercato di riferimento, dall'altra soggetti 
che perseguono interessi generali, che non sono in grado di sottrarsi ai danni 
conseguenti. 

A questo proposito c'� da sottolineare che le agenzie scelgono non solo 
come e quando intervenire, e nei confronti di chi, ma anche il tempo della pubblicazione 
dei rating, che pu� incidere, e non poco, sull'entit� dei danni. Non 
pu� essere considerato un caso che la pubblicazione intervenga quasi sempre 
quando sono prevedibili danni maggiori. 

Se poi si guarda ai soggetti che ne possono trarre dei vantaggi le perplessit� 
aumentano. I rating, stando alla situazione attuale, non si possono pi� considerare 
emessi nell'interesse degli investitori, che non li richiedono e non li 
pagano. Che il loro interesse non sia tenuto in considerazione � confermato 
dalle stesse agenzie, che hanno avuto la cura di precisare che sulle loro valutazioni 
non si pu� fare affidamento per investimenti. 

Su questo mutamento del mercato � necessario insistere. 

Non � stato possibile verificare se in coincidenza con il passaggio del-
l'onere agli emittenti l'ammontare dei corrispettivi sia aumentato (16). Il fatto 
che i rating unsolicited non fossero emessi quando l'onere economico era a 
carico degli investitori (almeno non � stato possibile trovarne; se anche ce ne 

(16) Secondo alcuni, come si � visto, il mutamento si sarebbe reso necessario perch� il rating attraverso 
le fotocopie sarebbe potuto pervenire anche a soggetti diversi dai richiedenti. Una volta che il 
pagamento � passato a carico dell'emittente ed � diventato necessariamente unico, tutto lascia presumere 
che l'ammontare del corrispettivo sia aumentato. 


fossero stati, sono restati poco noti al pubblico) e che siano andati aumentando 
dopo l'inversione economica, non pu� ugualmente essere considerato una semplice 
coincidenza. 

Per l'accertamento di un eventuale abuso di posizione la competenza � 
della Commissione dell'Unione Europea, il cui intervento sarebbe utile sia perch� 
consentirebbe di chiarire la situazione con tutte le garanzie del contraddittorio 
sia perch� gi� il solo su inizio potrebbe suggerire una maggiore 
prudenza. 

Sarebbe questa non una minaccia odiosa, ma un tentativo di rimediare ad 
una situazione alla quale non � stata prestata forse l'attenzione che meritava. 

Nella giurisprudenza della Corte di Giustizia si trovano gi� gli elementi 
utili. 

"In mancanza di espresse disposizioni, non si pu� ritenere che il Trattato, 
il quale vieta all'art. 85 talune decisioni di semplici associazioni di imprese 
che alterino la concorrenza senza eliminarla, ammetta tuttavia all'art. 86 come 
lecito il fatto che determinate imprese, collegandosi in un'unit� organica, possano 
raggiungere una posizione dominante tale da escludere in pratica qualsiasi 
seria possibilit� di concorrenza. ... Qualora infatti fosse sufficiente, per 
eludere i divieti di cui all'art. 85, che nell'ambito delle intese i rapporti tra 
imprese siano cos� stretti da sottrarle all'applicazione del suddetto articolo 
senza ch'esse ricadano sotto l'art. 86, diverrebbe lecito, in contrasto con i 
principi fondamentali del mercato comune, l'isolamento di una parte sostanziale 
di questo mercato" (17), 

"La nozione di sfruttamento abusivo � una nozione oggettiva, che riguarda 
il comportamento dell'impresa in posizione dominante atto ad influire 
sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, 
il grado di concorrenza � gi� sminuito e che ha come effetto di ostacolare, 
ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza 
normale tra prodotti e servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, 
la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato 
o lo sviluppo di detta concorrenza" (18). 

Che i mezzi utilizzati dalla agenzie siano "diversi da quelli su cui si impernia 
la concorrenza normale" non sembra che abbia bisogno di essere dimostrato. 

La Corte di Giustizia in pi� di un'occasione ha anche chiarito che il comportamento 
dell'impresa pu� produrre i suoi effetti anche su un mercato distinto 
da quello nel quale l'impresa ha la sua posizione dominante. 

"... Il giudice comunitario ha definito illeciti taluni comportamenti su mercati 
diversi dai mercati dominati, che producevano effetti su questi ultimi" "� 
esatto dire che l'applicazione dell'art. 86 presuppone l'esistenza di un nesso tra 

(17) Si � trascritto dalla sentenza 21 febbraio 1973, Continental Can, (n. 6172), punto 25. 
(18) Sentenza 13 febbraio 1979, Hofmann - La Roche, (n. 85/76), punti 90-91. 



la posizione dominante e il comportamento che si asserisce abusivo ...� (19). 

Nel caso in esame, dove il mercato � solo uno, l'indagine viene ad essere 
pi� facile. Il comportamento da valutare presenta un'anomalia maggiore perch� 
tenuto fuori mercato e con criteri che con quelli di mercato hanno poco a che 
fare. 

Considerato di per s�, un comportamento del genere, in quanto svolto in 
perdita e con danni allo Stato il cui bilancio � valutato, andrebbe evitato dal-
l'agenzia nel suo stesso interesse. Se visto in connessione con il mercato del 
rating, si coglie il pregiudizio alla concorrenza. 

La richiesta di rating, stimolata dal timore di riceverne uno non richiesto, 
produce due effetti, entrambi distorsivi: nella maggior parte dei casi il rating 
sar� pi� favorevole di quello che sarebbe in condizioni normali, come � confermato 
dai dati statistici gi� richiamati; chi lo ha richiesto, e pagato, si mette 
al sicuro da un rating unsolicited e quindi dalla probabilit�, anche essa confermata 
dalle statistiche, che sia negativo. Gli investitori finiscono cos� con 
avere indicazioni inattendibili, di cui sono consapevoli le stesse agenzie, che 
non a caso sono ricorse alle clausole di garanzia richiamate (20). 

Se l'abuso fosse accertato, gli effetti dannosi potrebbero essere evitati imponendo, 
ad esempio, alle agenzie di astenersi da rating unsolicited, a secondo 
dei casi nei confronti di tutti o solo di alcune categorie di soggetti. 

Una volta che i danni si fossero prodotti, chi li ha subiti, compresi gli 
Stati, ne potrebbero chiedere il risarcimento. 

� un principio ormai consolidato che chi viola il diritto dell'Unione � tenuto 
al risarcimento nei confronti di chi ha subito i danni prodotti dalla violazione 
(21) ed � tenuto secondo le norme comunitarie. 

In sede europea non sarebbe agevole la difesa fondata sulla libert� di 
espressione, fatta valere con successo davanti ai giudici statunitensi. Sarebbe 
in discussione non la libert�, garantita sia dall'ordinamento dell'Unione che da 
quelli nazionali, ma il modo in cui viene esercitata. Se si possa correttamente 
far valere quella libert� quando il fine reale perseguito non � la espressione 
del proprio pensiero, ma il conseguimento di un beneficio con danni per altri, 
sarebbe rimesso alla Corte di Giustizia. 

Una considerazione finale, che pu� sembrare banale, ma che vuole cogliere 
l'aspetto concreto della questione. La normativa antitrust, per prima 
quella statunitense, mira a tutelare la fair competition. Sembra piuttosto azzardato 
definire fair quella praticata dalle tre agenzie. 

(19) Sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pack (C-333/1994), punti 25 e 27. 

(20) La posizione degli investitori � ulteriormente pregiudicata dal fatto che le tre agenzie sono 
somewhat reluctant a rendere noto se il rating pubblicato � stato commissionato o non (v. BANNIER, BEHR 
e GUTTIER, cit. p. 2), impedendo cos� di conoscere su quale tipo di informazioni il rating sia fondato. 
(21) Il principio risale alla sentenza 16 dicembre 1969, Humblet, 6/60, punto 2. Ha trovato poi 
conferma definitiva nella sentenza 19 dicembre 1991. Francovich, C-6 e C-9/1990. 



LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 
Note minime sulla vendita dei farmaci 
di fascia C nelle parafarmacie 

CORTE DI GIUSTIZIA UE, QUARTA SEZIONE, SENT. 5 DICEMBRE 2013, CAUSE C-159, 160 E 161/2012 

Fabrizio Urbani Neri* 

1. La Corte di Giustizia si � pronunciata sulla compatibilit� o meno del divieto 
di cui all�art. 32 comma 1 bis D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011 conv. in 

L. n. 214/2011 con i principi fissati dall�Unione europea, artt. 49 e ss. del TFUE. 

Pi� specificatamente, il conflitto con il TFUE si era posto con riguardo 
ai farmacisti abilitati e iscritti al relativo ordine professionale ma titolari di 
parafarmacie - esercizi commerciali non ricompresi nella pianta organica del 

S.S.N. -, ai quali il sistema italiano preclude di distribuire al dettaglio i farmaci 
soggetti a prescrizione medica su "ricetta bianca", posti cio� a totale carico 
del cittadino e non del Servizio Sanitario Nazionale. 

L�art. 32 comma 1 bis del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, conv. 
in legge n. 214/2011, stabilisce che �Il Ministero della salute, sentita l�Agenzia 
italiana del farmaco, individua entro centoventi giorni dalla data di entrata 
in vigore della legge di conversione del presente decreto un elenco, periodicamente 
aggiornabile, dei farmaci di cui all�articolo 8, comma 10, lettera c), 
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali 
permane l�obbligo di ricetta medica e dei quali non � consentita la vendita 
negli esercizi commerciali di cui al comma 1�. 

In fatto la controversia era sorta a seguito dei ricorsi al Tar Lombardia presentati 
da tre farmaciste iscritte all�ordine professionale di Milano per ottenere 
l�annullamento del diniego del Ministero della Salute all�autorizzazione a vendere, 
nelle rispettive parafarmacie, medicinali soggetti a prescrizione medica 
con pagamento interamente a carico del cliente (cosiddetti farmaci di fascia C). 

Il diniego era motivato dal fatto che la normativa nazionale autorizza la 
vendita di simili medicinali solo nelle farmacie. 

Il Tar Lombardia chiedeva, quindi, alla Corte di Giustizia di pronunciarsi, 
spiegando se il divieto contenuto nel sistema italiano fosse o meno compatibile 
con i principi fissati dall�Unione europea. 

2. L�incerto panorama normativo nazionale � stato caratterizzato, negli 

(*) Avvocato dello Stato. 


ultimi anni, da una progressiva apertura alle parafarmacie della possibilit� di 
vendere, alla presenza di un farmacista, medicinali e medicamenti, la cui vendita 
era sempre stata limitata all�interno dell�esercizio farmaceutico previsto 
nella pianta organica del S.S.N.. 

Cos�, da una norma-base, qual�era quella fissata all�art. 122 del R.D. 27 
luglio 1934 n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), per 
la quale �La vendita al pubblico di medicinali a dose o forma di medicamento 
non � permessa che ai farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto 
la responsabilit� del titolare della medesima�, il legislatore aveva acceduto 
ad una mitigazione del rigore del principio con l�art. 5 comma 1 del decreto-
legge n. 223 del 4 luglio 2006 conv. in legge n. 248/2006 (Interventi urgenti 
nel campo della distribuzione di farmaci), con cui si disponeva che � Gli esercizi 
commerciali di cui all'articolo 4, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto 
legislativo 31 marzo 1998, n. 114, possono effettuare attivit� di vendita al pubblico 
dei farmaci da banco o di automedicazione, di cui all'articolo 9-bis del 
decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla 
legge 16 novembre 2001, n. 405, e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a 
prescrizione medica�. 

Infine, sopraggiungeva il menzionato art. 32 della novella del 2011, che 
pur consentendo teoricamente la vendita dei farmaci di cosiddetta fascia C 
anche alle parafarmacie, ne subordinava il commercio alla previa autorizzazione 
del Ministero della Salute. 

3. Di qui i dubbi sollevati dalla giurisprudenza amministrativa, confluiti 
nell�ordinanza di rimessione del Tar Lombardia della questione pregiudiziale 
al giudice comunitario (1), con la quale l�ad�to Tar di Milano, superando la clausola 
di salvaguardia a favore del Ministero della Salute, chiedeva, in sostanza, 
di dichiarare la novella del 2011 incompatibile con il sistema comunitario e con 
la realt� del libero mercato, in base alla considerazione, per la quale �non sembrano 
esserci motivi che possono giustificare una tale restrizione all'esercizio 
di una libert� economica, n� vi � alcuna motivazione legata all'obiettivo di ripartire 
in modo equilibrato le farmacie nel territorio nazionale, n� di aumentare 
la sicurezza e qualit� dell'approvvigionamento della popolazione di medicinali, 

(1) Cos� anche il T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV Ordinanza, 23 ottobre 2012, n. 2491, rimetteva la 
questione alla Corte di Giustizia; diversamente il Tar Reggio Calabria, con ordinanza del 9 maggio 
2012, n. 333, rimetteva la questione alla Corte Costituzionale, affermando che �Il diniego nei confronti 
dell'istanza da parte di un titolare di esercizio farmaceutico, cd. parafarmacia, all'autorizzazione alla 
vendita di medicinali con obbligo di ricetta medica non soggetti a rimborso S.s.n., motivato dalla normativa 
di cui all'art. 5 della legge n. 248 del 2006 (peraltro confermata dal recente art. 32 del D.L. n. 
201 del 2011, convertito con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214), non contrasta con le disposizioni 
europee che demandano tale responsabile competenza agli Stati membri, mentre vi sono i 
presupposti per la rimessione della questione alla Corte costituzionale ai fini di verificare se la limitazione 
della libert� di iniziativa economica privata sia giustificata, o meno, da ragioni di utilit� sociale�. 
La Corte Costituzionale ha fissato udienza pubblica al prossimo 8 luglio 2014. 


di un eccesso di consumo o di ammontare di risorse pubbliche assorbite�. 

Al riguardo � da menzionare anche l�arresto del T.A.R. Lombardia Brescia 
Sez. II (ord. 8 maggio 2012, n. 787), che ben esprimeva la diversa sensibilit� in 
materia della giurisprudenza, affermando che �Da alcuni anni l'Autorit� Garante 
della Concorrenza e del Mercato (AGCM) evidenzia che nella regolamentazione 
dell'attivit� delle farmacie occorre introdurre un maggiore livello 
di concorrenza (compresa la possibilit� di differenziare le strategie commerciali, 
a partire dagli orari di apertura). La finalit� del nuovo approccio � di favorire 
in primo luogo i consumatori, sotto forma di competizione sui prezzi e sulla variet� 
dei servizi accessori, ma anche di rafforzare la struttura imprenditoriale 
delle farmacie: queste ultime infatti in seguito all'ingresso sul mercato delle parafarmacie 
di cui all'art. 5 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 devono potersi difendere 
ad armi pari disponendo di maggiore flessibilit� nel posizionamento della 
propria offerta per intercettare ogni segmento di clientela potenziale. In sintesi 
l'AGCM afferma, condivisibilmente, che la tutela della salute dei cittadini non 
� incompatibile con pi� elevati livelli di concorrenza nella vendita al dettaglio 
dei farmaci, il che dovrebbe condurre a considerare gli orari di apertura non 
come un limite invalicabile ma piuttosto come il servizio minimo da garantire 
ai cittadini. Gli auspici dell'AGCM sulla piena liberalizzazione degli orari e 
dello svolgimento del servizio in ogni settore commerciale hanno trovato concretizzazione 
in alcuni recenti interventi legislativi [v. art. 3 commi 7 e 8 del 

D.L. 13 agosto 2011, n. 138; art. 3, c. 1, lett. d-bis del D.L. n. 223/2006, come 
modificato dall'art. 31 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201; art. 1 commi 1 e 2 del 
D.L. 24 gennaio 2012, n. 1]. Sono ora ammissibili soltanto limitazioni proporzionate 
a specifiche finalit� pubbliche, il che evidentemente non consente di ritenere 
esclusa dal nuovo regime l'intera attivit� di vendita al dettaglio dei 
farmaci per il solo fatto che sussiste un collegamento con la tutela della salute 
(le deroghe alla liberalizzazione devono essere direttamente funzionali a garantire 
ciascuna un aspetto dell'interesse pubblico)�. 


L�importanza della decisione della Corte di Giustizia deriva, quindi, dalla 
soluzione del contrasto degli opposti principi della libera concorrenza, da un 
lato, e della tutela della salute, dall�altro, che caratterizzano, appunto, le ultime 
caute aperture al mercato del legislatore nazionale. 

4. La Corte di Giustizia, previa riunione di tre cause, tutte vertenti su identico 
petitum e causa petendi, ha affermato che: 

a) il titolare di una parafarmacia, contrariamente al titolare di una farmacia, 
non pu� commercializzare i medicinali soggetti a prescrizione medica ed 
�, quindi, escluso da determinate quote del mercato dei medicinali in Italia e, 
di conseguenza, dai relativi benefici economici (par. 34); 

b) l�obiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura 
e di qualit� pu� giustificare restrizioni alla libert� di stabilimento (par. 46); 
c) se non ci fosse alcuna pianificazione nell�ubicazione delle farmacie, 


le farmacie potrebbero concentrarsi in localit� reputate attraenti, mentre in localit� 
meno attraenti si rischierebbe di non trovare un numero di farmacie sufficiente 
ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualit� (par. 53). 

Alla luce delle suesposte premesse, la Corte di Giustizia ha affermato che 
�L�articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad 
una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, 
che non consente a un farmacista, abilitato e iscritto all�ordine professionale, 
ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di 
distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, anche quei farmaci 
soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario 
nazionale, bens� vengono pagati interamente dall�acquirente�. 

5. Le perplessit� del Tar remittente riguardavano se il principio di libera 
concorrenza poteva ritenersi violato, nel caso in cui il farmacista che svolge 
in Italia attivit� quale titolare di una parafarmacia resta escluso dal settore 
commerciale relativo al mercato dei medicinali soggetti a prescrizione medica, 
il cui prezzo � pagato interamente dall�acquirente. 

Dette preoccupazioni sono superate dalla predetta pronuncia della Corte 
di Giustizia, laddove si afferma che, se da un lato, la ripartizione geografica 
delle farmacie e il monopolio dei medicinali �sono di competenza degli Stati 
membri�, dall�altro, il principio della libera concorrenza va modulato nel settore 
sanitario in base all�assunto per cui �Se fosse consentito vendere nelle 
parafarmacie determinati medicinali soggetti a prescrizione medica, ci� equivarrebbe 
a commercializzare tali medicinali senza osservare il requisito della 
pianificazione territoriale, con il rischio che le parafarmacie si concentrino 
nelle localit� considerate pi� redditizie�. 

Quindi, le regole italiane, che prevedono un diritto di esclusiva in favore 
delle sole farmacie, in ordine alla vendita di tutti i medicinali soggetti a prescrizione 
medica, sono state giudicate compatibili con il diritto comunitario. 

6. Proprio tale passo della sentenza pu� essere letto quale indice di attenzione 
della Corte nel non assolutizzare il principio della libera concorrenza, in 
casi, come quello di specie, in cui la normativa italiana persegue un obiettivo 
di interesse generale, ossia di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali 
sicuro e di qualit� attraverso una pianificazione che copra tutto il territorio 
e �che tenga conto delle regioni geograficamente isolate o svantaggiate�. 

Si � voluto, quindi, significare che la necessit� di assicurare alla popolazione 
un rifornimento di medicinali sicuro rientra nel superiore obiettivo di tutela 
della salute e tale obiettivo pu� legittimamente essere raggiunto se, come avviene 
in Italia, la prestazione di servizi farmaceutici viene esercitata solo attraverso 
farmacie comunali oppure a mezzo di concessione governativa ai privati 
farmacisti, anche a costo di rendere l�iniziativa imprenditoriale antieconomica. 

Tale tesi era stata diversamente formulata nelle difese del Governo italiano, 
laddove si era affermato che le diverse tesi che potevano sottostare a una decla



ratoria d�incompatibilit� non sembravano fondate, atteso che 1) la cosiddetta 
tesi della rimborsabilit� del farmaco (la spesa ricade sull�utente) sembrava recessiva 
rispetto alla tutela della salute dei cittadini attraverso misure per prevenire, 
nel massimo grado possibile, il rischio di compromissione di un diritto 
fondamentale riconosciuto dalla Costituzione e 2) la tesi dell�ampliamento dei 
punti vendita di alcuni farmaci al di fuori delle piante organiche delle farmacie 
non sembrava idonea a derogare rispetto alla complessa disciplina del S.S.N., 
che descrive la farmacia come luogo deputato alla vendita al pubblico dei medicinali 
e attraverso cui si realizza la funzione sanitaria dello Stato. 

7. Di certo il punto fermo consiste e rimane nella conferma dell�aspetto 
prioritario della tutela della salute pubblica in relazione alla tutela della libera 
iniziativa economica, gi�, peraltro, oggetto di precedenti pronunce della Corte, 
quale, ad esempio, la sentenza relativa alla causa C-531/06 del 19 maggio 
2009, nella quale si afferma che (par. 36) �In sede di valutazione del rispetto 
di tale obbligo, occorre tenere conto del fatto che la salute e la vita delle persone 
occupano il primo posto tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e 
che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire 
la tutela della sanit� pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. 
Poich� tale livello pu� variare da uno Stato membro all�altro, si deve 
riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalit� (v., in tal senso, 
sentenze 11 dicembre 2003, causa C.322/01, Deutscher Apothekerverband, 
Racc. pag. I.14887, punto 103; 11 settembre 2008, causa C.141/07, Commissione/
Germania, Racc. pag. I-6935, punto 51, e Hartlauer, cit., punto 30)�. 
8. Resta in penombra nella motivazione della sentenza la possibilit� di 
conciliare altrimenti i cennati principi, mediante la garanzia da parte del legislatore 
nazionale di un diverso livello di tutela della sanit� pubblica, che assicuri 
al contempo il libero gioco della concorrenza e i suoi possibili benefici 
effetti sul mercato, specie con riferimento alla possibilit� di calmieramento 
dei prezzi dei farmaci nella vendita al dettaglio. 


Corte di Giustizia, Quarta Sezione, sentenza 5 dicembre 2013 nelle cause riunite da 
C.159/12 a C.161/12 - Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunale amministrativo 
regionale per la Lombardia il 2 aprile 2012 -Pres. L. Bay Larsen, rel. J. Malenovsk., 
avv. gen. N. Wahl. 

�Libert� di stabilimento � Articolo 49 TFUE � Sanit� pubblica � Normativa nazionale che 
vieta alle parafarmacie la vendita di medicinali soggetti a prescrizione medica a carico del 
paziente� 

1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull�interpretazione dell�articolo 49 
TFUE. 
2 Tali domande sono state presentate nell�ambito di controversie tra, da un lato, le sig.re 
Venturini (causa C.159/12), Gramegna (causa C.160/12) e Muzzio (causa C.161/12), 


tre farmaciste abilitate, iscritte all�ordine professionale dei farmacisti di Milano e titolari 
di esercizi commerciali (in prosieguo: le �parafarmacie�), e, dall�altro, le Aziende Sanitarie 
Locali (ASL) di Varese (causa C.159/12), di Lodi (causa C.160/12) e di Pavia 
(causa C.161/12), il Ministero della Salute, la Regione Lombardia, il Comune di Saronno 
(causa C.159/12), il Comune di Sant�Angelo Lodigiano (causa C.160/12) e il Comune 
di Bereguardo (causa C.161/12), nonch� l�Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), 
in merito a un divieto imposto alle parafarmacie di vendere medicinali soggetti a prescrizione 
medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), bens� 
sono pagati interamente dall�acquirente. 

Contesto normativo 

Il diritto dell�Unione 

3 Il considerando 26 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 
del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 
255, pag. 22), enuncia quanto segue: 
�La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attivit� nel 
campo della farmacia e all�esercizio di tale attivit�. In particolare, la ripartizione geografica 
delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare 
ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme 
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle societ� 
l�esercizio di talune attivit� di farmacista o lo sottopongono a talune condizioni�. 
Il diritto italiano 

4 La legge n. 468 del 22 maggio 1913 definiva la prestazione di servizi farmaceutici come 
un��attivit� primaria dello Stato�, che poteva essere esercitata solo attraverso le farmacie 
comunali oppure a mezzo di concessione governativa ai privati farmacisti. 

5 Al fine di garantire la corretta ripartizione delle farmacie su tutto il territorio nazionale, 
scongiurando il rischio che esse si concentrino unicamente nelle zone commercialmente 
pi� attraenti, � stato attuato uno strumento amministrativo di limitazione dell�offerta, la 
�pianta organica�, il quale prevede un numero massimo di farmacie insediabili sul territorio, 
considerato adeguato a rispondere alla domanda degli interessati garantendo a 
ciascuno di loro una quota di mercato e a soddisfare il fabbisogno di medicinali su tutto 
il territorio nazionale. 

6 I successivi sviluppi normativi hanno sostanzialmente mantenuto tale modello. 

7 Infatti, l�articolo 1, paragrafi 1, 2 e 7, della legge n. 475, recante norme concernenti il servizio 
farmaceutico, del 2 aprile 1968 (GURI n. 107, del 27 aprile 1968, pag. 2638), come 
modificata dalla legge n. 362, recante norme di riordino del settore farmaceutico, dell�8 
novembre 1991 (GURI n. 269, del 16 novembre 1991, pag. 3), dispone quanto segue: 

�1. L�autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia � rilasciata dall�autorit� competente 
per territorio. 

2. Il numero delle autorizzazioni � stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5 000 
abitanti nei comuni con popolazione fino a 12 500 abitanti e una farmacia ogni 4 000 
abitanti negli altri comuni. 
(...) 


7. Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri non inferiore 
a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona�. 

8 Il regio decreto n. 1265, del 27 luglio 1934, all�articolo 122, aveva riservato la vendita 
dei medicinali alle sole farmacie. 


9 La successiva legge n. 537, del 24 dicembre 1993, ha proceduto alla riclassificazione 
dei medicinali per fasce, vale a dire: fascia A, per i farmaci essenziali e i farmaci per 
malattie croniche, fascia B, per i farmaci, diversi da quelli della fascia A, di rilevante 
interesse terapeutico, e fascia C, per i farmaci diversi da quelli rientranti nelle fasce A o 

B. Ai sensi dell�articolo 8, paragrafo 14, della legge n. 537, del 24 dicembre 1993, i farmaci 
delle fasce A o B sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale, mentre il 
costo dei farmaci della fascia C viene pagato interamente dal cliente. 

10 Successivamente, l�articolo 85, paragrafo 1, della legge n. 388, del 23 dicembre 2000, 
ha abolito la fascia B, mentre l�articolo 1 della legge n. 311, del 30 dicembre 2004, ha 
istituito una nuova classe di medicinali, la fascia C.bis, per i medicinali non soggetti a 
prescrizione medica con accesso, a differenza dei prodotti rientranti nelle altre fasce, 
alla pubblicit� al pubblico. Come nel caso dei medicinali appartenenti alla fascia C, il 
costo dei farmaci della fascia C.bis � a carico del cliente. 

11 Il decreto legge n. 223, del 4 luglio 2006, convertito nella legge n. 248, del 4 agosto 
2006, ha consentito l�apertura di parafarmacie, nelle quali i rispettivi proprietari erano 
autorizzati a vendere medicinali della fascia C.bis. Pi� di recente, il decreto legge n. 
201, del 6 dicembre 2011, convertito nella legge n. 214, del 22 dicembre 2011, ha ulteriormente 
ampliato il numero dei medicinali che possono essere venduti nelle parafarmacie; 
queste ultime possono oramai proporre al pubblico determinati medicinali di 
fascia C per i quali non � richiesta alcuna prescrizione medica. 

Procedimenti principali e questione pregiudiziale 

12 Ciascuna ricorrente nei procedimenti principali presentava domanda presso l�ASL competente 
e il comune interessato, il Ministero della Salute e l�Agenzia Italiana del Farmaco, 
chiedendo l�autorizzazione a dispensare al pubblico medicinali ad uso umano 
soggetti a prescrizione medica ma che vengono pagati interamente dal cliente, nonch� 
medicinali per uso veterinario anch�essi soggetti a prescrizione medica e che vengono 
pagati interamente dal cliente. 

13 Il 17 agosto 2011 le ASL competenti respingevano le domande delle ricorrenti nei procedimenti 
principali, poich�, in base alla normativa nazionale in vigore, simili medicinali 
potevano essere venduti solo nelle farmacie. Analoghe decisioni di rigetto venivano 
emesse dal Ministero della Salute il 16 e il 18 agosto 2011. 

14 Le ricorrenti nei procedimenti principali proponevano ricorso avverso tali decisioni dinanzi 
al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sostenendo che la normativa 
sulla quale si basavano le stesse decisioni, nella parte in cui stabiliva il divieto 
di vendere nelle parafarmacie medicinali della fascia C soggetti a prescrizione medica, 
ma non a carico del Servizio sanitario nazionale, era contraria al diritto dell�Unione. 

15 Ci� considerato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia decideva di 
sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, 
redatta in termini identici nelle cause da C.159/12 a C.161/12: 
�Se i principi di libert� di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza 
di cui agli articoli 49 e seguenti TFUE ostano ad una normativa nazionale che non 
consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare 
di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al 
dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione 
medica su �ricetta bianca�, cio� non posti a carico del Servizio sanitario nazionale ed a 
totale carico dell�acquirente, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 

determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli 
esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale�. 

16 Con ordinanza del presidente della Corte del 27 aprile 2012, le cause da C.159/12 a 
C.161/12 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza. 
Sulla questione pregiudiziale 
Osservazioni preliminari 

17 Va rilevato che il giudice del rinvio, nella propria questione pregiudiziale, fa riferimento 
non solo alla libert� di stabilimento, ma anche al principio di non discriminazione e alla 
tutela della concorrenza. 

18 In proposito, per quanto riguarda, il principio di non discriminazione, si deve ricordare 
che, secondo una giurisprudenza costante, tale principio tende ad applicarsi autonomamente 
solo nelle situazioni disciplinate dal diritto dell�Unione per le quali il Trattato 
FUE non stabilisce norme specifiche di non discriminazione. Orbene, in materia di diritto 
di stabilimento, il principio del divieto di discriminazione � stato attuato dall�articolo 
49 TFUE (v., segnatamente, sentenze del 29 febbraio 1996, Skanavi e 
Chryssanthakopoulos, C.193/94, Racc. pag. I.929, punti 20 e 21; del 13 aprile 2000, 
Baars, C.251/98, Racc. pag. I.2787, punti 23 e 24, nonch� dell�11 marzo 2010, Attanasio 
Group, C.384/08, Racc. pag. I.2055, punto 37). 

19 Pertanto, nel caso di specie, occorre prendere in considerazione il principio di non discriminazione 
nell�ambito dell�articolo 49 TFUE. 

20 Dall�altro lato, si deve ricordare che l�esigenza di giungere ad un�interpretazione del 
diritto dell�Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest�ultimo definisca 
l�ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che spieghi 
almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Tali condizioni valgono in 
modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzato da situazioni di 
fatto e di diritto complesse (v., in particolare, sentenze Attanasio Group, cit., punto 32, 
nonch� del 10 maggio 2012, Duomo Gpa e a., da C.357/10 a C.359/10, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 22). 

21 Orbene, nel caso di specie, le decisioni di rinvio non forniscono alla Corte gli elementi 
di fatto e di diritto che le consentirebbero di determinare le circostanze in cui provvedimenti 
statali come quelli in discussione nei procedimenti principali potrebbero confliggere 
con disposizioni del Trattato relative alla concorrenza. In particolare, tali decisioni 
non forniscono indicazioni di sorta quanto alle precise regole della concorrenza di cui 
viene chiesta l�interpretazione, n� chiarimento alcuno circa il collegamento operato fra 
dette regole e le controversie principali o l�oggetto di queste ultime. 

22 Non occorre, pertanto, valutare la questione sollevata con riferimento alla tutela della 
concorrenza. 

23 In base a tutte le suesposte considerazioni, deve ritenersi che il giudice del rinvio intende 
sostanzialmente sapere se l�articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso 
osta ad una normativa, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non 
consente a un farmacista, abilitato ed iscritto all�ordine professionale, ma non titolare di 
una farmacia compresa nella �pianta organica�, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia 
di cui � titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a 
carico del Servizio sanitario nazionale, bens� vengono pagati interamente dall�acquirente. 
Sulla ricevibilit� 

24 La Federfarma � Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani con



testa la ricevibilit� delle domande di pronuncia pregiudiziale in quanto le controversie 
principali non contengono elementi transfrontalieri. La presente causa sarebbe sostanzialmente 
identica a quella che ha dato luogo alla sentenza del 1� luglio 2010, Sbarigia 
(C.393/08, Racc. pag. I.6337), nella quale la Corte ha ritenuto che l�esercizio del diritto 
di stabilimento non fosse manifestamente in discussione e, pertanto, ha respinto la domanda 
di pronuncia pregiudiziale in quanto irricevibile. 

25 In proposito, secondo una giurisprudenza costante della Corte, se � vero che una normativa 
nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, che si applica indistintamente 
ai cittadini italiani e ai cittadini degli altri Stati membri, deve, di regola, 
risultare conforme alle disposizioni relative alle libert� fondamentali garantite dal Trattato 
solo qualora si applichi a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi fra 
gli Stati membri, non si pu� tuttavia escludere che cittadini di Stati membri diversi dalla 
Repubblica italiana siano stati o siano interessati ad aprire una parafarmacia in quest�ultimo 
Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 1� giugno 2010, Blanco P�rez e Chao 
G�mez, C.570/07 e C.571/07, Racc. pag. I.4629, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). 

26 Orbene, quantunque dalle decisioni di rinvio emerga che le ricorrenti nei procedimenti 
principali sono cittadine italiane e che tutti gli elementi di fatto delle controversie principali 
sono circoscritti all�interno di un solo Stato membro, resta nondimeno che la normativa 
di cui trattasi nei procedimenti principali pu� produrre effetti che non siano 
limitati a tale Stato membro. 

27 Del resto, i procedimenti principali si distinguono da quello che ha dato luogo alla citata 
sentenza Sbarigia, procedimento, quest�ultimo, relativo ad una decisione sull�eventuale 
concessione di una deroga riguardo all�orario di apertura di una particolare farmacia e 
nel quale, di conseguenza, nulla indicava come una siffatta decisione potesse produrre 
effetti su operatori economici provenienti da altri Stati membri. 

28 Per di pi�, anche in una situazione puramente interna come quella di cui trattasi nei procedimenti 
principali, nella quale tutti gli elementi sono circoscritti all�interno di un solo 
Stato membro, una risposta pu� comunque risultare utile al giudice del rinvio, in particolare 
nell�ipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di far beneficiare un cittadino 
nazionale degli stessi diritti di cui godrebbe, in base al diritto dell�Unione, un cittadino 
di un altro Stato membro nella medesima situazione (v. sentenza Blanco P�rez e Chao 
G�mez, cit., punto 39 e giurisprudenza ivi citata). 

29 Ci� posto, le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere considerate ricevibili. 

Nel merito 

Sull�esistenza di una restrizione alla libert� di stabilimento 
30 Secondo una giurisprudenza costante, ogni provvedimento nazionale che possa ostacolare 

o scoraggiare l�esercizio, da parte dei cittadini dell�Unione europea, della libert� di stabilimento 
garantita dal Trattato costituisce una restrizione ai sensi dell�articolo 49 TFUE, 
pure se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenze 
del 14 ottobre 2004, Commissione/Paesi Bassi, C.299/02, Racc. pag. I.9761, punto 
15, e del 21 aprile 2005, Commissione/Grecia, C.140/03, Racc. pag. I.3177, punto 27). 

31 Come risulta dal contesto giuridico nazionale precedentemente esposto, un farmacista 
che intenda stabilirsi in Italia avr� la facolt� di scegliere tra, da un lato, chiedere, ed 
eventualmente ottenere, il rilascio di un�autorizzazione preventiva che gli consenta di 
divenire titolare di una farmacia oppure, dall�altro lato, aprire una parafarmacia, senza 
essere subordinato, in tal caso, ad una siffatta autorizzazione. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 

32 Riguardo alla prima opzione, la Corte ha gi� dichiarato che il requisito di un�autorizzazione 
preventiva costituisce, in linea di principio, una restrizione alla libert� di stabilimento 
ai sensi dell�articolo 49 TFUE (v. ordinanze del 17 dicembre 2010, Polisseni, 
C.217/09, punto 16, e del presidente della Corte del 29 settembre 2011, Grisoli, 
C.315/08, punto 23). 

33 Tuttavia, nei procedimenti principali si applica la seconda opzione. Al riguardo, occorre 
verificare se costituisca una restrizione alla libert� di stabilimento una normativa nazionale 
che non consente a un farmacista, cittadino di un altro Stato membro, titolare di 
una parafarmacia, di vendere anche i medicinali soggetti a prescrizione medica, in particolare 
quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens� vengono pagati 
interamente dall�acquirente. 

34 Orbene, si deve constatare che il titolare di una parafarmacia, poich�, contrariamente al 
titolare di una farmacia, non pu� commercializzare siffatti medicinali, � escluso da determinate 
quote del mercato dei medicinali in Italia e, di conseguenza, dai relativi benefici 
economici. 

35 Una normativa nazionale del genere pu�, quindi, ostacolare e scoraggiare l�apertura di 
una parafarmacia sul territorio italiano da parte di un farmacista cittadino di un altro 
Stato membro. 

36 Di conseguenza, una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali 
costituisce una restrizione alla libert� di stabilimento ai sensi dell�articolo 49 TFUE. 
Sulla giustificazione della restrizione alla libert� di stabilimento 

37 Secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alla libert� di stabilimento applicabili 
senza discriminazioni basate sulla cittadinanza possono essere giustificate da ragioni 
imperative di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione 
dell�obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello 
stesso (sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C.169/07, Racc. pag. I.1721, punto 44, 
nonch� del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a., C.171/07 e 
C.172/07, Racc. pag. I.4171, punto 25). 

38 Nei procedimenti principali si deve constatare, in primo luogo, che la normativa nazionale 
controversa � applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza. 

39 Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli obiettivi effettivamente perseguiti da detta 
normativa che possano giustificare restrizioni alla libert� di stabilimento, si deve sottolineare 
che, nell�ambito di una controversia sottoposta alla Corte ai sensi dell�articolo 
267 TFUE, la loro identificazione compete al giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenze 
del 15 settembre 2011, Dickinger e �mer, C.347/09, Racc. pag. I.8185, punto 51, nonch� 
del 24 gennaio 2013, Stanleybet International e a., C.186/11 e C.209/11, non ancora 
pubblicata nella Raccolta, punto 26). 

40 Come si ricava dalle decisioni di rinvio, la normativa di cui trattasi nei procedimenti 
principali � ritenuta perseguire l�obiettivo di garantire alla popolazione un rifornimento 
di medicinali sicuro e di qualit�, il quale rientra nell�obiettivo pi� generale di tutela della 
salute. 

41 Orbene, dall�articolo 52, paragrafo 1, TFUE risulta che la tutela della salute pu� giustificare 
restrizioni alla libert� di stabilimento. L�importanza di tale obiettivo � confermata 
dagli articoli 168, paragrafo 1, TFUE e 35 della Carta dei diritti fondamentali del-
l�Unione europea, in virt� dei quali, in particolare, nella definizione e nell�attuazione di 
tutte le politiche ed attivit� dell�Unione � garantito un livello elevato di protezione della 


salute umana (v. sentenza Blanco P�rez e Chao G�mez, cit., punti 63 e 65). 

42 Inoltre, la Corte ha dichiarato, pi� precisamente, che l�obiettivo di garantire alla popolazione 
una fornitura di medicinali sicura e di qualit� pu� giustificare restrizioni alla libert� 
di stabilimento (v. sentenza Blanco P�rez e Chao G�mez, cit., punto 64 e 
giurisprudenza ivi citata). 

43 Ne consegue che l�obiettivo di garantire una tale fornitura di medicinali pu� giustificare 
una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali. 

44 In terzo luogo, occorre esaminare se una normativa del genere sia idonea a garantire 
questo obiettivo. 

45 In proposito, va ricordato anzitutto che l�apertura di farmacie sul territorio italiano � 
oggetto di un regime di pianificazione in forza del quale, da un lato, il numero di farmacie 
ivi presenti � limitato, in quanto queste ultime sono ripartite in modo equilibrato, 
e, dall�altro, l�apertura di una nuova farmacia � subordinata al rilascio di una previa autorizzazione 
al suo titolare. 

46 Orbene, la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale che preveda un simile regime 
di pianificazione � in linea di principio atta a realizzare l�obiettivo di garantire alla popolazione 
un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualit� (v., in tal senso, sentenza 
Blanco P�rez e Chao G�mez, cit., punto 94, nonch� citate ordinanze Polisseni, 
punto 25, e Grisoli, punto 31). 

47 Infatti, un regime del genere pu� rivelarsi indispensabile per colmare eventuali lacune 
nell�accesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nell�apertura delle 
strutture, in modo che sia garantita un�assistenza medica adeguata alle necessit� della 
popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente 
isolate o altrimenti svantaggiate (v., in tal senso, citate sentenze Hartlauer, punto 52, e 
Blanco P�rez e Chao G�mez, punto 70). 

48 Come rilevato dalla Corte, se non ci fosse alcuna regolamentazione, le farmacie potrebbero 
concentrarsi in localit� reputate attraenti, mentre in localit� meno attraenti si rischierebbe 
di non trovare un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio 
farmaceutico sicuro e di qualit� (sentenza Blanco P�rez e Chao G�mez, cit., punto 73). 

49 Ci� considerato, uno Stato membro pu� ritenere che sussista un rischio di penuria di 
farmacie in talune parti del suo territorio, di conseguenza, un rischio di inadeguato approvvigionamento 
di medicinali quanto a sicurezza e a qualit�, e, adottare, pertanto, un 
regime di pianificazione delle farmacie (v., in tal senso, sentenza Blanco P�rez e Chao 
G�mez, cit., punto 75). 

50 Occorre poi ricordare che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali 
prevede che la distribuzione di tutti i medicinali soggetti a prescrizione medica 
sia riservata alle sole farmacie. 

51 Orbene, accettare la situazione auspicata dalle ricorrenti dei procedimenti principali, in 
base alla quale sarebbe possibile vendere nelle parafarmacie determinati medicinali soggetti 
a prescrizione medica, equivarrebbe a poter commercializzare tali medicinali senza 
osservare il requisito della pianificazione territoriale. Pertanto, gli interessati potrebbero 
stabilirsi in ogni luogo e a proprio piacere. 

52 Cos�, non � escluso che una facolt� del genere porti ad una concentrazione di parafarmacie 
nelle localit� considerate pi� redditizie e quindi pi� attraenti, con il rischio per le 
farmacie situate in tali localit� di vedere diminuire la propria clientela e, di conseguenza, 
di essere private di una parte significativa dei loro introiti, tanto pi� che le farmacie sono 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 

soggette ad una serie di obblighi specifici riguardo alle modalit� di gestione della loro 
attivit� commerciale. 

53 Orbene, una tale perdita di reddito potrebbe causare non soltanto una diminuzione della 
qualit� del servizio che le farmacie forniscono al pubblico, ma anche, se necessario, la 
chiusura definitiva di talune farmacie, conducendo cos� ad una situazione di penuria di 
farmacie in determinate parti del territorio e, pertanto, ad un approvvigionamento inadeguato 
di medicinali quanto a sicurezza e a qualit�. 

54 Da quanto precede risulta che la facolt� di cui al punto 51 della presente sentenza avrebbe 
ripercussioni negative sull�effettivit� dell�intero sistema di pianificazione delle farmacie 
e quindi sulla sua stabilit�. 

55 Ci� considerato, la normativa di cui trattasi nei procedimenti principali, che riserva alle 
sole farmacie, la cui apertura � subordinata a un regime di pianificazione, la distribuzione 
dei farmaci soggetti a prescrizione medica, compresi quelli che non sono a carico del 
Servizio sanitario nazionale, bens� vengono pagati interamente dall�acquirente, � atta a 
garantire la realizzazione dell�obiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla 
popolazione sicuro e di qualit� nonch�, pertanto, la tutela della salute. 

56 Il governo italiano teme che, in assenza di una normativa nazionale come quella di cui 
trattasi nei procedimenti principali, il consumo di farmaci diventi eccessivo. Tuttavia, 
tale timore � infondato. 

57 Infatti, � irrilevante, al riguardo, il numero degli esercizi commerciali che vendono i 
medicinali soggetti a prescrizione medica, inclusi quelli che non sono a carico del Servizio 
sanitario nazionale, ma sono pagati interamente dall�acquirente. Dato che solo i 
medici sono autorizzati a prescrivere tali medicinali, n� i titolari di farmacie n� i titolari 
di parafarmacie hanno influenza diretta sul volume di distribuzione di detti medicinali 
e non possono quindi contribuire al loro eventuale sovraconsumo. 

58 Resta da esaminare, in quarto luogo, se la restrizione alla libert� di stabilimento non 
vada oltre quanto necessario al raggiungimento dell�obiettivo addotto, vale a dire se non 
esistano misure meno restrittive per realizzarlo. 

59 In proposito, si deve anzitutto ricordare che, secondo giurisprudenza costante della 
Corte, in sede di valutazione dell�osservanza del principio di proporzionalit� nell�ambito 
della sanit� pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro pu� decidere 
il livello al quale intende garantire la tutela della sanit� pubblica e il modo in cui questo 
livello deve essere raggiunto. Poich� tale livello pu� variare da uno Stato membro all�altro, 
si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalit� (v. sentenze 
dell�11 settembre 2008, Commissione/Germania, C.141/07, Racc. pag. I.6935, punto 
51; Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 19, nonch� Blanco P�rez e Chao 
G�mez, cit., punto 44). 

60 Del resto, � necessario che, qualora sussistano incertezze sull�esistenza o sulla portata 
di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro possa adottare misure di protezione 
senza dover attendere che la realt� di tali rischi sia pienamente dimostrata. In particolare, 
uno Stato membro pu� adottare le misure che riducono, per quanto possibile, un rischio 
per la salute, compreso, segnatamente, un rischio per la fornitura di medicinali sicura e 
di qualit� alla popolazione (v. citate sentenze Apothekerkammer des Saarlandes e a., 
punto 30, nonch� Blanco P�rez e Chao G�mez, punto 74). 

61 In forza della normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, � riservata 
alle farmacie la vendita dei soli medicinali soggetti a prescrizione medica. Orbene, que



sto tipo di medicinali, la cui assunzione e il cui consumo da parte del paziente sono oggetto 
di un controllo continuo di un medico e i cui effetti sulla salute sono in genere importanti, 
deve poter essere rapidamente, facilmente e sicuramente accessibile. 

62 Cos�, il rischio, evocato al punto 53 della presente sentenza, di un�eventuale situazione 
di penuria delle farmacie, la quale comporti l�assenza di un accesso rapido e facile ai 
medicinali soggetti a prescrizione medica in determinate parti del territorio, risulta importante. 
Il fatto che la misura di liberalizzazione del regime di pianificazione delle farmacie 
si limiterebbe ai soli medicinali prescritti che non sono a carico del Servizio 
sanitario nazionale, bens� vengono pagati interamente dall�acquirente non pu� ridurre 
la portata di un rischio simile. 

63 Ci� considerato, il sistema attuato nello Stato membro in causa nei procedimenti principali, 
che non consente alle parafarmacie di vendere anche farmaci soggetti a prescrizione 
medica, segnatamente quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, 
bens� vengono pagati interamente dall�acquirente, poich� riduce sostanzialmente il rischio 
richiamato nel punto precedente della presente sentenza, non risulta andare oltre 
quanto necessario per raggiungere l�obiettivo di garantire un rifornimento di medicinali 
alla popolazione sicuro e di qualit�. 

64 Del resto, nessun elemento del fascicolo indicherebbe un eventuale sistema alternativo 
che possa ridurre un rischio simile con la stessa efficacia. 

65 Dall�insieme delle considerazioni suesposte discende che il sistema attuato dalla normativa 
nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali � giustificato alla luce del-
l�obiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di 
qualit�, � idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non risulta andare oltre 
quanto necessario per raggiungerlo. 

66 Tutto ci� considerato, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l�articolo 
49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa 
nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che non consente a un 
farmacista, abilitato e iscritto all�ordine professionale, ma non titolare di una farmacia 
compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui � titolare, 
anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio 
sanitario nazionale, bens� vengono pagati interamente dall�acquirente. 

Sulle spese 

67 Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente 
sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le 
spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: 

L�articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una 
normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che 
non consente a un farmacista, abilitato e iscritto all�ordine professionale, ma non 
titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, 
nella parafarmacia di cui � titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica 
che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bens� vengono pagati 
interamente dall�acquirente. 


CONTENZIOSO NAZIONALE 
Riutilizzo commerciale dell�informazione detenuta nel settore 
pubblico in materia di dati ipotecari e catastali alla luce dei 
Trattati europei e della Direttiva 2003/98/CE 

CORTE D�APPELLO DI VENEZIA, SEZ. I CIVILE, 20 MARZO 2013, N. 624 

Paola Maria Zerman e Rocco Steffenoni* 

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Sintesi della dinamica processuale - 3. La nozione europea 
di impresa come condizione di applicabilit� dell'art. 102 TFUE - 4. L'attivit� di riutilizzo 
dell'informazione nel settore pubblico e l�ipotesi di abuso di posizione dominante: un 
dialogo tra corti - 5. Conclusione. 

1. Introduzione. 

La pubblica amministrazione detiene tramite l'Agenzia del Territorio (1) 
l'insieme dei dati ipotecari e catastali che le imprese sono tenute a comunicare 
per legge. Tali informazioni costituiscono una banca dati unica in quanto a 
completezza e aggiornamento. 

Alcune societ� private, che operano nel settore delle informazioni immobiliari, 
accedono a tali dati per poi rielaborarli e somministrarli ai propri clienti 
come servizio di intermediazione con la pubblica amministrazione. 

(*) Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato; Rocco Steffenoni, Dottore in Giurisprudenza, ammesso 
alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 

La sentenza annotata fa parte di un filone pi� ampio di controversie afferente all�utilizzazione dei 
dati catastali tuttora non compiutamente definito dalla Corte di Cassazione. Si pubblica - in calce all�articolo 
- una parte della relazione di recente pervenuta dall�Agenzia del Territorio (ora Entrate) 
[ndr]. 

(1) L'Agenzia del Territorio � un ente dotato di personalit� giuridica di diritto pubblico. � stato 
istituito con il d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 al fine di fornire, in regime di monopolio legale, i servizi catastali, 
di conservatoria dei registri immobiliari e i servizi di mera informazione. Alcune delle proprie 
funzioni e dei propri oneri di conservatore sono altres� previsti dall'art. 2673 cod. civ.. 


Nell'ultimo decennio, il legislatore e la giurisprudenza hanno iniziato a 
occuparsi della disciplina di questo settore oscillando, tuttavia, sull�estensione 
del margine di commercializzazione di questi dati da parte della pubblica amministrazione 
stessa. La ragione di questo orientamento si fonda principalmente 
sulla supposta condotta anticoncorrenziale (abuso di posizione 
dominante) che assumerebbe un ente pubblico nel momento in cui, avvantaggiandosi 
della propria banca dati, iniziasse a svolgere alcune attivit� commerciali 
in concorrenza con gli operatori privati. 

La controversia in esame riguarda, infatti, l'art. 8, comma 1, l. 10 ottobre 
1990, n. 287, nella parte in cui estende la disciplina antitrust anche alle imprese 
pubbliche e a quelle a prevalente partecipazione statale, e la normativa europea 
(artt. 102, 106 TFUE), che estende parimenti le regole e i principi in materia 
di concorrenza alle imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale 
oppure operano in regime di monopolio fiscale sul mercato. 

Questo arresto della Corte d'Appello di Venezia (2) costituisce, pertanto, 
un'occasione per osservare le difficolt� del corretto equilibrio tra regolazione 
e concorrenza. In quest�ottica, infatti, l'orientamento del Collegio di Venezia, 
nel conformarsi alla pi� recente giurisprudenza europea, propone una lettura 
innovativa del tema, cos� da costituire un'ottima premessa per una revisione 
del precedente orientamento della maggioritaria giurisprudenza italiana. 

2. Sintesi della dinamica processuale. 

Il presente giudizio si instaura davanti alla Corte d'Appello di Venezia 
con atto di citazione della societ� I.T.C. avverso l�Agenzia del Territorio. 

La societ� ITC adduce, infatti, che l'Agenzia, nel svolgere la propria attivit� 
di conservazione dei registri e di rilascio dei dati detenuti, ha violato il 
divieto di abuso di posizione dominante ex art. 3 l. 287/90. 

Peraltro, tale giudizio � stato preceduto da un ricorso ante causam, con 
cui la societ� ITC ha chiesto che all'Agenzia del Territorio fosse inibito di proseguire 
a elaborare e offrire al pubblico il servizio di ricerca continuativa telematica 
(3) in via diretta senza utilizzare, a parit� di costi e condizioni con 
altre imprese operanti nel settore, una societ� separata (ex art. 8, comma 2bis, 
l. 287/90 (4)). La Corte d'Appello di Venezia ha accolto con ordinanza 

(2) Corte d�Appello di Venezia, sez. I civile, 20 marzo 2013, n. 624. 

(3) Il servizio di ricerca continuativa consiste nella trasmissione delle variazioni dei dati ipotecari 
e catastali relativi ad un determinato soggetto lungo un periodo di tempo indicato dal richiedente. La 
possibilit� per l'Agenzia del Territorio di svolgere il servizio di ricerca continuativa le � stato attribuito 
dal d.l. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni in legge dalla l. 31 marzo 2005, n. 43, in concomitanza, 
peraltro, con l'introduzione della nuova tabella recante l'aggiornamento delle tasse ipotecarie. 
(4) In particolare, l'art. 8, comma 2-bis, della l. 287/90 impone alle imprese che esercitano la gestione 
di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato di 
�operare mediante societ� separate" qualora intendano "svolgere attivit� diverse in mercati diversi da 
quelli in cui agiscono�. 



quest'ultimo ricorso e, in seguito, lo ha anche confermato in sede di reclamo. 

Nella controversia in esame, l�interesse della societ� ITC si qualifica alla 
luce della specifica attivit� d'impresa: rilevazione e rielaborazione dei dati 
presso i pubblici registri immobiliari al fine di offrire sul mercato un servizio 
di segnalazione tempestiva all'utenza di ogni variazione (trascrizioni, iscrizioni, 
annotamenti) che intervenisse nel patrimonio immobiliare di alcuni soggetti 
determinati. 

Secondo la ragione dell'attore, infatti, l'Agenzia del Territorio, in quanto 
ente dotato di personalit� giuridica di diritto pubblico, ha esorbitato dal proprio 
incarico pubblicistico esercitando in condizioni di monopolio servizi inerenti 
il catasto e la conservatoria dei registri immobiliari. 

Oltretutto, si ritiene illegittimo che lo statuto dell'Agenzia del Territorio 
consenta di svogere, a soggetti pubblici e privati, due mansioni cos� differenti, 
come quella istituzionale e quella di commercializzazione di servizi. In particolare, 
si tratta dei servizi di monitoraggio continuativo dei soggetti presenti 
nelle formalit� ipotecarie. Infatti, � grazie alla propria funzione pubblicistica 
che l�Agenzia del Territorio detiene l'universalit� dei dati sul sistema immobiliare 
e, quindi, che le permette di offrire sul mercato gli stessi servizi che le 
societ� intermediarie svolgono attraverso la rielaborazione dei dati raccolti. 

Inoltre, secondo la societ� ITC, l'aumento tariffario da 0,70 euro a 4,00 
euro per il rilascio dell'elenco soggetti (essenziale per l'attivit� di monitoraggio 
da parte delle imprese private), introdotto dal d.l. 262/2006 (5), � stato un fattore 
causale determinante per l'esponenziale aumento dei propri costi di produzione 
e, quindi, per il crollo del fatturato dell'impresa ITC. 

Il ricorrente ritiene, infatti, che l�esercizio contestuale da parte dell'Agenzia 
del Territorio dell�attivit� pubblicistica e di quella commerciale, nonch� 
l'esponenziale e ingiustificato aumento dei costi di accesso ai registri, hanno 
integrato una fattispecie di abuso di posizione dominante. 

Pertanto, nelle proprie conclusioni, ITC chiede al Collegio della Corte 
d'Appello di Venezia che venga riconosciuta l'illiceit� della condotta del-
l'Agenzia del Territorio integrante la fattispecie dell'abuso di posizione dominante 
e che venga condannata al risarcimento del danno, prodotto 
dall'introduzione del servizio di ricerca continuativa sia in termini di incremento 
dei costi di produzione per l�aumento tariffario sia in termini di perdita 
di clientela per la rinuncia al servizio di monitoraggio immobiliare. 

L'Agenzia del Territorio si � costitutita in giudizio eccependo che il servizio 
di conservatoria dei registri immobiliari � un servizio pubblico, e, in 
quanto tale, � escluso dalle norme sulla concorrenza. Del resto, la natura e la 
determinazione della tariffa per l�accesso al servizio da parte degli operatori 

(5) D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, recante �Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria�, 
convertito con modificazioni in legge dalla l. 24 novembre 2006, n. 286. 


del settore esulano dalla propria competenza, essendo eterodeterminati con 
legge dal legislatore nazionale. 

Il Collegio della Corte d�Appello di Venezia, dopo aver affermato la propria 
giurisdizione (6) in tema di azione risarcitoria per violazione del divieto 
di abuso di posizione dominante (c.d. �illecito concorrenziale�), rigetta la domanda 
di parte attrice sia nella parte in cui viene supposto il carattere imprenditoriale 
del servizio svolto dall'Agenzia del Territorio, con la conseguente 
violazione della disciplina nazionale ed europea a tutela della concorrenza, sia 
nella parte relativa alla richiesta di risarcimento del danno. 

In particolare, nella sentenza non viene escluso in termini aprioristici che 
un soggetto pubblico possa svolgere un�attivit� con caratteri di commercialit�, 
cos� da poter essere oggetto della normativa antitrust. Infatti, per l�attivit� di 
raccolta dei dati e di divulgazione degli stessi viene svolta un�analisi in concreto, 
sia in termini soggettivi che oggettivi, della qualificazione dell�attivit� 
dell�Agenzia del Territorio. 

Peraltro, in termini soggettivi si afferma che il fatto che l�Agenzia sia qualificata 
come pubblica non �non osta al suo assoggettamento alla disciplina 
antimonopolistica in quanto ci� dipende unicamente dal tipo di attivit� che essa 
svolge e dal modo in cui tale attivit� si esplica sul mercato�. Mentre, in termini 
oggettivi, si ribadisce che non esiste una preclusione assoluta per un soggetto 
pubblico, infatti, �nei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attivit� economica 
che pu� essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, si pu� affermare 
che esso svolga attivit� economica [soggetta alla normativa antitrust]�. 

Per il Collegio, quindi, il servizio di ricerca continuativa reso dall�Agenzia 
si qualifica come un�attivit� di semplice rilascio di dati ex art. 5 della Direttiva 
2003/98/CE e non, invece, di riutilizzo a fini commerciali del 
documento pubblico, ex art. 2, paragrafo 1, n. 4 della stessa Direttiva (7). Ne 

(6) La ripartizione della giurisdizione in materia antitrust viene in linea generale assegnata alla 
cognizione del giudice amministrativo salvo quanto previsto dall�art. 33, comma 2, della l. 10 ottobre 
1990, n. 287, il quale, al tempo della controversia, sottoponeva alla Corte d�Appello la cognizione del 
giudice ordinario per quanto concerne le ipotesi di �azioni di nullit� e di risarcimento del danno, nonch� 
i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di 
cui ai titoli dal I al IV [della stessa legge] ... promossi davanti alla corte d'appello competente per territorio�. 
In seguito alle modifiche apportare dall'art. 2, comma 2, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito 
con modificazioni dall'art. 1, comma 1, l. 24 marzo 2012, n. 27 � venuta meno la competenza della 
�corte d'appello competente per territorio� in favore del Tribunale competente per territorio presso cui 
� stata istituita la sezione specializzata di cui all'art. 1 del d.lgs. 26 giugno 2003, n. 168, e successive 
modificazioni, con decorrenza per i �giudizi instaurati dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata 
in vigore della legge di conversione del presente decreto�. 
(7) Per 'riutilizzo' la Direttiva 2003/98/CE intende �l'uso di documenti in possesso di enti pubblici 
da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale 
nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti. Lo scambio di 
documenti tra enti pubblici esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non 
costituisce riutilizzo� (art. 2, par. 1, n. 4). 



consegue che il servizio, non avendo carattere commerciale, esula dall'ambito 
della disciplina della l. 287/90 in materia di concorrenza. 

3. La nozione europea di impresa come condizione di applicabilit� dell'art. 
102 TFUE. 

Per la soluzione della presente controversia � apparsa quantomai decisiva 
la nozione di impresa che il Collegio ha ritenuto di adottare. Infatti, a titolo di 
premessa, la giurisprudenza europea ritiene, come condizione di applicabilit� 
dell'art. 102 TFUE in tema di abuso di posizione dominante, che vi sia l'esercizio 
di un'impresa (pubblica (8) o privata). Quindi, la qualifica di impresa, 
intesa come esercizio di una attivit� economica (9), � pregiudiziale all'intera 
disciplina. 

Inoltre � pacifico che le attivit� che sono manifestazione d'imperio nell'esercizio 
di pubblici poteri, poich� non presentano profili di economicit�, non sono 
oggetto della applicazione delle norme del Trattato FUE sulla concorrenza (10). 

Una volta acquisito il principio per cui un ente statale si qualifica come 
impresa ogni qual volta non agisca come pubblica autorit� (11), si pu� osser


(8) Sulla possibilit� che lo Stato e gli enti pubblici agiscano come impresa, cfr. CGCE, 20 marzo 
1985, C-41/83, Italia/Commissione, p.ti 16-20. In questa pronuncia si segnala la tesi difensiva sostenuta 
dalla Repubblica italiana secondo la quale �L'art. 86 del Trattato si applica unicamente ad un'attivit� 
imprenditoriale esercitata secondo le forme del diritto privato e non all'attivit� normativa 
esercitata, in base ad una legge, da un servizio pubblico gestito a condizioni stabilite dai pubblici 
poteri� (p.to 16). 
(9) In questo senso CGUE, sez. III, 11 luglio 2013, C-440/11, Commissione/Stichting Administratiekantoor 
Porielje, p.to 36; CGUE, sez. II, 28 febbraio 2013, C-1/12, Ordem dos T�cnicos Oficiais de 
Contas/Autoridade da Concorr�ncia, p.to 35; CGUE, Grande Sezione, 19 luglio 2012, cause riunite C628/
10 e C-14/11, Alliannce One Int. e a./Commissione, p.to 42; CGCE, 16 giugno 1987, C-118/85, 
Commissione/Italia, p.to 7; CGCE, 16 marzo 2004, AOK-Bundesverband e a., cause riunite C-264/01, 
C-306/01, C-354/01 e C-355/01, in Giurisprudenza italiana, Utet, nov. 2004, pag. 2025-2034. Sulla nozione 
di �attivit� economica�, intesa come �qualunque attivit� consistente nell'offrire beni o servizi in 
un determinato mercato�, cfr. CGUE, 3 marzo 2011, sez. I, C-437/09, AG2R Pr�voyance, p.to 42; CGCE, 
sez. III, 10 settembre 2009, C-97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, p.to 54; CGCE, Grande Sezione, 
1 luglio 2008, C-49/07, MOTOE, p.to 22; CGCE, Grande Sezione, 28 giugno 2005, cause riunite C189/
02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk R�rindustri e a./Commissione, 
p.to 112; CGCE, sez. VI, 24 ottobre 2002, C-82/01, A�roports de Paris/Commissione, p.to 79. A riguardo 
la recente pronuncia CGUE, sez. VIII, 19 dicembre 2012, C-288/11, Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen 
Leipzig-Halle, p.to 50 in cui si afferma che �il carattere economico o meno di un'attivit� non dipende 
dallo statuto privato o pubblico del soggetto che la esercita n� dalla redditivit� di tale attivit��. 
(10) CGCE, 11 luglio 1985, C-107/84, Commissione/Germania, p.ti 14-15; CGCE, 19 gennaio 
1994, C-364/92, SAT Fluggesellschaft, p.to 30; CGCE, MOTOE, cit., p.to 24. Da una lettura a contrario 
dalla giurisprudenza europea (CGCE, A�roports de Paris/Commissione, cit., p.to 74; MOTOE, cit., p.to 
25) si deduce, infatti, che i caratteri di economicit� rilevanti ai fini della applicazione della normativa 
concorrenziale possono riferirsi anche a segmenti divisibili di una attivit�. 
(11) Ex plurimis, CGCE, 18 marzo 1997, C-343/95, Cal� & Figli/Servizi Ecologici Porto di Genova. 
In questo caso la vicenda verteva su una attivit� (rientrante nell'alveo delle missioni di interesse 
generale) svolta da un privato sulla base di una concessione esclusiva conferita da un ente pubblico. 
Tale attivit�, nonostante il contributo per il finanziamento versato dagli utenti, non � stata ricompresa 
nell'art. 86 TCE (oggi 106 TFUE) in quanto costituisce una manifestazione di pubblici poteri. 



vare una giurisprudenza europea (12) molto recente che ha preso nuovamente 
in esame alcuni di questi aspetti. La Corte di Giustizia ha affermato, infatti, 
che �nei limiti in cui un ente pubblico svolga un'attivit� economica che pu� 
essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, in ordine a una siffatta 
attivit� tale ente agisce come impresa mentre, qualora la suddetta attivit� 
economica sia indissociabile dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, tutte le 
attivit� svolte da tale ente rimangono attivit� che si ricollegano all'esercizio 
dei suddetti poteri� (13); con ci� la qualificazione dell�attivit� viene dissociata 
da ogni preclusione soggettiva. Del resto, tale principio � perfettamente in 
linea con l'enunciato normativo dell'art. 8, c. 2-bis, della l. 287/90 (14) che, 
da un lato ammette che un ente pubblico svolga un'attivit� d'impresa in concomitanza 
con l'attivit� pubblicistica, ma dall'altro lato ne impone la differenziazione 
societaria. 

A tal fine l'iter argomentativo della sentenza che si annota si fonda appieno 
nel solco dell'interpretazione della nozione di impresa data dalla giurisprudenza 
europea la quale �abbraccia qualsiasi entit� che eserciti un'attivit� 
economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalit� di finanziamento� 
(15); dovendo cos� il giudice andare a svolgere una valutazione in 
concreto sul �tipo di attivit� che essa svolge e sul modo in cui tale attivit� si 
esplica sul mercato� (16) e che �si tratti di un'attivit� economica consistente 
nell'offerta di beni o servizi sul mercato da cui esula l'esercizio di un potere 
d'imperio� (17). Invece, l�aspetto della fonte del finanziamento e della natura 

(12) CGUE, sez. V, 12 luglio 2012, C-138/12, Compass-Datenbank GmbH/Republik �sterreich, 
p.to 38. 
(13) CGUE, sez. V, 12 luglio 2012, C-138/12, cit., p.to 38. Tale principio viene ripreso in parte 
dalla sentenza CGCE, 26 marzo 2009, sez. II, C-113/07 P, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, p.ti 
72 e ss.. 
(14) Cfr. supra nt. n. 4. 


(15) Relativamente alla questione dello status giuridico e del finanziamento ex plurimis: CGUE, 
sez. I, 13 giugno 2013, C-511/11, p.to 51; CGCE, sez. II, 10 gennaio 2006, C-222/04, Cassa di Risparmio 
di Firenze e a., p.to 107; CGCE, Grande Sezione, 11 luglio 2006, C-205/03 P, FENIN/Commissione, 
p.to 25; CGCE, Grande Sezione, 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P 
a C-208/02 P e C-213/02 P, cit., p.to 112; CGCE, sez. VI, 23 aprile 1991, C-41/90, H�fner e Elser/Macroton, 
p.to 21; CGCE, 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91, C-160/91 Poucet e Pistre/AGF e Cancava, 
p.to 17. Anche la giurisprudenza nazionale di legittimit� richiama questi principi, ad es. in Cass. 
SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. 
(16) Cfr. CGUE, sez. I, 3 marzo 2011, C-437/09, cit., p.to 69. Secondo la quale costituisce pratica 
abusiva contraria all'art. 106 TFUE �quando uno Stato membro conferisce ad un'impresa il diritto esclusivo 
di esercitare talune attivit� e crea una situazione in cui tale impresa non � manifestamente in grado 
di soddisfare la domanda che presenta il mercato per questo genere di attivit��. 
(17) Cfr. Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. In questo senso sembra procedere anche 
l�argomentazione della sentenza CGUE, sez. II, 26 marzo 2009, C-113/07, cit., nella parte in cui pone 
come condizione dello svolgimento di una attivit� economica che tale attivit� possa essere dissociata 
dall'esercizio di pubblici poteri. Al tempo stesso la presenza di un corrispettivo (sia esso previsto dalla 
legge e non determinato in alcun modo dall'ente) non � sufficiente per qualificare l'attivit� come economica 
e l'ente come impresa, cfr. CGCE, 19 gennaio 1994, C-364/92, SAT Fluggesellschaft/Eurocon



del corrispettivo per l'attivit� di detenzione e fornitura di dati del registro immobiliare 
� ritenuto di scarso rilievo e, comunque, non sufficiente come indice 
di attivit� economica. Peraltro, l'Agenzia del Territorio svolge solo la mera 
funzione (non discrezionale) di riscossione dei diritti e/o delle tasse, dal momento 
che la quantificazione dell'ammontare del corrispettivo � interamente 
demandata alla discrezionalit� del legislatore. 

Si tratta cos� di una lettura non-formalistica della nozione di impresa, che 
si fonda sull�osservazione in concreto dei caratteri dell'attivit� e che prescinde 
del tutto dalla qualifica nominale (pubblica o privata) dei soggetti. Infatti, per 
il Collegio �osta l'assoggettamento [dell'Agenzia del Territorio] alla disciplina 
antimonopolistica� ex art. 102 TFUE, non tanto per la sua qualifica di 
ente pubblico ma piuttosto per la specifica funzione, non dissociata dall'esercizio 
dei suoi pubblici poteri, che ha svolto. 

4. L'attivit� di riutilizzo dell'informazione nel settore pubblico e l�ipotesi di 
abuso di posizione dominante: un dialogo tra corti. 

4.1-L'Agenzia del Territorio, in virt� della propria funzione, detiene in 
Italia l�insieme dei dati contenuti nei registri di sua competenza (ad es. dati 
catastali). L�accesso a tali dati � essenziale per trarre molteplici e rilevanti informazioni 
sulla consistenza patrimoniale di persone fisiche e giuridiche. 

Per questo motivo nel mercato nazionale ed europeo vi sono alcune societ� 
intermediarie che, su richiesta dei propri clienti, accedono ai dati del-
l'Amministrazione contenuti negli archivi e nei registri pubblici, ne rielaborano 
i dati e li somministrano ai propri clienti in forma di dati rielaborati. Con la la 
legge finanziaria per l'anno 2005 (18) il legislatore ha previsto un generico divieto 
di somministrazione a terzi (leggasi 'riutilizzazione commerciale') di 
�documenti, dati e informazioni catastali e ipotecari acquisiti [...] dagli archivi 
e i pubblici registri tenuti dagli uffici dell'Agenzia del Territorio�. 

Col tempo, tuttavia, tale divieto si � affievolito. Infatti, in un primo momento 
l�accesso alle banche dati veniva dato a fronte di un mandato scritto 

trol. Si veda inoltre sulla linea di demarcazione tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico 
(in base ai criteri: i) sulla modalit� di costituzione; ii) sulla fase dell'organizzazione; iii) sulla natura 
dell'attivit� svolta; iv) sul fine perseguito) e quindi sulla compatibilit� della compresenza tra interesse 
pubblico e scopo di lucro Cons. St., sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, in Foro amm. CdS, 2012, 3, 696 
e ss., ma anche la recente pronuncia del Cons. St., sez. VI, 11 gennaio 2013, n. 122, con nota di A. NICODEMO, 
Societa pubbliche: attivita d'impresa e attivita amministrativa, in Foro amm. CdS, 2013, 3, 
814-824. In tal senso si veda anche: CGCE, sez. VI, 26 marzo 2009, C-113/07, cit., p.to 82; CGCE, 
sez. VI, 14 settembre 2000, C-343/98, Collino e Chiappero, p.to 33; CGCE, 27 ottobre 1993, C-69/91, 
Decoster, p.to 15. Infine, dalla giurisprudenza precedentemente citata si pu� desumere a contrario che 
deve essere considerato come impresa un ente integrato nell'amministrazione pubblica che esercita attivit� 
che presentano un carattere economico e che non rientrano nell'esercizio di prerogative dei pubblici 
poteri. 

(18) Art. 1, comma 367-374, l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). 


di incarico per l'acquisizione delle informazioni, con la conseguente possibilit� 
di riutilizzazione commerciale dei dati in seguito alla stipula di specifiche 
convenzioni con l'Agenzia del Territorio. Successivamente, invece, in parziale 
attuazione della Direttiva 2003/98/CE (19) il divieto di riutilizzazione commerciale 
dei dati ipotecari e catastali � venuto meno (20). 

Nella sentenza che si annota rilevano in particolar modo sia la Direttiva 
2003/98/CE, in materia di riutilizzo a fini commerciali della documentazione 
detenuta da enti pubblici, e sia l'art. 8 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 (21), recante 
i criteri di esenzione dalla normativa antitrust per le imprese pubbliche, 
private o a prevalente partecipazione pubblica che esercitano la gestione di 
servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio 
sul mercato. 

Come si � richiamato (supra � 3), in materia di concorrenza la giurisprudenza 
europea � costante nel manifestare un approccio anti-formalistico, tale 
da ritenere che venga ricompreso nella nozione di 'impresa' e di 'attivit� d'impresa' 
ogni ente che eserciti un'attivit� economica, indipendentemente dal proprio 
status giuridico e dalle proprie modalit� di finanziamento. 

(19) Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa 
al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico. Tale Direttiva, i cui effetti dovevano trovare attuazione 
nell'ordinamento nazionale entro il 1 luglio 2005, non era stata adeguatamente recepita. Infatti, il 
d.lgs. 24 gennaio 2006, n. 36 aveva eccettuato all'art. 4 quanto previsto in materia di riutilizzazione 
commerciale dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie, previste dalla l. 30 dicembre 
2004, n. 311. Tale normativa, tuttavia, rimane in vigore fino alla l. 4 giugno 2010, n. 96, che all'art. 
44, comma 1, abroga il d.lgs. 36/2006, facendo salve per� le sole norme tariffarie ex art. 1, commi 
370, 371 e 372, l. 311/2004. Si rileva, infine, che la segnalazione proveniente dalla Autorit� Antitrust 

(n. AS321, 27 gennaio 2006) e la comunicazione ufficiale del 19 marzo 2009 della Commissione europea 
al Ministro degli Affari esteri italiano mostrano come le disposizioni contenute nei commi 367-372 e 
nel d.lgs. 36/2006 non appaiono adeguate per l'attuazione della Direttiva. 

(20) �� consentito il riutilizzo dei documenti, dei dati e delle informazioni catastali e ipotecari a 
fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico 
per i quali i documenti sono stati prodotti, fermo restando il rispetto della normativa in materia 
di protezione dei dati personali�, cos� recita l'articolo 5, comma 4-bis, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, 
che abroga il comma 367 dell'art. 1 della finanziaria per l'anno 2005. In ogni caso bisogna considerare 
la neutralit� della Direttiva 2003/98/CE in tema di riutilizzazione o meno dei dati contenuti nei registri; 
tale aspetto si evince dalla lettura del Considerando n. 9 laddove prevede che: �La presente Direttiva 
non prescrive l'obbligo di consentire il riutilizzo di documenti. La decisione di autorizzare o meno il 
riutilizzo spetta agli Stati membri o all'ente pubblico interessato�. In ogni caso, la Direttiva all�art. 6 
prescrive i criteri che ogni ente pubblico dovrebbe adottare per la fissazione del prezzo, un aspetto decisivo 
in relazione a comportamenti abusivi delle imprese dominanti volti all'esclusione dei concorrenti. 
Ad esempio, viene indicato che �il totale delle entrate provenienti dalla fornitura e dalla autorizzazione 
al riutilizzo dei documenti non supera i costi di raccolta, produzione, riproduzione e diffusione, maggiorati 
di un congruo utile sugli investimenti�. 
(21) Si fa riferimento alle disposizioni introdotte con la novella all'art. 11, comma 3, l. 5 marzo 
2001, n. 57, recante �Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati�. Si veda a riguardo 
F. PIRON, Separazione societaria e obbligo di comunicazione preventiva secondo l'art. 8 della L. 10 ottobre 
1990, n. 287, in Studium iuris, 2006; V. MELI, La modifica dell�art. 8 della legge antitrust, in Le 
nuove leggi civili commentate, 2001, fasc. 5, pag. 1084 e ss.. 



Inoltre, si evidenzia anche l'orientamento europeo in base al quale ad ogni 
soggetto economico � fatto obbligo di rispondere sulla base del principio della 
responsabilit� personale nell'ipotesi in cui vi sia una violazione delle norme 
in materia di concorrenza (22). 

Pertanto, l'Agenzia del Territorio avrebbe potuto rispondere in linea teorica 
della propria condotta se nell'esercizio di una attivit� d'impresa a valle 
della tenuta di pubblici registri avesse integrato i presupposti per un'infrazione 
alle regole del mercato concorrenziale. 

Si tratta di una ricostruzione interpretativa resa oltretutto necessaria nel-
l'ordinamento italiano in forza del richiamo ai principi interpretativi europei 
da parte dell'art. 1, comma 4, l. 287/90. In quest'ottica, la qualifica dell'Agenzia 
come ente pubblico non solo non ne limita l'attivit� a meri atti di imperio ma, 
anzi, non esclude affatto che venga esercitata un'attivit� economica di offerta 
di beni o servizi sul mercato. In quest�ipotesi, tuttavia, l�ente diviene soggetto 
al controllo di legittimit� della propria condotta anche in relazione all�illecito 
concorrenziale. 

In tale vicenda si incardina, peraltro, un'ulteriore questione circa l�effetto 
scriminante del divieto di abuso di posizione dominante che si verrebbe a determinare 
nell'ipotesi in cui la descritta attivit� svolta dall'Agenzia del Territorio 
venisse interamente ricondotta all'interno della categoria della gestione 
dei servizi di interesse generale. La Cassazione, pronunciandosi in merito, ha 
fissato il principio per cui � necessario che venga fatta una valutazione in concreto 
dell'attivit� al fine di determinare se la condotta sia strettamente connessa 
all'adempimento degli specifici compiti affidati all'impresa o meno (23). Tra 
l'altro, in termini probatori spetta all'impresa l'onere di dimostrare che la condotta 
messa in atto costituisca �l'unico mezzo possibile per il perseguimento 
del fine istituzionale� (24). 

Successivamente, la Cassazione, su un caso similare, ha valutato la rispondenza 
della attivit� di riutilizzo dei dati da parte dell'Agenzia del Territorio 
rispetto alla disciplina dei servizi di interesse economico generale (e quindi 
dell'art. 106 TFUE e dell'art. 8 l. 287/90) al fine di considerarne l'esenzione 

(22) In questo senso si esprime la giurisprudenza europea CGUE, sez. I, 20 gennaio 2011, C90/
09 P, General Qu�mica e a./Commissione, punti 34-36; CGCE, sez. III, 10 settembre 2009, C-97/08 
P, cit., p.to 56; CGCE, Grande Sezione, 11 dicembre 2007, C-280/06, ETI e a., p.ti 38-39. Anche la giurisprudenza 
nazionale in tema di tutela della libert� di concorrenza ex l. 287/1990 qualifica la violazione 
di tali interessi come responsabilit� aquiliana da danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., cfr. Cass. SS. 
UU., 4 febbraio 2005, n. 2207; Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 993. 
(23) �Ammesso e non concesso che da tali gare possa essere derivato un danno ingiusto per le 
imprese attrici, si sarebbe comunque trattato di condotta esentata l. n. 287, ex art. 8 dall'applicazione 
del diritto antitrust� in quanto �imprese che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale�, 
Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3638. Si vedano anche Cass. civ., sez. I, 10 gennaio 2008, 
n. 355; Cass. civ., sez. I, 16 maggio 2007, n. 11312. 


(24) Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3638. 


dalla disciplina della concorrenza (25). In merito, quindi, la Suprema Corte, 
nell'operare un giudizio di bilanciamento e ragionevolezza, ha escluso che nel 
caso esaminato si possa ritenere operante la deroga ex art. 8, comma 2, l. 
287/90, dal momento che non � stato adeguatamente dimostrato il necessario 
nesso funzionale �tra il servizio di formazione, conservazione e gestione dei 
registri pubblici, da un lato, e dall'altro le limitazioni che l'Agenzia del territorio 
� abilitata a porre nella successiva utilizzazione economica dei dati da 
parte di altri soggetti�. 

4.2-Un recente arresto europeo della Corte di giustizia (26) ha ulteriormente 
sviluppato il dialogo tra corti sul tema in esame. 

La Corte ha, infatti, preso in esame il caso di una autorit� pubblica austriaca 
che gestisce in regime di monopolio una banca dati con la funzione di 
raccogliere e renderne pubblici i dati. Il giudice dell'Oberster Gerichtshof austriaco 
ha sollevato una domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia del-
l�Unione europea circa l'interpretazione dell'art. 102 TFUE in relazione alla 
messa a disposizione dei dati del registro delle imprese (Firmenbuch) e, alla 
luce della Direttiva 2003/98/CE, in tema di riutilizzo a fini commerciali della 
documentazione detenuta da enti pubblici per motivi di servizio pubblico. 

In primo luogo, la Corte ha posto come discrimine della configurabilit� 
per un ente pubblico di una attivit� come 'impresa' (27) la possibilit� che questa 
possa essere dissociata dall'esercizio del pubblico potere; e, quindi, se un'attivit� 
non pu� essere dissociata deve essere necessariamente ricollegata all'esercizio 
del pubblico potere. 

In secondo luogo, suddivide in due momenti il processo di raccolta e 
messa a disposizione dei dati: un'attivit� di raccolta di dati relativi ad imprese, 
basata su un obbligo legale di dichiarazione imposto a queste ultime e sui correlativi 
poteri coercitivi; un'attivit� consistente nel conservare e nel rendere 
accessibili al pubblico i dati in tal modo raccolti, vuoi mediante semplice consultazione, 
vuoi mediante la fornitura di copie su supporto cartaceo, conformemente 
alla normativa nazionale applicabile. Per entrambe le fasi 
(inscindibili e l'una preordinata all'altra) si ritiene che n� si configuri un'attivit� 
economica n� che la pubblica autorit� possa essere qualificata come impresa 
ai sensi dell'art. 102 TFUE. 

(25) Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175. A riguardo nella sentenza si afferma che �La ragione 
di tale esenzione, com'� noto, risiede essenzialmente nel fatto che quei servizi, bench� esercitati 
da imprese e finalizzati a scopi lucrativi, sono altres� funzionali ad obiettivi extraeconomici di pi� ampia 
portata - e dunque appunto d'interesse generale - essendo volti a soddisfare esigenze di carattere sociale, 
ambientale, culturale e simili, facenti capo ad una indeterminata platea di soggetti�. 
(26) CGUE, sez. III, 12 luglio 2012, C-138/11, Compass-Datenbank, in Foro amm. CdS, 2012, 
7-8, 1733 e ss.. 


(27) Cfr. supra par. 2. 


In terzo e ultimo luogo, la Corte considera l'ipotesi della somministrazione 
di dati a soggetti interessati dietro un corrispettivo. In questo caso la 
presenza di un corrispettivo non � ipso facto un'indice di commerciabilit� (e 
quindi di attivit� economica) �nei limiti in cui i diritti o le tasse dovuti per la 
messa a disposizione del pubblico delle informazioni di cui trattasi non sono 
determinati, direttamente o indirettamente, dall'ente interessato, bens� sono 
previsti dalla legge�. 

4.3-Solo con queste premesse, si pu� analizzare lo sviluppo argomentativo 
della sentenza della Corte d'Appello di Venezia che si annota. 

Infatti, in linea con la citata sentenza Compass-Datenbank della Corte di 
Giustizia, il Collegio della Corte d�Appello di Venezia ha condotto una valutazione 
in concreto dell�attivit� svolta dalla Agenzia del Territorio, avendo altres� 
in considerazione come orizzonte interpretativo la Direttiva 2003/98/CE. 

In particolare, il Collegio fa riferimento all'art. 10 della Direttiva, il quale, 
da un lato al primo paragrafo impone che non vi siano effetti discriminatori in 
termini di riutilizzo dei documenti, dall'altro al secondo paragrafo dispone che 
�se un ente pubblico riutilizza documenti per attivit� commerciali che esulano 
dall'ambito dei suoi compiti di servizio pubblico, la messa a disposizione dei 
documenti in questione per tali attivit� � soggetta alle stesse tariffe e condizioni 
applicate agli altri utilizzatori�. 

La questione si concentra, quindi, sulla qualificazione che si intende dare 
alla attivit� di ricerca continuativa (28), poich�, a seconda dell'interpretazione, 
questa assume i caratteri propri di una attivit� d'impresa oppure quelli di attivit� 
d'imperio, propria di un ente pubblico, e quindi esclusa dalla disciplina 
antitrust. 

Infatti, nel primo caso la normativa applicabile sarebbe quella inerente il 
riutilizzo a fini commerciali dei dati pubblici ex art. 2 n. 4 (29) della Direttiva 
cos� comportando la necessit� della applicazione della normativa europea in 
materia di concorrenza ex art. 102 TFUE e ss. e quella interna ex l. 287/90 
(sub specie dell'art. 8 della stessa legge); nel secondo caso il servizio del-
l'Agenzia verrebbe a costituire una mera �messa a disposizione dei documenti 
per via elettronica� ex art. 5 della Direttiva, cosicch� essendo inquadrata come 
attivit� svolta in esercizio della funzione pubblica esula dall'applicazione della 
normativa antitrust. 

A fronte di queste considerazioni, il Collegio, nel rigettare l'istanza della 
societ� ITC, sceglie di non qualificare l�attivit� effettivamente svolta della 
Agenzia del Territorio come 'attivit� d'impresa�, poich� �l'attivit� in parola 
non concreta il riutilizzo del documento a fini commerciali ma il semplice ri


(28) V. supra nt. n. 3. 
(29) V. supra nt. n. 5. 



lascio di dati e ci� in quanto le notizie che vengono comunicate all'utente per 
via telematica, ancorch� riferite ad un soggetto monitorato in un arco continuativo 
di tempo, derivano direttamente dall'utilizzo del moderno sistema informatico 
di tenuta dei registri� (30). 

5. Conclusioni. 

La Corte d�Appello di Venezia, nel definire il giudizio, pone in evidenza 
alcuni aspetti di rilievo in una materia nuova quanto complessa come quella 
del riutilizzo dell�informazione nel settore pubblico, altrimenti nota con l�acronimo 
inglese di PSI (Public Sector Information). La Direttiva 2003/98/CE costituisce, 
infatti, un primo punto di parteza per una normativa comune 
all�interno del pi� ampio percorso per una Agenda Digitale per l'Europa (31). 
Per questo motivo � necessario non solo il pieno recepimento nell�ordinamento 
italiano della Direttiva ma anche una lettura conforme all�evoluzione della 
giurisprudenza comunitaria in materia. 

La sentenza esaminata si discosta dalla precedente giurisprudenza nazionale 
di legittimit� affermando che non costiuisce attivit� economica l�attivit� 
svolta dalla Agenzia del Territorio ma mera esecuzione di atti d�imperio pubblicistici. 
Pertanto, non qualificandosi tale funzione come �impresa� non deve 
considerarsi applicabile la normativa in materia di sfruttamento abusivo di posizione 
dominante sul mercato ex art. 102 TFUE. Peraltro, la circostanza che 
la somministrazione dei dati venga fornita dall�Agenzia a fronte di un corrispettivo 
e il fatto che tale corrispettivo abbia subito degli incrementi (anche 
rilevanti) non significa di per s� che tale attivit� debba essere riqualificata 
come commerciale n� che la prova della sproporzione dell�aumento possa �essere 
fatta derivare sic et simpliciter dall'aumento della tariffa�. 

(30) Tuttavia, in materia non mancano precedenti di segno contrario che abbiano affermato invece 
la violazione da parte della Agenzia del Territorio della normativa antitrust. In un caso Cassazione ha 
infatti rigettato il ricorso della Agenzia, confermando la sentenza di secondo grado che riconosceva 
l'abuso di posizione dominante nei confronti di una societ� commerciale per la mancata somministrazione 
di informazioni contenute in pubblici registri in applicazione di una normativa interna in contrasto 
con la disciplina comunitaria in vigore (Direttiva 2003/98/CE), Cass. civ., sez. III, 29 dicembre 2011, 
n. 29736. In tema di configurabilit� della 'attivit� d'impresa' si veda invece come in un altro caso la giurisprudenza 
di merito abbia qualificato l'attivit� della Agenzia del Territorio come attivit� d'impresa 
sulla base della previsione statutaria della Agenzia stessa che le permette di somministrare nelle materie 
di sua competenza e tramite la stipula di convenzioni servizi, consulenze e collaborazioni a terzi, cfr. 
Corte d'Appello di Torino, sez. I civ., 11 febbraio 2010, n. 218; un'impostazione argomentativa, peraltro, 
confermata in sede di ricorso per Cassazione (Cass. SS.UU., 30 dicembre 2011, n. 30175). 
(31) Di questi aspetti e della Direttiva 2003/98/CE (compresa l�analisi della Proposta [COM(2011) 
877] per modificare la Direttiva stessa) ne d� ampia descrizione M. MAGGIOLINO, Il riutilizzo dell'informazione 
detenuta dal settore pubblico. Alcune riflessioni di politica e diritto della concorrenza, in Concorrenza 
e mercato, 2012, 1, pag. 765-802. I riferimenti alla suddetta Proposta si rinvengono alla voce 
Commissione europea, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la 
Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell�informazione del settore pubblico, 2011/0430 (COD), 
12 dicembre 2011. 



Decisamente rilevante, infine, l'interpretazione che viene data del servizio 
di ricerca continuativa, inteso come �semplice rilascio di dati� e non come 
�riutilizzo del documento a fini commerciali�; ci� induce a ritenere tale attivit� 
come l'effetto �meccanico� della tenuta dei registri pubblicitari e, quindi, a 
qualificarla come mero atto d�imperio (32). 

Con questa sentenza viene cos� a definirsi una giurisprudenza nazionale, 
conforme ai pi� recenti arresti della Corte di Giustizia, che si spera potr� essere 
confermata anche in sede di legittimit�, cos� da porre fine (o perlomeno certezza) 
a questa querelle che riguarda l�Agenzia del Territorio e le imprese private 
operanti nel settore delle informazioni immobiliari. 

RELAZIONE DELL�AGENZIA DELLE ENTRATE SUL 

CONTENZIOSO IN MATERIA DI 
RIUTILIZZAZIONE DEI DATI IPOTECARI E CATASTALI 


1) Premessa 

Le banche dati ipotecaria e catastale gestite dall'Agenzia delle Entrate - che, per effetto delle 
disposizioni di cui all'articolo 23-quater del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, � competente a svolgere, 
tra l'altro, i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle conservatorie 
dei registri immobiliari, gi� di competenza della incorporata Agenzia del Territorio contengono 
informazioni di notevole rilievo per il mercato immobiliare ed hanno da sempre 
rappresentato, per gli operatori di detto mercato, la fonte principale cui attingere notizie di 
interesse. 
In proposito, si � sviluppato un notevole e delicato contenzioso -incardinato con il peculiare 
rito processuale, previsto in materia anticoncorrenziale, innanzi alle Corti di Appello competenti 
in grado unico di giudizio, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 287 del 1990 - nel quale le 

(32) Tuttavia, si deve peraltro menzionare che il tema del servizio di ricerca continuativa � stato 
di recente oggetto di una novella con l�effetto di una possibile diminuzione degli aspetti controversi tra 
l'Agenzia e le imprese operanti nel settore. Infatti, con l'intervento del d.l. 2 febbraio 2012, n. 16 � stato 
parzialmente abolito per l�Agenzia il servizio di ricerca continuativa per via telematica ed � stato abbassato 
il costo di trasmissione telematica dell'elenco. L'art. 6, comma 5-decies, (inserito nell'art. 1, 
comma 1, della legge di conversione), d.l. 2 marzo 2012, n. 16, recante �Disposizioni urgenti in materia 
di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, convertito 
con modificazioni dalla l. 26 aprile 2012, n. 44�, ha abbassato il costo per ogni soggetto per la 
trasmissione telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalit� di un determinato giorno da euro 
1 a euro 0,15 di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347. Inoltre lo stesso articolo ha previsto anche che 
�l'importo � dovuto anticipatamente. Il servizio sar� fornito progressivamente anche in formato elaborabile. 
Fino all'attivazione del servizio di trasmissione telematica l'elenco dei soggetti continua a essere 
fornito su supporto cartaceo a richiesta di chiunque, previo pagamento del medesimo tributo di euro 
0,15 per ogni soggetto�. Peraltro, la stessa Tabella delle tasse ipotecarie allegata al testo unico delle disposizioni 
concernenti le imposte ipotecaria e catastale, di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, era gi� 
stata oggetto dell'art. 7, comma 19, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, il quale non solo alzava le tasse ipotecarie 
per alcune voci ma prevede anche che l'importo per il servizio di certificazione ipotecaria e per la trasmissione 
telematica di elenco dei soggetti presenti nelle formalit� di un determinato giorno sia �fornito 
progressivamente su base convenzionale ai soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale�. 


societ� attrici, lamentando un abuso di posizione dominante dell'Agenzia, chiedono le correlate 
pronunce inibitorie di alcune presunte condotte anticoncorrenziali e, previo espletamento di 
apposita consulenza tecnica, le conseguenti condanne risarcitorie dei danni patiti. 
Tale contenzioso si � sostanzialmente sviluppato su due fronti, articolandosi rispettivamente 
in: 

-un primo filone giudiziario, sorto in relazione ad alcune disposizioni contenute nella legge 
finanziaria per l'anno 2005 in materia di divieto di riutilizzazione 

- un secondo filone, correlato ad una specifica previsione tariffaria prevista dal D.L. n. 262 
del 2006, nonch� alla intenzione espressa dall'Agenzia di introdurre un nuovo servizio di fornitura 
di dati (cd. ricerca continuativa). 

2) Osservazioni utili per le linee difensive nei due filoni di contenzioso 

Nel rinviare, per un pi� approfondito esame dei due filoni contenziosi, a quanto dettagliatamente 
rappresentato al successivo paragrafo 3), si ritiene qui opportuno riassumere brevemente 
le rispettive problematiche, al fine di individuare concreti accorgimenti difensivi utili 
alla tutela della posizione dell'Agenzia. 
Il primo filone, avviato nell'anno 2005, dopo un andamento non uniforme delle pronunce di 
merito, ha visto un rilevante arresto giurisprudenziale nella pronuncia n. 30175/2011 delle 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione a seguito della quale le successive decisioni di merito 
e di legittimit� si sono attestate su un ormai consolidato orientamento sfavorevole all'Agenzia. 
Ci� pu� far legittimamente presumere un esito sfavorevole - quantomeno sull'an - anche per 
i giudizi ancora pendenti: allo stato, dei 33 giudizi complessivamente avviati nel territorio 
nazionale, 24 si sono definitivamente conclusi e 9 sono tuttora pendenti (nel merito, o in Cassazione, 
o in sede di rinvio). 

� In tale "coda" processuale, assodato l'accertamento della condotta anticoncorrenziale, residua 
tuttavia la concreta possibilit� di espletare efficaci difese sotto il profilo della prova e della quantificazione 
dei danni; ci�, al fine di cercare di limitare il pregiudizio per l'Agenzia, anche in 
considerazione dell'entit� spesso rilevante, delle avverse pretese, nonch� in considerazione dei 
precedenti esiti giudiziali di condanna che frequentemente si sono attestati su una quantificazione 
di gran lunga inferiore rispetto alle richieste attoree. 
Il secondo filone, avviato nel 2006/2007, vede incardinati complessivamente 13 giudizi tutti 
attualmente ancora pendenti (o nel merito, o in cassazione). Questo filone contenzioso merita 
una particolare attenzione per alcuni motivi: 
� La condotta in contestazione nel secondo filone � totalmente diversa rispetto a quella del 
primo filone in ordine alla quale � ormai attestata, in sede giurisprudenziale, la natura anti-
concorrenziale. Tale diversit� di oggetto non risulta adeguatamente compresa dai giudici aditi 
sul secondo filone i quali spesso, fondandosi impropriamente sulla citata sentenza n. 
30175/2011 delle Sezioni Unite, tendono a confondere gli ambiti in esame ed applicano supinamente 
ed in toto al secondo filone le sfavorevoli statuizioni emesse con detta sentenza dalla 
Corte in relazione al primo filone. Ora, se tale applicazione pu� essere accettata per quanto 
concerne le statuizioni di carattere generale e preliminare (in materia di competenza, di giurisdizione, 
nonch� di legittimazione passiva dell'Agenzia quale "impresa"), di contro non risulta 
accettabile una automatica applicazione per quanto concerne il merito della vicenda, cio� il 
carattere anticoncorrenziale delle condotte in contestazione che, come detto, sono del tutto diverse 
tra primo e secondo filone. 
� In tale secondo filone giudiziario, anch'esso caratterizzato da decisioni di merito non uniformi, 
non si � ancora consolidato un apprezzabile orientamento della Corte di Cassazione. In tale con





testo, infatti, la Corte di Cassazione si � pronunciata due sole volte (CEDAC srl Brescia sent. n. 
17164/2012, depositata il 9.10.2012 e D&B DATA HOUSE srl - ora RIBES spa Milano sent. n. 
21481/2013, depositata il 19.09.2013), cassando con rinvio le rispettive sentenze di merito favorevoli 
all'Agenzia, peraltro con argomentazioni che non hanno espressamente e chiaramente 
affrontato la tematica della anticoncorrenzialit� della specifica condotta in contestazione. 


� La stessa condotta, che � in contestazione in tale secondo filone, non risulta, di per s�, chiaramente 
compresa. Essa infatti concerne due ben distinti elementi, proposti da parte avversa 
come esplicazione di un unico e articolato disegno anticoncorrenziale dell'Agenzia: si fa riferimento, 
in particolare, all'introduzione del �servizio di ricerca continuativa" e all'aumento 
tariffario del �servizio elenco soggetti". Ora, � bene chiarire che i due servizi di cui si discute 
nel secondo filone, oltre ad essere diversi dalla condotta contestata nel primo filone, sono 
anche del tutto diversi tra loro: per natura, per funzione e per concrete applicazioni. A dispetto 
della diversit� di tali due servizi, i medesimi vengono invece spesso confusi in un unicum che 
costituirebbe una unica condotta anticoncorrenziale; questa confusione spesso parte da una 
valutazione di anticoncorrenzialit� del servizio di ricerca continuativa per giungere ad una 
immotivata valutazione di anticoncorrenzialit� dell'intera condotta in contestazione, ivi compreso 
l'aumento tariffario dell'elenco soggetti. Ci� risulta tanto pi� inaccettabile se si considera 
che detto servizio di ricerca continuativa non � mai stato attivato dall'Agenzia (in quanto rimasto 
ad una fase meramente sperimentale e poi definitivamente abbandonato) e pertanto 
l'oggetto della contestazione dovrebbe concentrarsi unicamente sulla eventuale anticoncorrenzialit� 
connessa all'altro servizio (elenco soggetti, rectius aumento tariffario disposto dal 
legislatore del 2006 in relazione a tale servizio). 
� Anche per questo filone assume notevole rilievo, in disparte l'an, il profilo afferente il quantum, 
anche per quanto concerne le diverse modalit� ed i diversi criteri utilizzabili per pervenire 
alla eventuale quantificazione dei danni. 


3) Analisi dei due filoni giudiziari in materia di riutilizzazione 

Per un eventuale approfondimento si rappresenta quanto segue con riferimento a ciascuno dei 
due filoni giudiziari in esame, fornendo, al contempo, evidenza dei rispettivi giudizi ancora 
pendenti. 

PRIMO FILONE 

Approfondimenti 

La tematica oggetto di esame nel primo filone concerne alcune lamentate restrizioni al libero 
riutilizzo delle informazioni. 
In particolare, le disposizioni introdotte dall'art. 1, commi dal 367 al 373, della Legge Finanziaria 
2005, avevano delineato una articolata disciplina in tema di riutilizzo dei documenti, 
dei dati e delle informazioni catastali e ipotecarie acquisiti anche per via telematica, in via diretta 
o mediata, dagli archivi all'epoca tenuti dagli uffici dell'Agenzia del Territorio. 
Nello specifico, tali norme avevano disposto un generale divieto della riutilizzazione commerciale 
dei suddetti documenti, informazioni e dati acquisiti da archivi e registri tenuti da 
uffici dell'Agenzia del Territorio. Il riutilizzo, in base alle citate disposizioni, veniva consentito 
solo previa sottoscrizione di apposita convenzione con l'Agenzia a fronte del pagamento dei 
tributi dovuti secondo le modalit� stabilite dal comma 370 (pagamento effettuato in relazione 
ad ogni singolo atto di riutilizzo). 
In seguito alla emanazione delle predette disposizioni, si � sviluppato un contenzioso particolarmente 
complesso, su iniziativa prevalente di alcune societ� operanti nel settore delle informazioni 
commerciali e finanziarie. 


Tali azioni giudiziarie lamentano, in sostanza, la turbativa del mercato e della concorrenza 
che sarebbe derivata da un presunto abuso di posizione dominante da parte dell'Agenzia del 
Territorio. In particolare, viene lamentata la contrariet� delle citate disposizioni normative 
con i principi comunitari in materia d� riutilizzazione delle informazioni contenuti, soprattutto, 
nella Direttiva CE 98/2003; contrariet� che, secondo l'assunto di controparte, avrebbe dovuto 
condurre alla disapplicazione della citata normativa statale del 2005 in quanto anticomunitaria. 
Le doglianze sono accompagnate dalla contestuale richiesta di risarcimento dei danni nei confronti 
dell'Agenzia. 
Successivamente, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007) ha modificato 
sensibilmente la normativa in tema di "riutilizzazione commerciale" dei dati e delle informazioni 
ipotecarie e catastali. 
L'art. 1, comma 386, della L. 296 del 2006 infatti, ha sostituito l'art. 1, comma 370 della legge 

n. 311/2004, il quale, a seguito di tale intervento, dopo aver stabilito che i documenti, i dati e 
le informazioni catastali ed ipotecarie sono riutilizzabili commercialmente nel rispetto della 
normativa in materia di protezione dei dati personali, dispone che, a far data dal 1�gennaio 
2007, i riutilizzatori commerciali autorizzati devono corrispondere un quid con riferimento 
alla sola acquisizione originaria: in particolare, per l'acquisizione originaria dei dati e delle 
informazioni catastali devono provvedere al pagamento di un importo fisso annuale determinato 
con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, mentre, per l'acquisizione originaria 
dei dati e delle informazioni ipotecarie, devono corrispondere il pagamento dei tributi 
previsti maggiorati nella misura del 20 per cento. In sostanza si � disposto un pagamento forfetario 
che, una volta effettuato al momento dell'acquisizione originaria dei dati, consente il 
successivo riutilizzo degli stessi senza alcuna altra obbligazione tributaria. 
La modifica normativa introdotta con la finanziaria 2007, tuttavia, pur eliminando il pagamento 
dei previgenti tributi previsti per ogni atto di riutilizzo, non contiene disposizioni di 
carattere transitorio o comunque ad effetto "definitorio" sui rapporti pregressi per cui non ha 
inciso sul fronte delle iniziative di carattere giudiziario che le societ� operanti nel settore delle 
informazioni ipotecarie e catastali avevano gi� intrapreso su tutto il territorio nazionale per 
contrastare il previgente regime introdotto dalla Legge Finanziaria del 2005. 
Allo stato attuale, dopo alcune pronunce di merito intervenute con contenuti eterogenei, si � 
pronunciata sul tema la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che con la sentenza n. 30175, 
depositata in data 30.12.2011, si � espressa in termini sfavorevoli per questa Agenzia. 
In sostanza, in tale sentenza la Corte ha affermato i seguenti principi: 

-vige, in materia, la giurisdizione civile non potendosi ritenere devoluta alla giurisdizione 
tributaria la questione dedotta in contestazione; 

-l'Agenzia � legittimata passiva di tali azioni potendo essere considerata una "impresa" soggetta 
anch'essa alle regole nazionali e comunitarie in tema di concorrenza e non risultando rilevante 
la qualifica di ente pubblico, ma esclusivamente la specifica attivit� presa in 
considerazione; 

-l'attivit� istituzionale di tenuta e pubblicit� dei dati ipotecari e catastali deve essere tenuta 
distinta, ai fini di interesse nel giudizio in questione, dalle attivit� che - in coerenza con le 
previsioni statutarie che ne ammettono l'esplicazione - pongono l'Agenzia in competizione 
economica con altri soggetti; 

- non opera, nel caso di specie, l'esenzione dall'osservanza delle regole in materia di concorrenza 
(ai sensi dell'art. 8 della legge n. 287 del 1990 e dell'art. 106 del Trattato UE) in quanto 
l'abuso di posizione dominante afferisce non alla funzione primaria della formazione, con



servazione e gestione dei pubblici registri, bens� alle ulteriori e diverse attivit� relative al trattamento 
commerciale dei dati ricavati dalla consultazione di detti registri; 

-le limitazioni all'utilizzazione economica dei dati in questione discendono dal generale divieto 
di riutilizzazione dei medesimi, per cui nessun rilievo assume in giudizio il nuovo assetto 
normativo realizzatosi a partire dall'anno 2007 con l'abolizione del divieto generalizzato di 
riutilizzo; 
-le disposizioni contenute nella legge finanziaria per l'anno 2005 (oggetto di doglianza) non 
appaiono affatto compatibili con i dettami vincolanti contenuti nella direttiva europea 
2003/98/CE in tema di riutilizzo delle informazioni, in coerenza con quanto evidenziato dal-
l'Autorit� Garante per la Concorrenza ed il Mercato e dalla stessa Commissione europea; 


-i dettami in materia non risultano rispettati dall'Agenzia sia a causa della previsione di specifiche 
convenzioni per l'esercizio del riutilizzo (che invece dovrebbe operare in base a licenze 
standard), sia per la tariffazione improntata alla duplicazione dei tributi per l'acquisizione originaria 
del dato (e non a criteri di economicit�). 
Sulla base di tali principi la Corte ha rigettato il ricorso per cassazione che era stato presentato 
dall'Agenzia, condannando l'amministrazione anche alle spese di giudizio. 
All'esito di tale pronunciamento delle Sezioni Unite si � verificato un generalizzato adeguamento 
giurisprudenziale dei vari giudici aditi in materia ed anche l'Avvocatura Generale dello 
Stato, nelle ipotesi di sentenza di merito sfavorevole all'amministrazione, si � pronunciata nel 
senso della opportunit� di prestare ormai acquiescenza omettendo l'ulteriore gravame in sede 
di legittimit�. 
(...) 

SECONDO FILONE 

Approfondimenti 

Sempre in materia di riutilizzazione commerciale dei dati e delle informazioni questa Agenzia 
� coinvolta in un �secondo filone giudiziario" sviluppatosi a seguito della emanazione dei due 
seguenti provvedimenti normativi: 

- il D.L. 31 gennaio 2005, n. 7 che ha aggiunto alla legge 311/2004 l'allegato 2-sexies, recante 
la nuova Tabella delle Tasse ipotecarie (il cui punto 4 prevede l'introduzione del servizio di 
"Ricerca continuativa"); 

-il D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, che ha, tra l'altro, fortemente innovato la disciplina concernente 
la fornitura del cd. servizio di "Elenco soggetti", modificando la Tabella delle Tasse ipotecarie 
allegata al D.Lgs. 347/1990. 
Con tale ultimo intervento normativo, in particolare, oltre a mantenere il c.d. servizio di "Ricerca 
continuativa" di cui al numero d'ordine 4.1 della Tabella delle Tasse ipotecarie, sono 
state stabilite nuove tariffe e nuove modalit� di rilascio del predetto "Elenco soggetti", prevedendo 
che tale ultimo servizio venga rilasciato per via telematica, su base convenzionale, ai 
soli soggetti autorizzati alla riutilizzazione commerciale. 
Le societ� attrici, in questo secondo filone giudiziario, lamentano il fatto che, con l'introduzione 
del servizio di "Ricerca continuativa per via telematica" e con l'aumento dei tributi correlati 
al servizio di "Elenco soggetti", si sarebbe realizzato un abuso di posizione dominante 
(in violazione dei principi fissati dalle disposizioni comunitarie in materia) foriero di una illegittima 
turbativa del mercato che convoglierebbe i clienti di dette societ� verso i servizi del-
l'Agenzia. 
Anche per tale secondo filone giudiziario, � stato utilizzato, da parte dei soggetti attori, lo 
strumento processuale previsto dall'art. 33 della legge 287 del 1990, in tema di violazione 


delle norme poste a tutela della concorrenza e del mercato, dal momento che gli istanti lamentano 
una turbativa delle regole in materia a danno dell'attivit� svolta dagli stessi. 
Tali giudizi sono anch'essi tendenzialmente caratterizzati dall'attivazione di una prima fase 
cautelare e, successivamente, da una fase di merito, a tutt'oggi, ancora in parte sub iudice. 
� importante evidenziare che l'emanazione di alcune pronunce sfavorevoli nella fase cautelare, 
ha prudenzialmente indotto questa Agenzia prima ad interrompere la sperimentazione del servizio 
di "Ricerca continuativa" e poi ad abbandonare definitivamente l'ipotesi di attivare tale 
servizio (successivamente anche formalmente espunto dalla corrispondente previsione tariffaria). 
La sospensione della sperimentazione del servizio di "Ricerca continuativa" ha concentrato 
(rectius avrebbe dovuto concentrare) le "attenzioni" unicamente sull'altro servizio oggetto di 
contestazione ("Elenco soggetti") in relazione al quale si contesta soprattutto l'aumento tariffario 
disposto dal D.L. 262 del 2006 (� 4,00 per ogni soggetto presente nell'elenco). A tal proposito 
appare opportuno evidenziare che a fronte di numerose pronunce cautelari favorevoli, 
sono intervenuti alcuni provvedimenti cautelari sfavorevoli all'Agenzia con i quali � stato riconosciuto 
il diritto delle attrici a ricevere il detto servizio alle condizioni tariffarie ante D.L. 
262/2006. 
In relazione alla fase di merito, allo stato attuale si evidenzia che risultano ancora pendenti 
nel merito circa una met� dei giudizi. 
Rileva al riguardo anche evidenziare che, recentemente, sulla materia � nuovamente intervenuto 
il legislatore il quale, con l'art. 5, comma 4-bis del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70, 
convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106: 
-ha abrogato il divieto di riutilizzazione commerciale dei dati ipotecarie e catastali; 
-ha eliminato l'importo fisso annuale e la maggiorazione del 20 % introdotti dalla legge finanziaria 
del 2007; 
-ha modificato la Tabella delle tasse ipotecarie riducendo il tributo da versare per il servizio 
di �elenco soggetti". 
Tale intervento normativo risulta inserito in un contesto di espressa finalit� volta ad agevolare 
la circolazione delle informazioni concernenti gli immobili ed ha comportato anche la formale 
espunzione del servizio di ricerca continuativa dalla previsione tabellare (servizio che, come 
detto, aveva suscitato notevoli preoccupazioni in ordine ad una presunta posizione concorrenziale 
dell'Agenzia e che, a titolo cautelativo, non era mai stato concretamente attivato). 
In tale filone, occorre tener presente che - in funzione della eventuale anticoncorrenzialit� 
delle condotte addebitate all'Agenzia - costituisce profilo di delicatezza la tematica del rispetto 
dei criteri di tariffazione fissati dalla disciplina comunitaria (congruit� del corrispettivo rispetto 
ai costi sostenuti). Ci� in quanto, indipendentemente dalla natura tributaria della tariffa percetta 
a fronte della prestazione del servizio, alcuni rinvengono anche nella richiesta di una tariffa 
ritenuta "eccessiva" un comportamento che - in relazione al principio comunitario di 
congruit� della tariffazione in materia di riutilizzazione commerciale - altera le regole del 
mercato arrecando danno agli operatori del settore a vantaggio dell'Agenzia (Agenzia che - si 
rammenta - ove volesse porre in essere attivit� concorrenziali con quelle del mercato, per essere 
al riparo da eventuali doglianze di turbativa, dovrebbe operare mediante una societ� separata 
soggetta alle medesime regole cui soggiacciono gli altri operatori). 
Tale aspetto si interseca naturalmente con quello afferente la individuazione dei servizi che 
costituiscono esplicazione dell'attivit� istituzionale affidata dall'ordinamento all'Agenzia quale 
svolgimento di un compito pubblico gestito in esclusiva, al fine di distinguere tali servizi 


(esclusi dalla disciplina anticoncorrenziale) da quelli il cui svolgimento potrebbe invece configurare 
esplicazione di una attivit� concorrenziale esercitata nell'abuso di una posizione dominante. 
Su tale profilo, peraltro, anche l'Autorit� Garante della Concorrenza e del Mercato ha avuto 
modo in pi� occasioni di evidenziare il rilievo da attribuire, nell'ottica della individuazione dei 
comportamenti che possono ritenersi insuscettibili di alterare le regole della concorrenza e del 
mercato, al carattere istituzionale rinvenibile nei servizi offerti nello svolgimento di un compito 
pubblico (in tal senso, in particolare, l'Autorit� si � espressa con la Segnalazione del 30 novembre 
2006 e la Segnalazione del 27 gennaio 2006). 
Con riferimento ai servizi svolti da questa amministrazione fiscale e al presunto connotato 
"commerciale" di alcuni di essi, nonch� in relazione al profilo della "tariffazione", si ritiene 
che abbia portato elementi di interessante novit� il recente intervento normativo effettuato 
con il decreto legge 2 marzo 2012, n. 16. 
In particolare, l'articolo 6, comma 1, di detto decreto legge ha modificato l'articolo 64 del decreto 
legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ove sono individuate le attivit� svolte dall'Agenzia 
del Territorio (ora Agenzia delle Entrate). Con tale intervento, il legislatore ha soppresso la 
precedente previsione che consentiva all'Agenzia del Territorio di svolgere servizi tecnici da 
offrire direttamente sul mercato ed ha previsto ora, anche per tali servizi (estimativi e valutativi 
su beni immobili) una natura istituzionale connessa all'esplicazione di una competenza spettante 
all'Agenzia in relazione alle richieste formulate da pubbliche amministrazioni e dagli 
enti ad esse strumentali. In tal modo � stato eliminato un elemento che spesso veniva addotto 
a riprova della "attivit� commerciale" svolta dall'Agenzia: elemento peraltro impropriamente 
addotto a carico dell'Agenzia dal momento che faceva riferimento alla possibilit� di fornire 
"servizi commerciali" in ambito tecnico-estimativo e non nella materia della fornitura dei dati 
ipotecari e catastali. 
Inoltre, per quanto qui di interesse, rilevano anche i commi successivi del medesimo articolo 
6 del D.L. n. 16 del 2012 ove si � disposto, tra l'altro, anche in un'ottica di adeguamento ai 
principi comunitari in materia di tariffazione: 

-la rimodulazione del tributo correlato al servizio di rilascio dell'elenco soggetti, precedentemente 
fissato in � 4,00, con determinazione del nuovo importo in � 0,15 per ogni soggetto 
presente nell'elenco; 
-la riduzione del 10 per cento sui tributi dovuti nelle ipotesi di consultazione telematica della 
banca dati ipotecaria; 
-la reintroduzione dei tributi per le visure catastali, con previsione di una analoga riduzione 
del 10 per cento per la consultazione effettuata per via telematica; 
-la previsione della fornitura di alcuni servizi in formato elaborabile (in sostanziale coerenza 
con l'assetto che prevede la fornitura del dato "grezzo" da parte dell'amministrazione e la composizione 
di un prodotto rielaborato e commercialmente utilizzabile da parte degli operatori 
del mercato di riferimento). 
A tale ultimo proposito, con Provvedimento Direttoriale del 26 settembre 2012 � stato attivato, 
a decorrere dal 1� ottobre 2012, il servizio di "fornitura telematica dell'elenco soggetti", nonch� 
il rilascio "in formato elaborabile" del medesimo elenco soggetti e dell'elenco sintetico delle 
formalit� estratto in sede di consultazione della banca dati ipotecaria. 
(...). 



Corte d�appello di Venezia, Sez. I civ., sentenza 20 marzo 2013 n. 624 -Pres. est. L.M.T. 
Zoso - Soc. I.T.C. (avv. C. Granelli) c. Agenzia del Territorio (avv. distrett. Stato Venezia). 
(...) 

Svolgimento del processo 
Con ricorso cautelare ante causam, la societ� I.T.C. Italian Trade Consultant s.r.l. instava affinch� 
fosse inibito all'Agenzia del territorio di proseguire nella produzione ed offerta al pubblico 
del servizio di ricerca continuativa telematica in via diretta piuttosto che per il tramite 
di societ� separata ammessa all'accesso ai dati detenuti dell'Agenzia a parit� di costi e condizioni 
con le altre imprese operanti nel settore. Con ordinanza del 15 dicembre 2006 la corte 
d'appello di Venezia accoglieva il ricorso e il provvedimento veniva confermato in sede di reclamo 
il 30 gennaio 2007. 
Il giudizio di merito aveva inizio con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2007 da I.T.C. 
Italian Trade Consultant s.r.l.. a mezzo del quale conveniva in giudizio l'Agenzia del territorio 
esponendo di svolgere attivit� di produzione e commercializzazione di servizi di informazione 
commerciale basati sull'elaborazione di dati reperibili presso i pubblici registri immobiliari 
ed il catasto terreni e fabbricati tenuti dall'Agenzia del territorio. 
Sosteneva che, nell'esercizio della sua attivit� d'impresa, procedeva alla rilevazione presso i 
pubblici registri immobiliari dei dati necessari per l'elaborazione dei servizi di informazione 
ipocatastale e procedeva alla rielaborazione dei dati al fine di compiere relazioni patrimoniali 
immobiliari ed eseguire il monitoraggio immobiliare, che consisteva nella segnalazione tempestiva 
all'utenza di qualsiasi variazione fosse intervenuta nel patrimonio immobiliare dei 
soggetti che il cliente finale richiedeva venissero tenuti sotto costante controllo. 
Il monitoraggio immobiliare veniva svolto attraverso la rilevazione presso gli uffici dell'Agenzia 
del territorio degli elenchi dei soggetti presenti nelle formalit� di un dato giorno, in cui si 
trovavano evidenziati i nominativi di tutti i soggetti relativamente ai quali erano state effettuate 
nella giornata trascrizioni, iscrizioni o annotamenti; successivamente tali dati venivano digitati 
in formato elettronico e, attraverso l'impiego di un software, venivano incrociati i dati contenuti 
negli elenchi con i nomi dei soggetti che dovevano essere monitorati; a seguito di tale 
operazione veniva inviata al cliente la segnalazione della variazione eventualmente intervenuta 
nel patrimonio del soggetto monitorato. 
Sosteneva l'attrice che l'Agenzia del territorio, ente dotato di personalit� giuridica di diritto 
pubblico, era incaricato di svolgere i servizi relativi al catasto e quelli relativi alle conservatorie 
dei registri immobiliari ma lo statuto dell'Agenzia prevedeva espressamente che essa potesse 
svolgere, oltre a tali funzioni istituzionali, anche attivit� di fornitura di servizi nelle materie 
di competenza a soggetti pubblici e privati sulla base di rapporti contrattuali; dunque l'Agenzia 
del territorio, oltre a svolgere i compiti istituzionali cui era preposta quale ente di diritto pubblico, 
poteva svolgere altres� attivit� di impresa sul mercato con abuso di posizione dominante 
in quanto agiva in concorrenza con le imprese private nella prestazione di servizi elaborati 
utilizzando i dati di cui era in possesso. 
Ci� facendo essa era in grado di sfruttare la posizione agevolata che le derivava dall'essere 
depositaria dell'universalit� dei dati relativi al sistema immobiliare ed aveva l'opportunit� di 
offrire direttamente agli utenti gli stessi servizi informativi che potevano essere prestati dalle 
agenzie private nello svolgimento delle loro funzioni intermediarie tra il cliente privato ed il 
pubblico ufficio depositario delle registrazioni immobiliari. 
Assumeva l'attrice che l'Agenzia del territorio aveva offerto sul mercato i propri servizi di 
monitoraggio continuativo dei soggetti presenti nelle formalit� ipotecarie. Inoltre con decreto 


legge 3 ottobre 2006 numero 262, convertito con modifiche con legge 24 novembre 2006 numero 
286, era stato previsto che le tasse ipotecarie relative al servizio di rilascio dell'elenco 
soggetti, cio� le informazioni sulla base delle quali le imprese private elaboravano il servizio 
di monitoraggio immobiliare, venivano aumentate ad euro 4.00 per ogni soggetto mentre fino 
ad allora veniva fornito ai richiedenti il medesimo servizio al prezzo di euro 0.70 a soggetto. 
A causa dell'aumento tariffario previsto da tale decreto alcuni clienti della societ� avevano 
comunicato di sospendere la richiesta di monitoraggio immobiliare, con il conseguente crollo 
del fatturato dell'impresa ITC c l'incremento vertiginoso dei costi di produzione. L'Agenzia 
del territorio, agendo in modo da entrare nel mercato dei servizi di informazione ipocatastale 
ed offrendo il servizio di monitoraggio immobiliare, aveva violato: 

-l'art. 10 del trattato CE, che prescrive che gli Stati membri si astengono da qualsiasi misura 
atta a compromettere la realizzazione degli scopi del trattato e, tra questi, quello dell'instaurazione 
di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno; 
-l'art. 82 del trattato CE che vieta lo sfruttamento abusivo da parte di uno e pi� imprese di 
una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo; 


-l�art. 86 del trattato CE che statuisce che anche le imprese gestite da un ente pubblico sono 
sottoposte alle norme del trattato e, in particolare, alle regole della concorrenza. nei limiti in 
cui l'applicazione di tali norme non osti all�adempimento, in linea di diritto e di fatto, della 
specifica missione loro affidata; 

-l'art. 8, comma primo, della legge 287/1990 che, in attuazione dell'articolo 86 del trattato 
CE, prevede che le disposizioni contenute nei precedenti articoli si applicano sia alle imprese 
private che a quelle pubbliche o a prevalente partecipazione statale. 
Ora, l'Agenzia del territorio doveva essere ritenuta impresa dotata di personalit� giuridica di 
diritto pubblico operante sul mercato dei servizi informativi tratti dall'utilizzazione dei dati 
detenuti in virt� dei compiti istituzionali di conservazione dei registri immobiliari e, conseguentemente, 
essa in quest'ambito era soggetta ai limiti del diritto della concorrenza. 
Rimarcava l'attrice che l'art. 8, comma 2 bis, della legge numero 287/1990 imponeva che, qualora 
le imprese che gestivano i servizi di interesse economico generale ovvero operavano in regime 
di monopolio sul mercato intendessero svolgere attivit� in mercati diversi da quelli in cui agivano 
nella realizzazione dei loro fini istituzionali, dovevano operare mediante societ� separate in 
quanto la separazione societaria consentiva di verificare il rispetto, da parte degli enti che avevano 
la disponibilit� esclusiva dei servizi informativi, dell'obbligo di rendere accessibili detti 
beni o servizi a condizioni equivalenti alle altre imprese direttamente concorrenti. 
Anche sotto tale profilo, dunque, ovvero per la mancata istituzione di una societ� separata 
che agisse nell'ambito dei servizi immobiliari, era ravvisabile l'abuso di posizione dominante. 
Tutto ci� premesso, doveva essere inibito all'Agenzia del territorio la prosecuzione delle denunciate 
condotte che integravano gli estremi dell'abuso di posizione dominante in violazione 
delle norme interne e comunitarie a tutela della concorrenza e l'Agenzia stessa doveva essere 
condannata al risarcimento del danno da determinarsi in corso di causa. 
Si costituiva la convenuta eccependo in via preliminare la carenza di giurisdizione e l'incompetenza 
territoriale del giudice adito. 
Nel merito chiedeva il rigetto della domanda in quanto l'Agenzia del territorio non poteva essere 
considerata impresa poich� operava nell'esercizio di funzioni pubbliche e svolgeva il servizio 
di conservatoria dei registri immobiliari. Il decreto legge 31 gennaio 2005 numero 7 ed 
il decreto legge 3 ottobre 2006 numero 262 avevano introdotto la ricerca continuativa e la trasmissione 
elenco soggetti che rappresentavano strumenti a disposizione dell'utenza per l'ac



quisizione in via telematica di dati e informazioni ipotecarie. Tali elenchi contenevano i nominativi 
dei soggetti a favore e contro i quali erano state eseguite le formalit� in un determinato 
giorno presso ciascuna singola conservatoria con indicazione della tipologia di formalit� coinvolta 
e per tale servizio era stato previsto il tributo di euro 4,00 per ogni soggetto. Sostanzialmente 
la trasmissione dell'elenco soggetti non avveniva in forma cartacea ma per via 
telematica e, tuttavia, ci� non coinvolgeva in alcun modo la fase di utilizzazione commerciale 
dei dati ipotecarie e catastali e costituiva solo una modalit� di rilascio dell'elenco soggetti; il 
criterio di misurazione della tassa dovuta a soggetto si atteggiava, poi, come norma di carattere 
fiscale destinata a incidere in modo esclusivo sull'attivit� di acquisizione dei dati. 
La ricerca continuativa per via telematica, poi, altro non era che una modalit� di acquisizione 
dell'elenco soggetti poich� all�utente che ne faceva richiesta era data comunicazione delle formalit� 
che riguardavano un determinato nominativo per un determinato periodo di tempo. 
Dunque l'istituzione della ricerca continuativa e della trasmissione elenco soggetti non era incisa 
dai principi stabiliti dalla direttiva 2003/98/CEE in materia di imponibilit� del riutilizzo 
commerciale dei dati. 
Evidenziava la convenuta che l'attrice, come altre imprese operanti nel settore, svolgeva l'attivit� 
di elaborazione dei dati acquisiti finalizzata a fornire alla clientela un prodotto diverso 
che era il frutto dell'elaborazione dei dati forniti dall'agenzia del territorio, la quale si limitava 
ad erogare il servizio pubblico previo versamento di una tassa. 
In corso di causa l'attrice proponeva ricorso ex articolo 669 bis c.p.c. al fine di ottenere la disapplicazione 
della legge nazionale istitutiva del nuovo regime tariffario con imposizione all'Agenzia 
convenuta della cessazione dall'imposizione di prezzi d'acquisto non equi. La corte 
rigettava il ricorso ed, altres�, il reclamo avverso di esso proposto rilevandone l'infondatezza. 
Disposta consulenza tecnica e precisate le conclusioni, la causa era trattenuta in decisione all'udienza 
del 20 dicembre 2012, con i termini di legge per note e repliche. 

Motivi della decisione 
Preliminarmente rileva la corte che non pu� darsi luogo alla discussione orale della causa richiesta 
dalla convenuta con memoria di replica non essendo stata formalizzata la domanda 
all'udienza di precisazione delle conclusioni, giusta la norma di cui all'art. 275 c.p.c.. 
In ordine alle eccezioni preliminari di difetto di giurisdizione e di incompetenza svolte dalla 
convenuta, si osserva che esse sono infondate. 
Invero, quanto all'eccezione di giurisdizione, in base alla previsione dell'articolo 33, secondo 
comma della legge n. 287 del 1990, che attribuisce alla corte d'appello territorialmente competente 
il compito di provvedere sulle azioni di nullit� e di risarcimento dei danni, oltre che 
sui ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d'urgenza, spetta alla corte d'appello pronunciarsi 
sull'azione risarcitoria per violazione del divieto di abuso di posizione dominante, non occorrendo 
a tal fine che sia individuabile uno specifico atto del quale si assuma la nullit� o del 
quale chi agisce per il risarcimento debba essere destinatario attuale o potenziale, ma � sufficiente 
che l'attore deduca di essere un operatore del mercato in cui si � consumato l'abuso di 
posizione dominante e di averne perci� risentito un pregiudizio economico. Neppure si pu� 
sostenere la natura tributaria della controversia in quanto l'azione proposta, anche se da essa 
possono derivare conseguenze sul piano dei rapporti tributari, ha un petitum ed una causa petendi 
che esulano dall'ambito della giurisdizione delle commissioni tributarie poich� si tratta 
di stabilire se il comportamento dell'Agenzia del territorio, alla quale si attribuisce carattere 
imprenditoriale, sia o meno contrario alla disciplina antimonopolistica e se la societ� attrice 
abbia subito danni da risarcire. Dunque l'oggetto del contendere � l'illecito concorrenziale ed 


il conseguente risarcimento del danno che fuoriesce dalla giurisdizione del giudice tributario 
per rientrare, invece, in quella del giudice ordinario. 
Quanto alla dedotta incompetenza territoriale della corte adita, si osserva che l'azione proposta 
ha ad oggetto il risarcimento del danno aquiliano, che si assume essersi prodotto nell'ambito 
territoriale in cui opera la societ� attrice, ovvero Padova, Vicenza, Verona e relative province, 
luoghi nei quali si � prodotto il danno da cui � sorta l'obbligazione risarcitoria di talch� la 
competenza territoriale si afferma sulla base dell'art. 20 c.p.c.. 
Nel merito osserva la corte che la nozione di impresa, nell'ambito del diritto comunitario della 
concorrenza (cui occorre fare riferimento nell'interpretazione delle norme previste dalla legge 
numero 287/1990, a norma dell'articolo 1, quarto comma, della medesima legge), abbraccia 
qualsiasi entit� che eserciti un'attivit� economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle 
modalit� di finanziamento (si veda la sentenza della Corte di giustizia CE 3 marzo 2011 nella 
causa C-437/09) in quanto occorre avere riguardo non gi� al modo in cui i singoli ordinamenti 
nazionali definiscono l'ente o la persona fisica alla quale l�attivit� economica fa capo ma all'esercizio 
organizzato e durevole di un'attivit� economica sul mercato. 
Pertanto la qualifica di ente pubblico attribuita dall'ordinamento italiano all'Agenzia del territorio 
non osta al suo assoggettamento alla disciplina antimonopolistica in quanto ci� dipende 
unicamente dal tipo di attivit� che essa svolge e dal modo in cui tale attivit� si esplica sul 
mercato. Ci� che rileva, dunque, � che si tratti di un'attivit� economica consistente nell'offerta 
di beni o servizi sul mercato da cui esula l'esercizio di un potere d'imperio (cfr. Cass. 
30175/2011). 
Per contro, le attivit� che si ricollegano all'esercizio di pubblici poteri non presentano un carattere 
economico che giustifichi l'applicazione delle norme sulla concorrenza previste dal trattato 
FUE ed un soggetto di diritto pubblico pu� essere considerato impresa unicamente per 
quanto riguarda una parte delle sue attivit� se queste ultime corrispondono a quelle che debbono 
essere qualificate come attivit� economiche; ne consegue che nei limiti in cui un ente pubblico 
svolga un'attivit� economa che pu� essere dissociata dall'esercizio dei suoi pubblici poteri, si 
pu� affermare che esso svolga attivit� economica (Corte di giustizia CE 26 marzo 2009 C113/
07). Inoltre la circostanza secondo cui un prodotto o un servizio fornito da un ente pubblico 
e inerente all'esercizio da parte del medesimo di pubblici poteri venga fornito dietro un corrispettivo 
previsto dalla legge e non determinato, direttamente o indirettamente, da tale ente, di 
per s� non � sufficiente a far qualificare l'attivit� svolta come attivit� economica e l'ente che la 
svolge come impresa (Corte di giustizia CE 19 gennaio 1994 C-364/92). 
Pertanto un'attivit� di raccolta di dati relativi ad imprese, basata su un obbligo legale di dichiarazione 
imposto a queste ultime e sui relativi poteri coercitivi, entra nell'esercizio di pubblici 
poteri e, di conseguenza, un'attivit� di tal genere non configura attivit� economica. 
Parimenti un'attivit� consistente nel conservare e nel rendere accessibili al pubblico i dati in 
tal modo raccolti mediante consultazione o mediante la fornitura di copie su supporto cartaceo, 
conformemente alla normativa nazionale applicabile, non costituisce neanche essa attivit� 
economica, poich� la tenuta di una banca dati contenente tali dati e la sua messa a disposizione 
del pubblico sono attivit� inscindibili dall'attivit� di raccolta degli stessi dati. E la raccolta dei 
suddetti dati sarebbe ampiamente privata della sua utilit� qualora non venisse tenuta una banca 
che li registra affinch� possano essere consultati dal pubblico. 
Per quanto riguarda la circostanza che la messa a disposizione dei dati contenuti nel database 
avvenga dietro corrispettivo, nei limiti in cui i diritti o le tasse dovute per la messa a disposizione 
del pubblico delle informazioni sono previsti dalla legge, e non sono determinati diret



tamente o indirettamente dall'ente interessato, la riscossione di siffatto corrispettivo pu� essere 
considerata inscindibile da tale messa a disposizione. Conseguentemente l'attivit� della pubblica 
autorit� consistente nel memorizzare, in una banca dati, dati che le imprese sono tenute a comunicare 
in forza di obblighi legali, nel consentire agli interessati di consultare tali dati e/o nel 
fornire loro copie degli stessi su supporto cartaceo non costituisce un'attivit� economica e, di 
conseguenza, nell'ambito di una siffatta attivit�, la pubblica autorit� non deve essere considerata 
un'impresa ai sensi dell'articolo 102 TFUE. La circostanza che tale consultazione e/o tale fornitura 
di copie vengano effettuate dietro pagamento di un corrispettivo previsto dalla legge e 
non determinato, direttamente o indirettamente, dall'ente di cui trattasi non � atta a modificare 
la qualificazione giuridica di tale attivit� (Corte di giustizia CE 12 luglio 2012 C-138/12). 
Ci� premesso, nel caso che occupa l'attrice sostiene che, a seguito dell'entrata in vigore del 
decreto legge 31 gennaio 2005 numero 7 recante la nuova tabella delle tasse ipotecarie, � stata 
prevista l'introduzione del servizio di ricerca continuativa da fornirsi da parte dell'Agenzia 
delle entrate. Con il decreto legge 262/2006 � stato, poi, aumentato notevolmente l'importo 
della tassa ipotecaria relativa al servizio della trasmissione elenco soggetti. 
Poich� l'attrice effettua una serie di servizi di informazione, sia in forma telematica che allo 
sportello e sia a favore di singoli cittadini che di imprese relativamente a ispezioni ipotecarie, 
visure catastali e certificazioni, essa assume che dall'aumento sproporzionato della tassa ipotecaria 
relativa alla consultazione dell�elenco soggetti presenti nelle formalit� di un determinato 
giorno, che � passata da 7 euro per pagina a 40 curo per pagina, � derivato un danno 
patrimoniale consistito nel fatto che i clienti hanno rinunciato all'attivit� di monitoraggio immobiliare 
per i notevoli maggiori costi che ci� comportava. Dal fatto di non poter pi� effettaure 
l�attivit� di monitoraggio immobiliare e, conseguentemente, di non effettuare 
l'acquisizione degli elenchi soggetti il cui costo ricadeva sul cliente, sono derivati ulteriori 
danni dipesi dalla perdita di valore della banca dati ovvero dell'archivio che l�attrice non ha 
potuto aggiornare costantemente sempre a causa della forzata rinuncia al servizio di monitoraggio. 
Invero la presenza di questa banca dati aggiornata costituiva un elemento patrimoniale 
positivo per l�attrice che le consentiva di operare a costi assai minori relativamente alle anagrafiche 
contenute e aggiornate in essa. 
Quasi contemporaneamente all'aumento sproporzionato della tassa ipotecaria, � stato previsto 
il servizio di ricerca continuativa per via telematica, che consiste nella trasmissione delle variazioni 
dei dati ipotecari e catastali relativi ad un determinato soggetto lungo un periodo di 
tempo indicato dal richiedente. 
Secondo l'attrice l'aumento sproporzionato della tariffa ipotecaria della richiesta nominativa 
di soggetti e la concomitante offerta del servizio di ricerca continuativa per via telematica implica 
abuso di posizione dominante da parte dell'Agenzia delle entrate in quanto non agisce 
nell'ambito dei suoi compiti di servizo pubblico di messa a disposizione dei documenti relativi 
alla gestione dell�anagrafe dei beni immobiliari, dei servizi di pubblicit� immobiliare e di 
conservazione dei registri ma realizza una attivit� commerciale che esula dall�ambito di suoi 
compiti, di talch� soggiace alle norme per la tutela della concorenza e del mercato previste 
dalla legge 287/1990 ed, in particolare, dall�articolo 3 di detta legge che vieta l�abuso da parte 
di un�impresa di posizione dominante inibendo che essa pratichi prezzi di acquisto ingiustificatamente 
gravosi tali da limitare l�accesso al mercato in danno dei cosumatori. 
Osserva la corte che, allo stato, � venuta meno la materia del contendere in ordine alla richiesta 
di inibitoria alla continuazione delle attivit� pregiudizievoli da parte dell'Agenzia delle Entrate, 
tenuto conto che, a seguito dell'entrata in vigore del D.L. 2. marzo 2012 n. 16, � stato abolito 


il servizio di ricerca continuativa per via telematica e la tariffa per soggetto presente nell'elenco 
soggetti � stata ridotta ad euro 0,15. 
L'oggetto del contendere si appunta, perci�, sulla domanda risarcitoria in relazione al danno 
prodottosi nella vigenza della precedente normativa. 
Quanto al danno direttamente correlato all'aumento della tariffa, occorrerebbe affermare che 
l'aumento abbia costituito abuso di posizione dominante. 
Orbene, la tariffa � stata fissata dallo Stato e non dall'Agenzia del territorio; inoltre, quand�anche 
si volesse ritenere che la tassa ipotecaria, ancorch� prevista con legge dello Stato, costituisca 
pagamento del corrispettivo in denaro, occorrerebbe dimostrare che tale corrispettivo supera i 
costi di raccolta, produzione, e diffusione, maggiorati di un congruo utile sugli investimenti, 
che l�articolo 5, comma secondo, della mentovata direttiva 2003/98 CE pone quale limite delle 
tariffe praticate dall'ente pubblico per continuare a produrre un certo tipo di documento e per-
metterne il riutilizzo da parte di un'organizzazione del settore privato o pubblico. 
La prova del superamento di tale limite non � stata raggiunta in quanto essa non pu� essere 
fatta derivare sic et simpliciter dall'aumento della tariffa poich�, nella valutazione della proporzionalit� 
di essa, occorre considerare il lungo lasso di tempo intercorso dalla fissazione 
della previgente tariffa e dell'incremento dei costi di produzione del servizio, da ritenersi rilevante 
in considerazione dell'estensione dell'intervento necessario all'informatizzazione dei 
servizi sull'intero territorio nazionale e del notevole impegno finanziario richiesto dagli investimenti 
necessari per l'apprestamento sull'intero territorio nazionale delle indispensabili dotazioni 
tecniche, dei corsi di formazione professionale del personale da adibirsi all'operazione, 
degli strumenti informatici di nuova introduzione e della maggiore onerosit� del costo di manodopera 
derivante dal diverso livello retributivo spettante al personale specializzato. 
Quanto al danno correlato al fatto che l'Agenzia del territorio ha proposto agli utenti il servizio 
di ricerca continuativa di talch�, quale diretta conseguenza di esso, si sono prodotti i danni 
dipesi dalla rinuncia al servizio di monitoraggio immobiliare da parte della clientela, si osserva 
quanto segue. 
Secondo la direttiva CEE 2003/98 del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell'informazione 
del settore pubblico, il riutilizzo dell'uso di documenti in possesso di enti pubblici da 
parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito 
dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti � soggetta alle 
stesse tariffe e condizioni applicati agli altri utilizzatori (articolo 10 e 9� �considerando�). La 
questione si appunta, perci�, nel definire la natura del servizio di ricerca continuativa per via 
telematica, la quale presuppone la necessit� di elaborare i dati contenuti nei registri. 
Invero, se si ritiene che tale servizio non costituisce una forma di "messa a disposizione del documento 
per via elettronica", secondo il dettato dell'art. 5 della direttiva (per il che l'attivit� 
rientra nell' esercizio della funzione pubblica della tenuta dei registri e del rilascio di copia) ma 
un "riutilizzo" del documento pubblico a fini commerciali, cos� come previsto dall'art. 2 n. 4 
della direttiva stessa, allora si pu� affermare che l'espletamento del servizio in parola costituisce 
abuso di posizione dominante nell'accezione data dall'art. 3 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 
poich� l'Agenzia si trova avvantaggiata rispetto alle imprese che espletano la medesima attivit� 
in quanto dispone essa stessa direttamente dei dati provenienti dai registri. 
Viceversa, se si ritiene che la ricerca continuativa altro non � che una modalit� di messa a disposizione 
del documento, allora si tratta di attivit� espletata nell'esercizio della funzione pubblica 
di conservazione dei registri e di rilascio di copie che esula dal campo dell�attivit� 
commerciale disciplinata dalla legge 10 ottobre 1990 n. 287. 


