ANNO LXIV - N. 1 GENNAIO-MARZO 2012 
RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO
COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Aldo Linguiti. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - 
Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. 
DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 
COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria 
Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. 
CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - 
Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria 
Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - 
Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. 
HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Felice Ancora, Carlo Bellesini, Emanuela 
Brugiotti, Ignazio Francesco Caramazza, Simone Cardin, Carlo Curti Gialdino, Gabriella 
D�Avanzo, Roberto de Felice, Enrico De Giovanni, Fabrizio Fedeli, Flavio Ferdani, Wally 
Ferrante, Federico Maria Giuliani, Gianni Letta, Marta Moretti, Glauco Nori, Gabriella 
Palmieri, Fabio Pammolli, Diana Ranucci, Valeria Romano, Marina Russo, Nicola C. Salerno, 
Francesco Spada, Paolo Togni, Francesca Zambuco. 
E-mail: 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 
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UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 
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AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
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Stampato in Italia - Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966
INDICE - SOMMARIO 
TEMI ISTITUZIONALI 
Lectio magistralis dell�avv. Ignazio Francesco Caramazza: �La difesa 
dello Stato in giudizio e la soluzione italiana�. Introduce il dott. Gianni 
Letta - Roma, Universit� Luiss �Guido Carli�, Sala delle Colonne . . . . 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato, avv. Ignazio Francesco 
Caramazza, in occasione della Cerimonia di inaugurazione dell�Anno 
Giudiziario 2012 - Roma, Palazzo di Giustizia, Aula Magna . . . . . . . . . 
Protocollo di intesa con l�Agenzia del Territorio, Circolare A.G.S. del 29 
dicembre 2011 prot. 418791 n. 70 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Deposito dei documenti in Cassazione - Interpretazione dell�art. 369, 
comma 2, n. 4, c.p.c., Circolare A.G.S. del 29 dicembre 2011 prot. 418802 
n. 71 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Estinzione dei giudizi pendenti innazi alla Corte di cassazione e alle Corti 
d�appello, Circolare A.G.S. dell�11 gennaio 2012 prot. 9940 n. 2. . . . . . 
Sentenze della Corte dei Conti e rimborso spese legali a seguito di proscioglimento, 
Circolare A.G.S. del 23 gennaio 2012 prot. 26557 n. 6 . . . 
Art. 78 del D.L. n. 112/2008 - Patrocinio del Commissario strarordinario 
del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria 
del Comune di Roma (ora Roma Capitale), Comunicazione di servizio 
A.G.S. del 23 gennaio 2012 prot. 26544 n. 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 art. 9 - Abolizione delle tariffe professionali, 
Circolare V.A.G. delegato del 30 gennaio 2012 prot. 36992 n. 7. . . . . . . 
Parere approvato dal comitato consultivo sugli effetti della sentenza della 
Corte Costituzionale n. 293/2011 che ha dichiarato l�illegittimit� dell�art. 
11 commi 12 e 13 del D.L. 78/10 conv. in l. 122/10; applicazione delle 
leggi 229/05 e 244/07. Riconoscimento degli arretrati e condotta da tenere 
in sede processuale, Circolare A.G.S. del 29 febbraio 2012 prot. 
76411 n. 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 
Ignazio Francesco Caramazza, Wally Ferrante, Potere giudiziario e diritto 
europeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Carlo Curti Gialdino, Prolegomeni, ovvero la formazione del giurista europeo 
ed i commentari ai Trattati sull�Unone europea . . . . . . . . . . . . . . 
Roberto de Felice, Francesca Zambuco, Osservazioni in merito ai rilievi 
sollevati dalla Commissione e dal Parlamento dell�Unione europea alla 
nuova Costituzione ungherese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Glauco Nori, La responsabilit� per provvedimenti giurisdizionali nel diritto 
dell�Unione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
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1.- I giudizi in corso della Corte di giustizia Ue 
Marina Russo, Cooperazione giudiziaria in materia civile, causa C- 
190/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina Russo, Ravvicinamento delle legislazioni; Tutela dei consumatori; 
Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi, causa C- 
435/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante, Trasporti, causa C-509/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante, Libera circolazione dei lavoratori; Libert� di stabilimento 
e libera prestazione dei servizi; Diritto di stabilimento; Libera 
circolazione dei servizi, causa C-575/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina Russo, Ravvicinamento delle legislazioni; Propriet� industriale 
e commerciale; Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi; 
Libera circolazione dei servizi, causa C-607/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante, Trasporti, causa C-628/11. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Marta Moretti, La vexata quaestio dell�incidente di falso nel processo amministrativo 
(C. cost., sent. 11 novembre 2011 n. 304) . . . . . . . . . . . . . . 
Gianni De Bellis, La pronuncia delle SS.UU. sul deposito degli atti processuali 
in Corte: �Una vittoria del Buon Senso (prima ancora che del 
diritto)� (Cass. civ., Sez. Un., sent. 3 novembre 2011 n. 22726). . . . . . . 
Valeria Romano, Giudizio cautelare e incidente di legittimit� costituzionale 
(Cons. St., Sez. Sesta, ord. 28 novembre 2011 n. 6277). . . . . . . . . . 
Felice Ancora, Il vincolo sull�Agro Romano e la conservazione del suolo 
agricolo nelle zone periurbane (Cons. St., Sez. Sesta, sent. 30 dicembre 
2011 n. 7005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Carlo Bellesini, Raggruppamento Temporaneo di Imprese e pubblici appalti: 
il potere di rinuncia all�aggiudicazione della �capogruppo� (TAR 
Lazio, Sez. Terza, sent. 11 gennaio 2012 n. 260) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Aldo Linguiti, Impianto di termovalorizzazione di Acerra. Problematiche 
connesse al trasferimento della propriet� ed alla determinazione del �valore 
proprietario� dell�impianto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Gianni De Bellis, Modalit� di riscossione dei crediti esattoriali. Interpretazione 
della disposizione sui solleciti di pagamento per crediti fino ad � 
2.000 previsti dall�art. 7 comma 2 gg-quinquies del D.L. n. 70/2011 . . . 
Fabrizio Fedeli, Convenzione tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri 
- Dipartimento per l�Informazione e l�Editoria - e la RAI per la trasmissione 
di programmi televisivi in lingua tedesca e ladina nella Provincia 
autonoma di Bolzano. Art. 2 commi 106-125 della Legge 191/2009 (Finanziaria 
2010). Concorso negli oneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Maurizio Borgo, Valutazione della bozza di determina avente ad oggetto 
l�individuazione di Telecom S.p.A. quale fornitore e partner tecnologico 
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dei servizi di comunicazioni elettroniche usufruiti dall'Amministrazione 
di Pubblica Sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante, Conflitto di interessi tra Amministrazioni ammesse al patrocinio 
dell�Avvocatura dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Gabriella Palmieri, Legge 1293/57: cause di esclusione dalla gestione 
delle rivendite di generi di monopolio. Sul carattere tassativo della elencazione 
contenuta nella normativa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Fabrizio Fedeli, D.P.C.M. 21 maggio 2008 �Dichiarazione dello stato di 
emergenza in relazione agli insediamenti di comunit� nomadi nel territorio 
delle regioni Campania, Lazio e Lombardia�. Ricorso ad istanza di 
European Roma Rights Centre Foundation ed altri . . . . . . . . . . . . . . . . 
Gabriella D�Avanzo, Concordato preventivo: estensione della prelazione 
sugli interessi per il credito assistito da privilegio ex art. 24 della legge 
n. 449 del 1997 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Diana Ranucci, Contratti a termine di docenti, cittadini italiani e residenti 
in Spagna, in servizio nella scuola statale italiana di Barcellona. Ricorsi 
presentati al Tribunale sociale locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 
Fabio Pammolli, Nicola C. Salerno, La sostenibilit� dei sistemi sanitari 
regionali. SaniMod-Reg 2012-2030 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Francesco Spada, La mobilit� dei dipendenti pubblici dopo la legge di 
stabilit� 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Emanuela Brugiotti, E-government e tutela dei dati personali: un quadro 
d�insieme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Simone Cardin, Il nuovo reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 
bis c.p.): l�offesa della pubblica amministrazione di appartenenza e la risarcibilit� 
del danno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Flavio Ferdani, Il datore di lavoro e la corresponsabilit� del RSPP e del 
preposto nell�infortunio del lavoratore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Federico Maria Giuliani, Principio dell�apparenza giuridica, societ� apparente 
e tutela dei terzi contraenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
RECENSIONI 
Paolo Togni, Una certa visione dell�ambiente 2. Presa d�aria 2008-2010. 
Prefazione di Altero Matteoli e Maurizio Lupi. I Paperback di Tempi - 
Distribuzione Itacalibri.it . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
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TEMI ISTITUZIONALI 
IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 
Avvocato Generale dello Stato 
Lectio magistralis: 
"La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione italiana" 
(LUISS, 8 maggio 2012, ore 16 
Sala delle Colonne, Viale Pola, 12) 
Introduce: GIANNI LETTA 
Una sede cos� prestigiosa, un personaggio cos� importante, una platea 
cos� autorevole, avrebbero meritato ben altra introduzione. E invece � 
Non ho titoli istituzionali, n� accademici, n� giuridici: ne sono consapevole, 
e me ne scuso. 
Ma se sono qui e se, alla fine, ho ceduto alle insistenze di chi, nonostante 
tutto, mi chiedeva di esserci, non � per presunzione, ma solo per un dovere: 
il dovere della testimonianza. 
Un testimone non si pu� sottrarre, e Voi me lo insegnate. E io � questo, 
s� � sono un testimone che sa, che ha visto e, forse per questo, pu� e deve 
anche parlare. 
L�ho incontrato � l�Avvocato Caramazza � la prima volta nel 1994, Segretario 
Generale dell�Avvocatura. 
A gennaio 2002 ho portato in Consiglio dei Ministri la sua nomina a Vice 
Avvocato Generale. 
Il 14 ottobre 2010 ero a suo fianco nella cerimonia solenne, alla presenza 
del Capo dello Stato, quando si � insediato come Avvocato Generale. 
In tutti questi anni � e sono tanti � sono stato il primo testimone della 
sua attivit� intelligente e illuminata, del suo impegno competente e generoso, 
della sua dedizione operosa, assoluta e leale, del suo equilibrio,
2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
della sua saggezza, della vastit� della sua esperienza giuridica, della sua 
discrezione. 
Ho osservato da vicino come ha sempre assolto la sua altissima funzione, 
ho scoperto come si dirige una macchina complessa come l�Avvocatura, 
ho potuto constatare l�autorevolezza e il prestigio che tutti gli riconoscevano 
e gli riconoscono: i colleghi, i collaboratori, i responsabili di tutte 
le Amministrazioni dello Stato. 
Seguendolo giorno per giorno, in tante vicende piccole e grandi, ho �toccato� 
il suo senso del dovere e ho capito come si serve lo Stato, e come 
Lui lo ha servito. Proprio come sanno e debbono fare gli uomini che credono 
nelle Istituzioni e a loro danno l�anima, facendone la storia. I Civil 
Servant della cultura anglosassone, i Grand Commis dell�esperienza 
francese. Quelli che nella nostra tradizione vengono chiamati i Grandi 
Servitori dello Stato. Una tradizione, la nostra, che affonda nello spirito 
risorgimentale che ha segnato la formazione dello Stato unitario, e che 
poi, attualizzandosi e modernizzandosi, ha accompagnato via via le diverse 
fasi della vita nazionale. 
Ignazio Caramazza � uno di questi: anzi ne � il prototipo. Io per esperienza 
diretta, l�ho potuto constatare nei lunghi anni in cui ho avuto il 
privilegio e la fortuna di lavorare con Lui. 
Il testimone ha il dovere della verit�, deve raccontare i fatti di cui abbia 
conoscenza diretta, e solo quelli, e non per sentito dire. Non cՏ posto 
per le sue opinioni e tanto meno per le supposizioni. 
E io � testimone � ho raccontato proprio i fatti, quelli che ho visto e che 
ho vissuto. Del resto, sono fatti di tale assoluta e riconosciuta oggettivit� 
che neppure il mio sentimento di ammirazione e di gratitudine potr� mai 
inficiare agli occhi di nessun giudice. E qui ne vedo tanti� 
Non credo per� di togliere valore alla mia testimonianza, se aggiungo 
che per me l�Avvocato Caramazza � stato un esempio e un modello, una 
costante �lezione di vita� il suo quotidiano operare. 
Da Lui ho imparato tanto, e non solo sul piano giuridico e amministrativo, 
ma ancor prima sul piano dell�etica pubblica, del comportamento, 
del modo di assolvere ad una funzione pubblica e di servire lo Stato. 
Anche perch�, al di l� del rapporto istituzionale, sempre corretto e formalmente 
attento alla distinzione e alla diversit� dei ruoli, a Lui ho potuto 
far ricorso anche in maniera pi� informale e diretta ogni volta che mi 
sono trovato alle prese con un problema delicato e difficile, ricevendone 
sempre orientamento e consiglio, conforto e aiuto. 
� stata per me una guida sicura, prodiga di insegnamenti, elargiti sempre 
con generosit�, competenza e saggezza, pari solo alla discrezione, alla 
comprensione e alla signorilit�. E questo mi ha consentito di scoprire 
anche la sua grande umanit�, la sua cultura, il suo carattere forte e mite
TEMI ISTITUZIONALI 3 
al tempo stesso, la sua grande tempra morale. Non lo dimenticher�. 
Deriva da qui l�unico titolo che pu� forse giustificare la mia introduzione, 
oggi. Per questo incontro che � destinato a riflettere su una Istituzione 
come l�Avvocatura dello Stato e, insieme, a dare un giusto e meritato riconoscimento 
a chi, come l�Avvocato Caramazza, ricopre oggi cos� degnamente 
la carica di Avvocato Generale dello Stato e che al servizio di 
questa Istituzione ha speso tutta la vita. 
E cՏ un profondo legame fra questi due aspetti. 
Le Istituzioni, come ci ha ricordato di recente il Presidente Carlo Azeglio 
Ciampi, non sono nozioni astratte, ma sono �fatte di uomini, dei quali 
esse finiscono per esprimere i valori, i convincimenti, in breve, la cultura�. 
La storia dell�Avvocatura dello Stato �, quindi, la storia di tanti Avvocati 
e Procuratori dello Stato che, ora come in passato, hanno donato le loro 
capacit� e le loro energie per la difesa degli interessi pubblici, consentendo 
di vivere e operare all�Ufficio cui erano preposti. 
Il compito dell�Avvocato dello Stato - anche questo posso testimoniarlo 
di persona - non � dei pi� semplici: per la complessit� delle questioni 
giuridiche da affrontare, per la delicatezza degli interessi in gioco, per 
l�ingente dimensione del contenzioso pubblico, gli Avvocati dello Stato 
sono spesso chiamati a offrire un contributo di eccellenza in tempi ristretti 
e in condizioni di lavoro non favorevoli. 
D�altro canto, proprio l�attivit� professionale svolta negli anni dall�Avvocato 
Caramazza non solo illustra le caratteristiche e i meriti della difesa 
erariale in Italia, ma, soprattutto, costituisce la prova di come il 
Corpo degli Avvocati dello Stato, grazie all�elevato livello di preparazione 
e al notevole spirito di sacrificio, abbia saputo risultare pienamente 
all�altezza del ruolo che era chiamato a ricoprire. 
Dal 1964 nell�Avvocatura dello Stato (che per 10 anni ha coordinato 
come Segretario Generale) l�Avvocato Caramazza ha sostenuto con successo 
la difesa erariale nei pi� delicati processi davanti a tutte le giurisdizioni. 
Ha, inoltre, operato sia in ambito internazionale, prestando la 
Sua consulenza a prestigiosi organismi delle Nazioni Unite, sia a livello 
di Governo, ricoprendo l�incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero 
dell�Interno. 
� stato un impegno fecondo e particolarmente ricco di attivit� e di iniziative 
come testimonia la sua biografia densa di successi e di pubblicazioni. 
Una tra tutte per� mi piace ricordare, quella svolta nell�ambito 
della Commissione per l�accesso ai documenti amministrativi, della quale 
l�Avvocato Caramazza � stato autorevole ed ascoltato Vicepresidente. 
In tutta la sua carriera, l�Avvocato Caramazza ha saputo impersonare in 
modo esemplare la peculiare figura dell�Avvocato dello Stato che, come
4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
si sottolineava gi� in un dibattito parlamentare della fine dell�Ottocento, 
partecipa, ad un tempo, della natura dell�avvocato, di quella del funzionario 
e, sotto un certo profilo, anche di quella del magistrato. 
Come gli altri protagonisti del Foro, l�Avvocato dello Stato � in primo 
luogo un avvocato e deve impiegare le sue elevate competenze tecniche 
per conseguire un risultato processuale. 
Si tratta, tuttavia, di un�attivit� di difesa legale con connotati particolari, 
perch� per un verso essa � affidata a uno specifico ufficio statale al servizio 
esclusivo degli interessi pubblici � e in questo l�Avvocato dello Stato 
opera come un pubblico funzionario � mentre, per altro verso, � esercitata 
in posizione di indipendenza funzionale rispetto alle autorit� politiche, e 
ci� avvicina l�Avvocato erariale al magistrato. 
Questi caratteri singolari hanno avuto modo di manifestarsi pienamente 
nel corso della storia dell�Avvocatura, ma erano rinvenibili con chiarezza 
gi� nei lineamenti fondativi dell�Istituto. 
Quanto alla posizione di indipendenza funzionale, ad esempio, gi� il 
primo Avvocato Generale dello Stato � Giuseppe Mantellini � nel suo celebre 
Decalogo invitava i suoi Avvocati dello Stato, �nel trattare gli affari 
erariali� a essere �prima giudici che avvocati�. 
Parimenti, l�assunzione diretta da parte dello Stato della rappresentanza 
e difesa in giudizio delle pubbliche Amministrazioni, affidata ad un particolare 
corpo di avvocati pubblici, era un carattere gi� rinvenibile nell�Avvocatura 
regia del Granducato di Toscana, sul cui modello venne 
concepita l�Avvocatura erariale italiana. 
La pluridecennale attivit� dell�Avvocato Caramazza, sia quando si � trattato 
di interagire con le Istituzioni regionali e locali sia nella trattazione 
del contenzioso costituzionale sia, infine, nella difesa della Repubblica 
italiana davanti alle Corti internazionali, alla Corte europea dei diritti 
dell�Uomo e soprattutto, davanti alla Corte di Giustizia e al Tribunale 
dell�Unione d�, poi, conto di un altro carattere distintivo e meritorio del 
sistema di difesa erariale in Italia: l�Avvocatura dello Stato come organo 
chiamato a considerare e rappresentare in modo indipendente e unitario 
gli interessi pubblici, al di l� delle diverse articolazioni della struttura 
istituzionale. 
Sin dall�inizio, infatti, l�allora Avvocatura Erariale non venne concepita 
come Istituto preposto alla sola cura degli interessi dello Stato-apparato, 
visti in termini di contrapposizione rispetto agli altri interessi pubblici, 
ma come Istituto chiamato a farsi carico della visione unitaria degli interessi 
generali dello Stato-Comunit�. 
Se in origine, quando l�unica forma di autonomia presente nel nostro ordinamento 
era quella comunale, questo significava affidare agli Avvocati 
dello Stato il compito di essere �pacieri sempre fra Stato e Comuni� �
TEMI ISTITUZIONALI 5 
cito sempre il Decalogo di Mantellini �, questo ruolo di composizione ha 
assunto un rilievo centrale a seguito di quel radicale processo di rinnovamento 
del modello statuale italiano che ha visto, in senso orizzontale, 
una progressiva valorizzazione delle competenze regionali e locali, culminata 
nella modifica del Titolo V della Costituzione, e, in direzione verticale, 
l�ampliamento progressivo dei livelli di integrazione del nostro 
sistema con realt� sopranazionali e internazionali. 
Quanto al primo aspetto, in un ordinamento che si avvia ad assumere un 
assetto quasi federale, l�Avvocatura dello Stato, proprio per la sua struttura 
capillare e la sua posizione di indipendenza, si candida a svolgere 
un importante ruolo di collegamento e di mediazione fra le diverse Amministrazioni 
statali e fra queste, le Regioni e gli enti locali, conservando 
una visione d�insieme degli interessi pubblici. 
Questo ruolo acquista preminente rilievo soprattutto quando l�Avvocatura 
dello Stato svolge un�attivit� di consulenza legale. Ancor pi� della 
difesa giudiziaria � che comporta, talvolta, soluzioni obbligate �, la consulenza 
consente di garantire la tutela non tanto e non soltanto dell�interesse 
contingente e parziale della singola Amministrazione, ma anche 
degli interessi pubblici generali, realizzando in concreto il principio di 
legalit�. Riprova di questa attitudine � la proficua attivit� di assistenza 
che l�Avvocatura presta anche alle Autorit� indipendenti. 
La competenza tecnica e la considerazione unitaria espresse al livello 
pi� elevato dall�Avvocatura dello Stato costituiscono, inoltre, un indispensabile 
ausilio nella gestione del contenzioso costituzionale tra lo 
Stato e le Regioni, al fine, da un lato, di ridurre la conflittualit�; dall�altro, 
di indirizzare l�attivit� dell�Amministrazione centrale nell�alveo dei 
principi delineati dalla Corte Costituzionale. 
L�ambito nel quale questa peculiare missione dell�Avvocatura dello Stato 
emerge con maggiore evidenza � quella del contenzioso sopranazionale 
e internazionale in cui, per la naturale divaricazione fra la dimensione 
internazionale della responsabilit�, imputata allo Stato nel suo insieme, 
e la ripartizione interna delle competenze legislative e amministrative, 
l�Avvocatura si trova sovente a difendere la Repubblica italiana in contenziosi 
originati da presunte azioni o omissioni riferibili a livelli di governo 
regionale o locale. Analoghe considerazioni possono farsi con 
riguardo al ruolo dell�Avvocatura dello Stato nella fase pre-contenziosa 
delle procedure di infrazione, nelle quali occorre rappresentare la posizione 
nazionale nelle relazioni con la Commissione europea, calandola 
nel peculiare contesto comunitario. 
L�attitudine dell�Istituto, maturata in primo luogo nel contenzioso costituzionale, 
a considerare in modo unitario e come espressione complessiva 
lo Stato, gioca un ruolo determinante proprio in questi settori.
6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Si tratta di un compito di particolare importanza che proprio l�Avvocato 
Caramazza ha saputo interpretare in modo ottimale, maturando nel corso 
degli anni un�esperienza di altissimo livello nella gestione del contenzioso 
costituzionale e nella difesa davanti alle Corti internazionali e dell�Unione 
europea e distinguendosi per l�accurata e equilibrata definizione 
della posizione dello Stato nei diversi giudizi. 
Se, dunque, � giusto trarre insegnamento da chi si distingue per la sua 
particolare conoscenza e esperienza � il Magister nell�etimo latino della 
parola � chi si dimostra �pi� grande� (superlativo da �magis�) - attendo, 
quindi, con piacere di ascoltare una lezione che a buon titolo merita la 
qualifica di �magistrale� e, sin d�ora, rivolgo a Lei, Avvocato Caramazza, 
e a tutti gli Avvocati e Procuratori dello Stato, un sincero ringraziamento. 
Lectio: La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione italiana 
SOMMARIO: 1. Lo Stato in giudizio e la sua difesa in generale - 2. La soluzione italiana 
- 2.1. Gli uffici del contenzioso - 2.2. La riforma del 1865 e l�istituzione della Avvocatura 
Erariale - 2.3. La c.d. �controriforma Crispi� - 2.4. L�evoluzione successiva alla Costituzione 
repubblicana - 2.5. La crisi di trasformazione in atto - 3. L�Avvocatura dello Stato nell�ordinamento 
vigente: profili descrittivi - 3.1. Il rapporto dell�Avvocatura dello Stato con le amministrazioni 
statali e con il Governo - 3.2. Organizzazione dell�Avvocatura dello Stato - 3.3. 
La funzione di rappresentanza e difesa giudiziaria e la funzione consultiva - 4. L�Avvocatura 
dello Stato nell�ordinamento vigente: profili critici e ricostruttivi dell�attivit� funzionale - 
4.1. La funzione di rappresentanza e difesa giudiziaria: il mandato legislativo diretto ex lege 
- 4.2. La funzione consultiva. Natura istituzionale dell�attivit�: caratteri comuni o differenziali 
rispetto alla consulenza generale del Consiglio di Stato - 5. Considerazioni conclusive e brevi 
notazioni sui costi e benefici dell�attivit� di istituto. 
1. Lo Stato in giudizio e la sua difesa in generale 
Il problema dello Stato in giudizio e del come possa essere organizzata 
la sua difesa, suole generalmente essere collegato al principio della divisione 
dei poteri ed � considerato figlio della Rivoluzione francese sotto l�etichetta 
dell�assoggettamento dell�esecutivo al giudiziario. 
� questa una semplificazione riduttiva che appiattisce centinaia di anni 
di storia in una sintesi imprecisa, in quanto il problema nacque ben prima della 
rivoluzione francese e questa, lungi dall�assoggettare l�esecutivo al giudiziario 
volle creare, invece, un�amministrazione senza giudice. Bisogna, infatti, attendere 
la seconda met� dell�ottocento perch� quell�assoggettamento possa 
considerarsi realizzato. In Francia come in Italia come in molti altri Paesi a 
regime amministrativo.
TEMI ISTITUZIONALI 7 
Per la verit� l�esigenza che lo Stato, quanto meno in qualche suo aspetto, 
debba essere assoggettato al giudizio � stata avvertita � in modo invero confuso 
� anche in tempi antichissimi. La prima definizione razionale del problema 
compete al diritto romano dell�et� imperiale, che, come � noto, distingueva 
l�Aerarium � patrimonio pubblico � dal Fiscus, patrimonio non personale ma 
privato dell�imperatore, affidatogli perch� potesse provvedere � da privato qual� 
era � ad amministrare i servizi di Stato. Una singolarit� del diritto romano dell�et� 
imperiale era data dal fatto che l�imperatore non era considerato un pubblico 
funzionario ma un privato, anche se dotato di tutte le potest� pubbliche; 
potest� per il cui esercizio era necessario una adeguata provvista finanziaria. 
Tale singolarit� deriva dalla raffinata tecnica utilizzata da Ottaviano per 
realizzare il passaggio di Roma dalla repubblica alla monarchia. 
Dopo il trionfo della battaglia di Azio, Ottaviano rinunci� alla carica di 
triumviro rei publicae constituendae ed il Senato lo insign� del titolo di Augusto, 
che aveva valenza quasi religiosa e che doveva prefigurare la futura 
deificazione � sia pure solo post mortem � degli imperatori romani (1) e gli 
offr� tutte le pi� importanti cariche dello Stato. Ottaviano rifiut� di volta in 
volta le cariche ma accett� di svolgerne le funzioni. Non volle, ad esempio, la 
carica di Tribuno ma accett� di esercitare la tribunicia potestas. Si trov�, cos�, 
in breve tempo, a cumulare nelle sue mani tutte le fondamentali potest� pubbliche, 
dall�imperium militiae in gi�. Il passaggio dalla repubblica alla monarchia 
imperiale divenne cos� un fatto compiuto. 
In questo quadro il Fisco, patrimonio privato, a differenza dell�Erario, era 
dunque soggetto al giudizio ordinario (2) ed aveva quindi bisogno di un avvocato 
che lo difendesse in giudizio: il pi� famoso advocatus fisci fu Papiniano, 
non a caso evocato come predecessore dal Mantellini, ultimo Avvocato 
Regio di Toscana e primo Avvocato Generale Erariale del Regno d�Italia. 
L�et� di mezzo, con la sua assoluta confusione di poteri, risospinse il problema 
nell�indistinto e bisogna attendere i regimi preliberali dell�assolutismo 
illuminato per vedere ricomparire il concetto abbozzato dal diritto romano e 
vederlo anzi precisare in termini dogmatici di assoluta chiarezza. Mentre nell�assolutismo 
puro vigeva il principio � consacrato nell�editto di Saint Germain 
� della assoluta inassoggettabilit� a giudizio della pubblica Amministrazione, 
nei regimi di assolutismo illuminato � si parla della Prussia di Federico II il 
Grande, dell�Austria di Maria Teresa, della Toscana di Pietro Leopoldo di Lorena 
� si distingueva l�attivit� pubblica, l�actum principis, posto in essere iure 
imperii, come tale non giustiziabile (ma, a differenza che nell�assolutismo 
puro, gi� autolimitantesi con le regole della cameralistica e del diritto di polizia) 
dall�attivit� privata, iure gestionis, dello Stato inteso come ente patrimo- 
(1) E. MALCOVATI, Augusto in Enc. Italiana Treccani. 
(2) U. TAMBRONI, Avvocature Erariali, in II Digesto Italiano, UTET, 1893-1899 � p. 719 ss.
8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
niale e come tale assoggettata al sindacato dei giudici ordinari (3). 
Si tratta dei famosi giudici di Berlino che gi� conosceva il mugnaio di 
Sans-Souci, si tratta dei giudici ordinari di Firenze, cui Pietro Leopoldo commise 
le cause patrimoniali del Granducato, affidandone la difesa ad un avvocato 
pubblico all�uopo istituito. 
Al tardo settecento prerivoluzionario va dunque datata la nascita del problema 
della difesa dello Stato in giudizio e nella stessa epoca va collocata la 
prima soluzione adottata, quella lorenese ora accennata. 
Con motu proprio 27 maggio 1777, infatti, il Granduca Leopoldo di Toscana 
istituiva la magistratura dell�Avvocato Regio (4) per �la difesa delle 
cause interessanti il Fisco, le Regalie ed il Nostro patrimonio ... le quali vogliamo 
siano trattate e difese con puro spirito di verit� e di giustizia e che l�interesse 
del Fisco non prevalga mai alla ragione dei privati�. 
Veniva, cos�, realizzata una delle tante riforme grazie alle quali il Granducato, 
in un quarto di secolo (1765-1790), cambi� radicalmente volto. Quello 
che era stato un povero ed infelice paese, schiacciato da un regime assoluto di 
rigore secondo solo all�inefficienza organizzativa e dissanguato dal disordine 
e dalla rapacit� degli amministratori, si trasform� in una serena oasi di civilt�, 
retta da un ordinato ed efficiente regime �pre-liberale�, che fece della Toscana 
leopoldina il centro di attenzione della cultura europea, il campo sperimentale 
delle pi� avanzate innovazioni propugnate dai filosofi, dagli economisti e dai 
giuristi pi� insigni del �secolo dei lumi�. 
Elencando alcune soltanto delle riforme leopoldine e con limitazione al 
settore della giustizia ricorderemo: la soppressione del Tribunale dell�inquisizione 
e di tutti i fori privilegiati, l�abolizione della pena di morte e della tortura 
�che assolve il reo robusto e condanna il debole innocente�, l�inviolabilit� del 
diritto di difesa, l�introduzione dell�istituto del risarcimento dei danni per errori 
giudiziari e per ingiusta detenzione. Per sottolineare quanto in anticipo sui 
tempi fossero queste riforme, sia consentito ricordare che per l�introduzione 
nell�ordinamento dei due istituti per ultimo citati, l�Italia unita dovette attendere 
la seconda met� del secolo scorso. Cio� circa duecento anni ... 
2. La soluzione italiana 
Il sistema italiano derivato dall�antenato toscano sopra descritto e che � 
proprio anche dell�Austria e della Spagna, potrebbe essere definito come sistema 
asburgico, perch� Austria, Spagna ed Italia (o, per essere pi� esatti, uno 
(3) M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, 11 ss. 
(4) Agli uffici pubblici del Granducato competeva la qualifica di �regi�, nonostante non facessero 
parte di un Regno, in virt� del titolo di Altezza Imperiale e Reale che spettava ai granduchi della dinastia 
Asburgo-Lorena (L. PACINOTTI: L�Avvocatura Regia del Granducato di Toscana, in Rassegna Mensile 
dell�Avvocatura dello Stato, 1956, 125).
TEMI ISTITUZIONALI 9 
degli Stati italiani preunitari) hanno in comune la circostanza storica di essere 
stati governati da dinastie che discendevano dal comune ceppo degli Asburgo. 
La matrice storico-culturale di tale sistema va cercata in quell�Austria teresiana 
che vide nascere la Cameralistica e il Diritto di polizia, scienze che 
furono precorritrici del diritto amministrativo. 
La relativa civilt� esprimeva una concezione schiettamente illuministica 
dell�amministrazione dello Stato, e privilegiava una ordinata ed attenta gestione 
del settore finanziario. In quello spirito e nell�ottica di una natura privatistica 
di quella attivit�, con conseguente sua sottoposizione a giudizio, fu 
dunque previsto, nell�ambito della gestione del patrimonio e della riscossione 
delle imposte, un ufficio legale che tutelasse gli interessi dell�amministrazione 
finanziaria nei confronti degli amministrati. Il sistema vide, quindi, il nascere 
di uno speciale organo, cui venne istituzionalmente affidata la difesa dello 
Stato in giudizio. L�Istituto, nato, cos� come si � visto, nella Toscana lorenese 
nel tardo �700 fu, poi trapiantato, dopo l�unificazione, nel Regno d�Italia. 
Dell�800 sono, invece, le analoghe �Finanzprokuratur� austriaca � con cui 
l�Avvocatura italiana � legata da un vero e proprio gemellaggio storico-culturale 
� e la �Direcci�n de lo Contencioso del Estado� spagnola, che ha assunto 
dal 1985, in occasione di una riforma, il nome di Servizio Giuridico dello Stato. 
Questo sistema in esame prevede che la difesa dello Stato in giudizio sia 
assunta da uno speciale organo tecnico costituito da avvocati che sono allo 
stesso tempo funzionari dello Stato ed esercitano una competenza a carattere 
generale, estesa, in linea di principio, a tutti i tipi di giudizio. La razionalit� 
del sistema comporta tre vantaggi fondamentali: il primo � quello di ispirare 
una linea di condotta uniforme per tutte le cause, quale che sia il giudice davanti 
al quale si discute, il secondo � quello di creare una classe di avvocatifunzionari 
altamente specializzati. Il terzo vantaggio � di tipo economico, 
perch� si tratta ovviamente di un sistema che consente allo Stato, come meglio 
si vedr� in prosieguo, notevoli risparmi di spesa. 
Finanzprokuratur, Servizio Giuridico dello Stato, Avvocatura dello Stato 
sono istituti caratterizzati da un vincolo di dipendenza strutturale dalla pubblica 
amministrazione. In Austria l�istituto � alle dipendenze del Ministero 
delle Finanze, in Ispagna alle dipendenze del Ministero della Giustizia (ma era 
alle dipendenze di quello delle Finanze fino al 1984), in Italia � alle dipendenze 
della Presidenza del Consiglio, ma si tratta beninteso di un vincolo di dipendenza 
strutturale, non funzionale. Da un punto di vista funzionale esiste, invece, 
una garanzia di indipendenza correlata alla professionalit� della funzione, 
professionalit� incompatibile, comՏ ovvio, con il principio di gerarchia. 
In altri termini l�incardinazione dell�Avvocatura nell�amministrazione in 
senso soltanto strutturale comporta una netta distinzione dell�organo tecnico 
da tutte le singole branche dell�Amministrazione che devono essere rappresentate 
e consiliate, con una conseguente visione d�insieme di tutto il conten-
10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
zioso dello Stato dinanzi a tutte le giurisdizioni. 
Caratteristica, quest�ultima, particolarmente importante in uno Stato di 
non piccole dimensioni territoriali con una magistratura indipendente e caratterizzato 
dalla soggezione alla giurisdizione di una coesistente pluralit� di 
Corti nazionali e sovranazionali, quale � il caso dell�Italia oggi. 
Una difesa dello Stato non unitaria ma parcellizzata in vari uffici del contenzioso 
incardinati nelle singole amministrazioni o confidata a vari avvocati 
liberi professionisti potrebbe, ad esempio, essere indotta a non impugnare una 
sentenza che viene reputato conveniente accettare nel singolo caso, con conseguente 
passaggio in giudicato di un precedente che, se diventasse diritto vivente, 
potrebbe esporre lo Stato alla soccombenza nelle migliaia di altri casi pendenti 
nel Paese ed ignoti al singolo difensore responsabile della decisione di non impugnare, 
con drammatiche conseguenze finanziarie per il Bilancio dello Stato. 
Altra ipotesi potrebbe essere quella della elaborazione di una tesi difensiva 
che, se accolta nella singola causa e divenuta poi diritto vivente, potrebbe 
esporre l�ordinamento ad una declaratoria di incostituzionalit� della norma 
cos� interpretata o, peggio, ad una condanna in sede sovranazionale. 
Il sistema austro-ispano-italiano � stato adottato, con varie modificazioni, 
da qualche decina di Paesi. Gli Stati di tradizione anglosassone si ispirano, invece, 
in linea di principio ad una promiscuit� di funzioni civili e penali del 
P.M.; Francia e Germania si affidano a funzionari specializzati delle singole 
Amministrazioni. In quasi tutti i sistemi diversi dal nostro � poi prevista, in 
varie misure, la possibilit� del ricorso ad avvocati del libero foro (5) . 
2.1 Gli uffici del contenzioso 
Come si � accennato, l�Avvocatura dello Stato italiana deriva dall�avvocato 
regio di Toscana. 
Il trapianto dell�istituto lorenese nell�ordinamento italiano non fu, per�, 
immediato. All�indomani dell�unificazione, con R.D. 9 ottobre 1962, n. 915 
venne esteso, invece, a tutto il Regno il sistema borbonico delle agenzie del 
contenzioso, modellato sull�esempio francese dell�agent judiciaire du tr�sor. 
Il che era perfettamente logico in un sistema, ispirato anch�esso a quello 
francese, di un contenzioso dello Stato affidato essenzialmente ai tribunali ordinari 
del contenzioso amministrativo, che costituivano una sorta di sistema 
di giustizia interno all�Amministrazione e dinanzi ai quali lo Stato si difendeva 
direttamente con propri funzionari. 
Gli uffici del contenzioso interpretarono in maniera estremamente riduttiva 
i loro compiti e si ridussero �... ad una amministrazione di spese pagate e 
(5) Per la bibliografia su tale specifico argomento comparatistico si rinvia agli atti del Convegno 
Giuridico Internazionale delle Istituzioni di assistenza e difesa legale delle Amministrazioni dello Stato, 
tenutosi a Roma il 10-14 maggio 1976, Roma, 1978.
TEMI ISTITUZIONALI 11 
di spese riscosse per liti perdute o per liti guadagnate ...� (6) guadagnando 
inoltre una fama di scarsa trasparenza nei metodi seguiti per l�affidamento ai 
liberi professionisti delle (peraltro poche) cause dello Stato che dovevano essere 
trattate dinanzi ai giudici ordinari e che erano naturalmente, all�epoca, 
soltanto quelle relative alle attivit� iure gestionis. 
2.2. La riforma del 1865 e l�istituzione della Avvocatura Erariale 
Prima di passare alla storia della nascita e dello sviluppo dell�istituto sia 
consentita una osservazione di carattere generale. 
Quando la difesa dello Stato in giudizio venga affidata, come accade nel 
nostro ordinamento, ad un organo tecnico incardinato nell�Amministrazione, ma 
distinto dalle singole branche dell�Amministrazione, tale organo diventa allora 
un osservatorio privilegiato del variare del punto di equilibrio tra principio di libert� 
e principio di autorit�. Punto di equilibrio che evolve nel tempo, in sintonia 
con le grandi crisi di trasformazione della societ�, dello Stato e del diritto. 
Si tratta di crisi che, per linee generalissime, possiamo individuare in 
quattro momenti: il passaggio dall�ancien r�gime allo Stato liberal borghese; 
il passaggio dallo Stato liberal borghese allo Stato sociale o, per usare una terminologia 
gianniniana, allo Stato pluriclasse; il passaggio dallo Stato pluriclasse 
allo stato cosiddetto post-moderno. L�ultima crisi, quella attuale, che 
stiamo vivendo ai giorni nostri, segna, infine, il passaggio dallo Stato postmoderno 
allo Stato minimo. 
Sono tutti cambiamenti che, semplificando al massimo, possiamo descrivere 
attraverso un diverso bilanciamento dei punti di equilibrio dei tre poteri 
tradizionali, legislativo, esecutivo e giudiziario che, da quando nacquero dall�indistinto 
del potere assoluto del sovrano, videro mutare (e di molto) le reciproche 
valenze nell�arco di due secoli, con conseguente intuitivo riflesso di 
tale mutamento sia sulla giustizia che sui compiti e le funzioni dell�avvocato 
che difende lo Stato in giudizio. 
Dobbiamo, ovviamente, prendere l�avvio da quella che � tuttora la pietra 
miliare del nostro ordinamento di giustizia amministrativa, la legge abolitrice 
del contenzioso amministrativo del 1865, legge che, come � noto, soppresse i 
tribunali speciali del contenzioso, devolvendo al giudice ordinario tutte le 
cause, anche contro l�Amministrazione, in cui si facesse questione di un diritto 
civile o politico. L�unico limite posto al giudice ordinario nei confronti dell�Amministrazione 
fu il divieto di annullare l�atto amministrativo, che poteva 
essere soltanto disapplicato. 
Fu una scelta di civilt� liberale coraggiosissima, perch� si modell� su 
quella che era l�esperienza inglese, mediata attraverso la Costituzione belga 
del 1831 (dei cui articoli 92, 93 e 107, gli articoli 2, 4 e 5 della legge italiana 
(6) G. MANTELLINI, Lo Stato e il Codice civile, Firenze, 1883, III, 37.
12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
abolitrice del contenzioso amministrativo rappresentano la letterale traduzione). 
Si tratt� per� di una scelta probabilmente troppo in anticipo sui tempi, 
tanto vero che fior�, immediatamente dopo l�approvazione della legge abolitrice, 
la primavera di una giurisprudenza che, sulla falsariga del modello belga, concesse 
aperture estremamente allarmanti per la classe dirigente del tempo, inducendola 
a correre ai ripari con energiche controspinte conservatrici. Nell�anno 
1876 era pacifica, infatti, una giurisprudenza di tutte le Corti di Cassazione italiane 
che consentiva a chi fosse stato danneggiato da un atto amministrativo 
(ad esempio da un provvedimento prezzi) di chiedere il risarcimento del danno 
(7). Era un riconoscimento della risarcibilit� dei danni da lesione di interesse 
legittimo ante litteram, che precorreva i tempi di ben 125 anni. 
Tutto questo avveniva, poi, nonostante l�arcigna guardia montata dal Consiglio 
di Stato, all�epoca incardinato nell�esecutivo e per� contraddittoriamente 
eretto in giudice dei conflitti fra potere esecutivo e potere giudiziario. 
In sintomatica coincidenza con la concessione alla Corte di Cassazione 
romana della funzione di giudice dei conflitti, la classe politica ebbe il timore 
di spingersi troppo in l�, considerata anche la larga apertura liberale gi� effettuata 
dalla giurisprudenza. Come controspinta ad una riforma troppo in anticipo 
sui tempi istitu�, quindi, l�avvocatura allora chiamata erariale, e non a caso perch� 
la riduttiva denominazione dava ragione di quella che sarebbe stata la linea 
di difesa commessa al nascente istituto, creato al dichiarato scopo di contenere 
i poteri di sindacato del giudice sull�atto della pubblica amministrazione. 
L�avvocatura erariale si mosse, quindi, lungo la linea di contenere al massimo 
possibile l�ingerenza del giudiziario nei confronti dell�esecutivo. D�altra 
parte non dobbiamo dimenticare quale fosse all�epoca il rispettivo valore dei 
tre poteri tradizionali. Lo Stato liberal-borghese era nato con una supremazia 
del potere legislativo rispetto agli altri due. Era quella l�epoca delle grandi codificazioni, 
che realizzarono il sogno illuminista di una rete di regole generali 
ed astratte che imbrigliasse tutta la variegata dimensione dell�operare umano. 
In proposito aveva scritto Napoleone: Waterloo sar� dimenticata, ma il mio 
codice civile vivr� per sempre. 
Il potere esecutivo, forte nella sostanza, aveva per� un campo di azione 
estremamente limitato: era quello il tempo dello �Stato gendarme�, che si limitava 
sostanzialmente a difendere le frontiere all�esterno e l�ordine pubblico 
all�interno. Il potere giudiziario, poi, era veramente figlio di un dio minore, 
perch� dalla rivoluzione francese era nato un potere giudiziario guardato con 
sospetto e diffidenza, soprattutto quando veniva chiamato a sindacare l�esecutivo, 
perch� era considerata verit� di fede l�equazione: �giudicare l�Amministrazione 
equivale ad amministrare�. 
(7) Cass. Roma, 13 marzo 1876, in Foro it., 1876, I, 842. Nella nota redazionale si attestava che 
il principio affermato costituiva �giurisprudenza costante di tutte le cassazioni del Regno�.
TEMI ISTITUZIONALI 13 
L�Avvocatura erariale del tempo, sotto la guida di Giuseppe Mantellini, 
ultimo Avvocato Regio di Toscana e che era diventato primo Avvocato Generale 
Erariale, al fine di contenere i poteri del giudiziario nei confronti dell�esecutivo 
si mosse � con pieno successo � lungo tre direttrici: quella di negare la 
natura di diritti alle situazioni nascenti da leggi amministrative; quella di negare 
la possibilit� per i giudici di disapplicare l�atto amministrativo che avesse 
direttamente recato un pregiudizio; infine, quella pi� grave, di negare giurisdizione 
al giudice quando l�Amministrazione avesse operato jure imperi. 
Ecco, quindi, perch� l�Avvocatura si denominava erariale: perch� lo Stato intendeva 
assoggettarsi al giudizio soltanto quando avesse operato nella sua 
veste di diritto privato. Quando avesse operato, invece, come autorit� esso doveva 
ritenersi sottratto al sindacato giurisdizionale. Alla stregua, cio� di quanto 
avveniva ai tempi dell�assolutismo illuminato. Alla primavera della giurisprudenza 
liberale succedette, quindi, per gli amministrati, l�inverno del pi� profondo 
scontento (8). Si verificava, cos�, uno di quegli ironici contrappassi di 
cui la storia non � avara: un Istituto nato cento anni prima in uno Stato preunitario 
come avanguardia preliberale veniva trapiantato nell�Italia unita in funzione 
di controspinta conservatrice. 
2.3. La c.d. �controriforma Crispi� 
Il r�virement giurisprudenziale ora descritto suscit� le pi� vibrate proteste 
della societ� civile e dei suoi pi� illuminati rappresentanti, fra i quali spiccava 
Silvio Spaventa, dalle cui iniziative nacque, nel 1889, la Quarta Sezione del 
Consiglio di Stato. La relativa legge � nota anche come �controriforma Crispi� 
e va notato, per�, che essa non nacque affatto in spirito controriformistico, 
perch� si continuava a pensare che unico giudice, unica giurisdizione, fosse 
quella del giudice ordinario. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato veniva 
investita quindi, secondo le intenzioni del legislatore del tempo, di un compito 
amministrativo di giustizia interna all�Amministrazione, con la funzione di 
sindacare la legittimit� degli atti amministrativi attraverso una valutazione di 
tipo esclusivamente cassatorio (9). 
L�Avvocatura erariale, per bocca del suo Avvocato Generale, fu tra i 
grandi sostenitori della legge Crispi. Fu, poi, ancora l�Avvocatura erariale, con 
un ricorso alle sezioni unite della Cassazione romana, a provocare nel 1893 
quella sentenza che riconobbe al Consiglio di Stato natura giurisdizionale (10), 
determinando quindi, il passaggio, nell�arco di appena quattro anni, del Consiglio 
di Stato, da organo di giustizia interna, ad organo giurisdizionale, per 
tale legislativamente confermato nel 1907. Questo, per�, determinava anche 
(8) Atti Parlamentari, Senato del Regno, Discussioni, Tornata del 20 marzo 1888, 1170. 
(9) N. SCIALOIA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, Riv. Dir. Pubbl. 1931, 411. 
(10) Cass. SS.UU. Roma 21 marzo 1893 n. 177 in Foro it. 1893, I, 294.
14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
una promozione dell�Avvocatura, che non era pi� soltanto il difensore della 
personalit� patrimoniale dello Stato, ma diventava difensore del potere esecutivo 
e delle sue prerogative e quindi avvocato a tutto tondo �dello Stato� e 
non pi� soltanto dello Stato come persona privata. 
Il disegno si doveva completare negli Anni �20 e �30 del secolo scorso con 
l�unificazione della Cassazione a Roma, con l�incardinamento dell�Avvocatura 
dello Stato, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti nella Presidenza del 
Consiglio, con l�istituzione del Foro erariale e con il mutamento, anche formale, 
della denominazione da Avvocatura erariale in Avvocatura dello Stato (11). 
Tale mutazione corrisponde al passaggio dallo Stato liberal-borghese allo 
Stato sociale, o pluriclasse, in cui l�equilibrio dei tre poteri si modifica; il potere 
esecutivo abbandona le dimesse vesti di guardiano notturno e comincia 
ad occuparsi di edilizia, di sanit�, di istruzione, di credito, di assicurazioni. 
Aumenta anche l�importanza del potere giudiziario che finalmente pu� sindacare 
l�esecutivo mentre arretra il legislativo. 
Dominante, in questa fase, appare dunque il potere esecutivo, tantՏ vero 
che tra le due grandi guerre del secolo scorso, allignarono le peggiori dittature 
che la storia ricordi. 
In questo periodo l�Avvocatura dello Stato divent� il difensore delle prerogative 
del potere pubblico, e questo sia nel giudizio civile, nel quale allora le 
prerogative del potere pubblico erano molte ed importanti (basti ricordare il solve 
et repete), sia dinanzi al giudice amministrativo, dove l�avvocato dello Stato deduceva 
in giudizio la presunzione di legittimit� dell�atto amministrativo. 
Cos� come nella fattoria degli animali tutti gli animali sono uguali, ma 
alcuni sono pi� uguali degli altri - diceva acutamente Piccardi - ci sono giudizi 
di parti in cui una parte � un po� meno parte dell�altra. Questo era il caso del 
giudizio amministrativo in cui, anche simbolicamente, la funzione dell�avvocato 
dello Stato era raffigurata in posizione diversa da quella dell�avvocato 
difensore della parte privata, perch� l�avvocato dello Stato siede alla destra 
del giudice, sul banco che nei giudizi penali compete al Pubblico Ministero. 
Oggigiorno, probabilmente, questo � soltanto un retaggio del passato, un 
simbolo, cos� come � un simbolo la parrucca bianca dell�avvocato inglese, 
perch�, come � noto, al tempo attuale le prerogative della difesa pubblica non 
esistono praticamente pi�. 
2.4. L�evoluzione successiva alla Costituzione repubblicana 
Terza crisi di trasformazione � quella del passaggio dallo Stato sociale 
allo Stato detto post-moderno, con definizione puramente diacronica. Essa intercorre 
nel periodo che, per semplificare, va dalla Costituzione repubblicana 
fino, grosso modo, al 1990. 
(11) G. MANZARI, Avvocatura dello Stato, Digesto, IV ed., Torino, 1988, II ss..
TEMI ISTITUZIONALI 15 
Volendo ricorrere ad una definizione pi� sostanzialistica e ricorrendo al 
criterio del bilanciamento dei poteri tradizionali, si pu� constatare come il potere 
che avanza impetuosamente nella seconda met� del secolo scorso � il giudiziario, 
tantՏ vero che il relativo tipo di Stato � stato anche autorevolmente 
chiamato da Mario Nigro �Stato di giurisdizione�. La mano pubblica, non solo 
in Italia, in quel torno di anni, aveva dilatato enormemente la sua sfera di influenza, 
quindi i punti di crisi, di contatto e conflitto tra Amministrazione e 
cittadino erano andati aumentando. Si diceva che un bravo cittadino inglese, 
prima della prima guerra mondiale, non si sarebbe mai accorto della presenza 
dello Stato se non fosse stato per gli uffici postali e per i poliziotti (12). Certo 
questo non avrebbe pi� potuto essere detto in nessun paese dell�occidente negli 
anni �70 o negli anni �80 del secolo scorso. Vi era quindi un�esigenza accresciuta 
di domanda di giustizia e di partecipazione determinata anche da un miglioramento 
del tenore di vita e sintomatizzata in tutto il mondo da una serie 
di dati caratteristici, come l�irraggiamento dell�istituto dell�ombudsman, che, 
se non � istituto giurisdizionale, � per� uno strumento di giustizia nell�Amministrazione; 
il progredire delle regole sul procedimento ed una maggior attenzione 
alle esigenze partecipative del cittadino; l�introduzione nei procedimenti 
amministrativi di regole quasi giudiziali; un aumento dei poteri del giudiziario 
nei confronti dell�esecutivo. In una parola, un aumento della domanda di giustizia, 
un aumento della risposta di giustizia, un aumento della incisivit� della 
risposta di giustizia, soprattutto nei confronti della Pubblica Amministrazione. 
Questo sia nei paesi a regime amministrativo, come il nostro, sia nei paesi di 
common law come ad esempio, l�Inghilterra. 
In Italia l�avanzata impetuosa del potere giudiziario � andata addirittura 
al di l�, perch� quella che ormai viene chiamata comunemente la �rivoluzione 
dei giudici�, alle soglie dell�ultimo decennio del secolo scorso, ha spazzato 
via un�intera classe politica, agendo come punta avanzata di una marea montante 
di lungo respiro che aveva interessato l�intero occidente industrializzato 
e determinando, in Italia, quello che � stato definito come passaggio dalla 
prima alla seconda Repubblica. 
Come � mutata in questo periodo la natura della difesa dello Stato? � mutata 
nel senso che l�Avvocatura ha assunto un�altra dimensione, ulteriore rispetto 
a quelle precedenti. � rimasta, certo, la difesa dello Stato sia come 
persona pubblica che come persona privata dinanzi agli organi di giustizia ordinaria 
e amministrativa (difesa depurata, per�, di quelli che erano stati i privilegi 
del passato). Ma ad essa si � aggiunta una nuova dimensione, quella di 
una rappresentanza e difesa dello Stato non soltanto come potere esecutivo, 
ma nella sua unitariet�, segnatamente di soggetto di diritto internazionale o 
(12) A.J.P. TAYLOR, English History, 1914-1915 cit. in H.W.R. WADE, Administrative Law, V ed. 
Oxford 1984.
16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sopranazionale. Ci� ad esempio dinanzi alla Corte di Giustizia dell�Unione 
europea, o dinanzi alla Corte internazionale di giustizia dell�Aja; ed ancora, 
rappresentanza e difesa dello Stato non come potere esecutivo ma come ordinamento, 
ad esempio nei giudizi incidentali dinanzi alla Corte Costituzionale 
sulla legittimit� delle leggi. Questa appare indubbiamente come l�assunzione 
di una dimensione ulteriore e direi di non poco momento cui va aggiunta l�assunzione 
delle difesa di nuovi soggetti assistiti, quali numerosissimi enti pubblici 
nazionali ed internazionali o sovranazionali quali numerosi Stati esteri, 
la Commissione UE, la B.E.I. e la F.A.O.. 
2.5. La crisi di trasformazione in atto 
Veniamo adesso alla parte pi� difficile della nostra analisi, pi� difficile 
perch� attiene alla crisi di trasformazione che stiamo vivendo adesso, ed il 
contemporaneo � il meno privilegiato degli osservatori. Si tratta del passaggio 
dallo Stato di giurisdizione allo Stato attuale e che � stato chiamato in molti 
modi. Forse la denominazione pi� suggestiva � per� quella di �Stato minimo�. 
Il pendolo della storia ha cambiato direzione a seguito di molti avvenimenti, 
primo fra tutti la caduta del �muro di Berlino�, caduta che � simbolo della crisi 
di un�ideologia collettivistica che aveva realizzato il massimo dell�intervento 
della mano pubblica. L�implosione dell�impero che ne rappresentava l�inveramento 
in terra ed il consolidarsi a livello continentale dei valori guida dell�Unione 
europea - la concorrenza ed il mercato - hanno innescato quella che 
� stata definita la corsa verso il privato e quindi verso lo Stato minimo, in uno 
scenario in cui i valori del mercato si sostituiscono a quelli della politica. 
Il quadro non � privo, naturalmente, di singolari contraddizioni, perch�, 
come insegnava un liberista della statura di Einaudi, la prima necessit� di un 
mercato sono i carabinieri che ne fanno osservare le regole ed i nuovi carabinieri 
di questo nuovo Stato gendarme sono le Autorit� Indipendenti che debbono 
far osservare le regole del mercato. 
Sennonch� le Autorit� indipendenti sono, dal punto di vista formale, autorit� 
amministrative, che operano attraverso atti amministrativi. La loro attivit� 
ricade, quindi, in via generale sotto il sindacato del giudice 
amministrativo, cos� come sotto il sindacato del giudice amministrativo viene 
a ricadere l�attivit� svolta con procedure ad evidenza pubblica di soggetti che, 
in realt�, non sono pubblici ma privati. La privatizzazione dello Stato si � risolta, 
quindi, contraddittoriamente in Italia in un ampliamento della competenza 
del giudice, quanto meno nella sua epifania di giudice amministrativo. 
A ci� si � aggiunta la rivoluzione di fine millennio nella giustizia amministrativa. 
Rivoluzione che ha la caratteristica di avere realizzato nell�arco di 
tre anni, dal 1997 al 2000, attraverso un�accelerazione improvvisa, i risultati 
finali di linee di tendenza che si erano venute faticosamente dipanando nel 
corso dei precedenti cinquant�anni, in particolare con l�affidamento al giudice
TEMI ISTITUZIONALI 17 
amministrativo di quel formidabile strumento di controllo sociale che � la tutela 
risarcitoria e ci� non solo con riguardo ai danni da lesione di diritti soggettivi, 
in sede di giurisdizione esclusiva, ma anche a quelli derivanti da 
lesione di interessi legittimi. Veniva cos� esorcizzato un duplice dogma pi� 
che centenario e segnata un�ulteriore importante tappa nella avanzata del potere 
giudiziario (13). 
Cosa muta in questo quadro nel rapporto tra poteri dello Stato? Qual � la 
posizione dell�Avvocatura dello Stato in questo nuovo assetto? L�osservatore 
contemporaneo, lo ripeto, � il meno privilegiato, in quanto � estremamente 
difficile cogliere una realt� in divenire, ed un divenire, per di pi�, cos� rapido. 
Ho l�impressione che il progresso tecnologico velocissimo abbia superato 
quelle che sono le nostre realt� istituzionali, attualmente inadeguate a contenerlo. 
Lo stesso dicasi per la fuga in avanti di una finanza internazionale disancorata, 
non solo da qualunque principio etico, ma anche da qualsiasi 
collegamento con l�economia reale e che costituisce una seria minaccia per 
l�economia degli Stati e per lo stesso equilibrio geopolitico. 
De Rita ha parlato di deistituzionalizzazione, di destrutturazione dell�Amministrazione 
Pubblica e sicuramente i punti di equilibrio e di bilanciamento 
dei tre poteri dello Stato non sono pi� quelli del passato anche recente, mentre, 
per l�Avvocatura si va accentuando un dualismo gi� constatato nello Stato di 
giurisdizione. Essa �, infatti, da un lato, difensore dello Stato, soprattutto dinanzi 
al giudice amministrativo (recessive apparendo le funzioni del giudice 
ordinario nei giudizi con lo Stato) con una posizione da avvocato tendenzialmente 
equiordinata a quella del difensore privato. Essa acquista e potenzia, 
poi, una dimensione diversa e pi� squisitamente pubblicistica in quelli che 
sono i giudizi di costituzionalit� (in cui opera pi� come amicus curiae che 
come avvocato) ed i giudizi dinanzi alle corti internazionali e sovranazionali 
in cui rappresenta non gi� lo Stato-amministrazione, sibbene lo Stato come 
personificazione anche esterna di tutta la Comunit� nazionale; per non parlare, 
da ultimo, delle cause in cui difende le Autorit� indipendenti, e che presentano 
problematiche tutte particolari. 
Dal punto di vista della natura della crisi che lo Stato, la societ� e il diritto 
stanno attraversando, forse si sta avverando la profezia che Giannini faceva 
pi� di vent�anni fa, quando parlava della crisi dello Stato nazionale nella sua 
configurazione seicentesca teorizzata da Jean Bodin. Stato nazionale che, dopo 
quattro secoli di storia, sarebbe giunto alla fine del suo ciclo vitale. 
Un segnale importante in questo senso nel nostro Continente � il dialogo 
quotidiano che gli operatori del diritto nazionali debbono intrattenere, in Europa, 
con le Corti di Lussemburgo e di Strasburgo, auspicabile auspicio di un 
(13) I.F. CARAMAZZA, Le nuove frontiere della giurisdizione amministrativa (dopo la sentenza 
della Corte Costituzionale 8 luglio 2004 n. 204) in R. Avv. S. 2004, 741 ss.
18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
possibile, ma purtroppo non certo n� prossimo futuro intitolato agli Stati Uniti 
d�Europa. 
3. L�Avvocatura dello Stato nell�ordinamento vigente: profili descrittivi 
3.1 Il rapporto dell�Avvocatura dello Stato con le amministrazioni statali e 
con il Governo 
Passando a delineare un breve quadro descrittivo dell�ordinamento dell�Avvocatura, 
si pu� osservare come la normativa che regge l�Istituto nella 
sua attuale configurazione si articoli in due testi legislativi fondamentali: il 
t.u. r.d. 30 novembre 1933, n. 1611 che segn� il culmine e la sistematizzazione 
di una serie di riforme maturate fra le due guerre e la l. 3 aprile 1979, n. 103 
che, a sua volta, sistematizz�, da un lato, le nuove funzioni che l�Istituto era 
andato assumendo nel nuovo assetto dello Stato repubblicano accentu�, dall�altro, 
insieme con la vocazione giustiziale, quella tecnico-professionale 
dell�Avvocatura nel quadro di una riforma che, seppure parziale, ha valori di 
fondo ispirati a principi di efficienza e democraticit� (14). 
Riservando al seguito l�approfondimento della posizione acquisita dall�Istituto 
nel sistema della Costituzione vigente, � certo da escluderne l�immedesimazione 
con gli organi dell�amministrazione pubblica, nei cui confronti 
esercita la funzione istituzionale, autonoma e indipendente, di consulenza e 
difesa in giudizio (15). 
L�Istituto �, infatti, attributario per legge, in via generale, del compito di 
provvedere �alla tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato� di corrispondere 
alla richiesta di consultazione di tutte le amministrazioni statali, �di 
consigliarle e dirigerle quando si tratti di promuovere, contestare o abbandonare 
giudizi�. 
A tal fine, corrisponde �direttamente� con dette amministrazioni, che sono 
tenute a fornirgli i chiarimenti, le notizie e i documenti necessari per l�adempimento 
delle sue attribuzioni. 
Tale disciplina concorre a chiarire la portata della statuizione di legge secondo 
la quale �gli uffici dipendono dal Capo del Governo Primo Ministro 
Segretario di Stato (oggi Presidente del Consiglio dei Ministri) e sono posti 
sotto l�immediata direzione dell�Avvocato Generale. 
Siffatta dipendenza dal vertice del governo, espressamente riferita agli 
�Uffici� non pu� che riguardare il sistema organizzatorio di questi, e cos� la 
provvista del personale e dei mezzi finanziari e strumentali, la costituzione 
dei rapporti di servizio (le nomine sono disposte per gli avvocati e procuratori, 
con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del 
Consiglio) e gli eventuali altri provvedimenti di stato giuridico nonch� ogni 
(14) B.G. CARBONE, Avvocatura dello Stato in N.N.D.I. App. I, Torino, 1980 p. 625-626. 
(15) P.G. FERRI, Avvocatura dello Stato, Voce dell�Enciclopedia italiana Treccani.
TEMI ISTITUZIONALI 19 
altra iniziativa connessa con la responsabilit� politica del Presidente del Consiglio 
e inerente all�organizzazione e alla rispondenza dell�attivit� dell�Istituto 
ai compiti fissati dalla legge o sulla base di essa affidatigli. Fuori discussione 
� invece l�indipendenza e l�autonomia funzionale di ordine tecnico-professionale 
(16), vieppi� accentuata dalle innovazioni portate dalla l. n. 103 del 1979. 
3.2 Organizzazione dell�Avvocatura dello Stato 
Sotto il profilo organizzativo gli uffici dell�Avvocatura sono costituiti 
dalla Avvocatura Generale e dalle Avvocature Distrettuali. La prima con sede 
in Roma e competenza estesa all�ambito nazionale per quanto non riservato 
alla competenza degli uffici distrettuali, aventi sede in ciascun distretto di 
Corte d�Appello e quindi, di massima, in ciascun capoluogo di regione. 
Fanno eccezione alla regola il distretto di Roma, per il quale l�Avvocatura 
generale svolge anche l�attribuzione territoriale di Avvocatura distrettuale e la 
Valle d�Aosta per cui ha competenza l�Avvocatura distrettuale di Torino. Il 
criterio di riparto delle competenze �, ovviamente, quello territoriale della localizzazione 
del giudice competente o dell�ufficio richiedente il parere. L�Avvocatura 
generale � inoltre competente funzionalmente dinanzi ai collegi 
internazionali o comunitari, e, in materia consultiva, per i pareri che involgano 
questioni di massima. 
Al vertice dell�Istituto � posto l�Avvocato generale, coadiuvato dall�Avvocato 
Generale Aggiunto (17), qualifiche che la legge tiene separate e distinte, 
dagli altri avvocati dello Stato, i quali, con l�entrata in vigore della l. n. 103 
del 1979, sono ordinati in tale unica qualifica, a sua volta distinta dalla quarta 
qualifica che � quella dei procuratori. 
L�Avvocato generale dello Stato � nominato con decreto del Presidente 
della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri previa 
deliberazione del Consiglio stesso. I suoi compiti sono i seguenti: 
- determinare le direttive inerenti alla trattazione degli affari contenziosi 
e consultivi; 
- presiedere e convocare il Consiglio degli avvocati e procuratori dello 
Stato ed il Comitato consultivo; 
- vigilare su tutti gli uffici, servizi e il personale dell�Avvocatura dello 
Stato e soprintendere alla loro organizzazione, dando le opportune disposizioni 
ed istruzioni generali; 
- risolvere, sentito il Comitato consultivo, le divergenze di parere sia tra 
gli uffici distrettuali dell�Avvocatura dello Stato, sia tra questi e le singole amministrazioni; 
- assegnare agli avvocati e procuratori in servizio presso l�Avvocatura ge- 
(16) Cons. Stato Ad. Gen. 23 novembre 1967 n. 1237. 
(17) Art. 6 bis, D.L. 24 dicembre 2003 n. 354 convertito con L. 26 febbraio 2004 n. 45.
20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
nerale dello Stato gli affari contenziosi e consultivi, in base a criteri stabiliti 
dal Comitato consultivo; 
- riferire periodicamente al Presidente del Consiglio dei Ministri sull�attivit� 
svolta dall�Avvocatura dello Stato, presentando apposite relazioni, e segnalare 
le eventuali carenze legislative ed i problemi interpretativi che 
emergono nel corso dell�attivit� dell�istituto; 
- fare le proposte ed adottare i provvedimenti espressamente attribuiti alla 
sua competenza, nonch� ogni altro provvedimento riguardante gli uffici ed il 
personale dell�Avvocatura dello Stato, che non sia attribuito ad altra autorit�. 
L�Avvocato generale dello Stato � coadiuvato, nei suoi compiti, da otto 
avvocati dello Stato che abbiano conseguito l�ultima classe di stipendio, cui 
viene conferito � su sua proposta motivata, formulata sentito il Consiglio degli 
avvocati e procuratori dello Stato e con decreto del Presidente della Repubblica, 
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri � l�incarico di Vice Avvocato 
generale. Gli otto Vice Avvocati Generali sono responsabili dell�attivit� 
di altrettante sezioni, competenti ciascuna per la consiliazione e la difesa di 
un certo numero di Amministrazioni. 
L�Avvocato generale �, inoltre, assistito da un avvocato dello Stato che 
abbia conseguito la terza classe di stipendio con l�incarico di Segretario generale. 
Tale incarico viene conferito per un periodo di cinque anni (rinnovabile 
una sola volta) con le stesse modalit� di cui sopra, esclusa la necessit� di una 
deliberazione del Consiglio dei Ministri. 
Il Segretario generale, oltre ad assistere l�Avvocato generale nell�esercizio 
delle sue funzioni, cura il funzionamento degli uffici e dei servizi, sovrintende 
agli affari amministrativi e riservati ed esercita le funzioni di capo del personale 
amministrativo. 
Gli Avvocati distrettuali sono incaricati della direzione degli uffici periferici 
� con la stessa procedura prevista per il conferimento dell�incarico di 
Segretario generale � con scelta effettuata fra gli avvocati dello Stato che abbiano 
conseguito da almeno cinque anni la terza classe di stipendio, ed esercitano 
mutatis mutandis, in sede locale, le stesse funzioni assolte dall�Avvocato 
generale in sede centrale. 
Passando agli organi collegiali, occorre rammentare in primo luogo il 
Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, che � organo capace di sviluppare 
funzioni di autogoverno del corpo, pur avendo limitate funzioni deliberanti. 
Esso � composto dall�Avvocato generale dello Stato che lo presiede, 
dai due Vice Avvocati generali e dai due Avvocati distrettuali rispettivamente 
pi� anziani nell�incarico, e da quattro componenti di cui almeno uno procuratore 
dello Stato, eletti da tutti gli avvocati e procuratori dello Stato riuniti in 
un unico collegio elettorale. 
Oltre ad esplicare le funzioni in precedenza attribuite alla Commissione 
permanente per gli avvocati e procuratori dello Stato, previste dai rr.dd. 30 no-
TEMI ISTITUZIONALI 21 
vembre 1933, n. 1611 e n. 1612, tale organo provvede ad esprimere pareri sulla 
distribuzione dei legali dell�Avvocatura tra l�Avvocatura generale e le Avvocature 
distrettuali nonch� sull�assegnazione degli avvocati e procuratori di prima 
nomina ai vari uffici e sui trasferimenti; esprime giudizi in merito alla progressione 
nelle classi di stipendio; decide i ricorsi proposti dagli avvocati e procuratori 
dello Stato avverso il provvedimento con cui viene disposta la sostituzione 
nella trattazione degli affari loro affidati; formula parere sul conferimento degli 
incarichi e sui collocamenti fuori ruolo; esercita nei confronti degli avvocati e 
dei procuratori dello Stato funzioni di Commissione di disciplina; designa gli 
avvocati dello Stato che debbono far parte del Comitato consultivo. 
Il Comitato consultivo � espressione del principio di collegialit� sul piano 
tecnico-istituzionale � �, invece, composto dall�Avvocato generale che lo presiede, 
da sei avvocati dello Stato, designati dal Consiglio degli avvocati e procuratori 
dello Stato, i quali devono aver conseguito almeno la terza classe di 
stipendio, non ricoprire l�incarico di Segretario generale e non essere componenti 
del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato. L�organo � di volta 
in volta integrato con due avvocati designati, per ogni singolo affare, dall�Avvocato 
generale. Nell�attivit� istituzionale dell�Avvocatura tale organo �attiva 
l�esigenza della collegialit�� a livello centrale (18). Esso, infatti, ha il potere 
di dirimere le divergenze di opinione che insorgono nella trattazione degli affari 
contenziosi e consultivi fra avvocati che esercitano funzioni direttive e 
avvocati cui sono assegnati gli affari stessi; di determinare i criteri per l�assegnazione 
degli affari; di formulare pareri su questioni di massima o particolarmente 
rilevanti e, quando lo disponga l�Avvocato generale, esprimere i 
pareri richiesti all�Istituto. 
Fra gli organi collegiali va ricordato, ancora il Comitato permanente per 
il personale amministrativo, composto dall�Avvocato generale, che lo presiede, 
da rappresentanti degli avvocati e procuratori e da rappresentanti del personale 
amministrativo, con i compiti che il testo unico impiegati civili dello Stato attribuisce 
al Consiglio di amministrazione. 
Il Consiglio di amministrazione dell�Avvocatura dello Stato, provvede a 
formulare pareri e proposte sull�organizzazione e sullo svolgimento dei servizi, 
a fissare i criteri per la ripartizione, tra i vari uffici dell�Avvocatura, delle 
somme stanziate in bilancio; ad esercitare le attribuzioni di cui all�art. 146 
d.p.r. 10 novembre 1957, n. 3. 
In tale sistema organizzativo si inquadra l�attivit� tecnica di Istituto � consistente 
nella �trattazione di affari consultivi e contenziosi� � affidati, mediante 
atti di assegnazione, a singoli avvocati e procuratori dello Stato (il cui ruolo 
prevede complessivamente 369 posti) che provvedono alla relativa trattazione 
(18) S. SANTORO, L�Avvocatura dello Stato dopo la legge 3 aprile 1979 n. 103, T.A.R. 1981, II, 291.
22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
nella pienezza della loro autonomia tecnico-professionale, ed osservate nell�ambito 
dell�organizzazione istituzionale, le direttive di massima impartite 
dagli avvocati che esercitano nell�Istituto le funzioni direttive. 
Una delle pi� radicali innovazioni introdotte dal legislatore del 1979, � 
stata quella di affrancare la figura dell�avvocato dello Stato da obsolete scorie 
burocratiche esprimentesi in un complesso di qualifiche vicarianti e sostitutive, 
non consone con la sostanziale identit� della funzione di tutti gli appartenenti 
al corpo e alla dignit� della professione. 
Ispirandosi, in base a una costante prassi di equiparazione, ai criteri seguiti 
per la progressione in carriera dei magistrati ordinari dalla l. 22 dicembre 
1973, n. 831, il legislatore del �79 ha ridotto a quattro le qualifiche: Avvocato 
generale, Avvocato Generale Aggiunto, Avvocato dello Stato e Procuratore 
dello Stato. Nell�ambito della terza e della quarta �, poi, previsto un criterio 
di progressione economica (articolato in quattro classi di stipendio) secondo 
anzianit� congiunta al giudizio di merito favorevole espresso dal Consiglio 
degli avvocati e procuratori dello Stato: va rilevato che all�interno della qualifica 
di avvocato la distinzione di classi non ha soltanto rilevanza di progressione 
economica ma anche di qualificazione professionale (per la scelta dei 
Vice Avvocati generali, degli Avvocati distrettuali e del Segretario generale). 
Alla carriera si accede esclusivamente per pubblico concorso, di primo 
grado per i procuratori e di secondo grado per gli avvocati. I procuratori dello 
Stato possono, peraltro, diventare avvocati per promozione invece che per 
concorso (art. 5 l. n. 103 del 1979) per anzianit� (almeno otto anni) congiunta 
a merito valutato dal menzionato Consiglio. 
Particolare rilevanza deve attribuirsi ai fini interpretativi della normativa 
giuridica (ed economica) di stato degli avvocati dello Stato, di cui all�art. 23 
del r.d. n. 1611 del 1933 che ne stabilisce l�equiparazione (secondo una tabella 
di raffronto, costantemente aggiornata in sede legislativa) ai magistrati dell�ordine 
giudiziario. In forza di tale disposizione, e se non diversamente stabilito 
da altra speciale norma legislativa, ad esempio, un avvocato dello Stato 
alla quarta classe di stipendio � equiparato a tutti gli effetti giuridici (quale 
l�applicazione dell�art. 135, 2� co., Cost.) ad un Presidente di sezione della 
Corte di cassazione. 
Esiste infine un ruolo del personale amministrativo dell�Avvocatura, soggetto, 
salvo a specifiche deroghe, all�ordinamento generale del pubblico impiego 
statale. Detto personale � addetto ai servizi relativi: a) agli affari generali 
e amministrativo-contabili, b) all�attivit� professionale (a supporto degli avvocati 
e procuratori dello Stato), c) all�informazione e alla documentazione 
(art. 1 l. 15 ottobre 1986, n. 664). 
3.3. La funzione di rappresentanza e difesa giudiziaria e la funzione consultiva 
Le due fondamentali funzioni dell�Avvocatura dello Stato sono la rappre-
TEMI ISTITUZIONALI 23 
sentanza e difesa in giudizio, da un lato, e la consulenza legale, dall�altro. La 
prima � ispirata ad una tendenziale universalit� di patrocinio di fronte �a tutte 
le giurisdizioni� con pochissime e non significative eccezioni. L�elencazione 
� dai tradizionali giudizi civili, penali, amministrativi e arbitrali ai pi� recentemente 
contemplati giudizi dinanzi alla Corte Costituzionale ed ai Collegi comunitari 
(quali la Corte di Giustizia delle Comunit� europee) ed internazionali 
(quali la Corte di Giustizia internazionale dell�Aja) sarebbe un fuor d�opera. 
Strettamente connesse con la difesa in giudizio sono le deroghe al comune 
diritto processuale in tema di rappresentanza (conferita ex lege con la conseguente 
esenzione della necessit� di mandato ad litem), di foro speciale (foro dello Stato), 
di notifica presso l�Avvocatura dello Stato competente di tutti gli atti processuali 
diretti a soggetti da essa patrocinati introdotto dalla l. 25 marzo 1958, n. 260. 
Passando all�esame della funzione consultiva, giova subito osservare 
come la normativa in materia sembra attribuire all�istituto due tipi di consulenza: 
una consulenza legale di tipo �giudiziario� funzionalmente collegata 
ad una lite in potenza o in atto ed una consulenza giuridica �generale� (anche 
su atti di normazione di varo rango). L�art. 1 del t.u. del 1933 recita testualmente: 
�L�Avvocatura dello Stato provvede alla tutela legale dei diritti e degli 
interessi dello Stato; alle consultazioni legali richieste dalle amministrazioni 
ed inoltre a consigliarle e dirigerle quando si tratti di promuovere, contestare 
o abbandonare giudizi; esamina progetti di legge, di regolamenti, di capitolati 
redatti dalle amministrazioni, qualora ne sia richiesta; predispone transazioni, 
d�accordo con le amministrazioni interessate; esprime parere sugli atti di transazione 
redatti dalle amministrazioni; prepara contratti e suggerisce provvedimenti 
intorno a reclami o questioni mossi amministrativamente che possono 
dar materia di litigio�. 
L�esercizio della consulenza � attribuzione di istituto e la relativa esternazione 
sotto forma di parere, compete all�ufficio territorialmente competente 
e cio� l�Avvocatura distrettuale o l�Avvocatura generale. 
La competenza territoriale � derogata quando si tratti di pareri �di massima� 
o di �particolare rilevanza� per i quali il parere deve essere reso dall�Avvocatura 
generale, che in tale ipotesi lo rende sentito il Comitato 
Consultivo (art. 26 l. n. 103 del 1979, 1� co.). 
L�attivit� consultiva dell�Avvocatura si caratterizza per autonomia e indipendenza 
del giudizio ed assume il connotato garantistico di una pronuncia 
pro-veritate di natura giustiziale. 
Tale natura � resa evidente anche dalla disciplina dell�eventuale contrasto 
di opinioni insorte tra estensore e responsabile dell�Ufficio. 
In tal caso la legge rimette la questione alla risoluzione del Comitato consultivo, 
al quale � riservata la definizione dell�atteggiamento dell�Istituto al 
riguardo, ferma restando la facolt� dell�estensore la cui tesi sia rimasta minoritaria, 
di chiedere di essere sollevato dalla trattazione dell�affare. Il che ga-
24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
rantisce l�autonomia professionale del singolo avvocato. 
Va, per ultimo, considerata la competenza diretta del Comitato consultivo 
ad esprimere pareri, quando l�Avvocato generale investa quell�organo collegiale 
del compito di corrispondere esso stesso alla richiesta dell�amministrazione. 
Pu� infine inquadrarsi nell�ambito della funzione consultiva il potere-dovere 
che l�art. 15 della l. n. 103 del 1979 conferisce all�Avvocato generale di 
segnalare al Presidente del Consiglio dei Ministri eventuali carenze legislative 
ed i problemi interpretativi che emergano nel corso dell�attivit� di Istituto. 
Se per il primo tipo di consulenza � quello specificamente definibile �giudiziario� 
� non sorgono problemi particolari, risolvendosi essa, all�evidenza, 
in una funzione strumentale al giudizio che � propria, in ogni tempo, dell�avvocato, 
per il secondo tipo � quello ad estensione definibile �generale� � qualche 
dubbio pu� sorgere, e sar� affrontato in prosieguo, in relazione alla 
delimitazione di confini fra la consulenza giuridica generale commessa all�Avvocatura 
e quella commessa al Consiglio di Stato. 
Sin da ora ed in linea meramente descrittiva pu� rilevarsi come la consulenza 
dell�Avvocatura presenti peculiari caratteristiche spesso mal riducibili 
alle tradizionali classificazioni. Si pensi alla caratteristica della spontaneit�, 
nel senso che � a differenza di quanto tipicamente accade per la funzione di 
consulenza � l�Avvocatura rende i propri avvisi, specie quando pu� insorgere 
lite, a prescindere dalla richiesta del soggetto ausiliato (19). 
Si pensi alla scarsa utilizzabilit� delle tradizionali categorie qualificatorie 
del parere come facoltativo, obbligatorio e vincolante, in quanto solo in qualche 
raro caso la legge configura il parere dell�Avvocatura come obbligatorio 
o addirittura come vincolante. Ma soprattutto si pensi alla richiamata correlazione 
della funzione consultiva con quella di rappresentanza e difesa in giudizio, 
che tipizza il parere dell�Avvocatura con una immanente caratteristica di 
necessariet� istituzionale, i cui profili funzionali saranno di seguito esaminati. 
4.L�Avvocatura dello Stato nell�ordinamento vigente: profili critici e ricostruttivi 
dell�attivit� funzionale 
4.1 La funzione di rappresentanza e difesa giudiziaria: il mandato legislativo 
diretto ex lege 
L�attivit� di rappresentanza e difesa in giudizio dell�Avvocatura dello 
Stato presenta caratteri di assoluta originalit� sia rispetto all�attivit� professionale 
privata degli avvocati liberi professionisti, sia rispetto alla attivit� di 
quelli organicamente inseriti in uffici legali di soggetti pubblici non assistiti 
dall�Avvocatura dello Stato. 
L�originalit� non attiene al momento contenutistico dell�attivit� difensiva, 
(19) F. FAVARA, La Costituzione repubblicana e l�Avvocatura dello Stato, in Studi per il Centenario, 
Roma 1976, 458 s.
TEMI ISTITUZIONALI 25 
che in qualunque esplicazione dell�attivit� forense non pu� che essere informato 
alla professionalit� dell�avvocato n� al dato meramente estrinseco del 
tipo di rapporto � locatio operarum o operis � nell�ambito del quale le persone 
fisiche esercenti l�attivit� forense trovano la regolamentazione economica dei 
loro interessi, sibbene alla particolarissima configurazione che assume lo ius 
postulandi dell�Avvocatura dello Stato. 
Essa � organismo unico nel nostro ordinamento, in quanto pubblica istituzione 
dotata come tale, ex lege, del mandato necessario e irrevocabile di rappresentanza 
e difesa in giudizio delle amministrazioni statali (e di quelle 
assimilate). 
La rappresentanza e la difesa nel diritto processuale comune sono riservate 
nell�ordinamento italiano alle persone fisiche fornite di abilitazione ed 
iscritte in apposito albo professionale, investite di mandato fiduciario e revocabile 
relativo ad ogni singolo giudizio (o fase di giudizio). 
Ci� vale anche per gli avvocati inseriti in �uffici legali�, come dipendenti 
di enti pubblici o privati. 
Gli avvocati e procuratori dello Stato, per contro, esercitano la loro attivit�, 
in adempimento ad una funzione istituzionale dell�organo tecnico professionale 
di appartenenza, innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non 
hanno bisogno di mandato neppure nei casi in cui le norme processuali comuni 
richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualit�. 
La rappresentanza processuale dell�Avvocatura non comporta, peraltro, 
anche la rappresentanza �sostanziale� della Pubblica Amministrazione. L�Avvocatura 
dello Stato pu� compiere, per�, tutti quegli atti processuali, quali ad 
es. la rinunzia agli atti del giudizio, che, pur non costituendo disposizione del 
diritto controverso, possono determinare effetti di natura sostanziale (20) e 
deve guidare e indirizzare, a norma di legge, l�Amministrazione nelle determinazioni 
concernenti la disponibilit� del rapporto controverso. 
Come ha affermato, infatti, una autorevole dottrina (21) sebbene non dispongano 
dell�interesse sostanziale dedotto in giudizio, gli avvocati dello Stato 
godono di autonomia ed indipendenza nella condotta tecnica della causa, con 
l�unico limite del divieto di assumere iniziative processuali che incidano su 
interessi politico-amministrativi di particolare rilievo (i quali sono rimessi, in 
quanto tali, al Presidente del Consiglio dei Ministri). A tali concetti la giurisprudenza 
ricollega la proponibilit� dell�appello da parte dell�Avvocatura 
senza bisogno di una delibera dell�Amministrazione (22). 
Infatti interest rei publicae che gli scopi demandati ai singoli Enti siano 
legittimamente ed opportunamente perseguiti ed, inoltre, che la loro realizza- 
(20) Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 1980 n. 502. 
(21) A.M. SANDULLI, Manuale di diritto Amministrativo, Napoli 1979, 765 ss.. 
(22) Cons. Stato A.G. 23 novembre 1967 n. 1237 e Sez. IV 9 novembre 1979 n. 979.
26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
zione avvenga, anche in sede contenziosa, in maniera coordinata ed armonica 
e non gi� secondo visioni atomistiche e settoriali alla cui stregua ciascuno 
degli interessi pubblici verrebbe a concepirsi come confliggente con altri: � 
questa esigenza ... che sta a fondamento dell�estensione del patrocinio dell�Avvocatura 
agli enti pubblici, affinch� gli interessi di questi, filtrati attraverso 
l�ottica dell�organo che ha per suo compito istituzionale quello di considerare 
e salvaguardare gli interessi dello Stato nella sua unit�, risultino opportunamente 
coordinati e tutelati secondo una teleologica visione e non gi� contingentemente 
difesi, a discapito di altri, in questa o quella controversia 
giudiziaria (23). 
Il coordinamento fra unitariet� di indirizzo dell�Istituto ed autonomia professionale 
dei singoli avvocati dello Stato si compie poi, come si � gi� visto 
in sede consultiva, all�insegna del principio di collegialit�. 
Tale principio, � ipostatizzato nel Comitato consultivo � costituisce, d�altronde, 
criterio-guida di ogni attivit� di indirizzo professionale anche al di 
fuori di interventi formali dell�organo collegiale. Il che appare strettamente 
conseguenziale con i principi ispiratori della riforma del 1979, essendo la professionalit� 
incompatibile con la gerarchia e suscettibile solo di coordinamento 
collegiale funzionale all�adozione di un indirizzo unitario d�istituto. 
Sembra potersi cos� concludere, quanto all�attivit� difensiva dell�Istituto 
(e dei singoli avvocati assegnatari dell�affare contenzioso), che essa � processualmente 
identica e contenutisticamente analoga a quella del libero professionista, 
ma che, attesa la natura dei soggetti tutelati, la pluralit� dei giudizi 
nei quali si svolge, la natura di organo pubblico dell�Istituto e la sua indipendenza 
tecnica � cui � funzionale quella dei suoi avvocati � assurge a livello di 
funzione (non giurisdizionale ma) giustiziale (24). Si � gi� detto dell�autonomia 
professionale degli avvocati dello Stato. Quanto a quella dell�Istituto giova 
richiamare il disposto dell�art. 12 l. 103/79, norma che in caso di contrasto di 
opinioni insanabile tra Avvocatura dello Stato e Ministero interessato circa la 
instaurazione di un giudizio o la resistenza nel medesimo, dispone che il contrasto 
sia risolto dal Ministro competente con determinazione non delegabile 
e conseguente assunzione di responsabilit� politica (ferma la assoluta autonomia 
dell�Avvocatura nella scelta degli argomenti difensivi). 
4.2 La funzione consultiva. Natura istituzionale dell�attivit�: caratteri comuni 
o differenziali rispetto alla consulenza generale del Consiglio di Stato 
Analoghe considerazioni possono valere per la funzione consultiva dell�Avvocatura. 
Questa si caratterizza, in primo luogo, come attivit� istituzio- 
(23) S. LAPORTA, Interesse Pubblico o patrocinio facoltativo di enti non statali da parte dell�Avvocatura, 
R. Avv. S. 1975, I, 699. 
(24) G. MANZARI, Avvocatura dello Stato, Voce del Digesto UTET, V ed., 38.
TEMI ISTITUZIONALI 27 
nale, in secondo luogo come attivit� formale, in terzo luogo come consulenza 
giuridica a competenza generale, nel senso che non incontra alcuna limitazione 
di predeterminazione dell�oggetto o di fini o di specifici e particolari obiettivi. 
Ha carattere, inoltre, di spontaneit�, non essendo necessaria, per l�espressione 
del parere, una richiesta dell�amministrazione. 
La prima caratteristica fa si che la consulenza istituzionale si distingua 
da quella di uffici e di persone che, in posizione di dipendenza, operano all�interno 
dell�amministrazione pubblica come organi di supporto tecnico-legale 
della stessa. 
La distinzione di ruolo tra Avvocatura e amministrazione, costituisce il 
fulcro della funzione consultiva, tanto pi� autorevolmente esercitabile dall�Avvocatura 
quanto pi� essa � estranea all�esercizio del potere pubblico. E 
non � per caso che questa si sia andata estendendo dall�originario ambito dell�apparato 
amministrativo statale ad organi costituzionalmente autonomi come 
la Presidenza della Repubblica, le due Camere, il Consiglio superiore della 
Magistratura, fino a numerosi enti pubblici ed anche a soggetti ed organismi 
internazionali e sovranazionali. 
La terza caratteristica, quella della �generalit�� pone il problema della 
differenziazione nei confronti della competenza consultiva, anch�essa generale, 
del Consiglio di Stato. 
� stato in proposito rilevato come esegesi letterale e storico-sistematica 
convergano insieme a qualificare quella del Consiglio di Stato, in quanto �consulenza 
giuridico-amministrativa� (e non �giuridica ed amministrativa�) originariamente 
prestata in pr� del Monarca assoluto, come ausilio di merito, 
quella dell�Avvocatura, in quanto �consulenza legale� sin dall�origine data ad 
un esecutivo soggetto al giudiziario, come consiglio di legittimit� (25). 
L�intuizione � acuta ma non appagante, in quanto riduttiva di entrambe 
le funzioni consultive. 
Sembra pi� aderente alla realt� normativa riportare la funzione di consulenza 
dell�Avvocatura dello Stato alla matrice unitaria che come si � gi� rilevato, 
afferisce in ogni caso alla funzione propria dell�avvocato, che non � solo 
quella di assistenza legale per le controversie in atto, ma anche di prevenzione 
di quelle meramente potenziali. 
In questo senso la consulenza dell�Avvocatura � funzione immanente e 
necessaria allo svolgimento dell�azione amministrativa, dovendo essa per 
legge assicurare la difesa giudiziaria non a favore dell�interesse contingente e 
parziale della singola amministrazione, ma a tutela degli interessi pubblici generali 
nel rispetto del principio di legalit�. 
Ci� non significa che tale consulenza debba avere dimensioni riduttivamente 
�giudiziarie� nel senso di rigorosa correlazione con liti in atto o in po- 
(25) S. VARVESI, La funzione consultiva dell�Avvocatura dello Stato, R. Avv. S., 1948, nn. 11-12, 1 ss.
28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tenza, poich� il �caso� o la �questione� (o � pi� spesso � la serie aperta ed indeterminata 
di numerosissimi �casi� o �questioni�) che il parere dell�Avvocatura 
considera vanno intesi non nella accezione processuale tradizionale ma 
in quella ben pi� vasta derivante dalla intera gamma di giudizi cui istituzionalmente 
partecipa: non solo quindi giudizi penali, civili o amministrativi, ma 
ogni tipo di giudizio (costituzionali, nel loro complesso e diverso atteggiarsi, 
internazionali e comunitari). Una consulenza, dunque, afferente ad ogni tipo 
di rapporto: dal rapporto particolare gi� costituito a quello da costituire con 
atti contrattuali privatistici o con strumenti pubblicistici; dalla conformit� delle 
leggi alla Costituzione, ai limiti di attribuzione dei soggetti istituzionali pubblici 
statali e non statali; dall�ammissibilit� di un referendum popolare alla 
conflittualit� tra Stato e Regioni, tra Regioni, tra poteri dello Stato; alla ricerca 
di un consenso sulla regula iuris da applicare per la corretta composizione sia 
di contrastanti interessi pubblici, diversamente graduati nell�unit� dell�ordinamento, 
sia di interessi pubblici confliggenti con quelli privati, individuali o 
di gruppo fino al contenzioso internazionale e comunitario. 
In tale dilatata dimensione del �giudizio� ben pu� dirsi che ogni consulenza 
dell�Avvocatura � ad esso funzionalizzata in quanto sempre riferibile al 
parametro del sindacato di un atto o di un comportamento alla stregua di una 
norma invocabile dinanzi ad un �giudice�. 
5. Considerazioni conclusive e brevi notazioni sui costi e benefici dell�attivit� 
di istituto 
Alla stregua di quanto si � andato fin qui dicendo appare ormai antica e 
inadeguata la tralatizia definizione di una cos� singolare istituzione-avvocato 
come organo ausiliario dell�Amministrazione centrale dello Stato gerarchicamente 
subordinato alla Presidenza del Consiglio alle cui dipendenze � posto 
per legge. 
L�ambito soggettivo delle istituzioni assistite si � esteso, come si � visto, 
ben oltre tale quadro originario, e l�ambito oggettivo della funzione si � contestualmente 
spostato dalla tutela legale di intessi prevalentemente patrimoniali 
a quella di tutti i primari valori giuridici dell�ordinamento dello Stato e del 
suo assetto costituzionale, insieme pluralistico ed unitario. 
La dipendenza dal Presidente del Consiglio, come si � visto, � affermata 
in funzione della responsabilit� politica, con caratteri quindi di esteriorit� (si 
� espressamente parlato di �gerarchia esterna�) (26); essa non interferisce minimamente 
sull�autonomia tecnico-professionale dell�Istituto. 
Del resto, anche nell�ambito interno, la l. n. 103 del 1979 ampliando e 
vieppi� qualificando la funzione autonoma (e quindi giustiziale) dell�attivit� 
di consulenza e di difesa dell�Avvocatura ha introdotto, pur nei limiti di compatibilit� 
con il carattere istituzionale e non personale dell�attivit� professionale 
degli avvocati dello Stato, forme di �autoamministrazione, autodichia e
TEMI ISTITUZIONALI 29 
autogoverno� che tendono a configurarne uno status sostanzialmente assimilabile, 
sotto il profilo in considerazione, a quello dei magistrati (27). 
Si deve peraltro notare che la Carta Costituzionale non contempla nel Titolo 
III, Parte I, (artt. 99 e 100) tra gli �organi ausiliari del Governo� l�Avvocatura 
dello Stato. Ma non � solo per tale considerazione formale che si pu� esitare 
ed estendere tale qualificazione in via esegetica o sistematica (28) all�istituto. 
Da tempo si � verificata, infatti, l�attrazione dell�istituto nella costituzione 
materiale che si � andata via via realizzando dall�entrata in vigore della Carta 
costituzionale repubblicana. 
Una prima attrazione, anche di rilevanza formale, si � verificata con il richiamo 
nella legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 contenente �norme integrative 
della Costituzione concernenti la Corte Costituzionale� che 
espressamente rinvia alla legge ordinaria (in pari data, n. 87) �emanata per la 
prima attuazione� delle norme costituzionali relative al funzionamento della 
Corte stessa. Questa infatti stabilisce che il �Governo, anche quando intervenga 
nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri o di un Ministro a ci� 
delegato, � rappresentato e difeso dell�Avvocato generale dello Stato o da un 
suo sostituto�. 
Del resto, anche a prescindere dal dato formale, si � gi� messo in luce 
come in non pochi casi l�Avvocatura operi formalmente non a tutela dello 
Stato-amministrazione ma dello Stato-ordinamento. 
Quanto ai giudizi costituzionali la notazione appare del tutto intuitiva: si 
pensi all�intervento del Presidente del Consiglio � e per esso dell�Avvocatura 
dello Stato � nei giudizi sulla legittimit� costituzionale delle leggi. In tali giudizi 
il Presidente non interviene per la tutela di un interesse di parte, ma nell�interesse 
dell�ordinamento alla conservazione delle leggi che, immuni da 
difetti di costituzionalit�, ne costituiscono parte integrante. La circostanza che 
l�intervento dell�Avvocatura non sia obbligatorio ma legato alla decisione politica 
del Presidente si spiega in relazione alla valutazione, a questo completamente 
demandata, della maggiore o minore rilevanza politica della legge 
sindacata nel sistema normativo, rilevanza atta ad indurre il Governo a patrocinarne 
o meno la conservazione. 
Analogamente nel giudizio per conflitto di attribuzioni tra poteri dello 
Stato o tra Stato e Regioni, dove pure l�Avvocatura sostiene le ragioni �di parte� 
del Governo, l�intervento va inteso sempre in funzione dell�interesse unitario 
dello Stato-ordinamento a una corretta dialettica fra soggetti e fra poteri. 
Del tutto superflua sarebbe l�analisi in relazione agli altri tipi di giudizio 
costituzionale. 
(26) Cons. Stato Ad. gen. 23 novembre 1967 n. 1237. 
(27) Cons. Stato Ad. plen 16 dicembre 1983 n. 27. 
(28) P.G. FERRI, op. cit..
30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
A ci� si aggiunga che anche nei giudizi (e nelle consultazioni) in cui l�interesse 
formalmente protetto si riferisce ad una rivendicazione di potere da 
parte dell�esecutivo nei confronti di altri poteri dello Stato, in posizione pi� 
propriamente di parte, vi � sempre l�immanenza della tutela di quel pi� generale 
interesse al rispetto del sistema di articolazioni delle competenze disegnato 
dalla Costituzione cui si collega la funzione dell�Avvocatura dello Stato (29). 
Si deve, infine, rilevare come nei giudizi dinanzi ai collegi internazionali e 
comunitari non sia certo in difesa dello Stato-amministrazione che opera l�Istituto, 
sibbene in rappresentanza dello �... Stato come personificazione anche 
esterna di tutta la comunit� nazionale� (30). 
Si pu� conclusivamente affermare che pur nel silenzio della Carta del �48 
l�Avvocatura dello Stato occupa un posto ben preciso nella costituzione materiale 
della Repubblica con riferimento alla molteplicit� ed alla natura cos� dei 
soggetti ausiliati come delle funzioni ad essa commesse ed alle modalit� istituzionali 
di assolvimento di tali funzioni, essendo chiamata ad esercitare, accanto 
alla contingente funzione di assistenza del soggetto pubblico, una immanente 
funzione di giustizia nel sistema unitario e indivisibile dello Stato-ordinamento. 
L�evoluzione del sistema giuridico costituzionale ha cos� portato l�Istituto 
da una elementare funzione mediatrice fra amministrazione e giurisdizione 
nell�ambito di un esecutivo di concezione ottocentesca, ad un compito di attiva 
presenza su tutti i terreni in cui si verifica il confronto di entit� attributarie di 
pubbliche potest� o in cui si presenti comunque una necessit� di tutela legale 
del pubblico interesse. 
Essa �, infatti, ora chiamata a collaborare quale �avvocato pubblico istituzionale�, 
alla costante verifica di una congruenza fra normativa ordinaria e 
normativa costituzionale, fra normativa interna e normativa sovranazionale, 
fra normativa nazionale, normativa regionale e normativa di rango inferiore 
nella gerarchia delle fonti, cos� suggellando l�evoluzione di un processo storico 
pi� che bicentenario. 
Sia consentito a questo punto concludere riportando due giudizi lusinghieri 
sull�Istituto a cui ho l�onore di appartenere e che, provenendo da un illustre 
giurista scomparso e da uno studio economico effettuato da soggetti 
terzi imparziali ed autorevoli, posso permettermi di citare senza essere tacciato 
della colpa di autocelebrazione. 
Scriveva alcuni decenni fa un giurista della statura di Arturo Carlo Jemolo: 
�Quante volte sento affermare che lo Stato � sempre servito peggio dei privati, 
mi sorge spontanea l�obbiezione: Per� cՏ l�Avvocatura dello Stato. In questo 
crederei arduo dimostrare che vi sia grande impresa che dal lato dell�assistenza 
legale ottenga un servizio migliore di quello che presta l�Avvocatura�. 
(29) Cass. SS.UU. 24 febbraio 1975 n. 700. 
(30) Atti parlamentari Senato, VI legislatura, 429� seduta resoconto sommario, 7.
TEMI ISTITUZIONALI 31 
Credo che le cifre dimostrino che quelle parole di alto apprezzamento 
sono ancora attuali. 
Faccio riferimento ad un recente studio della Scuola Superiore della Pubblica 
Amministrazione ripreso dal �Sole 24 Ore� (che ha dedicato al tema due 
intere pagine nel numero del 10 dicembre 2007) dal quale si desume che il costo 
che lo Stato sopporta per l�esistenza e la gestione dell�Avvocatura � di 164,4 
milioni di euro annui, comprensivi di ogni voce, ivi compresi i redditi figurativi 
degli immobili utilizzati e gli onorari riscossi nelle cause vinte, e che ogni causa 
- quale che sia la sua durata ed il numero di gradi di giudizio - costa quindi allo 
Stato in media � 785 (euro pi� - euro meno i dati sono ancora attuali). 
Da quello studio risulta ancora che le cause vinte sono pressoch� i due 
terzi del totale (si precisa che la statistica relativa � stata condotta in modo assolutamente 
rigoroso, di talch� sono considerate vinte solo le cause in cui la 
domanda avversaria � totalmente rigettata, e quindi se chi pretendeva 1000 ha 
ottenuto 1 la causa si considera persa). A ci� si aggiunga che sono comprese 
nella statistica anche le cause in cui la soccombenza dello Stato � pressoch� 
certa, quali, ad esempio, quelle numerosissime di risarcimento dei danni derivanti 
dalla eccessiva durata dei processi, previste dalla notissima �legge Pinto�. 
Visto quanto sopra sembra legittimo domandarsi se esista altro sistema 
di difesa in giudizio altrettanto economico ed efficiente. Lo studio della Scuola 
Superiore concludeva testualmente che �a differenza di molti altri settori della 
P.A., la gestione del contenzioso dello Stato tramite un organo interno � di 
gran lunga pi� economica di una difesa affidata a professionisti esterni �. Il 
che � stato ampiamente dimostrato da esperienze recenti e meno recenti. Aggiunge 
ancora lo studio - e conferma il �Sole 24 Ore� - che il vantaggio economico 
� monetizzabile in un risparmio del 90% sul costo di mercato e che a 
tale vantaggio se ne aggiungono altri non monetizzabili e �funzionali� quali 
la uniformit� e imparzialit� della condotta processuale, la coerenza fra attivit� 
consultiva e contenziosa, le sinergie difensive ai vari livelli di giurisdizione, 
la garanzia di riservatezza, la assoluta selettivit� dei sistemi di reclutamento 
del personale togato. 
�Ci� - aggiunge ancora la relazione - nonostante l�attuale carico di lavoro 
sia rappresentato dalla impressionante cifra di 550 nuovi affari contenziosi 
all�anno pro capite�. Il che, aggiungiamo noi, considerata la durata media dei 
processi in Italia, significa che ogni avvocato dello Stato ha sul ruolo circa 
4000 affari pendenti. 
Credo che quanto ho ora detto mi consenta di concludere con una constatazione 
consolatoria, utile in questi tempi cos� calamitosi: esistono in Italia 
pubbliche Istituzioni che superano brillantemente l�esame del rapporto costibenefici 
e che sanno quindi ispirare la loro attivit� ai principi di economicit� 
ed efficienza. 
IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA
32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Cerimonia di inaugurazione dell�Anno Giudiziario 2012 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato, 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
Signor Presidente della Repubblica, Autorit�, Signor Presidente della 
Corte di Cassazione, Signore e Signori 
1.- Considero un privilegio poter prendere la parola in questa solenne Cerimonia 
di inaugurazione per dare conto delle attivit� svolte nel 2011 dall�Istituto 
che ho l�onore di dirigere. La ristrettezza del tempo a disposizione mi 
impone di ricorrere all�arido ma eloquente linguaggio delle statistiche. 
I nuovi affari trattati nell�anno dall�Avvocatura dello Stato ammontano, 
complessivamente, a livello nazionale, ad oltre 151.000 che si aggiungono a 
molte centinaia di migliaia di affari degli anni scorsi ancora pendenti. Si tratta 
di una mole di lavoro imponente che grava su un organico di sole 370 unit� 
togate solo in parte coperto, con una media di oltre 400 nuovi affari annui pro 
capite. 
Un terzo del lavoro grava sull�Avvocatura Generale che ha contato nel 
2011 ben 50.000 affari in cifra tonda. 
2.- Lo spettro delle materie trattate � il pi� variegato che si possa immaginare. 
L�Avvocatura rappresenta e difende, infatti, lo Stato nelle sue principali 
articolazioni dinanzi a tutti gli organi giudiziari sopranazionali e nazionali (*). 
2.1- Sul piano sovranazionale ricordo, fra i 340 affari trattati dinanzi ai 
giudici comunitari, la procedura di infrazione concernente i massimi delle tariffe 
forensi, conclusasi favorevolmente per l�Italia con la sentenza 29 marzo 
2011 (causa C-565/08), di particolare attualit� alla luce delle liberalizzazioni 
decretate in questi giorni dal Governo; la questione pregiudiziale riguardante 
la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno per violazione 
del diritto comunitario (sentenza 19 maggio 2011, causa C-452/09), 
pronunciata in relazione al folto contenzioso riguardante i medici specializzandi, 
oggetto delle importanti sentenze della Cassazione dello scorso anno 
(n. 10813/11 e n. 17350/11), che hanno tuttavia offerto una soluzione pi� garantista 
di quella ritenuta compatibile con il diritto comunitario dalla Corte di 
giustizia; l�intervento dell�Italia a sostegno della Commissione europea in una 
(*) Legenda: 
Il punto 2.1- si sofferma sulle cause comunitarie; 
Il punto 2.2.1- sulle cause in Corte costituzionale; 
Il punto 2.2.2- sulle cause per l�eccessiva durata del processo, altre rilevanti cause civili e penali, 
i processi penali tributari; 
Il punto 2.2.3- sui contenziosi dinanzi al Giudice amministrativo; 
Il punto 2.2.4- sugli affari consultivi; 
Il punto 3.- sui giudizi dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
TEMI ISTITUZIONALI 33 
procedura di infrazione nei confronti dell�Austria (causa C-29/09) per aver introdotto 
gravosi divieti di transito su un lungo tratto dell�autostrada del Brennero 
(giustificati dalla necessit� di combattere l�inquinamento), con rilevanti 
danni per i trasportatori e produttori italiani, conclusasi con sentenza di condanna 
dell�Austria del 21 dicembre 2011; la proposizione avanti alla Corte di 
giustizia UE delle cause relative ai risarcimenti reclamati dai militari italiani 
internati nei campi di concentramento in Germania dopo l�11 settembre 1943; 
l�impugnazione avanti al Tribunale dell�UE di una decisione della Commissione 
europea che aveva applicato rettifiche forfettarie rispetto al prelievo supplementare 
nel settore delle quote latte. 
2.2.1-A livello nazionale, degni di particolare menzione, fra i 466 giudizi 
trattati in Corte Costituzionale, sono quello conclusosi con la sentenza n. 
80/2011, che ha confermato l�orientamento giurisprudenziale secondo il quale, 
anche dopo l�entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le norme CEDU, come 
interpretate dalla Corte europea dei diritti dell�uomo, integrano, quali norme 
interposte, il parametro costituzionale espresso dall�art. 117, comma 1 Cost., 
nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli 
derivanti dagli obblighi internazionali nonch� quello deciso con sentenza n. 
339/2011 sul riparto delle competenze legislative fra Stato e Regioni in tema 
di affidamento degli impianti per l�utilizzazione delle acque pubbliche di 
grandi derivazioni idroelettriche, questione di rilevante impatto economico, 
in cui la Corte ha accolto in toto il ricorso della Presidenza del Consiglio nei 
confronti della Regione Lombardia. 
Si aggiungano ancora le sentenze sull�ammissibilit� dei referendum sui 
servizi idrici e le centrali nucleari (sentt. 24 � 28/2011) e sulla legittimit� della 
devoluzione della materia di gestione dei rifiuti alla giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo (sentt. 5 e 167/11). 
2.2.2- Dinanzi ai giudici ordinari, va citato il vasto contenzioso relativo 
alla irragionevole durata del processo, pari a complessivi 5038 affari nella sola 
sede di Roma, in relazione al quale, � sorto un nuovo filone c.d. �Pinto su 
Pinto� in cui si lamenta l�eccessiva durata delle stesse controversie proposte 
ai sensi della legge n. 89/2001, dimostrando che il rimedio offerto dall�ordinamento 
italiano, lungi dall�accelerare i processi, ha prodotto un ulteriore ingolfamento 
della giustizia con un catastrofico impatto economico ed una 
perdurante negativa esposizione internazionale. Con riferimento a tale contenzioso, 
va segnalato inoltre che, su sollecitazione dell�Avvocatura dello 
Stato, la Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione attinente 
alla decorrenza del termine di prescrizione per azionare il diritto all�equa 
riparazione. Degno di nota � poi il contenzioso, di rilevante valore economico, 
riguardante gli aiuti alle imprese che operano nelle aree depresse del Paese, 
in generale, e gli incentivi nel campo energetico, in particolare; nonch� quello 
attinente alla responsabilit� dei componenti della Commissione Grandi Rischi
34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
per la mancata previsione del pericolo immediato di terremoto nel territorio 
aquilano; quello attinente alla realizzazione dei termovalorizzatori in Sicilia; 
quello riguardante le azioni risarcitorie promosse dagli eredi delle vittime del 
disastro aereo di Ustica. 
In materia di acque pubbliche e sicurezza idraulica, importante principio 
� stato affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 3936/11) in 
ordine alla qualificazione di �bene pubblico� quale fonte di beneficio per la 
collettivit� in relazione al problema delle valli da pesca della laguna veneta. 
Innanzi al giudice del lavoro, numerosissime sono state le controversie 
promosse dal personale scolastico precario per conseguire, oltre al risarcimento 
del danno, la stabilizzazione del rapporto di lavoro e l�integrazione delle 
retribuzioni percepite durante l�operativit� dei contratti a tempo determinato 
susseguitisi nel tempo. 
Quanto ai processi penali in cui l�Avvocatura dello Stato si � costituita 
parte civile, vanno segnalati il processo bis per la strage di via dei Georgofili a 
Firenze nonch� quello relativo al tragico disastro ferroviario di Viareggio; 
quello dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria denominato �Operazione Crimine 
infinito� scaturito dalla maxi inchiesta sulla penetrazione della �ndrangheta 
calabrese nel tessuto economico della Lombardia, condotta 
congiuntamente dagli organi investigatori reggini e milanesi, che ha determinato 
nel 2011 l�arresto di oltre 300 presunti affilati alla �ndrangheta; quello c.d. 
�Addio Pizzo� pendente in appello a Palermo contro i massimi esponenti di 
�Cosa Nostra� e quello per i reati di naufragio colposo, omicidio colposo ed 
omissione di soccorso nei confronti di un comandante di una nave che ha provocato 
l�affondamento di altra unit� navale appartenente al CNR, sempre pendente 
a Palermo. Particolarmente delicati sono anche i processi penali in materia 
tributaria trattati dalla sede di Milano, di rilevantissimo valore economico, sia 
con riferimento al reato di truffa ai danni dello Stato, sia con riferimento a 
quello di frode fiscale. Di pari rilievo, nell�ambito della lotta all�evasione fiscale 
sono le azioni per contrastare forme sempre pi� sofisticate di operazioni finanziarie, 
qualificate come puramente elusive (spesso compiute con intermediazioni 
all�estero) ma in realt� integranti gli estremi dell�evasione con conseguenti 
risvolti sul piano penale, come nei procedimenti a carico di stilisti e case di 
moda (Gruppo Boggi, Bryan & Berry; Gruppo Dolce e Gabbana; Gruppo Mythos). 
Con riferimento ai reati tributari, si segnalano le pronunzie che hanno 
espressamente riconosciuto anche il risarcimento del danno all�immagine quale 
danno morale. La sede di Milano ha inoltre trattato un processo penale per peculato 
in cui gli imputati sono stati chiamati a rispondere dell�appropriazione 
di oltre 100 milioni di euro, oggetto di prelievo supplementare nel settore delle 
quote latte, conclusosi con sentenza del 29 settembre 2011 che ha accertato la 
responsabilit� penale degli imputati, condannandoli altres� al pagamento, in favore 
dell�AGEA, di una provvisionale pari a 30 milioni di euro.
TEMI ISTITUZIONALI 35 
2.2.3- Altrettanto corposo il contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi, 
in particolare quello in tema di appalti di opere pubbliche, nell�ambito del 
quale vanno segnalate la causa relativa all�appalto per la concessione cinquantennale 
dell�autostrada del Brennero e quelle per il pedaggio sulle tratte di 
competenza ANAS, come il GRA di Roma. Di particolare rilevanza � anche 
il contenzioso relativo alle numerose impugnazioni avverso il decreto ministeriale 
con cui � stato dichiarato il notevole interesse pubblico, ai sensi dell�art. 
141 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di una vasta area a sud 
della Capitale storicamente identificata come �Agro Romano�, affrontato con 
successo sia in primo che in secondo grado, cos� contribuendo a preservare 
tale area da una crescita incontrollata e ad evitare il grave pregiudizio per la 
sua identit� paesaggistica. Degna di nota � poi la sentenza del Consiglio di 
Stato (n. 6617/2011) in tema di autodichia della Presidenza della Repubblica 
che ha accolto gli argomenti difensivi dell�Avvocatura dello Stato uniformandosi 
pienamente ai principi delineati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
(sentenza n. 6529/2010), secondo i quali gli organismi di autodichia in 
questione rispettano le condizioni di precostituzione, imparzialit� ed indipendenza 
che presidiano l�esercizio della giurisdizione. 
Sempre folto � il contenzioso attinente agli esami di idoneit� alla professione 
forense ed ai concorsi per la copertura dei posti di notaio e di magistrato. 
Particolarmente delicati sono, poi, i ricorsi proposti da magistrati ordinari contro 
i provvedimenti del C.S.M. in tema di incarichi direttivi e semidirettivi; 
molto impegnativo, per la complessit� delle questioni giuridiche sottese e la 
rilevanza economica che lo caratterizza, � inoltre il contenzioso riguardante i 
provvedimenti delle Autorit� indipendenti, come ad esempio la problematica 
della tariffazione nel settore �Gas� e le conseguenti sanzioni, di rilevante impatto 
economico per le aziende distributrici e particolari risvolti sociali per la 
tutela dei consumatori. 
2.2.4- In sede consultiva, l�Avvocatura dello Stato, oltre alla consueta attivit� 
di consulenza nelle transazioni e nelle composizioni bonarie, ha affiancato 
nel suo primo operare l�Agenzia nazionale per l�amministrazione e la 
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit� organizzata, istituita 
con D.L. n. 4 del 2010 convertito in L. n. 50 del 2010, contribuendo a risolvere 
le prime problematiche applicative della normativa istitutiva e offrendo 
supporto legale alle determinazioni dell�Agenzia volte, in particolare, all�amministrazione 
dei beni sottratti alla criminalit� organizzata ed al loro riutilizzo 
per finalit� sociali ed istituzionali, cos� conferendo maggior forza ed efficacia 
a tale importante strumento di contrasto del fenomeno mafioso. 
3.- Da ultimo, e non per ultimo ma solo per evidenziarne la particolare importanza, 
il nostro impegno dinanzi alla Corte di cassazione, che oggi ci ospita 
e con la quale siamo onorati di poter lavorare in piena armonia. Dinanzi alla 
Corte Suprema il contenzioso � particolarmente nutrito: nel 2011 sono stati im-
36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
piantati dall�Avvocatura Generale ben 10.909 affari, che rappresentano il 22% 
di tutti gli affari contenziosi e consultivi impiantati nell�anno dall�Avvocatura 
Generale. Limitando l�esame agli affari contenziosi iniziati nell�anno in Cassazione 
e trattati dall�Avvocatura, si constata che il contenzioso dello Stato rappresenta 
oltre un terzo di tutto quello all�esame della Suprema Corte e che, di 
questo terzo, circa il 90% (9.606 affari) � costituito dal contenzioso tributario. 
Nel 2011, si � rafforzata la stretta collaborazione tra la Corte di cassazione 
e l�Avvocatura dello Stato, finalizzata alla fissazione in tempi brevi dell�udienza 
di discussione in cause �pilota�, su questioni che hanno dato luogo 
a numerose controversie nei gradi di merito nonch� alla fissazione di udienze 
tematiche, che consentono un maggiore approfondimento di questioni giuridiche 
complesse, e che danno luogo a sentenze che analizzano contestualmente 
tutte le diverse problematiche compresenti al fine della rapida decisione di interi 
�filoni� di cause. 
Con grande favore vanno, poi, salutate due importanti decisioni delle Sezioni 
Unite dello scorso anno in materia processuale, che costituiscono l�accoglimento 
di tesi difensive sostenute da tempo dall�Avvocatura dello Stato. 
La prima, la sentenza del 3 novembre 2011 n. 22726, fornisce una risposta 
pienamente soddisfacente alla preoccupazione gi� manifestata in occasione 
dell�inaugurazione dell�anno giudiziario del 2011. 
Con la citata sentenza, le Sezioni Unite, abbandonando la tesi precedentemente 
sostenuta dalla sezione V (sentenza n. 21121 del 2010), hanno affermato 
che l�art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c. va inteso nel senso che il ricorrente non ha 
l�onere di produrre i documenti e gli atti su cui si fonda il ricorso, ove contenuti 
nel fascicolo d�ufficio, essendo all�uopo sufficiente il deposito dell�istanza di 
trasmissione di detto fascicolo ai sensi dell�art. 369, comma 3 c.p.c. Tale principio 
� particolarmente importante per i giudizi tributari nei quali, ai sensi dell�art. 
25 d.lgs. n. 546/1992, i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo 
d�ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo, con la conseguenza 
che le parti non possono ritirare il loro fascicolo prima del passaggio in giudicato 
della sentenza. Vengono cos� scongiurate pronunce di inammissibilit� per la 
mancata osservanza di un onere formale del tutto superfluo atteso che, con la 
presentazione dell�istanza ex art. 369, comma 3 c.p.c., vi � la certezza che tutti 
i documenti gi� prodotti in giudizio saranno acquisiti al giudizio di cassazione. 
La seconda decisione, la sentenza dell�11 luglio 2011, n. 15144, capovolgendo 
un precedente orientamento, ha affermato a tutela dell�affidamento delle 
parti, che non sono applicabili retroattivamente mutamenti di giurisprudenza 
nell�interpretazione di norme processuali in tema di preclusioni e decadenze. Il 
principio ha una valenza generale ma sicuramente assume particolare rilevanza 
per i giudizi di cassazione, visti i recenti mutamenti della giurisprudenza proprio 
in relazione agli oneri procedurali nella redazione del ricorso per cassazione. 
Per l�Avvocatura dello Stato che con le esigue risorse togate a disposizione, pre-
TEMI ISTITUZIONALI 37 
senta ogni anno migliaia di ricorsi per cassazione, questi due nuovi principi affermati 
in ambito processuale costituiscono un successo importantissimo che 
assicura alle parti maggiore certezza del diritto e alleggerisce sensibilmente 
l�impegno necessario per ottenere una sentenza di accoglimento o di rigetto. 
4.- Passando ai risultati del nostro lavoro, fornisco alcuni dati statistici 
relativi alla sede romana. Dinanzi al Tribunale civile le cause vinte sono il 
60%, dinanzi al giudice amministrativo il 70%, dinanzi alla Corte d�appello il 
53% e dinanzi alla Cassazione il 58%. La percentuale pi� bassa di esiti favorevoli 
innanzi alla Corte d�Appello � attribuibile al fatto che nel numero sono 
comprese le cause di �legge Pinto�, che rappresentano la maggioranza degli 
affari trattati in Corte d�Appello (come unico grado di merito) e che sono nella 
stragrande maggioranza cause perse per lo Stato. Depurati i dati falsati dai fattori 
alteranti, pu� concludersi su una percentuale media di vittoria vicina ai 
2/3 delle cause. 
Il che porta a concludere per un buon rapporto costi-benefici dell�attivit� 
svolta dall�Avvocatura, ove si consideri che ogni causa - quale che sia la sua durata 
ed il numero dei gradi di giudizio - costa in media allo Stato molto meno di 
1.000 euro, cio� meno di un decimo di quello che sarebbe il costo di mercato. 
Purtroppo la sua funzionalit� � minacciata da una grave limitazione nel turnover 
del personale togato e da una grave insufficienza di risorse economiche. 
Ritengo doveroso da parte mia segnalare sotto il primo profilo che l�organico 
del personale togato, gi� largamente insufficiente, subisce una continua 
progressiva diminuzione per la emorragia dei pensionamenti per limiti di et�, 
solo in minima parte compensati � in difetto di intervento derogatorio della 
Presidenza del Consiglio � dai posti per i quali possono essere banditi nuovi 
concorsi; sotto il secondo profilo devo segnalare che l�Istituto avr� gravissime 
difficolt� ad assolvere ai suoi doveri con l�attuale importo stanziato in bilancio 
per le spese correnti, che sono incomprimibili ed indispensabili per garantire 
l�assolvimento dei compiti istituzionali, quali ad esempio le spese di funzionamento 
degli uffici tra cui quelle per l�acquisto di carta per le fotocopie necessarie 
a depositare gli atti defensionali nel numero di esemplari richiesto. 
Sul relativo capitolo � stanziata, infatti, la somma complessiva di � 26.700, 
mentre la spesa, nello scorso anno, � stata di � 1.628.735 di cui � 221.502 per 
le sole fotocopie. � in corso al riguardo un dialogo con il competente Ministero 
dell�Economia e spero proprio che l�impasse possa essere superata; il che � 
indispensabile fino a quando non sar� a regime il processo telematico perch� 
l�alternativa � la paralisi dell�Istituto. 
Con riguardo al processo telematico, preciso che l�informatizzazione si � 
mossa, nel corso del 2011, in tre direzioni: 
1) un aggiornamento del sistema informatico che consenta di associare 
ai dati presenti nel sistema il fascicolo elettronico e la relativa gestione documentale;

38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
2) la possibilit� di colloqui telematici con gli uffici giudiziari, sia civili 
che amministrativi (per la ricezione tramite posta elettronica certificata di biglietti 
di cancelleria e sentenze) nonch� con le pubbliche amministrazioni patrocinate 
che hanno la facolt� di consultare i nostri fascicoli attraverso il sito; 
3) il capillare raggiungimento e coinvolgimento delle sedi distrettuali e 
l�estensione ad esse, attraverso il portale, dei servizi informatici gi� esistenti 
per l�Avvocatura Generale. 
Per ridurre i tempi e i costi dei processi di lavoro, l�iter di dematerializzazione 
della carta e l�ausilio dell�informatica appaiono ormai un percorso inevitabile 
per gestire l�enorme mole di contenzioso ed essere al passo con i tempi. 
La sua piena realizzazione richiede per� ancora tempi non brevi. 
5.- Mi avvio alle conclusioni osservando che il difficilissimo momento 
che il Paese sta attraversando richiede a tutte le nostre Istituzioni ed a tutti noi 
il massimo impegno nell�esercizio delle funzioni e la massima disciplina nella 
accettazione dei necessari sacrifici. Sono certo di poterLe assicurare, Signor 
Presidente della Repubblica, che l�Avvocatura dello Stato e i suoi componenti 
faranno ogni possibile sforzo per essere all�altezza delle funzioni e dei compiti 
loro affidati e debbono peraltro confidare, come credo di aver chiarito, in analogo 
sforzo da parte di altre pubbliche Istituzioni perch� il loro impegno non 
sia reso vano. 
Grazie, Signor Presidente della Repubblica, grazie a tutti per avermi 
ascoltato. 
Roma, l� 26 gennaio 2012 
Palazzo di Giustizia, Aula Magna
TEMI ISTITUZIONALI 39 
Avvocatura Generale dello Stato 
CIRCOLARE N. 70/2011 
Oggetto: Protocollo di intesa con l�Agenzia del Territorio. 
Si trasmette in allegato copia del protocollo di intesa sottoscritto dall�Avvocato Generale 
e dal Direttore dell�Agenzia del Territorio in data 19 dicembre 2011. 
L�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
PROTOCOLLO DI INTESA 
TRA L�AGENZIA DEL TERRITORIO 
E L�AVVOCATURA DELLO STATO 
Considerato che ai sensi dell�art. 72 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, l�Agenzia 
del Territorio (di seguito denominata solo Agenzia) pu� avvalersi del patrocinio dell�Avvocatura 
dello Stato (di seguito denominata anche solo Avvocatura), ai sensi dell�art. 43 del 
regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni e che, in base a tale ultima 
disposizione, l�Avvocatura dello Stato � autorizzata ad assumere la rappresentanza e la difesa 
dell�Agenzia, salve le ipotesi di conflitto ed i casi speciali ivi previsti, 
Vista la delibera n. 44 del 23 novembre 2011 - allegato sub A) al presente atto -, con la quale 
il Comitato di gestione dell�Agenzia ha ritenuto, ai sensi dell�art. 43 del regio decreto 30 ottobre 
1933, n. 1611, di avvalersi del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato; 
Ritenuta l�opportunit� di disciplinare, sulla base dei rispettivi ruoli e competenze le modalit� 
di collaborazione tra l�Agenzia e l�Avvocatura, al fine di assicurare nel modo migliore la piena 
tutela degli interessi pubblici coinvolti, prevedendo anche forme snelle e semplificate di relazioni, 
tali da rafforzare l�efficienza e l�efficacia della azione amministrativa e l�ottimale funzionalit� 
delle strutture; 
Ravvisata, in particolare, l�opportunit� di prevedere modalit� operative volte a garantire un 
efficiente ed incisivo apporto consultivo dell�Avvocatura, nonch� lo svolgimento del patrocinio 
dell�Agenzia affidato alla stessa Avvocatura nei giudizi attivi promossi o proseguiti in 
gradi ulteriori dalla Agenzia e nei giudizi passivi instaurati o coltivati da terzi nei confronti 
della medesima; 
Tra il Direttore dell�Agenzia del Territorio, dott.ssa Gabriella Alemanno 
e 
L�Avvocato Generale dello Stato, avv. Ignazio Francesco Caramazza 
SI CONVIENE QUANTO SEGUE 
1. ATTIVITA� CONSULTIVA 
1.1. L�Agenzia, tramite le competenti Direzioni centrali, coordina la proposizione di quesiti 
e richieste di pareri che vengono rivolte all�Avvocatura Generale, in ordine a questioni di ca-
40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
rattere generale o di particolare rilevanza. 
1.2. L�Avvocatura, considerato che l�efficacia dell�attivit� consultiva � direttamente correlata 
alla tempestiva acquisizione dei richiesti pareri, provvede a corrispondere con tempestivit� 
alle relative richieste e comunque nei termini imposti dai procedimenti amministrativi, o in 
mancanza, entro 60 giorni dalla richiesta (eventualmente anticipando il parere per posta elettronica 
o fax) segnalando i casi in cui ci� non sia possibile. 
1.3. L�Agenzia informa l�Avvocatura � nella persona del Vice Avvocato Generale che presiede 
la sezione competente alla trattazione degli affari della medesima � dei principali orientamenti 
dalla stessa assunti, fra l�altro in ordine alla interpretazione di normativa di prima applicazione, 
con particolare riguardo ad eventuali riflessi sulla gestione del relativo contenzioso, in atto o 
potenziale. 
2. ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 
2.1 Disposizioni generali 
2.1.1. L�Agenzia, attraverso le proprie strutture centrali o territoriali, provvede ad investire 
l�Avvocatura delle richieste di patrocinio con il pi� ampio margine rispetto alle scadenze, al 
fine di consentire il rispetto dei termini processuali. A tale riguardo l�Agenzia, al fine di rendere 
il necessario supporto per l�efficace difesa delle proprie ragioni, fornisce tempestivamente 
all�Organo legale una completa e documentata relazione in fatto e in diritto sulle vicende per 
cui � causa, istruita con riferimento alle specificit� di ciascuna controversia anche in caso di 
giudizi seriali. La suddetta relazione � trasmessa all�Avvocatura sia in formato cartaceo, sia 
� contestualmente � a mezzo e-mail diretta all�indirizzo di posta elettronica dedicato. In sede 
di richiesta di patrocinio, l�Agenzia precisa il nominativo del funzionario incaricato dell�istruttoria 
e indica le modalit� per la diretta reperibilit� dello stesso (telefono, fax, posta elettronica), 
al fine di agevolare le comunicazioni, nonch� l�acquisizione di dati e notizie. Analogamente, 
l�Avvocatura segnala alla struttura richiedente dell�Agenzia il nominativo dell�Avvocato incaricato 
dell�affare e le modalit� di immediata reperibilit� (telefono, fax, posta elettronica). 
Ogni eventuali modifica dei predetti recapiti viene tempestivamente comunicata. 
2.1.2. � assicurato all�Avvocatura l�accesso alla documentazione in possesso dell�Agenzia, 
al fine di garantire nel modo pi� sollecito ed efficace lo svolgimento delle rispettive attivit�. 
2.1.3. Qualora l�Avvocatura ritenga di non convenire per singole controversie con le richieste 
avanzate dall�Agenzia, ne dar�, se del caso previa acquisizione di supplementi istruttori, tempestiva 
e motivata comunicazione alla struttura richiedente, al fine di pervenire ad una definitiva 
determinazione. Le divergenze che insorgano tra l�Avvocatura e l�Agenzia, circa 
l�instaurazione di un giudizio o la resistenza nel medesimo, sono risolte dal Direttore dell�Agenzia 
ai sensi dell�articolo 12, secondo comma, della legge 3 aprile 1979, n. 103. 
2.1.4. Gli atti introduttivi del giudizio o di un grado di giudizio e qualunque altro atto o documento 
eventualmente notificato all�Agenzia presso l�Avvocatura, non ancora investita della 
difesa, sono da quest�ultima prontamente inviasti alla competente struttura dell�Agenzia, utilizzando 
gli strumenti in concreto pi� rapidi. Per i ricorsi in via di urgenza, l�invio dovr� essere 
effettuato immediatamente. 
2.1.5. L�Avvocatura segnala tempestivamente i casi particolari nei quali non pu� assumere il 
patrocinio, potenedosi configurare un conflitto di interessi con altra amministrazione. Nei casi
TEMI ISTITUZIONALI 41 
in cui l�Agenzia ravvisi una divergenza tra la propria linea difensiva e quella di altra amministrazione, 
parimenti assistita dall�Avvocatura, con provvedimento motivato del Direttore 
dell�Agenzia, ne d� segnalazione all�Avvocatura. L�Avvocatura, preso atto delle osservazioni 
dell�Agenzia, si pronunzia motivatamente e con tempestivit� in ordine alla sussistenza o meno 
del conflitto di interessi. 
2.1.6. L�Avvocatura informa la competente struttura dell�Agenzia dei significativi sviluppi 
delle controversie dalla stessa curate, anche con riferimento agli esiti di attivit� istruttorie. Invita 
all�occorrenza copia degli atti difensivi e delle produzioni delle controparti, per sollecitarne 
eventuali utili osservazioni e controdeduzioni. Laddove, in casi particolari, il Direttore 
dell�Agenzia, il Direttore centrale Pubblicit� immobiliare e affari legali, o i Direttori regionali 
ne facciano espressa e motivata richiesta, l�Avvocatura invia anche copia degli atti difensivi 
propri. D� in ogni caso pronta comunicazione dell�esito del giudizio, con la trasmissione di 
copia della decisione, in particolare se notificata. Nel caso in cui si tratti di pronuncia sfavorevole 
per l�Agenzia suscettibile di gravame, l�Avvocatura rende il proprio parere in ordine 
alla impugnabilit� della decisione, di norma contestualmente all�inoltro della stessa all�Agenzia. 
Le decisioni della Corte di Cassazione e le altre pronunce che investano questioni di carattere 
generale, sono dall�Avvocatura segnalate alla Direzione centrale pubblicit� immobiliare 
e affari legali dell�Agenzia e alla diversa Direzione centrale eventualmente interessata. 
2.1.7. Per le cause che si svolgono davanti ad Autorit� Giudiziarie aventi sede diversa da 
quella della competente Avvocatura, quest�ultima, ai sensi dell�art. 2 del regio decreto 30 ottobre 
1933, n. 1611, pu� avvalersi per la rappresentanza in giudizio, salvo diversa intesa con 
l�Agenzia, di funzionari dell�Agenzia stessa e, in casi eccezionali, anche di legali esercenti 
nel circondario dove si svolge il giudizio. In tal caso l�Avvocatura trasmette l�atto di delega 
alla competente struttura territoriale dell�Agenzia. 
2.1.8. A richiesta del Direttore dell�Agenzia, l�Avvocatura pu� assumere, ai sensi dell�art. 44 
del regio decreto n. 1611 del 1933, la rappresentanza e la difesa di dipendenti dell�Agenzia 
nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio. 
2.2 Controversie in cui l�amministrazione pu� stare in giudizio direttamente 
2.2.1. Nelle controversie in cui l�Amministrazione pu�, a sensi di legge, stare in giudizio direttamente, 
avvalendosi di propri dipendenti, l�Avvocatura, d�intesa con l�Agenzia, assicura 
comunque il patrocinio, qualora vengano in rilievo questioni particolarmente rilevanti del valore 
economico o dei principi di diritto in discussione. 
2.2.2. Le sentenze pronunciate in grado di appello notificate presso le Avvocature Distrettuali 
dello Stato, sono da queste ultime trasmesse contemporaneamente, oltre che all�Avvocatura 
Generale dello Stato, alla struttura dell�Agenzia parte del giudizio di appello, unitamente agli 
atti essenziali di cui l�Agenzia stessa non sia in possesso. 
2.3 Giudizi davanti alle Commissioni tributarie 
2.3.1. L�Avvocatura assicura, a richiesta e d�intesa con la competente Direzione regionale, il 
patrocinio nelle controversie particolarmente rilevanti in considerazione del rilievo tributario 
e/o del principio di diritto in discussione, anche a seguito di rinvio della Corte di Cassazione. 
2.4 Ricorsi per cassazione 
2.4.1. Le richieste di proposizione di ricorso per cassazione concernenti giudizi tributari sono
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
trasmesse all�Avvocatura Generale via e-mail all�indirizzo di posta elettronica dedicato, contestualmente 
all�invio del cartaceo, dalla Direzione regionale, salvo casi eccezionali di particolare 
e motivata urgenza in cui l�Ufficio provinciale provvede direttamente, dandone 
comunque tempestiva notizia alla Direzione regionale e alle Direzioni centrali competenti. 
Le Direzioni regionali, o gli Uffici nei predetti casi eccezionali, trasmettono le richieste di 
proposizione di ricorso per cassazione senza indugio e comunque in modo da assicurare la ricezione 
da parte dell�Avvocatura entro il termine massimo di: 
a. trenta giorni dalla notificata della sentenza all�Agenzia o dalla trasmissione dell�atto notificato 
all�Agenzia medesima da parte dell�Avvocatura. In caso di notifica presso pi� sedi, 
si fa riferimento alla prima notifica ricevuta; 
b. settantacinque giorni dalla data di deposito della sentenza non notificata. 
Tale termine � aumentato a sei mesi per i giudizi instaurati fino al 4 luglio 2009, data di 
entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha ridotto il termine di impugnazione 
di cui all�art. 327 c.p.c. da un anno a sei mesi. 
Ai predetti termini si aggiungono la sospensione feriale di cui all�art. 1, della legge 7 ottobre 
1969, n. 742, nonch� altre eventuali sospensioni dei termini, ove applicabili. 
2.4.2. L�Avvocatura, nei casi in cui non condivida la richiesta di ricorso per cassazione, d� 
tempestiva comunicazione del proprio motivato parere negativo alla Direzione centrale Pubblicit� 
immobiliare e affari legali e alla competente Drezione regionale, tramite posta elettronica 
o fax, dandone � se del caso � anticipazione telefonica ai recapiti indicati nella richiesta 
di ricorso. In ogni caso, tale parere � inviato alle strutture dell�Agenzia, salvo obiettive circostanze 
impedienti, almeno dodici giorni prima della scadenza del termine d�impugnazione. 
Per la risoluzione di eventuali divergenze, si applica il secondo periodo del punto 2.1.3. 
2.4.3. L�Avvocatura si pu� avvalere della collaborazione degli uffici dell�Agenzia per la richiesta 
di trasmissione del fascicolo d�ufficio, ai sensi dell�art. 369, terzo comma, c.p.c.. In 
tal caso, l�Avvocatura invia la predetta richiesta all�ufficio del luogo in cui ha sede l�Organo 
giudiziario che ha emesso la sentenza. 
2.4.4. La richiesta di cui cui al punto precedente, dopo gli adempimenti di rito, � immediatamente 
restituita, tramite posta celere, all�Avvocatura. 
2.4.5. Nel caso di ricorso per cassazione notificato ex adverso concernente un giudizio tributario, 
la Direzione Regionale o, in caso di particolare e motivata urgenza, l�ufficio provinciale, invia 
entro venti giorni all�Avvocatura Generale l�originale notificato del ricorso, completo di relata 
di notifica, la relazione per il controricorso e l�eventuale ricorso incidentale, con tutti gli atti di 
causa, (atto impugnato, ricorso, controdeduzioni e ogni altro atto o documento depositato). 
Per il computo dei termini si tiene conto della sospensione di cui all�ultimo periodo del punto 
2.4.1. La relazione con i relativi allegati � trasmessa alla competente sezione dell�Avvocatura 
Generale, contestualmente sia in formato cartaceo, sia via e-mail diretta all�indirizzo di posta 
elettronica dedicato. Nei casi in cui l�invio sia effettuato direttamente dall�Ufficio provinciale, 
la documentazione � dallo stesso trasmessa, per conoscenza, alla Direzione regionale e alle 
Direzioni centrali competenti. Qualora il ricorso sia notificato alla sede centrale dell�Agenzia, 
la Direzione centrale Pubblicit� immobiliare e affari legali trasmette direttamente all�Avvocatura 
l'originale del ricorso notificato e, contestualmente, ne invia copia all�Ufficio provinciale, 
che provvede ad inviare la relazione per il controricorso e per l�eventuale ricorso
TEMI ISTITUZIONALI 43 
incidentale, con la tempistica e modalit� di cui sopra (compresa, ove possibile, la trasmissione 
telematica degli atti). 
2.4.6. L�Avvocatura, se ritiene che non sia opportuna la proposizione del ricorso incidentale 
o del controricorso, d� tempestiva comunicazione del proprio motivato parere negativo alla 
competente Direzione regionale e alla Direzione centrale Pubblicit� immobiliare e affari legali, 
almeno dieci giorni prima della scadenza del termine per la notifica del ricorso incidentale, 
tramite posta elettronica o fax, dandone - se del caso - anticipazione telefonica ai recapiti indicati 
nella richiesta. 
2.4.7. Nel caso di parere negativo dell�Avvocatura si applica, per la risoluzione della divergenza, 
il secondo periodo del punto 2.1.3. 
2.4.8. Le modalit� di cooperazione tra Agenzia e Avvocatura, di cui al presente paragrafo, si 
applicano, in quanto compatibili, anche alla restante attivit� di assistenza e rappresentanza in 
giudizio ed anche con riferimento alle controversie di lavoro. 
2.5 Recupero spese di giudizio 
2.5.1. L�Avvocatura, ai sensi dell�art. 21 del regio decreto 30 dottore 1933, n. 1611, nei giudizi 
in cui ha prestato patrocinio, cura l�esazione delle spese di giudizio nei confronti delle controparti 
quando tali spese sono poste a loro carico per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia transazione. 
Nelle ipotesi di compensazione di spese in cause dalle quali l�Agenzia non sia rimasta 
soccombente, cos� come in caso di transazione dopo sentenza favorevole, trova applicazione 
il disposto dell�art. 21, commi terzo, quarto e quinto, del regio decreto n. 1611 del 1933. 
3. INCONTRI PERIODICI 
3.1. Tra l�Avvocatura e la Direzione centrale Pubblicit� immobiliare e affari legali � fissato 
un calendario di incontri periodici, di regola a cadenza quadrimestrale, per l�esame dell�evoluzione 
del contenzioso concernente le pi� significative e rilevanti problematiche in discussione 
(in particolare, in ordine all�applicazione delle norme tributarie e alle controversie di 
lavoro), al fine di definire congiuntamente e uniformemente le linee di condotta delle controversie 
in corso e l�interesse alla prosecuzione delle stesse. In quella sede sono esaminate congiuntamente 
anche le tematiche di particolare rilevanza generale che possono avere un impatto 
sulla conduzione e sulla soluzione del contenzioso potenziale o in atto. Agli incontri partecipano 
funzionari in rappresentanza dell�Agenzia e avvocati dello Stato, gli uni e gli altri designati 
dalla Dirigenza dei rispettivi Istituti per un periodo prefissato, salvo proroga. 
Per ciascuna sede, l�Avvocatura indica un proprio avvocato con funzioni di referente. 
4. DISPOSIZIONE FINALE 
4.1. L�Avvocatura e l�Agenzia si impegnano a segnalare reciprocamente tutte le difficolt� 
operative eventualmente insorte nella gestione dei rapporti oggetto del presente protocollo, 
allo scopo di provvedere, nello spirito della pi� ampia collaborazione, al superamento delle 
stesse ed eventualmente alla modifica delle modalit� di cooperazione. 
Roma, 19 dicembre 2011 
Per l�Agenzia del Territorio Per l�Avvocatura dello Stato 
Il Direttore L�Avvocato Generale dello Stato 
Dott.ssa Gabriella Alemanno Avv. Ignazio Francesco Caramazza
44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
CIRCOLARE N. 71/2011 
Oggetto: Deposito dei documenti in Cassazione. Interpretazione dell�art. 
369, comma 2, n. 4, c.p.c. 
Si segnala che, con la sentenza 3 novembre 2011, n. 22726, le Sezioni Unite della Cassazione, 
aderendo alla tesi da tempo sostenuta dall�Avvocatura dello Stato, e superando un precedente 
orientamento maggioritario, hanno affermato i seguenti principi: 
1) �L�onere del ricorrente, di cui all�art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di produrre a pena di improcedibilit� 
del ricorso, entro i venti giorni dall�ultima notificazione dello stesso �gli atti 
processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda� � soddisfatto, 
quanto agli atti ed ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la 
produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti 
nel fascicolo d�ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo 
presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e 
restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell�art. 369 c.p.c., comma 3, (ferma in ogni 
caso l�esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilit� ex art. 366 c.p.c., n. 6, 
degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi)�. 
Pertanto, una volta presentata ai sensi dell�art. 369, comma 3, c.p.c. l�istanza di trasmissione 
alla Corte di Cassazione del fascicolo d�ufficio, non � necessario il deposito di ulteriore copia 
degli atti o documenti contenuti nel fascicolo d�ufficio. 
2) �Per i ricorsi avverso sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilit� dei fascicoli 
delle parti (i quali ex art. 25, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, restano acquisiti 
al fascicolo d�ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza 
che la parte ricorrente non � onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto 
nel fascicolo d�ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex 
art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione 
del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure � tenuta, per la 
stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e 
che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte �. 
Pertanto nei giudizi tributari, una volta presentata ai sensi dell�art. 369, comma 3, c.p.c. 
l�istanza di trasmissione alla Corte di Cassazione del fascicolo d�ufficio, non � necessario il 
deposito di ulteriore copia dei documenti contenuti nel fascicolo di parte del grado di appello. 
Le Sezioni Unite hanno ribadito che resta fermo l�obbligo di indicare nel ricorso per cassazione, 
a pena di inammissibilit�, gli atti e i documenti su cui si fonda, con i dati necessari al 
loro reperimento, in ossequio al principio di autosufficienza. 
Infine le Sezioni Unite hanno affrontato e risolto l�ipotesi eccezionale in cui, nel processo tributario, 
una delle parti abbia comunque ottenuto, anche se irregolarmente perch� prima della fine 
del processo, la restituzione del proprio fascicolo dalla segreteria della Commissione tributaria. 
In tal caso, se il ritiro � stato effettuato dal ricorrente, � suo onere produrre il proprio fascicolo 
a pena di improcedibilit� del ricorso; se invece � stata la parte intimata a ritirare irregolarmente 
il proprio fascicolo di parte, i principi di lealt� processuale e di non contestazione impongono 
che il ricorso sia procedibile, con la sola presentazione dell�istanza di trasmissione del fascicolo 
d�ufficio. 
L�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
TEMI ISTITUZIONALI 45 
CIRCOLARE N. 2/2012 
Oggetto: Estinzione dei giudizi pendenti innanzi alla Corte di cassazione e 
alle Corti d�appello. 
Facendo seguito alla Circolare del 14 dicembre 2011, n. 63, si segnala che l�art. 26 della 
legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. legge di stabilit�) recante �Misure straordinarie per la 
riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di cassazione e alle corti di appello� 
� stato modificato dall�art. 14, comma 1 del decreto legge 22 dicembre 2011, n. 212 
che ha eliminato la necessit� del previo avviso di cancelleria al fine della decorrenza del termine 
di sei mesi per la dichiarazione di persistenza dell�interesse alla decisione, pena l�estinzione 
del giudizio. 
Secondo la nuova formulazione della norma, nei procedimenti civili pendenti davanti 
alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della 
data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69 (4 luglio 2009), e in quelli pendenti 
davanti alle corti di appello da oltre tre anni prima della data di entrata in vigore della legge 
n. 183/2011 (1 gennaio 2012), le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti, 
con istanza sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura alle liti e autenticata 
dal difensore, dichiara la persistenza dell�interesse alla loro trattazione entro il termine 
perentorio di sei mesi dalla entrata in vigore della citata legge. In tal caso, Il Presidente del 
collegio dichiara l�estinzione con decreto. Il periodo di sei mesi non si computa ai fini di cui 
all�art. 2 della legge 24 marzo 2011, n. 89 (c.d. legge Pinto). 
Nell�assicurare che verr� formalmente caldeggiata una modifica della norma in questione 
in sede di conversione, al fine di renderla compatibile con i principi costituzionali di 
cui agli articoli 3 e 24 Cost., conformemente a quanto gi� affermato in caso analogo dalla 
Corte costituzionale (sentenza 9-16 aprile 1998, n. 111), si raccomanda, nelle more, di provvedere 
al tempestivo deposito, e comunque entro il 1� luglio 2012, della dichiarazione di persistenza 
dell�intesse alla trattazione della causa, di regola, nelle ipotesi in cui 
l�amministrazione patrocinata sia appellante o ricorrente, secondo quanto gi� disposto con la 
Circolare n. 63/2011. 
A tale fine, il Segretario Generale e il Responsabile dei Servizi Informativi vorranno incaricare 
gli uffici amministrativi competenti di predisporre, entro il 10 febbraio 2012, per ciascun 
Avvocato, un elenco di tutte le cause pendenti al 1� gennaio 2012 innanzi alla Corte di 
cassazione ed alla Corte d�appello di Roma. 