Ritiene questa corte che l�attivit� in parola non concreti riutilizzo del documento a fini commerciali 
ma semplice rilascio di dati e ci� in quanto le notizie che vengono comunicate al-
l'utente per via telematica, ancorch� riferite ad un soggetto monitorato in un arco continuativo 
di tempo, derivano direttamente dall'utilizzo del moderno sistema informatico di tenuta dei 
registri, laddove l'inserimento di un parola chiave consente, come in qualsiasi banca dati, 
l'estrapolazione di elementi selezionati. 
� estranea a tale iter ogni attivit� valutativa propria dell'intelletto umano ed � cosa ben diversa 
la ricerca continuativa, che promana meccanicamente dal sistema informatico di tenuta dei 
registri pubblicitari, dal monitoraggio immobiliare, che � attivit� che si colloca "a valle " e 
presuppone lo studio dei titoli sulla base dei quali si sono ottenute le trascrizioni, iscrizioni o 
annotazioni a favore o contro un determinato soggetto. 
Basti considerare che con la ricerca continuativa si ottiene solamente il dato, di per se non significativo, 
della variazione a favore od a carico del soggetto monitorizzato ma non � dato 
evincere la consistenza patrimoniale del bene che ne � oggetto e solo a seguito dell'esame 
delle note di trascrizione � possibile individuare e stimare la rilevanza dell'atto compiuto. 
Il fatto, poi, che nel passato il servizio di ricerca continuativa non fosse offerto al pubblico 
dall'Agenzia del territorio � dipeso dalla mancanza di risorse in capo alla pubblica amministrazione 
di talch� gli enti commerciali offrivano ai privati tale servizio ritraendone un utile. 
Ma l'evolversi della tecnologia e l'applicazione dei sistemi informatici, che si � ormai diffusa 
capillarmente in ogni settore della pubblica amministrazione, hanno consentito di superare la 
difficolt� di rilascio, anche in via continuativa, dei dati dei registri pubblicitari la quale, allo 
stato, non apparirebbe pi� giustificabile se non in un'ottica che esula da quella della mera applicazione 
delle norme. 
La domanda attorea va, perci�, rigettata e le spese processuali, in considerazione della novit� 
delle questioni trattate, si compensano per l�intero 

P.Q.M. 
La Corte d'Appello di Venezia, pronunciando in via definitiva nella causa promossa da I.T.C. 
Italian Trade Consultant s.r.l. contro l'Agenzia del Territorio, cosi provvede: 
rigetta la domanda e compensa le spese processuali. 
Cos� deciso a Venezia il 13 marzo 2013 


In materia di accesso difensivo, finalizzato 
alla difesa in giudizio, ex art. 24, co. 7, L. n. 241/90 


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. SESTA, ORDINANZA 7 FEBBRAIO 2014 N. 600 

Marina Russo* 

Il Consiglio di Stato con l�ordinanza in rassegna si � pronunciato su una 
controversia in materia di accesso c.d. �difensivo� a documentazione coperta 
da classifica ai sensi dell�art. 42 della legge 124/07. 

Ha annullato l�ordinanza con la quale il TAR Lazio aveva accolto un ricorso 
incidentale ex art. 116 comma 2 c.p.a., con il quale la ricorrente mirava ad accedere 
a due note della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rispettivamente 
classificate, ai sensi della legge 124/07, come �riservata� e �riservatissima�. 

L�Amministrazione aveva respinto l�istanza di accesso, motivando il diniego 
con la classifica di riservatezza, comunque esplicitando che dette note 
contenevano notizie relative ad un rischio di proliferazione di armi di distruzione 
di massa. 

Il giudice dell�appello ha affermato i seguenti principi in materia di accesso 
difensivo a documentazione classificata: 

� l�art. 24 comma 7 della legge 241/90 non autorizza ad attribuire indiscriminata 
prevalenza al diritto di accesso cosiddetto �difensivo� rispetto al-
l�interesse al riserbo sotteso ai vari casi di esclusione normativamente previsti; 
� ne discende che, in astratto, si potrebbe anche teorizzare una sistematica 
negazione dell�accesso a fini difensivi, in presenza di uno dei casi di esclusione 
previsti; 
� in alternativa, � comunque necessario procedere ad una comparazione 
in concreto fra i contrapposti interessi, per accordare l�accesso solo nel caso 
in cui la comparazione stessa conduca ad attribuire prevalenza all�interesse 
difensivo rispetto a quello al riserbo. 


Nel caso di specie, il giudice non prende tuttavia posizione fra la prima 
opzione, pi� rigorosa, e la seconda; ci� in quanto la comparazione degli interessi 
coinvolti lo induce a ritenere comunque evidente la prevalenza di quello 
pubblico alla sicurezza nazionale ed internazionale rispetto a quello, pur dotato 
di rilevanza costituzionale, all�esercizio dell�iniziativa economica privata. 

Il Consiglio di Stato sottolinea, infine, la necessit� di valutare con specifico 
riguardo al caso concreto anche il profilo della stretta indispensabilit� del 
documento alla difesa, peraltro escludendolo nella fattispecie, posto che il ricorrente 
ha potuto comunque spiegare ampiamente le proprie difese, sulla base 
delle informazioni disponibili. 

*) Avvocato dello Stato. 


Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ordinanza 7 febbraio 2014 n. 600 -Pres. Severini, Est. 
Giovagnoli - Ministero sviluppo economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato 

M. Russo) c. M.Q.I. s.p.a. (avv. O. Grandinetti). 

(...) 

1. Il Ministero dello sviluppo economico e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno impugnato, 
chiedendone la sospensione, l�ordinanza istruttoria 29 novembre 2013, n. 10221, 
con la quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha accolto 
l�istanza incidentale di accesso proposta dalla societ� ai sensi dell�art. 116, comma 2, Cod. 
proc. amm. 
L�ordinanza appellata, in particolare, ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso contenuto 
nel provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico del 14 agosto 2013 e, per l�effetto, 
ha ordinato al Ministero medesimo di depositare presso la segreteria della Sezione i seguenti 
atti: 


-nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del gennaio 2013; 
-nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 31 maggio 2013 
-nota prot. PCI/48401 del 22 marzo 2013; 


-verbale della riunione del Comitato consultivo n. 289 del 30 novembre 2012. 


2. Il Ministero dello sviluppo economico, destinatario dell�ordine istruttorio, e la Presidenza 
del Consiglio dei Ministri, dalla quale promana la documentazione oggetto dell�ordine di esibizione, 
con il presente appello hanno chiesto l�annullamento dell�ordinanza istruttoria nella 
parte in cui essa consente l�accesso anche alle note della Presidenza del Consiglio del 31 gennaio 
2013 e del 31 maggio 2013. 
3. Giova evidenziare, per una migliore comprensione della vicenda, che l�istanza di accesso 
� stata proposta in via incidentale dalla societ� nell�ambito del ricorso principale proposto per 
ottenere l�annullamento dei provvedimenti (prot. PCI/254141 del 12 dicembre 2012, prot. 
PCI/14878 del 29 gennaio 2013 e prot. PCI/108132 del 27 giugno 2013) con i quali il Ministero 
dello sviluppo economico ha imposto, e successivamente riconfermato, l�applicazione 
della cosiddetta clausola catch-all, di cui all�art. 4, paragrafo 1, del regolamento CE del Consiglio 
del 5 maggio 2009 n. 428/2009 (Regolamento del Consiglio che istituisce un regime 
comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell�intermediazione e del transito 
di prodotti a duplice uso), ad un�operazione di esportazione a favore della societ� turca 


P. (relativa alla forniture di otto refrigeratori, tipo �chiller�, per il condizionamento dell�aria, 
destinati alla realizzazione del complesso sportivo olimpionico di Ashgabat, per un importo 
complessivo di � 565.622,05). 


4. Ai sensi dell�art. 4, paragrafo 1, del regolamento CE n. 428/2009 �l�esportazione di prodotti 
a duplice uso non compresi nell�elenco di cui all�allegato I � subordinata ad un�autorizzazione 
nel caso in cui l�esportatore sia stato informato dalle competenti autorit� dello Stato membro 
in cui � stabilito che detti prodotti sono o possono essere destinati, in tutto o in parte, ad una 
utilizzazione collegata allo sviluppo, alla produzione, alla movimentazione, al funzionamento, 
alla manutenzione, alla conservazione, all�individuazione, all�identificazione o alla disseminazione 
di armi chimiche, biologiche o nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari oppure 
allo sviluppo, alla produzione, alla manutenzione o alla conservazione di missili che possano 
essere utilizzati come vettori di tali armi�. 
Nel caso di specie, il Ministero dello sviluppo economico, nell�imporre detta clausola, ha dichiarato 
di essere in possesso di informazioni riservate da cui potrebbe evincersi una connes





sione tra l�esportazione della societ� ricorrente e possibili utilizzazioni attinenti allo sviluppo 
e produzione di armi di distruzione di massa. L�imposizione di detta clausola, peraltro, � stata 
riconfermata dal Ministero, sulla base di ulteriori �informazioni concernenti la rilevante sensibilit� 
dell�operazione de qua�. 


5. Al fine di difendersi nel predetto giudizio di annullamento avverso l�imposizione della c.d. 
clausola catch-all, la societ� ha chiesto l�accesso ad una serie di documenti, ivi comprese, per 
quello che pi� interessa in questa sede, le note della Presidenza del Consiglio del gennaio 
2013 e del 31 maggio 2013, attestanti la rilevante sensibilit� dell�operazione con riferimento 
al rischio di proliferazione di armi di distruzione di massa. 
Il diniego di accesso opposto dal Ministero (provvedimento del 14 agosto 2013) � stato impugnato 
dalla societ� in via incidentale, ai sensi dell�art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., 
nell�ambito del giudizio gi� pendente per l�annullamento dei provvedimenti di imposizione 
(e di riconferma) della clausola catch-all. 
6. L�ordinanza oggetto del presente appello ha accolto il ricorso avverso il diniego di accesso 
ed ha ordinato l�esibizione dei documenti richiesti (ivi comprese le due note della Presidenza 
del Consiglio di gennaio e maggio 2013), prescrivendo, a tutela della esigenze di riservatezza 
invocate dal Ministero, il deposito in busta sigillata presso la segreteria della Sezione e la visione 
degli stessi �alla presenza del Direttore della Sezione Terza Ter, che rediger� apposito 
verbale e provveder� a riporre i documenti, una volta definita la conoscenza degli stessi da 
parte della ricorrente, in busta debitamente sigillata per la successiva visione da parte del 
Collegio�. 
7. L�appello proposto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Presidenza del Consiglio 
dei Ministri � volto a contestare l�accessibilit� delle due note della Presidenza del Consiglio 
del gennaio 2013 e del maggio 2013, contenenti le sopra richiamate informazioni riservate in 
ordine alla ritenuta sensibilit� dell�operazione di esportazione rispetto al rischio di possibile 
utilizzo nella fabbricazione di armi di distruzione di massa. 
Le Amministrazioni appellanti deducono che le note in questione sarebbero escluse dal diritto 
di accesso, trattandosi di documenti coperti dalla qualifica di �riservato� ai sensi dell�art. 42 
della legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica 
e nuova disciplina del segreto). 
8. Si � costituita la societ� chiedendo il rigetto del ricorso e riproponendo, comunque, ai sensi 
dell�art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., i motivi proposti a sostegno dell�istanza incidentale 
di accesso assorbiti in primo grado. 
9. Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2014, formalmente fissata per la decisione sul-
l�istanza cautelare, le parti, evidenziando le peculiarit� della fattispecie e del relativo rito oltre 
alla circostanza che l�udienza di discussione nel merito del ricorso principale innanzi al Tribunale 
amministrativo regionale � fissata per il 27 marzo 2014, hanno chiesto l�immediata 
definizione del giudizio ai sensi dell�art. 60 Cod. proc. amm. 
10. Il Collegio ritiene che, come richiesto dalle parti, sussistano i presupposti per senz�altro 
definire il giudizio nel merito, considerato che il contradditorio � integro, l�istruttoria � completa 
e la risoluzione della lite dipende dalla risoluzione di un�unica questione di diritto. 
11. L�appello proposto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Presidenza del Consiglio 
dei Ministri merita accoglimento. 
12. Il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso sulla 
base della previsione contenuta nell�art. 24, comma 7, legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove 
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammi





nistrativi), nel testo sostituito dall�art. 16 legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni 
alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull�azione amministrativa), 
ai sensi della quale: �Deve comunque essere garantito ai richiedenti l�accesso ai 
documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri 
interessi giuridici�. 
Secondo l�ordinanza appellata, da tale norma emergerebbe una generale prevalenza del c.d. 
accesso difensivo (finalizzato alla difesa in giudizio) rispetto a tutti gli altri interessi contrapposti, 
pubblici e privati, a tutela dei quali sono previste le diverse ipotesi di esclusione dal-
l�accesso disciplinate negli altri commi dello stesso art. 24 della legge n. 241 del 1990. 
Partendo da tale premessa, il Tribunale amministrativo regionale ha reputato irrilevante la circostanza 
che i documenti in questione siano tra quelli che il Ministero ha espressamente sottratto 
all�accesso con il d.m. 16 maggio 1996, n. 422 (Regolamento recante norme per 
l�individuazione dei documenti di competenza del Ministero del commercio con l�estero, sottratti 
al diritto di accesso ai sensi dell�art. 24, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241) o che 
tali documenti siano, comunque, coperti da un divieto di divulgazione, ai sensi dell�art. 42 
legge n. 124 del 2007, in quanto oggetto di classifica di segretezza (�riservato�) da parte della 
Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
Ci� in quanto, secondo il Tribunale amministrativo regionale, l�accesso c.d. difensivo sarebbe 
comunque prevalente e il rischio di una irragionevole compressione degli altri interessi pro-
tetti, aventi, rispetto al diritto di difesa, uguale rilevanza costituzionale e comunitaria, sarebbe 
adeguatamente scongiurato attraverso una applicazione dell�art. 24, comma 7, legge n. 241 
del 1990 secondo il canone della strettissima interpretazione, volta ad appurare la reale funzionalit� 
dell�accesso al diritto di difesa. 


13. Tale conclusione non pu� essere condivisa. 
Non merita condivisione, in particolare, la premessa interpretativa da cui essa muove, ovvero 
che l�accesso c.d. difensivo di cui all�art. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990 sia in grado di 
prevalere su ogni ipotesi di esclusione dall�accesso ai sensi dei precedenti commi dello stesso 
art. 24. 
Il Collegio ritiene, al contrario, che (nonostante la non felice formulazione dell�art. 24, comma 
7, come sostituito dall�art. 5 della legge n. 15 del 2005) la regola della prevalenza del c.d. accesso 
difensivo non riguardi tutte le ipotesi di esclusione di cui al medesimo art. 24, ma solo 
la particolare ipotesi di esclusione (contemplata dalla lettera d del comma 6) determinata dalla 
necessit� di tutelare la riservatezza di terzi (persone, gruppi, imprese e associazioni). 
14. � vero che in senso contrario (ovvero a favore della tesi della generalizzata prevalenza 
dell�accesso difensivo) sembrerebbe deporre la collocazione della relativa regola in un comma 
autonomo (il comma 7 dell�art. 24 della legge n. 241 del 1990), da cui potrebbe, appunto, ricavarsi 
che oggi, a differenza di quanto accadeva prima delle modifiche introdotte con la 
legge n. 15 del 2005, l�accesso difensivo prevalga su ogni fattispecie di esclusione. 
15. Tale argomento, legato alla collocazione topografica della previsione normativa, tuttavia 
cede alla luce delle seguenti considerazioni. 
16. Innanzitutto, esso trova smentita nei lavori preparatori della legge n. 15 del 2005, dai quali 
emerge, in maniera sufficiente, l�intenzione del legislatore di attribuire prevalenza all�accesso 
difensivo solo con riferimento ai documenti contenenti dati personali, ossia allorch� venga in 
rilievo la tutela della riservatezza. Nella Relazione della Prima Commissione permanente 
della Camera Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni), presentata alla 
Presidenza il 6 novembre 2003, a pag. 13, infatti, si legge: �la tutela della riservatezza dei 





dati, stabilisce il comma 7, deve comunque garantire, agli interessati che lo richiedono, l�accesso 
ai documenti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria 
per l�esercizio del diritto di difesa o per far valere un diritto in giudizio�. La norma di cui al 
comma 7 viene, quindi, ricondotta esclusivamente al rapporto tra accesso e riservatezza, senza 
menzionare le altre ipotesi di esclusione. 
Al di l� dell�intenzione del legislatore storico, a sostegno di tale interpretazione dell�art. 24, 
comma 7, depongono due ulteriori argomenti. 


17. Il primo si ricava da una lettura complessiva dell�art. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990. 
Tale disposizione si compone di due periodi: il primo, che sancisce la regola della prevalenza 
dell�accesso difensivo, senza ulteriori specificazioni; il secondo, che limita l�applicazione di 
tale regola, occupandosi di attenuarne la portata solo con riferimento ad alcune categorie di 
dati personali (i dati sensibili, i dati giudiziari e i dati sensibilissimi). 
Mentre il primo periodo fa generico riferimento alla necessit� di consentire l�accesso strumentale 
all�esercizio del diritto di difesa in giudizio (senza specificare rispetto a quali documenti), 
il secondo periodo, nel limitare la portata della regola, fa riferimento ai dati sensibili 
e giudiziari (puntualizzando che, in questo caso, non basta la semplice strumentalit�, ma occorre 
la stretta indispensabilit�) e ai dati sensibilissimi (specificando, tramite il rinvio all�art. 
60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, che �quando il trattamento concerne dati 
idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento � consentito se la situazione 
giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi 
� di rango almeno pari ai diritti dell�interessato, ovvero consiste in un diritto 
della personalit� o in un altro diritto o libert� fondamentale e inviolabile�). 
� evidente allora che non � plausibile una interpretazione atomistica del primo periodo del 
comma 7 dell�art. 24, che non tenga conto di quanto dispone il secondo periodo nel chiarire 
e limitare la portata della regola che sancisce la prevalenza dell�accesso difensivo. 
L�eccezione del secondo periodo si occupa solo dei dati personali sensibili e sensibilissimi 
(coperti dal c.d. nocciolo duro del diritto alla riservatezza) sul presupposto, non esplicitato 
ma comunque evidente, che la regola del primo periodo valga, a sua volta, solo per i documenti 
che contengono dati personali (e non per qualsiasi ipotesi di esclusione dal diritto di accesso). 
18. L�opposto assunto, oltre ad essere smentito dal punto di vista storico-teleologico oltre che 
dal dato letterale (tenendo conto dell�intera formulazione del comma 7) darebbe luogo anche 
a conclusioni irragionevoli, finendo per tutelare la riservatezza delle informazioni private e 
personali in misura maggiore rispetto alla riservatezza delle informazioni pubbliche, che sarebbero 
cedevoli rispetto all�accesso difensivo indipendentemente da ogni concreto bilanciamento 
tra opposti interessi e senza tener conto del dominante rilievo e della portata stessa 
dell�interesse pubblico sotteso all�ipotesi legislativamente prevista di esclusione. 
19. Deve, quindi, escludersi che l�art. 24, comma 7, primo periodo, legge n. 241 del 1990 
possa essere interpretato nel senso di giustificare una indiscriminata prevalenza dell�accesso 
difensivo su tutte le ipotesi di esclusione normativamente previste. 
20. Esclusa la generalizzata applicazione della regola dell�accesso difensivo di cui all�art. 24, 
comma 7, legge n. 241 del 1990, i rapporti tra l�accesso strumentale alla difesa in giudizio e 
gli altri casi di esclusione tipizzati dalla legge non potr� che essere risolto seguendo una delle 
seguenti vie: a) secondo una accezione pi� radicale, dando sempre prevalenza ai secondi 
(come sembrerebbe desumersi dall�art. 24, comma 1, legge n. 241 del 1990 che, con l�espressione 
�il diritto di accesso � escluso� sembra individuare negli interessi pubblici che integrando 
le fattispecie tipiche di esclusione inderogabili limiti negativi al contenuto del diritto 





di accesso, quale che sia la sua finalit�); b) secondo una accezione pi� �flessibile�, ammettendo 
la possibilit� di un bilanciamento in concreto, che tenga conto (analogamente a quanto 
previsto per i dati personali sensibilissimi), da un lato, della indispensabilit� dell�accesso rispetto 
alla difesa e, dall�altro, del rango comparativo degli interessi contrapposti (quello tutelato 
con l�esclusione dell�accesso e quello alla cui tutela in giudizio mira l�istanza ostensiva). 


21. Non vi � ragione qui di indicare le ragioni perch� sia da preferire l�una o l�altra via, perch�, 
anche ad accogliere la pi� flessibile tesi del bilanciamento �in concreto�, non vi � dubbio che, 
nel caso di specie, tale bilanciamento non potrebbe che concludersi nel senso di escludere 
l�accesso richiesto dalla societ�. 
22. In questo caso, infatti, l�interesse economico del richiedente (per quanto rilevante e collegato 
a un valore di rilievo costituzionale come quello della libert� di iniziativa economica) 
non pu� che restare subvalente rispetto all�interesse pubblico che giustifica la non ostensione, 
vale a dire il segreto, connesso comՏ ai beni pubblici protetti dalla tutela della sicurezza nazionale 
e internazionale dello Stato e della lotta al terrorismo. 
Basti considerare che il diniego di accesso riguarda, in questo caso, �documenti classificati� 
ai sensi dell�art. 42 della legge n. 124 del 2007, e le classifiche di segretezza, in base al comma 
1 del medesimo art. 42, sono attribuite proprio �per circoscrivere la conoscenza di informazioni, 
atti e attivit� ai soli soggetti che abbiano necessit� di accedervi in ragione della proprie 
funzionali istituzionali�. Vi � quindi una specifica previsione legislativa che esclude la comune 
accessibilit�. 
23. Inoltre, non sembra emergere quel rapporto di stretta indispensabilit� tra il richiesto accesso 
e l�esercizio del diritto di difesa. 
La societ� ricorrente, invero, nell�ambito del ricorso diretto all�annullamento del provvedimento 
impositivo dell�obbligo di previa autorizzazione ha esposto circostanze dettagliate e 
formulato motivi puntuali (ivi compresa la lamentata disparit� di trattamento rispetto all�altro 
operatore italiano che ha esportato gli stessi prodotti presso la medesima impresa), che confermano 
la non indispensabilit� della conoscenza delle informazioni riservate contenute nelle 
note della Presidenza del Consiglio dei Ministri del gennaio 2013 e del maggio 2013 per 
l�esercizio del diritto di difesa. 
24. Alla luce delle considerazioni che precedono l�appello deve essere accolto e, per l�effetto, 
in riforma dell�ordinanza appellata, deve essere respinto il ricorso incidentale contro il diniego 
di accesso proposto dalla societ� ai sensi dell�art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. 
25. Le spese della presente fase incidentale seguono la soccombenza e sono liquidati in complessivi 
� 3.000 (tremila). 


P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), accoglie l�appello e, per l�effetto, 
in riforma dell�ordinanza impugnata, respinge l�istanza incidentale di accesso proposta ai 
sensi dell�art. 116, comma 2, cod. proc. amm. 
Condanna la societ� al pagamento, a favore delle Amministrazioni appellanti, delle spese del 
giudizio incidentale sull�accesso, che liquida in complessivi � 3.000 (tremila/00). 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2014. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Il suggellamento degli apparecchi televisivi 
a seguito di disdetta dell�abbonamento R.A.I. 


PARERE 17/10/2013-412985, CS 19702/13, SEZ. III, AVV. GIUSEPPE ALBENZIO 

La questione sottoposta a questa Avvocatura concerne l�individuazione 
dell�autorit� competente a svolgere le operazioni di suggellamento descritte 
dall�art. 10, regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito in legge 
4 giugno 1938, n. 880. Ai sensi di questa disposizione, in caso di disdetta del-
l�abbonamento R.A.I., l�apparecchio atto o adattabile alla ricezione di radioaudizioni 
deve essere racchiuso in un apposito involucro in modo da impedirne 
il futuro funzionamento, salva la facolt� dell�abbonato di cedere l�apparecchio 
a terzi. 

L�individuazione dell�autorit� competente a svolgere le operazioni di cui 
sopra deve necessariamente prendere le mosse da un�attenta ricognizione delle 
fonti normative: in questo caso, il regio decreto legge 246/1938 che ancora 
oggi costituisce parte integrante del reticolato normativo vigente in materia di 
abbonamenti R.A.I. 

Ai sensi dell�art. 12, l�autorit� competente a svolgere le operazioni di 
chiusura e riapertura degli apparecchi nei casi indicati all�art. 10 � individuata 
negli Uffici tecnici erariali. ComՏ noto, infatti, con il regio decreto 22 ottobre 
1936, n. 2007, gli Uffici tecnici di finanza hanno assunto la denominazione di 
Uffici tecnici erariali, lasciando peraltro inalterate le prerogative gi� attribuite 
a quelle amministrazioni periferiche dello Stato. Con il citato atto legislativo, 
gli Uffici tecnici erariali sono stati suddivisi in quattro sezioni: I) Demanio e 
consulenze tecniche erariali; II) Imposte di fabbricazione; III) Stime; IV) Conservazione 
del catasto. 

Con il successivo regio decreto legge 16 giugno 1938, n. 962, sono stati 
istituiti gli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione (U.T.I.F.), cui sono 
stati attribuiti �tutti i servizi attualmente disimpegnati dagli uffici tecnici erariali 
a mezzo della loro sezione 2�, a termini dell�art. 3 del regio decreto 22 


ottobre 1936, n. 2007 e dell�art. 30, n. 11, del decreto ministeriale 1� dicembre 
1936� (art. 2), ovvero i servizi precedentemente assegnati alla sezione Imposte 
di fabbricazione degli Uffici tecnici erariali. 

Un�ulteriore tappa del percorso normativo, rilevante ai fini della risoluzione 
della questione sottoposta, � rappresentata dal decreto legislativo 
105/1990 che ha istituito, nell�ambito del Ministero delle Finanze, il Dipartimento 
delle Dogane e delle Imposte Indirette. A detto dipartimento viene riconosciuta 
autonomia organizzativa e funzionale; ai sensi dell�art. 16, comma 
3, lett. a) di tale decreto - in attuazione di quanto prescritto dalla legge delega 
349/1989 all�art. 3, lett. e) - le competenze degli Uffici tecnici delle imposte 
di fabbricazione sono stati trasferiti agli Uffici tecnici di finanza (U.T.F.), incardinati 
nel Dipartimento delle Dogane. 

Infine, con il decreto legislativo 300/1999, le competenze del Dipartimento 
delle Dogane sono confluite nell�Agenzia delle Dogane, oggi Agenzia 
delle Dogane e dei Monopoli di Stato. 

Dalla successione degli atti legislativi appena ricostruita si evince quindi 
che l�odierna Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato abbia ereditato 
soltanto parte delle competenze precedentemente riconosciute agli Uffici tecnici 
erariali, segnatamente quelle rientranti nella sezione II (Imposte di fabbricazione), 
istituita con il r.d. 2007 del 1936. Al fine di poter accertare quindi se 
l�Agenzia abbia ereditato dagli Uffici tecnici erariali anche l�obbligo di eseguire 
le operazioni di suggellamento di cui all�art. 12 cit., risulta determinante stabilire 
a quale delle quattro sezioni degli U.T.E. fosse stata assegnata l�esecuzione 
delle operazioni di chiusura e riapertura degli apparecchi. Da un�approfondita 
ricognizione delle fonti normative, infatti, risulta che la norma attributiva di 
competenza contenuta nell�art. 12, r.d.l. 246/1938 non sia stata abrogata. 

Una indicazione di primaria importanza, a tal fine, � fornita dal �Regolamento 
di servizio per gli uffici provinciali dell�amministrazione del catasto 
e dei servizi tecnici erariali�, approvato con decreto ministeriale del 1� dicembre 
1936, n. 6888. 

L�art. 30, rubricato �Ordinamento degli Uffici tecnici erariali�, esplica 
le specifiche competenze affidate a tali uffici, ripartendole per ciascuna delle 
quattro sezioni. Orbene, un�attenta lettura delle singoli voci induce ad escludere 
che le operazioni di suggellamento potessero essere fatte rientrare nella 
sezione I (Demanio e consulenze tecniche erariali), III (Stime) e IV (Conservazione 
del catasto). Oltre che per una mera argomentazione a contrario, 
si ritiene convincente ricondurre le operazioni di suggellamento alla sezione 
II in quanto questa, bench� denominata �Imposte di fabbricazione�, � chiamata 
a svolgere anche �servizi fiscali in materia di radiofonia, secondo le 
vigenti disposizioni di legge ed istruzioni ministeriali� (art. 30, n. 11, lett. 
c), decreto ministeriale 1 dicembre 1936, n. 6888): una voce cui senz�altro 
possono essere ricondotte le operazioni di suggellamento come disciplinate 


dalla normativa in materia di radioaudizioni (r.d.l. 246/1938). 

Ad ulteriore dimostrazione che la competenza in materia di operazioni di 
suggellamento abbia seguito il percorso normativo prima indicato (segnatamente 
dagli Uffici tecnici erariali agli Uffici tecnici delle imposte di fabbricazione 
ed, infine, agli Uffici tecnici di finanza) vi � la circostanza che nel 
successivo �Regolamento di servizio per gli uffici provinciali dell�amministrazione 
del catasto e dei servizi tecnici erariali�, approvato con decreto ministeriale 
del 30 giugno 1945, n. 1441 (quindi, successivo, sia all�attribuzione 
delle competenza in materia di operazioni di suggellamento ex art. 12, r.d.l. 
246/1938, sia al trasferimento di competenze operato dall�art. 2 del r.d.l. 
962/1938), non solo non compaia pi� la voce relativa ai �servizi fiscali in materia 
di radiofonia� - ormai devoluti agli U.T.I.F. - ma non vi sia alcuna altra 
voce che indichi le permanenza in capo agli Uffici tecnici erariali della competenza 
a svolgere le operazioni di suggellamento. 

In conclusione, ad avviso di questa Avvocatura, gli atti legislativi sopra 
citati, cos� come si sono succeduti nel tempo, inducono a ritenere che ad oggi 
gli Uffici tecnici di finanza, gi� incardinati nel Dipartimento delle Dogane e 
delle Imposte Indirette e, ora, nell�Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, abbiano 
ereditato dagli Uffici tecnici erariali la competenza ad eseguire le operazioni 
di suggellamento, che andrebbe cos� ascritta tra gli �altri compiti a 
loro [gli Uffici tecnici di finanza] devoluti da leggi speciali�, come richiamati 
dall�allora vigente art. 16, comma 3, lett. a), decreto legislativo 105/1990. 

Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo 
di questa Avvocatura Generale che si � espresso in conformit� nella seduta del 
14 ottobre 2013. 

La clausola di salvaguardia nei contratti di acquisto di 
prestazioni sanitarie da strutture private accreditate 

PARERE 28/10/2013-428589, CS 33457/13, SEZ. V, AVV. GESUALDO D�ELIA 

Codesta Amministrazione chiede il parere di questa Avvocatura in relazione 
all�ammissibilit� della clausola di salvaguardia nell�ambito dei contratti 
per l�acquisto di prestazioni sanitarie da strutture private accreditate, ed 
espone, in fatto, che: 

-in data 18 luglio 2013 � pervenuta all�Ufficio Legislativo del Ministero 
della Salute una nota della Direzione generale della programmazione sanitaria 
con cui si chiede il parere del suddetto Ufficio sulla medesima questione; 

-che si tratta di un tema di portata generale in quanto concerne aspetti 


problematici riguardanti le procedure e le condizioni per la stipulazione dei 
contratti con le strutture sanitarie accreditate, la cui soluzione dovrebbe poi 
essere estesa per uniformit� a tutte le regioni e in particolare a quelle in piano 
di rientro; 

-la clausola, che � stata inserita dal 2008 nei contratti stipulati dalle regioni 
in piano di rientro con le strutture private accreditate recita: �1. Con la 
sottoscrizione del presente accordo la struttura accetta espressamente, completamente 
ed incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti 
di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro 
atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto 
del contratto. 

2. In conseguenza dell�accettazione, la Struttura presta acquiescenza ai medesimi 
provvedimenti e, per l�effetto, rinuncia alle azioni gi� intraprese e/o a 
futuri contenziosi avverso gli atti e/o provvedimenti suddetti�; 

-che codesto Ufficio Legislativo ritiene di poter condividere la ricostruzione 
della normativa e della giurisprudenza rilevanti sul tema in oggetto, illustrata 
nella nota della Direzione generale della programmazione sanitaria, 
nonch� la proposta di riformulazione del secondo comma della clausola; 

-che da quanto riferito nella citata nota e sulla base dell�esame della 
giurisprudenza rilevante, emerge che tale clausola � stata oggetto di impugnativa 
da parte delle strutture interessate e la giurisprudenza sul punto � oscillante. 
Le impugnative si basano su due ordini di motivi, e pi� precisamente 
sulla lesione dell�autonomia privata da una parte (art. 41 Cost.), e sulla lesione 
del diritto di difesa (art. 24 Cost.) dall�altro; 

Codesta Amministrazione chiede quindi parere sui seguenti profili: 

a) se sia condivisibile la tesi esposta in ordine alla conservazione del 
primo comma della clausola, o se invece si ritenga che anche tale comma possa 
comunque essere causa di ulteriori contenziosi; 

b) se sia condivisibile la proposta di riformulazione del secondo comma 
della clausola, illustrata nella richiesta della suddetta Direzione e riportata 
nella nota a riscontro, o se si ritenga, invece, che, per non esporsi a ulteriori 
contenziosi, tale comma debba essere soppresso; 

c) pi� in generale, va considerato che in alcune realt� regionali - e segnatamente 
nella regione Abruzzo, come segnalato dal Presidente della Regione 

- le strutture sanitarie si rifiuterebbero di sottoscrivere la clausola nella formulazione 
attuale, in quanto non intendono rinunciare alle precedenti impugnative, 
o anche ad eventuali impugnative future, avverso gli atti di 
determinazione dei tetti di spesa e delle tariffe, e che, in conseguenza di ci�, 
le regioni dovrebbero attivare la procedura di sospensione dell�accreditamento 
gi� rilasciato (ai sensi dell�articolo 8-quinquies, comma 2-quinquies del d. lgs. 
n. 502/1992); ci� posto, si chiede se si ritenga che la conservazione della clausola, 
eventualmente anche modificata nel senso illustrato, possa poi esporre 



le amministrazioni regionali o le ASL (o i Commissari ad acta nelle regioni 
in piano di rientro) ad ulteriori contenziosi - anche sub specie di richiesta di 
risarcimento danni - laddove i giudizi pendenti o futuri sugli atti di determinazione 
dei tetti di spesa e delle tariffe dovessero risolversi in senso favorevole 
ai ricorrenti, successivamente all�avvenuta sospensione dell�accreditamento 
per la mancata sottoscrizione del contratto. 

Questa Avvocatura osserva quanto segue. 

Per quanto riguarda il punto a) - premesso che � impossibile stabilire a 
priori se una norma potr� essere oggetto di controversia (anche la norma �perfetta� 
pu� esserlo) - si ritiene di poter condividere l�ipotesi di conservazione 
del primo comma della clausola. 

Non vi � dubbio sul fatto che l�autonomia privata possa subire dei limiti. 
Lo stesso articolo 41 Cost., dopo aver stabilito che l�iniziativa economica privata 
� libera, pone ad essa alcuni limiti espliciti. Infatti, l�art. 41 stabilisce al 
secondo comma che l�iniziativa economica privata �non pu� svolgersi in contrasto 
con l�utilit� sociale� e al terzo che �La legge determina i programmi e 
i controlli opportuni perch� l�attivit� economica pubblica e privata possa essere 
indirizzata e coordinata a fini sociali�. 

Esaminando la legislazione ordinaria, si nota che il d. lgs. n. 502/1992 prevede 
all�art. 8 quater, secondo comma, che �la qualit� di soggetto accreditato 
non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale 
a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli 
accordi contrattuali di cui all�articolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono 
presupposto per l�accreditamento e vincolo per la definizione delle 
prestazioni previste nei programmi di attivit� delle strutture accreditate, cos� 
come definiti dall�articolo 8-quinquies�. Inoltre, il primo comma dello stesso 
articolo da una parte subordina, tra l�altro, l�accreditamento delle strutture richiedenti 
�alla loro funzionalit� rispetto agli indirizzi di programmazione regionale� 
e dall�altra impone alle regioni di definire il �fabbisogno di assistenza 
secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire 
i livelli essenziali e uniformi di assistenza�. Tutto ci� � diretto all�individuazione 
dei criteri �per la verifica della funzionalit� rispetto alla 
programmazione nazionale e regionale�. Con specifico riferimento agli accordi, 
l�articolo 8-quinquies prevede che essi debbano indicare, tra l�altro �il volume 
massimo di prestazioni che le strutture presenti nell�ambito territoriale della 
medesima unit� sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia 
e per modalit� di assistenza� e �il corrispettivo preventivato a fronte delle 
attivit� concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari 
e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell�accordo�. � 
opportuno qui richiamare anche l�articolo 32, comma 8 della legge n. 449/1997 
il quale prevede che �Le regioni, in attuazione della programmazione sanitaria 
ed in coerenza con gli indici di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 28 di



cembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, individuano preventivamente 
per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi ospedalieri 
di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi 
annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle 
prestazioni, nonch� gli indirizzi e le modalit� per la contrattazione di cui all'articolo 
1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662�. 

Da questo quadro normativo la giurisprudenza amministrativa ha tratto 
le seguenti conclusioni interpretative. 

� utile, innanzi tutto, richiamare sul punto la sentenza del Consiglio di 
Stato n. 7236/2009 la quale dichiara che �Il valore autoritativo e vincolante 
delle determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie di competenza delle 
regioni ai sensi dell'art. 32 comma 8 l. 27 dicembre 1997 n. 449 esprime la 
necessit� che l'attivit� dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga 
nell'ambito di una pianificazione finanziaria, con la conseguenza che tale imprescindibile 
funzione programmatoria, tendente a garantire la corretta gestione 
delle risorse disponibili, deve intervenire in ogni caso, perch� la 
fissazione dei limiti di spesa rappresenta comunque l'adempimento di un preciso 
ed ineludibile obbligo che influisce sulla possibilit� stessa di attingere le 
risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate (Consiglio 
Stato , sez. V, 25 gennaio 2002 , n. 418). 

Le Regioni, nell�esercitare questa potest� programmatoria, godono di un 
ampio potere discrezionale, che deve bilanciare interessi diversi, quelli al contenimento 
della spesa, quelli relativi alla pretesa degli assistiti a prestazioni 
sanitarie adeguate, quelli degli operatori privati che, nel sistema sanitario si 
muovono con logica imprenditoriale, quelli dell�efficienza delle strutture pubbliche 
che costituiscono un pilastro del sistema sanitario universalistico, ben 
potendo in una determinata fase storica accentuare l�esigenza di contenimento 
della spesa ed in un�altra l�esigenza di rafforzamento della tutela sanitaria, 
essendo l�atto programmatorio in esame quello che condiziona l�esercizio del 
diritto sociale alla salute compatibilizzandolo con il suo costo finanziario� e 
che �Il piano annuale preventivo di programmazione sanitaria, che riguarda 
sia i soggetti pubblici sia i soggetti privati accreditati, ha carattere autoritativo 
in quanto la regione fissa unilateralmente il tetto massimo annuale di spesa 
sostenibile dal fondo nazionale per ogni singola istituzione o per gruppi di 
istituzioni e i preventivi annuali delle prestazioni, nonch� le direttive da seguire 
nella successiva negoziazione dei piani annuali�. 

Come si evince chiaramente dal quadro normativo e dalla giurisprudenza, 
l�autonomia privata pu� subire i limiti derivanti dalle esigenze di programmazione 
e di gestione efficiente delle risorse da destinarsi alla spesa sanitaria. 
Quest�ultima, se si tiene conto della congiuntura economica negativa che da 
alcuni anni a questa parte ha imposto dolorosi tagli in molti settori, diventa 
una necessit� impellente. Dunque, la definizione dei tetti di spesa e delle tariffe 


costituisce non solo un diritto dell�amministrazione ma anche e soprattutto un 
dovere imposto dalla legge. Tali provvedimenti sono poi indispensabili per 
poter arrivare alla successiva fase degli accordi, il contenuto dei quali viene 
inevitabilmente condizionato. 

Infine, � opportuno evidenziare che non si ravvisa nessuna costrizione da 
parte dell�Amministrazione sanitaria nel procedimento teso alla conclusione 
degli accordi. Siccome questi ultimi si concludono unicamente nel caso del-
l�incontro delle due volont�, basterebbe la mancanza della volont� delle strutture 
accreditate per evitare la sottoposizione a qualsiasi �imposizione� da parte 
dell�Amministrazione. Fa parte anche questo del concetto di autonomia privata 
e forse ne costituisce il nucleo essenziale. 

In merito al punto b) si ritiene di poter condividere l�illustrata proposta 
di riformulazione del secondo comma della clausola. 

Nella attuale formulazione, infatti, tale clausola, a prescindere dalle eventuali 
valutazioni di merito, appare radicalmente nulla, tanto da doversi avere 
per non apposta (si pu� considerare cio� tamquam non esset). CՏ quindi una 
palese violazione del diritto di difesa stabilito dall�art. 24 Cost.. La giurisprudenza 
sul punto � abbastanza chiara. Si veda al riguardo la sentenza del TAR 
Lazio n. 7978 del 17 ottobre 2011, la quale dichiara che �lo schema contrattuale 
si manifesta, per quanto espressamente previsto dalla clausola di rinuncia 
alle azioni intraprese e future, palesemente in contrasto con i principi posti 
dalla Costituzione a tutela del diritto di difesa�. In senso analogo si esprime 
il TAR Sicilia rilevando che clausole di questo tipo, �subordinando la sottoscrizione 
degli accordi alla rinuncia al contenzioso - attuale o potenziale - su 
detti atti, mira ad impedire l�esercizio di un diritto costituzionalmente garantito: 
quello al sindacato della legittimit� di provvedimenti amministrativi (incidenti 
sulla determinazione della struttura della spesa sanitaria), in 
violazione degli art. 24 e 113 della Costituzione)� e che �nel porsi principalmente 
- e dichiaratamente - contro il contenuto precettivo delle dichiarate disposizioni 
costituzionali, tralascia di considerare la ricostruzione del sistema, 
e la qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive sottostanti (e del connesso 
regime anche costituzionale)�. Nella medesima sentenza il TAR Sicilia 
richiama una decisione del Consiglio di Stato (n. 8/2006) la quale afferma che 
�La determinazione da parte dell�Amministrazione del tetto di spesa e la suddivisione 
di essa tra le attivit� assistenziali, costituisce esercizio del potere di 
programmazione sanitaria, a fronte del quale la situazione del privato � di interesse 
legittimo� e, aggiunge il TAR, �non si vede sulla base di quale motivazione 
possa escludersi con atto amministrativo la tutela giurisdizionale di 
siffatti interessi legittimi, costituzionalmente garantita�. 

Particolarmente rilevante sul punto appare poi la recentissima sentenza 
del Consiglio di Stato n. 5966 del 27 novembre 2012 la quale afferma che �la 
acquiescenza ad un provvedimento amministrativo esige un'esplicita e inequi



voca manifestazione di piena accettazione, mediante il compimento di atti o 
comportamenti univocamente rivelatori della volont� di accettarne gli effetti, 
posta in essere in un momento successivo a quello in cui si sia verificata la 
lesione dell'interesse legittimo azionato, nessuna acquiescenza o rinuncia preventiva 
alla tutela giurisdizionale dell'interesse legittimo apparendo configurabile, 
quando lo strumento di tutela non � ancora azionabile per mancanza 
dell'attualit� della lesione�. 

Si ritiene, dunque, che si possano trascurare le pronunce di diverso avviso 
del TAR Calabria n. 1245 del 19 settembre 2011e n. 981 del 22 dicembre 2011 
in quanto si riferiscono ad ipotesi pi� specifiche. Nella prima si afferma che 
�Non � nemmeno ravvisabile la pretesa lesione del diritto di difesa con riferimento 
alla clausola contrattuale di cui all�art. 13 dello schema di contratto. 
Si rileva, infatti, da un lato, la mancanza di attualit� della lesione denunciata, 
la quale, allo stato, � semmai solo potenziale, dovendosi verificare in concreto 
l�effettiva portata ed operativit� della clausola stessa, dall�altro, che la detta 
clausola contrattuale rappresenta acquiescenza ai tetti di spesa, ai quali, comunque, 
l�erogatore ha accettato di sottostare (e, quindi, di rispettare) con la 
sottoscrizione del contratto�; mentre nella seconda si dice: �l�adozione di simili 
clausole - a natura transattiva e conciliatoria - costituisce attuazione di 
una delle condizioni per il Piano di rientro, che � dipendente, in concreto, 
dall�accertamento dei debiti pregressi, dal loro ripianamento e dalla conciliazione 
con i creditori (si veda a tal proposito l�art. 4, comma 2 bis del DL 1 
ottobre 2007, n. 159, conv. in l. 29 novembre 2007, nr. 222, richiamato dalla 
LR n. 11/2009), e, conseguentemente, risulta sorretta da gravi ragioni di interesse 
pubblico, tradotte in una speciale conformazione degli atti imperativi 
che hanno sostanzialmente concretizzato i termini ed i contenuti delle convenzioni-
tipo, a fronte delle quali la clausola in esame non � irragionevole, dal 
momento che � riferita solo alle liti relative ai tetti di spesa 2009�. Come si 
vede, a parte il fatto che le due pronunce si riferiscono specificamente a regioni 
in piano di rientro, il ragionamento sviluppato non appare coerente, da un lato 
perch� la non attualit� della lesione non giustifica la rinuncia ex ante alla tutela 
giurisdizionale (il che potrebbe rilevare anche sotto profili di violazione della 
Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo), dall�altro perch� detta rinuncia 
non � consentita nemmeno dalla necessit� di rispettare i limiti di spesa. 

In conclusione, sembra senz�altro opportuno modificare la clausola n. 2 sopprimendo 
il riferimento ai contenziosi futuri, ferma rimanendo la rinuncia (che 
gi� si deduce dal tenore della clausola, che dichiara l�acquiescenza) ai contenziosi 
instaurabili contro i provvedimenti gi� adottati e conosciuti dal contraente. 

Per quanto riguarda il punto c) - fermo restando che non � possibile prevedere 
l�entit� e i motivi sottostanti ad eventuali contenziosi futuri - si ritiene, 
per tutte le ragioni finora illustrate, che la conservazione della clausola n. 2 
nella versione riformulata non dovrebbe, ragionevolmente, dar luogo ad even



tuali contenziosi futuri che possano apparire fondati in diritto, essendo essa, 
nella proposta riformulazione, pienamente legittima e difendibile. 

Sulla questione � stato sentito, nella seduta del 14 ottobre 2013, il Comitato 
Consultivo dell�Avvocatura dello Stato, che si � espresso in conformit�. 

La permanenza in servizio di professori e ricercatori universitari 

PARERE 02/11/2013-436034/7, CT 28352/13, SEZ. VII, AVV. VINCENZO NUNZIATA 

Con nota 11 maggio 2013 l�Universit� di Bologna ha formulato a codesta 
Avvocatura richiesta di parere in ordine alle modalit� con cui dare applicazione 
all�art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, a seguito della 
nota sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013 che ha dichiarato la incostituzionalit� 
dell�art. 25 della legge n. 240/2010; tale disposizione, come � 
noto, escludeva docenti e ricercatori dalla facolt� di richiedere la proroga prevista 
dal richiamato articolo 16. 

Ritiene questo G.U. di condividere le considerazioni svolte da codesta 
Avvocatura. 

Dispone l�articolo 16 che �� in facolta' dei dipendenti civili dello Stato 
e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla 
data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo 
massimo di un biennio oltre i limiti di et� per il collocamento a riposo per 
essi previsti. In tal caso � data facolt� all�amministrazione, in base alle proprie 
esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in 
relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente 
in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell�efficiente andamento dei 
servizi. La disponibilit� al trattamento va presentata all�amministrazione di 
appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite 
di et� per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento (...)�. 

� noto al riguardo che la originaria formulazione della norma, consistente 
nel solo primo periodo dinanzi riportato, riconosceva ai dipendenti civili dello 
Stato e degli enti pubblici non economici (compresi i professori universitari) 
una sorta di diritto potestativo a permanere in servizio (Consiglio di Stato, IV, 
21 febbraio 2005, n. 573). 

Il comma 7 dell�articolo 72 del d.l. 112 del 2008 ha profondamente modificato 
tale previsione, con l�aggiunta del secondo periodo, il quale non riconosce 
pi� un diritto soggettivo (potestativo) alla permanenza in servizio del pubblico 
dipendente, ma prevede che l�istanza, che egli ha facolt� di presentare, vada valutata 
discrezionalmente dall�amministrazione, la quale, a sua volta, ha facolt� 


di accoglierla solo in presenza degli specifici presupposti individuati dalla disposizione, 
legati sia ai profili organizzativi generali dell�amministrazione medesima 
(�in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali� ) che alla 
situazione specifica soggettiva e oggettiva del richiedente (�in relazione alla 
particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o 
specifici ambiti ed in funzione dell�efficiente andamento dei servizi� ). 

Tale lettura della disposizione � viepi� rafforzata dalle ulteriori modifiche 
ad essa apportate dal legislatore con l�articolo 1, comma 17, del decreto legge 
138/2011, conv. con legge 148/2011, che ha inteso confermato il carattere assolutamente 
discrezionale della valutazione operata dall�Amministrazione nel 
senso che il dipendente interessato deve presentare una �disponibilit� al trattenimento�, 
e non pi� una �richiesta�: con ci� essendo ancora pi� evidente 
che ci si trova in presenza di un�eccezionale deroga all�ordinaria estinzione 
del rapporto d�impiego per raggiunti limiti di et�, autorizzabile dall�amministrazione 
all�esito di una propria valutazione ampiamente discrezionale. 

�Alla luce della richiamata disciplina � dato ricavare che l�istituto del 
trattenimento in servizio ha ormai assunto un carattere di eccezionalit� in 
considerazione delle generali esigenze di contenimento della spesa pubblica 
che hanno ispirato e informato l�intero impianto normativo sotteso alla disciplina 
di cui al d.l. 112 cit., e segnatamente, alla disciplina di cui al Capo II di 
tale decreto, nel cui ambito � collocato il pi� volte richiamato art. 72� (cos� 
Cons. Stato, VI, 26 marzo 2013, n. 1672, che richiama Cons. Stato, VI, 2 febbraio 
2012, n. 2518, e VI, 24 novembre 2011, n. 479). 

Ha poi affermato il giudice amministrativo (1672/2013, cit.) che: �Poich� 
� questa la ratio sottesa al richiamato intervento normativo, ne consegue che 
l�ipotesi ordinaria � quella della mancata attivazione dell�istituto del trattenimento 
(ipotesi ricorrendo la quale l�onere motivazionale gravante sull�amministrazione 
sar� limitata all�insussistenza di particolari esigenze organizzative 
e funzionali le quali inducano a decidere in tal senso), mentre all�ipotesi del 
trattenimento sar� da riconoscere carattere di eccezionalit�, con la necessit� 
di esplicitare in modo adeguato le relative ragioni giustificatrici, conferendo rilievo 
preminente alle esigenze dell�amministrazione lato sensu intese�. 

Tale quadro interpretativo � stato ampiamente richiamato dal Consiglio di 
Stato anche nelle ordinanze di rimessione alla Corte della questione di costituzionalit� 
e dallo stesso giudice delle leggi, nella pronuncia di incostituzionalit� 
citata, ove si legge che l�articolo 16, nel testo oggi vigente �realizza, per l�appunto, 
il suddetto bilanciamento, affidando all�amministrazione la facolt� di 
accogliere o no la richiesta del dipendente, in base alle proprie esigenze organizzative 
e funzionali e secondo i criteri nella norma medesima indicati�. 

Tale essendo il quadro interpretativo, pu� confermarsi, muovendo dal 
terzo dei quesiti posti, che il termine entro il quale occorre presentare la domanda 
(dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di 


et� per il collocamento a riposo) non ha natura perentoria, in quanto esso � 
posto nell�interesse esclusivo dell�Amministrazione e risponde appunto alle 
esigenze di programmazione della provvista di risorse umane. 

In tal senso, specificamente, si � espresso il Consiglio di Stato (IV, 16 novembre 
2011, n. 6051), sia pure con riferimento al trattenimento in servizio 
del personale di magistratura: �Cos� stando le cose, � evidente che la previsione 
della necessit� di presentare la domanda di trattenimento in servizio 
nell�arco di una �finestra� temporale compresa tra i 24 e i 12 mesi antecedenti 
il collocamento a riposo - come emerge anche dalla sua introduzione contestuale 
alla ricordata trasformazione �ontologica� della posizione soggettiva 
del dipendente - viene a configurarsi non gi� come un onere imposto all�interessato 
in vista della realizzazione di un suo proprio interesse, ma piuttosto 
come preordinata a garantire all�amministrazione la possibilit� di ponderare 
adeguatamente le condizioni che possono legittimare l�accoglimento del-
l�istanza (e, in particolare, le �proprie esigenze organizzative e funzionali�). 

Trattandosi dunque di termini sostanzialmente ispirati da esigenze di 
buon andamento riconducibili all�art. 97 Cost., non � ragionevole ritenere 
che il potere discrezionale cos� riconosciuto in capo all�amministrazione 
venga meno, o comunque non sia pi� esercitabile, per il solo fatto che la richiesta 
di trattenimento in servizio sia stata depositata al di fuori dei termini 
medesimi: l�unico limite a tale conclusione essendo quello discendente dal-
l�esigenza di evitare che di tale discrezionalit� sia fatto un uso irragionevole, 
discriminatorio o arbitrario (ci� che, a tacer d�altro) contrasterebbe con l�altro 
fondamentale canone costituzionale dell�imparzialit��. 

Venendo agli ulteriori quesiti posti dall�Universit� di Bologna, essi sostanzialmente 
riguardano gli eventuali effetti retroattivi della sentenza della 
Consulta, con riguardo ai docenti che: 

� sono gi� cessati e non hanno presentato istanza di biennio; 

� sono cessati dopo aver presentato istanza di biennio, non accolta in applicazione 
dell�art. 25 della Legge 240/2010 ora dichiarato incostituzionale. 

� noto al riguardo che gli effetti della sentenza della Corte che dichiara 
la incostituzionalit� di una norma non si estendono ai rapporti ormai esauriti 
(cfr. Cass. 6 maggio 2010, n. 10958; Cons. Stato, VI, 18 ottobre 2011, n. 5600). 

In entrambe le ipotesi suddette si � invece verificato il presupposto della 
cessazione dal servizio, sia nel caso di omessa presentazione della dichiarazione 
disponibilit�, che di suo mancato accoglimento, non impugnato, sulla 
base della norma vigente ratione temporis. 

In entrambi i casi � dunque da escludere che la sentenza della Corte possa 
trovare applicazione, in ipotesi a seguito di istanza degli interessati di riammissione 
in servizio. 

Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato che si � espresso in conformit�. 


Composizione/modificazione del Raggruppamento 
temporaneo di imprese, ex art. 97, co. 9, Codice appalti 

PARERE 05/11/2013-439812, CT 39980/13, SEZ. VII, AVV. ETTORE FIGLIOLIA 

Con la nota che si riscontra, codesto Ministero chiede di conoscere il parere 
di questo G.U. in ordine alla applicabilit� del disposto di cui al comma 9 
dell�art. 37 del d.lgs. 163/2006 rispetto alle sopravvenute modificazioni della 
composizione dell�ATI promotore finanziario, successivamente all�esperimento 
della procedura negoziata ai fini della aggiudicazione della concessione 
di cui all�oggetto, fase questa conclusasi senza l�individuazione di alcuna offerta 
concorrente con l�ATI promotore, e senza che sia intervenuta l�aggiudicazione 
provvisoria �per motivazioni non note a questa struttura di vigilanza�. 

Riferisce ancora codesto Ministero che all�esito della procedura di selezione 
del promotore venne dichiarata di pubblico interesse �la proposta formulata 
dalla Prima ATI Si.�, proposta delibata positivamente dal Cipe, e, 
successivamente, il promotore �per poter prendere parte alla successiva fase 
di procedura negoziata� ha �costituito, nel rispetto delle disposizioni normative 
il Raggruppamento Temporaneo con l�aggiunta della M. s.p.a (di seguito 
Seconda ATI Si.)�. 

Peraltro, nel corso della fase istruttoria posteriore all�espletamento della 
procedura negoziata comportante il diritto del promotore ad ottenere l�aggiudicazione 
della concessione di che trattasi in relazione alla gi� rappresentata 
carenza di partecipanti alla procedura stessa, il promotore (Seconda Ati Si.) 
�ha rappresentato la necessit� di procedere ad un�ulteriore modifica della 
compagine del Raggruppamento Temporaneo�, in relazione alla procedura ex 
art. 160 e ss. della legge fallimentare che ha colpito l�Impresa S. ausiliaria di 
Si. s.pa.: in particolare, l�impresa Costruzioni G.M. s.p.a. non sarebbe pi� componente 
dell�ATI promotrice ma acquisirebbe il ruolo di ausiliaria di Seconda 
Ati Si. s.pa. in sostituzione di Impresa S., e, con nota del 1� ottobre 2013, codesto 
Ministero ha trasmesso il relativo contratto di avvalimento. 

In subordine, poi, rispetto al quesito dell�applicabilit� al contesto del disposto 
dell�art. 37, comma 9 del d.lgs. 163/2006, codesta Amministrazione richiede 
l�avviso di questo G.U. circa �l�opportunit� di procedere 
all�annullamento del bando relativo all�affidamento in oggetto, dato il notevole 
tempo trascorso e le conseguenti modifiche normative intervenute�. 

Ritiene al riguardo questa Avvocatura Generale di dover rappresentare 
quanto segue. 

ComՏ noto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire 
che la fase della individuazione del promotore e quella seguente volta all�affidamento 
della concessione debbono ritenersi sostanzialmente distinte, in quanto 
mentre la seconda costituisce una procedura soggetta alla normativa comunitaria 
e nazionale in materia di evidenza pubblica, ovviamente alla stregua delle 


peculiarit� e delle specifiche deroghe previste per l�affidamento delle concessioni, 
al contrario la individuazione del promotore, ancorch� procedimentalizzata, 
� caratterizzata da amplissima discrezionalit� amministrativa essendo 
finalizzata alla valutazione dell�esistenza di un interesse pubblico che giustifichi, 
nell�ambito della programmazione delle opere pubbliche, l�accoglimento 
della proposta formulata dall�aspirante promotore (Cons. Stato, Ad. Plenaria 
15 aprile 2010, n. 2155; Cons. Stato, Sezione V, 10 novembre 2005, n. 6287). 
Ulteriormente ha statuito il Consiglio di Stato (citata sentenza Ad. Plen. 

n. 2155/2010) che, in via generale, l�accertamento dei requisiti soggettivi del 
promotore partecipante alla successiva procedura selettiva di affidamento vada 
condotto al momento della domanda di partecipazione alla stessa, tenuto conto 
della diversit� tra �quanto l�impresa � tenuta a dimostrare ai fini dell�assunzione 
della veste di promotore e quanto invece deve documentare per l�ammissione 
alla successiva gara�. 

Per quanto suesposto deve ritenersi, quantomeno alla stregua del rapporto 
informativo stilato a corredo dei quesiti in rassegna, che rispetto alla procedura 
selettiva l�Amministrazione committente abbia riscontrato positivamente la ricorrenza 
di tutti i requisiti occorrenti a legislazione vigente per opinare la sussistenza 
delle condizioni per l�affidamento, atteso che seppure non sono noti i 
motivi per cui non intervenne l�aggiudicazione provvisoria, il che certamente 
non pu� non destare talune perplessit�, peraltro codesta Amministrazione al momento 
non evidenzia in merito la ricorrenza all�epoca di elementi interdittivi. 

Orbene, il rappresentato mutamento della composizione soggettiva del 
promotore Seconda ATI Si., con la diversit� di ruolo dell�impresa Costruzioni 

G.M. s.p.a da componente dell�ATI ad ausiliaria, determinato dalla sopravvenienza 
della procedura di cui all�art. 160 legge fallimentare che ha colpito l�Impresa 
S., nella specie parrebbe tuttavia non costituire di per s� elemento ostativo 
all�affidamento della concessione sulla base delle considerazioni che seguono. 

In primo luogo, va rilevato che alla procedura negoziata di selezione non 
hanno partecipato ulteriori imprese concorrenti oltre il promotore, sicch� 
l�eventuale affidamento a quest�ultimo nella mutata composizione del Raggruppamento 
Temporaneo non potrebbe essere sindacata nella sede giurisdizionale 
da eventuali altre imprese tenuto conto del consolidato orientamento 
della giurisprudenza amministrativa secondo cui non ricorrere la legittimazione 
al ricorso nei confronti di chi non ha partecipato alla procedura selettiva 
(da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131). 

Ulteriormente, l�eventuale predetto affidamento non parrebbe idoneo a 
pregiudicare quei fondamentali principi di par condicio tra i concorrenti e di 
trasparenza delle procedure che sono recepiti nella disciplina di cui al comma 
9 dell�art. 37 del codice dei Contratti. 

Le circostanze, poi, della mancata adozione del provvedimento di aggiudicazione, 
unitamente ai caratteri propri della procedura negoziata, e tenuto 


conto della peculiare disciplina del contesto concessorio rispetto a cui dovrebbe 
avvenire nell�ipotesi che ci occupa l�affidamento al promotore, parrebbero 
far ritenere insussistenti elementi ostativi all�affidamento medesimo 
posto che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei soli principi 
desumibili dal Trattato o e dei principi relativi ai contratti pubblici, e in 
particolare dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, 
�parit� di trattamento�, mutuo riconoscimento, proporzionalit�, principi 
che non parrebbero in alcun modo lesi da un eventuale affidamento al promotore 
nella parzialmente diversa composizione prospettata. 

Le deroghe, poi, previste dai commi 18 e 19 dell�articolo 37 del codice 
dei Contratti, riguardo al principio della immodificabilit� soggettiva dell�ATI, 
ritenute di carattere eccezionale e come tali insuscettibili di estensione analogica, 
non sembrano poter essere richiamate nell�ipotesi oggetto del presente 
parere, tenuto conto che i citati commi riguardano la tutt�affatto diversa ipotesi 
in cui sia avvenuta l�aggiudicazione, viceversa, come detto, carente nella specie. 

Inoltre, il rilievo che l�impresa Costruzioni G.M. s.p.a. da componente 
soggettiva dell�ATI promotore diventi ausiliaria a mezzo dell�istituto dell�avvalimento 
ex art. 49 del codice dei contratti, con ogni conseguente responsabilit� 
solidale del promotore e dell�ausiliario nei confronti della stazione 
appaltante in relazione al complesso delle prestazioni oggetto del contratto ai 
sensi del comma 4 del predetto articolo di legge (Cons. Stato, sez. III, 1 ottobre 
2012 n. 5161; Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 2011, 6079), parrebbe 
escludere la possibilit� di individuare profili di pregiudizio agli interessi stessi 
di titolarit� della committenza rispetto alla ineludibile esigenza di assicurare 
a quest�ultima un occorrente quadro informativo delle imprese da impegnare 
nel costituendo rapporto obbligatorio in termini di certezza delle relative capacit� 
professionali rispetto a quanto oggetto di concessione. 

Parimenti, l�esigenza della stazione appaltante di conoscere preventivamente 
e senza incertezze se le componenti dell�ATI cos� come ausiliate con lo 
strumento dell�avvalimento siano in possesso dei requisiti occorrenti a fronte 
della ripartizione delle quote di esecuzione delle prestazioni oggetto dell�affidamento, 
bene potrebbe essere compiutamente soddisfatta nell�attualit� attraverso 
gli accertamenti di carattere tecnico amministrativo di competenza 
esclusiva di codesta Amministrazione, da praticarsi anteriormente al provvedimento 
di aggiudicazione. 

Sulla base delle superiori considerazioni, e tenuto anche conto di un orientamento 
giurisprudenziale secondo cui la modificazione del raggruppamento 
per sola �sottrazione�, senza cio� la sostituzione con altro componente del 
soggetto nei cui confronti sia cessata la permanenza nel raggruppamento 
stesso, non costituisce violazione del principio racchiuso nel comma 9 dell�art. 
37 del Codice dei Contratti (Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 888; 
Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964), conclusivamente, si risponde 


al primo quesito prospettato nel senso che non si individuano violazioni di 
sorta del principio della immodificabilit� soggettiva del raggruppamento partecipante 
alla procedura dettato dal predetto comma. 

Per quanto concerne, poi, il quesito ulteriore afferente alla prospettata opportunit� 
di annullare il bando �dato il notevole tempo trascorso� ed in relazione 
al sopravvenuto mutamento del quadro normativo di riferimento, 
preliminarmente osserva questo G.U. che trattasi problematica inerente al merito 
delle valutazioni proprie dell�Amministrazione che sfuggono alle prerogative 
dell�Avvocatura dello Stato, quantomeno in difetto di una circostanziata 
relazione che evidenzi le eventuali criticit� riscontrate rispetto alla possibilit� 
di dare ulteriore corso alla procedura in essere. 

Tuttavia, si ritiene opportuno suggerire a codesta Amministrazione nel-
l�esercizio delle proprie competenze valutative, di tenere nella debita considerazione 
che la normativa vigente all�epoca dell�espletamento della procedura 
selettiva di cui trattasi � stata censurata in sede comunitaria, sicch� non pu� 
escludersi che un eventuale affidamento postumo possa generare eventuali criticit� 
nella stessa sede comunitaria, anche se la tutela dell�affidamento del soggetto 
promotore scrutinato positivamente all�esito della procedura selettiva deve 
essere parimenti apprezzata nel quadro valutativo di che trattasi rispetto alla 
probabile instaurazione di contenziosi da parte dello stesso soggetto promotore 
che ottenesse un definitivo diniego della auspicata aggiudicazione. 

Comunque, non potr� non considerarsi da parte di codesto Ministero 
nell�ambito delle determinazioni da assumere in merito al contesto, l�attualit� 
dell�interesse alla realizzazione e gestione delle opere previste in termini di 
urgenza incompatibili con l�ipotizzata rinnovazione della procedura selettiva, 
nonch� la permanenza della corrispondenza del quadro finanziario alla consistenza 
attuale degli oneri realizzativi. 

Nei sensi suesposti � la consultazione richiesta su cui si � pronunciato il 
Comitato Consultivo di questa Avvocatura. 

Istanza rimborso spese legali nel 
caso di un �atto plurimo� di diniego 

PARERE 02/12/2013-480871, AL 45095/07, SEZ. V, AVV. ENRICO DE GIOVANNI 

Con riferimento alla nota cui si risponde si rappresenta quanto segue. 

Il Gen. (...) (insieme con altri ufficiali) � stato processato ed assolto dalla 
Corte dei Conti - con compensazione delle spese del giudizio - dall'accusa di 
aver causato danno erariale nell'ambito del disastro di Ustica, con sentenza 


della Sez. Giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei Conti (confermata 
in appello con sentenza della Prima Sez. Centrale d'Appello), giudizio 
cui aveva dato corso la Procura Contabile ancor prima della conclusione del 
procedimento penale dinanzi alla Corte di Assise di Roma, poi conclusosi con 
il proscioglimento di tutti gli imputati (tra cui l'istante in argomento). 

Il Gen. (...) (cos� come gli altri colleghi assolti) inviava richiesta di rimborso 
delle spese a codesta Direzione Generale che, per�, con atto cumulativo 
(indirizzato a tutti gli istanti) dell�11/10/2007 rigettava l'istanza. 

Nella vicenda del rimborso delle spese legali si instaurava un giudizio di 
interpretazione della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Centrale sulla 
parte del dispositivo delle sentenze di proscioglimento riguardante la compensazione 
delle spese e, anche, sulla spettanza del richiesto rimborso, giudizio 
definito con sentenza affermante la non spettanza del rimborso. 

Tutti gli interessati, compreso l'ufficiale in oggetto, impugnavano la sentenza 
"di interpretazione" con ricorso per difetto di giurisdizione alle SS.UU. 
della Cassazione che accoglievano il ricorso, ritenendo che con la sentenza 
impugnata si era "inteso pregiudicare, in maniera vincolante, una decisione 
da adottare in altra sede giurisdizionale", cassava senza rinvio la sentenza 
della Corte dei Conti. 

Tutti i destinatari dell�atto di rigetto (compreso il Gen.(...)) lo avevano, 
intanto, impugnato con distinti ricorsi innanzi al TAR Lazio, ricorsi tutti rigettati 
dal TAR Lazio con distinte pronunce. 

Mentre l'istante non impugnava la sentenza che lo riguardava (che cos� 
passava in giudicato) gli altri colleghi, invece, ricorrevano in appello al Consiglio 
di Stato il quale accoglieva i ricorsi e riformava le sentenze del TAR dichiarando 
espressamente il diritto al rimborso e annullando la nota 
dell'11/10/2007 indirizzata ad essi ed anche al Gen. (...). 

Alle decisioni del Consiglio di Stato faceva seguito l'invio delle notule 
alla Scrivente da parte di codesta D.G. per i relativi pareri di congruit� di questa 
Avvocatura sui singoli rimborsi. 

Il Gen. (...), prendendo atto che suddette pronunce del Consiglio di Stato 
avevano espressamente annullato la nota impugnata dai colleghi e conseguentemente 
affermato il diritto degli originari istanti al rimborso in questione, ha 
inviato in data 7 febbraio 2013 apposita istanza (sottoscritta anche dal proprio 
legale) con cui chiede: 

1) in via principale, l'accoglimento ora per allora dell'istanza 6 marzo 
2007 per il rimborso delle spese legali relative al primo e al secondo grado 
del processo subito innanzi alla Corte dei Conti, ritenendo che le sentenze del 
Consiglio di Stato (rese in giudizi vertenti sul medesimo fatto e sulle stesse 
questioni di diritto) abbiano "eliminato dall'ordinamento giuridico" la nota di 
diniego dell'11/10/2007; 


2) in via subordinata, l'annullamento o revoca in via di autotutela della 
suddetta nota (rispettivamente ex art. 21 octies o ex art. 21 quinquies c.1 della 

L. 241/1990) ed il conseguente accoglimento ora per allora della predetta 
istanza per il rimborso delle spese legali. 

All�istanza viene allegata anche una lettera dell�avv. S.G. con cui si dichiara 
di rinunciare, nei confronti del proprio Cliente, agli importi dovuti per 
i giudizi successivi alle sentenze di assoluzione della Corte dei conti (giudizio 
di interpretazione, ricorso alle SS.UU., ricorso al TAR), quantificati in una 
parcella pro forma pure allegata, e si precisa che residuano �i soli importi di 
cui alla nota pro forma del 2007, ridotti alla met��. 

Su quanto chiesto dall'istante si chiede il parere della Scrivente. 

Ci� posto, l�istanza in questione, anche come sopra delimitata, non pu� 
essere accolta, sotto alcun aspetto. 

Va premesso che l�istanza non sarebbe in ogni caso accoglibile (anche se 
non fosse stata rinunziata) nella parte in cui essa si riferisce a giudizi che non 
hanno avuto ad oggetto la responsabilit� (o meno) dell�alto Ufficiale (cio� 
quelli di interpretazione avanti alla C. Conti e di impugnazione alle SS.UU.), 
non potendo comunque rientrare nell�ambito dell�art. 18 D.L. n. 67/97 e nella 
parte in cui si riferisce al giudizio avanti al TAR promosso contro il diniego 
di codesto Ministero, avente ad oggetto il rimborso, ma conclusosi con sentenza 
sfavorevole all�istante, non appellata e quindi passata in giudicato, per 
cui a tale titolo nulla potrebbe essere dovuto (le spese sono regolate, in tale 
ipotesi, dal giudice). 

Limitandoci pertanto all�effettivo oggetto dell�istanza di rimborso si osserva: 


A) Quanto richiesto in via principale non merita accoglimento. 

Infatti, l'annullamento della nota dell'11/10/2007 da parte di pi� decisioni 
del C.d.S. non comporta l'automatico annullamento di essa per tutti i destina-
tari di essa. 

Tale nota, infatti, non � un atto generale, bens� un atto plurimo (il medesimo 
contenuto � destinato a pi� soggetti individuati a priori). 

Come ogni atto plurimo la nota in questione � scindibile in tanti atti quanti 
sono i destinatari, atti che, pur avendo contenuto identico, riguardano individualmente 
e separatamente ciascun destinatario. 

Di conseguenza l'annullamento dell'atto da parte del G.A. va a beneficio 
dei soli destinatari che lo abbiano impugnato, mentre esso rimane efficace nei 
confronti degli altri. Perci�, quanto chiesto in via principale non pu� essere 
accolto. 

B) Quanto alla domanda proposta in via subordinata si osserva che 
nella specie, anche considerato l�elevato importo richiesto, non sembrano sus



sistere concrete e attuali �ragioni di interesse pubblico� (che, ex art. 21 nonies, 

L. n. 241/90, costituiscono requisito essenziale per qualsiasi annullamento 
d�ufficio), che vadano al di l� di un generico interesse alla legalit�, n� sopravvenuti 
motivi di interesse pubblico o altre sopravvenienze di fatto o di diritto, 
che possano legittimare una revoca dell�atto di diniego, istituto comunque applicabile 
ai soli provvedimenti di durata (e non al mero diniego). 

In ogni caso, a un suo accoglimento osta il fatto dell�intervenuto giudicato 
negativo sulla medesima istanza. In particolare, il TAR del Lazio ha statuito 
che ҏ proprio la sentenza della Corte dei Conti ad affermare, in modo 
deciso, chiaro e tassativo, che � mancato un accertamento definitivo sulla responsabilit� 
amministrativa di parte ricorrente� per cui difetta �la condizione 
normativa imposta dalla fonte paradigmatica occorrendo, affinch� le spese 
legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti siano 
rimborsate dall�Amministrazione di appartenenza, il definitivo proscioglimento 
dell�agente nel merito� (sent. n. 21751/10). 

In tale situazione, qualunque sia la natura (paritetica o provvedimentale) 
che voglia attribuirsi all�atto di diniego, non pu� pensarsi ad un annullamento 
(e tanto meno a revoca) d�ufficio, in quanto il relativo atto, andando in diretto 
contrasto con il giudicato, sarebbe affetto da nullit�, ex art. 21 septies, L. n. 
241/90 (�1. E� nullo il provvedimento amministrativo che sia stato adottato 
� in violazione o elusione del giudicato� ): trattasi di un principio dettato dal 
doveroso rispetto del pronunciato giurisdizionale, risalente alla L. n. 1865, n. 
2248 All. E (art. 4) e che trova applicazione in tutti i campi del diritto (v. D.M. 
11 febbraio 1997, n. 37, art. 2: �Non si procede ad annullamento d�ufficio � 
per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole 
all�Amministrazione finanziaria�). 

D�altra parte, non si potrebbe nemmeno estendere il favorevole pronunciato, 
formatosi sull�appello degli altri Ufficiali interessati, ipotizzabile solo allorch� 
il pubblico dipendente non abbia partecipato al giudizio, ci� integrando 
una chiara elusione del giudicato suddetto ed ostandovi comunque il �divieto 
a tutte le Amministrazioni pubbliche di cui agli artt. 1, c. 2 e 70, c. 4, D.Lgs 30 
marzo 2001, n. 165, e succ. modif., di adottare provvedimenti per l�estensione 
di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato o comunque divenute esecutive, 
in materia di personale dell�Amministrazioni pubbliche� (L. 30 dicembre 
2004, n. 311, art. 2, c. 132; D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 41). 

Si ritiene pertanto, allo stato, che l�istanza di rimborso non possa essere 
accolta per insussistenza dei presupposti ed ostandovi l�intervenuto giudicato 
sul diniego a suo tempo disposto. 

Sulla questione si � pronunciato in conformit� il Comitato consultivo 
dell�Avvocatura Generale dello Stato nella seduta del 21 novembre 2013. 


Procedimento di ripetizione di somme indebitamente 
erogate al lavoratore da parte del datore di lavoro statale 

PARERE 04/12/2013-485731, AL 11277/13, SEZ. VII, AVV. GABRIELLA D�AVANZO 

Il quesito sottoposto all�esame trae origine dal contenzioso instaurato 
dalle nominate in oggetto - funzionarie di codesto Ministero, inquadrate nella 
posizione C3, ex IX q.f. - le quali, dopo avere percepito dall�Amministrazione 
soccombente le differenze retributive nei sensi statuiti dal Tribunale in accoglimento 
dei ricorsi da loro separatamente proposti, contestano la correttezza 
del procedimento di ripetizione delle medesime somme che l�Amministrazione 
ha effettuato nei loro confronti in esecuzione delle sentenze della Corte d�Appello, 
con le quali sono state integralmente riformate le pronunce di primo 
grado. 

Lamentano, infatti, le interessate che la restituzione delle predette somme 
� stata richiesta - nelle more del giudizio di legittimit� da loro introdotto per 
la cassazione delle sfavorevoli pronunce del Giudice d�appello - al netto dei 
contributi previdenziali e assistenziali, ma �al lordo delle ritenute erariali� 
(comprensivo, cio�, di quanto liquidato dall�Amministrazione quale sostituto 
di imposta). 

Ritengono invece le dipendenti che, sulla base dei principi enunciati in 
Cass. n. 1464/2012, �il datore di lavoro che debba procedere alla ripetizione 
di somme indebitamente erogate al lavoratore pu� esigere soltanto quanto effettivamente 
corrisposto, cio�, quindi, il netto dell�importo, ossia solo quanto 
di fatto sia entrato a far parte della sfera patrimoniale del lavoratore�. 

Con nota del 7 novembre 2012 l�Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale 
Normativa e Contenzioso, in risposta a istanza di interpello di codesto 
Ministero, ha confermato la correttezza del recupero delle somme di cui trattasi 
al lordo delle ritenute di legge, ritenute che erano state �operate legittimamente 
a suo tempo per effetto di una sentenza di primo grado�. 

Secondo l�Agenzia �lo strumento previsto dal legislatore per il recupero 
delle imposte relative a somme che hanno concorso al reddito in periodi di 
imposta precedenti e sono restituite al soggetto erogatore � offerto dall�articolo 
10, comma 1 lettera d - bis) del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) 
che ne prevede, a tal fine, la deducibilit� dal reddito complessivo delle persone 
fisiche (IRPEF)�. 

A conforto di tale conclusione viene richiamata la circolare del Ministero 
delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997, nella quale si legge che, �attraverso 
l�introduzione di un nuovo onere deducibile, pari, appunto, all�importo 
delle somme che in un periodo di imposta sono state assoggettate a tassazione 
e, successivamente, vengono rimborsate all�ente erogatore, il legislatore ha 
cercato di risolvere il problema del rimborso delle imposte pagate su somme 
percepite e assoggettate a tassazione secondo il criterio di cassa e poi resti



tuite al soggetto erogatore. Non essendo previsto, infatti, l�istituto delle sopravvenienze 
passive per i redditi tassati con il criterio di cassa, rimaneva 
dubbia l�esistenza di un supporto giuridico per procedere al rimborso delle 
imposte relative a somme che erano entrate nella disponibilit� del contribuente, 
ma che successivamente erano state restituite�. 

In relazione a quanto precede, l�Agenzia delle Entrate ha ritenuto non 
convincente la sentenza n. 1464/2012 della Corte di Cassazione sia perch� 
non risulta esaminato il citato art. 10, comma 1 lett. d-bis) del TUIR, che regola, 
appunto, il recupero delle imposte su somme costituenti reddito in anni 
precedenti restituite al soggetto erogatore, e sia perch� il considerare le somme 
oggetto di ritenuta come �non percepite e non entrate nel patrimonio del sostituito� 
non appare in linea con l�istituto della sostituzione di imposta, in 
quanto, si legge nella nota del 7 novembre 2012, �i redditi di lavoro dipendente 
sono tassati per cassa, ossia devono essere <percepiti> (cfr. art. 51, 
comma 1 del TUIR) e solo se si assume la percezione pu� essere applicata la 
ritenuta a titolo d�acconto da parte del sostituto <all�atto del pagamento> 
(cfr. art. 23, comma 1 del D.P.R. n. 600 del 1973)�. 

La Scrivente, esaminati gli atti, osserva quanto segue. 

A norma dell�art. 29 del citato DPR 29 settembre 1973, n. 600 il datore 
di lavoro statale effettua, all�atto del pagamento della retribuzione (la norma 
fa riferimento alle �somme ed i valori di cui all�articolo 23� del DPR 600 del 
1973, cio�, per quanto qui interessa, alle somme ed i valori determinati a 
norma dell�articolo 48 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 - Testo Unico delle 
imposte sui redditi ) �una ritenuta diretta in acconto dell�imposta� dovuta dai 
pubblici dipendenti. 

Il pagamento avviene, quindi, tramite sostituto di imposta ex art. 64 

D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - Disposizioni comuni in materia di accertamento 
delle imposte sui redditi: �, cio� il datore di lavoro che provvede al 
pagamento di imposte �in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili...� 
: in tal modo egli adempie a un�obbligazione altrui (quella del proprio 
lavoratore subordinato - contribuente sostituito) nei confronti dell�amministrazione 
finanziaria. 

Analogamente avviene, ai sensi dell�art. 23 del medesimo DPR n. 600 
del 1973, nel caso di lavoro privato o pubblico. 

� noto che la previsione dell�obbligo di pagamento a carico del datore di 
lavoro si giustifica con la particolare relazione in cui questi si trova con il presupposto 
di imposta, in quanto eroga le retribuzioni e i compensi assoggettati 
a tributo ed � in grado, per il rapporto che lo lega al lavoratore sostituito, di 
trasferire su di lui con estrema facilit� il peso economico dell�imposta versata, 
operando la rivalsa mediante il prelievo delle somme pagate da quelle dovute 
al dipendente per le prestazioni effettuate. 

Trattasi, in sostanza di una partita di giro che per�, per il datore di lavoro 


statale, si risolve in un pagamento virtuale dell�imposta, in quanto, a differenza 
di quanto avviene nel caso di lavoro privato, l�amministrazione statale, per il 
principio di unitariet� dello Stato, non versa una vera ritenuta al fisco. 

Ed � appunto tenendo conto della specificit� della riscossione a mezzo di 
�ritenuta diretta� e, quindi, del fatto che l�amministrazione statale non paga, 
a differenza del datore di lavoro privato, una vera ritenuta fiscale, che appare 
pi� consona al sistema, e, quindi preferibile, la scelta di effettuare la ripetizione 
delle somme al netto di quanto, sia pure giuridicamente, ma non effettivamente 
(arg. in Cass. Lav. n. 10942/2000) sia entrato nel patrimonio del dipendente. 

N� appare idoneo a condurre a una diversa conclusione l�argomento secondo 
cui l�introduzione della predetta lettera d-bis dell�art. 10, comma 1 del 
TUIR �si � resa necessaria proprio in quanto il sistema dei rapporti tra erario, 
sostituto e sostituito comporta che il recupero, a carico del contribuente, delle 
somme a suo tempo a lui erogate avvenga al lordo delle imposte che l�ente 
erogatore ha versato all�Erario in qualit� di sostituto�. 

La norma in esame, infatti, disponendo che rientrano tra gli oneri deducibili 
le somme �restituite al soggetto erogatore�� non comporta, necessariamente, 
che nelle predette somme debbano essere ricomprese anche le 
ritenute operate dal sostituto. 

Peraltro, la norma avrebbe una sua ratio anche nell�ipotesi di restituzione 
delle somme al netto dell�imposta, e, precisamente, il fine di configurare la 
spettanza di un rimborso nel caso in cui le somme restituite al netto (sommando 
ad esse figurativamente l�ammontare dell�imposta versata dal sostituto) 
concorrendo ad integrare il reddito, abbiano comportato per il 
contribuente un aggravio impositivo in seguito all�applicazione di un�aliquota 
maggiore, o anche nel caso di tassazione separata del reddito relativo ad annualit� 
anteriori. 

(� appena il caso di rilevare che la modifica del citato art. 10 prevista all�art. 
118 della legge di stabilit� 2014 non influisce sulla soluzione data al quesito 
in esame, in quanto essa riguarda le modalit� di recupero delle somme in 
tutto o in parte non dedotte nel periodo di imposta di restituzione). 

Non pu� infine non considerarsi che la scelta della restituzione al lordo 
delle somme comporterebbe, inevitabilmente, un aggravio del procedimento 
amministrativo, imponendo lo svolgimento di adempimenti fiscali in forme 
pi� costose e meno agevoli per il contribuente, conseguenze queste, non in 
linea con quanto prevede, in materia di �conoscenza degli atti e semplificazione�, 
l�art. 6, comma 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 - recante lo �Statuto 
dei diritti del contribuente� - le cui disposizioni costituiscono, a norma dell�art. 
1 della medesima legge, �principi generali dell�ordinamento tributario�. 

In relazione a quanto precede, tenuto conto della peculiarit� del sistema 
della riscossione a mezzo della �ritenuta diretta�, la Scrivente ritiene opportuno 
che codesto Ministero richieda la restituzione delle somme di cui trattasi 


al netto delle ritenute fiscali versate, rectius trattenute, in qualit� di sostituto 
di imposta, secondo i principi enunciati in materia sia dalla Corte di Cassazione 
con la richiamata pronuncia n. 1464/2012, che dal Consiglio di Stato 
(Sez. VI, n. 1164/2009; id., n. 2061/2005 e n. 1358/1998). 

Il suesposto parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo 
che, nella seduta del 30 ottobre 2013, si � espresso in conformit�. 

Riconoscimento del compenso assembleare di cui all�art. 2389, 
co. 1, cod. civ. in societ� controllate da pubbliche amministrazioni 

PARERE 19/12/2013-510784, CS 41118/13, SEZ. III, AVV. FABIO TORTORA 

Con la nota a riscontro codesto Istituto chiede di sapere se, alla luce della 
disciplina introdotta dall�art. 23 bis D.L. n. 201/11, come convertito dalla L. 

n. 214/11 e nel testo oggi vigente a seguito di ulteriori modifiche ed integrazioni, 
avente ad oggetto i �Compensi per gli amministratori e per i dipendenti 
delle societ� controllate dalle pubbliche amministrazioni�, possa addivenirsi 
alla possibilit� di attribuire all�amministratore delegato della controllata (...) 

S.p.A. il compenso assembleare di cui all�art. 2389, comma 1 c.c., o se lo 
stesso debba intendersi riassorbito nella retribuzione percepita per il rapporto 
di lavoro ove quest�ultima fosse superiore al limite stabilito dalle fasce individuate 
nell�Atto di Governo n. 27. 

Premesso che tale ultimo Atto, sottoposto a parere parlamentare, non � 
ancora efficace, con lo stesso il Governo, in ottemperanza al preciso disposto 
dell�art. 23 bis, comma 1, del detto D.L. n. 201/11, ha inteso individuare tre 
fasce dimensionali nelle quali includere le societ� controllate direttamente o 
indirettamente dal MEF, ad esclusione di quelle quotate e di quelle che emettono 
strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, 
ci� al fine di parametrare in misura differenziata e proporzionale la determinazione 
degli emolumenti previsti dall�art. 2389, comma 3 c.c. (�La rimunerazione 
degli amministratori investiti di particolari cariche in conformit� dello 
statuto � stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio 
sindacale. Se lo statuto lo prevede, l�assemblea pu� determinare un importo 
complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi 
quelli investiti di particolari cariche� ). 

Il legislatore, con l�introduzione del comma 5 bis del detto art. 23 bis (ad 
opera dall�art. 2, comma 20 quater, lett. b), D.L. n. 95/12, convertito, con modificazioni, 
dalla L. n. 135/12), ha esteso tale previsione limitativa dei com



pensi ex art. 2389, comma 3 c.c. a tutte le societ� non quotate, direttamente o 
indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (e non solo dal 
MEF), disponendo che il detto compenso �non pu� comunque essere superiore 
al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Sono 
in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono 
limiti ai compensi inferiori a quello previsto al periodo precedente�, con 
ci� introducendo un tetto specifico di commisurazione massima dei detti emolumenti 
del quale l�Atto di Governo sembra avere fatto piena applicazione. 

Senza entrare nel merito della metodologia utilizzata dal Governo per la 
individuazione delle dette fasce dimensionali, allo stato la societ� Editalia 
S.p.A., controllata di IPZS, appare rientrare nella terza delle medesime, per la 
quale il limite massimo degli emolumenti ai sensi dell�art. 2389, comma 3, 

c.c. � stato fissato dal detto Atto di Governo al 50% del trattamento economico 
vigente per il Primo Presidente della Corte di Cassazione. 

Come messo in luce da codesto istituto l�Atto di Governo, peraltro, aggiunge, 
oltre quanto disposto dalla norma primaria cui d� attuazione (id est 
art. 23 bis menzionato), una ulteriore indicazione precettiva, laddove prevede 
all�art. 3 comma 3: �Nei casi in cui l�amministratore con deleghe sia anche 
dirigente della societ�, sulla base di un rapporto di lavoro instaurato prima 
del 28 settembre 2007, nella determinazione del compenso ex art. 2389, 
comma 3, ai fini del rispetto del limite stabilito dai precedenti commi, si computa 
anche la retribuzione percepita per il rapporto di lavoro. Qualora la retribuzione 
percepita per il suddetto rapporto di lavoro risulti superiore al 
limite stabilito per la relativa fascia, tale retribuzione viene considerata corrisposta 
anche a titolo di compenso ex articolo 2389 comma 3�. 

Tale specificazione appare applicabile al caso di specie, posto che l�Amministratore 
delegato della Editalia S.p.A. �, allo stato, direttore generale della 
medesima, assunto nella qualit� con contratto a tempo indeterminato in data 
antecedente al 28 settembre 2007. 

Stante quanto sopra allora, ed in ossequio alle norme richiamate e alle 
specifiche disposizioni dell�Atto di Governo, al medesimo soggetto indicato 
sembrano applicabili i limiti ivi previsti, dovendosi intendere che allo stesso 
non possa attribuirsi ulteriore compenso ex art. 2389, comma 3 c.c. ove il suo 
trattamento sia gi� superiore al limite stabilito per la relativa fascia (�Qualora 
la retribuzione percepita per il suddetto rapporto di lavoro risulti superiore 
al limite stabilito per la relativa fascia, tale retribuzione viene considerata 
corrisposta anche a titolo di compenso ex articolo 2389 comma 3�). 

Tale interpretazione appare sufficientemente lineare e non necessita di 
ulteriore specificazione. 
Altra e diversa conclusione, invece, va rappresentata per il differente compenso 
previsto dall�art. 2389, comma 1 c.c. (�I compensi spettanti ai membri 


del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all�atto 
della nomina o dall�assemblea�). 

Tale compenso, infatti, � previsto per tutti i componenti del Consiglio di 
Amministrazione, a prescindere dalle deleghe esercitate, e costituisce solitamente 
una posta di valore decisamente minore, se non di modesta entit�, poich� 
non remunerativa delle dette deleghe o dei particolari incarichi svolti. 

Come tale, infatti, non viene considerato dall�intero disposto normativo 
dell�art. 23 bis D.L. n. 201/11, n� dall�Atto di Governo che a tale disposto d� 
attuazione. 

La norma citata, infatti, fa riferimento a fini limitativi (ed in pi� punti) ai 
soli emolumenti specificamente previsti dall�art. 2389, comma 3 c.c., in quanto 
remunerativi di deleghe anche complesse esercitate da (alcuni dei) componenti 
del Consiglio di Amministrazione, ma mai a quelli �generici� di cui all�art. 
2389, comma 1 c.c.. 

La ratio di tale norma limitativa, verosimilmente, appare quella di evitare 
che agli amministratori delegati delle societ� controllate o a componenti del 

C.d.A. con particolari incarichi possano attribuirsi compensi sproporzionati 
fuori del controllo dell�Assemblea, ed in contrasto con le notevoli criticit� economiche 
e finanziarie degli ultimi anni che hanno indotto il legislatore ad intervenire 
con numerosi provvedimenti di cd. spending review a ritarare la spesa 
complessiva della macchina amministrativa. 

Ci� non sembra avvenire con il compenso semplice dei componenti del 
C.d.A., anche per il diverso meccanismo di controllo della sua determinazione 
(atto di nomina o assemblea), oltre che per la sua tendenziale tenuit�, dovuta 
come detto alla sua natura non remunerativa di deleghe o particolari incarichi 
svolti. 

Nessuna utile argomentazione, in proposito, sembra poi potersi dedurre 
dalla lettura dei due pareri rilasciati dal Consiglio di Stato in materia, e richiamati 
puntualmente nel corpo dell�Atto di Governo (Adunanza Generale n. 559/13, e 
Adunanza della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi n. 2648/13). 

Contrariamente a quanto ritenuto da codesto Istituto nella parte finale 
della nota a riscontro, peraltro, � possibile rinvenire anche in questo caso una 
norma limitativa dei compensi assentibili per l�ipotesi, ricorrente in termini, 
di componente del Consiglio di amministrazione che sia allo stesso tempo 
anche dipendente della societ� medesima. 

Resta, infatti, fermo nella ipotesi specificata anche in relazione a tale compenso, 
pur escluso dalla disciplina suddetta, il limite massimo introdotto, con 
valenza generale per tutte le societ� controllate, dal comma 5 ter del detto art. 
23 bis (anch�esso introdotto dall�art. 2, comma 20 quater, lett. b), D.L. n. 
95/12, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 135/12), che recita: �Il trattamento 
economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle societ� non 
quotate di cui al comma 5-bis non pu� comunque essere superiore al tratta



mento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Sono in ogni 
caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti 
ai compensi inferiori a quello previsto al periodo precedente�. 

Essendo la individuazione delle fasce funzionale e specificamente prevista 
per la determinazione del solo compenso previsto dall�art. 2389, comma 3 c.c. 
come indicato dalla norma che la dispone, non appare possibile utilizzare tale parametro 
(la fascia di riferimento) anche per il diverso compenso in discussione. 

Sul parere, costituente questione di massima, � stato sentito il Comitato 
Consultivo che, nella seduta del 17 dicembre 2013, si � espresso in conformit�. 

Oneri ed incentivi ex art. 92, co. 5, D.Lgs. n. 163/2006 

PARERE 21/12/2013-513720/23, CS 4955-6145/13, SEZ. VII, AVV. MARCO STIGLIANO MESSUTI 

Con due diverse note vengono sottoposti diversi quesiti attinenti agli incentivi 
ed ai compensi per collaudo statico, per collaudo tecnico-amministrativo, 
per l�espletamento di attivit� di segreteria tecnico-amministrativa 
unificata, in regime di convenzione con altri enti. 

*** 

Con la nota prot. n. 12970 del 5 dicembre 2012, il Provveditorato Interregionale 
alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria fa riferimento ad una convenzione 
tra il medesimo Provveditorato e la Societ� di Gestione Expo 
2015-SOGE s.p.a. per l�espletamento di attivit� di collaudo e di attivit� di segreteria 
tecnico-amministrativa unificata, premesso che, ai sensi dell�art. 4, 
comma 9, DPCM 22 ottobre 2008, �la SOGE, sulla base di convenzioni pu� 
anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati 
e pu� disporre di personale comandato degli stessi�. 

Il Provveditorato chiede quindi: 

1) �se l�incentivo alla progettazione ex art. 92 del D. Lgs. n. 163/2006 
possa considerarsi giuridicamente un emolumento retributivo ovvero un compenso 
per prestazioni occasionali, ancorch� di carattere professionale, poich� 
prestate da dipendenti appartenenti all�Amministrazione�, tenendo presente 
che, ai sensi dell�art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, viene riassegnato ad apposito 
capitolo di bilancio l�importo corrispondente al 50% dei �compensi� 
spettanti al dipendente pubblico per l�attivit� di collaudo in sede di contratti 
di lavori, servizi e forniture; 

2) �se debba ritenersi applicabile il disposto di cui all�art. 61, comma 9, 

D.L. n. 112/2008, in caso di erogazione dell�incentivo di cui all�art. 92 del decreto 
legislativo 163/2006�; 


3) �se la convenzione stipulata fra Expo 2015 s.p.a. ed il Provveditorato 
Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria, per effetto delle 
previsioni normative di cui al DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni, costituisca 
di fatto espletamento di compiti di istituto�, posto che l'espletamento 
di compiti di istituto rappresenta il presupposto imprescindibile per l'assegnazione 
degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. 

Al riguardo si osserva quanto segue. 

*** 

1-2) I primi due quesiti formulati dal Provveditorato Interregionale alle 
OO.PP. per la Lombardia e la Liguria impongono di valutare se, in definitiva, 
gli incentivi di cui all�art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, siano assimilabili 
ai "compensi" di cui all�art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, convertito in legge 
133/2008, ai fini dell�applicazione della ritenuta del 50 % prevista da quest�ultimo 
disposto. 

D'altra parte, questa valutazione si impone dal momento che la ritenuta 
prevista espressamente per gli incentivi ex art. 61, comma 8, D.L. n. 112/2008, 
� stata abrogata dall'art. 1, comma 10-quater, lett. b), D.L. n. 162/2008; si 
chiede dunque di verificare se, abrogata la ritenuta di cui all'art. 61, comma 8, 

D.L. n. 112/2008, non sia forse applicabile quella di cui all'art. 61, comma 9, 
tuttora vigente. 

Ci� detto, occorre preliminarmente osservare che gli incentivi ex art. 92, 
comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, possono essere assegnati per l'attivit� di segreteria 
tecnico-amministrativa unificata, soltanto se questa attivit� ha ad oggetto 
un "contributo intellettuale e materiale all'attivit� del responsabile del procedimento, 
alla redazione del progetto, del piano della sicurezza, alla direzione 
dei lavori ed alla loro contabilizzazione" (art. 4, comma 4, lett. g), del 

D.M. Infrastrutture e Trasporti del 17 marzo 2008, n. 84). Occorre motivare i 
provvedimenti di riconoscimento e di ripartizione degli incentivi in tal senso. 

Ad ogni buon conto, nonostante la natura retributiva degli incentivi ex 
art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006 (Cassazione, Sez. lav., 8 novembre 2012, 

n. 19328; 27 luglio 2010, n. 17536), gli stessi non sono assimilabili ai "compensi" 
di cui all'art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, ai fini dell'applicazione 
della ritenuta del 50 % da destinare ad apposito capitolo di bilancio. 

In primo luogo, infatti, � soltanto il comma 8 dell'art. 61, D.L. n. 
112/2008, che, prima della sua abrogazione, riguardava espressamente gli incentivi 
ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl., destinandoli �nella misura 
dello 0,5 per cento alle finalit� di cui alla medesima disposizione e, nella misura 
dell�1,5 per cento, � versata ad apposito capitolo dell�entrata del bilancio 
dello Stato�. Per converso, l'art. 61, comma 9, D.L. n. 112/2008, riguarda i 
compensi per attivit� professionali del pubblico dipendente, espletate occasionalmente, 
al di fuori dei compiti di istituto e dell'orario di lavoro. 

Tali conclusioni sono avvalorate da alcuni obiter dicta della Corte Costi



tuzionale, per cui: �Il comma 8 dell�art. 61 si riferisce all�incentivo, �non superiore 
al due per cento dell�importo posto a base di gara di un�opera o di un 
lavoro�, che, ai sensi dell'art. 92, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 
2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture 
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), Ǐ ripartit[o], per ogni 
singola opera o lavoro, con le modalit� e i criteri previsti in sede di contrattazione 
decentrata e assunti in un regolamento adottato dall�amministrazione, 
tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, 
del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonch� 
tra i loro collaboratori�. Il censurato comma 8 dell'art. 61, a decorrere dal 1� 
gennaio 2009, ha ridotto tale percentuale, disponendo che essa possa essere 
destinata solo nella misura dello 0,5 per cento alla finalit� di incentivo prevista 
dal codice dei contratti pubblici, dovendo invece, nella misura dell'1,5 per 
cento, essere �versata ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello 
Stato�. Il legislatore ha in s�guito abrogato la disposizione impugnata (con 
l'art. 1, comma 10-quater, lettera b), del decreto-legge n. 162 del 2008), salvo 
reintrodurre, in un momento ancora successivo (con l'art. 18, comma 4-sexies, 
del decreto-legge n. 185 del 2008), una disposizione identica a quella abrogata, 
che � attualmente contenuta nel vigente comma 7-bis dell'art. 61�. Il comma 
9 dell�art. 61 riguarda, invece, i compensi spettanti ai dipendenti pubblici perarbitrati o collaudi. La norma dispone che sia versato direttamente ad apposito 
capitolo del bilancio dello Stato il 50 per cento dei compensi spettanti ai dipendenti 
pubblici per l�attivit� di componente o di segretario del collegio arbitrale 
e per i collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi 
e forniture. La disposizione precisa che il predetto importo � riassegnato al 
fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio 
dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli organi di auto-
governo del personale di magistratura e dell'Avvocatura generale dello Stato 
ove esistenti� (Corte Costituzionale, 30 dicembre 2009, n. 341). 

In secondo luogo, invece, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 
163/2006, sono diversi rispetto ai veri e propri compensi professionali, ancorch� 
entrambi possano avere ad oggetto l'attivit� di collaudo. 

D'altra parte, l'incentivo viene corrisposto in ragione della partecipazione 
del pubblico dipendente alla complessiva attivit� di progettazione, pianificazione, 
collaudo, ecc., al di l� della sua qualifica professionale, nell�ambito dei 
compiti di istituto e durante l�orario di lavoro, sempre che l'attivit� svolta costituisca 
un valore aggiunto rispetto alle prestazioni attese dal dipendente medesimo 
(ARAN, Orientamenti applicativi, RAL1081). 

Per contro, il compenso viene corrisposto in ragione della qualifica professionale 
posseduta dal pubblico dipendente ed in ragione della sua effettiva, 
specifica ed occasionale partecipazione all�attivit� di progettazione, pianificazione, 
collaudo, ecc., al di fuori dell�orario di lavoro ed al di l� dei compiti 


di istituto cui � assegnato il pubblico dipendente medesimo. 

Sulla distinzione tra incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl., 
ed i compensi per attivit� professionali (cfr. C. Conti Piemonte, Sez. contr., 
delibera, 30 agosto 2012, n. 290); Cassazione, 16 giugno 2009, n. 13941; sui 
presupposti per il riconoscimento di compensi professionali a favore dei dipendenti, 
(cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 9 settembre 1999, n. 1027; 2 novembre 
1998, n. 1571). 

Pertanto, la natura retributiva degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. 

n. 163/2006, non osta a che: a) gli incentivi medesimi non siano strutturalmente 
assimilabili ai compensi per attivit� professionale prestata dal pubblico 
dipendente; b) l�art. 61, comma 9, D. L. n. 112/2008, riguardi i soli compensi 
per attivit� professionali, e non pure gli incentivi di cui trattasi, ricordando 
come le prestazioni patrimoniali imposte dal decreto delegato del 2008 devono 
essere sottoposte ad interpretazione restrittiva, ai sensi dell�art. 23 Cost. 

Da quanto esposto emerge che, ai fini dell�applicazione dell�art. 61, 
comma 9, D.L. n. 112/2008, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 
163/2006, non sono assimilabili a compensi per prestazioni professionali, n� 
sono soggetti alla ritenuta del 50 %, da destinare ad un apposito capitolo del 
bilancio dello Stato come misura di contenimento dei costi per realizzare obiettivi 
di finanza pubblica. 

3) Con il terzo quesito, il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per 
la Lombardia e la Liguria chiede di verificare se, ai fini dell�applicazione del-
l�art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, l�espletamento di attivit� di collaudo 
e di segreteria tecnico-amministrativa unificata rientri tra i compiti di istituto 
di codesto Provveditorato, ai sensi e per gli effetti della disciplina dettata dal 
DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni. 

Preliminarmente occorre osservare che il DPCM 22 ottobre 2008 e ss. 
modificazioni � stato abrogato dal DPCM 6 maggio 2013. 

Ad ogni modo, specularmente rispetto a quanto prevedeva l�art. 4, comma 
9, del DPCM 22 ottobre 2008, anche l�art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, 
stabilisce che: �La Societ� EXPO 2015 p.a., sulla base di convenzioni, pu� 
anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati 
e pu� disporre di personale comandato dagli stessi, nonch� pu� avvalersi 
degli enti fieristici, senza scopo di lucro, con sede in Lombardia e operativi a 
livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli 
enti locali interessati, ovvero delle persone giuridiche da questi controllate�. 

Tutto ci� premesso, al fine di valutare se le attivit� di collaudo e di segreteria 
tecnico-amministrativa unificata rientrino tra i compiti di istituto del 
Provveditorato alle OO.PP., occorre esaminare: a) cosa debba esattamente intendersi 
per compiti di istituto e se, in particolare, questi ultimi equivalgono 
agli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata amministrazione o 
di un determinato ente pubblico; b) se la SOGE s.p.a. sia una societ� in house, 


la quale esercita un'attivit� prevalentemente nei confronti delle pubbliche amministrazioni 
interessate, tra le quali si annovera il Ministero delle Infrastrutture 
e dei Trasporti; c) se l'avvalimento dei Provveditorati alle OO.PP. da parte 
della SOGE s.p.a. corrisponde ad una comunanza di interessi pubblici tra i 
soggetti in questione; d) se le convenzioni stipulate dai Provveditorati con la 
SOGE s.p.a. rappresentino misure attuative dell'avvalimento, nonch� accordi 
ex art. 15, l. n. 241/1990, con cui le amministrazioni disciplinano �lo svolgimento 
in collaborazione di attivit� di interesse comune�. 

Con riferimento alla questione sub a), i compiti di istituto equivalgono 
agli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata amministrazione o 
di un determinato ente pubblico (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2007, 

n. 4060; Sez. V, 9 settembre 1999, n. 1027). 

Inoltre, ai sensi del comb. disp. dell'art. 9, comma 2 lettera c), DPR n. 
211/2008, e dell'art. 42, comma 1, lett. a), b), d-bis), d-ter), d-quater), D.Lgs. 

n. 30 luglio 1999, n. 300, tra i compiti di istituto dei Provveditorati alle OO.PP. 
rientra, inter alia: a) l'attivit� di supporto su base convenzionale nella programmazione, 
progettazione ed esecuzione di opere anche di competenza di 
amministrazioni non statali, anche ad ordinamento autonomo, economico e 
non, nonch� di enti ed organismi pubblici; b) la programmazione, finanziamento, 
realizzazione e gestione in proprio delle reti infrastrutturali di interesse 
nazionale, come quelle relative ad Expo 2015, ai sensi dell'art. 1, comma 1, 
allegato 1, DPCM 6 maggio 2013. 

Con riferimento alla questione sub b), la SOGE s.p.a., organismo di 
diritto pubblico ai sensi dell'art. 3, D.Lgs. n. 163/2006, � altres� una societ� in 
house. 

Secondo la giurisprudenza Teckal della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 
nonch� secondo la giurisprudenza amministrativa, una societ� � in 
house se l'amministrazione pubblica esercita sulla stessa un controllo analogo 
a quello esercitato sui propri servizi, nonch� se la societ� svolge la sua attivit� 
prevalentemente con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (Corte di Giustizia 
delle Comunit� Europee, Sez. V, Teckal srl c. Comune di Viano e Azienda 
Gas - Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia, 18 novembre 1999, causa 
C-107/98; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5). 

Elementi sintomatici del controllo analogo sono: a) la totalit� della partecipazione 
pubblica al capitale sociale, con annessa incedibilit� delle azioni 
a privati; b) la derivazione dello statuto e dell'atto costitutivo della societ� in 
house da un provvedimento autoritativo o legislativo-regolamentare; c) il potere 
di nomina di una parte consistente del management e del collegio sindacale 
da parte del soggetto controllante pubblico; d) il potere del soggetto 
controllante pubblico di determinare le scelte strategiche della societ� in house 
(Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, Parking Brixen, 13 novembre 
2005, causa C-458/04; Agusta spa, 8 aprile 2008, causa C-337/05; Consiglio 


di Stato, Sez. V, 30 settembre 2010, n. 7214; 24 settembre 2010, n. 7092; 9 
marzo 2009, n. 1365; 3 febbraio 2009, n. 591; CGA, 4 luglio 2007, n. 719). 

Per contro, si ha lo svolgimento di attivit� prevalentemente nell'interesse 
delle amministrazioni quando, sia con riguardo all'oggetto sociale, sia con riguardo 
all'attivit� concretamente esercitata, la societ� realizza lavori, servizi 
e forniture in misura quantitativamente e qualitativamente preponderante per 
e per conto dell'amministrazione controllante (Corte di Giustizia delle Comunit� 
Europee, Grande Sezione, 12 dicembre 2002, causa C-270/99; Sez. II, 17 
luglio 2008, causa C-371/2005). 

Si dice che l'in house � convenzionato quando un ente pubblico affida, con 
convenzione ex art. 15 l. n. 241/1990, un appalto a favore di una societ� controllata 
da un altro ente. In tale ipotesi, l'affidamento in house senza gara � stato 
ritenuto illegittimo, perch� vi deve essere coincidenza tra l'ente pubblico che 
esercita il controllo analogo ed il soggetto nei cui confronti � esercitata l'attivit� 
prevalente della societ� (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6736). 

L'in house, invece, si definisce frantumato quando molteplici enti pubblici 
partecipano al capitale della societ�, senza che nessuno di essi abbia singolarmente 
il controllo della stessa. In questo caso il controllo analogo � comunque 
assicurato dal coordinamento degli enti in esame per quanto attiene alla determinazione 
della strategia aziendale (Corte di Giustizia dell'UE, 29 novembre 
2012, Econord spa c. Comune di Varese; Corte di Giustizia delle Comunit� 
Europee, 13 novembre 2008, Coditel Bradant Sa; Consiglio di Stato, Sez. V, 
8 marzo 2011, n. 1447; 9 marzo 2009, n. 1365; 29 dicembre 2009, n. 8970; 31 
marzo 2009, n. 5082). 

Ne deriva che, sotto il profilo del controllo analogo, la SOGE s.p.a., organismo 
di diritto pubblico, � altres� una societ� in house (frantumato) in 
quanto: 

a) il capitale sociale � suddiviso tra Ministero dell'Economia e delle Finanze, 
Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Camera 
di Commercio di Milano, i quali sono enti interessati ad Expo 2015 (art. 6, 
DPCM 6 maggio 2013; art. 5, DPCM 22 ottobre 2008, sui tavoli interistituzionali 
tra gli enti interessati), secondo le quote stabilite con decreto del MEF 
(art. 5, comma 2, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 2, DPCM 22 ottobre 
2008); la frantumazione del capitale sociale non impedisce che i diritti di voto 
relativi alle quote azionarie siano esercitati secondo un'unica direttrice strategica, 
come dimostra la regolamentazione dei tavoli interistituzionali tra gli 
enti interessati ex art. 6, DPCM 6 maggio 2013; 

b) l'atto costitutivo e lo statuto sono predisposti dal Commissario Straordinario 
del Governo (art. 5, comma 1, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 
1, DPCM 22 ottobre 2008), mentre l'oggetto sociale � predeterminato per via 
regolamentare nel senso che la SOGE "realizza e fa realizzare le opere per la 
migliore riuscita di Expo 2015 [...] e organizza e gestisce Expo 2015" (art. 5, 


comma 4, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, comma 4, DPCM 22 ottobre 2008); 

c) il numero dei membri del consiglio di amministrazione (5) � fissato 
per via regolamentare e per via regolamentare sono fissate anche le modalit� 
di nomina del management (art. 5, comma 3, DPCM 6 maggio 2013; art. 4, 
comma 3, DPCM 22 ottobre 2008); 

d) la SOGE � tenuta a presentare un rendiconto periodico, anche finanziario, 
sulle opere da realizzare, mentre il rendiconto generale finanziario � 
approvato dal Ministro per l'Economia e le Finanze (art. 5, commi 5 e 7, 
DPCM 6 maggio 2013; art. 4, commi 5 e 7, DPCM 22 ottobre 2008). 

Ugualmente, sotto il profilo dell'attivit� svolta prevalentemente nell'interesse 
delle amministrazioni, la SOGE espleta la propria attivit� nell'esclusivo 
interesse degli enti pubblici che la controllano. Trattasi dunque di una societ� 
in house. 

Per converso, per quanto attiene al rapporto tra la SOGE ed il Provveditorato 
alle OO.PP., il quale si fonda su una convenzione tra i due enti, si esula 
dalla figura dell'in house convenzionato, istituto ritenuto illegittimo dal Consiglio 
di Stato. 

In effetti, l'in house convenzionato ha luogo quando la societ� non � controllata 
dall'ente pubblico affidante l'appalto, mentre svolge attivit� per quest'ultimo 
in base ad una convenzione. Nel caso all'attenzione della scrivente, 
invece, lo Stato (in cui il Provveditorato si inserisce) controlla la SOGE insieme 
ad altre amministrazioni (in house frantumato); inoltre, la SOGE svolge 
la sua attivit� esclusivamente nell'interesse delle pubbliche amministrazioni 
controllanti, incluso lo Stato, in vista della realizzazione di Expo 2015. 

Senza dimenticare come la convenzione tra il Provveditorato e la SOGE 
non � volta ad affidare ai dipendenti di quest'ultima o del MIT lo svolgimento 
di attivit� professionali. Al contrario, siffatta convenzione viene stipulata in 
virt� del potere/dovere di avvalimento delle amministrazioni interessate, ai 
sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. Tali amministrazioni, per�, 
non esercitano attivit� professionale esterna per conto della SOGE (art. 90, 
comma 1, lett. d) e ss., D.Lgs. n. 163/2006), il che sarebbe illegittimo (Consiglio 
di Stato, Sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5003). Piuttosto, le amministrazioni 
(e non i loro dipendenti presi singolarmente) concorrono, nell'ambito dei compiti 
di istituto, alla realizzazione di Expo 2015, insieme alla SOGE. 

In breve, la SOGE spa, la quale ha una soggettivit� giuridica distinta da 
quella delle amministrazioni, rappresenta un modulo istituzionale ed organizzativo 
ad hoc per il coordinamento e la realizzazione degli interventi connessi 
ad Expo 2015, i quali riguardano enti pubblici su diversi livelli, statale, regionale 
e locale. Di questo modulo organizzativo si avvalgono, tramite convenzioni, 
tutte le amministrazioni in questione per realizzare compiti di istituto in vista di 
un evento eccezionale. Specularmente, tramite le medesime convenzioni, la 
SOGE s.p.a. si avvale, ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, delle 


amministrazioni pubbliche interessate, come i Provveditorati alle OO.PP. 

Cos�, in un caso analogo, la Cassazione ha ritenuto che sussistesse la giurisdizione 
della Corte dei Conti sugli amministratori della societ� per la candidatura 
di Trieste ad ospitare l�Esposizione Universale, posto che le 
amministrazioni locali, anche tramite convenzioni, si avvalevano di tale 
organismo di diritto privato per perseguire finalit� istituzionali loro proprie 
(trattasi di compiti di istituto: Cassazione, Sez. Un., ordinanza, 9 maggio 
2011, n. 10063). 

Ci� detto, se da una parte la SOGE � societ� in house che svolge strutturalmente 
attivit� nell'interesse esclusivo delle pubbliche amministrazioni controllanti, 
dall'altra, vi � una coincidenza tra gli interessi/i compiti di istituto di 
queste ultime e l'oggetto sociale della SOGE medesima. D'altro canto, sotto il 
profilo letterale, � lo stesso art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, a sancire 
una comunanza di interessi e di compiti istituzionali tra la SOGE e gli "enti 
pubblici interessati" di cui la stessa pu� avvalersi. 

In particolare, la SOGE s.p.a., partecipata anche dallo Stato, ha tra i suoi 
compiti istituzionali la realizzazione delle opere pubbliche per Expo 2015. Al 
contempo, i Provveditorati Interregionali alle OO.PP. hanno sempre, come 
funzioni loro proprie, l'attivit� di supporto su base convenzionale nella programmazione, 
progettazione ed esecuzione di opere anche di competenza di 
amministrazioni non statali, anche ad ordinamento autonomo, economico e 
non, ovvero di Enti ed organismi pubblici, nonch� la programmazione, finanziamento, 
realizzazione e gestione in proprio delle reti infrastrutturali di interesse 
nazionale, come quelle relative ad Expo 2015. 

Con riferimento alla questione sub c), l'avvalimento dei Provveditorati 
alle OO.PP. da parte di altri enti � disciplinato: a) in via generale, dall'art. 90, 
comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006 (gi� art. 19, comma 3, l. quadro n. 
109/1994); b) in modo particolare, dall'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. 

L'istituto dell'avvalimento corrisponde ad un rapporto tra due o pi� amministrazioni 
in cui, in base ad una previsione legislativa o regolamentare (ad 
es., l'art. 90, D.Lgs. n. 163/2006; l'art. 19, comma 3, l. n. 109/1994; l'art. 5, 
comma 9, DPCM 6 maggio 2013), una amministrazione od un ente ha il potere 
(simile ad un diritto potestativo sostanziale) di utilizzare le strutture di una seconda 
amministrazione, sulla quale incombe il dovere specifico di fornirle, 
senza potersi rifiutare (Corte dei Conti, Sez. contr., 12 giugno 1996, n. 87). 
La materia oggetto di avvalimento, quindi, rientra tra i compiti di istituto della 
seconda amministrazione, posto che il dovere specifico di fornire le proprie 
strutture, ai sensi dell'art. 90, D.Lgs. n. 163/2006, deve essere previsto dalla 
legge o da un regolamento e posto che il regolamento o la legge individuano 
le funzioni, i compiti, i doveri delle varie amministrazioni e dei vari enti pubblici, 
in ossequio al principio di legalit� ex art. 97 Cost.. 

Ne deriva che, se ai sensi dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, la 


SOGE si avvale delle strutture del Provveditorato per attivit� di collaudo e di 
segreteria tecnico-amministrativa unificata, questa materia � oggetto di un dovere 
specifico, di una funzione, di un compito di istituto stabilito direttamente 
dalla legge a carico del Provveditorato medesimo. 

Con riferimento alla questione sub d), un accordo ex art. 15 l. n. 
241/1990 pu� essere definito come il patto tra pi� amministrazioni od enti sostanzialmente 
pubblici che, su un piano di parit�, regolano l'attivit� di interesse 
comune, ad esempio in virt� del potere di avvalimento affidato dalla legge ad 
una di esse (Corte dei Conti, Sez. contr., 12 giugno 1996, n. 87). Con gli accordi, 
in definitiva, le parti contraenti compongono in un quadro unitario gli 
interessi pubblici di cui ciascuna amministrazione � portatrice (Corte dei Conti, 
Sez. Giur. Reg. Puglia, 21 marzo 2003, n. 244). Entrambe le amministrazioni 
contraenti, per�, devono essere competenti ed avere ex lege la cura di interesse 
pubblico tale da legittimare la stipula dell'accordo (Consiglio di Stato, Sez. V, 
12 aprile 2007, n. 1707), sempre che la convenzione ex art. 15 cit. non si risolva 
nell'acquisizione senza gara di servizi presso un soggetto 
professionista/imprenditore (Consiglio di Stato, Sez. III, 25 gennaio 2012, n. 
324). Inoltre, la giurisprudenza amministrativa e di legittimit� ha pacificamente 
ammesso l'eventualit� che accordi ex art. 15, l. n. 241/1990, possano 
essere stipulati tra un'amministrazione ed una societ� in house, frantumato o 
meno (Cassazione, Sez. Un., ordinanza, 9 maggio 2011, n. 10063; Consiglio 
di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2007, n. 6736). 

Dunque, laddove la SOGE spa � una societ� in house che pu� avvalersi 
ex lege del Provveditorato, stipula con quest'ultimo una convenzione attuativa 
del potere di avvalimento (art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013). Questa 
convenzione, la quale pone su un piano di parit� un'amministrazione ed una 
societ� in house, � un accordo ex art. 15, l. n. 241/1990. Con questo accordo, 
il Provveditorato e la SOGE regolano attivit� di interesse comune, la quale 
pu� a sua volta essere regolata per via convenzionale solo in quanto entrambi 
gli enti coinvolti (incluso il Provveditorato) abbiano come compito di istituto 
la materia oggetto della convenzione medesima. 

Da quanto esposto emerge che l'espletamento di attivit� di collaudo e di 
segreteria tecnico-amministrativo unificata per conto della SOGE costituisce, 
nella specie, un compito di istituto del Provveditorato alle OO.PP., ai sensi 
dell'art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013. 

In primo luogo, infatti, i compiti di istituto coincidono con gli interessi 
che la legge affida alle cure delle amministrazioni e degli altri enti pubblici. 
In particolare, i Provveditorati alle OO.PP. provvedono all'attivit� di supporto 
su base convenzionale nella programmazione, progettazione ed esecuzione di 
opere anche di competenza di amministrazioni non statali, anche ad ordinamento 
autonomo, economico e non, nonch� di enti ed organismi pubblici. 

In secondo luogo, sotto il profilo letterale, l'art. 5, comma 9, DPCM 6 mag



gio 2013, menziona espressamente l'"interesse" degli enti pubblici, tra i quali i 
Provveditorati, rispetto alle attivit� che costituiscono l'oggetto sociale della SOGE 

s.p.a. (realizzazione delle opere e predisposizione dei servizi per Expo 2015). 

In terzo luogo, la SOGE s.p.a. � una societ� in house che, secondo la giurisprudenza 
Teckal della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, espleta 
la propria attivit� prevalentemente nell'interesse delle amministrazioni pubbliche 
partecipanti al capitale sociale. Ne deriva una comunanza di interessi 
pubblici e compiti di istituto tra la SOGE e le amministrazioni medesime, ivi 
compresi i Provveditorati, i quali sono ovviamente interessati alla realizzazione 
delle opere per Expo 2015. 

In quarto luogo, l'avvalimento di un'amministrazione pubblica da parte 
di un altro ente pubblico o di una societ� a partecipazione pubblica � sintomatico 
di una comunanza di interessi e compiti di istituto. 

In quinto luogo, le convenzioni attuative del potere di avvalimento o del 
dovere di concedere l'avvalimento sono veri e propri accordi ex art. 15, l. 
241/1990, strutturalmente volti a disciplinare attivit� di interesse comune. Ne 
deriva che, se le attivit� di collaudo e di segreteria tecnico-amministrativa unificata 
sono ad oggetto di una convenzione tra il Provveditorato e la SOGE, 
tali attivit� costituiscono, altres�, attivit� di interesse comune, nonch� compiti 
di istituto della SOGE e del Provveditorato medesimi. 

*** 

Con la nota prot. n. 16332 del 30 novembre 2012, il Provveditorato Interregionale 
alle OO.PP. per l�Emilia Romagna e le Marche fa riferimento ad 
una convenzione tra il medesimo Provveditorato, l�Universit� degli Studi di 
Parma ed il Comune di Parma-Assessorato ai Lavori Pubblici per la ristrutturazione 
ed il restauro dell�ex carcere di San Francesco, destinato ad ospitare 
strutture dell�ateneo parmense. 

Il Provveditorato chiede dunque: 

4) se, per i dirigenti delle pubbliche amministrazione, i compensi per incarichi 
di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo rientrino o meno nel 
trattamento economico dirigenziale, tenendo presente il principio di onnicomprensivit� 
della retribuzione spettante ai dirigenti medesimi; 

5) chi debba intendersi per membro interno ovvero esterno alla stazione 
appaltante ai fini dell�applicazione rispettivamente degli incentivi ex art. 92, 
comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero dei compensi per le attivit� professionali 
di collaudo tecnico-amministrativo, ai sensi dell'art. 90, comma 1, lett. d) e 
ss., D.Lgs. n. 163/2006, nonch� degli articoli 210, DPR n. 554/1999, e 238, 
DPR n. 207/2010; 

6) se, per le attivit� di collaudo tecnico-amministrativo svolte da dipendenti 
pubblici sulla base di convenzioni tra pi� amministrazioni, si debba fare riferimento 
- in deroga rispetto agli incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. Pubbl. 

- alle tariffe professionali di ingegneri ed architetti, posto che, ai sensi dell�art. 


120, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 163/2006, �nell�ipotesi di carenza di organico 
all�interno della stazione appaltante di soggetti in possesso dei necessari requisiti, 
accertata e certificata dal responsabile del procedimento, ovvero di difficolt� 
a ricorrere a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze 
specifiche in materia, la stazione appaltante affida l�incarico di collaudatore 
ovvero di presidente o componente della commissione collaudatrice a soggetti 
esterni scelti secondo le procedure e con le modalit� previste per l�affidamento 
dei servizi; nel caso di collaudo di lavori l�affidamento dell'incarico a soggetti 
esterni avviene ai sensi dell'articolo 91. Nel caso di interventi finanziati da pi�amministrazioni aggiudicatrici, la stazione appaltante fa ricorso prioritariamente 
a dipendenti appartenenti a dette amministrazioni aggiudicatrici sullabase di specifiche intese che disciplinano i rapporti tra le stesse�. 

Al riguardo si osserva quanto segue. 

*** 

4) Con riferimento al primo quesito formulato dal Provveditorato Interregionale 
alle OO.PP. per l�Emilia Romagna e le Marche, occorre valutare se 
il principio di onnicomprensivit� della retribuzione dei dirigenti subisce deroghe 
in relazione ai compensi per attivit� professionali oltre i compiti di istituto, 
nonch� in relazione agli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n.163/2006, 
strutturalmente connessi all'espletamento di compiti di istituto. 

Sul punto, il D.M. Infrastrutture e Trasporti del 17 marzo 2008, n. 84, 
reca le norme per la ripartizione dell'incentivo di cui all'art. 92, comma 5, 
D.Lgs. n. 163/2006. Questo decreto ministeriale nulla dispone in ordine alla 
spettanza dell'incentivo a favore dei dirigenti. 

Inoltre, la giurisprudenza amministrativa, civile e contabile � concorde 
nell�affermare che �il principio di onnicomprensivit� (art. 24, D.Lgs. n. 
165/2001), che concerne tutti gli incarichi conferiti ai dirigenti pubblici in ragione 
dell�ufficio o su designazione dell'amministrazione di appartenenza, 
trattandosi di attivit� connesse in maniera pi� o meno diretta al rapporto organico, 
tra dipendente pubblico ed amministrazione, il cui svolgimento pu� 
fra l�altro riflettersi direttamente sul raggiungimento degli obiettivi assegnati 
al medesimo dirigente, non esclude che gli stessi dipendenti possano espletare 
incarichi retribuiti a titolo professionale dall�amministrazione, ove ne ricorrano 
i presupposti legali e sempre che non costituiscano comunque espletamento 
di compiti di istituto� (inter alia, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 
marzo 2011, n. 1733). Le deroghe al principio di onnicomprensivit� del trattamento 
economico dirigenziale sono comunque soggette ad un regime applicativo 
restrittivo, mentre i compiti o finalit� di istituto sono interpretati in 
modo estensivo (cfr. Cassazione, Sez. lav., 24 febbraio 2011, n. 4531; Cons. 
Giust. Amm. Sic., 20 dicembre 2010, n. 1504). 

Ci� detto, occorre distinguere tra i compensi per attivit� professionale e 
gli incentivi. 


Anzitutto, come si � osservato nella risposta al quesito n. 1), i compensi 
per attivit� professionale vengono corrisposti soltanto nel caso in cui non siano 
espletati compiti di istituto. Dal mancato espletamento di siffatti compiti discende 
automaticamente l'estraneit� dei compensi in esame rispetto alle mansioni 
ordinarie del dirigente ed al principio di onnicomprensivit� della 
retribuzione ex art. 24, D.Lgs. n. 165/2001. 

Pi� complesso � il caso degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 
163/2006, i quali vengono assegnati se si espletano compiti di istituto. 

In questo caso, infatti, occorre verificare se, ai sensi dei contratti collettivi 
applicabili ratione temporis, siano previste altre forme di incentivazione che 
non rimangano assorbite nel trattamento economico accessorio dei dirigenti, 
rappresentato dalla retribuzione di posizione e di risultato. 

Sul punto, indipendentemente da quanto concerne i dirigenti del comparto 
regioni ed enti locali, i quali hanno un diverso contratto collettivo, con parere 

n. 173/2004 del 4 maggio 2005, l'Adunanza della Commissione Speciale Pubblico 
Impiego del Consiglio di Stato ha definitivamente affermato che, nelle 
amministrazioni statali e negli enti previdenziali, il principio di onnicomprensivit� 
della retribuzione assorbe qualsiasi compenso sia per gli incarichi affidati 
ai dirigenti nell'esercizio delle loro specifiche mansioni (ad esempio il 
ruolo di RUP), sia per gli incarichi ulteriori affidati discrezionalmente dal-
l'amministrazione statale in virt� di specifiche qualifiche professionali possedute 
(ad esempio l'incarico di collaudatore o di progettista): "La Commissione 
speciale deve osservare, in proposito, che il principio dell'onnicomprensivit�, 
di cui si discute, risulta ispirato al soddisfacimento di una pluralit� di esigenze, 
ed in ispecie risulta legato con un rapporto di stretta conseguenzialit� 
alla particolare posizione che assumono i dirigenti, nell'ambito dell'organizzazione 
della pubblica amministrazione, specie dopo la riforma relativa alla 
"privatizzazione" del rapporto di pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni. Come � 
noto, in base alla normativa suddetta ai predetti dirigenti � stata attribuita la 
diretta responsabilit� in materia di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, 
restando demandata agli Organi di governo la funzione di definire 
gli obiettivi ed i programmi da attuare, nonch� di verificare la rispondenza 
dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite. Un 
simile mutamento di prospettiva, quindi, ha sensibilmente accentuato l�ambito 
delle pur ampie responsabilit� gi� attribuite alla dirigenza dal d.P.R. 30 giugno 
1972, n. 748, e la disciplina mediante lo strumento contrattuale dei singoli 
rapporti ha coerentemente consentito non solo di rapportare la retribuzione 
all'impegno ed alla complessit� dei compiti connessi alle diverse posizioni organiche, 
ma anche di corrispondere un trattamento economico accessorio collegato 
ai risultati effettivamente conseguiti nell'espletamento dell'attivit�. In 
ogni caso va opportunamente sottolineato che il carattere contrattuale del 


rapporto di impiego implica necessariamente un incontro della volont� delle 
parti, anche per quanto riguarda la determinazione del compenso, che non 
viene ora rapportato a parametri rigidamente predeterminati per legge, come 
avveniva precedentemente pure per la categoria della dirigenza. Trattandosi, 
d'altronde, di un impegno di carattere esclusivo, nell'espletamento del quale 
il funzionario deve prestare tutta la sua opera (con le sole eccezioni previste 
per gli incarichi non compresi nei compiti e doveri d�ufficio, autorizzabili ai 
sensi dell�art. 53 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001), la corresponsione 
di un trattamento economico onnicomprensivo appare coerente con i 
fondamentali principi di correttezza e di trasparenza che debbono caratterizzare 
l'organizzazione dei pubblici uffici, e si palesa, altres�, maggiormente rispondente 
all'opportunit� di consentire un pi� equo e favorevole trattamento 
previdenziale e pensionistico per il personale in questione. Tenuto conto di 
quanto sopra, non appaiono fondate le perplessit� prospettate dal Ministero 
riferente (cui si � associato anche il Ministero dell'economia e delle finanze) 
in ordine alla applicazione del principio della onnicomprensivit� pure con riguardo 
agli incarichi ulteriori, comunque conferiti dall'Amministrazione. Anzitutto 
� da escludere che possa configurarsi, in una simile fattispecie, una 
prestazione imposta per unilaterale volont� di una delle parti, atteso che trattasi 
pur sempre di incarichi che debbono essere accettati dall'interessato e 
quest'ultimo, pertanto, pu� liberamente determinarsi nel senso di rifiutare l'ulteriore 
aggravio del carico di lavoro. N� appare pertinente l'obiezione secondo 
cui un simile rifiuto potrebbe riflettersi negativamente sulla valutazione finale 
dell'attivit� svolta, atteso che il conferimento di ampi poteri amministrativi e 
gestionali ai dirigenti comporta, inevitabilmente, la responsabilizzazione dei 
medesimi con riguardo a tutte le scelte ed alle opzioni effettuate nel corso 
dello svolgimento delle funzioni di competenza, anche con riferimento alla individuazione 
delle iniziative da intraprendere e alle attivit� da svolgere in 
concorrenza o in alternativa con altre, ai fini del conseguimento degli obiettivi 
di pubblico interesse da perseguire in base alle direttive generali impartite 
dagli Organi di governo. Per quanto concerne il rispetto del canone costituzionale 
relativo alla proporzionalit� della retribuzione alla quantit� e qualit� 
della prestazione lavorativa che, in ogni caso, deve essere sufficiente ad assicurare 
al lavoratore ed alla sua famiglia �una esistenza libera e dignitosa�, 
si rammenta che, come sottolineato dalla Corte costituzionale e come ampiamente 
ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, la proporzionalit� e sufficienza 
della retribuzione vanno valutate considerando la retribuzione nel 
suo complesso, e non in base ai singoli elementi che compongono il trattamento 
economico (Cfr. Corte Cost. 20 giugno 2002, n. 263; 12 marzo 2004, 

n. 91; Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7101). Per quanto riguarda 
specificamente l�aspetto della durata degli incarichi, poi, deve convenirsi con 
quanto osservato dal Dipartimento della funzione pubblica in ordine alla ir



rilevanza del carattere non continuativo dell�impegno richiesto, ai fini del-
l�assoggettamento del relativo compenso al regime della onnicomprensivit�. 
Nell'ipotesi di compensi dovuti dai terzi per incarichi aggiuntivi, dunque, ogni 
dubbio in proposito dovrebbe essere senz'altro superato con riguardo alla 
complessiva congruit� del trattamento economico spettante al dirigente. Deve 
tenersi conto, inoltre, dalla previsione, di cui all'articolo 14, comma 2, del 
contratto collettivo per la dirigenza sottoscritto il 5 aprile 2001, gi� sopra ricordato, 
secondo cui, allo scopo di remunerare il maggiore impegno e la maggiore 
responsabilit� dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi, viene 
loro corrisposta, ai fini del trattamento accessorio, oltre alla retribuzione di 
posizione e di risultato, una quota, in ragione del loro apporto, fino al 30% 
della somma che confluisce nel fondo di attuazione del principio di onnicomprensivit�. 
Pu� ritenersi, infatti, che una simile previsione, consentendo un 
trattamento differenziato e di particolare favore per i dirigenti maggiormente 
impegnati, sia comunque idonea a soddisfare le esigenze di carattere sostanzialmente 
perequativo segnalate dall'Amministrazione riferente". 

Inoltre, � principio pacifico in giurisprudenza che gli incentivi ex art. 92 
Cod. Cod. Contr. Pubbl. siano riconosciuti previa adozione di un provvedimento 
ampiamente discrezionale di accertamento, da parte del dirigente di prima fascia 

o da parte del dirigente seconda fascia delegato, in ordine all'attivit� di progettazione 
espletata ovvero in ordine alla sua perdurante effettiva utilit� per l'amministrazione 
(Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12 aprile 2011, n. 8344; Trib. Napoli, 
6 luglio 2012, L.A. e altri c. Universit� degli Studi di Napoli "Federico II" e 
altri; cfr. art. 5, comma 1, D.M. Infrastrutture 17 marzo 2008, n. 84). 

Secondo questa prospettiva, il dirigente generale o di I� fascia non ha poteri 
di controllo sulle performances dei dirigenti di II� fascia eventualmente 
delegati (fatto salvo il potere di sostituzione in caso di inerzia; art. 16, D.Lgs. 

n. 165/2001). Dunque, laddove il dirigente di II� fascia dovesse realizzare progetti, 
sarebbe egli stesso a dovere valutare i presupposti per il riconoscimento 
degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Sembrerebbe determinarsi, 
cos�, un potenziale conflitto di interessi tra il dirigente che esegue 
opere di progettazione ed il medesimo dirigente che deve valutarne, ad esempio, 
la perdurante utilit�. 

Ci� � ancor pi� vero per quanto attiene ai dirigenti generali, anch'essi soggetti 
al principio di onnicomprensivit� della retribuzione ex art. 24, D.Lgs. n. 
165/2001, ed ancor di pi� sottratti al controllo sulle performances, anche in 
termini di ritiro della delega. 

Dunque, il comb. disp. degli articoli 24, D.Lgs. n. 165/2001, e 92, comma 
5, D.Lgs. n. 163/2006, sembrerebbe doversi interpretare nel senso che i dirigenti 
siano esclusi dall'ambito di applicazione degli incentivi ex art. 92, comma 
5, cit., anche perch�, all'interno della retribuzione onnicomprensiva ex art. 24, 
D.Lgs. n. 165/2001, si colloca il trattamento economico di risultato in base 


agli obiettivi raggiunti, pure in termini di progettazione, collaudo, ecc. 

5-6) Gli ultimi due quesiti formulati dal Provveditorato alle OO.PP. per 
l�Emilia Romagna e le Marche meritano una trattazione unitaria ed impongono 
di valutare se: 

a) per quanto attiene gli incarichi di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo, 
siano applicabili discipline distinte, in conformit� al parere del Consiglio 
Superiore dei LL.PP. n. 97/2008, per cui gli incentivi ex art. 92, comma 5, 
D.Lgs. n. 163/2006, non sarebbero riferibili all�attivit� di collaudo statico; 

b) per gli incarichi di collaudo tecnico-amministrativo, siano applicabili 
gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero i compensi per 
attivit� professionale, laddove siano state stipulate convenzioni tra pi� amministrazioni 
a norma dell�art. 120, ult. comma, Cod. Contr. Pubbl. 

Con riguardo al punto sub a), con determinazione n. 43/2000, l'Autorit� 
di Vigilanza sui Lavori Pubblici affermava che, ai fini dell'applicazione degli 
incentivi, "per incaricato di collaudo, ai sensi dell'art. 18, comma 1, della 
legge n. 109/1994 (cfr. ora l'art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006), deve intendersi 
non solo il redattore del certificato di collaudo finale o certificato di 
regolare esecuzione, bens� anche l'incaricato del collaudo statico, il quale,
peraltro, coincide con il primo oppure con uno dei tre membri della suddetta 
commissione". 

Successivamente, con parere n. 97/2008 del 16 setembre 2008, il Consiglio 
Superiore dei Lavori Pubblici dissentiva dall'avviso espresso dall'AVLP. 

In particolare, il CSLP affermava che, in alcuni casi, negli appalti di lavori 
pubblici, la figura del collaudatore tecnico-amministrativo non coincide con 
quella del collaudatore statico. Pertanto, secondo il Consiglio Superiore, non 
era corretto l'assunto dell'AVLP circa la coincidenza delle figure del collaudatore 
statico e del collaudatore tecnico-amministrativo, con conseguente inapplicabilit� 
degli incentivi al collaudatore statico. 

Ci� nondimeno, ai fini dell�applicazione dell�art. 92, comma 5, D.Lgs. 

n. 163/2006, � irrilevante la distinzione tra collaudo statico (ex articoli 7, l. 
n. 1086/1971, 25 e 67, DPR n. 380/2001) che attiene alla conformit� dell�opera 
rispetto alle normative tecniche ed il collaudo tecnico-amministrativo o di conformit� 
dell�opera alla legge, alle regole d�arte, al progetto ed ai capitolati, al 
contratto. 


D�altra parte, con la determinazione n. 43/2000, l'AVLP ha individuato 
la coincidenza tendenziale tra il collaudatore statico e quello tecnico-amministrativo 
come ulteriore, ma non unico, indice sintomatico circa l'inclusione 
delle due figure nell'ambito di applicazione degli incentivi, come dimostra 
l'uso della congiunzione "peraltro". 

Inoltre, per quanto attiene alla ratio logico-giustificativa, l'art. 92, comma 
5, D.Lgs. n. 163/2006, si riferisce all'attivit� di "collaudo" nel complesso esercitata 
e disciplina unicamente l'aspetto economico della retribuzione dei di



pendenti pubblici per l'espletamento di compiti di istituto. Sul punto non rilevano 
le ipotesi di non coincidenza tra la figura del collaudatore statico e quella 
del collaudatore tecnico amministrativo, come quando quest'ultimo non possiede 
le qualifiche per effettuare il collaudo statico (art. 238, DPR n. 207/2010; 
art. 187, DPR n. 554/1999). Tale distinzione, infatti, non concerne l'aspetto 
economico della retribuzione, ma l'affidamento di incarichi all'interno dell'amministrazione. 


Infine, sul fronte dell'oggetto dell'attivit� di collaudo, ai sensi dell�art. 
215, comma 1, DPR n. 207/2010 (gi� art. 187, DPR n. 554/1999), avviene 
che: �Il collaudo [affidato ex articoli 90, 91 e 120, D. Lgs n. 163/2006] ha lo 
scopo di verificare che l�opera o i lavoro siano stati eseguiti a regola d�arte, 
secondo il progetto approvato e le relative prescrizioni tecniche, nonch� le 
eventuali perizie di variante, in conformit� del contratto e degli eventuali atti 
di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati. [�] Il collaudo comprende 
altres� tutte le verifiche tecniche previste dalle leggi di settore�. 

Sulla compatibilit� e coincidenza tra collaudo statico e collaudo-tecnico 
amministrativo negli appalti di OO.PP., cfr. inter alia Cassazione, Sez. I, 23 
novembre 1993, n. 11560. 

Ne deriva che, concordemente rispetto all'avviso espresso nella determinazione 
n. 43/2000 dell'AVLP, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, 
si applicano sia al collaudo statico, sia al collaudo tecnico-amministrativo. 

Per quanto concerne il punto sub b) e come gi� precisato nella risposta al 
quesito n. 1, gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, sono diversi 
dai compensi per attivit� professionale di collaudo ex art. 120, D.Lgs. n. 163/2006. 

Da un lato, infatti, l�incentivo viene corrisposto in ragione della partecipazione 
del pubblico dipendente all�attivit� di collaudo nell�ambito dei compiti 
di istituto e durante l�orario di lavoro. 

Dall'altro, invece, il compenso viene corrisposto in ragione della qualifica 
posseduta anche dal pubblico dipendente ed in ragione della sua effettiva, specifica 
ed occasionale partecipazione all�attivit� di collaudo, al di fuori del-
l�orario di lavoro ed al di l� dei compiti di istituto cui � assegnato il pubblico 
dipendente medesimo. Il compenso, peraltro ed a differenza dell'incentivo, 
viene determinato a norma del D.M. Giustizia del 20 luglio 2012, n. 140, il 
quale ha introdotto i nuovi criteri per la determinazione giudiziale e stragiudiziale 
dei compensi per le professioni regolamentate, dopo che il D.L. n. 
1/2012, conv. con modificazioni dalla l. n. 27/2012, ha abrogato le tariffe professionali 
(sul punto, cfr. Corte Costituzionale, 31 maggio 2013, n. 115). 

Inoltre, come si � gi� osservato nella risposta al quesito n. 4, i compiti di 
istituto coincidono con gli interessi affidati ex lege alla cura di una determinata 
amministrazione. 

Tutto ci� premesso, ai dipendenti pubblici che svolgono attivit� professionale 
nell'ambito dei compiti di istituto delineati dalla Convenzione tra l'Uni



versit�, il Provveditorato ed il Comune di Parma si applicano i soli incentivi 
ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, e non pure i compensi per attivit� 
professionale. 

In primo luogo, infatti, dissentendo dall'avviso espresso da codesto Provveditorato, 
non rileva quanto disposto dall'art. 120, Cod. Contr. Pubbl., il quale 
rinvia alle convenzioni per la disciplina dei rapporti intersoggettivi tra amministrazioni, 
ma non ammette esplicitamente deroghe, da parte dell'autonomia 
negoziale, rispetto alle previsioni legislative imperative, come nel caso dell'art. 
92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. 

In secondo luogo, gli appalti finanziati e realizzati da pi� amministrazioni 
in regime di convenzione ai sensi dell'art. 120, D.Lgs.n. 163/2006, sono definiti 
"appalti complessi integrati". In questo caso, secondo l'AVCP, le diverse 
amministrazioni coinvolte espletano compiti di istituto e trovano applicazione 
gli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, e non pure i compensi 
per attivit� professionale, un tempo parametrati rispetto alle tariffe professionali 
di ingegneri ed architetti (AVCP, deliberazione n. 77, 1 agosto 2012; determinazione 
n. 2, 25 febbraio 2009). 

In terzo luogo, l'Universit� si avvale per legge delle strutture del Provveditorato, 
ai sensi degli articoli 52, comma 1, l. n. 388/2000, 19, comma 3, l. n. 
109/1994 (cfr. oggi l'art. 90, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006). Come si 
� evidenziato nella risposta al quesito n. 3), l'avvalimento riflette una comunanza 
ed una ripartizione di compiti di istituto tra le amministrazioni coinvolte, 
l'Universit� ed il Provveditorato. 

In quarto luogo, la Convenzione tra l'Universit�, il Comune ed il Provveditorato 
attua il potere/dovere di avvalimento e rientra tra gli accordi ex art. 
15, l. 241/1990, con cui si disciplinano attivit� di interesse comune. Pertanto, 
anche sotto questo profilo, l'attivit� di collaudo ad oggetto di una convenzione 
stipulata rientra tra i compiti di istituto del Provveditorato alle OO.PP. 

In quinto luogo, si potrebbe prospettare una violazione delle regole della 
concorrenza, laddove i dipendenti pubblici con qualifiche professionali fossero 
retribuiti con compensi per attivit� professionale determinati ex D.M. Giustizia 

n. 140/2012, sulla base di una convenzione e senza il previo espletamento di 
una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento di incarichi al di sopra 
della soglia per gli interventi in economia. 

D'altro canto, la giurisprudenza di matrice europea: 

a) ha qualificato le Universit� come operatori economici (Corte di Giustizia 
delle Comunit� Europee, sentenza CoNISMA, C-305/08); 

b) ha affermato che persino il rimborso di spese integra il requisito di 
onerosit� dell'appalto (Corte di Giustizia dell'UE, ASL Lecce e Universit� degli 
Studi del Salento c. Ordine degli Ingegneri di Lecce et al., 19 novembre 2012, 
causa C-159/11); 

c) ha sancito che gli affidamenti onerosi di lavori, servizi e forniture a fa



vore di operatori economici universitari tramite accordi ex art. 15, l. n. 
241/1990, violano le regole di concorrenza di cui alla direttiva n. 2004/18/CE, 
laddove: 

-tali convenzioni non abbiano ad oggetto servizi di interesse economico 
generale, 
-tali convenzioni non corrispondano ad attivit� di interesse pubblico comune, 
ancorch� graduato in attivit� finali ed attivit� strumentali; 


-siano in grado di alterare la concorrenza quando non siano previste gare 
a valle per l'affidamento di incarichi a professionisti privati (da ultimo, cfr. 
Corte di Giustizia dell'UE, Sez. X, ord., 16 maggio 2013, causa C-564/11; cfr. 
anche Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione 
Civile, Ufficio del Consigliere Giuridico, parere prot. n. CG/0025732 del 
30/04/2013: allegato). 

Dunque, in prima istanza, se gli incarichi di collaudo a favore di pubblici 
dipendenti fossero pagati alla stregua di compensi per attivit� professionale, si 
potrebbe determinare una violazione delle regole concorrenziali. In effetti, se 
il pubblico dipendente fosse pagato con compensi per attivit� professionali ex 

D.M. Giustizia n. 140/2012, questi verrebbe considerato e pagato alla stregua 
di un professionista privato, senza il previo espletamento di una procedura ad 
evidenza pubblica a monte. Pertanto, � necessario fare ricorso agli incentivi ex 
art. 92, D.Lgs. n. 163/2006, i quali, comunque, sono strettamente connessi all'espletamento 
di compiti di istituto, ricordando come il ricorso al personale dipendente 
per l'espletamento di funzioni istituzionali esclude ipso jure il ricorso 
a professionisti esterni, ai sensi dell'art. 90, comma 6, D.Lgs. n. 163/2006. 

Per completezza, bisogna valutare se gli stessi incentivi, aventi natura retributiva 
(cfr. la risposta al quesito 1), costituiscano forme di trattamento economico 
in violazione delle regole concorrenziali rispetto ai professionisti privati. 

In questa sede si esclude che gli incentivi ex art. 92 D.Lgs. n. 163/2006 
siano in violazione della concorrenza: a) in quanto sono distribuiti presso il 
personale dipendente dell'amministrazione utilizzato in regime di insourcing 
(come accade nell'in house providing); b) in quanto sono quantitativamente 
inferiori ai compensi professionali che sarebbero corrisposti a soggetti esterni 
ai sensi del D.M. Giustizia n. 140/2012; c) in quanto sono ipso jure relativi 
all'esercizio di compiti di istituto, i quali non possono essere espletati da soggetti 
esterni, se non in caso di assenza o di indisponibilit� di personale dipendente 
pubblico qualificato (art. 90, D.Lgs. n. 163/2006). 

In seconda istanza, viola le regole europee in tema di concorrenza l'affidamento 
diretto di incarichi professionali a personale non specificamente inquadrato 
come ingegnere-architetto (ad esempio, sono inquadrati in tal senso 
i funzionari esperti del MIT di categoria F6 od F7), in base a convenzioni od 
accordi ex art. 15, l. n. 241/1990. 

Cos�, da un lato, la Corte dei Conti, Sez. contr., con pronuncia del 12 giu



gno 1996, n. 87, ha stabilito che � "legittima una convenzione tra il comune e 
il Provveditorato regionale alle opere pubbliche con la quale quest'ultimo assume 
compiti inerenti la progettazione esecutiva e il collaudo di opere pubbliche 
da realizzare per conto del Comune�. Ci� nondimeno, per la recente 
sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 324/2012, l�accordo o la convenzione 
intersoggettiva ex art. 15, l. n. 241/1990, non deve risolversi in una violazione 
della concorrenza attraverso l�acquisizione di servizi presso soggetti 
pubblici imprenditori e/o professionisti (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 
8 aprile 2002, n. 1902). 

In tal senso, desta perplessit� l'art. 8 della Convenzione tra il Provveditorato 
alle OO.PP. per l'Emilia Romagna e le Marche, l'Universit� degli Studi 
di Parma ed il Comune di Parma. 

In base a questo articolo, "l'Universit� provveder� a nominare, d'intesa 
con il Provveditorato, i collaudatori [...]". 

Ebbene, il presente disposto potrebbe essere in grado di violare la concorrenza 
nell'affidamento di incarichi professionali, laddove i collaudatori 
scelti non siano inquadrati, come dipendenti pubblici del Provveditorato, alla 
stregua di ingegneri ed architetti, i quali per specifica mansione possono svolgere 
l'attivit� di collaudo per conto dell'amministrazione. Soltanto in questo 
modo l'attivit� di collaudo, retribuita con i meri incentivi ex art. 92, D.Lgs. n. 
163/2006, viene espletata all'interno dei compiti di istituto, senza implicare 
l'esercizio di una professione extra moenia, anche da parte del pubblico dipendente. 


*** 

Conclusivamente: 
Quesito n. 1) 


�Se l�incentivo alla progettazione ex art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 possa 
considerarsi giuridicamente un emolumento retributivo ovvero un compenso 
per prestazioni occasionali, ancorch� di carattere professionale, poich� prestate 
da dipendenti appartenenti all�Amministrazione". 

Nonostante abbiano natura retributiva, gli incentivi ex art. 92, comma 5, 

D. Lgs. n. 163/2006, non equivalgono ai compensi per attivit� di collaudo 
svolta fuori dai compiti istituzionali e dall'orario di lavoro, occasionalmente, 
anche dal pubblico dipendente-professionista. 

*** 

Quesito n. 2) 

�Se debba ritenersi applicabile il disposto di cui all�art. 61, comma 9, 

D.L. n. 112/2008, in caso di erogazione dell�incentivo di cui all�art. 92 del decreto 
legislativo 163/2006�. 

La ritenuta del 50 %, prevista dall�art. 61, comma 9, D.Lgs. n. 112/2008, 
� inapplicabile agli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006. Gli incentivi 
spettano anche per l'attivit� di segreteria tecnico-amministrativa unifi



cata soltanto se quest'ultima ha ad oggetto un "contributo intellettuale e materiale 
all'attivit� del responsabile del procedimento, alla redazione del progetto, 
del piano della sicurezza, alla direzione dei lavori ed alla loro 
contabilizzazione". Occorre motivare in tal senso i provvedimenti di riconoscimento 
e di ripartizione degli incentivi. 

*** 

Quesito n. 3) 

�Se la convenzione stipulata fra Expo 2015 s.p.a. ed il Provveditorato 
Interregionale alle OO.PP. per la Lombardia e la Liguria, per effetto delle 
previsioni normative di cui al DPCM 22 ottobre 2008 e ss. modificazioni, costituisca 
di fatto espletamento di compiti di istituto�. 

Ai fini dell�applicazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 
163/2006, rientra tra i compiti di istituto l�attivit� di collaudo e di segreteria 
tecnico-amministrativo unificata, svolta dal Provveditorato Interregionale alle 
OO.PP. per la Lombardia e la Liguria in attuazione della convenzione con la 
SOGE spa, ai sensi dell�art. 5, comma 9, DPCM 6 maggio 2013, il quale ha 
abrogato il DPCM 22 ottobre 2008. 

*** 

Quesito n. 4) 

"Se, per i dirigenti delle pubbliche amministrazione, i compensi per incarichi 
di collaudo statico ovvero tecnico-amministrativo rientrino o meno 
nel trattamento economico dirigenziale, tenendo presente il principio di onnicomprensivit� 
della retribuzione spettante ai dirigenti medesimi". 

Ai sensi del comb. disp. degli articoli 24, D.Lgs. n. 165/2001, e 92, 
comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, in base all'orientamento del Consiglio di Stato 
espresso in sede consultiva, si ritiene che i pubblici dirigenti siano da escludere 
dall'ambito di applicazione degli incentivi ex art. 92, comma 5, cit.. 

Ad ogni modo, si auspica un intervento chiarificatore del legislatore ovvero 
l'adozione di clausole normative ad hoc in sede di contrattazione collettiva. 
*** 

Quesiti nn. 5 e 6 

"chi debba intendersi per membro interno ovvero esterno alla stazione 
appaltante ai fini dell�applicazione rispettivamente degli incentivi ex art. 92, 
comma 5, D.Lgs. n. 163/2006, ovvero dei compensi basati sulle tariffe professionali 
di ingegneri ed architetti per le attivit� di collaudo tecnico-amministrativo, 
ai sensi dell'art. 90, comma 1, lett. d) e ss., D.Lgs. n. 163/2006, 
nonch� degli articoli 210, DPR n. 554/1999, e 238, DPR n. 207/2010". 

"Se, per le attivit� di collaudo tecnico-amministrativo svolte da dipendenti 
pubblici sulla base di convenzioni tra pi� amministrazioni, si debba fare 
riferimento - in deroga rispetto agli incentivi ex art. 92, comma 5, Cod. Contr. 
Pubbl. - alle tariffe professionali di ingegneri ed architetti". 

Con riferimento all�attivit� di collaudo statico, ovvero tecnico-ammini



strativo, - regolarmente autorizzata dall'amministrazione - svolta dal Provveditorato 
nell�ambito di una convenzione con altra amministrazione, non si 
esula dai compiti di istituto e si applicano gli incentivi ex art. 92, comma 5, 
D.Lgs. n. 163/2006, a nulla rilevando la distinzione tra collaudo statico e collaudo 
tecnico-amministrativo. 

Tali incentivi, comunque, si applicano sempre laddove l�attivit� di collaudo 
rientra tra i compiti di istituto, ad esempio in attuazione di una convenzione 
stipulata dal Provveditorato in attuazione del dovere di concedere 
l'avvalimento. Per converso, il pubblico dipendente-collaudatore riceve un 
compenso, parametrato secondo le modalit� previste dal D.M. Giustizia n. 
140/2012, nel solo caso residuale in cui l�attivit� viene espletata al di fuori 
delle funzioni istituzionali e dell�orario di lavoro. 

Infine, l'art. 8 della Convenzione tra il Provveditorato, l'Universit� ed il 
Comune di Parma, deve essere interpretato nel senso che l'Universit� ed il 
Provveditorato concordano sulla scelta dei collaudatori o di altri professionisti 
tecnici esclusivamente nell'ambito dei dipendenti del Provveditorato medesimo 
che siano inquadrati come ingegneri-architetti. 

*** 

Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta 
del 17 dicembre 2013, si � espresso in conformit�. 

Precari scuola. Trattamento economico differenziato 
rispetto ai rapporti a tempo indeterminato 

PARERE 17/01/2014-22097, CS 51594/13, SEZ. VII, AVV. GABRIELLA D�AVANZO (*) 

Con riferimento alla nota in oggetto, che viene inviata per opportuna conoscenza 
anche alla Direzione generale per il personale scolastico del Ministero, 
si chiede di conoscere l�avviso della Scrivente in ordine all�opportunit� 
di continuare a coltivare, anche in sede di legittimit�, la questione di diritto 
concernente la pretesa del personale c.d. precario della Scuola volta a ottenere 
la progressione professionale retributiva e, quindi, a percepire le differenze 
stipendiali maturate in ragione dell�anzianit� di servizio, richiesta accolta in 
primo grado con decisione che, si precisa nella nota, in caso di impugnazione 
sar� verosimilmente confermata dalla Corte d�appello di Firenze, la cui giurisprudenza 
si � gi� pronunciata in fattispecie analoghe in senso favorevole alla 
parte privata. 

(*) Parere reso in via ordinaria. 


Occorre preliminarmente rilevare che il contenzioso riguardante il personale 
in questione involge tre diverse problematiche: 

1 - una prima questione concerne la pretesa del dipendente a tempo determinato 
di ottenere dal giudice la conversione dei diversi contratti a termine in 
un unico rapporto a tempo indeterminato (a decorrere dalla data di stipula del 
primo dei contratti dedotti in giudizio) con il pagamento delle differenze retributive. 
In via subordinata si chiede la condanna della P.A. al risarcimento dei 
danni subiti sul rilievo dell�illegittima apposizione del termine contrattuale e, 
quindi, dell�abuso in cui sarebbe incorso il datore di lavoro - amministrazione 
scolastica, nello stipulare i diversi contratti a termine in violazione della clausola 
5, punto 1 dell�accordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla citata direttiva 
1999/70/CE. Con detta clausola, intitolata �misure di prevenzione degli abusi� 
si dispone che, in assenza di �norme equivalenti�, gli Stati membri dovranno 
introdurre misure idonee per la prevenzione degli abusi derivanti dall�utilizzo 
di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato; 

2 - una seconda questione (l�ipotesi � quella ora sottoposta all�esame) attiene 
alla pretesa dei ricorrenti - lavoratori a termine volta a ottenere la parit� 
retributiva rispetto al personale scolastico assunto a tempo indeterminato; a 
fondamento della domanda gli interessati assumono che il trattamento differenziato 
tra le due categorie di dipendenti, che svolgono le medesime mansioni, 
violerebbe la clausola 4, punto 1 dell�anzidetto Accordo Quadro CES, 
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. La citata clausola 4, sul �principio 
di non discriminazione� sancisce la parit� di trattamento nelle �condizioni 
di impiego� fra i lavoratori a tempo determinato con quelli a tempo 
indeterminato. (Nel nostro sistema, invece, il personale precario viene retribuito 
sulla base della fascia iniziale, senza quindi tener conto dei diversi contratti 
a termine eventualmente stipulati: la normativa collettiva, art. 79 

C.C.N.L. vigente, stabilisce solo per il personale scolastico di ruolo �un trattamento 
economico differenziato per posizioni stipendiali� al termine di periodi 
prestabiliti di servizio); 

3 - una terza questione riguarda, infine, la richiesta volta a ottenere, ai 
sensi dell�art. 53, comma 2 della legge n. 312 del 1980, gli scatti biennali di 
stipendio nella misura del 2,50% della retribuzione spettante. 

*** 

Cos� riepilogati i termini del contenzioso in atto si osserva che, comՏ 
noto, sulla questione di cui al punto sub 1) si � pronunciata, con la sentenza 

n. 10127/2012, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione che ha escluso 
che potesse essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno che il dipendente 
scolastico assumeva di avere subito in ragione della successione dei 
contratti a termine. In tale occasione, infatti, il Giudice di legittimit� ha definito 
il sistema delle supplenze �corpus normativo� dotato di intrinseca �specialit� 
e completezza� nei cui confronti � inapplicabile il D.L.vo 6 settembre 2001, 



n. 368 -Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul 
lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES. 


Sulla base di tali principi la Cassazione ha quindi concluso che il reclutamento 
del personale scolastico a mezzo supplenze ҏ conforme alla clausola 
5, punto 1 dell�accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio CE 
1999/70/CE e costituisce, quindi, <norma equivalente> in quanto risponde ad 
oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali non fa riscontro alcun potere 
discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al 
puntuale rispetto della articolata normativa che ne regola l�assegnazione�. 

Successivamente, tuttavia, la stessa Sezione Lavoro della Corte di Cassazione 
ha ritenuto opportuno rinviare la decisione di alcuni ricorsi in materia 
(alcuni dei quali riguardanti anche il quesito di cui al punto sub 2) concernente 
cio� la parit� di trattamento retributivo tra le due categorie di personale riconosciuta 
da alcuni giudici d�appello) e di attendere l�esito dei giudizi pendenti 
sia avanti la Corte Costituzionale che avanti la Corte di Giustizia; a quest�ultima, 
infatti, con ordinanza del 3 luglio 2013 � stata rimessa, dal Tribunale di 
Napoli, ex art. 267 TFUE, la questione riguardante l�interpretazione della citata 
clausola 5, punto 1 dell�accordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla 
direttiva 1999/70/CE. 

Ed infine, con ordinanza del 3 luglio 2013 la medesima Corte Costituzionale 
ha sollevato, ai sensi del citato art. 267 TFUE, questione pregiudiziale 
in ordine alla conformit� all�anzidetta clausola 5 della direttiva europea del 
nostro sistema di reclutamento, nella parte in cui si dispone il conferimento di 
supplenze annuali �in attesa dell�espletamento delle procedure concorsuali 
per l�assunzione di personale docente di ruolo�. 

Sulla questione di cui al punto sub 2), le pronunce dei giudici di merito 
che accolgono le richieste dei c.d. precari si basano sul rilievo che il mancato 
riconoscimento a questi ultimi del diritto alla progressione professionale retributiva, 
riconosciuta invece al personale assunto a tempo indeterminato, configurerebbe 
un trattamento discriminatorio, non giustificato da ragioni 
oggettive, cos� da violare la clausola 4 dell�accordo quadro CES, UNICE e 
CEEP allegato alla citata direttiva 1999/70/CE. 

La questione non � stata ancora decisa dalla Corte di Cassazione, avanti 
la quale pendono numerosi ricorsi proposti nell�interesse dell�Amministrazione. 

Infine, per quanto riguarda il punto sub 3) il contenzioso introdotto dal 
personale assunto con contratti a termine per ottenere gli scatti biennali in applicazione 
dell�art. 53, comma 3 della legge n. 312 del 1980 deve ritenersi 
ormai risolto in senso favorevole all�Amministrazione, alla luce dei principi 
enunciati dalla Corte Costituzionale che, con ordinanza n. 146/2013, depositata 
il 20 giugno 2013, ha dichiarato: 

-�inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 53, 
terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo 


funzionale del personale civile e militare dello Stato) sollevata - in riferimento 
agli artt. 3, 36, 11 e 117 della Costituzione, questi ultimi due parametri in relazione 
alla clausola 4 dell�accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro 
a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE 
del Consiglio - sollevata dalla Corte d�appello di Firenze, in funzione di giudice 
del lavoro con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti 
non di ruolo a tempo indeterminato; 

-non fondata la questione di legittimit� costituzionale del medesimo art. 
53, terzo comma della legge n. 312 del 1980 sollevata, in riferimento ai medesimi 
parametri costituzionali, dalla Corte d�appello di Firenze in funzione 
di giudice del lavoro con riguardo al tertium comparationis costituito dai docenti 
di religione��. 

*** 

In risposta al quesito in oggetto - tenuto conto della rilevanza, in punto 
di diritto, del contenzioso di cui trattasi, oltre che del notevole numero dei ricorsi 
pendenti, considerata l�oscillante giurisprudenza di merito che ha risolto 
la questione con pronunce di segno opposto, nonch� la favorevole sentenza n. 
10127/2012 della Corte Suprema di Cassazione, anche se riguardante fattispecie 
di cui al quesito sub 1) - si ritiene che, in attesa delle pronunce della 
Corte di Giustizia, debbano continuare a coltivarsi tutte le cause nelle quali 
l�Amministrazione risulta soccombente, come peraltro gi� ritenuto, sia pure 
con riferimento alla problematica di cui all�anzidetto punto sub 1), nel parere 
13 giugno 2012, n. 237321 (*) (gi� inoltrato a tutte le Avvocature Distrettuali 
e che ad ogni buon conto si unisce nuovamente in copia) reso dal Comitato 
Consultivo di questa Avvocatura Generale (cfr. anche circolare n. 26 del 2012 
dell�Avvocato Generale). 

Ed infatti, pur tenendo conto della circostanza che entrambi i sopra ricordati 
rinvii pregiudiziali ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia non riguardano 
(anche) la questione concernente la parit� retributiva reclamata dal personale 
precario, si � dell�avviso che l�attesa pronuncia della Commissione di Giustizia 
enuncer� principi che rileveranno anche ai fini della soluzione del contenzioso 
di cui trattasi. 

(*) Rass., 2012, Vol. II, p. 33. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
L�ordinamento amministrativo della pubblica sicurezza, 
dalla singolarit� nazionale alla proiezione europea 

Valerio Perotti* 

Lo studio che segue, di diritto amministrativo comparato, verte sui fondamenti 
ordinamentali della pubblica sicurezza ed � suddiviso in due parti: nella prima, 
incentrata sul diritto dell'Unione Europea ed internazionale (in primis OSCE 
ed ONU), si cerca di desumere, dalla molteplicit� spesso non sistematica n� 
organica delle fonti, i tratti qualificanti della materia a livello sovrastatale. 
Nella seconda parte, invece, tali criteri vengono confrontati con le soluzioni 
adottate da alcuni legislatori nazionali, con particolare riguardo al caso italiano. 
L'oggetto di indagine, pressoch� misconosciuto a livello dottrinale, � in realt� 
fondamentale nei modelli contemporanei dello Stato di diritto, laddove la realt� 
operativa italiana - per i pi� forse inaspettatamente - presenta delle decisive 
eccellenze, indicate come esempio a livello internazionale. 

SOMMARIO: PARTE I -1. Il ruolo dell�Unione Europea nelle politiche di ordine e sicurezza 
degli Stati membri. Il modello integrato civile/militare nelle strategie di sicurezza 
interna ed esterna dell�UE. Le discipline di settore degli ordinamenti ONU e NATO. 
A) Le innovazioni operate dal Trattato di Lisbona. B) Il riparto delle competenze 
tra l�Unione e gli Stati membri. C) La normativa dell�Unione Europea in materia 
di sicurezza e le Raccomandazioni del Consiglio d�Europa: premesse introduttive. 
Le fonti giuridice dell�OSCE. D) Le fonti normative dell�Unione Europea in materia 
di pubblica sicurezza. Verso un istema multipolare ed integrato? E) Il tema 
della pubblica sicurezza tra fonti internazionali e comunitarie. Il �modello EU


(*) Avvocato dello Stato. 

Del presente saggio si pubblica la prima parte, con l�invito - per il Lettore interessato alla integrale 
fruizione - al successivo numero della Rassegna. 


ROGENDFOR�. F) Il �modello MSU� tra diritto internazionale (FPU) e comunitario 
(IPU). L�approcio integrato civile/militare nelle fonti normative della PESC/PSDC. 
G) Le politiche di sicurezza nell�ex �Terzo Pilastro� UE: la cooperazione di polizia 
tra collaborazione e coordinamento. H) Le Agenzie dell�UE strumentali alla 
collaborazione di polizia. Elementi di sintesi sul modello di sicurezza dell�Unione 
Europea. 
PARTE II -2. Principi generali in materia di pubblica sicurezza: A) Il principio di 
coordinamento tra ordinamento nazionale e comunitario, nel rapporto con la potest� 
ordinatoria dell�Autorit� di governo. A.1) Il modello di coordinamento nel 
sistema amministrativo italiano. A.2) Il modello di coordinamento nelle fonti 
dell�Unione Europea. Conclusioni - 3. Principi generali in materia di pubblica 
sicurezza: B) L�ordinamento italiano alla luce della legge 121/81 e del TULPS: 
linee guida, profili storici e problematicit� di sistema. B.1) L�Amministrazione 
della Pubblica Sicurezza in Italia. B.2) Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. 
B.3) Le Autorit� provinciali di Pubblica Sicurezza. B.4) Sicurezza urbana e poteri 
del Sindaco quale rappresentante del Governo. Il modello della cd. �sicurezza 
partecipata� - 4. Elementi di diritto comparato nella prospettiva del �modello 
europeo�. La cd. gestione �di prossimit��. Sintesi e conclusioni. 

1. Il ruolo dell�Unione Europea nelle politiche di ordine e sicurezza degli Stati 
membri. Il modello integrato civile/militare nelle strategie di sicurezza internaed esterna dell�UE. Le discipline di settore degli ordinamenti ONU e NATO. 

A) LE INNOVAZIONI OPERATE DAL TRATTATO DI LISBONA. 

Tra le priorit� individuate dal Trattato di Lisbona, che ha ampiamente riformato 
l�impianto istituzionale dell�Unione Europea, vi � la realizzazione, 
nel territorio degli Stati membri, di uno �spazio europeo comune� nel quale 
le persone possano circolare liberamente e ricevere una protezione giuridica 
efficace: per raggiungere un tale obiettivo � per� necessario intervenire preventivamente 
su materie non solo particolarmente sensibili per l�opinione pubblica 
quali l�immigrazione, la lotta contro la criminalit� organizzata o il 
terrorismo, ma soprattutto caratterizzate da una forte dimensione transfrontaliera, 
tale da richiedere un�efficace cooperazione a livello interstatale. 

Il Trattato distingue le questioni relative allo �spazio di libert�, sicurezza 
e giustizia� (1) in quattro settori: 1) le politiche relative ai controlli alle frontiere, 
all�asilo ed all�immigrazione; 2) la cooperazione giudiziaria in materia 
civile; 3) la cooperazione giudiziaria in materia penale; 4) la 
cooperazione di polizia. 

(1) Per una complessiva introduzione sull�argomento, cfr. RINOLDI, Lo spazio di libert�, sicurezza 
e giustizia, in DRAETTA-PARISI (a cura di), Elementi di Diritto dell�Unione Europea - Parte Speciale, 
Milano 2010. Sul regime normativo antecedente le riforme di Lisbona, e con specifico riguardo al Diritto 
di polizia, si veda anche PASTORE, Lo Spazio Europeo di Libert�, Sicurezza e Giustizia. Implicazioni per 
l�Italia, CeSPi Roma 1998. 


In precedenza, le questioni di cooperazione giudiziaria in materia penale 
e di cooperazione fra le Forze di polizia rientravano nel cd. �Terzo Pilastro� 
dell�Unione Europea, un insieme di materie regolamentato dal metodo della 
cooperazione intergovernativa, nel quale le Istituzioni europee (Consiglio, 
Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia) non avevano alcuna competenza 
e non potevano quindi adottare provvedimenti vincolanti quali regolamenti 
o direttive. Il Trattato di Lisbona - come meglio verr� evidenziato sopprimendo 
il sistema �a Pilastri� ha posto fine a questa distinzione, consentendo 
all�Unione di intervenire in tutte le questioni sopra evidenziate. 

Ci� premesso, va ora individuato l�oggetto di questo lavoro, dalla duplice 
natura: da un lato occorrer� individuare le caratteristiche, i profili e le modalit� 
operative del �sistema sicurezza� definito dalle fonti normative sovranazionali 
per il menzionato �spazio comune europeo�, dall�altro dovranno essere chiariti, 
in modo rigoroso, i possibili margini di inferenza tra quest�ultimo e gli 
ordinamenti nazionali. 

Si tratta, in breve, di introdurre il tema dei reali rapporti tra gli ordinamenti 
nazionali di pubblica sicurezza e la normativa dell�Unione Europea, 
per delineare un possibile quadro di riferimento entro il quale il legislatore 
statuale sia eventualmente chiamato a muoversi, se e nei limiti in cui trovi 
spazio, in materia, il principio della primaut� del diritto comunitario sulle 
fonti di legge ordinaria (2). 

A tal fine, � indispensabile chiarire - per prima cosa - oggetto e portata 
della normativa UE in materia di sicurezza e difesa (gli odierni settori 
PESC/PSDC e FSJ, gi� GAI). 

Con l�entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1� dicembre 2009, il sistema 
delle fonti primarie del diritto sovranazionale � stato completamente rivoluzionato, 
cos� che l�Unione Europea, soggetto giuridico che succede alle 

(2) La regola di prevalenza del diritto comunitario (primario e derivato) sulle norme di legge ordinaria 
(ed equiparate) degli Stati membri si fonda sul principio di leale cooperazione (ex art. 4 TUE) e 
sulla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (a partire dalla Sentenza Costa c. 
ENEL del 15 luglio 1964) nonch� - in ambito nazionale - sulle pronunce della Corte Costituzionale, a 
far data dalla Sent. Granital del 1984. In merito invece all�eventuale contrasto tra una norma di diritto 
sovranazionale derivato ed il contenuto di un provvedimento amministrativo, la giurisprudenza della 
Corte di Giustizia - dopo avere escluso l�esistenza di un obbligo generale ed incondizionato di rimozione 
sine die dei provvedimenti comunitariamente illegittimi, laddove sussista pur sempre un apprezzabile 
interesse pubblico al loro mantenimento (sent. K�hne & Heitz [Causa C-453/00] del 13 gennaio 2004) 

- � giunta recentemente ad affermare l�obbligo, per l�Amministrazione interessata, di disporne l�annullamento 
in autotutela solo in assenza di un legittimo affidamento da parte di terzi nella sua validit�, e 
dunque nella conseguente produzione dei relativi effetti (sent. Arcor del 19 settembre 2006 - Cause riunite 
C-392/04 e C-422/04). Sull�argomento, per un�efficace disamina delle varie posizioni dottrinali e 
giurisprudenziali sulla materia, si rinvia a RAIMONDI, Atti nazionali inoppugnabili e diritto comunitario 
tra principio di effettivit� e competenze di attribuzione, Il Diritto dell�UE n. 4/2008, pp. 773 ss.. Con riferimento 
specifico al Trattato di Lisbona, si veda invece CELOTTO, La primaut� nel Trattato di Lisbona, 
in AA.VV. (a cura di LUCARELLI e PATRONI GRIFFI), Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona: 
nuovi studi sulla Costituzione europea, Napoli 2009. 


precedenti Comunit�, si fonda adesso su due Trattati costituzionali: il TUE 
(Trattato sull�Unione Europea), contenente le disposizioni generali della sua 
architettura istituzionale, ed il TFUE (Trattato sul Funzionamento dell�Unione 
Europea), recante la disciplina ordinamentale ed operativa dei vari organi ed 
Agenzie UE. 

A ci� aggiungasi che l�art. 6, par. 1 comma primo TUE ha attribuito alla 
Carta dei Diritti Fondamentali dell�UE (cd. �Carta di Nizza�(3)) un valore 
vincolante analogo a quello dei Trattati. 

Le innovazioni politicamente pi� significative del Trattato di Lisbona 
sono per� consistite nell�abolizione della precedente struttura ordinamentale 
�a Pilastri� e nell�espresso (e tassativo) riparto delle competenze tra l�Unione 
e gli Stati membri. 

L�Unione Europea diventa un ordinamento unitario, assorbe la Comunit� 
ed acquista personalit� giuridica (art. 47 TUE). 

Da tali innovazioni possono trarsi due principali conseguenze. 

In primo luogo, per quanto riguarda i rapporti con l�esterno, l�attribuzione 
della personalit� giuridica all�UE comporta una semplificazione rispetto alla 
precedente architettura istituzionale, in quanto le attribuisce un volto unitario 
(l�Alto rappresentante per gli Affari esteri) e le consente di concludere autonomamente 
degli accordi internazionali vincolanti, senza dover pi� ricorrere 
alla complessa prassi degli accordi misti (ex art. 216 TFUE). 

Sul piano interno, invece, il superamento della tradizionale architettura 
�per Pilastri� risalente al Trattato di Maastricht comporta delle novit� per 
quanto concerne le funzioni attribuite all�Unione nei settori in precedenza oggetto 
dei due ex-Pilastri intergovernativi, ossia la politica estera e di sicurezza 
comune (PESC) e lo spazio di libert�, sicurezza e giustizia (GAI, ora FSJ (4)). 

Sul punto occorre per� essere precisi. In effetti anche nel dopo-Lisbona 
permane la specificit� della PESC/PSDC, che conserva la precedente gestione 
intergovernativa (tale politica non � stata infatti inclusa nelle tre competenze 
generali dell�Unione Europea: esclusiva, concorrente e di sostegno), pur potendosi 
ipotizzare, nel futuro, un maggior intervento del legislatore sopranazionale, 
seppur circoscritto allo strumento (marginale) delle cd. �passerelle� 
e delle cooperazioni rafforzate. 

La persistente specialit� della PESC si deduce immediatamente dal fatto 
che l�art. 2 TFUE, nel distinguere per categorie generali le competenze europee, 
non menziona la materia in esame, la cui disciplina specifica � invece conte


(3) Pubblicata per la prima volta in GUCE C-364 del 18 dicembre 2000, e successivamente in GUCE 
C-83 del 30 marzo 2010: la seconda versione venne proclamata nel dicembre 2007, a seguito di modifiche 
resesi necessarie per superare le riserve di alcuni Stati al suo recepimento nel Trattato di Lisbona. 
(4) In argomento si veda anche la Nota informativa del Segretariato Generale del Consiglio UE 
(su http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/111625.pdf), rilasciata nel novembre 
2009. 



nuta nel Capo II del TUE (da cui si ricava che la PESC � definita ed attuata dal 
Consiglio Europeo e dal Consiglio, che deliberano all�unanimit� su iniziativa 
degli Stati membri o dell�Alto rappresentante, ma non della Commissione). 

In materia di PESC � poi esclusa l�adozione di atti legislativi, come pure 
la giurisdizione della Corte di Giustizia UE, salvo per le questioni riguardanti 
la definizione del confine tra la PESC e le altre politiche europee, nonch� la legittimit� 
delle misure restrittive eventualmente adottate in tale ambito. 

In deroga alla regola dell�unanimit�, il Consiglio pu� comunque deliberare 
a maggioranza qualificata quando la sua decisione sia sollecitata dal Consiglio 
Europeo, salvo che un membro del Consiglio dichiari di opporsi per 
specifici e vitali motivi di politica nazionale. 

La regola dell�unanimit�, tuttavia, pu� essere superata attraverso l�utilizzo 
delle cd. �passerelle�. Una, di carattere speciale, � prevista dall�art. 31 par. 3 
TUE, che consente al Consiglio di passare al voto a maggioranza qualificata 
in specifici ambiti della PESC; l�altra, di carattere generale, � invece prevista 
all�art. 48 par. 7 TUE, che secondo alcuni rappresenterebbe lo strumento con 
cui �normalizzare� l�intera politica di settore. 

L�utilizzo di questa seconda �passerella� � comunque precluso per il settore 
della Difesa (PSDC (5)), che pure rientra a pieno titolo nella PESC quale 
sua parte integrante. 

In ordine alle cooperazioni rafforzate, vale a dire azioni a cui partecipano 
solo alcuni Stati, l�art. 20 TUE chiarisce che gli Stati membri possono realizzarle 
nei settori per i quali non operano competenze esclusive dell�Unione. 

Il Consiglio pu� autorizzare una cooperazione rafforzata adottando, in ultima 
istanza, una decisione ad hoc, nella quale si dia atto che gli obiettivi ivi perseguiti 
non potrebbero essere conseguiti dall�Unione, nel suo insieme, entro un termine 
ragionevole, ed a condizione che vi partecipino almeno nove Stati membri. 

L�art. 333 TFUE prevede poi la possibilit�, per il Consiglio, di deliberare 
all�unanimit� una decisione che consenta il passaggio al voto a maggioranza 

(5) L�esplicita (e reiterata) esclusione del settore �Difesa� dalla sfera di incidenza, sia pur indiretta, 
del diritto sovranazionale � dovuta anche alla precisa volont� di alcuni Stati membri di impedire nuovi 
sconfinamenti della Corte di Giustizia che, muovendo dal generico presupposto di assicurare la tutela 
di ipotetici diritti fondamentali della persona (nella specie, il diritto delle donne di accedere alla carriera 
militare), con la sentenza Kreil c. Bundesrepublik Deutschland dell�11 gennaio 2000, C-285/98 (scaricabile 
da http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:61998CJ0285:IT:HTML) 
aveva in realt� finito col pronunciarsi sull�ordinamento delle Forze militari di uno Stato membro, nonostante 
gi� all�epoca fosse pacifico che la materia non rientrava in alcun modo nelle competenze del-
l�UE. La sentenza � censurabile in quanto emanata in assoluta carenza di potere, posto che nessuna 
norma attribuisce alla Corte di Giustizia il ruolo di Giudice (generale) dei diritti fondamentali, al di fuori 
delle materie di competenza dell�Unione (ruolo che invece compete alle Corti Costituzionali nazionali, 
ed entro certi limiti alla CEDU). Analoghi problemi - seppur in settori totalmente diversi - si sono avuti 
anche con le sentenze Viking (11 dicembre 2007, C-438/05) e Laval (18 dicembre 2007, C-341/05), 
dove parimenti la Corte � intervenuta nel merito, nonostante l�art. 137 TCE prevedesse (come fa ancor 
oggi l�art. 153 TFUE) l�impossibilit� per l�UE di dettare regole in materia di sciopero o retribuzioni. 


qualificata. Anche questa facolt� � per� inapplicabile al settore della Difesa. 

Storicamente, la costruzione di uno �spazio di libert�, sicurezza e giustizia�, 
reso necessario dalla progressiva attuazione della libert� di circolazione 
sul territorio dell�UE e dal conseguente abbattimento delle frontiere interne fra 
gli Stati membri, ha determinato la nascita, nel 1993, con l�entrata in vigore 
del Trattato di Maastricht, del �Terzo Pilastro� della Giustizia e degli Affari Interni 
(GAI), comprendente quattro materie: il controllo delle frontiere, l�asilo 
politico e l�immigrazione, la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. 

Con il successivo Trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, le 
materie della cooperazione giudiziaria nel settore civile e dell�immigrazione 
transitano nel �Primo Pilastro�, ossia quello a pieno regime comunitario; il 
metodo di decisione intergovernativo continua invece a valere per le altre due 
materie, ossia la cooperazione giudiziaria in materia penale ed il controllo 
delle frontiere, che verranno �comunitarizzate� solo con il successivo Trattato 
di Lisbona. 

Lo �spazio di libert�, sicurezza e giustizia� � adesso collocato in seno alle 
politiche comuni dell�UE ed incluso, ai sensi dell�art. 4 TFUE, tra le materie di 
competenza concorrente dell�Unione. 

La riconduzione ad unit� del �Terzo Pilastro� nell�ambito delle politiche 
comuni ha avuto conseguenze rilevanti: infatti, le misure adottate dall�Unione 
Europea in materia di cooperazione giudiziaria penale e di polizia sono ormai 
adottate, ai sensi dell�art. 79 TFUE, su proposta della Commissione (o di un 
quarto degli Stati membri), assumono la forma di direttive e regolamenti, 
sono sottoposte alla giurisdizione della Corte di Giustizia e, se rimaste inattuate, 
possono dar luogo ad una procedura di infrazione nei confronti degli 
Stati inadempienti. 

La specificit� della materia, involgente eminenti profili della sovranit� 
nazionale, ha comunque giustificato la previsione di rilevanti eccezioni, mantenendo 
la competenza esclusiva statale in taluni settori: in tema di integrazione 
degli immigrati e di prevenzione della criminalit�, ad esempio, gli artt. 
79, par. 4, ed 84 TFUE attribuiscono all�Unione solamente una �competenza 
di sostegno�, traducentesi nella possibilit�, per Parlamento e Consiglio UE, 
di adottare - secondo la procedura ordinaria - dei provvedimenti che si limitino 
ad incentivare o sostenere l�azione degli Stati, senza per� poter sindacare 
il merito degli stessi. 

Ancora, l�art. 79 par. 5 TFUE riconosce ai soli Stati membri la competenza 
a determinare il volume di ingresso, nel loro territorio, di immigrati da paesi 
terzi per ragioni di lavoro. 

Gli artt. 82 par. 3 ed 83 par. 3 TFUE codificano poi due ipotesi di �freno 
di emergenza� che consentono ad ogni Stato membro - in materia di cooperazione 
giudiziaria penale - di sospendere la procedura legislativa ordinaria in 
seno al Consiglio quando �ritenga che un progetto di direttiva incida su aspetti 


fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale�. 

Infine, nell�ambito di tutti e quattro i settori dell�attuale �spazio di libert�, 
sicurezza e giustizia� (FSJ - ex-GAI) residuano delle materie in relazione alle 
quali il Consiglio delibera, in sede legislativa, solo all�unanimit�. 

Di converso, ad evitare che tali rilevanti deroghe alla �comunitarizzazione� 
del settore finiscano col produrre una situazione di stallo, il Trattato di 
Lisbona ha previsto la possibilit� di �cooperazioni rafforzate� anche in ambito 
FSJ, a condizione che vi partecipino almeno nove Stati. 

Sotto il profilo giurisdizionale, a scongiurare che - per il tramite del-
l�estensione di massima del metodo comunitario al settore ex-GAI - si aprisse 
un varco per il sindacato della Corte di Giustizia UE in materia di ordine e sicurezza 
pubblici interni degli Stati (che l�art. 4 TUE sottrae comunque all�interferenza 
sovranazionale), l�art. 276 TFUE espressamente esclude che la 
medesima Corte possa giudicare della validit� e/o proporzionalit� delle operazioni 
condotte dalla polizia (o da altri servizi incaricati) all�interno di uno 
Stato membro per il mantenimento dell�ordine pubblico e la salvaguardia della 
sicurezza. 

B) IL RIPARTO DELLE COMPETENZE TRA L�UNIONE E GLI STATI MEMBRI. 

A differenza di quanto capitava nella vigenza degli abrogati Trattati istitutivi 
(di CEE ed UE), con il Trattato di Lisbona vengono per la prima volta 
tracciati i confini - con disciplina espressa di carattere generale - delle competenze 
dell�Unione Europea e degli Stati membri. 

In precedenza, infatti, erano di volta in volta le singole norme materiali 
ad indicare se nei vari settori sui quali le stesse andavano ad incidere vi fosse 

o meno una competenza esclusiva della CE (preclusiva di ulteriori interventi 
statali), ovvero concorrente. 

Il Trattato di Lisbona, invece, pone un�importante distinzione - bench� 
non esaustiva - tra competenza esclusiva, concorrente e di sostegno, regolandone 
i criteri di attribuzione. 

L�art. 1 TUE, dopo aver ricordato la natura non originaria, bens� derivata 
e strumentale dell�Unione Europea (che infatti nasce da un accordo internazionale 
multilaterale tra gli Stati membri, dai quali dunque trae ogni legittimazione 
ad agire, nonch� le correlate potest� e funzioni), codifica il cd. 
�principio di attribuzione� delle competenze (cfr. art. 5 TUE), che trovano giustificazione 
nei limiti in cui la parziale devoluzione di sovranit� a favore del-
l�organismo sovranazionale sia indispensabile per il perseguimento di 
determinati obiettivi comuni. 

A sua volta, l�art. 2 TFUE distingue tra competenze esclusive (tassativamente 
individuate all�art. 3 TFUE e non estensibili in via interpretativa), nel 
cui ambito l�Unione pu� emanare atti giuridicamente vincolanti; competenze 
concorrenti (individuate dall�art. 4 TFUE in termini meramente esemplifica



tivi), nel cui ambito coesistono l�attivit� legislativa di principio dell�UE e 
quella - esecutiva e di dettaglio - dei singoli Stati membri (l�art. 2 TFUE descrive 
per� la competenza statuale come residuale, potendo essere esercitata 
solo se le competenti Istituzioni dell�Unione non abbiano fatto uso delle proprie 
attribuzioni); competenze di ausilio e di coordinamento di politiche nazionali 
(art. 5 TFUE) nonch� competenze complementari, di sostegno e di 
completamento dell�azione degli Stati membri (art. 6 TFUE). 

I criteri di riparto delle competenze sono gli stessi gi� previsti dal Trattato 
di Maastricht del 1992, in primis il gi� menzionato �principio di attribuzione� 
- ora espresso in termini negativi - che delimita le competenze dell�UE. 

L�art. 5, par. 2 TUE precisa infatti che �in virt� del principio di attribuzione, 
l�Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono 
attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi 
stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all�Unione nei trattati appartiene 
agli Stati membri�. 

Il limite negativo di cui sopra viene costantemente riproposto nei Trattati 
istitutivi dell�UE: ad esempio, per l�art. 6 TUE le disposizioni della Carta dei diritti 
fondamentali �non estendono in alcun modo le competenze dell�Unione 
definite nei Trattati. I diritti, le libert� e i principi della Carta sono interpretati 
in conformit� delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano 
la sua interpretazione e applicazione tenendo in debito conto le spiegazioni 
cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni� 
(previsione coerente con quanto gi� espressamente previsto nell�art. 51 della 
Carta di Nizza). Inoltre, per rimanere nell�ambito di questo lavoro, l�art. 4 TUE 
ricorda che qualsiasi competenza non attribuita all�UE nei Trattati appartiene 
agli Stati membri, ulteriormente precisando, al par. 2, che �la sicurezza nazionale 
resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro�. 

La delimitazione delle competenze dell�Unione Europea trova espresso 
riconoscimento anche nell�ambito dell�istituto descritto dall�art. 352 TFUE (6), 
nel quale � stata tradotta la teoria dei cd. �poteri impliciti�, utilizzata a partire 
dagli anni Settanta dalla Corte di Giustizia CEE per estendere (spesso forzando 
la portata dei Trattati istitutivi) l�area dell�intervento comunitario. 

Prevede infatti tale norma che �se un�azione dell�Unione appare necessaria, 
nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli 
obiettivi di cui ai trattati senza che questi abbiano previsto i poteri di azione 
richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all�unanimit� su proposta della 
Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni 
appropriate�. Ove si intenda procedere in tal senso, la Commissione 
ha per� l�onere di richiamare l�attenzione dei Parlamenti nazionali sulle proposte 
formulate. 

(6) Parte della dottrina parla, al riguardo, di �clausola di flessibilit��. 


Il successivo par. 3 precisa per� che neppure tale atipico istituto pu� comportare 
un�armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli 
Stati membri nei casi in cui i Trattati la escludono e, ad evitare fraintendimenti 
di sorta nel settore FSJ, il par. 4 significativamente esclude dalla portata dei 
cd. poteri impliciti proprio �il conseguimento di obiettivi riguardanti la politica 
estera e di sicurezza comune�. 

Nella materia oggetto di questo lavoro, dunque, dovrebbero essere scongiurate 
�fughe in avanti� creative della Corte di Giustizia o di altre Istituzioni 
europee. 

� per� d�obbligo l�uso del condizionale, poich� a tale precisazione sembra 
in qualche modo contrapporsi l�ambiguo tenore (seppur privo di valore legale 
vincolante, a differenza della norma poc�anzi citata) della 41� Dichiarazione allegata 
all�atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato 
di Lisbona (7), relativa alla portata dell�art. 352 TFUE, a mente della quale �� � 
escluso che un�azione basata sull�articolo 352 del TFUE persegua soltanto gli 
obiettivi di cui all'articolo 3, paragrafo 1 del TUE� (secondo cui l�UE �si prefigge 
di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli� ), dovendosi 
piuttosto intendere che �il riferimento, nell�articolo 352, paragrafo 1 del TFUE, 
agli obiettivi dell�Unione � un riferimento agli obiettivi di cui all�articolo 3, paragrafi 
2 e 3 del TUE ��, obiettivi - i primi - propri del settore FSJ (8). 

Quasi ad �aggiustare il tiro�, per�, sempre la 41� Dichiarazione conclude 
ricordando che �conformemente all�articolo 31, paragrafo 1 del TUE, non si 
possono adottare atti legislativi nel settore della politica estera e di sicurezza 
comune�: ne discende una certa ambiguit� circa l�effettiva operativit� di tale 
criterio anche nel �settore sicurezza� poich�, che se da un lato vi si oppone 
un�espressa disposizione di legge, dall�altro vi � pur sempre la richiamata Dichiarazione 
n. 41 che - a volerle attribuire un�atipica rilevanza ermeneutica nel 
precisare che lo stesso non potrebbe esplicarsi in atti normativi, implicitamente 
sembrerebbe ammetterne, pur in via residuale, l�esistenza. 

Pi� pertinente e chiara � invece la successiva 42� Dichiarazione, a mente 
della quale �per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia dell�Unione 
Europea, l�articolo 352 del TFUE, costituendo parte integrante di un ordinamento 
istituzionale basato sul principio dei poteri attribuiti, non pu� costituireil fondamento per ampliare la sfera delle competenze dell�Unione al di l� 
dell�ambito generale risultante dal complesso delle disposizioni dei Trattati, 
ed in particolare da quelle che definiscono i compiti e le azioni dell�Unione�. 

(7) Su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0335:0360:IT:PDF. 

(8) Recita infatti il par. 2 dell�art. 3 TUE: �L�Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libert�, 
sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone 
insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l�immigrazione, 
la prevenzione della criminalit� e la lotta contro quest�ultima�. 


C) LA NORMATIVA DELL�UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA E LE RACCOMANDAZIONI 
DEL CONSIGLIO D�EUROPA: PREMESSE INTRODUTTIVE. LE FONTI 
GIURIDICHE DELL�OSCE. 

Fin dal Preambolo del TUE - undicesimo alinea - fa ingresso un principio 
fondamentale, consistente nell�obiettivo dell�UE di �attuare una politica estera 
e di sicurezza comune che preveda la definizione progressiva di una politica di 
difesa comune, che potrebbe condurre ad una difesa comune a norma delle disposizioni 
dell'articolo 42�: da ci� � nata l�idea che le Istituzioni europee (in particolare, 
il Consiglio ed il Consiglio Europeo) dispongano di una competenza 
generale in materia di sicurezza (interna ed esterna) del relativo �spazio comune�. 

Al riguardo � necessario fare chiarezza, a scanso di equivoci. 

Come gi� anticipato, in linea di principio, l�Unione Europea non ha attribuzioni 
di carattere generale, ma solo riferite ai settori (eccezionali e specifici) 
espressamente devoluti alla sua competenza: ci� � stato ancora di recente ricordato, 
quale obiter dictum, dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 11 
marzo 2011, n. 80 e 22 luglio 2011, n. 239, oltre che dalla stessa Corte di Giustizia 
successivamente all�entrata in vigore del Trattato di Lisbona (9). 

I Trattati istitutivi non assegnano all�Unione competenze generali in materia 
di pubblica sicurezza: le sue strutture politiche e strumentali (prive, queste 
ultime, di capacit� operative) possono infatti intervenire non a fronte di qualsiasi 
situazione di pericolo a carattere transnazionale, ma solo in presenza di 
determinate tipologie di illeciti (normativamente, previsti) quali il traffico di 
armi e stupefacenti, la tratta di esseri umani ed il commercio di organi, i reati 
associativi di stampo mafioso, etc. 

L�intervento del legislatore UE, peraltro, sotto il profilo che qui interessa 
� pi� che altro circoscritto alla realizzazione di strutture di raccordo tra le varie 
Forze dell�ordine nazionali, con cui agevolare la spontanea collaborazione interstatale 
ed - entro margini ancor pi� ristretti, tuttora in fieri - l�eventuale coordinamento 
delle politiche di sicurezza comuni, ogniqulvolta l�azione isolata 
dei singoli Stati non appaia in grado di fronteggiare una minaccia capace di 
attingere anche gli interessi comunitari. 

Contrariamente a quanto talvolta si crede, inoltre, l�Unione Europea non 
ha alcun titolo a disciplinare il settore dell�organizzazione interna statuale 
della pubblica sicurezza, trattandosi di materia riservata all�esclusiva ed insindacabile 
giurisdizione domestica degli Stati membri. 

Ci� viene puntualizzato dall�art. 4 TUE, vera norma-chiave del sistema, il 
cui secondo comma cos� recita: �L�Unione rispetta l�uguaglianza degli Stati 

(9) Soprattutto in materia di diritti fondamentali (settore, del resto, la cui fluidit� ha storicamente 
fornito alla Corte uno strumento per superare i limiti di competenza imposti dalle fonti normative comunitarie): 
cfr. sentenza 5 ottobre 2010, C-400/10 (PPU e McB); ordinanza 12 novembre 2010, C399/
10 (Krasimir et alii). In precedenza, si veda anche l�ordinanza 17 marzo 2009, C-217/08 (Mariano). 


membri davanti ai Trattati e la loro identit� nazionale insita nella loro struttura 
fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie 
locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare lefunzioni di salvaguardia dell�integrit� territoriale, di mantenimento dell�ordine 
pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza 
nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro�. 

La regola del �riservato dominio� nazionale, sancita dall�art. 4 TUE, � 
espressione di un principio generale di diritto internazionale, richiamato dal-
l�art. 2, par. 7 della Carta ONU; una regola, del resto, mai revocata in dubbio 

(10) dagli organi comunitari e costantemente riaffermata dal Consiglio. 
Sempre all�art. 4 - non a caso - vengono poi espressi i correlati principi 
di sussidiariet� e di leale cooperazione (11) tra gli Stati membri e l�Unione. 

Al principio enunziato dall�art. 4 TUE fa da complemento l�art. 72 TFUE, 
a mente del quale �Il presente titolo [titolo V, avente ad oggetto lo �Spazio di 
libert�, sicurezza e giustizia� - ndr] non osta all�esercizio delle responsabilit� 
incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell�ordine pubblico e la 
salvaguardia della sicurezza interna�. 

Il successivo art. 24 TUE descrive invece, in termini generali (poi precisati 
dal TFUE e da disposizioni di settore), le competenze dell�UE in materia di politica 
estera e di sicurezza: �La competenza dell�Unione in materia di politica estera 
e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni 
relative alla sicurezza dell�Unione, compresa la definizione progressiva di 
una politica di difesa comune che pu� condurre a una difesa comune�. 

In estrema sintesi, l�UE rivendica a s�, quale soggetto internazionale dotato 
di autonoma personalit� giuridica nelle materie di sua pertinenza, l�esercizio 
di una politica estera e di sicurezza (PESC) strumentale al perseguimento 
dei propri obiettivi. 

La norma merita per� attenzione per un ulteriore profilo, atteso il carattere 
ordinamentale del TUE: quest�ultimo, infatti, individua gli organi nei quali � 
strutturata l�UE, anche in prospettiva di sviluppo. 

Orbene, se da un lato, in seno al pi� ampio settore della PESC, viene indi


(10) Si pensi, ad esempio, alla risposta all�interrogazione scritta P-1603-03 (pubblicata in GUCE 
C51 E/114 del 26 febbraio 2004) con cui la Commissione Europea (l�organo esecutivo dell�UE) ufficialmente 
ricordava, in data 26 maggio 2003, che �� la salvaguardia della legge, dell�ordine pubblico 
e della sicurezza interna, ambito in cui rientrano l�organizzazione e la gestione della polizia, sono 
esclusivamente di competenza degli Stati membri�. 
(11) Ai sensi del primo comma, �In conformit� dell'articolo 5, qualsiasi competenza non attribuita 
all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri�; laddove il terzo precisa che �In virt� del principio 
di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento 
dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o 
particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle 
istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono 
da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione�. 



viduato un obiettivo preciso (seppur futuribile) della politica di difesa del-
l�Unione (PSDC (12)), ovverosia la creazione di un�autonoma struttura militare 
comune, non esiste per contro un�analoga previsione in materia di Forze di 
polizia, per le quali gli artt. 67 ss. TFUE prevedono solo delle forme di (libera) 
cooperazione transfrontaliera, nel caso in cui specifici fatti di reato assumano 
una dimensione comunitaria e non pi� solo nazionale. 

Quanto sopra � emblematico di un convinto self restraint del legislatore 
UE in merito alle politiche di polizia, reso ancor pi� evidente dall�esplicito ed 
incontrovertibile limite posto dall�art. 4 TUE. 

Del resto, se di un embrionale �Esercito europeo� si parlava gi� nel lontano 
1950 con l�istituzionalizzazione (poi abortita) della CED (Comunit� Europea 
di Difesa) - il cui Trattato costitutivo, mai ratificato da Francia ed Italia, venne 
firmato il 27 maggio 1952, dopo la restituzione della sovranit� statuale alla Repubblica 
Federale Tedesca da parte delle tre Potenze che ne occupavano il territorio 
(13) - dell�esigenza di un�analoga struttura di polizia non si rinviene 
invece alcuna traccia nelle fonti del diritto comunitario, fin dalle sue origini. 

Di estremo rilievo � anche il secondo comma dell�art. 24 TUE, che traccia 
i requisiti caratteristici della PESC: �La politica estera e di sicurezza comune 
� soggetta a norme e procedure specifiche. Essa � definita e attuata dal Consiglio 
europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimit�, salvo nei casi 
in cui i trattati dispongano diversamente. � esclusa l'adozione di atti legislativi. 
La politica estera e di sicurezza comune � messa in atto dall�Alto rappresentante 
dell�Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dagli Stati 
membri in conformit� dei trattati. Il ruolo specifico del Parlamento europeo 
e della Commissione in questo settore � definito dai trattati. La Corte di giustizia 
dell�Unione europea non � competente riguardo a tali disposizioni, ad 
eccezione della competenza a controllare il rispetto dell'articolo 40 del presente 
trattato e la legittimit� di talune decisioni, come previsto dall�articolo 
275, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea�. 

La PESC (e, al suo interno, la PSDC) restano quindi disciplinate da decisioni 
del Consiglio (adottate all�unanimit�) ex artt. 25 e 26 TUE (�Il Consiglio europeo 
individua gli interessi strategici dell�Unione, fissa gli obiettivi e defini


(12) L�ex-PESD, rinominata �Politica di Sicurezza e Difesa Comune� (PSDC) dopo l�entrata in vigore 
del Trattato di Lisbona e facente parte integrante della PESC ai sensi dell�art. 42 TUE. Sul sistema 
PESC/PSDC si rinvia allo studio di LIAKOPOULOS-VITA, Introduzione di politica estera e sicurezza comune 
nel diritto comunitario ed internazionale, Napoli 2009. 
(13) Secondo il programma presentato dai francesi Monnet e Pleven, la creazione della CED (finalizzata 
a scongiurare l�adesione alla NATO da parte della Repubblica Federale Tedesca ed il suo conseguente 
riarmo, caldeggiato dagli USA ma osteggiato dalla Francia) avrebbe avuto la funzione di non 
ostacolare la formazione di un Esercito europeo e nel contempo di evitare un riarmo tedesco: tutti gli 
Stati partecipanti avrebbero infatti �devoluto� una Divisione all�Esercito europeo, mantenendo comunque 
una propria Forza armata nazionale, salvo la Germania che avrebbe potuto armare solo la Divisione 
partecipante all�Esercito integrato, rimanendo per il resto smilitarizzata. 



sce gli orientamenti generali della politica estera e di sicurezza comune, ivi 
comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa. Adotta le 
decisioni necessarie� ). 

Come gi� accennato, in seno alla PESC si colloca la pi� specifica �Politica 
di Sicurezza e Difesa Comune� (PSDC), ai sensi del primo comma dell�art. 42 
TUE, la quale �assicura che l�Unione disponga di una capacit� operativa ricorrendo 
a mezzi civili e militari. L�Unione pu� avvalersi di tali mezzi in missioni 
al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione 
dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente 
ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L�esecuzione di tali compiti si basa 
sulle capacit� fornite dagli Stati membri�. 

In seno alla PSDC, come vedremo, sono stati adottati diversi atti esecutivi 
e di dettaglio, talvolta utili a chiarire i variegati confini delle politiche di sicurezza 
(soprattutto quella �esterna�) dell�Unione ed i rapporti tra le altre Forze 
chiamate ad operare sul campo. 

La PSDC comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune 
dell�Unione, che negli intenti del Trattato potr� condurre ad una vera e 
propria Forza di difesa comune a seguito di un�eventuale, futura decisione in 
tal senso del Consiglio Europeo, all�unanimit�. 

In tale evenienza il Consiglio Europeo dovrebbe raccomandare agli Stati 
membri di adottare una conforme decisione legislativa, coerentemente (dato 
atto, ad esempio, dei limiti contenuti nella Costituzione tedesca) alle rispettive 
norme costituzionali. L�art. 42 fa comunque salvi gli obblighi internazionali 
dei singoli Stati, quali quelli derivanti dall�adesione alla NATO. 

Pi� in generale, a differenza di quanto previsto per le Forze di polizia 
(Capo V - Titolo 5 TFUE), le disposizioni dei Trattati non sembrano insistere medio 
tempore - su una pi� qualificata cooperazione (o coordinamento) tra le 
Forze nazionali esistenti (di fatto adeguandosi, sotto tale profilo, ai gi� sperimentati 
moduli operativi della NATO - cfr. infra). 

Il comma terzo, cpv, prevede poi che �Gli Stati membri che costituiscono 
tra loro Forze multinazionali possono mettere anche tali Forze a disposizione 
della politica di sicurezza e di difesa comune�, norma che secondo alcuni consentirebbe 
di inserire in ambito PSDC strutture operative come l�EUROGENDFOR, 
la cui azione viene peraltro riconosciuta dalle stesse Istituzioni UE (cfr. infra) 
come riferibile a tutti i settori della PESC - in primo luogo quelli attinenti le 
incombenze di polizia civile - e non solo agli impieghi prettamente militari. 

Altri riconducono tale struttura al genus delle �cooperazioni strutturate� 
di cui all�art. 46 TUE, tesi che per� non appare corretta, stante l�assenza di una 
decisione istitutiva del Consiglio. 

Infine, ad evidenziare la stretta complementarit� tra le politiche di sicurezza 
(interna ed esterna) dell�UE, di cui si parler� pi� oltre, l�art. 43 TUE 
precisa l�oggetto delle missioni PSDC, nelle quali l�Unione pu� ricorrere tanto 


a mezzi civili quanto militari: queste �comprendono le azioni congiunte in 
materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza 
e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti 
e di mantenimento della pace e le missioni di unit� di combattimento 
per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della 
pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste 
missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il 
sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio�. 

In breve, non solo azioni �belliche� nel senso tradizionale del termine, 
ma pi� in generale di �peace keeping�, nell�ottica pi� ampia di arginare, tra 
l�altro, eventuali fenomeni terroristici e contribuire cos� anche alla salvaguardia 
della sicurezza interna dell�UE e dei singoli Stati membri. 

Ricorrendone i presupposti, la regola della cooperazione tra le Forze 
dell�ordine quale obiettivo e strumento della PESC trova espressione nell�art. 
87 TFUE, per cui �L�Unione sviluppa una cooperazione di polizia che associa 
tutte le Autorit� competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia, i 
servizi delle dogane e altri servizi incaricati dell'applicazione della legge specializzati 
nel settore della prevenzione o dell'individuazione dei reati e delle 
relative indagini�: trattasi, con ogni evidenza, non tanto di una politica diretta 
ad incidere specificamente sull�attivit� delle Forze di polizia, quanto piuttosto 

-in ottica integrata e �partecipata� - su tutti i soggetti preposti alla prevenzione 
e repressione del crimine (14). 

Tra le strutture incaricate di favorire tale obiettivo vi � l�EUROPOL, 
un�Agenzia creata per �sostenere e potenziare l�azione delle Autorit� di polizia 
e degli altri servizi incaricati dell'applicazione della legge degli Stati membri 
e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la criminalit� 
grave che interessa due o pi� Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalit� 
che ledono un interesse comune oggetto di una politica dell�Unione�. 

L�azione degli organismi dell�UE ha solo una finalit� di supporto, ed in 
tanto si giustifica, in quanto l�illecito abbia assunto una rilevanza ben pi� 
ampia del contesto nazionale, attingendo gli interessi comuni oggetto delle 
politiche dell�Unione. 

Al di fuori di questa ipotesi ogni intervento delle Autorit� dell�UE sarebbe 
privo di legittimazione. 
Non a caso, del resto, nel settore PESC l�art. 352 comma quarto TFUE 
esclude l�operativit� dei c.d. �poteri impliciti� (regola generale secondo cui 

�Se un�azione dell�Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche de


(14) Sull�argomento si veda anche la proposta di Regolamento n. COM/2011/0753-definitivo 2011/
0368 (COD) che istituisce, nell�ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario 
per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalit� e la gestione delle crisi 
(su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0753:FIN:IT:HTML). 


finite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza 
che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il 
Consiglio, deliberando all'unanimit� su proposta della Commissione e previa 
approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate� 
): in tale contesto vale l�opposta regola della tassativit� dei settori 
di intervento, principio che del resto trova conferma, sempre in materia di 
cooperazione giudiziaria e di polizia, all�art. 82 comma secondo TFUE. 

Neppure � ammissibile un sindacato della Corte di Giustizia UE, come 
ribadito dall�art. 276 TFUE. 

Ancor oggi il tema delle possibili interferenze tra l�ordinamento comunitario 
e quello nazionale concernente l�Amministrazione della Pubblica Sicurezza 
non risulta essere stato oggetto di specifici studi giuridici, venendosi 
cos� a creare una sorta di �cono d�ombra� che nel tempo ha favorito la nascita, 
tra l�altro, di dubbi, ambiguit� e singolari luoghi comuni che pu� essere interessante 
menzionare al solo scopo di puntualizzare alcuni principi di fondo. 

In primo luogo va sfatata l�idea - abbastanza diffusa ma priva di fondamento 
giuridico - che le Istituzioni europee abbiano titolo a dettare regole, pi� 

o meno vincolanti, sull�assetto organizzativo dei singoli apparati di P.S. e delle 
stesse Forze di polizia all�interno degli Stati membri. 

Sulla base di tale erroneo presupposto, invero, si � inspiegabilmente diffusa, 
nel corso del tempo e tra gli operatori del settore, un�idea alquanto curiosa 
secondo cui a �livello europeo� si sarebbe optato nientemeno che per 
assetti ordinamentali delle Forze dell�ordine di tipo �civile� rispetto a quelli a 
status militare, tanto da imporre - entro scadenze pi� o meno tassative - il definitivo 
superamento di questi ultimi a vantaggio dei primi. 

In poche parole, per motivi pi� o meno articolati, secondo questa bizzarra 
tesi l�Unione Europea imporrebbe ai singoli Stati membri lo scioglimento delle 
varie Forze di polizia ad ordinamento militare. 

Si � ad esempio sostenuto che a livello comunitario alcuni Stati membri avrebbero mosso 
delle ipotetiche resistenze a che, nel caso di operazioni congiunte di polizia, il proprio territorio 
fosse attraversato da militari in armi di altri Paesi, dimenticando per� di spiegare per quale 
ragione il problema sarebbe venuto meno allorch� a transitare sul medesimo territorio fossero 
state le stesse persone (dotate di analogo armamento), ma stavolta prive dello status militare 
e ricondotte a quello civile. Tale tesi sembra inoltre ignorare che la questione � gi� stata regolamentata 
- significativamente in tutt�altro senso - proprio dal legislatore comunitario, nel-
l�ambito del cd. Aquis di Schengen (si veda la raccolta pubblicata dal Consiglio UE su GUCE 
L-239 del 22.9.2000 ed ivi, in particolare, gli artt. 40 e 41 della Convenzione di applicazione 
dell�Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 - documento scaricabile online all�indirizzo 
http://www.esteri.it/mae/normative/Normativa_Consolare/Visti/Acquis_di_Schengen.pdf). 

Una variante sul tema fa invece improprio riferimento ad un risalente procedimento per 
infrazione aperto nel 2006 nei confronti dell�Italia (e di altri 10 Paesi, poi archiviato nel 2011), 
per scorretto recepimento della Direttiva 2002/22/CE del Parlamento UE e del Consiglio, ed 


ivi dell�art. 26 (avente ad oggetto il cd. �Numero di emergenza unico europeo�). La totale 
inconsistenza di tale rilievo si appalesa ove si consideri che la Direttiva in questione nulla 
ha a che fare con il settore della pubblica sicurezza e men che mai con quello delle Forze 
di polizia (n� potrebbe del resto averlo, trattandosi di materie sottratte all�ingerenza comunitaria), 
bens� con quello (questo s�, di pertinenza UE) della tutela dei consumatori, con particolare 
riferimento al cd. �servizio universale ed ai diritti degli utenti in materia di reti e di 
servizi di comunicazione elettronica�. 

La Direttiva ha infatti ad oggetto non l�organizzazione dei servizi di polizia o delle rispettive 
Centrali operative, bens� i diritti dei consumatori nel settore della telefonia fissa e mobile, 
come evidenziato ai p.ti 1, 3, 7 e 36 del relativo Preambolo, laddove �La liberalizzazione 
del settore delle telecomunicazioni, l�intensificazione della concorrenza e la pi� ampia scelta 
di servizi di comunicazione implicano un�azione parallela volta a istituire un quadro normativo 
armonizzato che garantisca la prestazione di un servizio universale. Il concetto di servizio universale 
dovrebbe evolvere ai fini di rispecchiare il progresso tecnologico, l'evoluzione del mercato 
e della domanda degli utenti � Il fatto di assicurare un servizio universale (ossia la 
fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a prezzo abbordabile) 
pu� comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si 
discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato � Gli Stati membri dovrebbero 
continuare a provvedere affinch� nel loro territorio i servizi elencati nel Capo II siano 
messi a disposizione di tutti gli utenti finali ad un determinato livello qualitativo, a prescindere 
dall�ubicazione geografica dei medesimi � Occorre che gli utenti possano chiamare gratuitamente 
il numero d'emergenza unico europeo �112� o qualsiasi numero d�emergenza nazionale 
a partire da qualsiasi apparecchio telefonico, compresi i telefoni pubblici a pagamento, 
senza dover utilizzare alcun mezzo di pagamento�. Ancora, l�art. 6 comma terzo prevede che 
�Gli Stati membri provvedono affinch� sia possibile effettuare chiamate d'emergenza dai telefoni 
pubblici a pagamento utilizzando il numero di emergenza unico europeo (�112�) o altri 
numeri di emergenza nazionali, gratuitamente e senza alcun mezzo di pagamento�. 

L�inconferenza di quanto sopra con la materia della pubblica sicurezza - e, segnatamente, della 
sua organizzazione interna - trova conferma nella sentenza 15 gennaio 2009 (causa C-539/07, su 
http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=74310&mode=req&pageIndex=1&dir=& 
occ=first&pat=1&text=&doclang=IT&cid=805504) con cui la Corte di Giustizia UE si pronunci� 
sulla questione, dichiarando s� la responsabilit� dell�Italia per inadempimento della suddetta 
Direttiva, ma non certo perch� erano rimasti attivi i diversi numeri di emergenza delle singole 
Forze dell�ordine nazionali e le relative, autonome Centrali operative (ipotesi che la stessa 
Direttiva fa espressamente salva), bens� per il fatto (del tutto diverso) che si era �omesso di 
mettere a disposizione delle autorit� incaricate dei servizi di soccorso le informazioni relative 
all�ubicazione del chiamante per tutte le chiamate telefoniche effettuate al numero di emergenza 
unico europeo �112�, nella misura in cui ci� era tecnicamente fattibile�, con ci� venendo 
�meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell�art. 26, n. 3, della direttiva� (cos�, 
espressamente, al p.to 14 della sentenza). 

Il �numero unico� altro non � che un servizio di call-center (possibilmente in pi� lingue) 
offerto al consumatore-utente dei servizi di telefonia, che certo non presuppone accorpamenti, 
scissioni o smilitarizzazioni di Forze di polizia o quant�altro: l�art. 26, comma primo ribadisce 
infatti che �Gli Stati membri provvedono affinch� � oltre ad altri eventuali numeri di emergenza 
nazionali specificati dalle autorit� nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali 
di servizi telefonici accessibili al pubblico, ed in particolare gli utenti di telefoni pubblici a 


pagamento, possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di 
emergenza unico europeo �112��; quest�ultimo si riferisce quindi ad un servizio di smistamento 
telefonico - rigorosamente gratuito - che si affianca e si raccorda (senza per� sostituirli) 
ai numeri nazionali gi� esistenti, che l�UE non chiede certo di unificare (avendo titolo ad esprimersi 
sulla tutela dei consumatori ex art. 4 lett. �f� TFUE, ma non anche sulla gestione delle 
emergenze o sull�organizzazione dei relativi servizi - sanitari, di polizia, antincendio, etc. - di 
esclusiva competenza domestica). 

La tesi qui confutata, invero, muove da un equivoco di fondo: sul presupposto, infatti, 
che in Italia (a differenza di altri Paesi dell�UE), al momento di adozione della Direttiva 
2002/22/CE il numero telefonico 112 non era �libero� ma gi� in uso alle Centrali operative 
dei Carabinieri (che a tal punto, a rigor di logica, avrebbero dovuto essere potenziate quanto 
a mezzi ed organici per poter efficacemente svolgere anche tali nuove incombenze, soluzione 
indubbiamente meno onerosa del creare ulteriori strutture - terze rispetto alle Forze dell�ordine, 
ai Vigili del Fuoco, al 118, etc. - fungenti appunto da smistamento e filtro), impropriamente 
finisce con l�equiparare le funzioni del 112 europeo a quelle delle Centrali operative di polizia, 
per poi suggerirne (incoerentemente, date le premesse) l�accorpamento. 

Per maggiori approfondimenti su quest�ultimo punto, si veda quanto precisato infra, nel Cap. 
4 di questo lavoro). 

Per una complessiva introduzione sulla materia, si veda il portale istituzionale �Digital 
Agenda for Europe� del Consiglio, su http://ec.europa.eu/digital-agenda/en/whatare-
eu-rules-concerning-112, nonch� l�Implementation Report della Commissione 
Europea, aggiornato al 18 marzo 2013 e scaricabile online dal portale istituzionale 
http://ec.europa.eu/information_society/newsroom/cf/dae/document.cfm?doc_id=1674). 

Pi� di recente, una terza versione sembra invece far indirettamente leva sui vincoli di 
bilancio imposti dal patto di stabilit� europeo (da cui, tra l�altro, la cd. �spending review�) 
evidenziando i presunti risparmi di spesa che deriverebbero dal prefigurato accorpamento, 
stimati addirittura in miliardi di euro (da 1 a 7, a seconda delle versioni; in occasione della 
Legge di stabilit� 2014 si � pensato di indicare l�importo �mediano� di 4,5 Mld). 

Va per� evidenziato che di tali importi non viene fornita alcuna giustificazione contabile, 
di per s� piuttosto improbabile ove si consideri che le uniche spese riducibili - salvo tagliare gli 
organici - sono attualmente quelle d�ordine ed in conto capitale, laddove gli stanziamenti di bilancio 
2013/2014 sarebbero addirittura inferiori al totale complessivo delle spese correnti necessarie 
(e dunque non ulteriormente riducibili) per l�operativit� delle Forze a competenza generale. 

In termini finanziari, a titolo d�esempio, nello Stato di previsione della spesa del Ministero 
della Difesa per il 2013 (15) all�Arma dei Carabinieri sono attribuiti 5 miliardi e mezzo 
di euro per i costi del personale (retribuzione, etc.), pi� all�incirca 315 milioni complessivi 
per spese correnti e di investimento, cui si aggiungono 238.500.000 � stanziati sul Bilancio 
del Ministero dell�Interno per il pagamento dei fitti di 4.314 Caserme dei Reparti territoriali 
minori e la relativa manutenzione, oltre alle missioni di polizia giudiziaria, spese di per s� in


(15) Si veda, in particolare, quanto riportato nella Nota Integrativa al Disegno di Legge di Bilancio 
per l�anno 2013 e per il triennio 2013-2015 (Tabella 11 - Ministero della Difesa), in particolare alle pp. 
6 ss. (dove esplicitamente si evidenzia l�insufficienza di tali stanziamenti gi� solo a consentire l�ordinaria 
attivit� operativa dell�Arma). Il documento contabile � pubblicato sul sito della Ragioneria Generale 
dello Stato (www.rgs.mef.gov.it); lo Stato di previsione della spesa 2013 del Ministero della Difesa � 
invece reperibile su http://www.difesa.it/Content/Pagine/statoprevisionespesa2013.aspx. 


differibili (16). Si tratta comunque di importi gi� fortemente ridotti rispetto al biennio precedente, 
grazie ad economie di scala, comՏ vero che nel c.d. �Rapporto Giarda sulla Spending 
review� (marzo 2013 - cfr. infra), a pag. 31 si indicava una spesa - per il 2011 - di circa 6,7 
Mld, a fronte di 7,2 Mld della Polizia di Stato. 

In termini di saldi monetari, dunque, i prefigurati risparmi sarebbero addirittura superiori 
al costo complessivo dell�Arma (nell�ipotesi monstre dei 7Mld) o comunque (in quella per cos� 
dire �al ribasso� di 1Mld) al doppio di tutte le sue spese correnti (personale escluso) e di investimento 
annue, il che si dimostra - sia sotto il profilo contabile che logico - del tutto implausibile. 

Per analoghe ragioni appare priva di consistenza l�ulteriore ipotesi teorica che analoghi 
risparmi potrebbero derivare gi� solo dall�unificazione delle Centrali operative a livello provinciale 
(su cui cfr. infra), ovvero sottoponendo alcune strutture territoriali di polizia sotto il 
comando e/o la direzione di altre Forze (evenienza che, oltre a rappresentare un�anomalia a 
livello internazionale, nulla avrebbe a che fare con riscontri di carattere economico, come a 
suo tempo gi� rilevato per alcuni emendamenti, poi ritirati, nell�iter di approvazione della 
legge 78/2000: Atto Senato n. 50-282-358-1181-1386-2793-ter-2958-3060-B). 

La materia � stata invece oggetto di approfonditi studi tecnici in Francia, dove nel 2009 la 
Presidenza della Repubblica aveva voluto ricondurre anche la Gendarmeria sotto la dipendenza 
gerarchica del Ministero dell�Interno (secondo le linee tracciate nel rapporto congiunto �Police-
Gendarmerie: vers la parit� globale au sein d�un m�me Minist�re�), proprio nella prospettiva 
dei maggiori risparmi di spesa che sarebbero dovuti derivare da un pi� stretto coordinamento integrato 
delle due Forze (e relative strutture di vertice), con connessa riduzione di organici. 

Al riguardo sono significative le conclusioni del rapporto tematico �Police et Gendarmerie 
nationales: depenses de remuneration et temps de travail� della Corte dei Conti francese, 
del marzo 2013, che in modo netto formalizzano il fallimento di tale opzione (gi� tentata 
pure in Spagna col Real Decreto n. 991/06, tendente all�unificazione dei vertici delle Direcciones 
Generales delle Forze di sicurezza ma definitivamente abbandonata nel 2012, ripristinando 
il precedente regime, poich� fonte di gravi inefficienze di sistema): dopo aver 
riconosciuto che le differenze tra le due Forze sono in larga parte �irr�ductibles� (al di l� del 
diffuso luogo comune che entrambe �farebbero le stesse cose�: pp. 93 ss.), si evidenzia come, 
ben lungi dal dar luogo a risparmi strutturali, �de 2006 � 2011, ces d�penses ont augment� de 
10,5% dans la police nationale et de 5,1% dans la gendarmerie nationale � La succession 
ininterrompue des mesures cat�gorielles a lourdement d�s�quilibr� l�action conjugu�e des 
facteurs dՎvolution de la masse salariale. En effet, le co�t annuel suppl�mentaire induit par 
ces mesures au cours de la p�riode 2008-2011 a �t� largement sup�rieur aux �conomies r�sultant 
des reductions d�effectifs, �valu�es � 131 M� dans la police et 148 M� dans la gendarmerie 
en 2011, dans des proportions qui se sont �lev�es respectivement � 217 % et 113 
%� (pubblicato su http://www.ccomptes.fr/index.php/Publications/Publications/Police-etgendarmerie-
nationales-depenses-de-remuneration-et-temps-de-travail). 

(16) Cfr. la Nota Integrativa del Ministero dell�Interno (Tabella 8), Missione 3 (Ordine pubblico 
e sicurezza), Programma 3.2 (Servizio permanente dell�Arma dei Carabinieri per la tutela dell�ordine 
e la sicurezza pubblica [7.9]), pubblicata sul sito della Ragioneria Generale dello Stato 
(www.rgs.mef.gov.it). Contrariamente a quanto spesso affermato, rispetto alle altre Forze dell�ordine il 
contributo economico del Ministero dell�Interno � del tutto minoritario, essendo pari ad appena 1/25 
del fabbisogno totale dell�Arma (il che ancor pi� toglie credito alle succitate prospettive di risparmio a 
seguito di un�ipotetica riconducibilit� organizzativa nell�ambito di tale Dicastero). 


A livello dottrinale, si segnala infine un recente scritto (17) nel quale parimenti si sostiene 
che sarebbe in atto, in alcuni Stati europei dotati di Forze di gendarmeria (nella specie, 
Francia, Italia e Spagna), una progressiva smilitarizzazione delle stesse, quale verosimile preludio 
alla loro estinzione: in ci� risiederebbe il �paradosso� segnalato nel titolo, tra la circostanza 
che il �modello sicurezza� dell�Unione europea (cui sar� dedicata ampia parte di questo 
Capitolo) porta a privilegiare un tale tipo di Forze, laddove proprio i Paesi che per primi le 
hanno istituite sembrerebbero invece orientati a disfarsene. 

A prescindere dalla circostanza che di tale �smilitarizzazione in corso� non viene in realt� 
fornita alcuna evidenza, � appena il caso di ricordare come tale lavoro - bench� vertente 
su questioni giuridico-istituzionali (in tale ambito, infatti, va collocato l�assetto organizzativo 
delle Forze dell�ordine) - ometta qualsiasi riferimento proprio alla normativa di settore (salvo 
un sommario richiamo all�art. 13 della Raccomandazione 10/2001 del COE, su cui si dir� pi� 
oltre), per menzionare piuttosto qualche articolo di stampa, alcune dichiarazioni di esponenti 
sindacali e, pi� in generale, la singolare idea per cui vi sarebbe una contraddizione di fondo 
tra lo status militare ed una societ� democratica. 

I pochi riferimenti �tecnici� riportati, inoltre, appaiono sovente imprecisi (18). N� pare 
persuasiva la tesi di fondo secondo cui le prime avvisaglie di tale ipotizzata �dissoluzione� sarebbero 
date dallo scioglimento della Gendarmeria belga (nel 2001) e di quella austriaca (nel 
2005), trattandosi di realt� assolutamente non comparabili: lo studio infatti non tiene in considerazione 
le differenze strutturali in materia di capacit� operative e di organici (al momento della 
loro massima estensione quei Corpi contavano a malapena circa 11-15.000 unit�, contro le oltre 

100.000 delle gendarmerie prese a raffronto), ma soprattutto pecca sotto un profilo oggettivo. 

In effetti, al di l� del nome, sia nel caso della Bundesgendarmerie austriaca che in quello 
della Rijkswacht / Gendarmerie nationale belga non si era in presenza di Forze di gendarmeria: 
infatti la prima era stata smilitarizzata da oltre trent�anni (con organici che nel frattempo 

(17) LUTTERBECK, The Paradox of Gendarmeries: Between Expansion, Demilitarization and Dissolution, 
Geneva 2013. 
(18) A titolo d�esempio, la smilitarizzazione della Guardia Civil spagnola (che avrebbe rappresentato 
un obiettivo del Governo nei primi anni 2000) troverebbe un punto di partenza nell�unificazione - con Real 
Decreto 991/06 - delle Direcciones Generales delle Forze di sicurezza: orbene, anche a prescindere dal 
fatto che proprio nel 2004 venne nominato (per la prima volta dopo il periodo franchista) un militare al 
vertice del Corpo, lo studio sembra ignorare che tale �unificazione� � stata abrogata con Real Decreto n. 
400 del 7 febbraio 2012, causa le gravi inefficienze cui aveva dato corso, ripristinando l�originario regime. 
Poco persuasivo appare anche il richiamo ai rapporti tra la Guardia Civil ed il regime dittatoriale, ove si 
pensi che sino al 1952 quest�ultimo aveva avuto a pi� riprese intenzione di sopprimerla, ritenendola politicamente 
inaffidabile (come in effetti avvenne, con Ley 15 marzo 1940, per il Cuerpo de Carabineros: 
cfr. LOPEZ CORRAL, La Guardia Civil de Franco, in Cuadernos de la Guardia Civil, XLII/2010, pp. 13 
ss.). Circa il caso francese, le cui recenti riforme appaiono riconducibili ai mutevoli rapporti fiduciari degli 
apparati di sicurezza con la Presidenza della Repubblica, tipici di tale modello istituzionale, va evidenziato 
come nessuna modifica sia stata apportata all�art. L3211-1 del Code de la d�fense, che eleva la gendarmeria 
al rango di Forza armata (principio confermato dall�art. 1 della legge di riforma 2009-971 del 3 agosto 
2009, nonch� dall�art. 6 dell�Ordonnance n. 2012-351 del 12 marzo 2012, nell�introdurre il successivo art. 
L3211-3); appare inoltre del tutto erroneo leggere un principio di smilitarizzazione nella possibilit� che al 
vertice del Corpo sia posto pure un civile (un magistrato o un prefetto): invero, contrariamente a quanto 
ivi evidentemente ritenuto, dal 1� ottobre 1933 sino all�attuale riforma la gendarmeria francese non ha mai 
avuto vertici militari (con la comprensibile eccezione del periodo bellico, dal 18 agosto 1943 al 18 luglio 
1947), come invece accade proprio dal 2004 in poi. Sul caso italiano, infine, non viene in realt� riportato 
alcunch� di significativo, al di l� di qualche suggestiva dichiarazione del Cocer. 



erano rimasti fortemente penalizzati - sotto il profilo stipendiale - rispetto ad altri Corpi minori), 
la seconda formalmente dal 1991, sebbene gi� dai primi anni Ottanta rivendicasse apertamente 
lo status di Forza civile sindacalizzata (un po� come le Guardie di P.S. in Italia, in 
quegli stessi anni confluite nella Polizia di Stato). Significativamente, del resto, nessuna delle 
due era parte delle organizzazioni internazionali (ad es. il FIEP) di gendarmeria. 

Come gi� anticipato, la portata (e l�ambito di operativit�) della legislazione 
europea in materia non generano particolari incertezze, distinguendosi 
due settori di disciplina: 

a. l�organizzazione interna dell�apparato di pubblica sicurezza ed ordine pubblico 
di ciascuno Stato membro: si tratta di una materia del tutto sottratta all�interferenza 
del legislatore e della Corte di Giustizia europei (da ultimo, ex art. 4 TUE); 
b. le politiche di cooperazione transfrontaliera tra gli apparati di polizia 
degli Stati membri, ogniqualvolta questi siano interessati da particolari fenomeni 
criminali coinvolgenti pi� Paesi: sono disposte con atti formali del-
l�Unione ma hanno esclusivamente ad oggetto - sulla falsariga di quanto gi� 
avviene a livello internazionale con l�INTERPOL - la creazione di una rete interstatale 
di collaborazione, formazione e cooperazione tra gli organi di polizia 
interni, che restano gli unici attori operativi del sistema. 


Anche per fornire a questi ultimi il necessario supporto informativo e 
scientifico sono stati costituiti, nel tempo, alcuni organismi strumentali (quali 
EUROPOL, FRONTEX e CEPOL - cfr. infra). 

I principi generali di cui sopra operano anche a livello internazionale 
(come si pu� evincere dalle basi giuridiche delle missioni di peacekeeping del 
personale di polizia, ad esempio nei programmi EUPOL ed EUPM) e rappresentano 
il presupposto logico-normativo delle strategie di CIVPOL (in ambito ONU) 
ed EUCIVPOL (ambito UE (19)). 

In realt�, la tesi �smilitarizzatrice� di cui si � detto muove da un equivoco 
di fondo, ricorrente nella letteratura non specialistica (20) che confonde tra 

(19) In materia va menzionato almeno l�ampio saggio introduttivo di JEAN, An Integrated Civil 
Police Force for the European Union, Brussels (CEPS) 2002, pp. 53 ss.. 

(20) L�equivoco affiora in alcuni studi, soprattutto quando si affrontano determinati luoghi comuni:
�� difficile non osservare che tante sono le risorse umane impiegate per ragioni militari, sia all�estero 
che in Italia, che nulla hanno a che fare con il controllo del territorio in termini di prevenzione e prossimit� 
con i cittadini. Compiti, questi ultimi, che troverebbero pi� corrispondenza in un contingente 
specifico e specializzato appositamente costituito nell�Esercito italiano� precisando - in nota - che tale 
considerazione sarebbe giustappunto riferita alla �differenza tra soldato e poliziotto� (cos�, ad esempio, 
RENIS, In � sicurezza dei cittadini. Organizzazione ed efficacia delle Forze di polizia in Italia, Roma 
2009, p. 132). Pi� di recente, LUTTERBECK (The Paradox, cit. pp. 57 ss.), prescindendo - tra l�altro - da 
precisi riferimenti giuridico-istituzionali, sembra richiamare una tesi piuttosto screditata (o, per meglio 
dire, una illazione priva di qualsiasi scientificit� tecnico-operativa, elaborata evidentemente in ambienti 
carenti di competenze e capacit� in materia) secondo cui le Forze di gendarmeria ben potrebbero essere 
ridotte a piccoli contingenti da impiegare esclusivamente all�estero - e dunque private delle loro naturali 
competenze generali di polizia civile - dopo averne sciolto e smilitarizzato il principale apparato. 


�polizia a status militare� e �polizia militare�, ritenendo si tratti di sinonimi o 
comunque di espressioni equivalenti. 

Ci� � del tutto errato, poich� in materia di pubblica sicurezza (e di polizia 
giudiziaria) per �polizia civile� (ovvero, pi� correttamente, per �polizia� in 
quanto tale) si intendono indifferentemente le Forze ad ordinamento civile 
come quelle ad ordinamento militare, allorch� svolgano il proprio servizio 
direttamente a favore dei cittadini (id est, della cd. �societ� civile�); per 
contro, cosa assolutamente diversa � la polizia militare, che opera esclusivamente 
all�interno delle FF.AA. 

Tale regola, come vedremo, � pacifica anche nelle fonti dell�ordinamento UE. 

Tra queste si pu� sin d�ora citare l�Annesso II dell�Allegato VI (par. 3) 
alle dichiarazioni conclusive della Presidenza del Consiglio Europeo di Nizza 
(7-9 dicembre 2000 (21)), nel quale viene chiarito il concetto - valevole per il 
diritto dell�Unione - di �Forze di polizia� (�Concept of Police Forces�): �The 
two functions (strengthening of and substituting for local police forces) draw 
on all specialist policing techniques available in the Member States (NB: �police 
forces� here covers both police forces with civilian status and police forces 
with military status of the gendarmerie type). It has been found that 
European police forces have developed within their ranks a variety of skills, 
based on similar professional criteria, available for use at various stages of 
crisis management �� (tradotto: il concetto �"le Forze di polizia" comprende 
qui sia le Forze di polizia a statuto civile, sia le Forze di polizia a status militare 
del tipo gendarmeria�). 

Conformemente alla prassi giuridica internazionale, nel concetto di 
�Forze di polizia� non viene invece ricompresa la �polizia militare�, che opera 
in un contesto diverso dalla �societ� civile� (22). 

La �contrapposizione�, infatti, non va intesa tra �poliziotti� e �gendarmi� 
(che anche a livello normativo UE, NATO ed OSCE vengono giustamente 
considerati operatori di polizia a pari titolo), bens� tra funzioni di 
polizia �civile� (svolte cio� al servizio dei privati cittadini) e funzioni di polizia 
�militare� (svolte nell�esclusivo interesse delle Forze armate, per il mantenimento 
dell�ordine pubblico e la repressione dei reati al loro interno). 

(21) Alla pagina http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/00400r1.%
20ann.en0.htm. 
(22) Per �polizia militare� si intende infatti, ai sensi dell�art. 6 D.lgs 5 ottobre 2000, n. 267 (cfr. 
ora l�art. 90 del D.lgs 15 marzo 2010, n. 66), il �complesso delle attivit� volte a garantire le condizioni 
generali di ordine e sicurezza delle Forze armate sul territorio nazionale ed all'estero�, comprensive 
sia dell�attivit� di polizia giudiziaria che di quella di ordine pubblico. � generalmente svolta da appositi 
reparti delle stesse Forze armate che se ne avvalgono, tranne negli ordinamenti che dispongono di una 
Forza di gendarmeria (attualmente 54, tra gli Stati membri dell�ONU), alla quale viene attribuita anche 
tale incombenza, parallelamente alle ordinarie funzioni di polizia �civile�. Per uno studio nel solco della 
normativa previgente, cfr. FERRARI, La Polizia Militare. Profili storici, giuridici e d�impiego, Roma 
1993 (suppl. a Rass. Arma Carabinieri 2/1993). 



Al riguardo va precisato che la distinzione tra �Civil Police� e �Military 
Police� - e relative attribuzioni - nasce e si rende necessaria in quegli ordinamenti 
(soprattutto anglosassoni e scandinavi) nei quali, non esistendo un Corpo 
di gendarmeria o simile, le funzioni di polizia militare vengono svolte direttamente 
- ma limitatamente a tale peculiare contesto - da specifici contingenti 
delle stesse Forze armate: la differenza di attribuzioni ha quindi lo scopo di 
evitare un�impropria attribuzione di funzioni generali di polizia anche a questi 
ultimi, generalmente privi di una formazione specifica per i contesti civili (23). 

Ci� premesso, nel concludere la questione di cui trattasi si pu� fare riferimento 
alla curiosa vicenda della Raccomandazione 10/2001/REC del Consiglio 
d�Europa (24). 

Sul punto, � opportuno premettere tre considerazioni. 

1. Innanzitutto, il provvedimento in questione nulla ha a che fare con 
l�ordinamento dell�Unione Europea (25), al di l� di una parziale omonimia 
dell�organo che l�ha adottato (il �Consiglio d�Europa�, o COE) con quello legislativo 
dell�UE (il �Consiglio� (26)). 
2. Sebbene riconducibile ad un organismo internazionale di cui fa parte 
l�Italia, non dispiega all�interno dell�ordinamento statuale alcuna efficacia 
reale, neppure di carattere interpretativo, trattandosi di una mera Raccomandazione 
(e non, ad esempio, di una Convenzione pattizia, ex art. 117 Cost.). 
3. Ci� premesso sul piano procedurale, occorre ricordare - nel merito che 
il contenuto dispositivo di tale Raccomandazione � esattamente l�opposto 
di quello che talvolta si crede, dal momento che - ben lungi dall�auspicare 
gi� solo un ridimensionamento delle Forze di polizia a statuto militare 


-a pi� riprese ne riconosce (e garantisce) le funzioni ed il ruolo centrale nel 

moderno Stato di diritto. 
� significativo, inoltre, il fatto che la suddetta Raccomandazione venga 

(23) Va per� considerato che alcuni Corpi di polizia militare (ad es. i Feldj�ger tedeschi, ovvero 
la polizia militare ceca e polacca, per citarne alcuni), pur non strutturati come ordinarie Forze di gendarmeria 
hanno comunque consolidato delle capacit� operative �di polizia� a seguito delle esperienze 
internazionali di peacekeeping UE/NATO. 
(24) Il cui testo integrale (con Preamboli ed allegati), nella versione ufficiale inglese, � reperibile 
sul sito istituzionale del Consiglio d�Europa all�indirizzo https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=224783. 
Per la versione francese, si veda invece https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=224803. 
(25) L�estraneit� riguarda anche le materie di riferimento, poich� il �settore sicurezza� UE ricomprende 
anche le politiche di difesa (PSDC) che sono invece espressamente escluse dal novero di materie 
su cui il COE pu� essere chiamato ad esprimersi, ai sensi dell�art. 1 lett. d) del relativo Statuto. Lo stesso 
dicasi per l�ex �Terzo Pilastro� UE (GAI - ora FSJ), per la collaborazione transfrontaliera tra Forze di polizia 
in materia penale. 
(26) Il Consiglio d�Europa, infatti, � un�organizzazione internazionale (e non sovranazionale, 
come l�UE) istituita con il Trattato di Londra del 5 maggio 1949, che comprende 47 Stati (contro i 27 
dell�UE), tra i quali Russia, Georgia, Azerbaijan e Norvegia, nonch� gli USA (oltre a Giappone, Israele, 
Canada e Messico) in qualit� di osservatori. Non ha nulla a che fare con la CEE (nata molti anni dopo, 
nel 1957, con la firma dei Trattati di Roma tra i sei Stati fondatori): unici tratti comuni, l�inno e la bandiera 
del COE, adottati anche dalla CEE nel 1985 con l�assenso di quest�ultimo. 



spesso riportata in modo parziale e sulla base di traduzioni sommarie. Il documento 
in questione (chiamato anche �Codice etico per le Forze di polizia�) 
� stato adottato il 19 settembre 2001 all�esito della 765� Sessione del COE, ed 
� composto di 66 articoli: tra questi, la norma talvolta richiamata a sostegno 
delle interpretazioni sovra richiamate � l�art. 13, che nel testo ufficiale inglese 
(l�unico dotato di validit� legale, oltre alla versione francese) cos� recita: �Police 
organisations, when performing police duties in civil society, shall be 
under the responsibility of civilian authorities�. 

Il testo francese ha contenuto identico. 

In italiano pu� tradursi con: �Le Forze (27) di polizia, nell�esercizio delle 
loro funzioni in seno alla societ� civile, devono essere sottoposte alla responsabilit� 
delle Autorit� di governo�. 

Autorit� �di governo� e non (pi� genericamente) �civili�, come potrebbe 
suggerire una rapida traduzione letterale, essendo tale il significato dell�espressione 
- tipica del diritto costituzionale inglese -�Civilian Authorities�. 

Tale nozione trova una prima definizione compiuta in uno dei testi fondamentali del costituzionalismo 
inglese, l�An Examination of the Political Part of Mr. Hobbs his Leviathan di 
LAWSON, del 1657 (su cui cfr. infra, in conclusione di questo lavoro). 

A livello legislativo si richiama, ad esempio, il �Civil Authorities [Special Powers] Act 
[for Northern Ireland]� del 7 aprile 1922 (in http://cain.ulst.ac.uk/hmso/spa1922.htm), il cui 
�Preambolo� chiarisce come l�espressione si riferisca al Ministero dell�Interno ed all�Autorit� 
governativa dell�Ulster (�The civil authority shall have power, in respect of persons, matters 
and things within the jurisdiction of the Government of Northern Ireland � For the purposes 
of this Act the civil authority shall be the Minister of Home Affairs for Northern Ireland�). 
Nella letteratura giuridica, ad esempio, cfr. ELAZAR, Federal Models of (Civil) Authority, in 
Journal of Church and State, XXXIII, 2/1991, pp. 231-254. 

La riconducibilit� della nozione giuridica di �Authority� - almeno in parte - a quella di 
�Potere� dello Stato trova inoltre conforto nel �Law Dictionary, Adapted to the Constitution 
and Laws of the United States� (a cura di BOUVIER, Philadelphia 1856), laddove: �Authority, 
government. The right and power which an officer has in the exercise of a public function to 
compel obedience to his lawful commands. A judge, for example, has authority to enforce 
obedience to his not being correct�. 

Un ragionamento pi� articolato vale invece per l�ordinamento statunitense, nel quale 
tale nozione viene utilizzata anche dalla dottrina costituzionale del �civilian control of the 
military�, che �places ultimate responsibility for a Country�s strategic decision-making in 
the hands of the civilian political leadership, rather than professional military officers�: sulla 
questione, cfr. FEAVER, The Civil-Military Problematique: Huntington, Janowitz and the Question 
of Civilian Control, Armed Forces & Society - Winter 1996 (23/2), pp. 149-178, secondo 

(27) In alternativa, si potrebbe ricorrere all�espressione �le strutture di polizia�, per accentuare il riferimento 
all�aspetto organizzativo di cui si occupa il Titolo IV della Raccomandazione (�Organisational 
Structures of the Police�). Il termine utilizzato appare per� pi� aderente alla ratio testuale, e soprattutto coerente 
con i concetti espressi nell�interpretazione autentica dell�art. 13, fornita dallo stesso COE (cfr. infra). 


cui �The proper subordination of a competent, professional military to the ends of policy as 
determined by civilian authority�. In questi termini, LOBB (Civil Authority versus Military, 
in The Virginia Law Register 1919, vol. 4 n. 12, pp. 897 ss.) si riferisce ai Poteri sovrani dello 
Stato previsti dalla Costituzione e pi� propriamente parla di �civil power� e di �sovereign 
power�. Analogamente dicasi per la �Proclamation 157� del Presidente Johnson del 20 agosto 
1866, ripristinante la �civil autority� sull�intero territorio federale al termine della guerra 
civile americana (cfr. http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=71992). In questo contesto si 
colloca la definizione di LIPSCOMB, contenuta in Civil Government: Its Origin, Mission, and 
Destiny, Nashville 1913: �Civil authority (also known as civil government) is that apparatus 
of the state other than its military units that enforces law and order. It is also used to distinguish 
between religious authority (for example Canon law) and secular authority. In a religious 
context it may be defined as synonymous with human government, in contradistinction 
to a government by God, or the divine government�. 

Pi� in generale, nel sistema statunitense la �contrapposizione� tra �civil authority� e 
�military authority� si fonda sui presupposti di applicabilit� della legge marziale, unico strumento 
legittimo con cui sia possibile sospendere le garanzie costituzionali e politiche dei cittadini: 
�martial law is the suspension of civil authority and the imposition of military authority. 
When we say a region or country is "under martial law", we mean to say that the military is 
in control of the area, that it acts as the police, as the courts, as the legislature ��. 

Sempre nell�ordinamento statunitense, la nozione giuridica di �Civil Authority� trova ulteriore 
riscontro nel Titolo 32, par. 185.3 del Code of Federal Regulations, rubricato �Military 
Support to Civil Authorities� , che a tal fine rinvia alla definizione contenuta nella Joint publication 
1-02 (�Dictionary of Military and Associated Terms� dell�US Department of Defense 
(http://www.dtic.mil/doctrine/new_pubs/jp1_02.pdf), emendata il 15 agosto 2012conferendole 
valore normativo: �Those elected and appointed � who constitute the governments of the 50 
States, District of Columbia, Commonwealth of Puerto Rico, US possessions and territories, and 
political subdivisions thereof�. Sull�argomento, cfr. BUCHALTER, Military support to Civil Authorities: 
the role of the Department of Defense in support to homeland defense, Washington 2007. 

Esprime un concetto analogo anche la nozione di �Civil Administration� contenuta nel medesimo 
JP 1-02, ovverosia �An administration established by a foreign government in (1) friendly 
territory, under an agreement with the government of the area concerned, to exercise certain authority 
normally the function of the local government; or (2) hostile territory, occupied by United 
States forces, where a foreign government exercises executive, legislative, and judicial authority 
until an indigenous civil government can be established. Also called CA. (JP 3-05)�. Per un�introduzione 
sulle differenze dei modelli polizieschi continentale ed anglosassone, cfr. BERTACCINI, 
I modelli di polizia. Polizia professionale. Polizia di comunit�. Polizia dei problemi. Polizia del-
l'ordine. Polizia di prossimit�, Santarcangelo di Romagna 2011, pp. 15 ss.. 

Nell�evoluzione del diritto anglosassone (28) la �Civil Authority� � stata 
dapprima contrapposta dai costituzionalisti inglesi - si pensi, per tutti, alla Poli


(28) Echi sono per� riscontrabili anche negli ordinamenti continentali di �Civil Law�: cfr. ad 
esempio l�art. 218 TULPS, che parla di �Autorit� civili� in relazione alle tipiche funzioni da queste esercitate, 
in contrapposizione allo status della legge marziale, ovvero la nozione di �Governos Civis� nella 
legislazione portoghese di pubblica sicurezza, che sino alla soppressiva Resolu��o n. 13 (II s�rie) del 
30 giugno 2011 indicava i rappresentanti territoriali del Governo. 


tica Sacra et Civilis di LAWSON - alla �Religious Authority� (29), a partire dal-
l�epoca delle guerre di religione nel XVI secolo, dove l�Autorit� di governo mirava 
ad imporre la regola della sua totale preminenza rispetto al potere della 
Chiesa prima, ed alle confessioni nazionali poi; quindi - pi� di un secolo dopo 
ma nel limitato contesto del diritto statunitense - anche alla �Military Authority�, 
secondo una peculiare linea di pensiero influenzata dal pacifismo quacchero. 

In ogni caso, vale sempre ad indicare - nei diversi periodi storici -la 
primazia del potere di governo statuale (prima monarchico-assolutista e 
poi parlamentare) su ogni altra istanza nazionale: si tratta dunque di una 
nozione che nulla ha a che fare con l�aspetto organizzativo dell�apparato 
considerato (o con il suo ordinamento), ma che attiene invece alle funzioni 
esercitate, potendo eventualmente essere accostata, seppur con molta approssimazione, 
a quella (tipica dei sistemi giuridici dell�Europa continentale) di 
�Potere dello Stato�. 

I funzionari �civili�, anche quelli di livello apicale (in Italia, ad es., il 
direttore generale di un Ministero, un dirigente di polizia, i funzionari amministrativi 
dello Stato, etc.) rientrano invece nella diversa nozione giuridica 
dei �civil servants� (o dei �public servants�, nel diritto inglese (30)). Con


(29) Secondo la tradizionale definizione data dalla Catholic Encyclopedia (New York 1907), per 
Civil Authority si pu� intendere �the moral power of command, supported (when need be) by physical 
coercion, which the State exercises over its members � The authority of the State is absolute, that is 
to say, full and complete in its own sphere, and subordinate to no other authority within that sphere. 
But the authority of the State is not arbitrary�. In questi termini, la nozione anglosassone di �autorit� 
civile� dello Stato � tributaria della precedente elaborazione della Tomistica (cfr. Summa Theologica, I


II.92.1 ad 4), nei termini in cui �Civil Authority would be simply what was bargained for and prescribed 
in the arbitrary compact with made civil society. As it is, civil authority is a natural means to anatural 
end and is checked by that end�. 

(30) Nell�ordinamento statunitense la nozione risale al 1871, con l�istituzione del �Federal Civil 
Service� comprendente - ai sensi del Titolo V, par. 2101 USC (United States Code) -�all appointive 
positions in the executive, judicial, and legislative branches of the Government of the United States, except 
positions in the uniformed services�. A sottolineare la netta distinzione rispetto alla sfera della 
�Civil Authority� (cfr., in Italia, i principi evincibili dai D.lgs 80/1998 e 165/01), fino all�Hatch Act del 
1939 i funzionari civili non potevano svolgere alcuna attivit� a connotazione politica o assumere incarichi 
di tale natura per tutta la durata del loro servizio. Rientrano nell�ambito del �civil service� tutte le Agenzie 
indipendenti nonch� i 15 Federal Executive Departments, con relativi vertici dirigenziali. 
L�ordinamento inglese � pi� articolato, poich� �civil servants� sono solo i �funzionari della Corona� 
(di cui non fanno parte i funzionari di polizia, n� i militari ed i magistrati), distinti rispetto agli altri funzionari 
pubblici (detti genericamente �public servants�), compresi i dipendenti amministrativi del Parlamento: 
l�Her Majesty�s Home Civil Service � infatti lo stabile apparato burocratico di supporto 
(consultivo ed esecutivo) del Governo britannico, composto dal Gabinetto dei Ministri e dalle tre Amministrazioni 
periferiche del Governo scozzese e del Galles, pi� l�Esecutivo dell�Ulster. Sottolinea la 
distinzione rispetto alla �Civil Authority� la definizione di BRADLEY-EWING (Constitutional and Administrative 
Law, London 2003, p. 272): �a servant of the Crown working in a civil capacity who is not 
the holder of a political (or judicial) office; the holder of certain other offices in respect of whose tenure 
of office special provision has been made; [or] a servant of the Crown in a personal capacity paid from 
the Civil List�. 
Analogo significato ha, nella tradizione giuridica francese, l�espressione �Autorit� civile�, utilizzata 


cetto giuridico in parte affine � quello tedesco di �Beamter�. 

La Civil Authority ha poteri generali di indirizzo politico (con relative, 
connesse responsabilit�), i civil servants no. 

Ci� trova implicita conferma anche in uno dei testi fondamentali di diritto 
internazionale in materia di pubblica sicurezza, il �Documento della riunione 
di Copenhagen della Conferenza sulla dimensione umana della CSCE� (31), 
laddove si precisa, al p.to 5.6 del Preambolo (ricomprendente i principi di ordine 
generale), che �military Forces and the police will be under the control 
of, and accountable to, the civil authorities� (32): proprio il riferimento congiunto 
a Forze di polizia e Forze armate, senza distinzioni di sorta, smentisce 
la chiave di lettura di cui si � in precedenza detto (secondo cui il riferimento 
alla primazia della �Civil Authority� verrebbe ad incidere anche sullo status 
ordinamentale delle Forze poste sotto la sua responsabilit�), poich� - se cos� 
mai fosse - tale regola dovrebbe allora valere per entrambi i destinatari della 
normativa OSCE, con l�effetto paradossale di preconizzare un�inedita smilitarizzazione 
nientemeno che delle Forze armate tradizionali (o di fanteria). 

Per contro, a confutare ogni ipotesi di contraddizione o separatezza, va ricordato 
che proprio in ambito OSCE � costante l�obiettivo di assicurare - ben 
lungi da una smilitarizzazione - un�efficace integrazione delle stesse Forze armate 
in seno alla societ� civile, quale �aspetto essenziale della sicurezza� (33). 

Il principio generale del controllo politico (con correlata responsabilit�) 
sulla generalit� degli apparati coinvolti nel �settore sicurezza� viene ribadito nel 
�Codice di condotta OSCE relativo agli aspetti politico-militari della sicurezza� 
(art. VII par. 20, dato ad Istanbul il 3 dicembre 1994 (34)), laddove �Gli Stati 
partecipanti ritengono che il controllo politico democratico delle Forze militari, 
paramilitari e di sicurezza interna nonch� dei Servizi di informazione e della 
polizia sia un elemento indispensabile della stabilit� e della sicurezza ��. 

Ad ogni buon conto, quello appena enunciato non � un principio rivoluzionario, 
ma un pacifico presupposto degli ordinamenti di democrazia classica 
(qual � indubbiamente anche quello italiano), dove le Forze di polizia, nessuna 
esclusa, sono da sempre poste alle dipendenze funzionali di specifici organi 

nel secondo testo ufficiale della Raccomandazione (indicativa cio� dell�Autorit� governativa statale, 
rappresentata nei Dipartimenti e nelle Regioni dal Prefetto ai sensi dell�art. 72 della Constitution Fran�aise 
del 1958, nel combinato disposto con l�art. 1 del D�cret 10 marzo 1982), complementare alla nozione 
di �gouvernance civile� (su cui cfr. retro). 

(31) �Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa�, organismo da cui � derivata 
l�OSCE nel 1995. 
(32) Testualmente: �Le Forze armate e quelle di polizia devono essere poste sotto il controllo e 
la responsabilit� delle Autorit� (civili) di governo�. Testo integrale (nella versione ufficiale) su 
http://www.osce.org/odihr/elections/14304. 
(33) In questi termini, ad esempio, il par. 15 della Dichiarazione di Edimburgo dell�Assemblea parlamentare 
OSCE (5-9 luglio 2004 su http://www.oscepa.org/publications/declarations/2004-edinburgh-declaration). 


(34) Versione italiana su http://www.osce.org/it/fsc/41358. 


di governo (a seconda degli ordinamenti, il Ministro della Giustizia, dell�Interno 
o della Difesa, ovvero il Presidente del Consiglio dei Ministri, etc. (35)), 
facendo capo agli altri Dicasteri per quanto di residua pertinenza (dipendenza 
gerarchica ed ordinamentale, reclutamento e trattamento giuridico ed economico 
del personale, dotazioni di materiale di servizio, svolgimento di attivit� 
specifiche, retribuzione, etc.). 

Invero, ai criticati eseg�ti del citato art. 13 sfugge la chiave di volta del-
l�intero sistema giuridico ed istituzionale della pubblica sicurezza: l�aggettivo 
�civile� non ha nulla a che fare con l�assetto organizzativo e/o ordinamentale 
della Forza di volta in volta chiamata ad operare (ovvero dei suoi uomini), 
bens� attiene alle funzioni concretamente svolte. 

Occorre ricordare, al riguardo, che la stessa nozione di �pubblica sicurezza� 
ha carattere rigorosamente funzionale, come chiarito - in Italia - dalla 
Corte Costituzionale (36) ed evincibile dalle fonti normative comunitarie ed 
internazionali (soprattutto in seno all�OSCE ed alle Nazioni Unite - cfr. infra). 

Le fonti normative dell�Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza 
in Europa, in particolare, non solo delineano una peculiare strategia di sicurezza 
basata �sul concetto globale e cooperativo della sicurezza e della sua indivisibilit�� 
(37) - cui largamente attinge la strategia �olistica� dell�Unione Europea 

-ma direttamente individuano le caratteristiche di un Corpo di polizia (civile) 
democraticamente ordinato, che attengono esclusivamente alle funzioni esercitate 
e non anche al suo assetto ordinamentale ed organizzativo (38). 

(35) In Italia, ad esempio, fin dalle Regie Patenti del 13 luglio 1814, istitutive del Corpo dei Carabinieri 
Reali e della �Direzione generale del Buon Governo� (embrione del futuro Ministero dell�Interno), 
i primi vennero s� funzionalmente posti alle dipendenze della seconda, contestualmente per� sancendone 
la piena autonomia operativa, organizzativa ed ordinamentale (di carattere militare). Successivamente, 
con le Regie Patenti del 15 ottobre 1816 la �Direzione del Buon Governo� venne soppressa ed in sua 
vece fu creato il �Ministero della Polizia�, con funzioni direttive in materia di sicurezza pubblica. 
(36) Corte Cost., sent. 7 aprile 1995, n. 115 (su Giur. Cost. 1995, p. 920). Tale caratterizzazione 
non rappresenta una novit�, essendo mutuata da precedenti arresti della Corte (in particolare le sentt. 
162/90, 218/88, 1034/88 e 77/87). 
(37) Definita nel �Documento di Lisbona� del 3 dicembre 1996 (DOC.S/1/96http://
www.osce.org/it/mc/39542?download=true). In particolare, al par. 4 dell�allegata �Dichiarazione 
di Lisbona su un modello di sicurezza comune e globale per l�Europa del ventunesimo secolo� vengono 
evidenziati due elementi che diverranno centrali nelle politiche di pubblica sicurezza dell�Unione Europea, 
ovverosia la globalit� ed indivisibilit� della sicurezza, che ostano a rigide segmentazioni di competenze 
per favorire piuttosto le capacit� operative �ibride� o multidisciplinari. In precedenza, si veda 
anche la �Decisione su un Modello di Sicurezza Comune e Globale� del Consiglio dei Ministri OSCE 
(Budapest 8 dicembre 1995), su http://www.osce.org/it/mc/40412. 
(38) Tali requisiti sono, in concreto: 1) essere una manifestazione visibile dell�Autorit� dello 
Stato, in ragione dell�esercizio di alcuni compiti fondamentali (mantenere l�ordine pubblico e far rispettare 
la legge; proteggere e rispettare i diritti e le libert� delle persone; prevenire e combattere la criminalit�; 
fornire servizi di assistenza e dei cittadini); 2) agire in conformit� della legislazione nazionale e delle 
norme internazionali accettate dai Paesi partecipanti all�OSCE (tra cui l�Italia); 3) avere un codice di condotta 
professionale e compiere il proprio dovere nel rispetto degli accordi internazionali in materia di 
diritti umani, civili e politici; 4) svolgere i propri compiti in modo responsabile e trasparente, per i cittadini, 



In questi termini, ad esempio, i Carabinieri (per restare al caso italiano) 
sono innegabilmente dei militari (cos� come lo � la loro Istituzione di appartenenza, 
un�autonoma Forza armata), ma nel momento in cui svolgono la propria 
ordinaria attivit� in seno alla societ� civile (corrispondente ad oltre il 90% 
del servizio di istituto), sono a tutti gli effetti - per rimanere nel dualismo sopra 
richiamato tra polizia civile e militare - una Forza di polizia �civile�. 

Per polizia �civile�, infatti, non si intende un�attivit� (o un�organizzazione) 
di polizia posta in essere da civili, bens� un servizio svolto ad esclusivo 
vantaggio della popolazione civile. 

Lo stesso vale, come vedremo, nelle operazioni di peacekeeping internazionale, 
dove molti erroneamente ritengono che i contingenti dell�Arma (o di 
altre Forze di polizia a statuto militare) vadano ad esercitare mere competenze 
di polizia militare. 

Ad ulteriore conferma di quanto sopra, si pu� richiamare una delle principali 
fonti normative del diritto internazionale di polizia, lo �UN Code of Conduct for 
Law Enforcment Officials� (39), il cui commentario all�art. 1 (lett. b) chiarisce 
che �In countries where police powers are exercised by military authorities, 
whether uniformed or not, or by State security forces, the definition of law enforcement 
officials shall be regarded as including officers of such services�. 

Per restare alla nozione funzionale della �Civil Authority� ed ai connessi 
rapporti di dipendenza (parimenti funzionale) delle Forze dell�ordine dai vari 
Ministeri, non pu� non ribadirsi che questi ultimi, in quanto parte della pi� 
complessa compagine governativa, hanno necessariamente tutti natura �civile�, 
compreso quello della Difesa, posto che ci� che rileva, a tal fine, sono 
le attribuzioni svolte dall�organismo (inteso cio� ad operare in seno ed a beneficio 
della �societ� civile�) e non invece lo specifico status giuridico del relativo 
personale. 

A livello discendente, lo stesso pu� dirsi (in Italia) per il Dipartimento 
della Pubblica Sicurezza che, pur con la precisazione simbolica - cfr. infra del 
suo ordinamento �civile�, ha poi innegabilmente, nella realt�, una composizione 
operativa interforze civile/militare, analogamente ai Servizi di 
Sicurezza (AISE, AISI e DIS), alla Protezione civile (si pensi alla componente 
militare della Croce Rossa), etc. 

il diritto e le Istituzioni, secondo la direzione e il controllo delle Autorit� (cd. �civili�) di governo, con 
una chiara catena di comando e rispettando la divisione dei Poteri. Le fonti CSCE/OSCE rilevanti in materia 
sono il gi� richiamato �Documento di Copenhagen� del 1990, il �Code of Conduct on Politico-Military 
Aspects of Security� (Bucarest 1994), la �Charter for European Security� (Istanbul 1999, in particolare 
l�art. 45), la Decisione n. 9 adottata nella nona riunione del Consiglio dei Ministri a Bucarest il 28 novembre 
2001, avente ad oggetto �Police-Related Activities� e soprattutto il �Guidebook on Democratic 
Policing�, adottato a Vienna nel maggio 2008 (testo scaricabile da http://www.osce.org/spmu/23804). 

(39) Adottato dall�Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione n. 34/169 del 17 dicembre 
1979. Testo ufficiale su http://www.iansa.org/system/files/UNcodeconduct.pdf. 


Nel sistema cos� delineato, i compiti delle Forze dell�ordine sono meramente 
esecutivi (sotto il profilo funzionale) delle linee di indirizzo espresse 
dal Ministro competente (in Italia quello dell�Interno, ma non in via autonoma, 
bens� quale membro del Governo, nel cui ambito viene individuato l�indirizzo 
politico generale delle Amministrazioni dello Stato ex art. 95 Cost.), cui va 
quindi imputata la responsabilit� di tali scelte ed il successivo coordinamento 
dei soggetti chiamati ad attuarlo. 

Nel definire i propri obiettivi, la Raccomandazione n. 10/2001 del COE 
individua innanzitutto i destinatari, ovverosia le �traditional public policeForces or police services, or to other publicly authorised and/or controlled 
bodies with the primary objectives of maintaining law and order in civil society 
and, who are empowered by the state to use force and/or special powers 
for these purposes�; nel testo francese, a sua volta, si parla di �Forces ou services 
de police publics traditionnels ou � d'autres organes autoris�s et/ou contr�l�s 
par les pouvoirs publics�. 

Dunque, tutte le Forze di polizia tradizionalmente intese, senza distinzioni 
di sorta, allorch� vengano impiegate per il mantenimento dell�ordine e 
della sicurezza pubblici nell�ambito della societ� civile. A queste la Raccomandazione 
aggiunge, in via sussidiaria, eventuali organismi comunque autorizzati 
dai pubblici poteri al perseguimento dei medesimi obiettivi (a rigore, 
dunque, pure dei Corpi di vigilanza privata, ove sottoposti, a tale specifico 
fine, all�Autorit� pubblica ex art. 139 TULPS (40)). 

Tale precisazione, da sola, conferma l�inconsistenza dell�esegesi sovra 
richiamata: se infatti persino un vigilante privato, per quanto sotto la direzione 
dell�Autorit� pubblica, sarebbe legittimato ad operare quale organo di polizia, 
non si comprende perch� mai ci� dovrebbe essere precluso nientemeno che a 
dei Pubblici ufficiali, solo perch� rivestenti un grado militare. 

Ma non solo. La maggior parte delle pubblicazioni della Raccomandazione 
in esame non appaiono tecnicamente corrette, poich� trascurano che il cd. 
�Code of Police Ethics� non � costituito esclusivamente dal �codice� propriamente 
detto, ma pure da un secondo documento, inscindibile dal primo ed approvato, 
in pari data, dall�Assemblea del COE, ovverosia il suo Commentario. 

L�inscindibilit� deriva da un generale principio di diritto internazionale, 
in base al quale il commentario ufficiale di una fonte normativa (pur non vincolante), 
alla pari dei suoi Protocolli o Allegati tecnici, va considerato a tutti 

(40) Sebbene il commentario alla preliminare �Definizione del campo di applicazione del codice� 
precisi (ult. cpv) che �It should be added that private security companies are not covered by this Recommendation�, 
va rilevato che l�esclusione riguarda (testualmente) solo l�ordinaria attivit� privatistica 
del personale dipendente dalle ditte di sorveglianza, e non anche il caso in cui l�Autorit� statuale ordini 
(per ragioni di necessit�) ai singoli vigilanti privati di assisterla nel compimento di atti del suo ufficio, 
come � appunto il caso dell�art. 139 TULPS. Sull�argomento si vedano, in generale, AA.VV., Polizia privata: 
costituzione, organizzazione e rapporti con gli organi di pubblica sicurezza, Roma 1991. 


gli effetti parte integrante di quest�ultima - ove adottato con identica procedura 

-alla pari dell�eventuale Preambolo introduttivo (41). 

Essendo stato adottato contestualmente alla Raccomandazione e con la 
medesima procedura di voto, il commentario ne rappresenta un�interpretazione 
esplicativa �autentica�. 

Ci� � conforme alla prassi di Common Law e mira a risolvere le incertezze 
derivanti dall�inevitabile genericit� e/o frammentariet� di tal tipo di norme. 

In merito al �Preambolo�, il commentario istituzionale chiarisce che: 
�The Code applies regardless of how such police are being organised; whether 
centralised or locally oriented, whether structured in a civilian or military 
manner, whether labelled as services or forces, or whether they are accountable 
to the state, to regional or local authorities or to a wider public� (42). 

In relazione all�art. 13, poi, lo stesso recita: �It should be recalled that the 
scope of the present Code is limited to police work in civil society. The judicial 
side of police work - the police being a component of the criminal justice system 

- and the public order side of the police, as well as the public service dimension 
of police work, and the integration of the police in civil society, are all elements 
that are different from military functions and objectives. Moreover, the legal 
basis and powers of the police in a rule of law society, where the focus is on the 
respect for civil and political rights of individuals, are also different from those 
of the military. Although there are some similarities between police and military 
functions and performances, the above special characteristics of the police are 
so important in a democratic society governed by the rule of law that they should 
be supported by all means. The organisational responsibility is one of the means 
in this respect. A police organisation under civilian responsibility (43) is likely 

(41) Tale principio � stato positivizzato, ad esempio, nell�art. 31 par. 2 della Convenzione di Vienna 
sul dritto dei Trattati del 23 maggio 1969, relativamente alle fonti pattizie internazionali. Una regola 
speciale � invece prevista per le �Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali� dell�UE (recentemente 
�costituzionalizzata� dal Trattato di Lisbona), richiamate dall�art. 6 par. 1 TUE, a mente del 
quale �I diritti, le libert� e i principi della Carta sono interpretati � tenendo in debito conto le spiegazioni 
cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni�. Testo pubblicato su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:303:0017:0035:IT:PDF. 
In argomento si veda DI STASI, Brevi osservazioni intorno alle �spiegazioni� alla Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea, in ZANCHI-PANELLA (a cura di), Il Trattato di Lisbona tra conferme e 
novit�, Torino 2010, p. 425 ss.. 
(42) �Il Codice trova applicazione a prescindere dal modello organizzativo di polizia, sia esso 
centralizzato o decentrato, a struttura civile o militare, ovvero qualificato come servizio o Forza, ed a 
prescindere dal fatto che queste rispondano allo Stato, ad autorit� regionali o locali ovvero ad un pubblico 
pi� ampio�. 
(43) La �civilian responsibility� come corollario esecutivo della �Civil Authority� � concetto tipico 
della dottrina dello Stato anglosassone, e si traduce nella necessit� che i servizi di pubblica sicurezza, 
seppur eventualmente svolti da militari, siano sottratti all�autodichia delle Forze armate tradizionali un 
tempo considerate vere e proprie Istituzioni a s� stanti, quasi uno Stato nello Stato (sul punto, cfr. 
SANTI ROMANO, L�ordinamento giuridico, Firenze 1951, pp. 40 ss. e BACHELET, Disciplina militare e 
ordinamento giuridico statale, Milano 1962, pp. 68 ss.) - per essere sottoposti alla direzione, o comunque 



to best cultivate police professionalism suitable for civil society. 

The organisational police structures -civil or military - differ very much 
in Europe. In western and northern Europe the police are primarily civilian. 
In central and eastern Europe, several police organisations have a military 
structure; whereas in southern Europe, both models exist, sometimes side by 
side in the same country (�) 

In the prevailing circumstances and, with full respect to the history and 
traditions in member states, the present Article does not go any further than 
to state that police functions performed in civil society -whether carried out 
by civilian or militarily organised police -should ultimately be under the responsibility 
of civilian authorities� (44). 

al preventivo controllo ed assenso delle Autorit� di governo (quelle cio� che guidano la cd. �societ� civile�, 
e che per l�effetto vengono a loro volta definite Autorit� �civili�), proprio perch� destinate a produrre 
effetti in seno alla comunit� generale dei cittadini. Il fatto di assumere, in modo pi� o meno ampio, 
la paternit� di tali scelte comporta, in capo alla suddetta Autorit�, una conseguente responsabilit�, almeno 
sul piano politico. Tale dottrina, nata in contrapposizione ai modelli di sicurezza dell�Europa continentale 
del tardo Assolutismo, trova un radicale precedente nel Federalist n. 8 (uno dei Federalist Papers, serie 
di 85 articoli e saggi volti a promuovere - tra il 1787 ed il 1788 - la ratifica della Costituzione degli Stati 
Uniti d�America), nel quale Hamilton sostiene la necessit� di creare un Governo civile che tenga alla 
larga l�Esercito, a causa degli elevati costi e dell�innata tendenza a scatenare guerre. Descrivendo l�esperienza 
europea come un esempio negativo e quella britannica come positiva, presenta l�idea che una 
Nazione possa salvaguardare la propria indipendenza da altri Stati semplicemente avvalendosi di una 
potente Marina (i cui contingenti, tra l�altro, avrebbero l�ulteriore pregio di essere stanziati sul territorio 
dello Stato solo in minima parte), senza necessit� di una componente militare permanente. Anche Madison 
� critico sulla possibilit� di creare nello Stato delle stabili strutture militari, considerandole uno 
strumento di tirannia in Patria e sostenendo che in tutta Europa gli Eserciti, sotto il pretesto di difenderlo, 
avrebbero schiavizzato il popolo (�In time of actual war, great discretionary powers are constantly 
given to the Executive Magistrate. Constant apprehension of War, has the same tendency to render the 
head too large for the body. A standing military force, with an overgrown Executive, will not long be 
safe companions to liberty. The means of defense against foreign danger, have been always the instruments 
of tyranny at home ... Throughout all Europe, the armies kept up under the pretext of defending, 
have enslaved the people�). 

(44) �Va ricordato che il campo di applicazione del presente Codice � limitato all�attivit� di polizia 
svolta in seno alla societ� civile. Le funzioni di polizia giudiziaria - essendo le Forze di polizia 
una componente del sistema di giustizia penale - e quelle che invece riguardano l�ordine pubblico, cos� 
come la natura di servizio pubblico dell�attivit� resa dalle Forze di polizia e l�integrazione di queste 
ultime nella societ� civile, sono tutti elementi che distinguono tale attivit� rispetto alle tradizionali funzioni 
ed obiettivi cui sono invece tradizionalmente deputate le Forze armate. 
Sono parimenti diverse sia le basi giuridiche di riferimento, sia il tipo di poteri attribuiti alle Forze di 
polizia, in seno ad uno Stato di diritto nel quale valore primario sia accordato al rispetto delle libert� 
civili e politiche degli individui. Vi sono, invero, delle affinit� tra le funzioni e le attivit� delle Forze di 
polizia e quelle delle Forze armate in quanto tali, ma le caratteristiche peculiari dell�attivit� di polizia 
appaiono cos� importanti in una societ� democratica governata dal primato del diritto da dover essere 
supportate con ogni mezzo. La responsabilit� organizzativa � uno dei mezzi utili a tal fine. Un organismo 
di polizia posto sotto la responsabilit� dell�Autorit� civile di governo appare idoneo a meglio assicurare 
una professionalit� adatta alle specificit� della societ� civile. 
Le strutture organizzative della polizia - civili o militari - sono molto diverse in Europa. Nell�Europa 
occidentale e settentrionale la polizia � principalmente un�organizzazione civile. Nell�Europa centrale 
ed orientale, vari Corpi di polizia hanno una struttura militare; mentre nell�Europa meridionale esistono 


Parlare di �assunzione di responsabilit�� da parte delle Autorit� di governo 
(centrale o territoriale, a seconda degli ordinamenti) significa semplicemente 
che queste ultime si devono far carico delle conseguenze (politiche e 
giuridiche) connesse allo svolgimento dell�attivit� istituzionale delle Forze di 
polizia, per il fatto di averne precedentemente individuati i contenuti e gli 
obiettivi nell�esercizio della propria funzione di indirizzo politico. In questi 
termini, � significativo ed inequivoco l�utilizzo del termine �responsibility�, 
che nel diritto costituzionale anglosassone indica giustappunto la responsabilit� 
politica: invero, se si fosse voluto parlare direttamente di subordinazione, 
direzione o controllo, sarebbero state utilizzate espressioni specifiche quali 
�control�, �command�, �leadership� o �direction�. 

Premesso quanto sopra, va poi chiarito che la decisione del COE di enunciare 
- solo nel 2001 - il principio di cui si � detto non � casuale, ma giustificata 
dall�intensa attivit� - propria di quel periodo (45) - di riconversione ai principi 
dello Stato di diritto degli ordinamenti dei Paesi in precedenza facenti parte 
del cd. �blocco sovietico�. 

Dal 1990 in poi, infatti, l�attivit� del COE � stata quasi interamente in-
dirizzata a favorire la transizione democratica delle strutture istituzionali 
degli Stati dell�ex-Patto di Varsavia, nei quali le Forze armate e soprattutto 
quelle di polizia non rispondevano ad alcuno degli standard occidentali, essendo 
totalmente autoreferenziali in quanto precedentemente poste sotto 
l�autorit� dell�establishment al potere, anzich� di Parlamenti o Governi democraticamente 
eletti. Tale linea programmatica � stata formalizzata nella 
�Dichiarazione di Vienna� del Comitato dei Ministri del 9 ottobre 1993. 

entrambi i modelli, a volte uno di fianco all�altro, nello stesso Paese. (�) 
Nella situazione attuale e nel pieno rispetto della storia e delle tradizioni degli Stati membri, il presente 
articolo si limita a dichiarare che le funzioni di polizia in seno alla societ� civile � siano esse svolte 
da una Forza di polizia ad ordinamento civile o militare - devono in ultima analisi essere soggette 
alla responsabilit� delle Autorit� di governo�. 
Il testo ufficiale francese, a sua volta, � ancora pi� esplicito nel precisare che �� les bases juridiques 
de la police et les fonctions qu�elle est appel�e � exercer dans une soci�t� r�gl� par le principe de la 
pr��minence du droit, centr�e sur le respect des droits civils et politiques des individus, diff�rent �galement 
de celles des personnels militaires. On rel�ve certaines similitudes entre les fonctions et t�ches 
polici�res et militaires, mais les caract�ristiques de la police d�crites ci-dessus sont si importantes dans 
un �tat de droit qu'elles doivent �tre appuy�es par tous les moyens. Le cadre organisationnel est l�un 
des moyens � mettre en oeuvre � cette fin. Un service de police respectueux des valeurs civiles a toutes 
chances dՐtre le mieux � m�me de pratiquer un professionnalisme policier adapt� aux besoins de la 
soci�t� civile. (�) Dans lՎtat actuel des choses, respectant l�histoire et les traditions des Etats membres, 
le pr�sent article se contente de souligner que l�exercice des missions de police dans la soci�t� civile, 
qu�elles soient assur�es par des services civils ou militaires, doit �tre plac� sous la responsabilit� des 
autorit�s civiles�. La norma non si riferisce invero all�organizzazione interna dei Corpi di polizia, bens� 

-utilizzando non a caso le espressioni specifiche di �service de police� ed �exercice des mission de po-
lice� - alle concrete modalit� di esercizio della loro attivit� istituzionale. 

(45) L�adesione al COE degli Stati dell�ex-Patto di Varsavia inizia infatti nel 1990 (Ungheria) per 
concludersi nel 2001, con Armenia ed Azerbaijan. 


Per il COE era imprescindibile che le Forze di polizia (46) rispondessero 
ad Autorit� di governo democraticamente elette (sulle Forze deputate alla difesa 
esterna dello Stato non poteva invece interloquire, trattandosi di un settore 
escluso dal proprio Statuto), e dunque non tanto si preoccupava del loro status 
civile o militare, quanto piuttosto del fatto che la loro organizzazione (ovverosia 
la linea di comando) rispondesse ai vertici politici dello Stato seguendone 
le linee di indirizzo, con ci� collocandosi sotto la loro responsabilit�. 

Il pi� volte citato art. 13, del resto, non dice in alcun punto che le Forze 
di polizia destinate a svolgere servizio in seno alla cd. �societ� civile� debbano 
poi anche assumere - a loro volta - un ordinamento interno di tipo civile, se 
del caso �smilitarizzandosi�. 

Sul punto - al contrario - � lo stesso Comitato dei Ministri del COE ad evidenziare, 
testualmente, come la Raccomandazione in questione nulla abbia a 
che fare con la natura e l�ordinamento interno dei singoli Corpi di polizia, militare 
o civile che sia, ed anzi a riconoscere ai primi piena dignit� istituzionale. 

Sul presupposto, infatti, che le funzioni cui � tradizionalmente deputato 
un Esercito come apparato - ovverosia la difesa esterna dello Stato nell�eccezionalit� 
dell�evento bellico, in occasione del quale pu� essere anche prevista 
la sospensione delle libert� costituzionali - divergono profondamente da quelle 
al cui esercizio sono invece generalmente preposte le Forze di polizia (tutela 
dell�ordine e della sicurezza pubblica, nell�ordinaria quotidianit� e sotto la vigenza 
dei diritti costituzionalmente garantiti), la Raccomandazione invita gli 
Stati ad assicurare una piena autonomia funzionale ed operativa a queste ultime, 
in ragione di tale tipicit� professionale. 

Criterio del resto compatibile con i principi della CIVPOL in ambito ONU 
(cfr. infra), laddove la �contrapposizione� (con la Military Police) non riguarda 
la veste giuridica ed organizzativa - militare o civile - sotto la quale l�Autorit� 
di polizia opera, bens� il tipo di funzioni esercitate (47). 

Per completezza, infine, a sottolineare come il sistema europeo non tragga 
comunque ispirazione dalla richiamata Raccomandazione 10/2001/REC, si ricorda 
che della stessa viene fatta menzione solo in due atti ufficiali dell�UE, 
in primis il �Progetto di conclusioni del Consiglio sulle norme professionali 
di polizia relative alla cooperazione internazionale fra gli organi di polizia�, 
adottato in sede GAI a Bruxelles il 28 ottobre 2004 (doc. 11977/2/04 REV 2ENFOPOL 
109 (48)), nel quale semplicemente si rilevava l�opportunit� di ela


(46) In quanto titolari - unitamente agli Eserciti - del monopolio legale dell�uso della Forza armata 
all�interno dello Stato. 
(47) Non a caso la Raccomandazione, all�art. 1, non distingue tra poliziotti e militari, ma individua 
le funzioni tipiche di un funzionario di polizia (militare o civile che sia) in quanto tale, evidenziandone 
alcuni caratteristici elementi distintivi rispetto a quelle normalmente svolte dai membri delle tradizionali 
Forze armate, a scopo difensivo e/o offensivo. 


(48) Il documento � disponibile su http://register.consilium.eu.int/pdf/en/04/st11/st11977-re02.en04.pdf. 


borare degli standard professionali e comportamentali minimi (relativi, in 
particolare, al rispetto dei diritti umani e dei principi dello Stato di diritto) cui 
gli operatori di polizia avrebbero dovuto conformarsi nello svolgimento di 
operazioni ricadenti nel limitato ambito delle competenze UE (ovverosia l�allora 
�Terzo Pilastro� GAI -Cooperazione transfrontaliera di polizia in campo 
penale): a tal fine si ipotizzava di assumere in futuro i principi enunciati nel 
cd. �Codice Etico� quale punto di partenza verso un�autonoma elaborazione 
europea (testualmente, al p.to 7 �The recommendation of the Council of Europe 
[2001], �The European Code of Police Ethics�, should be a starting point 
for the development of police professional standards regarding international 
operational cooperation in the EU�). 

Ci si riferiva quindi alle sole regole di comportamento enunciate nella 
Raccomandazione (cd. �police professional standards�), e non anche all�organizzazione 
interna dei relativi Corpi, di esclusiva competenza nazionale 
(oggi ribadita dall�art. 4 TUE, post-Lisbona) e del resto non considerata neppure 
dalla citata Raccomandazione. 

Lascia dunque perplessi l�affermazione, non meglio documentata, di parte 
della dottrina (49) che parla di futura �comunitarizzazione� di tale documento, 
invero mai ipotizzata dal Consiglio. 

Il secondo atto � invece una Risoluzione del Parlamento europeo, di poco 
posteriore, �Sui progressi compiuti nel 2004 in sede di creazione di uno spazio 
di libert�, sicurezza e giustizia� (8 giugno 2005), che richiama le succitate 
Conclusioni del Consiglio GAI manifestando l�opportunit� dell�adozione da 
parte dell�UE di tali principi. 

Corre l�obbligo di precisare che l�esortazione del Parlamento europeo � 
rimasta lettera morta, non avendo l�Unione Europea, allora come oggi, competenze 
su buona parte delle materie contenute nella Raccomandazione 
10/2001/REC (non a caso, del resto, il Consiglio aveva solo timidamente parlato 
di principi da cui trarre spunto e comunque valevoli solo per il limitato 
settore nel quale l�Unione svolgeva un ruolo autonomo, ovverosia l�allora 
�Terzo Pilastro� GAI). La questione non ha avuto alcun seguito. 

Individuati come sopra i tratti caratteristici della funzione di �polizia civile�, 
solo per inciso si evidenzia come - proprio in relazione all�oggetto di 
questo lavoro - dal citato art. 13 potrebbe comunque trarsi un ulteriore spunto 
di riforma dell�ordinamento della pubblica sicurezza in Italia. 

Se infatti, come dice la norma, tutte le Autorit� di polizia devono essere 
egualmente subordinate alle decisioni di indirizzo politico dell�Autorit� di 
governo - che conseguentemente assume la responsabilit� del loro conforme 
operato - ne discende che nessuna di esse dovrebbe, per contro, a sua volta 

(49) ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione giudiziaria e terzo pilastro del-
l�Unione Europea, Padova 2009, p. 259. 


partecipare, direttamente o per delega, all�esercizio di tale potere di scelta 
e/o indirizzo. 

Diversamente argomentando, il soggetto controllato (la singola Forza di 
polizia) finirebbe con l�esercitare anche funzioni di controllore (in ultima analisi, 
di se stesso), con evidente contraddizione dei fondamenti costituzionali 
dello Stato di diritto (in primis, la divisione dei poteri, nonch� i criteri di trasparenza 
ed imparzialit�). 

Questo principio rappresenta invero la chiave di volta dell�impianto istituzionale 
prefigurato dalla Raccomandazione 2001/10/REC, ribadito dalla 
considerazione (art. 5) che il personale di polizia � soggetto alla stessa legislazione 
applicabile ai comuni cittadini, con le uniche eccezioni giustificate 
dalla necessit� di assicurarne il corretto svolgimento delle funzioni, ma pur 
sempre all�interno dello Stato di diritto. 

Ci�, del resto, � coerente con i principi generali del diritto amministrativo 
e costituzionale, che distinguono nettamente tra funzioni - ed organi - di indirizzo 
politico (tendenzialmente insindacabili in sede giudiziaria) e funzioni ed 
organi - esecutivi di queste ultime, oggetto invece di riscontro giurisdizionale 
di legittimit�. 

Distinzione che da ultimo ha trovato formale sanzione nei D.lgs 80/1998 
e 165/01, nonch� nella legge 15/2009. 