Gli Avvocati Distrettuali dello Stato conferiranno analogo incarico agli uffici amministrativi 
in relazione alle cause pendenti innanzi alle Corti d�appello periferiche di rispettiva 
competenza. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
CIRCOLARE N. 6/2012 
Oggetto: Sentenze della Corte dei Conti e rimborso spese legali a seguito di 
proscioglimento. 
Con la Circolare n. 55/2008 (Comunicazione di Servizio n. 135/2008) si impartivano 
indicazioni operative in materia di rimborso spese legali ai dipendenti prosciolti nei giudizi 
di responsabilit� promossi dinanzi alla Corte dei conti alla luce della sentenza n. 428/2008 
resa dal Giudice contabile in sede di interpretazione di precedente decisione. 
Ripercorso l�iter argomentativo tracciato in quella pronuncia, si chiariva in quella sede 
che, pur in presenza di non secondarie ragioni di perplessit� sulla correttezza della soluzione 
accolta dalla Corte, e in attesa di interventi chiarificatori, si sarebbe cautelativamente provveduto 
a �sospendere la redazione di pareri di congruit� favorevoli al rimborso delle spese 
legali sostenute nell�ambito di giudizi contabili laddove la sentenza assolutoria della Corte 
dei conti [avesse] disposto la compensazione delle spese�. 
Mutamenti normativi e sopravvenuti orientamenti giurisprudenziali hanno ora condotto 
ad un riesame della situazione da parte del Comitato Consultivo dell�Avvocatura. 
A seguito della consultazione resa dall�organo collegiale in data 25 novembre 2011 � stato 
quindi reso il parere 5 gennaio 2012, n. 4097, con il quale � stata diffusamente affrontata la materia. 
Con lo stesso devono ora ritenersi superate le indicazioni precedentemente impartite. 
S�invitano pertanto le SSLL, per il futuro, ad uniformarsi agli indirizzi interpretativi indicati 
nel parere, che viene allegato e costituisce - quanto alle sue considerazioni di massima 
- parte integrante della presente circolare. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
Avvocatura Generale dello Stato 
Via dei Portoghesi, 12 05/01/2012-4097 P 
00186 ROMA POSTA PRIORITARIA 
Roma, Ministero della Difesa 
Partenza n. D.G. Pers. Mil. 
Tipo Affare Cs. 28348/10 Sez.V Via S. Francesco di Sales 63 
Avv. DE GIOVANNI 00165 ROMA 
Rif. del 23.6.2010 prot. n. 0308860 
Oggetto: Sent. Corte dei Conti e rimborso spese legali a seguito di proscioglimento. 
Istante: C.M. 
Con la nota che si riscontra codesta Amministrazione ha trasmesso, per il parere 
di congruit� della Scrivente, gli atti relativi alla richiesta di rimborso delle spese legali 
sostenute dal sig. C.M. in un giudizio avanti alla Corte dei Conti conclusosi, sia in primo 
che in secondo grado, con sentenza assolutoria.
TEMI ISTITUZIONALI 47 
La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale della Liguria, con la sentenza n. 
534/2007, ha, infatti, assolto l'istante, liquidando, in "applicazione dell'art. 3, comma 2 
bis, del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con legge 20 dicembre 1996 
in materia di spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio", la somma di euro 
1.500,00 per ciascun convenuto. 
Con successiva sentenza n. 150/2009, resa su ricorso del solo sig. C., la Corte dei 
Conti - sez. III Centrale di Appello -, ha confermato la sentenza di primo grado, liquidando 
�le spese legali del grado ... nei confronti del solo C. nella misura di � 1.300 00, 
di cui 300 per spese e 1000 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali". 
Preliminarmente all'esame della congruit� dell'istanza di rimborso delle spese legali 
avanzata dall'interessato, occorre valutare se ed in che misura il dipendente abbia 
diritto alla liquidazione delle spese legali, in caso di definitivo proscioglimento, quando 
tali spese siano state liquidate in sentenza da parte del giudice contabile; la presente 
consultazione offre peraltro l�opportunit� di svolgere considerazioni che valgono, in termini 
analoghi, per i casi in cui, sempre nel giudizio contabile, le spese sono state compensate, 
o � stato deciso che nulla spetta per le spese o � stata omessa dal giudice ogni 
decisione al riguardo. 
1. La normativa di riferimento. 
Il diritto ad ottenere il rimborso delle spese legali in caso di proscioglimento dinanzi 
al giudice contabile � disciplinato dall'art. 3 comma 2 bis del D.L. 543/96 conv. 
con legge 639/96 e dall'art. 18 comma 1 del D.L. 67/97 conv. con 1. 135/97. 
L'art. 18 del D.L. 67/97 stabilisce che: "Le spese legali relative a giudizi per responsabilit� 
civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni 
statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento 
che escluda la loro responsabilit�, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza 
nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le 
amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni 
del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la 
responsabilit�". 
L'art. 3, comma 2 bis del D.L. 543/96, norma che riguarda solamente i giudizi innanzi 
alla Corte dei Conti e relativa a tutti i dipendenti pubblici, anche non statali, prescrive 
che: "In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 
1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del 
presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte 
dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza". 
Il combinato disposto delle anzidette disposizioni comporta che, qualora l'esito 
della controversia contabile sia il definitivo proscioglimento, le spese legali sostenute 
dal convenuto assolto sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza. Nel caso 
in cui quest'ultima sia statale, l'art. 18, d.l. 25 marzo 1997, conv. nella 1. 23 maggio 
1997 n. 135, ha espressamente disposto che le suddette spese sono rimborsate nei limiti 
riconosciuti congrui dalla competente Avvocatura dello Stato. 
Le norme sopra citate hanno dato vita a rilevanti contrasti interpretativi in ordine 
alla potestas decidendi del giudice contabile in tema di spese di lite e, in particolare, 
sulla stessa possibilit� di liquidare le spese ovvero di compensarle, anche considerato
48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
che la normativa prevede un particolare procedimento amministrativo che vede l'intervento 
dell'Avvocatura dello Stato in caso di richiesta di rimborso delle spese legali da 
parte del dipendente. 
Nell'incertezza applicativa creatasi al riguardo, le citate disposizioni sono state 
oggetto di un intervento normativo di carattere interpretativo ad opera del legislatore 
che all'art. 10 bis, comma 10, del D.L. 248/05 ha previsto che: "Le disposizioni dell'articolo 
3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, 
dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell'articolo 18, comma 1, del 
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 
1997, n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento 
nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalit� 
di cui all'articolo 91 del codice di procedura civile, non pu� disporre la compensazione 
delle spese del giudizio e liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa 
del prosciolto, fermo restando il parere di congruit� dell'Avvocatura dello Stato da esprimere 
sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza" (enfasi 
aggiunta). 
Occorre precisare che il predetto "divieto" per il giudice contabile di disporre la 
compensazione delle spese di giudizio � stato inserito dal legislatore con l�articolo 17, 
comma 30-quinquies, del D.L. 1� luglio 2009, n. 78 inserito dall'art. 1 della legge 3 agosto 
2009, n. 102 , in sede di conversione. 
2. Il parere dell'Avvocatura dello Stato sul rimborso delle spese nel giudizio contabile. 
Orientamenti giurisprudenziali. 
Ci� premesso, occorre stabilire quale sia, anche a seguito della norma interpretativa 
sopra menzionata, l'efficacia, nei confronti del prosciolto, della liquidazione o compensazione 
(o mancata pronuncia ) relativa alle spese contenuta nella sentenza della 
Corte dei Conti, e quale spazio debba essere attribuito al "parere di congruit� dell'Avvocatura 
dello Stato" che la norma continua a prevedere come obbligatorio con riferimento 
alla richiesta di rimborso nell'ambito del giudizio contabile. 
Appare al riguardo utile, innanzi tutto, procedere ad una generale ricognizione 
della ratio del pi� volte citato art. 18 del D.L. 67/97, da considerare anche nel contesto 
della disciplina normativa degli onorari e diritti dovuti agli avvocati per le prestazioni 
giudiziali. La finalit� della predetta norma �, con ogni evidenza, quella di tenere indenne 
il pubblico dipendente dalle spese legali sopportate in relazione a giudizi per responsabilit� 
civile, penale e amministrativa, conclusi con l�esclusione della predetta responsabilit�, 
da esso dipendente subiti con riferimento ad atti o fatti posti in essere in una 
posizione di immedesimazione organica con l�Amministrazione; il rimborso, per�, va 
quantitativamente contenuto nei limiti di congruit� ritenuti dall�Avvocatura dello Stato. 
Tale disposizione presuppone, ovviamente, il diritto del difensore al pagamento 
di onorari e diritti, a cui il cliente - pubblico dipendente � tenuto; siffatto obbligo del 
cliente, ai sensi dell�art. 2 del D.M. giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (relativo alle tariffe 
forensi) sussiste �indipendentemente dalle statuizioni del giudice sulle spese giudiziali�. 
Recentemente, al riguardo, la Corte di Cassazione (sez. 6-1, ord. n. 5953 del 
14/3/2011) ha riaffermato che �il cliente � obbligato, ai sensi dell'art. 61 r.d.l. 27 novembre 
1933, n. 1578 (convertito nella legge 22 gennaio 1934 n. 36) e dell'art. 2 D.M. 
24 novembre 1990, n. 392, a corrispondere all'avvocato ed al procuratore da lui nominati
TEMI ISTITUZIONALI 49 
gli onorari ed i diritti nella misura stabilita nei suoi specifici confronti dal giudice innanzi 
al quale il professionista abbia proposto domanda di rimborso delle spese e di pagamento 
degli onorari professionali, il cui ammontare va determinato da detto giudice, indipendentemente 
dalle statuizioni contenute nel provvedimento che ha definito la causa cui 
le spese richieste si riferiscono, avendo riguardo all'importanza dell'opera prestata, alla 
quantit� di lavoro svolto dal professionista ed al valore economico e sociale dell'attivit� 
in relazione al risultato prefisso� (enfasi aggiunta): nello stesso senso cfr. C. Cass. Sez. 
2, Sentenza n. 11065 del 22 dicembre 1994. 
In sostanza, dunque, l�ordinamento e la giurisprudenza (in particolare la Suprema 
Corte) riconoscono in modo chiaro l�inesistenza di ogni vincolo quantitativo derivante 
dalla statuizione sulle spese del giudice del giudizio di merito rispetto all�obbligo di pagamento 
delle prestazioni professionali gravante sul cliente. 
Tale circostanza, in combinata considerazione con la ratio dell�art. 18 del d.l. 67/97 
come sopra ricostruita, gi� consente di affermare, in via generale e con riferimento ad 
ogni tipo di giudizio in relazione al quale sia previsto il rimborso delle spese legali in 
favore del dipendente pubblico, che la finalit� di tenere quest�ultimo indenne dalle spese 
legali e l�inesistenza di un limite quantitativo all�entit� del rimborso derivante dalla statuizione 
del giudice consentono di riconoscere al dipendente il predetto rimborso in misura 
non condizionata o comunque limitata dalla decisione di esclusione di 
responsabilit�, bens� semplicemente in misura parametrata sui vigenti criteri che presiedono 
alla quantificazione delle tariffe professionali, la cui concreta individuazione 
�, per legge, sottoposta al parere di congruit� dell�Avvocatura dello Stato. 
Dunque, in ragione del complesso normativo sopra ricordato, non pu� non ritenersi 
che il rapporto giuridico intercorso tra il cliente -pubblico dipendente e il suo avvocato 
assuma rilevanza nel rapporto tra dipendente e Amministrazione ai fini dell�istanza di 
rimborso. 
Conclusioni, peraltro, che appaiono tanto pi� logiche e inevitabili se si considera 
che il dipendente pubblico (che ha agito in situazione di immedesimazione organica con 
l�Amministrazione) nell�esercitare in giudizio la propria difesa e nell�ottenere le declaratoria 
dell�assenza della propria responsabilit� finisce con il far riaffermare la correttezza 
dell�agire della stessa Amministrazione. 
Tanto premesso si osserva che la giurisprudenza della Corte dei Conti, a seguito 
del ricordato intervento legislativo di natura interpretativa, si era orientata nel senso di 
ritenere che in ragione del richiamo esplicito all'art. 91 c.p.c. contenuto nell'art. 10 bis 
comma 10 D.L. 248/05, la locuzione "spese" non potesse che avere riguardo a tutti gli 
esborsi che complessivamente considerati costituiscono il "costo del processo", e la cui 
regolazione, nei giudizi di responsabilit� amministrativa, non pu� che essere attratta alla 
competenza del giudice contabile (cfr. Corte dei Conti, sezione prima giurisdizionale 
centrale, sentenza n. 428/2008). 
Secondo i Giudici contabili le spese legali (per onorari e diritti del difensore), pur 
involgendo un rapporto trilatero (tra assolto e il suo difensore e, quindi, tra il primo e 
l'Amministrazione tenuta al rimborso) diverso da quello bilaterale (tra soggetto prosciolto 
ed Erario) afferente alle c.d. spese di giustizia, "non restano affatto estranee alla 
regolazione del Giudice contabile che � tenuto, del pari, a definirne la congruit�, rispetto 
al sostanziale esito del giudizio ed al concreto appalesarsi della vicenda giudiziaria passata 
al suo vaglio".
50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Secondo questa interpretazione, la prescritta valutazione di congruit� dell'Avvocatura 
dello Stato, nei giudizi di responsabilit� amministrativa "resta confinata alla fase 
amministrativa" conseguente al giudizio contabile e si concreta in una mera verifica di 
rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonch� di congruit� 
di eventuali spese legali aggiuntive correlate alla attuazione della decisione. 
Alla luce del descritto orientamento giurisprudenziale, nei casi di compensazione 
delle spese legali del giudizio svoltosi innanzi alla Corte dei Conti, la Scrivente si era 
espressa per la non rimborsabilit� delle spese legali (cfr., da ultimo, parere prot. 
364068/201 del 25 novembre 2010, CS 10615/2009 - Avv. Greco). 
Di recente la portata applicativa dell'art. 10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 
2005 n. 203, e stata per� riesaminata dalle Sezioni Unite, sez. civile, della Corte di Cassazione, 
che, con sentenza n. 5918 del 14 marzo 2011, hanno precisato che il rapporto 
che si instaura fra l'incolpato, poi assolto, e l'amministrazione di appartenenza nulla ha 
a che vedere con quello che ha per oggetto il giudizio di responsabilit�; il primo, infatti, 
si riferisce al rimborso delle spese sopportate dall'incolpato, poi prosciolto e si costituisce 
tra l'interessato e l'amministrazione di appartenenza. A questo rapporto � estraneo quello 
relativo al giudizio di responsabilit� contabile. 
Da ci� discende, per i giudici della Suprema Corte, che, mentre sul giudizio contabile 
la regolamentazione delle spese spetta appunto al giudice contabile, la statuizione 
sulle spese relative al rapporto sostanziale che intercorre fra amministrazione di appartenenza 
e dipendente - e sulla base del quale amministrazione � onerata ex lege del suo 
rimborso in favore del dipendente prosciolto - esula dalla giurisdizione contabile e appartiene 
a quella del giudice del rapporto di lavoro, da cui il diritto al rimborso promana, 
con la conseguenza che essa deve ritenersi attribuita, di norma, al giudice ordinario (v. 
in questo senso anche Cass., S.U., sent. 24 marzo 2010 n. 6996). 
Alla luce della citata pronuncia delle Sezioni Unite si pu� dunque ritenere superato 
l'orientamento della Corte dei Conti in materia di rimborsabilit� delle spese legali, atteso 
che l'art.10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203 deve essere interpretato 
nel senso che la statuizione della Corte dei Conti sulle spese ed onorari di causa non 
pu� essere di ostacolo al diritto del dipendente al rimborso, da parte dell'Amministrazione, 
delle spese effettivamente sostenute per la difesa in giudizio (in tal senso cfr. 
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24 marzo 2010, n. 6996). 
Sulla base di siffatta impostazione si possono ora esaminare le diverse fattispecie 
che possono presentarsi. 
2. a) Alla conclusione che la statuizione della Corte dei Conti sulle spese ed onorari 
di causa non pu� essere di ostacolo al diritto del dipendente al rimborso, da parte 
dell'Amministrazione, delle spese effettivamente sostenute per la difesa in giudizio si 
deve pervenire, innanzi tutto, nelle ipotesi di compensazione delle spese eventualmente 
disposta prima dell'entrata in vigore della normativa sopra ricordata oppure successivamente, 
e contra legem, dal giudice contabile, o in caso di mancata pronuncia. 
A questa conclusione si giunge sulla base delle considerazioni gi� esposte e comunque 
tenendo presente che, conseguentemente all'espresso divieto a disporre la compensazione 
previsto dall'art.10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, il 
diritto al rimborso sarebbe comunque spettante al pubblico dipendente e quindi soggetto
TEMI ISTITUZIONALI 51 
al consueto parere di congruit� dell'Avvocatura dello Stato, rilasciato sulla base dei principi 
regolatori della materia, senza che possa essere di ostacolo la decisione assunta dal 
giudice contabile. 
Tanto � ineludibilmente confermato dal ricordato indirizzo giurisprudenziale da 
parte della Suprema Corte di Cassazione, che ha riguardo proprio all'art. 10-bis, comma 
10, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, che, come detto, in caso di proscioglimento nel 
merito dell'incolpato, fa espresso divieto al giudice contabile di disporre la compensazione 
delle spese, imponendo di liquidare, con sentenza, l'ammontare degli onorari e diritti 
spettanti alla difesa del prosciolto. 
Ne deriva che il richiamo, contenuto nello stesso art. 10-bis, comma 10, del D.L. 
30 settembre 2005 n. 203, al parere obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato ("... fermo 
restando il parere di congruit� dell'Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste 
di rimborso avanzate dall�Amministrazione di appartenenza", recita l'art. 10-bis, comma 
10, D.L. 203/2005), non pu� avere altro significato che quello della necessit�, anche nel 
caso di mancata liquidazione delle spese legali da parte del giudice contabile, che l'Avvocatura 
dello Stato (quale organo tecnico deputato a sindacare, sulla base di un giudizio 
di discrezionalit� tecnica, il rapporto che si instaura fra l'incolpato, poi assolto, e l'amministrazione 
di appartenenza), sia chiamata a pronunciarsi definitivamente sulla congruit� 
delle richieste di rimborso avanzate dal dipendente prosciolto all'amministrazione 
di appartenenza, e ci� senza che detta pronunzia possa essere ostacolata e/o limitata 
dalla mancata quantificazione delle spese effettuata dal giudice contabile in sentenza. 
2. b) A medesima conclusione, inoltre, si deve pervenire anche nel caso di liquidazione 
delle spese legali da parte del giudice contabile (come nel caso che qui interessa).
Fermo quanto finora gi� ritenuto, va al riguardo anche osservato che ove, nel caso 
di intervenuta liquidazione delle spese legali da parte del giudice contabile, si pervenisse 
ad una diversa conclusione si dovrebbe conseguentemente ritenere che, a seguito dell�introduzione 
del divieto di disporre la compensazione delle spese, disposta dall�art. 
17, comma 30-quinquies, del D.L. 1� luglio 2009, n. 78, per il dipendente pubblico prosciolto 
nei giudizi di responsabilit� contabile, diverrebbe (per assurdo) pi� favorevole 
l�ipotesi in cui il giudice contabile abbia disposto, nonostante il divieto, la compensazione 
delle spese - atteso che in tal caso il diritto al rimborso sarebbe comunque soggetto 
al consueto parere di congruit� dell�Avvocatura dello Stato, rilasciato sulla base dei principi 
regolatori della materia, senza che possa essere di ostacolo la decisione assunta dal 
giudice contabile - dall�ipotesi in cui il giudice abbia liquidato le spese di giudizio, posto 
che in tal caso il parere dell�Avvocatura resterebbe confinato alla fase amministrativa 
conseguente al giudizio contabile, con conseguente frustrazione del diritto del dipendente 
al rimborso delle spese legali, ove la decisione del giudice contabile avesse liquidato 
una somma simbolica e/o non completamente satisfattiva. 
Comunque, tornando all�esame del recente arresto della Corte Regolatrice sopra 
segnalato, va ribadito che il rapporto che si instaura fra il dipendente prosciolto e l'amministrazione 
di appartenenza, per riprendere l�espressione utilizzata dalla Suprema 
Corte, si riferisce al rimborso delle spese sopportate dall'incolpato, poi assolto, e per il 
quale l�art. 10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005 n. 203 richiede obbligatoriamente 
il parere di congruit� dell�Avvocatura dello Stato. A questo rapporto � del tutto
52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
estraneo quello relativo al giudizio di responsabilit� contabile. 
In sostanza, quindi, possono identificarsi nella complessa fattispecie in esame, tre 
diversi rapporti: quello relativo al giudizio di responsabilit� contabile, il cui esito costituisce 
antecedente fattuale dei successivi; quello tra il cliente -pubblico dipendente e il 
proprio difensore, a cui pertiene l�obbligo per il cliente di pagare onorari e diritti; quello 
fra il dipendente prosciolto e l'amministrazione di appartenenza, che si sostanzia nel diritto 
del dipendente di ottenere il rimborso delle spese legali nella misura ritenuta congrua 
dall�Avvocatura dello Stato. 
Il primo dei tre rapporti non pu� condizionare, sul piano dall�an e del quantum, i 
due successivi. 
Tale conclusione, del resto, sembra essere pi� coerente alla segnalata ratio dell�istituto 
del rimborso delle spese legali di tenere indenne il dipendente dall�onere economico 
connesso all�attivit� difensiva nel caso in cui il procedimento aperto nei suoi 
confronti si sia concluso con piena esclusione di responsabilit�. 
Spetta pertanto all�Avvocatura dello Stato, nel caso di liquidazione delle spese da 
parte del giudice contabile, stabilire quanto l�Amministrazione debba rimborsare al proprio 
dipendente, sussistendo, ovviamente, tutti i presupposti del diritto al rimborso; va 
comunque sottolineato che la cifra liquidata dal giudice contabile va assorbita nel rimborso 
complessivo, non potendo essere aggiunta al di l� della cifra complessivamente 
ritenuta congrua. 
2. c ) Le conclusioni esposte sub 2.a) e 2.b) trovano peraltro conferma (o comunque 
non vengono contraddette) nella recente sentenza della Corte dei Conti, Sezione 
Terza Giurisdizionale Centrale d�Appello, n. 559/2011, del 13 luglio 2011, la quale, pur 
senza fare alcun riferimento al recente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite della 
Corte di Cassazione (Cass., s.u., n. 5918 del 14 marzo 2011 ampiamente citata), ha affermato 
che, nel giudizio di responsabilit� contabile, nel caso di assoluzione per mancanza 
di colpa grave, l�art. 17, comma 30-quinquies della l. n. 102/2009, ha �posto il 
divieto di compensare �le spese di giudizio��, con la conseguenza che ove nonostante 
l�assoluzione il Giudice contabile abbia disposto comunque la compensazione delle 
spese, l�eventuale gravame della sentenza non potrebbe che essere accolto. 
Tale pronuncia conferma quindi la conclusione, cui perviene il presente parere, 
secondo la quale, nei giudizi di responsabilit� contabile, in caso di proscioglimento nel 
merito con compensazione delle spese del giudizio, considerato l�espresso divieto a disporre 
la compensazione previsto dall�art.10-bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005 
n. 203, il diritto al rimborso � comunque soggetto al consueto parere di congruit� dell�Avvocatura 
dello Stato, rilasciato sulla base dei principi regolatori della materia, senza 
che possa essere di ostacolo la decisione assunta dal giudice contabile. 
Con riguardo alla diversa ipotesi di liquidazione degli onorari e dei diritti spettanti 
alla difesa del prosciolto, l�anzidetta pronuncia della Corte dei Conti non sembra offrire 
nuovi e utili spunti di riflessione, atteso che la stessa, come detto, pur essendo stata depositata 
successivamente alla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, a quest�ultima 
non fa riferimento, non consentendo, pertanto, di valutare quale sia l�incidenza di 
detta pronuncia sulla posizione della giurisprudenza contabile. In ogni caso si ritiene di 
dover segnalare che del tutto improprio sembra il riferimento, contenuto in sentenza, 
alla circolare n. 55/2008 dell�Avvocatura Generale dello Stato, atteso che essa - lungi
TEMI ISTITUZIONALI 53 
dal concordare con l�orientamento giurisprudenziale secondo il quale il parere dell�Avvocatura 
dello Stato, nei giudizi di responsabilit� contabile, �resta confinato alla fase 
amministrativa� conseguente al giudizio contabile e si concreta in una mera verifica di 
rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice - aveva sostenuto 
che l�interpretatio abrogans del richiamato art. 10 bis, comma 10, del D.L. 203/2005, 
convertito in legge 248/2005 non appariva condivisibile. Con riguardo specifico alla 
compensazione delle spese, aggiungeva che sarebbe stato promosso un intervento normativo 
chiarificatore, che poi in effetti � intervenuto, ad opera dell�art. 17, comma 30- 
quinquies, del D.L. 1� luglio 2009, n. 78 inserito dall�art. 1 della legge 3 agosto 2009, 
n. 102, in sede di conversione, che ha disposto il divieto di compensazione delle spese. 
In ogni caso si precisava, nella citata circolare n. 55/2008, che nelle more appariva 
opportuno sospendere la redazione di pareri di congruit� favorevoli al rimborso delle 
spese legali sostenute nell�ambito di giudizi contabili laddove la sentenza assolutoria 
della Corte dei conti avesse disposto la compensazione delle spese. 
Pertanto, proprio a seguito del recente arresto della Suprema Corte di Cassazione, 
appare necessario riprendere la redazione dei pareri di congruit� favorevoli al rimborso 
delle spese legali sostenute nell�ambito di giudizi contabili, atteso che spetta pertanto 
all�Avvocatura dello Stato, nel caso di liquidazione delle spese da parte del giudice contabile, 
stabilire quanto l�Amministrazione debba rimborsare al proprio dipendente, sussistendo, 
ovviamente, tutti i presupposti del diritto al rimborso. 
3. Esame della fattispecie concreta. Ricorrenza dei presupposti del diritto al rimborso. 
(omissis) 
4. Esame della congruit� delle note spese. 
(omissis) 
Sui profili di massima della questione � stato sentito il Comitato Consultivo del 
25 novembre 2011, che si � espresso in conformit�. 
L�AVVOCATO GENERALE AGGIUNTO 
AVV. ALDO LINGUITI
54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO N. 7/2012 
Oggetto: Art. 78 del D.L. n. 112/2008 - Patrocinio del Commissario straordinario 
del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria 
del Comune di Roma (ora Roma Capitale). 
A seguito del parere reso dal Comitato Consultivo nel corso della seduta del 5 dicembre 
2011, con nota n. 394854 del 7 dicembre 2011 (*) � stato fornito riscontro al quesito formulato 
dalla Struttura commissariale in oggetto chiarendo che, �pur con le doverose perplessit� che 
l�assenza di una puntuale ed espressa disciplina sul tema fa sorgere, � l�eccezionalit�, del 
tutto particolare, della disciplina della Gestione prevista dall�art. 78 D.L. 112/2008 non autorizza 
detta gestione ad avvalersi del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato e sembra imporre, 
invece, la prosecuzione del patrocinio della Avvocatura Comunale�. 
Si rende ora necessario diramare le conseguenti istruzioni al fine di consentire una uniforme 
trattazione delle fattispecie che potranno presentarsi. 
1. Atteso il ritenuto difetto di ius postulandi, almeno fino al sopravvenire di consolidati 
contrari orientamenti giurisprudenziali, gli atti notificati nei confronti del Commissario straordinario 
presso la Avvocatura dello Stato dovranno essere trasmessi senza indugio all�Avvocatura 
comunale ai fini della tempestiva costituzione, che dovr� avvenire per Roma 
Capitale, che ha la titolarit� dei rapporti fatti valere in giudizio essendo rimessa al Commissario 
la sola gestione contabile e liquidatoria degli stessi. 
2. L�Avvocatura non provveder� comunque mai alla costituzione in giudizio per il Commissario. 
3. Coerentemente, nemmeno si dovr� procedere alla instaurazione di giudizi di cognizione 
o esecutivi in nome e per conto del Commissario. 
Ulteriori indicazioni operative potranno essere fornite alla luce della evoluzione giurisprudenziale 
sul punto. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
AVV. IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 
(*) Per comodit� di consultazione si allega in copia: 
� Con il foglio in riscontro codesta gestione commissariale del Comune di Roma, 
nel presupposto che la propria istituzione con l�art. 78 del D.L. 112/2008 (convertito in 
legge 6 agosto 2008 n. 133) abbia posto capo ad una gestione distinta e separata dall�Amministrazione 
comunale di Roma per tutti i rapporti obbligatori attivi e passivi anteriori 
al 28 aprile 2008, chiede: 
a) se la istituzione della gestione commissariale abbia determinato la nascita di un 
nuovo soggetto succeduto a titolo particolare al Comune di Roma nei rapporti obbligatori 
a lei affidati; 
b) se tale successione possa inquadrarsi processualmente nella disciplina dell�art. 
111 c.p.c., salva la possibilit� per la gestione commissariale di intervenire nel giudizio 
(nella qualit�, appunto, di successore a titolo particolare nella posizione del Comune); 
c) se la gestione commissariale (bench� governativa) possa essere rappresentata
TEMI ISTITUZIONALI 55 
dall�Avvocatura Comunale, attraverso uno specifico mandato ad litem; 
d) se, in quanto governativa, debba essere rappresentata dall�Avvocatura dello 
Stato.
Nella richiesta di parere codesta Gestione evidenzia il numero rilevante del contenzioso 
in atto relativo a rapporti obbligatori anteriori al 28 aprile 2008 (circa 48.000) 
e la opportunit� che la propria rappresentanza e difesa nei giudizi tutti resti affidata all�Avvocatura 
Comunale, attese le difficolt� che insorgerebbero dalla necessaria interrelazione 
tra detta Avvocatura e l�Avvocatura dello Stato, ove quest�ultima venga ritenuta 
titolare dello ius postulandi. 
Ritiene la Scrivente che, pur dopo la trasformazione del Comune di Roma in Roma 
Capitale (di cui al Decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri nel Novembre 
2011) non sia intervenuta alcuna estinzione dell�ente territoriale Comune di Roma che 
�ancorch� dissestato non pu� cessare di esistere, in quanto espressione di autonomia locale, 
che costituisce un valore costituzionalmente tutelato� (TAR Lazio Sez. II Roma 
27 ottobre 2010 / 10 novembre 2010 n. 33345), e che la situazione non possa quindi farsi 
ricadere nella disciplina dell�art. 110 c.p.c. 
La gestione Commissariale di cui all�art. 78, comma 3 D.L. 112/2008 sopra richiamato 
� stata voluta dal legislatore �nelle more dell�approvazione della legge di disciplina 
dell�ordinamento, anche contabile, di Roma Capitale ai sensi dell�art. 114, III 
comma, della Costituzione�, al fine della �ricognizione della situazione economico-finanziaria 
del Comune e delle Societ� da esso partecipate ... e per la predisposizione e 
l�attuazione di un piano di rientro dall�indebitamento pregresso� come espressamente 
detta l�art. 78, I comma D.L. 112/2008. 
Dalla lettura di tali disposizioni emerge, oltre alla gi� rilevata impossibilit� di estinzione 
del Comune di Roma, la provvisoriet� della istituzione del Commissario straordinario 
(nelle more di costituzione di Roma Capitale) e la perimetrazione della sua 
competenza (ricognizione situazione economico-finanziaria e predisposizione ed attuazione 
di piano di rientro dall�indebitamento). - Tale configurazione esclude quindi che 
possa parlarsi di una successione a titolo particolare nei rapporti obbligatori facenti capo 
al Comune di Roma e dei quali al Commissario � richiesto di operare la sola ricognizione 
predisponendone il piano di rientro -. Ci� comporta che la disciplina dell�art. 111 c.p.c. 
non sia invocabile. 
La previsione della gestione commissariale in parola, pur prendendo spunto da 
una riconosciuta e grave situazione di dissesto del Comune di Roma non mette capo 
alla integrale applicazione della procedura di dissesto di cui all�art. 246, comma 1, del 
D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, dettato in via generale per tutte le ipotesi di situazioni di 
dissesto dei Comuni, e ci� in ragione della voluta esclusione della completa paralisi di 
attivit� che dalla applicazione della procedura di dissesto sarebbe derivata anche per il 
Comune di Roma e che per� sarebbe stata incompatibile con la istituzione di Roma Capitale 
in prosecuzione del Comune di Roma. 
La normativa di cui all�art. 78 D.L. 112/2008, peraltro, pur espressamente escludendo, 
per tutta la durata del regime commissariale, la adozione della deliberazione di 
dissesto di cui all�art. 246, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 (art. 78, comma 5) fa frequente 
richiamo alla disciplina in tale D.Lgs. contenuta (art. 78, comma 6 e 7). Tale rilievo 
consente di ritenere che, ove non fosse stata espressamente dettata l�esclusione
56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
della procedura di dissesto, di detta procedura si sarebbe dovuta fare applicazione, ritenendo 
coerentemente che come �la dichiarazione di dissesto di un ente territoriale non 
lo spoglia della sua capacit� processuale� (Cass. Sez. I^ n. 15498/2011) cos� la istituzione 
della Gestione commissariale di cui all�art. 78 D.L. 112/2008 non spoglia il Comune 
di Roma della sua legittimazione processuale. Tale affermazione - nel caso 
dell�istituzione della Gestione commissariale in esame - � rafforzata dalla considerazione 
che detta Gestione � finalizzata al compimento di mera attivit� contabile volta a inventariare 
e superare la situazione economico-finanziaria del Comune di Roma anteriore al 
28 aprile 2008 (con la predisposizione del piano di rientro relativo) da quella successiva 
a tale data, che far� capo a Roma Capitale. La gestione commissariale in questione, non 
serve a far posto alla procedura concorsuale di cui al D.Lgs. 267/2000 sul dissesto, che 
tra i poteri dell�organo straordinario di liquidazione l� previsto indica pure quello di alienare 
i beni appartenenti all�ente in dissesto (comma 9, art. 255 D.Lgs. citato) limitandosi 
i compiti della gestione di cui all�art. 78 D.L. 112/2088 a quelli meramente contabili ricognitori 
sopra ricordati. 
Appare anche rilevante, ai fini della soluzione dello specifico quesito proposto in 
tema di capacit� e rappresentanza processuale, la disposizione (art. 78, comma 6, II inciso) 
secondo la quale �tutte le entrate di competenza dell�anno 2008 e dei successi anni 
sono attribuite alla gestione corrente, di competenza degli organi istituzionali dell�ente�. 
Tale disposizione conferma, da un lato, la gi� rilevata sopravvivenza dell�ente comunale 
e, dall�altro lato, che l�attivit� della gestione commissariale � svolta nell�interesse dell�ente 
stesso ai cui organi istituzionali devono affluire le entrate di sua competenza, per 
gli anni 2008 e seguenti; conforta tale ultima osservazione il disposto dell�ultimo comma 
dell�art. 2 del D.P.C.M. 5 dicembre 2008 secondo il quale ҏ restituita alla Gestione ordinaria 
del Comune la quota di risorse finanziarie esuberanti rispetto alle necessit� della 
liquidazione o pagamento dei debiti del piano�. 
Particolarmente significative sono anche: la disposizione (art. 78, comma 2, lett. 
b) che prevede che gli organi commissariali �si avvalgono delle strutture comunali�, e 
quella (art. 78, comma 2, lett. a) che rinvia al decreto del Presidente del Consiglio dei 
Ministri (poi adottato in data 4 luglio 2008) la individuazione degli istituti e strumenti 
disciplinati dal titolo VIII del testo unico di cui al D.Lgs. 10 agosto 2000 n. 267 (sulla 
procedura di dissesto) di cui pu� avvalersi il Commissario straordinario �parificato a 
tal fine all�organo straordinario di liquidazione� e dunque non ad altri fini. 
La limitazione dei compiti del commissario di governo per il Comune di Roma ad 
attivit� meramente contabili ricognitorie della situazione economico-finanziaria al 28 
aprile 2008 ed al relativo piano di rientro � confermata dal DPCM 4 luglio 2008 che individua 
gli istituti e strumenti disciplinati dal D.Lgs. 267/2000 esclusivamente nel potere 
organizzatorio di cui all�art. 253 e nel potere transattivo di cui all�art. 254. 
Del pari il DPCM 5 dicembre 2008 (che ha approvato il piano di rientro redatto 
dal Commissario di Governo), pur attribuendo al Commissario di Governo poteri di amministrazione 
attiva di gestione del piano di rientro (art. 2, comma 1, DPCM 5 dicembre 
2008), non amplia i compiti del Commissario al di l� della �liquidazione e al pagamento 
dei debiti anche, se possibile, mediante transazioni�, senza menzionare alcun ulteriore 
compito, di amministrazione attiva relativo alla promozione o prosecuzione di attiivt� 
e competenze proprie del Comune, diverso dalla semplice liquidazione e pagamento
TEMI ISTITUZIONALI 57 
(eventualmente ove possibile anche transattivamente) dei debiti relativi a rapporti anteriori 
al 20 aprile 2008. 
Sembra potersi, perci�, affermare che al Commissario straordinario sia stata trasferita 
non gi� la titolarit� di rapporti obbligatori anteriori al 28 aprile 2008 ma solo la 
gestione liquidatoria di detti rapporti. N� sembrano di ostacolo a tale conclusione le funzioni 
di cui all�art. 1, comma 26 D.L. 138/2011 convertito con L. n. 148/2011 che prevede 
la possibilit� per il Commissario di affidamento in house a societ� statali di sue 
competenze, n� quella di concludere transazioni, giacch� tali possibilit�, circoscritte pur 
sempre nell�ambito della funzione liquidatoria attribuita al Commissario, non sarebbero 
state espressamente previste se il Commissario fosse stato visto e voluto quale organo 
statale titolare dei rapporti e quindi dei relativi poteri di amministrazione attiva. 
In particolare, con riguardo al contenzioso pendente (i cui dati, in termini quantitativi 
- certi o probabili -, sono stati forniti dalla Avvocatura Comunale: v. punto 5.2 del 
piano di rientro), nessuna attivit� appare demandata al Commissario straordinario. 
Tutto quanto sopra osservato, pur con le doverose perplessit� che l�assenza di una 
puntuale ed espressa disciplina sul tema fa sorgere, appare idoneo a consentine di affermare 
che l�eccezionalit�, del tutto particolare, della disciplina della Gestione prevista 
dall�art. 78 D.L. 112/2008 non autorizza detta gestione ad avvalersi del patrocinio dell�Avvocatura 
dello Stato e sembra imporre, invece, la prosecuzione del patrocinio della 
Avvocatura Comunale. 
Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo che si � espresso in conformit� 
il 6 dicembre 2011. 
L�Avvocato Generale Aggiunto 
Avv. Aldo Linguiti � 
CIRCOLARE N. 7/2012 
Oggetto: D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 art. 9. Abolizione delle tariffe professionali.
ComՏ noto l�art. 9 del decreto legge n. 1/2012 ha stabilito che �sono abrogate le tariffe 
delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico�, tra le quali rientrano quelle forensi. 
La norma prevede che il compenso per le prestazioni professionali deve essere �pattuito al 
momento del conferimento dell�incarico professionale� mediante un�indicazione preventiva 
della complessit� dell�opera e delle attivit� preventivabili. 
La finalit� della norma, che sembra ispirata allo scopo di favorire la competitivit� all�interno 
delle categorie professionali, induce a ritenere che essa sia inapplicabile ai rapporti 
tra le Amministrazioni pubbliche e l�Avvocatura dello Stato, che � difensore istituzionale, e 
dunque esclusivo, inserito organicamente nella compagine statale. 
In ogni caso, in attesa della conversione in legge del decreto e delle eventuali indicazioni 
che potranno risultare, e con riserva di fornire conseguenti ulteriori istruzioni, per le liquidazioni 
ai sensi dell�art. 21 R.D. n. 1611/1933 commi terzo e quarto si potr� continuare ad uti-
58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
lizzare la tariffa forense, secondo la prassi vigente al momento in cui � stato instaurato il giudizio, 
ispirata, come sempre, a criteri di moderazione nei rapporti con le Amministrazioni patrocinate. 
Il Vice Avvocato Generale dello Stato delegato 
Avv. Antonio Palatiello 
CIRCOLARE N. 12/2012 
Oggetto: Parere approvato dal comitato consultivo sugli effetti della sentenza 
della Corte Costituzionale n. 293/2011 che ha dichiarato l�illegittimit� dell�art. 
11 commi 12 e 13 del D.L. 78/10 conv. in l. 122/10; applicazione delle 
leggi 229/05 e 244/07 - riconoscimento degli arretrati e condotta da tenere 
in sede processuale. 
Si trasmette, per opportuna conoscenza e per quanto di competenza, copia del parere in 
oggetto, approvato dal Comitato Consultivo nella seduta del 24 febbraio 2012. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
Avvocatura Generale dello Stato 
Via dei Portoghesi, 12 
27/02/2012-72149 P 
00186 ROMA 
POSTA PRIORITARIA 
Roma, 
Ministero della Salute 
Partenza n. 
Dipartimento della Programmazione e 
Tipo Affare cs 48803/2011 - Sez.V 
dell�Ordinamento del SSN 
Avv. RUSSO M. 
D.G. dei Dispositivi medici, del Servizio 
Risposta a note n. 39543 del 30.11.11 e n. 
Farmaceutico e della Sicurezza delle Cure 
3651 del 20.1.12 
Uff. VIII ex DPROG 
Viale Giorgio Ribotta n. 5 
00144 Roma 
Parere sugli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2011 che ha dichiarato 
l�illegittimit� dell�art. 11 commi 12 e 13 del D.L. 78/10 conv. in l. 122/10; applicazione 
delle leggi 229/05 e 244/07 - riconoscimento degli arretrati e condotta da tenere 
in sede processuale. 
Con le note in riferimento, codesta Amministrazione ha sottoposto alla Scrivente un articolato 
quesito, nel quale si chiede di conoscere: 
1. Se, per effetto della sentenza n. 293/11 della Corte Costituzionale, si debba modificare 
la base di calcolo degli indennizzi spettanti - rispettivamente - ai danneggiati da vaccino
TEMI ISTITUZIONALI 59 
ed ai talidomidici in base alle leggi n. 229/05 e 244/07, nel senso di rivalutarne l�intero 
importo salvo poi applicare l�ulteriore rivalutazione prevista dalle leggi 229/05 e 244/07; 
da chiarimenti intercorsi in via breve � emerso che il quesito deve intendersi articolato 
in pi� questioni: 
a) se - al momento dell�iscrizione a ruolo ex novo di un indennizzo per talidomidici ex 
lege 244/07 (d�ora in avanti, per brevit�, I.T.) o di un indenizzo �ulteriore� ex lege 
229/05 per vaccinati (d�ora in avanti, per brevit�, I.V.), si debba - per effetto della 
sentenza n. 293/11 - rivalutarne la base di calcolo, costituita dall�indennizzo ex lege 
210/92 art. 2, includendovi sia la componente �assegno� che quella �IIS�, solo successivamente 
applicando, sull�ammontare cos� ottenuto, l�ulteriore rivalutazione prevista 
dalle rispettive leggi regolatrici; 
b) se - una volta iscritto a ruolo un I.T. o un I.V, lo si debba rivalutare annualmente procedendo 
innanzi tutto alla periodica rivalutazione della base di calcolo (includendovi 
sia la componente �assegno� che la componente �IIS�), ed applicando poi, sull�ammontare 
cos� ottenuto, anche la rivalutazione annuale prevista dalle leggi 229/05 e 
244/07 in combinato disposto con il D.M. 163/09; 
c) se i soggetti gi� titolari, alla data della sentenza della Consulta, dell�I.T. o dell�I.V. 
abbiano diritto, per il pregresso, alla corresponsione delle somme arretrate a titolo di 
rivalutazione della componente dell�indennizzo-base ex art. 2 l. 210/92 commisurata 
all�indennit� integrativa speciale (IIS) e, in caso affermativo, con quale decorrenza. 
2. Quale sia la condotta da tenere relativamente alla liquidazione ai titolari di indennizzo 
ex art. 2 l. 210/92 degli importi arretrati, dovuti a titolo di rivalutazione dell�IIS; in particolare, 
se tali arretrati vadano corrisposti con decorrenza analoga a quella riconosciuta 
per l�indennizzo, ovvero se si debba tenere conto della prescrizione e - in tal caso - quale 
sia il termine applicabile - o se, piuttosto, possa limitarsi la corresponsione degli arretrati 
al periodo successivo alla data di entrata in vigore della legge 244/07, individuata quale 
tertium comparationis dalla Corte Costituzionale nel ritenere l�incostituzionalit� dell�art. 
11 comma 13 del D.L. 78/10 conv. in l. 122/10; 
3. Quale sia il comportamento processuale da tenere con riferimento ai giudizi in cui si 
faccia questione della spettanza della rivalutazione sulla componente dell�indennizzo 
ex art. 2 l. 210/92 commisurata all�IIS e, segnatamente, se si debba procedere all�abbandono 
dei giudizi stessi, ovvero differenziare la condotta processuale a seconda che 
l�oggetto del contendere verta sull�an o sul quantum debeatur. 
��� 
Tanto premesso, la Scrivente ritiene che ai quesiti debba darsi risposta nei termini che 
qui di seguito si espongono. 
A. Quanto al quesito di cui al punto 1, come meglio specificato sub a), b) e c), la Scrivente 
ritiene che la risposta debba essere articolata. 
Le norme rilevanti ai fini della soluzione del quesito sono le seguenti. 
- Art. 2 l. 210/92: 
�1. L'indennizzo di cui all'articolo 1, comma 1, consiste in un assegno, reversibile per 
quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 
1976, n. 177, come modificata dall'articolo 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111. L'indennizzo 
� cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito ed � rivalutato 
annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. 2. L'indennizzo di 
cui al comma 1 � integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennit� in-
60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tegrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324��; 
- Art. 1 l. 229/2005: 
�1. Ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, � riconosciuto, 
in relazione alla categoria gi� loro assegnata dalla competente commissione 
medico-ospedaliera, di cui all'articolo 165 del testo unico di cui al decreto del Presidente 
della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, un ulteriore indennizzo. Tale ulteriore 
indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, di importo pari a sei volte la somma 
percepita dal danneggiato ai sensi dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, 
per le categorie dalla prima alla quarta della tabella A annessa al testo unico di cui al 
decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, 
a cinque volte per le categorie quinta e sesta, e a quattro volte per le categorie 
settima e ottava� 4. L'intero importo dell'indennizzo, stabilito ai sensi del presente articolo, 
� rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT.� 
- Art. 2 comma 363 l. 244/07: 
�L�indennizzo di cui all�articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, � riconosciuto, 
altres�, ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, ��; 
- Art. 1 D.M. 163/09: 
�1. Il presente regolamento disciplina il procedimento per il riconoscimento e la corresponsione 
dell'indennizzo previsto dall'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, 
ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, �2. L'indennizzo di cui al comma 1, di 
seguito denominato indennizzo per i talidomidici, consiste in un assegno mensile vitalizio, 
di importo pari a sei volte la somma corrispondente ad un importo base di riferimento, 
determinato in analogia a quanto previsto per i soggetti danneggiati da 
vaccinazione obbligatoria, ai sensi dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, 
�.4. L'importo dell'indennizzo per i talidomidici, stabilito ai sensi del presente articolo, 
� � interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT �. 
��� 
Nel quadro normativo sopra richiamato, l�indennizzo di cui all�art. 2 l. 210/92 costituisce 
la base di calcolo sia dell�I.V. che, ex lege 229/05, compete ai soggetti danneggiati da 
vaccino in aggiunta a quello di cui allo stesso art. 2 l. 210/92, sia dell�I.T. che compete, 
ex art. 2 comma 363 l. 244/07, ai talidomidici. 
Entrambi tali indennizzi sono, infatti, dei multipli dell�indennizzo-base di cui all�art. 2 
comma 1 l. 210/92. 
Come noto, l�art. 2 comma 2 l. 210/92 � stato oggetto di interpretazione autentica attraverso 
l�art. 11 comma 13 D.l. 78/10 conv. in l. 122/10, il quale stabiliva: �Il comma 2 
dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta 
nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennit� integrativa speciale 
non � rivalutata secondo il tasso d'inflazione�. 
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 293/11 ha dichiarato l�incostituzionalit� della 
norma interpretativa per contrasto con l�art. 3 Cost., in quanto prevede, per la categoria 
degli emotrasfusi, un regime di rivalutazione dell�indennizzo deteriore rispetto a quello 
previsto per i talidomidici. 
A partire dal momento della pronuncia della Consulta (e salvo quanto si dir� infra al 
punto B) con riferimento al pregresso), dunque, l�indennizzo ex lege 210/92, deve essere 
rivalutato in entrambe le componenti (assegno ed IIS). 
Ci� premesso, l�Amministrazione ha chiarito in via breve che - prima della citata sen-
TEMI ISTITUZIONALI 61 
tenza n. 293/11 - al momento di iscrivere a ruolo ex novo un I.V. o un I.T., la prassi era 
nel senso di procedere nel seguente modo: 
I) dopo aver calcolato il valore dell�indennizzo base a mente dell�art. 2 l. 210/92, se ne 
attualizzava il valore limitatamente alla componente �assegno�; 
II) Alla somma cos� ottenuta, si applicava il coefficiente di moltiplicazione previsto dalla 
legge 229/05; 
III) La somma cos� ottenuta veniva, poi, complessivamente rivalutata anno per anno 
come stabilito - rispettivamente - dall�art. 1 comma 4 l. 229/05 e dall�art. 1 comma 4 
D.M. 163/09. 
La risposta al quesito di cui al punto 1 sub a) � affermativa. 
Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 293/11, l�indennizzo di cui all�art. 
2 l. 210/92 deve essere rivalutato in entrambe le sue componenti. Pertanto, a tale complessiva 
rivalutazione non potr� non procedersi anche nel momento in cui l�indennizzo 
ex art. 2 l. 210/92 viene in considerazione come base di calcolo per la quantificazione 
dell�I.T. o dell�I.V.. 
La risposta al quesito di cui al punto 1 sub b) deve essere, invece, negativa, per i 
motivi che qui di seguito si illustrano. 
La prassi descritta ai punti I), II) e III) mostra che - una volta individuata la base di calcolo 
come descritto al punto I), l�unico adeguamento applicato di anno in anno � sempre 
stato quello previsto dalle norme indicate sub) III, mentre non si � mai proceduto anche 
alla rivalutazione periodica annuale dell�indennizzo-base, che veniva invece effettuata 
una tantum, solo al momento dell�istituzione di un nuovo I.V. o I.T.. 
Tale prassi appare condivisibile e, in analogia con la stessa, non si ritiene debba procedersi 
ora, per effetto della sentenza n. 293/11 - oltre che alla rivalutazione dell�indennizzo 
complessivamente considerato come previsto dalla l. 229/05 e dal D.M. 163/09 - 
anche alla complessiva rivalutazione di anno in anno dell�indennizzo-base, comprensivo 
sia dell�assegno che dell�IIS: in effetti, l�adeguamento al costo della vita � assicurato 
per l�I.T. e l�I.V., dalla sola rivalutazione annuale del loro ammontare complessivo, come 
disposto dalla l. 229/05 e dal D.M. 163/09. 
La rivalutazione annuale anche dell�indennizzo di cui all�art. 2 l. 210/92 preso a riferimento 
quale base di calcolo produrrebbe, sommata a quella dell�intero importo di cui 
alla l. 229/05 ed al D.M. 163/09, una doppia rivalutazione, la quale finirebbe con l�integrare 
un�ingiustificata disparit� di trattamento a danno delle altre categorie di titolari 
di indennizzo (i danneggiati da emotrasfusione) ed a favore dei danneggiati da vaccino 
e dei talidomidici, non dissimile - quanto a questi ultimi - da quella gi� censurata dalla 
Consulta. 
La risposta al quesito sintetizzato al punto 1 sub c), � affermativa. 
L�Amministrazione pone la questione di un ipotetico I.T o I.V, gi� iscritto a ruolo da 
tempo, per il quale - al momento della quantificazione della base di calcolo come descritto 
sopra al punto I) - si sia proceduto all�attualizzazione dell�indennizzo ex art. 2 l. 
210/92, limitatamente alla sola componente assegno, senza rivalutare invece la componente 
IIS. In tale ipotesi, in effetti sembra che - alla luce della sentenza n. 293/11- il titolare 
di I.T. o I.V. abbia titolo a pretendere la liquidazione della differenza imputabile 
a tale modalit� di parziale rivalutazione censurata dalla Consulta, salvo quanto si dir� 
al punto successivo, con riferimento alla decorrenza del diritto agli arretrati. 
���
62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
B. Quanto al quesito svolto al punto 2, anche in questo caso la risposta deve essere 
articolata. 
La Scrivente sta infatti sostenendo, in alcuni giudizi in corso (tra questi, alcuni pendenti 
innanzi a giudici di merito sia del distretto di Corte d�Appello di Firenze sia di Roma, 
altri in cassazione), la tesi per cui la corresponsione degli arretrati a titolo di rivalutazione 
dell�IIS va limitata al solo periodo successivo alla data di entrata in vigore della legge 
244/07 (1 gennaio 2008), presa a riferimento dalla Corte Costituzionale quale tertium 
comparationis nel ritenere l�incostituzionalit� dell�art. 11 comma 13 del D.L. 78/10 
conv. in l. 122/10. 
Questa tesi appare ragionevolmente argomentabile e sar� pertanto sostenuta dalla Scrivente 
nei giudizi ai quali sia pertinente. 
Va, peraltro, evidenziato che la stessa, indubbiamente foriera di nuovo contenzioso, presenta 
comunque un margine di dubbio quanto all�esito, anche in quanto non � certo che 
i giudici - ove dovessero accogliere la tesi che limita l�efficacia retroattiva della sentenza 
n. 293/11 al 1 gennaio 2008 - si conformerebbero, per il pregresso, al pi� recente orientamento 
giurisprudenziale della Suprema Corte di cui alle sentenze Cass. Lav. nn. 
21703/09 e 22112/09, che hanno negato il diritto alla rivalutazione dell�IIS (sentenze in 
effetti gi� sistematicamente disattese dai giudici di merito, sia pure in base ad argomenti 
che la Consulta non ha espressamente affrontato nella recente pronuncia). 
In conseguenza di ci�, ci si riserva di valutare l�opportunit� di coltivare o meno la suddetta 
tesi difensiva alla luce degli orientamenti giurisprudenziali che emergeranno nei 
giudizi gi� avviati. 
Qualora la giurisprudenza dovesse rivelarsi sfavorevole alla posizione sostenuta nell�interesse 
dell�Amministrazione, la corresponsione degli arretrati dovrebbe comunque 
avvenire entro i limiti della prescrizione. 
Il termine applicabile � decennale, decorrente dalla data di maturazione delle singole 
rate, relativamente agli accessori maturati su ratei arretrati, quinquennale decorrente 
dalle singole scadenze, relativamente ai ratei liquidati regolarmente a scadenza (Cass. 
lav. 9803/98). 
C. Quanto al quesito illustrato al n. 3, la risposta �, anche in questo caso, articolata. 
Laddove i giudizi attengano a prestazioni maturande o comunque maturate dopo la data 
di entrata in vigore della l. 244/07 (tertium comparationis del giudizio di incostituzionalit�), 
la resistenza in giudizio �, in effetti, senz�altro sconsigliabile, in quanto foriera 
di sicura soccombenza e di conseguente aggravio di spese per l�Amministrazione. 
Ove, invece, si tratti di giudizi nei quali si faccia questione di arretrati, riferiti ad un periodo 
di tempo anteriore all�entrata in vigore della legge 244/07, si potr� sostenere la 
tesi difensiva illustrata al punto B) che precede, salvo che si consolidi un orientamento 
giurisprudenziale di legittimit� di segno contrario, del che sar� data informazione all�Amministrazione 
in indirizzo. 
Sempre da coltivare, infine, sono i giudizi nei quali si faccia questione del quantum debeatur 
o in cui possa fondatamente sollevarsi l�eccezione di prescrizione. 
Sulla questione � stato sentito il Comitato Consultivo che, nella seduta del 24 febbraio 
2012, si � pronunciato in conformit�. 
L�AVVOCATO GENERALE AGGIUNTO 
ALDO LINGUITI
CONTENZIOSO COMUNITARIO 
ED INTERNAZIONALE 
Potere giudiziario e diritto europeo 
Ignazio Francesco Caramazza* e Wally Ferrante** 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Rapporti fra i poteri tradizionali nello Stato nazionale - 3. 
Considerazioni generali sui rapporti fra giudici sovranazionali e fra giudici nazionali e sovranazionali 
- 4. Rapporti fra giudici nell�ordinamento europeo - 4.1. Rapporti tra la Corte 
di Giustizia dell�Unione Europea e le Corti Costituzionali degli Stati membri - 4.2. Rapporti 
tra la Corte di Giustizia dell�Unione Europea e i Giudici nazionali - 4.3. Rapporti tra la Corte 
Europea dei Diritti dell�Uomo e i Giudici nazionali - 4.4. Considerazioni conclusive. 
1. Premessa 
L�argomento al quale questo convegno � dedicato ed ancor pi� precisamente 
il titolo di questa tavola rotonda evocano il tema dell�accresciuto ruolo 
del giudice nella societ� contemporanea e, pi� in generale, il fenomeno della 
prepotente crescita del potere giudiziario nell�et� della globalizzazione. 
Si tratta di un fenomeno evidente sia a livello degli ordinamenti nazionali 
(in cui dopo un lungo periodo di sottordinazione, prima, e di equiordinazione 
poi, il potere giudiziario ha preso il sopravvento sugli altri due poteri tradizionali, 
il legislativo e l�esecutivo) sia a livello di ordinamenti internazionale 
e sovranazionali. 
Nella realt� contemporanea, oltre all�ordine giuridico internazionale, vi 
sono, infatti, molteplici ordini sovranazionali che contemplano corti giudiziarie 
o organismi quasi-giudiziari o semi-contenziosi (1). 
(*) Avvocato Generale dello Stato. 
(**) Avvocato dello Stato. 
Il presente scritto � tratto da un intervento al Convegno �L�Europa del diritto: i giudici e gli ordinamenti 
� tenutosi presso il T.A.R. di Lecce in data 27-28 aprile 2012. 
(1) S. CASSESE, ne �I Tribunali di Babele�, Donzelli, Roma, 2009, 4, ne conta ben duemila!
64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
In tali pluralit� di ordinamenti giuridici - internazionale, sovranazionali, 
nazionali - non esiste una norma superiore che ne disciplini i rapporti; rapporti 
la cui regolazione � quindi rimessa al �dialogo fra le corti� (2) internazionali, 
sovranazionali e nazionali. 
Icasticamente � stato detto che il diritto sta prendendo il posto della politica 
nell�azione globale per la regolazione dei rapporti fra ordinamenti statali 
e superstatali. Se una volta tale regolazione era rimessa alle spade degli eserciti 
ed in tempi pi� recenti alle feluche degli ambasciatori, oggi essa appare rimessa 
in gran parte alle toghe dei giudici nazionali (costituzionali ed ordinari) 
sovranazionali ed internazionali. 
L�area geopolitica in cui tale realt� appare pi� evidente � indubbiamente 
l�Europa, continente in cui gli ordinamenti nazionali devono quotidianamente 
confrontarsi con gli ordinamenti dell�Unione Europea e della CEDU. 
Mi riprometto quindi di tratteggiare il fenomeno della conquistata primazia 
del potere giudiziario sia a livello di Stato nazionale sia a livello di integrazione 
di ordinamenti nazionali e sovranazionali in un mondo globalizzato. 
2. Rapporti fra i poteri tradizionali nello Stato nazionale 
L�equilibrio fra i poteri tradizionali dello Stato non � fisso, ma mobile in 
relazione al variare del loro �corso� relativo, e questa mobilit� � in sintonia con 
le grandi crisi di trasformazione della societ� e dello Stato intercorse da quando 
i tre poteri emersero dall�indistinto potere unico detenuto dal sovrano assoluto. 
La prima grande crisi di trasformazione corrisponde alla rivoluzione francese 
e port� dall�Ancien r�gime allo Stato liberal-borghese. Non cՏ dubbio che 
allora nacque egemone il potere legislativo. Fu quella l�et� delle grandi codificazioni: 
il realizzarsi del sogno illuminista di una ragione scritta attraverso la 
creazione di una rete di regole generali e astratte che imbrigliava tutta la variegata 
dimensione dell�operare umano. Napoleone scrisse: �Waterloo sar� dimenticata 
ma il mio codice civile vivr� per sempre�. Dire �per sempre� era ovviamente 
esagerato, ma il codice napoleonico � tuttora in vigore in Francia e decine e decine 
di ordinamenti giuridici nel mondo sono ispirati al codice civile francese. 
Il potere esecutivo, fortissimo nella sostanza, aveva per� un campo di 
azione estremamente limitato, soprattutto nella sua epifania di pubblica amministrazione. 
Lo Stato era uno Stato-gendarme che si limitava a curare la difesa 
delle frontiere all�esterno e dell�ordine pubblico all�interno. 
Il potere giudiziario aveva una posizione ancor pi� di second�ordine perch� 
lo Stato liberal-borghese previde un�amministrazione senza giudice e, come � 
noto, bisogna aspettare la fine del secolo scorso (il 1872 in Francia, il 1889 in 
Italia) per arrivare ai primi timidi sindacati del giudice (un giudice speciale, 
(2) S. CASSESE, Le funzioni costituzionali dei giudici non statali in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 2007, 3, 
pp. 609-626.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 
per di pi�) sull�operato dell�amministrazione. Il giudice era allora veramente 
�figlio di un dio minore�, guardato con sospetto e diffidenza soprattutto quando 
veniva chiamato a sindacare l�esecutivo, poich� era considerata verit� di fede 
l�equazione �giudicare l�amministrazione equivale ad amministrare�. 
Tutto cambia con la seconda grande crisi di trasformazione, quella che si 
verifica grosso modo tra le due guerre mondiali del secolo scorso quando si 
passa dallo Stato liberal-borghese allo Stato sociale o pluriclasse. Il potere esecutivo 
abbandona le dimesse vesti di guardiano notturno, comincia a occuparsi 
di istruzione, di sanit�, di edilizia, di lavori pubblici, di credito, di risparmio, 
di assicurazioni, di imprese. Il potere esecutivo dilaga e non a caso tra le due 
guerre nascono le pi� feroci ed efficienti dittature che la storia ricordi. 
Il potere legislativo arretra, il giudiziario cresce modestamente cominciando 
a sindacare l�esecutivo. 
Le cose cambiano ancora con la terza grande crisi di trasformazione che 
cominci� intorno agli anni �60 del Novecento, e che ancora non � bene compresa, 
tanto � vero che viene definita in maniera puramente cronologica. Si 
parla infatti di Stato post-moderno succeduto allo Stato sociale, o di societ� 
post-industriale. Definizioni puramente diacroniche che, ovviamente, sintomatizzano 
la incomprensione di quello che � il nocciolo del problema. 
In questa fase abbiamo l�avanzata del potere giudiziario, che, a sua volta, 
prende il sopravvento sugli altri due poteri. Questo � accaduto a scala planetaria, 
non solo a livello italiano, con l�avvento di quello che � stato autorevolmente 
definito �Stato di giurisdizione� (3). L�aumento del rischio di conflitti 
e di frizioni tra potere pubblico e cittadino ed una acuita coscienza delle esigenze 
partecipative ha indotto, infatti, ad un aumento della �domanda di giustizia� 
e questo ha portato alla ricerca di nuovi strumenti atti a garantire la 
legalit� di una azione amministrativa sempre pi� articolata, sempre pi� complessa 
e sempre pi� presente nella vita di ogni giorno. 
Un bravo cittadino inglese, � stato scritto, avrebbe potuto vivere, fino alla 
prima guerra mondiale, senza accorgersi dell�esistenza di uno Stato se non per 
i poliziotti e gli uffici postali (4). Inutile illustrare, perch� sotto gli occhi di 
tutti, �quantum mutata ab illa� fosse la situazione successiva in Inghilterra 
come in Italia. 
Avvento dello Stato �di giustizia� dunque e non certo nel senso della instaurazione 
di quel �governo dei giudici� cos� temuto dai primi legisti rivoluzionari 
francesi, quanto nel senso di espansione di ogni possibile strumento 
atto a garantire legalit� sostanziale. 
(3) M. NIGRO, Il giudice amministrativo oggi, in La riforma del processo amministrativo, Milano, 
1980, 4-5. 
(4) A.I.P. TAYLOR, English history, 1914-1945 cit. in H.W.R. WADE, Admistrative Law, 5^ ed. Clarendon 
Press, Oxford 1982, 3.
66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Un sintomo significativo di tale linea di tendenza � stato l�irraggiamento, 
nel mondo, dell�istituto dell�Ombudsman, da considerare come istituto paragiurisdizionale. 
� un irraggiamento singolare, paragonabile soltanto a quello 
del Consiglio di Stato francese nel secolo scorso e che per� ha la caratteristica 
di innestarsi in sistemi giuridici diversissimi fra di loro, alcuni dei quali scarsamente 
compatibili con l�istituto stesso. L�Ombudsman, quanto meno nella 
sua originale configurazione svedese, si colloca, infatti, orizzontalmente attraverso 
i tre poteri tradizionali, derivando la propria legittimazione dal legislativo 
ed operando attraverso l�adozione di provvedimenti che hanno natura 
di atti amministrativi ma i cui effetti equivalgono a quelli delle sentenze (5). 
Ciononostante l�Ombudsman � stato introdotto in pi� di novanta ordinamenti 
giuridici statuali con caratteristiche tra le pi� diverse tra loro. 
La seconda linea di tendenza indotta nella societ� postindustriale dalla 
accresciuta domanda di giustizia � l�aumento dei poteri del giudice, pur nella 
diversit� dei sistemi giuridici. Nei sistemi di common low e, in particolare, in 
Inghilterra, la dottrina dell�ultra vires ha affinato un penetrante sistema di giustizia 
amministrativa che controlla sempre pi� da vicino il corretto esercizio 
del potere da parte dell�esecutivo (6). Nei paesi di tradizione romanistica, come 
Francia, Germania, Italia, i giudici sono stati muniti di strumenti sempre pi� 
incisivi per il controllo di quell�esecutivo che nel primo 800 si voleva sottratto 
ad ogni sindacato del giudiziario. Infine in molti settori dell�attivit� pubblica 
si era andata diffondendo una procedimentalizzazione retta dalla regola �quasi 
giudiziale� del giusto procedimento, il che sottolinea ancora una volta l�accresciuta 
importanza della funzione di giustizia nella nuova societ�. 
Su questa linea di tendenza a livello planetario, sin qui tratteggiata, quasi 
marea montante di lungo respiro, si � poi innestata in Italia, all�inizio dell�ultimo 
decennio del secolo scorso, un ulteriore e sinergico rafforzamento del 
potere giudiziario: un rafforzamento che ha portato al collasso di una classe 
politica e di un sistema per effetto di quella che � stata qualificata, con una 
definizione ad effetto, come la �rivoluzione dei giudici�. Una �rivoluzione� 
di cui gli eventi di queste ultime settimane sembrano prospettare una riedizione. 
Veniamo all�ultima crisi di trasformazione, quella del passaggio dallo 
Stato di giurisdizione allo Stato in cui stiamo vivendo adesso e che � stato chiamato 
in molti modi. Forse la denominazione pi� suggestiva � per� quella di 
�Stato minimo�. Il pendolo della storia ha cambiato direzione a seguito di molti 
avvenimenti, primo fra tutti la caduta del �muro di Berlino�, simbolo della crisi 
di un�ideologia collettivistica che aveva realizzato il massimo dell�intervento 
(5) Cfr. Atti dell�incontro di studio in memoria del prof. Arturo Carlo Jemolo su �L�istituzione 
del difensore civico nell�ordinamento italiano� in Rass. Avv. Stato, 1982, II, 49 ss. 
(6) H.W.R. WADE, Administrative Law, Clarendon Press, Oxford, ed. 1988, spec. 249-404.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 
della mano pubblica. L�implosione dell�impero che ne rappresentava l�inveramento 
in terra ed il consolidarsi a livello continentale dei valori guida dell�Unione 
europea - la concorrenza ed il mercato - hanno innescato quella che 
� stata definita la corsa verso il privato e quindi verso lo Stato minimo, in uno 
scenario in cui i valori del mercato si sostituiscono a quelli della politica. 
Il quadro non � privo, naturalmente, di singolari contraddizioni, perch�, 
come insegnava un liberista della statura di Enaudi, la prima necessit� di un 
mercato sono i carabinieri che ne fanno osservare le regole ed i nuovi carabinieri 
di questo nuovo Stato gendarme sono le Autorit� Indipendenti che debbono 
far osservare le regole del mercato. 
Sennonch� le Autorit� indipendenti sono, dal punto di vista formale, autorit� 
amministrative, che operano attraverso atti amministrativi. La loro attivit� 
ricade, quindi, in via generale sotto il sindacato del giudice amministrativo, 
cos� come sotto il sindacato del giudice amministrativo viene a ricadere l�attivit� 
svolta con procedure ad evidenza pubblica di soggetti che, in realt�, non sono 
pubblici ma privati. La privatizzazione dello Stato si � risolta quindi, contraddittoriamente 
in Italia in un ampliamento della competenza del potere giudiziario, 
sub specie del giudice amministrativo, cui � stata, in definitiva affidata 
competenza a decidere nel cruciale settore del diritto pubblico dell�economia. 
A ci� si � aggiunta in Italia la rivoluzione avvenuta a fine millennio nella 
giustizia amministrativa, rivoluzione che ha realizzato nell�arco di tre anni, 
dal 1997 al 2000, attraverso un�accelerazione improvvisa, i risultati finali di 
linee di tendenza che si erano venute faticosamente dipanando nel corso dei 
precedenti cinquant�anni, in particolare con l�affidamento al giudice amministrativo 
di quel formidabile strumento di controllo sociale che � la tutela risarcitoria 
e ci� non solo con riguardo ai danni da lesione di diritti soggettivi, 
in sede di giurisdizione esclusiva, ma anche a quelli derivanti da lesione di interessi 
legittimi, cos� esorcizzando un duplice dogma pi� che centenario e segnando 
un ulteriore importante tappa nella avanzata del potere giudiziario. 
3. Considerazioni generali sui rapporti fra giudici sovranazionali e fra giudici 
nazionali e sovranazionali 
Si � gi� accennato al metodo del �dialogo fra le corti�, metodo improntato 
al profondo rispetto reciproco con cui le istanze giudiziarie - diverse e di diverso 
livello ed in via puramente pretoria - in carenza di regole superiori arrivano a 
superare situazioni di conflitto, in genere attraverso il metodo del self-restraint. 
Cos�, ad esempio, la Corte Europea dei Diritti dell�Uomo, nel regolare i 
rapporti fra ordinamento del Consiglio d�Europa e ordinamenti degli Stati aderenti 
alla Convenzione CEDU ha affermato il principio del �margine di apprezzamento� 
che deve essere lasciato, nella regolazione di fattispecie 
concrete, agli ordinamenti nazionali in relazione alle peculiarit� dello Stato in 
questione, fermo restando il potere della Corte di sindacare la proporzionalit�
68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
della misura adottata rispetto al fine perseguito (caso Handyside). 
Ancora, sempre la Corte Europea dei Diritti dell�Uomo ha affermato una 
presunzione di rispetto della CEDU in caso di conformit� della specie al diritto 
comunitario, affermato dalla Corte di Lussemburgo, sulla base del principio 
di �equivalenza delle garanzie� (caso Bosphorus). 
Altro caso di reciproca deferenza e self restraint � quello dei giudici costituzionali 
italiano, spagnolo e polacco sul tema dei rapporti fra ordinamento 
comunitario ed ordinamento interno. I giudici nazionali hanno affermato la 
primazia della norma europea con conseguente disapplicazione della norma 
nazionale eventualmente contrastante purch� la norma europea non confligga 
con i principi fondamentali dell�ordinamento costituzionale o i diritti fondamentali 
della persona umana (il che per� - ha aggiunto la nostra Corte - � in 
concreto da eslcudere attesa la natura dell�ordinamento europeo: cfr. sent. 
232/89, ord. 454/06 e sent. 183/73). 
Si veda ancora il caso Kadi, nel quale la Corte di Giustizia dell�Unione 
Europea ha in qualche modo riconosciuto la primazia dell�ordine giuridico 
globale rappresentato dall�ONU (7). 
Un recentissimo caso che merita di essere citato �, poi, quello di un Tribunale 
italiano che ha ritenuto prevalente sul giudicato interno costituito da 
una sentenza delle SS.UU. della Cassazione resa su regolamento preventivo 
di giurisdizione una sentenza della Corte internazionale dell�Aja successivamente 
intervenuta (Trib. Firenze, sent. 14 marzo 2012 resa in causa Pirollo c. 
Repubblica Federale Tedesca e Repubblica Italiana). 
In definitiva, e per concludere sul punto, sembra che possa adombrarsi al 
di l� di ogni frontiera nazionale il ritorno ad un concetto di universalit� del diritto, 
o almeno dei suoi principi fondamentali, s� che ciascuna Corte riconosce 
l�altra nel rispetto di regole comuni a tutto il mondo civile. 
4. Rapporti fra giudici nell�ordinamento europeo 
Il dialogo tra giudici europei e giudici nazionali in quello che oggi viene 
chiamato �ordinamento integrato� si fonda, poi, specificamente sull�esistenza 
di valori comuni che, senza annullare la diversit� e il pluralismo delle culture 
e delle tradizioni dei vari Stati nazionali, danno vita ad un insieme di principi 
e di regole giuridiche che i giudici sovranazionali - la Corte di giustizia dell�Unione 
europea e la Corte europea dei diritti dell�uomo - ed i giudici dei singoli 
Stati concorrono, insieme, a definire ed a tradurre in pratica. Tale 
protezione multilivello dei diritti individuali costituisce, come � stato autorevolmente 
affermato (8) una sorta di �triangolo virtuoso�, nel senso che una 
(7) S. CASSESE, op. cit., 80. 
(8) G. RAIMONDI, Seminario su �Dallo Statuto albertino alla Costituzione repubblicana�, Corte 
costituzionale, 25 novembre 2011.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 
crescente sinergia tra i tre livelli non pu� che garantire una tutela sempre pi� 
pregnante dei diritti fondamentali. 
4.1. Rapporti tra la Corte di Giustizia dell�Unione Europea e le Corti Costituzionali 
degli Stati membri 
L�analisi dei molteplici aspetti del rapporto di cooperazione tra i giudici 
nazionali e la Corte di Giustizia dell�Unione europea trova il suo fulcro nella 
procedura del rinvio pregiudiziale, disciplinata dall�art. 267 TFUE, che garantisce 
l�uniformit� dell�interpretazione e dell�applicazione del diritto comunitario 
all�interno degli Stati membri. 
Si tratta di uno strumento che, sollecitando una pronuncia della Corte di 
Giustizia sull�interpretazione dei Trattati o sulla validit� ed interpretazione 
degli atti compiuti dalle Istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell�Unione, 
con particolare riferimento alla loro compatibilit� con il diritto comunitario, 
consente alla Corte di svolgere un ruolo assimilabile, sotto diversi profili, a 
quello ricoperto dalle Corti costituzionali degli Stati membri. 
La ricostruzione, in chiave evolutiva, del dialogo tra i giudici nazionali 
ed i giudici della Corte di Lussemburgo non pu�, quindi, prescindere dall�esame 
del complesso rapporto tra quest�ultima e le Corti costituzionali. 
In particolare, per quanto riguarda la Corte costituzionale italiana, una 
vera svolta � stata segnata, nei rapporti con la Corte di Giustizia, dall�ordinanza 
del 13 febbraio 2008, n. 103, con la quale i giudici costituzionali, definendo 
per la prima volta la Corte stessa un organo giurisdizionale ai sensi dell�art. 
234 CE (gi� art. 117 del Trattato CEE e oggi art. 267 TFUE) - contrariamente 
a quanto in precedenza sempre sostenuto implicitamente (sentenza n. 14 del 
1964; ordinanza n. 206 del 1976) o esplicitamente (ordinanza n. 536 del 1995) 
- hanno deciso di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. 
In tale ordinanza, � stato osservato che �la Corte costituzionale, pur nella 
sua peculiare posizione di supremo organo di garanzia costituzionale nell�ordinamento 
interno, costituisce una giurisdizione nazionale ai sensi dell�art. 
234, terzo paragrafo, del Trattato CE e, in particolare, una giurisdizione di 
unica istanza (in quanto contro le sue decisioni - per il disposto dell�art. 137, 
terzo comma, Cost. - non � ammessa alcuna impugnazione): essa, pertanto, 
nei giudizi di legittimit� costituzionale promossi in via principale � legittimata 
a proporre questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia CE�. 
Su tale rinvio pregiudiziale - vertente sull�interpretazione degli artt. 49 
CE e 87 CE, nell�ambito dell�impugnazione da parte dello Stato italiano della 
legge regionale sarda istitutiva di un�imposta sullo scalo turistico degli aeromobili 
adibiti al trasporto privato di persone nonch� delle unit� da diporto gravante 
unicamente sugli operatori aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio 
regionale - si � pronunciata la Corte di giustizia (sentenza del 17 novembre 
2009, causa C-169/08) dando per scontata la legittimazione della Corte costi-
70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tuzionale ad utilizzare l�istituto del rinvio pregiudiziale quale strumento fondamentale 
per l�uniforme applicazione del diritto comunitario. 
Prima della tendenza innovativa inaugurata con la citata ordinanza n. 103 
del 2008, la Corte costituzionale si era trovata pi� volte ad affrontare questioni 
�doppiamente pregiudiziali�, nelle quali il giudice a quo doveva applicare una 
normativa interna che suscitava contemporaneamente dubbi di legittimit� costituzionale 
e dubbi di compatibilit� con una norma comunitaria oggetto di incertezze 
interpretative. In tali casi, la Corte costituzionale ha stabilito una 
priorit� logica e temporale tra pregiudiziale comunitaria e questione di legittimit� 
costituzionale, da sollevare solo una volta sciolti i dubbi interpretativi 
o di validit� della norma comunitaria. Conformemente a tale orientamento, 
ove la questione di legittimit� costituzionale fosse stata sollevata prima di investire 
la Corte di giustizia, la Corte costituzionale ha invariabilmente rimesso 
gli atti al giudice a quo affinch� procedesse al rinvio pregiudiziale (ord. n. 536 
del 1995; ord. n. 319 del 1996; ord. n. 108 e 109 del 1998). 
Da un dialogo �a distanza� per il tramite del giudice a quo, la Corte costituzionale 
� quindi approdata ad un dialogo diretto con la Corte di giustizia 
aprendo nuove prospettive di utilizzo del rinvio pregiudiziale (9 ). 
La Consulta, quindi, pur muovendo da premesse teoriche divergenti rispetto 
a quelle fatte proprie dalla Corte di Giustizia per ci� che riguarda i rapporti 
tra ordinamenti, � progressivamente giunta a conclusioni convergenti con 
il giudice comunitario, realizzando quell��armonia tra diversi� che oggi caratterizza 
i rapporti tra le due Corti (10). 
Un ulteriore passo nella direzione della valutazione �diretta� dell�impatto 
della normativa comunitaria su quella interna � stato compiuto recentemente 
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 28 del 2010 nella quale, per la 
prima volta, nell�ambito di un giudizio in via incidentale, la Corte ha affrontato 
in modo esplicito il problema della compatibilit� di una norma interna con il 
diritto comunitario, giungendo ad una pronuncia caducatoria della disposizione 
interna ritenuta in palese contrasto con una direttiva non dotata di efficacia 
self executing. 
In particolare, la Corte costituzionale, avendo escluso la possibilit� di interpretare 
la norma interna in modo conforme al diritto dell�Unione europea, 
ha ritenuto che �non � implausibile la motivazione con cui il giudice remittente 
esclude di poter fare diretta applicazione delle direttive comunitarie, disapplicando 
di conseguenza la norma censurata in quanto ritenuta in conflitto con 
le prime�. 
(9) D. BASILE e G.M. DI NIRO, �Corte costituzionale, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia 
UE e dialogo tra le Corti: evoluzioni e prospettive�, in federalismi.it, 19 ottobre 2011. 
(10) V. ONIDA, �Armonia tra diversi e problemi aperti. La giurisprudenza costituzionale sui rapporti 
tra ordinamento interno e ordinamento comunitario�, in Quaderni costituzionali, n. 3/2002.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 
La Corte ha quindi condiviso l�indirizzo espresso dal giudice a quo, propenso 
ad escludere che le direttive sui rifiuti avessero carattere �autoapplicativo�, 
con la conseguenza che le disposizioni nazionali, ancorch� ritenute in 
contrasto con le stesse, dovessero avere efficacia vincolante per il giudice. 
Tuttavia, la Corte ha ritenuto che l�impossibilit� di non applicare la legge interna 
contrastante con una direttiva comunitaria non munita di efficacia diretta, 
non sottraesse la stessa al controllo di conformit� al diritto comunitario spettante 
alla Corte costituzionale sotto il profilo della violazione degli artt. 11 e 
117, comma 1 Cost. 
La Corte ha quindi dichiarato l�illegittimit� costituzionale della norma 
interna in quanto palesemente confliggente con le direttive comunitarie come 
interpretate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, che sul punto aveva 
reiteratamente delineato le caratteristiche che consentivano di inquadrare talune 
materie nella nozione di �sottoprodotto� piuttosto che in quella di �rifiuto�, 
ritenendo superfluo il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in 
assenza di un dubbio interpretativo sulla portata della normativa comunitaria, 
sufficientemente chiara per effetto della stessa elaborazione giurisprudenziale 
della Corte di Lussemburgo. 
Il crescente coinvolgimento dei giudici nazionali nell�applicazione del 
diritto comunitario ha portato autorevole dottrina (11) ad affermare che gli 
stessi operano quali �organi decentrati� della giurisdizione comunitaria, concorrendo 
con questa a garantire l�osservanza di detto diritto. A tale proposito 
pu� ritenersi che il dialogo con le Corti costituzionali degli Stati membri sia 
divenuto oggi ancor pi� proficuo e costruttivo di quello con gli altri giudici 
perch� � proprio tale confronto che consente il superamento del rischio di conflitti 
su tematiche sulle quali convergono competenze comuni, quali quelle sui 
diritti fondamentali. 
� stato inoltre autorevolmente sostenuto che, pur essendo la Corte di Lussemburgo 
molto rispettosa delle specificit�, delle tradizioni e dei valori di ogni 
singolo Stato membro, la stessa si fa carico, grazie al �gioiello� del sistema 
comunitario costituito dal rinvio pregiudiziale, di rendere effettiva la cooperazione 
con il giudice nazionale, assicurando il principio di effettivit� della 
tutela giurisdizionale al fine di garantire la convivenza tra gli ordinamenti nazionali 
e quello europeo (12). 
4.2. Rapporti tra la Corte di Giustizia dell�Unione Europea e i Giudici nazionali 
La Corte di Giustizia dell�Unione europea si � recentemente pronunciata 
(11) A. TIZZANO, Il ruolo della Corte di giustizia UE in una fase di crisi del modello sopranazionale, 
in www.affarinternazionali.it, 10 dicembre 2008. 
(12) G. TESAURO, Incontro di studio su �Giudici nazionali e Giudici dell�Unione europea�, Universit� 
degli Studi di Milano, 1� marzo 2010.
72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sul tema dell�autonomia processuale degli Stati membri. 
In particolare, con la sentenza Elchinov (Grande sezione, sentenza del 5 
ottobre 2010, causa C-173/09) ha affermato un importante principio in tema 
di autonomia del giudice nazionale in sede di rinvio rispetto al principio di diritto 
enunciato dal giudice di ultimo grado, ove reputato in contrasto con il diritto 
dell�Unione. 
I fatti di causa riguardavano una richiesta urgente, da parte di un cittadino 
bulgaro affetto da tumore al bulbo oculare, di autorizzazione ad avvalersi di 
cure in Germania che gli avrebbero consentito di combattere la malattia salvando 
l�occhio laddove in Bulgaria l�unica prestazione sanitaria prevista per 
la sua patologia avrebbe comportato l�asportazione dell�occhio. 
In ragione del suo stato di salute, il cittadino bulgaro ha usufruito delle 
cure in Germania prima di ottenere una risposta dal sistema assicurativo obbligatorio 
del proprio Paese, che ha successivamente negato l�autorizzazione, 
atteso che il trattamento sanitario non rientrava tra le prestazioni erogabili alla 
stregua della normativa bulgara. 
In proposito, la Corte di giustizia ha precisato che, ove sia stata accertata 
l�illegittimit� del diniego di autorizzazione ad espletare le prestazioni mediche 
in altro Stato membro e le cure, per la loro urgenza, siano state nel frattempo 
prestate, l�iscritto al regime previdenziale dello Stato di residenza ha diritto 
ad ottenere da quest�ultimo il rimborso delle spese mediche secondo un importo 
equivalente a quello che gli sarebbe stato rimborsato qualora l�autorizzazione 
fosse stata rilasciata prima dell�inizio delle cure. 
Ci� posto, la sentenza ha affermato l�importante principio processuale, 
sopra richiamato, secondo il quale il diritto dell�Unione osta a che un organo 
giurisdizionale nazionale non di ultima istanza, al quale spetti di decidere a 
seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore, 
sia vincolato, in base ad una norma processuale nazionale, al principio 
di diritto da quest�ultimo enunciato qualora il giudice del rinvio ritenga, alla 
luce dell�interpretazione da esso richiesta alla Corte di Giustizia, che detto 
principio non sia conforme al diritto dell�Unione (punti 27, 30, 32). La Corte 
ha inoltre chiarito incidentalmente, sebbene la questione non si ponesse nel 
caso di specie, che il giudice del rinvio, in tali circostanze, non � obbligato a 
chiedere alla Corte di Giustizia un�interpretazione pregiudiziale ai sensi dell�art. 
267 TFUE ma pu� disapplicare di propria iniziativa qualsiasi disposizione 
nazionale ove l�interpretazione fornitane dall�organo giurisdizionale 
superiore risulti in contrasto con il diritto dell�Unione (punti 28 e 31). 
Nella causa principale, infatti, il cittadino bulgaro aveva proposto ricorso 
avverso il diniego di autorizzazione al Tribunale amministrativo di Sofia che, 
all�esito di una perizia, aveva annullato il provvedimento impugnato atteso 
che il trattamento sanitario in questione, pur costituendo una terapia d�avanguardia 
non ancora praticata in Bulgaria, corrispondeva alle prestazioni elen-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 
cate nei protocolli di cura clinici. 
A seguito dell�impugnazione dell�ente assicurativo bulgaro, tuttavia, il 
Tribunale Supremo amministrativo, giudice di ultima istanza, aveva annullato 
la sentenza impugnata e rinviato la causa dinanzi ad altra sezione del Tribunale 
amministrativo di Sofia, affermando che il giudice di primo grado aveva errato 
nel ritenere che le cure ricevute dal cittadino bulgaro fossero comprese tra le 
prestazioni elencate nei protocolli di cura clinici e che, comunque, ove dette 
cure fossero rimborsabili dal regime previdenziale bulgaro, si dovrebbe presumere 
che le stesse avrebbero potuto essere prestate presso un istituto di cura 
bulgaro, a meno che si fosse accertato che le stesse non avrebbero potuto essere 
prestate i tempi tali da non mettere in pericolo la salute dell�interessato, 
accertamento non effettuato dal giudice di primo grado. 
Il giudice del rinvio, ritenendo che le valutazioni in diritto del giudice di 
ultima istanza non fossero conformi al diritto dell�Unione, ha chiesto alla Corte 
di giustizia se, nonostante il principio dell�autonomia processuale degli Stati 
membri, egli fosse vincolato al principio di diritto enunciato dal giudice superiore 
anche laddove lo ritenesse non conforme al diritto dell�Unione. 
In proposito, la Corte ha affermato che una norma di diritto nazionale, ai 
sensi della quale gli organi giurisdizionali non di ultima istanza sono vincolati 
da valutazioni formulate dall�organo giurisdizionale superiore, non pu� privare 
detti organi giurisdizionali della facolt� di investirla di questioni relative all�interpretazione 
del diritto dell�Unione, rilevante nel contesto di dette valutazioni 
in diritto. La Corte ha quindi ritenuto che il giudice che non decide in ultima 
istanza dev�essere libero, se esso ritiene che la valutazione in diritto formulata 
dall�istanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto 
dell�Unione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi. 
Inoltre la Corte di giustizia ha sottolineato che la facolt� attribuita al giudice 
nazionale dall�art. 267, secondo comma, TFUE, di chiedere un�interpretazione 
pregiudiziale della Corte medesima prima di disapplicare, 
eventualmente, istruzioni di un organo giurisdizionale superiore che risultassero 
in contrasto con il diritto dell�Unione non pu� trasformarsi in un obbligo. 
Il giudice nazionale, infatti, essendo incaricato di applicare, nell�ambito della 
propria competenza, le norme di diritto dell�Unione, � tenuto a garantire la 
piena efficacia di tali norme, disapplicando all�occorrenza, di propria iniziativa, 
qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, come, 
nel caso di specie, la norma nazionale di procedura che lo vincola al principio 
di diritto enunciato dall�organo giurisdizionale superiore, senza doverne chiedere 
o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi 
altro procedimento costituzionale. 
Peraltro, risulta da una giurisprudenza costante che la sentenza con la 
quale la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale, 
per quanto concerne l�interpretazione o la validit� degli atti delle istituzioni
74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dell�Unione, per la definizione della lite principale. 
Da queste riflessioni discende, secondo la Corte, che il giudice nazionale, 
che abbia esercitato la facolt� ad esso attribuita dall�art. 267, secondo comma, 
TFUE, � vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall�interpretazione 
delle disposizioni in questione fornita dalla Corte e deve 
eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell�organo giurisdizionale di 
grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione, 
che queste ultime non siano conformi al diritto dell�Unione. 
4.3. Rapporti tra la Corte Europea dei Diritti dell�Uomo e i Giudici nazionali 
Quanto ai rapporti tra Corte europea dei diritti dell�uomo e giudici nazionali, 
deve osservarsi come il sistema europeo di protezione dei diritti umani 
sia basato sul principio di sussidiariet�, per cui non � possibile adire la Corte 
di Strasburgo senza aver prima esaurito le vie di ricorso interne. Ne discende 
la necessit� che il diritto convenzionale venga applicato in maniera uniforme 
ed efficace all�interno degli Stati firmatari della Convenzione medesima. 
Al riguardo, la Corte costituzionale, sin dalle sentenze n. 348 e 349 del 
2007 in materia di indennit� di espropriazione, ha affermato il principio, ribadito 
da ultimo anche con la sentenza n. 80 del 2011, secondo il quale la Convenzione 
europea, in forza del nuovo testo dell�art. 117, comma 1 della 
Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001), viene 
a collocarsi in una posizione intermedia tra la Costituzione e la legislazione 
ordinaria. Infatti, da un lato la norma pattizia deve cedere di fronte alle norme 
costituzionali con le quali si trovi in contrasto e dall�altro, se non confliggente 
con la Costituzione, deve fungere da �norma interposta� per valutare se la 
norma interna, contrastando con essa, violi l�art. 117 della Costituzione. 
Nelle richiamate pronunce, la Corte costituzionale ha chiarito che, mentre 
le norme comunitarie debbono avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione 
in tutti gli Stati membri, senza la necessit� di leggi di ricezione e 
adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunit� 
in virt� dell'art. 11 Cost. - che consente le limitazioni della sovranit� 
nazionale necessarie per promuovere e favorire le organizzazioni internazionali 
rivolte ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni - altrettanto non 
pu� dirsi per le norme CEDU, non essendo individuabile, con riferimento a 
dette norme pattizie, alcuna limitazione della sovranit� nazionale. La distinzione 
tra le norme CEDU e le norme comunitarie, secondo la giurisprudenza 
costituzionale, risiede nel fatto che le prime, pur rivestendo grande rilevanza, 
in quanto tutelano e valorizzano i diritti e le libert� fondamentali delle persone, 
sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non 
producono effetti diretti nell'ordinamento interno, tali da consentire ai giudici 
nazionali di darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, disapplicando 
le norme interne in eventuale contrasto. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 
Con l'adesione ai Trattati comunitari, gli Stati membri sono entrati a far 
parte di un ordinamento di natura sopranazionale, cedendo parte della loro sovranit�, 
anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei 
Trattati medesimi, con il solo limite dell'intangibilit� dei principi e dei diritti 
fondamentali garantiti dalla Costituzione. 
La Convenzione europea dei diritti dell�uomo, invece, non crea un ordinamento 
giuridico sopranazionale e non produce quindi norme vincolanti direttamente 
applicabili negli Stati contraenti, con la conseguenza che, se da un 
lato il nuovo testo dell�art. 117, comma 1 della Costituzione rende innegabile 
la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie 
successive, dall�altro gli eventuali contrasti non generano problemi di successione 
di leggi nel tempo ma questioni di legittimit� costituzionale per violazione 
dell�art. 117 primo comma Cost. 
Le norme CEDU, secondo la Corte costituzionale, assumono quindi la 
natura di fonti di rango sub-costituzionale, �destinate a dare contenuti ad un 
parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualit� che le leggi in 
esso richiamate devono possedere�. 
Infatti, tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione 
e la ratifica della CEDU, vi � quello di adeguare la propria legislazione 
alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente 
istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione. Non si pu� parlare 
quindi di una competenza giurisdizionale che si sovrappone a quella degli organi 
giudiziari dello Stato italiano, ma di una �funzione interpretativa eminente� 
che gli Stati contraenti hanno riconosciuto alla Corte europea. 
Pertanto, in ogni contrasto tra norme interposte e norme legislative interne, 
occorre verificare congiuntamente la conformit� a Costituzione di entrambe e 
segnatamente la compatibilit� della norma interposta con la Costituzione e la 
legittimit� della norma censurata rispetto alla stessa norma interposta. 
Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, inoltre, poich� le 
norme della CEDU vivono nell'interpretazione che delle stesse viene data dalla 
Corte europea, la verifica di compatibilit� costituzionale deve riguardare la 
norma come prodotto di tale interpretazione, escludendo peraltro che le pronunce 
della Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini 
del controllo di costituzionalit� delle leggi nazionali. Tale controllo deve sempre 
ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi internazionali, 
quale imposto dall'art. 117, primo comma, Cost., e la tutela degli 
interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione. 
N� il quadro sembra essere mutato con l�avvento del Trattato di Lisbona 
(sottoscritto il 13 dicembre 2007, in vigore dal 1� dicembre 2009), il cui art. 
6 prevede, al comma 2, che �l�Unione aderisce alla Convenzione europea per 
la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali� e, al comma 
3, che �i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni
76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell�Unione in 
quanto principi generali �. 
Appare evidente la differenza di trattamento che il nuovo art. 6, comma 
1 riserva, tra le fonti del diritto comunitario, alla Carta di Nizza, stabilendo 
che �l�Unione riconosce i diritti, le libert� e i principi sanciti nella Carta dei 
diritti fondamentali dell�Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 2 dicembre 
2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati �. 
Soltanto quest�ultima, come � stato acutamente osservato (13), appare realmente 
�comunitarizzata� mentre l��adesione� dell�Unione alla CEDU ha subito 
posto problemi interpretativi, non essendo chiaro se l�espressione 
rappresenti un�esortazione, un�autorizzazione, una dichiarazione programmatica 
o un auspicio, non potendosi verosimilmente riconoscere all�inciso un effetto 
costitutivo in re ipsa, considerata la complessa procedura prevista dall�art. 
218 TFUE per la negoziazione e la conclusione di accordi tra l�Unione e i 
paesi terzi o le organizzazioni internazionali (che l�adesione dell�Unione europea 
alla CEDU non sia ancora avvenuta � peraltro espressamente affermato 
dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 80 del 2011). 
Non si vede, infatti, per quale ragione si sarebbe dovuto procedere a due 
previsioni terminologicamente ben distinte se si fosse inteso procedere al recepimento 
della Carta di Nizza e quello della CEDU negli stessi termini (14). 
Lo stesso giudice amministrativo ha attribuito significati e conseguenze 
contrastanti al nuovo art. 6 del T.U.E., affermando, in un caso, la diretta applicabilit� 
delle norme della CEDU (Consiglio di Stato, n. 1220 del 2010; TAR 
Lazio, n. 11984 del 2010) e, in un altro, l�obbligo del giudice nazionale di procedere 
ad una interpretazione �convenzionalmente� orientata della norma interna 
o, comunque, ad una interpretazione �bilanciata� tra conformit� a 
Costituzione e conformit� a Convenzione e, solo ove ci� non si riveli possibile, 
di investire la Corte costituzionale della questione di legittimit� costituzionale 
con riferimento all�art. 117, comma 1 Cost., rivestendo le norme della CEDU 
natura di parametro interposto nel giudizio di legittimit� costituzionale (Consiglio 
di Stato, n. 3760/2010). 
In particolare, la citata sentenza del TAR Lazio ha affermato che il riconoscimento 
dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni 
al diritto dell'Unione �ha immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto 
le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti 
nazionali degli Stati membri dell�Unione, e quindi nel nostro ordina- 
(13) P. GAY, �La diretta applicabilit� della CEDU nell�ordinamento italiano: un percorso ancora 
work in progress�, in margine alla sentenza n. 3760/2010 del Consiglio di Stato, in Giust.Amm., 23 settembre 
2010. 
(14) A. CELOTTO, �Il Trattato di Lisbona ha reso la CEDU direttamente applicabile nell�ordinamento 
italiano? �, in margine alla sentenza n. 1220/2010 del Consiglio di Stato, in Giust.Amm., 21 maggio 
2010.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 
mento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi 
dell�art. 11 della Costituzione, venendo in tal modo in rilievo l�ampia e decennale 
evoluzione giurisprudenziale che ha, infine, portato all�obbligo, per 
il giudice nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformit� al diritto 
comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione 
in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice 
comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell�accertamento della 
loro incostituzionalit� sul piano interno�. 
Detto indirizzo giurisprudenziale ha suscitato numerose perplessit� poich� 
non considera l'impatto che l'equiparazione della CEDU al diritto comunitario, 
dotato di efficacia diretta, potrebbe avere sul piano dei rapporti tra Corti e giudici 
nazionali nonch� dei delicati problemi di coordinamento tra le norme dei 
tre ordinamenti coinvolti (15). 
Attualmente, si pu� comunque registrare, nella giurisprudenza delle Corti 
supreme dei vari ordinamenti, un orientamento concorde circa l'opportunit� 
di privilegiare un approccio interpretativo improntato al dialogo tra Corti. Innanzitutto, 
non si � mai affacciata nella giurisprudenza di nessuna di esse l'ipotesi 
che il �riconoscimento� delle disposizioni convenzionali quali principi 
generali del diritto comunitario potesse comportare una equiparazione, quanto 
agli effetti, delle prime al diritto comunitario autoapplicativo, la piena comunitarizzazione 
delle disposizioni CEDU o la loro diretta applicabilit� all'interno 
degli Stati membri. 
In proposito, la Corte costituzionale, con sentenza n. 227 del 2010, ha ribadito 
il permanere di una netta differenza tra il recepimento delle disposizioni 
comunitarie e di quelle convenzionali, anche a seguito dell�entrata in vigore 
del Trattato di Lisbona: �restano, infatti, ben fermi, anche successivamente 
alla riforma, oltre al vincolo in capo al legislatore e alla relativa responsabilit� 
internazionale dello Stato, tutte le conseguenze che derivano dalle limitazioni 
di sovranit� che solo l�art. 11 Cost. consente, sul piano sostanziale e sul piano 
processuale, per l�amministrazione e i giudici. In particolare, quanto ad eventuali 
contrasti con la Costituzione, resta ferma la garanzia che, diversamente 
dalle norme internazionali convenzionali (compresa la CEDU: sentenze n. 348 
e n. 349 del 2007), l�esercizio dei poteri normativi delegati all�Unione europea 
trova un limite esclusivamente nei principi fondamentali dell�assetto costituzionale 
e nella maggior tutela dei diritti inalienabili della persona (sentenze n. 
102 del 2008; n. 284 del 2007; n. 169 del 2006)�. 
Inoltre, la Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 80 del 2011, ha 
escluso che la modifica dell�art. 6 del T.U.E. abbia determinato una �trattatizzazione� 
indiretta della CEDU, alla luce della �clausola di equivalenza� che 
(15) T. GUARNIER, �Verso il superamento delle differenze? Spunti di riflessione sul dibattito intorno 
alla prospettiva di comunitarizzazione della CEDU �, in Giust. Amm., 19 luglio 2010.
78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
figura nell�art. 52, paragrafo 3, della Carta di Nizza. In base a tale disposizione, 
ove quest�ultima �contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione 
europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, 
il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti 
dalla suddetta Convenzione�. 
Infatti, secondo la Corte costituzionale, in sede di modifica del Trattato, 
si � inteso evitare nel modo pi� netto che l�attribuzione alla Carta di Nizza 
dello �stesso valore giuridico dei trattati� abbia effetti sul riparto delle competenze 
fra Stati membri e istituzioni dell�Unione. 
4.4. Considerazioni conclusive 
In considerazione di tutto quanto sin qui detto, sembra potersi osservare 
che il dialogo fra gli ordinamenti e la collaborazione fra le Corti segnano un 
movimento di ritorno nel moto pendolare della storia, determinando il formarsi 
di un �diritto globale� costituito da principi generali comuni, tendenzialmente 
applicati, sia pure con margini di apprezzamento, da tutte le Corti che fanno 
parte di una stessa civilt� giuridica, quali i principi di buona fede, di parit� di 
trattamento, di legalit�, di rispetto della dignit� umana, di rispetto dei patti 
conclusi (16). 
Sembra quindi delinearsi una rinascita del concetto di diritto come 
�scienza universale� comune a tutto il mondo civile, cos� come accadeva prima 
che nel secolo decimonono le codificazioni frantumassero in Europa lo �ius 
commune� basato sul diritto romano e sul diritto canonico in tante entit� nazionali 
(17). 
Come insegnava l�antico dottore �Multa renascentur quae iam cecidere�. 
(16) G. BARBAGALLO, �Le Corti di ultima istanza e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti 
dell�uomo�, presentazione della Relazione al Parlamento sullo stato di esecuzione delle pronunce 
della Corte europea dei diritti dell�uomo per l�anno 2010, Roma, 11 luglio 2011. 
(17) R. DADIV, I grandi sistemi giuridici contemporanei, Padova, Cedam 1980, 2.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 
Prolegomeni, ovvero la formazione del giurista europeo 
ed i commentari ai Trattati sull�Unione europea 
Carlo Curti Gialdino* 
SOMMARIO: 1. La complessit� del quadro giuridico dell�Unione europea ed i commentari 
ai Trattati istitutivi. Stato dell�arte nelle principali letterature europee. La necessit� di un 
commentario in lingua italiana ai Trattati vigenti. - 2. Caratteristiche del genere commentario 
articolo per articolo ai Trattati sull�Unione europea. - 3. Un commentario destinato precipuamente 
agli operatori giuridici. - 4. Il diritto dell�Unione europea e l�accesso alle professioni 
giuridiche in Italia. - 5. La formazione del giurista �europeo� nell�ottica dell�incidenza 
del diritto dell�Unione europea sull�ordinamento italiano. - 6. Segue: sue conseguenze quanto 
alla scelta degli Autori dei commenti. - 7. Ringraziamenti e dedica. 
1. La complessit� del quadro giuridico dell�Unione europea ed i commentari 
ai Trattati istitutivi. Stato dell�arte nelle principali letterature europee. La necessit� 
di un commentario in lingua italiana ai Trattati vigenti 
L�ordinamento giuridico dell�Unione europea costituisce notoriamente 
un ordinamento complesso, autonomo e specifico, per di pi� in continua evoluzione, 
quasi ad immagine di un �cantiere� costituzionale, normativo e giurisprudenziale 
permanente. 
Basti pensare che i Trattati istitutivi degli enti d�integrazione europea (Comunit� 
ed Unione europea), a cominciare dal Trattato istitutivo della Comunit� 
economica europea (Roma, 1957) hanno sub�to nel tempo numerose revisioni 
- a cominciare dal cd. Trattato di fusione degli Esecutivi (Bruxelles, 1965) e 
dai Trattati modificativi di alcune disposizioni in materia di bilancio (Lussemburgo, 
1970, Bruxelles, 1975) - per continuare, menzionando solo i Trattati 
che contengono le modifiche pi� consistenti, con l�Atto unico europeo (Lussemburgo 
e L�Aia, 1986), con il Trattato di Maastricht (1992), con il Trattato 
di Amsterdam (1997), con il Trattato di Nizza (2001) e con il Trattato di Lisbona 
(2007); senza parlare degli emendamenti, relativi soprattutto alle disposizioni 
istituzionali dei Trattati, conseguenti all�adesione di nuovi Stati 
membri, prima alle Comunit� europee (1973, 1981, 1986) e, successivamente, 
all�Unione europea (1995, 2004, 2007). 
(*) Professore associato di Diritto internazionale presso la Facolt� di Scienze Politiche dell�Universit� 
di Roma �La Sapienza�, tra le molteplici altre, svolge un�intensa attivit� di consulenza o di rappresentanza 
nel campo del Diritto internazionale e del Diritto dell�Unione europa presso organismi 
internazionali e nazionali. 
Il presente scritto � l�introduzione al testo di recente pubblicazione �Codice dell�Unione europea 
operativo. Tue e Tfue commentati articolo per articolo�, Edizioni giuridiche Simone 2012, del 
quale il Prof. Curti Gialdino, artefice del progetto, ne ha curato la direzione.
80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Non si pu�, inoltre, dimenticare l�abbandonato Trattato che istituisce una 
Costituzione per l�Europa (Roma, 2004), considerato che, per pi� del 90% 
delle sue disposizioni, ha fornito la base, spesso testuale, delle modifiche introdotte 
dal Trattato di Lisbona. 
Ai vigenti Trattati istitutivi - Trattato sull�Unione europea (TUE) e Trattato 
sul funzionamento dell�Unione europea (TFUE) - sono inoltre allegati 37 
Protocolli e 2 Allegati, che dei detti Trattati costituiscono parte integrante e 
condividono lo stesso valore giuridico. Valore giuridico che il Trattato di Lisbona 
ha altres� riconosciuto alla Carta dei diritti fondamentali dell�Unione, 
nella versione (adattata), proclamata solennemente a Strasburgo il 12 dicembre 
2007. Infine, le 65 Dichiarazioni allegate all�Atto finale della Conferenza intergovernativa 
che ha adottato il Trattato di Lisbona, anche se non hanno, per 
il principio inclusio unius est exclusio alterius, il valore giuridico dei Trattati, 
forniscono, pur sempre, utili elementi ai fini dell�interpretazione degli stessi. 
A rendere ancora pi� complesso il quadro giuridico, per una visione completa 
del diritto dell�Unione europea, contribuiscono, poi, da un lato, la alluvionale 
produzione normativa delle istituzioni dell�Unione, che conta ben 
19.404 (1) atti in vigore al 1� gennaio 2012 e, dall�altro, la ormai quasi sessantennale 
giurisprudenza della Corte di giustizia dell�Unione europea (nelle 
sue attuali tre articolazioni giudiziarie: Corte di giustizia, Tribunale e Tribunale 
della funzione pubblica) (2), delle Corti costituzionali e supreme nazionali, 
nonch� di tutte le altre giurisdizioni nazionali (3). Queste ultime, poi, operano 
- secondo l�espressione attribuita a Jean Boulouis (4) e recepita altres� dalla 
(1) Questo numero include non solo il diritto dell�Unione europea vigente propriamente detto, 
ma anche strumenti inerenti all�attivit� dell�Unione europea (UE, CECA, CEE, CE, Euratom), compresi 
atti di natura politica o singoli atti d�interesse pi� generale, indicizzati nel Repertorio della legislazione 
dell�Unione europea in vigore �http:/eur-lex.europa.eu/it/legis/latest/index.htm�, consultato il 19 gennaio 
2012. 
(2) Secondo i dati che risultano dalla Relazione sull�attivit� della Corte di giustizia per il 2010, 
Lussemburgo, 2011, il corpus giurisprudenziale � addirittura imponente, dato che, dal 1952 al 2010, 
comprende, per la Corte in senso stretto, complessivamente, 10.049 tra sentenze e ordinanze, nonch� 
17 pareri, per il Tribunale, dal 1989 al 2010, e per il Tribunale della funzione pubblica, dal 2005 al 2010, 
rispettivamente, 4.776 e 613 tra sentenze e ordinanze. 
(3) Conviene segnalare che, dal mese di settembre 2011, la banca dati EUR-Lex offre, nella griglia 
di ricerca semplice, l�opzione �giurisprudenza nazionale�, che permette di reperire utili informazioni 
sulle decisioni in materia di diritto dell�Unione europea emesse dalle giurisdizioni degli Stati membri, 
di Stati terzi (Canada, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera), nonch� dalla Corte dell�Associazione europea 
di libero scambio e dalla Corte europea dei diritti dell�uomo, �http://eur-lex.europa.eu/RECH_jurisprudence.
do�. 
(4) J. BOULOUIS, Note sous Cass. Ch. Mixte, 24 mai 1975, Soci�t� des Caf�s Jacques Vabres, in 
AJDA, 1975, 569-574, spec. 573 ove osserva che �(�) l�ordre juridique communau-taire institue bien 
directement le juge national juge naturel de ses normes directement applica-bles ou, comme on le dit 
aussi, juge de droit co mmun de cellesci�. La menzionata espressione, beninteso, �non deve essere intesa 
letteralmente, ma piuttosto in maniera simbolica. Infatti, allorch� il giudice nazionale si occupa del diritto 
comunitario, lo fa come organo di uno Stato membro e non come organo comunitario in seguito a un�operazione 
di sdoppiamento funzionale� (CG, conclusioni dell�Avvocato generale L�ger dell�8 aprile 2003,
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 
giurisprudenza europea - quali giudici �di diritto comune� (5) o �di diritto ordinario
� (6) dell�ordinamento giuridico dell�Unione, essendo obbligate a dare 
piena ed effettiva applicazione a tale diritto anche quando esso sia in contrasto 
con il diritto interno nonch� a privilegiare, in ogni caso, un�interpretazione 
del diritto nazionale �per quanto possibile� conforme al diritto europeo (7). 
La complessit� di questa situazione spiega forse perch�, a differenza di 
altri settori del diritto - soprattutto interno, ma anche internazionale (8) - il genere 
commentario articolo per articolo dei Trattati sull�Unione europea non 
in causa Gerhard K�bler, C-224/01, par. 66). Sulla funzione del giudice nazionale al riguardo, v. soprattutto 
A. BARAV, La fonction communautaire du juge national, Th�se, Universit� Robert Schuman, Strasbourg, 
1983, dattil.; IDEM, La pl�nitude de comp�tence du juge national en sa qualit� de juge 
commu-nautaire, in L�Europe et le droit. M�langes en hommage � J. Boulouis, Dalloz, Paris, 1991, 1- 
20; O. DUBOS, Les juridictions nationales, juge communautaire. Contribution � lՎtude des transfor-mations 
de la fonction juridictionnelle dans les �tats membres de l�Union europ�enne, Dalloz, Paris, 2001. 
(5) V. la sentenza del Tribunale del 10 luglio 1990, Tetra Pak Rausing SA/ Commissione, T-51/89, 
punto 42. In realt�, la connotazione dei giudici nazionali come giudici di diritto comune dell�ordinamento 
giuridico comunitario, oggi dell�Unione europea, pur se non ancora racchiusa in una formula destinata 
a divenire celebre, appare gi� in filigrana nella giurisprudenza relativa all�effetto diretto del diritto dell�Unione, 
v. CG, 5 febbraio 1963, Van Gend & Loos, 26/62 e 4 dicembre 1974, Van Duyn, 41/74. 
(6) Per una recente riaffermazione in tal senso del ruolo dei giudici nazionali, v. le conclusioni 
dell�Avvocato generale Mengozzi del 2 settembre 2010, DEB, C-279/09, par. 46, che definisce i giudici 
nazionali come �giudici dell�Unione di diritto comune� ed il parere della Corte di giustizia dell�8 marzo 
2011, Creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti, 1/09, punto 
80. In questo contesto, E. LUPO, Relazione sull�amministrazione della giustizia nell�anno 2010 del Primo 
Presidente della Corte di Cassazione, letta in occasione dell�inaugurazione dell�anno giudiziario 2011, 
Roma 28 gennaio 2011, 76, definisce i giudici nazionali come �anello centrale della catena interpretativa 
nella tutela dei diritti�. 
(7) Il principio dell�obbligo di �interpretazione conforme� � stato stabilito dalla Corte di giustizia 
con la sentenza 10 aprile 1984, Von Colson und Kamann, 14/83 e quindi ribadito con chiarezza nella 
sentenza 13 aprile 1990, Marleasing, C-106/89, punto 8 (pur se nella traduzione italiana della decisione 
non figura - come nella versione nella lingua processuale spagnola o nella lingua di lavoro francese - la 
formula �hacer todo lo posible�, �dans toute la mesure du possible�, cio� �per quanto possibile�, che 
caratterizza l�attivit� interpretativa del giudice nazionale). Tale principio, che � inerente al sistema del 
Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la 
piena efficacia delle norme dell�Unione quando risolve la controversia ad esso sottoposta, costituisce 
ormai acquis giurisprudenziale consolidato (CG, 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., C-397/01 a C-403/01, 
punto 110; 26 giugno 2007, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., C-305/05, punto 
28, in cui la Corte ha statuito che �Qualora una norma di diritto comunitario derivato ammetta pi� di 
un�interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme al Trattato 
(�) rispetto a quella che porta a constatare la sua incompatibilit� con il Trattato stesso (�). Gli Stati 
membri sono infatti tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto 
comunitario, ma anche a provvedere a non fondarsi su un�interpretazione di un testo di diritto derivato 
che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall�ordinamento giuridico comunitario o con gli 
altri principi generali del diritto comunitario�; 10 marzo 2011, Deutsche Lufthansa, C-109/09, punto 
52; v., amplius, infra, commento all�art. 19 TUE). Per una recente riaffermazione del principio v. Cass. 
S.U. sent. n. 355 del 3 gennaio 2010. 
(8) Si pensi ai pi� noti commentari alla Carta delle Nazioni Unite: cfr. B. SIMMA (Ed.), The Charter 
of the United Nations. A Commentary, 2 ed., Oxford University Press, New York, 2002; J.-P. COT, A. 
PELLET (dirig�e par), La Charte des Nations Unies. Commentaire article par article, III ed., 2. voll., 
Economica, Paris, 2005.
82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ha conosciuto nel panorama giuridico italiano quel particolare sviluppo che 
ha invece avuto nella letteratura germanica, ove, negli ultimi due anni, cio� 
dopo l�entrata in vigore del Trattato di Lisbona (avvenuta il 1� dicembre 2009), 
sono stati pubblicati ben sette commentari, di cui sei costituiscono edizioni 
aggiornate di opere pre-Lisbona (9) ed uno � un nuovo commentario giunto 
gi� alla seconda edizione (10). 
Nel nostro Paese, al contrario, dopo i due celebri commentari in pi� volumi 
dedicati, rispettivamente, al Trattato CEE (11) e al Trattato CECA (12) - 
opere che non soltanto hanno contribuito alla piena affermazione della dottrina 
�comunitaristica� italiana nel panorama europeo, ma che, tuttora, costituiscono 
un modello incomparabile per metodo di analisi e rigore ricostruttivo - si contano 
soltanto tre titoli, di cui il pi� recente risale al 2004 (13), tutti purtroppo 
fermi alle modifiche dei Trattati istitutivi introdotte dal Trattato di Nizza. 
Manca dunque, allo stato attuale, un commentario articolo per articolo, 
(14) aggiornato ai Trattati vigenti ed il presente volume, pur con tutte le insufficienze 
e le imperfezioni di un�opera prima, certamente perfettibile, aspira a 
colmare questa lacuna. 
(9) R. GEIGER, D.E. KHAN, M. KOTZUR (Hrsg.), EUV, AEUV. Vertrag �ber die Europ�ische Union 
und Vertrag �ber die Arbeitsweise der Europ�ischen Union. Kommentar, V ed., Beck, M�nchen, 2010; 
C.O. LENZ K., D. BORCHARDT (Hrsg.), EU-Vertr�ge. Kommentar nach dem Vertrag von Lissabon, 5 ed., 
Bundesanzeiger, Linde, K�ln, Wien, 2010; C. CALLIESS, M. RUFFERT (Hrsg.), EUV/AEUV: das Verfassungsrecht 
der Europ�ischen Union mit Europ�ischer Grun-drechtecharta. Kommentar, IV ed., Beck, 
M�nchen, 2011; E. GRABITZ, M. HILF, M. WOLF, H.G. KRENZLER (Hrsg.), Das Recht der Europ�ischen 
Union, 5 voll. a fogli mobili (di cui due dedicati al diritto secondario), Beck, M�nchen (ultimo aggiornamento 
consultato: marzo 2011); C. VEDER, W. HEINTSCHEL VON HEINEGG (Hrsg.), Europ�isches 
Unionsrecht EUV, AEUV, Grundrechte-Charta. Handkommentar, II ed., Nomos, Baden-Baden, 2011; 
STREINZ, R., OHLER, CHR. (Hrsg.), EUV/AEUV. Vertrag �ber die Europ�ischen Union unddie Arbeitsweise 
der Europ�i-schen Union, II ed., Beck, M�nchen, 2011. 
(10) K.H. FISCHER, Der Vertrag von Lissabon. Text und Kommentar zum Europ�ischen Reformvertrag, 
II ed., Nomos, St�mpfli, Facultas WUV, Baden-Baden, Bern, Wien, 2010. 
(11) R. QUADRI, R. MONACO, A. TRABUCCHI (a cura di), Trattato istitutivo della Comunit� economica 
europea. Commentario, 4 voll., Giuffr�, Milano, 1965. 
(12) R. QUADRI, R. MONACO, A. TRABUCCHI (a cura di), Trattato istitutivo della Comunit� economica 
europea. Commentario, 3 voll., Giuffr�, Milano, 1970. 
(13) Nell�ordine di pubblicazione, F. POCAR (a cura di), Commentario breve ai Trattati istitutivi 
dell�Unione europea e delle Comunit� europee, CEDAM, Padova, 2001; Trattati dell�Unione e della 
Comunit� europea esplicati Articolo per Articolo, Simone, Napoli, 2001; A. TIZZANO (a cura di), Trattati 
dell�Unione europea e della Comunit� europea, Giuffr�, Milano, 2004. Non � propriamente un commentario 
quanto, piuttosto, una esposizione, articolo per articolo, di massime giurisprudenziali, il Codice 
dell�Unione europea. Il trattato istitutivo dell�Unione europea ed il Trattato istitutivo della Comunit� 
europea modificati dai Trattati di Maastricht, di Amsterdam, di Nizza e dai Trattati d�adesione; i documenti 
rilevanti, curato da L. FERRARI BRAVO, A. RIZZO, F.M. DI MAJO, III ed., Giuffr�, Milano, 2008. 
(14) Taglio tematico ha infatti il bel volume curato da F. BASSANINI, G. TIBERI, Le nuove istituzioni 
europee. Commento al Trattato di Lisbona, nuova ed. riv. e agg., Il Mulino, Bologna, 2010, che 
costituisce aggiornamento del precedente commento al Trattato che adotta una Costituzione per l�Europa 
(La Costituzione europea. Un primo commento, Il Mulino, Bologna, 2004), revisione, a sua volta, di 
Una Costituzione per l�Europa. Dalla Convenzione europea alla Conferenza intergovernativa, Il Mulino, 
Bologna, 2003.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 
N� la situazione � molto diversa - fatti salvi la richiamata eccezione germanica 
ed un recentissimo commentario portoghese (15) - nelle altre maggiori 
letterature. In lingua francese, infatti, non � ancora stato pubblicato un vero e 
proprio commentario articolo per articolo ai Trattati vigenti (16). Il genere 
commentario, inoltre, � praticamente sconosciuto al mondo giuridico di lingua 
inglese (17), con la significativa eccezione dello Smit &Herzog on the Law of 
the European Union (18), e neppure in Spagna risultano pubblicati commentari, 
organizzati articolo per articolo, ai Trattati vigenti. Paradossalmente, in 
lingua francese ed in lingua spagnola, ha riscosso una maggiore attenzione 
l�abbandonato Trattato che istituisce una Costituzione per l�Europa, al quale 
sono stati infatti dedicati sia commentari �tematici� (19), sia commentari articolati 
secondo la sequenza delle disposizioni (20). Natura �tematica� ha 
avuto il commentario del Trattato sull�Unione europea, pubblicato nella met� 
degli anni ottanta e dedicato al cd. progetto Spinelli, commentario che ha la 
peculiare caratteristica di essere stato curato dagli insigni studiosi che svolsero 
(15) ANAST�CIO G., LOPES PORTO M. (coord.), Tratado de Lisboa, Anotado e Comentado, Almedina, 
Coimbra, 2012. 
(16) Tale non si pu� considerare, invero, quello diretto da I. PINGEL, De Rome � Lisbonne. Commentaire 
article par article des Trait�s UE et CE, II �d., Dalloz, Helbing, Lichtenhahn, Bruylant, Paris, 
Basel, Bruxelles. 2010, che - come indica chiaramente il titolo - commenta le disposizioni pre-Lisbona, 
dedicando solo brevi cenni al Trattato di Lisbona. Merita segnalazione, peraltro, pur nella sua sinteticit� 
e nel suo carattere di instant book, F.-X. PRIOLLAUD, D. SIRITZHY Le Trait� de Lisbonne. Commentaire, 
article par article, des nouveaux trait�s europ�ens (TUE et TFUE), La Documentation fran�aise, Paris, 
2008, che costituisce aggiornamento del commentario dedicato dagli stessi Autori al Trattato che adotta 
una Costituzione per l�Europa (La Constitution europ�enne. Textes et commentaires, La Documentation 
fran�aise, Paris, 2005). 
(17) Per P. PESCATORE (Pr�face, in I. PINGEL, De Rome � Lisbonne. Commentaire article par 
article des Trait�s UE et CE, cit., IX-X, la spiegazione starebbe nel fatto che il genere �commentario� 
� concepibile soltanto sul terreno della codificazione, tecnica che � sconosciuta alla tradizione del diritto 
inglese per la scelta fatta da Re Enrico VIII di rompere con la tradizione romanistica e del ius commune, 
che sono alla base del diritto continentale e, per l�appunto, della codificazione. Diversa, tuttavia, � la 
tradizione del diritto americano, a partire da J. STORY, Commentaries on the Constitution of the United 
States of America whit a Preliminary Review of the Constitutional History of the Colonies and States, 
before the Adoption of the Constitution, 3 voll., Hilliard, Gray and Company, Brown, Shattuck and Co, 
Boston, Cambridge, 1833. 
(18) La nuova edizione dello Smit & Herzog on the Law of the European Union, LexisNexis/Matthew 
Bender, Newark San Francisco, 2006, opera a fogli mobili in 4 voll., pubblicata inizialmente nel 
1976 - ultimo aggiornamento consultato: settembre 2010 -, � curata da P. HERZOG, C. CAMPBELL, G. 
ZAGEL. 
(19) Cfr. E. �LVAREZ CONDE, V. GARRIDO MAYOL (dirigido por), Comentarios a la Constituci�n 
europea, 3 voll., Tirant lo Blanch, Valencia, 2004; G. AMATO, H. BRIBOSIA, B. DE WITTE (dirig�e par), 
Gen�se et destin�e de la Constitution europ�enne. Commentaire du Trait� �tablissant une constitution 
pour l�Europe � la lumi�re des travaux pr�paratoires et perspectives d�avenir, Bruy-lant, Bruxelles, 2007. 
(20) L. BURGORGUE-LARSEN, A. LEVADE, F. PICOD (dirig�e par), Trait� �tablissant une Constitution 
pour l�Europe, t. 1, Parties I e IV �Architecture constitutionnelle�. Commentaire article par article, tome 
2, Partie II, La Charte des droits fondamentaux de l�Union,Commentaire article par article, Bruylant, 
Bruxelles, rispettivamente, 2007 e 2005; C. M. BRU PURON (dirigido por), Ex�gesis conjunta de los tratados 
vigentes y constitucional europeos, Thomson Civitas, Cizur Menor (Navarra), 2005.
84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
le funzioni di consiglieri giuridici della Commissione per gli affari istituzionali 
del Parlamento europeo (21). 
2. Caratteristiche del genere commentario articolo per articolo ai Trattati 
sull�Unione europea 
Il genere commentario articolo per articolo, applicato ai Trattati sull�Unione 
europea, per sua natura, impone una serie di scelte, che danno luogo 
ad alcuni inevitabili inconvenienti. Anzitutto, esso non pu� fornire un quadro 
esaustivo del diritto secondario o dar conto compiutamente della giurisprudenza 
europea e nazionale, n� consente di offrire al lettore una visione sistematica 
della materia, oggetto delle singole disposizioni (22). 
Il rischio dei commentari articolo per articolo, rispetto a quelli tematici, 
� poi quello di non prendere in considerazione taluni concetti chiave del diritto 
dell�Unione europea, poich� non sono menzionati espressamente nei Trattati. 
Un esempio particolarmente significativo � rappresentato dal principio della 
prevalenza di tale diritto sul diritto interno, principio che, come tutti sanno, 
ha origine pretoria. 
Nel presente commentario, per evitare questo rischio, l�analisi dei principi 
�strutturali� elaborati dalla Corte di giustizia (segnatamente - oltre al primato 
nella sua lettura da parte dei giudici di Lussemburgo e di quelli della Consulta 
- i principi relativi all�effetto diretto delle diverse disposizioni del diritto 
dell�Unione, alla responsabilit� patrimoniale dello Stato per violazione del diritto 
dell�Unione, all�obbligo di interpretazione conforme del diritto interno 
(21) Il commentario, diretto da F. CAPOTORTI, M. HILF, F.G. JACOBS, J.-P. JACQUE, � stato pubblicato, 
rispettivamente, in francese, in inglese ed in tedesco Le Trait� d�Union europ�enne, Commentaire du 
projet adopt� par le Parlement europ�en, le 14 f�vrier 1984 Brussels, 1985; The European Union Treaty, 
Commentary of the Draft Adopted by the European Parliament on the 14 February 1984, Clarendon 
Press, Oxford, 1986; Der Vertrag von Grundung der Europ�ischen Union, Kommentar zu dem vom Europ�ischen 
Parlament am 14. Februar 1984 verabschiedeten Entwurf, Nomos, Baden-Baden, 1986. 
(22) Per questi motivi, taluni commentari hanno preferito compiere una scelta di carattere �tematico
� ed analizzare le disposizioni dei Trattati non in sequenza ma per materia. L�esempio pi� noto � 
costituito dal Commentaire J. M�gret, Le droit de la CE et de l�Union europ�enne, fondato nel 1968 e 
diretto, fino al 2005, da M. Waelbroeck, J.-V. Louis, D. Vignes, J.-L. Dewost, G. Vandersanden, il cui 
comitato di redazione, dal 2006, � diretto da M. Dony e comprende C. Blumann, J. Bourgeois, L. Idot, 
J.-P. Jacqu�, H. Labayle e F. Picod, mentre a E. Bribosia � affidata la segreteria di redazione. Questo 
commentario � ormai giunto alla terza edizione, sempre per i tipi delle �ditions de l�Universit� Libre de 
Bruxelles. Nel tempo l�originaria impostazione per capi dei Trattati o per gruppi di capi � mutata e gli 
articoli dei Trattati risultano ora raggruppati per �grandi materie�, quali il mercato interno, l�Europa ed 
il cittadino, le politiche economiche e sociali, la concorrenza, l�ordinamento giuridico ed il contenzioso, 
le istituzioni, le relazioni esterne, ciascuna materia coordinata da un riconosciuto specialista del mondo 
accademico franco-belga. Il Commentaire J. M�gret rappresenta, senza alcun dubbio, il pi� ampio commentario 
�sistematico� del diritto dell�Unione europea consistendo, nelle sue tre edizioni, complessivamente 
di 35 voll. (I ed., 15 voll., pubblicati tra il 1973 ed il 2005; II ed., 13 voll., pubblicati tra il 1991 
ed il 2005; III ed., 7 voll., finora pubblicati, tra il 2006 ed il 2011). Un noto precedente di questo genere 
� costituito dal corposo volume diretto da W.J. GANSHOF VAN DER MEERSCH, Droit des Communaut�s 
europ�ennes, Les Nouvelles, Larcier, Bruxelles, 1969. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 85 
al diritto dell�Unione, nonch� all�autonomia procedurale degli Stati membri) 
� stata effettuata nel quadro dell�esame della principale disposizione concernente 
la Corte di giustizia (art. 19 TUE). 
Quanto, poi, al formato editoriale, l�edizione a fogli mobili (non particolarmente 
frequente nella tradizione dell�editoria giuridica italiana), consentendo 
una pi� agevole modifica nel tempo, parrebbe, prima facie, strumento pi� idoneo 
a tener conto della segnalata frequenza delle modifiche apportate al diritto 
dell�Unione, pur incontrando anch�essa gravi limiti dovuti, per un verso, alla 
disomogeneit� temporale dei commenti alle singole disposizioni e, per altro 
verso, alla �perdita� nel tempo dei commenti �storici�. La classica edizione rilegata, 
invece, dovendo possibilmente rendere conto della situazione dell�ordinamento 
ad una certa data fissa, impone agli Autori ed al Curatore una vera 
e propria lotta contro il tempo per mantenere il pi� possibile aggiornata l�opera 
nelle more della preparazione e pubblicazione della stessa, operazioni che, nel 
caso di opere del genere, inevitabilmente richiedono un impegno pluriennale. 
Relativamente alle dimensioni dell�opera, va osservato che i commentari 
articolo per articolo dei Trattati istitutivi organizzati in pi� volumi costituiscono 
una minoranza nel panorama giuridico italiano ed europeo, mentre assolutamente 
prevalenti risultano quelli in un unico volume. A sostegno di 
quest�ultima scelta militano diverse ragioni. Anzitutto i commentari in un 
unico volume, all�evidenza, costituiscono un supporto molto pi� pratico, in 
quanto il formato �compatto�si prestaad una consultazione pi� agevole. Naturalmente 
la scelta di questo formato impone agli Autori dei commenti una 
rigorosa selezione di quanto va considerato davvero essenziale alla puntuale 
esegesi di ciascuna disposizione. Il formato in un unico volume � suscettibile 
poi - come dimostra la letteratura tedesca (23) - di un pi� facile aggiornamento 
dell�opera e quindi d� la possibilit� di poter fornire agli operatori giuridici edizioni 
sempre aggiornate ai continui sviluppi del diritto dell�Unione. 
Di regola, i commentari ai Trattati sull�Unione europea non dedicano una 
specifica trattazione ai Protocolli allegati ai Trattati (e tanto meno alle Dichiarazioni 
interpretative allegate agli atti finali delle Conferenze intergovernative 
che hanno nel tempo adottato i Trattati). Trattasi, nella specie, di una scelta 
consolidata, seguita anche in quest�opera. Tuttavia detti testi, essendo indispensabili 
ai fini di una corretta applicazione ed interpretazione degli articoli dei 
Trattati cui si riferiscono, sono opportunamente esaminati nel quadro del commento 
a ciascuna delle disposizioni. Lo stesso approccio � stato poi adottato, 
seppure per grandissime linee, anche con riferimento al diritto secondario. 
(23) V. i commentari cit. supra, nota 9. Ed in effetti, il grande commentario tedesco in pi� volumi 
ed in edizione rilegata, VON DER GROEBEN H., SCHWARZE J. (Hrsg.), Kommentar zum Vertrag �ber 
die Europ�ische Union und zur Gr�ndung der Europ�ischen Gemeinschaft, EU-EG - Vertrag, 4 voll., 
VI ed., Nomos, Baden-Baden, 2003-2004, � aggiornato al Trattato di Nizza del 2001. 
86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Viceversa, per quanto concerne l�analisi della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea, tenuto conto del rilievo, sotto il profilo applicativo, 
sia come fonte di diritto primario che come fonte interpretativa, riconosciutale 
dalla giurisprudenza (24), si � optato per dedicarvi un�ampia introduzione generale, 
mentre per il commento alle sue 54 disposizioni ci si � limitati a riprodurre 
in calce alle stesse le Spiegazioni, nella versione aggiornata redatta sotto 
la responsabilit� del Praesidium della Convenzione sul futuro dell�Europa e 
dell�evoluzione del diritto dell�Unione. 
3. Un commentario destinato precipuamente agli operatori giuridici 
Il presente volume mira a fornire, per quanto possibile, un�approfondita 
guida alla comprensione di ciascuna delle disposizioni dei Trattati costitutivi 
dell�Unione europea (TUE e TFUE). I commenti sono redatti in modo da consentire 
di cogliere, per ogni articolo, l�origine della disposizione, la sua collocazione 
sistematica, la ratio, l�ambito di applicazione, gli sviluppi normativi e 
giurisprudenziali, il tutto completato da una selezione aggiornata della bibliografia 
pertinente. Per la compilazione di queste bibliografie (nonch� della bibliografia 
generale suddivisa in sezioni distinte concernenti la manualistica 
corrente, i commentari ai Trattati, le enciclopedie ed i dizionari) ci si � potuti 
avvalere della Biblioteca della Corte di giustizia, universalmente nota per la 
ricchezza delle sue collezioni e per l�estensione del relativo catalogo, che offre 
potenzialit� di ricerca molto complete ed un sistema di classificazione particolarmente 
dettagliato. Dal 1� gennaio 2012, il catalogo � consultabile on line: 
esso fornisce agli studiosi ed agli operatori del diritto dell�Unione europea un 
supporto informativo di ineguagliabile valore, divenuto ormai indispensabile 
in ragione della smisurata produzione scientifica pubblicata in tutte le lingue 
dell�Unione. 
Tenuto conto degli indicati criteri generali dettati per la realizzazione dell�opera, 
ogni commento � stato redatto secondo le sensibilit� e lo stile proprio 
di ciascun Autore. Al di l� di una complessiva uniformazione di ordine redazionale, 
curata personalmente da chi scrive (inizialmente con l�aiuto di Gabriella 
Angiulli e Carla Pasetto), si � preferito non ricercare ad ogni costo una 
omogeneit� di pensiero. Ci� nella convinzione che, proprio in ragione della natura 
dell�opera, frutto di un impegno collettivo, la prospettazione di tesi diverse 
costituisce un suo pregio aggiuntivo, in quanto offre al lettore una pluralit� di 
(24) Ad esempio ricordiamo che per la Corte di Cassazione le disposizioni della Carta, infatti, 
pur quando non formino oggetto di cognizione di una fattispecie di diritto dell�Unione europea �e quindi 
non operando il Bill of Rights europeo come vera e propria fonte del diritto ai sensi dell�art. 51 del Testo, 
� [costituiscono lo] strumento interpretativo privilegiato anche per il diritto interno che si deve presumere 
coerente con quei valori che gli Stati membri e gli organi dell�Unione hanno comunemente accettato, 
come espresso dall�art. 6 del Trattato sull�Unione europea, nella nuova formulazione del Trattato 
di Lisbona� (Cass. 17 maggio 2010, n. 28658).
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 87 
soluzioni interpretative. La consultazione del volume � anche agevolata dalla 
presenza di un dettagliato indice analitico (per la preparazione del quale sono 
stato validamente coadiuvato da Nicola Colacino), che consente di individuare 
il passaggio pertinente del commento alla disposizione di proprio interesse. 
4. Il diritto dell�Unione europea e l�accesso alle professioni giuridiche in Italia 
L�ambizione dell�opera � dunque quella di migliorare la conoscenza del 
diritto dell�Unione europea nel nostro Paese, che in questa materia sconta tuttora 
un notevole gap culturale (25). 
Questo gap � conseguenza, in primo luogo, del consistente ritardo - in riferimento 
ad altri Stati membri dell�Unione europea (26) - con il quale il �diritto 
delle Comunit� europee� o �diritto comunitario� - nonostante la 
sollecitazione del Parlamento europeo (27) e pur tenendo conto dell�eteroge- 
(25) L�espressione �ritardo culturale�, � utilizzata in questo contesto da G. CONSO, Introduzione, 
in B. TOSCO JACOPINI (a cura di), Diritto comunitario e diritto interno. Il ruolo del giudice europeo, 
Atti del I� Corso di formazione in diritto comunitario per magistrati, Urbino 19-21 settembre 1993, 
Centro Alti Studi Europei, Universit� degli Studi di Urbino, Arti Grafiche Editoriali, Urbino, 1994, 9, 
11. L�insigne Maestro, al tempo Ministro di Grazia e Giustizia, rilevava che i giudici italiani avevano 
compiuto �un errore di prospettiva� ed avevano dimostrato �resistenza� nei confronti del fenomeno 
comunitario, �da imputarsi in parte ad una sorta di sciovinismo giudiziario, in parte ad un difetto di 
formazione in diritto comunitario; quindi, ad una visuale ristretta �. 
(26) Cos�, in Francia, gi� con l�Arr�t� del 7 luglio 1977 concernente la licence e la ma�trise en 
droit, il diritto delle Comunit� europee � divenuto materia fondamentale d�insegnamento al terzo anno 
della Licence (v. ora Arr�t� del 29 febbraio 2000). Circa l�accesso al concorso per la magistratura ordinaria 
- disciplinato dal decreto n. 72-355 del 4 maggio 1972, come modificato dal decreto del 31 dicembre 
2008, sia nel concorso esterno per studenti, sia nel concorso interno per funzionari, sia ancora 
nel concorso interno riservato a coloro che hanno un numero determinato di anni di attivit� nel settore 
privato o siano stati titolari di incarichi elettivi, il �diritto europeo�, comprendente, oltre al diritto dell�Unione 
europea, anche la disciplina della Convenzione europea dei diritti dell�uomo, costituisce materia 
della prova orale di ammissione. Per quanto attiene, poi, all�esame d�idoneit� alla professione di 
avvocato - disciplinato dagli artt. 4 e 8 dell�Arr�t� del 7 gennaio 1993, e successive modificazioni - i 
candidati possono indicare il diritto comunitario come materia della prova scritta ed il diritto processuale 
comunitario come materia della prova orale. Infine, fin dal 1982, il diritto comunitario figura tra 
le materie della quarta prova (opzione diritto pubblico) nel concorso esterno per l�accesso allՃcole 
Nationale d�Administration (v. Arr�t� del 14 ottobre 1982 e Arr�t� del 13 ottobre 1999), che, comՏ 
noto, assicura la formazione unica per l�alta amministrazione francese e consente ai primi classificati 
di accedere, tra l�altro, alla Cour des comptes, al Conseil dՃtat, ai Tribunali amministrativi, alla Corte 
amministrativa d�appello ed alle Camere regionali dei conti. Della situazione della formazione universitaria 
in diritto comunitario in Francia all�inizio degli anni novanta si � occupato il CONSEIL DՃTAT, 
Rapport public 1992. Consid�ration g�n�rales: Sur le droit communautaire, �tudes et documents du 
Conseil dՃtat, n. 44, La Documentation fran�aise, Paris, 1993, fornendo tuttavia dati e valutazioni 
oggetto di vibrata contestazione da parte di illustri accademici (v. J.R. [RIDEAU], in Rev. Aff. Eur., 1993, 
n. 3, 119-124, spec. 121-124; D. SIMON , A. RIGAAUX, Le Conseil dՃtat saisi par le droit communautaire: 
quelques r�flexions sur le rapport public 1992, in Europe, 1993, fasc. 11, 1-4). 
(27) Cfr. la Risoluzione del 21 gennaio 1991 sulla dimensione europea a livello universitario e 
in particolare la mobilit� degli studenti e dei professori, A3-305/90 (GUCE C 48 del 25 febbraio 1991, 
216) nella quale l�istituzione parlamentare, pur riconoscendo l�autonomia delle Universit�, le ha invitate 
ad introdurre il diritto comunitario come materia obbligatoria nelle Facolt� di Giurisprudenza (punto
88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
neit� dei sistemi nazionali - � divenuto insegnamento obbligatorio nelle Facolt� 
di Giurisprudenza (alla met� degli anni Novanta) (28) e materia oggetto di 
prova nei concorsi per l�accesso alle professioni giuridiche. 
In particolare, rispetto alle prove di concorso per l�accesso alle professioni 
giuridiche, conviene segnalare, per un verso, che il concorso per Avvocato 
dello Stato ha previsto, fin dal 1979, il �diritto delle Comunit� europee�, come 
materia della prova orale (29) e, per altro verso, che, fin dal 1983, l�indicata 
disciplina � oggetto tanto di una delle cinque prove scritte quanto dell�esame 
orale del concorso per Consigliere di Stato (30). Di questa lungimirante �anticipazione
� della verifica della conoscenza del diritto comunitario hanno certamente 
beneficiato sia le difese dello Stato italiano davanti alla Corte di 
giustizia, sia la lettura �comunitariamente orientata� del diritto nazionale da 
28, secondo trattino). Il Parlamento europeo ha reiterato questa sollecitazione, sei anni dopo, approvando 
la risoluzione B4-0588/97, trasmessa il 16 settembre 1997 dall�on. C. Ferrer, fatta propria dalla 
commissione giuridica e per i diritti dei cittadini ed allegata alla relazione dell�on. A. Palacio Vallelersundi, 
A4-0323/97 del 17 ottobre 1997 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 
che istituisce un programma d�azione per una maggiore sensibilizzazione degli operatori del 
diritto al diritto comunitario - AZIONE Robert SCHUMAN (COM (96)0580 - C4- 0606/96 - 96/0277 
(COD)).V. la Dec. n. 1496/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che approva 
la detta Azione Schuman, GUCE L 196 del 14 luglio 1998, 24-27. V. pure i successivi programmi 
di formazione giudiziaria finanziati dall�Unione europea relativi al periodo 2007-2013, da quello generale 
�Diritti fondamentali e giustizia� a quelli specifici �Giustizia penale�, �Diritti fondamentali e 
cittadinanza� e �Giustizia civile�. Per utili informazioni al riguardo v. lo studio commissionato dal 
Parlamento europeo, Renforcement de la formation judiciaire dans l�Union europ�enne, a cura di C. 
BOTHELO, N. LONG, P. GOLDSCHMIDT del Centre europ�en de la magistrature et des professions juridiques, 
Institut europ�en d�administration publique, Luxembourg, doc. PE 419. 951, aprile 2009. 
(28) Non � possibile cifrare al riguardo un anno preciso, in quanto il decreto del Ministro dell�Universit� 
e della Ricerca Scientifica e Tecnologica 11 febbraio 1994, nel riconoscere la necessit� di 
modificare la tabella III dell�Ordinamento didattico annesso al D.M. 30 novembre 1938, n. 1652, relativo 
al corso di laurea in Giurisprudenza, dava mandato alle singole Facolt�, e quindi alle Universit�, 
di adeguarsi al nuovo ordinamento. Nell�effettuare tale adeguamento, in conformit� al principio dell�autonomia 
didattica, il consiglio del corso di studio competente, ai sensi dell�art. 11, co. 2, L. 1990, 
n. 341, recante riforma dell�ordinamento didattico universitario, nel rispetto di quanto previsto circa 
le aree disciplinari determinate dalla tabella III del D.M. 11 febbraio 1994 predetto, ha individuato �gli 
insegnamenti fondamentali obbligatori�. Le dette modifiche degli ordini degli studi sono state adottate 
dalle Universit� tra 1995 ed il 2000, anche in applicazione del decreto del Ministro dell�Universit� e 
della Ricerca Scientifica e Tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sul regolamento recante norme concernenti 
l�autonomia didattica degli atenei. Cos�, ad es., nella Facolt� giuridica romana della Sapienza, 
l�insegnamento del Diritto delle Comunit� europee, attivato fin dall�a. a. 1974/1975, come materia 
complementare, � divenuto obbligatorio solo dall�a. a. 2000/2001, con la denominazione Diritto dell�Unione 
europea. 
(29) Cfr. art. 6 della L. 3 aprile 1979, n. 103, recante modifiche dell�ordinamento dell�Avvocatura 
dello Stato, di cui al D.Lgs. 2 marzo 1948, n. 155. Resta peraltro inspiegabile, ad oltre trenta anni dalla 
modifica appena menzionata, la ragione della perdurante assenza del diritto dell�Unione europea tra le 
materie della prova orale del concorso per procuratore dello Stato, tuttora disciplinata dall�art. 54 del 
R.D. 30 ottobre 1933, n. 1312, recante approvazione del regolamento per l�esecuzione del testo unico 
delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull�ordinamento 
dell�Avvocatura dello Stato, come modificato dall�art. 2 del R. D. 17 settembre 1936, n. 1854. 
(30) Cfr. art. 5 del D.P.R. 17 gennaio 1983, n. 68. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 89 
parte del supremo giudice amministrativo (31) . 
Molto pi� tardiva � stata, invece, l�attenzione riservata al diritto comunitario 
nell�accesso alla magistratura ordinaria, dato che, solo nel 1997, questa 
disciplina � divenuta materia di prova orale (32). Si � poi atteso addirittura il 
2003 per modificare, nello stesso senso, la prova orale di abilitazione alla professione 
forense (33); infine, dal 2000, in base ad una deliberazione del Consiglio 
di Presidenza, il diritto comunitario � materia di prova orale nel concorso 
per referendario della Corte dei conti. 
In questo contesto, alla luce della segnalata disciplina del concorso per 
Consigliere di Stato, appare stupefacente, che, a tutt�oggi, il diritto dell�Unione 
europea non sia stato formalmente menzionato nelle prove del concorso per 
referendario dei Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.) come materia della 
prova orale (se non pure di quella scritta) (34). Invero, nell�attivit� dei magistrati 
amministrativi, il diritto dell�Unione europea trova sicuramente maggiore 
applicazione concreta rispetto all�economia politica, che � invece materia della 
prova orale (35). 
Vale la pena rilevare, inoltre, che nonostante l�Italia non sia il fanalino di 
coda tra gli Stati membri fondatori (36) per quanto riguarda la presenza del 
(31) Ad es. il Consiglio di Stato (sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 
362) - ben prima, cio�, dell�abrogazione dell�art. 37, co. 2, secondo periodo, cod. nav., stabilita dall�art. 
1, co. 18 del D.L. n. 194/2009, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 25/2010 e della stessa 
apertura da parte della Commissione europea della procedura di infrazione n. 2008/4908 nei confronti 
dell�Italia (2 febbraio 2009) - ha fornito una interpretazione �comunitariamente orientata� del cd. diritto 
di insistenza, cio� il diritto del vecchio concessionario di essere preferito agli altri in sede di rinnovo 
della concessione demaniale marittima a finalit� turistico-ricreativa, di fatto disapplicandolo. 