Orbene, secondo parte della dottrina tale regola sembrerebbe mettere in 
discussione uno dei punti qualificanti della legge 121/81 (e parzialmente del 
TULPS), ovverosia l�attribuzione della qualifica di Autorit� di pubblica sicurezza 
- con conseguenti potest� di valutazione ed indirizzo - non solo all�Organo 
di governo (il Ministro ed il Prefetto, quest�ultimo quale �delegato� 
territoriale del primo), ma pure ai vertici di una singola Forza di polizia (il 
Questore - sebbene con compiti pi� operativi - ed il Capo della Polizia, nel 
momento in cui lo stesso automaticamente riveste, per legge, anche il ruolo di 
Capo del Dipartimento di P.S., un organo chiaramente ausiliario e non solo 
esecutivo e per tale partecipe attivo delle richiamate scelte di indirizzo). 

D) LE FONTI NORMATIVE DELL�UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI PUBBLICA SICUREZZA. 
VERSO UN SISTEMA MULTIPOLARE ED INTEGRATO? 

Premesso quanto sopra dal punto di vista del diritto internazionale, si 
tratta adesso di verificare se il sistema giuridico/istituzionale dell�Unione Europea 
in qualche modo confligga con la presenza di Corpi di polizia nazionali 
a status militare, privilegiando per contro quelli ad ordinamento civile. Tale 
tesi, talvolta sostenuta richiamando la prassi giuridica e culturale dei Paesi di 
area anglosassone e scandinava (nei quali vige una rigida separazione tra le 
funzioni di tutela interna ed esterna dello Stato ed un�altrettanto netta suddivisione 
delle relative competenze operative, con tendenziale svalutazione della 
componente militare), non trova in realt� positivo fondamento. 


L�ordinamento sovranazionale, in effetti, si � progressivamente evoluto 
secondo principi del tutto diversi, fondati, all�opposto, sulla complementariet� 
delle attribuzioni civili e militari (oltrech� di pubblico soccorso) ai fini della 
tutela della sicurezza comune, con conseguente primato - in luogo di una rigida 
separatezza delle funzioni - dei cd. �modelli integrati� che propugnano invece 
la creazione di Forze in grado di sintetizzare diverse capacit� operative e gestionali, 
nell�ambito della medesima linea di comando. 

In tale contesto, come vedremo, il modello fatto proprio dall�Unione Europea 
(di tipo �olistico�) espressamente esalta le cd. �Forze ibride� civili/militari 
(tra cui, in primo luogo, proprio i Corpi di gendarmeria) in ragione della 
loro tipica capacit� di operare, con perfetta fungibilit�, sia in contesti militari 
che civili, anche contemporaneamente. 

Quanto sopra, peraltro, non deroga al principio fondamentale - di portata 
costituzionale - per cui il legislatore europeo non pu� in alcun caso dettare regole 
in materia di organizzazione interna dell�Amministrazione di P.S. (o di 
polizia) dei singoli Stati membri: nonostante ci�, per�, appare comunque opportuno 
chiedersi se dalle fonti dettate nei settori PESC/PSDC/FSJ si possano 
trarre dei principi generali di orientamento ed indirizzo, in virt� del fatto che 

-pur nella naturale separatezza degli ordinamenti sovranazionale e statuale 
(attesa la diversit� di funzioni ed il diverso livello di intervento (50)) - gli Stati 
membri sono pur sempre chiamati a contribuire, con risorse materiali e provvedimenti 
normativi, all�implementazione delle politiche dell�Unione (51) e 
nel fare ci� devono conformarsi al principio di leale collaborazione ex art. 4 
comma terzo TUE, evitando di assumere decisioni che nuocciano o comunque 
ostacolino il raggiungimento degli obiettivi di quest�ultima. 

(50) Il principio di separatezza tra l�ordinamento nazionale e quello comunitario - ognuno autonomo 
e competente nei propri ambiti di intervento, cos� come individuati dai Trattati istitutivi 
CEE/UE - � stato riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale a partire dalla sentenza 
8 giugno 1984, n. 170 (Granital), con la conseguente prevalenza, nei settori ivi devoluti alla competenza 
sopranazionale, alle regole recate dagli atti comunitari (ove dotati di immediata efficacia diretta) 
rispetto alle disposizioni della legge nazionale confliggenti, le quali per� non vengono abrogate, ma 
rimangono semplicemente �quiescenti� per tutto il periodo di vigenza della norma europea. Ancora 
di recente la tesi della separatezza sembra essere stata ripresa dalla Corte di Cassazione, con sent. 22 
marzo 2012 n. 4538. 
(51) Questione diversa � il fenomeno di �europeizzazione� delle politiche interne di sicurezza 
dei singoli Stati, dovuto all�interscambio di metodologie ed esperienze operative tra i competenti organismi 
tecnici dei singoli Stati (interscambio favorito dalle politiche dell�Unione, che a tal fine si 
avvale anche di organismi strumentali quali FRONTEX, EUROJUST, CEPOL ed EUROPOL), come pure all�opera 
di collaborazione e di limitato coordinamento intergovernativo in seno al Consiglio UE (per 
il tramite, soprattutto, di articolazioni strumentali come il COSI - cfr. infra). In argomento si vedano 
CHEVALIER-GOVERS, L�europ�anisation de la politique de s�curit� interieure, in OBERDORFF (a cura 
di), L�europ�anisation des politiques publiques, Grenoble 2008, pp. 85 ss., nonch� RADAELLI, Europ�anisation, 
in AA.VV., Dictionnaire des politiques publiques, Paris 2006, pp. 193 ss.. Tale nozione 
viene comunque spesso utilizzata in modo improprio, nell�ambito di contributi pi� vagamente politologici 
e/o sociologici. 



In questi termini - pur nell�assoluta libert� di strutturarsi nel modo ritenuto 
pi� opportuno - dovr� ritenersi coerente e razionale l�adozione di un assetto 
organizzativo interno in grado di meglio rapportarsi (anche per omogeneit� di 
metodo) con le politiche dell�Unione in tema di sicurezza e difesa (o, per meglio 
dire, di sicurezza �interna� ed �esterna�). 

Prima di affrontare tale questione � per� doveroso sgomberare il campo 
da un�ultima problematica, relativa alla cd. �pluralit�� delle Forze di polizia, 
tema sul quale si riscontrano sovente opinioni poco rigorose; in particolare, � 
diffusa l�idea secondo cui lo standard europeo ed internazionale sarebbe di 
uno - al massimo due Corpi a carattere generale o specializzato per Stato, laddove 
il sistema italiano rappresenterebbe un�anomalia (anche in termini di 
costi) avendone ben cinque, oltre alle varie polizie municipali. 

Si tratta, in realt�, di affermazioni prive di pregio. 

Al riguardo, occorre puntualizzare due cose: 1) da un lato, non ha alcun 
fondamento giuridico l�idea secondo cui l�Unione Europea (o altro organismo 
internazionale) potrebbe fissare �standards� operativi od ordinamentali circa 
l�organizzazione delle Forze di polizia nazionali (o, pi� in generale, in materia 
di pubblica sicurezza), ovvero che le Istituzioni dell�Unione (priva, come si 
� detto, di competenze in materia) possano anche solo �suggerire� accorpamenti 
o riduzioni di Corpi od organici, ovvero interloquire in materia di allocazione 
delle spese. 

Storicamente, del resto, gi� il Trattato istitutivo della CED (Comunit� Europea 
di Difesa - cfr. retro), fonte giuridica che pi� di ogni altra avrebbe potuto espropriare 
gli Stati membri della propria sovranit� in materia di uso della forza (e proprio 
per questo mai entrata in vigore), era estremamente chiaro sul punto (52). 

2) Dall�altro, se si intende gi� solo operare un raffronto ideale tra le diverse 
realt� del Continente, emerge con ogni evidenza che si � in presenza di 
un banale luogo comune, dovuto ad una scorretta informazione riconducibile, 
probabilmente, all�assenza di un criterio omogeneo di rilevazione (emblematica 
� una recente indagine di EUROPOL). Va infatti evidenziato che almeno due 
delle cinque Forze di polizia attribuite all�Italia - la Polizia Penitenziaria ed il 
Corpo Forestale - a livello internazionale non verrebbero ricondotte in tale 
ambito, e dunque escluse dal computo. 

Sotto questo profilo l�Italia � dunque, in realt�, uno degli Stati pi� �virtuosi�. 

� appena il caso di ricordare, infatti, che proprio gli Stati europei tradizionalmente 
indicati come modelli di semplificazione (in primis, Gran Breta


(52) L�art. 11 del Trattato (avente ad oggetto la creazione di un Esercito comune europeo), precisava 
infatti che �Des Forces de police et de gendarmerie, exclusivement pr�pos�es au maintien del'ordre int�rieur, peuvent �tre recrut�es et entretenues au sein des �tats membres. Le caract�re national 
de ces Forces n�est pas affect� par le pr�sent Trait��. La norma ribadiva due concetti fondamentali: la 
natura di Forza di polizia a tutti gli effetti dei Corpi di gendarmeria e l�impossibilit� per l�organizzazione 
sovranazionale di incidervi normativamente. 





gna e Germania) hanno in realt� il pi� alto numero di Forze di polizia autonome, 
spesso non coordinate tra loro (53). 


(53) Si pensi, in primis, al caso della Germania, generalmente accreditata - nelle convinzioni dei 
pi� - di un solo Corpo di polizia a competenza generale, ma nella realt� disponente di circa una trentina 
di essi, oltre alle Forze di polizia municipali: qui l�ordinamento costituzionale assegna non allo Stato 
federale, bens� ai singoli L�nder (16 in tutto) le competenze generali in materia di polizia, s� che ogni 
Land dispone di almeno una Forza di polizia autonoma (Landespolizei) rispetto a quelle degli altri Stati 
federati ed a quelle federali, che a loro volta sono tre (l�originaria Bundesgrenzschutz [Polizia di frontiera 


-avente anche funzioni di Guardia costiera - sino al 1976 a statuto militare e recentemente confluita 
nella Bundespolizei], la Bundeskriminalamt [Polizia criminale federale - BKA] e la pi� piccola �Polizia 
del Parlamento� [Polizei beim Deutschen Bundestag - Polizei DBT], presente solo a Berlino, il cui fondamento 
giuridico riposa nientemeno che su una disposizione costituzionale, l�art. 40 par. 2 GG. Ad 
esse andrebbe per� aggiunta anche la Polizia dognale [Zollkriminalamt], Corpo autonomo dipendente 
dal Ministero federale delle Finanze). Un�elencazione analitica delle Forze si trova sul portale istituzionale 
http://www.polizei.de. 
Ciascun Land ha inoltre un proprio Codice normativo che individua l�organizzazione ed i compiti delle 
rispettive Forze di polizia generaliste (Landespolizeigesetz o Sicherheits- und Ordnungsgesetz): negli 
anni Sessanta venne avanzata la proposta di creare un singolo �Codice di polizia� uniformato per tutta 
la Federazione tedesca (Allgemeines Polizeigesetz), ma a tale progetto non fece poi seguito alcun intervento 
concreto. Va poi ricordato che generalmente ogni Land possiede altres� una propria Polizia criminale 
(Landeskriminalamt - LKA), con cui la BKA federale ha l�obbligo di cooperare; a ci� si aggiunga, 
infine, che pure le Unit� speciali di polizia (Sondereinsatzkommandos) e le Unit� mobili di controllo 
(Mobile Einsatzkommandos) sono organizzate e gestite in maniera autonoma e differente in ciascun 
Stato federato. Il tutto, come anticipato, senza tener conto delle varie polizie municipali (istituite nella 
RFT negli anni �70), poich� prive di competenze di P.S. 
In Gran Bretagna l�organizzazione di polizia � ancor pi� complessa, comportando pi� di 50 diversi Corpi 
e differendo da Stato a Stato anche sotto il profilo della base legale (comՏ noto, l�UK � un�unione di 4 
Stati con propri Parlamenti: Inghilterra, Scozia, Galles ed Ulster): trovano infatti applicazione i Police 
Act del 1996 e 1997, il Police (Scotland) Act del 1967, il Police and Magistrates Court Act del 1994, il 
Police Reform Act del 2002, nonch� i Police Acts (Northern Ireland) del 2000 e 2003. La situazione � 
ben compendiata dalla recente Joint Doctrine Publication 02 (settembre 2007) del Ministero della Difesa 
britannico, il cui Cap. 9 (significativamente titolato �Civilian Organisations�, dal momento che il Regno 
Unito � con le regioni scandinave l�unica area d�Europa a non aver mai posseduto una Forza di gendarmeria) 
elenca, dal par. 904 in poi, le innumerevoli Forze di polizia autonome operanti su un territorio di 
circa 230.000 km.:cfr.https://www.gov.uk/government/publications/operations-in-the-uk-the-defencecontribution-
to-resilience. In Inghilterra vi � generalmente un Corpo di Police per Contea (salva la Metropolitan 
Police londinese, a s� stante), in Scozia e Galles ve nՏ uno per distretto (in tutto 12), in Ulster 
uno soltanto (la PSNI, statale). A quanto sopra vanno poi aggiunte la Serious Organized Crime Agency 
(Forza di polizia interstatale per la lotta al crimine organizzato, dipendente dal Ministero dell�Interno: 
in Scozia vi � invece l�autonoma e similare Scottish Crime and Drug Enforcement Agency - SCDEA), 
la British Transport Police (Polizia Ferroviaria interstatale, dipendente dall�autonoma British Transport 
Police Authority) e la Civil Nuclear Constabulary. Infine, all�elenco vanno aggiunte le Provincial Police 
Forces di Inghilterra e Galles (che si sommano alle 48 �statali� gi� presenti in tali regioni). Il tutto dovrebbe 
trovare un qualche coordinamento in seno al Police National Information and Coordination Centre 
(PNICC), a sua volta per� duplicato, in Scozia, nel S-PICC (Scottish Police Information and 
Coordination Centre). Si collocano infine in posizione del tutto autonoma la States of Jersey Police, la 
Guernsey Police Force e la Isle of Man Constabulary. 
Tanto per dare un�idea, a fronte di una realt� cos� parcellizzata il Governo britannico si � significativamente 
avvalso di corsi di formazione sul coordinamento tenuti proprio in Italia, presso il Dipartimento 
della P.S. 
A confutare l�idea che l�Italia sia agli ultimi posti in Europa quanto a razionalit� delle strutture operative 
di polizia, va ricordato che gi� solo in Spagna vi sono cinque Corpi (ai due nazionali vanno infatti aggiunte 


Va inoltre precisato che dalla nozione di �Forze di polizia� vengono 
esclusi i Corpi di polizia municipale, in quanto destinatari, ex lege, solo di 
competenze di natura amministrativa (notifiche, rilevazioni, etc.) e pertanto 
non partecipi, in linea di principio, delle funzioni di P.S. 

Ci� premesso, tornando ai settori-chiave della �sicurezza interna� ed 
�esterna�, l�orientamento pi� risalente continua a considerarli realt� separate 
ed autonome, oggetto pertanto di distinti approcci operativi e di metodo (54). 

Storicamente, tale orientamento attinge al dogmatismo ottocentesco (55) 
secondo cui i militari andavano ristretti in Caserma per evitare che venissero 
a contatto con la popolazione civile, pena una pericolosa confusione dei ruoli; 
in termini operativi ne discende una rigida divisione per ambiti di competenza, 
intesa come esclusiva, tra i due settori della sicurezza e soprattutto tra gli attori 
che vi operano (le Forze di polizia ed il personale delle Forze armate in primis, 
ma a rigore pure gli operatori del soccorso pubblico, il personale di magistra


almeno le tre Forze autonome di Euskadi, Catalunya e Navarra), tre in Portogallo, Lettonia, Francia (Police, 
Gendarmerie e Polizia Doganale), Bulgaria (Polizia civile, Gendarmeria e Polizia di frontiera), Finlandia, 
San Marino (Gendarmeria, Corpo di Polizia Civile e Protezione Civile, nonch� Nucleo Uniformato 
della Guardia di Rocca), Olanda ed Estonia, sette in Lituania (inclusa la gendarmeria ed, eccezionalmente, 
la Polizia penitenziaria), due in Irlanda, Slovacchia, Austria e Rep. Ceca, quattro in Romania e Svezia 
(oltre alla Polizia nazionale, l�Ekobrottsmyndigheten, la Kustbevakningen e la Tullverket), etc. La Polonia, 
tradizionalmente accreditata di un�unica Forza centralizzata di polizia (la Policja), in realt� presenta una 
struttura pi� articolata delle Forze di pubblica sicurezza, come rilevato anche nei report di EUROPOL: i 
Corpi civili (escluse quindi la .andarmeria Wojskowa e la Stra. Ochrony Kolei) con attribuzioni di pubblica 
sicurezza sono infatti sette, tra i quali viene eccezionalmente inclusa la Polizia penitenziaria. 
La Svizzera, infine, dispone di ben 26 polizie cantonali (strutturate secondo il modello delle gendarmerie, 
non subordinate alle Autorit� federali ma facenti capo ai Dipartimenti di polizia dei rispettivi Cantoni), 
76 Forze di polizia regionali (del pari autonome), un Corpo della Guardia di confine ed un�unit� di Polizia 
federale: per un�introduzione, si veda il portale http://polizei.ch/it. 
Salve le menzionate eccezioni, in nessuno di questi casi vengono computati gli organici dell�Amministrazione 
penitenziaria o quelli dei servizi amministrativi: applicando quindi all�Italia gli standard 
internazionali, delle cinque Forze di P.S. individuate dalla legge 121/81 rimarrebbero con sicurezza le 
due �storiche� a carattere generalista (pi� incerta la posizione della terza, stanti le prevalenti attribuzioni 
amministrative ed il marginale rilievo delle capacit� di pubblica sicurezza), ovverosia i Carabinieri 
e la Polizia di Stato, e con esse la qualifica di Stato tra quelli con minor numero di Forze in 
campo. Un essenziale panorama descrittivo delle Forze di polizia negli Stati europei (con relative competenze) 
� reperibile sia sul portale istituzionale dell�OSCE (all�indirizzo http://polis.osce.org/countries, 
aggiornato al 2006), sia su quello di EUROPOL (https://www.europol.europa.eu/content/page/memberstates-
131). 

(54) Secondo l�impostazione tradizionale, oggi superata dall�evoluzione normativa, le prime sarebbero 
riconducibili al cd. Diritto di polizia - TULPS ed altre leggi speciali - mentre le seconde atterrebbero 
alla Dottrina militare. 
(55) In argomento si veda GOOCH, Esercito, Stato e societ� in Italia 1870-1915, Milano 1989. 
Spunti si rinvengono nella letteratura anglosassone (cui � tradizionalmente estranea l�idea di una Forza 
militare che eserciti funzioni dirette in seno alla societ� civile) e negli studi della cd. �Scuola di Copenhagen�: 
su quest�ultimo punto, cfr. MARCZUK, The Third Option. Carabinieri / Gendarmerie like forces 
in selected Mediterranean Countries, Warszawa 2007, pp. 64 ss. (che confuta l�approccio sociologico 
favorevole alla de-militarizzazione del comparto sicurezza, tra cui BUZAN, Rethinking Security after the 
Cold War, in Cooperation and Conflict vol. 32, n. 1/1997, pp. 5 ss.). 



tura, etc.), impostazione che ancor oggi largamente informa il TULPS ed in 
certa misura la legge 121/81. 

Una segmentazione che per� appare sempre pi� obsoleta ed inconciliabile 
con il modello integrato cui si informa la normativa dell�Unione Europea in materia 
di sicurezza e cooperazione transfrontaliera. Nel settore della pubblica sicurezza, 
infatti, l�UE si � dotata da tempo di alcune fonti giuridiche di riferimento 
nelle quali sono state tracciate le principali linee-guida della materia: da ultimo, 
nella sessione del 25 e 26 febbraio 2010, il Consiglio (nella composizione �Giustizia 
ed affari interni�, in materia di cooperazione transfrontaliera tra gli Stati 
membri), � stato adottato un atto formale (56) relativo a sicurezza ed ordine pubblico 
�interni� allo Spazio Comune europeo, dal titolo �Strategia di sicurezza 
interna per l�Unione Europea. Verso un modello di sicurezza europeo�. 

Tale provvedimento � stato successivamente approvato dal Consiglio Europeo 
del 25 e 26 marzo 2010, in quanto Istituzione deputata a definire le linee-
guida delle politiche europee (il cd. �indirizzo politico�): in esso viene definita 
la strategia in materia di sicurezza interna dell�Unione, che cos� completa il 
percorso iniziato il 12 dicembre 2003 con la pubblicazione delle linee-guida 
sulla sicurezza �esterna�. 

Dopo aver ribadito che tale strategia non � �intesa di per s� a creare nuove 
competenze, bens� ad integrare le strategie e gli approcci concettuali esistenti e 
a riconoscere il quadro del programma di Stoccolma� (57), nel cui ambito viene 

(56) Doc. 5842/2/10 REV 2 JAI 90 del 23 febbraio 2010, pubblicato sul portale istituzionale 
http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsdata/librairie/PDF/QC3010313ITC.pdf. 
Per un�introduzione si veda WESSELS-BOPP, The Institutional Architecture of CFSP after the Lisbon 
Treaty - Constitutional breakthrough or challenges ahead?, Brussels (CEPS) 2008. 
(57) Il vigente �Programma di Stoccolma� (pubblicato su GUCE n. C-115 del 4 maggio 2010, pp. 
0001 - 0038) stabilisce un�agenda per l�Unione Europea in materia di giustizia, libert� e sicurezza per il 
periodo 2010-2014, delineando le priorit� dell�Unione per la realizzazione dello spazio di libert�, sicurezza 
e giustizia di cui al recente Trattato di Lisbona. Quest�ultimo, come � noto, in materia di cooperazione 
transfrontaliera tra le Forze di polizia europee (odierno settore FSJ) ha rimosso il precedente �Terzo Pilastro� 
dell�UE (cd. GAI) ed esteso anche a tale settore, almeno in linea di principio, il �metodo comunitario�, 
con la conseguenza che le Istituzioni europee potranno ivi adottare regolamenti e direttive. La procedura 
legislativa ordinaria � estesa a tutti gli aspetti non operativi della cooperazione di polizia (per la cooperazione 
operativa far� invece riferimento ad una procedura legislativa speciale che richieder� l�unanimit� 
del Consiglio: in ci� il settore FSJ si differenza dalla PESC, per la quale l�art. 24 TUE esclude comunque il 
ricorso alla procedura legislativa). Tuttavia il Trattato di Lisbona prevede anche la possibilit� di istituire 
delle cooperazioni rafforzate (nel cui ambito, secondo alcuni, potrebbe comprendersi anche l�EUROGENDFOR 
- cfr. infra - riservata alle Forze di polizia ad ordinamento militare e sinora impiegata soprattutto per 
le missioni all�estero, sebbene il suo Statuto non preveda alcun limite al riguardo), qualora non si raggiunga 
l'unanimit� del Consiglio. Il Trattato di Lisbona ipotizza inoltre un progressivo rafforzamento del ruolo di 
raccordo del cd. �Ufficio Europeo di Polizia� (EUROPOL), autorizzando Consiglio e Parlamento ad estenderne 
i settori di intervento (cos� come per EUROJUST), secondo la procedura legislativa ordinaria. 
Attualmente EUROPOL persegue il fine di promuovere la cooperazione tra le Autorit� di PG e PS degli 
Stati membri, tramite una serie di scambi formativi e l�implementazione di una �banca dati� condivisa 
delle Forze di polizia dei Paesi UE); il Trattato di Lisbona precisa, a tal riguardo, che gli eventuali nuovi 
compiti potranno includere il coordinamento, l�organizzazione e la realizzazione di interventi operativi, 



definitivamente chiarita �l�interdipendenza tra sicurezza interna ed esterna 
nel definire un approccio di "sicurezza globale" con i paesi terzi�, il Consiglio 
ricorda (pag. 10) che �Quello della sicurezza interna � un concetto che va inteso 
in senso ampio e articolato e che abbraccia molteplici settori per fronteggiare 
tali gravi minacce ed altre ancora che hanno un�incidenza diretta sulla 
vita, la sicurezza e il benessere dei cittadini, fra cui le catastrofi naturali e di 
origine umana quali incendi boschivi, terremoti, inondazioni e tempeste. 

La cooperazione tra autorit� di contrasto e autorit� di frontiera, autorit� 
giudiziarie e altri servizi dei settori, ad esempio, sanitario, sociale e della protezione 
civile riveste un�importanza essenziale. La strategia di sicurezza interna 
dell�Europa deve sfruttare le potenziali sinergie che esistono nel campo della 
cooperazione tra autorit� di contrasto, della gestione integrata delle frontiere 
e dei sistemi di giustizia penale. Tali ambiti di attivit� nello spazio europeo di 
libert�, sicurezza e giustizia sono di fatto inscindibili: la strategia di sicurezzainterna ne deve assicurare l�integrazione e il rafforzamento reciproci�. 

Le linee-guida del 2010 enucleano il principio-chiave del vigente modello 
di pubblica sicurezza europea, imprescindibile nella ricerca di un �modello 
ottimale di sicurezza� per l�ipotesi di eventuali riforme nazionali: la �sicurezza 
interna� non solo � un settore reticolare e multidisciplinare (cio� 
coinvolgente, in diversi livelli e momenti, una pluralit� di strutture ed operatori) 
ma non � neppure scindibile dalle parallele politiche di sicurezza 
�esterna� (tradizionalmente devolute all�attivit� delle sole Forze armate). 

Ad avviso del Consiglio, infatti, �la presente strategia � definisce un 
modello di sicurezza europeo che annovera strumenti comuni e i seguenti impegni: 
� rafforzare l�interdipendenza tra sicurezza interna ed esterna�. 

Il principio-cardine dell�interdisciplinarit� delle politiche di sicurezza viene 
riaffermato al par. IX delle linee-guida per il periodo 2010-2014 (58), dove si 
legge (al par. �Dimensione esterna della sicurezza interna/cooperazione con 
paesi terzi�) che �Non pu� esistere un concetto di sicurezza interna senza unadimensione esterna, poich� sempre pi� la sicurezza interna dipende in ampiamisura dalla sicurezza esterna. La cooperazione internazionale, sia bilaterale 
che multilaterale, da parte dell�UE degli Stati membri � essenziale al fine di garantire 
la sicurezza, proteggere i diritti dei nostri cittadini e promuovere la sicurezza 
e il rispetto dei diritti all�estero. Le politiche dell�UE per quanto 
riguarda i paesi terzi devono tener conto della sicurezza quale fattore chiave e 
sviluppare meccanismi di coordinamento tra la politica di sicurezza e altre po-

ai quali per� il personale dell�Agenzia UE non potr� mai prendere parte, stante l�esclusiva competenza 
delle Forze nazionali in tale materia. Il Programma di Stoccolma viene attuato mediante un �piano 
d�azione� oggetto di preventiva concertazione tra le parti e disposto dalla Commissione Europea [attualmente 
la COM(2010) 171 def., non pubblicato in GUCE ma scaricabile online dal portale istituzionale 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52010DC0171:IT:NOT]. 

(58) Pubblicate su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st07/st07120.it10.pdf. 


litiche correlate, quali la politica estera, nel cui ambito � sempre pi� necessario 
tener conto dell�aspetto "sicurezza" in un approccio integrato e proattivo�. 

Ed ancora: �� pertanto necessario rafforzare ulteriormente la cooperazione 
con il settore della politica comune europea in materia di sicurezza 
e di difesa, in particolare tra le agenzie dell�UE e le rispettive missioni. � 
altres� molto importante intensificare la partecipazione delle agenzie preposte 
all'applicazione della legge e degli organismi che operano nel settore della 
liberta, della sicurezza e della giustizia in tutte le fasi delle missioni incaricate 
della gestione civile delle crisi, di modo che possano svolgere un ruolonella risoluzione dei conflitti cooperando con tutti gli altri servizi operanti 
sul terreno (servizi militari, diplomatici, di emergenza, etc.). � In questo 
contesto, la strategia di sicurezza interna costituisce un complemento indispensabile 
della strategia di sicurezza dell�UE sviluppata nel 2003 nell�ambito 
della politica di sicurezza e difesa dell�UE nel far fronte a rischi e 
minacce globali e impegnarsi a favore dello sviluppo sociale, politico ed economico 
della societ� globalizzata quale modo pi� efficace per ottenere una 
sicurezza effettiva e duratura�. Cooperazione, dunque molteplicit� di attori 
e competenze, secondo il classico approccio �reticolare� e �sussidiario� tipico 
delle politiche dell�Unione (59). 

In quest�ottica, agli Stati membri viene affidato il compito di �adoperarsi 
costantemente per sviluppare strumenti affinch� le frontiere nazionali, le diverse 
legislazioni, le lingue e i modus operandi differenti non siano d'ostacolo 
ai progressi nella prevenzione della criminalit� transfrontaliera�, laddove �Il 
Trattato di Lisbona ha istituito il comitato permanente per la cooperazione 
operativa in materia di sicurezza interna (COSI) al fine di assicurare un coordinamento 
e una cooperazione efficaci tra le autorit� di contrasto e di gestione 
delle frontiere, compreso il controllo e la protezione delle frontiere 
esterne, e se opportuno una cooperazione giudiziaria in materia penale che 
riguarda la cooperazione operativa�. 

L�intervento del legislatore comunitario, quindi, ha carattere sussidiario, 
giustificandosi solo laddove, per ampiezza e specificit� transnazionali del fenomeno 
criminoso, non sia pi� solo in gioco la sicurezza interna dello Stato 
(materia nella quale non � consentita alcuna ingerenza sovranazionale), ma 
vengano direttamente messi a rischio gli stessi interessi dell�Unione. 

A conferma di ci� viene ribadito che lo spazio di intervento dell�UE � 
circoscritto al settore della cooperazione tra gli organi nazionali e quelli 
europei (o di altri Stati - pag. 22), che per� prende corpo solo in presenza 
di illeciti transnazionali: esclusivamente a fronte di tali presupposti, dun


(59) Sull�approccio integrato e complementare alle politiche di sicurezza UE all�indomani del 
Consiglio di Feira (1999), cfr. PASTORE, Reconciling the Prince�s Two �Arms�: Internal-External Policy 
Coordination, Paris UEO 2001. 


que, �La Corte di Giustizia europea diventa pienamente competente (60) 
in tale ambito (eccettuato per quanto riguarda l�ordine pubblico internoe le responsabilit� in materia di sicurezza degli Stati membri)�. 

Nei settori dell�ordine pubblico e della sicurezza interni agli Stati la Corte 
di Giustizia - cos� come gli altri Organi dell�UE - non ha invece alcun potere 
di intervento, poich� estranei alla sua sfera di attribuzioni. 

La netta divisione in materia di competenze e ruoli tra le Istituzioni 
dell�UE e gli Stati, altro non � che la trasposizione del principio espresso all�art. 
4, comma secondo del TUE (testo avente uno specifico valore �costituzionale�), 
a mente del quale: �L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti 
ai Trattati e la loro identit� nazionale insita nella loro struttura fondamentale, 
politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.
Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia 
dell'integrit� territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di 
tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta 
di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro�. 

La necessit� di implementare tra loro, strutturalmente, le politiche di sicurezza 
interna ed esterna (fermo restando il principio secondo cui �� la salvaguardia 
della legge, dell�ordine pubblico e della sicurezza interna, ambito 
in cui rientrano l�organizzazione e la gestione della polizia, sono esclusivamente 
di competenza degli Stati membri� (61)) era gi� stata espressa, seppur 
con minor incisivit�, nelle linee-guida UE in materia di �sicurezza esterna� del 
12 dicembre 2003. 

Tale documento (titolato �Un�Europa sicura in un mondo migliore - Strategia 
europea in materia di sicurezza�) dava infatti particolare rilievo (62) 
agli interventi militari all�estero, pur non escludendo l�opportunit� di azioni 
strutturate su pi� livelli. 

(60) La tesi di una sopravvenuta competenza generale della Corte di Giustizia (a voler intendere 
in tal senso l�espressione �pienamente� utilizzata dal Consiglio), oltre che ne settore FSJ (pur con temperamenti), 
anche in materia di PESC non � invece corretta, poich� contraddirebbe l�esplicita esclusione 
di cui agli artt. 24 TUE e 274 TFUE (cfr. retro). 
(61) Come ricordato gi� nel 2003 dalla Commissione Europea in una risposta (pubblicata su 
GUCE C51 E/114 del 26 febbraio 2004) all�interrogazione scritta P-1603-03. 
(62) Non si tratta, in ogni caso, di un testo di Dottrina militare: l�invio di contingenti all�estero, 
infatti, � considerato uno strumento con il quale contrastare all�origine una serie di gravi minacce esterne 
che si potrebbero ripercuotere sulla sicurezza interna dell�Unione. Del resto era gi� noto il principio 
(approfondito nelle linee-guida del 2010) per cui �Contrariamente alla minaccia visibile e imponente 
della guerra fredda, nessuna delle nuove minacce � di natura puramente militare, n� alcuna di esse pu� 
essere affrontata con mezzi solamente militari. Ciascuna di esse richiede invece una combinazione di 
strumenti. (�) Per la lotta al terrorismo pu� essere necessario combinare intelligence, mezzi di polizia, 
giudiziari, militari e di altro genere. (�) L�uso sistematico di strumenti comuni e condivisi ridurrebbe 
le duplicazioni, le spese generali e, a medio termine, aumenterebbe le capacit�. In quasi tutti i principali 
interventi, l�efficienza militare � stata seguita dal caos civile. Abbiamo bisogno di una maggiore capacit� 
di utilizzare le risorse civili nelle situazioni di crisi e post-crisi�. 



Il modello formalizzato nel 2010 non smentisce n� supera le precedenti linee 
strategiche del 2003, ma ne completa la portata, formalizzando un quadro di sempre 
pi� marcata cooperazione (e talvolta cogestione) tra le diverse capacit� operative 
del settore �sicurezza�, ponendo in particolare evidenza la stretta 
complementarit� tra quelle (difensive e non solo) cui ordinariamente attendono le 
Forze armate stricto sensu intese e quelle di polizia �civile�, delle quali viene soprattutto 
valorizzata la funzionalit� al quotidiano mantenimento della pace sociale. 

Contraddicendo il risalente orientamento dottrinale che descrive il confronto 
tra Forze armate e Forze di polizia in termini di separatezza, se non di 
vera e propria rivalit� e/o inconciliabilit�, il modello funzionale europeo evidenza 
come si tratti, in realt�, di due aspetti della stessa realt� (63). 

Ci� che conta, per il legislatore UE, non � infatti l�assetto organizzativo 
della singola Forza, ma ci� che essa � realmente in grado di fare e soprattutto 

-come vedremo - la sua capacit� di adattarsi ai diversi contesti di intervento 
(civile, militare, di emergenza, etc.) senza apprezzabile soluzione di continuit�. 
In questi termini, l�Unione opta dichiaratamente per un approccio funzionale 
che privilegia le capacit� integrate e multipolari, in luogo di (pi� o meno) inefficaci 
segmentazioni di settore. 

Non vi � dunque, nel sistema giuridico dell�Unione Europea, alcun ostacolo 
a che le funzioni di pubblica sicurezza (o, pi� in generale, di polizia �civile�) 
vengano esercitate da una Forza militare, come del resto emerge dalle 
fonti legislative UE aventi indirettamente (64) ad oggetto proprio l�assetto organizzativo 
di tali realt� istituzionali. 

In tali circostanze, infatti, la normativa dell�UE non contrappone le Forze 
armate a quelle di polizia, ma distingue fra tradizionali funzioni delle FF.AA. 
e funzioni di polizia, etc. 

Esempio pu� trarsi dalla Direttiva 2000/78/CE del Consiglio (in data 27 
novembre 2000 (65)), avente ad oggetto la parit� di trattamento in materia di 
occupazione e condizioni di lavoro, il cui 18� Considerando, nell�individuare 
i destinatari di una particolare deroga normativa, non fa riferimento ad un�ipotetica 
categoria omogenea �Forze di polizia� contrapposta alle Forze armate in 
precedenza menzionate, ma pi� correttamente parla di �servizi di polizia�: que


(63) Per uno studio complessivo della materia, non si possono non richiamare GRECO-PIROZZISILVESTRI 
(a cura di), L�Unione Europea e la gestione delle crisi. Istituzioni e capacit�, IAI Roma 2010. 
(64) Il riferimento � solo indiretto poich�, come gi� detto, l�UE non ha titolo ad interloquire sull�organizzazione 
delle Forze armate o di polizia dei singoli Stati membri, riservata alla competenza domestica. 
(65) In GUCE L-303 del 2 dicembre 2000, pp. 16 ss. La norma cos� recita: �La presente direttiva 
non pu� avere l�effetto di costringere le Forze armate nonch� i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso 
ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari 
per svolgere l�insieme delle funzioni che possono essere chiamate ad esercitare ��. La precisazione � 
ripetuta all�art. 15 della Direttiva. Nella versione francese analogamente si legge �les Forces arm�es 
ainsi que les services de police, p�nitentiaires ou de secours�, cos� come in quella inglese: �the armed 
Forces and the police, prison or emergency services�. 



sti ultimi, dunque, a differenza di una Forza armata (individuabile per caratteristiche 
oggettive ed intrinseche quali la sua peculiare struttura organizzativa e 
disciplinare, etc.) si caratterizzano esclusivamente per le funzioni esercitate e 
non anche per un particolare assetto organizzativo interno ovvero in ragione 
dello status giuridico (civile o militare, o altro) del relativo personale. 

Premesso quanto sopra, se tale � l�obiettivo (ed il metodo) cui progressivamente 
tende l�intero sistema della pubblica sicurezza dell�Unione, viene da 
chiedersi quale potrebbe essere l�assetto organizzativo ottimale di una Forza 
di polizia nazionale (ovvero, di un sistema interno di P.S.) ai fini di un miglior 
dialogo con gli organi sovranazionali preposti all�attuazione di tali politiche. 
Trattasi, peraltro, di una valutazione ideale, dal momento che, come in precedenza 
gi� detto, l�UE non ha alcuna diretta competenza in materia. 

Occorre ricordare, al riguardo, che l�ordinamento dell�Unione trae in gran 
parte spunto dalle soluzioni istituzionali adottate nei vari Stati membri, o 
gruppi di essi, ove ritenute pi� funzionali di altre al perseguimento di determinati 
obiettivi. 

Sotto questo punto di vista, non � casuale che la maggior parte dei Paesi 
UE membri del �gruppo G6� (da non confondersi con l�omologo �club� delle 
sei economie pi� sviluppate del pianeta, oggi peraltro superato dai summit 
�G8� e �G20� (66)) adotti il modello del cd. �doppio binario� nella gestione 
della pubblica sicurezza, mettendo in campo sia Corpi di polizia �tradizionali�, 
sia articolate Forze di gendarmeria. 

Queste ultime sono presenti da lungo tempo anche in altri Stati del-
l�Unione (ad es. Paesi Bassi e Portogallo (67)), ed � significativo che tale modello 
si sia notevolmente sviluppato negli ultimi venti anni, di pari passo con 
la transizione dei Paesi dell�ex blocco sovietico verso regimi politici demo


(66) Del gruppo del G6 europeo, ricomprendente gli Stati dell�Unione pi� popolati (e dunque con 
maggior numero di voti a disposizione in Parlamento e Consiglio), fanno parte, nell�ordine, Germania, 
Francia, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Polonia: di questi, solo Germania e Gran Bretagna sono sprovvisti 
di Forze di gendarmeria. Va comunque precisato che la gendarmeria polacca, pur dopo l�ingresso 
della Polonia in EUROGENDFOR come Partner nel 2007, opera quale Corpo (strumentale) dell�Esercito, 
non essendole state ancora attribuite generali competenze di polizia civile. Per essa, infatti, continua ad 
applicarsi l�art. 18/a del Testo Unico del 6 aprile 1990 (cd. �Police Act�, il cui testo consolidato � reperibile 
su http://www.policja.pl/ftp/pliki/police_act.pdf), in base al quale la polizia militare pu� essere 
utilizzata a supporto di quella civile nei casi in cui la stessa non sia in grado di far fronte a gravi problemi 
di ordine pubblico (regola che peraltro � venuta attenuandosi nella prassi, stante il sempre pi� frequente 
uso di pattuglie della gendarmeria a presidio della sicurezza nei maggiori centri urbani del Paese). Anche 
nel sistema polacco trova poi conferma il (corretto) carattere funzionale delle attribuzioni di pubblica 
sicurezza, comՏ vero che, ai sensi del secondo comma della norma da ultimo citata, allorch� i gendarmi 
vengano a svolgere le suddette incombenze (su autorizzazione del Primo ministro) automaticamente acquisiscono, 
senza eccezioni di sorta, tutti i poteri e le capacit� della tradizionale polizia civile, in primis 
nei confronti dei privati cittadini. 
(67) Non vengono invece generalmente incluse nell�elenco le 26 gendarmerie cantonali svizzere 
(per la Gendarmeria ticinese, cfr. http://www4.ti.ch/?id=3958), che pur avendo un�organizzazione (territoriale 
e funzionale) analoga a quella delle gendarmerie classiche, hanno uno statuto civile. 



cratici (68); sono inoltre presenti negli Stati rivieraschi del Vicino oriente (69), 
nella maggior parte delle ex-Colonie francesi dell�Africa, in Sudamerica (Argentina, 
Brasile e Cile), nell�Asia meridionale (ad esempio in India e Pakistan) 
e dal 2008 nel sub-continente cinese (70). 

In Messico, infine, all�esito di un processo iniziato nell�ottobre 2008, � 
stata pianificata la costituzione della Gendarmer�a Nacional (cfr. il par. 3.2 
[Compromiso 76] del Pacto por M�xico del 2012 (71)), significativamente 
quale �cuerpo de control territorial que permita el ejercicio de la soberan�adel Estado mexicano en todos los rincones del pa�s, sin importar su lejan�a, 
aislamiento o condici�n de vulnerabilidad� che dovrebbe sostituire, in quanto 
polizia di prossimit�, almeno in parte l�attuale polizia federale, a statuto civile. 

Pur trattandosi, a tutti gli effetti, di strutture di polizia a prevalente vocazione 
�civile� (72) svolgenti un ruolo di polizia di prossimit� a diretto contatto 
con le popolazioni locali, sono generalmente in grado - per formazione e natura 

- di sostituirsi anche alle ordinarie Forze armate nello svolgimento di 
un�azione militare (di intelligence, diretta o di supporto), in patria come all�estero, 
o comunque di affiancarle in condizioni di fungibilit�. 

Il che intuitivamente meglio risponde (rispetto, ad esempio, a Corpi operativi 
in settori pi� circoscritti (73)) alle esigenze di flessibilit�, multidisciplinarit�, 
economicit� ed efficienza che informano le politiche di settore 
dell�Unione Europea, preoccupate di meglio reagire alla gravit� delle incalzanti 
sfide globali e, da ultimo, alle prolungate e strutturali crisi finanziarie. 

(68) Si ricordano (oltre alla .andarmeria Wojskowa polacca, gi� menzionata), la Viesojo Saugumo 
Tarnyba lituana, la Zhandarmeriya bulgara, la Jandarmeria Rom�n. (romena), la .andarmerija serba 
e la Vnutrenniye Voiska russa. A questi Corpi si affiancano alcune realt� meno conosciute, quali la Trupa 
Carabinerilor-Jandarmeria della Moldova o la Vnutrisni Viys'ka Ukrayiny dell�Ucraina, nonch� l�Otryad 
Militsii Osobogo Naznacheniya bielorussa. L�istituzione di un�ulteriore struttura di tal genere sarebbe 
allo studio in Ungheria, dove del resto gi� esisteva - dal 1881 al 1945 - la Magyar Kir�lyi Csend.rs�g 
(parte della dottrina ha per� prospettato la riconducibilit� alle Forze di gendarmeria della Rend�szeti 
Biztons�gi Szolg�lat, autonoma unit� operante alle dipendenze del Ministero della Giustizia). 
(69) Ad esempio la Jandarma turca, associata nel 2008 al Progetto europeo �Phare� (volto, tra 
l�altro, alla formazione ed all�implementazione del rispetto dei diritti umani nell�attivit� di polizia, in 
tal caso gestito da un consorzio tra Istituzioni governative e l�Arma dei Carabinieri, unitamente alla 
Guardia Civil spagnola), nonch� la maggior parte degli Stati della sponda mediterranea (Israele, Siria, 
Libia, Libano, Egitto, Algeria, Tunisia e Marocco). 
(70) La Forza di Polizia Armata del Popolo Cinese (.......... - Zh.nggu� r�nm�n w.zhu.ng 
j.ngch� b�du�), abbreviata in CAFP o PAP, � un Corpo di polizia ad ordinamento militare che 
dipende congiuntamente, quanto ad attribuzione delle funzioni, dal Consiglio di Stato e, quanto ad organici 
e dotazioni, dalla Commissione Militare Centrale. Svolge rilevanti funzioni-chiave di polizia politica, 
giudiziaria, amministrativa e di frontiera, oltre a gestire l�ordine e la sicurezza pubblici interni. Si 
veda anche http://eng.mod.gov.cn/ArmedForces/armed.htm. 
(71) Pubblicato su http://www.elsiglodetorreon.com.mx/noticia/814586.texto-integro-delpacto-
por-mexico.html. Il nuovo Corpo, dotato di un organico iniziale di almeno 5.000 elementi mutuati 
dall�Esercito e dalla Marina, dovrebbe essere operativo a partire dal 2014-2015. 
(72) In effetti le funzioni di polizia militare, ove attribuite, assorbono una minima parte dell�attivit� 
d�istituto. 



A ci� aggiungasi che, negli Stati che ne dispongono, generalmente tali 
Forze controllano la maggior parte del territorio nazionale, con correlati risultati 
operativi (74). 

In ragione della loro strutturale duplicit� di ruoli, si prestano ad operare 
sia sotto la direzione di Autorit� militari che di Autorit� civili, sempre seguendo 
la medesima linea di comando: per l�effetto, nell�ottica delle linee di 
indirizzo UE rappresentano una realt� che pi� di altre � in grado di operare da 
subito in ogni possibile contesto (militare o civile, di peacekeeping come di 
polizia giudiziaria), senza implicare avvicendamenti di Comandi o Reparti, 
n� costi aggiuntivi di implementazione operativa. L� dove sono necessari due 

o pi� operatori di settore, qui normalmente ne basta uno (75). 

L�inscindibile complementarit� tra le strategie di sicurezza �interna� ed 
�esterna� � una delle cause che hanno portato alla decisione di superare il sistema 

(73) Storicamente, del resto, i principali Corpi di polizia ad ordinamento civile vennero istituiti 
come unit� specifiche per i maggiori conglomerati urbani, le cui particolarit� ambientali - soprattutto a 
seguito dei rivolgimenti sociali causati dalla rivoluzione industriale, col progressivo spopolamento delle 
campagne ed il correlato formarsi di vaste aree di degrado urbano - richiedevano un nuovo tipo di approccio 
operativo, incentrato in particolar modo sulla gestione dell�ordine pubblico. In argomento, cfr. 
TAYLOR, The new police in nineteenth century England: crime, conflict and control, Manchester 1997; 
REYNOLDS, Before the Bobbies: The night Watch and Police reform in Metropolitan London, 1720-1830, 
Oxford 1998; RAEFF, The well-ordered police state. Social and institutional change through law in Germany 
and Russia. 1600-1800, London 1983; PIASENZA, Polizia e citt�. Strategie d�ordine, conflitti e rivolte 
a Parigi tra Sei e Settecento, Bologna, 1990; NAPOLI, Naissance de la police moderne. Pouvoir, 
normes, soci�t�, Paris 2003; AA.VV., Amministrazione della giustizia e poteri di polizia dagli stati preunitari 
alla caduta della Destra, Atti del LII Congresso di Storia del Risorgimento italiano (Pescara 710 
novembre 1984), Roma 1986, pp. 215-266; MORI, La polizia fra opinione e amministrazione nel 
Regno Lombardo-Veneto, in �Societ� e Storia� n. 105, 2004, pp. 559-601. Espressione di ci�, nell�ordinamento 
italiano, fu ad esempio l�art. 4 del R.D. 31 agosto 1907, n. 690 (erede dell�art. 1, comma secondo, 
della legge 11 luglio 1852, n. 1404, che aveva limitato la presenza dell�allora Corpo delle Guardie 
di pubblica sicurezza - subentrato al Corpo dei Carabinieri veterani - alle sole citt� metropolitane di Torino 
e Genova: testo su http://www.edizionieuropee.it/data/html/23/zn46_09_001.html). 
(74) A titolo d�esempio, per rimanere al caso dei �Paesi G6�, in Francia la Gendarmerie Nationale 
controlla circa il 90% del territorio metropolitano, pur essendo assente dai centri urbani con pi� di 20.000 
abitanti, con un�attivit� di segnalazione e repressione pari - nel 2008 - all�incirca al 42% (la maggioranza 
relativa) del totale nazionale (dati evincibili da http://www.senat.fr/rap/r07-271/r07-27115.html); in 
Italia l�Arma dei Carabinieri � invece presente su tutto il territorio nazionale (ed in via esclusiva nel 
75% circa di esso), con un�attivit� di segnalazione pari, in media (da ultimo, nel quadriennio 20082011), 
al 71%-72% del totale nazionale (comunque maggioritario anche nella pi� gran parte dei capoluoghi 
metropolitani, dove la sua presenza � peraltro ridotta alla proporzione di 1:3 rispetto alle altre 
Forze dell�ordine) ed un autonomo apporto operativo pari ad oltre il 54% (dati pubblicati, da ultimo, 
negli Allegati alla �Relazione al Parlamento sull�attivit� delle forze di polizia, sullo stato dell�ordine e 
della sicurezza pubblica e sulla criminalit� organizzata� del Ministero dell�Interno, per l�anno 2011). 
Le rilevazioni statistiche sono acquisibili anche presso il Dipartimento della P.S. - Banca Dati delle 
Forze di polizia. 
(75) Sul tema, in assenza di un compiuto studio monografico, si rinvia a HOVENS-VAN ELK, Gendarmerie 
and the Security Challenges of the 21st Century, FIEP 2011, opera che, talvolta con taglio pi� 
sociologico che giuridico, affronta con ampio respiro le principali questioni su cui si confrontano assertori 
e critici degli equilibri �binari� delle politiche di sicurezza. Inoltre MATELY, Une police judiciaire � 
militaire? La gendarmerie en question, Paris 2006. 



�a Pilastri� nato dal Trattato di Maastricht, che di fatto si era risolto nella creazione 
di tre macro-aree tra loro non comunicanti, seppur strettamente interdipendenti: 
ci� valeva, in particolare, per il secondo ed il terzo �Pilastro�, concernenti la �Politica 
estera e di sicurezza comune� (comprendente la PESD, oggi PSDC), e la 
�Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale� (allora GAI, oggi conglobata 
nella nuova FSJ), nei quali vi era una competizione particolarmente serrata 
tra gli operatori civili della pubblica sicurezza, dovuta principalmente all�eccessiva 
frammentazione delle competenze, a tutto discapito degli sforzi verso un 
modello integrato di �sicurezza partecipata e di prossimit�� (cfr. infra (76)). 

Un tale stato di cose portava infatti, nel sistema ante-Lisbona, ad escludere 
di volta in volta determinati operatori qualificati (dalle Forze armate alle pi� articolate 
istanze territoriali, anche di governo (77)), dando vita ad irrazionali sovrapposizioni 
di competenze e, quindi, a nuove potenziali situazioni di conflitto. 

Ci� � particolarmente evidente nell�evoluzione delle strutture amministrative 
di cui l�Unione Europea si avvale per dare corso alle proprie politiche 
di sicurezza, in particolare quelle coinvolgenti le Forze di polizia (cd. �Capacit� 
civili dell�UE�): punto di partenza pu� essere il provvedimento del Consiglio 
UE recante la �European Security and Defence Policy: The Civilian 
Aspects of Crisis Management� (78), pubblicato alcuni anni dopo l�adozione 
del primo Civilian Headline Goal (su cui cfr. infra (79)). 

Da esso emerge che le linee-guida sugli interventi di polizia �civile� 
dell�UE al fuori dei confini degli Stati membri sono state ampiamente mutuate 

(76) Il Piano d�Azione per l�Attuazione del Programma di Stoccolma della Commissione Europea 
[COM(2010) 171-final � su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0171: 
FIN:EN:PDF], espressamente riconosce, al p.to 5, la necessit� di un approccio olistico: �� An Internal 
Security Strategy, based upon the full respect of fundamental rights and on solidarity between Member 
States, will be implemented with care and firm resolve to face the growing cross-border challenges. It 
implies a coordinated approach to police cooperation, border management, criminal justice cooperation 
and civil protection. We need to address all the common security threats from terrorism and organised 
crime, to safety concerns related to man-made and natural disasters�. Occorre invero ricordare che il 
�sistema sicurezza� di uno Stato (cos� come di un territorio comune) non � comprensivo delle sole attribuzioni 
di P.S. - chiaramente specialistiche - ma pure delle funzioni di protezione civile, polizia giudiziaria, 
prevenzione sociale, etc. 
(77) In netto contrasto con quanto invece teorizzato in ambito UE gi� nel Consiglio di Feira del 
1999: sull�argomento si vedano gli studi di BIGO, When Two Became One. Internal and External Securisations 
in Europe, in KELSTRUP-MORTEN-WILLIAMS (eds.), International Relations Theory and the Politics 
of European Integration, London 2000, pp. 171-198, nonch� LUTTERBECK, Blurring the Dividing 
Line. The Convergence of Internal and External Security in Western Europe, in European Security 2005 
(vol. 14, II), pp. 231-253. 
(78) Disponibile sul portale http://www.consilium.europa.eu/eeas/security-defence/civiliancrisis-
management?lang=en [doc. civ/03, Brussels, August 2009, p. 2]. In materia si veda anche �Civilian 
CSDP Missions: the 2010 report on lessons and best practices�, nella medesima pagina web. 
(79) Approvato dal Consiglio Europeo il 17 dicembre 2004: in esso vengono per la prima volta 
formalizzati obiettivi e procedure di intervento dell�UE negli scenari esteri di crisi, diversi da quelli prettamente 
bellici. Il testo ufficiale (non pubblicato in GUCE) pu� essere consultato online all�indirizzo 
http://register.consilium.eu.int/pdf/en/04/st15/st15863.en04.pdf. 



- spesso senza un preciso quadro organico di riferimento - dalla prassi internazionale 
vigente per il settore militare (80). 

Gli obiettivi strategici di sicurezza �esterna� dell�Unione, infatti, si sono 
inizialmente attestati nel solco della tradizione giuridica internazionale di 
peacekeeping, con l�invio nei teatri di crisi di contingenti militari e di missioni 
�miste� di polizia (cd. CIVPOL (81)): la maggior parte delle missioni civili 
in ambito PESD (ora PSDC), in particolare, mirava al rafforzamento delle 
strutture tipiche di uno Stato di diritto, con particolare attenzione alla riforma 
delle Forze di polizia. Per l�effetto, la maggioranza del personale impiegato 
proveniva dalle Forze dell�ordine degli Stati membri (82), oltre che dalla 
Magistratura (soprattutto ordinaria) e dai Corpi di polizia penitenziaria (che 
nella prassi internazionale generalmente non vengono ricompresi nella prima 
categoria (83)). Al pari delle missioni ONU, per�, anche quelle di EUCIVPOL 
(variante nominale della CIVPOL) dovettero fare i conti con la carenza di uomini 
e mezzi messi a disposizione dagli Stati membri, il che imped�, tra l�altro, 
di realizzare le annunciate �Squadre di Reazione Civile� (Civilian 
Response Teams / CRT (84) che avrebbero dovuto caratterizzare in senso innovativo 
gli interventi dell�Unione a tutela delle propria sicurezza �esterna�. 

(80) Per un�interpretazione di maggior autonomia, tuttavia, cfr. LINDBORG, European Approaches 
to Civilian Crisis Management, BASIC Special Report, London 2002, p. 4. 
(81) CALL-BARNETT (in Looking for a Few Good Cops: Peacekeeping, Peacebuildig and CIVPOL, 
Abingdon 2007, p. 53) evidenzia le principali differenze dei contingenti di gendarmeria rispetto alle tradizionali 
componenti di CIVPOL, poich� �differ from 'civilian police' (although they can be commanded 
by a civilian) in that they are trained not only in policing but also in military tactics and can deploy as 
units rather than individually�. Gli stessi Autori, preso atto della complementare multidisciplinarit� (civile/
militare) che caratterizza l�azione dei Corpi di gendarmeria, ritengono per� non opportuno il loro 
utilizzo ad integrale sostituzione delle tradizionali Forze armate, soprattutto nella prima fase dell�intervento 
�No matter how robust, an international gendarmerie monitoring and quick-reaction force should 
never wholly substitute for military capabilities where security threats remain�. 
(82) Nel richiamato documento civ/03 del 2009, l�UE espressamente �punta ad essere in grado di 
portare a compimento qualsiasi operazione di polizia, dai compiti di consulenza, assistenza ed addestramento 
alla sostituzione delle Forze di polizia locali�. Peraltro �gli sforzi esperiti su scala internazionale 
al fine di rafforzare e, qualora necessario, ristabilire Forze di polizia locali credibili pu� avere successo 
solo in presenza di un sistema giudiziario e penitenziario adeguatamente funzionante e che sostenga le 
Forze di polizia�, coerentemente con le strategie inclusive e multipolari di sicurezza dell�Unione. 
(83) Coerente con la generale esclusione della custodia carceraria dalle funzioni di polizia � pure 
l�art. 11 della citata Raccomandazione COE 10/2001/REC. 
(84) Richiamate anche nella Risoluzione del Parlamento Europeo dell�11 maggio 2011 (cfr. infra), 
unitamente alle successive CPCC, come in precedenza era avvenuto nell�analogo provvedimento del 
2008 [documento 2008/2003(INI) � P6_TA(2008)0255]. Secondo gli auspici, le CRT dovrebbero essere 
un dispositivo multi-funzionale di reazione rapida per la gestione di crisi di dimensioni non predefinite, 
composto da esperti degli Stati membri. Tra i loro compiti vi � lo svolgimento di missioni di valutazione 
ed accertamento in situazioni di crisi o di crisi imminente, con garanzia di una rapida dislocazione sul 
campo, a livello operativo, a seguito dell�adozione di un�Azione Comune. In caso di necessit� ed urgenza 
dovrebbero altres� essere rafforzati i meccanismi UE gi� esistenti per la gestione delle crisi a livello nazionale 
e regionale (mediazione dei conflitti, misure miranti a rafforzare la fiducia, operazioni di monitoraggio, 
etc.). 



Nel 2007 venne adottato lo �Civilian Headline Goal� per il 2010 (cfr. 
infra), che introduceva - in seno al Segretariato del Consiglio - una �Unit� 
operativa di Capacit� Civile di Pianificazione e Condotta� (Civilian Planning 
and Conduct Capability - CPCC (85)); presso il Consiglio UE, inoltre, venivano 
istituite due strutture a livello politico, il CPS (Comitato Politico e di Sicurezza) 
ed il CIVCOM (Comitato per gli Aspetti Civili della Gestione delle Crisi), cui 
si affiancavano (successivamente alla riunione del Consiglio Europeo di Helsinki 
del 1999) ulteriori organismi permanenti, politici e civili che avrebbero 
dovuto svolgere un ruolo strumentale nell�organizzazione ed avvio delle missioni 
PESD. Tra questi (nel Segretariato del Consiglio) la Direzione Generale 
per le Relazioni Economiche Esterne e per gli Affari Politico Militari (Dg E 
IX) e le sue sub-articolazioni, in primis l�Unit� di polizia. 

Dal momento, per�, che la costituzione di quest�ultima risult� oltremodo 
problematica - contrariamente a quanto invece avvenuto per la formazione 
dello staff militare presso il Consiglio - nel 2008 si decise di attivare perlomeno 
la CPCC, cos� da disporre comunque di un organo di pianificazione comune 
delle operazioni di polizia all�estero, che rispondesse al CIVCOM. 

Ad oggi, i risultati sono stati discontinui, come evidenziato anche dalle 
citate Risoluzioni del Parlamento Europeo sull�attuazione delle strategie europee 
di sicurezza (86). 

A fronte di tali problemi, una parte degli Stati membri decise di dar vita 

-al di fuori delle rigide procedure comunitarie - all�EUROGENDFOR, una struttura 
operativa organizzata sul modello dei Corpi di gendarmeria nazionali e 
quindi composta esclusivamente da Forze a competenza multidisciplinare, caratterizzate 
da uniformit� operativo/formativa e da una linea di comando unitaria 
di carattere militare. 

Del resto, uno dei maggiori problemi riscontrati dal Consiglio - a fronte 
della relativa omogeneit� operativa delle strutture militari - fu la mancanza di 
strumenti e modelli comuni sulla cui base elaborare degli standards informativi, 
di addestramento ed operativi anche per le Forze civili di polizia. 

Per far fronte a tale frammentazione, il Trattato di Lisbona ha previsto che 
le strutture esistenti al momento della sua entrata in vigore vengano in futuro 
fatte confluire in un �Servizio Europeo per l�Azione Esterna - SEAE� (87), che 

(85) Sul punto, cfr. (critici) MENON e SEDELMEIER, Instruments and Intentionality: Civilian Crisis 
Management and Enlargement Conditionality in EU Security Policy�, in West European Politics, 33, 
n. 1, 2010, pp. 83-84. 
(86) HYNEK, Consolidating the EU.s Crisis Management Structures: Civil-Military Coordination 
and the Future of the EU OHQ, Brussels, 2010, p. 9 (richiamato in AA.VV., L�Unione Europea e la gestione 
delle crisi. Istituzioni e capacit�, cit., pp. 30ss.). Sulla centralit� democratica dei sistemi integrati 
civili/militari di polizia, cfr. altres� N�KOY, Gendarmerie et reconstruction d�un �tat de droit au Congo-
Kinshasa, Paris 2007, nonch� AA.VV., La r�forme des syst�mes de securit� et de justice en Afrique francophone, 
Paris 2010. 



dovrebbe razionalizzare i meccanismi di comando e di controllo; parallelamente 

-come vedremo - ha posto l�accento sulla necessit� di un�opera pi� incisiva 
delle Agenzie europee di formazione (in primis EUROPOL e CEPOL). 

Nel sistema ante-Lisbona la rigida divisione dell�azione comunitaria secondo 
�Pilastri� di materie aveva col tempo generato - nel settore sicurezza una 
struttura istituzionale sempre pi� complessa e frammentata, specchio delle 
divisioni esistenti tra i vari livelli di intervento, da cui erano scaturite vere e 
proprie contrapposizioni tra i diversi operatori civili, come si vide nella gestione 
delle missioni condotte nei Balcani occidentali. 

In queste condizioni era velleitario pensare a politiche di sicurezza �integrate� 
tra il tradizionale settore militare (abbastanza coeso al suo interno, ma 
assai specialistico) e quello �civile� (di polizia e giurisdizionale), per contro 
estremamente disaggregato. Si impose quindi la necessit� non solo di superare 
il sistema �a Pilastri�, ma pure di razionalizzare gli strumenti operativi (88) e 
di consulenza a disposizione del Consiglio. 

Tale ristrutturazione procede di pari passo con l�evoluzione della dottrina 
sulla sicurezza dell�Unione, che ha portato a sviluppare due nuovi concetti generali, 
sui cui fondamenti giuridici si torner� pi� oltre: la �Cooperazione Civile-
Militare� (Civil-Military Cooperation - CIMIC) ed il �Coordinamento 
Civile-Militare� (Civil-Military Coordination - CMCO). 

La prima ha come principale obiettivo la protezione delle Forze armate 
(e non dei civili) che si trovino in missione all�estero da aggressioni di natura 
criminale ed atti terroristici, il secondo invece - tuttora in fase di consolidamento 
-�affronta la necessit� di un efficace coordinamento delle azioni di 
tutti i principali attori dell�UE impegnati nella pianificazione e nella successiva 
attuazione delle risposte dell�UE alle crisi� (89). Mira, in estrema sintesi, 
a sviluppare una cultura del coordinamento paritetico tra gli operatori della 
sicurezza, senza per� ricorrere a procedure dettagliate (90) e burocratiche che 
ancor pi� appesantirebbero il quadro normativo d�insieme. 

Nel dare corpo alle linee d�indirizzo del 2003, il Consiglio Europeo pub


(87) L�organizzazione ed il funzionamento del nuovo Servizio sono disciplinati dalla Decisione 
del Consiglio 2010/427/UE, pubblicata online con gli allegati ed i documenti presupposti all�indirizzo 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32010D0427:IT:NOT. 
(88) Secondo parte della dottrina (ad es. HYNEK, op. ult. cit.), rientrerebbe in questo processo di 
razionalizzazione anche la scelta, medio tempore, di attribuire ad una medesima figura il ruolo di rappresentante 
di vertice tanto della CEE che dell�UE, all�epoca soggetti giuridici diversi e talvolta in conflitto 
(la CEE � poi venuta meno a seguito dell�entrata in vigore del Trattato di Lisbona). A titolo d�esempio 
viene citata la nomina di Erwan Fouer� sia quale Capo della Delegazione CEE a Skopje, sia quale Rappresentante 
speciale dell�UE nel medesimo contesto, nonch� quella di Koen Vervaeke nella doppia veste 
di Rappresentante Speciale UE presso l�Unione Africana e di Capo della delegazione CEE ad Addis Abeba. 
(89) Civil-Military Coordination (CMCO), Doc. 14457/03, Bruxelles 7 novembre 2003, p. 2, su 
http://register.consilium.eu.int/pdf/en/03/st14/st14457.en03.pdf. 
(90) Cfr. Par. II p.to 4: �At the top of the list of fundamentals lies the need for a culture of co-ordination, 
rather than seeking to put too much emphasis on detailed structures or procedures�. 



blicava infine, nel 2008, un �Rapporto sull�applicazione della Strategia europea 
di sicurezza� (91) nel quale poneva l�accento sui principi di �coerenza� e di �coordinamento� 
- considerati sfide fondamentali per la sicurezza dell�UE - enfatizzando 
la necessit� di una vera e propria �sinergia civile-militare� (92) con 
cui massimizzare �l�efficacia sul campo cos� come al livello di pianificazione�. 

Nelle conclusioni del Consiglio Europeo, ci� sarebbe dovuto avvenire anche 
nei singoli Stati membri (�Dobbiamo migliorare il modo di combinare la dimensione 
interna con quella esterna. Sono necessari un miglior coordinamento, trasparenza 
e flessibilit� delle diverse agenzie, a livello nazionale ed europeo�). 

Similmente, la �Dichiarazione sul rafforzamento delle capacit� civili e 
militari� del 2008 includeva le cd. missioni �ibride� (miste civili/militari) tra 
le operazioni previste nell�ambito della PESD. 

Da ultima, la Risoluzione del Parlamento Europeo dell�11 maggio 2011 sullo 
sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell�entrata in 
vigore del Trattato di Lisbona [doc. P7_TA(2011)0228] evidenzia alcuni punti 
di interesse: �42. incoraggia una stretta cooperazione tra l'Agenzia [l�AED, Agenzia 
Europea di Difesa -ndr] e la Commissione in vista del rafforzamento di capacit� 
a duplice uso, al fine di trovare l�approccio pi� ampio alla ricerca nelcampo della sicurezza e di una gestione sinergica delle risorse civili/militari, in 
particolare attraverso il tema �sicurezza� del programma quadro di ricerca e sviluppo 
tecnologico; apprezza a tal fine la prospettiva dell�8� programma quadro 
che sar� volto anche alla sicurezza esterna ed esorta la Commissione a riconoscere 
la realt� della natura civile-militare della gestione delle crisi ��. 

Pi� in generale la suddetta Risoluzione, come si legge anche nel parere 
della minoranza parlamentare, si concentra sulla confluenza di risorse e capacit� 
civili e militari, e ribadisce sia la classificazione delle missioni di polizia/gendarmeria 
come missioni civili, sia l�inserimento dell�attivit� di polizia nelle 
missioni delle Forze armate (sul modello EUFOR Althea - cfr. infra). 

Elemento-chiave nelle politiche di sicurezza UE � dunque la nozione (mai 
formalizzata in un documento ufficiale) di �gestione civile delle crisi�, sviluppata 
in ambito PESC (e successivamente adottata nella PESD) quale tratto 
distintivo del modello europeo (93). Si tratta - coerentemente con lo standard 
internazionale OSCE ed ONU - di un modello funzionale, nel quale il termine 
�civile� sta ad indicare delle specifiche funzioni distinte e/o complementari a 

(91) Consultabile su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st17/st17104.it08.pdf. 

(92) Tale sinergia (ivi richiamata) veniva preconizzata in un separato documento del Consiglio, dal 
titolo �Promuovere sinergie in materia di rafforzamento delle capacit� rispettivamente civili e militari 
dell'UE�, Doc. 15475/09 - PESC 1480, Bruxelles 9 novembre 2009, p. 2 (pubblicato sul portale online 
http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st15/st15475.en09.pdf). Sinergia che richiama, nei suoi moduli 
esplicativi, il modello ordinamentale ed operativo delle gendarmerie, specifiche attrici della polizia di prossimit�. 


(93) Cfr. DWAN, Civilian Tasks and Capabilities in EU Operations, London 2004. 


quelle tradizionali delle Forze armate e non anche lo status organizzativo ed 
ordinamentale dei soggetti che le esercitano. 

La natura �inclusiva� ed integrata delle politiche europee di sicurezza 
viene formalizzata nel 2000, nell�Allegato III alle Conclusioni del Consiglio 
Europeo di Feira, dove si invoca il rafforzamento delle capacit� �civili� del-
l�UE per affrontare, sotto diversi profili, le complesse crisi politiche estere, 
�assicurando complementarit� tra gli aspetti militari e civili della gestione 
delle crisi che comprendano l�intero spettro delle missioni di Petersberg� (94). 

Tali obiettivi prendono forma nella Strategia europea di sicurezza 2003, 
che riconosce alle �capacit� civili� (nel senso sovra ricordato) la natura di strumento 
essenziale nella prevenzione di un�ampia serie di minacce per la sicurezza 
dell�Unione. A Feira, in particolare, gli Stati membri individuano quattro 
priorit� di intervento nell�ambito PESD, ovverosia polizia, Stato di diritto, amministrazione 
civile e tutela della popolazione. 

L�approccio �europeo� alle politiche di sicurezza (sia interna che esterna) 
ha natura rigorosamente integrata: non si parla mai (95) di gestione puramente 
civile (o puramente militare) delle crisi, ma sempre e soltanto di sinergia tra i diversi 
livelli e settori di intervento, che necessariamente presentano dei momenti 
di contatto rispetto ai quali occorre sviluppare forme efficaci di collaborazione. 

In questi termini, per �gestione civile delle crisi� non si intende un ipotetico 
monopolio - nelle operazioni in corso - degli apparati non militari, bens� 
la scelta di incidere innanzitutto sulla formazione degli apparati istituzionali 
aventi diretta incidenza sulla �societ� civile� (in primis magistratura, Forze 
di polizia ed organi amministrativi dello Stato), onde promuovere da subito 

(94) Ai sensi dell�art. 43 TUE �Le missioni di cui all'articolo 42, paragrafo 1, nelle quali l'Unione 
pu� ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni 
umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di 
prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unit� di combattimento per la 
gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione 
al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, 
anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio�. 
(95) A riscontro di ci�, si veda anche la Risoluzione del Parlamento UE sulla strategia europea di 
sicurezza 2005 [doc. 2004/2167(INI) - P6_TA(2005)0133], che al p.to 14 sottolinea la peculiarit� ed il 
plusvalore della PESD, �r�sident dans la conjonction des composantes civile set militaires � l�Union 
sera � l�avenir de plus en plus confront�e au d�fi de trouver un bon et juste �quilibre entre les �lements 
militaires et civils pour appliquer les objectifs et l�esprit de la strat�gie europ�enne de s�curit��; inoltre, 
al p.to 19, richiama il precedente Rapporto �A Human Security Doctrine for Europe� in merito alla pianificazione 
delle future missioni miste civili/militari UE. 
Last, but not least, la complementarit� civile-militare (e quindi lo specifico plusvalore strumentale 
delle cd. Forze �ibride�, in grado pi� di ogni altra di assicurarne la piena realizzazione) viene assunta a 
principio-chiave dell�ordinamento comunitario con l�espressa menzione nel decimo Protocollo al Trattato 
di Lisbona (pubblicato in GUCE C-115 del 9 maggio 2008, il cui valore giuridico, come � noto, � 
equivalente a quello della fonte cui accede), laddove �Recalling that the common security and defence 
policy is an integral part of the common foreign and security policy; that it provides the Union with 
operational capacity drawing on civil and military assets ��. 



l�integrazione delle libert� fondamentali e dello Stato di diritto, nel presupposto 
che quest�ultimo comprende sicuramente - ma non solo - lo strumento 
militare, richiedendo, per sopravvivere - una sinergia organica di molteplici 
capacit� operative. 

La necessit� di una progressiva integrazione tra le capacit� civili e militari 
degli operatori deputati alla sicurezza interna viene infine ribadita, quale tratto 
caratteristico del sistema, nella �Stockholm Programme mid-term review� 
(doc. n. 15921 del Consiglio UE, in data 13 novembre 2012 (96)). 

Parte della dottrina (97) legge nelle modalit� di dispiegamento della missione 
militare EUFOR-Althea in Bosnia-Erzegovina del 2004 un primo tentativo 
del Consiglio UE di dare concreta applicazione al metodo �integrato�: inizialmente, 
infatti, mandati coincidenti si tradussero in due missioni UE, l�EUPM 
(operazione di polizia, cui hanno partecipato singolarmente vari Corpi di gendarmeria, 
anche assumendone il comando) e l�EUFOR (operazione militare, 
alla cui Unit� Integrata di Polizia - IPU ha partecipato anche, dal 2007, l�EUROGENDFOR 
- cfr. infra), entrambe impegnate nella lotta al crimine organizzato, 
nel controllo delle attivit� criminali e nell�applicazione della legge. Occorre 
per� precisare che tale divisione non rispecchiava alcuna linea di demarcazione 
(in ambito strategico UE) tra Forze di polizia e Forze militari. 

Due anni dopo, nel 2006, in occasione della revisione del mandato 
EUPM, le due missioni parallele - di polizia e militare - si accordarono per 
elaborare una serie di linee-guida operative (cd. �Common Operational Guidelines 
for EUPM-EUFOR Support to the Fight against Organised Crime�, 
poi approvate dal Consiglio (98)), con cui regolare le proprie relazioni con 
le Forze dell�ordine locali. 

In base a tali accordi il coinvolgimento di EUFOR nel controllo delle attivit� 
criminali venne limitato all�eventuale supporto operativo alle Autorit� 
locali, previa valutazione - da parte della missione EUPM - della sua legittimit� 
e necessit�: tale soluzione, ad avviso degli addetti ai lavori, avrebbe 
consentito di superare eventuali sovrapposizioni, preservando al contempo 
natura e caratteristiche dei soggetti coinvolti, per massimizzare le rispettive 
professionalit�. 

Il processo di �complementarizzazione� dei settori PESC/PSDC e FSJ (ex 

(96) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/nov/eu-councilstockholm-
mid-review-15921-12.pdf. In particolare, �In that context but also more generally, more training 
and more multi-disciplinary cooperation should remain a priority, despite budgetary constraints. 
There is still a deplorable lack of knowledge at the operational level of what is available in the EU law 
enforcement toolbox�. 
(97) PENSKA, Security Governance, Complex Peace Support Operations and the Blurring of Civil-
Military Tasks, in AA.VV., Rethinking Security Governance: The Problem of Unintended Consequences, 
New York 2010, pp. 46 ss.. 
(98) Consultabili in http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/06/st10/st10769-re01.en06.pdf. Il 
documento, del 2006, � stato declassificato nel 2010. 



GAI) � in via di consolidamento amministrativo sulla base di una �tabella di 
marcia� (il Documento ARES [2011] 118322 (99)) elaborata in seno al CMPD 
(la Direzione �Gestione e Pianificazione delle Crisi� del Consiglio (100)) dopo 
che il 13 maggio 2011 il �Comitato Politico per la Sicurezza� (PSC) aveva 
preso atto del documento di lavoro congiunto sul �Rafforzamento dei legami 
tra gli Attori CSDP (PESD) e FSJ - Proposte per il percorso futuro� (101). 

A tale presa d�atto � seguito il parere favorevole del CIVCOM (23 maggio 
2011), che ha riconosciuto la possibilit� di raggiungere dei risultati concreti 
nel breve periodo, sia sull�implementazione di strutture di Intelligence europea, 
sia in relazione alla possibilit� di dotare l�UE di adeguate risorse umane 
e strutture formative con cui perseguire le proprie politiche di sicurezza. 

Nella �tabella di marcia�, in particolare, � sempre prevista una rappresentanza 
bilanciata di esperti dei settori PESD, in primis militari, e FSJ (Forze 
di polizia, organici della magistratura ed altri apparati amministrativi) �al fine 
di riflettere la natura interdisciplinare trasversale e globale di tale attivit��. 
In quest�ottica, nella �Relazione sull�attuazione della strategia europea in materia 
di sicurezza� dell�11 dicembre 2008 (doc. S407/08 (102)), il Consiglio 
gi� esortava l�Unione e gli Stati membri, per quanto di competenza, a dispiegare 
�Forze di polizia, giuristi e soldati nelle zone instabili del mondo�. 

Per quel che riguarda l�oggetto di questo lavoro, le linee d�azione di maggior 
rilievo tra quelle indicate nella �tabella di marcia� sembrano essere, nel-
l�Area 1 (�Consapevolezza globale della situazione e assistenza in materia 
di intelligence all�UE�), la n. 1 (�Istituire un�attivit� di polizia orientata al-
l�intelligence per le missioni civili condotte nell�ambito della PESD, tenendo 
conto inter alia dell�esperienza di Europol in qualit� di Agenzia di law enforcement 
orientata all�intelligence in ambito UE�); nonch�, nell�Area 2 (�Scambio 
di informazioni e mutua assistenza�), la n. 2 (�Definire la partecipazione 
allo sviluppo degli attori dell�area di LSG (in particolare le Agenzie UE come 
Europol, Frontex ed Eurojust nelle missioni PESD. Sottoazione: concepire ed 
elaborare norme e metodologie chiare di cooperazione fra le missioni PESD 
ed i servizi di law enforcement degli Stati membri dell�UE ��), la n. 3 (�Elaborare 
proposte per lo sviluppo della cooperazione fra le strutture EEAS e 
l�Icpo-Interpol in un pi� ampio contesto di cooperazione fra la PESD e l�area 
di LSG � Sottoazione: definire un accordo quadro fra l�UE [HR/VP] e l� Icpo-
Interpol per le missioni e le operazioni PESD�), la n. 4 (�Analizzare ed individuare 
ambiti di cooperazione globale [scambio di informazioni e assistenza 

(99) Reperibile sul sito (non istituzionale) http://www.statewatch.org/news/2012/jan/eu-councilpsc-
csdp-fsj-15562-11.pdf. 

(100) In inglese �Crisis Management and Planning Directorate�: per un�introduzione si veda 
http://www.consilium.europa.eu/eeas/security-defence/csdp-structures-and-instruments/cmpd. 

(101) Doc. ARES (2011) 549943 del 6 maggio 2011. 

(102) Scaricabile da http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/newsWord/it/reports/104641.doc. 


reciproca] al fine di rafforzare i legami tra le attivit� PESD a livello strategico 
e operativo e le agenzie UE [Europol, Eurojust, Frontex] incluso il potenziamento 
della cooperazione e dello scambio di informazioni nella fase iniziale 
della pianificazione PESD�), la n. 5 (�Migliorare la cooperazione fra le missioni 
PESD ed Europol � individuare gli ostacoli alla cooperazione fra le missioni 
di polizia PESD ed Europol � valutare possibili settori di cooperazione�). 

Nell�Area 4 (�Miglioramento della cooperazione in materia di pianificazione 
delle azioni esterne UE�), la linea d�azione n. 1 (�Sviluppare proposte 
per il miglioramento del processo di pianificazione delle missioni civili CSDP, 
per l�individuazione delle interconnessioni e per il sostegno delle attivit� di 
CSDP e FSJ, ponendo l�attenzione anche sulle questioni in materia di sicurezza 
interna [ad es. lotta contro il terrorismo, tratta di esseri umani, ecc.]�). 

Infine, nell�Area 5 (�Capacit�: risorse umane e formazione�) le linee 
d�azione n. 6 e 7 (�� Migliorare le disposizioni concernenti le missioni 
CSDP civili con risorse umane qualificate provenienti dal settore FSJ [comprese 
le Agenzie UE] � favorire il rafforzamento temporaneo delle missioni 
CSDP con expertise specifico di squadre FSJ e/o attori FSJ individuali degli 
Stati membri � proposte di nuovi metodi per il coordinamento di programmi 
di formazione tra Cepol, ESDC, ENTRI, Europol, Eurojust e Frontex � proposte 
per la partecipazione incrociata degli attori CSDP e FSJ nei loro rispettivi 
eventi di formazione�). 

La �tabella di marcia� muove dall�esigenza di superare la sostanziale assenza 
di dialogo tra gli attori istituzionali del settore PESC/PSDC (nel testo del 
documento si usa ancora l�acronimo PESD) e del FSJ, data dalla resistenza delle 
componenti �civili� ad aprirsi ad una collaborazione paritaria con quelle militari 
(problema avvertito anche in sede di missioni ONU), come pure da carenze 
formative dei contingenti di polizia nazionali, generalmente non 
preparati a svolgere attivit� operativa in contesti atipici caratterizzati - se non 
da un vero e proprio stato di guerra - perlomeno dalla dissoluzione dello Stato 
di diritto. Scenari, questi ultimi, che - analogamente al consolidamento delle 
strutture democratiche civili - rientrano nell�ambito elettivo della PESC, le cui 
metodologie operative sono risultate essere, all�atto pratico, poco integrabili 
con gli standard procedurali delle Forze di polizia tradizionali (con la sola eccezione, 
riscontrata dalla dottrina, delle cd. Forze �ibride� (103). 

Sul versante militare, per contro, si � tentato - soprattutto a livello nazionale 
(104) - di incorporare, all�interno della linea di comando, delle unit� 
esterne dotate di specifiche professionalit� civili in grado di interloquire con 

(103) In argomento cfr. CHEVREL-MASSERET, La gendarmerie, acteur paradoxal de la �s�curit� 
int�rieure-ext�rieure�, in Revue Internationale et Strat�gique 3/2005, pp. 57 ss.. 

(104) Nel caso italiano (ma analoghi strumenti sono utilizzati anche all�estero) si � ricorsi alla 
�Riserva Selezionata� di cui all�art. 674 D.lgs 15 marzo 2010, n. 66. 


attori non militari, in scenari spesso ostili; correlativamente, come gi� anticipato, 
alcuni Stati hanno invece optato per generalizzare il modello �ibrido� 
delle Forze di gendarmeria, istituendo nel 2004 l�EUROGENDFOR (altres� detta 
�Forza di Gendarmeria Europea�, espressamente qualificata, all�art. 3 lett. 
�a� del Trattato di Velsen, come �Forza di polizia multinazionale a statuto 
militare� (105)) quale strumento abilitato ad intervenire sia nello spazio comune 
europeo, sia sul piano internazionale. 

E) IL TEMA DELLA PUBBLICA SICUREZZA TRA FONTI INTERNAZIONALI E COMUNITARIE. 
IL �MODELLO EUROGENDFOR�. 

La riconducibilit� di EUROGENDFOR anche al settore della pubblica sicurezza 
dell�Unione Europea emerge in modo inequivo dal Preambolo del Trattato 
istitutivo, laddove - richiamati i fondamenti giuridici della PESC/PESD - si 
individua lo scopo dell�accordo nel �contribuire allo sviluppo dell�Identit� 
Europea di Sicurezza e Difesa e rafforzare la Politica Europea di Sicurezza e 
di Difesa comune�. 

EUROGENDFOR non � per� un organismo dell�UE, bens� una struttura ausiliaria, 
concepita da singoli Stati membri nell�ambito di una �cooperazione 
rafforzata� (106) in ambito PESC/PSDC e, come tale, sottratta al processo di 
(parziale) comunitarizzazione che dopo il Trattato di Lisbona (2009) ha interessato 
anche il �Secondo Pilastro� dell�Unione, nel cui ambito avrebbe dovuto 
originariamente inserirsi. 

Le ragioni di ci� sono frutto delle contingenze del momento. 

L�intento iniziale di collocare tale strumento in seno all�UE, facendolo 
diventare una delle capacit� della PESC utilizzabile indifferentemente dalla 
componente militare come da quella civile, dovette fare i conti con la circostanza 
che, all�epoca, solo cinque Stati membri disponevano di Forze di gendarmeria 
in grado di assolvere l�intero spettro delle missioni (civili e militari) 
di polizia. Il progetto avrebbe quindi escluso tutti gli altri partners, col rischio 
di creare un diffuso sentimento di sfavore, soprattutto da parte di quei 
Governi (Gran Bretagna, Germania ed alcuni Stati scandinavi (107)) che 

(105) Forza �multinazionale� e non �sovranazionale� (con le note differenze giuridiche che ne 
derivano), come invece erroneamente riportato da alcuni commentatori. 

(106) Nel Rapporto della Commissione Affari Esteri, Difesa e Forze Armate del Senato francese 
[docc. 669 (2009-2010) e 99 (2011-2012)] sulla ratifica del Trattato di Velsen, si precisa che �Cette Force 
n�est pas un organisme de l�Union Europ�enne, mais une coop�ration intergouvernementale, une sortie 
de �coop�ration renforc�e��. In argomento cfr. anche DIAZ ALCANTUD, EGF, Una nueva herramienta 
para las operaciones de gestion de crisis, Cuadernos de la Guardia Civil XXXVII/2008, pp. 67 ss. 

(107) Sui rilievi posti da tali Paesi all�eventuale sottoposizione delle Forze di polizia IPU/EUCIVPOL 
ad un comando militare, cfr. POINCIGNON, European Union Civilian Policing. Foreign Policy 
Action or Internal Security Tool?, The Quarterly Journal 2/2003, pp. 116 ss.. La questione � poi stata 
risolta in senso affermativo, seppur in via eventuale, dal Comprehensive concept for Police Substitution 
Missions del 2002 (doc. 8655/1/02 REV 1, rivisto nel 2003 e declassificato nel 2010, pubblicato su 
http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/02/st08/st08655-re05.en02.pdf). 


non solo non disponevano di gendarmerie, ma concepivano gli strumenti di 
polizia esclusivamente in chiave civile (108). 

(108) Le Forze di gendarmeria generalmente non sono presenti negli ordinamenti anglosassoni 
(con la parziale eccezione del Canada) e scandinavi, il che non consente di comparare de plano - in 
un ideale rapporto costi/benefici - i vari sistemi operativi attualmente in essere nell�area UE. Nel Canada 
� presente la Royal Canadian Mounted Police (in francese Gendarmerie Royale du Canada), 
un organismo di polizia altamente specializzato (attualmente di circa 20.000 unit�, pi� 9.000 ausiliari 
civili) sorto nel 1872 quale Corpo militare di polizia a cavallo, deputato a presidiare le praterie nel-
l�ovest del Paese a ridosso degli Stati Uniti e ad amministrare la giustizia, relativamente ai reati minori. 
Tale status � stato successivamente abbandonato, pur mantenendo invariata la struttura organizzativa 
e disciplinare (a carattere militare: cfr. http://laws-lois.justice.gc.ca/PDF/R-10.pdf), nonch� la caratteristica 
natura di Forza di polizia al contempo federale, provinciale - con l�eccezione di Qu�bec ed 
Ontario - e municipale. 
Alcuni Autori riconducono alle Forze di gendarmeria anche la United States Coast Guard (Guardia Costiera), 
la quinta - e pi� piccola (circa 42.000 unit�) - Forza armata degli USA (dipendente, in tempo di 
pace, non dal Dipartimento della Difesa, bens� dal Department of Homeland Security), i cui compiti attengono 
la tutela dei cittadini, dell�ambiente, degli interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti 
in ogni regione marittima dove possano essere a rischio, comprese le acque internazionali, le coste, i 
porti e le vie d�acqua interne. Non a caso, del resto, a questa Forza non si applica il Posse comitatus act 
del 18 giugno 1878 (doc. 18 USC 1385), che fa divieto alle polizie militari federali USA - ma non anche, 
per contro, alle eventuali polizie civili a status militare - di esercitare poteri riservati alle polizie ordinarie 
dei singoli Stati federati ed agli ufficiali civili locali di polizia. Un discorso a parte vale anche per l�Alaska 
State Defense Force (�Forza per la Difesa dello Stato dell�Alaska�) la cui sezione di polizia agisce 
come polizia dello Stato. 
In Germania la Landj�ger territoriale perse di fatto ogni rilevanza con la riconduzione, nel 1936, delle 
Forze di polizia in seno alle strutture civili del partito al potere, tramite la creazione di una struttura comune 
(l�Ordnungspolizei). Ci� per effetto dei Tgb n. O/S n. 1/36 v. e Tgb n. O/S n. 2/36 v. del 26 giugno 
1936, che posero la Forza civile di polizia (Schutzpolizei) e la gendarmeria sotto il diretto comando del 
Reichsf�hrer SS (l�Allgemeine-SS, va ricordato, era un�organizzazione civile, seppur strutturata in forme 
paramilitari). Nel 1938 vi si aggiunse la Polizia antincendio (Feuerschutzpolizei) e nel 1942 le Forze di 
protezione civile. In argomento cfr. SCHWEGEL, Der Polizeibegriff im NS-Staat: Polizeirecht, Juristische 
Publizistik und Judikative 1931-1944, T�bingen 2005. Alla fine della guerra non venne pi� ripristinata, 
in ragione dell�intervenuta summa divisio istituzionale che riservava allo Stato centrale l�ordinamento 
delle Forze armate, devolvendo di converso ai L�nder (sprovvisti di attribuzioni nel settore militare) le 
pi� rilevanti competenze di polizia. Va per� ricordato che sino all�entrata in vigore della riforma della 
Bundesgrenzschutzgesetz, disposta con legge federale del 19 ottobre 1994 (in BGB 1, I, 2978-2979), i 
membri della Bundesgrenschutz (Polizia di frontiera), dalla quale deriv�, nel 2005, l�odierna Bundespolizei, 
avevano lo status di combattenti militari. 
Negli Stati dell�Europa continentale, invece, lo sviluppo, a decorrere dal XVIII secolo, delle moderne 
gendarmerie rappresent� - per la loro capillare presenza sul territorio quali rappresentanti dello Stato a 
tutela della sicurezza pubblica - un elemento decisivo nel mutamento dei tradizionali rapporti tra il potere 
centrale e le periferie, sino a quel momento connotato da radicale separatezza. Una caratteristica che 
trova rinnovata eco nelle politiche di sicurezza �di prossimit�� recentemente entrate nel lessico corrente, 
ma fin dall�origine peculiarit� dei Corpi in questione. 
In argomento si vedano BONATESTA (a cura di), Gendarmerie e polizie dei maggiori Paesi europei, Roma 
1972; DIEU, La Gendarmerie, s�crets d�un corps, Paris 2002, pp. 195ss.; LUC, Gendarmerie, �tat et Soci�t� 
au XIX si�cle, Paris 2002 e BROUILLET, De la Mar�chauss�e � la Gendarmerie, cit. Per il Regno 
di Sardegna, cfr. il Preambolo delle Regie Patenti del 13 luglio 1814. Sempre in argomento, SIMON, 
Cambiamenti nella concezione della sicurezza e origine della polizia moderna nel XVIII secolo, in 
AA.VV. (a cura di ANTONIELLI), La polizia in Italia e in Europa: punto sugli studi e prospettive di ricerca, 
Soveria Mannelli 2006, pp. 65 ss. nonch� LORGNIER, La Marechauss�e, une institution de police et de 
justice en Flandres 1679-1790, Lille 1980. 


D�altra parte, i complessi meccanismi decisionali della PESC, fondati 
sulla regola dell�unanimit�, non assicuravano una rapida definizione del progetto, 
per cui si decise, alla fine, di seguire il modello gi� utilizzato per creare 
la cd. �Forza Operativa Europea di Reazione Rapida� (EUROFOR), sottoscrivendo 
una dichiarazione d�intenti politica che consentisse l�immediata 
realizzazione della struttura comune, da recepire successivamente in un apposito 
Trattato aperto all�adesione di terzi. EUROGENDFOR nasce quindi da 
un ordinario accordo internazionale multilaterale (109) che ricalca, quanto 
a stato del personale ed immunit�, le tradizionali previsioni dei precedenti 
Trattati in materia di difesa e di pubblica sicurezza (si vedano, a titolo 
d�esempio, gli artt. 7 ed 8 dello Status of Force Agreement NATO (110)). Circostanza 
che smentisce la tesi di chi legge negli articoli 21-23, nonch� 28 e 
29 del Trattato di Velsen una deroga ai principi dello Stato di diritto, se non 
addirittura lo spunto per giustificare un futuro scioglimento dei vari Corpi 
di gendarmeria in Europa (111). 

Del resto, l�entrata in vigore del Trattato non ha comportato alcuna diretta 
modifica degli ordinamenti degli Stati membri, come invece � avvenuto, ad 

(109) Sebbene si menzioni normalmente il solo Trattato finale istitutivo, la genesi di EURONGENDFOR 
� pi� risalente: il primo progetto di costituzione data infatti all�ottobre 2003, in occasione di una 
riunione informale a Roma dei Ministri della Difesa dell�Unione Europea, nel corso della presidenza 
italiana, col decisivo contributo della delegazione francese. La cd. �Gendarmeria Europea�, strutturata 
sul modello dell�Arma dei Carabinieri e delle sue MSU, nacque l�anno successivo da un accordo informale 
(dichiarazione d�intenti) sottoscritto a Noordwijk il 17 settembre 2004 tra Italia, Francia, Spagna, 
Paesi Bassi e Portogallo, che stabilirono la sede del Quartier generale in Vicenza (operativa dal 23 gennaio 
2006); solo in seguito, il 18 ottobre 2007, venne sottoscritto tra gli stessi Stati fondatori il Trattato 
di Velsen, composto di 42 articoli, che disciplina compiti e potest� dell�EUROGENDFOR. Sull�argomento, 
cfr. MONGRENIER, Les enjeux g�opolitiques du projet fran�ais de d�fense europ�enne, Paris 2006, nonch� 
TAYLOR OF BOLTON-COSIDO GUTIERREZ, Le r�le de la Force de gendarmerie europ�enne, Bruxelles 
2006 (rapporto presentato per conto della Commissione Difesa UE, in occasione della 52� Sessione 
dell�Assemblea Interparlamentare Europea di Sicurezza e Difesa) e STER, La Force de gendarmerie 
europ�enne, in Rev. Gendarmerie Nationale n. 215, 2005, pp. 5 ss. Per un�introduzione divulgativa, si 
veda la pubblicazione istituzionale su http://www.eurogendfor.org/eurogendfor-library/downloadarea/
eurogendfor-book/eurogendfor-book. 

(110) Contenuto nella Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, � reperibile online all�indirizzo 
http://www.nato.int/cps/en/natolive/official_texts_17265.htm. 

(111) Tale tesi trova smentita proprio nel Trattato di Velsen, che impegna gli Stati aderenti a 
fornire (e dunque a disporre di) una Forza militare che ordinariamente svolga tutte le tipiche attivit� 
di polizia �civile�; per contro i Paesi che siano solamente �dotati di una Forza che abbia statuto militare 
ed alcune competenze di polizia� (ad es. la Germania o l�Austria con i Feldj�ger, ovvero la 
polizia militare della Repubblica Ceca, etc.), non potrebbero partecipare a pieno titolo al Trattato, ma 
(al pi�) �richiedere lo status di Partner�. Ne discende - per rimanere al caso italiano - che un ipotetico 
scioglimento dell�Arma dei Carabinieri, ovvero la sua smilitarizzazione o anche solo il venir meno 
delle sue competenze generali di polizia civile potrebbero a rigore prestarsi anche ad una censura di 
costituzionalit� (per violazione dell�art. 117 comma primo Cost.) stante l�assunzione, da parte del-
l�Italia, di precisi impegni internazionali conseguenti alla ratifica - in qualit� di membro effettivo del 
Trattato di Velsen (con legge 14 maggio 2010, n. 84: principio consolidato all�art. 155, secondo 
alinea del D.lgs 15 marzo 2010, n. 66, a seguito della modifica impressa dall�art. 1, comma 1, lett. 
�z� del D.lgs. 24 febbraio 2012, n. 20). 


esempio, con il Trattato Nord-Atlantico (112), del quale, peraltro, non � mai 
stata revocata in dubbio la compatibilit� costituzionale. 

EUROGENDFOR non � una sorta di polizia sovranazionale avente titolo ad 
interferire negli ordinari compiti di P.S. degli Stati membri, ma solamente una 
Forza di reazione rapida che si raccoglie, all�occorrenza, intorno ad un Quartier 
generale (l�unica struttura permanente di tale organismo, composta da una 
trentina di ufficiali), da impiegare - previa formale richiesta di chi intenda avvalersene 
e previo consenso degli Stati aderenti alla Forza - nelle aree di crisi, 
a copertura dell�intero spettro delle operazioni di polizia (113). 

EUROGENDFOR ha acquisito autonoma personalit� giuridica con l�entrata 
in vigore, il 1� giugno 2012, del Trattato di Velsen, a seguito della ratifica francese 
del precedente 26 aprile (114); contestualmente � venuto meno ogni ostacolo 
al perfezionamento delle ulteriori procedure di ratifica della Convenzione 
da parte degli Stati non fondatori (in primis la Romania (115)). Sino a quel 
momento l�operativit� della Forza era stata comunque assicurata sulla base 
dell�iniziale Dichiarazione d�intenti sottoscritta dalle parti contraenti, il cui 
contenuto in gran parte coincideva con il testo del successivo Trattato. 

Le funzioni operative di EUROGENDFOR vengono ricondotte dalle stesse 
Istituzioni comunitarie al settore PESC/PSDC, in ragione di quanto indicato nel 
Trattato istitutivo e nella �Dichiarazione d�intenti� di Noordwijk (17 settembre 
2004), che parla di �contribuer au d�veloppement de la Politique europ�enne 
de S�curit� et de D�fense (PESC/PSDC) et � la creation d�un espace de 
libert�, de s�curit� et de justice (GAI/FSJ)� nell�ambito delle missioni di polizia 
e di gestione di situazioni di crisi. 

Ci� viene confermato nella �Dichiarazione di Warnsveld� (25 ottobre 
2004 (116)) dei Capi di polizia europei, che non solo riconosce il ruolo centrale 
delle Forze �ibride� (recte, delle gendarmerie) in seno alla PESC/PESD (ESDP, 
in inglese), ma pure auspica una futura affiliazione di Stati e Forze allora non 
partecipanti all�accordo: �They underlined the important contribution the EGF 

(112) In particolare, modificando la competenza costituzionale degli organi interni dello Stato 
(Governo e Parlamento) prevista all�art. 78 Cost: si pensi alla facolt� di autorizzare l�impiego di missili 
a testata nucleare, che venne attribuita, sulla base di una semplice risoluzione del Consiglio dei Ministri 
NATO (la cd. �Double-Track� Decision adottata il 12 dicembre 1979), ad un organo diverso da quelli 
costituzionali italiani; oppure - stavolta in ambito UEO - all�attribuzione di poteri di emergenza ad organi 
diversi da quelli parimenti previsti nella Costituzione. 

(113) Per un�introduzione, cfr. PARIS, La Gendarmeria Europea, in RID 4/2005. 

(114) Con votazione del 28 febbraio 2012 il Senato francese aveva approvato in via definitiva il 
progetto di legge n. 97 relativo alla sua autorizzazione. Cronologia su http://www.assembleenationale.
fr/13/dossiers/creation_eurogendfor.asp. Gli strumenti di ratifica del Trattato sono pubblicati 
sul sito istituzionale del Ministero degli Esteri dei Paesi Bassi, all�indirizzo http://www.minbuza.nl/en/keytopics/
treaties/search-the-treaty-database/2007/10/011496.html. 

(115) Sulle modifiche strutturali impresse alla gendarmeria romena per assicurare il rispetto dei 
principi OSCE ed UE si veda PETA, Aspecte privind dezvoltarea .i adaptarea Jandarmerieri Rom�ne la 
cerin.ele Europene, in Studii de Securitate Public�, vol. I n. 4/2012, pp. 269 ss.. 


can make to the ESDP by making available a capacity for the more demanding 
scenarios and for rapid deployment. The Chiefs of Police stressed the need to 
explore further the possibilities of close affiliation of EU Member States not 
currently participating in the EGF�. 

La piena operativit� della Forza anche in seno ad una gestione puramente 
�civile� della crisi trova conferma nella recente richiesta (21 dicembre 2011) 

-rivolta dal Comandante della Missione al CIMIN - di autorizzare la partecipazione 
di EUROGENDFOR ad EULEX-Kosovo e ci�, significativamente, proprio 
sulla base legale della �Council Joint Action� 2008/124/CFSP del 4 febbraio 
2008 (a scanso di equivoci, va ricordato che EULEX-Kosovo � una missione di 
�Rule of Law� e non militare (117)). 

Pi� in generale, la rilevanza delle Forze �ibride� (o di gendarmeria) nelle 
politiche di sicurezza interna dell�Unione trova sanzione nel gi� richiamato 
Annesso II dell�Allegato VI delle dichiarazioni conclusive della Presidenza del 
Consiglio Europeo di Nizza (7-9 dicembre 2000 (118)), in merito al �concetto 
di Forze di polizia� (Concept of Police Forces); identico principio viene ribadito 
nel �Presidency report to the G�teborg European Council on European 
Security and Defence Policy� dell�11 giugno 2001 (doc. 9526/1/01 COSDP 
142 (119)), nel significativo contesto (�Police Action Plan�) della �interoperability 
of police Forces participating in EU police operations, including those 
for common equipment, administration and logistical support, and the development 
of a common vocabulary and guidelines for international policing. 
(NB: The term police forces covers both police Forces with civilian statusand police Forces of gendarmerie type)�. 

Questi presupposti generali sono poi stati formalizzati negli �EU selection 
criteria for police officers� del 2001 (120). 
A sua volta, anche il Parlamento Europeo dava atto, nella propria �Riso


(116) Analoga dichiarazione venne resa dai Ministri degli Esteri dell�Unione a Bruxelles (22 novembre 
2004), evidenziando la particolare funzionalit� dello status militare dei componenti di EUROGENDFOR 
�for the more demanding scenarios and for rapid deployment in order to guarantee public 
security and public order�, ed auspicandone l�allargamento. Entrambi i documenti sono pubblicati su 
http://consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/misc/82760.pdf. 

(117) Come precisato all�art. 2 (Mission Statement) della Joint Action 2008, pubblicata su GUCE 
L-42 del 16.2.2008. 

(118) La versione ufficiale del documento � pubblicata online sul portale del Consiglio Europeo 
(http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/00400-r1.%20ann.en0.htm). 
La portata di questa precisazione - in virt� del contesto in cui si colloca - � di estrema importanza, se si 
pensa che dal Consiglio Europeo di Nizza � scaturita la �Carta dei Diritti Fondamentali dell�UE�, il cui 
valore giuridico � analogo a quello dei Trattati costitutivi dell�Unione (ex art. 6 TUE). 

(119) Documento, classificato come �limitato�, pubblicato online su http://www.bits.de/CESDPA/
16-06-01.pdf. 

(120) �EU selection criteria for police officers, their equipment, and requirements for their training 
in the context of civilian crisis management�, doc. 5038/3/01 ENFOPOL 1 REV 3 COR 1, 2-7 
maggio 2001. 


luzione sulla Strategia Europea di Sicurezza� del 14 aprile 2005 (121), di come 
la dimensione �civile� delle politiche di gestione delle situazioni di crisi avesse 
trovato uno sviluppo cruciale nell�istituzione di una �Gendarmeria Europea� 
(EUROGENDFOR) - evidenziando �l�utilit� particuli�re de cette Force pour assurer 
la transition entre une phase d�op�rations purement militaires pour l�essentiel 
et une phase mixte ou purement civile�, il tutto alla luce della �necessit� 
de d�velopper une culture de s�curit� europ�enne par une mise en oeuvre efficace 
du concept de formation de l�Union dans la PESD qui augmente l�interop�rativit� 
entre tous les acteurs engag�s dans la gestion des crises par l�Union�. 

EGF, lo ricordiamo, � aperta solo all�apporto di personale di polizia ad ordinamento 
militare, in ragione delle peculiarit� operative e della flessibilit� 
�multilevel� che lo caratterizzano. 

Flessibilit� che trova espressione nell�art. 4 del Trattato di Velsen, secondo 
cui �Eurogendfor deve essere in grado di coprire l'intera gamma delle 
missioni di polizia, tramite la sostituzione o il rafforzamento, durante tutte le 
fasi di un'operazione di gestione della crisi. 2. Le Forze EGF possono essere 
poste indifferentemente alle dipendenze dell'autorit� civile o del comando militare�, 
in base alle missioni loro concretamente assegnate (122). 

Sono per� forse le considerazioni svolte il 23 gennaio 2006 dall�Alto Rappresentante 
PESC (123) a meglio rappresentare la dimensione europea delle Forze 
di gendarmeria: �Une des principales conclusions de la Strat�gie europ�enne de 
s�curit� concerne la necessit� pour l�Europe de se doter de capacit�s les plus 
performante set mieux adapt�es pour r�pondre aux d�fis et aux menaces dans le 
monde. Dans ce contexte, la Force europ�enne de gendarmerie est un instrument 
des plus pertinents. Les Forces de gendarmerie, capables � la fois de remplir 
des missions de police et d�op�rer efficacement dans des structuresmilitaries, sont en effet une composante utile dans le cadre de l�approche mul


(121) Reperibile in versione integrale sul n. 87 del Chaier de Chaillot, Paris 2006, pp. 65 ss. (cfr. 
anche http://www.iss.europa.eu/uploads/media/cp087f.pdf). 

(122) Nel testo ufficiale �The EGF must be capable of covering every aspect of crisis response 
operations: - during the initial phase of the operation, the EGF could enter the theatre along with the 
military force in order to perform its police tasks; - during the transitional phase, EGF could continue 
its mission alone or together with a military force, facilitating co-ordination and co-operation with local 
or international police units; - during the military disengagement phase, this force could facilitate the 
handing over of responsibilities to civilian authorities and agencies taking part in the co-operation efforts, 
if necessary. During crisis prevention, the EGF could be deployed on its own or jointly with a military 
force. In accordance with the mandate of each operation, the EGF will perform a broad spectrum 
of activities related to its own police capability, such as: - performing security and public order missions; 

-monitoring of and advice for local police in their day-to-day work, including criminal investigation 
work; - conducting public surveillance, traffic regulations, border policing and general intelligence; performing 
criminal investigation work, covering detection of offences, tracing of offenders and their 
transfer to the appropriate judicial authorities; - protecting people and property and keeping order in 
the event of public disturbances; - training of police officers as regards international standards; - training 
of instructors, particularly through co-operation programmes�. 

(123) Trascritte in Cahier de Chaillot n. 98, ISS Paris 2007, p. 17. 


tidisciplinaire qui est la notre en mati�re de gestion des crises. Et ce d�autant 
plus que la coop�ration civilo-militaire est devenue un �l�ment-cl� dans ce domaine. 
L�initiative annonc�e il y a deux ans et qui deviant aujourd�hui une realit� 
est donc un atout pour la Politique europ�enne de s�curit� et de d�fense� (124). 

In quanto composta da Forze di gendarmeria, EUROGENDFOR � predisposta 
per svolgere, in ogni sua componente, indifferentemente compiti civili e militari, 
senza soluzione di continuit�, nel rispetto dei principi di diritto promossi 
dall�Unione Europea e dall�OSCE. 

Tale interdisciplinarit� viene ribadita nel successivo comma 3 dell�art. 4: 
�Eurogendfor potr� essere utilizzata al fine di: a) condurre missioni di sicurezza 
e ordine pubblico; b) monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare 
le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi 
compresa l'attivit� d'indagine penale; c) assolvere a compiti di sorveglianza 
pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attivit� generale d'intelligence; 
d) svolgere attivit� investigativa in campo penale, individuare i reati, 
rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorit� giudiziarie competenti; 
e) proteggere le persone e i beni e mantenere l'ordine in caso di disordini pubblici; 
f) formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali; g) 
formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione�. 

Infine, EUROGENDFOR pu� essere messa a disposizione tanto dell�Unione 
Europea (UE) quanto delle Nazioni Unite (ONU), dell�Organizzazione per la 
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell�Organizzazione del Trattato 
Nord-Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni 
specifiche (art. 5). Per far ci�, ovviamente, deve rispettare gli standards operativi 
e qualitativi di tali organizzazioni internazionali, in primis le linee-guida 
(sovra ricordate) elaborate dall�OSCE. 

La circostanza poi che EGF sia potenzialmente a disposizione anche organismi 
diversi dall�UE non ne contraddice la natura �europea� (125) ma � 

(124) Al riguardo, IOANNIDES (Le capacit� civili dell�UE, cit., p. 33) nota come �In aggiunta all�impiego 
delle Unit� Integrate di Polizia (IPU), la Forza di Gendarmeria Europea (EGF) � rappresenta 
anch�essa un importante fattore nel momento in cui si prendono in considerazione gli sforzi fatti verso 
una gestione integrata delle crisi e lo sviluppo della cooperazione civile-militare. Ci� � vero in special 
modo per ci� che concerne il percorso intrapreso dall�UE verso la definizione di pacchetti di capacit� 
(capability packages) multi-funzionali con il dispiegamento di questi due organismi in parallelo con 
missioni civili sotto egida PESD (principalmente missioni di polizia). Le IPU e la EGF sono ritenute in 
grado di facilitare una transizione pi� agevole dalla fase militare a quella civile di supporto alle operazioni 
di pace e di limitare il problema dei soldati che intraprendono missioni civili di polizia nell�ambito 
della gestione delle crisi�. La questione � specificamente affrontata anche da HILLS (The Inherent 
Limits of Military Forces in Policing Peace Operations, in International Peacekeeping, Vol. VIII, 
3/2001, pp. 79-98). 

(125) Sebbene nata da un accordo internazionale, EUROGENDFOR ha natura esclusivamente �europea�, 
come ribadito dagli artt. 42, 43 e 44, che limitano agli Stati membri dell�UE la possibilit� di aderire 
alla Forza; lo status di osservatore (attualmente la Turchia) � invece attribuito agli Stati candidati al-
l�adesione all�UE. 


coerente, ad esempio, con il rapporto �integrato� che lega le politiche di sicurezza 
�esterna� dell�Unione a quelle della NATO, ribadito nella dichiarazione 
congiunta del 2002 (126) nella quale vengono enunciati sei principi fondamentali 
- tra cui la cooperazione o partnership (127) - implicanti il �mutuo 
rinforzo� delle attivit� per la gestione delle crisi. A latere dell�autonomia del 
processo decisionale di UE e NATO si prevede infatti lo �sviluppo coerente di 
requisiti di capacit� militari compatibili e che si rafforzano reciprocamente, 
comuni alle due organizzazioni�. 

Conformemente al principio generale di diritto che nettamente distingue la 
sfera (e gli organi) dell�indirizzo politico da quella dell�esecuzione operativa, laddove 
venga chiamata ad agire in ambito PESC/PSDC l�EUROGENDFOR opera sotto 
il controllo del CPS (�Comitato Politico e di Sicurezza� del Consiglio UE). 

La �matrice europea� della struttura � stata ribadita in occasione del Summit 
UE/USA di Praga (5 aprile 2009): nel puntualizzare la posizione comune 
sulla crisi afghana, il Consiglio UE ha ribadito che �Le sommet d�hier de 
l�OTAN a une nouvelle fois confirm� notre engagement � long terme de stabiliser 
la situation en Afghanistan, et la d�claration du sommet a mentionn� le 
r�le de la Force de gendarmerie europ�enne (128) et mis l�accent sur les activit�s 
d�entra�nement mises en oeuvre par la mission de police de l�Union 
Europ�enne, EUPOL, en Afghanistan�. 

Ancora - nell�Allegato 5 alle Conclusioni del Consiglio Europeo di Bruxelles 
(18-19 giugno 2009) -�Le Conseil europ�en souligne l�importance du 
projet de d�ploiement de la Force de gendarmerie europ�enne en Afghanistan 
dans le cadre de la mission OTAN de formation en Afghanistan (NTM-A), 
qui constituera une initiative compl�mentaire visant � renforcer les capacit�s 
de la police� (129). 

(126) EU-NATO Declaration on ESDP (http://www.nato.int/docu/pr/2002/p02-142e.htm) del 16 dicembre 
2002. Sui rapporti UE-ONU si veda TARDY, EU-UN cooperation in peacekeeping: a promising relationship 
in a constrained environment, in Cahier de Chaillot n. 78, Paris 2005, pp. 49 ss.. 

(127) La partnership � stata definita con l�accordo Berlin plus del marzo 2003, che permette 
all�UE di utilizzare strutture, meccanismi e risorse della NATO per condurre operazioni militari nel caso 
quest�ultima non voglia intervenire. Inoltre � stato sottoscritto un accordo che regola lo scambio e la 
gestione di informazioni e di materiale sensibile tra l�UE e l�Alleanza Atlantica. Per un approfondimento 
si vedano COMELLI-PIROZZI, La cooperazione tra l�Unione europea e la Nato, Roma 2007 
(http://www.iai.it/pdf/Oss_Transatlantico/69.pdf), nonch� ARMITAGE-MOISAN, Constabulary Forces and 
Postconflict Transition: The Euro-Atlantic Dimension, Strategic Forum n. 218/2000. 

(128) Che in tale contesto opera sotto egida NATO, dal 2009. Come gi� in Bosnia, alla Missione 
di polizia UE (EUPOL) hanno invece partecipato le singole Forze di gendarmeria nazionali, impegnate 
nell�addestramento proprio delle Forze civili di polizia (l�Afghan National Police - ANP) e l�Afghan Border 
Police - ABP). Ai Carabinieri italiani � stata assegnata anche la formazione dell�Afghan National 
Civil Order Police (ANCOP), strutturata come Forza a competenza �ibrida�. 

(129) I testi delle dichiarazioni ufficiali rese nel Consiglio Europeo di Bruxelles e nel Summit 
sono pubblicati nel decimo volume di �S�curit� et d�fense de l�Union europ�enne - Textes Fondamentaux 
2009�, pubblicato nel 2010 dall�ISS (Institut dՃtudes de Securit� Union Europ�enne), Agenzia 
autonoma dell�UE succeduta nel 2002 all�IESUE. 


In termini pi� generali, parlando del rapporto tra le missioni multinazionali 
NATO e la PESD in occasione della riunione dei Ministri degli Esteri e 
della Difesa del 10 novembre 2008 a Bruxelles (130), l�Alto Rappresentante 
per la PESC sottolineava la necessit� di pi� strette relazioni �with some of 
these formations (e.g. the Eurocorps and the European Gendarmerie Force). 
This could be in the form of information exchange, involvement in exercises, 
and common workshops or meetings. In the end it will lead to better preparation 
of and participation in these Multinational Forces in our ESDP operations�. 
La fungibilit� operativa di EUROGENDFOR � dunque coerente non solo 
con le politiche integrate di sicurezza dell�UE, ma pure con il tradizionale 
rapporto (131) tra le Forze di quest�ultima e quelle della NATO, considerate 
�separate, ma non separabili�. 

Da quato sopra evidenziato possono essere individuati alcuni primi tratti 
qualificanti di un ipotetico �modello ordinamentale europeo� della pubblica 
sicurezza, desumibili dalle fonti normative sovranazionali. 

In primo luogo la natura integrata e multipolare del �sistema sicurezza� 
europeo, se da un lato favorisce ed esalta le Forze e gli operatori a capacit� 
�ibride� o multidisciplinari, non presuppone assolutamente l�unicit� (o comunque 
l�uniformit� (132)) dei soggetti destinati a dare attuazione alle politiche 
di settore, bens� - al contrario - una pluralit� di operatori e competenze, 
delle quali va per� assicurato l�esercizio armonico e complementare, al fine 
di perseguire determinati obiettivi comuni. 

Questi ultimi vengono individuati dagli organi di indirizzo politico (per 
l�UE il Consiglio Europeo, ed in chiave pi� operativa il Consiglio), che si avvalgono 
- come vedremo - di strutture ausiliarie intermedie per assicurarne 
un�esecuzione coerente ed efficace da parte dei soggetti di cui sopra, mediante 
l�esercizio della funzione di coordinamento. 

In estrema sintesi, dunque, l�ordinamento comunitario - che in ci� mutua 
un principio costituzionale comune agli Stati membri (in Italia disciplinato 
con i D.lgss 31 marzo 1998, n. 80 e 30 marzo 2001, n. 165 nonch� con legge 
4 marzo 2009, n. 15) - presuppone una netta distinzione tra gli organi competenti 
ad effettuare le scelte di indirizzo politico (la cd. Autorit� di governo, o 
Civil Authority) e quelli invece deputati a darvi diretta esecuzione (gli operatori 
del �settore sicurezza� quali Forze dell�ordine, Forze armate, personale del 

(130) Testo pubblicato in Cahier de Chaillot n. 117, ISS Paris 2009, p. 423. 

(131) Si veda ROBINSON, The European Union�s Headline Goal, CDI Washington 2002. Nell�attuale 
modello di sicurezza, infatti, le stesse Forze e capacit� costituiscono le basi dell�impegno sia del-
l�UE che dell�Alleanza Atlantica, anche se parte di esse potrebbe essere destinata esclusivamente 
all�Unione Europea, se necessario. 

(132) Uniformit� che del resto contraddirebbe il principio generale - proprio di tutti i settori di 
intervento dell�Unione ed avente carattere �costituzionale� - non solo della sussidiariet�, ma prima ancora 
del rispetto delle tradizioni istituzionali dei singoli Stati membri. 


pubblico soccorso, della magistratura e della protezione civile, volontari, etc.) 
per i quali vale il pi� volte richiamato principio �olistico�. 

Nel mezzo, come vedremo, si collocano delle strutture ausiliarie di coordinamento 
che in qualche modo partecipano del potere di indirizzo e per tali 
sono distinte dai singoli soggetti coordinati, pur essendo previste forme di partecipazione 
degli stessi (o di parte di essi), in posizione assolutamente equiordinata 
e paritaria, ai lavori di tali organismi, per apportarvi le imprescindibili 
competenze specialistiche. 

Tale �, in estrema approssimazione, il meccanismo di funzionamento del 
�Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza 
interna� (COSI - su cui cfr. infra (133)), concepito dal Trattato di Lisbona come 
un organo ausiliario per la definizione, a livello operativo, delle politiche di 
sicurezza elaborate in seno al Consiglio (nel settore FSJ, ex �Terzo Pilastro�), 
la cui composizione potremmo definire �interforze�, per usare un�espressione 
tipica della prassi italiana. 

La filosofia istituzionale dell�Unione mira a coniugare efficacia e trasparenza 
(134), ma soprattutto tenta di risolvere le sovrapposizioni e duplicazioni 
venutesi a creare, nel corso degli anni, all�interno delle strutture deputate alla 
pianificazione ed attuazione delle politiche di sicurezza: per questa ragione, se 
da un lato punta a superare - con un approccio �integrato� - la rigida compartimentazione 
�ottocentesca� (135) tra i settori �sicurezza� e �difesa�, dall�altro 
impone una netta distinzione tra la sfera dell�indirizzo (e controllo) politico e 
quella dell�esecuzione delle correlate direttive, assicurando l�equilibrio del sistema 
tramite forme di coordinamento �partecipato� o �consensuale�. 

L�esigenza di una strategia operativa �integrata� ed �olistica� della pubblica 
sicurezza discende dalla necessit� di far fronte - sul piano interno e nella 
prospettiva internazionale - a �pericoli diffusi, ambigui ed asimmetrici�; �integrazione� 
che � per� l�esatto opposto di un�ipotetica, indiscriminata commistione 
delle funzioni attribuite per legge ai singoli operatori istituzionali 

(133) Cfr. quanto riportato, in argomento, sul portale http://europa.eu/legislation_summaries/ 
justice_freedom_security/police_customs_cooperation/ai0028_it.htm. 

(134) Criterio, quest�ultimo, previsto dagli artt. 11 comma terzo e 15 del Trattato di Lisbona, nonch� 
dagli artt. 1 TUE e 15 TFUE, avente natura indisponibile, tanto pi� in un settore delicato qual � quello 
delle politiche di sicurezza, che se da un lato non devono trovare ostacoli in pletorici vincoli burocratici, 
dall�altro presuppongono la chiara individuazione degli ambiti di responsabilit� di chi vi agisce, e soprattutto 
la netta separazione delle attribuzioni operative rispetto alla sfera politica: sull�argomento si 
vedano MANGANARO, L�evoluzione del principio di trasparenza amministrativa, in AA.VV., Studi in 
onore di R. Marrama, Napoli 2011; GALETTA, Trasparenza e governance amministrativa nel diritto europeo, 
in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun. 2/2006, p. 279 ss.; CHITI, Le forme di azione dell�Amministrazione 
europea, in BIGNAMI-CASSESE (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Milano 
2004, pp. 53 ss.. Inoltre PEPE, Principi generali dell�ordinamento comunitario e attivit� amministrativa, 
Roma 2012. 

(135) Cui si connetteva, soprattutto ai primordi delle rivoluzioni liberali, l�antinomia concettuale 
tra Forze di polizia (generalmente dipendenti dal Governo) e Forze armate, originariamente legate al Re. 


(Forze di polizia, Esercito, volontariato, etc.), che invece contraddirebbe i presupposti 
delle politiche di EUCIVPOL (136). 

Caratteristica del �modello europeo� � invece la realizzazione di apparato 
di sicurezza �interforze� integrato, come si evince ad esempio - in ambito 
PESC/PSDC - dalle linee-giuida sull�azione delle Forze armate tradizionali (in 
particolar modo nei settori della protezione civile, del controllo delle coste dove 
gi� cooperano i reparti di Guardia costiera - e delle frontiere, nonch� 
nell�attivit� di presidio del territorio, laddove le altre componenti siano numericamente 
insufficienti). 

In ambito comunitario, fin dai primi sviluppi della PESC/PESD si � ritenuto 
strategico il superamento dei tradizionali confini tra gestione militare e gestione 
civile, come emerge da una serie di interventi qualificati quali la missione 
�civile� in Aceh (137), gestita in realt� pi� che altro da Forze militari; 
quindi in Sudan e Somalia (138), espressamente denominate azioni �civilimilitari� 
di supporto, nonch� in Guinea Bisssau (primo esempio di operazione 
PESD civile-militare (139)). 

Secondo quanto riportato gi� nel �Progetto di strategia di sicurezza interna 
per l�UE�, approvato dal Consiglio in data 23 febbraio 2010 (140), �il 
modello di sicurezza europeo � annovera strumenti comuni e i seguenti impegni: 
stabilire un nesso sinergico tra sicurezza, libert� e vita privata; migliorare 
la cooperazione e la solidariet� tra gli Stati membri; coinvolgere tutte le isti


(136) HILLS, International Peace Support Operations and CIVPOL: Should there be a Permanent 
Global Gendarmerie?, in International Peacekeeping 5/III 1998, pp. 26 ss.. 

(137) Il Nanggroe Aceh Darussalam � un territorio ad �autonomia speciale� (daerah istimewa) 
situato nella parte nord dell�isola di Sumatra (Indonesia). Base giuridica dell�intervento UE (Aceh Monitoring 
Mission - AMM) � l�Azione Comune del Consiglio 2005/643/CFSP del 9 settembre 2005 (pubblicata 
su GUCE del giorno successivo). I rapporti di coordinamento tra l�Autorit� di controllo politico 
(cfr. la Civil Authority, su cui retro) e quella di direzione strategica sono precisati all�art. 9, in base al 
quale �The PSC shall exercise, under the responsibility of the Council, the political control and strategic 
direction of the mission. The Council hereby authorises the PSC to take the relevant decisions 
for the purpose and duration of the mission, in accordance with third subparagraph of Article 25 of 
the Treaty. This authorisation shall include the powers to amend the OPLAN and the chain of command. 
The powers of decision with respect to the objectives and termination of the mission shall remain vested 
in the Council�. 
Testo integrale su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/en/oj/2005/l_234/l_23420050910en00130016.pdf. 

(138) La missione UE civile-militare in Sudan, di supporto all�AMIS (African Union�s enhanced 
Mission to Sudan / Darfur) viene disposta, su richiesta dell�Unione Africana del 18 luglio 2005, con 
Azione Comune del Consiglio 2005/557/CFSP, OJ L 188 del 20.7.2005. La missione in Somalia (EUNAVFOR 
Somalia/Operation Atalanta) ha invece ad oggetto la protezione delle coste e delle tratte commerciali 
marittime dalla pirateria locale: le basi legali sono molteplici, e vanno dall�Azione Comune del 
Consiglio 2008/749/CFSP del 19 settembre 2008 alla Decisione del Comitato Politico e sulla Sicurezza 
Atalanta/2/2011 del 15 giugno 2011. Tutti i documenti, come pure quelli relativi alla Missione in Guinea 
Bissau (nota successiva) sono scaricabili da http://consilium.europa.eu/eeas/security-defence/euoperations?
lang=en. 

(139) La Missione EU-SSR Guinea Bissau, svolta in ambito PESD, si � conclusa il 30 settembre 2010. 

(140) Reperibile su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st05/st05842-re02.it10.pdf. 


tuzioni dell�UE; affrontare le cause dell'insicurezza, oltre che i soli effetti; promuovere 
la prevenzione e l'anticipazione; coinvolgere, laddove pertinente, tutti 
i settori - politico, economico e sociale - che contribuiscono alla protezione 
dei cittadini; rafforzare l'interdipendenza tra sicurezza interna ed esterna�. 

Nell�ottica del legislatore europeo - come si legge nel prosieguo del documento 
- quello della sicurezza interna � un concetto articolato ed intersettoriale 
che riguarda una pluralit� di minacce per la vita, la sicurezza ed il 
benessere dei cittadini, non limitato, ad esempio, ai �classici� atti di terrorismo 
e criminalit�, ma comprendente pure �le catastrofi naturali e di origine umana 
quali incendi boschivi, terremoti, inondazioni e tempeste�. 

Per questa ragione la strategia adottata in ambito europeo � fondata sulla 
collaborazione tra i diversi soggetti di volta in volta coinvolti sotto il profilo 
operativo, concretamente ottenibile solo grazie ad una costante attivit� di coordinamento, 
a seconda dei casi previo accordo dei medesimi o ad opera di 
organismi terzi: nelle parole del richiamato Progetto del 2010, il �sistema sicurezza� 
assume quindi i tratti tipici della pianificazione multilivello, se non 
dell�organicismo, in presenza di �ambiti di attivit� [che] nello spazio europeo 
di libert�, sicurezza e giustizia sono di fatto inscindibili: la strategia di sicurezza 
interna ne deve assicurare l�integrazione e il rafforzamento reciproci�. 

Da tali premesse si � giunti all�elaborazione delle strategie di sicurezza 
2010 - 2014 (cfr. retro) che, coerentemente, non perseguono l�obiettivo di 
creare nuove competenze, ma di integrare quelle esistenti. 

A tal fine, il Consiglio si � dotato di alcune strutture operative, tra cui il 
�Comitato Politico e di Sicurezza� (CPS), che dovrebbe assicurare l�azione 
coordinata degli operatori UE dispiegati sul campo, sulla scorta dei pareri ricevuti 
dal �Comitato per gli Aspetti Civili della Gestione delle Crisi� (CIVCOM) 
e dal �Comitato Militare dell�Unione Europea� (EUMC) nel corso del 
processo decisionale sull�avvio delle operazioni dell�UE. 

La logica sottesa alla cooperazione civile-militare (CIMIC) trova espressione 
nella recente Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010 sulla 
�Cooperazione civile-militare e lo sviluppo di capacit� civili-militari� [Doc. 
2010/2071(INI) (141)], laddove si �sottolinea che, per essere efficaci, le risposte 
alle crisi attuali e alle minacce per la sicurezza, comprese le catastrofi naturali,
devono poter attingere sia alle capacit� civili che a quelle militari ed esigono 
una pi� stretta cooperazione tra di esse; ricorda che lo sviluppo dell�approccio 
globale dell�UE e delle sue capacit� congiunte di gestione civile e militare dellecrisi ha costituito un tratto distintivo della PESD e rappresenta il suo principale 

(141) Pubblicata su GUCE C-99 E del 3 aprile 2012. Testo scaricabile dal portale istituzionale 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:099E:0007:0014:IT:PDF. Gli atti 
del procedimento sono a loro volta pubblicati sul portale del Parlamento Europeo, all�indirizzo online: 
http://www.europarl.europa. eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?reference=2010/2071(INI)&l=EN. 


valore aggiunto � ai fini dello sviluppo di un approccio globale dell�UE, raccomanda 
altres� uno stretto coordinamento tra il SEAE e tutte le unit� competenti 
in seno alla Commissione, segnatamente quelle che si occupano dello sviluppo, 
dell'aiuto umanitario, della protezione civile e della salute pubblica; sottolinea 
la necessit� di collegamenti diretti tra il SEAE e le agenzie PESD � nell'ambito 
del meccanismo di protezione civile (�) chiede un miglior coordinamento eun pi� rapido spiegamento delle attivit� militari nel contesto del soccorso in 
caso di catastrofi�. 

Conseguenza di ci� � la centralit� delle Forze di gendarmeria, come precisato 
nel par. 35 della medesima Risoluzione 2010/2071, per cui l�Unione � �pienamente 
favorevole all�uso della Forza di gendarmeria europea (FGE), che pu� essereposta sotto il comando militare o civile ed offre una capacit� di dispiegamento 
rapido per missioni di spedizione di polizia, come uno strumento molto adatto per 
una vasta gamma di efficaci operazioni di gestione delle crisi, comprese le missioni 
di stabilizzazione successive a catastrofi; invita tutti gli Stati membri che dispongono 
di Forze di polizia a statuto militare ad aderire all'iniziativa�. 

Sotto l�aspetto organizzativo/istituzionale, infine, il par. 13 (cd. Livello strategico) 
cos� precisa: �sul piano politico-strategico, [il Parlamento] accoglie confavore l�integrazione di elementi civili e militari all'interno della Direzione 
Gestione delle crisi e pianificazione (DGCP) come un passo nella giusta direzione; 
sottolinea, tuttavia, la necessit� di trovare un giusto equilibrio tra capacit� 
di pianificazione strategica civili e militari, non solo in termini numerici, 
ma anche per quanto concerne la posizione gerarchica, al fine di sfruttare al 
massimo le sinergie disponibili�. 

Nel modello europeo, dunque, non trova accoglimento la tesi secondo cui 
le componenti militari sarebbero in qualche modo estranee alla societ� civile, 
tanto pi� nel concorso all�esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza (in 
questi termini, l�ordinamento UE pu� dirsi innovativo e non meramente recettivo 
di principi comuni alla generalit� degli Stati membri, comՏ vero che l�opposta 
tesi ancor oggi informa l�orientamento di alcuni Stati del Nord Europa 
in seno al Consiglio, come pure il TULPS). 

Nell�ottica UE, invero, le componenti civili e militari della societ� sono 
assolutamente sullo stesso piano, in quanto egualmente partecipi del diritto di 
nazionalit� europea: nessuna fonte giuridica riconducibile ad organi o Istituzioni 
dell�Unione legittima una prevalenza dell�una o dell�altra parte, n� lascia 
intendere che gli organismi a status civile debbano in qualche modo avere la 
direzione di quelli militari o viceversa, poich� il fondamento delle politiche 
sovranazionali non � ideologico, bens� pragmatico. 

Ci� trova conferma, oltre che nelle numerose fonti in precedenza richiamate, 
negli atti comunitari in materia di antiterrorismo (settore a cavallo tra 
gli allora Pilastri PESC e GAI), in primis il fondamentale documento n. 
14469/4/05 del Consiglio (�The European Union Counter-Terrorism Stra



tegy�), che anche in tale settore pacificamente riconosce (parr. 33 e 37) il ruolo 
operativo concorrente di Forze di polizia (comprensive delle eventuali gendarmerie 
nazionali) e Forze armate tradizionali (142). 

Fine essenziale della CIMIC � contribuire al raggiungimento degli obiettivi 
dello Stato di diritto in tutti i settori (giustizia, cultura, economia, sociale, sicurezza, 
etc.), per favorire la ricostruzione del tessuto socio-economico nelle 
aree di crisi, interna o internazionale. 

La cooperazione avviene generalmente attraverso organismi comuni di 
collegamento tra le diverse componenti oppure, di concerto, al momento della 
materiale prestazione di attivit� in favore della popolazione civile (143). 

L�EUMS (Stato Maggiore dell�UE (144)), a sua volta, � responsabile della 
pianificazione ed attuazione della cooperazione civile-militare, sia a livello 
politico che strategico (145). La sua cellula civile-militare (operativa dal 2006) 
� stata il primo organismo permanente dell�UE ad integrare, al suo interno ed 
al massimo livello, tanto le competenze militari che quelle civili (ivi comprese 
quelle riconducibili al personale della Commissione UE), ai fini di un concreto 
coordinamento civile-militare (CMCO (146)). 

A livello politico riceve ordini sia dal CIVICOM che dall�EUMC, e fornisce 
all�UE sia una capacit� di pianificazione autonoma (la cd. �cellula di pianificazione 
strategica�), sia il Centro Operazioni (attivo dal gennaio 2007), com


(142) �In the event of an incident with cross border effects there will be a need for rapid sharing 
of operational and policy information, media co-ordination and mutual operational support, drawing 
on all available means, including military resources. The ability of the EU to take consistent or collective 
action will also be essential to an effective and efficient response. The development of EU crisis co-ordination 
arrangements, supported by the necessary operational procedures�. 

(143) Si richiamano gli studi di ANKERSEN, Civil-Military Cooperation in Post-Conflict Operations. 
Emerging theory and practice, Abingdon/New York 2008 e MOCKAITIS, Civil-military cooperation 
in peace operations: the case of Kosovo, Carlisle 2004. In termini pi� generali, AA.VV. (a cura di 
NOWAK), Civilian crisis management: the EU way, Chaillot Paper n. 90, ISS Paris 2006. 

(144) Istituito con Decisione 2001/80/ PESC, poi novellata dalla Decisione 2008/298/ PESC del 7 
aprile 2008. 

(145) Ai sensi dell�art. 4 Decisione 2008/298/PESC, non solo �contribuisce allo sviluppo di un 
corpus di dottrina e concetti, traendo esperienza dalle operazioni e dalle esercitazioni civili e militari�, 
ma pure �contribuisce alla pianificazione strategica di reazione alle crisi per le operazioni civili/militari 
congiunte, sviluppando le opzioni strategiche previste nelle procedure di gestione delle crisi. Detta pianificazione 
compete direttamente al DGEUMS e al DCPCC sotto la direzione generale dell�SG/AR; - su richiesta 
del DCPCC al DGEUMS, fornisce assistenza alla pianificazione di reazione alle crisi a livello 
strategico e operativo per le missioni civili effettuate sotto la responsabilit� del DCPCC�. Testo su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:102:0025:01:IT:HTML. 

(146) Cfr. BADIALETTI, La Cooperazione Civile-Militare. Interazione tra struttura militare ed organismi 
civili, in Informazioni della Difesa 2001, pp. 28 ss.. In argomento si richiama la Risoluzione 
del Parlamento Europeo del 23 novembre 2010 sulla cooperazione civile-militare e sullo sviluppo di 
capacit� civili-militari [doc. 2010/2071 (INI) � P7_TA(2010)0419], par. da 6 a 12. Per completezza, si 
ricorda che l�obiettivo di una strutturale (non limitata cio� a casi eccezionali) azione sinergica delle funzioni 
civili e di quelle militari � punto qualificante anche del vigente Civilian Headline Goal 2010 (doc. 
14823/07, parr. da 11 a 14 - cit.), come pure delle Civilian Capability and Development Guiding Lines, 
sempre del Consiglio UE (doc. 11697/1/09). 


petente a definire le cd. missioni ibride (civili e militari) in ambito PESD/PSDC. 

L�EUMS svolge inoltre un fondamentale ruolo di consulenza e programmazione 
in materia di riforma del settore della sicurezza (RSS) e di politiche 
di �Disarmo, Smobilitazione e Reintegrazione� (DDR). 

In determinate circostanze pu� costituire delle Unit� di pianificazione e 
gestione che si avvalgono delle sue conoscenze, del suo personale e della sua 
infrastruttura. Se necessario pu� anche, attraverso l�EUMC, chiedere temporaneamente 
personale supplementare agli Stati membri dell�UE. 

La simbiosi tra i due settori della sicurezza si riflette ancora nell�art. 5 della 
Decisione 2008/298/PESC, laddove si precisa che �l�EUMC indirizza, attraverso il 
DGEUMS, le attivit� militari svolte dalla EUMS nel quadro della gestione civile dellecrisi. I contributi dell'EUMS agli aspetti civili della gestione delle crisi restano 
sotto la responsabilit� funzionale della DGEIX per tutte le attivit� (pianificazioni, 
missioni esplorative, ecc.) compreso lo sviluppo del CMC e, se del caso, CSO/PSO. 

Una volta adottata la decisione di avviare una missione, tali contributi 
sono sotto la responsabilit� funzionale del DCPCC�. 

L�ultima aggiunta alla �cellula civile-militare� � rappresentata dalla componente 
della �Capacit� di Vigilanza�, operativa dal 2008 e concepita per 
supportare la pianificazione operativa, sia militare che civile. 

Nonostante tali interventi, molto resta per� ancora da fare, anche sul piano 
del coordinamento. 

Non si tratta, invero, di carenza di personale (in seno all�EUMS il numero di 
rappresentanti civili � analogo a quello dei militari), n� di scarsa qualificazione 
(i Rappresentanti Speciali dell�UE sono quasi sempre dei rappresentanti politici 
di rilievo), ma piuttosto di un problema culturale: in termini operativi, infatti, i 
diversi attori sono tra loro indipendenti, comՏ vero che le Forze armate prendono 
regolarmente ordini dal Comitato Militare UE e ricevono le eventuali istruzioni 
politiche direttamente dal CPS, analogamente a tutte le altre Forze in campo. 

Per contro, all�atteggiamento dei militari che spesso - memori delle esperienze 
fallimentari dei pi� risalenti interventi di CIVPOL in sede ONU - considerano 
molte strategie civili inadeguate al concreto livello di rischio dei teatri 
di intervento, si contrappone una costante diffidenza della componente civile, 
che teme una perdita di influenza (147). 

(147) NORHEIM-MARTINSEN, Matching Ambition with Institutional Innovation: The EU.s Comprehensive 
Approach and Civil-Military Organisation, Oslo 2009, p. 17. Sebbene ve ne siano accenni gi� 
nella Guerra del Peloponneso di TUCIDIDE, la dottrina del Comprehensive Approach (�Approccio Globale�) 
di tutte le Forze (e problematiche) in campo � recente, e si sviluppa soprattutto in occasione della Missione 
ISAF in Afghanistan. La Gran Bretagna � stata probabilmente il primo Stato ad adottare, nel 2006, delle 
organiche linee-guida di azione in tal senso, mentre in seno alla NATO la questione � stata promossa solo 
nel recente vertice di Bucarest del 2008. Sull�argomento si vedano NEAL-WELLS (a cura di), Capability 
Development in Support of Comprehensive Approaches. Transforming International Civil-Military Interactions, 
Washington 2011 (sul particolare approccio svedese cfr, ivi, BJ�RKMAN e FRIMAN, pp. 229 ss.). 


A ci� si aggiunga che le procedure di decisione in seno al Consiglio (148), 
nel settore delle politiche di sicurezza, spesso non sono molto lineari. 

Secondo attenta dottrina (149) il problema verrebbe acuito dal fatto che, a 
fronte della creazione di una �cellula civile/militare� concepita come un integratore 
di sistema, il �Concetto di Gestione delle Crisi� (CMC) non avrebbe 
invece analoga composizione mista: mentre la �cellula civile-militare� ha contribuito 
a specifici interventi �ibridi� (ad es. la missione di monitoraggio in 
Aceh), la stesura del CMC � rimasta nelle mani di un organismo ad hoc in seno 
all�EUMS, il cosiddetto �Nucleo di Coordinamento per la Risposta alle Crisi�. 

� pur vero, peraltro, che al problema di scarsa comunicabilit� il Consiglio 
aveva pensato di porre rimedio creando (nel 2008) un ulteriore organismo, la 
�Direzione per la Gestione delle Crisi e la Pianificazione� (CMPD), che univa 
sotto un�unica Direzione gli aspetti civili e militari della pianificazione delle Missioni 
UE (rispettivamente DGEIX e DG E VIII, incardinate presso il Segretariato 
del Consiglio), per coordinare i compiti degli attori di volta in volta coinvolti. 

Le funzioni di tale organo - attuale responsabile del CMC - sono adesso 
individuate alla pag. 5 del doc. 15475/09 del Consiglio (�Promuovere sinergie 
in materia di rafforzamento delle capacit� rispettivamente civili e militari 
dell�UE� (150)). 

Rilevante ne � anche il ruolo di coordinamento (secondo il modello UE, 
basato sul presupposto generale dell�equiordinazione delle Forze in campo), 
come emerge al conclusivo par. 23: �Once established, the CMPD within its 
area of responsibility should foster and coordinate work on synergies betweencivil and military capability development, including in helping identify dual 
needs. This work should be undertaken in close cooperation with the EUMC, 
the CIVCOM, the EDA, the Commission and other relevant bodies and agencies 
and should take into account priorities set by the Member States�. 

Resta per� in parte irrisolto il problema della complessit� della catena di 
comando. 

Lo stesso documento, inoltre, al par. 20 riconosce che �dovrebbero essere 
ricercate sinergie [perfino] nel campo dell�addestramento [civile-militare; 
ndr] (a livello strategico, operativo e tattico), i cui benefici sono stati comunemente 
identificati in entrambi i processi� (151). 

Ancora pi� esplicito, per quanto qui interessa, il par. 15 (e seguenti), dove 
il Consiglio UE precisa che, al fine di promuovere sinergie tra i diversi soggetti 

(148) Per un�analisi dei meccanismi decisionali dell�Unione Europea in tema di politica estera e 
di sicurezza, comparati con quelli dell�ONU e della NATO, si veda DIJKSTRA, The Institutional Design of 
Peacekeeping Organizations: United Nations, NATO and the European Union, Maastricht 2010 (consultabile 
su http://www.fdcw.unimaas.nl/staff/files/users/274/paper_dijkstra_UACES_ECPR.pdf). 

(149) IOANNIDES, Le capacit� civili dell�UE e la cooperazione con il settore militare, in AA.VV., 
L�Unione Europea e la gestione delle crisi. Istituzioni e capacit�, cit., p. 33. 

(150) Reperibile all�indirizzo http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st15/st15475.en09.pdf. 


in campo, dovrebbero essere sviluppate concrete capacit� cd. �dual-use� onde 
facilitarne la potenziale fruizione sia per le operazioni civili che per quelle militari 
(qui in ambito PESD), pur tenendo ovviamente presenti le specificit� di 
ogni settore di intervento (152). 

In precedenza, peraltro, il par. 10 escludeva che il processo di �complementarizzazione� 
potesse comunque portare ad accorpamenti o fusioni dei diversi 
settori, il che avrebbe contraddetto gli obiettivi multipolari dell�UE (153). 

Quanto sopra sanziona due principi cardine del �modello europeo� 
dell�Amministrazione di P.S.: da un lato viene una volta di pi� confermata la 
centralit� delle Forze (o, pi� in generale, degli operatori) a capacit� 
�ibrida�; dall�altro, coerentemente con tale principio, viene espressamente 
respinta l�ipotesi di procedere ad accorpamenti o fusioni per affrontare la 
sovrapposizione di competenze di cui si � detto in precedenza. 

Quella che potrebbe sembrare un�antinomia, in realt�, non � altro che 
semplice buon senso. 

Per comprendere la logica delle Istituzioni UE, occorre muovere dalla 
premessa secondo cui una coerente strategia di sicurezza dev�essere inclusiva, 
cio� ricomprendere l�azione dei diversi operatori di settore - non solo militari 

o di polizia - che di volta in volta prestano la loro attivit� nella gestione delle 
situazioni di crisi, interna o internazionale: operatori del soccorso pubblico, 
medici, magistrati, volontari, etc. 

La gestione ordinata e razionale di tale sistema � obiettivamente difficile, 
poich� ci si trova di fronte a soggetti che agiscono secondo protocolli e linee 
di comando del tutto diverse tra loro, quasi sempre prive di punti di raccordo. 

Per questa ragione l�unica soluzione possibile � il ricorso a forme di coordinamento 
(su cui cfr. infra) che consentano di �incasellare� l�azione di 
ognuno in un quadro complessivo pi� ampio e razionale, secondo un approc


(151) Testualmente: �Training is a key element of military and civilian capability development. 
Synergies should be sought in the field of training (strategic, operational and tactical levels) where benefits 
have commonly been identified in the two processes. This could include pre-deployment training 
whenever possible, at national and EU levels. The European Security and Defence College should play 
a central role in establishing civil and military synergies in the field of training�. Sotto il profilo dottrinario 
si richiama HOSLAG-DOYLE, The New Global Security Landscape: Recommendations from the 
2010 Security Jam, Brussels 2010, pp. 21 ss., testo pubblicato anche in versione online all�indirizzo 
http://www.securitydefenceagenda.org/Portals/7/2010/Publications/SDA_JAM_Report_highres.pdf. 

(152) Nel testo: �Synergies could be fostered in developing concrete dual use capabilities including 
through joint research and technology efforts, and finding ways to facilitate their potential availability 
for ESDP civilian missions and military operations while taking full account of civilian and military 
specificities. The creation of a pool of European experts in Security Sector Reform is an example of such 
civil-military synergies�. 

(153) �This closer cooperation must preserve the different specificities and objectives of the two 
processes thus ensuring their integrity. Such a balanced and comprehensive approach should also be 
reflected in the human resources allocated for this work�. Il concetto, espresso in termini generali ed 
astratti, andr� poi applicato ad ogni settore nel quale le due realt� vengano a coesistere. 


cio �olistico�. Titolare della potest� di coordinamento sar� necessariamente 
l�Autorit� che gi� dispone del potere di indirizzo politico, trattandosi di dare 
puntuale attuazione a quest�ultimo (il che presuppone non solo una precisa 
conoscenza dello stesso ma pure, all�occorrenza, la possibilit� di procedere 
a modifiche pi� o meno consistenti delle decisioni iniziali, anche per ragioni 
di opportunit�). 

Valutazioni, queste, che competono solo all�Autorit� di governo (o ai suoi 
delegati istituzionali). 

A fronte di una simile complessit� di gestione, � preferita la presenza di 
soggetti a competenza multisettoriale o �ibrida� poich� - per dirla in breve svolgono 
in autonomia dei compiti che richiederebbero altrimenti l�intervento 
di soggetti diversi, che come tali dovrebbero a loro volta essere diretti da un 
terzo, con relativi oneri e costi; per contro, l�unicit� della linea di comando di 
questi ultimi assicura una maggior rapidit� nell�azione ed un�immediata individuazione 
delle eventuali responsabilit�. 

Alla luce di tali premesse ben si spiega la ragione per cui le fonti comunitarie 
non puntano a forme di accorpamento o fusione tra i diversi operatori 
(o livelli) di sicurezza, bens� su un metodo di coordinamento che salvaguardi 
le professionalit� di ciascuno di essi: in effetti, unificare (o mescolare) una 
pluralit� di soggetti distinti e portatori di specifiche attribuzioni potrebbe al 
pi� dar luogo a strutture composite (in quanto tali, tutt�altro che omogenee), 
destinate per�, nel corso del tempo, ad una progressiva perdita di efficienza. 
Il che � l�esatto contrario di quanto auspicato dalle Istituzioni dell�UE, che mirano, 
nel medio periodo, alla condivisione di determinati standards operativi 
e di qualit� degli operatori del �settore sicurezza�. 

La mera unione materiale non porta, di per s�, alla reciproca �condivisione� 
delle competenze precedentemente acquisite dai singoli attori del comparto, 
ma pi� verosimilmente alla confusione di capacit� che per formazione 
sono e restano distinte; nella prospettiva europea viene invece privilegiata 
un�opera di formazione costante e progressiva, che non mira certo ad operare 
un �travaso� di competenze da un soggetto all�altro, bens� ad individuare dei 
tratti procedurali comuni, delle best practices operative, degli standards professionali. 
A tal fine, infatti, sono state istituite alcune Agenzie strumentali, 
che si avvalgono (in particolare CEPOL, cfr. infra) della collaborazione �circolare� 
e paritaria tra i centri formativi dei singoli Stati membri. 

Un discorso a parte, ovviamente, vale invece per le Forze �ibride�, che 
non nascono certo dalla riunione di diverse componenti operative, ognuna dotata 
di autonome capacit� �segmentarie�, ma vengono formate, sin dall�origine, 
proprio per soddisfare professionalmente una pluralit� di competenze. 

Le sinergie richieste dal legislatore UE, comunque, non si esauriscono nei 
tradizionali settori operativo-addestrativi, ma attingono capacit� pi� complesse 
che fuoriescono dai tradizionali schemi delle politiche di pubblica sicurezza 


(coinvolgendo, ad esempio, il settore finanziario o la giustizia (154)), capacit� 
che in concreto sono tipiche di organismi deputati a svolgere normalmente 
(anche) funzioni di polizia giudiziaria. 

Il 1� febbraio 2008, infine, il Consiglio ha adottato le �Draft Guidelines 
for Command and Control Structure for EU Civilian Operations in Crisis Management� 
(doc. 9919/07 Ext 2 (155)), con l�obiettivo di semplificare ed elevare 
il grado di coerenza delle strutture di comando e di controllo della GCC 
(�gestione civile delle crisi�): a tal fine viene introdotta la figura del Comandante 
delle operazioni civili (CivOpCdr), incaricato di esercitare il comando 
ed il controllo a livello strategico di tutto ci� che concerne la pianificazione e 
la conduzione delle operazioni civili PESD (156), agendo sotto il controllo politico 
e la direzione strategica del CPS e sotto l�autorit� dell�Alto Rappresentante 
PESC. 

F) IL �MODELLO MSU� TRA DIRITTO INTERNAZIONALE (FPU) E COMUNITARIO 
(IPU). L�APPROCCIO INTEGRATO CIVILE/MILITARE NELLE FONTI NORMATIVE 
DELLA PESC/PSDC. 

A fronte di un tal variegato contesto si spiega il successo ottenuto, anche 
in sede europea, dal cd. �modello MSU� (157), sviluppato negli anni �90 dal-
l�Arma dei Carabinieri per conto dell�Alleanza Atlantica (158) in occasione del 

(154) Come indicato al par. 18, pur senza particolare enfasi. 

(155) Parzialmente declassificato, su http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/07/st09/st09919ex02.
en07.pdf. 

(156) Per un�introduzione generale, cfr. MATTELER, The CSDP Mission Planning Process of the 
European Union: Innovations and Shortfalls, Wien 2010 (http://eiop.or.at/eiop/texte/2010-009a.htm). 

(157) Le MSU (Multinational Specialized Unit) sono Reggimenti dell�Arma dei Carabinieri nati 
nel 1998 per assolvere agli obiettivi fissati al meeting di Petersberg nel 1992: oltre a compiti di soccorso, 
svolgono operazioni di peacekeeping e missioni di combattimento, con l�obiettivo di mantenere la pace. 
Si tratta, in particolare, di strutture in grado di esprimere, al tempo, capacit� militari ed autonomia logistica 
con alcune unit� appositamente addestrate, e contemporaneamente di operare a tutto campo come 
Forze di polizia a competenza generale, in collaborazione con assetti multinazionali inseriti nell�organizzazione 
militare della NATO. Per un�efficace introduzione in materia, si veda PARIS, Le Multinational 
Specialized Unit della NATO, in Riv. Polizia, 1/2003. 

(158) Nel corso della riunione ministeriale tenutasi a Bruxelles del dicembre 1997 sulla guerra in 
Bosnia, il Consiglio Nord Atlantico incaric� il Consiglio in sessione permanente di fornire delle direttive 
all�Autorit� militare NATO, nell�ormai prossima scadenza della Missione SFOR (Stabilization FORces), 
al fine di garantire la stabilit� e la sicurezza nel Paese. Fu infine deciso che la Forza militare che sarebbe 
succeduta alla SFOR ne avrebbe mantenuto il nome, ma avrebbe incentrato la propria attivit� sugli aspetti 
civili dell�intervento, in collaborazione con l�International Police Task Force dell�ONU e le Autorit� bosniache. 
Il Comando Alleato individu�, tra le aree critiche, il mantenimento dell�ordine e della sicurezza 
pubblica, dal momento che tra missione e capacit� militari di SFOR e missione e capacit� di polizia internazionale 
ONU - tenuto altres� conto delle Forze di polizia locali - esisteva un limbo nel quale nessuno 
era stato sino a quel momento in grado di intervenire: SFOR, infatti, disponeva di Forze militari armate 
ed addestrate in modo tradizionale, non idonee a gestire eventuali problematiche civili di ordine e sicurezza 
pubblica, mentre la polizia dell�ONU (secondo le tradizionali dottrine di CIVPOL anglosassoni) era 
disarmata. A loro volta le Forze di polizia locali non volevano o non potevano intervenire per ragioni 


conflitto bosniaco (159), da cui sono state successivamente mutuate le IPUs -
Integrated Police Units - dell�Unione Europea, aperte, a differenza del primo, 
anche alla partecipazione di Corpi di polizia ad ordinamento non militare. 

Il modello MSU, in estrema sintesi, � la trasposizione in ambito internazionale 
ed in un teatro di guerra (civile o di altra natura) dell�attivit� ordinaria 
dell�Arma dei Carabinieri sul territorio nazionale, associata ad una serie di incombenze 
e capacit� tipicamente militari in ragione dello specifico contesto 
ambientale di volta in volta presente. 

Per meglio comprendere le problematiche in essere, va ricordato che le 
prime missioni internazionali di polizia, in ordine di tempo, furono quelle delle 
Forze di interposizione ONU (i cd. �Caschi Blu�), la cui base giuridica riposava 
sull�art. 42 dello Statuto delle Nazioni Unite: si trattava di contingenti rigorosamente 
disarmati, secondo il classico approccio dottrinale di CIVPOL 
anglosassone che voleva il poliziotto comunque privo di mezzi di offesa allorch� 
chiamato ad operare a contatto con la popolazione civile. 

In realt�, tale modello non riposava tanto su principi etici, bens� su un solido 
pragmatismo, essendo l�unico funzionale agli equilibri geopolitici del momento, 
dominati da due blocchi continentali contrapposti nei quali, di fatto, 
nulla accadeva se non con il placet delle maggiori Superpotenze e dove nulla 
doveva in realt� interporsi nella loro competizione permanente. 

In questi termini la ratio dell�intervento ONU era stata efficacemente compendiata 
(fin dal 1957) dall�allora Segretario Generale delle Nazioni Unite, 
Dag Hammarskj�ld, secondo cui i Caschi Blu �non devono imporre soluzioni 
politiche n� influenzare l�equilibrio politico esistente, non devono interferire 
in conflitti interni�. 

Venuti meno gli equilibri di Yalta, lՎscamotage dottrinario perdette ogni 
utilit� a livello internazionale, pur conservando una certa suggestivit� in alcuni 

etniche o equilibri politici. Il Comando Alleato pens� allora ad un�Unit� militare capace di svolgere alcuni 
compiti tipici di una Forza di polizia ordinaria - in particolare il mantenimento dell�ordine pubblico 

-che fosse quindi in grado di colmare il vuoto esistente tra le capacit� della componente militare tradizionale 
e quella di polizia civile. Apparve chiaro fin dal primo momento che tale esigenza poteva essere 
soddisfatta solo da Forze di polizia �civili� ad ordinamento militare, in quanto integrate nello strumento 
militare tradizionale ma in possesso delle capacit� professionali tipiche delle seconde. L�Alleanza si rivolse 
pertanto all�Italia ed all�Arma dei Carabinieri in particolare, chiedendo di sviluppare il concetto 
nei dettagli e di avviare le attivit� di pianificazione e di costituzione dell�Unit�. 

(159) Come nota BELLINI (in Seminario sulle Multinational Specialized Units, Suppl. a Rass. 
Arma Carabinieri 4/2004), �Le caratteristiche degli interventi nelle aree destabilizzate possono essere 
collocate su un largo spettro che va dall'intervento armato per imporre la pace, di competenza delle 
Forze armate, alla semplice assistenza tecnica o umanitaria, di competenza di organismi civili pi� o 
meno strutturati. All'interno di tale spettro � possibile individuare un segmento, alquanto ampio, che 
non � pi� riferibile esclusivamente ad attivit� operative di tipo "combat", ma che non � ancora configurabile 
come impegno attribuibile agli ambiti della pura assistenza tecnica o umanitaria. In questosegmento trova particolare valenza l'impiego delle Forze di polizia ad ordinamento militare ... � infatti 
richiesta una capacit� particolare, una sorta di �polizia intermedia� (�)�. 


contesti nazionali. A livello ONU le tradizionali unit� di CIVPOL vennero quindi 
progressivamente affiancate - o sostituite - da contingenti operativi di FPUS 
(�Formed Police Units�), militarmente organizzati e strutturati sul modello delle 
gendarmerie/MSU, cos� da poter realmente svolgere un�opera di interposizione 
tra le parti e colmare il costante gap di coordinamento ed interoperativit� tra le 
unit� militari e quelle di polizia, spesso carenti di capacit� logistiche autonome. 

In un contesto cos� disaggregato, la dottrina operativa della MSU riusc� a risolvere 
il principale ostacolo ad ogni reale forma di coordinamento ed interoperativit� 
tra i diversi soggetti in campo, supplendo alla necessit� di dar vita ad una 
complessa catena di comando (esclusivamente civile) che rispondesse - come in 
passato - ad una frammentazione di competenze ed attribuzioni di settore, spesso 
eterogenee quanto a procedure operative interne e professionalit� e neppur integrabili 
con la distinta, ma quasi sempre presente, componente militare. 

Analogo problema - come gi� anticipato - si presenta, in sede europea, 
pure nel settore FSJ (ex-GAI - cfr. infra), nel quale la cooperazione transfrontaliera 
tra le Forze di polizia degli Stati membri viene perseguita attraverso 
attivit� di formazione volte ad implementare delle procedure e linee-guida 
standardizzate valide su tutto il territorio dell�Unione, funzionali ad un�effettiva 
cooperazione a fronte di illeciti di rilevanza comunitaria. 

Nel settore militare (dalla cui metodologia concettuale anche il diritto 
dell�UE ha attinto, nel definire le proprie linee guida in materia di sicurezza), 
si parla di �strategia operativa� per indicare quella parte della strategia generale 
militare che �definisce i principi, le condizioni e le modalit� d�impiego 
delle Forze� e che rinvia al corpus concettuale dottrinario per identificare le 
diverse tipologie di azione coerenti con le pi� svariate evenienze del caso. In 
tale contesto si distingue tra �concetto� e �dottrina�: al vertice si colloca il 
�concetto sull�impiego delle Forze�, che definisce gli obiettivi di carattere 
generale delle Forze a disposizione e si declina in base alle diverse componenti 
operative e tipologie d�impiego; in subordine si colloca la dottrina, che precisa 
il concreto utilizzo delle risorse in campo. 

Il primo individua gli obiettivi che � necessario raggiungere, la seconda 
le modalit� concrete con cui perseguirli. 

L�Unione Europea non dispone di un vero e proprio corpo dottrinario 
PESC/PSDC distinto da quelli dei singoli Stati membri o della NATO, che eventualmente 
fissi gli indirizzi di massima in materia di strategia operativa della sicurezza 
integrata civile/militare (160); per contro, le basi giuridiche e dottrinarie 

(160) In argomento si veda l�ampio studio di PFISTER, La gestion civile des crises: un outil politico-
strat�gique au service de l�Union europ�enne, Gen�ve 2008, pp. 305 ss. (su http://archiveouverte.
unige.ch/unige:1407). Cfr. altres� COUTEAU-BEGARIE, Unit� et diversit� des cultures strat�giques 
en Europe, in KLEIN-BUFFOTO-VILBOUX (a cura di), Vers une politique europ�enne de s�curit� et de d�fense, 
Paris 2003, pp. 119 ss.. 


(161) su cui si fonda il �modello MSU� sono assai articolate, stante l�iniziale 
difficolt� del mondo anglosassone (predominante in seno alla NATO) di concepire 
una Forza di polizia �civile� a statuto militare, che all�occorrenza potesse 
anche svolgere operazioni di polizia militare se non anche di combattimento. 

Dopo una fase sperimentale (162), l�autonomo ruolo istituzionale delle MSU 

(161) Di particolare importanza sono le fonti NATO (nel cui ambito le MSU sono state create), articolate 
su tre livelli. Il 1� (pi� elevato) include la Allied Joint Publication - AJP 01 (Pubblicazione Interforze 
Alleata 01) denominata �Capstone� - pietra miliare - nonch� quelle denominate �Keystones�, 
che per ogni branca funzionale (ad es. intelligence, operazioni, logistica, cooperazione civile-militare, 
etc.) dettano i principi generali. Il 2� livello, denominato �Supporting Joint Doctrine� (Dottrina Alleata 
di Supporto) disciplina i settori e le specifiche attivit� che sono ricondotte ad ogni singola branca funzionale. 
Il 3� livello, infine, � quello della �Joint Applicable Doctrine� (Dottrina Interforze Applicabile) 
che detta norme immediatamente operative e concretamente applicabili. Al di sotto di tale ripartizione 
esistono numerose altre tipologie di documenti, non dottrinali, con valore normativo (ad es. i documenti 
di pianificazione operativa, tra cui i piani e gli ordini di operazione, le Technical Tactical Procedure, le 
Standing Operating Procedures, etc.) che hanno per� efficacia particolare e non generale (ad es. per 
una specifica Task Force o per uno specifico teatro operativo) poich� sono emanati da Comandanti strategici, 
operativi o tattici. Sulla questione, cfr. - sovra riportato - PARIS, Le Multinational Specialized 
Units, un�esperienza militare di polizia tutta italiana, Riv. Polizia 1/2003, p. 45. 

(162) I primi riferimenti alla MSU nella dottrina NATO risalgono all�AJP-01(a), ora superata dal-
l'AJP-01(b) �Allied Joint Doctrine�, nel cui capitolo 2 (Stanag 2437 - paragrafo 2204) si legge che i 
militari, grazie alle loro capacit�, possono essere chiamati a contribuire, nelle operazioni di risposta alle 
crisi non contemplate dall�articolo 5, a compiti propri degli attori civili che vanno dalla pubblica sicurezza 
alla guardia delle frontiere. Su questa premessa la dottrina NATO conferisce alle MSU una vasta 
gamma di compiti specifici che in un contesto tradizionalmente stabile sono propri delle Forze di polizia 
operanti in seno alla societ� civile. Testualmente: �Furthermore, experience has shown that in addition 
to the availability of specialized units for a particular task, the military, because of its organization, capabilities 
and ability to deploy rapidly, could be called on, in exceptional circumstances, to contribute 
to tasks which are responsibility of a mandated civil actors. Such as could run from public security, engineer 
support for municipal services to border security/control. Given that non-Article 5 CRO may be 
as demanding and intense as Article 5 operations, NATO forces need to be trained, equipped and supplied 
to accomplish the range of tasks mentioned in this paragraph�. Il principio viene ribadito al cap. 2 par. 
2004 dell�AJP-01(b). 
Nell�AJP-01(a) era stata inserita una variante nella parte relativa alle �operazioni militari diverse dalla 
guerra� (�Military Operations Other Than War� sono le operazioni non di combattimento che lo strumento 
militare pu� in concreto essere chiamato a svolgere, quali interventi umanitari, imposizione di 
sanzioni, operazioni antidroga, etc.) ed in relazione all�obiettivo politico finale delle stesse (Sezione II, 
Par. 2306 modificato: �� Nella condotta delle operazioni diverse dalla guerra, l�obiettivo militare pu� 
essere limitato alla creazione di un ambiente sicuro nel quale Unit� specializzate ed Agenzie civili possano 
pi� facilmente raggiungere l�obiettivo politico finale�). Con tale variante si riconosceva l�esistenza 
di Reparti specializzati, cui si attribuiva la missione di raggiungere - unitamente alle Agenzie civili operanti 
sul campo - l�obiettivo politico finale di un�operazione non bellica. La variante non era per� sufficiente 
dal punto di vista concettuale, poich� faceva riferimento solo ad aspetti organizzativi e di 
missione, senza definire la funzione svolta ed il ruolo ricoperto dalle MSU. Inoltre limitava l�impiego 
delle MSU alle sole operazioni diverse dalla guerra. 
La successiva AJP-3.4 �Allied Joint Doctrine for non-art. 5 crisis response operations� prevede, al capitolo 
0407b, che il supporto militare alla sicurezza pubblica possa implicare il coinvolgimento in operazioni 
atte a mantenere l�ordine e la sicurezza pubblica locale nella fase iniziale di un�operazione, sino 
a quando le Autorit� del posto non siano in grado di assumersi questi compiti: tali incombenze vengono 
attribuite alla MSU. La medesima AJP prevede inoltre, ai capitoli 0405 e 0406, che la capacit� di controllo 
delle masse sia compito della Forza impegnata nelle �operazioni di evacuazione delle popolazioni non 


-in quanto �Unit� specializzate� - trov� un primo fondamento nell�AJP-3 (163), 
che le qualificava come una �componente funzionale� dei Comandi integrati 
(cio� multinazionali ed interforze) della NATO (al pari delle tradizionali componenti 
terrestre, marittima, aerea e dell�oramai consolidata componente delle 
Forze per operazioni speciali): ne consegue che la funzione militare di polizia 
della NATO da esse assolta � una funzione operativa autonoma, incardinata 
ad un�autonoma componente del Comando integrato (164). 

Non pi� quindi una funzione di polizia militare, come erroneamente ritenuto 
in un primo momento. 

Dall�AJP-3 discende l�AJP (di secondo livello) 3.4.1 �Peace support operations� 
del luglio 2001, (�Operazioni di supporto alla pace - PSO�) che al 
capitolo 0529 individua la missione delle MSU, ovverosia la creazione di un 
ambiente sicuro dalle minacce non militari, oltre ad incombenze di carattere 
informativo, investigativo, di intelligence criminale, controterrorismo, ordine 
e sicurezza pubblica, tutela della legge, etc: in breve, tutte le classiche attivit� 
degli organi di polizia civile, sino a che le Autorit� locali non siano in grado 
di assumersene l�onere (165). 

Sempre nell�AJP-3.4.1, la PSO viene articolata in quattro fasi e la MSU � 
significativamente l�unico soggetto abilitato ad operare in ciascuna di esse, a 
prescindere dalla loro connotazione militare o civile (�Once the security situation 
is sufficiently stable, and Civpol can hope with the maintenance of law 

combattenti� - chiamate �NEO� - e nelle �operazioni di estrazione�, con ci� ponendo le basi per l�impiego 
delle Forze MSU anche negli ultimi due scenari. Testualmente, �Public Security. In exceptional 
circumstances, within a mandate for a lager mission, Nato military Forces could be called on to contribute 
to tasks related to public security which are the responsibility of a mandated civil authority, organization, 
or agency. Specifically, military support to public security will depend entirely on the mission 
and the residual local policing and judicial capability, and may require involvement in civil security 
tasks, including operations to maintain local law and order during the initial stage of an operation, 
until appropriate civilian authorities can take over their tasks. This assistance will normally be provided 
by Multinational Specialized Units, or in special circumstances, by other Forces�. 

(163) AJP-3 �Allied Joint Operations�, Cap. 2, Par. 2007: �Integration of Command. The command 
structure should ensure that the capabilities of the nations, or those of several nations, can be 
brought to bear decisively to achieve the joint commander�s operational objectives in the most effective 
way. Normally, Component Commands into which nations contribute are functional (maritime, land, 
air, Special Operations and other specialised units). The specific task organisation will be tailored by 
the higher command authority to suit the needs of each operation�. 

(164) Cos�, testualmente, PARIS, op. ult. cit., p. 56. 

(165) �Multinational Specialized Units. Over the long term local police should have primary responsibility 
for all civilian law enforcement issues. In the interim, and where this is not possible, the 
PSF has the responsibility for creating a secure environment. Multinational Specialized Units (MSUS) 
provide the JFC with police forces that have military status and the training, experience and capability 
to deal with this area of public security. MSU roles may include information gathering, investigations, 
criminal intelligence, counter terrorism, maintenance of law and order, and public security related matters. 
The aim should be for MSU and other PSF components to transfer civilian law enforcement responsibilities 
to civilian police components of the Pso, and/or to local civilian police forces, at the 
earliest feasible point in the course of the operation�. Testo sull�archivio http://www.cimicweb.org/ 


and order, the main PSF can withdraw but MSU units may need to remain until 
the end of this phase. Emergency relief agencies may need to continue their 
activities to reduce human suffering�). In questo documento, la MSU � ancora 
considerata una forza parallela alla CIVPOL, di rinforzo. 

Va ricordato, al riguardo, che con l�espressione �CIVPOL� non si fa riferimento 
a Corpi di polizia a statuto civile, bens� a Forze multinazionali destinate 
ad operare esclusivamente in seno alla societ� civile, quando ormai la crisi � 
cessata, generalmente disarmate (salvo il necessario per l�autodifesa). 

Il compito di controllare le masse e, pi� in generale, di contrastare la violenza 
delle folle viene invece previsto nel successivo AJP-3.4.1.1 �PSO tactical 
procedures� (�Procedure tattiche delle operazioni di supporto alla pace� -
Stanag 2496). 

Emblematico, in tale documento, � il paragrafo 0704 del Capitolo 7, che 
riconosce le specifiche competenze dei Carabinieri italiani e delle altre Forze di 
gendarmeria sotto la significativa rubrica �The role of the civil police�: �First 
and foremost it is the role of the police to maintain law and order. However, 
those police forces based upon the constabulary function, i.e. policemen acting 
as individual law enforcement agents, may have difficulties producing the formed 
units necessary to confront hostile crowds. The role of the civil police on their 
employment. An armed police force with a military capability such as Carabinieri, 
Gendarmerie or Koninklijke Marechaussee is likely to be both wellprepared 
and trained in riot drills. The military force is therefore not likely to 
be asked to intervene until rioting has reached serious proportions. On the other 
hand, an unarmed force, not used to operating in formed units will be less well 
able to deal with hostile crowds and may seek military assistance at a comparatively 
early stage. In this case the military should be trained accordingly�. 

La MSU non � una polizia militare (166). Nonostante ci� in alcuni documenti 
viene ancora inquadrata - seppur con capacit� pi� ampie - in tale contesto. 

Come nota attenta dottrina (167), �questa discrepanza concettuale risale 
alle origini dell�Unit�, quando la differenza tra Forza di polizia militare e 

(166) Nel documento dottrinario D-14 del 2003 (cfr. infra) si precisa, con riferimento al diritto 
interno (cap. 3, par. 3), che �Il Dlgs. 5 ottobre 2000, n. 297 � ha previsto un sistema a doppio binario 
per i compiti di polizia all�estero. Infatti, mentre l�art. 5, comma 2, delinea i compiti di garanzia del-
l�ordinata convivenza e di sicurezza nell�area di intervento, il successivo art. 6 fissa i compiti della Polizia 
militare stabilendo che essa provveda a garantire l�ordine e la sicurezza all�interno della compagine 
militare. MSU, quindi � un assetto profondamente diverso dalla polizia militare, oltre che da quelli delle 
altre Forze armate, in quanto preposto ad assolvere i compiti di cui al citato art.5, comma 2, conseguentemente 
la MSU opera al di fuori dell�ambiente militare, necessita di capacit� specialistiche diverse 
e di pi� ampio respiro e indirizza le proprie attivit� verso la popolazione locale. Tuttavia, � necessario 
stabilire rapporti di collaborazione tra la MSU e la MP�. 

(167) PARIS, Aspetti di dottrina militare delle Multinational Specialized Units, Suppl. a Rass. Arma 
Carabinieri, 4/2004. I frequenti errori nei quali cade parte della dottrina vengono rilevati anche da GOBINET, 
The Gendarmerie alternative: is there a case for police services with a military status in the 21st century 
European police apparatus?, Portsmouth 2006 (scaricabile da http://eprints.port.ac.uk/499). 


Forza di polizia a statuto militare, cio� una Forza di gendarmeria, non era 
chiaramente percepita in ambiente NATO. Questa � la ragione per la quale le 
MSU sono incluse nella Pubblicazione Procedurale Alleata n. 12 " NATO Procedure 
e Dottrine di Polizia Militare", ma questa inclusione non ha ottenuto 
il consenso unanime delle Nazioni a causa dell�impegno di polizia della MSU 
nell�ambito della comunit� civile� (168). 

La non riconducibilit� delle MSU all�ambito della Polizia militare, bens� 
in quella civile (criterio che trova rispondenza nelle strategie di sicurezza UE) 
emerge con particolare evidenza al momento dell�adozione dell�AJP-12 (Military 
Police Doctrine and Procedures - Stanag 2226), nel cui Capitolo 8, dedicato 
alle cd. �Unit� Specializzate di Polizia Militare� si era erroneamente 
pensato di ricondurre anche le MSU. 

Pur ratificando il documento, l�Italia (analogamente ad altri Stati, quali la 
Spagna) non lo ha mai portato a pratica esecuzione (169), stante l�impossibilit� 
di ricondurre le tradizionali Forze di gendarmeria a meri contingenti di polizia 
militare (errore che sta alla base delle incomprensioni affiorate, nel corso degli 
anni, soprattutto con alcuni Stati del Nord Europa, anche in merito all�iniziale 
progetto di inserire l�EUROGENDFOR - cfr. retro - nell�allora secondo pilastro PESC). 

(168) Il problema, in effetti, � puramente culturale. Sotto il profilo del diritto interno, la distinzione 
tra i due ambiti � assolutamente pacifica e non crea problemi neppure sul piano operativo: gi� l�art. 6 
del D.lgs 5 ottobre 2000, n. 297 (adesso artt. 90 e 91 D.lgs 15 marzo 2010 n. 66) disciplinava la funzione 
di polizia militare come un�attivit� interna alla compagine militare, sebbene caratterizzata da relazioni 
con l�ambiente esterno. Il fondamento giuridico della diversa funzione militare di polizia civile svolta 
dalle MSU - che dal punto di vista della dottrina militare concretizza la funzione di �sostituzione del 
combattimento� - � invece contenuto nell�art. 5, comma 2, dello stesso decreto legislativo che assegna 
all�Arma, accanto ai tradizionali compiti di combattimento e di polizia militare, anche quello del tutto 
peculiare di �realizzare condizioni di sicurezza ed ordinata convivenza nelle aree d�intervento� nel quadro 
delle �operazioni per il mantenimento ed il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale�. 
Tale norma deve essere letta alla luce dell�art. 1, comma 1, del decreto, che individua natura e 
ruolo dell�Arma quale Istituzione militare con rango di Forza armata in servizio permanente di pubblica 
sicurezza e con competenza generale di polizia. 
In merito al concetto informatore delle polizie ad ordinamento militare ed ai diversi modelli organizzativi 
di polizia tra civil e common law, si veda lo studio di LIBERTINI, Alcune considerazioni sulle differenze 
fra Forze armate e di polizia, in Riv. Polizia, III-IV/2001 pp. 225 ss.. 

(169) La definizione dottrinaria dei compiti operativi delle MSU (codificata nel 2003 dal Comando 
Generale dell�Arma dei Carabinieri e successivamente sottoposta agli organismi militari NATO ed UE 
per il recepimento formale) nulla ha a che vedere con le tradizionali funzioni militari svolte in un teatro 
operativo: queste infatti si concentrano sulla sola attivit� di combattimento (�combattimento, supporto 
al combattimento e sostegno logistico al combattimento�), laddove nel documento �Dottrina e procedura 
di impiego delle Unit� Specializzate Multinazionali� si parla di una nuova funzione militare di 
�sostituzione del combattimento� (combat replacement). Con quest�espressione ci si riferisce alle operazioni 
condotte non nei confronti di gruppi armati convenzionali, bens� della popolazione civile, per 
garantire l�ordine e la sicurezza nell�area di responsabilit�. La nuova funzione - precedentemente sconosciuta 
alla Dottrina militare e chiaramente plasmata sulle professionalit� della polizia civile - attribuisce 
al Comandante della Forza una capacit� esclusiva di polizia ordinaria, di cui lo strumento militare 
ha necessit� e che non pu� permettersi di trascurare per condurre efficacemente la propria missione nelle 
operazioni di pace. 


A loro volta hanno avanzato rilievi la Danimarca (ratifica con riserva), la 
Francia (che neppure l�ha ratificato), e la Polonia (ratifica con riserva), evidenziando 
come si trattasse di una forzatura concettuale, dal momento che i 
due strumenti esercitano funzioni ben distinte: la polizia militare svolge infatti 
un supporto al combattimento (170), mentre la MSU opera al di fuori di esso, 
poich� esercita il suo servizio nell�interesse della popolazione civile (171). 

In estrema sintesi, la MSU � l�inedita proiezione, su un teatro internazionale 
(ed a composizione interforze), del modello operativo �di prossimit�� 
proprio dell�Arma dei Carabinieri, sin dalla sua fondazione: l�elemento di novit� 
� per� dirompente (172), sia perch�, storicamente, i Corpi armati di stanza 
all�estero hanno quasi sempre svolto una funzione di occupazione o di protettorato 
esterno, anzich� di servizio alla popolazione civile, sia perch� ha evidenziato 
l�eccezionale versatilit� ed efficacia delle Forze di polizia a 
competenza �ibrida� (che nei testi NATO e G8 hanno assunto la significativa 

(170) Sulle funzioni della polizia militare, si rinvia a LIBERTINI-PARIS, La funzione di polizia 
militare nell�ordinamento delle Forze armate, Forl� 2006. Il principio viene ribadito nel paragrafo 
0301 dell�AJP 3.2.3.3 (�Military Police Support to Combat Functions�), secondo cui �MP activities 
can contribute to all combat functions. However, MP units may not be able to perform all tasks simultaneously, 
therefore these tasks must be prioritised in parallel with the main effort�. 

(171) Nel corso della MP Chiefs Conference del settembre 2003 la delegazione italiana propose 
in effetti l�elaborazione di un�autonoma pubblicazione NATO sulla MSU da parte di un Working Group 
diverso da quello della polizia militare e, conseguentemente, la cancellazione del Capitolo 8 dell�AJP


12. Nel corso della discussione che ne deriv�, la Conference richiese ufficialmente all�Italia di mantenere 
le MSU, seppure con completa autonomia, nell�ambito concettuale della Military Police allo 
scopo di non rompere �l�unit� della famiglia della MP-NATO� e di sostenere il ruolo della polizia militare. 
La proposta, accettata in quella sede, prevedeva per� la riformulazione dell�AJP-12 in una AJP 
�Military Police� del secondo livello dottrinale, con un capitolo dedicato alle MSU i cui aspetti tecnici 
sarebbero stati trattati a parte. 
Attualmente la questione ha trovato sostanziale componimento con l�adozione, il 21 settembre 2009, 
dell�AJP-3.2.3.3 (di terzo livello, ossia di dettaglio, sino ad allora mancante) �Allied Joint Doctrine 
for Military Police� (NATO Stanag 2296), nel quale si parla sia di MSU che di polizia militare, per definirne 
i limiti di competenza: premesso che il Provost Marshall (l�ufficiale delle FF.AA. responsabile 
della polizia militare) sovrintende a tutte le attivit� di polizia militare e civile (�Foremost � provides 
advice: 1) Pertaining to all military and civil police activities across the spectrum of operations including 
information sharing, close cooperation and liaison between NATO military forces and civilian 
police authorities�), e che la nozione di Military Police viene intesa in senso ampio ed inclusivo, 
onde consentirne l�adattamento anche a Stati formalmente privi di strutture ad hoc (�PM is the generic 
term used to define the senior officer charged with the proponency of specialist military police advice 
to commanders, establishing policy and procedures and facilitating planning for employment of MP 
forces�), nel Capitolo 2 paragrafo A), recante �Considerazioni fondamentali per la pianificazione 
delle attivit� di Polizia militare�, al p.to c) si precisa che �MSU provides the commander with police 
forces that have military status and training, experience and capability to deal with this area of 
public security. MSU roles may include information gathering, investigations, criminal intelligence, 
counter terrorism, maintenance of law and order, and public security matters. When an MSU is established, 
the PM and MSU commander must cooperate closely to ensure overlapping interests are 
deconflicted to improve information sharing and continuity of effort�, il che chiarisce come i compiti 
di PM, per quanto ampi, sono altra cosa rispetto alle funzioni della MSU/gendarmeria, che ha un�autonoma 
linea di comando. 


denominazione di �Carabinieri/Gendarme-like Forces� (173)), in grado di 
assicurare una permanente funzione di polizia giudiziaria e civile adeguandosi 
ai contesti di guerra, ma operando allo stesso tempo quali principali attori della 
CIMIC (Civil-Military Cooperation (174)) intorno ai quali possono aggregarsi, 
a seconda dei casi, sia Forze di polizia militare, sia Forze civili di polizia (che 
gi� operano a loro fianco nei rispettivi Paesi di origine), dimostrandosi interoperative 
con ogni componente sul campo (175)). 

Interoperativit� richiamata anche nel �Concept for Allied Future Joint 
Operations� del 2005, laddove �This is the fundamental principle behind an 
effects-based approach to operations or EBAO, which may be defined as the 
comprehensive integrated application of all instruments of Alliance power, 
both military and non-military, to create campaign effects, which will achieve 
desired outcomes� (176). 

(172) Si veda, a titolo d�esempio, lo studio di PERITO, Where is the lone ranger when we need 
him? America�s search for a postconflict stability force, Washington (UISP) 2004. Di particolare interesse, 
la menzione (pp. 47-51) di un recente studio governativo relativo alla possibilit� di costituire una 
gendarmeria USA, o di estendere il precedente storico dei Rangers del Texas che nel 1874, al termine 
della guerra di Secessione, vennero riconosciuti per legge quali Forza di polizia a statuto militare (l�iniziale 
ruolo di guardie di frontiera venne progressivamente dismesso intorno agli anni �20, per assumere 
i compiti tipici delle tradizionali polizie civili: a titolo di curiosit�, si segnala che il Texas Government 
Code, alla sez. 411.024, ne vieta lo scioglimento, in quanto patrimonio storico della comunit� texana cfr. 
http://www.texasranger.org/today/statutes.htm). Cfr. anche CLARKE, Does America need a Gendarmerie?, 
in Defense News 2-14/2002 e BLUM, The National Guard transforming to an operational force, 
in Joint Force Quarterly, 4/2006, pp. 12 ss.. 

(173) Nella dichiarazione finale del Summit G8 di Sea Island del 2004 (�G8 Action Plan 2004�), 
ad esempio, si legge �Increasingly, Carabinieri/Gendarme-like forces have demonstrated their unique 
skills in recent peace support operations. These units can fill the security gap between military forces 
and civilian police, relieving some of the military units� heavy burden and establishing an environment 
in which civilian police can operate effectively within the rule of law. More interoperable and a greater 
number of these units are needed to participate in international peace support operations and their related 
activities�. Tali operatori vengono considerati, a livello internazionale, i peacekeepers ideali poich� 
adatti - in ragione della loro quotidiana attivit� nei Paesi d�origine - ad operare in situazioni di post conflitto 
con la forma mentale del poliziotto ma con l�addestramento e la disciplina militari, e quindi capaci 
di dialogare ed interagire sia con la Forza armata tradizionale che con quella puramente civile. 

(174) In relazione alla Missione MSU in Kosovo, per il 2008, si veda la documentazione riportata 
su http://www.nato.int/kfor/cimic/projects/msu_081107.pdf. La dottrina NATO sulla CIMIC era espressa 
nell�AJP-9 del giugno 2003, ora sostituita dall�AJP 3.4.9 (in corso di ratifica per l�Italia: testo ufficiale 
su http://www.cimic-coe.org/download/AJP_3.4.9_CivMilCoop_ratification_draft.pdf). In argomento 
si veda, per un�introduzione, REHSE, CIMIC: Concepts, Definitions and Practice, Hamburg 2004, nonch� 
il documento MC 411/1-NATO (scaricabile da http://www.nato.int/ims/docu/mc411-1-e.htm). 

(175) Sul punto, cfr. LIBERTINI, op. ult. cit., pp. 168 ss.. Fondamentale � pure l�eclettico studio, 
per conto del Ministero della Difesa francese, di BRAEM-CHICHIGNOUD, De la Gendarmerie et des polices 
militaires � l�international, Paris C2SD 2008 (su http://www.youscribe.com/catalogue/tous/artmusique-
et-cinema/autres/les-thematiques-du-414044). 

(176) In argomento si veda il Rapporto Nolin all�Assemblea Parlamentare NATO nel 2006, doc. 
117-STC-06-E (Interoperability: the need for Transatlantic Harmonisation), incentrato significativamente 
sulla cooperazione NATO-UE e sull�armonizzazione delle rispettive dottrine di sicurezza: 
http://www.nato-pa.int/default.asp?SHORTCUT=1004. 


Nel diritto italiano, base legale delle MSU � stata, storicamente, l�art. 5 
del D.lgs 5 ottobre 2000, n. 297, che nell�enunciare i compiti militari del-
l�Arma dei Carabinieri indica anche la partecipazione alle operazioni (militari) 
all�estero; in tale contesto, il secondo comma della norma prevede - accanto 
alle tradizionali mansioni di combattimento e di polizia militare - pure quella 
di �realizzare condizioni di sicurezza ed ordinata convivenza nelle aree di intervento�, 
nel quadro delle operazioni �per il mantenimento ed il ristabilimento 
della pace e della sicurezza internazionale� (177). 

La norma va letta nel combinato disposto con l�art. 2, comma primo del 
medesimo D.lgs, che individua natura e ruolo dell�Arma, qualificata �Istituzione 
militare con rango di Forza armata in servizio permanente di pubblica 
sicurezza, e con competenza generale di polizia�. 

In questi termini, come nota attenta dottrina (178), �L�articolo 5, comma 2, 
individua � l�esercizio di una nuova ed originale funzione militare (179) che possiamo 
definire �di polizia ordinaria�. Tale funzione, normativamente distinta da 
quella di polizia militare, che � disciplinata nell�articolo 6 del decreto, deve essere 
tenuta separata anche concettualmente e nella pratica da quest�ultima, con cui non 
si sovrappone ma realizza invece una vicendevole integrazione. La legge, peraltro, 
implicitamente separa anche gli strumenti operativi a cui le due funzioni fanno 
capo. L�esercizio della citata funzione e l�autonoma struttura a cui essa � incardinata, 
pertanto, non solo trovano giustificazione giuridica nel dettato normativo ma 
costituiscono la modalit� pi� efficiente ed efficace per la sua piena applicazione. 

La valenza legislativa di MSU (come funzione e come reparto), per�, non si 
esaurisce nel richiamato dettato legislativo. Infatti, il Legislatore ha anche attribuito 
all�Arma, sempre nel citato articolo 5, comma 2, del decreto, il compito di 
concorrere ad �assicurare il contributo nazionale alle attivit� promosse dalla comunit� 
internazionale o derivanti da accordi internazionali, volte alla ricostituzione 
ed al ripristino dell�operativit� dei corpi di polizia locali nelle aree di 
presenza delle Forze armate, assolvendo compiti di addestramento, consulenza,
assistenza e osservazione�. � questo un altro compito militare che, sebbene di 
norma riconducibile a missioni di polizia internazionale dell�ONU (180) o di Organizzazioni 
regionali (181), anche MSU pu� agevolmente svolgere in completa


(177) Sulla questione, cfr. LIBERTINI, Alcune osservazioni sulla funzione di polizia militare, in Riv. 
Polizia, 1/2002, pp. 13 ss.. Si vedano, adesso, gli artt. 155 e 156 del D.lgs 66/2010. 

(178) PARIS, Le Multinational Specialized Units, cit., pp. 43 ss. (da cui sono tratte pure le quattro 
note successive). 

(179) Ad abundantiam, la militarit� della funzione si desume, oltre che dall�inquadramento sistematico 
tra i compiti militari attribuiti all�Arma, anche dall�articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 
30 luglio 1999, n. 300, che recita �Al Ministero della Difesa sono attribuite le funzioni ed i compiti spettanti 
allo Stato in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a 
missioni a supporto della pace ��. A nessun altro Dicastero, infatti, la legge attribuisce esplicita competenza 
nel campo delle missioni a supporto della pace. 

(180) Ad esempio l�International Police Task Force della Missione ONU in Bosnia Erzegovina. 


mento e contestualmente alle sue altre attivit� (182), in particolare a quelle sostitutive 
di imposizione della legge, quale attivit� preparatoria alla cessione di autorit� 
e responsabilit� di polizia alle forze locali, cui naturalmente spettano�. 

Il consolidato dottrinale e procedurale sulle MSU riposa nel documento 
D-14 �Dottrina e procedura di impiego delle Unit� Specializzate Multinazionali 
(MSU)� del 2003, che disciplina l�utilizzo nel sistema giuridico internazionale 
delle Forze di gendarmeria per lo svolgimento di compiti di polizia 
civile nelle aree destabilizzate (183). 

Solo per completezza si ricorda che il termine �dottrina� non va qui inteso 
nell�accezione comune, trattandosi di fonte scritta sostanzialmente vincolante, 
una volta recepita dai soggetti istituzionali interessati (Stati ed organizzazioni 
internazionali). 

Prima di esaminare i profili giuridici della questione in sede comunitaria, � 
per� opportuno chiarire il ruolo delle Forze di polizia nel pi� ampio ordinamento 
internazionale, con particolare riferimento all�Organizzazione delle Nazioni Unite. 

Se la base legale delle decisioni operative NATO (cfr. retro) risiede generalmente 
negli artt. 5 e 6 del Trattato di Washington del 4 aprile 1949, di prammatica 
nel combinato disposto con i paragrafi 32-34 del vigente NAC 1991 
(�Nuovo Concetto Strategico dell�Alleanza Atlantica� (184)), pi� complessa 
� la situazione in ambito ONU. 

(181) L�UE, in aderenza ai possibili scenari di impiego delle proprie Forze di polizia (missioni di 
sostituzioni in aree altamente destabilizzate e missioni di rafforzamento delle polizie locali), ha elaborato 
un concetto d�azione specifico per la ricostituzione e l�addestramento delle polizie locali, lo �European 
Union comprehensive concept for strengthening of local police Forces� del 31 maggio 2002. L�Arma 
dei Carabinieri, maggiore contributore europeo, partecipa alla capacit� di polizia della UE con 800 unit�, 
a varia prontezza operativa, di cui 720 per le Unit� Integrate di polizia (IPUS) e 80 da spendere individualmente, 
in particolare per missioni di rafforzamento. 

(182) MSU-SFOR, ad esempio, partecipa ad un programma di addestramento della polizia locale 
condotto dall�IPTF in esecuzione dell�articolo 3 dell�allegato 11 all�Accordo di pace. 

(183) Nell�incipit al Capitolo I viene ribadita la natura inclusiva e complementare della MSU, che 
�quale Unit� militare, l�MSU, a livello di Brigata o di Reggimento � composta da Forze di polizia a 
status militare, che non espletano compiti di polizia militare, e dispone dell�addestramento, dell�esperienza 
e della capacit� per soddisfare le esigenze di sicurezza ed ordine pubblico ed affrontare le problematiche 
relative alla polizia ordinaria al fine di creare un ambiente sicuro per le Forze militari 
schierate nell�ambito della propria Area di Responsabilit� (Area of Responsibility - AOR) durante le 
�operazioni di risposta alle crisi non articolo 5 della NATO� o nelle cosiddette �missioni di Petersberg� 
della UE�. Fondamentale � poi il richiamo alle funzioni di polizia di prossimit� (Par. 4, lett. c), per cui 
�Il personale MSU di ogni grado, nell�espletamento delle attivit� operative, dovr� considerare i contatti 
con la popolazione locale un fattore essenziale per la buona riuscita della missione. I contatti dovranno 
essere ricercati e mantenuti con imparzialit� verso le diverse etnie o religioni ��. 

(184) Dopo la fine della �guerra fredda� gli Stati membri hanno progressivamente ridefinito ruolo 
ed obiettivi dell�Alleanza Atlantica che, pur mantenendo le proprie prerogative nel campo della difesa 
collettiva, ha cominciato a svolgere attivit� di cooperazione militare con gli Stati dell�Europa orientale 
ed a ricoprire (dal 1995) nuovi compiti in materia di gestione delle crisi e di mantenimento della pace, 
generalmente su mandato ONU: in tale contesto si colloca il cd. �Partenariato per la pace�, programma 
volto a pianificare attivit� di addestramento comuni ed a facilitare la trasparenza dei processi di pianificazione 
e bilancio in materia di difesa. 


La Carta delle Nazioni Unite non prevede infatti le operazioni di peacekeeping, 
n� il �Comitato speciale per le operazioni di mantenimento della 
pace� - istituito dall�Assemblea generale nel 1965 - � andato oltre l�elaborazione 
di linee-guida generali per l�approntamento di tali operazioni; ad avviso 
della dottrina, l�unico sforzo classificatorio in materia, sebbene atipico e non 
vincolante, pu� essere individuato nell�Agenda for Peace (e relativo Supplemento) 
elaborati nel 1992 dall�allora Segretario generale Boutros Ghali. 

Neppure la prassi fornisce indicazioni sul fondamento giuridico delle operazioni 
di mantenimento della pace, che n� il Consiglio di Sicurezza, n� l�Assemblea 
Generale hanno mai precisato nelle loro risoluzioni: parte della 
dottrina ritiene che risieda nel Cap. VI della Carta (in particolare nell�art. 36, 
che autorizza il Consiglio di sicurezza a raccomandare �procedimenti o metodi 
di sistemazione adeguati� in caso di controversie suscettibili di mettere in pericolo 
la pace o la sicurezza internazionale), altri invece lo individuano nel 
cap. VII (all�art. 39, che autorizza il Consiglio di Sicurezza ad intervenire in 
presenza di una minaccia alla pace, violazione della pace o atto di aggressione, 
ovvero ancora all�art. 42, concernente l�adozione di misure implicanti l�uso 
della forza). Altri ancora richiamano la teoria dei �poteri impliciti�, alla luce 
dell�obiettivo generale di mantenimento della pace perseguito dall�ONU (ai 
sensi del Preambolo e dell�art. 1 della Carta). 

Significativamente il secondo Segretario Generale delle Nazioni Unite, 
Dag Hammarskj�ld, assegnava le missioni di peacekeeping all�ideale �Capitolo 
sei e mezzo� della Carta ONU, posizionandole tra i tradizionali metodi di 
soluzione pacifica delle controversie - come la negoziazione e la mediazione, 
previste dagli articoli del Capitolo VI - e le azioni pi� risolute, compreso l�uso 
della forza, previste dal Capitolo VII (185). 

La questione pare essere stata incidentalmente trattata solo in un parere 
consultivo della Corte Internazionale di Giustizia, il 20 luglio 1962 (relativo 
a �certe spese delle Nazioni Unite�). 

Contrariamente alle misure adottate ai sensi dell�art. 42 Carta ONU, le 
operazioni di peacekeeping non hanno natura coercitiva, poich� non sono dirette 
contro uno Stato, ma mirano a preservare una situazione di ordine sociale 

o uno status quo di non belligeranza: di conseguenza possono realizzarsi solo 
con il consenso dello Stato all�interno del quale devono operare. 

Il personale militare che vi partecipa, quindi, ha il diritto di usare la forza 
solo per legittima difesa e solo nell�attivit� di polizia interna; alla componente 
militare si � poi gradualmente aggiunto personale civile e di polizia, per far 

(185) La dottrina pi� recente parla invece di �Capitolo sette e mezzo� (cfr. MONACO, Manuale di 
Diritto internazionale pubblico. Parte generale, Torino 2009, p. 591). Per un�efficace sintesi delle questioni, 
cfr. PIGOLI, La riforma delle operazioni di mantenimento della pace: Nazioni Unite, organizzazioni 
regionali e nuove potenze emergenti, CeMiSS Roma 2010 (reperibile anche all�indirizzo web 
http://www.difesa.it/SMD/CASD/IM/CeMiSS/Pubblicazioni/Documents/PIGOLI.pdf). 


fronte alle modifiche funzionali di tali operazioni (spesso non riducibili alla 
semplice separazione ed interposizione tra le parti). 

Ne � derivata l�esigenza di un effettivo coordinamento sinergico degli 
operatori civili e militari presenti nelle missioni di pace: da un lato, si � scelto 
di delegare ad organizzazioni regionali (quali la NATO, l�OUA, l�UE, etc.) la 
concreta gestione operativa delle crisi, non disponendo il Consiglio di Sicurezza 
di Forze sufficienti per agire direttamente, dall�altro si � tentato di sperimentare 
vari modelli di coordinamento strategico ed operativo, elaborando 
il concetto di �missioni integrate� (186). 

L�approccio ONU fa anch�esso perno sul principio-chiave del coordinamento 
civile/militare: i maggiori contributi dottrinari in tal senso provengono 
dall�Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN-OCHA), dal Department 
of Peacekeeping Operations (DPKO) e dall�Inter-Agency Standing 
Committee (IASC). 

La nozione di �coordinamento civile-militare�, proposta da UN-OCHA e 
successivamente ripresa da altre Agenzie, parla esplicitamente di �dialogo e 
interazione essenziali tra attori civili e militari nelle emergenze umanitarie, 
necessari per proteggere e promuovere i principi umanitari� che rappresentano 
l�obiettivo comune da raggiungere. 

Il DPKO ha invece pubblicato successivamente un documento (187) che 
tratta il tema civili/militari all�interno del caso specifico delle operazioni di pace, 
superando quindi il precedente ambito della sola dimensione umanitaria: �Il coordinamento 
NU tra civili e militari � il sistema di interazioni che coinvolgono 
lo scambio di informazioni, il negoziato, l�evitare indesiderate interferenze reciproche 
(il cosiddetto de-confliction), il mutuo soccorso e la pianificazione a 
tutti i livelli tra elementi militari e organizzazioni umanitarie, agenzie di sviluppo, 
popolazione civile locale per raggiungere i rispettivi obiettivi�. 

Sul terreno operativo, l�ONU ha cercato di consolidare il concetto di �Integrated 
Mission Task Force� per la pianificazione delle missioni, traducendolo 
nel concetto di �Strategic Framework� (in Afghanistan) o di �Results Focused 
Transition Framework� (in Sierra Leone) con l�esplicito obiettivo (188) di rac


(186) Sull�argomento, si veda ad esempio lo studio condotto dallo �Robert Schuman Centre for 
Advanced Studies�, AA.VV., European Report on Development 2009. Overcoming Fragility in Africa, 
Bruxelles 2009. 

(187) UN DPKO, Civil-Military Coordination Policy, New York, 9 settembre 2002 (anche su 
http://ochanet.unocha.org/p/Documents/DPKO%20Civil-Military%20Coordination%20Policy.pdf). In 
argomento cfr. anche DURCH, Twenty-first-century peace operations, Washington 2006. 

(188) Si veda, in questi termini, il Paragrafo 4 della �Note on Guidance on Integrated Missions�, 
del Segretario Generale, in data 17 gennaio 2006: �Integration is the guiding principle for the design 
and implementation of complex UN operatons in post-conflict situations and for linking the different dimensions 
of peacebuilding (political, development, humanitarian, human rights, rule of law, social and 
security aspects) into a coherent support strategy. An integrated mission is based on a common strategic 
plan and a shared understanding of the priorities and types of programme interventions that need 


cordare le complesse missioni di peacebuilding e l�articolato sistema di programmi 
(a breve, medio e lungo termine) in un unico �sistema ONU� relativo al 
singolo Stato di intervento, combinando tra loro le dimensioni politiche, di sviluppo, 
umanitarie, dei diritti umani, dello Stato di diritto, sociali e di sicurezza. 

Nel 2008, di fronte alle difficolt� operative ed alle resistenze all�integrazione 
delle componenti del sistema ONU (soprattutto quelle civili, che temevano 
di perdere il predominio acquisito durante gli anni della �Guerra Fredda�, allorch� 
non era realmente ipotizzabile un intervento militare nei teatri di guerra 
in cui le Superpotenze si contendevano le sfere di influenza), venne introdotto 
il concetto di �approccio integrato� (189), che non presuppone l�integrazione 
delle strutture (come invece accade per le �missioni integrate�) ma si limita a 
prefigurare un �partenariato strategico� tra tutte le componenti operative: a tal 
pro, il DPKO ha istituito una �Integrated Mission Training Cell� che si prefigge 
di integrare (nel senso di raccordare, pur mantenendole distinte) le funzioni formative 
di militari, Forze di polizia ed operatori civili in un�unica unit�. 

All�interno di tale cornice, nessuna fonte giuridica parla di polizie a status 
civile o a status militare, men che mai si fa cenno (pi� di recente) alle MSU, 
ad EUROGENDFOR o altro: semplicemente si distingue - peraltro in termini estremamente 
ampi - tra FPUs (Formed Police Units) e CIVPOL (generalmente disarmata), 
cos� da non vincolare l�apporto - gi� notoriamente esiguo - dei 
singoli Stati membri a precise tipologie di personale. 

Molti Stati, infatti, hanno Forze di polizia con raggruppamenti operativi 
dediti alla salvaguardia dell�ordine e della sicurezza pubblici che, pur essendo 
gerarchicamente e militarmente organizzati, non hanno per� uno status giuridico 
militare o sono inseriti unicamente nell�organico del Ministry of Interior 
(ad esempio, l�India) o della Giustizia. 

La necessit� di non privarsi di alcun apporto utile spinge dunque l�ONU 
a chiedere - per poter far parte di un contingente di FPU - semplicemente una 
concreta capacit� di �robust police�, cos� precisata: �� which give them a 
heightened robustness compared to IPOs� (190). 

to be undertaken at various stages of the recovery process. Through this integrated process, the UN system 
seeks to maximize its contribution towards countries emerging from conflict by engaging its different 
capabilities in a coherent and mutually supportive manner�. 

(189) Cfr. la Decision n. 2008/24 - Integration. Decisions of the Secretary General, Policy Committee, 
UN, New York, 25 June 2008. In argomento si vedano METCALFE-GIFFEN-ELHAWARY, UN Integration 
and Humanitarian Space, Washington HPG 2011. 

(190) Gli �IPO� sono i tradizionali individual police officers. La definizione di �robust police� � 
contenuta nel documento di policy DPKO 2009.32 (�Formed Police Units in UN Peacekeeping Operations�), 
che rivede il precedente DPKO/PD/2006/00060 del 9 novembre 2006. Sempre nel 
DPKO/PD/2009/00032, al paragrafo D.1.1 si precisa che �A United Nations Police component can consist 
of individual police officers (IPOs) and � where they are authorised and deployed � formed units. 
Both together form what is referred to as UNPOL�. Il successivo alinea chiarisce che �United Nations 
FPUs are defined as cohesive mobile police units, providing support to United Nations operations and 
ensuring the safety and security of United Nations personnel and missions, primarily in public order 


Va per� evidenziato che al p.to 21 del DPKO/PD/2009/00032 il �legislatore� 
ONU, nell�individuare l�assetto organizzativo delle FPUs, utilizza significativamente 
espressioni tipiche del lessico militare quali �plotoni� ed 
�interoperabili sotto-unit� tattiche� (191); se a ci� si aggiungono i requisiti 
di impiego e logistici che emergono dalla lettura complessiva del documento, 
restano ben pochi dubbi sulla struttura organizzativa e sulle capacit� funzionali 
dello strumento, che rimane comunque, salvo specifiche eccezioni (vedansi i 
punti da 63 a 70 del documento) a disposizione della massima Autorit� di polizia 
in teatro (HOPC-Commissioner). 

Le fonti giuridiche dell�ONU non prendono tuttavia espressa posizione 
sulle MSU (192), che vengono ricomprese tra le unit� militari nella disponibilit� 
del Force Commander, figura presente in tutte le missioni ove la componente 
militare abbia una qualche minima rilevanza: per il �sistema ONU� non 
vi sono infatti funzioni od unit� di polizia al di fuori dell�autorit� del HOPC-
Commissioner, ma al pi� delle azioni di coordinamento con componenti militari 
della missione, Forze e strutture alleate ed Autorit� locali. 

management. As a coherent part of the United Nations police component, FPUs work in support of the 
establishment and maintenance of safe, democratic and human rights abiding communities by delivering 
professional, responsive and more robust policing in accordance with the mandate�. In precedenza gi� 
DWAN, Executive policing. Enforcing the Law in Peace Operations, SIPRI Oxford 2002. 

(191) Testualmente: �The minimum overall operational capacity is approximately 120 police officers. 
The operational capacity consists of inter-operable tactical sub-units (platoons). The recommended number 
of tactical sub-units (platoons) is four (4), the minimum number is three (3), consisting of approximately 30 
officers each. If an FPU�s operational capacity is made up of only three tactical sub-units, they will have to 
consist of approximately 40 officers each to reach the minimum overall operational capacity of 120. Specialised 
units may be added, but do not count towards the minimum operational capacity of 120�. 
Su http://www.un.org/en/peacekeeping/sites/police/documents/formed_police_unit_policy_032010.pdf. 

(192) Il rapporto formativo-dottrinale tra FPU e MSU trova eco nel recente �Memorandum of Understanding 
between the Center of Excellence for Stability Police Units (CoESPU) and the United Nations 
Department of Peacekeeping Operations (DPKO)�, sottoscritto il 29 giugno 2010, a mente del 
quale l�Organizzazione Internazionale �will continue to cooperate to CoESPU programmes and activities, 
considering its doctrinal contribution, making use of its expertise in training police cadres and 
trainers and utilizing its facilities and resources in the areas of training in accordance with the 
DPKO/DFS Training Policy on Support to Military and Police Pre-deployment Training�. Il CoESPU 
� il centro formativo d�eccellenza dell�Arma dei Carabinieri, istituito su decisione congiunta (Action 
Plan) dei Paesi partecipanti al summit G8 di Sea Island del 2004 (Canada, Francia, Germania, USA, 
UK, Russia, Italia e Giappone) al fine di dar vita -ex nihilo - ad un �� international training center 
that would serve as a Center of Excellence to provide training and skills for peace support operations�: 
ad oggi tale Istituzione cura la formazione e l�organizzazione di Forze (soprattutto del tipo 
Carabinieri/Gendarmeria, nonch� FPUs) preparate per un dispiegamento rapido, logisticamente indipendenti 
ed in grado di operare con componenti sia civili che militari per stabilire una forte presenza di polizia 
in ambienti ostili. Un analogo Memorandum � stato sottoscritto il 3 febbraio 2014 tra l�Arma dei 
Carabinieri e l�Office of the Under Secretary of Defense Personnel & Readiness del Dipartimento della 
Difesa USA. Per un�introduzione generale, cfr. CRETA-PIROZZI, Formazione e reclutamento del personale 
civile, in AA.VV. (a cura di PIROZZI), L�Italia nelle missioni civili dell�Ue. Criticit� e prospettive, Roma 
(IAI) 2010, pp. 49 ss.. In materia, cfr. anche HILLS, International Peace Support Operations and CIVPOL, 
cit., pp. 26 ss., nonch� LUTTERBECK, Between Police and Military. The New Security Agenda and the 
Rise of Gendarmeries, in Cooperation and Conflict 39/2004, pp. 45ss.. 


Ritornando all�ambito UE, va innanzitutto precisato che base legale degli interventi 
internazionali PSDC/PESD � attualmente l�art. 43 TUE, che consente al-
l�Unione di intraprendere missioni estere a carattere sia civile che militare (caratteri 
invero complementari, ut supra) nell�attuazione della propria politica di sicurezza 
interna ed esterna; le missioni a carattere militare possono avvalersi anche di Forze 
e capacit� della NATO, secondo quanto previsto - nell�ambito del partenariato strategico 
tra le due organizzazioni - dagli accordi �Berlin Plus� (cfr. retro). 

Tra le fonti normative dell�Unione Europea non � dato trovare una disciplina 
specifica delle MSU, dal momento che quest�ultimo modello � stato in larga parte 
trasfuso nelle IPUs (193): che si tratti per� di due realt� affini e sostanzialmente 
interscambiabili lo si � visto nel 2004, in occasione dell�avvicendamento tra la 
missione SFOR della NATO e la subentrante EUFOR dell�UE, che comport� la necessit� 
di trasformare anche il Reggimento MSU (fino a quel momento operante 
in seno alla SFOR quale Forza di polizia giudiziaria e di prossimit�). In quella circostanza 
si ritenne di mantenere la missione sotto un comando militare, per garantire 
un passaggio graduale dalla responsabilit� NATO a quella dell�UE, e fu 
deciso che la MSU, pur rimanendo sostanzialmente la stessa, si sarebbe trasformata 
in una nuova struttura a met� strada tra l�assetto originario e l�IPU. 

Tale nuova struttura prese informalmente il nome di �IPU style capabilities�, 
con l�unica novit� di includere delle ulteriori aliquote di personale di 
polizia (austriaci) e di fanteria (ungheresi), scelta quest�ultima piuttosto irrituale, 
essendo la MSU a tutti gli effetti una struttura di polizia. 

Nella letteratura specialistica esistono due documenti sul tema, lo �European 
Union Multinational Specialised Union Concept�, elencante i principi 
generali che disciplinano la MSU, da considerarsi una sorta di ponte verso una 
missione di polizia civile (tesi comune alla dottrina NATO) e lo �European 
Union Multinational Specialised Union Procedures�. 

Quest�ultimo individua le procedure tecnico-tattiche che governano l�impiego 
di una MSU nel teatro operativo, focalizzandone i potenziali compiti ed 
elencando, per ognuno di essi, i fattori-chiave e le procedure di coordinamento 
con la polizia militare, la polizia locale (quando esiste) e le eventuali missioni 
di polizia internazionale che operano nella stessa zona: aspetto cruciale del 
modello MSU � in effetti la flessibilit�, stante la sua capacit� di adattarsi a qualsiasi 
realt� possa emergere sul campo (194). 

Flessibilit� che, come gi� visto, rappresenta il tratto caratteristico anche 
di EUROGENDFOR. 

I principi espressi in tali documenti, sottoposti all�EUMC per una ricezione 

(193) �Unit� Integrate di Polizia� create in ambito UE a seguito del Consiglio Europeo di G�teborg 
(2001) per contribuire all�attuazione pratica alle linee-guida sulla sicurezza esterna elaborate nel 
precedente Consiglio di Feira. 

(194) Sul punto, PARIS, op. ult. cit. 


formale (195), vengono gi� ora informalmente utilizzati dalla DG IX del Segretariato 
Generale del Consiglio ed anche dall�EUMS. 

Come gi� anticipato, le incertezze dottrinarie sorte inizialmente in ambito 
NATO avevano comportato la necessit� di configurare la MSU come uno strumento 
che opera solo sotto l�Autorit� militare ed � composta esclusivamente 
da personale non civile; la strategia di sicurezza dell�UE mira, per contro, a 
distinguersi dalla dottrina NATO elaborando il concetto integrato (civile/militare) 
di �gestione civile delle crisi� (GCC): conseguentemente si � optato per 
una variante del modello NATO-MSU, denominato IPU (Integrated Police Unit, 
la cui funzione - rispetto a quella delle MSU di creare un ambiente sicuro - � 
piuttosto quella di consolidare una sicurezza gi� acquisita), aperta alla partecipazione 
anche di Forze civili di polizia, sia per missioni di sostituzione delle 
Forze dell�ordine locali, sia per incarichi privi di mandato esecutivo (come ad 
esempio la polizia militare dell�Unione Europea in Bosnia (196)). 

Recependo lo standard delle gendarmerie, l�IPU pu� operare sia sotto comando 
civile, sia (seppur temporaneamente) sotto quello militare (197). 

Il rapporto di derivazione dall�MSU � evidente anche nella disciplina dottrinale 
IPU, elaborata con il contributo del Comando generale dei Carabinieri 
ed operativamente testata gi� nel 2003, nell�esercitazione �Lucerna-03� (198); 
ciononostante, vi sono delle differenze sostanziali tra MSU ed IPU: ad esempio 
quest�ultima - allo stato attuale - non pu� esercitare alcuna funzione militare, 
essendo formata anche da organici a status civile, limitazione che viene a colpire 
anche i contingenti di gendarmeria che entrino a farne parte. 

Proprio da tali limiti trae fondamento il principio generale - espresso da 
un�importante fonte giuridica dell�Unione Europea in materia di sicurezza dell�opportuna 
compresenza, negli ordinamenti nazionali, di Forze di polizia a 
carattere militare con quelle (legate soprattutto all�esperienza del Nord Europa) 

(195) Comitato Militare dell�UE, istituito con Decisione del Consiglio il 22 gennaio 2001. 

(196) Sul rapporto MSU/IPU si rinvia allo studio di LIBERTINI, �Le prospettive di impiego delle 
unit� multinazionali di polizia a status militare nell�ambito delle missioni di supporto alla pace�, Ce-
MiSS Roma 2005, pp. 146 ss.. 

(197) Tale eventualit� (cfr. retro), mutuata dalla prassi internazionale, trova conferma anche nel 
�Comprehensive concept for Police Substitution Missions� del Consiglio UE (doc. n. 8655/1/02 dell�8 
maggio 2002, declassificato nel 2003 ed aggiornato all�11 ottobre 2010): �Subject to their national rules 
and legislation, certain police components may be placed temporarily under the responsibility of the 
military authority entrusted with the protection of the population�. Il testo integrale � scaricabile da 
http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/02/st08/st08655-re05.en02.pdf. Le IPUS vengono indicate (in 
nota 1) come �specialised units were first defined in the European Council of Feira as robust, rapidly 
deployable, flexible and interoperable Forces, capable of performing executive tasks in order to re-establish 
the law and order in non-stabilised situations�. 

(198) Condotta a Roma proprio dall�Arma dei Carabinieri sotto gli auspici dell�UE, con la partecipazione 
delle Forze di polizia di 25 Nazioni europee. In materia si veda anche AA.VV., The Future 
Roles for Stability Police Units Workshop, Washington 2005, disponibile in versione online all�indirizzo 
http://www.usip.org/files/resources/april_coespu.pdf. 


prettamente civili: nella �Dichiarazione sulle Forze di polizia� del Consiglio 
UE (data a Bruxelles il 19 novembre 2001) si precisa infatti, al p.to 5, lett. b) 
secondo alinea, che �Le capacit� di polizia impegnate comprendono sia Forzedi polizia con status civile che Forze di polizia con status militare del tipo 
gendarmeria. Questa diversit� � un asset qualitativo per l�Unione Europea. 
Nel caso di un�operazione coinvolgente componenti militari e di polizia,

l�azione dell�UE secondo i "compiti di Petersberg" richiede una forte sinergia 
tra la polizia e le componenti militari di tale operazione. Sul terreno, questo 
sar� assicurato da uno stretto coordinamento tra le due componenti� (199). 

Gli obiettivi relativi alle quattro aree prioritarie individuate nel Consiglio 
Europeo di Feira (2000) vengono precisati nel corso del Consiglio Europeo 
di G�teborg, del giugno 2001; con riferimento alle missioni di polizia, in particolare, 
viene approvato un �Piano d�azione� mirante a razionalizzare le risorse 
e gli strumenti disponibili, nonch� a creare delle strutture che 
sovrintendano alla gestione delle Forze operanti nel quadro della GCC. 

In quest�ottica viene dato avvio al processo di costituzione di Integrated 
Police Units (IPUs), vale a dire - in accordo con la definizione datane gi� in 
occasione del Consiglio di Feira - unit� �consistenti, rapidamente schierabili, 
flessibili e interoperabili� (200), concepite per agire con �compiti esecutivi 
in situazioni non stabilizzate, soprattutto nel passaggio da un comando militare 
iniziale al successivo comando civile� (201). 

Seppur aperte alla contribuzione di qualsiasi Forza di polizia (tanto a status 
civile quanto militare), in concreto solo le Forze cd. �robuste� e le gendarmerie 
appaiono in grado di soddisfare i requisiti operativi individuati dalla 
normativa UE per le IPUS; solo le gendarmerie, per�, oltre ad assicurare una 
fondamentale unit� della linea di comando (202) possono prendere parte sia 

(199) Su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/01/st14/st14237.it01.pdf (all.II - p. 16). 

(200) Le Conclusioni del Consiglio Europeo di Feira individuano i due principi-cardine della 
PESC, ossia la �capacit� di reazione rapida� (aspetto prettamente operativo) e soprattutto la �multifunzionalit��, 
da cui discende la regola-chiave dell�organizzazione �integrata� della pubblica sicurezza. 

(201) Definizione riportata nell�Appendice IV (Obiettivi concreti per la polizia) delle Conclusioni 
della Presidenza al Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira, 19-20 giugno 2000, p. 20. Sulla dottrina 
IPU si veda l�efficace sintesi di COPPOLA, in AA.VV., Seminario sulle Multinational Specialized Units, 
cit., p. 177. Il testo integrale delle Conclusioni (che correttamente distinguono tra funzioni di polizia 
�civile� e capacit� militari, nel senso pi� volte ribadito in queste pagine), con allegati, � reperibile su 
http://www.europarl.europa.eu/summits/fei1_it.htm. 

(202) In argomento, cfr. JEAN, An Integrated, cit., che a p. 34 evidenzia (in un paragrafo significativamente 
titolato �Police vs. Military Force�) come �The various European police forces have extremely 
different organisations and cultures. Some states - such as Italy or France - also have �military-statute� 
general police units, whose normal tasks totally overlap with those of the civilian police. This civilian 
statute may cause some coordination difficulties even at national level, and also makes it necessary to 
ensure that all different national police components are represented in a balanced way in the European 
staff organisations. By the way, the existence of military-statute police corps - as mentioned above - provides 
the Union with useful �bridges� that can enhance cooperation, synergy and unity of the EU intervention. 
This would be crucial especially in the early stages of an intervention�. 


ad una MSU che all�EUROGENDFOR, strutture indispensabili a risolvere il noto 
problema dello svolgimento delle funzioni generali di polizia in un contesto 
(inizialmente) bellico nel quale non si intenda comunque applicare la legge 
marziale. Contesto, del resto, nel quale le IPUs non possno operare, intervendno 
solo nella fase successiva del consolidamento delle condizioni di sicurezza. 

� questo il punto in cui - in ottica puramente europea - le tradizionali dottrine 
della sicurezza interna che respingono l�approccio �integrato� entrano in crisi: 
come nota un Autore (203) con esemplare chiarezza, �i Paesi che non dispongono 
di Forze di polizia a status militare hanno difficolt� oggettive ad integrarsi in un 
sistema cos� delineato e che, peraltro, costituisce la vera novit� dello strumento 
militare nelle PSO. Tali Paesi possono avvalersi soltanto della polizia militare per 
entrare nel sistema e, per converso, le stesse organizzazioni di polizia militare ne 
avvertono la necessit� per evitare un ridimensionamento proporzionale alla diminuzione 
quantitativa generalizzata degli strumenti militari. Ebbene, la polizia 
militare per contiguit� professionale, pur non disponendo di tutte le capacit� necessarie 
per svolgere compiti di polizia ordinaria, pu� giocare un ruolo importante 
in MSU ma non nelle IPU in quanto assetti civili di polizia nei quali potranno trovare, 
invece, adeguata collocazione elementi di Forze civili di polizia. Da questo 
punto di vista appare centrale il ruolo delle Forze �Carabinieri-like� intorno alle 
quali possono aggregarsi, a seconda delle necessit� e del tipo di assetto, Forze di 
polizia militare o Forze civili di polizia ordinaria, ci� in quanto le Forze di gendarmeria 
hanno intrinseche capacit� organizzative e logistiche che le rendono di 
rapido schieramento, oltre che interoperabili con la Forza militare�. 

Le IPUs sono strutture di polizia �robuste� a spiegamento rapido, che si 
inquadrano nell�ambito di missioni civili di polizia (del tutto distinte da quelle 
militari, ove invece la MSU pu� anche operare), nelle quali la catena di comando 
e di controllo coincide con quella civile (l�Head Police Mission dipende 
infatti dal Rappresentante Speciale PESC). 

Le �Multinational Specialized Units� della NATO e le �Integrated Police 
Units� dell�Unione Europea sono quindi due facce della stessa medaglia, in 
quanto strumenti pensati per dare risposta alle necessit� concrete che si presentano 
in uno scenario di crisi; entrambe, inoltre, presuppongono la partecipazione 
di Forze di polizia a status militare (204). 

Proprio quest�ultimo aspetto consente all�IPU di raccordarsi con gli altri 

(203) LIBERTINI, Le prospettive di impiego, cit., pp. 168 ss.. 

(204) La comune derivazione dottrinaria ed operativa delle IPUs e delle FPUs dal modello MSU � ricordata 
da DZIEDZIC, The public security challenge and International Stability Police Units, SAM - Ankara 
2012, p. 4: �To date, doctrinal development in NATO and the EU for use of police units with a military structure 
has progressed along the same path because the same individual from the Italian Carabinieri has been 
responsible in both cases. To preserve this doctrinal convergence and promote interoperability, both among 
the countries that provide stability police and among the international organizations that use them, a Center 
for Doctrine and Training of International Stability Police Units should be established�. 


operatori sul campo, pur presentando una diversa composizione rispetto a MSU 
ed EUROGENDFOR (EGF) proprio per quel che concerne il personale militare, 
poich� nelle IPU - come gi� anticipato -non trovano collocazione componenti 
militari che non abbiano - nel proprio Paese -una generale capacit� 
di polizia ordinaria. Possono cio� farne parte le Forze di polizia civile a status 
militare ma non anche le semplici polizie militari, che invece hanno titolo a 
partecipare sia ad una MSU che ad EGF (205). 

Tale principio trova ulteriore conferma nel �Comprehensive concept for 
Police Substitution Missions� - doc. 8655/1/02 REV 1 del Consiglio UE (2002, 
cit.) - tuttora in vigore, nel quale l�organo legislativo (il Consiglio) espressamente 
riconosce le competenze generali (206) esercitate dai Corpi di gendarmeria 
non solo nelle missioni di pace internazionali, ma direttamente nei singoli 
Stati membri: una caratteristica che viene testualmente definita �valore aggiunto�, 
confermandone il ruolo centrale nell�ordinamento sovranazionale. 

I principi sinora esposti trovano ulteriore riscontro nelle �Guidelines for 
rapid deployment of Integrated Police Units - IPUs - and other Police elements 
in the initial stage of an EU-led substitution mission and interoperability of 
IPUs and Police Headquarters� (207) adottate dall�UE nel disciplinare l�utilizzo 
di tali Unit�, oltre che nella dottrina sui rapporti sinergici tra Forze ar


(205) Seppur con il ruolo di �Osservatori�. L�EGF potrebbe rappresentare, secondo una corrente 
di pensiero, lo strumento operativo per coinvolgere nelle attivit� di peacekeeping quelle componenti 
specialistiche (soprattutto del Nord e Centro-Europa) che svolgono s� funzioni di polizia, ma non direttamente 
a servizio della popolazione civile. La possibilit� di attingere organici dalle tradizionali Forze 
di fanteria viene invece esclusa, in ragione della diversa professionalit� richiesta e della formazione specifica 
che distingue il poliziotto dal soldato. 

(206) �A police substitution mission may have to cover the main following functions: General 
policing; patrols, security, preventive and community policing; traffic police, immigration and border 
police; maintenance of public order and SWAT; VIPS protection; antiterrorism; explosives devices disposal, 
intelligence and information, etc; Criminal investigation: analysis and criminal intelligence, crime 
investigation (including assistance to international tribunals), organised crime investigation, identification 
of people and forensic sciences � The Member States of the EU have the full range of necessary 
police capacities for such a mission. The police capabilities committed comprise both police forces 
with civil status and police forces with military status of gendarmerie type. These capacities should 
complement each other, taking into account the specific characteristics of each situation. This variety 
of police forces enriches the capacity of the European Union and provides added value to undertake 
a wide range of police missions�. Tale precisazione segue la premessa per cui nelle specifiche missioni 
di �Police Substitution� � necessario il �deployment, simultaneously or almost simultaneously when 
possible, of a police substitution mission with the military operation in order to reduce as much as possible 
the gap in which the military contingent might assume, on its own, public security tasks, particularly 
those related to public order�. 

(207) Doc. del Consiglio n. 15956/04, Restreint UE (versione parzialmente declassificata sul sito 
non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/sep/eu-council-guidelines-integrated-police-units15956-
ext1-04.pdf). In argomento si pu� citare innanzitutto il rapporto della Conferenza tenutasi a Washington 
il 4 maggio 2005 sul tema �The Future Roles for Stability Police Units Workshop� (su 
http://www.usip.org/files/resources/april_coespu.pdf). In termini critici, invece, cfr. NEUTZE, Responsibility 
beyond Brussels? European Union Peacebuilding - Performance and capacity of European peace operations 
exemplified through EU crisis management in Macedonia, sul sito http://www.atlantic-community.org. 


mate, di polizia ed operatori civili nella gestione multi-level delle situazioni 
(internazionali ed interne) di crisi (208). 

Nel paragrafo 1.2.1, non a caso, viene indicato come elemento essenziale 
delle IPUs l�essere una componente di polizia (209) che soddisfa le condizioni di 
�robust, rapidly deployable, flexible and interoperable forces�: dunque, una 
Forza flessibile ed interoperativa (�interoperable among themselves and with 
other Police Elements� ai sensi del doc. del Consiglio UE 26 ottobre 2001, n. 
13307/01 �Standardisation and interoperability�, classificato), che deve soddisfare 
alcune caratteristiche tra cui il disporre di unit� strutturate secondo una propria 
catena unitaria di comando, nonch� l�utilizzo di tattiche, tecniche e procedure 
di formazione comune ed in grado di svolgere tutte le funzioni di polizia civile. 

Ancora, al par. 1.4.1 �The use of IPUs is expected to reduce as much as possible 
the gap in which the military component might assume, on its own, public 
security tasks. Therefore interaction with the military will be a priority (210). 
The simultaneous deployment of military and police components will requireclose coordination including an integration of planning processes�. Infine (par. 
5.2.1), �Composition and dimension of IPUs is and remains a national issue�. 

� opportuno evidenziare che le regole di interoperativit� delle Forze di 
polizia di cui si � detto costituiscono un preciso obbligo giuridico - almeno in 
prospettiva, stante l�assenza di meccanismi sanzionatori nel doc. 13307/01 per 
gli Stati membri dell�UE, alla luce degli impegni formalmente assunti con 
la Dichiarazione finale della �Conferenza ministeriale sul miglioramento delle 
capacit� di polizia� di Bruxelles (19 novembre 2001). 

La centralit� del modello di Forza �ibrida� nel diritto dell�Unione trova 
espressione anche nelle recenti �Lessons and best practices for CSDP from 
the European Union Police Force Training (EUPFT) 2008-2010� (211), una 
relazione riservata avente ad oggetto l�individuazione delle questioni di maggior 
rilevanza emerse nel contesto triennale del suddetto Corso di formazione, 
attualmente l�unico in comune per i Corpi di polizia dei vari Stati membri in 
ambito PESC/PSDC (CSDP in inglese). 

(208) In argomento, HANSEN-GIENANTH-PARKES, International and Local Policing in Peace Operations. 
Lessons Learned and the Way Forward to Integrated Approaches, Zentrum f�r Internationale 
Friedenseins�tze, Berlin 2006. 

(209) Nel par. 6 del doc. 15956/04 sono elencate le tipiche funzioni dei contingenti IPUS, che 
vanno dal mantenimento dell�ordine pubblico alle attivit� di polizia criminale e giudiziaria. Pi� in generale, 
�IPUs are flexible and multi-functional. Therefore, they are able to perform tasks in all fields of 
policing. They act as a police force with general competence (within a broader Rule of Law approach) 
and in coordination with other actors to enforce and re-establish law and order�. 

(210) L�interoperativit� tra le Forze armate tradizionali e quelle di polizia � una priorit� gi� enunciata 
in termini generali nelle �Guidelines for Police Command and Control Aspects of EU Crisis Management�, 
doc. 7854/02 (restreint). 

(211) Il doc. ARES (2011) 1466618, del 12 dicembre 2011, ad accesso limitato, � pubblicato sul 
portale non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2012/feb/eu-eeas-csdp-police-training-20082010-
18536-11.pdf. 


Tale documento - che tenta altres� di colmare la persistente lacuna dottrinaria 
in materia di IPUs (212) - non solo invita gli Stati membri ad individuare 
con precisione quali tra le proprie Forze di polizia effettivamente rispondano 
ai requisiti oggettivi (fissati dal Consiglio UE) per poter contribuire alle politiche 
di sicurezza dell�Unione, ma da subito chiarisce che una capacit� generale 
in tal senso hanno le componenti nazionali di EUROGENDFOR: in tal senso 
�should consider the resources of the European Gendarmerie Force (EGF) to 
facilitate deployment of IPUs - resources that, according to EGF's official website, 
are "first and foremost at disposal of EU" - but that the EU has so far 
never availed itself of in civilian crisis management under CSDP. The study 
should contribute to a necessary work/reflection on an harmonised approach 
of rapid deployment and to improve conditions of interoperability�. 

Decisivo, al riguardo, � il principio di �interoperativit��, chiave di volta del 
�sistema sicurezza� comunitario, sia sotto il profilo operativo che del contenimento 
dei costi. Una compiuta definizione � data al par. 59 dello �Initial Long-Term Vision 
for European Defence Capability and Capacity Needs� - valido per il periodo 
2006-2025 (213) - che mutua i caratteri dalla normativa previgente (214). 

Anche alla luce dei principi sovra esposti, oltre che nel mondo anglosassone 
(soprattutto statunitense) pure nella dottrina tedesca sembra in atto una 
rivisitazione dei modelli a �competenza ibrida�, come emerge da un recente 
studio dello �Stiftung Wi�enschaft und Politik� (215), significativamente titolato 
�Unit� di Gendarmeria nelle missioni internazionali di stabilizzazione. 
Una possibilit� per la Germania?�. 

(212) Invero per le FPUS esiste il documento DPKO/PD/2006/00015 dell�8 maggio 2006, avente 
ad oggetto �Guidelines for Formed Police Units on assignment with peace operations�, integrate dalla 
Policy per le Formed Police Units in United Nations Peacekeeping Operations (doc. 2009.32 - cfr. 
retro). Sui rapporti tra la dottrina FPU ed IPU si segnala il comprensivo �INPROL Consolidated Response 
(08-006)� a cura di BRUZZESE-POULIOT-SAL RODRIGUEZ, in http://inprol.org/files/CR08006.pdf. Sulla 
dottrina FPU si veda BENNER-MERGENTHALER-ROTMANN (a cura di), Doctrine Development in the UN 
Peacebuilding Apparatus: The Case of UN Constabulary Police, 1999-2006, San Francisco 2008 (testo 
nel quale tra l�altro implicitamente si accoglie - p. 14 - la dottrina internazionale che vede nei Carabinieri 
italiani una complessa e pi� evoluta forma di gendarmeria, ut supra). 

(213) �This needs to be at the heart of all European capability development work. Expeditionary, 
multi-national operations, with strong inter-action with civil instruments, require interoperability 
within national Forces, between national Forces, and with civilian actors. Just as equipment is 
only one element of capability, so the interoperability requirement relates to all other aspects of capability, 
from language to procedure to training�. Il testo, non pubblicato sulla GUCE, � reperibile 
su http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressdata/EN/reports/91135.pdf. 

(214) In particolare dal doc. 13307/01 (�Standardisation and interoperability�) del Consiglio, in 
data 26 ottobre 2001, che definisce l�interoperabilit� nella pubblica sicurezza come �The ability of systems, 
units or forces to provide services to and accept services from other systems, units or forces and to use 
the services so exchanged to enable them to operate effectively together�. La medesima nozione viene 
richiamata dal recente �Concept for rapid deployment of police elements in an EU-led substitution mission� 
del 19 luglio 2012, laddove per �police elements� si indicano espressamente le �Integrated Police 
Units, Police Headquarters, Formed Police Units, Specialised Teams and Individual Police Officers�). 
Su http://www.parlament.gv.at/PAKT/EU/XXIV/EU/08/85/EU_88597/imfname_10037428.pdf 


Come � noto, la scelta della Repubblica Federale Tedesca di dotarsi esclusivamente 
di Forze di polizia a statuto civile (con l�eccezione di una ridotta aliquota 
di Feldj�ger, che per� svolgono quasi esclusivamente funzioni di polizia 
militare ed in parte, fino al 1994, della Bundesgrenzschutz) nasce dai postumi del 
secondo conflitto mondiale, all�esito del quale lo Stato (o quel che ne restava, 
dopo le mutilazioni territoriali e di sovranit�) era stato sostanzialmente disarmato. 

A differenza dell�Italia, che cerc� di superare i limiti del diktat inserendo 
tutte le Forze di polizia (non sottoposte a limiti di contingentamento) in seno 
alle Forze armate, l�ordinamento tedesco trovava un ostacolo nell�art. 87-a, 
commi secondo, terzo e quarto della Grundgesetz (Costituzione federale) del 
1949, che non solo devolveva i principali compiti di polizia ai singoli L�nder 
(le Landespolizeien sono infatti le Forze di polizia a carattere generale dell�ordinamento 
tedesco) anzich� allo Stato centrale (216), ma ancor oggi limita l�impiego 
delle Forze armate in appoggio alla polizia all�ipotesi di �un incombente 
pericolo per l�esistenza o per l�ordinamento costituzionale liberale e democratico 
della Federazione o di un Land � se le Forze di polizia, cos� come la polizia 
confinaria federale non sono sufficienti � per proteggere obiettivi civili 
e per combattere ribelli organizzati ed armati militarmente� (217). 

Sebbene la Costituzione non parli dello status organizzativo da imprimere 
alle Forze di polizia, n� vi siano dei precedenti storici che giustifichino tali 
perplessit�, l�orientamento in questione sembra essere stato messo in discussione 
(218) solo a seguito del confronto con l�approccio �integrato� di matrice 
comunitaria (219). In un primo momento, invero, il Governo tedesco non ma


(215) �Istituto Tedesco per gli Affari di Sicurezza Internazionale� (SWP), organo tecnico ausiliario 
del Governo federale e del Parlamento tedeschi. Lo studio � di KEMPEN e KREUDER-SONNEN, Gendarmerieeinheiten 
in internationalen Stabilisierungsmissionen. Eine Option f�r Deutschland?, Berlin 2010 
(su http://www.swp-berlin.org/fileadmin/contents/products/studien/2010_S06_kmp_kreuder_ks.pdf). 
Sui limiti dell�ordinamento tedesco (fondato sul principio della rigida separazione delle competenze) rispetto 
ad altri modelli flessibili ed integrati europei si veda poi l�ampio studio di LIOE, Armed Forces in 
Law Enforcement Operations? The German and European Perspective, Heidelberg 2011. 

(216) Situazione che permane anche a seguito della F�deralismusreform del 2006, in occasione 
della quale venne abbandonata l�idea di estendere le competenze federali in materia di antiterrorismo: 
http://www.bundesrat.de/cln_330/nn_276146/DE/foederalismus/foederalismus-node.html?__nnn=true. 

(217) Cos�, testualmente, il quarto comma dell�art. 87-a GG: �Zur Abwehr einer drohenden Gefahr 
f�r den Bestand oder die freiheitliche demokratische Grundordnung des Bundes oder eines Landes kann 
die Bundesregierung, wenn die Voraussetzungen des Artikels 91 Abs. 2 vorliegen und die Polizeikr�fte 
sowie der Bundesgrenzschutz nicht ausreichen, Streitkr�fte zur Unterst�tzung der Polizei und des Bundesgrenzschutzes 
beim Schutze von zivilen Objekten und bei der Bek�mpfung organisierter und milit�risch 
bewaffneter Aufst�ndischer einsetzen�. 

(218) Sull�argomento va indicato il lavoro di HANON, Policiers et militaires en Allemagne: le nouvel 
agencement, in Cultures & Conflits n. 67 (2009), pp. 85 ss., pubblicato anche in versione online su 
http://conflits.revues.org/index3122.html. 

(219) Invero, come puntualmente documenta HANON, Policiers et militaires, cit., pp. 97 ss., il problema 
si pone a partire dagli anni �90, ed emerge con particolare evidenza in seguito alla pubblicazione, 
nel 2006, di un �Libro Bianco� sulle politiche di sicurezza e difesa tedesche (�Wei�buch 2006 zur Sicherheitspolitik 
Deutschlands und de Zukunft der Bundeswehr�, scaricabile dal sito http://bundeswehr.de). 


nifest� un particolare interesse per il modello EUROGENDFOR (220), che sotto 
molti punti di vista rappresentava un�alternativa strutturale a quello interno, 
segnato da una rigida compartimentazione (e sotto certi aspetti da una vera e 
propria contrapposizione) delle competenze, con conseguente scarsa comunicabilit� 
tra gli operatori del settore; una rigidit� - anche dottrinaria - contrapposta 
alle prospettive di gestione �integrata� della sicurezza, infine rivelatasi 
di ostacolo alla corretta implementazione delle politiche della PESC: �Es fehlt 
eine Kraft, die in einem instabilen Umfeld eigenst�ndig operieren kann und 
imstande ist, Unruhen und organisierte Kriminalit�t einzud�mmen. Wo Gendarmen 
oder robuste Polizeikr�fte in Auslandseins�tze entsendet wurden, 
haben sie sich als wirkungsvolles Instrument erwiesen, insbesondere bei der 
Bek�mpfung von Aufst�nden und organisiertem Verbrechen� (221). 

In materia � recentemente intervenuta la Corte Costituzionale tedesca, 
con la sentenza BVerfG, 2 PBvU 1/11 del 17 agosto 2012 (222), che ha ribadito 
la possibilit� che il Governo federale (tenuto in tal caso a decidere come organo 
collegiale, ex art. 62 GG) possa far ricorso alle Forze armate tradizionali 
per il mantenimento dell�ordine pubblico interno sulla base dell�art. 35, parr. 
2 e 3 GG (nel combinato disposto con gli artt. 87a par. 4 e 91 par. 1 GG (223), 

(220) Allorch� nel 2004 il Governo francese lanci� l�idea di una Forza di gendarmeria europea, 
il Ministro della Difesa tedesco, Peter Struck, dichiar� che la Germania non vi avrebbe partecipato in 
ragione della netta separazione, prevista a livello costituzionale -�eine klare Trennung� - tra Forze di 
polizia e militari. Tali affermazioni venivano ribadite da alcuni dirigenti dell�allora Bundesgrenzschutz, 
i quali sostenevano che i militari tedeschi non avessero alcun tipo di formazione teorica o pratica per 
poter gestire un intervento umanitario. Invero, entrambe le obiezioni non tenevano conto del fatto che 
le gendarmerie sono, per loro natura, Corpi di polizia e non di fanteria, e che comunque la Costituzione 
tedesca non solo non prevede alcuna antinomia genetica o funzionale tra Forze armate e di polizia, n� 
che queste ultime debbano avere statuto esclusivamente civile, ma semplicemente che l�Esercito federale 
(non, quindi, un�eventuale gendarmeria territoriale) non potrebbe ordinariamente intervenire nella gestione 
dell�ordine pubblico e della sicurezza interni, in quanto di esclusiva competenza dei L�nder. 

(221) Lo studio (p. 12) individua la caratteristica (ed il plusvalore operativo) delle gendarmerie 
nella natura ibrida ed inclusiva �civile-militare�, che ne consente l�interoperativit� tanto con le Autorit� 
civili quanto con quelle militari: �Bestimmungsmerkmal einer jeden Gendarmerie ist ihr hybrider Status 
zwischen Polizei und Milit�r. Aus ihm leiten sich alle M�glichkeiten und Grenzen ihres Handelns ab. 
Gendarmerien besitzen sowohl milit�rische als auch polizeiliche F�higkeiten und k�nnen diese kombinieren. 
Im Unterschied zu Polizeieinheiten sind Kr�fte in Verb�nden organisiert [nt. - Dieses Organisationsmuster 
ist jedoch kein Pr�judz f�r die Frage nach milit�rischen oder zivilem Kommando 
der Einheiten]�. Di seguito (nel par. �Trennung von Polizei und Milit�r�, pp. 17 ss.) si affronta la questione 
giuridica della compatibilit� di tale modello con l�ordinamento costituzionale tedesco, tenuto 
conto del riparto di competenze tra Federazione e L�nder, ex artt. 30, 70 comma 1, 87 e 91 GG. Una soluzione 
transitoria viene individuata nel valorizzare il ruolo della polizia militare (i Feldj�ger) quale 
punto di partenza verso un�evoluzione pi� coerente con la ratio del modello europeo. 

(222) Peculiarit� della decisione non � l�aver ribadito la possibilit� di utilizzo, da parte del Governo 
federale e sotto la sua responsabilit�, dell�Esercito e delle altre Forze armate per il mantenimento del-
l�ordine pubblico interno, in circostanze di particolare gravit� (eventualit� gi� prevista dalla Costituzione), 
bens� nell�aver chiarito che in tale frangente le stesse potranno comunque disporre del proprio 
armamento ordinario (anche da guerra). Il testo integrale della decisione � pubblicato online sul portale 
http://www.bundesverfassungsgericht.de/entscheidungen/up20120703_2pbvu000111.html. 


in presenza di �situazioni calamitose d�emergenza interna� - genericamente 
intese - gi� in essere e che eccedano l�ambito territoriale dei singoli L�nder 
(testualmente, ҟberregionalen Katastrophennotstand�), o che comunque 
questi non siano in grado di contrastare con efficacia. In tal caso, nell�esercizio 
delle funzioni �civili� di tutela della sicurezza dei cittadini e di prevenzione 
delle attivit� di saccheggio, le Forze impiegate faranno uso del proprio armamento 
ordinario. La sentenza fa poi breve cenno alla questione della delegabilit� 
(ex art. 65 par. 2 GG) del potere collegiale governativo, in caso di 
estrema urgenza, ai singoli Ministri (in particolare, a quello della Difesa). 

Sempre nella letteratura comparata, va poi ricordato il cd. Rapporto Clingendael 
(224), uno dei pochi studi scientifici di ampio respiro su EUROGENDFOR, 
che riprendendo le dichiarazioni istituzionali a margine del meeting di 
Warnsveld e del Consiglio UE di Bruxelles nel 2004 (cfr. retro) suggerisce di 
estendere tale modello professionale ed etico anche a Forze di polizia genera-
liste a statuto non propriamente militare, ma pur sempre affini per formazione 

o attitudini operative (225), in un�ottica di proiezione mondiale quale quella 
perseguita dal CoESPU (cfr. infra). 

Pi� in generale, infine, un recente studio (226) comparato dei maggiori 
Istituti di Sicurezza internazionali ha ripreso i concetti sinora espressi, evidenziando 
la caratteristica interoperativit� delle Forze �ibride�, che attribuisce 
loro il ruolo insostituibile di �attore di collegamento� tra le politiche di polizia 
proprie dell�UE e della NATO (227). 

I criteri sovra esposti vengono ribaditi - in ottica di integrata complementarit� 
- anche negli atti adottati dall�UE in materia di sicurezza militare. 
Anche in tale settore emerge la specificit� delle Forze di gendarmeria 


(223) La Corte espressamente ricorda che l�articolo 87a, par. 4, nel combinato disposto con l�articolo 
91 par. 2 della Legge fondamentale prevede l�impiego delle Forze armate per rispondere a minacce 
che attentino all�esistenza o al libero ordine democratico della Federazione (o di un singolo Land che 
non sia in grado di contrastarle). L�art. 87a par. 4 consente, in particolare, l�utilizzo di Forze armate a 
supporto operativo di quelle di polizia. 

(224) Edito dal Nederlands Instituut voor Internationale Betrekkingen (Clingendael). Si tratta 
dello studio di DE WEGER, The Potential of the European Gendarmerie Force, Den Haag 2009. Il testo 
� anche su http://www.clingendael.nl/publications/2009/20090400_cscp_gendarmerie_weger.pdf. 

(225) Espressamente, �It would bring more resources for common goals, it would result in more 
capacities when using this unique organisation, thereby professionalising more gendarmerie forces and 
policing in Europe, and would further intensify European security integration� (op. cit., p. 46). 

(226) HAMILTON-BURWELL-FRANCES (a cura di), Shoulder to Shoulder: Forging a Strategic U.S.EU 
Partnership, edito sotto il patrocinio di: Atlantic Council of the United States / Center for European 
Policy Studies / Center for Strategic and International Studies / Center for Transatlantic Relations / Fundacion 
Alternativas / Prague Security Studies Institute / Real Instituto Elcano / Swedish Institute of International 
Affairs, 2009. 

(227) Degno di nota � il ruolo espressamente assunto, in tal ambito, dai Carabinieri italiani, riconosciuti 
quasi come un modello autonomo di Forza di polizia (p. 46): �Unlike the U.S., which lacks a national 
police force and therefore relies on contractors, this EU Police Force draws its officers from a variety of 
European police Forces, including the European Gendarmerie Force (EGF) and the Italian Carabinieri�. 


stavolta rispetto alle tradizionali Forze armate - e la loro generale riconducibilit� 
operativa a quelle di polizia �civile�, con particolare riferimento al sistema 
di coordinamento introdotto dai vigenti �Headline Goal 2010� e �Civil 
Headline Goal 2010� (228), laddove �how civil-military coordination elements 
are applied to crisis management tools such as the EU BGs and the CRTs 
are still work in progress. Moreover, there are limited training execises undertaken 
at thr EU-level that incorporate contributions from military and civilian 
rapid response elements to practise such cooperation on the ground. In 
the case of the EU BGs, there are may be a need to refine certification and training 
processes to enhance the ability to operate alongside civilian personnel. 
Different requirements may be needed to operate with civilians ESPD packages 
such as the CRTs and IPUs and multinational packages such as the European 
Gendarmerie Force (EGF)� (229). 

G) LE POLITICHE DI SICUREZZA NELL�EX �TERZO PILASTRO� UE: LA COOPERAZIONE 
DI POLIZIA TRA COLLABORAZIONE E COORDINAMENTO. 

Esaurita la trattazione delle principali questioni concernenti l�ordinamento 
della pubblica sicurezza a livello sovranazionale, con particolare accento al settore 
della PESC, non resta che accennare alla disciplina giuridica del settore FSJ 
(coincidente per lo pi� con il precedente �Terzo Pilastro� dell�UE) per evidenziarne 
le specificit�. Ad esso, infatti, fanno capo le disposizioni del TFUE in materia 
di �cooperazione (transfrontaliera) di polizia�, in un contesto nel quale 
parimenti opera il modello �integrato� che caratterizza il sistema UE (230). 

Coerentemente a tale presupposto, le principali Agenzie strumentali ivi 
operanti (EUROPOL, EUROJUST, FRONTEX E CEPOl) sono tenute a raccordare le 
proprie metodologie operative con quelle previste in ambito PESC/PSDC. 

La FSJ �, al pari della PESC, solo una delle componenti della pi� ampia 
strategia europea di sicurezza, per la quale valgono le regole generali in pre


(228) In materia si richiama, da ultimo, l�Headline Goal 2010, succeduto all�Helsinki Headline 
Goal del 1999 e relativo alla creazione - in ambito PESC/PSDC - di contingenti di pronto intervento per 
operazioni militari (approvato dal Consiglio UE �Affari Generali e Relazioni Esterne� il 17 maggio 2004, 
e dal Consiglio Europeo nella sessione del successivo 17-18 luglio). Sull�argomento, per alcuni rilievi 
critici, LINDLEY-FRENCH, Headline Goal 2010 and the concept of the EU Battle Groups: an assessment 
of the build-up of a European Defence capability, Paris 2005, e soprattutto LINDSTROM, Enter the EU 
Battlegroups, in Chaillot Paper n. 97 (2007). A completare il quadro sul versante degli operatori �civili� 
(che sono qui cosa diversa da quelli di polizia: cooperanti, magistrati, consiglieri civili, etc.), il Consiglio 
UE ha poi adottato il 19 novembre 2007 il �Civilian Headline Goal 2010� (doc. 14823/07), cit.. 

(229) Cos� LINDSTROM, op. ult. cit., p. 68. 

(230) In termini generali, seppur anteriore al Trattato di Lisbona e con riferimento alla questione 
del ruolo, in tale ambito, delle competenze �ibride�, si vedano AA.VV. (a cura di BIGO), Quelle place 
pour la Gendarmerie au sein de l�espace judiciaire europ�en? Internalisation de la criminalit� et coop�ration 
entre les diff�rents acteurs de la police judiciaire, fran�ais et �tranger, Paris CEtC/DAS 2004. 
Per uno studio complessivo delle problematiche istituzionali della cooperazione di polizia in ambito 
UE, si veda MILAZZO, Quadro costituzionale italiano e cooperazione europea di polizia, Napoli 2012. 


cedenza esaminate: la disciplina dettata nel TFUE, per�, consente di introdurre 
quello che sar� il tema centrale del secondo Capitolo di questo lavoro, ovverosia 
il principio generale del coordinamento di polizia, come inteso dal legislatore 
sovranazionale. 

Invero, coerentemente al principio generale di cui all�art. 4 TUE, anche 
in tale settore gli organi dell�Unione non possono svolgere alcuna attivit� diretta, 
potendo al pi� giocare un ruolo teso a favorire una pi� efficace azione 
combinata (id est, una maggior cooperazione) delle Forze competenti ad operare 
nei singoli Stati membri. 

Tale principio era stato espresso, in termini generali, dal par. 59 dello 
�Initial Long-Term Vision for European Defence Capability and Capacity 
Needs�, adottato in ambito PESD (230-bis). 

Base legale della cooperazione (transfrontaliera) di polizia, che presuppone 
la commissione di particolari reati transnazionali con modalit� tali da attingere 
direttamente gli interessi dell�Unione, sono gli artt. 87, 88, 89 e 352 TFUE. 

Il quadro istituzionale risulta semplificato rispetto al regime ante-Lisbona, 
essendo stato esteso - per il settore FSJ, a differenza della PESC - l�ambito delle 
misure adottabili con procedura legislativa ordinaria (in codecisione con il Parlamento 
UE ed a maggioranza qualificata in Consiglio), per tali soggette al controllo 
della Corte di Giustizia. A ci� fanno eccezione le riserve valevoli per il 
Regno Unito, la Danimarca e l�Irlanda, dove invece prevalgono le decisioni dei 
rispettivi Parlamenti nazionali (cfr. i Protocolli 1, 2, 21 e 22 allegati al TFUE). 

Va per� precisato che, trattandosi di un settore che attinge competenze operative 
esclusive degli Stati membri (ex art. 4 TUE), non offre grandi spunti in materia 
di coordinamento (il legislatore UE fa infatti sempre riferimento al diverso 
concetto di spontanea cooperazione tra le istanze nazionali), se non per quanto 
concerne la struttura di vertice prevista all�art. 71 TFUE, il COSI (�Standing Committee 
on Operational Cooperation on Internal Security� - Comitato permanente 
per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna), disciplinata con 
Decisione del Consiglio UE del 25 febbraio 2010 (doc. 2010/131/UE (231)). 

Ai sensi dell�art. 71 TFUE �� istituito in seno al Consiglio un Comitato permanente 
al fine di assicurare all�interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento 
della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. Fatto 
salvo l'articolo 240, esso favorisce il coordinamento dell'azione delle Autorit� 
competenti degli Stati membri. I rappresentanti degli organi e organismi inte


(230-bis) Su http://ue.eu.int/ueDocs/cms_Data/docs/pressdata/EN/reports/91135.pdf 

(231) Pubblicata su GUCE L-52 del 3 marzo 2010. Testo scaricabile dal portale istituzionale 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:052:0050:0050:IT:PDF. La volont� 
di dar vita al COSI venne manifestata con Decisione della Presidenza del Consiglio UE in data 22 ottobre 
2009 (doc. 16515/09 su http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st16/st16515.en09.pdf), cui fece 
seguito il progetto di Decisione doc. 5949/10 del 5 febbraio 2010 (Nota punto I/A del Segretario Generale, 
su http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st05/st05949.it10.pdf). 


ressati dell'Unione possono essere associati ai lavori del Comitato. Il Parlamento 
europeo e i Parlamenti nazionali sono tenuti informati dei lavori�. 

L�art. 2 della Decisione precisa a sua volta che �Il Comitato permanentefacilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle Autorit� 
degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna�, e ci� (art. 
3) anche �in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonch� 
tra le Autorit� preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. 
Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per 
quanto riguarda l�aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna�. 

Il Comitato permanente valuta inoltre l�orientamento generale e l�efficacia 
della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e 
adotta le opportune raccomandazioni concrete per farvi fronte. 

Ad escludere per� (stante la preclusione di carattere generale di cui all�art. 
4 TUE) che si tratti di un organo in qualche modo operativo e, per tale, in grado 
di sostituirsi - in prospettiva - all�iniziativa degli Stati, il successivo art. 4 precisa 
che �Il Comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni 
che rimangono compito degli Stati membri�. 

In questi termini, l�art. 72 TFUE significativamente puntualizza che �Il presente 
Titolo non osta all�esercizio delle responsabilit� incombenti agli Stati membri per 
il mantenimento dell�ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna�. 

Sempre ai fini del coordinamento di cui si � detto, alle riunioni del COSI 
prendono parte anche i rappresentanti delle Agenzie UE operanti nel settore 
sicurezza (EUROJUST, EUROPOL E FRONTEX), per assicurare la coerenza della 
loro attivit� con le linee-guida precedentemente individuate in sede di Comitato: 
di questo fanno parte i competenti vertici istituzionali degli Stati membri 
(ordinariamente dei Sottosegretari di Stato (232)) ed generalmente (a seconda 
degli ordinamenti nazionali) anche quelli delle relative Forze di polizia generaliste 
(per l�Italia partecipano il Capo della Polizia di Stato ed il Comandante 
Generale dell�Arma dei Carabinieri, o dei loro delegati). 

Il COSI � un tipico organo ausiliario (233) dell�Autorit� di indirizzo politico, 
in quanto tale non destinatario di attribuzioni meramente esecutive, ma 
pur esso partecipe, nella misura in cui il relativo apporto risulti determinante, 

(232) Normalmente assegnati ai Ministeri dell�Interno o della Giustizia, sebbene la ratio �funzionalistica� 
del �sistema sicurezza� europeo non ponga limiti quantitativi o di attribuzione, ben potendo 
ad es. parteciparvi dei delegati dei Ministri delle Finanze allorch� si discuta di questioni che rientrano 
anche nella loro competenza (antiriciclaggio, etc.). Nel caso della Germania, ove le competenze generali 
di polizia sono attribuite ai L�nder, partecipa d�ordinario anche un rappresentante politico comune di 
questi ultimi. 

(233) Nell�ordinamento italiano (cfr. infra) un raffronto ideale pu� essere tentato con il Comitato 
Nazionale per l�Ordine e la Sicurezza Pubblica (la cui funzione ausiliaria del Ministro dell�Interno � 
prevista ex lege) e con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, organo cui � attribuita in via esclusiva 
la funzione di implementare - con la supervisione del Ministro - le strategie nazionali in materia di sicurezza 
interna. 


dell�indirizzo medesimo. Inoltre la sua composizione variabile, tanto dal alto 
�politico� che da quello operativo, � coerente con la caratteristica �inclusiva� 
ed olistica delle politiche di sicurezza dell�Unione. 

In virt� della presenza dei vertici operativi delle Forze di polizia nazionali, 
il COSI dovrebbe progressivamente sostituire la �Task Force dei Capi delle 
Polizie europee� (TFPC), organismo informale istituito (senza una chiara base 
legale) dal Consiglio UE di Tampere del 1999. 

Gi� si � detto di come siano allo studio (234) delle strategie operative tese 
a superare - venuto meno, anche formalmente, il precedente sistema �a Pilastri� 

- le rigide divisioni operative tra i settori FSJ ePESC/PSDC, da considerarsi parti 
di un pi� ampio e comune �settore sicurezza�; occorre per� evidenziare, dal 
punto di vista operativo, un�importante differenza tra quanto accade nei secondi 
e quanto, invece, nel primo (ove peraltro agiscono i medesimi soggetti (235)): 
in effetti, nel caso dei contingenti schierati all�estero, la necessit� di creare una 
struttura logistica di supporto autosufficiente comporta l�individuazione di una 

o pi� Autorit� (spesso dotate di un potere di ordine) che effettivamente assicurino 
un reale coordinamento delle Forze (civili e militari) ivi operanti, presupposto 
che invece non si pone nel caso della cooperazione transfrontaliera di polizia. 
In effetti, trattandosi di operazioni di polizia condotte sul territorio di uno 


o pi� Stati membri (per fatti che ivi si sono svolti), necessariamente ricadono 
nella competenza domestica di questi ultimi. 


In base alla vigente normativa UE, infatti, la sussistenza di un interesse 
qualificato e differenziato dell�Unione non incide sul principio generale per 
cui la commissione degli eventuali reati andr� comunque riscontrata dai Giudici 
nazionali, in base alla legge del locus commissi delicti (236). 

(234) Si veda il citato doc. 15562/11/ARES (2011) 118322, riferito a tutti i settori coinvolti nella 
gestione della pubblica sicurezza, con i seguenti indici: COSDP-965, PESC-1295, CIVCOM-470, 
CSDP/PSDC-607 e COSI-83. 

(235) L�interoperativit� di settore � assoluta per le Forze di gendarmeria, in parte limitata per le 
Forze civili di polizia. 

(236) Ci� peraltro spiega le recenti iniziative volte a dar vita ad un autonomo diritto penale del-
l�Unione - seppur limitato a singole fattispecie di reato o a determinati principi di carattere generale che 
perlomeno assicuri alcuni parametri di comune applicazione nazionale. Si veda, al riguardo, la recente 
Decisione della Commissione del 21 febbraio 2012, che istituisce il gruppo di esperti sulla politica 
penale dell�Unione europea (doc. 2012/C 53/05 - su GUCE C-53 del 23.2.2012), cui l�art. 2 attribuisce 
�il compito di consigliare la Commissione in materia di diritto penale sostanziale nell'ambito dello sviluppo 
di una politica penale dell'Unione europea. Ci� comprende, in particolare, la consulenza su ogni 
questione di diritto che possa sorgere in tale contesto e sulla raccolta di prove fattuali onde valutare se 
per attuare efficacemente una politica dell'Unione siano indispensabili misure di diritto penale del-
l'Unione europea, in consultazione con i gruppi di esperti esistenti nei settori interessati�. Di rilievo 
anche la precedente Dichiarazione del Consiglio UE 20 settembre 2011 [doc. COM(2011) 573 final] titolata 
�Vers une politique de l�UE en mati�re p�nale: assurer une mise en oeuvre efficace des politiques 
de l�UE au moyen du droit p�nal�. Base legale di tali interventi dovrebbe essere l�art. 83 TFUE. In dottrina 
si vedano anche AA.VV. (a cura di GRASSO-SICURELLA), Per un rilancio del progetto europeo. Esigenze 
di tutela degli interessi comunitari e nuove strategie di integrazione penale, Milano 2009. 


Nel settore FSJ difficilmente (ed impropriamente) pu� parlarsi di coordinamento 
operativo (transnazionale) di polizia, poich� - con l�eccezione di singole 
operazioni congiunte, nelle quali sono per� direttamente le parti in causa 
che preventivamente si accordano per definire i compiti di ognuna e le linee 
di intervento - le attivit� svolte sono principalmente delle attivit� interne degli 
Stati, afferenti ad un settore, quello della sicurezza �domestica�, che espressamente 
ricade nell�esclusiva competenza degli stessi. 

In tale contesto, significativamente, non vi sono delle reali istanze di coordinamento, 
od organismi sovranazionali dotati di capacit� operative. Tali 
non sono sicuramente EUROPOL, CEPOL O FRONTEX, semplici Agenzie strumentali 
aventi lo scopo di dar vita ad una rete di interscambio di dati (relativi peraltro 
a casi ormai �chiusi� e non ad indagini in corso) e metodologie di 
intervento tra gli operatori di polizia degli Stati membri, previa individuazione 
di standards comuni di riferimento grazie ai quali rendere universalmente fruibili 
i dati inseriti nel sistema. 

L�unico organismo dell�Unione al quale pu� riconoscersi una certa qual 
funzione di coordinamento in ambito FSJ - almeno per fatti concludenti - � 
dunque il COSI, relativamente alle decisioni collegialmente prese al suo interno 
sugli obiettivi strategici in materia di sicurezza, che di fatto vengono ad assumere 
- per il ruolo apicale dei soggetti che vi partecipano e la natura concordata 
delle determinazioni che ne conseguono - una funzione di indirizzo per gli 
stessi attori che hanno contribuito a formarle (ovverosia gli organismi di vertice 
dei Ministeri interessati, nonch� delle maggiori Forze di polizia e di pubblica 
sicurezza degli Stati membri). 

Nel �Draft Report to the European Parliament and national Parliaments 
on the proceedings of the Standing Committee on operational cooperation on 
internal security for the period January 2010 - June 2011� (doc. 12980/11 del 
18 luglio 2011 (237)) si ribadiscono, quali obiettivi specifici del Comitato permanente, 
lo sviluppo ed il monitoraggio delle strategie di sicurezza interna 
dell�Unione Europea (238), avvalendosi se del caso dell�opera delle Agenzie 
e delle Forze di polizia nazionali operanti nei settori di volta in volta interessati: 
a tal fine � stato raggiunto, in seno al COSI, un accordo circa un metodo 
di lavoro in grado di favorire non solo una maggior cooperazione, ma pure un 
maggior coordinamento in materia di sicurezza interna, accordo di cui il Consiglio 
UE ha preso atto il 9 giugno 2011. 

(237) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2011/aug/eu-councilcosi-
annual-report-jan-10-jun-11-12980-11.pdf. Si tratta della prima informativa del Consiglio al Parlamento 
UE sull�attivit� del COSI, ai sensi degli artt. 71 TFUE e 6, comma secondo, della richiamata 
Decisione del Consiglio n. 2010/131/UE (in GUCE L-52 del 3.3.2010, p. 50). 

(238) Testualmente, ��the Internal Security Strategy for the European Union and of the Stockholm 
Programme which mentions that developing, monitoring and implementing the internal security 
strategy should become one of the priority tasks of COSI ��. 


Il ruolo di coordinamento del COSI potr� riguardare, in particolare, la cooperazione 
di polizia e doganale, la protezione delle frontiere esterne e la cooperazione 
giudiziaria in materia penale pertinente alla cooperazione operativa 
nel settore della sicurezza interna. Il Comitato permanente � tenuto a riferire 
periodicamente sulle sue attivit� al Consiglio che, a sua volta, terr� informati 
il Parlamento Europeo e quelli nazionali. 

Il COSI potr� anche avere il compito di valutare l�orientamento generale 
e l�efficacia della cooperazione operativa, al fine di individuare eventuali lacune 
e adottare raccomandazioni per porvi rimedio. 

Al fine di migliorare la pianificazione dei flussi informativi in materia 
di sicurezza dello �Spazio Comune Europeo� sono state programmate delle 
regolari riunioni informative a carattere inter-istituzionale e congiunto almeno 
una volta a trimestre; � stata inoltre approvata, relativamente al settore 
della cooperazione doganale, una revisione del meccanismo di coordinamento 
delle operazioni congiunte, con l�obiettivo di coordinare gi� in una 
fase iniziale le eventuali operazioni di polizia e doganali comuni, comprese 
le attivit� di FRONTEX ed i progetti COSPOL, onde evitare successive sovrapposizioni 
o incompatibilit�. 

In merito a questi ultimi il legislatore UE ha poi precisato (nota 8 del richiamato 
doc. 12980/11), a scanso di equivoci, che la scelta di mantenere l�originaria 
denominazione (che sta per �Comprehensive Operational Strategic 
Planning for the pOLice� ) anche dopo il Trattato di Lisbona � dovuta esclusivamente 
all�opportunit� di non ingenerare confusione tra gli addetti ai lavori, 
abituati da lungo tempo a tale sigla (che testualmente sembrerebbe contraddire 
i principi generali sovra richiamati in materia di collaborazione/coordinamento 
di polizia), e non certo all�intenzione di operare deroghe al sistema: il che � 
estremamente significativo, ai fini di questo lavoro, se si considera che la vigente 
normativa europea non � pi� nel senso del �planning� - ossia la pianificazione 
gerarchica, di cui alla sigla - bens� di una condivisa �conversion of the 
multiannual strategic plans into concrete operational action plans per year�. 

Nella nuova ottica valutativa, infatti, i precedenti piani (generali) pluriennali 
strategici vengono sostituiti da piani d�azione concreti, dichiarati operativi 
di anno in anno e formati sulla base delle priorit� individuate dal Consiglio. 

Il COSI opera come una �camera di compensazione� nella quale individuare 
delle linee di indirizzo comuni, alla luce delle priorit� rappresentate dai 
singoli Stati membri, seppur nei ristretti settori di pertinenza dell�Unione: non 
pu� infatti dimenticarsi che il primo, vero ostacolo ad una reale interoperativit� 
delle Forze di polizia degli Stati membri (prescindendo dai pi� ambiziosi obiettivi 
della PESC/PSDC, che prefigura un �sistema sicurezza� integrato militare/civile, 
strutturato su pi� livelli sinergici che vanno dalla protezione civile alle 
missioni di pace all�estero, passando per l�antiterrorismo, l�ordine pubblico e 
le funzioni di polizia giudiziaria) risiede proprio nell�obiettiva difformit� degli 


ordinamenti nazionali, cui � riservato il monopolio del �settore sicurezza�. 

Difformit� che non attengono solo l�aspetto procedurale (oltre alle regole 
del procedimento penale, la stessa attivit� d�indagine pu� trovare una regolamentazione 
del tutto differente, in ragione del ruolo assunto, nei singoli ordinamenti, 
dalle Forze di polizia e dagli organi inquirenti), ma anche quello 
sostanziale allorch�, ad esempio, un medesimo fatto risulti vietato solo in alcuni 
di essi, oppure sanzionato con modalit� assolutamente diverse. 

Di per s�, forme di cooperazione di polizia (operazioni congiunte, scambi 
di notizie, etc.) esistevano ben prima della nascita delle Comunit� Europee, 
ma si trattava di fenomeni isolati, dettati dalle contingenze del momento e regolati 
dalle complesse norme sulle rogatorie internazionali, tantՏ che un primo 
passo avanti nel settore delle indagini di polizia criminale si ebbe solo con la 
creazione, nel 1922, dell�INTERPOL, struttura internazionale a carattere coordinativo 
(non disponendo di propri agenti operativi (239)). 

Stante l�impossibilit� di una reductio ad unum degli ordinamenti nazionali, 
la soluzione � stata individuata nell�adozione di standards operativi che 
consentano la circolarit� delle informazioni, una volta inserite nel sistema secondo 
parametri uniformi, comprensibili da tutti coloro che li adottano; standards 
elaborati e diffusi dalle Agenzie europee e dagli Istituti nazionali 
convenzionati (in particolare nel sistema CEPOL - cfr. infra), impegnati altres� 
ad individuare una serie di criteri operativi comuni da utilizzare in occasione 
di attivit� collaborative transfrontaliere. 

Nel periodo successivo al Consiglio Europeo di Feira (1999) e sino all�entrata 
in vigore del Trattato di Lisbona, la cooperazione di polizia venne in 
gran parte a risolversi in periodiche riunioni biennali dei Capi della polizia e 
dei servizi di sicurezza nazionali (il cd. �Club di Berna�), nel corso delle quali 
si procedeva anche a scambi di informazioni in materie come il controspionaggio, 
il crimine organizzato ed il terrorismo. 

Con il Trattato di Lisbona si supera l�informalit� delle precedenti forme 
di cooperazione per attribuir loro una precisa base legale e soprattutto una sede 
istituzionale (il COSI, appunto (240)), della quale viene sancito il carattere �in


(239) Per ulteriori indicazioni, cfr. http://www.interpol.int/en/About-INTERPOL/Legal-materials. 

(240) Va per� evidenziato che anche il COSI, come ogni altra creatura del diritto, � frutto delle 
contingenze del momento: in particolare nel periodo gennaio 2010 - giugno 2011 si registrarono delle 
forti divisioni in seno alla cd. Troika Europea del Consiglio, tra la posizione della Spagna che sostanzialmente 
concepiva il COSI come una pura e semplice rielaborazione della Task Force dei Capi di polizia 
europei, ossia una struttura destinata a riunirsi solo in determinate occasioni - dunque piuttosto 
precaria - e quella del Belgio, che invece intendeva dar vita ad un organismo strumentale (consultivo 
e strategico) stabile e costantemente in attivit�. Venne infine raggiunta una soluzione di compromesso, 
dando vita ad un organo formalmente stabile, ma i cui componenti (tecnici) di diritto si riunivano solo 
a cadenze periodiche, per la restante parte del tempo rimanendo affidata la gestione delle questioni 
aperte ad un nutrito gruppo di �Sherpa� nazionali, non necessariamente dotati delle competenze specifiche 
del Comitato. 


tegrato� interforze e la doppia natura operativa e di indirizzo (in ragione della 
sua natura ausiliaria al Consiglio), seppur limitatamente alle questioni afferenti 
la �sicurezza interna� al territorio comune dell�UE (cd. �spazio FSJ�). 

La previsione dell�art. 71 TFUE non rappresenta comunque una novit� assoluta, 
poich� riprende, almeno in parte, il contenuto dell�art. III-261 della cd. 
�Costituzione Europea� del 2003 (241), mai entrata in vigore: anche qui, infatti, 
veniva prevista la creazione di una �Commissione permanente� per assicurare 
�la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna� (testualmente, �ensure 
operational cooperation [by facilitating] coordination of the action of Member 
States�s competent authorities�). Al riguardo, va rilevato che il generico 
riferimento dell�art. 71 TFUE alle �Autorit� [nazionali] competenti� (242) non � 
casuale, ma coerente con la natura del COSI: quest�ultimo, infatti, � stato concepito 
(come gi� le strutture informali che l�avevano preceduto) quale luogo di mediazione 
delle scelte di indirizzo (anche strategico) in materia di sicurezza interna 
dell�Unione, per tali coinvolgenti rilevantissimi profili di natura politica, in massima 
parte di pertinenza degli Stati membri ed in aliquota minore del Consiglio. 

L�ampia portata dell�espressione usata tiene conto delle differenze esistenti 
tra gli ordinamenti di pubblica sicurezza dei vari Stati dell�UE (che in 
determinati casi fanno riferimento a soggetti diversi dalle Forze dell�ordine: 
ne fanno infatti parte - secondo l�ampia formula utilizzata dal Consiglio �
high-level officials from EU States� ministries of the interior and of Commission 
representatives. Eurojust, Europol, Frontex and other relevant bodies 
may be invited to attend meetings of COSI as observers�). 

Nel mese di febbraio 2005 la Presidenza lussemburghese produsse un 
�Documento di discussione sul futuro del Comitato permanente per la sicurezza 
interna (COSI) - Trattato costituzionale, Art. III-261� (doc. n. 6626 del 
21 febbraio 2005 (243)). 

(241) Testo integrale su http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2004:310:SOM:IT:HTML. 

(242) Il termine �Autorit�� andrebbe peraltro riferito alle componenti governative che hanno la 
responsabilit� delle politiche di pubblica sicurezza nei singoli Stati membri, piuttosto che - per ipotesi 

- ai vertici delle Forze dell�ordine, (pur presenti nel Comitato per offrire il necessario apporto tecnico/specialistico), 
per una serie di ragioni: in primis, in assenza di una specifica norma derogatoria ad hoc (che 
qui non si rinviene), le regole contenute nei Trattati istitutivi dell�UE hanno per destinatari gli Stati membri, 
o comunque le loro istanze di governo, e non i singoli organi che ne compongono la struttura amministrativa 
interna, tanto pi� che il COSI non ha alcuna capacit� operativa diretta. Inoltre la clausola di 
sussidiariet� contenuta nello stesso art. 71 TFUE, proprio nel riferirsi al �coordinamento dell'azione delle 
autorit� competenti degli Stati membri� fa �salvo l�art. 240� (norma che a sua volta prevede che �Un 
comitato costituito dai rappresentanti permanenti dei Governi degli Stati membri � responsabile della 
preparazione dei lavori del Consiglio e dell�esecuzione dei compiti che quest�ultimo gli assegna�). Tale 
espressa riserva non avrebbe senso, se l�attivit� del COSI fosse direttamente rivolta - anzich� alle Autorit� 
nazionali ivi rappresentate - direttamente agli apparati amministrativi statali (cui sicuramente non si rivolge 
l�attivit� del Comitato intergovernativo di cui all�art. 240, che dunque non necessiterebbe di alcuna 
riserva in deroga del tipo di quella dell�art. 71 TFUE). 

(243) Pubblicato sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2005/may/6626.05.pdf. 


In precedenza, nel Programma de L�Aja su �Giustizia ed Affari Interni� 
adottato il 5 novembre 2004, si era deciso di istituire un Comitato provvisorio 
per predisporre l�assetto definitivo del COSI. La prima riunione si tenne il 13 maggio 
2005 e la relazione dei lavori venne diffusa dalla Presidenza del Consiglio il 
successivo 8 giugno, con sensibili modifiche rispetto alle premesse: scompariva 
infatti ogni riferimento alla Costituzione Europea e si parlava semplicemente di 
�Relazione di sintesi della prima riunione semestrale per il coordinamento della 
cooperazione operativa, come previsto dal Programma dell�Aia�. 

A fondamento delle riunioni del Comitato provvisorio non era pi� menzionata 
la base legale dell�art. III-261, ma (correttamente) solo il Programma 
de L�Aja del 5 novembre 2004: ci� perch� tra la prima riunione di esso (13 
maggio) e la pubblicazione della relazione (8 giugno) erano intervenuti i referendum 
francese (29 maggio) ed olandese (1 giugno) che avevano respinto 
il progetto costituzionale. 

Dalla relazione emergono alcuni punti qualificanti: innanzitutto, veniva 
affrontata la questione di chi dovesse prendere parte alle riunioni del COSI, in 
ragione della natura e delle funzioni assegnate (almeno in prospettiva (244)) 
a quest�ultimo. 

La soluzione, assai variegata, venne assunta in coerenza al modello generale 
- �inclusivo� e multidisciplinare - che caratterizza le politiche di sicurezza 
dell�UE (�interna� ed �esterna�), posto che il costituendo COSI avrebbe dovuto 
ricomprendere �i Presidenti del Comitato dell'articolo 36 (cooperazione di polizia 
e giudiziaria) e del Comitato strategico sull�immigrazione, le frontiere e 
l�asilo (CSIFA), rappresentanti della Commissione, di Europol ed Eurojust, nonch� 
la Task force dei Capi di polizia, il Joint Situation Centre (SITCEN) e l�(allora 
appena creata) Agenzia Europea per le frontiere (EBA)�. Per completezza, 
si ricorda che n� la Task Force dei Capi di polizia, n� il SITCEN avevano (ed 
hanno) una base giuridica formale che ne giustificasse l�esistenza, il che spiega 
la proposta di assorbirli nel neo-istituito Comitato permanente. 

Si precisava inoltre che il COSI avrebbe dovuto �preparare le decisioni 
del Consiglio UE� in materia di sicurezza interna, assumendo quindi un ruolo 
di supporto tecnico-programmatico dell�organo legislativo dell�UE, �terzo� rispetto 
ai singoli operatori impegnati sul campo (245). 

Un supporto privo quindi di dirette capacit� operative e legislative: 
�The COSI should not have legislative tasks� (UE doc. n. 5573/05 -�Note 

(244) In effetti, attesa la genericit� delle funzioni del COSI come inizialmente formulate nel Progetto 
di Costituzione per l�Europa, gi� nel corso della riunione informale del Consiglio �Giustizia ed 
Affari Interni� del 27-29 gennaio 2005 si era preso atto della natura in fieri dell�organismo, non riducibile 
alle scarne parole dell�allora art. III-261: �The exact nature of the committee cannot be discerned by 
reading Article III-261�. 

(245) Testualmente, �prepare decisions of the Council� e �not a day-to-day tool for operational 
cooperation� (cfr. doc. n. 8989/05). 


from Council General Secretariat to the Article 36 Committee�). 

Tali principi, che precludono tra l�altro ogni possibilit� di creare una sorta 
di FBI europea, verranno confermati dall�art. 4 della richiamata (e vigente) 
Decisione del Consiglio n. 2010/131. 

Sin dall�origine il ruolo del COSI sarebbe dunque consistito nel definire le 
basi giuridiche per le azioni in materia di sicurezza (�setting out a legislative 
framework for operational action�, peraltro �with �no link� to budgetary issues�); 
sul lato della cooperazione operativa, invece, si propose di integrare in seno al 
COSI la Task Force dei Capi della Polizia (246), onde evitare duplicazioni di sorta. 

Nel corso dei lavori condotti nel 2005 (in particolare, nel gi� citato doc. 
6626/05) fu elaborata un�ampia nozione giuridica di �sicurezza interna� (materia 
che costituir� il settore per eccellenza del COSI), ricomprendente �the 
prevention and combating of crime; the prevention of the terrorist threat; intelligence 
exchange; public order management; the prevention and combating 
of criminal offences such as illegal immigration and trafficking in persons; 
the provision of an integrated management system for external borders as a 
major factor for preventing (certain) forms of crime within the EU; and crisis 
management with cross-border effects within the EU�. 

Tale nozione teneva conto delle (allora) diverse basi legali del COSI (in 
particolare, oltre alla disposizione generale sovra richiamata, gli artt. I-42, I43, 
III-257 [3], III-263, III-265 [1][c], III-267 [2][c] e [d], III-329 dell�allora 
progetto di Costituzione UE) e tendeva a superare le apparenti limitazioni formali 
dell�art. III-261, posto che il venir meno della suddivisione in �Pilastri� 

(247) necessariamente implicava lo sviluppo di un concetto integrato di �sicurezza 
interna� (desumibile appunto dalle suddette norme costituzionali). 

Nel documento n. 6626/05 si accentua la funzione di strumento di collaborazione 
del Comitato permanente, precisando per� (par. 6) che esso non ha diretta 
capacit� operativa; in particolare, non pu� �directly in charge of conducting 
operational activities but shall ensure that operational cooperation is promotedand strengthened. This could be described as providing the appropriate framework, 
tools, policy, implementation and evaluation to allow/oblige the competent 
authorities to cooperate in areas of common interest or threat�. 

Conformandosi ad un principio generale di diritto amministrativo e costituzionale 
comune agli Stati membri (248), il legislatore UE ha quindi net


(246) Sul punto rilevano le riserve del Regno Unito, secondo cui il COSI avrebbe dovuto pi� che 
altro occuparsi della cooperazione operativa, assumendo conseguentemente le caratteristiche di una 
commissione di alto livello, composta da specialisti qualificati delle varie Forze dell�ordine nazionali, 
nonch� da consulenti e rappresentanti dei Ministri competenti per settore. 

(247) Gi� prevista nel Progetto di Costituzione per l�Europa (mai entrata in vigore) e successivamente 
ripresa dal Trattato di Lisbona. 

(248) Espressione della regola generale di buona amministrazione e trasparenza (di cui agli artt. 
15 TFUE e 97 Cost.), recepito in Italia, da ultimo, nel D.lgs 30 marzo 2001 n. 165 (artt. 4 ss.). 


tamente distinto le funzioni di programmazione (e - seppur in modo pi� 
lato - di indirizzo, negli ambiti di competenza dell�Unione), attribuite al COSI 
ed al Consiglio UE (di cui il primo � un�articolazione), da quelle concretamente 
operative, che spettano solo agli Stati membri. 

Nella formulazione originaria, come gi� anticipato, anche la funzione di coordinamento 
fa la sua comparsa, allorch� il legislatore UE prospetta tre possibili 
�opzioni� sul futuro ruolo dell�istituendo Comitato permanente: la prima, nel limitare 
il ruolo del COSI alla funzione di pianificazione operativa (operazioni con-
giunte di polizia, delle Autorit� doganali e giudiziarie, etc.), comprende anche il 
coordinamento tra le varie operazioni ed azioni (il che presuppone l�individuazione 
delle necessit� operative del caso concreto, alla luce della valutazione delle 
minacce, nonch� la determinazione delle priorit� d�intervento, etc.). Tale opzione 
venne sviluppata in seno alla Task Force dei Capi delle Forze di polizia (a seguito 
della correlata decisione del Consiglio UE, in data 19 novembre 2004), con la 
precisazione che il ruolo del COSI non avrebbe dovuto essere limitato alla cooperazione 
di polizia, dovendosi preferire l�approccio multidisciplinare ed integrato. 

Una seconda opzione, invece, voleva attribuire al COSI delle specifiche 
�funzioni strategiche�, tra cui l�elaborazione di un �Piano UE per la sicurezza 
interna� e l�esercizio della cooperazione operativa, con l�unica preclusione 
delle funzioni legislative. 

Ancora, il documento in esame propone che nel COSI vengano nominati 
dei membri �residentials�, ovverosia dei rappresentanti permanenti designati 
da ciascun Governo nazionale, ai quali si affiancherebbero - con funzioni di 
consulenza - degli �esperti di settore� a seconda delle questioni affrontate (tra 
i quali sembrerebbero doversi ricomprendere anche le Agenzie UE quali EUROPOL, 
EUROJUST, il Comitato Strategico in materia di asilo, immigrazione e 
frontiere e la Task Force dei Capi di polizia, ferma restando - per quest�ultima 

-la prospettiva dell�assorbimento nel COSI medesimo (249) ). 
Con il Trattato di Lisbona il COSI e la precedente elaborazione dottrinale 
trovano una (nuova) base legale nell�art. 71 TFUE. 

La sua principale funzione, come gi� detto, consiste nel coadiuvare il Consiglio 
(del quale � un organismo ausiliario) per promuovere e rafforzare la cooperazione 
operativa tra le singole Autorit� nazionali, onde assicurare un efficace 
livello di sicurezza interna allo spazio comune europeo. Per fare ci�, il legislatore 
comunitario ha puntato sul coordinamento dell�azione istituzionale delle diverse 
Autorit� nazionali - assolutamente autonome nel proprio ambito interno - che 
dovrebbe essere favorito nel corso delle riunioni del Comitato permanente. 

(249) Nel documento del Consiglio UE n. 5815 del 29 gennaio 2010, si legge tra l�altro �COSI 
should take over, for the most part, the functions of the European Police Chiefs Task Force as the management 
body for COSPOL projects. Nonetheless, if required, each Presidency could organise meetings 
between Member States� Police Chiefs, on a voluntary and informal basis�. 


Formula inoltre delle raccomandazioni �concrete� al Consiglio, ed altres� 
lo assiste ogni qual volta debba essere attuata la cd. �clausola di solidariet�� ex 
art. 222 TFUE (in base alla quale l�UE deve mobilitare tutti gli strumenti a sua 
disposizione, compreso quello militare, per aiutare uno Stato membro oggetto 
di un attacco terroristico o vittima di una calamit� naturale provocata dall�uomo). 

Nell�esercizio di queste concrete - e dunque non surrogabili - competenze, 
al pari di un tradizionale Dipartimento ministeriale, il COSI viene quindi di 
fatto a partecipare all�attivit� di indirizzo politico dell�Unione. 

Il COSI � un organo tecnico di supporto privo di attribuzioni operative, 
come chiarisce l�art. 4 della citata Decisione istitutiva 2010/131 del Consiglio, 
per cui �il Comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni 
che rimangono compito degli Stati membri�; coerentemente, quindi, il documento 
del Consiglio UE n. 5815/10 del 29 gennaio 2010 (Jai 85 - Cosi 1 (250)), 
avente ad oggetto �Consequences of the entry into force of the Lisbon treaty: 
the COSI�, nel tracciarne le possibili linee di sviluppo (ricalcanti le linee-guida 
interdisciplinari in materia di sicurezza interna di cui al vigente �Programma 
di Stoccolma� - cfr. retro) indica, tra l�altro �la cooperazione di polizia [disciplinata 
al Capo V del TFUE - ndr] e doganale, il controllo e la protezione 
delle frontiere esterne, e, ove opportuno, la cooperazione giudiziaria in materia 
penale� (251), ai fini della sicurezza pubblica nello spazio UE. 

Il suddetto documento indicava ai singoli Stati membri un questionario 
circa i possibili, futuri sviluppi di impiego del Comitato, con riferimento a tre 
ordini di questioni: 1) quali fossero le principali priorit� che il COSI doveva affrontare 
nella fase iniziale della sua attivit�; 2) se il COSI dovesse sostituirsi alla 
Task Force dei Capi della polizia, assumendone le funzioni; 3) se il COSI dovesse 
altres� svolgere un�opera tesa a favorire il coordinamento della cooperazione 
operativa in materia di scurezza con Stati terzi rispetto all�Unione (252). 