(32) Cfr. art. 3 del D. Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, recante modifica alla disciplina del concorso 
per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione, a norma dell�art. 17, co. 113 e 
114 della L. 15 maggio 1997, n. 127, che inserisce un nuovo art. 123-ter dell�ordinamento giudiziario, 
approvato con R. D. 30 gennaio 1941, n. 12, ove il �diritto comunitario� figura tra le materie oggetto di 
prova orale. 
(33) Cfr. art. 5 della L. 18 luglio 2003, n. 180, recante conversione in legge, con modificazioni, 
del D.L. 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione 
alla professione forense, che emendando l�art. 17-bis, co. 3, lett. a) del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, inserisce 
il �diritto comunitario� tra le materie oggetto di prova orale. 
(34) Peraltro, quesiti di diritto dell�Unione europea, quanto meno riguardanti i profili istituzionali, 
possono rientrare, in ragione dell�affinit� scientifico-disciplinare, nella materia �diritto internazionale 
pubblico e privato�, intesa in senso ampio. 
(35) Cfr. art. 19, co. 5 del D.P.R. 21 aprile 1973, n. 214, recante regolamento di esecuzione della 
L. 6 dicembre 1971, n. 1034 istitutiva dei tribunali amministrativi regionali. 
(36) Ad oggi, in Germania, il diritto dell�Unione europea non risulta essere, in quanto tale, materia 
obbligatoria dell�esame di Stato per le professioni giuridiche (giudice, avvocato e notaio). Infatti, 
secondo l�art. 5 a (2) del Deutsche Richtergesetz dell�8 settembre 1962, e successive modificazioni, tra 
le materie obbligatorie figurano il Džffentlichen Rechts und des Verfahrensrechts einschlie�lich der europarechtlichen 
Bez�ge� (�Diritto pubblico e Diritto processuale inclusi gli aspetti di diritto europeo�), 
mentre il diritto dell�Unione europea pu� costituire oggetto di un �settore di particolare importanza� 
(�Schwepunktbereich�). V. anche la disciplina contenuta nel Justizausbildungsgesetzen (�Leggi e ordinanze 
sulla formazione nel settore della Giustizia�) emanate dai sedici L�nder. 
90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
diritto dell�Unione europea come materia obbligatoria di esame nell�abilitazione 
alle professioni giuridiche, nel nostro Paese, la combinazione della scarsa 
conoscenza professionale del diritto europeo e della corriva consuetudine a restare 
legati alle abituali categorie concettuali (37), dando prova di �sciovinismo 
giudiziario� (38) - ha talvolta prodotto una nociva sedimentazione di impostazioni 
legate a tradizioni giuridiche e modelli culturali ormai superati. 
Alla luce di quanto osservato circa la conoscenza del diritto dell�Unione 
europea, da parte degli operatori delle professioni giuridiche, il quadro che ne 
risulta � fatto pi� di ombre che di luci. Tra queste ultime spiccano, tuttavia, 
tre elementi di segno positivo. 
Anzitutto, il numero dei rinvii pregiudiziali (39) alla Corte di giustizia 
effettuati da giudici italiani � sempre stato numericamente molto elevato (40), 
pur se desta qualche preoccupazione l�alta percentuale (quasi 1/3 del totale) 
delle pronunce di irricevibilit� (41), che va probabilmente imputata alla non 
adeguata conoscenza delle informazioni che � necessario fornire nella domanda 
di pronuncia pregiudiziale (42) . 
(37) G. CONSO, Introduzione, cit., 13 (v. supra, nota 25) rilevava in proposito che �per questa deficienza 
il giudice percepisce l�ordinamento comunitario come estraneo alla sua ottica nazionale e, di 
conseguenza, l�ingresso della normativa comunitaria nell�ordinamento nazionale viene visto non come 
un fattore di integrazione, ma come fattore di conflitto tra due sistemi giuridici. Egli tende, perci�, a respingere, 
quasi istintivamente, la norma comunitaria, vedendola come estranea al suo mondo, addirittura 
minacciosa per la sua consolidata, ma ristretta preparazione giuridica�. 
(38) G. CONSO, Introduzione, cit., 11 (v. supra, nota 25). 
(39) � appena il caso di ricordare che la violazione dell�obbligo di rinvio pregiudiziale da parte 
di una giurisdizione di ultima istanza (art. 267, co. 3, TFUE) pu� far sorgere la responsabilit� patrimoniale 
dello Stato per violazione del diritto dell�Unione, responsabilit� che � in ogni caso presunta quando 
la decisione interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia 
(CG, 30 settembre 2003, Gerhard K�bler, C-224/01, punto 51 e le precisazioni contenute al riguardo in 
CG, 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo, C-173/03, punti 42-44). 
(40) A fine 2010, con 1056 domande pregiudiziali proposte (di cui 1 dalla Corte Costituzionale, 
108 dalla Cassazione, 64 dal Consiglio di Stato e 883 dagli altri organi giurisdizionali), l�Italia si classificava 
in seconda posizione assoluta preceduta dalla Germania (1802) e seguita dalla Francia (816). 
Per una indagine di taglio sociologico-giuridico sull�attivit� pregiudiziale dei giudici italiani, v. M.C. 
REALE, M. BORRACCETTI, Da giudice a giudice. Il dialogo tra giudice italiano e Corte di giustizia delle 
Comunit� europee, Giuffr�, Milano, 2008, specialmente, 111-182. 
(41) Invero, su complessive 169 pronunce di irricevibilit�, ben 50 sono relative a pregiudiziali 
italiane, a fronte dei 23 casi tedeschi e dei 21 francesi, per mantenere il confronto tra Stati membri comparabili. 
Sono italiane, in ogni caso, le domande pregiudiziali dichiarate �irricevibili� (rectius: inammissibili), 
che hanno inaugurato il filone pregiudiziale del controllo della Corte sulla pertinenza dei 
quesiti (CG, 11 marzo 1980, Foglia, 104/79; 26 gennaio 1993, Telemarsicabruzzo, C-320/90, C-321/90 
e C-322/90). Sulle ragioni del �rigetto� delle domande di pronuncia pregiudiziale proposte da organi 
giurisdizionali italiani, v. D.P. DOMENICUCCI, Circa il meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte 
di giustizia dell�Unione europea, in Il Foro italiano, 2011, n. 10, parte IV, 484-487. La conclusione 
dell�Autore � assolutamente condivisibile. Egli rileva, infatti, che il giudice nazionale deve evitare �di 
porre quesiti inutili, improbabili o non debitamente contestualizzati, dal momento che il loro rigetto rappresenta 
un insuccesso non tanto e non solo per il giudice e per le parti del processo a quo, ma anche, e 
soprattutto, per il buon funzionamento della giustizia italiana ed europea�. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 91 
Inoltre, va segnalato che, in ragione della qualit� delle questioni sottoposte, 
i rinvii pregiudiziali italiani hanno sovente fornito ai giudici di Lussemburgo 
l�occasione per stabilire dei principi chiave del diritto dell�Unione. Basti citare, 
tra i pi� significativi, il principio della prevalenza del diritto europeo sul diritto 
nazionale (43), quello della soggezione dell�amministrazione locale e regionale 
al diritto europeo (44) e quello della responsabilit� patrimoniale dello Stato per 
violazione del diritto dell�Unione (45). 
Infine, appare ormai chiara la consapevolezza, almeno nella parte pi� avvertita 
della Magistratura e dell�Avvocatura, per un verso, del fondamentale 
ruolo dei giudici nazionali come veri protagonisti del momento attuativo del diritto 
dell�Unione, con la conseguenza che �il diritto europeo non pu� essere 
escluso dal bagaglio di conoscenze che ognuno di loro deve possedere� (46) e, 
per altro verso, della rilevanza della formazione professionale continua nel diritto 
dell�Unione europea, quale strumento essenziale per un pieno esercizio della 
giurisdizione (47) e per un effettivo diritto di difesa in un quadro notoriamente 
caratterizzato dalla compresenza di sistemi giuridici ed approcci culturali diversi. 
D�altra parte, vale la pena di ricordare che, al riguardo, un�efficace azione 
di stimolo � stata svolta dal Consiglio europeo (48), dalla Commissione euro- 
(42) Al riguardo la Corte di giustizia, da almeno quindici anni, ha diffuso una guida contenente 
indicazioni pratiche miranti ad orientare i giudici nazionali nella formulazione e presentazione delle domande 
pregiudiziali. Per la versione pi� recente della Nota informativa riguardante le domande di pronuncia 
pregiudiziale da parte dei giudici nazionali (2011/C 160/01), v. GUUE C 160 del 28 maggio 
2011, 1. 
(43) CG, 15 luglio 1964, Costa/ENEL, 6/64; 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77. 
(44) CG, 22 giugno 1989, Fratelli Costanzo, 103/88. 
(45) CG, 19 novembre 1991, Francovich, C-6/90 e C-9/90. 
(46) V. la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura del 13 aprile 2011 concernente il 
Piano d�azione per l�attuazione del Programma di Stoccolma. Progetto European Gaius per il rafforzamento 
della cultura giuridica europea dei magistrati italiani. 
(47) Alla formazione europea dei giudici italiani ha efficacemente contribuito il Consiglio Superiore 
della Magistratura (C.S.M.). Il C.S.M., infatti - su impulso del Vice Presidente G. Bosco - organizz�, 
dal 26 novembre al 1� dicembre 1973, il primo corso centrale di diritto comunitario e, dal 1997, ha realizzato 
corsi decentrati di diritto comunitario, volti ad approfondire, nelle singole sedi di Corte d�Appello, 
le problematiche dell�integrazione europea, segnatamente con riguardo alla cooperazione giuridica in 
materia di assistenza giudiziaria, rogatorie internazionali ed estradizione. Una selezione delle relazioni 
svolte nei detti corsi, tenuti sia a livello centrale che decentrato (tra il 1973 ed il 1997) � stata raccolta 
nel volume Il diritto comunitario e la cooperazione penale, Quaderni del C.S.M, 1998, n. 102. Recentemente, 
il C.S.M. ha approvato, con la menzionata delibera del 13 aprile 2011, il progetto European 
Gaius, che � modellato sull�analogo programma Eurinfra, lanciato nel 2000 nei Paesi Bassi e tutt�ora 
operativo. Questo programma ha sicuramente favorito i rinvii pregiudiziali proposti dai giudici olandesi 
che, infatti, si attestano, a fine 2010, a 767, numero particolarmente significativo, tenuto conto della popolazione 
dei Paesi Bassi, a fronte dei 1056 rinvii italiani e degli 816 francesi. Sul progetto Eurinfra v., 
D. CAPPUCCIO, G. GRASSO, A. MUNGO, La Corte di giustizia vista da vicino: note, impressioni e spunti 
critici di tre giudici italiani, in Contratto e impresa/Europa, 2010, spec. 903-905. 
(48) V. la Dichiarazione del 14 e 15 dicembre 2001, formulata dal Consiglio europeo di Laeken, 
che invita a creare rapidamente una rete europea per sostenere la formazione dei magistrati, onde incrementare 
la fiducia tra gli attori della cooperazione giudiziaria (SN (2001) 1200).
92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
pea (49), dal Consiglio (50) e dal Parlamento europeo (51). La centralit� della 
formazione europea dei giudici e del personale giudiziario - alla cui base, piace 
ricordarlo, vi � una proposta presentata dall�Italia nel 1991 in sede di Consiglio 
dei ministri delle Comunit� europee (52) - � poi essenziale ai fini dell�efficace 
funzionamento sia del procedimento pregiudiziale d�urgenza, che � applicabile 
ai rinvii pregiudiziali relativi allo spazio di libert�, sicurezza e giustizia (53), sia 
della cooperazione giudiziaria tanto in materia civile che in materia penale (54). 
In questo contesto non si pu� non ricordare che, conformemente all�invito 
rivoltole nel Rapporto dell�ex commissario europeo Mario Monti, del 9 maggio 
2010, Una nuova strategia per il mercato unico al servizio dell�economia e 
della societ� europea (55), la Commissione ha recentemente fissato l�ambi- 
(49) Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 29 giugno 
2006 sulla formazione giudiziaria nell�Unione europea (COM(2006) 356 def), del 5 settembre 2007, su 
un�Europa dei risultati - applicazione del diritto comunitario (COM(2007)0502) e del 4 febbraio 2008, 
relativa alla creazione di un forum di discussione sulle politiche e sulle prassi dell�UE nel settore della 
giustizia (COM(2008)0038). 
(50) Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede 
di Consiglio relativa alla formazione dei giudici, dei procuratori e degli operatori giudiziari nell�Unione 
europea (2008/C 299/01), GUUE C 299 del 22 novembre 2008, 1. 
(51) Risoluzione del Parlamento europeo del 9 luglio 2008 sul ruolo del giudice nazionale nel sistema 
giudiziario europeo, (2007/2027 (INI), adottata sulla base della relazione dell�on. D. Wallis, a 
nome della commissione per gli affari giuridici. 
(52) V. Doc. 9090/91 del 31 ottobre 1991, JUR 107, COUR 13. V., anche, la Risoluzione del Parlamento 
europeo del 23 novembre 2010 sugli aspetti relativi al diritto civile, al diritto commerciale, al 
diritto di famiglia e al diritto internazionale privato del Piano d�azione per l�attuazione del programma 
di Stoccolma (2010/2080(INI)). La Risoluzione considera �che la capacit� di comprendere e di gestire 
le differenze tra i nostri sistemi giuridici pu� soltanto nascere da una cultura giudiziaria europea che 
deve essere coltivata condividendo le conoscenze e la comunicazione, studiando il diritto comparato e 
mutando radicalmente il modo in cui viene insegnato il diritto nelle Universit� e il modo in cui i giudici 
partecipano alla formazione e sviluppo professionale, come indicato nella risoluzione del Parlamento 
del 17 giugno 2010, ivi compresi sforzi aggiuntivi per superare le barriere linguistiche� (considerando 
I.) e, conseguentemente, raccomanda che �il trattamento del diritto dell�Unione in quanto materia distinta 
nell�insegnamento e nella formazione giuridica ha un effetto marginalizzante; raccomanda pertanto che 
i piani di studio e di formazione nel settore giuridico integrino ovviamente il diritto dell�Unione in ogni 
area fondamentale; ritiene che il diritto comparato debba diventare un elemento chiave dei piani di studio 
universitari� (punto 11). 
(53) V. Decisione 2008/79/CE, Euratom del Consiglio, del 20 dicembre 2007, recante modifica 
del Protocollo sullo statuto della Corte di giustizia e le modifiche allegate, apportate al regolamento 
della Corte di giustizia, che introducono detto procedimento. 
(54) Non a caso, l�art. 81, par. 2, lett. h) e l�art. 82, par. 1, lett. c) del TFUE prevedono che il Parlamento 
europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottino misure 
volte a sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari. 
(55) Nel Rapporto, cit., 112, si legge che �L�ordinamento giuridico dell�Unione d� ai cittadini e 
alle imprese la facolt� di difendere i propri diritti in giudizio, dinanzi al giudice nazionale. L�applicazione 
delle norme su iniziativa dei privati � quindi un mezzo privilegiato per contribuire a ridurre il deficit di 
conformit� e assicurare l�efficacia del mercato unico. Il cosiddetto private enforcement pu� essere rafforzato 
in due modi. In primo luogo, il ruolo dei giudici nazionali nell�interpretare e applicare il diritto 
dell�Unione, oltre al diritto nazionale, � cruciale. La Commissione dovrebbe, in partenariato con gli 
Stati membri, dare maggiore sostegno a programmi e strutture di formazione che consentano ai giudici
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 93 
zioso obiettivo di assicurare che, entro il 2020, la met� dei professionisti del 
diritto dell�Unione europea, ad un ritmo di ventimila l�anno, partecipino ad 
una formazione giudiziaria europea a livello locale, nazionale ed europeo (56). 
5. La formazione del giurista �europeo� nell�ottica dell�incidenza del diritto 
dell�Unione europea sull�ordinamento italiano 
� ben noto che la formazione del giurista comporta anzitutto la capacit�, 
intesa come conoscenza ed analisi critica, di cogliere l�essenza del diritto, che 
non � solo un complesso di regole, ma � anche la rappresentazione di fenomeni 
che hanno radici nel sentire sociale, in connessione con la realt� economica, 
culturale, politica e giuridica della societ� che dette regole disciplinano. Anche 
il diritto dell�Unione europea ha un riferimento, una giustificazione diretta, 
nella realt�, cosicch� le sue regole, lungi dal configurare esclusivamente un 
sistema deontico, sono solo il riflesso di una situazione sociale in continua 
evoluzione. Ora, comprendere l�essenza del diritto significa proprio praticare 
il metodo �della comprensione del particolare nel generale� (57). 
Ci� detto, per fare un vero e proprio salto di qualit�, per radicare il diritto 
di matrice europea nel nostro ordinamento, negli ambiti in cui esso � destinato 
ad incidere, � indispensabile intercettare meglio l�interesse degli operatori 
pratici del diritto, in primis, magistrati, avvocati, notai, giuristi d�impresa, 
ed insieme a loro la folta schiera dei funzionari della pubblica amministrazione 
statale e regionale e del settore privato, ormai quotidianamente messi a confronto 
con l�applicazione e l�interpretazione del diritto dell�Unione europea. 
Per quanto riguarda i funzionari pubblici, in particolare, vale la pena rilevare 
- sulla scorta di quanto osservato dal Consiglio di Stato francese (58) - 
che l�ordinamento giuridico dell�Unione europea fa di ciascuno di essi un funzionario 
europeo, responsabile dell�applicazione delle regole definite a Bruxelles 
nello stesso modo di quelle concepite a Roma per la legislazione statale, 
o sul territorio della Repubblica, per la legislazione regionale. Ai funzionari 
italiani compete, pertanto, prendere in considerazione la dimensione europea 
sia nell�elaborazione dei testi giuridici, sia nell�attuazione delle politiche facendo 
attenzione, in entrambi i casi, ad assicurare la piena compatibilit� tra le 
nazionali e ai professionisti legali di acquisire una solida conoscenza delle regole del mercato unico che 
pi� di frequente devono applicare�. La Commissione ha iscritto questa raccomandazione chiave quale 
priorit� sia nel Piano d�azione del Programma di Stoccolma (Risoluzione sulla formazione giudiziaria 
- Programma di Stoccolma del 17 giugno 2010), sia nella Relazione 2010 sulla cittadinanza dell�Unione 
(COM (2010) 603). 
(56) Cfr. Susciter la confiance dans une justice europ�enne. Donner une dimension nouvelle � la 
formation judiciaire europ�enne, COM (2011) 551 fin. del 13 settembre 2011. 
(57) L�espressione ed il relativo concetto sono di P. PESCATORE, Pr�face, cit., X. 
(58) Cfr. CONSEIL DՃTAT, Rapport public 2007, II. L�administration fran�aise et l�Union europ�enne. 
Quelles influences? Quelles strat�gies?, �tudes et documents du Conseil dՃtat, n. 58, La Documentation 
fran�aise, Paris, 2007, 334. 
94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
norme giuridiche italiane e quelle del diritto dell�Unione europea (59). 
Il diritto dell�Unione europea, infatti, sempre pi� incide sui diversi aspetti 
della vita giuridica, politica, economica e sociale degli Stati membri ed ha prodotto, 
altres�, il fenomeno della cd. �europeizzazione� del diritto nazionale. 
Un diritto, vale la pena di ricordare, che penetra nel diritto interno con carattere 
di prevalenza e che pu�, pertanto, garantire un�effettiva tutela delle posizioni 
soggettive dei destinatari delle sue norme. Questi, infatti, a determinate condizioni, 
possono far valere tali norme dinanzi ai giudici nazionali - e, a monte, 
nei confronti della pubblica amministrazione, cos� come di ogni operatore tenuto 
ad applicarle, anche in presenza di norma nazionale discordante e contraria, 
da disapplicare nel caso di specie - senza necessit� di investire la Corte 
Costituzionale ai fini dell�eliminazione della norma interna incompatibile. 
Per misurare la portata della segnalata incidenza � sufficiente richiamare 
i dicta di due sentenze, rispettivamente, della Corte di giustizia europea e 
della nostra Corte costituzionale, tanto celebri quanto risalenti nel tempo. Fin 
dal 1978, i giudici di Lussemburgo hanno statuito che �qualsiasi giudice nazionale 
adito nell�ambito della propria competenza, ha l�obbligo di applicare 
integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce 
ai singoli disapplicando le disposizioni eventualmente incompatibili della 
legge interna sia anteriore sia successiva alla norma comunitaria; � quindi incompatibile 
con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto comunitario 
qualsiasi disposizione facente parte dell�ordinamento giuridico di uno Stato 
membro o qualsiasi prassi legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale 
porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto comunitario per il 
fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere 
di fare, all�atto stesso di tale applicazione, tutto quanto � necessario per disapplicare 
le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena 
efficacia delle norme comunitarie� (60) . 
(59) La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2008, Tempi e modalit� 
di effettuazione dell�analisi tecnico-normativa (ATN), recante la disciplina che deve essere contenuta 
nella relazione che accompagna gli schemi di atti normativi adottati dal Governo ed i regolamenti, ministeriali 
o interministeriali, ai fini della iscrizione all�ordine del giorno della riunione preparatoria del 
Consiglio dei Ministri (non diversamente da quanto previsto per le ATN regionali) d� una maggiore enfasi 
- rispetto alla precedente direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 aprile 2000 - al 
contesto normativo dell�Unione europea. Infatti, la griglia metodologica, che va seguita nella redazione 
della parte seconda dell�ATN, concerne specificamente: a) l�analisi della compatibilit� dell�intervento 
con gli obblighi posti dall�ordinamento UE; b) la verifica dell�esistenza di procedure d�infrazione aperte 
dalla Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto; c) l�indicazioni delle linee prevalenti della 
giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi dinanzi alla Corte di giustizia UE sul medesimo o analogo 
oggetto. 
(60) CG, Simmenthal, cit., punti 21 e 22; giurisprudenza consolidata: cfr. CG, 28 gennaio 2010, 
Uniplex, C-406/08, punto 50, in cui la Corte stabilisce che, qualora il giudice ritenga che le disposizioni 
nazionali non si prestano ad una interpretazione conforme al diritto dell�Unione, � tenuto a disapplicarle 
al fine di attuare integralmente il diritto dell�Unione e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 95 
In quest�ordine d�idee - e tuttavia fedele alla propria consolidata impostazione 
dualista dei rapporti fra ordinamenti - la Corte Costituzionale, dodici 
anni dopo, ha statuito che �il potere-dovere del giudice di applicare la norma 
comunitaria anzich� quella nazionale (riconosciuto ai giudici dalla sentenza 
n. 170 del 1984 di questa Corte e delle successive che hanno confermato e 
sviluppato tale giurisprudenza) non si fonda sulla presunta illegittimit� di quest�ultima, 
bens� sul presupposto che l�ordinamento comunitario � autonomo e 
distinto da quello interno, con la conseguenza che nelle materie previste dal 
Trattato C.E.E. la normativa regolatrice � quella emanata dalle istituzioni comunitarie 
secondo le previsioni del Trattato stesso, fermo beninteso il rispetto 
dei diritti fondamentali e dei diritti inviolabili della persona umana: di fronte 
a tale normativa l�ordinamento interno si ritrae e non � pi� operante� (61) . 
Come noto, di tale incidenza hanno preso atto tanto il legislatore costituzionale 
che quello ordinario. Basti rammentare, sul primo versante, l�art. 117, 
co. 1, Cost., che stabilisce che l�attivit� legislativa statale e regionale deve rispettare 
i vincoli derivanti dall�ordinamento comunitario; sul secondo, l�art. 
1, co. 1, L. 7 agosto 1990 n. 241, come modificato dall�art. 1 della L. 11 febbraio 
2005, n. 15, che sancisce la soggezione dell�attivit� amministrativa ai 
�principi dell�ordinamento comunitario�. Occorre poi riconoscere che, in progresso 
di tempo, molteplici settori del diritto interno risultano ormai disciplinati 
in maniera prevalente a livello di Unione europea, con la conseguente 
necessit� di conformazione dell�ordinamento nazionale. 
6. Segue: sue conseguenze quanto alla scelta degli Autori dei commenti 
Per attirare l�interesse degli operatori giuridici che ambiscano ad essere 
dei giuristi realmente �europei�, � manifesta l�esigenza di fornire loro uno 
strumento utile, affidabile, aggiornato, approfondito, completo e, naturalmente 
scritto in modo chiaro e di rapida ed efficace consultazione nella pratica 
quotidiana. Ci� comporta la necessit� di privilegiare un approccio fondato, in 
particolare, sulla giurisprudenza e sulla prassi delle istituzioni, organi ed organismi 
dell�Unione europea. Nel contempo, in quest�ottica, le soluzioni avanzate 
dalla dottrina, lungi dall�essere considerate mere speculazioni teoriche, 
vanno richiamate al giusto, specie allorch� � necessario esaminare profili non 
oggetto di chiarimenti giurisprudenziali o quando la giurisprudenza � stata sottoposta 
a critica. 
Queste premesse lasciano cos� comprendere le ragioni che hanno giustificato 
la scelta degli Autori dei commenti agli articoli del TUE e del TFUE. 
Destinato prevalentemente agli operatori giuridici (ma sicuramente utile 
anche a chi studia il diritto dell�Unione europea ed indispensabile a chi si prepara 
agli esami professionali ed ai pubblici concorsi), quest�opera � redatta in 
(61) Corte Cost., 14 giugno 1990, n. 285, punto 4.2.
96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
prevalenza da coloro che per mestiere si occupano o si sono occupati quotidianamente 
del diritto dell�Unione europea, cio�, soprattutto, i giuristi che attualmente 
lavorano nelle istituzioni europee o che per molti anni vi hanno 
prestato la loro attivit�, credendo sempre nelle virt� del processo d�integrazione 
giuridica dell�Europa, ma conoscendone molto bene anche le manchevolezze. 
Infatti, dei 99 Autori, ben 60 sono o sono stati funzionari o agenti delle istituzioni, 
degli organi e degli organismi dell�Unione europea, con una netta 
prevalenza [29] di referendari o ex referendari delle tre articolazioni giudiziarie 
della Corte di giustizia dell�Unione europea (62), che non a caso � considerata 
la �fabbrica� dell�Europa del diritto (63). Rilevante � anche la 
partecipazione di membri o ex membri dei Servizi giuridici della Commissione 
europea [12] (64), del Parlamento europeo [2] (65), della Corte dei conti [3] 
(66) e della Banca europea per gli investimenti [2]. Figurano tra gli Autori, 
altres�, membri delle commissioni di ricorso dell�Ufficio per l�armonizzazione 
del mercato interno, marchi, disegni e modelli [1], ex membri delle commissioni 
di ricorso dell�Ufficio comunitario per le variet� vegetali [1] nonch� amministratori 
presso il Servizio europeo per l�azione esterna [1]. Non mancano, 
poi, magistrati ordinari [5] e contabili [1], assistenti di studio presso la Corte 
costituzionale [2] e molto rilevante � altres� il numero di avvocati [23] che esercitano 
la professione in Italia ed in Europa. Conviene infine segnalare che 
un alto numero di Autori [69/99] possiede una formazione realmente �europea
�, cio� acquisita mediante titoli di studio e/o esperienze lavorative maturate 
fuori del Paese di origine. 
Pertanto, la caratteristica ed insieme l�originalit� dell�opera, rispetto a 
tutti i modelli italiani e stranieri di analoghi commentari ai Trattati istitutivi 
dell�Unione europea, sta nell�aver voluto accentuare la finalit� di ausilio pratico 
all�operatore del diritto - propria della collana nella quale il volume � inserito 
- invertendo il rapporto tra giuristi accademici e giuristi delle istituzioni 
europee (67). Gli stessi accademici, peraltro, per la maggior parte, hanno avuto 
(62) Tra gli Autori figurano, altres�, amministratori o ex amministratori della cancelleria della 
Corte di giustizia (1) o del Tribunale della funzione pubblica (2), o che lavorano o hanno lavorato presso 
il consigliere giuridico per gli affari amministrativi (1), presso la Direzione Biblioteca, Ricerca e Documentazione 
(4), presso il Servizio Stampa e Informazione (2), nonch� tra le fila dei giuristi linguisti (7). 
(63) P. MBONGO, A. VAUCHEZ (dirig�e par), Dans la fabrique du droit europ�en. Sc�nes, acteurs 
et public de la Cour de justice des Communaut�s europ�ennes, Bruylant, Bruxelles, 2009. 
(64) Tra gli Autori figurano anche membri del Gabinetto di Commissari europei (3) ed amministratori 
o ex amministratori presso il Segretariato generale (4) o presso varie Direzioni generali (16) 
della Commissione europea. 
(65) Tra gli autori si contano anche amministratori o ex amministratori presso il Segretariato generale 
(1) o presso varie Direzioni generali (4) del Parlamento europeo. 
(66) Occorre aggiungere il membro italiano della Corte dei conti. 
(67) I giuristi delle istituzioni, organi ed organismi dell�Unione si esprimono, beninteso, a titolo 
esclusivamente personale ed i loro punti di vista non impegnano in alcun modo le istituzioni di appartenenza 
o presso le quali hanno prestato la loro attivit�.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 97 
esperienze nelle istituzioni europee e/o esercitano attivamente la professione 
forense. 
Vale la pena segnalare, ancora, che questo primo commentario italiano al 
TUE ed al TFUE, non � opera soltanto di giuristi italiani. Fra gli Autori dei 
commenti figurano, infatti, giuristi di Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Slovenia 
e Spagna, alcuni dei quali hanno anche scritto direttamente in italiano. 
La loro partecipazione a questa impresa comune costituisce prova evidente 
della realt� di quella �Unione di diritto� (68) che i Trattati hanno realizzato, 
insieme all�avanzata omologazione - pure implicata dal diritto dell�Unione - 
dei modelli della cultura giuridica europea, in un disegno complessivo finalizzato 
alla sempre pi� necessaria coesione ed unit� dell�Europa. 
7. Ringraziamenti e dedica 
Quest�opera non avrebbe potuto vedere certamente la luce senza il validissimo contributo 
di oltre cento persone, tra Autori dei commenti e traduttori dal francese e dall�inglese all�italiano. 
A ciascuno di loro va il pi� vivo e sincero ringraziamento di chi scrive per l�adesione al 
progetto, per la disponibilit� a sottrarre alle proprie occupazioni professionali il tempo necessario 
alla redazione di commenti di notevole qualit� scientifica e, soprattutto, per la tolleranza 
dimostrata nel rispondere alle plurime richieste di aggiornamento in corso d�opera dei contributi, 
in modo che il volume possa considerarsi tendenzialmente aggiornato all�autunno 2011. 
Un ringraziamento particolare devo rivolgere a Fabio Pappalardo, che ha assicurato il 
coordinamento scientifico generale dell�opera. Se � stato possibile concludere quest�opera, 
cos� complessa e corposa, a circa tre anni dal suo concepimento, ci� lo si deve alla sua pazienza, 
alla sua tenacia e, soprattutto, alla sua capacit� di intrattenere, con tatto e diplomazia, 
i rapporti con un numero cos� elevato di Autori, per di pi� provenienti da ambienti giuridici 
nazionali e professionali non omogenei. 
Ringrazio altres� Daniele P. Domenicucci e Nicola Scafarto, per l�utilissimo aiuto nella 
ricerca iniziale dei commentatori, in particolare nel mondo degli Studi Legali specializzati 
nel diritto dell�Unione europea a Bruxelles ed in Italia, nonch� per la valida collaborazione 
(68) ComՏ noto - sulla scorta dell�espressione �Rechtgemeinschaft�, coniata da W. Hallstein e 
dal medesimo concettualmente precisata in occasione della conferenza tenuta all�Universit� di Padova 
il 12 marzo 1962, v. T. OPPERMAN (Hrsg.), W. HALLSTEIN, Europ�ische Reden, Stuttgart, 1979, 341-348 
- la formula �Comunit� di diritto� - nella quale n� gli Stati che ne fanno parte, n� le sue istituzioni sono 
sottratti al controllo della conformit� dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal Trattato 
- � stata utilizzata in giurisprudenza per la prima volta dalla Corte di giustizia nella sentenza 23 aprile 
1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, punto 23 e ha come principio cardine �l�idea stessa di legalit�� 
(CG, conclusioni dell�avvocato generale Mancini relative alla causa Les Verts/Parlamento, 294/83, par. 
7). La formula �Unione di diritto�, coniata da J. RIDEAU (L�incertaine mont�e vers l�Union de droit, De 
la Communaut� de droit � l�Union de droit. Continuit�s et avatars europ�ens, LGDJ, Paris, 2000, 1) � 
stata impiegata per primo dall�Avvocato generale Poiares Maduro (CG, conclusioni del 16 dicembre 
2004 Spagna/Eurojust, C-160/03, par. 17) ed � stata poi consacrata dalla Corte (CG, 3 settembre 2008, 
Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C 402/05 P e C 415/05 P, punto 
281) successivamente alla firma del Trattato di Lisbona, che sostituisce la Comunit� con l�Unione, senza 
attendere l�entrata in vigore del Trattato.
98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
nella fase di revisione di una parte dei contributi, Jos� Maria Fern�ndez Mart�n, per la rilettura 
dei commenti relativi alla Banca centrale europea e Giacomo Gattinara, per le preziose indicazioni 
concernenti i giuristi italiani che lavorano presso le istituzioni e gli organi dell�Unione 
europea a Bruxelles e, in particolare, nelle diverse Direzioni generali della Commissione europea, 
disposti a collaborare a questa impresa comune. 
Inoltre, la sperimentata �quipe redazionale della Casa Editrice Simone, coordinata da 
Simonetta Gerli, ha assicurato un editing particolarmente curato e tempi di pubblicazione ragionevoli, 
tenuto conto della complessit� e dimensione dell�opera. 
Last but not least desidero rivolgere il mio pi� deferente ringraziamento al Presidente 
Dur�o Barroso per aver onorato il volume con la sua prefazione. 
Sia consentito, infine, dedicare il volume alla memoria dei membri italiani della Corte 
di giustizia, i quali hanno fortemente contribuito, sia dalla giurisdizione sia dall�Universit�, 
ad edificare un�Europa fondata sul diritto e per il diritto. In particolare, caro a chi scrive � il 
ricordo di coloro che gli sono stati Maestri di scienza e di vita: Riccardo Monaco, Francesco 
Capotorti e G. Federico Mancini. Il personale impegno di cui quest�opera costituisce il frutto 
� ampiamente debitore del loro saldo convincimento europeistico, della loro visione dell�unit� 
europea attraverso l�integrazione giuridica e, soprattutto, del loro comune sentire per la democrazia 
e per l�Europa. 
Roma, 1� febbraio 2012
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 
Osservazioni in merito ai rilievi sollevati dalla Commissione 
e dal Parlamento dell�Unione europea alla nuova Costituzione 
ungherese 
Roberto de Felice*, Francesca Zambuco** 
SOMMARIO: 1. Procedure d�infrazione - 1.1. Banca centrale - 1.2. Autorit� giudiziaria - 
1.3. Garante per la protezione dei dati personali - 2. Ulteriori rilievi del Parlamento europeo 
- 3. Commenti alle procedure d�infrazione - 4. Rilievi ulteriori - 4.1. Preambolo - 4.2. Foundation 
- 4.3. Freedom and responsibility - 4.4. State - 5. Conclusioni. 
Il 18 aprile 2011 l�Assemblea della Repubblica Ungherese adottava la Costituzione 
(1), entrata in vigore il 1� gennaio 2012. 
Il Parlamento ha approvato il testo con 262 voti a favore e 44 contro (e 
un�astensione) mentre altri 79 deputati, tutti membri dell�opposizione non si 
sono presentati in aula per la votazione. 
I 44 voti contrari sono stati espressi dai deputati del partito di destra Jobbik, 
sempre facente parte dell�opposizione, mentre gli assenti erano i deputati socialisti 
(del partito MSZP) e liberali (del partito LMP). 
Al solo leggere il prolisso Preambolo non vi � dubbio in merito al fatto che 
la nuova Legge Fondamentale esprima i valori cardine del partito di centrodestra: 
il Fidesz-Unione Civica Ungherese, che a seguito della crisi del partito Socialista 
nel 2006 ottenne alle elezioni del 2010 la schiacciante maggioranza del 52,73%, 
conquistando, grazie ad un premio di maggioranza, due terzi dei seggi in parlamento 
che gli hanno consentito di modificare la costituzione, � notoriamente un 
partito conservatore, populista e che proclama il proprio integralismo cristiano. 
� membro del Partito Popolare Europeo, dell'Unione Democratica Internazionale 
(conservatori) e dell'Internazionale Democratica Centrista (2). 
Quanto al testo della nuova Costituzione (105 articoli) da segnalare l�insolita 
numerazione, diversa per ciascuna delle tre parti: gli articoli della prima 
parte, sulle fondamenta, sono segnati da una lettera (da A a T); la seconda parte, 
sui diritti e doveri, (intitolata �Libert� e responsabilit��), porta numeri romani 
(da I a XXXI) ed infine la terza parte, sull�organizzazione dello stato, ha numeri 
arabi (da 1 a 54). 
(*) Avvocato dello Stato. 
(**) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) http://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=hungarian%20fundamental%20law&source=web&cd= 
2&sqi=2&ved=0CC4QFjAB&url=http%3A%2F%2Ftasz.hu%2Ffiles%2Ftasz%2Fimce%2Falternative_tran 
slation_of_the_draft_constituion.pdf&ei=sDR7T4rFF8L_4QT-_4WIBA&usg=AFQjCNHm4glexjwyRHD4ZU8_
19UUOgCfjw. 
(2) http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/telescopio/0028_kelemen.
pdf.
100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Le novit� sostanziali sono numerose. La prima che parrebbe tale ovvero 
il cambio della denominazione ufficiale del Paese che da Repubblica Ungherese 
diventa semplicemente �Ungheria� in realt� costituisce solo un dato formale 
in quanto l�articolo B della Costituzione, al secondo comma, stabilisce 
che �la forma di stato dell�Ungheria � una repubblica�. 
Diversamente nella parte sui diritti e doveri, oltre alla definizione del matrimonio 
e alla protezione del feto dal momento del concepimento, � esplicito il 
riferimento all�ergastolo, senza possibilit� di riduzione della pena, che potr� essere 
comminato soltanto per reati dolosi violenti (articolo IV). Nella disposizione 
sul principio di uguaglianza (articolo XV) tra le basi di discriminazione viene 
inclusa anche la disabilit�, e l�ultimo comma estende il dovere dello Stato alla 
protezione degli anziani (oltre che dei bambini, delle donne e delle persone disabili). 
La riforma del sistema pensionistico, gi� adottata l�anno scorso, viene 
introdotta nella Costituzione che prevede un sistema statale unico (articolo XIX). 
Cambia anche la formulazione dei diritti sociali: in virt� del terzo comma 
dell�articolo XIX �la legge pu� determinare la natura e la misura dei provvedimenti 
sociali adeguandoli all�utilit� per la comunit� delle attivit� svolte 
dalla persona �. 
� una novit� anche l�introduzione del dovere di �contribuire alla crescita 
della comunit� con attivit� lavorative secondo le proprie capacit� e possibilit�� 
subito dopo la disposizione che sancisce il diritto al lavoro (articolo XII). 
� stato tra le dichiarate priorit� dei redattori della Costituzione bilanciare la 
presenza dei diritti e dei doveri nella carta fondamentale: basti pensare al 
quarto comma dell�articolo XIV il quale stabilisce che �i figli maggiorenni 
sono tenuti a prendersi cura di genitori bisognosi�. 
Diverse questioni sono lasciate al legislatore che dovr� adottare, sempre 
con una maggioranza dei due terzi, delle leggi organiche per attuare numerose 
disposizioni costituzionali. Saranno queste leggi a regolare il sistema pensionistico, 
il sistema tributario, la tutela del patrimonio nazionale (artt. 38, 40 e 
41), la tutela delle famiglie (articolo L), il sistema elettorale, le incompatibilit� 
dei deputati parlamentari, la Banca Centrale Nazionale, la Corte costituzionale 
(art. 25), il funzionamento dei partiti, la difesa (art. 45), la polizia e i servizi 
di sicurezza nazionale (art. 46), e cos� via. 
1. Procedure d�infrazione 
Il Parlamento Europeo ha ritenuto che il processo costituzionale fosse 
stato poco trasparente e che l�adozione in tempi eccessivamente brevi non 
avrebbe consentito un completo e sostanziale dibattito pubblico sul progetto 
di testo. Cos�, nella risoluzione del 5 luglio 2011, si segnalano la mancata affermazione 
di una serie di principi che l�Ungheria, in base ai propri obblighi 
internazionali, deve rispettare e promuovere quali ad esempio il divieto della 
pena di morte, di discriminazione fondata sull�orientamento sessuale, ecc. non-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 
ch� la presenza di formulazioni ambigue in ordine a nozioni fondamentali 
come �famiglia� e �diritto alla vita dal momento del concepimento�. 
Nonostante i suddetti rilievi la Costituzione � entrata in vigore spingendo 
la Commissione europea ad avviare tre procedimenti di infrazione nei confronti 
di un nuovo pacchetto legislativo varato nel quadro della stessa. Le leggi 
�incriminate� sono relative all�indipendenza della Banca Centrale, alle misure 
nei confronti dell�autorit� giudiziaria ed all�autorit� responsabile della protezione 
dei dati (3). 
La procedura � ora al suo inizio, con l�invio di tre lettere di messa in mora 
che lasciano all�Ungheria un mese di tempo per rispondere. 
Per evidenziare l�eventuale contrasto delle norme con i Trattati occorre 
analizzare pi� da vicino cosa prevede la nuova disciplina ungherese e cosa ha 
rilevato l�UE. Si � detto che le procedure riguardano tre aspetti che pare opportuno 
valutare separatamente: l�indipendenza della banca centrale nazionale, 
l�indipendenza dell�autorit� giudiziaria e l�indipendenza dell�autorit� garante 
per la protezione dei dati personali. 
1.1. Banca centrale 
La legge sulla Banca centrale ovvero la Magyar Nemzeti Bank (di seguito 
MNB) prevede che il ministro possa partecipare direttamente alle riunioni del 
consiglio monetario, che l'agenda delle riunioni stesse venga inviata al governo 
in anticipo, che le modifiche al regime di remunerazione del governatore siano 
rese immediatamente applicabili nei confronti del governatore in carica ed infine 
che il governatore ed i membri del consiglio monetario debbano prestare 
un giuramento di fedelt� al paese ed ai suoi interessi. 
Queste norme, ad avviso della Commissione, conferirebbero al governo 
il potere di influenzare la MNB dall'interno, limiterebbero la possibilit� di tenere 
dibattiti riservati e trasformerebbero le remunerazioni in strumento di pressione 
nei confronti della Banca. Altre preoccupazioni sollevano poi le regole 
relative al licenziamento del governatore e dei membri del consiglio monetario 
potendo anche il Parlamento proporre il licenziamento di uno di questi soggetti. 
Sotto l�occhio della Commissione anche una disposizione contenuta in Costituzione 
che disciplina la possibile fusione della MNB con l'autorit� di vigilanza 
finanziaria. In realt� non � la fusione in s� a rappresentare un problema 
ma l�effetto della stessa ovvero la trasformazione del governatore della MNB in 
un semplice vicepresidente della nuova struttura a danno della sua indipendenza. 
Aldil� delle generiche considerazioni sopra riportate per la Commissione 
le violazioni al diritto primario si sostanziano nel contrasto con l'articolo 130 
(3) Comunicato del Presidente Barroso reperibile ai seguenti link: http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.
do?reference=IP/12/24&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=fr; 
http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/12/17.
102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
del TFUE, con l'articolo 127, paragrafo 4, del TFUE, con l'articolo 14, paragrafo 
2, dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca 
centrale europea e con l'articolo 4 della decisione del Consiglio 98/415/CE relativo 
alla consultazione della BCE in tempo utile. In particolare l'articolo 130 
del TFUE stabilisce che: "n� la Banca centrale europea n� una banca centrale 
nazionale n� un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare 
o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, 
dai governi degli Stati membri n� da qualsiasi altro organismo" 
mentre l'articolo 127, paragrafo 4, del TFUE stabilisce che "La Banca centrale 
europea viene consultata [�] in merito a qualsiasi proposta di atto dell'Unione 
che rientri nelle sue competenze" e quindi in merito alla riorganizzazione 
della Banca Ungherese. 
1.2. Autorit� giudiziaria 
La seconda infrazione, legata all'autorit� giudiziaria, si basa sulla nuova 
et� pensionabile dei giudici e dei pubblici ministeri e fa riferimento alla decisione 
dell'Ungheria di abbassare l'et� pensionabile minima per i giudici, i pubblici 
ministeri e i notai portandola da 70 a 62 anni (ossia all'et� pensionabile 
generale) dal 1� gennaio 2012. Le norme UE relative alla parit� di trattamento 
in materia di occupazione (direttiva 2000/78/CE) proibiscono la discriminazione 
sul posto di lavoro in base all'et�. Con sentenza del 13 settembre 2011 
la Corte di giustizia (C-447/09) ha affermato che se un governo decide di ridurre 
l'et� pensionabile per un gruppo di persone e non per altri, � necessaria 
una giustificazione oggettiva e proporzionata (4). 
Tale giustificazione per un trattamento differenziato di giudici e pubblici 
ministeri rispetto ad altri gruppi non � stata individuata dalla Commissione 
tanto pi� che il governo ha gi� comunicato alla Commissione che intende innalzare 
l'et� pensionabile generale a 65 anni. Senza trascurare l�attuale momento 
storico in cui l'et� pensionabile in tutta l'Europa viene progressivamente 
innalzata, non abbassata. 
Sotto il �mirino� della Commissione anche la nuova legge sull'organizzazione 
dei tribunali in base alla quale il presidente della nuova Corte di giustizia 
accentra i poteri relativi alla gestione operativa dei tribunali, alle risorse 
umane, al bilancio e all'assegnazione delle cause. Ad una sola persona vengono 
rimesse tutte le decisioni in materia di autorit� giudiziaria, compresa la nomina 
dei giudici, senza la salvaguardia della decisione collegiale o simili cautele. 
(4) Absrtact: �l�art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78, stabilisce che le disparit� di 
trattamento in ragione dell�et� non costituiscono discriminazione qualora siano oggettivamente e ragionevolemente 
giustificate, nell�ambito del diritto nazionale, da una finalit� legittima, compresi giustificati 
obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi 
per il perseguimento di tale finalit� siano appropriati e necessari�. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 
1.3. Garante per la protezione dei dati personali 
Il terzo ed ultimo procedimento d�infrazione, che riguarda il responsabile 
del controllo della protezione dei dati, si riferisce alla recente decisione dell'Ungheria 
di creare una nuova agenzia nazionale per la protezione dei dati 
destinata, dal 1� gennaio 2012, a sostituire l'attuale autorit� responsabile della 
protezione dei dati. 
Le prime problematiche riguardano innanzitutto l�anticipata interruzione 
del mandato di sei anni del garante della protezione dei dati attualmente in carica, 
nominato nel 2008, la mancata previsione di misure ad interim fino al 2014, 
ossia fino alla scadenza del mandato dell'attuale garante, ed il potere del primo 
ministro e del presidente di licenziare arbitrariamente il nuovo responsabile. 
Ad avviso della Commissione le norme violate sarebbero due: l'articolo 
16 del TFUE che garantisce l'indipendenza dei responsabili della protezione 
dei dati (�Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale 
che la riguardano. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo 
la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le norme relative alla protezione 
delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere 
personale da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione, 
nonch� da parte degli Stati membri nell'esercizio di attivit� che rientrano nel 
campo di applicazione del diritto dell'Unione, e le norme relative alla libera 
circolazione di tali dati. Il rispetto di tali norme � soggetto al controllo di autorit� 
indipendenti�) e l'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali a norma 
del quale �Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale 
che lo riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio 
di lealt�, per finalit� determinate e in base al consenso della persona interessata 
o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha 
il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica. 
Il rispetto di tali regole � soggetto al controllo di un'autorit� indipendente�. 
Inoltre la direttiva 95/46/CE impone agli Stati membri di istituire un'autorit� 
di controllo incaricata di controllare l'applicazione della direttiva in completa 
autonomia. La Corte di giustizia nella sentenza C-518/07 del 9 marzo 
2010 ha sottolineato che le autorit� responsabili del controllo della protezione 
dei dati devono restare libere da influenze esterne, compresa l'influenza diretta 
o indiretta dello Stato e la presenza di un rischio di influenza politica esercitata 
attraverso la vigilanza dello Stato � sufficiente ad ostacolare l'esercizio indipendente 
dei compiti delle autorit� di vigilanza. 
2. Ulteriori rilievi del Parlamento europeo 
Il Parlamento europeo il 16 febbraio 2012 ha adottato una nuova risoluzione 
dove esprime �grave preoccupazione per la situazione in Ungheria per 
quanto concerne l'esercizio della democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto e 
la protezione dei diritti umani e sociali, il sistema di controlli e contrappesi,
104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
l'uguaglianza e la non discriminazione�. 
Inoltre ha chiesto alla Commissione libert� civili di verificare, insieme 
alle altre istituzioni europee, se le autorit� ungheresi hanno seguito le raccomandazioni 
della Commissione e del PE e di presentarne i risultati in una relazione 
ed alla Commissione UE di monitorare attentamente le possibili 
modifiche e l'attuazione delle controverse leggi ungheresi e verificare la loro 
compatibilit� con i trattati europei. Nella stessa risoluzione i deputati europei 
hanno chiesto all�Esecutivo di preparare uno studio per verificare: 
a) la totale indipendenza della magistratura, in particolare garantendo 
che l'autorit� giudiziaria nazionale, il pubblico ministero e i tribunali in genere 
siano amministrati senza interferenze politiche e che il mandato dei giudici 
indipendenti non possa essere abbreviato in maniera arbitraria; 
b) che il regolamento della banca nazionale ungherese rispetti la legislazione 
europea; 
c) che l'indipendenza istituzionale della protezione dei dati e della libert� 
d'informazione sia ripristinata e garantita dalla lettera e dall'attuazione della 
legge pertinente; 
d) che il diritto della Corte costituzionale di riesaminare ogni atto legislativo 
sia pienamente ristabilito, incluso il diritto di rivedere le leggi fiscali e 
in materia di bilancio; 
e) che la libert� e il pluralismo dei mezzi d'informazione siano garantiti 
dalla lettera e dall'attuazione della legge ungherese sui mezzi d'informazione, 
in particolare per quanto riguarda la partecipazione dei rappresentanti della 
societ� civile e dell'opposizione in seno al consiglio dei mezzi d'informazione; 
f) che la nuova legge elettorale sia conforme alle norme democratiche 
europee e rispetti il principio dell'alternanza politica; 
g) che il diritto di esercitare l'opposizione politica in maniera democratica 
sia garantito tanto all'interno quanto all'esterno delle istituzioni; 
h) che la legge sulle chiese e sulle confessioni religiose rispetti il principio 
fondamentale della libert� di coscienza ed eviti di subordinare la registrazione 
delle chiese all'approvazione della maggioranza di due terzi nel 
Parlamento ungherese. 
3. Commenti alle procedure d�infrazione 
Un cos� copioso intervento delle istituzioni europee sul quadro che la Costituzione 
ungherese e le leggi attuative realizzano � tale da non lasciare dubbi 
sulla non conformit� di tale normativa nazionale con il diritto comunitario e 
induce a ritenere che sarebbe opportuno spingere il Governo ungherese a rivedere 
le proprie posizioni. 
Nel momento in cui l�Ungheria � entrata a far parte dell�Unione europea 
essa ha deciso non solo di far propri i principi che stanno alla sua base ma 
anche di far in modo che tali principi trovino concreta attuazione nella legi-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 
slazione. In questa direzione poteva muoversi la Carta Fondamentale, nel 
segno di una pi� organica individuazione delle basi di partecipazione al diritto 
dell�Ue, laddove invece sembra distaccarsene affermando principi con esso in 
aperto contrasto o mancando di affermare principi la cui non esplicitazione 
pu� lasciar spazio a eclatanti violazioni. 
Procedendo con ordine, la prima lettera di messa in mora concerne le disposizioni 
relative alla MNB. Il giustificato timore della Commissione riguarda 
il danno che dalle nuove norme deriverebbe all�indipendenza della 
banca centrale. Tale indipendenza viene sancita tanto nel TFUE quanto nello 
Statuto del Sistema europeo di banche centrali e si atteggia in quattro modi: 
come indipendenza funzionale, finanziaria, istituzionale e personale. Le nuove 
leggi intaccano entrambi questi ultimi due aspetti ove consentono vere e proprie 
intrusioni da parte del governo ungherese (5) nelle riunioni e di conseguenza 
nelle decisioni della MNB, in violazione degli artt. 127 (6) e 130 TFUE 
(7), e non forniscono adeguate cautele di permanenza in carica degli organi 
decisionali, lasciando all�arbitrio del Parlamento, ma in realt� del Governo 
data la schiacciante maggioranza, l�eventuale licenziamento. L�indipendenza 
personale � lesa non soltanto tramite la minaccia del licenziamento, tanto del 
governatore quanto dei membri del consiglio monetario, ma anche mediante 
lo strumento dell�immediata applicabilit� delle modifiche al regime delle remunerazioni. 
� infatti ovvia la pressione che in questo modo si vuole esercitare 
sui suoi membri. L�effetto di queste previsioni � allora chiaro: onde evitare ritorsioni 
il consiglio stesso agir� in via preventiva allineandosi alle posizioni 
governative. Questo scenario contrasta evidentemente con i Trattati e crea 
gravi squilibri allorch� la politica della MNB viene di fatto ancorata alla maggioranza 
parlamentare a danno non solo della sua stabilit� e continuit� ma con 
evidenti ripercussioni sull�intero SEBC. Tanto pi� considerando l�attuale momento 
di profonda crisi economica mondiale che richiede di non agganciare 
alle scadenze elettorali l�operato della banca centrale ma al contrario di consentirgli 
di poter pianificare i propri interventi in piena autonomia ed in tempi 
lunghi. 
Quanto alla seconda infrazione, due sono gli aspetti degni di rilievo: l�abbassamento 
dell�et� pensionabile di giudici e pubblici ministeri e la concentrazione 
della gestione operativa dei tribunali in capo ad unico soggetto ovvero 
al Presidente della nuova Corte di Giustizia. 
Sotto il primo profilo � evidente una discriminazione, avallata dalla stessa 
(5) In particolare del Ministro dell�economia. 
(6) Articolo 127 paragrafo 4 TFUE: "La Banca centrale europea viene consultata [�] in merito 
a qualsiasi proposta di atto dell'Unione che rientri nelle sue competenze". 
(7) Articolo 130 TFUE: "n� la Banca centrale europea n� una banca centrale nazionale n� un 
membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli 
organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri n� da qualsiasi altro organismo".
106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Costituzione che all�art. XV manca di indicare l�et� come elemento di differenziazione 
nell�attribuzione dei diritti. Sebbene non si riscontri nei Trattati 
un riferimento alla discriminazione sul posto di lavoro in base all�et�, l�UE ha 
provveduto con la direttiva 2000/78/Ce che addirittura consente deroghe al 
divieto ma solo in presenza di giustificazioni oggettive e per il perseguimento 
di scopi precisi. In particolare ai sensi dell�art. 6 della direttiva gli elementi 
che annullano il divieto di limiti di et� sono una finalit� legittima e l�adozione 
di mezzi appropriati e necessari. Nessuno di questi requisiti si riscontra nella 
normativa ungherese. Di recente tra l�altro nella sent. C-447/09 la CGE ha 
avuto modo di ribadire tale divieto ricordando che il considerando 25 della direttiva 
legittima eventuali disparit� di trattamento giustificate �da obiettivi legittimi 
di politica dell�occupazione, mercato del lavoro e formazione 
professionale�. Oltre alla direttiva il divieto di discriminazione fondata sull�et� 
� sancito, seppure non esplicitamente, dall�art. 21 della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Ue che dal 2009 ha lo stesso valore giuridico dei trattati. 
Da quanto detto pare dunque evidente che la norma piuttosto che mirare 
ad una razionalizzazione del sistema giudiziario miri piuttosto ad anticipare il 
pensionamento di una categoria di giudici poco gradita alla nuova compagine 
governativa. Se poi si legge tale riforma in combinato con l�ingiustificata concentrazione 
in capo ad un unico soggetto di tutta la gestione in materia di autorit� 
giudiziaria i tentativi di ingerenza sono ancora pi� evidenti. Infatti quello 
che diventerebbe l�unico soggetto decisore � membro del supremo organo giudicante 
ungherese, la Corte suprema, i cui giudici sono eletti proprio dal Parlamento. 
Si va in questo modo non soltanto a porre in essere una normativa 
discriminatoria ma a violare uno dei principi cardine dello Stato di diritto ovvero 
quello della separazione dei poteri. Sostanzialmente si rimette la giurisdizione 
ad un unico soggetto che di fatto dipende dal Governo. 
L�ultima violazione concerne il garante per la protezione dei dati. In questo 
caso cՏ sia violazione del diritto primario, in particolare dell�art. 16 TFUE 
e dell�art. 8 della Carta dei diritti fondamentali, che del diritto derivato ovvero 
della direttiva 95/46/CE. Anche in tale ipotesi il punto cruciale si risolve nei 
poteri di ingerenza che vengono attribuiti al governo laddove il primo ministro 
pu� arbitrariamente licenziare il nuovo responsabile. Come nell�ipotesi della 
banca centrale un simile potere permette di influenzare dall�interno il garante 
onde costringerlo ad adottare i provvedimenti pi� graditi al governo per evitare 
il licenziamento. Operazione resa ancor pi� semplice dalla sostituzione dell�autorit� 
attuale, con anticipazione della scadenza del mandato precedente, 
con un�autorit� che sar� evidentemente pi� vicina al governo stesso. Infatti se 
gi� la sola vigilanza dello stato sarebbe sufficiente ad ostacolare l�esercizio 
indipendente delle funzioni, come ha avuto modo di affermare la Corte di Giustizia, 
a maggior ragione la minaccia del licenziamento attribuir� al Governo 
un potere inibitorio e di indirizzo.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 107 
4. Rilievi ulteriori 
Espressa la piena condivisione per le preoccupazioni sollevate dal parlamento 
e per le procedure di infrazione intentate gi� si � anticipato come molte 
altre questioni sollevano non pochi dubbi in merito alla compatibilit� con il 
diritto europeo e con il quadro di valori ad esso ispirato. 
Per rendere pi� agevole la ricostruzione dei profili problematici pare opportuno 
seguire la linea adottata dalla Commissione di Venezia che ha giustamente 
effettuato le proprie considerazioni seguendo lo stesso ordine della 
Costituzione (8). 
4.1. Preambolo 
Nel �National avowal� ovvero nel preambolo ci sono una serie di dichiarazioni 
preoccupanti soprattutto alla luce dell�art. R (9) il quale prevede che 
le disposizioni costituzionali vadano interpretate anche alla luce di esso. 
Gi� l�esordio per cui la Costituzione � scritta in nome di �NOI MEMBRI DELLA 
NAZIONE UNGHERESE� pone dei problemi per il mancato riferimento ai cittadini 
del paese nel suo complesso e quindi per la distinzione che viene posta tra la 
nazione ungherese e le altre nazionalit� che vivono in Ungheria. Data la nota 
funzione politica dei preamboli, oltre al ruolo di affermazione del valore che al 
testo costituzionale vuole attribuirsi, � necessario che uno dei punti ai quali il 
legislatore costituzionale presti la giusta attenzione sia il principio di amichevoli 
relazioni con i Paesi vicini. Tuttavia ove tale affermazione manchi e si intenda 
la nazione ungherese in senso ampio come comprensiva degli ungheresi che 
vivono in altri stati (assunto confermato dalla lettura dell�art. D che afferma la 
responsabilit� dell�Ungheria per la sorte degli ungheresi che vivono oltre i suoi 
confini) con conseguente attribuzione della sovranit� anche al di fuori del proprio 
territorio cՏ il rischio di ostacolare le relazioni interstatali oltre che creare 
tensioni interetniche. N� a superare l�ostacolo vale la troppo generica affermazione 
per cui �le nazionalit� che vivono con noi fanno parte della comunit� 
politica e sono parti costitutive dello Stato�, dato l�esordio che non utilizza la 
pi� ampia formula di �cittadini� ma si riferisce ai �membri della nazione ungherese�. 
A superare queste obiezioni sarebbe stato sufficiente una maggiore 
specificit� che tuttavia manca, come si evidenzier� nel corso della trattazione. 
Proseguendo nella lettura della dichiarazione iniziale si legge che �il Cristianesimo 
ha un ruolo determinante nel mantenimento della Nazione �(10). 
Tale affermazione � altrettanto preoccupante e pone le basi per una eventuale 
(8) http://www.venice.coe.int/docs/2011/CDL-AD(2011)016-e.pdf. 
(9) Art. R (3) �The provisions of the Fundamental Law shall be interpreted in accordance with 
their purposes, the National Avowal and the achievements of our historical constitution�. 
(10) �We recognise the role of Christianity in perserving nationhood�.
108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
discriminazione fondata sulla religione, seppure poi l�art. XV ponga un divieto 
in tal senso. Infatti ove si attribuisce solo al Cristianesimo una capacit� unificante 
implicitamente si afferma che religioni diverse potrebbero costituire elementi 
disgreganti dell�unit� nazionale. 
Le vere e proprie disposizioni costituzionali sono suddivise in tre parti, 
che pare opportuno analizzare separatamente, rispettivamente rubricate: 
�Foundation�, �Freedom and Responsibility� e �The State�. 
4.2. Foundation 
Nel primo corpus immediatamente degno di nota � il sopra citato articolo 
D (11). L�affermazione di responsabilit� dell�Ungheria per gli ungheresi che 
vivono oltre i suoi confini tocca un problema molto delicato quale quello della 
sovranit� degli Stati. L�assunto � troppo generico e l�utilizzo del termine �responsibility� 
� pericoloso in quanto pu� essere interpretato nel senso di autorizzare 
l�intervento delle autorit� ungheresi nei confronti di persone di origine 
ungherese ma cittadini di altri Stati. La conseguenza � evidente ovvero il rischio 
di conflitti di competenze con le autorit� del Paese interessato. Tanto 
pi� che tale azione � molto incisiva in quanto comprende il sostegno alla �creazione 
di Comunit� auto-governo� o l�affermazione di �diritti individuali e collettivi�. 
A lenire la portata fortemente preoccupante della norma potrebbe 
intervenire la legislazione attuativa di un�altra disposizione della stessa parte 
ovvero l�art. Q. Infatti ai sensi del terzo comma di detta disposizione �l�Ungheria 
accetta le regole di diritto internazionale generalmente riconosciute� 
e si impegna a far diventare altre fonti del diritto internazionale parte del sistema 
legale ungherese mediante legge. Ebbene su questo punto sarebbe allora 
opportuno intervenire in via preliminare ovvero sulla legislazione futura onde 
evitare di creare tensioni non soltanto con l�Unione europea ma con l�intera 
comunit� internazionale. 
Un�attenzione, seppur limitata, merita l�articolo H (12) che regola la protezione 
della lingua ungherese come lingua ufficiale del Paese senza prevedere 
una garanzia costituzionale di protezione delle lingue delle minoranze nazionali. 
Tuttavia una tutela implicita potrebbe ricavarsi dall�articolo XXIX che 
garantisce il diritto all�uso di tali lingue da cui un obbligo per lo Stato di tutelarle 
e sostenerne la conservazione e lo sviluppo. 
(11) Articolo D: �Bearing in mind that there iso ne single Hungarian nation that belongs together, 
Hungary shall bear responsibility for the fate of Hungarians living beyond its borders, and shall facilitate 
the survival and development of their communities; it shall support their efforts to preserve their Hungarian 
identity, the assertion of their individual and collective rights, the establishment of their community 
self- governments, and their prosperity in their native lands, and shall promote their cooperation 
with each other and with Hungary�. 
(12) Articolo H: �In Hungary the official language shall be Hungarian. Hungary shall protect the 
Hungarian language. Hungary shall protect Hungarian Sign Language as a part of Hungarian culture �. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 109 
Pi� preoccupante l�articolo L (13) che protegge il matrimonio esclusivamente 
come unione di un uomo e di una donna e ritiene la famiglia la base 
della sopravvivenza della nazione, incoraggiando pertanto ad avere figli. Nonostante 
su questa disposizione la Commissione di Venezia si sia pronunciata 
molto blandamente, in assenza di un consensus europeo disciplinante l�istituto 
del matrimonio, � necessario formulare delle osservazioni. Infatti la norma 
previene qualsiasi riconoscimento futuro alle coppie dello stesso sesso. Bench� 
in Ungheria sia vigente una normativa sulle coppie di fatto (14) in costituzione 
manca una norma antidiscriminatoria dell�orientamento sessuale. Tanto pi� 
che la disposizione attribuisce, da un punto di vista assiologico, un valore alla 
famiglia che va ben al di l� della sua portata: si nega non solo agli omosessuali 
ma a chiunque non abbia contratto matrimonio un ruolo nella sopravvivenza 
della nazione. Sicuramente la famiglia va tutelata e protetta e nulla osta a che 
uno Stato adotti politiche incentivanti all�ampliamento del nucleo familiare. 
Tuttavia la famiglia quale che sia il suo regime non � concepibile come una 
�incubatrice� di cittadini quanto piuttosto come sede di sviluppo della persona 
umana. Una visione diversa non pu� che definirsi autoritaria. Inoltre nessuna 
concezione della famiglia pu� escludere il ruolo che ciascuno, indipendentemente 
dal matrimonio, ha nel mantenimento o, per utilizzare il termine della 
Costituzione, nella sopravvivenza della nazione. Il mancato riconoscimento 
di tale eguale dignit� gi� da solo costituisce fonte di grande discriminazione. 
Proprio sul punto nella recente risoluzione del 13 marzo 2012 sulla parit� tra 
donne e uomini nell�Unione europea (15) il parlamento al paragrafo 7 espressamente 
�si rammarica dell�adozione da parte di alcuni Stati membri di definizioni 
restrittive di <famiglia> con lo scopo di negare la tutela giuridica alle 
coppie dello stesso sesso e ai loro figli; ricorda che il diritto dell�UE viene 
applicato senza discriminazione sulla base di sesso o orientamento sessuale, 
in conformit� della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea �. Qualche 
perplessit� suscita anche il terzo comma dell�articolo N (16) ove alla Corte 
Costituzionale � imposto di rispettare il principio di cui al primo comma ovvero 
di �gestione del bilancio equilibrata, trasparente e sostenibile�. Le perplessit� 
(13) Articolo L: �Hungary shall protect the institution of marriage as the union of a man and a 
woman established by voluntary decision, and the family as the basis of the nation�s survival. Hungary 
shall encourage the commitment to have children��. 
(14) Nel 2009 � stata approvata dal Parlamento Ungherese la legge sulle "bejegyzett �lett�rsi 
kapcsolat" (letteralmente unioni domestiche registrate) entrata in vigore nel luglio 2009. Le principali 
differenze rispetto al matrimonio risiedono nell�impossibilit� per i conviventi di scegliere un cognome 
comune, di avvalersi del diritto di adozione congiunta o adozione dei figli del convivente e nel divieto 
di valersi di tecniche di procreazione medicalmente assistita. 
(15) www.europarl.europa.eu/sides/getDoc?/pubRef. 
(16) Articolo N, comma 1 e 3: �Hungary shall enforce the principle of balanced, transparent and sustainable 
budget management�.In the course of performing their duties, the Constitutional Court, courts, 
local governments and other state organs shall be obliged to respect the principle set out in Paragraph (1)�. 
110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
derivano dal fatto che tale norma pare attribuire alla gestione del bilancio una 
priorit� rispetto a quello che invece deve essere il ruolo primario della Corte 
Costituzionale ossia quello di valutare i vari interessi in gioco in caso di violazione 
di diritti fondamentali. � principio ormai consolidato quello per cui in 
nessun caso le ragioni finanziarie, che pure possono essere utilizzate nell�interpretazione 
ed applicazione delle norme, possono essere di tale importanza 
da consentire di superare le garanzie costituzionali. Di conseguenza la Corte 
non pu� essere distolta dal suo compito di esaminare un atto eventualmente 
invalidandolo a danno del principio di cui sopra se esso viola la Costituzione. 
4.3. Freedom and responsibility 
Il secondo blocco, �Freedom and responsibility� adotta una numerazione 
diversa e comprende gli articoli dall� I al XXXI. Subito va segnalato che tale 
capitolo contiene disposizioni di diversa natura giuridica in quanto passa dai 
principi e diritti fondamentali a cc.dd. diritti sociali ed alle responsabilit�. Inoltre 
i diritti fondamentali non sono limitati agli individui ma anche alle �communities�(
17). Questa circostanza accompagnata alla indeterminatezza di 
molti dei termini utilizzati attribuisce alle leggi speciali (18), che di fatto detteranno 
le norme per i diritti e doveri, eccessivi margini di discrezionalit� con 
il rischio di erodere il contenuto di queste garanzie. Questo problema non � di 
poco conto se si considera che il contenuto dei diritti fondamentali � una questione 
costituzionale per eccellenza. 
Gi� l�articolo I (19) contiene formulazioni troppo generiche ove al terzo 
comma afferma che un diritto fondamentale pu� essere ristretto per tutelarne 
un altro altrettanto fondamentale o difendere un valore costituzionale. Tale disposizione 
consente una ingiustificata limitazione per il perseguimento di un 
obiettivo non meglio specificato senza fissare limiti di contenuto e temporali a 
tale restrizione, e soprattutto senza individuare un nucleo di diritti che per loro 
natura non possono in alcun modo essere sospesi, nemmeno temporaneamente. 
L�articolo II prevede, oltre alla inviolabilit� della dignit� umana ed al diritto 
alla vita ed alla dignit� altres� la tutela della vita del feto dal momento 
del concepimento. Questa disposizione pare gettare le basi per una pi� generalizzata 
restrizione del ricorso all�aborto, con la modifica dell�attuale disciplina, 
se non addirittura per un divieto. Tuttavia onde scongiurare un simile 
rischio, al di l� delle concezioni morali o religiose relative all�aborto, cՏ da 
considerare che lo Stato oltre a dover tutelare la vita del feto deve proteggere 
(17) Articolo I, comma 2. 
(18) Articolo I, comma 4. 
(19) Articolo I comma 3: �The rules for fundamental rights and obligations shall be determined 
by special acts. A fundamental right may be restricted to allow the exercise of another fundamental right 
or to defend any constitutional value to the extent absolutely necessary, in proportion to the desired 
goal and in the respect of the essential content of such fundamental right �.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 111 
l�integrit� fisica della madre per la quale l�aborto pu� non essere una scelta se 
a repentaglio � la sua stessa vita. Negando tale possibilit� alla madre si considera 
la vita del futuro nascituro un bene superiore rispetto alla vita della madre. 
Suscita qualche perplessit� l�articolo IV, ove prevede la condanna all�ergastolo 
senza possibilit� di riduzioni di pena, in relazione all�art. 3 della CEDU 
(20). La Corte Europea dei diritti dell�uomo ha recentemente avuto modo di 
affermare (21) che l�imposizione di una condanna all�ergastolo non � di per 
s� proibita o incompatibile con l�art. 3 o altra disposizione della Cedu qualora 
il diritto nazionale offra una possibilit� di revisione della pena e quindi la condanna 
sia de facto e de iure riducibile. Tale previsione manca nel secondo 
comma dell�articolo in esame. 
L�articolo VII sancisce al primo comma il diritto alla libert� di pensiero, 
coscienza e religione; al secondo da un lato afferma che Stato e chiese sono 
separate e che le Chiese sono autonome, ma dall�altro dispone che lo Stato 
cooperi con la Chiesa per il perseguimento di obiettivi comuni. A garantire le 
libert� in questione provvede l�articolo 9 CEDU che si applica non solo agli 
individui ma anche alle chiese ed alle comunit� religiose. Secondo la Corte 
europea in questo quadro lo Stato deve agire in modo neutrale ed imparziale 
nell�organizzazione delle diverse credenze religiose onde mantenere la sicurezza 
pubblica, l�armonia religiosa e la tolleranza. A questo scopo essenziale 
per uno Stato di diritto � la separazione tra Stato e Chiesa. Nella norma analizzata 
tale separazione � apoditticamente affermata, ma a questo assunto segue 
poi la previsione di una cooperazione con la Chiesa per il perseguimento di 
specifici obiettivi la cui determinazione non risulta n� in Costituzione n� � rimessa 
a leggi successive (22). A tale mancata specificazione occorre supplire 
onde evitare che il richiamo alla religione venga utilizzato per dar corso a discriminazioni 
fondate sulla stessa. 
L�articolo IX (23) pone problemi in quanto le libert� di stampa e di espressione 
non sono formulate come diritto di un individuo ma come un obbligo 
dello Stato. In questo modo tali libert� vengono di fatto a dipendere dalla volont� 
dello Stato con conseguenze in ordine alla sostanza ed alla qualit� della 
tutela ed alle possibilit� di successo giurisdizionale nei casi violazione della 
norma. Tale ricostruzione non � accettabile: la libert� di espressione costituisce 
(20) Art. 3 CEDU: �nessuno pu� essere sottoposto a tortura n� a pene o trattamenti inumani o 
degradanti�. 
(21) Sentenza del 12 febbraio 2008 n. 21906/04, Kafkaris c. Cipro. 
(22) Si parla di Cardinal act solo con riferimento alle regole applicabili alle chiese non anche agli 
obiettivi che queste devono perseguire insieme allo Stato. 
(23) Articolo IX: �Every person shall have the right to express his or her opinion. Hungary shall 
recognise and defend the freedom and diversity of the press, and shall ensure the conditions for free 
dissemination of information necessary for the formation of democratic public opinion. The detailed 
rules for the freedom of the press and the organ supervising media services, press products and the infocommunications 
market shall be regulated by a cardinal Act�.
112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
uno dei fondamenti essenziali di una societ� democratica ed il rispetto del pluralismo 
deve valere non soltanto per le informazioni o le idee accolte con favore 
o considerate come inoffensive, ma anche per quelle che urtano lo Stato 
o una frazione qualunque della popolazione (24); anzi la libert� di critica politica 
rivolta ai pubblici poteri � cos� essenziale in una democrazia che quando 
sono in discussione questioni di interesse generale la critica pu� assumere 
anche toni molto aspri e aggressivi senza che sia possibile alcuna restrizione 
(25). Nel caso di specie il problema � poi ancor pi� acuito dal fatto che la disciplina 
di dettaglio e le modalit� di vigilanza sul rispetto di tali �diritti� vengono 
rimesse ad un cardinal Act senza illustrare le finalit�, i contenuti e le 
eventuali limitazioni di tale legislazione attuativa. 
L�articolo XV manca di specificit�, al pari di molte disposizioni che lo 
precedono, ove afferma parit� di trattamento senza discriminazione basata 
sulla razza, il colore, il sesso, la disabilit�, la lingua, la religione, le opinioni 
politiche o di altro genere, l�origine nazionale o sociale, finanziaria, di nascita 
o su altre circostanze. Oltre alla genericit� manca anche un elemento: il divieto 
di discriminazione fondata sull�orientamento sessuale. Tale carenza � ancor 
pi� grave se considerata alla luce dell�art. L che nega dignit� costituzionale 
alle unioni tra soggetti dello stesso sesso, n� all�individuo in quanto tale attribuisce 
un ruolo essenziale nella sopravvivenza della nazione. Conseguentemente 
questi soggetti non riceverebbero protezione n� come individui 
singolarmente considerati n� come coppie. Il tutto in contrasto con il TFUE, 
in particolare con l�art. 19 (26), con varie fonti di diritto europeo secondario 
che esplicitamente tutelano contro discriminazioni basate sull�orientamento 
sessuale (27) e con l�art. 21 (28) della Carta di Nizza. 
(24) CEDU, sent. 7 dicembre 1976, Handyside c. Regno Unito. 
(25) CEDU, sent. 27 febbraio 1995, Vogt c. Germania; CEDU sent. 8 luglio 1999, Baskaya e Ok�uoglu 
c. Turchia. 
(26) Art. 19 TFUE: �1. Without prejudice to the other provisions of the Treaties and within the limits 
of the powers conferred by them upon the Union, the Council, acting unanimously in accordance 
with a special legislative procedure and after obtaining the consent of the European Parliament, may 
take appropriate action to combat discrimination based on sex, racial or ethnic origin, religion or belief, 
disability, age or sexual orientation. 2. By way of derogation from paragraph 1, the European Parliament 
and the Council, acting in accordance with the ordinary legislative procedure, may adopt the basic principles 
of Union incentive measures, excluding any harmonisation of the laws and regulations of the 
Member States, to support action taken by the Member States in order to contribute to the achievement 
of the objectives referred to in paragraph 1�. 
(27) Direttiva 2000/78/CE sulla parit� di occupazione. 
(28) Art. 21: �1. � vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, 
la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione 
o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una 
minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'et� o le tendenze sessuali. 2. Nell'ambito 
d'applicazione del trattato che istituisce la Comunit� europea e del trattato sull'Unione europea � vietata 
qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute 
nei trattati stessi�.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 113 
4.4. State 
La terza ed ultima parte, riferita allo Stato, prevede una numerazione ulteriormente 
diversa con gli articoli dall�1 al 54. Nonostante il cambiamento di 
denominazione del paese da Repubblica Ungherese ad Ungheria, la nuova costituzione 
mantiene la forma repubblicana. Sono tuttavia fonte di preoccupazione 
tanto l�indebolimento dei poteri della maggioranza parlamentare quanto 
della posizione della Corte Costituzionale. Inoltre le disposizioni contenute in 
questa parte, come nelle precedenti, sono molto generiche con la conseguenza 
che la legislazione successiva potrebbe approntare cambiamenti radicali. 
Quanto alla Corte Costituzionale subito viene in rilievo l�art. 24 che non ne 
disciplina in dettaglio organizzazione, mandato e funzionamento lasciando ad 
un Cardinal Act la suddetta disciplina, come il compito di definire la portata delle 
sue competenze e delle relative norme e procedure, sebbene qualche riferimento 
si rinvenga all�art. N. Oltre a questa lacunosit� una certa limitazione delle competenze 
si ricava dalla lettura delle disposizioni successive soprattutto quanto al 
controllo in materia di bilancio e tasse, come meglio specificato di seguito. 
Gli articoli da 25 a 28 si occupano delle Corti stabilendo anche in questo 
caso un quadro molto generale per il funzionamento del sistema giudiziario e 
rimettendo ancora una volta ad un cardinal Act la definizione tanto delle �modalit� 
di organizzazione e amministrazione dei tribunali � quanto dello �stato 
giuridico e [del]la remunerazione dei giudici�. 
L�articolo 25 disciplina il sistema dei tribunali affermando che la magistratura 
debba avere un�organizzazione multi-livello (29), senza tuttavia specificare 
cosa debba intendersi con questa espressione n� se i tribunali esistenti 
verranno mantenuti. Mancando inoltre qualsiasi riferimento al Consiglio nazionale 
della magistratura non � chiaro se questo organo continuer� ad esistere. 
L�articolo 26 stabilisce che i singoli magistrati siano indipendenti e subordinati 
solo alla legge ma manca una dichiarazione esplicita per cui gli stessi 
costituiscono un corpo separato e indipendente, dichiarazione necessaria alla 
luce del principio di separazione dei poteri sancito nella stessa Costituzione 
all�articolo C. Ai sensi del comma 2 della disposizione in esame l�et� pensionabile 
generale viene applicata anche ai giudici, il che pone problemi sia alla 
luce dei principi fondamentali di indipendenza e inamovibilit� dei giudici che 
alla luce del principio di continuit� e sicurezza giuridica in quanto la riforma 
porter� al pre-pensionamento di circa 300 giudici entro un anno con una evidente 
compromissione della capacit� operativa dei tribunali. 
Qualche perplessit� suscita anche il successivo articolo 27 alla luce delle 
norme europee relative allo status dei giudici ove, al comma 3, d� la possibilit� 
ai segretari giudiziari, in specifici casi, di esercitare le competenze dei giudici 
(29) Art. 25 co. 4: �The judiciary shall have a multi- level organization��.
114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
unici soggetti all�art. 26. Il problema deriva dalla necessit� che vengano fissati 
tanto i requisiti necessari ad adempiere a tali funzioni giurisdizionali quanto 
le condizioni che dovrebbero garantire indipendenza, competenza e imparzialit� 
dei giudici. 
Terminata l�analisi della disciplina delle �Courts� degno di nota � l�articolo 
30 il quale prevede la sostituzione da parte di un unico commissario per 
i diritti fondamentali dei precedenti quattro commissari parlamentari specializzati. 
Il suo compito principale � quello di �proteggere i diritti fondamentali�. 
Tuttavia rientra tra i diritti fondamentali anche il diritto alla protezione dei dati 
personali che la costituzione affida ad un�autorit� indipendente (30) di cui non 
sono specificati n� competenze n� funzionamento senza peraltro la rimessione 
di tale determinazione ad un futuro atto legislativo. Se � vero che gli stati membri 
godono di un certo margine di discrezionalit� nel recepimento degli accordi 
internazionali � altrettanto vero che una volta instaurato un certo livello di garanzie 
per la tutela e promozione dei diritti fondamentali tale livello non pu� 
essere abbassato, conseguenza che potrebbe verificarsi a seguito della diminuzione 
di istituzioni a ci� deputate. 
Gli articoli dal 31 al 35 disciplinano i governi locali. 
L�art. 31 pur disponendo che i governi locali sono incaricati di amministrare 
i pubblici affari ed esercitare il potere pubblico a livello locale manca 
di menzionare il principio di autogoverno locale in contrasto con il CEAL ovvero 
la Carta Europea delle autonomie locali. Tale atto esige il rispetto di un 
numero minimo di principi tra cui quello dell�autonomia locale cui si affiancano 
i principi di sussidiariet�, di autonomia finanziaria, di adeguatezza tra risorse 
e competenze e di tutela giuridica delle autonomie stesse (31). 
Sempre problemi di compatibilit� con il Ceal (32) pone l�articolo successivo 
ove in materia di controllo sulle attivit� dei governi locali non distingue 
tra le competenze proprie delle autorit� locali e quelle delegate dal governo 
centrale n� tra il controllo di legittimit� sulle attivit� e la supervisione sulla 
convenienza delle loro decisioni. 
Da ultimo l�articolo 35 (33) consente lo scioglimento da parte del Parlamento 
degli organi elettivi locali a fronte di una violazione della Costituzione 
(30) Art. VI, comma 3. 
(31) Articolo 2 Ceal: �The principle of local self-government shall be recognised in domestic legislation, 
and where practicable in the constitution�. 
(32) Art. 8: �Any administrative supervision of local authorities may only be exercised according 
to such procedures and in such cases as are provided for by the constitution or by statute. Any administrative 
supervision of the activities of the local authorities shall normally aim only at ensuring compliance 
with the law and with constitutional principles. Administrative supervision may however be 
exercised with regard to expediency by higher-level authorities in respect of tasks the execution of which 
is delegated to local authorities. Administrative supervision of local authorities shall be exercised in 
such a way as to ensure that the intervention of the controlling authority is kept in proportion to the importance 
of the interests which it is intended to protect �.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 115 
senza una decisione vincolante di un tribunale e attribuendo alla Corte Costituzionale 
un ruolo meramente consultivo. 
Gli articoli da 36 a 45 sono dedicati alla finanza pubblica, con lo scopo 
specifico di migliorare le finanze dello Stato. 
Nessuna obiezione pu� essere mossa alle disposizioni costituzionali miranti 
a mantenere il disavanzo dello Stato sotto il 50% del Pil. Tuttavia questo 
obiettivo non pu� minare valori costituzionali altrettanto fondamentali impedendo 
alla Corte Costituzionale uno scrutinio su atti eventualmente lesivi di 
diritti fondamentali. In tal senso significativa � la disposizione di cui al comma 
4 dell�art. 37 che pone una grave limitazione alle competenze della Corte, affermando 
che il suo potere di riesame si limita a campi specificatamente elencati. 
Tale limitazione crea l�impressione che il mantenimento del disavanzo al 
di sotto della soglia sopra indicata sia un obiettivo talmente importante da giustificare 
anche il ricorso a leggi incostituzionali. Se � vero che in questa materia 
gli Stati membri godono di ampi margini di discrezionalit� � altrettanto 
vero che tale discrezionalit� non � illimitata ed � specifico compito del legislatore 
trovare un giusto equilibrio tra le esigenze di tutela del generale interesse 
pubblico e le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell�individuo 
non imponendo a quest�ultimo oneri eccessivi e sproporzionati. Pertanto negli 
Stati che hanno istituito una Corte Costituzionale � essenziale consentire a tale 
Corte di valutare la conformit� di tutte le leggi con i diritti umani costituzionalmente 
garantiti senza alcuna distinzione in relazione all�oggetto della legge 
stessa. 
L�articolo 44 si occupa del Consiglio di bilancio, le cui competenze hanno 
un impatto significativo sull�adozione del bilancio dello Stato e sul relativo 
potere del Parlamento, costituendo il bilancio uno degli strumenti principali 
attraverso cui la maggioranza parlamentare esprime ed attua il suo programma 
politico. L�adozione del bilancio dello Stato � notoriamente competenza esclusiva 
del Parlamento e subordinarne l�adozione al consenso di un organo quale 
il Consiglio di bilancio, con limitata legittimit� democratica, in quanto nessuno 
dei suoi membri � eletto direttamente, � soluzione molto problematica. Essa 
infatti va a ripercuotersi negativamente sulla legittimit� democratica delle decisioni 
di bilancio, tanto pi� che sulle stesse la Corte Costituzionale non pu� 
esercitare appieno il proprio sindacato. Gli articoli 45 e 46 che statuiscono 
sulle forze di difesa, sulla polizia e sui servizi di sicurezza nazionale, non pongono 
problemi particolari. 
Al contrario sollevano molti dubbi e perplessit� le disposizioni successive, 
dalla 48 alla 54 ricomprese sotto la formula �Special legal orders� che 
dettano �Common rules for the state of National crisis and the state of emer- 
(33) Art. 35 co. 5: �Parliament may dissolve any local representative body which violates the 
Fundamental Law at the proposal of the Government after consultation with the Constitutional Court �. 
116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
gency�. Queste disposizioni sono dettate per situazioni in cui non � possibile 
il normale funzionamento degli organi dello Stato e pertanto si d� vita a speciali 
ordinamenti giuridici ove vengono adottate misure straordinarie. Peraltro 
un preludio ad un simile corpus di norme gi� si desumeva dalla previsione di 
cui all�art. I comma 3 ove si affermava che �un diritto fondamentale pu� essere 
limitato per consentire l�esercizio di un altro diritto fondamentale, o per difendere 
un valore costituzionale nella misura in cui sia assolutamente necessario, 
in proporzione all�obiettivo desiderato ��. 
Innanzitutto l�impressione che si ricava � quella di uno Stato sotto assedio 
con la previsione di ben cinque ipotesi di stati straordinari quali lo stato di 
crisi nazionale, lo stato di emergenza, lo stato di difesa preventiva, gli attacchi 
inaspettati e lo stato di estremo pericolo. 
Inoltre la disciplina di questi ordinamenti speciali non � limitata a quanto 
fissato in Costituzione ma deve meglio essere specificata dalla legislazione 
successiva come disposto al comma 4 dell�art. 54, che ben potrebbe ampliare 
le ipotesi di ricorso a misure eccezionali. 
Proprio l�art. 54 � la disposizione pi� problematica ove afferma che al 
verificarsi di una di queste ipotesi si pu� restringere se non addirittura sospendere 
l�esercizio di un diritto fondamentale. Gli unici diritti che mai possono 
essere sospesi sono quelli di cui agli artt. II-III e XXVIII (solo commi 2 e 5) 
e quindi, in sintesi, il diritto alla dignit� umana, il diritto a non essere soggetto 
a trattamenti inumani e degradanti ed il diritto a non essere considerati colpevoli 
di un reato fino ad una sentenza che ne accerti la commissione. Ebbene 
risulta evidente la gamma di diritti altrettanto fondamentali che al sorgere di 
uno stato di necessit� possono essere sospesi quali il diritto alla libert� ed alla 
sicurezza personale di cui all�art. IV, la libert� di espressione e di stampa ex 
art. IX e soprattutto il diritto ad un eguale trattamento di fronte alla legge senza 
discriminazione, espressione del pi� generale principio di uguaglianza, sancito 
gi� in modo assai limitato dall�art. XV. L�esclusione di tali diritti fondamentali 
dalla sospensione risulta inaccettabile in quanto nessuna situazione straordinaria 
pu� giustificarla. Nel caso di specie poi la situazione � resa ancor pi� 
grave dalla mancata specificazione delle condizioni al ricorrere delle quali, di 
vera emergenza si possa parlare, lasciando anche tale determinazione alla legislazione 
attuativa. 
Occorre dunque analizzare la compatibilit� dell�articolo 54 con la CEDU. 
L�articolo 15 (34) della Convenzione consente a ciascuno stato membro di 
adottare misure derogatorie a taluni obblighi della convenzione a fronte di particolari 
condizioni che minaccino la vita della nazione. Una norma analoga � 
prevista nell�art. 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 
che dovrebbe vincolare la generalit� degli stati membri dell�ONU. 
Tuttavia la giurisprudenza della Corte di Strasburgo nel tempo ha tentato, 
sulla base di ricorsi individuali pervenuti da soggetti che subirono lesioni ai
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 117 
loro diritti fondamentali in applicazione delle norme nazionali derogatorie, di 
individuare un �nucleo duro� di principi fondamentali e libert� costituzionalmente 
garantite che devono essere comunque assicurate, anche durante gli 
stati di eccezione, in qualsiasi forma di Stato democratico. 
Innanzitutto l�interpretazione dell�articolo 15 deve essere fortemente restrittiva 
(35) e cio� alludere a situazioni di una gravit� eccezionale tale da autorizzare 
non delle semplici limitazioni, ma delle deroghe alle norme poste a 
tutela dei diritti fondamentali. Ci� in relazione agli articoli da 8 a 11 che gi� 
consentono restrizioni a taluni diritti fondamentali in caso di pericolo per l�ordine 
pubblico e la sicurezza. In sostanza i provvedimenti adottati non dovrebbero 
avere una finalit� di mera prevenzione dell�aggravamento di una 
situazione in atto, ma soltanto quella di rimediare ad un pericolo attuale o comunque 
imminente e concreto e di intensit� tale da minacciare tutta la popolazione. 
Chiaramente la valutazione circa la sussistenza di un pericolo pubblico 
che minacci la vita di una nazione e di quali siano le misure necessarie per affrontare 
in concreto la situazione � lasciata dalla Corte al margine di apprezzamento 
degli Stati, i quali tuttavia allorch� si vogliano avvalere dell�art. 15 
CEDU devono rispettare una determinata procedura di comunicazione relativa 
al contenuto delle misure prese ed ai motivi che le hanno imposte. 
Quanto al �nucleo duro� dei diritti inviolabili l�articolo 15 da un lato configura 
uno standard minimo e dall�altro implicitamente consente di sindacare 
sul rispetto di eventuali altri e pi� penetranti ed inderogabili obblighi internazionali. 
Ne deriva che ad essere inderogabili non sono soltanto il diritto alla 
vita, il divieto di tortura, il divieto di schiavit� e i principi di tassativit� ed irretroattivit� 
della legge penale, indicati all�art. 15, ma anche l�abolizione della 
pena di morte (36), il diritto di non essere punito o giudicato due volte (37), il 
diritto alla personalit� giuridica (38), la libert� di pensiero, coscienza e religione 
(39), il divieto di privare un individuo della libert� a causa di un ina- 
(34) Articolo 15 CEDU: �1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la 
vita della nazione, ogni Alta Parte contraente pu� adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti 
dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali 
misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale. 2. La disposizione 
precedente non autorizza alcuna deroga all�articolo 2, salvo il caso di decesso causato da legittimi atti 
di guerra, e agli articoli 3, 4 � 1 e 7. 3. Ogni Alta Parte contraente che eserciti tale diritto di deroga 
tiene informato nel modo pi� completo il Segretario generale del Consiglio d�Europa sulle misure prese 
e sui motivi che le hanno determinate. Deve ugualmente informare il Segretario generale del Consiglio 
d�Europa della data in cui queste misure cessano d�essere in vigore e in cui le disposizioni della Convenzione 
riacquistano piena applicazione �. 
(35) Commissione europea dir. umani, rapp. 19 dicembre 1959, Lawless v. Ireland, par. 28. 
(36) Art. 3 Prot. n. 6 alla CEDU. 
(37) Art. 4 Prot. n. 7 alla CEDU. 
(38) Art. 16 Patto internazionale sui diritti civili e politici. 
(39) Prevista dall�art. 9 CEDU, ma che l�art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici 
considera inderogabile.
118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dempimento contrattuale (40) e il principio di non discriminazione (41). Tutti 
principi che non vengono nemmeno lontanamente presi in considerazione nella 
Costituzione Ungherese. 
Dalla lettura della norma della Convenzione si evince poi l�esigenza del 
rispetto di due ulteriori principi ovvero quelli di necessit� e proporzionalit� 
che consentono di valutare il rapporto di stretta necessit� delle misure derogatorie 
adottate rispetto alla situazione di emergenza e il nesso di proporzionalit� 
tra le modalit� concrete di esercizio dei poteri eccezionali e le esigenze 
concrete poste dalla singola situazione di emergenza. Proprio il controllo sul 
nesso di proporzionalit� d� rilevanza decisiva alla previsione a livello nazionale 
di adeguate garanzie giuridiche contro possibili abusi nell�applicazione 
delle misure derogatorie. Ne deriva che ad ampliare il nucleo duro sopravvengono 
altres� il controllo parlamentare e le garanzie giurisdizionali. 
In ogni caso oltre ad un possibile ampliamento dei diritti inderogabili gi� 
esaminando i tre gruppi di principi esplicitamente enucleati nella CEDU si 
ravvisa da parte della Legge Fondamentale ungherese il mancato rispetto dello 
standard minimo che la Cedu impone. 
Innanzitutto non pu� mettersi in dubbio l�inderogabilit� del diritto alla 
vita al quale per� sono connessi i divieti non solo della pena di morte ma anche 
di estradizione e di espulsione qualora da questi provvedimenti possa essere 
messo a repentaglio il diritto stesso perch� non tutelato nel paese di destinazione. 
Ebbene se le deroghe ungheresi implicitamente tutelano il diritto alla 
vita mancano di far salvi questi divieti sanciti all�art. XIV della Costituzione 
ungherese che non viene sottratto alla deroga dell�art. 54. � chiaro che una 
completa protezione della vita deve estendersi a provvedimenti che possano 
metterla in pericolo al di fuori del territorio nazionale ma a causa di un atto 
nazionale. Infatti l�obbligo di ogni Stato va al di l� del dovere fondamentale 
di assicurare il diritto alla vita predisponendo una legislazione penale concreta 
che dissuada dal commettere violazioni contro la persona e fondata su un meccanismo 
di applicazione concepito per prevenire, reprimere e sanzionare le 
violazioni ma pone a carico dell�autorit� l�obbligo di adottare preventivamente 
misure di ordine pratico per proteggere l� individuo la cui vita sia minacciata 
dai comportamenti criminosi di altri. 
Il secondo gruppo che viene in rilievo comprende il diritto all�integrit�, il 
divieto di tortura e di pene e trattamenti inumani e degradanti. Trattasi di diritti 
assoluti che non ammettono deroghe ma che possono altres� essere compromessi, 
al pari del diritto alla vita, da eventuali pratiche di estradizione ed espulsione 
che non vengono qualificate come inapplicabili in situazioni di emergenza. 
Maggiori problemi pone la mancata inclusione del divieto di discrimina- 
(40) Art. 1 del Prot. n. 4 alla CEDU, ma che l�art. 2 del Patto considera inderogabile. 
(41) Previsto dall�art. 14 CEDU, ma � previsto come fondamentale ed inderogabile dall�art. 4 del Patto. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 119 
zione nel nucleo di diritti inderogabili di cui all�art. 54 della Costituzione ungherese. 
Infatti seppure tale principio non � espressamente previsto come inderogabile 
anche durante periodi eccezionali in base all�art. 15 CEDU lo � 
sulla base del richiamo fatto in quest�ultima norma al rispetto degli altri obblighi 
internazionali, tra i quali vi � il Patto internazionale sui diritti civili e politici, 
nel quale il principio � invece considerato come inderogabile. Inoltre � 
noto che il principio di non discriminazione rappresenta una manifestazione 
del pi� generale principio di uguaglianza, che � stato considerato dalla Corte 
di Giustizia come uno dei principi fondamentali del diritto dell�Unione europea 
(42). � chiaro che una eventuale deroga al principio in esame potrebbe compromettere 
anche il rispetto di altri principi considerati invece come intangibili. 
Sicuramente non agevola il quadro l�ambivalente nozione di sicurezza, cui 
si ricorre in tutte queste ipotesi derogatorie. Essa pu� essere considerata non 
soltanto come un limite possibile all�esercizio dei diritti fondamentali, ma anche 
come un diritto soggettivo. Il bisogno di sicurezza, da soddisfarsi come diritto, 
� previsto fin dall�art. 2 della Dichiarazione dei diritti dell�uomo e del cittadino 
del 1789 e tutelato a fianco del diritto alla libert� dall�art. 5, comma 1, CEDU 
quasi ad intenderlo come un rafforzativo della protezione della libert� personale. 
In un simile contesto di contemperamento di diverse esigenze e difficolt� 
interpretative un intervento mitigatore, a fronte di eventuali violazioni dei pubblici 
poteri di questi principi fondamentali in qualsiasi circostanza emergenziale, 
potrebbe essere svolto dal giudice costituzionale, il cui ruolo per� � pi� 
o meno efficace a seconda dei limiti intrinseci al pi� generale sistema di giustizia 
costituzionale adottato in ogni Paese. E gi� si � avuto modo di analizzare 
come il potere della Corte, pur fatto salvo nella norma in esame, sia di fatto 
fortemente ridotto per effetto delle disposizioni precedenti. 
In conclusione � evidente che in uno stato democratico la sicurezza e l�ordine 
pubblico non possono diventare il pretesto delle peggiori soppressioni 
dei diritti fondamentali � non cՏ societ� democratica senza che il pluralismo, 
la tolleranza, lo spirito di apertura si traducano effettivamente nel suo regime 
istituzionale con la previsione di un controllo efficace dell�Esecutivo, esercitato 
senza pregiudizio del controllo parlamentare e di un potere giudiziario indipendente, 
entrambi volti ad assicurare il rispetto della persona umana (43). 
5. Conclusioni 
I principi ed i valori che possono riassumersi nella ontologica eguaglianza 
degli esseri umani, e nel divieto di discriminazioni per ragioni di carattere 
(42) Corte Europea di Giustizia, Racke, sentenza del 13 novembre 1984, causa 283/83, in Raccolta 
1984, p. 3791; EARL, sentenza del 17 aprile 1997, causa C-15/95, in Raccolta 1997, p. I-1961; Karlsson, 
sentenza del 13 aprile 2000, causa C-292/97, in Raccolta 2000, p. 2737. 
(43) CEDU, sent., 26 aprile 1979, Sunday Times c. Regno Unito. 
120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ideologico o religioso, appartengono ad un nucleo cui si � giunti di recente e 
non senza resistenze e contorsioni nella storia degli ordinamenti giuridici. Pertanto 
� sempre presente il rischio che uno Stato, forte della maggioranza dei 
suffragi, faccia macchina indietro nella strada dell�affermazione e dell�ampliamento 
di tali valori. 
Il quadro giuridico europeo, a partire dal Trattato di Maastricht e passando 
per la Carta di Nizza, nonch� la superba elaborazione dei diritti garantiti dalla 
Convenzione europea dei diritti dell�uomo, assicurata dalla Corte, pone un argine, 
per quanto debole, a questa flessibilit�. Ricordiamo che l�articolo 7 
comma 3 TUE consente la sospensione dello Stato membro dell�Unione non 
solo del diritto di voto nel Consiglio, ma di diritti in generale derivanti dall�applicazione 
dei Trattati. 
La Costituzione Ungherese, all�evidenza, consente la sospensione dei diritti 
fondamentali in ipotesi (salvo l�attacco esterno) sostanzialmente non descritte 
nei presupposti e rinvia troppe materie alla disciplina di leggi attuative. 
� auspicabile che l�Unione applichi i suoi strumenti giuridici (perch� si tratta 
di stretta applicazione del diritto e non di sanzioni politiche) onde reindirizzare 
lo Stato Ungherese sui binari della piena applicazione della Cedu e della Carta 
di Nizza, senza le ambiguit� presenti nella attuale Costituzione.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 121 
La responsabilit� per provvedimenti giurisdizionali nel diritto 
dell�Unione 
Glauco Nori* 
� tornata di attualit� la responsabilit� diretta dei giudici. � da tempo che 
se ne discute. Dopo il referendum del 1987 e la legge n. 117/1988 la questione 
ogni tanto � riaffiorata per assumere recentemente toni accesi. 
Talvolta � stata richiamata anche la normativa comunitaria sulla quale 
pu� essere utile soffermarsi non per definire la questione, ma solo per renderne 
pi� chiari i termini. 
Queste sono le questioni da affrontare per prime: quali siano le conseguenze, 
in genere, della violazione di norme comunitarie; se per gli atti giurisdizionali 
la disciplina sia differenziata; a quali condizioni le conseguenze si 
producano; come vadano classificate dal punto di vista giuridico. 
Solo dopo ci si soffermer� sul rapporto tra la legge n. 117/1988 ed il diritto 
dell�Unione. 
Prima questione 
Gi� con la sentenza 16 dicembre 1960, Humblet, 6/60 la Corte di Giustizia, 
pronunciandosi a proposito del Protocollo CECA, ha chiarito che se un 
atto degli organi di uno Stato membro contrasta con il diritto comunitario, lo 
Stato � tenuto a �riparare gl�illeciti effetti che ne possono essere derivati�. 
Successivamente il principio � stato espresso in termini ancora pi� precisi: 
�Nell�ipotesi che il danno derivi dalla violazione di una norma di diritto comunitario 
da parte dello Stato, questo dovr� rispondere, nei confronti del soggetto 
leso, in conformit� alle disposizioni di diritto interno relative alla 
responsabilit� della pubblica amministrazione� (1). 
I danni che lo Stato provoca ai singoli violando il diritto comunitario, 
oggi dell�Unione, vanno pertanto risarciti. 
Seconda questione 
Nella sentenza Humblet come fonte di responsabilit� � stato indicato un 
atto legislativo od amministrativo. L�atto giurisdizionale non per questo restava 
(*) Avvocato dello Stato, Presidente emerito del Comitato scientifico di questa Rassegna. 
(1) Cos� in sentenza 22 gennaio 1976, Russo, 60/75. V. anche sentenza 19 novembre 1991, Francovich, 
C-6 e C-9/90, punti 33 e ss.: �... sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie 
e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la 
possibilit� di ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario 
imputabile ad uno Stato membro � Ne consegue che il principio della responsabilit� dello Stato per 
danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili � inerente al sistema del 
Trattato �.
122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
escluso. Non � stato richiamato solo perch� il giudizio verteva su atti di natura 
diversa. 
Quando � stata una sentenza a provocare il danno, la Corte ha seguito lo 
stesso principio adattandolo alla specificit� dell�atto: �� Al fine di stabilire 
un�eventuale responsabilit� dello Stato per una decisione di un organo giurisdizionale 
nazionale di ultimo grado, occorre tener conto della specificit� della 
funzione giurisdizionale nonch� delle legittime esigenze della certezza del diritto 
... La responsabilit� dello Stato a causa della violazione del diritto comunitario 
in una tale decisione pu� sussistere solo nel caso eccezionale in cui il 
giudice abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente � (2). 
La �maniera manifesta� va individuata secondo i principi del diritto 
dell�Unione, considerando in particolare �il grado di chiarezza e di precisione 
della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilit� o 
l�inescusabilit� dell�errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da 
una istituzione comunitaria nonch� la mancata osservanza da parte dell�organo 
giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi 
dell�art. 234, terzo comma, CE. In ogni caso, una violazione del diritto comunitario 
� sufficientemente caratterizzata allorch� la decisione di cui trattasi � 
intervenuta ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in materia 
� (3). 
Terza questione 
I danni sono risarcibili �allorch� la violazione ... deriva da una decisione 
di un organo giurisdizionale di ultimo grado, semprech� la norma di diritto 
comunitario violata sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli, la violazione 
sia sufficientemente caratterizzata e sussista un nesso causale diretto tra questa 
violazione e il danno subito dalle parti lese� (4). 
Quarta questione 
La Corte di cassazione ha risolto le oscillazioni della sua giurisprudenza 
in materia di violazione del diritto dell�Unione da parte di un soggetto pubblico 
con la sentenza a Sezione Unite n. 9147/2009. 
Dopo aver richiamato i principi di diritto comunitario da applicare, la 
Corte ha concluso che �i profili sostanziali della tutela apprestata dal diritto 
comunitario inducono a reperire gli strumenti utilizzabili nel diritto interno 
fuori dalla schema della responsabilit� civile extracontrattuale e in quello 
dell�obbligazione ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per 
attivit� non antigiuridica, che il giudice deve determinare � in modo che sia 
(2) Sentenza 30 settembre 2003, Kobler, C-224/01, punto 53. 
(3) Punto 55 e 56 sempre della sentenza Kobler. 
(4) Punto 59 della stessa sentenza.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 123 
idonea a porre riparo effettivo ed adeguato al pregiudizio subito dal singolo 
... E ci� in linea con il principio secondo cui la qualificazione della situazione 
soggettiva dei privati deve farsi con esclusivo riferimento ai criteri dell�ordinamento 
interno ..., imponendo l�ordinamento comunitario soltanto il raggiungimento 
di un determinato risultato�. 
Secondo la Corte di cassazione, dunque, a carico dello Stato sorgerebbe 
una obbligazione da atto legittimo. 
La Corte di Giustizia ha sempre deciso in senso opposto. 
Nella sentenza Kobler � ripetuto pi� di una volta che lo Stato deve risarcire 
i danni, con la precisazione che mentre il �diritto al risarcimento ... trova 
direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario � � nell�ambito delle 
norme del diritto nazionale relative alla responsabilit� che lo Stato � tenuto a 
riparare le conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni 
stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni (il 
corsivo � aggiunto) non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano 
reclami analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in 
modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere 
il risarcimento�(5). 
Sempre in termini di risarcimento si sono espresse le sentenze successive. 
Nel brano gi� trascritto le Sezioni Unite, per giustificare la diversa qualificazione 
data all�obbligazione dello Stato, hanno richiamato la loro giurisprudenza 
secondo la quale �la qualificazione delle situazione soggettiva dei 
privati deve farsi con esclusivo riferimento ai criteri dell�ordinamento giuridico 
interno (cfr. Cass. sez. un., 27 luglio 1993, n. 8385), imponendo l�ordinamento 
comunitario soltanto il raggiungimento di un determinato risultato�. 
�Secondo una costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina comunitaria, 
spetta all�ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro 
designare il giudice competente e stabilire le modalit� procedurali dei ricorsi 
giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza 
del diritto comunitario�(6). Se la posizione giuridica soggettiva per l�ordinamento 
italiano sia di diritto soggettivo o di interesse legittimo e quale, di conseguenza, 
sia il giudice competente per l�ordinamento comunitario non ha 
rilievo. 
Per le Sezioni Unite la posizione giuridica soggettiva del privato va qualificata 
secondo i criteri dell�ordinamento interno. Le stesse Sezioni Unite, 
senza motivazione, hanno poi applicato lo stesso principio anche per classificare 
l�attivit� dello Stato, che � questione diversa. 
Quando a carico dello Stato italiano � riconosciuta una violazione del diritto 
dell�Unione il suo atto costituisce un illecito per il quale, come � previsto 
(5) Punto 58. 
(6) Punto 46 della sentenza Kobler.
124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dall�art. 260 TFUE, pu� essere applicata anche una penalit�. Lo Stato non pu� 
cambiarne la qualifica secondo i principi dell�ordinamento interno, definirlo 
come �attivit� non antigiuridica� che d� luogo ad una obbligazione di natura 
indennitaria e non risarcitoria. 
� utile ribadirlo. Un conto � la qualificazione della condotta, che va fatta 
secondo l�ordinamento dell�Unione, ed un conto � la qualificazione delle posizioni 
giuridiche soggettive che ne possono nascere, lasciata all�ordinamento 
interno. Questo vale qualunque sia l�atto che ha violato il diritto dell�Unione, 
comprese le sentenze. 
Le Sezioni Unite sono cadute in un equivoco. 
Nel giudizio, nel quale si sono pronunciate, era stata fatta valere da un 
interessato la mancata attuazione di una direttiva. Se per l�ordinamento italiano 
fosse configurabile un diritto o un interesse legittimo e quale fosse di conseguenza 
il giudice davanti al quale portare la controversia, per il diritto dell�Unione 
era indifferente, fermo restando che la qualificazione del 
comportamento dello Stato andava fatta secondo l�ordinamento dell�Unione 
per il quale costituiva un illecito perch�, come precisato nella sentenza Kobler, 
il �diritto al risarcimento del danno trova direttamente il suo fondamento nel 
diritto comunitario� (il danno in contestazione era stato prodotto dalla sentenza 
di un organo giurisdizionale di ultima istanza). 
La definizione come diritto si spiega col fatto che l�ordinamento comunitario 
distingue solo tra interessi protetti, quindi diritti, ed interessi di fatto e 
non conosce gli interessi legittimi. Gli ordinamenti nazionali possono cambiarne 
la definizione, ma resta fermo che quello dello Stato � un comportamento 
comunitariamente illecito. 
Nella sentenza delle Sezione Unite potrebbe vedersi, pertanto, una infrazione 
comunitaria da giustificare un giudizio ex art. 258 TFUE anche se non 
� probabile che sia promosso. 
Con quell�argomento la Cassazione ha evitato la prescrizione del diritto 
dichiarando applicabile il termine decennale per la natura obbligatoria del rapporto, 
invece del termine quinquennale. La tutela della posizione soggettiva 
di diritto comunitario � stata ampliata cos� come la Corte di Giustizia ha dichiarato 
ripetutamente consentito all�ordinamento interno sia pure senza violare 
il diritto dell�Unione. 
Resta da vedere quando matura l�illecito. 
In tutti gli ordinamenti di tradizione occidentale, ma non solo in questi, 
sono previsti mezzi di impugnazione delle sentenze a condizioni e secondo 
criteri diversi. Gli ordinamenti danno, dunque, per presupposto che i giudici 
possano commettere errori, non importa di quale gravit�. 
L�errore del giudice di primo grado di per s� non costituisce un illecito 
perch�, chi si sente danneggiato, pu� proporre l�impugnazione e ottenerne la
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 125 
correzione (7). La responsabilit� per danni andrebbe esclusa anche se la sentenza 
non fosse impugnata. L�interessato dimostrerebbe di aver condiviso la 
soluzione ed il suo danno deriverebbe, pi� che dalla sentenza, dal non avere 
utilizzato i mezzi per rimediare. 
Per questo la legge n. 117/1988 all�art. 2.4 richiede che la sentenza non 
sia pi� impugnabile perch� si possa profilare una responsabilit�. 
L�ordinamento dell�Unione segue la stessa linea (8). 
L�art. 267 TFUE al terzo comma impone solo al giudice di ultima istanza 
di proporre la questione interpretativa alla Corte di Giustizia, mentre gli altri 
possono, ma non sono tenuti. 
Una sentenza di ultima istanza pu� incorrere in una violazione del diritto 
dell�Unione solo, se non rispettando l�art. 267, si mette nell�impossibilit� di 
ricevere l�interpretazione dalla Corte di Giustizia. Le violazioni finiscono con 
l�essere due: la prima per non aver investito la Corte di Giustizia; la seconda 
per avere male interpretato la norma comunitaria. 
La prima, gi� da sola, giustificherebbe un giudizio per infrazione, ma non 
una domanda di risarcimento dei danni davanti al giudice nazionale. Pur non 
avendo rimesso al giudice comunitario, il giudice nazionale potrebbe avere 
interpretato correttamente le norme dell�Unione cosicch� una responsabilit� 
per danni non sarebbe configurabile. 
Al contrario di quanto talvolta � stato prospettato, spesso in termini non 
precisi, quanto sinora si � detto non incide sulla responsabilit� dei magistrati. 
Sempre nel giudizio Kobler la Repubblica Austriaca aveva eccepito che 
dedurre la responsabilit� per danni da una sentenza avrebbe messo in pericolo 
l�indipendenza dei magistrati. 
La Corte ha risposto che �per quanto riguarda l�indipendenza del giudice, 
occorre precisare che il principio di responsabilit� di cui trattasi riguarda non 
la responsabilit� personale del giudice, ma quella dello Stato. Ora, non sembra 
che la possibilit� che sussista, a talune condizioni, la responsabilit� dello Stato 
per decisioni giurisdizionali incompatibili con il diritto comunitario comporti 
rischi particolari di rimettere in discussione l�indipendenza di un organo giurisdizionale 
di ultimo grado �. 
La Corte di Giustizia ha gi� avuto occasione di prendere in esame la legge 
n. 117 del 1988 in un giudizio promosso dalla Commissione ai sensi dell�art. 
(7) Potrebbe costituire fonte di responsabilit� la esecutoriet� della sentenza di primo grado che 
fosse portata ad esecuzione in pendenza dell�impugnazione, ma si tratta di questione che non interessa 
per l�indagine. 
(8) Sempre nella sentenza Kobler, punto 58 � ribadito che �il principio secondo cui gli Stati membri 
sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili 
� applicabile anche allorch� la violazione di cui trattasi deriva da una decisione di un organo 
giurisdizionale di ultimo grado �. 
126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
258 TFUE. Vi ha riscontrato una violazione del diritto dell�Unione perch� le 
condizioni che richiede perch� sorga la responsabilit� dello Stato sono diverse 
ed incompatibili con quelle in base alle quali va individuata la violazione �in 
maniera manifesta�, richiesta dall�ordinamento dell�Unione perch� lo Stato 
sia responsabile (9). 
La legge n. 117/1988 � applicabile, pertanto, alle controversie che abbiano 
solo rilievo interno (10). 
Responsabile nell�ordinamento dell�Unione �, dunque, solo lo Stato, in 
quanto soggetto che ha stipulato i Trattati, che per questo risponde per tutta la 
sua organizzazione pubblica. Che poi si possa rivalere nei confronti di chi � il 
diretto responsabile � una questione di solo diritto interno alla quale i principi 
dell�Unione non possono essere estesi nemmeno in via riflessa (11). 
(9) La sentenza � del 24 novembre 2011, C-379/10 che ha concluso: La Repubblica italiana, escludendo 
qualsiasi responsabilit� dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione 
del diritto dell�Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora 
tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti a prove effettuati 
dall�organo giurisdizionale medesimo e limitando la responsabilit� ai soli casi di dolo e colpa grave, 
ai sensi dell�art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988 n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati 
nell�esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilit� dei magistrati, � venuta meno agli obblighi 
ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilit� degli Stati membri per violazione 
del diritto dell�Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado. 
(10) La legge n. 177/1988 sar� applicabile anche quando parte del giudizio fosse un cittadino comunitario, 
ma con la controversia da risolversi secondo il diritto italiano. La Corte di Giustizia, come 
noto, non pu� pronunciarsi in materie nelle quali non � applicabile il diritto comunitario (art. 19.1 TUE). 
(11) Si � insistito sulla trascrizione dei brani delle sentenze della Corte di Giustizia per evitare le 
imprecisioni, e gli equivoci conseguenti, possibili quando sono riassunte. La Corte di Giustizia in genere 
non utilizza formule particolarmente elaborate e, una volta che un principio � stato formulato, lo richiama 
successivamente senza modificazioni o aggiunte, se non indispensabili.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 127 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Marina 
Russo, AL 26901/11) nella causa C-190/11 promossa dall�Oberster Gerichtshof 
(Austria) con ordinanza depositata il 22 aprile 2011. 
Materia: Cooperazione giudiziaria in materia civile. 
A) IL GIUDIZIO A QUO 
A.1) L�azione promossa innanzi ai giudici austriaci dalla sig. Muhlleitner 
(d�ora in poi, �la ricorrente�) in danno dei sigg. Yusufi (d�ora in poi, �i resistenti�) 
ha ad oggetto una domanda di rimborso del prezzo e di risarcimento 
del danno relativa ad un contratto di compravendita di un�autovettura. 
Tale contratto � stato concluso fra la ricorrente, residente in Austria, ed i resistenti, 
residenti in Germania, in tale ultimo Stato presso la sede dei resistenti 
stessi, ove la ricorrente si � all�uopo recata, dopo aver preso cognizione dell�offerta 
commerciale dei resistenti sul sito internet dei medesimi. 
A.2) Il giudice a quo espone che l�autorit� giurisdizionale austriaca � stata 
adita dalla ricorrente (che �, senza dubbio, un �consumatore� ai sensi dell�art. 
15 n. 1 del Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 - �Regolamento 
Bruxelles I�) nel presupposto che alla fattispecie sia applicabile il combinato disposto 
degli artt. 15 n. 1 lett. c) e 16 n. 1 del gi� citato Regolamento Bruxelles I. 
Sempre ad avviso del giudice a quo, anche alla luce della giurisprudenza della 
Corte (sentenza del 7 Dicembre 2010, resa nelle cause riunite C-585/08 e C- 
144/09 Pammer/Holtel Alpen Gesmbh, che ha individuato i criteri per l�individuazione 
delle attivit� commerciali dirette verso altri Stati membri ai sensi 
dell�art. 15 n. 1 lett. c) del Regolamento Bruxelles I), non vi � dubbio circa il 
fatto che i resistenti abbiano posto in essere un�operazione commerciale diretta 
verso l�Austria, ai sensi dell�art. 15 n. 1 lett. c) sopra menzionato. 
A.3) Il dubbio prospettato dal giudice remittente attiene al fatto che la facolt� 
di scelta che l�art. 16 n. 1 richiamato al precedente punto accorda al consumatore, 
fra il proporre l�azione contro l�altra parte del contratto innanzi al 
giudice dello Stato membro nel cui territorio � domiciliata la parte convenuta 
(nella specie, la Germania), ed il proporla - invece - innanzi al giudice del luogo 
in cui � domiciliato il consumatore (nella specie, l�Austria), presupponga la 
sussistenza del solo requisito della direzione dell�operazione commerciale 
verso lo Stato membro in cui � domiciliato il consumatore, ovvero esiga altres� 
che la conclusione del contratto sia avvenuta a distanza. Tale secondo requisito, 
infatti, manca nel caso di specie, nel quale il consumatore si � recato presso la 
I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sede dei commercianti resistenti in Germania, ed ivi ha stipulato il contratto. 
B) IL CONTESTO NORMATIVO 
Le norme rilevanti ai fini del presente giudizio sono gli artt. 15 n. 1 lett. c) 
e 16 n. 1 del Regolamento Bruxelles I, le quali - rispettivamente - prevedono: 
art. 15 n. 1 lett. C): �1. Salve le disposizioni dell'articolo 4 e dell'articolo 
5, punto 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il 
consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attivit� 
professionale � regolata dalla presente sezione: 
� c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona 
le cui attivit� commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro 
in cui � domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso 
tale Stato membro o verso una pluralit� di Stati che comprende tale Stato 
membro, purch� il contratto rientri nell'ambito di dette attivit��; 
art. 16 n. 1: �L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto 
pu� essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio 
� domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui � domiciliato il 
consumatore�. 
C) IL QUESITO 
Il giudice a quo, a mente dell�art. 267 TFUE, ha sottoposto alla Corte il 
seguente quesito: 
�Se l�applicazione dell�art. 15 n. 1 lett. c) del Regolamento (CE) n. 
44/2001 (in prosieguo: Il �Regolamento Bruxelles I�) presupponga che il contratto 
tra consumatore e imprenditore sia stato concluso a distanza�. 
IL GOVERNO ITALIANO SVOLGE LE SEGUENTI OSSERVAZIONI 
I) L�interpretazione della norma oggetto del quesito deve necessariamente 
avvenire in base a due criteri: quello letterale e quello teleologico. 
Quanto al primo di tali criteri, si osserva che la norma non contiene alcun riferimento 
alle modalit� di conclusione del contratto, sia esso stipulato inter 
presentes o, al contrario, a distanza, per mezzo di strumenti di comunicazione. 
L�art. 15 n. 1 lett. c) del Regolamento Bruxelles I, infatti, parla semplicemente 
di �contratto � concluso ��, senza ulteriori specificazioni. 
Ne discende che, stando al tenore letterale della norma, la stessa non richiede 
- ai fini dell�applicabilit� delle norme di cui al capo II sezione IV del Regolamento 
- che il contratto sia stato necessariamente concluso a distanza. 
II) Quanto al criterio teleologico, esso vale a confermare quanto gi� chiaramente 
risulta dal testo della norma. 
Infatti, come ricordato dallo stesso giudice remittente, l�art. 15 n. 1 lett. c) ha 
sostituito l�art. 13 comma 1 n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 
1968, concernente la competenza giurisdizionale e l�esecuzione delle
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 129 
decisioni in materia civile e commerciale. 
Tale ultima normativa esigeva, ai fini della relativa applicazione, che gli atti 
necessari alla conclusione del contratto avvenissero nello Stato del consumatore. 
L�attribuzione della competenza giurisdizionale al giudice di tale ultimo 
Stato restava quindi esclusa, nel caso del consumatore �attivo� che si recasse 
nello Stato membro dell�imprenditore per ivi concludere il contratto. 
III) In un�ottica di protezione del consumatore, quale parte �debole� del 
rapporto commerciale, con il Regolamento Bruxelles I si � inteso eliminare 
questa limitazione. Ci� risulta espressamente confermato dalla proposta della 
Commissione (menzionata nell�ultima pagina dell�ordinanza di rimessione, 
cui per brevit� si fa rinvio). 
IV) Non a caso, anche il giudice a quo, in considerazione di quanto esposto 
ai precedenti punti da I a III, sembra propendere per un�interpretazione 
dell�art. 15 n. 1 lett. c) cit. nel senso che esso non presupponga la conclusione 
a distanza del contratto. Tuttavia, egli ritiene che un dubbio interpretativo al 
riguardo sia originato da un passaggio della recente sentenza della Corte in 
data 7 dicembre 2010 (cause riunite C-585/08 e C-144/09 Pammer/Holtel 
Alpen Gesmbh), menzionata sopra, al punto A.2. 
V) Tale dubbio sembra, peraltro, agevolmente superabile. Ai punti nn. 86 
ed 87 della suddetta sentenza, infatti, si legge: �86. La societ� � sostiene peraltro 
che il contratto con il consumatore sia stato concluso in loco e non a 
distanza, considerato che la consegna delle chiavi della stanza ed il pagamento 
sono stati effettuati sul posto e che, pertanto, non pu� trovare applicazione 
l�art. 15 n. 1 lett. c) del regolamento 44/2011. 87. A tal riguardo, la 
circostanza che le chiavi siano state consegnate � e che il pagamento sia 
stato effettuato � nello Stato membro sul territorio del quale il commerciante 
� stabilito non osta all�applicazione di tale disposizione, qualora la prenotazione 
e la relativa conferma abbiano avuto luogo a distanza, in modo tale che 
il consumatore abbia assunto gli obblighi contrattuali a distanza�. 
Sebbene il brano sopra riportato possa indurre, ad una prima lettura, qualche 
incertezza, � avviso del Governo italiano che i dubbi interpretativi siano comunque 
superabili, in considerazione della lettura della norma suggerita dai 
criteri letterale e teleologico di cui si � detto sub I e II. 
VI) Ed infatti, poich� - avuto riguardo ai suddetti criteri - deve necessariamente 
giungersi alla conclusione, per le ragioni esposte ai suddetti punti, 
che l�art. 15 n. 1 lett. c) non presupponga la conclusione del contratto a distanza, 
appare allora ragionevole ritenere che - con la statuizione di cui ai punti 
86 ed 87 della sentenza Pammer/Holtel Alpen Gesmbh - la Corte abbia inteso 
affermare, coerentemente con il testo e le finalit� della norma, solo che le circostanze 
del luogo di esecuzione e/o di conclusione del contratto sono indifferenti, 
e come tali non ostative, ai fini dell�applicazione delle norme in 
materia di competenza giurisdizionale di cui alla sezione IV del Regolamento.
130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
VII) Lo stesso avvocato generale Verica Trstenjak, nelle conclusioni depositate 
nella causa C-144/09 Holtel Alpen Gesmbh, ha aderito ad una lettura 
quale quella prospettata sub I e II, affermando al punto 55: �� bisogna analizzare 
anche la questione se per stabilire la competenza giurisdizionale ai 
sensi dell�art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001, il contratto debba 
essere concluso a distanza. Nonostante la conclusione del contratto a distanza 
venga citata in riferimento all�applicazione di tale articolo nella dichiarazione 
congiunta del Consiglio e della Commissione, � come pure nel ventiquattresimo 
�considerando� del regolamento Roma I, che riassume tale dichiarazione 
congiunta �, l�art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001 non prevede 
questa condizione. Ritengo che tale condizione, soprattutto in cause quali 
quelle in esame, presenti taluni problemi � Il consumatore pu�, ad esempio, 
effettuare a distanza solo la prenotazione dei servizi alberghieri o turistici e 
concludere poi il contratto nel luogo in cui usufruisce dei servizi. Secondo il 
mio parere, anche in questo caso la competenza deve essere stabilita ai sensi 
dell�art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001�. 
��� 
Il Governo italiano propone pertanto di rispondere come segue al quesito: 
L�applicazione dell�art. 15 n. 1 lett. c) del Regolamento (CE) n. 44/2001 
non presuppone che il contratto tra consumatore e imprenditore sia stato concluso 
a distanza. 
Marina Russo 
Avvocato dello Stato 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Marina 
Russo, AL 46734/11) nella causa C-435/11 promossa dall�Oberster Gerichtshof 
(Austria) con ordinanza depositata il 26 agosto 2011. 
Materia: Ravvicinamento delle legislazioni; 
Tutela dei consumatori; 
Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi. 
A) IL GIUDIZIO A QUO 
A.1) La vicenda da cui trae origine la domanda di pronuncia pregiudiziale 
riguarda una controversia tra due imprese che gestiscono agenzie di viaggi, 
proponendo corsi di sci o settimane bianche in Austria per scolaresche provenienti 
dal Regno Unito. 
A.2) Nella brochure di vendita in lingua inglese della resistente, alcuni
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 131 
alberghi erano evidenziati, mediante vistosi richiami, come �esclusivi�, con 
ci� intendendosi che, nelle date indicate, erano offerti in via esclusiva dall�agenzia. 
Quest�ultima aveva infatti stipulato con numerose strutture alberghiere 
contratti aventi ad oggetto un certo numero di posti letto, per 
determinati periodi nel 2012, nei quali veniva concordata una prenotazione 
fissa da parte della resistente ventotto giorni prima della partenza. I contratti 
contenevano la clausola secondo la quale gli stock di camere specificati erano 
messi illimitatamente a disposizione della resistente. Senza l�espresso consenso 
scritto di quest�ultima, l�albergo non avrebbe potuto derogare all�accordo. 
A garanzia dell�esclusivit�, la resistente pattuiva con l�albergo diritti di 
recesso nonch� una penale. Infine, su specifica richiesta in tal senso, la resistente 
otteneva una dichiarazione dagli alberghi secondo cui non sarebbero 
state effettuate prenotazioni da parte di altri operatori turistici e si accertava 
che, per carenza di capacit� nelle strutture alberghiere, altre comitive non trovassero 
posto negli alberghi. 
A.3) Nonostante quanto esposto al punto A.2), la ricorrente successivamente 
prenotava a sua volta un certo stock di posti letto nelle stesse strutture 
alberghiere e per le medesime date. La ricorrente chiedeva quindi che, con 
provvedimento cautelare, fosse inibito alla resistente di affermare, nell�esercizio 
della sua attivit� di agenzia di viaggi, che per un dato periodo di soggiorno 
un determinato alloggio fosse da essa proposto in via esclusiva. Infatti, 
tale affermazione non sarebbe stata veritiera, posto che la ricorrente stessa 
aveva prenotato tutti gli alloggi disponibili o parte di essi per il periodo delle 
vacanze pasquali o semestrali 2012. 
A.4) La resistente eccepiva di aver adottato, nella predisposizione della 
brochure, la necessaria diligenza professionale, in quanto: (i) con tutte le strutture 
alberghiere in questione aveva stipulato contratti di prenotazione irrevocabili; 
(ii) aveva accertato di volta in volta che nei periodi di prenotazione 
nessun altro operatore turistico avesse gi� prenotato o, a fronte dello stock prenotato 
e della capacit� di letti messa a disposizione, potesse pi� prenotare posti 
letto; (iii) i contratti conclusi dalla ricorrente con detti alberghi erano stati stipulati 
in un momento successivo rispetto agli accordi della resistente; (iv) la 
ricorrente e gli albergatori avrebbero dovuto sapere dell�esistenza di contratti 
efficaci ed irrevocabili con la resistente e che il fatto di concedere una prenotazione 
alla ricorrente costituiva una violazione contrattuale; (v) fino all�inizio 
del procedimento, la resistente non era comunque a conoscenza dell�esistenza 
dei contratti tra i gestori delle strutture ricettive e la ricorrente. 
A.5) Il giudice di primo grado rigettava la domanda cautelare, in quanto, 
alla luce dei contratti di prenotazione irrevocabili precedentemente stipulati 
dalla resistente, la contestata affermazione di esclusivit� sarebbe stata corretta. 
Il giudice di secondo grado confermava il rigetto della domanda, posto che la 
resistente aveva adempiuto alle norme di diligenza professionale per garantire
132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
la possibilit� della prenotazione esclusiva da essa pubblicizzata, potendo fare 
affidamento sul rispetto del contratto concluso con gli albergatori. 
A.6) La Corte Suprema, chiamata a pronunciarsi sul ricorso per cassazione, 
� propensa a ritenere che il ricorso proposto non possa trovare accoglimento 
ove la resistente possa far valere, nonostante la presenza di un�affermazione 
pubblicitaria oggettivamente non veritiera ed idonea a ingannare il consumatore, 
di non aver agito in modo contrario alle norme di diligenza professionale. 
In proposito, il giudice si chiede in quale rapporto si trovi la definizione generale 
della pratica commerciale sleale di cui all�art. 5, n. 2, della Direttiva sulle pratiche 
commerciali sleali (2005/29/CE) rispetto alle definizioni speciali di pratiche 
commerciali ingannevoli e aggressive di cui agli arti 6-9 della Direttiva stessa. 
A norma dell�art. 5, n. 2, della Direttiva, una pratica commerciale � sleale se � 
contraria alle norme di diligenza professionale e se � idonea a falsare in misura 
rilevante il comportamento economico di un consumatore medio. Il giudice 
rileva che, da un lato, si potrebbe presumere che un comportamento ricompreso 
nelle fattispecie previste agli artt. 6-9 della Direttiva soddisfi in ogni caso i requisiti 
dell�art. 5, n. 2, lett. a), della stessa, e quindi violi sempre la diligenza 
professionale. Secondo questa interpretazione, la pratica commerciale sarebbe 
sleale gi� nel momento in cui il comportamento contestato ha carattere ingannevole 
o aggressivo dal punto di vista del consumatore medio; la questione, 
poi, se esso sia in contrasto con le norme di diligenza professionale o meno, 
non necessiterebbe di un esame specifico. Dall�altro lato, secondo l�interpretazione 
che il giudice avalla, si potrebbe ritenere che, in presenza di una pratica 
commerciale ingannevole o aggressiva dal punto di vista del consumatore 
medio, occorra aggiuntivamente accertare se il comportamento contestato sia 
contrario alle norme di diligenza professionale. Secondo questa interpretazione, 
il professionista dovrebbe poter dimostrare, a fronte delle circostanze 
del singolo caso, di aver agito nel rispetto della diligenza professionale. 
B)IL QUESITO 
Il giudice a quo, a mente dell�art. 267 TFUE, ha sottoposto alla Corte il 
seguente quesito: �Se l�art. 5 della direttiva del Parlamento europeo e del 
Consiglio 11 maggio 2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali 
sleali fra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 
84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del 
Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del 
Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali 
sleali, in prosieguo: la �direttiva�), debba essere interpretato nel senso che, 
in caso di pratiche commerciali ingannevoli di cui all�art. 5, n. 4, della direttiva, 
sia inammissibile un esame specifico dei criteri di cui all�art. 5, n. 2, lett. 
a), della direttiva �.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 133 
C) IL CONTESTO NORMATIVO 
Ai fini della soluzione dei quesiti, interessano le seguenti norme: 
DIRETTIVA 11.5.2005 N. 2005/29/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 
relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori 
nel mercato interno e che modifica la Direttiva 84/450/CEE del Consiglio 
e le Direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 
e il Regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio. 
7^ Considerando: �� In sede di applicazione della direttiva, in particolare 
delle clausole generali, � opportuno tenere ampiamente conto delle circostanze 
del singolo caso in questione�. 
17^ Considerando: �� auspicabile che le pratiche commerciali che sono 
in ogni caso sleali siano individuate per garantire una maggiore certezza del 
diritto. L'allegato I riporta pertanto l'elenco completo di tali pratiche. Si tratta 
delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali senza una 
valutazione caso per caso in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9...�. 
Art. 5: �1. Le pratiche commerciali sleali sono vietate. 
2. Una pratica commerciale � sleale se: 
a) � contraria alle norme di diligenza professionale, 
e 
b) falsa o � idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, 
in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale � 
diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia 
diretta a un determinato gruppo di consumatori� 
� 4. In particolare, sono sleali le pratiche commerciali: 
a) ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7 
o 
b) aggressive di cui agli articoli 8 e 9�. 
Art. 6: �1. � considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga 
informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche 
nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore 
medio, anche se l'informazione � di fatto corretta, riguardo a uno o pi� 
dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere 
una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: 
a) l'esistenza o la natura del prodotto;��. 
I) IL GOVERNO ITALIANO SVOLGE LE SEGUENTI OSSERVAZIONI 
I a) Ai sensi dell�art. 5, comma 2, della Direttiva 2005/29/CE (d�ora in poi, 
�la Direttiva�), una pratica commerciale � sleale se: a) � contraria alle norme di 
diligenza professionale; b) � falsa o idonea a falsare in misura rilevante il comportamento 
economico di un consumatore medio. Il comma 4 del medesimo articolo 
5 prevede poi che, in particolare, sono sleali le pratiche commerciali a) 
ingannevoli, di cui agli articoli 6 e 7 o b) aggressive, di cui agli articoli 8 e 9.
134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
I.b) La norma di cui all�art. 5 cit. � - quindi - chiaramente strutturata nel 
senso di prevedere un�ipotesi di carattere generale (quella descritta al n. 1, lettere 
a) e b)), e delle ipotesti particolari (quelle di cui al punto 4, lettere a) e 
b)), che � rispetto a quella generale - costituiscono una specificazione. 
I.c) La norma di cui al punto che precede, poi, va letta anche alla luce dei 
Considerando anteposti al testo della Direttiva, ed in particolare del 7^ e del 
17^ (riprodotti sopra, al punto C), i quali evidenziano � in una chiara ottica di 
garantismo � la necessit� che la natura sleale delle pratiche commerciali sia 
verificata caso per caso, con riferimento alle peculiarit� del caso concreto. 
Da una lettura sistematica degli articoli della Direttiva e dei menzionati Considerando, 
sembra debba trarsi la conclusione che soltanto le pratiche commerciali 
elencate nella c.d. �black list� (l�elenco di cui all�Allegato I alla 
Direttiva - Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali) possono considerarsi 
sleali senza una valutazione caso per caso, mentre le pratiche ingannevoli 
e aggressive tipizzate agli artt. 6-9, rappresentando un�articolazione 
della clausola generale di cui all�art. 5, comma 2, devono comunque integrare 
i requisiti di contrariet� all�obbligo di diligenza. 
I.d) Nel senso esposto al punto precedente depone anche la giurisprudenza 
della Corte che, sebbene non abbia finora direttamente affrontato la questione 
oggetto del quesito oggi sottoposto al suo esame, ha comunque in pi� occasioni 
sostenuto la necessit� di compiere una valutazione caso per caso laddove non 
sussistano le condizioni per individuare una delle pratiche commerciali di per 
s� vietate ed elencate nell�Allegato I della Direttiva: �Occorre ricordare che 
le pratiche commerciali che rientrano nell�ambito di applicazione dell� art. 7, 
n. 4 della direttiva 2005/29 richiedono una valutazione caso per caso, mentre 
le pratiche commerciali cui fa riferimento l�allegato I della richiamata direttiva 
sono considerate sleali in ogni situazione (v., in tal senso, sentenze 23 
aprile 2009, cause riunite C-261/07 e 299/07, VTB-VAB, Racc. pag. 1-2949, 
punto 56, nonch� 14 gennaio 2010, causa C-304/08, Plus Warenhandelsgesellschafi, 
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45)� (sentenza 12 
maggio 2011, causa C-122/10, Konsumentombudsmannen, punto 51). 
Nella sentenza C-304/08 Plus Warenhandelsgesellschaft, la Corte sottolinea 
invero, al punto 45, con riguardo alle pratiche commerciali elencate nell�allegato 
I, che �come espressamente precisato dal diciassettesimo �considerando� 
della direttiva, solo tali pratiche possono essere considerate sleali senza una 
valutazione caso per caso ai sensi delle disposizioni degli articoli 5- 9 della 
direttiva 2005/29 �.Nello stesso senso, sentenza del 9 novembre 2010, causa 
C-540/08, Mediaprint Zeitungsund Zeitschriftenverlag, punto 40). 
In sostanza, la Corte di Giustizia sembra essere orientata nel senso di ritenere 
che le sole pratiche per le quali non sia prevista una valutazione caso per caso 
sono quelle contenute nell�allegato I alla Direttiva, in quanto considerate sleali 
in ogni situazione, mentre, per le restanti pratiche, sar� sempre necessaria
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 135 
un�analisi del caso di specie, alla luce dei criteri previsti agli artt. 5-9 della 
Direttiva. 
��� 
Il Governo italiano propone pertanto di rispondere come segue al quesito: 
L�art. 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 
2005, 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali fra imprese e consumatori 
nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio 
e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo 
e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo 
e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali sleali), deve essere interpretato 
nel senso che, in caso di pratiche commerciali ingannevoli di cui 
all�art. 5, n. 4, della direttiva, non pu� prescindersi da un esame specifico dei 
criteri di cui all�art. 5, n. 2, lett. a), della direttiva. 
Marina Russo 
Avvocato dello Stato 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Wally Ferrante, 
AL 49012/11) nella causa C-509/11. 
Materia: Trasporti. 
QUESTIONI PREGIUDIZIALI 
1. Con l�ordinanza [8 settembre 2011, depositata in data 30 settembre 
2011 dal Verwaltungsgerichtshof - Austria], � stato chiesto alla Corte di Giustizia 
dell�Unione europea di pronunciarsi, ai sensi dell�art. 267 TFUE, sulle 
seguenti questioni pregiudiziali: 
�1. Se l�art. 30, n. 1 primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento 
europeo e del Consiglio 23 ottobre 2007, n. 1371, relativo ai diritti e agli obblighi 
dei passeggeri nel trasporto ferroviario debba essere interpretato nel 
senso che, ai fini dell�applicazione di detto regolamento, l�organismo nazionale 
designato ha il potere di rendere obbligatorio per un�impresa ferroviaria, 
le cui modalit� di risarcimento relative all�indennizzo per il prezzo del biglietto 
non siano conformi ai criteri stabiliti dall�art. 17 di tale regolamento, il contenuto 
specifico delle modalit� di indennizzo da adottare da parte di detta impresa, 
anche qualora la normativa nazionale gli conferisca solo la possibilit� 
di dichiarare inefficaci siffatte modalit� di indennizzo. 
2. Se l�art. 17 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 
23 ottobre 2007, n. 1371, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri 
nel trasporto ferroviario debba essere interpretato nel senso che un�impresa
136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ferroviaria pu� escludere, in casi di forza maggiore, l�obbligo di prestare gli 
indennizzi per il prezzo del biglietto, in applicazione analogica delle cause di 
esclusione previste dai regolamenti (CE) n. 261/2004, (UE) n. 1177/2010 o 
(UE) n. 181/2011 oppure per effetto del ricorso ad esenzioni da responsabilit� 
come contemplate dall�art. 32, n. 2, delle regole uniformi concernenti il contratto 
di trasporto internazionale per ferrovia dei viaggiatori e dei bagagli 
(CIV, allegato I del regolamento) anche relativamente dalle ipotesi di indennizzo 
per il prezzo del biglietto�. 
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 
2. La domanda di pronuncia pregiudiziale � stata sollevata in relazione 
ad una causa, pendente tra un�impresa ferroviaria (ricorrente) e l�autorit� nazionale 
di regolamentazione (resistente). 
3. Detta impresa applica ai contratti di trasporto condizioni generali che 
prevedono anche disposizioni relative all�indennizzo per il prezzo del biglietto 
nel caso di ritardo o soppressione del servizio. 
4. L�autorit� nazionale di regolamentazione, con decisione del 6 dicembre 
2010, ha imposto alla ricorrente di modificare le modalit� di indennizzo nella 
parte in cui escludono il diritto all�indennizzo o al rimborso delle spese sostenute 
in ragione del ritardo del treno in alcuni casi specifici accomunati dall�assenza 
di colpa del trasportatore. 
5. La ricorrente ha impugnato tale provvedimento assumendo che l�autorit� 
resistente non sarebbe competente ad ordinare una modifica delle modalit� 
di indennizzo e che l�esclusione dell�obbligo di indennizzo in caso di 
forza maggiore sarebbe contemplato dal regolamento n. 1371/2007. 
NORMATIVA COMUNITARIA 
6. L�art. 30, n. 1 comma 1 del regolamento n. 1371/2007 prevede che: 
�Ogni Stato membro designa uno o pi� organismi responsabili dell�applicazione 
del presente regolamento. Ciascun organismo adotta le misure necessarie 
per garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri �. 
7. Secondo il diritto nazionale austriaco, l�organismo di controllo di cui 
al citato art. 30 ha solo il potere di dichiarare inefficaci le clausole che stabiliscano 
modalit� di indennizzo dei passeggeri non conformi al regolamento. 
8. L�art. 17 del predetto regolamento disciplina l�indennit� per il prezzo 
del biglietto in caso di ritardo del treno o soppressione del servizio. 
9. In particolare, il par. 1 prescrive le condizioni e la misura dell�indennizzo: 
�1. Fermo restando il diritto al trasporto, il passeggero pu� chiedere 
all�impresa ferroviaria un indennizzo in caso di ritardo tra il luogo di partenza 
e il luogo di destinazione indicati sul biglietto se non gli � stato rimborsato il 
biglietto in conformit� dell�articolo 16. I risarcimenti minimi in caso di ritardo 
sono fissati come segue:
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 137 
a) il 25 % del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti; 
b) il 50 % del prezzo del biglietto in caso di ritardo pari o superiore a 120 minuti. 
I passeggeri titolari di un titolo di viaggio o di un abbonamento che siano costretti 
a subire un susseguirsi di ritardi o soppressioni di servizio durante il periodo 
di validit� dello stesso possono richiedere un indennizzo adeguato 
secondo le modalit� di indennizzo delle imprese ferroviarie. Tali modalit� enunciano 
i criteri per la determinazione dei ritardi e il calcolo dell�indennizzo. 
L�indennizzo per il ritardo � calcolato in relazione al prezzo effettivamente 
pagato dal passeggero per il servizio in ritardo. 
Qualora il contratto di trasporto riguardi un viaggio di andata e ritorno, il risarcimento 
in caso di ritardo nella tratta di andata o in quella di ritorno � calcolato 
rispetto alla met� del prezzo del biglietto. Analogamente il prezzo di un 
servizio in ritardo in base a qualsiasi altro tipo di contratto di trasporto che consenta 
di effettuare varie tratte successive � calcolato in rapporto al prezzo totale. 
Nel calcolo del ritardo non � computato il ritardo che l�impresa ferroviaria 
pu� dimostrare di avere accumulato al di fuori del territorio in cui si applica 
il trattato che istituisce la Comunit� europea �. 
10. Il par. 2 del citato art. 17 stabilisce il termine entro il quale va corrisposto 
l�indennizzo e le modalit� di erogazione dello stesso: �2. Il risarcimento 
del prezzo del biglietto � effettuato entro un mese dalla presentazione della 
relativa domanda. Il risarcimento pu� essere effettuato mediante buoni e/o 
altri servizi se le condizioni sono flessibili (per quanto riguarda in particolare 
il periodo di validit� e la destinazione). Il risarcimento � effettuato in denaro 
su richiesta del passeggero�. 
11. Il par. 3 dell�art. 17 prevede l�inapplicabilit� di costi che possano decurtare 
l�importo del risarcimento, ferma restando una franchigia minima: �3. 
Il risarcimento del prezzo del biglietto non � soggetto a detrazioni per i costi 
legati alla transazione finanziaria quali tasse, spese telefoniche o valori bollati. 
Le imprese ferroviarie possono introdurre una soglia minima al di sotto della 
quale non sono previsti risarcimenti. Detta soglia non pu� superare 4 EUR �. 
12. Infine, il par. 4 dell�art. 17 prevede due cause di esclusione del diritto 
all�indennizzo: �4. Il passeggero non ha diritto a risarcimenti se � informato 
del ritardo prima dell�acquisto del biglietto o se il ritardo nell�ora di arrivo 
prevista proseguendo il viaggio su un servizio diverso o in base a itinerario 
alternativo rimane inferiore a 60 minuti � (evidenza nostra). 
13. L�art. 32 dell�allegato I al regolamento n. 1371/2007, recante le regole 
uniformi concernenti il contratto di trasporto internazionale per ferrovia dei 
viaggiatori e dei bagagli (CIV), al quale espressamente rimanda l�art. 15 del 
regolamento medesimo per la disciplina della responsabilit� dell�impresa ferroviaria 
per i ritardi, le perdite di coincidenza e le soppressioni, dispone, al 
par. 1: �1. Il trasportatore � responsabile nei confronti del viaggiatore per il 
danno dovuto al fatto che, a causa della soppressione, del ritardo o della man-
138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
canza di una corrispondenza, il viaggio non pu� continuare nello stesso 
giorno, o comunque la sua continuazione non � ragionevolmente esigibile 
nello stesso giorno per via di circostanze contingenti. Il risarcimento dei danni 
comprende le spese ragionevoli di alloggio, nonch� le spese ragionevoli per 
avvisare le persone che attendono il viaggiatore �. 
14. Il par. 2 del predetto art. 32 disciplina le cause di esonero di responsabilit� 
del trasportatore in ipotesi di colpa del viaggiatore o di eventualit� riconducibili 
alla forza maggiore: �2. Il trasportatore � esonerato da questa 
responsabilit� quando la soppressione, il ritardo o la mancanza di una corrispondenza 
sono imputabili ad una delle seguenti cause: 
a) circostanze esterne all�esercizio ferroviario che il trasportatore, malgrado 
la diligenza richiesta dalle particolarit� del caso di specie, non poteva evitare 
o alle cui conseguenze non poteva ovviare; 
b) colpa del viaggiatore; oppure 
c) un comportamento di terzi che il trasportatore, nonostante abbia riposto 
la diligenza richiesta dalle particolarit� del caso di specie, non poteva evitare 
e alle cui conseguenze non poteva ovviare; un�altra impresa che utilizzi la 
stessa infrastruttura ferroviaria non � considerata parte terza; il diritto di regresso 
rimane impregiudicato�. 
RISPOSTA AL PRIMO QUESITO 
15. Il giudice del rinvio chiede, nella sostanza, alla Corte di Giustizia di 
stabilire se l�organismo nazionale designato da ciascun Stato membro possa 
ordinare all�impresa ferroviaria l�adozione di specifiche modalit� di indennizzo, 
l� dove quelle introdotte da parte di tale impresa non siano conformi ai 
criteri dettati dall�articolo 17 del Regolamento n. 1371/2007. 
16. La questione riguarda la portata e l�efficacia della tutela dei diritti del 
consumatore, acquirente e fruitore dei servizi di trasporto ferroviario, nonch� 
l�estensione dei poteri di intervento dell�autorit� di regolazione cui spetta la 
funzione generale di tutela del consumatore. 
17. Il Governo italiano � dell�avviso che l�articolo 30 del Regolamento 
n. 1371/2007/Ce, secondo cui �Ciascun organismo adotta le misure necessarie 
per garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri�, debba essere interpretato 
nel senso di riconoscere all�organismo di controllo non solo il potere di dichiarare 
inefficaci le modalit� di indennizzo previste dall�impresa ferroviaria, 
ove non conformi al regolamento medesimo, ma anche quello di ordinare all�impresa 
stessa l�adozione di modalit� di indennizzo conformi all�articolo 17. 
18. Tale potere appare, infatti, necessario a garantire che, mediante l�intervento 
dell�organismo di controllo, i diritti dei passeggeri del trasporto ferroviario 
- identificati nel considerando 3 del Regolamento 1371/2007/Ce come 
parte debole del contratto di trasporto - ricevano una tutela piena, adeguata, 
tempestiva ed efficace. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 139 
19. In un contesto in cui tra gli obiettivi del Regolamento compare anche 
il rafforzamento dei diritti di indennizzo e di assistenza in caso di ritardo, perdita 
di coincidenza o soppressione del servizio a vantaggio dei viaggiatori (considerando 
13), ritenere che i poteri dell�organismo di controllo contemplino solo 
la mera dichiarazione di inefficacia significherebbe privare tale organismo degli 
strumenti necessari a garantire il pieno soddisfacimento della sua �missione�, 
in aperto contrasto con quanto espressamente disposto proprio dall�articolo 30. 
20. Non pu�, infatti, non rilevarsi come, nell�ipotesi in cui dovesse prevalere 
quest�ultima opzione interpretativa, l�organismo di controllo potrebbe 
disporre di uno strumento di intervento non solo non decisivo n� efficace ai 
fini del riconoscimento, a favore dei passeggeri, di un sistema di indennizzo 
adeguato, ma che potrebbe addirittura prestarsi a favorire comportamenti �dilatori� 
dell�impresa ferroviaria volti a ritardare l�entrata a regime di meccanismi 
di indennizzo conformi ai criteri del Regolamento. 
21. Dunque, la tesi secondo cui l�organismo di controllo pu� ordinare all�impresa 
ferroviaria l�adozione di specifiche modalit� di indennizzo appare 
perfettamente conforme alla ratio dell�articolo 30 del Regolamento, poich� 
riconosce all�organismo di controllo un potere necessario e proporzionato rispetto 
al fine enunciato nella norma stessa, che � quello di garantire il rispetto 
dei diritti dei passeggeri. 
22. A ci� si aggiunga che l�attribuzione all�organismo di controllo di ampi 
poteri di intervento appare coerente anche con quanto previsto nell�articolo 
32 del Regolamento citato, ai sensi del quale gli Stati membri dovrebbero stabilire 
sanzioni proporzionate, efficaci e dissuasive per le infrazioni alle disposizioni 
del Regolamento stesso. 
RISPOSTA AL SECONDO QUESITO 
23. Con il secondo quesito, il giudice del rinvio chiede alla Corte di Giustizia 
se l�articolo 17 del Regolamento n. 1371/2007/Ce debba essere interpretato 
nel senso di consentire all�impresa ferroviaria di escludere la sua 
responsabilit� in ordine agli indennizzi per il prezzo del biglietto in presenza 
di cause di forza maggiore, in analogia con quanto previsto nei Regolamenti 
n. 261/2004/CE, n. 1177/2010/UE e n. 181/2011/UE in materia di trasporto 
aereo, via mare e con autobus nonch� dall�art. 32, n. 2 delle regole uniformi 
concernenti il contratto di trasporto internazionale per ferrovia dei viaggiatori 
e dei bagagli (allegato I del regolamento). 
24. Al riguardo, il Governo italiano ritiene che l�articolo 17 del Regolamento 
1371/2007 rechi una disciplina compiuta ed esaustiva dell�indennit� 
per il prezzo del biglietto, che non contempla cause di esclusione della responsabilit�, 
neanche nei casi di forza maggiore. 
25. Il rinvio operato dall�articolo 15 del Regolamento 1371/2007 alle disposizioni 
del Contratto di trasporto Internazionale per ferrovia dei Viaggiatori
140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
e dei bagagli (CIV), ed in particolare all�articolo 32 di quest�ultimo, non appare, 
infatti, pertinente in quanto tale disposizione disciplina un�ipotesi particolare 
e diversa di risarcimento, riguardante le spese ragionevoli di alloggio, 
nonch� le spese ragionevoli per avvisare le persone che attendono il viaggiatore, 
derivanti dalla soppressione, dal ritardo o dalla mancanza di una corrispondenza 
che precludano la prosecuzione del viaggio nello stesso giorno. 
26. Il citato articolo 17 contempla, invece, un�ipotesi diversa che � quella 
dell�indennizzo del solo prezzo del biglietto in caso di ritardo e soppressione 
del treno, che deve essere sempre pagato dall�impresa ferroviaria l� dove ricorrano 
le condizioni indicate nell�articolo 17 stesso. 
27. Del resto che le due ipotesi siano diverse e che per esse non possano 
valere le medesime cause di esclusione della responsabilit� dell�impresa ferroviaria 
� desumibile anche dalla circostanza che il viaggiatore, che ha sub�to 
il ritardo, potrebbe non avere sempre diritto anche al risarcimento delle spese 
di alloggio o per avvisare le persone che lo attendono. 
28. Quanto alle cause di esclusione della responsabilit� previste dai regolamenti 
disciplinanti, rispettivamente, il trasporto aereo, via mare e per autobus, 
il Governo italiano ritiene che le stesse non siano estensibili al trasporto 
ferroviario in ragione delle peculiari motivazioni, attinenti alle condizioni metereologiche 
e alla sicurezza, che giustificano dette esenzioni per quei tipi di 
trasporto e non anche per quello ferroviario. 
29. L�art. 5, n. 3 del regolamento n. 261/2004 dispone che: �il vettore 
aereo operativo non � tenuto a pagare una compensazione pecuniaria a norma 
dell�art. 7, se pu� dimostrare che la cancellazione del volo � dovuta a circostanze 
eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero 
state adottate tutte le misure del caso�. 
30. Dal canto suo, l�art. 20, n. 4 del regolamento n. 1177/2010 stabilisce 
che: �L�art. 19 [che prevede il diritto a compensazione economica connessa 
al prezzo del biglietto in caso di ritardo all�arrivo] non si applica se il vettore 
prova che la cancellazione o il ritardo � provocato da condizioni metereologiche 
che mettono a rischio il funzionamento sicuro della nave o da circostanze 
straordinarie che ostacolano l�esecuzione del servizio passeggeri, le quali non 
potevano essere evitate anche adottando tutte le misure ragionevoli �. 
31. Infine, l�art. 23, n. 2 del regolamento n. 181/2011 prescrive che �L�art. 
21, lettera b) [che prevede la sistemazione in albergo o in altro alloggio nonch� 
il trasporto tra la stazione e il luogo di alloggio quando si renda necessario un 
soggiorno di una o pi� notti] non si applica se il vettore prova che la cancellazione 
o il ritardo sono dovuti a condizioni metereologiche avverse o gravi 
catastrofi naturali che mettono a rischio il funzionamento sicuro dei servizi a 
mezzo autobus �. 
32. L�inapplicabilit� delle suddette norme di esenzione da responsabilit� 
al trasporto ferroviario deriva altres� dal preciso tenore dell�art. 6 del regola-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 141 
mento n. 1371/2007, in base al quale gli obblighi nei confronti dei passeggeri 
stabiliti nel regolamento medesimo non possono essere soggetti a limitazioni 
o esclusioni, segnatamente mediante l�introduzione di clausole derogatorie o 
restrittive nel contratto di trasporto. Detta norma prevede semmai che le imprese 
ferroviarie possono offrire al passeggero condizioni contrattuali pi� favorevoli 
delle condizioni fissate dal regolamento ma certamente non peggiorative. 
33. Del resto, la Corte di Giustizia (sentenza 19 novembre 2009, cause 
riunite C-402/07 e C-432/07, Sturgeon, punto 45) ha chiaramente affermato 
che le disposizioni che conferiscono diritti ai passeggeri del traffico aereo, 
comprese quelle che riconoscono il diritto alla compensazione pecuniaria, devono 
essere interpretate estensivamente (nello stesso senso, Corte di giustizia, 
sentenza 22 dicembre 2008, causa C-549/07, Wallentin-Herzmann, punto 17). 
34. A contrario, si deduce che le disposizioni che prevedono esclusioni o 
limitazioni di responsabilit� a carico dei vettori debbono essere interpretate 
restrittivamente e non oltre i casi dalle stesse espressamente disciplinati. 
35. Tanto � vero che la citata sentenza Sturgeon ha ritenuto che un problema 
tecnico occorso ad un aereomobile e che comporta la cancellazione o 
il ritardo del volo non rientra nella nozione di �circostanze eccezionali� ai 
sensi dell�art. 5, n. 3 del regolamento n. 261/2004. 
36. Si concorda quindi con la tesi sostenuta dal Giudice del rinvio secondo 
la quale l�art. 17 del regolamento n. 1371/2007 non contempla esenzioni di 
responsabilit� per causa di forza maggiore. 
CONCLUSIONI 
37. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di Giustizia di risolvere 
il primo quesito affermando che l�art. 30, n. 1 primo comma, del regolamento 
n. 1371/2007 debba essere interpretato nel senso che l�organismo nazionale 
designato ha il potere di rendere obbligatorio per un�impresa ferroviaria, le 
cui modalit� di risarcimento relative all�indennizzo per il prezzo del biglietto 
non siano conformi ai criteri stabiliti dall�art. 17 di tale regolamento, il contenuto 
specifico delle modalit� di indennizzo da adottare da parte di detta impresa, 
anche qualora la normativa nazionale gli conferisca solo la possibilit� 
di dichiarare inefficaci siffatte modalit� di indennizzo. 
38. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di Giustizia di risolvere 
il secondo quesito affermando che l�art. 17 del regolamento n. 1371/2007 
debba essere interpretato nel senso che un�impresa ferroviaria non pu� escludere, 
in casi di forza maggiore, l�obbligo di prestare gli indennizzi per il prezzo 
del biglietto in caso di ritardo o soppressione del servizio. 
Roma, 2 febbraio 2012 
Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato
142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Wally Ferrante, 
AL 3907/12) nella causa C-575/11. 
Materia: Libera circolazione dei lavoratori; 
Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi; 
Diritto di stabilimento; 
Libera circolazione dei servizi. 
QUESTIONE PREGIUDIZIALE 
1. Con l�ordinanza [del 30 giugno 2011, depositata in data 16 novembre 
2011 dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) � Grecia], � stato chiesto 
alla Corte di Giustizia dell�Unione europea di pronunciarsi, ai sensi dell�art. 
267 TFUE, sulla seguente questione pregiudiziale: 
�Se, ai sensi dell�art. 43 del Trattato che istituisce la Comunit� europea 
e tenuto conto del principio di proporzionalit�, l�intento di garantire la prestazione 
di servizi sanitari di livello elevato sia sufficiente a giustificare una 
restrizione alla libert� di stabilimento risultante dal sistema delle disposizioni 
vigenti in un determinato Stato membro (Stato membro ospitante), le quali: 
a) consentano l�esercizio di talune attivit� professionali esclusivamente a coloro 
che hanno il diritto di esercitare la professione regolamentata di fisioterapista 
in tale Stato membro; b) escludano la possibilit� di un accesso parziale 
a tale professione e c) comportino, di conseguenza, per il cittadino dello Stato 
membro ospitante � che abbia ottenuto in un altro Stato membro (Stato membro 
di provenienza) un titolo che gli consente di esercitare una professione regolamentata 
in quest�ultimo Stato membro connessa con la prestazione di 
servizi sanitari (titolo che per�, a causa della mancata sussistenza delle condizioni 
della direttiva del Consiglio 92/51/CEE �relativa ad un secondo sistema 
generale di riconoscimento della formazione professionale, che integra 
la direttiva 89/48/CEE�, GU L. 209, non gli consente di esercitare la professione 
di fisioterapista nello Stato membro ospitante) � l�assoluta impossibilit� 
di esercitare nello Stato membro ospitante, mediante un accesso parziale alla 
professione di fisioterapista, anche soltanto talune delle attivit� riconducibili 
alla suddetta professione, ossia quelle che l�interessato ha il diritto di esercitare 
nello Stato membro di provenienza�. 
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 
2. La questione pregiudiziale trae origine da una controversia vertente 
sul rigetto, da parte del �Consiglio per il riconoscimento dell�equipollenza dei 
titoli di istruzione e formazione� della Grecia, della domanda avanzata dal un 
cittadino greco di riconoscimento del titolo professionale di �massaggiatore - 
idroterapista� ottenuto in Germania, a seguito di un corso di studi della durata 
di due anni e mezzo presso una scuola specializzata, con conseguente autorizzazione 
ad esercitare la suddetta professione in Germania.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 143 
3. Il titolo di studio rilasciato in Germania per l�esercizio della professione 
di massaggiatore - idroterapista � di livello secondario e, in tale Paese, 
detta professione � regolamentata. 
4. Il riconoscimento del titolo di studio � stato rigettato, in primo luogo, 
perch� in Grecia la professione di massaggiatore - idroterapista non � regolamentata 
e, in secondo luogo, perch� non � possibile riconoscere al ricorrente 
la facolt� di esercitare in Grecia la professione di �fisioterapista� che rappresenta 
la professione pi� affine a quella di �massaggiatore - idroterapista� in 
quanto il titolo posseduto dal ricorrente costituisce un �certificato� ai sensi 
della direttiva 89/489/CEE (rilasciato a seguito d un ciclo di studi secondari) 
mentre in Grecia, per accedere alla professione di fisioterapista, � richiesto il 
possesso di un �diploma� ai sensi della medesima direttiva (rilasciato a seguito 
di un ciclo di studi post secondari). 
5. Il ricorrente lamenta la violazione dell�art. 1, lettera a) e dell�art. 3, lettere 
a) e b) della direttiva 92/51/CEE che definiscono, rispettivamente, il concetto 
di �diploma� e le condizioni per l�accesso ad una professione 
regolamentata nello Stato ospitante (possesso di un diploma o esercizio della 
professione per due anni nello Stato di provenienza) assumendo di essere in 
possesso altres� del diploma di maturit� greco e di aver esercitato la professione 
di massaggiatore - idroterapista in Germania, senza tuttavia aver dimostrato 
tale ultima circostanza. 
6. Inoltre, secondo il ricorrente, il mancato riconoscimento, da parte delle 
autorit� greche, del diritto di accesso almeno �parziale� alla professione regolamentata 
di fisioterapista in Grecia, in modo da consentire l�esercizio di 
quella parte delle attivit� professionali dei fisioterapisti (massoterapia e idroterapia) 
che il ricorrente pu� esercitare in Germania nell�ambito della professione 
di massaggiatore - idroterapista, costituirebbe una violazione dell�art. 43 
CE (oggi art. 49 del TFUE) che sancisce la libert� di stabilimento all�interno 
dell�Unione per l�esercizio delle attivit� non salariate. 
NORMATIVA COMUNITARIA 
7. L�art. 3 della direttiva 89/48/CEE, relativa ad un sistema generale di 
riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni 
professionali di una durata minima di tre anni, dispone che �Quando nello 
Stato membro ospitante l�accesso o l�esercizio della professione regolamentata 
� subordinato al possesso di un diploma, l�autorit� competente non pu� rifiutare 
ad un cittadino di un altro Stato membro, per mancanza di qualifiche, 
l�accesso a/o l�esercizio di tale professione, alle stesse condizioni che vengono 
applicate ai propri cittadini: a) se il richiedente possiede il diploma che � prescritto 
in un altro Stato membro per l�accesso o l�esercizio di questa professione 
sul suo territorio, e che � stato ottenuto in un altro Stato membro, oppure 
b) se il richiedente ha esercitato a tempo pieno tale professione per due anni
144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
durante i precedenti dieci anni in un altro Stato membro in cui questa professione 
non � regolamentata � ed � in possesso di uno pi� titoli di formazione� 
da cui risulti che il titolare ha seguito con successo un ciclo di studi post secondari 
di durata minima di tre anni. L�art. 4 della predetta direttiva prevede 
inoltre delle misure di compensazione per il caso in cui la durata della formazione 
sia inferiore a quella prescritta nello Stato membro ospitante, consistenti 
nel possesso di un�esperienza professionale o nel compimento di un tirocinio 
o nel superamento di una prova attitudinale. 
8. L�art. 1 della direttiva 92/51/CEE, relativa ad un secondo sistema generale 
di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 
89/48/CEE, definisce i concetti di �diploma� e di �certificato�, stabilendo, alla 
lettera a), che il primo si consegue a seguito di un ciclo di studi post secondari 
della durata di almeno un anno e, alla lettera b), che il secondo si ottiene al 
termine di un ciclo di studi secondari, completato, se del caso, dal tirocinio o 
dalla pratica professionale richiesti. 
9. Gli allegati C e D della citata direttiva 92751/CEE sono stati modificati 
dalla direttiva 94/38/CE. 
10. Infine, la direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche 
professionali, sostituisce le direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE, come risulta 
espressamente dal suo nono considerando, riorganizzando e razionalizzando le 
relative disposizioni al fine di uniformare i principi applicabili. 
RISPOSTA AL QUESITO 
11. Il giudice del rinvio chiede, nella sostanza, alla Corte di Giustizia se 
l�art. 43 del Trattato CE (oggi art. 49 del TFUE), che sancisce la libert� di stabilimento 
nell�area UE, osti al fatto che, quando il titolare di un titolo di studio 
ottenuto in uno Stato membro richiede l�autorizzazione per accedere ad una 
professione regolamentata (quella di fisioterapista) in un altro Stato membro, 
le autorit� di tale ultimo Stato accolgano la domanda parzialmente, a determinate 
condizioni, limitando la portata dell�autorizzazione alle sole attivit� (massoterapia 
e idroterapia) alle quali il titolo di studio in questione d� accesso 
nello Stato membro in cui � stato conseguito. 
12. Il problema si pone per qualifiche professionali che consentono di 
esercitare determinate attivit� nel Paese di provenienza, le quali, tuttavia, non 
risultano riconducibili in toto al campo di attivit� del corrispondente profilo 
professionale vigente nel Paese di stabilimento. 
13. Il giudice chiede dunque se il richiamato principio del Trattato possa 
estendersi fino al punto di consentire, in assenza della totale equipollenza tra 
i titoli di studio, un accesso parziale all�esercizio di talune attivit� professionali, 
segnatamente in campo sanitario. 
14. Innanzi tutto, va premesso che il sistema di mutuo riconoscimento 
dei diplomi istituito dalle direttive sopra richiamate non implica che i diplomi
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 145 
rilasciati da altri Stati membri attestino una formazione analoga o comparabile 
a quella prescritta dallo Stato membro ospitante. 
15. Infatti, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia 
(sentenza 19 gennaio 2006, causa C-330/03, Colegio de Ingenieros de Caminos, 
Canales y Puertos, punto 19), secondo il sistema creato dalle predette direttive, 
un diploma non � riconosciuto in ragione del valore intrinseco della 
formazione che sanziona ma in quanto d� accesso, nello Stato membro in cui 
� stato rilasciato o riconosciuto, ad una professione regolamentata. 
16. In tale pronuncia, la Corte, pur riconoscendo che un accesso parziale 
alla professione potrebbe comportare un rischio di moltiplicazione delle attivit� 
professionali esercitate in modo autonomo dai cittadini di altri Stati membri 
e, di conseguenza, una certa confusione nella mente dei consumatori (punto 
25) ha concluso nel senso che tale rischio potenziale non � sufficiente per affermare, 
l�incompatibilit� con la direttiva di un riconoscimento parziale dei 
titoli professionali (in quel caso, quello di ingegnere). 
17. Il problema si pone tuttavia in termini diversi per le professioni sanitarie, 
come ritenuto dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 11 luglio 2002, 
causa C-294/00, Gr�bner. 
18. Posto che il testo della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle 
qualifiche professionali non consente n� vieta esplicitamente l�accesso parziale 
all�esercizio delle professioni, la questione si inquadra in una prospettiva de 
jure condendo, volta all�aggiornamento della predetta direttiva 2005/36/CE, 
in relazione alla quale la posizione del Governo italiano � di una condivisione 
di massima per le professioni diverse da quella sanitaria, ferma restando la necessit� 
di introdurre criteri condivisi di applicazione del principio, nonch� strumenti 
idonei ad evitare di ingenerare confusione nei destinatari dei servizi e a 
prevenire eventuali abusi da parte dei professionisti. 
19. A diversa conclusione deve giungersi con riferimento all�ammissibilit� 
del riconoscimento parziale in relazione alle professioni sanitarie. 
20. In tale ambito, infatti, avuto riguardo all�insieme delle competenze 
connesse ai contenuti formativi previsti per ciascuna qualifica professionale 
regolamentata, non appare possibile individuare attivit� professionali separabili 
dall�insieme delle attivit� oggetto della professione sanitaria senza compromettere 
la tutela della salute pubblica, il livello delle prestazioni e 
l�affidamento riposto dagli utenti nel corrispondente titolo di studio. 
21. Deve ritenersi quindi che la tutela della salute pubblica giustifichi alcune 
restrizioni al diritto di stabilimento e la non applicabilit� dell�accesso 
parziale alle professioni sanitarie. 
22. A tale proposito, si sottolinea che l�art. 45 del TFUE (ex art. 39 TCE), 
nel garantire la libera circolazione dei lavoratori all�interno dell�Unione, fa 
salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza 
e sanit� pubblica. 
146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
23. In particolare, quest�ultima risulterebbe esposta a inevitabile compressione 
nel caso in cui si consentisse una frammentazione delle competenze 
professionali tale da ingenerare deprecabile confusione ed incertezza nella prestazione 
dei servizi sanitari in ambito comunitario. 
24. Inoltre, � del tutto evidente che gli utenti dei servizi sanitari, a fronte 
di una specifica qualificazione professionale vantata dall�operatore sanitario, 
potrebbero non essere garantiti dalle effettive competenze professionali acquisite 
dallo stesso. 
25. A tale proposito, va ricordato che, ai sensi dell�art. 43, secondo comma 
CE, l�esercizio della libert� di stabilimento � subordinato alle condizioni definite 
dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini. 
Ne consegue che, qualora l�accesso ad un�attivit� specifica sia 
subordinato nello Stato membro ospitante a una determinata disciplina, il cittadino 
di un altro Stato membro che intenda esercitare tale attivit� deve, di regola, 
soddisfare i requisiti fissati da tale normativa (Corte di giustizia, sentenza 
30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, punto 36; sentenza 1 febbraio 
2001, causa C-108/96, Mac Quen e a., punto 25). 
26. Ci� posto, deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza costante 
della Corte di giustizia, i provvedimenti nazionali restrittivi delle libert� fondamentali 
garantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni: applicarsi 
in modo non discriminatorio, rispondere a motivi imperativi di interesse 
pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e 
non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (sentenza 
31 marzo 1993, causa C-19/02, Kraus, punto 32; sentenza 4 luglio 2000, causa 
C-424/97, Haim, 5123; sentenza Gebhard cit., punto 37; sentenza Mac Quen 
e a. cit., punto 26). 
27. Al riguardo, � pacifico, in primo luogo, che la normativa greca sull�esercizio 
della professione regolamentata di fisioterapista si applica indipendentemente 
dalla cittadinanza della persona che richiede l�autorizzazione 
all�esercizio di tale professione. Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente � cittadino 
greco pur avendo conseguito la propria formazione professionale in 
Germania. La restrizione non si applica quindi in modo discriminatorio. 
28. In secondo luogo, per quanto attiene all�esistenza di un motivo imperativo 
di interesse generale idoneo a giustificare la restrizione, deve sottolinearsi 
che un riconoscimento parziale delle qualifiche professionali potrebbe in 
linea di principio avere l�effetto di suddividere le professioni regolamentate 
all�interno di uno Stato membro in diverse attivit�. Ci� potrebbe comportare 
il rischio di generare confusione nella mente dei destinatari dei servizi, che 
potrebbero essere indotti in errore relativamente all�estensione di tali qualifiche 
(sentenza 19 gennaio 2006, causa C-330/03, cit., punto 32). 
29. Orbene, la protezione dei destinatari dei servizi, e in generale dei consumatori, 
� considerata dalla giurisprudenza comunitaria una ragione impera-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 147 
tiva di pubblico interesse idonea a giustificare limitazioni alla libert� di stabilimento 
e alla libera prestazione dei servizi (sentenza 4 dicembre 1986, causa 
C-220/83, Commissione/Francia, punto 20; sentenza 21 settembre 1999, causa 
C-124/97, L��r� e a., punto 33; sentenza 11 settembre 2003, causa C-6/01, 
Anomar, punto 73). 
30. Ancor pi� specificamente, la tutela della sanit� pubblica figura tra i 
motivi imperativi di interesse generale che, ai sensi dell�art. 46, n. 1 CE (oggi 
art. 52 TFUE) possono giustificare restrizioni alla libert� di stabilimento (Corte 
di giustizia, sentenza Gr�bner cit., punto 42). 
31. In terzo luogo, la decisione di uno Stato membro di riservare ad una 
categoria di professionisti in possesso di specifiche qualifiche, come i titolari 
di un diploma di fisioterapista, il diritto di svolgere tale attivit� che incide direttamente 
sulla salute fisica delle persone, pu� essere considerata un mezzo 
idoneo a conseguire l�obiettivo della protezione della sanit� pubblica. 
32. In quarto luogo, con riferimento alla verifica di proporzionalit� del 
divieto rispetto allo scopo perseguito, deve osservarsi che il fatto che in Germania 
parte dell�attivit� di fisioterapista (massoterapia e idroterapia) sia consentita 
anche a chi sia in possesso di un titolo di studio di livello secondario e 
quindi inferiore a quello richiesto in Grecia, non comporta automaticamente 
l�illegittimit� della restrizione. 
33. Deve ricordarsi, in proposito, che il fatto che uno Stato membro imponga 
norme meno severe di quelle imposte da un altro Stato membro non significa 
che queste ultime siano sproporzionate e perci� incompatibili con il 
diritto dell�Unione (Corte di Giustizia, sentenza 12 dicembre 1996, causa C- 
3/95, Reiseb�ro Broede, punto 42; sentenza 19 febbraio 2002, causa C-309/99, 
Wouters, punto 108; sentenza Mac Quen e a. cit., punto 33; sentenza Gr�bner 
cit., punto 46). 
34. Inoltre, in mancanza di armonizzazione a livello comunitario del titolo 
di studio necessario per l�esercizio di determinate prestazioni sanitarie, ciascuno 
Stato membro pu� decidere, conformemente alla sua concezione della 
tutela della sanit� pubblica, di autorizzare o meno soggetti non in possesso 
della qualifica di fisioterapisti all�esercizio di attivit� parzialmente ricomprese 
in tale qualifica, fissando i presupposti che essi devono soddisfare relativamente 
all�esperienza o al titolo di studio. 
35. Dunque, il Governo italiano ritiene che l�accesso parziale alle professioni 
sanitarie possa rivelarsi foriero di una parcellizzazione delle prestazioni 
tale da poter ingenerare dubbi ed incertezze nei destinatari dei servizi, mettendo 
a repentaglio la tutela della sanit� pubblica. 
CONCLUSIONI 
36. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito 
nel senso che, ai sensi dell�art. 43 del Trattato e tenuto conto del principio di
148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
proporzionalit�, l�intento di garantire la prestazione di servizi sanitari di livello 
elevato � sufficiente a giustificare una restrizione alla libert� di stabilimento 
risultante dal sistema delle disposizioni vigenti nello Stato membro ospitante, 
le quali: a) consentano l�esercizio di talune attivit� professionali esclusivamente 
a coloro che hanno il diritto di esercitare la professione regolamentata 
di fisioterapista in tale Stato membro; b) escludano la possibilit� di un accesso 
parziale a tale professione e c) comportino, di conseguenza, per il cittadino 
dello Stato membro ospitante l�assoluta impossibilit� di esercitare in tale Stato, 
mediante un accesso parziale alla professione di fisioterapista, anche soltanto 
talune delle attivit� riconducibili alla suddetta professione, ossia quelle che 
l�interessato ha il diritto di esercitare nello Stato membro di provenienza. 
Roma, 9 marzo 2012 
Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato 
Osservazioni del Governo della Repubblca italiana (avv. Stato Marina 
Russo, AL 5876/12) nella causa C-607/11 promossa dalla High Court of 
Justice (Chancery Division) (Regno Unito) con ordinanza depositata il 28 
novembre 2011. 
Materia: Ravvicinamento delle legislazioni; 
Propriet� industriale e commerciale; 
Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi; 
Libera circolazione dei servizi. 
I) IL GIUDIZIO A QUO 
I.1) Con ordinanza della High Court of Justice in data 17 novembre 2011. 
� stata sollevata un�articolata questione pregiudiziale, incentrata sull�interpretazione 
dell�art. 3 n. 1 della Direttiva 22 maggio 2001, n. 2011/29/CE sull�armonizzazione 
di taluni aspetti del diritto d�autore e dei diritti connessi nella 
societ� dell�informazione e, segnatamente, della nozione di �comunicazione 
al pubblico� (d�ora in poi, �La Direttiva�); 
I.2) Il giudizio a quo riguarda un caso in cui alcune societ� televisive 
(d�ora in poi, �le ricorrenti�), titolari dei diritti d�autore su programmi televisivi 
e filmati pubblicitari in essi inseriti, ritengono che detti diritti siano violati 
da una societ� denominata TV Catch Up LTD (d�ora in poi �la TVC�) che gestisce 
un sistema di trasmissione in streaming via internet. 
In particolare, la TVC 
- intercetta i segnali di trasmissione prodotti dalle originarie emittenti;
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 149 
- li mette a disposizione di un pubblico che, potenzialmente, potrebbe riceverli 
anche dall�emittente originaria sul proprio apparecchio televisivo (infatti, 
l�utenza internet del servizio streaming presuppone il pagamento del canone 
di abbonamento televisivo). Tale ricezione pu� - tuttavia - avvenire, da parte 
degli utenti del servizio streaming, nel momento prescelto, quindi anche in 
tempi diversi da quelli di diffusione della trasmissione originaria, ed in qualunque 
luogo all�interno dello Stato membro; 
- antepone alla trasmissione in streaming propri messaggi pubblicitari a scopo 
di lucro; 
I.3) con riferimento alla questione sintetizzata al precedente punto, il giudice 
a quo ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell�Unione Europea i seguenti 
quesiti: 
�Se il diritto di autorizzare o vietare una "comunicazione al pubblico, su 
filo o senza filo, delle loro opere" ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva si 
estenda al caso in cui: 
i) gli autori autorizzino l'inclusione delle loro opere all'interno di una 
trasmissione di cui � prevista la diffusione in chiaro su una televisione terrestre 
destinata alla ricezione in tutto il territorio di uno Stato membro o in una determinata 
area geografica all'interno di uno Stato membro; 
ii) un soggetto terzo (vale a dire un organismo diverso dal fornitore originario) 
offra un servizio grazie al quale singoli abbonati presenti nell'area 
cui � destinata la trasmissione, e che potrebbero ricevere legalmente le trasmissioni 
su un apparecchio televisivo a casa propria, possono accedere al server 
del soggetto terzo e ricevere il contenuto della trasmissione in streaming 
via Internet. 
Se, ai fini della soluzione di detta questione, rilevi la circostanza che: 
a) il soggetto terzo consenta unicamente un collegamento individuale per 
ogni abbonato, nell'ambito del quale ciascun abbonato crea il suo specifico 
collegamento al server e i singoli pacchetti di dati trasmessi dal server attraverso 
Internet sono destinati esclusivamente a uno specifico utente; 
b) il servizio offerto dal soggetto terzo si finanzi grazie a messaggi pubblicitari 
"pre-roll" (vale a dire trasmessi nel lasso di tempo che intercorre tra 
il login da parte dell'abbonato e il momento in cui questi inizia a ricevere il 
contenuto della trasmissione) o "in-skin" (vale a dire, all'interno della cornice 
del software di visualizzazione del programma che l'utente riceve sul suo apparecchio 
video, ma al di fuori dell'immagine del programma), ma all'utente 
vengano presentate le pubblicit� originarie contenute nel programma nel 
punto del programma in cui sono state inserite dall'emittente; 
c) l'organizzazione interveniente: 
i) offra un servizio alternativo a quello dell'emittente originario, agendo 
in tal modo in diretta concorrenza con l'emittente originario per acquisire 
spettatori; o
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ii) agisca in concorrenza diretta con l'emittente originario per quanto riguarda 
i proventi pubblicitari �. 
IL GOVERNO ITALIANO SVOLGE LE SEGUENTI OSSERVAZIONI 
A) La Direttiva 22 maggio 2001, n. 2011/29/CE, sull�armonizzazione di 
taluni aspetti del diritto d�autore e dei diritti connessi nella societ� dell�informazione 
ha per scopo quello di garantire un alto livello di protezione del 
diritto di autore, nonch� un sistema di tutela del diritto stesso effettivo e rigoroso. 
Tali finalit� sono ripetutamente esplicitate in pi� punti della Direttiva 
stessa, segnatamente: 
- al 4^ Considerando: �Un quadro giuridico armonizzato� prevedendo un elevato 
livello di protezione della propriet� intellettuale promuover� notevoli investimenti� 
e di conseguenza una crescita e una maggiore competitivit� �; 
- al 9^ Considerando: �Ogni armonizzazione del diritto d�autore dovrebbe 
prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti 
sono essenziali per la creazione intellettuale�; 
- all�11^ Considerando: �Un sistema efficace e rigoroso di protezione del diritto 
d�autore � � uno dei principali strumenti in grado di garantire alla propriet� 
intellettuale le risorse necessarie ��. 
Coerentemente con la descritta finalit� di garantire un alto livello di protezione 
al diritto d�autore, nonch� nell�ottica di un�armonizzazione del diritto d�autore 
applicabile alla comunicazione di opere al pubblico, il 23^ Considerando precisa 
che tale ultima nozione deve essere intesa �� in senso lato, in quanto 
concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui 
esse hanno origine�. 
B)I principi sopra richiamati costituiscono il punto di partenza per la corretta 
interpretazione dell�espressione utilizzata dalla Direttiva all�art. 3 n. 1. 
Si dovr� infatti necessariamente accedere ad una nozione ampia di �comunicazione 
al pubblico�, affinch� la stessa possa garantire al meglio la tutela del 
diritto d�autore ad essa correlato. 
C) Per rispondere ai quesiti proposti, occorrer� innanzi tutto verificare se 
i destinatari della comunicazione effettuata dalla TVC possano essere qualificati 
�pubblico� nel senso inteso dalla Direttiva. A tale questione deve sicuramente 
darsi risposta affermativa, posto che � come affermato dalla Corte ai 
punti 37 e 38 nella sentenza del 7 dicembre 2006 resa nella causa C-306/07 
�Rafael Hoteles� � il termine pubblico riguarda un numero indeterminato di 
spettatori potenziali e �Si tratta in genere di un numero di persone abbastanza 
rilevante, di modo che queste devono essere considerate come un pubblico in 
considerazione dell�obiettivo principale della Direttiva�. In effetti, rispondono 
a questa definizione coloro che, in possesso dell�abbonamento per la fruizione 
dei servizi erogati da TVC, hanno titolo per visionare i programmi che questa 
diffonde in streaming.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 151 
D) Se, poi, quella effettuata nei confronti del �pubblico� come sopra individuato 
costituisca una �comunicazione� ai sensi dell�art. 3 n. 1 della Direttiva, 
� anch�essa questione che pu� risolversi alla luce dei principi 
interpretativi elaborati dalla Corte proprio nella sentenza Rafael Hoteles citata 
al punto che precede. 
Secondo tale pronuncia (punto 41), � opportuno attenersi alle indicazioni interpretative 
di massima fornite dall�OMPI in relazione alla Convenzione di 
Berna, secondo le quali �� l�autore, autorizzando la radiodiffusione della 
sua opera, prende in considerazione solo gli utilizzatori diretti � (enfasi aggiunta) 
mentre, se la diffusione dell�opera si estende ad un pubblico pi� ampio, 
�� tale ricezione pubblica d� adito al diritto esclusivo dell�autore di autorizzarla�. 
Anche il giudice a quo mostra di aver bene inteso l�importanza di tale passaggio, 
laddove (punto 17 dell�ordinanza) fa riferimento al fatto che la Corte, nei 
suoi precedenti pronunciamenti in materia, ha dato importanza al fatto che la 
comunicazione abbia raggiunto un pubblico �nuovo� o �aggiuntivo� rispetto 
a quello che direttamente fruisce della �comunicazione�, e (punto 15) distingue 
fra �comunicazione� e semplice approntamento di un mezzo tecnico per il miglioramento 
della ricezione. 
E)Venendo al caso di specie, e facendo applicazione al medesimo delle 
nozioni generali descritte ai punti che precedono, non potr� negarsi che il pubblico 
destinatario del servizio di streaming costituisca � appunto � un pubblico 
�nuovo� nel senso indicato al punto C. 
Il dubbio del giudice a quo su tale questione � originato dal fatto che gli abbonati 
a TVC potrebbero comunque ricevere gli stessi programmi che vengono erogati 
in streaming anche sugli schermi dei propri apparecchi televisivi. Ci� in quanto 
essi devono, per fruire del servizio di TVC, essere in regola con il canone di 
abbonamento televisivo (vedi punto I.2 secondo trattino del presente atto). 
La circostanza che gli utenti TVC possano ricevere gli stessi progammi per altra 
via non �, peraltro, significativa ai fini dell�esclusione della qualit� di �pubblico 
nuovo� ovvero �aggiuntivo� di cui si � detto al punto D. Infatti, il pubblico raggiunto 
da TVC pu� fruire del programma in condizioni di tempo e luogo differenti 
e pi� ampie di quelle del normale pubblico televisivo. Esso pu�, infatti, 
ricevere il programma �scaricandolo� dal web anche in orari differenti da quelli 
in cui ha luogo la sua trasmissione televisiva, e su tutto il territorio nazionale 
del Regno Unito (non solo, quindi, nella propria abitazione ove � sito il televisore). 
Chi, quindi, non avrebbe visto il programma quando lo stesso � andato in 
onda in televisione, pu� vederlo successivamente, nonch� ovunque all�interno 
dello Stato Membro, purch� possa collegarsi ad una rete internet. 
Da quanto sopra discende l�irrilevanza del fatto che TVC consenta unicamente 
un collegamento individuale per ogni abbonato, nell'ambito del quale ciascun 
abbonato crea il suo specifico collegamento al server e i singoli pacchetti di
152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dati trasmessi dal server attraverso Internet sono destinati esclusivamente a 
uno specifico utente. 
Infatti, premesso che � per i motivi indicati sopra, al punto C) � anche questi 
utenti costituiscono �pubblico� ai sensi della Direttiva, le circostanze esposte 
nel presente punto comportano altres� che si tratti di pubblico �nuovo�, �aggiuntivo� 
rispetto a quello delle trasmissioni televisive diffuse dalle ricorrenti. 
F) Alle circostanze descritte fin qui si aggiunge, infine, che la �comunicazione 
al pubblico� effettuata da TVC ha anche un indiscusso scopo di lucro, 
in quanto diffonde contenuti pubblicitari esclusivi di TVC, il che vale a rafforzare 
l�esigenza di tutelare il diritto d�autore anche in occasione di questa �comunicazione 
al pubblico�, ulteriore rispetto a quella eseguita dalle ricorrenti, 
coerentemente con le esigenze di tutela del contenuto economico del diritto di 
propriet� intellettuale esplicitate nei Considerando riportati al punto A). 
��� 
Per le ragioni esposte, il Governo italiano propone di rispondere come 
segue ai quesiti sollevati dal giudice remittente: 
�Il diritto di autorizzare o vietare una "comunicazione al pubblico, su filo 
o senza filo, delle loro opere" ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva si estende 
al caso in cui: 
i) gli autori autorizzino l'inclusione delle loro opere all'interno di una trasmissione 
di cui � prevista la diffusione in chiaro su una televisione terrestre 
destinata alla ricezione in tutto il territorio di uno Stato membro o in una determinata 
area geografica all'interno di uno Stato membro; 
ii) un soggetto terzo (vale a dire un organismo diverso dal fornitore originario) 
offra un servizio grazie al quale singoli abbonati presenti nell'area cui 
� destinata la trasmissione, e che potrebbero ricevere legalmente le trasmissioni 
su un apparecchio televisivo a casa propria, possono accedere al server 
del soggetto terzo e ricevere il contenuto della trasmissione in streaming via 
Internet. 
Ai fini della soluzione di detta questione, non rileva nel senso di escludere 
il diritto di autorizzare o vietare una "comunicazione al pubblico, su filo o 
senza filo, delle loro opere" ai sensi dell'art. 3, n. 1, la circostanza che il soggetto 
terzo consenta unicamente un collegamento individuale per ogni abbonato, 
nell'ambito del quale ciascun abbonato crea il suo specifico collegamento 
al server e i singoli pacchetti di dati trasmessi dal server attraverso Internet 
sono destinati esclusivamente a uno specifico utente. 
Rileva, invece, il fatto che il servizio offerto dal soggetto terzo si finanzi 
grazie a messaggi pubblicitari "pre-roll" (vale a dire trasmessi nel lasso di 
tempo che intercorre tra il login da parte dell'abbonato e il momento in cui 
questi inizia a ricevere il contenuto della trasmissione) o "in-skin" (vale a dire, 
all'interno della cornice del software di visualizzazione del programma che 
l'utente riceve sul suo apparecchio video, ma al di fuori dell'immagine del pro-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 153 
gramma), e ci� sebbene all'utente vengano presentate anche le pubblicit� originarie 
contenute nel programma nel punto del programma in cui sono state 
inserite dall'emittente. 
Rileva altres� la circostanza che l'organizzazione interveniente: 
i) offra un servizio alternativo a quello dell'emittente originario, agendo 
in tal modo in diretta concorrenza con l'emittente originario per acquisire spettatori; 
o 
ii) agisca in concorrenza diretta con l'emittente originario per quanto riguarda 
i proventi pubblicitari. 
Marina Russo 
Avvocato dello Stato 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Wally Ferrante, 
AL 9390/12) nella causa C-628/11. 
Materia: Trasporti. 
QUESTIONI PREGIUDIZIALI 
1. Con l�ordinanza [del 24 novembre 2011, depositata in data 7 dicembre 
2011 dal Oberlandesgericht Braunschweig � Germania], � stato chiesto alla 
Corte di Giustizia dell�Unione europea di pronunciarsi, ai sensi dell�art. 267 
TFUE, sulle seguenti questioni pregiudiziali: 
1. �Se ricada nella sfera di applicazione del principio di non discriminazione 
disciplinato dall�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) la fattispecie in cui 
uno Stato membro (Repubblica federale di Germania) richieda ad un vettore 
aereo che dispone di una valida licenza d�esercizio ai sensi degli artt. 3 e 8 
del Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 24 settembre 
2008, n. 1008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella 
Comunit�, rilasciata in un altro Stato membro (Repubblica d�Austria) l�autorizzazione 
all�ingresso per voli charter (voli commerciali non di linea) che, 
provenienti da Stati terzi, entrino nel territorio dello Stato membro? 
2. Se � in caso di soluzione affermativa della questione 1 � sussista una 
violazione dell�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) gi�, in re ipsa, nella necessit� di 
richiesta dell�autorizzazione, qualora un�autorizzazione all�ingresso per servizi 
aerei da Stati terzi, il cui rilascio possa essere conseguito a fronte del versamento 
di una sanzione pecuniaria, venga richiesta ai soli vettori aerei in possesso di 
un�autorizzazione di volo (licenza d�esercizio) negli altri Stati membri, ma non 
ai vettori aerei con licenza di esercizio nella Repubblica federale di Germania?
154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
3. Se � nell�ipotesi in cui, pur ricadendo la fattispecie de qua nella sfera 
di applicazione dell�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) (questione sub 1), la richiesta 
di un�autorizzazione non venga tuttavia considerata di per s� discriminatoria 
(questione sub 2) � il rilascio di un�autorizzazione all�ingresso per servizi 
aerei effettuati dalle imprese interessate, diretti verso (punto 3) la Repubblica 
federale di Germania in provenienza da Stati terzi, possa essere subordinato, 
a pena di una sanzione pecuniaria, senza che ci� implichi violazione del principio 
di non discriminazione, dal fatto che il richiedente vettore aereo dello 
Stato membro fornisca all�autorit� competente per il rilascio delle licenze la 
prova che i vettori aerei muniti di permesso nella Repubblica federale di Germania 
non siano in condizione di effettuare i voli (dichiarazione di non disponibilit�)?�. 
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 
2. La questione pregiudiziale trae origine da un procedimento penale a 
carico della Jet Management GmbH, vettore aereo con sede in Austria, per 
aver effettuato alcuni voli charter, utilizzando i propri velivoli, da Paesi terzi 
(Russia e Turchia) verso la Germania senza essere in possesso di un�autorizzazione 
per l�ingresso in detto Stato membro ai sensi della legge sul traffico 
aereo tedesca. 
3. La societ� ricorrente � titolare di una valida licenza d�esercizio ai sensi 
degli articoli 3 e 8 del Regolamento n. 1008/2008, recante norme comuni per 
la prestazione di servizi aerei nella Comunit�, rilasciata dal Ministero dei trasporti 
austriaco nonch� di un certificato di operatore aereo ai sensi dell�art. 6 
del citato regolamento rilasciato dalle competenti autorit� austriache. 
4. Tuttavia, in tre casi, l�autorizzazione all�ingresso in Germania � stata 
negata dall�Ufficio federale per il traffico aereo tedesco per mancanza della 
cosiddetta �dichiarazione di non disponibilit��, ossia dell�accertamento che 
nessuna impresa tedesca intendesse effettuare il volo a condizioni equivalenti. 
Nei restanti casi, al momento dell�ingresso nel territorio tedesco, non era stata 
ancora adottata alcuna decisione sulla domanda di autorizzazione, n� successivamente 
sono state accertate le ragioni del mancato rilascio dell�autorizzazione 
medesima. 
5. Il predetto vettore austriaco, condannato al pagamento di sanzioni pecuniarie 
dal Tribunale di primo grado di Braunschweig, ha impugnato la sentenza 
innanzi al giudice del rinvio (1� sezione penale dell�Oberlandesgericht 
di Braunschweig), lamentando la violazione del principio generale di non discriminazione 
di cui all�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) e, in via subordinata, la 
violazione della libert� di circolazione dei servizi disciplinata dall�art. 56 
TFUE (ex art. 49 CE).
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 155 
NORMATIVA COMUNITARIA 
6. L�art. 18, comma 1 TFUE (ex art. 12 CE) stabilisce che: �Nel campo 
di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari, 
dagli stessi previste, � vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit��. 
7. Gli articoli 3 e 8 del Regolamento n. 1008/2008, recante norme comuni 
per la prestazione di servizi aerei nella Comunit�, disciplinano l�obbligo di ottenere 
la licenza d�esercizio per poter effettuare a titolo oneroso trasporti aerei 
di passeggeri, posta o merci e, rispettivamente, la validit� della licenza d�esercizio.
8. L�art. 6 del predetto regolamento prescrive che il rilascio e la validit� 
di una licenza di esercizio sono subordinati al possesso di un certificato di 
operatore aereo (COA) valido che specifichi le attivit� contemplate dalla licenza 
d�esercizio. 
9. Ai sensi dell�art. 2, n. 1 del suddetto regolamento, per �licenza d�esercizio� 
si intende �un�abilitazione rilasciata dall�autorit� competente per il rilascio 
delle licenze a un�impresa, che consente di operare servizi aerei, 
secondo le modalit� indicate nell�abilitazione stessa�. Ai sensi del n. 8 del 
medesimo art. 2, per �certificato di operatore aereo� si intende �un certificato 
rilasciato a un�impresa in cui si attesti che l�operatore ha la capacit� professionale 
e l�organizzazione necessarie ad assicurare lo svolgimento in condizioni 
di sicurezza delle operazioni specificate nel documento stesso, come 
previsto nelle pertinenti disposizioni del diritto comunitario o nazionale applicabile� 
(evidenza nostra). 
10. A norma degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 785/2004, relativo ai 
requisiti assicurativi applicabili ai vettori aerei e agli esercenti di aeromobili, 
i vettori aerei sono assicurati in materia di responsabilit� specifica nei trasporti 
aerei per quanto concerne i passeggeri, i bagagli, le merci e i terzi e dimostrano 
di rispettare i requisiti assicurativi minimi stabiliti dal regolamento depositando 
presso le autorit� competenti dello Stato membro interessato un certificato 
di assicurazione o fornendo un�altra prova di un�assicurazione valida. 
RISPOSTA AL PRIMO QUESITO 
11. Il rinvio pregiudiziale attiene alla materia dell�aviazione internazionale, 
vale a dire ai servizi di trasporto aereo tra Stati membri dell�Unione europea 
e Paesi esterni all�Unione stessa ed afferisce alle attivit� di volo 
commerciale non di linea (charter). 
12. Come noto, le relazioni aeronautiche con Paesi esterni all�Unione europea 
sono per lo pi� regolate da accordi bilaterali che definiscono, tra l�altro, 
i soggetti legittimati allo svolgimento dei servizi di trasporto aereo di linea e 
le modalit� di effettuazione di detti servizi. 
13. Sebbene gli accordi bilaterali regolino di norma i servizi di linea, e
156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
solo sporadicamente altre tipologie di servizi, si ritiene che gli stessi possano 
essere assunti come quadro normativo di riferimento � anche in via analogica 
� per i voli charter. Ci� in quanto la clausola di designazione, pur essendo precipuamente 
prevista per i soli voli di linea, pu� essere considerata in linea generale 
utile per l�individuazione delle compagnie legittimate ad operare con 
un determinato Paese esterno all�Unione. 
14. In applicazione del Regolamento (CE) 847/2004 relativo alla negoziazione 
e all�applicazione di accordi in materia di servizi aerei stipulati dagli Stati 
membri con i Paesi terzi nonch� della politica posta in essere dalla UE, gli accordi 
bilaterali attualmente esistenti sono riconducibili alle seguenti tipologie: 
- accordi bilaterali stipulati tra uno Stato membro ed un Paese terzo che 
� in quanto non modificati dopo l�entrata in vigore del regolamento (CE) 
847/2004 � mantengono ai fini della designazione la cd. �clausola di nazionalit��, 
in base alla quale possono essere designate le sole compagnie con licenza 
rilasciata dagli Stati contraenti e di propriet� di detti Stati ovvero di cittadini 
degli stessi (ad es. sulle rotte Francia � Federazione Russa possono essere designate 
le sole compagnie di propriet� francese, con licenza rilasciata dall�autorit� 
francese); 
- accordi bilaterali stipulati tra uno Stato membro ed un Paese terzo, che 
hanno sostituito la precedente clausola di nazionalit� con la cd. �clausola tipo� 
di designazione UE, che consente ai vettori con licenza rilasciata da uno Stato 
membro, anche diverso da quello contraente - e di propriet� di un qualsiasi 
Stato membro (o di Paesi EFTA) o di cittadini degli stessi � di avere titolo a 
svolgere servizi sulle rotte tra lo Stato membro contraente ed un Paese terzo, 
solo nel caso in cui siano stabiliti nello Stato membro contraente (ad esempio, 
tali accordi consentono di svolgere servizi di linea tra Italia e Senegal ad una 
compagnia, stabilita in Italia, con licenza rilasciata dall�autorit� francese); 
- accordi globali, stipulati tra la UE e gli Stati membri, da un lato, ed uno 
Stato esterno all�Unione, dall�altro, che, per quanto rileva ai fini della materia 
in argomento, prevedono che possono volare da ciascuno Stato membro � 
anche se non stabilite nello stesso � tutte le compagnie con licenza rilasciata 
da Stati dell�Unione europea. 
15. Come noto, i servizi charter sono regolati dall�art. 5, comma 2, della 
Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944 sulla circolazione aerea internazionale, 
che tra l�altro prevede �il diritto dello Stato ove ha luogo l�imbarco o lo 
sbarco di imporre quelle norme, condizioni o limitazioni che giudicher� utili�. 
16. Gli Stati, di norma, hanno ritenuto di assoggettare i servizi charter su 
rotte esterne all�Unione europea, al regime autorizzatorio. In particolare, con 
riferimento agli accordi vigenti, i servizi charter extra UE sono soggetti a permessi 
di volo. 
17. La valutazione di un�eventuale violazione del principio di non discriminazione 
disciplinato dall�art. 18 TFUE non pu� prescindere dalla valutazione
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 157 
del contenuto degli accordi vigenti tra uno Stato membro ed un Paese terzo. 
18. In vigenza di un accordo globale, costituisce violazione del principio 
di non discriminazione il diniego al rilascio di un�autorizzazione allo svolgimento 
di servizi charter richiesta da una compagnia in possesso di una valida 
licenza d�esercizio, rilasciata ai sensi del Regolamento (CE) n. 1008/2008. 
19. In vigenza di una clausola tipo di designazione dei vettori UE, prevista 
da un accordo bilaterale tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, costituisce 
violazione del principio di non discriminazione il diniego al rilascio di un�autorizzazione 
allo svolgimento di servizi charter richiesta da una compagnia 
stabilita in detto Stato membro in possesso di una valida licenza d�esercizio 
rilasciata ai sensi del Regolamento (CE) 1008/2008. 
20. Ci� premesso, come ricordato dal giudice del rinvio, la Germania ha 
aderito alla Convenzione di Chicago avvalendosi della facolt�, prevista dal citato 
art. 5, comma 2, di applicare ulteriori limitazioni. Il diritto all�ingresso 
senza autorizzazioni non deriva quindi da un accordo internazionale. 
21. Occorre quindi domandarsi, rispondendo al primo quesito, se la fattispecie 
in esame ricada nella sfera di applicazione del diritto dell�Unione europea 
ed in particolare del principio di non discriminazione di cui all�art. 18 TFUE. 
22. Come correttamente rilevato dal giudice del rinvio, la soluzione al 
quesito dipende dai diritti di sovranit� che sono stati trasferiti nei Trattati europei. 
Orbene, l�Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati 
membri in materia di trasporti aerei ai sensi dell�art. 4, n. 2, lett. g TFUE e art. 
100, n. 2 TFUE (ex art. 80, n. 2 CE), materia in cui ha legiferato anche mediante 
il diritto derivato. 
23. Al riguardo, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che, 
se � vero che, a norma dell�art. 80, n. 2 CE, i trasporti marittimi ed aerei sfuggono 
� fintantoch� il legislatore comunitario non abbia deciso diversamente 
� all�applicazione delle norme del titolo V della parte terza del Trattato, relative 
alla politica comune dei trasporti, essi restano nondimeno assoggettati, al pari 
delle altre modalit� di trasporto, alle norme generali del Trattato (sentenza 25 
gennaio 2011, causa C-382/08, Neukirchinger, punto 21; sentenza 30 aprile 
1986, cause riunite C-209/84 e C-213/84, Asjes e a., punto 45; sentenza 4 
aprile 1974, causa C-167/73, Commissione/Francia, punto 32). 
24. Ci� detto, nel caso di specie, non appare determinante il fatto che i 
voli in questione provenissero da Stati terzi (Russia e Turchia), posto che l�autorizzazione 
� stata chiesta per l�ingresso in uno Stato membro (Germania) di 
un vettore aereo con sede in altro Stato membro (Austria) ed i cui velivoli dispongono 
della licenza di esercizio in tale Stato. 
25. La sanzione pecuniaria infatti non � connessa al decollo in uno Stato 
terzo bens� all�applicabilit� della legge sul traffico aereo tedesca. 
26. Non sembra quindi potersi dedurre che il semplice decollo in uno 
Stato terzo valga a sottrarre la causa all�ambito di applicazione del diritto
158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dell�Unione, trattandosi di stabilire se vi sia stata, nel caso di specie, una disparit� 
di trattamento di un�impresa austriaca rispetto alle imprese tedesche 
che esercitino la medesima attivit� di vettori aerei. 
27. Ad avviso del Governo italiano, quindi, la fattispecie in esame ricade 
nella sfera di applicazione del principio di non discriminazione disciplinato 
dall�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE). 
RISPOSTA AL SECONDO QUESITO 
28. Avendo risposto positivamente al primo quesito, occorre domandarsi 
se sussista una violazione dell�art. 18 TFUE nel fatto stesso che sia richiesta 
un�autorizzazione all�ingresso per servizi aerei da Stati terzi ovvero se debba 
considerarsi discriminatorio solo il diniego di rilascio dell�autorizzazione per 
mancanza di una dichiarazione di non disponibilit�, che persegue evidentemente 
finalit� di protezionismo economico. 
29. L�Ufficio federale per il traffico aereo tedesco sostiene che l�obbligo 
di autorizzazione sarebbe funzionale, oltre che alla protezione dell�economia 
nazionale, anche alla sicurezza del volo. 
30. L�autorizzazione sarebbe infatti volta a verificare l�esistenza di una 
polizza assicurativa e la validit� della licenza d�esercizio rilasciata da altro 
Stato membro. 
31. In proposito, il predetto Ufficio, pur ammettendo che l�autorit� competente 
per il rilascio dell�autorizzazione non esamina nessun elemento alla 
cui verifica non sia obbligato anche lo Stato membro della sede dell�impresa, 
assume che frequentemente gli Stati membri non adempirebbero al loro obbligo 
di vigilanza. 
32. Al riguardo, il Governo italiano ritiene che la citata sentenza Neurikichinger 
� che curiosamente riguardava, all�opposto, l�applicazione di una sanzione 
pecuniaria ad un vettore tedesco, titolare di una licenza in Germania, per 
aver esercitato la propria attivit� di trasporto commerciale di passeggeri in pallone 
aerostatico in Austria senza possedere le licenze di trasporto prescritte dalla 
legge austriaca � sia del tutto pertinente per la soluzione al secondo quesito. 
33. Innanzitutto, va ricordato che, secondo una consolidata giurisprudenza 
della Corte di Giustizia, le norme sulla parit� di trattamento tra soggetti nazionali 
e stranieri proibiscono non solo le discriminazioni palesi fondate sulla 
nazionalit� ovvero, nel caso delle societ�, sulla sede, ma anche qualsiasi forma 
di discriminazione dissimulata che, mediante applicazione di altri criteri distintivi, 
conduca di fatto al medesimo risultato (sentenza 27 ottobre 2009, 
causa C-115/08, .EZ, punto 92). 
34. Pertanto, una normativa di uno Stato membro che obbliga un soggetto 
residente o stabilito in un altro Stato membro, titolare in quest�ultimo di una 
licenza per l�organizzazione di voli commerciali in pallone, a farsi rilasciare 
nel primo Stato membro una nuova licenza, senza che venga tenuto in debito
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159 
conto del fatto che le condizioni per il rilascio di quest�ultima sono sostanzialmente 
identiche a quelle previste per la licenza gi� rilasciata al predetto 
soggetto nell�altro Stato membro, introduce un criterio distintivo che conduce 
di fatto al medesimo risultato di un criterio fondato sulla nazionalit� (sentenza 
Neurikichinger cit., punto 38). 
35. La Corte ha altres� chiarito che, rifiutando di tener conto della licenza 
rilasciata nell�altro Stato membro, la normativa censurata impone al soggetto 
interessato di adempiere una seconda volta a tutte le incombenze necessarie 
per l�ottenimento della licenza, senza che un tale obbligo possa giustificarsi e 
ritenersi proporzionato ai legittimi obiettivi di tutelare la sicurezza della navigazione 
aerea. 
36. Le condizioni per il rilascio delle licenze di trasporto nei due Stati membri 
sono infatti sostanzialmente identiche e pertanto detti obiettivi sono necessariamente 
gi� stati considerati in occasione del rilascio della prima licenza. 
37. Infatti, il vettore austriaco � in possesso sia della licenza di esercizio, 
sia del certificato di operatore aereo che, come si � visto, ai sensi dell�art. 2, 
n. 8 del regolamento n. 1008 del 2008, attesta tra l�altro la capacit� professionale 
del vettore medesimo ad assicurare lo svolgimento in condizioni di sicurezza 
dell�attivit� di trasporto aereo. 
38. Inoltre, ai sensi degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 785 del 2004, 
la stipula di una polizza assicurativa per la tutela dei passeggeri, dei bagagli, 
delle merci e dei terzi costituisce un presupposto indispensabile per lo svolgimento 
dell�attivit� di trasporto aereo. Peraltro, a norma del comma 4 del citato 
art. 5, per i vettori comunitari, la presentazione della prova della copertura assicurativa 
nello Stato membro che ha rilasciato la licenza di esercizio � sufficiente 
per tutti gli Stati membri. 
39. Inoltre, ai sensi del�art. 15, n. 2 del regolamento n. 1008 del 2008, gli 
Stati membri si astengono dall�assoggettare la prestazione di servizi aerei intracomunitari 
da parte di un vettore aereo comunitario a qualsivoglia permesso 
o autorizzazione e non chiedono a tale vettore di fornire alcun documento o 
informazione che questo abbia gi� presentato all�autorit� competente al rilascio 
della licenza. 
40. Si ritiene quindi che la normativa tedesca, nel richiedere un�ulteriore 
autorizzazione ai vettori aerei stabiliti in un altro Stato membro per il solo 
fatto che alcuni voli decollino in Stati terzi mentre analoga ulteriore autorizzazione 
non � richiesta ai vettori con sede in Germania, n� ai vettori stabiliti 
in altro Stato membro per le tratte intracomunitarie, non � compatibile con il 
principio di non discriminazione di cui all�art. 18 TFUE. 
RISPOSTA AL TERZO QUESITO 
41. La risposta positiva fornita al secondo quesito consente di ritenere assorbita 
la risposta al terzo quesito.
160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
CONCLUSIONI 
42. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo 
quesito nel senso che ricade nella sfera di applicazione del principio di non 
discriminazione disciplinato dall�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) la fattispecie 
in cui uno Stato membro (Repubblica federale di Germania) richieda ad un 
vettore aereo che dispone di una valida licenza d�esercizio ai sensi degli artt. 
3 e 8 del Regolamento (CE) n. 1008/2008 rilasciata in un altro Stato membro 
(Repubblica d�Austria) l�autorizzazione all�ingresso per voli charter (voli commerciali 
non di linea) che, provenienti da Stati terzi, entrino nel territorio dello 
Stato membro. 
2. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo 
quesito nel senso che sussiste una violazione dell�art. 18 TFUE (ex art. 12 CE) 
gi�, in re ipsa, nella necessit� di richiesta dell�autorizzazione, qualora un�autorizzazione 
all�ingresso per servizi aerei da Stati terzi, il cui rilascio possa 
essere conseguito a fronte del versamento di una sanzione pecuniaria, venga 
richiesta ai soli vettori aerei in possesso di un�autorizzazione di volo (licenza 
d�esercizio) negli altri Stati membri, ma non ai vettori aerei con licenza di 
esercizio nella Repubblica federale di Germania. 
3. La risposta positiva fornita al secondo quesito consente di ritenere assorbito 
il terzo quesito. 
Roma, 4 aprile 2012 
Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato
CONTENZIOSO NAZIONALE 
La vexata quaestio dell�incidente di falso 
nel processo amministrativo 
(Nota a Corte costituzionale, sentenza 11 novembre 2011 n. 304) 
Marta Moretti* 
Nel nostro ordinamento non � consentito al giudice (qualsiasi esso sia) 
di pronunciarsi incidenter tantum sulla falsit� degli atti assistiti da fede priviliegiata 
(atto pubblico, scrittura privata autenticata o legalmente riconosciuta 
o verificata). Se, nell�ambito di un processo, � eccepita la falsit� di un atto fidefacente, 
nel giudizio principale si innesta una causa pregiudiziale. Pertanto, 
il giudice, se competente, decide con efficacia di giudicato, altrimenti, deve 
sospendere il giudizio a quo e rimettere la causa di falso ad altro giudice. 
Spetta esclusivamente al Giudice ordinario (di seguito G.O.) accertare il 
falso documentale. Pertanto, se � eccepita la falsit� di un documento dinanzi 
al Giudice amministrativo (di seguito G.A.), questi, non potendo statuire nel 
merito, deve sospendere il processo (1). Sar�, quindi, onere della parte inte- 
(*) Dottore in Giurisprudenza, gi� praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) Dagli articoli 41 e 42 del Regolamento sulla procedura dinanzi al Consiglio di Stato si � dedotto 
che al G.A. � preclusa perfino ogni indagine, sia pur sommaria, in punto di ammissibilit� della querela 
proposta in sede civile, essendo ad esso demandato esclusivamente il potere di accertare se la querela 
di falso sia stata proposta secondo le modalit� stabilite dal codice civile e se essa sia rilevante per la risoluzione 
della controversia pendente dinanzi a s� (v. P. FRISINA, Osservazioni in tema di incidente di 
falso nel processo amministrativo, in Giur. merito, 1984, 6, p. 1305 e seg.). Tuttavia, la giurisprudenza 
amministrativa ha ripetutamente affermato che �una rituale querela di falso rispetto ad atti impugnati in 
un processo amministrativo comporta la sospensione necessaria del giudizio solo se la questione di falso 
abbia carattere di pregiudizialit� e se non appaia manifestamente infondata o dilatoria� (v. per tutte la 
decisione del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000, n. 911). 
La competenza giurisdizionale del giudice civile ad accertare la verit� o falsit� di un atto fidefacente 
sussiste anche qualora si sia formato il giudicato in sede amministrativa sulla legittimit� dell�atto, in
162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ressata proporre, nel termine fissato dal G.A., querela di falso davanti al G.O. 
(2). In tale ipotesi, il processo amministrativo resta sospeso fino alla definizione 
del giudizio di falso. La parte interessata avr�, altres�, l�onere di provocare 
la ripresa del processo amministrativo, depositando, entro il termine 
decadenziale di quarantacinque giorni (vertendosi in materia elettorale) dal 
passaggio in giudicato della sentenza del G.O. (3). 
Con la sentenza dell�11 novembre 2011, n. 304, la Corte Costituzionale 
ha chiarito la ratio delle disposizioni di legge che riservano al G.O. il potere 
di accertare la verit� o falsit� degli atti fidefacenti quand�anche essi facciano 
parte di un procedimento amministrativo (4). Tale pronuncia offre lo spunto 
per richiamare talune questioni ancora dibattute in dottrina, quali: la natura e 
la funzione delle certezze legali, l�oggetto della querela di falso, le modalit� 
di risoluzione delle questioni pregiudiziali di falso nel processo amministrativo 
(5). A queste specifiche questioni, si riconnette, nella vicenda sottoposta alquanto, 
se la questione di falso non fu proposta, essa non � coperta dal giudicato, e se, invece, la questione 
fu sollevata incidentalmente, non vi fu (o non vi sarebbe dovuta essere) alcuna pronuncia in merito da 
parte del G.A. (v. U. FORTI, L�incidente di falso nel giudizio amministrativo, in Foro it., I, p. 794). 
Si ritiene, invece, che il G.A. possa conoscere della falsit� (materiale) della copia di un atto amministrativo 
di cui � dedotta la difformit� rispetto all�originale (loc. cit.). 
La giurisprudenza amministrativa ha precisato che la presentazione di una semplice �denuncia-querela� 
della falsit� di un documento (ossia una contestazione della falsit� del documento compiuta senza l�osservanza 
delle forme previste dal c.p.c. o dal c.p.p.) non pu� comportare la sospensione del processo 
amministrativo (v. la decisione del Consiglio di Stato del 4 gennaio 2011, n. 8). 
(2) L�art. 77, commi 1 e 3, c.p.a. prevedono rispettivamente che �chi deduce la falsit� di un documento 
deve provare che sia stata gi� proposta la querela di falso o domandare la fissazione di un termine 
entro cui possa proporla innanzi al tribunale ordinario competente� e �La prova dell'avvenuta 
proposizione della querela di falso � depositata agli atti di causa entro trenta giorni dalla scadenza del 
termine fissato ai sensi del comma 1. In difetto il presidente fissa l'udienza di discussione�. 
(3) L�art. 78 c.p.a. dispone: �Definito il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsit� deposita 
copia autentica della sentenza in segreteria. Il ricorso � dichiarato estinto se nessuna parte deposita la 
copia della sentenza nel termine di novanta giorni dal suo passaggio in giudicato�. L�Adunanza Plenaria 
del Consiglio di Stato, con decisione 2 dicembre 2010, n. 3, ha rilevato che l�art. 78 c.p.a., fissando 
come dies a quo per il decorso del termine di deposito della sentenza dichiarativa di falso il passaggio 
in giudicato di tale sentenza, si differenzia dal disposto dell�art. 43 del R.D. n. 642/1907 che lo individuava 
nella �pubblicazione� della sentenza, da intendersi, come di regola, nella relativa pubblicazione. 
Su tale pronuncia v. la nota di S. TASSONE, Il nuovo processo amministrativo al vaglio dell�Adunanza 
plenaria: primi spunti di riflessione, in Giur. it., 2011, fasc. 8-9, p. 1921 e seg. 
Ai sensi dell�art. 130 c.p.a. nei giudizi in materia di operazioni elettorali i termini processuali sono dimezzati. 
Sulle peculiarit� del rito elettorale v. M. BORGO, Il contenzioso in materia di operazioni elettorali 
nel nuovo codice del processo amministrativo, in Rass. Avv. St., n. 2/2011, p. 239 e seg. 
(4) La pronuncia � stata altres� annotata da L. MESSINA, La Corte Costituzionale si pronuncia 
sulla falsit� in atti nel giudizio elettorale, su www.ildirittoamministrativo.it. 
(5) Su vari aspetti dell�incidente di falso nel processo amministrativo v. U. PETRUCCI, Sull�incidente 
di falso nel processo amministrativo, in Studi sen., 1932, p. 138 e seg.; U. FORTI, L�incidente di 
falso nel giudizio amministrativo, cit., p. 793 e seg.; P. FRISINA, Osservazioni in tema di incidente di 
falso nel processo amministrativo, cit., p. 1302 e seg., e E.A. APICELLA, L�incidente di falso nel processo 
amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, n. 2, p. 776 e seg. Cfr., riguardo alla disciplina delle questioni 
di falso nel processo tributario, U. PERRUCCI, Disconoscimento e querela di falso nel processo tributario, 
in Bollettino trib., 1999, p. 693 e seg.
CONTENZIOSO NAZIONALE 163 
l�attenzione della Consulta, il pi� ampio tema dell�incidenza che potrebbe 
avere l�ampliamento dei poteri e degli strumenti istruttori del G.A. sui suoi 
poteri di cognizione. 
Con l�ordinanza del 16 febbraio 2011, n. 1000 il Consiglio di Stato ha ritenuto 
che non fosse manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
delle norme del D.lgs. n. 104/2010, il �codice del processo 
amministrativo� (di seguito: c.p.a.) che, al pari delle norme previgenti (6), assegnano 
alla giurisdizione ordinaria la decisione sulla querela di falso (7), disponendo 
altres� la sospensione necessaria del processo amministrativo, in 
riferimento agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione (8). 
La questione de qua � sorta nell�ambito di un giudizio promosso da taluni 
candidati alle elezioni regionali del Piemonte nel marzo del 2010 per l�annullamento 
degli atti di proclamazione degli eletti alle cariche di Presidente della 
Giunta Regionale e di Consigliere regionale, ritenuti illegittimi a causa di talune 
violazioni di legge che sarebbero state poste in essere durante il procedimento 
elettorale. La rilevanza della questione era data dal fatto che i ricorrenti 
avevano domandato al G.A. di accertare che, nel corso del procedimento elettorale, 
taluni consiglieri comunali avevano falsamente attestato l�autenticit� 
delle sottoscrizioni di accettazione delle candidature alle cariche di Consigliere 
regionale nel Comune in cui ricoprivano la propria carica, in quanto tali firme 
erano state falsificate o erano state apposte al di fuori dell�ambito territoriale 
in cui il pubblico ufficiale aveva il potere di autenticarle. I ricorrenti sostenevano 
che, tolte le firme accertate come false, il numero delle firme raccolte 
per la presentazione della lista �Pensionati per Cota� risultava inferiore a 
quello minimo richiesto dalla legge, cosicch� era illegittima l�ammissione di 
tale lista alla competizione elettorale ed andavano annullate e ripetute integralmente 
le operazioni di voto. 
In primo grado il T.A.R. Piemonte ha rilevato che le autenticazioni di sottoscrizioni 
nell�ambito del procedimento elettorale costituiscono degli atti pubblici 
ai sensi dell�art. 2699 c.c. e, come tali, sono assistite da fede privilegiata 
(6) Le suddette norme sono: l�art. 7 del R.D. n. 2840/1923 (Modificazioni all�ordinamento del 
Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale), gli articoli 41, 42 
e 43 del R.D. n. 642/1907 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio 
di Stato), gli articoli 28, terzo comma, e 30, secondo comma, del R.D. n. 1054/1924 (Approvazione 
del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), gli articoli 7, terzo comma, ultima parte, e 8 della 
legge n. 1034/1971 (Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali). 
(7) Le norme in relazione alle quali � stata sollevata la questione di legittimit� costituzionale sono 
gli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 c.p.a. e 2700 c.c. 
Va, poi, precisato che il parametro dell�art. 76 Cost. � stato invocato solo rispetto alle menzionate disposizioni 
del c.p.a., in quanto rispetto a queste disposizioni il Consiglio di Stato ha prospettato il dubbio 
di un eccesso di delega. 
(8) Come si � detto, ha formato altres� oggetto della questione di legittimit� costituzionale l�art. 
2700 c.c.
164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ex art. 2700 c.c. (9), revocabile in dubbio e contestabile soltanto mediante un 
apposito strumento processuale, la querela di falso, disciplinato agli articoli 
221 e seguenti c.p.c. (10). Posto che il c.p.c. ed il c.p.a. demandano al G.O. la 
questione della falsit� dei documenti prodotti in un giudizio amministrativo 
(11), il T.A.R. Piemonte ha sospeso il giudizio, assegnando ai ricorrenti un 
termine per la proposizione della querela di falso dinanzi al Tribunale civile 
(12). Contro tale sentenza i ricorrenti hanno proposto appello, chiedendo che 
il giudice amministrativo accertasse autonomamente la falsit� ideologica delle 
attestazioni ed invalidasse le elezioni. 
Il Consiglio di Stato ha condiviso quanto affermato dal giudice di primo 
grado circa la natura di atto pubblico delle autenticazioni delle firme raccolte 
per le elezioni regionali e l�impossibilit� di accertare incidenter tantum la falsit� 
delle stesse, essendo tale questione riservata dalle leggi alla cognizione 
del Giudice civile (13). Tuttavia, esso ha ritenuto dubbia la legittimit� costituzionale 
della disciplina che preclude in materia elettorale al G.A. di accertare 
incidentalmente eventuali falsit� di atti del procedimento elettorale. Secondo 
i Giudici di Palazzo Spada, tale disciplina che, in passato, era giustificata dalla 
limitatezza dei poteri istruttori riconosciuti alle parti del processo amministrativo 
e allo stesso G.A., non avrebbe pi� ragion d�essere, in quanto, mediante 
una serie di interventi normativi, quei poteri sono stati notevolmente ampliati, 
al punto da apparire oggi analoghi a quelli previsti per il processo civile (14). 
(9) I.e. fanno piena prova di quanto attestato per scienza diretta del pubblico ufficiale. 
(10) V. la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 3196/2010. 
(11) Per il caso in cui nel giudizio amministrativo voglia dedursi la falsit� di un documento, l�art. 
41 del R.D. n. 642/1907, stabiliva che �chi deduce la falsit� di un documento deve provare che sia stata 
gi� proposta la querela di falso, o domandare la prefissione di un termine entro cui possa proporla innanzi 
al Tribunale competente�. Tale disciplina � stata sostanzialmente riprodotta nell�art. 9, comma 2, c.p.a. 
V. M. SANINO (a cura di), Codice del processo amministrativo, Torino, 2011, p. 59. 
Va precisato che, se le irregolarit� delle sottoscrizioni della lista contestata fossero state tali da rendere 
nulle (perch� mancanti dei requisiti essenziali previsti dalla legge) o �inesistenti� (in quanto completamente 
difformi dal paradigma normativo) le autenticazioni delle firme, il G.A. ben avrebbe potuto accertare 
siffatte forme d�invalidit� e, rilevata l�insufficienza delle firme valide, annullare gli atti impugnati 
(v. infra). Nel caso di specie, invece, la questione sottoposta al G.A. riguardava la falsit� delle firme e 
delle relative autenticazioni ed esulava, quindi, dalla sua cognizione. 
(12) V. la giurisprudenza citata da R. GAROFOLI � G. FERRARI, Codice del processo amministrativo, 
tomo I, Roma, 2010, p. 98. 
(13) V. l�ordinanza collegiale n. 1000 del 16 febbraio 2011. Nello stesso senso v. la sentenza del 
Consiglio di Stato n. 5345 del 22 settembre 2011. 
(14) Nell�ordinanza in esame l�Organo supremo della giustizia amministrativa afferma che l�evoluzione 
della disciplina dell�istruttoria nel processo amministrativo �ha trovato ora pieno compimento 
con l�entrata in vigore del codice del processo amministrativo, i cui artt. 63 e ss. disciplinano i mezzi di 
prova, ammettendo anche nella giurisdizione di legittimit� tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c., 
sempre con l�esclusione di interrogatorio formale e giuramento, che mal si attagliano alla specialit� del 
processo amministrativo�. Sull�evoluzione della disciplina dei mezzi di prova prima dell�entrata in vigore 
del c.p.a. v. C. MIGNONE, I mezzi di prova in rapporto alle plurime giurisdizioni del Giudice amministrativo, 
in Dir. proc. amm., 2003, n. 1, p. 1 e seg.; M. LIPARI, I princ�pi generali dell�istruttoria nel
CONTENZIOSO NAZIONALE 165 
In particolare, se, nel caso di specie, il G.A. avesse avuto il potere di accertare 
la falsit� delle sottoscrizioni �incriminate�, esso avrebbe potuto disporre una perizia 
calligrafica. In tal modo, si sarebbe risolto celermente l�incidente di falso. 
I Giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che la normativa vigente, obbligando 
il G.A. a sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della 
sentenza resa dal G.O. nella causa di falso, comporta un prolungamento della 
durata del processo amministrativo. Ora, ogni ritardo nella definizione del processo 
� di per s� incompatibile con il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale 
effettiva. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha evidenziato come, in materia 
elettorale, si profili spesso un aut aut: o la tutela giurisdizionale � tempestiva 
o � irrimediabilmente compromessa (15). Tale constatazione ha indotto il 
Sommo Collegio a dubitare della compatibilit� delle norme censurate con le 
garanzie giurisdizionali sancite agli articoli 24, 103, 111 e 113 della Costituzione. 
La Costituzione, invero, assicura ai singoli che vantano degli interessi 
legittimi nei confronti della P.A. (al pari di quelli che sono titolari di diritti 
soggettivi) una tutela giurisdizionale efficace. Ci� significa che costoro devono 
disporre di un giudizio che porti ad una decisione atta a rendere concretamente 
giustizia, i.e. a far conseguire loro il bene della vita legittimamente agognato 
(16). Ora, nel caso di specie, questa fondamentale esigenza sarebbe stata soddisfatta 
solo se si fosse sciolto il nodo della falsit� delle firme prima che giungessero 
a scadenza le cariche elettive oggetto di contesa. 
Come si vede, l�Organo remittente ha dato per assodato che, mentre il 
G.A. impiegherebbe un tempo congruo per risolvere l�incidente di falso, cos� 
assicurando una tutela giurisdizionale effettiva ai soggetti coinvolti, ci� sarebbe 
stato impossibile per il G.O., dati i tempi usuali del processo civile. In 
altri termini, secondo il Consiglio di Stato, allo stato, i tempi della giustizia 
civile sarebbero in assoluto incompatibili con la peculiare esigenza di celerit� 
processo amministrativo dopo la L. n. 205 del 2000. Le trasformazioni del giudizio e gli indirizzi della 
giurisprudenza, ibidem, p. 55 e seg.; S. VENEZIANO, I nuovi mezzi probatori nella giurisdizione di legittimit� 
e nella giurisdizione esclusiva, ibidem, p. 180 e seg. Sulla disciplina dell�istruttoria dettata dal 
c.p.a. e sulla sua incidenza sui poteri di cognizione del G.A. v. per tutti R. GRECO, L�istruttoria e l�accertamento 
del fatto nel Codice del processo amministrativo, su www.giustizia-amministrativa.it. 
Per un�analisi del giudizio di autenticit� di un documento v. G. BERTOLINO, Documento in senso forte e 
documento in senso debole, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, n. 3, p. 850 e seg. 
(15) � chiaro che l�esigenza di tempestivit� della tutela giurisdizionale � particolarmente stringente 
in materia elettorale, posto che l�interesse del candidato � �quello di partecipare ad una competizione 
elettorale nella situazione politica-amministrativa esistente alla data prefissata, secondo le regole del 
gioco, nel mentre, una correzione o riedizione della competizione in un momento successivo, non sarebbe 
pienamente satisfattiva, perch� influenzata dalle modificazioni, medio tempore verificatesi, dal contesto 
politico-ambientale in diretta dipendenza di quegli atti di ammissione illegittimi, che hanno condizionato 
il risultato elettorale� (P. QUINTO, Il nuovo codice, il giudizio elettorale e la Corte Costituzionale: una 
singolare coincidenza, in Foro amm. TAR, 2010, n. 6, p. 2235). 
(16) All�art. 1 c.p.a. � espressamente richiamato il principio costituzionale della tutela giurisdizionale 
piena ed effettiva e viene altres� precisato che il medesimo principio � riconosciuto anche dal 
diritto dell�U.E. 
166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
che si pone in materia elettorale (17), sicch� le disposizioni legislative che riservano 
al G.O. il potere di conoscere della falsit� degli atti del procedimento 
elettorale violano il principio costituzionale della tutela giurisdizionale effettiva, 
che esige che la decisione di merito sia resa entro un tempo ragionevole, 
ossia quando � ancora �utile� (in senso giuridico) al ricorrente. All�illustre collegio 
� parso evidente che, nel caso di specie, ai ricorrenti non avrebbe giovato 
l�annullamento delle elezioni che fosse intervenuto dopo la scadenza della 
consigliatura regionale. 
A questi dubbi di incostituzionalit� riguardanti sia le norme del c.p.a. che 
quelle previgenti, ne � stato aggiunto un altro, riferibile soltanto all�art. 8, 
comma 2, c.p.a. Tale norma, sempre per le ragioni suesposte, � sembrata all�Organo 
rimettente in contrasto con uno dei criteri fissati dalla Legge-delega 
in virt� della quale il Governo aveva emanato il c.p.a. (18), ovvero �assicurare 
la snellezza, concentrazione ed effettivit� della tutela, anche al fine di garantire 
la ragionevole durata del processo�. Secondo i Giudici di Palazzo Spada, la 
mancata osservanza di questo criterio, concretando una violazione dell�art. 76 
(17) Sull�esigenza di celerit� che � propria del contenzioso sulle operazioni elettorali v. A. TRAVI, 
I termini del processo amministrativo e i riti speciali, Relazione svolta al Convegno �La codificazione 
del processo amministrativo nel terzo millennio� tenutosi a Roma, presso il Consiglio di Stato, il 20 
maggio 2008, su www.giustizia-amministrativa.it, e P.M. SAVASTA, Il contenzioso elettorale, Relazione 
al Convegno Nazionale di Studi �La codificazione del processo amministrativo: riflessioni e proposte� 
tenutosi a Siracusa 30 e 31 ottobre 2009, ibidem. 
(18) Si tratta, comՏ noto, della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il 
riassetto della disciplina del processo amministrativo, il cui art. 44 aveva il seguente tenore: �1. Il Governo 
� delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o 
pi� decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio 
di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle 
giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione 
di princ�pi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele. 
2. I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai princ�pi e criteri direttivi di cui all�articolo 20, 
comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti princ�pi e 
criteri direttivi: 
(omissis) 
c) procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano, fatti 
salvi quelli previsti dalle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige; 
d) razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, 
prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo 
del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi e introducendo la giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio 
per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione 
di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi 
compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento 
delle elezioni�. 
Nel senso che il principio della tutela giurisdizionale effettiva dovesse essere un criterio guida nell�elaborazione 
del c.p.a., v. R. CHIEPPA, Il Codice del processo amministrativo alla ricerca dell�effettivit� 
della tutela, su www.giustizia-amministrativa.it; R. CAPONIGRO, Il principio di effettivit� della tutela nel 
codice del processo amministrativo, ibidem; P.M. ZERMAN, L�effettivit� della tutela nel Codice del processo 
amministrativo, ibidem. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 167 
Cost., rendeva illegittima la menzionata disposizione codicistica. 
Infine, l�ordinanza di rimessione ha prospettato che la disciplina dell�incidente 
di falso nel rito elettorale, essendo suscettibile di ostacolare una sana 
amministrazione della giustizia, fosse altres� incompatibile con il principio del 
buon andamento dell�amministrazione pubblica di cui all�art. 97 Cost. 
La Corte Costituzionale, all�esito di un articolato iter motivazionale, ha 
dichiarato infondata la questione di legittimit� costituzionale. 
In primo luogo, la Consulta ha revocato in dubbio che le disposizioni di 
legge censurate siano contrarie al principio di tutela giurisdizionale effettiva 
e, in particolare, all�esigenza di durata ragionevole del processo, di cui agli 
articoli 24 e 111 Cost. 
La Consulta ha sconfessato la premessa da cui muoveva il ragionamento 
del Consiglio di Stato, ossia che la tradizionale devoluzione al G.O. delle questioni 
incidentali di falso sollevate dinanzi al G.A. fosse dovuta alla circostanza 
(ormai venuta meno) che il G.A. non disponeva di poteri istruttori idonei ad 
accertare la falsit� materiale o ideologica degli atti fidefacenti. La Consulta 
ha ritenuto piuttosto che la ratio della disciplina censurata fosse di garantire 
la certezza e la speditezza del traffico giuridico, facendo in modo che l�accertamento 
giudiziale dell�autenticit� degli atti fidefacenti spieghi i suoi effetti 
al di l� delle parti e dell�oggetto del processo in cui � stata decisa la questione 
di falso (19). Tale finalit� � tradizionalmente perseguita attribuendo in via 
esclusiva al G.O. il potere di statuire con efficacia erga omnes sulle questioni 
di falso, quand�anche esse siano pregiudiziali rispetto a controversie che ricadono 
nella giurisdizione amministrativa. Ci� consente di evitare �ad un tempo, 
il rischio di contrastanti pronunce � che minerebbero la fiducia verso determinati 
atti ovvero in ordine a condizioni e qualit� personali di essenziale risalto 
agli effetti dei rapporti intersoggettivi � e il ricorso a modelli variegati di accertamento, 
dipendenti dalle specificit� dei procedimenti all�interno dei quali 
simili questioni �pregiudicanti� possono intervenire�. 
La Corte Costituzionale ha ritenuto che la scelta del legislatore delegato 
di mantenere invariata la riserva di giurisdizione in favore del G.O. sulle questioni 
di falso, lungi dal costituire un mero omaggio alla tradizione, risponde 
�a persistenti valori ed esigenze di primario risalto�, qual � appunto la necessit� 
di tutelare la fede pubblica. 
La Consulta ha precisato che la tutela della fede pubblica pu� essere garantita 
pi� efficacemente se le questioni di falso sono devolute alla cognizione 
di un unico Giudice, quale che sia la sede processuale in cui esse vengono sollevate. 
Ed invero, se fosse consentito ad ogni giudice dinanzi al quale sia contestata 
la falsit� di un documento fidefacente di verificarne incidenter tantum 
l�autenticit�, sarebbero compromesse la certezza e la speditezza del traffico 
(19) V. la sentenza della Consulta n. 304/2011.
168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
giuridico. Tali fondamentali esigenze sarebbero parimenti pregiudicate se fosse 
attribuito sia al G.O. che al G.A. (e a qualsiasi giudice speciale) il potere di 
accertare con efficacia di giudicato l�autenticit� di un documento fidefacente, 
giacch�, in tal caso, potrebbero essere emesse pronunce contrastanti sulla veridicit� 
del medesimo atto. 
Tenuto conto di ci�, il Giudice delle leggi ha affermato che �la �unitariet�� 
della giurisdizione in specifiche materie ben pu�, dunque, costituire una 
necessit� destinata a prevalere su quella di concentrazione dei singoli e diversi 
giudizi� (20), a prescindere da ogni considerazione riguardo alla maggiore o 
minore idoneit� di un modello processuale rispetto agli altri ad assicurare adeguata 
tutela in quelle stesse materie. 
Inoltre, criticando il ragionamento del Giudice rimettente, la Corte Costituzionale, 
da un lato, ha evidenziato come l�esigenza di speditezza del processo 
elettorale � sicuramente meritevole di debita considerazione in quanto propedeutica 
all�effettivit� della tutela giurisdizionale � non sia un valore assoluto, 
ma debba essere contemperata con le esigenze connesse alla salvaguardia della 
fede pubblica; dall�altro, ha ritenuto che la normativa censurata, imponendo al 
G.A. di rimettere al G.O. le questioni incidentali di falso, non fosse incompatibile 
con l�esigenza di definire tempestivamente siffatte questioni ove siano 
pregiudiziali rispetto all�accertamento della validit� delle elezioni. 
Sotto il primo profilo, la Consulta ha rilevato che la soluzione prospettata 
dal giudice a quo per assicurare la celerit� del processo amministrativo in materia 
elettorale � ossia la verifica da parte del G.A., con efficacia limitata al giudizio 
a quo, della contestata autenticit� degli atti del procedimento elettorale � 
non avrebbe degli effetti soltanto sul piano processuale (riduzione della durata 
del processo), ma anche sul piano sostanziale, giacch� comporterebbe un �affievolimento� 
dell� �efficacia e [del]la qualit� di atto munito di fede privilegiata
� propria degli atti pubblici posti in essere nell�ambito di un procedimento 
elettorale, i quali non varrebbero pi� come �piena prova fino a querela di falso�. 
Sotto il secondo profilo, la Corte Costituzionale ha osservato che �tutti i 
meccanismi di accertamento pregiudiziale, comprese la pregiudizialit� costituzionale 
e quella comunitaria� possono, di per s�, �incidere sulla durata del 
processo, senza che ci� automaticamente si risolva, comՏ ovvio, nella violazione 
del principio di ragionevole durata� del giudizio principale (21). La Corte 
ha chiarito, dunque, che �non �, dunque, mediante la soppressione di fasi processuali, 
essenziali ai fini della decisione che si consegue l�obiettivo di garantire 
la celerit� dei processi, compreso quello amministrativo in materia elettorale�. 
(20) Cfr. M. PROTTO � M. BELLAVISTA, La giurisdizione in generale, in R. CARANTA (a cura di), Il 
nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, p. 167 e seg., secondo cui l�effettivit� della tutela giurisdizionale 
nel processo amministrativo si attua, ai sensi dell�art. 7, comma 7, c.p.a., attraverso la concentrazione 
dinanzi al G.A. di ogni forma di tutela sia degli interessi legittimi che dei diritti soggettivi.
CONTENZIOSO NAZIONALE 169 
Dopo aver escluso che le disposizioni legislative censurate fossero contrarie 
agli articoli 24 e 111 Cost., che sanciscono in termini generali il principio 
della tutela giurisdizionale effettiva, la Consulta ha altres� escluso che le stesse 
fossero incompatibili con gli articoli 103 e 113 Cost., che garantiscono la tutela 
giurisdizionale contro gli atti della P.A. (22), e con l�art. 76 Cost. da cui discendeva 
l�obbligo per il Legislatore delegato di attenersi al criterio direttivo 
stabilito dalla Legge secondo cui occorreva, in particolare, assicurare una tutela 
giurisdizionale efficace e tempestiva nel contenzioso amministrativo in 
materia elettorale (23). 
Infine, la Corte ha ritenuto inconferente il riferimento operato dall�ordinanza 
di rimessione all�art. 97 Cost., posto che tale norma impone il rispetto 
del principio del buon andamento nell�esercizio del potere esecutivo, ma non 
ha nulla a che vedere con quello giurisdizionale. 
La scelta di riservare al G.O. la cognizione delle questioni pregiudiziali 
che sorgono nell�ambito di un processo amministrativo pu� essere analizzata 
sotto angolature diverse a seconda di quale si ritenga essere l�oggetto delle 
cause di falso. Quest�ultimo � stato individuato dalla dottrina, alternativamente, 
in un fatto e, precisamente, la verit� o falsit� di un documento (24), in 
una questione pregiudiziale di natura sostanziale (25), nell�efficacia probatoria 
(21) Sembra che la Consulta, riferendosi alla �pregiudiziale comunitaria� (oltre che alla �pregiudiziale 
costituzionale�), abbia voluto fugare il dubbio che le norme processuali italiane che devolvono 
le questioni pregiudiziali da decidersi con efficacia di giudicato (cause pregiudiziali) ad un giudice diverso 
da quello dinanzi al quale pende la causa principale siano contrarie al diritto fondamentale alla 
tutela giurisdizionale effettiva garantito dall�ordinamento dell�Unione europea. Il Consiglio di Stato non 
aveva prospettato la possibilit� che le disposizioni di legge censurate fossero altres� contrarie al diritto 
alla tutela giurisdizionale effettiva di cui all�art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell�U.E., il che 
appare condivisibile in quanto gli Stati membri sono obbligati a rispettare i diritti fondamentali riconosciuti 
ai singoli dall�ordinamento dell�U.E. solo entro l�ambito di applicazione del diritto dell�Unione, 
e quindi non anche negli �affari� di rilevanza esclusivamente interna (v. art. 51, par. 1). Opportunamente 
il Consiglio di Stato aveva, invece, richiamato quale parametro di legittimit� costituzionale della normativa 
interna gli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la Salvaguardia dei diritti dell�Uomo e 
delle Libert� fondamentali (di seguito CEDU), che, in virt� dell�art. 117, comma 1, Cost., impongono 
di assicurare un ricorso effettivo ed un equo processo dinanzi ai giudici interni. 
(22) V. per tutti A. POLICE, Art. 103, 1� e 2� co., in R. BIFULCO � A. CELOTTO � M. OLIVETTI (a 
cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, p. 1987 e seg., e F. SAITTA, Art. 113, ibidem, p. 
2136 e seg. (specialmente da p. 2143). 
(23) La Consulta ha rilevato altres� che, del resto, laddove il Legislatore delegato non faccia in 
parte uso della delega conferitagli, ci� non integra una violazione della Legge delega e, per interposizione 
di quest�ultima, dell�art. 76 Cost. 
(24) Si tratta della tesi di E.T. Liebman (v. G. VERDE, Querela di falso, in Enc. giur., Roma, 1991, 
vol. XXV, p. 1), a cui ha aderito inter alia DE STEFANO, Falso (querela di), in Enc. del diritto, Milano, 
1967, vol. XVI, pp. 701 e 702. 
(25) In tal senso si � espresso F. Carnelutti (v. G. VERDE, loc. cit.). Analogamente, secondo MONTESANO 
(La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, p. 125), i documenti muniti di efficacia probatoria 
legale �hanno funzioni non solo processuali, ma pure dirette a rafforzare la certezza nello 
svolgimento dei rapporti sostanziali� e il giudice nei processi di falso ha il potere-dovere di rimuovere 
situazioni antigiuridiche sostanziali. 
170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
di un documento (26), in un rapporto probatorio (27), nel dovere del giudice 
di eliminare dal traffico giuridico i documenti falsi per via del danno alla collettivit� 
che essi procurano (28). 
Facendo astrazione dagli aspetti che contraddistinguono le singole teorie 
sull�oggetto del giudizio di falso, esse sono riconducibili a due distinti indirizzi: 
quello secondo cui il giudizio di falso verte su una situazione giuridica 
sostanziale connessa al rapporto giuridico che forma oggetto della causa principale 
e quello secondo cui il medesimo giudizio concerne un aspetto meramente 
processuale (l�efficacia probatoria di un documento ed il vincolo del 
giudice a dare per certo quanto � ivi attestato). 
Ora, sia che si acceda al primo indirizzo sia che si opti per il secondo, si 
pu� giungere a ritenere giustificata dal punto di vista costituzionale la scelta 
del legislatore ordinario di riservare al G.O. la decisione sulle questioni pregiudiziali 
di falso (29). 
Nell�ultimo decennio la giurisprudenza ha trattato con un elevato grado 
di approfondimento il tema del riparto di giurisdizione tra G.O. e G.A. 
Innanzitutto, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che la �specialit�� 
del G.A. si fonda unicamente sul fatto che quest�ultimo � chiamato ad 
assicurare la giustizia �nell�amministrazione� (30), e non pu� dipendere dal 
fatto che della causa sia parte la P.A., posto che in tal caso lo stesso sarebbe 
�giudice dell�Amministrazione�, con conseguente violazione degli articoli 25 
e 102, secondo comma, Cost. (31). 
(26) � l�opinione di N. Attardi (v. G. VERDE, loc. cit.). 
(27) Lo hanno sostenuto E. Garbagnati, G. Laserra, S. Satta e C. Vocino (v. G. VERDE, loc. cit.). 
Per precisazioni sulla tesi di S. Satta v. DE STEFANO, op. cit., p. 700 e 701. 
(28) V. V. DENTI, Querela di falso, in Novissimo Digesto It., Torino, 1967, vol. XIV, p. 662 e seg. 
Per i risvolti sul piano processuale della teoria di questo Autore v. IDEM, Prova documentale in diritto 
processuale civile, in Dig. Disc. Priv., Torino, 2003, p. 39. 
(29) In senso contrario v. per� V. DENTI, Prova documentale in diritto processuale civile, cit., p. 39. 
(30) ComՏ noto, la suddetta espressione fu coniata da Silvio Spaventa nel discorso pronunciato 
il 7 marzo 1880 all�Associazione costituzionale di Bergamo (v. P. ALATRI � a cura di �, Silvio Spaventa. 
La giustizia nell�amministrazione, Torino 1969, p. 102) ed � stata poi riprodotta nell�art. 100, comma 1, 
della Costituzione. 
(31) V. la celeberrima sentenza della Corte Costituzionale 5 luglio 2004, n. 204. Fra i molti autorevoli 
commenti a tale pronuncia si ricordano quelli di V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva e azione risarcitoria 
nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 5 luglio 2004, in federalismi.it; R. CHIEPPA, Il 
riparto di giurisdizione dopo le sentenze n. 204 e n. 281 del 2004 della Corte costituzionale, in Dir. e form., 
2004, p. 1629 e seg.; F. CINTIOLI, La giurisdizione piena del giudice amministrativo dopo la sentenza n. 
204 della Corte costituzionale, in www.giustamm.it; M. CLARICH, La �tribunalizzazione� del giudice amministrativo 
evitata: commento alla sentenza della Corte Costituzionale 5 luglio 2004 n. 204, su www.giustizia.
amministrativa.it; M.A. SANDULLI, Un passo avanti ed uno indietro: il giudice amministrativo � 
giudice pieno ma non pu� giudicare dei diritti (una prima lettura a margine di Corte Cost. n. 204 del 
2004), in Riv. giur. edilizia, 2004, 1230 e seg.; F.G. SCOCA, Sopravviver� la giurisdizione esclusiva?, in 
Giur. cost., 2004, p. 2200 e seg.; G. VIRGA, Il giudice della funzione pubblica (sui nuovi confini della giurisdizione 
esclusiva tracciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204/2004), in Lexitalia.it; R. 
VILLATA, Leggendo la sentenza n. 204 della Corte costituzionale, in Dir. proc. amm., 2004, p. 832 e seg.
CONTENZIOSO NAZIONALE 171 
Inoltre, la Consulta ha precisato che, ancorch� il criterio generale in base 
al quale il legislatore ordinario deve ripartire le cause tra G.O. e G.A. sia, conformemente 
all�art. 113 Cost., quello delle situazioni giuridiche soggettive di 
cui si invoca la tutela giurisdizionale, il legislatore ordinario pu� attribuire in 
via esclusiva alla giurisdizione del G.A. le cause che concernono particolari 
materie caratterizzate da un inestricabile intreccio tra diritti soggettivi e interessi 
legittimi (32). In tale ipotesi, il criterio di riparto basato sulla causa petendi 
lascia eccezionalmente il passo a quello per materia (33). 
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 120/2007, hanno 
sottolineato che, per determinare la posizione giuridica vantata dal ricorrente 
e, quindi, se sussiste la giurisdizione del G.O. o del G.A., � necessario far riferimento 
alla natura vincolata o discrezionale dell�attivit� amministrativa. 
Alla tradizionale ripartizione che vedeva radicarsi la giurisdizione del 
G.O. in caso di attivit� vincolata e quella del G.A. in caso di attivit� discrezionale, 
si sono aggiunte le importanti specificazioni operate dal Consiglio di 
Stato. Infatti, la decisione dell�Adunanza Plenaria n. 8 del 24 maggio 2007 ha 
chiarito che �anche a fronte di attivit� connotate dall�assenza in capo all�amministrazione 
di margini di discrezionalit� valutativa o tecnica, quindi, occorre 
avere riguardo, in sede di verifica della natura della corrispondente posizione 
soggettiva del privato, alla finalit� perseguita dalla norma primaria, per cui 
quando l�attivit� amministrativa, ancorch� a carattere vincolato, tuteli in via 
diretta l�interesse pubblico, la situazione vantata dal privato non pu� che essere 
protetta in via mediata, cos� assumendo consistenza di interesse legittimo
� (34). Inoltre, la decisione dell�Adunanza Plenaria n. 10 del 30 luglio 
(32) Parte della dottrina ritiene �antistorica� l�idea dell�eccezionalit� della giurisdizione esclusiva 
in rapporto a quella generale di legittimit�, giacch� non tiene conto che, nel diritto sostanziale, vi � stata 
un�evoluzione dei rapporti tra P.A. e privati, che ha portato all��inserimento degli interessi materiali del 
privato tra le componenti dell�interesse pubblico inteso quale interesse dell�ordinamento�, con conseguente 
�coincidenza strutturale, e non pi� soltanto occasionale (ed in fondo irrilevante), tra soddisfazione 
dei primi e realizzazione del secondo� (A. ROMAMO-TASSONE, La giurisdizione esclusiva tra glorioso 
passato ed incerto futuro, su www.giustiziaamministrativa.it). 
(33) Secondo autorevole dottrina, dall�art. 113 Cost. si deduce che il legislatore ordinario potrebbe 
introdurre delle specifiche ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.O., cui spetterebbe anche la cognizione 
in via principale di interessi legittimi, con potere di annullamento degli atti lesivi (v. F. CARINGELLA, Il 
riparto di giurisdizione, su www.giustizia.amministrativa.it). 
(34) Di conseguenza, l�acclarata natura vincolata dell�attivit� demandata all�amministrazione non 
comporta in modo automatico la qualificazione della corrispondente posizione soggettiva del privato in 
termini di diritto soggettivo, con il conseguente precipitato processuale in punto di giurisdizione. Invero, 
anche in seno alle attivit� di tipo vincolato, si deve distinguere tra quelle ascritte all�amministrazione 
per la tutela in via primaria dell�interesse del privato e quelle che, invece, la stessa � tenuta ad esercitare 
per la salvaguardia dell�interesse pubblico. Nella specie, l�Adunanza Plenaria ha affermato che sussiste 
la giurisdizione del G.A. per le controversie che concernono l�attribuzione di doppio punteggio per il 
servizio scolastico prestato in scuole ubicate in comuni di montagna ai fini della determinazione, sulla 
base dei titoli, delle graduatorie permanenti dei docenti aspiranti all�assunzione (e ci� bench� avesse riconosciuto 
che la procedura concorsuale in esame sembrava ascrivibile �alle fattispecie in cui l�atto
172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
2007 ha evidenziato che sussiste la giurisdizione generale di legittimit� del 
G.A., anche quando la domanda giudiziale abbia ad oggetto il risarcimento del 
danno, per le controversie nelle quali la condotta materiale della P.A. �trova 
occasione, collegamento e sviluppo nel medesimo provvedimento; cosicch�, 
l�illecito consegue pur sempre all�adozione del provvedimento illegittimo da 
parte dell�amministrazione, anzi avviene proprio in virt� dello stesso � (35). 
Questa giurisprudenza e parte della dottrina propendono per la sostituzione 
del criterio - a lungo usato per discernere tra posizioni giuridiche soggettive 
ai fini dell�individuazione del giudice competente - basato sulla 
distinzione tra attivit� vincolata e discrezionale con quello della presenza o 
meno di un potere pubblico autoritativo (che pu� essere esercitato tramite 
provvedimenti amministrativi o moduli convenzionali). In base a tale criterio, 
la giurisdizione del G.O. sussiste quando la P.A. � titolare di una posizione 
soggettiva (attiva o passiva) di diritto privato o ha posto in essere un�attivit� 
meramente materiale (36), mentre vi � la giurisdizione del G.A. quando la P.A. 
dell�amministrazione, in quanto adottato sulla base di riscontro di tipo vincolato in merito alla sussistenza 
dei presupposti richiesti dalla norma per la produzione di taluni effetti, assume natura meramente dichiarativa, 
e di conseguenza lo stesso sarebbe per ci� solo sfornito di quell�attitudine degradatoria che 
sola determina l�afferenza a posizione di interessi legittimi della conseguente controversia�). Su tale 
questione si erano formati due orientamenti contrastanti nell�ambito della giurisdizione di legittimit� e 
in quella amministrativa (giacch�, secondo la Corte di Cassazione, rientrerebbero nella giurisdizione 
dell�A.G.O. le controversie relative all�inserzione di aspiranti in graduatorie ad utilizzazione soltanto 
eventuale, nelle quali il privato fa valere il suo diritto al lavoro, ex articoli 4 e 36 Cost., chiedendone la 
concreta attuazione alla P.A. dotata del relativo potere di accertamento e di valutazione meramente tecnica 
in ordine alla sussistenza di requisiti predeterminati in precedenza, senza che residui alcun margine 
di discrezionalit� circa la rispondenza o meno del chiesto riconoscimento all�interesse pubblico; viceversa, 
la giurisprudenza amministrativa riteneva che si potesse assimilare alla materia concorsuale, devoluta 
alla giurisdizione del G.A. in forza dell�art. 68, 4� comma del D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, la 
formazione di graduatorie finalizzate a future eventuali assunzioni, sul presupposto che anche tali procedure 
si caratterizzino per l�emanazione di provvedimenti autoritativi incidenti su posizioni di interesse 
legittimo, pur con riguardo all�attribuzione di punteggi predeterminati per i titoli conseguiti dagli interessati, 
senza che assuma rilievo discriminante la circostanza che le valutazioni operate nel corso del 
procedimento si basino su valutazioni discrezionali o tecniche o su meri accertamenti. 
(35) Nella specie l�Adunanza Plenaria ha affermato che ricadono nella giurisdizione generale di 
legittimit� del G.A. le domande di condanna dell�Amministrazione comunale al risarcimento dei danni 
subiti a causa di un provvedimento illegittimo di requisizione di immobile emesso oltre la scadenza del 
termine fissato nell�ordinanza di requisizione. L�Adunanza Plenaria ha spiegato che anche la condotta 
successiva alla scadenza del termine di (legittima) requisizione trova occasione, collegamento e sviluppo 
nel medesimo provvedimento; cosicch�, l�illecito consegue pur sempre all�adozione del provvedimento 
illegittimo da parte dell�amministrazione, anzi avviene proprio in virt� dello stesso; e, collegandosi la 
tutela risarcitoria a quella della situazione soggettiva incisa dal provvedimento amministrativo illegittimo, 
si rapporta alla lesione di una situazione di interesse legittimo che fa da contraltare all�esercizio 
del potere. 
(36) M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, p. 6, ha precisato che la c.d. 
attivit� materiale della P.A. � �una sintesi verbale attinente a dati esteriori, non una locuzione che enunci 
qualcosa di giuridicamente proprio�. Infatti, gli atti giuridici possono consistere sia in dichiarazioni di 
scienza o di volont� (o comportamenti ad esse equiparati) che in atti reali e questi ultimi possono essere 
definiti �giuridicamente in relazione al rapporto nel seno del quale si attuano, onde possono essere atti
CONTENZIOSO NAZIONALE 173 
� titolare di un potere pubblico autoritativo (37). 
Ora, senza pretendere di aggiungere nulla alle esaustive argomentazioni 
svolte nella sentenza in commento, si tenter� qui di dimostrare come le critiche 
mosse dal Consiglio di Stato alla disciplina legislativa dell�incidente di falso 
nel processo amministrativo appaiono poco fondate. 
ComՏ noto, l�autentica di firma consiste nella dichiarazione, che viene 
redatta in fine della scrittura e di seguito alle firme apposte dai sottoscrittori, 
con la quale un notaio (con riguardo alla specie delle �autentiche notarili�) o 
altro pubblico ufficiale (con riferimento alla specie delle �autentiche amministrative�) 
attesta l�avvenuta apposizione in sua presenza di una firma proveniente 
da una persona previamente identificata. L�autentica di firma �, 
dunque, un atto pubblico (propriamente una certificazione di autenticit�) di 
natura dichiarativa, che possiede una propria autonomia rispetto al documento 
a cui viene apposta. L�autonomia di questo atto si evince dalla circostanza 
che l�autentica di firme rappresenta lo strumento per mezzo del quale si attribuisce 
al documento una certa valenza probatoria, che altrimenti non 
avrebbe, nota come �certezza legale privilegiata� (v. l�art. 2700 c.c.). � pacifico 
che gli atti dichiarativi (iscrizioni, certificati, verbali, relazioni, notificazioni, 
avvisi e simili) siano dichiarazioni di scienza, non manifestazioni di 
volont� (38). Chi registra, accerta, certifica non manifesta una volont� all�assetto 
di un bene della vita, ma rende noto o conoscibile un fatto di cui egli ha 
acquisito conoscenza. Pertanto, gli atti dichiarativi adottati dalle Amministrazioni 
pubbliche non sono qualificabili come provvedimenti (39). A fronte del 
potere certificativo della P.A. il privato vanta un diritto soggettivo. Pertanto, 
la pretesa tesa a far accertare la falsit� dell�autenticazione di una firma, in 
base al criterio generale di riparto delle cause tra G.O. e G.A., dev�essere 
fatta valere dinanzi al G.O. 
L�efficacia dell�autenticazione non ha, per�, una rilevanza unicamente 
endoprocedimentale o endoprocessuale (sebbene questo, e segnatamente il 
campo probatorio, sia il settore in cui meglio si apprezza il suo peculiare valore 
giuridico di documento costituente �prova legale�, vincolante per il giudice 
nei limiti dell�art. 2700 c.c.); la �certezza� che da essa promana si 
manifesta altres� nei rapporti interprivati e, quindi, prima e al di fuori del prodi 
esecuzione o atti preparatori di provvedimenti amministrativi, atti di esecuzione di obblighi o di 
adempimento di obbligazioni dell�amministrazione, atti di attuazione di obblighi o di incombenze d�ufficio 
(rilevanti nei rapporti interni), e cos� via� (enfasi aggiunta). 
(37) V. F. CARINGELLA, Il riparto di giurisdizione, cit. 
(38) Sugli atti dichiarativi v. B.G. MATTARELLA, Atto amministrativo, in Il Diritto. Enc. giur. del 
Sole 24 Ore, 2007, pp. 192 e 193. 
(39) In tal senso, v. per tutti M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2000, p. 
393. Gli atti amministrativi dichiarativi pur non avendo natura provvedimentale vengono per vari aspetti 
assoggettati dalla giurisprudenza alla disciplina dei provvedimenti amministrativi (ad es. la L. n. 
241/1990 viene considerata applicabile anche nei procedimenti dichiarativi). 
174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
cesso (40). In altri termini, l�atto di certezza legale ha un sicuro effetto sostanziale 
consistente nell�assumere e nell�imporre quanto affermato dall�atto come 
certezza e �di precludere ogni altra interpretazione del fatto diversa da quella 
contenuta nell�atto di certezza: tale obbligo e tale effetto preclusivo corrispondono 
all�interesse di uno (o pi�) e di tutti i membri di un determinato ordinamento
� (41). Ci� contribuisce a spiegare perch� il legislatore ha sempre 
riservato al G.O. il potere di risolvere le questioni di falso, come pure le controversie 
in materia di stato o di capacit� delle persone, diversa dalla capacit� 
di stare in giudizio. 
Inoltre, occorre considerare che l�effetto di certezza legale proprio dell�autentica 
non presuppone l�intermediazione di un�attivit� amministrativa di 
natura discrezionale, ma si produce automaticamente a seguito del perfezionamento 
di una determinata fattispecie normativa. Questo rilievo concorre nel 
senso della naturale attribuzione al G.O. della materia. 
Perfino se si riconoscesse all�atto di certezza legale una rilevanza essenzialmente 
processuale (come parte della dottrina desume dagli articoli 2699 e 
seg. del c.c.), si potrebbe ritenere ragionevole la disciplina legislativa oggetto 
della sentenza in commento. Trattandosi di atti destinati a spiegare efficacia 
di �piena prova� in ogni processo, � ragionevole che anche la pronuncia con 
cui ne viene accertata la falsit� e distrutta l�efficacia sia efficace in ogni processo 
(42). A tale scopo - come ha messo in luce la Corte Costituzionale nella 
sentenza annotata - � necessario, da un lato, precludere l�accertamento inci- 
(40) Come ha evidenziato M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2000, pp. 
415 e 416, nell�atto di certezza legale coesistono due aspetti: �l�uno di preclusione di ogni diversa 
scienza, l�altro di fatto dal cui avverarsi la norma fa discendere effetti costitutivi (modificativi, estintivi) 
di status, di situazioni giuridiche soggettive, di qualificazioni giuridiche�. L�Autore ha osservato che 
nella dottrina processualcivilistica � prevalsa a lungo una concezione probatoria delle certezze legali 
(considerate come atti costitutivi di presunzioni o volti a costituire mezzi di prova), ma tale concezione 
� inappagante perch� trascura il fatto che le certezze legali hanno principalmente una circolazione sostanziale, 
cio� extraprocessuale (ibidem). Per una chiara disamina dell�evoluzione della dottrina in tema 
di atti dichiarativi A.G. CHIZZONITI, Le certificazioni confessionali nell'ordinamento giuridico italiano, 
Milano, 2000, p. 52 e seg. 
(41) AA.VV., Diritto e informatica, Milano, 2007, p. 60. 
In particolare, nell�ambito delle operazioni elettorali, l�autenticazione delle sottoscrizioni dei candidati 
alle elezioni non costituisce un semplice mezzo di prova surrogabile con altri strumenti apprestati dall�ordinamento, 
ma � un requisito prescritto per garantire, nell�interesse pubblico, la provenienza della 
presentazione della lista da parte di chi figura averla sottoscritta. Nell�autenticazione si distinguono una 
fase accertativa ed una certificativa. Sotto il profilo sostanziale, � essenziale il corretto accertamento 
della identit� della persona che sottoscrive (ed in ci� consiste la fase accertativa). Il che pu� avvenire o 
per conoscenza diretta o sulla base di un documento identificativo del sottoscrittore, documento che, 
ovviamente, per consentire una effettiva identificazione deve essere munito di fotografia, argomentando 
dall�art. 292 del Regolamento di esecuzione del T.U delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 6 maggio 
1940, n. 635). Sotto il profilo formale (rappresentato dalla fase certificativa) la correttezza del riconoscimento 
� attestata, in particolare, dalla descrizione sintetica di modalit� identificative utili ad evidenziare 
il rispetto di dette garanzie. V. A. CARASTRO, La presentazione e l�ammissione delle candidature 
per l�elezione del sindaco e del consiglio comunale: problematiche e proposte, su www.listeciviche.org. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 175 
denter tantum (con effetti limitati al singolo processo) della falsit� di tali atti 
e, dall�altro, concentrare nelle mani di un unico Giudice il potere di statuire 
con efficacia di giudicato sul punto, onde evitare il rischio di pronunce contrastanti 
sul punto. 
Last but not least sembra criticabile l�approccio adottato dal Consiglio di 
Stato nell�ordinanza di rimessione, ossia tentare di desumere il criterio per ripartire 
le controversie tra G.O. e G.A. dalle norme del c.d.a. che regolano 
l�istruttoria nel processo amministrativo. � stato autorevolmente rilevato che, 
�se � vero che una certa lettura� della nuova normativa processuale �porta ad 
intravedere una �trama� dei rapporti tra P.A. e amministrati del tutto originale 
ed innovativa, e tale da indurre a un profondo ripensamento di nozioni e concezioni 
consolidate (in tema di riserva di amministrazione, di immanenza dell�interesse 
pubblico al giudizio amministrativo, di poteri conformativi del 
giudice, e cos� via), � allora lecito chiedersi se sia plausibile che una tale �rivoluzione 
copernicana� si realizzi per tramite della disciplina del processo, 
anzich� di quella sostanziale� (43). Invero, �non pare accettabile � anche in 
considerazione dei precisi limiti posti al Codice dalla delega legislativa � che 
una trasformazione radicale del diritto amministrativo avvenga con tali modalit� 
�oblique��, sicch�, in attesa che il legislatore attui siffatte riforme modificando 
il diritto sostanziale, � auspicabile che la giurisprudenza faccia della 
nuova disciplina processuale e della sua esegesi �l�uso attento e oculato che 
si conviene a un giudice consapevole della propria �specificit�� [�] che consiste 
nell�essere il giudice culturalmente e professionalmente pi� attrezzato a 
intervenire su controversie nelle quali � in gioco un interesse della collettivit�, 
secondo il modello di �giustizia nell�amministrazione� ricavabile dalla moderna 
interpretazione dell�art. 100 Cost.� (44). 
(42) Come ha chiarito la giurisprudenza di legittimit�, �La querela di falso, sia essa proposta in 
via principale ovvero incidentale, ha il fine di privare un atto pubblico (od una scrittura privata riconosciuta) 
della sua intrinseca idoneit� a �far fede�, a servire, cio�, come prova di atti o di rapporti, 
mirando, cos�, attraverso la relativa declaratoria, a conseguire il risultato di provocare la completa rimozione 
del valore del documento, eliminandone, oltre all�efficacia sua propria, qualsiasi ulteriore effetto 
attribuitogli, sotto altro profilo dalla legge, e del tutto a prescindere dalla concreta identificazione 
dell�autore della falsificazione. Ne consegue che la relativa sentenza, eliminando ogni incertezza sulla 
veridicit� o meno del documento, riveste efficacia �erga omnes�, e non solo nei riguardi della controparte 
presente in giudizio� (v. ex multis la sentenza della Corte di Cassazione, I Sez. civile, del 20 giugno 
2000, n. 8362). 
(43) R. GRECO, L�istruttoria e l�accertamento del fatto nel codice del processo amministrativo, cit. 
(44) R. GRECO, loc. cit.
176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Corte costituzionale, sentenza dell� 11 novembre 2011 n. 304 - Pres. Quaranta, Red. Grossi 
- Giudizio di legittimit� costituzionale promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente 
tra M.B. ed altra (avv.ti Enrico Piovano, Federico Sorrentino e Gianluigi Pellegrino) e 
la Regione Piemonte (avv.ti Angelo Clarizia e Luca Procacci) (avv. Stato Maurizio Borgo per 
il Presidente del Consiglio dei ministri). 
(Omissis) 
Ritenuto in fatto 
1. � Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale solleva, con ordinanza del 16 febbraio 
2011, questione di legittimit� costituzionale degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 
130 e 131 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell�art. 44 della legge 18 
giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) 
[c.d. codice del processo amministrativo] e delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 7 
del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840 (Modificazioni all�ordinamento del Consiglio di 
Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale); 41, 42 e 43 del regio 
decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali 
del Consiglio di Stato); 28, terzo comma, e 30, secondo comma, del regio decreto 26 
giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); 7, 
terzo comma, ultima parte, e 8 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali 
amministrativi regionali); nonch� dell�art. 2700 del codice civile, in riferimento agli artt. 24, 
76 � parametro, questo, evocato con esclusivo riferimento alle norme del codice del processo 
amministrativo �, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione, nella parte in cui precludono al 
giudice amministrativo di accertare anche solo incidentalmente la falsit� degli atti pubblici 
nel giudizio amministrativo in materia elettorale. 
Premessa, in linea di fatto, la descrizione delle vicende processuali svoltesi davanti al 
Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (e conclusesi, da un lato, con la dichiarazione 
di infondatezza della domanda principale, tesa ad accertare le dedotte falsit�; e, dall�altro 
lato, con l�assegnazione di un termine per la proposizione dell�incidente di falso davanti al 
competente tribunale ordinario) e riferite le diverse posizioni espresse dai vari soggetti intervenuti 
nel giudizio d�appello, il collegio ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata 
la questione di costituzionalit� della disciplina denunciata, atteso il carattere pregiudiziale che 
essa assumerebbe ai fini della decisione sul merito. 
In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente osserva come la riserva al 
giudice ordinario dell�accertamento della falsit� degli atti muniti di fede privilegiata attraverso 
lo specifico rimedio della querela di falso, e la connessa preclusione al giudice amministrativo 
di accertare incidenter tantum la falsit� degli atti, si iscrive in una tradizione che si giustificava 
alla luce della carenza di strumenti di accertamento nell�ambito del processo amministrativo. 
Limite, questo, che si sarebbe progressivamente attenuato, essendosi riconosciuta una gamma 
sempre pi� estesa di poteri istruttori anche al giudice amministrativo, con la sola esclusione 
dell�interrogatorio formale e del giuramento, che renderebbe ormai ingiustificabile �la permanenza 
di preclusioni soprattutto in quei giudizi, quali il contenzioso elettorale, caratterizzati 
da una esigenza �rafforzata� di garantire il principio della ragionevole durata del processo�. 
La limitazione denunciata si porrebbe, dunque, in contrasto anzitutto con gli artt. 24 e 
113 Cost., in quanto, alla luce anche dei princ�pi affermati da questa Corte nella sentenza n. 
236 del 2010 in tema di effettivit� e tempestivit� della tutela giurisdizionale delle situazioni 
soggettive immediatamente lese, la necessaria devoluzione al giudice ordinario dell�accertamento 
della falsit� degli atti pubblici del procedimento elettorale comprimerebbe fortemente
CONTENZIOSO NAZIONALE 177 
la possibilit� di una effettiva tutela giurisdizionale, come si � verificato in diverse circostanze, 
in cui il giudicato sulla falsit� era intervenuto addirittura a consiliatura ormai conclusa e si 
erano da tempo svolte nuove elezioni. Un sistema, quello censurato, che per di pi� preclude 
anche la possibilit� di una tutela cautelare. 
Viene correlativamente ravvisata una violazione anche dell�art. 111 Cost., in quanto la 
sospensione del giudizio amministrativo non assicurerebbe la ragionevole durata del processo, 
nonch� dell�art. 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione 
europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, i quali riconoscono 
il diritto ad un ricorso effettivo. 
Risulterebbe, inoltre, compromessa anche la tutela degli interessi legittimi, assicurata 
dal giudice amministrativo e garantita dagli artt. 103 e 113 Cost., conseguentemente vulnerati. 
Si denuncia, poi, violazione dell�art. 97 Cost., non risultando coerente con il principio 
del buon andamento un procedimento nel quale anche in presenza di evidenti falsit� di atti 
pubblici, gli organi preposti alla procedura non possono accertare tali falsit�, n� vi sarebbe 
possibilit�, per le ragioni gi� dette, di una tutela immediata. 
Si prospetta poi, con esclusivo riferimento alle norme del codice del processo amministrativo 
denunciate, la violazione dell�art. 76, non essendo stati rispettati i criteri fissati dalla 
legge delega di cui all�art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, fra i quali vi era quello generale 
di �assicurare la snellezza, concentrazione ed effettivit� della tutela, anche al fine di 
garantire la ragionevole durata del processo�. 
Nel circoscrivere la portata del quesito alla possibilit� di svolgere un accertamento 
�anche solo incidentale� in ordine alla falsit� dei soli atti pubblici del procedimento elettorale, 
il giudice rimettente sottolinea come gli stessi presentino rilevanza ed effetti solo in quest�ultimo 
procedimento, con la conseguenza che non sussisterebbe �alcuna esigenza di un accertamento 
con effetti generali ed erga omnes, quale l�accertamento del falso in sede civile�. 
2. � Costituendosi in giudizio, M.B.e L.S.P., parti nel giudizio a quo, hanno sollecitato 
l�accoglimento della questione, osservando, conclusivamente, come essa sia imposta in particolare 
dal principio della durata ragionevole del processo: �le norme vigenti finiscono col 
sottrarre al giudice amministrativo, al quale pure appartiene la giurisdizione in ordine alle 
operazioni elettorali, la giurisdizione stessa, allorch�, come nella specie accade, la falsit� di 
un documento che esaurisce i suoi effetti nel procedimento elettorale costituisca la ragione 
stessa della contestazione, onde la sua devoluzione al giudice civile in un separato giudizio 
collide irragionevolmente con la giurisdizione attribuita in materia di operazioni elettorali al 
giudice amministrativo�. 
In punto di rilevanza, la memoria sottolinea come, essendosi il giudizio di primo grado 
celebrato prima della entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, fosse 
necessario coinvolgere, nel controllo della sentenza da parte del giudice d�appello, le norme 
anteriormente vigenti. Quanto all�art. 2700 cod. civ., sarebbe proprio questa disposizione a 
precludere al giudice amministrativo di valutare secondo il suo libero apprezzamento l�autenticit� 
degli atti pubblici. 
Puntualizzati, poi, i diversi profili di illegittimit� posti a fondamento della ordinanza di 
rimessione, la memoria, conclusivamente, sottolinea come: a) la materia elettorale non si 
presti �ad una tutela per equivalente che possa minimamente ritenersi tale, sicch� negare una 
tutela pronta e correttiva vuol dire in radice negare tutela tout court�; b) �l�allargamento dei 
soggetti titolari del potere di autentica, con l�attribuzione dello stesso anche a soggetti �politici� 
in quanto titolari di �munus elettivo� (id est i consiglieri comunali), e l�applicazione di
178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tale allargamento proprio alla materia elettorale rende tutt�altro che eccezionale l�ipotesi che 
la contestazione dell�esito del procedimento elettorale sia fondata sulla dedotta falsit� di tal 
tipo di autentiche che peraltro [�] proprio nel procedimento elettorale esauriscono i loro effetti 
diretti�. Non si ravviserebbero, dunque, esigenze di accertamento della eventuale falsit� 
autonome rispetto alla verifica della regolarit� delle operazioni elettorali. 
In una memoria depositata in prossimit� dell�udienza, si � segnalato che il Tribunale di 
Torino, con sentenza del 30 giugno 2011, ha condannato M.G. e C.G. come colpevoli dei reati 
ad essi ascritti ed ha altres� dichiarato la falsit� delle 17 autenticazioni della firma poste in 
calce alle rispettive �dichiarazioni di accettazione di candidatura� oggetto di imputazione. 
L�intervento richiesto alla Corte si collocherebbe nella stessa linea della previsione che 
consente al giudice penale di accertare autonomamente il falso, ex art. 537 del codice di procedura 
penale, riguardando atti che non hanno effetti al di fuori del procedimento elettorale e 
assegnando al giudice amministrativo la possibilit� di svolgere un accertamento incidenter 
tantum sulla loro eventuale falsit�. N� varrebbe in contrario l�argomento del possibile contrasto 
fra giudicati. 
Evidente sarebbe anche la violazione della norma di delega: non si tratterebbe di una 
mancata esecuzione di una direttiva ma di un contrasto con la stessa, posto che si imponeva 
al legislatore delegato di �garantire la concentrazione e la celerit� della tutela assegnata al 
giudice amministrativo in materia elettorale�. 
Si deduce, infine, la inammissibilit� del tentativo della difesa del G. di introdurre nel 
giudizio di costituzionalit� pretese contestazioni concernenti le liste collegate con l�on. B., 
trattandosi di questioni estranee alla ordinanza di rimessione ed allo stesso giudizio a quo. 
3. � Si sono costituiti R.V. ed altri � tutti consiglieri regionali del Piemonte eletti a seguito 
della consultazione elettorale del 28 e 29 marzo 2010, parti nel giudizio a quo � chiedendo 
dichiararsi inammissibile o infondata la proposta questione, con argomenti 
ulteriormente precisati nella memoria depositata in prossimit� dell�udienza. 
L�incidente di falso sarebbe un giudizio con una sua struttura tipica ed unitaria, necessariamente 
attribuito, per l�esigenza generale di affidamento e di sicurezza del traffico giuridico, 
alla giurisdizione del giudice ordinario. Tale esigenza di unit� della giurisdizione 
prevarrebbe su quella di concentrazione delle tutele, secondo una linea costantemente adottata 
sin dai primi anni del Novecento e che non ha formato oggetto di contestazione, neppure nei 
tempi pi� recenti. 
L�accertamento sulla falsit� dell�atto, peraltro, proprio perch� destinato a riflettersi su 
ogni rapporto e giudizio, mal si concilierebbe con un accertamento di tipo incidentale, dovendo 
esso, proprio per svolgere la sua funzione, essere effettuato in via principale; ci� anche nel 
giudizio elettorale amministrativo, posto che anche per esso valgono gli evidenziati interessi 
primari. N� sarebbe corretto dire che gli atti del procedimento amministrativo elettorale rilevano 
solo in sede di giurisdizione amministrativa, considerato che, laddove coinvolgano rapporti 
tra soggetti, partecipanti o meno alla competizione elettorale, appartengono alla 
giurisdizione del giudice ordinario. 
L�accoglimento della questione non risolverebbe, d�altra parte, il problema prospettato, 
richiedendosi piuttosto un intervento legislativo: le disposizioni denunciate costituiscono una 
mera specificazione di una scelta compiuta dal legislatore con la disciplina del processo civile, 
come stabilito dall�art. 1 del codice di rito. Una eventuale declaratoria di illegittimit� costituzionale 
non avrebbe, dunque, l�effetto di attribuire al giudice amministrativo la competenza 
in materia. Quanto alla questione relativa all�art. 2700 cod. civ., essa andrebbe dichiarata
CONTENZIOSO NAZIONALE 179 
inammissibile o infondata, in assenza dell�esposizione di plausibili ragioni contrarie. 
4. � A.A. ed altri, nella loro qualit� di consiglieri regionali della Regione Piemonte, parti 
nel giudizio a quo, hanno depositato atto di costituzione, nel quale hanno chiesto dichiararsi 
inammissibile o infondata la proposta questione. 
Nella successiva memoria, i medesimi hanno precisato che l�inammissibilit� deriverebbe, 
sotto un duplice profilo, dal carattere contraddittorio e alternativo della questione sollevata 
nonch� dalla sua irrilevanza nel giudizio principale. 
L�ordinanza non consentirebbe di �individuare un petitum univoco� e di �identificare in 
maniera chiara il thema decidendum�; e il dubbio di legittimit� costituzionale, rivolto sia alla 
disciplina vigente sia a quella previgente, sarebbe fondato sull��argomento centrale� dell�evoluzione 
del processo amministrativo, ovviamente riferibile al solo codice del processo amministrativo. 
D�altra parte, la normativa vigente non sarebbe applicabile al giudizio a quo (instaurato 
prima dell�entrata in vigore del codice stesso) e la relativa questione sarebbe perci� irrilevante. 
La contraddittoriet�, o alternativit�, della prospettazione rileverebbe anche sotto un altro 
profilo: da un lato, la questione riguarderebbe �in toto� l�istituto in esame, in riferimento ai 
poteri del giudice amministrativo nel suo processo; dall�altro essa si riferirebbe soltanto al 
giudizio elettorale, restando peraltro imprecisato se si richieda un intervento caducatorio o 
uno additivo. 
La normativa denunciata sarebbe, peraltro, applicabile al solo processo di primo grado: 
�ove mai la questione qui in discussione venisse accolta, sarebbe il TAR Piemonte a dover 
effettuare le autonome verifiche sul presunto falso materiale di cui si discute e non certo il 
Consiglio di Stato�. Difettando il carattere di incidentalit�, si sarebbe al limite della fictio 
litis, che condurrebbe a una pronuncia di manifesta inammissibilit�. 
Quanto all�infondatezza della questione, la memoria sottolinea che la disciplina in esame 
costituisce, in definitiva, �un caposaldo del riparto di giurisdizione e come tale � stato puntualmente 
riproposto e mantenuto fermo in tutte le successive modificazioni dell�assetto della 
giurisdizione amministrativa�, nonostante la progressiva estensione della sua sfera anche con 
l�attribuzione della giurisdizione esclusiva. Si pretenderebbe di �scardinare questo secolare 
modello in nome dei princ�pi di concentrazione e celerit� e dei nuovi poteri istruttori del giudice 
amministrativo�, in realt� dirigendo la contestazione nei confronti dei tempi, eccessivamente 
lunghi, di svolgimento del processo civile e dunque nei confronti di un �inconveniente 
di fatto�, inidoneo ad essere valutato nel giudizio costituzionale. 
Del resto, �la garanzia del riparto delle giurisdizioni costituisce un elemento con cui la 
ragionevole durata [del processo] va contemperato�, al pari del diritto di difesa e dell�effettivit� 
della tutela giurisdizionale. 
Inconferente risulterebbe il richiamo dell�art. 97 Cost., attesa l�esclusione della riferibilit� 
del principio del buon andamento all�esercizio della funzione giurisdizionale. 
Le previsioni relative all�accertamento di diritti da parte del giudice amministrativo costituirebbero, 
del resto, una �regola eccezionale e soggetta ad ulteriori limiti�, identificati dalla 
stessa giurisprudenza amministrativa, ferma tuttavia restando la scelta � �discrezionale e non 
irragionevole� � di attribuire le questioni di falso al giudice ordinario per la �salvaguardia di 
uno dei pi� importanti interessi superindividuali, quello della fede pubblica, ossia della forza 
fidefacente di un atto pubblico, idoneo a produrre ex se effetti di certezza privilegiata�. 
Quanto alla lamentata violazione dell�art. 76 Cost., la censura sarebbe, da un lato, inammissibile 
per irrilevanza, dall�altro non fondata, non potendosi ritenere che la delega �ricomprendesse 
anche la possibilit� di intaccare i capisaldi pi� tradizionali dell�ambito di
180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
giurisdizione amministrativa�. 
5. � Ha depositato atto di costituzione anche il Presidente della Regione Piemonte, chiedendo 
ugualmente dichiararsi inammissibile o infondata la questione, e formulando riserva 
di ulteriori deduzioni. 
Con memoria depositata in prossimit� dell�udienza, la difesa ha insistito nelle richieste 
esponendo argomenti sostanzialmente analoghi a quelli esposti dalla difesa A. 
6. � Hanno depositato comparsa di costituzione M.G. e S.F., controinteressati nel giudizio 
a quo, chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la questione. Nel riservarsi di presentare 
memoria illustrativa � poi, a quanto consta, non pervenuta � le parti private anzidette hanno rilevato 
che, alla stregua della documentazione prodotta, risulterebbe asseverata una non meglio 
precisata �prova di resistenza�, che renderebbe irrilevante la proposta questione. 
7. � Ha infine depositato atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato 
e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi manifestamente 
infondata la proposta questione. 
La riserva di giurisdizione in tema di querela di falso troverebbe la sua giustificazione 
nella �particolare delicatezza del procedimento necessario per eliminare, dal mondo giuridico, 
l�efficacia probatoria dei documenti assistiti da pubblica fede�. Inoltre, se si consentisse l�accertamento 
incidentale da parte di altro giudice, si correrebbe il rischio di decisioni contrastanti: 
n� si determinerebbe alcuna irragionevole compressione del diritto di difesa. 
D�altra parte, sul versante della durata del procedimento, essendo l�incidente di falso 
proponibile anche in via principale, le parti ricorrenti ben avrebbero potuto attivare ad un 
tempo sia il giudice amministrativo che quello ordinario ai soli fini del giudizio di falso, evitando 
di dover attendere la decisione del giudice amministrativo. 
Generica e insufficiente sarebbe poi la motivazione della ordinanza in merito alla supposta 
violazione dell�art. 97 Cost., posto che la eliminazione della preclusione non avrebbe conseguenze 
ai fini della auspicata verifica della regolarit� delle operazioni da parte degli organi preposti, 
mentre non avrebbe senso giuridico il riferimento a situazioni di �evidente falsit��, 
trattandosi di atti assistiti da fede pubblica rimuovibile solo attraverso il relativo procedimento. 
Infondato sarebbe anche il prospettato dubbio di eccesso di delega, circa le norme del 
nuovo codice del processo amministrativo, in quanto, contrariamente a ci� che afferma il giudice 
a quo, le deroghe alla disciplina ordinaria stabilite dalla legge di delega devono ritenersi tassative. 
8. � In prossimit� dell�udienza ha depositato �atto di costituzione e memoria� la Regione 
Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, parte di altro giudizio 
rispetto a quello a quo, pendente, con oggetto asseritamente simile, presso il medesimo 
giudice che ha rimesso la questione all�esame. Con detto atto la Regione Lombardia ha chiesto 
di essere ammessa al presente giudizio incidentale di legittimit� costituzionale ed ha anche 
domandato di disporre il rinvio della udienza pubblica fissata per la trattazione, al fine di poter 
�esercitare in modo pieno e senza pregiudizio il proprio diritto di difesa�, eccependo l�inammissibilit� 
e l�infondatezza della relativa questione di legittimit� costituzionale. 
Con ordinanza pronunciata all�udienza, e qui allegata in appendice, il richiesto intervento 
� stato dichiarato inammissibile. 
Considerato in diritto 
1. � Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale solleva questione di legittimit� costituzionale 
degli articoli 8, comma 2, 77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 del decreto legislativo 2 
luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell�art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega 
al governo per il riordino del processo amministrativo) [c.d. codice del processo amministra-
CONTENZIOSO NAZIONALE 181 
tivo]; e delle previgenti disposizioni di cui agli artt. 7 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 
2840 (Modificazioni all�ordinamento del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa 
in sede giurisdizionale), 41, 42 e 43 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento 
per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); 28, 
terzo comma, e 30, secondo comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione 
del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); 7, terzo comma, ultima parte, e 8 della legge 
6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nonch� dell�art. 
2700 del codice civile, in riferimento agli artt. 24, 76 � parametro, questo, evocato con esclusivo 
riferimento alle norme del codice del processo amministrativo � 97, 103, 111, 113 e 117 
della Costituzione, nella parte in cui precludevano e precludono al giudice amministrativo di 
accertare, anche solo incidentalmente, la falsit� degli atti pubblici nel giudizio amministrativo 
in materia elettorale. 
Osserva, in particolare, il giudice rimettente che l�obbligo della devoluzione al giudice ordinario 
della risoluzione dell�incidente di falso in riferimento agli atti muniti di fede privilegiata 
a norma dell�art. 2700 cod. civ., si giustificava, quanto al processo amministrativo, in ragione 
della carenza di strumenti di accertamento che precludevano la possibilit� di una verificazione 
incidentale della falsit�. Preclusione, quella accennata, che, invece, alla luce dei nuovi poteri 
istruttori previsti dal codice del processo amministrativo, di recente entrato in vigore, sarebbe 
venuta meno, quanto a ratio essendi originaria, cos� da generare una irragionevole perdita di 
concentrazione della attivit� processuale, contraria all�esigenza di speditezza del giudizio amministrativo 
e alla corrispondente necessit� di assicurare un effettivo e pronto ristoro delle posizioni 
soggettive coinvolte dal falso, specie in ragione delle peculiarit� che caratterizzano il 
controllo della regolarit� delle operazioni elettorali nell�ambito del relativo contenzioso. 
Sarebbero, dunque, vulnerati, a parere del giudice rimettente, gli artt. 24 e 113 Cost., in 
quanto la obbligatoria devoluzione al giudice ordinario della querela di falso in ordine agli atti 
pubblici del procedimento elettorale, con l�attesa del relativo giudicato, frustrerebbe, in concreto, 
la possibilit� di una solerte ed efficace tutela giurisdizionale, posto che la pronuncia irrevocabile 
sul falso pu� intervenire a distanza di tempo tale da non presentare pi� alcuna reale incidenza 
sulla stessa competizione elettorale. Risulterebbe al tempo stesso compromesso il principio di 
ragionevole durata del processo e violato, anche, l�art. 117, primo comma, Cost., in riferimento 
agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell�uomo, in quanto la preclusione anzidetta 
vanificherebbe il diritto ad un ricorso effettivo, comprimendo pure la tutela degli interessi 
legittimi, affidata al giudice amministrativo e garantita dagli artt. 103 e 113 Cost. 
Sarebbe, inoltre, violato l�art. 97 Cost., in quanto, in contrasto con il principio del buon 
andamento della pubblica amministrazione, non sarebbe consentito agli organi preposti alla 
procedura elettorale di accertare falsit� di atti pubblici anche se evidenti, n� sarebbe prevista, 
a fronte di ci�, la possibilit� di una tutela immediata. 
Viene infine prospettata, con riguardo esclusivo alle pertinenti disposizioni del nuovo 
codice del processo amministrativo, la violazione dell�art. 76 Cost., in quanto, per le ragioni 
innanzi evidenziate, attraverso la mancata previsione della possibilit� di accertare incidenter 
tantum la falsit� degli atti in materia elettorale, non sarebbero stati rispettati i princ�pi ed i criteri 
direttivi sanciti dall�art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, 
la semplificazione, la competitivit� nonch� in materia di processo civile), quali quello 
di �assicurare la snellezza, concentrazione ed effettivit� della tutela, anche al fine di garantire 
la ragionevole durata del processo� e, con specifico riferimento ai giudizi in materia elettorale, 
di �razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso
182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, 
il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi�. 
2. � Si sono costituiti in giudizio M.B. e L.S.P.; R. V. ed altri; A.A. ed altri; M.G. e S.F.; 
nonch� la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, 
tutte parti nel giudizio a quo. 
� intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura 
generale dello Stato. 
Gli argomenti esposti negli atti e nelle memorie di costituzione o di intervento sono stati 
descritti in narrativa. 
3. � In prossimit� dell�udienza ha depositato �atto di costituzione e memoria� la Regione 
Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, parte di altro giudizio 
rispetto a quello a quo, chiedendo di essere ammessa al presente giudizio incidentale. 
L�intervento � stato dichiarato inammissibile con ordinanza letta all�udienza, allegata 
in appendice, ed il cui contenuto si intende qui integralmente confermato. 
4. � La questione non � fondata. 
5. � La ultracentenaria tradizione � in vario modo risalente al primo impianto codicistico 
postunitario, civile e di procedura civile, nonch� alla stessa legge di unificazione amministrativa 
(legge 20 marzo 1865, n. 2248 e, in particolare, allegati E e D) ed espressamente proseguita, 
via via, con le normative di riforma del sistema e degli istituti di giustizia amministrativa 
degli anni 1889-1890, del 1907, del 1923-1924 e, dopo la Costituzione repubblicana, del 1971 
� di riservare al giudice civile la risoluzione delle controversie sullo stato e la capacit� delle 
persone, salvo la capacit� di stare in giudizio, nonch� la risoluzione dell�incidente di falso, in 
tema di atti muniti di fede privilegiata, risponde, come � noto, alla esigenza di assicurare in 
talune peculiari materie � rispetto alle quali maggiore � la necessit� di una certezza erga omnes 
e sulle quali possa dunque formarsi anche un giudicato � una sede e un modello processuale 
unitari: cos� da evitare, ad un tempo, il rischio di contrastanti pronunce � che minerebbero la 
fiducia verso determinati atti ovvero in ordine a condizioni e qualit� personali di essenziale 
risalto agli effetti dei rapporti intersoggettivi � e il ricorso a modelli variegati di accertamento, 
dipendenti dalle specificit� dei procedimenti all�interno dei quali simili questioni �pregiudicanti� 
possono intervenire. 
La devoluzione al giudice civile della querela di falso rappresenta, pertanto, una (unanimemente 
condivisa) opzione di sistema, non soltanto, come si � accennato, di risalente e costante 
tradizione � estesa poi al processo tributario (art. 39 del decreto legislativo 31 dicembre 
1992, n. 546, recante �Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo 
contenuta nell�art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413�) ed ora trasfusa nell�art. 8, comma 
2, del nuovo codice del processo amministrativo, in una linea da considerare di sostanziale e 
immutata continuit� rispetto alla corrispondente disciplina di cui alla serie delle disposizioni 
previgenti �, ma anche rispondente a persistenti valori ed esigenze di primario risalto: tra questi 
va, anzitutto, annoverata la necessaria tutela della fede pubblica, che in determinate ipotesi � 
quale � quella degli atti muniti di valore fidefacente privilegiato a norma dell�art. 2700 cod. 
civ. � deve essere assicurata a prescindere dalla sede processuale in cui l�autenticit� dell�atto 
sia stata, incidentalmente, messa in dubbio. La certezza e la speditezza del traffico giuridico � 
che rappresentano, come � noto, il bene finale presidiato dal regime probatorio normativamente 
riservato a determinati atti � potrebbero risultare, infatti, non adeguatamente assicurate ove 
l�accertamento sulla autenticit� dell�atto fosse rimesso ad un mero �incidente�, risolto all�interno 
di un determinato procedimento giurisdizionale, senza che tale verifica avesse effetti giu-
CONTENZIOSO NAZIONALE 183 
ridici al di l� delle parti e dell�oggetto dello specifico procedimento. 
Da ci� consegue che la prevista disciplina della pregiudiziale di falso nel processo amministrativo 
risponde ad una causa normativa del tutto in linea con la necessit� di assicurare 
la salvaguardia di esigenze, come si � detto, di primario rilievo: e ci�, non soltanto nel quadro 
di una � pur doverosa � armonia nel sistema delle giurisdizioni, ma � soprattutto � nell�ambito 
di una adeguata ponderazione delle varie esigenze coinvolte. La �unitariet�� della giurisdizione 
in specifiche materie ben pu�, dunque, costituire una necessit� destinata a prevalere su 
quella di concentrazione dei singoli e diversi giudizi, senza che a tal proposito possa in qualche 
modo venire in discorso � come al contrario mostra di ritenere il giudice a quo � la maggiore 
o minore idoneit� di questo o quello tra i modelli processuali ad assicurare adeguata tutela in 
quelle stesse materie. 