Le risposte al questionario, articolate su pi� profili, sono raccolte nel doc. 

n. 5830/10 del Consiglio UE, in data 12 febbraio 2010 (JAI 89-COSI 3), solo 
parzialmente accessibile (viene omesso, tra l�altro, il nome dello Stato cui si 
riferisce la risposta (253)). 

(250) Reperibile sul sito non istituzionale http://www.statewatch.org/news/2010/feb/eu-cosi-5815-10.pdf. 

(251) Testualmente: �it is foreseen that the Standing Committee shall facilitate and ensure effective 
operational cooperation and coordination, including in areas covered by police and customs cooperation 
and by authorities responsible for the control and protection of external borders. It shall also cover, 
where appropriate, judicial cooperation in criminal matters relevant to operational cooperation in the 
field of internal security�. 

(252) Testualmente, �With respect to the above, the Presidency invites Delegations to address the 
following questions: Which are the main priorities COSI should deal with in the first stages of its work? 
Should COSI take over the main tasks of the Police Chiefs Task Force? Should COSI facilitate the coordination 
of operational cooperation on security issues with third countries and key regions?�. 

(253) Il documento � reperibile, in base al numero di serie, tramite il motore di ricerca del portale 
del Consiglio UE (http://register.consilium.europa.eu). 


Il COSI non si occupa di questioni militari (operando nel settore FSJ e non 
anche nella PSDC), ma in virt� della stretta interdipendenza tra i due ambiti 
d�azione che caratterizza il �modello europeo� di sicurezza (254), sar� tenuto 
a confrontarsi con il pressoch� �omologo� CPS (Comitato politico e di sicurezza 
(255)): sul punto si rinvia a quanto anticipato riguardo ai pi� recenti indirizzi 
di cooperazione tra i settori PESC/PSDC e FSJ, descritti nella �Tabella di 
marcia� doc. 15562/11/ARES(2011) 118322 (256). 

Tra i compiti della Commissione permanente vi � la valutazione della 
�direzione generale� del sistema sicurezza (con possibilit� di raccomandare 
l�adozione di misure idonee a fronte di eventuali carenze (257)), nonch� la 
funzione di garantire �la rigorosa cooperazione� tra le Autorit� competenti 
dello Stato membro di volta in volta coinvolto con le pertinenti strutture UE 
in materia di sicurezza interna (ad es. EUROPOL, FRONTEX, EUROJUST, CEPOL E 
SITCEN), ove se ne ravvisi la necessit�. 

Il COSI, in quanto tale, non prende direttamente parte all�iniziativa legislativa 
dell�UE, analogamente ad un Dipartimento ministeriale di diritto interno; 
pur tuttavia - in quanto organo ausiliario - fornisce un apporto decisivo 
(di carattere tecnico) nel sensibilizzare sulle esigenze operative del �sistema 
sicurezza� gli organi che intervengono nel processo legislativo e, con ci� facendo, 
finisce in concreto col partecipare pienamente alla formazione dell�indirizzo 
politico dell�Unione (258); un apporto che, in ragione 

(254) Nel vigente �Programma di Stoccolma� sulla sicurezza europea, il COSI ha il compito di 
curare �lo sviluppo, il monitoraggio e l�attuazione della strategia di sicurezza interna�. 

(255) Il Comitato politico e di sicurezza (CPS) sovrintende alla situazione internazionale nel settore 
della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e di difesa 
(PESD/PSDC). Istituito con Decisione del Consiglio n. 2001/78/PESC (in data del 22 gennaio 2001, scaricabile 
da http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32001D0078:IT:NOT), riveste 
un ruolo centrale nel definire e controllare le risposte dell�Unione Europea ad una crisi. 

(256) Attinente, significativamente, a tutti i settori coinvolti nella gestione della pubblica sicurezza, 
con i seguenti riferimenti: COSDP 965, PESC 1295, CIVCOM 470, CSDP/PSDC 607 e COSI 83. Gli 
stretti legami operativi tra PSDC (ex PESD) e FSJ (e relativi attori) trovano riscontro gi� nella seconda 
linea d�azione individuata in tale documento, che si sofferma su �the needs to enhance the framework 
for more comprehensive exchange of information, analyses and assessments between relevant CSDP 
and FSJ actors, including in the domain of crisis management�. 

(257) Espressamente: �To evaluate the general direction and efficiency of operational cooperation 
and identify possible shortcomings or failures�. 

(258) In particolare, nel corso del tempo sono state ricondotte alla nozione comunitaria di sicurezza 
�interna� (complementare ed inscindibile, occorre ricordare, da quella �esterna�, in seno alla quale operano 
con maggiore intensit� e frequenza le Forze armate tradizionali) - ove di rilevanza transnazionale 

- le seguenti tipologie di eventi: gestione integrata delle frontiere; cooperazione fra le Autorit� nazionali 
di polizia; armonizzazione dei sistemi della giustizia penale; protezione civile / gestione delle crisi; terrorismo; 
forme gravi di criminalit� organizzata; traffico di droga; criminalit� informatica; traffico di esseri 
umani; sfruttamento sessuale dei minori e pornografia infantile; criminalit� economica; corruzione; 
traffico di armi; calamit� naturali e provocate dall'uomo; criminalit� in generale; infrastrutture strategiche; 
frodi documentali; riciclaggio di denaro; violenza giovanile; violenza hooligan; grandi eventi internazionali 
(per quanto concerne i conseguenti problemi di ordine pubblico); partite di calcio ed eventi 
sportivi; incidenti stradali; protezione dei cd. �valori comuni�. 


dell�intersettorialit� della nozione di sicurezza �interna� valevole per l�UE,in 
conformit� alla strategia integrata di sicurezza (ISS) attualmente in vigore, 
spiega ed impone - cos� come del resto accade nella stragrande maggioranza 
degli ordinamenti contemporanei (con la parziale eccezione proprio del sistema 
delineato in Italia dalla legge 121/81) - la sua composizione integrata 
interforze, su base paritaria. 

Se in precedenza, infatti, prima dell�adozione dei Trattati di Maastricht ed 
Amsterdam ci si limitava ai settori della cooperazione giudiziaria e di polizia, 
oltre che alle procedure in materia di immigrazione ed asilo, adesso tale nozione 
va intesa quale �concetto ampio ed articolato, che abbraccia molteplici settori� 
e comprende �una vasta gamma di misure�: una realt� che sempre pi� comporta 
il coinvolgimento di diverse professionalit� oltre alle Forze dell�ordine, 
tra cui le Autorit� di gestione delle frontiere e quelle giudiziarie, gli organismi 
di protezione civile e le Forze armate, nonch� l�apporto del settore privato, sia 
in campo politico che economico e finanziario, oltrech� di volontariato. 

Una molteplicit� di competenze che certo non pu� essere coordinata o 
gestita (e men che mai comandata) dall�uno piuttosto che dall�altro degli operatori 
in campo, ma necessita dell�intervento terzo dell�Autorit� (cd. �civile�) 
di indirizzo politico, in conformi� al modello di sussidiariet� tipico dello Stato 
di diritto. 

H) LE AGENZIE DELL�UE STRUMENTALI ALLA COLLABORAZIONE DI POLIZIA. ELEMENTI 
DI SINTESI SUL MODELLO DI SICUREZZA DELL�UNIONE EUROPEA. 

Come gi� anticipato, nel settore FSJ operano alcune Agenzie, il cui compito 
risiede nel favorire la cooperazione transfrontaliera tra i diversi operatori 
del �settore sicurezza� degli Stati membri (non solo, quindi, le Forze di polizia 
tradizionali) ogniqualvolta si sia in presenza di situazioni di pericolo che attingono 
gli interessi propri dell�UE. 

Va comunque chiarito, in via preliminare, che una cosa � la strategia (integrata) 
di sicurezza dell�Unione Europea, che nel settore FSJ trova nel COSI 
il principale organo di riferimento, un�altra il ruolo delle Agenzie di cui trattasi, 
che possono s� fornire - volta per volta - degli apporti tecnico/specialistici strumentali 
ad un migliore perseguimento della suddetta strategia, ma che pur 
sempre agiscono (alla pari di altri soggetti istituzionali come le Forze dell�ordine, 
i servizi di protezione civile, le Forze armate tradizionali, etc.) in settori 
determinati e con competenze specifiche. 

La pi� conosciuta di esse, EUROPOL, a dispetto del nome suggestivo non � 
n� una Forza di polizia (ad esempio, una sorta di FBI europea (259)), n� un cen


(259) Sul sito istituzionale di EUROPOL (https://www.europol.europa.eu), alla quarta voce delle 
FAQ (�Is Europol a European FBI?�) la questione viene (ovviamente) risolta in senso negativo: �No. 
Europol has no executive powers. The European Police Office is a support service for the law enfor



tro di monitoraggio e/o direzione, ma semplicemente un ufficio di collegamento 
tra le singole Forze di polizia nazionali, con fini di supporto tecnico. Tale situazione 
permane anche in seguito alle modifiche introdotte con il Trattato di 
Lisbona, a seguito del quale EUROPOL assume un indiretto ruolo strategico nel 
predisporre i rapporti sulla cui base verranno elaborate le linee programmatiche 
sulla sicurezza in seno al COSI, e quindi al Consiglio UE (cfr. infra). 

Seppur riconducibili all�ampia nozione (integrata) di pubblica sicurezza 
elaborata in sede europea, le attribuzioni strumentali di EUROPOL attengono pi� 
che alle funzioni di P.S. tipicamente intese sul piano del diritto interno 
(TULPS e legge 121/81) - principalmente alle attribuzioni di polizia giudiziaria, 
tantՏ vero che di essa si occupa il Consiglio UE nella composizione dei Ministri 
della Giustizia e non in quella degli Affari interni. 

L�Ufficio Europeo di Polizia nasce con la Convenzione del 1995 (260), attuativa 
dell�art. K.3 (par. 2 lett. c) del Trattato di Maastricht ed entrata in vigore 
il 1� luglio 1999; sino alle riforme operate dal Trattato di Lisbona (o, per meglio 
dire, sino al 31 dicembre 2009) tale ufficio ha avuto il compito di agevolare la 
spontanea cooperazione tra le Forze di polizia degli Stati membri in presenza 
di forme particolarmente gravi di criminalit� transfrontaliera in grado di mettere 
a rischio gli stessi interessi comuni dell�Unione, quali terrorismo, traffico illecito 
di stupefacenti (261), criminalit� organizzata internazionale (262), etc. 

Come gi� accennato, EUROPOL nasce per favorire i rapporti di collaborazione 
tra gli Stati membri dell�UE, al fine di prevenire e combattere gravi 
forme di criminalit� organizzata grazie all�interscambio di informazioni sensibili 
tra gli organi deputati alla tutela della pubblica sicurezza nazionale e ad 
un�attivit� di analisi e studio volta all�approfondimento delle conoscenze specialistiche 
dei servizi interessati. In breve, EUROPOL procura la messa in co


cement agencies of the EU Member States. This means that Europol officials are not entitled to arrest 
suspects or act without the approval of national authorities. However, the support provided by Europol 
consists of tools that can contribute to the executive measures carried out by the relevant national 
authorities. The tools are: fast information exchange, sophisticated intelligence analysis, co-ordination, 
expertise and training�. EUROPOL difetta di tutti i requisiti del citato Ufficio dell�intelligence statunitense: 
l�FBI opera infatti in regime autonomo e per una serie di reati contemplati nel Codice penale 
federale USA, per di pi� con propri Sostituti procuratori e Giudici di riferimento. A ci� aggiungasi che 
si tratta di una struttura incardinata nel sistema sociale, dotata di propri poteri e legata alle Forze di 
polizia degli Stati federati da rapporti di cooperazione, laddove EUROPOL, a tacer d�altro, non ha alcun 
autonomo supporto di tipo giurisdizionale. Per un�analitica esposizione delle competenze e delle attivit� 
svolte dall�Agenzia, si richiama la pubblicazione annuale del suo bilancio operativo, disponibile su 
https://www.europol.europa.eu/sites/default/files/publications/it_europolreviewitalian.pdf. 

(260) Atto del Consiglio del 26 luglio 1995 (95/C), su GUCE C-316 del 27.11.1995. Pubblicato 
su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31995F1127%2801%29:IT:NOT. 

(261) Questo era inizialmente l�unico settore di competenza dell�Agenzia, allora EDU-EUROPOL. 

(262) Sino al 2009: 1) prevenzione e lotta contro il terrorismo; 2) traffico illecito di stupefacenti; 
3) tratta di esseri umani; 4) reti d'immigrazione clandestina; 5) traffico illecito di materie radioattive e 
nucleari; 5) traffico di autoveicoli rubati; 6) lotta contro la contraffazione dell'euro e la falsificazione 
dei mezzi di pagamento; 7) riciclaggio di denaro (salvo le infrazioni primarie). 


mune del patrimonio informativo e del know-how operativo (tecniche di procedura, 
etc.) delle varie strutture di P.S. statali, onde favorire, sul versante conoscitivo 
e di metodo, una maggior cooperazione tra le Forze di polizia 
impegnate in operazioni transfrontaliere. 

A tal fine l�Agenzia � tenuta a costituire - attraverso delle centrali di riferimento 
nazionali - una rete informatica comune tramite cui implementare 
un�estesa banca dati del �settore sicurezza� con la quale tutti i soggetti nazionali 
abilitati possano continuamente interagire, senza essere limitati dalle differenze 
di formazione (ed ordinamento) che necessariamente li contraddistinguono: il 
tutto grazie all�utilizzo di particolari standards uniformi di archiviazione e ricerca 
sviluppati dal personale EUROPOL ed oggetto di appositi corsi di formazione. 
La presenza di una funzione di analisi dei dati e non di mera 
archiviazione, del resto, � alla base dell�idea per cui l�Agenzia UE dovrebbe 
progressivamente sviluppare una capacit� dinamica di formazione operativa e 
di consulenza a vantaggio degli operatori dei singoli Stati membri, sempre nella 
prospettiva della loro eventuale, reciproca collaborazione (263). 

EUROPOL non � un organo di polizia, n� ha competenze operative: ha formalmente 
un�autonoma personalit� giuridica, ma nelle materie nelle quali 
svolge la propria attivit� non dispone comunque di poteri esecutivi sul tipo 
dei servizi di polizia nazionali (tantՏ che al suo personale � vietato procedere 
ad interrogatori, perquisizioni, etc.). 

In ci� risiede la principale differenza rispetto all�INTERPOL (264), del quale 
l�Agenzia europea avrebbe dovuto essere - secondo l�originaria linea di pensiero 
tedesca - una versione continentale. 

(263) Nel sito istituzionale di EUROPOL sono indicati gli strumenti di supporto forniti all�azione delle 
Forze dell�ordine degli Stati membri: �Europol supports member states by: Facilitating the exchange of 
information, in accordance with national law, between Europol liaison officers (ELOS). ELOS are seconded 
to Europol by the member states as representatives of their national law enforcement agencies; Providing 
operational analysis in support of operations; Generating strategic reports (e.g. threat assessments) and 
crime analysis on the basis of information and intelligence supplied by member states and third parties; 
Providing expertise and technical support for investigations and operations carried out within the EU, 
under the supervision and the legal responsibility of the member states concerned. Europol is also active 
in promoting crime analysis and harmonisation of investigative techniques within the member states�. 

(264) Sul cui ordinamento si vedano lo Statuto e le Regole generali, riportati sul portale istituzionale 
http://www.interpol.int/. In merito invece alla trasparenza del trattamento di dati sensibili (questione 
tuttora aperta per EUROPOL), si vedano i recenti �Rules on the Processing of Data� del 14 marzo 2013 
(su http://www.interpol.int/content/download/13042/90082/version/17/file/RTD%20ENGLISH.pdf). 
Mentre l�OIPC-INTERPOL � basata su accordi fra le autorit� di polizia, EUROPOL si fonda giuridicamente 
su Trattati ratificati dai Parlamenti nazionali degli Stati membri UE; la prima pu� essere considerata una 
rete delle polizie nel mondo, laddove EUROPOL fornisce pi� che altro supporto agli Stati membri del-
l�Unione nell�analisi dei dati con diretta influenza sul piano delle investigazioni. Il rapporto tra le due 
organizzazioni � disciplinato nella Convenzione istitutiva di EUROPOL del 1995, nella quale si fa espresso 
divieto, per le forme di cooperazione contemplate nella Convenzione, di pregiudicare altre forme di 
cooperazione bilaterale o multilaterale gi� esistenti. Tra le due organizzazioni, inoltre, il 5 novembre 
2001 � stato sottoscriutto uno specifico accordo di collaborazione. 


Elemento centrale del sistema � la creazione di un�Unit� Nazionale Europol 
(UNE) all�interno dei singoli Stati membri, istituita in Italia con Decreto 
Interministeriale del 21 febbraio 1996 ed inserita, sul piano ordinativo, nella 
Direzione Centrale della Polizia Criminale presso il Dipartimento di P.S., a 
necessaria composizione interforze (� diretta - con il principio della rotazione 
ad alternanza triennale - da un Primo dirigente della Polizia di Stato, un Colonnello 
dei Carabinieri o della Guardia di Finanza). 

Tale Unit�, talvolta impropriamente chiamata �referente unico nazionale 
di polizia� (265), � il solo organo competente ad assicurare il collegamento 
tra EUROPOL ed i servizi di polizia dei singoli Stati membri per la gestione dei 
flussi informativi: a tal fine, � responsabile della validazione dei dati forniti e, 
come tale, � assoggettata a vari controlli: dal Garante per la tutela dei dati personali 
all�Autorit� per la tutela del segreto di Stato, al Comitato parlamentare 
di controllo Schengen-EUROPOL, oltre a quelli gerarchici e funzionali. 

Dall�Unit� Nazionale Europol dipendono gli ufficiali di collegamento di 
provenienza interforze - distaccati presso la direzione di EUROPOL a L�Aja 
che costituiscono il desk italiano e si rapportano, nell�assicurare la difesa degli 
interessi della propria Unit� Nazionale, con i desk degli altri Stati membri e 
con la direzione stessa di EUROPOL. 

Il D.M. 25 ottobre 2000, di riordino della �Direzione Centrale della Polizia 
Criminale�, ha istituito nell�ambito di quest�ultima un �Servizio di Cooperazione 
Internazionale� interforze (cui debbono fare riferimento, per gli 
aspetti della cooperazione tecnico-operativa, tutte le strutture del Dipartimento 
della Pubblica Sicurezza e delle Forze di polizia), articolato in cinque Divisioni, 
che comprende INTERPOL (II e III), l�Unit� nazionale EUROPOL (IV) e 
SI.RE.NE (V), ferme restando le autonomie funzionali di tali settori. 

L�Unit� nazionale � incaricata, tra l�altro, di fornire ad EUROPOL le informazioni 
e le segnalazioni necessarie per adempiere al suo mandato, in particolare 
per alimentare il sistema di informazione (vero motore - e potenziale 
punto critico - del sistema), per rispondere a richieste di dati inoltrate dal-
l�Agenzia (ovvero rivolgere a quest�ultima analoghe richieste), per diffondere 
presso i servizi competenti le informazioni fornite dalla stessa. 

Una parziale modifica � stata per� disposta con il Protocollo del 27 novembre 
2003 (266), che consente adesso dei contatti diretti tra EUROPOL ed i 

(265) Accezione che non ha mancato di attrarre - lo citiamo ad colorandum - l�inesausta fantasia di chi 
vorrebbe leggervi nientemeno che l�indizio di una �spinta� europea verso l�unificazione delle Forze di polizia. 

(266) Pubblicato su GUCE C-2 del 6.1.2004, � entrato in vigore il 18.4.2007 (consultabile su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:42004A0106(01):IT:HTML): per l�effetto, 
l�art. 4 par. 2 della Convenzione EUROPOL prevede adesso che �L�unit� nazionale � l�unico organo 
di collegamento tra l�Europol e i servizi nazionali competenti. Gli Stati membri possono tuttavia permettere 
contatti diretti tra i servizi nazionali competenti designati e l�Europol purch� siano rispettate 
le condizioni stabilite dallo Stato membro in questione, compreso il coinvolgimento preliminare dell'unit� 


singoli servizi nazionali di settore, a condizione che vi sia un�espressa autorizzazione 
dello Stato membro in tal senso e che di ci� venga comunque dato 
contestuale avviso all�UNE medesima. 

A partire dal 1� gennaio 2010, la Convenzione del 1995 � stata sostituita 
dalla Decisione n. 2009/371/ GAI del Consiglio UE (267), che da un lato semplifica 
l�amministrazione dell�Agenzia e dall�altro dovrebbe consentire di apportare 
modifiche alla sua disciplina ordinamentale con minori ostacoli rispetto 
al passato. 

Parimenti muta il regime finanziario di EUROPOL, adesso direttamente 
sovvenzionato dal bilancio generale dell�UE e quindi sottoposto al controllo 
del Parlamento Europeo, mentre in precedenza si provvedeva a mezzo di contributi 
diretti degli Stati membri. 

Come evidenziato dalla dottrina (268), EUROPOL � semplicemente una 
complessa rete informatica in grado di consentire la circolarit� di informazioni 
sensibili tra i servizi di pubblica sicurezza nazionali (Forze di polizia ed altro) 
dell�UE, avvalendosi di specifici standard procedurali. A tal fine � stata prevista 
la creazione di un �Sistema informatizzato� (Computer System) di condivisione 
cui contribuisce un apposito gruppo di lavoro (Project Board), 
costituito da rappresentanti di tutti i Paesi dell�Unione. 

In questi termini, dal 1� gennaio 2010 EUROPOL � �competente� (269) per 

nazionale. Allo stesso tempo l'unit� nazionale riceve dall'Europol tutte le informazioni scambiate nei 
contatti diretti tra l�Europol e i servizi nazionali competenti designati. Le relazioni tra l'unit� nazionale 
e i servizi competenti sono disciplinate dalla legislazione nazionale, segnatamente dalle norme costituzionali�. 
Importante � anche il precedente Protocollo del 28 novembre 2002 (adottato con Decisione-
Quadro 2002/465/GAI, pubblicata in GUCE C-312 del 16.12.2002), relativo alle cd. Squadre 
Investigative Comuni: due o pi� Stati membri possono infatti costituire una squadra investigativa comune, 
la cui composizione � definita da un comune accordo fra gli Stati interessati. La squadra comune 
� costituita solo per un fine specifico e per un periodo limitato. � in ogni caso diretta da un funzionario 
dello Stato membro nel cui territorio interviene, che ne coordina e dirige le attivit�; � inoltre prevista la 
possibilit� di operazioni di infiltrazione effettuate da agenti sotto falsa identit�, nel rispetto del diritto e 
delle procedure nazionali dello Stato membro nel cui territorio viene effettuata l'operazione. L�Italia non 
ha ancora recepito nel proprio ordinamento interno tale istituto. Sul punto il Consiglio UE ha recentemente 
adottato (nella composizione dei Ministri della Giustizia, in data 25-26 febbraio 2010 - cfr. doc. 
6855/2/10 REV 2 [Presse 42]) una risoluzione su un nuovo modello di accordo. Il Manuale ad uso delle 
SIC � invece scaricabile da https://www.europol.europa.eu/sites/default/ files/st15790-re01.it11.pdf. 

(267) Pubblicata su GUCE L-121 del 15.5.2009, pp. 37-66. 

(268) GAGLIARDO, Europol (la Polizia Europea) ed il suo approccio al problema della sicurezza 
nell�era della globalizzazione economica, in Rass. Arma Carabinieri 1/2002. 

(269) Attualmente EUROPOL ha i seguenti compiti: raccogliere, conservare, trattare, analizzare e 
scambiare informazioni; comunicare alle Autorit� competenti degli Stati membri le informazioni che le 
riguardano ed ogni collegamento constatato tra i reati; fornire intelligence e supporto analitico agli Stati 
membri in relazione ad eventi internazionali di primo piano; chiedere alle Autorit� competenti degli 
Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini, nonch� di proporre l�istituzione di 
squadre investigative comuni in casi specifici; preparare valutazioni delle minacce ed altri rapporti. A 
seguito della Decisione 2005/511/GAI, EUROPOL � diventato pure ufficio centrale competente per la 
lotta contro la falsificazione dell�Euro. 


criminalit� organizzata, terrorismo ed altre forme gravi di delinquenza che interessino 
due o pi� Stati membri in modo tale da richiedere un�azione comune 
degli stessi, nonch� per i reati connessi. 

Il personale EUROPOL pu� anche partecipare - con funzioni di supporto tecnico/
strumentale - alle squadre investigative comuni, ma limitatamente alle materie 
che rientrano nelle competenze di elaborazione ed archiviazione dati 
dell�Agenzia; tale personale, tuttavia, se pu� direttamente fornire ai membri della 
squadra le informazioni trattate a livello europeo, non pu� per contro mai prender 
parte all�attuazione di qualsiasi misura coercitiva (art. 87 ult. comma TFUE). 

Il sistema di interconnessione si basa sulle �Unit� nazionali Europol�, 
organi di collegamento tra l�Agenzia e le Autorit� di P.S. dei singoli Stati, tramite 
i quali � necessario passare per ottenere l�accesso ai dati: con l�entrata in 
vigore del Trattato di Lisbona, peraltro, viene prevista la possibilit� - rimessa 
alla discrezionalit� del singolo legislatore nazionale - che i singoli organismi 
di P.S. possano contattare direttamente l�Agenzia. 

Ci� al fine di assicurare, in modo quanto pi� possibile capillare e diffuso, 
la formazione di un nucleo essenziale di terminologie, metodiche comunicative 
e regole operative che col tempo possano diventare comuni ai vari sistemi di 
sicurezza degli Stati membri, cos� da consentire una pi� efficace collaborazione 
transfrontaliera tra le Forze dell�ordine. 

Fine ultimo dell�UE, infatti, non � avere un unico modello di polizia valido 
per tutti gli Stati (ipotesi smentita dalla riserva di competenza domestica ex 
art. 4 TUE), bens� assicurare che tutte le loro Forze dell�ordine (quante e quali 
esse siano non importa) in determinati campi e circostanze �parlino lo stesso 
linguaggio�, onde potersi realmente coordinare tra loro, all�occorrenza. 

Intorno a questo essenziale principio ruota l�architettura europea di sicurezza, 
cui � strumentale -in parte qua - l�azione di EUROPOL quale strumento 
di sintesi all�interno di un sistema fondato sulla pluralit� di operatori ed ordinamenti, 
la cui funzionalit� deve essere assicurata mediante un approccio collaborativo 
ed olistico, in aderenza, del resto, al principio costituzionale di 
sussidiariet� comunitaria che gi� informa il settore PESC. 

Come si avr� modo di evidenziare, nell�esaminare le caratteristiche giuridiche 
della funzione di coordinamento, un sistema inclusivo fondato sull�interoperativit� 
degli attori che vi accedono presuppone la loro assoluta equiordinazione, 
e dunque un ordinamento delle eventuali azioni comuni strutturato in termini di 
coordinamento, anzich� di subordinazione, direzione o comando. 

Si pu� sin d�ora anticipare, comunque, che le funzioni di coordinamento 

(270) e cooperazione (271) di organismi [s�] esecutivi [ma] totalmente equior


(270) Che compete all�Autorit� di indirizzo politico, nell�UE il Consiglio Europeo. 

(271) Degli operatori della sicurezza, tramite accordi, intese o diverse relazioni paritarie intercorse 
tra gli stessi. 


dinati tra loro, trovano nelle linee-guida del 2010 sulla sicurezza interna del-
l�Unione Europea (cfr. retro) il suggello pi� evidente e diretto: pur con i limiti 
operativi che l�impianto prefigurato dal Consiglio tuttora presenta, non vՏ dubbio 
che la prospettiva di riferimento (ribadita nel corso degli ultimi tredici anni 
dalle massime istanze politiche dell�Unione) � nel senso di creare uno strumento 
operativo complesso nel quale ogni componente apporti autonomamente le proprie 
capacit� specialistiche, pur con l�ovvia preferenza per quelle a carattere 
interdisciplinare, in quanto gi� strutturate secondo un profilo �integrato� e 
quindi maggiormente efficaci, oltre ad avere una minor incidenza di costi. 

In questo quadro d�insieme, EUROPOL (272) � solo una componente strumentale 
del sistema sicurezza, avente il compito di mettere in comunicazione 
vari attori istituzionali - ove impegnati nella prevenzione di determinate fattispecie 
di reato a carattere transfrontaliero - e di assicurarne la miglior interoperativit� 
possibile grazie all�uso di standards e strumenti operativi comuni, 
riconoscibili da entrambe le parti. 

Come gi� anticipato, il Trattato di Lisbona introduce alcune modifiche al 
quadro giuridico ed alle procedure legislative applicabili a diversi settori del 
precedente �Terzo Pilastro� (Giustizia e affari interni - GAI): in breve, se la 
cooperazione operativa di polizia rimane sottoposta, come in precedenza, alla 
regola dell�unanimit� dei consensi in seno al Consiglio (ex art. 87 par. 3 TFUE), 
la cooperazione non operativa (art. 87 par. 2 TFUE (273)) ed EUROPOL (art. 88 
TFUE) passano invece al regime legislativo ordinario, con il necessario coinvolgimento 
del Parlamento Europeo. 

Il Trattato di Lisbona prevede, in particolare, la possibilit� di definire - e 
dunque eventualmente anche di estendere (274) rispetto al passato - le materie 
di competenza EUROPOL a mezzo di Regolamenti (direttamente applicabili in 
tutti gli Stati membri senza necessit� di atti di recepimento), nei limiti indicati 
dal primo comma dell�art. 88: �Europol ha il compito di sostenere e potenziare 

(272) Per un�efficace analisi del sistema EUROPOL e dei suoi rapporti con le diverse politiche comunitarie 
(bench� anteriore all�entrata in vigore del Trattato di Lisbona ed alle �novelle� da questo apportate), 
si veda ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione giudiziaria e Terzo Pilastro 
dell�Unione Europea, Padova 2009. In senso critico, DE MOOR-VERMEULEN, The Europol council decision: 
transforming Europol into an agency of the European union, in Common Market Law Review 
2010, pp. 1089 ss., nonch� BUSUIOC-CURTIN-GROENLEER, Living Europol: Between Autonomy and Accountability, 
Colchester-ECPR 2010. 

(273) Circoscritta ai seguenti, tassativi settori: a) raccolta, archiviazione, trattamento, analisi e 
scambio delle pertinenti informazioni; b) sostegno alla formazione del personale e la cooperazione relativa 
allo scambio di personale, alle attrezzature e alla ricerca in campo criminologico; c) tecniche investigative 
comuni ai fini dell�individuazione di forme gravi di criminalit� organizzata. 

(274) Opzione inizialmente caldeggiata dalla Germania, alla cui iniziativa (nel 1991) risale la 
stessa creazione dell�Agenzia, che negli intenti dell�allora Cancelliere Kohl avrebbe dovuto essere strutturata 
sul modello dell�FBI statunitense e della Bundeskriminalamt (BKA - Polizia Criminale Federale) 
tedesca. In argomento, cfr. OCCHIPINTI, The politics of EU police cooperation: toward a European FBI?, 
London/Boulder 2003, pp. 51 ss.. 


l'azione delle autorit� di polizia e degli altri servizi incaricati dell'applicazione 
della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione 
e lotta contro la criminalit� grave che interessa due o pi� Stati membri, il terrorismo 
e le forme di criminalit� che ledono un interesse comune oggetto di 
una politica dell�Unione�. 

Inoltre, il gi� ricordato vincolo dell�unanimit� (ex art. 87 par. 3 TFUE) di 
fatto esclude la possibilit� per EUROPOL - che, ribadiamo, non ha competenze 
operative - di ambire al ruolo di autonoma polizia federale europea, pur circoscritta 
ad ipotesi delittuose di rilevanza sovranazionale (275). 

Maggiori incertezze desta invece il secondo comma dell�art. 87 TFUE 
(276), non essendo del tutto chiaro se le materie elencate alle lettere a) e b) 
abbiano o meno carattere tassativo. 

La questione va affrontata sulla base della gerarchia delle fonti, laddove 
il TFUE (al pari del TUE e della Carta dei Diritti Fondamentali UE) riveste un 
valore primario, che in un ideale confronto con l�ordinamento italiano potremmo 
definire �costituzionale�. 

Orbene, l�art. 88 comma secondo TFUE demanda ad una fonte di secondo 
grado (qual � un Regolamento, ai sensi dell�art. 288 comma secondo TFUE) 
l�individuazione di �struttura, funzionamento, sfera d�azione e compiti� 
dell�Agenzia (277): in quanto fonte subordinata al TFUE, il suddetto regolamento 
attuativo non potrebbe mai eccedere la portata di quanto ivi espressamente 
previsto, pena il suo annullamento da parte della Corte Europea di 
Giustizia, adesso competente in tale specifico settore (278). 

(275) Sul punto la dottrina evidenzia la scarsa lungimiranza dei legislatori nazionali, che spesso 
finiscono per identificare la sovranit� nazionale con il �momento poliziesco� (per usare le parole di 
ROSI, Criminalit� organizzata transnazionale e sistema penale italiano, Torino 2007, p. 385), trascurando 
per contro i settori non meno importanti dell�Amministrazione della Giustizia penale e civile (che concernono 
addirittura un Potere dello Stato), dando cos� vita ad interventi disorganici ed inutilmente dirompenti 
(se non destabilizzanti, come dimostra la travagliata esperienza del cd. �Mandato d�arresto 
europeo� [di cui alla Decisione-quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002] avanti alla Corte Costituzionale 
tedesca e l�incertezza applicativa dell�istituto nella giurisprudenza delle magistrature europee 
di ultima istanza, dovuta alla necessit� di colmarne gli evidenti deficit garantistici. Per un�introduzione, 
LATTANZI, Il mandato di arresto europeo nell�ordinamento italiano, pubblicato in versione online su 
http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/RI_Lattanzi_Lisbona20121116.pdf. 

(276) La norma cos� dispone: �2. Il Parlamento Europeo e il Consiglio, deliberando mediante 
regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la 
sfera d'azione e i compiti di Europol. Tali compiti possono comprendere: a) la raccolta, l�archiviazione, 
il trattamento, l'analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse, in particolare dalle autorit� degli 
Stati membri o di paesi o organismi terzi; b) il coordinamento, l'organizzazione e lo svolgimento di indagini 
e di azioni operative, condotte congiuntamente con le autorit� competenti degli Stati membri o 
nel quadro di squadre investigative comuni, eventualmente in collegamento con Eurojust. Tali regolamenti 
fissano inoltre le modalit� di controllo delle attivit� di Europol da parte del Parlamento Europeo, 
controllo cui sono associati i Parlamenti nazionali (�)�. 

(277) Con doc. 2012/C 5/03 pubblicato in GUCE del 7 gennaio 2012, � stato formalizzato il 
Regolamento interno del Consiglio di amministrazione. Testo scaricabile dal portale istituzionale, su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:005:0005:0007:IT:PDF. 


Va infatti ricordato che per consolidata giurisprudenza della stessa, la natura 
di �diritto derivato� del Regolamento impone che lo stesso si basi tassativamente 
sulle disposizioni dei Trattati: peraltro, il TFUE non fornisce alcuna indicazione 
sulla struttura e sul funzionamento di EUROPOL, n� sulle materie (�sfera d�azione�) 
nelle quali questa pu� esplicare la propria attivit�, materie che potranno quindi 
essere liberamente individuate nei citati regolamenti (con l�ovvio rispetto di eventuali 
competenze esclusive statali o di altri organi UE, esplicite o implicite). 

L�art. 88 detta invece dei principi di riferimento in merito ai compiti 
dell�Agenzia che - se considerati in modo obiettivo ed alla luce della prassi 
amministrativa comunitaria di avvalersi principalmente delle strutture nazionali 
per perseguire i propri scopi - rappresentano lo spettro di massimo intervento 
per l�organismo sovranazionale. 

L�elencazione contenuta nelle lettere a) e b) andr� quindi considerata in 
modo tassativo, quale limite estremo all�estensione dei compiti di EUROPOL, 
tanto pi� in considerazione del fatto che - significativamente ed a contrario sulle 
altre tre voci il TFUE nulla dice. 

In effetti, se tale precisazione deve avere un senso rispetto al silenzio serbato 
sugli altri settori, questo non pu� che risiedere nell�intenzione di limitare 
tassativamente l�ambito di intervento del diritto derivato, laddove negli altri 
casi il legislatore UE avrebbe un margine di manovra pi� ampio. 

Del resto, la limitazione dei compiti dell�Agenzia non � casuale, ma trova 
riscontro nell�ultimo comma della norma, che fissa l�ulteriore limite (coerente 
con la giurisdizione domestica in materia di sicurezza interna statale, ex art. 4 
TUE) per cui �Qualsiasi azione operativa di Europol deve essere condotta in 
collegamento e d�intesa con le autorit� dello Stato membro o degli Stati membri 
di cui interessa il territorio. L�applicazione di misure coercitive � di competenza 
esclusiva delle pertinenti autorit� nazionali�. 

Ci� conferma che i compiti diretti di EUROPOL (relativamente ai quali, 
cio�, l�Agenzia opera in autonomia) possono essere, al pi�, solo quelli previsti 
dalla richiamata lett. a): in effetti, se qualsiasi tipo di azione �operativa� (dunque, 
anche quelle di cui alla lettera �b� del comma precedente) non pu� mai 
essere posta in essere per iniziativa unilaterale dell�Agenzia (ma solo a seguito 
di una preventiva intesa con le competenti Autorit� nazionali), non si comprende 
quali ipotetiche, ulteriori attivit� EUROPOL potrebbe autonomamente 
svolgere oltre a quelle gi� indicate al comma secondo. 

Il limite strutturale di EUROPOL - un�Agenzia strumentale ad una miglior 
cooperazione tra le Forze di polizia nazionali, e non certo una �Polizia mag


(278) Pi� correttamente, le nuove attribuzioni della Corte di Giustizia e della Commissione Europea 
diverranno applicabili all�acquis legislativo dell�ex �Terzo Pilastro� decorso un quinquennio dal-
l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ossia il 1� dicembre 2014, ai sensi dell�articolo 10 del 
Protocollo n. 36 sulle Disposizioni Transitorie del medesimo Trattato. 


giore� - non � estemporaneo, ma coerente con il vigente modello integrato di 
sicurezza che presuppone una visione d�insieme delle problematiche emergenti 
nei settori FSJ e PESC/PSDC, tra loro interdipendenti: un diverso ruolo dell�Agenzia, 
autonomamente operativo e non semplicemente strumentale e terzo rispetto 
alle Forze nazionali che con altri contribuiscono alla salvaguardia del �sistema 
sicurezza� dell�Unione contraddirebbe infatti il suddetto modello �integrato�, 
che esclude ogni forma di separatezza e/o segregazione dei molteplici apporti 
(militari, civili, giudiziari, etc.) nel complessivo settore della sicurezza UE. 

EUROPOL, infatti, ha un bacino di riferimento circoscritto alle Forze di polizia 
(sia pure a statuto composito, militare o civile), ragion per cui una sua ipotetica 
evoluzione in soggetto direttamente operativo (in concorrenza o 
sostituzione alle Forze nazionali) cui esclusivamente riferire l�azione del settore 
FSJ finirebbe per contraddire i fondamenti delle politiche di sicurezza europee. 

Pi� in generale, � lo stesso principio costituzionale della divisione dei Poteri 
(e del conseguente ruolo, pi� o meno esteso, rivestito dalla magistratura 
nei singoli ordinamenti) ad opporsi ai tentativi di un rafforzamento operativo 
dell�Agenzia: invero, le marcate differenze dei sistemi giudiziari dell�Europa 
dei 27 si riflettono non solo sulla cd. �cooperazione giudiziaria in materia 
penale� (ex �Terzo Pilastro� UE, settore nel quale opera EUROJUST), ma pure 

-e direttamente - sull�attivit� investigativa delle Forze di polizia: come nota 
la dottrina (279), il controllo esercitato dalla magistratura - il cui ruolo � generalmente 
garantito da fonti costituzionali - sulle Forze dell�ordine diverge 
nettamente da Paese a Paese e spesso � molto stringente, tantՏ che in molti 
Stati membri le Forze di polizia devono essere autorizzate dall�Autorit� giudiziaria 
prima di compiere determinati atti investigativi potenzialmente lesivi 
dei diritti fondamentali del cittadino. 

A sua volta, l�organo giudiziario in questione - che non dipende certo da 
EUROPOL (e men che mai da EUROJUST, per restare in tema), n� ad esso fa riferimento 
anche solo ideale -�ha gerarchie e controlli diversi da Stato a Stato, 
con poteri e carriere non paragonabili e, spesso, totalmente autonome. Per 
questo motivo, non di poco conto, � gi� di per s� notevole che, allo stato attuale, 
si siano potute svolgere operazioni coordinate tra le diverse autorit� 
giudiziarie degli Stati membri�. 

In questi termini, atteso il monopolio giudiziario dell�azione penale, in 
tanto EUROPOL potr� avere una qualche utilit�, in quanto diventi realmente un 
soggetto in grado di aggregare volta per volta le varie Forze di polizia europee, 
a seconda dell�occorrenza ma rispettandone totalmente le peculiarit� nazionali 
(organizzative, culturali, operative, etc.): in breve, un ruolo di catalizzatore in 
grado di rispondere alle esigenze di diversi soggetti, se ed in quanto questi 

(279) ROMANI, Servizi di polizia internazionale, cooperazione intergiudiziaria e terzo pilastro 
dell�Unione Europea, Padova 2009. 


debbano superare il proprio campo di elezione per fronteggiare delle situazioni 
di criminalit� sovranazionale che richiedano l�utilizzo di squadre comuni o 
comunque forme di collaborazione (e competenze) avanzate. 

Ausilio che potr� operare su due fronti: nello scambio di informazioni e 
nella pianificazione e/o assistenza ad interventi operativi degli organi di polizia 
degli Stati membri. 

L�elenco delle materie nelle quali EUROPOL potr� essere chiamata a svolgere 
questa delicata opera di intermediazione e di supporto tecnico-specialistico 
(280) dipender� ovviamente dalla volont� degli Stati rappresentati in 
Consiglio, e dunque dal livello pi� o meno sensibile con cui determinate emergenze 
verranno avvertite a livello nazionale. 

Alla luce di quanto sopra, pu� affermarsi che nell�odierno settore FSJ (ex-
GAI) la funzione di coordinamento di pubblica sicurezza � del tutto residuale 
e molto pi� circoscritta che nel settore PESC, nonostante la formale maggior 
�integrazione� comunitaria rispetto a quest�ultimo: anche nell�ex �Terzo Pilastro�, 
infatti, trova applicazione il modello integrato tipico dell�Unione Europea, 
che coinvolge attori dalle pi� svariate competenze (civili, militari, 
protezione civile, etc.), ma per una serie di ragioni - attinenti in particolar 
modo la tutela dei fondamenti della sovranit� nazionale - si � preferito insistere 
sul principio volontaristico della �collaborazione� operativa. 

Un tale assetto istituzionale riposa su inequivoche norme dei Trattati istitutivi 
dell�UE, ragion per cui non appare suscettibile di sostanziali mutamenti, 
ad esempio per effetto di semplici prassi evolutive. 

Di funzioni di coordinamento si parla soltanto in relazione al COSI (dove 
il modello seguito � paritetico e basato sull�accordo dei soggetti della cui 
azione si tratta) e ad EUROPOL (negli esigui limiti di cui all�art. 88 lett. �b� 
TFUE, che nuovamente presuppone un preventivo accordo dei soggetti interessati, 
stante la regola di chiusura del successivo terzo comma); si tratta co


(280) ROMANI, op. ult. cit., pp. 12-13 individua in particolare quattro settori nei quali dovrebbe 
concentrarsi l�opera di coordinamento e sistematizzazione di EUROPOL, e precisamente: 1) un fattivo 
scambio di informazioni riguardanti fenomeni criminali sopranazionali, che spesso si possono manifestare 
in maniera eterogenea nei diversi Stati membri, favorito da una conoscenza personale degli operatori 
che materialmente trasmettono e ricevono; 2) uno scambio di tecniche investigative in senso 
generale (ogni Forza di polizia presente in EUROPOL porta in dote le proprie tecniche acquisite e sviluppate 
in risposta a fenomeni criminali locali che, in breve, subiranno una verifica operativa e diventeranno 
patrimonio di EUROPOL. Sar� naturale, poi, per il personale che avr� prestato la propria opera, acquisire 
tecniche nuove ed importarle nelle proprie Amministrazioni nazionali, individuando nel contempo le 
opportune modificazioni per applicarle in un ambiente diverso e in un quadro giuridico differente); 3) 
lo studio analitico dei fenomeni criminali, inteso, soprattutto, come messa in campo di esperienze, ragionamenti 
e capacit� professionali (tanto di natura repressiva quanto preventiva); 4) infine, EUROPOL 
dovrebbe svolgere anche una funzione di centro di riferimento per Paesi extracomunitari, per chiedere 
e fornire informazioni su fenomeni criminali che operano ai margini dell'Unione europea. Un riferimento, 
questo, anche per dare ulteriori strumenti alle organizzazioni di polizia di tutto il mondo, utili nella lotta 
al crimine intercontinentale. 


munque di un approccio relativamente recente, in coerenza con il progressivo 
consolidarsi delle competenze dell�Unione in materia. 

In una prima fase, durata almeno sino a tutti gli anni �90, si faceva infatti 
esclusivo riferimento al principio di �cooperazione�, rimessa alla buona volont� 
dei soggetti coinvolti; solo successivamente, con l�espandersi delle competenze 
dell�Unione a settori (commercio e politica estera, politica finanziaria 
e valutaria, etc.) che necessariamente attingono profili rilevanti della sicurezza 
degli Stati, si inizi� a riflettere sull�opportunit� o meno di assegnare ad organi 
dell�UE delle competenze strumentali in materia. 

Bisogna per� premettere che l�Unione Europea non dispone di propri contingenti 
di polizia, esattamente come non dispone di un proprio Esercito. Ogniqualvolta 
necessiti l�apporto di personale operativo specializzato, deve fare affidamento 
sugli Starti membri, che tuttora detengono il monopolio delle Forze di sicurezza. 

Per l�effetto, nessun atto normativo dell�UE prevede (anche solo in prospettiva) 
di assegnare ad organismi sovranazionali poteri di ordine o direzione 
delle Forze di polizia nazionali o degli altri soggetti operanti a qualsiasi titolo 
nel settore GAI/ FSJ, essendo soltanto prevista la possibilit� di un qualche coordinamento 
operativo nel momento in cui si trovino ad operare in situazioni 
che direttamente coinvolgano, prima ancora dell�interesse nazionale, gli interessi 
di pertinenza dell�Unione. 

Il primo accordo globale in materia (allora in ambito CEE) risale al Forum 
sulla sicurezza interna del 1975 (il cd. �Gruppo Trevi�): all�epoca il Consiglio 
Europeo non era ancora un�Istituzione della CEE, ma solo un�occasione informale 
di confronto e dibattito tra i rappresentanti dei Governi nazionali, nel 
corso dei quali la rappresentanza inglese propose l�istituzione di un forum permanente 
dei Ministri degli Interni e della Giustizia degli Stati membri, senza 
tuttavia fargli assumere la fisionomia di un organismo comunitario. 

L�anno successivo ebbe inizio una prima forma di cooperazione (anch�essa 
a carattere informale) tra le Forze di polizia, che port� alla creazione 
di alcuni gruppi di lavoro denominati Trevi 1 (lotta al terrorismo), Trevi 2 (cooperazione 
di polizia per le questioni di ordine pubblico) e Trevi 3 (repressione 
della criminalit� organizzata e del traffico di stupefacenti), quest�ultimo destinato 
a porre le basi di EUROPOL con la creazione di una prima Agenzia per 
lo scambio di informazioni sul traffico di stupefacenti (EIDU). 

Ad EUROPOL � stata affiancata, nel 2001, una task force per lo scambio di 
contatti ed informazioni tra i Capi delle Forze di polizia europee (ECPTF) e, 
nel 2002, l�Agenzia giudiziaria anticrimine (EUROJUST); contestualmente sono 
stati creati alcuni enti-satellite per la cooperazione tra le polizie fluviali e marittime 
(AQUAPOL, nel 2002) e di frontiera (FRONTEX, nel 2004), nonch� tra le 
Accademie nazionali di polizia (CEPOL, nel 2005). 

Sempre in quest�ambito va inquadrata, ad avviso della dottrina (281), anche 
la specifica cooperazione - nel settore GAI/ FSJ - tra le Forze di gendarmeria, in



staurata gi� nel 1992 con l�iniziativa del Direttore della Gendarmerie Nationale 
francese di promuovere un contesto giuridico formale per gli scambi formativi 
con i Carabinieri italiani e la Guardia Civil spagnola: ne segu� la Dichiarazione 
tripartita di Madrid del 12 maggio 1994 sulla cooperazione nella sicurezza interna 
e la creazione di una commissione (indicata come FIEP dalle iniziali dei 
primi firmatari [282]) alla quale si sono poi aggiunti Portogallo (1996), Turchia 
(1998), Marocco ed Olanda (1999), Giordania (2010), Romania (2002), Argentina 
e Cile (2005), con richieste da Ucraina (2002) ed Azerbaijan. 

Cosa ancora diversa � la cooperazione europea nelle missioni internazionali 
di polizia (inizialmente nel quadro PESC o poi PESD/PSDC), di cui si � diffusamente 
parlato in precedenza. 

Un ulteriore impulso alla funzione di cooperazione tra le Forze di polizia 
europee venne dall�Atto Unico Europeo del 1986, che individuava uno schema 
di misure necessarie alla creazione di uno spazio comune senza frontiere interne, 
tenuto conto delle conseguenti sfide della criminalit� transnazionale: 
due anni dopo venne istituito un nuovo gruppo di lavoro (il Trevi 1992) con il 
compito di pianificare le forme di cooperazione indispensabili per poter reggere 
alle conseguenze dell�eliminazione dei controlli di frontiera. 

Il Trevi 1992 segna il superamento del metodo informale, con l�attribuzione 
al gruppo di lavoro di poteri semi-ufficiali, sebbene non ancora operativi (sino 
al Trattato di Maastricht, infatti, la materia sar� disciplinata da semplici atti di 
collaborazione politica tra gli Stati); nel 1985, inoltre, era stato siglato tra alcuni 
Stati membri l�Accordo di Schengen, poi seguito dalla relativa Convenzione di 
applicazione, sottoscritta il 19 giugno 1990. L�Accordo si riferiva all�abbattimento 
delle frontiere interne e vi erano disciplinate, in modo completo, le condizioni 
diplomatiche, tecniche e giuridiche dello spazio comune entro il quale i 
cittadini degli Stati firmatari avrebbero potuto transitare senza alcun controllo. 

La Convenzione di applicazione Schengen reca specifiche norme in materia 
di cooperazione di polizia, in primis l�art. 2 e quindi gli artt. da 39 a 47, 
concernenti tra l�altro l�osservazione, l�inseguimento transfrontaliero e la potest� 
riconosciuta alle polizie degli Stati membri di applicare, in caso di urgenza, 
alcune misure coercitive sull�indagato, compendiate nel �Vademecum 
sulla cooperazione di polizia transfrontaliera� (283). 

(281) ROMANI, op. ult. cit. 

(282) Maggiori notizie sul sito http://www.fiep.org. 

(283) Doc. n. SCH/I (98) 90(1), classificato come �restreint�. Integra il precedente �Manuale 
Schengen sulla cooperazione di polizia nel settore del mantenimento dell�ordine pubblico e della sicurezza 
pubblica� [doc. SCH/I (97) 36, 5a rev.] ed abroga la decisione del Comitato esecutivo del 24 giugno 
1997 [doc. SCH/Com-ex (97) 6, 2a rev]. Gli Stati membri parti degli Accordi di Schengen si sono 
impegnati ad inserire il Vademecum nelle loro istruzioni nazionali ed a trasmetterlo ai propri servizi di 
polizia ai fini della sua attuazione. Cfr. anche la Decisione del Comitato esecutivo del 16 dicembre 1998 
[doc. SCH/Com-ex (98) 52], in GUCE L-239 del 22 settembre 2000, p. 408. 


L�articolo 2 prevede la cd. �clausola di salvaguardia�, in base alla quale 
possono essere eccezionalmente ripristinati i controlli di frontiera: �per esigenze 
di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, un Paese contraente pu�, 
previa consultazione con i partners, decidere che, per un periodo limitato, 
alle frontiere interne siano effettuati controlli adeguati alla situazione�; parimenti 
rilevante � l�art. 39, per cui gli Stati dell�area Schengen possono prestarsi 
mutua assistenza in presenza di determinati requisiti. 

A sua volta l�art. 40 (in materia di �osservazione transfrontaliera�) prevede 
una forma di collaborazione passiva tra gli Stati, relativamente al compimento 
di alcuni atti di indagine su delitti specifici: l�attivit� di osservazione 
dev�essere autorizzata dallo Stato cui � rivolta la richiesta, che pu� delegare 
le operazioni ai propri organi di polizia. 

In ogni caso di attraversamento della frontiera dev�essere informata 
l�Autorit� centrale del Paese interessato, cui vanno rappresentate le eventuali 
ragioni d�urgenza; nei casi in cui nessuna autorizzazione sia richiesta, 
gli agenti dello Stato richiedente saranno comunque tenuti a rispettare le 
norme procedurali del luogo in cui andranno ad operare, e salvo espressa 
decisione contraria dello Stato �ospitante� potranno portare al seguito 
l�arma d�ordinanza, senza tuttavia poterla utilizzare se non in caso di legittima 
difesa. 

Gli agenti non sono inoltre legittimati a fermare o interrogare la persona 
indagata, ed � loro vietato l�ingresso nei domicili e nei luoghi non accessibili 
al pubblico; ogni operazione dovr� inoltre essere relazionata alle competenti 
Autorit� dello Stato nel cui territorio � stata effettuata. 

Analogamente � stato disciplinato l�inseguimento del sospetto che, colto 
in flagranza di reato nel territorio di uno Stato membro, cerchi la fuga attraversando 
le frontiere di un altro Paese contraente: in questo caso, ove vi sia 
urgenza e non sia stato possibile preavvisare le Autorit� competenti, n� vi 
siano i tempi per un intervento della polizia locale, il personale operante pu� 
procedere addirittura al fermo della persona inseguita, fermo in ogni caso 
l�obbligo di informarne le Autorit� nazionali. 

L�inseguimento, formalmente previsto solo per via di terra, deve per� 
cessare ove l�Autorit� statale lo richieda. 

L�art. 70 della Convenzione ha poi previsto la costituzione di un gruppo 
di lavoro permanente deputato ad esaminare i problemi comuni in materia 
di stupefacenti, con l�incarico di elaborare strategie di cooperazione e scambio 
di informazioni. A tal fine � stata prevista anche la possibilit� di distaccare 
unit� di personale (e/o ufficiali di collegamento) presso altri Stati 
dell�area Schengen con compiti collaborativi e di assistenza alle Forze di 
polizia locali, nei casi in cui sia necessario realizzare attivit� congiunte nel 
medio-lungo periodo. In materia, trova anche applicazione il principio delle 
cd. �consegne sorvegliate�. 


A fronte di un�articolata disciplina in materia di collaborazione di polizia, 
nell�Aquis di Schengen non � per contro dato individuare procedure o 
tipologie di coordinamento: l�elemento pi� rilevante � sicuramente la creazione 
della banca-dati SIS, disciplinata dal Titolo V della Convenzione, che 
prevede un�unit� centrale (SIS-C) con sede in Strasburgo per la gestione ed 
elaborazione dei dati di interesse operativo inviati dalle banche-dati nazionali 
(N-SIS), a loro volta alimentate dalle unit� periferiche delle varie Forze 
di polizia nazionali. 

I parallelismi teorici con EUROPOL sono evidenti: il SIS � un enorme archivio 
informatico in grado di immagazzinare milioni di dati relativi non 
solo a persone ma anche a cose, resi accessibili alle Forze di polizia degli 
Stati (non necessariamente membri dell�UE: ad es. Svizzera e Norvegia) aderenti 
all�area Schengen, grazie all�adozione di procedure omogenee: le sue 
finalit� sono espresse all�art. 93 della Convenzione, e concernono soprattutto 
l�ordine e la sicurezza pubblici, a fini preventivi. 

Per agevolare le attivit� di polizia conseguenti agli accertamenti presso 
il SIS, in ciascun Paese aderente � stato costituito un ufficio, denominato 
S.I.RE.N.E. (�Supplementary Information Request at the National Entries�), 
avente l�incarico di gestire i flussi informativi ed i rapporti con i corrispondenti 
uffici degli altri Paesi (284). 

A tal punto resta da definire un ultimo, fondamentale principio generale 
di diritto comunitario in materia di pubblica sicurezza, ossia la �funzione di 
cooperazione�. 

A seguito della rapida adesione di nuovi Stati all�UE tra la fine degli 
anni �80 ed il decennio successivo venne meno l�omogeneit� politica che 
aveva caratterizzato la Comunit� Europea delle origini, con la conseguenza, 
tra l�altro, di far entrare progressivamente in stallo il tradizionale metodo 
decisionale dell�unanimit� e la gestione intergovernativa del settore sicurezza; 
si fu quindi costretti, alla fine, ad intervenire su tali consolidati meccanismi, 
introducendo alcuni correttivi con i Trattati di Maastricht e 
soprattutto (nel 1997) di Amsterdam. 

Parallelamente - sotto il profilo operativo di polizia - la presenza di un 
numero s� crescente di operatori dalle pi� svariate competenze, ma tra loro 
sempre meno omogenei quanto a metodologie operative e sistemi giuridici 
di riferimento, rendeva ormai velleitario un approccio basato sulla cooperazione 
transfrontaliera rimessa alla semplice iniziativa di parte, apparendo 
piuttosto opportuno istituire una struttura �terza�, tecnica e super partes, in 
grado di individuare delle linee-guida comuni di azione, pur senza interferire 
con le rispettive linee di comando e le specifiche attribuzioni nazionali. 

(284) Per l�Italia, l�accesso al SIS avviene tramite l�archivio interforze SDI, gestito dalla Direzione 
Centrale di Polizia Criminale del Dipartimento di P.S. 


Il Trattato di Maastricht (285) consent� quindi la nascita di EUROPOL ed 
istitu� i settori (cd. �Pilastri�) PESC e GAI - ancora caratterizzati dalla cooperazione 
intergovernativa (286) - nel cui ambito venivano per� attribuite al 
Consiglio, per la prima volta, anche delle funzioni di coordinamento (art. K.4). 

La cooperazione di polizia era prevista dall�art. K.1 ed inquadrata nel 
�Terzo Pilastro� della nuova Unione Europea; il successivo Trattato di Amsterdam 
oper� poi una rivisitazione della materia in chiave di sicurezza interna 

- cui venne dedicato l�intero Titolo VI del TUE - individuando, quale obiettivo 
dell�Unione, il �raggiungimento di uno spazio di libert�, sicurezza e giustizia� 
in cui fosse garantita la prevenzione e la lotta contro la criminalit�. Il Trattato 
pose particolare attenzione alla cooperazione transfrontaliera in materia penale 
(sia giudiziaria che di polizia: artt. 30 e 31), parallelamente riconoscendo la 
struttura di EUROPOL quale strumento della collaborazione operativa. A livello 
formativo, invece, venne successivamente promossa l�istituzione della CEPOL. 

La cooperazione di polizia continuava ad avere carattere intergovernativo 
(287): gli Stati membri si consultavano in seno al Consiglio, che poteva adottare, 
in materia, delle decisioni-quadro (288) o delle convenzioni, nonch� decisioni 
e posizioni comuni; in ogni caso, le previsioni in questione (tutte 
contenute nel Titolo IV del Trattato) non interferivano (come oggi ribadisce 

(285) Negli anni immediatamente successivi al Trattato di Maastricht, la Conferenza dei Ministri 
degli Interni (TREVI) di Copenaghen del 2 giugno 1993 fiss� le linee guida dell�European Drugs Unit 
(EDU), poi ampliate e consolidate nell�Azione Comune 95/73/GAI del 10 marzo 1995, su iniziativa 
della Germania. In tal modo venne realizzata una prima unit� di cooperazione di polizia, nella quale si 
potevano cogliere i lineamenti essenziali dell�istituenda EUROPOL, le cui competenze investigative vennero 
estese al traffico illecito di materie radioattive e sostanze nucleari, alle organizzazioni di immigrazione 
clandestina ed al traffico illecito di autoveicoli, che si aggiungevano alle iniziali competenze sul 
traffico di droga e sul terrorismo internazionale, previste dall�articolo K.1/9. Il 26 luglio 1995 venne 
sottoscritta a Bruxelles la Convenzione istitutiva di EUROPOL, che entr� definitivamente in vigore il l � 
luglio 1999. Gli anni seguenti furono caratterizzati dall�adozione di alcuni Atti del Consiglio che contribuirono 
ad ampliare l�ambito della cooperazione tra le Forze di polizia: il 27 settembre 1996, in base 
all'articolo K.3, fu adottato l�Atto del Consiglio con il quale si definiva una Convenzione relativa al-
l�estradizione tra gli Stati membri dell�UE; il 26 maggio 1997 con Atto del Consiglio 97/C195/01 vide 
poi la luce la Convenzione per la lotta contro la corruzione di funzionari delle Comunit� europee o degli 
Stati membri dell�Unione. Il 28 aprile 1997, infine, il Consiglio UE adott� un piano di azione globale 
per la lotta alla criminalit� organizzata, suggerendo, con la Raccomandazione n. 19, l�istituzione di punti 
di contatto nazionale, mediante la realizzazione di una Rete giudiziaria europea (la futura EUROJUST), 
con il compito di velocizzare lo scambio di informazioni e le procedure relative alle domande di cooperazione 
concernenti l�attuazione di norme penali. 

(286) Mediante l�adozione di azioni comuni, posizioni comuni e convenzioni: cfr. l�allora art. K.3 TUE. 

(287) Ai fini della parallela cooperazione giudiziaria in materia penale, invece, il Trattato di Amsterdam 
punta sulla semplificazione delle procedure di collaborazione tra Pubblici ministeri ed Autorit� 
giudiziarie, sull�adozione di disposizioni ad hoc in materia di estradizione e su procedure volte ad uniformare 
i vari sistemi normativi. Al fine di realizzare una �rete giudiziaria europea�, il 29 giugno 1998 
verr� poi adottata dal Consiglio l�Azione Comune 98/428/GAI (in GUCE L-191 del 7.7.1998), divenuta 
operativa a decorrere dal 25 settembre dello stesso anno, nella quale si prevede che i membri della �rete� 
si riuniscano regolarmente, svolgendo azione di mediazione e raccordo tra le Autorit� giudiziarie e quelle 
di polizia degli Stati membri. 


l�art. 4 TUE, post-Lisbona) con le responsabilit� esclusive degli Stati per il 
mantenimento dell�ordine pubblico e della sicurezza interna (289). 

Con il Trattato di Amsterdam, i principi gi� stabiliti con la Convenzione 
di Schengen (e per tali vincolanti i soli Paesi ad essa aderenti) in materia di 
operazioni di polizia nel territorio di altri Stati membri vennero potenzialmente 
estesi erga omnes dall�art. K.4 (290) - ovviamente solo previa collaborazione 
ed intesa con le Autorit� dello Stato interessato - attribuendo al Consiglio la 
definizione di condizioni e limiti di tale intervento; al Trattato di Amsterdam 
venne poi allegato un Protocollo sull�integrazione dell�Acquis di Schengen 
nell�ambito dell�Unione Europea, con il compito di far confluire in quest�ultima 
la relativa normativa, il Segretariato ed il personale amministrativo. 

Il Trattato di Amsterdam introdusse infine la possibilit� di speciali forme 
di cooperazione rafforzata di polizia (291) tra alcuni Stati membri. 

Nella prospettiva di favorire la cooperazione transfrontaliera, l�Atto del 
Consiglio UE 98/C 24/01 del 18 dicembre 1997 stabil� inoltre una Convenzione 
di mutua assistenza, col fine di realizzare un sistema di cooperazione 
tra gli Stati membri tramite le rispettive Amministrazioni doganali e cos� 
realizzare una maggiore efficacia nella lotta alla repressione del traffico di 
droghe ed armi. 

Nuovi interventi nell�ambito della cooperazione di polizia (oltre che in 
quella giudiziaria in materia penale) vennero anche individuati nel Consiglio 

(288) La tesi dell�indifferenza, per il diritto interno, delle decisioni-quadro assunte in ambito GAI 
(Terzo Pilastro UE) nel regime antecedente il Trattato di Lisbona, venne smentita dalla nota sentenza 
Pupino della Corte di Giustizia UE (16 giugno 2005, procedimento C-105/03), che statu� - muovendo 
dalla competenza attribuitale dal primo comma dell�art. K.7 dell�allora TUE (�La Corte di giustizia delle 
Comunit� europee, alle condizioni previste dal presente articolo, � competente a pronunciarsi in via 
pregiudiziale sulla validit� o l�interpretazione delle decisioni quadro e delle decisioni, sull'interpretazione 
di convenzioni stabilite ai sensi del presente titolo e sulla validit� e sull'interpretazione delle 
misure di applicazione delle stesse�) - l�obbligo per il Giudice nazionale di operare in ogni caso un�interpretazione 
del diritto interno conforme al contenuto precettivo (ed alla ratio) di queste ultime. 

(289) Ai sensi dell�art. K.5 TUE, come riscritto dall�art. 1 par. 11 del Trattato di Amsterdam, �Il 
presente titolo non osta all�esercizio delle responsabilit� incombenti agli Stati membri per il mantenimento 
dell�ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna�. A sua volta l�art. K.7, comma 
quinto, ulteriormente precisava che: �La Corte di giustizia non � competente a riesaminare la validit� 

o la proporzionalit� di operazioni effettuate dalla polizia o da altri servizi incaricati dell'applicazione 
della legge di uno Stato membro o l�esercizio delle responsabilit� incombenti agli Stati membri per il 
mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna�. 

(290) Testualmente, �Il Consiglio stabilisce le condizioni e i limiti entro i quali le Autorit� competenti 
di cui agli articoli K.2 e K.3 possono operare nel territorio di un altro Stato membro in collegamento 
e d�intesa con le autorit� di quest�ultimo�. Nel solco di quella che di l� a poco sarebbe divenuto 
il modello �integrato� di sicurezza (anche interna) europeo, non circoscritto alle sole Forze di polizia 
strictu sensu intese, l�art. K.2 chiariva che �L�azione comune nel settore della cooperazione di polizia 
comprende: a) la cooperazione operativa tra le Autorit� competenti degli Stati membri, compresi la 
polizia, le dogane e altri servizi specializzati incaricati dell�applicazione della legge, in relazione alla 
prevenzione e all'individuazione dei reati e alle relative indagini (�)�. 

(291) Nel cui ambito taluni riconducono anche la costituzione di EUROGENDFOR. 


Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, con la creazione di EUROJUST 
(un�Agenzia composta da Pubblici ministeri, magistrati o funzionari di polizia 
di pari competenza, aventi il compito di favorire l�ottimale coordinamento tra 
le Autorit� nazionali che esercitano l�azione penale). 

Venne inoltre istituita, come in precedenza detto, la �Task Force dei Capi 
delle Polizie europee�, anch�essa allo scopo di incrementare, in collaborazione 
con EUROPOL, lo scambio delle esperienze, delle migliori prassi e delle informazioni 
sulle tendenze attuali della criminalit� organizzata transnazionale, 
nonch� di studiare congiuntamente ogni adeguata misura di contrasto. 

Ai medesimi fini si decise poi di dar vita (Conclusione n. 47) ad una rete 
di collegamento tra gli Istituti di alta formazione delle Forze di polizia dell�UE 
(292), con il compito (art. 7 della Decisione n. 681/05) di diffondere le migliori 
prassi ed i risultati della ricerca, oltre ad elaborare ed assicurare una formazione 
che preparasse le singole Forze di polizia a partecipare alla gestione 
�non militare� delle crisi (cfr. retro): in questi termini, il ruolo formativo del 
nuovo organismo abbracciava l�intero ambito delle strategie di sicurezza 
dell�Unione, stante l�interdipendenza e la complementarit� - nell�ottica integrata 
del modello europeo - dei settori GAI/SFJ e PESC/PSDC (293). 

A tal riguardo, al Consiglio di Tampere fece seguito quello di Feira del 
1999, nel quale vennero poste le basi della strategia integrata 
�civile/militare/amministrativa� delle attuali politiche di sicurezza interna (ed 
esterna) dell�Unione; il nuovo organismo di collegamento ed interscambio formativo 
- istituito con Decisione 2000/820/GAI del 22 dicembre 2000, poi abro


(292) Gli obiettivi della CEPOL sono indicati all�art. 6 della Decisione istitutiva n. 2005/681/GAI: 
1) approfondire la conoscenza dei sistemi e delle strutture nazionali di polizia degli altri Stati membri e 
della cooperazione transfrontaliera tra le Forze di polizia dell�Unione Europea; 2) migliorare la conoscenza 
degli strumenti internazionali e dell�Unione, in particolare nei seguenti ambiti: a) istituzioni 
dell�Unione europea e relativo funzionamento e ruolo, meccanismi decisionali e strumenti giuridici 
dell�Unione europea, in particolare per quanto riguarda la cooperazione in materia di applicazione della 
legge; b) obiettivi, struttura e funzionamento dell�Europol, possibilit� di massimizzare la cooperazione 
fra Europol e i competenti servizi degli Stati membri incaricati della lotta contro la criminalit� organizzata; 
c) obiettivi, struttura e funzionamento di Eurojust; 3) assicurare una formazione adeguata in materia 
di rispetto delle garanzie democratiche, in particolar modo dei diritti della difesa. Le strategie formative 
della CEPOL sono invece indicate nell�art. 7. 

(293) Per l�adozione anche in sede CEPOL del modello �integrato� caratterizzante le strategie europee 
in materia di sicurezza interna, si richiamano, da ultimo, le conclusioni del meeting di Bruxelles 
(8 marzo 2012) avente ad oggetto �A multidisciplinary and administrative approach to combating organised 
crime 2012�. In termini pi� generali, si veda il Programma di lavoro CEPOL per il 2012 (adottato 
con provvedimento del Consiglio UE doc. 5532/12 ENFOPOL 15 - scaricabile dal portale istituzionale 
http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/12/st05/st05532.en12.pdf), in particolare p. 19: �Priorities 
for the year 2012 include further cooperation with the European institutions and EU agencies including 
enhancing cooperation with the European External Action Service� e le Conclusioni del Consiglio 
UE in tema di �EU�s priorities for the fight against organised crime between 2011 and 2013� 
(Brussels 2010, doc. n. 15358/10, COSI 69 ENFOPOL 298 CRIMORG 185 ENFOCUSTOM 94, su 
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/10/st15/st15358.it10.pdf). 


gata dalla Decisione del Consiglio 2005/681/GAI del 20 settembre 2005 - prese 
il nome di �Accademia Europea di Polizia� (CEPOL/AEP). 

Infine, con Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, in data 26 ottobre 
2004 (294), venne istituita FRONTEX, un�Agenzia avente il compito di 
coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione 
delle frontiere esterne, anche attraverso l�elaborazione di regole comuni in 
materia di formazione. La stessa Agenzia svolge inoltre analisi dei rischi di 
settore, segue l�evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza 
delle frontiere esterne, aiuta gli Stati membri che devono affrontare circostanze 
tali da richiedere un�assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere 
esterne, fornisce il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio 
congiunte. Pi� di recente, peraltro, a seguito degli emendamenti di cui al Regolamento 
1168/2011 (295) � stata previsa la possibilit� di attribuire all�Agenzia 
(in ragione dell�intervenuta �comunitarizzazione� delle politiche migratorie 

-a diferenza del settore �pubblica sicurezza interna�) un maggior potere operativo 
(salva comunque �la competenza degli Stati membri in materia di controllo 
e sorveglianza delle frontiere esterne�, ex art. 1 comma 2 Reg. 2007/04), 
tramite la costituzione di �Squadre europee di Guardie di frontiera� (European 
Border Guard Teams), ossia contingenti di Guardie di frontiera messi 
annualmente a disposizione dell�Agenzia dai singoli Stati membri, sulla base 
di specifici accordi bilaterali, per le finalit� di cui all�art. 1-bis Reg. 2007/04. 

Al riguardo, i �Considerando� 13 e 14 del Regolamento 1168/11 preliminarmente 
evidenziano (pur in forma condizionale) come �Per assicurare 
l�efficacia delle operazioni, l�Agenzia dovrebbe creare delle squadre di Guardie 
di frontiera. Gli Stati membri dovrebbero contribuire a tali squadre con un numero 
adeguato di guardie di frontiera qualificate e metterle a disposizione per 
il loro impiego, salvo che si trovino a far fronte a una situazione eccezionale 
che incide in misura sostanziale sull�adempimento dei compiti nazionali. 
L�Agenzia dovrebbe poter contribuire a tali squadre con le Guardie di frontiera 
che sono distaccate presso l�Agenzia dagli Stati membri su base semi-permanente, 
che dovrebbero essere soggette, nello svolgimento dei loro compiti e nel-
l'esercizio delle loro competenze, allo stesso quadro giuridico applicabile agli 
agenti distaccati messi a disposizione direttamente dagli Stati membri presso 
tali squadre�. Va per� chiarito, al di l� di facili suggestioni, che tali Squadre, 
pur essendo riconducibili all�organizzazione interna del FRONTEX, difettano comunque 
dei requisiti minimi di autonomia e specificit� per potersi ipotetica-
mente qualificare come Forza di polizia sovranazionale: in effetti, a differenza 
di quanto accade per i funzionari dell�Unione, non si � in presenza di arruola


(294) Pubblicato su GUCE L-349 del 25 novembre 2004. Testo scaricabile all�indirizzo web 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32004R2007:EN:HTML. 

(295) Su http://frontex.europa.eu/assets/About_Frontex/frontex_amended_regulation_2011.pdf. 


menti diretti ad opera di un�Istituzione comunitaria, ma di semplici forme di 
�distacco� di singoli operatori nazionali, per di pi� a tempo limitato (non oltre 
sei mesi, ex art. 3-ter comma terzo Reg. 2007/04); inoltre, ai sensi del successivo 
art. 3-quater comma quarto, le Squadre comuni neppure dispongono di un 
proprio ordinamento disciplinare interno (296), comՏ vero che �Nello svolgimento 
dei loro compiti e nell�esercizio delle loro competenze, i membri delle 
squadre europee di Guardie di frontiera restano soggetti alle misure disciplinari 
dei rispettivi Stati membri d�origine�. 

FRONTEX opera in stretto collegamento con altri organismi dell�UE responsabili, 
a vario titolo, in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come 
EUROPOL, CEPOL e l�OLAF, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema 
(297). 

La centralit� delle cd. �Forze ibride� civili/militari nel �modello sicurezza� 
europeo trova coerente riscontro anche in questo particolare settore, come dimostrano 
i recenti provvedimenti adottati nel quadro della missione EUBAM 
Libya (operativa nel periodo 22 maggio 2012 - giugno 2015), la cui base legale 
� tuttora il doc. 8182/4/13 del Consiglio, in data 18 aprile 2013 (298): non solo, 

(296) Non potendosi ricondurre a tale ambito il Codice di condotta, da redigersi annualmente, ex 
art. 2-bis Reg. 2007/04 (�L�Agenzia elabora e sviluppa ulteriormente un codice di condotta applicabile 
a tutte le operazioni di cui assicura il coordinamento. Il codice di condotta stabilisce procedure intese 
a garantire i principi dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali, con particolare attenzione 
nel caso dei minori non accompagnati e delle persone vulnerabili, come anche delle persone che chiedono 
protezione internazionale, e applicabili a tutti coloro che prendono parte alle attivit� dell�Agenzia. 
L�Agenzia mette a punto il codice di condotta in cooperazione con il forum consultivo di cui all�articolo 
26 bis�). Per una verifica pi� puntuale delle caratteristiche di tali Squadre, si vedano le �Tender Specifications� 
di cui all�invito ad offrire HOME/2012/EBFX/PR/1001, su http://ec.europa.eu/dgs/homeaffairs/
financing/tenders/documents/2013/01/tender_specifications_en.pdf. 

(297) In questo settore, la Commissione UE (nel 2006) ha proposto di istituire un sistema europeo 
di sorveglianza delle frontiere, l�EUROSUR, che servir� ad aumentare il coordinamento all�interno degli 
Stati membri e tra un Paese e l�altro, per prevenire ed affrontare le pi� gravi forme di criminalit� quali 
il traffico di droga e la tratta degli esseri umani, oltre a prevenire i decessi dei migranti in mare. Grazie 
al meccanismo di EUROSUR, le autorit� di sorveglianza delle frontiere dovrebbero potersi scambiare informazioni 
operative, facilitando cos� la cooperazione transfrontaliera e con l�Agenzia europea FRONTEX. 
Il sistema � ancor oggi particolarmente frammentato: si pensi, ad esempio, al fatto che in alcuni Stati si 
contano sino a sei diverse Autorit� coinvolte nella sorveglianza delle frontiere marittime, che talvolta 
gestiscono sistemi di controllo paralleli, senza regole e programmi di lavoro chiari. In base ai criteri EUROSUR 
ogni Stato situato lungo le frontiere esterne terrestri e marittime dovrebbe creare dei Centri nazionali 
di coordinamento per la sorveglianza di confine, che costituiranno gli unici punti di contatto 
per lo scambio - quasi in tempo reale - di dati, informazioni ed intelligence tra guardie di frontiera, guardie 
costiere, polizia ed altre competenti Autorit� nazionali, ma anche con FRONTEX ed altri centri nazionali, 
a mezzo di una rete protetta. Il testo della comunicazione del Consiglio n. 68/2008 � riportato su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0068:FIN:IT:HTML. 

(298) Su http://ffm-online.org/wp-content/uploads/2013/11/EUBAMRapport-2013-04.pdf. Il 
documento, recante il �Revised Draft Concept of Operations �Plus� (CONOPS PLUS) for the CSPD mission 
EUBAM Libya�, dovrebbe essere sostituito, gi� nel corso del 2014, da un OPLAN (Operational 
Plan), a seguito di una revisione strategica sul mandato della missione, previa approvazione degli Stati 
membri. 


infatti, le principali attivit� addestrative delle Forze dell�ordine libiche vengono 
devolute a Corpi di polizia (civile) a status militare (in particolare, Carabinieri 
e Guardie di finanza italiane), ma nella valutazione delle Forze locali da riorganizzare 
l�Unione Europea ha significativamente puntato su �to re-build a 
Gendarmerie force, focused on strategic sites protection� (cos� nell�Annesso 

n. 10 del richiamato doc. 8182/4/13). 

La stessa fonte normativa, inoltre, confuta la pretestuosa interpretazione 
�smilitarizzatrice� che taluni vorrebbero dare dell�art. 13 della (pur non vincolante) 
Raccomandazione 10/2001 del COE (cfr. retro), allorch� individua 
(a p. 26) gli obiettivi di pi� ampio respiro della missione nel �To reinforce 
operational working methodologies for justice and security actors in line with 
EU and international standards and promote public accountability and civiloversight mechanisms over the security sector�. 

Tale precisazione, infatti, chiarisce ancora una volta come lo standard europeo 
ed internazionale (soprattutto OSCE) non preveda assolutamente la riduzione 
delle Forze dell�ordine allo status civile - tantՏ che l�Unione 
promuove, anche nei Paesi terzi, l'istituzione di gendarmerie - bens� tutt'altra 
cosa, ossia l'attivazione di meccanismi di controllo �civile� -id est, in capo 
agli organi di indirizzo politico - sul settore della sicurezza, nonch� una pi� 
ampia responsabilizzazione, nei confronti dei cittadini, degli apparati coinvolti 
in detto operato. 

Va infine ricordato che le Istituzioni europee sembrano aver recentemente 
optato per una progressiva de-burocratizzazione del settore che - alla luce delle 
linee di indirizzo tracciate nel �Joint Statement of the European Parliament, 
the Council of the EU and the European Commission on decentralised Agencies� 
del 19 luglio 2012 (299) e nell�annesso �Common Approach� raggiunto 
tra Commissione, Parlamento e Consiglio (sulla cui base � stata adottata la 
�tabella di marcia� del 18 dicembre 2012 (300)) - potrebbe tra l�altro portare 
all�accorpamento di EUROPOL e CEPOL, stante l�ampia sovrapposizione tra le 
sfere di competenza formativa delle due Agenzie. 

Conclusivamente, dal complessivo assetto normativo dell�Unione Europea 
in materia di gestione operativa della sicurezza emergono alcuni punti 
qualificanti, in primis il carattere �integrato� che presuppone la costante collaborazione 
(ovviamente, ognuno per quanto di propria competenza) dei sog


(299) Su http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/sefcovic/documents/120719_agencies_ 
joint_statement_en.pdf. 

(300) Su http://europa.eu/agencies/documents/2012-1218_roadmap_on_the_follow_up_to_the_ 
common_approach_on_eu_decentralised_agencies_en.pdf. A giustificare lo scioglimento della CEPOL 
vi sarebbero la decisione del Governo britannico di non rinnovare la concessione della sede alla scadenza 
del 2014, gli elevati costi amministrativi e soprattutto il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi 
delle Forze di polizia (soprattutto per quel che riguarda la cooperazione internazionale) previsti nel Programma 
di Stoccolma (appena 1/3 del totale). 


getti istituzionali che a vario titolo intervengono nel �comparto sicurezza�, a 
prescindere dalla loro natura militare o civile, volontaria o comandata, etc. 

Il modello europeo, che mira esclusivamente all�efficienza, ha infatti carattere 
�funzionale� e si interessa soprattutto di raccordare i diversi attori del 
sistema sulla base delle funzioni da essi concretamente svolte (tiene cio� conto 
degli effettivi contenuti dell�azione di ciascuno di essi), ignorando quasi del 
tutto gli aspetti formali ed organizzativi. 

In questi termini, attesa la stretta interconnessione delle problematiche 
della sicurezza �interna� con quelle relative alla sfera �esterna�, l�Unione ritiene 
non si possa fare a meno di una costante sinergia tra le professionalit� 
operative della componente militare con quelle delle Forze dell�ordine tradizionalmente 
intese: in questi termini, i pi� recenti sforzi normativi ed organizzatori 
sono tutti nel senso di assicurare quanto pi� possibile non solo una 
collaborazione tra tali soggetti, ma decisamente una �contaminazione� formativa 
ed operativa tra gli stessi. 

Ci� spiega il ruolo centrale - nel �sistema sicurezza� europeo (cos� come 
era gi� avvenuto a livello internazionale nelle missioni ONU e NATO) - delle 
cd. �Forze ibride� civili/militari che, coniugando le capacit� operative di entrambi 
i settori, pi� di altri sono in grado di soddisfare gli standard qualitativi 
europei in materia di gestione della sicurezza, potendo far fronte, a budget 
formativo invariato e mantenendo intatta la linea di comando, ad ogni possibile 
scenario operativo sul campo, tanto sul territorio nazionale quanto all�estero, 
senza minimamente derogare ai principi dello Stato di diritto 
individuati dall�OSCE. 

La tradizionale formazione quale polizia �di prossimit��, inoltre, attribuisce 
loro un ulteriore plusvalore di sistema. 

In una prospettiva pi� ampia, a fronte delle inevitabili differenze di carattere 
formativo/ professionale tra i diversi operatori del �settore sicurezza�, 
che possono ostacolare la collaborazione transfrontaliera in modo pi� o 
meno marcato, il legislatore UE ha anche previsto alcune forme di coordinamento, 
che presentano comunque due tratti comuni: la natura consensuale 
(presuppongono cio� un preventivo accordo dei soggetti interessati) ed il carattere 
paritario dei loro rapporti, nel senso che non pu� essere attribuito ad 
alcuno di essi un potere di ordine o direzione nei confronti degli altri, capacit� 
che viene invece conferita, se del caso (ad es. in ambito PESC/PSDC), a 
soggetti terzi. 

A ci� si aggiunga che le particolari attribuzioni (e soprattutto la composizione 
integrata politico/ operativa) del �Comitato permanente per la sicurezza 
interna� (COSI) - per il quale ancor pi� valgono i principi sovra esposti 

-rendono possibile una sua futura evoluzione, in materia di sicurezza interna, 
quale alter ego del �Comitato politico e di sicurezza� (CPS) gi� esistente in 
ambito PESC/PSDC, con conseguente accentramento di notevoli poteri di indi



rizzo e controllo politico (attesa la sua natura ausiliaria del Consiglio): anche 
per tale ragione, in virt� dell�unicit� del �modello sicurezza� europeo, le due 
strutture saranno tenute a raccordarsi per assicurare la coerenza di un sistema 
considerato in ultima analisi unitario - pur nella sua complessit� - anche per 
quanto concerne le modalit� operative di azione. 

Il modello integrato civile/militare (etc.) ha avuto particolare sviluppo in 
sede PESC/PSDC (301), ma non � certo estraneo all�ex �Terzo Pilastro� UE, 
odierno settore FSJ, nel cui ambito il TFUE detta una specifica disciplina sulla 
cooperazione operativa transfrontaliera tra le diverse Forze di polizia nazionali: 
alla luce delle vigenti disposizioni dei Trattati, vi � infatti una serie di 
aree nelle quali una potenziale sinergia - se non anche una compenetrazione civile/
militare sin d�ora emerge. 

La prima � la lotta contro il terrorismo, disciplinata parallelamente nelle 
disposizioni sulla PESC e da quelle sullo spazio di libert�, sicurezza e giustizia 
(FSJ): tale sinergia � il trait d�union che gi� caratterizzava il Piano d�azione 
adottato in seno al Consiglio straordinario GAI (�Giustizia e Affari interni�) 
del 21 settembre 2001 (302) - da cui scaturisce l�elaborazione di una comune 
nozione di �terrorismo� ed il riavvicinamento del diritto sostanziale, in materia, 
degli Stati membri - e l�Allegato V delle Conclusioni della Presidenza al 
Consiglio Europeo di Siviglia del 21 e 22 giugno 2002 (dedicato al contributo 
della PESC/PESD alla lotta contro il terrorismo (303)). 

In tale contesto emerge come il Consiglio abbia da tempo optato per un 
approccio multifunzionale ed olistico, volto ad assicurare l�integrazione della 
lotta al terrorismo in tutti gli aspetti delle politiche (interne ed esterne) del-
l�Unione. 

La seconda, implicitamente contenuta nella clausola di solidariet� di cui 
all�art. 222 TFUE, contempla il ricorso allo strumento militare (tipico della sicurezza 
cd. �esterna�) sul territorio di Stati membri in risposta a minacce di 
chiara natura interna quali attacchi terroristici, calamit� naturali o disastri provocati 
dall�attivit� umana. 

La terza � rappresentata dalla crescente connotazione �di sicurezza� (un 
tempo specifica delle Forze di polizia) che caratterizza i compiti delle Forze 
armate europee in ambito PESD/PSDC, come dimostrato dall�estensione delle 
�Missioni di Petersberg� introdotta dal testo attualmente in vigore (cfr. retro). 

(301) Si veda, al riguardo, KHOL, Civil-Military Coordination in EU Crisis Management, in AA.VV. 
(a cura di NOWAK), Civilian Crisis Management: The EU Way, in Chaillot Paper n. 90, Paris 2006, p. 
124, consultabile al link http://www.iss.europa.eu/uploads/media/cp090.pdf. 

(302) Da cui scaturisce la Decisione-quadro del Consiglio n. 2002/475/GAI, del 13 giugno 2002 
(su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2002:164:0003:0007:IT:PDF). In argomento 
si veda il lavoro comparatistico di ALCARO, La lotta al terrorismo dopo l�11 settembre, IAI 
Roma 2005. 

(303) Pubblicato su http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/72651.pdf. 


A ci� aggiungasi l�intero settore della protezione civile (centrale in ambito 
FSJ), nel quale la partecipazione diretta delle Forze armate con funzioni operative 
(anche) di sicurezza � ormai da decenni una prassi acquisita nei singoli 
Stati dell�Unione, nonch�, da ultimo, il presidio territoriale di ordine pubblico, 
anch�esso una costante (304) in circostanze di particolare necessit�. 

(304) Previsto addirittura nelle Costituzioni di alcuni Stati membri, quali la Germania (cfr. retro). 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Effettivit� della tutela e giusto processo 
amministrativo nell�ordinamento multilivello 

Clizia Ardanese* 

SOMMARIO: 1. Introduzione ai principi di effettivit� e giusto processo nella tutela giurisdizionale. 
- 2. Effettivit� della tutela e giusto processo nel diritto internazionale e comunitario: 
a) gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo 
e delle libert� fondamentali del 4 novembre 1950; b) l�art. 47 della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea del 7 dicembre 2000 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia 
Europea. - 3. I principi di effettivit� e giusto processo nella Costituzione italiana e nel codice 
del processo amministrativo: a) la Costituzione del 1948; b) la legge costituzionale 23 novembre 
1999 n. 2; c) gli articoli 1 e 2 del codice del processo amministrativo. - 4. Profili di 
inadeguatezza di alcuni istituti del processo amministrativo italiano con detti principi: a) criticit� 
nell�organizzazione della giustizia amministrativa; b) criticit� processuali. - 5. Conclusioni 
e prospettive: i tentativi di adeguamento del processo amministrativo ai principi di 
effettivit� e giusto processo sono ancora problematici. 

1. Introduzione ai principi di effettivit� e giusto processo nella tutela giurisdizionale. 


Mentre l�esistenza di un processo di �globalizzazione del diritto� � una 
realt� ancora allo stato embrionale e limitata alla convergenza intorno ad alcune 
regole, quella degli ordinamenti giuridici �multilivello� � consolidata, specialmente 
ove si guardi all�esperienza dell�integrazione europea comunitaria (1). 
In quest�ultimo ambito, la teoria del �costituzionalismo multilivello� propone 
una concezione della costituzione emancipata dal presupposto della sua neces


(*) Ricercatore di Diritto amministrativo, Universit� degli Studi di Roma �Tor Vergata�. 

(1) E. PICOZZA, Ordinamento giuridico multilivello, ruolo del giudice amministrativo, in Riv. dir. 
priv., 2010, 67 ss.; V. RICCIUTO, Diritto dell�economia, Torino, 2013, 46 ss.. 


saria statualit�, in ci� differenziandosi dalla tradizione democratica e liberale 
che vede nello Stato nazionale l�unico punto di riferimento in materia (2). Questa 
ricostruzione ipotizza per l�Europa un concetto �funzionale� di costituzione 
che non postula necessariamente un modello di Stato europeo, neanche federale, 
ma che, piuttosto, fa riferimento a quella fondamentale funzione di giustificazione 
e limitazione del potere pubblico che storicamente ha dato alla 
nozione di costituzione valore giuridico, oltre che contenuto politico e filosofico 
(3). Quella europea, quindi, � una �costituzione senza Stato�, plurale e 
composita, uno �spazio costituzionale� derivante dall�unione tra il piano comunitario 
e quello nazionale, stratificato su pi� livelli complementari che si 
integrano e che sono ricondotti ad unit� da principi fondamentali comuni (4). 

Al vertice di questo ordinamento multilivello si collocano quei principi 
di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed affermati non solo dai 
trattati istitutivi e dalle costituzioni nazionali ma anche dalla Convenzione europea 
per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali 
(CEDU) firmata a Roma il 4 novembre 1950, tra i quali quelli del �giusto processo
� e di �effettivit� della tutela�, cui � dedicato il presente lavoro. 

ComՏ noto, l�espressione �giusto processo� (due process of law) � nata 
nella tradizione giuridica anglosassone con il � 39 della Magna Charta Libertatum 
di Giovanni Senza Terra del 12 giugno 1215 (5). In seguito, il principio 

(2) P. SCARLATTI, Costituzionalismo multilivello e questione democratica, in Riv. ass. it. cost., 
2012,1, che rinvia sul punto ai lavori di I. PERNICE, Multilevel constitutionalism and the Treaty of Amsterdam: 
European constitution making revisited, in Common Market Law Review, vol. 36, 4, 1999, 703 
ss.; ID., Multilevel constitutionalism in the European Union, in European Law Review, vol. 27, 5, 2002, 
511 ss.; I. PERNICE, F. MAYER, La Costituzione integrata dell�Europa, in G. ZAGREBELSKY (a cura di) 
Diritti e Costituzione nell�Unione Europea, Roma-Bari, 2003, 43 ss.. 
(3) Cos� P. SCARALATTI, Costituzionalismo multilivello, cit., che cita M. MORLOK, Il diritto costituzionale 
nel sistema europeo a pi� livelli, in S.P. PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e l�Europa. 
Riflessioni sui mutamenti costituzionali nel processo d�integrazione europea, Milano, 2002, 505 ss.. 
(4) L. TORCHIA, Una costituzione senza Stato, in Dir. pubbl., 2001, 2, 405 ss.. Sostiene L. MOCCIA, 
Comparazione giuridica, diritto e giurista europeo: un punto di vista globale, in Riv. trim. dir. proc. 
civ., 2011, 3, 767 ss. che �il sistema multi-livello di governo (multilevel governance) o la tutela multi-
livello dei diritti (multilevel constitutionalism) [�], pur senza cancellare la territorialit� degli ordinamenti, 
la proietta con un effetto di dissolvenza in una dimensione di spazialit�, dai contorni meno definiti 
e definibili, dove locale, nazionale, internazionale, trans- e sovra-nazionale formano come un caleidoscopio 
di immagini tra loro variamente composte e componibili, ma tutte tra loro intrecciate e compatibili 
nella prospettiva cosmopolita�. 
(5) Il � 39 della Magna Charta Libertatum stabilisce che: �Nullus liber homo capiatur, vel imprisonetur, 
aut disseisiatur, aut utlagetur, aut exuletur, aut aliquo modo destruatur, nec super eum ibimus, 
nec super eum mittemus, nisi per legale judicium parium suorum vel per legem terrae�; sul punto cfr. 


C.H. MCILWAIN, Due Process of Law in Magna Charta, in Columbia Law Rew., 1914, 27. Il � III del VI 
Statuto di Edoardo III prevede che: �At the Request of the Commons by their Petitions put forth in this 
Parliament, to eschew the Mischiefs and Damages done to divers of his Commons by false Accusers, 
which often-times have made their Accusations more for Revenge and singular Benefit, than for the 
Profit of the King, or of his People, which accused Persons, some have been taken, and sometime caused 
to come before the King's Council by Writ, and otherwise upon grievous Pain against the Law: It is assented 
and accorded, for the good Governance of the Commons, that no Man be put to answer without 


� stato riaffermato anche dal V emendamento della Costituzione degli Stati 
Uniti d�America del 15 dicembre 1791 ed � progressivamente divenuto patrimonio 
comune delle tradizioni giuridiche occidentali (6). Nell�esperienza europea 
continentale, il giusto processo si riconnette al progressivo emergere 
dello �Stato di diritto�, il cui nucleo portante, oltre alla divisione dei poteri, � 
il riconoscimento costituzionale dei diritti fondamentali e della loro tutela giurisdizionale 
anche e soprattutto nei confronti dello Stato, inteso sia come pubblica 
amministrazione sia come legislatore (7). Infatti, il passaggio allo Stato 
di diritto pu� dirsi compiutamente perfezionato quando i diritti fondamentali 
sono divenuti �soggettivi�, iniziando a essere tutelati in quanto tali e non soltanto 
in via riflessa, cio� �oggettivamente�, tramite un�azione amministrativa 
di protezione dell�ordine e di promozione del benessere collettivo (8). 

A partire dal secondo dopoguerra, le principali convenzioni internazionali 
e le costituzioni degli Stati europei hanno enunciato una serie di garanzie attinenti 
all�esercizio della funzione giurisdizionale e al processo, perlopi� conformate 
a noti principi di diritto naturale (es. nemo judex sine actore, ne eat 
judex ultra petita et alligata partium, nemo judex in causa sua, audiatur et altera 
pars, nemo inauditus damnari potest), dichiarandole come fondamentali 
e inviolabili (9). In particolare, a livello pattizio, questi valori sono stati sot-

Presentment before Justices, or Matter of Record, or by due Process and Writ original, according to the 
old Law of the Land: And if any Thing from henceforth be done to the contrary, it shall be void in the 
Law, and holden for Error�; in argomento, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, I, Londra 1956, 
485 ss.; H. POTTER, Historical Introduction to English Law, Bearb. Kiralfy, 1958, 141 e 142. 

(6) Il V emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d�America recita: �Nor shall any person 
be subject for the same offence to be twice put in jeopardy of life or limb; nor shall be compelled in any 
criminal case to be a witness against himself, nor be deprived of life, liberty, or property, without due 
process of law; nor shall private property be taken for public use, without just compensation�; al riguardo, 
v. J.V. ORTH, Due Process of Law. A Brief History, Lawrence KS, 2003. Per la dottrina nazionale, 
cfr. V. VIGORITI, Garanzie costituzionali del processo civile. Due process of law e art. 24 Cost., Milano, 
1970; L. MOCCIA, Il sistema di giustizia inglese. Profili storici e organizzativi, Rimini, 1984. 
(7) Sullo Stato di diritto nelle differenti esperienze costituzionali europee cfr. E. GIANFRANESCO, 
Il principio dello Stato di diritto e l�ordinamento europeo, in S. MANGIAMELI (a cura di), L�ordinamento 
europeo, I, I principi dell�Unione, Milano, 2006, 235 ss., 248 ss.. 
(8) Sul punto, C.F. VON GERBER, Sui diritti pubblici (1852), in ID., Diritto pubblico, trad. it., Milano, 
1971, 7 ss., 65 ss., teorizz� i �diritti riflessi�, da cui prese poi vita la categoria dell�interesse legittimo; 
G. JELLINEK, Sistema dei diritti pubblici subiettivi, trad. it., Milano, 1912; V.E. ORLANDO, Teoria 
giuridica delle guarentigie della libert�, Torino, 1890; S. ROMANO, La teoria dei diritti pubblici subiettivi, 
in V. E. ORLANDO (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, I, Milano, 
1897, 109 ss.. 
(9) Per �garanzia� si intende ogni strumento o presidio tecnico-giuridico, il quale sia in grado di 
far convertire un diritto puramente riconosciuto o attribuito in astratto in uno effettivamente protetto in 
concreto, cio� suscettibile di piena attuazione o reintegrazione ogni qual volta risulti violato. In questa 
ottica, sono garanzie �in senso formale o statico� quei profili strutturali che rafforzano dall�esterno (es. 
costituzione rigida, riserva di legge) la stabilit� e l�opponibilit� dei principi o dei diritti garantiti nei confronti 
di qualsiasi potere ordinario dello Stato, nonch� la loro tendenziale immodificabilit� nel tempo; 
sono, invece, garanzie �in senso attuativo e dinamico� quegli strumenti giurisdizionali che siano specificamente 
previsti - avanti ad organi di giustizia costituzionale od internazionale - per assicurare condi



tolineati al punto tale da far ritenere che la loro forza vincolante non si fondi 
solo sul noto principio pacta sunt servanda ma sulla solennit� morale e civile 
degli impegni cos� assunti (10). Questo modello internazionale di �giusto processo
� si esprime in formule sintetiche postulanti: l�eguaglianza delle parti; 
l�indipendenza e l�imparzialit� del giudice precostituito per legge; la pubblicit� 
delle udienze e della pronuncia delle decisioni; il diritto di accesso e di ricorso 
effettivo agli organi giudiziari; il contraddittorio e la possibilit� di difesa tecnica 
in giudizio; il diritto alla prova; la ragionevole durata del giudizio (11). 
Limitatamente ai processi penali, poi, sono affermati anche il divieto di autoincriminazione, 
il diritto di impugnare le pronunce di condanna dinanzi a 
un giudice superiore e l�invalidit� e inutilizzabilit� probatoria di una confessione 
ottenuta con mezzi coercitivi (12). 

L�attenzione per le sopra ricordate garanzie, comՏ ben noto, deriva dalla 
consapevolezza, maturata all�esito dell�ultimo conflitto mondiale, dell�abominio 
nazifascista e dalla susseguente volont� di precostituire, nei Paesi liberati 
dalle armate anglo-americane, idonei presidi istituzionali di tutela delle 
libert� individuali e inalienabili dell�essere umano (13). In linea con ci�, nella 
codificazione di queste garanzie processuali traspare l�influsso dei sistemi di 
common law delle potenze di lingua inglese vincitrici, ispirati al c.d. adversary 
system fondato sul due process of law. � quest�ultimo un modello assai diverso 
da quello romano e canonico - che ha natura inquisitoria e carattere prevalentemente 
scritto e segreto - e che garantisce a ogni individuo un judgment by 
his peers dinanzi ad una giuria composta da persone comuni sorteggiate dalle 
medesime categorie sociali di appartenenza dei litiganti (14). Il processo dinanzi 
ad una giuria (trial by jury) s�impronta a oralit�, pubblicit� e immediatezza, 
allo scopo di favorire l�operato del giurato-giudice popolare, perlopi� 
sprovvisto di preparazione giuridica, dinanzi a cui si debbono provare fatti in


zioni effettive di godimento a qualsiasi diritto attribuito o riconosciuto da quelle norme fondamentali. 
Nei termini sopra riportati si esprime L.P. COMOGLIO, Valori etici e ideologie del �giusto processo� (modelli 
a confronto), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 3, 887 ss.; ID., Le garanzie costituzionali, in L. P. 
COMOGLIO, C. FERRI, M. TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bologna, 1995, 53 ss.; ID., Giurisdizione 
e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 1064 ss.. 

(10) L.P. COMOGLIO, Valori etici e ideologie, cit. 
(11) L.P. COMOGLIO, op. cit. 
(12) L.P. COMOGLIO, op. cit. 


(13) Oltre agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e 
delle libert� fondamentali del 4 novembre 1950, su cui si torner� in seguito, si ricordano: l�art. 10 della 
Dichiarazione universale dei diritti dell�uomo proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 prevede 
che �ogni persona ha diritto, in condizioni di piena uguaglianza, ad essere ascoltata pubblicamente 
e con giustizia da un tribunale indipendente ed imparziale�; l�art. 14 del Patto internazionale sui diritti 
civili e politici approvato dall�Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 dispone, 
invece, che �tutti sono uguali dinanzi ai tribunali e alle corti di giustizia. Ogni persona ha diritto di farsi 
ascoltare, in corretto e pubblico giudizio, da un giudice competente, indipendente ed imparziale, costituito 
per legge�. 

(14) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit. 


certi e discutere i temi controversi con metodo dialettico ed in forma orale 
(15). Quest�assetto, nelle esperienze di provenienza, � considerato due e lawful 
perch� in linea coi �valori culturali, etico-religiosi e sociali, sui quali si basano 
le radicate tradizioni di indipendenza, di libert� democratica e di fair play, 
proprie delle societ� anglosassoni� (16). 

Se tale � la storia e la natura del due process of law, il principio di effettivit� 
della tutela giurisdizionale, invece, descrive la capacit� del processo di 
soddisfare l�interesse concreto dedotto in giudizio e richiede, quindi, una struttura 
funzionale alle caratteristiche sostanziali del contenzioso. Il principio di 
�effettivit�, completezza e adeguatezza� � caratteristico dell�esperienza comunitaria 
e comporta che, quando � portato davanti al giudice un rapporto tutelato 
dal diritto comunitario, l�ordinamento interno deve predisporre gli 
strumenti idonei a garantirgli una tutela efficace e rapida (ad esempio, nel contenzioso 
amministrativo, azioni di tipo costitutivo (annullamento), di accertamento 
(nullit�, dichiarazione di un rapporto controverso), di condanna, 
cautelari, esecutive (17). Il principio di effettivit� tende a coincidere con i corollari 
applicativi funzionali del fair trial, che per� ha un perimetro pi� ampio, 
coinvolgendo anche gli aspetti strutturali del fenomeno processuale (18). Detta 
sovrapposizione � evidente per quanto attiene l�indefettibilit� dell�accesso al 
giudice, la pienezza del contraddittorio e la ragionevole durata del processo, 
l�adeguata e compiuta articolazione dei mezzi processuali e la completezza 
della tutela delle situazioni giuridiche soggettive (19). 

Il principio di effettivit�, oltre che essere radicato nell�acquis communautaire, 
� ben noto all�esperienza giuridica italiana, sol che si consideri la risalente 
e nota riflessione di G. CHIOVENDA per cui �il processo deve dare per 
quanto � possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello 
che egli ha il diritto di conseguire� (20). L�effettivit� indica, quindi, l�idoneit� 
di un dato modello processuale positivo a garantire la tempestiva, piena e puntuale 
soddisfazione dell�interesse protetto dalla norma sostanziale, qualunque 
ne sia la tecnica di tutela, diritto soggettivo o interesse legittimo, assicurando 
al suo titolare il conseguimento del bene della vita voluto. 

Nel vigente ordinamento costituzionale, le specifiche guarentigie poste a 
presidio dell�effettivit� della tutela sono le medesime del giusto processo, trovando 
entrambe la propria radice ultima nell�inviolabilit� della tutela giuri


(15) J.I.H. JACOB, The Fabric of English Civil Justice, London, 1987, 19 ss.. 
(16) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit.; J.I.H. JACOB, op. cit., 15 ss.. 


(17) E. PICOZZA, Il �giusto� processo amministrativo, in Cons. St., 2000, II, 1071 ss.; ID., Il processo 
amministrativo, Milano, 2009, 3 ss.. 
(18) Nel senso della piena sovrapponibilit� tra le garanzie del giusto processo e quelle dell�effettivit� 
della tutela giurisdizionale di matrice comunitaria � S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo. 
Studio sull�effettivit� della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004, 67. 
(19) S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit., 69. 
(20) G. CHIOVANDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, 39 ss.. 







sdizionale sancita dall�art. 24 Cost. Questa indissolubile connessione � la ragione 
per la quale, sebbene teoricamente distinti e distinguibili, i due principi 
sono normalmente trattati in modo congiunto; del resto, in nessun modo potrebbe 
considerarsi �giusto� un processo che, alla prova dei fatti, si rivelasse 
�inutile�, cio� non in grado di assicurare la completa soddisfazione della pretesa 
attorea risultata vincitrice. 

2. Giusto processo ed effettivit� nel diritto internazionale e comunitario: 
a) gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti 
dell�uomo e delle libert� fondamentali del 4 novembre 1950. 

A livello internazionale, il diritto a un �equo processo� e ad un �ricorso 
effettivo� sono codificati dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per 
la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali (c.d. 
CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dalla Repubblica 
Italiana con l. 4 agosto 1955 n. 848 (21). In particolare, avuto riguardo a 
tutti i tipi di processo, l�art. 6 cit. afferma che �ogni persona ha diritto a che 
la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine 
ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, 
il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri 
di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi 
confronti (22). La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l�accesso 
alla sala d�udienza pu� essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto 

o parte del processo nell�interesse della morale, dell�ordine pubblico o della 
sicurezza nazionale in una societ� democratica, quando lo esigono gli interessi 
dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella 
misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze 
speciali la pubblicit� possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia�. 
Il successivo art. 13, poi, completando idealmente il disegno dell�art. 6 cit., 
dispone che �ogni persona i cui diritti e le cui libert� riconosciuti nella presente 
Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti 
a un�istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da 

(21) Con specifico riferimento alle accuse penali, l�art. 6, commi 2 e 3, CEDU prevede che �2. 
Ogni persona accusata di un reato � presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata 
legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di: (a) essere informato, nel pi� breve 
tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi del-
l�accusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua 
difesa; (c) difendersi personalmente o avere l�assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi 
per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d�ufficio, quando lo esigono 
gli interessi della giustizia; (d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione 
e l�esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; (e) farsi assistere 
gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza�. 
(22) Sull�art. 6 CEDU e sulla sua influenza nell�ambito del diritto amministrativo: M. ALLENA, 
ART. 6 CEDU. Procedimento e processo amministrativo, Napoli, 2012. 



persone che agiscono nell�esercizio delle loro funzioni ufficiali�. 

La principale questione sollevata dagli artt. 6 e 13 cit. � quella del loro valore 
giuridico nell�ordinamento statuale italiano, un problema su cui la Corte 
costituzione si � espressa in tempi recenti nel senso che le disposizioni della 
CEDU, essendo pattizie, non rientrano nell�ambito di operativit� dell�art. 10, 
comma 1, Cost. che riferisce il meccanismo di adattamento automatico alle sole 
norme internazionali consuetudinarie (23). Anche l�art. 117, comma 1, Cost., 
nel testo introdotto dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, che pone i limiti per l�esercizio 
delle funzioni legislative statali e regionali, distingue i vincoli derivanti 
dall��ordinamento comunitario� da quelli riconducibili agli �obblighi internazionali
�, tra i quali ultimi quelli assunti con la ratifica alla CEDU. Infatti, con 
l�adesione alle Comunit� europee, l�Italia � entrata a far parte di un ordinamento 
pi� ampio, sopranazionale, cui ha ceduto, ratione materiae, parte della propria 
sovranit�, con il solo limite dell�intangibilit� dei principi e dei diritti fondamentali 
garantiti dalla Costituzione (24). Diversamente dall�Unione europea, la 

(23) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, in Giur. cost., 2007, 3475. La sentenza in discorso 
ha affermato importanti principi in tema di rilevanza della CEDU nell�ordinamento interno, che possono 
essere riassunti nei termini che seguono. La Corte ha chiarito che la diretta applicabilit� che assiste le 
norme comunitarie e che si fonda sull�art. 11 Cost. non trova applicazione per le norme della CEDU, 
che hanno �natura di norme internazionali pattizie che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti 
nell�ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione 
nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale 
contrasto�. N� a un differente esito pu� giungersi valorizzando l�art. 117, comma 1, Cost., il quale distingue 
i vincoli derivanti dall��ordinamento comunitario� da quelli riconducibili agli �obblighi internazionali
�, tra cui quelli posti dalla CEDU, che non ha creato un ordinamento sopranazionale quale � 
quello dell�Unione europea. Inoltre, la Corte ha precisato che le norme CEDU, in quanto pattizie, neppure 
rientrano nel perimetro applicativo dell�art. 10, comma 1, Cost., che, ai fini dell�adattamento automatico, 
si rivolge alle sole �norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�, cio� a quelle 
consuetudinarie. Dal che consegue che le norme pattizie, incluse quelle poste dalla CEDU, �non possono 
essere assunte quali parametri del giudizio di legittimit� costituzionale, di per s� sole, ovvero come 
norme interposte ex art. 10 della Costituzione�. In un tale contesto, tuttavia, l�art. 117, comma 1, Cost., 
che condiziona l�esercizio della potest� legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi 
internazionali, tra i quali quelli derivanti dalla CEDU, conferisce a quest�ultima una maggior forza di 
resistenza rispetto a leggi ordinarie successive, attraendone le relative norme nella sfera di competenza 
della Corte costituzionale, poich� gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle 
leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni 
di legittimit� costituzionale, per eventuale violazione dell�art. 117, primo comma, Cost.. Peraltro, 
la disposizione costituzionale da ultimo citata pu� ritenersi operativa solo se vengano concretamente 
determinati gli �obblighi internazionali� che vincolano la potest� legislativa dello Stato e delle Regioni, 
che assumono quindi la funzione di fonte interposta di grado intermedio tra la Costituzione, cui sono 
subordinati, e la legge ordinaria. In merito a tali obblighi, la CEDU, rispetto agli altri trattati internazionali, 
ha la caratteristica di prevedere la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i 
diritti dell�uomo, cui � affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa. Il che 
comporta che, fra gli obblighi internazionali assunti dall�Italia con la sottoscrizione e la ratifica della 
Convenzione, vi sia anche quello di accoglierne le norme nel significato attribuitogli da detta Corte; 
norme che, in ogni modo, non sono immuni dal controllo di legittimit� costituzionale della Corte costituzionale, 
perch� restano pure ad un livello inferiore alla Costituzione. 

(24) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. 


CEDU non ha creato un ordinamento sopranazionale e non ha prodotto norme 
direttamente applicabili negli Stati contraenti (25). Peraltro, la Convenzione ha 
comunque istituito un organo giurisdizionale, la Corte di Strasburgo, cui � affidata 
la funzione di interpretare le proprie norme, con la conseguenza che, tra gli 
obblighi assunti dall�Italia, rientra quello di adeguare la propria legislazione alle 
norme CEDU nel significato attribuitole dall�anzidetta Corte (26). 

Da quanto sopra deriva che il giudice debba interpretare la norma interna 
in modo conforme alla disposizione convenzionale nel significato chiarito 
dalla Corte di Strasburgo, nei limiti in cui ci� sia possibile. In difetto, ovvero 
in ipotesi di dubbio sulla compatibilit� della norma interna con essa, egli non 
pu� disapplicarla ma deve investire la Corte costituzionale della relativa questione 
di legittimit� rispetto al parametro dell�art. 117, comma 1, Cost., avendo 
la CEDU natura di fonte interposta tra la costituzione e le leggi che il legislatore 
ordinario ha l�obbligo di rispettare (27). 

Fatta questa premessa generale sul valore giuridico della Convenzione di 
Roma, e quindi anche degli artt. 6 e 13, � stato osservato che la CEDU, pur 
enunciando il principio del giusto processo, non annovera tra le garanzie riguardanti 
la funzione giurisdizionale l��azione�, intesa come diritto di agire 
in giudizio, cio� di adire il giudice per la tutela delle proprie posizioni di vantaggio 
riconosciute sul piano sostanziale (28). Ci� a differenza della Costituzione 
italiana e di quella tedesca che, invece, tra i diritti fondamentali e 
inviolabili dell�individuo, cio� non ritrattabili da parte del legislatore ordinario, 
contemplano proprio il diritto di agire in giudizio in connessione all�affermata 
titolarit� di una posizione giuridica sostanziale (29). 

La ragione di quest�apparente dimenticanza � che l�art. 6 CEDU, come gi� 
detto, pur senza imporre un particolare modello di processo, riproduce i principi 
del fair trial anglosassone, in cui esistono soltanto i �rimedi� (remedies), cio� 
le singole possibilit� di attivare la giurisdizione in presenza di dati presupposti 
specifici, ma non si annette rilevanza alla posizione soggettiva preesistente riconosciuta 
dal diritto sostanziale e, quindi, al diritto di azione (30). Tuttavia, 
secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il �diritto al tribunale� � il 

(25) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. 
(26) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. 
(27) Cfr. Corte cost. 24 ottobre 2007 n. 348, cit. 


(28) N. TROCKER, Dal giusto processo all�effettivit� dei rimedi: l��azione� nell�elaborazione della 
Corte europea dei diritti dell�uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 1, 35 ss.; AA.VV., La tutela dei 
diritti del cittadino davanti alla Corte europea dei diritti dell�uomo di Strasburgo, Milano, 1989; P. BILANCIA, 
Le nuove frontiere della tutela multilivello dei diritti, in www.giuripol.unimi.it, pubblicato il 23 
ottobre 2004. 
(29) Sull�accoglimento del principio de quo nei principali testi costituzionali del dopoguerra: L. 


P. COMOGLIO, La garanzia costituzionale dell�azione ed il processo civile, Padova, 1970, 97 ss., 116 ss.; 
N. TROCKER, Processo civile e Costituzione, Milano, 1974, 161 ss.. Pi� in generale vedi G. CLEMENTE 
DI SANLUCA (a cura di), La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano, europeo e comparato, 
Napoli, I, 2011. 



primo aspetto di quello ad accedervi e, in questo senso, non si limita all�ottenimento 
di una decisione giudiziaria su una data situazione giuridica ma implica 
lo svolgimento di quanto necessario affinch� la tutela giurisdizionale si attui 
(31). In tal senso, il diritto di accedere al giudice � stato riconosciuto come parte 
integrante del principio del dovuto processo legale: escluderne la sussistenza 
comporterebbe di vanificare le garanzie enunciate dalla disposizione stessa (32). 
Questo diritto, tuttavia, non � assoluto, ma � compatibile con limiti o condizioni, 
quali il preventivo esperimento o esaurimento di ricorsi amministrativi o la fissazione 
di termini prescrizionali per la proposizione della domanda, purch� essi 
perseguano uno scopo legittimo e siano proporzionati (33). Inoltre, il diritto di 
adire un giudice deve essere effettivo, dovendosi garantire concretamente anche 
ai singoli in posizione pi� svantaggiata la possibilit� di tutelare avanti ad un organo 
giudiziario i propri diritti. In quest�ottica, atteso che la Convenzione di 
Roma si prefigge di tutelare diritti �non teorici e illusori ma concreti ed effettivi
�, gli impedimenti �di fatto�, cio� di carattere economico-sociale, possono 
comportare una violazione della CEDU al pari di quelli �di diritto� (34). 

La giurisprudenza di Strasburgo � ripetutamente intervenuta per circoscrivere 
e chiarire il perimetro applicativo ed il significato del diritto a un giusto 
processo sancito dall�art. 6 cit. 

In primo luogo, ha stabilito che il termine �controversia� non pu� essere 
inteso in un�accezione troppo tecnica, dovendosene privilegiare una definizione 
sostanziale piuttosto che formale (35). Ha, poi, chiarito che se gli Stati 
contraenti godono di una maggiore libert� per la conformazione del contenzioso 
civile rispetto a quello penale, il requisito della �parit� delle armi�, inteso 
come giusto equilibrio tra le parti, vale, in via di principio, anche in sede civile 

(30) La cultura giuridica anglosassone disconosce l�impostazione europea continentale del diritto 
soggettivo come situazione preesistente al rimedio giudiziario, ritenendosi che la vera garanzia dell�individuo 
risieda non nel potere di agire in giudizio ma nelle concrete modalit� di tutela ottenibili dal giudice, 
non esistendo alcun diritto diverso dal rimedio stesso (remedies precede rights). In tale contesto, 
sono ben radicati i valori della giustizia procedurale e dell�equit� processuale, espressivi del diritto al 
dovuto processo legale (due process of law) gi� enunciato dalla Magna Charta del 1215. In argomento, 
v. anche: V. DENTI, Azione (diritto processuale civile), in Enc. giur., II, Roma, 1988, 2; V. VARANO, Remedies, 
in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 1997, XVI, 572. 
(31) N. TROCKER, Dal giusto processo all�effettivit� dei rimedi, cit.; CEDU 21 febbraio 1975 (Golder 
c. Regno Unito). 
(32) Corte CEDU 23 marzo 1995 (Loizidou c. Turchia), in Riv. internaz. dir. uomo, 1995, 483 ss., 
ha affermato che la Convenzione � un �atto costituzionale dell�ordine pubblico europeo�. 
(33) N. TROCKER, op. ult. cit.; CEDU 28 maggio 1985 (Ashingdane c. Regno Unito), 30 gennaio 
2003 (Cordova c. Italia), in Dir. e giust., 2003, 8, 69 ss. con il commento di G. BUONOMO, L�immunit� 
parlamentare pu� violare la convenzione dei diritti dell�uomo. 
(34) V. CEDU 9 ottobre 1979 (Airey c. Irlanda), in Foro it., 1980, IV, c. 1 ss., per la quale, fra gli 
obblighi che gravano sugli Stati, vi � quello di rimuovere o, quantomeno, di neutralizzare gli ostacoli di 
ordine economico o sociale che, di fatto, compromettono la possibilit� di chiedere e di ottenere la tutela 
giurisdizionale. 


(35) CEDU 12 febbraio 2004 (Perez c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 718. 


(36). Ci� comporta che ogni parte debba avere una �ragionevole possibilit�� 
di presentare la sua causa, prove incluse, in condizioni che non la pongano in 
una situazione di svantaggio rispetto alla controparte (37). La Corte ha pure 
sottolineato l�imprescindibilit� del contraddittorio, sia come possibilit� di far 
conoscere gli elementi necessari per il successo delle sue pretese, sia come 
presa di conoscenza e discussione di ogni documento e osservazione presentata 
al giudice per influenzare la sua decisione (38). Al riguardo, posto che il diritto 
a un processo equo include la facolt� di presentare le osservazioni ritenute 
pertinenti, il giudice adito ha l�obbligo di procedere ad un esame dei motivi, 
delle argomentazioni e delle prove offerte dai litiganti (39). 

La giurisprudenza ha pure affermato che la precostituzione del giudice 
per legge ha lo scopo di evitare che l�organizzazione del sistema giudiziario 
sia lasciata alla discrezionalit� del Governo e che, in una societ� democratica, 
il diritto di essere sentito da un tribunale imparziale, sempre costituito per 
legge, occupa un posto cos� eminente che una sua interpretazione restrittiva 
non corrisponderebbe allo scopo e all�oggetto di tale disposizione (40). 

La Corte si � anche soffermata sul principio di pubblicit� della procedura 
giudiziaria, previsto a tutela delle parti rispetto a una �giustizia segreta che 
sfugga al controllo del pubblico�; una garanzia funzionale anche a preservare 
la fiducia nel sistema giudiziario che � �tra i principi fondanti di ogni societ� 
democratica� (41). Al riguardo, ha avuto modo di affermare che, per i giudici 
del solo diritto (i.e. le corti supreme), la mancanza di pronuncia in pubblica 
udienza della sentenza non contrasta con il principio di pubblicit�, quando lo 
scopo perseguito dal principio stesso, cio� assicurare il controllo del potere 
giudiziario da parte della collettivit�, sia stato comunque raggiunto nel corso 
del procedimento considerato nel suo complesso (42). 

Anche gli abusi del potere legislativo sono stati oggetto di attenzione, concludendosene 
che se in materia civile non � vietato al legislatore disciplinare, 
con disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi vigenti, i principi della 

(36) CEDU 27 ottobre 1993 (Dombo Beheer B.V. c. Paesi Bassi), in Dir. uomo e lib. fondam., 
2006, 2, 233. 
(37) CEDU 12 maggio 2005 (�calan c. Turchia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 976; CEDU 
7 giugno 2001 (Kress c. Francia), ibidem, 430; CEDU 24 febbraio 1997 (De Haes e Gijsels c. Belgio), 
ibidem, 2006, 2, 567. 
(38) CEDU 20 luglio 2001 (Pellegrini c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 449; CEDU 
18 marzo 1997 (Mantovanelli c. Francia), ibidem, 2006, 2, 590. 
(39) CEDU 12 febbraio 2004 (Perez c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 718. 


(40) CEDU 13 dicembre 2005 (Marcello Viola c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 
1142; 22 giugno 2000 (Co�me e altro c. Belgio) in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 219. 
(41) CEDU 12 aprile 2006 (Martinie c. Francia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1253; 20 
maggio 1998 (Gautrin e altro c. Spagna), ibidem, 2006, 2, 679. 
(42) CEDU 8 dicembre 1983 (Axen c. Rep. Fed. Germania), in Riv. dir. internaz., 1985, 383; 22 
febbraio 1984 (Sutter c. Svizzera), ibidem, 1985, 647; 28 giugno 1984 (Campbell e altro c. Regno Unito), 
in Dir. uomo e lib. fondam., 2006, 1, 595. 



preminenza del diritto e del giusto processo, fatte salve prevalenti necessit� di 
interesse generale, �si oppongono all�ingerenza del legislatore nell�amministrazione 
della giustizia con lo scopo di influire sull�esito di una lite� (43). 

La Corte CEDU ha pure analizzato i modi di esercizio della giurisdizione 
per individuarne potenziali profili di attrito con la tutela dei diritti affermati 
dalla Convenzione, sancendo l�insindacabilit� di eventuali errori giudiziari di 
fatto o di diritto, salvo che abbiano pregiudicato i diritti e le libert� salvaguardati 
dalla Convenzione (44). La Corte, infatti, si limita ad accertare se la procedura 
giudiziaria interna, considerata nel suo insieme, incluse le modalit� di 
presentazione dei mezzi di prova, abbia carattere equo e se i diritti della difesa 
siano rispettati (45). Il mutamento d�indirizzo giurisprudenziale non � ritenuto 
di per s� ostativo a un equo processo, non potendosi vantare una sorta di diritto 
all�aderenza del giudice alle soluzioni gi� affermatesi (46). Tuttavia, la presenza 
di una giurisprudenza ormai consolidata obbliga l�organo che voglia discostarsene 
a fornire una motivazione estesa e particolareggiata delle ragioni 
che supportano il cambio di orientamento, in ottemperanza al principio della 
certezza del diritto affermato dalla Convenzione (47). 

Da ultimo, posto che il principio del giusto processo deve essere interpretato 
alla luce del preambolo della CEDU, che enuncia la �preminenza del 
diritto� come patrimonio comune degli Stati contraenti, essendo la certezza 
dei rapporti giuridici parte integrante di detta preminenza, � necessario che la 
soluzione data in maniera inappellabile a una controversia dall�autorit� giudiziaria 
non sia pi� rimessa in discussione (48). 

Quanto al principio di effettivit� della tutela, la Corte di Strasburgo ha stabilito 
che l�art. 13 CEDU richiede che il ricorso interno abiliti il competente 
organo giudiziario nazionale a conoscere nel merito il contenuto delle doglianze 
e ad offrire un rimedio adeguato (49). Inoltre, un mezzo di ricorso pu� ritenersi 
effettivo e disponibile, sia in teoria sia in pratica, se � accessibile e suscettibile 
di offrire al ricorrente la riparazione delle sue doglianze con ragionevoli prospettive 
di successo (50). Gli Stati contraenti godono di un certo potere discre


(43) CEDU 29 marzo 2006 (Scordino c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1204; CEDU 
8 aprile 2004 (Assanidz� c. Georgia), ibidem, 747; CEDU 22 ottobre 1997 (Papageorgiou c. Grecia), 
ibidem, 2006, 2, 644. 
(44) CEDU 13 dicembre 2005 (Marcello Viola c. Italia), cit. 
(45) CEDU 13 dicembre 2005, cit. 




(46) CEDU 14 gennaio 2010 (Atanasovski c. ex Rep. Jugoslava di Macedonia), in Cass. pen., 
2010, 6, 2450. 
(47) CEDU 14 gennaio 2010 (Atanasovski c. ex Rep. Jugoslava di Macedonia), cit. 
(48) CEDU 28 ottobre 1999 (Brumarescu c. Romania), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 91. 




(49) CEDU 16 ottobre 2007 (Capone c. Italia), in Foro it., 2008, 2, IV, 65; 2 febbraio 2006 (Chizzotti 
c. Italia), in Guida dir., 2006, 16, suppl. II, 73. 
(50) CEDU 14 dicembre 2006 (Markovic c. Italia), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 1325; 20 
aprile 2006 (P. c. Italia), ibidem, 2007, 3, 1269. 



zionale quanto al modo di conformarsi agli obblighi loro imposti dall�art. 13 
cit., dato che la disposizione non esige una particolare forma di ricorso; pertanto, 
potendo la portata dell�obbligo variare funzionalmente in base alla natura 
della singola doglianza, l�esercizio del ricorso non deve essere comunque ostacolato 
in maniera ingiustificata da azioni od omissioni delle autorit� dello Stato 
convenuto (51). L�istanza di cui parla l�art. 13 CEDU, poi, pu� non essere necessariamente 
una istituzione giudiziaria in senso stretto (52). 

Da ultimo, � stato pure precisato che il diritto ad un ricorso effettivo comporta 
che il richiedente possa ottenere non solo un risarcimento ma anche la 
cessazione della violazione denunciata dei propri diritti (53). 

(segue) b) l�art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea 
del 7 dicembre 2000 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. 

Il Capo VI della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea del 7 
dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza) enuncia un complesso di garanzie giurisdizionali 
a tutela dei cittadini degli Stati membri, �i cui diritti e le cui libert� 
garantite dal diritto dell�Unione siano stati violati�, indirizzate sia alle istituzioni 
ed agli organi comunitari, sia agli Stati stessi. La Carta di Nizza, accanto 
ai tradizionali diritti civili e politici di �prima generazione�, cui si riferisce la 
CEDU, contempla anche quelli, economici e sociali, di �seconda generazione
�, nonch� quelli di �terza generazione�, frutto �dell�evoluzione della societ� 
e [�] degli sviluppi scientifici e tecnologici�, come la tutela ambientale 

o la protezione dei consumatori (54). 

Originariamente non dotata di un�esplicita forza precettiva, la Carta era 
stata approvata dal Consiglio europeo come dichiarazione solenne di principi 
avente funzione di �atto di ricognizione storica�, cio� di documento �che attribuisce 
forma scritta e solenne a ci� che � ritenuto gi� patrimonio della Comunit� 
e che � vigente nell�ordinamento dell�Unione e dei suoi Stati membri� (55). Pertanto, 
le garanzie in essa consacrate riproducono diritto gi� operante all�interno 

(51) CEDU 20 aprile 2006 (P. c. Italia) cit. 
(52) CEDU 4 maggio 2000 (Rotaru c. Romania), in Dir. uomo e lib. fondam., 2007, 3, 190. 
(53) CEDU 10 gennaio 2012 (Di Sarno e altro c. Italia), in Riv. giur. amb., 2012, 3-4, 407. 


(54) G. RAIMONDI, La Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 nel quadro della protezione dei diritti 
fondamentali in Europa, in Cass. pen., 2002, 5, 1885 ss.; F. POCAR, Commento alla Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea, in ID., Commentario breve al Trattato CE, Padova, 2001, 1178 ss.; R. 
BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO (a cura di), L�europa dei diritti (Commento alla Carta dei diritti 
fondamentali dell�Unione europea), Bologna, il Mulino, 2001. 
(55) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea ed il processo civile, in 
Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 4, 1171 ss.; L. FERRARI BRAVO, La tutela dei diritti in Europa, in Eur. e 
dir. priv., 2001, 37 ss.; G. CONETTI, La Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea, in Studium 
iuris, 2001, 1163 ss.; A. PACE, A che serve la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea? Appunti 
preliminari, in Giur. cost., 2001, 193 ss.; M. FIORAVANTI, La Carta dei diritti fondamentali dell�Unione 
europea nella prospettiva del costituzionalismo moderno, relazione all�incontro di studio �Principi, diritti 
e regole nella Carta Europea�, Firenze, 26-27 aprile 2001. 



dell�Unione, ancorch� formatosi in via pretoria o mediante rinvio a fonti esterne 
come le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri o la CEDU (56). 

All�atto della sua proclamazione, gli Stati membri non avevano trovato 
l�accordo necessario per includerla nel Trattato, sia pur come allegato, essendosi 
impegnati a risolvere in un secondo tempo il problema dello status giuridico 
(57). La Carta, quindi, nasce come atto internazionale dichiarativo, privo 
di valore vincolante e avente natura di raccomandazione (c.d. soft law) munita 
di grande autorevolezza e valore persuasivo(58).In ci�, il suo antecedente storico 
� la Dichiarazione comune del 5 aprile 1977, con la quale il Parlamento 
europeo, il Consiglio e la Commissione riconobbero l�importanza primaria attribuita 
alle costituzioni degli Stati membri e alla CEDU, affermando che, 
nell�esercizio dei loro poteri e nel perseguire gli scopi della Comunit�, essi 
�rispettano e continueranno a rispettare questi diritti�. Se confrontata con la 
Dichiarazione del 1977, la Carta del 2000 � pi� avanzata perch� non si rivolge 
pi� soltanto alle istituzioni comunitarie ma anche agli Stati membri, nel momento 
in cui fanno applicazione del diritto comunitario, conformemente, del 
resto, ai risultati gi� acquisiti sul piano giurisprudenziale (59). 

L�efficacia giuridica della Carta dei diritti � stata a lungo controversa, in 
quanto, a fronte di una formale mancanza di vincolativit�, era stata sottolineata 
la sostanza costituzionale e non solo pattizia dell�atto, in grado di annettergli 
comunque rilevanza giuridica (60). Del resto, l�elaborazione di un catalogo di 
tali diritti in seno all�ordinamento comunitario � stata l�alternativa rispetto al-
l�adesione dell�Unione alla CEDU, possibilit�, quest�ultima, esclusa dalla Corte 

(56) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali, cit. 
(57) G. RAIMONDI, La Carta di Nizza, cit. 
(58) G. RAIMONDI, op. ult. cit. 
(59) G. RAIMONDI, op. ult. cit.; F. POCAR, Commento, loc. cit. 


(60) Secondo A. BARBERA, La Carta europea dei diritti e la Costituzione italiana, in Le libert� e i 
diritti nella prospettiva europea. Atti della giornata di studio in memoria di Paolo Barile (Firenze, 25 
giugno 2001), Padova, 2002, 121, la Carta era gi� allora dotata di �pregnante �forza giuridica� non riconducibile 
alle tradizionali categorie delle fonti�; per A. PACE, A che serve la Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione Europea? Appunti preliminari, cit., 195, la Carta era �una sorta di testo unico, a mezza strada 
tra il compilativo e l�innovativo�; in termini analoghi M. CARTABIA, L�ora dei diritti fondamentali nel-
l�Unione europea, in ID. (a cura di), I diritti in azione. Universalit� e pluralismo dei diritti fondamentali 
nelle Corti europee, Bologna, 2007, 32 ss.; G.G. FLORIDIA, Nell�intenzion dell�artista, e agli occhi degli 
abitanti (Osservazioni sulla �Dichiarazione dei diritti� di Nizza), in Dir. pubbl. comp. eur. 2001, 166, riteneva 
che la Carta creasse una propria disciplina dei diritti, quantomeno novativa della preesistente. Sul 
punto, v. anche: R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO, Introduzione, in EID. (a cura di), L�Europa dei 
diritti, Bologna 2001, 12; A. MANZELLA, Dopo Nizza: la Carta dei diritti �proclamata�, in L.S. ROSSI (a 
cura di), Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dell�Unione europea, Milano 2002, 242; G.U. RESCIGNO, 
La Carta dei diritti come documento, in M. SICLARI (a cura di), Contributi allo studio della Carta 
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, Torino 2003, 18; P. CARETTI, La tutela dei diritti fondamentali 
nel nuovo trattato che istituisce una Costituzione per l�Europa, in Dir. un. eur. 2005, 371 ss.; A. CELOTTO, 
G. PISTORIO, L�efficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione Europea, in 
Giur. it. 2005, 427 ss.; G. SILVESTRI, Verso uno ius commune europeo dei diritti fondamentali, in Quad. 
cost. 2006, 18 ss.; G. TESAURO, Diritto dell�Unione europea, Padova 2010, 140 ss.. 


di giustizia delle Comunit� europee, con parere n. 2/94 del 28 marzo 1996 (61). 

La Carta � stata oggetto di un vero e proprio �sdoganamento giurisprudenziale
� ed � stata successivamente inserita nel Trattato per una Costituzione 
europea, mai entrato in vigore per via dell�esito negativo dei referendum francese 
ed olandese che ne impedirono la ratifica (62). Con l�approvazione del 
Trattato di Lisbona, il nuovo art. 6 del Trattato UE contiene un rinvio alla Carta 
dei diritti fondamentali, con la precisazione che essa �ha lo stesso valore giuridico 
dei trattati�, superando definitivamente ogni questione in merito alla 
sua efficacia vincolante. La Carta dei diritti �viene ad assumere direttamente 
all�interno dell�ordinamento dell�Unione la veste di fonte di diritto primario� 
ed ogni sua violazione � da equiparare a quella dei Trattati (63). 

La Corte costituzionale italiana, tuttavia, ha escluso che la Carta costituisca 
uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze del-
l�Unione europea, dato che suo presupposto di applicabilit� � che �la 
fattispecie sottoposta all�esame del giudice sia disciplinata dal diritto europeo 
e non gi� da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto� (64). 
Nell�affermare la diversa incidenza sull�ordinamento interno della CEDU e 
delle fonti comunitarie, la Corte costituzionale si � inserita nella tendenza, 
condivisa da altre istituzioni omologhe, a rivendicare a se stessa un ruolo privilegiato 
in ordine al controllo della tutela dei diritti fondamentali (65). La 

(61) G. RAIMONDI, op. ult. cit.; il parere Corte CE 28 marzo 1996 n. 2/94 � pubblicato in, Racc., 
1996, I, 1759. 
(62) L�espressione �sdoganamento giurisprudenziale� � di O. POLLICINO, V. SCIARABBA, La Carta 
di Nizza oggi, tra �sdoganamento giurisprudenziale� e Trattato di Lisbona, in Dir. pubbl. comp. eur. 
2008, 101; v. anche G. PISTORIO, La Carta dei diritti fondamentali dell�UE: effettivit� versus efficacia, 
in G. BRONZINI, F. GUARRIELLO, V. PICCONE (a cura di), Le scommesse dell�Europa. Diritti, istituzioni, 
politiche, Roma 2009, 163 ss.. In senso dubitativo circa la natura costituzionale del trattato, cfr. P. CARNEVALE, 
La Costituzione europea come Costituzione, in Giur. it. 2005, 1101 ss.; A. PACE, Costituzione 
europea e autonomia contrattuale. Indicazioni e appunti, in Riv. dir. civ. 2006, 1, II, 1 ss.. Per un approfondimento 
sul fallimento del Trattato costituzionale v. P. PASSAGLIA, Il Trattato che adotta una Costituzione 
per l�Europa. Due anni dopo, in Foro it. 2007, V, 19 ss.. 
(63) D. CHINNI, Una sentenza retr�. Ancora dubbi sulla forza giuridica della Carta dei diritti fondamentali 
dell'Unione europea?, nota a Trib. CE, sez. VI, 13 settembre 2010 n. 166, in Giur. cost., 2011, 
1, 895 ss.; L. DANIELE, Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea e Trattato di Lisbona, in Dir. 
un. eur. 2008, 661; in senso dubitativo C. COLAPIETRO, M. RUOTOLO, Diritti e libert�, in F. MODUGNO (a 
cura di), Lineamenti di diritto pubblico, Torino 2010, 619; A. CELOTTO, Il Trattato di Lisbona ha reso 
la CEDU direttamente applicabile nell'ordinamento italiano? (in margine alla sentenza 1220/2010 del 
Consiglio di Stato), in www.giustamm.it; R. SESTINI, Il Trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente 
applicabile nell�ordinamento italiano? (in margine alla nota del Prof. Alfonso Celotto sulla sentenza n. 
1220/2010 del Consiglio di Stato), ibidem. In giurisprudenza, v. anche Cons. Stato, ad. plen., 10 novembre 
2008 n. 11, in Urb. app., 2009, 41 ss., con nota di L. TARANTINO, La Plenaria chiarisce i rapporti 
tra ricorso incidentale e ricorso principale nel processo amministrativo; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 
18 maggio 2010 n. 11984, in www.giustamm.it; Corte conti, sez. giur. Puglia, 20 giugno 2011 n. 672, in 
www.astrid-online.it. 
(64) Corte cost. 25 gennaio 2011 n. 80, in www.cortecostituzionale.it. 


(65) M. ALLENA, La rilevanza dell�art. 6, par. 1, CEDU per il procedimento e il processo amministrativo, 
in Dir. proc. amm., 2012, 2, 569. 



giurisprudenza della Corte di Cassazione si �, quindi, adeguata all�insegnamento 
della Consulta, ribadendo recentemente, in tema di indennizzi per 
espropriazione per pubblica utilit�, che la diretta applicabilit� della Carta � affermabile 
soltanto �nell�ambito di fattispecie disciplinate dal diritto europeo 
ed attinenti a materie di interesse comunitario� (66). Nel medesimo ordine 
d�idee, sempre la giurisprudenza di legittimit� ha ulteriormente precisato che 
�la Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea, alla luce della clausola 
di equivalenza sancita dall�art. 52, � 3, non ha determinato una trattatizzazione 
indiretta e piena della CEDU, la quale � predicabile solo per le ipotesi nelle 
quali la fattispecie sia disciplinata dal diritto europeo e non gi� da norme nazionali 
prive di alcun legame con esso� (67). 

Fatte queste premesse sul valore della Carta di Nizza, ai sensi del suo art. 
47, �ogni persona i cui diritti e le cui libert� garantiti dal diritto dell�Unione 
siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto 
delle condizioni previste nel presente articolo� ed ha, altres�, diritto �a 
che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine 
ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge�, 
oltre che �di farsi consigliare, difendere e rappresentare�. Inoltre, �a coloro che 
non dispongono di mezzi sufficienti � concesso il patrocinio a spese dello Stato 
qualora ci� sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia�. 

Le garanzie in parola sono ampiamente corrispondenti a quelle consacrate 
nella CEDU e nelle costituzioni dei singoli Stati membri in tema di diritto a 
un giusto processo (68). Anzi, l�art. 47, comma 2, della Carta di Nizza riprende 
l�art. 6, par. 1, CEDU che � gi� direttamente applicabile negli ordinamenti interni 
degli Stati, visto che la pretesa al giusto processo ivi contenuta vale sia 
nei confronti delle autorit� comunitarie sia riguardo a quelle nazionali (69). 
Questa esegesi � supportata dall�art. 52, comma 3, della Carta, a mente del 
quale, in caso di corrispondenza tra i diritti da essa riconosciuti e quelli garantiti 
dalla CEDU, il significato e la portata dei primi �sono uguali a quelli 
conferiti dalla suddetta Convenzione� e dall�art. 53, che prevede il divieto di 
interpretare le disposizioni della Carta dei diritti dell�Unione europea come 
limitative o lesive dei diritti dell�uomo quali riconosciuti dalla CEDU (70). 

Con la disposizione citata si attua, quindi, una vera e propria comunita


(66) Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2012 n. 10130, in Ced cass civ., rv. 622864. 
(67) Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2012 n. 9595, in Ced. cass. civ., rv. 623162. 
(68) N. TROCKER, La Carta dei diritti fondamentali, cit. 
(69) M. ALLENA, La rilevanza dell�art. 6, par. 1, CEDU, cit. 


(70) L�art. 53 della Carta di Nizza prevede che �Nessuna disposizione della presente Carta deve 
essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali riconosciuti, 
nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell�Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni 
internazionali delle quali l�Unione, la Comunit� o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in particolare 
la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, e 
dalle Costituzioni degli Stati membri�. 


rizzazione della giustizia tramite la riconduzione all�ordinamento europeo di 
principi destinati a influire sul modo di essere della tutela giurisdizionale approntata 
da ciascun ordinamento nazionale per le posizioni giuridiche soggettive 
attribuite dal diritto dell�Unione (71). 

Particolarmente importante � il riferimento al principio di effettivit� della 
tutela giurisdizionale, trattandosi, in sede comunitaria, dell�epilogo di un cammino 
iniziato con le sentenze von Colson e Bozzetti, ove la Corte di giustizia 
stabil� che, pur spettando �all�ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro 
designare il giudice competente a risolvere controversie vertenti sui diritti scaturenti 
dall�ordinamento giuridico comunitario [�] gli Stati membri sono tenuti 
a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva di tali diritti� (72). Con la 
pronuncia Johnston, poi, la Corte statu� che la �tutela giurisdizionale effettiva� 
non � una formula di stile o un espediente di carattere retorico, bens� �espressione 
di un principio giuridico generale che trova ingresso e assume rilievo 
nell�ordinamento comunitario�, in quanto �principio su cui sono basate le tradizioni 
costituzionali comuni agli Stati membri� e perch� �diritto sancito dagli 
artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali del 1950� (73). A quest�ultimo riguardo, il fatto 
che la giurisprudenza della Corte, nell�affermare i predetti principi, si sia ispirata 
all�elaborazione della CEDU, ha indotto a ritenere che quest�ultima fosse 
stata �comunitarizzata� in via pretoria, anticipando la soluzione poi accolta 
con l�art. 47 della Carta di Nizza (74). 

Mentre la CEDU costruisce il diritto alla tutela giurisdizionale prevalentemente 
come diritto a far valere in giudizio le proprie ragioni tramite un equo 
processo, che sia anche in grado di garantire un�adeguata forma di protezione 
della situazione azionata, la giurisprudenza comunitaria si � concentrata su quest�ultimo 
profilo (75). Oltre agli arresti della Corte di Giustizia, anche le altre 
istituzioni comunitarie sono intervenute con disposizioni in materia processuale, 
imponendo agli Stati non solo di garantire l�accesso a un giudice per le 
relative controversie, ma anche il tipo di tutela di cui devono munirle e i rimedi 
che devono offrire ai singoli a loro protezione. Il caso pi� significativo � quello 
delle c.d. �direttive ricorsi� in materia di appalti pubblici, le quali, sulla base 

(71) N. TROCKER, op. cit. 

(72) Cfr. Corte CE 10 aprile 1984, C-14/83, in Racc., 1984, 1891 ss., 9 luglio 1985, C-179/84, in 
Racc., 1985, 2301. 
(73) V. Corte CE 15 maggio 1986, C-222/84, in Racc., 1986, 1663 ss.. 


(74) M.P. CHITI, L�effettivit� della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del 
diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 508, e soprattutto P. PIVA, Il principio di effettivit� della 
tutela giurisdizionale nel diritto dell�Unione Europea, Napoli, 2012. 
(75) M. CHIAVARIO, in S. BARTOLE, B. CONFORTI, G. RAIMONDI, Commentario alla Convenzione 
europea per la tutela dei diritti dell�uomo e delle liberta fondamentali, Padova, 2001, 153 ss.; R. SAPIENZA, 
Il diritto ad un ricorso effettivo nella Convenzione europea dei diritti dell�uomo, in Riv. dir. int., 
2001, 277 ss.. 



dell�inesistenza, nell�ordinamento comunitario o in quelli domestici, di strumenti 
adeguati per garantire l�effettiva osservanza della normativa europea in 
materia, approntano un organico sistema di tutela (76). Un sistema informato 
all�esigenza di garantire ricorsi rapidi ed efficaci, tali da assicurare una tutela 
sia preventiva, mediante �provvedimenti provvisori presi con la massima sollecitudine 
e con procedure d�urgenza�, sia successiva e in grado di assicurare, 
�eventualmente accanto o a seguito dell�annullamento dell�atto illegittimo, 
l�obbligo di risarcire i danni subiti da qualsiasi soggetto leso da una violazione 
del diritto comunitario o dalle norme nazionali che l�hanno recepito� (77). 

Le soluzioni percorse in tema di appalti pubblici sollevano il problema 
della distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, che � sconosciuta 
all�ordinamento dell�Unione europea, in cui l�espressione �diritti� va intesa 
come comprensiva di tutte le posizioni giuridiche soggettive tutelate dal diritto 
comunitario (78). La Corte di Giustizia, infatti, non � mai entrata nel merito 
delle tecniche di tutela utilizzate nei singoli Stati, affermando che le norme 
comunitarie direttamente applicabili �obbligano le autorit� e in particolare i 
giudici competenti degli Stati membri a proteggere gli interessi dei singoli 
contro eventuali violazioni di dette disposizioni, garantendo loro la tutela diretta 
ed immediata dei loro interessi, e ci� indipendentemente dal rapporto intercorrente, 
secondo il diritto nazionale, fra detti interessi e l�interesse pubblico 
a cui si riferisce la questione. Spetta all�ordinamento giuridico nazionale stabilire 
quale sia il giudice competente a garantire detta tutela e, a tal effetto, 
decidere come debba qualificarsi la posizione individuale in tal modo tutelata� 
(79). In definitiva, ci� che realmente rileva dal punto di vista del diritto comunitario 
� che sia in ogni caso garantita una tutela giurisdizionale adeguata 
ed effettiva a tutte le posizioni soggettive da esso tutelate, a prescindere dalla 
loro qualificazione secondo l�ordinamento domestico (80). 

(76) Si tratta della direttiva 89/665/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 e della direttiva 
92/13/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992. Sul punto, v. M. ACONE, Diritto e processo nelle procedure 
di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva CEE 89/665 alla legge �comunitaria� per 
il 1991, in Foro it., 1992, V, 321 ss. e G. MORBIDELLI, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. it. 
dir. pubbl. com., 1991, 831 ss.. 
(77) Il legislatore comunitario ha cos� costretto ad evolversi il sistema italiano di giustizia amministrativa, 
all�epoca ostile al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi; cfr. F. PATRONI 
GRIFFI, L�interesse legittimo alla luce del diritto comunitario e dei paesi membri: quali prospettive?, in 
Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 367 ss.. 
(78) N. TROCKER, op. ult. cit.; S. AMADEO, Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e 
giudizi interni, Milano, 2002. 
(79) Cfr. Corte CE 19 dicembre 1968, C-13/68, in Racc., 1968, p. 615 e in Foro it., 1969, IV, c. 
156; 9 luglio 1985, C-179/84, cit.; 14 sett. 1997, C-316-96, in Racc. 1997, I, 7231. Questa giurisprudenza 
avvicina in termini pratici la portata del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale a quello di 
equivalenza, sul quale si rinvia all�opera di L. TORCHIA, Il governo delle differenze. Il principio di equivalenza 
nell�ordinamento europeo, Bologna, 2006. 


(80) N. TROCKER, op. ult. cit. 


La Corte di Giustizia ha anche ripetutamente precisato le garanzie procedurali 
cui hanno diritto le parti, secondo il principio del giusto processo (81). 
In quest�ottica, pu� ricordarsi la giurisprudenza sulla ragionevole durata del 
processo, sia nei procedimenti della Commissione in tema di concorrenza e 
aiuti di Stato, sia nei giudizi innanzi agli organi comunitari di giustizia, sulla 
base di livelli di garanzia non inferiori a quelli assicurati dalla CEDU (82). 
Parimenti � a dirsi per il diritto alla difesa secondo il principio �audiatur et 
altera pars�, che la giurisprudenza comunitaria ritiene operare sia nei procedimenti 
amministrativi che in quelli giudiziari (83). Anche in tema di prove 
processuali, sono incompatibili con il diritto comunitario tutte le modalit� di 
prova o le ripartizioni del relativo onere �il cui effetto sia di rendere praticamente 
impossibile o eccessivamente difficile l�esercizio di un diritto� (84). 
La Corte ha pure avuto modo di affermare che il principio generale di diritto 
comunitario, in forza del quale ogni persona ha diritto a un processo equo, 
comporta il diritto di accedere a un tribunale indipendente, in particolare dal 
potere esecutivo (85). Il diritto a un giusto processo e l�effettivit� della tutela 
giurisdizionale sono stati ritenuti connessi anche al problema dei termini di 
prescrizione e decadenza. Al riguardo, secondo i giudici comunitari, pur 
avendo il legislatore nazionale facolt� di fissare scadenze temporali per le situazioni 
giuridiche soggettive, le relative previsioni non possono pregiudicarne 
la tutelabilit� e devono riguardare periodi comunque adeguati al caso anche 
sotto il profilo della decorrenza (86). In tal senso, � stato pure affermato che 
il dies a quo va ricollegato non al momento in cui il diritto (o il potere di farlo 
valere) sorge ma a quello, eventualmente successivo, in cui il titolare � posto 
in grado di averne effettiva conoscenza, in base al principio �contra non valentem 
agere non currit praescriptio� (87). 

In definitiva, l�Unione europea, grazie alla giurisprudenza pretoria della 
Corte di Giustizia, ha sempre pi� ampliato le proprie competenze alla tutela 
giurisdizionale dei diritti, materia tipicamente statuale e non assunta originariamente 
ad obiettivo di integrazione (88). La Corte, infatti, � intervenuta sulla 

(81) S. BALDI, Processo comunitario e processo equo ex articolo 6 della CEDU. Giurisprudenza 
comunitaria sul diritto ad un processo equo, in Dir. comm. int., 1998, 463 ss.. 
(82) Cfr. Corte CE 11 dicembre 1973, C-120/73 (Lorenz), in Racc., 1973, 1471, 17 dicembre 
1998, C-185/95, (Baustahlgewebe), ibidem, 1998, I, 8417; in dottrina, v. P. PALLARO, Il diritto all�equo 
processo nell�ordinamento giuridico comunitario alla luce della recente giurisprudenza della Corte di 
giustizia, in Dir. com. scam. int., 2000, 493 ss.. 
(83) Cfr. Corte CE 23 ottobre 1974, C-17/74, in Racc., 1974, 1079, 13 febbraio 1979, C-85/76, 
ibidem, 1979, 511 ss.. 
(84) Cfr. Corte CE 9 novembre 1983, C-199/82, in Racc., 1983, 3595, 3 febbraio 2000, C-228/98, 
ibidem, 2000, I, 577 ss.. 
(85) Corte CE 11 gennaio 2000, C-189/98, in Racc., 2000, I, 1 ss.. 
(86) N. TROCKER, op. ult. cit. 
(87) Corte CE 1� dicembre 1998, C-326/96, in Racc., 1998, I, 7835 ss.. 
(88) N. TROCKER, op. ult. cit.. 







legislazione processuale domestica quando ne ha rilevato profili di criticit� rispetto 
alle esigenze del diritto comunitario, elaborando principi generali de-
sunti dalle tradizioni costituzionali e/o dalla CEDU. Questi canoni, qualificati 
come principi generali dell�ordinamento comunitario e muniti di un valore simile 
alle norme del Trattato, sono divenuti parametri di legittimit� delle norme 
processuali nazionali applicate dai giudici statali in qualit� di �organi comunitari 
decentrati� (89). Sebbene l�elaborazione pretoria abbia consentito, nel-
l�immediato, di implementare detti principi in modo pi� semplice e immediato 
di quanto non sarebbe stato possibile mediante un esplicito riconoscimento 
normativo, una sistemazione pattizia della materia non era pi� differibile ed � 
ci� che � avvenuto con gli artt. 6 e 47 cit.. 

3. I principi di effettivit� e giusto processo nella Costituzione italiana e nel 
codice del processo amministrativo: 
a) la Costituzione del 1948. 


Nel solco della tradizione dello Stato di diritto e del principio di separazione 
dei poteri, gi� da prima della novella dell�art. 111 Cost. l�ordinamento 
nazionale si avvaleva di un potere giudiziario la cui indipendenza ed autonomia 
erano ampiamente garantite da una pluralit� di norme non disponibili per 
il legislatore ordinario (90). Infatti, la Costituzione del 1948, pur non enunciando 
espressamente il principio del giusto processo, soddisfaceva ampiamente 
i requisiti minimi richiesti per la celebrazione di un processo giusto ed 
equo, prevedendo: l�eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge ed al giudice; 
la soggezione di quest�ultimo alla sola legge; l�indipendenza e l�autonomia 
del potere giudiziario; il diritto al giudice naturale precostituito per legge; 
il diritto di tutti ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi 
legittimi; l�inviolabilit� del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento; 
l�attribuzione ai non abbienti dei necessari mezzi per agire e per difendersi 
dinanzi a qualsiasi giurisdizione; il diritto alla pronuncia di 
provvedimenti giurisdizionali motivati; il diritto di ricorso straordinario in 
Cassazione per violazione di legge, nei confronti delle sentenze e dei provvedimenti 
sulla libert� personale (91). A tal proposito pu� ricordarsi la riflessione 
di P. CALAMANDREI per la quale lo scopo del processo � �il pi� alto che possa 
esservi nella vita: e si chiama giustizia�, dovendo la sua conformazione ispirarsi 
al rispetto di basilari principi di civilt� giuridica quali l�imparzialit� e la 

(89) N. TROCKER, op. ult. cit.. 
(90) L.P. COMOGLIO, op. ult. cit.. 


(91) I.A. ANDOLINA, G. VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, Il modello costituzionale 
del processo civile italiano, Torino, 1997, 3 ss.; I.A. ANDOLINA, Il modello costituzionale 
del processo civile, in Genesis, Revista de direito processual civil, 1997, 4, 142 ss.; L.P. COMOGLIO, Sub 
art. 24, in G. BRANCA, V. SCIALOJA (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna-Roma, 1981, 
1 ss.. 


terziet� del giudice, il contraddittorio e l�effettiva parit� delle parti, la motivazione 
delle decisioni (92). 

La rilevanza del principio del giusto processo nell�ordinamento italiano, 
quindi, non � nata con la l. cost. 23 novembre 1999 n. 2, essendo in precedenza 
ritenuto cogente, nei suoi portati applicativi, per la legittimit� della disciplina 
di ogni tipo di processo giurisdizionale (93). La stessa espressione �giusto 
processo� si era affermata in dottrina in relazione ai contributi elaborati sulla 
portata dell�art. 6 CEDU (94). Ad esempio, con riferimento al diritto di agire 
in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, era nota l�insufficienza 
della mera possibilit� di agire o difendersi, essendo necessario che 
poi il giudizio si svolgesse con tutte le garanzie utili a qualificarlo come due 
process of law (95). Il principio del fair trial, in particolare, era fatto derivare 
dall�art. 24 Cost. e alle altre norme (i.e. gli artt. 3, 25, 101-104, 107-108, 111113) 
che si riferiscono al processo e gli fanno da corona (96). 

La Costituzione del 1948 aveva, quindi, optato per una previsione analitica 
di specifiche garanzie del cittadino coinvolto in vicende processuali, senza 
tuttavia operarne un�enunciazione �concentrata e sintetica� (97). Proprio per 
questa scelta politica e normativa, l�attuale codificazione, al massimo livello 
delle fonti interne, del principio del due process of law lo rende in modo pi� 
efficace parametro di riferimento per possibili questioni di legittimit� costituzionale, 
specialmente per quanto riguarda l�imparzialit� del giudice e la ragionevole 
durata del giudizio (98). 

Peraltro, a questa elevata considerazione dei contenuti sostanziali del prin


(92) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, in Riv. dir. proc., 1950, I, 282; ID., Processo e democrazia, 
Padova, 1954, 46 ss., 121 ss., 145 ss.; N. TROCKER, Il rapporto processo-giudizio nel pensiero 
di Piero Calamandrei, ibidem, 1989, 968. 
(93) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), cit.; E. FAZZALARI, Istituzioni di diritto 
processuale, Padova, 1996 e ID., Procedimento e processo (teoria generale), in Enc. giur., XXIV, 1991. 
(94) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, in Atti del Congresso Internazionale di Diritto processuale 
civile, Padova, 1953, 16 ss.; M. CAPPELLETTI, Diritto di azione e di difesa e funzione concretizzatrice 
della giurisprudenza costituzionale. Art. 24 Costituzione e �due process of law clause�, in 
Giur. cost., 1961, 1284; V. ANDRIOLI, La Convenzione europea dei diritti dell�uomo e il processo giusto, 
in Temi rom., 1964, pp. 443 ss.. V. DENTI, Valori costituzionali e cultura processuale, in A. PIZZORUSSO, 
M. VARANO (a cura di), L�influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, Milano, 
1985, II, 814 e 816; M. CHIAVARIO, �Cultura italiana� del processo penale e Convenzione europea dei 
diritti dell�uomo: frammenti di appunti e spunti per una �microstoria�, in Riv. int. dir. uomo, 1990, pp. 
433, 436 ss.. Per una trattazione pi� completa della Convenzione europea dei diritti dell�uomo, cfr.: M. 
DE SALVIA, La Convenzione europea dei diritti dell�uomo, Napoli, 2001; A. BULTRINI, La Convenzione 
europea dei diritti dell�uomo: considerazioni introduttive, in Corr. giur., 1999, 642 ss.. 
(95) M. CAPPELLETTI, Diritto di azione e di difesa, cit. 


(96) E. COUTURE, La garanzia costituzionale del �dovuto processo legale�, in Riv. dir. proc., 
1954, I, 81 ss.; V. VIGORITI, Garanzie costituzionali del processo civile, cit.; M. CAPPELLETTI, Diritto di 
azione e di difesa, cit.; P. BARILE, Diritti dell�uomo e libert� fondamentali, Bologna, 1987, 287; G. FERRARA, 
Garanzie processuali dei diritti costituzionali e �giusto processo�, in Rass. parl., 1999, 539 ss.. 
(97) N. TROCKER, op. ult. cit.. 
(98) N. TROCKER, op. ult. cit.. 







cipio in esame, al di l� della mancanza di una sua esplicita affermazione puntuale, 
faceva da contraltare la scarsa attenzione che la dottrina italiana di poco 
pi� risalente, cio� del periodo monarchico, riservata a un punto qualificante 
del giusto processo come il principio del contraddittorio. Al riguardo, esemplificativo 
era l�insegnamento di F. CARNELUTTI per il quale esso era �un 
mezzo del processo non un fine�, con la conseguenza che �il difetto di contraddittorio 
pu� pregiudicare, ma non pregiudica in ogni caso, lo scopo del 
processo; il contraddittorio � uno strumento utile del processo, quando vi sono 
ragioni per contraddire, se non ve ne sono, � un ingombro� e ancora che �la 
mancanza effettiva di contraddittorio non sta punto in contrasto logico col fine 
del processo, perch� l�attuazione della legge, attraverso una decisione giusta, 
pu� ottenersi anche senza la cooperazione delle parti� (99). 

Contrariamente a ci�, l�inviolabilit� della difesa in ogni stato e grado del 
procedimento comporta la necessaria esistenza del contraddittorio, dal momento 
che, per aversi un �processo� in senso proprio, al percorso di formazione 
dell�atto finale devono partecipare anche i destinatari dei suoi effetti, della cui 
attivit� il giudice non pu� non tener conto (100). Peraltro, � da escludere che la 
pienezza di tutela dei diritti si abbia soltanto con le forme di contraddittorio 
operanti nel rito c.d. ordinario, potendo ben esservi pi� di una modalit� di attuazione 
delle garanzie costituzionali del processo. Infatti, ai fini del rispetto 
del principio del contraddittorio, rileva che un procedimento promosso in forma 
sommaria non si esaurisca in s� ma accordi al resistente la facolt� di difendersi 
in una successiva fase, in cui la domanda iniziale � sottoposta alla piena cognizione 
del giudice e l�esecuzione provvisoria del provvedimento � suscettibile 
di sospensione o revoca (101). Sono dunque ammissibili i riti c.d. speciali, a 
condizione che siano sempre assicurati lo �scopo� e la �funzione� del principio 
del giusto processo, non dovendo il contraddittorio necessariamente svolgersi 
secondo forme e modalit� tendenzialmente costanti e uniformi (102). 

Pure il requisito della parit� delle armi era gi� enucleabile in base agli 
artt. 3 e 24, comma 2, Cost., poich� l�esigenza per cui ciascun contendente 
disponga degli stessi poteri processuali era ampiamente affermata dalla giurisprudenza 
convenzionale maturata sull�art. 6 CEDU, costituendo un aspetto 
insopprimibile della nozione di processo equo davanti ad un tribunale indipendente 
e imparziale (103). Sul punto, si ricorda la posizione di P. CALA


(99) F. CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile, II, Padova, 1933, 99, 168 ss.. 

(100) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(101) L.P. COMOGLIO, Rapporti civili, Art. 24-26, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della 
Costituzione, Bologna-Roma, 1981, 67-69. 

(102) Corte cost. 1� ottobre 1997 n. 306, 8 maggio 1996 n. 148 e 13 aprile 1995 n. 119, in Giur. 
cost., rispettivamente, 1997, 2875, 1996, 1437 e 1995, 947. 

(103) C. CONSOLO, L�equo processo arbitrale nel quadro dell�art. 6, par. 1 della Convenzione europea 
dei diritti dell�uomo, in Riv. int. dir. uomo, 1993, 323 ss.; N. ZANON, L�ordine della discussione davanti 
alla Corte di Cassazione, il diritto di difesa e le garanzie del �giusto processo�, in Giur. cost., 1999, 3125. 


MANDREI, per il quale affinch� un processo sia giusto, � indispensabile che, 
innanzi a un giudice imparziale, �vi siano due parti in contraddittorio, in 
modo che il giudice possa udire le ragioni di tutt�e due� e �che queste due 
parti si trovino tra loro in condizione di parit� non meramente giuridica (che 
pu� voler dire meramente teorica), ma che vi sia tra esse un�effettiva parit� 
pratica, che vuol dire parit� tecnica ed anche economica� (104). Ci� in 
quanto, anche di fronte alla giustizia, cՏ pericolo che �gravi sul meno abbiente 
quella maledizione che pesa su lui, ogni volta che gli ordinamenti democratici 
si limitano ad assicurargli, a lui come a tutti gli altri cittadini, le 
libert� politiche e civili: le quali troppe volte, quando gli mancano i mezzi 
economici indispensabili per valersi praticamente di quelle libert�, si risolvono 
[...] in una irrisione� (105). Nel sistema della CEDU, peraltro, il problema 
dell�effettivit� del diritto di difesa � correlato all�art. 6 che, come visto, 
garantisce la possibilit� di esercizio reale ed effettivo, e non meramente 
astratto ed illusorio, del diritto di azione e di difesa (106). 

Sennonch�, era stata rilevata la difficolt� di accostare il prototipo italiano 
di giusto processo a quello internazionale in ragione della mancanza di 
un�equivalente analiticit�, completezza e concentrazione di contenuti garantistici, 
non essendovi prescrizioni esplicite su molti suoi aspetti concreti qualificanti 
(107). Sulla laconicit� della Carta fondamentale, peraltro, in senso 
contrario a queste riflessioni era stato osservato che �la normazione costituzionale 
dovrebbe guardarsi dal porre discipline dettagliate che sono incapaci 
di esaurire le valenze delle norme espressive di principi, e sono, invece, idonee 
a limitarle nell�immediato e a comprimerle nel medio-lungo periodo� (108). 

Anche la giurisprudenza costituzionale anteriore alla riforma del 1999 si 
era richiamata alla nozione di giusto processo, affermandone la natura di principio 
costituzionale, poich� la garanzia di un processo equo � �esigenza suprema 
che non si risolve in affari di singoli, ma assurge a compito 
fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione 
di dicere ius di cui i diritti di agire e di resistere nel processo [�] rappresentano 
soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme 
disciplinatrici della titolarit� e dell�esercizio della potest� dei giudici� (109). 
Dando atto delle due anime del due process of law, attenendo esso alla posizione 
e alle funzioni del giudice e ai diritti delle parti, la Consulta � arrivata a 
definirlo come concetto �in cui si compendiano i principi che la Costituzione 
detta in ordine tanto ai caratteri della giurisdizione, sotto il profilo soggettivo 

(104) P. CALAMANDREI, Processo e giustizia, cit., 145 ss.. 

(105) P. CALAMANDREI, op. ult. cit... 

(106) M. CHIAVARIO, �Cultura italiana� cit., 443 e 447. 

(107) L.P. COMOGLIO, I modelli di garanzia costituzionale del processo, in Riv. trim. dir. proc. 
civ., 1991, 713 ss., 735. 

(108) G. FERRARA, Garanzie processuali, cit.. 


e oggettivo, quanto ai diritti di azione e difesa in giudizio� (110). 

L�approccio maggiormente seguito dalla giurisprudenza, non solo costituzionale, 
� stato perlopi� ancorato al solo dato interno delle varie norme sulla 
giurisdizione contenute in ordine sparso nella Carta fondamentale, omettendo 
quasi del tutto i riferimenti a un modello internazionale di giusto processo 
(111). Le pronunce della Corte Costituzionale si sono soffermate sulle principali 
proiezioni applicative del principio in esame, prima tra tutte l�imparzialit� 
del giudice, che �ha pieno valore costituzionale con riferimento a tutti i tipi di 
processo� (112). � questo un aspetto che non compare espressamente nel testo 
originario della Costituzione, ma che fa parte di quel carattere di terziet� che 
connota la funzione giurisdizionale e la posizione del giudice distinguendola 
da tutti gli altri poteri pubblici e condizionando l�effettivit� del diritto di azione 
e difesa in giudizio (113). In tal senso, nell�ambito del giusto processo �voluto 
dalla Costituzione�, in assenza d�imparzialit� del giudice �le regole e le garanzie 
processuali si svuoterebbero di significato� (114). 

L�imparzialit�, in particolare, richiede che la funzione del giudice sia assegnata 
a un soggetto terzo, non solo scevro da interessi propri che possano 
ostacolare la rigorosa applicazione del diritto al caso di specie, ma anche 
sgombro da convinzioni precostituite sul thema decidendum, formatesi nelle 
precedenti fasi del giudizio (115). Sino alla novella del 1999, la Costituzione 
non enunciava espressamente il principio dell�imparzialit� del giudice, invece 
affermato per la pubblica amministrazione, volendosi garantire l�autonomia e 

(109) Corte cost. 12 dicembre 1984 n. 282, in Giur. cost., 1984, I, 2123. V. anche Corte cost. 13 
febbraio 1985 n. 41, in Giur. cost., 1985, I, 172, 27 giugno 1986 n. 156, ibidem, 1986, I, 1085, 18 febbraio 
1988 n. 189, ibidem, 1988, I, 720, 29 aprile 1993 n. 201, ibidem, 1993, 1375, 24 aprile 1996 n. 131, ibidem, 
1996, 1139, 2 novembre 1996 n. 371, ibidem, 3386, 21 marzo 1997 n. 66, ibidem, 1997, 696, 1� 
ottobre 1997 nn. 306 e 307, ibidem, 2875 e 2888, 18 luglio 1998 n. 290, ibidem, 1998, 2227, 30 marzo 
1999 nn. 105 e 106, ibidem, 1999, 942 e 945, 18 maggio 1999 n. 178, ibidem, 1747, 17 giugno 1999 n. 
241, ibidem, 2132, 20 aprile 2000 n. 113, ibidem, 2000, 1009. 

(110) Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131 cit. 

(111) Corte cost. 22 ottobre 1999 n. 388, in Giur. cost., 1999, 2991, 19 giugno 1998 n. 213, ibidem, 
1998, 2355, 31 maggio 1996 n. 177, in Foro it., 1996, I, 2268, 20 maggio 1996 n. 155, ibidem, 1996, I, 
1898, 24 aprile 1996, n. 131, in Giur. cost., 1996, 1139, 15 settembre 1995 n. 432, ibidem, 1995, 3371, 
24 febbraio 1992, n. 62, ibidem, 1992, 337, 28 ottobre 1987 n. 345, in Giur. cost., 1987, 2652 ss., 22 dicembre 
1980 n. 188, in Foro it., 1981, 319 ss.. In dottrina cfr. N. TONOLLI, Il principio della parit� delle 
armi nell�equo processo e la regola �nemo in propria causa testis esse debet�, in Riv. int. dir. uomo, 
1996, 323 ss.; G. SPANGHER, Rapporti tra processo penale e carta costituzionale, in Dir. pen. e proc., 
1998, 49; D. ALBERGHINI, A proposito di convenzioni internazionali e parametri di costituzionalit�, in 
Giur. cost., 1999, 339 ss.; A. BULTRINI, La Convenzione europea dei diritti dell'uomo: considerazioni 
introduttive, in Corr. giur., 1999, 642 e 648. 

(112) Corte. cost. 7 novembre 1997 n. 326, in Giur. cost., 1997, 2477. 

(113) Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131 cit., 22 ottobre 1997 n. 311, in Giur. cost., 1997, 2922. 

(114) Corte cost. 20 maggio 1996 n. 155, in Giur. cost., 1996, 1464, Corte cost. 22 ottobre 
1997 cit. 

(115) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), in Enc. dir., Milano, V, 2001, 595 
ss. 


l�indipendenza della magistratura e dei singoli magistrati rispetto ai condizionamenti 
degli altri poteri dello Stato (116). In generale, l�imparzialit� del giudice 
non dipende dall�intensit� dei suoi poteri ma ne modera in concreto 
l�esercizio, con la conseguenza che la riformulazione dell�art. 111 Cost. non 
comporta una preferenza per il modello processuale dispositivo, di stampo anglosassone, 
rispetto a quello inquisitorio, proprio delle esperienze continentali 
(117). In materia di imparzialit�, la giurisprudenza costituzionale si � espressa 
anche sul pericolo di una sua lesione derivante da situazioni di possibile �ripetitivit� 
decisoria� (118). Infatti, in campo civile, l�incompatibilit� endoprocessuale 
� stata dapprima limitata alla sola �preesistenza di valutazioni che 
cadono pressoch� sulla medesima res iudicanda� o pi� esattamente, alla �duplicazione 
di giudizi della medesima natura presso lo stesso giudice�(119). 
Soltanto successivamente � stato chiarito che la nozione di �altro grado� di 
giudizio ha un significato pi� ampio di quello di �grado superiore� del processo, 
secondo l�ordine degli uffici giudiziari, operando l�art. 51 n. 4 cod. proc. 

civ. anche l� dove la nuova cognizione sul medesimo tema si svolga in una 
nuova fase di opposizione, pur all�interno del medesimo grado latamente considerato 
(120). Sul medesimo argomento, la Corte di Strasburgo ha stabilito 
che �il semplice cumulo in capo al medesimo giudice, persona fisica, della 
competenza a pronunciare provvedimenti provvisori e di merito non � di per 
s� solo capace di causare la parzialit� dello stesso. Minaccia all�imparzialit� 
con possibile violazione dell�art. 6, � 1, CEDU si ha solo se i concreti provvedimenti 
presi nel corso della fase precedente e il concreto ambito della cognizione 
precedente pregiudicano la capacit� del giudice di esprimere un 
nuovo giudizio distaccato, libero dai condizionamenti della forza della prevenzione
� (12). �Terziet�� e �imparzialit�� sono, in definitiva, due caratteristiche 
complementari e inscindibili che del giudice descrivono sia il profilo 
ordinamentale, di equidistanza dalle parti, sia quello psicologico di assenza di 
pregiudizi e condizionamenti tali da influire sul suo libero convincimento. 

Con riferimento al contraddittorio, gi� prima della l. cost. n. 2 cit. la 
Corte Costituzionale aveva riconosciuto che tra i contenuti del giusto processo 
rientrano l�effettivit� di un �contraddittorio equilibrato� e la �parit� 
delle armi tra accusa e difesa� (122). Il contraddittorio di cui all�art. 111, 

(116) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(117) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(118) Corte cost. 15 settembre 1995 n. 432, 24 aprile 1996 n. 131, 20 maggio 1996 n. 155, tutte 
in www.cortecostituzionale.it. 

(119) Corte cost. 7 novembre 1997 n. 326, in Giur. it., I, 411, con nota di C. CONSOLO, Il giudice 
civile cautelare non diviene in via generale incompatibile a statuire nel merito secondo la Consulta; 
Corte cost. 21 ottobre 1998, n. 359, in Foro it., 1998, I, 3033. 

(120) Corte cost. 15 ottobre 1999 n. 387, in www.cortecostituzionale.it. 

(121) CEDU 24 maggio 1989 (Hauschildt), in Riv. int. dir. uomo, 1989, 456. 

(122) Corte cost. 18 dicembre 1997 (ord.za) n. 421, in Giur. cost., 1997, 3806. 


comma 2, Cost. non si riferisce, tuttavia, alla sola formazione della prova, 
come il successivo comma 4 per il processo penale, ma all�intervento dialettico 
delle parti nel corso del giudizio, che pu� ben realizzarsi anche su prove 
gi� costituite e prodotte (123). Si tratta, cio�, del noto e risalente principio 
�audiatur et altera pars�, in base al quale un provvedimento giurisdizionale 
non pu� assumere definitivit� senza che la parte destinata a subirne gli effetti 
sia stata posta in condizioni di far valere le proprie ragioni (124). Il che non 
implica affatto la contestualit� del confronto tra le parti, potendo il contraddittorio 
dei processi non penali realizzarsi in un qualunque momento del giudizio, 
purch� prima che la decisione diventi definitiva e sempre che alla parte 
passiva sia assicurata la piena ed eguale possibilit� di incidere sul convincimento 
finale del giudice (125). 

(segue) b) la legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2. 

L�idea di inserire esplicitamente il principio in esame in Costituzione � 
stata avanzata per la prima volta nell�art. 130 del progetto di legge costituzionale 
approvato il 4 novembre 1997 dalla Commissione parlamentare per le riforme 
costituzionali, in stretta connessione con il principio di unicit� della 
giurisdizione e con la riserva assoluta di legge statale (126). Tuttavia, il consenso 
politico necessario ad attuarla si � formato solo dopo la pronuncia della 
sentenza della Corte Costituzionale 2 novembre 1998 n. 361, che ha dichiarato 
l�illegittimit� dell�art. 513 cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla l. 7 agosto 
1997 n. 267, in tema d�inutilizzabilit� delle dichiarazioni rese dai coimputati 
durante le indagini preliminari (127). La Consulta, in particolare, ha aderito a 
una concezione riduttiva del contraddittorio, inteso in senso meramente formale 
ed esperibile anche su prove gi� costituite, almeno nei loro elementi essenziali, 
anzich� in vista della loro formazione, come sarebbe stato richiesto 
dal modello accusatorio di processo scelto con il codice di rito penale del 1988 
(128). Secondo la dottrina pi� critica, si finiva cos� per sostituire al contraddittorio 
il �metodo di formazione dialettica della prova�, in base al quale l�accusato 
pu� semplicemente confutare, a posteriori e senza un confronto diretto, 

(123) P. FERRUA, Il �giusto processo�, cit., 78 ss.. 

(124) M. CECCHETTI, Giusto processo (diritto costituzionale), cit.; N. PICARDI, Il principio del 
contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1998, 673 ss.. 

(125) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(126) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(127) In particolare, la decisione aveva affermato la possibilit� di utilizzare gli elementi di prova 
raccolti in fase pre-dibattimentale in nome del principio di �non dispersione della prova� funzionale 
alla �ricerca della verit��, che � �fine primario e ineludibile del processo penale�. La sentenza si inserisce 
in un orientamento pi� ampio di cui sono parte anche Corte cost. 31 gennaio 1992 n. 24, in Giur. cost., 
1992, 114, 3 giugno 1992 nn. 254 e 255, ibidem, 1932 e 1961, 24 febbraio 1995 n. 60, ibidem, 1995, 
508, 25 luglio 1995 n. 381, ibidem, 2778. 

(128) S. FOIS, Il modello costituzionale del �giusto processo�, in Rass. parl., 2000, 586 ss.. 


dichiarazioni a carico gi� acquisite al processo prima del dibattimento (129). 
Era questa una visione assai diversa da quella che si stava consolidando in 
Parlamento, fondata su una pi� rigorosa interpretazione delle garanzie costituzionali 
in tema di giusto processo gi� esistenti, tale da indurre con urgenza 
a un�integrazione della Costituzione che la affermasse definitivamente anche 
nei confronti della giurisprudenza della Corte (130). 

Ebbene, il nuovo art. 111, commi 1 e 2, Cost., nel testo introdotto dalla l. 
cost. n. 2 cit., afferma che �la giurisdizione si attua mediante il giusto processo 
regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, 
in condizioni di parit�, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura 
la ragionevole durata�. La riserva di legge cos� fissata � da intendere riferita 
all�intera disciplina dello svolgimento di tutti i processi giurisdizionali 
e pone limiti di contenuto e di merito al legislatore ordinario (131). Si tratta, 
in particolare, di una riserva assoluta, compatibile con il potere regolamentare 
governativo soltanto in termini di stretta esecuzione (132). Essa non manifesta 
la propria forza limitatrice soltanto nei confronti del potere legislativo ma vale 
anche nei confronti della discrezionalit� del giudice nel configurare il modello 
processuale, precludendo che �la forma e i termini (cio� i poteri delle parti e 
del giudice) attraverso cui realizzare i poteri di domanda, eccezione, ecc., i 
poteri istruttori, il potere di difesa scritta e orale� siano tutti rimessi quanto a 
modalit� e tempi alla discrezionalit� del magistrato (133). Al legislatore spetta, 
quindi, bilanciare l�esigenza di predeterminazione legale della disciplina processuale 
con quella di flessibilit� che � parimenti indispensabile per la miglior 
tutela giurisdizionale (134). 

Per la sola giurisdizione penale, i successivi commi 3-5, sempre inseriti 
dalla l. cost. n. 2 cit., dispongono che �nel processo penale, la legge assicura 
che la persona accusata di un reato sia, nel pi� breve tempo possibile, informata 
riservatamente della natura e dei motivi dell�accusa elevata a suo carico; 
disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; 
abbia la facolt�, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone 
che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l�interrogatorio 
di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell�accusa e l�acquisizione 
di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete 
se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Il processo 
penale � regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della 

(129) M. CECCHETTI, op. ult. cit.; G. FERRARA, Garanzie processuali dei diritti costituzionali e 
�giusto processo�, in Rass. parl., 1999, 539 ss.. 

(130) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(131) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(132) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(133) A. PROTO PISANI, Relazione, cit., 320. 

(134) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 


prova. La colpevolezza dell�imputato non pu� essere provata sulla base di dichiarazioni 
rese da chi, per libera scelta, si � sempre volontariamente sottratto 
all�interrogatorio da parte dell�imputato o del suo difensore. La legge regola 
i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso 
dell�imputato o per accertata impossibilit� di natura oggettiva o per effetto 
di provata condotta illecita�. 

L�utilizzo dell�aggettivo �giusto�, da parte del nuovo art. 111 Cost., esplicita 
ancor pi� l�adesione dell�ordinamento repubblicano ai prima illustrati valori 
di stampo etico e politico, come conformati a livello internazionale e posti 
�al di sopra della legge scritta, ricavati dalla natura e dalla ragione secondo i 
moduli del giusnaturalismo� (135). Tuttavia, essendo nata all�insegna dell�urgenza, 
la novella del 1999 non ha compiutamente introdotto nella Carta fondamentale 
tutti i corollari applicativi del modello internazionale di giusto 
processo, ma solo quelli ritenuti politicamente pi� indifferibili e condivisi, con 
un�attenzione assai marcata sul processo penale: la pubblicit� del procedimento 
e della pronuncia delle sentenze, infatti, continuano a non figurare in 
termini espliciti, come pure lacunosi sono gli strumenti per garantire la ragionevole 
durata dei processi, come anche le guarentigie contro le auto-incriminazioni 
e i diritti delle vittime dei reati (136). 

In ogni modo, il nuovo art. 111 Cost. conferisce esplicito fondamento 
normativo a un principio che sino allora era soltanto desumibile dal quadro 
dei valori costituzionali, pur essendo codificato dall�art. 6 CEDU tra i diritti 
minimi che spettano a chiunque sia interessato alla risoluzione di una controversia 
civile, oppure sia gravato da un�accusa di natura penale (137). Dalla 
lettura dell�art. 111 cit. emerge che gli elementi che concorrono a definire la 
�giustezza� di ogni processo sono non solo il contraddittorio tra le parti in 
condizioni di parit�, la terziet� e l�imparzialit� del giudice, la ragionevole durata, 
ma anche le preesistenti garanzie dell�obbligo di motivazione delle decisioni 
giurisdizionali e la possibilit� di impugnare sentenze e provvedimenti 
sulla libert� personale almeno con il ricorso in cassazione per violazione di 

(135) E. AMODIO, Giusto processo, proc�s �quitabile e fair trial: la riscoperta del giusnaturalismo 
processuale in Europa, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, 1-2, 93 ss., il quale scorge un lessico giusnaturalista 
anche negli artt. 13, 24 e 25 Cost.; L.P. COMOGLIO, I modelli di garanzia costituzionale del processo, 
in Scritti in onore di Vittorio Denti, Padova, 1994, I, 297 ss.. Esprimono scetticismo sulla portata 
della riforma costituzionale: P. FERRUA, Il giusto processo, Bologna, 2005; G. UBERTIS, Giusto processo 
(Diritto processuale penale), in Enc. dir., Annali, 1, Milano 2008, 419 ss.; S. LA CHINA, Giusto processo, 
laboriosa utopia, in Riv. dir. proc., 2005, 1111 ss.; L.P. COMOGLIO, Il giusto processo nella dimensione 
comparatistica, ibidem, 2002, 702 ss.; S. CHIARLONI, Giusto processo (Diritto processuale civile), in 
Enc. dir., Milano, 2008, 403 ss.. 

(136) M. CECCHETTI, op. ult. cit.. 

(137) N. TROCKER, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il �giusto processo� in materia 
civile: profili generali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 2, 381 ss.; C. MORETTI, L�imparzialit� del giudice 
tra la cautela e il merito, in Riv. dir. proc., 1996, 1101 ss.. 


legge (138). � appena il caso di osservare che l�introduzione del principio del 
giusto processo attiene al modo in cui deve disciplinarsi l�esercizio della funzione 
giurisdizionale da parte del legislatore ordinario e non muta �il concetto 
di funzione giurisdizionale, da intendersi come veicolo per il concretarsi del-
l�ordinamento giuridico rispetto alla fattispecie della lite� (139). 

Il legislatore costituzionale ha inteso concentrare l�attenzione non solo sul 
processo (che, in s� e per s� considerato, � uno strumento neutro, non qualificabile 
come giusto o in giusto) ma sul suo risultato decisorio finale, che non 
pu� prescindere dai basilari principi di civilt� giuridica, quali la terziet� del 
giudice, il contraddittorio e la motivazione dei provvedimenti (140). Pertanto, 
�giusto� non � il processo astrattamente regolare nelle sue forme ma quello 
che sostanzialmente rispetta i valori consacrati nelle norme costituzionali e che, 
per questo, si svolge davanti ad un giudice imparziale, nel contraddittorio di 
tutti gli interessati e in un tempo ragionevole (141). La nozione di giusto processo, 
dunque, pi� che alludere alla sola correttezza e lealt� sul piano procedurale, 
si riferisce soprattutto alla capacit� di raggiungere �risultati credibili nel 
senso della tempestivit� e dell�efficacia� (142). In tal senso, il principio di effettivit� 
costituisce un sinolo indissolubile con quello del giusto processo. 

ComՏ noto, il principio del giusto processo non ha un contenuto sintetizzabile 
in un unico precetto ma si esprime in una pluralit� di corollari applicativi, 
taluni dei quali denominati �strutturali� o di equit�, riguardanti il giudice e le 
parti, altri definiti �funzionali� o di efficienza, quali la generalit�, completezza 
e pienezza della tutela, nonch� la ragionevole durata (143). In particolare, il 
nuovo art. 111 Cost. coinvolge pi� aspetti, come l�indipendenza, l�imparzialit� 
e la terziet� del giudice, il contraddittorio e la parit� delle parti, l�obbligo di 
collaborazione processuale, il diritto alla prova e i tempi del giudizio, la presunzione 
d�innocenza, il diritto di difesa e il principio del giudice naturale (144). 

Nonostante la duplice rilevanza del principio del giusto processo, interna 

(138) G. VERDE, Giustizia e garanzie nella giurisdizione civile, in Riv. dir. proc., 2000, 307; E. 
PICOZZA, Il giusto processo amministrativo, cit., 1071 e 1075. 

(139) Cass. civ., sez. un., 15 luglio 2003 n. 11091, in Giur. it., 2004, 1, 634. 

(140) N. TROCKER, Il nuovo articolo 111 della Costituzione, cit.; L.P. COMOGLIO, Valori etici e 
ideologie del �giusto processo� (modelli a confronto), ibidem, 1998, 899; P. CALAMANDREI, Processo e 
democrazia, Padova, 1954, 122, 125, 128 ss.. 

(141) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(142) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(143) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, Milano, 2009, 119 ss.; F.G. SCOCA, I principi del 
giusto processo, in ID. (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2006, 141 ss.. 

(144) E. AMODIO, Giusto processo, proc�s �quitabile e fair trial, cit. Accolgono la concezione 
�monistica� anche P. STEIN e J. SHAND, I valori giuridici della civilt� occidentale, Milano, 1981, 114 e 
ss.; contra V. GREVI, Spunti problematici sul nuovo modello costituzionale di �giusto processo� penale 
(tra �ragionevole durata�, diritti dell�imputato e garanzia del contraddittorio), in Pol. dir., 2000, 437; 
E. MARZADURI, Commento alla l. cost. 23 novembre 1999, n. 2, in Leg. pen., 2000, 773; A. NAPPI, La 
ragionevole durata del giusto processo, in Cass. pen., 2002, 1542. 



e internazionale, non ci pare condivisibile distinguere sul punto garanzie oggettive 
e soggettive, quasi che il medesimo principio, quando affermato in 
sede pattizia, fosse un diritto del singolo, mentre quello azionato avanti alla 
giurisdizione domestica riflettesse �un�esigenza oggettiva di attuazione della 
Costituzione� (145). A tal riguardo, non pu� che rifuggirsi dalla tentazione di 
tramutare il giusto processo da inalienabile garanzia del singolo a oggetto di 
un potere statale preposto al sereno ed efficiente espletamento della funzione 
giurisdizionale, pur non essendo dubitabile che tale componente sia comunque 
presente in esso (146). Infatti, ogni garanzia processuale, per quanto abbia 
senz�altro riflessi sull�organizzazione della giustizia e sull�esercizio della funzione 
sovrana di dichiarare il diritto nei casi controversi, resta essenzialmente 
un limite imposto al potere coercitivo dello Stato che, in quanto tale, � intestato 
solo e soltanto all�individuo che ne invoca la tutela. 

Rispetto alle acquisizioni gi� maturate in epoca antecedente la riforma, 
la disposizione pi� innovativa � l�enunciazione del principio di tempestivit� 
della tutela giurisdizionale (147). La giurisprudenza costituzionale anteriore 
aveva gi� puntualizzato che il diritto ad agire in giudizio a tutela dei propri 
diritti e interessi legittimi implica una ragionevole durata del processo, affinch� 
la decisione giurisdizionale assicuri un�efficace protezione e la realizzazione 
della giustizia; mancava, tuttavia, un�espressa formalizzazione del principio 
(148). La ragionevole durata del processo � stata intesa come rivolta al legislatore 
e non al cittadino che, quindi, non ha una posizione giuridica direttamente 
azionabile a tutela del proprio interesse a una rapida definizione delle 
controversie che lo vedono coinvolto (149). In altri termini, l�art. 111, comma 
3, Cost. non stabilisce che ogni processo debba svolgersi in tempi ragionevoli 
n� che ciascuno abbia diritto a un processo di durata ragionevole, come invece 
fa l�art. 6 CEDU, limitandosi ad affidare al legislatore ordinario il compito di 
assicurarla. Ci� significa che l�efficienza della giustizia non � un valore assoluto 
ma da contemperare con le garanzie del contraddittorio tra le parti in condizioni 
di parit� (150). Ci� si traduce in un�efficacia normativa ridotta del 

(145) M. CHIAVARIO, Appunti sul processo penale, Torino, 2000, 12. 

(146) E. AMODIO, Giusto processo, proc�s �quitabile e fair trial, cit. Sul punto, v. anche P. TONINI, 
Il contraddittorio: diritto individuale e metodo di accertamento, in Dir. pen. proc., 2000, 1390; V. GREVI, 
op. cit., 436; E. MARZADURI, op. cit., 771. Pi� in generale, v. M.R. DAMASKA, I volti della giustizia e del 
potere, Bologna, 1991. 

(147) Per quanto attiene alle esperienze straniere, l�art. 24, comma 2, della Costituzione del Regno 
di Spagna del 27 dicembre 1978 stabilisce che tutti hanno diritto ad un processo �senza dilazioni indebite
�; il VI emendamento alla Costituzione federale degli Stati Uniti d�America del 17 settembre 1787 
afferma che, almeno nel processo penale, l�accusato abbia il diritto ad essere giudicato sollecitamente. 

(148) Corte cost. 22 ottobre 1999 n. 388, in Giur. cost., 1999, 2991. 

(149) N. TROCKER, op. ult. cit.. 

(150) M. CECCHETTI, op. cit.; N. TROCKER, Il valore costituzionale, cit., 47 ss.; A. PROTO PISANI, 
Relazione conclusiva, in M.G. CIVININI, C.M. VERARDI (a cura di), Il nuovo articolo 111 della Costituzione 
e il giusto processo civile. Atti del Convegno dell�Elba, 9-10 giugno 2000, 324 ss.. 


nuovo dispositivo costituzionale che, ove non ritenuto una mera norma programmatica, 
pu� fungere da parametro di legittimit� costituzionale soltanto 
per norme �che prevedano tempi lunghi, inutili passaggi di atti da un organo 
all�altro, formalit� superflue non giustificate n� da esigenze repressive n� da 
garanzie difensive� (151). � appena il caso di ricordare che il principio in 
esame ha trovato accoglimento anche in sede comunitaria, ove la pronta definizione 
delle liti � ritenuta una delle basi delle tradizioni costituzionali comuni 
agli Stati membri, oltre che diritto sancito dalla CEDU (152). 

Anche il giudizio di cassazione, pur preesistendo alla novella del 1999, 
ai sensi dell�art. 111, comma 7, Cost., rientra nel nucleo essenziale del giusto 
processo regolato dalla legge, essendo il rimedio �costituzionalmente imposto
� avverso le sentenze e i provvedimenti limitativi della libert� personale 
per vagliarne la legalit� (153). L�art. 111, comma 7, Cost. �rappresenta un unicum 
nel quadro europeo� e �condiziona fortemente l�attuazione di riforme in 
linea con quelle realizzate in altri Paesi� (154). 

Si tratta, in particolare, di una garanzia soggettiva a supporto dell�effettivit� 
della tutela giurisdizionale ma anche di una norma di chiusura del sistema 
delle impugnazioni, nel senso che la definitivit� dei provvedimenti 
giudiziari a contenuto decisorio, anche differenti da una sentenza, richiede che 
contro di essi sia ammissibile almeno il ricorso in Cassazione (155). Tuttavia, 
il ricorso per cassazione, notoriamente, non � soltanto una garanzia dell�individuo 
ma anche uno strumento per garantire l�unit� dell�ordinamento giuridico: 
�in Cassazione non si va per difendere soltanto l�interesse del litigante, 
quello che gli antichi giuristi chiamavano ius litigatoris, ma altres� per difendere 
lo ius constitutionis, che � appunto l�interesse pubblico alla difesa del diritto 
e della sua unit�, messa in pericolo dalla pluralit� delle interpretazioni 
disformi e aberranti, le quali sono contagiose anche per l�avvenire� (156). In 
ogni modo, le eventuali esigenze organizzative e funzionali di quello che, pur 
sempre, � un organo dello Stato, tese a semplificare o a �filtrare� la mole di 
ricorsi proposti, non possono prevalere sulla garanzia del cittadino ad attivare 

(151) P. FERRUA, op. ult. cit.. 

(152) Corte CE 17 dicembre 1998, C-185/95, in Racc., I, 8417. 

(153) Corte cost. 9 luglio 2009 n. 207, in Giur. it., 2010, 3, con nota di A. CARRATTA; ID, Il �filtro� 
al ricorso in cassazione fra dubbi di legittimit� costituzionale e salvaguardia del controllo di legittimit�, 
in Giur. it., 2009, 1563 ss.. 

(154) V. DENTI, L�art. 111 della Costituzione e la riforma della Cassazione, in Foro it., 1987, 
V, 228. 

(155) V. DENTI, L�art. 111 della Costituzione, cit., 229. 

(156) AA. VV., La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, 
Roma, 1970, V, 4141 ss.; G. D�ALESSIO (a cura di), Alle origini della Costituzione italiana, Bologna, 
1979, 620 ss.; V. DENTI, Calamandrei e la costituente: il progetto e il dibattito sul potere 
giudiziario, in Sistemi e riforme. Studi sulla giustizia civile, Bologna, 1999, 111 ss.; A. PANZAROLA, La 
cassazione civile giudice del merito, Torino, 2005, I, 289 ss.. 


il controllo di legalit� di ultima istanza sull�esercizio della funzione giurisdizionale 
(157). Ci� implica l�impossibilit� per il legislatore ordinario di limitare 
l�accesso al giudizio di legittimit�, anche se al fine di consentire alla Corte di 
cassazione di adempiere in modo migliore la propria funzione nomofilattica. 

In altri termini, la funzione nomofilattica del giudizio di cassazione, pur 
innegabilmente presente, � comunque collocata in secondo piano rispetto al 
diritto delle parti al controllo di legittimit� della Corte sull�operato dei giudici 
di merito (158). Non condivisibile, quindi, � l�idea per cui il diritto al ricorso 
per cassazione dovrebbe conciliarsi con il principio della ragionevole durata 
del processo, mediante la previsione di �filtri� all�accesso al giudizio di legittimit� 
(159). Infatti, cos� opinando, si finisce col sacrificare uno degli aspetti 
pi� importanti del giusto processo, che non pu� recedere di fronte alla considerazione 
dei tempi della giustizia (160). 

Del resto, nella propria giurisprudenza, la Corte Costituzionale ha sempre 
assicurato l�effettivit� del giudizio di legittimit�, avendo le parti il diritto al 
processo in cassazione, rispetto alla cui funzione non � ammissibile alcuna 
norma che lo restringa, sia pur a tutela di altre esigenze (161). Il legislatore 
ordinario, infatti, non pu� �disporre delle funzioni costituzionalmente riservate 
alla Corte di Cassazione� (162). 

(segue) c) gli articoli 1 e 2 del codice del processo amministrativo. 

Anche la giurisdizione amministrativa si attua attraverso un giusto processo 
regolato dalla legge e che sia in grado di assicurare una tutela �effettiva� 
al bene giuridico oggetto del giudizio (163). In particolare, come afferma l�art. 

(157) A. CARRATTA, nota a Corte cost. 9 luglio n. 207, in Giur. it., 2010, 3. 

(158) Cfr. A. CARRATTA, nota a Corte cost. 9 luglio 2009 n. 207, cit. 

(159) A. PROTO PISANI, Sulla garanzia costituzionale del ricorso per cassazione sistematicamente 
interpretata, in Foro it., 2009, par. 5, per il quale �in tanto ha senso che la nostra costituzione abbia costituzionalizzato 
il ricorso per cassazione per violazione di legge, in quanto abbia ritenuto che il ricorso 
per cassazione per violazione di legge fosse funzionale alla attuazione del principio di eguaglianza: e, 
lo si � visto, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge pu� essere assicurato solo ove si 
introduca un idoneo filtro all�accesso in cassazione�. 

(160) Cfr. A. CARRATTA, op. ult. cit.; Corte cost. 25 ottobre 2000 n. 439 (ord.za) in Foro It., 2000, 
I, 40, 9 febbraio 2001 n. 32 (ord.za), in Giur. Cost., 2001, 120; Cass. civ., sez. un., 3 novembre 2008, n. 
26373, in Giur. It., 2009, 668. 

(161) Corte cost. 15 gennaio 1970 n. 1, 5 luglio 1971 n. 173, 13 gennaio 1972 n. 29, 28 luglio 
2000 n. 395, in www.cortecostituzionale.it. 

(162) Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86, in Foro it., 1982, I, 1518 ss.. 

(163) E. PICOZZA (a cura di), Codice del processo amministrativo, Torino, 2010; R. CHIEPPA, Il 
codice del processo amministrativo, Milano, 2010; ID., Il processo amministrativo dopo il correttivo al 
codice, Milano, 2012; G. LEONE, L. MARUOTTI, C. SALTELLI, Codice del processo amministrativo, Padova, 
2010; R. CARANTA, M. ANDREIS, Il nuovo processo amministrativo. Commentario sistematico, 
Bologna, 2011; A. QUARANTA, V. LOPILATO (a cura di), Il processo amministrativo, Milano, 2011; M. 
SANINO (a cura di), Codice del processo amministrativo, Torino, 2011; F. FRENI, P. CLARIZIA (a cura di), 
Il processo amministrativo nella giurisprudenza, Milano, 2012; L. IEVA, Riflessioni sul principio costituzionale 
del �giusto processo� applicato al giudizio amministrativo, in Riv. amm., 2002, 4, I, 311 ss.. 


111 Cost., anche la giurisdizione amministrativa deve attuarsi mediante il principio 
del giusto processo regolato dalla legge (164). Un traguardo, questo, particolarmente 
impegnativo, ove si rifletta sul fatto che il processo 
amministrativo, sin dalla sua introduzione, � stato impostato come una vocatio 
iudicis di tipo impugnatorio, in cui il principio del contraddittorio e la sua parit� 
erano ritenuti, in qualche modo, secondari (165). 

L�idea di �giusto processo amministrativo� � stata forgiata dalla dottrina 
tedesca e, in particolare, dall�elaborazione di W. JELLINEK che, nel secondo dopoguerra, 
peror� l�istituzione di un giudice specializzato che realizzasse il principio, 
di matrice anglosassone, del due process of law in modo da garantire il 
soddisfacimento delle pretese del cittadino nei confronti dell�amministrazione 
(166). Quest�idea ha cos� ispirato la stesura dell�art. 19 della Grundgesetz ed il 
riconoscimento di un simile processo come un diritto fondamentale del cittadino, 
organicamente disciplinato dalla Verwaltungsgerichtsordnung del 21 gennaio 
1960. Il giusto processo amministrativo �, poi, entrato anche nella CEDU 
e nel diritto comunitario, diffondendosi in tutti gli Stati membri (167). 

In particolare, nell�ordinamento italiano, la volont� di applicare il giusto 
processo amministrativo in tutti i suoi corollari applicativi non � nata con il 
codice del 2010 ma, in epoca antecedente, ha sollevato una serie di questioni 
che attengono alla sempiterna tensione verso la garanzia di una tutela equipollente 
ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi (168). Ed infatti il processo 
amministrativo � stato sempre agitato da una pluralit� di questioni eterogenee 
ricollegabili al tema del giusto processo, tra le quali, a titolo esemplificativo, 
possono ricordarsi l�individuazione dei destinatari della notifica del ricorso 
introduttivo, la disciplina dei termini processuali e dei mezzi di prova, l�ammissibilit� 
dell�intervento autonomo dei terzi, la proponibilit� della domanda 
riconvenzionale e, soprattutto, l�estensione della tutela cautelare (169). Pi� in 
generale, una volta instaurato il rapporto processuale, la posizione dell�amministrazione 
dovrebbe essere perfettamente speculare a quella del ricorrente; 
essa dovrebbe, cio�, limitarsi a poter adottare i soli provvedimenti correttivi e 
satisfattivi della pretesa del privato, che facciano cos� cessare la materia del 
contendere, laddove essa, in realt�, dispone di ben pi� ampie possibilit� di intervenire 
sull�atto o fatto controverso (170). 

(164) E. PICOZZA (a cura di), Codice, cit., sub artt. 1 e 2, 1 ss.. 

(165) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 19. 

(166) W. JELLINEK, Die Verwaltunsgerichtsbarkeit in der amerikanischen zone, in Deutsche Rechtszeitschrift 
(DRZ), 1948, 269 ss.. 

(167) E. GARC�A DE ENTERR�A, Le trasformazioni della giustizia amministrativa, Milano, 2007, 

70. Per una pi� ampia prospettiva comparatistica, si rinvia a D. SORACE (a cura di), Discipline processuali 
differenziate nei diritti amministrativi europei, Firenze, 2009. 

(168) S. TARULLO, op. cit., 66. 

(169) Cos� S. TARULLO, op. loc. cit.. 

(170) L. IEVA, op. loc. cit.. 


In conseguenza di tutto quanto sopra, in passato, la distanza del giudizio 
concretamente celebrato innanzi agli organi di giustizia amministrativa dal-
l�archetipo del giusto processo � stata a dir poco abissale, essendo stato correttamente 
osservato che �il contraddittorio � formale; la condizione di parit� 
con l�amministrazione � presunta, ma non reale; il giudice non � terzo, ma si 
sente investito dello stesso compito dell�amministrazione di realizzare, a discapito 
della legalit�, l�interesse pubblico; i processi amministrativi non hanno 
per definizione una durata ragionevole e la fase cautelare assume un carattere 
sostanziale e unico in termini di tutela� (171). Persino il regime generale dei 
termini processuali ha ostacolato la piena garanzia del contraddittorio, dato 
che quello di costituzione in giudizio dell�amministrazione � sempre stato interpretato 
come ordinatorio e non perentorio e che la mancanza dell�istituto 
delle �note di replica� ha lungamente consentito alla parte pubblica di sottrarsi 
a una reale parit� delle armi (172). 

Con il codice, la �giustizia� amministrativa � definitivamente divenuta 
�giurisdizione�, liberandosi di quell�immagine propria della legislazione 
post-unitaria, in cui questa peculiare magistratura neppure poteva definirsi 
realmente tale (173). In realt�, gi� prima del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, i 
principi del giusto processo e di effettivit� della tutela - specialmente quest�ultimo 
- erano divenuti un punto di riferimento della giurisprudenza amministrativa 
che, grazie ad essi, era pervenuta ad importanti prese di posizione 
per la miglior tutela sia di interessi legittimi (es. in tema d�impugnazione del 
silenzio, misure cautelari, esecuzione del giudicato), sia di diritti soggettivi 

(i.e. in relazione agli atti paritetici e alla proponibilit� di azioni dichiarative 
e di condanna) (174). 

L�art. 1, cod. proc. amm., dispone quindi che �la giurisdizione amministrativa 
assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione 
e del diritto europeo� ed il successivo art. 2 prevede che �il processo 
amministrativo attua i principi della parit� delle parti, del contraddittorio e del 
giusto processo previsto dall�articolo 111, primo comma, della Costituzione. 
Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole 
durata del processo�. L�avere il codice inquadrato i principi in esame 
nel contesto costituzionale, comunitario ed internazionale di riferimento, per 
come illustrato nel corso della precedente trattazione, consente di poter esten


(171) S. MANGIAMELI, �Giusto procedimento� e �giusto processo�. Considerazioni sulla giurisprudenza 
amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, in www.associazionedeicostituzionalisti.
it, 2010. 

(172) E. PICOZZA, Il �giusto� processo amministrativo, cit., 1076. 

(173) R. GISONDI, Alcune riflessioni sulla permanenza di un�azione di adempimento nell�ultima 
bozza del nuovo codice amministrativo, in www.giustamm.it. 

(174) L. MARUOTTI, La giurisdizione amministrativa: effettivit� e pienezza della tutela, relazione 
al convegno Il codice del processo amministrativo, Lecce, 12 novembre 2010. 


dere al processo amministrativo tutta la ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale 
maturata nell�ambito della CEDU e dell�ordinamento europeo. L�indicazione 
dei principi generali propri di ogni giurisdizione nel codice, in 
aggiunta all�obbligo d�interpretazione conforme delle norme, avuto riguardo 
alle indicazioni provenienti dalle fonti superiori, rispecchia l�appartenenza 
della Repubblica a un ordinamento giuridico multilivello formato, in ordine 
decrescente, da Comunit� internazionale, Unione europea e Stato. In questo 
contesto, oltre agli artt. 6 e 13 CEDU, vengono in questione anche l�art. 340, 
Tratt. UE, sui �principi generali comuni ai diritti degli Stati membri� - che attribuisce 
rilevanza alla certezza del diritto, all�intangibilit� degli effetti delle 
decisioni che hanno definito una controversia, al rispetto del legittimo affidamento, 
al principio di proporzionalit�, rilevante soprattutto in materia sanzionatoria 
- e l�art. 47 della Carta di Nizza che, come visto, ha acquisito lo stesso 
valore giuridico dei Trattati (175). In quest�ordine d�idee, l�apertura del codice 
ad altre esperienze giuridiche contribuisce anche a rafforzare il principio stesso 
del primato del diritto comunitario su quello domestico, dato che tutti gli ordinamenti 
nazionali debbono uniformarsi ai medesimi principi comuni (176). 

In merito alle possibilit� applicative dei principi del giusto processo e di 
effettivit�, occorre ricordare che il progetto originario di codice del processo 
amministrativo era tendenzialmente esaustivo di ogni possibile questione applicativa, 
ma la �potatura� avvenuta in sede ministeriale prima dell�emanazione 
del decreto legislativo, asseritamente giustificata da ragioni di 
contenimento della spesa pubblica, ha finito col produrre un testo finale disarmonico, 
talvolta contraddittorio, lacunoso e a tratti oscuro nel linguaggio 
(177). Al riguardo, per citare una problematica di ampio respiro, si pensi che 
lo schema licenziato dalla Commissione disciplinava dettagliatamente le 
azioni di annullamento, accertamento e condanna, inclusa quella di adempimento, 
nella quale, nei casi previsti, si determina il facere della pubblica amministrazione 
finalizzato al soddisfacimento della pretesa del privato (178). 

(175) L. MARUOTTI, La giurisdizione amministrativa, cit. Secondo Corte CEDU, 28 ottobre 1999 
(Zielinski c. Francia), � contraria alla CEDU la legge d�interpretazione autentica, generale e astratta, 
quando non sussistono �motivi imperativi d�interesse generale�, configurabili solo se la norma interpretativa 
corrisponda all�originario contenuto di quella interpretata, risolva oscillazioni giurisprudenziali 
e si applichi nei giudizi pendenti, rispettando i diritti acquisiti. Parimenti contrastante con i dettami della 
CEDU la legge retroattiva priva dei requisiti di generalit� e astrattezza, e cio� quando: sani un illecito 
che abbia gi� dato luogo a una soccombenza in un giudizio [Corte CEDU 16 novembre 2006 (Muzevic 
c. Croazia), 19 ottobre 2006 (Kesyan c. Russia), 7 giugno 2005 (Fuklev c. Ucraina), 25 marzo 1999 
(Iatridis c. Grecia) e 18 dicembre 1996 (Aksoy c. Turchia)]; disponga contro poche persone [Corte 
CEDU 10 novembre 2004 (Lizarraga c. Spagna), 28 ottobre 1999 (Zielinski c. Francia), 9 dicembre 
1994 (Stran c. Grecia)]; intenda eliminare gli effetti di una decisione irrevocabile, interferendo sui diritti 
consolidatisi [Corte CEDU 6 ottobre 2005 (Draon c. Francia), 6 ottobre 2005 (Maurice c. Francia) e 
28 ottobre 1999 cit.]. 


(176) F. MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 1, 1 ss.. 

(177) F. MERUSI, Sul giusto processo amministrativo, in Foro amm. CdS, 2011, 4, 1353 ss.. 


Nella versione finale entrata in vigore, invece, l�azione generale di accertamento 
e quella di adempimento sono state soppresse e al loro posto sono state 
introdotte delle ipotesi tipiche di accertamento (i.e. silenzio e nullit� dell�atto) 
e la possibilit�, nel quadro dell�azione di condanna, di anticipare in sentenza 
alcune prescrizioni tipiche del giudizio di ottemperanza (179). 

Ecco, quindi, che al fine di superare questo, come altri limiti della codificazione, 
� utilmente impiegabile in sede esegetica il richiamo ai principi generali 
di cui agli artt. 1 e 2 cit.; in questo modo, infatti, si impone di interpretare 
e, se occorrente, integrare le singole previsioni codicistiche alla luce di essi, 
stante il vincolo promanante per il legislatore ordinario dall�art. 111 Cost., che 
� una norma avente carattere precettivo (180). Per tornare, quindi, all�esempio 
della tipicit� o meno delle azioni, se il processo, per essere giusto, deve poter 
soddisfare in modo pieno ed esaustivo la pretesa dedotta in giudizio, per conseguire 
tale risultato l�azione deve essere funzionale rispetto a essa; pertanto, 
le azioni variano in funzione dell�oggetto delle pretese (annullamento, condanna, 
adempimento, ecc.) e, nel caso in cui non siano descritte dalla legge 
processuale, alla giurisprudenza spetta il compito di circostanziarle, come pure 
affermato dall�art. 32, comma 2, cod. proc. amm., a mente del quale �il giudice 
qualifica l�azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone 
i presupposti il giudice pu� sempre disporre la conversione delle azioni� (181). 

Il principio del giusto processo e quello di effettivit� della tutela giurisdizionale 
sono, come detto, in larga parte sovrapponibili, sebbene quello di 
effettivit� sia perlopi� orientato a considerare l�esito finale del processo e la 
sua satisfattivit� o meno per le parti, piuttosto che alle sue modalit� di radicamento 
e svolgimento. 

In particolare, nel processo amministrativo, i tratti distintivi del principio 
di effettivit�, sono: la �completezza�, nel senso che l�ordinamento deve consentire 
l�azionabilit� di tutte le pretese possibili nei confronti della pubblica 
amministrazione; la �pienezza�, cio� il fatto che la tutela deve assicurare la 
completa soddisfazione della pretesa azionata; �l�accesso effettivo al giudizio
�, sotto il profilo della ragionevolezza dei costi e della durata del processo. 
Il giusto processo accolto nel nuovo codice, invece, comprende non solo le 
applicazioni da esso espressamente indicate, come l�integrit� e la parit� del 
contraddittorio, l�obbligo di collaborazione e la ragionevole durata, ma anche 

(178) F. MERUSI, Sul giusto processo amministrativo, cit., il quale cita l�esempio del diniego di 
autorizzazione a �presupposto vincolato�, un�ipotesi assai frequente nei settori di vita economica assoggettati 
alla produzione normativa comunitaria. 

(179) F. MERUSI, op. cit. 

(180) F. MERUSI, op. cit. Nel senso che il principio del giusto processo sia soltanto una norma 
programmatica v. P. FERRUA, Legge cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Giusto processo), in G. BRANCA, A. 
PIZZORUSSO, Commentario della Costituzione, Bologna, 2006, 69 ss.. 

(181) F. MERUSI, op. cit.. 


tutti gli ulteriori elementi strutturali e funzionali di un processo definibile come 
�giusto� (182). Si tratta, in particolare, delle regole sulla ripartizione dell�onere 
e della disponibilit� della prova, come pure del diritto del ricorrente a ottenere 
dal giudice una decisione nel merito. Egualmente � a dirsi per l�obbligo di motivazione 
dei provvedimenti decisori e di redazione degli stessi in maniera 
chiara e sintetica (trattasi di una proiezione del principio di economicit� dei 
mezzi processuali), come pure per il dovere di cooperazione tra le parti ed il 
giudice, in modo che ai capi della domanda principale, riconvenzionale e del 
ricorso incidentali, corrispondano i capi di sentenza posti a fondamento del-
l�atto di impugnazione (183). A ben vedere, sono tutti canoni idonei non solo 
a interpretare le norme esistenti ma anche ad integrarle in sede pretoria, dal 
momento che le �potature� apportate al testo finale del decreto legislativo col 
pretesto di conseguire risparmi di spesa pubblica, hanno talora alterato la coerenza 
della disciplina di taluni istituti direttamente connessi al giusto processo, 
richiedendo cos� un�opera di supplenza da parte della giurisprudenza (184). 

L�intera disciplina del codice del processo amministrativo, dunque, d� 
contenuto e costituisce applicazione ai principi del giusto processo e di effettivit�, 
la cui violazione � denunciabile in ogni stato e grado del giudizio. L�accettazione 
del giusto processo implica l�accoglimento di una ricostruzione 
dello strumento processuale come giudizio non tanto �sul potere�, come pure 
� espressamente affermato dall�art. 7, ma �sul rapporto�, cio� tendente all�accertamento 
ed alla soddisfazione della pretesa azionata (185). 

In questo senso, il processo celebrato innanzi agli organi di giustizia amministrativa, 
dovendo garantire la parit� delle parti, l�integrit� del contraddittorio 
e una tutela piena ed effettiva, comporta un ripensamento della stessa 
categoria giuridica dell�interesse legittimo. L�affermazione del giusto processo 
amministrativo postula l�attribuzione al cittadino di una corrispondete pretesa 
soggettiva a che il giudice la soddisfi pienamente (186). Affinch� tutto ci� avvenga, 
tuttavia, � necessario che il giudice possa conoscere integralmente della 
legittimit� dell�esercizio del potere, per cui l�interesse legittimo diviene una 
pi� ampia situazione soggettiva attiva, definibile come �diritto soggettivo pubblico
�, non pi� circoscritta al solo esercizio del potere in un caso concreto ma 
estesa all�intero rapporto del privato con il predetto potere (187). 

(182) E. PICOZZA, sub art. 2, in ID. (a cura di), Codice del processo amministrativo, cit., 4 ss.. 

(183) E. PICOZZA, op. loc. cit.; A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, cit. 

(184) Sul �codice mutilato�, cfr. F. MERUSI, In viaggio con Laband, in Giorn. dir. amm., 2010, 6, 
658 ss.. 

(185) Su tale impostazione, v. M.S. GIANNINI - A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione 
ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 
249 ss.. 

(186) F. MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, cit. 

(187) F. MERUSI, op. ult. cit.; per un approfondimento delle problematiche del �rapporto� v. M. 
PROTTO, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008. 


Questa evoluzione concettuale, prefigurata gi� da prima dell�entrata in 
vigore del codice dalla pi� attenta dottrina, � stata poi accolta dalla giurisprudenza 
costituzionale succedutasi sulle sempre pi� importanti ipotesi di giurisdizione 
esclusiva rispetto a quella generale di legittimit� ed � stata ora trasfusa 
nel codice (188). La circostanza che il giudizio si svolga sul rapporto si manifesta 
anche nei processi di secondo grado, che sono mezzi di impugnazione 
e non di gravame e che sono una continuazione delle prime cure nell�ottica di 
un giudizio unico e unitario (189). Dal che consegue che il Consiglio di Stato 
pu� spingersi a riesaminare la vicenda controversa, esprimendo un giudizio 
rinnovatorio (190). Non vՏ, infatti, alcun dubbio che i principi generali della 
giurisdizione amministrativa siano applicabili anche ai giudizi di secondo 
grado; del resto, lo stesso canone di effettivit� della tutela, che deve essere 
piena, completa ed esaustiva, postula la necessit� di un doppio grado di giudizio 
(191). 

4. Profili di inadeguatezza di alcuni istituti del processo amministrativo italiano 
con detti principi: 
a) criticit� nell�organizzazione della giustizia amministrativa. 


L�esercizio della funzione giurisdizionale secondo i dettami del fair trial 
� affidata in primo luogo all�imparzialit� del giudice, senza di cui nessun processo 
pu� definirsi giusto ed alcuna fiducia pu� sussistere nei confronti della 
giustizia (192). � questa la ragione per cui sia gli strumenti internazionali e 
comunitari, sia il diritto nazionale fanno riferimento all�esigenza di un giudice 
indipendente ed imparziale precostituito per legge (193). 

L�imparzialit� del giudice non � (soltanto) una qualit� personale del magistrato 
ma � il risultato applicativo di un sistema di regole preposte ad assicurare 
che chi � chiamato a funzioni giurisdizionali sia effettivamente 
equidistante nei confronti delle parti, cio� esterno agli interessi versati nel pro


(188) Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204, 11 maggio 2006 n. 191, 27 aprile 2007 n. 140, 19 ottobre 
2009 n. 259, 5 febbraio 2010 n. 35, tutte in www.cortecostituzionale.it. A. POLICE, La giurisdizione amministrativa 
nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in G. DELLA CANANEA, M. DUGATO (a cura 
di), Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli, 2006, 475 ss.. 

(189) A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, in Giornale dir. amm., 2010, 11, 
1117 ss.; per la giurisprudenza, v. Cons. Stato, ad. plen., 30 giugno 1978 n. 18, in Cons. St., 1978, I, 
935, e 17 ottobre 1994 n. 13, ibidem, 1994, I, 1301. 

(190) A. POLICE, Il nuovo codice del processo amministrativo, cit.; C.E. GALLO, Manuale di giustizia 
amministrativa, Torino, 2010, 324. 

(191) A. POLICE, op. ult. cit.; A. QUARANTA, Doppio grado di giurisdizione (principio del). Diritto 
processuale amministrativo, in Enc. giur., XII, Roma, 1989, 2 ss.; C.E. GALLO, Appello nel processo 
amministrativo, in Dig. disc. pubbl., I, Torino, 1987, 317. 

(192) M. SERIO, Certezza del diritto e imparzialit� del giudice: riflessioni comparatistiche, in R. 
CERAMI (a cura di), Certezza del diritto e imparzialit� del giudice, Atti del convegno organizzato a Palermo 
dal Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia, 23 e 24 marzo 2007, Torino, 2007, 43 ss.. 

(193) M. SERIO, op. ult. cit.. 


cesso (194). In tal senso, secondo la giurisprudenza CEDU, detto requisito va 
accertato a un punto di vista sia soggettivo, cio� delle convinzioni personali 
rispetto ad un dato caso, sia oggettivo, per verificare se il giudice offra garanzie 
sufficienti per escludere qualunque legittimo sospetto di parzialit� (195). Nonostante 
l�intervenuta codificazione, ancora oggi persistono talune riserve 
sull�organizzazione della giustizia amministrativa e sui suoi stretti legami con 
l�amministrazione ed il potere esecutivo. 

In Italia, la giurisdizione amministrativa ed i suoi organi si sono sempre 
caratterizzati per talune lacune storiche come: la mancanza di un giudizio 
di �cassazione amministrativa� del tipo di quello esistente in Francia, Spagna 
e Germania, preposto ad un controllo finale della conformit� del doppio 
grado di processo ai principi di effettivit� della tutela e del giusto processo; 
la concentrazione del giudizio d�appello presso un unico giudice, che ha 
sempre agito come una corte superiore di legittimit�, esprimente un�opera 
nomofilattica; la commistione di funzioni consultive e giurisdizionali in capo 
al Consiglio di Stato (196). 

In particolare, il giudice amministrativo considera con particolare attenzione 
una delle parti, la pubblica amministrazione, normalmente convenuta, 
per i profili di interesse pubblico specifico, concreto ed attuale che 
essa deve tutelare (197). Il cordone ombelicale che lega la magistratura amministrativa 
al Governo affonda le proprie radici nelle origini del sistema e 
deriva direttamente dal principio di separazione dei poteri dello Stato e dalla 
volont� di garantire che la giustizia non potesse interferire con l�amministrazione. 
Del resto, fu questa preoccupazione a indurre il legislatore del 
1865 a precludere al giudice ordinario l�annullamento degli atti dell�amministrazione 
e quello del 1889 ad affidarne il potere a una giurisdizione ad 
hoc gi� incardinata nell�Esecutivo come organo consultivo (198). A tale ul


(194) P. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2009, 89 ss.; L. MONTESANO, G. ARIETA, 
Trattato di diritto processuale civile, Padova, 2001, 413 ss.; G. DI CHIARA, Linee evolutive della giurisprudenza 
costituzionale in tema di imparzialit� del giudice, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 1, 85 ss.. 

(195) M. SERIO, op. ult. cit.; il quale cita, tra l�altro, le sentenze della CEDU 1� ottobre 1982 (Piersack 
v. Belgio), 24 febbraio 1993 (Fey v. Austria), 22 aprile 1994 (Saraiva de Carvalho v. Portogallo), 
7 agosto 1996 (Ferrantelli e Santangelo v. Italia). 

(196) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 7. 

(197) N. ZANON, F. BIONDI, Diritto costituzionale dell�ordine giudiziario, Milano, 2002, 115, sostengono 
che �Ben noti sono, poi, i legami che avviluppano non solo l�indipendenza �esterna� del giudice 
amministrativo nei confronti degli altri poteri dello Stato, ma anche quella �interna� rispetto alle 
parti, una delle quali � indefettibilmente l�amministrazione�. 

(198) Il Consiglio di Stato come organo consultivo regio fu istituito dal Re di Sardegna con l�editto 
di Racconigi del 18 agosto 1831, assumendo a modello il Conseil d�Etat francese, per assistere il sovrano 
nell�assunzione delle sue determinazioni pi� importanti; l�organo � poi menzionato dallo Statuto Albertino 
del 4 marzo 1848 (v. G. LANDI, La funzione consultiva del Consiglio di Stato: passato, presente e 
futuro, in Studi per il cento cinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981, 1267; S. ROMANO, 
Le funzioni e i caratteri, cit., 3 ss.). Secondo G. ROEHRSSEN, Consiglio di Stato e Tribunali amministrativi 


timo riguardo, diffusa era l�opinione che la funzione consultiva e quella giurisdizionale 
fossero simili, perch� �entrambe implicano un sindacato sugli 
atti amministrativi, l�uno preventivo, l�altro repressivo; il primo domandato 
dalla stessa autorit� amministrativa, il secondo anche dai cittadini; che si 
esplica nell�un caso con la forma e l�efficacia del parere, nell�altro con la 
forma e l�efficacia della decisione� (199). L�originaria commistione della 
magistratura amministrativa con il potere dello Stato di cui � giudice si � 
perpetuata nell�ordinamento repubblicano, sebbene non fossero mancate 
voci favorevoli al superamento della duplicit� di giurisdizione (200). Ne � 
derivato un sistema d�indipendenza �forte� per la magistratura ordinaria e 
�sufficiente� per le altre (201). 

a-1) In concreto, la prima manifestazione di un rapporto peculiare tra 
giudice amministrativo ed Esecutivo � la commistione di funzioni consultive 
e giurisdizionali del Consiglio di Stato, accolta in Costituzione ma difficilmente 
compatibile con il principio del giusto processo, che sul punto sconta 
almeno un�incoerenza, se non una �auto-rottura� (202). Il rapporto tra il riformato 
art. 111 Cost. e i previgenti artt. 100 e 103 Cost. va quindi ricostruito 
alla luce del canone di specialit�, e perci� di deroga delle seconde norme rispetto 
al canone generale enunciato dalla prima (203). L�espressione pi� rappresentativa 
di questo conflitto irrisolto � la possibilit� che uno stesso affare 
possa essere conosciuto in sede prima consultiva e poi giurisdizionale, sia 
pure in persona di magistrati differenti, con ogni difficolt� a sostenere che 
il medesimo organo possa contraddire se stesso, esprimendo su una medesima 
vicenda valutazioni divergenti (204). La presenza simultanea di funzioni 
di amministrazione consultiva e di giurisdizione � stata pure criticata 
dalla Corte di Strasburgo che, a proposito del Consiglio di stato lussemburghese, 
aveva timidamente sollevato dubbi sulla sua �imparzialit� struttu


regionali, in Dig. disc. pubbl., Torino, III, 1989, 425, �non si dubit� che la risoluzione delle controversie 
con la p.a. dovesse essere affidata al Consiglio di Stato, che era gi� pienamente inserito nella organizzazione 
amministrativa dello Stato e della p.a. e ne era il miglior conoscitore, mentre aveva dato prova 
di indipendenza e di obiettivit� nell�esercizio delle sue attribuzioni, nonostante la mancanza di precise 
garanzie giuridiche in proposito�. 

(199) S. ROMANO, op. ult. cit., 26. 

(200) G. VERDE, L�unicit� della giurisdizione e la diversa scelta del costituente, in Dir. proc. 
amm., 2003, 345. 

(201) G. VERDE, L�unicit� della giurisdizione, cit., 346. 

(202) M. MENGOZZI, Giusto processo e processo amministrativo. Profili costituzionali, Milano, 
2009,161; l�espressione �auto-rottura� � di G. MORBIDELLI, Lezioni di diritto pubblico comparato. Costituzioni 
e costituzionalismi, Bologna, 2001, 179 ss.. 

(203) A. TRAVI, Giusto processo e procedimenti amministrativi speciali, in AA.VV. Il giusto processo, 
Atti del convegno tenutosi a Roma il 28-29 giugno 2002, Roma, 2003, 68 ss.. 

(204) Sul punto, v. S. GIACCHETTI, Bicamerale e giurisdizione amministrativa, in Cons. St., 1997, 
II, 1011, per il quale il parere � �una sorta di sentenza preventiva�, con ogni conseguenza sull�atteggiamento 
di prevenzione di fronte alla riproposizione del medesimo affare in sede giurisdizionale. 


rale�, pur senza prendere esplicitamente una posizione contraria (205). 

a-2) Un altro punto di contrasto tra il principio del giusto processo, sub 
specie di imparzialit� e terziet� del giudice, ed il sistema di giustizia amministrativa 
era ed � tuttora costituito dalle modalit� di nomina di una parte dei 
magistrati, ancora affidata al Governo in ragione di un quarto dei posti vacanti, 
ai sensi dell�art. 19 n. 2, l. 27 aprile 1982 n. 186 e, prima ancora, dagli artt. 1, 
2 e 4, t.u. n. 1054 del 1924. 

Al riguardo, la Corte costituzionale, con sentenza 19 dicembre 1973 n. 
177, aveva ritenuto compatibili le citate disposizioni del 1924 con gli artt. 100, 
106 e 108 Cost., perch� la loro applicazione richiede comunque l�accertamento, 
da parte del Governo, di rigorosi requisiti di idoneit� in capo ai prescelti 
(206). Inoltre, la Corte aveva pure espresso l�avviso per cui non � tanto il sistema 
di nomina a influenzare l�indipendenza dei giudici, quanto le norme 
sullo svolgimento della funzione giurisdizionale. In senso contrario, invece, 
la dottrina aveva avuto modo di eccepire l�incompatibilit� di detto sistema coi 
principi costituzionali in tema di giurisdizione, rilevando che �la regolamentazione 
della materia, quale risultava dalle norme anteriori del t.u. del 1924 
sul Consiglio di Stato e di quello del 1934 sulla Corte dei Conti� si limitava 
�ad affidare al Governo le nomine� (207). L�art. 19, l. n. 186 del 1982, � poi 
intervenuto a circoscrivere le prerogative dell�Esecutivo sull�investitura dei 
consiglieri di Stato, introducendo un limite numerico massimo e individuando 
le categorie di candidabili in ragione della particolare qualificazione giuridica. 
Tuttavia, i dubbi non sembrano essere stati del tutto rimossi, stante anche il 
principio dell�assunzione dei magistrati per pubblico concorso sancita dalla 
Costituzione (208). Solo il sistema del concorso, infatti, oltre a selezionare i 
candidati con la miglior preparazione, assicura che, sin dal suo ingresso, il 
magistrato non sia debitore nei confronti di alcuno per la propria posizione 
professionale (209). Inoltre, non � solo l�indipendenza esterna, ma anche l�im


(205) CEDU 28 settembre 1995 (Procola c. Lussemburgo). Peraltro, la successiva giurisprudenza, 
con un atteggiamento self-restraint, ha rinunciato ad esprimersi sulla compatibilit� con la Convenzione 
di Roma di modelli organizzativi, concentrandosi unicamente sulle particolarit� del caso concreto. In 
argomento, v. CEDU 8 febbraio 2000 (McGonnell c. Regno Unito) e 6 maggio 2003 (Kleyn e altri c. 
Olanda). 

(206) La sentenza della Corte costituzionale 19 dicembre 1973 n. 177 � pubblicata in Giur. cost., 
1973, 2348. Qualche anno prima, la medesima questione era stata risolta in termini analoghi per le nomine 
dei magistrati della Corte dei conti. Sul punto, v. Corte cost. 21 gennaio 1967 n. 1, in Giur. cost., 
1967, 1 ss.; in dottrina: R. CHIEPPA, A proposito di indipendenza della Corte dei conti e del Consiglio di 
Stato, in Giur. cost., 1967, 5 ss.; S. LARICCIA, Sull�illegittimit� costituzionale delle norme in tema di nomine 
�politiche� dei consiglieri della Corte dei conti, in Temi, 1967, 3 ss.. 

(207) C. MORTATI, La nomina dei consiglieri di Stato secondo la Corte costituzionale, in Giur. 
cost., 1973, 2626 ss.. In argomento, v. anche F. SORRENTINO, Profili costituzionali della giurisdizione 
amministrativa, in Dir. proc. amm., 1990, 70 ss.. 

(208) Tuttavia, secondo Corte cost. 21 gennaio 1967 n. 1 cit., �codesto sistema riguarda soltanto 
la magistratura ordinaria�. 


parzialit� del giudice a dover essere tutelata alla stregua del principio del giusto 
processo, con la conseguenza che il sistema di nomina governativo dei consiglieri 
di Stato, ancorch� residuale, non pare garantire il necessario distacco 
del giudice nei confronti di chi lo ha investito dell�incarico, cio� dell�amministrazione 
(210). Oltre al problema della nomina si deve porre anche quello 
del concorso per lo meno per quanto riguarda la procedura di selezione a referendario 
del TAR. Infatti esso non � un concorso pariordinato a quello di 
magistrato ordinario, bens� privilegia l�acquisizione di competenze fatta presso 
pubbliche amministrazioni (dirigenti statali, carriera prefettizia, dirigenti regionali 
e locali, ecc.) e questo pu� comportare un pregiudizio ideologico a favore 
dell�amministrazione gi� al momento dell�inizio della carriera (211). 

a-3) Gravi problemi per l�effettivit� dell�indipendenza e dell�imparzialit� 
del giudice presenta, anche dopo la l. cost. n. 2 cit., la l. n. 205 cit. ed il codice, 
la disciplina sul Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 
di cui al r.d.lgs. 15 maggio 1946 n. 455, alla l. cost. 26 febbraio 1948 n. 2 e al 
d.lgs. 24 dicembre 2003 n. 373, su cui � intervenuta anche la Corte costituzionale, 
con sentenza 4 novembre 2004 n. 316. 

In particolare, l�organo in parola, pur considerato un�articolazione territoriale 
del Consiglio di Stato, ha una configurazione che tollera aree di contiguit� 
col potere politico, anche locale, tali da suscitare ampie riserve sulla sua 
compatibilit� con l�art. 111 Cost. (212). Infatti, la scelta dei magistrati si caratterizza 
per una pesante ingerenza dell�Esecutivo, nazionale e locale, che 
pu� esprimere quattro consiglieri �non togati� su un totale di otto, cio� una 
percentuale assai pi� elevata di quella ancora prevista per il Consiglio di Stato 
dalla l. n. 186 cit.. Il coinvolgimento del Presidente della Regione Siciliana, 
poi, che ha il potere di designare i candidati e di partecipare al Consiglio dei 
ministri convocato per la nomina, � assai penetrante e favorisce il radicamento 
del giudice in quegli interessi locali rispetto ai quali, in considerazione della 
competenza territoriale, eserciter� la propria funzione giurisdizionale. Inoltre, 
trattandosi di incarico temporaneo, della durata di sei anni non rinnovabili, 

(209) N. ZANON, F. BIONDI, Diritto costituzionale, cit., 42. 

(210) M. MENGOZZI, op. ult. cit., 170. 

(211) Per le condizioni e i requisiti necessari per partecipare ai concorsi per l�assunzione nelle 
magistrature superiori, v. l. 27 aprile 1982 n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del 
personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali). 

(212) A favore della natura di sezione distaccata del Consiglio di Stato sono sia l�art. 1, comma 
2, d.lgs. 24 dicembre 2003 n. 373, sia Corte cost. 4 novembre 2004 n. 316, con nota di S. RAIMONDI, Il 
salvataggio del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, in Foro amm. CdS, 2004, 
3440; in linea con tale visione anche R. CHIEPPA, Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione 
siciliana, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988, 1 ss.; contra A.M. SANDULLI, Problemi della giustizia amministrativa 
in Italia prima e dopo le leggi di riforma del 1971, in IDEM, Scritti giuridici, Napoli, 1990, V, 
612; S. DE FINA, Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, in Enc. dir., IX, Milano, 
1961, 227 ss.; F.G. SCOCA, Specialit� e anomalie del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione 
Siciliana, in Dir. proc. amm., 2007, 20 ss.. 


neppure risulta rescisso il legame del consigliere �laico� col proprio ambiente 
professionale di provenienza, con un ulteriore vulnus alla sua imparzialit� 
(213). Parimenti, non ha eguali la previsione dell�art. 4, comma 2, d.lgs. n. 
373 del 2003, alla stregua della quale il singolo collegio giudicante debba essere 
composto in modo tale che la met� dei membri, escluso il presidente, sia 
di estrazione politica. 

a-4) Anche gli organi di giustizia amministrativa di primo grado operanti 
nella regione a statuto speciale del Trentino Alto Adige, ai sensi degli artt. 90 
e ss., d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, e del d.p.r. 6 aprile 1984 n. 426, sono in attrito 
con l�odierno dettame costituzionale sul giusto processo, per quanto concerne 
l�imparzialit� e l�indipendenza del giudice. Infatti, la composizione del 
Tribunale regionale di giustizia amministrativa, con specifico riferimento alla 
sezione distaccata a Bolzano, vede un potere di nomina della met� dei membri 
da parte del Consiglio provinciale, in modo che vi sia equilibrio nella provenienza 
linguistica dei magistrati (214). 

Con riguardo all�esperienza tridentina, come pure a quella siciliana, le rispettive 
discipline manifestano un �intento di creare, in tali ambiti territoriali, 
una contiguit� pi� stretta del giudice amministrativo con le amministrazioni 
locali; come se la vicinanza �strutturale� di tale giudice, a livello nazionale, 
rispetto al potere esecutivo, dovesse subire degli �adattamenti� in aree a cos� 
marcata autonomia, in modo da risultare pi� strettamente legato agli interessi 
locali che a quelli centrali� (215). Una prospettiva, quindi, in netto contrasto 
con l�immagine di soggetto indipendente ed imparziale che il nuovo art. 111 
Cost. propugna fermamente per tutti i giudici, inclusi quelli speciali. 

a-5) Particolarmente delicata � poi, ai fini della terziet� anche soltanto 
�apparente� dei magistrati amministrativi, l�ampia possibilit� loro riconosciuta 
dall�ordinamento di esercitare funzioni e assumere compiti diversi da quelli 
istituzionali (216). Infatti, stante la diffusione di questa pratica, �il sostanziale 
coinvolgimento di magistrati amministrativi in organi della pubblica amministrazione 
rischia di velarne, agli occhi di coloro che chiedono la tutela giurisdizionale, 
le necessarie garanzie d�imparzialit�� (217). La disciplina degli 
incarichi extra-giudiziari dei magistrati amministrativi, anzich� essere ispirata 
a una logica di messa al bando o di contenimento degli stessi, auspicata dalla 

(213) Di tale avviso non � stata Corte cost. 22 gennaio 1976 n. 25, con nota di A. CERRI, Indipendenza, 
imparzialit�, nomina politica: problemi e dubbi irrisolti, in Giur. cost., 1976, 175 ss., per la quale, 
ai fini dell�indipendenza di giudici, non sarebbe necessaria la �inamovibilit� assoluta�. Al contrario, 
particolarmente critico � F.G. SCOCA, Specialit� e anomalie, cit., 27. 

(214) V.A. DE ROBERTO, Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.), in Enc. giur., XXXI, Roma, 
1994, 6 ss.; C. TALICE, Tribunali amministrativi regionali, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, 33 ss.. 

(215) M. MENGOZZI, op. ult. cit., 177. 

(216) In argomento, si rinvia a F. NEGLIA, Gli incarichi extra-giudiziari dei magistrati amministrativi, 
in Dir. pubbl., 2001, 701 ss.. 

(217) F. SORRENTINO, Profili costituzionali, cit., 71. 


Corte costituzionale nella propria sentenza n. 177 del 1973, si muove in un�ottica 
di �para-istituzionalizzazione�, sul presupposto della loro utilit� e legittimit� 
(218). Si tratta di una prassi che, per la sua larga diffusione, � idonea a 
interferire con il principio d�imparzialit� e terziet� del giudice sotto diversi 
profili (219). Alcune tipologie di funzioni e compiti inseriscono il giudice in 
una serie di rapporti con soggetti potenzialmente assoggettati alla sua giurisdizione 
che ne appannano la necessaria immagine di neutralit� e indifferenza 
rispetto agli interessi versati nel processo, come avviene, ad esempio, per gli 
incarichi all�interno delle strutture di vertice delle pubbliche amministrazioni 
(220). Analogamente � a dirsi per la partecipazione a collegi arbitrali, frequente 
soprattutto nella materia dei contratti pubblici, in cui il giudice non solo intrattiene 
rapporti economici con soggetti istituzionali, ma entra in contatto, al 
di fuori delle udienze e senza il filtro della segreteria, con parti private con le 
quali potrebbe trovarsi a confronto in altre occasioni. 

Sono, tutti quelli sopra succintamente esposti, degli elementi di prossimit� 
(se non di metaforica �commensalit��) tra il giudice e le potenziali parti di 
cause future rientranti nel suo mandato istituzionale di stridente non conformit� 
rispetto alle chiare indicazioni provenienti dal principio del giusto processo 
voluto dall�art. 111 Cost.. 

a-6) Tra le carenze del vigente sistema di giustizia amministrativa non 
superabili in via interpretativa e, secondo taluni neppure dal legislatore ordinario, 
spicca la mancanza di una �cassazione amministrativa� sul modello tedesco 
o francese. 

In Germania, in particolare, il sistema di giustizia amministrativa del secondo 
dopoguerra si � subito caratterizzato in senso marcatamente soggettivo, 
nel senso che la tutela dei �diritti soggettivi pubblici� del cittadino nei confronti 
dell�amministrazione non � uno strumento di attuazione del diritto oggettivo 
ma un funzione essenziale della giurisdizione amministrativa, intesa 
come complesso di organi giurisdizionali specializzati nelle controversie di 
diritto pubblico con al vertice una corte di cassazione (il Bundesverwaltungsgericht) 
(221). In tale contesto, il giudice amministrativo tedesco, a differenza 
di quello francese o italiano, ha sempre goduto di un accesso pieno e 
illimitato ai fatti di causa, dato che il principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, 
sancito dall�art. 19 della Grundgesetz richiede un controllo com


(218) F. NEGLIA, Gli incarichi extra-giudiziari, cit., 709; G. ALBENZIO, Gli incarichi extra-istituzionali 
dei magistrati: un problema da risolvere, in Giur. it., 1991, III, 149 ss.. 

(219) M. MENGOZZI, op. ult. cit., 183; A. ORSI BATTAGLINI, Alla ricerca dello Stato di diritto. 
Per una giustizia �non amministrativa� (Sonntagsgedanken), Milano, 2005, 93, parla di �sostanziale 
violazione dei principi di indipendenza e imparzialit� che si verifica nello svolgimento di incarichi (o 
di certi incarichi) extragiudiziari da parte dei magistrati in genere e di quelli amministrativi in particolare 
[�]�. 

(220) M. MENGOZZI, op. loc. cit. 

(221) M. PROTTO, La riforma del contentieux administratif, in Foro amm., 1996, 6, 2117 ss.. 


pleto ed esteso ad ogni aspetto, di fatto o di diritto, della controversia, non essendo 
il giudice vincolato dall�accertamento, anche tecnico, compiuto dal-
l�amministrazione (222). In un contesto del genere, � stato cos� possibile 
individuare lo spazio per l�istituzione di una cassazione amministrativa, essendo 
distinguibili nelle sentenze impugnate un ambito di elementi fattuali, 
riservato alla cognizione del giudice di merito, ed uno relativo alle valutazioni 
giuridiche, su cui esperire un giudizio di legittimit�. 

Il modello francese ha sempre costituito il punto di riferimento dell�esperienza 
italiana e si � evoluto ad istituire un giudizio di cassazione amministrativa 
soltanto in tempi relativamente recenti, vale a dire con le l. 31 dicembre 
1987 n. 87-1127 e 8 febbraio 1995, n. 95-125, con cui � stata implementata 
un�organica riforma della giustizia amministrativa. Infatti, all�esito di detta riforma, 
il Conseil dՃtat, da giudice d�appello del contenzioso amministrativo 
� diventato un giudice di cassazione con cognizione non limitata al solo contentieux 
de plein juridiction, vale a dire alla giurisdizione su diritti soggettivi, 
ma estesa anche al contentieux en annulation, ossia sulla legittimit� degli atti 
amministrativi (223). Il ruolo di giudice di secondo grado � stato invece demandato 
a corti amministrative d�appello di nuova istituzione, pervenendo ad 
un notevole salto culturale rispetto alla concezione tradizionale - tanto radicata 
anche in Italia - del giudizio di impugnazione degli atti amministrativi come 
di per s� cassatorio, cio� limitato alla verifica formale della legittimit� con 
esclusione di ogni nuovo apprezzamento del fatto come accertato dall�amministrazione, 
con susseguente inutilit� di un grado di legittimit�. 

In Italia, invece, sono state eccepite varie preclusioni rispetto all�eventuale 
istituzione di una cassazione amministrativa, talune delle quali da ritenere 
non superate neppure per effetto dell�entrata in vigore del codice del 
processo amministrativo. Un primo ostacolo deriverebbe, analogamente a 
quanto visto per l�ordinamento francese, dalla concezione meramente impugnatoria 
del processo amministrativo come �giudizio sull�atto�. Tuttavia, si 
tratta di un blocco che pare venuto meno grazie al codice del processo amministrativo 
che, essendo ispirato ai principi del giusto processo e di effettivit�, 
oltre che al modello della Verwaltungsgerichtsordnung (VwGO) tedesca 
del 1960, accoglie una ricostruzione delle relazioni tra Stato e cittadino che 
si sviluppa all�insegna del concetto di �rapporto amministrativo� piuttosto 
che di quello di �potere� - come pur affermato dall�art. 7 cod. proc. amm.- e 
delle sue singole manifestazioni puntuali (224). In questo senso, il processo 

(222) M. PROTTO, La riforma, cit. 

(223) M. PROTTO, op. cit.. 

(224) R. CAPONI, La riforma del processo amministrativo: primi appunti per una riflessione, in Foro 
it., 2010, V, 267 ss.; ID., Quanto sono normativi i fatti della vita: il rapporto amministrativo, in Dir. pubbl., 
2009, 159. Su tale impostazione, v. M.S. GIANNINI, A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione 
ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 249 ss.. 


celebrato innanzi agli organi di giustizia amministrativa, dovendo garantire 
la parit� delle parti, l�integrit� del contraddittorio e una tutela piena ed effettiva, 
comporta un ripensamento della stessa categoria giuridica dell�interesse 
legittimo. L�affermazione del giusto processo amministrativo implica l�attribuzione 
al cittadino di una corrispondete pretesa soggettiva a che il giudice 
soddisfi integralmente la questione di cui investito, portata avanti dal ricorrente 
nei confronti dell�amministrazione nell�ambito del rapporto instaurato 

o instaurando con essa (225). Affinch� tutto ci� avvenga, tuttavia, � necessario 
che il giudice possa conoscere integralmente della legittimit� dell�esercizio 
del potere, anche con riguardo all�accesso al fatto, per cui l�interesse 
legittimo diviene una pi� ampia situazione soggettiva attiva, accostabile al 
�diritto soggettivo pubblico� di stampo tedesco, non pi� circoscritta al solo 
esercizio del potere in un caso concreto ma estesa all�intero rapporto del privato 
con il predetto potere (226). 

In aggiunta a ci�, � stato anche affermato che il disposto costituzionale, 
prevedendo, oltre al Consiglio di Stato, l�istituzione di giudici amministrativi 
di primo grado, non contemplerebbe la presenza di un terzo grado di sola legittimit� 
(227). Inoltre, lo stesso art. 111 Cost. limita la ricorribilit� per cassazione 
contro le decisioni del Consiglio di Stato (e della Corte dei conti) ai soli 
motivi inerenti la giurisdizione, con una previsione difficilmente compatibile 
con la trasformazione, a Costituzione invariata, del Consiglio di Stato in una 
Corte di Cassazione amministrativa (228). 

a-7) Parte della dottrina, trattando dell�art. 111, comma 8, Cost., ha lamentato 
la carenza di un �tribunale dei conflitti� sul modello francese, quale 
strumento per garantire che il sindacato delle sezioni unite della Corte di cassazione 
sulle sentenze del Consiglio di Stato si mantenga ai soli �limiti 
esterni�, in conformit� agli insegnamenti della Corte Costituzionale e con il 
dovuto �rispetto istituzionale� per il Consiglio di Stato (229). Detti limiti, in 
particolare, riguardano l�accertamento di un�eventuale invasione della competenza 
giurisdizionale del giudice civile o contabile, ovvero dell�esercizio di 
una giurisdizione di merito in luogo di quella di sola legittimit�, con esclusione 
di ogni apprezzamento dei �limiti interni�, vale a dire delle modalit� con cui 
la causa � stata decisa, non potendo le sezioni unite vincolare in alcun modo 

(225) F. MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, cit. 

(226) F. MERUSI, op. ult. cit.; per un approfondimento delle problematiche del �rapporto� v. M. 
PROTTO, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008. 

(227) G. VACIRCA, Note su alcune innovazioni nel sistema francese, in Foro amm., 1988, 
3092 ss.. 

(228) Su tutti questi profili vedi la dettagliata analisi di M.V. FERRONI, Il ricorso in Cassazione 
avverso le decisioni del Consiglio di Stato, Padova, 2005. 

(229) L. MARUOTTI, Questioni di giurisdizione ed esigenze di collaborazione tra le giurisdizioni 
superiori, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2012, 5, 705 ss., che cita Corte cost. 12 marzo 2007 n. 77, in 
www.cortecostituzionale.it. 


nel merito il Consiglio di Stato che, ai sensi dell�art. 135 Cost., � la giurisdizione 
superiore amministrativa (230). 

Qualora una decisione delle sezioni unite annulli una sentenza del Consiglio 
di Stato di l� dei limiti stabiliti dall�art. 111, comma 8, Cost., sarebbe sollevabile, 
da parte del supremo consesso amministrativo, un conflitto di attribuzioni innanzi 
alla Corte Costituzionale, non essendo ammissibili �zone franche� rispetto 
all�applicazione delle vigenti disposizioni costituzionali sulla ripartizione delle 
funzioni e dei compiti dei massimi organi della Repubblica (231). 

Tuttavia, anche prendendo atto del pieno riconoscimento della pari dignit� 
della giurisdizione amministrativa rispetto a quella ordinaria, una soluzione 
alternativa potrebbe essere una riforma costituzionale che prevedesse l�istituzione 
di un tribunale dei conflitti per dirimere le questioni di giurisdizione 
sulla falsariga dell�omologo organo francese, che dal 1872 opera con una composizione 
paritaria di magistrati ordinari ed amministrativi, spettando al Ministro 
della giustizia il compito di decidere in caso di parit� di voti (232). In 
attesa di una simile riforma, potrebbe integrarsi con legge ordinaria la composizione 
delle sezioni unite con due consiglieri di Stato quando si tratti di 
questioni di giurisdizioni che lo riguardino (233). 

a-8) L�art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., fa salva l�operativit� 
dei Tribunali regionali delle acque pubbliche (T.R.A.P.) e del Tribunale superiore 
delle acque pubbliche (T.S.A.P.), sollevando cos� la questione della loro 
compatibilit� con i principi del giusto processo, sub specie di imparzialit� e 
terziet� del giudice, e di effettivit� della tutela, con riguardo alla sperequazione 
nella tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi su cui detti tribunali 
esercitano la propria giurisdizione. Il complesso di questi due organi, infatti, 
riveste �assoluta originalit��, ponendosi a �met� strada tra giurisdizione ordinaria 
ed amministrativa� e presenta grande interesse in connessione con l�accresciuta 
importanza riconosciuta alla gestione e fruizione della risorsa idrica, 
diritto da conservare anche per le generazioni future (234). 

Storicamente, l�esigenza di costituire corpi giudicanti specializzati in materia 
di acque pubbliche deriva dalla spiccata complessit� di questa materia e 
venne per la prima volta affrontata con l�art. 34, d.lgt. 20 novembre 1916 n. 
1644, che istituiva un �Tribunale delle acque pubbliche� cumulante giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa ed operante in unico grado di giudizio (235). 
Il successivo t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 ha ripreso ed ampliato questa im


(230) L. MARUOTTI, Questioni di giurisdizione, cit., che ricorda come anche a mente dell�art. 48, 

t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, la Corte di cassazione poteva annullare le sentenze del Consiglio di Stato 
soltanto per �assoluto difetto di giurisdizione� e che tale soluzione ha ispirato la stesura dell�art. 111, 
comma 8, Cost.. 

(231) L. MARUOTTI, op. ult. cit.. 

(232) L. MARUOTTI, op. ult. cit.. 

(233) L. MARUOTTI, op. ult. cit.. 


postazione costituendo i T.R.A.P. ed il T.S.A.P., quest�ultimo qualificabile 
come giudice amministrativo speciale, la cui competenza ha carattere derogatorio 
di quella generale dei T.A.R. e del Consiglio di Stato. Pi� in particolare, 
mentre in tema di diritti soggettivi connessi alla derivazione e/o utilizzazione 
di acque pubbliche e alla demanialit� delle acque, i T.R.A.P. giudicano in 
primo grado e il T.S.A.P. in grado d�appello, in materia di interessi legittimi il 
ricorso � proponibile in unico grado avanti al T.S.A.P., le cui sentenze sono 
impugnabili soltanto con ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione. 
Alla distinzione tra situazioni giuridiche soggettive tutelate corrisponde anche 
una differenza nella composizione dei collegi giudicanti, nei quali � sempre 
presente un membro di estrazione tecnica. 

Non pare sussistano pi� gravi perplessit� in ordine alla compatibilit� dei 
Tribunali delle acque con il requisito di indipendenza ed imparzialit� dei giudici 
prescritto dal principio del giusto processo, ai sensi degli artt. 111 Cost. e 6 
CEDU. Infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza 3 luglio 2002 n. 305, ha 
dichiarato l�illegittimit� costituzionale degli artt. 139 e 143, t.u. n. 1775 cit., 
nella parte in cui non prevedevano meccanismi di sostituzione del componente 
astenuto, ricusato o legittimamente impedito del T.S.A.P., refluendo l�impossibilit� 
di comporre il collegio giudicante sul diritto di agire in giudizio e sui requisiti 
che deve avere l�esercizio della funzione giurisdizionale. Dall�altro lato, 
la presenza di giudici non togati � oggi assistita da adeguate garanzie d�indipendenza, 
posto che la sentenza della Corte Costituzionale 2002 n. 353 e la l. 26 
febbraio 2004 n. 45 hanno superato il precedente sistema di nomina di funzionari 
dell�ex Genio civile, che si esponeva a censure di carenza di indipendenza per 
la possibilit� di influenze e pressioni da parte dell�amministrazione di appartenenza, 
sostituendolo con un meccanismo di scelta, essenzialmente gestito dalla 
magistratura, tra gli iscritti all�albo professionale degli ingegneri. 

Ci� stante, il principale profilo di contrasto coi principi del giusto processo 
e di effettivit� della tutela della disciplina relativa al plesso giurisdizionale 
delle acque pubbliche consiste nella predetta differenziazione degli 
strumenti di tutela a seconda della posizione giuridica (diritto soggettivo o interesse 
legittimo) tutelata, considerato che il diritto comunitario ed interna


(234) V. PARISIO, I Tribunali delle acque: un modello giurisdizionale tutto italiano, in Foro amm. 
TAR, 2009, 12, 3679 ss., il quale ricorda anche che il d.l. 11 novembre 2002 n. 251, poi non convertito, 
ne aveva prevista la soppressione. Per ulteriori approfondimenti sulla figura dei Tribunali delle acque, 

v: A.M. SANDULLI, Sulla sopravvivenza delle giurisdizioni speciali al termine fissato per la loro revisione, 
in Giur. cost., 1956; R. CHIEPPA, Leggi nuove e giurisdizioni speciali preesistenti, in Giur. cost., 
1962, 1501 ss.; S. PALAZZOLO, Tribunali delle acque pubbliche, in Dig. disc. pubbl., Torino, 1997, 379 
ss.; G.B. CONTE, Tribunali delle acque pubbliche, in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, 
Milano, 2006, VI, 5397 ss.; G. MASTRANGELO, I tribunali delle acque pubbliche, Monografie del 
Corriere giuridico, Milano, 2009. 

(235) Per i profili storici, che affondano le proprie radici anche nell�ordinamento romano, cfr. G. 
ASTUTI, Acque (storia), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1958, 346-386. 


zionale tendono a garantire una tutela il pi� possibile omogenea ed effettiva a 
prescindere dal nomen iuris della situazione azionata (236). 

a-9) Da ultimo, si pone la questione della compatibilit� con il principio 
del giusto processo del potere di esercitare ex officio la propria giurisdizione 
attribuito ai commissari regionali per la liquidazione degli usi civici dall�art. 
29, comma 2, l. 16 giugno 1927 n. 1766 (237). Detti commissari costituiscono 
una giurisdizione amministrativa speciale, derogatoria, al pari dei T.R.A.P. e 
del T.S.A.P., delle competenze di T.A.R. e Consiglio di Stato, composta da un 
punto di vista soggettivo da magistrati ordinari e in origine munita anche di 
una competenza amministrativa, trasferita alle regioni dall�art. 66, comma 5, 

d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616. 

Il tema � stato gi� affrontato ex professo dalla Corte Costituzionale che, 
con sentenza 20 febbraio 1995 n. 46, ha �provvisoriamente� salvato detto potere 
ufficioso, che si estrinseca nella facolt� di citare direttamente le parti o 
provvedere con proprio atto all�integrazione del contraddittorio, ammettendone 
la sopravvivenza quale soluzione transitoria per evitare una nociva lacuna nella 
tutela dell�interesse pubblico generale che si incentra negli usi civici (238). 

In realt�, sono passati quasi venti anni da quella sentenza, il principio del 
giusto processo � stato nel frattempo costituzionalizzato e nulla � ancora mutato 
sul punto, conservandosi in questo specifico settore dell�ordinamento un 
inaccettabile vulnus al canone di terziet� del giudice (nemo iudex in re sua), 
che nel procedimento relativo alla tutela degli usi civici si confonde con la 
parte, secondo un modello inquisitorio che espone a pericolo l�effettivit� della 
tutela del diritto alla difesa, dichiarato inviolabile dall�art. 24 Cost.. 

(236) V. PARISIO, I Tribunali delle acque, cit. 

(237) Come � noto, gli �usi (o demani) civici� sono specifici diritti di uso pubblico su fondi oggetto 
di propriet� collettiva, la cui titolarit� spetta, sin dal Medioevo, a determinate comunit� locali, al 
fine di facilitare la conduzione di attivit� agricole. Nel XIX secolo e nella prima met� del XX detti diritti 
sono stati oggetto di una politica legislativa di eliminazione, mediante lo strumento della liquidazione, 
mirata ad agevolare il consolidamento di contrapposti ordinari diritti dominicali. In tempi pi� recenti, 
con l�affermazione dell�idea che la propriet� privata possa essere limitata per ragioni di pubblica utilit�, 
se ne propugna la conservazione e salvaguardia, in nome della tutela dell�ambiente e della sua salubrit�. 
In argomento, cfr. M. NUNZIATA, Per una nuova natura (ed una nuova vita) dei �commissari per gli usi 
civici�, in Mondo giudiz., 1994, 350 ss.; U. PETRONIO, Usi civici, in Enc. dir., XLV, Milano, 1990, 930 
ss.; E. DI SALVO, Aspetti processuali del giudizio commissariale, in N. dir. agr., 1990, 1 ss.. 

(238) Cos� M. NUNZIATA, Costituzionalmente legittimo riconoscere l�autonomo potere di esercitare 
ex officio la propria giurisdizione ai commissari degli enti pubblici, in Riv. giur. amb., 1996, 1, 79 e ss.. 
In argomento, v. anche: M.A. LORIZIO, I commissari per gli usi civici e i poteri d'ufficio. Conflitto fra 
giudici in attesa della legge, in Giur. cost., 1995, 1122 ss.; E. CASAMASSIMA, Soppressione giurisprudenziale 
del potere di impulso d�ufficio nei giudizi di competenza del commissario per la liquidazione 
degli usi civici, in Giur. it., 1994, I, 532 ss.; A. GERMAN�, Ancora sul commissario liquidatore degli usi 
civici, in Dir. giur. agr. e amb., 1993, p. 19 ss.; ID., Usi civici: problemi procedimentali nella legislazione 
regionale dopo il D.P.R. 616/77, in Giur. agr., 1987, 455 ss.; G. CAIZZONE, Sulla riforma del processo 
commissariale per gli usi civici, in Giust. civ., 1989, II, p. 415 ss.; E. DI SALVO, Impulso ex officio nella 
giurisdizione commissariale sugli usi civici, in Giur. agr., 1989, p. 83 ss.. 


(segue) b) criticit� processuali. 

b-1) Il primo profilo di criticit� processuale - ma anche sostanziale - del-
l�attuale codice del processo amministrativo pertiene la vexata quaestio della 
compatibilit� dell�interesse legittimo con il principio di effettivit� della tutela, 
soprattutto nelle materie di rilevanza comunitaria come gli appalti pubblici di 
lavori, servizi e forniture, dal momento che la �somma ingiustizia� della giustizia 
amministrativa italiana � sempre stata il nodo del risarcimento del danno 
per lesione di interesse legittimo. 

Secondo una celebre definizione, l�interesse legittimo � una posizione di 
vantaggio riservata a un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di 
un provvedimento amministrativo e consistente nell�attribuzione di poteri idonei 
a influire sul corretto esercizio della potest� pubblica, in modo da rendere 
possibile la realizzazione dell�interesse al bene (239). Al contrario, il �diritto 
soggettivo� s�identifica con l�agere licere, cio� con una facolt� di agire che � 
esercitabile sulla base di una personale valutazione di opportunit� da parte del 
titolare, nel quadro della sua autonomia privata (240). L�interesse legittimo � 
una categoria giuridica munita di rilevanza costituzionale, dato che � assunto 
quale ordinario criterio di riparto tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa, 
ed � l�unica tecnica di tutela che consenta di fronteggiare in modo diretto un 
potere unilaterale che si frappone tra un soggetto e l�ottenimento dell�utilit� 
che gli occorre: il diritto soggettivo, infatti, implica la possibilit� per il suo titolare 
di realizzare il proprio interesse ad nutum, cio� direttamente e senza intermediazioni 
(241). 

Il risarcimento del danno causato colposamente nell�esercizio illegittimo 
di un pubblico potere, e cio� il ristoro della lesione di un interesse legittimo, 
� una componente fondamentale del sistema di garanzia dei cittadini: la responsabilit� 
civile della pubblica amministrazione � simbolo della civilt� di 
un ordinamento giuridico, tantՏ che, in origine, essa godeva di una sorta di 
�immunit�� giustificata da ragioni ideologiche (l�amministrazione opera per 
il bene dei cittadini) ovvero di convenienza (evitare il depauperamento del patrimonio 
comune) (242). 

Sul punto, l�attuazione del principio di effettivit� e completezza della tu


(239) M. NIGRO, Giustizia amministrativa, IV, Bologna, 1994, 87. Per M.S. GIANNINI, Ha un 
futuro la nozione di interesse legittimo?, in Scritti in onore di E. Fazzalari, I, Milano, 1993, 51, �a qualunque 
giurista italiano sia capitato di dover spiegare ad un collega, anche europeo, cosa � per noi l�interesse 
legittimo, si sono presentate difficolt� al limite della comprensibilit� umana�. 

(240) R. DE RUGGIERO, Istituzioni di diritto civile, I, Messina, 1934, 190 ss.. 

(241) F.G. SCOCA, Contributo sulla figura dell�interesse legittimo, Milano, 1990, 8. La distinzione 
delle giurisdizioni in base alla consistenza della posizione giuridica soggettiva altro non � se non l�accoglimento 
del criterio di riparto della causa petendi (o petitum sostanziale), affermato per la prima 
volta dalle sentenze �Laurens� e �Lombardi� (rispettivamente Cass. civ., sez. un., 24 giugno 1891, in 
Foro it., 1891, I, 961 e 31 luglio 1894, ibidem, 1894, I, 141). 

(242) Cass. civ., sez. I, 24 maggio 1991 n. 5883, in Foro it., 1992, I, 453. 


tela non comporta alcuna conseguenza negativa sulla persistente utilit� e attualit� 
della consolidata distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, 
come differenti modalit� di tutela delle posizioni individuali, non ostandovi 
neppure le indicazioni provenienti dall�ordinamento comunitario, che questa 
bipartizione non accoglie ma che neppure preclude in alcun modo (243). In 
altri termini, ai fini dell�attuazione del giusto processo amministrativo non rileva 
l�esistenza in s� della figura dell�interesse legittimo, ma il fatto che la sua 
distinzione concettuale dal diritto soggettivo non possa essere intesa nel senso 
di una radicale divaricazione dei rimedi esperibili, teorizzandone una tutela 
dimidiata, non appagante per il cittadino e non conforme alle indicazioni internazionali 
e comunitarie sul principio di effettivit� (244). Infatti, l�interesse 
legittimo � una situazione giuridica di pari dignit� rispetto al diritto soggettivo 
che deve avere un livello di tutela equipollente, non avendo nulla al proprio 
interno che lo condanni ad una protezione di livello inferiore a quella propria 
del diritto soggettivo (245). 

Storicamente, l�equiparazione tra tutela del diritto soggettivo e dell�interesse 
legittimo � avvenuta grazie alla spinta dell�Unione europea, la cui giurisprudenza 
ha elaborato un sistema di responsabilit� extracontrattuale del 
pubblico potere mutuato sui modelli francese e tedesco (246). Un sistema che, 
in origine applicato agli organi comunitari, � stato poi esteso ai comportamenti 
omissivi dei poteri statali, normativi, amministrativi o giudiziari, sulla base 
della pi� generale considerazione che non pu� esservi un potere senza responsabilit�; 
una logica pienamente rispondente ai principi di effettivit� e pienezza 
della tutela giurisdizionale gi� sanciti dagli artt. 24 e 113 Cost. (247). Nell�or


(243) S. TARULLO, op. cit., 458, il quale ricorda che, pur non essendo accolta, neppure � osteggiata 
dal diritto comunitario, ove si consideri che la giurisprudenza europea ha avuto modo di affermare che 
�non spetta alla Corte intervenire nella soluzione di problemi di competenza che pu� sollevare, nell�ambito 
dell�ordinamento giudiziario nazionale, la definizione di determinate situazioni giuridiche fondate 
sul diritto comunitario�, fermo restando che gli Stati membri �sono tenuti a garantire, in ogni caso, la 
tutela effettiva di detti diritti� (Corte CE 17 settembre 1997, C-54/96, in Racc., I, 4961 ). 

(244) S. TARULLO, op. cit., 495; M. PROTTO, L�effettivit� della tutela giurisdizionale nelle procedure 
di aggiudicazione di pubblici appalti: studio sull�influsso dell�integrazione europea sulla tutela 
giurisdizionale degli operatori economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Milano, 
1997, 28. 

(245) F.G. SCOCA, Contributo sulla figura dell�interesse legittimo, cit., 157; M. NIGRO, Ma cosՏ 
questo interesse legittimo? Vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Foro it., 1987, V, 469, 481. 

(246) R. CARANTA, La responsabilit� extracontrattuale della pubblica amministrazione, Milano, 
1993, 312-313. 

(247) S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit., 162; A. ZITO, Riforma dell�amministrazione, 
ordinamento comunitario e principio di responsabilit�: prime riflessioni a margine della legge 
15 marzo 1997 n. 59, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1997, 674; F. SATTA, La nuova giurisdizione in materia 
di pubblici servizi, edilizia ed urbanistica. Considerazioni critiche, in Temi romana, 1999, 939. 
Per la giurisprudenza comunitaria, v. Corte CE 19 novembre 1991 C-6/90 e C-9/90, in Cons. St., 1992, 
II, 333, 23 maggio 1996 C-5/94, in Racc., 1996, I, 2553 ss., 30 settembre 2003 C-224/01, ibidem, I, 
10239. 


dinamento europeo, in particolare, ai fini del risarcimento del danno nei confronti 
delle istituzioni, non trova applicazione la regola della �pregiudizialit� 
amministrativa� e, nel giudizio di responsabilit� civile, si � sempre ammesso 
il sindacato sulla legittimit� dell�atto asseritamente lesivo (248). Infatti, la 
Corte di Giustizia ha affermato che il mancato tempestivo esperimento del rimedio 
annullatorio non pu� comportare il diniego o la compressione del diritto 
al risarcimento, ostandovi il principio di effettivit� e adeguatezza della tutela 
giurisdizionale (249). Conseguentemente, il danneggiato ha diritto a scegliere 
l�azione ritenuta pi� idonea per il soddisfacimento del proprio interesse sostanziale, 
senza dover subire preclusioni ingiustificate (250). 

L�azione aquiliana �, quindi, un presidio insopprimibile del principio di 
effettivit� e pienezza della tutela, la cui vis expansiva non consente di ammettere 
che le situazioni rilevanti per il solo diritto interno possano ricevere una 
tutela differenziata in peius (251). Conseguentemente, qualunque controversia 
risarcitoria nei confronti dell�autorit�, riferibile o meno a situazioni giuridiche 
protette dal diritto comunitario, deve poter essere tutelata mediante un�azione 
autonoma, che ha pure il pregio di consentire il ristoro economico nei casi in 

(248) Cfr. Corte CE 24 ottobre 1973, C-43/72, in Racc., 1973, 1055, 4 ottobre 1979, C-241/78, 
ibidem, 1979, 3017, 12 aprile 1984, C-281/82, ibidem, 1984, 1969, 26 febbraio 1986, C-175-84, ibidem, 
1986, 753, 30 maggio 1989, C-20/88, ibidem, 1989, 1582. La teoria della �pregiudizialit� amministrativa
�, infatti, fondamento di quella del �doppio binario� (cio� della tutela su due giurisdizioni, quella 
amministrativa per l�annullamento dell�atto lesivo e quella ordinaria per il ristoro del danno), configurava 
la tempestiva impugnazione dell�atto e il suo annullamento giudiziale condicio sine qua non dell�accoglimento 
della domanda risarcitoria. In tal senso, il provvedimento non impugnato entro il prescritto 
termine decadenziale si considerava arrecato iure, perch� ancora munito della presunzione generale di 
legittimit� degli atti amministrativi (P. STELLA RICHTER, Il principio di concentrazione nella legge di riforma 
della giustizia amministrativa, in Giust. civ., 2000, 438). L�autonomia dell�azione risarcitoria era 
perlopi� negata sulla base del timore che una pretesa avanzata entro l�ordinario termine di prescrizione 
decennale, non preceduta dall�annullamento dell�atto, potesse comportare un�elusione del termine di 
decadenza imposto per l�impugnazione, ridondando in un�incisione postuma di una situazione ormai 
definita dall�autorit� amministrativa (G. VACIRCA, Appunti sul risarcimento del danno nella giurisdizione 
amministrativa di legittimit�, in Giust. civ., 2001, II, 354; D. DE PRETIS, Azione di annullamento e azione 
risarcitoria nel processo amministrativo, in Dir. e form., 2002, 1695; S. DE FELICE, La tutela dell�interesse 
legittimo tra annullamento e risarcimento, in TAR, 2002, II, 651). Infatti, il breve termine decadenziale 
fissato per adire il giudice dell�annullamento era ritenuto funzionale ad attribuire stabilit� e 
certezza ai rapporti giuridici di diritto pubblico, che non possono essere esposti a tempo indeterminato 
a una contestazione giudiziaria che potrebbe alterarne la consistenza (L. TORCHIA, Giurisdizione amministrativa 
e risarcimento del danno fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, in 
Giorn. dir. amm., 2003, 6, 576; C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2001, 123). 
Pi� in particolare, la giurisprudenza era convinta che il principio di certezza delle situazioni giuridiche 
potesse essere scosso dalla possibilit� di far valere oltre il termine decadenziale, sia pur ad altri fini, l�illegittimit� 
dell�atto Cfr. Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003 n. 4538, in Foro it., 2003, I, 2073. 

(249) Corte CE 8 marzo 2001, C-397/98 e C-410/98, in Racc., 2001, I, 1727. 

(250) S. TARULLO, op. cit., 308. 

(251) E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 2005, 79; S. CASSESE, 
Verso la piena giurisdizione del giudice amministrativo. Il nuovo corso della giustizia amministrativa 
italiana, in Giorn. dir. amm., 1999, 1225. In giurisprudenza, v. Cons. Stato, ad. plen., (ord.za) 30 marzo 
2000 n. 1, cit.. 


cui il ricorso sia dichiarato inammissibile o improcedibile (252). La stessa giurisprudenza 
comunitaria, quale �correttivo� per l�autonoma proponibilit� della 
domanda risarcitoria, ha teorizzato il �divieto di distorsione dello scopo del-
l�azione�, per evitare che con il giudizio di responsabilit� possa conseguirsi 
utilmente il medesimo risultato che avrebbe potuto ottenersi con uno strumento 
giuridico diverso (253). Ci� comporta che, in presenza di atti di diniego all�accrescimento 
della sfera individuale del privato di una data utilit�, entro il 
termine di prescrizione decennale potr� essere chiesto il solo risarcimento per 
equivalente e non anche quello in forma specifica, dato che esso � assorbito 
dall�azione di annullamento (254). 

Agli stimoli provenienti dal diritto comunitario hanno fatto seguito, sul 
piano interno, iniziative sia legislative, sia giurisprudenziali. 

Sotto il primo profilo, viene in questione l�art. 13, l. 19 febbraio 1992 n. 
142, attuativo della direttiva n. 89/665/CEE del 21 dicembre 1989 del Consiglio 
(sul coordinamento delle disposizioni relative alle procedure di ricorso in 
materia di aggiudicazione di appalti pubblici di forniture e di lavori), che ha 
riconosciuto ai soggetti che in subiecta materia abbiano subito una lesione, a 
causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario, il diritto di chiedere 
all�amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno (255). Tuttavia, 
posto che l�obbligo dell�amministrazione di risarcire ogni pregiudizio generato 
non iure da propri comportamenti o provvedimenti su situazioni protette dal 
diritto comunitario, pur affermato esplicitamente per i soli appalti pubblici, ha 
natura di principio generale, la sua limitazione ai soli interessi legittimi nel 
settore degli appalti pubblici non era sostenibile per evidenti profili di irragionevolezza 
e discriminazione, anche alla luce degli artt. 24 e 113 Cost. (256). 
Dal che � derivata la necessit� di affermare la risarcibilit� dell�interesse legittimo 
in s� e per s� considerato come categoria giuridica, avvenuta per la prima 

(252) S. TARULLO, op. cit., 327. 

(253) Corte CE 5 marzo 1996, C-46/93 e C-48/93, in Racc., 1996, I, 1029. 

(254) Tra gli ultimi contributi vedi in particolare: V. FANTI, Tutela demolitoria e risarcitoria del-
l�interesse innanzi al giudice ordinario ed al giudice amministrativo, Milano, 2006; M.V. LUMETTI, Violazione 
dell�interesse legittimo e danno risarcibile, Milano, 2008; L.V. MOSCARINI, Risarcibilit� degli 
interessi legittimi e pregiudiziale amministrativa, Torino, 2008; G.P. CIRILLO, Il danno da illegittimit� 
dell�azione amministrativa e il giudizio risarcitorio, Padova, 2001. 

(255) In senso contrario, cfr. precedentemente Cass. civ., sez. un., 16 dicembre 1994 n. 10800, in 
Corr. giur., 1995, 483, 9 luglio 1991 n. 7550, in Cons. St., 1991, II, 2081, 3 maggio 1966 n. 1109, in 
Foro it., 1966, I, 338. Sull�art. 13, l. 19 febbraio 1992 n. 142, v.: E. MELE, Il risarcimento dei danni in 
materia di appalti pubblici, commento all�art. 13 della legge comunitaria 1991, in Riv. trim. app., 1991, 
1125 ss.; E.M. BARBIERI, Il giudice amministrativo comunitario e la risarcibilit� degli interessi legittimi 
in materia di appalti, in Riv. trim. app., 1993, 37; C. VARRONE, Sulla risarcibilit� dell�interesse legittimo 
in materia di appalto di opere pubbliche, in Giur. it., 1993, 37; G. SAPORITO, Sulla risarcibilit� degli interessi 
legittimi negli appalti pubblici, in Corr. giur., 1994, 620; G. MONTEDORO, Verso il diritto comunitario 
europeo degli appalti: spunti di riflessione in tema di effettivit� della tutela, in Foro amm., 1995, 
2111; L. PERFETTI, La responsabilit� per lesione di interessi legittimi negli appalti pubblici, in Amm. it., 
1995, 178. 


volta con l�art. 35, d.lgs. n. 80 cit., adottato ai sensi dell�art. 11, comma 4, lett. 
g), l. 15 marzo 1997 n. 59, per il quale il giudice amministrativo, �nelle controversie 
devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 33 e 34� 

(i.e. edilizia, urbanistica e servizi pubblici) pu� disporre anche �attraverso la 
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto� (257). 
� noto che la Corte costituzione, con sentenza 17 luglio 2000 n. 292 ritenne 
che l�attrazione di alcune materie nell�alveo della giurisdizione esclusiva non 
fosse autorizzata dalla legge delega, dichiarando cos� l�incostituzionalit� del-
l�art. 33 cit. Conseguentemente, con l�art. 7, l. 21 luglio 2000 n. 205, il testo 
dell�art. 33, come pure degli artt. 34 e 35, � stato reiterato, fornendo cos� copertura 
formale alle scelte compiute dal legislatore delegato del 1998, estendendo 
il potere risarcitorio del giudice amministrativo dalle materie di 
giurisdizione esclusiva a tutte quelle comprese nella giurisdizione generale di 
legittimit�, per le quali il precedente art. 7, l. n. 1034 del 1971, teneva ferma 
la giurisdizione del giudice ordinario, pervenendosi ad un giudice unico del-
l�annullamento e del risarcimento (258). 

Quanto alla giurisprudenza, la Corte di Cassazione, dopo aver �picconato
�, con la celebre sentenza resa a sezioni unite 22 luglio 1999 n. 500, la 
pregiudiziale amministrativa c.d. esterna, cio� tra giurisdizioni, l�ha definitivamente 
superata anche nell�ambito della giurisdizione amministrativa, chiarendo 
che la tutela risarcitoria autonoma spetta per il solo fatto che la 
situazione soggettiva � stata sacrificata da un potere esercitato in modo illegittimo 
e che la relativa domanda richiede al giudice di accertare l�illegittimit� 
di tale agire, senza che ci� possa essere precluso dall�inoppugnabilit� del 
provvedimento (259). L�autolimitazione, da parte del giudice amministrativo, 

(256) Sulla vis expansiva dell�art. 13, l. n. 142 cit., v. A. TIZZANO, Diritto comunitario e tutela 
giurisdizionale nel diritto interno. La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV., Attivit� amministrativa 
e tutela degli interessati, Torino, 1997, 44-45; S. TARULLO, op. cit., 232; A. ANGELETTI, Ordinamento 
comunitario e diritto interno nel progetto di riforma del processo amministrativo: la tutela 
dei diritti e degli interessi, in Giur. it., 1992, IV, 381. 

(257) L�art. 11, comma 4, lett. g), l. 15 marzo 1997 n. 59, disponeva l�estensione della giurisdizione 
del giudice amministrativo alle controversie patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative 
al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, eliminando cos�, in dette 
materie, la preesistente duplicazione di giudizi. Secondo S. TARULLO, op. cit., 214, �al legislatore delegato 
del 1998 va riconosciuto il merito di aver introdotto un�originale ipotesi di giurisdizione certo 
ancora �esclusiva�, ma appartenente ad un genus del tutto nuovo, in quanto comprensiva anche del-
l�aspetto reintegratorio/risarcitorio connesso alla specifica questione portata sub iudice�. 

(258) M. CLARICH, La riforma del processo amministrativo. Introduzione, in Giorn. dir. amm., 
2000, 1070; S. TARULLO, op. cit., 220; A. CAMOZZI, La legge n. 205/2000 in materia di giustizia amministrativa, 
in TAR, 2000, I, 539; G. VISINTINI, Danno ingiusto e lesione di interessi legittimi, in 
Contr. e impr., 2001, 12; V. CAPUTI JAMBRENGHI, Diritto amministrativo e diritto comunitario. Riflessioni 
sulla tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in Scritti in onore di Giuseppe Guarino, I, Milano, 
1998, 491-492. 

(259) Cass. civ., sez. un., 12 giugno 2006 n. 13659 e 13 giugno 2006 n. 13660, in Giust. amm., 
2006, 3, 569. 


del proprio potere di condanna al solo risarcimento del danno conseguente 
all�annullamento dell�atto illegittimo si risolve, quindi, in un rifiuto di esercitare 
la giurisdizione (260). Pertanto, il diniego di tutela risarcitoria autonoma 
che sia motivato con l�inoppugnabilit� del provvedimento, viola le 
norme sulla giurisdizione e in particolare il principio di effettivit�, che integra 
un limite esterno della giurisdizione, ed � sindacabile tramite ricorso per cassazione 
(261). Il giudice amministrativo investito di una domanda autonoma 
di risarcimento, dunque, dovrebbe considerare il provvedimento illegittimo 
alla stregua di un comportamento, cio� come un fatto che ha concorso a determinare 
un danno ingiusto nei confronti del suo destinatario (262). La giurisprudenza 
amministrativa, sia pure con notevoli resistenze, alla fine si � 
uniformata all�orientamento della Corte di cassazione favorevole al suo definitivo 
superamento (263). 

Se, quindi, non pu� precludere del tutto il risarcimento, la mancata impugnazione 
dell�atto lesivo entro il termine prescritto non � totalmente indifferente 
per le ragioni dell�attore (264). Infatti, il dato pu� assumere senz�altro 
rilevanza ai sensi dell�art. 1227, cod. civ., per il quale se il fatto colposo del 
creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento � diminuito secondo 
la gravit� della colpa e l�entit� delle conseguenze che ne sono derivate, ovvero 
non � dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l�ordinaria 
diligenza. Ci� significa che, nel risarcimento del danno da atto amministrativo 
illegittimo, l�onere di diligenza della vittima dell�illecito non si riduce 
al non tenere una condotta suscettibile di aggravare le conseguenze del fatto, 
ma si estende a un contegno attivo di riduzione delle conseguenze dell�illecito 

(c.d. duty to mitigate) (265). Se il cuore della pretesa risarcitoria nei confronti 
dell�amministrazione � il negligente esercizio del potere, chi la faccia valere 
non pu�, poi, esporsi alla speculare contestazione di avere con negligenza aggravato 
il danno (266). 

In definitiva, il principio di effettivit� della giurisdizione e l�inclusione 
tra i suoi limiti esterni del controllo sulla pienezza e completezza della tutela 
riafferma il rispetto del diritto come valore centrale dell�azione del pubblico 

(260) Cass. civ., sez. un., 23 dicembre 2008 n. 30254, in Giorn. dir. amm., 2009, 4, 385. 

(261) Cass. civ., sez. un., 23 dicembre 2008 n. 30254 cit. In argomento, cfr. M.V. FERRONI, Il ricorso 
in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, in E. PICOZZA, B. SASSANI (diretta da), 
Studi di diritto processuale amministrativo, Padova, 2005. 

(262) E. PICOZZA, Il risarcimento in via autonoma contro gli atti della P.A. La tutela giurisdizionale 
si dimensiona su quella sostanziale e non viceversa, nota a Cass. civ., sez. un., 23 dicembre 2008 
n. 30254, in Corr. giur., 2009, 5, 647 ss.. 


(263) Al riguardo, il �canto del cigno� della pregiudiziale amministrativa pu� considerarsi Cons. 
Stato, ad. plen., 22 ottobre 2007 n. 12, in Riv. giur. edil., 2007, I, 1359. 

(264) B. RAGANELLI, La pregiudizialit� amministrativa, cit.; G. GR�NER, Considerazioni intorno 
alla cos� detta �pregiudiziale amministrativa�, in Servizi pubblici e appalti, Milano, 2003, III, 402 ss.. 

(265) S. TARULLO, op. cit., 339. 


potere: la possibilit� di azioni autonome di risarcimento del danno, infatti, non 
pu� che favorire nell�amministrazione la pi� attenta ponderazione degli interessi 
in gioco al fine di produrre la decisione pi� giusta, soprattutto alla luce 
della legalit� sostanziale piuttosto che delle mere forme (267). 

Il codice del processo amministrativo � intervenuto in questo contesto, 
ormai ben definito, introducendo una disciplina dell�azione di annullamento 
inalterata nella propria struttura essenziale, mantenendone cio� la natura tradizionale 
di rimedio generale esperibile in presenza dei tipici vizi di violazione 
di legge, incompetenza ed eccesso di potere, entro il consueto termine decadenziale 
di sessanta giorni. La persistente centralit� dell�azione di annullamento 
deriva dalla stessa configurazione dell�oggetto della giurisdizione 
amministrativa, che investe, come noto, le manifestazioni immediate e mediate 
del potere pubblico. Di tale avviso si � mostrata anche la giurisprudenza, la 
quale non ha tardato ad affermare che anche a seguito dell�entrata in vigore 
del d.lgs. n. 104 cit., il sistema processuale amministrativo ribadisce la preminenza 
dell�azione demolitoria di provvedimenti illegittimi tra le azioni proponibili, 
in cui i principi di parit� delle parti e giusto processo e di pienezza 
della tutela secondo il diritto europeo convergono nella centralit� della motivazione 
quale presidio del diritto costituzionale di difesa (268). 

L�art. 30, cod. proc. amm., detta ora una disciplina che apparentemente 
apre la strada all�azione risarcitoria autonoma, cio� �pura�, non mediata dal 
previo annullamento dell�atto lesivo. Tuttavia, la concreta proponibilit� del rimedio 
incontra un grave ostacolo nel termine eccessivamente breve di centoventi 
giorni per la sua proposizione (coincidente con quello per proporre 
ricorso straordinario al capo dello Stato) e nelle modalit� di quantificazione 
del danno risarcibile nel caso in cui il ricorrente abbia omesso di proporre 
l�azione di annullamento. 

Quanto al primo aspetto, la previsione di un termine decadenziale, pur 
rientrando nella discrezionalit� del legislatore, � ad ogni evidenza una soluzione 
di compromesso fra l�orientamento delle Sezioni unite della Corte di 
Cassazione, contrario alla pregiudizialit�, e quello dell�Adunanza plenaria 
del Consiglio di Stato, ad essa invece favorevole (269). Tuttavia, l�eccessiva 

(266) Secondo Corte CE 19 maggio 1992, C-104/89 e C-37-90, in Racc. 1992, I, 3061, nell�ordinamento 
comunitario opera �un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri 
secondo il quale la persona lesa, per evitare di doversi accollare il pregiudizio, deve dimostrare di aver 
agito con ragionevole diligenza onde limitare l�entit� del danno�. Analogamente, per Corte CE, 5 marzo 
1996, C-46/93 e C-48/93, in Racc., 1996, I, 1029, �per determinare il danno risarcibile il giudice nazionale 
pu� verificare se il soggetto leso abbia dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno 

o limitarne l�entit� e, in particolare, se esso abbia tempestivamente esperito tutti i rimedi giuridici a sua 
disposizione�. 

(267) E. PICOZZA, op. cit. 

(268) T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 10 novembre 2010 n. 3873, in Foro amm. TAR, 2010, 11, 3651. 

(269) S. RAIMONDI, op. cit. 


brevit� di esso e il forte peggioramento della situazione del ricorrente rispetto 
all�ordinario termine di prescrizione decennale inducono a dubitare della legittimit� 
costituzionale di una simile scelta, per le difficolt� che pu� frapporre 
all�effettiva possibilit� di esercitare l�azione stessa (270). Tra l�altro, non vՏ 
chiarezza sull�applicabilit� del termine decadenziale predetto alle controversie 
risarcitorie devolute all�esclusiva giurisdizione, dato che, pur riferendosi 
letteralmente l�art. 30, comma 3, cod. proc. amm., alla domanda risarcitoria 
per lesione di interessi legittimi, nella giurisdizione esclusiva non si fa distinzione 
coi diritti soggettivi e le altre disposizioni sembrano concepite in 
modo tale da ricondurre a detto termine pure le controversie trattate in sede 
di giurisdizione esclusiva (271). 

In merito al secondo aspetto, invece, il mancato esperimento degli altri 
mezzi di tutela disponibili, cio� la mancata proposizione dell�azione di annullamento, 
� proprio una delle ipotesi nelle quali � applicabile l�art. 1227, comma 
2, cod. civ., che esclude la risarcibilit� del danno che il creditore avrebbe potuto 
evitare usando l�ordinaria diligenza. Essendo difficile immaginare situazioni 
in cui il ricorrente non � in grado di proporre l�azione di annullamento, �la 
pregiudizialit� amministrativa, superata nella forma, riemerge surrettiziamente 
nella sostanza� (272). La non risarcibilit� del danno evitabile con l�ordinaria 
diligenza pone, quindi, a carico del ricorrente l�onere di azionare quantomeno 
la tutela cautelare, sollevando ulteriori dubbi di legittimit� costituzionale. 

b-2) Un secondo profilo di criticit� riguarda i consolidati concetti di �legittimazione
� e di �interesse� a ricorrere che, in materia di appalti e segnatamente 
di ricorso incidentale, sono esposti a un rischio di stravolgimento, a causa 
dell�impostazione comunitaria sulla sufficienza del �rischio di danno� ai fini 
della legittimazione e per la formazione di un orientamento giurisprudenziale 
interno volto a valorizzare l�interesse c.d. �strumentale� al ricorso (273). 

Sotto il primo profilo, gli artt. 1, comma 3, della direttiva n. 89/665/CEE 
del Consiglio, del 21 dicembre 1989 e della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, 
del 25 febbraio 1992, nel testo introdotto dalla direttiva n. 2007/66/CE del 
Parlamento europeo e del Consiglio, dell�11 dicembre 2007, in tema di coordinamento 
delle disposizioni relative alle procedure di ricorso per l�aggiudicazione 
di appalti pubblici, prevedono che �3. Gli Stati membri garantiscono 

(270) S. RAIMONDI, op. cit., che ricorda come T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 7 settembre 2011 
(ord.za) n. 1628, ha sollevato proprio la questione di legittimit� costituzionale, in relazione agli artt. 3, 
24, 103 e 113 Cost., dell�art. 30, comma 5, cod. proc. amm., nella parte in cui prevede, per la proposizione 
di un�azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, un termine decadenziale 
di centoventi giorni dall�avvenuta formazione del giudicato di annullamento. 

(271) S. RAIMONDI, op. cit. 

(272) M. CLARICH, op. ult. cit. 

(273) B. SPAMPINATO, L�interesse a ricorrere nel processo amministrativo, Milano, 2004; L.R. 
PERFETTI, Diritto di azione ed interesse ad agire nel processo amministrativo, Padova, 2004. 


che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalit� che gli Stati 
membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse 
a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture 
o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione 
denunciata�. In altri termini, si afferma che il ricorso spetta a chiunque abbia 
avuto un danno o anche un mero �rischio di danno�, in contrasto con l�impostazione 
dominante in giurisprudenza nazionale. 

Quanto al secondo aspetto, vengono in questione le sentenze, rese in adunanza 
plenaria, dal Consiglio di Stato 10 novembre 2008 n. 11 e 7 aprile 2011 

n. 4 sui rapporti tra gravame principale ed incidentale in caso di contestazione 
incrociata degli atti di ammissione alla gara di tutti i concorrenti. � questo un 
problema che solleva importanti questioni riguardanti l�imparzialit� del giudice 
e la posizione di parit�, sostanziale e processuale, delle parti (274). 

Con la prima delle due decisioni, il Consiglio di Stato aveva affermato 
che la questione dell�ordine di trattazione dei ricorsi in parola � devoluta all�apprezzamento 
discrezionale del giudice, che lo eserciter� secondo criteri di 
logicit�, economicit�, parit� delle parti ai sensi degli artt. 111 Cost. e 6 CEDU, 
legalit� sostanziale, dando priorit� al gravame decisivo per risolvere la lite 
(275). Tuttavia, secondo attenta dottrina, il reale problema sottostante ai rapporti 
tra ricorso principale ed incidentale � la relazione tra le distinte categorie 

(274) L. CIMELLARO, Alcune note sulla parit� delle parti nell�Adunanza plenaria n. 11 del 2008, 
nota a Cons. Stato, ad. plen., 10 novembre 2008 n. 11, in Foro amm. CdS, 2008, 11, 2949. Sul tema del 
ricorso incidentale, la bibliografia � sterminata, si rinvia pertanto ai seguenti riferimenti essenziali: E. 
CAPACCIOLI, In tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo, in Giur. compl. cass. civ., 1951, 
1014 ss.; F. LUBRANO, L�impugnazione incidentale nel giudizio amministrativo, in Rass. dir. pubbl., 
1964, 756 ss.; A. PIRAS, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962, 212 ss.; W. CATALLOZZI, 
Note sulle impugnazioni incidentali nel processo dianzi ai giudici amministrativi ordinari, in 
Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981, 1766; ID., Ricorso incidentale 
(giudizio amministrativo), in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991; G. VACIRCA, Appunti per una nuova disciplina 
dei ricorsi incidentali nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 57 ss.; S. SANTORO, 
Appunti sulle impugnazioni incidentali nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 424; S. 
CASSARINO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Milano, 1990, 363; A. ROMANO, La situazione 
legittimante al processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 511 ss.; S. BACCARINI, L�impugnazione 
incidentale del provvedimento amministrativo tra tradizione e innovazione, in Dir. proc. amm., 
1991, 639; C. MIGNONE, Il giudizio di primo grado, in AA.VV., Diritto amministrativo, II, Bologna, 1993, 
1927; G. ABBAMONTE, R. LASCHENA, Giustizia amministrativa, Padova, 2001, 298; C.E. GALLO, Manuale 
di giustizia amministrativa, Torino, 2001, 185; A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 
2001, 217 ss.; V. CAIANIELLO, Diritto processuale amministrativo, 1994, 614 ss.; ID., Manuale di diritto 
processuale amministrativo, Torino, 2003, 691; D.M. TRAINA, Lo svolgimento del giudizio, in S. CASSESE 
(a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo speciale, V, Torino, 2003, 4368; 
E. FOLLIERI, L�azione davanti al giudice amministrativo, in F.G. SCOCA, (a cura di), Giustizia amministrativa, 
Torino, 2003; G. FERRARI, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, in Dir. proc. 
amm., 2007, 1058 ss.; G. TROPEA, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, Napoli, 2007; R. 
VILLATA, In tema di ricorso incidentale e di procedure di gara cui partecipano due solo concorrenti, in 
Dir. proc. amm., 2008, 931 ss.. 


(275) G. TROPEA, La Plenaria prende posizione, cit.. 


della legittimazione e dell�interesse a ricorrere, che riguardano l�eguaglianza 
dei poteri all�interno del processo piuttosto che il vero e proprio ordine logico 
delle questioni da affrontare in sede di scrutinio (276). 

A tal riguardo, nella sentenza del 2008 � stata accordata preminenza alla 
discutibile categoria dell�interesse �strumentale� a ricorrere - cio� la possibilit� 
di ottenere, mediante il ricorso, l�utilit� minima di rimettere in discussione 
il rapporto controverso, aprendo la possibilit� ad una successiva soddisfazione 
dell�aspirazione al bene della vita sottostante - causando cos� una netta frattura 
del tradizionale criterio di riferimento della legittimazione e, in ultima analisi, 
spingendo nel senso di una progressiva sostituzione del giudice all�amministrazione 
(277). Infatti, il ricorrente principale, in caso di accoglimento del 
gravame incidentale, conserverebbe comunque un interesse minore e strumentale 
a far scrutinare le sue censure sull�ammissione del ricorrente incidentale 
(aggiudicatario), perch� in caso di eventuale accoglimento potrebbe ottenere 
una nuova gara (278). Analogamente, il ricorrente incidentale, in ipotesi di accoglimento 
del ricorso principale e dunque di annullamento dell�aggiudicazione, 
ha un interesse strumentale alla ripetizione della gara. Ecco, quindi, 
come la parit� sostanziale di interessi si traduce in una parit� processuale che 
induce il giudice a scrutinare entrambi i ricorsi e a soddisfare l�interesse strumentale 
di ambo le parti, interesse che, nell�ipotesi di due soli concorrenti, diviene 
cos� assorbente (279). 

Con la propria decisione del 7 aprile 2011, invece, il supremo consesso 
amministrativo, ribaltando gli insegnamenti della pronuncia del 10 dicembre 
2008, ha affermato che il ricorso incidentale diretto a contestare la legittimazione 
del ricorrente principale, mediante la censura della sua ammissione alla 
procedura di gara, �deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel 

(276) G. TROPEA, op. cit.. 

(277) G. ROMEO, L�effettivit� della giustizia amministrativa: principio o mito?, in Dir. proc. amm., 
2004, 653 ss.; sull�interesse strumentale, v. anche G. TROPEA, Il ricorso incidentale, cit., passim; R. FERRARA, 
Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. disc. pubbl., 
VIII, Torino, 1993, 474; D. VAIANO, L�onere della immediata impugnazione del bando e della successiva 
partecipazione alla gara tra legittimazione ad agire e interesse a ricorrere, in Dir. proc. amm., 2004, 
693 ss.. In giurisprudenza, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 27 febbraio 2006 n. 1427, in questa Foro amm. 
TAR, 2006, 2, 609, ha affermato che �alla luce del generalissimo principio nazionale e comunitario di 
libera concorrenza e del criterio di effettivit� del diritto alla tutela giurisdizionale, sancito dalla Carta 
costituzionale e dal Trattato europeo, non sembra, infatti, potersi dubitare della sussistenza di un interesse, 
pur strumentale, differenziato e qualificato di ciascuno degli operatori economici di settore a far 
valere l�illegittimit� dell�aggiudicazione di una commessa pubblica in favore di un concorrente, qualora 
ci� determini non il diritto all�aggiudicazione di altri concorrenti che parteciparono alla medesima gara, 
bens� [�] la necessit� di rinnovare l�intera procedura volta alla stipula del contratto o della convenzione, 
in linea con l�interesse sostanziale di ciascun imprenditore operante sul libero mercato a competere, secondo 
pari opportunit�, ai fini dell�ottenimento di commesse da aggiudicare secondo procedure ad evidenza 
pubblica�. 

(278) Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2006 n. 6990, cit. 

(279) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 13 aprile 2004 n. 1453, in Foro amm. TAR, 2004, 944. 


caso in cui il ricorrente principale alleghi l�interesse strumentale alla rinnovazione 
dell�intera procedura, e detta priorit� logica sussiste indipendentemente 
dal numero dei partecipanti alla procedura selettiva, dal tipo di censura pro-
spettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall�amministrazione 
resistente, mentre l�esame prioritario del ricorso principale � ammesso, 
per ragioni di economia processuale, qualora sia evidente la sua infondatezza, 
inammissibilit�, irricevibilit� o improcedibilit�� (280). 

In quest�ultima decisione emerge essenzialmente il tema della distinzione 
fra interesse a ricorrere e legittimazione ad agire, anche in collegamento 
con l�individuazione delle posizioni sostanziali nell�ambito dei rapporti con 
le amministrazioni (281). In particolare, la prima consiste nella titolarit� di 

(280) Cons. Stato, ad. plen, 7 aprile 2011 n. 4, in Foro it., 2011, 6, III, 306, in Foro amm. CdS, 
2011, 4, 1132 e Guida dir., 2011, 31, 103 Sulla sentenza in discorso cfr.: M. MARINELLI, Ancora in tema 
di ricorso incidentale �escludente� e ordine di esame delle questioni (note brevi a margine di un grand 
arr�t dell�Adunanza Plenaria), nota a Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011 n. 4, in Dir. proc. amm. 2011, 
3, 1174; G. TROPEA, I rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale di nuovo dinanzi alla Plenaria. 
Un revirement atteso dopo un�interessante (e per alcuni versi discutibile) ordinanza di rimessione, in 
Giur. it., 2011, 7; R. VILLATA, L�adunanza Plenaria interviene sui rapporti tra ricorso principale e ricorso 
incidentale, in Dir. proc. amm., 2008, 1186 ss.; G. TROPEA, La Plenaria prende posizione, cit., 221 ss.. 

(281) F. FOLLIERI, op. cit. L�interesse a ricorrere � il vantaggio o l�utilit�, anche solo morale, che 
il ricorrente ritrarrebbe dall�accoglimento dell�azione proposta e che deve essere personale, diretto e attuale. 
Sul punto cfr.: E. PICOZZA, Processo amministrativo (normativa), in Enc. dir., Milano, XXXVI, 
1987, 474; R. VILLATA, Interesse ad agire, II) diritto processuale amministrativo, in Enc. giur., XVII, 
Roma, 1989, 3; R. FERRARA, Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), 
in Dig. disc. pubbl., Torino, 1993, 472; A.M. SANDULLI, Il ricorso innanzi al Consiglio di Stato e 
ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 223; ID., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, 1309; 
V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1988, 448; G. LANDI, G. POTENZA, 
Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1987, 641; P. VIRGA, La tutela giurisdizionale della 
pubblica amministrazione, Milano, 1982, 241; E. MORONE, Sulla distinzione fra interesse a ricorrere e 
interesse oggetto del ricorso, in Giur. it., 1964, III, 113; S. CASSARINO, Le situazioni giuridiche e l�oggetto 
della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, 335, afferma, per�, l�irrilevanza dell�elemento 
della lesione; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, 140, ove il discorso � condotto per 
differentiam rispetto all�interesse legittimo; G.B. VERBARI, Principi di diritto processuale amministrativo, 
Milano, 1995, 221; C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2011, 71; A. TRAVI, Lezioni 
di giustizia amministrativa, Torino, 2008, 202; G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 
2010, 498; V. CERULLI IRELLI, Lineamenti di diritto amministrativo, Torino, 2008, 536; E. FOLLIERI, I 
presupposti e le condizioni dell'azione, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2011, 


282. In giurisprudenza v.: ex multis, Cons. Stato, ad. plen., 27 maggio 1957, n. 9, in Foro amm., 1957, 
I, IV, 79; sez. V, 28 maggio 1965, n. 546, in Cons. St., 1965, I, 958, 22 aprile 1977 n. 377, in Foro amm., 
1977, I, 813. La legittimazione ad agire, invece, � la titolarit� di una situazione giuridica soggettiva o di 
un interesse meritevole di tutela, secondo l�ordinamento giuridico (cfr. E. PICOZZA, Processo, cit., 473; 

R. VILLATA, Legittimazione processuale, II) diritto processuale amministrativo, in Enc. dir., XVIII, 
Roma, 1990, 2; ID., Ricorso incidentale nel giudizio amministrativo, cit., 306 ss.; R. FERRARA, Interesse 
e legittimazione, cit., 471; A.M. SANDULLI, Il giudizio, cit., 210 e ss.; V. CAIANIELLO, op. cit., 480, A. 
GLEIJESES, Profili sostanziali del processo amministrativo, Napoli, 1962, 111; C.E. GALLO, op. cit., 68; 

V. DOMENICHELLI, Le parti del processo, in S. CASSESE (diretto da), Trattato di diritto amministrativo, 
Diritto amministrativo speciale, IV, Milano, 2000, 3276; A. TRAVI, op. cit., 206; P. VIRGA, op. cit., 114; 

G.B. VERBARI, op. cit., 218; G. CORSO, Manuale, cit., 497 ss.; V. CERULLI IRELLI, op. loc. ult. cit.; E. 
FOLLIERI, op. cit., 280). 


una posizione sostanziale differenziata, che abilita un determinato soggetto 
all�esercizio dell�azione, il secondo � l�utilit� ricavabile dall�accoglimento 
della domanda di annullamento, prescindendo dal carattere �finale� o �strumentale
� di tale vantaggio (282). In questa ottica, contrariamente a quanto 
ritenuto dall�adunanza plenaria del 10 novembre 2008, l�eventuale �interesse 
pratico� alla rinnovazione della gara, allegato dalla parte ricorrente, non dimostra 
in s� e per s� la titolarit� di una posizione giuridica fondante la legittimazione 
al ricorso, posto che tale aspettativa non si distingue da quella che 
potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare a una 
futura selezione (283). 

Per il contro-interessato ricorrente incidentale, la legittimazione va comunque 
ricercata nel rapporto sostanziale, nella titolarit�, cio�, di una situazione 
giuridica soggettiva legittimante all�impugnazione dell�atto gi� oggetto 
del giudizio, per differenti motivi, o di un atto diverso; l�interesse, invece, 
sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, perch� la lesione 
della situazione giuridica soggettiva del contro-interessato diviene attuale solo 
in questo momento (284). Di certo, non � possibile ammettere che il contro-
interessato possa ricorrere incidentalmente per l�annullamento di un provvedimento 
amministrativo in assenza di legittimazione sostanziale, dato che si 
sottrarrebbe la domanda alla necessaria connessione con una situazione giuridica 
soggettiva e si attribuirebbe cos� implicitamente natura obiettiva alla 
giurisdizione amministrativa (285). Analogamente � a dirsi ove si ammetta al 
ricorso chi sia stato semplicemente esposto ad un rischio di danno, difettando 
qualunque concreta utilit�, patrimonialmente valutabile, ed agendosi altrimenti 
nell�interesse dell�ordinamento. 

Ad un simile esito si presta, nella materia dei contratti pubblici, la considerazione 
del valore della concorrenza, che assurge a interesse pubblico e principio 
generale di settore con le direttive n. 2004/17/CE e 2004/18/CE del 31 marzo 
2004, recepite nel d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, e con la direttiva n. 2007/66/CE 
dell�11 dicembre 2007 in tema di ricorsi, recepita con il d.lgs. 20 marzo 2010 n. 

(282) Cons. Stato, ad. plen, 7 aprile 2011 n. 4 cit., che puntualizza come �la legittimazione al ricorso 
presuppone il riconoscimento dell�esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall�ordinamento, 
riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall�amministrazione o da un 
soggetto ad essa equiparato. In s� considerata, la semplice possibilit� di ricavare dalla invocata decisione 
di accoglimento una qualche utilit� pratica, indiretta ed eventuale, non dimostra la sussistenza della posizione 
legittimante�. 

(283) G. FIDONE, Accoglimento del ricorso incidentale escludente e inammissibilit� del ricorso 
principale, in Giorn. dir. amm., 2011, 12, 1298 ss.. 

(284) F. FOLLIERI, op. cit.; W. CATALLOZZI, Ricorso incidentale, cit., 2. 

(285) Secondo G. CORSO, Manuale, cit., 498, �la legittimazione ad agire � espressione del principio 
individualistico che regge il processo amministrativo come il processo civile. Il processo serve 
alla tutela di una situazione giuridica personale, non per l�esercizio di un controllo diffuso sull�azione 
dell�amministrazione�. 


53 e trasfusa nel codice del processo amministrativo (286). Infatti, soprattutto 
l�ordinamento comunitario tende a far leva sugli interessi individuali al fine di 
perseguirne di pubblici, con l�effetto di ampliare l�area di meritevolezza della 
tutela (287). � in questo ordine di idee che l�interesse alla rinnovazione della 
gara pu� essere qualificato come �strumentale�, laddove, per�, la strumentalit� 
opera sul piano obiettivo della piena esplicazione del confronto concorrenziale 
tra operatori economici (288). Ed in effetti, la recente sentenza della Corte di 
Giustizia dell�Unione Europea, sezione X, 4 luglio 2013, causa C-100/12, ha 
implicitamente smentito l�adunanza plenaria del Consiglio di Stato 7 aprile 2011 

n. 4, dichiarando incompatibile con i principi generali del diritto comunitario, 
ed in particolare con il principio del giusto processo, utilizzandolo sotto l�aspetto 
dell�integrit� e parit� del contraddittorio, tale limitazione di tutela (289). 

Al contrario, il concetto di strumentalit� � stato utilizzato per evocare l�idea 
che il risultato perseguito con l�impugnazione non si esaurisce nell�annullamento 
dell�atto gravato, mirandosi a una riedizione dell�attivit� amministrativa 
come strumento realmente satisfattorio della pretesa individuale, quasi si trattasse 
di una proiezione processuale dell�interesse pretensivo (290). Tuttavia, 
l�interesse strumentale dell�impresa illegittimamente ammessa alla riedizione 
della gara si riduce a un nesso di probabile consequenzialit� tra accadimenti, 
posto che la rinnovazione, pur essendo la conseguenza pi� comune della caducazione 
degli atti, non costituisce l�esecuzione di un giudicato ma � il frutto 
dell�esercizio di una libera e incoercibile volont� di contrarre (291). Pertanto, 
nel caso dei ricorsi reciprocamente escludenti, �vengono a mancare entrambi i 
pilastri che sorreggono l�identit� giuridica della nozione di interesse strumentale 
all�azione: la pregressa lesione e la doverosit� dell�attivit� amministrativa riparatoria 
post-annullamento� (292). La ripetizione della procedura concorsuale, 
dunque, � s� un vantaggio oggettivo e pragmatico ma non ristora alcuna lesione 

(286) M. D�ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. 
amm., 2008, 297 ss.; F.G. SCOCA, Annullamento dell�aggiudicazione e sorte del contratto, in Foro amm. 
TAR, 2007, 801; E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 
n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, 1068 ss.. 


(287) F. FOLLIERI, op. cit.; M. D�ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza, cit., 310, afferma che 
�la logica della concorrenza [...] porta con s� un aumento degli strumenti di garanzia a disposizione 
delle imprese interessate al mercato libero�, inducendo a una rilettura della normativa vigente in senso 
ampliativo di tali strumenti. 

(288) F. FOLLIERI, op. cit. 

(289) Vedi in particolare, D. DI CARLO, Il principio del contraddittorio nel diritto amministrativo 
(profili sostanziali, procedimentali e processuali), in Cons. St., 2004, nn. 1-2-3. 

(290) P.M. VIPIANA, In margine ad un recente orientamento del Consiglio di Stato sul cosiddetto 
interesse strumentale a ricorrere, in Dir. proc. amm., 1987, 127, evidenzia �la corrispondenza, non biunivoca, 
tra interesse protetto di tipo pretensivo e interesse a ricorrere di tipo strumentale, nel senso che, 
se � vero che tutte le volte che ricorre il primo esiste il secondo, non � parimenti vero il contrario�. 

(291) A. GIANNELLI, op. cit.. 

(292) A. GIANNELLI, op. cit.. 


accertata in sede giurisdizionale di una situazione giuridica soggettiva preesistente, 
non saldandosi detto interesse con la legittimazione e non superando la 
soglia del giuridicamente rilevante (293). Ci� in quanto nel processo amministrativo 
� solo l�effettiva titolarit� della situazione soggettiva lesa a garantire 
la legittimazione del ricorrente, a differenza di quello civile in cui � sufficiente 
la semplice asserzione dell�avvenuta lesione di essa (294). 

In definitiva, la pi� recente presa di posizione dell�adunanza plenaria ha 
senz�altro il pregio di aver liberato il tema delle impugnative incrociate dalle 
suggestioni dell�interesse strumentale alla rinnovazione della procedura, di 
cui era espressione la precedente pronuncia del 2008 (295). In questo modo � 
stato chiarito che altro � la titolarit� di una posizione sostanziale legittimante, 
altro l�utilit� ricavabile dall�accoglimento dell�azione di annullamento e che 
l�interesse strumentale alla caducazione della gara e al suo rifacimento non 
pu� fungere, di per s�, da surrogato della legittimazione al ricorso, che deve 
pur sempre essere verificata dal giudice (296). 

Se questo � vero, tuttavia, non pu� farsi a meno di osservare che il precedente 
orientamento appariva pi� rispettoso dei principi di effettivit� della 
tutela e del giusto processo, dato che, attribuendo valore sistematico ai principi 
di imparzialit� del giudice e di parit� delle parti, li applicava anche all�ordine 
di trattazione delle questioni. Del resto, di ci� � consapevole pure la decisione 
del 7 aprile 2011, nella parte in cui riconosce comunque la validit� delle premesse 
sistematiche della precedente giurisprudenza, �poich� manifestano alcuni 
principi cardine del giudizio amministrativo, sostanzialmente confermati 
e sviluppati dal codice del processo�, tra cui �il canone di imparzialit� del giudice 
e quello di parit� delle parti, entrambi enunciati dalla Costituzione e dal 
diritto europeo, nelle sue varie articolazioni�. Tuttavia, di l� di questa petizione 
di principio, resta da capire se una presa di posizione quale � quella dell�adu


(293) M. MARINELLI, Ancora in tema di ricorso incidentale �escludente�; M.R. SPASIANO, Tutela 
della legalit� nel giudizio amministrativo: il ricorso incidentale in materia di gara (con due soli con-
correnti), in www.giustamm.it osserva che a beneficiare della riedizione della gara � soprattutto l�impresa 
terza, che potr� parteciparvi conoscendo in anticipo le capacit� tecniche e organizzative ascrivibili alle 
concorrenti che abbiano gi� partecipato al precedente confronto concorrenziale. F. CARNELUTTI, Diritto 
e processo, Napoli, 1958, 117, sottolinea come la sussistenza dell�interesse all�azione debba necessariamente 
radicarsi in un�autonoma e pregressa condizione di legittimazione processuale. 

(294) M. BOVE, Lineamenti di diritto processuale civile, Torino, 2006, 117, chiarisce che la titolarit� 
del diritto di cui l�attore si afferma titolare deve considerarsi uno dei c.d. elementi a doppia rilevanza, 
�rilevanti sia ai fini del rito che del merito, che vanno considerati nella loro apparenza per il 
primo profilo e nella loro realt� per il secondo profilo�. Nel medesimo senso S. SATTA, C. PUNZI, Diritto 
processuale civile, Padova, 2001, 101; G. CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 
1982, 578; G. VERDE, Profili del processo civile, Napoli, 2008, I, 154; G. BALENA, Elementi di diritto 
processuale civile, Bari, 2007, 55; C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2010, 47. 

(295) M. MARINELLI, op. cit.. 

(296) Nel senso che nel processo amministrativo non ci sia uno spazio per l�interesse a ricorrere, 
come autonomo presupposto del ricorso si esprime A. ATTARDI, L�interesse ad agire, Padova, 1958, 233 ss.. 


nanza plenaria del 7 aprile 2011 possa eccedere i limiti della giurisdizione amministrativa, 
dando cos� vita ad un vizio azionabile di fronte alle sezioni unite 
della Corte di Cassazione. 

Da ultimo, si segnala che la Corte di giustizia CE, nella recente sentenza 
4 luglio 2013, C-100/12, ha avuto modo di affermare che �L�articolo 1, paragrafo 
3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che 
coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative 
all�applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli 
appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 
2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell�11 dicembre 2007, 
deve essere interpretato nel senso che se, in un procedimento di ricorso, l�aggiudicatario 
che ha ottenuto l�appalto e proposto ricorso incidentale solleva 
un�eccezione di inammissibilit� fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere 
dell�offerente che ha proposto il ricorso - con la motivazione che l�offerta da 
questi presentata avrebbe dovuto essere esclusa dall�autorit� aggiudicatrice 
per non conformit� alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni tale 
disposizione osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile 
in conseguenza dell�esame preliminare di tale eccezione di inammissibilit� 
senza pronunciarsi sulla conformit� con le suddette specifiche tecniche sia 
dell�offerta dell�aggiudicatario che ha ottenuto l�appalto, sia di quella dell�offerente 
che ha proposto il ricorso principale�. Conseguentemente, il ricorso 
incidentale dell�aggiudicatario non pu� comportare il rigetto del ricorso di un 
offerente nell�ipotesi in cui la legittimit� dell�offerta di entrambi gli operatori 
venga contestata nell�ambito del medesimo procedimento e per motivi identici: 
in una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti pu� far valere 
un analogo interesse legittimo all�esclusione dell�offerta degli altri, che pu� 
indurre l�amministrazione aggiudicatrice a constatare l�impossibilit� di procedere 
alla scelta di un�offerta regolare. 

b-3) Come � noto, la ragionevole durata � uno dei principali corollari del 
principio del giusto processo, che ha animato e anima l�introduzione di misure 
acceleratorie. Il processo amministrativo ha iniziato a essere assoggettato al 
principio di ragionevole durata, sancito dalla CEDU, con la sentenza della 
Corte di Strasburgo del 26 febbraio 1993 (Salesi c. Italia), affermandosi il susseguente 
obbligo indennitario a carico dello Stato in caso di sua violazione. 
Dunque, gi� prima dell�approvazione della l. 24 marzo 2001 n. 89 (Previsione 
di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo 
e modifica dell�articolo 375 del codice di procedura civile), il tema in discorso 
era ben presente al legislatore, alla dottrina e alla giurisprudenza (297). 

(297) V. FIASCONARO, La ragionevole durata del processo amministrativo alla luce della Legge 
Pinto, in atti del Convegno �Giurisdizione: ragionevole durata del processo�, Palermo 11 e 12 novembre 
2011, 1 ss.. 


Quest�ultima, in particolare, dopo la riforma costituzionale del 1999 e 
quella della l. n. 205 cit., ha iniziato a fare applicazione del canone della ragionevole 
durata in un�ampia serie di casi e cio� per: i) semplificare la motivazione 
degli atti giudiziari nei casi previsti dalla legge; ii) mantenere il 
processo instaurato di fronte a giudice originariamente incompetente e divenuto 
tale per ius superveniens; iii) escludere la possibilit� di un�azione di condanna 
generica, di cui all�art. 278, cod. proc. civ.; iv) difendere la legittimit� 
costituzionale della definizione del ricorso con sentenza in forma semplificata; 
v) cancellare la causa dal ruolo solo in presenza dell�accordo di tutte le parti 
costituite; vi) affermare il principio della tendenziale concentrazione della tutela 
innanzi a un unico giudice; vii) evitare il rinvio della decisione della causa 
in ragione della rimessione al collegio della questione della completezza del-
l�istruttoria del processo; viii) interpretare in senso restrittivo l�art. 275, cod. 
proc. civ., sulla decisione collegiale della causa; ix) supportare l�applicazione 
della perenzione decennale; x) convertire l�appello in ricorso per l�ottemperanza; 
xi) assegnare al giudice amministrativo lo strumento del risarcimento 
del danno della posizione azionata aventi al medesimo foro; xii) coordinare il 
principio dispositivo col metodo acquisitivo in vista del sollecito ed efficace 
svolgimento del processo; xiii) vietare al giudice il differimento della discussione 
del ricorso in presenza di un�istanza di rinvio basata su allegazioni labiali 
e in presenza di espressa contraria volont� delle altre parti; xiv) ammettere la 
domanda risarcitoria nel corso del processo avanti al T.A.R. con semplice memoria 
notificata alle controparti (298). 

In base all�art. 2, comma 1, l. n. 89 del 2001, �chi ha subito un danno patrimoniale 
o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per 
la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, ratificata ai 
sensi della l. 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine 
ragionevole di cui all�articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto 
ad una equa riparazione�. L�accertamento della violazione avviene 
considerando la complessit� del caso, il comportamento delle parti, del giudice 
e di ogni altra autorit� chiamata a contribuire alla sua definizione, annettendo 
rilevanza al solo danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole 
e prevedendo adeguate forme di pubblicit� della dichiarazione dell�avvenuta 
infrazione a ristoro del danno non patrimoniale. 

(298) Cfr., rispettivamente, Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2001 n. 268, in Foro amm., 2001, 1; 
sez. IV, 15 febbraio 2002 n. 934, in Foro amm. CdS, 2002, 390, 2 marzo 2004 n. 942, in Foro it., 2004, 
III, 378, 12 giugno 2003 n. 3312, ibidem, 2003, III, 681; sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6799, in Foro amm. 
CdS, 2004, 2880; sez. IV, 17 febbraio 2004 n. 619, ibidem, 389, 14 dicembre 2004 n. 8028, ibidem, 12, 
3523; sez. V, 22 novembre 2005 n. 6489, ibidem, 2005, 11, 3313, 13 agosto 2007 n. 4447, in www.giustizia-
amministrativa.it; sez. VI, 27 giugno 2008 n. 3269, in Foro amm. CdS, 2008, 6, 1860; sez. IV, 29 
gennaio 2008 n. 248, in Guida dir., 2008, 10, 9; sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4889, in Foro amm. CdS, 2008, 
10, 2721, 12 marzo 2009 n. 1505, ibidem, 2009, III, 737, 16 giugno 2009 n. 3914, ibidem, 2009, 6, 1504. 


La domanda di equa riparazione si propone con ricorso nei confronti dei 
ministri interessati (i.e., a seconda dei casi, del Ministro della giustizia, della 
difesa o dell�economia) depositato nella cancelleria della Corte di Appello del 
�distretto� in cui ha sede il giudice competente, ai sensi dell�art. 11, cod. proc. 
pen., a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto � 
concluso o estinto il giudizio relativamente ai gradi di merito ovvero pende il 
procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata. Il ricorso � definito 
entro quattro mesi dal deposito con decreto impugnabile per cassazione 
secondo il rito camerale di cui agli artt. 737 e ss. cod. proc. civ. In merito al-
l�individuazione della Corte d�appello competente per la liquidazione dell�indennizzo, 
il termine �distretto� utilizzato dall�art. 3, l. n. 89 cit., non � 
sembrato applicabile, neppure estensivamente, alla giurisdizione amministrativa, 
la cui organizzazione territoriale non �, come � noto, per distretti. Conseguentemente, 
la giurisprudenza, in un primo tempo, ha valorizzato gli 
ordinari criteri di competenza e, in particolare, quello del c.d. foro erariale ex 
art. 25, cod. proc. civ. (299). Successivamente, si � orientata a considerare in 
modo unitario il giudizio presupposto che ha determinato il superamento del 
termine ragionevole, adottando il criterio della �sede� (ancorch� non distrettuale) 
del giudice di merito avanti a cui il giudizio si era instaurato, secondo 
le prescrizioni dell�art. 11, cod. proc. pen. (300). 

Una delle principali questioni applicative del canone di ragionevole durata 
al processo amministrativo concerne il rapporto tra il giudizio di cognizione 
e quello di ottemperanza, dovendosi stabilire se il secondo sia una 
prosecuzione del primo o meno, ci� al fine di individuare il dies a quo e ad 
quem del termine massimo di durata (301). Sul punto, alla stregua di un 
primo orientamento, � stata affermata la necessit� di sommare i due periodi, 
facendo decorrere il termine semestrale per la proposizione del ricorso dal 
passaggio in cosa giudicata formale della decisione che chiude il giudizio di 
ottemperanza, sottolineando il contributo che il giudice dell�ottemperanza 
fornisce all�integrazione del giudicato cognitorio (302). Al contrario, secondo 
una differente tesi, i due periodi non sarebbero sommabili in forza dell�autonomia 
del giudizio di ottemperanza rispetto a quello di merito, perch�, ai 
fini della ragionevole durata, rileva il singolo processo e non il �sistema giustizia
� nella sua globalit� (303). 

Le Sezioni unite civili hanno, alla fine, preferito l�orientamento pi� restrittivo, 
chiarendo che il giudizio di cognizione non si conclude con l�attribuzione 
del bene della vita richiesto, la cui individuazione avviene solo in 

(299) Cass. civ., sez. I, 4 febbraio 2003 n. 1653, in Ced cass., 2003. 

(300) Cass. civ., sez. un. , 16 marzo 2010 n. 6306, in Ced cass., 2010. 

(301) V. FIASCONARO, La ragionevole durata del processo amministrativo, cit.. 

(302) Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2005 n. 7978, in Giust. civ. mass., 2005, 4. 

(303) Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2009 n. 1732, in Giust. civ. mass., 2009, 1, 111. 


sede di ottemperanza, che non � quindi assimilabile al giudizio cognitorio 
(304). In tal senso, l�oggetto dell�ottemperanza � individuato in un autonomo 
�diritto all�esecuzione� distinto dalla situazione sostanziale azionata, che pu� 
includere anche domande non necessariamente avanzate in precedenza. Il che 
sarebbe pure confermato dall�impugnabilit� per cassazione, ai sensi dell�art. 
362, cod. proc. civ., delle decisioni di ottemperanza e dalla possibilit� di utilizzare 
questo tipo di giudizio anche per dare esecuzione a sentenze civili. 

Tuttavia, in senso critico, � stato rilevato che, nella giurisprudenza di Strasburgo, 
� chiaramente affermato che l�esecuzione di una sentenza o di una decisione, 
di qualsiasi autorit� giudiziaria si tratti, deve essere considerata come 
facente parte integrante del �processo� ai sensi dell�art. 6, CEDU, e che, 
quindi, il diritto all�esecuzione di una decisione giudiziaria � uno degli aspetti 
del diritto d�accesso alla giustizia (305). Analogamente, la posizione delle Sezioni 
Unite pare presupporre un processo amministrativo nel quale sono fatti 
valere unicamente interessi legittimi (306). 

Ai sensi dell�art. 34, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. amm., il potere di 
condanna dell�amministrazione � configurato senza restrizioni di oggetto (i.e. 
restituzione, ripristino, adempimento coattivo), introducendosi la possibilit� 
di anticipare nel giudicato di merito la statuizione delle misure indispensabili 
per un�adeguata ottemperanza; il che vale ad inglobare nel giudicato l�attuazione 
del diritto all�ottemperanza che, invece, si vorrebbe collocare in un momento 
successivo (307). Pu�, quindi, controvertersi se, in tema di fissazione 
dei criteri in base a cui il debitore deve proporre al creditore il pagamento di 
una somma entro un congruo termine ex art. 34, comma 4, cod. proc. amm., 
la durata ragionevole del processo sia da computare fino alla decisione definitiva 
sulla spettanza astratta delle somme e sul parametro di quantificazione 
oppure sino alla statuizione che individuer� concretamente l�ammontare (308). 

Sussistono, tuttavia, anche altre questioni circa il periodo di ragionevole 
durata del processo amministrativo, con riguardo, in primo luogo, alla fase di 
ottemperanza, che potrebbe non avere una conclusione definita nel tempo, perch� 
�l�esercizio del potere � sempre in fieri e dunque il percorso della fase 
esecutiva potrebbe essere non preventivabile a causa di eventuali connessi sviluppi 
cui la parte intendesse reagire� (309). Al riguardo, basti pensare al fatto 
che i provvedimenti del commissario ad acta possono essere censurati mediante 
una pluralit�, non quantificabile a priori, d�incidenti di esecuzione e 

(304) Cass. civ., sez. un., 24 dicembre 2009 n. 27365, in Red. giust. civ. mass., 2009, 12. 

(305) Corte CEDU 16 ottobre 2007 (De Trana c. Italia) e 19 marzo 1997 (Hornsby c. Grecia), ricordate 
da V. FIASCONARO, op. cit.. 

(306) V. FIASCONARO, op. cit.. 

(307) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 8 giugno 2011 n. 1428, in Red. Giuffr�, 2011. 

(308) V. FIASCONARO, op. cit.. 

(309) V. FIASCONARO, op. cit.. 


che il codice ha introdotto la possibilit� generale di proporre appello avverso 
le sentenze di ottemperanza, diluendone cos� i tempi e generando grande incertezza 
sulla sua durata. 

Particolarmente critico era, poi, l�originario regime codicistico sull�incompetenza, 
la cui eccezione poteva essere sollevata fino alla decisione del 
merito, con conseguente allungamento dei tempi di giustizia (310). Tuttavia, 
sul punto � intervenuto l�art. 1, d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, che, tra le 
principali novit� introdotte ai fini dell�attuazione dei principi di effettivit� e 
del giusto processo, ne ha profondamente modificato la disciplina (311). 
Un�innovazione necessaria se si considera che, in precedenza, erano lasciati 
eccessivi margini per rimettere in discussione la competenza sino all�esaurimento 
del giudizio, con l�inaccettabile rischio di far concludere il processo 
con un nulla di fatto, cio� una declaratoria di incompetenza che avrebbe vanificato 
tutto il lavoro svolto, rendendo cos� il processo non effettivo per la tutela 
del ricorrente e, in definitiva, ingiusto (312). Le novit� introdotte dal d.lgs. n. 
160 cit., pur ribadendo che la competenza � inderogabile e pur preservando il 
potere officioso di rilevarne il difetto sino alla decisione finale, ne rendono il 
rilievo pi� semplice, dato che comprimono i tempi per la proposizione del-
l�eccezione di parte, prevedono un�udienza-filtro, aboliscono il regolamento 
preventivo, di parte o d�ufficio, e colmano pure una lacuna sullo spostamento 
di competenza per ragioni di connessione, sul quale ultimo la giurisprudenza 
era ripetutamente intervenuta (313). A tale ultimo riguardo, tuttavia, la disciplina 
sulla connessione � ancora incompleta, perch� riguarda la sola ipotesi di 
connessione tra atto principale e suoi presupposti e non anche quella con gli 
atti consequenziali (314). 

Non esente da censure, sotto il profilo della ragionevole durata del processo, 
� la formulazione dell�art. 105, cod. proc. amm., in tema di rimessione 
al primo giudice ed a mente del quale il Consiglio di Stato rimette la causa al 
giudice di primo grado soltanto se � mancato il contraddittorio, oppure � stato 
leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullit� della sen


(310) Vedi in generale P. STELLA RICHTER, La competenza territoriale nel giudizio amministrativo, 
Milano, 1975. 

(311) M.A. SANDULLI, Il codice del processo amministrativo nel secondo correttivo: quali novit�?, 
in www.federalismi.it. 

(312) M.A. SANDULLI, Il codice cit.; R. DE NICTOLIS, Il secondo correttivo del codice del processo 
amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(313) Cons. Stato, ad. plen., 14 novembre 2011 n. 19, in Foro amm. CdS, 2011, 11, 3353, 16 novembre 
2011 n. 20, ibidem, 2011, 11, 3355, 25 giugno 2012 n. 23, ibidem, 2012, 6, 1537, 24 settembre 
2012 n. 33, ibidem, 2012, 9, 2230. 

(314) R. DE NICTOLIS, op. cit.. In generale cfr. G. BERTI, Connessione e giudizio amministrativo, 
Padova, 1970; M. RAMAJOLI, La connessione nel processo amministrativo, Milano, 2002. In particolare 
sui rapporti tra atto presupposto e atti derivati v. A. CALEGARI, L�invalidit� derivata nei rapporti tra atti 
amministrativi, Padova, 2012. 


tenza, o riforma la sentenza o l�ordinanza che ha declinato la giurisdizione o 
ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l�estinzione o la perenzione 
del giudizio. Si tratta di una soluzione formalistica, adeguata per il giudizio di 
sola legittimit� di una Corte di Cassazione, ma probabilmente eccessiva per 
un giudice d�appello, ancorch� munito di una funzione nomofilattica (315). 

In concreto, la giurisprudenza maturata in questi primi anni di applicazione 
del codice ha avuto modo di chiarire, in primo luogo, che l�omessa pronuncia 
del giudice di primo grado su alcuni motivi di ricorso non comporta 
rinvio ma ritenzione della causa ed integrazione della motivazione che il giudice 
di appello � legittimato ad operare decidendo il merito della causa (316). 
Parimenti, ha affermato che va rinviata al primo giudice la sentenza delibata 
sulla scorta di un elemento sollevato d�ufficio in assenza di contraddittorio ex 
art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (317). Analogamente, � suscettibile di annullamento 
con rinvio la sentenza emessa senza che la questione d�irricevibilit�/
inammissibilit� del ricorso, rilevata d�ufficio dal collegio, sia stata 
sottoposta alla trattazione delle parti, violandosi il generale principio processuale 
di garanzia del contraddittorio immanente alla garanzia costituzionale 
del giusto processo di cui all�art. 111 Cost., �che opera non solo nella fase 
d�instaurazione del processo ma ne permea l�intero svolgimento, ponendosi 
[�] come garanzia di partecipazione effettiva delle parti al processo, ossia 
come riconoscimento del loro diritto d�influire concretamente sullo svolgimento 
del processo e d�interloquire sull�oggetto del giudizio, sicch� le stesse 
devono essere poste in grado di prendere posizione in ordine a qualsiasi questione, 
di fatto o di diritto, preliminare o pregiudiziale di rito o di merito, la 
cui risoluzione sia influente ai fini della decisione� (318). Anche l�avvenuta 
decisione in forma semplificata della causa, cio� senza celebrazione del-
l�udienza di discussione, in assenza dei presupposti di legge, costituisce una 
compromissione del diritto di difesa ed � motivo di annullamento della sentenza, 
con conseguente rinvio al primo grado (319). 

Si pone, poi, il tema della computabilit� nel termine di ragionevole durata 
dell�eventuale giudizio di revocazione avverso la decisione finale (320). Infatti, 
il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda di 

(315) Vedi sul punto S. OGGIANU, Giurisdizione amministrativa e funzione nomofilattica. L�adunanza 
plenaria del Consiglio di Stato, Padova, 2011; G. GIOIA, La decisione sulla questione di giurisdizione, 
Torino, 2009; M.P. GASPERINI, Il sindacato della Cassazione sulla giurisdizione tra rito e 
merito, Padova, 2002; R. TISCINI, Il ricorso straordinario in Cassazione, Torino, 2005. 

(316) T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 27 febbraio 2013 n. 576, in Mass. red. IPSOA. 

(317) Cons. Stato, sez. III, 29 dicembre 2012 n. 6712, in Urb. e app., 2013, 2, 152; Cons. sic., 30 
gennaio 2012 n. 85, ibidem, 2012, 4, 473. 

(318) Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2012 n. 6040, in Mass. red. IPSOA. 

(319) Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 2012 n. 3317, in Mass. red. IPSOA; 15 novembre 2011 n. 
6042, in Giur. it., 2012, 5, 1168. 

(320) Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2010 n. 15778, in Giust. civ. mass., 2010, 7-8, 1004. 


equa riparazione, ai sensi dell�art. 4, l. n. 89 cit., decorre dalla data di definitivit� 
della decisione che chiude il processo della cui durata si discute, tale dovendosi 
considerare quella non ulteriormente impugnabile, salva la possibilit� 
di proporre i mezzi d�impugnazione straordinaria. Conseguentemente, nel-
l�ambito della revocazione, occorrer� distinguere il rimedio ordinario da quello 
straordinario, il cui termine decadenziale decorre dal momento in cui l�interessato 
ha preso conoscenza del vizio che potrebbe far valere. In tal senso, ove 
sia proposta la revocazione straordinaria, il relativo giudizio non pu� essere 
considerato ai fini dell�apprezzamento della ragionevole durata, non essendovi 
un rapporto di unicit� tra esso ed il precedente giudizio cognitorio (321). 

Pu�, inoltre, astrattamente controvertersi sulla computabilit� o meno del 
procedimento amministrativo, all�esito del quale � stato adottato l�atto impugnato, 
nel termine di (ragionevole) durata del processo. Infatti, alla stregua di 
una prima ricostruzione, anche nel sistema CEDU la violazione del principio 
in esame va valutata tenendo conto del comportamento dell�autorit� amministrativa 
prima del processo, a condizione che per la conclusione del procedimento 
non sia previsto alcun termine (cosa che ben difficilmente pu� avvenire 
nell�ordinamento italiano in seguito alla l. n. 241 del 1990) (322). Secondo 
altra ricostruzione, invece, l�art. 6 CEDU si riferisce alla sola funzione giurisdizionale 
ed esclude dal proprio perimetro applicativo i procedimenti amministrativi 
antecedenti al processo (323). 

Con riguardo al ricorso straordinario al Capo dello Stato, l�indennizzo 
per la violazione del termine di ragionevole durata non spetta, in quanto il rimedio, 
pur avendo carattere contenzioso, mantiene inalterata la propria natura 
amministrativa e, quindi, la sua decisione conclusiva non ha efficacia di giudicato 
(324). 

b-4) Da un punto di vista generale, anche nel processo amministrativo la 

(321) Cass. civ., sez. I, 15 novembre 2006 n. 24358, in Giust. civ. mass., 2006, 11. 

(322) Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2006 n. 7118, in Ced cass., 2006, 28 aprile 2006 n. 9853, 
ibidem. 

(323) Cass. civ., sez. I, 28 maggio 2010 n. 13088, in Ced cass., 2010. 

(324) Secondo Cons. Stato, sez. VI, 1� febbraio 2013 n. 636, in Dir. & giust., 2013, 4 marzo, �non 
� praticabile una acritica equiparazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica al ricorso 
giurisdizionale concluso con sentenza: ci� perch� appare innegabile che - per i pareri emessi dal Consiglio 
di Stato in sede di ricorso straordinario, dopo l�emanazione della l. n. 69 del 2009 - sia configurabile 
un�accezione nuova e non meramente provvedimentale dell�atto, conformemente emesso in forma 
di decreto presidenziale; la piena assimilazione di tale atto ad una sentenza risulta, d�altra parte, da escludere, 
per i delicati interrogativi che dovrebbero porsi, in caso contrario, in rapporto all�art. 111 Cost. e 
all�art. 6 CEDU�. Peraltro, l�atto formalmente espresso dal Capo dello Stato � da considerare non provvedimento 
esecutivo del giudice amministrativo �ma provvedimento equiparato a sentenza ai fini del-
l�esecuzione (nei limiti delle statuizioni nel parere stesso contenute), con conseguente riconducibilit� 
della fattispecie all�art. 112, comma 2, lett. d) c. proc. amm.�. In generale vedi L. BERTONAZZI, Il ricorso 
straordinario al Presidente della Repubblica: persistente attualit� e problemi irrisolti del principale 
istituto di amministrazione giustiziale, Milano, 2008; S. MORELLI, Il ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica, Padova, 2010. 


presenza di una tutela cautelare deriva direttamente dagli artt. 24, 103, 111 e 
113 Cost., dal momento che, come � noto, �la necessit� di servirsi del processo 
non deve tornare a danno di chi ha ragione� (325). Pur non descrivendosi nella 
Carta fondamentale le modalit� e i contenuti del provvedimento cautelare, le 
ricordate norme costituzionali implicano che, di l� della ragionevole durata 
del processo in vista della definitiva pronuncia di merito, il giudice debba fornire 
immediata, ancorch� instabile e provvisoria, tutela in tutti i casi in cui il 
bene della vita dedotto in giudizio rischi un pregiudizio irreparabile (326). 
Anche i principi di effettivit� e adeguatezza di origine comunitaria delineano 
un sistema processuale mirato a porre il ricorrente nella stessa situazione in 
cui si sarebbe trovato in assenza della violazione, garantendo la piena applicazione 
della disciplina sostanziale sin dalla fase cautelare e a prescindere da 
eventuali riflessi risarcitori (327). 

Infatti, gli artt. 24, 103 e 113 Cost. non si limitano ad riconoscere il diritto 
di azione nei confronti della pubblica amministrazione, ma vincolano il legislatore 
a mantenerne in ogni occasione l�integrit� e, quindi, l�equipollenza con 
ci� che � previsto per i diritti soggettivi anche in fase interinale (328). Ebbene, 
per i diritti, il codice di procedura civile predispone una tutela cautelare atipica, 
preventiva e potenzialmente erogabile anche in assenza di contraddittorio 
(329). Per gli interessi legittimi, invece, la legislazione processuale amministrativa 
si � per lungo tempo limitata a prevedere l�unica misura della sospensione 
dell�atto, previa presentazione del ricorso notificato, configurandola 
come risorsa post causam esperibile a contraddittorio gi� instaurato e senza 
diretto accesso al giudice (330). 

Dal punto di vista dell�effettivit� della tutela e del giusto processo, le 
principali questioni sono sempre state sollevate dal rito cautelare c.d. monocratico, 
introdotto dalla l. n. 205 del 2000 ed oggi retto dall�art. 56, cod. proc. 
amm. In particolare, l�odierna disciplina prevede che, prima della trattazione 
della domanda cautelare da parte del collegio, �in caso di estrema gravit� ed 
urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera 
di consiglio�, il ricorrente pu�, con la domanda cautelare o con distinto 
ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente �misure cautelari 
provvisorie�. Qualora l�esigenza cautelare non consenta l�accertamento del 

(325) S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sull�effettivit� della tutela giurisdizionale 
nella prospettiva comunitaria, Milano, 2004, 503 ss.; E. CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria 
del cittadino verso la pubblica amministrazione, Milano, 1964, 42. Il virgolettato � di P. CALAMANDREI, 
Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 20. Vedi da ultimo M.V. 
LUMETTI, Processo amministrativo e tutela cautelare, Padova, 2012. 

(326) S. TARULLO, Il giusto processo amministrativo, loc. cit.. 

(327) S. TARULLO, op. cit., 619 ss.. 

(328) S. TARULLO, op. cit., 505. 

(329) S. TARULLO, op. cit., 507. 

(330) S. TARULLO, op. cit., 508. 


perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, 
il presidente pu� comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca. Inoltre, 
�ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalit�, 
sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima del-
l�emanazione del decreto�. 

Quest�ultima previsione pone rimedio alla preesistente situazione in cui 
il presidente, a seguito della notifica della domanda cautelare, poteva semplicemente 
provvedere �anche in assenza di contraddittorio�, con una grande 
differenziazione dal regime processual-civilistico valevole anche per la giurisdizione 
esclusiva su diritti soggettivi, ove i provvedimenti provvisori sono 
pronunciati nel contraddittorio delle parti. Peraltro, il principio del contraddittorio 
� il cuore del giusto processo e, come tale, non pu� che essere integralmente 
applicabile anche alla materia cautelare e, quindi, alla fase 
presidenziale del rito monocratico (331). Differentemente, il giudice, non prendendo 
cognizione delle contrapposte tesi difensive, che potrebbero comunque 
destituire di fondamento il fumus boni iuris o il periculum in mora, non potrebbe 
assumere una decisione �giusta� (332). 

Inoltre, l�audizione presidenziale delle parti � assai importante, ai fini 
della ratifica o meno in sede collegiale del provvedimento provvisorio monocratico, 
considerate le suggestioni che il primo atto esercita nella camera 
di consiglio, ove pu� finirsi col discutere di un provvedimento gi� eseguito, 
con effetti irreversibili o difficilmente revocabili in dubbio (333). In questo 
senso, la dottrina pi� avveduta, gi� sotto l�imperio della legislazione precedente, 
aveva sostenuto che il principio del giusto processo imponesse di interpretare 
l�art. 21, l. n. 1034 cit., in modo tale che il decreto presidenziale 
fosse normalmente preceduto dalla convocazione delle parti con qualunque 
mezzo idoneo, ferma restando la possibilit� di prescinderne in caso d�indilazionabile 
urgenza (334). 

In particolare, quest�ultima situazione � stata accostata a quella contemplata 
dall�art. 669-sexies, comma 2, cod. proc. civ., e cio� di frangente in cui 
la convocazione delle parti pu� �pregiudicare l�attuazione del provvedimento� 
(335). In tal modo, si procede a un adeguato contemperamento tra l�effettivit� 
e la tempestivit� della tutela cautelare e il principio del giusto processo sub 
specie d�integrit� del contraddittorio voluto dalla Costituzione, evitandosi al 

(331) S. TARULLO, op. ult. cit., 586-587; E. PICOZZA, Il �giusto� processo amministrativo, cit., 
1062-1063; G. CRISCI, Giustizia e giusto processo, in Cons. St., 2002, II, 978. 

(332) M. CECCHETTI, Giusto processo (dir. cost.), in Enc. dir., V agg., 2001, 602 ss.. 

(333) D. DE CAROLIS, Il nuovo assetto della tutela cautelare (art. 3 della l. 205 del 2000), in F. 
CARINGELLA, M. PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2000, 235. 

(334) F. CINTIOLI, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urb. e app. 2001, 
237 e ss., 244; D. DE CAROLIS, Il nuovo assetto della tutela cautelare, cit., 234. 

(335) S. TARULLO, op. ult. cit., 590. 


contempo prese di posizione volte a marginalizzare aprioristicamente il ricorso 
al rito presidenziale (336). 

Sempre in materia di provvedimenti cautelari, tradizionalmente critico 
� sempre stato il tema della motivazione dei provvedimenti, la cui - talvolta 
estrema - laconicit� � giustificata con la necessit� di non pregiudicare il libero 
convincimento del giudice di merito. Tuttavia, si tratta di un�argomentazione 
�inconferente� rispetto alla funzione che il provvedimento provvisorio ha assunto 
nella realt� processuale, almeno da quando si � ammesso il doppio 
grado del giudizio cautelare (337). L�ordinanza, infatti, ha assunto netta fisionomia 
di sentenza o comunque di decisione, rendendosi sempre pi� autonoma 
dalla fase di merito che, in passato, sopravveniva spesso a distanza di 
anni. Un lasso temporale cos� ampio comportava che il giudice della cautela, 
gi� prima della l. n. 205 cit. e del codice, non si limitasse a decidere sulla sospensione 
o meno dell�esecutivit� dell�atto impugnato ma finisse col dettare 
una disciplina provvisoria del rapporto controverso, entrando anche nel merito 
amministrativo (338). 

L�obbligo di motivazione dell�ordinanza sospensiva incombe perch� essa 
� un provvedimento giurisdizionale ai sensi dell�art. 111 Cost. e, quindi, � garanzia 
necessaria e ineludibile per l�attuazione del giusto processo (339). In 
tal senso, la motivazione non pu� risolversi, negativamente, nella mera giustificazione 
dell�assenza del danno grave e irreparabile, ma deve riguardare, 
positivamente, la presenza o meno di esso, secondo un iter logico trasparente, 
ancorch� sommario, tale da consentire alla parte soccombente di valutarne la 
persuasivit� ed eventualmente proporre appello (340). Pertanto, dovendo tutti 
i provvedimenti giurisdizionali, aventi contenuto sostanzialmente decisorio, 
essere motivati, incluse le ordinanze cautelari, la carenza di motivazione dovrebbe 
integrare un motivo di giurisdizione tale da giustificare la proposizione 
del ricorso in Cassazione (341). 

In tal senso, la previsione di cui all�art. 55, comma 9, cod. proc. amm., 
per cui �l�ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio 
allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole 
previsione sull�esito del ricorso�, non pu� che essere inteso nel senso 
pi� pieno, rifuggendo da esegesi volte a sminuirne la portata, magari mediante 
ricorso a formulette pigre e stereotipate. 

(336) E.M. BARBIERI, L�effettivit� della giustizia amministrativa fra giudizio di ottemperanza e 
risarcimento del danno, in Giust. civ., 2001, II, 255. Nel senso di limitare il pi� possibile lo strumento 
presidenziale � E. QUADRI, La tutela cautelare ante causam nell�evoluzione giurisprudenziale, anche 
alla luce degli orientamenti comunitari, in TAR, 2000, II, 652. 

(337) E. PICOZZA, op. cit., 1074. 

(338) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(339) E. PICOZZA, op. cit., 1075. 

(340) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(341) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 


b-5) Anche la domanda riconvenzionale � un istituto che, tradizionalmente, 
nel processo amministrativo solleva pi� di una questione. In particolare, 
il concetto di domanda riconvenzionale � tratto dall�art. 36, cod. proc. 
civ., per tale intendendosi quella proposta dal convenuto nei confronti del-
l�attore, nell�ambito del medesimo processo, al fine di ottenere un provvedimento 
a s� favorevole, diverso e indipendente dal rigetto totale o parziale 
della domanda attorea (342). La domanda riconvenzionale si differenzia, 
quindi, dall�omonima eccezione, che si limita alla richiesta di reiezione della 
pretesa avversa e comporta anche un diverso valore di accertamento, che per 
la domanda non � limitato al singolo giudizio ma ha efficacia di giudicato tra 
le parti anche in eventuali liti future (343). Quanto alla tipologia di domande 
riconvenzionali ammissibili, secondo la pi� recente giurisprudenza civile di 
legittimit�, dovrebbe quantomeno sussistere un collegamento obiettivo tra le 
domande, tale da implicare l�opportunit� del simultaneus processus, in ossequio 
al principio dell�economia dei giudizi, opportunit� la cui valutazione rimane 
riservata al giudice (344). 

Nel processo amministrativo, in cui la parte resistente � il pubblico potere, 
la domanda riconvenzionale � dunque normalmente avanzata da un�amministrazione 
nei confronti di un privato, al fine di ottenere un accertamento pieno 
e completo, destinato a passare in giudicato, in apparente distonia con l�idea 
che la giustizia amministrativa sia, ai sensi dell�art. 103 Cost., uno strumento 
di tutela nei confronti dell�amministrazione (345). L�art. 42, cod. proc. amm., 
nel quadro della riforma del ricorso incidentale, ha finalmente formalizzato 

(342) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, 207 ss.; E. VULLO, Domanda riconvenzionale, 
in Il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, V, Milano, 2007, 593 ss.; V.G. BALENA, Elementi 
di diritto processuale civile, I, Bari, 2006, 170; S. VENEZIANO, Ampliamento dell�oggetto del giudizio 
risarcitorio: domanda riconvenzionale e chiamata in giudizio del terzo, relazione al convegno di studi 
�Potere amministrativo e Responsabilit� civile�, Roma, 10-12 ottobre 2002, in www.giustizia-amministrativa.
it. Sulla domanda riconvenzionale v. anche: N. JAEGER, La riconvenzione nel processo 
civile, Padova, 1930; P. NAPPI, La domanda proposta in via riconvenzionale, in Riv. trim. dir. proc. 
civ., 1989, 751 ss.; G. TARZIA, C.E. BALBI, Riconvenzione (diritto processuale civile), in Enc. dir., 
XL, Milano, 1989, 675 ss.; S. EVANGELISTA, Riconvenzionale (domanda), in Enc. giur., XXVII, Roma, 
1991, 1 ss.; E. VULLO, Riconvenzione, in Dig. disc. priv., XVII, Torino, 1999, 539 ss.. Per riferimenti 
generali confronta per tutti A. DI GIOVANNI, La domanda riconvenzionale nel processo amministrativo, 
Padova, 2004. 

(343) S. VENEZIANO, Ampliamento dell�oggetto del giudizio risarcitorio: domanda riconvenzionale 
e chiamata in giudizio del terzo, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(344) In particolare, secondo Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2011 n. 27564, in Ced cass., rv. 
620865, �la relazione tra domanda principale e domanda riconvenzionale, ai fini dell�ammissibilit� di 
quest�ultima, non va intesa in senso restrittivo, nel senso che entrambe debbano dipendere da un unico 
ed identico titolo, essendo sufficiente che fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento 
obiettivo, tale da rendere consigliabile ed opportuna la celebrazione del simultaneus processus, a fini di 
economia processuale ed in applicazione del principio del giusto processo di cui all�art. 111, primo 
comma, Cost.�; nel medesimo senso, v. anche Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2006 n. 8207, ibidem, rv. 589952 
e sez. III, 4 luglio 2006 n. 15271, ibidem, rv. 591701. 

(345) S. VENEZIANO, Ampliamento, cit. 


l�istituto della domanda riconvenzionale, accogliendo cos� l�orientamento giurisprudenziale 
maggioritario secondo cui essa andava proposta con le modalit� 
e nei termini del ricorso incidentale, piuttosto che con la prima memoria difensiva 
(346). Infatti, la disposizione citata prevede che le parti resistenti e i 
controinteressati possono proporre �domande il cui interesse sorge in dipendenza 
della domanda proposta in via principale� e, �nelle controversie in cui 
si faccia questione di diritti soggettivi, le domande riconvenzionali dipendenti 
da titoli gi� dedotti in giudizio�, a mezzo di ricorso incidentale, da proporre 
nel termine di sessanta giorni dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. 
Il ricorso incidentale, dunque, cessa di essere un istituto proprio del solo 
giudizio di impugnazione a tutela di interessi legittimi, come istanza con cui 
chi � investito dall�altrui impugnazione di un atto amministrativo chiede al 
giudice l�annullamento o la riforma di questo per ragioni diverse (347). 

Gi� prima dell�avvento del codice, argomenti a favore dell�ammissibilit�, 
avanti al giudice amministrativo, di domande riconvenzionali erano ricavati 
sia dall�esistenza di istituti assimilabili ad essa, nel senso di consentire un 
ampliamento dell�oggetto del giudizio, come il ricorso incidentale o per motivi 
aggiunti, sia dal principio di economicit� dei giudizi, direttamente derivante 
dai canoni di effettivit� e ragionevole durata del processo, che rendono 
necessaria la sollecita trattazione congiunta delle domande dell�attore-ricorrente 
e del convenuto-resistente, prevenendo un conflitto di giudicati. Anche 
la cennata configurazione della giurisdizione amministrativa esclusiva come 
�piena� e tendenzialmente parallela a quella ordinaria � incompatibile con 
una limitazione delle facolt� processuali delle parti che escluda l�esperibilit� 
di domande riconvenzionali. 

In realt�, l�art. 42, cod. proc. amm., non sembra sciogliere il nodo del perimetro 
di applicazione e dei limiti della domanda riconvenzionale nel giudizio 
di legittimit�, giacch�, pur non potendosi escludere l�ipotesi di un provvedimento 
amministrativo lesivo di situazioni giuridiche diverse ed appartenenti 
a distinti soggetti, resta il fatto che ciascuno di essi ha l�onere di impugnarlo, 
a meno che non preferisca affidarsi al solo ricorso incidentale condizionato 
(348). Non vi sono, invece, preclusioni di sorta all�ammissione della domanda 
riconvenzionale nel processo di giurisdizione esclusiva (349). In particolare, 
l�ipotesi pi� frequente � quella della domanda riconvenzionale che dipende 
dal titolo dedotto dall�attore ricorrente (es. il concessionario che impugna l�atto 
di risoluzione del rapporto concessorio e l�amministrazione che agisce in riconvenzionale 
per il risarcimento del danno da inadempimento agli obblighi 

(346) E. PICOZZA, Codice del processo amministrativo, cit., 81 ss.. 

(347) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(348) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 305 ss.. 

(349) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 


nascenti dalla convenzione stessa) (350). Tuttavia, non si pu� escludere anche 
la domanda riconvenzionale che dipende dal titolo che gi� appartiene alla 
causa come mezzo di eccezione (es. eccezione di compensazione dedotta dal-
l�amministrazione che chiede la condanna dell�attore al pagamento della differenza 
a proprio favore) (351). La domanda riconvenzionale � un�azione 
�invertita�, cio� proposta dal convenuto-resistente e che sul modello del codice 
di procedura civile e della relativa giurisprudenza pu� essere pi� o meno 
autonoma, fino all�estrema ipotesi di una domanda riconvenzionale fondata 
su un titolo diverso da quello dedotto dall�attore ma ad esso collegato da motivi 
di connessione obiettiva, in base al principio di economia del processo (352). 
Il giudice amministrativo ha, quindi, l�obbligo di pronunciarsi sulla domanda 
riconvenzionale anche in caso di rinunzia al ricorso principale o di cessazione 
della materia del contendere in ordine alla domanda del ricorrente medesimo. 
Infatti, essendo venuta meno la previgente previsione che privava 
di efficacia il ricorso incidentale nel caso in cui fosse stato prodotto dopo la 
rinuncia a quello principale o la declaratoria di inammissibilit� di esso per 
essere intempestivo, pu� dubitarsi della natura esclusivamente accessoria 
del ricorso incidentale. 

In definitiva, l�istituto della domanda riconvenzionale assicura, prevalentemente 
a favore dell�amministrazione, la parit� sostanziale e processuale delle 
parti, non solo in linea coi dettami del principio di effettivit� della tutela e del 
giusto processo, ma anche che corrisponde al modello di amministrazione negoziale 
e concettuale che la pi� recente legislazione sostanziale ha affiancato 
a quello tradizionale di stampo unilaterale e autoritario (353). 

b-6) Il codice del 2010 non ha, poi, posto rimedio all�inadeguatezza strutturale 
della nozione classica di �litisconsorzio�, cio� di processo con pluralit� 
di parti, nella giurisdizione generale di legittimit�, ove ancor oggi residuano 
margini per un�incompleta attuazione dei principi di effettivit� e del giusto 
processo, sub specie di garanzia dell�integrit� del contraddittorio (354). 

Infatti, la completezza e la pienezza del contraddittorio sono elementi essenziali 
ai fini sia della validit� del rapporto processuale, sia della giustizia 
sostanziale della sentenza conclusiva; tuttavia � noto che l�atto amministrativo 
emanato in esito a un procedimento pu� dar vita ad una serie assai ampia di 
rapporti tra l�amministrazione e le parti private, ovvero anche tra queste ultime, 

(350) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(351) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(352) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(353) E. PICOZZA, op. loc. cit.. 

(354) Sulla figura del litisconsorzio, cfr. E. REDENTI, Il giudizio civile con pluralit� di parti, Milano, 
1960; G. FABBRINI, Litisconsorzio, in Enc. dir., XXIV, Roma, 1974, 810 ss.; G. COSTANTINO, Litisconsorzio. 
I) Diritto processuale civile, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990, 1 ss.; E. STICCHI DAMIANI, Le 
parti necessarie nel processo amministrativo, Milano, 1988. 


creando cos� un �rapporto giuridico complesso� ovvero un fascio di rapporti 
giuridici (355). A fronte di tali ipotesi, come, ad esempio, nei procedimenti di 
pianificazione, attuare il principio di completezza del contraddittorio con lo 
strumento ordinario del litisconsorzio, cio� con la notificazione a tutti i controinteressati 
del ricorso, � impossibile, essendo necessario adottare meccanismi 
alternativi, come la notificazione per pubblici proclami, la sostituzione 
processuale o la soggettivizzazione di nuove figure esponenziali (si pensi alle 
associazioni ambientaliste o consumeristiche) (356). 

Al riguardo, l�art. 41, cod. proc. amm., ha introdotto un doppio regime 
di notifica, disponendo per le azioni di annullamento la notifica alla pubblica 
amministrazione (non pi� all�organo) che ha emanato l�atto e ad almeno uno 
dei controinteressati individuati nell�atto (non pi� ai controinteressati cui 
l�atto si riferisce), e per quelle di condanna l�obbligo di notifica anche ai beneficiari 
dell�atto. 

Per quanto riguarda le azioni di annullamento, le scelte del codice si traducono 
in altrettante limitazioni al principio del contraddittorio, nei casi in cui 
l�organo che ha emanato l�atto non coincida con la pubblica amministrazione 
ovvero in cui vi siano controinteressati in senso sostanziale non indicati nel-
l�atto, come avviene nei rapporti giuridici complessi (357). 

In tali casi opereranno l�integrazione del contraddittorio ex art. 49, cod. 
proc. amm., ovvero la notificazione per pubblici proclami, ex art. 41, comma 
4, cod. proc. amm., qualora essa sia particolarmente difficile per il numero di 
persone da chiamare, vale a dire proprio gli strumenti destinati ad entrare in 
scena laddove la nozione di litisconsorzio rivela i propri limiti. 

b-7) Particolarmente rilevanti sono le criticit� della vigente disciplina del 
contenzioso elettorale, soprattutto per ci� che essa non disciplina, in difformit� 
da quanto previsto dalla legge delega sulla codificazione. 

Il contenzioso elettorale, in particolare, consiste nel complesso delle contestazioni 
rivolte, in sede processuale, alla regolarit� e legittimit� del procedimento 
collegato all�elezione degli organi elettivi presenti nello Stato, quali, 
principalmente, il Parlamento e gli enti locali (358). Prima della codificazione 
del 2010, l�art. 6, l. n. 1034 cit., affidava al giudice amministrativo la competenza 
�a decidere sui ricorsi concernenti controversie in materia di operazioni 

(355) E. PICOZZA, Il processo amministrativo, cit., 125, che rinvia all�elaborazione di G.B. VERBARI, 
Principi di diritto processuale amministrativo, Milano, 2000, 169 ss., e di A. PIRAS, Interesse 
legittimo e giudizio amministrativo, I, Struttura del giudizio e legittimazione al processo, Milano, 
1962, 72 ss.. 

(356) E. PICOZZA, op. ult. cit., 126. 

(357) E. PICOZZA, Codice del processo amministrativo, cit., 81 ss.. 

(358) P.M. SAVASTA, Il contenzioso elettorale, relazione al convegno di studi �La codificazione 
del processo amministrativo: riflessioni e proposte�, Siracusa 30 e 31 ottobre 2009, in www.giustiziaamministrativa.
it. E pi� in generale N. SAITTA, I giudizi elettorali, Milano 2010. 


per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionali�, con esclusione 
di quello afferente ai due rami del Parlamento. Come � noto, l�art. 44, l. n. 69 
cit., sulla base del quale � stato adottato il d.lgs. n. 104 cit., nel conferire la 
delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, 
prevedeva anche la revisione e razionalizzazione dei riti speciali e del contenzioso 
elettorale, �introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale 
preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato 
della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera 
di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili 
con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data 
di svolgimento delle elezioni�. 

Il ricorso contro l�ammissione o l�esclusione di liste alle elezioni politiche 
� uno dei problemi pi� gravi del contenzioso elettorale, specialmente sotto il 
profilo dell�individuazione del giudice da adire, la cui portata � esplosa proprio 
a ridosso dell�avvento del codice del processo amministrativo, il quale, nelle 
intenzioni del legislatore delegato, avrebbe dovuto porvi rimedio (359). 

Per comprendere come, � necessario premettere che, ai sensi degli artt. 
22 e 23, d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361, il procedimento di esame delle liste elettorali 
� affidato in primo grado all�Ufficio centrale circoscrizionale e in secondo 
grado all�Ufficio centrale nazionale, secondo un procedimento 
aggravato rispetto all�analoga procedura di controllo relativa agli enti locali e 
che delinea un sistema compiuto, a carattere e natura paragiurisdizionale, di 
verifica delle operazioni preparatorie del procedimento elettorale (360). Il sistema 
di controllo delle operazioni preliminari, quindi, essendo affidato ad organi 
specializzati composti da magistrati di Corte d�Appello e di cassazione 
ed essendo scandito da tempi assai ristretti, � concepito per arrivare allo scrutinio 
con schieramenti politici immodificabili (361). 

Se tale � la disciplina del procedimento preparatorio, viene in questione 
il disposto dell�art. 66 Cost., per il quale ciascuna Camera giudica dei titoli di 
ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilit� 
e di incompatibilit�, che ove interpretato nel senso di escludere dal sindacato 
parlamentare la fase di ammissione delle liste pone la questione dell�indivi


(359) Sul punto, v. A. CARIOLA, L�ammissione delle liste elettorali alla ricerca di un giudice: 
l�art. 66 Cost. alla prova del giusto processo, nota a T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 22 aprile 2006, n. 
629, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(360) P.M. SAVASTA, op. ult. cit., il quale rileva che, per gli enti locali, ai sensi dell�art. 33, d.p.r. 
16 maggio 1960 n. 570, l�ammissione delle liste � sottoposta al sindacato in unico grado della Commissione 
elettorale circondariale, essendo possibile soltanto, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la 
data della votazione, l�audizione dei delegati delle liste contestate o modificate, l�ammissione di nuovi 
documenti e la deliberazione sulle modificazioni eseguite, nonch� la ricusazione altres� delle liste per 
le quali non si sia provveduto a ripristinare il rapporto percentuale. 

(361) P.M. SAVASTA, op. ult. cit. 


duazione del giudice competente ad esprimersi sui relativi reclami e proteste 
(362). Un problema che, in difetto di una chiara affermazione, potrebbe ridondare 
in un vulnus del diritto di azione, di cui all�art. 24 Cost., e quindi degli 
artt. 117 Cost. e 6 CEDU per l�esistenza di un evidente vuoto di tutela. 

In merito, l�art. 66 Cost. � stato inteso dalla giurisprudenza amministrativa 
come diretto a soddisfare la finalit� di riservare in via esclusiva a ciascuna Camera 
�il potere di sindacare la regolarit� e la validit� degli atti pertinenti alla 
sequenza procedimentale che, dalla presentazione delle liste, conduce alla proclamazione 
degli eletti� (363). In questa ottica, il procedimento elettorale relativo 
alla formazione di un organo costituzionale � una materia che 
l�ordinamento non ha attribuito al giudice amministrativo, stante l�assenza sul 
punto di un�esplicita norma sulla giurisdizione (364). In effetti, tutte le volte 
in cui il legislatore ha disciplinato gli strumenti di impugnazione della fase 
preliminare di una consultazione elettorale, ne ha espressamente affidato la 
giurisdizione al giudice amministrativo, come si evince dagli artt. 83/11, d.p.r. 
16 maggio 1960 n. 570, per le elezioni comunali, 7, l. 23 dicembre 1966 n. 
1147, per quelle provinciali, 19, l. 17 febbraio 1968 n. 108, per quelle regionali 
e 42, l. 24 gennaio 1979 n. 18, per quelle del Parlamento europeo, nessuna 
delle quali applicabile in via analogica ad un�ipotesi non contemplata quale � 
quella delle elezioni dei rami del Parlamento. 

Tuttavia, se certamente difetta la giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo, 
giudice naturale della fase preparatoria di tutte le altre elezioni, 
anche quella della giunte elettorali parlamentari � stata revocata in dubbio 

(362) Sulla �verifica dei poteri�, si rinvia ai seguenti contributi fondamentali: P. VIRGA, La verifica 
dei poteri, Palermo, 1949; L. ELIA, Elezioni politiche (contenzioso), in Enc. dir., XIV, Roma, 1965, ad 
vocem; A. MANZELLA, La prerogativa della verifica dei poteri, in Il Regolamento della Camera dei deputati. 
Storia, istituti, procedure, 1968, 191 ss.; M.L. MAZZONI HONORATI, Osservazioni sulla verifica 
dei poteri in Francia, Gran Bretagna, Germania federale e Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1983, 4, 1412 
ss.; V. LIPPOLIS, Commento dell�art. 66 Cost., in G. BRANCA (a cura di) Commentario della Costituzione, 
Bologna, 1986, 115 ss.; V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Elezioni. Elezioni politiche: contenzioso, in Enc. giur., 
XII, Roma, 1989, ad vocem; M. MIDIRI, Cause di ineleggibilit� e garanzie nel procedimento parlamentare 
di verifica delle elezioni, in Giur. cost., 1990, 3, 911 ss.; V. CRISAFULLI, L. PALADIN, (a cura di), Art. 
66, in Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, ad vocem; C. DE CESARE, Verifica dei poteri, 
in Enc. giur., XXXII, Roma, 1994, ad vocem; G. LASORELLA, Parlamento: la verifica dei poteri alla 
prova del nuovo sistema elettorale: nuove vicende e antiche perplessit�, in Quad. cost., 1996, 2, 290 
ss.; I. NICOTRA GUERRERA, La verifica dei poteri e diritto alla difesa nel contenzioso elettorale politico, 
in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1997, 115, 87 ss.; F. LANCHESTER, La verifica dei 
poteri nel diritto comparato: modelli a confronto, in Giur. cost., 1998, 5, 2859 ss.; C.P. GUARINI, Contraddittorio 
e trasparenza nel nuovo regolamento della verifica dei poteri, in Rass. Parl., 1999, 3; M. 
CERASE, Sviluppi e contrasti in materia di verifica dei poteri, in Dir. pubbl., 2004, 2, 666 ss.; L. TRUCCO, 
Ammissibilit� delle liste elettorali: un chiarimento �una volta per tutte�?, in www.giurcost.org; E. LEHNER, 
La verifica dei poteri nelle ultime legislature del Parlamento italiano, in Rass. parl., 2009, 2009, 
419 ss.; P. TORRETTA, Quale giudice per il contenzioso pre-elettorale politico? Riflessioni sulla sentenza 
della Corte costituzionale n. 259 del 2009, in www.forumcostituzionale.it. 

(363) Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2006 (ord.za) n. 1386, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(364) T.A.R. Lazio, sez. II, 16 marzo 2006 (ord.za) n. 1573, in www.giustizia-amministrativa.it. 


dall�esegesi restrittiva fornita dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati 
in data 20 marzo 2006. Infatti, in quell�occasione venne precisato che i 
ricorsi volti all�ammissione delle liste sono una materia che esula del tutto 
dalle competenze della Giunta, le cui funzioni sono finalizzate alla verifica 
dei poteri per le elezioni precedenti (365). Anche la Corte costituzionale, con 
ordinanza del 23 marzo 2006 n. 117, si dichiar� incompetente a risolvere 
quello che, a tutti gli effetti, riteneva un conflitto di giurisdizione; conflitto 
sul quale le sezioni unite della Corte di cassazione, con ordinanze 6 aprile 
2006 n. 8118-8119, hanno tuttavia dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione, 
sia del giudice ordinario che di quello amministrativo, con ci� realizzando 
l�ultimo dei presupposti di un inaccettabile vuoto di tutela. 

In un simile contesto, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione 
Siciliana, con ordinanza depositata il 29 maggio 2008 n. 489, ha sollevato 
questione di legittimit� costituzionale degli artt. 23 e 87, d.p.r. n. 361 cit. 
�nella parte in cui non prevedono l�impugnabilit� davanti al giudice amministrativo 
delle decisioni emesse dall�Ufficio elettorale centrale nazionale, 
aventi, per effetto, l�arresto della procedura, a causa della definitiva esclusione 
del candidato o della lista dal procedimento elettorale�, per violazione degli 
artt. 3, 24, comma 1, 51, comma 1, 103, comma 1, 113 e 117, Cost., quest�ultimo 
in relazione all�art. 6 CEDU (366). A sostegno della propria tesi, il Consiglio 
di giustizia amministrativa ha riaffermato la natura amministrativa e non 
paragiurisdizionale del provvedimento di esclusione dal procedimento elettorale 
nazionale adottato dall�Ufficio elettorale centrale nazionale e quindi la 
necessit� della giurisdizione amministrativa in materia (367). 

Tuttavia, la Corte Costituzionale, con sentenza 19 ottobre 2009 n. 259, si 
� limitata, in primo luogo, a ribadire la natura amministrativa dei controlli effettuati 
dall�Ufficio circoscrizionale e da quello centrale, sul rilievo che la collocazione 
di detti organi presso le Corti d�Appello e la Corte di Cassazione 
�non comporta che i collegi medesimi siano inseriti nell�apparato giudiziario, 
evidente risultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello 
strutturale, di un nesso organico di compenetrazione istituzionale che consenta 
di ritenere che essi costituiscano sezioni specializzate degli uffici giudiziari 
presso cui sono costituiti� (368). La Corte ha, poi, ricordato come la costante 
e uniforme giurisprudenza di legittimit� abbia escluso la giurisdizione del giudice 
ordinario, come di ogni altro giudice, sul procedimento elettorale preparatorio, 
ritenendo gli Uffici elettorali centrali, circoscrizionale e nazionale, 

(365) Il documento � citato da P.M. SAVASTA, op. ult. cit. 

(366) E. LEHNER, Osservazioni a Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 
ord. 29 maggio n. 489, in www.associazioneitalianacostituzionalisti.it. 

(367) Cons. sic., 6 aprile 2006 (ord.za) n. 218, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(368) V. anche Corte cost. 20 maggio 2008 n. 164, 17 marzo 2006 n. 104, 4 febbraio 2003 n. 29, 
5 novembre 1996 n. 387, tutte in www.cortecostituzionale.it. 


degli �organi straordinari, temporanei e decentrati, di quelle stesse Camere 
legislative alla cui formazione concorrono, svolgendo una funzione contingente 
e strumentale, destinata ad essere controllata o assorbita da quella delle 
stesse Camere, una volta queste costituite� (369). Solo a partire dalla XIII 
Legislatura, la Camera dei deputati ha negato la propria competenza a conoscere 
i ricorsi riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarandone 
l�inammissibilit�, sulla base della considerazione che �la verifica 
dei titoli di ammissione degli eletti esclude per definizione che nella stessa 
possa ritenersi ricompreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive 
di coloro i quali (singoli o intere liste) non hanno affatto partecipato 
alla competizione elettorale� (370). 

La circostanza che la Camera dei deputati abbia negato la propria giurisdizione 
sulle controversie riguardanti gli atti del procedimento elettorale preparatorio 
implica che, sulla questione, possa sorgere un conflitto di 
giurisdizione, che spetta alle sezioni unite della Corte di Cassazione dirimere, 
ovvero, qualora ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, un conflitto 
di attribuzioni tra poteri dello Stato (371). In definitiva, non si verserebbe in 
presenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile 
con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, ma di una controversia 
interpretativa, da considerare circostanza contingente e accidentale non 
riferibile alla norma in s� e che, pertanto, non d� luogo ad un problema di 
costituzionalit� (372). 

Da segnalare che la Corte non ha ritenuto di qualificare come interessi 
legittimi le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel procedimento 
elettorale preparatorio, venendo piuttosto in questione il diritto di 
elettorato passivo, sub specie di diritto a prendere parte al procedimento elettorale, 
cio� un diritto soggettivo garantito da norma costituzionale, la cui tutela 
rientra in via di principio nella giurisdizione ordinaria ovvero, solo in 
presenza di un�esplicita attribuzione per legge, alla giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo (373). 

Proprio questa � l�ottica che ha animato l�inclusione nel perimetro della 
delega, di cui all�art. 44, l. n. 69 cit., di una costituenda giurisdizione amministrativa 
esclusiva per la tutela avverso gli atti, aventi natura amministrativa, 
adottati dagli Uffici centrali a ci� preposti nel procedimento preparatorio delle 

(369) Cass. civ., sez. un., 31 luglio 1967 n. 2036, in Foro amm., 1968, I, 20 ss., 9 giugno 1997 n. 
5135, in Ced. Cass., rv. 505037, 22 marzo 1999 n. 172, ibidem, rv. 524393, 6 aprile 2006 (ord.za) n. 
8118, in Giust. civ., 2007, 12, 908 ss.. 

(370) Cfr. A.P. Camera dei Deputati, XVI legisl., Giunta delle elezioni, resoconto stenografico 
della seduta del 13 dicembre 2006, 6 ss.. 

(371) Corte cost. 19 ottobre 2009 n. 259, cit.. 

(372) P.M. SAVASTA, op. ult. cit.. 

(373) Cass. civ., sez. un., 22 gennaio 2002 n. 717, in Ced Cass., rv. 551734. 


elezioni politiche. Purtroppo, l�omesso esercizio sul punto, da parte del Governo, 
della delega ha lasciato aperto un problema che, di l� della sua qualificazione 
o meno come conflitto di giurisdizione, si risolve in uno stallo 
istituzionale che rischia di proiettare un cono d�ombra sull�integrit� del voto 
dei cittadini in occasione delle consultazioni elettorali pi� importanti. Non essendovi, 
evidentemente, un accordo tra i massimi organi giurisdizionali dello 
Stato, al tortuoso sentiero del conflitto di attribuzioni era preferibile la soluzione 
politica dell�esercizio di una delega gi� conferita ed avente il pregio di 
uniformare all�insegna dell�esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo 
il regime dell�impugnazione degli atti preparatori del procedimento elettorale 
parlamentare. In difetto di ci�, non vi � chi non veda come la situazione attuale 
costituisca un�evidente violazione dei principi del giusto processo e di effettivit� 
della tutela, ai sensi degli artt. 6 e 13 CEDU, che espongono lo Stato italiano 
alla relativa responsabilit� internazionale (374). 

5. Conclusioni e prospettive: i tentativi di adeguamento del processo amministrativo 
ai principi di effettivit� e giusto processo sono ancora problematici. 

In definitiva, stanti i molteplici profili di criticit� sopra evidenziati, si pu� 
sinteticamente ritenere che il codice del processo amministrativo, pur compiendo 
un notevole sforzo di adeguamento del livello di tutela agli standard 
europei, presenta tutt�ora pi� zone grigie e, in pi� un caso, una vera e propria 
omissione di tutela. 

A quest�ultimo riguardo, oltre alla particolare fattispecie relativa agli atti 
adottati nel procedimento preparatorio delle elezioni politiche, non pu� ignorarsi, 
pi� in generale, il perpetuarsi della storica aporia dell�atto �politico�, ex 
art. 7, comma 1, cod. proc. amm., per il quale �non sono impugnabili gli atti 

o provvedimenti emanati dal governo nell�esercizio del potere politico� (375). 
Si tratta, almeno nell�intenzione del legislatore, di una vera e propria zona 
franca dalla giurisdizione storicamente radicata nell�ordinamento italiano, sol 
che si consideri l�abrogato art. 31, t.u. 24 giugno 1924 n. 1054, in merito alla 
quale la pi� recente giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di fornire 
importanti puntualizzazioni (376). Infatti, la Corte Costituzionale ha avuto 

(374) Nel medesimo senso P. TORRETTA, Quale giudice, cit. Al riguardo, si pensi che I. NICOTRA 
GUERRERA, �Verifica dei poteri� e diritto di difesa, cit., 87, ricava proprio dall�art. 66 Cost. �l�intento 
di voler creare una zona franca, sottratta perci� ai principi di tutela giudiziaria dei diritti�. 

(375) Sul tema della distinzione tra atto politico ed atto amministrativo, v: P. BARILE, Atto di governo 
(e atto politico), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 220 ss.; O. RANELLETTI, A. AMORTH, Atti politici 
(o di governo), in Nss. dig. it., I, Torino, 1958, 1511 ss.; E. CHELI, Atto politico e funzione di indirizzo 
politico, Milano, 1961, spec. 188 ss. e, pi� recentemente, F. BILANCIA, Ancora sull��atto politico� e 
sulla sua pretesa insindacabilit� giurisdizionale. Una categoria tradizionale al tramonto?, in Riv. AIC, 
2012, 4, 2 ottobre 2012; G. TROPEA, Genealogia, comparazione e decostruzione di un problema ancora 
aperto: l�atto politico, in Dir. amm., 2012, 3, 329 ss.. 

(376) Cfr. Corte. cost., 5 aprile 2012 n. 81, in www.cortecostituzionale.it. 


modo di ribadire che l�esistenza di spazi riservati alla scelta politica � s� �suffragata 
da elementi di diritto positivo� ma che questi �trovano i loro confini 
nei principi di natura giuridica posti dall�ordinamento, tanto a livello costituzionale 
quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni 
di legalit�, ad essi la politica deve attenersi, in ossequio ai fondamentali 
principi dello Stato di diritto� (377). Pertanto, un atto politico, espressivo di 
un potere di governo, se vincolato al rispetto di norme giuridiche, quale ne 
sia il rango, � sindacabile sempre nella misura in cui dalla violazione di tali 
norme derivi lesione di situazioni giuridiche soggettive di terzi o di ambiti di 
attribuzione o competenza di altri poteri o organi, essendo questa la sostanza 
del principio di legalit� che si pone come principio supremo dell�ordinamento 
costituzionale (378). In proposito, al fine di limitare il perimetro applicativo 
dell�atto politico, la giurisprudenza ha elaborato la nota, ma opinabile, distinzione 
tra atti politici ed �atti di alta amministrazione�, il cui discrimine sarebbe 
nel fatto che i secondi esprimono un�attivit� amministrativa 
immediatamente esecutiva dell�indirizzo politico, non sempre agevolmente 
distinguibile da questo (379). 

Preso atto delle insufficienze dell�attuale codificazione, nelle more di ulteriori 
interventi legislativi volti a rimuoverle, � necessario individuare gli 
strumenti attraverso i quali, a normativa invariata, l�interprete pu� stimolare 
ed ottenere comunque l�adeguamento delle norme del codice ai principi di effettivit� 
e giusto processo. 

In tal senso, in primo luogo pu� prospettarsi la possibilit� che, nelle materie 
disciplinate in via esclusiva o concorrente dal diritto internazionale o comunitario, 
le norme del codice vengano interpretata in modo tale da qualificare 
le relative situazioni giuridiche soggettive in senso congruente coi principi generali 
di detti ordinamenti, tra i quali rientrano senz�altro l�effettivit� della tutela 
ed il giusto processo, secondo il noto paradigma della �interpretazione 
conforme� (380). 

(377) Cfr. Corte. cost., 5 aprile 2012 n. 81, cit.. 

(378) R. DICKMANN, L�atto politico questo sconosciuto, in www.forumcostituzionale.it. 

(379) V. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2011 n. 4502, in www.giustizia-amministrativa.it. 

(380) Come � noto, quello della �interpretazione conforme� � un canone ermeneutico introdotto 
dalla Corte Costituzionale per indirizzare l�interpretazione giudiziale verso la valorizzazione degli elementi 
contenuti nella Costituzione per individuare la portata dei testi legislativi, criterio che ha poi ricevuto 
estese applicazioni anche per l�esegesi della normativa europea e della CEDU. Al riguardo, cfr.: 
R. CAFARI PANICO, Per un�interpretazione conforme, in Dir. pubbl. comp. eur., 1999, 383 e ss.; M. RUVOLO, 
Il giudice nazionale a confronto con la nozione di interpretazione conforme e con la sua particolare 
applicazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in N. aut., 2006, 249 e ss.; A. D�ATENA, 
Interpretazioni adeguatrici, diritto vivente e sentenze interpretative della Corte costituzionale, in Corte 
costituzionale, giudici comuni e interpretazioni adeguatrici, Seminario di studio, Palazzo della Consulta, 
6 novembre 2009; G. SORRENTI, L�interpretazione conforme a Costituzione, Milano, 2006; M. BIGNAMI, 
L�interpretazione del giudice comune nella �morsa� delle Corti sovranazionali, in Giur. cost., 2008, 
595 e ss.; P. COSTANZO, L. MEZZETTI, A. RUGGERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell�Unione eu



In aggiunta a ci�, un altro strumento di adeguamento � quello dell�elaborazione 
pretoria della giurisprudenza, soprattutto mediante il potere nomofilattico 
dell�adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell�art. 99, 
comma 5, cod. proc. amm. La nozione di �nomofilachia�, in particolare � tracciata 
dall�art. 65, r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, che la articola su due funzioni: 
la garanzia dell�esatta attuazione della legge e la fornitura di indirizzi interpretativi 
uniformi ai giudici sottordinati, mantenendo cos� l�unit� dell�ordinamento 
giuridico nell�uniformit� della giurisprudenza (381). In tempi recenti, 
il legislatore � intervenuto sugli istituti che presidiano detta funzione, innovando 
sia il codice di procedura civile, mediante un rafforzamento dei poteri 
delle sezioni unite della Corte di cassazione con il d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 
40, sia la legislazione processuale amministrativa, potenziando in modo analogo 
le prerogative dell�adunanza plenaria del Consiglio di Stato, giusta l�art. 
99, cod. proc. amm. 

La linea di politica legislativa prescelta � stata quella di dare maggior 
peso alle pronunce delle sezioni unite e dell�adunanza plenaria, impedendo 
alle sezioni semplici di discostarsi da esse se non rimettendo motivatamente 
la questione ad una nuova pronuncia dell�organo supremo. Nel caso del processo 
amministrativo, sono state introdotte anche la pronuncia del principio 
di diritto nell�interesse della legge, pure in caso di rigetto del ricorso in rito, 
oltre che la potest� del presidente di deferire, prima della decisione, all�adunanza 
plenaria qualunque ricorso per risolvere �questioni di massima importanti 
ovvero per dirimere i contrasti giurisprudenziali�, potere attribuito anche 
al primo presidente della Corte dei Conti, in merito alla legittimit� del quale 
si � favorevolmente espressa la Corte Costituzionale (382). 

ropea, Torino, 2008, 287 e ss.; R. MASTROIANNI, C. ACOCELLA, Interpretazione conforme al diritto comunitario 
ed efficienza economica: il principio di concorrenza, in M. D'AMICO, B. RANDAZZO (a cura 
di), Interpretazione conforme e tecniche argomentative, Torino, 2009, 98 e ss.; R. ADAM, A. TIZZANO, 
Lineamenti di diritto dell�Unione europea, Torino, 2010, 208 e ss.; S. CASSESE, Ordine giuridico europeo 
e ordine nazionale, in Giorn. dir. amm., 2010, 419 e ss.; G. GAJA, A. ADINOLFI, Introduzione al diritto 
dell�Unione europea, Bari, 2010, 183 e ss.; G. TESAURO, Diritto dell�Unione europea, Padova, 2010, 
205 e ss.. 

(381) G.P. CIRILLO, La nozione di nomofilachia, in www.giustizia-amministrativa.it; S. OGGIANU, 
op. cit.. 

(382) Con riferimento alla Corte dei conti, sulla conformit� di detto potere con la Costituzione, 
cfr. Corte Cost. 27 gennaio 2011 n. 30, in www.cortecostituzionale.it., in cui si legge che: �Non � fondata 
la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 1, comma 7, terzo periodo, del decreto-legge 15 novembre 
1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, come integrato 
dall�articolo 42, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, nella parte in cui attribuisce al Presidente 
della Corte dei Conti il potere di deferimento di questioni di massima in relazione a giudizi pendenti innanzi 
a sezioni giurisdizionali d�appello, per ritenuta violazione del principio del giudice naturale precostituito 
per legge (art. 25, primo comma, Cost.) e del principio del giusto processo (art. 111 Cost.) 
con riguardo al principio di terziet� del giudice. Infatti, la norma denunciata si limita a consentire il deferimento 
di una questione di diritto, avente carattere incidentale, ad un�articolazione interna della Corte 
dei Conti, quali sono, in effetti, le Sezioni riunite, dal momento che il principio di precostituzione del 


Gli interventi di cui sopra, in ogni modo, non hanno reso la nomofilachia 
un appannaggio esclusivo degli organi supremi delle magistrature superiori, 
dato che anche le sezioni semplici della Corte di Cassazione o del Consiglio 
di Stato la esercitano, spesso con una presa maggiore sui giudici sottordinati, 
che pi� frequentemente trovano un orientamento nelle loro pronunce. 

Infine, una terza via per il superamento delle persistenti aree di criticit� 
del processo amministrativo rispetto ai principi di effettivit� della tutela e del 
giusto processo, peraltro strettamente collegata alla funzione nomofilattica 
della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato � quella della rimessione 
della questione alle istanze giurisdizionali ancora sopraordinate e di volta in 
volta competenti, vale a dire la Corte Costituzionale, la Corte di Giustizia UE 

o la Corte di Strasburgo, per l�accertamento rispettivamente della costituzionalit� 
della norma processuale amministrativa, della sua conformit� al diritto 
comunitario o alla Convenzione di Roma del 1950. 

Al riguardo, � stato efficacemente rilevato che gli effetti pervasivi del 
diritto comunitario e dei principi della CEDU hanno finito con l�assegnare 
specialmente ai giudici europei di Strasburgo e del Lussemburgo una specie 
di �super funzione nomofilattica�, in quanto essi soltanto interpretano giustamente 
i propri ordinamenti, con una forza prevalente rispetto a quella dei 
giudici interni, anche di ultima istanza (383). In tal senso ha operato pure la 
sostanziale identit� del modello internazionale e comunitario di effettivit� e 
giusto processo, elaborato dalle Corti CEDU ed UE, con quello interno, forgiato 
dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza delle magistrature superiori, 
che tendenzialmente sposta verso l�alto il farsi della funzione 
nomofilattica. Emblematica �, al riguardo, la sentenza della Corte di Giustizia 
CE 5 ottobre 2010, C-173/09, la quale ha affermato che, spettando ad essa 
soltanto l�interpretazione del diritto europeo, il giudice di grado inferiore pu� 
non attenersi a quanto statuito dal giudice nazionale superiore, avendo la possibilit� 
di rimettere la questione di interpretazione alla Corte di Giustizia, 
qualora ritenga che quanto da questi statuito non sia conforme al diritto europeo 
(384). Il che � precisamente avvenuto tra quei T.A.R. che non hanno 
ritenuto di condividere quanto stabilito dalla citata decisione del Consiglio 

giudice naturale non pu� operare nella ripartizione, tra sezioni interne, �dei compiti e delle attribuzioni� 
spettanti ad un determinato ordine giurisdizionale. Non �, peraltro, esatto che il Presidente della Corte 
dei Conti possa d�ufficio, e dunque a prescindere da qualsiasi impulso di parte, �prelevare� un giudizio 
pendente presso una sezione giurisdizionale e portarlo, per la decisione, innanzi alle Sezioni riunite, in 
quanto il Presidente della Corte non ha il potere di �trasferire� il giudizio da una sezione giurisdizionale 
alle Sezioni riunite; pu� soltanto deferire a queste ultime l�esame della questione di massima, fermo restando, 
tuttavia, che il giudizio resta incardinato nella sezione davanti alla quale pende e alla quale dopo 
la pronuncia delle Sezioni riunite - gli atti devono ritornare per l�ulteriore seguito, con la specificazione 
innanzi illustrata. Non possono, quindi, ritenersi violati da parte della norma censurata i principi 
di precostituzione e quello di terziet� del giudice�. 

(383) G.P. CIRILLO, La nozione di nomofilachia, cit.. 


di Stato in adunanza plenaria del 7 aprile 2011 n. 4, in tema di ricorso incidentale 
incrociato negli appalti pubblici, e che si sono rivolti alla Corte UE 
in merito alla compatibilit� di questa soluzione coi principi in materia di parit� 
delle parti (385). 

Di l� di tutto ci�, resta, in ogni modo, il valore simbolico dei due primi 
articoli del codice merc� i quali, nonostante l�impossibilit� di stabilire una 
qualsivoglia gerarchia formale tra norme del medesimo atto, la collocazione 
al primo posto di detti principi dovrebbe orientare tutta l�attivit� del giudice 
amministrativo circa l�interpretazione e l�applicazione del proprio diritto processuale. 


(384) Cfr. Corte CE, grande sezione, 5 ottobre 2010, C-173/09, in G.U.C.E. 4 dicembre 2010, C328/
6, per il quale �il diritto dell�Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti 
decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in 
sede d�impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni 
formulate in diritto dall�istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell�interpretazione da esso richiesta 
alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell�Unione�. 

(385) V. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 10 gennaio 2012 n. 197 e T.A.R. Piemonte, sez. II, 9 febbraio 
2012 n. 208, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. 


La tutela dei creditori nell'amministrazione straordinaria delle 
grandi imprese in crisi: profili di giurisdizione e rimedi esperibili 

Giulia Guccione* 

SOMMARIO: 1. Brevi cenni sulla amministrazione straordinaria - 2. Sulla disciplina dell�articolo 
63 (D.Lgs. 270/1999) in particolare - 3. Problematiche sottese alla tutela dei creditori. 

1. Brevi cenni sulla amministrazione straordinaria. 

La procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi 

(1) � stata introdotta con la L. 3 aprile 1979, n. 95 (Legge Prodi), oggi sostituita 
dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (Legge Prodi bis), poi affiancata dal recente 
D.Lgs. n. 347/2003 (decreto Marzano), convertito nella L. n. 39/2004. 

Come precisato dal Consiglio di Stato, l'amministrazione straordinaria 
delle grandi imprese in crisi pu� essere considerata una �misura diretta ad 
evitare il fallimento di tali imprese, sia nell'interesse dei creditori (come avviene 
per ogni altra procedura concorsuale) sia per evitare soluzioni traumatiche 
nell'ambito dell'economia nazionale, sia, infine, per proteggere i 
lavoratori addetti: la finalit� precipua dell'amministrazione straordinaria � 
infatti quella di tentare di ricostruire un corpus aziendale funzionante ed economicamente 
valido� (2). 

La disciplina legislativa � sintetizzabile nei passaggi che seguono. L�impresa 
dichiarata insolvente viene ammessa dal Tribunale alla procedura di amministrazione 
straordinaria qualora diventi possibile recuperare l�equilibrio 
della sua attivit� economica, alternativamente: o attraverso la cessione del-
l�azienda, previa formulazione di un programma che consenta la prosecuzione 
dell�attivit� per una durata non superiore ad un anno (c.d. �programma di cessione 
dei complessi aziendali�); oppure attraverso la sua ristrutturazione economica 
e finanziaria, attuabile con un programma di risanamento che abbia 
una durata non superiore a due anni (c.d. �programma di ristrutturazione�)(3). 

(*) Avvocato del libero Foro, gi� praticante presso l�Avvocatura dello Stato. 

(1) Per una compiuta trattazione dell'istituto si rinvia a PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 
2002, 841; DE FERRA, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2002, 401; ABATE, Gli organi delle 
procedure concorsuali, Padova, 1999, 315 ss.; FERRARA - BORGIOLI, Il fallimento, Milano, 1995, 96. 
(2) Cons. Stato 13 febbraio 1996, n. 69, in Cons. Stato, 1996, 2038. 


(3) La predetta finalit� di recupero � stata recepita e attuata appieno dalla giurisprudenza, che ne 
ha desunto un principio interpretativo nella disciplina dell'istituto, al fine di consentire all'impresa amministrata 
lo svolgimento di attivit� che sarebbero state possibili in assenza dello stato di decozione. Si 
veda, ad esempio, Cons. Stato 6 agosto 2001, n. 4241, in App. urb. ed., 2002, 354, che ha ritenuto legittima, 
per l�impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria, la partecipazione ad una gara d'appalto, 
sul presupposto che il provvedimento autorizzativo, rilasciato in osservanza di criteri economici e sociali 
finalizzati alla conservazione e al risanamento dell�impresa, deve consentire all'impresa autorizzata 
un�effettiva presenza sul mercato. 



La procedura si svolge sotto la vigilanza di uno o tre commissari giudiziari 
straordinari nominati dal Ministro dell�industria entro cinque giorni dalla 
dichiarazione di apertura della procedura da parte del Tribunale, (artt. 37 e 38, 
D.Lgs. n. 270/1999). 

Il commissario straordinario (4), che avuto riguardo alle sue funzioni � 
pubblico ufficiale, ha la gestione della impresa e l'amministrazione dei beni 
dell'imprenditore (D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 40). 

Entro sessanta giorni dal decreto di apertura della procedura il commissario 
� tenuto a presentare al Ministero della industria un programma redatto 
secondo uno dei due indirizzi alternativi indicati nell'art. 27.2, cio� o un programma 
di cessione (5) del complesso/complessi aziendali o un programma 
di ristrutturazione (art. 40). 

Tale programma, sotto l�alta vigilanza del Ministero della industria, deve 
essere formulato in conformit� degli indirizzi di politica industriale adottati 
dal Ministero e "in modo da salvaguardare l'unit� operativa dei complessi 
aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori" (art. 55). 

Se viene prescelto l'indirizzo della cessione del complesso/complessi 
aziendali, il programma, oltre alle indicazioni previste dell'art. 56, comma 1, 
lett. a), b), c), d), deve anche contenere "le modalit� della cessione, segnalando 
le offerte pervenute o acquisite, nonch� le previsioni in ordine alla soddisfazione 
dei creditori" (art. 56, comma 2). 

L�esecuzione del programma deve essere previamente autorizzata con decreto 
del Ministero dell'industria, che provvede (art. 57) dopo avere acquisito 
il parere del comitato di sorveglianza nominato dal Ministro dell'industria ai 
sensi dell'art. 45. 

Le attivit� di esecuzione del programma autorizzato sono compiute dal 
commissario straordinario (art. 61, comma 1) il quale, se deve procedere ad 
alienazione di aziende, deve essere nuovamente autorizzato dal Ministero della 
industria, che decide dopo avere sentito il comitato di sorveglianza (art. 42). 

L'alienazione � disciplinata dagli artt. 62 e 63 del pi� volte citato D.Lgs. 

n. 270 del 1999. 

2. Sulla disciplina dell'art. 63 in particolare. 

Ai sensi di tale disposizione, il valore del bene da alienare deve essere 
preventivamente determinato da uno o pi� esperti nominati dal commissario 
straordinario e gli atti dell'alienazione devono espletarsi in conformit� delle 
previsioni del programma autorizzato, con forme adeguate alla natura dei beni 

(4) Per un approfondimento sulla natura giuridica di tale figura: FINARDI, Legittimazione ad causam 
del commissario liquidatore, in Societ�, 2005, 8, 1033. 
(5) Sul tema: CIGLIOLA, La vendita dell'azienda nel corso del concordato preventivo e dell'amministrazione 
controllata, in Dir. fall.,1998, II, 426; P. LASCARO, La vendita dell'azienda nell'amministrazione 
controllata, in Dir. fall., 1990, I, 308. 



e finalizzate al miglior realizzo economico, in conformit� dei criteri generali 
stabiliti dal Ministro dell'industria. 

Se l'azienda � in esercizio la predetta valutazione terr� conto della redditivit�, 
anche se negativa, calcolata considerando sia l'epoca della stima che il 
biennio successivo. 

Ci� significa che ad essere valutato � non tanto il valore patrimoniale 
astratto dei beni aziendali, quanto invece l'effettivo valore di mercato del-
l'azienda nel suo normale funzionamento con la conseguenza che, in caso di 
redditivit� negativa (ipotesi frequente, posto che l'unico caso di redditivit� non 
negativa � quello dell'impresa divenuta insolvente a causa di una crisi finanziaria), 
il prezzo finale potrebbe essere anche inferiore al valore assoluto dei 
beni che compongono l'azienda (6). 

Ne deriva che nel caso di azienda in perdita, o che comunque in passato 
abbia prodotto un utile insufficiente, la valutazione dell'effettivo valore di cessione 
non potr� prescindere dalla considerazione dei flussi reddituali che 
l'azienda ha realizzato in precedenza. 

Tuttavia, nella quantificazione del c.d. avviamento negativo, le perdite 
pregresse non vengono prese in considerazione in quanto tali, ma solo come 
proiezione per determinare le presumibili perdite future, cio� in conseguenza 
di una scarsa remunerazione del capitale investito. In altre parole, la valutazione 
riguarder� anche i costi per investimenti che l'acquirente dell�azienda 
dovr� necessariamente sostenere al fine di ripristinare quelle condizioni di 
equilibrio che sono in grado di assicurare la produzione di un valore aggiunto. 

Il suddescritto meccanismo � stato cos� congegnato per assicurare il posizionamento 
sul mercato del bene ad un prezzo che - sebbene inferiore al valore 
dei beni materiali dell'azienda - sia comunque valido e concorrenziale, e 
consenta - in linea teorica - di evitare il ribasso tipico delle vendite coattive. 

Ci� detto, � facile individuare gli obiettivi sottesi alla norma. 

In via principale, infatti, si intende tutelare il mantenimento in attivit� dei 
complessi produttivi. Il ceto creditorio, secondo la prevalente dottrina (7), 
viene salvaguardato solo eventualmente e in seconda linea. Si ammette, anzi, 
che l'interesse creditorio possa essere sacrificato in nome del superiore interesse 
a mantenere l�attivit� aziendale. 

(6) V. App. Milano, 3 maggio 2004, D. Fall. 04, II, 783. 

(7) V. MAFFEI ALBERTI, La liquidazione nell�amministrazione straordinaria, in Dir. fall., 2003, I, 
1724, 1728; L. PANZANI, Cessione d�azienda in relazione al programma del commissario, in questa Rivista, 
2000, 1078, 1081 ss.; G. BOZZA, L�amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, 
ivi, 1993, 914, part. 922; C. CONSOLO, Alienazione dell�attivo nell�ambito dell�amministrazione straordinaria, 
giurisdizione dell�autorita` giudiziaria ordinaria e tutela d�urgenza in funzione �preventiva� 
di pregiudizi ai diritti dei creditori, in Giur. comm., 1987, II, 305 (in nota a Pret. Padova 14 maggio 
1986), part. 307; M. RESCIGNO, Norme urgenti ed amministrazione straordinaria: la legge 9 giugno 
1984, n. 212, ibidem, I, 556. 


La disposizione, in ultima analisi, si propone di evitare che la cessione 
del complesso aziendale sia vanificata dalla mancanza di acquirenti disposti a 
corrispondere un prezzo congruo a fronte di un�azienda in perdita o scarsamente 
operativa. Inoltre, ammette che ai creditori si arrechi un pregiudizio, 
giustificato dalle suddette finalit� sociali e costituito proprio dalla possibilit� 
di decurtare il c.d. badwill dal valore astratto dei beni. 

La particolare disciplina, tuttavia, ha attirato sulla norma varie censure. 

Cos�, v'� chi ritiene eccessivo il sacrificio delle ragioni creditorie, soprattutto 
di quei soggetti che sono muniti di garanzia reale gravante sui beni maggiormente 
colpiti dalla decurtazione. Questi creditori, penalizzati da 
un�alienazione dei beni-garanzia a prezzo inferiore al loro valore intrinseco, e 
quindi da una sopravvenuta incapienza delle ipoteche, di necessit� potranno 
fare affidamento solo sulle capacit� reddituali dell'impresa. 

Il riferimento della valutazione alla redditivit� complessiva anzich� al valore 
di scambio dei singoli beni comporta, sostanzialmente, che il costo connesso 
al risanamento dell'impresa, di norma a carico dell'acquirente, venga 
invece scaricato sul cedente (Panzani, contra Bonsignori) e, di riflesso, sui 
creditori che sono immolati a sopportare non solo i costi della gestione commissariale, 
ma anche il rischio delle perdite future (8). 

Il sacrificio degli interessi dei creditori � quindi imposto dalla suindicata 
finalit� conservativa dell�impresa, enunciata negli artt. 1, 27 e 56 del D.Lgs. 

n. 270/1999 relativi al programma di cessione. Non si tratta tuttavia di un sacrificio 
da compiersi in ogni caso, ma quando valutato discrezionalmente dal 
Ministero delle Attivit� Produttive, al quale � demandata dalla legge la ponderazione 
degli interessi di portata generale, da preferire e anteporre a quelli 
particolari dei creditori volti al soddisfacimento delle proprie ragioni attraverso 
il risultato del maggior realizzo dell�attivo. 

In sede di autorizzazione della vendita, pertanto, il Ministero compie valutazioni 
tecniche discrezionali, essendo chiamato a valutare la congruit� delle 
condizioni di compravendita proposte dai diversi offerenti (come l�entit� del 
prezzo e il merito del piano di prosecuzione delle attivit� produttive). Non 
solo, ma l�organo amministrativo decide anche con discrezionalit� pura, 
quando nei casi concreti sceglie l�offerta pi� idonea a realizzare un equo contemperamento 
tra le ragioni di interesse generale e quelle personali dei creditori. 
Ne consegue che, in virt� di una disciplina siffatta, la realizzazione delle 
finalit� di conservazione dell�impresa, con eventuale sacrificio dei creditori, 
alla fine � affidata alla valutazione discrezionale dell�autorit� amministrativa. 

Passando dalla posizione del cedente a quella dell'acquirente, deve notarsi 
che questi ha l�obbligo di proseguire per almeno un biennio le attivit� imprenditoriali 
e di mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali regi


(8) In tal senso, TAR Veneto, n. 95/84. 


strati all'atto della vendita (� un�imposizione ex lege, indipendentemente dal-
l'esistenza di un badwill). Difatti, la scelta dell'acquirente deve essere effettuata 
tenendo conto, oltre che dell'entit� del prezzo offerto, anche dell'affidabilit� 
dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attivit� imprenditoriali da lui 
presentato, con riguardo anche alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali. 


Si comprende bene, quindi, che il cessionario deve fornire serie garanzie 
in ordine alle proprie competenze imprenditoriali, alle sue disponibilit� finanziarie 
e al mantenimento della forza lavoro. 

Dall�insieme delle disposizioni traspare in tutta evidenza il fine primario 
della tutela dell�interesse pubblico, consistente nella volont� di prosecuzione 
dell�attivit� aziendale e di mantenimento dei livelli occupazionali. Dunque, 
nella ponderazione degli interessi contrapposti, tra l�interesse dei creditori e 
quello di continuazione dell�attivit� imprenditoriale, il legislatore ha dato decisiva 
preferenza a quest�ultimo (9). 

Da siffatta analisi, in definitiva, emerge ictu oculi che la disciplina positiva 
prevede un sacrificio delle ragioni creditorie e origina comprensibili preoccupazioni 
di una miglior tutela delle istanze private. A tal proposito si 
sottolinea quanto segue. 

3. Problematiche sottese alla tutela dei creditori. 

L�art. 65 D.Lgs. n. 270/1999, uniformandosi ai comuni criteri in tema di 
riparto di giurisdizione, attribuisce al tribunale ordinario la giurisdizione per 
le impugnazioni dei soli atti �lesivi di diritti soggettivi�, mentre l�impugnazione 
degli atti amministrativi � riservata al giudice amministrativo. 

I creditori che si assumano pregiudicati possono quindi agire sia per l�annullamento 
degli atti amministrativi avanti al T.A.R., facendo valere il proprio 
interesse legittimo al corretto svolgimento della fase amministrativa che precede 
la vendita, sia impugnare ex art. 65 gli atti e provvedimenti lesivi di diritti 
soggettivi avanti al tribunale (10). 

Quando oggetto del processo � l'accertamento di vizi attinenti in via diretta 

(9) Dato confermato anche dalla previsione dell'art. 64, secondo cui nei quindici giorni successivi 
al trasferimento dei beni il Ministero dell'industria deve ordinare la cancellazione delle iscrizioni relative 
a diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi sui beni trasferiti. 
(10) DE LISE, L�Amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, su www.giustizia-amministrativa.
it, 2011 precisa che per "i provvedimenti legislativi sull�amministrazione straordinaria delle 
grandi imprese in crisi, che hanno comportato - come si � visto - una sempre pi� incisiva �amministrativizzazione� 
delle relative procedure, ferma la giurisdizione del giudice ordinario su determinati aspetti 
(dalla dichiarazione dello stato di insolvenza alla formazione dello stato passivo, dalle azioni revocatorie 
alla cognizione dei provvedimenti relativi alla liquidazione dei beni ex art. 65 della legge Prodi 
bis), per le questioni concernenti la fase pubblicistica e gli interventi della pubblica amministrazione 
la giurisdizione va riconosciuta al giudice amministrativo". 



il contratto di compravendita, la questione di giurisdizione va quindi risolta 
nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario. Giurisprudenza 
(11) e dottrina la ammettono pacificamente sulla scorta del ragionamento 
secondo il quale oggetto dell�impugnazione non sono gli atti amministrativi 
di autorizzazione alla vendita, bens� il contratto di vendita dell�azienda, che 
configura una situazione di diritto soggettivo (diritto di credito)(12). 

Quando, invece, venga in rilievo l�illegittimit� dell�atto amministrativo 
di autorizzazione alla vendita quale motivo di invalidit� del contratto ulteriore 
rispetto a quelli previsti dal codice civile, la giurisdizione del giudice ordinario 
dovrebbe essere declinata a favore di quello amministrativo. Ci� perch� "in 
questa materia vengono in rilievo interessi che, nella evoluzione del nostro 
ordinamento, anche in virt� dei principi di solidariet� sociale desumibili dalla 
Carta costituzionale, sono attratti nell�orbita pubblicistica e sono soggetti al 
potere di conformazione della pubblica amministrazione che si esprime mediante 
provvedimenti che sanciscono la misura, i limiti e le modalit� della 
loro compatibilit� con l�interesse pubblico" (13). 

Si segnala, in tal senso, una pronuncia TAR (14) secondo cui, per l'appunto, 
l�art. 65 del D.lgs. n. 270/99 - lungi dal costituire ipotesi di giurisdizione 
esclusiva dell' A.G.O - costituisce specificazione del generale criterio di riparto 
della giurisdizione; sicch� esso demanda al giudice ordinario le controversie 
su atti e provvedimenti, relativi alla liquidazione dei beni dell�impresa in amministrazione 
straordinaria, lesivi di diritti soggettivi. Viceversa, permane su 
ogni controversia relativa alla legittimit� dell�atto che abbia leso un interesse 
legittimo la giurisdizione del giudice amministrativo, quale "giudice naturale 
del potere pubblico" deputato dalla Carta Costituzionale a conciliare due esigenze 
egualmente rilevanti per lo Stato: la salvaguardia dell�apparato amministrativo, 
da un lato, e l�effettivit� della tutela giurisdizionale, dall�altro. 

Recuperando e dando nuovo vigore alla definizione classica della dicoto


(11) Confermata da ultimo dalle SS.UU. del 2009, di seguito ampiamente citate. 

(12) In tal senso, numerose le pronunce di merito. Si veda, ex plurimis, Trib. Ancona Sez. II, 20 
settembre 2013 secondo cui: "In tema di amministrazione straordinaria, la posizione giuridica del creditore 
che proponga impugnazione contro gli atti di liquidazione dei beni della procedura da parte del 
commissario straordinario � qualificabile come diritto soggettivo e non gi� come mero interesse legittimo, 
sostanziandosi nel diritto a che, dalla vendita dei beni del debitore, venga ricavato un prezzo 
quanto pi� possibile vicino a quello di mercato ai fini del soddisfacimento del credito; di conseguenza, 
la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e, in presenza di violazioni nella fase 
di attuazione delle modalit� di liquidazione, esse possono essere rilevate direttamente in sede di decisione 
del ricorso proposto ai sensi dell'art. 65 del D.Lgs. n. 270/1999 avanti a tale giudice, il quale, 
previa disapplicazione dell'atto di autorizzazione alla vendita, � autorizzato a decidere sulla situazione 
di diritto soggettivo dedotta e sull'impugnabilit� e sulla validit� dell'atto di liquidazione posto in essere, 
senza che sia indispensabile la preventiva impugnazione ed annullamento degli atti amministrativi che 
ne hanno costituito il presupposto di validit�". 

(13) DE LISE, L�Amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, cit. 
(14) TAR Lombardia, Sez. III, 16 giugno 2004, n. 2420. 



mia diritto soggettivo\interesse legittimo (15), i giudici amministrativi hanno 
quindi dato rilievo alla finalit� perseguita dalla norma alla quale l�atto si collega. 
Ne consegue che, qualora sia riscontrabile la volont� - da parte dell�ordinamento 
- di tutelare in via primaria un interesse pubblico, e in via secondaria i 
contrapposti interessi sostanziali dei privati solo quando la tutela di questi coincida 
con il superiore interesse pubblico, non pu� che essere riconosciuta la tipica 
protezione indiretta, mediata e riflessa accordata all'interesse legittimo. 

Siffatta premessa rende, pertanto, necessaria una approfondita analisi 
delle finalit� della norma, poich� � da queste che conseguono le importanti ricadute 
in tema di giurisdizione. 

Orbene, le norme in materia di amministrazione straordinaria disciplinanti 
l�attivit� del commissario straordinario, contenute nel D.lgs. n. 270/99 e poc'anzi 
esaminate, descrivono un procedimento presidiato da esigenze di risanamento 
economico, di salvaguardia dei livelli occupazionali e di tutela 
dell�interesse dei creditori, ed affidano all�autorizzazione ministeriale la valutazione 
della rispondenza dell�atto alla molteplicit� degli interessi coinvolti. 
Il provvedimento di autorizzazione, pertanto, esprime un potere autoritativo 
di carattere discrezionale, poich� � l'approdo di un momento di valutazione 
comparativa degli interessi in gioco; con esso l'Amministrazione procede, sulla 
base di un programma caratterizzato da apprezzamenti discrezionali, al contemperamento 
tra le esigenze del mercato e quelle dei creditori, da un lato e 
l'interesse pubblico al risanamento economico e della salvaguardia dell�occupazione 
(artt. 54, 55 e 56 del D.lgs. n. 270/99). 

Se quindi, gli interessi creditori costituiscono una posizione soggettiva 
protetta in occasione della tutela dell�interesse pubblico delineato nel D.lgs. 

n. 270/99, deve necessariamente concludersi che questi assumono la consistenza 
di interessi legittimi (16). 

In altre parole, il rispetto delle finalit� suindicate durante l�attivit� di dismissione 
dei beni aziendali presuppone valutazioni discrezionali da parte 
dell�Amministrazione, cui consegue una degradazione da diritti ad interessi 
delle posizioni giuridiche coinvolte (comprese quelle facenti capo ai singoli 
creditori) e la spettanza al giudice amministrativo della giurisdizione sulle 
controversie riguardanti ogni vicenda che si ricolleghi all�autorizzazione ministeriale 
(17). 

(15) Impostazione secondo cui, come specificato dal Tribunale, "la posizione di interesse legittimo 
si ricollegherebbe all�esercizio di una potest� amministrativa rivolta, secondo il suo modello legale, alla 
cura diretta ed immediata di un interesse della collettivit�; il diritto soggettivo nei confronti della Pubblica 
Amministrazione trova, invece, fondamento in norme che pongono a suo carico obblighi a garanzia diretta 
ed immediata di un interesse individuale". 
(16) Alle medesime conclusioni addiviene: TAR Liguria, 25 novembre 1998, n. 836. 


(17) Cons. Stato, VI, 25 marzo 2003, n. 4028; TAR Emilia Romagna, Parma, 19 marzo 2002, n. 
159; TAR Lazio, Roma, III, 17 giugno 1993, n. 1138; Cons. Stato, VI, n. 1011/1997; Cass., Sez. Unite, 
7 luglio 1989, n. 3229; TAR Veneto 9 marzo 1984, n. 95 



Secondo ulteriore impostazione, dovrebbe poi distinguersi fra l'ipotesi in 
cui il creditore possa vantare una vera e propria posizione soggettiva di cui si 
lamenta la lesione, dal mero interesse alla capienza del patrimonio del debitore. 

Pertanto, s'� affermato che per aversi lesione di una posizione giuridica 
tutelabile, devono venir in rilievo vizi incidenti sulla scelta del contraente e 
sulla determinazione del prezzo, tali per� da provocare una diretta ricaduta 
sulle prospettive di soddisfacimento del creditore ricorrente e non pi� in generale 
sul maggior possibile realizzo dei beni. Deve, in altre parole, sussistere 
una immediata relazione tra il vizio che determina una compressione del ricavato 
dalla vendita dell�intero complesso aziendale ed il pregiudizio risentito 
dal creditore. La mancata sussistenza di una tale relazione fonderebbe, secondo 
questa prospettiva, un difetto di interesse (18). 

Ci� detto in ordine alla giurisdizione, pu� esser utile una breve analisi 
dei rimedi esperibili e dei relativi effetti nell'ipotesi patologica in cui la valutazione 
discrezionale operata dalla Amministrazione presenti profili di illegittimit�. 
In altre parole, sorge per l'interprete il problema di stabilire cosa 
succeda all'intera procedura nel caso in cui, ad esempio, la stima operata dal-
l'esperto non corrisponda ai criteri fissati dall'art. 63. 

Secondo una prima prospettiva, l�illegittimit� dell�atto amministrativo, 
una volta dichiarata dal giudice amministrativo o rilevata incidentalmente dal 
giudice ordinario, pu� dare luogo ad una mera annullabilit� della vendita (sulla 
falsariga di quanto accade nel fallimento per gli atti del curatore posti in essere 
senza la necessaria autorizzazione del giudice delegato). 

Questa analisi della norma, basata principalmente sulla relazione governativa 
e condivisa dalla dottrina, ha subito di recente un "raddrizzamento" ad 
opera della giurisprudenza di legittimit�. Le Sezioni Unite, infatti, ne hanno 
fornito una interpretazione tesa a recuperare il soddisfacimento delle ragioni 
creditorie. 

Con una sentenza che non consta precedenti in termini (19), la Cassazione 
ha affermato che l'amministrazione straordinaria rientra fra le procedure concorsuali, 
e pertanto � necessario applicare anche ad essa i fondamentali principi 
che le caratterizzano. 

Posto che quest'ultime hanno come finalit� comuni la liquidazione del 
patrimonio del debitore ed il soddisfacimento dei creditori sul ricavato, rilevano 
due fondamentali interessi dei creditori: l'interesse, attinente alla fase 
liquidatoria, a che dalla vendita dei beni del debitore insolvente venga ricavato 
un prezzo quanto pi� possibile vicino a quello di mercato e fondante la 
pretesa di ogni singolo creditore a che la vendita avvenga nella forma pi� 

(18) In tal senso, MARELLI, Nullit� della vendita di azienda nell'amministrazione straordinaria, 
in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, 2010 fasc. 3, pp. 303 -309. 

(19) Cass. civ. Sez. Unite, 27 maggio 2009, n. 12247. 


vantaggiosa e, quindi, nel rispetto di tutta la normativa diretta a garantire tale 
fondamentale interesse; l'interesse a che l'attivo ricavato venga ripartito nel 
rispetto del principio della par condicio creditorum, proprio della fase di ripartizione 
dell'attivo. 

Chiarisce la Cassazione che detti interessi vengono in considerazione 
anche nella amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, soprattutto 
nella ipotesi in cui la finalit� del riequilibrio economico delle attivit� 
imprenditoriali venga perseguita tramite la procedura di predisposizione ed 
attuazione di un programma di cessione di beni aziendali. 

Infatti, la circostanza che il programma redatto dal commissario straordinario 
debba tener conto degli interessi dei creditori e indicare le previsioni 
in ordine alla soddisfazione dei creditori, che l'alienazione dei beni debba essere 
effettuata come previsto dal succitato art. 62, non solo in conformit� 
delle previsioni del programma e con forme adeguate alla natura dei beni, ma 
anche con forme finalizzate al migliore realizzo e se si tratta di vendita di un 
complesso aziendale, previo espletamento di idonee forme di pubblicit�, porta 
necessariamente alla considerazione che la salvaguardia riguarda una pluralit� 
di interessi cos� individuti dai giudici della legittimit�: quello dei creditori; 
quello dei lavoratori, nonch� l'interesse generale alla conservazione del patrimonio 
produttivo salvaguardando l'unit� operativa dei complessi aziendali. 
Dette disposizioni, quindi, sono poste a tutela di interessi generali che non 
ammettono una difforme regolamentazione e, pertanto, costituiscono limite 
inderogabile al potere discrezionale sia del commissario straordinario che del 
Ministero dell'industria nell'espletamento delle attivit� richieste per pervenire 
all'alienazione dei beni dell'imprenditore insolvente. 

L'inderogabilit� delle norme in esame e la particolare natura degli interessi 
coinvolti imprime il carattere di norme imperative, alla cui violazione 
deve essere ricollegata, ai sensi dell'art. 1418 c.c., la nullit� dell'attivit� negoziale 
conclusiva della procedura di vendita e la illegittimit� degli atti prodromici 
(programma di cessione del complesso aziendale e autorizzazioni 
ministeriali alla esecuzione del programma ed alla vendita di detto complesso). 


In altre parole, la Cassazione ha ritenuto affetti da nullit� di tipo virtuale 
tutti gli atti della procedura: in primis, del contratto di compravendita, ai sensi 
dell'art. 1418 c.c., atteso che i vincoli ed i divieti imposti dalle disposizioni 
di legge in questione riguardano direttamente anche l'accordo negoziale delle 
parti, non potendo costituire oggetto del contratto di compravendita, indicandolo 
come complesso caratterizzato dall'essere in esercizio, un complesso 
aziendale che in realt� non lo � e viceversa, traducendosi tale accordo nella 
vendita di un oggetto da ritenersi illecito, perch� la vendita cos� realizzata 
determinerebbe la lesione della pluralit� degli interessi (di carattere generale) 
coinvolti nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di 


insolvenza e tutelati attraverso la imposizione dei menzionati vincoli e divieti; 
ma anche di tutti gli atti ad esso prodromici, incluso il decreto ministeriale di 
autorizzazione, affetto da palese illegittimit� e dunque da disapplicare. 

N� pu� contestarsi, ad avviso della Cassazione, il potere di disapplicazione 
giudiziale. 

Qualora il creditore voglia agire in giudizio per la tutela delle proprie 
ragioni - che ritiene lese da un procedimento di vendita illegittimo - agisce 
in quanto titolare del proprio diritto, di cui assume la avvenuta lesione, avverso 
i convenuti, da individuare nella impresa in amministrazione straordinaria, 
quale venditrice, e nell'impresa acquirente del bene; viceversa, la P.A., 
in un giudizio siffatto, non � parte del processo cui ascrivere direttamente la 
lesione, ma soggetto che ha emanato gli atti di autorizzazione alla esecuzione 
del programma di vendita ed alla conclusione del contratto di compravendita: 
il giudice, dunque, ne ha cognizione incidentale, essendo tenuto ad indagare 
gli effetti in relazione all'oggetto dedotto in giudizio (la lesione del diritto di 
credito) e se il comportamento lesivo del diritto soggettivo trovi giustificazione 
nelle autorizzazioni rilasciate dal Ministero. 

Orbene, le conclusioni cui addivengono le SS.UU., sintetizzabili nel-
l'aver riconosciuto a) la giurisdizione dell'A.G.O. anche per profili di illegittimit� 
del provvedimento amministrativo e b) la sanzione della nullit� 
radicale, sono senza dubbio corrette se riferite al caso sottoposto alla loro attenzione 
ma espongono i principi di diritto ivi enunciati al pericolo di applicazioni 
generalizzate non rispettose del criterio generale di riparto della 
giurisdizione (20). 

Difatti, nel caso di specie ove a una azienda non pi� in esercizio era stata 
applicata la procedura ex art. 63 anzich� quella ex art. 62, con conseguente 
valutazione dell'azienda in termini di redditivit� negativa, anzich� di valore 
di scambio ha comportato l'esercizio di un potere in carenza totale dei presupposti 
(difettando, in capo all'Amministrazione, un potere discrezionale di scelta 
in ordine alla disciplina applicabile nel procedere alle valutazioni tecniche) 
con la conseguenza che l'autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico 
non ha comportato quella degradazione dei diritti soggettivi in interessi 
legittimi che avrebbe comportato la sussistenza della giurisdizione ammini


(20) Non mancano infatti pronunce da parte di giudici ordinari del merito, i quali - richiamando 
i principi espressi dalle SS.UU. - hanno riconosciuto la propria giurisdizione sulla base della affermazione 
che l'interesse alla capienza patrimoniale sia posizione di diritto soggettivo. 
In realt�, opportuno sarebbe richiamare le conclusioni cui � approdata la giurisprudenza (amministrativa 
e civile) formatasi in materia di espropriazioni pubbliche la quale ha riconosciuto che da 
una medesima posizione (quella di proprietario) possono derivare contestualmente situazioni soggettive 
consistenti sia in interessi legittimi sia in diritti soggettivi a seconda del diverso atteggiarsi 
dell'interesse pubblico nel caso di specie (GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr�, 
2012, 114 e ss.). 


strativa (21), con conseguente permanenza della giurisdizione dell'A.G.O.; 
non solo, ma un siffatto macroscopico travalicamento dei limiti del potere discrezionale 
spettante alla P.A. ha giustificato la scelta per la sanzione radicale. 

L'applicazione di tutt'altra disciplina aveva reso, infatti, l'avvio della procedura 
di vendita dei beni e l'allegato regolamento per le offerte di acquisto 
palesemente illegittimi e lesivi degli interessi dei creditori. La cassazione, aggancia 
la nullit� virtuale all'oggetto del contratto, sottolineando che l'oggetto 
della vendita � un complesso aziendale, e una circostanza come quella dall'essere 
o non essere in funzione � idonea a mutare l'oggetto della vendita. Ci� 
perch� "lo stesso complesso, considerato dal punto di vista giuridico non pu� 
considerarsi il medesimo bene tanto se sia in esercizio, quanto se non lo sia". 

Dal momento, dunque, che nel caso di specie non venivano in considerazione 
soltanto vizi di atti che hanno preceduto la stipula del contratto, ma la 
illiceit� dell'oggetto del contratto, atteso che si era venduto come se fosse in 
esercizio, uno stabilimento che in realt� non lo era (quindi un bene diverso), 
e che la violazione di norma imperativa era stata data proprio dall'applicazione 
di tutt'altra procedura valutativa, pu� discutersi cosa succeda invece nel differente 
caso in cui la illegittimit� della procedura non derivi da vistose deviazioni, 
come avviene laddove la valutazione della stima sia sbagliata perch� 
parzialmente difforme ai criteri stabiliti dall'art. 63. 

Posto infatti che il vizio radicale � stato causato dall'erroneit� della disciplina 
applicata, pu� opinarsi se - per altre difformit� - non sia applicabile l'art. 
2929 c.c., il quale stabilisce che non ha effetto riguardo all'acquirente la nullit� 
degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita (22). 

Tuttavia l'applicabilit� di siffatto articolo alle procedure di vendita di 
azienda sotto amministrazione straordinaria � tutt'altro che pacifica. 

Se da un lato, infatti, la Cassazione non dubita che l'art. 2929 sia applicabile 
alle procedure concorsuali, posto che le vendite concorsuali continuano 
ad essere attuazione della responsabilit� patrimoniale del debitore fallito secondo 
il generale disposto dell'art. 2740, e l'esigenza di garantire il risultato 

(21) Le stesse SS.UU., nel giustificare la giurisdizione ordinaria, esplicitamente affermano l'inidoneit� 
del provvedimento - nel caso di specie - a degradare i diritti creditori: "In tema di liquidazione 
dei complessi produttivi nell'ambito dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, 
qualora il Ministero dello Sviluppo Economico abbia autorizzato la cessione di un complesso con le 
modalit� di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 270 del 1999, dettate per le aziende in esercizio, ed esso risulti invece 
non pi� in funzione, restano travalicati i limiti del potere discrezionale spettante alla P.A., con la 
conseguenza che l'atto posto in essere � viziato per violazione di legge, e le relative autorizzazioni vanno 
disapplicate ex art. 5 della legge n. 2248 del 1865, All. E, restando escluso che i diritti soggettivi lesi 
dall'atto di liquidazione (nella specie, il diritto del creditore avente ipoteca sul bene immobile facente 
parte del complesso liquidato) possano ritenersi degradati ad interessi legittimi". 
(22) Sull'argomento: BONSIGNORI, Effetti della vendita e dell'assegnazione, in Comm. Schlesinger, 
Milano, 1988, 279; BUSNELLI, in BIGLIAZZI GERI, BUSNELLI, FERRUCCI, Della tutela giurisdizionale dei 
diritti, in Comm. cod. civ., VI, 4, Torino, 1980, 345; TEDOLDI, Vendita e assegnazione forzata, in Digesto 
civ., XIX, Torino, 1999, 680. 



raggiunto nel processo esecutivo, mediante la protezione dei terzi che hanno 
effettuato acquisti, salvo il caso di collusione con il soggetto precedente, ricorre 
anche nell'esecuzione concorsuale (23); dall'altro - con particolare riferimento 
alle vendite che abbiano luogo nell'ambito delle procedure (aventi 
natura amministrativa) di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione 
straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (ex art. 62, 
D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270) - parte della dottrina (24) ritiene che l'art. 2929 
non possa trovare applicazione, dovendosi escludere che si tratti di procedimenti 
aventi natura giurisdizionale esecutiva. Ci� comunque, non dovrebbe 
vietare una applicazione analogica, stante la sussistenza delle medesime esigenze 
di tutela e affidamento del terzo acquirente non colluso. 

Ebbene, volendo ammettere in linea astratta l'applicabilit� dell'art. 2929, 
bisogna per� risolvere il quesito se una difformit� della stima dai criteri ex art. 
63 provochi una nullit� degli atti esecutivi che precedono la vendita o sia essa 
stessa nullit� della vendita. A seconda che si aderisca all'una o all'altra tesi 
avremo una diversa sorte del contratto: nel primo caso deve, infatti, ritenersi 
impossibile la declaratoria di nullit� ad opera dell'autorit� giudiziaria. 

Non solo, ma potrebbe sostenersi - con una interpretazione scevra da formalismi 
- l'esistenza di una residua area di discrezionalit� per la P.A. con riguardo 
alla scelta del metodo di liquidazione dei beni della impresa assoggettata 
ad amministrazione straordinaria, a condizione che venga osservato il criterio 
della redditivit� negativa e non contraddetta la ratio sottesa alla norma. 

Se, infatti, ratio deve essere quella di operare una offerta che incoraggi 
gli acquirenti e mantenere il livello occupazionale, una difformit� della stima 
data dall'aver preso in considerazione quattro anni e non il prescritto biennio 
pu� costituire mera irregolarit� se non addirittura esercizio della discrezionalit� 
della P.A.; il carattere dell'imperativit�, in altre parole, dovrebbe essere riconosciuto 
al criterio della redditivit� negativa e all'obbligo per la P.A. di applicare 
questo criterio ogni qualvolta si debba procedere alla vendita di azienda 
ancora in esercizio, ma non appare ragionevole sostenere la sanzione della 
nullit� ogni qualvolta possano venire in rilievo diverse valutazioni tecniche. 
Dovrebbe darsi, piuttosto, rilievo alla mancata osservanza delle regole che 
comportino una palese contraddizione della ratio della norma. 

Potrebbe invero sostenersi che la P.A. nell'esercizio della propria discrezionalit�, 
valutata l'ipotesi che con la stima basata sul successivo biennio il 
prezzo di vendita non attirerebbe le offerte di nuovi investitori acquirenti, con 
grave penalizzazione dell'interesse generale al mantenimento del livello occupazionale, 
opti per una stima con proiezione futura a pi� ampio raggio. La 

(23) V. Cass. n. 1258/2001; Cass. 9212/1999; Cass. 1302/1999; Cass. 4350/1997; Cass. 5751/1993; 
Cass. 3715/1980; Cass. 58/1979; Cass. 4039/1974. 

(24) FERRI, Le nullit� delle vendite concorsuali, in RDP, 2003, 440. 


proiezione sul quadriennio, ad esempio, potrebbe presentare redditivit� negativa 
maggiore ma invogliare - proprio per il pi� basso prezzo d'acquisto - un 
numero maggiore di offerenti con conseguente salvaguardia dell'interesse generale 
a discapito delle ragioni creditorie. Ma un tale sacrificio, � permesso 
dal legislatore il quale ha chiaramente mostrato un favor per il mantenimento 
in vita dell'attivit� di impresa e ha rimesso in concreto, alla discrezionalit� del 
Ministero dello Sviluppo Economico, la salvaguardia delle ragioni creditorie 
per quanto possibile. 

Non deve, infatti, dimenticarsi che qualora all'offerta in vendita del-
l'azienda non si presenti alcun acquirente, allora l'azienda dovr� essere liquidata 
secondo lo stesso meccanismo di azienda non pi� in attivit�. Un simile esito 
sebbene auspicabile per i creditori che vedrebbero valutati al valore di mercato 
i beni ipotecati, tuttavia, non lo � per l'interesse generale, totalmente compromesso: 
appare dunque ragionevole fornire una interpretazione dei criteri ex art. 
63 "elastica", tale per cui il Ministero ha, nel procedere alla propria valutazione, 
s� l'obbligo di prendere in considerazione il biennio successivo ma ha anche il 
potere discrezionale di prendere in considerazione altri elementi (quali un ulteriore 
biennio) che permettano di meglio modellare l'offerta nel caso concreto 
ai fini di una sostanziale salvaguardia dell'interesse pubblico tutelato. 


Finito di stampare nel mese di febbraio 2014 
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