A fronte di ci�, l�organo rimettente pone a fulcro della questione non un composito e 
ponderato apprezzamento dei vari interessi e valori coinvolti, ma unicamente le esigenze di 
speditezza del processo amministrativo in materia elettorale, pretendendo apoditticamente di 
desumere da esse la salvaguardia di una effettivit� di tutela, sulla falsariga dei princ�pi affermati 
da questa Corte, proprio in tema di contenzioso elettorale, nella sentenza n. 236 del 2010, 
pi� volte evocata nella ordinanza di rimessione. 
Ma tanto la premessa argomentativa � fondata sulla presupposizione che alla eliminazione 
della pregiudiziale di falso corrisponda una maggiore celerit� del procedimento � quanto 
il richiamo alla pronuncia di questa Corte non assumono portata dirimente, non apparendo la 
prima condivisibile ed il secondo pertinente. 
A proposito, infatti, della sentenza n. 236 del 2010, pu� subito osservarsi che in essa 
questa Corte dichiar� l�illegittimit� costituzionale dell�art. 83-undecies del decreto del Presidente 
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dall�art. 2 della legge 
23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), 
nella parte in cui tale disposizione escludeva la possibilit� di un�autonoma impugnativa 
degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorch� immediatamente lesivi, anteriormente 
alla proclamazione degli eletti. Nel frangente, si ebbe a sottolineare come una simile 
compressione della tutela giurisdizionale non potesse giustificarsi alla luce delle specifiche 
esigenze di rango costituzionale che caratterizzano il procedimento in materia elettorale, dovendosi 
distinguere tra procedimento preparatorio alle elezioni � nel quale � inclusa la fase di 
ammissione delle liste o di candidati � e procedimento elettorale, comprendente le operazioni 
elettorali e la successiva proclamazione degli eletti. Gli atti relativi al primo procedimento � 
si osserv� �, quali la esclusione di liste o di candidati, debbono poter essere impugnati immediatamente, 
�al fine di poter assicurare la piena tutela giurisdizionale, ivi inclusa quella cautelare, 
garantita dagli artt. 24 e 113 Cost.�. 
Si trattava di un contesto decisionale, quindi, affatto diverso da quello evocato dal giudice 
a quo a fondamento della proposta questione, essendo il caso allora scrutinato riferito ad 
una preclusione della azione di impugnativa e non � come per l�incidente di falso � ad una riserva 
di giurisdizione. 
Il valore della effettivit� della tutela nell�ambito del contenzioso amministrativo in materia 
elettorale va dunque preservato, quanto al vincolo della pregiudizialit� che scaturisce 
dall�incidente di falso, nel pi� ampio contesto delle esigenze di certezza che la soluzione di 
quell�incidente ragionevolmente postula, non potendo tali esigenze essere (questa volta s� irragionevolmente) 
totalmente pretermesse a vantaggio di una ipotetica maggiore speditezza
184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
del procedimento. 
N� va trascurato di evidenziare che, pur prospettando la questione come di natura strettamente 
�processuale�, intesa a rimuovere gli effetti preclusivi della pregiudiziale di falso, il 
giudice rimettente si � trovato nella necessit� di coinvolgere espressamente nel dubbio di legittimit� 
costituzionale anche il valore �sostanziale� dell�art. 2700 cod. civ. Con la conseguenza, 
in ipotesi, che, allo scopo di salvaguardare le esigenze di speditezza e di effettivit� 
della tutela nel contenzioso elettorale, contraddittoriamente si produrrebbe, quale naturale effetto, 
quello di �affievolire� l�efficacia e la qualit� dell�atto munito di fede privilegiata, proprio 
in materia elettorale: consentendo, in altri termini, solo un accertamento incidentale da parte 
del giudice amministrativo, si finirebbe ineluttabilmente per frustrare il valore probatorio 
dell�atto pubblico, proprio perch� non pi� fidefacente �fino a querela di falso�. Il che, evidentemente, 
rende ancor pi� implausibile la validit� del costrutto logico posto a base della 
ordinanza di rimessione. 
6. � Alla luce delle suindicate considerazioni si pu� passare all�esame delle singole censure, 
con riferimento agli specifici parametri costituzionali evocati. 
6.1. � Il giudice rimettente assume che la preclusione all�accertamento incidentale, da 
parte del giudice amministrativo, della falsit� degli atti pubblici v�oli gli artt. 24 e 113 della 
Costituzione nonch� il principio di effettivit� della tutela giurisdizionale in riferimento anche 
all�art. 117, primo comma, Cost. e agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia 
dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali. 
Le censure non meritano accoglimento. 
La giurisprudenza costituzionale � costante nell�affermare che la disciplina degli istituti 
processuali rientra nella discrezionalit� del legislatore (ex multis, sentenze n. 221 del 2008 e 
n. 237 del 2007; ordinanza n. 101 del 2006). Nell�esercizio di tale discrezionalit� � necessario, 
tra l�altro, che si rispetti il principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, il quale rappresenta 
un connotato rilevante di ogni modello processuale. 
Nella specie, non pu� ritenersi che la conformazione dell�accertamento della falsit� documentale, 
per come discrezionalmente effettuata dal legislatore con la disciplina di cui al 
complesso delle disposizioni denunciate, sia di per s� idonea a recare un vulnus al predetto 
principio di effettivit�. La verifica della falsit� da parte del giudice ordinario � destinata a 
confluire nel processo amministrativo ai fini della definizione della controversia � oltre a rinvenire 
la sua giustificazione nel sistema delle tutele di cui alle linee di sviluppo sommariamente 
indicate, � comunque in grado di assicurare un livello di protezione conforme alle 
prescrizioni costituzionali e internazionali. 
6.2. � Il Consiglio di Stato assume, altres�, il contrasto delle disposizioni di cui si assume 
la illegittimit� con l�art. 111 Cost., atteso che la necessaria sospensione del giudizio amministrativo 
non assicurerebbe la ragionevole durata del processo. 
La censura non merita accoglimento. 
Deve, infatti, rilevarsi, su un piano generale, come tutti i meccanismi di accertamento pregiudiziale, 
comprese la pregiudizialit� costituzionale e quella comunitaria, possano, per se stessi, 
incidere sulla durata del processo, senza che ci� automaticamente si risolva, comՏ ovvio, nella 
violazione del principio di ragionevole durata del processo medesimo. Non �, dunque, mediante 
la soppressione di fasi processuali, essenziali ai fini della decisione, che si consegue l�obiettivo 
di garantire la celerit� dei processi, compreso quello amministrativo in materia elettorale. 
6.3. � Secondo il giudice a quo le norme censurate violerebbero anche gli artt. 103 e 
113 della Costituzione, in quanto la preclusione posta da tali norme comprimerebbe la tutela
CONTENZIOSO NAZIONALE 185 
degli interessi legittimi, assicurata dal giudice amministrativo, �introducendo una limitazione 
della tutela, costituzionalmente non compatibile�. 
Le censure non sono fondate. 
Sul punto pu� essere sufficiente rilevare come il sistema di definizione delle questioni 
pregiudiziali di falso, prefigurate dal legislatore, non limita in alcun modo, per le ragioni sin 
qui esposte, le forme di tutela degli interessi legittimi. 
6.4. � Si assume, altres�, la violazione dell�art. 97 Cost., non risultando coerente con il 
principio di buon andamento un procedimento, quale quello elettorale, �in cui, anche in presenza 
di evidenti falsit� di atti pubblici gli organi preposti alla procedura elettorale non possono 
accertare tali falsit��. 
La censura non � fondata. 
Quanto previsto nell�evocato parametro costituzionale opera esclusivamente con riguardo, 
come riconosce lo stesso remittente, all�attivit� amministrativa e non anche a quella 
giurisdizionale (da ultimo ordinanza n. 219 del 2011). Rimane, inoltre, oscura la connessione 
che il giudice a quo pone tra i lamentati limiti alla tutela giurisdizionale e l�esigenza di osservare 
la prescrizione posta dall�art. 97 della Costituzione. 
6.5. � Infine, si assume la violazione dell�art. 76 Cost., in quanto non sarebbero stati rispettati 
dal codice del processo amministrativo i criteri fissati dalla legge delega di cui all�art. 
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, fra i quali quello di �assicurare la snellezza, concentrazione 
ed effettivit� della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo� 
nonch�, con riguardo ai giudizi elettorali, quello di �razionalizzare e unificare le norme vigenti 
per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto 
a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la 
successiva notificazione in entrambi i gradi�. 
La censura non � fondata. 
La giurisprudenza costituzionale � costante nel ritenere che la eventuale omissione del 
legislatore delegato che non faccia in parte uso della delega conferitagli non determina violazione 
del parametro costituzionale evocato (tra le tante, sentenze n. 149 del 2005, n. 110 
del 1982, n. 8 del 1977). Ma anche a prescindere da ci�, � assorbente il rilievo che, una volta 
affermato il non contrasto delle norme censurate con i princ�pi di effettivit� della tutela e di 
ragionevole durata del processo, non potrebbe neanche prospettarsi la violazione dei criteri 
direttivi, richiamati dal giudice rimettente, che a tali princ�pi fanno riferimento. 
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara non fondata la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 8, comma 2, 
77, 126, 127, 128, 129, 130 e 131 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell�art. 
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo 
amministrativo); dell�articolo 7 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840 (Modificazioni all�ordinamento 
del Consiglio di Stato e della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale); 
degli articoli 41, 42 e 43 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la 
procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato); degli articoli 28, terzo 
comma, e 30, secondo comma, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del 
testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); degli articoli 7, terzo comma, ultima parte, e 8 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali); nonch� 
dell�articolo 2700 del codice civile, sollevata, in riferimento agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 
113 e 117 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l�ordinanza indicata in epigrafe. 
186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 
ottobre 2011. 
ORDINANZA LETTA ALL'UDIENZA DEL 4 OTTOBRE 2011 
ORDINANZA 
Rilevato che la Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale 
pro tempore, ha depositato, in data 30 settembre 2011, un "atto di costituzione in giudizio e 
memoria", con i quali ha chiesto di essere ammessa al giudizio incidentale di legittimit� costituzionale 
di cui al Registro ordinanze n. 73 del 2011 e ha anche chiesto di disporre il rinvio 
della udienza pubblica di trattazione fissata per il 4 ottobre 2011 al fine di poter "esercitare in 
modo pieno e senza pregiudizio il proprio diritto di difesa", eccependo l'inammissibilit� e l'infondatezza 
della relativa questione di legittimit� costituzionale; 
che, sulla base delle prospettazioni del predetto "atto di costituzione e memoria", la Regione 
Lombardia � parte non del giudizio a quo ma di altro giudizio con oggetto asseritamente 
simile, pendente presso il medesimo giudice che ha rimesso la questione all'esame, il quale, 
senza nuovamente sollevare la questione di legittimit� costituzionale delle norme gi� denunciate, 
si sarebbe limitato a disporre la sospensione del secondo giudizio in attesa della pronuncia 
di questa Corte. 
Considerato che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, sono ammessi ad intervenire 
nel giudizio incidentale di legittimit� costituzionale � oltre che, come previsto, il Presidente 
del Consiglio dei ministri o, nel caso si discuta di legge regionale, il Presidente della 
Giunta regionale � soltanto le parti del giudizio principale o quei soggetti che, per quanto 
estranei a questo, siano tuttavia riconosciuti come titolari di un interesse qualificato, in quanto 
direttamente e immediatamente inerente allo specifico rapporto sostanziale dedotto nel giudizio 
e non in quanto semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalle norme oggetto di 
censura (ex plurimis, ordinanza dibattimentale pronunciata all'udienza del 10 maggio 2011, 
allegata alla sentenza n. 199 del 2011); 
che, secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, non � rilevante, ai fini dell'ammissibilit� 
dell'intervento, la circostanza secondo cui il giudizio, di cui � parte il soggetto che 
aspiri a intervenire, sia stato sospeso in attesa dell'esito di quello incidentale di legittimit� costituzionale 
scaturito da altro indipendente giudizio, �essendo evidente che la contraria soluzione 
si risolverebbe nella sostanziale soppressione del carattere incidentale del giudizio di 
legittimit� costituzionale e nell'irrituale esonero del giudice a quo dal potere-dovere di motivare 
adeguatamente la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione sottoposta 
al vaglio della Corte� (sentenza n. 470 del 2002; ordinanza n. 179 del 2003; ordinanza n. 119 
del 2008; sentenza n. 151 del 2009); 
che, d'altra parte, ove si accedesse alla richiesta dell'atto di cui in premessa, l'eventuale 
intervento, proprio in quanto totalmente svincolato dal giudizio incidentale ritualmente instaurato 
e regolarmente pendente, risulterebbe esentato dal rispetto di qualsiasi termine, con 
violazione della disciplina del contraddittorio; 
che, pertanto, ai sensi dell'art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti 
alla Corte costituzionale, l'intervento deve essere dichiarato inammissibile. 
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara inammissibile l'intervento della Regione Lombardia nel giudizio introdotto con 
l'ordinanza di cui al Reg. ord. n. 73 del 2011.
CONTENZIOSO NAZIONALE 187 
La pronuncia delle SS.UU. sul deposito degli atti processuali in Corte 
(Cassazione civ., Sez. Un., sentenza 3 novembre 2011 n. 22726) 
IN ALLEGATO: Una breve annotazione alla sentenza in rassegna e la memoria difensiva dell�Avvocatura. 
UNA VITTORIA DEL BUON SENSO (PRIMA ANCORA CHE DEL DIRITTO) 
Con la sentenza n. 22726/2011 le Sezioni Unite hanno posto fine ad un orientamento 
giurisprudenziale �innovativo�, in base al quale era da ritenersi improcedibile 
il ricorso per cassazione in cui il ricorrente non avesse provveduto 
a depositare (nel termine di 20 giorni dalla notifica del ricorso) �gli atti processuali� 
su cui il ricorso si fondava, anche se gli stessi atti erano gi� inseriti 
nel fascicolo d�ufficio. 
La questione era stata rimessa al primo Presidente (come si legge nell�ordinanza 
di rimessione della Sezione tributaria n. 8027/2011) per la composizione 
del contrasto tra diverse Sezioni, per la natura di massima della questione, ed 
�atteso anche il dissenso esternato, con diffuse pressioni, dall'avvocatura privata 
e pubblica in merito alla ritenuta applicabilit� della previsione dell'art. 
369 c.p.c., comma 2, n. 4 ai giudizi di cassazione su controversie tributarie �. 
� quindi da salutare con favore questa sentenza, che insieme alla n. 
15144/2011 delle stesse Sezioni Unite (richiamata nella memoria dell�Avvocatura), 
ben possono essere annoverate nella categoria delle �decisioni del 
buon senso �. 
Gianni De Bellis* 
Ct. 42630/09 
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE � SEZIONI UNITE CIVILI 
MEMORIA DIFENSIVA 
nella causa n. 25741/09 (udienza 27 settembre 2011 n. 1) 
per 
L�AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata 
e difesa ex lege dall�Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici � domiciliata in 
Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 
resistente 
contro 
la societ� Itierre s.p.a. 
ricorrente 
per l�annullamento 
della sentenza n. 59/02/09 emessa inter partes dalla Commissione Tributaria Regionale 
del Molise. 
(*) Avvocato dello Stato.
188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
*** 
La questione che viene sottoposta all�esame delle Sezioni Unite, riguarda la corretta 
interpretazione dell�art. 369 comma 2 c.p.c., in forza del quale �Insieme col ricorso 
debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilit�: 
[�] 4. Gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il 
ricorso si fonda �. 
Con l�ordinanza n. 8027/2011 la Sezione Tributaria, della Corte, dopo avere precisato 
che �in controversia tributaria, la societ� ricorrente, non ha depositato, unitamente 
al ricorso per cassazione, il ricorso introduttivo e l'atto di appello, ove, con la 
censura di omessa pronunzia dedotta con il primo motivo di ricorso, assume introdotte 
doglianze non decise dal giudice a quo, n� la relazione dell'esperita c.t.u., in rapporto 
alle cui risultanze, con il secondo motivo di ricorso, adduce insufficiente, e contraddittoria 
la motivazione della decisione impugnata�, ha rimesso gli atti al Presidente (per 
l�eventuale assegnazione alle Sezioni Unite) per la soluzione del contrasto creatosi in 
seno a diverse sezioni della Corte nella interpretazione del citato art. 369 comma 2 c.p.c. 
Nell�ordinanza si precisa che �In merito alla definizione dell'oggetto dell'onere in 
rassegna [deposito degli atti processuali] con specifico riguardo al quadro normativo 
successivo alla novella introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, la giurisprudenza di questa 
Corte non risulta uniforme. 
Varie decisioni (segnatamente delle sezioni terza e tributaria: v., tra le altre, Cass. 
3522/11, 2803/11, 26525/10, 21580/10, 17463/10, 15938/10, 1797/10, 303/10, 29/10, 
24940/09, 26266/08, 22303/08) mostrano di ritenere che, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., 
comma 2, n. 4, ed alla luce della sua nuova formulazione, tutti gli "atti processuali" sui 
quali si fondino le censure espresse nei motivi del ricorso per cassazione (e, dunque, 
necessari alla valutazione della relativa ammissibilit� e fondatezza) devono essere depositati 
dal ricorrente nel termine utile per il deposito del ricorso. 
Talune pronunzie della sezione lavoro (v. Cass. 18854/10, 17196/10, 4894/10) mostrano, 
invece, di ritenere che gli "atti processuali" dei quali il legislatore ha imposto 
l'onere di deposito, a pena di improcedibilit� del ricorso ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 
4, sono soltanto quelli che non fanno parte del fascicolo d'ufficio del giudizio nel quale 
� stata pronunciata la sentenza impugnata�. 
Per tali motivi la Sezione ha ritenuto opportuno �rimettere gli atti al Primo Presidente 
per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite, al fine della risoluzione del rilevato 
contrasto giurisprudenziale e, comunque, della decisione su questione di massima 
di particolare importanza anche ai fini della proficua organizzazione (v. sub punto 2^ 
3.1b) dell'attivit� di "filtro" di cui all'art. 376 c.p.c., comma 1, come modificato dalla 
L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 1, lett. b�. 
L�Amministrazione evidenzia che per la sua posizione di resistente nella causa, 
avrebbe ovviamente interesse ad una pronuncia di inammissibilit� del ricorso di controparte. 
Ci� nonostante la portata generalissima della questione, unita ad una doverosa 
coerenza di strategia processuale nonch� (come si evidenzier�), all�esigenza di rispetto 
dei principi costituzionali e comunitari, induce a prendere posizione, anche nel presente 
giudizio, in favore dell�ammissibilit� del ricorso di controparte (per quel che riguarda 
il profilo della ipotizzata violazione dell�art. 369 comma 2 c.p.c.). 
Ci� premesso, si procede all�esame della questione sulla base del seguente schema.
CONTENZIOSO NAZIONALE 189 
1) La giurisprudenza sull�art. 369 comma 2 c.p.c. nel testo ante riforma ex D.Lgs. n. 
40/2006; 
2) la modifica dell�art. 369 comma 2 c.p.c. introdotta nel 2006; 
3) le due possibili interpretazioni dell�inciso �atti processuali�; 
4) la giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale in tema di cause 
di inammissibilit�; 
5) una interpretazione costituzionalmente orientata dell�inciso �atti processuali�; 
6) la ratio della disposizione; 
7) in subordine: la inapplicabilit� in ogni caso al processo tributario della interpretazione 
sfavorevole al ricorrente; 
8) in subordine: verifica del rispetto del principio di effettivit�: necessit� di un rinvio pregiudiziale 
alla CGUE ex art. 267 TFUE; 
9) in estremo subordine: applicazione nella fattispecie del principio di �Overruling� di cui 
alla sentenza n. 15144/2011 delle Sezioni Unite. 
* * * 
1) La giurisprudenza sull�art. 369 comma 2 c.p.c. nel testo ante riforma ex D.Lgs n. 
40/2006 
L�art. 369 c.p.c., nel testo in vigore fino al 28 febbario 2006, disponeva al comma 2: 
�Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilit�: 
[�] 4. gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda�. 
Nell�interpretare tale disposizione, mai la Corte aveva affermato la necessit� che venissero 
depositati in giudizio anche gli atti gi� contenuti nel fascicolo d�ufficio. 
Nelle precedenti sentenze delle SS.UU. in materia, si discuteva infatti dell�omesso deposito 
di atti da produrre per la prima volta in Cassazione a sostegno di motivi di ricorso 
(1) (cfr. SS.UU n. 10167/2002; 15920/2005). 
2) La modifica dell�art. 369 comma 2 c.p.c. introdotta nel 2006 
Con la modifica del 2006 l�art. 369 comma 2 c.p.c. � stato modificato con l�aggiunta 
dell�inciso �processuale� (nonch� con il riferimento, che in questa sede non rileva, agli 
accordi collettivi). 
Tale modifica � alla base della nascita dell�orientamento giurisprudenziale �innovativo�, 
diretto a ritenere improcedibile il ricorso per l�omesso deposito degli atti dello stesso 
processo ancorch� gi� presenti nel fascicolo d�ufficio. 
3) Le due possibili interpretazioni dell�inciso �atti processuali� 
In base alla interpretazione �innovativa�, dall�inciso �processuale� si evincerebbe che 
il legislatore abbia voluto riferirsi proprio agli atti del processo (ovviamente dalle fasi 
precedenti), indipendentemente dalla loro presenza nel fascicolo. 
Tale interpretazione non appare per� l�unica possibile, tenuto conto che: 
1) In SS.UU. n. 10167/2002 si affermava infatti che �Nel giudizio di cassazione, i documenti miranti 
a dimostrare l'irregolare composizione, a causa della presenza nel collegio di un membro con 
mandato scaduto, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia in sede giurisdizionale 
(irregolare composizione che si presta ad essere denunciata con ricorso alle Sezioni Unite come motivo 
attinente alla giurisdizione), possono essere depositati davanti alla Corte stessa, anche se non prodotti 
nel precedente grado di giudizio, purch� con il ricorso (secondo quanto prescrive l'art. 369, comma 2, 
n. 4, c.p.c.), e non successivamente, come � invece disposto (dall'art. 372, comma 2, dello stesso codice) 
per i documenti che riguardano l'ammissibilit� del ricorso e del controricorso�.
190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
a) per giurisprudenza costante, anche nella precedente versione la parola �atti� era interpretata 
come riferita agli atti processuali (intesi come alternativi ai documenti: cfr. le 
citate SS.UU. n. 10167/2002; 15920/2005); per cui nessuna novit� � intervenuta sotto 
tale profilo, avendo avuto la norma del 2006 il solo scopo di chiarire quanto gi� sostenuto 
in via interpretativa; 
b) non � possibile desumere dalla mera introduzione della parola �processuali�, che 
l�obbligo di deposito a pena d�improcedibilit� debba riguardare anche gli atti (e documenti) 
gi� presenti nel fascicolo. 
Ad una simile conclusione si potrebbe pervenire solo qualora non fosse ipotizzabile un 
deposito di atti diversi da quelli gi� inseriti nel fascicolo. 
Ma si � gi� visto che non � cos�: la denuncia di un vizio di composizione del collegio 
che ha emesso la sentenza impugnata, va supportata da atti e documenti non ancora presenti 
nel fascicolo (analogamente per la deduzione per la prima volta con ricorso di una 
eccezione di giudicato esterno). 
L�interpretazione �innovativa�, secondo cui il ricorrente (e, se del caso, anche il resistente 
se ricorrente in via incidentale) dovrebbe ridepositare nuovamente gli atti e i documenti 
su cui si fondano i propri motivi di gravame ancorch� gi� presenti nel fascicolo 
di parte, non appare quindi essere l�unica interpretazione possibile della norma. 
Da ci� la necessit� di una sua interpretazione costituzionalmente orientata. 
Per costante giurisprudenza di codesta Suprema Corte infatti, fra due possibili interpretazioni 
�deve essere preferita quella pi� costituzionalmente orientata � (Cass. SS.UU. 
15 dicembre 2008 n. 29294). 
4) La giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale in tema 
di cause di inammissibilit� (o improcedibilit�) 
La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare come il sistema processuale �deve 
garantire la tutela delle parti in posizione di parit�, evitando irragionevoli sanzioni di 
inammissibilit� che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare� (sentenza 
13 giugno 2000 n. 189). 
Nella successiva sentenza 6 dicembre 2002 n. 520, il Giudice delle leggi ha affermato: 
�In occasione dell'esame di profili di inammissibilit� di atti introduttivi di giudizi, sia 
il legislatore, sia la giurisprudenza di legittimit� si sono, in pi� occasioni, richiamati 
alla esigenza di non contrastare la realizzazione della giustizia senza ragioni di seria 
importanza, ed ai criteri di equa razionalit� nella valutazione di profili di forma, quando 
questi non implichino vera e propria violazione delle prescrizioni tassativamente specificate 
nella legge processuale. 
La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto non conformi a Costituzione (artt. 3 e 
24) "le disposizioni legislative che frappongono ostacoli non giustificati da un preminente 
interesse pubblico ad uno svolgimento del processo civile adeguato alla funzione 
ad esso assegnata, nell'interesse generale, a protezione di diritti soggettivi dei cittadini" 
(sentenza n. 113 del 1963) ovvero che impongano "oneri (OMISSIS) o modalit� tali da 
rendere (OMISSIS) estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento 
di attivit� processuale" (sentenze n. 63 del 1977; n. 47 del 1964 e n. 214 del 1974)�. 
Anche codesta Corte, dal canto suo, ha fatto propri i suddetti principi, richiamando il 
contenuto delle citate sentenze della Corte Costituzionale (cfr. al riguardo Cass. SS.UU. 
29 ottobre 2007 n. 22641). 
5) Una interpretazione costituzionalmente orientata dell�inciso �atti processuali�
CONTENZIOSO NAZIONALE 191 
Proprio in applicazione dei suddetti principi, l�unica interpretazione compatibile con i 
principi costituzionali appare essere quella �storica�. 
� innegabile infatti la irragionevolezza di una lettura della norma nel senso d�imporre 
a pena di improcedibilit� un adempimento del tutto superfluo, quale � quello di ridepositare 
atti e documenti gi� presenti nel fascicolo d�ufficio. 
N� appaiono ragionevoli le giustificazioni portate in alcune decisioni richiamate nell�ordinanza 
di rimessione n. 8027/2011, nelle quali si afferma che �la duplicazione documentale 
determinata dalla norma - circoscritta, peraltro, ai soli documenti essenziali 
al giudizio di cassazione e se decisivi ai fini della pronunzia: cfr. Cass. 12028/10, 
20504/06, 19132/05, 15063/05 - non risulta affatto "irragionevole e inutilmente vessatoria, 
dovendo la ragione della previsione del deposito di documenti gi� presenti nel 
fascicolo di causa ravvisarsi innanzitutto ed essenzialmente nella diversit� dei tempi di 
disponibilit� per la Corte dei suddetti documenti (posto che, mentre il fascicolo di causa 
sar� trasmesso successivamente, il deposito della sentenza impugnata e degli atti su cui 
il ricorso � fondato unitamente al deposito del ricorso medesimo consente subito un 
primo screening dell'impugnazione, funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione 
delle sopravvenienze), senza peraltro sottovalutare la maggiore facilit� e 
velocit� di accesso a tali documenti, una volta che essi risultino ben individuati e specificamente 
depositati, evitando cos� la necessit� del reperimento dei medesimi all'interno 
dei fascicoli dei gradi di merito pervenuti in Corte in un momento spesso anche 
di molto successivo al deposito del ricorso"�. 
Basti considerare che il ricorrente � obbligato, a norma dell�art. 369, ultimo comma 
c.p.c., a depositare al giudice a quo un�istanza di trasmissione del fascicolo alla Corte. 
Ne consegue che di norma il deposito del ricorso (nei 20 giorni dalla notifica) e l�arrivo 
del fascicolo d�ufficio da parte del giudice a quo sono coevi. 
Alle giustificazioni sopra riportate invocate dalla giurisprudenza �innovativa�, in verit� 
qualificabili come mere (ed ipotetiche) difficolt� di gestione del lavoro, si pu� agevolmente 
contrapporre l�onere che viene addossato alle parti (spesso si tratta di atti e documenti 
molto voluminosi, da fotocopiare) e la conseguente lievitazione dei fascicoli 
(per cui paradossalmente, un voluminoso processo verbale di constatazione della Guardia 
di Finanza, di frequente alla base di molti giudizi tributari, potrebbe essere presente 
sia nel fascicolo d�ufficio che in ciascuno di quelli di parte). 
In conclusione, l�unica interpretazione corretta appare essere quella �storica�. 
A tale riguardo non � superfluo richiamare quanto di recente affermato da codeste 
SS.UU. �Dinanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale, 
ciascuna compatibile con la lettera della legge, le ragioni di economico funzionamento 
del sistema giudiziario devono indurre l'interprete a preferire quella consolidatasi nel 
tempo, a meno che il mutamento dell'ambiente processuale o l'emersione di valori prima 
trascurati non ne giustifichino l'abbandono e consentano, pertanto, l'adozione dell'esegesi 
da ultimo formatosi� (Cass. SS.UU. 18 maggio 2011 n. 10864). 
Se, come si � detto, nella sostanza la norma � rimasta invariata (non essendovi differenza 
alcuna tra �atti� e �atti processuali�), non vi � quindi motivo di modificare una interpretazione 
pacifica da decenni. 
6) La ratio della disposizione 
N� pu� ritenersi che l�interpretazione �storica� (che esclude la necessit� di riprodurre 
atti e documenti gi� presenti nel fascicolo) renda la norma priva di effettiva utilit�.
192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Come si � detto, la disposizione trova la sua giustificazione nel fatto che nel giudizio 
civile � consentito alle parti di ritirare il proprio fascicolo di parte anche prima della 
completa definizione della causa. 
Se nel giudizio in Cassazione controparte non si costituisce dopo avere ritirato il suo 
fascicolo contenente la documentazione necessaria per ottenere l�annullamento della 
sentenza impugnata, � onere del ricorrente depositare gli atti su cui il ricorso si fonda; 
diversamente la Corte non potrebbe decidere. In tal senso la previsione di inammissibilit� 
appare coerente. 
Oltre a ci� vale quanto sopra detto in ordine ai possibili motivi di ricorso che si basano 
su atti non ancora presenti nei fascicoli del giudizio di merito. 
7) In subordine: la inapplicabilit� in ogni caso al processo tributario della interpretazione 
sfavorevole al ricorrente 
� solo in via subordinata che si evidenzia la inapplicabilit� della suddetta interpretazione 
ai giudizi tributari. 
A norma dell�art. 25 del D.Lgs. n. 546/1992 infatti �I fascicoli delle parti restano acquisiti 
al fascicolo d'ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo. Le parti 
possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte 
e d'ufficio� (Analoga disposizione � contenuta nell�art. 33 del D.P.R. n. 636/1972, ancora 
applicabile ai giudizi davanti alla Commissione Tributaria Centrale). 
Ne deriva che tutte le produzioni documentali vanno a formare il fascicolo d�ufficio ed 
ivi restano fino al passaggio in giudicato della sentenza. 
Appare allora evidente la pressoch� totale inapplicabilit� al giudizio tributario dell�art. 
369 comma 2 n. 4) c.p.c. (restano salvi i casi di atti e documenti mai prodotti nelle fasi 
di merito), in quanto tutti gli atti e documenti su cui il ricorso si fonda, sono gi� inseriti 
nel fascicolo di parte (che la Commissione Tributaria Regionale deve inviare alla Corte 
a seguito del deposito da parte ricorrente dell�istanza ex art. 369 c.p.c.). 
8) In subordine: verifica del rispetto del principio di effettivit�: necessit� di un rinvio 
pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE 
In subordine si evidenzia come una eventuale applicazione della giurisprudenza �storica� 
al caso di specie imporrebbe un rinvio pregiudiziale alla CGCE ex art. 267 TFUE. 
La presente controversia ha infatti ad oggetto la debenza o meno di tributi doganali ed 
IVA, costituenti (comՏ noto) risorse proprie della Comunit� Europea. 
Da ci� la indiscussa applicabilit� al presente giudizio dei principi elaborati dalla Corte 
di Giustizia (anche) in materia processuale. 
Nel momento in cui la Corte dovesse pervenire alla conclusione secondo cui il ricorso 
� improcedibile a causa dell�omesso deposito di atti e documenti gi� presenti nel fascicolo 
d�ufficio, non potrebbe fare a meno di interrogare la Corte di Giustizia (essendovi 
a ci� obbligata, quale giudice di ultima istanza, ai sensi dell�art. 267 TFUE) circa la 
compatibilit� di una simile interpretazione con il principio comunitario di effettivit� 
della tutela. 
9) In estremo subordine: applicazione nella fattispecie del principio di �Overruling� 
di cui alla sentenza n. 15144/2011 delle Sezioni Unite 
� solo in estremo subordine, per l�ipotesi in cui la Corte non ritenga in alcun modo evitabile 
l�interpretazione �innovativa�, che si chiede l�applicazione del principio di �Overruling� 
di cui alla recente sentenza n. 15144/2011 di codeste Sezioni Unite. 
In base a tale (del tutto condivisibile) orientamento infatti, � ormai da escludersi una in-
CONTENZIOSO NAZIONALE 193 
terpretazione retroattiva in peius di una norma fino ad allora interpretata diversamente. 
In materia tributaria l�interpretazione �innovativa� dell�art. 369 c.p.c. risulta essere stata 
data per la prima volta con la sentenza n. 24140/09, depositata il 13 novembre 2009. 
Ed allora deve logicamente escludersi la possibilit� di dichiarare improcedibili (per violazione 
dell�art. 369 comma 2 c.p.c) tutti quei ricorsi proposti in epoca anteriore al nascere 
di tale giurisprudenza (e quindi quanto meno fino alla data del 13 novembre 2009, 
anche se il termine dovrebbe essere spostato in avanti, non potendo equipararsi sic e 
simpliciter una pronuncia, rimasta peraltro isolata per diversi mesi, ad una legge pubblicata 
in G.U., con la conseguente presunzione di conoscenza). 
* * * 
Da ultimo non appare superfluo rilevare la pesante iniquit� prodotta dalla giurisprudenza 
�innovativa�, che � talvolta apparsa finalizzata pi� ad un alleggerimento del 
gravoso carico di lavoro della Corte che a �giudicare� (nel senso di fare giustizia) nel 
merito i motivi di ricorso. 
A ci� si aggiunga l�assoluta aleatoriet� delle pronunce, dove numerosi ricorsi 
sprovvisti di documentazione al pari di quelli dichiarati (pi� o meno occasionalmente) 
improcedibili, sono stati invece decisi nel merito, con una conseguente irragionevole 
disparit� di trattamento in situazioni identiche. 
Si confida pertanto in una pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite che porti 
ad una interpretazione della norma coerente con la sua ratio e rispettosa dei principi costituzionali 
e comunitari. 
Roma, 22 settembre 2011 
Gianni DE BELLIS 
AVVOCATO DELLO STATO 
Cassazione civile, Sez. Un., sentenza 3 novembre 2011 n. 22726 - Primo Pres. f.f. Vittoria, 
Pres. Sez. Lupi, Rel. Amatucci, P.M. Ceniccola (adesione tesi restrittiva sulla interpretazione 
dell�art. 369 c.p.c., comma 2. n. 4) - Ittierre S.p.A. (avv.ti Bragaglia e Bellante) c. Agenzia 
dogane (avv. Stato De Bellis). 
(Omissis) 
Svolgimento del processo 
1.- La Commissione tributaria provinciale di Campobasso respinse il ricorso della Ittierre 
s.p.a. avverso l'avviso di rettifica con il quale l'Agenzia delle dogane aveva richiesto la somma 
di Euro 1.604.791,97 per tributi doganali, IVA e interessi di mora a seguito dell'accertamento 
di irregolarit� nelle importazioni definitive di capi di abbigliamento effettuate dal 2003 al 
2006, consistite nella falsa attestazione, nei certificati di origine preferenziale, della provenienza 
italiana di prodotti finiti importati da paesi terzi. 
In esito all'appello della societ� la decisione fu parzialmente riformata dalla Commissione tributaria 
regionale di Campobasso che, sulla scorta delle risultanze dell'esperita consulenza tecnica, 
con sentenza depositata il 31 luglio 2009 escluse dal recupero a tassazione le sole bollette 
doganali provenienti dalle lavorazioni eseguite in Turchia, in quanto incidenti su capi realizzati 
con materia prima di origine comunitaria. 
2.- Avverso la decisione di appello la societ� contribuente ha proposto ricorso per cassazione 
affidandosi a due motivi, coi quali deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c."
194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
(segnatamente su questioni attinenti all'eccessiva durata della verifica, all'intervenuta prescrizione 
e decadenza, all'incompetenza territoriale ed all'illegittima disapplicazione di atti ufficiali 
di Autorit� estere), nonch� "insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un 
fatto controverso e decisivo per il giudizio" in rapporto al complessivo tenore della consulenza 
tecnica pure posta a base della decisione. 
L'Agenzia ha resistito con controricorso. 
3.- La relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. ha concluso per la trattazione del ricorso in camera 
di consiglio, prospettandone in particolare l'improcedibilit� per non avere la ricorrente 
prodotto, contestualmente al ricorso, il ricorso introduttivo e quello in appello, in cui sosteneva 
essere state prospettate questioni non esaminate dal giudice a quo, nonch� la relazione di c.t.u., 
in rapporto alle cui risultanze assumeva insufficiente e contraddittoria la motivazione della 
decisione impugnata. 
Con ordinanza 7 aprile 2011, n. 8027 la Sezione tributaria ha rimesso gli atti al Primo presidente 
per l'eventuale assegnazione alla Sezioni unite della questione di massima di particolare 
importanza avente ad oggetto il contrasto giurisprudenziale sull'interpretazione dell'art. 369 
c.p.c., comma 2, n. 4. 
Il ricorso � stato dunque assegnato a queste Sezioni unite. 
La Ittierre s.p.a. in amministrazione straordinaria ha depositato memoria, con la quale sostiene 
la procedibilit� del ricorso. 
L'Agenzia, rappresentata dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha partecipato alla discussione 
orale, anch'essa domandando che il ricorso sia dichiarato procedibile. 
Motivi della decisione 
1.- La questione in esame riguarda la definizione dell'ambito oggettivo dell'art. 369 c.p.c., 
comma 2, n. 4, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, a far data dal 2 marzo 
2006, secondo il quale, insieme col ricorso per cassazione, debbono essere depositati, a pena 
di improcedibilit�, "gli atti processuali, i documenti, contratti o accordi collettivi sui quali il 
ricorso si fonda" (il testo originario si riferiva agli "atti e documenti sui quali il ricorso si 
fonda"). 
Il problema che si pone � se, tra gli atti processuali da depositare nel termine perentorio di cui 
all'art. 369 c.p.c., comma 1, (di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso), debbano ricomprendersi 
tutti quelli posti a sostegno delle censure espresse nei motivi del ricorso per 
cassazione, tra i quali il ricorso introduttivo, l'atto di appello o di costituzione in appello, la 
relazione di c.t.u. ecc.; e ci� anche se, al momento del primo esame del ricorso, i predetti atti 
gi� siano o comunque siano per essere nella disponibilit� della Corte, in quanto presenti nel 
fascicolo d'ufficio del giudice a quo trasmesso su richiesta della parte, ai sensi dell'art. 369 
c.p.c., u.c.. 
A tale riguardo non v'� uniformit� di vedute nella giurisprudenza della Corte, riscontrandosi 
due contrapposti orientamenti. 
2.- Un primo e prevalente orientamento, che potrebbe definirsi "rigorista", al quale sostanzialmente 
aderisce l'ordinanza di rimessione n. 8027 del 2011, � stato inaugurato da Cass., 
sez. 5^, n. 24940/2009 e seguito da diverse decisioni della Sezione tributaria, tra le quali si 
annoverano le nn. 303/2010, 21121/2010,, 21580/2010,, 26525/2010, 2803/2011, 3522/2011, 
e da alcune decisioni della Terza Sezione: nn. 4201/2010, 17463/2010 e 3689/2011. 
Secondo detto orientamento, per come in gran parte sintetizzato nell'ordinanza di rimessione, 
l'innovazione introdotta nell'art. 369 c.p.c., n. 4, dal legislatore del 2006 "non sembra poter 
obiettivamente assumere altro significato che quello di sancire inequivocabilmente l'estensione
CONTENZIOSO NAZIONALE 195 
dell'onere di deposito in esame a tutti gli atti processuali e documenti (negoziali e non) necessari 
alla decisione sul ricorso e la ricomprensione nella relativa sfera oggettiva degli atti processuali 
generalizzatamente intesi", risultando altrimenti la novella "francamente ingiustificata, 
se finalizzata ad incidere unicamente sugli atti processuali estranei al fascicolo d'ufficio (consulenze 
di parte, citazione dei testimoni, ecc), agevolmente catalogabili gi� alla luce della previgente 
formulazione normativa". Infatti, "escludere dall'onere di deposito sancito dalla 
disposizione gli atti processuali ricompresi nel fascicolo d'ufficio dei gradi di merito ovvero 
ritenere l'assolvimento di tale onere fungibile, per detti atti, con il deposito dell'istanza di trasmissione 
del fascicolo di merito vistata dal Cancelliere del giudice a quo, a sua volta prescritto 
dall'art. 369 c.p.c., comma 3, si risolverebbe nella sostanziale abrogazione della portata innovativa 
del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, essendo, quest'ultimo, adempimento funzionale all'ineludibile 
esigenza (non solo certificativa) che la Corte abbia comunque in sua disponibilit�, 
all'occorrenza, le complessive risultanze processuali dei gradi di merito del giudizio". 
L'interpretazione proposta viene giustificata mediante una lettura del dato testuale di cui all'art. 
369 c.p.c., n. 4, in chiave "finalistica" ovvero "in proiezione dinamica rispetto a quello della 
previgente formulazione della norma", al fine di soddisfare "l'esigenza di offrire alla Corte, 
immediatamente, un quadro completo ed oggettivamente autosufficiente di elementi utili alla 
decisione; esigenza... il cui soddisfacimento costituisce condizione necessaria alla prospettiva 
- propria della riforma procedimentale di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 (ed, altres�, di quello di 
cui alla L. n. 69 del 2009) - di potenziare la capacit� decisionale della Corte, per fronteggiare 
il progressivo aumento delle sopravvenienze, attraverso l'incremento delle decisioni nelle pi� 
snelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.c. (...)". 
In questa prospettiva si esclude l'irragionevolezza o la vessatoriet� della duplicazione documentale 
per la parte ricorrente, "dovendo la ragione della previsione del deposito di documenti 
gi� presenti nel fascicolo di causa ravvisarsi innanzitutto ed essenzialmente nella diversit� dei 
tempi di disponibilit� per la Corte dei suddetti documenti (posto che, mentre il fascicolo di 
causa sar� trasmesso successivamente, il deposito della sentenza impugnata e degli atti su cui 
il ricorso � fondato unitamente al deposito del ricorso medesimo consente subito un primo 
screening dell'impugnazione, funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione 
delle sopravvenienze), senza peraltro sottovalutare la maggiore facilit� e velocit� di accesso a 
tali documenti, una volta che essi risultino ben individuati e specificamente depositati, evitando 
cos� la necessit� di reperimento dei medesimi all'interno dei fascicoli dei gradi di merito pervenuti 
in Corte in un momento spesso anche di molto successivo al deposito del ricorso" (in 
tal senso � riportata la motivazione delle gi� citate Cass., sez. 5^, nn. 26525/2010 e 2803/2011). 
� richiamato il principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo, che "impone 
un'organizzazione del lavoro sempre pi� anticipata, accurata e mirata da parte della Corte", e 
si esclude l'esistenza del potere della Corte "di supplire alle omissioni di indicazioni volte ad 
individuare la consulenza (come qualsiasi atto processuale su cui si fondi il ricorso)": ci� "appare 
implicitamente negato dall'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che onera la parte ricorrente in 
Cassazione, a pena di improcedibilit�, della produzione degli atti processuali su cui il ricorso 
si fonda, cos� evidenziando la sussistenza del dovere del ricorrente di produrre anche tali atti, 
eventualmente in copia se gli originali siano atti del fascicolo d'ufficio del giudice a quo. E 
ci�, ancorch� sia previsto in via autonoma l'onere di richiedere la trasmissione di detto fascicolo, 
adempimento nel quale, evidentemente, il ricorrente non pu� fare affidamento quando il 
ricorso si fondi su atti processuali che dovrebbero essere inseriti nel fascicolo d'ufficio. 
Il che si spiega sia con il fatto che tale fascicolo, pur richiesto, potrebbe non pervenire in
196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tempo utile per la trattazione (ed un rinvio di essa per l'acquisizione mal si concilierebbe con 
il ricordato principio costituzionale), sia con il fatto che potrebbe non essere stato tenuto correttamente 
o potrebbe non contenere pi� l'atto processuale" (Cass., sez. 3^, n. 4201/2010 cit., 
in motivazione). 
2.1.- Si esclude inoltre la impraticabilit� della soluzione nell'ambito dei giudizi di cassazione 
in materia tributaria, denunciata dalla dottrina sulla base del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, 
comma 2, che, non consentendo alle parti il libero accesso agli atti del giudizio sino alla sua 
definitiva conclusione, precluderebbe anche il deposito in Cassazione di atti comunque destinati 
a confluire nel giudizio di legittimit�, in quanto inseriti nel fascicolo che la Cancelleria 
del giudice di appello � tenuta a inviare alla Corte su istanza del ricorrente. Infatti, da un lato, 
si afferma la piena compatibilit� del predetto art. 25 con le norme del codice di procedura civile, 
non dubitandosi che anche il ricorso per cassazione in controversia tributaria � improcedibile 
se non si deposita la copia autentica della sentenza impugnata, sebbene questa sia 
compresa tra gli atti presenti nel fascicolo d'ufficio dei gradi di merito e, quindi, destinata a 
confluire tra gli atti del giudizio di cassazione; dall'altro, si sostiene che l'onere in questione 
"non pu� obiettivamente considerarsi aggravio insopportabile dell'attivit� difensiva della 
parte", potendo essere assolto dal ricorrente anche mediante l'allegazione di semplice fotocopia 
degli atti e documenti presenti nei fascicoli di parte e d'ufficio, sui quali si fonda il ricorso, 
visto che le parti possono ottenerne copia ai sensi del medesimo art. 25. 
3.- Un secondo minoritario orientamento, qualificabile come "liberale", � espresso dalla Sezione 
lavoro con le decisioni nn. 4898/2010, 13174/2010, 17196/2010 e, 18854/2010. 
Nelle prime due la Corte ha osservato che la disposizione dettata dall'art. 369 c.p.c., comma 
2, n. 4, "deve essere coordinata con quella contenuta nel successivo comma, ove � stabilito 
che il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata 
la trasmissione del fascicolo di ufficio e deve depositare (anche) tale richiesta insieme 
col ricorso"; ha quindi affermato che "gli atti processuali, i documenti etc. dei quali il legislatore 
ha imposto il deposito unitamente al ricorso a pena di improcedibilit� sono quelli che 
non fanno parte del fascicolo d'ufficio del giudizio nel quale � stata pronunciata la sentenza 
impugnata e l'onere della richiesta del quale continua a gravare sul ricorrente, imponendogli 
di depositarla unitamente al ricorso. Orbene, nel fascicolo di ufficio, formato dal cancelliere 
ai sensi dell'art. 168 c.p.c., deve essere inserita, tra gli atti di istruzione che ne divengono parte 
integrante, la relazione scritta del consulente tecnico di ufficio, la quale, infatti, ai sensi dell'art. 
195 c.p.c., deve essere depositata in cancelleria nel termine fissato dal giudice che ha disposto 
la nomina dell'ausiliare tecnico" (in tal senso la sentenza n. 4898/2010, richiamata adesivamente 
dall'ordinanza n. 17196/2010, aveva rigettato l'eccezione di improcedibilit�, avendo il 
ricorrente richiesto la trasmissione del fascicolo d'ufficio del giudizio di appello e trascritto 
nel ricorso i passaggi criticati della relazione del c.t.u. nominato in appello). 
S'� precisato che "il suddetto onere deve ritenersi ottemperato anche se nel fascicolo di ufficio, 
formato dal cancelliere ai sensi dell'art. 168 cod. proc. civ. e nel quale devono essere inseriti 
gli atti di istruzione compiuti, tra cui anche la relazione scritta del consulente tecnico di ufficio, 
la relazione in effetti manchi, sempre che il ricorrente, a sostegno della denunciata insufficienza 
e illogicit� della motivazione della sentenza impugnata, abbia provveduto alla trascrizione 
di quelle parti della relazione su cui si incentra il dedotto vizio e su tali brani della 
relazione non siano formulate dall'avversario censure per difformit� della trascrizione dall'effettivo 
contenuto delle osservazioni e conclusioni dell'ausiliare nominato dal giudice" (in tal 
senso l'ordinanza n. 17196/2010 aveva concluso per l'improcedibilit� del ricorso, non avendo
CONTENZIOSO NAZIONALE 197 
la ricorrente trascritto le parti criticate della relazione del c.t.u.). 
Nel caso esaminato nella sentenza n. 18854/2010, il ricorrente addebitava alla sentenza impugnata 
(che aveva confermato la sentenza di primo grado di rigetto della sua domanda) di 
non avere pronunciato sulle deduzioni sollevate nell'atto di appello e riferite alla c.t.u. espletata 
in primo grado e alle osservazioni critiche del consulente tecnico di parte; tuttavia, pur avendo 
indicato e riportato il contenuto dei menzionati atti processuali, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., 
comma 1, n. 6, non ne aveva curato una distinta produzione, depositando per� il fascicolo di 
parte dei gradi di merito e l'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio, ai sensi dell'art. 369 
c.p.c., comma 3. 
Nella predetta sentenza la Corte, ribadita "l'esigenza della indicazione e descrizione specifica 
di tali atti secondo il canone dell'autosufficienza del ricorso, ha precisato che l'onere di produzione 
riguarda quei documenti, contratti collettivi ed atti processuali (su cui il ricorso si 
fonda) che non siano nella disponibilit� della Corte in base a distinte previsioni normative, 
con le quali la disposizione dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve comunque coordinarsi.... 
La prescrizione di deposito in cassazione � rispettata ove l'atto - in particolare la consulenza 
tecnica d'ufficio - sia compreso fra quelli che devono essere inseriti nel fascicolo d'ufficio del 
giudice a quo, formato ex art. 347 c.p.c., comma 3, (per il grado di appello) in combinato disposto 
con l'art. 168 c.p.c. (per il fascicolo di primo grado), della cui trasmissione la parte 
abbia fatto richiesta ai sensi dell'art. 369 c.p.c., u.c." (a meno che l'impugnazione non sia proposta 
contro una sentenza non definitiva, nel qual caso "il giudice dell'impugnazione pu�, se 
lo ritiene necessario, richiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio, ovvero ordinare alla 
parte interessata di produrre copia di determinati atti" ex art. 123 bis disp. att. c.p.c.). 
L'onere di deposito di atti e documenti, prescritto dall'art. 369 c.p.c., comma 2, si riferisce 
"agli atti prodotti dalla parte nel giudizio di merito, e contenuti nel fascicolo di parte, e non 
in quello d'ufficio, intendendosi, in particolare, non solo gli atti sostanziali, come gli atti negoziali, 
ma anche quelli processuali (non compresi nel fascicolo d'ufficio ex art. 168 c.p.c.), 
come le consulenze tecniche di parte, le citazioni dei testimoni, le relazioni di notificazione 
ecc. su cui si fondi il ricorso per cassazione", fermo restando, comunque, l'onere della specifica 
indicazione, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Si verificherebbe, altrimenti, "un inutile 
appesantimento della produzione in giudizio... e soprattutto una duplicazione di oneri a carico 
della parte, non spiegabile sul piano sistematico (in particolare, non potendosi attribuire all'acquisizione 
del fascicolo d'ufficio in base alla specifica disposizione dell'art. 369 c.p.c., 
comma 3, una impropria funzione di autenticazione dei medesimi atti separatamente prodotti 
dalla parte) e, comunque, contrastante con il principio comunitario di effettivit� della tutela 
giurisdizionale, il quale osta ad una disciplina processuale che renda eccessivamente difficile 
l'esercizio dei diritti (cfr. Cass., sez. un., n. 3117 del 2006, in motiv.) e impone un'interpretazione, 
se necessario adeguatrice, del sistema processuale nel senso di restringere le ipotesi di 
inammissibilit� dei rimedi giurisdizionali (Corte cost. n. 189 del 2000)". 
La citata sentenza n. 18854/2010 ha richiamato l'orientamento delle Sezioni Unite (n. 
23329/2009) secondo cui l'improcedibilit� del ricorso per cassazione a norma dell'art. 369 
c.p.c., comma 2, n. 4, non pu� conseguire al mancato deposito del contratto collettivo di diritto 
pubblico, ancorch� la decisione della controversia dipenda direttamente dall'esame e dall'interpretazione 
delle relative clausole, atteso che, in considerazione del peculiare procedimento 
formativo, del regime di pubblicit�, della sottoposizione a controllo contabile della compatibilit� 
economica dei costi previsti, l'esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice 
era gi� assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai
198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, s� che la successiva previsione, introdotta 
dal D.Lgs. n. 40 del 2006, deve essere riferita ai contratti collettivi di diritto comune". 
Con la sentenza n. 13174/2010 la Corte, rigettando l'eccezione di "inammissibilit�" del ricorso 
per la mancata produzione della relazione di c.t.u. di primo grado, ha aggiunto che "d'altra 
parte, se il ricorrente si limita ad argomentare in ordine alle risultanze dell'atto processuale 
quale risultanti dalla stessa sentenza impugnata, � sufficiente il deposito di quest'ultima". 
4.- L'orientamento c.d. rigorista � stato criticato dalla dottrina sulla base degli argomenti qui 
di seguito riassunti. 
In generale, ai fini del principio di autosufficienza del ricorso, soddisfatto con la specifica indicazione 
degli atti processuali e/o dei documenti su cui il ricorso si fonda e della loro collocazione 
fisica (cfr. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), non occorre (n� � mai stata richiesta 
dall'anteriore diritto vivente) la riallegazione al ricorso per cassazione di atti e/o documenti 
gi� prodotti nelle precedenti fasi del processo, riallegazione che diventa un onere necessario 
nella sola ipotesi in cui, basandosi il ricorso anche su atti e/o documenti contenuti nel fascicolo 
della controparte, quest'ultima non si costituisca e quindi non depositi il proprio fascicolo. 
"La novit� esegetica" dell'orientamento c.d. rigorista "sembra solo un'acrobazia tra il semantico 
e l'interpretativo: l'art. 369 c.p.c., non dispone che il ricorrente (e il ricorrente incidentale) 
sia tenuto a depositare due volte atti e documenti; basta che siano depositati una sola volta: 
alternativamente, o nel fascicolo di parte (ritualmente depositato) oppure ex novo, ma solo 
quando il fascicolo di parte non venga depositato. Quello che conta � la loro specifica indicazione/
collocazione". 
Le critiche della dottrina hanno riguardato soprattutto il giudizio di cassazione nelle controversie 
tributarie. S'� in particolare osservato: 
- che nel processo tributario vige una norma speciale (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 
2) che rende indisponibili gli atti e i documenti prodotti alle Commissioni tributarie, i quali 
restano acquisiti al fascicolo senza possibilit� per le parti di ritirarli fino al termine del processo; 
la loro restituzione avviene solo dopo la sentenza definitiva, a differenza di quanto accade nel 
processo civile nel quale le parti possono sempre fare istanza per ritirare i propri fascicoli (art. 
169 c.p.c., e art. 77 disp. att. c.p.c.) e chi ha vinto in secondo grado pu� ritirare il proprio fascicolo, 
non costituirsi in Cassazione e fare venire meno un documento che potrebbe danneggiarlo 
(ci� spiega l'onere della controparte di estrarne copia e di esibirla in Cassazione); 
- che, non essendo il ricorrente in possesso degli originali degli atti e dei documenti e non potendo 
quindi produrli in originale, l'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non pu� applicarsi nelle 
controversie tributarie, alle quali, del resto, le norme dettate per il procedimento civile in Cassazione 
sono applicabili quando "compatibili" (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2); 
- che il ricorrente in Cassazione ha l'onere di richiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio 
alla cancelleria della Cassazione e di depositare la richiesta insieme al ricorso, ai sensi dell'art. 
369 c.p.c., u.c., mentre l'obbligo di trasmettere gli originali degli atti e dei documenti � a carico 
della segreteria della Commissione tributaria, che � l'unico soggetto che pu� adempiere (e che 
dell'omissione pu� essere chiamato a rispondere in sede civile e penale): tale obbligo non pu� 
essere spostato sul ricorrente n�, in mancanza di una specifica disposizione di legge, una facolt� 
(di ottenere copia autentica degli atti e documenti prodotti nei fascicoli di parte e d'ufficio 
D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 25, comma 2) pu� trasformarsi in obbligo o onere della parte; 
- che non vale affermare che l'onere in questione non pu� obiettivamente considerarsi aggravio 
insopportabile dell'attivit� difensiva della parte, posto che "quando si dice che l'onere non � 
gravoso, si ammette implicitamente che l'onere non c'�, ma pu� essere posto, poich� tanto
CONTENZIOSO NAZIONALE 199 
non � gravoso": talora la Cassazione ha bens� valutato taluni adempimenti processuali non 
"particolarmente complessi" n� tali da ostacolare "apprezzabilmente" l'esercizio del diritto di 
difesa, ma tanto ha fatto in casi riguardanti adempimenti espressamente previsti dal legislatore 
a carico della parte (Cass., sez. 2^, n. 22108/2006, nella valutazione della manifesta infondatezza 
della prospettata illegittimit� costituzionale dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, nella 
parte in cui stabilisce che il ricorso per cassazione � improcedibile quando il ricorrente non 
abbia depositato copia autentica del provvedimento impugnato); 
- che il sistema � rimasto immutato anche dopo il D.Lgs. n. 40 del 2006, che, pur avendo apportato 
modifiche al giudizio di cassazione, non ha innovato il meccanismo del deposito di 
atti e documenti: infatti se si mettono a confronto la versione originaria e quella nuova conseguente 
all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, si rileva che il cambiamento ha riguardato, 
oltre all'aggiunta dei "contratti o accordi collettivi", l'aggiunta "processuali" alla 
parola atti, "che � totalmente irrilevante poich� anche prima del 2006 la norma si riferiva sicuramente 
agli atti processuali"; 
- che devono evitarsi le interpretazioni di norme processuali che favoriscano l'inflizione alla 
parte di una sanzione processuale grave, come l'improcedibilit�, per un'omissione di cui nessuno 
prima aveva manifestato consapevolezza e, quindi, per causa non imputabile ad essa e 
per fatti che nemmeno possono verificarsi "poich� si deve escludere che quegli atti non arrivino 
in Cassazione, tranne che non ci sia lo smarrimento del fascicolo, che sicuramente non 
� imputabile al ricorrente"; 
- che la nuova interpretazione "costituisce un'artificiosa deformazione, letteralmente inventata" 
che legittimerebbe la parte che subisce la sanzione dell'improcedibilit� del ricorso a proporre 
domanda di risarcimento danni nei confronti dello Stato ex art. 6 della CEDU, non essendo 
ammessi altri strumenti processuali per porvi rimedio. 
Infine, la medesima dottrina ha osservato che l'onere posto a carico del ricorrente di allegare 
una semplice fotocopia (e non l'originale) degli atti presenti nel fascicolo d'ufficio stride con 
il formalismo che caratterizza il sistema processuale del deposito degli atti in Cassazione, 
coerentemente con la "funzione eminentemente pubblicistica del processo, tesa a dettare regole 
che ne consentano l'ordinato svolgimento e che, come tali, non ammettono equipollenti e non 
sono disponibili dalle parti" (cos� Cass., sez. un., n. 9005/2009). 
5.- � tempo, a questo punto dello scrutinio ed in vista delle conclusioni, rilevare che l'orientamento 
c.d. rigorista ritiene, in definitiva, che l'onere di deposito previsto dalla prima disposizione 
sussista sempre e a prescindere dall'eventualit� che gli atti da depositare siano gi� 
presenti nel fascicolo d'ufficio trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo su richiesta del 
ricorrente, a sua volta tempestivamente depositata. Si tratterebbe, in sostanza, di adempimenti 
autonomi ed entrambi doverosi, in quanto rispondenti a rationes diverse: il primo (ex art. 369, 
comma 2, n. 4) funzionale alla "esigenza di offrire alla Corte, immediatamente, un quadro 
completo ed oggettivamente autosufficiente di elementi utili alla decisione"; il secondo (ex 
art. 369, comma 3) volto a consentire che la Corte "abbia comunque in sua disponibilit�, all'occorrenza, 
le complessive risultanze processuali dei gradi di merito del giudizio". 
La diversit� di ratio viene precisata con la considerazione della diversit� dei tempi di disponibilit� 
dei documenti per la Corte, posto che il fascicolo di causa pu� essere trasmesso successivamente 
rispetto al deposito del ricorso il quale, essendo contestuale al deposito della 
sentenza impugnata e degli atti su cui esso si fonda, "consente subito un primo screening dell'impugnazione, 
funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione delle sopravvenienze... 
senza sottovalutare la maggiore facilit� e velocit� di accesso a tali documenti, una
200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
volta che essi risultino ben individuati e specificamente depositati". 
L'orientamento c.d. "liberale" tenta invece di coordinare le due disposizioni, valorizzando, 
nella sostanza, il principio generale (ex art. 121 c.p.c., e art. 156 c.p.c., comma 3) di strumentalit� 
rispetto allo scopo assegnato obiettivamente all'atto nell'ambito del processo. In questa 
prospettiva, non pu� negarsi che il terzo comma dell'art. 369 c.p.c., pone gi� a carico del ricorrente 
lo specifico onere di richiedere alla cancelleria del giudice a quo la trasmissione del 
fascicolo d'ufficio (e di depositare tempestivamente la relativa richiesta) proprio allo scopo 
di mettere gli atti processuali e � documenti ivi inseriti nella disponibilit� della Corte di cassazione, 
la quale potr� esaminarli, sempre che, naturalmente, siano stati specificati e individuati 
nel ricorso (a pena di inammissibilit�, ex art. 366 c.p.c., n. 6). 
Il principio di strumentalit� delle forme processuali ha gi� trovato diffusa applicazione da 
parte della Corte di cassazione in una pluralit� di casi. Si � infatti affermato che: 
- "il mancato deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio (art. 369 c.p.c., u.c.) 
nel termine fissato per il deposito del ricorso per cassazione, cio� entro venti giorni dalla notificazione, 
determina l'improcedibilit� del ricorso stesso soltanto se l'esame di quel fascicolo 
risulti indispensabile ai fini della decisione del giudice di legittimit�" (Cass., sez. 3^, n. 
5108/2011; sez. 1^, n. 10665/2006; sez. 3^, n. 19297/2005; sez. lav., n. 3852/2002; nonch� 
sez. 1^, n. 570/1998, richiamata nell'ordinanza di rimessione); 
- "la violazione dell'obbligo di deposito degli atti e dei documenti sui quali il ricorso o il controricorso 
si fondano � legittimamente predicabile nel solo caso in cui la mancata produzione 
riguarda atti o documenti (gi� acquisiti al giudizio di merito) il cui esame sia necessario per 
la decisione della causa" (Cass., sez. 2^, n. 12028/2010); 
- la mancata richiesta della trasmissione del fascicolo d'ufficio, in sede di regolamento preventivo 
di giurisdizione, "non determina l'improcedibilit� del ricorso nell'ipotesi in cui, nonostante 
l'indisponibilit� dell'anzidetto fascicolo, risultino certi i termini della controversia, 
sulla base degli atti di parte e delle rispettive produzioni" (Cass., sez, un., n. 20504/2006) 
- l'omessa menzione nel ricorso per cassazione dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio 
(...) non � causa di inammissibilit� dell'impugnazione n� determina improcedibilit� del 
ricorso stesso, giacch� da un lato tale indicazione non rientra tra quelle imposte a pena di 
inammissibilit� dall'art. 366 c.p.c., e, dall'altro lato, l'improcedibilit� deriva solo dalla mancanza 
degli atti indispensabili ai fini della decisione" (Cass., sez. 1^, n. 2327/2006; sez. 2^, n. 
5113/1999; sez. 1^, n. 8972/1997). 
- l'onere di richiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio relativo al procedimento conclusosi 
con la sentenza impugnata, posto a carico del ricorrente dall'art. 369 c.p.c., "non � riferibile 
all'ipotesi in cui sia proposto ricorso per revocazione avverso una sentenza della stessa 
Corte di cassazione, in quanto, trovandosi in tal caso il fascicolo gi� presso il giudice ad quem, 
la richiesta di un'apposita istanza di acquisizione costituirebbe un inutile formalismo, contrastante 
con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni 
coerenti con la finalit� di rendere giustizia" (cos� Cass. sez. 1^, n. 24856/2006; 
e cfr. anche, in tema di requisiti formali del ricorso per revocazione di sentenza della Corte di 
cassazione, sez. un., n. 17631/2003, con la quale s'� escluso che la posizione del ricorrente 
possa subire aggravamenti estranei alle esigenze di funzionalit�). 
Ritengono queste Sezioni unite che il menzionato principio di strumentalit� e le esigenze e la 
finalit� da ultimo richiamate facciano premio, in sede ermeneutica, sul "vantaggio" per la 
Corte di cassazione di disporre immediatamente degli atti e dei documenti sui quali il ricorso 
si fonda e che siano gi� contenuti nel fascicolo d'ufficio, comunque destinato a pervenire nella
CONTENZIOSO NAZIONALE 201 
sua disponibilit� una volta richiestane la tempestiva trasmissione da parte del ricorrente. Che, 
a ben vedere, l'alternativa sarebbe costituita dalla gravissima sanzione della declaratoria di 
improcedibilit� del ricorso (ex art. 387 c.p.c., non pi� riproponibile) per non avere la parte 
prodotto atti di cui la Corte gi� normalmente dispone nel momento in cui esamina il ricorso, 
o di cui pu� agevolmente disporre, sollecitando l'invio del fascicolo d'ufficio alla cancelleria 
del giudice che ha emesso la sentenza impugnata nei casi, per vero abbastanza rari, in cui esso 
non sia ancora pervenuto al momento del primo esame del ricorso. 
Va, comunque, recisamente escluso che le esigenze o le disfunzioni organizzative degli uffici 
giudiziari possano giustificare decadenze non espressamente previste dalla legge. E va osservato 
che il principio della ragionevole durata del processo � stato bens� costituzionalizzato, 
ma con la previsione che � la legge ad assicurarla (art. 111 Cost., comma 2) ed � sempre la 
legge a regolare il "giusto processo" (art. 111 Cost., comma 1). 
� stato d'altronde gi� statuito (Sez. un., ordinanza n. 7161/2010 e sentenza n. 28547/2008) 
che, quanto agli atti ed ai documenti contenuti nei fascicoli di parte, la produzione documentale 
possa avvenire mediante la produzione del fascicolo del merito, affermandosi che "qualora 
il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo 
di quelle fasi, la produzione pu� avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, 
ferma restando la necessit� di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi � rinvenibile e di indicare 
che il fascicolo � prodotto, occorrendo tali indicazioni perch� il requisito della indicazione 
specifica sia assolto"; ed � stato chiarito che solo se il documento risulti prodotto nelle 
fasi di merito dalla controparte "� necessario che il ricorrente... - cautelativamente e comunque 
stante l'autonoma previsione dell'art. 369 c.p.c., n. 4, che riferisce l'onere di produzione direttamente 
al ricorrente, per il caso che quella controparte possa non costituirsi in sede di legittimit� 
o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o possa produrlo senza il documento - 
produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ed 
indichi tale modalit� di produzione nel ricorso)". 
Cos� come, dunque, l'onere di deposito � assolto, per gli atti contenuti nel fascicolo di parte, 
dalla produzione di quel fascicolo senza necessit� che si proceda ad un ulteriore specifico atto 
di deposito, analogamente esso � soddisfatto, per gli atti contenuti nel fascicolo d'ufficio, dalla 
richiesta di trasmissione dello stesso ex art. 369 c.p.c., comma 3, che costituisce il meccanismo 
"istituzionale" di trasmissione dei suddetti atti alla Corte di Cassazione. 
La conclusione � in linea con l'originaria, consolidata interpretazione della disposizione in 
esame, anteriore al mutamento di indirizzo del 2009 di cui sopra s'� detto (sub 2.), fondato su 
una modificazione della lettera dell'art. 369 c.p.c., n. 4, (aggiunta delle parole "atti processuali" 
con la novella del 2006) cui non pu� attribuirsi l'univoco senso del riferimento anche agli atti 
gi� contenuti nel fascicolo d'ufficio. Sicch� � in definitiva ribadito il principio secondo il quale 
una diversa interpretazione della norma processuale "non ha ragione di essere ricercata e la 
precedente abbandonata, quando l'una e l'altra siano compatibili con la lettera della legge, essendo 
da preferire - e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario - l'interpretazione 
sulla cui base si �, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile. 
Soltanto fattori esterni alla formula della disposizione di cui si discute - derivanti da mutamenti 
intervenuti nell'ambiente processuale in cui la formula continua a vivere, o dall'emersione di 
valori prima trascurati - possono giustificare l'operazione che consiste nell'attribuire alla disposizione 
un significato diverso" (cos� Cass., sez. un., n. 10864/2011). 
5.1.- Per il processo tributario, il meccanismo istituzionale di trasmissione ex art. 369 c.p.c., 
comma 3, si estende anche ai fascicoli di parte che restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono
202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ad esse restituiti al termine del processo (cos� il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 25, 
comma 2), dove per termine del processo deve intendersi, quante volte esso si concluda con 
una sentenza, il momento del suo passaggio in giudicato, secondo quanto s'� sempre ritenuto. 
Nel processo tributario non � dunque necessario che le parti producano copia autentica degli 
atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte, che "possono" bens� ottenere ai sensi della 
disposizione da ultimo citata, ma che non "devono" richiedere. 
Va anzi precisato che, proprio perch� i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d'ufficio 
fino al termine del processo e con quel fascicolo devono dunque pervenire alla Corte di 
cassazione, al ricorrente non potr� farsi carico neppure della mancata produzione della copia 
degli atti e documenti (sui quali il ricorso si fondi) contenuti nel fascicolo di merito della controparte, 
essendo il meccanismo istituzionale di acquisizione connotato da una regola particolare 
anche per quel fascicolo di merito. Nei ricorsi avverso le sentenze delle Commissioni 
tributarie non � conseguentemente applicabile il principio enunciato da queste Sezioni unite 
con le citate decisioni nn.7161/2010 e 28547/2008, con le quali s'era affermato che "se il documento 
risulti prodotto nelle fasi di merito dalla controparte, � necessario che il ricorrente... 
- cautelativamente e comunque stante l'autonoma previsione dell'art. 369 c.p.c., n. 4 citato, 
che riferisce l'onere di produzione direttamente al ricorrente, per il caso che quella controparte 
possa non costituirsi in sede di legittimit� o possa costituirsi senza produrre il fascicolo o 
possa produrlo senza il documento - produca in copia il documento stesso (appunto ai sensi 
dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4,...)". Tanto per l'ovvia ragione (che � tuttavia il caso di ribadire) 
che il fascicolo della controparte deve pervenire alla Corte di cassazione unitamente 
al fascicolo d'ufficio che lo contiene. 
Uno spazio applicativo del principio generale va riservato al solo caso in cui la parte ricorrente 
abbia comunque ottenuto, anche se irregolarmente perch� prima della fine del processo, la 
restituzione del proprio fascicolo dalla segreteria della Commissione tributaria. 
In tal caso, poich� la mancata acquisizione del suo fascicolo di parte unitamente al fascicolo 
d'ufficio � ricollegabile ad una precedente iniziativa della stessa parte ricorrente, che proprio 
per questo non pu� confidare nell'acquisizione del suo fascicolo secondo le modalit� ordinarie 
(per il processo tributario), alla mancata produzione del fascicolo di parte conseguir� l'improcedibilit� 
del ricorso ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. 
Se, per contro, il fascicolo irregolarmente ritirato sia quello della controparte, tanto risulti 
dalle annotazioni contenute nel fascicolo d'ufficio e questa non lo abbia, per qualunque ragione, 
versato in atti, allora i principi di lealt� processuale e di non contestazione impongono 
che si abbia per vero il contenuto dell'atto o del documento su cui il ricorso si fonda (e di cui 
non sia possibile disporre per fatto della controparte), quale indicato e riportato in ricorso nel 
rispetto, a pena di inammissibilit�, delle prescrizioni di cui all'art. 366 c.p.c.. 
5.2.- Quanto sin qui osservato in ordine ai presupposti legali dell'improcedibilit� ovviamente 
non preclude affatto al ricorrente - essendo anzi auspicabile che vi si determini - di produrre 
comunque copia degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda. 
5.3.- � il caso di riaffermare che il deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio 
alla cancelleria della Corte di cassazione non � richiesto dall'art. 369 c.p.c., comma 3, a pena 
di improcedibilit� del ricorso (Cass., sez. un., n. 9005/2009); e che "la mancata allegazione 
della richiesta vistata al momento del deposito del ricorso non comporta l'invalidit� di questo 
deposito e, automaticamente, l'improcedibilit� ex art. 369 c.p.c., comma 1; determina, invece, 
un'autonoma improcedibilit� che, tra l'altro, si verifica solo quando il deposito di detta richiesta 
non sia comunque avvenuto nel termine di venti giorni dalla notifica del ricorso stesso, e sem-
CONTENZIOSO NAZIONALE 203 
pre che il fascicolo d'ufficio non sia stato altrimenti trasmesso e che, per effetto della sua indisponibilit�, 
la Corte si trovi nell'impossibilit� di portare il suo esame su atti e domande che 
devono essere vagliati per la decisione dell'impugnazione" (cos�, tra le altre, Cass., sez. 1^, n. 
51/1994). 
6.- Il contrasto va dunque composto e la questione risolta con l'enunciazione dei seguenti principi 
di diritto: 
- l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, di produrre a pena di improcedibilit� 
del ricorso, entro i venti giorni dall'ultima notificazione dello stesso, "gli atti processuali, 
i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" � soddisfatto, 
quanto agli atti ed ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione 
del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo 
d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata 
alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al 
richiedente munita di visto ai sensi dell'art. 369 c.p.c., comma 3, (ferma in ogni caso l'esigenza 
di specifica indicazione, a pena di inammissibilit� ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti 
e dei dati necessari al reperimento degli stessi); 
- per i ricorsi avverso sentenze delle commissioni tributane, la indisponibilit� dei fascicoli 
delle parti (che, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al 
fascicolo d'ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che 
la parte ricorrente non � onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo 
d'ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione ex art. 369 c.p.c., 
comma 2, n. 4, (a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di 
parte dalla segreteria della commissione tributaria); neppure � tenuta, per la stessa ragione, 
alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi 
contenuti nel fascicolo della controparte. 
7.- Il ricorso � conclusivamente procedibile. 
Gli atti vanno rimessi alla Sezione tributaria per l'ulteriore corso. 
P.Q.M. 
LA CORTE DI CASSAZIONE, A SEZIONI UNITE, dichiara procedibile il ricorso e rimette 
gli atti alla Sezione tributaria per l'ulteriore corso.
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Giudizio cautelare e incidente di legittimit� costituzionale 
(Nota a Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 28 novembre 2011, n. 6277) 
Valeria Romano* 
Con l�ordinanza in commento il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte 
Costituzionale il vaglio di legittimit� dell�art. 25 della Legge 30 dicembre 
2010, n. 240 recante "Norme in materia di organizzazione delle universit�, di 
personale accademico e reclutamento, nonch� delega al Governo per incentivare 
la qualit� e l'efficienza del sistema universitario" (1). Nel sottoporre la disposizione 
al sindacato del Giudice delle Leggi, l�ordinanza affronta il tema 
dei rapporti tra incidente di legittimit� costituzionale e giudizio cautelare, fornendone 
un�efficace ricostruzione anche alla luce del nuovo codice del processo 
amministrativo. 
Nel caso di specie un professore universitario aveva proposto, presso 
l�Ateneo di appartenenza, istanza per la permanenza in servizio dopo il raggiungimento 
dell�et� di collocamento a riposo. A seguito del mancato accoglimento 
della richiesta, il professore impugnava i decreti rettorali di diniego 
innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio chiedendone l�annullamento 
ed, in via incidentale, la sospensione. Il Tribunale adito rigettava 
l�istanza cautelare proposta dal ricorrente. L�ordinanza emessa dal T.A.R. 
Lazio veniva, di seguito, appellata di fronte al Consiglio di Stato. In sede cautelare 
il professore deduceva l�illegittimit� costituzionale dell�art. 25 della citata 
Legge n. 240 del 2010 in ragione della portata preclusiva della norma de 
qua con riguardo al trattenimento in servizio dei professori universitari. I suddetti 
sviluppi processuali determinavano, dunque, l�instaurarsi, nell�ambito di 
un giudizio cautelare, di un incidente di legittimit� costituzionale. 
La problematicit� del rapporto tra la tutela cautelare e l�incidente di costituzionalit� 
si coglie considerando le confliggenti logiche sottostanti ai due 
estremi del rapporto stesso. Da un lato, la tutela cautelare � funzionale ad anticipare, 
nelle more del giudizio, il contenuto di una pronunzia definitiva allo 
scopo di �apprestare degli argini alle distorsioni processuali derivanti dal 
mero passaggio del tempo necessario per ottenere ragione� (2). D�altro canto, 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) La norma rubricata �Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori� stabilisce quanto 
segue: �L'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica a professori e ricercatori 
universitari. I provvedimenti adottati dalle universit� ai sensi della predetta norma decadono 
alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gi� iniziato a produrre 
i loro effetti�. La legge 30 dicembre 2010, n. 240 � stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 
gennaio 2011 - Suppl. Ordinario n. 11. 
(2) R. GALLI, Corso di diritto amministrativo, Cedam, 2011.
CONTENZIOSO NAZIONALE 205 
l�incidente di legittimit� costituzionale si configura come il risvolto processuale 
del principio del sindacato accentrato di costituzionalit� nel nostro ordinamento. 
Il punctum dolens del rapporto tra il processo cautelare e l�incidente 
di legittimit� costituzionale � rintracciabile, pertanto, nella difficolt� di conciliare 
la necessaria celerit� dei giudizi cautelari con il principio del controllo 
accentrato di costituzionalit� che, ancorch� fondato sull�esigenza di certezza 
del diritto e coerenza ordinamentale, implica significativi costi in termini di 
speditezza dei giudizi a quo. Altrimenti detto, nell�ipotesi in cui, nell�ambito 
di giudizio cautelare, venga sollevata una questione di costituzionalit� si pone 
il problema di �conciliare la tutela immediata e reale, ancorch� interinale, 
degli interessi in gioco, con il carattere accentrato del controllo di costituzionalit� 
delle leggi�(3). 
L�ordinanza in commento prende le mosse proprio dagli aspetti problematici 
della relazione tra giudizio cautelare ed incidente di costituzionalit�. 
La pronunzia indugia, in particolare, sull�esame del �circolo vizioso� (4) in 
cui appare costretto il giudice amministrativo chiamato a decidere su 
un�istanza cautelare che abbia ad oggetto un provvedimento emesso sotto la 
vigenza di una norma di dubbia legittimit� costituzionale. Al verificarsi di siffatta 
circostanza, spiega l�ordinanza, davanti al giudice si aprono due possibili 
strade. In primo luogo, il giudice pu� sospendere il processo cautelare nelle 
more del giudizio di costituzionalit�. Tale soluzione, tuttavia, presta il fianco 
ad una agevole critica: sospendendo il giudizio cautelare il giudice finisce per 
mortificare le esigenze di immediatezza proprie del processo cautelare e, contestualmente, 
lascia medio tempore l�istante del tutto privo di tutela (5). Proprio 
in ossequio alla necessit� di fornire una protezione tempestiva rispetto alle domande 
cautelari, un diverso orientamento giurisprudenziale ritiene che il giudice 
debba adottare il provvedimento d�urgenza richiesto qualora ne reputi 
sussistenti i presupposti per poi investire la Corte Costituzionale del sindacato 
sulla norma sospettata di illegittimit� (6). Siffatta soluzione, analogamente 
alla prima, non va esente da critiche. Nell�ipotesi in cui il giudice adotti il 
provvedimento cautelare oggetto dell�istanza, la questione di legittimit� � destinata 
ad essere dichiarata inammissibile dalla Corte per difetto di rilevanza 
dell�esito del vaglio di costituzionalit� nel giudizio a quo. In altri termini, una 
(3) Cons. Stato, Ad. plen., ordinanza 20 dicembre 1999, n. 2, in Foro it., 2000, III, 9. 
(4) F. FRENI, La tutala cautelare sommaria nel nuovo processo amministrativo, Giuffr�, 2011. 
Altra parte della dottrina ha parlato di �tensione drammatica tra contrapposti doveri� in cui sembra trovarsi 
il giudice chiamato al coordinamento tra i due giudizi incidentali cautelare costituzionale, cos� 
BACCARINI, Intervento, Relazione presentata al Convegno La sospensione del giudizio ammnistrativo, 
Torino, 1999. 
(5) R. LEONARDI, La tutela cautelare nel processo amministrativo. Dalla L. n.205/2000 al codice 
del processo amministrativo, Giuffr�, 2011. 
(6) Cons. Stato, Ad. plen., ordinanza 20 dicembre 1999, n. 2, in Foro it., 2000, III, 9; Cons. Giust. 
Amm., ordinanza 20 giugno 2001, n. 458.
206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
volta soddisfatto il petitum cautelare dell�istante, vengono meno le ragioni 
della rilevanza dell�espunzione della norma di dubbia legittimit� costituzionale 
ai fini del giudizio di fronte al giudice remittente. 
Consapevole di tale impasse, la giurisprudenza ha elaborato una terza via 
percorribile dall�organo giudicante in caso di contestualit� tra l�istanza di misura 
cautelare e l�incidente di costituzionalit�. Tale ulteriore soluzione postula 
un�ideale scomposizione del giudizio cautelare in due fasi: una ante ed una 
post iudicium di costituzionalit�. L�ordinanza in commento elegge tale articolazione 
bifasica del giudizio cautelare a strada maestra nel caso concreto 
reputando la soluzione in parola come la pi� conforme �ai principi su cui si 
fonda il nostro sistema di giustizia costituzionale� (7). In base a tale indirizzo 
durante la prima fase c.d. interdittale (8), precedente alla pronunzia della Corte 
Costituzionale, il giudice pu� ammettere la domanda cautelare con un �accoglimento 
a termine� efficace solo fino alla decisione del Giudice delle Leggi. 
Nel corso della seconda fase, successiva all�esito del giudizio di costituzionalit�, 
l�autorit� giudiziaria, tenendo in conto gli esiti della pronunzia della Corte 
Costituzionale, valuta in via definitiva l�istanza cautelare originaria. Siffatta 
scomposizione bifasica del processo cautelare implica, dunque, il riconoscimento 
in capo al giudice amministrativo di un potere di disapplicazione temporanea 
delle norme di sospetta illegittimit�. La soluzione in esame tende, 
pertanto, ad accordare un rilievo prioritario all�esigenza di fornire una tutela 
cautelare immediata, ancorch� provvisoria, degli interessi dell�istante, prevedendo 
la possibilit� di esercizio da parte dei giudici a quo di una forma, seppur 
limitata, di sindacato diffuso di costituzionalit�. 
La sensibilit� dimostrata dall�ordinanza in commento rispetto alla protezione 
�dell�utilit� sostanziale� (9) sottesa al petitum cautelare appare interpretabile 
come il riflesso delle rilevanti novit� apportate dall�intervento 
riformatore del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (10). Il nuovo c.p.a. 
ha segnato, come noto, l�evoluzione del processo amministrativo �da giudizio 
sull�atto a giudizio sul rapporto�, da �giudizio di legittimit� a giudizio di spettanza�(
11). Il conseguente superamento del modello tradizionalmente caducatorio 
del processo amministrativo � ragione di una rinnovata centralit� 
riconosciuta alle pretese sostanziali fatte valere di fronte al giudice ammini- 
(7) Cfr., paragrafo n. 5.3 dell�ordinanza in commento. 
(8) A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, Giuffr�, 2008. 
(9) F. G. SCOCA, Attualit� dell�interesse legittimo?, in Diritto Processuale Amministrativo, n. 2, 2011. 
(10) Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 
2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo. Pubblicato in G.U. 
n. 156 del 7 luglio 2010. � appena il caso di specificare che il Codice non affronta direttamente il problema 
del coordinamento tra la tutela cautelare e la pregiudiziale di costituzionalit�, si sarebbe viceversa 
determinato un eccesso di delega rispetto alla Legge 18 giugno 2009, n. 69 (art. 44). 
(11) Cons. St., Ad. Plen., sent. 24 marzo 2011, n. 3, in Guida al diritto, n. 15, 2011.
CONTENZIOSO NAZIONALE 207 
strativo durante il corso del processo e, dunque, anche in sede di giudizio cautelare. 
Si deve a questo punto segnalare come la medesima preoccupazione di 
assicurare ai singoli una tutela giurisdizionale effettiva avesse gi� motivato, 
sin dai primi anni novanta, una serie di pronunzie della Corte di Giustizia 
dell�Unione Europea adita in ordine al problema, per alcuni versi analogo a 
quello oggetto dell�ordinanza in commento, dei rapporti tra giudizio cautelare 
e questione pregiudiziale ex art. 234 del Trattato CE (oggi art. 267 del Trattato 
sul funzionamento dell�Unione Europea). La Corte di Giustizia aveva riconosciuto, 
in tali occasioni, il potere in capo ai giudici nazionali di sospendere 
"interinalmente" l�esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale 
emanato in attuazione di un regolamento comunitario di dubbia legittimit� 
(12). La Corte consentiva, in tal modo, ai giudici nazionali di fornire una tutela 
provvisoria in sede cautelare anche in pendenza di una questione pregiudiziale. 
Sebbene sia corroborata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la 
teoria della scomposizione bifasica del giudizio cautelare, implicando una duplicazione 
delle decisioni da parte del giudice remittente, non pu� dirsi del 
tutto soddisfacente soprattutto se esaminata alla stregua del criterio dell�economia 
dell�attivit� processuale. La tutela interinale accordata nella prima fase 
del processo cautelare �, come detto, precaria e condizionata all�esito del giudizio 
di costituzionalit�. Ne consegue che l�adozione della misura cautelare 
provvisoria non esaurisce il potere del giudice amministrativo. Questi � infatti 
chiamato, nella seconda fase del processo cautelare bipartito, ad una nuova 
valutazione della domanda cautelare dovendo decidere sulla stessa alla luce 
della decisione del Giudice delle Leggi. Il fatto che la pronunzia della Corte 
Costituzionale possa operare come fattore modificativo o estintivo della tutela 
cautelare riconosciuta prima facie dal giudice rende, poi, evidente la stretta 
interrelazione tra il giudizio incidentale cautelare e di costituzionalit�. Il rapporto 
biunivoco tra i due giudizi impone pertanto al giudice a quo una prognosi 
postuma, sin dal momento della proposizione dell�istanza cautelare, in ordine 
all�esito del giudizio di costituzionalit� di fronte alla Corte. In questa ottica 
deve leggersi il passaggio dell�ordinanza in commento con il quale i giudici 
remittenti, nell�ipotizzare una declaratoria di incostituzionalit� dell�art. 25 
della Legge 240 del 2010, prospettano una possibile riespansione applicativa 
della disciplina precedente all�entrata in vigore della Legge 240 del 2010 e, 
nello specifico, dell�art. 72, comma 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 
112, convertito in Legge n. 133 del 2008. L�ordinanza, infatti, testualmente 
(12) Corte giustizia U.E. 21 febbraio 1991, Zuckerfabrik, C-143/88 e C-92/89; 9 novembre 1995, 
C-465/93, Atlanta; 19 giugno 1990, C-213/89, Factotame. Significativo il passaggio di tale pronunzia 
nel quale si legge che l�effetto dell�art. 117 del Trattato CEE sarebbe �ridotto se il giudice nazionale 
che sospende il procedimento in attesa della pronuncia della Corte sulla sua questione pregiudiziale non 
potesse concedere provvedimenti provvisori fino al momento in cui si pronuncia in esito alla soluzione 
fornita dalla Corte�.
208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
afferma: �L�eventuale dichiarazione di incostituzionalit� dell�art. 25 legge n. 
240 del 2010 avrebbe cos� l�effetto di rimuovere l�ostacolo normativo all�applicazione 
dell�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992, consentendo, quindi, al ricorrente 
di ottenere che la sua istanza di permanenza in servizio sia esaminata 
(ed eventualmente accolta) dall�Universit� sulla base dei criteri introdotti dall�art. 
72, comma 7, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 
n. 133 del 2008 � (13). 
Ad una prima lettura l�assunto riportato potrebbe apparire in potenziale 
contrasto con il pacifico principio per cui la declaratoria di incostituzionalit� 
di disposizioni modificative non pu� far rivivere le norme antecedenti alla modifica 
senza violare il principio per cui il controllo di legittimit� costituzionale 
�esclude ogni valutazione sull�uso del potere discrezionale del Parlamento� 
(14). La posizione assunta dai giudici remittenti, tuttavia, radica le sue ragioni 
giustificative nell�orientamento assunto dalla Corte Costituzionale in tema di 
automatica riespansione di norme quale conseguenza delle declaratorie di incostituzionalit� 
(15). Secondo l�indirizzo appena richiamato, nel caso di pronunzie 
di incostituzionalit� aventi ad oggetto norme che sottraggano una certa 
classe di soggetti all�applicazione di una disposizione maggiormente comprensiva, 
la rimozione della diposizione speciale determina �la riespansione 
automatica della norma generale� (16) senza che, siffatto meccanismo, possa 
essere considerato pregiudizievole delle prerogative del Legislatore. Altrimenti 
detto, la declaratoria di incostituzionalit� della norma derogatoria pu� generare 
la conseguenza dell�automatica riespansione della norma generale o comune. 
Seguendo l�impostazione in parola, dunque, l�eventuale censura di incostituzionalit� 
dell�art. 25 della Legge 240 del 2010, determinerebbe la riespansione 
dell�art. 72, comma 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 configurandosi 
tale ripristino come �una reazione naturale dell�ordinamento alla scomparsa 
della norma incostituzionale� (17). 
Seppur fondata sulle argomentazioni sin qui rappresentate, l�ordinanza 
in commento sembra tuttavia trascurare la valutazione di un fondamentale profilo 
legato alle peculiarit� del caso di specie. Nella vicenda sottoposta all�esame 
dei giudici, infatti, il ricorrente aspirava al mantenimento in servizio 
per un biennio. Orbene, l�adozione della teoria della scomposizione bifasica 
(13) Cfr., paragrafo n. 5.2. dell�ordinanza in commento. 
(14) Cfr., art. 28 della Legge L. 11 marzo 1953, n. 87 recante �Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale�, pubblicata in G.U. 14 marzo 1953, n. 62. 
(15) Corte Costituzionale, sentenza 23 novembre, n. 394 del 2006, in Dir. e giust. 2006, 46, 34. 
(nota di MANES). In senso analogo cfr., anche Corte Costituzionale, sentenza del 26 maggio, n. 161 del 
2004, in Cass. pen. 2004, 3938. Nonostante siano state emesse in ambito penalistico, alle pronunzie 
citate deve riconoscersi un�indubbia portata esemplare ed extrasettoriale. 
(16) Cfr., paragrafo 6.1 della citata sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre, n. 394 del 2006. 
(17) Cfr., paragrafo 6.1, capoverso 3, della citata sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre, 
n. 394 del 2006.
CONTENZIOSO NAZIONALE 209 
del giudizio cautelare implica, come detto, un doppio vaglio dell�istanza cautelare 
da parte del giudice remittente intervallato dal controllo di legittimit� 
della Corte costituzionale. Tale triplo filtro giurisdizionale pu� dispiegarsi su 
un lasso di tempo presumibilmente di alcuni mesi. Ne consegue che dal momento 
dell�emanazione del primo provvedimento sospensivo a quello della 
definitiva pronunzia cautelare, in costanza di sospensione del provvedimento 
di collocamento a riposo, il ricorrente finirebbe per ottenere de facto e fuori 
da un vaglio nel merito della questione il �bene della vita� cui aspirava, con 
una chiara distorsione della fisiologica dialettica processuale. Pi� in generale, 
in quei casi in cui l�istante miri ad ottenere un�utilit� sostanziale di natura temporanea, 
l�adozione della teoria della scomposizione bifasica del giudizio cautelare 
condurrebbe alla non desiderabile conseguenza dell�attribuzione della 
stessa fuori dall�incardinamento del giudizio di merito con grave pregiudizio 
alle chances difensive di controparte. Altrimenti detto, la modulazione bifasica 
del giudizio cautelare sar� anche la soluzione pi� idonea a �conciliare il carattere 
accentrato del controllo di costituzionalit� delle leggi con il principio 
di effettivit� della tutela giurisdizionale� (18), ma sembra nondimeno piegarsi 
a potenziali strumentalizzazioni in sede processuale. Il problema del possibile 
impatto della teoria in parola sul concreto esercizio del diritto alla difesa della 
parte resistente all�istanza cautelare avrebbe, pertanto, meritato un maggiore 
approfondimento nella motivazione dell�ordinanza in commento. 
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ordinana 28 novembre 2011 n. 6277 - Pres. Severini, 
Est. Giovagnoli - S.A. (avv. M. Racco) c. Universit� degli Studi di Roma �La Sapienza�, Min. 
Istruzione, Universit�, Ricerca (avv. gen. Stato). 
(Omissis) 
1. A seguito di istanza in data 2 ottobre 2007, il professore omissis � stato autorizzato, con 
decreto del Rettore dell�Universit� omissis n. 6628 del 20 dicembre 2007, a permanere in servizio 
per un ulteriore biennio oltre il normale limite d�et� per collocamento a riposo ai sensi 
dell�art. 16 d.lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 503, con conseguente previsione di definitivo collocamento 
a riposo a far data dal 1� novembre 2013. 
Nelle more � intervenuto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 
2008, n. 133) che, all�art. 72, comma 10, ha annullato tutti i trattenimenti in servizio gi� 
autorizzati, con effetto dal 1� gennaio 2010, stabilendo, altres�, al comma 7, che i dipendenti 
qualora interessati al trattenimento, fossero tenuti a presentare una nuova istanza dai 24 ai 12 
mesi precedenti il limite di et� per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. 
Con nuova istanza del 4 maggio 2010 il professor omissis ha quindi inoltrato domanda di trattenimento 
in servizio per un biennio ai sensi dell�art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, come modificato 
dalla legge n. 133 del 2008. 
(18) Cfr., paragrafo n. 5.3. dell�ordinanza in commento.
210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Quando ancora l�Amministrazione non si era pronunciata su detta istanza � sopravvenuta la 
legge 30 dicembre 2012, n. 240, la quale, all�art. 25, ha disposto che "l�art. 16 del decreto legislativo 
30 dicembre 1992, n. 503 non si applica ai professori universitari". 
Conseguentemente, con provvedimento prot. n. 13889/11 il Rettore dell�Universit� omissis 
facendo applicazione e richiamando in motivazione l�art. 25 della legge n. 240 del 2010, ha 
rigettato l�istanza di trattenimento in servizio presentata dal professore omissis , che, con successivo 
decreto rettoriale n. 944/2011, � stato collocato a riposto. 
2. Il professor omissis, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di 
Roma, ha impugnato, chiedendone in via incidentale la sospensione, i citati provvedimenti 
del Rettore della Universit� omissis , con i quali � stato disposto il rigetto dell�istanza di trattenimento 
in servizio ai sensi dell�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992 ed il conseguente collocamento 
a riposto a far data dal 1� novembre 2011. 
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza cautelare n. 3674 del 6 ottobre 
2011 ha rigettato l�istanza cautelare proposta dal ricorrente sulla base della seguente motivazione: 
"Ritenuto ad un prima sommaria delibazione che non sussistono i presupposti, alla stregua 
del quadro normativo vigente, per l�accoglimento della proposta istanza cautelare". 
Per ottenere la riforma di tale ordinanza e, quindi, l�accoglimento della domanda cautelare proposta, 
il professor omissis ha proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, deducendo, sotto 
diversi profili, l�illegittimit� costituzionale dell�art. 25 della citata legge n. 240 del 2010, nella 
misura in cui preclude ogni possibilit� di trattenimento in servizio dei professori universitari. 
3. Con ordinanza del 26 ottobre 2011, n. 4713, questa Sezione, pronunciandosi in sede cautelare, 
ha disposto la sospensione del giudizio per la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, 
come da separata ordinanza. 
Al fine di conciliare il carattere accentrato del sindacato di costituzionalit� con il principio di 
effettivit� della tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113 Cost.; art. 6 e 13 della Convenzione europea 
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali), questo Consiglio 
di Stato, nell�ordinanza appena citata, ha concesso una misura cautelare "interinale", fino alla 
camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, 
ordinando all�Amministrazione di ripronunciarsi sull�istanza di trattenimento in servizio presentata 
dal ricorrente, alla luce del quadro normativo esistente anteriormente all�entrata in vigore 
del citato art. 25 legge n. 240 del 2010, e, in particolare, dei criteri fissati dall�art. 72, 
comma 7, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). 
4. Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalit� dell�art. 25 della legge n. 240 del 
2010 (secondo cui "l�articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica 
a professori e ricercatori universitari", con l�ulteriore specificazione che "i provvedimenti 
adottati dalle universit� ai sensi della predetta norma decadono dalla data di entrata 
in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gi� iniziato a produrre i loro 
effetti"), sia rilevante e non manifestamente infondata. 
5. Con riferimento al requisito della rilevanza si osserva che la norma in esame � certamente 
applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio. 
Il provvedimento amministrativo impugnato ha rigettato l�istanza del ricorrente proprio facendo 
applicazione dell�art. 25 legge n. 240 del 2010 che, alla luce del suo chiaro tenore letterale, 
preclude irrimediabilmente la possibilit� di trattenimento in servizio per professori e 
ricercatori universitari, escludendo che nei loro confronti possa essere applicata la disciplina 
contenuta nell�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992. 
5.1. L�applicazione che l�Universit� ha fatto di tale norma risulta corretta, atteso che non esi-
CONTENZIOSO NAZIONALE 211 
stono spazi per una diversa interpretazione. Ed infatti, anche se l�istanza di trattenimento in 
servizio � stata presentata anteriormente all�entrata in vigore della norma, quest�ultima doveva 
comunque essere applicata. Ci� risulta chiaramente dall�ultimo periodo dell�art. 25 legge n. 
240 del 2010, che specifica che "i provvedimenti adottati dalle universit� ai sensi della predetta 
norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che 
hanno gi� iniziato a produrre i loro effetti": se la norma, per espressa previsione legislativa, si 
applica anche ai casi in cui il provvedimento � gi� stato adottato, ma non ha iniziato a produrre 
effetti, essa deve, a maggior ragione, applicarsi laddove, come accade nel presente giudizio, 
l�istanza di trattenimento era stata solo presentata, ma non ancora positivamente riscontrata. 
5.2. L�eventuale dichiarazione di incostituzionalit� dell�art. 25 legge n. 240 del 2010 avrebbe 
cos� l�effetto di rimuovere l�ostacolo normativo all�applicazione dell�art. 16 d.lgs. n. 503 del 
1992, consentendo, quindi, al ricorrente di ottenere che la sua istanza di permanenza in servizio 
sia esaminata (ed eventualmente accolta) dall�Universit� sulla base dei criteri introdotti dall�art. 
72, comma 7, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133 del 2008. 
5.3. La rilevanza della questione non � parimenti esclusa dalla natura cautelare del giudizio 
nell�ambito del quale la questione di costituzionalit� viene sollevata. 
Il problema dei rapporti tra incidente di legittimit� costituzionale e giudizio cautelare � oggetto 
di una significativa elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. 
Sul punto, la Corte costituzionale � costante nel ritenere inammissibile la questione di legittimit� 
costituzionale per difetto di rilevanza qualora essa venga sollevata dopo l�adozione del 
provvedimento cautelare. Si afferma che, in tal caso, la rimessione alla Corte � tardiva in relazione 
al giudizio cautelare, ormai concluso, e prematura in relazione al giudizio di merito, 
in ordine al quale, il collegio, in mancanza della fissazione della relativa udienza di discussione, 
� privo di potere decisorio. 
Per evitare, tuttavia, che la legge sospettata di incostituzionalit� possa precludere definitivamente 
la tutela cautelare mortificando le esigenze di tutela immediata ad esse sottese � il che 
si tradurrebbe in una palese violazione di fondamentali principi costituzionali (artt. 24 e 113 
Cost.), o sovranazionali (art. 6 e 13 CEDU) � la giurisprudenza, nel tentativo di conciliare il 
carattere accentrato del controllo di costituzionalit� delle leggi con il principio di effettivit� 
della tutela giurisdizionale, ha sperimentato due soluzioni. 
La prima consiste nel concedere la sospensiva, disapplicando la legge sospettata di incostituzionalit�, 
rinviando al giudizio di merito la rimessione della questione di legittimit� costituzionale 
(cfr. Cons. Stato, Ad. plen., ordinanza 20 dicembre 1999, n. 2; Cons. Giust. Amm., 
ordinanza 20 giugno 2001, n. 458). 
La seconda consiste, invece, nella scomposizione del giudizio cautelare in due fasi: nella 
prima fase si accoglie la domanda cautelare "a termine", fino alla decisione della questione 
di costituzionalit� contestualmente sollevata; nella seconda fase, all�esito del giudizio di costituzionalit�, 
si decide "definitivamente", tenendo conto, per valutare se sussiste il fumus 
boni iuris, della decisione della Corte costituzionale, sulla domanda cautelare. 
Tra le due soluzioni possibili, il Collegio ritiene preferibile la seconda, perch� � quella che 
meno si allontana dai principi su cui si fonda il nostro sistema di giustizia costituzionale: essa 
evita, infatti, che il giudice a quo possa disapplicare "definitivamente" la legge, sottraendosi 
contestualmente anche all�obbligo, di cui all�art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di sollevare 
la questione di costituzionalit�. 
Tale soluzione, del resto, risulta anche in linea con quella accolta dalla giurisprudenza della 
Corte di giustizia dell�Unione Europea in ordine alla questione, per alcuni versi analoga, dei
212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
rapporti tra giudizio cautelare e questione pregiudiziale ai sensi dell�art. 267 del Trattato sul 
funzionamento dell�Unione Europea sulla validit� di un atto comunitario. 
La Corte di giustizia ha riconosciuto al giudice nazionale, nei casi di urgenza, il potere, di sospendere 
"interinalmente" l�esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale emanato 
in attuazione di un regolamento comunitario della cui legittimit� dubiti, a condizione 
che: a) sollevi contestualmente la questione pregiudiziale per l�accertamento della validit� 
del regolamento; b) rinvii la definizione del giudizio cautelare all�esito della decisione della 
Corte di giustizia sulla questione pregiudiziale (Corte giustizia U.E. 19 giugno 1990, C- 
213/89, Factotame; Id. 21 febbraio 1991, Zuckerfabrik, C-143/88 e C-92/89; Id., 9 novembre 
1995, C-465/93, Atlanta). 
Anche l�iter procedimentale delineato dalla Corte di giustizia �, quindi, nel senso dell�articolazione 
bifasica del giudizio cautelare: il giudice nazionale non pu� sospendere e rinviare al merito 
la pregiudiziale di validit�, ma deve rimettere subito la questione alla Corte e concedere la misura 
cautelare in via meramente provvisoria, fino alla decisione della questione pregiudiziale. 
Nonostante le innegabili diversit�, questa fattispecie presenta anche alcune significative affinit� 
con le situazioni nella quali viene in rilievo il rapporto tra processo cautelare e incidente 
di costituzionalit�. In entrambi i casi, infatti, il giudice a quo, per concedere la tutela cautelare 
e apprestare una tutela giurisdizionale effettiva per i diritti dei singoli, esercita un potere di 
disapplicazione "provvisoria" (ora della norma comunitaria, ora della legge incostituzionale), 
rimettendo contestualmente la questione di validit� al giudice cui il controllo di quelle norme 
sospettate di illegittimit� spetta in via esclusiva (la Corte di giustizia in un caso, la Corte costituzionale 
nell�altro). 
Anche la Corte costituzionale, infine, con riferimento a questioni di legittimit� sollevate in sede 
cautelare, ha, in pi� occasioni, osservato che la potestas iudicandi non pu� ritenersi esaurita 
quando la concessione della misura cautelare, come nella specie, � fondata, quanto al fumus 
boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimit� costituzionale dovendosi 
in tal caso la sospensione dell�efficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere 
provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l�incidente di legittimit� 
costituzionale (ex plurimis: sentenze n. 444 del 1990, n. 367 del 1991; n. 30 e n. 359 del 1995; 
n. 183 del 1997, n. 4 del 2000 nonch� l�ordinanza n. 24 del 1995 e n. 194 del 2006). 
5.4. Sempre in ordine alla rilevanza della questione, si osserva che nel caso di specie il requisito 
del periculum in mora merita positivo apprezzamento. � evidente, infatti, che il tempo 
necessario per la decisione del ricorso nel merito potrebbe arrecare al ricorrente un pregiudizio 
grave e irreparabile, anche in considerazione del fatto che verrebbe a scadere il biennio in relazione 
al quale egli ha presentato la richiesta di trattenimento in servizio. 
6. La questione di legittimit� costituzionale non � manifestamente infondata. 
6.1. L�art. 25 legge n. 240 del 2010, escludendo senz�altro l�applicazione dell�art. 16 d.lgs. n. 
503 del 1992 ai professori e ricercatori universitari, sembra, infatti, porsi in contrasto con gli 
articoli 3, 33, 97 Cost.. 
Il Collegio ritiene, in particolare, che la deroga che la norma introduce rispetto alla disciplina 
generale di cui al citato articolo 16 d.lgs. n. 503 del 1992 appare irragionevole (perch� non 
sorretta da una adeguata ragione giustificatrice), comunque sproporzionata rispetto alla finalit� 
perseguita, e lesiva sia del principio del buon andamento dell�azione amministrativa (art. 97 
Cost.), sia del principio dell�autonomia universitaria (art. 33, ultimo comma, Cost.), nella misura 
in cui priva le Universit�, discriminandole rispetto a qualsiasi altro ente pubblico, di ogni 
potere di valutazione in ordine alla possibilit� di accogliere le istanze di trattenimento in ser-
CONTENZIOSO NAZIONALE 213 
vizio presentate dal personale docente, anche laddove tale prolungamento risulti funzionale a 
specifiche esigenze organizzative, didattiche o di ricerca. Si impedisce cos� alle universit� di 
dar corso ad una adeguata, seppur eccezionale, misura organizzativa in tema di provvista di 
personale, escludendone senza rimedio quello caratterizzato da una ben difficilmente ripetibile 
qualificazione scientifica, la cui disponibilit� inerisce invece la specialit� del servizio pubblico 
proprio delle universit�, consistente nella concreta trasmissione del sapere. L�effetto �, in 
danno dell�interesse generale e della funzionalit� ad esso di quel servizio, quello dell�irrimediabile 
dispersione di risorse preziose, quanto oggettivamente infungibili a un tale riguardo. 
La norma, inoltre, trovando applicazione anche nei confronti dei professori e dei ricercatori 
universitari che abbiano maturato un aspettativa giuridicamente consolidata in ordine alla possibilit� 
di permanere in servizio risulta lesiva del principio del legittimo affidamento e della 
sicurezza giuridica, che pure trova il suo fondamento, secondo quanto pi� volte affermato 
dalla Corte costituzionale, nell�art. 3 della Costituzione. 
6.2. Giova, al riguardo, ricostruire brevemente la disciplina generale � contenuta nell�art. 16 
d.lgs. n. 503 del 1992 � che si pone come tertium comparationis alla cui stregua valutare la 
ragionevolezza della differente disciplina introdotta dall�art. 25 legge n. 340 del 2010. 
L�art. 16, comma 1, d.lgs. n. 503 del 1992, dopo aver riconosciuto la facolt� per "i dipendenti 
civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla 
data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un 
biennio oltre i limiti di et� per il collocamento a riposo per essi previsti", specifica, nel periodo 
successivo (introdotto dall�art. 72, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.112), che 
"in tal caso � data facolt� all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e 
funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale 
acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente 
andamento dei servizi". 
La norma generale, la cui applicabilit� � esclusa dall�art. 25 legge n. 340 del 2010 per i professori 
e ricercatori universitari, prevede, quindi, in seguito alle modifiche introdotte dall�art. 
72, comma 7, d.l. n. 112 del 2008, un sistema nel quale il trattenimento in servizio del dipendente 
pubblico non � pi� rimesso ad vero e proprio diritto potestativo del medesimo, della 
cui scelta l�Amministrazione deve limitarsi a prenderne atto, come accadeva, invece, in base 
all�originaria formulazione dell�art. 16. 
In seguito alle modifiche intervenute nel 2008, l�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992 non contempla 
pi� un diritto soggettivo alla permanenza in servizio del pubblico dipendente, ma prevede che 
l�istanza che il dipendente ha facolt� di presentare venga valutata discrezionalmente dall�Amministrazione 
(la quale ha facolt� di accoglierla), e che essa possa avere accoglimento solo in 
concreta presenza degli specifici presupposti individuati dalla disposizione, i primi dei quali 
sono legati ai profili organizzativi generali dell'amministrazione medesima ("in base alle proprie 
esigenze organizzative e funzionali") e i seguenti alla situazione specifica soggettiva e oggettiva 
del richiedente ("in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente 
in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi"). 
6.3. Come la giurisprudenza amministrativa ha chiarito (cfr., in particolare, Cons. Stato, VI, 
6 giugno 2011, n. 3360), con l�innovazione introdotta dall'art. 72, comma 7, d.l. n. 112 del 
2008, la permanenza in servizio oltre l�ordinario limite di et� � divenuto istituto da considerare 
ormai eccezionale a causa delle esigenze generali di contenimento della spesa pubblica espressamente 
perseguito con la manovra di cui allo stesso decreto-legge, e segnatamente con le disposizioni 
del Capo II, tra cui � quella in esame. Pertanto la sua determinazione in concreto
214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
va sorretta, se nel senso della protrazione del servizio, da adeguate giustificazioni in relazione 
ai parametri di valutazione indicati dalla disposizione, la cui ragione va puntualmente esternata. 
Tra questi, secondo l�interpretazione giurisprudenziale deve considerarsi prevalente la 
considerazione delle effettive "esigenze organizzative e funzionali" dell'amministrazione, rispetto 
a cui "la particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati 
o specifici ambiti" rappresenta un criterio giustificativo necessario, ma ulteriore, e non gi� la 
ragione determinante. 
Si tratta, infatti, di dar corso ad un�ipotesi eccezionale di provvista di docente, che deve essere 
adeguatamente giustificata da oggettivi e concreti fatti organizzativi, tali da imporre che si 
faccia ricorso ad un tale particolare strumento. 
Questo Consiglio di Stato ha cos� precisato che l�esternazione di una tale giustificazione della 
scelta � insieme a quella sugli altri elementi richiesti, a seguire, dalla disposizione � � necessaria 
per dar conto del come e perch� l�Amministrazione si determini, derogando alle esigenze 
di risparmio perseguite dalla legge, a seguire questa speciale via (cfr. ancora Cons. Stato, VI, 
6 giugno 2011, n. 3360). 
Non cos� � quando l�Amministrazione si determini negativamente, ricorrendo allora la situazione 
ordinaria di normale estinzione del rapporto lavorativo per raggiungimento dei limiti 
di et�, che non richiede una speciale esternazione circa la particolare esperienza professionale 
dell'interessato. 
La ratio della modifica del 2008 �, infatti, essenzialmente di contenimento finanziario e questo 
prevale, perch� cos� vuole questa legge, sulla qualit� professionale del docente: sicch� � nella 
prima valutazione che va incentrata la scelta e ne va, se positiva rispetto alla disponibilit� offerta 
dall'interessato, manifestata la ragione. 
L�innovazione del 2008 ha invertito, quindi, il rapporto tra regola ed eccezione della legislazione 
del 1992. L'uso del termine "facolt�" descrive null�altro che la possibilit�, da parte dell'interessato, 
di domandare all'Amministrazione il trattenimento in servizio, ma non pi� un 
diritto all'ufficio. La struttura della fattispecie definita dalla disposizione del 2008 si configura 
come eccezionale e sottopone l�accoglimento a rigorose condizioni. 
7. Rispetto a tale disciplina, che, come si � appena visto, sottopone il mantenimento in servizio 
a rigorose condizioni, la scelta radicale, contenuta nell�art. 25 legge n. 240 del 2010, di escludere 
sempre e comunque per professori e ricercatori universitari, ogni possibilit� di mantenimento 
in servizio, appare irragionevole e sprovvista di una sostanziale giustificazione e, come 
tale, in contrasto con uno dei corollari del principio di uguaglianza di cui all�art. 3 Cost., ovvero 
con il principio di ragionevolezza della legge. 
Non pare ravvisarsi, infatti, una idonea ragione giustificatrice che possa essere addotta a sostegno 
della definitiva e totale esclusione per questa speciale categoria di dipendenti pubblici, 
di qualsiasi possibilit� di mantenimento in servizio oltre il normale periodo di servizio. 
7.1. Non sembra, in particolare, rappresentare una valida giustificazione l�esigenza, che talvolta 
emerge anche nel corso dei lavori preparatori della legge n. 240 del 2010, di favorire il ricambio 
generazionale nelle Universit�. Qui, infatti, non � in discussione la realizzazione di tale obiettivo, 
che certamente rientra nella discrezionalit� del legislatore, ma il bilanciamento che il legislatore 
deve compiere tra il suo perseguimento e la tutela di altri valori di primario rilievo costituzionale 
che possono essere incisi dalla scelta legislativa (cfr. Corte cost., 24 luglio 2009, n. 239). 
Nel caso di specie, la scelta legislativa appare sbilanciata e sproporzionata, perch�, in nome 
dell�esigenza del ricambio generazionale, il legislatore non si fa carico delle negative ripercussioni 
che potrebbero derivarne sul principio del buon andamento della pubblica (art. 97
CONTENZIOSO NAZIONALE 215 
Cost.) amministrazione e della tutela dell�autonomia universitaria (art. 33 Cost.). 
Ci� emerge in maniera evidente se si considera che gli obiettivi che la norma persegue vengono 
gi� adeguatamente perseguiti dall�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992 che, in seguito alle modifiche 
del 2008, prevede l�eccezionalit� del mantenimento in servizio, tanto da specificare 
che esso possa essere assentito solo in presenza di specifici e stringenti presupposti. 
Nell�ambito di un sistema che gi� prevede come regola generale, anche per favorire il ricambio 
generazionale nell�ambito della pubblica amministrazione, l�eccezionalit� del mantenimento in 
servizio, la scelta di escludere radicalmente, per i professori e i ricercatori universitari, ogni possibilit� 
di prolungamento rischia di rappresentare una limitazione eccessiva e sproporzionata. 
8. L�automatismo dell�interruzione del servizio al compimento dell�et� prevista, e la totale 
esclusione di ogni possibilit� di diversa valutazione da parte dell�Amministrazione, finisce, 
in particolare, per minare quei valori, anch�essi di rango costituzionale, che la norma generale 
(l�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992), qui richiamata come tertium comparationis, cerca al contrario 
di assicurare. 
8.1. Si tratta, in primo luogo, del principio del buon andamento dell�azione amministrativa di 
cui all�art. 97 Cost.: l�art. 25 legge n. 240 del 2010 impedisce alle Universit� di poter disporre 
il mantenimento in servizio per un ulteriore biennio anche quando la continuit� del servizio si 
imporrebbe in vista della necessit� di soddisfare specifiche "esigenze organizzative e funzionali", 
cui l�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992 fa espresso riferimento. Il valore costituzionale del 
buon andamento della pubblica amministrazione � che non pu� non prendere in considerazione 
il ricordato obiettivo della trasmissione delle conoscenze - �, in tal modo, totalmente obliterato, 
e questo, oltre a rilevare come autonomo profilo di incostituzionalit�, rende ancor pi� evidente 
il vulnus, recato dalla rigidit� introdotta, al richiamato principio di ragionevolezza. 
8.2. Un ulteriore profilo di possibile incostituzionalit� viene in rilievo anche in relazione all�art. 
33, comma 6, Cost., che tutela l�autonomia funzionale delle Universit�, riconoscendo il 
"diritto delle stesse di governarsi liberamente attraverso i suoi organi e, soprattutto, attraverso 
il corpo dei docenti nelle sue varie articolazioni, cos� risolvendosi nel potere di autodeterminazione 
del corpo accademico (cosiddetto autogoverno dell�ente da parte del corpo 
accademico)" (Corte cost., 9 novembre 1988, n. 1017). 
L�autonomia universitaria � che � autonomia organizzativa, contabile, didattica e scientifica 
� rischia di essere pregiudicata da una norma che preclude, invece, proprio alle Universit� 
ogni decisione sulla permanenza in servizio del proprio personale docente. 
In tal modo, la disparit� di trattamento tra categorie di pubblici dipendenti (i professori e ricercatori 
universitari rispetto al restante personale pubblico) viene a tradursi in una disparit� 
di trattamento anche tra i relativi enti di appartenenza, negandosi proprio alle Universit�, titolari 
di un�autonomia funzionale costituzionalmente garantita, ogni margine di autonomo 
apprezzamento. 
9. Un ulteriore profilo di irragionevolezza deriva dalla violazione del principio della sicurezza 
giuridica e di tutela del legittimo affidamento maturato in capo ai professori e ricercatori universitari 
per effetto della previgente normativa. 
La Corte costituzionale ha gi� avuto occasione di affermare che nel nostro sistema costituzionale 
non � affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare 
in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se 
l�oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti. 
Secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, rappresenta, tuttavia, condizione essenziale 
che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo
216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l�affidamento del cittadino nella sicurezza 
giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (cfr. sentenze 
n. 236 e n. 24 del 2009; n. 11 del 2007; n. 409 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999, n. 
360 del 1995, n. 573 del 1990, n. 822 del 1988 e n. 349 del 1985). 
Il principio del legittimo affidamento, in particolare, deve ritenersi violato (con conseguente 
incostituzionalit� della legge per violazione del principio di uguaglianza, sotto il profilo del 
difetto di ragionevolezza), nel caso in cui la nuova norma incida, con una disciplina peggiorativa, 
su aspettative giuridicamente qualificate, che siano pervenute ad un livello di consolidamento 
cos� elevato da creare, appunto, quell�affidamento costituzionalmente protetto nella 
conservazione del pregresso trattamento. 
Nel caso di specie, l�art. 25 legge n. 240 del 2010 sembra tradire il principio del legittimo affidamento 
nella misura in cui prevede che la disciplina da esso introdotta si applichi indistintamente 
a tutti i professori e ricercatori universitari, anche a quelli che, come il ricorrente, per 
molti anni hanno fatto affidamento su una disciplina che consentiva il mantenimento in servizio 
per un ulteriore biennio: inizialmente a semplice richiesta, e poi, in seguito alle modifiche 
introdotte dall�art. 72, comma 7, decreto-legge n. 112 del 2008, previa valutazione discrezionale 
dell�Amministrazione. 
Al momento dell�entrata in vigore della norma censurata, il ricorrente era in procinto di iniziare 
il biennio di prolungamento, tanto che era gi� stato autorizzato in tal senso con decreto 
rettorale adottato sulla base della originaria disciplina dell�art. 16 d.lgs. n. 503 del 1992. Egli, 
pertanto, pu� ritenersi titolare non di una aspettativa di mero fatto, ma di una aspettativa giuridicamente 
rilevante, ormai pervenuta, per effetto del tempo trascorso e del provvedimento 
di autorizzazione al trattenimento in servizio gi� adottato, ad un livello di consolidamento 
tale da creare un legittimo affidamento. 
Sotto tale profilo, l�art. 25 della legge n. 240 del 2010, nella misura in cui esclude dalla nuova 
disciplina soltanto i beneficiari di un provvedimento di mantenimento in servizio che abbia 
gi� iniziato a produrre effetti, opera una irragionevole disparit� di trattamento tra situazioni 
sostanzialmente identiche, tutte comunque caratterizzate da un legittimo affidamento nel prolungamento 
biennale del rapporto. 
10. Per quanto esposto, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell�art. 25 della legge 240 del 2010, in relazione agli articoli 3, 33 e 
97 della Costituzione. 
Per l�effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti del giudizio sospeso con ordinanza 
pronunciata in data odierna. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), pronunciando sul ricorso in epigrafe, 
visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in 
relazione agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
di cui in parte motiva. 
Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
Ordina che a cura della segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti 
in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonch� comunicata ai Presidenti delle due 
Camere del Parlamento. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 217 
Il vincolo sull�Agro Romano e la conservazione 
del suolo agricolo nelle zone periurbane 
(Nota a Consiglio di Stato, Sez. Sesta, sentenza 30 dicembre 2011 n. 7005) 
Felice Ancora* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La vicenda amministrativa complessiva - 3. Le tre componenti 
della sentenza in rassegna: Il potere normativo della legislazione delegata - 4 (segue) 
Il provvedimento di vincolo - 5 (segue) La posizione giuridica tutelabile dei ricorrenti - 6. Il 
problema dell�agricoltura nelle zone periurbane. 
1. Premessa 
La sentenza chiude uno dei seguiti giurisdizionali del provvedimento ministeriale 
che ha sottoposto a vincolo paesaggistico una ampia porzione della 
campagna romana. 
Una prima componente di essa reca diverse puntualizzazioni sulla ampiezza 
del potere normativo attribuito al Governo e al Parlamento dagli articoli 
76, nonch� 77 primo comma, della Costituzione. 
Una seconda, invece, concerne il contenuto del provvedimento di vincolo 
e statuisce che la sua estensione ad un ampio territorio, piuttosto che ad una 
specifica "bellezza", non ne inficia la legittimit�. In questa seconda componente 
rientra una considerazione sull�interesse pubblico al "minor consumo 
di suolo", sancito dall'articolo 135, comma 4 del D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 
42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). 
Una terza componente � costituita da un passaggio finale breve, ma significativo. 
� preso in considerazione l�interesse dei soggetti che erano stati 
invitati a presentare la propria candidatura per la definizione e la realizzazione 
di interventi urbanistico edilizio di tipo consensuale (nel caso, di housing sociale): 
allo stesso � stata disconosciuta una qualificazione particolarmente consistente, 
quantomeno in confronto all'impugnato provvedimento di gestione e 
salvaguardia del territorio. 
2. La vicenda amministrativa complessiva 
I1 Ministero per i beni culturali, con decreto in data 25 gennaio 2010 (pubblicato 
in G.U. 1 febbraio 2010 n. 25) ha dichiarato di "notevole interesse pubblico" 
(ai sensi dell'articolo 141 comma 2 del D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42) 
l�intero settore meridionale dell'Agro romano (per la precisione la porzione di 
esso compresa tra le pendici dei CasteIli romani, il Raccordo anulare, la via 
(*) Prof. Avv., ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell�Universit� di Cagliari. 
Nota gi� pubblicata sul sito di Edizioni Libra www.sentenzeitalia.it (aprile 2012).
218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Appia, la Via del mare e il mare). Il provvedimento fissa le modalit� di gestione 
conservativa di tale territorio, senza per altro impedire del tutto la edificazione. 
Nella ampia documentazione prodotta a sostegno (e pubblicata in Gazzetta 
ambiente, aprile 2011) figura la mappa satellitare di Google. II ricorso a 
questo strumento � un importante precedente per le attivit� di programmazione 
del territorio, perch� ai fini dell'accertamento delle situazioni esistenti (tra cui 
quello del c.d. sommerso edilizio) sostituisce indagini molto pi� complicate e 
laboriose (cio � stato posto in evidenza da G. FIENGO, in Meglio tardi che mai: 
la tutela integrate della campagna romana, in Gazzetta ambiente, aprile 2011). 
Diversi proprietari di terreni (alcuni chiaramente imprenditori edili, altri 
presumibilmente al momento imprenditori agricoli), con distinti ricorsi, hanno 
impugnato il provvedimento ministeriale (e, appunto, uno di tali ricorsi � 
quello che ha dato origine al procedimento chiuso con la sentenza sopra riportata). 
Il Comune e la Regione sono intervenuti ad adiuvandum in diversi 
di tali giudizi, in pi� i1 Comune ha presentato un autonomo ricorso; tutto ci� 
perch� la zona sottoposta al provvedimento ministeriale era stata fatta oggetto, 
da parte dell'una e dell'altro, di provvedimenti di gestione del territorio e di 
conferimento di possibilit� edificatorie. II T.A.R. Lazio, Sez. II quater, ha respinto 
tali ricorsi con diverse sentenze, e, cio�, con le nn. 33362/2010, 
33363/2010, 33364/2010 e la n. 33365/2010 (quest'ultima ha riguardato il ricorso 
del Comune), nonch� con la n. 1041/2010 (che � quella cui si riferisce 
la pronuncia che si annota). Le prime tre (nn. 33362, 33363 e 33364) sono 
state appellate, ma al momento non � stata ancora fissata l'udienza di discussione. 
L�ultima e, cio�, la n. 2041, appellata, � stata confermata dalla pronuncia 
di cui ci si occupa. 
La vicenda complessiva �, pertanto, ancora aperta perch� pendono i tre 
appelli alle sentenze del 2010 (contrassegnati dai nn. 3794/11, 4591/11 e 
4135/11), tutti e tre di particolare interesse per la questione da essi posta, sulla 
capacit� di resistere al provvedimento ministeriale da parte di precedenti decisioni 
comunali attributive di specifiche possibilit� edificatorie a titolo perequativo-
compensativo e, quindi, in generale, sulla possibilit� o meno da parte 
delle diverse soluzioni di urbanistica c.d. consensuale e perequativa di introdurre 
eccezioni rispetto alle destinazioni generali delle zone di territorio e alle 
continuit� di destinazioni agricole, con conseguente "consumo di suolo". 
La presente sentenza rappresenta comunque un importante inizio di definizione 
della vicenda, fosse altro per la chiara impostazione data alle questioni 
e le altrettanto precise risposte ad esse date. 
Sulla vicenda complessiva sono illuminanti e persuasive le considerazioni 
di G. FIENGO (gia citato in precedenza) e di S. AMOROSINO, in Beni naturali, 
energie rinnovabili, paesaggio. Studi in itinere, Napoli 2012, 83 e ss..
CONTENZIOSO NAZIONALE 219 
3. Le tre componenti della sentenza in rassegna: Il potere normativo della legislazione 
delegata 
Come gia anticipato, una prima componente della sentenza reca diverse 
puntualizzazioni sul potere normativo c.d. di legislazione delegata, dal Parlamento 
al Governo. 
Essa, con argomentazioni e statuizioni puntuali, sembra in linea con la 
giurisprudenza della Corte costituzionale (per la quale, v. di recente le sentenze 
8 ottobre 2010, n. 293, in Giurisdiz. amm., 2010, III, 806 e 24 giugno 2010, 
n. 230, in Giurisdiz. amm., 2010, III, 560, dal cui confronto � agevole ricostruire 
come in concreto la Corte distingua tra delega per un puro coordinamento 
e delega per "riassetto normativo", come nel caso di specie). 
Si d� qualche elemento sul potere c.d. di legislazione delegata. 
Esso era stato largamente utilizzato per la unificazione normativa postunitaria. 
� stato, poi, disciplinato nelle sue linee fondamentali dagli articoli 76 
e 77 (primo comma) della Costituzione ed � stato oggetto di precocissima attenzione 
da parte della Corte costituzionale (sentenza n. 3 del 1957 che ha 
qualificato come illegittimit� costituzionale il contrasto del decreto legislativo 
rispetto all'atto parlamentare di delega). 
Al momento, anche per il disposto dell'art. 14 della L. 23 agosto 1988 n. 
400, si � consolidato il modello procedimentale per il quale il Parlamento, con 
legge, attribuisce al Governo la delega a disciplinare una materia con decreto 
avente forza di legge, il Governo predispone il testo di quest'ultimo e su di 
esso il Parlamento, attraverso le competenti Commissioni, esprime il suo parere, 
dopo di che il decreto � emanato nelle forme di decreto dei Presidente 
della Repubblica. 
ll ricorso a questo potere normativo si � ormai affermato per cosiddetti 
codici di settore e, cio�, per insiemi coordinati e unitari di disposizioni vertenti 
in una determinata materia (v. al riguardo l'art. 20 della L. 15 marzo 1997 n. 
59, come modificato dall'art. 1 della L. 29 luglio 2003 n. 229, che impone, tra 
l'altro l'ulteriore adempimento del parere da parte della Conferenza unificata). 
Esso � ormai divenuto estesissimo, tanto che quasi tutte le disposizioni normative 
vigenti in materia amministrativa sono contenute in codici di settore. 
Sembrano necessarie due notazioni (senza con questo volersi sostituire ad 
una vasta ed approfondita dottrina, sulla quale si daranno elementi in seguito). 
La prima delle due � che nel procedimento di emanazione dei decreti legislativi, 
il Parlamento, pur intervenendo due volte (una conferendo la delega, 
l'altra esprimendo parere sullo schema di decreto) ha, dal punto di vista effettivo, 
un ruolo incomparabilmente pi� ridotto rispetto a quello che ha nella approvazione 
di un normale progetto di legge. La discussione sul conferimento 
della delega tende ad essere corriva, perch�, pur avente la veste formale di un 
disegno di legge, reca contenuti solo di principio ed espressioni inevitabilmente 
generiche, che non danno adito a forti discussioni; la espressione del
220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
parere � compiuta dalle Commissioni parlamentari con i ridotti requisiti procedurali 
stabiliti per la sede consultiva (tra questi l'esiguit� del numero legale); 
nel complesso poco praticabile appare una battaglia parlamentare su un decreto 
legislativo, n� � a dirsi che il deficit di apporto parlamentare possa essere efficacemente 
compensato dalla espressione di pareri da parte di Commissioni 
consultive in ambito governativo formate seguendo criteri di pluralit� politica, 
perch� nella scelta dei componenti di queste, al di sotto delle formali appartenenze 
politiche, possono essere determinanti elementi secondari di interesse, 
poi influenti sulla futura attivit�. In dottrina, riguardo la insufficienza dell�iter 
parlamentare consultivo sugli atti normativi del Governo, v. G. PUCCINI, Le 
forme dei regolamenti del Governo oltre i modelli dell�art. 17 della legge n. 
400 del 1998, in U. DE SIERVO (a c.) Il potere regolamentare nell'amministrazione 
centrale, Bologna 1992, 60-62 e V. CERULLI IRELLI, Semplificazioni amministrative 
e assetto delle fonti, in Atti preparatori e attuativi di atto 
legislativo, Milano 2001, 187 e ss.. 
La seconda � che i cosiddetti codici di settore, per il loro recare una normativa 
coesa, coerente e chiusa di una materia ben definita, finiscono per porsi 
in antitesi rispetto alla sottoposizione di tutto l�ordinamento a principi unitari: 
dove questi ultimi esistevano, come era in ambito civilistico, li rompono, dove 
essi mancano, impediscono che si formino. Si citano, per la rilevazione in generale 
del fenomeno, N. IRTI, Codici di settore: compimento della decodificazione, 
in Diritto e societa, 2005, 131 e ss. e successivamente, con specifico 
riguardo ai meccanismi applicativi della analogia, F. FERRARO, Analogia e codici 
di settore, in Riv. dir. civ., 2011, 511 e ss. 
Sul tema della delegazione legislativa e, piu recentemente, dei codici di 
settore, la dottrina e molto ampia. Sommariamente si citano: E. TOSATO, Le leggi 
di delegazione, Padova 1931; M. CARTABIA, I decreti legislativi integrativi e 
correttivi, il paradosso della effettivit�, in Rass. parl. 1997, 63 e ss.; C. DE FIORES, 
Trasformazioni della delega legislativa e crisi delle categorie normative, 
Padova 2001; S. STAIANO, Delega per le riforme e negoziazione legislativa, in 
Federalismi, gennaio 2007; G. DI COSIMO, La Corte e il Governo legislatore, 
in Forum quaderni costituzionali, 2007; L. IANNUCCILLI, L'evoluzione politipica 
della delega legislativa, in Corte costituzionale. Quaderno predisposto in occasione 
del Seminario di studio: Palazzo della Consulta 24 ottobre 2008, a c. 
M. BELLOCCI, T. GIOVANNETTI e L. IANNUCCILLI (reperibili nel sito della Corte 
costituzionale, www. Corte costituzionale.it); R. ZACCARIA e E. ALBANESI, La 
delega legislativa tra teoria e prassi, in La delega legislativa. Atti del Seminario 
svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 24 ottobre 2008, Milano 2009, 333- 
370; R. DIMARIA, La vis espansiva del Governo nei confronti del Parlamento: 
alcune tracce della eclissi dello stato legislativo parlamentare nel ruolo degli 
atti aventi f�rza di legge, in Diritto e questioni pubbliche, 2010, n. 10, 305 e 
ss.; S. SPUNTARELLI, Osservazioni sulla coerenza della bozza di codice del pro-
CONTENZIOSO NAZIONALE 221 
cesso amministrativo con i principi e criteri direttivi contenuti nelle disposizioni 
di delega, in www.Giust. amm.it, 2010. Nel complesso la dottrina, sia pure con 
note critiche spiega, nelle sue diverse manifestazioni, il fenomeno del ricorso 
sempre pi� frequente alla delegazione legislativa. Le note critiche per lo pi� 
accompagnano i codici al momento della loro emanazione, poi si attenuano, 
con il progredire della presenza attiva di essi nell'ordinamento (cos�, ad esempio, 
� stato per il Codice del processo amministrativo). 
4. (segue) Il provvedimento di vincolo 
Una seconda componente della sentenza concerne il provvedimento di 
vincolo. 
La stessa mostra di aderire ad una nozione del paesaggio per la quale quest'ultimo 
pu� essere, non solo una singola veduta, ma anche un insieme di elementi, 
dei quali, ciascuno non necessariamente di particolare pregio, ma la 
totalit� costituente una entit� che pu� dirsi unitaria, per il modo in cui gli elementi 
sono considerati dalla memoria della comunit� nazionale e dalle arti. 
Sempre secondo la sentenza, componente del paesaggio � la interazione degli 
elementi fisici di esso con le attivit� umane, sia come fonte attiva di ispirazione 
degli artisti, sia come oggetto di trasformazione ad opera dell'uomo, eventualmente 
secondo il suggerimento delle immagini tratte dalle opere d'arte (nel 
senso, ad esempio, che chi possiede un terreno nella campagna romana pu� 
essere indotto a piantarvi le piante che in modo ricorrente vede raffigurate nei 
quadri, piuttosto che altre pi� esotiche). 
� interessante che la sentenza dia particolare rilievo alla pratica agricola 
(per la precisione, all� "uso agricolo diffuso") come elemento ispiratore e attributivo 
di valore paesaggistico agli elementi materiali sottoposti a vincolo 
(al riguardo, cfr. la citata Relazione di sintesi istruttoria del provvedimento e 
S. AMOROSINO, op. cit., 97-98). 
Del tutto consequenziale a questo ordine di considerazioni � stata la circostanza 
che la sentenza ha considerato la ampia estensione territoriale del 
vincolo del tutto spiegabile e legittima, perch� adeguata all'ambito unitario di 
diffusione e percepibilit� dell'insieme di bellezze. 
Cos� come poc'anzi si era considerata interessante la affermazione del valore 
ambientale paesaggistico delle attivit� agricole, si considera interessante 
la successiva affermazione della sentenza sul valore generale (e non limitato 
alla sola pianificazione paesaggistica) della esigenza pubblica al "minor consumo 
di suolo". 
I riferimenti di dottrina sull'una e sull'altra affermazione possono essere 
moltissimi. Ci si limita all'essenziale. 
Quanto alla prima e, cio�, sul possibile valore ambientale e paesaggistico 
della agricoltura (fosse altro perch� la pratica agricola richiede un ambiente 
non contaminato, ma anche perch� essa, tranne casi limite di conduzione iper-
222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
estensiva, aiuta a mantenere salubre l'ambiente e comunque si pone in alternativa 
alla urbanizzazione, questa, s�, certo pregiudizievole per l'ambiente), possono 
vedersi: R. PASCA DI MAGLIANO, L'agricoltura e la valorizzazione 
dell'ambiente. Nuovi indirizzi di politica agro ambientale, in Agricoltura e diritto. 
Scritti in onore di Emilio Romagnoli, Milano, 2000, 1, 275 e ss.; R. 
HENKE, La nuova politica agricola comunitaria tra multifunzionalit� e territorio, 
in Agricoltura, istituzioni, mercati, 2007, 136 e ss., nonch� (insieme a 
C. SALVIONI) Multifunzionalit� in agricoltura: sviluppi teorici ed evidenze empiriche, 
in Ec. agr., 2008, 5 e ss.; C. A. GRAZIANI, Terra e propriet� ambientale, 
in Diritto privato. Studi in onore di A. Palazzo. Rapporti obbligatori, Torino 
2009, III, 355 e ss. (e prima ancora, La terra e le due agricolture, in Agricoltura, 
istituzioni, mercati, 2007, 65 e ss. e Le due agricolture, in Riv. dir. agr., 
2007, 819 e ss.); S. MANSERVISI, La amm�ssibilit� delle superfici utilizzate a 
fini agricoli e principalmente destinate alla salvaguardia del paesaggio e alla 
tutela della natura nella determinazione dei diritti all�aiuto per l'azienda agricola 
nell'ambito della RUP (nota a sentenza Code UE 14 ottobre 2010, in causa 
C 61/09), in Riv. dir. agr. 2010, 153; F. ADORNATO, Costituzione e agricoltura, 
tra passato e presente, in Rivista dell'Associazione Rossi Doria, 2010, I, 1 e 
ss.; F. OSCULATI e A. ZATTI, Costituzione e ambiente, in www.Astrid on line.it, 
2010; S. CARMIGNANI, Paesaggio, agricoltura e territorio. Profili pubblicistici 
e N. LUCIFERO, Paesaggio, agricoltura e territorio. Nuovi modelli di tutela, entrambi 
in (a c. S. CARMIGNANI, N. LUCIFERO e E. ROOK BASILE), Strutture agrarie 
e metamorfosi del paesaggio. Dalla natura delle case alla natura dei fatti, 
Milano 2011, rispettivamente pp. 1 e ss. e 159 c ss.; i contributi al volume (a 
c. L. COSTATO, P. BORGHI, L. RUSSO e S. MANSERVISI), Dalla riforma del 2003 
alla PAC, dopo Lisbona, Napoli, 2011, di S. MANSERVISI, I riflessi del diritto 
ambientale sulla PAC prima e dopo it Trattato di Lisbona (p. 245 e ss.) e di S. 
MASINI, La qualit� alimentare quale canone di pianificazione territoriale (p. 
353 e ss.) (prima ancora, di quest'ultimo studioso, Profili giuridici di pianificazione 
del territorio e sviluppo sostenibile dell�agricoltura, Milano 1995 e 
Ambiente, agricoltura e sviluppo del territorio, Milano 2000, 285 e ss.); N. 
FERRUCCI La tutela del paesaggio e il paesaggio agrario, in Trattato di diritto 
agrario, a c. L. COSTATO, A. GERMAN�, E. ROOK BASILE, Torino 2011, II, 175; 
L. RUSSO I1 contenimento dell�attivit� produttiva dell�agricoltura e la valorizzazione 
del territorio: due finalit� compatibili?, in Riv. dir. agr., 2011, 16 (con 
considerazioni realistiche, ma costruttive sul rapporto tra agricoltura e ambiente); 
M. TAMPONI, I diritti della terra, in Riv. dir. agr., 2012, 3 e ss.; F. SCARAMUZZI, 
La conservazione e pianificazione urbanistica del paesaggio agrario 
danneggia gli agricoltori (Convegno Georgofili 9 febbraio 2012). Al tutto sono 
da aggiungere le due relazioni alla Tavola rotonda presso il Master SSAT di 
Nuoro, del 13 aprile 2012, su Attivit� agricole: produzione di beni alimentari 
e tutela del territorio, di S. MASINI, I1 territorio linea strategica per lo sviluppo
CONTENZIOSO NAZIONALE 223 
dell'agricoltura e di L. RUSSO, L'agricoltura europea tra security alimentare e 
tutela del territorio (atti in corso di pubblicazione). 
Quanto all�interesse al "minor consumo di suolo" (ed alla affermazione 
della naturale vocazione del suolo alla attivit� agricola) si cita, innanzitutto, il 
dato vistoso di una notevole letteratura urbanistica di denuncia del fenomeno 
del consumo di suolo e di quello della diffusione urbana (urban sprawl). In 
questo ambito si hanno: M. C. GIBELLI e E. SALZANO (a c.), No Sprawl, Firenze 
2006; European environrment agency, report n. 10/2006. Urban sprawl in Europe. 
The ignored challenge, disponibile nel sito della Commissione europea); 
M. C. TREU, L�inflazione urbana e il valore del suolo, 2009, in La misura giusta, 
www.utopie.it; E. SALZANO, Prima che la citt� cancelli la campagna, 
www.Eddyburg.it, 2009; L. PAOLONI, L'uso sostenibile della terra, in Agricoltura, 
istituzioni, mercati, 2011, 123 e ss. 
Ma si segnalano anche pronunce giurisdizionali che affermano la "normalit�" 
e la "meritevolezza" della pratica agricola e, implicitamente, la "anormalit�" 
del consumo di suolo ad essa destinato: Corte costituzionale, ord.za 23 
giugno 1988 n. 74, che afferma il rango costituzionale dell'interesse agricolo 
(su di essa v. F. ALBSINNI, L'interesse agricolo quale valore di rango costituzionale 
nella disciplina urbanistica, in Riv. dir. agr., 1996, 201 e ss.); Consiglio di 
Stato, Sez. V, 7 agosto 1996, n. 881 (in Riv. giur. urb., 1999, 379, con nota di S. 
CASTELLAZZI, La destinazione a verde agricolo tra potere di pianificazione e 
vincolo di inedificabilit�, ibidem, 389) che afferma la normalit� della destinazione 
agricola; Cassazione, Sez. 1, 25 novembre 2010, n. 23967 (in Dir. e giur. 
agr., 2011, 410), che valorizza l'interesse all'indennizzo del pregiudizio alla attivit� 
agricola. Ed � anche da segnalare che nello stesso senso sta muovendosi 
il legislatore (delle diverse maggioranze), giacch� con l'articolo 7 della L. 12 
novembre 2011 n. 183 (c.d. legge di stabilit�) e il successivo articolo 66 del 
D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27, sulla concorrenza 
e lo sviluppo ha disposto la dismissione di terre demaniali per l'esclusivo 
uso agricolo (e divieto di trasformazione in edificabili per 20 anni) e, inoltre, 
con l'articolo 5 del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito il L. 12 luglio 2011 
n. 106 (c.d. decreto legge sviluppo), ha impostato un regime di certezza su tutte 
le operazioni di attribuzioni aggiuntive di possibilit� edificatorie, stabilendo 
l'obbligo di trascrizione per tutti i contratti di trasferimenti di diritti edificatori. 
5. (segue) La posizione giuridica tutelabile dei ricorrenti 
Una terza componente della sentenza � costituita dalla valutazione dell'interesse 
dei soggetti che si erano candidati per la realizzazione, nella zona 
interessata dal provvedimento, di programmi concordati di edilizia sociale. A 
tale interesse ha disconosciuto un rilievo tale da legittimare la impugnazione 
del decreto di vincolo. 
Tale statuizione della sentenza presenta interesse rispetto al problema del
224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
rapporto tra il decreto di vincolo (e, in generale, tra i provvedimenti di tutela 
del territorio) e posizioni dei privati individuate da operazioni e procedure di 
urbanistica consensuale, in itinere, oppure giunte a conclusione, con attribuzione 
di possibilit� edificatorie. 
Nel caso della sentenza che si annota, la posizione dei privati era individuata 
da una procedura ancora in itinere e il Giudice ha negato che essa fosse 
sufficiente a giustificare la proposizione del ricorso. Nel caso delle gi� ricordate 
sentenze nn. 33362-63-64-65/2010 del TAR Lazio, in identica materia (delle 
quali, le prime tre ancora sub judice in appello e l'ultima non impugnata dal 
Comune), la posizione del privato era di beneficiario effettivo degli esiti di una 
operazione di urbanistica consensuale (e, cio�, di compensazione di volumi 
edilizi) e il Giudice di primo grado aveva escluso che esse e l'affidamento da 
esse ingenerato fossero di impedimento alla statuizione del vincolo e giustificassero, 
quindi, l'accoglimento dei ricorsi. Dal punto di vista tecnico e processuale 
le questioni sono diverse: una � di legittimazione al ricorso, l�altra e di 
accoglibilit� del ricorso. Il problema sostanziale �, per�, sempre lo stesso: 
quello della consistenza delle posizioni individuate dalle procedure di urbanistica 
consensuale e il pi� intenso o meno intenso riconoscimento dovrebbe valere 
in modo analogo per quelle relative a procedimenti in itinere e per quelle 
relative agli esiti dei procedimenti (anche perche tali procedimenti si svolgono 
attraverso una notevole quantit� di passaggi, individuanti altrettante sfumature 
tra la posizione di semplice aspirante alla presa in considerazione nell'ambito 
del procedimento e quella di titolare di possibilit� edificatorie effettive). In concreto 
il problema di tale consistenza si pone rispetto ai provvedimenti di tutela 
del territorio e in particolare della vocazione e ispirazione agricola dello stesso. 
Al riguardo in generale si prospetta che gli strumenti di urbanistica consensuale, 
e tra questi in particolare le pratiche della compensazione e dei recuperi 
di cubatura, tendono a soddisfare meglio l'affidamento del singolo 
proprietario orientato alla edificazione, garantendogli l'avverarsi delle sue 
aspettative edificatorie, che non l'affidamento generale che concerne la stabilit� 
dell'assetto del territorio secondo la sua vocazione e che comprende il perdurare 
da parte dei proprietari della utilizzazione del suolo secondo tale vocazione. 
Esse, infatti producono variazioni nelle destinazioni del territorio non 
programmate in anticipo, non prevedibili e quasi sempre dissolutrici della unitariet� 
delle destinazioni agricole dei fondi e delle economie esterne da essa 
prodotte. Da questo punto di vista si segnala come una novit� importante la 
ricordata disposizione del D.L. n. 70 del 2011, sulla necessit� di trascrizione 
di tutti i cosiddetti trasferimenti e atterraggi di cubature (in dottrina, in generale, 
sulla esigenza di certezza sul regime di pubblicit� dei terreni agricoli, v. 
L. RUSSO, L 'integrazione del sistema catastale e della pubblicit� immobiliare 
a garanzia della certezza del diritto, in Dir. e giur. agr., 2009, 90). 
Si ricorda che sulle pratiche urbanistiche consensuali, le fonti normative
CONTENZIOSO NAZIONALE 225 
statali (oltre numerose leggi regionali) sono costituite dalla L. 24 dicembre 
2007, n. 244, art. 1 commi 258 e 259 e dalla L. 6 agosto 2008 n. 133, art. I e 
3, oltre, beninteso la poc'anzi citata disposizione del D.L. n. 70 del 2011. 
Con riferimento specifico alla vicenda in esame, si trovano considerazioni 
su tali pratiche molto perplesse dal punto di vista del consumo di suolo e della 
formazione di rendite nel gi� citato articolo di G. FIENGO (Meglio tardi...). 
Per un panorama generale si raccomanda lo studio di P. URBANi, Urbanistica 
solidale. Alla ricerca della giustizia perequativa tra propriet� e interessi 
pubblici, Torino (editore Bollati Boringhieri), 2011, quale ultimo contributo 
sul tema da parte di un autore che nei suoi approfondimenti di diritto urbanistico 
concilia sempre la puntuale aderenza al diritto positivo con la sensibilit� 
ai temi ambientali e alla esigcnza di onesta aniministrazione. 
Completando il quadro con contributi meno recenti o attinenti meno direttarnente 
il caso della sentenza, si citano: M.A. QUAGLIA, Pianificazione urbanisstica 
e perequazione, Torino, 2000; P. SALVATORE, Piani di lottizzazione, 
comparti e perequazione urbanistica, in Giurisdiz. amm., 2006, IV, 53 e ss.; 
A. MONICA, La cosiddetta cessione di cubatura, in Il diritto privato della pubblica 
amministrazione, a c. A. SATURNO e P. STANZIONE, Padova 2006, 88 e 
ss.; A. BARTOLINI, Profili giuridici del c.d credito di volumetria, in Riv. giur. 
urb., 2007, 302; S. CARBONARA c C. M. TORRE (a c. ), Urbanistica e perequazione: 
dai piani all'attuazione, Milano 2008; G. MORBIDELLI, Della perequazione 
urbanistica, in www.Giust.amm.it , 2009; E. BOSCOLO, La perequazione 
e le compensazioni, in Riv. giur. urb., 2010, 104 e ss.; G. CECCHERINI Trasferimento 
di cubatura e adempimento del cedente tramite presentazione alla p. 
a. di atto unilaterale di asservimento, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 319 e 
ss.; G. SABBATO, La perequazione urbanistica, in www.Giustizia-amministrativa.
it, 22 gennaio 2010; A. GIUSTI, Principio di legalita e pianificazione urbanistica 
perequata. Riflessioni a margine dell'esperienza del piano regolatore 
generale della citt� di Roma, in Foro amm.- Cds. (nota alle sentenze del Consiglio 
di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2010, nn. 4542-45, in Giurisdiz. amm., 1, 
866 e ss.), 2011, 125 S. FANTINI, Profili pubblicistici dei diritti edificatori, in 
w.w.w.Giustizia amininistrativa, 2011. 
6. Il problema dell�agricoltura nelle zone periurbane 
La sentenza e la vicenda sottostante, considerate da un punto di vista complessivo, 
pongono in evidenza il problema della agricoltura nelle zone periurbane, 
zone che, in definitiva, coincidono con una parte del territorio nazionale, 
a causa della elevata concetrazione di abitanti del nostro paese. 
� un problema unitario, che ha diversi elementi: quello della funzione 
della propriet� agricola, cio�, la coltivazione ed il mantenimento della campagna; 
quello della tutela dell'ambiente e della identit� nazionale (che � di un 
paese agricolo, o, se si preferisce, ricordando l'esperienza romana classica, cit-
226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tadino-rurale); quello del mantenimento della produzione agricola, per la sicurezza 
dell'approvvigionamento alimentare, quello della soddisfazione di esigenze 
abitative e della gradevolezza degli abitati. Gli elementi della stabilit� 
degli assetti, sia fisici, sia proprietari, della campagna e della sicurezza dell'approvvigionamento 
alimentare hanno rilievo addirittura esistenziale per l'ordinamento 
giuridico della Repubblica italiana, perch� esprimono il 
radicamento di questo nel territorio, dal punto di vista del controllo e della utilizzazione 
vitale di esso. 
Con riguardo a questo ordine di problemi, il legislatore ha fatto poco, in 
particolare per quanto riguarda le premialit� per chi attende la pratica agricola, 
specie se non titolare di azienda agricola (giacch� gli aiuti della UE sono riservati 
a coloro che rivestono tale ruolo e, cio�, agricoltori professionali). 
Colpisce, in particolare, che, le possibilit� di edificazione (pi� o meno attuali), 
mentre hanno ormai un mercato di scambio e possibilit� di recupero, non 
siano assistite anche da una possibilit� di rinuncia-estinzione, accompagnata da 
un ragionevole compenso, foss'altro di natura fiscale. Probabilmente al riguardo 
qualche spunto potrebbe trarsi dalla gi� citata normativa di cui alla L. n. 183 
del 2011 e al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, sulle cessioni di terre agricole demaniali: 
se la esclusione dall'origine della possibilit� edificatoria d� diritto ad una 
vantaggiosa acquisizione delle terre, quella sopravvenuta, di chiunque sia l'iniziativa, 
e, cio�, anche del privato, dovrebbe dare un vantaggio equivalente. 
In generale, la propriet� che si esprime attraverso un rapporto stabile con 
la terra improntato alla utilizzazione naturale di essa, dovrebbe avere una considerazione 
giuridica pi� attenta, o attenta quanto quella di cui gode la propriet� 
che si proeietta verso la edificazione e, in definitiva, verso la 
trasformazione e lo scambio vantaggioso del bene terra. Giusto � tutelare le 
ragioni della disposizione del bene terra, ma altrettanto giusto � tutelare quelle 
del mantenimento e della relazione stabile con essa (in definitiva, alla base 
del diritto di propriet�). 
Su questo tema, della agricoltura periurbana, la letteratura tecnica e giuridica 
comincia ad essere vasta. Si citano al riguardo: A. CARROZZA, Le condizioni 
del diritto agrario nel quadro di una societ� urbanizzata (a proposito 
delle aree verdi intorno alle citt�), in Riv. dir. agr., 1980, I,. 199 e ss. ; a c. G. 
A. DELLA ROCCA e B. LAPADULA, Rapporti fra agricoltura e urbanistica nello 
spazio peri-urbano, Padova 1983; S. MASINI, Profili giuridici di pianificazione 
del territorio..., cit.; P. DONADIEU e M. MININNI Campagne urbane, Roma 
2006; a c. L. PALAZZO, Campagne urbane. Paesaggi in trasformazione nell'area 
romana, Roma, 2005; M. C. TREU, La matrice urbana e la matrice del 
suolo. Strumenti di conoscenza per orientare le scelte urbanistiche e produttive 
e P. SANTERAMO, Produzione agricola e nuovi paesaggi, entrambe in Convegno 
su Produzione agricola e nuovi paesaggi, organizzato a Milano il 26 novembre 
2007 da Istituto per la tutela e la valorizzazione dell'agricoltura
CONTENZIOSO NAZIONALE 227 
periurbana (ISTVAP) (in www ISTVAP); S. PASCUCCI, Agricoltura periurbana 
e strategica di sviluppo rurale, in Centro per la formazione di economia e politica 
agraria. Universit� di Napoli Federico II, 2007, www.centroporticiunina.
it; F. ANCORA, Ambiente, territorio e demanio nell�attuazione del 
federalismo fiscale, in Patrimonio pubblico, 9 fehbraio 2011 c Termovalorizzatore 
di Acerra: rifiuti, legge provvedimento, CEDU, espropriazione e propriet�, 
in Giurisdiz. amm. 2011, I, 1451 e ss., in specie 1463-1464; P. URBANI, 
La disciplina urbanistica delle aree agricole, in Trattato di diritto agrario a 
c. L. COSTATO A. GERMAN�, E. ROOK BASILE, Torino 2011, II, 597. 
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 30 dicembre 2011 n. 7005 - Pres. Coraggio, 
Est. Meschino - F.G. ed altri (avv.ti G. Lavitola, R. Nania e M.E. Cavalli) c. Min. beni e attivit� 
culturali (avv. Stato P. Palmieri). 
(Omissis) 
FATTO 
1. Con decreto del Ministero per i beni e le attivit� culturali � Direzione regionale per i beni 
culturali e paesaggistici del Lazio, in data 25 gennaio 2010, � stato dichiarato il notevole interesse 
pubblico dell�area sita nel Comune di Roma, Municipio XII, qualificata �Ambito Meridionale 
dell�Agro Romano compreso tra le Vie Laurentina ed Ardeatina�, ai sensi e per gli 
effetti dell�art. 141, comma 2, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche (�Codice 
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi della legge 6 luglio 2002, n. 137 �; in prosieguo 
�Codice�). 
2. I signori F.G., N.G. e S.G., proprietari di aree interessate dal suddetto decreto ministeriale, 
con il ricorso n. 3020 del 2010 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 
hanno chiesto l�annullamento: del citato Decreto del Ministero per i beni e le attivit� Culturali 
� Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio del 25 gennaio 2010, ivi 
compresi la relazione illustrativa, la cartografia, la descrizione dei confini e le prescrizioni 
d�uso del compendio di beni paesistici (allegato 1 al sopra menzionato decreto), le controdeduzioni 
al parere della Regione e a tutte le osservazioni presentate (allegato 2 del decreto), 
nonch� la relazione di sintesi dell�istruttoria predisposta dalla Soprintendenza per i beni architettonici 
e paesaggistici per il Comune di Roma (allegato 3 del decreto); di ogni altro atto, 
presupposto, connesso e conseguente, ancorch� sconosciuto. 
3. Nel ricorso si indica che per le aree di propriet� i ricorrenti hanno individuato, in relazione 
al decreto di vincolo, una sostanziale identit� di previsioni rispetto a quelle gi� stabilite in 
sede di Piano Territoriale Paesistico Regionale (in prosieguo �PTPR�), adottato ai sensi dell�art. 
134, comma 1, lett. c), del Codice (con deliberazioni della Giunta della Regione Lazio, 
n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007). 
In particolare il �paesaggio agrario di valore� ricopre un�area di circa 287.85 mq e rappresenta 
il 95,18% dell�intera propriet�, su cui, secondo l�art. 13 delle N.T.A. del decreto impugnato 
(che ricalca l�art. 25 delle N.T.A. del PTPR) sono consentiti soltanto interventi limitati al miglioramento 
dell�efficienza dell�attivit� agricola; il �paesaggio naturale� ricopre un�area di circa 
12.387 mq e rappresenta il 4,24% della intera propriet�, su cui, secondo l�art. 9 delle N.T.A. 
del decreto impugnato (che ricalca l�art. 21 delle N.T.A. del PTPR) � inibita integralmente la
228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
trasformabilit� dei suoli, salvo limitati interventi per il miglioramento dell�efficienza dell�attivit� 
agricola e di recupero di manufatti; restano confermate le norme per la protezione dei beni di 
interesse archeologico e delle aree boscate ai sensi sia del decreto impugnato che del PTPR. 
I ricorrenti hanno anche rilevato che, comunque, il decreto ministeriale impugnato ha esteso 
a 5.400 ha. la superficie dell�area gi� individuata in sede di PTPR come area agricola identitaria 
della campagna romana e pari a 2.700 ha . 
4. Il TAR, con la sentenza n. 1041 del 2011, ha respinto il ricorso, disponendo la compensazione 
tra le parti delle spese del giudizio. 
5. Con l�appello in epigrafe � chiesto l�annullamento della sentenza di primo grado e, per l�effetto, 
l�annullamento del provvedimento impugnato, previa rimessione alla Corte Costituzionale 
delle questioni di illegittimit� costituzionale proposte nell�appello riguardo a diverse 
norme del Codice. 
6. All�udienza del 6 dicembre 2011 la causa � stata trattenuta per la decisione. 
DIRITTO 
1. Con la sentenza gravata, n. 1041 del 2011, il Tribunale amministrativo regionale per il 
Lazio, Sezione seconda quater, ha respinto il ricorso, n. 3020 del 2010, proposto avverso il 
decreto del Ministero per i beni e le attivit� culturali del 25 gennaio 2010 con il quale � stata 
dichiarata di notevole interesse pubblico un�area, sita nel Comune di Roma, in cui sono compresi 
terreni di propriet� dei ricorrenti. 
2. Nell�appello si richiama, anzitutto, che i terreni di cui si tratta, ricadenti in zona H� � Agro 
Romano vincolato nel Piano regolatore Generale del 1965, erano stati poi nuovamente destinati 
a zona agricola con la variante generale al detto PRG (cos� detto �Piano delle certezze� 
adottata con delibera del Consiglio comunale n. 92 del 1997); i terreni, non qualificati di rilevanza 
ambientale nell�ambito della �Rete ecologica� del nuovo Piano Regolatore Generale 
(P.R.G.), sono stati successivamente ricompresi nel PTPR come ambito tipizzato della campagna 
romana ed ivi classificati nei sistemi di paesaggio �paesaggio agrario di valore � e �paesaggio 
naturale� ai sensi dell�art. 134, comma 1, lett. c) del Codice, al cui riguardo il Comune 
di Roma ha valutato favorevolmente le osservazioni proposte al detto PTPR dai medesimi ricorrenti 
(delibera del Consiglio Comunale n. 32 del 2008) che hanno quindi partecipato all�invito 
pubblico indetto dal Comune per l�attuazione del piano di �Housing sociale� (delibera 
della Giunta del Comune di Roma n. 315 del 2008). 
Si censura quindi la sentenza di primo grado per i motivi che seguono: 
-a) in quanto elusiva della censura di incostituzionalit� proposta per vizio di eccesso di delega 
della parte del Codice in cui, in particolare con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 (recante �Ulteriori 
disposizioni integrative e correttive� del Codice �in materia di paesaggio�) in vigore 
all�adozione del decreto ministeriale impugnato, � stata introdotta una �terza� categoria di 
beni paesaggistici; sono stati infatti qualificati come assoggettabili a tutela �ulteriori immobili 
ed aree di notevole interesse pubblico� ovvero �ulteriori contesti� (articoli: 134, comma 1, 
lett. c); 135, comma 1, terzo periodo; 143, comma 1, lett. d), in aggiunta alle due sole categorie 
di beni paesaggistici previste rispettivamente dalle leggi n. 1497 del 1939 (oggi art. 136 del 
Codice) e n. 431 del 1985 (oggi art. 142 del Codice), riguardanti, l�una, bellezze individue e 
di insieme, e, l�altra, aree individuate in via generale, violando con ci� l�art. 10, comma 2, 
della legge di delega n. 137 del 2002 in quanto recante il divieto per la normativa delegata di 
�determinare ulteriori restrizioni alla propriet� privata�e di abrogare gli �strumenti attuali�, 
con l�obbligo di conformarsi comunque �al puntuale rispetto degli accordi internazionali� 
(stante la rigorosa giurisprudenza della CEDU in materia di tutela della propriet� privata); 
CONTENZIOSO NAZIONALE 229 
-b) poich� altres� omissiva delle ulteriori censure di incostituzionalit� proposte avverso gli 
articoli 131, comma 1, 134, comma 1, lett. c) e 135, comma 1, del Codice; tali disposizioni 
infatti, andando oltre la limitazione della qualificazione paesaggistica a singole porzioni del 
territorio propria delle leggi n. 1497 del 1939 e n. 431 del 1985, recano la identificazione del 
paesaggio come �territorio espressivo di identit�� (art. 131) ovvero in riferimento a �tutto il 
territorio� (art. 135) e portano perci� alla potenziale coincidenza del bene paesaggistico con 
l�intero territorio, come avvenuto nella specie in cui il vincolo apposto � di dimensione quantitativa 
tale da far smarrire la sua identificazione qualitativa; si incorre con ci� non soltanto 
nel vizio di eccesso di delega, ma anche di contrasto con gli articoli 3, 4, 41, 42, 47 e 97 della 
Costituzione e con l�art. 1 del 1� Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti 
dell�uomo, per irragionevole lesione della propriet� privata, che pu� essere sacrificata soltanto 
a ragione della individuazione di una valenza paesaggistica specifica e non generica di singole 
aree, e per contrasto con gli ulteriori valori costituzionali sanciti dagli articoli citati, dovendo 
essere bilanciato con la loro salvaguardia quello della tutela del paesaggio di cui all�art. 9 
della Costituzione; in questo quadro anche la legge di delega (art. 10, comma 2, lett. d), della 
legge n. 137 del 2002) risulterebbe viziata, per mancata definizione dei principi e criteri direttivi, 
se la si ritenesse idonea a legittimare un indeterminato ampliamento dei condizionamenti 
a carico della propriet� privata; 
-c) per avere affermato che il decreto ministeriale impugnato reca soltanto il riconoscimento 
del notevole interesse pubblico dell�Agro Romano e non un intervento di pianificazione paesaggistica, 
avendo invece proceduto il Ministero ai sensi dell�art. 138, comma 3, del Codice, 
con conseguenti prescrizioni che, ai sensi e nel quadro di quanto previsto dagli articoli 140, 
141 e 143 del Codice, si incorporano nel Piano paesaggistico, il quale, a sua volta, � oggetto 
di disposizioni (articoli 135 e 143) orientate non alla disciplina della edificabilit� nel limite 
della salvaguardia del bene tutelato ma ad una generalizzata inedificabilit� nell�area, al contrario 
di quanto stabilito per i piani paesistici dall�art. 23 del regio decreto n. 1357 del 1940; 
ci� che configura, anche in tale caso, il vizio dell�eccesso di delega non essendo previsto nella 
legge di delega lo stravolgimento degli strumenti di pianificazione esistenti ma soltanto il loro 
aggiornamento, ferma restando la compatibilit� con la tutela del paesaggio dell�intervento 
umano se controllato, come affermato dalla giurisprudenza anche costituzionale; 
d) essendo altres� viziati per incostituzionalit� i seguenti articoli del Codice: art. 135, in quanto 
include nei piani paesaggistici i paesaggi rurali mai riconosciuti meritevoli di tutela, con conseguente 
eccesso di delega; articoli 135 e 143, poich� includono nei detti piani le aree degradate 
al fine del loro recupero, in contrasto con gli articoli 3 e 42 della Costituzione, avendo 
sancito la Corte Costituzionale che meritevole di tutela � soltanto l�immobile originariamente 
e sempre bello e che � violato il principio di legalit� dell�azione amministrativa se il piano 
paesistico non si limita alla disciplina delle sole zone elencate nelle leggi n. 1497 del 1939 e 
n. 431 del 1985 (Sentenze n. 56 del 1968 e n. 327 del 1990); art. 136, a seguito della eliminazione 
dal testo, con il d.lgs. n. 63 del 2008, della espressione �quadri naturali�, ci� che illegittimamente 
consente la sottoposizione della propriet� privata a vincoli estesi e generici; 
art. 158, in quanto, rimettendo all�emanazione di normative regionali la cessazione della vigenza 
della disciplina di fonte statale (regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357) viola la riserva 
di legislazione esclusiva di cui all�art. 117, comma 1, lett. s), della Costituzione; 
-e) per avere respinto la censura della mancanza, nel caso di specie, dei presupposti e dei requisiti 
per la dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell�art. 136 del Codice; la 
sentenza gravata ha infatti trascurato che: le aree in questione hanno esclusivo carattere e con-
230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
formazione agricola senza alcuna diversa caratteristica, sicch�, applicando il criterio alla base 
del provvedimento impugnato, dovrebbe essere vincolata, di per s�, ogni area di campagna: 
non vi rientrano aree boscate, invece vincolate; impropriamente vi sono state individuate aree 
di interesse archeologico, tutelabili soltanto ai sensi della legge n. 1089 del 1939 ovvero per 
la previsione di cui alla lettera m) del comma 1 del vigente art. 142 del Codice; l�illegittimit� 
del provvedimento impugnato risulta palese, infine, anche in quanto espressamente volto allo 
scopo di assicurare il minor consumo del territorio, che non � tra i fini propri della normativa 
applicata nella specie ma di quella in materia urbanistica; 
-f) per avere respinto le censure dedotte riguardo alla posizione tutelabile formatasi in capo ai 
ricorrenti per aver partecipato all�avviso pubblico del Comune di Roma per l�attuazione del 
piano di �housing sociale� ed alla violazione del principio di proporzionalit� tra l�estensione 
dell�area vincolata (30 ettari) e il sacrificio imposto ai privati, affermandosi, con sommarie valutazioni, 
quanto alla prima censura, che la posizione suddetta sarebbe di mera aspettativa e, 
quanto alla seconda, che l�interesse pubblico alla tutela del paesaggio sarebbe comunque e sempre 
preminente indipendentemente dalle modalit� della sua applicazione in concreto. 
3. Le censure cos� riassunte non possono essere accolte. 
Si esaminano anzitutto le questioni di legittimit� costituzionale proposte avverso la normativa 
del Codice esposte nei precedenti punti 2.a (eccesso di delega per la introduzione di una terza 
categoria di beni paesaggistici), 2.b (eccesso di delega e contrasto, anche della legge delega, 
con norme costituzionali di tutela della propriet� privata, stante la identificazione del paesaggio 
con il territorio), 2.c (eccesso di delega a causa della indiscriminata valenza pianificatoria assunta 
dal provvedimento impugnato) e 2.d (eccesso di delega e contrasto con diverse norme costituzionali) 
che risultano non rilevanti per il presente giudizio ovvero manifestamente infondate. 
3.1. Considerato che il vizio dell�eccesso di delega � asserito per vari profili, che saranno in 
seguito esaminati, il Collegio ritiene necessario richiamare, in via preliminare, che nella legge 
n. 137 del 2002 il contenuto della delega � individuato nel �riassetto� e, con riguardo specifico 
alla materia dei beni culturali e ambientali, nella �codificazione� delle disposizioni legislative 
in materia (art. 10, comma 1, lett. a); che il �riassetto e codificazione� comportano, in linea 
generale, non il solo consolidamento formale della normativa, secondo i limiti circoscritti al 
riguardo dalla Corte Costituzionale (come � per il semplice �riordino� ovvero nel caso in cui 
il �riassetto� sia ristretto dalla delega al citato coordinamento formale), ma anche la possibilit� 
di revisioni e innovazioni sostanziali della disciplina (Cons. Stato: Adunanza generale, parere 
n. 2 del 2004; Sezione consultiva per gli atti normativi, parere n. 11602 del 2004; Commissione 
speciale Difesa, parere n. 149, n 152 del 2010) e che, infine, con ci� risulta coerente la 
indicazione dei principi e criteri direttivi della delega di cui qui si tratta poich� tra l�altro individuati, 
per tutti i settori, nel �miglioramento dell�efficacia degli interventi concernenti i 
beni e le attivit� culturali� (Art. 10, comma 2, lett. c), e, per quello specifico dei beni culturali 
e ambientali, nel criterio di �aggiornare gli strumenti di individuazione, conservazione e protezione 
dei beni culturali e ambientali��, con formulazioni, perci�, particolarmente ampie 
pur con le delimitazioni per cui l�intervento delegato non deve determinare �ulteriori restrizioni 
della propriet� privata� n� �l�abrogazione degli strumenti attuali�. 
Al riguardo � significativo confrontare l�ampiezza delle formulazioni ora citate con la pi� ristretta 
portata della delega disposta con la precedente legge 8 ottobre 1997, n. 352 (�Disposizioni 
sui beni culturali�), volta non alla codificazione della normativa ma alle modificazioni 
necessarie per il suo solo �coordinamento� formale e sostanziale �nonch� per assicurare il 
riordino e la semplificazione dei procedimenti� (art. 1), sulla cui base venne approvato il
CONTENZIOSO NAZIONALE 231 
d.lgs. n. 490 del 1999 recante il Testo unico delle leggi in materia. 
3.2. La questione di illegittimit� costituzionale per eccesso di delega della normativa Codice 
dedotta per la asserita, indebita inclusione nell�art. 134, comma 1, lett. c), di una nuova categoria 
di beni paesaggistici (�gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini 
dell'articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156�) 
non risulta rilevante ai fini del presente giudizio. 
Infatti: 
-il provvedimento impugnato � stato emanato ai sensi dell�art. 141, comma 2, del Codice, 
sulla base dei relativi articoli 136, 138, 139 e 140, e perci� nell�esercizio del potere del Ministero 
di dichiarare il notevole interesse pubblico di beni paesaggistici ad esso attribuito quale 
potere autonomo rispetto a quello assegnato all�identico fine alle Regioni; 
-i beni paesaggistici sono individuati dall�art. 134 in tre categorie, specificate, rispettivamente 
nelle lettere a), b) e c) del comma 1, la prima delle quali � individuata negli �immobili e le 
aree di cui all�art. 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141� (concernenti, questi 
ultimi, il procedimento per la dichiarazione di interesse pubblico da parte delle Regioni e del 
Ministero; vincolo cos� detto del �primo tipo�), la seconda nelle �aree di cui all�art. 142� 
(cio� tutelate per legge; vincolo cosi detto del �secondo tipo�) e, la terza, nei gi� richiamati 
�ulteriori� immobili e aree di cui all�art. 136 sottoposti a tutela dai piani paesaggistici regionali 
(vincolo cosi detto del �terzo tipo�); il potere ministeriale di dichiarare un bene paesaggistico 
di notevole interesse pubblico � previsto dall�art. 138, comma 3 (secondo il procedimento di 
cui all�art. 141) per il quale la detta dichiarazione riguarda �gli immobili e le aree di cui all�art. 
136�e non gli �ulteriori� immobili ed aree di cui all�art. 134, comma 1, lett. c), oggetto, come 
visto, non della dichiarazione di interesse pubblico espressa con apposito provvedimento amministrativo 
(regionale o ministeriale) ma di quella determinata con sottoposizione dei beni a 
tutela da parte dei piani paesaggistici (in particolare ai sensi dell�art. 143, comma 1, lett. d); 
-il bene paesaggistico oggetto di tutela nella specie non � perci� da riferire a quelli di cui alla 
lettera c) del comma 1 dell�art. 134 ma a quelli di cui alla lettera a) del medesimo comma, 
poich�, soltanto per questi la detta lettera a) prevede la dichiarazione di interesse pubblico 
con singolo provvedimento amministrativo, con il rinvio espresso al procedimento �degli articoli 
da 138 a 141� (cio� al vincolo del primo tipo); 
-per cui, in conclusione: il provvedimento impugnato reca la dichiarazione di notevole interesse 
pubblico ai sensi degli articoli 138 e 141; questa dichiarazione non pu� che concernere 
i beni di cui alla lettera a) dell�art. 134 come specificati nell�art. 136; non ha rilevanza di conseguenza 
per il presente giudizio la questione dell�asserito eccesso di delega di cui alla lettera 
c) del pi� volte citato comma 1 dell�art. 134, in quanto disposizione non applicata per l�emanazione 
del provvedimento suddetto. 
In questo quadro neppure rileva, di conseguenza, l�asserito eccesso di delega per contrasto 
con il principio direttivo del divieto di �ulteriori restrizioni della propriet� privata� in quanto 
dedotto in connessione con il vizio di eccesso di delega sinora esaminato e sulla base di questo. 
3.3. L�ulteriore censura di eccesso di delega per avere il Codice introdotto normative idonee 
alla potenziale coincidenza del bene paesaggistico con l�intero territorio risulta infondata. 
Nel testo dell�art. 131 del Codice precedente alla modificazione disposta con il d.lgs. 26 marzo 
2008, n. 63, il �Paesaggio� era identificato con �parti� del territorio �i cui caratteri distintivi 
derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni�, la cui tutela e 
valorizzazione �salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili�; 
a seguito del decreto legislativo n. 63 del 2008 il testo vigente dispone che �1. Per
232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
paesaggio si intende il territorio espressivo di identit�, il cui carattere deriva dall'azione di 
fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. 2. Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente 
a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile 
dell'identit� nazionale, in quanto espressione di valori culturali�. 
La eliminazione del riferimento al paesaggio come costituito da �parti� del territorio non risulta 
sufficiente a far ritenere che nel testo vigente sia stata stabilita la effettiva o potenziale 
coincidenza del paesaggio con tutto il territorio, considerato che dal comma 1 non emerge 
tale coincidenza essendo per esso paesaggio non tutto il territorio ma la parte di esso espressiva 
di identit�, in conformit� alla valenza del paesaggio come fattore identitario della Nazione ai 
sensi dell�art. 9 della Costituzione ed a quanto previsto dalla Convenzione europea del paesaggio, 
adottata a Firenze il 20 ottobre 2000 (ratificata con la legge n. 14 del 2006), per il cui 
articolo 5 il paesaggio � �fondamento� della identit� delle popolazioni. La parte del territorio 
qualificata come paesaggio pu� perci�, in ipotesi, essere anche molto estesa ma deve essere 
individuata e delimitata in forza del motivato riconoscimento in essa dei tratti identitari che a 
loro volta si identificano, per il comma 2 dell�art. 131 del Codice, in �aspetti e caratteri� non 
generici ma tali da rappresentare in modo �materiale e visibile�, e dunque specifico, l�identit� 
nazionale in quanto espressione �di valori culturali� e non di indifferenziate caratteristiche 
che non attingano la soglia di tali valori. 
Ci� considerato il testo vigente non risulta, in sostanza, diverso da quello precedente anch�esso 
distinto dalla identificazione del paesaggio in quanto parte del territorio espressiva, come 
visto, di �manifestazioni identitarie percepibili�. 
N� vale in contrario la disciplina dei piani paesaggistici quale emerge in particolare dagli articoli 
135 e 143 del Codice, poich� il riferimento alla necessit� di assicurare che �tutto il territorio 
sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei 
differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono� (art. 135, comma 1) esprime 
una complessiva esigenza di conoscenza e di articolate modalit� di gestione del territorio nella 
sua ineludibile correlazione con il paesaggio ma non comporta l�assoggettamento a regime 
vincolistico di tutto il territorio, come risulta chiaramente dall�art. 143, ai sensi del quale la ricognizione 
del territorio � il presupposto per gli interventi differenziati, per aree e modalit� di 
azione amministrativa, specificati nel comma 1 dell�articolo, in cui � anche inclusa la disciplina 
necessaria per assicurare altres� lo �sviluppo sostenibile� delle aree interessate attraverso la 
trasformazione del territorio stesso (lettere f), g) e h). In questo quadro non sussiste l�asserita 
irragionevole lesione della propriet� privata ad effetto della sola normazione primaria, considerato 
che la individuazione della valenza paesaggistica � il requisito comunque in essa richiesto 
per la determinazione delle aree sottoposte a vincolo; la verifica di tale lesione concerne 
allora l�azione amministrativa per l�accertamento di suoi eventuali vizi di illegittimit�. 
3.4. La censura di eccesso di delega di cui al precedente punto 2.c), motivata con la valenza 
pianificatoria del provvedimento impugnato ad effetto della sua integrazione nel piano paesaggistico, 
� anch�essa infondata. 
Come noto la previsione della inserzione dei vincoli paesaggistici nel piano paesaggistico risale 
alla stessa legge n. 1497 del 1939, che all�art. 5 facoltizzava l�Autorit� amministrativa a 
redigere il piano (�piano territoriale paesistico�) con riguardo alle localit� definite come 
�vaste� di cui ai punti 3 e 4 dell�art. 1; con la legge n. 431 del 1985 il rapporto tra piano e vincoli 
non � pi� eventuale venendo prevista la redazione obbligatoria da parte delle Regioni dei 
piani paesistici (ovvero di piani urbanistico � territoriali) con riferimento in particolare ai beni 
e alle aree vincolate ai sensi di legge al fine della pianificazione della relativa tutela (art. 1 bis
CONTENZIOSO NAZIONALE 233 
del decreto legge n. 312 del 1985 aggiunto dalla legge di conversione n. 431 del 1985); tale 
impostazione � stata poi assunta nel d.lgs. n. 490 del 1999, con riguardo alla obbligatoriet� 
dei piani rispetto ai beni e alle aree vincolati ex lege (art. 149), pervenendosi quindi all�art. 
140 del vigente Codice, il cui comma 2 dispone che la dichiarazione di notevole interesse 
pubblico costituisce �parte integrante del piano paesaggistico� (come nel testo antecedente 
la modifica del comma disposta con il d.lgs. n. 63 del 2008), ferma la sua immodificabilit� 
per effetto delle procedure di definizione del piano. 
Da ci� emerge che l�integrazione nel piano non attribuisce valenza pianificatoria alla dichiarazione 
di interesse pubblico in quanto tale, restando questa individuata dal contenuto e dall�efficacia 
propri, ma che la dichiarazione viene con ci� inserita in uno strumento che la correla 
ad un quadro di programmazione dell�uso e della valorizzazione del paesaggio al fine, gi� individuato 
nella ratio della previsione dei piani paesistici dell�art. 5 della legge n. 1497 del 
1939, di coordinare la salvaguardia dei valori paesaggistici delle zone dichiarate di particolare 
interesse in un pi� ampio contesto (in riferimento al citato art. 5 cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 
gennaio 1993, n. 29). 
La dichiarazione di notevole interesse pubblico riguardante un�area �vasta� (qualificazione gi� 
contemplata, come visto, nella legge n. 1497 del 1939) non costituisce perci� espressione di 
una funzione di pianificazione; il provvedimento infatti, adottato nell�esercizio di un diverso e 
autonomo potere, non attiene alla detta funzione n� la acquisisce per il fatto della integrazione 
nel piano, unico atto cui la funzione � invece attribuita allo scopo, ulteriore rispetto alle determinazioni 
singole, di coordinare l�interazione tra i vincoli di diverso tipo gravanti sul territorio 
qualificato come paesaggio in un quadro complessivo. N� la pianificazione risulta orientata al 
solo effetto della inibizione assoluta della edificabilit� poich� il piano presuppone e analizza 
�lo sviluppo sostenibile delle aree interessate�, la presenza di �dinamiche di trasformazione del 
territorio� e reca prescrizioni e previsioni atte �alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico 
ed edilizio� compatibili (art. 143, comma 1, lettere h) e f); art. 135, comma 1, lett. d). 
La dichiarazione di notevole interesse pubblico non pu� a sua volta dirsi viziata per illegittimit� 
intrinseca a motivo del solo dato dell�ampiezza dell�area vincolata, in quanto considerato 
lesivo, di per s�, della tutela della propriet� privata; la sussistenza di vizi di legittimit� di un 
siffatto provvedimento deve infatti, come per ogni altro, essere verificata specificamente 
quanto ai presupposti, ai contenuti nonch� al corretto esercizio della discrezionalit�, nel quadro 
della costante giurisprudenza della Corte costituzionale sul valore comunque primario che ha 
la tutela del paesaggio nella Costituzione pur nella correlazione degli ulteriori interessi tutelabili 
(Sentenza n. 367 del 2007, in cui sono richiamate le precedenti in materia). 
3.5. Le censure di illegittimit� costituzionale riassunte nel punto 2.d) di cui sopra sono altres� 
infondate, in quanto: 
- riguardo all�inclusione dei �paesaggi rurali� e delle �aree degradate� nei piani paesaggistici 
(art. 135, comma 4, lettere b e d), da un lato non si individua la rilevanza di tali previsioni per 
il presente giudizio che riguarda un provvedimento di vincolo non adottato con piano paesaggistico 
e, dall�altro, non risulta specificato, in ogni caso, quale sia il limite di oggetto, principi 
e criteri direttivi violato con eccesso di delega per effetto delle dette previsioni, avendo 
la Corte Costituzionale chiarito che �la prima disciplina che esige il principio fondamentale 
della tutela del paesaggio � quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio 
e dei suoi essenziali contenuti ambientali� (Sentenza n. 367 del 2007) ed essendo quindi 
di certo coerente con tale principio riqualificare la morfologia del paesaggio se alcune aree 
siano degradate ovvero salvaguardare paesaggi rurali se distintivi di tale morfologia; ci� che
234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
peraltro risulta anche coerente con le previsioni della Convenzione europea del paesaggio, 
che per l�articolo 2 �Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia 
i paesaggi della vita quotidiani, sia i paesaggi degradati�; 
- la eliminazione con la lettera d) del comma 1 dell�art. 136 del riferimento alle bellezze panoramiche 
�considerate come quadri naturali�, dapprima previsto nell�art. 1 della legge 1497 
del 1939 (poi limitato alla sola parola �quadri� nel d.lgs. n. 490 del 1999), non comporta, di 
per s�, effetti di limitazione della propriet� privata equivalendo sempre la visione delle bellezze 
panoramiche a quella di quadri naturali ed essendo perci� siffatta nozione, in quanto ulteriormente 
esplicativa di un gi� chiaro contenuto estetico, priva di valenza giuridica aggiuntiva, 
tanto pi� essendo rimasta identica la restante parte della disposizione; 
- non sussistono gli asseriti vizi dell�art. 158 del Codice, poich� recante una norma cedevole 
che dispone l�ultravigenza della normazione regolamentare statale �fino all�emanazione di apposite 
disposizioni regionali di attuazione del presente codice�, in coerenza con l�attribuzione 
di funzioni e compiti alle Regioni disposta con il medesimo codice ed in attesa perci� che queste 
ne dispongano la regolamentazione in corrispondenza e nei limiti degli ambiti di competenza. 
3.6. Si esaminano ora le ulteriori censure dedotte di cui ai precedenti punti 2.e (sulla mancanza 
nella specie dei presupposti per la dichiarazione di notevole interesse pubblico) e 2.f (sulla 
violazione del principio di proporzionalit� e sulla aspettativa tutelabile che si sarebbe formata 
in capo ai ricorrenti) che risultano altres� infondate. 
3.7. La censura della mancanza nel caso di specie dei presupposti e requisiti per la dichiarazione 
di interesse pubblico dedotta, anzitutto, a ragione della natura agricola dei terreni, non 
pu� essere condivisa. 
Al riguardo occorre prendere atto anzitutto della scelta di fondo di ritenere meritevole di tutela, 
nel contesto sociale, urbanistico e culturale attuale, la �campagna romana�. Tale scelta si deve 
ritenere compiuta nell�esercizio della discrezionalit� amministrativa espressione della �politica 
di settore� e in quanto tale non � suscettibile di censura se non nei limiti della ragionevolezza, 
requisito che non pu� dirsi certo insussistente. 
In questa prospettiva, infatti, la natura agricola delle aree costituisce essa stessa fattore identitario 
del paesaggio e quindi, quale elemento di continuit� dell�immagine della campagna romana 
(come anche indicato in istruttoria) concorre �a preservare la memoria della comunit� nazionale 
e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura� (art. 1, comma 2, del Codice). 
N� si tratta di un�area agricola anodina, poich�, come si osserva nelle relazioni istruttorie alla 
base del provvedimento, ҏ il seminativo nudo, che copre gli altipiani e anche gli invasi vallivi 
pi� ampi; eredit� della strutturazione fondiaria a latifondo, questo modo di conduzione dei 
suoli svolge un ruolo fondamentale nel determinare, assieme alla pi� volte richiamata profondit� 
delle visuali dominate nel piano di fondo dal profilo dei Colli Albani, quei caratteri 
scenici di aperta vastit� e quasi solenne monumentalit� che�nel territorio in questione, peraltro, 
appaiono sovente anche in felice contrappunto con i casali e gli altri manufatti storici 
posti alla sommit� delle ondulazioni.�, essendosi aggiunti in seguito, ai seminativi e ai pascoli 
nel settore sud-orientale del territorio, �grandi superfici a colture legnose specializzate, senza 
tuttavia�alterazione dei valori paesaggistici� (Relazione della Soprintendenza, pag. 3). 
Quanto poi all�ulteriore articolazione della censura, secondo cui tutto ci� dovrebbe indurre a 
vincolare tutta la campagna intorno a Roma, vale la considerazione, sempre contenuta nella 
relazione che si tratta di �territorio che ancora conserva, nonostante i vari fenomeni sparsi 
di utilizzazione consolidati e in atto, un�alta qualit� paesaggistica, riconducibile ai tratti tipici 
del paesaggio agrario della Campagna Romana, qui particolarmente caratterizzato dall�am-
CONTENZIOSO NAZIONALE 235 
piezza dei quadri panoramici oltre che dalla ricca e stratificata articolazione del sistema insediativo 
storico, con notevole diffusione tanto di beni archeologici che architettonici, questi 
ultimi rappresentati in una vasta gamma che va dagli antichi casali sorti a partire dai secc. 
XV e XVI attorno ai nuclei fortificati medievali a quelli pi� recenti risalenti alla bonifiche 
realizzate a cavallo tra Otto e Novecento, sovente in stretto rapporto con filari e gruppi arborei 
di notevole consistenza e di grande rilevanza ai fini della �costruzione� dell�immagine 
paesistica tipica dei luoghi� (Relazione della Soprintendenza, pagine 1 e 2). 
Tali considerazioni, ad avviso del collegio, costituiscono una adeguata motivazione della 
scelta di vincolare questa specifica porzione di territorio. 
3.8. Neppure pu� essere condivisa la censura sulla assoluta estraneit� del criterio del �consumo 
del territorio� rispetto alle valutazioni di cui qui si tratta, essendo evidentemente tale consumo 
effetto possibile della mancata tutela paesaggistica, e, comunque, essendo richiamato il criterio 
del �minor consumo del territorio� anche dal Codice a proposito della pianificazione paesaggistica 
ma di certo con valenza ulteriore (art. 135, comma 4, lett. c). 
3.9. N� sussiste la dedotta violazione del principio di proporzionalit�, asserita in particolare a 
ragione della sproporzione che vi sarebbe tra lo scopo perseguito con il provvedimento impugnato 
e l�estensione dell�area vincolata, con corrispondente sacrificio della propriet� privata. 
Si deve infatti richiamare che nella ratio del provvedimento � proprio l�estensione dell�area 
che costituisce il presupposto per la sua qualificazione in termini di paesaggio, offrendo il 
contesto identitario dell�ampiezza dei quadri panoramici segnati dal permanente uso agricolo 
diffuso, nel cui ambito si sono stratificati gli ulteriori caratteri sia storici, archeologici e architettonici, 
che di vegetazione, con un effetto di insieme qualificante l�intera area nella sua 
unitaria complessit�; il riconoscimento di tale unitariet� non sarebbe stato perci� possibile 
senza l�apprezzamento della configurazione assunta dall�area nella sua estensione non essendo 
la tutela isolata delle sue singole componenti equivalente alla tutela del complesso in cui ciascun 
elemento si correla agli altri. 
3.10. Conclusivamente il Collegio ritiene che, da quanto sinora considerato riguardo all�istruttoria, 
alla motivazione e al contenuto del provvedimento, non risultano dimostrati o verificati 
vizi di illogicit� e di irragionevolezza della discrezionalit� esercitata, che anzi appare rispondere 
ad una moderna e coerente visione del paesaggio fermo che, quanto ai criteri utilizzati, 
si pu� censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell�ambito dell�opinabilit�, circostanza 
che nella specie non pu� dirsi certo ricorrente. 
3.11. L�adesione all�invito pubblico �Per l�individuazione di nuovi ambiti di riserva finalizzati 
al reperimento di aree per l�attuazione del piano comunale di housing sociale e di altri interventi 
di interesse pubblico�, approvato con deliberazione della Giunta del Comune di Roma 
n. 315 del 2008, non configura, infine, alcuna posizione giuridica tutelabile in capo ai ricorrenti 
trattandosi della fase iniziale di un procedimento che non ha prodotto a loro favore alcuna 
manifestazione di volont� dell�autorit� amministrativa e perci� alcun atto suscettibile di condurre 
ad una posizione di legittimo affidamento. 
4. Per le ragioni che precedono l�appello � infondato e deve essere perci� respinto. 
La complessit� dei profili di diritto concernenti la controversia giustifica la compensazione 
tra le parti delle spese del presente grado del giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l�appello in epigrafe n. 
5611 del 2011.
236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Raggruppamento Temporaneo di Imprese e pubblici appalti: 
il potere di rinuncia all�aggiudicazione della �capogruppo� 
(Nota a T.A.R. Lazio, Sez. Terza, sentenza 11 gennaio 2012 n. 260) 
Carlo Bellesini* 
La sentenza in commento ha ad oggetto l'ambito di estensione dei poteri 
spettanti alla mandataria in un raggruppamento temporaneo di imprese, costituitosi 
dopo l'aggiudicazione, con particolare riferimento al potere di sciogliersi 
da ogni vincolo con la Stazione Appaltante ai sensi dell�articolo 11, 
comma 9, del Decreto Legislativo n. 163/2006. 
E la pressoch� totale assenza di precedenti giurisprudenziali sul tema fa 
acquisire alla pronuncia in questione maggiore rilevanza (1). 
Nel caso di specie, un raggruppamento temporaneo di imprese (da ora: 
RTI) � risultato aggiudicatario di una gara indetta per l'affidamento di un appalto 
di lavori pubblici. Tuttavia, visti i notevoli ritardi della Stazione Appaltante 
nell�addivenire alla stipula del relativo contratto, la capogruppo 
mandataria del suddetto RTI ha esercitato il potere di rinunciare all�aggiudicazione 
di cui all�articolo 11, comma 9, del Decreto Legislativo n. 163/2006 
(2). Dunque, la Stazione Appaltante, annullata la prima aggiudicazione, ha 
provveduto ad affidare la suddetta commessa alla seconda classificata. 
Una delle imprese mandanti del RTI de quo ha, quindi, impugnato il suddetto 
provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale chiedendone 
l�annullamento. Secondo la tesi ricorsuale, in particolare, la 
rappresentanza esclusiva conferita dalle mandanti alla mandataria capogruppo 
del RTI deve essere limitata unicamente a tutti gli atti meramente conseguenziali 
ed applicativi dell'aggiudicazione, restando esclusa la rinuncia all�aggiudicazione. 
L�adito T.A.R. ha accolto il ricorso, rilevando che: �l�art. 37, comma 16, 
del Decreto legislativo n. 163/2006, nel far riferimento testualmente a tutte le 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) Sul medesimo tema si registra, oltre alla sentenza in commento, anche l�ordinanza n. 
3277/2011 del Cons. St. la quale verr� in seguito approfondita. 
(2) Il comma 9 dell�art. 11 del D.lgs. n. 163/2006, rubricato �Fasi delle procedure di affidamento�, 
prevede che: �Divenuta efficace l�aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l�esercizio dei poteri di autotutela 
nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione 
ha luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell�invito ad 
offrire, ovvero l�ipotesi di differimento espressamente concordata con l�aggiudicatario. Se la stipulazione 
del contratto non avviene nel termine fissato, ovvero il controllo di cui all�articolo 12, comma 3, non 
avviene nel termine ivi previsto, l�aggiudicatario pu�, mediante atto notificato alla stazione appaltante, 
sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 237 
operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, individua i poteri 
della mandataria con riferimento alla fase successiva all'avvenuta stipula 
del contratto di appalto, per cui non sembra automaticamente riferibile a quella 
fase procedurale che va dall'aggiudicazione alla stipula del contratto�. 
In particolare, il Collegio ha sottolineato che �la rinuncia all�aggiudicazione 
non rientra neanche implicitamente nell'ambito dei poteri conferiti per 
legge alla mandataria, atteso che la costituzione del rti, una volta intervenuta 
l'aggiudicazione, � finalizzata alla stipula del contratto, per cui ben pu� ritenersi, 
come evidenziato dal consorzio ricorrente, che i poteri concessi alla 
capogruppo si estendono per legge a tutte quelle attivit� conseguenti e successive 
a tale ultimo provvedimento e finalizzate unicamente a consentire la 
stipula del contratto�. 
Ebbene, tale pronuncia non pare aver dato una corretta interpretazione 
della disciplina fornita dai commi 14, 15 e 16 dell�articolo 37 del Decreto Legislativo 
n. 163/2006 in materia di raggruppamenti temporanei di imprese (3). 
Focalizzando l�attenzione sul titolo costitutivo e sulla natura giuridica del 
RTI, alla luce della disciplina del Codice dei Contratti Pubblici di lavori, servizi 
e forniture, si ha modo di evidenziare, infatti, l�erroneit� della suesposta 
sentenza. Preliminarmente, � opportuno rilevare che il RTI costituisce uno 
schema negoziale teso a creare rapporti di cooperazione fra pi� imprese, diretti 
al coordinamento delle rispettive attivit� in vista dell�adempimento di prestazioni 
per cos� dire �unitarie�(4). 
Pi� specificamente, si tratta di una forma di collaborazione temporanea e 
occasionale tra operatori economici, volta alla partecipazione congiunta ad 
una gara per l�affidamento di appalti pubblici (5) (6). 
(3) L�articolo 37, del D.lgs. n. 163/2009, rubricato �Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari 
di concorrenti�, prevede, al comma 14, che: �Ai fini della costituzione del raggruppamento temporaneo, 
gli operatori economici devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con 
rappresentanza ad uno di essi, detto mandatario�; al comma 15: �Il mandato deve risultare da scrittura 
privata autenticata. La relativa procura � conferita al legale rappresentante dell�operatore economico 
mandatario. Il mandato � gratuito e irrevocabile e la sua revoca per giusta causa non ha effetto nei 
confronti della stazione appaltante�; al comma 16: �Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, 
anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti 
di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione 
di ogni rapporto. La stazione appaltante, tuttavia, pu� far valere direttamente le responsabilit� 
facenti capo ai mandanti �. 
(4) CAPO, In tema di qualificazione del modello �legale� dell�associazione temporanea di imprese, 
in Giur. Comm., 2003, 2, 136. 
(5) SANTORO, Manuale dei contratti pubblici, Rimini, 2005, 777-8. 
(6) Il fenomeno della partecipazione associata, inizialmente visto con scarso favore nel nostro ordinamento 
si afferm� sotto la spinta del legislatore comunitario, che - al contrario - ne riconobbe la funzione 
antimonopolistica, tesa a consentire l�aggiudicazione di grandi appalti anche a imprese che 
singolarmente non avrebbero potuto accedervi, con ci� ponendo un argine al predominio delle grandi 
imprese: sul punto vd. MAZZAMUTO, I raggruppamenti temporanei d�imprese tra tutela della concorrenza 
e tutela dell�interesse pubblico, in Riv. It. Dir. Pubbl. comunitario, 2003, 182 e ss.
238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
A riguardo, i problemi teorici in ordine alla figura del R.T.I. discendono 
soprattutto dal suo atteggiarsi a �fenomeno giuridico bifronte�, suscettibile di 
essere considerato sia nei suoi rapporti interni tra le imprese riunite sia da 
quello esterno con la Stazione Appaltante (7). 
Pi� precisamente, con riferimento alla natura giuridica del RTI, infatti, si 
oscilla, in dottrina, tra chi qualifica l�accordo tra le imprese raggruppate come 
un contratto associativo atipico (8) e chi, evidenziando l�assenza di molti 
aspetti caratteristici della categoria dei contratti associativi, ritiene che al pi� 
possa trattarsi di un�ipotesi di contratti di cooperazione con comunione di 
scopo tout court (9); non manca anche chi rileva l�indifferenza del legislatore 
verso l�assetto interno dei rapporti tra gli operatori riuniti, in quanto ci� che 
rileva sarebbe unicamente la garanzia di stabilit� della compagine e la semplificazione 
dei rapporti con la Stazione Appaltante in caso di aggiudicazione. 
E ci� troverebbe conferma nel tenore del medesimo articolo 37: il legislatore 
usa il pi� anonimo termine di �raggruppamento� in luogo di associazione. 
Secondo tale ultima tesi, in altre parole, il fenomeno del RTI integrerebbe 
una fattispecie complessa, articolata secondo il principio del collegamento negoziale 
e caratterizzata dal dato formale esterno del mandato collettivo e da 
una struttura sottostante variabile in funzione delle diverse tipologie negoziali 
utilizzabili dalle imprese riunite (10). 
Tale tesi risulta, a parere di chi scrive, la pi� condivisibile: e la sua correttezza 
sta nel voler dare una qualificazione giuridica al fenomeno del RTI 
proprio muovendo dal suo titolo costitutivo ex lege, ossia dal contratto di mandato.
Ai sensi del comma 14 del suddetto articolo 37, infatti, � previsto che �ai 
fini della costituzione del raggruppamento temporaneo, gli operatori economici 
devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza 
ad uno di esse, detto mandatario�. 
Pertanto, l�elemento fondativo del Raggruppamento Temporaneo di Imprese 
� dato da un particolare mandato, conferito ad un impresa (mandataria), 
detta capogruppo, da parte delle altre imprese riunite (mandanti). 
In particolare, dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel qualificare tale 
mandato come: a) collettivo ex att. 1126 c.c., essendo conferito dalle imprese 
(7) DALLARI, Sulla soggettivit� giuridica delle associazioni temporanee di imprese, in Foro amm. 
CdS, 2002, 2, 1260 e ss. 
(8) BONVICINI, Associazioni temporane di imprese, in Enc. Giur. Treccani, vol. III, Roma, 1988, 
7 e BENATTI, Associazioni temporanee di imprese, in Dizionario di diritto privato, a cura di IRTI, vol. I, 
Milano, 1980, 89. 
(9) CAPO, In tema di qualificazione del modello �legale� dell�associazione temporanea di imprese, 
op. cit.. 
(10) BACCARINI, Le associazioni temporanee di imprese, in L�appalto di opere pubbliche, a cura 
di VILLATA, Padova, 2005, 222 e ss; CARDARELLI, I raggruppamenti temporanei ed i consorzi ordinari 
di concorrenti, 1148 e ss.
CONTENZIOSO NAZIONALE 239 
mandanti con unico atto e per un affare di interesse comune; b) in rem propriam 
perch� conferito anche nell'interesse della mandataria e dell'amministrazione 
committente, e non solo in quello delle mandanti; c) speciale, 
attribuendo poteri rappresentativi limitatamente a una specifica gara d'appalto 
o a pi� gare specificamente individuate; d) gratuito, in deroga alla presunzione 
di onerosit� posta dall�art. 1709 c.c.; e) irrevocabile in quanto, in deroga agli 
artt. 1123 e 1726 c.c., la revoca per giusta causa non produce effetti nei confronti 
dell'amministrazione committente, al fine di garantire stabilit� e certezza 
al rapporto con la stazione appaltante (11). 
Peraltro, dal combinato disposto dei successivi commi 15 e 16 del medesimo 
articolo 37, si evince che, nella costituzione del RTI, il mandato deve essere 
necessariamente accompagnato da una procura speciale con la quale viene 
attribuita al legale rappresentante dell�impresa mandataria la rappresentanza 
esclusiva (anche processuale (12)) di ciascuna impresa mandante per ogni attivit� 
relativa a quello specifico appalto, a partire dalla formazione dell�offerta 
fino all�estinzione di ogni rapporto con la Stazione Appaltante. 
Dunque, in forza di tale atto, l�impresa mandataria � abilitata a concorrere 
alla gara in nome e per conto di tutte le imprese raggruppate, assumendo la 
piena ed esclusiva rappresentanza delle stesse nei confronti della Stazione Appaltante 
per tutta la durata dell�appalto e, dunque, non solo nella fase della 
gara, ma anche nelle fasi successive, e fino all�estinzione del rapporto contrattuale 
con la P.A. 
In particolare, ai sensi del comma 16 dell�articolo 37 D.lgs. n. 163/2007, 
� previsto che: �al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, 
dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni 
e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il 
collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto�. 
Pi� precisamente, nella locuzione �operazioni e atti di qualsiasi natura�, 
rientra ogni azione comunque ricadente nella complessiva gestione del rapporto: 
come promesse, accettazioni, impegni, dichiarazioni di presa visione, 
(11) MAZZONE - LORIA, Le associazioni temporanee di imprese, Roma, 1990, 94 ss.; RAGAZZO, 
L�associazione temporanea di imprese: natura della responsabilit� nei confronti dell'amministrazione 
alla luce dell'istituto del fermo amministrativo, in Riv. giur. ed., 2004, I, 285 ss.; in termini, anche Autorit� 
per la vigilanza sui lavori pubblici, Deliberazione 18 luglio 2001, n. 15. 
(12) Un profilo pratico rilevante discendente dalla natura giuridica del RTI riguarda la legittimazione 
processuale attiva: in particolare, la giurisprudenza del Consiglio di Stato � nel senso che legittimata 
ad impugnare gli atti di gara sia anche la singola impresa riunita (oltre che il medesimo 
raggruppamento in persona della capogruppo) in quanto portatrice di un autonomo e distinto interesse 
al legittimo svolgimento della procedura concorsuale; tale legittimazione sussiste sia quando il raggruppamento 
risulti gi� costituito al momento della presentazione dell�offerta, sia quando esso debba costituirsi 
all�esito dell�aggiudicazione: si vd. Cons. St., sez. V, 30 agosto 2004, n. 5646 in 
www.giustizia-amministrativa.it; vd. anche Cons. St., sez. V, 7 novembre 2003, n. 7112, in Foro amministrativo, 
2003, 3368; Cons. St. sez. VI, 23 gennaio 2002, n. 937, Cons. St. sez. V, 18 marzo 2004, n. 
1411, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it.
240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sottoscrizioni di verbali e contratti etc. (13) 
Pertanto, la �capogruppo� � legittimata a compiere, nei rapporti con l�amministrazione, 
ogni attivit� giuridica connessa o dipendente dall�appalto e produttiva 
di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti 
sino all�estinzione del rapporto (14). 
Alla luce di questi rilievi, ferma restando la carenza di autonoma soggettivit� 
del raggruppamento, � tuttavia evidente che per effetto del mandato collettivo 
viene a costituirsi un tendenziale centro autonomo di imputazione 
giuridica nei confronti dell�amministrazione appaltante: e ci� trova conferma 
in una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, dove � stato detto 
che: �in tema di associazioni temporanee di imprese, il potere di rappresentanza 
di cui all�articolo 37, comma 16, del D.lgs. n. 163/2006, spetta all�impresa 
mandataria �capogruppo�, esclusivamente nei confronti della Stazione 
Appaltante, per tutte le operazioni e gli atti dipendenti dall�appalto� (Cass., 
20 maggio 2010, n. 12422). 
Ricostruiti ratio e confini del fenomeno dei RTI, appare allora evidente 
come, nel caso de quo, tra i poteri spettanti alla mandataria ai sensi dell�articolo 
37 comma 16 D.lgs. n. 163/2006 rientri anche quello di rinunciare alla 
aggiudicazione ex articolo 11, comma 9, del D.lgs. n. 163/2006: ed �, parimenti, 
indubbio che gli effetti scaturenti dall�esercizio del suesposto potere si 
riverberino sulla mandante. 
Dunque, l�affermazione compiuta dal T.A.R.nella sentenza in commento, 
secondo cui i poteri concessi alla capogruppo si estendono per legge a tutte 
quelle attivit� conseguenti e successive a tale ultimo provvedimento e finalizzate 
unicamente a consentire la stipula del contratto, con l�esclusione del suddetto 
potere di rinuncia all�aggiudicazione, pare essere frutto di un�errata 
interpretazione dell�articolo 37 D.lgs. n. 163/2006 nonch� della disciplina civilistica 
in materia di mandato con rappresentanza. 
A riguardo, l�articolo 11 comma 9, nel prevedere i termini per la stipulazione 
del contratto di appalto, stabilisce che questa debba avere luogo entro il 
termine massimo di sessanta giorni dal momento in cui l�aggiudicazione definitiva 
sia divenuta efficace. Si tratta di un termine legale che opera ogni qualvolta 
non sia stato diversamente stabilito nel bando o nella lettera di invito e/o 
non sia stato diversamente pattuito tra le parti. Oltre questo termine, si prevede 
che l�aggiudicatario possa sciogliersi dal vincolo discendente dall�aggiudicazione, 
ottenendo il rimborso delle spese sostenute per la partecipazione alla 
gara, mentre viene negata espressamente la spettanza di qualsiasi forma di indennizzo 
o di risarcimento danni (15). 
La suddetta norma � evidentemente finalizzata a tutelare gli interessi 
dell�aggiudicatario (16), il quale non corre cos� il rischio di vincolarsi alla propria 
offerta a tempo indeterminato e di subire le conseguenze pregiudizievoli 
eventualmente discendenti nelle more della sottoscrizione del contratto da
CONTENZIOSO NAZIONALE 241 
parte dell�Amministrazione Pubblica (17). 
Venendo al RTI, essendo la capogruppo �mandataria� il soggetto preposto 
ex lege alla cura dell�interesse delle mandanti, essa deve vantare tra gli altri 
anche il potere di rinunciare all�aggiudicazione: altrimenti, verrebbe meno la 
ratio sottesa all�articolo 11, comma 9 del D.lgs.n.163/2009. 
Per completezza, va rilevato che parte della dottrina (18) ha escluso la 
sussistenza del potere di rinunciare all�aggiudicazione in capo alla mandataria 
nel caso specifico del RTI cosiddetto �costituendo�. 
In particolare, l�articolo 37, comma 8, del D.lgs. n. 163/2006 consente di 
rinviare la costituzione del raggruppamento temporaneo ad un momento successivo 
alla presentazione dell�offerta, ma comunque prima della sottoscrizione 
del contratto: e, in tali casi, l�offerta deve essere firmata da tutte le 
partecipanti del futuro raggruppamento. 
Secondo tale tesi, dunque, in caso di rinuncia all�aggiudicazione, il relativo 
atto deve assumere la forma del contrarius actus, e deve essere, quindi, 
firmato da tutte le imprese partecipanti al raggruppamento, salvo il potere di 
rinuncia non sia stato conferito alla mandataria con procura speciale. 
Tuttavia, alla luce delle suesposte argomentazioni, tale assunto non risulta 
condivisibile. 
Ai sensi del medesimo articolo 37 comma 8, infatti, anche in tale fattispecie 
i concorrenti devono comunque assumere l�impegno di conferire in 
caso di aggiudicazione della gara, mandato speciale con rappresentanza ad 
uno di essi indicato in sede di offerta: devono, in altre parole, provvedere alla 
costituzione del RTI. Pertanto, anche nelle ipotesi di �R.T.I. costituendo�, sempre 
nel mandatario si identifica l�esclusivo ed immutabile �interfaccia� della 
stazione appaltante e/o del concedente: �, dunque, il mandatario il solo soggetto 
che pu� rapportarsi con il proprio dante causa, svolgendo ogni attivit� 
negoziale si renda necessaria nel corso dell�intera procedura di affidamento: 
compresa la rinuncia all�aggiudicazione. 
(13) Cons. St., sez. V, 17 marzo 2003. Cfr., anche TAR Toscana, Firenze, sez. I, 4 ottobre 1991, n. 499. 
(14) Cfr. Cass. 17 settembre 2005, n. 18441. 
(15) DE NICTOLIS, I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, op. cit., t. I, 87. 
(16) L�espressa previsione, contenuta nel comma 9 del suddetto articolo 11, del rimedio dello 
scioglimento del vincolo da parte dell�aggiudicatario sorto per effetto della natura irrevocabile dell�offerta 
evidenzia, dunque, come il termine per la stipulazione del contratto � posto nel suo interesse: in 
particolare, si tratta di un potere espressione di un diritto potestativo a favore dell�aggiudicatario e rispetto 
al quale la posizione della Stazione Appaltante appare di mera soggezione, nel senso che, a ricorrere 
dei presupposti sostanziali individuati dalla norma, la committente non potr� che prendere atto dello 
scioglimento del vincolo: cfr. Cons. St., Sez. V, 29 novembre 2004, n. 7772, CS, I, 2004, 2492. 
(17) Si veda il contributo di VAIANO D., Commento all�art. 11 in GAROFOLI, FERRARI, Codice degli 
Appalti Pubblici e nuova direttiva ricorsi, Roma 2011, 147 e ss. 
(18) Sul punto, si vd. DI ROSA, L'associazione temporanea di imprese: il contratto di joint venture, 
Milano: Giuffr�, 1998, pagg. 55 e ss.
242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. Terza, sentenza dell�11 gennaio 
2012 n. 260 - Pres. Amoroso, Est. Sapone - Uniter Consorzio Stabile a r.l. (avv.ti G. Pellegrini 
e A. Sgobba) c. ANAS (avv. gen. Stato) ed altri. 
(Omissis) 
FATTO 
Il Consorzio ricorrente ha partecipato come mandante di una costituenda ati con la spa Tecnimont 
alla gara indetta dall'intimata Anas spa per l'affidamento dei lavori di ammodernamento ed adeguamento 
dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria dal km 153,400 al km 173,900 macrolotto 
3� parte 2^, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente pi� vantaggiosa. 
In esito alle operazioni di gara, essendosi l'offerta presentata dal consorzio Uniter collocata 
al primo posto della relativa graduatoria, davanti quella dell'ati odierna controinteressata e 
quella del Consorzio Stabile Sis, la stazione appaltante con determinazione dell'11 giugno 
2009 ha provveduto ad aggiudicare i lavori de quibus al costituendo rti Uniter-Tecnimont. 
Essendo stato il provvedimento de quo impugnato dalla seconda classificata con ricorso n. 
6702/2009, nelle more del suddetto contenzioso l'Anas rinviava la stipula del contratto fino 
alla data di definizione nel merito dello stesso. 
In tale lasso di tempo, avendo Tecnimont con nota del 13 ottobre 2010 comunicato alla stazione 
appaltante di "volersi sciogliere da ogni vincolo con l'amministrazione aggiudicatrice 
ai sensi e per gli effetti dell'art. 11, comma 9, del D.lgvo n. 163/2006", quest'ultima con determinazione 
del 4 aprile 2011 annullava la prima aggiudicazione e contestualmente aggiudicava 
l'appalto in questione a favore del rti C.M.B.-Ghella. 
Alla luce dell'adozione del nuovo provvedimento di aggiudicazione la Sezione con sentenza 
n. 3310 del 15 aprile 2011 dichiarava improcedibile il ricorso n. 6702/2009, avendo le parti 
all'udienza pubblica del 6 aprile 2011 fatto presente di non aver pi� alcun interesse alla definizione 
della controversia. 
Tuttavia con il proposto gravame, ritualmente proposto e notificato alle parti resistenti dopo 
la pubblicazione della citata sentenza n. 3310/2011, il Consorzio Uniter ha impugnato la determinazione 
del 4 aprile 2011, deducendo a tal fine i seguenti motivi di doglianza: 
1) Violazione di legge ed eccesso di potere. Carenza assoluta del presupposto. Violazione per 
falsa applicazione dell'art. 11, comma 9, del D.lgvo n. 163/2006. Violazione ed errata applicazione 
degli artt. 3, 34 e 37, comma 8, del D.lgvo n. 163/2006; 
2) Violazione di legge ed eccesso di potere; 
3) Violazione sotto ulteriore dell'art. 11, co. 9, del D.lgvo n. 163/2006; 
4) Violazione della L. n. 241/1990; 
5) Violazione e mancata applicazione del punto D.1.5. della lettera di invito. Eccesso di potere 
per erronea presupposizione, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicit�, perplessit�, 
ingiustizia manifesta. 
Si sono costituite sia Anas spa che Tecnimont spa prospettando l'inammissibilit� sotto svariati 
profili del proposto gravame e contestando nel merito la fondatezza delle dedotte doglianze. 
Si � costituito anche il rti secondo classificato il quale: 
a) ha eccepito l'inammissibilit� del proposto gravame ed ha confutato le prospettazioni ricorsuali; 
b) ha proposto ricorso incidentale, riproponendo in gran parte le medesime doglianze formulate 
con il ricorso n. 6702/2009 e contestando la mancata esclusione dalla gara de qua dell'offerta 
Uniter-Tecnimont.
CONTENZIOSO NAZIONALE 243 
Ha proposto intervento ad opponendum il Consorzio Stabile Sis, classificatosi al terzo posto 
nella graduatoria della gara de qua, il quale ha giustificato il proprio interesse sul presupposto 
che con ricorso n. 3908 del 2011 aveva impugnato il secondo provvedimento di aggiudicazione 
intervenuto a favore dell'ati CMB-Ghella. 
Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2011 il gravame � stato assunto in decisione. 
DIRITTO 
Con il proposto gravame � stata impugnata la determinazione in epigrafe indicata con cui l�intimata 
Anas ha disposto l�annullamento dell�aggiudicazione a favore del rti Consorzio Uniter-
Tecnimont spa dell�appalto avente ad oggetto l'affidamento dei lavori di ammodernamento 
ed adeguamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria dal km 153,400 al km 173,900 
macrolotto 3� parte 2^, e l�affidamento dei suddetti lavori al rti odierno controinteressato. 
In ordine logico deve essere per prima esaminato il ricorso incidentale proposto dal rti secondo 
classificato a cui favore � intervenuto il nuovo provvedimento di aggiudicazione gravato in 
via principale, atteso che l'eventuale accoglimento dello stesso, comporterebbe l'esclusione 
dell'offerta del consorzio ricorrente dalla gara de qua, con conseguente inammissibilit� per 
difetto di interesse del ricorso principale. 
Al riguardo, in linea con quanto osservato dall'odierno istante, il Collegio dichiara inammissibile 
il gravame incidentale, atteso che: 
a) come si evince dall'art. 42 del cpa il ricorso incidentale pu� essere proposto a tutela di un 
interesse che sorge in dipendenza della domanda formulata in via principale, in quanto, come 
chiarito dalla giurisprudenza, la proposizione del ricorso incidentale veicola un interesse ad 
opporre censure nei confronti del ricorrente principale ed ha carattere accessorio rispetto al 
ricorso principale in quanto esprime interessi che divengono attuali e concreti solo in seguito 
alla proposizione di quest'ultimo, con la conseguenza che un interesse legittimo che fosse 
sorto in conseguenza dell'emanazione di precedenti atti da parte dell'amministrazione non legittimerebbe 
il soggetto che si avvale di tale posizione giuridica soggettiva ad impugnare tardivamente 
i provvedimenti pregressi suscettibili di contestazione in via autonoma e diretta; 
b) poich� nella fattispecie in esame l'interesse attualmente fatto valere dalla ricorrente incidentale 
ben poteva ritenersi sorto in conseguenza della prima aggiudicazione intervenuta a 
favore dell'offerta Uniter-Tecnimont, come � testimoniato dalla circostanza che l'ati CMBGhella 
aveva impugnato in via principale la citata aggiudicazione contestando la mancata 
esclusione dell'offerta vincitrice, ne discende, de plano, che la proposizione del ricorso incidentale 
risulta in palese contraddizione con il menzionato principio che non consente di impugnare 
con tale mezzo provvedimenti autonomamente lesivi. 
Passando all'esame del ricorso principale in primis devono essere vagliate le eccezioni di 
inammissibilit� sollevate da Anas, Tecnimont e dal raggruppamento controinteressato. 
In merito � stato fatto presente che: 
I) anche a voler considerare la rinuncia espressa da Tecnimont come non in grado di impegnare 
la mandante Uniter, tuttavia, � escluso che quest'ultima potrebbe risultare aggiudicataria dell'appalto 
de quo, in quanto � pacifico che non possiede i requisiti richiesti per partecipare autonomamente 
alla gara; 
II) il Consorzio ricorrente in data 2 maggio 2011 � stato posto in liquidazione volontaria e, 
conseguentemente, considerati i limiti operativi derivanti dalla liquidazione, tra i quali il compimento 
di nuove operazioni, in cui � da ricomprendere la stipula di un contratto di appalto, 
ne discende che anche per tale aspetto Uniter non potrebbe mai ottenere, pur in caso di esito 
positivo del presente giudizio, la stipula del contratto.
244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
In relazione alla prima eccezione deve essere fatto presente che � ben individuabile l'interesse 
di Uniter a non essere assoggettato all'escussione della cauzione prestata che la stazione appaltante 
� tenuta ad effettuare in relazione alla mancata stipula del contratto derivante della 
rinuncia effettuata da Tecnimont, se quest'ultima fosse riferibile a tutte le imprese componenti 
l'ati; in sostanza � ben individuabile in capo all'odierno istante un interesse a scindere la propria 
responsabilit� per la mancata stipula del contratto da quella di Tecnimont onde non sottostare 
alle conseguenze di ordine patrimoniale derivanti dalla stessa, e, tale interesse ha una sua autonomia 
giuridica rispetto a quello su cui si basa l'eccezione in esame relativo alla capacit� 
del ricorrente di effettuare, anche dopo la rinuncia della mandataria, i lavori de quibus. 
N� a sostegno della dedotta eccezione pu� essere addotta la circostanza che nella fattispecie 
in esame l'Anas non avrebbe mai potuto procedere all'escussione della cauzione in quanto doveva 
ritenersi applicabile l'art. 11, comma 9, del D.lgvo n.163/2006 il quale prevede che " Divenuta 
efficace l'aggiudicazione definitiva, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei 
casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha 
luogo entro il termine di sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito 
ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario. Se 
la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, ovvero il controllo di cui all'articolo 
12, comma 3, non avviene nel termine ivi previsto, l'aggiudicatario pu�, mediante atto 
notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto". 
In merito deve essere rappresentato che entrambe le parti avevano accettato una proroga dei 
termini per la stipula del contratto fino alle definizione del giudizio instaurato dalla seconda 
classificata, fissato per la trattazione nel merito alla pubblica udienza del 27 ottobre 2010, per 
cui ne consegue che la nota del 13 ottobre 2010 con cui Tecnimont aveva comunicato la propria 
volont� di sciogliersi da ogni vincolo con la stazione appaltante ex art. 13, non poteva in 
alcun modo impedire all'Anas di procedere all'escussione della cauzione. 
Per quanto concerne la seconda eccezione la stessa � palesemente contraddetta dalla delibera 
di messa in liquidazione del Consorzio stesso; nella suddetta delibera, infatti, � stato esplicitamente 
fatto presente che rientravano tra le attivit�, comunque in corso, del Consorzio in liquidazione 
tutte quelle riguardanti oltre i contratti in essere e descritti in senso al verbale del 
2 maggio 2011 anche tutti i lavori aggiudicati e/o oggetto di contenzioso tra i quali quelli oggetto 
della presente controversia. 
Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, entrambe le sollevate eccezioni non sono suscettibili 
di favorevole esame. 
Nel merito l'ubi consistam della presente controversia ha ad oggetto l'ambito di estensione 
dei poteri della mandataria di un rti costituitosi dopo l'aggiudicazione ed, in particolare, se 
rientra nei suddetti poteri anche quello di rinunciare all'aggiudicazione. 
Al riguardo il Consorzio ricorrente sostiene che tale potere di rinuncia non rientra tra quelli 
conferiti alla mandataria nella procura, in assenza di una esplicita previsione nella stessa, che 
nella fattispecie in esame � pacifico che non sussisteva. 
A sostegno di tale interpretazione ha richiamato il disposto dell'art. 37, comma 16, del D.lgvo 
n. 163/2006 il quale testualmente prevede che "Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, 
anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni 
e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo, o atto 
equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto". 
Secondo la tesi ricorsuale tale rappresentanza esclusiva deve essere limitata unicamente a tutti 
gli atti meramente conseguenziali ed applicativi dell'aggiudicazione, quale � la stipula del
CONTENZIOSO NAZIONALE 245 
contratto, per cui essendo la rinuncia all'aggiudicazione palesemente estranea a tale categoria 
di atti, non pu�, in assenza di un'esplicita previsione, rientrare tout court nell'ambito dei poteri 
conferiti dalla legge alla mandataria, con la conseguenza che tale atto per essere valido ed efficace 
deve essere firmato da tutte le imprese che avevano firmato le offerte ovvero deve 
essere indicato esplicitamente nell'ambito della procura conferita alla capogruppo. 
La fondatezza della prospettazione di parte ricorrente � stata contestata da tutte le parti resistenti; 
al riguardo � stato fatto presente che: 
a) giusta quanto affermato dalla giurisprudenza il mandato conferito ex art. 37 � "un mandato 
con rappresentanza gratuito ed irrevocabile che legittima l'impresa capogruppo a compiere 
nei rapporti con l'amministrazione ogni attivit� giuridica connessa o dipendente dall'appalto 
e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione 
del rapporto; 
b) in tale contesto ne discende che l'impresa individuata quale mandataria del raggruppamento 
diviene, dunque, l'unico referente dell'amministrazione e, conseguentemente, l'unico soggetto 
in grado di manifestare all'amministrazione ogni volont� e determinazione negoziale del raggruppamento 
(e dunque anche delle singole mandanti) inerente il rapporto contrattuale (pag. 
8 della memoria conclusionale Tecnimont). 
La tesi di parte resistente � stata avallata dal Consiglio di Stato il quale con ordinanza n. 
3277/2011, nel riformare l'ordinanza della Sezione n. 2049/2011, ha affermato che "a norma 
dell'art. 37 del codice dei contratti pubblici rientra nei poteri della mandataria di associazione 
temporanea di imprese rinunziare all'aggiudicazione, tenuto conto che in virt� della connessa 
procura rilasciata a detta mandataria quest'ultima agisce anche in nome e per conto della mandante 
nell'ambito di un rapporto di mandato avente natura collettiva speciale ed irrevocabile, 
rilasciato anche nell'interesse della mandataria e della stazione appaltante e non soltanto della 
mandante". 
Cos� precisati i termini della controversia il Collegio osserva in primis che il menzionato art. 
37 nel far riferimento testualmente a tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti 
dall'appalto, individua i poteri della mandataria con riferimento alla fase successiva all'avvenuta 
stipula del contratto di appalto, per cui non sembra automaticamente riferibile a quella 
fase procedurale che va dall'aggiudicazione alla stipula del contratto. 
Relativamente a tale fase deve essere fatto presente che: 
I) l'aggiudicazione � disposta a favore di tutti i componenti del raggruppamento temporaneo 
i quali hanno firmato l'offerta; 
II) ne discende che la rinuncia alla stipula del contratto risolvendosi in una sorta di rinuncia 
all'aggiudicazione, sulla base del principio della forma del contarius actus deve provenire da 
tutti i soggetti del rti, i quali, peraltro, a tal fine possono esplicitamente attribuire il suddetto 
potere alla mandataria. 
In tale contesto si tratta di vedere, quindi, se il menzionato potere di rinuncia debba essere ritenuto 
implicitamente sussistente nell'ambito dei poteri conferiti dalla legge alla mandataria 
in sede di costituzione dell'ati che era risultata aggiudicataria, in assenza di un esplicito riferimento 
allo stesso, come � dato individuare nella fattispecie in esame. 
Il Collegio sottolinea che il suddetto atto non rientra nell'ambito dei poteri della mandataria, 
atteso che la costituzione del rti, una volta intervenuta l'aggiudicazione, � finalizzata alla stipula 
del contratto, per cui ben pu� ritenersi, come evidenziato dal consorzio ricorrente, che i poteri 
concessi alla capogruppo si estendono per legge a tutte quelle attivit� conseguenti e successive 
a tale ultimo provvedimento e finalizzate unicamente a consentire la stipula del contratto.
246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Ad adiuvandum deve essere evidenziato che se la finalit� della nomina della mandataria, come 
correttamente sottolineato dalla Tecnimont, � quella di avere per la stazione appaltante un 
unico referente per il rti, tuttavia, ci� non pu� mai comportare che la suddetta impresa venga 
ad essere titolare di poteri diversi ed ulteriori rispetto a quelli che ordinariamente sono ricompresi 
dalla legge nella procura o che i mandanti le hanno attribuito con tale atto, con la conseguenza 
che essendo la rinuncia all'aggiudicazione estranea ai poteri conferiti dalla legge 
alla mandataria, se pronunciata dalla mandataria in assenza di una esplicita previsione nella 
procura non pu� impegnare le altre imprese componenti dell'ati, con l'ulteriore conseguenza 
che la stazione appaltante � tenuta formalmente ad accertare se sussistono ancora gli estremi 
per procedere alla stipula del contratto, al fine di adottare i conseguenziali provvedimenti nei 
confronti delle imprese dell'ati aggiudicatrice che con il loro operato ne hanno impedito la 
stipula. 
Ci� premesso, i primi due motivi di doglianza sono fondati, ed il ricorso pertanto, deve essere 
accolto con assorbimento delle altre censure dedotte. 
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio. 
P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando 
sul ricorso n. 3942 del 2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per gli effetti, annulla 
il gravato provvedimento. 
Spese compensate. 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2011.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Impianto di termovalorizzazione di Acerra. Problematiche connesse al trasferimento 
della propriet� ed alla determinazione del �valore proprietario� 
dell�impianto. 
(Parere prot. 364831 del 17 novembre 2011, AL 42308/11, avv. ALDO LINGUITI) 
Con la nota in riscontro codesta Amministrazione ha chiesto il parere 
della Scrivente in ordine ai seguenti temi: 
A) fondatezza delle questioni di costituzionalit� sollevate 
- dal TAR Lazio con ordinanza n. 1992/2010 
circa gli articoli 6 e 7, commi 1, 2 e 3 del decreto legge 30 dicembre 2009 
n. 195 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010 n. 26, 
in base ai quali il valore, ai fini del trasferimento di propriet�, dell�impianto 
termovalorizzatore di Acerra � fissato in 355 milioni di euro (art. 
6), il trasferimento dovr� avvenire in favore della Regione Campania, ovvero 
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione 
Civile - o a soggetto privato (art. 7, comma 1), con risorse da individuare 
(art. 7, comma 2), previa detrazione del canone di affitto ricavato nei 12 
mesi antecedenti il trasferimento, delle somme anticipate ai creditori vari 
del soggetto realizzatore dell�impianto (Soc. A.), delle somme anticipate 
per interventi funzionali all�esercizio dell�impianto sino al trasferimento 
della propriet� (art. 7, comma 3); 
- dal C.d.S. Sez. IV con ordinanza n. 5117/2011 
circa l�art. 7, commi 4, 5 e 6 del decreto legge 30 dicembre 2009 n. 195 
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010 n. 26, in base 
ai quali nelle more del trasferimento della propriet� codesta Amministrazione 
mantiene la piena disponibilit�, utilizzazione e godimento dell�impianto 
ed � autorizzata a stipulare un contratto per l�affitto dell�impianto 
stesso, per una durata fino a 15 anni, contro prestazione di fideiussione 
da parte del proprietario dell�impianto a garanzia del debito dell�affittante
248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
verso codesta Amministrazione per la somma anticipata da codesta Amministrazione 
al proprietario per pagamento di debiti verso creditori del 
realizzatore dell�impianto o per interventi funzionali all�esercizio dell�impianto 
(art. 7, comma 4), 
a codesta Amministrazione spettano i ricavi derivanti dalla vendita dell�energia 
elettrica prodotta dall�impianto facendosi altres� salvi i rapporti 
negoziali conclusi tra codesta Amministrazione ed il soggetto aggiudicatario 
della gestione dell�impianto (Soc. B) (art. 7, comma 5), 
il canone di affitto dell�impianto � fissato in euro 2.500.000,00 mensili 
stabilendosi che il contratto di affitto si risolve automaticamente col trasferimento 
della propriet� dell�impianto (art. 7, comma 6). 
B) Conseguenze di carattere indennitario e risarcitorio derivanti dalla eventuale 
pronunzia di illegittimit� costituzionale delle norme di cui al punto 
A che precede. 
C) Conseguenze derivanti in termini di arricchimento dall�utilizzo di un bene 
altrui senza corresponsione di alcuna forma di ristoro. 
D) Legittimit� del riconoscimento in sede transattiva di importi ulteriori rispetto 
a quello di 355 milioni di euro fissato dall�art. 6 del decreto legge 
n. 195/2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2010, a titolo 
di rivalutazione all�attualit� dell�indicato importo di 355 milioni di euro 
e di quanto ricavato per cessione di energia elettrica prodotta dall�impianto 
dal 2009 al 2011, con detrazione degli oneri affrontati da codesta 
Amministrazione per interventi di manutenzione straordinaria, pagamenti 
di portata debitoria ex art. 12 D.L. 90/2008 e art. 10 D.L. 272/2008 legati 
tanto alla costruzione dell�impianto realizzato dalla Soc. A., quanto agli 
oneri di affidamento curati dalla Soc. A. fino al 18 giugno 2008. 
Dalla nota in riscontro risulta che, senza aver fatto luogo al trasferimento 
di propriet� dell�impianto (rimasto quindi in capo alla realizzatrice Soc. A.), 
a seguito di apposita gara, l�attivit� di gestione dell�impianto � stata affidata 
da codesta Amministrazione alla Soc. B., per il periodo 2009-2011, stabilendosi 
convenzionalmente che gli oneri di gestione avrebbero trovato copertura 
nella quota del 49,9% degli introiti ricavati dalla cessione al Gestore Servizi 
Energetici (G.S.E.) di energia prodotta dall�impianto, mentre il residuo 50,1% 
sarebbe spettato a codesta Amministrazione. Il tutto in conformit� a quanto 
previsto dagli artt. 25 e 27 del decreto legislativo n. 163/2006 per quanto attiene 
all�affidamento della gestione e ad apposita convenzione conclusa tra 
codesta Amministrazione e la G.S.E. per quanto attiene la cessione dell�energia 
prodotta dall�impianto ed il riparto degli introiti ricavatine. 
Risulta altres� da detta nota che non � stato concluso il contratto di affitto 
dell�impianto (n�, conseguentemente, la prestazione di fideiussione da parte
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 249 
del proprietario dell�impianto stesso previsto dall�art. 7, comma 4 D.L. n. 
195/2009 convertito con L. n. 20/2010) a causa dell�opposizione della Soc. A. 
ad accettare le onerose condizioni di cui al ricordato art. 7, comma 4, rimesso 
al vaglio della Corte Costituzionale con la ordinanza del C.d.S. n. 5117/2011. 
- Con riguardo alla questione di legittimit� costituzionale sollevata dal 
TAR Lazio con ordinanza n. 1992/2010 
Ritiene la Scrivente che la norma di cui all�art. 6 D.L. 195/2009 integri 
gli estremi della norma-provvedimento, suscettibile di vaglio di legittimit� 
costituzionale (v. Corte Costituzionale 62/93, 63/95). 
Sul merito ha ritenuto il TAR Lazio che tale norma, in quanto configurante 
sostanzialmente una espropriazione la cui determinazione autoritativa 
dell�indennit� in misura (355 milioni di euro quale controvalore 
dell�impianto completo e funzionante) rapportata non al valore di mercato 
del bene al momento del trasferimento della propriet� (che peraltro era 
previsto dover intervenire tra l�inizio del 2010 ed il 31 dicembre 2011) 
ma al valore del bene nel periodo 2005 - 2006 possa integrare violazione 
del dettato dell�art. 117 Cost. perch� non rispettosa del principio, dettato 
dall�art. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo, di giusto 
equilibrio tra il diritto del privato al rispetto dei propri beni e l�obiettivo 
dello Stato di realizzare fini di utilit� sociale. Ha infatti ritenuto il TAR 
che l�indennit� sia stata fissata in misura inferiore al valore venale del 
bene e che tale ridotta misura, trattandosi di espropriazione isolata non 
sia riconducibile alla realizzazione di obiettivi di riforma economico-sociale 
o di mutamento del contesto politico istituzionale, che, nella interpretazione 
della Corte Europea dei Diritti dell�Uomo, sarebbe l�unica 
ipotesi idonea a consentire indennit� inferiori al valore di mercato del 
bene espropriando. 
Ritiene la Scrivente, in primo luogo che la determinazione della indennit� 
di 355 milioni di euro non � esplicitamente riduttiva rispetto al valore di 
mercato del bene, giacch� tale ipotesi � frutto solo della valutazione del 
TAR che ha ritenuto incongruo il valore rispetto ad un valore di mercato 
(che la norma neppure indica) per il solo fatto che � stato ancorato ad una 
valutazione ENEA del 2006, sicch� la norma potrebbe sotto tale profilo 
non essere ritenuta illegittima. 
In secondo luogo, non sembra da trascurare, quand�anche si possa ritenere 
la indennit� in questione riduttiva rispetto al valore di mercato, che dovrebbe 
verificarsi se il principio indicato nelle decisioni della CEDU con 
riguardo alla possibile riduzione della tutela della propriet� privata di cui 
all�art. 1 della Convenzione non debba allargarsi a comprendere altre ipotesi 
di riduzione delle indennit� di esproprio rispetto al valore di mercato 
in forza della necessaria considerazione di prevalenza o equiordinazione
250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
di esigenze di tutela di beni costituzionalmente protetti che la norma sottoposta 
al vaglio di legittimit� ha tenuto presenti nel caso specificamente 
disciplinato. 
Al riguardo ritiene la Scrivente che la prolungata emergenza rifiuti in 
Campania ha posto capo ad una situazione igienico-sanitaria ed ambientale 
con notori riflessi sull�ordine pubblico che ha portato alla adozione 
delle iniziative di impulso di codesta Amministrazione (D.L. 90/2008 e 
D.L. 195/2009 - artt. 2, 3, 4 e 5) volte alla soluzione del problema concretatesi 
nella realizzazione del termovalorizzatore di Acerra, nella partecipazione 
di codesta Amministrazione agli oneri di suo completamento, 
nella sollecita sua messa in funzione e nella adozione anche dei provvedimenti 
normativi di trasferimento (artt. 6 e 7, commi 1, 2 e 3) oggetto 
della questione di costituzionalit� sopra descritta. 
Gi interessi pubblici ispiratori di tali provvedimenti (tutela della salute 
pubblica, tutela dell�ordine pubblico) di sicuro interesse nazionale appaiono 
di tale rilevante gravit� e valore costituzionale da poter giustificare 
anche l�eventuale riduzione dell�indennizzo espropriativo che venisse 
ravvisato nell�art. 6 del D.L. 195/2009, realizzando cos� un equo contemperamento 
con la tutela della propriet� privata. 
Tale tesi (che potrebbe riconoscersi anche nelle pronunzie che hanno pi� 
volte sollecitato la soluzione del grave problema igienico ambientale 
creato dalla emergenza rifiuti in Campania - Sent. Corte Giustizia n. 
297/08 -) potrebbe consentire ragionevolmente di contestare l�illegittimit� 
costituzionale dell�art. 6 che ha fissato in 355 milioni di euro il valore 
dell�impianto completo e funzionale ai fini del trasferimento della sua 
propriet�, da realizzarsi tra il 2010 ed il 31 dicembre 2011. Del pari non 
sembrano insuperabili le censure di illegittimit� legate alla incertezza del 
destinatario del trasferimento (trattandosi di una incertezza temporanea 
e relativa - Stato o Regione Campania o altro soggetto privato - che non 
incide sul diritto del proprietario ad ottenere il giusto ristoro) o alla individuazione 
delle risorse occorrenti per l�erogazione dell�indennizzo (trattandosi 
di problema contabile di allocazione della spesa che il legislatore 
- art. 7, comma 2 - ha previsto debba comunque intervenire entro il 31 
dicembre 2011 con apposito provvedimento normativo, che non sembra 
incidere sul diritto del proprietario ad ottenere il giusto ristoro). 
In conseguenza, pertanto, l�esborso per il trasferimento della propriet� 
dell�impianto potrebbe essere limitato alla disposta misura di euro 355 
milioni, con esclusione del riconoscimento di ogni ulteriore importo, semprech� 
ci� intervenga entro il 31 dicembre 2011, apparendo legato al rispetto 
di tale data il limite dei 355 milioni di euro di corrispettivo 
indennitario. 
Ovviamente da tale importo andranno detratti gli importi anticipati da co-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 251 
desta Amministrazione per soddisfare i creditori vari del soggetto realizzatore 
dell�impianto e per interventi funzionali all�esercizio dell�impianto 
sino al trasferimento della propriet� come previsto dall�art. 7, comma 3; 
mentre nessuna somma potr� essere detratta per i canoni di un affitto previsto 
sempre dall�art. 7, comma 3, ma di fatto non intervenuto. 
- Con riguardo alla questione di legittimit� costituzionale sollevata dal 
C.d.S. con ordinanza n. 5117/2011 
Ritiene la Scrivente che, ferma la ammissibilit� del vaglio della Corte 
Costituzionale anche sulle disposizioni-provvedimento di cui all�art. 7, 
commi 4, 5 e 6 del D.L. 195/2009, effettivamente con tali disposizioni si 
realizza l�integrale ed immediata sottrazione della disponibilit� dell�impianto 
in favore di codesta Amministrazione in danno del proprietario, 
senza il contestuale riconoscimento di alcun compenso (tale non potendosi 
considerare l�ipotetico ricavo dell�affitto dell�impianto peraltro, a 
tutt�oggi, non intervenuto), mentre per contro codesta Amministrazione 
si assicura la spettanza (art. 7, comma 5) dei ricavi derivanti dalla vendita 
dell�energia elettrica prodotta dall�impianto (ricavi che con apposita convenzione 
sono stati ripartiti tra codesta Amministrazione - 50,1% - e l�affidataria 
Soc. B. della gestione dell�impianto - 49,9%). 
Sembra pertanto che la questione al riguardo sollevata dal C.d.S. sia destinata 
ad accoglimento da parte della Corte Costituzionale. 
Nelle considerazioni che precedono trovano risposta i quesiti sopra riportati 
sotto le lettere A, B, C, D, del presente parere: risposte che qui si sintetizzano. 
- Per il trasferimento della propriet� 
dell�impianto completo e funzionale potrebbe limitarsi il riconoscimento 
alla somma di euro 355 milioni, depurata degli oneri affrontati da codesta 
Amministrazione per pagamenti ai creditori del realizzatore e per interventi 
funzionali all�esercizio dell�impianto fino al suo trasferimento, la 
cui entit� codesta Amministrazione gi� conosce, come risulta dalla nota 
in riscontro. 
- Per la utilizzazione dell�impianto 
dall�anno dell�avvio del suo esercizio al suo trasferimento, occorrer� procedere 
al riconoscimento di tutto quanto ricavato dalla vendita di energia 
elettrica prodotta dall�impianto, depurato delle spese di gestione dell�impianto 
stesso, atteso che anche il proprietario non avrebbe potuto non affrontare 
tali spese. 
Tanto l�importo del ricavato, quanto l�importo delle spese di gestione da 
detrarre dal primo potranno avere quali parametri di riferimento i ricavati
252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
delle vendite di energia elettrica ottenuti dalla Soc. B. nei confronti della 
acquirente G.S.E. e le spese di gestione. 
Sulle basi sopra prospettate, pu�, ad avviso della Scrivente, pervenirsi ad 
una composizione transattiva della vicenda, da concludere entro la data del 31 
dicembre 2011. 
Il presente parere � stato sottoposto al Comitato Consultivo che lo ha approvato 
nella seduta del 16 novembre 2011. 
Modalit� di riscossione dei crediti esattoriali. Interpretazione della disposizione 
sui solleciti di pagamento per crediti fino ad � 2.000 previsti dall�art. 
7 comma 2 gg-quinquies del D.L. n. 70/2011. 
(Parere prot. 401712 del 14 dicembre 2011, AL 37910/11, avv. GIANNI DE BELLIS) 
L�art. 7 comma 2 gg-quinquies del D.L. n. 70/2011 (nel testo introdotto 
dalla legge di conversione n. 106/2011), ha disposto che �in tutti i casi di riscossione 
coattiva di debiti fino a Euro duemila ai sensi del decreto del Presidente 
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, intrapresa 
successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le 
azioni cautelari ed esecutive sono precedute dall�invio, mediante posta ordinaria, 
di due solleciti di pagamento, il secondo dei quali decorsi almeno sei 
mesi dalla spedizione del primo�. 
Con la nota in riferimento codesta Agenzia ha chiesto il parere della Scrivente 
in ordine alla corretta interpretazione della disposizione, con particolare 
riferimento: 
a) alla possibilit� di computare nella soglia dei 2000 Euro anche gli accessori 
del credito (interessi) e le spese spettanti all�Agente della riscossione; 
b) alla possibilit� di computare nella medesima soglia anche eventuali 
altri crediti vantati dall�Agente nei confronti del medesimo debitore. 
Sotto il primo profilo occorre considerare, come peraltro evidenziato nella 
nota in riferimento, che in diverse disposizioni del D.P.R. n. 602/1973 (in particolare 
negli artt. 76 e 77) si richiama il concetto di �importo complessivo del 
credito�. 
Pi� esplicitamente l�art. 3 comma 3 del D.M. 18 gennaio 2008 n. 40, emanato 
in base all�art. 48 bis comma 2 del D.P.R. n. 602/1973, dispone che �Nel 
caso previsto dal comma precedente la comunicazione di cui al comma 2 dell'articolo 
2 contiene l'indicazione dell'ammontare del debito del beneficiario 
per cui si � verificato l'inadempimento, comprensivo delle spese esecutive e 
degli interessi di mora dovuti �.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 253 
Da ultimo il legislatore nell�art. 7 comma 2 lettera gg-decies) del D.L. n. 
70/2011, ha previsto che �gg-decies) a decorrere dalla data di entrata in vigore 
della legge di conversione del presente decreto, l�agente della riscossione non 
pu� iscrivere l�ipoteca di cui all�articolo 77 del decreto del Presidente della 
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come modificato, da ultimo, dalla lettera 
u-bis) del presente comma, se l�importo complessivo del credito per cui 
lo stesso procede � inferiore complessivamente a:[�] �. 
Appare allora evidente che: 
a) l�importo degli interessi non pu� che essere ricompreso nel limite di 
2000 Euro; oltre ad evidenti esigenze di sistematicit� (in quanto la normativa 
sopra citata fa sempre riferimento all�importo complessivo del credito), non 
si giustificherebbe una disparit� di trattamento tra due soggetti tenuti a pagare 
la stessa somma, per il solo fatto che per uno gli interessi siano di importo 
maggiore, tale da far scendere sotto la soglia il credito capitale (in tal caso, 
peraltro, verrebbe paradossalmente avvantaggiato il soggetto debitore da un 
pi� lungo periodo). 
� vero che talvolta le norme attribuiscono rilievo al solo tributo al netto degli 
interessi (si veda l�art. 16 comma 3 lett. c) della legge n. 289/2002, tornato 
applicabile alle c.d. �liti minori� con l�art. 39 comma 12 del D.L. n. 98/2011). 
In tali casi per� l�importo assumeva rilievo per la definizione di giudizi di cognizione. 
La norma del 2011 sopra citata afferisce invece alle modalit� di riscossione 
dei crediti, con la conseguente irrilevanza della distinzione tra capitale ed interessi 
(tenuto altres� conto che per il debitore ci� che rileva � l�importo complessivo 
che egli � tenuto a pagare). 
Le suesposte considerazioni portano a ritenere ricomprese nel tetto dei 2000 
Euro, anche le spese spettanti all�Agente della riscossione. 
In altri termini il riferimento ai �debiti fino ad Euro duemila� previsto dal citato 
art. 7 a parere della Scrivente va inteso come somma che il debitore � tenuto 
complessivamente a pagare. 
b) Anche la soluzione del secondo quesito va rinvenuta nell�ambito dei 
principi sopra richiamati. 
Il prevedere che il riferimento al tetto di 2000 Euro debba riguardare ciascuna 
voce di debito (rectius: cartella) e non invece l�intero credito (esigibile) vantato 
dall�Agente (e per la cui riscossione � abilitato a procedere ad esecuzione forzata), 
porterebbe ad una ingiustificata disparit� di trattamento tra soggetti debitori 
della stessa somma di un unico importo superiore alla soglia (che 
sarebbero esclusi dall�applicazione della norma di favore) ed altri debitori il 
cui credito complessivo � anch�esso superiore alla soglia � sia costituito da 
diverse (e, in ipotesi, numerose) cartelle ciascuna di importo inferiore (i quali 
beneficerebbero invece della nuova normativa). 
Ci� in una situazione in cui (come confermato per vie brevi), l�Agente della
254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
riscossione intraprende un�unica azione esecutiva sulla base del complesso 
dei crediti (esigibili) vantati nei confronti di ciascun debitore. 
Occorre da ultimo considerare che la nuova disposizione si pone come 
derogatoria al principio generale della sollecita riscossione dei crediti pubblici, 
che trova la sua fonte in principi costituzionali. 
La Corte Costituzionale ha infatti costantemente affermato che �l'esecuzione 
esattoriale � regolata come un procedimento nel quale si manifesta energicamente 
il principio della esecutoriet� dell'atto amministrativo per assicurare 
la sollecita riscossione delle imposte, nel preminente interesse costituzionale 
di garantire il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato� (sentenza 
10 luglio 1975 n. 195; ord.za 26 luglio 1988 n. 916 ecc.). 
In sostanza la norma, ancorch� rispetto alla procedura esattoriale rappresenti 
un'eccezione, va interpretata alla luce sia dei principi scaturenti dal diritto 
dell'Unione europea (principio di proporzionalit� e del divieto di aggravamento 
del procedimento) che dei principi costituzionali. 
In conclusione anche sotto tale profilo questa Avvocatura ritiene che la 
disposizione in oggetto debba essere interpretata nel senso che la deroga alla 
sollecita riscossione coattiva del credito, sia limitata ai soli casi in cui il debitore 
sia tenuto al pagamento di un importo complessivo ricompreso nel limite 
di 2000 Euro. 
La questione � stata sottoposta all'esame del Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato di cui all�art. 26 della legge 3 aprile 1979 n. 103, che 
si � espresso in conformit�. 
Convenzione tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per 
l�Informazione e l�Editoria - e la RAI per la trasmissione di programmi televisivi 
in lingua tedesca e ladina nella Provincia autonoma di Bolzano. Art. 
2 commi 106-125 della Legge 191/2009 (Finanziaria 2010). Concorso negli 
oneri. 
(Parere prot. 402119 del 14 dicembre 2011, AL 13169/11, avv. FABRIZIO FEDELI) 
Con la nota in riferimento codesto Dipartimento ha domandato l�avviso 
della Scrivente in merito alla condotta da tenere nei rapporti contrattuali con 
la RAI, derivanti dalla convenzione attualmente in vigore per la trasmissione 
di programmi televisivi in lingua tedesca e ladina nella Provincia autonoma 
di Bolzano e ai fini del subingresso, in tali rapporti, della Provincia. 
In particolare, si chiede di conoscere il parere di questa Avvocatura sui 
seguenti punti: 
a) se tra le funzioni delegate nell�ambito del processo di attuazione del
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 255 
federalismo fiscale debbano intendersi ricomprese quelle relative alle trasmissioni 
di lingua tedesca e ladina di competenza della sede RAI di Bolzano, tenuto 
conto, da un lato, che la disposizione contenuta nella legge finanziaria 
2010 (art. 2, comma 123, L. n. 191/2009) non le richiama espressamente facendo 
un mero rinvio a �gli ulteriori oneri specificati mediante accordo tra il 
Governo e la provincia autonoma di Bolzano� e, dall�altro lato, che con deliberazione 
del 30 dicembre 2010, la Giunta provinciale di Bolzano, nelle more 
della definizione delle norme di attuazione, ha deliberato, nell�ambito del contributo 
di 100 milioni di cui alla legge finanziaria 2010 per il concorso al conseguimento 
degli obiettivi di perequazione, di assumere l�onere finanziario di 
15 milioni di euro riferito alle trasmissioni di lingua tedesca e ladina di competenza 
della sede RAI di Bolzano; 
b) ove le suddette competenze in materia radiotelevisiva siano da intendersi 
ricomprese tra le funzioni delegate, se l�onere finanziario da parte della 
Provincia di Bolzano debba intendersi assunto a decorrere dal 1� gennaio 2010 
(come sembrerebbe evincersi dalle disposizioni contenute nella legge finanziaria) 
e, conseguentemente, su quale soggetto (Presidenza del Consiglio dei 
ministri o Provincia autonoma di Bolzano) gravi l�onere di provvedere al pagamento 
a favore della RAI del corrispettivo previsto in convenzione per 
l�anno 2010 (da liquidare nel 2011), nonch� per le successive annualit� 2011 
e 2012, laddove in tale arco temporale non siano state ancora emanate le norme 
di attuazione della delega; 
c) se, nelle more della definizione delle norme di attuazione, i rapporti 
contrattuali con la RAI continuino ad essere regolati sulla base delle condizioni 
e modalit� previste nella convenzione in essere (in relazione al numero delle 
ore trasmesse, alla consegna dei palinsesti, all�attivit� di monitoraggio, alla 
fatturazione e liquidazione dei corrispettivi, ecc.), ivi comprese le comunicazioni 
che la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve effettuare entro i due 
mesi precedenti la scadenza di ogni esercizio finanziario per comunicare alla 
RAI le condizioni economiche alle quali intende continuare a fruire delle prestazioni 
previste nella convenzione per l�anno successivo; 
d) se si ritenga necessario o quanto meno opportuno, nelle more della definizione 
delle norme di attuazione, avviare il procedimento di subingresso 
della Provincia di Bolzano nei rapporti tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri 
e la RAI e attraverso quali modalit�. 
In proposito, la Scrivente osserva quanto segue. 
L�art. 2 comma 107 lett. h) della Legge 23 dicembre 2009 n. 191 ha modificato 
l�art. 79 dello Statuto di autonomia disponendo un concorso finanziario 
della Provincia al riequilibrio della finanza pubblica, nella misura di 100 
milioni di euro, a decorrere dal 2010, �mediante l�assunzione di oneri relativi 
all�esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite d�intesa con il Ministero 
dell�Economia e delle Finanze, nonch� con il finanziamento di iniziative e pro-
256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
getti, relativi anche ai territori confinanti, complessivamente in misura pari a 
100 milioni di euro annui a decorrere dall�anno 2010 per ciascuna provincia�. 
In base allo Statuto il concorso finanziario della Provincia pu� riguardare, 
quindi, sia funzioni delegate e sia funzioni non delegate che rimangono di 
competenza dello Stato e tradursi nell�assunzione di deleghe o nella mera assunzione 
di oneri (in tal senso si � espressa anche la Giunta Provinciale di Bolzano 
nella delibera n. 2169 del 30 dicembre 2010). 
Il comma 123 dell�art. 2 della L. n. 191/2009 indica, nei limiti sopra descritti, 
gli ambiti di spesa statale il cui onere pu� essere assunto dalla Provincia, 
nel finanziamento della Libera Universit� di Bolzano, nei costi di funzionamento 
del Conservatorio �Claudio Monteverdi� di Bolzano, in quelli relativi 
al servizio di spedizione e recapito postale nell�ambito provinciale e nel finanziamento 
di infrastrutture di competenza dello Stato sul territorio provinciale, 
nonch� negli ulteriori oneri specificati mediante accordo con il Governo. 
Ad avviso della Scrivente, le competenze del Dipartimento per l�Editoria 
in materia di trasmissioni in lingua tedesca e ladina nella Provincia di Bolzano, 
non espressamente nominate dall�art. 2, commi 122 e 124, della L. n. 
191/2009, non rientrano tra le funzioni delegate alla Provincia (1), ma tra 
quelle per le quali la norma prevede un concorso negli �ulteriori oneri specificati 
mediante accordo tra il Governo ...e la Provincia autonoma di Bolzano� 
(art. 2, comma 123, L. n. 191/2009). 
Ad opinare in senso contrario non si potrebbe invocare il comma 125 
dell�art. 2 della L. n. 191/2009 nella parte in cui allude a �l�esercizio delle funzioni 
delegate di cui ai commi 122, 123 e 124�; il comma 125, infatti, � una 
norma di natura esclusivamente transitoria finalizzata a regolare i rapporti tra 
lo Stato e la Provincia fino all�emanazione delle norme di attuazione che disciplinano 
le funzioni delegate; non sembra, quindi, che il comma 125 abbia 
lo scopo di trasformare tutte le materie di cui ai commi precedenti in funzioni 
delegate anche perch�, per quanto concerne gli oggetti regolati dal comma 123, 
ci troveremmo in presenza di una delega �anomala� con limite di spesa. Appare 
inevitabile, quindi, la conclusione secondo cui l�inserimento del comma 123 
tra le norme che prevedono funzioni delegate, all�interno del comma 125 dell�art. 
2 della L. n. 191/2009, non abbia altra valida spiegazione se non quella 
di un difetto di coordinamento normativo, poich� se il comma 123 avesse voluto 
prefigurare una delega di funzioni e non un mero concorso negli oneri lo 
avrebbe disposto espressamente (come avvenuto nei commi 122 e 124). 
L�accordo cui fa riferimento il comma 123 della L. n. 191/2009 pu� rin- 
(1) Non risulta, infatti, dai commi 122 e 124 della L. n. 191/2009, che le funzioni in materia di 
trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la Provincia di Bolzano, regolate 
mediante convenzione con la RAI ai sensi degli artt. 19 e 20 della L. n. 103/1975, siano state delegate 
alla Provincia. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 257 
venirsi nell�atto stipulato il 30 novembre 2009 tra lo Stato, le Province autonome 
di Trento e di Bolzano e la Regione Trentino Alto Adige/Suedtirol (recepito 
nei contenuti dalla Legge 23 dicembre 2009 n. 191, cfr. delibera della 
Giunta Provinciale di Bolzano n. 2169 del 30 dicembre 2010), per il coordinamento 
della finanza pubblica nell�ambito del processo di attuazione del federalismo 
fiscale, in attuazione dell�art. 119 della Costituzione, il quale 
prevede, al punto 5, �l�assunzione da parte della Provincia autonoma di Bolzano, 
nella misura massima di cui all�art. 79, comma 1, lettera c), del D.P.R. 
n. 670 del 1972 degli oneri riferiti� alle trasmissioni di lingua tedesca e ladina 
di competenza della sede RAI di Bolzano ...�. 
In conclusione, alla stregua delle cennate disposizioni sembra potersi affermare 
che, per quanto riguarda le trasmissioni di programmi televisivi in lingua 
tedesca e ladina, la Legge finanziaria 2010 (art. 2 comma 123 L. n. 
191/2009) ha previsto non una delega delle funzioni ma un concorso negli oneri 
da parte della Provincia di Bolzano, come specificato nell�accordo del 30 novembre 
2009 (punto 5), che si potr� attuare mediante decurtazione dei trasferimenti 
erariali. Ad avviso della Scrivente, dunque, i rapporti contrattuali con 
la RAI continueranno a essere regolati sulla base delle condizioni e modalit� 
previste dalla Convenzione in vigore con codesta Presidenza del Consiglio - 
sulla quale grava l�onere di provvedere al pagamento del corrispettivo - in relazione 
al numero delle ore trasmesse, alla consegna dei palinsesti, all�attivit� 
di monitoraggio, alla fatturazione e liquidazione dei corrispettivi, ivi comprese 
le comunicazioni che la Presidenza del Consiglio dei Ministri � tenuta ad effettuare 
entro due mesi precedenti la scadenza di ogni esercizio finanziario per 
comunicare alla RAI le condizioni economiche alle quali intende continuare a 
fruire delle prestazioni previste nella convenzione per l�anno successivo. 
L�assunzione del finanziamento delle trasmissioni in lingua tedesca e ladina 
da parte della Provincia di Bolzano, che decorre dal 1� gennaio 2010 (art. 
2 comma 125 L. n. 191/2009) potr� essere disciplinata, nella tempistica e nelle 
modalit�, mediante un atto integrativo della Convenzione da stipularsi tra codesta 
Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Provincia e la R.A.I.. 
Sulla questione oggetto del presente parere � stato sentito l�avviso del 
Comitato Consultivo che si � espresso in conformit�.
258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Valutazione della bozza di determina avente ad oggetto l�individuazione di 
Telecom S.p.A. quale fornitore e partner tecnologico dei servizi di comunicazioni 
elettroniche usufruiti dall'Amministrazione di Pubblica Sicurezza. 
(Parere prot. 409380 del 20 dicembre 2011, AL 49888/11, avv. MAURIZIO BORGO) 
Con nota del 12 dicembre 2011, prot. n. 600/Segr/3576/2011, codesto Dicastero 
ha chiesto di conoscere l�avviso della Scrivente in merito al contenuto 
di una bozza di determina avente ad oggetto l�individuazione di Telecom 
S.p.A. quale fornitore e partner tecnologico di tutti i servizi di comunicazioni 
elettroniche, attualmente usufruiti dall'Amministrazione di Pubblica Sicurezza 
(vengono menzionati, in via esemplificativa, il servizio CIFRA, il servizio 
Batteria di Governo, la rete nazionale per il servizio trasmissione dati, il sistema 
di comunicazione fra il Dipartimento di Pubblica Sicurezza e tutti gli 
Uffici delle Forze di Polizia sul territorio, il collegamento con le Prefetture, i 
collegamenti con le altre Forze di polizia e con gli Organismi di Sicurezza Nazionale, 
soprattutto per il profilo della lotta al terrorismo e della sicurezza interna, 
le banche dati di polizia che supportano anche gli altri collaterali 
organismi europei, il servizio di interoperabilit� con le reti in ponte radio interpolizie 
e, da ultimo, la gestione del nuovo servizio 112 NUE previsto dalla 
normativa europea). 
Al proposito, codesto Ministero, nelle premesse in fatto della bozza di determina, 
evidenzia che, per effetto della Convenzione sottoscritta in data 26 
febbraio 2003 anche al fine di risolvere transattivamente una serie di controversie 
insorte in relazione alla esecuzione di una serie di contratti intercorsi fra 
le parti, la Telecom S.p.A. eroga, per conto del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, 
tutti i servizi di telefonia fissa e di trasmissione dati, gestisce in regime 
di outsourcing le centrali telefoniche, il servizio di posta elettronica, i servizi 
di amministrazione e sicurezza della rete nonch� i servizi di telefonia mobile. 
Si soggiunge che nell�ambito degli accordi raggiunti con la menzionata 
Convenzione la Telecom S.p.A. ha assunto l�impegno di supportare codesta 
P.A. nell�individuazione delle �migliori soluzioni architetturali e tecnologiche 
di Information e Communication Tecnology finalizzate ad una evoluzione tecnologica 
dei servizi forniti in linea con gli standard di mercato (art. 4.1. della 
Convenzione) ed in una logica di contenimento degli oneri economici e di ottimizzazione 
tecnico-economica delle risorse gi� acquisite (art. 7 della succitata 
Convenzione). 
Ci� premesso in punto di fatto, codesto Ministero - richiamata la normativa 
comunitaria (cfr. in particolare art. 31 della direttiva 2004/18/CE del 31 
marzo 2004 e, pi� specificamente, art. 28, punto 1), lett. e) della direttiva 
2009/81/CE del 13 luglio 2009 relativa al coordinamento delle procedure per 
l�aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori 
della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 259 
enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 
2004/18/CE) che contempla, in termini peraltro molto ristretti, la possibilit� 
per le P.A. aggiudicatrici di procedere all�affidamento di appalti di servizi 
senza previo esperimento di gara - puntualizza che le ragioni che militano nel 
senso della scelta dell�affidamento diretto alla Societ� Telecom S.p.A. del 
nuovo contratto sono correlate alle seguenti considerazioni: a) il fornitore, legato 
da rapporti convenzionali con l�Amministrazione procedente, � l�unico 
operatore in grado di utilizzare conoscenze, strumenti e mezzi specifici, da 
questi espressamente elaborati e messi a disposizione dell�Amministrazione, 
alcuni dei quali, come ad esempio software specifici per il coordinamento dei 
servizi e dei sistemi, protetti da diritti di esclusiva; b) nel caso di svolgimento 
di una procedura di gara - in disparte ogni considerazione sul possesso dei requisiti 
di idoneit� tecnica come sopra individuati - l�eventuale affidamento ad 
operatori alternativi (comunque ristretti nel novero di quelli operanti sul territorio 
nazionale data la particolarit� del settore considerato) comporterebbe la 
necessit� di modifiche e riconfigurazioni dei sistemi e dei servizi, ed in modo 
particolare di quelli oggetto di attivit� di integrazione e coordinamento attraverso 
le strutture del Sistema di Supervisione Integrato - Si.S.In. (di esclusiva 
propriet� del pregresso fornitore), tali da impedire, se non al prezzo, a condizioni 
economiche sproporzionate e con tempi tecnici non compatibili con la 
necessit� di una assoluta continuit� dei servizi afferenti alla sicurezza, la ricerca 
di soluzioni che possano condurre alla scelta di diverso contraente; c) i processi 
di integrazione logistica hanno comportato l�emersione e la definizione di specifici 
requisiti di interoperabilit� finalizzati alle esigenze di sicurezza che non 
possono essere derogati dall�Amministrazione procedente, e la cui ridefinizione 
ed applicazione a servizi/sistemi erogati da altri fornitori comporterebbe 
una manifesta sproporzione in termini di efficacia, efficienza ed economicit� 
dell�azione amministrativa tale da rendere non conveniente, se non addirittura 
dannoso, il ricorso a procedure concorrenziali; d) l�art. 1, punto 9) della direttiva 
2009/81 CE definisce �materiale sensibile, lavori sensibili e servizi sensibili: 
materiali, lavori e servizi destinati alla sicurezza che comportano, 
richiedono e/o contengono informazioni classificate� e che pertanto si tratta 
di apparecchiature e servizi che, per quanto riguarda questo aspetto, sono trattati 
alla stessa stregua degli appalti della difesa. 
Al fine di rendere la richiesta consultazione, occorre, in primo luogo, individuare 
il parametro normativo alla luce del quale procedere alla valutazione 
della bozza di determina, meglio indicata in oggetto. 
Al proposito, questo Generale Ufficio ritiene, per le ragioni che si andranno 
qui di seguito ad esporre, che la normativa di riferimento vada individuata 
nella direttiva 2009/81/CE del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento 
delle procedure per l�aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e 
di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministra-
260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
zioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori e recante modifica delle direttive 
2004/17/CE e 2004/18/CE, il cui termine di recepimento � venuto a scadere 
in data 21 agosto 2011 (la direttiva � stata, peraltro, recepita nell�ordinamento 
nazionale con il decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, pubblicato sulla 
G.U.R.I. del 16 dicembre 2011, n. 292). 
Quanto alla diretta applicabilit� delle disposizioni della predetta direttiva 
nelle more dell�entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento (che avverr� 
in data 15 gennaio 2012), questo Generale Ufficio ritiene che la stessa 
possa essere affermata in considerazione della natura self-executing delle disposizioni 
della direttiva cui si far� riferimento nel prosieguo del presente parere. 
1. La direttiva 2009/81/CE: genesi ed ambito di applicazione. 
Come noto, la materia degli appalti pubblici � regolata, in ambito comunitario, 
dalla direttiva 2004/18/Ce, approvata dal Parlamento europeo e dal 
Consiglio il 31 marzo 2004 (direttiva, relativa al coordinamento delle procedure 
di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, 
recepita nel nostro ordinamento con il Codice dei contratti pubblici di cui al 
D.Lgs. n. 163/06). 
Il campo di applicazione di tale direttiva (capo II), � limitato sia con riferimento 
al valore economico dell�appalto, sia dal punto di vista materiale; il 
campo di applicazione rationae materiae della direttiva � il seguente: la direttiva 
non si applica ad una serie di appalti �esclusi� (artt. da 12 a 18); fra 
questi appalti �esclusi� figurano �gli appalti segreti o che esigono particolari 
misure di sicurezza�. L�art. 14, infatti, stabilisce che la direttiva �non si applica 
agli appalti pubblici che sono dichiarati segreti, quando la loro esecuzione 
deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza secondo le disposizioni 
legislative, regolamentari o amministrative vigenti nello Stato membro 
di cui trattasi o quando ci� � necessario ai fini della tutela di interessi essenziali 
di tale Stato membro�. 
Prima dell�entrata in vigore della direttiva 2009/81/CE, gli appalti pubblici 
aggiudicati nei settori della difesa e della sicurezza, rientravano, pertanto, 
nel campo di applicazione della direttiva 2004/18/CE. 
Nella realt�, tuttavia, gli Stati membri raramente hanno applicato la direttiva 
2004/18/CE nel settore della difesa e della sicurezza; essi, il pi� delle 
volte, si sono avvalsi delle deroghe previste dall�art. 296 del Trattato CE (oggi, 
art. 346 TFUE) e dall�art. 14 della direttiva 2004/18/CE, per applicare le rispettive 
norme nazionali in materia di appalti; tali norme, essendo sostanzialmente 
diverse le une dalle altre, costituiscono degli ostacoli all�integrazione 
del mercato su scala continentale: le imprese incontrano enormi difficolt� per 
partecipare ad una gara d�appalto indetta in uno Stato membro diverso da 
quello in cui sono stabilite e gli Stati membri difficilmente possono acquistare 
i prodotti dalle imprese non nazionali sulla base di criteri economici. Gli Stati
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 261 
non possono sfruttare i vantaggi in termini di rapporto qualit�/prezzo derivanti 
da una sana competizione; le industrie, non operando in un contesto competitivo, 
non sono incentivate a migliorare i propri processi produttivi e la qualit� 
dei prodotti offerti; in questo modo le industrie europee perdono terreno nei 
confronti dei concorrenti extraeuropei, nordamericani in particolare. Il ricorso 
pressoch� sistematico alle deroghe � avvenuto nonostante la Corte di Giustizia 
abbia pi� volte stabilito che il ricorso alle deroghe del diritto comunitario, ivi 
compresa quella prevista all�art. 296, deve essere limitato ad ipotesi eccezionali 
e chiaramente definite. 
Il comportamento degli Stati era, tuttavia, giustificato, seppure in parte, 
dal fatto che la direttiva 2004/18/CE non prende adeguatamente in considerazione 
le esigenze specifiche che certi acquisti di beni e di servizi devono soddisfare 
nei settori della difesa e della sicurezza. 
La nuova direttiva (2009/81/CE) mira a soddisfare il bisogno manifestato 
dagli Stati, e dagli attori economici del settore, di un nuovo quadro legislativo 
europeo adeguato all�aggiudicazione degli appalti pubblici sensibili in materia 
di sicurezza e difesa, in particolare garantendo la sicurezza delle informazioni, 
degli approvvigionamenti e una maggiore flessibilit� delle procedure di aggiudicazione 
degli appalti. 
La direttiva 2009/81/CE si basa, in larga misura, sull�architettura e sulla 
filosofia della direttiva 2004/18/CE ma presenta un certo numero di specificit� 
adattate alle caratteristiche degli appalti pubblici sensibili nel campo della difesa 
e della sicurezza, a cominciare dal campo di applicazione. 
Il campo di applicazione della direttiva (art. 2) � stato a lungo discusso in 
sede di negoziato. L�oggetto dell�intenso dibattito � stata l�inclusione, nell�ambito 
di applicazione della direttiva, del settore della sicurezza non militare. 
Alcuni Stati membri, fra cui la Germania e il Regno Unito, si sono 
espressi con diffidenza a tale estensione. Secondo la visione di questi Stati, 
estendere l�applicazione della direttiva al settore della sicurezza, in assenza di 
una definizione comune del termine �sicurezza�, avrebbe comportato un esplicito 
e indesiderato effetto di armonizzazione del concetto di sicurezza nazionale. 
Anche il �Gruppo di lavoro del Consiglio dell�Ue sul terrorismo� ha 
espresso alcune perplessit� in merito alle disposizioni relative alla pubblicit� 
e alla trasparenza dei contratti relativi ai beni della sicurezza. In un documento 
diffuso da questo gruppo di lavoro si avvisa che �la protezione delle informazioni 
sensibili utilizzate nell�ambito della lotta al terrorismo non sarebbe pi� 
assicurata in caso di applicazione della direttiva�. Per esempio, se l�autorit� 
competente di uno Stato membro decidesse di acquisire un nuovo sistema di 
intercettazione, in conformit� con la nuova direttiva, dovrebbe pubblicare il 
contratto di fornitura, contenente informazioni sensibili relative alle capacit� 
tecniche in uso nel campo delle intercettazioni ambientali. Queste informazioni 
potrebbero essere utilizzate dai terroristi per sviluppare equipaggiamenti in
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
grado di eludere le attivit� investigative. 
Gli interessi essenziali di sicurezza degli Stati membri non sarebbero cos� 
adeguatamente salvaguardati. Ovviamente uno Stato membro � sempre libero 
di invocare l�art. 296 ma questa possibilit� non � ritenuta una garanzia sufficiente 
a causa dell�incertezza giuridica sulla sua applicazione. 
In sostanza, chi era contrario all�estensione del campo di applicazione al 
settore della sicurezza, chiedeva o la non applicazione della direttiva ai contratti 
nel campo della sicurezza o, almeno, la predisposizione di disposizioni 
volte a scongiurare l�obbligo di fornire informazioni la cui diffusione sia idonea 
a compromettere gli interessi essenziali di sicurezza. Tale posizione � rafforzata 
dall�assenza di una definizione comune di �sicurezza�; armonizzare 
le regole per l�acquisizione dei beni finalizzati alla sicurezza, avrebbe comportato 
un indesiderato effetto di armonizzazione del concetto di sicurezza. 
Al contrario, altri Stati membri si sono da subito dimostrati favorevoli ad 
estendere l�applicazione della direttiva al settore della sicurezza. L�Italia, per 
esempio, ha ritenuto che l�inclusione del settore della sicurezza, �doterebbe le 
Forze di Polizia di uno strumento particolarmente agile e funzionale ai fini della 
pi� celere acquisizione di beni e servizi ad alta tecnologia, suscettibili di impiego 
dual-use, indispensabili all�azione di prevenzione e repressione del terrorismo�. 
La tesi favorevole all�inclusione si basa su due considerazioni, una di natura 
strettamente giuridica, l�altra politico-strategica. Dal punto di vista giuridico, 
come si � visto, i beni non propriamente militari, secondo l�interpretazione 
della Commissione e della Cgce, sono esclusi dall�ambito di applicazione dell�art. 
296. Ci� comporta che gli acquisti di beni ad opera di enti non militari, 
come per esempio le Forze di Polizia, cos� come gli acquisti di beni dual-use, 
dovrebbero essere regolamentati dalla direttiva per gli appalti pubblici civili, 
uno strumento non adeguato ad equipaggiamenti sensibili. 
La nuova direttiva garantisce una protezione maggiore delle informazioni 
sensibili rispetto a quanto non sia possibile con la direttiva 2004/18/Ce. L�inclusione 
del procurement non militare sarebbe in sintonia con la pi� recente giurisprudenza 
della CGCE (restrizione dell�area di applicazione dell�art. 296); al 
contrario, una sua esclusione potrebbe incoraggiare un ricorso eccessivo all�art. 
296 da parte degli Stati membri, esponendoli cos� alle procedure di infrazione. 
Considerando le disposizioni della direttiva 2004/18/CE da un lato, e la 
giurisprudenza della CGCE sui limiti di applicabilit� dell�art. 296 dall�altro, 
l�esclusione del settore della sicurezza dal campo di applicazione della nuova 
direttiva, paradossalmente, avrebbe l�effetto di indebolire la sicurezza durante 
i processi di acquisizione. 
Dal punto di vista strategico, l�emergere della minaccia terroristica e la 
natura delle odierne crisi internazionali, comportano un impiego, sempre pi� 
comune, di mezzi civili e militari. In altre parole, il confine fra il settore della 
difesa e quello della sicurezza � sempre pi� sfumato. A livello politico, una
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 263 
forte e competitiva base industriale e tecnologica di difesa europea, fondamento 
di un�efficace PESD, non pu� costituirsi separando le diverse entit� 
operanti al suo interno; se cos� fosse l�European Defence Technological and 
Industrial Base (Edtib) risulterebbe indebolita sul piano dell�occupazione, 
della dimensione del mercato e della circolazione delle conoscenze. 
A livello operativo, l�Unione Europea si � fatta promotrice di un modello 
di intervento nelle aree di crisi fondato su una stretta connessione fra componente 
militare e di sicurezza, il che presuppone una certa interoperabilit� fra 
le due componenti. 
A livello industriale, i maggiori gruppi industriali attivi nel mercato della 
difesa forniscono beni sia per la difesa che per la sicurezza; se si considerano 
i sottosistemi, spesso lo stesso bene pu� essere utilizzato a fini di difesa cos� 
come di sicurezza. 
A livello tecnologico, le innovazioni sono spesso applicabili in entrambi 
i settori, specialmente laddove siano prevalenti le componenti elettroniche. 
A favore dell�inclusione, si � espressa la Commissione europea, secondo 
la quale �le forze di sicurezza utilizzano equipaggiamenti che, da un punto di 
vista tecnologico, sono spesso paragonabili a quelle militari. Di conseguenza, 
gli acquisti per la sicurezza sono caratterizzati sempre pi� da una sensibilit�, 
in particolare in termini di complessit� e riservatezza, che li assimila agli acquisti 
destinati alla difesa�. 
Per quanto riguarda il settore della sicurezza (non militare), in assenza di 
una definizione condivisa del concetto di sicurezza, nel testo definitivo si � 
volutamente evitato un riferimento diretto alla sicurezza dell�Unione e dei suoi 
Stati membri. Nel corpo della direttiva si � preferito utilizzare i termini �materiale 
sensibile�, �lavori sensibili� e �servizi sensibili�, definiti all�art. 1 come 
�materiale, lavori e servizi destinati alla sicurezza che comportano, richiedono 
e/o contengono informazioni classificate�. Qui assume una decisiva importanza 
la definizione di �informazione classificata� che la direttiva fornisce, 
sempre all�art. 1, nei seguenti termini: �qualsiasi informazione o materiale, a 
prescindere da forma, natura o modalit� di trasmissione, alla quale � stato 
attribuito un determinato livello di classificazione di sicurezza o un livello di 
protezione e che, nell�interesse della sicurezza nazionale e in conformit� delle 
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in vigore nello Stato 
membro interessato, richieda protezione contro appropriazione indebita, distruzione, 
rimozione, divulgazione, perdita o accesso da parte di un soggetto 
non autorizzato o contro qualsiasi altro tipo di pregiudizio�. 
2. La bozza di determina avente ad oggetto l�individuazione di Telecom S.p.A. 
quale fornitore e partner tecnologico dei servizi di comunicazioni elettroniche 
usufruiti dall'Amministrazione di Pubblica Sicurezza: riconducibilit� all�ambito 
di applicazione della direttiva 2009/81 CE.
264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Alla luce di quanto evidenziato al precedente punto 1. in ordine, in particolare, 
all�ambito di applicazione della direttiva 2009/81 CE, occorre chiedersi 
se l�oggetto della bozza di determina di cui alla richiesta di consultazione 
trovi, in concreto, la propria disciplina nella direttiva sopra menzionata. 
Al proposito, la Scrivente ritiene debba darsi risposta positiva al predetto 
quesito atteso che dalla documentazione, allegata alla richiesta di parere, 
emerge come i servizi, affidati a Telecom S.p.A. ed oggetto della Convenzione 
del dicembre 2002, siano qualificabili, almeno nella stragrande maggioranza, 
in termini di �servizi sensibili� ovvero di �servizi destinati alla sicurezza che 
comportano, richiedono e/o contengono informazioni classificate�. 
Peraltro, si osserva che anche quei servizi che, a rigore, non sarebbero 
qualificabili in termini di �servizi sensibili� e che, come tali, esulerebbero 
dall�ambito di applicazione della direttiva 2009/81 CE, sono, pur tuttavia, assoggettati 
alla disciplina di cui alla predetta direttiva in forza della disposizione 
della direttiva relativa agli �appalti misti�; al proposito, la direttiva prevede, 
all�art. 3, che, per quanto riguarda gli �appalti misti�, ovvero quegli appalti 
aventi come oggetto lavori, forniture o servizi che rientrano solo in parte nell�ambito 
di applicazione della direttiva 2009/81/CE, essi ne siano esclusi se 
la parte non rientrante nell�ambito di applicazione della nuova direttiva � 
esclusa anche dall�ambito di applicazione della normativa comunitaria in materia 
di appalti c.d. �civili� (direttive 2004/18 e 2004/17); ne sono, invece, 
soggetti se la parte non rientrante nell�ambito di applicazione della nuova direttiva, 
� soggetta all�applicazione di una delle due direttive c.d. �civili�. 
3. La procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara nella 
direttiva 2009/81 CE. Sussistenza dei presupposti per l�affidamento diretto 
del nuovo contratto avente ad oggetto i servizi di comunicazioni elettroniche 
usufruiti dall'Amministrazione di Pubblica Sicurezza nei confronti di Telecom 
S.p.A.. 
3.1. La direttiva 2009/81 CE, al fine di conferire maggiore flessibilit� alle 
amministrazioni aggiudicatrici negli appalti pubblici della difesa e della sicurezza, 
prevede quattro procedure di aggiudicazione: procedura ristretta, procedura 
negoziata con pubblicazione del bando di gara, dialogo competitivo e 
procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara. 
L�inserimento della procedura negoziata senza previa pubblicazione del 
bando di gara � volto a proteggere le informazioni sensibili, laddove le altre 
procedure non lo consentono. 
Il ricorso a tale procedura � ammesso quando la pubblicazione del bando 
di gara comporterebbe la diffusione di informazioni che potrebbero essere utilizzate 
contro l�interesse pubblico, in particolare contro gli interessi in materia 
di difesa e/o di sicurezza. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 265 
Peraltro, pu� farsi luogo all�affidamento diretto solo in casi specifici, elencati 
all�art. 28 della direttiva: 
1) nel caso degli appalti di lavori, forniture e servizi: 
a) qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata o non sia 
stata depositata alcuna candidatura in esito all�esperimento di una procedura ristretta, 
una procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara o un dialogo competitivo, 
purch� le condizioni iniziali dell�appalto non siano sostanzialmente modificate e 
purch� una relazione sia trasmessa alla Commissione a richiesta di quest�ultima; 
b) in caso di offerte irregolari o di deposito di offerte inaccettabili secondo le disposizioni 
nazionali compatibili con gli articoli 5, 19, 21, 24 e con il capo VII del titolo II, presentate 
in esito all�esperimento di una procedura ristretta, di una procedura negoziata con 
pubblicazione di un bando di gara o di un dialogo competitivo, nella misura in cui: 
i) le condizioni iniziali dell�appalto non sono sostanzialmente modificate; e 
ii) essi includono nella procedura negoziata tutti, e soltanto, gli offerenti in possesso dei 
requisiti di cui agli articoli da 39 a 46 che, nella procedura ristretta o nel dialogo competitivo 
precedenti, hanno presentato offerte conformi ai requisiti formali della procedura 
di aggiudicazione; 
c) quando l�urgenza risultante da situazioni di crisi non sia compatibile con i termini 
previsti dalla procedura ristretta e dalla procedura negoziata con pubblicazione di un 
bando di gara, compresi i termini ridotti di cui all�articolo 33, paragrafo 7. Ci� pu� applicarsi, 
ad esempio, ai casi di cui all�articolo 23, paragrafo 2, lettera d); 
d) nella misura strettamente necessaria, quando per motivi di estrema urgenza, risultanti 
da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici/gli enti aggiudicatori in 
questione, non � possibile osservare i termini imposti dalla procedura ristretta o negoziata 
con pubblicazione di un bando di gara, compresi i termini ridotti di cui all�articolo 33, 
paragrafo 7. Le circostanze invocate per giustificare l�estrema urgenza non devono essere 
in alcun caso imputabili all�amministrazione aggiudicatrice/ all�ente aggiudicatore; 
e) qualora, per ragioni di natura tecnica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, 
l�appalto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato; 
2) nel caso degli appalti di servizi e di forniture: 
a) per servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli menzionati all�articolo 13; 
b) per prodotti fabbricati unicamente a fini di ricerca e di sviluppo, fatta eccezione per 
la produzione in quantit� volta ad accertare la redditivit� commerciale del prodotto o ad 
ammortizzare i costi di ricerca e sviluppo; 
3) nel caso degli appalti di forniture: 
a) nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate o 
al rinnovo parziale di forniture o di impianti di uso corrente oppure all�ampliamento di 
forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obbligherebbe l�amministrazione 
aggiudicatrice/l�ente aggiudicatore ad acquistare materiali con caratteristiche 
tecniche differenti il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero 
incompatibilit� o difficolt� tecniche sproporzionate. 
La durata di tali contratti e dei contratti rinnovabili non pu� superare i cinque anni, salvo 
in circostanze eccezionali, determinate tenendo conto della prevista durata di vita di 
qualsiasi prodotto, impianto o sistema fornito e alle difficolt� tecniche che possono es-
266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sere causate dal cambiamento di fornitore; 
b) per forniture quotate e acquistate sul mercato delle materie prime; 
c) per l�acquisto di forniture a condizioni particolarmente vantaggiose, da un fornitore 
che cessa definitivamente l�attivit� commerciale oppure dal curatore o liquidatore di un 
fallimento, di un concordato preventivo o di una procedura analoga prevista nelle legislazioni 
o regolamentazioni nazionali; 
4) nel caso degli appalti di lavori e di servizi: 
a) per i lavori o i servizi complementari, non compresi nel progetto inizialmente preso in 
considerazione n� nel contratto iniziale, che sono divenuti necessari, a seguito di circostanze 
impreviste, per l�esecuzione dei lavori o dei servizi quali ivi descritti, a condizione 
che siano aggiudicati all�operatore economico che esegue tali lavori o presta tali servizi: 
b) qualora tali lavori o servizi complementari non possano essere separati, sotto il profilo 
tecnico o economico, dall�appalto iniziale senza recare gravi inconvenienti all�amministrazione 
aggiudicatrice/ all�ente aggiudicatore; oppure 
c) qualora tali lavori o servizi, pur essendo separabili dall�esecuzione dell�appalto iniziale, 
siano strettamente necessari al suo perfezionamento. 
Tuttavia, l�importo cumulato degli appalti aggiudicati per lavori o servizi complementari 
non pu� superare il 50 % dell�importo dell�appalto iniziale; 
d) per nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi gi� 
affidati all�operatore economico aggiudicatario dell�appalto iniziale dalle medesime amministrazioni 
aggiudicatrici/enti aggiudicatori, a condizione che tali lavori o servizi siano 
conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo appalto 
aggiudicato secondo la procedura ristretta, la procedura negoziata con pubblicazione di 
un bando di gara o un dialogo competitivo. 
La possibilit� di valersi di questa procedura � indicata sin dall�avvio del confronto competitivo 
nella prima operazione e l�importo totale previsto per la prosecuzione dei lavori 
o della prestazione dei servizi � preso in considerazione dalle amministrazioni aggiudicatrici/
dagli enti aggiudicatori per l�applicazione dell�articolo 8. 
Il ricorso a questa procedura � limitato ai cinque anni successivi alla conclusione dell�appalto 
iniziale, salvo in circostanze eccezionali, determinate tenendo conto della prevista 
durata di vita di qualsiasi prodotto, impianto o sistema fornito e delle difficolt� 
tecniche che possono essere causate dal cambiamento di fornitore; 
5) nel caso degli appalti aventi per oggetto servizi di trasporto aereo e marittimo per le 
forze armate o le forze di sicurezza di uno Stato membro di stanza o che devono essere 
stanziate all�estero, quando l�amministrazione aggiudicatrice/l�ente aggiudicatore deve 
procurarsi tali servizi da operatori economici che garantiscono la validit� delle loro offerte 
solo per periodi cos� brevi che non � possibile rispettare il termine per la procedura 
ristretta o la procedura negoziata con pubblicazione di un bando di gara, compresi i termini 
ridotti di cui all�articolo 33, paragrafo 7. 
3.2. Tra le ipotesi di cui al superiore elenco, l�unica che possa attagliarsi 
alla fattispecie che ci occupa � indubbiamente quella di cui al punto 1), lettera 
e), richiamata nella bozza di determina, laddove si fa riferimento alla circostanza 
che �per ragioni di natura tecnica ovvero attinenti alla tutela di diritti
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 267 
esclusivi, l�appalto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico 
determinato�. 
Tale previsione, peraltro riproduttiva di quella contenuta all�art. 31 della 
direttiva 2004/18 (recepita nel nostro ordinamento con l�art. 57 del D.Lgs. n. 
163/2006), sembra assumere, con riferimento agli appalti pubblici della difesa 
e della sicurezza, una valenza del tutto peculiare; circostanza, quest�ultima, 
che induce questo Generale Ufficio a pervenire a conclusioni rinnovate, pur 
non in contrasto, rispetto al parere del 9 luglio 2008, prot. n. 88073, espresso 
con riferimento alla possibilit� di affidare a Telecom S.pA. l�incarico di sviluppare 
il progetto di unificazione del Servizio di Emergenza Pubblica Obbligatorio 
in attuazione di quanto prescritto dall�Unione Europea. 
Al proposito, particolarmente interessante risulta il Considerando n. 52 
della direttiva 2009/81 CE in cui si precisa che �Pu� accadere che, per talune 
forniture rientranti nell�ambito di applicazione della presente direttiva, un 
solo operatore economico sia in grado di eseguire l�appalto perch� titolare 
di diritti esclusivi o per ragioni tecniche. In tal caso, l�amministrazione aggiudicatrice/
l�ente aggiudicatore dovrebbe poter aggiudicare appalti o accordi 
quadro direttamente a quell�operatore economico. Tuttavia, le ragioni tecniche 
in base alle quali un solo operatore economico pu� eseguire un appalto 
dovrebbero essere rigorosamente definite e giustificate caso per caso. Esse 
potrebbero comprendere, ad esempio, l�impossibilit� rigorosamente tecnica 
che un candidato diverso dall�operatore economico selezionato consegua gli 
scopi richiesti o la necessit� di utilizzare conoscenze, strumenti o mezzi specifici 
di cui solo un unico operatore dispone. Si pu� trattare, ad esempio, di 
modifiche o riconfigurazioni di materiale particolarmente complesso. Le ragioni 
tecniche possono anche derivare da requisiti specifici di interoperabilit� 
o sicurezza che devono essere soddisfatti per garantire il funzionamento delle 
forze armate o delle forze di sicurezza�. 
Orbene, pare alla Scrivente che - ferma restando la esclusiva competenza 
di codesta Amministrazione in ordine alla valutazione dei profili tecnici afferenti 
l�appalto - codesto Ministero abbia, nella bozza di determina, allegata 
alla richiesta di consultazione, argomentatamente esposto gli anzidetti profili, 
in base ai quali un solo operatore economico (nella specie, Telecom S.p.A.) 
possa eseguire i servizi di comunicazioni elettroniche usufruiti dall'Amministrazione 
di Pubblica Sicurezza. 
Pi� in particolare, nella parte motiva della bozza di determina, si precisa 
che �il fornitore, legato da rapporti convenzionali con l�Amministrazione procedente, 
� l�unico operatore in grado di utilizzare conoscenze, strumenti e 
mezzi specifici, da questi espressamente elaborati e messi a disposizione dell�Amministrazione, 
alcuni dei quali, come ad esempio software specifici per 
il coordinamento dei servizi e dei sistemi, protetti da diritti di esclusiva�; ed 
ancora che �nel caso di svolgimento di una procedura di gara - in disparte
268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
ogni considerazione sul possesso dei requisiti di idoneit� tecnica come sopra 
individuati - l�eventuale affidamento ad operatori alternativi (comunque ristretti 
nel novero di quelli operanti sul territorio nazionale data la particolarit� 
del settore considerato) comporterebbe la necessit� di modifiche e 
riconfigurazioni dei sistemi e dei servizi, ed in modo particolare di quelli oggetto 
di attivit� di integrazione e coordinamento attraverso le strutture del 
Si.S.In (di esclusiva propriet� del pregresso fornitore), tali da impedire, se 
non al prezzo, a condizioni economiche sproporzionate e con tempi tecnici 
non compatibili con la necessit� di una assoluta continuit� dei servizi afferenti 
alla sicurezza, la ricerca di soluzioni che possano condurre alla scelta di diverso 
contraente�; ed infine che �i processi di integrazione logistica hanno 
comportato l�emersione e la definizione di specifici requisiti di interoperabilit� 
finalizzati alle esigenze di sicurezza che non possono essere derogati dall�Amministrazione 
procedente, e la cui ridefinizione ed applicazione a servizi/sistemi 
erogati da altri fornitori comporterebbe una manifesta sproporzione in 
termini di efficacia, efficienza ed economicit� dell�azione amministrativa tale 
da rendere non conveniente, se non addirittura dannoso, il ricorso a procedure 
concorrenziali �. 
Questo Generale Ufficio ritiene che le predette giustificazioni sembrano 
adeguatamente assolvere quell�onere probatorio, cui ha fatto riferimento, in 
diverse occasioni, la giurisprudenza comunitaria, formatasi sul punto. 
A tal riguardo, deve evidenziarsi che, anche in tempi recenti (cfr. sentenza 
Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Grande Sezione dell�8 aprile 2008 
nella causa C-337/2005), la giurisprudenza comunitaria ha avuto modo di ribadire: 
1) che �le deroghe alle norme miranti a garantire l�efficacia dei diritti 
conferiti dal Trattato nel settore degli appalti pubblici devono essere interpretate 
restrittivamente (v. sentenze 18 maggio 1995, causa C-57/94, Commissione/
Italia, Racc. pag. I-1249, punto 23; 28 marzo 1996, causa C-318/94, 
Commissione/Germania, Racc. pag. I-1949, punto 13, e 2 giugno 2005, causa 
C-394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-4713, punto 33)�; 2) che, �pena 
la privazione dell�effetto utile della direttiva 93/36, gli Stati membri non possono 
quindi introdurre ipotesi di ricorso alla procedura negoziata non previste 
dalla direttiva medesima o aggiungere alle ipotesi espressamente previste 
dalla direttiva in esame nuove condizioni aventi l�effetto di rendere pi� agevole 
il ricorso a detta procedura (v., in tal senso, sentenza 13 gennaio 2005, Commissione/
Spagna, citata, punto 48)�; 3) che �l�onere di dimostrare che sussistono 
effettivamente le circostanze eccezionali che giustificano una deroga 
grava su colui che intenda avvalersene (v. sentenze 10 marzo 1987, causa 
199/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 1039, punto 14, e Commissione/Grecia, 
citata supra, punto 33)�. 
Nel caso deciso con la prefata sentenza, la Corte di Giustizia ha concluso 
nel senso che ҏ giocoforza rilevare che la Repubblica italiana non ha dimo-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 269 
strato in modo sufficientemente valido in diritto la ragione per cui solamente 
gli elicotteri prodotti dall�Agusta sarebbero dotati delle specificit� tecniche 
richieste. Tale Stato membro, inoltre, si � limitato a sottolineare i vantaggi 
dell�interoperabilit� degli elicotteri adoperati dai suoi diversi corpi. Tuttavia, 
non ha dimostrato sotto quale profilo un cambiamento di fornitore l�avrebbe 
costretto ad acquisire un materiale fabbricato secondo una tecnica differente, 
tale da comportare un�incompatibilit� ovvero difficolt� tecniche di uso o di 
manutenzione sproporzionate�. 
Orbene, nel caso che ci occupa, sembra, alla Scrivente, che, ritenuto 
quanto esposto da codesto Ministero, emerga la sussistenza del presupposto, a 
dire il vero particolarmente rigoroso, che, secondo la giurisprudenza della 
Corte di Giustizia U.E., consente di procedere all�affidamento diretto; in altre 
parole, nel caso che ci occupa, sembra venire in rilievo la �impossibilit� rigorosamente 
tecnica che un candidato diverso dall�operatore economico selezionato 
consegua gli scopi richiesti � nonch� �la necessit� di utilizzare 
conoscenze, strumenti o mezzi specifici di cui solo un unico operatore dispone� 
di cui � fatta menzione nel Considerando n. 52 della direttiva 2009/81 CE. 
La fattispecie, che ci occupa, sembra trovare attinenza, in termini concreti, 
all�ipotesi cui si fa riferimento, in via esemplificativa, nel predetto Considerando, 
laddove si parla di �modifiche o riconfigurazioni di materiale particolarmente 
complesso� (particolare complessit� che pu� essere, all�evidenza, 
predicata in relazione alla architettura, soprattutto informatica, dei sistemi di 
telecomunicazione). 
A quanto sopra, si aggiunga che, nel caso di specie, risultano valorizzati 
quei �requisiti specifici di interoperabilit� e sicurezza che devono essere soddisfatti 
per garantire il funzionamento delle forze di sicurezza�, cui si fa riferimento 
nel pi� volte citato Considerando n. 52 della direttiva 2009/81 CE. 
Da ultimo, si evidenzia che, in forza della disposizione di cui all�art. 3 della 
direttiva, disciplinante gli appalti misti, cui si � fatto cenno in chiusura del punto 
2 del presente parere, l�affidamento diretto potr� riguardare anche quei servizi 
che, a rigore, non sarebbero qualificabili in termini di �servizi sensibili� e che, 
come tali, esulerebbero dall�ambito di applicazione della direttiva 2009/81 CE. 
4. L�ammissibilit� della scelta della conclusione di un accordo quadro. 
Per completezza, questo Generale Ufficio rappresenta come appaia praticabile, 
dal punto di vista giuridico, la scelta, operata da codesto Ministero, 
di pervenire alla stipula con Telecom S.p.A. di un accordo quadro. 
Al proposito, si osserva che gli appalti nel settore della difesa e della sicurezza 
possono essere aggiudicati, secondo le medesime procedure pi� sopra 
menzionate, anche in conformit� alle disposizioni di accordi quadro (framework 
agreements) conclusi dagli enti aggiudicatori; un accordo quadro � un 
�accordo concluso tra una o pi� amministrazioni aggiudicatrici e uno o pi�
270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
operatori economici al fine di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare 
durante un determinato periodo, in particolare per quanto riguarda 
i prezzi e, se del caso, le quantit� previste � (art. 1.11 della direttiva). 
Riservata a codesta Amministrazione la valutazione circa la durata dell�accordo 
quadro in esame (il quale, salvo casi eccezionali, non pu� avere una 
durata superiore ai sette anni), appare necessario espungere, al punto a) del 
dispositivo della determina, l�aggettivo �presumibile�, utilizzato con riferimento 
alla durata dell�accordo quadro da stipularsi con Telecom S.p.A.. 
Inoltre, in relazione al regime I.V.A., applicabile all�appalto che ci occupa, 
si suggerisce, in considerazione delle recenti modifiche legislative intervenute 
sul punto, di indicare, al punto b) del dispositivo della determina, un pi� generico 
riferimento all�aliquota I.V.A. �secondo la normativa vigente�. 
Ci� posto sotto il profilo giuridico, resta ovviamente nell�esclusiva competenza 
di codesta Amministrazione la determinazione amministrativa in ordine 
alla scelta della procedura di affidamento indicata. 
Occorre, comunque, sottolineare l�opportunit� che codesta Amministrazione 
adotti tempestivamente, rispetto alla futura scadenza dell�efficacia dell�accordo 
quadro, ogni iniziativa idonea a ricercare una soluzione alternativa 
per l�affidamento dei servizi in oggetto, anche al fine di verificare la praticabilit�, 
da un punto di vista tecnico, di altre modalit� procedurali quale, per 
esempio, quella del dialogo competitivo. 
Sulla questione � stato sentito il Comitato Consultivo dell'Avvocatura 
dello Stato, che, nella seduta del 19 dicembre 2011, si � espresso in conformit�. 
Conflitto di interessi tra Amministrazioni ammesse al patrocinio dell�Avvocatura 
dello Stato. 
(Parere prott. 414390-94 del 23 dicembre 2011, AL 49986/11, avv. WALLY FERRANTE) 
Con nota 9 dicembre 2011, prot. n. 0032098/P indirizzata all�Avvocatura 
Distrettuale dello Stato di Milano, l'Autorit� per l'energia elettrica e il gas ha 
rappresentato una situazione di conflitto di interessi tra la medesima Autorit� 
indipendente e l'Istat in relazione al ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia 
da numerosi dipendenti della predetta Autorit�, i quali hanno impugnato la delibera 
AEEG 12 maggio 2011, GOP 20/11, con la quale � stata data applicazione 
alle disposizioni relative al trattamento economico dei dipendenti 
contenute nel decreto legge 31 maggio 1013, n. 78, convertito con modificazioni 
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 
In particolare, � stato segnalato che, con il predetto ricorso, proposto 
anche nei confronti dell'Istat, � stato chiesto l'annullamento dell'inclusione del-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 271 
l'Autorit� nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico 
consolidato, elenco redatto dal predetto Istituto ai sensi dell'articolo 
1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, tenuto conto che le disposizioni 
contenute nella deliberazione impugnata, che hanno inciso sul trattamento 
economico dei dipendenti, operano un esplicito riferimento alle 
amministrazioni incluse nell'elenco in questione. 
Riferisce sempre l'Autorit� che la sua inclusione nel predetto elenco, in 
quanto ritenuta illegittimamente disposta dall'Istat, era stata in precedenza fatta 
oggetto di autonomo ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per 
il Lazio (R.G. 10650/2010). Poich� tale giudizio (rinviato all�udienza di merito 
del 10 gennaio 2012) � ancora pendente ed � quindi operante a tutti gli effetti 
il predetto elenco, dello stesso si era ritenuto di tener doverosamente conto nel 
provvedimento attuativo del decreto legge n. 78/2010, fatto oggetto di impugnativa 
nel giudizio promosso innanzi al Tar Lombardia dai propri dipendenti. 
� stato, altres�, precisato che, a suo tempo, in relazione alla proposizione 
del ricorso innanzi al Tar Lazio, l'Autorit� non si era potuta giovare del patrocinio 
erariale per esservi conflitto d'interesse con l�Istat, ammesso anch�esso 
in forza di patrocinio autorizzato ex art. 43 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 alla 
rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'Avvocatura dello Stato, segnalando, 
inoltre, che di tale patrocinio l'Istat aveva in precedenza usufruito 
in relazione a giudizi promossi da altri enti, nessuno dei quali peraltro autorizzato 
ad avvalersi del patrocinio erariale ed in relazione a ricorsi che si fondavano 
su motivi non coincidenti con quelli fatti valere dall'Autorit�. 
Segnatamente, in alcuni di questi giudizi i ricorrenti facevano valere la loro 
natura di soggetti di diritto privato, mentre, in altri veniva contestata la possibilit� 
che gli enti ricorrenti potessero essere qualificati come istituzioni a scopo 
di lucro controllati dalla pubblica amministrazione. 
L'Autorit� ha segnalato, pertanto, che anche nel giudizio promosso ad 
istanza dei propri dipendenti innanzi al Tar Lombardia si riproponeva il conflitto 
di interessi tra la stessa e l�Istat, che si sostanziava nella manifesta impossibilit�, 
nell'ambito dell'attivit� difensiva che avrebbe dovuto svolgere in 
giudizio l'Avvocatura dello Stato, di sostenere proprio la legittimit� dell'inclusione 
dell'Autorit� nell'elenco predisposto dall'Istat che era invece contestata 
dall'Autorit� medesima. 
Stante tale situazione, l�Autorit� rappresenta l'opportunit� che, ove non 
si ritenga di superare il conflitto di interessi privilegiando la difesa istituzionale 
dell'Autorit� medesima, sia quantomeno declinata la difesa erariale ad entrambe 
le parti in causa, Autorit� ed Istat, le quali potranno eventualmente avvalersi, 
per il proprio patrocinio in giudizio, di legali del libero foro, 
sollecitando in tal senso le determinazioni dell'Avvocatura dello Stato in relazione 
a quanto prospettato. 
Per completezza, va sottolineato che, con ricorso al Tar Lazio notificato
272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
il 24 novembre 2011 (R.G. 9981/11 con udienza cautelare fissata per il 10 gennaio 
2012), l�Autorit� ha impugnato anche l�inserimento nel citato elenco redatto 
dall�Istat per l�anno 2011, avvalendosi di legali del libero foro. 
Con nota del 10 dicembre 2011 prot. 86759P, l�Avvocatura Distrettuale 
dello Stato di Milano ha chiesto all�Avvocatura Generale di pronunciarsi in 
merito a quanto prospettato dall�Autorit� per l�energie elettrica e il gas, rivestendo 
la questione profili di carattere generale. 
La questione di massima sulla quale viene chiesto l�avviso della Scrivente 
consiste nello stabilire se, in caso di conflitto tra un'amministrazione ammessa 
istituzionalmente al patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato e altra 
amministrazione pubblica che si avvale del patrocinio erariale ex art. 43 R.D. 
30 ottobre 1933, n. 1611, debba essere accordata la difesa erariale all�amministrazione 
istituzionalmente rappresentata e difesa dall�Avvocatura dello Stato, 
negandola al soggetto pubblico ammesso al patrocinio autorizzato, ovvero, se 
debba essere declinato il patrocinio erariale ad entrambe le parti pubbliche, 
che per la loro difesa in giudizio si potranno avvalere di legali del libero foro. 
In proposito, va preliminarmente rilevato che, come noto, l�Autorit� per 
l'energia elettrica e il gas, pur dovendosi qualificare quale soggetto pubblico 
estraneo in senso tecnico all'apparato amministrativo dello Stato che fa capo 
ai Ministeri ed al Governo (cfr. T.A.R. - Lombardia, Sez. III, 10 aprile 2009, 
n. 3239), rientra a pieno titolo, come le altre Autorit� indipendenti, fra le amministrazioni 
dello Stato istituzionalmente rappresentate e difese dall'Avvocatura 
dello Stato ai sensi dell�art. 1 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Cons. 
Stato, Sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926; id. 25 novembre 1994, n. 1716). 
Si tratta, del c.d. patrocinio obbligatorio, i cui tratti distintivi <<sono costituiti: 
dalla attribuzione della rappresentanza, patrocinio e assistenza in giudizio 
delle "amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento 
autonomo", alla Avvocatura dello Stato (art. 1, comma 1); dalla non necessit� 
del mandato (art. 1, comma 2); dalla impossibilit� per le amministrazioni 
dello Stato di richiedere l'assistenza di avvocati del libero foro, se non per ragioni 
assolutamente eccezionali, inteso il parere dell'Avvocato generale dello 
Stato (art. 5); dalla individuazione, nelle cause in cui � parte una amministrazione 
dello Stato, di uno specifico foro dello Stato (art. 6); dall'obbligo della 
notifica degli atti giudiziali alle amministrazioni dello Stato presso l'Avvocatura 
dello Stato (art. 11)>> (Cass., Sez. Unite, sent. 10 maggio 2006, n. 10700). 
Per contro, la rappresentanza e difesa in giudizio dell'Istat da parte dell'Avvocatura 
dello Stato (ammesso al patrocinio erariale ex art. 15, comma 5, 
del D.Lgs. 6 settembre 1989, n. 322) si configura quale patrocinio c.d. autorizzato 
ex art. 43 R.D. n. 1611/1933, che �si distingue da quello obbligatorio, 
previsto per le amministrazioni dello Stato (anche se organizzate ad ordinamento 
autonomo) dagli articoli da 1 a 11, sia in ragione della fonte, costituita 
per il primo da una espressa autorizzazione normativa, sia per i pi� limitati
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 273 
effetti processuali, consistenti, in virt� dell'espresso richiamo, nell'art. 45, all'art. 
1, comma 2, nella sola esclusione della necessit� del mandato. Il mancato 
richiamo agli artt. 6 ed 11 determina infatti l'inapplicabilit� del foro dello 
Stato (art. 25 c.p.c.) e della domiciliazione presso l'Avvocatura ai fini della 
notificazione di atti e provvedimenti giudiziali (art. 144 c.p.c.), previsti per le 
sole amministrazioni dello Stato� (Cass., Sez. Un., sent. 10700/2006 cit.). 
Da quanto fin qui rilevato, emerge che, in caso di richiesta di patrocinio 
da soggetto ricadente nell�ipotesi di patrocinio obbligatorio e da soggetto ricadente 
nell�ipotesi di patrocinio autorizzato, debba in linea generale assumersi 
la difesa del soggetto a patrocinio obbligatorio. 
In termini generali, va pure per completezza considerato che, nel caso di 
conflitto tra enti ammessi al patrocinio autorizzato, potr� essere di norma consigliabile 
declinare la difesa di entrambi. 
Resta quindi da affrontare lo specifico quesito prospettato, che non appare 
inquadrabile in alcuna delle ipotesi fin qui considerate e che, in termini astratti, 
pare insuscettibile di univoca soluzione, dovendosi di volta in volta tener conto 
dell�interesse del quale � portatore ciascuno dei soggetti interessati, dando la 
prevalenza a quello che sia portatore di un interesse di carattere generale riconducibile 
all�Amministrazione statale. 
Nello specifico caso in esame, va appunto rilevato che, mentre l�Autorit� 
si � fatta portatrice di un interesse particolare - volto a dimostrare l�illegittimit� 
della sua inclusione nell�elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel 
conto economico consolidato - l�Istat, nel redigere il predetto elenco, svolge 
una funzione di interesse pubblico generale nell�ambito degli adempimenti 
demandati alle autorit� statistiche nazionali degli Stati membri ai sensi del Regolamento 
CE n. 2223/96 del 25 giugno 1996 del Consiglio relativo al �Sistema 
europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunit� UE� (c.d. 
Regolamento SEC95). 
In tale contesto, il Regolamento 223/09, all�art. 5, stabilisce che ciascuno 
Stato membro designi l�autorit� statistica nazionale che, quale organo avente 
la responsabilit� del coordinamento a livello nazionale di tutte le attivit� connesse 
allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee 
(�INS�), costituisca l�interlocutore della Commissione (Eurostat) per le questioni 
statistiche e che, insieme a quest�ultima, contribuisca a comporre il sistema 
statistico europeo - SSE. 
L�Istat, pertanto, predispone ed aggiorna il suddetto elenco, secondo criteri 
e per finalit� di natura statistico-economica, in diretto adempimento della 
normativa comunitaria. 
Ai sensi dell�art. 1, comma 5 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e come 
ribadito dall�art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilit� 
e finanza pubblica), il Legislatore ha conferito all�Istat il compito di individuare, 
di anno in anno, l�elenco delle amministrazioni pubbliche o degli altri
274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
soggetti giuridici che vanno ricondotti al conto economico consolidato dello 
Stato al fine di perseguire l�obiettivo del contenimento del disavanzo pubblico 
in ossequio agli adempimenti derivanti dagli impegni dello Stato italiano nei 
confronti dell�Unione Europea in materia di patto di stabilit�. 
Appare evidente quindi che l�Istat, nella fattispecie, � portatore di un interesse 
generale di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica coincidente 
con quello dello Stato, tanto � vero che, in tutti i giudizi promossi da 
vari enti per contestare la propria inclusione nell�elenco de quo, il ricorso � 
stato proposto anche nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri 
e del Ministero dell�Economia e delle Finanze. 
Nel caso di specie, inoltre, va tenuto conto del fatto che l'Avvocatura dello 
Stato ha gi� espresso il proprio avviso negativo (nota del 22 ottobre 2010, n. 
322926) in ordine alla possibilit� di assumere la difesa in giudizio dell�Autorit� 
per l�energia elettrica e il gas in relazione all�instaurazione di una controversia 
innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nei confronti dell�Istat, 
avente problematiche di diritto analoghe a quelle prospettate con il ricorso 
promosso dai dipendenti dell'Autorit� avanti al Tar Lombardia, 
assumendo per contro il patrocinio dell�Istat, sul presupposto della sostanziale 
sovrapponibilit� della linea difensiva da predisporre per il suddetto Istituto e 
quella da approntare per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per il Ministero 
dell�Economia e delle Finanze. 
Tutto ci�, nel caso di specie - e fatti salvi i principi generali sopra enucleati, 
in relazione al privilegio che in linea di massima deve essere accordato 
ai soggetti patrocinati ex art. 1 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 - rende impossibile 
assumere il patrocinio dell�Autorit� e suggerisce invece di accordare la 
rappresentanza e difesa all�Istat. Infatti, l�Avvocatura, costituendosi comunque 
per le Amministrazioni statali portatrici del sostanziale interesse pubblico del 
quale l�Istat costituisce mero strumento, si porrebbe in posizione almeno potenzialmente 
confliggente con quella di cui si � fatta portatrice l�Autorit�. 
(...) 
Al riguardo vorr� pertanto codesta Avvocatura Distrettuale valutare l�opportunit� 
di intervenire nel giudizio anche per le due suddette amministrazioni 
statali, alle quali nella specie il ricorso non risulta essere stato notificato nonostante 
l�evidente coinvolgimento di interessi pubblici di competenza delle 
stesse, come emerge anche dalla espressa impugnazione del parere del Dipartimento 
della Ragioneria Generale dello Stato dell�11 gennaio 2011 in merito 
all�applicabilit� delle disposizioni di cui al decreto legge n. 78/2010 alle Autorit� 
indipendenti. 
Sui profili di massima della presente questione, si � espresso in conformit� 
il Comitato Consultivo nella seduta del 19 dicembre 2011. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 275 
Legge 1293/57: cause di esclusione dalla gestione delle rivendite di generi 
di monopolio. Sul carattere tassativo della elencazione contenuta nella normativa. 
(Parere prot. 417024 del 27 dicembre 2011, AL 39235/11, avv. GABRIELLA PALMIERI) 
1. Con la nota che si riscontra codesta Amministrazione chiede a questa Avvocatura 
se, alla stregua del potere discrezionale esercitato nella gestione del 
rapporto concessorio con i rivenditori di generi di monopolio, possano, in base 
a un�interpretazione sistematica della normativa in materia e senza ledere il principio 
di tipicit� delle sanzioni, essere considerate, quali cause di esclusione dalla 
gestione dei magazzini di vendita, in base all�art. 6 della legge 22 dicembre 
1957, n. 1293, recante �Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei 
generi di monopolio�, ulteriori ipotesi non espressamente contemplate in tale 
articolo e, quindi, se l�elencazione in esso contenuta abbia carattere tassativo. 
2. Preliminarmente occorre riepilogare il quadro normativo di riferimento. 
L�art. 6, intitolato �cause di esclusione dalla gestione dei magazzini di 
vendita�, della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, recante �Organizzazione dei 
servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio�, dispone che: 
�Non pu� gestire un magazzino chi: 
1) sia minore di et�, salvo che non sia autorizzato all�esercizio di impresa commerciale; 
2) non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri delle Comunit� europee; 
3) sia inabilitato o interdetto; 
4) sia stato dichiarato fallito fino a che non ottenga la cancellazione dal registro dei falliti; 
5) non sia immune da malattie infettive o contagiose; 
6) abbia riportato condanne: 
a) per offese alla persona del Presidente della Repubblica ed alle Assemblee legislative; 
b) per delitto punibile con la reclusione non inferiore nel minimo ad anni tre, ancorch�, 
per effetto di circostanze attenuanti, sia stata inflitta una pena di minore durata ovvero 
per delitto per cui sia stata irrogata una pena che comporta l�interdizione perpetua dai 
pubblici uffici; 
c) per delitto contro il patrimonio, la moralit� pubblica, il buon costume, la fede pubblica, 
la pubblica Amministrazione, l�industria ed il commercio, tanto se previsto dal 
Codice penale quanto da leggi speciali ove la pena inflitta sia superiore a trenta giorni 
di reclusione ovvero ad una multa commutabile, a norma del Codice penale, nella reclusione 
non inferiore a trenta giorni a meno che, in entrambi i casi, il condannato non 
goda della sospensione della pena; 
d) per contrabbando, qualunque sia la pena inflitta; 
7) abbia nei precedenti cinque anni rinunciato alla gestione di un magazzino; 
8) abbia definito in sede amministrativa procedimento per contrabbando di generi di 
monopolio a suo carico. � in facolt� dell�Amministrazione consentire la gestione quando 
siano trascorsi almeno cinque anni dall�avvenuta estinzione del reato; 
9) sia stato rimosso dalla qualifica di gestore, coadiutore o commesso di un magazzino
276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
o di una rivendita, ovvero da altre mansioni inerenti a rapporti con l�Amministrazione 
dei monopoli di Stato, se non siano trascorsi almeno cinque anni dal giorno della rimozione; 
9-bis) non abbia conseguito, entro sei mesi dall�assegnazione, l�idoneit� professionale 
all�esercizio dell�attivit� di rivenditore di generi di monopolio all�esito di appositi corsi 
di formazione disciplinati sulla base di convenzione stipulata tra l�Amministrazione autonoma 
dei monopoli di Stato e l�organizzazione di categoria maggiormente rappresentativa�. 
Il successivo art. 7 prevede le cause di incompatibilit� nella gestione dei 
magazzini di vendita, precisando che: 
�Non pu� gestire un magazzino chi: 
1) presti la propria opera, con rapporto di lavoro continuativo, alle dipendenze altrui; 
2) eserciti, a qualunque titolo, altro magazzino, rivendita, banco lotto, ricevitoria o 
collettoria postale, oppure conviva con persona esercente altro magazzino o comunque 
addetta ad ufficio o stabilimento dei Monopoli di Stato, ovvero appartenente al Corpo 
della Guardia di Finanza; 
3) rivesta la qualifica di concessionario per la coltivazione del tabacco, sia coltivatore 
di tabacco o conviva con persona che abbia l�una o l�altra di dette qualit�. 
L�incompatibilit� cessa se, entro i termini stabiliti dall�Amministrazione, l�interessato 
ne abbia rimosso la causa �. 
L�art. 13, che disciplina le ipotesi di �decadenza dalla gestione�, prevede 
che: 
�Il magazziniere decade dalla gestione: 
a) quando ricorra nei di lui confronti uno dei casi di esclusione previsti dall'art. 6; 
b) quando ricorra nei di lui confronti uno dei casi di incompatibilit� previsti dall'art. 7 
e non provveda a rimuovere l'incompatibilit� nei termini assegnatigli dall'Amministrazione; 
c) quando non abbia ottenuto la cancellazione dal registro dei falliti entro due anni 
dalla sentenza dichiarativa del fallimento; 
d) quando abbia riportato condanna che importi interdizione temporanea dai pubblici 
uffici per un periodo superiore a due anni�. 
3. Dall�esame della giurisprudenza elaborata dal giudice amministrativo in 
materia si possono desumere i seguenti principi. 
Innanzitutto, con riferimento all�art. 6 citato, il Consiglio di Stato, Sezione 
Sesta, ha statuito che, nel sistema delineato dalla legge n. 1293/1957 citata, 
�le cause di esclusione e di incompatibilit�, previste in via generale per i procedimenti 
volti all�acquisizione della qualit� di gestore, divengono casi specifici 
di decadenza appositamente contemplati e disciplinati, ove abbiano a 
verificarsi dopo l�inizio della gestione e nel corso della medesima� (sentenza 
29 ottobre 1997, n. 861, in Cons. Stato, I, 1513). 
Con la sentenza n. 5224/10, richiamata anche da codesta Amministrazione, 
il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, ha sottolineato come la vendita
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 277 
di generi di monopoli �sia accompagnata da un regime improntato a particolare 
severit� e che il concessionario sia investito di specifiche responsabilit��, 
tanto che �ogni fatto costituente violazione di tale dovere di �fedelt� commerciale� 
pu� bene dare luogo, una volta accertata l�esistenza dei presupposti di 
fatto e di diritto, alla irrogazione della massima sanzione disciplinare costituita 
dalla revoca della licenza di rivendita dei generi di monopolio�. 
La sentenza del TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Terza, 1 
aprile 2010, n. 890, (che espressamente richiama la sentenza del TAR Sicilia, 
Sezione Staccata di Catania, Sezione Seconda, 13 ottobre 2008, n. 1814), statuisce, 
invero, in merito a un�ipotesi specifica, (sequestro di tabacchi comunque 
muniti del sigillo dei monopoli), nella quale dall�esclusione della 
sussistenza di un�ipotesi di contrabbando deriva l�insussistenza di cause di 
possibile esclusione o di decadenza dalla gestione delle rivendite. 
Avuto riguardo agli articoli 6, 7, 12, 13 e 18 della legge n. 1293/1957 citata, 
la richiamata sentenza del TAR Catania esclude anche che �la sanzionabilit� 
del fatto ai sensi dell�art. 5 della legge n. 50/1994 possa essere 
assimilata alle ipotesi di esclusione dalla gestione di rivendite normativamente 
previste in base ad una valutazione di ordine quasi �morale� non contemplata 
dall�Ordinamento�. 
Infine, sebbene in una fattispecie affatto particolare (esclusione dalla assegnazione 
di nuova rivendita per rinuncia art. 6, n. 7, citato), la norma di cui 
all�art. 6 legge n. 1293/1957 citata � stata ritenuta di stretta interpretazione, 
perch� incide sulla libert� di iniziativa economica (TAR Calabria, Catanzaro, 
Sezione prima, 28 febbraio 2002, n. 468). 
4. Deve, quindi, ritenersi che sussista una relazione biunivoca, alla luce della 
giurisprudenza richiamata al punto 3., tra le cause di esclusione dalla gestione 
dei magazzini di vendita dei generi di monopolio e le cause di incompatibilit� 
alla gestione dei predetti magazzini, nel senso che, come sottolineato dal Consiglio 
di Stato con la sentenza n. 861/1997 citata, le cause di esclusione e di 
incompatibilit� generali divengono �casi specifici di decadenza appositamente 
contemplati e disciplinati�, se si verificano dopo l�inizio o nel corso della gestione 
delle rivendite di generi di monopolio. 
Ne deriva, infatti, che le cause di incompatibilit� previste dall�art. 7 citato, 
se sussistono sin dal momento del conferimento della gestione, diventano 
cause di esclusione dalla gestione stessa, se �entro i termini stabiliti dall�Amministrazione�, 
l�interessato non ne abbia �rimosso la causa�, in base all�art. 
13, lett. b), legge n. 1293/1957 citato. 
In considerazione del tenore della norma di cui all�art. 6 citato, deve ritenersi 
che essa non possa essere applicata in via analogica a fattispecie similari 
in essa non previste, ma possa, invece, essere suscettibile di interpretazione 
estensiva, ampliandone, quindi, il significato precettivo nell�ambito della sua 
dizione letterale.
278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
5. Il caso specifico richiamato in via di esemplificazione da codesta Amministrazione 
e, cio�, l�ipotesi della violazione dell�art. 96 della legge 17 luglio 
1942, n. 907, che sanziona �la vendita di generi di monopolio senza autorizzazione 
ad acquisto da persone non autorizzate alla vendita� con l�applicazione 
della misura di cui all�art. 5 della legge 18 gennaio 1994, n. 50, pu� 
essere, in via di interpretazione estensiva, ricompreso nella previsione di cui 
all�art. 6, n. 8), sussistendone la medesima �ratio�, anche alla luce delle statuizioni 
contenute nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 1 giugno 
2010, n. 3470. 
Resta ferma, ovviamente, l�opportunit� di sottoporre a questa Avvocatura ogni 
ulteriore diversa fattispecie che richieda una specifica valutazione in concreto. 
Si suggerisce, infine, a codesta Amministrazione, atteso il carattere risalente 
nel tempo della normativa che disciplina la materia, di sollecitare un intervento 
legislativo di modifica delle norme in questione che possa, perci�, tenere conto 
delle esigenze rappresentate con la richiesta di parere che si riscontra. 
La questione � stata esaminata dal Comitato Consultivo che si � espresso 
in conformit� nella seduta del 19 dicembre 2011. 
D.P.C.M. 21 maggio 2008 �Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione 
agli insediamenti di comunit� nomadi nel territorio delle regioni Campania, 
Lazio e Lombardia�. Ricorso ad istanza di European Roma Rights 
Centre Foundation ed altri. 
(Parere prot. 64239 del 21 febbraio 2012, AL 28529/08, avv. FABRIZIO FEDELI) 
Con un appunto allegato alla nota del 22 novembre u.s., l�Ufficio di Gabinetto 
di codesto Ministero dell�Interno ha domandato l�avviso della Scrivente 
circa le conseguenze della sentenza del Consiglio di Stato n. 6050/2011, 
che ha annullato il D.P.C.M. 21 maggio 2008 dichiarativo dello stato di emergenza 
per la presenza di comunit� nomadi nelle Regioni Lazio, Lombardia e 
Campania, in merito sia alla sorte dei rapporti pendenti e al completamento 
delle iniziative Commissariali e sia alla permanenza dello stato di emergenza 
nelle Regioni Piemonte e Veneto nelle quali la dichiarazione � stata estesa con 
il primo decreto di proroga non impugnato (cos� come la seconda proroga) dinanzi 
al giudice amministrativo. 
In merito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 6050/2011, codesto Dipartimento 
della Protezione Civile, con nota del 13 dicembre u.s., ha svolto 
alcune considerazioni critiche, chiedendo alla Scrivente di proporre ricorso 
per cassazione per motivi di giurisdizione. 
In proposito, si rappresenta che la Scrivente ha notificato ricorso per cas-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 279 
sazione ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 3, sotto il profilo dello sconfinamento 
nella sfera del merito e che a breve verr� proposta istanza di sospensione 
della sentenza ai sensi dell�art. 111 del codice del processo amministrativo. 
Considerato che con il secondo motivo questa Avvocatura ha censurato 
la sentenza 6050/2011 per avere esteso gli effetti demolitori della pronuncia 
di annullamento anche a provvedimenti non impugnati, come i decreti di proroga 
dell�emergenza finalizzati al completamento delle iniziative avviate, in 
attesa della decisione del Consiglio di Stato sull�istanza di sospensione (all�esito 
della quale la Scrivente si riserva di fornire le opportune indicazioni 
operative) si suggerisce a codesti uffici Commissariali di limitarsi all�adozione 
degli atti strettamente indispensabili allo scopo di adempiere ad impegni contrattuali 
gi� assunti nei conforti delle imprese (che andrebbero, comunque, remunerati 
a titolo contrattuale, oppure di ingiustificato arricchimento) e a 
completare le sole attivit� in fase di ultimazione, fermo restando la preclusione 
di nuove attivit�. 
Sulla questione oggetto del presente parere � stato sentito il Comitato 
Consultivo che si � espresso in conformit�. 
Concordato preventivo: estensione della prelazione sugli interessi per il credito 
assistito da privilegio ex art. 24 della legge n. 449 del 1997. 
(Parere prot. 199722 del 20 marzo 2012, AL 22049/11, avv. GABRIELLA D�AVANZO) 
Codesta Avvocatura Distrettuale dello Stato propone alla Scrivente il seguente 
quesito sottoposto al suo esame dal Ministero dello Sviluppo Economico: 
se, nell�ambito di una procedura di concordato preventivo, agli interessi 
maturati su di un credito assistito da privilegio ex art. 24 della legge n. 449 
del 1997 vada riconosciuta natura privilegiata senza alcun limite temporale, 
oppure se, come invece ha ritenuto il liquidatore giudiziale del concordato, 
l�ammissione al privilegio dei predetti interessi vada riconosciuta limitatamente 
al biennio antecedente l�apertura della procedura concorsuale, secondo 
quanto previsto dall�art. 54, comma 3 della legge fallimentare. 
La Scrivente, condividendo l�avviso di codesta Avvocatura Distrettuale, 
ritiene che quest�ultima opzione sia quella percorribile, non essendo convincente 
la tesi formulata dall�avv. (...) (consulente giuridico dell�Amministrazione 
a sensi dell�art. 4, comma 6 D.L. n. 32/1995, conv. in L.n. 104/95) il 
quale sostiene che la normativa agevolativa di cui all�art. 24, commi 32 e 33 
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 recherebbe una disciplina speciale anche 
in punto di interessi sul capitale, tale, cio�, da attribuire alla prelazione che 
assiste i medesimi interessi un�estensione temporale illimitata.
280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Al riguardo si osserva quanto segue. 
Secondo quanto previsto all�art. 54 della legge fallimentare, applicabile 
anche al concordato preventivo in virt� del richiamo operato dall�art. 169 della 
medesima legge, la disciplina riguardante �l�estensione del diritto di prelazione 
agli interessi� � regolata, per quanto qui interessa, dall�art. 2749 c.c. il 
quale, dopo avere disposto che il privilegio accordato al credito si estende alle 
spese ordinarie per l�intervento nel processo di esecuzione, precisa che il medesimo 
privilegio �si estende anche agli interessi dovuti per l�anno in corso 
alla data del pignoramento e per quelli dell�anno precedente� (l�atto di pignoramento 
� equiparato, a norma del comma 3 del citato art. 54 L.F., alla dichiarazione 
di fallimento). 
La prelazione che assiste il credito munito di privilegio generale si 
estende, dunque, anche agli interessi, limitatamente al periodo biennale specificamente 
indicato dal legislatore. 
Secondo l�impostazione suggerita dall�avv. (...) - consulente giuridico 
dell�Amministrazione ai sensi dell�art. 4, comma 6 del D.L. 8 febbraio 1995, 
n. 32, conv. in L. 7 aprile 1995, n. 104 - �il diritto alla ripetizione� previsto 
dall�art. 24, comma 33 della menzionata legge n. 449 del 1997, si riferisce a 
tutti gli elementi economici indicati al precedente comma 32 e cio� �alle agevolazioni�, 
agli �interessi� e alle �sanzioni�, tutti costituenti �credito privilegiato�, 
senza dunque �quei limiti temporali che, per i casi <ordinari>,sono 
fissati dall�art. 2749 c.c. e dalla L. fallimentare�. 
Senonch� dall�analisi delle disposizioni in materia di riscossione di cui alla 
legge in esame non si rinvengono argomenti convincenti per sostenere la prospettata 
tesi �derogatoria� del regime temporale del privilegio sugli interessi. 
Dispone, infatti, l�art. 24 al comma 32 della legge n. 449/1997, che �il 
provvedimento di revoca delle agevolazioni� costituisce titolo per l�iscrizione 
a ruolo� degli importi corrispondenti degli interessi e delle sanzioni�; il successivo 
comma 33 della medesima disposizione stabilisce che �il diritto alla 
ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione 
da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di 
giustizia e di quelli previsti dall�art. 2751 - bis del codice civile, fatti salvi i 
precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi��. 
La circostanza che il legislatore abbia espressamente previsto, quale strumento 
di recupero del credito erariale, l�iscrizione a ruolo anche degli interessi 
e delle sanzioni, non comporta, evidentemente, il riconoscimento di una speciale 
prelazione del relativo credito, da far valere, cio�, oltre il limite biennale consentito 
dall�anzidetto art. 2749 c.c. e dall�art. 54 della legge fallimentare; una 
cosa, infatti, � la previsione riguardante le modalit� di recupero del credito, altra 
cosa � il riconoscimento della causa di prelazione che assiste il medesimo credito. 
� poi pacifico che le norme sui privilegi, per il loro contenuto limitativo 
nei confronti del debitore, non possono essere interpretate in maniera analo-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 281 
gica, sicch� l�eventuale riconoscimento del privilegio sugli interessi oltre l�anzidetto 
lasso temporale, previsto in via ordinaria dall�art. 2749 c.c., dovrebbe 
essere espressamente sancito dalla legge. Nel caso in esame, per�, le sopra citate 
disposizioni in materia di riscossione nulla dispongono sul punto. 
In relazione a quanto precede, si conviene con codesta Avvocatura Distrettuale 
nel ritenere senz�altro opportuno astenersi dall�insistere nella richiesta 
dell�ammissione al privilegio anche degli interessi antecedenti al biennio. 
Sulla questione � intervenuto il Comitato Consultivo, di cui all�art. 25 L. 
103/1979, che si � espresso in conformit� al suesteso parere 
Contratti a termine di docenti, cittadini italiani e residenti in Spagna, in servizio 
nella scuola statale italiana di Barcellona. Ricorsi presentati al Tribunale 
sociale locale. 
(Parere reso in via ordinaria, prot. 97065 del 13 marzo 2012, AL 44950/11, avv. DIANA RANUCCI) 
Con la nota in riscontro codesto Mae riferisce che cinque supplenti, cittadini 
italiani e residenti in Spagna, da alcuni anni in servizio con contratti a 
tempo determinato presso l�Istituto Italiano statale di Barcellona, abilitati ed 
iscritti nelle graduatorie ad esaurimento degli Uffici scolastici regionali di appartenenza, 
si sono rivolti al tribunale di Barcellona deducendo l�illegittimit� 
dei loro contratti di lavoro, poich� stipulati con scadenza al termine delle lezioni, 
termine che, a loro avviso, configurerebbe un indebito licenziamento 
senza giusta causa secondo la normativa locale. 
Chiedono pertanto al giudice spagnolo di applicare la legge spagnola e, 
per l�effetto, di trasformare il contratto in discorso da tempo determinato a 
tempo indeterminato. 
Codesta Direzione, difesa in giudizio da un Avvocato di fiducia del consolato, 
contesta ovviamente la fondatezza della pretesa avversaria, dubitando 
della competenza del tribunale adito e della possibilit� di applicare la legge 
spagnola. Evidenzia infine che il ricorso non � stato notificato all�Avvocatura 
dello Stato. 
Chiede pertanto di conoscere il parere della Scrivente in ordine a tali questioni. 
1) Sulla giurisdizione. 
Il primo e fondamentale problema riguarda l�individuazione del giudice 
dotato di giurisdizione e quindi competente a conoscere della controversia, 
nel rilievo che la questione sembra presentare una connotazione di internazionalit�, 
data dal fatto che, pur essendo entrambe le parti italiane e che l�obbligazione 
deve adempiersi in una scuola statale italiana, tuttavia il luogo di
282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
svolgimento del rapporto di lavoro � in Spagna, per cui potrebbe determinarsi 
un potenziale conflitto di norme appartenenti ad ordinamenti giuridici diversi. 
A parere di questa Avvocatura il conflitto � tuttavia solo apparente: � 
chiaro infatti che pu� parlarsi di conflitto di norme - tale da rendere necessaria 
l�applicazione del sistema del diritto internazionale privato - quando l�elemento 
di estraneit� del rapporto sia tale da impedire che il rapporto giuridico controverso 
possa essere risolto alla stregua dell�ordinamento nazionale italiano. 
Dato questo che, in realt�, non sembra affatto cogliersi nella specie, ove 
entrambe le parti - lavoratore e datore di lavoro - sono italiane e la prestazione 
di lavoro viene effettuata in un Istituto scolastico statale italiano, cos� che il 
fatto che la scuola si trovi in territorio spagnolo sembra costituire pi� che un 
elemento di internazionalit� del rapporto un mero punto di contatto, come tale 
inidoneo a modificare i termini della giurisdizione italiana. 
In altre parole, la prestazione lavorativa fornita dai ricorrenti non sembra 
ontologicamente caratterizzata da elementi di estraneit� tali da sollecitare l�applicazione 
dei criteri di collegamento di cui al d.i.p., restando invece soggetta 
alla giurisdizione del giudice italiano. 
In ogni caso, anche qualora si volesse ritenere la fattispecie in esame valutabile 
alla stregua dei principi del diritto internazionale privato, la conclusione 
sarebbe sempre nel senso della giurisdizione italiana. 
Infatti deve subito rilevarsi che la norma codicistica costituita dall�art. 4 
c.p.c. - recante il principio della universalit� della giurisdizione italiana nei confronti 
del cittadino - � stata abrogata dall�art. 73 l. n. 218/95, che, all�art. 3, rubricato 
�Ambito della giurisdizione�, dispone che �2. la giurisdizione sussiste 
inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione 
concernente la competenza giurisdizionale e l�esecuzione delle decisioni 
in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968 �. 
In particolare, per quanto concerne i rapporti di lavoro, rileva l�art. 5 n. 1 
della Convenzione, secondo cui �il convenuto domiciliato nel territorio di uno 
Stato contraente pu� essere citato in un altro Stato contraente: 1) in materia 
contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio 
� stata o deve essere eseguita; in materia di contratto individuale di lavoro, 
il luogo � quello in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria 
attivit�; qualora il lavoratore non svolga abitualmente la propria attivit� in 
un solo paese, il datore di lavoro pu� essere citato dinanzi al giudice del luogo 
in cui � situato o era situato lo stabilimento presso il quale � stato assunto�. 
Ritiene tuttavia la Scrivente che controparte non possa utilmente invocare 
l�applicazione di tale disposizione, e ci� per molteplici ragioni. 
In primo luogo perch� la Convenzione - art. 1 - non si applica alla materia 
amministrativa, nell�ambito della quale rientra il rapporto di lavoro dedotto 
in giudizio, ove controparte pretende in definitiva di ottenere per via giurisdizionale 
un contratto a tempo indeterminato quale docente scolastico alle di-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 283 
pendenze di una pubblica amministrazione italiana, cio�, in altri termini, un 
contratto di pubblico impiego. 
Fermo quanto sopra poi, non pu� non osservarsi come l�art. 5 prima parte 
stabilisca criteri di collegamento facoltativi e non obbligatori, come � reso palese 
dall�uso del verbo pu�: �il contraente pu� essere citato...�. 
Ne deriva che, anche in punto di rapporti di lavoro, il primo e fondamentale 
criterio da utilizzare per l�individuazione del giudice dotato di giurisdizione non 
pu� che essere quello che risulta dall�analisi della volont� delle parti, quale 
espressione di autonomia negoziale, da accertare, questo s�, in modo rigoroso. 
Come � stato osservato (BIAVATI, �Criteri interpretativi di proroga della 
giurisdizione e di foro contrattuale �, in Corr. Giur. 2002, 5, 661) �non vi � 
dubbio che sia la L.n. 218/95 sia le disposizioni processuali europee (la Convenzione 
di Bruxelles e il Reg.Cee n. 44/01, entrambi prevalenti sulla normazione 
interna di diritto internazionale processuale) disegnino un meccanismo 
di reciproca fiducia tra i sistemi giurisdizionali, per cui, in via ordinaria, non 
si favoriscono le eccezioni alla giurisdizione ma al contrario si facilita la stabilit� 
del foro prescelto�; tale rilievo porta a legittimamente dedurre che la 
volont� delle parti costituisce il criterio di collegamento pi� rilevante ai fini 
dell�individuazione del giudice competente in caso di lavoro estero. 
Nella specie dall�analisi dei contratti di lavoro stipulati dai ricorrenti 
emerge che essi sono senza dubbio regolati dalla legge italiana, ivi espressamente 
richiamata, il che implica il radicamento di ogni eventuale giudizio 
presso il giudice del luogo verosimilmente pi� prossimo alle fonti legislative, 
cio� il giudice italiano. 
Tale conclusione � poi del tutto conforme alle indicazioni provenienti 
dalla dottrina internazionalistica pi� recente, tese ad evitare un uso distorsivo 
dell�art. 5 della Convenzione talvolta usato come viatico per il cd. �forum 
shopping�, mentre la prevalenza dell�autonomia privata nella scelta della giurisdizione, 
in un contesto di delocalizzazione, � stata riaffermata anche dalla 
Corte costituzionale nell�ordinanza n. 428/2000. 
2) Sulla legge applicabile ai rapporti di lavoro. 
Ci� posto, � poi indubbio che nella specie debba applicarsi la normativa 
italiana. 
Si legge nella nota in riscontro che i ricorrenti deducono che, poich� risiedono 
e prestano il loro servizio in Spagna e poich� l�Istituto sarebbe da qualificarsi 
come una �fondazione spagnola�, la legge applicabile dovrebbe essere 
quella spagnola e, ai sensi di questa, i loro contratti di lavoro dovrebbero trasformarsi 
da contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato, considerando 
�la fine delle lezioni� un indebito licenziamento senza giusta causa. 
Tale assunto a parere di quest�Avvocatura � privo di fondamento. 
Preliminare � la constatazione che i contratti di lavoro impugnati sono
284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
stipulati tra due parti sicuramente italiane: i cittadini ricorrenti, seppur residenti 
all�estero, e l�Istituto Italiano Statale di Barcellona, scuola italiana dipendente 
dal Ministero degli Affari Esteri e che il luogo di adempimento dell�obbligazione 
� una scuola statale italiana, e non certo una �fondazione spagnola�. 
Tali contratti sono inoltre espressamente regolati dal C.C.N.L. del 29 novembre 
2007 per il comparto scuola e leggi allegate. 
La normativa applicabile � dunque quella italiana essendo stata scelta e 
concordata dalle parti. 
Vale sul punto quanto gi� sopra evidenziato in ordine al criterio di collegamento 
preferenziale costituito dalla volont� delle parti. 
Fermo dunque che nella specie non sussiste, a parere della Scrivente, alcuna 
situazione di conflitto di norme, si osserva che comunque anche in base ai principi 
del d.i.p. resterebbe applicabile la normativa italiana ai rapporti in esame. 
Infatti l�art. 57 della legge 218/1995 dispone che le obbligazioni contrattuali 
sono regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge 
applicabile alle obbligazioni contrattuali, entrata in vigore il 1� aprile 1991 ad 
integrazione della Convenzione di Bruxelles del 1968, con lo scopo di armonizzare 
le norme sul conflitto delle leggi applicabili ai contratti. 
Fermo restando che l�art. 1 della Convenzione di Roma prevede che �le 
disposizioni della presente convenzione si applicano alle obbligazioni contrattuali 
che implicano un conflitto di leggi�, e che, nella specie, per quanto 
sopra considerato, non si ritiene ricorra alcun conflitto di leggi, vale rilevare 
che l�art. 6 della Convenzione, recante le norme di d.i.p. specificamente riguardanti 
il �contratto individuale di lavoro�, prevede che �in deroga all�art. 
3 (statuente la regola generale secondo cui �il contratto � regolato dalla legge 
scelta dalle parti�) nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad 
opera delle parti non vale a privare il lavoratore dalla protezione assicuratagli 
dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza 
di scelta, a norma del paragrafo 2�. 
Il paragrafo 2 enuclea due criteri di collegamento per l�individuazione 
della legge applicabile in caso di conflitto di norme, utilizzabili a meno che 
�non risulti dall�insieme delle circostanze che il contratto presenta un collegamento 
pi� stretto con un altro Paese. In questo caso si applica la legge di 
quest�altro paese�. 
Il che � esattamente quanto si rileva nella specie ove i contestati contratti 
sono collegati esclusivamente alla normativa italiana. 
3) Sulla retribuzione e sui contributi previdenziali e assistenziali. 
Le considerazioni finora svolte non sono inficiate dal fatto che, in punto 
di retribuzione, i ricorrenti, ai sensi dell�art. 26 del D.lgs. 62/1998 secondo cui 
i supplenti residenti in un Paese ospite percepiscono lo stipendio equivalente a 
quello che gli sarebbe riconosciuto in Italia per analoghe attivit� salva la pos-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 285 
sibilit� di scegliere la retribuzione corrisposta localmente qualora pi� favorevole, 
abbiano esercitato la relativa opzione, poich� in Spagna lo stipendio dei 
docenti delle scuole pubbliche � superiore a quello dei docenti pubblici italiani. 
Analoga scelta hanno fatto riguardo ai contributi previdenziali e assistenziali, 
i quali, di norma, sia per i supplenti residenti sia per i non residenti, sono 
versati in Italia secondo la normativa italiana ai sensi dell�art. 13 punto d) del 
Reg. CEE 1408/1971, che prevede che gli impiegati pubblici ed il personale ad 
esso assimilato, in servizio in altro Stato membro, sono soggetti alla legislazione 
dello Stato membro al quale appartiene l�Amministrazione da cui essi dipendono. 
In virt� per� dell�art. 17 del Reg. CEE 1408/197, che consente eccezioni 
al principio generale, i ricorrenti hanno optato per l�applicazione del regime 
spagnolo anche per quanto attiene ai contributi previdenziali e assistenziali. 
� indubbio tuttavia che tali possibilit�, riconosciute dalla legge italiana e 
comunitaria in materia di retribuzione e contributi e legittimamente esercitate 
dai ricorrenti poich� comportanti per loro dei benefici, esplichino i loro effetti 
solo per l�ambito in cui sono epressamente previste, di tal che non incidono 
sulla legge applicabile al rapporto di lavoro. 
Trattasi infatti di istituti di favore previsti per i cittadini italiani residenti 
all�estero per garantire la salvaguardia delle libert� fondamentali riconosciute 
e tutelate dal Trattato CE (cfr. la libert� di stabilimento), e costituisce principio 
pacifico che gli istituti contenenti un beneficio non sono suscettibili n� di applicazioni 
analogiche n� tanto meno estensive, n� possono valorizzarsi per fini 
diversi da quelli a cui sono diretti. 
In conclusione si ritiene che la legge applicabile ai contratti in questione 
sia dunque la legge italiana. 
4) Infondatezza nel merito. 
La questione dedotta in giudizio � nota, poich� oggetto di numerose pronunce 
dei Tribunali italiani aditi a seguito di numerosissimi ricorsi dei cd. docenti 
�precari della scuola�. 
Ritengono i supplenti ricorrenti che il �termine delle lezioni� debba considerarsi 
un indebito licenziamento senza giusta causa ai sensi della normativa locale. 
La tesi � infondata: ai sensi del D.lgs. n. 368/2001, il contratto di lavoro 
a tempo determinato � il contratto al quale viene apposto un termine a fronte 
di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo, o sostitutivo. 
Si legge in uno dei contestati contratti (sono redatti su modulistica identica) 
�che sar� efficace fino al termine delle attivit� didattiche per l�insegnamento 
di Matematica e fisica classe concorso A049 per il n. 19 ore settimanali 
di lezione, con decorrenza dal 08/09/2010 e cessazione al 30/06/2011, presso 
Istituto Comprensivo Italiano di Barcellona�. 
Viene apposta in calce una nota la quale precisa che il 30 giugno potrebbe 
coincidere con un�altra data, ovvero quella prevista per il termine delle attivit�
286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
didattiche dai calendari scolastici locali. 
� palese che il termine previsto nei contratti impugnati � assolutamente 
legittimo secondo la legge italiana, seppur passibile di lieve cambiamento in 
virt� della pianificazione delle lezioni risultanti dai calendari scolastici locali. 
� inoltre di rilievo ricordare che la trasformazione dei contratti a tempo 
determinato per il conferimento di supplenze in contratti a tempo indeterminato 
pu� avvenire �solo nel caso di immissione a ruolo, ai sensi delle disposizioni 
vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e 
dall�art. 1 comma 605 lettera c) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 e successive 
modifiche� (art. 4, comma 14 bis) L. n.124/1999). 
La giurisprudenza, ormai costante ed uniforme, a tal riguardo ha chiarito 
che �in materia di pubblico impiego, un rapporto di lavoro a tempo determinato 
non � suscettibile di conversione in uno a tempo indeterminato, stante il 
divieto posto dall�art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, il cui disposto � stato ritenuto 
legittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 98 del 2003)� � �L�art. 
36, comma 8, del d.lgs. n. 29 del 1993 (ora trasfuso nell�art. 36, comma 2, 
del d.lgs. n. 165 del 2001), secondo il quale la violazione di norme imperative 
riguardanti l�assunzione di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni 
non pu� comportare la costituzione di rapporto a tempo indeterminato, 
si riferisce a tutte le assunzioni avvenute al di fuori di una procedura concorsuale 
...� (Cass. Lav. n. 11161 del 7 maggio 2008). 
Anche la giurisprudenza di merito (da ultimo Tribunale di Foggia n. 593 
del 13 febbraio 2012 che si allega in copia) ha rigettato domande analoghe a 
quelle proposte dai supplenti al tribunale di Barcellona. Sul punto si rinvia a 
quanto ivi dedotto dal giudicante. 
5) Notifica all�Avvocatura Generale dello Stato. 
Da ultimo si evidenzia che la mancata notifica del ricorso all�Avvocatura 
dello Stato costituisce unicamente una nullit� dell�atto introduttivo, sanabile 
secondo il diritto italiano, o con la costituzione del convenuto o con la rinnovazione 
della notifica. Tale rilievo appare tuttavia irrilevante ed assorbito dalla 
sussistenza del dedotto vizio di difetto di giurisdizione del giudice spagnolo. 
Alla luce delle esposte considerazioni si ritiene opportuno resistere fermamente 
in giudizio, anche per evitare il ripetersi di una simile prassi, e si 
prega di far depositare avanti al Tribunale di Barcellona la sentenza allegata.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
La sostenibilit� dei sistemi sanitari regionali 
SaniMod-Reg 2012-2030 
Fabio Pammolli* e Nicola C. Salerno** 
Noi non consideriamo la discussione 
come un ostacolo sulla strada dell'azione politica, 
ma come una indispensabile premessa 
ad agire prontamente e saggiamente 
�L'elogio di Pericle alla democrazia ateniese�, Tucidite, II, 37-41 
Il lavoro del CeRM �La Sostenibilit� dei Sistemi Sanitari Regionali� coerentemente assieme 
sviluppa: 
(1) proiezioni regionalizzate della spesa sanitaria (standard e lorda delle inefficienze); 
(2) proiezioni regionalizzate delle fonti di finanziamento; 
(3) proiezioni dei flussi redistributivi interregionali. 
L'orizzonte si spinge sino al 2030, con quantificazioni anno per anno. 
Grandezze sia in Euro assoluti (costanti 2010) che in percentuale del Pil. 
L'analisi si sforza di soddisfare nel contempo due obiettivi: �respiro� sistemico e quantificazione. 
Lavori che riescano a soddisfare queste due caratteristiche contribuiscono - crediamo 
- a creare quella "cassetta degli attrezzi" essenziale per compiere scelte responsabili sulle riforme 
della sanit�. 
Tali lavori possono, nel contempo, fornire esempi di quello che dovrebbe fare la relazione 
tecnica di accompagno di una riforma. 
Con l'augurio di contribuire positivamente all'approfondimento del dibattito e alla sua 
finalizzazione di policy, 
grazie per l�attenzione. 
CeRM 
(*) President and Director del CeRM, docente di Economia e Management presso l�Universit� di Firenze 
e Direttore di I.M.T. Alti Studi Lucca. 
(**) Senior economist in CERM.
288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
SOMMARIO (*) 
Dopo SaniMod 2011-2030, questo Working Paper continua la costruzione della modellistica 
di proiezione della spesa del Sistema sanitario Nazionale (�Ssn�) con la versione 
regionalizzata, SaniMod-Reg 2012-2030. 
In realt�, anche se il punto di partenza � quello e si arriva a proiettare le spese delle 
Regioni, definirlo solo un modello di proiezione � improprio. SaniMod-Reg unisce quattro 
lavori importanti per il dibattito di policy. Quattro aspetti che per la prima volta si ritrovano 
affrontati assieme e correlati. I tasselli utili, anzi necessari, per decidere sull�efficientamento 
della spesa, sulle modalit� di finanziamento, sullo svolgimento della transizione dallo status 
quo al nuovo regime: 
� Il benchmarking interregionale e l�individuazione degli standard nei profili di spesa 
procapite per fasce di et� delle Regioni pi� virtuose; 
� Le proiezioni a medio-lungo termine della spesa standard e della spesa lorda delle 
inefficienze; 
� Le proiezioni a medio-lungo termine del finanziamento, secondo l�ipotesi che a regime 
tutte le Regioni (incluse quelle a statuto speciale) concorrano alla copertura integrale 
della spesa standard con una quota omogenea del loro Pil (�egual sacrifico proporzionale�); 
� La quantificazione dettagliata, sia in percentuale del Pil che in Euro assoluti, di: spesa 
regionale standard e lorda delle inefficienze; concorso al finanziamento da parte di 
ciascuna Regione; flussi di redistribuzione territoriale che derivano dalla combinazione 
della regola di standardizzazione della spesa e della regola di finanziamento. 
I due scenari evolutivi, prescelti per caratteristiche di realismo ed equilibrio nelle ipotesi, 
individuano una forchetta di aumento della pressione della spesa standard sul Pil Italia, 
da oggi al 2030, compresa tra 1 e 1,5 p.p.. A questi aumenti si devono sommare, nel caso 
non si riuscisse a riassorbile, inefficienze pari allo 0,25-0,3% del Pil. 
Deve esser chiaro che la forchetta rappresenta solo una parte dell�incremento di incidenza 
che ci si pu� attendere a medio-lungo per esigenze sanitarie. In particolare, essa non 
comprende la spesa per assistenza continuata ai non autosufficienti (�Ltc�) quasi integralmente 
estranea ai bilanci dei Sistemi Sanitari Regionali (�Ssr�); e non comprende le esigenze 
di spesa in conto capitale. La prima componente conta per 1 p.p. di Pil oggi e crescer� 
continuamente almeno sino a 1,7 p.p. nel 2060 (�Programma di Stabilit� dell�Italia�), ma 
potenzialmente anche oltre se si tiene conto dei driver extra demografici. La seconda componente 
� pi� difficile da quantificare, perch� storicamente sottovalutata e neppure contabilizzata 
in maniera adeguata. Se le due componenti fossero incluse, la dinamica della spesa 
complessiva risulterebbe significativamente pi� forte, in linea con le pi� recenti proiezioni 
Ecofin, Ocse e Fmi, che mettono in guardia su un potenziale quasi raddoppio del peso sul 
Pil di qui a 50 anni. 
Le difficolt� di fronteggiare questo crescente assorbimento di risorse sono amplificate 
dal fatto che il breakdown mostra una pressione della spesa sanitaria regionale sul Pil re- 
(*) Si riporta il sommario esteso del lavoro �La Sostenibilit� dei Sistemi Sanitari Regionali�, lavoro 
consultabile integralmente sul sito del CERM � Competitivit�, Regolazione, Mercati: www.cermlab.
it.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 289 
gionale molto sperequata. Nel Mezzogiorno l�incidenza della spesa standard arriver� presto 
a superare i 10 p.p., con punte anche al di sopra degli 11. Sono, queste, le stesse Regioni 
staccate dal resto dal Paese per la qualit� delle prestazioni erogate, per il grado di infrastrutturazione 
settoriale e, soprattutto, per l�inefficienza della spesa sanitaria corrente. In 
mancanza di concreti recuperi di efficienza, in queste Regioni il peso sul Pil sar� ancora 
pi� alto, con punte al di sopra dei 12 p.p. anche prima del 2030. 
I problemi non si concentrano solo nel Mezzogiorno. Il Lazio risulta la Regione con 
la pi� elevata spesa inefficiente (1,1 miliardi di Euro nel primo anno delle proiezioni). La 
Valle d�Aosta e le due Province Autonome di Bolzano e Trento mostrano i pi� elevati scarti 
percentuali dallo standard (rispettivamente addirittura 21, 23 e 17%). Anche Piemonte, Veneto, 
Friuli Venezia Giulia e Liguria potrebbero migliorare l�efficienza della spesa, pur partendo 
da gap molto pi� contenuti. La condizione del Lazio � resa pi� grave dalla bassa 
qualit� delle prestazioni. � alta invece la qualit� della Valle d�Aosta e delle due Province 
Autonome. Anche Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria sono nella parte alta 
del ranking di qualit� delle prestazioni (con alcune differenze tra loro, ma tutte sopra la 
media Italia). 
Si dovrebbe essere gi� pronti, con passi avanti gi� compiuti sulle regole di finanziamento 
(inclusa la diversificazione multipillar), sulla governance, sulla regolazione lato domanda 
e offerta di prestazioni, sulla piena responsabilizzazione di chi non rispetta gli 
standard, sulla gestione della transizione, etc.. Invece, il quadro resta gravemente incompleto, 
parte del �cantiere� federalista in cui l�Italia � impegnata da almeno un decennio. La 
Legge n. 42-2009 e il Decreto n. 68-2011, pur segnando un percorso finalmente pi� concreto 
rispetto ai tentativi precedenti, contengono snodi su cui � necessario approfondire e compiere 
scelte. Nel frattempo, per�, le urgenze della crisi hanno interrotto i lavori. Si deve 
tentare di non far passare invano questo tempo, per evitare tra qualche anno di dover ricominciare 
dall�inizio senza raccogliere gli esempi e i frutti di analisi gi� fatte e di confronti 
tecnici e politici gi� svolti. 
Una delle mancanze pi� evidenti della Legge 42 e del Decreto 68 � il raccordo tra 
spesa e finanziamento. Per compierlo, � necessario fissare regole precise e operative sia per 
la spesa sia per il finanziamento, cosa che il Legislatore non � arrivato fare. In questo Wp, 
invece, il passo � compiuto. Per il finanziamento, si ipotizza che tutte le Regioni concorrano 
a coprire la spesa standard con una quota del loro Pil pari all�incidenza della spesa standard 
nazionale sul Pil nazionale. � il principio dell� �uguale sacrificio proporzionale�. 
Se si applicasse questa regola di finanziamento, tutte le Regioni sarebbero messe nelle 
condizioni di coprire, anno per anno, la loro spesa standard. Alcune, economicamente meno 
sviluppate, riceverebbero flussi di redistribuzione territoriale. Altre, economicamente pi� 
forti, concorrerebbero a finanziare la redistribuzione. SaniMod-Reg permette di dare un ordine 
di grandezza al totale delle risorse movimentate dalla redistribuzione: da circa 10 miliardi 
di Euro nel 2011 a circa 13 nel 2030, per una quota di Pil di poco inferiore a 0,7%, e 
una quota della spesa sanitaria standard superiore all�8%. 
Una redistribuzione di proporzioni importanti, dunque, che dimostra, simulazioni alla 
mano, che standardizzare sui profili di spesa pro-capite delle Regioni pi� virtuose, e finanziare 
questa spesa ammissibile in maniera proporzionale su tutti i Pil regionali, � un sistema 
in grado di perseguire strutturalmente finalit� di coesione tra territori. 
Grazie all�aggiunta del lato del finanziamento, possono prendere corpo altre considerazioni 
critiche, che rendono se possibile ancor pi� urgente il cambiamento. La maggior
290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
parte dei flussi redistributivi si rivolge a Mezzogiorno e parte dal Nord. Tali flussi possono 
esser visti come un diritto costituzionale delle Regioni con economia pi� debole, e parallelamente 
un dovere costituzionale delle Regioni a economia pi� sviluppata, solo nella misura 
in cui le prime sono in grado di utilizzarli in maniera efficiente e responsabile. � solo questa, 
infatti, la coesione �in bene� sancita nella Costituzione. Se le attuali sacche di inefficienza 
non saranno riassorbite, nelle Regioni che pi� dipendono dalla coesione territoriale, esse 
continueranno a contare per quote significative dei flussi redistributivi in ingresso: pi� del 
40% in Campania, pi� del 30% in Sardegna, pi� del 20% in Molise, Puglia e Basilicata. 
Una condizione contraddittoria che mina alle fondamenta i rapporti tra territori. 
La mappatura dei flussi redistributivi fa emergere anche elementi critici sulla situazione 
di Regioni del Centro-Nord. Se fosse in vigore il criterio di finanziamento qui proposto, 
il Lazio dovrebbe mettere a disposizione risorse per le Regioni con Pil pi� bassi, 
dovrebbe sostenere la redistribuzione. E invece si � assistito, negli ultimi anni, a rinegoziazioni 
di linee di prestito dallo Stato per fronteggiare i disavanzi sanitari accumulati. Il Lazio 
finisce per assommare tre criticit�: cospicua sovraspesa, bassa qualit�, assorbimento di risorse 
della collettivit� nazionale quando invece dovrebbe metterle a disposizione. 
Una speculare osservazione pu� essere fatta per Valle d�Aosta, Provincia Autonoma 
di Bolzano e Provincia Autonoma di Trento. Se si applicasse la regola di finanziamento, 
queste tre Regioni dovrebbero contribuire ai flussi di redistribuzione, mentre invece beneficiano 
della fiscalit� speciale che, nel contempo, favorisce il mantenimento di alti standard 
di qualit� e, soprattutto, aiuta a tenere nascosti livelli di inefficienza della spesa sanitaria 
che, in termini percentuali, sono i pi� alti del Paese. Se la fiscalit� non fosse quella speciale, 
le inefficienze peserebbero di pi� sui saldi di bilancio e sull�offerta di prestazioni. 
Mutatis mutandis, l�osservazione pu� essere ripetuta anche per il Friuli Venezia Giulia. 
Questa Regione ha uno scarto tutto sommato contenuto dallo standard (soprattutto se confrontato 
alle devianze pi� acute), e riesce a far bene sul fronte della qualit�. Tuttavia anche 
il Friuli Venezia Giulia mette di fronte al dilemma se possa essere accettato che una Regione, 
che sarebbe chiamata a contribuire alla redistribuzione se valessero regole omogenee per 
tutti, continui a godere di fiscalit� agevolata. Domanda non semplice a cui rispondere, perch� 
coinvolge la rivisitazione in chiave contemporanea di tutte le funzioni regionali, delle 
risorse necessarie al loro assolvimento, e dei sussidi incrociati che col tempo si attivano 
quando il collegamento tra funzioni e risorse viene perso di vista o, peggio ancora, rivestito 
di connotati di principio o ideologici (una sorta di �corporativismo istituzionale�). 
La domanda appare ancor pi� problematica se si pensa che SaniMod-Reg mette in evidenza 
che Sardegna e Sicilia, le altre due Regioni a statuto speciale, nonostante (o a causa 
del fatto che? �) vengano da oltre un sessantennio di fiscalit� speciale, combinano ampie 
inefficienze, bassa qualit�, bassa infrastrutturazione e dipendenza, in ipotesi di applicazione 
del finanziamento della spesa con regole omogenee per tutti, dai flussi di redistribuzione 
interregionale. A significare che, purtroppo, il vecchio disegno della fiscalit� ha interagito, 
nel tempo, con i tanti problemi dello sviluppo duale dell�Italia, generando anche nella sanit� 
risultati molto diversi dalle intenzioni e dalle attese formulate nel Dopoguerra. 
Esistono, per fortuna, anche esempi positivi che fanno ben sperare per le riforme e 
l�ammodernamento in senso lato dei Ssr. Umbria e Marche sono Regioni che utilizzerebbero 
i flussi di redistribuzione in maniera ottimale: sono efficienti e erogano prestazioni di qualit�. 
Tra l�altro, queste due Regioni portano gli unici esempi di efficienza di spesa e qualit� 
delle prestazioni, pur in presenza di un grado di infrastrutturazione settoriale medio, lontano
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 291 
dai livelli pi� alti di Lombardia, Emila Romagna, FriuliVenezia Giulia, P. A. di Bolzano e 
Trento, Piemonte. Due esempi importanti, perch� testimoniano del fatto che il grado di infrastrutturazione 
non debba essere confuso tout court con la presenza di strutture ospedaliere 
(il �mattone�) e la capacit� di ricoveri ordinari (il �posto letto�), le grandezze che pi� influenzano 
l�indicatore sintetico di infrastrutturazione sviluppato dall�Istat qualche anno fa. 
In prospettiva, sar� sempre pi� importante puntare sulla prevenzione, sull�assistenza domiciliare, 
sull�integrazione socio-sanitaria, sull�adattamento delle prestazioni alle esigenze 
del territorio e alla casistica soggettiva/familiare. Tutte linee d�azione che, sostenute da una 
stretta collaborazione tra Regione e Enti Locali, possono favorire il perseguimento, assieme, 
dei due obiettivi del contenimento della spesa e della qualit�/adeguatezza delle prestazioni. 
Tra sfera sanitaria e sfera sociale non devono esserci steccati istituzionali o, peggio, organizzativi 
o burocratici. 
Tra gli esempi positivi anche quelli dell�Emilia Romagna, della Toscana, della Lombardia, 
che �esporterebbero� redistribuzione, sono efficienti nella spesa ed erogano prestazioni 
di qualit� (Emilia Romagna e Lombardia sono due delle tre Regioni benchmark, 
assieme all�Umbria). Non si deve sottovalutare, tuttavia, che queste tre Regioni ricevono 
flussi finanziari in ingresso grazie alla loro capacit� di attrarre mobilit� sanitaria, e all�incapacit� 
di tante altre Regioni (soprattutto nel Mezzogiorno) di offrire prestazioni di qualit� 
sul loro territorio: la Lombardia per circa 440 milioni di Euro all�anno (il 2,4% della spesa 
corrente), l�Emilia Romagna per poco meno di 360 milioni (il 4,1% della spesa), la Toscana 
per oltre 115 milioni (l�1,6% della spesa). 
Nel complesso, se si considerano le altre Regioni con mobilit� in ingresso, ogni anno 
circa 1 miliardo di Euro affluisce dal Mezzogiorno verso il Nord e in misura minore il Centro. 
Si tratta di risorse tutto sommato limitate rispetto alla spesa sanitaria del Paese, ma la 
loro costanza su periodi lunghi le ha rese di fatto strutturali, e nel tempo in grado di accumulare 
importi significativi. Se � vero che la mobilit� tra Regioni deve sempre rimanere a 
garanzia che tutti i cittadini possano rivolgersi agli erogatori che ritengono migliori, e se � 
vero che le Regioni che ricevono la mobilit� e i relativi flussi finanziari offrono valore aggiunto 
sanitario, bisogna evitare che l�evoluzione della governance dei Ssr resti dipendente, 
vincolata da questi flussi. 
Da un lato, le Regioni pi� virtuose devono provarsi capaci di perseguire sostenibilit� 
economica e qualit�/adeguatezza delle prestazioni, anche qualora si modificassero o venissero 
del tutto meno i flussi di mobilit�. Dall�altro lato, deve rientrare nei percorsi di convergenza 
delle Regioni inefficienti lo sviluppo di un�offerta sanitaria che riduca il pi� 
possibile la mobilit� in uscita (elimini la mobilit� evitabile), cos� permettendo di valorizzare 
all�interno, di reinvestire endogenamente, quelle risorse che adesso sono drenate. 
Per avere dei termini di paragone con cui soppesare i controvalori della mobilit�, si 
pensi che, nel 2008 e nel 2009, il Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze ha capitalizzato 
per 400 milioni di Euro all�anno, e poi non � stato pi� rifinanziato nel 2010 per incapienza 
di bilancio (una delle conseguenze della crisi). Oppure si pensi che il totale degli 
investimenti fissi lordi della Pubblica Amministrazione � stato negli ultimi dieci anni mediamente 
pari a circa 30 miliardi di Euro all�anno, di fronte ai quali un flusso annuo di risorse 
pari a 1 miliardo, dedicabile interamente alla sanit�, ha un ordine di grandezza 
tutt�altro che trascurabile (oltre il 3,3%). 
Per completare il quadro delle Regioni, ci sono Piemonte e Veneto che, pur avendo 
margini di miglioramento, fanno bene sia sull�efficienza della spesa sia sulla qualit� e, nel
292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
contempo, contribuirebbero alla redistribuzione se si applicasse a tutti la regola del finanziamento 
omogeneo in percentuale del Pil. 
E infine ci sono Abruzzo e Liguria, il primo efficiente nella spesa ma con un forte gap 
di qualit�, la seconda con un possibile contenuto miglioramento sul fronte dell�efficienza e 
un gap di qualit� rispetto alle Regioni pi� virtuose ma anche questo molto pi� contenuto 
rispetto ai gap del Mezzogiorno. Sia Abruzzo che Liguria riceverebbero redistribuzione, e 
entrambe le Regioni dovrebbero ottenere risultati di governance migliori, per poter affermare 
che quelle risorse sono pienamente valorizzate. 
In conclusione, un quadro molto complesso e frastagliato. Le proiezioni indicano pressioni 
crescenti sulle finanze pubbliche, dando conferma di trend che, da qui a cinquant�anni, 
potrebbero portare a un raddoppio dell�incidenza della spesa sul Pil. Si dovrebbe gi� esser 
preparati a governare questo trend per non subirlo passivamente, ma in realt� le condizioni 
attuali dei Ssr appaiono molto lontane dall�essere pronte. 
Nonostante la Legge n. 42-2009 e il Decreto n. 68-2011 abbiano finalmente posto il 
tema su basi pi� concrete e percorribili di quanto fatto in precedenza, le modalit� di standardizzazione 
della spesa sanitaria sono ben lungi dall�esser diventate parte della programmazione 
e della governance. E questo anche se i benchmarking regionali fanno emerge, 
con metodiche diverse e attraverso aggiornamenti successivi dei dati, ampie sacche di inefficienza 
e gravi gap di qualit�, soprattutto con riferimento alle Regioni del Mezzogiorno. 
Altre criticit� emergono, come si � argomentato, quando il lato delle proiezioni della 
spesa viene unito a quello del finanziamento, un passaggio sinora eluso da quasi tutte le 
analisi e, per forza di cose, non affrontato neppure dal Legislatore. Solo cos� si pu� costruire 
una mappatura dettagliata delle fonti di finanziamento e dei flussi di redistribuzione interregionali, 
per poi interrogarsi sulla loro sostenibilit�, sulla capacit� delle Regioni beneficiarie 
di �meritarseli� allocando bene le risorse, sull�avvio di cicli di programmazione 
almeno quinquennali e vincolanti per i Ssr. 
Ed � sempre l�unione di spesa e finanziamento che riporta all�attenzione il tema delle 
Regioni con ordinamenti speciali, che appaiono ormai antistorici e contraddittori anche in 
analisi settoriali come quelle sulla sanit�. Delle contraddittoriet� SaniMod-Reg porta diversi 
esempi. La standardizzazione della spesa dovrebbe essere applicata a tutte le Regioni, di 
pari passo all�omogenizzazione dei sistemi fiscali, superando la distinzione tra statuti speciali 
e statuti ordinari. 
Ulteriori informazioni utili derivano dall�analisi, assieme alla spesa, alla qualit� e al 
finanziamento, del grado di infrastrutturazione. Le esperienze di Regioni, come l�Umbria 
e le Marche, efficienti nella spesa e di alta qualit� delle prestazioni pur con un livello di infrastrutturazione 
medio, dimostra come in futuro gli investimenti debbano rispondere a strategie 
nuove, non necessariamente vincolate agli ospedali e ai ricoveri, ma coerenti con la 
prevenzione, l�integrazione socio-sanitaria, l�adattamento delle prestazioni alle esigenze 
del territorio e della popolazione. 
SaniMod-Reg non � solo un modello di proiezione, anche se � da qui che prende le 
mosse. Porta l�esempio di quella valutazione di impatto macrofinanziario a tutto tondo della 
riforma della sanit�, che dovrebbe accompagnare qualsiasi progetto di legge, e che sinora 
� sempre mancata, anche in occasione della Legge n. 42-2009 e della sua scia attuativa. 
Una mappatura cos� completa e dettagliata e regionalizzata dell�andamento delle spese standard, 
delle inefficienze, del finanziamento � la base per poter discutere, in maniera responsabile 
e il pi� possibile oggettiva, di qualunque trasformazione (di ispirazione federalista,
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 293 
ma anche riformista e con ispirazioni diverse). 
La mappatura � (dovrebbe essere) il punto di partenza per il disegno della transizione, 
del percorso di convergenza da richiedere alle Regioni tra lo status quo e l�anno in cui le 
spese ammissibili saranno solo quelle standard, il finanziamento su scala nazionale (coordinato 
tra Regioni) provveder� solo a queste spese, e ogni Regione sar� (questo � l�auspicio) 
pienamente responsabilizzata per la sovraspesa in cui incorre. Non � un caso, infatti, che, 
mancando una valutazione di impatto dettagliata e comprensiva delle spese e delle risorse 
finanziarie a medio-lungo termine, la transizione sia sempre rimasta elusa, solo accennata 
senza mai il coraggio di andare a fondo. E senza idee chiare sulla transizione, qualunque 
progetto di rinnovamento e ammodernamento rischia di apparire un esercizio teorico non 
supportato da una vera volont� politica. 
Il prossimo appuntamento di CeRM riguarder� proprio la transizione. Sulla scorta dei 
risultati di SaniMod-Reg, ci si interrogher� su come definire percorsi di convergenza Region-
specific, lungo i quali, gradualmente, la spesa diventi quella standard e i finanziamenti 
quelli necessari e sufficienti a coprire la spesa standard. 
Come in questo Wp le proiezioni a medio-lungo della spesa sono occasione per un discorso 
pi� ampio coinvolgente anche il lato del finanziamento e i flussi di redistribuzione 
tra territori, nel prossimo lavoro l�approfondimento della transizione sar� accompagnato da 
riflessioni su: cornice istituzionale; sviluppo di una base statistica e contabile omogenea e 
affidabile; regolazione lato domanda e offerta; snodo della selettivit� dell�universalismo; 
monitoraggio infrannuale delle tendenze; coordinamento tra Regioni della policy settoriale; 
piena responsabilizzazione delle Regioni nei confronti degli eccessi di spesa; stabile coordinamento 
tra la Regione e gli Enti Locali sottesi in funzione della programmazione sociosanitaria 
e della prevenzione; etc.. 
Mentre in SaniMod-Reg l�ipotesi � che il finanziamento si adatti alla spesa standard 
sino a coprirla integralmente lungo tutto l�orizzonte di proiezione, cՏ un altro punto di 
vista che bisogner� sforzarsi di approfondire e quantificare, domandandosi qual � il livello 
di finanziamento compatibile con condizioni di equilibrio delle finanze pubbliche nazionali 
e regionali. Per far questo, � necessario, dopo aver microfondato nei profili pro-capite il 
lato delle spese, microfondare il lato del finanziamento, riconducendo le risorse disponibili 
a basi imponibili, imposte e quote di gettito. In questa direzione ha gi� tentato di muoversi 
anni fa il D.Lgs. n. 56-2000 che, tuttavia, non solo mancava di un riferimento vero e proprio 
alle proiezioni di spesa, ma � rimasto, sia per la standardizzazione della spesa sia per l�individuazione 
del finanziamento, ad un livello troppo astratto e simbolico. Sul tema sono ritornati 
la Legge n. 42-2009 e il Decreto n. 68-2011 senza per�, come si � gi� detto, riuscire 
a imprimere un svolta decisiva, senza arrivare a una visione di insieme dettagliata delle 
spese e del finanziamento, da mettere alla prova delle compatibilit� economiche e degli 
altri cambiamenti che stanno interessando i rapporti tra livelli di governo e il sistema fiscale. 
Sar�, questo, il tema centrale su cui lavorer� CeRM nei prossimi mesi. 
fp & ncs, Roma l� 14 Febbraio 2012
294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
La mobilit� dei dipendenti pubblici dopo la legge di stabilit� 2012 
Francesco Spada* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La mobilit� individuale - 3. La mobilit� collettiva. 
1. Premessa 
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, 
con il termine �mobilit�� si fa riferimento ad una pluralit� di vicende accomunate 
da un identico tratto caratterizzante, ossia la modificazione del rapporto, 
di regola sotto il profilo soggettivo. 
In dottrina si operano alcune distinzioni, tra le quali quella tra mobilit� 
esterna, comportante il passaggio del dipendente da una pubblica amministrazione 
ad un�altra, e mobilit� interna, in cui ci� che muta � soltanto il luogo di 
esecuzione della prestazione lavorativa e non anche il soggetto beneficiario 
della prestazione. 
Un�ulteriore distinzione � quella tra mobilit� individuale o volontaria, caratterizzata 
dal passaggio di un singolo dipendente, a domanda, da un ente ad 
un altro e mobilit� collettiva o obbligatoria, che si verifica in corrispondenza 
di situazioni di eccedenze di personale tipizzate dal legislatore. 
Infine, si � soliti differenziare la mobilit�, sul piano degli effetti prodotti 
sul rapporto di lavoro, a seconda che dia luogo ad un trasferimento del dipendente 
soltanto temporaneo e momentaneo (come nel caso del comando o dell�assegnazione 
temporanea di dipendenti presso amministrazioni anche 
straniere), ovvero stabile e duraturo (come nel caso della mobilit� volontaria 
precedentemente descritta). 
A ben vedere, l�unica specie di mobilit� compiutamente disciplinata dal 
legislatore � quella esterna, nelle due categorie della mobilit� individuale e di 
quella collettiva, in quanto la mobilit� interna � sostanzialmente ignorata dall�ordinamento 
positivo (1), salvo quanto si dir� al paragrafo successivo in relazione 
ad alcuni recenti interventi normativi. 
La principale fonte di disciplina dell�istituto della mobilit� nel settore 
pubblico � il decreto legislativo n. 165/2001 (2). L�unica fonte ulteriormente 
(*) Dirigente di II fascia del Ministero dell�Economia e delle Finanze. Ha svolto la pratica forense 
presso l�Avvocatura Generale dello Stato. 
Il presente contributo riflette le opinioni dell�Autore e non impegna in alcun modo l�Amministrazione 
di appartenenza. 
(1) In realt�, l�ipotesi della mobilit� interna, in forza del richiamo contenuto nell�art. 2 del d.lgs. 
n. 165/2001, dovrebbe essere regolata dall�art. 2103 del codice civile, che disciplina il trasferimento del 
lavoratore nel settore privato. Si deve per� aggiungere che con la recente manovra d�agosto 2011 sembrerebbe 
essere stata introdotta nella regolamentazione del rapporto di lavoro pubblico una disciplina 
specifica della mobilit� obbligatoria interna.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 295 
deputata a regolamentare la materia � la contrattazione collettiva (3), espressamente 
richiamata dalle vigenti norme primarie. 
Il quadro normativo generale � caratterizzato da un particolare favor per 
l�istituto della mobilit�, quale strumento per conseguire una pi� efficiente distribuzione 
organizzativa delle risorse umane nell�ambito della pubblica amministrazione 
globalmente intesa, con significativi riflessi sul contenimento 
della spesa pubblica, nonch� sull�effettivit� del diritto al lavoro quale diritto 
costituzionalmente garantito (4). 
Ci� premesso, nel presente contributo si approfondiranno gli istituti previsti 
e disciplinati dagli articoli 30 (5) e 33 del decreto legislativo n. 165/2001, 
recentemente modificati dal legislatore con l�approvazione di alcuni provvedimenti 
normativi (d.lgs. n. 150/2009 - c.d. riforma Brunetta, l. n. 183/2010 - 
c.d. Collegato lavoro e l. n. 183/2011 - c.d. legge di stabilit� 2012), riguardanti 
rispettivamente il �passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse� 
e le �eccedenze di personale e mobilit� collettiva�. 
2. La mobilit� individuale 
I requisiti del passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, 
ricavabili dal disposto del comma 1 dell�art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, sono: 
� l�iniziativa del dipendente (6); 
� la vacanza di posti in organico nell�amministrazione di destinazione; 
� l�identit� della qualifica posseduta dal dipendente rispetto a quella richiesta 
per la copertura del posto vacante; 
� il parere favorevole dei dirigenti responsabili degli uffici di appartenenza 
e di destinazione (7). 
(2) Si deve, inoltre, segnalare il d.P.R. n. 3/1957, che contiene i tratti essenziali della disciplina 
dell�istituto del comando. 
(3) A ben vedere, l�intervento della contrattazione collettiva non � strettamente necessario, in 
quanto la mobilit� pu� essere realizzata sulla base delle disposizioni di legge, senza dover attendere la 
regolamentazione contrattuale della materia. Ciononostante, la mobilit� � disciplinata anche a livello 
contrattuale: si veda, ad esempio, l�art. 26 del CCNL Ministeri 2006-2009. 
(4) In questo senso, Dipartimento della Funzione Pubblica, circolare n. 4/2008. 
(5) L�art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 � stato modificato dall�art. 49 del d.lgs. n. 150/2009 con l�obiettivo 
di favorire la mobilit� attraverso il ricorso a procedure trasparenti. 
(6) Poich� la norma parla di facolt� della pubblica amministrazione di coprire posti vacanti attraverso 
il passaggio diretto, non sembra potersi configurare, al riguardo, un diritto soggettivo del dipendente 
al trasferimento. Secondo parte della dottrina, tuttavia, sussisterebbe la possibilit� per il dipendente 
di sindacare il diniego di consenso alla mobilit� quando risulti irrazionale e non corrispondente ai criteri 
di correttezza e buona fede. 
(7) Sul punto la vigente disposizione non � particolarmente felice per la sua formulazione letterale: 
tuttavia, dalla configurazione dell�istituto in termini di cessione del contratto, deriva che per il perfezionamento 
della fattispecie � comunque necessario, oltre al consenso dell�amministrazione di destinazione, 
anche quello dell�amministrazione di provenienza. Il parere dei dirigenti responsabili � di natura 
vincolante, con la conseguenza del rafforzamento del peso delle valutazioni del dirigente in ordine alle 
professionalit� necessarie a garantire lo svolgimento dell�attivit� dell�ufficio. 
296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Il decreto legislativo n. 150/2009 ha, poi, introdotto nel comma 1 l�obbligo 
di pubblicazione dei posti vacanti in organico da ricoprire attraverso passaggio 
diretto di personale da altre amministrazioni, nonch� quello di 
fissazione preventiva dei criteri di scelta, delineando in questo modo una particolare 
procedura di evidenza pubblica, seppur semplificata, a garanzia dei 
principi pubblicistici (8) di imparzialit� e buon andamento dell�azione amministrativa 
(9). 
Sotto il profilo della natura giuridica dell�istituto, la giurisprudenza (10) 
ha definitivamente ricondotto la mobilit� nell�ambito dello schema civilistico 
della cessione del contratto, facendone conseguire la necessit� del concorso 
della volont�, oltre che del dipendente che avanza la richiesta, di entrambe le 
pubbliche amministrazioni coinvolte. 
La norma in esame disciplina, infatti, una vicenda di diritto sostanziale 
alla quale devono partecipare necessariamente tre soggetti: il dipendente che 
chiede di essere trasferito, l'amministrazione verso cui si dirige il trasferimento 
e l'amministrazione di appartenenza di detto lavoratore (11). 
Inoltre, la giurisprudenza (12) ha sostenuto che la mobilit� volontaria non 
comporta la costituzione di un nuovo rapporto, ma solo il trasferimento della 
titolarit� di un rapporto di lavoro gi� esistente da un�amministrazione ad un�altra, 
con la conseguenza che il cessionario non pu� sottoporre il dipendente ce- 
(8) Gli atti adottati in materia di mobilit�, pur classificabili come atti di gestione privatistici ex 
art. 5 del d.lgs. n. 165/2001, mantengono comunque peculiarit� pubblicistiche. D�altra parte, occorre 
considerare che si tratta pur sempre della cessione di un rapporto di lavoro di natura privatistica al quale 
il dipendente ha avuto accesso previo superamento di un concorso pubblico che ne ha attestato l�idoneit� 
alle funzioni da svolgere. 
PASQUA S., in La mobilit� dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni tra atti autoritativi, atti gestionali 
e contratto, La mobilit� nel lavoro pubblico, su www.funzionepubblica.it osserva che �nella 
materia vengono in evidenza tre aspetti: un profilo di attinenza della mobilit� alla sfera macro-organizzativa 
della Pubblica Amministrazione in generale, in connessione ai processi di riordino e riallocazione 
delle funzioni tra diversi livelli di governo e/o tra diverse Amministrazioni; un aspetto di inerenza all�organizzazione 
e alla pianificazione dell�attivit� di ciascuna Pubblica Amministrazione in relazione 
alla programmazione del fabbisogno di professionalit�; un profilo �micro� di esame, concernente gli 
effetti della mobilit� rispetto al rapporto di lavoro con l�Amministrazione, con i conseguenti risvolti attinenti 
alle situazioni giuridiche soggettive ed alla tutela giurisdizionale�. 
(9) Sul punto, Dipartimento della Funzione Pubblica, nota circolare n. 11786 del 22 febbraio 2011, 
prevede che �le procedure di mobilit� volontaria vanno, pertanto, avviate mediante indizione di appositi 
bandi. Non si ritiene, infatti, rispettato il precetto normativo con un mero esame delle domande di trasferimento 
presentate spontaneamente da alcuni dipendenti, salvo disposizioni derogatorie previste dalla 
legge�.
(10) Ex multis, Cass., 9 maggio 2009, n. 11593 e C. Cost., 3-12 novembre 2010, n. 324. 
(11) Per la giurisprudenza, ne consegue, sul piano processuale, l'esistenza di un litisconsorzio necessario 
tra tutti i predetti soggetti, sicch�, qualora il lavoratore convenga in giudizio soltanto l'amministrazione 
"ad quam" per il negato trasferimento, il contraddittorio deve essere integrato, ai sensi dell'art. 
102, secondo comma, cod. proc. civ., anche nei confronti dell'amministrazione d'appartenenza non evocata 
in giudizio. 
(12) Ex multis, Cass., SS.UU. 1 dicembre 2006, n. 26420. 
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 297 
duto ad un nuovo periodo di prova, ove il periodo di prova sia gi� stato superato 
nell�amministrazione di provenienza. 
Anche l�ARAN ha affermato che la mobilit�, per sua natura, non comporta 
la novazione del rapporto di lavoro, ma implica la prosecuzione con un 
nuovo datore di lavoro del rapporto precedentemente instaurato, s� che l�effettuazione 
di un nuovo periodo di prova non sembra essere coerente con la 
portata dell�istituto (13). 
Il trasferimento � disposto, ai sensi del comma 2-bis del citato art. 30, nei 
limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell�area funzionale e posizione 
economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza 
(14). 
Il decreto legge n. 138/2011 ha, inoltre, previsto, al fine di facilitare le 
procedure in commento, che il trasferimento possa essere disposto anche se 
la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento, assicurando 
la necessaria neutralit� finanziaria. 
Il comma 2-bis della disposizione in commento fissa, infine, due ulteriori 
principi: quello della prevalenza della mobilit� sui concorsi e quello della prioritaria 
immissione nei ruoli dei dipendenti gi� in posizione di comando o di 
fuori ruolo. 
Quanto al primo, si prevede che le amministrazioni, prima di procedere 
all�espletamento di procedure concorsuali finalizzate alla copertura di posti vacanti 
in organico, devono attivare le procedure di mobilit� di cui al comma 1. 
La giurisprudenza ha osservato, al riguardo, che il citato art. 30 impone 
alle pubbliche amministrazioni che devono coprire eventuali posti vacanti del 
proprio organico di avviare le procedure di mobilit� prima di procedere all'espletamento 
delle procedure concorsuali, pena la nullit� di queste ultime e 
delle relative assunzioni, con conseguente piena possibilit� di tutela giurisdizionale 
innanzi al giudice amministrativo (15). 
Quanto al secondo principio, la disposizione consente ai dipendenti in 
posizione di comando o fuori ruolo di accedere ad una procedura di mobilit� 
�privilegiata�, nel senso che essi - secondo l�interpretazione recentemente for- 
(13) In questo senso, ARAN, Orientamenti applicativi sulla disciplina contrattuale del Comparto 
Ministeri. 
(14) Inoltre, Cass., 17 luglio 2006, n. 16185, ha affermato che �l�art. 30 stabilisce la regola generale 
dell'applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei 
contratti collettivi nel comparto dell'amministrazione cessionaria. Dunque, non sono giustificate disparit� 
di trattamento tra dipendenti dello stesso ente, a seconda della provenienza�. Inoltre, Cons. St., Ad. Plen. 
11 dicembre 2006, n. 14, ha escluso che il trattamento economico accessorio in godimento possa essere 
mantenuto nel passaggio per mobilit� tra pubbliche amministrazioni. 
(15) Da ultimo, Cons. St., 18 agosto 2010, n. 5830. Anche TAR Campania, 18 ottobre 2006, n. 
8616, ha stabilito che �le amministrazioni pubbliche, per la copertura dei posti vacanti, devono preventivamente 
attivare le procedure di mobilit� e solo successivamente, in caso di infruttuosit� delle stesse, 
possono procedere all�espletamento delle procedure concorsuali�.
298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
nita dal Dipartimento della Funzione Pubblica - non sono assoggettati ad alcun 
procedimento ad evidenza pubblica, in quanto, trattandosi di soggetti che gi� 
ricoprono temporaneamente la posizione lavorativa che intendono occupare 
stabilmente attraverso la mobilit�, la loro idoneit� a svolgere detta funzione si 
d� per acquisita (16). 
Inoltre, si deve aggiungere che l�art. 13 della legge n. 183/2010 ha aggiunto 
all�art. 30 in commento un comma, il 2-sexies, che prevede una forma 
di mobilit� temporanea, disponendo che le pubbliche amministrazioni, per 
motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione 
previsti all�articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le 
modalit� previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni 
per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto gi� previsto da 
norme speciali sulla materia, nonch� il regime di spesa eventualmente previsto 
da tali norme e dal decreto legislativo n. 165/2001 (17). 
Da ultimo, appare opportuno un cenno alla disposizione di cui all�art. 1, 
comma 29, del decreto legge n. 138/2011 (c.d. manovra di agosto 2011), disciplinante, 
in contrapposizione a quella volontaria fin qui esaminata, la mobilit� 
obbligatoria. 
La disposizione da ultimo citata recita testualmente: �I dipendenti delle 
amministrazioni pubbliche di cui all�art. 1, comma 2, del decreto legislativo 
30 marzo 2001, n. 165, esclusi i magistrati, su richiesta del datore di lavoro, 
sono tenuti ad effettuare la prestazione in luogo di lavoro e sede diversi sulla 
base di motivate esigenze, tecniche, organizzative e produttive con riferimento 
ai piani della performance o ai piani di razionalizzazione, secondo criteri ed 
ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto. Nelle more della 
disciplina contrattuale si fa riferimento ai criteri datoriali, oggetto di informativa 
preventiva, e il trasferimento � consentito in ambito del territorio regionale 
di riferimento; per il personale del Ministero dell�interno il trasferimento pu� 
essere disposto anche al di fuori del territorio regionale di riferimento. Dall�attuazione 
del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri 
a carico della finanza pubblica�. 
Il legislatore ha, dunque, ripreso il disposto dell�art. 2103 del codice civile, 
riadattandolo alla realt� del settore pubblico e prevedendo che i dipendenti 
pubblici debbano, su richiesta del datore di lavoro, effettuare la prestazione 
(16) In questo senso, Dipartimento della Funzione Pubblica, nota circolare n. 11786 del 22 febbraio 
2011, chiarisce che �l�immissione in ruolo del personale comandato pu� essere decisa dall�amministrazione 
a prescindere dall�avvio di procedure concorsuali. In tal caso, il bando dei posti che 
l�amministrazione intende occupare pu� avere rilevanza interna rivolta solo a coloro che sono in posizione 
di comando. Tale procedura non libera l�amministrazione dall�obbligo di cui al comma 1 dell�art. 
30 del d.lgs. n. 165/2001 (bando di mobilit�) laddove si intenda procedere con assunzioni dall�esterno�. 
(17) Sembrerebbe trattarsi di una fattispecie di comando, istituto gi� disciplinato dal d.P.R. n. 
3/1957, con durata temporale circoscritta e limitata.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 299 
lavorativa in luogo o sede diversi, sulla base di motivate esigenze, tecniche, 
organizzative e produttive con riferimento ai piani della performance o ai piani 
di razionalizzazione. 
In attesa dell�emanazione della disciplina contrattuale di riferimento, si 
utilizzeranno, a questo fine, i criteri datoriali, oggetto di mera informativa preventiva, 
e l�ambito entro cui sar� consentito il trasferimento sar� quello regionale, 
con la sola eccezione del personale del Ministero dell�interno. 
Si tratta, a ben vedere, di un intervento teso ad introdurre nel settore pubblico 
una specie particolare di mobilit�, in cui ci� che sembrerebbe mutare nel 
rapporto di lavoro � soltanto il luogo di esecuzione della prestazione e non 
anche il datore di lavoro, che resterebbe il medesimo. 
Per quanto riguarda, infine, l�incidenza della mobilit� sui vincoli di bilancio 
delle amministrazioni, la nota circolare n. 11786 del 22 febbraio 2011 
del Dipartimento della Funzione Pubblica ha ribadito la perdurante validit� 
dell�art. 1, comma 47, della legge n. 311/2004, per il quale in vigenza di disposizioni 
che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale 
a tempo indeterminato (18), sono consentiti trasferimenti per mobilit�, 
anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, 
nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche. 
Conseguentemente, nella programmazione triennale del fabbisogno occorrer� 
specificare soltanto le autorizzazioni necessarie per acquisire personale 
in mobilit� da amministrazioni pubbliche che non sono soggette a vincoli assunzionali 
specifici (19). 
D�altra parte, la nota circolare n. 46078 del 18 ottobre 2010 del Dipartimento 
della Funzione Pubblica aveva gi� precisato che i trasferimenti per mobilit� 
verso enti ed amministrazioni sottoposti ad un regime assunzionale 
(18) Si veda, da ultimo, l�art. 16, comma 1, lett. a) del d.l. n. 98/2011 in materia di proroga dell�efficacia 
delle disposizioni in materia di limitazione delle facolt� assunzionali per le amministrazioni 
dello Stato. 
(19) In questo senso, Corte dei Conti, sezione regionale controllo Piemonte, delibera n. 
42/2011/SRCPIE/PAR, ha statuito che �la mobilit�, anche intercompartimentale, tra amministrazioni 
sottoposte a disciplina limitativa appare consentita, poich� modalit� di trasferimento che non genera 
variazione della spesa complessiva e, dunque, operazione neutra per la finanza pubblica. Tuttavia, 
come � stato precisato anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio 
dei Ministri, dapprima con la circolare n. 4/2008 e poi con parere n. 4 del 19 marzo 2010, la configurabilit� 
della mobilit� in termini di neutralit� di spesa resta garantita solo ove avvenga tra amministrazioni 
entrambe sottoposte a vincoli in materia di assunzioni a tempo indeterminato. In tal caso, infatti, 
la mobilit� non � qualificabile come assunzione da parte dell�amministrazione ricevente unit� di personale 
in esito a procedure di mobilit�, e i nuovi ingressi non vengono imputati alla quota di assunzioni 
normativamente prevista. Correlativamente, la mobilit� non pu� essere computata come cessazione da 
parte dell�ente che cede personale in mobilit� al fine di procedere all�instaurazione di nuove assunzioni 
al di fuori dei limiti previsti dalla disciplina vigente. Qualora l�amministrazione cedente non fosse 
anch�essa sottoposta a vincoli sulle assunzioni, per l�amministrazione ricevente l�acquisizione andrebbe 
invece computata come assunzione e dunque sarebbe ammessa nel rispetto dei limiti delle assunzioni 
possibili�.
300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
vincolato non rientrano nel limite del 20%, n� per quanto concerne il calcolo 
della spesa delle cessazioni, n� di quella delle assunzioni. 
3. La mobilit� collettiva 
Nel solco tracciato dalla manovra di agosto 2011 si pone il pi� recente 
intervento realizzato con la legge di stabilit� 2012 (legge n. 183/2011), che, 
con l�art. 16, ha completamente riscritto l�art. 33 del decreto legislativo n. 
165/2001. 
La norma fa seguito alle raccomandazioni dell�Unione europea sulle necessit� 
di riduzione della spesa pubblica, con particolare riferimento alla spesa 
del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, pur costituendo un 
mero intervento modificativo di un impianto gi� presente da anni e poco utilizzato 
(20). 
Le novit� pi� sostanziali rispetto alla precedente disciplina riguardano gli 
aspetti di seguito indicati: 
� la necessit� che ogni amministrazione provveda ogni anno ad una verifica 
della propria dotazione di personale e degli eventuali esuberi (precedentemente 
non esisteva un limite temporale preciso); 
� la previsione espressa che l�inosservanza dell�obbligo ricognitivo comporta 
delle sanzioni, come l�impossibilit� per l�amministrazione inadempiente 
di procedere ad assunzioni o ad instaurare qualsivoglia rapporto di lavoro, 
pena la nullit� degli atti posti in essere; 
� la comminatoria della responsabilit� disciplinare per il dirigente che 
non attivi le procedure previste (precedentemente era prevista una responsabilit� 
per danno erariale, che in linea teorica non si deve ritenere esclusa neanche 
adesso ma, prima, difficilmente attivabile in assenza di un limite 
temporale preciso per l�obbligo di rilevazione); 
� la mera informazione preventiva (21) alle RSU e alle organizzazioni 
sindacali firmatarie del CCNL di comparto o di area (precedentemente era prevista 
una informazione preventiva alle RSU e alle organizzazioni sindacali firmatarie 
del CCNL, con indicazione dei motivi dell�esubero e dei motivi tecnici 
e organizzativi per i quali si riteneva di non poter adottare misure per il riassorbimento 
del personale e su tale informazione si apriva il confronto che, in 
(20) Si potrebbe sostenere che la nuova formulazione dell�art. 33 si limita ad operare un coordinamento 
interno al d.lgs. n. 165/2001, soprattutto a seguito delle modifiche apportate a quest�ultimo 
dalla c.d. riforma Brunetta. 
(21) Oggi, quindi, i sindacati e le RSU sono semplicemente oggetto di un�informativa e non possono 
neanche, come in passato, esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l�eccedenza di 
personale e, soprattutto, verificare la possibilit� di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione. Si ha, 
quindi, un rafforzamento delle prerogative unilaterali datoriali anche in questa materia, in coerenza con 
lo spirito della c.d. riforma Brunetta, laddove in passato lo scopo della procedura era invece quello di 
consentire un confronto con le OO.SS. diretto ad individuare le soluzioni alle riscontrate situazioni di 
eccedenza. 
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 301 
caso di disaccordo, poteva, almeno per amministrazioni statali ed enti pubblici 
non economici, proseguire presso il Dipartimento della Funzione Pubblica). 
Pi� in dettaglio, la nuova normativa prevede i seguenti passaggi. 
Le amministrazioni pubbliche, laddove ravvisino situazioni di soprannumero 
o di eccedenze di personale (22), anche in sede di rilevazione annuale 
delle eccedenze del personale, ai sensi dell�art. 6, comma 12 del d.lgs. n. 
165/2001, devono attivare le procedure indicate nell�articolo, dandone immediata 
comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica. 
Il legislatore specifica, inoltre, che rilevano esclusivamente le �esigenze 
funzionali� o la �situazione finanziaria� delle amministrazioni come parametro 
per la valutazione delle eccedenze di personale: ci� � confermato inoltre dall�inciso 
sull�imprescindibile connessione della rilevazione di eccedenze di personale 
con gli atti attraverso i quali si procede alla determinazione e alla 
variazione delle dotazioni organiche (23). 
La mancata ricognizione annuale comporta per le amministrazioni l�impossibilit� 
di assumere o di instaurare qualsiasi tipo di rapporto di lavoro con 
qualsiasi tipologia contrattuale, pena la nullit� di tali atti. 
La mancata attivazione delle procedure di cui all�art. 33 in commento 
comporta, per il dirigente, responsabilit� disciplinare. 
La procedura inizia con l�informazione preventiva che il dirigente deve 
dare alle rappresentanze unitarie del personale ed alle organizzazioni sindacali 
firmatarie del CCNL di comparto o area. 
Decorsi dieci giorni dalla comunicazione, l�amministrazione applica l�art. 
72, comma 11 del decreto legge n. 112/2008, in base al quale essa pu� recedere, 
unilateralmente, dal rapporto di lavoro al momento del compimento della 
anzianit� massima contributiva di quaranta anni dei lavoratori considerati in 
soprannumero. 
In alternativa, ma in subordine, l�amministrazione verifica se � possibile 
una ricollocazione del personale in eccedenza nell�ambito della stessa amministrazione, 
anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo 
di lavoro, o a contratti di solidariet� (24). 
Se non � possibile una ricollocazione presso la stessa amministrazione 
allora, previo accordo, si cercher� di ricollocare i lavoratori presso altre amministrazioni, 
nell�ambito della medesima regione, tenuto anche conto di 
(22) Nel vigore della precedente disciplina, l�art. 33 trovava applicazione soltanto nei casi in cui 
l�eccedenza di personale riguardasse almeno dieci dipendenti. 
(23) Ci� comporta una stretta connessione tra atti di natura pubblicistica (quali sono quelli con 
cui si procede alla ridefinizione delle dotazioni organiche) ed atti privatistici (quali sono gli atti che caratterizzano 
la procedura di mobilit� collettiva in esame). 
(24) � da ritenere che per forme flessibili di gestione del tempo di lavoro si intenda parlare della 
possibilit� di part-time, orizzontali o verticali, mentre non si comprende il richiamo ai contratti di solidariet�, 
non applicati e non applicabili alla pubblica amministrazione.
302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
quanto prevede l�art. 1, comma 29 del decreto legge n. 138/2011. 
Per l�eventuale passaggio diretto ad altre amministrazioni fuori dal territorio 
regionale, si prevede che possano essere i CCNL a stabilire criteri generali 
e procedure per consentire tale passaggio. 
In questo caso si applica quanto dispone l�art. 30 del medesimo decreto 
legislativo n. 165/2001. 
Decorsi 90 giorni dalla data di comunicazione alle RSU e alle organizzazioni 
sindacali, l�amministrazione collocher� in disponibilit� (25) il personale 
che non sia possibile impiegare diversamente nell�ambito della medesima amministrazione 
e che non � stato possibile ricollocare, ovvero che non abbia 
preso servizio presso la diversa amministrazione. 
Dalla data di collocamento in disponibilit� restano sospese tutte le obbligazioni 
inerenti il rapporto di lavoro ed il lavoratore ha diritto, per un massimo 
di 24 mesi, ad una indennit� pari all�80% dello stipendio e dell�indennit� integrativa 
speciale, con l�esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo. 
� riconosciuto il diritto all�assegno familiare e il periodo di godimento della 
indennit� sar� valido ai fini pensionistici. 
Decorsi inutilmente i 24 mesi, il rapporto di lavoro si intende definitivamente 
risolto: in dottrina, si � evidenziato che la fattispecie in esame d� luogo 
ad una risoluzione automatica ex lege del rapporto, per effetto della disposizione 
di cui all�art. 34, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, e non gi� ad un licenziamento 
(26). 
(25) Si ritiene, in dottrina, che il dipendente che all�esito della procedura sia collocato in disponibilit� 
possa impugnare, innanzi al G.O., l�atto (privatistico) di collocamento in disponibilit�. 
(26) SORDI P., in La mobilit� collettiva, La mobilit� nel lavoro pubblico, su www.funzionepubblica.
it. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
E-government e tutela dei dati personali: 
un quadro d�insieme 
Emanuela Brugiotti* 
Con il termine e-government si intende comunemente il processo di informatizzazione 
(1) della pubblica amministrazione, attraverso il quale � possibile 
trattare la documentazione e gestire i documenti stessi tramite strumenti 
digitali, grazie alle strutture proprie dell�ICT (2), allo scopo di rendere pi� 
snella ed efficiente l�attivit� degli enti locali e dell�amministrazione pubblica 
in generale, offrendo pi� servizi ai cittadini ed alle imprese, in un�ottica di trasparenza 
e fruibilit� delle informazioni (3). 
Negli ultimi anni il rapporto fra tecnologia e pubblica amministrazione 
ha visto il passaggio dall�introduzione dei primi strumenti informatici alla teleamministrazione 
e digitalizzazione delle attivit� amministrative. 
In particolare, le politiche di e-government, contenute nei recenti interventi 
legislativi e regolamentari, hanno mirato non solo alla realizzazione di 
un sistema informativo volto all�automazione delle procedure interne della 
pubblica amministrazione e all�erogazione dei diversi servizi ai cittadini ed 
alle imprese, ma anche all�interconnessione fra i singoli sistemi informatici 
(*) Avvocato in Roma, Dottore di ricerca in Giustizia costituzionale e diritti fondamentali nell�Universit� 
di Pisa, gi� praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) Ovvero il processo attraverso il quale il mezzo informatico rende un oggetto materiale (es. 
documento), interoperabile e consultabile attraverso il computer. 
(2) ICT � l�acronimo di Information and Communication Technology, con questo termine si intende, 
generalmente, la possibilit� di trasmissione dati attraverso apparecchiature informatiche, anche 
se nell�ultimo periodo il termine � pure usato per indicare gran parte del mondo informatico. 
(3) Cfr. S. STIZIA, Informazione, nuove tecnologie e cambiamenti relazionali tra PA e cittadini, 
in Diritto dell�Internet, Ipsoa, n. 6/2006, p. 615.
304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
delle amministrazioni (4). 
Fra le diverse implicazioni della digitalizzazione della p.a. si evidenzia 
in particolare, per l�argomento trattato in questa sede, l�aumento esponenziale 
della raccolta di informazioni, nonch� la notevole riduzione delle distanze, 
anche in termini temporali fra produzione, elaborazione e diffusione delle 
stesse. Perci� questo pone la necessit� di contemperare tale sviluppo con le 
esigenze di tutela della riservatezza, della protezione dei dati personali e della 
sicurezza informatica in generale (5). 
Da questo punto di vista, quindi, l�e-government si intreccia necessariamente 
con la normativa in materia di privacy soprattutto quando viene richiesto 
alle pubbliche amministrazioni di rendere pi� fruibili ed accessibili i propri 
servizi, anche tramite strumenti che consentano al cittadino un�elevata autonomia 
ed interattivit�, come i siti web o la posta elettronica. 
Volendo tracciare un quadro normativo ed istituzionale del fenomeno, si 
pu� dire innanzitutto che le azioni italiane in materia di sviluppo dell�e-government 
(o amministrazione digitale) sono per la maggior parte attuazione a 
livello nazionale di indirizzi stabiliti in sede comunitaria, ci� ad ulteriore conferma 
che oggi quasi tutte le questioni assumono ormai una dimensione transfrontaliera 
e globale (6). 
Queste linee guida sono state efficacemente sintetizzate (7) in questi termini:
� creazione di un unico spazio europeo dell'informazione; 
� innovazione e investimento nella ricerca; 
� sviluppo e diffusione di servizi di amministrazione digitale per migliorare 
l�efficienza e l�efficacia della pubblica amministrazione; 
� inclusione digitale, ovvero non lasciare indietro nessun cittadino rispetto 
alla fruizione di servizi di amministrazione digitale. 
In Italia il recepimento di queste indicazioni si � mosso principalmente 
attraverso due direttrici: la definizione di un quadro normativo ed una serie di 
(4) F. G. ANGELINI, Pubblica amministrazione digitale, diritto di accesso e privacy, in L. BOLOGNINI, 
D. FULCO, P. PAGANINI (a cura di), Next Privacy, pag. 260. Per poter realizzare un sistema informativo 
integrato ed unificato � necessario garantire che due o pi� applicazioni residenti in pi� sistemi, 
abbiano la possibilit� di interoperare tra loro. Cos� C. SILVESTRO, E-government, e-governance, edemocracy, 
in G. CASSANO (a cura di), Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell�Internet, IPSOA 
2002, pag. 1279-1281. 
(5) Cfr. E-government: il punto dei Garanti europei, Newsletter del Garante per la protezione dei 
dati personali n. 174 del 9-15 giugno 2003, consultabile su http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp? 
ID=188992. 
(6) Il Consiglio europeo con la Strategia di Lisbona, ratificata nel marzo del 2000, ha fissato, infatti, 
l�obiettivo �di fare dell'Unione Europea la pi� competitiva e dinamica economia della conoscenza 
del mondo� entro il 2010, sono seguiti poi i piani eEurope 2002, eEurope 2005 e la strategia i2010, vedi 
http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/c11328_it.htm. 
(7) F.S. PROFITI, Lo stato di attuazione dell�E-Goverment in Italia, consultabile su http://www.cattolici-
liberali.com/tocquevilleacton/pubblicazioni/focus/focus-paper20_ottobre08.pdf.
DOTTRINA 305 
investimenti sia a livello di pubblica amministrazione centrale sia a livello regionale 
e degli enti locali, con la predisposizione di progetti cofinanziati. 
Il nucleo dell�impianto normativo � costituito dal Codice dell�amministrazione 
digitale (CAD), emanato per la prima volta con D.lgs. 7 marzo 2005, 
n. 82 (8). 
Il 19 febbraio 2010 il Consiglio dei Ministri, in virt� della delega contenuta 
nell�art. 33 della L. n. 69/2009, ha approvato il nuovo Codice dell�amministrazione 
digitale (9). La tecnica utilizzata � stata quella della novella 
legislativa. Infatti, il conseguente D.lgs. n. 235 del 30 dicembre 2010 (10) non 
ha sostituito il vecchio testo con uno nuovo, ma vi ha apportato direttamente 
le modifiche, operando sui vecchi articoli. 
Le principali novit� hanno riguardato: la riorganizzazione delle pubbliche 
amministrazioni (attraverso l�istituzione di un ufficio unico responsabile delle 
attivit� Ict (11)), la razionalizzazione organizzativa e informatica dei procedimenti, 
l�introduzione del protocollo informatico e del fascicolo elettronico, la 
semplificazione dei rapporti con i cittadini e con le imprese (attraverso l�introduzione 
di forme di pagamenti informatici, lo scambio di dati tra imprese e Pa, 
la diffusione e l�uso della Pec - Posta elettronica certificata), l�accesso ai servizi 
in rete, l�utilizzo della firma digitale - la dematerializzazione dei documenti e 
l�arricchimento dei contenuti dei siti istituzionali in termini di trasparenza. 
Inoltre, � stata implementata la sicurezza dei dati attraverso la predisposizione, 
in caso di eventi disastrosi, di piani di emergenza per garantire la continuit� 
operativa nella fornitura di servizi e lo scambio di dati tra Pa e cittadini. 
Ancora, una volta operativo il nuovo CAD, il cittadino comunicher� una 
volta sola i propri dati alla PA centrale; sar�, poi, onere delle amministrazioni 
in possesso di tali dati assicurare, tramite convenzioni, l�accessibilit� delle informazioni 
alle altre amministrazioni richiedenti. 
In generale, comunque, sia il vecchio quanto il nuovo Codice, si inseriscono 
in un tessuto normativo volto alla costruzione di una nuova figura di pubblica 
amministrazione, maggiormente orientata verso i cittadini e user friendly (12). 
(8) Consultabile su http://www.interlex.it/testi/dlg05_82.htm. 
(9) Consultabile su http://www.innovazionepa.gov.it/media/350095/nuovo_codice_della_a mministrazione_
digitale_cad.pdf; http://www.digitpa.gov.it/amministrazione_digitale. 
(10) G.U. 10 gennaio 2011, n. 6, consultabile su http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher 
?service=1&datagu=2011-010&task=dettaglio&numgu=6&redaz=011G0002&tmstp=1294735143548. 
Cfr. anche P. RIDOLFI (a cura di), Il nuovo Codice della Amministrazione Digitale, Collana di Minigrafie, 
Tecnologia dei Processi Documentali, 2011, Fondazione Siav Academy - Edizione fuori commercio, 
consultabile sul sito http://www.digita-lex.it/pages/documents/ita/minigrafia7.pdf. 
(11) Cfr. art. 17 Cad. A tale ufficio afferiscono i compiti relativi, tra gli altri, alla cooperazione e 
revisione della riorganizzazione dell�amministrazione, ai fini di una pi� efficace erogazione di servizi 
in rete a cittadini e imprese, mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, 
ivi inclusa la predisposizione e l�attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni, per 
la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi. 
(12) E. BASSOLI, E-Government e privacy, consultabile in www.federalismi.it.
306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Su questa linea, quindi, l�art. 3 commi 1, 1-bis e 1-ter del CAD ha previsto 
il diritto del cittadino e delle imprese all�uso delle tecnologie informatiche 
come strumento per l�interazione con la Pubblica Amministrazione. 
La normativa ha disciplinato poi gli strumenti utilizzati normalmente per 
operare con la pubblica amministrazione e necessari nell�ambito dell�amministrazione 
digitale: la firma elettronica, in sostituzione della firma autografa, 
la posta elettronica certificata, in sostituzione della comunicazione via fax o 
via raccomandata a/r, regole per i pagamenti elettronici, lo sportello unico per 
le attivit� produttive anche in modalit� telematica. 
Infine, � stata promossa l�alfabetizzazione informatica dei cittadini, la 
formazione informatica dei dipendenti pubblici, lo scambio di informazioni 
tra pubbliche amministrazioni, attraverso modalit� prettamente informatiche, 
basate sulle regole della Rete internazionale della pubblica amministrazione 
e del Sistema Pubblico di Connettivit� (SPC) (13). 
Quest�ultimo, in particolare, � inteso come �l�insieme delle infrastrutture 
tecnologiche e delle regole tecniche per lo sviluppo, la condivisione, l�integrazione 
e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica 
amministrazione� necessarie per la realizzazione della �interoperabilit�� - vale 
a dire dei servizi idonei a favorire lo scambio di dati e informazioni all�interno 
delle pubbliche amministrazioni e tra queste ed i cittadini - e della c.d. �cooperazione 
applicativa� che consente l�interazione tra i sistemi informatici delle 
pubbliche amministrazioni, permettendo cos� l�integrazione delle informazioni 
e dei procedimenti amministrativi (14). 
Il Codice dell�amministrazione digitale, infatti, ha previsto l�accessibilit�, 
da parte delle pubbliche amministrazioni, ai dati detenuti da altre amministrazioni 
secondo quello spirito di �leale cooperazione istituzionale� tra soggetti 
pubblici, gi� esplicitato nell�art. 22, comma 5, L. 241/90, definito ora, appunto, 
�cooperazione applicativa�. 
A tal fine, l�art. 14, comma 3 del CAD ha stabilito che lo Stato provveda 
alla creazione di organismi di cooperazione con le Regioni e le autonomie locali, 
promuovendo intese ed accordi tematici e territoriali, favorendo la collabora- 
(13) F.S. PROFITI, Lo stato di attuazione dell�E-Goverment in Italia, op. cit. Il Sistema Pubblico 
di Connettivit� (SPC) � stato istituito con il Decreto Legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 (pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 30 marzo 2005), successivamente confluito nel CAD. Al sistema pubblico 
di connettivit� il d.lgs. 4 aprile 2006, n. 159 Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 
7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell�amministrazione digitale, in G.U. n. 99 del 29 aprile 
2006 � S.O. n. 105, ha dedicato l�intero Capo VIII �Sistema pubblico di connettivit� e rete internazionale 
della pubblica amministrazione�. 
(14) E. BASSOLI, E-Government e privacy, op. cit., pag. 11. In merito cfr. art. 68 Cad il quale appunto 
prevede che le pubbliche amministrazioni nella predisposizione o nell�acquisizione dei programmi 
informatici, adottino soluzioni informatiche che assicurino l�interoperabilit� e la cooperazione applicativa 
e che consentano la rappresentazione dei dati e documenti in pi� formati, di cui almeno uno di tipo 
aperto, salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze.
DOTTRINA 307 
zione interregionale, incentivando la realizzazione di progetti a livello locale, in 
particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, 
cos� ad auspicare programmaticamente l�eliminazione del digital divide (15), 
tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale. 
Anche per quanto concerne gli investimenti, di particolare rilievo � la 
forte collaborazione tra centro, regioni ed enti locali. Gli interventi sono stati 
articolati in due fasi distinte di attuazione (dette eGov fase I e eGov fase II). 
Peraltro, il Sistema pubblico di connettivit�, previsto come indicato dal 
CAD, deve anche garantire �la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, 
nonch� la salvaguardia e l�autonomia del patrimonio informativo di ciascuna 
pubblica amministrazione� (16). 
I diversi progetti previsti del Codice sono stati, fino a poco tempo fa, coordinati 
e monitorati dal Centro Nazionale per l�Informatica nella Pubblica 
Amministrazione (17) (CNIPA), attualmente, in seguito all�entrata in vigore 
del D.lgs. n. 177/2009 (il 29 dicembre 2009), questo ha assunto il nome di DigitPA 
(18), con il relativo trasferimento delle funzioni. 
Il DigitPA � un ente pubblico non economico che opera secondo le direttive 
e sotto la vigilanza del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, 
con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, 
finanziaria e patrimoniale. 
L�ente svolge funzioni di natura progettuale, tecnica, operativa e di coordinamento 
nei confronti della pubblica amministrazione centrale e di quelle 
locali (19). 
Si tenga presente poi che a gennaio del 2009 � stato presentato dal Ministero 
per la Pubblica Amministrazione e l�Innovazione un piano d�azione denominato 
"Piano E-Government 2012" (20), finalizzato a colmare il divario 
nell�applicazione delle tecnologie nei servizi pubblici da parte dei cittadini 
italiani rispetto a quelli europei, attraverso l�applicazione del Codice dell�amministrazione 
digitale e avendo come punto di riferimento il piano d�azione 
europeo sull�e-goverment. 
Inoltre, con la legge finanziaria del 2006 � stata istituita l�Agenzia per la 
diffusione delle tecnologie per l�innovazione (21), con lo scopo di integrare il 
(15) Digital divide, � il termine tecnico utilizzato per definire le disuguaglianze nell�accesso e 
nell�utilizzo delle tecnologie. 
(16) Art. 73 comma 2 del CAD. 
(17) http://www.cnipa.gov.it/. 
(18) http://www.digitpa.gov.it/. 
(19) Cfr. http://www.digitpa.gov.it/digitpa/funzioni. 
(20) http://www.e2012.gov.it/egov2012/index.php. 
(21) L�Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l�innovazione, istituita con la legge finanziaria 
2006, opera a livello nazionale ed � sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero per 
la Pubblica Amministrazione e l�Innovazione. Ha la finalit� di accrescere la capacit� competitiva delle 
piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle re-
308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sistema della ricerca con quello produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione 
e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni 
industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale. 
Fra gli elementi di maggior rilievo nella struttura dell�e-government deve 
essere segnalato il cd. �fascicolo informatico� (22), strumento cardine dell�intero 
iter procedimentale (23). 
Secondo quanto disciplinato dal Codice, le regole per la costituzione e l'utilizzo 
del fascicolo sono conformi ai principi di una corretta gestione documentale 
ed alla disciplina della formazione, gestione, conservazione e trasmissione 
del documento informatico, ivi comprese le regole concernenti il protocollo informatico 
(24) ed il sistema pubblico di connettivit�. In ogni caso queste devono 
rispettare i criteri dell'interoperabilit� e della cooperazione applicativa. 
Inoltre, il fascicolo � consultabile e integrabile da parte di tutte le amministrazioni 
che intervengono nel procedimento (25), pur essendo nella sua costituzione 
e gestione curato dall�amministrazione titolare del procedimento. 
Il fascicolo informatico, inoltre, deve avere i requisiti della facile reperibilit�, 
corretta collocazione e collegabilit�; in pi� � costituito e gestito in modo da 
consentire l�esercizio in via telematica dei diritti di cui alla L. n. 241 del 1990. 
Quanto � stato brevemente illustrato mette in evidenza come questo generale 
processo di automazione e integrazione tecnologica nella p.a., sia nella 
sua organizzazione sia nei suoi rapporti con i soggetti privati, pone inevitabilmente 
anche problematiche legate alla necessit� di tutela del diritto alla privacy, 
in considerazione della enorme quantit� di dati che entrer�, come 
osservato, nel patrimonio informativo delle diverse pubbliche amministrazioni, 
anche per il pregresso. 
Non sono mancate al riguardo iniziative dell�Autorit� garante, la quale 
lative applicazioni industriali e di promuovere l�integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo 
attraverso l�individuazione, la valorizzazione e la diffusione di nuove conoscenze, brevetti ed 
applicazioni industriali prodotti su scala nazionale e internazionale. http://www.aginnovazione.gov.it/it/index.html. 
(22) Art. 41 del Codice dell�amministrazione digitale. 
(23) Relazione illustrativa al decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159 Disposizioni integrative e 
correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell�amministrazione digitale, in 
G.U. n. 99 del 29 aprile 2006, S.O. n. 105. 
(24) Con il D.P.R. 428/98 - in seguito abrogato dal D.P.R. 445/2000 - il legislatore ha emanato il regolamento 
per la gestione del protocollo informatico che viene definito come �l�insieme delle risorse di 
calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazione e delle procedure informatiche utilizzate dalle amministrazioni 
per la gestione dei documenti�. Con questo atto vengono fissati per la prima volta a livello normativo, 
i criteri generali. Sull�argomento cfr. E.BASSOLI, E-Government e privacy, op. cit., pag. 17 e ss.; 
http://www.cnipa.gov.it/site/it-it/Attivit%C3%A0/Protocollo_informatico/;http://www. 
interlex.it/pa/prot_norme.htm; P. RIDOLFI, Amministrazione digitale. Compendio normativo, Collana Minigrafie, 
Tecnologia dei processi documentali, Fondazione Siav Academy, 2010, consultabile sul sito 
www.digita-lex.it. 
(25) L�art. 41 del Codice prevede, quindi, una gestione flessibile del fascicolo da parte della pubblica 
amministrazione titolare, tuttavia il fascicolo pu� contenere aree riservate, cui hanno accesso solo 
la medesima P.A. o alcuni soggetti da essa individuati.
DOTTRINA 309 
ha segnalato diverse volte la necessit� di una maggiore precisione e proporzionalit� 
nell�identificazione della tipologia dei dati da inserire nei documenti, 
le persone che vi possono accedere e le garanzie da apprestare, soprattutto in 
relazione ai dati sanitari e biometrici. 
Senza contare che comportamenti illeciti ed inidonee misure di sicurezza, 
oltre a ledere diritti, ostacolano la diffusione e l�uso delle tecnologie all�interno 
del tessuto economico e sociale, alimentando la diffidenza nei confronti delle 
stesse (26). 
Il Codice dell�amministrazione digitale ha posto regole di garanzia in materia 
di tutela dei dati personali sia a livello generale sia in riferimento a singoli 
istituti. Dal primo punto di vista, l�art. 2 comma 5 ha sancito che le disposizioni 
del Codice �si applicano nel rispetto della disciplina rilevante in materia di 
trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del codice in 
materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 
giugno 2003, n. 196. I cittadini e le imprese hanno, comunque, diritto ad ottenere 
che il trattamento dei dati effettuato mediante l'uso di tecnologie telematiche 
sia conformato al rispetto dei diritti e delle libert� fondamentali, nonch� 
della dignit� dell'interessato�. 
All�interno della normativa, invece, ad esempio in tema di firme elettroniche 
e certificatori (27), l�art. 27 comma 2 lett. e) ha previsto, poi, che il soggetto 
certificatore adotti �adeguate misure contro la contraffazione dei 
certificati, idonee anche a garantire la riservatezza, l'integrit� e la sicurezza 
nella generazione delle chiavi private nei casi in cui il certificatore generi tali 
chiavi� (28). 
Cos� come � stato previsto il rispetto della normativa a tutela dei dati personali 
per quanto riguarda, in generale, il trattamento e la disponibilit� dei dati 
da parte delle pubbliche amministrazioni, la sicurezza e l�accesso agli stessi (29). 
(26) Cfr. ad esempio quanto riportato su http://ansa.it/site/notizie/awnplus/internet/news/2009- 
05-12_112376716.html o http://www.helpconsumatori.it/news.php?id=23353. 
(27) Ai sensi dell�art. 1 lett. g) del CAD il certificatore � �il soggetto che presta servizi di certificazione 
delle firme elettroniche o che fornisce altri servizi connessi con queste ultime�. 
(28) Di seguito l�art. 32, comma 5, ha prescritto che �il certificatore raccoglie i dati personali solo 
direttamente dalla persona cui si riferiscono o previo suo esplicito consenso, e soltanto nella misura necessaria 
al rilascio e al mantenimento del certificato, fornendo l'informativa prevista dall'articolo 13 del 
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I dati non possono essere raccolti o elaborati per fini diversi 
senza l'espresso consenso della persona cui si riferiscono �. 
Ancora, in tema di segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica, l�art. 49 comma 1, ha 
imposto che �gli addetti alle operazioni di trasmissione per via telematica di atti, dati e documenti formati 
con strumenti informatici non possono prendere cognizione della corrispondenza telematica, duplicare 
con qualsiasi mezzo o cedere a terzi a qualsiasi titolo informazioni anche in forma sintetica o per estratto 
sull'esistenza o sul contenuto di corrispondenza, comunicazioni o messaggi trasmessi per via telematica, 
salvo che si tratti di informazioni per loro natura o per espressa indicazione del mittente destinate ad essere 
rese pubbliche�. 
(29) Cfr art. 50. Disponibilit� dei dati delle pubbliche amministrazioni e art. 52. Accesso telematico 
e riutilizzazione dei dati e documenti delle pubbliche amministrazioni.
310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Bisogna sottolineare, al riguardo, che anche in quest�ambito un ruolo fondamentale 
� svolto proprio dalla sicurezza e, in questo settore in particolare, 
dalla sicurezza del sistema informatico della pubblica amministrazione (30). 
Infatti, �qualunque informazione una Pubblica Amministrazione maneggi 
che sia riconducibile a cittadini identificati o identificabili - quindi pressoch� 
tutte - deve essere protetta�, cos� �quando noi parliamo di Pubbliche Amministrazioni 
in senso lato accade che la sicurezza sia oggi l�oggetto principale 
della privacy �, perch� �la privacy � la sicurezza, la sicurezza � la tutela dei 
dati dei cittadini� (31). 
A tal fine, ai sensi dell�art. 71 comma 1 bis del Codice dell�amministrazione 
digitale � stato emanato il DPCM (1 aprile 2008) (32), contenente le regole tecniche 
e di sicurezza per il funzionamento del Sistema Pubblico di Connettivit�. 
Il Decreto ha previsto che le funzioni di referente centrale nazionale per 
la prevenzione, il monitoraggio, il coordinamento informativo e l�analisi degli 
incidenti di sicurezza nel SPC siano svolte dal Computer Emergency Response 
Team del Sistema Pubblico di Connettivit� (CERT-SPC) (33), sul modello 
adottato a livello internazionale. La struttura, gi� operativa dall�inizio del 2008 
all�interno del CNIPA (ora DigiPA), ha finito per sostituire il precedente Gov- 
Cert (34). 
Le suddette Regole tecniche hanno disposto, poi, che ogni amministrazione 
centrale aderente all�SPC si doti di una Unit� Locale di Sicurezza (ULS), cui � 
affidata sia la responsabilit� di porre in atto tutte le fasi di prevenzione degli incidenti 
ICT, sia la gestione operativa degli eventuali incidenti informatici. 
Fra gli strumenti dell�e-government maggiormente posti all�attenzione 
(30) Cfr. art. 51 CAD. 
(31) Cos� F. PIZZETTI, Sicurezza, privacy, efficienza dei servizi: come conciliare i diritti per lo sviluppo 
di una moderna pubblica amministrazione, Roma, 22 novembre 2007, consultabile su 
http://www.forumpa.it/convegni/sicurezzaprivacy/documenti/Pizzetti.pdf. Si vedano anche Linee guida 
in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato 
da soggetti pubblici per finalit� di pubblicazione e diffusione sul web, del 19 marzo 2011, Gazzetta Ufficiale 
n. 64 del 19 marzo 2011, consultabile su http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1793203. Ancora, 
Linee guida per la sicurezza Ict nelle pubbliche amministrazioni, http://www.cnipa.gov.it/site/_files/Quaderno%
20n%2023.pdf; http://www.cert_spc.it/ index.php/download/govcert /1469-normativa-e-lineeguida.
(32) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 aprile 2008 �Regole tecniche e di sicurezza 
per il funzionamento del Sistema pubblico di connettivit� previste dall'articolo 71, comma 1-bis 
del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il �Codice dell'amministrazione digitale�� G.U. 21 
giugno 2008, n. 144. Consultabile su http://www.cnipa.gov.it/HTML/RN_ICT_cron/spc_DPCM%201%20aprile% 
202008.pdf. 
(33) http://www.cert-spc.it. Per le Regioni, le Regole Tecniche stabilisco la presenza di un CERTSPC-
R. A tal fine � operativo un gruppo di lavoro con le Regioni per definire, attraverso intese, le modalit� 
di partecipazione al sistema di sicurezza SPC, si veda ad esempio il Protocollo d�Intesa tra il CNIPA e la Regione 
Toscana, consultabile su http://www.e.toscana.it/e-toscana/resources/cms/documents/PI_cnipa_rt_8Lug2008.pdf . 
(34) http://www2.cnipa.gov.it/site/_contentfiles/01380100/1380130_SEMINARIO_SICUREZZA_
CNIPA.pdf. 
DOTTRINA 311 
pubblica e che pi� coinvolgono la vita del singolo cittadino, devono a questo 
punto segnalarsi, in particolare, la posta elettronica certificata e le carte elettroniche. 
Per questo di seguito se ne illustrano gli elementi fondamentali. 
Per quanto riguarda la Posta Elettronica Certificata (PEC) (35), questa 
consiste in un tipo speciale di e-mail che consente di inviare/ricevere messaggi 
di testo e allegati, con lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso 
di ricevimento, e rappresenta uno degli strumenti pi� importanti nel processo 
di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche. 
La Pec, quindi, � fra le priorit� del Piano di e-Government 2012, in cui � 
inserita come progetto �Casella elettronica certificata�(36). 
Il CAD ha prescritto che le amministrazioni utilizzino la PEC per comunicare 
con i soggetti che hanno dichiarato il loro indirizzo, ai sensi della vigente 
normativa tecnica (art. 6), e sono dotati di una casella PEC per ciascun 
registro di protocollo (art. 47, c. 3). Inoltre, ha stabilito che le comunicazioni 
di documenti tra le PA sono valide, ai fini della verifica della provenienza, se 
trasmesse attraverso sistemi di PEC (art. 47, c. 2). 
In base all'art. 48 del CAD, la trasmissione telematica di comunicazioni 
che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene 
mediante PEC o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA. Tale trasmissione 
equivale alla notificazione per mezzo della posta, salvo che la legge disponga 
diversamente. 
Norme pi� recenti poi hanno esteso la portata della PEC, come strumento 
di scambio di documenti, dal solo ambito delle amministrazioni a quelli delle 
imprese, dei professionisti e dei cittadini (37). 
Per quanto riguarda in particolare la tutela dei dati personali, specifica 
(35) D.P.R. n. 68/2005, consultabile su http://archivio.cnipa.gov.it/site/_files/DPR%2011%20febbraio%
202005%20n.68.pdf. Ai sensi dell�art. 1 comma 1 v-bis del Codice dell�amminsitrazione digitale, 
per posta elettronica certificata si intende il �sistema di comunicazione in grado di attestare l�invio e 
l�avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi�; cfr. 
h t t p : / / w w w. d i g i t p a . g o v. i t / s i t e s / d e f a u l t / f i l e s / d i g i t p a _ m i n i g _ 11 _ a l t a _ 0 . p d f ; 
https://www.postacertificata.gov.it /guida_utente/normativa-di-riferimento.dot e P. RIDOLFI, Amministrazione 
digitale. Compendio Normativo, op. cit., pag. 78 e ss.; cfr. ancora V. GAMBETTA, Pec, Posta 
Elettronica Certificata, Collana di Minigrafie, 2011, Fondazione Siav Academy. 
(36) Da aprile 2010 tutti i cittadini italiani - anche se residenti all'estero - hanno diritto gratuitamente 
a una casella di posta elettronica certificata (PEC) per effettuare via internet, con le pubbliche 
amministrazioni, comunicazioni di cui sia necessario certificare la spedizione, in sostituzione della raccomandata 
con ricevuta di ritorno. Cfr. http://www.digitpa.gov.it/pec/pec-al-cittadino; 
http://www.cnipa.gov.it/site/it-it/Attivit%C3%A0/Posta_Elettronica_ Certificata__%28PEC%29/. 
(37) La PEC per il cittadino (tecnicamente designata come CEC-PAC) pu� essere utilizzata solo 
per le comunicazioni con le Pubbliche Amministrazioni. Per comunicare con altri indirizzi PEC � necessario 
acquistare una casella PEC commerciale. Riguardo alle caselle della pubblica amministrazione, 
la comunicazione � limitata alle pubbliche amministrazioni iscritte all'Indice P.A.(IPA). Cfr. http://www.digitpa.
gov.it/pec/pec-al-cittadino e per la relativa normativa cfr. http://www.digitpa.gov.it/pec/ normativa.
312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
importanza svolge la sicurezza del servizio di trasmissione telematica di messaggi 
e documenti (38). Oltre a quanto precedentemente osservato relativamente 
alla sicurezza del sistema pubblico di connettivit�, qui si evidenzia che 
tutte le connessioni sono realizzate tramite l'impiego di canali sicuri, basati 
sull'utilizzo dei protocolli di trasporto Transport Layer Security (TLS)/Secure 
Sockets Layer (SSL), che permettono la crittografia dei dati trasmessi in rete, 
mentre, per quanto riguarda i virus, vengono effettuati controlli sia nei messaggi 
in ingresso che in uscita. 
Le configurazioni adottate, inoltre, sono tali per cui tutti i messaggi di 
PEC in cui � rilevata la presenza di virus sono consegnati al motore di Posta- 
Certificat@ per essere trattati in conformit� alla normativa vigente. 
Ancora, le registrazioni (log), inerenti i messaggi scambiati, sono memorizzati 
su un registro riportante i dati significativi dell'operazione. I log dei 
messaggi sono conservati per 30 mesi a cura del gestore (39). 
Infine, per quanto riguarda la posta elettronica certificata, il Digitpa svolge 
sia un ruolo di vigilanza sui gestori del servizio sia di supporto alle pubbliche 
amministrazioni per la sua introduzione nei procedimenti amministrativi (40). 
Quanto alle garanzie per il trattamento dei dati personali da parte delle 
pubbliche amministrazioni, oltre a quelle gi� indicate (41) previste dal CAD, 
l�art. 46 dello stesso Codice ha prescritto in particolare che �al fine di garantire 
la riservatezza dei dati sensibili o giudiziari di cui all�articolo 4, comma 1, lettere 
d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, i documenti informatici 
trasmessi ad altre pubbliche amministrazioni per via telematica 
possono contenere soltanto le informazioni relative a stati, fatti e qualit� personali 
previste da legge o da regolamento e indispensabili per il perseguimento 
delle finalit� per le quali sono acquisite �. 
(38) Si vedano il Decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie 2 novembre 2005 "Regole 
tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica 
certificata" (G.U. 15 novembre 2005, n. 266), consultabile su http://www.digitpa.gov.it/sites/default/files/normativa/
DM_2-nov-2005.pdf e l�Allegato al Decreto 2 novembre 2005 �Regole tecniche del servizio di trasmissione 
di documenti informatici mediante posta elettronica certificata�, il quale contiene tutte le 
regole e le specifiche tecniche per l'utilizzo della PEC, consultabile su http://www.digitpa.gov.it/sites/default/
files/normativa/Pec_regole_tecniche_DM_2-nov-2005.pdf. 
(39) Per quanto riguarda l�Indice P.A. (IPA), vedi http://www.indicepa.gov.it/, mentre per la sicurezza 
vedi https://www.postacertificata.gov.it/guida_utente/sicurezza.dot. Esempi di fattori critici per il 
trattamento dei dati personali possono rinvenirsi nel fatto che la conservazione per 30 mesi delle ricevute 
include anche l'intero messaggio e suoi eventuali allegati, anche se il gestore PEC � l'unico ad avere le 
credenziali per aprire "la busta di trasporto", non possono essere esclusi tentativi di accesso da parte di 
terzi dovuti a vulnerabilit� del servizio del gestore o accessi abusivi di soggetti dello stesso. Il gestore 
dovr�, quindi, munirsi di adeguate misure di sicurezza. Un altro nodo delicato relativo al trattamento 
dei dati personali � che la normativa non stabilisce dove vada a finire tutta la corrispondenza PEC e le 
informazioni in essa contenute dopo i trenta mesi. 
(40) http://www.digitpa.gov.it/pec/ruolo-digitpa. 
(41) Vedi ad es. l�art. 49 del CAD, cit., che ha assoggettato alla segretezza il contenuto della corrispondenza 
trasmessa per via telematica. Ed in generale gli artt. 50 e ss. del CAD, cit.
DOTTRINA 313 
Infine, l�art. 47 comma 3 del CAD, ha previsto che l�utilizzo della posta 
elettronica per le comunicazioni fra l�amministrazione ed i propri dipendenti 
avvenga mediante la posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione, 
�nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali 
e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli 
strumenti utilizzati �. 
Passando ora alle carte elettroniche - ovvero la Carta di Identit� Elettronica 
(CIE), la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) ed il passaporto elettronico 
- questi sono strumenti, come detto, ritenuti essenziali per l�ammodernamento 
della pubblica amministrazione e sono individuati nelle politiche di e-government, 
fra l�altro, come mezzi attraverso i quali gli utenti vengono riconosciuti 
in rete in modo certo, al fine di usufruire dei servizi erogati per via telematica 
dalle amministrazioni pubbliche (42). 
In particolare, la carta d�identit� elettronica (CIE) (43) � uno strumento 
di identificazione personale nonch� di autenticazione per l'accesso ai servizi 
web erogati dalle Pubbliche Amministrazioni, come previsto dal Codice dell'amministrazione 
digitale (art. 66). Le regole tecniche del nuovo documento 
di riconoscimento personale sono state indicate nel Decreto Interministeriale 
dell'8 novembre 2007 (44). 
La carta contiene tutti i dati identificativi e le informazioni ufficiali relative 
alla persona e funzioner� anche come carta di servizi (45). 
Oltre ai dati identificativi personali, ai sensi dell�art. 66, comma 4 del Codice 
dell�amministrazione digitale, la carta d�identit� elettronica pu� contenere, 
(42) Cfr. P. CORSINI, E. ORBINI MICHELACCI, Sostituire il documento cartaceo con il documento 
informatico, firmarlo e trasmetterlo in rete, in �Diritto dell�Internet�, Ipsoa, n. 3/2006, p. 311; P. RIDOLFI, 
Amministrazione digitale. Compendio normativo, cit., pag. 63 e ss. 
(43) La carta d�identit� elettronica � una smart card che integra nel supporto in policarbonato una 
banda ottica e un microprocessore. Pi� specificamente, i dati del titolare, compresa la foto, sono impressi 
in modo visibile sia sul supporto fisico, per l�identificazione �a vista�, che sulla banda ottica e poi memorizzati 
informaticamente sul microchip e ancora sulla banda ottica. Per la normativa di riferimento 
cfr. http://www.cnipa.gov.it/site/it-it/Normativa/Raccolta_normativa_ICT/Carta_d%E2%80%99identit% 
C3%A0_elettronica_e_carta_nazionale_dei_servizi/. Ai sensi dell�art. 1, comma 1 lett. c) del Cad, per 
carta d�identit� elettronica si intende �il documento d�identit� munito di elementi per l�identificazione 
fisica del titolare rilasciato su supporto informatico dalle amministrazioni comunali con la prevalente 
finalit� di dimostrare l�identit� anagrafica del suo titolare�. 
(44) G.U. 9 novembre 2007 n. 229, S.O. n. 261, consultabile su http://www.cnipa.gov.it/HTML/ 
RN_ICT_cron/08/agg05/ ci_20071108_DM.pdf. 
(45) La Carta Nazionale dei Servizi � una smart card provvista esclusivamente del microchip (su 
un supporto fisico che non � necessariamente in policarbonato). Contrariamente alla CIE non si tratta 
in questo caso di un documento per l�identificazione a vista ma di uno strumento di autenticazione in 
rete che consente l�accesso ai servizi della P.A. resi disponibili per via telematica. La CNS � regolamentata 
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 2004, n. 117 (G.U. 6 maggio 2004, 
n. 105) che ne stabilisce le modalit� d�uso e di diffusione. La completa corrispondenza informatica tra 
CNS e CIE assicurer� l�interoperabilit� tra le due carte e la continuit� di servizi all�utente che passi dalla 
Carta Nazionale dei Servizi alla Carta d�Identit� Elettronica. Cfr. E. BASSOLI, E-Government e privacy, 
op. cit., pag. 20.
314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
�a richiesta dell�interessato, ove si tratti di dati sensibili: a. l'indicazione del 
gruppo sanguigno; b. le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge; c. i 
dati biometrici indicati col decreto di cui al comma 1, con esclusione, in ogni 
caso, del DNA; d. tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare 
l'azione amministrativa e i servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, 
nel rispetto della normativa in materia di riservatezza; e. le procedure informatiche 
e le informazioni che possono o debbono essere conosciute dalla pubblica 
amministrazione e da altri soggetti, occorrenti per la firma elettronica�. 
L�introduzione all�interno della carta d�identit� elettronica, per fini di 
semplificazione amministrativa, di altri dati diversi da quelli anagrafici e non 
strettamente necessari per la funzione di identificazione personale, ha posto, 
gi� al suo affacciarsi nel panorama legislativo, diverse questioni in ordine alla 
tutela della riservatezza dei cittadini. 
La quantit� di dati, anche sensibili, raccolta su ogni cittadino rischia di 
diventare in vero e proprio archivio, il cui utilizzo illegittimo potrebbe creare 
non pochi problemi. Gi� in riferimento alla Carta dei Servizi, il Garante 
espresse la necessit� di particolari cautele e regole che evitassero la formazione 
di banche dati omnicomprensive, cos� come la raccolta e l�uso di dati personali 
in violazione dei principi di necessit�, pertinenza e finalit� (46). 
Al riguardo, l�art. 8 del DPCM 22 ottobre 1999, n. 437 (47) ha stabilito 
che sono dettate con decreto del Ministero dell�interno (48) le regole tecniche 
e di sicurezza, relative alle tecnologie ed ai materiali utilizzati per la produ- 
(46) Si veda il parere del Garante al Ministero per l�innovazione tecnologica del 2003, di cui un 
sunto � contenuto nella newsletter del Garante n. 177 del 7 - 13 luglio 2003, consultabile su 
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID =246147; quanto osservato da G. BUTTARELLI nel 2002 
al Convegno: "Carta di identit� elettronica e firma digitale: dalla sperimentazione ai servizi": � << Si 
tratta di dati, questi ultimi - ha precisato il Segretario generale - che in realt� aprono una serie di questioni 
riguardanti da un lato la loro effettiva utilit� nell�essere inseriti nella carta di identit� elettronica e la 
loro successiva utilit� da parte di terzi, siano essi enti pubblici o strutture private e, dall�altro, gli aspetti 
tecnici su come effettivamente raccoglierli ed inserirli >>. Altri aspetti delicati derivano dal modo con 
cui sono registrati e accessibili, dalle tecnologie e dalle finalit� prescelte (�) << L�Autorit� garante - 
ha proseguito Buttarelli - ha perci� il compito istituzionale di richiamare l�attenzione nelle sedi istituzionali 
nazionali e negli organismi internazionali competenti sulla questione, in modo tale che la carta 
di identit� elettronica possa garantire adeguate certezze riguardo alla protezione dei dati personali >>�, 
cfr. http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=45900; ancora, G.RASI nell�ambito del Convegno: 
�La sicurezza partecipata: coordinamento e cooperazione interistituzionale� svoltosi all�interno nell�ambito 
del Forum P.A. 2004: � <<La preoccupazione istituzionale dell�Autorit� Garante per la protezione 
dei dati personali si � focalizzata sulla necessit� che i nuovi strumenti tecnologici, finalizzati ad una 
fluidificazione dei rapporti tra cittadini e Pubblica amministrazione, non confliggano con il rispetto della 
persona e con le garanzie di riservatezza e sicurezza dei dati personali>> (�) In particolare, adeguata 
attenzione dovr� essere posta nella definizione delle regole tecniche e delle misure di sicurezza che dovranno 
essere garantite al cittadino affinch� in caso, ad esempio, di smarrimento o furto, la Carta possa 
essere immediatamente �invalidata� a garanzia dei dati in essa contenuti�, cfr. http://www.garanteprivacy.
it/garante/doc.jsp?ID=1001758. 
(47) G.U. n. 277 del 25 novembre 1999. Consultabile su www.privacy.it/dpcm19991022.html. 
(48) Cfr. D.M. 8 novembre 2007, cit., consultabile anche su www.interno.it. 
DOTTRINA 315 
zione delle carte d�identit� elettroniche, alle modalit� di compilazione, rilascio, 
aggiornamento e rinnovo dei documenti e per garantire l�integrit�, l�accessibilit� 
e la riservatezza delle informazioni contenute nel documento. 
Lo stesso articolo 8 ha previsto, poi, che le suddette regole tecniche e di 
sicurezza devono essere adeguate all�evoluzione delle conoscenze scientifiche 
e tecnologiche con cadenza almeno biennale. 
Altra questione, legata all�inserimento di ulteriori dati all�interno delle 
carte d�identit� elettroniche e del loro futuro uso come carte dei servizi delle 
pubbliche amministrazioni, � quella del cd. codice d�identificazione unico. 
In molti paesi esiste gi� un identificatore unico utilizzato dai cittadini 
per i contatti con la pubblica amministrazione. Pu� trattarsi di un identificatore 
settoriale, come il codice fiscale italiano, oppure di un numero unico nazionale, 
come accade in Svezia e Finlandia (49). 
Un altro strumento di rilievo dell�e-government � il passaporto elettronico 
che dal 26 ottobre 2006 viene rilasciato dalle questure ed dagli uffici consolari 
italiani all�estero. Il documento, realizzato con particolari metodi di stampa 
anti contraffazione, � dotato di un microchip e di un microprocessore che consente 
la registrazione dei dati e certificati, riguardanti il titolare dello stesso e 
dell�Autorit� che lo ha rilasciato. 
Inoltre, dal 19 maggio 2010, data dell�entrata in vigore del decreto 303/13 
del 23 marzo 2010 (50), viene emesso il �nuovo passaporto ordinario�. 
Ai sensi dell�art. 2 del suddetto decreto, �nel chip sono, memorizzate, in 
formato interoperativo, l'immagine del volto e le impronte digitali del titolare. 
(49) Per un�interessante panoramica dei documenti d�identificazione in diversi paesi europei ed 
extraeuropei, nonostante la traduzione italiana non perfetta, cfr. http://www.worldlingo.com 
/ma/enwiki/it/National_identification_number/1. Si evidenzia, inoltre, che il 25 ottobre 2010, hanno 
preso il via sei progetti pilota, inseriti nel progetto generale denominato STORK, finanziato dal Programma 
europeo di Sostegno alle Politiche ICT (ICT-PSP) del Programma Quadro Competitivit� e Innovazione 
(CIP). Nell�ambito del progetto STORK � stata realizzata una piattaforma europea per 
l�interoperabilit� delle identit� elettroniche (eID) ed il 25 ottobre � stato appunto annunciato che i sei 
progetti piloti sono disponibili al pubblico: Autenticazione trans-frontaliera per servizi elettronici, Chat 
pi� sicura, Mobilit� degli studenti, Trasmissioni elettroniche trans-frontaliere, Cambio di residenza e 
l�integrazione col portale dei servizi della Commissione Europea. Questa piattaforma consente ai cittadini 
di utilizzare il proprio identificativo elettronico nazionale in diversi Stati europei. I sei progetti 
piloti, avviati ufficialmente, saranno gradualmente migliorati e ne sar� verificata l�integrazione con i 
servizi dei portali attivi della piattaforma di interoperabilit� di STORK. Cfr. http://www.digitpa.gov.it/ 
notizie/avviati-i-sei-progetti-pilota-di-stork-l%E2%80%99interoperabilit%C3%A0-dell%E2%80%99 
identit%C3%A0-elettronica-tutta-eu. 
(50) Consultabile su http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/passaporto_ordinario /decreto_
23_marzo_2010.pdf. Cfr. anche il Regolamento (CE) n. 444/2009 del Parlamento europeo e del 
Consiglio, del 28 maggio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio relativo 
alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti 
di viaggio rilasciati dagli Stati membri, GUUE L 142 del 6 giugno 2009, consultabile su http://eurlex.
europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32009R0444:IT:NOT e http://eurlex.europa.eu/ 
LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:188:0127:0127:IT:PDF. 
316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Nel chip sono altres� memorizzate le informazioni, gi� presenti sul supporto 
cartaceo, relative al passaporto ed al titolare, nonch� i codici informatici 
per la protezione ed inalterabilit� dei dati e le informazioni necessarie per renderne 
possibile la lettura agli organi di controllo. 
Gli elementi biometrici contenuti nel chip potranno essere utilizzati solo 
al fine di verificare l'autenticit� del documento e l'identit� del titolare attraverso 
elementi comparativi direttamente disponibili quando la legge lo prevede. I 
dati biometrici raccolti ai fini del rilascio del passaporto non saranno conservati 
in banche di dati �. 
Particolari meccanismi di sicurezza sono finalizzati a garantire l�autenticit�, 
la integrit� e la riservatezza dei dati contenuti nel chip. 
In particolare, sono previsti due tipi di controllo degli accessi alla lettura 
dei dati registrati nel chip: il primo, Basic Access Control (BAC) per evitare 
la lettura dei dati senza il permesso del titolare del documento, il secondo, Extended 
Access Control, (EAC) per consentire la lettura dei file contenenti le 
immagini delle impronte ai soli soggetti autorizzati dallo Stato emettitore. 
La Nazione che rilascia passaporti biometrici contenenti impronte digitali 
pu� stabilire, per mezzo dell�EAC, i Paesi o i servizi che potranno leggere le 
impronte digitali registrate (51). 
Queste misure toccano uno degli aspetti critici del passaporto elettronico 
che, utilizzato prevalentemente per spostarsi da un paese all�altro, espone i 
dati in esso contenuti ad una diffusione anche esterna. Perci� sono necessarie, 
appunto, particolari cautele. 
Riguardo alla tutela dei dati personali contenuti nei passaporti, si segnala 
a livello internazionale, la �Risoluzione sull'utilizzo della biometria in passaporti, 
carte di identit� e titoli di viaggio� del 2005, in occasione della 27ma 
Conferenza internazionale delle Autorit� di protezione dei dati e della privacy, 
in cui quest�ultime hanno preso atto che �governi e organismi internazionali, 
ed in particolare l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO), 
stanno attualmente completando la definizione di norme e standard tecnici 
volti ad integrare dati biometrici (impronte digitali, riconoscimento del volto) 
in passaporti e titoli di viaggio ai fini della lotta al terrorismo e della velocizzazione 
dei controlli alle frontiere e delle procedure di imbarco�. 
Pertanto, le stesse Autorit� chiedono che �si limiti tecnicamente l'impiego 
della biometria in passaporti e carte di identit� alle finalit� di verifica, tramite 
il confronto fra i dati contenuti nel documento e i dati forniti dal titolare all'atto 
della presentazione del documento stesso� (52). 
(51) Tecnologie Biometriche per il controllo delle frontiere nell�Unione europea, consultabile su 
http://www.cnipa.gov.it/;html/docs/BIOMETRIA%20E%20SICUREZZA%20DELLE%20FRONTIERE.
pdf. 
(52) Consultabile su http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1170552.
DOTTRINA 317 
Sempre in merito alla sicurezza dei dati raccolti in questi documenti 
d�identificazione, si segnalano a livello comunitario il Regolamento (CE) n. 
2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche 
di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti 
di viaggio rilasciati dagli Stati membri (53), il parere del 30 settembre 
2005 del Gruppo di lavoro dei garanti europei sull�attuazione del suddetto regolamento 
(54), le decisioni della Commissione europea C (2005) 409 del 28 
febbraio 2005 e C (2006) 2909 del 28 giugno 2006, sulle caratteristiche di sicurezza 
rispettivamente degli elementi biometrici primari e secondari nei passaporti 
e nei documenti di viaggio ed, infine, il Regolamento del Consiglio 
dell'Unione europea n. 444/2009 del 6 maggio 2009 (55), il quale modifica il 
precedente Regolamento del 2004. 
Anche in questo ambito, quindi, i principi cardine richiamati sono quelli 
di un elevato livello di sicurezza, della qualit� dei dati (i dati personali devono 
essere adeguati, pertinenti, non eccedenti), della legittimit� dei trattamenti e 
dell�adeguata informazione agli interessati. 
(53) GUCE L 385 del 29 dicembre 2004, pagg. 1-6, consultabile su http://eur-lex.europa.eu/ LexUriServ/
LexUriServ.do?uri=CELEX:32004R2252:IT:HTML. 
(54) Consultabile su http://ec.europa.eu/justice/policies/privacy/docs/wpdocs/2005/wp112_it.pdf. 
(55) GUUE L 142 del 6 giugno 2009, consultabile su http://eur-lex.europa.eu/ LexUriServ/LexUriServ.do?uri= 
CELEX:32009R0444:IT:NOT, v. , anche la relativa Rettifica, GUUE L 188/127 del 18 luglio 2009, consultabile su 
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:188:0127:0127:IT:PDF. 
318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Il nuovo reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.): 
l�offesa della pubblica amministrazione di appartenenza e la 
risarcibilit� del danno 
Simone Cardin* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il �vecchio� reato di oltraggio e la scelta abrogativa del 
1999 - 3. Il �nuovo� reato di oltraggio e la scelta penalizzatrice del 2009 - 4. In particolare: 
il bene giuridico tutelato dal �nuovo� reato di oltraggio - 5. Il terzo comma dell�art. 341 bis 
c.p. - 6. Il risarcimento del danno patito dalla Pubblica Amministrazione di appartenenza del 
pubblico ufficiale offeso - 7. Il ruolo dell�Avvocatura dello Stato. 
1. Premessa 
Obiettivo di questo scritto � tracciare sinteticamente i profili del �nuovo� 
reato di oltraggio a pubblico ufficiale introdotto dalla legge n. 94 del 15 luglio 
2009 (c.d. pacchetto sicurezza) nel codice penale all�art. 341 bis, con particolare 
attenzione alla problematica rappresentata dall�offesa alla Pubblica Amministrazione 
di appartenenza del pubblico ufficiale ed alla risarcibilit� del 
bene leso da tale offesa. 
Appare in effetti corretto parlare di introduzione di un �nuovo� reato di 
oltraggio anzich� di reintroduzione del �vecchio� reato, che era previsto dall�art. 
341 c.p. e che era stato abrogato dalla legge n. 205 del 25 giugno 1999. 
Significative e molteplici sono infatti le differenze tra vecchia e nuova 
fattispecie penale, a partire proprio dagli elementi costitutivi che devono sussistere 
perch� sussista il reato. 
2. Il �vecchio� reato di oltraggio e la scelta abrogativa del 1999 
Prima di passare all�esame del �nuovo� reato, ed in uno confrontarlo con 
il �vecchio�, giova un breve excursus storico sulle ragioni che avevano condotto 
alla abrogazione dell�art. 341 c.p. 
In passato, la dottrina (1) aveva sollevato seri dubbi circa la compatibilit� 
con la Costituzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale disegnato dal legislatore 
del 1930, soprattutto con la motivazione che poich� il bene giuridico pro- 
(*) Avvocato dello Stato. 
(1) Si vedano, fra gli altri, G. FLORA, Il problema della costituzionalit� del reato di oltraggio a 
pubblico ufficiale, in Arch. Giur. Serafini, 1976, p. 21 ss.; F.C. PALAZZO, Questioni di costituzionalit� 
in tema di oltraggio a pubblico ufficiale, in Giur. cost., 1980, 1309; FIORE, I reati di opinione, Padova, 
1972, 138. Per una introduzione alla teoria del diritto penale �costituzionalmente orientato�, si richiama 
F. MANTOVANI, Diritto penale, Cedam 2001, 192; G. FIANDACA � E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, 
Bologna, 2009, 3; N. MAZZACUVA, Modello costituzionale di reato. Le definizioni del reato e la 
struttura dell�illecito penale, in AA.VV, Introduzione al sistema penale, vol. I, Torino, 2007, 83.
DOTTRINA 319 
tetto dal reato - vale a dire l�onore e il prestigio della pubblica amministrazione 
- non appariva un bene di rilievo costituzionale, la fattispecie penale non era 
conforme all�ottica di un diritto penale �costituzionalmente orientato�, in licenza 
del quale gli unici beni giuridici meritevoli di tutela penale dovrebbero essere 
quelli espressi nella Costituzione o quanto meno non incompatibili con la stessa. 
Peraltro, come si dir� meglio oltre, la Corte costituzionale era intervenuta 
sulla fattispecie dichiarandone l�illegittimit� costituzionale solo in relazione 
al minimo edittale originariamente previsto nella reclusione di mesi sei, ritenendolo 
manifestamente irragionevole e sproporzionato, se confrontato alla 
pena prevista per il reato di ingiuria (2). 
Ad ogni modo, non fu la Corte costituzionale ad espungere dall�ordinamento 
l�art. 341 c.p. ma ci� avvenne a seguito di un preciso intervento del legislatore, 
attuato con la legge n. 205/1999. 
Quindi, dal 1999 al 2009 il presidio penale all�onore ed alla reputazione 
del pubblico ufficiale venne garantito, con i limiti propri della tipicit� delle 
singole fattispecie, dai reati comuni di ingiuria (art. 594 c.p.) e di diffamazione 
(art. 595 c.p.) - con applicabilit� dell�aggravante prevista dall�art. 61 n. 10 c.p. 
(�l�avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale�) -, a cui potevano 
aggiungersi, in relazione al singolo caso concreto, gli specifici reati di minaccia 
a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) e di oltraggio a un Corpo politico, amministrativo 
o giudiziario (art. 342 c.p.). 
In questo contesto interviene il legislatore nel 2009, nell�ambito del corpo 
legislativo chiamato �Disposizioni in materia di sicurezza pubblica�, introducendo 
il �nuovo� reato di oltraggio a pubblico ufficiale. 
Tale intervento legislativo � stato criticato dalla gran parte della dottrina 
(3), da un lato, ribadendo, in buona sostanza, le medesime critiche di incostituzionalit� 
che erano state indirizzare al vecchio reato di oltraggio, atteso pure 
che la nuova fattispecie sarebbe frutto della vecchia concezione autoritaria 
della Stato, non in linea con la visione paritetica dei rapporti tra p.a. e cittadino 
espressa dalla Costituzione; dall�altro, mettendo in discussione l�utilit� ed opportunit� 
della creazione del nuovo reato, atteso che la nuova fattispecie altro 
non sarebbe che una �norma manifesto�, di forte impatto simbolico, senza 
reali conseguenze positive sul sistema. 
(2) Corte costituzionale, sentenza 19 luglio 1994, n. 341, in Cass. pen., 1995, 25, con nota di G. 
ARIOLLI. 
(3) Si vedano, ex pluris, G.L. GATTA, La resurrezione dell�oltraggio a pubblico ufficiale, in O. 
MAZZA - F. VIGAN� (a cura di), Il �Pacchetto sicurezza�, Torino, 2009, 153; G. MARTIELLO, Il delitto di 
oltraggio a pubblico ufficiale: una �riesumazione� davvero necessaria?, in Ius17, Studi e materiali di 
diritto penale, 2010, 180; G. FLORA, Oltraggio a pubblico ufficiale nel pacchetto sicurezza, in Dir. pen. 
proc., 2009, 12, 1449; R. PASELLA, Reintroduzione del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, in S. 
CORBETTA - A. DELLABELLA - G.L. GATTA (a cura di), �Sistema penale e sicurezza pubblica�: le riforme 
del 2009, Milano, 2009, 39.
320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
3. Il �nuovo� reato di oltraggio e la scelta penalizzatrice del 2009 
Ci� detto, la nuova fattispecie di reato � stata cos� disegnata dal legislatore 
del 2009: �Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di 
pi� persone, offende l�onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre 
compie un atto d�ufficio ed a causa o nell�esercizio delle sue funzioni � punito 
con la reclusione fino a tre anni. La pena � aumentata se l�offesa consiste 
nell�attribuzione di un fatto determinato. Se la verit� del fatto � provata o se 
per esso l�ufficiale a cui il fatto � attribuito � condannato dopo l�attribuzione 
del fatto medesimo, l�autore dell�offesa non � punibile. Ove l�imputato, prima 
del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di 
esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell�ente di appartenenza 
della medesima, il reato � estinto�. 
La dottrina ha da subito posto l�attenzione sulle differenze sussistenti tra 
il nuovo reato di oltraggio a pubblico ufficiale ed il vecchio (4). 
Al riguardo, deve affermarsi che il legislatore del 2009 ha voluto restringere 
il campo di applicabilit� del reato di oltraggio rispetto alla previgente 
previsione delittuosa, e ci� ha fatto sia determinando con maggiore precisione 
gli elementi costitutivi della fattispecie sanzionatoria, sia aggiungendo alcuni 
elementi in passato non previsti, come ora si viene sinteticamente ad esporre. 
In primo luogo, perch� sussista il reato di cui si discute, il fatto lesivo 
deve avvenire �in luogo pubblico o aperto al pubblico�. Trattasi di una assoluta 
novit� rispetto alla previgente disciplina che comporta la non sussistenza 
del reato nel caso in cui l�offesa all�onore ed al prestigio del pubblico ufficiale 
avvenga in un luogo privato. 
Poi, perch� sussista il reato di cui si discute, il fatto lesivo deve avvenire 
�in presenza di pi� persone�. Tale dato fattuale costituiva una circostanza aggravante 
del �vecchio� reato di oltraggio ex art. 341 c.p.; rispetto al �nuovo� 
reato previsto all�art. 341 bis, esso dato diventa elemento della fattispecie sanzionatoria, 
con la conseguenza che il reato non sussiste se l�offesa all�onore 
ed al prestigio del pubblico ufficiale non avviene in presenza di almeno altre 
due persone, oltre all�offensore ed al pubblico ufficiale oltraggiato. 
Ancora, perch� sussista il reato di cui si discute, il fatto offensivo deve 
colpire il pubblico ufficiale �mentre compie un atto d�ufficio ed a causa o 
nell�esercizio delle sue funzioni �. A fronte della mancata riproduzione, rispetto 
a quanto indicato nel previgente art. 341 c.p., dell�elemento della �presenza� 
del pubblico ufficiale al momento dell�offesa, il legislatore ha aggiunto la necessit� 
che l�offesa venga posta in essere mentre il pubblico ufficiale compie 
un atto d�ufficio (oltre che, come gi� previsto dall�art. 341 c.p., �a causa o 
(4) Si richiamano gli interventi gi� citati sub nota 3; inoltre, v. pure A. NATALINI, �Resuscitato� il 
reato di oltraggio, in Diritto & Giustizia, 1 agosto 2009.
DOTTRINA 321 
nell�esercizio delle sue funzioni �). In sostanza, tale elemento impone che vi 
sia contestualit� di tempo e spazio tra il momento dell�offesa ed il momento 
dell�attivit� del pubblico ufficiale, mentre non parrebbe essere pi� necessario 
che il pubblico ufficiale sia presente all�esplicarsi dell�offesa nei suoi confronti 
e che tale offesa sia da lui percepita o percepibile direttamente. 
Infine, merita ancora da aggiungersi che il legislatore del 2009 non ha 
pi� previsto l�ipotesi di commissione del fatto "mediante comunicazione telegrafica 
o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale"; ci� 
� coerente con la necessit� che vi sia contestualit� spazio-temporale tra il momento 
dell�offesa ed il momento dell�attivit� del pubblico ufficiale. 
Complessivamente, pu� dunque constatarsi che il campo di operativit� 
del nuovo reato di oltraggio a pubblico ufficiale � pi� ristretto rispetto al passato, 
cossich� meno frequente ne sar� la sussistenza. 
Inoltre, non pare errato affermare che il legislatore del 2009, una volta 
assunta l�opzione di riattribuire rilevanza penale al fatto di oltraggio a pubblico 
ufficiale, abbia al contempo posto una serie di contromisure che ne rendano 
meno agevole e generalizzata la contestazione, financo a neutralizzare l�applicazione 
in concreto della relativa pena. 
In questa direzione, per cos� dire, �deflazionistica� si pongono tre ulteriori 
previsioni normative introdotte dal legislatore del 2009. 
In primo luogo, la seconda parte del secondo comma dell�art. 341 bis disciplina 
l�ipotesi in cui l�offesa al pubblico ufficiale si concreti nell�attribuzione 
a questo di un fatto determinato, prevedendo in tale caso un aumento di 
pena (i.e. una speciale circostanza aggravante), l�intensit� dell�offesa ritenendosi 
in tal caso maggiore. Se per� viene dimostrata la verit� del fatto attribuito 
o se il pubblico ufficiale a cui il fatto � attribuito � condannato per averlo commesso, 
dopo l�attribuzione del fatto stesso, allora l�autore dell�offesa non � 
punibile (5). 
In secondo luogo, il legislatore del 2009 ha introdotto nel codice penale il 
nuovo art. 393 bis (Rubricato �Causa di non punibilit��), che cos� dispone: 
�Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341-bis, 
342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l�incaricato di un pubblico servizio 
ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi 
articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni �. In buona 
sostanza, trattasi di una causa di giustificazione connessa al compimento da 
parte del pubblico ufficiale di atti arbitrari: � esclusa l�applicabilit� del reato se 
chi ha compiuto l�oltraggio lo ha fatto perch� ha reagito ad un pubblico ufficiale 
(5) Con l�introduzione di tale nuova causa di giustificazione il legislatore del 2009 ha deciso di 
estendere al nuovo reato di oltraggio la disciplina dettata all�art. 596, comma 4, c.p. per i reati di ingiuria 
e diffamazione (per l�esclusione dell�applicabilit� della disciplina dettata all�art. 596, comma 4, c.p. al 
reato di oltraggio v. Cassazione penale, sentenza 80/146479).
322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
che ha ecceduto le proprie attribuzioni, ponendo in essere atti di arbitrio (6). 
Infine, il terzo comma dell�art. 341 bis prevede una speciale causa di estinzione 
del reato, che � oggetto di particolare approfondimento nel presente lavoro. 
4. In particolare: il bene giuridico tutelato dal �nuovo� reato di oltraggio 
L�esame di quest�ultima speciale causa di estinzione del reato necessita di 
essere preceduta, allo scopo di coglierne la reale portata applicativa, da alcune 
considerazioni in ordine al bene giuridico tutelato dalla nuova fattispecie di reato. 
Come sopra accennato, � opinione di gran lunga prevalente quella secondo 
cui il �nuovo� reato di oltraggio a pubblico ufficiale sia finalizzato alla 
tutela del medesimo bene giuridico gi� tutelato dal �vecchio� reato, consistente 
- come espressamente indicato sia nella vecchia e che nella nuova fattispecie 
legislativa - nell��onore� e nel �prestigio� del pubblico ufficiale (7). 
Per quanto concerne la definizione di tale bene, in passato si affermava 
che per �onore� deve intendersi �l�insieme delle qualit� morali di cui � dotata 
una persona� e che per �prestigio del pubblico ufficiale� deve intendersi �la 
dignit� ed il rispetto dovuto a chi esercita una pubblica funzione� (8). Cos� inteso, 
il bene giuridico tutelato veniva identificato non gi� e non solo nel prestigio 
del singolo pubblico ufficiale, bens� direttamente nel prestigio della 
pubblica amministrazione di appartenenza (9), e prova ne era la circostanza 
che il reato era collocato nel Capo II del Titolo II del Libro II del codice penale, 
intitolato �Delitti dei privati contro la Pubblica Amministrazione�. 
Pi� precisamente, la giurisprudenza (10) aveva ritenuto il reato di natura 
plurioffensiva: sussisteva una protezione diretta al prestigio della pubblica amministrazione, 
ritenuta persona offesa primaria (sebbene in via mediata), ed 
una protezione indiretta o riflessa al prestigio del singolo pubblico ufficiale, 
ritenuto persona offesa secondaria (sebbene in via immediata). 
Tale primato del bene giuridico rappresentato dall�onore e il prestigio 
della pubblica amministrazione � ci� che aveva condotto la gran parte della 
dottrina (11) a sollevare forti dubbi sulla legittimit� costituzionale del reato, 
nei termini sopra gi� esposti. 
(6) Come si ricorder�, gi� l�art. 4, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288 prevedeva, quale causa 
di giustificazione, che �Non si applicano le disposizioni degli artt. 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 
del codice penale quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico 
impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti 
delle sue attribuzioni�. 
(7) Per una recente affermazione v. Cassazione penale, sentenza 25 gennaio 2012, n. 3176, in Diritto 
& Giustizia, 25 gennaio 2012. 
(8) Per tutti G. FIANDACA � E. MUSCO, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 2009, 223. 
(9) Si veda Cassazione penale, sentenza 86/173093; Cassazione penale, 5 giugno 1989, in Riv. 
Pen., 90, 678. 
(10) Si veda Cassazione penale, sentenza 93/193689; Cassazione penale, sentenza 83/161163. 
(11) Vedi supra nota 1.
DOTTRINA 323 
Tuttavia, gi� in passato alcuni autori (12) avevano acutamente osservato 
che la presunta incompatibilit� con la Carta costituzionale era superabile mediante 
una reinterpretazione ed ammodernizzazione costituzionalmente orientata 
della fattispecie, diretta alla valorizzazione, quale bene giuridico, in luogo 
del prestigio della pubblica amministrazione, del �normale funzionamento� 
ovvero del �buon andamento della pubblica amministrazione�, bene previsto 
espressamente all�art. 97 Cost. 
Tale osservazione coglieva nel segno del problema, ed infatti questa fu 
l�impostazione fatta propria dalla Corte costituzionale, la quale Consulta, come 
sopra detto, era intervenuta sulla fattispecie dichiarandone l�illegittimit� costituzionale 
solo in relazione all�entit� della pena, ritenuta irragionevole e sproporzionata, 
se confrontata a quella prevista per il reato di ingiuria. 
Invero, le questioni di legittimit� costituzionale della fattispecie, (per lo 
pi�) formulate secondo lo schema della violazione del principio di uguaglianza 
stabilito all�art. 3 Cost. determinata dalla diversit� del trattamento riservato al 
reato di oltraggio a pubblico ufficiale rispetto al reato di ingiuria, erano state 
pi� volte rigettate dalla Consulta, la quale aveva riconosciuto che la diversit� 
di trattamento era ragionevolmente giustificata dalla necessit� di garantire protezione 
particolare al bene giuridico costituzionalmente rilevante del buon andamento 
della pubblica amministrazione: �La plurioffensivit� del reato di 
oltraggio rende certamente ragionevole un trattamento sanzionatorio pi� 
grave di quello riservato all'ingiuria, in relazione alla protezione di un interesse 
che supera quello della persona fisica e investe il prestigio e quindi il 
buon andamento della pubblica amministrazione� (13). 
(12) Si veda per tutti M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, Milano, 1999, 65; 
quest�ultimo autore afferma pure che la �colorazione pubblicistica� del reato e la specialit� del bene 
giuridico tutelato giustificano l�esistenza di una norma incriminatrice ad hoc, distinta dal reato di ingiuria. 
Si aggiunge che anche la Suprema Corte era giunta a questo risultato, laddove non escludeva la sussistenza 
del reato di oltraggio quando l�offesa proveniva da altro pubblico ufficiale, atteso che anche in 
questa ipotesi vi era pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione (Cassazione penale, 
sentenza 82/156901; Cassazione penale, sentenza 88/181375). 
(13) Cos� Corte costituzionale, sentenza 19 luglio 1994, n. 341, cit. Si veda pure Corte costituzionale, 
sentenza 14 aprile 1980, n. 51, in Giur. cost., 1980, I, 359: �Come gi� avvertito nella sentenza 
n. 109 del 1968, l'articolo 341 del codice penale appresta una tutela che trascende la persona fisica del 
titolare dell'ufficio, per risolversi nella protezione del prestigio della pubblica amministrazione impersonata 
da quel titolare. Nonostante la contraria opinione del giudice a quo il perseguimento di un simile 
valore da parte del legislatore ordinario (alla cui insindacabile discrezionalit�, ove non trasmodi in arbitrio, 
vanno rimesse le modalit� attuative concrete), corrisponde alla finalit� del buon andamento amministrativo 
prevista dall'art. 97 della Costituzione. Finalit� che non si riferisce esclusivamente alla 
fase organizzativa iniziale della pubblica amministrazione, ma ne investe il complesso funzionamento 
(confronta sentenza n. 22 del 1966). Di qui una duplice conseguenza: da un lato ragionevolmente nella 
norma sull'oltraggio viene previsto un trattamento penale pi� grave di quello riservato all'ingiuria e 
dall'altro se il pubblico ufficiale, privato del potere di querela, si trova in situazione di disparit� rispetto 
ai comuni cittadini, tale disparit� e giustificata dalla protezione di un interesse che supera quello della 
persona fisica e che trova fondamento nella Carta costituzionale�. E ancora Corte costituzionale, sen-
324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Con l�introduzione della nuova fattispecie di reato, che � diretta alla tutela 
sempre del bene giuridico del prestigio della pubblica amministrazione, la gran 
parte della dottrina � tornata a ribadirne i profili di incostituzionalit�, pi� che 
evidenziare alcuni elementi costitutivi e dati sintomatici di una ricercata valorizzazione, 
da parte del legislatore del 2009, del bene tutelato in termini di 
�buon andamento della pubblica amministrazione�, ci� che rende la fattispecie 
compatibile con il testo costituzionale. 
Detto in altre parole, � possibile affermare che il nuovo reato � stato costruito 
dal legislatore del 2009 con l�intento di punire quei comportamenti che 
ostacolano o mettono in discussione il �buon andamento della pubblica amministrazione�, 
interesse di sicuro rilievo costituzionale (14) e la cui tutela 
giustifica non solo l�opzione penale, ma anche una diversit� di trattamento rispetto 
al reato comune di ingiuria. 
Anzi tutto, � sintomatica di questa impostazione la scelta di reintrodurre 
nel codice penale solo il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, mentre non si 
� ritenuto di fare altrettanto con il reato di oltraggio a pubblico impiegato (art. 
344 c.p. abrogato sempre della legge n. 205/1999); conseguenza � che oggi la 
speciale tutela penale differenziata � prevista solo per il pubblico ufficiale, con 
esclusione quindi del mero incaricato di pubblico servizio (15). 
Altro segno di questa impostazione � il fatto che il �nuovo� reato di oltraggio 
sussiste solo se sussiste contestualit� spazio-temporale tra il momento 
dell�offesa ed il momento dell�attivit� del pubblico ufficiale, ossia ci� che il 
legislatore del 2009 ha voluto punire in modo differenziato e speciale � solo 
tenza n. 109 del 19 luglio 1968: �Ugualmente infondata la questione sollevata si palesa se considerata 
con riferimento all'art. 3. Infatti la diversit� delle sanzioni disposte nei casi di offesa all'onore e al 
decoro di una persona, nelle due ipotesi previste rispettivamente dagli artt. 341 e 594 del codice penale, 
trova un'ovvia giustificazione nella eterogeneit� delle fattispecie criminose in essi considerate: una riguardante 
l'offesa recata ai privati cittadini, l'altra, invece, rivolta contro chi riveste la qualifica di pubblico 
ufficiale, e nell'atto dell'esercizio dei poteri a lui conferiti. � chiaro che in questo secondo caso la 
tutela penale dell'onore della persona fisica titolare del pubblico ufficio, � assorbita in quella del prestigio 
della pubblica Amministrazione che in essa si incarna, che viene colpito nel momento stesso in 
cui la sua autorit� si fa concretamente valere, e pertanto d� luogo ad una nuova e diversa fattispecie 
legale. Cos� essendo, non sorge il problema prospettato nell'ordinanza della difficolt� di discriminare 
fra parte e parte della sanzione prevista dall'art. 341, allo scopo di stabilire quanto della medesima riguardi 
l'interesse del singolo e quanto quello della pubblica Amministrazione�. 
(14) Per il riconoscimento di detta portata, al di fuori dell�ambito penale, si veda, ex pluris Corte 
costituzionale, sentenza 4 gennaio 1999, n. 1, in Giur. cost., 1999, 1. 
(15) N� depone in senso diverso la redazione del nuovo art. 393 bis c.p., laddove accanto al �pubblico 
ufficiale� considera pure le figure dello �incaricato di un pubblico servizio� e del �pubblico impiegato�; 
tale formulazione � da ritenersi frutto di mera svista, derivata dalla volont� di traslare pressoch� 
integralmente nel codice penale l�art. 4, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288 sopra citato e riportato 
sub nota 6. Questa scelta selettiva fa propri i suggerimenti gi� dati in passato da alcuni autori, nel senso 
di un ragionevole ridimensionamento dei soggetti passivi dei plurimi reati di oltraggio previsti in ordine 
dal codice penale (C. PEDRAZZI, Problemi e prospettive del diritto penale della impresa pubblica, in Riv. 
It. Dir. Proc. pen., 1966, 392; F. BRICOLA, Tutela penale della pubblica amministrazione e principi costituzionali, 
in Temi, 1968, 576). 
DOTTRINA 325 
quell�offesa che colpisce il pubblico ufficiale mentre compie un atto d�ufficio, 
nell�ambito dell�esplicazione pubblica dei suoi poteri, in un contesto spaziotemporale 
in cui non solo � pi� evidente la dimensione pubblicistica del prestigio, 
ma soprattutto l�offesa si pone come di intralcio al buon esercizio dei 
pubblici poteri e dunque al buon andamento della pubblica amministrazione. 
In questa linea e logica si pone pure la necessit�, di assoluta novit� rispetto 
alla formula del �vecchio� reato di oltraggio, che l�offesa avvenga �in luogo pubblico 
o aperto al pubblico�, e pure la necessit� che l�offesa avvenga �in presenza 
di pi� persone�, perch� questo � il contesto privilegiato e prevalente in cui si realizza 
l�esercizio di pubblici poteri da parte della pubblica amministrazione. 
Ancora, attenta dottrina ha correttamente evidenziato che mentre nella 
�vecchia� fattispecie di reato di oltraggio il legislatore del 1930 aveva inteso 
punire colui che offendeva �l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale�, 
nell�attuale formulazione � stata preferita, per identificare il bene giuridico 
protetto, l�espressione �l�onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale�, con 
l�uso dunque della congiunzione �e� al posto della �o�. Ci� implica che la tutela 
dell�onore del singolo pubblico ufficiale viene indissolubilmente a dipendere 
della tutela del prestigio della pubblica amministrazione di appartenenza, 
nel senso che perch� sussista la protezione penale non � sufficiente che il singolo 
pubblico ufficiale, in quanto persona fisica, venga offeso nell��insieme 
delle qualit� morali� di cui egli � dotato, ma � necessario che l�offesa coinvolga 
direttamente il suo �prestigio di soggetto che esercita pubbliche funzioni�, 
perch� � in questo modo che viene messa in discussione la sua credibilit� ed 
autorevolezza avanti pi� persone, e conseguentemente ostacolato il corretto e 
regolare esercizio dei pubblici poteri. 
Infine, alla luce della ora esposta impostazione, si comprende pure il 
nuovo trattamento sanzionatorio, pi� rigoroso di quello previsto per il reato 
di ingiuria. Se dubbi non sorgono in ordine alla legittimit� costituzionale di 
detta differenziata tutela alla luce del significativo bene giuridico protetto, 
qualche perplessit� suscita, come meglio si dir� oltre, l�inasprimento della 
pena in quanto tale. 
5. Il terzo comma dell�art. 341 bis c.p. 
Fatte queste considerazioni, si pu� allora passare all�esame del terzo 
comma dell�art. 341 bis, il quale cos� dispone: �Ove l�imputato, prima del giudizio, 
abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia 
nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell�ente di appartenenza 
della medesima, il reato � estinto�. 
Trattasi di una speciale causa di estinzione del reato, inquadrabile in 
quelle contromisure assunte dal legislatore del 2009 per ridurre la punibilit� 
in concreto dei fatti di offesa previsti dal nuovo art. 341 bis c.p., che lega l�effetto 
estintivo al soddisfacimento economico delle pretese di due distinti sog-
326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
getti - persone offese e possibili parti civili nel giudizio penale -, ossia il singolo 
pubblico ufficiale e l�ente di appartenenza dello stesso. 
Come sopra detto, gi� in passato la maggioritaria giurisprudenza aveva 
ritenuto il reato di natura plurioffensiva, individuando nella pubblica amministrazione 
di appartenenza la persona offesa primaria e nel singolo pubblico 
ufficiale la persona offesa secondaria. In considerazione della natura plurioffensiva 
del delitto, la giurisprudenza (16) aveva escluso l�applicabilit� al �vecchio� 
reato di oltraggio della circostanza attenuante del ravvedimento operoso 
prevista dell�art. 62, n. 6, c.p., sulla base della considerazione che non vi pu� 
essere risarcimento per un bene di natura pubblicistica. 
Peraltro, si osserva che la Suprema Corte, con motivazione non del tutto 
lineare, era giunta a negare la legittimazione alla costituzione di parte civile 
ad un Comune in caso di offesa rivolta ad un vigile urbano, ritenendo che il 
reato di oltraggio non comportasse (neppure) una lesione diretta del Corpo di 
appartenenza del pubblico ufficiale, e cos� annullando la condanna al risarcimento 
dei danni pronunciata in favore del Comune (17). 
Ebbene, con l�introduzione della nuova speciale causa di estinzione del 
reato, il legislatore supera queste problematiche, ammettendo espressamente 
il risarcimento del danno in favore dell�ente di appartenenza del pubblico ufficiale: 
da un lato, si riconosce che l�ente di appartenenza � persona offesa dal 
reato di oltraggio, con sicura conseguente possibilit� di costituirsi parte civile; 
dall�altro, si valorizzano le conseguenze della riparazione economica del 
danno, andando oltre un effetto attenuante della pena. 
La novit� introdotta dal legislatore del 2009 � stata oggetto di plurime 
critiche. 
Alcuni autori (18) hanno sottolineato profili di incostituzionalit� della 
norma, la quale comporterebbe una violazione dell�art. 3 Cost. per disparit� 
di trattamento, atteso che la possibilit� di estinzione del reato si atteggerebbe 
in modo diverso a seconda dello stato di abbienza dell�autore del reato. 
D�altra parte, sempre sotto il profilo costituzionale, altri autori (19) hanno 
invece osservato che la codificazione della nuova causa di estinzione � finalizzata 
a garantire proprio la conformit� al Testo costituzionale del �nuovo� 
reato di oltraggio, nel senso che detta possibilit� di eliminare la sanzione penale 
fungerebbe da �bilanciamento�, per cos� dire, alla scelta di tutela penali- 
(16) Cassazione penale, sentenza 5 giugno 1989, in Riv. Pen., 90, 678; Cassazione penale, sentenza 
21 febbraio 1986, ivi, 87, 355. 
(17) In questo senso Cassazione penale, sentenza 28 gennaio 1999, n. 1168 (RV 213334). 
(18) Sul punto v. T. PADOVANI, L�ennesimo intervento legislativo eterogeneo che non � in grado 
di risolvere i problemi, in Guida dir., 2009, 33, 16; G. BRICCHETTI � L. PISTORELLI, Ritorna l�oltraggio 
a pubblico ufficiale, in Guida dir., 2009, 33, 51; G. AMATO, Danno riparato se l�offesa viene risarcita, 
in Guida dir., 2009, 33, 60. 
(19) MARTIELLO, Il delitto di oltraggio, cit., 191.
DOTTRINA 327 
stica, che diversamente rimarrebbe soggetta a forti dubbi di costituzionalit�. 
Sotto altro profilo, si � pure criticato (20) il carattere fortemente simbolico 
della previsione, nel senso che il legislatore avrebbe dettato la disposizione in 
esame allo scopo di valorizzare l�importanza del �pentimento� da parte dell�offensore, 
disinteressandosi o comunque indebolendo la funzione rieducativa 
di deterrente preventivo della pena. 
Al riguardo, non si ritiene di condividere le critiche mosse alla scelta legislativa 
di valorizzare le conseguenze della integrale riparazione economica 
del danno, scelta in s� non impedita dalla Costituzione e gi� utilizzata dal legislatore 
in via generale sotto forma di circostanza attenuante (art. 62, n. 6, 
c.p.), il legislatore legittimamente avendo dato preminente rilievo al bisogno 
che il pregiudizio subito dalla persona offesa sia integralmente ristorato. 
Proprio una lettura in chiave �oggettiva� della norma � ci� che permette 
di superare i sopra esposti dubbi di legittimit� costituzionale: finalit� della 
norma � garantire l�integrale ristoro di entrambe le persone offese, a prescindere 
pure che l�intervento risarcitorio compiuto, nell�interesse del reo, ne manifesti 
un intento psicologico di ravvedimento (21). 
Quando detto conduce ad escludere che si attribuisca una lettura della norma 
in chiave �soggettiva�, siccome diretta ad attribuire rilievo al �pentimento� ed 
al ravvedimento del reo, in alcun modo valorizzato dal legislatore del 2009. 
Non sembra errato rilevare che la sopra proposta lettura della norma si 
pone in linea con l�identificazione del �buon andamento della Pubblica Amministrazione� 
quale primario bene giuridico penalmente protetto, ed al contempo 
tende a confermare come l�intento del legislatore del 2009 non sia 
quello di tutelare penalmente il prestigio in s� stesso di uno Stato autoritario 
nei confronti dei cittadini offensori. 
Si vuole dire che la possibilit� di estinguere il reato mediante integrale 
pagamento del danno patito dall�Ente di appartenenza del pubblico ufficiale 
mal si concilierebbe con una finalit� sanzionatoria quale quella dell�affermazione 
della preminenza dell�autorit� statale sul cittadino che offende. 
Di contro, se il bene tutelato dalla norma � il �buon andamento della Pubblica 
Amministrazione�, alterato e messo in discussione dall�agire del reo, in 
uno con il prestigio del singolo ufficiale offeso, allora � comprensibile che il 
risarcimento di entrambi i soggetti possa portare alla non punibilit� del reo. 
D�altra parte, non diversamente pu� accadere nel reato di ingiuria, lad- 
(20) GATTA, La resurrezione dell�oltraggio, cit., 161. 
(21) In sostanza, la norma deve essere letta secondo l�insegnamento dato della Corte costituzionale 
con la sentenza n. 138 del 20 aprile 1998 (in Cass. pen., 1998, 2297), laddove la Consulta riconosce 
quale finalit� della circostanza attenuante prevista all�art. 62 c.p., n. 6 �quella del soddisfacimento della 
pretesa del danneggiato mediante la reintegrazione del suo patrimonio� e cos� facendo esclude che vi 
sia contrasto con l�art. 3 Cost., ci� che si verificherebbe qualora si attribuisse una �interpretazione dell�attenuante 
in chiave meramente soggettiva, che ravvisasse in essa una finalit� rieducativa�.
328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
dove il risarcimento integrale della persona offesa pu� condurre alla rimessione 
della querela e dunque alla non punibilit� dell�offensore. 
Al riguardo, bisognerebbe allora dare spiegazione al perch� il �nuovo� 
reato di oltraggio non sia perseguibile a querela delle persone offese, e sia invece 
prevista la procedibilit� d�ufficio. Ebbene, anche tale aspetto appare giustificabile, 
se si considera che l�agire della Pubblica Amministrazione avviene 
nell�ambito del costituzionale principio di legalit� dell�azione amministrativa 
(art. 97 Cost.), cosicch�, negli stessi casi in cui specifiche scelte sono rimesse 
alla volont� del singolo cittadino, quando si tratta di volont� della Pubblica 
Amministrazione, dette manifestazioni di volont� dell�Ente pubblico sono sostituite 
da scelte predeterminate dal legislatore, con legittima sottrazione all�Ente 
pubblico di un discrezionale potere valutativo. 
Lo schema dunque � il seguente: il legislatore ha predeterminato che, in 
caso di offesa al �buon andamento della Pubblica Amministrazione� - visione 
moderna e costituzionalmente aggiornata del bene giuridico tutelato nel reato 
di oltraggio -, si attivi il procedimento penale, con ci� sgravando l�Ente di appartenenza 
del pubblico ufficiale della scelta di presentare o meno querela; 
successivamente, laddove si addivenga a determinati sviluppi della vicenda 
penale, potr� la Pubblica Amministrazione valutare la consistenza dell�offesa 
al proprio interesse protetto dalla norma sanzionatoria, consentendone un ristoro 
economico e dando quantificazione allo stesso; in conseguenza dell�integrale 
risarcimento, di nuovo il legislatore ne ha predeterminato gli effetti, in 
termini di estinzione del reato, sgravando ancora l�Ente di appartenenza della 
scelta di rimettere o meno querela. 
In definitiva, le scelte che nel reato di ingiuria sono rimesse alla volont� 
della singola persona offesa - presentare o meno querela, e ritirare o meno 
querela a fronte del risarcimento proposto -, sono sostituite nel caso in cui si 
tratti di Pubblica Amministrazione dalla predeterminazione legislativa di fare 
iniziare il procedimento penale e di estinguerlo in ipotesi di integrale ristoro, 
con ragionevole limitazione dei poteri valutativi discrezionali della Pubblica 
Amministrazione. 
Alla Pubblica Amministrazione offesa � lasciata quella valutazione che 
solo essa pu� compiere nel concreto contesto degli eventi, ossia quella di stabilire 
la bont� dell�entit� del risarcimento proposto dal reo e quella di accettarlo 
o meno in quanto congruo. 
Cos� spiegata la nuova previsione del terzo comma dell�art. 341 bis c.p., la 
stessa in definitiva non appare contraria al Testo costituzionale n� irragionevole. 
Pi� complessivamente, alla luce di quanto tutto sopra detto, si pu� concludere 
che il nuovo reato di oltraggio non sia in contrasto con la Costituzione, 
in quanto introdotto nell�ottica di proteggere con sanzione penale il �buon andamento 
della pubblica amministrazione�, interesse di sicuro rilevo costituzionale: 
il nuovo reato assume una sua precisa collocazione logica nel sistema
DOTTRINA 329 
penale e la fattispecie penale � costruita in modo ragionevole e logico. 
Alla fine, l�unico aspetto che lascia perplessi � la gravit� della sanzione 
penale prevista in ipotesi di mancato integrale ristoro. In effetti, la pena prevista 
dall�art. 341 bis c.p. (reclusione fino a tre anni) appare significativamente 
gravosa, in particolare se confrontata alla sanzione penale prevista dal previgente 
art. 341 c.p. per il �vecchio� reato di oltraggio (reclusione da sei mesi a 
due anni), alla sanzione penale prevista dall�art. 342 c.p. per il reato di oltraggio 
a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (multa da 1.000,00 a 
5.000,00 euro) ed alla sanzione penale prevista dall�art. 594 c.p. per il reato 
di ingiuria (reclusione fino a sei mesi o multa fino a 516 euro). 
6. Il risarcimento del danno patito dalla Pubblica Amministrazione di appartenenza 
del pubblico ufficiale offeso 
Si pu� ora passare ad esaminare la specifica problematica derivante dalla 
necessit� che la Pubblica Amministrazione possa ottenere in concreto il risarcimento 
del danno subito, a seguito della lesione del proprio bene giuridico. 
Ricapitolando sinteticamente quanto sopra detto: alla luce della nuova formulazione 
del reato di oltraggio, � espressamente ammesso che l�Ente di appartenenza 
del pubblico ufficiale offeso sia persona offesa dal reato di oltraggio; 
che l�Ente di appartenenza possa costituirsi parte civile nel processo penale; 
che l�Ente di appartenenza possa ottenere il risarcimento del danno subito. 
Trattasi, per l�Ente di appartenenza, di una posizione distinta da quella 
del pubblico ufficiale offeso, nel senso che il singolo pubblico ufficiale offeso 
tuteler� autonomamente i propri interessi, anche mediante propria costituzione 
di parte civile, e sar� esclusivamente il singolo pubblico ufficiale offeso a valutare 
la bont� dell�offerta risarcitoria formulata nei di lui confronti, e diretta 
alla risarcibilit� del danno dal medesimo solo patito. In uno con quanto detto, 
si deve allora osservare che all�Ente di appartenenza del pubblico ufficiale offeso 
spetter� solo di tutelare i propri interessi offesi come meglio crede, potendo 
addivenire ad ottenere solo ed esclusivamente il risarcimento del proprio 
danno subito. Sotto il profilo pratico, ci� implica che l�imputato dovr� formulare 
due distinte offerte risarcitorie, dirette al soddisfacimento economico delle 
pretese di due distinti soggetti - il singolo pubblico ufficiale e l�Ente di appartenenza 
dello stesso - , distinte persone offese e entrambi potenziali parti civili 
nel giudizio penale, e solo se riuscir� ad ottenere l�accettazione dell�offerta risarcitoria 
proposta da parte di ciascuno di essi potr� beneficiare dell�effetto 
estintivo previsto dal terzo comma dell�art. 341 bis c.p. (22). 
(22) Interessante il caso esaminato dal Tribunale di Camerino, sentenza 13 dicembre 2011 (rinvenibile 
in DeJure, sub art. 341 bis c.p.), in cui, mentre l�Ente di appartenenza (Arma dei Carabinieri) 
aveva accettato l�offerta risarcitoria, le altri parte offese, quali privati cittadini, avevano rinunciato al risarcimento 
del danno patito; il Tribunale ha ritenuto che si fossero realizzate le condizioni di operativit� 
del terzo comma dell�art. 341 bis.
330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Tanto ulteriormente chiarito, si cercher� allora di fornire qualche utile indicazione 
in punto di quantificazione del danno, partendo dall�osservazione 
che il bene giuridico tutelato penalmente - il �buon andamento della Pubblica 
Amministrazione� - � s� un bene immateriale ma che tale natura in s� non 
esclude l�enucleazione di parametri di quantificazione della relativa offesa. 
E quella della quantificazione � una reale necessit�, atteso che un suo 
aprioristico diniego, come una sua inoperativit� sul piano pratico, condurrebbero 
a rendere impossibile per l�Ente di appartenenza l�accettazione delle offerte 
da parte del reo, con ci� privando lo stesso della facolt� di giungere 
all�estinzione del reato. 
In uno con questa, si pone inoltre la necessit� che i parametri di quantificazione 
siano il pi� possibile oggettivi e slegati dagli atteggiamenti soggettivi 
del reo, esigenza che ancora una volta si ricollega ai principi costituzionali 
espressi dall�art. 97 Cost., che impongo alla Pubblica Amministrazione di agire 
in modo imparziale, efficace ed efficiente, in particolare nell�esercizio dei propri 
poteri discrezionali. 
Anzi tutto, ai fini della determinazione dei parametri di quantificazione 
oggetto di esame, non sembra doversi dare peso ad elementi attinenti la vicenda 
penale - quali, ad esempio, il grado di colpevolezza del reo -, come neppure 
a finalit� strettamente proprie all�ordinamento penale - quali, ad esempio, 
la generale e speciale prevenzione -, il legislatore non avendo ritenuto di attribuire 
espresso rilievo ad esse. 
Quanto detto porta a distinguere la causa di estinzione prevista dal terzo 
comma dell�art. 341 bis c.p. da altre ipotesi disciplinate dal sistema; ci si riferisce 
in particolare alla previsione dell�art. 35 del D.lgs. n. 274 del 28 agosto 
2000, laddove la dichiarazione di estinzione del reato, a seguito della dimostrazione 
da parte dell�imputato di avere proceduto �prima dell'udienza di 
comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni 
o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose 
del reato�, pu� essere pronunciata dal giudice penale �solo se ritiene 
le attivit� risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione 
del reato e quelle di prevenzione�. 
Non si ritiene dunque che possa attribuirsi al risarcimento previsto dal 
terzo comma dell�art. 341 bis c.p. un connotato sanzionatorio, neppure parzialmente 
(23), il risarcimento di cui si discute non ponendosi come surroga 
alla sanzione penale ma configurandosi solo come ristoro del danno subito. 
A conferma di quanto detto la constatazione che laddove il legislatore ha 
ritenuto di attribuire al ristoro del danno subito dalla persona offesa di un reato 
un qualche connotato sanzionatorio, o comunque ha voluto dare rilievo, ai fini 
di quantificare il danno, ad elementi penalistici della vicenda, lo ha fatto 
espressamente; si veda in tale senso la disposizione contenuta nel non pi� vigente 
art. 18 legge n. 349/1986, la quale, una volta stabilito che �Qualunque
DOTTRINA 331 
fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti 
adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso arrecando 
danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga 
l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato�, ha aggiunto 
che il giudice, civile o penale, �ove non sia possibile una precisa quantificazione 
del danno, ne determina l'ammontare in via equitativa, tenendo comunque 
conto della gravit� della colpa individuale, del costo necessario per il 
ripristino e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo 
comportamento lesivo dei beni ambientali �, con la precisazione, estranea alle 
regole ordinarie della responsabilit� civile e pi� attinente ai principi della responsabilit� 
penale, che �Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, 
ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilit� individuale�. 
Nella stessa logica, i principi penalistici di determinazione della pena 
sono utilizzabili nella determinazione della sanzione amministrativa solo perch� 
espressamente previsto dal legislatore all�art. 11 della legge n. 689/1981 
(che cos� dispone: �Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria 
fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione 
delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravit� 
della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione 
delle conseguenze della violazione, nonch� alla personalit� dello stesso 
e alle sue condizioni economiche�) e proprio questo richiamo � da vedersi 
quale indizio dell�accoglimento da parte del legislatore del 1981 di un modello 
di sanzione amministrativa di tipo afflittivo-punitivo, che si avvicina alla sanzione 
di stampo penalistico, allontanandosi dal modello civilistico puramente 
risarcitorio e recuperatorio (24). 
Questo chiarito, deve osservarsi che il terzo comma dell�art. 341 bis c.p. 
non indica le voci di danno da risarcirsi all�Ente di appartenenza del pubblico 
ufficiale, precisando per� che l�effetto estintivo del reato si ottiene solo nel 
caso in cui il danno sia �riparato interamente�. 
Alla luce di ci�, non sussistono ragioni per limitare le voci di danno risarcibili 
al solo danno subito dal bene giuridico tutelato penalmente - il �buon 
andamento della pubblica amministrazione� - l�Ente di appartenenza del pub- 
(23) Non si condivide la preoccupazione sollevata da alcuni autori in tale senso. Si veda in particolare 
FLORA, Oltraggio a pubblico ufficiale, cit., 1454, laddove l�autore prospetta il rinfocolarsi del dibattito 
sulla possibile valenza sanzionatoria del risarcimento del danno. Peraltro, vi � da dire che lo 
stesso autore tende a concludere negativamente, e ci� fa proprio a seguito del confronto con la disciplina 
prevista dall�art. 35 ora citato, atteso che l�estinzione del nuovo reato di oltraggio non � subordinata alla 
valutazione giudiziale dell�intento pacificativo dell�offensore n� della idoneit� della riparazione al soddisfacimento 
delle esigenze di riprovazione del reato. Il che induce l�autore a considerare la previsione 
non proprio nel solco di una logica surrogatoria della punizione. Sul tema in generale cfr. D. FONDAROLI, 
Illecito penale e riparazione del danno, Padova, 1999, 243. 
(24) Sul punto, sia consentito richiamare S. CARDIN, Principi generali dell�illecito amministrativo, 
Padova, 2005, 111.
332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
blico ufficiale ben potendo richiedere in sede penale il risarcimento di altri ulteriori 
profili di danno. 
Detto in altre parole, se da un lato, la protezione penale garantita dal 
nuovo reato di oltraggio � giustificata dalla volont� di punire l�offesa ad un 
preciso bene giuridico di rilievo costituzionale, dall�altro, ci� non esclude che 
il fatto di reato leda altri beni giuridici di cui l�Ente di appartenenza sia titolare, 
con conseguente necessit� che anche i connessi danni siano oggetto di risarcimento 
da parte del reo, allo scopo di ottenere l�estinzione del reato. 
Salvo quanto si dir� oltre, � possibile schematicamente indicare due voci 
di danno il cui risarcimento appare pressoch� scontato nell�ambito di una offesa 
di oltraggio ex art. 341 bis c.p. 
Invero, un fatto di reato quale l�oltraggio andr� pressoch� sempre a colpire, 
oltre al �buon andamento della pubblica amministrazione�, il distinto bene 
rappresentato dalla �immagine della pubblica amministrazione�. Infatti, la circostanza 
che il �nuovo� reato di oltraggio sussista solo se sussiste contestualit� 
spazio-temporale tra il momento dell�offesa ed il momento dell�attivit� del 
pubblico ufficiale, - di modo che l�offesa si ponga come di intralcio al buon 
esercizio dei pubblici poteri e dunque al buon andamento della pubblica amministrazione 
-, unita all�ulteriore circostanza che nel �nuovo� reato di oltraggio 
l�offesa deve avvenire �in luogo pubblico o aperto al pubblico� - questo 
essendo il contesto privilegiato e prevalente in cui si realizza l�esercizio di pubblici 
poteri da parte della pubblica amministrazione -, fa s� che nella gran parte 
dei casi il fatto di oltraggio comporti la compromissione pure dell��immagine 
pubblica e del prestigio della Pubblica Amministrazione�. Nella gran parte dei 
casi in cui si verifichi un reato di oltraggio, allora, entrambi i profili di danno 
dovranno essere oggetto di integrale ristoro da parte del reo, allo scopo di ottenere 
l�estinzione del reato, previa quantificazione di ciascuno di essi. 
A tale ultimo fine, si ritiene utile ed opportuno richiamare ed utilizzare 
l�ampia e significativa elaborazione fatta dalla dottrina e dalla giurisprudenza 
sviluppatasi nel contesto del giudizio di responsabilit� per danno erariale 
avanti alla Corte dei Conti. 
In quest�ultimo ambito, si � giunti da tempo ad enucleare una voce di 
danno risarcibile chiamata �danno da disservizio�, a cui si aggiunge l�ulteriore 
voce del �danno all�immagine della Pubblica Amministrazione�. 
Partendo dal primo, posto che nella giurisdizione contabile il �danno da 
disservizio� � ricollegato a quelle ipotesi in cui sia l�amministratore o il dipendente 
pubblico, con una condotta commissiva o omissiva dolosa o gravemente 
colposa, a produrre effetti negativi nella gestione di un pubblico 
servizio, in termini di �disservizio da illecito esercizio di pubbliche funzioni�, 
oppure di �disservizio da mancata resa del servizio o prestazione dovuta�, pu� 
affermarsi che il nucleo di tale danno si sostanzia proprio nella compromissione 
del �buon andamento della Pubblica Amministrazione�, ossia nella al-
DOTTRINA 333 
terazione della normale efficienza ed efficacia del servizio pubblico, con incidenza 
negativa sull�organizzazione e sullo svolgimento dell�attivit� amministrativa 
di una Pubblica Amministrazione (25). 
Nell�ambito della giurisdizione contabile sono state inoltre individuate 
linee per la quantificazione del danno, riutilizzabili anche nel contesto penale. 
Anzi tutto, vi saranno ipotesi in cui la voce di danno in esame potr� essere con 
sufficiente precisazione quantificata nella eventuale perdita effettiva o nella 
mancata entrata che l�Amministrazione ha subito a causa del comportamento 
che ha provocato il disservizio, oppure negli effettivi maggiori costi sostenuti 
per il personale o comunque nello spreco di personale e di risorse economiche 
non utilizzate in base agli ordinari canoni di legalit�, efficienza e produttivit� 
(26). Nella gran parte delle altre ipotesi, il �danno da disservizio�, non potendo 
ottenere una puntuale determinazione del suo preciso ammontare, sar� oggetto 
di liquidazione da parte del competente giudice con valutazione equitativa ai 
sensi dell�art. 1226 c.c., la quale avverr� sulla scorta di plurimi parametri di 
quantificazione, quali, ad esempio, gli oneri connessi alla riorganizzazione, 
all�attivit� di indagine o ispettiva, derivanti dal fatto di offesa (27). 
Passando al �danno all�immagine della Pubblica Amministrazione�, la giurisprudenza 
contabile lo distingue concettualmente dal �danno da disservizio�, 
lo qualifica come la lesione del diritto dell�Ente pubblico al conseguimento, al 
mantenimento e al riconoscimento della propria identit� come persona giuridica 
pubblica (28), e ne individua il fondamento costituzionale nell�art. 97 Cost., 
nel senso che i criteri dettati da detto articolo per l�organizzazione e l�agire 
della Pubblica Amministrazione - criteri di imparzialit�, buon andamento, trasparenza 
ed economicit� -, costituiscono gli elementi caratterizzanti della immagine 
e della identit� della stessa Pubblica Amministrazione (29). 
Sotto il profilo della quantificazione, precisato che secondo la giurisprudenza 
contabile il danno di cui si tratta � suscettibile di valutazione economica, 
pu� anzi tutto evidenziarsi che un dato certo di quantificazione � stato individuato 
nelle effettive spese sostenute o da sostenere o nei maggiori costi sopportati 
dall�Amministrazione al fine di ripristinare l�immagine ed il decoro 
lesi (30). Nella gran parte degli altri casi, nell�impossibilit� di attribuire precisa 
(25) In questo senso, ex pluris, Corte dei Conti, Sez. I Centrale, 15 giugno 2010, n. 481; Corte 
conti, sez. giur. Umbria, 12 ottobre 2009, n. 100; Corte dei Conti, sez. giur. Trentino A.A., 14 dicembre 
2006, n. 130. 
(26) Si veda, ex pluris, Corte dei Conti, sez. I Appello, 3 dicembre 2008, n. 532. 
(27) Si veda, ex pluris, Corte dei Conti, n. 481/2010 cit.; Corte dei Conti, Sez. giur. Umbria, 29 
novembre 2001, n. 511/R; Corte dei Conti, Sez. II Centrale, 10 aprile 2000, n. 125. 
(28) Corte dei Conti, Sez. I Centrale, 1 aprile 2011, n. 193; Corte Conti, sez. riun., 23 aprile 2003, 
n. 10/QM. 
(29) Corte dei Conti, Sez. III Centrale, 9 aprile 2009, n. 143; Corte dei Conti, Sez. giur. Veneto, 
20 maggio 2005, n. 866. 
(30) Corte dei Conti, n. 193/2011 cit.
334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
effettiva determinazione al danno subito, il giudice contabile ricorre alla valutazione 
equitativa ai sensi dell�art. 1226 c.c., la quale viene realizzata sulla 
scorta di plurimi parametri di quantificazione, quali, ad esempio: il rilievo e 
la delicatezza dell�attivit� svolta dalla Pubblica Amministrazione di cui si 
tratta; la natura dell�Ente pubblico di cui si tratta, la sua capacit� esponenziale, 
l�ambito territoriale, gli interessi di cui ha cura; il ruolo del pubblico ufficiale 
di cui si tratta nell�organizzazione amministrativa e la funzione da lui svolta, 
con particolare riguardo ai casi in cui egli riveste una posizione di vertice o 
dotata di rappresentanza esterna; la gravit� dell�illecito; la sporadicit� o la continuit� 
della condotta; la reazione della collettivit� (clamor) e, in particolare, 
gli atteggiamenti conseguenti degli utenti dei servizi (31). 
Come � dato vedere, il breve esame delle elaborazioni sviluppatasi nel 
contesto del giudizio di responsabilit� per danno erariale ha permesso di individuare 
significativi parametri per la quantificazione dei due maggiori profili 
di danno conseguenti ad un fatto di oltraggio. 
Tornati all�ambito penale, in primo luogo si osserva che nella maggioranza 
dei casi la quantificazione sar� compiuta in via equitativa, il che significa 
che nel meccanismo di estinzione del reato previsto dal terzo comma dell�art. 
341 bis c.p. sar� la Pubblica Amministrazione discrezionalmente a stabilire il 
quantum del risarcimento, sulla scorta dei sopra esposti parametri. In tale valutazione 
la Pubblica Amministrazione dovr� agire in modo imparziale, trasparente 
ed efficiente, onde evitare disparit� di trattamento tra rei e rifiuti 
ingiustificati (32). 
Deve inoltre osservarsi che trattasi per la Pubblica Amministrazione non 
di valutazione della �convenienza economica� dell�offerta, bens�, pi� precisamente, 
di valutazione della �congruit�� della stessa, ossia della sua idoneit� 
ad assicurare l�integrale risarcimento del danno. 
In secondo luogo, deve osservarsi pure che alle due sopra descritte voci 
di danno non � da escludersi possano aggiungersi altre voci, rinvenibili nella 
contestualit� del singolo caso concreto e parimenti da risarcirsi da parte del 
reo, allo scopo di ottenere l�effetto estintivo del reato. Per esempio, potrebbe 
configurarsi un �danno da sviamento di funzione�, laddove la condotta oltraggiosa 
del reo avesse reso pi� oneroso il conseguimento delle finalit� istituzionali 
da parte della Pubblica Amministrazione, costringendola a modificare 
scelte e priorit� di intervento, distogliendo risorse finanziarie da diverse destinazioni 
cui in precedenza erano state assegnate (33). 
(31) Corte Conti, Sez. I Centrale, 30 ottobre 2003, n. 340/A. 
(32) Peraltro, sarebbe interessante chiedersi pure quali sarebbero le conseguenze di un illegittimo 
rifiuto, da parte della Pubblica Amministrazione, di una proposta risarcitoria che fosse oggettivamente 
congrua. Sul piano penalistico, � stata gi� configurata l�applicabilit� dell�istituto della �offerta reale� ex 
art. 1209 c.c. e quindi, in caso di rifiuto dell�offerta risarcitoria, se il giudice la riterr� congrua il reato 
si estinguer� lo stesso (sul punto MARTIELLO, Il delitto di oltraggio, cit., 191). 
DOTTRINA 335 
Infine, alcune brevi osservazioni sui profili processuali del meccanismo 
previsto dal terzo comma dell�art. 341 bis c.p. 
In primo luogo, come precisato dalla norma, al fine di beneficiare dell�effetto 
estintivo del reato, il soddisfacimento della persona offesa deve avvenire, 
al massimo, �prima del giudizio"; come gi� osservato in passato dalla 
giurisprudenza, l�espressione sembra fare riferimento al momento del compimento 
delle formalit� di apertura del dibattimento (34). In tale senso, il risarcimento 
potr� essere compiuto anche nella fase precedente alla richiesta di 
rinvio al giudizio, come prima dell�emissione del decreto di rinvio a giudizio, 
e comunque anche in sede di giudizio dibattimentale, purch� prima del compimento 
delle formalit� di apertura del dibattimento. 
In secondo luogo, si osserva che la risarcibilit� del danno in favore della 
l�Ente di appartenenza del pubblico ufficiale offeso non viene dalla norma subordinata, 
o comunque in qualche modo legata, alla avvenuta costituzione di 
parte civile da parte dell�Ente, con la conseguenza che ben pu� accadere che 
l�offerta risarcitoria venga proposta all�Ente in qualit� di persona offesa, non 
costituta parte civile. 
7. Il ruolo dell�Avvocatura dello Stato 
Conclusivamente, si osserva che appare proprio delle attribuzioni dell�Avvocatura 
dello Stato essere chiamata, dall�Ente di appartenenza del pubblico 
ufficiale offeso, ad esprimere parere di congruit� sulla somma offerta 
dall�imputato all�Ente, a titolo di risarcimento del danno da questo subito. 
Ribadito che si tratter� di valutare la �congruit�� della offerta risarcitoria, 
e non la �convenienza� economica della stessa, e ribadito pure che il parere 
di congruit� dell�Avvocatura dello Stato, eventualmente sollecitato dall�Amministrazione, 
concerner� esclusivamente l�offerta risarcitoria del danno patito 
dall�Ente di appartenenza, spettando esclusivamente al pubblico ufficiale oltraggiato 
la valutazione della convenienza della somma offerta per il risarcimento 
del danno dallo stesso personalmente subito, si ritiene sia possibile, alla 
fine di questo lavoro e alla luce di quanto sopra detto, enucleare ed indicare 
alcuni parametri, che l�Avvocatura dello Stato potr� considerare e variamente 
valorizzare, allo scopo di esprimere il richiesto parere, quali: la perdita effettiva 
o la mancata entrata che l�Amministrazione ha subito a causa del comportamento 
offensivo; gli effettivi maggiori costi sostenuti per il personale per l�attivit� 
di indagine o ispettiva derivanti dal fatto di offesa; la gravit� del fatto di 
offesa sotto il profilo del numero di pubblici ufficiali coinvolti; la natura e la 
rilevanza territoriale dell�Ente di appartenenza oggetto di offesa; il ruolo del 
(33) Sulla risarcibilit� del danno non patrimoniale da �sviamento di funzione� cfr. Cassazione penale, 
sentenza 22 maggio 1991, n. 5554. 
(34) Cassazione penale, sez. III 21 marzo 1994, Giglione.
336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
pubblico ufficiale direttamente offeso con particolare riguardo ai casi in cui 
egli riveste una posizione di vertice o dotata di rappresentanza esterna; la sporadicit� 
o la continuit� della condotta di offesa; la gravit� dell�offesa sotto il 
profilo dell�attribuzione di un fatto determinato; la diffusivit� della notizia 
della condotta di offesa; la reazione della collettivit� (clamor) e in particolare 
gli atteggiamenti conseguenti dei cittadini presenti all�offesa. 
Il diverso atteggiarsi di detti parametri, in relazione al singolo episodio 
di offesa, potr� essere di utile sostegno all�Avvocatura dello Stato, per compiutamente 
valutare l�offerta risarcitoria proposta all�Ente di appartenenza, 
adattandola al meglio alla concreta vicenda di offesa oggetto di parere.
DOTTRINA 337 
Il datore di lavoro e la corresponsabilit� del RSPP 
e del preposto nell'infortunio del lavoratore 
Flavio Ferdani* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Iter normativo - 3. Il ruolo di garanzia del datore di lavoro 
e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione - 4. Il ruolo del responsabile del 
servizio di prevenzione e protezione e del preposto - 5. Conclusioni. 
1. Premessa 
Il tema della salute e sicurezza sul lavoro continua ad essere una tematica 
sempre pi� attenzionata per la sua stringente attualit� e richiede, affinch� si 
realizzi una effettiva tutela della sicurezza e una incisiva lotta agli infortuni, 
il coinvolgimento e l�interazione fra tutti i soggetti protagonisti ovvero lavoratori 
e datori di lavoro, nella evidente considerazione che si devono attuare 
quei comportamenti di prevenzione mediante la compartecipazione di tutti i 
soggetti protagonisti. 
Tutto ci� favorisce una partecipazione attiva e permette di far acquisire 
una maggiore consapevolezza circa la conoscenza dei problemi in materia di 
sicurezza, sopratutto in caso di infortuni. Va da s� che mettere continuamente 
in gioco i comportamenti degli attori del rapporto di lavoro, attraverso una attivit� 
di costante diffusione della cultura dell�informazione e formazione del 
personale, di attenzione alla cultura della �safety�, di una mirata sorveglianza 
sul sistema, di una metodica attivit� di vigilanza, di una attenta definizione 
delle procedure, di un pieno coinvolgimento dell�intera organizzazione aziendale, 
diventano elementi cardini per aumentare tale consapevolezza e favorire 
il tentativo di eliminare i rischi sul lavoro, contenendo i costi per l'impresa 
proprio attraverso la riduzione reale degli infortuni. 
Del resto in un mondo dove il business, richiede al datore di lavoro, nella 
sua veste di "vertice" dell'organizzazione aziendale, di adottare sempre nuove 
strategie, di ricorrere a sempre nuove tecnologie per produrre sempre pi� profitti, 
occorre che quest�ultimo sia anche attento a saper prevenire potenziali 
rischi per la sicurezza e i conseguenti infortuni. 
Questi ultimi oltre a costituire infatti un elemento di distorsione a danno 
delle imprese virtuose, determinano costi straordinari e di immagine per 
l�azienda, nonch� costi sociali per la collettivit�. 
Occorre quindi che le necessit� legate alla produzione e all�affermazione 
della libera concorrenza, si concilino con condizioni di lavoro in sicurezza. 
(*) Vice Prefetto, Capo di Gabinetto della Prefettura di Pisa
338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
2. Iter normativo 
Il percorso normativo a tutela della integrit� fisica e della personalit� 
morale dei lavoratori e quindi del loro diritto alla salute, si � andato perfezionando 
a partire dalla disciplina di cui all'art. 2087 codice civile, a cui ha fatto 
seguito la L. n. 300 del 1970, gli artt. 2 comma 1, 9, 32 comma 2, 35 comma 
1 e 41 commi 1 e 2 della Costituzione, la L. n. 833 del 1978 (artt. 1, 2, 20 e in 
particolare art. 24), e si � poi cristallizzato con il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 
626 che ha costituito un pilastro del sistema ordinamentale antinfortunistico, 
affidando all�informazione e alla prevenzione, organizzate in un servizio obbligatorio, 
un fondamentale compito per la tutela della salute e della sicurezza 
dei lavoratori. 
Il � sistema sicurezza� si � poi ulteriormente completato col D.Lgs. 9 agosto 
2008, n. 81, a conferma della continuit� della linea di sistema, in materia 
di tutela della salute e prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. 
Il D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008 ha svolto un ruolo fondamentale, perch� 
ha dato organicit� ad una tematica assai complessa e ampia, instaurando anche 
un diverso approccio alla sicurezza fondato soprattutto sulla prevenzione, la 
formazione, l�informazione dei lavoratori; ha poi riscritto la materia della salute 
e sicurezza sul lavoro le cui regole, fino a oggi contenute in numerose disposizioni 
succedutesi nel tempo, sono state riviste in maniera maggiormente 
organica e ulteriormente �rivisitate e corrette�, pur senza stravolgimenti, dal 
D.Lgs. 106 del 3 agosto 2009. 
Anche l�Europa ha svolto un ruolo importante nella affermazione della 
tutela della salute e della sicurezza del lavoro, sia con la Direttiva quadro n. 
89/391 che con la Costituzione Europea, dove non ha mancato di riaffermare 
l�esigenza della sicurezza prevedendo all�articolo 87 il diritto dei lavoratori 
all�informazione e alla consultazione nell�ambito dell�impresa e all�articolo 
91 il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. 
Anche la nostra Carta Costituzionale, che pone il lavoro quale principio 
cardine stabilendo all�articolo 1 che l�Italia � una Repubblica fondata sul lavoro, 
prevede diversi articoli con i quali riafferma l�importanza dell�obbligo 
della sicurezza nello svolgimento del rapporto di lavoro ed in particolare quello 
della tutela della salute come fondamentale diritto dell�individuo. 
L�articolo 32 si spinge anche oltre laddove riconosce la tutela della salute 
come fondamentale interesse della collettivit�, cio� come tutela dell�integrit� 
fisica e, pi� in generale della salute in quei rapporti caratterizzati da un coinvolgimento 
della persona nella fase di esecuzione del rapporto. 
Ha quindi affermato con forza la necessit� di limitare i pregiudizi che, 
eventualmente l�esecuzione del contratto stesso pu� arrecare alla salute di una 
delle parti contraenti. 
Ma la Costituzione contempla anche altri articoli in tema di sicurezza, 
quali l�art. 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e l�art.
DOTTRINA 339 
41 al comma 1, che pur stabilendo che l�iniziativa economica privata � libera, 
pone tuttavia un correttivo nel comma 2, laddove stabilisce che non pu� svolgersi 
in contrasto con l�utilit� sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, 
che deve intendersi oltre che in senso proprio, anche come incolumit�, libert� 
e dignit� umana; valore quest�ultimo affermato esplicitamente nell�articolo 1 
della Costituzione Europea. 
Quindi le norme che impongono all�imprenditore il rispetto delle misure 
di sicurezza, costituiscono attuazione dei principi di cui agli artt. 32 e 41 
comma 2 della Costituzione, che riconoscono al diritto alla salute una valenza 
prevalente su quello alla libert� di iniziativa economica. 
� opportuno sottolineare come oltre alla Carta Costituzionale si deve fare 
riferimento alla Carta Sociale Europea firmata a Torino, gi� nel 1961 che sanciva 
il diritto sociale al lavoro ma anche alla sicurezza e alla salute; tali principi 
trovavano pieno riconoscimento nel punto 3, secondo cui tutti i lavoratori 
hanno diritto alla sicurezza e all�igiene nel lavoro, a conferma di come la libert� 
di iniziativa economica � connessa al diritto al lavoro, per cui la piena 
occupazione deve avvenire nel rispetto dei valori sopraenunciati. 
3. Il ruolo di garanzia del datore di lavoro e del responsabile del servizio di 
prevenzione e protezione 
L�articolo 2087 del codice civile � norma definibile aperta, in quanto supplisce 
alle carenze della normativa che ragionevolmente non pu� prevedere 
tutti i rischi relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro e che ricorre ogni qualvolta 
venga accertato che il datore di lavoro non ha adottato le misure necessarie 
a tutela della integrit� fisica e delle condizioni di salute del prestatore d�opera. 
Pi� nel dettaglio l�art. 2087 codice civile, con particolare riferimento al 
contratto di lavoro subordinato, prevede che l�imprenditore � tenuto ad adottare 
nell�esercizio dell�impresa le misure a tutela della sicurezza secondo tre 
criteri: la particolarit� del lavoro, l�esperienza e la tecnica, ottemperando non 
solo a regole cautelari scritte, ma anche alle norme prevenzionali che una figura-
modello di buon imprenditore � in grado di ricavare dall�esperienza, secondo 
i canoni di diligenza, prudenza e perizia (1). 
Questa premessa � importante per affermare che rientra nei doveri del datore 
di lavoro, quello di accertarsi che, l�ambiente di lavoro abbia i requisiti 
di affidabilit� e legalit�, circa i presidi infortunistici idonei ad accertare la 
tutela del lavoratore e di vigilare costantemente che le condizioni di sicurezza 
siano mantenute per tutto il tempo in cui � prestata l�opera. Esiste un principio 
di salvaguardia degli interessi del lavoratore garantito dal rispetto della normativa 
infortunistica. 
Va ricordato come il datore di lavoro � il principale destinatario degli ob- 
(1) Corte di Cassazione Sez. IV, Sent. 16 settembre 2008 n. 38819.
340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
blighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi 
di prevenzione infortunistica, e tra tali obblighi rientra certamente quello fondamentale 
e ineludibile, di organizzare l�attivit� svolta in modo tale che la 
stessa rispetti la normativa sulla sicurezza e vigilare sul rispetto delle prescrizioni 
infortunistiche - Cassazione sezione IV 26 Settembre 2011 n. 3473. 
Assai importante � la modifica che nel tempo ha avuto il concetto di ambiente 
di lavoro, che non va inteso pi� solo come il complesso dei beni ed il 
locale ove si presta l� attivit� lavorativa, ma include anche la salubrit� dello 
stesso e dunque l� aspetto igienico, sanitario ed anche il fattore umano, in altri 
termini l�ambiente di lavoro � il complesso di elementi personali e materiali 
che sono preordinati allo svolgimento della attivit� lavorativa. 
Il datore di lavoro � quindi l�unico responsabile civile dell�impresa e il legislatore, 
con l�art. 2087 ha posto a carico dell�imprenditore il dovere di sicurezza; 
tantՏ che la Suprema Corte con una recente sentenza (2) ha reso pi� 
facile il riconoscimento del danno morale dovuto ai parenti delle vittime, stabilendo 
che non � necessaria la prova specifica della sua sussistenza, atteso che 
la prova pu� essere desunta anche solo in base allo stretto vincolo familiare. 
� quindi fondamentale ribadire la centralit� del ruolo del datore di lavoro 
che deve porre la sicurezza come un vero e proprio obiettivo aziendale, deve 
essere il cultore della sicurezza, dovendo arrivare non solo a predisporre le 
misure infortunistiche, ma anche a sorvegliare continuamente sulla loro adozione 
da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto in virt� della 
generale disposizione di cui all�articolo 2087 egli � individuato quale garante 
dell�incolumit� fisica dei prestatori di lavoro (3). 
Del resto un datore di lavoro deve porre in essere un modello organizzativo 
che metta in atto efficaci strategie di prevenzione (loss prevention) e gestione 
dei rischi (risk management), proprio per la sua posizione di garanzia 
di contenuto ampio, che richiede al datore di lavoro di allestire misure di sicurezza 
idonee e che si realizza attraverso delineati compiti di vigilanza, di 
controllo e provvedimenti impeditivi. 
A conferma del ruolo prioritario che l�imprenditore riveste, va rimarcato 
come il nuovo testo unico ha introdotto l�istituto della �compliance programs� 
secondo il quale, qualora l�imprenditore adotta modelli organizzativi migliorativi 
della sicurezza, gli stessi acquisiscono efficacia esimente ai fini di una 
eventuale responsabilit� penale. 
I compiti di sicurezza in capo al datore di lavoro impongono a quest�ultimo 
di prevedere che ogni lavoratore riceva una informazione sufficiente ed 
adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, 
con particolare riferimento a: concetti di rischio, danno, preven- 
(2) Corte di Cassazione Pen. sent. n. 20188/2008. 
(3) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV, 12 aprile 2005, n. 20595.
DOTTRINA 341 
zione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri 
dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo ed assistenza; rischi 
riferiti alle mansioni ed ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure 
di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza 
all�azienda e tale formazione deve avvenire in occasione della costituzione 
del rapporto di lavoro, del trasferimento o cambiamento di mansioni, 
all�introduzione di nuove tecnologie sostanze e preparati. 
Parallela all�informazione esiste in capo al datore di lavoro l�obbligo della 
formazione (4) dei lavoratori mediante la quale possono essere forniti gli elementi 
conoscitivi (il cd. sapere che) e le conoscenza professionali (il cd. sapere come). 
Esiste un dovere e un obbligo in capo al datore di lavoro di mantenere e 
di migliorare la propria competenza professionale delle maestranze, attraverso 
la formazione continua che � attivit� svolta ad assicurare e garantire le proprie 
aspettative. 
Qualificare le maestranze significa conseguire vantaggi sul piano della 
operativit� concreta dei lavoratori, che possono ottenere una formazione 
quanto mai utile per evitare i rischi e porre in essere comportamenti pi� improntati 
alla consapevolezza, alla conoscenza e alla padronanza in un contesto 
lavorativo anche diverso dal precedente. 
Sull�importanza della formazione, giova rammentare come la Conferenza 
permanente per i rapporti Stato Regioni nella seduta del 21 dicembre 2011, 
ha approvato lo schema di accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche 
sociali, il Ministro della Salute e le Regioni, sui corsi di formazione per lo 
svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti del responsabile 
del servizio di prevenzione e protezione dei rischi ai sensi dell�articolo 34 
commi 2 e 3 del D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81. 
Non pu� tacersi il fatto che l�imprenditore quale destinatario iure proprio 
della sicurezza, � titolare o meglio ancora assume in s� una posizione di garante 
fissata, ai sensi dell�articolo 18 comma 1 lettera f) del Testo unico nella 
materia della prevenzione e della sicurezza ed anche della correttezza dell�agire 
del lavoratore e deve quindi esercitare un controllo continuo e pressante 
affinch� i lavoratori rispettino le norme sulla sicurezza, evitando che questi 
possano sottrarvisi instaurando magari prassi di lavoro non corrette (5), eliminando 
anche quei comportamenti inusuali e fonti di pericolo (6). 
(4) Art. 37 D.Lgs. n. 81/2008. 
(5) Corte di Cassazione Sent. 23 ottobre 2008, n. 39888. 
(6) Propriet� o qualit� intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni. 
Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione 
del colpevole, non esclude il rapporto di causalit� fra l'azione od omissione e l'evento. Le cause 
sopravvenute escludono il rapporto di causalit� quando sono state da sole sufficienti a determinare 
l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per s� un reato, si 
applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente 
o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.
342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
Il datore di lavoro, infatti, si trova in posizione di garanzia rispetto al dipendente 
in relazione all�obbligo di assicurare adeguate condizioni di sicurezza 
e, non � sufficiente rispettare le prescrizioni, ma � anche necessario agire in 
ogni caso con la diligenza, la prudenza e l�accortezza necessarie ad evitare 
che dall�attivit� derivi un nocumento a terzi (7); non a caso la diligenza che si 
richiede che venga osservata da parte del datore di lavoro � particolarmente 
qualificata, come dispone in via generale il secondo comma dell�articolo 1176, 
che prevede che nell�adempimento delle obbligazioni inerenti all�esercizio di 
un�attivit� professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura 
dell�attivit� esercitata (Cod. Civ. 1838 e seguente, 2104-1, 2174-2, 2236). 
Deve, ad esempio, rispettare gli obblighi circa l�uso dei DPI ai sensi degli 
artt. 71 (8) e 77 (9) del T.U. 81/2008 (10), per evitare che nei suoi confronti trovino 
applicazione quelle pesanti sanzioni che derivano da eventuali inosservanze. 
(7) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV 22 gennaio 2007, n. 10109. 
(8) Art. 71 (Obblighi del datore di lavoro). 
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all�articolo 
precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali 
scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive 
comunitarie. 
2. All�atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione: 
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; 
b) i rischi presenti nell�ambiente di lavoro; 
c) i rischi derivanti dall�impiego delle attrezzature stesse; 
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature gi� in uso ... 
(9) 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: 
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; 
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinch� questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera 
a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; 
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le 
caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); 
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione. 
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite dal fabbricante, individua le condizioni 
in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di: 
a) entit� del rischio; 
b) frequenza dell'esposizione al rischio; 
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; 
d) prestazioni del DPI. 
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui all'articolo 79, comma 2, fornisce ai 
lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall'articolo 76. 
4. Il datore di lavoro: 
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni 
e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante; 
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, 
conformemente alle informazioni del fabbricante ... 
(10) Si intende per dispositivo di protezione individuale �DPI�, qualsiasi attrezzatura destinata 
ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o pi� rischi suscettibili 
di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonch� ogni complemento o accessorio destinato 
a tale scopo.
DOTTRINA 343 
Va detto che il mancato rispetto del dettato di cui all�articolo 78, � fonte 
di sanzioni anche per i lavoratori che non si sottopongono al programma di 
formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti 
necessari. Inoltre i lavoratori devono provvedere alla cura dei DPI messi a loro 
disposizione, non vi devono apportare modifiche di propria iniziativa e devono 
segnalare immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi 
difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione. 
Proprio il ruolo di �garante� del datore di lavoro impone a quest�ultimo 
di esigere dal lavoratore il rispetto delle regole di cautela, svolgendo un controllo 
continuo e pressante per evitare che il lavoratore ponga in essere prassi 
di lavoro non corrette e pericolose (11); ci� in quanto la normativa contro gli 
infortuni mira a salvaguardare l�incolumit� del lavoratore anche dai rischi derivanti 
da sue disattenzioni o sue imprudenze (12) e fermo restando comunque 
che - a fronte di comportamenti imprudenti e non abnormi - la responsabilit� 
del datore di lavoro non � automatica, ma presuppone sempre l�accertamento 
della sua colpa. 
Pertanto, in ogni caso di ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall�assenza 
o inidoneit� delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale per 
escludere la responsabilit� del datore di lavoro pu� essere attribuita al comportamento 
del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all�evento, 
quando questo sia comunque da ricondurre alla mancanza o alla insufficienza 
di quelle cautele che, se adottate sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio 
di siffatto comportamento (13). 
Da queste premesse emerge come la posizione di garanzia compete senza 
ombra di dubbio alcuna sul datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo 
di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento 
dell'attivit� lavorativa. 
4. Il ruolo del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del preposto 
Dopo aver ampiamente definito il ruolo di garanzia in capo al datore di 
lavoro, � necessario approfondire il rapporto RSPP /datore di lavoro/preposto, 
che devono operare per un realizzare un benessere condiviso sul luogo di lavoro, 
attraverso la realizzazione di una sorta di leale collaborazione tra i soggetti, 
atteso che il Rspp e il preposto devono collaborare alla tutela 
dell�incolumit� propria e delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. 
Va tuttavia sottolineato come molte delle sentenze in materia di infortuni 
sul lavoro emettono condanne nei confronti del datore di lavoro, senza tenere 
(11) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV, 28 febbraio 2008. 
(12) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV 6 maggio 2009. 
(13) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV, 6 novembre 2006, n. 41951 e Cass. Pen. Sez. IV 18 gennaio 
2007, n. 6348.
344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
nel debito conto l�importanza legata alle altre figure che a diverso titolo sono 
coinvolte nel sistema di prevenzione degli infortuni. 
Ad esempio l�articolo 62 comma 6 (14) del codice penale tiene in notevole 
considerazione, anche la collaborazione fornita dal datore di lavoro, tantՏ 
che esso prevede per quest�ultimo la concessione di una attenuante, quando il 
risarcimento sia stato compiuto dal civilmente responsabile di propria iniziativa; 
in realt� va detto che pur essendo corretto quanto previsto dal comma 6 
dell�articolo 62, va tuttavia considerato come l�obbligatoriet� dell�assicurazione 
INAIL, che impone l�obbligo di tenere indenni i lavoratori assicurativi 
dal rischio da infortunio, renda assai improbabile che il datore di lavoro possa 
provvedere al risarcimento di propria iniziativa, per cui quindi pur avendo 
adempiuto ad un obbligo di legge non vedr� mai riconoscersi l�attenuante su 
un evento negativo. 
Fatta questa breve premessa, va ricordato che il RSPP viene nominato 
dal datore di lavoro ai sensi dell�articolo 31 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 
che prevede, che salvo quanto previsto dall�articolo 34, il datore di lavoro organizza 
il servizio di prevenzione e protezione all�interno della azienda o della 
unit� produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le 
associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole 
di cui al presente articolo. 
Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 
1, devono possedere le capacit� e i requisiti professionali di cui all�articolo 
32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell�azienda 
e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti 
loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attivit� 
svolta nell�espletamento del proprio incarico. 
L� articolo 32 fissa poi le capacit� e i requisiti professionali degli addetti 
e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni stabilendo 
che devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di 
lavoro e relativi alle attivit� lavorative. 
A sua volta l�articolo 33 stabilisce i compiti del servizio di prevenzione 
e protezione che sono legati: 
a) all�individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all�individuazione 
delle misure per la sicurezza e la salubrit� degli ambienti di 
lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza 
dell�organizzazione aziendale; 
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protet- 
(14) Art. 62. Circostanze attenuanti comuni. Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi 
o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti: l'avere, prima del giudizio, riparato 
interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; 
o l'essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'articolo 56, adoperato 
spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
DOTTRINA 345 
tive di cui all�articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; 
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivit� aziendali; 
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; 
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza 
sul lavoro, nonch� alla riunione periodica di cui all�articolo 35; 
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all�articolo 36. 
Inquadrato normativamente la figura del RSPP va detto che egli non � titolare 
di alcuna posizione di garanzia rispetto all'osservanza della normativa 
antinfortunistica e che lo stesso opera, piuttosto, quale "consulente" in tale 
materia del datore di lavoro, il quale � [e rimane] direttamente tenuto ad assumere 
le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio. 
In effetti, la "designazione" del RSPP, che il datore di lavoro � tenuto a 
fare a norma dell'articolo 31 del decreto 81/2008 [individuandolo, ai sensi del 
successivo articolo 32, tra persone i cui requisiti siano "adeguati alla natura 
dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivit� lavorative"], non 
equivale a "delega di funzioni" utile ai fini dell'esenzione del datore di lavoro 
da responsabilit� per la violazione della normativa antinfortunistica, perch� 
gli consentirebbe di "trasferire" ad altri - nella fattispecie il delegato - la posizione 
di garanzia che il datore di lavoro ordinariamente assume nei confronti 
dei lavoratori. 
La dottrina ritiene che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione 
rappresenti nel modulo organizzativo della sicurezza aziendale una 
nuova figura alle dipendenze del datore di lavoro che lo utilizza quale interlocutore 
privilegiato e diretto in materia di sicurezza anche nei rapporti con 
l�organo di vigilanza; un rapporto quindi a contenuto prevalentemente collaborativo 
e propositivo programmatico, quale forma di avvalimento funzionale 
pi� che di dipendenza gerarchica (15). Circa i profili di responsabilit� la dottrina 
ritiene altres� che il RSPP non � tra i soggetti destinatari degli obblighi 
di sicurezza e dunque il suo agire non � direttamente rapportabile a condotte 
penalmente rilevanti. 
Tale prospettiva � conforme ad una figura cui si sono voluti assegnare 
compiti tendenzialmente propositivi e programmatici ma non di autonomia 
decisionale od operativa, quale obbligazione di mezzi e non di risultato. 
La collaborazione prestata dal RSPP al datore di lavoro non poteva costituire 
fonte autonoma di responsabilit�, dal che consegue che il profilo penale 
di responsabilit� fa capo esclusivamente al datore di lavoro il quale, pur tenuto 
obbligatoriamente ad avvalersi della collaborazione del RSPP imposta per 
legge � sempre libero di non condividerne in tutto o in parte il risultato, qualora 
non lo soddisfi. 
Pur riconoscendo che la giurisprudenza sembra avallare tale posizione, 
(15) PIERGUIDO SOPRANI � Sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro� Di Renzo editore, pag.70.
346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
allorch� essa ha sostenuto che anche la vigilanza sull�applicazione delle misure 
disposte dal RSPP e sulla loro osservanza da parte del lavoratore sono a carico 
del datore di lavoro (16), va tuttavia detto che la posizione cosiddetta innocentista, 
sostenuta dalla dottrina, tesa ad escludere una eccessiva responsabilizzazione 
delle figure dei consulenti del datore di lavoro, non trova nella 
posizione giurisprudenziale dominante un eccessivo supporto. 
N� � riprova la sentenza del Tribunale di Torino del 3 ottobre 2003 n. 
3930 che ha affermato che al RSPP � affidato il compito secondo l� articolo 9 
del D.Lgs. 626 del 94 di individuare i fattori di rischio all�interno della azienda 
nonch� le misure per la sicurezza e la salubrit� degli ambienti di lavoro nel rispetto 
della normativa vigente; l�aver omesso di svolgere tali funzioni relativamente 
al rischio rappresentato dalla attivit� di movimentazione stoccaggio 
e trattamento di soste zero pericolose presenti in azienda comporta responsabilit� 
del predetto, a nulla rilevando che lo stesso non avesse autonomia decisionale 
o non disponesse di un adeguato budget di spesa per le opere di 
sicurezza necessarie ad evitare il rischio di incidenti. 
Va tuttavia rimarcato che dovrebbe ritenersi �sempre pi� rilevante la condotta 
del datore di lavoro, mentre quella del RSPP assumerebbe rilievo se ed 
in quanto abbia determinato (o significativamente agevolato) le scelte datoriali 
�: per cui per evitare una dilatazione eccessiva dei doveri attribuiti ad un 
soggetto che [...] rimane pur sempre estraneo al catalogo dei titolari delle posizioni 
di garanzia in ambito prevenzionale e rispettare il principio che la responsabilit� 
penale � personale, sarebbe necessario un rigoroso accertamento 
dell'incidenza causale della condotta del RSPP e la verifica di un �sostanziale 
coinvolgimento del consulente stesso nella gestione dell�attivit� dell'impresa�: 
al sostanziale mutamento, dunque, del ruolo di mera consulenza in ruolo di 
gestione. 
Tale tesi, che sostanzialmente nega ogni possibile responsabilit� del RSPP 
in quanto tale, non pone tuttavia in adeguato rilievo il ruolo effettivamente 
svolto da tale soggetto nella valutazione dei rischi e nella prevenzione degli 
infortuni sul lavoro, che rappresenta invero premessa - e, dunque, antecedente 
causale - imprescindibile per qualsiasi azione positiva volta ad impedire o a 
ridurre il rischio del verificarsi di un infortunio (17). 
Orientamento ulteriormente confermato dalla Suprema Corte (18) che lascia 
in capo al datore di lavoro la titolarit� persistente della posizione di garanzia 
in materia di infortuni sul lavoro, ma ribadisce che il responsabile del 
servizio di prevenzione e protezione, ancorch� privo dei poteri decisionali e 
di spesa e, quindi, del potere di intervenire direttamente per rimuovere le si- 
(16) Corte di Cassazione Penale Sez. IV Sent. 20 maggio 2008 n. 27420. 
(17) Corte di Cassazione Penale Sez. IV n. 22239/2011. 
(18) Corte di Cassazione Penale 27 gennaio 2011, n. 2814.
DOTTRINA 347 
tuazioni di rischio, pu� essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un 
infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione 
pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare. 
Ne deriva che la mancata conoscenza o segnalazione rileva una condotta 
omissiva da parte del RSPP a quello che � l�obbligo posto a suo carico di individuare 
i fattori di rischio per i lavoratori e tale mancanza contribuisca a cagionare 
colposamente una lesione personale colposa in danno di un lavoratore 
che integra il reato di cui all�articolo 590 del Codice penale; se poi ricorrono 
le condizioni - lesioni gravi o gravissime -, � procedibile d�ufficio ai sensi del 
comma 5 di detta norma: ci� in quanto l�omissione di condotte doverose in 
relazione alla funzione di Rspp realizza la violazione dell�intero sistema infortunistico, 
senza che abbia alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una 
specifica sanzione penale per la violazione del sistema (19). 
Quindi due sono le considerazioni desumibili: la prima che se il RSPP 
non avesse tenuto una condotta omissiva, ma avesse conosciuto e segnalato 
al datore di lavoro una situazione pericolosa non si pu� infatti apoditticamente 
escludere, che alla segnalazione non avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte 
del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione; 
la seconda che, a parere della Suprema Corte, non pu� essere ritenuto 
esimente il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilit� penale o 
amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del 
servizio di prevenzione e protezione, atteso che occorre distinguere nettamente 
il piano delle responsabilit� prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme 
di puro pericolo da quello delle responsabilit� per reati colposi di evento, 
quando, cio�, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. 
Se dunque risulta stabile nelle diverse stagioni legislative, la configurazione 
della mappazione dei rischi come strumento essenziale dell'intero sistema 
antinfortunistico, l'omissione di condotte doverose in relazione alla 
funzione di responsabile o di addetto al servizio di prevenzione e protezione 
(20) realizza la violazione dell'intero sistema antinfortunistico, senza che abbia 
alcuna rilevanza il mancato apprestamento di una specifica sanzione penale 
per la violazione di sistema. 
Infatti la mancata previsione del rischio e dei mezzi per contenerlo � stata 
individuata come causa incidente sulla mancata adozione di adeguati presidi 
personali, di adeguata informazione e in definitiva come causa concorrente 
nella determinazione dell'evento reato (21). 
In altri termini qualora il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, 
agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi 
(19) Corte di Cassazione Penale 18 marzo 2010 n. 16134. 
(20) Corte di Cassazione Penale Sez. IV del 15 febbraio 2007 n. 15226. 
(21) Corte di Cassazione Pen. Sez. IV del 26 ottobre 2007 n. 39567.
348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare 
una situazione di rischio, inducendo, cos�, il datore di lavoro ad omettere 
l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponder� insieme a questi 
dell'evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale 
che pu� assumere anche un carattere addirittura esclusivo. 
In definitiva, atteso che tra i compiti del RSPP, dettagliati dalla richiamata 
normativa, rientra anche l'obbligo dell'individuazione dei fattori di rischio e delle 
misure da adottare per la sicurezza e la salubrit� dell'ambiente di lavoro, egli 
pu� essere tenuto a rispondere, proprio perch� la sua inosservanza si pone come 
concausa dell'evento, dell'infortunio in ipotesi verificatosi, proprio in ragione 
dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge. 
Circa la figura del preposto va detto che, essa trova la sua definizione 
nell� art. 2 del D.Lgs. 81/08, come la persona che, in ragione delle competenze 
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura 
dell' incarico conferitogli, sovraintende alla attivit� lavorativa e garantisce l'attuazione 
delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte 
dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. 
Il ruolo di preposto la cui attribuzione deve risultare non solo nell�organigramma, 
ma deve essere corredata, da una pienezza di poteri, pu� spettare 
a chiunque si trovi in una posizione di supremazia sia pure embrionale, tale 
cio� da porlo in condizione di dirigere l'attivit� lavorativa di altri operai soggetti 
ai suoi ordini (22); per cui qualora il preposto nell'esercizio dell�attivit� 
lavorativa, abbia tollerato l�instaurazione di una prassi contra legem, pericolose 
per gli addetti, � responsabile dell�infortunio, anche qualora lo stesso si 
sia verificato in un momento in cui non fosse presente sul luogo di lavoro (23). 
Una responsabilit�, quella del preposto, che si concretizza nella inosservanza 
dei doveri di sorveglianza e controllo dell'attivit� dei lavoratori sottoposti 
e, ugualmente al RSPP, di segnalare al datore di lavoro eventuali pericoli. 
Occorre tenere anche nel debito conto che il preposto, nella filiera delle 
responsabilit� derivante da violazioni delle norme sulla sicurezza si colloca 
ad un livello gerarchico inferiore rispetto al datore di lavoro e dirigente, per 
cui ci� giustifica che gli obblighi e le responsabilit� incombono in via prioritaria 
sul datore di lavoro, per il ruolo verticistico che esso ricopre, e non sono 
trasferibili a quest�ultimo, che, sovrintende alla attivit� lavorativa e garantisce 
l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da 
parte dei lavoratori. 
Ci� ci consente di affermare che, ferme restando le responsabilit� in capo 
al preposto, � sul datore di lavoro e sul dirigente che incombe quindi anche 
l�obbligo di un controllo e vigilanza nei confronti del preposto, circa il rispetto 
(22) Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, Sentenza 14 gennaio 2010, n. 1502. 
(23) Corte di Cassazione Sez. IV 14 dicembre 2010 n. 5013. 
DOTTRINA 349 
delle disposizioni di legge e di quelle, eventualmente impartitegli, onde per 
cui se l�infortunio si verifichi, il datore di lavoro e il dirigente non possono 
trincerarsi dietro la non conoscenza, ad esempio di una prassi rischiosa, poich� 
tale ignoranza costituisce, di per s�, una colpa per inosservanza al dovere di 
vigilare sul comportamento del preposto delegato a far rispettare le norme infortunistiche 
(24). 
5. Conclusioni 
I gravi e ripetuti incidenti sul lavoro richiedono quindi al datore di lavoro, 
per la sua figura di garante e di figura verticistica, di accrescere sempre di pi� 
il livello della sicurezza a favore del prestatore di lavoro, attraverso una maggiore 
attenzione alla cultura della �safety� in azienda, mediante una mirata 
sorveglianza sul sistema, una metodica attivit� di vigilanza, una costante informazione 
e formazione del personale, una attenta definizione delle procedure, 
un�efficace comunicazione, un monitoraggio delle procedure e un pieno 
coinvolgimento dell�intera organizzazione aziendale. 
Il datore di lavoro ricopre quindi una indiscutibile posizione di garanzia, 
in quanto ex lege onerato dell�obbligo di prevenire la verificazione di eventi 
dannosi connessi all�espletamento dell�attivit� lavorativa e quindi il datore di 
lavoro, � e rimane il titolare della posizione di garanzia nella subiecta materia, 
poich� l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento 
contenente le misure di prevenzione e protezione, appunto in collaborazione 
con il RSPP, fa pur sempre capo a lui. 
Si profila tuttavia secondo la Giurisprudenza lo spazio per una (concorrente) 
responsabilit� del RSPP, ogni qualvolta si verifichi un infortunio oggettivamente 
riconducibile ad una situazione pericolosa che quest�ultimo avrebbe 
avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che, se avvisato, 
il datore di lavoro, alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione delle necessarie 
iniziative idonee a neutralizzare detta situazione di pericolo (25). 
La mancanza di una sanzione penale o amministrativa di eventuali comportamenti 
inosservanti da parte del servizio di prevenzione e protezione, non 
significa che questi possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati 
da qualsiasi responsabilit� penale e civile derivante da attivit� svolte 
nell'ambito dell'incarico ricevuto, dovendosi distinguere nettamente il piano 
delle responsabilit� prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro 
pericolo, da quello delle responsabilit� per reati colposi di evento, quando, 
cio�, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. 
Quindi qualora il responsabile del servizio di prevenzione e protezione 
agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e di- 
(24) Corte di Cassazione Sez. IV 14 dicembre 2010 n. 5013. 
(25) Corte di Cassazione Penale Sez. IV, 13 marzo 2008. 
350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
scipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare 
una situazione di rischio, inducendo, cos�, il datore di lavoro ad omettere l'adozione 
di una doverosa misura prevenzionale, risponder� insieme a questi dell'evento 
dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa 
professionale che pu� assumere anche un carattere addirittura esclusivo. 
Tra i compiti del RSPP rientra infatti, secondo la normativa, anche l'obbligo 
dell'individuazione dei fattori di rischio e delle misure da adottare per la 
sicurezza e la salubrit� dell'ambiente di lavoro. 
Ne deriva che secondo le regole generali, il RSPP pu� essere tenuto a rispondere 
- proprio perch� la sua inosservanza si pone come concausa dell'evento 
- dell'infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell'inosservanza colposa 
dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge. 
Nella catena della sicurezza sul lavoro, anche la figura del preposto, ha 
un ruolo importante, essendo chiamato a sovraintendere alla attivit� lavorativa, 
a garantire l'attuazione delle direttive ricevute a controllare la corretta esecuzione 
da parte dei lavoratori, esercitando un funzionale potere di iniziativa. 
Un ruolo che pu� spettare a chiunque si trovi in una posizione di supremazia 
sia pure embrionale, tale cio� da porlo in condizione di dirigere l'attivit� 
lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini (26). Ne deriva che qualora il 
preposto nell'esercizio dell�attivit� lavorativa, abbia tollerato l� instaurazione 
di una prassi contra legem, pericolose per gli addetti, � responsabile dell�infortunio 
anche qualora lo stesso si sia verificato in un momento in cui non 
fosse presente sul luogo di lavoro (27). 
Va tuttavia rimarcato come nella filiera delle responsabilit� derivante da 
violazioni delle norme sulla sicurezza il preposto si colloca ad un livello gerarchico 
inferiore rispetto al datore di lavoro e dirigente, per cui su questi ultimi 
incombe quindi anche l�obbligo di un controllo e vigilanza nei confronti 
del preposto, circa il rispetto delle disposizioni di legge e di quelle, eventualmente 
impartitegli, onde per cui se l�infortunio si verifichi, il datore di lavoro 
e il dirigente non possono trincerarsi dietro la non conoscenza, ad esempio di 
una prassi rischiosa, poich� tale ignoranza costituisce, di per s�, una colpa per 
inosservanza al dovere di vigilare sul comportamento del preposto delegato a 
far rispettare le norme infortunistiche (28). 
(26) Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, 14 gennaio 2010, n. 1502. 
(27) Corte di Cassazione Sez. IV 14 dicembre 2010 n. 5013. 
(28) Corte di Cassazione Sez. IV 14 dicembre 2010 n. 501. 
DOTTRINA 351 
Principio dell�apparenza giuridica, societ� apparente e tutela 
dei terzi contraenti 
Federico Maria Giuliani* 
SOMMARIO: 1. Introduzione sull�apparentia juris. - 2. La societ� apparente: a) �tipo�, 
scopi, critiche di esso. - 3. (Segue): b) l�oltrepassamento della societ� occulta e l�ambiguit� 
dell�art. 1414 cpv. - 4. (Segue): c) la societ� di fatto come creazione giurisprudenziale solutrice, 
in uno con la teoria della contraddizione ancipite. 
1. Introduzione sull�apparentia juris 
Non pu� negligersi che, nel lessico e nel sistema del codice civile, il riferimento 
a soggetti o situazioni �apparenti� compaia pi� volte in diversi contesti. 
Viene in considerazione, per esempio, col suo dettato lessicale l�art. 534 
cpv. (erede apparente), o gli artt. 1414 cpv., 1415(1) e 1416(1) (contratto e titolare 
apparente nella simulazione); oppure ancora si rammenta l�art. 1835 
(impiegato della banca che, per il libretto di deposito a risparmio, appare addetto 
al servizio). 
Altre volte il concetto dell�apparenza, pur non essendo letteralmente menzionato, 
� piuttosto evidente nella sua emersione. Cos� accade nel caso dell�art. 
1398 (falsus procurator), dell�art. 1159 (usucapione decennale), dell�art. 1396 
(modificazione o estinzione della procura verso i terzi); e ancora � il caso dell�art. 
1445 (acquisto in buona fede dei terzi da contraenti di negozio annullabile) 
e dell�art. 1729 (mancata conoscenza, da parte del mandatario, della 
intervenuta estinzione del mandato). 
Da qui, per�, ad affermare con certezza che, nell�ordinamento civilistico 
esiste un concetto generale di apparenza del diritto, il passo � tutto meno che 
immediato. Indici normativi inclinano bens� alla tutela della buona fede in situazioni 
di apparenza giuridica non rispondente alla sostanza: buona fede che, 
quando l�apparire � indotto da una condotta in specie consapevole del dante 
origine alla datit� fenomenica, diventa affidamento ingenerato da altri epper� 
meritevole di tutela. 
Tuttavia residuano, al fondo, talune perplessit� sistemiche e teoretiche. 
Sotto il primo aspetto, non si pu� escludere che, nelle pieghe del sistema, 
il contemperamento degli interessi ex lege a volte scelga di non tutelare appieno 
il soggetto al quale, senza sua colpa, una determinata apparenza giuridica 
si manifesta. Per esempio in tema di societ� per azioni, l�annullamento o la 
nullit� di una delibera assembleare fa bens� salvi i diritti acquistati da terzi in 
buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione; ma d�al- 
(*) Cassazionista del libero Foro e saggista giuridico.
352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
tronde obbliga tutti i soci, a prescindere da quelli cui l�atto unilaterale collettivo 
era �apparso�, in buona fede, come del tutto valido (artt. 2377, comma 7 
ed art. 2379, ult. c.). 
Sul piano della teoresi, inoltre, non si pu� prescindere da un importante 
scuola di pensiero capitolina (che da Santoro-Passarelli in nuce si � poi sviluppata 
con Irti, Orlandi, Gentili), la quale, trattando dei temi pi� diversi (dottrine 
generali, solidariet� passiva, simulazione), ha icasticamente sottolineato 
quel che segue. La contrapposizione tra fenomeno e noumeno, e dunque tra 
apparenza formale e quidditas sostanziale, attengono all�essere e non al dover 
essere, cio� all�ontica e non alla deontica; e siccome il diritto appartiene a quest�ultima 
e non alla scienza di ci� che �, in/per esso siffatte contrapposizioni 
rischiano di forviare non poco. Il fatto estrinseco/intrinseco - ivi si dice - per 
il diritto � bruta datit�, che diventa significativa solamente quando � integrativo 
della fattispecie legale, che lo qualifica, lo disciplina, lo vieta in un modo o 
nell�altro a seconda dei casi. 
E del resto conferme di queste e altre notazioni, in direzione ( �ostinata� 
e) contraria all�apparentia juris tout court, emergeranno infra nelle riflessioni 
a seguire. 
2. La societ� apparente: a) �tipo�, scopi, critiche di esso 
Si potrebbe essere indotti a pensare de plano che, essendo - quanto meno 
geneticamente - la societ� un contratto (inter alia ex art. 2328, c. 1), non vi 
sia ragione di dubitare che essa sia simulabile, atteso che il contratto sociale 
non � certo negozio unilaterale non recettizio, rectius con destinatari non determinati 
(categoria quest�ultima cui la simulazione non si attaglia). 
Qualche dubbio per� gi� lo pone, dopo la riforma societaria del 2003, il 
regime di nullit� dell�atto costitutivo delle societ� per azioni (di cui all�art. 
2332), secondo cui la pi� radicale patologia contrattuale � ormai compressa a 
tre casi-limite, e peraltro non pregiudica l�efficacia degli atti compiuti, 
dalla/nella societ� nulla, dopo la iscrizione nel registro delle imprese. Non 
solo, ma la causa di nullit� pu� essere rimossa e iscritta, con il che quella non 
pu� pi� essere dichiarata. Ci� per un verso non segue il parametro di cui all�art. 
1418 - ch� per esempio la indeterminatezza/indeterminabilit� dell�oggetto, ovvero 
la violazione di norme imperative tout court sembrano lasciare intatto il 
contratto sociale; e per altro verso in tal guisa s�intacca il noto brocardo, secondo 
cui ci� che � nullo non produce nessun effetto. Evidentemente (come 
ha perspicuamente osservato l�Angelici nelle sue lezioni di diritto commerciale 
post riforma), il legislatore ha fatto prevalere, sul regime generale delle nullit�, 
altri interessi ed esigenze, poste alla base della societ� per azioni come attivit� 
sul mercato dei traffici. 
E per il vero i dubbi sulla simulabilit� della societ�, come societ� apparente, 
non sono finiti qui.
DOTTRINA 353 
Secondo autorevole dottrina (Jaeger), la societ� apparente non sarebbe 
tanto un caso speciale di simulazione contrattuale, quanto piuttosto una creazione 
giurisprudenziale (per vero coonestata da parte della dottrina tra cui Galgano). 
Creazione che ha bens� - si dice - nella sostanza il fine di tutelare i terzi 
nel caso di fallimento, dacch� costoro sono senza colpa caduti nel tranello di 
pensare che un ente vi fosse, diverso dai singoli soci; tal che lasciarli in balia 
di nessuna tutela creditoria nella decozione, ovvero a rincorrere i singoli soci 
affermandone la responsabilit� solidale, appare immeritevole di essere opinato. 
E pur tuttavia tale scuola di pensiero non manca di lumeggiare le anomalie 
contraddittorie insite in una siffatta applicazione dell�apparenza simulatoria. 
Cos� si � detto che, nel caso di societ� apparente in accomandita, per il qual 
tipo non vi � ragione di denegare la simulabilit� una volta attestatala per gli 
altri, non � dato di capire come poi, nella disciplina fallimentare, si possano 
distinguere i soci illimitatamente responsabili - cui opporre la mera apparenza 
appunto - dagli altri. Si dir�: ma siccome sono soci apparenti non importa che 
siano apparentemente responsabili in misura limitata o illimitata; e tuttavia, 
se apparentia juris si dice esserci, essa deve rappresentare qualche cosa di 
preciso secondo le regole giuridiche nelle loro varie forme; viceversa cՏ qualche 
cosa che non va nell�assunto di partenza, e bisogna rimeditare il tutto. 
Senn� quale societ� simulata/apparente fanno valere i terzi creditori nel fallimento? 
Quella solo - e per forza di cose - in nome collettivo? � una tesi, ma 
prova troppo poco. 
Diciamo, del resto, solo in nome collettivo giacch�, a ben vedere, la obiezione 
su menzionata si riconnette all�art. 1414 cpv., ult. parte. Infatti, atteso 
che in linea generale (v. art. 2251) i contratti costitutivi delle societ� commerciali 
debbono essere fatti quanto meno per iscritto (artt. 2296) - se non per atto 
pubblico (art. 2328) -, non pu� avere effetto tra le parti un contratto dissimulato 
concluso con la forma della mera oralit�, se non con quella della mera attuazione 
comportamentale. 
E, se non pu� avere effetto fra le parti, non � affatto scontato che i terzi 
possano farlo valere (ex art. 1415 cpv.) quando esso pregiudica i loro diritti di 
credito. Poich�, tanto per cominciare - come osserva l�ultima giurisprudenza 
di legittimit� sulle clausole simulatorie di prezzo nelle vendite immobiliari -, 
il patto simulatorio/dissimulato, che difetta di forma legale, non pu� essere 
provato n� per testimoni n� per presunzioni (arg. ex artt. 2725 e 2729 cpv.): il 
che gi� inchioda l�interessato a una probatio diabolica (e ricollega a quanto si 
diceva sopra sul clivage tra soci illimitatamente e limitatamente responsabili 
nel fallimento). Inoltre, non pu� escludersi una diversa lettura, giusta la quale 
il fatto che manchi, nel contratto simulato, la forma prescritta per il contratto 
dissimulato, elimina in radice che questo possa essere comunque provato: il 
�tra esse�, cio�, di cui all�art. 1414 cpv. c.c., costituisce pleonasmo visto l�art. 
1418 cpv.; e la �nullit�� del contratto simulato in quanto tale (nemmeno poi
354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
condivisa da tutta la dottrina, che alle volte predilige la �inattitudine a produrre 
effetti�) non � la stessa cosa di quella del dissimulato. 
Un ipotetico contraddittore potrebbe opinare che, in presenza di una societ� 
apparente - o di un�apparenza di societ� -, non vi � da provare alcun negozio 
dissimulato, poich� la societ� apparente non nasconde alcunch�, bens� 
costituisce l�espressione - a mezzo di vari indici - della esistenza di un ente 
che in verit� non cՏ. Simulazione assoluta, in altre parole, e non gi� relativa; 
tal che piuttosto l�onus probandi investe la sussistenza degli indici esteriori 
necessari per indurre un�apparenza/un affidamento societario, piuttosto che il 
contenuto di un quid sotterraneo e non esteriorizzato. 
Pu� essere. Ma il ragionamento non mena assai lontano, poich� comunque 
si tratta di provare l�esistenza di un contratto apparente, che per� � formale 
ex lege, il che, se allontana dall�art. 1414 cpv. - il quale alla forma del contratto 
dissimulato fa riferimento -, rimbalza per� sui citati artt. 2725 e 2729 cpv. 
Ecco che allora si fa strada, nella mente dell�interprete, la figura della societ� 
occulta, e l�esigenza di raffrontarla con la societ� apparente. Si pensa infatti: 
se la prova della societ� apparente� �appare� diabolica, perch� il 
contratto di societ� � formale, allora pu� essere che si debba ragionare in termini 
di una societ� che non � stata �formalizzata�, e che pure vi � - epper� � occulta. 
Ci� prima di rassegnarsi al deludente esito di una societ� apparente relegato 
alla societ� semplice senza apporti immobiliari o di mobili registrati. Deludente 
s�, ma in specie contraddittorio. Ch� se il fine precipuo della figura 
dell�apparenza societaria � tutelare i creditori nel fallimento (v. supra), la tigre 
ҏ di carta�, sol che si pensi che la societ� semplice, non potendo svolgere attivit� 
commerciale, non fallisce (artt. 2249 c.c. ed art. 1 legge fall.). 
3. (Segue): b) l�oltrepassamento della societ� occulta e l�ambiguit� dell�art. 
1414 cpv. 
Se la societ� apparente si manifesta e risulta tale nell�affidamento dei terzi, 
anche se i soci apparenti nel sostrato veridico non sono soci, viene da dire che 
la societ� occulta � il rovescio. Che, cio�, essa non si manifesta in alcun modo 
come ente e compagine sociale, eppur vi � nella sostanza delle cose. 
Oltrepassando questo linguaggio a-giuridico, e piuttosto lumeggiando gli 
interessi in gioco, la societ� occulta - in uno con l�imprenditore occulto di bigiaviana 
memoria - nasce idealmente, ancora una volta, a tutela dei creditori 
in ispecie fallimentari. Per i creditori, cio�, non � la stessa cosa potersi rivalere 
su - e se del caso far fallire - un imprenditore individuale, invece che una societ� 
composta di quello stesso soggetto oltre ad un altro, persona fisica o giuridica 
illimitatamente responsabile (atteso che, dopo la riforma del 2003, la 
vexata quaestio della possibile partecipazione di societ� di capitali in societ� 
di persone si � finalmente conchiusa in senso positivo). 
Ora per�, anche a questo proposito, un po� come si � visto accadere con
DOTTRINA 355 
la societ� apparente, perspicua dottrina (Denozza) tende a ridimensionare la 
categoria giuridica. Ch� - si osserva - per un verso la teoria bigiaviana dell�imprenditore 
occulto (cui si connette quella della societ� occulta) � risalente 
e non � mai stata massivamente condivisa; per altro verso le spinte che stavano 
alla sua base, sul piano degli interessi, sono oggid� oltrepassate dall�art. 147 
legge fall. 
Ed invero, ai sensi di tale norma, i soci illimitatamente responsabili, quand�anche 
non persone fisiche e �risultanti� dopo la dichiarazione di fallimento, 
falliscono ipso jure per il fallire della societ� commerciale partecipata - sempre 
che questa sia una s.a.p.a. ovvero una s.n.c. o una s.a.s. 
Al che viene da chiedersi: ha qualche cosa tutto ci� a che fare con l�istituto 
della simulazione? 
Certo si � che vi � un ostentamento - per esempio l�impresa individuale - e 
di contro un nascondimento - per esempio un socio occulto (persona fisica o giuridica) 
di quello, per di pi� col tratto della responsabilit� illimitata. Ma, in materia 
societaria, ancora si dubita che ci si possa muovere sul piano semplicemente 
contrattuale, concependo la dissimulazione assoluta di un contratto di societ�. 
Piuttosto, si preferisce dire che ci� che � fatto oggetto di ostensione, e 
per l�opposto di nascondimento, � nella sua propria essenza un�attivit�. Ma 
per le attivit�, si chiosa, non si d� simulazione (Distaso). 
Tal che, sebbene anche in subiecta materia emergano interessi di tutela 
di terzi creditori, la figura della societ� occulta non permette di scavare oltre 
nel solco della societ� apparente. In effetto, come da presentimento, nella societ� 
occulta il problema formale del contratto sociale svapora. Ma ci� non 
tanto perch� in questa, a differenza che nella societ� apparente, il contratto sociale 
� dissimulato anzich� simulato; ch�, comunque, diversamente dal �contratto 
(...) apparente� (art. 1414 cpv.) - cio� a dire anche un non-contratto - 
sussiste au fond nella societ� occulta un contratto sociale per cui s�impongono 
i requisiti di forma. Per parte sua, nel caso della societ� apparente, il contratto 
sotteso - per definizione un non contratto - pu� bens� essere fatto valere, ma 
sembrerebbe che, per apparire, il contratto stesso si debba manifestare coi suoi 
crismi di forma legale. Viceversa, pi� che un apparire, esso si palesa come flatus 
vocis o fantasma, cui nessuna persona non dissennata d� credito (nel senso 
di affidamento) sia pur come mero noumeno. 
All�uopo conviene dire due parole, ancora, sul capoverso dell�art. 1414. 
Ci si � domandati, in dogmatica, se ivi la sussistenza dei requisiti legali di sostanza 
e di forma vada riferita al contratto esibito oppure a quello occultato. 
Ebbene, osservando sintatticamente il periodo dell�alinea, si vede che il soggetto 
del verbo �ha effetto� � �il contratto dissimulato� - quello cio� �diverso 
da quello apparente�; dopo di che, cՏ forse un �ne� di troppo (�ne sussistano�), 
ch� bastava dire �purch� sussitano�. Ma quel �ne� assume un portato, sol che 
si provi a leggere il periodo omettendolo, col che si ha la sensazione che il sus-
356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
sistere dei requisiti di sostanza e di forma si riferisca a un che d�imprecisato, 
a un nulla o a un tutto - il che fa lo stesso. Ecco che allora �ne sussistano� significa 
che �ivi� - cio� nello stesso contratto dissimulato - debbono sussistere 
detti requisiti, per come la legge lo regola sul piano della forma a seconda di 
quale contratto esso sia. E non di meno taluno ha opinato che non si legge �ivi� 
bens� �ne�, e che pertanto quest�ultima particella vada riferita a ci� che � pi� 
sopra, cio� al �contratto (...) apparente�; sicch� in quest�angolo il contratto nascosto 
pu� bens� produrre effetti (tra le parti), ma purch� esso abbia gli stessi 
crismi di forma esistenti o prescritti quanto al contratto apparente. 
Ora non vi � chi non veda che tutta la problematica della forma, riferita 
alla societ� apparente, in tanto ha un senso in quanto si adotti la seconda lettura 
- test� prospettata - dell�art. 1414 cpv.; nel senso cio� che il non-contratto di 
societ� - scil. l�assenza di esso - pu� valere a dispetto dell�apparenza societaria 
purch� abbia, quale controdichiarazione, la forma scritta. Quanto all�atto notarile, 
il pubblico ufficiale non pu�, per ordinamento che gli compete, rogare 
una dissimulazione assoluta; e quindi al pi� l�atto pubblico non sar� un noncontratto 
(cio� appunto una controdichiarazione nullificante rispetto all�apparire), 
bens� una societ� con una diversa compagine partecipativa. 
4. (Segue): c) la societ� di fatto come creazione giurisprudenziale solutrice, 
in uno con la teoria della contraddizione ancipite 
Che sia forse la nozione di societ� di fatto a illuminare i nostri temi? 
Anche qui siamo in presenza di una creazione giurisprudenziale, tanto � 
vero che le corti hanno consolidato da tempo la nota triade di elementi, i quali 
debbono sussistere acciocch� di societ� di fatto possa parlarsi: a) fondo comune; 
b) alea comune; c) affectio societatis. 
Prescindendo dalle questioni insite in codesta triade - come per esempio 
la impalpabilit� dell�affectio (tal che si parla di prova diabolica) -, fatto si � 
che, al manifestarsi dei tre indici scatta - anche e sopra tutto verso l�amministrazione 
finanziaria - un ente di fatto, che non pu� essere una societ� di capitali 
(ancora per la forma notarile), ma quanto meno una societ� di persone, anche 
commerciale, sotto la specie della �societ� irregolare� di cui all�art. 2297. 
E qui vi � un primo passo in avanti, alla luce del diritto vivente in parola. 
L�art. 2297 non disciplina il contratto di societ� irregolare siccome concluso 
oralmente (a dispetto dell�art. 2296), ma in quanto non (ancora) iscritto nel 
registro delle imprese (alla camera di commercio competente per territorio). 
Dal che � inferibile che la forma scritta dei contratti di societ� commerciali di 
persone non � a pena di nullit�, bens� mezzo per la pubblicit�. 
Ulteriore corollario � quello per cui non occorre che una societ� apparente, 
per potersi manifestare come tale, sia dotata au fond di una controdichiarazione 
�nullificatrice� in forma scritta. Per la contraddizione che non lo consente. 
E ancora l�art. 1414 cpv. c.c. va probabilmente letto nel senso che i requisiti
DOTTRINA 357 
di forma debbono sussistere in capo al contratto dissimulato/occulto, identificati 
a mezzo delle norme legali sul tipo di contratto che le parti vogliono sia �effettivamente� 
- cio� il simulato corretto dal dissimulato (s� che, nel caso della clausola 
simulata sul prezzo della compravendita immobiliare, occorre che il 
sovrappi� di numerario �in nero� sia pattuito anch�esso per iscritto). 
Orbene, rispetto alla societ� apparente, la societ� di fatto sembra possedere 
una qualche differenza strutturale. Nel senso che nella prima una societ� si manifesta 
come tale anche se per vero non cՏ; mentre nella seconda essa si manifesta 
per quel che �, nonostante non sia stata regolarizzata al registro delle 
imprese - ergo si manifesta come esistente al di l� della insussistente pubblicit�. 
Che se poi ci si muove verso la societ� occulta, viene da dire che questa 
non appare eppure cՏ; mentre la societ� di fatto appare e, nonostante il difetto 
di pubblicit�, vi � altres�. 
Sono differenze che sfumano non poco, sol che si esca dal dogma volontaristico 
e dunque ci si distacchi dal volere non formalizzato dei soci. Non � 
un caso che in dottrina (Cottino, Galgano) si discuta sull�autonomia effettiva 
delle tre figure, non essendo essa affatto scontata. 
Sul piano degli interessi, � sempre il terzo contraente - creditore - a essere 
al centro dell�attenzione. Talch� si pensa che il creditore della societ� apparente 
meriti tutela siccome tale, poich� egli � incorso nell�affidamento di buona 
fede, giusta il quale l�ente societario esiste. Per parte sua, il contraente creditore 
della societ� occulta, si pensa meriti tutela sulle orme dell�art. 1415 cpv. 
c.c. Infine, quanto alla societ� di fatto, di nuovo l�affidamento in ci� che si 
palesa effettualmente, dovrebbe far divisare, in capo al terzo contraente, una 
tutela facente capo, in buona sostanza, all�art. 1415, primo comma, c.c. 
A questo punto, per�, torna in considerazione quella dottrina anti-ontologista 
- e piuttosto de-ontica -, di cui si � fatta menzione all�inizio di questo 
scritto (par. 1, in fine). Se ci si pone in quell�ottica prospettica, si debbono abbandonare 
le categorie dell�essere e dell�apparire - che si � visto condurre, 
nella nostra materia, a taluni confondimenti e difficolt� probatorie -, per concepire 
l�idea di un nucleo diverso delle fattispecie. Un nucleo che � quello 
della contraddizione ancipite, tale per cui indici contrattuali, che depongono 
in un certo segno (esistenza di una societ� o viceversa), si giustappongono ad 
altri indici, pure effettuali, che depongono nella direzione esattamente opposta 
(inesistenza di una societ� o viceversa). 
Ebbene, sussistendo una s� fatta ambiguit�, l�ordinamento - si dice - non 
la vieta ma neppure la sostiene e l�appoggia. Ch� piuttosto esso impone ai consociati 
di essere quanto pi� univoci e meno ambigui possibile, onde non ingenerare 
misunderstandings in capo ai terzi, contraenti ed in ispecie creditori. 
Tal che l�ancipitezza test� detta va risolta, ermeneuticamente, in un senso 
o nell�altro, proprio nell�interesse dei terzi. E tra i due (o pi�) corni della 
fiamma, prevarr� obiettivamente quello che: a) o genera affidamento (arg. ex
358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
art. 1415 c. 1� ); b) oppure merita di essere maieuticamente portato a galla per 
non danneggiare chi, dal sostrato (semi)nascosto, trae nocumento (arg. ex art. 
1415 cpv.). 
Il che pare un�endiadi contraddittoria, s� che non si capisce quale dei due 
risvolti, di testo e contesto negoziale, si dia per essente per i terzi. E qui la 
legge, a rigore - sol che si esamini il mentovato art. 1415 nella sua totalit� -, 
induce l�interprete a ritenere che: a) il terzo creditore pu� di per s� risolvere 
l�ancipitezza (con)testuale, facendo emergere ci� che ictu oculi non risulta ma 
nell�insieme prevale; b) invece il terzo, che non � direttamente creditore di 
uno dei soggetti del rapporto contrattuale ancipite bens� successore a titolo 
particolare da uno di quelli, merita tutela laddove non si sia avveduto dell�ancipitezza 
del (con)testo, e sia per l�effetto - in buona fede - caduto nella lettura 
pi� immediata e superficiale dell�ancipitezza stessa (magari non avvedendosi 
neppure della contraddizione da dipanare). 
E allora tutto si fa questione, eminentemente, di �testo e contesto� (per 
dirla con Irti), cio� d�interpretazione di langue e parole, di segni e indici e 
stati di cose. 
E, per vero, tutto ci� non spazza via i problemi legati al formalismo negoziale, 
di cui si � ampiamente detto. Infatti, nella maieutica di testo e contesto, 
l�art. 1414 cpv. permane al centro della deontica e, secondo la preferibile lettura 
di tale disposto (supra, par. 3, in fine), bisogna pensare che - una visione punitiva 
per le sole parti sul piano del formalismo apparendo opinabile - non soltanto 
tra i contraenti dell�ancipitezza, ma anche verso i terzi, occorra che l�eventuale 
forma legale (di testo e contesto) sia rispettata in toto, senza degradare - in porzioni 
dell�ambiguit� - verso forme meno rigorose di quelle prescritte. 
Certo, fattispecie e disciplina giurisprudenziale della societ� di fatto 
aprono in subiecta materia qualche scorcio sul punto della forma; ma si tratta 
di un alcunch� di limitato, risolvendosi nella sola collettiva e nell�accomandita 
semplice (arg. ex artt. 2297 e 2315).
RECENSIONI 
PAOLO TOGNI (*), Un certa visione dell�ambiente 2. Presa d�aria 
2008-2010. Prefazione di Altero Matteoli e Maurizio Lupi. 
(I Paperback di Tempi - Distribuzione Itacalilibri.it) 
Stile critico e pungente 
Tra gli obiettivi dell�autore di questo volume, che raccoglie numerosi articoli apparsi 
sulla rivista Tempi, cՏ certamente quello di offrire ai lettori la possibilit� di interrogarsi e prendere 
coscienza in modo originale, delle varie questioni e dei temi di volta in volta affrontati. 
Leggendo la raccolta non si pu�, infatti, fare a meno di notare lo stile volutamente pungente, 
spesso critico e diretto con cui l�autore si approccia nei suoi scritti. 
Chi d�altronde conosce Paolo Togni, anche non profondamente, sa gi� che da buon toscano 
non avrebbe potuto avere una verve diversa su quasivoglia argomento trattato. 
La sua impostazione anche cruda, se si vuole, ha il pregio innovativo di giungere in 
modo chiaro a tutti. E tutti, anche coloro che non ne condividono le opinioni, le critiche e gli 
apprezzamenti, non possono non riconoscergli l�onest� intellettuale con cui maneggia le innumerevoli 
tematiche e problematiche di cui si occupa. 
Altero Matteoli 
Quanto pi� l�uomo si conosce, tanto pi� progredisce 
�Quanto pi� l�uomo si conosce, tanto pi� progredisce�. Mi sembra giusto e importante 
iniziare da qui, da questa frase di Gandhi, per spiegare l�importanza di un libro come questo 
che raccoglie gli articoli del mio amico Paolo Togni. Perch� quando si parla di ambiente, � 
sempre stata la mia convinzione, non si pu� prescindere da due temi fondamentali: lo sviluppo 
(*) Il Prof. Togni, � stato docente universitario, dirigente della P.A., ha ricoperto diversi incarichi 
presso il Ministero dell�Ambiente. Attualmente � direttore della SSTAM (Scuola Superiore Territorio, 
Ambiente, Management) dell�Universit� di Perugia. 
Dal 2006 collabora con il settimanale �Tempi� per il quale cura la rubrica di ecologia - naturale ed 
umana - �Presa d�aria� e questo volume, il secondo della serie, raccoglie le rubriche pubblicate nel 
2008-2010.
360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
e la centralit� della persona. Non si pu� infatti parlare di tutela ambientale in astratto, quasi 
fosse uno schema fisso da applicare a qualsiasi realt�. 
Negli ultimi anni il dibattito sulle conseguenze dell�inquinamento su scala locale e globale 
ha spinto i Governi e le organizzazioni internazionali a definire politiche in grado di affrontare 
questioni che fino a qualche anno fa erano relegate ai margini dell�agenda istituzionale: 
l�uso sostenibile delle risorse naturali (produzione ed utilizzo corretto dal punto di vista ecologico), 
la salvaguardia della salute umana, dell�ambiente e del patrimonio culturale. 
Le stesse questioni che Paolo, con occhio critico, attento, ma soprattutto competente, 
ha tentato di affrontare, settimana dopo settimana, nella sua rubrica su Tempi. Quella che viene 
pubblicata oggi � una raccolta di interventi scritti in modo semplice, lineare, ma mai banali 
che spiegano e suggeriscono idee, sviluppando il dibattito sulla necessit� di far progredire lo 
sviluppo sostenibile. Attenzione, per�, non si tratta di discussioni filosofiche, gli articoli di 
Paolo sono il frutto di un�esperienza diretta, vissuta nella responsabilit� di ruoli operativi di 
primo piano sia a livello nazionale, come capo di Gabinetto e direttore generale del ministero 
dell�Ambiente, che locale, come Capo Dipartimento Ambiente al Comune di Roma. 
� da questa esperienza, ne sono certo, che nasce l�idea che le politiche di tutela del territorio, 
se non mettono al proprio centro la persona, se non puntano a rispondere anzitutto ai 
bisogni reali del cittadino, rischiano di essere assolutamente inefficaci. Per questo, il volume 
che ho l�onore di introdurre con questo breve intervento, non � una �fredda� raccolta interessante 
idee e spiegazioni, ma va di molto oltre. 
Come quando, intervenendo nel dibattito creazione/evoluzione, Paolo richiama le parole 
con cui il Sommo Pontefice Pio XII, nel confermare l�origine prima della materia e dello spirito 
in un atto creativo della Suprema Volont�, lasciava al giudizio di una scienza pi� progredita 
la definizione del processo evolutivo della parte materiale. A dimostrazione che la religione 
non � nemica della scienza a patto che questa non si ponga come processo arido, ma tenga 
conto della verit� ultima del Creato. Non a caso, nei suoi scritti, Paolo si occupa spesso di 
ecologia umana, prendendo in esame i rapporti tra le istituzioni, tra istituzioni e cittadini, e 
tra i diversi soggetti presenti nella societ�. 
Credo di poter affermare che gli articoli contenuti in questo libro siano legati da un unico 
filo conduttore: il legame intrinseco tra l�uomo e l�ambiente nel quale vive. Un punto di vista 
fondamentale e imprescindibile. 
Albert Einstein diceva che �La cosa p�� importante � non smettere mai di domandare�. 
Sono tante le domande che nascono leggendo questo libro e, per fortuna, ci sono anche molte 
intelligenti risposte. 
Maurizio Lupi 
Introduzione dell�Autore 
Le regole esistono da sempre. Quando il Creatore pose la prima pietra dell�Universo, 
in essa erano scritte tutte le leggi naturali che conosciamo e che mai potremo arrivare a conoscere: 
non esiste legge fisica, chimica o biologica che sia venuta in essere in un momento 
successivo a quello. Lo stesso vale per tutte le norme che regolano l�essenza dei rapporti dei 
singoli uomini tra di loro, nella societ� e con la comunit�: il diritto naturale. Tutte le leggi 
della natura e il diritto naturale esistono da sempre e sempre esisteranno, immutabili ed 
uguali a se stesse: sono queste norme a determinare i meccanismi dell�evoluzione materiale,
RECENSIONI 361 
dai quali non sono toccate e che non le riguardano, e a stabilire la rispondenza dei comportamenti 
umani al volere divino. La loro conoscenza avviene secondo quello che Michelangelo 
riteneva fosse il metodo per realizzare la scultura: per forza di levare, cio� liberando quello 
che gi� esiste nella sua forma definita dalla materia che lo contiene. 
Nell�andare dei tempi l�uomo, frutto estremo e coronamento della Creazione, ha molto 
studiato le regole e intorno alle regole, ottenendo risultati grandi anche se ancora parziali. 
La conoscenza sempre pi� approfondita delle regole naturali ha determinato lo sviluppo della 
scienza e della tecnologia al quale la razza umana � pervenuta ad oggi, e maggiori approfondimenti 
determineranno i grandi, ulteriori progressi che la attendono, e che � facile prevedere 
che avvengano con accelerazione crescente. Minor impegno si � profuso, in special 
modo negli ultimi tempi, nelle ricerche e negli approfondimenti sul Diritto Naturale: l�illusione 
luciferina dell�onnipotenza umana ha infatti indotto molti a pensare che essenziali siano 
le norme del diritto positivo, ed a trascurare quelle poste dal Creatore, dall�esistenza e dall�applicazione 
delle quali sappiamo derivare la qualificazione dell�essere vivente a uomo. 
Tra le regole del Diritto Naturale la prima e la meno osservata � quella che garantisce 
ad ogni uomo la libert�. Ogni uomo, per il semplice fatto di esser nato, � destinato ad esser 
libero, e la sua responsabilit� viene a determinarsi in proporzione all�effettivo esercizio della 
sua libert�. Tuttavia uomo libero non si nasce, si diventa: questo diritto viene eredito in 
astratto, ma si realizza con sforzi e fatica. La capacit� di esercitare la libert� infatti non � 
connaturata: essa deve conquistarsi attraverso una progressiva conoscenza del mondo e di 
se stessi, e attraverso l�esercizio costante di una critica vigile e severa, verso se stessi, verso 
gli altri individui, verso i comportamenti che si tengono e verso la societ�. Per esser uomini 
liberi occorre saper esprime, in ogni momento, valutazioni proprie e originali su quanti e 
quanto ci circonda. 
Certo � pi� facile diventare uomo libero per chi vive in un contesto sociale nel quale gli 
sia garantita protezione dai soprusi dello Stato e dei suoi simili, gli sia consentito di svolgere 
la propria personalit� e di esprimere le proprie opinioni; noi oggi e qui abbiamo la fortuna 
di trovarci in queste condizioni, ma la storia ci insegna che si pu� esser uomini liberi anche 
sotto regimi di feroce dittatura e nella privazione di ogni libert� materiale, come hanno dimostrato 
di recente, tra molti altri, il cardinale Mindszenty ed il cardinale Van Thuan. 
Uomo libero � chi risponde delle proprie idee e convinzioni e degli atti che coerentemente 
ne derivano solo alle regole poste dal Padre Eterno ed alla propria coscienza; divenire 
uomo libero significa impegnarsi, secondo le regole di verit� che ci sono connaturate, e cio� 
retta coscienza e corretta conoscenza, per arrivare a maturare giudizi, opinioni e regole di 
comportamento propri, non mutuati da altri e non necessariamente allineate all�opinione 
corrente, su ogni singolo comportamento ed accadimento pubblico o privato: significa affermare 
tali giudizi ed opinioni, sempre e dovunque, senza rispetto umano, con fortezza e sincerit� 
solo mitigate dalla giusta misura di carit� e prudenza; significa essere disposti a battersi 
per le proprie idee e per i propri programmi; significa, anche e soprattutto, essere disposti in 
ogni momento a pagare un prezzo per tutto questo, un prezzo che pu� anche essere alto, e 
normalmente lo �; un prezzo che sotto le dittature � spesso arrivo alla tortura e alla morte, e 
che nei Paesi liberi pu� andare dal vedersi frenato nel processo di crescita lavorativa all�essere 
socialmente discriminato in quanto disturbatore del coro dei conformisti. 
Essere uomo libero significa anche aver consapevolezza di s�. Da molti, specialmente 
in passato, si proclamava il grande valore della virt� della modestia, ma questa grande virt�
362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2012 
non consiste nel battersi il petto chiedendo perdono per la propria pochezza e proclamando 
di non valere nulla; i miei buoni maestri, ohim� molti decenni fa, mi insegnarono che la vera 
umilt� consiste nell�avere una percezione precisa e realistica di se stessi, del proprio valore 
e del valore della propria attivit�, e nel comportarsi in conseguenza. � vera umilt� attribuirsi 
il giusto volare, valutare le proprie opere, giudicare correttamente se le opere siano state pari 
alle capacit� e alle opportunit�, e nel caso dalla valutazione risulti che non si � fatto tutto 
quanto si sarebbe potuto, allora solo bisogner� dare su di s� un giudizio giustamente severo. 
Tommaso d�Aquino � stato proclamato santo per avere esercitato in modo eroico le virt� del 
cristiano, tra le quali � certamente compresa la modestia, ma solo nel senso che ho detto 
prima, se non avesse avuto consapevolezza di s� e del suo valore, se si fosse adagiato in un 
rimpianto sentimentalistico per la propria pochezza, non ci avrebbe lasciato la mole meravigliosa 
e sterminata dei suoi ragionamenti, e l�umanit� sarebbe oggi ben pi� misera di quanto 
in effetti non sia. 
Lo status di uomo libero comporta la necessit� di trarre ispirazione per i propri pensieri 
e per le proprie azioni solo dalle proprie conoscenze e convinzioni, plasmate sulla verit� che 
si conosce, utilizzando un procedimento corretto; dal che scaturisce la conseguenza di trovarsi 
spesso in contrasto con coloro che conoscono altro, d�altro sono convinti, o comunque non 
hanno correttamente portato a termine la loro ricerca della verit�. La quale resta comunque 
sempre raggiungibile da chi, con retta coscienza e rettamente informata ragione, la cerca; 
con l�aiuto della Grazia � poi possibile constatare che la verit� e la Rivelazione sono due 
facce della Creazione, tra di loro non differenti, tutt�altro che inconciliabili: aspetti diversi 
della stessa realt�. 
Purtroppo non sembrano essere moltissimi gli uomini che possiedono retta coscienza e 
corretta conoscenza: avviene quindi spesso di trovarsi in presenza di una maggioranza di 
persone con le quali non ci si trova d�accordo; che tale maggioranza possa essere numericamente 
schiacciante; che chi la pensa in maniera difforme dalla maggioranza venga considerato 
un mascalzone, uno stravagante o un demente: ed � proprio in queste situazioni che � 
possibile misurare il vero tasso di libert� di una persona. Certamente non � libero chi fa acriticamente 
propri l�opinione o il giudizio altrui, o chi adegua le sue idee a quelle dominanti; 
altrettanto certamente non � uomo libero chi non abbia costruito un proprio sistema di pensiero; 
e tanto pi� si dimostra di essere liberi quanto pi� fermamente si seguono e si affermino 
le proprie idee, tenendo ferma la barra verso la verit� e la giustizia, o per lo meno verso 
quelle posizioni che abbiamo riconosciuto come tali. Di tutto questo porto in me e nella mia 
storia una piccola esperienza vissuta, naturalmente non indenne dalle cadute e dalle debolezze 
connaturate alla condizione umana ed alla mia persona in particolare. 
Acquisite le premesse di cui sopra, resta da constatare il fatto che non � facile, per 
l�uomo libero, far sentire la sua voce. La maggioranza di conformisti che domina nella societ� 
� costantemente sostenuta e rafforzata nella sua ottusa stolidit� dal conformismo dai mezzi 
di comunicazione. Ameno nel nostro Paese, � molto difficile trovare tra stampa, radio e televisione 
voci che, ricercando ed esprimendo la propria libert�, discordino dall�opinione dominante, 
salvo per quanto riguarda le questioni propriamente politiche, che per� vengono 
normalmente sottratte alle regole della verit� per essere consegnate a quelle della faziosit�. 
Ed � doloroso dover constatare che tale situazione deriva certamente anche dal fatto che 
grandissima parte della politica ha perso il complesso di visione strategica/disegno della societ� 
futura/programmi amministrativi che nel passato recente aveva caratterizzato l�azione
RECENSIONI 363 
e la comunicazione dei partiti. � questo un discorso che varr� certo la pena di approfondire 
in altro momento ed in altro contesto: qui baster� ricordare che questo processo di impoverimento 
della dialettica si autoalimenta, ed il suo crescere ne moltiplica vastit� e profondit�; 
e che, per quanto � funzionale a questo discorso, l�effetto di tale processo � l�impoverimento 
dell�articolazione del pensiro comunicato e la difficolt� di trasmette le proprie idee e le proprie 
valutazioni nella quale si dibatte chi si pone fuori dal coro. 
Per chi ritenga di aver da dire qualcosa che si ponga al di fuori delle usuali affermazioni 
conformistiche � quindi tanto pi� importante trovare persone e mezzi che gli permettano di 
esprimere con chiarezza e sincerit�, in libert�. Io ho avuto la fortuna grande di averlo trovato 
in Luigi Amicone, nei suo collaboratori e in �Tempi�. In quasi cinque anni di collaborazione, 
per oltre duecento puntate pubblicate, nessuno mi ha dettato indirizzi o contenuti per la mia 
rubrica, e in questa raccolta dei pezzi pubblicati negli anni 2008, 2009 e 2010, con articolazione 
di contenuti non sempre pienamente coerenti con la linea del giornale, sta la patente 
ed inoppugnabile dimostrazione della assoluta libert� che mi � stata concessa, e della quale 
non mi sono fatto scrupolo di approfittare. 
Approfondire la conoscenza del sistema delle regole, e criticarne criteri e modalit� di 
applicazione � l�obiettivo che mi sono posto in questa attivit�, e per questo motivo spero che 
al fondo di ogni pagina, in fondo ad ogni ragionamento, risulti che � proprio questo il problema 
che ho voluto affrontare. Anche se l�approccio � articolato, e va dall�analisi degli 
aspetti materiali del mondo alle considerazioni sull�ecologia umana, depurata del contingente, 
ogni pagina � una pagina sulle regole. O almeno, questo � quanto credo e spero. 
Chi avr� voglia di sfogliare le pagine che seguono vi trover� opinioni diverse ed articolate: 
molte di queste, o anche tutte, potranno non esser condivise, e si potr� dare un giudizio 
negativo sugli scritti e sul loro autore: ma quello che mi farebbe molto piacere sarebbe che, 
terminata la lettura, del mio lavoro vengano riconosciute sincerit� e coerenza. 
In aggiunta agli articoli pubblicati da Tempi compaiono in questo volume pochi altri 
scritti, comparsi in occasioni diverse su pubblicazioni diverse: costituiscono anch�esse una 
parte del mio discorso con amici e non amici. Che tutti, gli uni e gli altri, ringrazio per l�attenzione 
che vorranno riservarmi. 
Paolo Togni
Finito di stampare nel mese di giugno 2012 
Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. 
Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma