ANNO LXIV - N. 2 APRILE - GIUGNO 2012 
RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO
COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - 
Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. 
DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 
COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria 
Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano 
Varone. 
CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - 
Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni 
- Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola 
Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. 
HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Federico Basilica, Ignazio Francesco 
Caramazza, Gabriella D�Avanzo, Eugenio De Bonis, Roberto De Felice, Verdiana Fedeli, Dorian 
De Feis, Wally Ferrante, Francesco Frigida, Michele Gerardo, Giulio Luciani, Paolo Marchini, 
Federico Maria Giuliani, Leonello Mariani, Salvatore Messineo, Diego M. Miele, Adolfo 
Mutarelli, Val�rie Peano, Vincenzo Rago, Marina Russo, Francesco Spada, Maria Luisa Spina, 
Antonio Tallarida, Roberta Tortora, Luca Ventrella, Francesca Zambuco, Laura Zoppo. 
E-mail: 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 
ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................� 40,00 
UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 
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la spedizione, codice fiscale del versante. 
I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo 
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 
Stampato in Italia - Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966
INDICE - SOMMARIO 
EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . .. 
TEMI ISTITUZIONALI 
Ignazio Francesco Caramazza, Il patrocinio dello Stato italiano dinanzi 
alla Corte Europea dei Diritti dell�Uomo di Strasburgo: attivit� svolte e 
considerazioni generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Protocollo di intesa con l�Agenzia del Demanio, Circolare A.G.S. del 19 
aprile 2012 prot. 157228 n. 25 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Contenzioso relativo ai precari della scuola, Circolare A.G.S. del 23 
aprile 2012 prot. 161476 n. 26 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Azioni di risarcimento danni per fatti occorsi durante la seconda guerra 
mondiale. Domande risarcitorie proposte contro la Repubblica Federale 
Tedesca da ex internati militari italiani, ovvero dai loro aventi causa, relative 
alla vicenda dei militari italiani costretti a prestare lavoro, quale 
mano d�opera non volontaria, al servizio dell�indutstria bellica del Reich, 
a seguito di deportazione in Germania in data successiva all�8 settembre 
1943 
Circolare A.G.S. del 3 maggio 2012 prot. 173512 n. 31. . . . . . . . . . . . 
Circolare A.G.S. del 31 maggio 2012 prot. 216249 n. 38 . . . . . . . . . . 
Linee guida in materia di mediazione civile. D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, 
�Attuazione dell�art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di 
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali�, 
Circolare A.G.S. del 13 giugno 2012 prot. 235543 n. 41 . . . . 
Lavoratori a tempo determinato del Comparto Scuola. Parere approvato 
dal Comitato Consultivo sulla possibilit� per l�Amministrazione di nominare 
supplente un lavoratore che abbia ottenuto sentenza dichiarativa 
dell�illegittimit� dell�apposizione di un termine al contratto di lavoro per 
un determinato anno scolastico, Circolare A.G.S. del 3 luglio 2012 prot. 
265951 n. 45 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Richiesta di patrocinio nei giudizi di primo grado aventi ad oggetto il riconoscimento 
del diritto del personale a tempo determinaito della Croce 
Rossa Italiana - CRI al compenso incentivante la produttivit� ed il diritto 
alla stabilizzazione, Circolare A.G.S. del 19 luglio 2012 prot. 292609 n. 47 
Indennizzo ai sogggetti danneggiati da vaccino e talidomidici (leggi 
229/2005 e 244/07). Riconoscimento degli arretrati e condotta da tenere 
in sede processuale. Ordinanza n. 107669/12 della Corte di Cassazione, 
Circolare A.G.S. del 24 luglio 2012 prot. 298343 n. 48 . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 
Ignazio Francesco Caramazza, Europa: l�unico continente che ha un contenuto 
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Luca Ventrella, Laura Zoppo, La Corte Internazionale di Giustizia si pronuncia 
sul principio dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione . . . . . 
1.- Le decisioni della Corte di giustizia dell�Unione europea 
Val�rie Peano, In materia di regolazione dei giochi e scommesse in Italia. 
Un commento alla sentenza �Costa e Cifone� (C. giustiza, Sez. 
Quarta, sent. 16 febbraio 2012, cause riunite C-72/10 e C-77/10). . . . 
2.- I giudizi in corso della Corte di giustizia Ue 
Wally Ferrante, Ravvicinamento delle legislazioni, tutela dei consumatori, 
libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi, libera 
circolazione dei servizi, libera circolazione delle merci, causa C-59/12. 
Wally Ferrante, Ravvicinamento delle legislazioni, causa C-109/12 . . 
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Francesco Meloncelli, Overruling e inammissibilit� sopravvenuta del ricorso 
per cassazione (Cass. civ., Sez. Un., sent. 11 luglio 2011 n. 15144) 
Diego M. Miele, Supplenze scolastiche e divieto comunitario di abuso di 
contratti a termine. Brevi spunti di riflessione (rectius: osservazioni in libert�) 
sulle criticit� del �contenzioso di massa�, sulla scia di alcune recenti 
sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia 
dell�Unione Europea (C. giustizia Ue, Sez. seconda, sent. 26 gennaio 
2012, C-586/10, K�c�k; Cass. civ., Sez. lav., sent. 13 gennaio 2012 n. 
392; Cass. civ., Sez. lav., sent. 20 giugno 2012 n. 10127) . . . . . . . . . . . . 
Roberto De Felice, Argomentazioni della Cassazione sul diritto alla trascrizione 
di un atto di matrimonio/celebrato all�estero fra cittadini italiani 
dello stesso sesso (Cass civ., sez. I, sent. 15 marzo 2012 n. 4184) . . . . . 
Vincenzo Rago, Unioni tra persone dello stesso stesso: quale tutela? Le 
ragioni storiche della tutela giuridica della famiglia (Cass civ., sez. I, 
sent. 15 marzo 2012 n. 4184) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Michele Gerardo, Criteri per la quantificazione del danno ambientale 
nelle more dell�adozione del D.M. terzo comma dell�art. 311 del d.lgs. 
152/06 (Trib. Napoli, VI Sez. civ., sent. 9 luglio 2012 n. 8115). . . . . . . . 
Federico Basilica, Francesco Frigida, L�Adunanza Plenaria fa il punto 
sul blocco delle assunzioni per i professori universitari (Cons. St., Ad. 
Plen., sent. 28 maggio 2012 n. 17) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Stefano Varone, In tema di patrocinio legale e legittimazione processuale 
delle Istituzioni scolastiche statali (Cons. St., Sez. Sesta, ord. 20 giugno 
2012 n. 2370) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Maria Luisa Spina, Controllo preventivo di legittimit� della Corte dei 
conti sugli atti dell�Unit� Tecnica amministrativa istituita ex art. 15 
OPCM 3920/2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Leonello Mariani, Gesualdo d�Elia, Trattamento economico accessorio 
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del personale delle Autorit� amministrative indipendenti: applicabilit� 
art. 9, comma 2-bis, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 conv., con mod., dalla 
legge 30 luglio 2010 n. 122 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Verdiana Fedeli, Rimborso spese legali ex art. 18 d.l. 25 marzo 1997 n. 
67, conv., dalla legge 23 maggio 1997 n. 135 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Eugenio De Bonis, Transazione fiscale ex art. 182 ter del R.D. nr. 
267/1942 - Applicabilit� dell�art. 184 R.D. nr. 267/1942 alla societ� coobligata 
in caso di scissione societaria ex art. 2506 quater c.c. . . . . . . . . 
Roberta Tortora, Assegnazione di rivendie di generi di monopolio: concorsi 
riservati alle categorie espressamente contemplate dalla legge. . . 
Salvatore Messineo, Sulla esperibilit� di una gara unica nazionale con 
procedura secretata per la gestione del servizio di intercettazioni telefoniche, 
telematiche ed ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina Russo, Sul patrocinio dell�Avvocatura dello Stato nel caso di conflitto 
di interessi tra Regioni ed enti autorizzati ex art. 43 R.D. 1611/33 
Dorian De Feis, In materia di adeguamento prezzi ai sensi dell�art. 115 
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Paolo Marchini, Competenza ente parco nazionale alla acquisizione gratuita 
dell�area di sedime conseguente all�inottemperaza dell�ordine di riduzione 
in pristino emesso dallo stesso ente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
Antonio Tallarida, La tracciabilit� dei flussi finanziari. Il limite dei mille 
euro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Francesco Spada, L�incidenza della giurisprudenza di merito sul sistema 
del lavoro flessibile nell�ambito della P.A.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Federico Maria Giuliani, Autotutela interna ed esterna nel contratto tra 
privato e pubblica amministrazione, anche con riferimento al riparto di 
giurisdizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Federico Maria Giuliani, Diritto, pensiero, ed interruzione del sentiero 
Giulio Luciani, Riflessi applicativi della confisca per equivalente nei reati 
tributari: un istituto ancora in via di definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
RECENSIONI 
Maria Vittoria Lumetti, Processo amministrativo e tutela cautelare. Studi 
di diritto processuale amministrativo, Collana diretta da Eugenio Picozza 
e Bruno Sassani, CEDAM 2012. Presentazione di Ignazio Francesco Caramazza. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Michele Gerardo, Adolfo Mutarelli, Il processo nelle controversie di lavoro 
pubblico, Giuffr� Editore 2012. Recensione di Maurizio Borgo . . . 
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EDITORIALE 
Il 30 settembre 2012 l�avv. Ignazio F. Caramazza, ha lasciato, per raggiunti 
limiti di et�, la carica di Avvocato Generale dello Stato, alla quale era 
stato chiamato dal Governo il 1� marzo 2010 (*). 
Chi sfoglia, magari anche solo sul web, la collezione della �Rassegna Avvocatura 
dello Stato�, trova, a partire dal 1965, un riferimento costante ad articoli, 
studi, interventi ed, in generale, a scritti dell�avv. Ignazio F. Caramazza: 
dalle prime esperienze di commento sul codice penale ai grandi temi sulla storia 
e sull�evoluzione del diritto costituzionale ed amministrativo, fino ad un 
intero volume della Rassegna dedicato al conflitto di attribuzione con la Procura 
della Repubblica di Milano sul caso Abu Omar a lui affidato per la difesa. 
Oltre alla continuit� dell�impegno di studio e riflessione, messo in tanti 
anni a disposizione dei colleghi dell�Avvocatura, in questa lunga carrellata di 
scritti colpisce - per quanti hanno avuto occasione di conoscerlo nella concreta 
attivit� d�Istituto - la profonda interazione che si coglie tra la rigorosa qualit� 
scientifica, l�eleganza nell�argomentare e la solidit� delle tesi con il modo razionale 
e concludente di svolgere dall�altra parte il lavoro professionale e gli 
impegni istituzionali: al Ministero degli Interni, a tre lustri di distanza, ancora 
ricordano con apprezzamento il suo razionale e proficuo impegno come sottosegretario 
nel Governo Dini. 
La stessa recente decisione (molto apprezzata) di mantenere in vita, nella 
situazione di gravi difficolt� economiche di questi anni, anche l�edizione a 
stampa della �Rassegna Avvocatura dello Stato� indica in realt� come, per 
(*) Da: Segreteria Segretario Generale [segreteria.generale@avvocaturastato.it] 
Inviato: marted� 9 ottobre 2012 11:00 
A: avvocati_tutti@avvocaturastato.it; amministrativi_tutti@avvocaturastato.it 
Oggetto: Nomina dell�Avvocato Generale 
Con decreto del Presidente della Repubblica in data 8 ottobre 2012 l'Avvocato Michele Dipace � 
stato nominato Avvocato Generale. 
Vivissime congratulazioni all'illustre Collega ed i pi� fervidi auguri al nuovo Avvocato Generale. 
IL SEGRETARIO GENERALE
2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Ignazio Caramazza, non fosse concepibile la continuit� nella sua attivit� professionale 
ed istituzionale senza un correlato riferimento al rigore logico che 
la redazione di scritti da pubblicare (e da leggere con l�attenzione che si dedica 
�alla carta�) necessariamente impongono. 
In questo contesto la sua esperienza di avvocato dello Stato, e poi di Avvocato 
Generale, pu� quindi essere letta, per essere compresa nei suoi tratti distintivi, 
nella chiave elitaria della cultura giuridica, dell�argomentare accurato 
ed attento alle prassi e delle scelte sue tutte, anche quelle eventualmente non 
condivise, fondate comunque su un ragionare lucido, puntuale, �scientifico�. 
Le esperienze svolte da Ignazio F. Caramazza nella commissione governativa 
sul procedimento amministrativo e sull�accesso (la legge n. 241 del �90) 
mostrano che l�idea guida � stata quella di appartenere ad un Istituto che, sin 
dall�origine e nel suo concreto operare, dovesse sempre conservare il suo modo 
di porsi all�esterno in maniera sobria, elegante ed efficace. 
Ci lascia cos� un�Avvocatura dello Stato integra nella salvaguardia dei 
suoi tradizionali valori istituzionali e nella sua abitudine alla qualit�, che, solo 
avendo mantenute ferme tali connotazioni, sar� forse in grado di adeguarsi ad 
un�Italia, oramai articolata al suo interno ed europea nelle sue scelte di fondo. 
Di questo e di tutto quanto hai inteso fare a servizio dell�Avvocatura dello 
Stato e delle Istituzioni, caro Ignazio, ti siamo grati. 
G.F.
EDITORIALE 3 
Elenco delle pubblicazioni di IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA in Rassegna: 
Le forche caudine dell�art. 5 del codice penale, 1965, I, 855. 
Mutata destinazione dei prodotti petroliferi e fraudolento procacciamento di buoni speciali, 
1966, I, 248. 
In tema di repressione penale dei danneggiamenti recati al patrimonio storico, artistico 
ed archeologico nazionale, 1966, I, 744. 
In tema di competenza per connessione, 1977, I, 289. 
L�Avvocatura Generale dello Stato e l�archivio del contenzioso delle amministrazioni 
pubbliche e delle consultazioni, 1978, II, 115. 
L�istruttoria nel processo amministrativo: brevi note ai margini di un progetto di riforma, 
1980, II, 39. 
L�equo canone nella locazione di immobili urbani: natura dei compiti dell�ISTAT; giudice 
competente nelle relative controversie, �anno precedente� cui riferire la valutazione, 
1981, I, 736. 
Il congresso di Messina del 3-8 novembre 1981, 1981, II, 27. 
In tema di responsabilit� civile per fatto del giudice, 1982, I, 297. 
Depenalizzazione e decriminalizzazione nel diritto comparato, 1982, II, 125. 
Banche dei dati e privacy del cittadino: il sistema svedese, 1983, II, 13. 
L�accesso dei cittadini ai documenti della pubblica amministrazione, 1984, II, 141. 
La prova nel processo amministrativo, 1985, II, 87 (*). 
Le misure cautelari nel processo amministrativo, 1986, II, 87 (*). 
Interesse legittimo e procedimento, 1988, II, 1 (*). 
Il �diritto civile e politico� del cittadino nella cognizione dell�autorit� giudiziaria ordinaria: 
ipotesi di genesi storica dell�interesse legittimo, 1988, II, 83 (*). 
L�atto amministrativo illegittimo e la dottrina dell��ultra vires�, 1989, I, 354. 
Avvocatura dello Stato e giustizia amministrativa, 1989, II, 1 (*). 
La giurisdizione amministrativa (100 anni dopo l�istituzione della IV sezione del Consiglio 
di Stato), 1990, II, 1 (*). 
L�avvocato del processo amministrativo, 1990, II, 11 (*). 
Il processo amministrativo nella sua evoluzione storica, 1990, II, 57 (*) . 
La nuova disciplina degli stupefacnti al vaglio della Corte Costituzionale, 1991, I, 199 (*). 
L�attivit� della SIAE nella gestione economica dei diritti d�autore, 1991, I, 393 (*). 
Concessione di committenza e giurisdizione, 1991, I, 459 (*). 
Appunti sulla tutela cautelare nel processo amministrativo, 1992, II, 1 (*). 
Problemi attuativi della legge numero 241/90, 1993, II, 1 (*). 
L�unicit� della giurisdizione: un mito ricorrente, 1993, II, 89. 
Effettivit� della tutela: ottemperanza, 1994, II, 93 (*). 
Da una amministrazione senza giudice verso una giustizia senza amministrazione?, 1997, II, 3. 
Il segreto di Stato, 1998, I, 23. 
Brevi note sull�incidente di costituzionalit� nella fase cautelare, 1998, I, 255. 
L�informe creatura cambia ancora volto, 1999, II, 87. 
Equiordinazione dei poteri nei conflitti dinanzi alla Corte, 2000, I, 25. 
Epilogo di un conflitto tra potere politico e potere giudiziario in tema di segreto di Stato, 
2000, I, 39. 
In ricordo di Massimo Severo Giannini, 2001, I, 18.
4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Risarcimento del danno e giudizio amministrativo, 2001, I, 30. 
I limiti costituzionali della giurisdizione esclusiva, 2001, II, 26. 
Pubblica Amministrazione e tutela del cittadino, 2002, I, 319. 
Incidente di costituzionalit� e giurisdizione in sede di giudizio cautelare amministrativo. 
Un dialogo difficile tra complessit� e incomprensioni, 2003, I, 220. 
Il principio �simul stabunt, simul cadent� nello statuto regionale sicialiano, 2003, III, 145. 
Limiti all�irresponsabilit� del Presidente della Repubblica, 2004, II, 547. 
Le nuove frontiere della giurisdizione amministrativa (dopo la sentenza della Corte Costituzionale 
6 luglio 2004 n. 204), 2004, III, 741. 
Federalismo e autonomie locali, 2004, IV, 1041. 
Intervento per l�assegnazione del Premio Antonio Sorrentino 2005, 2005, I, VII. 
Funzione pubblica e giurisdizione, 2005, III, 280. 
Cenni storici, funzioni ed organizzazione dell�Avvocatura dello Stato: relazione all�incontro 
tenutosi il 1� marzo 2006 a Rabat (Marocco), 2006, I, 10 (*). 
Concessione della grazia, conflitto tra poteri dello Stato, 2006, I, 109. 
Prime evoluzioni della giustizia amministrativa: contributi dell�Avvocatura erariale, 
2007, III, 5 (*). 
Il segreto di Stato: atto III. Con la risoluzione dei sei conflitti di attribuzione la Corte 
costituzionale completa la relativa disciplina, 2009, I, 13. 
Discorso di insediamento dell�Avvocato Generale Ignazio Francesco Caramazza. Roma, 
14 ottobre 2012, Sala Vanvitelli, Palazzo S. Agostino, 2010, IV, 6. 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato avv. Ignazio Francesco Caramazza in 
occasione della cerimonia di inaugurazione dell�anno giudiziario 2011, 2011, I, 1. 
Audizione dell�Avvocato Generale davanti alla Commissione giustizia della Camera. 
Legge 117/88, 2011, I, 7. 
Conferimento del dottorato in legge �honoris causa� all�Avvocato Generale dello Stato. 
Loyola University di Chicago, 21 maggio 2011, 2011, II, 1. 
Conferimento del Premio Aldo Sandulli 2011 all�Avvocato Generale dello Stato. Motivazione 
del premio e testo del ringraziamento, 2011, IV, 1. 
�Lectio magistralis� dell�avv. Ignazio Francesco Caramazza: �La difesa dello Stato in 
giudizio e la soluzione italiana�. Introduce il dott. Gianni Letta. Roma, Universit� Luiss 
�Guido Carli�, Sala delle Colonne, 2012, I, 1. 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato in occasione della cerimonia di inaugurazione 
dell�anno giudiziario 2012, 2012, I, 32. 
Potere giudiziario e diritto europeo, 2012, I, 63 (*). 
Il patrocinio dello Stato italiano dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell�Uomo di 
Strasburgo. Attivit� svolte e considerazioni generali, 2012, II, 7. 
Europa: l�unico continente che ha un contenuto, 2012, II, 39.
EDITORIALE 5 
(*) Coautori degli articoli contrassegnati da asterisco: 
MARIA LETIZIA GUIDA, La prova nel processo amministrativo, 1985, II, 87. 
GABRIELLAMANGIA, Le misure cautelari nel processo amministrativo, 1986, II, 87. 
FRANCESCO SCLAFANI, Interesse legittimo e procedimento, 1988, II, 1. 
FRANCESCA QUADRI, Il �diritto civile e politico� del cittadino nella cognizione dell�autorit� 
giudiziaria ordinaria: ipotesi di genesi storica dell�interesse legittimo, 1988, II, 83. 
RUGGERO DI MARTINO, Avvocatura dello Stato e giustizia amministrativa, 1989, II, 1. 
PAOLO GENTILI, La giurisdizione amministrativa (100 anni dopo l��istituzione della IV sezione 
del Consiglio di Stato), 1990, II, 1. 
MARIA LUISA SPINA, L�avvocato del processo amministrativo, 1990, II, 11. 
GIANNAMARIA DE SOCIO, Il processo amministrativo nella sua evoluzione storica, 1990, II, 57. 
FRANCESCO SCLAFANI, La nuova disciplina degli stupefacenti al vaglio della Corte Costituzionale, 
1991, I, 199. 
GABRIELLA PALMIERI, L�attivit� della SIAE nella gestione economica dei diritti d�autore, 
1991, I, 393. 
GIANNAMARIA DE SOCIO, Concessione di committenza e giurisdizione, 1991, I, 459. 
FEDERICO BASILICA, Appunti sulla tutela cautelare nel processo amministrativo, 1992, II, 1. 
PAOLA PALMIERI, Problemi attuativi della legge numero 241/90, 1993, II, 1. 
MARINA RUSSO, Effettivit� della tutela: ottemperanza, 1994, II, 93. 
WALLY FERRANTE, Cenni storici, funzioni ed organizzzazione dell�Avvocatura dello Stato: relazione 
all�incontro tenutosi il 1� marzo 2006 a Rabat (Marocco), 2006, I, 10. 
EMANUELA RUSSIANI, Prime evoluzioni della giustizia amministrativa: contributi dell�Avvocatura 
erariale, 2007, III, 5. 
WALLY FERRANTE, Potere giudiziario e diritto europeo, 2012, I, 63.
TEMI ISTITUZIONALI 
Il patrocinio dello Stato italiano dinanzi alla Corte Europea dei 
Diritti dell�Uomo di Strasburgo: attivit� svolte e considerazioni 
generali (*) 
A cura di Ignazio Francesco Caramazza 
Avvocato Generale dello Stato 
1. Nelle precedenti relazioni al Parlamento presentate dalla Presidenza 
del Consiglio per il contenzioso dinanzi alla Corte di Strasburgo � stata sempre 
sottolineata la rilevanza del patrocinio dello Stato italiano da parte dell�Avvocatura 
Generale dello Stato e l�attenzione che l�Istituto ha prestato a questo 
delicato profilo della sua attivit� istituzionale. 
Attenzione ed interesse che sono state manifestate anche al Presidente 
della Corte nel corso dell�incontro che una delegazione dell�Avvocatura, ha 
avuto a Strasburgo nel settembre del 2011. 
Nel corso dell�incontro sono stati illustrati, da un lato, i profili tecnici 
della Difesa dello Stato in giudizio, con la partecipazione dell�Avvocato dello 
Stato alle discussioni dinanzi alla Grande Chambre in collaborazione con il 
co-Agente presso la Rappresentanza permanente e, dall�altro lato, le funzioni 
propositive e consultive dell�Avvocatura Generale dello Stato in supporto alle 
iniziative della Presidenza del Consiglio per la definizione dei regolamenti 
amichevoli (citiamo un esempio per tutti, l�esecuzione della sentenza con la 
quale la Corte europea dei diritti dell�uomo aveva sanzionato l�ingiustificata 
disparit� di trattamento subita dai talassemici o eredi di talassemici rispetto 
(*) Costituisce il presente scritto l�intervento dell�avv. Caramazza all�incontro di studio sul tema �Il 
sistema europeo di protezione dei diritti umani� che si � svolto il 23 luglio 2012 presso la Nuova 
Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione della presentazione 
al Parlamento della Relazione sull�esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell�uomo 
nei confronti dell�Italia per l�anno 2011, redatta ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12.
8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
agli emofiliaci o eredi di emofiliaci. In tale problematica, l�Avvocatura Generale 
ha reso parere sulle iniziative legislative ed amministrative assunte dal 
Ministero della Salute e sul conseguente regolamento amichevole da concludere 
con gli interessati e ritenuto soddisfacente dalla Corte, con la sentenza 
del 15 marzo 2011). 
� stato anche illustrato al Presidente il ruolo dell�Avvocatura in supporto 
all�attivit� di esecuzione delle sentenze CEDU, con attenzione prioritaria ai 
profili strutturali delle violazioni riscontrate dalla Corte e conseguente adozione 
delle misure legislative e amministrative necessarie, oltre che al pagamento 
tempestivo delle indennit� risarcitorie liquidate alle parti (anche sotto 
questo profilo, citiamo un esempio concernente l�esecuzione della sentenza 
CEDU sul caso Sud Fondi ed altri, noto anche come caso Punta Perotti, ove 
l�Avvocatura ha dato impulso ai giudizi dinanzi al giudice nazionale penale al 
fine di far revocare la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e ritenuta illegittima 
dalla Corte, con conseguente restituzione ai proprietari e contenimento 
del risarcimento a questi dovuto). 
Con i vertici della Corte e della Cancelleria, inoltre, sono stati affrontati 
i temi �sensibili� del contenzioso che coinvolge l�Italia dinanzi alla CEDU: 
in primo luogo, durata dei processi e �legge Pinto�, con spiegazione del programma 
di riforma che ora ha trovato attuazione soprattutto nel decreto legge 
recante misure urgenti per la crescita del Paese, decreto legge 22 giugno 2012, 
n. 83, art. 55 che ha semplificato la procedura di liquidazione dell�indennizzo, 
sia nelle disposizioni sull�organizzazione dell�attivit� giudiziaria, quale il decreto-
legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modifiche dalla legge 15 luglio 
2011, n. 111, che, all�articolo 37, ha introdotto l�obbligo per i capi degli uffici 
giudiziari di redigere annualmente un programma per la gestione dei procedimenti 
civili pendenti, determinando sia gli obiettivi di riduzione della durata 
dei procedimenti concretamente raggiungibili nell'anno in corso sia gli obiettivi 
di rendimento dell'ufficio. 
In secondo luogo, � stata affrontata la situazione nelle carceri italiane, con 
illustrazione degli interventi programmati e in atto (nell�ambito del �piano carceri� 
quanto alla costruzione e ristrutturazione di immobili destinati al tal fine, 
nonch� sul piano normativo, secondo le disposizioni ufficializzate con il decreto 
legge c.d. �svuota carceri� n. 211 del 2011 - Interventi urgenti per il contrasto 
della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri - convertito 
in legge 17 febbraio 2012, n. 9); ancora, a proposito dell�espulsione dei 
terroristi verso i Paesi di origine, sono state date assicurazioni sugli adeguamenti 
alle indicazioni della Corte che le Autorit� di Sicurezza hanno impartito agli 
uffici incaricati di eseguire i provvedimenti di espulsione; infine, sull�indennizzo 
per le espropriazioni indirette, � stata data informazione circa l�adeguamento 
della legislazione nazionale alle sentenze della Corte (v. nuovo articolo 
42-bis d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327, inserito con d.l. 6 luglio 2011 n. 98).
TEMI ISTITUZIONALI 9 
2. Anche nel corso dell�anno 2011 l�Avvocatura dello Stato ha assistito 
la Presidenza del Consiglio e le Amministrazioni statali che ne hanno fatto richiesta 
nel contenzioso sui diritti dell�uomo. 
Come gi� in occasione dei noti contenziosi concernenti la determinazione 
dell�indennit� di esproprio (caso Guiso-Gallisay), la esposizione del crocifisso 
nelle scuole (caso Lautsi), le conseguenze delle attivit� di polizia e di ordine 
pubblico nel corso dei disordini di Genova in occasione del G-8 (caso Giuliani), 
contenziosi nei quali un Avvocato dello Stato ha partecipato alla discussione 
dinanzi alla Grande Chambre unitamente al co-agente in servizio presso 
la Rappresentanza permanente d�Italia (per i dettagli delle cause e le sentenze 
si veda la Relazione), anche per i contenziosi relativi ai respingimenti in mare 
dei profughi, alla concessione delle frequenze radio-televisive, all�inquadramento 
nei ruoli statali del personale tecnico della scuola, l�Avvocatura dello 
Stato ha prestato la sua assistenza e patrocinio. 
In particolare, nel caso Hirsi ed altri, l�Avvocatura ha partecipato all�udienza 
dinanzi alla Grande Chambre per la difesa dell�intervento della marina 
militare italiana che aveva bloccato in mare imbarcazioni provenienti dalla 
Libia e riportato nella localit� di provenienza i profughi in esecuzione dell�accordo 
bilaterale poco prima sottoscritto fra l�Italia e la Libia per affrontare il 
fenomeno dell�immigrazione irregolare in Italia di provenienza libica; nell�occasione, 
l�Italia ha rivendicato il dovere di tutelare i confini meridionali dell�Unione 
europea e gli obblighi gravanti sul nostro Paese per la salvaguardia 
delle dette frontiere ed il rispetto delle strategie assunte dall�Unione, con il sistema 
Frontex, nel senso - appunto - della promozione della stipulazione di 
accordi bilaterali con i Paesi terzi e prossimi alle frontiere; in questo caso, il 
giudizio della Corte di Strasburgo sulla qualifica di �luogo [non] sicuro� della 
Libia quale destinazione dei profughi respinti non ha coinciso con la valutazione 
dell�Italia quale Paese di frontiera dell�UE e firmatario di una convenzione 
bilaterale promossa - come gi� detto - dalle politiche comunitarie e nel 
rispetto dei principi guida dettati dall�Unione Europea in materia di immigrazione 
e asilo; si veda, in particolare, il Patto europeo sull�immigrazione e 
l�asilo, nel testo n. 13440/08 del 24 settembre 2008, elaborato dal Consiglio 
dell�Unione Europea, il quale prevede, fra l�altro: - una limitazione dei flussi 
migratori perch� �l�Unione europea non dispone dei mezzi per accogliere degnamente 
tutti i migranti� e la conseguente necessit� di una loro regolamentazione; 
- la necessit� di �combattere l�immigrazione clandestina, in 
particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine o in un paese di 
transito degli stranieri in posizione irregolare�; - il rafforzamento dell�efficacia 
dei controlli alle frontiere; - la creazione di �un partenariato globale 
con i paesi di origine e di transito�. La condanna al risarcimento nei confronti 
dei profughi da parte della Corte non sminuisce la doverosit� della difesa degli 
obblighi derivanti per il nostro Paese dall�appartenenza all�Unione europea
10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dinanzi a qualunque Autorit� Giudiziaria e di tale obbligo si � fatto carico 
l�Avvocatura dello Stato dinanzi alla Corte di Strasburgo. 
Il caso Centro Europa 7 riguarda l�assegnazione delle frequenze per le 
trasmissioni televisive a cavallo dei due sistemi, analogico e digitale, nonch� 
la corretta applicazione della legge n. 249 del 1997 e del decreto-legge n. 5 
del 2001, convertito dalla legge n. 66 del 2001, con regolamento attuativo 
dell�Autorit� garante del 15 novembre 2001 n. 435; la parte ricorrente aveva 
adito la Corte di Strasburgo dopo aver ricevuto a livello nazionale, a seguito 
delle pronunce intervenute sia dalla Corte di Giustizia CE che del Consiglio 
di Stato, un risarcimento ritenuto insufficiente e che pretendeva in misura di 
gran lunga superiore per la violazione di alcune disposizioni della Convenzione; 
l�Avvocatura dello Stato, dopo aver seguito il contenzioso sia in sede 
nazionale che in sede comunitaria, ha partecipato anche alla discussione dinanzi 
alla Grande Chambre, confermando la linea difensiva gi� seguita, riuscendo 
a contenere l�entit� del risarcimento richiesto e ad evitare censure sul 
sistema nazionale della assegnazione delle frequenze. 
Nel contenzioso concernente il personale ATA, la questione sottoposta 
all�esame della Corte dei diritti dell�uomo concerneva i diritti patrimoniali rivendicati 
dal personale con funzioni di assistenti/responsabili amministrativi, 
collaboratori, assistenti tecnici nelle scuole (personale ATA) transitato dagli 
enti locali all�impiego statale; all�atto dell�inquadramento di detto personale 
nei ruoli del Ministero della Pubblica Istruzione, non venne riconosciuta l�anzianit� 
maturata presso gli enti di provenienza e, quindi, a dire dei ricorrenti, 
il loro trattamento economico risult� inferiore a quello degli impiegati ministeriali 
con funzioni uguali o similari. Anche questo contenzioso � stato seguito 
dall�Avvocatura dello Stato in tutte le sedi giudiziarie, nazionali (giudici di 
merito, Cassazione e Corte costituzionale) e comunitarie (Corte di Giustizia); 
per questa ragione il Ministero competente ha affidato all�Avvocatura il patrocinio 
dinanzi alla Corte di Strasburgo; tuttavia, dopo la sfavorevole sentenza 
della sezione semplice non � stata ammessa la fase dinanzi alla Grande Chambre 
con rigetto dell�istanza presentata, nonostante l�estrema delicatezza della 
questione: in vero, la sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo costituisce un 
caso emblematico dei problemi di coordinamento che possono sorgere fra le 
pronunzie della Corte dei diritti dell�uomo, della Corte costituzionale nazionale 
e della Corte di Giustizia UE; problemi che non sono nuovi nel panorama giurisprudenziale 
incrociato ma che, in questa circostanza e in questo momento, 
vengono in evidenza in termini molto concreti e suscitano notevoli perplessit�, 
anche sotto il profilo dell�esecuzione delle contrastanti pronunzie. 
L�Avvocatura dello Stato dovr�, quindi, intervenire nel seguito del contenzioso, 
in primo luogo dando parere all�Amministrazione in sede di esecuzione 
della pronunzia, atteso che i giudici e i funzionari amministrativi 
nazionali non sono autorizzati a disapplicare direttamente norme nazionali in
TEMI ISTITUZIONALI 11 
supposto contrasto con i principi CEDU ma devono rimettere la questione alla 
Corte Costituzionale (che, come pi� in dettaglio riferito nella Relazione, aveva 
giudicato legittima la norma interpretativa censurata da Strasburgo), con la 
conseguenza che la sentenza Agrati (e altre che dovessero seguire su casi analoghi: 
sono pendenti altri giudizi proposti dal personale ATA) non � direttamente 
eseguibile dalle Autorit� amministrative n� pu� essere oggetto di 
esecuzione forzata dinanzi all�A.G. (che dovrebbe - come sopra detto - nuovamente 
rimettere la questione di legittimit� della norma di riferimento alla 
Corte Costituzionale), senza un preventivo intervento del Legislatore (in modifica 
dell�art. 8 legge 124/1999, come interpretato dall�art. 1, comma 18, 
legge 266/2005); ma il Legislatore nazionale � soggetto alle decisioni della 
Corte di Strasburgo nella valutazione e determinazione delle politiche socioeconomiche 
dello Stato? e quale linea deve adottare in presenza di una decisione 
(questa s�, vincolante) della Corte di Giustizia UE che (come nella 
specie) lascia il giusto margine all�esercizio delle competenze istituzionali da 
parte degli Organi legislativi e di governo degli Stati? 
Confidiamo di poter riproporre alla Corte dei diritti dell�uomo le problematiche 
sopra appena accennate in occasione della discussione degli altri casi 
simili che saranno prossimamente chiamati in discussione a Strasburgo, dinanzi 
alle sezioni o dinanzi alla Grande Chambre. 
3. Un altro piano di intervento dell�Avvocatura dello Stato concerne l�attuazione 
del diritto di rivalsa azionato dallo Stato nei confronti degli enti locali 
e degli altri soggetti responsabili delle violazioni dei diritti umani accertate 
dalla Corte. 
Come � stato riferito nella Relazione, le azioni di rivalsa poste in atto ai 
sensi dell�articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005 hanno incontrato un atteggiamento 
ostativo da parte degli enti obbligati (nello specifico, enti territoriali) 
al raggiungimento di intese sulle modalit� e sui termini di pagamento 
per il recupero dei crediti vantati dallo Stato, in esecuzione delle sentenze di 
condanna della Corte di Strasburgo, con conseguente impugnazione dinanzi 
alle competenti Autorit� Giudiziarie dei provvedimenti adottati dalla Presidenza 
del Consiglio. 
L�Avvocatura dello Stato sta difendendo la Presidenza in queste azioni giudiziarie, 
non senza consigliare l�adozione di opportune modifiche alla normativa 
in vigore al fine di consentire un�indagine sulla responsabilit� dell�obbligato e, 
quindi, una trattativa sull�entit� del risarcimento dovuto (allo stato, di gran parte 
dei provvedimenti impugnati � stata sospesa l�esecutivit� dai Tribunali amministrativi 
aditi e si � in attesa delle discussioni del merito dei ricorsi). 
4. Questo rapido escursus sulla presenza dell�Avvocatura dello Stato nella 
gestione del contenzioso connesso al rispetto della Convenzione dei diritti
12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dell�uomo non pu� trascurare un accenno alla quotidiana attivit� istituzionale 
dell�Avvocatura che, nel corso dei giudizi dinanzi alle Autorit� Giudiziarie 
nazionali, in tutti i livelli, come nelle consultazioni rese alle Amministrazioni 
pubbliche affronta i casi in discussione ed impronta la sua attivit� istituzionale 
con attenzione al rispetto dei diritti umani, anticipando dinanzi alle Autorit� 
Giudiziarie ed agli Uffici Amministrativi nazionali la relativa problematica, 
secondo l�auspicio pi� volte formulato dai Presidenti della Corte di Strasburgo 
e la funzione sussidiaria della stessa. 
5. Da ultimo siano consentite alcune considerazioni di carattere generale 
che traggono spunto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell�uomo 
e che portano a rilevare il ruolo fondamentale del Giudice nella societ� 
contemporanea e, pi� in generale, il fenomeno di prepotente crescita del potere 
giudiziario nell�et� della globalizzazione. 
Si tratta di un fenomeno evidente sia a livello nazionale, sia a livello di 
ordinamenti sovranazionale ed internazionale. Oltre al livello nazionale e a 
quello internazionale, vi � come � noto una miriade di ordinamenti sovranazionali: 
ognuno di essi � dotato di Corti giudiziarie e di organismi quasi giudiziari 
e semi contenziosi. Sabino Cassese, nella sua recente monografia �I 
tribunali di Babele�, ne ha contati pi� di duemila. 
CՏ, quindi, questa pluralit� di ordinamenti giuridici senza che esista una 
norma superiore che ne regoli i rapporti, oggi disciplinati soltanto dal c.d. �dialogo 
tra le Corti�. Icasticamente si � detto che il diritto sta prendendo il posto 
della politica. Quello che una volta, per la regolazione dei rapporti tra ordinamenti 
statali e superstatali, era compito delle spade degli eserciti e, in tempi 
�pi� leggiadri e men feroci�, delle feluche degli ambasciatori, oggi � compito 
delle toghe dei Giudici. L�area geopolitica in cui questo fenomeno � pi� evidente 
� l�Europa, continente nel quale il Giudice nazionale � chiamato quotidianamente 
a confrontarsi con l�ordinamento dell�Unione europea e con 
l�ordinamento della CEDU. 
Vorrei, quindi, tratteggiare la conquistata primazia del diritto giurisprudenziale 
sia a livello di Stato nazionale, sia a livello di integrazione di ordinamenti 
nazionali ed ordinamenti sovranazionali. 
Parto dall�osservazione che l�equilibrio tra i tre poteri tradizionali dello 
Stato - legislativo, esecutivo e giudiziario - non � fisso, ma � mobile, in relazione 
al variare del loro corso rispettivo, e questa mobilit� � in sintonia con le grandi 
crisi di trasformazione della societ� e dello Stato, crisi intercorse da quando i tre 
poteri emersero dall�indistinto potere detenuto dalle mani del sovrano assoluto. 
La prima grande crisi di trasformazione � nata dalla rivoluzione francese, 
matrice dello Stato liberal-borghese e dalla quale nasce egemone il potere legislativo, 
come si addice all�epoca delle grandi codificazioni. Il potere esecutivo, 
fortissimo nella sostanza, aveva per� un campo d�azione limitato. Alla
TEMI ISTITUZIONALI 13 
sua nascita, lo Stato liberal-borghese era una sorta di Stato �carabiniere�, che 
aveva il compito di difendere le frontiere all�esterno e l�ordine pubblico all�interno. 
Il potere giudiziario era, infine, figlio di un Dio minore. 
Bisogna aspettare il 1872 in Francia e il 1889 in Italia, perch� il Giudice 
amministrativo potesse cominciare a sindacare l�operato dell�amministrazione: 
dalla rivoluzione francese nasce, infatti, una pubblica amministrazione praticamente 
sottratta al sindacato giurisdizionale. 
Tutto cambia con la seconda grande crisi di trasformazione, che si verifica 
grosso modo a cavallo tra le due Guerre mondiali del secolo scorso, in cui allo 
Stato liberal-borghese succede lo Stato sociale, o, per dirla con terminologia 
gianniniana, lo Stato pluriclasse. Il potere esecutivo abbandona le dimesse vesti 
di guardiano notturno, comincia ad occuparsi di edilizia, di lavori pubblici, di 
credito, di risparmio, di assicurazioni, di imprese: il potere esecutivo dilaga. 
Non � un caso che, tra le due Grandi Guerre del secolo scorso, abbiano preso 
piede le pi� efficienti e feroci dittature che la Storia ricordi. Il potere legislativo 
arretra. Il potere giudiziario cresce modestamente, cominciando a esercitare un 
sempre meno timido sindacato sull�attivit� della pubblica amministrazione. 
Le cose cambiano ancora con la terza grande crisi, che vede la successione 
allo Stato sociale dello Stato di giurisdizione. Stato cos� chiamato perch� 
l�aumentato rischio di conflitti tra amministrazione e cittadino, l�acuita coscienza 
delle esigenza partecipative, l�ampliamento della possibilit� di ricorso 
al Giudice a pi� strati sociali per il generale miglioramento del tenore di vita, 
hanno portato alla ricerca di nuovi strumenti atti a garantire la legalit�. 
Va sottolineato in proposito l�aumento dei poteri del Giudice nel sindacare 
la legittimit� dell�operato della amministrazione. Questo sia negli ordinamenti 
di common law, attraverso l�affinamento dello strumento dell�ultra vires, sia 
nei Paesi a giustizia amministrativa come la Francia, l�Italia e la Germania, in 
cui il Giudice amministrativo conquista strumenti istruttori, cautelari e decisori 
sempre pi� importanti e che sempre pi� avvicinano il suo potere giurisdizionale 
a quello spettante al Giudice civile. 
Su questa linea di tendenza, quasi marea montante a livello planetario, si 
� innestata poi, in Italia, agli inizi degli anni �90, l�onda anomala di un potere 
giudiziario che ha decapitato una classe politica, determinando il passaggio 
dalla Prima alla Seconda Repubblica, a seguito di quella che � stata definita 
�la rivoluzione dei Giudici�. 
Ma veniamo all�ultima grande crisi di trasformazione, che stiamo ancora 
vivendo e che ha determinato il passaggio dallo Stato di giurisdizione a quello 
che � stato suggestivamente definito come �Stato minimo�, caratterizzato da 
una fuga dall�autorit� e verso il privato, ma che contraddittoriamente, ha determinato, 
quanto meno in Italia, un enorme ampliamento dei poteri del giudice 
amministrativo, divenuto giudice degli atti delle Autorit� indipendenti e 
quindi competente a decidere in quel cruciale settore che � il diritto pubblico
14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dell�economia e che ha acquistato nel passaggio del millennio anche quel formidabile 
strumento di controllo sociale che � la tutela risarcitoria. Tutela che 
gli era stata sempre negata in passato, anche quando giudicava sui diritti soggettivi, 
e che � stata invece estesa anche agli interessi legittimi. 
Parlando, ancora, del �dialogo tra le Corti� come metodo di regolazione 
delle pluralit� degli ordinamenti, noter� come esso si ispiri a due principi fondamentali: 
uno � il rispetto dell�una Corte nei confronti dell�altra; l�altro � 
l�autolimitazione, o self restraint. Vi � quindi un diritto giurisprudenziale che 
determina questa regolazione: formuler� alcuni esempi in merito. 
Primo esempio, il Caso Handyside: la Corte EDU, nel regolare i rapporti 
tra la CEDU e gli Stati aderenti, adotta la dottrina del margine di apprezzamento 
nei confronti del diritto interno dello Stato, in relazione a quelle che 
sono le peculiarit� di ciascun ordinamento, ferma restando, naturalmente, la 
possibilit� della Corte di sindacare la proporzionalit� tra misure adottate e finalit� 
perseguite. 
Secondo esempio, il Caso Bosphorus: la Corte EDU offre un omaggio 
alla Corte di Giustizia affermando che, laddove sia stata riscontrata una conformit� 
della fattispecie al diritto dell�Unione, si ritiene che quella fattispecie 
sia stata regolata anche in conformit� col diritto CEDU in virt� del principio 
dell�equivalenza delle garanzie. 
Terzo esempio, l�atteggiamento della Corte costituzionale italiana, in 
parte seguita anche da quella polacca e da quella spagnola, nei confronti dell�ordinamento 
dell�Unione europea, quando pone come controlimite solo la 
violazione dei principi fondamentali della Costituzione, aggiungendo per� veramente 
�un fiore� offerto al diritto europeo quando, nella prima sentenza in 
cui afferma questo principio - la n. 232 del 1989 - precisa che trattasi di affermazione 
di puro stile, in quanto � impensabile che una norma di diritto europeo 
possa contrastare con i principi fondamentali della Costituzione italiana. 
Ancora, nel Caso Kadi, la Corte di Giustizia ha affermato la primazia 
dell�ordine giuridico globale rappresentato dalle Nazioni Unite. 
Vorrei citare un ultimo caso, relativo ad una sentenza recentissima del 
Tribunale di Firenze (sent. 14 marzo 2012), in cui il Tribunale ha ritenuto che 
il giudicato interno, formato da una decisione delle Sezioni unite della Cassazione 
adottata in seguito a regolamento preventivo di giurisdizione, fosse superato 
da una successiva sentenza della Corte internazionale di Giustizia 
dell�Aja. � il caso dell�erede di un ufficiale italiano deportato in Germania, 
torturato ed ucciso, che aveva fatto causa per danni alla Repubblica Federale 
di Germania dinanzi al giudice italiano. In sede di regolamento preventivo di 
giurisdizione, la Suprema Corte aveva affermato la giurisdizione del Giudice 
italiano, perch� in caso di violazione dei diritti umani, in caso di crimini di 
guerra, non vale il principio della esenzione dello Stato dalla giurisdizione per 
i fatti adottati iure imperii. La Corte internazionale dell�Aja, per�, andando in
TEMI ISTITUZIONALI 15 
diverso avviso, ha confermato il principio dell�esenzione della giurisdizione 
dello Stato tedesco da quella di un altro Stato, nella specie quello italiano anche 
nel caso di commissione di crimini di guerra. 
L�omologo contrario � avvenuto con la Bulgaria, da parte della Corte di 
Giustizia (Caso Elchinov) caso in cui il Giudice di rinvio bulgaro, dovendo 
applicare un principio di diritto elaborato dalla sua Corte suprema, che egli riteneva 
contrario al diritto europeo, aveva sollevato la questione pregiudiziale 
dinanzi alla Corte europea di Lussemburgo e la Corte ha deciso che bene aveva 
fatto e che, anzi, avrebbe potuto addirittura disapplicare il giudicato interno, 
affermando la vigenza della regola di diritto europeo. 
Questo, in linea generale per tutti gli ordinamenti. Per quanto riguarda in 
particolare l�ordinamento europeo, abbiamo qualcosa di pi� pregnante poich� 
si tratta di un ordinamento integrato in cui coesistono il pluralismo delle culture 
dei singoli ordinamenti e la protezione multilivello data dai due ordinamenti 
sovranazionali. Si � parlato, in proposito, di �triangolo virtuoso� e del 
Giudice nazionale come Giudice europeo decentrato. 
In considerazione di tutto quanto sin qui detto, sembra potersi osservare 
che il dialogo fra gli ordinamenti e la collaborazione fra le Corti segnano un movimento 
di ritorno nel moto pendolare della storia, determinando il formarsi di 
un �diritto globale� costituito da principi generali comuni, tendenzialmente applicati, 
sia pure con margini di apprezzamento, da tutte le Corti che fanno parte 
di una stessa civilt� giuridica, quali i principi di buona fede, di parit� di trattamento, 
di legalit�, di rispetto della dignit� umana, di rispetto dei patti conclusi. 
Sembra quindi delinearsi una rinascita del concetto di diritto come �scienza 
universale� comune a tutto il mondo civile, cos� come accadeva prima che, nel 
secolo decimonono, le codificazioni frantumassero in Europa lo �ius commune� 
basato sul diritto romano e sul diritto canonico in tante entit� nazionali. 
Come insegnava l�antico dottore �Multa renascentur quae iam cecidere�.
16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Avvocatura Generale dello Stato 
CIRCOLARE N. 25/2012 
Oggetto: Protocollo di intesa con l�Agenzia del Demanio. 
Si trasmette in allegato copia del protocollo di intesa sottoscritto dall�Avvocato Generale 
e dal Direttore dell�Agenzia del Demanio in data 10 aprile 2012.. 
L�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
PROTOCOLLO DI INTESA 
TRA L�AVVOCATURA DELLO STATO 
E L�AGENZIA DEL DEMANIO 
Visti gli artt. 57 e 65 del d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300, l'art. 1 del d.lgs. 3 luglio 2003 n. 173, 
gli artt. 43, 44 e 45 del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, lo Statuto dell'Agenzia del Demanio e il 
nuovo regolamento di amministrazione e contabilit� dell'Agenzia del Demanio deliberato dal 
Comitato di Gestione il 9 giugno 2010; 
Considerato che, ai sensi dell'art. 72 del d.lgs. n. 300/1999, l'Agenzia del Demanio pu� avvalersi 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 43 del r.d. n. 1611/1933; 
Visto il protocollo d'intesa del 21 giugno 2006, con il quale sono state disciplinate le modalit� 
di collaborazione tra l'Agenzia del Demanio e 1'Avvocatura dello Stato, al fine di assicurare 
nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici coinvolti ed un efficiente ed incisivo 
apporto consultivo dell'Avvocatura dello Stato, nonch� lo svolgimento del patrocinio della 
Agenzia del Demanio affidato alla stessa Avvocatura; 
Ravvisata la necessit� di aggiornare il predetto protocollo anche alla luce delle intervenute 
modifiche legislative; 
tra l'Agenzia del Demanio (nel prosieguo l'Agenzia), in persona del Direttore, Dott. Stefano 
Scalera e l'Avvocatura dello Stato (nel prosieguo l'Avvocatura), in persona dell'Avvocato Generale 
Ignazio Francesco Caramazza 
si conviene guanto segue 
I. ATTIVIT� CONSULTIVA 
1. L'Avvocatura provvede a rendere all'Agenzia le consultazioni e i pareri legali richiesti, in 
particolare in ordine all'interpretazione normativa ovvero alle determinazioni da assumere in 
relazione alle questioni di particolare complessit�. 
2. Allo scopo di razionalizzare gli interventi, l'Agenzia mediante la Struttura centrale competente 
coordina le richieste di pareri che involgono questioni interpretative di carattere generale. 
Peraltro, pareri relativi a questioni di rilievo solo locale od a specifiche fattispecie possono 
essere richiesti dalle Filiali dell'Agenzia alla competente Avvocatura Distrettuale. 
3. Considerato che l'efficacia dell'attivit� consultiva � direttamente correlata alla celere emissione 
dei pareri richiesti, l'Avvocatura corrisponde con tempestivit� ai quesiti che Ie vengono rivolti. 
Qualora l'Agenzia richieda, in via eccezionale, che il parere venga reso entro termini pi� brevi 
di quelli di legge, l'Avvocatura segnala prontamente l'eventuale impossibilit� di attenervisi.
TEMI ISTITUZIONALI 17 
4. L'Agenzia informa tempestivamente l'Avvocatura dei principali orientamenti dalla stessa 
assunti o che intende assumere, in particolare in ordine alla interpretazione di normativa di 
prima applicazione, al fine di acquisire eventuali suggerimenti e/o pareri, particolarmente 
nella prospettiva dei riflessi sulla gestione del contenzioso, potenziale o in atto. 
5. L'Avvocatura rende il parere sull'opportunit� e la convenienza di definire transattivamente 
le liti in relazione all'alea del giudizio; esprime inoltre il parere m linea legale sugli atti di 
transazione redatti dall'Agenzia ai sensi dell'art. 13 del r.d. 1611/1933. 
II. ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA IN GIUDIZIO 
1. L'Agenzia, attraverso le proprie strutture centrali e periferiche, inoltra all'Avvocatura le richieste 
di patrocinio con il pi� ampio margine rispetto alle scadenze e comunque non oltre il 
decimo giorno anteriore alla stessa fornendo una completa e documentata relazione in fatto e 
in diritto con riferimento alle specificit� di ciascuna controversia, anche in caso di giudizi seriali. 
Onde instaurare un canale di comunicazione, anche informale, immediato e diretto tra 
l'Avvocatura e l�Agenzia quest�ultima, all'atto della richiesta di patrocinio, precisa il nominativo 
del funzionario responsabile del procedimento, con le modalit� per la sua immediata reperibilit� 
(telefono, fax, e-mail); analogamente, l'Avvocatura provvede a segnalare alla 
struttura richiedente dell'Agenzia iI nominativo dell'Avvocato incaricato dell'affare ed i relativi 
recapiti (telefono, fax, e-mail). 
2. In caso di notifica di atti giudiziari presso 1'Avvocatura, quest'ultima provvede, entro dieci 
giorni, a informarne la competente struttura centrale o periferica dell'Agenzia, segnalando - 
ove individuato - il nominativo dell'Avvocato incaricato dell�affare e le modalit� di reperibilit�. 
L'Agenzia pu�, sotto la propria responsabilit�, esprimere tempestivamente il proprio orientamento 
nel senso della non convenienza della costituzione in giudizio. 
3. L'Avvocatura informa la struttura richiedente degli sviluppi delle controversie in corso dalla 
stessa curate, comunicando, ove possibile, il numero di R.G. assegnato alla causa e dando comunque 
pronta comunicazione dell�esito del giudizio con la trasmissione della copia della 
decisione. L'Avvocatura trasmette copia degli scritti defensionali redatti da essa e della parte 
avversa alla competente struttura dell'Agenzia, che pu� richiederli unicamente al fine di essere 
pi� compiutamente informata circa l'andamento della lite. In caso di pronuncia sfavorevole 
per 1'Agenzia suscettibile di gravame, l�Avvocatura rende parere in ordine alla impugnabilit� 
della stessa. 
4. L'Avvocatura favorisce l�uniformit� della trattazione degli affari consultivi e contenziosi 
anche secondo criteri di specializzazione, continuit� e stabilit� dei reciproci contatti. 
5. Qualora non condivida, per singole controversie, le richieste dell�Agenzia, l'Avvocatura 
comunica tempestivamente, previa se del caso acquisizione di supplementi istruttori, il proprio 
motivato avviso alla struttura richiedente. L'eventuale divergenza insorta tra il competente 
Ufficio dell'Avvocatura e l�Agenzia circa la condotta processuale da assumere in un giudizio, 
� risolta, sentito previamente, anche per le vie brevi, il Vice Avvocato Generale dello Stato 
competente, dal Direttore dell'Agenzia, ai sensi dell'art. 12, secondo comma, della legge 3 
aprile 1979, n. 103. 
6. L'Avvocatura d� notizia alla competente struttura periferica dell'Agenzia nonch� alla Struttura 
centrale competente anche delle controversie proposte soltanto nei confronti del Ministero 
dell'Economia e delle Finanze relative ai beni gestiti dall'Agenzia, e tiene conto di quanto 
dalla stessa eventualmente prospettato. Per tali controversie l'Agenzia fornisce 1a documentazione 
in suo possesso utile alla difesa del Ministero. Nelle predette controversie, l'Avvocatura
18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
si astiene dal chiamare in causa l�Agenzia, salvo che non sia ravvisabile una legittimazione 
processuale della stessa, conformemente a quanto previsto dalla Circolare dell'Avvocato Generale 
n. 35/2007. Inoltre, l'Avvocatura sente, quando opportuno, l'Agenzia nello svolgimento 
dell�attivit� consultiva nell'interesse del Ministero dell'Economia e delle Finanze relativa ai 
suddetti beni. 
7. Nel caso di conflitto di interessi tra l'Agenzia ed altri soggetti patrocinati dall'Avvocatura, 
pu� essere chiesto all'Avvocatura Generale di adoperarsi per comporre i1 conflitto. 
Qualora il conflitto di interessi permaga, l'Agenzia. pu� affidare il patrocinio ad avvocati del 
libero foro con motivata delibera del Direttore dell'Agenzia, sentito l'Avvocato Generale. 
Salve le ipotesi di conflitto, l�Agenzia pu� avvalersi dell'assistenza di avvocati del libero foro 
solo in casi eccezionali, previa apposita motivata delibera del Direttore dell'Agenzia a fronte 
di richiesta della struttura interessata che individui le peculiarit� della controversia, ai sensi 
dell'art. 43, quarto comma, del r.d. n. 1611/1933, sentito l'Avvocato Generale. 
8. L'Agenzia si avvale dell'Avvocatura anche nei procedimenti esecutivi, in quelli fallimentari 
e di volontaria giurisdizione. 
9. L'Agenzia si avvale del patrocinio dell'Avvocatura, salva l�ipotesi di conflitto di interessi, 
anche laddove intenda costituirsi parte civile in un processo penale previa autorizzazione di 
cui all'art. 1, quarto comma, l. 3 gennaio 1991 n. 3, ovvero quando sia chiamata a parteciparvi 
nella qualit� di responsabile civile. 
10. L'Avvocatura pu� assumere, ai sensi dell'art. 44 del r.d. n. 1612/1933, la difesa di dipendenti 
dell'Agenzia nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio, 
ferma restando la libert� degli stessi di farsi difendere da avvocati di loro fiducia. 
11. L'Avvocatura provvede al diretto recupero nei confronti delle contropartii delle competenze 
ed onorari di giudizio poste a loro carico per effetto di sentenza, ordinanza, rinuncia o transazione. 
In caso di giudizio conclusosi senza soccombenza per l'Agenzia, ove sia disposta la 
compensazione, totale o parziale, delle spese di giudizio, cos� come in caso di transazione 
dopo sentenza favorevole, trova applicazione il disposto dell�art. 21, commi terzo, quarto e 
quinto del r.d. n. 1611/1933, avendo riguardo alla natura, durata e complessit� della controversia 
e sulla base delle tariffe professionali applicabili. 
12. Per le cause che si svolgono davanti ad Autorit� giudiziarie aventi sede diversa da quella 
della competente Avvocatura, essa garantisce l'assistenza, salvo avvalersi per le funzioni procuratorie 
dei funzionari dell'Agenzia ai sensi dell'art. 2 del r.d. n. 1611/1933 o, in casi eccezionali, 
di avvocati del libero foro esercenti nel circondario dove si svolge il giudizio, scelti 
da un elenco predisposto dell'Agenzia previa procedura selettiva concorsuale. 
In tali casi, l'Avvocatura trasmette l'atto di delega alla competente struttura territoriale dell'Agenzia 
ovvero all�avvocato del libero foro designato. Resta inteso che nell'inoltrare la parcella presentata 
dall�avvocato corrispondente, l'Avvocatura si esprimer� in merito alla congruit�. 
III. ASSISTENZA E RAPPRESENTANZA NELLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA FINALIZZATA ALLA 
CONCILIAZIONE DELLE CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI AI SENSI DEL D.LGS. N. 
28/2010 
1. Nel procedimento di mediazione obbligatorio previsto dal d.lgs. 28/2010, avente ad oggetto 
le controversie riguardanti le materie di cui all'art. 5 del suddetto decreto legislativo, l�Agenzia 
si avvale del proprio personale, concordando - ove occorra - preventivamente con l'Avvocatura 
le linee defensionali da porre in essere a tutela dell'interesse erariale. Resta fermo il parere 
sulle transazioni a mente del precedente punto I, numero 5.
TEMI ISTITUZIONALI 19 
IV. GIUDIZI IN MATERIA DI LAVORO 
1. Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro e limitatamente al primo grado, l�Agenzia 
sta in giudizio avvalendosi direttamente dei propri dipendenti come previsto dall'art. 417 bis 
primo comma c.p.c. 
L' Avvocatura assicura comunque il patrocinio in primo grado nelle controversie in cui vengano 
in rilievo questioni di massima o particolarmente rilevanti in considerazione del valore 
economico o dei principi di diritto in discussione. 
In ogni caso resta fermo il patrocinio dell'Avvocatura nei giudizi di secondo grado. In caso d� 
difesa da parte dell'Agenzia, la stessa avr� cura di trasmettere all'Avvocatura competente la 
sentenza notificata, il fascicolo di primo grado e la richiesta di appello con ogni consentita 
sollecitudine e, comunque, non oltre quindici giorni prima della scadenza. 
Le sentenze pronunciate in grado di appello relativamente a controversie di lavoro, notificate 
presso l'Avvocatura Distrettuale, sono da quest'ultima trasmesse contemporaneamente, oltre 
che all'Avvocatura Generale, alla struttura dell'Agenzia parte del giudizio di appello, unitamente 
agli atti essenziali di cui l'Agenzia stessa non sia in possesso. 
2. Al fine di garantire 1'efficace tutela dell'Agenzia, l'Avvocatura presta la propria collaborazione 
alla formazione e all'agg�omamento costante del personale dipendente dall'Agenzia incaricato 
di svolgere l'attivit� defensionale in primo grado, anche mediante la promozione di 
corsi, seminari e conferenze. 
V. GIUDIZI DAVANTI ALLE COMMISSIONI TRIBUTARIE 
1. Davanti alle Commissioni Tributarie, l'Agenzia sta in giudizio a mezzo di propri funzionari. 
L'Avvocatura tuttavia, conformemente al parere reso con nota prot. 33272 in data 15.3.2007, 
assicura il proprio patrocinio nelle cause attive di valore superiore a quello indicato nell�art. 
12, comma 5 del D.Lgs. n. 546/92, nonch� per tutte quelle in grado di appello. L'Avvocatura 
assicura altres�, fin dal primo grado, il proprio patrocinio nei giudizi particolarmente rilevanti 
per valore economico o in considerazione dei principi di diritto in discussione. 
VI. RICORSI PER CASSAZIONE 
1. Le richieste di ricorso per Cassazione per le controversie che coinvolgono l'Agenzia vengono 
inviate all'Avvocatura Generale dalla Struttura centrale competente dell'Agenzia, entro 
trenta giorni dalla notifica della sentenza o quattro mesi dal deposito della sentenza non notificata, 
corredate da tutta la documentazione necessaria, fermo restando l'invio degli atti in 
possesso dell'Avvocatura Distrettuale che abbia curato i precedenti gradi di giudizio. 
VII. INCONTRI PERIODICI E DISPOSIZIONI FINALI 
1. Per l'esame dell'evoluzione del contenzioso concernente le pi� significative e rilevanti problematiche 
in discussione nonch� al fine di definire congiuntamente e uniformemente le linee 
di condotta delle controversie in corso e l'interesse alla prosecuzione delle stesse, si tengono 
incontri periodici a cadenza, di norma, quadrimestrale. A livello centrale, gli incontri si svolgono 
tra il Vice Avvocato Generale competente e il direttore della Struttura centrale competente 
dell'Agenzia. Inoltre, ogni Avvocatura Distrettuale indica un proprio avvocato con 
funzioni di referente. 
2. In caso di necessit�, la competente struttura dell'Agenzia pu� richiedere all'Avvocato dello 
Stato assegnatario del singolo affare un incontro per l'esame congiunto di esso, anche con disamina 
degli scritti e documenti contenuti nel relativo fascicolo. Qualora analoga richiesta 
sia fatta dal suddetto Avvocato, il preposto alla competente struttura dell'Agenzia deve solle-
20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
citamente mettere a disposizione personale qualificato e la documentazione in suo possesso. 
3. L'Avvocatura consentir� alla Struttura centrale competente dell'Agenzia, non appena tecnicamente 
possibile, l'accesso per via informatica al proprio archivio, limitatamente alle controversie 
nelle quali I'Agenzia � patrocinata. Nelle more, detta Direzione pu� chiedere copia 
cartacea di quanto memorizzato nell'archivio stesso; l�Ufficio Archivio e impianti dell'Avvocatura 
trasmette, a cadenza trimestrale, i numeri di R.G. assegnati alle cause in cui � parte 
l�Agenzia. Analogo accesso per via informatica sar� riconosciuto, per quanto proficuo e possibile, 
dall'Agenzia all'Avvocatura. 
4. Al fine di garantire in modo completo e celere l'assistenza legale dell'Agenzia in relazione 
alle funzioni e ai compiti ad essa attribuiti dalla legge, l�Avvocatura provveder�, su richiesta 
e d'intesa con l�Agenzia, ad individuare uno o pi� Avvocati dello Stato per l'attivit� di consulenza 
in via breve. 
5. L'Avvocatura e 1'Agenzia si impegnano a segnalare reciprocarnente tutte le eventuali difficolt� 
operative che dovessero insorgere nella gestione dei rapporti oggetto del presente protocollo, 
allo scopo di provvedere, nello spirito della pi� piena collaborazione, al superamento 
delle stesse nonch� a rivedere la presente convenzione anche alla luce delle modifiche organizzative 
che dovessero interessare l�Agenzia. 
6. Per quanto non disposto nel presente protocollo, si applicano il Testo Unico approvato con 
R.D. n. 1611/1933, come integrato e modificato, e le altre disposizioni relative al patrocinio 
e all'assistenza legale prestati dall�Avvocatura. 
Roma, 10 aprile 2012 
L�Avvocato Generale dello Stato Il Direttore dell�Agenzia 
Ignazio Francesco Caramazza Stefano Scalera 
CIRCOLARE N. 26/2012 
Oggetto: Contenzioso relativo ai precari della scuola. 
Com'� noto, sono pendenti avanti ai giudici territoriali, di primo e secondo grado, oltre 
che in Cassazione, numerosi ricorsi introdotti dai c.d. "precari" della scuola, docenti e non docenti, 
i quali, deducendo l'illegittimit� della reiterazione di "contratti di lavoro a tempo determinato" 
stipulati con l'Amministrazione scolastica per esigenze non transitorie, chiedono, in 
via principale, il riconoscimento del proprio diritto alla c.d. conversione dei rapporti a termine 
in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (con decorrenza dalla data di stipula del 
primo dei contratti dedotti in giudizio, dovendo considerarsi nulli i termini finali apposti dalla 
P.A.) con il pagamento delle differenze retributive; in via subordinata, la condanna dell'Amministrazione 
al risarcimento dei danni subiti, con rivalutazione e interessi dalla domanda al saldo. 
Per quanto riguarda la pretesa conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a 
tempo indeterminato, i ricorrenti, in estrema sintesi, richiamano l'applicazione, anche al personale 
scolastico, del D.Lvo 6 settembre 2001, n. 368 - con cui si � data attuazione alla nota Direttiva 
1999/70/CE, che ha a sua volta recepito l'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato 
concluso dalle organizzazioni intercategoriali a carattere generale - le cui disposizioni recano
TEMI ISTITUZIONALI 21 
la disciplina sanzionatoria della successione di contratti a termine oltre il periodo dei trentasei 
mesi, con la conseguente trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato. 
La giurisprudenza di merito appare, sia pure tra oscillanti soluzioni, sufficientemente 
orientata nel senso di respingere le richieste di stabilizzazione dei rapporti alla luce dell'espresso 
divieto contenuto all'art. 36, comma 5 del D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme 
generali sull�ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) secondo 
cui "la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, 
da parte delle pubbliche amministrazioni, non pu� comportare la costituzione di 
rapporti a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni..." (v. anche l'art. 
9, comma 18 del D.L. n. 70/2011, convertito in legge 12 luglio 2011, n.106 ch ha espressamente 
escluso l'applicazione del menzionato D.L.vo n. 368/2001 ai "contratti a tempo determinato 
stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e ATA"). 
Per quanto riguarda le richieste risarcitorie, appare prevalere una giurisprudenza sfavorevole 
all'Amministrazione, in quanto molti giudici di merito, pur riconoscendo la specialit� 
della disciplina delle supplenze nel comparto scolastico, in base alla quale non sono previsti 
limiti temporali alla reiterazione dei contralti a termine, ritengono tuttavia che il ricorso all'anzidetto 
sistema di reclutamento configuri un "abuso" non giustificato da ragioni obiettive 
o provvisorie e, dunque, in contrasto con i risultati perseguiti dalla citata direttiva europea e 
dal menzionato Accordo quadro che essa recepisce. 
II danno � liquidato in importi sostanzialmente commisurati alla retribuzione globale di 
fatto corrisposta al docente; in particolare, alcuni giudici, facendo applicazione delle disposizioni 
in tema di tutela reale del licenziamento illegittimo, riconoscono un'indennit� pari a 
quindici mensilit� di retribuzione globale di fatto ex art. 18, comma 4 della legge n. 300/1970 
(cfr. la recente sentenza della Corte d'Appello di Roma, sezione lavoro, n. 270/2012); altri, 
invece, ritenuta l�inapplicabilit� "anche in via analogica", del citato art. 18 della legge n. 
300/1970, rapportano la misura risarcitoria a un'indennita omnicomprensiva compresa "tra 
un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilit� dell'ultima retribuzione globale di fatto..." secondo 
quanto prevede, in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, l'art. 32, comma 
5 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosi, ad esempio, la giurisprudenza del Tribunale di 
Mantova, quale giudice del lavoro). 
I costi dei numerosi giudizi in corso e gli importi liquidati nelle sentenze di condanna 
sono elevatissimi. 
Ed infatti, da una prima stima a campione effettuata dal MIUR - Ufficio Scolastico Regionale 
per la Lombardia - qui trasmessa dall'Avvocatura Distrettuale di Milano (stima peraltro 
parziale, in quanto limitata ai soli uffici scolastici rientranti nel distretto della Corte d'Appello 
di Milano, e non anche di Brescia), si evince che, in relazione agli oltre 2.200 ricorsi pendenti, 
l'eventuale condanna per risarcimento danni dell'Amministrazione oltre alla sorte, ricompresa 
tra i dieci e i cinquantanove milioni di euro, comporta anche la refusione di spese legali quantificabili 
in importi che variano dai tre milioni ai dodici milioni di euro. 
Attesa la particolare rilevanza e delicatezza della questione (rimessa all'esame del Comitato 
Consultivo ex art. 26, della legge 3 aprile 1979, n. 103, che si esprimer� a breve in 
un'apposita seduta, alla quale sar� invitata anche l'Amministrazione patrocinata) � necessario 
che codeste Avvocature Distrettuali, ciascuna per quanto di competenza, comunichino con
22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
estrema urgenza e, comunque, non oltre il 15 maggio p.v., lo stato del contenzioso su tutto il 
territorio nazionale, precisando in particolare: 
1 - il numero dei ricorsi pendenti (e, in caso di ricorsi collettivi, il numero dei richiedenti); 
2 - l'esito dei giudizi, con riferimento a entrambi i gradi di merito: in tal caso si dovr� 
chiarire se i giudici abbiano riconosciuto anche la stabilizzazione del rapporto di lavoro dei 
ricorrenti o se la condanna sia stata limitata al risarcimento del danno ed in quale misura. 
In attesa che il Comitato Consultivo esprima il proprio definitivo avviso � necessario 
che le decisioni sfavorevoli all'Amministrazione vengano sempre impugnate avanti al Giudice 
d'Appello e, quindi, in caso di esito negativo, inviate con congruo anticipo a questa Avvocatura 
Generale che proceder� al ricorso in Cassazione. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
CIRCOLARE N. 31/2012 
Oggetto: Azioni di risarcimento danni per fatti occorsi durante la seconda 
guerra mondiale. 
Come � noto, con decisione depositata il 3 febbraio 2012 la Corte di Giustizia Internazionale ha 
ritenuto che l'Italia abbia violato i principi generali del diritto internazionale ed in particolare 
quello dell'immunit� dalla giurisdizione italiana della Germania per le controversie aventi ad oggetto 
i danni arrecati ai cittadini italiani tra il 1943 ed il 1945 con attivit� effettuate iure imperii. 
Con la medesima pronuncia lo Stato italiano � stato obbligato ad assicurare la cessazione di 
ogni ulteriore violazione del richiamato principio consuetudinario del diritto internazionale. 
L'attuazione della sentenza dovrebbe essere assicurata dai giudici competenti in ossequio all'art.
10 primo comma Cost. che appunto prevede l'allineamento dell'ordinamento giuridico 
italiano alle norme del diritto internazionale tra le quali rientrano a pieno titolo le decisioni 
della Corte di Giustizia Internazionale. 
A tale fine, gli avvocati incaricati delle vertenze relative all'oggetto vorranno eccepire il difetto 
di giurisdizione del Giudice italiano, segnalando sollecitamente alla Avvocatura Generale le ipotesi 
nelle quali il Giudice di merito intenda discostarsi dalla linea interpretativa sopra richiamata. 
Oltre al difetto di giurisdizione, nella costituzione in giudizio dovr� altres� sostenersi l'infondatezza 
della domanda di manleva nei confronti del Governo italiano spiegata dalla Germania 
nei propri atti difensivi. Ci�, alla luce dell'obiter dictum contenuto nella richiamata pronuncia 
della Corte dell'Aja laddove, esprimendosi rammarico per la mancata inclusione degli IMI 
(Internati Militari Italiani) tra le categorie dei beneficiari degli indennizzi erogati dalla fondazione 
"Memoria, responsabilit� e futuro" - istituita da una legge tedesca nell'anno 2000 - si 
specifica che gli indennizzi previsti dagli accordi bilaterali di Bonn intervenuti tra l'Italia e la 
Germania nel 1961 non coprivano queste fattispecie. 
Gli Avvocati Distrettuali vorranno riferire sull'andamento del menzionato contenzioso. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
TEMI ISTITUZIONALI 23 
CIRCOLARE N. 38/2012 
Oggetto: Azioni di risarcimento danni per fatti occorsi durante la seconda 
guerra mondiale - domande risarcitorie proposte contro la Repubblica Federale 
Tedesca da ex internati militari italiani, ovvero dai loro aventi causa, 
relative alla vicenda dei militari italiani costretti a prestare lavoro, quale 
mano d'opera non volontaria, al servizio dell'industria bellica del Reich, a 
seguito di deportazione in Germania in data successiva all'8 settembre 1943. 
Si fa seguito alla circolare n. 31/2012 per richiamare nuovamente l'attenzione sulla necessit� 
di intervenire, nell�interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nei giudizi di cui all'oggetto. 
Onde agevolare gli avvocati incaricati dell'elaborazione delle difese, che dovranno essere 
volte a far dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione del giudice italiano e, comunque, 
anche a contrastare eventuali domande di garanzia che la Repubblica Federale di Germania 
dovesse avanzare nei confronti dello Stato italiano, nonch� ad eccepire la prescrizione del diritto 
azionato, si allega un fac-simile di atto, contenente una ricostruzione dei fatti rilevanti ai 
fini del decidere ed argomentazioni spendibili a sostegno delle tesi di cui sopra. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
Cont. xx 
AVVOCATURA DISTRETTUALE DI xxxx 
TRIBUNALE CIVILE DI xxxx 
COMPARSA DI INTERVENTO VOLONTARIO 
per 
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, 
rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di xxx 
presso i cui Uffici in xxxxxx � legalmente domiciliata 
nella causa promossa da 
rappresentato e difeso dagli Avv. 
-attorecontro 
La Repubblica Federale Tedesca, in persona dell'Ambasciatore pro tempore in Italia, 
rappresentata e difesa dagli Avv.ti 
-convenuto- 
FATTO 
Con rituale citazione, l'attore, ha convenuto in giudizio la Repubblica Federale Tedesca 
chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, conseguenti 
alla detenzione e alle torture subite dal dante causa, in ragione della deportazione e successiva 
destinazione al lavoro forzato in Germania, 1943-1944. 
Si premette che il contenzioso trae luogo dal fatto che la vicenda dei circa 130.000 internati 
militari italiani, che furono costretti a prestare lavoro, quale mano d'opera non 
volontaria, al servizio dell'industria bellica del Reich a seguito della loro deportazione
24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
in Germania successiva alla data del 8 settembre 1943, non ha trovato soluzione tra 
quelle prese in considerazione dalla Fondazione "Memoria, responsabilit� e futuro", costituita 
dallo Stato tedesco con una dotazione di 700 milioni di marchi per risarcire le 
sofferenza patite dagli internati nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda 
guerra mondiale. 
Il Ministero delle Finanze tedesco si � infatti pronunciato nel senso che la posizione di 
queste centinaia di migliaia di soldati italiani internati nei campi di concentramento 
come prigionieri di guerra, ma impiegati in un rapporto di lavoro coatto come civili, 
non pu� essere presa in considerazione dalla Fondazione perch�, nonostante tutto, i medesimi 
avrebbero mantenuto lo status di prigionieri di guerra. 
Da tale contesto sono derivate numerose richieste risarcitorie proposte da ex internati 
militari italiani, avanti ai Giudici italiani. 
In tutti i giudizi sino ad oggi proposti, la Repubblica di Germania, costituendosi in giudizio, 
ha sempre eccepito il difetto assoluto di giurisdizione del Giudice italiano, invocando 
il principio consuetudinario del diritto internazionale dell'immunit� dello Stato 
(in virt� del quale sussiste l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale 
nei confronti degli Stati stranieri), proponendo contestualmente avanti alle Sezioni Unite 
della Corte di cassazione ricorso per regolamento di giurisdizione. 
� noto che il giudice di legittimit� con ordinanze del 28 maggio 2008, nn.14201-14212 
ha affermato la giurisdizione dei tribunali italiani. 
Non ritenendo di potere condividere l'assunto della Corte di Cassazione, la Repubblica 
tedesca ha adito la Corte intemazionale di giustizia dell'Aja, al fine di far accertare la 
violazione, da parte della Repubblica italiana, della immunit� dalla giurisdizione da riconoscere 
alla Germania in base al diritto internazionale consuetudinario. 
Con sentenza del 3 febbraio 2012 (CIJ, Immunit�s jurisdictionelles de l'Etat, Allemagne 
c. Italie), la Corte internazionale di giustizia dell 'Aja ha accolto il ricorso della Repubblica 
tedesca e per l'effetto riconosciuto "che la Repubblica italiana ha violato il suo 
obbligo di rispettare l�immunit� di cui la repubblica federale di Germania gode ai sensi 
del diritto internazionale consentendo che fossero promosse contro di essa cause civili 
sulla base di violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dal Reich tedesco 
tra il 1943 e il 1945" , ha affermato che "la Repubblica italiana deve attivarsi, mediante 
adozione di una legislazione appropriata, o ricorrendo ad altri metodi a sua 
scelta, affinch� le decisioni dei suoi tribunali e quelle di altre autorit� giudiziarie che 
violano l'immunit� di cui la Repubblica federale di Germania gode in base al diritto 
internazionale cessino di avere effetto". 
La sentenza in rassegna sancisce l'obbligo per il Governo italiano di riparare integralmente 
il pregiudizio causato alla Germania dalle pronunce rese in violazione del diritto internazionale, 
nella forma della restituzione in forma specifica (restitutio in integrum) e, per 
quanto riguarda i procedimenti in corso, la evidente necessit� che la lesione del diritto 
della Repubblica tedesca sia evitata, mediante una pronuncia che dichiari il difetto di giurisdizione 
dei tribunali italiani nei confronti della Repubblica federale di Germania. 
Sussiste quindi l'interesse del Governo italiano ad intervenire nel presente giudizio affinch� 
i principi posti dal giudice sovranazionale siano correttamente osservati dal giudice 
nazionale. 
Tanto premesso, interviene in giudizio con il presente atto la Presidenza del Consiglio 
dei Ministri, ut supra rappresentata e difesa, che, nel rappresentare che la presente difesa
TEMI ISTITUZIONALI 25 
� strettamente tecnica per cui devono ritenersi salve le diverse o ulteriori determinazioni 
dell'autorit� politica, contesta la domanda attrice, e in subordine anche quelle che parte 
convenuta dovesse eventualmente proporre nei confronti della PCM stessa, per i seguenti 
motivi di 
DIRITTO 
1) Difetto assoluto di giurisdizione. 
a) La sentenza della CIJ, resa in data 3.2.2012, ha completamente travolto l'impostazione 
sostenuta dalla Corte di Cassazione, fin dalla sentenza n. 5044/04, secondo cui le norme 
sulla immunit� dalla giurisdizione non possono trovare applicazione quando si tratti di 
valutare atti assunti in grave violazione di obblighi internazionali posti da norme cogenti, 
qualificabili come crimini internazionali, come tali imprescrittibili e soggetti al principio 
della giurisdizione universale. 
Al contrario, la Corte internazionale di giustizia, nella prospettiva di una ricostruzione 
del diritto consuetudinario tesa a chiarire i termini del rapporto che sussiste tra l'istituto 
delle immunit� e lo sviluppo di norme internazionali superiori, pur poste a tutela dei diritti 
dell'uomo, ha riqualificato la natura e l'ambito applicativo della norma consuetudinaria 
che sancisce l'immunit� dalla giurisdizione degli Stati esteri per gli acta jure 
imperii, ed ha escluso che essa possa incontrare un limite riguardo a comportamenti che 
costituiscono una violazione di norme di jus cogens. 
In base a tale principio ha pertanto accertato la responsabilit� dello Stato italiano per le 
pronunce emesse a carico della Germania dai propri giudici. 
Il rilievo che la sentenza in questione assume nell'ordinamento giuridico italiano non 
pu� essere ignorato, rendendo neccessarie una serie di riflessioni in merito alle modalit� 
relative alla sua esecuzione sul piano dell'ordinamento interno, poich�, oltre a sancire 
l'obbligo risarcitorio, il Govemo italiano � stato dichiarato responsabile anche per aver 
consentito il riconoscimento e la dichiarazione di esecutivit� di alcune sentenze greche 
recanti condanna della Germania e per aver violato l'immunit� della Germania dall'esecuzione, 
consentendo l'iscrizione ipotecaria su "Villa Vigoni", sede di un centro culturale 
italo-tedesco destinato a favorire gli scambi culturali tra i due Paesi. 
b) Ci� posto, limitando ovviamente le considerazioni all'esecuzione della sentenza rispetto 
ai processi che si svolgono in Italia, il primo problema da risolvere attiene alla 
individuazione del contenuto degli obblighi imposti allo Stato italiano. 
Nelle proprie conclusioni, la Germania chiedeva al Govemo italiano di adottare tutte le 
misure necessarie "pour faire en sorte que l'ensemble des decisions de ses tribunaux et 
autres autorit�s judiciaires qui contreviennent � l'immunit� souveraine de l'Allemagne 
ne puissent etre ex�cut�es", (CIJ, Immunites juridictionnelles, cit., par. 137). 
In conformit� a tale richiesta, la sentenza sancisce l'obbligo per il Govemo italiano di 
riparare integralmente il pregiudizio causato alla Germania dai fatti illeciti costituiti 
dalle sentenze di condanna pronunciate dai tribunali italiani, nella forma della restituzione 
in forma specifica: ci� comporta, secondo la Corte, non solo la cessazione degli 
effetti degli atti in vigore, ma anche l�eliminazione degli effetti gi� prodotti: "Les d�cisions 
et mesures contraires aux immunit�s de juridiction de l'Allemagne qui sont encore 
en vigueur doivent cesser de produire effet, et les effets de ces d�cisions et mesures qui 
se sont d�j� produits doivent etre supprim�s, de telle sorte que soit r�tablie la situation 
qui existait avant que les faits illicites ne soient commis", (CIJ, Immunites juridictionnelles, 
cit., par. 137).
26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
La corretta lettura di tale passo della decisione induce a concludere che l'obbligo della 
restituzione in forma specifica impegni lo Stato italiano a fare in modo che la giurisdizione 
nei confronti della Repubblica Federale di Germania venga esclusa, addirittura 
anche qualora questo comporti la necessit� di riaprire procedimenti gi� conclusi. 
In tale seconda ipotesi deve ritenersi che, nell'individuare nella restitutio in integrum il 
contenuto dell'obbligo di riparazione, la Corte presupponga che essa sia materialmente 
possibile e che l'onere che ne deriva non appaia fuori proporzione rispetto al vantaggio 
che essa arreca alla parte lesa: in altri termini, la circostanza che la violazione del diritto 
internazionale derivi dall'attivit� del potere giudiziario e che alcune decisioni possano 
avere acquisito l'autorit� della cosa giudicata non rappresenta evidentemente, nell'impostazione 
seguita dalla Corte, un ostacolo alla restituzione in forma specifica n� costituisce 
circostanza idonea ad escluderne l'obbligo. 
c) Se dunque la pronuncia in esame sembra travolgere addirittura la possibilit� di dare 
esecuzione alle sentenze di condanna passate in giudicato, rispetto ai procedimenti in 
corso, la corretta esecuzione della decisione internazionale in esame postula evidentemente 
che la tutela nei confronti della Repubblica tedesca sia anticipata alla fase iniziale 
del processo, con conseguente necessit� per il giudice adito di dichiarare il difetto di 
giurisdizione nei confronti della Repubblica Federale di Germania. 
D'altra parte costituisce ius receptum che il difetto di giurisdizione derivante da una 
norma internazionale possa essere rilevato d'ufficio dal giudice in qualunque stato e 
grado del processo (cfr. art. 11 della 1. 31 maggio 1995, n. 218, per il processo civile e 
art. 20 cod. proc. pen. per i procedimenti penali che vedono la Germania quale parte civilmente 
responsabile), per cui, in consimili ipotesi, deve ragionevolmente ritenersi che 
il decisum della Corte internazionale vincoli il giudice intern� a rilevare il difetto di giurisdizione, 
indipendentemente dall'emanazione di una normativa specifica che dia attuazione 
al giudicato internazionale. 
� pacifico poi che le sentenze della Corte internazionale di giustizia vincolano le parti 
in lite riguardo alla controversia decisa, avendo il relativo giudizio natura arbitrale ed 
essendosi, in base all'art. 94 dello Statuto della Corte, le parti impegnate all'accettazione 
della relativa decisione: accettazione della decisione che obbliga tutti gli organi dello 
Stato a darvi attuazione (cfr. sul punto in dottrina, AZAR, L'ex�cution des d�cisions de 
la Cour international de justice, Bruxelles, 2003, p. 40 ss.; PALOMBINO, Gli effetti della 
sentenza internazionale nei giudici interni, Napoli, 2008). 
L'attuazione della decisione della CIJ deve essere assicurata dai giudici competenti in 
base al disposto dell'art. 10, co. 1, della Costituzione, che prevede l'allineamento dell'ordinamento 
giuridico italiano alle norme del diritto internazionale, tra le quali rientrano 
a pieno titolo le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, la cui funzione 
� di decidere le controversie tra Stati "in base al diritto internazionale" (art. 38, par. l, 
dello Statuto). 
Ne deriva l'obbligo per i giudici italiani, aditi con azioni risarcitorie derivanti da crimini 
di guerra contro la Repubblica federale tedesca, di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione 
e quindi l'inammissibilit� dell'azione per effetto della sentenza della CIJ del 
3.2.2012, da qualificarsi quale norma di diritto internazionale vincolante per l'ordinamento 
giuridico italiano ex art. 10 della Costituzione. 
d) In questo senso si � espressa anche la giurisprudenza di merito che, nel prendere atto 
del principio affermato dalla CIJ per cui gli atti compiuti iure imperii sono coperti da
TEMI ISTITUZIONALI 27 
immunit� e che di conseguenza l'Italia, consentendo azioni civili contro la Germania 
per il risarcimento dei danni provocati dalla violazione del diritto umanitario commessi 
dal Reich tra il 1943-1945, ha violato l'obbligo di rispettare il principio stesso, ha dichiarato 
inammissibili analoghe domande risarcitorie per difetto di giurisdizione del 
giudice adito. 
La questione decisa dal giudice di merito (cfr. Tribunale di Firenze n. 1082/2012) riveste 
una peculiare riIevanza, atteso che il Tribunale ha deciso per l'inammissibilit� della domanda, 
in ragione del rilevato difetto di giurisdizione, nell'ambito di un giudizio ove la 
questione di giurisdizione era gi� stata decisa dalla Corte di Cassazione, adita dalla Repubblica 
tedesca in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, con una delle note 
ordinanze del 2008 affermative della giurisdizione del giudice italiano. 
Il problema affrontato dal giudice fiorentino � di non poco momento, considerata la 
aperta contraddittoriet� di giudicati sulla giurisdizione incidenti sullo stesso processo: 
quello della Cassazione e quello, di segno opposto, della CIJ. 
Il Tribunale, a fronte della precisa eccezione di giudicato interno, ha rilevato come sia 
"indubitabile che la sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 41 CPC 
costituisce giudicato interno sulla sussistenza della giurisdizione. Tuttavia, il caso in 
esame presenta una forte peculiarit� data dal fatto che, ai sensi dell�art. 94 Carta ONU, 
gli Stati membri delle Nazioni Unite sono obbligati a conformarsi alle sentenze della 
CIG, mentre 1'art. 11 della Costituzione consente le limitazioni di sovranit� necessarie 
ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Siamo dunque davanti 
a norme che portano a conclusioni opposte: da una parte, la combinazione dell�art. 
324 CPC e dell'art. 2909 CC impone di considerare res judicata la sussistenza 
della giurisdizione, affermata dalla Suprema Corte, s� che la questione del principio 
dell'immunit� degli Stati per gli acta jure imperii non sarebbe nemmeno pi� soggetta a 
valutazione all'interno di questo processo; da un'altra parte, la combinazione dell'art. 
94 Carta ONU e dell'art. 11 Costituzione impone di conf�rmarsi alla pr�nuncia della 
CIG, con la conseguenza che la domanda dovrebbe essere dichiarata inammissibile per 
insussistenza di un potere giurisdizionale in capo al giudice ordinario nazionale. Laddove 
1'art. 94 Carta ONU afferma che gli Stati membri sono obbligati a conformarsi 
alle sentenze della CIG, infatti, non si riferisce ad una particolare istituzione statale 
(Governo, Parlamento), ma all'insieme delle istituzioni e degli organi che formano lo 
Stato, tra le quali deve essere annoverata anche la Magistratura. Questo giudice si trova 
pertanto davanti a due normative che, nella presente fattispecie, gli impongono obblighi 
contrapposti. Non resta che risolvere il conflitto sulla base della considerazione della 
diversa forza cogente delle norme menzionate. Invero, mentre gli art. 2909 CC e 324 
CPC sono norme aventi valore ed efficacia di legge ordinaria, l 'art. 94 Carta ONU ha 
valore ed efficacia superiore, dal momento che l 'art. 11 Costituzione eleva a livello costituzionale 
le norme internazionali pattizie che pure possono limitare la nostra sovranit� 
nazionale (quale � senz'altro l�art. 94 Carta ONU). Ne segue che questo giudice, 
tenuto ad uniformarsi alle norme di rango superiore prima che alle norme di rango inferiore, 
deve considerare come prevalente la sentenza della CIG". 
La soluzione accolta nella specie appare comunque coerente con il sistema, qualora si 
consideri che il profilo relativo all'incidenza dei giudicati sovranazionali sul giudicato 
interno si � posto negli ultimi anni, riguardo alle sentenze della Corte europea dei diritti 
dell�uomo che, sempre pi� frequentemente, impegnano gli Stati a permettere la riaper-
28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
tura dei processi per rimediare alle violazioni della Convenzione, particolarmente in 
tema di equo processo. In tale contesto � possibile osservare una tendenza della giurisprudenza 
di legittimit� a favorire interpretazioni estensive e analogiche delle norme 
interne al fine di riaprire procedimenti che avevano acquisito carattere definitivo. 
2) In subordine. Inanunissibilit� della eventuale chiamata in garanzia dello Stato 
Italiano. 
In analoghi precedenti giudizi, la Repubblica tedesca nel costituirsi in giudizio, ha chiamato 
in garanzia la Repubblica italiana al fine di essere manlevata nel caso di condanna. 
La chiamata in garanzia spiegata in tali casi si � sempre fondata sul Trattato italo-tedesco 
di Bonn del 2.6.1961, recepito con Dpr n� 1263 del 14/4/62, sull'Accordo italo-tedesco 
del 6.2.1961, ratificato con L. n. 404/1964 e sull'art. 77 comma 4� del trattato di pace 
del 1947. La Repubblica tedesca ha infatti ritenuto che l'art. 2 dell'accordo di Bonn, reso 
esecutivo con Dpr. N. 1263/1962, conterrebbe una espressa rinuncia, da parte dell'Italia, 
ad ogni eventuale azione o altra pretesa legale di persone fisiche o giuridiche in ordine 
a rivendicazioni e richieste ancora pendenti nei confronti della RFG. 
Tuttavia, con riferimento a tale normativa, la definizione delle rivendicazioni da parte 
della Repubblica Italiana o di persone fisiche o giuridiche italiane nei confronti della 
Repubblica Federale di Germania (art. 2. 1� comma) e l'obbligo di manleva della Repubblica 
Federale di Germania sempre da parte dello Stato Italiano (2� comma) non 
sembra che possano essere interpretati nel senso voluto da parte convenuta. 
Infatti l'accordo attiene fondamentalmente alle "questioni economiche" ancora all'epoca 
dello stesso "pendenti" fra i due Stati, per cui anche quando si fa ivi riferimento alle 
persone fisiche (o giuridiche), in accordo alla ratio dell'accordo di Bonn la questione 
oggetto di rinuncia deve avere natura economica. A conferma di ci� � sufficiente leggere 
il titolo dell'accordo, e delle relative disposizioni, per rendersi conto della natura delle 
controversie pendenti che con esso si intendevano risolvere: "Questioni economiche". 
"Dissequestro dei beni tedeschi in Italia", "Marchi d'impresa tedeschi in Italia". 
Le richieste risarcitorie avanzate dall'attore, trovando titolo in un illecito extracontrattuale, 
e segnatamente nella lesione di diritti inviolabili dell'uomo, non rientrano pertanto 
nel genus delle materie oggetto dell'accordo di Bonn. 
Ci� senza tacere che esso fa riferimento a questioni giuridiche "pendenti ", per cui ha ambito 
di applicazione limitato alle controversie giudiziali pendenti alla data della sua stipula. 
Neanche la legislazione successiva, emanata in attuazione della prima parte dell'accordo 
italo-tedesco del 1961, ha contemplato espressamente la sorte delle azioni risarcitorie 
proponibili dalle vittime di deportazioni e persecuzioni in genere, come quella oggetto 
del presente giudizio, limitandosi a contemplare solo alcune tipologie di indennizzo ritenute 
ammissibili (si fa riferimento alla legge 5 luglio 1964 n� 607). 
Sul punto deve infine sottolinearsi come anche la CIJ, nella richiamata pronuncia, nell'esprimere 
rammarico per la mancata inclusione degli IMI (Internati militari italiani) 
tra le categorie dei beneficiari degli indennizzi erogati dalla fondazione tedesca �Memoria, 
responsabilit� e futuro" - istituita con una legge tedesca del 2000 - (cfr. sentenza 
CIJ, punto C.99), abbia specificato che gli indennizzi previsti dagli accordi di Bonn intervenuti 
tra Italia e Germania nel 1961 non coprivano fattispecie quali quelle oggetto 
del presente giudizio. 
� appena il caso di rilevare come tale passo della decisione, letto in combinato disposto 
con il successivo n. 104, ove la Corte testualmente afferma di "non ignorare che l'im-
TEMI ISTITUZIONALI 29 
munit� dalla giurisdizione della Germania, in conformit� al diritto internazionale consuetudinario, 
pu� precludere il risarcimento del danno per i cittadini italiani interessati. 
Si ritiene tuttavia che i diritti derivanti dal trattamento degli IMI di cui al paragrafo 
99, insieme ad altre richieste di cittadini italiani che non sono state presumibilmente 
risolte e che hanno costituito la base per i procedimenti italiani potrebbero essere oggetto 
di ulteriori negoziati che coinvolgano i due Stati interessati al fine di risolvere la 
questione" (cfr, punto C.104), palesi come la Corte implicitamente neghi che non solo 
gli accordi bilaterali di Bonn ma neanche il trattato di pace del 1947 abbiano avuto contenuto 
satisfattivo di ogni pretesa nascente dagli eventi bellici, che conseguentemente 
devono ritenersi non coperti dalla rinuncia ivi formulata dal governo italiano. 
Ne deriva che la Repubblica di Germania non pu� utilmente invocare neanche la disposizione 
dell'art. 77 comma 40 - che contiene norma analoga all'art. 2 del Trattato di Bonn 
- del Trattato di Parigi, nella considerazione che anche tale atto ha ad oggetto esclusivamente 
la regolamentazione di rapporti economici e circoscrive inoltre l'ambito temporale 
della rinuncia "a qualsiasi domanda contro la Germania e i cittadini germanici 
pendente alla data del 8 maggio 1945". 
In questo senso si � pronunciato Tribunale Militare di Roma, con la sentenza del 22/7/97 
resa nel procedimento penale a carico di Erich Priebke e Karl Hass per l'eccidio delle 
Fosse Ardeatine, sentenza con cui gli imputati furono condannati al risarcimento dei 
danni in favore delle costituite parti civili nonostante la difesa degli imputati avesse invocato 
appunto l'accordo italo tedesco del 1961, nonch� la Cassazione penale (n. 1072 
del 21.10.2008). 
Ne discende l'inammissibilit� della eventuale domanda di manleva dall'azione risarcitoria 
che Ia Repubblica Federale Tedesca intendesse spiegare nei confronti dello Stato italiano. 
4) In via di ulteriore subordine si eccepisce l�inammissibilit� dell'azione principale perch� 
prescritta. � pacifico che tra i fatti, fonte della invocata responsabilit� risarcitoria 
della convenuta, e l'avversaria domanda sono trascorsi circa 60 anni, per cui l'azione risarcitoria 
si � ormai prescritta, (in termini, cfr. Tribunate di Brescia, n. 1128/2011 del 
31.3.2011; Tribunale di Firenze, n. 411/11 del 8.2.2011). 
*** 
Tutto ci� premesso, si conclude perch� il Tribunale adito voglia 
accertare l'interesse del Governo italiano a partecipare al presente giudizio e per l'effetto 
ammettere l'intervento volontario spiegato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; 
in via preliminare dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione del giudice italiano a conoscere 
della causa; 
in subordine, e qualora formulata, dichiarare inammissibile la domanda di garanzia avanzata 
dalla Repubblica Federale Tedesca; 
in via ulteriormente subordinata rigettare la domanda attrice per intervenuta prescrizione 
del diritto azionato. 
xxxxxx 
Avvocato dello Stato
30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
CIRCOLARE N. 41/2012 
Oggetto: Linee guida in materia di mediazione civile. D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 
28, �Attuazione dell�art. 60 della Legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione 
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali�. 
I problemi derivanti dalla applicazione alle Amministrazioni pubbliche del D.Lgs. 4 
marzo 2010, n. 28, "Attuazione dell'art.60 della Legge 18 giugno 2009, n.69 in materia di 
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali", hanno condotto, 
in sede di prima applicazione, alla emanazione di "linee guida" al fine di assicurare 
uniformit� di orientamenti con la Circolare n. 25/2011 del 2 maggio 2011 e con la successiva 
Circolare n. 29/2011 del 17 maggio 2011. 
Come comunicato con detta ultima Circolare, a seguito della segnalazione da parte della 
Avvocatura delle incertezze giuridiche e delle difficolt� pratiche scaturenti dalla applicazione 
del nuovo istituto ai soggetti fruenti del patrocinio erariale, � stato costituito presso la Presidenza 
del Consiglio dei Ministri un apposito tavolo di lavoro. In quella sede sono stati studiati 
i possibili interventi a livello legislativo e regolamentare al fine di consentire alla mediazione 
di perseguire efficacemente, anche nei giudizi nei quali � parte un'Amministrazione pubblica, 
l'auspicata finalit� deflattiva del contenzioso, senza aggravare in modo insostenibile il carico 
di lavoro dell'Avvocatura. 
All'esito dei lavori, e in attesa di un eventuale intervento di rango primario, sono state 
delineate le prime misure modificative e interpretative, in conseguenza delle quali devono 
oggi esserere assunte con la presente Circolare, le seguenti nuove �linee guida�. 
A modifica delle istruzioni precedentemente impartite con la Circolare n. 25/2011 del 2 
maggio 2011 e con la successiva Circolare n. 29/2011 del 17 maggio 2011, si dispone, pertanto, 
quanto segue. 
1. Il procedimento di mediazione finalizzata alla conciliazione si applica anche alle Amministrazioni 
patrocinate dall'Avvocatura dello Stato. Fanno eccezione, come dispone 
l�art. 2 del D.Lgs. n. 28/2010, le controversie vertenti su diritti indisponibili. Tra queste 
ultime si ritiene rientrino i giudizi riguardanti l'equa riparazione per l'eccessiva durata 
del processo (cd. �Legge Pinto�) considerato, per un verso, che argomenti in tal senso 
possono trarsi dall'art.1, comma 2, della Direttiva 21 maggio 2008 n. 2008/52/CE (�La 
presente direttiva... non si estende... alla materia fiscale, doganale e amministrativa n� 
alla responsabilit� dello Stato per atti o omissioni nell'esercizio di pubblici poteri); per 
altro verso che per tali controversie la richiamata legge prevede una necessaria procedura 
giurisdizionale, che non appare derogabile da un accertamento tra le parti sull'an e sul 
quantum dell'indennizzo (cfr., in tal senso l'opinione gi� espressa in passato dalla Scrivente 
in sede consultiva, il decreto n. 34/2011 della Corte d'Appello di Brescia, e la dubbia 
applicabilit� - cfr. l'art. 5 comma 4 lett. d) del D.Lgs. n. 28/2010 e art. 3 comma 4 
Legge n. 89/2001 - della mediazione ai detti procedimenti in camera di consiglio). 
2. Un'interpretazione conforme alla ratio del sistema porta ad escludere altres� che la mediazione 
trovi applicazione nel caso di controversie relative a diritti promosse dinanzi 
al Giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, o comunque dinanzi ad un 
Giudice diverso da quello ordinario. 
3. Trattandosi di procedura non contenziosa, l'Avvocatura � e rimane estranea alla fase di
TEMI ISTITUZIONALI 31 
mediazione. Gli atti di accesso alla mediazione (art. 4) irritualmente notificati presso 
l'Avvocatura (non trattandosi di atti avente contenuto giurisdizionale) dovranno pertanto 
essere inviati senza indugio all'Amministrazione interessata. In tal caso non si provveder� 
ad impiantare un nuovo affare consultivo, ma si dovr� utilizzare un �affare d'ordine-
miscellanea� appositamente costituito, come da successiva comunicazione. 
4. Laddove l'Amministrazione, invitata a comparire dinanzi ad un organismo di mediazione, 
richieda l'intervento dell'Avvocatura, si dovr�, pertanto, declinare la richiesta sottolineando 
che l'intervento del difensore non � necessario. A questa regola potr� 
derogarsi solo in casi assolutamente eccezionali giustificati dalla particolare rilevanza 
della potenziale controversia ovvero dalla natura del soggetto patrocinato; l'Avvocatura 
- essendo peraltro sprovvista del potere di disporre del diritto - interverr� in ogni caso 
non in sostituzione del funzionario, ma affiancando lo stesso. 
5. Nel trasmettere gli atti notificati, e comunque in ogni altro caso in cui l'accesso alla mediazione 
sia portato all'attenzione dell'Avvocatura, si vorr� evidenziare altres� all'Amministrazione 
che, qualora intenda partecipare al procedimento, dovr� presenziare un 
soggetto a conoscenza dei fatti e munito dei poteri di legge in vista della possibile coclusione 
dell'accordo. 
6. Ove invece l'Amministrazione non intenda partecipare, sar� opportuno che essa comunichi 
espressamente tale determinazione al mediatore indicandone i motivi (come, ad 
esempio, nei casi richiamati al n. 1 che precede), anche al fine di prevenire gli effetti 
previsti dall'art. 8 comma 5 del D.lgs. n. 28/2010. � pertanto necessario che tale comunicazione 
venga acquisita e prodotta nell'eventuale successivo giudizio. 
7. In ogni caso andr� evidenziato all'Amministrazione che la partecipazione alla procedura di 
mediazione comporta a carico dell'Erario gli oneri previsti dall'art. 16 del D.M. n. 180/2010. 
8. In caso di partecipazione alla mediazione, l'Amministrazione potr� certamente avvalersi 
dell'attivit� consultiva dell'Avvocatura. Andr� tuttavia scongiurato il rischio (che causerebbe 
all'Istituto un carico di lavoro insostenibile) che l'Amministrazione, per ogni richiesta 
di mediazione, richieda sistematicamente un parere all'Avvocatura. Rientrando 
il potere di transigere tra le attribuzioni dirigenziali (suscettibile anche di valutazione 
in punto di efficienza), dovr� sottolinearsi che un parere potr� essere richiesto all'Avvocatura 
solo laddove preceduto da una motivata valutazione da parte del dirigente competente, 
che si concluda con un giudizio di opportunit� favorevole alla conclusione di 
un accordo, sulla base di una bozza di testo gi� sufficientemente elaborato. 
9. Andr�, per contro, evidenziato che l'Avvocatura dovr� comunque essere sentita in tutte 
le ipotesi in cui il potenziale accordo riguardi una controversia di particolare rilievo ovvero 
possa interessare un numero rilevante di analoghe controversie in atto o in potenza. 
Occorrer� inoltre verificare che di tali situazioni l'Amministrazione abbia reso edotti i 
propri organi di vertice. 
10. In ogni caso si evidenzier� all'Amministrazione che, ove ritenga ipotizzabile una composizione, 
sar� opportuno richiedere al mediatore che la procedura (nello spirito dei 
commi 2 e 3 dell'art. 8), si sviluppi secondo tempi congrui affinch� la stessa possa disporre 
del tempo necessario per valutare le richieste oggetto della possibile composizione; 
� infatti evidente che l'ente pubblico, a differenza del privato, agisce per atti
32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
procedimentalizzati per legge che possono richiedere tempi non brevissimi (ad esempio 
nel caso di richiesta di parere all'Avvocatura ed eventuale sottoposizione della questione 
all'esame del Comitato Consultivo). 
11. Attesa la natura non giurisdizionale della fase di mediazione, nei casi in cui la stessa costituisca 
condizione di procedibilit� nelle cause attive, ivi incluse quelle nelle quali l'Amministrazione 
si presenti nella veste di opponente a decreto ingiuntivo (cfr. art. 5 comma 
4 lett. a) del D.Lgs. n. 28/2010), si dovr� invitare l'Amministrazione stessa a procedere 
direttamente all'atto di accesso di cui all'art. 4, evidenziando che gli oneri economici della 
procedura sono a suo carico. Analoghe considerazioni valgono per i procedimenti di cui 
alle successive lettere b) e c) del medesimo art. 5 comma 4, semprech� vi sia interesse 
dell'Amministrazione alla prosecuzione del giudizio nella fase con rito ordinario. 
12. In attesa di una ipotizzata modifica legislativa, e al fine di prevenire, per quanto possibile, 
problemi relativi alla �scelta del mediatore� (considerata la natura onerosa dell'accesso 
alla mediazione), fino a nuova indicazione si vorr� suggerire all'Amministrazione 
di procedere all'individuazione dell'organismo, preferendo quelli che comportino minori 
oneri per l'Amministrazione, avvalendosi, ove del caso, delle procedure di scelta del 
contraente normativamente previste (D.Lgs. n. 163/2006 e D.P.R. n. 207/2010). 
I Vice Avvocati Generali e gli Avvocati Distrettuali vorranno riferire in ordine alle concrete 
applicazioni dell'istituto nelle controversie di rispettiva competenza entro i1 30 novembre 
2012. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
CIRCOLARE N. 45/2012 
Oggetto: Lavoratori a tempo determinato del Comparto Scuola - Parere approvato 
dal Comitato Consultivo sulla possibilit� per l'Amministrazione di 
nominare supplente un lavoratore che abbia ottenuto sentenza dichiarativa 
dell'illegittimit� dell'apposizione di un termine al contratto di lavoro per un 
determinato anno scolastico. 
Si trasmette, per opportuna conoscenza, copia del parere in oggetto, approvato dal Comitato 
Consultivo nella seduta del 25.5.2012. 
Si segnala altres� che, in data 20.6.2012, � stata depositata la sentenza n. 10127, con la 
quale la Corte di Cassazione ha affermato "l'inapplicabilit� del principio di conversione del 
contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, restando applicabile la disciplina 
delle supplenze, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, che non � stata abrogata dal d.lgs. n. 
368 del 2001, con conseguente insussistenza di un diritto del docente alla stabilizzazione del 
rapporto ed al risarcimento del danno in caso di reiterazione delle supplenze, ove non risulti 
un abuso nell�assegnazione degli incarichi in questione". 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
TEMI ISTITUZIONALI 33 
Avvocatura Generale dello Stato 
Via dei Portoghesi, 12 13/06/2012-237321/2 P 
00186 ROMA POSTA PRIORITARIA 
Roma, Avvocatura Distrettuale dello Stato 
Partenza n. Via Santa Caterina, 6 
25100 BRESCIA 
Tipo Affare CS 6011/2012 Sez. VII 
Avv. D�AVANZO 
p.c. 
Risposta a nota del 8 febbraio 2012 n. 3597 
Ministero dell�Istruzione 
dell�Universit� e della Ricerca 
Dipartimento per l�istruzione 
D.G. per il personale scolastico 
Ufficio IX 
ROMA 
Oggetto: Ct 1104/2011 - Lavoratori a tempo determinato del Comparto Scuola. 
Con la nota a riscontro veniva chiesto alla Scrivente di sottoporre all�esame del Comitato 
Consultivo il seguente quesito di diritto: �se la statuizione contenuta nelle sentenze che 
condannano il MIUR a risarcire il danno cagionato ai lavoratori dal rinnovo di supplenze 
scolastiche a termine in pretesa violazione della Direttiva 1999/70/CE comporti 
altres� il divieto di stipulare nuove supplenze per gli anni scolastici successivi alla pubblicazione 
della sentenza�. 
Nella richiesta, ampiamente argomentata, codesta Avvocatura Distrettuale esprimeva 
l�avviso che la condanna risarcitoria a carico dell�Amministrazione scolastica statuita 
da alcuni Tribunali del lavoro locali precluderebbe all�Ufficio scolastico soccombente 
(il quale altrimenti si esporrebbe a responsabilit� amministrativa e contabile) di stipulare 
ulteriori contratti di lavoro a tempo determinato con il personale precario, vittorioso in 
sede giudiziale, e ci� anche a prescindere dal passaggio in giudicato delle sfavorevoli 
sentenze, recanti la disapplicazione del regime legale delle supplenze, ritenuto in contrasto 
con il diritto comunitario. 
Nel caso di rapporto tra le parti definito con sentenza passata in giudicato veniva immaginata 
anche la percorribilit� di una soluzione di compromesso, con la quale le parti 
rinunciavano �reciprocamente agli effetti del giudicato, in modo da sollevare il MIUR 
dall�obbligo di risarcire il danno e scioglierlo dal divieto di stipulare nuovi contratti a 
termine per gli anni successivi�. 
Il Comitato Consultivo - all�esito delle sedute del 18 aprile 2012 e del 25 maggio 2012 
(quest�ultima tenutasi in composizione integrata, ai sensi dell�art. 26 della n. 103 del 
1979, il 25 maggio 2012, con la partecipazione di due funzionari del MIUR) acquisite 
le informazioni sullo stato del contenzioso sul territorio nazionale richieste dall�Avvocato 
generale alle Avvocature Distrettuali con la circolare n. 26/2012 - ha condiviso il 
parere nei termini che seguono. 
La risposta al quesito in esame � negativa. 
Innanzitutto, operativamente, si segnala l�opportunit� che vengano sempre impugnate 
le sfavorevoli decisioni rese dai giudici di merito sulla controversa questione di diritto 
riguardante i precari del Comparto Scuola. 
34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Ed infatti, pur tenendo conto dei rilievi che si leggono nella richiesta di parere all�esame, 
secondo cui i costi di gestione del contenzioso seriale, anche in termini di impegno professionale, 
non sembrerebbero giustificati dalla modesta rilevanza economica delle singole 
cause, non pu� non rilevarsi come l�omessa impugnazione delle decisioni di 
condanna al risarcimento del danno comporta, in sostanza, il riconoscimento di un comportamento 
contra ius dell�Amministrazione - datore di lavoro per avere illegittimamente 
utilizzato il lavoratore con contratti a termine oltre il periodo dei 36 mesi. 
Dette pronunce, pertanto, anche se non dispongono la conversione del rapporto di lavoro 
- da determinato a tempo indeterminato - non possono essere condivise, in quanto smentiscono 
in radice la tesi difensiva che si sostiene nell�interesse dell�Amministrazione 
scolastica nei vari giudizi. 
Dovranno, pertanto, continuare a coltivarsi le cause in attesa che sulla questione di diritto 
si pronunci la Corte di Cassazione, la cui decisione deve ritenersi comunque imminente, 
posto che l�udienza di discussione si � avuta il 5 giugno 2012, nella quale il P.G. ha concluso 
in senso favorevole alle tesi che si sostengono nell�interesse dell�Amministrazione. 
I giudizi di cognizione meritano di essere coltivati anche in attesa della pronuncia che 
verr� resa dalla Corte Costituzionale, investita dal Tribunale di Trento, sezione per le 
controversie di lavoro, della questione di costituzionalit� �dell�art. 4 della legge n. 124 
del 1999 e dell�art. 93, comma 1 della legge della Provincia di Trento, 7 agosto 2006, 
n. 5, con riferimento agli artt. 11 e 117, comma 1 della Costituzione in riferimento alla 
clausola 5, punto 1, lett. a) dell�accordo quadro CED, UNICE, e CEEP sul lavoro a 
tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 
ha dato attuazione�. 
Lo scrutinio di legittimit� delle anzidette disposizioni � stato infatti richiesto dal predetto 
Giudice del lavoro con due distinte ma analoghe ordinanze di rimessione, sicch�, nel 
caso in cui la Consulta ritenesse di dovere superare alcuni (innegabili) profili di inammissibilit� 
delle pronunce di rimessione, evidenziati da questa Avvocatura Generale 
nell�atto di intervento del Presidente del Consiglio di Ministri, la soluzione che verr� 
data sulla questione di diritto non potr� non rilevare ai fini delle valutazioni conclusive 
sull�opportunit� di proseguire o abbandonare il contenzioso in atto. 
Per quanto riguarda, specificamente, il quesito sottoposto all�esame, non pu� condividersi 
l�obiezione di codesta Avvocatura Distrettuale, secondo cui la disapplicazione della 
normativa interna impedirebbe all�Amministrazione scolastica, quale datore di lavoro, 
di concludere con il lavoratore - ricorrente vittorioso ulteriori contratti a termine. L�argomento 
prova troppo: si dovrebbe, infatti, ritenere, per coerenza, che la disapplicazione 
operi quale obbligo di ottemperanza in relazione a tutto il sistema, a norma dell�art. 5 
della legge abolitiva del contenzioso amministrativo (legge n. 2248/1865). 
Nell�ambito scolastico, invero, l�attribuzione degli incarichi di insegnamento avviene 
secondo il sistema delle graduatorie e dell�utile collocazione nell�ambito delle stesse 
del docente, sicch�, ove ricorrano entrambi tali presupposti, non pu� l�Amministrazione 
escludere a priori il docente (gi� ricorrente vittorioso) dal riconoscimento dell�incarico 
di supplenza. In sostanza i rapporti sono stipulati non a discrezione del datore di lavoro, 
ma sulla base di una graduatoria dalla quale si attinge, sicch� solo casualmente pu� capitare 
che sia attribuito l�incarico alla stessa persona. 
In questi termini si � espressa, del resto, la Corte d�Appello di Milano con sentenza n. 
708/2012 che ha accolto l�appello dell�intestata Amministrazione ritenendo tra l�altro che
TEMI ISTITUZIONALI 35 
��l�Amministrazione ha il dovere di attenersi comunque all�ordine della graduatoria, 
sulla base della quale il lavoratore a termine viene individuato, in applicazione di criteri 
predeterminati e automatici e in assenza di alcun margine di discrezionalit���. 
Per quanto sopra detto, e tenendo conto che la giurisprudenza di diverse Corti d�Appello 
� favorevole alla tesi che si sostiene nell�interesse dell�Amministrazione (merita di essere 
segnalato il mutato orientamento, ora favorevole, della Corte di Milano) la proposta, pure 
avanzata da codesta Avvocatura Distrettuale, di chiedere ai giudici di merito la sospensione 
delle cause pendenti in attesa delle pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale 
e, eventualmente, della Corte europea, non � opportuna sotto diversi profili. 
- Innanzitutto, come si � sopra detto, all�udienza del 5 giugno 2012 � stato discusso, 
avanti la Corte di Cassazione il primo dei ricorsi proposti da questa Avvocatura Generale 
sulla questione di diritto all�esame (CT 18017/2011 � avv. Varone): deve ritenersi pertanto 
imminente il deposito della decisione da parte del Giudice di legittimit�. 
- In ogni caso, la prospettata iniziativa processuale non appare in linea con il principio 
della durata ragionevole del giudizio che il legislatore ha inteso assicurare ai sensi del 
nuovo art. 111 Cost.. 
- Il �congelamento� del contenzioso non �, comunque, economicamente conveniente, 
anche considerato che, in entrambi i gradi di merito, parte della giurisprudenza si � gi� 
espressa in senso favorevole alla tesi dell�Amministrazione. 
- N� l�iniziativa trova adeguata giustificazione in relazione alla prospettata necessit� di 
attendere la pronuncia della Corte Costituzionale, giacch�, come si � sopra rilevato, le 
ordinanze di rimessione del Tribunale del Lavoro di Trento presentano alcuni profili di 
inammissibilit� che potrebbero portare la Corte a una mera pronuncia di rito, senza 
quindi che venga esaminata la fondatezza della questione, rendendo pertanto inutile 
l�eventuale sospensione processuale dei giudizi. 
- Quanto alla pendenza della citata procedura di infrazione n. 2010/2124, si osserva che, 
al momento, la fase del cd. "precontenzioso", pur non (ancora) archiviata, non risulta 
ancora rimessa alla Corte di Giustizia dell�Unione Europea per l�eventuale decisione 
sull�asserita inosservanza, da parte dello Stato italiano, agli obblighi imposti dall'Unione: 
anche sotto tale profilo, dunque, la sospensione processuale sarebbe iniziativa quantomeno 
prematura e tale da indebolire la posizione dell�Amministrazione. 
In risposta, pertanto, al quesito sottoposto all�esame si ritiene che le sentenze ormai passate 
in giudicato non possano precludere la possibilit� per i docenti di ottenere contratti 
a tempo determinato per i successivi anni scolastici se ci� lo consenta la loro utile collocazione 
in graduatoria. 
In attesa della pronuncia della Corte di Cassazione sulla questione �, quindi, opportuno 
che si continuino a impugnare tutte le decisioni di condanna rese dai giudici di merito e 
che non venga richiesta la sospensione dei giudizi pendenti per i motivi di cui si � sopra 
detto. 
L�AVVOCATO GENERALE AGGIUNTO 
Avv. Michele Dipace
36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
CIRCOLARE N. 47/2012 
Oggetto: Richiesta di patrocinio nei giudizi di primo grado aventi ad oggetto 
il riconoscimento deI diritto del personale a tempo determinato della Croce 
Rossa Italiana-CRI al compenso incentivante la produttivit� ed il diritto alla 
stabilizzazione. 
Si trasmette per opportuna conoscenza copia della nota in data 17 luglio 2012 n. 289604 
con la quale, visto l'art. 417 bis c.p.c., considerate le argomentazioni esposte dall'Ente patrocinato, 
� stata ravvisata l'opportunit� di assicurare alla Croce Rossa Italiana - per un periodo 
limitato - il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato nei giudizi di primo grado dinanzi 
al Giudice del lavoro nelle controversie indicate in oggetto. Nella detta nota sono chiarite le 
modalit� e i tempi con i quali si dovr� svolgere il detto patrocinio. 
A tali linee di condotta le SSLL vorranno uniformarsi. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza 
Avvocatura Generale dello Stato 
Via dei Portoghesi, 12 17/07/2012-289604 P 
00186 ROMA TELEFAX 
Roma, Al Direttore Generale di 
Partenza n. Croce Rossa Italiana 
Tipo Affare CS 26015/12 Vial Toscana 12 
Avv. M. RUSSO 00187 ROMA 
Risposta a nota del 4.72012 prot. CRI/CC/410131/12 
Oggetto: richiesta di patrocinio nei giudizi di primo grado aventi ad oggetto riconoscimento 
del diritto del personale a tempo determinato al compenso incentivante la produttivit� 
ed il diritto alla stabilizzazione. 
Con la nota in riferimento, si chiede che l'Avvocatura dello Stato assuma - previa valutazione 
a mente dell'art. 417-bis c.p.c. - il patrocinio della Croce Rossa sin dal primo 
grado di giudizio nei procedimenti di competenza del giudice del lavoro meglio individuati 
in oggetto, aventi carattere seriale. La richiesta � motivata dall'estrema rilevanza 
economica che le suddette controversie, considerate nel loro insieme, potenzialmente 
presentano, nonch� dalla mancanza di figure professionali adeguatamente formate alla 
trattazione del contenzioso del lavoro. Al riguardo, si osserva quanto segue. 
La Croce Rossa italiana rientra nel novero dei soggetti che fruiscono del patrocinio cosiddetto 
"autorizzato" di cui all'art. 43 R.D. 1611/1933. 
La Scrivente ha gi� avuto modo di osservare (Circolari nn. 38/98 e 43/2010) che agli 
enti a patrocinio autorizzato si applica il primo comma dell'art. 417-bis c.p.c., che consente 
la difesa diretta a mezzo di funzionari nel primo grado di giudizio, e che il secondo 
comma del medesimo articolo - riferito espressamente alle sole Amministrazioni dello 
Stato o ad esse equiparate - pu� comunque applicarvisi in via estensiva. 
Ne discende che la concessione del patrocinio sin dal primo grado di giudizio � possibile 
qualora l'Avvocatura ravvisi - all'esito della delibazione ad essa riservata circa le carat-
TEMI ISTITUZIONALI 37 
teristiche del contenzioso - la ricorrenza di una delle situazioni descritte dall'art. 417- 
bis comma 2, fra le quali si annoverano i "notevoli riflessi economici". 
Ci� posto, si osserva innanzi tutto che la mancanza di professionalit� specifiche all'interno 
dell'Amministrazione non pu� rappresentare, in linea generale, un motivo per derogare 
alla scelta di principio del legislatore, secondo la quale la difesa diretta 
dell'Amministrazione nel primo grado di giudizio da parte di funzionari costituisce la 
regola, mentre il patrocinio dell'Avvocatura costituisce l'eccezione a detta regola, al ricorrere 
dei presupposti individuati dalla legge. 
Ci� vale a maggior ragione in considerazione del lungo tempo (quasi quindici anni) 
ormai trascorso dall'entrata in vigore della norma di cui all'art. 417-bis c.p.c� tempo nel 
quale la norma stessa � stata regolarmente applicata. 
Per supplire a tali carenze, peraltro, sin d'ora si manifesta la disponibilit� della Scrivente 
ad organizzare corsi di formazione del personale incaricato di svolgere il patrocinio nei 
giudizi di primo grado. 
Ci� premesso, possono peraltro costituire valida ragione per derogare alla regola generale 
di cui all'art. 417-bis comma 1 c.p.c. i notevoli riflessi economici del contenzioso; 
riflessi che, come gi� ritenuto dalla Scrivente nella richiamata Circolare n. 38/98, devono 
essere ravvisati non tanto in dipendenza del valore economico della singola controversia 
o della somma globale pretesa nelle cause seriali quanto - piuttosto - nella diretta ed immediata 
incidenza sulla norma generale (legislativa o formata dall'ARAN) disciplinante 
aspetti che si riflettano sul costo del lavoro. 
Nella specie, vertendosi sulla questione dell'applicabilit� ai dipendenti assunti con contratto 
a tempo determinato della normativa che riconosce il diritto al compenso incentivante 
la produttivit�, nonch� il diritto alla stabilizzazione, l'assunzione della difesa da 
parte dell'Avvocatura sin dal primo grado di giudizio appare in effetti opportuna ai sensi 
dell'art. 417-bis comma 2 c.p.c. 
In linea di massima - onde evitare la frammentazione della questione in una pluralit� di 
impostazioni difensive, potenzialmente pregiudizievole - la difesa sar� assicurata dalla 
Scrivente in tutte le cause del tipo in oggetto, cos� da sollecitare l'auspicato superamento 
dell'iniziale, sfavorevole orientamento della giurisprudenza, e ci� sia presso la sede generale 
che presso le sedi Distrettuali. 
Tuttavia, trattandosi comunque di giudizi seriali, va da s� che - una volta elaborata la 
linea di difesa e consolidatosi l'orientamento dei giudici di primo grado nell'ambito dei 
vari distretti - il carattere ripetitivo delle controversie consentir� senz'altro all'Amministrazione, 
nei giudizi futuri, di riprendere a difendersi direttamente in primo grado a 
mezzo di propri funzionari, ai quali le singole sedi distrettuali e l'Avvocatura Generale 
avranno cura di trasmettere modelli di atti cui conformare le difese. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
CIRCOLARE N. 48/2012 
Oggetto: Indennizzo ai soggetti danneggiati da vaccino e talidomidici (leggi 
229/2005 e 244/07) - riconoscimento degli arretrati e condotta da tenere in 
sede processuale - Ordinanza n. 10769/12 della Corte di Cassazione. 
Nella nota n. 72149 del 27.02.2012 in materia di indennizzo ai soggetti danneggiati da 
vaccino e talidomidici (leggi 229/2005 e 244/07) - parere reso dal Comitato Consultivo in 
data 24.02.2012 - si � tra l'altro affrontato il problema della condotta da tenere relativamente 
alla liquidazione ai titolari di indennizzo ex art. 2 della Legge n. 210/92 degli importi arretrati 
dovuti a titolo di rivalutazione dell'Indennit� Integrativa Speciale. 
Sia pure con le incertezze derivanti dalla complessit� della materia e dagli orientamenti 
manifestati tanto dalla Corte regolatrice quanto dalla Corte Costituzionale, si era in quella 
sede suggerito di continuare a sostenere la tesi secondo la quale "la corresponsione degli arretrati 
a titolo di rivalutazione dell'IIS va limitata al solo periodo successivo alla data di entrata 
in vigore della legge 244/07 (1.1.08)" (cfr. lett. B) del parere, pag. 4 [Rass., 2012, I, 
62]), argomentando sulla base del tertium comparationis prescelto dal Giudice delle leggi 
nella sentenza n. 293/11. 
A seguito della sopravvenuta pronuncia della Corte di Cassazione (Sez. VI, 27.06.2012, 
n. 10769), nella quale la questione � stata espressamente affrontata (sia pure in forma estremamente 
sintetica) e la tesi sopra brevemente riassunta � stata radicalmente disattesa, sembra oggi 
opportuno abbandonare definitivamente la stessa, omettendo di proporre impugnazioni sul punto 
o, ove possibile, rinunciando a quelle gi� proposte, ove siano state l'unico motivo di gravame. 
In tal senso si � espresso il Comitato Consultivo dell'Avvocatura dello Stato nella seduta 
del 19.7.2011. 
A tali linee di condotta le SSLL vorranno pertanto uniformarsi. 
L�AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
CONTENZIOSO COMUNITARIO 
ED INTERNAZIONALE 
Europa: l�unico continente che ha un contenuto 
Ignazio Francesco Caramazza* 
SOMMARIO: 1. Il significato dell�aforisma - 2. Radici comuni e fattori unificanti - 3. Gli 
Stati nazionali europei e la loro crisi - 4. Il processo di unificazione europea - 5. L�euro e le 
prospettive future. 
1. Il significato dell�aforisma. 
L�affermazione del grande pensatore spagnolo Ortega y Gasset con cui 
ho voluto intitolare la mia conversazione credo sintetizzi meglio di qualunque 
altro assioma o argomento il paradosso europeo e cio� il paradosso di un continente 
che �, da un lato, un mosaico di nazioni divise da lingue, tradizioni, 
abitudini quanto mai diverse e da rivalit� secolari, risoltesi sovente in guerre 
feroci che hanno dilaniato il continente per secoli; dall�altro - e contraddittoriamente 
- costituisce un aggregato reso omogeneo da radici comuni e da fattori 
unificanti che fanno dell�Europa non una mera espressione geografica ma 
un�unit� culturale. Un�unit� che rende altamente qualificante l�aggettivo �europeo�, 
quale che sia il sostantivo al quale si accompagna. 
2. Radici comuni e fattori unificanti. 
Orbene, le pi� importanti radici comuni ed i principali fattori unificanti 
dell�Europa trovano il comune denominatore in Roma, nella sua storia e nella 
costante interferenza dei suoi valori con quelli europei, a partire da oltre due 
millenni addietro. 
(*) Avvocato generale dello Stato. 
Le argomentazioni illustrate dall�Autore all�incontro promosso dalla Fondazione Roma Europa 
- luned� 10 settembre 2012, Museo dei Fiorentini - costituiscono il presente scritto.
40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Senza nessuna pretesa di completezza cercher� di individuarne i principali. 
La lingua, anzitutto, base di tutte le lingue europee neolatine e che ha, 
comunque, largamente influenzato anche tutte le altre, atteso che, per secoli, 
il latino � stata la coin� di�lectos della scienza - e pi� in generale della cultura 
- e della religione. 
Il diritto, in secondo luogo: espressione di una scienza giuridica che non 
ha eguali nella storia e che ha ispirato - anche se in misura diversa - non solo 
tutti i paesi europei retti da un sistema di �civil law� ma che moltissimi apporti 
ha dato anche a quelli di �common law�. Non dimentichiamo che � a giuristi 
di common law che si deve la definizione del diritto romano come �written 
reason�, la ragione scritta! 
Quanto alle scienze diverse da quella giuridica, ve ne erano parecchie alle 
quali per oltre un millennio dopo la caduta dell�impero romano d�occidente 
gli europei hanno (o avrebbero) potuto utilmente attingere: dalla medicina, 
alla scienza delle costruzioni, all�astronomia, a tacer d�altro. 
Scienze tutte molto pi� avanzate rispetto al livello di conoscenza successivo, 
quanto meno fino a tutto il secolo XV. Per fare un solo esempio, Cristoforo 
Colombo non avrebbe sbagliato tanto clamorosamente i suoi calcoli sulle 
dimensioni della terra se avesse conosciuto gli studi di et� romana che la avevano 
calcolata con un errore inferiore al 2% rispetto alla realt�. 
La religione, in terzo luogo: Qualunque fede o qualunque agnosticismo si 
professi, mi sembra indubitabile che il Cristianesimo rappresenti una fortissima 
radice culturale che ha informato di s� tutto il nostro continente. Papa Benedetto 
XVI ha di recente sottolineato che il Cristianesimo, pur essendo nato fuori 
dell�Europa, � in Europa che �ha ricevuto la sua impronta culturale ed intellettuale 
storicamente pi� efficace� ed � ovvio che, per questo aspetto, Roma ha 
giocato un ruolo fondamentale, operando, secondo la autorevole affermazione 
di Andrea Riccardi, come �la pi� grande capitale religiosa mondiale�. 
Credo che il senso profondo del vincolo di religione che lega tutti i paesi 
europei sia stato reso con perfetta intuizione poetica da uno dei padri fondatori 
dell�odierna Unione Europea, Robert Schuman quando ha parlato di �Europa 
delle cattedrali�. 
Il quarto e forse pi� importante fattore unificante, infine, non � qualcosa 
di concreto, ma la suggestione di un mito che condizion� per oltre un millennio 
la vita politica del continente europeo. 
Ogni epoca storica ha il suo modello politico di perfetta vita associata: per 
quasi cinque secoli il mondo civile era vissuto nella convinzione che l�impero 
romano fosse l�unico modello statuale valido, tanto � vero che, dopo il suo crollo, 
nel buio e nella confusione di un medio evo privo di punti di riferimento politici 
precisi, gli sforzi dei migliori furono tesi alla ricostituzione di quell�impero, cui 
l�affermarsi della Chiesa di Roma aveva aggiunto l�appellativo di Sacro. 
Quel �Sacro Romano Impero� che non era sacro, non era romano ma, so-
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 41 
prattutto, non riusc� mai ad essere un impero. 
La notazione appena svolta consente di affermare che l�impero romano 
continu� ad informare di s� (non nella realt� ma nell�immaginario collettivo) 
il continente europeo per mille anni ancora dopo la caduta dell�impero romano 
di occidente, riaffermando il mito di Roma come elemento di coesione del 
continente. 
3. Gli Stati nazionali europei e la loro crisi. 
� solo nel XVII secolo, infatti, che si consolid� - e venne teorizzata da 
Jean Bodin - una nuova forma di aggregazione politica, lo Stato nazionale, 
forma che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri. 
Ebbene lo Stato nazionale come modello di entit� politica � oggi in crisi. 
� giunto alla fine del suo ciclo vitale, come gi� profetizzava anni fa Massimo 
Severo Giannini ed � pronto a cedere il passo a nuove forme di aggregazione 
politica. 
Credo proprio che il crollo del muro di Berlino con quel che lo ha accompagnato 
e seguito, se non ha segnato la fine della storia, ha messo, per�, fine 
a quel terribile �secolo breve� che ci ha descritto Hobsbawm ed ha accelerato 
il processo di decomposizione degli Stati nazionali. 
Gli Stati nazionali di relativamente piccole dimensioni, come sono tutti 
gli Stati europei, si vedono, infatti, esposti a due fenomeni contrapposti. Da 
un lato lo sgretolamento dal basso per effetto delle spinte autonomistiche portate 
dal malessere rivendicativo di un localismo esagerato, fenomeno, questo, 
non solo italiano ma ormai fenomeno endemico europeo. I casi della Spagna, 
dell�Inghilterra, del Belgio, della ex Cecoslovacchia, persino della supercentralistica 
Francia sono sotto i nostri occhi. 
Dall�altro devono fare i conti con la necessaria aggregazione in strutture 
di dimensioni tendenzialmente continentali e di tipo confederale, per poter 
contrastare gli effetti della globalizzazione. � questo il caso dell�Unione Europea, 
che, per�, nonostante l�ammirevole tempestivit� del suo avvio, che precorse 
di quasi mezzo secolo le attuali emergenze, si trova, oggi, a met� del 
guado mentre soffiano, oltre ai venti di tempesta della globalizzazione, anche 
i venti di guerra di una finanza internazionale disancorata non solo da qualsiasi 
principio etico, il che non sorprende, ma anche da un retroterra economico 
proporzionato alla �potenza di fuoco� che quella finanza riesce ad esprimere 
(grazie a sofisticatissimi strumenti che sviluppano un �effetto leva�) e tale da 
mettere in ginocchio le economie di Stati sovrani. 
4. Il processo di unificazione europea. 
Occorre convenire, come si � gi� accennato, che la classe politica europea 
del secondo dopoguerra era stata lungimirante adoperandosi, con mezzo secolo 
di anticipo sulla crisi attuale, per la creazione di strutture sopranazionali.
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Raccogliendo l�eredit� risorgimentale di Mazzini, Gioberti e Cattaneo e 
quella fra le due grandi guerre di Aristide Briand, di Luigi Einaudi e di Altiero 
Spinelli, i pi� eminenti e lungimiranti uomini politici del secondo dopoguerra 
- Adenauer in Germania, Spaak in Belgio, Schuman e Monnet in Francia, Bech 
in Lussemburgo, De Gasperi e Sforza in Italia - gettarono le basi dell�attuale 
costruzione europea. I tre trattati originari furono sottoscritti, come � noto, nel 
1957 e, non a caso, a Roma, ancora una volta chiamata alla sua vocazione europea, 
senza per� riuscire a dar vita, se non in prospettiva di lontano futuro, 
ad una integrazione politica di stato federale o almeno confederale. 
I progressi, come � noto, sono stati lentissimi ed assai limitate le cessioni 
di sovranit� degli Stati nazionali all�Unione, cessioni limitate principalmente 
a settori normativi, soprattutto in campo economico, ed alla funzione giurisdizionale, 
per quanto di competenza della Corte di Giustizia dell�Unione. 
Come � noto la normativa europea prevale su quella interna che, se contrastante, 
deve essere disapplicata dal giudice nazionale e la giurisprudenza della 
Corte di Giustizia dell�Unione Europea fa stato all�interno degli Stati membri. 
Il che incide anche in settori assai delicati e sensibili, che trascendono e 
non di poco il mero dato economico, quali ad esempio la responsabilit� dello 
Stato per attivit� dei magistrati. Tema, questo, che revoca in dubbio la legittimit� 
dell�attuale normativa nazionale sulla responsabilit� civile dei magistrati 
(legge 13 aprile 1988 n. 117). L�art. 2, comma 2 di detta legge recita infatti 
che: �Nell�esercizio delle funzioni giudiziarie non pu� dar luogo a responsabilit� 
l�attivit� di interpretazione di norme di diritto n� quella di valutazione 
del fatto e delle prove�. 
Tale principio � stato derogato per i casi di violazione del diritto comunitario: 
nella sentenza 13 giugno 2006 emessa nella causa C-173/03 �Traghetti 
del Mediterraneo�, relativa proprio alla legge citata, la Corte di Giustizia 
dell�Unione Europea ha affermato che: �Il diritto comunitario osta ad una legislazione 
nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilit� dello 
Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del 
diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado 
per il motivo che la violazione controversa risulta da un�interpretazione delle 
norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale 
organo giurisdizionale. 
Il diritto comunitario osta altres� ad una legislazione nazionale che limiti 
la sussistenza di tale responsabilit� ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, 
ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilit� 
dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata 
commessa una violazione manifesta del diritto vigente, quale precisata ai punti 
53-56 della sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Kobler�. 
Come � evidente, tale sentenza esige una revisione della normativa nazionale 
nella materia della responsabilit� conseguente a cattivo uso del potere
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 43 
giudiziario, materia che, come � noto, tocca non pochi nervi scoperti. 
Lo stesso dicasi per un�altra Corte Sopranazionale, quella dei Diritti 
dell�Uomo, incardinata non nell�ordinamento dell�Unione Europea ma in 
quello nascente dalla Carta Europea dei Diritti dell�Uomo, della cui violazione 
chiama gli Stati a rispondere (e che in vista di una evoluzione prossima futura 
non potr� non diventare parte delle future strutture europee). Anche questa 
Corte interviene su temi quanto mai delicati. Ricordo come importante un caso 
recente relativo all�Italia, quello del Crocefisso nelle aule scolastiche, e come 
caso recentissimo la sentenza che ha dichiarato violatrice della Convenzione 
Europea dei Diritti dell�Uomo la legge italiana in materia di procreazione medicalmente 
assistita (legge 19 febbraio 2004 n. 40) nella parte in cui non consente 
la diagnosi preimpianto degli embrioni fecondati, diagnosi volta ad 
evitare la gestazione di feti portatori di malattie ereditarie. 
Ho citato questi due casi solo per dimostrare come le cessioni di sovranit� 
degli Stati membri all�Europa siano state tutt�altro che irrilevanti, idonee come 
sono ad incidere su materie altamente sensibili e non � quindi utopistico sperare 
che si possano compiere ulteriori passi su questa via. 
5. L�euro e le prospettive future. 
Un ulteriore rilevantissimo passo avanti nel cammino sulla via delle cessioni 
di sovranit� � stato, poi, fatto, dall�Unione Europea nel passaggio di millennio 
con la cessione della sovranit� monetaria degli Stati e cio� con la 
creazione dell�euro. 
Alcuni economisti segnalarono come l�operazione fosse affetta dal vizio 
dell�usteron proteron, in quanto � sbagliato costruire un edificio cominciando 
dal tetto ed � quindi fragile un�unione monetaria che non abbia la solida base 
di una previa unione politica. 
Si rispose che l�attuazione dell�euro avrebbe obbligato necessariamente 
gli Stati membri a procedere ad una rapida unificazione politica. 
Come ben sappiamo oggi, con il senno di poi, la rapida unificazione politica 
non vi � stata, l�euro ha funzionato benissimo finch� la temperie economica 
ha volto al bello ma ha mostrato tutta la sua debolezza in tempi di crisi 
finanziaria ed economica della gravit� di quella che soffriamo in questi anni. 
Si � visto, infatti, come i debiti sovrani degli Stati europei aderenti all�euro 
possano essere impunemente aggrediti dalla finanza internazionale e si � capito 
che un debito sovrano, per essere al sicuro, deve avere alle spalle una sovranit� 
non solo monetaria ed una banca centrale che funga da prestatore di ultima 
istanza, quale non � la Banca Centrale Europea. 
Illuminante l�esempio del Giappone che, pur avendo un debito sovrano 
quasi doppio di quello italiano e di oltre una volta e mezzo quello greco, rispetto 
ai rispettivi PIL vede la propria moneta, lo yen, al riparo da qualunque 
attacco speculativo.
44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Come sappiamo i governi europei ed i competenti organismi dell�Unione 
si stanno muovendo per correre ai ripari e porre l�euro in sicurezza, ed il nostro 
Governo - et pour cause - � in prima linea in questa guerra per una fulminea 
accelerazione del processo di integrazione politica. 
Consentitemi di concludere citando la previsione ottimistica che ha fatto 
di recente Moavero Milanesi, il nostro Ministro per le politiche europee, il 
quale ha vaticinato il possibile prossimo futuro acquisto da parte di Roma di 
un ulteriore merito europeistico: quello di saper sfruttare l�attacco al proprio 
debito sovrano per dare con successo impulso al compimento prossimo venturo 
del processo di integrazione europea, che dovr� culminare non solo nel 
salvataggio dell�euro, ma anche nella nascita degli Stati Uniti d�Europa. 
Mi auguro di tutto cuore che il Ministro Moavero abbia ragione.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 
La Corte Internazionale di Giustizia si pronuncia sul principio 
dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione 
Luca Ventrella* 
Laura Zoppo** 
SOMMARIO: 1.- Il principio dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione nel diritto internazionale: 
brevi cenni. 2.- La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana: 
la sentenza Ferrini. 3.- (Segue): alcune ulteriori applicazioni dei principi sanciti nella sentenza 
Ferrini. 4.- (Segue): la sentenza Milde. 5.- Il giudizio avanti alla Corte Internazionale 
di Giustizia: il ricorso depositato dalla Germania e la domanda riconvenzionale proposta 
dall�Italia. 6.- (Segue): la decisione della Corte. 7.- (Segue): le opinioni dissenzienti di alcuni 
giudici. 8.- L�esecuzione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia. Prime applicazioni: 
sentenza del Tribunale di Firenze in data 14 marzo 2012. 9.- (Segue): il ruolo dell�Avvocatura 
dello Stato. 
1. Il principio dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione nel diritto internazionale: 
brevi cenni. 
La norma di diritto internazionale generale in merito all�immunit� degli 
Stati dalla giurisdizione trae origine dal principio di naturale uguaglianza degli 
Stati sovrani (�par in parem non habet iudicium� ). In ossequio al suddetto 
principio, � a lungo prevalsa una concezione �assoluta� dell�immunit� e solo 
dopo la fine della prima guerra mondiale si � avuta, ad opera della giurisprudenza 
italiana e di quella belga, l�elaborazione della teoria dell�immunit� �ristretta� 
o �relativa�, basata sulla distinzione tra atti jure imperii e atti jure 
gestionis (1). Mentre per i primi, che implicano l�esercizio di funzioni pubbliche 
statali, resta valida l�esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione 
civile dello Stato territoriale, per i secondi, di carattere strettamente privatistico, 
tale esenzione viene meno. 
La regola dell�immunit� ristretta era, fino a poco tempo fa, pacificamente 
riconosciuta e ad essa risulta ispirata anche la Convenzione della Nazioni Unite 
sull�immunit� giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, adottata dall�Assemblea 
generale delle Nazioni Unite il 21 dicembre 2004 ma non ancora entrata 
in vigore. 
(*) Avvocato dello Stato. 
(**) Dottore di ricerca in Diritto internazionale e dell�Unione europa, gi� praticante presso l�Avvocatura 
dello Stato. 
(1) La ragione di questa inversione di tendenza va ricercata nella sempre maggiore partecipazione 
degli Stati ad attivit� imprenditoriali e commerciali, la quale incominci� a quell�epoca a far dubitare 
che la vecchia norma sull�immunit� assoluta potesse coprire anche le controversie relative all�esercizio 
delle suddette attivit� privatistiche. V. CONFORTI B., Diritto internazionale, ottava edizione, Napoli, 
2010, pp. 252-253.
46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
2. La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana: la sentenza 
Ferrini. 
Con la nota sentenza Ferrini (2), la Corte di Cassazione italiana ha dato 
avvio ad una nuova inversione di tendenza in tema di immunit� degli Stati 
stranieri dalla giurisdizione civile. La controversia riguardava la richiesta di 
risarcimento avanzata nei confronti della Repubblica Federale di Germania 
da un cittadino italiano che nel 1944, durante l�occupazione nazista in Italia, 
era stato deportato e sottoposto ai lavori forzati. Ebbene, in tale occasione la 
Corte ha negato allo Stato convenuto l�immunit� dalla giurisdizione italiana 
ritenendo che il principio dell�immunit� giurisdizionale degli Stati stranieri 
non possa operare in presenza della violazione di norme di jus cogens, e in 
particolare di quelle norme che attengono al rispetto della dignit� umana e dei 
diritti inviolabili della persona. 
Preliminarmente, la Cassazione ha riconosciuto l�esistenza di una norma 
consuetudinaria di diritto internazionale che impone a ciascuno Stato l�obbligo 
di astenersi dall�esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli atti jure 
imperii degli altri Stati ed ha ammesso altres� che gli atti a suo tempo compiuti 
dalla Germania costituissero espressione della sua potest� d�imperio, in quanto 
posti in essere nel corso di operazioni belliche. E tuttavia, secondo la Corte, i 
suddetti atti erano tali da integrare dei veri e propri crimini internazionali, in 
quanto consistenti �nella violazione, particolarmente grave per intensit� o sistematicit� 
(...), dei diritti fondamentali della persona umana, la cui tutela � 
affidata a norme inderogabili che si collocano al vertice dell�ordinamento internazionale, 
prevalendo su ogni altra norma, sia di carattere convenzionale 
che consuetudinario (...) e, quindi, anche su quelle in tema di immunit�� (3). 
In altri termini, le Sezioni Unite, riscontrata una �antinomia� tra diversi 
gruppi di norme, tutti appartenenti al diritto internazionale consuetudinario, 
l�ha risolta dando prevalenza alle norme di rango pi� elevato, ossia quelle imperative 
in tema di tutela dei diritti fondamentali, rispetto a quelle considerate 
inferiori, cio� quelle sull�immunit� degli Stati esteri dalla giurisdizione (4). 
Ha ritenuto infatti la Suprema Corte che il rispetto dei diritti inviolabili della 
persona umana abbia ormai assunto il valore di principio fondamentale dell�ordinamento 
internazionale e, come tale, non possa non riflettersi sulla portata 
degli altri principi ai quali tale ordinamento � tradizionalmente ispirato: 
(2) Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 5044 del 11 marzo 2004, Ferrini c. Repubblica Federale 
di Germania, in Giur. it., 2005, p. 250 ss. V. in proposito GIANELLI A., Crimini internazionali ed immunit� 
degli Stati dalla giurisdizione nella sentenza Ferrini, in Riv. dir. internaz., 2004, n. 3, p. 643 ss. 
(3) Sentenza n. 5044, cit., par. 9. 
(4) La Cassazione segue sostanzialmente l�opinione dei giudici di minoranza annessa alla sentenza 
della Corte europea dei diritti dell�uomo del 21 novembre 2001 nel caso Al-Adsani c. Regno Unito, reperibile 
sul sito web della Corte all�indirizzo www.echr.coe.int (ric. 35763/97).
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 
in particolare, di quello sulla �sovrana uguaglianza� degli Stati, cui si ricollega 
il riconoscimento dell�immunit� statale dalla giurisdizione civile straniera. 
3. (Segue): alcune ulteriori applicazioni dei principi sanciti nella sentenza 
Ferrini. 
Il principio della derogabilit� della norma sull�immunit� degli Stati dalla 
giurisdizione in caso di crimini internazionali, affermato per la prima volta 
nel caso Ferrini, ha trovato ulteriore applicazione nella giurisprudenza successiva 
della Cassazione. 
Con tredici ordinanze del 29 maggio 2008 (nn. 14200-14212), le Sezioni 
Unite si sono pronunciate su altrettante domande di regolamento preventivo 
di giurisdizione proposte dalla Repubblica Federale di Germania relativamente 
alle richieste di risarcimento danni avanzate da alcuni cittadini italiani (e dai 
loro eredi) deportati in Germania durante la seconda guerra mondiale per essere 
utilizzati quale mano d�opera non volontaria al servizio di imprese tedesche 
(5). In esse, la Corte ha affermato la sussistenza della giurisdizione 
nazionale, ribadendo che non pu� riconoscersi l�immunit� dalla giurisdizione 
civile degli Stati stranieri per gli atti jure imperii che siano configurabili come 
crimini contro l�umanit�. 
Pi� in dettaglio, la Cassazione si � dichiarata consapevole del fatto che 
non esista, allo stato, una sicura ed esplicita consuetudine internazionale per 
cui il principio dell�immunit� dello Stato straniero dalla giurisdizione civile 
per gli atti dal medesimo compiuti jure imperii possa ritenersi derogato a fronte 
di atti di gravit� tale da configurarsi come crimini contro l�umanit�. Nondimeno, 
essa ha ritenuto che un principio limitativo dell�immunit� dello Stato 
che si sia reso autore di crimini contro l�umanit� possa presumersi �in via di 
formazione�, e si � detta cosciente di contribuire, con le proprie decisioni, all�emersione 
di tale nuova regola conformativa dell�immunit� dello Stato estero, 
ritenuta comunque gi� insita nel sistema dell�ordinamento internazionale. 
Secondo la Suprema Corte, la norma consuetudinaria di diritto internazionale 
che impone agli Stati l�obbligo di astenersi dall�esercitare il potere 
giurisdizionale nei confronti degli Stati stranieri non pu�, dunque, essere invocata 
in presenza di comportamenti dello Stato straniero tali da ledere quei 
valori universali di rispetto della dignit� umana, i quali, trascendendo gli interessi 
delle singole comunit� statali, segnano il punto di rottura dell�esercizio 
(5) Le citate ordinanze sono formulate in termini essenzialmente analoghi. Basti, quindi, considerarne 
una per tutte. Si veda, in particolare, Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza n. 14201 del 29 maggio 
2008, Repubblica Federale di Germania c. Mantelli e altri; Daimlerchrysler c. Mantelli e altri, in 
Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, n. 3, p. 651 ss. Cfr. in proposito FOCARELLI C., Diniego dell�immunit� 
giurisdizionale degli Stati stranieri per crimini, jus cogens e dinamica del diritto internazionale, in Riv. 
dir. internaz., 2008, n. 3, p. 738 ss.; DE VITTOR F., Immunit� degli Stati dalla giurisdizione e risarcimento 
del danno per violazione dei diritti fondamentali: il caso Mantelli, in DUDI, 2008, n. 3, p. 632 ss.
48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
tollerabile della sovranit�. 
Sempre in data 29 maggio 2008, le Sezioni Unite si sono espresse anche 
in merito al riconoscimento in Italia di una sentenza greca del 2000 che condannava 
la Germania al pagamento delle spese processuali relative al giudizio 
intentato dalle vittime del massacro di Distomo, perpetrato dalle forze armate 
del Reich nel 1944 (6). La Repubblica Federale di Germania aveva infatti impugnato 
la sentenza del 20 marzo 2007 della Corte d�appello di Firenze, che 
respingeva l�opposizione da essa proposta avverso il decreto concessorio di 
exequatur alla sentenza della Suprema Corte greca. 
In questo caso, quindi, la questione dell�esistenza o meno dell�immunit� 
dello Stato tedesco dalla giurisdizione civile � stata affrontata al fine di accertare 
l�esistenza dei requisiti per la riconoscibilit� ed eseguibilit� della sentenza 
greca in Italia (7). In particolare, la Germania aveva sostenuto la carenza di 
tali requisiti per contrariet� della sentenza stessa all�ordine pubblico interno. 
La Cassazione ha per� disatteso questo argomento, ritenendo che:�la non 
estensibilit� della immunit� dalla giurisdizione civile degli Stati stranieri agli 
atti iure imperi di questi configurabili come crimini contro l�umanit� (...) lungi 
dal porsi in contrasto, � perfettamente invece in sintonia con il principio gi� 
enunciato da questa Corte a Sezioni unite, con la sentenza n. 5044 del 
2004� (8). 
4. (Segue): la sentenza Milde. 
Successivamente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di tornare sulla 
questione dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione nella decisione relativa 
al cd. caso Milde (9). 
(6) Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 14199 del 29 maggio 2008, Repubblica Federale di 
Germania c. Amministrazione regionale della Vojotia, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, n. 2, p. 425 
ss. V. FRANZINA P., Norme sull�efficacia delle decisioni straniere e immunit� degli Stati dalla giurisdizione 
civile, in caso di violazioni gravi dei diritti dell�uomo, in DUDI, 2008, n. 3, p. 638 ss.; LOPES 
PEGNA O., Riconoscimento automatico delle sentenze straniere e immunit� degli Stati dalla giurisdizione 
civile, in Riv. dir. internaz., 2009, n. 3, p. 796 ss. 
(7) Si trattava di stabilire, tra l�altro, se tale sentenza potesse essere dichiarata esecutiva nel nostro 
Paese a dispetto del fatto che la stessa risultasse ineseguibile in Grecia per mancanza dell�autorizzazione 
ministeriale richiesta dall�art. 923 del codice di rito greco ai fini dell�adozione di misure coercitive verso 
Stati stranieri. Sul punto, la Corte ha affermato che: �[d]etta norma (...) attiene, infatti, alla fase contingente 
della esecuzione forzata, ma non condiziona n� elimina � ed anzi presuppone � la previa acquisizione di 
efficacia esecutiva della sentenza contro Stato straniero, la cui concreta esecuzione ben pu� essere quindi 
attuata in un successivo diverso contesto temporale e/o spaziale�. Sentenza n. 14199, cit., par. 5.1. 
(8) Ibidem, par. 5.2. 
(9) Cassazione, Sezione I penale, sentenza n. 1072 del 13 gennaio 2009, Repubblica Federale di 
Germania e altro, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2009, n. 3, p. 685 ss. Cfr. SERRAN� G., Immunit� degli 
Stati stranieri e crimini internazionali nella recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, ivi, p. 
605 ss.; FRULLI M., La �derogabilit�� della norma sull�immunit� degli Stati dalla giurisdizione in caso 
di crimini internazionali: la decisione della Corte di Cassazione sulla strage di Civitella della Chiana, 
in DUDI, 2009, n. 2, p. 442 ss.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 
Il 10 ottobre 2006 il Tribunale militare di La Spezia aveva condannato 
all�ergastolo Max Josef Milde, che all�epoca dei fatti contestati era sergente 
della divisione paracadutisti corazzata �Hermann G�ring�, per il delitto di violenza 
con omicidio contro privati nemici, pluriaggravata e continuata, riconoscendolo 
colpevole dell�uccisione di pi� di duecento persone, tra le quali 
anziani, donne e bambini, nell�ambito dell�ampia operazione di rastrellamento 
contro i partigiani e la popolazione civile realizzata dalle truppe tedesche nei 
territori dei comuni di Civitella in Val di Chiana, di Cornia e di San Pancrazio 
nella giornata del 29 giugno 1944, come rappresaglia per l�attacco compiuto 
dai partigiani contro alcuni membri delle forze occupanti nei giorni precedenti. 
La Repubblica Federale di Germania era stata citata in giudizio dai familiari 
delle vittime, costituitisi parte civile nel processo penale, e condannata in solido 
con l�imputato al risarcimento dei danni. La condanna era stata poi confermata 
dalla Corte militare di appello con sentenza del 18 dicembre 2007. La 
Germania, nella sua qualit� di responsabile civile, ha quindi proposto ricorso 
per cassazione avverso la suddetta sentenza. 
Giova precisare che l�Avvocatura dello Stato, costituitasi anch�essa parte 
civile per la Presidenza del Consiglio dei Ministri nell�ambito del procedimento 
militare a carico del Milde, nei confronti dell�imputato medesimo, non 
ha avanzato invece alcuna richiesta di risarcimento nei confronti della Repubblica 
Federale di Germania quale responsabile civile (cos� come non lo ha 
fatto in nessuno degli altri processi che si sono recentemente tenuti davanti ai 
giudici militari per accertare le personali responsabilit� di alcuni ex soldati tedeschi 
relativamente alle stragi compiute in varie zone del centro Italia dall�esercito 
nazista in ritirata nell�estate del 1944). 
Appare inoltre utile riepilogare brevemente le argomentazioni poste dalla 
difesa della Germania a fondamento del proprio ricorso. Innanzitutto, si � sostenuta 
l�inammissibilit� e l�improponibilit� dell�azione civile per il risarcimento 
dei danni in relazione alla violazione degli obblighi internazionali 
assunti dall�Italia con l�art. 77 del Trattato di pace del 1947, con gli accordi 
italo-tedeschi di Bonn del 1961 e con le relative leggi interne di recepimento 
(10), in forza della rinuncia compiuta con tali atti dallo Stato italiano, anche a 
nome dei propri cittadini, a fare valere rivendicazioni di carattere economico 
nei confronti dello Stato tedesco per fatti legati al secondo conflitto bellico. 
Inoltre, si � ritenuto che l�esercizio della giurisdizione civile italiana fosse precluso 
dalla piena operativit�, nel caso di specie, della norma che sancisce l�immunit� 
degli Stati dalla giurisdizione straniera, negandosi, quindi, che il 
principio dell�accesso alla giurisdizione civile per la vittima di gravi violazioni 
dei diritti umani prevalga rispetto alla regola dell�immunit� degli Stati dalla 
giurisdizione civile, anche alla luce di alcune decisioni sia di tribunali stranieri 
(10) Rispettivamente d.lgs. 28 novembre 1947, n. 1430 e D.P.R 14 aprile 1962, n. 1263.
50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
che di corti internazionali (11). 
La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi di ricorso. In particolare, 
i giudici hanno riaffermato con chiarezza l�orientamento ermeneutico abbracciato 
nella sentenza n. 5044 del 2004 e ribadito nelle decisioni successive sopra 
citate. A proposito del richiamo operato dalla ricorrente alle varie pronunce 
emesse dalle Corti supreme di altri ordinamenti, nelle quali � stato attribuito 
al principio dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione civile un valore assoluto, 
la Cassazione ha ritenuto di dover sottolineare come �la soluzione della 
questione dibattuta non possa corrispondere ad un esito di tipo meramente 
quantitativo e non possa dipendere, perci�, soltanto dal numero, maggiore o 
minore, delle decisioni che aderiscono all�una o all�altra posizione� (12). Secondo 
la Corte, infatti, �se � vero che l�esame della prassi dei tribunali dei 
vari Stati costituisce uno strumento importante per l�accertamento del vigore 
delle norme consuetudinarie di diritto internazionale, � non di meno certo che 
il compito dell�interprete non pu� ridursi ad un computo aritmetico dei dati 
desunti dalla prassi� (13). 
Per la Suprema Corte, la questione si risolve piuttosto nello stabilire quale 
sia il corretto coordinamento tra norme consuetudinarie di differente consistenza 
qualitativa. Un coordinamento che, sul piano sistematico, non pu� che 
basarsi sul criterio del bilanciamento degli interessi, con prevalenza del principio 
di rango pi� elevato. Pertanto - ha affermato la Cassazione - il principio 
consuetudinario dell�immunit� giurisdizionale degli Stati non ha una portata 
assoluta e indiscriminata, ma � destinato a rimanere inoperante nelle fattispecie 
(11) Per quanto riguarda i tribunali nazionali di altri Stati, si richiama in primo luogo la sentenza 
del 17 settembre 2002 con cui il Supremo Tribunale Speciale greco ha riformato il principio precedentemente 
espresso nella decisione della Suprema Corte greca del 2000, sopra indicata (la quale aveva negato 
alla Germania la possibilit� di usufruire dell�immunit� dalla giurisdizione civile, ritenendo che lo 
stesso carattere cogente riconosciuto dagli Stati a certe norme presupponga di per s� una rinuncia implicita 
all�immunit�). Si cita poi la Corte federale di Cassazione tedesca del 26 giugno 2003, che, in pi� 
ricorsi presentati contro la Repubblica Federale di Germania da cittadini greci, ha escluso che l�interpretazione 
restrittiva del principio di immunit� degli Stati territoriali nel caso di violazioni di norme di 
jus cogens costituisca diritto internazionale vigente. E ancora, si ricorda la sentenza del 16 dicembre 
2003 della Corte di Cassazione francese relativa ad una fattispecie avente ad oggetto il ricorso di un cittadino 
francese condotto in Germania durante la seconda guerra mondiale come lavoratore forzato, la 
quale ha confermato l�applicazione del principio dell�immunit� ristretta operata dalla Corte di Appello 
di Parigi. Si menzionano, infine, la pronuncia del 15 febbraio 2006 della Corte costituzionale tedesca, 
e da ultimo la sentenza del 14 giugno 2006 della House of Lords, che ha nuovamente ribadito l�applicazione 
della regola dell�immunit� dalla giurisdizione civile anche in caso di gravi violazioni dei diritti 
umani. Per ci� che concerne, invece, la giurisprudenza dei tribunali internazionali, il riferimento � a tre 
decisioni della Corte europea dei diritti dell�uomo, che hanno ribadito l�applicabilit� della regola dell�immunit� 
pur in presenza di violazioni di norme di jus cogens (Al-Adsany c. Regno Unito, sentenza 
del 21 gennaio 2001, caso n. 35763/97; Mc.Elhinney, sentenza del 21 novembre 2001; Kalogeropoulou 
e altri c. Grecia e Germania, decisione del 12 dicembre 2002, caso n. 59021/00). 
(12) Sentenza n. 1072, cit., par. 4. 
(13) Ibidem. 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 51 
nelle quali con esso concorra il principio di diritto internazionale consuetudinario 
che legittima l�esercizio dei mezzi di tutela apprestati per la reintegrazione 
dei danni provocati da crimini internazionali originati da gravi lesioni 
dei diritti inviolabili della persona umana. 
La Corte ha altres� disatteso le eccezioni formulate dalla ricorrente sulla 
base dell�art. 77 del Trattato di pace del 1947, ritenendo inapplicabile alla fattispecie 
la regolamentazione posta dal detto Trattato, di cui la Repubblica Federale 
di Germania non � parte e la cui disciplina riguarda diritti di natura reale 
relativi a danni materiali e non anche i danni morali che devono essere risarciti 
ai familiari delle vittime di crimini di guerra. Parimenti priva di fondamento 
- secondo la Cassazione - � la censura diretta a denunciare la violazione degli 
accordi di Bonn del 1961. Tali accordi miravano infatti alla definizione di 
�tutte le rivendicazioni e richieste della Repubblica Italiana, o di persone fisiche 
o giuridiche italiane, ancora pendenti nei confronti della Repubblica 
Federale di Germania o nei confronti di persone fisiche o giuridiche tedesche� 
(art. 2, comma 1), e risultano pertanto inapplicabili ad una controversia non 
ancora pendente, perch� neppure iniziata alla data di stipulazione della convenzione 
tra i due Stati. 
5. Il giudizio avanti alla Corte Internazionale di Giustizia: il ricorso depositato 
dalla Germania e la domanda riconvenzionale proposta dall�Italia. 
La Repubblica Federale di Germania si � rivolta alla Corte Internazionale 
di Giustizia depositando un ricorso il 23 dicembre 2008 al fine di fare accertare 
e dichiarare la violazione da parte dell�Italia dei suoi obblighi internazionali 
per non aver rispettato l�immunit� giurisdizionale di cui la Germania gode ai 
sensi del diritto internazionale (14). 
Oltre a contestare all�Italia il mancato rispetto dell�immunit� dello Stato 
tedesco dalla giurisdizione contenziosa, la Germania ha lamentato anche la 
violazione delle norme internazionali in materia d�immunit� dalla giurisdizione 
esecutiva per avere le autorit� italiane consentito l�iscrizione di un�ipoteca 
giudiziale su Villa Vigoni (un bene immobile di propriet� tedesca sito in 
Italia ed utilizzato per fini governativi non commerciali). Infine, essa ha fatto 
(14) Caso relativo alle immunit� giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia), Ricorso della 
Repubblica Federale di Germania del 23 dicembre 2008, reperibile (come gli altri documenti relativi 
alla controversia de qua di seguito citati) sul sito web della Corte all�indirizzo www.icj-cij.org. V. ampiamente 
MARONGIU BUONAIUTI F., Azioni risarcitorie per la commissione di crimini internazionali ed 
immunit� degli stati dalla giurisdizione: la controversia tra la Germania e l�Italia innanzi alla Corte 
internazionale di giustizia, in DUDI, 2011, n. 5, p. 232 ss. La giurisdizione della Corte Internazionale 
di Giustizia si fondava, nel caso di specie, sull�art. 1 della Convenzione europea per il regolamento pacifico 
delle controversie del 29 aprile 1957. Quanto alle questioni di ammissibilit�, la Germania ha sottolineato, 
tra l�altro, come non vi fosse alcuna necessit� di procedere all�esaurimento delle vie di ricorso 
interne, agendo essa nell�esercizio di diritti suoi propri e non in protezione diplomatica in favore dei 
cittadini tedeschi.
52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
valere l�illegittimit� della concessione in Italia dell�exequatur dei provvedimenti 
giudiziari greci che avevano accolto alcune pretese risarcitorie avanzate 
nei confronti della medesima Repubblica Federale. 
A fondamento delle proprie argomentazioni, la ricorrente ha posto soprattutto 
la circostanza che la stessa Corte di Cassazione avesse riconosciuto di 
non essersi limitata ad applicare una norma di diritto internazionale attualmente 
vigente, ma di avere inteso contribuire allo sviluppo di una consuetudine 
�in formazione�, cos� ammettendo che, nell�affermare un�interpretazione restrittiva 
dell�immunit� giurisdizionale, aveva di fatto violato i diritti spettanti 
allo Stato tedesco. 
La Germania ha quindi concluso domandando alla Corte l�accertamento 
della responsabilit� internazionale dell�Italia e la declaratoria del suo obbligo 
di assicurare con ogni mezzo che in futuro i tribunali italiani non ammettano 
pi� domande risarcitorie contro lo Stato tedesco per i fatti di cui al secondo 
conflitto mondiale e di garantire che tutte le decisioni gi� pronunciate dai tribunali 
e dalle corti italiane in violazione dell�immunit� sovrana della Germania 
non possano pi� trovare esecuzione. 
Nella propria memoria difensiva, l�Italia ha presentato alla Corte una domanda 
riconvenzionale, chiedendo di accertare la responsabilit� della ricorrente 
per violazione dell�obbligo di risarcimento nei confronti delle vittime 
italiane dei crimini commessi dalla Germania nazista durante la seconda guerra 
mondiale e di condannarla ad offrire a tali vittime adeguata riparazione (15). 
Con ordinanza del 6 luglio 2010, la Corte Internazionale di Giustizia ha per� 
ritenuto che la predetta domanda esulasse dall�ambito della propria giurisdizione 
e l�ha pertanto dichiarata irricevibile (16). 
6. (Segue): la decisione della Corte 
La decisione finale della Corte si � avuta il 3 febbraio 2012 ed ha ritenuto 
fondato il ricorso tedesco in relazione a tutti i motivi (17). 
Innanzitutto, � stata disattesa la tesi avanzata dalla difesa italiana basata 
(15) Caso relativo alle immunit� giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia), Contro memoria 
dell�Italia del 22 dicembre 2009. 
(16) Pi� in dettaglio, si � ritenuto che la questione sottoposta alla Corte per mezzo della domanda 
riconvenzionale, riferendosi a fatti e situazioni esistenti prima dell�entrata in vigore della Convenzione 
europea per il regolamento pacifico delle controversie, si ponesse al di fuori del campo di applicazione 
temporale della Convenzione stessa. V. Immunit� giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia), Ordinanza 
del 6 luglio 2010, par. 30. 
(17) Immunit� giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia), Sentenza del 3 febbraio 2012. Per 
un primo commento alla sentenza si veda: PADELLETTI M. L., L�esecuzione della sentenza della Corte 
internazionale di giustizia sulle immunit� dalla giurisdizione nel caso Germania c. Italia: una strada 
in salita?, destinato alla pubblicazione in Riv. dir. internaz., gi� consultabile sul sito web della Societ� 
italiana di diritto internazionale (SIDI) alla pagina www.sidi-isil.org/?page_id=119, nell�ambito del 
forum dedicato alla discussione della sentenza.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 53 
sul c.d. territorial tort principle, secondo cui il diritto internazionale consuetudinario 
escluderebbe ormai la concessione dell�immunit� giurisdizionale in 
relazione ad atti dello Stato che comportino la morte o la lesione di persone 
fisiche o comunque cagionino un danno a beni situati nel territorio dello Stato 
del foro, anche se si tratta di atti jure imperii. 
A sostegno di questa tesi, l�Italia aveva richiamato, in particolare, l�art. 
11 della Convenzione europea sull�immunit� degli Stati del 1972 e l�art. 12 
della Convenzione della Nazioni Unite sull�immunit� giurisdizionale degli 
Stati e dei loro beni del 2004 (18). Tuttavia, la Corte ha ritenuto che il citato 
art. 11 dovesse essere letto in combinato disposto con l�art. 31 della Convenzione 
europea, ai sensi del quale �nessuna disposizione della presente Convenzione 
tocca le immunit� o i privilegi di cui gode uno Stato Contraente per 
quanto concerne qualsiasi atto od omissione delle proprie forze armate o in 
relazione con le stesse, quando esse si trovino sul territorio di un altro Stato 
Contraente�. Tale norma, operando come una vera e propria clausola di salvezza, 
esclude quindi dal campo di applicazione della Convenzione tutti i procedimenti 
relativi agli atti di forze armate straniere, con il risultato che 
l�immunit� di uno Stato in relazione ai suddetti atti esula completamente dall�ambito 
della Convenzione e deve essere determinata con riferimento al diritto 
internazionale generale. Inoltre, bench� la Convenzione delle Nazioni Unite 
non contenga alcuna disposizione espressa che escluda gli atti delle forze armate 
dal suo campo di applicazione, tuttavia il commento della Commissione 
del diritto internazionale al testo dell�articolo 12 stabilisce che tale disposizione 
non si applica alle situazioni di conflitto armato. 
La Corte ha preso poi in esame la prassi dei tribunali dei vari Stati in materia 
d�immunit� dello Stato in relazione agli atti delle forze armate (19). Sono 
state richiamate, in primo luogo, le decisioni della Corte di Cassazione francese 
nella cause intentate da alcuni cittadini deportati durante l�occupazione 
tedesca, che hanno costantemente riconosciuto alla Germania il diritto all�immunit�. 
Sono state poi citate le decisioni delle Corti Supreme della Polonia e 
della Slovenia, che hanno ugualmente concesso alla Germania l�immunit� ri- 
(18) L�art. 11 della Convenzione europea sull�immunit� degli Stati recita: �[u]no Stato Contraente 
non pu� invocare l�immunit� dalla giurisdizione dinnanzi a un tribunale di un altro Stato Contraente se 
il procedimento concerne il risarcimento di un danno alla persona o materiale risultante da un fatto intervenuto 
sul territorio dello Stato del foro e se l�autore del danno era ivi presente al momento in cui 
tale fatto � intervenuto �. Analogamente, l�art. 12 della Convenzione della Nazioni Unite dispone: 
�[u]nless otherwise agreed between the States concerned, a State cannot invoke immunity from jurisdiction 
before a court of another State which is otherwise competent in a proceeding which relates to 
pecuniary compensation for death or injury to the person, or damage to or loss of tangible property, caused 
by an act or omission which is alleged to be attributable to the State, if the act or omission occurred 
in whole or in part in the territory of that other State and if the author of the act or omission was present 
in that territory at the time of the act or omission�. 
(19) Sentenza della Corte, cit., par. 72 ss.
54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
spetto ad atti illeciti commessi sul loro territorio dalle forze armate tedesche 
durante la seconda guerra mondiale. Infine, si � ricordato come i tribunali tedeschi 
abbiano escluso che il territorial tort principle possa far venir meno il 
diritto di uno Stato all�immunit� ai sensi del diritto internazionale per gli atti 
commessi dalle sue forze armate, anche se i fatti sono avvenuti sul territorio 
dello Stato del foro. L�unico Stato in cui vi � una prassi giurisprudenziale che 
sembra sostenere la tesi italiana � la Grecia. E tuttavia, il Supremo Tribunale 
Speciale greco nel 2002 ha rovesciato il principio precedentemente affermato 
dalla Suprema Corte greca, riconoscendo il diritto della Germania all�immunit� 
e negando che il territorial tort principle sia applicabile agli atti delle 
forze armate di uno Stato nello svolgimento dei conflitti armati. 
Su tali basi, la Corte ha quindi ritenuto che il diritto consuetudinario internazionale 
continui ad esigere che ad uno Stato sia concessa l�immunit� nei 
procedimenti attinenti agli illeciti commessi sul territorio di un altro Stato dalle 
sue forze armate nel corso di un conflitto. 
Inoltre, per la Corte � da respingere anche l�ulteriore tesi sostenuta dalla 
difesa italiana, secondo la quale alla Germania non andava concessa l�immunit� 
in ragione della particolare natura degli atti che erano all�origine dei procedimenti 
svoltisi dinanzi ai giudici nazionali. Ha osservato in proposito la 
Corte che, alla luce del diritto internazionale generale vigente, non rileva, ai 
fini della limitazione del diritto all�immunit� giurisdizionale dello Stato, n� la 
circostanza che tale Stato sia accusato di gravi violazioni del diritto dei conflitti 
armati (20), n� che le norme violate abbiano carattere di jus cogens (21). 
In particolare, sotto quest�ultimo profilo, i giudici de L�Aia hanno sostenuto 
che non vi sia alcun conflitto tra le norme di diritto cogente e le regole 
sull�immunit� degli Stati dalla giurisdizione. Queste ultime hanno natura processuale 
e si limitano a determinare se i giudici di uno Stato possano o meno 
esercitare la giurisdizione nei confronti di un altro Stato, senza minimamente 
prendere in considerazione la legittimit� o illegittimit� degli atti che sono alla 
base del giudizio. Peraltro, proprio in quanto norme processuali, esse ben possono 
essere applicate oggi nei procedimenti relativi ad eventi verificatisi tra il 
1943 e il 1945. Per le stesse ragioni, quindi, concedere l�immunit� ad uno 
Stato estero in conformit� al diritto internazionale consuetudinario non equivale 
a riconoscere come legittima una situazione creata dalla violazione di 
norme di jus cogens. 
Infine, priva di fondamento � - nell�opinione della Corte - la tesi secondo 
cui il diniego dell�immunit� alla Germania da parte dei giudici italiani costituisse 
l�ultima ratio, essendo falliti tutti gli altri tentativi volti ad assicurare 
un risarcimento adeguato alle vittime italiane (22). Invero, pur esprimendosi 
(20) Ibidem, parr. 81-91. 
(21) Ibidem, parr. 92-97.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 55 
rammarico per la mancata inclusione degli internati militari italiani tra le categorie 
dei beneficiari degli indennizzi erogati dalla fondazione �Memoria, 
responsabilit� e futuro� (istituita da una legge tedesca nell�anno 2000), nella 
sentenza si afferma il principio per cui la questione della sussistenza o meno 
del diritto di uno Stato all�immunit� resta ben distinta da quella relativa al riconoscimento 
della sua responsabilit� internazionale e del conseguente obbligo 
di riparazione. Inoltre, non vՏ nella prassi degli Stati nulla che avvalori 
la tesi per cui tale diritto all�immunit� sia condizionato all�esistenza di mezzi 
alternativi efficaci per garantire un risarcimento. Nel giungere a queste conclusioni, 
la Corte, non ignorando che il riconoscimento dell�immunit� dalla 
giurisdizione alla Germania possa precludere il risarcimento del danno per i 
cittadini italiani interessati, ha pertanto suggerito che i diritti derivanti dal trattamento 
degli internati militari italiani e dalle altre vertenze di cittadini italiani 
siano fatti oggetto di ulteriori negoziati tra i due Stati interessati, al fine di 
giungere ad una soluzione definitiva concordata tra le parti. 
Quanto all�iscrizione dell�ipoteca giudiziale su Villa Vigoni, la Corte ha 
richiamato l�art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sull�immunit� e 
ne ha riconosciuto la valenza consuetudinaria, almeno nella parte in cui si afferma 
che � condizione imprescindibile per l�adozione di misure esecutive su 
beni di propriet� di uno Stato estero la destinazione di tali beni a funzioni non 
governative (23). Essendo invece Villa Vigoni pacificamente impiegata per 
funzioni pubbliche, la Corte ha ritenuto l�ipoteca inammissibile. 
Per quanto riguarda, invece, la questione del riconoscimento in Italia delle 
decisioni greche pronunciate nei confronti dello Stato tedesco, la Corte ha osservato 
che quando un giudice � chiamato a decidere, come nel caso di specie, 
dell�exequatur di una sentenza straniera contro uno Stato terzo, egli si trova ad 
esercitare la propria giurisdizione nei confronti di tale Stato (24). Il giudice 
dovr� cio� chiedersi se lo Stato convenuto goda o meno dell�immunit� dalla 
giurisdizione, ossia se, qualora una controversia identica a quella decisa all�estero 
fosse instaurata nel foro, egli sarebbe obbligato dal diritto internazionale 
ad accordare l�immunit�. In altri termini, il procedimento volto a concedere 
l�exequatur di una sentenza straniera che condanna uno Stato terzo costituisce 
di per s� un esercizio di giurisdizione contenziosa nei confronti di quest�ultimo. 
(22) Ibidem, parr. 98-104. 
(23) Ibidem, parr. 109-120. Il citato art. 19, rubricato �State immunity from post-judgment measures 
of constraint�, stabilisce che: �No post-judgment measures of constraint, such as attachment, arrest 
or execution, against property of a State may be taken in connection with a proceeding before a court 
of another State unless and except to the extent that: (...) (c) it has been established that the property is 
specifically in use or intended for use by the State for other than government non-commercial purposes 
and is in the territory of the State of the forum, provided that post-judgment measures of constraint may 
only be taken against property that has a connection with the entity against which the proceeding was 
directed�. 
(24) Sentenza della Corte, cit., parr. 121-133.
56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Riconosciuta, quindi, la responsabilit� dello Stato italiano sotto tutti i profili 
indicati, la Corte ha affermato l�obbligo su di esso incombente di porre 
fine all�illecito e di ristabilire, a titolo di riparazione, la situazione che esisteva 
prima che l�illecito fosse commesso (25). Pertanto, tutte le decisioni pronunciate 
e le misure adottate in violazione della regola sull�immunit� dovranno 
essere private dei loro effetti, inclusi eventualmente quelli gi� prodottisi. Inoltre, 
la circostanza che alcune delle suddette decisioni siano gi� passate in giudicato 
non fa venir meno l�obbligo di riparazione dell�Italia nei termini ivi 
indicati. 
7. (Segue): le opinioni dissenzienti di alcuni giudici. 
Vale la pena richiamare brevemente alcune delle opinioni dissenzienti annesse 
alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia in esame. 
In particolare, nella propria dissenting opinion il giudice Ant�nio Augusto 
Can�ado Trindade ha espresso il proprio dissenso alla decisione per quanto riguarda 
sia il metodo seguito che l�intera motivazione, nonch� le conclusioni 
finali. Tale posizione dissenziente si fonda, non solo sulla valutazione delle 
argomentazioni prodotte dinanzi alla Corte dalle parti in causa, ma soprattutto 
su questioni di principio, ritenute di fondamentale importanza. Egli ha infatti 
ritenuto che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario costituiscano 
crimini internazionali contrari allo jus cogens e che, come tali, non possano 
essere semplicemente rimosse e dimenticate facendo affidamento sul 
principio di immunit� degli Stati. Il livello di gravit� di tali violazioni dovrebbe 
quindi valere ad eliminare qualsiasi barriera all�esercizio della giurisdizione 
per garantire adeguata riparazione alle vittime. Secondo Can�ado Trindade, 
tutto ci� non pu� essere messo in discussione sulla base dell�assunto che non 
vi sia un conflitto reale tra norme �processuali� e norme �sostanziali�, privando 
lo jus cogens dei suoi effetti e delle sue conseguenze giuridiche. Il conflitto 
esiste e il primato deve essere riconosciuto allo jus cogens. Le norme imperative 
di diritto internazionale dovrebbero quindi prevalere sul privilegio dell�immunit� 
degli Stati, con tutte le conseguenze che ne derivano, evitando cos� 
la possibilit� di una denegata giustizia e la garanzia di una generale impunit�. 
Il giudice Abdulqawi A. Yusuf, d�altro canto, ha ritenuto di non poter concordare 
con le conclusioni della maggioranza della Corte a causa del modo 
marginale in cui � stata trattata la questione a suo parere centrale della controversia, 
ossia il legame tra il mancato risarcimento dei crimini internazionali 
commessi dalla Germania e la negazione del diritto all�immunit� nei suoi riguardi. 
Egli ha sostenuto che la recente giurisprudenza italiana debba intendersi 
come facente parte di un pi� ampio processo evolutivo diretto ad 
individuare alcune eccezioni alla regola dell�immunit� degli Stati dalla giuri- 
(25) Ibidem, parr. 134-138.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 57 
sdizione. In particolare, quando vi � un conflitto tra il diritto all�immunit� e 
l�obbligo del risarcimento per i danni cagionati dalla commissione di crimini 
internazionali, se nessun altro mezzo di ricorso � disponibile, dovrebbe ammettersi 
la prevalenza del diritto fondamentale delle vittime ad ottenere 
un�adeguata riparazione. 
Infine, l�opinione dissenziente del giudice ad hoc Giorgio Gaja � tornata 
ad occuparsi della c.d. �tort exception�, procedendo ad una dettagliata analisi 
della prassi in materia. La conclusione che lo stesso ne ha tratto � che la diversit� 
fra le decisioni adottate dai vari tribunali nazionali dimostra che la questione 
si trova in una sorta di �zona grigia� in cui gli Stati possono adottare 
diverse posizioni senza necessariamente allontanarsi dalle prescrizioni del diritto 
internazionale consuetudinario. Pertanto, secondo Gaja, la Corte avrebbe 
dovuto considerare che, almeno per alcune decisioni dei tribunali italiani, 
l�esercizio della giurisdizione non pu� essere considerato contrario al diritto 
internazionale generale. 
8. L�esecuzione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia. Prime 
applicazioni: sentenza del Tribunale di Firenze in data 14 marzo 2012. 
La decisione della Corte Internazionale di Giustizia ha senza dubbio imposto 
una battuta d�arresto ai tentativi della Corte di Cassazione italiana di 
operare una nuova svolta nell�interpretazione ed applicazione del principio 
dell�immunit� degli Stati dalla giurisdizione. Tuttavia, come emerge chiaramente 
dall�esame delle opinioni dissenzienti sopra richiamate, la questione 
resta ancora molto discussa. 
Per quanto riguarda l�ordinamento interno, comunque, ci� che maggiormente 
conta sono le ricadute della sentenza in epigrafe sulle decisioni gi� adottate 
e su quelle da adottare nei giudizi ad oggi pendenti e in eventuali futuri 
processi. 
A tale proposito, preme segnalare una recentissima applicazione, tra le 
prime conosciute, dei principi enunciati dalla Corte Internazionale di Giustizia 
da parte del Tribunale di Firenze (26). 
Nella fattispecie all�esame del giudice fiorentino era stato proposto, in 
corso di causa, regolamento preventivo di giurisdizione da parte della Repubblica 
Federale di Germania, convenuta per il risarcimento del danno morale e 
materiale subito dall�attore in prima persona e in qualit� di erede del padre 
che nel 1944 era stato deportato, costretto al lavoro forzato e infine ucciso. Le 
Sezioni Unite, con ordinanza n. 14202 del 29 maggio 2008, avevano affermato 
la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario italiano. Dopo la precisazione 
delle conclusioni � per� intervenuta la sentenza della Corte Internazionale 
di Giustizia in esame. 
(26) Tribunale di Firenze, sentenza del 14 marzo 2012 nella causa n. 16410/2004.
58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Il Tribunale si � trovato pertanto di fronte a norme di portata contrastante. 
Da un lato, il combinato disposto dell�art. 324 c.p.c. e dell�art. 2909 c.c. portava 
a considerare res judicata la sussistenza della giurisdizione, affermata 
dalla Suprema Corte, s� che la questione del principio dell�immunit� degli Stati 
per gli acta jure imperii non sarebbe stata nemmeno pi� soggetta a valutazione 
all�interno del processo. Dall�altro, invece, il combinato disposto dell�art. 94 
della Carta delle Nazioni Unite (che obbliga gli Stati membri dell�ONU a conformarsi 
alle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia) e dell�art. 11 
della Costituzione (secondo cui l�Italia consente alle limitazioni di sovranit� 
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni) 
imponeva di conformarsi alla pronuncia della Corte, con la conseguenza che 
la domanda avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per insussistenza 
del potere giurisdizionale in capo al giudice ordinario nazionale. 
Il Tribunale ha quindi ritenuto di dover risolvere il conflitto sulla base 
della diversa forza cogente delle norme menzionate, affermando che, mentre 
gli art. 2909 c.c. e 324 c.p.c. sono norme aventi valore ed efficacia di legge 
ordinaria, l�art. 94 della Carta dell�ONU ha valore ed efficacia superiore poich� 
l�art. 11 della Costituzione eleva a livello costituzionale le norme internazionali 
pattizie che possono limitare la nostra sovranit� nazionale (quale � 
appunto il citato art. 94). 
La soluzione accolta � stata dunque quella di riconoscere la prevalenza 
della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sul giudicato interno in 
punto di giurisdizione formatosi per effetto della pronuncia della Corte di Cassazione. 
Una soluzione non dissimile, del resto, da quella adottata dalla stessa 
Cassazione nel caso di processi penali conclusi con sentenze di condanna passate 
in giudicato, seguite da pronunce della Corte Europea dei Diritti dell�Uomo 
che hanno accertato la violazione dei principi dell�equo processo, in 
cui pure � stata ammessa la possibilit� di ritenere inefficace il giudicato gi� 
formatosi (27). 
Del resto - ha sottolineato il Tribunale - mentre il giudicato interno cristallizza 
un principio che � precettivo per le parti, la sentenza della Corte Internazionale 
di Giustizia non ha efficacia diretta nel rapporto tra privati ma 
vincola il giudice, come organo statale. Essa � dunque equiparabile ad uno jus 
superveniens, che, pur non andando ad incidere direttamente sulla disciplina 
del rapporto in giudizio, ha immediato effetto vincolante sui margini di valutazione 
che spettano al giudice. 
Questa sentenza costituisce solo una prima applicazione della decisione de 
qua della Corte ad opera di un giudice di merito, ma con ogni probabilit� aprir� 
la strada ad una copiosa giurisprudenza conformativa, anche di legittimit�. 
(27) V. ad esempio Cassazione, Sezione I, sentenza n. 6559 del 18 gennaio 2011.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 59 
9. (Segue): il ruolo dell�Avvocatura dello Stato. 
L�attuazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia non � 
per� demandata esclusivamente ai giudici. Se � vero che � lo Stato nel suo 
complesso ad essere obbligato a conformarsi alla decisione della Corte, appare 
allora evidente che un ruolo di primo piano pu� essere svolto anche dal Governo 
italiano, e per esso dall�Avvocatura dello Stato, proprio al fine di garantire 
che i principi posti dal giudice sovranazionale siano correttamente 
osservati dal giudice nazionale. 
Emerge cos� l�opportunit� per l�Avvocatura stessa di intervenire, nell�interesse 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in tutti i giudizi gi� pendenti 
o che potranno eventualmente essere instaurati a seguito di domande 
risarcitorie proposte contro la Repubblica Federale di Germania per fatti occorsi 
durante la seconda guerra mondiale, ed in particolare per la vicenda dei 
militari italiani deportati in Germania e costretti a prestare lavoro, quale mano 
d�opera non volontaria, al servizio dell�industria bellica del Reich. 
Pi� in dettaglio, tali interventi dovrebbero essere volti innanzitutto a far 
dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario. Invero, 
l�obbligo della restituzione in forma specifica che discende dalla decisione dei 
giudici de L�Aia impegna lo Stato italiano a fare in modo che la giurisdizione 
nei confronti della Germania venga esclusa, anche qualora questo comporti la 
necessit� di riaprire procedimenti gi� conclusi, travolgendo addirittura la possibilit� 
di dare esecuzione alle sentenze di condanna passate in giudicato. Rispetto 
ai procedimenti in corso, invece, la corretta esecuzione della decisione 
internazionale postula che la tutela nei confronti della Repubblica tedesca sia 
anticipata alla fase iniziale del processo, con conseguente necessit� per il giudice 
adito di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. 
Inoltre - come giustamente affermato nelle puntuali e condivisibili indicazioni 
contenute nella circolare n. 31/2012 in data 3 maggio 2012 dell�Avvocato 
Generale dello Stato - le difese dell�Avvocatura dovrebbero essere 
dirette a contestare le eventuali domande di garanzia avanzate dalla Repubblica 
Federale di Germania nei confronti dello Stato italiano. In analoghi precedenti 
giudizi, infatti, la Germania ha spiegato domanda di manleva nei confronti del 
Governo italiano, fondando la chiamata in garanzia sulle disposizioni del Trattato 
italo-tedesco di Bonn del 1961. 
Va tuttavia osservato che la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia 
in esame, laddove ha affermato - quasi con un obiter dictum - che le 
questioni poste alla base delle domande risarcitorie avanzate ai giudici italiani 
non sono state ad oggi risolte (tanto da invitare le parti ad instaurare in proposito 
ulteriori negoziati), sembra avere al contempo implicitamente (ma inequivocamente) 
negato che sia gli accordi bilaterali di Bonn, sia il Trattato di 
pace del 1947, abbiano avuto contenuto satisfattivo di ogni pretesa nascente 
dagli eventi bellici; le pretese risarcitorie dei cittadini italiani devono pertanto
60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
ritenersi non coperte dalla rinuncia ivi formulata dal Governo italiano. 
In conclusione, fermo l�obbligo dello Stato italiano di dare piena attuazione 
alla pronuncia della Corte mediante l�adozione di una legislazione ad 
hoc o il ricorso ad altri metodi comunque idonei a far cessare tutti gli effetti 
delle decisioni interne emesse in violazione del diritto all�immunit� della Repubblica 
Federale, sembra che la soluzione definitiva della questione del risarcimento 
dei danni cagionati dalla Germania e dalle sue forze armate a 
cittadini italiani durante la seconda guerra mondiale risulti ormai affidata - 
anche per effetto ed alla luce delle indicazioni della Corte stessa - alle sole vie 
diplomatiche.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 
In materia di regolazione dei giochi e scommesse in Italia. Un 
commento alla sentenza "Costa e Cifone" 
(C. giustizia, sent. 16 febbraio 2012, cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone) 
Val�rie Peano* 
SOMMARIO: I. Il caso di specie. - II. L'inapplicabilit� del principio di mutuo riconoscimento 
delle licenze nel settore dei giochi e scommesse e la riaffermazione della legittimit� 
del regime concessorio. - III. La discrezionalit� del giudice nazionale limitata dall'opera ermeneutica 
della Corte di giustizia. - IV. I "contro-limiti " all'ingerenza della Corte di giustizia 
e considerazioni de iure condendo. 
Nel presente studio esamineremo la recente sentenza interpretativa pregiudiziale 
della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di regolazione dei 
giochi e scommesse in Italia, mettendo in evidenza come il giudice dell'Unione 
abbia confermato, da una parte, la validit� del regime concessorio nazionale 
mentre, dall'altra, sembra dubitare delle concrete modalit� attuative di tale sistema. 
Si evidenzieranno, altres�, alcune criticit� circa il rapporto tra giudice 
dell'Unione e giudice nazionale, auspicando, da parte di quest'ultimo, la definizione 
di un quadro giurisprudenziale inequivoco ed omogeneo in materia. 
I. Il caso di specie. 
Con la sentenza "Costa e Cifone", la Corte di giustizia � tornata nuovamente 
a pronunciarsi sulla dibattuta questione interpretativa dei principi di libert� 
di stabilimento e di prestazione dei servizi di cui agli articoli 49 e 56 del 
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (in seguito, "TFUE") con riguardo 
all'attivit� di intermediazione svolta dai cd. Centri trasmissione dati 
(in seguito, "CTD") nel settore delle scommesse sportive in Italia, questione, 
che, negli ultimi anni, ha originato, tanto in sede nazionale che europea (1), 
un notevole contenzioso. 
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 
(*) Avvocato del libero foro di Roma. Membro del Comitato direttivo della European Association 
for the Studies of Gambling (EASG). 
(1) Dinnanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, vale la pena citare le sentenze del 21 ottobre 
1999, Zenatti, C-67/98 (Racc. pag. I-7289); del 6 novembre 2003, Gambelli e a., C-243/01 (Racc. 
pag. I-13031); del 6 marzo 2007, Placanica e a., C-338/04, C-359/04 e C-360/04 (Racc. pag. I-1891), 
e del 13 settembre 2007, Commissione/Italia, C-260/04 (Racc. pag. I-7083).
62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Nel caso di specie, le questioni pregiudiziali sollevate davanti alla Corte 
di giustizia da parte della Corte di cassazione traggono origine dai procedimenti 
penali a carico, rispettivamente, dei sig. Marcello Costa e Ugo Cifone. 
Entrambi gestori di CTD per conto dell'operatore inglese Stanley International 
Betting Ltd (in seguito, "Stanley"), licenziatario nel Regno Unito, sono stati 
rinviati a giudizio in applicazione dell'art. 4 della legge n. 401 del 1989, per 
aver svolto un'attivit� di intermediazione di scommesse, in mancanza dell'apposita 
concessione governativa e dell'ulteriore licenza di polizia necessarie 
per l'esercizio legittimo dell'attivit� di raccolta delle giocate (2) come disposto 
dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (in seguito, "TULPS") (3). 
Dinnanzi la Corte di cassazione, i sig. Costa e Cifone hanno fatto valere 
la violazione dei principi europei di libert� di stabilimento e di prestazione dei 
servizi da parte delle norme nazionali di regolazione del settore, con particolare 
riferimento agli atti di gara in esecuzione ed applicazione dell'art. 38, co. 2 e 
4 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, 
n. 248 (in seguito, "decreto Bersani") pubblicati dall'Amministrazione Autonoma 
dei Monopoli di Stato (in seguito, "AAMS"), per la concessione di nuovi 
punti dedicati sia al gioco ippico che sportivo. 
Stanley, gi� esclusa, in quanto parte di un gruppo quotato nei mercati regolamentati, 
dalla precedente gara del 1999 per la commercializzazione di 
scommesse su competizioni sportive, ha ritenuto di non partecipare alle procedure 
di gara del 2006 (4), richiedendone l'annullamento dinanzi al Tribunale 
amministrativo regionale del Lazio (5). 
La Corte di cassazione (6) ha posto un rinvio pregiudiziale alla Corte di 
giustizia per chiarire l'interpretazione dell'estensione delle libert� di stabilimento 
e della libera prestazione dei servizi nel settore delle scommesse su 
eventi sportivi al fine di stabilire "se le citate disposizioni del Trattato consentano 
o meno una disciplina nazionale che stabilisca un regime di monopolio 
in favore dello Stato ed un sistema di concessioni e di autorizzazioni che, all'interno 
di un numero determinato di concessioni, preveda: 
a) l'esistenza di un indirizzo generale di tutela dei titolari di concessioni 
rilasciate in epoca anteriore sulla base di una procedura che illegittimamente 
(2) In linea generale, deve considerarsi che l'attivit� organizzata al fine di accettare o raccogliere 
scommesse di qualsiasi genere per conto di terzi, in assenza della concessione, l'autorizzazione o la licenza 
prevista dall'art. 88 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, articolo 88, integra il reato di cui 
all'art. 4 della legge n. 401 del 1989 (anche nel caso in cui il soggetto agente operi mediante comunicazioni 
telematiche avendo ottenuto per l'uso di tali mezzi l'apposita autorizzazione nel rispetto del Decreto 
Legislativo n. 259 del 2003, articoli 3, 4 e 25 - codice delle comunicazioni). 
(3) G.U.R.I. n. 146 del 26 giugno 1931, c.s.m. 
(4) G.U.U.E. procedimenti n. 2006/S-163-175655 e 2006/S-164-176680. 
(5) Ricorso n. 10869/2006, del 27 novembre 2006, attualmente pendente. 
(6) Ordinanze del 10 novembre 2009 della Terza Sezione Penale n. 2993/10 e 2994/10 - pubblicate 
il 25 gennaio 2010.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 63 
ha escluso una parte degli operatori; 
b) la presenza di disposizioni che garantiscono di fatto il mantenimento 
delle posizioni commerciali acquisite sulla base di una procedura che illegittimamente 
ha escluso una parte degli operatori (come [l'obbligo] per i nuovi 
concessionari di collocare i loro sportelli [a una distanza minima] da quelli 
gi� esistenti); 
c) la fissazione di ipotesi di decadenza della concessione e di incameramento 
di cauzioni di entit� molto elevata, tra le quali l'ipotesi che il concessionario 
gestisca direttamente o indirettamente attivit� transfrontaliere di gioco 
assimilabili a quelle oggetto della concessione". 
Si tratta, in sostanza, di chiarire se il sistema di assegnazione delle concessioni 
derivanti dai citati bandi di gara del 2006, garantisca la tutela dei 
diritti di libert� di stabilimento e di prestazione dei servizi ovvero sia preordinato 
a mantenere una disparit� in favore dei pregressi concessionari. 
Occorre premettere che, nel caso di specie, le domande di pronuncia pregiudiziale 
oggetto della sentenza non riguardano tanto le sanzioni penali connesse 
(7) quanto piuttosto le disposizioni di gara attuative del decreto Bersani 
e le tipologie di sanzioni ivi previste, quali la decadenza dalla concessione e 
l'incameramento delle cauzioni per violazione degli obblighi concessori. 
Nella sentenza in esame, vedremo come la Corte di giustizia ribadisce la 
legittimit� di un sistema concessorio nel settore dei giochi e scommesse ma 
prosegue nel contestare, puntualmente, la compatibilit� delle disposizioni del 
bando di gara nazionale con il diritto dell'Unione, perch� imprecise, equivoche 
e finalizzate, nelle condizioni e modalit� di accesso, a proteggere le posizioni 
commerciali degli operatori esistenti. 
II. L�inapplicabilit� del principio di mutuo riconoscimento delle licenze nel 
settore dei giochi e scommesse e la riaffermazione della legittimit� del regime 
concessorio. 
In virt� del principio di sussidiariet� che delimita l'intervento dell'Unione 
(8) nelle materie che non sono di sua competenza esclusiva, come il settore 
dei giochi e scommesse, la disciplina del settore risulta affidata al singolo Stato 
(7) Le sanzioni penali connesse sono quelle previste dall'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 
401, recante interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine e tutela della correttezza 
nello svolgimento di manifestazioni sportive (G.U.R.I. n. 294 del 18 dicembre 1989 c.s.m.). 
(8) Il principio prevede l'intervento normativo dell'Unione nella misura in cui gli obiettivi dell'azione 
prevista possano essere realizzati meglio a livello europeo ovvero l'azione dell'Unione sia ristretta 
o sospesa laddove non piu giustificata. Diversamente, il Trattato sul funzionamento dell'Unione 
europea (TFUE) delimita le competenze esclusive delle istituzioni dell'Unione rispetto a quelle esercitabili 
dagli Stati membri in base al principio di attribuzione, secondo il quale gli organi dell'Unione dispongono 
unicamente di quelle funzioni e di quei poteri che gli Stati membri hanno volontariamente 
convenuto di attribuire loro. Per un approfondimento, v. U. VILLANI, Istituzioni di Diritto dell'Unione 
europea, Cacucci editore, 2010.
64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
membro, non essendo stato attuato alcun processo di armonizzazione delle legislazioni 
degli Stati membri in materia (9). 
Nella sentenza in epigrafe, la Corte di giustizia riafferma tale competenza 
e ribadisce un principio gi� enucleato dai Trattati europei e dalla sua costante 
giurisprudenza: gli Stati membri, nel determinare le loro scelte di politica legislativa 
in materia, possono imporre restrizioni all'esercizio dei giochi e delle 
scommesse (e, quindi, restringere le libert� sancite dagli artt. 49 e 56 TFUE) 
e ci� anche attraverso la scelta del modello di regolamentazione da adottare, 
concessorio o autorizzatorio (10). 
La giurisprudenza pregressa della Corte riconosce che gli Stati membri 
possano limitare l'accesso al mercato dei giochi ai soli operatori che abbiano 
conseguito la concessione dai regolatori nazionali (11) in base alle divergenze 
considerevoli di ordine morale, religioso e culturale esistenti ed in virt� di 
principi e deroghe previste dai Trattati (12). 
Con questa sentenza, la Corte riafferma (13) espressamente che le restrizioni 
imposte dal regime concessorio nazionale possano essere ammesse in 
quanto rientranti tra le misure in deroga previste dal congiunto disposto degli 
articoli 51, 52 e 66 TFUE ovvero possano essere giustificate da motivi imperativi 
di interesse generale, a condizione che esse rispettino i requisiti di necessit�, 
proporzionalit� e non discriminazione enunciati dalla Corte. 
Non solo, quindi, la Corte di giustizia non contesta l'applicazione del sistema 
concessorio italiano in quanto tale ma anzi esclude coerentemente che, 
allo stato attuale, esista alcun obbligo di mutuo riconoscimento delle concessioni/
autorizzazioni rilasciate dagli Stati membri (14). 
Invero, un esplicito avallo al sistema concessorio italiano da parte delle 
(9) Sono, in questo indicative, l'esclusione della materia dei giochi e delle scommesse dall'ambito 
di applicazione sia della Direttiva 2000/31/CE sul c.d. commercio elettronico (Direttiva del Parlamento 
europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi 
della societ� dell'informazione) G.U.C.E. L 178 del 17 luglio 2000, p. 1 ss., che dalla Direttiva 
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 
del 12 dicembre 2006, 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno), in G.U.C.E. L 376 del 27 
dicembre 2006, p. 36 ss. 
(10) Sentenza Costa e Cifone, punti 12 e 52 e richiama la sentenza Placanica cit.: "un sistema di 
concessioni pu� (...) costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano 
nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l'esercizio di queste attivit� per fini criminali o 
fraudolenti" (punto 57). 
(11) Sentenza Corte di Giustizia 3 giugno 2010 in causa C-203/08, Sporting Exchange, punto 48 
in Raccolta 2010 1-04695. Sentenza Corte di Giustizia 8 settembre 2009 in causa C-42/07, Liga Portuguesa 
de Futebol Professional e Bwin International, in Raccolta, 2009, 1-7633, punto 57. Sentenza 
Corte di Giustizia 8 settembre 2010 in cause riun. C-316/07, da C-358/07 a C-360/07, C-409/07 e C- 
410/07, Stol. e a., punto 81 non ancora pubblicata in Raccolta. 
(12) "La concessione di diritti speciali ed esclusivi tramite un sistema di licenze a talune imprese 
per accettare scommesse � legittimo se finalizzato a prevenire infiltrazioni criminali" (sentenze Zenatti 
C- 67/98 cit. e Laara 21 settembre 1999 in Raccolta 1999 1-06067). 
(13) Sentenza Costa e Cifone, punto 71.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 
istituzioni europee gi� si era avuto nel maggio del 2010, allorch� la Commissione 
europea, nella sua veste di "Guardiano dei Trattati dell'Unione" ha chiuso 
le procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia nel 2006, con particolare 
riferimento alla procedura d'infrazione 2003/4616 (IP/06/436) relativa 
a presunte restrizioni all'esercizio di attivit� di organizzazione e di raccolta di 
scommesse sulle competizioni sportive (15). 
Deve, quindi, ritenersi che la Corte di giustizia, interpellata, abbia inteso 
confermare la compatibilit� con il diritto dell'Unione della previsione del sistema 
concessorio ltaliano, gi� sancita dalla Commissione europea. 
Risulta sintomatico di ci� il cambio di "strategia" difensiva adottato dalla 
Stanley (16) che, nel 1999, avanzava il diritto di operare attraverso i CTD sul 
territorio nazionale in applicazione del principio del mutuo riconoscimento 
della licenza inglese (17), mentre ad oggi, si "limita" a contestare le eventuali 
violazioni del diritto dell'Unione dei bandi di gara per il rilascio delle concessioni, 
accettandovi, in linea di principio, l'assoggettamento e risultandovi, in 
(14) Sentenza Liga Portuguesa de FutebolProfissional, cit., punti 69-72. Sentenza Corte di Giustizia 
8 settembre 2010 in causa C-46/08, Carmen Media Group, punti 102 e 103 in Raccolta 2010 I- 
08149. Sentenza Corte di Giustizia del 15 settembre 2011, procedimento C-347/09 Dickinger e Oemer, 
punto 96, non ancora pubblicata in Raccolta, secondo cui "i controlli che l'operatore estero conosce nel 
Paese membro dove si � stabilito e che lo autorizzano ad effettuare operazioni transfrontaliere possono 
non essere sufficienti per un altro Paese membro, cos� che non � contrario al diritto dell'Unione il fatto 
che il secondo Stato imponga specifici controlli sull'operatore estero abilitato". A livello nazionale, si 
cita: TAR Emilia Romagna - Bologna, sez. II, 16 marzo 2012 "considerato che dalla giurisprudenza comunitaria 
e in particolare dalla sentenza della Corte di Giustizia [Costa e Cifone] non si evincono indicazioni 
nel senso di una incompatibilit� comunitaria di un sistema concessorio, come quello italiano, 
che non prevede il mutuo automatico riconoscimento tra stati delle rispettive concessioni (...)". Consiglio 
di Stato Sezione 6 - Sentenza del 19 novembre 2009, n. 7300 secondo cui: "La sentenza Placanica riconosce, 
infatti, che le libert� di stabilimento e di prestazione di servizi non sono state compresse a 
causa dalla previsione di un regime concessorio in quanto tale. Ci� perch� tale regime � sostenuto da 
ragioni di ordine pubblico e sociale e pu� essere compatibile con quelle libert� in quanto risulti rispondente 
ai principi di non discriminazione, di necessit� e di proporzione". 
(15) Comunicato stampa 5 maggio 2010 n. IP/10/504 il quale sebbene titolato con riferimento al 
gioco a distanza, nel merito si riferisce anche ed archivia la procedura d'infrazione 2003/4616 (IP/06/436) 
relativa a presunte restrizioni all'esercizio di attivit� di organizzazione e di raccolta di scommesse sulle 
competizioni sportive non a distanza. 
(16) Sentenza TAR Lazio, Roma sez. III ter, 29 ottobre 2002. La sentenza fa valere come la ricorrente 
Stanley al punto 4.2 "ha dichiarato espressamente di non aver partecipato e di non voler partecipare 
a detta procedura, di talch� nessun'utilit� giuridica pu� essa ritrarre dall'eventuale accoglimento 
di una censura che concerne le modalit� di concreta partecipazione alla gara de qua. Pretestuosa s'appalesa 
la doglianza attorea secondo cui le norme di gara avrebbero di per s� sole impedito, di fatto, alla 
ricorrente la partecipazione a quest'ultima, giacch� essa non ha mai inteso proporre offerta e, grazie a 
questo, far constare immediatamente la ristrettezza dei tempi all'uopo assegnati" al punto 4.3 "la domanda 
attorea � in parte qua in tutta evidenza rivolta a pretendere attraverso il richiamo invero spregiudicato 
ai principi di diritto comunitario, il travaso nell'ordinamento nazionale delle regole del diritto inglese 
sulla libert� d'impresa per i bookmakers". 
(17) La tesi del mutuo riconoscimento delle licenze � stata sostenuta anche oltralpe per contestare 
il monopolio dell'operatore La Francaise des Jeux, nell'ambito dei ricorsi dinnanzi al Consiglio di Stato 
Francese n. 330604, 339075 et 342473 Societe Stanley International Betting Limited 30 dicembre 2011.
66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
alcuni casi, aggiudicataria. 
Dall'altra parte, sono numerosi quei bookmakers esteri, noti sullo scenario 
internazionale, che proprio nel 2006 hanno scelto di partecipare ai bandi di 
gara attuativi del decreto Bersani e di acquisire titoli abilitativi nazionali per 
operare in Italia. 
Se la sentenza "Costa e Cifone" avesse inteso comportare riflessi diretti 
sulla compatibilit� dell'intero sistema concessorio nazionale con il diritto dell'Unione, 
ad avviso di chi scrive, ci� avrebbe necessariamente indotto la Corte 
di giustizia a limitare nel tempo gli effetti della propria sentenza in ragione 
del rischio di gravi ripercussioni economiche dovute all'elevato numero di rapporti 
giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa nazionale 
(18) nonch� dall'obiettiva e rilevante incertezza sulla portata delle disposizioni 
dei Trattati europei, incertezza alimentata, come si e visto, dal comportamento 
(19) della stessa Commissione. 
III. La discrezionalit� del giudice nazionale limitata dall'opera ermeneutica 
della Corte di giustizia. 
In mancanza di una normativa di riferimento o di un processo di armonizzazione 
a livello europeo nel settore dei giochi e scommesse, la giurisprudenza 
della Corte di giustizia ha guidato l'azione delle istituzioni europee e determinato 
l'incidenza del diritto dell'Unione nelle legislazioni nazionali in materia. 
Nel caso di specie, la sentenza in esame si spinge ancora oltre, in quanto 
la Corte di giustizia si pronuncia in modo particolarmente incisivo circa la 
compatibilit� con il diritto dell'Unione, di alcune disposizioni di gara per l'assegnazione 
delle concessioni, cos� rimodulando implicitamente non solo la 
sfera di discrezionalit� nazionale nella regolamentazione delle attivit� di giochi 
e delle scommesse bens� anche quella del Giudice richiedente nella definizione 
della causa principale. 
In questo caso, la Corte sembra addirittura intromettersi nella successiva 
attivit� di verifica della regolamentazione da parte del giudice italiano, quasi 
a volersi "sostituire" ad esso (20), avvallando la tendenza riscontrata ad utilizzare 
il meccanismo del rinvio pregiudiziale (21) per estendere la propria 
cognizione sulla disposizione nazionale e non limitarsi a fornire al Giudice 
interno gli elementi di interpretazione ricavabili dal diritto dell'Unione ed idonei 
a consentirgli di pronunciarsi su tale compatibilit� per la decisione della 
causa principale (22). 
(18) Si rimanda ai diversi interventi ad opponendum nei processi amministrativi diretti a far valere 
la titolarita di un interesse alla conservazione della normativa in materia di giochi e scommesse sottoposto 
all'esame del giudice amministrativo (per tutte: sentenza TAR Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 
14 giugno 2010). 
(19) Sentenza Corte di Giustizia, Richards C-423/04 sentenza 27 aprile 2006 in Raccolta 2006 1- 
03585, punti 40-42.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 
Tant'� che, in diversi punti della sentenza, la Corte si pronuncia interpretando 
le disposizioni di gara (23) in considerazione delle finalit� economiche 
sottese alla politica italiana nel settore (24) e le ipotesi sanzionatorie collegate 
(quali la decadenza della concessione e l'incameramento di cauzioni), contestandone 
la mancanza di chiarezza (25) e univocit�, finendo cos� per ridurre si- 
(20) Sorprende l'uso del condizionale nel rimando al giudice nazionale, Sentenza Costa e Cifone, 
punto 65: "un regime di distanze minime tra punti di vendita potrebbe essere giustificato soltanto qualora 
fosse escluso - ci� che spetterebbe al giudice nazionale verificare - che il reale obiettivo di tali norme 
sia quello di proteggere le posizioni commerciali degli operatori esistenti, anzich� quello, invocato dal 
governo italiano, di incanalare la domanda di giochi d'azzardo entro circuiti controllati" (...) "Inoltre, 
spetterebbe, se del caso, al giudice del rinvio verificare che I'obbligo di rispettare determinate distanze 
minime, il quale impedisce l'insediamento di punti di vendita supplementari in zone fortemente frequentate 
dal pubblico, sia veramente idoneo a realizzare l'obiettivo invocato e avr� effettivamente come conseguenza 
che i nuovi operatori sceglieranno di stabilirsi in luoghi poco frequentati, assicurando cos� una 
copertura a livello nazionale". 
(21) Secondo il sistema di cooperazione istituito dall'art. 267 TFUE, lo strumento del rinvio pregiudiziale 
mira ad ottenere l'interpretazione o la validit� degli atti delle istituzioni dell'Unione in ordine 
all'esigenza di assicurare la corretta ed uniforme applicazione del diritto comunitario in tutti gli Stati 
membri. Nella ripartizione delle funzioni e la cooperazione tra giudice nazionale e Corte di giustizia, la 
Corte non valuta la compatibilit� con il diritto dell'Unione della legge nazionale apparentemente con 
esso in conflitto. Negli anni, tuttavia, si e assistito ad una "deformazione" del meccanismo del rinvio 
pregiudiziale interpretativo che finisce, in concreto, per realizzare un controllo indiretto sulla compatibilit� 
delle disposizioni nazionali con il diritto dell'Unione, ove nella sostanza � la disposizione nazionale 
l�oggetto reale della pronuncia della Corte. 
(22) DANIELE P. DOMENICUCCI, "Il ruolo del giudice nazionale e la presentazione delle questioni 
pregiudiziali " ERA - Accademia di diritto europeo - Seminario su "Le direttive contro la discriminazione 
2000/43 e 2000/78 nella pratica" Trier, 9-10 maggio 2011. 
(23) Sentenza Costa e Cifone, punto 58: "Per quanto riguarda pi� specificamente l'obbligo per i 
nuovi concessionari di insediarsi ad una distanza minima da quelli gi� esistenti, imposto dall'articolo 
38, commi 2 e 4, del decreto Bersani, tale misura ha come effetto di proteggere le posizioni commerciali 
acquisite dagli operatori gi� insediati a discapito dei nuovi concessionari, i quali sono costretti a stabilirsi 
in luoghi meno interessanti dal punto di vista commerciale rispetto a quelli occupati dai primi". 
(24) Sentenza Costa e Cifone, punto 62: "il settore dei giochi d'azzardo in Italia � stato per lungo 
tempo caratterizzato da una politica di espansione finalizzata ad aumentare gli introiti fiscali e dunque, 
in tale contesto non � possibile invocare alcuna giustificazione fondata sugli obiettivi della limitazione 
della propensione al gioco dei consumatori o della limitazione dell'offerta di giochi. Nella misura in cui 
il decreto Bersani ha ulteriormente aumentato in modo significativo la quantit� di occasioni di gioco rispetto 
all'epoca esaminata nella causa Placanica e a., tale conclusione si impone con ancor pi� forza 
nella situazione attuale del settore". 
(25) Sentenza Costa e Cifone, punti 79 e 80 "Il riferimento, contenuto nell'articolo 23, comma 2, 
lettera a), dello schema di convenzione, alle �ipotesi di reato di cui alla legge 19 marzo 1990, n. 55�, 
che riguarda i delitti di mafia nonch� altre forme di criminalit� comportanti un grave pericolo per la societ�, 
sembra soddisfare le esigenze sopra descritte, salvo verifica da parte del giudice del rinvio. Per 
contro, e sempre con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, altrettanto non sembra potersi 
dire per quanto riguarda il riferimento, operato dalla medesima disposizione sopra citata, a ogni altra 
ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con AAMS. Spetta al giudice del 
rinvio esaminare se un offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente sarebbe stato in 
grado di comprendere l'esatta portata di tale riferimento". 80 "Nell'ambito di tale esame, detto giudice 
dovr� in particolare tener conto, da un lato, del fatto che i potenziali offerenti disponevano di un termine 
inferiore a due mesi per esaminare i documenti relativi alla gara e, dall'altra, del comportamento dell'AAMS 
a seguito delle richieste di chiarimenti inviatele dalla Stanley".
68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
gnificativamente l'ambito di valutazione di competenza del giudice nazionale. 
Ben avrebbe potuto la Corte di giustizia dichiarare irricevibile la domanda 
pregiudiziale, a norma degli artt. 92 e 104, par. 3, reg. proc., allorch� il quadro 
giuridico del provvedimento di rinvio non appaia sufficientemente chiaro (26). 
La Corte, invece, ha intenzionalmente voluto (27) restringere i parametri di 
discrezionalit� del Giudice nazionale nella successiva azione di valutazione 
delle disposizioni nazionali in materia e ci� non solo attraverso l'interpretazione 
degli artt. 49 e 56 TFUE bens� anche attraverso richiami ulteriori ai principi 
generali del diritto dell'Unione ovvero criteri giurisprudenziali dalla stessa 
definiti per gli appalti pubblici (28). 
L'ingerenza della Corte di giustizia risulta palese anche in materia di diritto 
penale interno (29), quando sancisce che i principi europei di libert� di 
stabilimento e di libera prestazione dei servizi ostano all'applicazione delle 
sanzioni penali collegate all'art. 88 del TULPS nei confronti dei titolari dei 
CTD, per la raccolta di scommesse senza concessione o senza autorizzazione 
di polizia, legati ad un operatore escluso dalla precedente gara in violazione 
del diritto dell'Unione, "anche dopo la nuova gara destinata a rimediare a tale 
violazione, qualora quest'ultima gara e la conseguente attribuzione di nuove 
concessioni non abbiano effettivamente rimediato all'illegittima esclusione di 
detto operatore dalla precedente gara". 
(26) DANIELE P. DOMENICUCCI, op. cit. 
(27) Sentenza Costa e Cifone, punti 89 e 90 "A questo proposito, non vi � dubbio che l'interpretazione 
delle disposizioni di diritto nazionale spetti, nell'ambito del sistema di cooperazione istituito 
dall'articolo 267 TFUE, ai giudici nazionali e non alla Corte (sentenza Placanica e a., cit., punto 36). 
Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza citata ai punti 72-74 della presente sentenza che il diritto dell'Unione 
esige che le condizioni e le modalit� di una procedura di gara, quale quella in questione negli 
odierni procedimenti principali, siano formulate in modo chiaro, preciso e univoco. Non � questo il caso 
per quanto riguarda l'articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione, e ci� malgrado le spiegazioni 
supplementari fornite dall'AAMS su richiesta della Stanley". 90 "� giocoforza constatare che non si pu� 
addebitare ad un operatore, quale la Stanley, il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per 
una concessione in assenza di qualsiasi sicurezza sul piano giuridico, fintanto che permaneva incertezza 
riguardo alla conformit� del suo modus operandi alle disposizioni della convenzione da sottoscrivere al 
momento dell'attribuzione di una concessione. Qualora tale operatore fosse stato escluso, in violazione 
del diritto dell'Unione, dalla gara precedente oggetto di censura nella citata sentenza Placanica e a., 
deve ritenersi che la nuova gara non abbia effettivamente rimediato a tale esclusione dell'operatore in 
questione". 
(28) A. LA PERGOLA "Brevi note a margine delle sentenze della Corte di giustizia europea nei casi 
Dickinger e Costa Cifone", 27 febbraio 2012, in Rivista giuridica Lexgiochi.it. Invero, detti criteri erano 
gi� stati applicati dalla Corte di giustizia nella sentenza Commissione c. Repubblica Italiana, causa C- 
260/04 cit, proprio con riguardo a concessioni per l'esercizio di scommesse ippiche. 
(29) 11 diritto penale nazionale, inizialmente inquadrato soltanto a livello di cooperazione tra i 
governi nazionali, con un coinvolgimento marginale delle istituzioni dell'Unione, � stato recentemente 
assorbito nelle materie "comunitarie" con il Trattato di Lisbona.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 
IV. I "contro-limiti" all'ingerenza della Corte di giustizia e considerazioni de 
iure condendo. 
La sentenza della Corte di giustizia emanata a seguito di rinvio pregiudiziale 
� obbligatoria per il giudice a quo, vincolato per la definizione della causa 
principale all'interpretazione fornita. Compete, per�, esclusivamente al giudice 
nazionale del rinvio interpretare la normativa nazionale alla luce dei criteri interpretativi 
forniti dalla Corte in relazione al diritto dell'Unione (30). 
La Corte di giustizia non pu� sostituirsi ad esso ne pu� vantare competenza 
per dirimere le oscillazioni e contrasti interpretativi sorti tra i giudici nazionali, 
proprio come quello sviluppatosi in Italia con riguardo all'attivit� di 
intermediazione svolta dai CTD (31), perch� � compito dell'ordinamento giuridico 
interno porre in essere i rimedi atti a sanare tali eventuali contrasti giurisprudenziali 
interni. Diversamente,"i giudici di grado inferiore potrebbero 
disporre di un ricorso diretto alla giustizia europea contro le decisioni degli 
organi di ultima istanza secondo un meccanismo per saltum di cui non vi � 
traccia nel Trattato CE" (32). 
A tale conclusione si giunge anche in forza della teoria dei cd. "contro-limiti" 
elaborati dalla nostra Corte Costituzionale (33), in ragione della quale 
alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale vanno necessariamente 
salvaguardati e limitano la prevalenza del diritto dell'Unione. 
Tra questi, vi � indubbiamente l'indipendenza della magistratura (34). 
Invero, il giudice a quo cos� come qualsiasi altro giudice nazionale chiamato 
(30) Sentenza Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penale, del 18 maggio 2004, n. 23271 secondo 
cui "l�art. 234, realizzando una forma di cooperazione tra giudici nazionali e Corte di Giustizia, configura 
un meccanismo centralizzato di interpretazione del diritto comunitario teso a garantire la certezza del 
diritto in tutti i casi in cui si deve dare applicazione della norma sottoposta a interpretazione pregiudiziale. 
Il giudice comunitario ha quindi un monopolio interpretativo del diritto comunitario, ma non ha competenza 
sul diritto nazionale". 
(31) Da ultimo, sentenza TAR Liguria sez II. del 29 marzo 2012 n. 451 "� dirimente l'arresto 
della Corte di Giustizia [Costa Cifone ndr] che ha definitivamente ritenuto incompatibile il regime normativo 
nazionale che consente di rifiutare l'autorizzazione ai CTD collegato con allibratori stranieri regolarmente 
abilitati nel Loro Paese per la sola circostanza che richiedente non sia titolare di concessione 
ovvero agisca per conto di un soggetto privo di concessione. Sicch� per la Corte di Giustizia l'art. 88 
TULPS pone un limite ingiustificato alle libert� di stabilimento e di prestazione dei servizi di cui agli 
artt. 43 e 49 del Trattato Ue e conseguentemente la norma nazionale va disapplicata". In senso contrario, 
circa la compatibilit� del sistema italiano in materia di scommesse con il diritto dell'Unione europea, 
sentenza TAR Puglia Lecce sez. I del 23 febbraio 2012 n. 358. 
(32) Conclusioni dell'Avvocato generale Colomer presentate il 16 maggio 2006, nelle cause riunite 
Placanica e a., cit., punti 76 ss. 
(33) Per una recente applicazione, vedasi Corte Costituzionale sentenza del 24 giugno 2010 n. 227. 
(34) C. BENELLI "La Corte di Giustizia, nello svolgimento dei propri compiti istituzionali, non 
pu� trascurare la necessit� di rispettare l'identit� nazionale degli Stati membri la cui declinazione comporta 
una particolare attenzione per l'indipendenza dei Giudici nazionali garantita dall'art. 101 comma 
2 della nostra Carta Costituzionale", in "Brevissime riflessioni sulle attribuzioni della Corte di Giustizia 
dell'Unione Europea e sull'indipendenza del Giudice nazionale all'indomani del deposito della sentenza 
Costa-Cifone" 22 febbraio 2012, in Rivista giuridica Lexgiochi.it .
70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
a pronunciarsi su di un caso simile ha il dovere di interpretare (35) le disposizioni 
di diritto nazionale per constatare o meno eventuali violazioni del diritto dell'Unione 
ed applicare le proprie regole procedurali tese a garantire la concreta 
esplicazione a livello nazionale delle libert� conferite dai Trattati �uropei. 
Ci sia consentito riprendere alcuni temi principali della sentenza del giudice 
europeo per svolgere le considerazioni conclusive. 
La Corte rileva, innanzitutto l'incompatibilit� con il diritto dell'Unione, 
di un regime di distanze minime tra i punti di vendita di scommesse qualora 
questo regime sia volto a proteggere le posizioni commerciali degli operatori 
concessionari gi� esistenti. Ebbene, � compito del giudice nazionale accertare 
l'eventuale vulnus attesa l'abrogazione ratione temporis delle distanze minime 
sin dal 2008 (36). 
Circa, poi, la mancanza di chiarezza ed univocit� delle disposizioni di 
gara sollevata dalla Corte di giustizia, compete unicamente al giudice nazionale 
la verifica ed individuazione delle eventuali norme procedimentali all'interno 
dell'ordinamento nazionale aventi per effetto di impedire ad operatori 
come Stanley l'impugnazione delle disposizioni di gara o di renderne troppo 
difficoltosa la partecipazione, in violazione dei principi generali del diritto 
dell'Unione. 
Attraverso ordinanze successive (37), la Corte di giustizia ha, peraltro, 
sancito la legittimit� a contestare il bando di gara Bersani da parte di operatori 
diversi da Stanley per conto dei quali operano CTD, pur non avendo questi 
partecipato o non essendosi opposti. Tale valutazione compete, invece,soltanto 
al giudice nazionale il quale deve valutare la legittimazione ad agire di questi 
operatori in assenza di una azione giurisdizionale ovvero di proposta di una 
domanda equivalente, in ragione del principio di certezza del diritto che 
esclude che possa essere rimessa in questione la legittimit� di un atto interno 
da parte di chi, potendolo impugnare, abbia lasciato decorrere il termine all'uopo 
descritto. In analogia, ci preme sottolineare come, nell'ambito del rinvio 
pregiudiziale di legittimit� di un atto dell'Unione dinnanzi alla Corte di giustizia, 
non possono esserle sottoposte questioni di validit� di atti che il singolo, 
parte nella causa nazionale, avrebbe potuto impugnare in base all'art. 263, co. 
4, TFUE ma che non abbia impugnato nel termine di decadenza di due mesi. 
Ci conforta, in tal senso, la recente sentenza TAR Puglia (38), in cui � stata 
affermata la necessit� di impugnare le disposizioni del bando di gara attuativo 
(35) L'organo nazionale conserva la facolt� di rivolgersi nuovamente alla Corte di giustizia perch� 
di fronte a difficolt� di comprensione o di applicazione della sentenza interpretativa o per sottoporle 
nuovi elementi di valutazione tali da indurre la Corte a risolvere altrimenti una questione gi� sollevata. 
(36) L'abrogazione � stata sancita dall'art. 1 bis comma 6 Decreto Legge 25 settembre 2008 n. 
149 convertito con modificazioni in legge 19 novembre 2008, n. 184. 
(37) Ordinanza della Corte di giustizia (Ottava Sezione), 16 febbraio 2012, C-413/10. 
(38) TAR Puglia, sez. II, del 12 aprile 2012, n. 712/2012.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 
del decreto Bersani, eventualmente ritenute illegittime sotto il profilo del diritto 
dell'Unione, entro i termini decadenziali previsti dall'ordinamento italiano. 
Circa, infine, l'eventuale non applicazione delle sanzioni penali connesse 
all'esercizio di un'attivit� organizzata attraverso CTD legati a Stanley, per l'incompatibilit� 
con il diritto dell'Unione sollevata dalla Corte di giustizia, il giudice 
nazionale penale non pu� certo condurre a ritenere emanati in favore degli 
stessi atti amministrativi favorevoli quali autorizzazioni o concessioni rifiutate 
dall'amministrazione (39). L'eventuale non applicazione delle sanzioni previste 
per l'esercizio dei CTD non pu� avere per effetto di creare una "discriminazione 
a rovescio" di quegli operatori, nazionali ed esteri, che in buona fede 
hanno scelto di partecipare al bando di gara e di acquisire titoli abilitativi nazionali 
per operare in Italia, ed a cui questi resterebbero soggetti (40). Il giudice 
nazionale deve tutelare il legittimo affidamento dei numerosi operatori che 
hanno scelto di aderire alle procedure di gara del 2006 ovvero le aspettative 
che gli stessi hanno ragionevolmente nutrito. 
Conclusivamente, rincresce constatare come la sentenza Costa e Cifone 
della Corte di giustizia non sia in grado di porre fine alle divergenze interpretative 
sorte tra i diversi giudici nazionali in materia ed anzi sollecita ulteriori 
interrogativi sotto diversi profili qui appena accennati. Invero, non � e non 
pu� essere compito del giudice europeo dirimere un quadro giurisprudenziale 
di recepimento incerto e disomogeneo in base al principio di attribuzione sancito 
dai Trattati europei secondo il quale gli organi dell'Unione dispongono 
unicamente di quelle funzioni e di quei poteri che gli Stati membri hanno volontariamente 
convenuto di attribuire loro. 
L'auspicio � che si giunga ad una definizione di un quadro giurisprudenziale 
inequivoco ed omogeneo in materia da parte del giudice nazionale, in 
quanto non pare ragionevole che il regime normativo, riconosciuto a livello 
europeo quale modello di apertura controllata del mercato, venga cos� scosso 
dalle incertezze interpretative che conseguono all'azione ermeneutica del giudice 
europeo, ad evidente pregiudizio degli operatori e, non ultimo, dei destinatari 
dei servizi di gioco. 
(39) Sentenza Corte di Cassazione Terza Sez. Penale del 16 aprile 2009 n. 22719 secondo cui il 
giudice non si pu� sostituire a un potere discrezionale di competenza della Pubblica Amministrazione. 
(40) La disapplicazione della norma penale non pu� facoltizzare ad esercitare l'attivit� di gestione 
e scommesse nel territorio senza titoli abilitativi: "Nella materia in esame la legislazione prevede un regime 
concessorio ed autorizzatorio che � in sintonia con i principi del Trattato (...) e le norme per la partecipazione 
alla gara e relativa assegnazione non sono incompatibili con le libert� di prestazione dei 
servizi e di stabilimento. In questo contesto non pare legittima una disapplicazione in toto della disciplina 
nazionale che creerebbe un vuoto normativo con la inaccettabile ricaduta che i soggetti non residenti a 
differenza di quelli nazionali (con conseguente discriminazione a rovescio) potrebbero svolgere liberamente 
e senza vaglio alcuno una attivit� che necessita di meccanismi di controllo e valutazione della 
capacit� economica e finanziaria - esercitati dagli organi competenti". Sentenza Corte di Cassazione n. 
22719/2009 cit.
72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Corte di Giustizia, Quarta Sezione, sentenza del 16 febbraio 2012 - Pres. J.C. Bonichot , 
Rel. K. Schiemann, Avv. Gen. P. Cruz Villal�n - Domande di pronuncia pregiudiziale proposte 
dalla Corte suprema di cassazione ( Italia) - Procedimenti penali a carico di Marcello Costa 
(C-72/10) e Ugo Cifone (C-77/10). 
�Libert� di stabilimento � Libera prestazione dei servizi � Giochi d�azzardo � Raccolta di 
scommesse su eventi sportivi � Necessit� di una concessione � Conseguenze da trarre a seguito 
di una violazione del diritto dell�Unione nell�attribuzione delle concessioni � Attribuzione di 
16 300 concessioni supplementari � Principio di parit� di trattamento e obbligo di trasparenza 
� Principio di certezza del diritto � Protezione dei titolari delle concessioni precedenti � Normativa 
nazionale � Distanze minime obbligatorie tra punti di raccolta di scommesse � Ammissibilit� 
� Attivit� transfrontaliere assimilabili a quelle costituenti l�oggetto della 
concessione � Divieto da parte della normativa nazionale � Ammissibilit�� 
(...)
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull�interpretazione degli articoli 43 
CE e 49 CE. 
2 Tali domande sono state proposte nell�ambito di procedimenti penali instaurati a carico 
dei sigg. Costa e Cifone, gestori di centri di trasmissione di dati (in prosieguo: i �CTD�) 
contrattualmente legati alla societ� di diritto inglese Stanley International Betting Ltd 
(in prosieguo: la �Stanley�), a motivo del mancato rispetto della normativa italiana disciplinante 
la raccolta di scommesse e, in particolare, del regio decreto 18 giugno 1931, 
n. 773, recante approvazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (GURI n. 
146, del 26 giugno 1931), come modificato dall�articolo 37, comma 4, della legge 23 
dicembre 2000, n. 388 (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2000; 
in prosieguo: il �regio decreto�). Le suddette domande si iscrivono in contesti di fatto 
e di diritto simili a quelli sui quali si sono pronunciate le sentenze del 21 ottobre 1999, 
Zenatti, C.67/98 (Racc. pag. I.7289); del 6 novembre 2003, Gambelli e a., C.243/01 
(Racc. pag. I.13031); del 6 marzo 2007, Placanica e a., C.338/04, C.359/04 e C.360/04 
(Racc. pag. I.1891), e del 13 settembre 2007, Commissione/Italia, C.260/04 (Racc. pag. 
I.7083). 
Contesto normativo 
3 La normativa italiana stabilisce, in sostanza, che l�esercizio delle attivit� di raccolta e 
di gestione delle scommesse presuppone l�ottenimento di una concessione previa pubblica 
gara, nonch� di un�autorizzazione di polizia. Qualsiasi violazione di tale normativa 
� passibile di sanzioni penali. 
Le concessioni 
4 Fino alle modificazioni della legislazione applicabile intervenute nel 2002, gli operatori 
aventi la veste di societ� di capitali quotate nei mercati regolamentati non potevano ottenere 
una concessione per i giochi d�azzardo. Tali operatori sono dunque rimasti esclusi 
dalle gare finalizzate all�attribuzione di concessioni svoltesi nel 1999. L�illegittimit� di 
tale esclusione alla luce degli articoli 43 CE e 49 CE � stata dichiarata, in particolare, 
nella citata sentenza Placanica e a. 
5 Il decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico 
e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonch� 
interventi in materia di entrate e di contrasto all�evasione fiscale, convertito dalla legge
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 
4 agosto 2006, n. 248 (GURI n. 18, dell�11 agosto 2006; in prosieguo: il �decreto Bersani
�), ha proceduto ad una riforma del settore del gioco in Italia, destinata ad assicurare 
l�adeguamento di quest�ultimo alle regole imposte dal diritto dell�Unione. 
6 L�articolo 38 del decreto Bersani, intitolato �Misure di contrasto del gioco illegale�, 
prevede, al comma 1, l�adozione, entro il 31 dicembre 2006, di una serie di disposizioni 
�al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare e illegale, l�evasione e l�elusione 
fiscale nel settore del gioco, nonch� di assicurare la tutela del giocatore�. 
7 L�articolo 38, commi 2 e 4, del decreto Bersani stabilisce le nuove modalit� di distribuzione 
dei giochi d�azzardo riguardanti, da un lato, gli eventi diversi dalle corse dei cavalli 
e, dall�altro, le corse dei cavalli. In particolare: 
� si prevede l�apertura di almeno 7 000 nuovi punti di vendita per i giochi d�azzardo 
riguardanti gli eventi diversi dalle corse dei cavalli, e almeno 10 000 nuovi punti di 
vendita per i giochi d�azzardo riguardanti le corse dei cavalli; 
� il numero massimo di punti di vendita per ciascun comune � fissato in proporzione 
al numero di abitanti e tenendo conto dei punti di vendita per i quali � gi� stata rilasciata 
concessione a seguito delle gare del 1999; 
� i nuovi punti di vendita devono rispettare una distanza minima da quelli per i quali 
� gi� stata rilasciata concessione a seguito delle gare del 1999; 
� l�Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (in prosieguo: l��AAMS�), operante 
sotto l�egida del Ministero dell�Economia e delle Finanze, � incaricata della 
�definizione delle modalit� di salvaguardia� dei titolari di concessioni assegnate all�esito 
delle gare del 1999. 
Le autorizzazioni di polizia 
8 Il sistema di concessioni � collegato ad un sistema di controlli di pubblica sicurezza disciplinato 
dal regio decreto. A norma dell�articolo 88 di quest�ultimo, la licenza di pubblica 
sicurezza pu� essere concessa unicamente a soggetti concessionari o autorizzati 
da parte di ministeri o altri enti ai quali la legge riserva la facolt� di organizzare o gestire 
scommesse. 
Le sanzioni penali 
9 L�organizzazione di giochi, anche per via telematica o telefonica, in assenza della necessaria 
concessione o autorizzazione di polizia costituisce in Italia un reato punibile 
con la reclusione fino a tre anni ai sensi dell�articolo 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 
401, recante interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della 
correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive (GURI n. 294, del 18 dicembre 
1989), come modificata dall�articolo 37, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 
388 (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2000; in prosieguo: la 
�legge n. 401/89�). 
Procedimenti principali e questione pregiudiziale 
La Stanley e la sua situazione in Italia 
10 La Stanley � autorizzata ad operare come raccoglitore di scommesse nel Regno Unito in 
virt� di una licenza rilasciata dalle autorit� di Liverpool. La Stanley accetta scommesse 
a quota fissa su vasti palinsesti di eventi, sportivi e non, nazionali e internazionali. 
11 La Stanley opera in Italia tramite pi� di 200 agenzie, aventi la veste di CTD. I CTD 
sono locali aperti al pubblico nei quali gli scommettitori possono concludere scommesse 
sportive per via telematica accedendo ad un server della Stanley ubicato nel Regno Unito 
o in un altro Stato membro, pagare le loro puntate e, eventualmente, riscuotere le vincite.
74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
I CTD sono gestiti da operatori indipendenti contrattualmente legati alla Stanley. La 
Stanley opera in Italia esclusivamente attraverso tali punti fisici di vendita al dettaglio 
e non � dunque un operatore di giochi d�azzardo tramite Internet. 
12 � pacifico che, tenuto conto del modus operandi della Stanley, spetta in via di principio 
a quest�ultima l�obbligo di ottenere una concessione per l�esercizio delle attivit� di raccolta 
e di gestione delle scommesse in Italia, ci� che permetterebbe ai CTD di esercitare 
le loro attivit�. 
13 La Stanley, che faceva parte di un gruppo quotato nei mercati regolamentati, � stata 
esclusa, in violazione del diritto dell�Unione, dalla gara che ha portato all�attribuzione, 
nel 1999, di 1 000 concessioni per la commercializzazione di scommesse su competizioni 
sportive diverse dalle corse dei cavalli, valide per un periodo di sei anni e rinnovabili 
per altri sei. 
14 Le disposizioni del decreto Bersani hanno trovato attuazione mediante procedure di gara 
avviate dall�AAMS nel corso dell�anno 2006. Il 28 agosto 2006 sono stati pubblicati 
due bandi di gara in applicazione dei commi 2 e 4 dell�articolo 38 del decreto Bersani, 
che hanno messo a concorso le concessioni per 500 punti di vendita dedicati di gioco 
ippico e 9 500 punti di vendita non dedicati di gioco ippico, oltre all�attivazione di reti 
di gioco ippico a distanza, nonch� per 1 900 punti di vendita dedicati di gioco sportivo 
e 4 400 punti di vendita non dedicati di gioco sportivo, oltre all�attivazione di reti di 
gioco sportivo a distanza. Tali bandi sono stati pubblicati, in data 30 agosto 2006, anche 
nella Gazzetta ufficiale dell�Unione europea (procedimenti nn. 2006/S.163.175655 e 
2006/S.164.176680). Il termine per la presentazione delle offerte � stato fissato al 20 
ottobre 2006 per tutti i tipi di concessione. 
15 La documentazione concernente i bandi di gara includeva in particolare un capitolato 
d�oneri comprendente otto allegati, nonch� lo schema di convenzione tra l�AAMS e 
l�aggiudicatario della concessione relativa ai giochi d�azzardo riguardanti gli eventi diversi 
dalle corse dei cavalli (in prosieguo: lo �schema di convenzione�). 
16 Il suddetto capitolato d�oneri subordinava la partecipazione alla gara, da un lato, a norma 
del suo articolo 13, alla costituzione di una garanzia bancaria provvisoria e, dall�altro, 
a norma del suo articolo 14, all�impegno a costituire una garanzia bancaria definitiva a 
copertura degli obblighi derivanti dalla concessione. 
17 Ai sensi dell�articolo 23, comma 2, lettera a), dello schema di convenzione, l�AAMS � 
tenuta a pronunciare la decadenza della concessione nel caso in cui, �nei confronti del 
concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario, 
siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio per tutte le 
ipotesi di reato di cui alla legge 19 marzo 1990, n. 55, nonch� per ogni altra ipotesi di 
reato suscettibile di far venire meno il rapporto fiduciario con AAMS�. 
18 L�articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione stabilisce inoltre che l�AAMS 
�procede alla decadenza dalla concessione, previa immediata sospensione cautelativa 
della sua efficacia, qualora il concessionario commercializzi, in proprio od attraverso societ� 
in qualsiasi modo ad esso collegate, sul territorio italiano od anche attraverso siti 
telematici situati al di fuori dai confini nazionali, giochi assimilabili ai giochi pubblici, 
ovvero ad altri giochi gestiti da AAMS, ovvero giochi vietati dall�ordinamento italiano�. 
19 A norma dell�articolo 23, comma 6, dello schema di convenzione, la garanzia bancaria costituita 
dal concessionario viene incamerata dall�AAMS in caso di decadenza della concessione, 
fermo restando il diritto dell�AAMS di chiedere il risarcimento del danno ulteriore.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 
20 A seguito della pubblicazione dei bandi di gara, la Stanley ha nuovamente manifestato 
il proprio interesse ad ottenere una concessione per la raccolta e la gestione di scommesse, 
ed ha ottenuto dall�AAMS il supporto informatico necessario per presentare 
un�offerta. La Stanley ha poi chiesto all�AAMS dei chiarimenti in ordine ad alcune di 
tali disposizioni che avrebbero potuto costituire potenziali ostacoli alla sua partecipazione 
alla gara e la cui interpretazione non le sembrava chiara per alcuni aspetti. 
21 Con lettera in data 21 settembre 2006, la Stanley ha chiesto all�AAMS se il proprio modello 
operativo, basato sui CTD ad essa affiliati, venisse considerato da detta amministrazione 
come contrastante con i principi e con le disposizioni contenute nella 
documentazione di gara, segnatamente con l�articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione, 
s� che la partecipazione a tali procedure e l�eventuale esito positivo della stessa 
avrebbero potuto precludere la prosecuzione dell�esercizio dell�attivit� summenzionata, 
e ha chiesto inoltre se la prosecuzione di quest�ultima avrebbe potuto integrare una causa 
di revoca, di decadenza o di sospensione di concessioni eventualmente attribuite. 
22 Nella sua risposta del 6 ottobre 2006, l�AAMS ha dichiarato che la partecipazione alle 
procedure sarebbe stata subordinata alla rinuncia in Italia all�esercizio delle attivit� transfrontaliere, 
ed ha affermato al tempo stesso, in particolare, che il nuovo assetto avrebbe 
consentito ai candidati aggiudicatari di predisporre reti di vendita che potevano anche 
presentare carattere nazionale. Tuttavia, l�amministrazione suddetta ha richiamato l�attenzione 
sul fatto che tali reti �ovviamente tend[evano] a sostituire le eventuali vecchie 
reti e, in questo contesto, le disposizioni di cui all�art. 23 dello schema di convenzione 
costitui[vano] una corretta tutela degli investimenti operati dai concessionari stessi�. 
23 In risposta a tale lettera, la Stanley ha chiesto all�AAMS, in data 10 ottobre 2006, di riconsiderare 
la propria posizione �modificando le previsioni del bando di gara, ed in particolare 
l�articolo 23 dello schema di convenzione (...) in modo che la scrivente possa 
partecipare alla selezione, senza essere costretta a rinunciare all�esercizio della propria 
libert� fondamentale di prestare servizi transfrontalieri�. 
24 La Stanley ha inoltre trasmesso all�AAMS, il 12 ottobre 2006, il seguente quesito supplementare: 
�Se, nell�ipotesi in cui essa Stanley decidesse di rinunziare all�espletamento dei propri 
servizi transfrontalieri in Italia e partecipare alle procedure di gara, gli operatori attuali 
della propria rete � di carattere nazionale � potrebbero essere affetti da squalificazioni 
soggettive; in caso di risposta negativa, se gli stessi necessiterebbero di ulteriori requisiti 
abilitanti o se, invece, potrebbero limitarsi all�adesione dello schema di convenzione 
tipo predisposto da AAMS�. 
25 Il 17 ottobre 2006 la Stanley ha fatto presente che non aveva ricevuto alcuna risposta 
alle proprie richieste di chiarimenti datate 10 e 12 ottobre 2006, risposta di cui essa 
aveva urgentemente bisogno per poter decidere se partecipare o no alle gare. Il 18 ottobre 
2006 l�AAMS ha respinto in via definitiva le richieste di chiarimenti della Stanley, la 
quale ha cos� deciso di non partecipare alla gara. 
26 La Stanley ha domandato l�annullamento dei bandi e degli atti relativi alle procedure di 
gara dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio mediante il ricorso n. 
10869/2006, del 27 novembre 2006, che � attualmente pendente. 
27 Le gare si sono concluse nel mese di dicembre 2006 con l�attribuzione di circa 14 000 
nuove concessioni. 
Le procedure avviate nei confronti dei gestori dei CTD della Stanley
76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
28 Malgrado il fatto che la Stanley non sia divenuta titolare di una concessione per la raccolta 
e la gestione di scommesse, i sigg. Costa e Cifone hanno richiesto l�autorizzazione 
di polizia prevista dall�articolo 88 del regio decreto al fine di esercitare la propria attivit� 
quali gestori di CTD. 
La causa Costa (C.72/10) 
29 All�epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, il sig. Costa era gestore di un 
CTD a Roma (Italia) in virt� di un contratto datato 27 maggio 2008. 
30 A seguito della richiesta di autorizzazione di polizia presentata dal sig. Costa, alcuni 
funzionari della polizia di Stato di Roma hanno proceduto, in data 8 ottobre 2008, a 
controlli presso il CTD da lui gestito, constatando il reato di esercizio abusivo di attivit� 
di gioco e scommessa previsto dall�articolo 4 della legge n. 401/89, consistente pi� precisamente 
nella raccolta di scommesse su eventi sportivi messa in atto in assenza della 
concessione e della licenza di pubblica sicurezza necessarie. 
31 Con decisione in data 27 gennaio 2009, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale 
di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del sig. Costa �perch� 
il fatto non � pi� previsto dalla legge come reato�. Secondo il giudice suddetto, da una 
sentenza della Corte di cassazione italiana riguardante un affare simile risultava che la 
legislazione penale italiana era contraria al diritto dell�Unione e doveva dunque essere 
disapplicata (sentenza 27 maggio 2008 nel procedimento n. 27532/08). 
32 Il pubblico ministero ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema 
di cassazione, con il quale esso sostiene che la normativa nazionale in materia di concessioni 
e di autorizzazioni di polizia � compatibile con il diritto dell�Unione, e rileva 
che, in assenza di un provvedimento di diniego di concessione da parte delle autorit� 
italiane, suscettibile di impugnazione dinanzi al giudice amministrativo, il sig. Costa 
non ha comunque alcun titolo per lamentare violazioni del diritto dell�Unione commesse 
dalla Repubblica italiana e per chiedere la disapplicazione di una normativa alla quale 
egli si � volontariamente sottratto. 
La causa Cifone (C.77/10) 
33 All�epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, il sig. Cifone era gestore di un 
CTD a Molfetta, in provincia di Bari (Italia). Il 26 luglio 2007 una richiesta di autorizzazione 
di polizia era stata presentata al questore di Bari. 
34 Il 7 novembre 2007, dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani 
� stata presentata una denuncia da parte di una societ� concorrente, titolare di una concessione 
rilasciata dall�AAMS in virt� del decreto Bersani. Lo scopo di questa denuncia 
era di sollecitare l�azione penale nei confronti di una pluralit� di intermediari operanti 
nella provincia di Bari, accusati del reato di esercizio abusivo delle scommesse previsto 
dall�articolo 4 della legge n. 401/89, fra i quali il sig. Cifone. 
35 Il 20 ottobre 2007 la Guardia di Finanza di Molfetta ha proceduto di sua iniziativa al sequestro 
provvisorio delle attrezzature e dei locali del CTD del sig. Cifone. 
36 Il pubblico ministero ha disposto la convalida del sequestro ed ha domandato al Giudice 
per le indagini preliminari del Tribunale di Trani di ordinare il sequestro preventivo penale 
dei locali e delle attrezzature di tutti gli indagati, fra i quali il sig. Cifone. Con decreto 
del 26 maggio 2008, detto giudice ha disposto il sequestro preventivo per 
violazione, in particolare, dell�articolo 4 della legge n. 401/89; tale decisione � stata 
confermata dal Tribunale del riesame di Bari con ordinanza in data 10 e 14 luglio 2008. 
37 Il 9 settembre 2008 il sig. Cifone ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 
per cassazione avverso l�ordinanza del 10 e 14 luglio 2008. Il sig. Cifone chiede la disapplicazione 
della normativa nazionale, ivi compresi i suoi effetti in materia penale, a 
motivo del fatto che essa, confermando la validit� delle precedenti concessioni e prevedendo 
limiti di localizzazione dei nuovi punti di vendita al fine di favorire quelli esistenti, 
nonch� ipotesi di decadenza della concessione aventi carattere gravemente discriminatorio, 
� contraria al diritto dell�Unione. 
La questione pregiudiziale 
38 Tanto nel procedimento Costa quanto nel procedimento Cifone, la Corte suprema di cassazione 
ha constatato l�esistenza di dubbi riguardo all�interpretazione dell�estensione 
della libert� di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e, in particolare, �la 
possibilit� che tale estensione soffra limitazioni da parte di un ordinamento interno che 
presenta caratteri che si assumono e che appaiono discriminatori ed escludenti nei termini 
in precedenza ricordati�. 
39 La Corte suprema di cassazione ha pertanto deciso di sospendere i due procedimenti di 
cui sopra e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: 
�Quale sia l�interpretazione degli articoli 43 CE e 49 CE con riferimento alle libert� di 
stabilimento e di prestazione dei servizi nel settore delle scommesse su eventi sportivi, 
al fine di stabilire se le citate disposizioni del Trattato consentano o meno una disciplina 
nazionale che stabilisca un regime di monopolio in favore dello Stato ed un sistema di 
concessioni e di autorizzazioni che, all�interno di un numero determinato di concessioni, 
preveda: 
a) l�esistenza di un indirizzo generale di tutela dei titolari di concessioni rilasciate in 
epoca anteriore sulla base di una procedura che illegittimamente ha escluso una parte 
degli operatori; 
b) la presenza di disposizioni che garantiscono di fatto il mantenimento delle posizioni 
commerciali acquisite sulla base di una procedura che illegittimamente ha escluso 
una parte degli operatori (come [l�obbligo] per i nuovi concessionari di collocare i 
loro sportelli [a una distanza minima] da quelli gi� esistenti); 
c) la fissazione di ipotesi di decadenza della concessione e di incameramento di cauzioni 
di entit� molto elevata, tra le quali l�ipotesi che il concessionario gestisca direttamente 
o indirettamente attivit� transfrontaliere di gioco assimilabili a quelle oggetto della 
concessione�. 
40 Con ordinanza del presidente della Corte in data 6 aprile 2010, le cause C.72/10 e C- 
77/10 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale nonch� della sentenza. 
Sulla ricevibilit� della questione pregiudiziale 
41 Il governo italiano mette in discussione la ricevibilit� della questione pregiudiziale. 
42 In primo luogo, esso ritiene che tale questione sia ipotetica. A suo avviso, un�eventuale 
dichiarazione di incompatibilit� della nuova normativa italiana introdotta dal decreto 
Bersani con il diritto dell�Unione non incide sui soggetti coinvolti nei procedimenti principali, 
dal momento che la Stanley ha volontariamente deciso di non prendere parte alle 
gare del 2006 disciplinate da questa nuova normativa. Detto governo lascia intendere 
che le caratteristiche di un regime di concessione al quale la Stanley non ha partecipato 
non possono influire sulla situazione penale dei sigg. Costa e Cifone. 
43 A questo proposito occorre constatare che, in forza di una costante giurisprudenza, uno 
Stato membro non pu� applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di 
una formalit� amministrativa qualora l�adempimento di tale formalit� venga rifiutato o
78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
sia reso impossibile dallo Stato membro interessato in violazione del diritto dell�Unione 
(sentenza Placanica e a., cit., punto 69). Dato che la questione pregiudiziale mira per 
l�appunto a stabilire se le condizioni cui era subordinata l�attribuzione di una concessione 
a norma della legislazione nazionale, e che hanno determinato la rinuncia della Stanley 
a partecipare alla gara in esame nei procedimenti principali, fossero contrarie al diritto 
dell�Unione, la pertinenza di tale questione ai fini della soluzione delle controversie 
pendenti dinanzi al giudice del rinvio non pu� essere messa in discussione. 
44 In secondo luogo, il governo italiano sostiene che la questione pregiudiziale � irricevibile 
in quanto eccessivamente generica. 
45 A tal riguardo, � pur vero che la precisione, e persino l�utilit�, tanto delle osservazioni 
presentate dai governi degli Stati membri e dalle altre parti interessate, quanto della risposta 
della Corte, possono dipendere dal carattere sufficientemente dettagliato delle 
indicazioni concernenti il contenuto e gli obiettivi della normativa nazionale applicabile 
alla causa principale. Tuttavia, tenuto conto della separazione delle funzioni tra i giudici 
nazionali e la Corte, deve ritenersi sufficiente che l�oggetto dei procedimenti principali 
nonch� le sue principali implicazioni per l�ordinamento giuridico dell�Unione si evincano 
dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, al fine di consentire agli Stati membri 
di presentare le loro osservazioni ai sensi dell�articolo 23 dello Statuto della Corte di 
giustizia e di partecipare efficacemente al procedimento dinanzi a quest�ultima (sentenza 
dell�8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, 
C.42/07, Racc. pag. I.7633, punto 41). Negli odierni procedimenti principali, la decisione 
di rinvio soddisfa tali esigenze. 
46 Occorre di conseguenza respingere le obiezioni sollevate dal governo italiano in merito 
alla ricevibilit� delle domande di pronuncia pregiudiziale. 
Sulla questione pregiudiziale 
47 Con la sua questione, il giudice del rinvio solleva due problemi che occorre esaminare 
separatamente. 
48 Da un lato, il giudice nazionale � chiamato a decidere se le misure adottate dal legislatore 
al fine di rimediare all�esclusione illegittima di operatori come la Stanley dalla gara del 
1999 siano conformi al diritto dell�Unione. Sebbene, a prima vista, l�attribuzione di 
circa 16 000 nuove concessioni prevista dal decreto Bersani sembri ad esso giudice conforme 
alle prescrizioni dettate dalla Corte al punto 63 della citata sentenza Placanica e 
a., il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilit� con il diritto dell�Unione della 
tutela che per certi aspetti il nuovo regime offre alle posizioni commerciali degli operatori 
risultati aggiudicatari di una concessione al termine della gara del 1999 di fronte 
alla potenziale concorrenza di operatori che erano stati illegittimamente esclusi da tale 
gara e che nel 2006 avrebbero potuto, per la prima volta, partecipare ad una gara per 
l�attribuzione di concessioni. A questo proposito il giudice del rinvio cita, in particolare, 
l�obbligo previsto dall�articolo 38, commi 2 e 4, del decreto Bersani secondo cui i nuovi 
concessionari devono insediarsi ad una distanza minima dai concessionari gi� esistenti. 
49 Dall�altro lato, il giudice del rinvio rileva che, sebbene il motivo di esclusione dalla 
gara del 1999 censurato nella citata sentenza Placanica e a. sia stato eliminato mediante 
modifiche della legislazione applicabile intervenute nel 2002, una serie di nuove restrizioni 
� stata introdotta a seguito dell�adozione del decreto Bersani, in particolare mediante 
la previsione, nell�articolo 23 dello schema di convenzione, di ipotesi di 
decadenza della concessione e di incameramento di cauzioni. Il giudice del rinvio si
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 
chiede se tali nuove restrizioni siano compatibili con il diritto dell�Unione. 
Sulla protezione delle posizioni commerciali acquisite dagli operatori risultati aggiudicatari 
di concessioni al termine della gara del 1999 
50 Con la prima parte della sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli 
articoli 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno 
Stato membro, il quale abbia escluso, in violazione del diritto dell�Unione, una categoria 
di operatori dall�attribuzione di concessioni per l�esercizio di un�attivit� economica e 
che cerchi di rimediare a tale violazione mettendo a concorso un numero rilevante di 
nuove concessioni, protegga le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti 
prevedendo in particolare determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari 
e quelli di tali operatori esistenti. 
51 Occorre anzitutto ricordare che, come statuito dalla Corte al punto 63 della citata sentenza 
Placanica e a., spetta all�ordinamento giuridico nazionale stabilire modalit� procedurali 
che garantiscano la tutela dei diritti degli operatori illegittimamente esclusi 
dalla prima gara, a condizione tuttavia che tali modalit� non siano meno favorevoli di 
quelle applicabili a situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e 
che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l�esercizio dei diritti 
conferiti dall�ordinamento giuridico dell�Unione (principio di effettivit�). 
52 Al medesimo punto della citata sentenza Placanica e a., la Corte ha poi affermato che 
tanto una revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni, quanto la messa a 
concorso di un numero adeguato di nuove concessioni potrebbero essere soluzioni appropriate. 
Entrambe queste soluzioni sono in linea di principio idonee a rimediare, 
quanto meno per il futuro, all�esclusione illegittima di alcuni operatori, permettendo a 
questi ultimi di esercitare la loro attivit� sul mercato alle stesse condizioni applicabili 
agli operatori esistenti. 
53 Tuttavia, ci� non si verifica nel caso in cui le posizioni commerciali acquisite dagli operatori 
esistenti siano tutelate dalla normativa nazionale. Il fatto stesso che gli operatori 
esistenti abbiano potuto iniziare la propria attivit� alcuni anni prima degli operatori illegittimamente 
esclusi, ed abbiano cos� potuto insediarsi sul mercato con una certa notoriet� 
e con una clientela propria, conferisce loro un indebito vantaggio concorrenziale. 
Concedere agli operatori esistenti ulteriori vantaggi concorrenziali rispetto ai nuovi concessionari 
ha come conseguenza di perpetuare e di rafforzare gli effetti dell�esclusione 
illegittima di questi ultimi dalla gara del 1999, e costituisce dunque una nuova violazione 
degli articoli 43 CE e 49 CE nonch� del principio di parit� di trattamento. Inoltre, una 
misura siffatta rende eccessivamente difficile l�esercizio dei diritti conferiti dall�ordinamento 
giuridico dell�Unione agli operatori illegittimamente esclusi dalla gara del 1999 
e dunque non rispetta il principio di effettivit�. 
54 In tale contesto, occorre ricordare che le autorit� pubbliche che rilasciano concessioni 
in materia di giochi d�azzardo sono tenute a rispettare le norme fondamentali dei Trattati, 
e segnatamente gli articoli 43 CE e 49 CE, i principi di parit� di trattamento e di non discriminazione 
a motivo della nazionalit�, nonch� l�obbligo di trasparenza che ne deriva 
(v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2010, Sporting Exchange, C.203/08, Racc. pag. 
I.4695, punto 39, e del 9 settembre 2010, Engelmann, C.64/08, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata). 
55 Pur senza implicare necessariamente un obbligo di procedere ad una pubblica gara, il 
suddetto obbligo di trasparenza � che si applica qualora la concessione di cui trattasi
80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
possa interessare un�impresa avente sede in uno Stato membro diverso da quello nel 
quale la concessione viene attribuita � impone all�autorit� concedente di garantire, ad 
ogni potenziale offerente, un livello di pubblicit� adeguato, tale da consentire l�apertura 
della concessione alla concorrenza nonch� il controllo dell�imparzialit� delle procedure 
di attribuzione (citate sentenze Commissione/Italia, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata; 
Sporting Exchange, punti 40 e 41, nonch� Engelmann, punto 50). 
56 L�attribuzione di tali concessioni deve dunque essere fondata su criteri oggettivi, non 
discriminatori e noti in anticipo, cos� da circoscrivere l�esercizio del potere discrezionale 
delle autorit� nazionali (v., in tal senso, sentenza Engelmann, cit., punto 55 e la giurisprudenza 
ivi citata). 
57 Il principio di parit� di trattamento impone inoltre che tutti i potenziali offerenti dispongano 
di uguali opportunit�, ed implica dunque che costoro siano assoggettati alle medesime 
condizioni. Ci� vale a maggior ragione in una situazione quale quella in esame 
nei procedimenti principali, in cui una violazione del diritto dell�Unione da parte dell�autorit� 
aggiudicatrice interessata ha gi� avuto come conseguenza una disparit� di trattamento 
in danno di alcuni operatori. 
58 Per quanto riguarda pi� specificamente l�obbligo per i nuovi concessionari di insediarsi 
ad una distanza minima da quelli gi� esistenti, imposto dall�articolo 38, commi 2 e 4, 
del decreto Bersani, tale misura ha come effetto di proteggere le posizioni commerciali 
acquisite dagli operatori gi� insediati a discapito dei nuovi concessionari, i quali sono 
costretti a stabilirsi in luoghi meno interessanti dal punto di vista commerciale rispetto 
a quelli occupati dai primi. Una misura siffatta implica dunque una discriminazione nei 
confronti degli operatori esclusi dalla gara del 1999. 
59 Quanto a un�eventuale giustificazione di tale disparit� di trattamento, risulta da una giurisprudenza 
consolidata che ragioni di natura economica � come l�obiettivo di garantire 
agli operatori aggiudicatari di concessioni dopo la gara del 1999 la continuit�, la stabilit� 
finanziaria o una giusta remunerazione degli investimenti realizzati � non possono essere 
riconosciute quali motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione 
di una libert� fondamentale garantita dal Trattato (sentenza Commissione/Italia, 
cit., punto 35 e la giurisprudenza ivi citata, nonch� sentenza dell�11 marzo 2010, Attanasio 
Group, C.384/08, Racc. pag. I.2055, punti 53.56). 
60 Inoltre, il governo italiano non pu� utilmente far leva, in circostanze quali quelle di cui 
ai procedimenti principali, sull�asserito obiettivo di garantire una distribuzione uniforme 
dei punti di vendita dei giochi d�azzardo sul territorio nazionale, al fine, da un lato, di 
evitare l�esposizione ad un eccesso di offerta per i consumatori che vivono nei pressi di 
tali esercizi di scommesse e, dall�altro, di prevenire il rischio che i consumatori residenti 
in luoghi meno coperti dall�offerta di tali servizi optino per i giochi clandestini. 
61 � vero che tali obiettivi, attinenti, da un lato, alla riduzione delle occasioni di gioco e, 
dall�altro, alla lotta contro la criminalit� mediante l�assoggettamento a controllo degli 
operatori attivi in tale settore e l�incanalamento delle attivit� di gioco d�azzardo entro i 
circuiti cos� controllati, rientrano tra quelli riconosciuti dalla giurisprudenza come idonei 
a giustificare restrizioni alle libert� fondamentali nel settore dei giochi d�azzardo (sentenza 
Placanica e a., cit., punti 46 e 52). 
62 Tuttavia, per quanto riguarda il primo di questi obiettivi, come rilevato dall�avvocato 
generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni e come constatato dalla Corte al punto 
54 della citata sentenza Placanica e a., il settore dei giochi d�azzardo in Italia � stato per
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 
lungo tempo caratterizzato da una politica di espansione finalizzata ad aumentare gli 
introiti fiscali e dunque, in tale contesto, non � possibile invocare alcuna giustificazione 
fondata sugli obiettivi della limitazione della propensione al gioco dei consumatori o 
della limitazione dell�offerta di giochi. Nella misura in cui il decreto Bersani ha ulteriormente 
aumentato in modo significativo la quantit� di occasioni di gioco rispetto all�epoca 
esaminata nella causa Placanica e a., tale conclusione si impone con ancor pi� 
forza nella situazione attuale del settore. 
63 Per quanto riguarda poi il secondo degli obiettivi invocati, risulta da una giurisprudenza 
consolidata che le restrizioni imposte dagli Stati membri devono soddisfare il principio 
di proporzionalit�, e che una normativa nazionale � idonea a garantire la realizzazione 
dell�obiettivo invocato soltanto se i mezzi impiegati sono coerenti e sistematici (sentenza 
Placanica e a., cit., punti 48 e 53). 
64 Orbene, come rilevato dall�avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, le 
norme sulle distanze minime sono state imposte unicamente ai nuovi concessionari, ad 
esclusione di quelli gi� insediati. Pertanto, anche se un regime di distanze minime tra 
punti di vendita potrebbe essere di per s� giustificato, non si pu� ammettere che simili 
restrizioni vengano applicate in circostanze quali quelle in esame negli odierni procedimenti 
principali, in cui esse penalizzerebbero unicamente i nuovi concessionari che 
fanno ingresso sul mercato. 
65 Ad ogni modo, un regime di distanze minime tra punti di vendita potrebbe essere giustificato 
soltanto qualora fosse escluso � ci� che spetterebbe al giudice nazionale verificare 
� che il reale obiettivo di tali norme sia quello di proteggere le posizioni 
commerciali degli operatori esistenti, anzich� quello, invocato dal governo italiano, di 
incanalare la domanda di giochi d�azzardo entro circuiti controllati. Inoltre, spetterebbe, 
se del caso, al giudice del rinvio verificare che l�obbligo di rispettare determinate distanze 
minime, il quale impedisce l�insediamento di punti di vendita supplementari in 
zone fortemente frequentate dal pubblico, sia veramente idoneo a realizzare l�obiettivo 
invocato e avr� effettivamente come conseguenza che i nuovi operatori sceglieranno di 
stabilirsi in luoghi poco frequentati, assicurando cos� una copertura a livello nazionale. 
66 Occorre dunque rispondere alla prima parte della questione sollevata dichiarando che 
gli articoli 43 CE e 49 CE, nonch� i principi di parit� di trattamento e di effettivit�, devono 
essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro, il quale abbia 
escluso, in violazione del diritto dell�Unione, una categoria di operatori dall�attribuzione 
di concessioni per l�esercizio di un�attivit� economica e che cerchi di rimediare a tale 
violazione mettendo a concorso un numero rilevante di nuove concessioni, protegga le 
posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti prevedendo in particolare determinate 
distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori 
esistenti. 
Sulle nuove restrizioni introdotte a seguito dell�adozione del decreto Bersani 
67 Con la seconda parte del suo quesito, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 
43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disciplina 
nazionale, quale quella in esame nei procedimenti principali, la quale preveda la 
decadenza della concessione per le attivit� di raccolta e di gestione delle scommesse, 
nonch� l�incameramento di garanzie pecuniarie costituite allo scopo di ottenere tale concessione, 
qualora 
� venga avviato nei confronti del titolare della concessione, ovvero del suo legale rap-
82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
presentante o dei suoi amministratori, un procedimento penale per qualsiasi ipotesi 
di reato �suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con AAMS�, cos� come 
previsto dall�articolo 23, comma 2, lettera a), dello schema di convenzione, oppure 
� il titolare della concessione commercializzi, sul territorio nazionale od attraverso siti 
telematici situati al di fuori dei confini nazionali, giochi d�azzardo assimilabili a quelli 
gestiti dall�AAMS ovvero giochi d�azzardo proibiti dall�ordinamento giuridico nazionale, 
cos� come previsto dall�articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione. 
68 A questo proposito, risulta dai documenti presentati alla Corte che, sebbene il citato articolo 
23 dello schema di convenzione preveda formalmente ipotesi di decadenza della 
concessione, tali ipotesi di decadenza costituiscono in pratica anche dei presupposti per 
ottenere una concessione, in quanto un operatore che non li soddisfacesse al momento 
del rilascio della concessione incorrerebbe immediatamente nella decadenza del titolo 
ottenuto. Considerato che, alla luce del modus operandi della Stanley, � a quest�ultima 
che incombe in linea di principio l�obbligo di ottenere una concessione � ci� che consentirebbe 
ai CTD, quali quelli gestiti dai sigg. Costa e Cifone, di esercitare la propria 
attivit� �, qualsiasi ostacolo al rilascio di una concessione alla Stanley limita automaticamente 
anche le attivit� di questi ultimi. 
Osservazioni preliminari 
69 In limine occorre ricordare che gli articoli 43 CE e 49 CE impongono l�eliminazione di 
qualsiasi restrizione alla libert� di stabilimento e alla libera prestazione di servizi, ancorch� 
applicabile indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, 
nel caso in cui essa sia idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le 
attivit� del prestatore stabilito in un altro Stato membro, dove egli fornisce legittimamente 
servizi analoghi (sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, 
cit., punto 51 e la giurisprudenza ivi citata). 
70 � pacifico che una normativa nazionale, come quella controversa nei procedimenti principali, 
la quale subordini l�esercizio di un�attivit� economica all�ottenimento di una concessione 
e preveda varie ipotesi di decadenza della concessione, costituisce un ostacolo 
alle libert� cos� garantite dagli articoli 43 CE e 49 CE. 
71 Simili restrizioni possono tuttavia essere ammesse in quanto rientranti tra le misure in 
deroga espressamente previste dagli articoli 45 CE e 46 CE, o possono essere giustificate 
da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che esse rispettino i requisiti di 
proporzionalit� risultanti dalla giurisprudenza della Corte. A questo proposito, la giurisprudenza 
ha ammesso un certo numero di motivi imperativi di interesse generale, quali 
gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione delle frodi e dell�incitamento dei 
cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco, nonch� di prevenzione di turbative dell�ordine 
sociale in generale (sentenza Placanica e a., cit., punti 45, 46 e 48). 
72 Dalle disposizioni e dai principi citati al punto 54 della presente sentenza consegue inoltre 
che, nell�attribuire concessioni quali quelle in esame nei procedimenti principali, 
l�autorit� concedente � tenuta ad un obbligo di trasparenza, consistente in particolare 
nel garantire, ad ogni potenziale offerente, un livello di pubblicit� adeguato, tale da consentire 
l�apertura della concessione alla concorrenza nonch� il controllo sull�imparzialit� 
delle procedure di attribuzione (citate sentenze Commissione/Italia, punto 24 e la giurisprudenza 
ivi citata; Sporting Exchange, punti 40 e 41, nonch� Engelmann, punto 50). 
73 Il principio di trasparenza, che costituisce un corollario del principio di uguaglianza, ha 
in tale contesto essenzialmente lo scopo di garantire che qualsiasi operatore interessato
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 
possa decidere di partecipare a pubbliche gare sulla base delle informazioni pertinenti, 
nonch� quello di garantire l�esclusione di qualsiasi rischio di favoritismo e arbitrariet� 
da parte dell�autorit� aggiudicatrice. Esso implica che tutte le condizioni e le modalit� 
della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca, 
in modo tale per cui, da un lato, sia consentito a tutti gli offerenti ragionevolmente informati 
e normalmente diligenti di comprenderne l�esatta portata e di interpretarle nella 
stessa maniera e, dall�altro, siano fissati dei limiti al potere discrezionale dell�autorit� 
concedente e quest�ultima sia messa in grado di verificare effettivamente se le offerte 
dei candidati rispondono ai criteri disciplinanti la procedura in questione (v., in tal senso, 
sentenze del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C.496/99 P, Racc. 
pag. I.3801, punto 111, nonch� del 13 dicembre 2007, United Pan.Europe Communications 
Belgium e a., C.250/06, Racc. pag. I.11135, punti 45 e 46). 
74 Il principio di certezza del diritto esige inoltre che le norme giuridiche siano chiare, precise 
e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando esse possano avere conseguenze 
sfavorevoli per gli individui e le imprese (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2005, 
VEMW e a., C.17/03, Racc. pag. I.4983, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata). 
75 � alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la seconda parte della questione 
pregiudiziale. 
Sulla decadenza della concessione a motivo dell�avvio di un procedimento penale 
76 Come rilevato dall�avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, l�esclusione 
di operatori i cui gestori abbiano riportato condanne penali pu� in linea di principio essere 
considerata come una misura giustificata dall�obiettivo della lotta contro la criminalit�. 
Infatti, come ripetutamente statuito dalla Corte, i giochi d�azzardo comportano 
rischi particolarmente elevati di reati e di frodi, tenuto conto della rilevanza delle somme 
che essi consentono di raccogliere e delle vincite che possono offrire ai giocatori (sentenza 
Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 63). 
77 La decadenza della concessione costituisce tuttavia una misura particolarmente grave 
per il concessionario, a maggior ragione in circostanze quali quelle degli odierni procedimenti 
principali, in cui essa determina automaticamente, a norma dell�articolo 23, 
comma 6, dello schema di convenzione, la perdita di un�ingente garanzia pecuniaria 
nonch� eventuali obblighi di risarcimento dei danni subiti dall�AAMS. 
78 Di conseguenza, per consentire ad ogni potenziale offerente di valutare con certezza il 
rischio che gli vengano applicate simili sanzioni, per garantire l�assenza di rischi di favoritismo 
o arbitrariet� da parte dell�amministrazione aggiudicatrice e, infine, per garantire 
il rispetto del principio di certezza del diritto, � necessario che le circostanze 
nelle quali le suddette sanzioni verranno applicate siano enunciate in modo chiaro, preciso 
e univoco. 
79 Il riferimento, contenuto nell�articolo 23, comma 2, lettera a), dello schema di convenzione, 
alle �ipotesi di reato di cui alla legge 19 marzo 1990, n. 55�, che riguarda i delitti 
di mafia nonch� altre forme di criminalit� comportanti un grave pericolo per la societ�, 
sembra soddisfare le esigenze sopra descritte, salvo verifica da parte del giudice del rinvio. 
Per contro, e sempre con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, altrettanto 
non sembra potersi dire per quanto riguarda il riferimento, operato dalla medesima disposizione 
sopra citata, a �ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto 
fiduciario con AAMS�. Spetta al giudice del rinvio esaminare se un offerente 
ragionevolmente informato e normalmente diligente sarebbe stato in grado di compren-
84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dere l�esatta portata di tale riferimento. 
80 Nell�ambito di tale esame, detto giudice dovr� in particolare tener conto, da un lato, del 
fatto che i potenziali offerenti disponevano di un termine inferiore a due mesi per esaminare 
i documenti relativi alla gara e, dall�altra, del comportamento dell�AAMS a seguito 
delle richieste di chiarimenti inviatele dalla Stanley. 
81 In ogni caso, risulta da una costante giurisprudenza che le restrizioni imposte dalla normativa 
nazionale non devono andare oltre quanto � necessario per il raggiungimento 
dell�obiettivo perseguito (sentenza Gambelli e a., cit., punto 72). Di conseguenza, sebbene 
in determinate circostanze possa rivelarsi giustificato adottare misure preventive 
nei confronti di un operatore di giochi d�azzardo sospettato, sulla base di indizi concludenti, 
di essere implicato in attivit� criminali, un�esclusione dal mercato in virt� della 
decadenza della concessione dovrebbe, in linea di principio, essere considerata proporzionata 
all�obiettivo della lotta contro la criminalit� unicamente nel caso in cui fosse 
fondata su una sentenza avente autorit� di giudicato e riguardante un delitto sufficientemente 
grave. Una legislazione che contempli, anche in modo temporaneo, l�esclusione 
di operatori dal mercato potrebbe essere considerata proporzionata unicamente a condizione 
di prevedere un�efficace possibilit� di ricorso in sede giurisdizionale nonch� un 
risarcimento del danno sub�to nel caso in cui, in un momento successivo, tale esclusione 
si rivelasse ingiustificata. 
82 Consta inoltre � salvo verifica da parte del giudice del rinvio � che la causa di decadenza 
enunciata all�articolo 23, comma 2, lettera a), dello schema di convenzione ha ostacolato, 
in pratica, la partecipazione alle gare del 2006 di operatori, come la Stanley, i cui rappresentanti 
erano all�epoca sottoposti a procedimenti penali avviati prima della pronuncia 
della citata sentenza Placanica e a., conclusisi con decisioni di proscioglimento in 
una fase successiva. 
83 In tale contesto occorre ricordare che dalla citata sentenza Placanica e a. risulta che la 
Repubblica italiana non pu� applicare sanzioni penali per l�esercizio di un�attivit� organizzata 
di raccolta di scommesse senza concessione o autorizzazione di polizia a persone 
legate a un operatore che era stato escluso dalle gare pertinenti in violazione del 
diritto dell�Unione (punto 70 della sentenza). Tale sentenza � stata pronunciata il 6 marzo 
2007, ossia quattro mesi dopo il termine del 20 ottobre 2006 fissato per la presentazione 
delle candidature nella procedura di gara prevista dal decreto Bersani. 
84 Pertanto, qualora al momento della gara prevista dal decreto Bersani fossero pendenti 
procedimenti penali avviati a carico di un operatore come la Stanley, o di suoi rappresentanti 
o amministratori, rivelatisi poi privi di fondamento giuridico, segnatamente alla 
luce della citata sentenza Placanica e a., con la conseguenza di rendere praticamente impossibile 
la partecipazione di detto operatore alla gara in questione, pena l�immediata 
declaratoria di decadenza della concessione in ragione dei citati procedimenti pendenti, 
deve ritenersi che la nuova gara non abbia effettivamente rimediato all�esclusione dell�operatore 
suddetto dalla gara precedente, censurata nella citata sentenza Placanica e a. 
85 Di conseguenza, e per ragioni identiche a quelle enunciate in detta sentenza, non possono 
essere applicate sanzioni per l�esercizio di un�attivit� organizzata di raccolta di scommesse 
senza concessione o senza autorizzazione di polizia nei confronti di persone, quali 
i sigg. Costa e Cifone, legate a un operatore, come la Stanley, che era stato escluso dalle 
gare precedenti in violazione del diritto dell�Unione, anche dopo la nuova gara prevista 
dal decreto Bersani.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 85 
86 Tenuto conto della risposta che occorre dare a questa parte del quesito alla luce delle 
suesposte considerazioni, non � necessario stabilire se e, eventualmente, in quale misura 
la disposizione censurata violi � cos� come sostenuto dai sigg. Costa e Cifone � la presunzione 
di innocenza che costituisce parte integrante delle tradizioni costituzionali comuni 
agli Stati membri e che � enunciata all�articolo 48 della Carta dei diritti 
fondamentali dell�Unione europea. 
Sulla decadenza della concessione a motivo della commercializzazione di giochi d�azzardo 
mediante siti telematici situati al di fuori del territorio nazionale 
87 Come dimostrato tanto dalla corrispondenza intercorsa tra la Stanley e l�AAMS riepilogata 
ai punti 21.26 della presente sentenza, quanto dal fatto che l�avvocato generale si � visto 
costretto a presentare, ai paragrafi 72.89 delle sue conclusioni, due soluzioni alternative 
fondate su ipotesi di interpretazione dell�articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione 
radicalmente differenti tra loro, quest�ultima disposizione manca di chiarezza. 
88 Sussiste infatti incertezza riguardo all�obiettivo e agli effetti di tale disposizione, i quali 
potrebbero essere o di impedire che un concessionario commercializzi attivamente nel 
territorio italiano giochi d�azzardo diversi da quelli per i quali egli detiene una concessione, 
o di impedire qualsiasi attivit� transfrontaliera in materia di giochi d�azzardo, e 
in particolare un�attivit� esercitata con un modus operandi quale quello della Stanley, 
fondato sul ricorso a CTD. 
89 A questo proposito, non vi � dubbio che l�interpretazione delle disposizioni di diritto 
nazionale spetti, nell�ambito del sistema di cooperazione istituito dall�articolo 267 
TFUE, ai giudici nazionali e non alla Corte (sentenza Placanica e a., cit., punto 36). Tuttavia, 
risulta dalla giurisprudenza citata ai punti 72.74 della presente sentenza che il diritto 
dell�Unione esige che le condizioni e le modalit� di una procedura di gara, quale 
quella in questione negli odierni procedimenti principali, siano formulate in modo 
chiaro, preciso e univoco. Non � questo il caso per quanto riguarda l�articolo 23, comma 
3, dello schema di convenzione, e ci� malgrado le spiegazioni supplementari fornite 
dall�AAMS su richiesta della Stanley. 
90 � giocoforza constatare che non si pu� addebitare ad un operatore, quale la Stanley, il 
fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per una concessione in assenza di 
qualsiasi sicurezza sul piano giuridico, fintanto che permaneva incertezza riguardo alla 
conformit� del suo modus operandi alle disposizioni della convenzione da sottoscrivere 
al momento dell�attribuzione di una concessione. Qualora tale operatore fosse stato 
escluso, in violazione del diritto dell�Unione, dalla gara precedente oggetto di censura 
nella citata sentenza Placanica e a., deve ritenersi che la nuova gara non abbia effettivamente 
rimediato a tale esclusione dell�operatore in questione. 
91 Alla luce dell�insieme di tali considerazioni, occorre rispondere alla seconda parte della 
questione sollevata dichiarando che gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati 
nel senso che essi ostano a che vengano applicate sanzioni per l�esercizio di un�attivit� 
organizzata di raccolta di scommesse senza concessione o senza autorizzazione di polizia 
nei confronti di persone legate ad un operatore che era stato escluso da una gara in violazione 
del diritto dell�Unione, anche dopo la nuova gara destinata a rimediare a tale 
violazione, qualora quest�ultima gara e la conseguente attribuzione di nuove concessioni 
non abbiano effettivamente rimediato all�illegittima esclusione di detto operatore dalla 
precedente gara. 
92 Risulta dagli articoli 43 CE e 49 CE, dal principio di parit� di trattamento, dall�obbligo
86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di trasparenza, nonch� dal principio di certezza del diritto che le condizioni e le modalit� 
di una gara, quale quella in questione negli odierni procedimenti principali, e in particolare 
le norme contemplanti la decadenza di concessioni rilasciate al termine di tale 
gara, come quelle dettate dall�articolo 23, commi 2, lettera a), e 3, dello schema di convenzione, 
devono essere formulate in modo chiaro, preciso e univoco, ci� che spetta al 
giudice del rinvio verificare. 
Sulle spese 
93 Nei confronti delle parti dei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente 
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le 
spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: 
1) Gli articoli 43 CE e 49 CE, nonch� i principi di parit� di trattamento e di effettivit�, 
devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro, 
il quale abbia escluso, in violazione del diritto dell�Unione, una categoria 
di operatori dall�attribuzione di concessioni per l�esercizio di un�attivit� economica 
e che cerchi di rimediare a tale violazione mettendo a concorso un numero 
rilevante di nuove concessioni, protegga le posizioni commerciali acquisite dagli 
operatori esistenti prevedendo in particolare determinate distanze minime tra 
gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori esistenti. 
2) Gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a 
che vengano applicate sanzioni per l�esercizio di un�attivit� organizzata di raccolta 
di scommesse senza concessione o senza autorizzazione di polizia nei confronti 
di persone legate ad un operatore che era stato escluso da una gara in 
violazione del diritto dell�Unione, anche dopo la nuova gara destinata a rimediare 
a tale violazione, qualora quest�ultima gara e la conseguente attribuzione 
di nuove concessioni non abbiano effettivamente rimediato all�illegittima esclusione 
di detto operatore dalla precedente gara. 
3) Risulta dagli articoli 43 CE e 49 CE, dal principio di parit� di trattamento, dall�obbligo 
di trasparenza, nonch� dal principio di certezza del diritto che le condizioni 
e le modalit� di una gara, quale quella in questione negli odierni 
procedimenti principali, e in particolare le norme contemplanti la decadenza di 
concessioni rilasciate al termine di tale gara, come quelle dettate dall�articolo 
23, commi 2, lettera a), e 3, dello schema di convenzione tra l�Amministrazione 
autonoma dei monopoli di Stato e l�aggiudicatario della concessione per giochi 
d�azzardo relativi ad eventi diversi dalle corse dei cavalli, devono essere formulate 
in modo chiaro, preciso e univoco, ci� che spetta al giudice del rinvio verificare.

CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 87 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Wally Ferrante, 
AL 18178/12) nella causa C-59/12. 
Materia: Ravvicinamento delle legislazioni 
Tutela dei consumatori 
Libert� di stabilimento e libera prestazione dei servizi 
Libera circolazione dei servizi 
Libera circolazione delle merci 
QUESTIONE PREGIUDIZIALE 
1. Con l�ordinanza del 18 gennaio 2012, depositata in data 6 febbraio 2012 
dal Bundesgerichtshof � Germania., � stato chiesto alla Corte di Giustizia 
dell�Unione europea di pronunciarsi, ai sensi dell�art. 267 TFUE, sulla 
seguente questione pregiudiziale: 
�Se l�art. 3, paragrafo 1, in combinato disposto con l�art. 2 lett. d) della 
direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali debba essere interpretato 
nel senso che l�azione di un professionista, la quale si configuri 
come pratica commerciale di un�impresa nei confronti dei consumatori, 
pu� ravvisarsi anche nel fatto che una cassa malattia del regime legale 
fornisca informazioni (ingannevoli) ai propri iscritti circa gli svantaggi 
derivanti agli stessi in caso di passaggio ad un�altra cassa malattia del 
regime legale�. 
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 
2. La questione pregiudiziale trae origine dal ricorso proposto dalla Zentrale 
zur Bek�mpfung unlauteren Wettbewerbs (Centro di repressione della 
concorrenza sleale) contro una cassa malattia del regime legale, avente 
natura giuridica di ente di diritto pubblico, volto ad ottenere la condanna 
di quest�ultima all�inibizione dell�utilizzo di alcune affermazioni apparse 
nel proprio sito internet da ritenersi ingannevoli e quindi contrarie al diritto 
della concorrenza. 
3. La resistente, infatti, avrebbe taciuto il fatto che, nel caso della riscossione 
di un contributo supplementare, gli assicurati avrebbero un diritto di recesso 
speciale previsto dalla legge. 
4. La resistente eccepisce l�inapplicabilit� delle disposizioni della legge tedesca 
sulla concorrenza sleale a fronte dell�effetto di �irraggiamento� 
della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali. 
I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
5. Infatti nel caso di specie la cassa malattia, in quanto ente pubblico, non 
agirebbe con scopo di lucro e, pertanto, non sarebbe qualificabile come 
�professionista� secondo la definizione di cui all�art. 2, lettere b) e d) 
della direttiva citata. 
NORMATIVA COMUNITARIA. 
6. Ai sensi dell�art. 2, lett. b) della direttiva 2005/29/CE � qualificabile come 
professionista �qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche 
commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua 
attivit� commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque 
agisca in nome o per conto di un professionista�. 
7. L�art. 2, lett. d) della direttiva definisce pratica commerciale tra imprese 
e consumatori �qualsiasi azione omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione 
commerciale, ivi compresi la pubblicit� e il marketing, posta 
in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, 
vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori�. 
8. A norma dell�art. 3, paragrafo 1 della direttiva 2005/29/CE, la stessa si 
applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei 
consumatori poste in essere prima, durante e dopo un�operazione commerciale 
relativa a un prodotto�. 
RISPOSTA AL QUESITO 
9. La questione sottoposta alla Corte di Giustizia riguarda sostanzialmente 
la possibilit� di qualificare professionisti, ai fini dell�applicazione della 
direttiva sulle pratiche commerciali sleali, anche organismi o enti di diritto 
pubblico che svolgono funzioni istituzionali. 
10. Il Giudice del rinvio ritiene che l�esito del ricorso, nella parte riguardante 
la condanna inibitoria, dipenda dall�interpretazione dell�art. 2, lett. b) e 
d) della predetta direttiva, che offrono rispettivamente le definizioni di 
�professionista� e di �pratica commerciale�, e dell�art. 3 paragrafo 1 della 
direttiva 2005/29/CE che ne delimita l�ambito di applicazione. 
11. Ritiene il giudice che non sia chiaro se, ai sensi delle richiamate norme, 
la pratica contestata sia da ritenersi una pratica commerciale tra imprese 
e consumatori e se la resistente, che, in quanto ente di diritto pubblico, 
assolve le funzioni del regime legale di assicurazione malattia, abbia agito 
in qualit� di professionista ponendo in essere la misura contestata. 
12. Con riferimento all�interpretazione delle nozioni giuridiche di �impresa� 
e di �attivit� economica� utilizzate dalla direttiva per definire le pratiche 
commerciali sleali, il giudice del rinvio richiama i principi emersi da alcune 
sentenze della Corte di Giustizia secondo i quali si considera un�impresa 
qualsiasi ente che eserciti un�attivit� economica a prescindere dal 
suo status giuridico e dalle sue modalit� di finanziamento (sentenza 23
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 89 
aprile 1991, causa C-41/90, H�fner e Elser, punto 21, sentenza 10 gennaio 
2006, causa C-222/04, Cassa di risparmio di Firenze e a., punto 107, sentenza 
11 dicembre 2007, causa C-280/06, ETI, punto 38 e sentenza del 3 
marzo 2011, causa C-437/09, AG2R Prevoyance, punto 41) e si intende 
come attivit� economica ogni attivit� caratterizzata dal fatto di offrire 
beni o servizi su un determinato mercato (Corte di giustizia, sentenza 18 
giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, sentenza 11 luglio 
2006, causa C-205/03, FENIN/Commissione, punto 25 e sentenza 3 marzo 
2011, causa C-437/09, AG2R Prevoyance, punto 41). 
13. Pi� nello specifico e con riferimento alla qualificazione come imprese 
dei regimi di previdenza sociale ai fini dell�applicazione degli articoli 81, 
82 e 86 CE (ora 101, 102 e 106 TFUE), il giudice richiama una sentenza 
emblematica della Corte di Giustizia del 16 marzo 2004 (Cause riunite 
C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, AOK Bundesverband e altri). 
14. In tale sentenza, la Corte ha ritenuto che la nozione di impresa, nel contesto 
del diritto comunitario della concorrenza, non riguarda gli organismi 
incaricati della gestione di regimi legali di assicurazione malattia e di assicurazione 
vecchiaia (e le loro associazioni) che perseguono un obiettivo 
esclusivamente sociale e non esercitano un�attivit� economica. 
15. Cos� avviene nel caso delle casse malattia che, anche se il legislatore ha 
loro concesso un certo margine di libert� nella fissazione del tasso di contribuzione 
al fine di promuovere una buona gestione, sono legalmente tenute 
ad offrire ai loro iscritti prestazioni obbligatorie, essenzialmente 
identiche, che sono indipendenti dall�ammontare dei contributi. 
16. Non avendo cos� alcuna possibilit� di influire su tali prestazioni ed essendo 
riunite in una sorta di comunit� fondata sul principio di solidariet�, 
che permette alle casse malattia di ripartire tra loro i costi e i rischi, esse 
non sono in concorrenza tra loro, n� con istituti privati per la concessione 
delle prestazioni legali obbligatorie in materia di cure o di medicinali che 
costituiscono la loro funzione essenziale. 
17. La Corte di Giustizia, con la medesima sentenza al punto 58, precisa: 
�Tuttavia non pu� escludersi che, ad eccezione delle loro funzioni di natura 
esclusivamente sociale, nell�ambito della gestione del sistema di previdenza 
sociale tedesco, la cassa malattia e gli enti che le rappresentano 
cio� le federazioni di casse, svolgano operazioni a fini diversi da quelli 
sociali che sarebbero di natura economica. In tal caso le decisioni che 
esse sarebbero indotte ad adottare potrebbero eventualmente analizzarsi 
come decisioni di imprese o associazioni di imprese�. 
18. Il giudice del rinvio, nell�esprimere i propri dubbi sul fatto che detti principi 
sviluppati in ambito di applicazione degli artt. 101 e 102 del TFUE 
siano determinanti anche per l�interpretazione dell�articolo 2, lett. b) e d) 
della direttiva in materia di pratiche commerciali sleali, solleva dinanzi
90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
alla Corte di Giustizia, la questione pregiudiziale sopra richiamata. 
19. Nell�ordinanza di rinvio, si d� atto che, al fine di rafforzare la concorrenza 
nel settore pubblico, il legislatore tedesco, attraverso diversi provvedimenti, 
ha introdotto margini discrezionali a favore delle casse malattie 
del regime legale per permettere una concorrenza, bench� ridotta, in materia 
di prezzi e qualit� tra le casse malattie del regime legale. Gli aventi 
diritto all�assicurazione sono legittimati, infatti, a scegliere la cassa malattia 
preferita tra diversi offerenti. 
20. Anche se le casse malattia del regime legale non possono stabilire le aliquote 
contributive (determinate in maniera unitaria per tutte) esse hanno 
la possibilit� di riscuotere contributi supplementari, concedere rimborsi 
contributivi ed offrire speciali tariffe a scelta. 
21. Secondo il giudice del rinvio, se le casse malattia si avvalgono di queste 
possibilit�, entrando in concorrenza con altre casse per attirare gli iscritti, 
per volont� del legislatore esse agiscono, sotto questo profilo, come imprese. 
22. Ci� premesso, ad avviso del Governo italiano, la nozione di �professionista� 
al pari della definizione di �impresa� e di �attivit� economica� - 
strettamente connesse alla qualifica di professionista - va interpretata in 
modo ampio ed a prescindere dalla qualificazione giuridica rivestita dal 
soggetto, in piena coerenza con la finalit� della direttiva 2005/29/CE di 
assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori. 
23. Condizione essenziale deve ritenersi la circostanza che si tratti di un soggetto 
che agisce sul mercato nell�ambito di un�attivit� professionale o imprenditoriale 
economicamente rilevante, ovvero per uno scopo connesso 
all�esercizio della sua attivit� d�impresa e che la condotta o l�omissione 
posta in essere nei confronti dei consumatori sia idonea a condizionarne 
in modo rilevante le scelte economiche. 
24. Con specifico riguardo alla questione degli enti previdenziali c.d. casse 
malattia, l�Autorit� antitrust italiana si � espressa nel senso di riconoscere 
la qualifica di professionista all�Inpdap - Istituto Nazionale di Previdenza 
per i Dipendenti dell�Amministrazione Pubblica. 
25. Con la delibera del 17 settembre 2008 (Ps698 - Inpdap - Prestazioni creditizie 
e sociali), l�Istituto � stato ritenuto responsabile e sanzionato per 
la diffusione di una pratica commerciale scorretta ai sensi dell�articolo 
22 del Codice del Consumo, che ha recepito nell�ordinamento italiano la 
direttiva 2005/29/CE, in quanto, nel prospettare l�offerta di prestiti e 
mutui erogati dalla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, 
aveva omesso di fornire informazioni rilevanti concernenti le condizioni 
cui resta subordinata la possibilit� per il consumatore di fruire dei servizi 
finanziari reclamizzati. 
26. La predetta Autorit�, nel caso richiamato, ha rilevato che, se � vero che
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 91 
l�erogazione di prestazioni creditizie da parte dell�Inpdap � soggetta ad 
un regime normativo pubblicistico, la pratica scorretta ascrivibile all�Ente 
esula completamente dall�attivit� istituzionale relativa alla gestione del 
Fondo per il credito, risolvendosi in una forma di pubblicit� volta ad attrarre 
i consumatori in concorrenza con l�attivit� creditizia di impresa 
svolta dalle banche. La natura pubblica del soggetto che opera con strumenti 
privatistici nei confronti dei consumatori, pertanto, non osta alla 
sua qualifica in termini di �professionista� ed alla conseguente applicazione 
della disciplina del Codice del Consumo. 
27. Il principio secondo il quale la qualificazione di un soggetto come organismo 
di diritto pubblico non determina di per s� l'esonero dal rispetto 
delle regole della normativa antitrust trova conferma anche nelle decisioni 
della giurisprudenza italiana. 
28. In tal senso si � espresso il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio 
(sent. n. 3954/2011), all�esito dell�impugnativa del procedimento PS4732 
Passante di Mestre (in cui la natura di concessionario della rete autostradale 
rivestita da CAV - Concessioni Autostradali Venete non ha influito 
sulla qualifica dello stesso come imprenditore), rilevando come non sia 
condivisibile l�assunto secondo il quale una societ� concessionaria di pubblico 
servizio non possa qualificarsi quale professionista ai sensi del Codice 
del Consumo in quanto �la gestione di una infrastruttura stradale 
costituisce un�attivit� economicamente rilevante e, quindi, idonea a generare 
un reddito potenzialmente utile tanto a recuperare l�investimento 
profuso nella costruzione dell�infrastruttura che a remunerare il capitale�. 
29. Il principio si � consolidato anche in seno al Consiglio di Stato (sez. VI, 
20 maggio 2001, n. 3013) che ritiene applicabile la normativa antitrust 
anche agli organismi di diritto pubblico, in quanto l'esenzione prevista 
dal comma 2 dell' art. 8 legge n. 287 del 1990 (recante norme per la tutela 
della concorrenza e del mercato) per le imprese che gestiscono servizi di 
interesse economico generale, opera limitatamente "a tutto quanto strettamente 
connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati". 
30. Conseguentemente, qualora le summenzionate attivit�, pur se svolte da 
organismi di diritto pubblico, prescindano dallo scopo istituzionale per 
cui quelle pubbliche funzioni sono state conferite, viene meno il nesso 
funzionale con il carattere non economico dell'attivit� posta in essere, la 
quale rientra a pieno titolo nell'ambito dell'attivit� di impresa privatistica, 
con conseguente legittima applicazione, limitatamente a tali ipotesi, della 
disciplina a tutela della concorrenza, prevista dalla legge n. 287/1990. 
31. In questa prospettiva, rientrano nella nozione di imprese per il diritto della 
concorrenza anche istituzioni pubbliche o i monopoli di Stato ovvero le 
aziende pubbliche, anche incaricate di un servizio pubblico, nella misura
92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
in cui essi svolgano un�attivit� economica a scopo di lucro. 
32. La dimensione dell�impresa � assolutamente irrilevante, cos� come la sua 
forma giuridica o le modalit� di suo finanziamento o il fatto che le sia o 
meno riconosciuta personalit� giuridica o che sia di propriet� privata, 
pubblica o mista. 
33. Alla luce di quanto sopra, il Governo italiano condivide l�impostazione 
espressa dalla Corte di cassazione tedesca nell�ordinanza di rinvio, ritenendo 
applicabile la direttiva sulle pratiche commerciali sleali alle casse 
malattie, che seppure enti pubblicistici, rientrano, nei limiti suddetti, nella 
definizione di �professionista�. 
34. La tesi presuppone, quale imprescindibile condizione, che la condotta 
posta in essere da tali enti non persegua finalit� sociali o assistenziali, ma 
sia connotabile come attivit� di tipo economico. In tali casi infatti l�Ente 
� qualificabile come professionista, in quanto agisce come un operatore 
economico in regime di concorrenza con altri operatori. 
35. Di contro, va escluso che l�ente rientri nella nozione di professionista con 
conseguente inapplicabilit� della direttiva, laddove l�attivit� svolta persegua 
esclusivamente, e pertanto senza margini di discrezionalit�, gli 
obiettivi sociali pubblicistici ad esso conferiti per la gestione dei regimi 
di previdenza e assicurazione malattia. 
36. In conclusione, il quadro delineato e la necessit� di non comprimere la 
finalit� di ampia tutela dei consumatori, che costituisce espresso obiettivo 
della direttiva, depongono per un�interpretazione ampia della nozione di 
professionista che ricomprenda, nei termini e con i limiti sopra individuati, 
gli enti previdenziali. 
CONCLUSIONI 
37. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il quesito nel 
senso che l�art. 3, paragrafo 1, in combinato disposto con l�art. 2 lett. d) 
della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali debba essere 
interpretato nel senso che l�azione di un professionista, la quale si configuri 
come pratica commerciale di un�impresa nei confronti dei consumatori, 
pu� ravvisarsi anche nel fatto che una cassa malattia del regime 
legale fornisca informazioni (ingannevoli) ai propri iscritti circa gli svantaggi 
derivanti agli stessi in caso di passaggio ad un�altra cassa malattia 
del regime legale. 
Roma, 5 giugno 2012 
Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 93 
Osservazioni del Governo della Repubblica italiana (avv. Stato Wally Ferrante) 
nella causa C-109/12. 
Materia: Ravvicinamento delle legislazioni 
QUESTIONI PREGIUDIZIALI 
1. Con l�ordinanza del 27 febbraio 2012, depositata in data 29 febbraio 2012 
dal Korkein hallinto-oikeu � Finlandia., � stato chiesto alla Corte di Giustizia 
dell�Unione europea di pronunciarsi, ai sensi dell�art. 267 TFUE, 
sulle seguenti questioni pregiudiziali: 
1. "Se la definizione operata in uno Stato membro, conformemente alla direttiva 
sui dispositivi medici 93/42/CEE, secondo la quale un preparato 
viene considerato un dispositivo o prodotto medico conforme alla direttiva 
sui dispositivi medici e munito della marcatura CE, osti a che la competente 
autorit� nazionale di un altro Stato membro definisca il preparato 
in questione come medicinale, conformemente all'articolo 1, paragrafo 
2, lettera b), della direttiva sui medicinali 2001/83/CE, in forza delle sue 
funzioni farmacologiche, immunologiche o metaboliche. 
2. In caso di risposta negativa alla precedente questione, se tale competente 
autorit� nazionale possa definire un preparato come medicinale osservando 
esclusivamente procedimenti conformi alla direttiva sui medicinali 
2001/83/CE o se, prima di iniziare il procedimento relativo alla definizione 
come medicinale conformemente alla direttiva sui medicinali, 
debba osservarsi il procedimento relativo alla clausola di salvaguardia 
di cui all'articolo 8 della direttiva sui dispositivi medici 93/42/CEE o il 
disposto dell'articolo 18 sulla scorretta apposizione della marcatura CE. 
3. Se la direttiva sui medicinali 2001/83/CE, la direttiva sui dispositivi medici 
93/42/CEE o altrimenti il diritto dell'Unione (incluse la protezione 
della salute e della vita umana nonch� del consumatore) ostino a che sul 
territorio del medesimo Stato membro siano in commercio preparati contenenti 
le medesime sostanze con le medesime funzioni, da un lato, come 
medicinali necessitanti l'autorizzazione all'immissione in commercio a 
norma della direttiva sui medicinali 2001/83/CE e dall'altro, come dispositivi 
o prodotti medici, conformemente alla direttiva sui dispositivi 
medici 93/42/CEE". 
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 
2. La questione pregiudiziale trae origine da una controversia tra l�Agenzia 
del farmaco finlandese e la societ� francese produttrice del preparato Gynocaps, 
commercializzato in Finlandia dal 2006 come dispositivo medico 
munito di marcatura CE. 
3. Il preparato Gynocaps � una capsula vaginale la cui funzione � il ripristino
94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dell�equilibrio alterato della flora batterica nella vagina. 
4. Il preparato � venduto come dispositivo medico munito di marcatura CE, 
tra l�altro, nei Paesi Bassi, in Spagna, in Italia e in Francia. 
5. L�Agenzia europea per i medicinali non ha preso posizione sulla classificazione 
del preparato Gynocaps, rilevando per� che un prodotto contenente 
lattobacilli vivi, in ragione della sua funzione e dei suoi effetti, � considerato 
un prodotto che soddisfa i requisiti di cui alla direttiva 2001/83/CE 
recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. 
6. L�Agenzia del farmaco finlandese, sentita la societ� francese che produce 
il preparato Gynocaps, con decisione del 14 novembre 2008, ha affermato 
che detto preparato non costituisce un dispositivo medico e si adatta all�uso 
come medicinale. 
7. Secondo detta decisione, l�effetto principale di un preparato contenente 
lattobacilli vivi viene raggiunto, dato lo scopo del suo utilizzo, grazie ad 
un meccanismo avente effetti farmacologici e metabolici. La commercializzazione 
del prodotto necessita quindi l�autorizzazione per la vendita di 
un medicinale. 
8. L�Agenzia del farmaco finlandese ha informato della sua decisione l�unit� 
della Commissione europea �Dispositivi cosmetici e terapeutici� assumendo 
che, in caso di erronea apposizione della marcatura CE (non trattandosi 
di non conformit� ai requisiti in senso proprio), non sarebbe 
applicabile il procedimento della clausola di salvaguardia di cui all�art. 8 
della direttiva 93/42 /CE concernente i dispositivi medici. 
9. La societ� francese ha impugnato la decisione dell�Agenzia del farmaco 
innanzi al Tribunale amministrativo di Helsinki, che ha respinto il ricorso 
affermando che il preparato Gynocaps pu� essere classificato in Finlandia 
come medicinale a prescindere dal fatto che in altri Stati membri lo stesso 
sia venduto come dispositivo medico. Ha inoltre precisato che l�obbligo 
imposto all�importatore di ottenere un�autorizzazione di vendita per il 
prodotto prima della sua immissione in commercio non pu� considerarsi 
in alcun caso una restrizione alle importazioni ai sensi dell�art. 34 TFUE 
allorch� il prodotto rientri nella definizione di medicinale. 
NORMATIVA COMUNITARIA 
10. L�art. 34 TFUE vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all�importazione 
nonch� qualsiasi misura equivalente. 
11. L�art. 36 TFUE stabilisce che la predetta norma lascia impregiudicata le 
restrizioni all�importazione giustificate, tra l�altro, da motivi di tutela della 
salute e della vita delle persone. 
12. La direttiva 93/42/CEE concernente i dispositivi medici, all�art. 1, definisce 
la nozione di dispositivo medico, stabilendo che tale debba intendersi 
�qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 95 
prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico 
impiegato per il corretto funzionamento e destinato dal fabbricante 
ad esser impiegato nell'uomo a scopo di: diagnosi, prevenzione, 
controllo, terapia o attenuazione di una malattia; diagnosi, controllo, terapia, 
attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; studio, 
sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; 
intervento sul concepimento, la cui azione principale voluta nel o sul 
corpo umano non sia conseguita con mezzi farmacologici n� immunologici 
n� mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita 
da questi mezzi� (evidenza nostra). 
13. All�art. 4, la predetta direttiva stabilisce che �Gli Stati membri non impediscono 
nel proprio territorio l'immissione in commercio e la messa in 
servizio dei dispositivi recanti la marcatura CE di cui all'articolo 17 che 
dimostra che essi hanno formato oggetto del procedimento di valutazione 
della conformit� ai sensi dell'articolo 11�. 
14. L�art. 8, paragrafo 1 della predetta direttiva prevede poi una clausola di 
salvaguardia a norma della quale qualsiasi Stato membro, qualora constati 
che un dispositivo installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione 
e oggetto di manutenzione regolare, pu� compromettere la salute 
e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, 
prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, 
vietarne o ridurne l'immissione in commercio o la messa in servizio. 
Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione 
indicando i motivi della non conformit� del dispositivo alla direttiva. 
15.A norma del paragrafo 3 del citato art. 8, se un dispositivo non conforme 
� munito di marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti 
di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e 
ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. 
16. Infine, l�art. 18 della suddetta direttiva recante �Indebita marcatura CE� 
stabilisce che �Fatto salvo l'articolo 8: a) ogni constatazione, da parte 
di uno Stato membro, di indebita marcatura CE, comporta per il fabbricante 
o il suo mandatario stabilito nella Comunit� l'obbligo di far cessare 
l'infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro; b) qualora l'infrazione 
si protragga, lo Stato membro deve adottare tutte le misure atte 
a limitare o vietare l'immissione in commercio del prodotto in questione 
o a garantirne il ritiro dal commercio, secondo la procedura prevista all'articolo 
8�. 
17. La direttiva in questione � stata modificata dalla direttiva 2007/47/CE, in 
vigore dal 21 marzo 2010, non applicabile ratione temporis al caso di 
specie, come precisato dal giudice del rinvio. 
18. La direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali 
per uso umano, come modificata dalla direttiva 2004/27/CE, al-
96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
l�art. 1 definisce come medicinale �a) ogni sostanza o associazione di 
sostanze presentata come avente propriet� curative o profilattiche delle 
malattie umane; o b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa 
essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo scopo di ripristinare, 
correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando 
un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire 
una diagnosi medica". 
19. La predetta direttiva, all�art. 2, stabilisce che la stessa si applica �ai medicinali 
per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli 
Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene 
un processo industriale�. Il paragrafo 2 del citato art. 2 prevede 
inoltre che: �In caso di dubbio, se un prodotto, tenuto conto dell'insieme 
delle sue caratteristiche, pu� rientrare contemporaneamente nella definizione 
di 'medicinale' e nella definizione di un prodotto disciplinato 
da un'altra normativa comunitaria, si applicano le disposizioni della 
presente direttiva�. 
20. L�art. 6 della predetta direttiva prevede inoltre che: �Nessun medicinale 
pu� essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione 
all'immissione in commercio delle autorit� competenti di detto 
Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza 
un'autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93�. 
RISPOSTA AL PRIMO QUESITO 
21. Con il primo quesito, il giudice del rinvio chiede nella sostanza alla Corte 
di giustizia se il diritto dell�Unione osti a che la competente autorit� nazionale 
classifichi come medicinale un prodotto commercializzato in altri 
Stati membri come dispositivo medico munito della marcatura CE. 
22. Al quesito va data risposta negativa. 
23. Preliminarmente si deve osservare che da sempre � stata particolarmente 
dibattuta a livello comunitario la linea di demarcazione tra i dispositivi 
medici ed i medicinali. 
24. Come si � visto, nella definizione di dispositivo medico (art. 1 della direttiva 
93/42/CEE) � indicata la natura del dispositivo (strumento, apparecchio, 
impianto, sostanza, software o altro), il suo impiego (nell'uomo 
o sull'uomo), il suo scopo (diagnosi, prevenzione, controllo o terapia, attenuazione 
o compensazione di ferite o handicap, ma anche studio, sostituzione 
o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico, o di 
controllo del concepimento) e, in negativo, il suo meccanismo d'azione 
(non deve esercitare la sua azione mediante mezzi farmacologici, immunologici, 
n� mediante processo metabolico ma tali mezzi possono solo 
coadiuvarne la funzione). 
25. I medicinali invece sono definiti (art. 1 della direttiva 2001/83/CE) come
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 97 
sostanze o associazioni di sostanze utilizzate o somministrate sull'uomo 
a scopo terapeutico, preventivo, diagnostico ed allo scopo di ripristinare, 
correggere, o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, 
immunologica, o metabolica. 
26. Come si evince dalle predette definizioni, anche un dispositivo medico 
pu� essere una sostanza. La discriminante tra la sostanza dispositivo medico 
ed il medicinale, tenuto conto che il loro scopo � sovrapponibile (terapia, 
prevenzione, diagnosi, ripristino di funzioni), � che il medicinale 
agisce con mezzi farmacologici, metabolici ed immunologici, mentre per 
il dispositivo medico, almeno per quanto riguarda l'azione principale, tali 
mezzi devono essere esclusi. 
27. Comunemente, il dispositivo medico deve esercitare la sua funzione con 
mezzi fisici: azione meccanica, barriera fisica, lavaggio/irrigazione, sostituzione 
o supporto per organi o funzioni corporee ecc. 
28. La direttiva sui medicinali 2004/27/CE ha previsto la difficolt� di collocazione 
di alcuni prodotti ed ha, comunque, stabilito che, nel caso in cui 
sussistano dei dubbi di collocazione di un determinato prodotto (in genere 
derivanti da una scarsa conoscenza del suo principale meccanismo 
d'azione) il prodotto stesso dovr� essere classificato come medicinale (art. 
2, paragrafo 2). 
29. Tuttavia, la predetta direttiva, al considerando 7, dispone altres�, in relazione 
ai prodotti detti "di frontiera" tra il settore dei medicinali e gli altri 
settori, che, qualora un prodotto rientri chiaramente nella definizione di 
altre categorie di prodotti, in particolare prodotti alimentari, integratori 
alimentari, dispositivi medici, biocidi o cosmetici, la direttiva non dovrebbe 
essere applicata. 
30.A tale proposito, spetta in linea generale al fabbricante individuare la normativa 
che regola i propri prodotti, tenuto conto della destinazione d'uso 
ad essi attribuita e del meccanismo d'azione alla base di tale destinazione. 
31. Le c.d. direttive di nuovo approccio, e in particolare la direttiva 
93/42/CEE, si fondano infatti sul presupposto che � responsabilit� del 
fabbricante qualificare il proprio prodotto, specificando la destinazione 
d'uso e addossandosi di conseguenza l'onere di ottemperare alle diverse 
prescrizioni normative previste. 
32. Tuttavia, in caso di dubbio, saranno le Autorit� competenti degli Stati 
membri a decidere sulla collocazione dei prodotti borderline. A tal fine � 
stato istituito presso la Commissione Europea un gruppo di lavoro "Borderline 
and Classification medical devices expert group" a cui partecipano 
non solo le Autorit� competenti, ma anche i rappresentanti delle 
imprese di settore. 
33. Lo scopo � quello di discutere le problematiche correlate alla corretta collocazione 
dei prodotti nell'ambito delle diverse direttive ed alla classifi-
98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
cazione dei dispositivi medici in base al rischio, al fine di assicurare un 
approccio uniforme tra i paesi dell'Unione Europea. 
34. Il gruppo, nell'ambito del proprio mandato, ha redatto un manuale "Manual 
on borderline and classf�cation in the Community Regulatory Framework 
for medical devices" che viene aggiornato periodicamente sulla 
base dei consensi raggiunti. 
35. Pur non avendo forza di legge, detto manuale rappresenta un utile strumento 
a disposizione delle Autorit� competenti per le decisioni su prodotti 
borderline. 
36. Il gruppo di lavoro si occupa inoltre dell'aggiornamento delle linee guida 
MEDDEV relative sia alla classificazione, sia alla collocazione dei prodotti 
(MEDDEV 2.1/3 Borderline products, drug-delivery products and 
medical devices incorporating, as an integral part, an ancillary medicinal 
substance or an ancillary human blood derivative; MEDDEV 2.4/1 part 
1 and part 2 Guide lines for the classification of medical devices). 
37. Ci� premesso, come ricordato dal giudice del rinvio, secondo la giurisprudenza 
della Corte di giustizia finch� l�armonizzazione dei provvedimenti 
necessari a garantire la tutela della salute non sar� completata, � 
difficile evitare che sussistano differenze fra gli Stati membri nella qualificazione 
dei prodotti come medicinali ovvero come alimenti. Quindi, 
la circostanza che un prodotto sia qualificato come alimento in un altro 
Stato membro non pu� impedire di riconoscergli, nello Stato membro di 
importazione, la qualit� di medicinale, qualora esso ne presenti le caratteristiche 
(CGUE, sentenza del 15 novembre 2007, causa, C-319/05, 
Commissione / Germania; sentenza 9 giugno 2005, cause riunite C- 
211/03, C-299/03 e C-318/03, HLH Warenvertrieb e Orthica). 
38. � stato inoltre chiarito che, in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano 
incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli 
Stati membri decidere in merito al livello al quale essi intendono garantire 
la tutela della salute e della vita delle persone nonch� al requisito di una 
previa autorizzazione all�immissione in commercio di prodotti alimentari, 
tenendo conto anche delle esigenze della libera circolazione delle merci 
nell�ambito della Comunit� (CGUE, sentenza 5 marzo 2009, causa C- 
88/07, Commissione / Spagna; sentenza 23 settembre 2003, causa C- 
192/2001, Commissione /Danimarca; sentenza 5 febbraio 2004, causa 
C-24/00, Commissione / Francia). 
39. La Corte di giustizia ha poi precisato che, poich� l�art. 30 CE (oggi art. 
36 TFUE) prevede una deroga, da interpretarsi restrittivamente, al principio 
della libera circolazione delle merci, per stabilire se un prodotto 
rientri nella definizione di medicinale, spetta alle autorit� nazionali, che 
agiscono sotto il controllo del giudice, decidere caso per caso, tenendo 
conto di tutte le caratteristiche del prodotto, tra le quali, in particolare, la
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 
composizione, le propriet� farmacologiche, immunologiche o metaboliche 
quali risultano dalle conoscenze scientifiche, le modalit� d�uso, l�ampiezza 
della sua diffusione, la conoscenza che ne hanno i consumatori e 
i rischi che possono derivare dalla sua utilizzazione (CGUE, sentenza 15 
gennaio 2009, C-140/07, Hecht-Pharma GmbH). 
40. Alla luce di quanto sopra, il Governo italiano, applicando analogicamente 
la ratio delle richiamate decisione della Corte di giustizia, ritiene che la classificazione 
operata da uno Stato membro di un determinato preparato come 
dispositivo medico non osta a che la competente autorit� nazionale di un 
altro Stato membro definisca il preparato in questione come medicinale in 
forza delle sue funzioni farmacologiche, immunologiche o metaboliche. 
RISPOSTA AL SECONDO QUESITO 
41. Con riferimento al secondo quesito, il Governo italiano ritiene che, qualora 
uno Stato membro consideri �dispositivo medico� un preparato conforme 
alla direttiva sui dispositivi medici e marcato CE, la competente 
autorit� nazionale di un altro Stato membro non possa definire il predetto 
preparato un �medicinale�, in forza delle sue funzioni farmacologiche, 
immunologiche, metaboliche, se prima non ha attuato il procedimento relativo 
alla clausola di salvaguardia prevista dall'art. 8 della direttiva 
93/42/CEE o il disposto dell'art. 18 della medesima direttiva sulla scorretta 
marcatura CE di un prodotto. 
42. Infatti, entrambe le modalit� di intervento, attuate secondo le procedure 
previste, tendono a rendere coerente sul mercato comunitario la classificazione 
di un prodotto e a consentirne una commercializzazione secondo 
regole quanto pi� possibile uniformi. 
RISPOSTA AL TERZO QUESITO 
43. Con riferimento al terzo quesito, il Governo italiano ritiene che preparati 
contenenti le medesime sostanze con le medesime funzioni, possano essere 
presenti sul territorio del medesimo Stato membro sia come medicinali 
che come dispositivi medici, qualora la diversa collocazione 
normativa sia giustificata, tramite idonea documentazione, da differenze 
di concentrazione e formulazione, via di somministrazione, o differente 
meccanismo d'azione e destinazione d'uso. 
44. Infatti, non si ravvisa alcuna contraddizione nel commercializzare la stessa 
sostanza sia come dispositivo medico sia come farmaco, purch� il prodotto 
qualificato anche come dispositivo medico, avendo riguardo alla destinazione 
e alle modalit� d'uso, non svolga l'azione principale, nel o sul corpo 
umano, con mezzi farmacologici, immunologici o mediante processo metabolico, 
ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi. 
45. N� si dovrebbe porre un problema di confusione ingenerata negli opera-
100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
tori o negli utilizzatori, giacch� i due prodotti dovrebbero essere presentati 
e gestiti in modo diverso. 
46.A tale proposito, basti citare l'esempio di preparati a base di acido ialuronico 
iniettabili nelle articolazioni, che da tempo coesistono sul mercato 
comunitario sia come medicinali che come dispositivi medici, pur svolgendo 
la medesima funzione sulle articolazioni. 
47. Nel primo caso (medicinale) il prodotto svolge la sua azione con modalit� 
farmacologiche (ad esempio azione antiinfiammatoria sulla cartilagine), 
nel secondo caso (dispositivo medico), anche in base alle caratteristiche 
della sostanza, il prodotto svolge la sua azione con modalit� meccaniche 
(azione lubrificante e ripristino del liquido sinoviale). 
48. Altro esempio, pu� essere la soluzione fisiologica che viene classificata 
come dispositivo medico se la destinazione d'uso � la detergenza o il risciacquo 
(ad esempio di lenti a contatto) o l'irrigazione o il lavaggio (ad 
esempio delle cavit� nasali) o come farmaco se per uso iniettabile. 
49. Pertanto, si ritiene che impedire che la stessa sostanza possa classificarsi 
come dispositivo medico o come farmaco potrebbe costituire un ostacolo 
alla libera circolazione delle merci. 
50. Infatti, la classificazione come farmaco o come dispositivo medico non 
pu� essere stabilita in via preventiva, partendo dall'esame astratto della sostanza 
implicata, ma va valutata caso per caso nel concreto, considerando 
appunto la destinazione, il modo di azione e le circostanze di utilizzo. 
51. Con riguardo, nello specifico, agli ovuli vaginali contenenti lattobacilli, 
fin dal 2004 il Medical Device Expert Group (MDEG) si � occupato di 
tale problematica. 
52. In particolare, la decisione del MDEG (MDEG/MDDC/2004/02) ha stabilito 
che un prodotto italiano consistente in ovuli vaginali dovesse essere 
qualificato come medicinale e non come dispositivo medico per il meccanismo 
di azione metabolico/immunologico. Tale decisione non � tuttavia 
mai stata formalizzata, n� pubblicata sul manuale delle decisioni 
"Manual on Borderline and Classification", secondo le modalit� previste 
per l'attivit� del gruppo di lavoro. 
53. Successivamente, all'esito di un'indagine tra i vari Stati membri proposta 
dalla Polonia nel 2007, in cui la maggior parte dei Paesi (14 su 15) concordava 
nel qualificare il prodotto come medicinale, nel 2009, l'Italia ha 
sostenuto la proposta di decidere caso per caso in base al ceppo di lattobacillo 
contenuto nel prodotto. 
54. � infatti riportato in letteratura che alcuni ceppi possano agire con un 
meccanismo di azione meccanico di competizione sterica grazie alla capacit� 
adesiva promossa da legami di Van der Waals, forze elettrostatiche 
e legami idrogeno dei probiotici alle cellule epiteliali, legame che impedirebbe 
l'adesione di agenti patogeni alla parete vaginale.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 
55. Nella riunione del gruppo Borderline and Classification del maggio 2011, 
inoltre, la Commissione Europea, sentito anche il parere del servizio legale, 
ha comunicato che si sta orientando, sulla base di una proposta della 
Francia, ad escludere i microrganismi viventi dall�ambito di applicazione 
delle direttive sui dispositivi medici. 
56. L'Italia, allo stato attuale, in assenza di una base regolatoria e di una decisione 
ufficiale a livello europeo, non ha ritenuto di modificare l'inquadramento 
di tali prodotti, continuando ad accettarli sul proprio territorio 
come dispositivi medici. 
CONCLUSIONI 
57. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito 
nel senso che la definizione operata in uno Stato membro, conformemente 
alla direttiva sui dispositivi medici 93/42/CEE, secondo la quale un preparato 
viene considerato un dispositivo o prodotto medico conforme alla 
direttiva sui dispositivi medici e munito della marcatura CE, non osta a 
che la competente autorit� nazionale di un altro Stato membro definisca 
il preparato in questione come medicinale, conformemente all'articolo 1, 
paragrafo 2, lettera b), della direttiva sui medicinali 2001/83/CE, in forza 
delle sue funzioni farmacologiche, immunologiche o metaboliche. 
58. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito 
nel senso che tale competente autorit� nazionale, prima di iniziare il 
procedimento relativo alla definizione come medicinale conformemente 
alla direttiva sui medicinali, debba osservare il procedimento relativo alla 
clausola di salvaguardia di cui all'articolo 8 della direttiva sui dispositivi 
medici 93/42/CEE o il disposto dell'articolo 18 sulla scorretta apposizione 
della marcatura CE. 
59. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il terzo quesito 
nel senso che la direttiva sui medicinali 2001/83/CE, la direttiva sui dispositivi 
medici 93/42/CEE o altrimenti il diritto dell'Unione (incluse la 
protezione della salute e della vita umana nonch� del consumatore) non 
ostano a che sul territorio del medesimo Stato membro siano in commercio 
preparati contenenti le medesime sostanze con le medesime funzioni, 
da un lato, come medicinali necessitanti l'autorizzazione all'immissione 
in commercio a norma della direttiva sui medicinali 2001/83/CE e dall'altro, 
come dispositivi o prodotti medici, conformemente alla direttiva 
sui dispositivi medici 93/42/CEE". 
Roma, 26 giugno 2012 
Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Overruling e inammissibilit� sopravvenuta 
del ricorso per cassazione 
(Cassazione civ., Sez. Un., sentenza 11 luglio 2011 n. 15144) 
Francesco Meloncelli* 
SOMMARIO: 1. Il problema affrontato dalla Corte di cassazione nella sentenza 11 luglio 
2011, n. 15144 - 2. Le ragioni di interesse della sentenza - 3. La fattispecie controversa e le 
sue sussunzioni storicamente date - 3.1. La fattispecie controversa - 3.2. La normativa di riferimento 
e i relativi problemi applicativi - 3.3. La valutazione del rapporto tra la sentenza 
11 luglio 2011, n. 15144, e la sentenza 30 marzo 2010, n. 7607 - 4. Le ragioni addotte dalla 
Corte di cassazione per sostenere la sua soluzione - 4.1. La soluzione adottata dalla Corte di 
cassazione - 4.2. Le premesse teoriche fatte proprie dalla Corte di cassazione - 4.3. Le specie 
di mutamento dell�interpretazione normativa giurisprudenziale - 4.4. La particolarit� della 
fattispecie controversa sottoposta all�esame della Corte di cassazione - 5. L�applicazione del 
principio di diritto (norma giuridica) individuato dalla Corte di cassazione alla specifica 
controversia sottoposta al suo esame - 6. Rinvio per l�esame dei problemi rimasti aperti dopo 
la soluzione adottata dalla Corte di cassazione. 
1. Il problema affrontato dalla Corte di cassazione nella sentenza 11 luglio 
2011, n. 15144. 
Con l�adozione della sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, le Sezioni unite 
civili della Corte di cassazione hanno affrontato e risolto il problema dell�ammissibilit� 
di un ricorso per cassazione che sia stato proposto in conformit� 
alla norma giuridica che, vigente al momento della notificazione dell�atto 
d�impugnazione, sia stata mutata, nel corso del giudizio, dalla sopravvenuta 
diversa interpretazione giurisprudenziale di legittimit� delle stesse disposizioni 
(*) Avvocato dello Stato.
104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
normative dalle quali era stata tratta la norma precedente (1). 
Pi� specificamente, ma in termini pi� generali rispetto a quelli riguardanti 
la fattispecie controversa - sulla quale, comunque, ci si soffermer� dettagliatamente 
pi� avanti - la questione di diritto che � stata sottoposta alla Corte � 
consistita nel domandare se un atto d�impugnazione tempestivo, e quindi ammissibile, 
per la sua conformit� alla relativa norma processuale vigente al momento 
della proposizione dell�impugnazione, cos� com�essa era stata 
individuata dalla coeva giurisprudenza di legittimit�, possa, e, in caso positivo, 
entro quali limiti e a quali condizioni, essere riconosciuto tempestivo e, quindi, 
ammissibile, anche quando, per effetto di un mutamento della giurisprudenza 
di legittimit� posteriore alla proposizione dell�impugnazione, sia stata individuata, 
dal giudice di legittimit�, l�esistenza di una norma giuridica diversa, 
sotto la quale si dovrebbe effettuare, al momento della decisione del giudice, 
la sussunzione dell�atto d�impugnazione. Con parole ancora diverse, ma pi� 
brevemente, si � domandato se, entro quali limiti e a quali condizioni, il sopravvenuto 
mutamento interpretativo della normazione processuale, ad opera 
della giurisprudenza di legittimit�, sul termine di proposizione di un�impugnazione 
possa (non) comportare l�(in)ammissibilit� per tardivit� (tempestivit�) 
di un ricorso per cassazione, che sarebbe tempestivo e, quindi, 
ammissibile alla stregua della norma vigente al momento della sua proposizione, 
in conformit� all�interpretazione coeva della giurisprudenza di legittimit�, 
successivamente abbandonata e sostituita da una nuova norma. Pi� 
sinteticamente ancora si potrebbe dire che si � domandato se l�ammissibilit� 
del ricorso per cassazione sia sempre sottoposta al principio tempus regit 
actum, o, altrimenti, se il mutamento di giurisprudenza di legittimit� sulle 
norme processuali sia sempre retroattivo oppure no. 
Il principio di diritto, sulla base del quale la Corte ha formulato, a conclusione 
di un lungo e complesso ragionamento, la sua risposta al quesito, non 
si trova, purtroppo, espressamente formulato nella sentenza, cosicch� resta affidato 
all�interprete il compito di estrapolarlo e di confezionare la relativa formula 
dichiarativa. A mio modo di vedere tale principio di diritto potrebbe esser 
rivestito della seguente formula: ҏ ammissibile il ricorso per cassazione che, 
originariamente conforme alla norma giuridica erroneamente individuata dalla 
precedente costante giurisprudenza di legittimit�, sulla quale il ricorrente abbia 
giustificatamente (o ragionevolmente o incolpevolmente) fatto affidamento, 
(1) La sentenza � stata gi� oggetto di commento: v. F. CAVALLA � C. CONSOLO � M. DE CRISTOFARO 
Le S.U. aprono (ma non troppo) all�errore scusabile: funzione dichiarativa della giurisprudenza, tutela 
dell�affidamento, tipi di overruling, in Il Corriere giuridico 2011, 1397 ss; R. CAPONI Retroattivit� del 
mutamento di giurisprudenza: limiti, in Il Foro italiano 2011, I, 3344 ss.; F. VALERINI Overruling di 
norma processuale: tsunami interpretativo o cambiamento annunciato?, in Diritto e giustizia 2011, 320 
ss.; v. anche E. VINCENTI Note minime sul mutamento di giurisprudenza (overruling) come (possibile?) 
paradigma di un istituto giuridico di carattere generale, in Cassazione penale 2011, 4126 ss.
CONTENZIOSO NAZIONALE 105 
diventi successivamente difforme rispetto alla norma giuridica individuata 
dalla sopravvenuta giurisprudenza di legittimit�, correttiva della precedente 
norma errata� (2). 
2. Le ragioni di interesse della sentenza. 
La decisione adottata dalla Corte � particolarmente interessante per pi� 
d�una ragione: a) la prima � che essa affronta temi generali che occupano una 
posizione di cardine nell�organizzazione dei pubblici poteri e che sono sintetizzati 
dalla stessa Corte quando afferma che la questione relativa <<al nodo 
del valore del precedente e dell�efficacia temporale della c.d. overruling ... incrocia 
le problematiche, di pi� ampio respiro, della funzione, meramente dichiarativa 
o (concorrentemente) creativa, riconosciuta alla giurisprudenza, del 
suo (eventualmente possibile) inquadramento tra le fonti di implementazione 
e conformazione dell�ordinamento giuridico e del discrimine tra modificazione 
(2) Svariate successive sentenze delle stesse Sezioni unite civili o di Sezioni semplici della Corte 
di cassazione hanno svolto l�opera di estrapolazione e di formulazione del principio di diritto enunciato 
nella sentenza 11 luglio 2011, n. 15144. Riporto qui soltanto tre esempi: 1) <<Affinch� un orientamento 
del giudice della nomofilachia non sia retroattivo come, invece, dovrebbe essere in forza della natura 
formalmente dichiarativa degli enunciati giurisprudenziali, in altre parole affinch� si possa parlare di 
"prospective overruling", devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia 
di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile 
in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del precedente indirizzo, tale, 
cio�, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto "overruling" comporti 
un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte>> (Corte di cassazione 4 maggio 2012, 
n. 6801); 2) <<il mutamento da parte della Corte della propria precedente interpretazione di una norma 
processuale non opera nei confronti della parte che in detta interpretazione abbia incolpevolmente confidato>> 
(Corte di cassazione 16 aprile 2012, n. 5972); 3) <<deve escludersi l'operativit� della preclusione 
o della decadenza derivante da un mutamento della propria precedente interpretazione della norma 
processuale da parte della Corte di Cassazione (c.d. overruling) nei confronti della parte che abbia incolpevolmente 
confidato (vale a dire non oltre il momento di oggettiva conoscibilit� dell'arresto nomofilattico 
correttivo, da verificarsi in concreto, caso per caso) nella consolidata precedente interpretazione 
della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l'apparenza di 
una regola conforme alla legge del tempo (Cass. SS.UU., 11 luglio 2011, n. 15144, resa proprio in relazione 
al mutamento di giurisprudenza in tema di termini di impugnazione delle sentenze del TSAP operato 
con la citata sentenza n. 7607 del 2010)>> (Corte di cassazione, Sezioni unite civili, 27 febbraio 
2012, n. 2925). 
� ovvio che, se la Corte non osserva il vincolo che le � imposto dall�art. 384, primo comma, cpc, di formulare 
il principio di diritto, ossia la norma giuridica, sulla cui base ha deciso la questione di particolare 
importanza sottoposta al suo esame, � lasciato all�interprete, tra cui la stessa Corte di cassazione in sede 
successiva, l�onere di scegliere la forma pi� idonea ad esprimere la norma individuata. � altrettanto 
ovvio che si potranno confezionare, di conseguenza, varie formulazioni, che possono dar luogo a ulteriori 
dubbi. Cos�, per esempio, vՏ da domandarsi se la restrizione alle sole norme processuali operata dalla 
Corte di cassazione 4 maggio 2012, n. 6801, sia conforme al pensiero espresso dalla sentenza 11 luglio 
2011, n. 15144, o non sia esatta e, quindi, correttiva della sentenza che ha introdotto la variazione del 
2011. Cos�, ancora, ci si pu� domandare quale sia il significato del requisito della conoscibilit� oggettiva, 
posto dalla sentenza 27 febbraio 2012, n. 2925, quando si tenga conto dell�intrinseca natura, propria 
della conoscibilit�, di situazione giuridica oggettiva relativamente soggettiva (su cui F. MELONCELLI Conoscibilit� 
e garanzia del contribuente, in Rassegna dell�Avvocatura dello Stato 2011, III, 91 ss.).
106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
del contenuto della norma per via interpretativa e novum ius; per coinvolgere, 
ancor pi� a monte, la definizione del ruolo del giudice nel sistema costituzionale 
di divisione dei poteri>>; b) sono, poi, molto interessanti le argomentazioni 
addotte dalla Corte a sostegno delle sue tesi, che riguardano la natura 
della norma giuridica, la sua semanticit�, i fattori della sua modificazione, le 
specie di modificazione; c) �, inoltre, di particolare rilievo la classificazione, 
che la sentenza elabora ed utilizza, delle varie specie di interpretazione normativa 
giurisprudenziale; d) infine, la Corte, chiudendo il cerchio e tornando 
al punto di partenza, fornisce quella soluzione del problema processuale relativo 
all�ammissibilit� di un atto d�impugnazione regolato da una normativa 
giurisprudenzialmente mutante, che sՏ poc�anzi presentata. 
Occorre dire subito che la sentenza � di lettura non facile. Allo sforzo di 
comprenderla, tuttavia, nessun operatore giuridico, professionale o scientifico, 
pu� sottrarsi, per la ovvia ed elementare considerazione che essa proviene da 
una fonte, le Sezioni unite civili della Corte di cassazione, le cui pronunce 
sono, non solo istituzionalmente autorevoli, ma soprattutto giuridicamente 
vincolanti. Al doveroso compito cercher�, dunque, di dare anch�io adempimento, 
ponendomi, peraltro, alcuni inevitabili confini, ispirati alla duplice esigenza 
di individuare l�essenza del problema affrontato dalla Corte, e di 
semplificare al massimo la mia interpretazione della decisione, non facendo 
mancare, se del caso, le mie perplessit� e la manifestazione del mio consenso 
o dissenso rispetto alle posizioni assunte dalla Corte. 
3. La fattispecie controversa e le sue sussunzioni storicamente date. 
Dopo questa doverosa presentazione occorre, per comprendere esattamente 
il contributo della Corte, tornare all�origine della controversia specifica 
sottoposta al suo esame. 
3.1. La fattispecie controversa. 
Il pensiero della Corte � stato elaborato per la necessit� di risolvere la seguente 
controversia: del ricorso per cassazione, proposto da un soggetto A 
(una Regione) contro una sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche 
(d�ora in poi TSAP), l�intimato B ha eccepito pregiudizialmente la tardivit� 
e la conseguente inammissibilit�; pi� specificamente, si � dovuto 
discutere, prima di ogni altra questione, della tempestivit� del ricorso presentato 
da una Regione contro una sentenza del TSAP del 7 gennaio 2009, la cui 
copia integrale � stata ricevuta dalla Regione il 17 febbraio 2009, tramite notificazione 
a cura della cancelleria del TSAP. La notificazione del ricorso � 
del 5 gennaio 2010, quindi successiva alla scadenza del termine breve, di 45 
giorni decorrenti dal 17 febbraio 2009, che sՏ concluso il 3 aprile 2009, ma 
interna al termine lungo (di un anno e 46 giorni), il cui dies ad quem sarebbe 
fissato al 4 aprile 2010.
CONTENZIOSO NAZIONALE 107 
3.2. La normativa di riferimento e i relativi problemi applicativi. 
Perch� il lettore abbia chiari i termini della questione sollevata relativamente 
al processo in materia di acque, � opportuno richiamare la normativa 
che disciplina l�impugnazione delle sentenze dei Tribunali delle acque. In 
base all�art. 183 RD 11 dicembre 1933, n. 1775 (3), il cancelliere del TSAP 
compie, o fa compiere, anzitutto, una serie di operazioni: 1) pubblicazione 
della sentenza del TSAP mediante deposito nella cancelleria (art. 183.2); 2) 
annotazione del deposito in apposito registro (art. 183.3); 3) trasmissione 
entro tre giorni dal deposito della sentenza all�ufficio del registro (art. 183.3); 
4) notificazione dell�avviso alle parti perch� provvedano alla registrazione 
(art. 183.3); 5) restituzione degli atti da parte dell�ufficio del registro; 6) verificatosi 
tutto ci�, il cancelliere del TSAP notifica, entro cinque giorni dall�ultima 
operazione, la sentenza alle parti mediante consegna di copia 
integrale del dispositivo. 
Inoltre, gli art. 200 e 201 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, stabiliscono rispettivamente 
che contro le decisioni del TSAP pronunciate in grado di appello 
(avverso le sentenze definitive dei Tribunali Regionali delle acque pubbliche) 
e contro le decisioni nelle materie contemplate nell'art. 143 (che appartengono 
alla cognizione diretta del TSAP) � ammesso il ricorso alle sezioni unite della 
Corte di cassazione (4). 
Poich�, ai sensi dell�art. 200 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, contro le 
decisioni del TSAP � ammesso ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, 
e poich�, in base agli art. 325 e 326 cpc, il termine perentorio breve per 
l�impugnazione di una sentenza decorre dalla sua notificazione ad una parte a 
cura dell�altra parte, si sono posti due problemi. 
(3) Il testo dei primi quattro commi dell�art. 183 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, � il seguente: 
<<1. Per la pronunciazione e la forma delle sentenze si osservano le norme stabilite negli articoli 356 e 
360 del Codice di procedura civile. / 2. La pubblicazione delle sentenze incidentali o definitive avviene 
mediante deposito in cancelleria, a cura del presidente o di chi ne fa le veci, dell'originale sottoscritto 
dai votanti. / 3. Il cancelliere annota in apposito registro il deposito ed entro tre giorni da tale deposito 
trasmette la sentenza con gli atti all'ufficio del registro e ne d� avviso alle parti perch� provvedano alla 
registrazione. / 4. Restituiti la sentenza e gli atti dall'ufficio del registro, il cancelliere entro cinque giorni 
ne esegue la notificazione alle parti, mediante consegna di copia integrale del dispositivo, nella forma 
stabilita per la notificazione degli atti di citazione>>. 
(4) Il testo dell�art. 200, primo comma, RD 11 dicembre 1933, n. 1775, � il seguente: <<Contro 
le decisioni pronunciate in grado di appello dal Tribunale superiore delle acque pubbliche � ammesso 
ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione: a) per incompetenza o eccesso di potere ai termini 
dell'art. 3 della L. 31 marzo 1877, numero 3761; b) per violazione o falsa applicazione di legge ai sensi 
del n. 3 dell'art. 517 del Codice di procedura civile, o se si verifichi la contraddittoriet� prevista nel n. 
8 dell'art. 517 medesimo>>. 
Il testo dell�art. 201 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, � il seguente: <<Contro le decisioni del Tribunale 
superiore delle acque pubbliche nelle materie contemplate nell'art. 143 � ammesso il ricorso alle sezioni 
unite della Corte di cassazione soltanto per incompetenza o eccesso di potere a termini dell'art. 3 della 
L. 31 marzo 1877, n. 3761>>.
108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Il primo � quello di stabilire quale sia, tra le due notificazioni, inserite 
nello speciale procedimento ex art. 183 RD 11 dicembre 1933, n. 1775 (5), 
quella rilevante per la decorrenza del termine breve d�impugnazione: se quella 
ex art. 183.3 o quella ex art. 183.4. Val la pena di sottolineare, a questo proposito, 
che le due notificazioni in questione sono: 
a) la prima, quella dell�avviso alle parti della trasmissione della sentenza 
con gli atti all�ufficio del registro (� la quarta operazione dell�elenco steso poc�anzi); 
� ben vero che l�art. 183.3 non parla di �notificazione dell�avviso�, ma 
si limita a dire che il cancelliere del TSAP �d� avviso�; tuttavia, si d� per scontato, 
nella giurisprudenza della Corte di cassazione, che tale avviso debba essere notificato 
e che esso contenga anche la trascrizione del dispositivo della sentenza; 
b) la seconda notificazione � quella della sentenza, effettuata mediante 
consegna di copia integrale del dispositivo entro cinque giorni dalla restituzione 
della sentenza e degli atti da parte dell�ufficio del registro ex art. 183.4 
(� la sesta operazione dell�elenco compilato poco sopra). 
La soluzione di questo primo problema, fornita dalla giurisprudenza di 
legittimit�, � sempre stata univoca: il termine breve per l�impugnazione non 
pu� decorrere dalla prima notificazione, prevista dall�art. 183.3 RD 11 dicembre 
1933, n. 1775, cio� dalla cd. comunicazione dell�avviso di deposito della 
sentenza, perch� essa � certamente inidonea, anche se contiene il dispositivo 
della sentenza, a far decorrere il termine breve dell�impugnazione; infatti, la 
prima notificazione ha <<la sola funzione di dar notizia dell�avvenuto deposito 
della sentenza e di invito alla registrazione>> (6) e, sulla base di essa, le parti 
non hanno <<alcuna possibilit� di prenderne cognizione e, quindi, di valutare 
l�opportunit� di impugnarla>> (7). 
Il secondo problema, che sorge in base alla soluzione adottata per il problema 
precedente, � quello di stabilire se il termine breve per l�impugnazione 
- fermo restando, sulla base della pacifica e costante soluzione data al primo 
problema, il suo decorso dalla seconda notificazione, quella ex art. 183.4 RD 
11 dicembre 1933, n. 1775 - inizi a decorrere solo se la sentenza notificata sia 
stata registrata o se esso inizi a decorrere anche se tale registrazione non sia 
stata effettuata (8). 
Per la sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, il secondo problema � stato risolto, 
dapprima e per lungo tempo, sulla base di un orientamento della giuri- 
(5) La specialit� del procedimento di notificazione della sentenza ex art. 183 � estesa fino alla 
previsione che essa sia effettuata a cura del cancelliere e non di una delle parti. 
(6) Corte di cassazione 21 agosto 1990, n. 8534. Vi hanno fatto seguito, Corte di cassazione: 21 
ottobre 1991, n. 11095; 18 marzo 1992, n. 3353; 11 novembre 1992, n. 12150; 1� dicembre 1994, n. 
10245; 15 luglio 1999, n. 394; 15 marzo 2001, n. 10892; 27 giugno 2005, n. 13710; 23 maggio 2006, 
n. 12084; 13 marzo 2009, n. 6063. 
(7) V. Corte di cassazione 30 marzo 2010, n. 7607, e 11 luglio 2011, n. 15144. Per la precedente 
giurisprudenza, v. Corte di cassazione: 21 agosto 1990, n. 8534; 13 marzo 2009, n. 6063.
CONTENZIOSO NAZIONALE 109 
sprudenza della Corte di cassazione che si sarebbe esteso dal 1991 al 2009, 
<<nel senso che �la notifica, che il cancelliere fa alle parti, dell�avviso di trasmissione 
della sentenza del T.S.A.P. all�ufficio del registro, ai sensi del 
comma terzo dell�art. 183 del r.d. 1775/1933, � inidonea, ancorch� tale avviso 
contenga anche la trascrizione del dispositivo, a far decorrere il termine per la 
proposizione del ricorso per cassazione, che decorre invece, dalla notifica, 
eseguita a norma del successivo quarto comma della stessa norma�, atteso che 
solo con tale successiva notifica - che presuppone la restituzione della sentenza 
e degli atti da parte dell�ufficio del registro - la parte che intende impugnare � 
messa in grado di apprestare compiutamente le proprie difese>>. Fino al 2009, 
dunque, la Corte di cassazione avrebbe ritenuto che il termine breve d�impugnazione 
di 45 giorni ex art. 202.4 RD 11 dicembre 1993, n. 1775 (9), decorresse 
dalla seconda notificazione, cio� da quella ex art. 183.4, necessariamente 
successiva alla altrettanto necessaria registrazione della sentenza notificata. 
Dalla verifica dei precedenti giurisprudenziali risulta che effettivamente, 
per la verit� a partire ancor prima del 1991, ossia gi� dal 1986, la giurisprudenza 
di legittimit� si era orientata a ritenere che, nel sistema disegnato dal RD 
11 dicembre 1933, n. 1775, <<la sequenza cronologica prevista dall�art. 183 
... � finalizzata ... all�esercizio del diritto di difesa, che richiede, per l�impugnazione, 
non solo la conoscenza della sentenza, ma anche la disponibilit� 
degli atti>>, cosicch� <<il termine per l�impugnazione decorre ... soltanto dalla 
notificazione prevista dal quarto comma dell�art. 183>>, la quale presuppone 
<<la restituzione della sentenza e degli atti dall�ufficio del registro>> (10). 
Sempre secondo la sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, poi, con la sentenza 
30 marzo 2010, n. 7607 (11), le Sezioni unite avrebbero ribaltato quel proprio, 
(8) Infatti, il termine per l�impugnazione non � quello breve, ma quello lungo ex art. 327 cpc, 
quando si riscontri la mancanza assoluta della seconda notificazione ex art. 183.4 RD 11 dicembre 1933, 
n. 1775 (Corte di cassazione: 15 marzo 2001, n. 10892; 27 giugno 2005, n. 13710; 23 maggio 2006, n. 
12084; 13 marzo 2009, n. 6063) o la sua invalidit� o la sua tardivit� (Corte di cassazione 10 febbraio 
1996, n. 1027) o, per l�appunto, se si ritenesse che la registrazione della sentenza da notificare fosse 
condizione necessaria per la decorrenza del termine breve, nell�ipotesi di notificazione di sentenza non 
registrata. 
(9) Il testo dell�art. 202.4 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, � il seguente: <<I termini indicati nell'art. 
518 del Codice di procedura civile sono ridotti alla met� e decorrono dalla notificazione del dispositivo 
della sentenza, fatta a norma dell'art. 183>>. 
(10) Corte di cassazione 21 agosto 1990, n. 8534. Essa � stata preceduta da Corte di cassazione: 15 
gennaio 1986, n. 13; 11 ottobre 1988, n. 5483, anche se questa fa riferimento alla <<notificazione del dispositivo 
della sentenza>>, ed � stata seguita da Corte di cassazione: 21 ottobre 1991, n. 11095, che esclude 
la fungibilit� della notificazione a cura del cancelliere del TSAP ex art. 183.4. RD 11 dicembre 1933, n. 
1775, con la notificazione a cura della parte (come gi� aveva fatto la sentenza 15 gennaio 1986, n. 13); 18 
marzo 1992, n. 3353; 11 novembre 1992, n. 12150; 6 giugno 1994, n. 5491; 1� dicembre 1994, n. 10245; 
10 febbraio 1996, n. 1027; 15 luglio 1999, n. 394; 4 aprile 2000, n. 95; 15 marzo 2001, n. 10892; 9 luglio 
2001, n. 9321; 27 giugno 2005, n. 13710; 23 maggio 2006, n. 12084; 13 marzo 2009, n. 6063. 
(11) Cio� in data successiva a quella della proposizione del ricorso per cassazione oggetto della 
sentenza 11 luglio 2011, n. 15144.
110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
pur consolidato, pregresso indirizzo. Invero, nel 2010 le Sezioni unite sono 
intervenute di nuovo sulla questione per decidere se la notifica della copia integrale 
del dispositivo della sentenza, cio� la seconda notificazione (art. 183.4), 
comporti, comunque, indipendentemente dalla sua registrazione, la decorrenza 
del termine breve per impugnare la decisione del TSAP. Le Sezioni unite 
hanno, per la prima volta in presenza della massa normativa contenuta nelle 
disposizioni normative formulate fino al 1986, preso le mosse dalla constatazione 
che, mentre fino al 1972, sulla base del RD 30 dicembre 1923, n. 3269, 
tutte le sentenze dovevano essere registrate, a partire da quell�anno, in base, 
prima, all�art. 8 della Parte I della Tariffa, Allegato A, DPR 26 ottobre 1972, 
n. 634, e, poi, in base all�art. 10, lett. c), DPR 26 aprile 1986, n. 131 (12), sostanzialmente 
reiterativo dell�analoga disposizione contenuta nel DPR 26 ottobre 
1972, n. 634, devono essere registrate solo le sentenze che rientrano tra 
gli atti soggetti al pagamento dell'imposta di registro. Su questa base le Sezioni 
unite hanno ritenuto che <<[r]ispetto alla originaria Legge di Registro del 1923 
il quadro normativo ... � notevolmente mutato, atteso che mentre in base a 
(12) Premesso che <<Sono soggetti a registrazione ...: / a) gli atti indicati nella tariffa, se formati 
per iscritto nel territorio dello Stato>> (art. 2.1.a) DPR 26 aprile 1986, n. 131), e che <<Sono obbligati 
a richiedere la registrazione: ... / c) i cancellieri e i segretari per le sentenze>> (art. 10.1.c) DPR 26 aprile 
1986, n. 131), l�art. 8, primo comma, DPR 26 aprile 1986, n. 131, rende obbligatoria la registrazione 
dei seguenti atti giurisdizionali. <<1. Atti dell'Autorit� Giudiziaria ordinaria e speciale in materia di 
controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, 
i provvedimenti di aggiudicazione e quelli di assegnazione, anche in sede di scioglimento di comunioni, 
le sentenze che rendono efficaci nello Stato sentenze straniere e i provvedimenti che dichiarano 
esecutivi i lodi arbitrali: / a) recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su 
unit� da diporto ovvero su altri beni e diritti ... / b) recanti condanna al pagamento di somme o valori, 
ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura ... / c) di accertamento di diritti a contenuto 
patrimoniale ... / d) non recanti trasferimento, condanna o accertamento di diritti a contenuto patrimoniale 
... / e) che dichiarano la nullit� o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorch� portanti condanna alla 
restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto ... / f) aventi per oggetto lo scioglimento o 
la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, ancorch� recanti condanne 
al pagamento di assegni o attribuzioni di beni patrimoniali, gi� facenti parte di comunione fra i coniugi; 
modifica di tali condanne o attribuzioni ... / g) di omologazione>>. 
L�art. 8, primo comma, DPR 26 aprile 1986, n. 131, � sostanzialmente reiterativo dell�art. 8 della Parte 
I della Tariffa, Allegato A, DPR 26 ottobre 1972, n. 634. 
L�art. 66 DPR 26 aprile 1986, n. 131, dispone, poi, quanto segue: <<I soggetti indicati nell�art. 10, lettere 
... c), possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione in termine fisso da 
loro formati o autenticati solo dopo che gli stessi sono stati registrati, indicando gli estremi della registrazione, 
compreso l'ammontare dell'imposta, con apposita attestazione da loro sottoscritta. / La disposizione 
di cui al comma primo non si applica: / a) agli originali, copie ed estratti di sentenze ed altri 
provvedimenti giurisdizionali o di atti formati dagli ufficiali giudiziari e dagli uscieri, che siano rilasciati 
per la prosecuzione del giudizio; / b) agli atti richiesti d'ufficio ai fini di un procedimento giurisdizionale, 
salvo il disposto del comma settimo dell�art. 65; / c) alle copie degli atti destinate alla trascrizione o 
iscrizione nei registri immobiliari; / d) alle copie degli atti occorrenti per l'approvazione od omologazione; 
/ e) alle copie di atti che il pubblico ufficiale � tenuto per legge a depositare presso pubblici uffici. 
/ Nei casi di cui al comma secondo deve essere apposta sull'originale, sulla copia o sull'estratto rilasciati 
prima della registrazione l'indicazione dell'uso>>.
CONTENZIOSO NAZIONALE 111 
detta legge tutte le sentenze andavano registrate ed era fatto divieto al cancelliere 
di rilasciarne copia prima della loro registrazione, attualmente [ma, dunque, 
gi� dal 1972] vi sono sentenze che vanno registrate e sentenze che non 
vanno registrate ed anche per quelle che vanno registrate il cancelliere � tenuto 
a rilasciarne copia prima della registrazione se ci� � necessario per la prosecuzione 
del giudizio. / Alla luce della illustrata evoluzione normativa in tema 
di imposta di registro si deve fondatamente escludere che la preventiva registrazione 
della sentenza, prevista dall'art. 183 del T.U. sulle acque e sugli impianti 
elettrici possa essere ritenuta "condizione essenziale" per la decorrenza 
del termine breve di impugnazione derivante dalla notifica della copia dell'estratto 
integrale della sentenza. ... Conseguentemente deve affermarsi il principio 
secondo cui, avvenuta la comunicazione dell'avviso di deposito della 
sentenza (certamente questo inidoneo, ancorch� contenente il dispositivo della 
stessa, a far decorrere il termine breve di 45 giorni, di cui al R.D. n. 1775 del 
1933, art. 202) la successiva notifica della copia integrale del dispositivo della 
sentenza stessa, fa decorrere, comunque, indipendentemente dalla registrazione 
della sentenza, il termine breve per la sua impugnazione, rilevando la 
effettuazione della sua registrazione esclusivamente ai fini fiscali>> (Corte di 
cassazione 30 marzo 2010, n. 7607). 
3.3. La valutazione del rapporto tra la sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, e la 
sentenza 30 marzo 2010, n. 7607. 
In sostanza, dunque, sembra a chi scrive che, almeno dal punto di vista 
della (ir)rilevanza della registrazione della sentenza, non cambi assolutamente 
nulla tra il 30 marzo 2010 e l�11 luglio 2011, quanto alla determinazione del 
dies a quo nel computo del termine breve per l�impugnazione delle sentenze 
del TSAP, perch� la regola che � stata fissata dalla sentenza 30 marzo 2010, 
n. 7607, continua a valere anche all�11 luglio 2011: decorso del termine breve 
per l�impugnazione a partire dalla seconda notificazione, ignorando la registrazione 
della sentenza. Si deve anche mettere in rilievo che nella sentenza 
n. 7607 del 2010 la Corte di cassazione non fa alcun riferimento alla pregressa 
propria giurisprudenza, rispetto alla quale la sentenza si ponga espressamente 
come �ribaltativa�, secondo l�espressione usata nella sentenza qui oggetto di 
commento. In realt�, la sentenza n. 7607 del 2010 non ribalta affatto il vincolo 
a far decorre il termine breve dalla seconda delle notificazioni proprie delle 
sentenze del TSAP, perch� lo mantiene ben fermo, ma si limita - non � poco, 
ma non attua un ribaltamento - ad ampliare l�oggetto della norma, nel senso 
che rende processualmente irrilevante la registrazione delle sentenze, che continua 
ad operare solo ai fini tributari. L�unica cosa che cambia �, dunque, che 
si considera irrilevante, per il decorso del termine breve d�impugnazione, il 
fatto della registrazione della sentenza oggetto della notificazione, e, corrispondentemente, 
che si � introdotta, in via interpretativa in sede di giurispru-
112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
denza di legittimit�, una modificazione ampliativa dell�oggetto della norma 
da applicare quando si debba computare il termine breve d�impugnazione delle 
sentenze del TSAP. 
Contrariamente a quel che si sostiene nella sentenza 11 luglio 2011, n. 
15144, pare, dunque, che non si possa propriamente parlare di un �ribaltamento�, 
ma di una mera modificazione della norma sempre adottata in precedenza, 
se il principio di diritto vigente dopo la sentenza della Corte di 
cassazione 30 marzo 2010, n. 7607, �, salvo il pi� ampio oggetto (tutte le sentenze 
notificate e non soltanto le sentenze notificate registrate), il medesimo 
di quello vigente antecedentemente (solo le sentenze notificate e registrate). 
Comunque sia, la sentenza n. 15144 del 2011 intende <<dare continuit�>> 
al principio fissato con la sentenza n. 7607 del 2010, <<in quanto si risolve in 
una rilettura della normativa in esame che (in senso correttivo rispetto al precedente 
indirizzo rimasto fermo anche dopo il 1986) ne disvela - compatibilmente 
con il dato testuale - il diverso contenuto evolutivamente assunto, per 
effetto e in correlazione al sopravvenuto mutamento di disciplina (quella, appunto, 
dell�imposta di registro) [risalente al 1972 e confermata nel 1986] con 
essa interagente>>. 
Un�ulteriore verifica dell�interpretazione, che sՏ ritenuto di dover qui dare, 
delle sentenze della Corte di cassazione che si sono succedute, pu� effettuarsi 
tenendo conto della diversit� delle fattispecie controverse nei singoli giudizi: 
a) nella sentenza 23 maggio 2006, n. 12084, che si assume come campione 
rappresentativo dell�orientamento giurisprudenziale consolidato fino al 
2009, si � esaminata l�eccezione pregiudiziale d�inammissibilit� di un ricorso 
per cassazione contro una sentenza del TSAP e si � deciso nel senso che 
<<deve ribadirsi che la comunicazione da parte del cancelliere del dispositivo 
della sentenza non � idonea a far decorrere il termine breve di 45 giorni di cui 
al citato R.D. 1775 del 1933, art. 202, decorrendo invece tale termine dalla notificazione, 
a cura del cancelliere, della copia integrale del dispositivo da effettuarsi 
dopo la restituzione della sentenza da parte dell'ufficio del registro 
con l'attestazione dell'avvenuta registrazione, atteso che solo con tale notifica 
le parti sono messe in grado di svolgere le indagini necessarie per maturare 
consapevolmente la decisione circa l'eventuale impugnazione>>; poich�, nel 
caso di specie, la notifica ex art. 183.4 non risultava effettuata, <<il ricorso alle 
Sezioni unite � proponibile nel termine di un anno ex art. 327 c.p.c., nel caso 
in esame non decorso. Dal che la tempestivit� ... della impugnazione ...>>; 
b) nella sentenza 30 marzo 2010, n. 7607, ribaltativa, secondo la sentenza 
11 luglio 2011, n. 15144, dell�orientamento precedente, si � discusso 
dell�(in)ammissibilit� per tardivit� del ricorso per cassazione di una societ� 
contro una sentenza del TSAP, la cui copia integrale del dispositivo era stata 
notificata senza che la sentenza fosse stata registrata. Vi si legge: <<Nel caso 
che ne occupa, la sentenza del [TSAP] non � stata inviata dalla cancelleria alla
CONTENZIOSO NAZIONALE 113 
Agenzia delle Entrate per la registrazione, verosimilmente perch� non rientra, 
per il suo oggetto, tra le sentenze previste dall'art. 8 della tariffa allegata al 
D.P.R. n. 131 del 1986. / Conseguentemente la cancelleria ha provveduto alla 
notifica alla [societ�], in data 6 febbraio 2009, dell'avviso di deposito della 
sentenza del [TSAP], con invito al ritiro degli atti prodotti in giudizio dalla 
stessa, ed in data 20 febbraio 2009 le ha notificato la copia integrale del dispositivo 
della sentenza, senza alcuna indicazione, ovviamente perch� non effettuata, 
della sua registrazione. / Con la comunicazione dell'avviso di deposito 
della sentenza e l'invito al ritiro degli atti la parte veniva indirettamente edotta 
della omessa registrazione della stessa. / Avendo la possibilit� di ottenere l'immediato 
rilascio della sentenza impugnata, devesi fondatamente ritenere che 
con la notifica del 20 febbraio 2009 della copia integrale del dispositivo � iniziato 
a decorrere il termine breve di 45 giorni, previsto dal R.D. n. 1775 del 
1933, art. 202, il cui ultimo comma dispone che i termini indicati nell�art. 518 
c.p.c. (all'epoca vigente) sono ridotti alla met� e decorrono dalla notificazione 
del dispositivo della sentenza, fatta a norma dell'art. 183. ... / la copia del ricorso 
per cassazione avverso la sentenza del [TSAP] � stata consegnata all'Ufficio 
Postale di Bolzano Centro, per la spedizione in piego raccomandato 
con avviso di ricevimento, il 6 aprile 2009, quindi nel termine di quarantacinque 
giorni previsto dalla legge, decorrente dal 20 febbraio 2009>>, cosicch� 
il ricorso � stato riconosciuto ammissibile (Corte di cassazione 30 marzo 2010, 
n. 7607); come si vede, nel 2010 le Sezioni unite hanno considerato irrilevante, 
ai fini processuali, la registrazione della sentenza, rilevante solo ai fini tributari, 
ed � stato sufficiente, per dichiarare l�ammissibilit� del ricorso, constatare 
che la sua proposizione era caduta entro il termine breve di 45 giorni, senza 
alcuna necessit� di domandarsi che cosa si sarebbe dovuto decidere per la diversa 
ipotesi in cui il ricorso fosse stato proposto dopo la scadenza del termine 
breve ma prima della scadenza del termine lungo e che � quella che si � verificata 
nella controversia decisa con la sentenza che si sta commentando; 
c) nella sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, che si qualifica ad un tempo 
come confermativa e come continuativa dell�orientamento intrapreso dalla sentenza 
30 marzo 2010, n. 7607, in via pregiudiziale si � discusso della tempestivit� 
del ricorso presentato da una Regione contro una sentenza del TSAP del 7 
gennaio 2009, la cui copia integrale � stata ricevuta dalla Regione il 17 febbraio 
2009, tramite notificazione a cura della cancelleria del TSAP; la Regione ha, 
poi, notificato il suo ricorso il 5 gennaio 2010, ossia dopo la scadenza del termine 
breve, di 45 giorni, decorrenti dal 17 febbraio 2009, ma interna al termine 
lungo; anche in questo caso, dunque, al pari di quel che si � verificato per la 
fattispecie controversa nel giudizio di legittimit� conclusosi con la sentenza 30 
marzo 2010, n. 7607, si ha a che fare con una sentenza del TSAP che � stata 
notificata senza che essa sia stata previamente registrata; la decisione della Corte 
� stata favorevole all�ammissibilit�, ma solo perch� il mutamento di giurispru-
114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
denza di legittimit�, intervenuto il 30 marzo 2010, era, comunque, posteriore 
alla proposizione del ricorso della Regione, la quale, sulla base del precedente 
orientamento giurisprudenziale, ha fatto affidamento sulla disponibilit� del termine 
lungo; quindi, da un lato, la sentenza n. 15144 del 2011 conferma il mutamento 
giurisprudenziale introdotto nel 2010, nel senso che l�efficacia della 
notificazione ex art. 183.4 non � pi� subordinata alla registrazione della sentenza, 
e si pone come continuativa del nuovo orientamento, perch� afferma di 
ritenere vigente lo stesso principio introdotto nel 2010 ad una diversa fattispecie, 
ma si pone anche come modificativa in senso riduttivo dell�oggetto della norma 
introdotta giurisprudenzialmente il 30 marzo 2010, perch� la ritiene non applicabile 
alle ipotesi di tardivit� nella quale il ricorrente sia incorso in forza dell�affidamento 
in lui suscitato dalla conoscenza del precedente orientamento 
giurisprudenziale. La sentenza, infatti, conclude con l�affermazione che <<il ricorso 
della Regione va considerato tempestivamente proposto entro il termine 
lungo, non operando nei suoi confronti la decadenza per mancata osservanza 
del temine breve decorrente dalla data di ricezione della notifica del dispositivo 
della sentenza del TSAP>> (� I.2.4 della sentenza 11 luglio 2011, n. 15144). 
In sostanza, il rapporto della sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, con la 
sentenza 30 marzo 2010, n. 7607, � in parte confermativo e continuativo e in 
parte modificativo e nella modificazione, con la quale si � utilizzato il principio 
di affidamento del cittadino come ulteriore frammento normativo per la composizione 
della norma da applicare alla nuova fattispecie controversa, sta la 
ragione della sua novit� e della sua rilevanza. 
4. Le ragioni addotte dalla Corte di cassazione per sostenere la sua soluzione. 
4.1. La soluzione adottata dalla Corte di cassazione. 
Per comprendere a fondo quale sia la novit� introdotta con la sentenza 11 
luglio 2011, n. 15144, si consideri ancora, molto pi� sinteticamente ma anche 
pi� esplicitamente, il materiale normativo e giurisprudenziale che si � appena 
passato in rassegna. 
La sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, contiene, tra le altre affermazioni, 
quella (� I.1.2), secondo cui le Sezioni unite vogliono dare continuit� all�orientamento 
del 2010, ribaltativo dell�indirizzo precedente, <<in quanto si risolve 
in una rilettura della normativa in esame (in senso correttivo rispetto al precedente 
indirizzo rimasto fermo anche dopo il 1986) ne disvela ... il diverso contenuto 
evolutivamente assunto, per effetto e in correlazione al sopravvenuto 
mutamento di disciplina (quella, appunto, dell�imposta di registro) con essa 
interagente, nel complessivo quadro delle disposizioni regolatrici del settore 
di riferimento>>. 
Traducendo e semplificando, con questa affermazione le Sezioni unite 
nel 2011 hanno affermato: 
1) che la normazione � mutata solo dal, o solo nel, (1972) 1986, con l�in-
CONTENZIOSO NAZIONALE 115 
troduzione della nuova legge sull�imposta di registro; 
2) che l�indirizzo giurisprudenziale mantenuto fino al 2009, che avrebbe 
ignorato la novit� introdotta dalla legge sull�imposta di registro, era errato e 
che esso � stato corretto solo con la sentenza della Corte di cassazione 30 
marzo 2010, n. 7607; il che equivale a dire che la norma giuridica tratta dalla 
normativa adottata dal (1972) 1986 � stata il risultato di un�interpretazione 
normativa errata, che avrebbe dovuto tener conto della novit� della legislazione 
e che la norma giuridica esatta - dal (1972) 1986 - �, invece, quella individuata 
nel 2010, pur mediante l�utilizzazione delle stesse disposizioni 
normative che erano gi� state introdotte fin dal (1972) 1986; 
3) che la sentenza 11 luglio 2011, n. 15144, � continuativa della correzione 
del 2010; ma, a questo riguardo, abbiamo gi� messo in rilievo che il rapporto 
� pi� articolato: di conferma, e quindi di continuazione, ma anche di 
modificazione, nel senso riduttivo dell�oggetto della nuova norma, perch� ne 
esclude gli atti d�impugnazione tardivi per affidamento. 
4.2. Le premesse teoriche fatte proprie dalla Corte di cassazione. 
Tuttavia, per approfondire ulteriormente tale rapporto e per verificare se 
sia esatta l�interpretazione che sՏ finora fornita della sentenza 11 luglio 2011, 
n. 15144, occorre analizzare le ragioni addotte dalla Corte per sostenere la soluzione 
da essa adottata per il problema dell�ammissibilit� del ricorso per cassazione 
originariamente valido e divenuto invalido successivamente e 
derivativamente per overruling giurisprudenziale di legittimit�. 
La sentenza dedica buona parte del suo � I.2.3 alle <<Premesse sui temi 
presupposti o implicati dal quesito in esame>>, per poi formulare delle affermazioni 
molto importanti sul mutamento giurisprudenziale. 
Devo dire subito che, delle affermazioni in esso contenute aventi valore 
di presupposto, alcune risultano, per me, di scarsa comprensibilit� e mi appaiono, 
quindi, non facilmente utilizzabili in sede applicativa, mentre altre sono 
pienamente condivisibili e utili per l�applicazione a specifiche controversie. 
Cos�, mi pare difficile condividere la nozione di norma giuridica come 
<<l�espressione di un pensiero diffuso che si forma ascoltando le istanze della 
comunit� territoriale e ne metabolizza le esigenze>> e che <<trova propriamente 
la sua fonte di produzione nella legge (e negli atti equiparati), in atti, 
cio�, di competenza esclusiva degli organi del Potere legislativo>>. Infatti, 
nella rapida enunciazione della Corte non pare possibile individuare nemmeno 
un�assertiva formula di definizione. Comunque, appare quanto mai dubbio 
che sia soddisfacente una definizione della norma come <<l�espressione di un 
pensiero diffuso che si forma ascoltando le istanze della comunit� territoriale 
e ne metabolizza le esigenze>>, perch�, a prescindere dalla difficolt� della ricerca 
dei �pensieri diffusi nella societ��, ci s�inoltra in una zona nebbiosa, almeno 
dal punto di vista della scienza giuridica, quando il procedimento di
116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
formazione degli atti normativi venga descritto in termini di �auscultazione� 
e di �metabolizzazione� di esigenze della comunit� territoriale (di quella sola 
e non delle altre formazioni sociali ex art. 2 Cost.?). Una definizione siffatta 
della norma giuridica, poi, � cos� generica che pu� ben valere anche per molti 
altri fenomeni che consistano nell��espressione di un pensiero diffuso nella 
societ��, come le idee ispiratrici di un movimento, di un�associazione, di un 
partito politico, di una religione, di categorie di operatori economici o di gruppi 
sociali non territoriali e cos� via a non finire, e quindi indica, al pi�, un genere, 
di cui forse la norma � una specie. Ma, volendo tornare alla prospettiva tecnico-
giuridica, si deve ricordare che la definizione di un istituto giuridico - e 
la norma giuridica � un istituto perch� � l�oggetto di un subsistema normativo 
- passa necessariamente attraverso svariati e rigorosi passaggi logici, che sono 
dati dalla cura del rapporto dialettico circolare tra la definizione dell�istituto 
(della norma, nel nostro caso) per descrizione e per delimitazione oltre che 
per analogia e per contrapposizione, e l�individuazione del suo regime giuridico, 
ossia la determinazione della normalit�, sotto il profilo della sua struttura 
(determinazione degli elementi compositivi e della loro relazione) sia della 
sua funzione (determinazione degli effetti, dello scopo e del fondamento della 
norma giuridica) e anormalit� (invalidit� e reazioni ad essa). Infine, pare che 
nella rapida nozione di norma fornita dalla Corte non si tenga il necessario 
conto della distinzione tra la norma e la disposizione normativa, perch� il legislatore 
(inteso come qualsiasi titolare di un potere normativo) formula e, 
quindi, produce le disposizioni normative, ma la norma � il risultato della combinazione, 
affidata agli interpreti, di disposizioni normative varie e dei risultati 
di vari formanti del diritto, come del resto emerge in maniera chiara proprio 
da questa stessa sentenza che si commenta; essa opera, infatti, come un formante 
del diritto, nel senso che contribuisce alla produzione normativa, combinando 
le disposizioni presenti nella normazione prodotta da altri. 
La Corte effettua anche, per la verit�, un tentativo di individuazione della 
struttura della norma giuridica, quando afferma che la sua �suitas� starebbe 
<<nella sua struttura ternaria, essendo in essa individuabile un significante (l�insieme, 
cio�, dei frammenti lessicali di che si compone), un significato, o pi� 
possibili significati (e, cio�, il contenuto precettivo, in termini di comando - divieto 
- permesso, che il significante esprime) ed un giudizio di valore (di avvertita 
positivit�, cio�, di un dato bene - interesse, che postula la meritevolezza 
della creazione di un congegno di protezione del bene stesso all�interno della 
collettivit�)>>. � ben evidente che si adotta, per questa via, una concezione semantica 
della norma giuridica, che � esatta, sol che si pensi al fatto incontestabile, 
di cui anche il legislatore prende atto per la costrizione al riconoscimento 
della natura delle cose (art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, premesse 
al Codice civile), che la norma giuridica � composta di parole di una 
data lingua, cio� di segni di un codice linguistico coordinati in un insieme tale
CONTENZIOSO NAZIONALE 117 
da essere portatori di un significato. In termini brevissimi, l�opinione della Corte 
pu� essere tradotta nella pi� semplice formula secondo cui la norma giuridica 
� una specie del genere di quel comportamento umano che, in quanto caratterizzato 
dalla semanticit�, viene comunemente designato con il nome di �dichiarazione�. 
Ma, se � cos� - e non pu� essere che cos� - la struttura della norma � 
la stessa del genere della dichiarazione al quale essa appartiene e, salve le caratteristiche 
proprie della sua specie, coincide con quella di qualsiasi dichiarazione, 
la quale comՏ noto, ha una struttura ben pi� complessa di quella che 
non risulti da una terna di elementi, dei quali � necessario tener conto quando, 
poi, se ne vogliano individuare i cambiamenti. Quanto al rapporto tra significante 
e significato, in esso consiste la semanticit� del fenomeno della norma 
giuridica, ma, come in tutti i fenomeni semantici, la sua determinazione � la 
conseguenza dell�interpretazione della dichiarazione, la quale � data, in primis, 
dalla convenzione che sia stipulata tra i destinatari della norma e, in caso di 
mancata stipulazione tra di essi di una convenzione semantica, da un�autorit� 
- tipicamente, ma non solo, il giudice - cui sia delegata la fissazione del significato. 
Anche qui i vincoli derivano dalla natura delle cose e, in particolare, 
dalla natura dell�uomo e dalla natura della sua conoscenza e della trasmissione 
da un uomo ad un altro di quella conoscenza, calata in una dichiarazione. 
Quanto, infine, a quello che la Corte chiama il giudizio di valore, esso si 
determina attraverso quella difficile e raffinata interpretazione della norma 
che viene solitamente qualificata come interpretazione funzionale, perch� si 
sforza di determinare, attraverso l�analisi degli effetti della norma, del suo 
scopo e del suo fondamento, la linea precisa di demarcazione degli interessi 
di cui sono portatori i soggetti del rapporto giuridico regolamentato. 
Nella sezione c) del � 1.2.3 s�impiegano, inoltre, numerose espressioni 
che sono dedicate alle �dinamiche evolutive� della norma giuridica (13). Non 
potendo in questa sede operare la valutazione di ciascuna di esse, ci si limita 
ad osservare, nel complesso, che la Corte sembra presupporre che la struttura 
della norma resti formalmente identica e che qualcuno dei suoi elementi (il 
(13) Ci si riferisce, in particolare, alle seguenti espressioni: �mutamento del quadro normativo� 
(� I.1.2); �evoluzione normativa� (� I.1.2); �rilettura della normativa� (� I.1.2); �assunzione evolutiva, 
da parte della normativa, di un diverso contenuto� (� I.1.2); �mutamento sopravvenuto della disciplina� 
(� I.1.2); �mutamento sopravvenuto dell�esegesi giurisprudenziale della norma (processuale) o di disposizioni 
processuali (� I.2); �indirizzo interpretativo nuovo� (� I.2); �mutamento di indirizzo interpretativo 
normativo giurisprudenziale� (� I.2); �mutamento di giurisprudenza di norme processuali� (� 
I.2.2); �reinterpretazione successiva della norma di riferimento� (� I.2.2); �modificazione dell�interpretazione 
del contenuto di una norma� (� I.2.3); �adeguamento del contenuto di una norma� (� I.2.3); 
�struttura della norma giuridica� (� I.2.3.b)); �ricaduta della modificazione di disposizione normativa 
sul contenuto di altra disposizione normativa� (� I.2.3.c)); �interpretazione normativa evolutiva� (� 
I.2.3.d)); �vivenza della norma� (� I.2.3.d)); �interpretazione normativa correttiva� (� I.2.3.e)); �etica 
del mutamento dell'interpretazione normativa giurisprudenziale� (� I.2.3 e)); �intervento accertativo del 
contenuto di una norma� (� 1.2.3.f)).
118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
cosiddetto significante testuale) sia polisemico, cosicch� l�evoluzione normativa 
consisterebbe nello scegliere un significato diverso da quello precedentemente 
utilizzato, ma comunque implicito gi� nella struttura originaria della 
dichiarazione. Non sembra che le cose stiano sempre e necessariamente cos�, 
se non altro proprio con riferimento alla fattispecie, controversa in causa, alla 
quale tali convinzioni dovrebbero essere adattate. Infatti, se la controversia 
verteva sulle condizioni, relative alla registrazione di una sentenza in materia 
di acque, per l�ammissibilit� di un ricorso per cassazione, non pare che la si 
possa risolvere ricercando la polisemicit� del significante, ma effettuando - 
comՏ stato in realt� fatto prima dalla sentenza n. 7607 del 2010 per l�(ir)rilevanza 
della registrazione delle sentenze e, poi, dalla stessa sentenza n. 15144 
del 2011 per il principio di affidamento - una diversa composizione, per esclusione 
nel 2010 e per inclusione nel 2011, di frammenti normativi forniti dalle 
disposizioni normative sparse in vari atti normativi adottati in tempi diversi. 
Le rapide considerazioni critiche appena formulate, rese stringate dal limitato 
ambito riservato ad una nota di commento, sono, tuttavia, sufficienti 
per concludere provvisoriamente nel senso che si possa ritenere, non senza 
qualche fondamento, che la parte dedicata dalla Corte alla teoria della norma 
giuridica appare di solidit� molto dubbia e, quindi, scarsamente utilizzabile 
per risolvere la questione che era stata sottoposta al suo esame. 
4.3. Le specie di mutamento dell�interpretazione normativa giurisprudenziale. 
Sono, invece, determinanti le prese di posizione successive sulla differenza 
tra l�interpretazione normativa evolutiva e l�interpretazione normativa 
correttiva, alla stregua della quale la fattispecie controversa viene concepita 
dalla Corte come una specie della prima. 
Seguiamo anche qui, passo passo, il ragionamento esposto nella sentenza 
e cerchiamo di non perdere l�orientamento. 
L�affermazione iniziale della Corte, dopo quelle non convincenti esposte 
a titolo di premessa che abbiamo poc�anzi ricordato, riguarda il mutamento 
delle disposizioni normative ad opera del titolare del potere di produzione 
delle norme: rispetto ad un determinato stato della normazione, <<� ben comprensibile 
come, in prospettiva diacronica, le eventuali successive modificazioni, 
abrogazioni, sostituzioni delle disposizioni interferenti abbiano una 
possibile ed automatica ricaduta sul contenuto della disposizione in questione, 
anche per questa via quindi innescandone processi modificativi>>. Convertendo 
la formulazione in termini inequivoci, si pu� dire che dato, al tempo T1, 
un certo stato della normazione, ossia il fatto che essa � composta con una 
serie determinata di disposizioni normative, una qualsiasi modificazione, 
anche di una sola di esse, che intervenga al tempo T2, successivo a T1, pu� 
essere la causa di altre modificazioni (l� �innesco di processi modificativi� di 
cui parla la Corte), che - ritengo - possono investire tutte le norme che si pos-
CONTENZIOSO NAZIONALE 119 
sono comporre utilizzando la disposizione normativa modificatrice come frammento 
di norma da unire con disposizioni preesistenti. 
La Corte prosegue esprimendosi cos�: <<Per cui, in realt�, quello (sotteso 
alla formula plasticamente descrittiva) del diritto vivente � fenomeno oggettivo: 
per un verso legato alla natura assiologica della norma e, per altro verso, 
determinato dalle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale. Fenomeno 
che, per la sua complessit�, esige la mediazione accertativa della giurisprudenza, 
che quindi lo disvela, ma non per questo lo crea; nel senso, 
dunque, che il �diritto vivente� esiste al momento - ma non (solo) per effetto 
- della interpretazione dei giudici. Nella sequenza dei cui arresti viene, per continenza, 
cos� individuato, sul piano storico, il diritto vivente, in senso formale 
... >>. Convertiamo l�asserto allo scopo di intenderci: data, in un momento 
qualsivoglia, una certa normazione, i soggetti dell�ordinamento - tra loro legati 
in un dato rapporto giuridico dalla regolamentazione normativa a loro destinata 
- nella stragrande maggioranza dei casi individuano concordemente le norme 
a loro dirette e vi si adeguano autonomamente di comune intesa, dando loro 
attuazione fluida ai casi della loro vita, che sono sempre casi di specie ultima; 
se, per�, - come, per nostra buona sorte e per la buona sorte dell�ordinamento 
giuridico, accade nella stragrande minoranza dei casi - i destinatari della normazione 
non si trovassero d�accordo nell�individuazione della norma e nella 
sua applicazione al loro specifico rapporto giuridico, essi dovrebbero rivolgersi 
al giudice per chiedergli di dire quale sia la norma giuridica sotto la quale effettuare 
la sussunzione del loro rapporto; cos� chiamato a decidere, il giudice 
non crea la norma, perch� egli non produce disposizioni normative, ma, di 
fronte alla prospettazione, proveniente dalle parti contrapposte, dell�ipotesi che 
esistano due norme contrastanti, il giudice, utilizzando le disposizioni presenti 
nella normazione, sceglie una loro possibile combinazione, eventualmente 
anche diversa da quelle ipotizzate dalle parti e, in questo senso, egli - per usare 
l�espressione della Corte - �disvela il diritto�, senza �crearlo�. 
Tutto ci� premesso, la Corte fornisce la definizione di interpretazione normativa 
evolutiva del giudice: <<L�interpretazione della regola iuris, che si riflette 
in siffatte decisioni, pu� definirsi �evolutiva�, ma ci� per traslato, in 
quanto, appunto, volta ad accertare il significato evolutivamente assunto dalla 
norma nel momento in cui il giudice � chiamato a farne applicazione (e con risalenza 
a quello di inveramento di tale evoluzione)>>. Effettuiamo la solita 
operazione di conversione. Siano fissati in successione, nella linea di decorso 
del tempo, i seguenti punti: il momento T1, come il momento in cui il produttore 
di disposizioni normative abbia introdotto una modificazione della normazione 
esistente; il momento T2, come il momento nel quale si verifica il fatto 
giuridico rilevante per l�attuazione di un rapporto giuridico; il momento T3, 
come il momento nel quale il giudice individua la norma giuridica sulla cui 
conformazione le parti del rapporto giuridico non hanno trovato l�accordo, tanto
120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
che hanno chiesto il suo intervento. L�interpretazione normativa che conduce 
il giudice ad individuare la norma nel momento T3, ma con il riconoscimento 
che essa esiste �con risalenza al momento dell�inveramento dell�evoluzione 
della normazione�, cio� fin dal momento T1 in astratto e, in concreto con riguardo 
al rapporto controverso sottoposto al suo esame, fin dal momento T2, 
ed ad individuarla in una norma diversa da quella esistente prima del momento 
T1 � una interpretazione (normativa giurisprudenziale) evolutiva, che �, perci�, 
necessariamente retroattiva ai fatti, astratto e concreto, del suo �inveramento�, 
cio� ai fatti giuridici di modificazione, normativa e di specie ultima. 
Dall�interpretazione normativa evolutiva la Corte distingue, poi, quella 
correttiva. Dice la Corte: <<Diversa dalla esegesi evolutiva � invece l�interpretazione 
�correttiva�. Con la quale il giudice torna direttamente sul significante, 
sul testo cio� della disposizione, per desumerne - indipendentemente 
da vicende evolutive che l�abbiano interessata - un significato diverso da 
quello consacrato in un una precedente esegesi giurisprudenziale>>. In conversione, 
tenendo la barra dritta sulla distinzione tra disposizione normativa e 
norma giuridica, possiamo dire che sulla linea di decorso del tempo si collocano 
i seguenti momenti: al tempo T1 si pone il momento nel quale � intervenuta 
l�ultima modificazione delle disposizioni normative aventi per oggetto il 
rapporto giuridico controverso; per tutto il periodo che va da T1 fino al momento 
T3, che � il momento della decisione del giudice, successivo ovviamente 
a T1, la giurisprudenza ha ricavato dalle disposizioni normative, 
esistenti fin da T1, una data norma; al tempo T2, intermedio tra T1 e T3, si 
verifica il fatto controverso, sostanziale o processuale, sottoposto all�esame 
del giudice; al tempo T3 la giurisprudenza ricava da quelle stesse disposizioni, 
gi� esistenti al tempo T1 e mai mutate dal legislatore, una norma diversa da 
quella precedentemente individuata ed applicata: � l�interpretazione normativa 
giurisprudenziale correttiva. 
La Corte distingue, poi, due specie di interpretazione normativa giurisprudenziale 
correttiva: la prima � quella, che si potrebbe chiamare �interpretazione 
normativa giurisprudenziale correttiva alternativa� a quella precedente, 
che non � da ritenere scorretta, per la quale <<il nuovo significato sia ritenuto 
preferibile rispetto a quello - pur compatibile con il testo - precedentemente 
enucleato>>; essa non sarebbe consentita perch� <<una diversa interpretazione 
non ha ragione d�essere ricercata, e la precedente abbandonata, quando l�una 
e l�altra siano compatibili con la lettera della legge, essendo preferibile e conforme 
ad un economico funzionamento del sistema giudiziario l�interpretazione 
sulla cui base si � gi� formata una pratica di applicazione>>; la seconda 
specie, che sarebbe l�unica ammissibile, � quella che si realizza, quando 
<<l�interprete ritenga che la precedente lettura del testo sia errata, perch� frutto 
di non corretta applicazione dei canoni di ermeneutica della legge>> e che si 
potrebbe, perci�, chiamare �interpretazione normativa giurisprudenziale cor-
CONTENZIOSO NAZIONALE 121 
rettiva sostitutiva�, perch� non � meramente alternativa a quella precedente, 
ma ad essa s�impone sostituendovisi, perch� la precedente era scorretta. In generale, 
afferma la Corte, ma anche - comՏ di interesse nella controversia esaminata 
nella sentenza in commento - in particolare quando <<la overruling 
correttiva interessi una norma processuale, � difficile sfuggire allora alla conseguenza 
che l�atto compiuto dalla parte, od il comportamento da esso tenuto, 
in conformit� all�orientamento ovveruled, risulti - ora per allora - non rituale, 
�inidoneo per effetto [appunto] del mutamento di indirizzo giurisprudenziale� 
>>. Ossia, in sostanza, l�interpretazione normativa giurisprudenziale 
correttiva non alternativa, ma necessariamente sostitutiva, � retroattiva fino al 
momento T1, perch� il potere del giudice trova un preciso limite nel potere 
del legislatore, che sՏ gi� espresso fin dal momento T1 e alla cui volont� non 
pu� esser sottratto ci� che sՏ verificato nel periodo T1-T3. 
Queste sono le posizioni assunte dalla Corte che, con le precisazioni formulate 
nello sforzo di comprenderle, appaiono pienamente condivisibili. 
In conclusione, se ben s�interpreta il pensiero della Corte, qualsiasi specie 
di mutamento d�interpretazione normativa giurisprudenziale ammissibile, cio� 
quelle della specie evolutiva o della specie correttiva sostitutiva, � retroattiva: 
la prima fino al momento in cui � intervenuta la modificazione normativa e la 
seconda fino al momento dal quale una normativa esiste. 
4.4. La particolarit� della fattispecie controversa sottoposta all�esame della 
Corte di cassazione. 
A questo punto la Corte, che ci ha convinto della retroattivit� di ogni mutamento 
d�interpretazione normativa giurisprudenziale, si domanda se tale regola 
si debba applicare sempre o se non ricorrano delle ipotesi nelle quali essa 
non possa essere applicata e debba essere sostituita da una regola diversa. Essa 
si esprime cos�: <<Quid iuris, per�, ove il mutamento di giurisprudenza di regola 
del processo sia (come nel caso che qui viene in rilievo) duplicemente 
connotato dalla sua imprevedibilit� (per il carattere consolidatosi nel tempo, 
del pregresso indirizzo) e da un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa 
della parte che sulla stabilit� del precedente abbia ragionevolmente fatto 
affidamento?>>. La risposta � lungamente argomentata - e, per i dettagli, si 
rinvia il lettore al testo della sentenza -, ma l�essenza della tesi � che, se un 
soggetto abbia fatto affidamento su uno stato della normazione apparentemente 
stabilizzato dalla giurisprudenza e abbia conseguentemente adottato un 
comportamento rivelatosi successivamente anormale per il sopravvenuto mutamento 
giurisprudenziale d�interpretazione normativa, egli non pu� subire 
l�incolpevole privazione di diritti fondamentali, tra i quali, per quel che interessa 
qui in maniera specifica, il diritto di difesa in giudizio. La Corte giunge, 
quindi, alla seguente conclusione: <<Nel caso ... in cui venga, come nella specie, 
in rilievo un problema di tempestivit� dell�atto (sussistente in base alla
122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
giurisprudenza overruled, ma venuta meno in conseguenza del successivo mutamento 
di esegesi della regola di riferimento), il valore del giusto processo 
pu� trovare diretta attuazione attraverso l�esclusa operativit� ... della preclusione 
derivante dall�overruling nei confronti della parte che abbia confidato 
nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa>>. In sostanza, 
dunque, si potrebbe dire che la norma giuridica da ritenere ora vigente, ossia 
il principio di diritto enunciato dalla sentenza in esame, potrebbe essere cos� 
formulata: �il mutamento di interpretazione normativa giurisprudenziale, normalmente 
retroattivo, non retroagisce se il soggetto interessato ha compiuto 
l�atto processuale applicando la norma giuridica individuata dalla giurisprudenza 
fino a quel momento incontrastata, anche se successivamente corretta, 
tanto che su di essa egli ha potuto fare incolpevole affidamento�. 
Anche questa conclusione � pienamente condivisibile. 
5. L�applicazione del principio di diritto (norma giuridica) individuato dalla 
Corte di cassazione alla specifica controversia sottoposta al suo esame. 
Resta ora da verificare se il principio di diritto, cos� laboriosamente ricercato 
ed individuato dalla Corte, sia stato correttamente da essa applicato 
alla controversia esaminata. 
Dice espressamente la sentenza in esame, sotto il � 1.2. intitolato <<Il rovesciamento 
della precedente esegesi di cui alla successiva sentenza n. 
7607/2010>>: <<Con la pi� recente citata pronunzia n. 7607 depositata il 30 
marzo 2010 (in data successiva, per quel che in prosieguo risulter� rilevare, a 
quella dell�odierno ricorso) queste Sezioni unite hanno ... ribaltato [il] proprio, 
pur consolidato, pregresso indirizzo. E ci� sulla base, e in considerazione, del 
mutamento, nel frattempo intervenuto, del quadro normativo di riferimento in 
tema di imposta di registro. A riguardo della quale gi� la sentenza n. 80 del 
1966 della Corte costituzionale aveva rimosso il divieto, ai funzionari di cancelleria, 
di rilascio di copie od estratti di sentenze prima della loro registrazione, 
e la successiva decretazione legislativa di settore (DD.P.R. nn. 634/72; 
131/86) aveva ulteriormente innovato, �atteso che, mentre in base alla legge 
di registro del 1923, tutte le sentenze andavano registrate ... attualmente vi 
sono sentenze che vanno registrate e sentenze che non vanno registrate, ed 
anche per le prime il cancelliere � tenuto a rilasciarne copia prima della registrazione 
se ci� � necessario per la prosecuzione del giudizio�>>. 
A questo proposito si tratta di verificare due passaggi: quale sia la base 
del mutamento giurisprudenziale del 30 marzo 2010 e quale sia la natura di 
tale mutamento. 
Quanto al primo profilo, i fatti rilevanti per la fattispecie in esame si sono 
succeduti nel seguente ordine: a) del 1933 sono le norme sul processo in materia 
di acque pubbliche (RD 11 dicembre 1933, n. 1775); b) al 1940 risalgono 
le disposizioni normative del codice di procedura civile sui termini per l�im-
CONTENZIOSO NAZIONALE 123 
pugnazione e sul loro computo (RD 28 ottobre 1940, n. 1443); c) nel 1972 � 
adottato il DPR 26 ottobre 1972, n. 634, che introduce la distinzione tra sentenze 
a registrazione obbligatoria e sentenze a registrazione non obbligatoria; 
d) esso � sostituito dal DPR 26 aprile 1986, n. 131, che per� riproduce sostanzialmente 
la distinzione tra le specie di sentenze introdotta nel 1972; e) seguono 
le numerose sentenze della giurisprudenza di legittimit� dal (1986) 1991 
al 2009; f) il 5 gennaio 2010 � proposto il ricorso per cassazione contro una 
sentenza del TSAP; g) infine, � adottata la sentenza delle Sezioni unite civili 
della Corte di cassazione n. 7607 del 30 marzo 2010, modificativa dell�orientamento 
giurisprudenziale del periodo (1986) 1991-2009. 
Ora, la sentenza in esame, quando afferma che la sentenza n. 7607 del 30 
marzo 2010 avrebbe �ribaltato� il �consolidato, pregresso indirizzo�, fa riferimento 
all�orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimit� nel periodo 
(1986) 1991-2009, e, indicandone la base nel �mutamento, nel frattempo intervenuto, 
del quadro normativo di riferimento in tema di imposta di registro�, 
pu� riferirsi solo alla nuova, rispetto al 1923, legge sull�imposta di registro 
del (1972) 1986 e a quelle sue disposizioni che elencano le categorie di sentenze 
che sono a registrazione obbligatoria (art. 8 Tariffa, Parte I, del DPR 26 
ottobre 1972, n. 634, e, poi, del DPR 26 aprile 1986, n. 131); se, poi, si cerca 
d�individuare il periodo, all�interno del quale � intervenuto tale mutamento - 
�nel frattempo�, dice la Corte - i suoi estremi si collocano, all�inizio, nel 1923, 
e, alla sua fine, al 30 marzo 2010, perch� dopo il (1972) 1986 la legge d�imposta 
di registro non ha pi� subito, sotto il profilo che qui interessa, alcun mutamento. 
In conclusione, tra il 1923 e il 2009 la giurisprudenza di legittimit� 
ha costantemente risolto il problema della determinazione del dies a quo del 
termine breve per l�impugnazione delle sentenze del TSAP individuandolo 
nella notificazione, a cura del cancelliere del Tribunale, ex art. 183.4 RD 11 
dicembre 1933, n. 1775, di sentenza registrata del TSAP, ossia ignorando le 
sopravvenute disposizioni normative del (1972) 1986 e, quindi, non utilizzandole 
per combinare la formula della norma processuale. La formula della 
norma, che fino al 30 marzo 2010 si � ritenuto che facesse parte dell�ordinamento 
giuridico fin dal 1923, potrebbe, dunque, essere questa: �il termine 
breve, di 45 giorni, per impugnare la sentenza del TSAP decorre dalla notificazione 
della sentenza registrata�. 
Il 30 marzo 2010, invece, ferma restando la composizione della normazione 
dell�ordinamento giuridico statale che s�era realizzata fin dal (1972) 
1986, la Corte ha ritenuto che, combinando nella formula della norma processuale 
anche le disposizioni normative del 1972 (1986) erroneamente ignorate 
da tutti i precedenti collegi, si dovesse adottare la norma, secondo la quale il 
dies a quo del termine breve per l�impugnazione delle sentenze del TSAP 
s�identifica con il giorno della notificazione, a cura del cancelliere del Tribunale, 
ex art. 183.4 RD 11 dicembre 1933, n. 1775, di sentenza del TSAP, di
124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
qualsiasi sua sentenza, registrata o non registrata. Questa innovazione normativa 
a me non sembra un rovesciamento, o un ribaltamento, del precedente 
orientamento giurisprudenziale, perch� alla norma (A) non � stata sostituita 
la norma (-A), ma una modificazione parziale, consistente nel fatto che tutti 
gli elementi della precedente norma sono stati lasciati immutati meno il suo 
oggetto, che dalla categoria delle �sentenze registrate del TSAP� � stato convertito 
nella pi� ampia categoria delle �sentenze del TSAP�, registrate e non 
registrate. La formula della norma, che a partire dal 30 marzo 2010 si � ritenuto 
che facesse parte dell�ordinamento giuridico solo a partire, ma anche fin, dal 
1972, potrebbe, dunque, essere questa: �il termine breve, di 45 giorni, per impugnare 
la sentenza del TSAP decorre dalla notificazione della sentenza�. 
Ci� chiarito, vՏ da domandarsi se la sentenza n. 7607 del 2010, che ha 
apportato tale modificazione normativa, abbia adottato un�interpretazione evolutiva 
o un�interpretazione correttiva. Il Collegio che l�ha adottata non sՏ 
espresso sul punto, perch� non ha fatto alcun riferimento alla giurisprudenza 
precedente, rispetto alla quale esso sicuramente innovava, senza per� roversciarla. 
Non � ben chiaro, invece, quale sia l�opinione della sentenza n. 15144 
del 2011 al riguardo, perch�, da un lato si parla �della illustrata evoluzione normativa�, 
che � solo quella del (1972) 1986, e, dall�altro, si afferma che la sentenza 
n. 7607 del 2010 <<si risolve in una rilettura della normativa in esame 
che (in senso correttivo rispetto al precedente indirizzo rimasto fermo anche 
dopo il 1986) ne disvela - compatibilmente con il dato testuale - il diverso contenuto 
evolutivamente assunto, per effetto e in correlazione al sopravvenuto 
mutamento di disciplina (quella, appunto, dell�imposta di registro) con essa interagente, 
nel complessivo quadro delle disposizioni regolatrici del settore di 
riferimento>>. Credo, allora, che la sentenza n. 15144 del 2011 si possa interpretare 
nel senso che essa ritiene che la normazione si � trasformata nel (1972) 
1986, ma della sua trasformazione la giurisprudenza di legittimit� non si � accorta 
fino al 2010, quando le Sezioni unite hanno adottato una sentenza - la n. 
7607 del 2010 - che, per un verso, contiene un�interpretazione normativa evolutiva 
rispetto al 1923, la cui elaborazione si sarebbe dovuto realizzare fin dal 
1972 (1986), e che, per altro verso, contiene un�interpretazione normativa correttiva 
sostitutiva della fallace giurisprudenza accumulatasi nel (quarantennio) 
trentennio, o poco meno, (1972) 1986 - 2009. La correzione, peraltro, non � 
un rovesciamento, o ribaltamento, ma una modificazione parziale del suo solo 
oggetto, nel senso del suo allargamento, perch� gli altri elementi strutturali 
della norma, ossia il contenuto specifico (onere di impugnare entro il termine 
breve) e i destinatari (parti notificatarie della sentenza), sono rimasti immutati. 
Rispetto alla sentenza n. 7607 del 2010, poi, la sentenza n. 15144 del 
2011 introduce un�altra modificazione della norma individuata un anno prima, 
nel senso che ha ritenuto tempestivo e, quindi, ammissibile, il ricorso per cassazione 
della parte del processo conclusosi con la sentenza del TSAP, la quale,
CONTENZIOSO NAZIONALE 125 
notificataria, a cura del cancelliere, della sentenza non registrata del Tribunale, 
abbia fondatamente confidato nella vigenza della norma pregressa e, quindi, 
nella disponibilit� del termine lungo. La modificazione ulteriore non � correttiva 
alternativa della norma scoperta nel 2010, ma correttiva integrativa, nel 
senso che, verificandosi i presupposti per l�affidamento del cittadino, la norma 
giuridica rinvenuta dell�ordinamento � la seguente: ҏ tempestivo e, quindi, 
ammissibile il ricorso per cassazione della parte, notificataria di sentenza non 
registrata del TSAP, che, facendo fondato affidamento sulla norma erronea individuata 
dalla giurisprudenza anteriore al 30 marzo 2010, secondo cui il termine 
breve decorre dalla notificazione della sentenza registrata, abbia proposto 
il ricorso prima della scadenza del termine lungo�. Si tratta di una modificazione 
della norma individuata dalla Corte di cassazione con la sentenza 30 
marzo 2010, n. 7607, che interviene in senso riduttivo della sfera dei suoi destinatari, 
nel senso che la sua formula diviene la seguente: �il termine breve, 
di 45 giorni, per impugnare la sentenza del TSAP decorre dalla notificazione 
della sentenza, meno che per la parte che, avendo prestato fondato affidamento 
nella norma, ritenuta erroneamente vigente fino al 30 marzo 2010, secondo la 
quale il termine breve decorre dalla notificazione della sentenza registrata, si 
sia avvalsa del termine lungo�. 
6. Rinvio per l�esame dei problemi rimasti aperti dopo la soluzione adottata 
dalla Corte di cassazione. 
Con queste considerazioni si potrebbe ritenere concluso, almeno per il 
momento, il tentativo di interpretare correttamente la complessa sentenza 11 
luglio 2011, n. 15144. Non s�ignora - e qualche accenno si � fatto nella nota 
(2) - che la giurisprudenza successiva della Corte di cassazione ha fatto un�applicazione 
relativamente diffusa del principio enunciato nel 2011, estendendone 
l�applicazione ad altre sedi, ma anche restringendola alla sfera 
processuale, e precisandone i presupposti, con qualche equivoco sul requisito 
della fondatezza dell�affidamento, individuato, ma senza il dovuto approfondimento, 
nella cosiddetta conoscibilit� oggettiva. Tutti questi temi, invero rilevanti, 
non possono trovare ovviamente considerazione in questa sede, ove 
ci si limita a segnalarli perch� non sfuggano ad un futuro esame. 
Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza dell�11 luglio 2011 n. 15144 - Primo Pres. f.f. 
Vittoria, Pres. Sez. Lupi, Rel. Morelli, P.M. Iannelli (difforme) - Regione Basilicata (avv. Di 
Giacomo) c. Enel Produzione spa (avv.ti Conte). 
(...) 
Svolgimento del processo 
La Regione Basilicata propone, innanzi a questa Corte, ricorso avverso la sentenza n. 1 del 7 
gennaio 2009, con la quale il T.S.A.P. - esclusa la fondatezza di sollevate eccezioni di incosti-
126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
tuzionalit� della L.R. n. 7 del 1999, in riferimento agli artt. 23 e 117 Cost. - ha comunque annullato 
la delibera giuntale di essa Regione, n. 2628 del 2003, recante aumento della misura del 
canone di concessione di derivazione di acque pubbliche, adottata sulla base della predetta legge 
regionale, e che aveva formato oggetto di impugnazione da parte della ENEL Produzione s.p.a., 
in proprio e quale successore a titolo particolare di Enel Green Power s.p.a., concessionarie appunto, 
di derivazioni di acque pubbliche regionali per la produzione di energia elettrica. 
Resistono le predette societ�, con formulazione di preliminare eccezione di tardivit� della avversa 
impugnazione, e con proposizione, altres�, di ricorso incidentale condizionato, reintroduttivo, 
in via subordinata, della questione di costituzionalit� della L.R., in riferimento al solo 
art. 117 Cost.. 
Entrambe le parti hanno anche depositato memorie. 
Motivi della decisione 
I. Sulla questione pregiudiziale di tardivit�, o meno, del ricorso in relazione al dies a quo di 
decorrenza del termine breve per l'impugnazione delle sentenze del T.S.A.P.. 
1. Il dato normativo di riferimento. 
La non tempestivit�, e conseguente inammissibilit�, del ricorso della Regione, � stata eccepita 
dalle resistenti societ� sul rilievo che la correlativa notifica � stata effettuata (il 5 gennaio 2010) 
"dopo la scadenza del termine di decadenza (di 45 giorni)", decorrente dalla data (17 febbraio 
2009) di ricezione, da parte della Regione, della copia integrale del dispositivo della sentenza 
del TSAP (n. 1 del 7 gennaio 2009), notificatale ad istanza della cancelleria del detto giudice. 
La normativa che viene nella fattispecie in applicazione - ed in relazione alla quale � formulata 
la riferita eccezione - � quella costituita dal combinato disposto del R.D. n. 1775 del 1933, 
artt. 183, 200, 201 e 202, (T.U. sulle acque e impianti elettrici). 
Dispone, in particolare, il citato art. 183, ai suoi terzo e quarto comma, che "il cancelliere annota 
in apposito registro il deposito (della sentenza) ed entro tre giorni da tale deposito trasmette 
la sentenza con gli atti all'ufficio del registro e ne d� avviso alle parti perch� provvedano 
alla registrazione. Restituiti la sentenza e gli atti dall'ufficio del registro, il cancelliere entro 
cinque giorni ne esegue la notificazione alle parti, mediante consegna integrale del dispositivo, 
nella forma stabilita per la notificazione degli atti di citazione". 
A loro volta, gli artt. 200 e 201 stabiliscono, rispettivamente, che contro le decisioni del Tribunale 
Superiore delle acque pubbliche pronunciate in grado di appello (avverso le sentenze 
definitive dei Tribunali Regionali delle acque pubbliche) e contro le decisioni nelle materie 
contemplate nell'art. 143 (che appartengono alla cognizione diretta di detto Tribunale Superiore) 
� ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione. 
Il successivo art. 202 disciplina, infine, il termine per proporre tale ricorso, stabilendo che "i 
termini indicati nell'art. 518 c.p.c., (il codice di procedura civile vigente all'epoca prevedeva 
il termine di 90 giorni) sono ridotti alla met� e decorrono dalla notificazione della sentenza, 
fatta a norma dell'art. 183". 
Il problema che si � posto, in sede di esegesi della predetta normativa, � se la notifica della 
copia integrale del dispositivo della sentenza comporti, o meno, la decorrenza, indipendentemente 
dalla sua registrazione, del termine breve ex art. 326 c.p.c., per impugnare la decisione 
del T.S.A.P.. 
1.1. L'iniziale, risalente, e poi consolidatasi, interpretazione del citato R.D. n. 1775 del 1933, 
art. 183 e ss.. 
Al quesito interpretativo di cui sopra � stata data soluzione - con la sentenza n. 11095 del 
1991, ribadita dalle successive conformi pronunzie nn. 12150/92, 394/99, 10892/01, 13710/05,
CONTENZIOSO NAZIONALE 127 
12084/06, 6063/09 - nel senso che "la notifica, che il cancelliere fa alle parti, dell'avviso di 
trasmissione della sentenza del T.S.A.P. all'Ufficio del registro, ai sensi del R.D. n. 1775 del 
1933, art. 183, comma 3, � inidonea, ancorch� tale avviso contenga anche la trascrizione del 
dispositivo, a far decorrere il termine per la proposizione del ricorso per cassazione, che decorre 
invece, dalla notifica, eseguita a norma del successivo quarto comma della stessa 
norma", atteso che solo con tale successiva notifica - che presuppone la restituzione della sentenza 
e degli atti da parte dell'Ufficio del registro - la parte che intende impugnare � messa in 
grado di apprestare compiutamente le proprie difese (In tal senso, anche le precedenti nn. 
13/86 e 8534/90, nonch� 3853/92, con riguardo al dies a quo di decorrenza del termine previsto 
dall'art. 189, T.U. 1995/33 per la proposizione dell'appello avverso le sentenze del Tribunale 
Regionale). 
1.2. Il rovesciamento della precedente esegesi di cui alla successiva sentenza n. 7607/2010. 
Con la pi� recente citata pronunzia n. 7607 depositata il 30 marzo 2010 (in data successiva, 
per quel che in prosieguo risulter� rilevare, a quella dell'odierno ricorso) queste Sezioni unite 
hanno per� ribaltato quel proprio, pur consolidato, pregresso indirizzo. E ci� sulla base, e in 
considerazione, del mutamento, nel frattempo intervenuto, del quadro normativo di riferimento 
in tema di imposta di registro. A riguardo della quale gi� la sentenza n. 80 del 1966 della Corte 
costituzionale aveva rimosso il divieto, ai funzionari di cancelleria, di rilascio di copie od estratti 
di sentenze prima della loro registrazione, e la successiva decretazione legislativa di settore 
(D.P.R. n. 634 del 1972; D.P.R. n. 131 del 1986) aveva ulteriormente innovato, "atteso che, 
mentre in base alla legge di registro del 1923, tutte le sentenze andavano registrate... attualmente 
vi sono sentenze che vanno registrate e sentenze che non vanno registrate, ed anche per le prime 
il cancelliere � tenuto a rilasciarne copia prima della registrazione se ci� � necessario per la 
prosecuzione del giudizio" (art. 10, e art. 66, comma 2 tabella allegata, D.P.R. n. 131 del 1986). 
Per cui, dunque, si � escluso, alla luce della illustrata evoluzione normativa, che la preventiva 
registrazione della sentenza, prevista dall'art. 183 pi� volte menzionato, possa essere ancora 
ritenuta condizione essenziale per la decorrenza del termine breve di impugnazione derivante 
dalla notifica della copia dell'estratto integrale della sentenza. 
Dal che, quindi, la conclusione che "avvenuta la comunicazione dell'avviso di deposito della 
sentenza (certamente questo inidoneo, ancorch� contenente il dispositivo della stessa, a far 
decorrere il termine breve di 45 giorni, di cui al R.D. n. 1775 del 1993, art. 202) la successiva 
notifica della copia integrale del dispositivo della sentenza stessa, fa decorrere, comunque, 
indipendentemente dalla registrazione della sentenza, il termine breve per la sua impugnazione, 
rilevando la effettuazione della sua registrazione esclusivamente ai fini fiscali". 
Principio, quello cos� enunciato, cui questo Collegio non pu� che dare continuit�, in quanto 
si risolve in una rilettura della normativa in esame che (in senso correttivo rispetto al precedente 
indirizzo rimasto fermo anche dopo il 1986) ne disvela - compatibilmente con il dato 
testuale - il diverso contenuto evolutivamente assunto, per effetto e in correlazione al sopravvenuto 
mutamento di disciplina (quella, appunto, dell'imposta di registro) con essa interagente, 
nel complessivo quadro delle disposizioni regolatrici del settore di riferimento. 
2. Se sopravvenuto mutamento di esegesi della norma processuale di riferimento possa comportare 
la tardivit� di un ricorso altrimenti tempestivo alla stregua del diverso diritto vivente 
alla data della sua proposizione. 
Il quesito che, su prospettazione della ricorrente Regione, si pone, infatti, a questo punto, � se 
debba o non operare o se non possa, altrimenti, comunque ovviarsi a la decadenza che, nei suoi 
confronti, deriverebbe dall'applicazione del nuovo indirizzo interpretativo, atteso che, come
128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
detto, il suo ricorso � stato proposto oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricevuta notifica 
della copia integrale del dispositivo (ancorch� in termini rispetto al dies a quo in precedenza 
individuato in correlazione alla successiva notifica della sentenza art. 183 cit., ex comma 4). 
Il problema, nel suo profilo pi� generale, attiene, sul piano diacronico, alla dimensione temporale 
(in concreto: alla operativit� solo "pro futuro" ovvero anche retroattiva) di un arresto 
innovativo, di pregressa consolidata giurisprudenza, nell'ambito del diritto processuale, dal 
quale derivi resistenza, in precedenza esclusa, di una decadenza o di una preclusione in danno 
di una parte del giudizio: secondo la puntuale perimetrazione che, di tale questione, si rinviene 
nell'ordinanza 8 gennaio 2011 n. 2067, di queste Sezioni unite. Ove, appunto, si precisa, a 
contrario, che non vengono, per il profilo di cui sopra, in rilievo mutamenti di esegesi di disposizioni 
processuali nella specie: dell'art. 37 c.p.c., con riguardo agli enucleati limiti alla 
deducibilit� del difetto di giurisdizione che non rappresentino "una svolta inopinata e repentina 
rispetto ad un precedente diritto vivente consolidato" ma solo Testo di un processo di rilettura 
da tempo in itinere", e che, comunque, non si risolvano in una compromissione del diritto di 
azione e di difesa di una parte. 
2.1. L'emersione del problema nella giurisprudenza di legittimit� e in quella di merito. 
Il tema, cos� delineato, era gi� stato, per altro, intercettato dalla precedente ordinanza n. 14627 
del 17 giugno 2010. Nella quale, con il ricorso alla suggestiva metafora del non consentito 
"cambiamento delle regole del gioco a partita gi� iniziata", si � escluso che il (recente) mutamento 
di indirizzo di cui a Sez. un. n. 19161/09 - in tema di impugnabilit� in Cassazione, di 
provvedimenti relativi a compensi liquidati a consulenti in sede penale, nelle forme non pi� 
del rito penale, bens� di quello civile - possa pregiudicare la parte che abbia adito la Corte attenendosi 
alle forme indicate dalla precedente giurisprudenza, non ancora, all'epoca, sul punto, 
innovata; individuandosi lo strumento tecnico, utile ad evitare un siffatto pregiudizio, nell'istituto 
della remissione in termine. 
Il problema �, comunque, poi entrato in circolo, in tutta la complessit� delle sue implicazioni, 
con la sentenza SS.UU. n. 19246 del 9 settembre 2010, che ribaltando un cinquantennale contrario 
indirizzo interpretativo delle disposizioni sub art. 645 c.p.c. - ha ridotto - in ogni caso 
alla met� i termini del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. 
E ben vero - diversamente che nell'ipotesi di cui alla citata ordinanza n. 14627/2010, in cui le 
conseguenze del mutamento, in via interpretativa, del rito per l'accesso in Cassazione venivano 
ad essere, per cos� dire, gestite direttamente dalla stessa Corte regolatrice - nel caso da ultimo 
richiamato la nuova lettura dell'art. 645 c.p.c., finiva con il condizionare la sorte delle migliaia 
di giudizi di opposizione in corso, suscettibili, nel caso di sua immediata applicazione, di essere 
definiti con la sanzione di improcedibilit� conseguente al mancato rispetto dei termini 
come sopra dimidiati. 
Evenienza, questa, che la maggioranza dei giudici di merito si � orientata per� ad evitare sia 
pure con variet� di soluzioni. 
In taluni casi, invero, attestandosi sulla praticabilit� dell'istituto della rimessione in termini; 
in altri casi, attribuendo efficacia vincolante alla giurisprudenza precedente ed assimilando il 
nuovo arresto ad una sorta di ius superveniens, operante, come tale, solo pro futuro; in altri 
ancora, ravvisando nella giurisprudenza della Corte Europea, che impone la "conoscibilit� 
della regola di diritto e la ragionevole prevedibilit� della sua applicazione", un ostacolo insormontabile 
alla retroattivit� del dictum di Sez. un. 19246/2010; in altri casi, infine, privilegiando 
la lettura esegetica precedente all'overruling (sulla base, per altro, di argomenti che 
trovano eco nella ordinanza interlocutoria n. 6514 del 22 marzo 2011, con cui la Sezione Terza
CONTENZIOSO NAZIONALE 129 
ha nuovamente rimesso a queste Sezioni unite la questione interpretativa dell'art. 645 c.p.c.). 
2.2. Il contributo della dottrina. 
Le richiamate pronunzie di legittimit�, ed i seguiti nella giurisprudenza di merito, hanno dato 
occasione anche alla dottrina di approfondire le problematiche del mutamento di giurisprudenza 
di norme processuali, riflettendo, con variet� di spunti, ora critici ora adesivi, sulle soluzioni 
gi� emerse in tema e su quelle ulteriormente possibili. 
L'opzione di fondo, che ha visto divisi anche gli Autori, resta quella tra il ritenere rituale (insuscettibile, 
quindi, di invalidazione ex post) l'atto compiuto nel vigore e in conformit� alla 
precedente giurisprudenza, ed il considerarlo, invece, ora per allora, invalido, per difformit� 
alla norma di riferimento come successivamente reinterpretata, con l'attivazione, in questo 
secondo caso, di meccanismi di tutela dell'affidamento che la parte abbia riposto in un pregresso 
diritto vivente di cui non fosse prevedibile il mutamento. 
La scelta tra le due soluzioni ruota intorno al nodo del valore del precedente e dell'efficacia 
temporale della c.d. overruling: che, a sua volta, incrocia le problematiche, di pi� ampio respiro, 
della funzione, meramente dichiarativa o (concorrentemente) creativa, riconosciuta alla 
giurisprudenza, del suo (eventualmente possibile) inquadramento tra le fonti di implementazione 
e conformazione dell'ordinamento giuridico e del discrimine tra modificazione del contenuto 
della norma per via interpretativa e novum ius; per coinvolgere, ancor pi� a monte, la 
definizione del ruolo del giudice nel sistema costituzionale di divisione dei poteri. 
2.3. Premesse sui temi presupposti o implicati dal quesito in esame. 
Dalla variet� e complessit� dei temi cos� aggregati intorno alla questione (sub 1.2) in esame, 
non pu� prescindersi ai fini della correlativa soluzione, che va quindi ricercata su un piano di 
logica consequenzialit� rispetto alle opzioni di principio, o comunque, alle precisazioni che, 
in ordine ai temi stessi, preliminarmente esigono di essere operate. 
A tal fine si osserva quanto segue; 
a) La norma giuridica - che, nella sua effettivit�, � l'espressione di un pensiero diffuso che si 
forma ascoltando le istanze della comunit� territoriale e ne metabolizza le esigenze - trova 
propriamente la sua fonte di produzione nella legge (e negli atti equiparati), in atti, cio�, di 
competenza esclusiva degli organi del Potere legislativo. 
Nel quadro degli equilibri costituzionali (ispirati al principio classico della divisione dei poteri) 
giudici (estranei al circuito di produzione delle norme giuridiche) sono appunto (per disposto 
dell'art. 101 Cost., comma 2), "soggetti alla legge". Il che realizza l'unico collegamento possibile, 
in uno Stato di diritto, tra il giudice, non elettivo n� politicamente responsabile, e la 
sovranit� popolare, di cui la legge, opera di parlamentari eletti dal popolo e politicamente responsabili, 
� l'espressione prima; ma sono soggetti anche alla legge "soltanto", il che, a sua 
volta, realizza la garanzia della indipendenza funzionale del giudice, nel senso che, nel momento 
dell'applicazione, e della previa interpretazione, a lui demandata, della legge, � fatto 
divieto a qualsiasi altro soggetto od autorit� di interferire, in alcun modo, nella decisione del 
caso concreto. 
b) La suitas della norma giuridica sta poi nella sua struttura ternaria, essendo in essa individuabile 
un significante (l'insieme, cio�, dei frammenti lessicali di che si compone), un significato, 
o pi� possibili significati (e, cio�, il contenuto precettivo, in termini di comando - 
divieto - permesso, che il significante esprime) ed un giudizio di valore (di avvertita positivit�, 
cio�, di un dato bene - interesse, che postula la meritevolezza della creazione di un congegno 
di protezione del bene stesso all'interno della collettivit�). 
c) In ragione, appunto, di tale collegamento tra norma giuridica e valore (che segna il discri-
130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
mine tra legge fisica o di natura e il diritto come legge assiologica), ed anche del suo inevitabile 
porsi come elemento (di settore) di un sistema ordinamentale, la norma, una volta posta 
in essere, non resta cristallizzata in s� stessa, ma � soggetta, ex se, a dinamiche evolutive. 
Nel senso che, nel tempo, essa � suscettibile di assumere una molteplicit� di contenuti, in relazione 
ed entro il limite dei significati resi possibili dalla plurivocit� del significante testuale 
- per un duplice ordine di fattori propulsivi, interni ed esterni. 
In relazione al primo profilo viene in rilievo, infatti, la considerazione che l'interesse dalla 
norma protetto - per la sua insopprimibile connotazione dinamica legata al suo esprimere una 
tensione della collettivit� verso un bene della vita - non pu� evidentemente restare imprigionato 
nella gabbia del testo della regola iuris, ma di questa invece costituisce l'elemento mobile, 
quasi linfa vitale, che ne orienta il processo di crescita e ne determina i percorsi evolutivi. 
Vale a dire che - entro il limite ovviamente gi� sottolineato di tolleranza ed elasticit� del significante 
testuale - la norma di volta in volta adegua il suo contenuto, in guisa da conformare 
il predisposto meccanismo di protezione alle nuove connotazioni, valenze e dimensioni che 
l'interesse tutelato nel tempo assume nella coscienza sociale, anche nel bilanciamento con 
contigui valori di rango superiore, a livello costituzionale o sovranazionale. 
Parallelamente, per quanto poi attiene all'incidenza di fattori esterni, � decisivo l'aspetto strutturale 
- sistematico della regola iuris, quale elemento non in s� autoconchiuso, ma segmento 
invece di una complessa architettura giuridica, coordinata secondo postulati di unitariet� e 
completezza. 
In questo articolato mosaico, ogni disposizione si trova cos� inserita in settori e subsettori normativi 
ed investe una serie di relazioni reciproche con norme contigue. 
Per cui � ben comprensibile come, in prospettiva diacronica, le eventuali successive modificazioni, 
abrogazioni, sostituzioni delle disposizioni interferenti abbiano una possibile ed automatica 
ricaduta sul contenuto della disposizione in questione, anche per questa via quindi 
innescandone processi modificativi. 
Per cui, in realt�, quello (sotteso alla formula plasticamente descrittiva) del diritto vivente � 
fenomeno oggettivo: per un verso legato alla natura assiologica della norma e, per altro verso, 
determinato dalle dinamiche evolutive interne al sistema ordinamentale. Fenomeno che, per 
la sua complessit�, esige la mediazione accertativa della giurisprudenza, che quindi lo disvela, 
ma non per questo lo crea; nel senso, dunque, che il "diritto vivente" esiste al momento - ma 
non (solo) per effetto - della interpretazione dei giudici. Nella sequenza dei cui arresti viene, 
per continenza, cos� individuato, sul piano storico, il diritto vivente, in senso formale (cfr. 
Corte cost. nn. 276/74; 129/75 e successive conformi). 
d) L'interpretazione della regola iuris, che si riflette in siffatte decisioni, pu� definirsi "evolutiva", 
ma ci� per traslato, in quanto, appunto, volta ad accertare il significato evolutivamente 
assunto dalla norma nel momento in cui il giudice � chiamato a farne applicazione (e con risalenza 
a quello di inveramento di tale evoluzione): accertamento che, a livello di intervento 
nomofilattico della Corte regolatrice, ha anche vocazione di stabilit�, innegabilmente accentuata 
(in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del diritto) dalle novelle 
del 2006 (art. 374) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1), ma stabilit� pur sempre relativa, perch� 
la vivenza della norma (anche fuori dalla metafora morfologica) � una vicenda, per definizione, 
aperta. 
e) Diversa dalla esegesi evolutiva � invece l'interpretazione "correttiva". Con la quale il giudice 
torna direttamente sul significante, sul testo cio� della disposizione, per desumerne - indipendentemente 
da vicende evolutive che l'abbiano interessata - un significato diverso da quello
CONTENZIOSO NAZIONALE 131 
consacrato in un una precedente esegesi giurisprudenziale. 
E ci� o perch� il nuovo significato sia ritenuto preferibile rispetto a quello - pur compatibile 
con il testo - precedentemente enucleato ma una tale opzione trova ora netta controindicazione 
nella recente Sez. Un. n. 10864/2011, secondo cui, su un piano, per cos� dire, di etica del cambiamento, 
"una diversa interpretazione non ha ragione d'essere ricercata, e la precedente abbandonata, 
quando l'una e l'altra siano compatibili con la lettera della legge, essendo preferibile 
e conforme ad un economico funzionamento del sistema giudiziario l'interpretazione sulla cui 
base si � gi� formata una pratica di applicazione", ovvero perch� l'interprete ritenga che la 
precedente lettura del testo sia errata, perch� frutto di non corretta applicazione dei canoni di 
ermeneutica della legge. 
f) Alla luce di tali premesse, nel caso, in particolare, che la overruling correttiva interessi una 
norma processuale, � difficile sfuggire allora alla conseguenza che l'atto compiuto dalla parte, 
od il comportamento da esso tenuto, in conformit� all'orientamento ovveruled, risulti - ora 
per allora - non rituale, "inidoneo per effetto appunto del mutamento di indirizzo giurisprudenziale" 
(cos� gi� Sez. 2^ 14627/2010 cit.). 
Ad una diversa conclusione potrebbe invero giungersi solo ove si ritenga che la precedente 
interpretazione, ancorch� poi corretta, costituisca il parametro normativo immanente per la 
verifica di validit� dell'atto compiuto in correlazione temporale con essa (ut lex temporis acti). 
Ma con ci�, all'evidenza, si trasformerebbe una sequenza di interventi accertativi del contenuto 
della norma in una operazione di creazione di un novum ius, in sequenza ad un vetus ius, con 
sostanziale attribuzione, ai singoli arresti, del valore di atti fonte del diritto, di provenienza 
dal giudice: soluzione non certo coniugabile con il precetto costituzionale dell'art. 101 Cost.. 
g) Quid iuris, per�, ove il mutamento di giurisprudenza di regola del processo sia (come nel 
caso che qui viene in rilievo) duplicemente connotato dalla sua imprevedibilit� (per il carattere 
consolidatosi nel tempo, del pregresso indirizzo) e da un effetto preclusivo del diritto di azione 
o di difesa della parte che sulla stabilit� del precedente abbia ragionevolmente fatto affidamento? 
In tal caso, sono proprio le peculiari connotazioni dell'overruling che, per la loro eccezionalit� 
(ed auspicabile non reiterabilit�), giustificano una scissione tra il fatto (il 
comportamento della parte risultante ex post non conforme alla corretta regola del processo) 
e l'effetto, di preclusione, che dovrebbe derivarne. 
Ma che l'ordinamento, appunto, non tollera che ne derivi, trovando il dispiegarsi dell'effetto 
retroattivo insuperabile ostacolo, in una siffatta evenienza, nel valore superiore del giusto processo, 
"la cui portata" - come precisato da Sez. 2^ 14627 cit. "non si esaurisce in una mera 
sommatoria delle garanzie strutturali formalmente enumerate nel secondo comma dell'art. 111 
Cost. (contraddittorio, parit� delle parti, giudice terzo ed imparziale, durata ragionevole di 
ogni processo), ma rappresenta una sintesi qualitativa di esse (nel loro coordinamento reciproco 
e nel collegamento con le garanzie del diritto di azione e di difesa), la quale risente 
anche dell'effetto espansivo" dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo 
(cfr. Corte cost., sentenza n. 317 del 2009, punto 8 del Considerato in diritto)". 
Innegabilmente contrario essendo, infatti, alla garanzia di effettivit� dei mezzi di azione o di 
difesa e delle forme di tutela che rimanga priva della possibilit� di vedere celebrato un giudizio, 
che conduca ad una decisione sul merito delle proprie istanze, la parte che quella tutela 
abbia perseguito con un'iniziativa processuale conforme alla legge del tempo, nel significato 
attribuitole dalla coeva giurisprudenza di legittimit�, ma divenuta poi inidonea per effetto del 
correlativo mutamento.
132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Conforta tale soluzione anche la considerazione dell'esigenza, su cui induce a riflettere autorevole 
dottrina, del non alterabile parallelismo tra legge retroattiva ed interpretazione giurisprudenziale 
retroattiva, per il profilo dei limiti, alla retroagibilit� della regola, imposti dal 
principio di ragionevolezza, quali enucleati, al riguardo, da copiosa giurisprudenza della Corte 
Costituzionale (nn. 118/57; 349/85; 822/88; 233/89; 155/90; 402/93 ex plurimis). 
E che autorizza a ritenere che ci� che non � consentito alla legge non possa similmente essere 
consentito alla giurisprudenza. 
I cui mutamenti, quale che ne sia la qualificazione, debbono, al pari delle leggi retroattive, a 
loro volta rispettare il principio di ragionevolezza, non potendo frustrare l'affidamento ingenerato 
come, nel cittadino, dalla legge previgente, cos�, nella parte, da un pregresso indirizzo 
ermeneutico, in assenza di indici di prevedibilit� della correlativa modificazione. 
E, per altro, se � pur vero che una interpretazione giurisprudenziale reiterata nel tempo che 
sia poi riconosciuta errata, e quindi contra legem, non pu�, per la contraddizione che non lo 
consente, essere considerata ex temporis, vero � per� anche che, sul piano fattuale, quella giurisprudenza 
ha comunque creato l'apparenza di una regola, ad essa conforme. Per cui, anche 
per tal profilo, viene in rilievo l'affidamento in quella apparenza riposto dalla parte. Affidamento, 
ovviamente, tutelabile non oltre il momento di oggettiva conoscibilit� (da verificarsi 
in concreto) dell'arresto nomofilattico di esegesi correttiva. 
h) Quanto, poi, al mezzo per realizzare, nei sensi sopra indicati, il bilanciamento dei valori in 
gioco, questo va modulato in correlazione alla peculiarit� delle situazioni processuali interessate 
dall'eventuale (non prevedibile) overruling. Cos�, nel caso deciso da Sez. 2^ 14627/2010, 
in cui il ricorso, pur proposto in termini, non rispettava le forme (del rito civile) prescritte dal 
nuovo indirizzo, lo strumento � stato coerentemente individuato nell'istituto della remissione 
in termine, cos� consentendosi alla parte di riproporre ritualmente l'impugnazione. 
Nel caso, invece, in cui venga, come nella specie, in rilievo un problema di tempestivit� dell'atto 
(sussistente in base alla giurisprudenza overruled, ma venuta meno in conseguenza del 
successivo mutamento di esegesi della regola di riferimento), il valore del giusto processo 
pu� trovare diretta attuazione attraverso l'esclusa operativit�, come detto, della preclusione 
derivante dall'overruling nei confronti della parte che abbia confidato nella consolidata precedente 
interpretazione della regola stessa. 
2.4. Soluzione: inapplicabilit� alla fattispecie della sentenza 7607/2010 e infondatezza dell'eccezione 
di tardivit� del ricorso. 
Conclusivamente, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso della Regione va 
considerato tempestivamente proposto entro il termine lungo, non operando nei suoi confronti 
la decadenza per mancata osservanza del temine breve decorrente dalla data di ricezione della 
notifica del dispositivo della sentenza del TSAP. Dal che, quindi, la reiezione della eccezione 
di inammissibilit� della impugnazione, formulata dalle resistenti societ�. 
II. Non fondatezza del ricorso principale. (Assorbimento del ricorso incidentale). 
(...) 
Il ricorso principale va integralmente, pertanto, respinto. 
Resta di conseguenza assorbito il ricorso incidentale della societ�. 
La delicatezza e novit� delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione delle spese 
di questo giudizio di cassazione tra le parti.
P.Q.M. 
La Corte, a Sezioni unite, riuniti i ricorsi, respinge quello principale e dichiara assorbito l'incidentale. 
Spese compensate.
CONTENZIOSO NAZIONALE 133 
Supplenze scolastiche e divieto comunitario 
di abuso di contratti a termine 
Brevi spunti di riflessione (rectius: osservazioni in libert�) sulle criticit� del 
�contenzioso di massa�, sulla scia di alcune recenti sentenze della Corte di 
Cassazione e della Corte di Giustizia dell�Unione Europea 
(C. giustizia U.E., Sez. Sec., sentenza 26 gennaio 2012, C-586/10, K�c�k; 
Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 13 gennaio 2012 n. 392; 
Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 20 giugno 2012 n. 10127) 
Diego, M. Miele* 
SOMMARIO: 1. Le sentenze in materia di abuso dei contratti a termine da parte dei datori 
di lavoro pubblici. a) Cass. civ. Sez. lavoro, sentenza 13 gennaio 2012, n. 392. b) Corte di 
Giustizia, Sezione II, sentenza 26 gennaio 2012, (caso K�c�k - C-586/10) - 2. Il contenzioso 
promosso dal personale a termine del Ministero dell�Istruzione. a) Generalit�. b) La prima 
decisione di legittimit� - 3. Le sentenze del 2012 e il filone dei �precari della Scuola�: riflessioni 
sparse in punto di gestione del contenzioso di massa nel settore del pubblico impiego. 
a) La funzione del �guardiano� dei trattati, la giurisprudenza nazionale e l�attacco �virale� 
alla normativa nazionale sul reclutamento scolastico. b) Il �convitato di pietra� nel contenzioso 
dei �precari della Scuola�. c) La prova del danno subito dal lavoratore precario - 4. 
Conclusioni. 
1. Le sentenze in materia di abuso dei contratti a termine da parte dei datori 
di lavoro pubblici. 
Le prime due sentenze in commento, pubblicate quasi contemporaneamente, 
sono intervenute nell�ambito della medesima problematica afferente i 
limiti all�utilizzo di contratti a termine nell�ambito del pubblico impiego: 
a) Cass. civ. Sez. lavoro, sentenza 13 gennaio 2012, n. 392 (1). 
La prima decisione della Suprema Corte presenta due punti salienti: 
� l�affermazione della specialit� della disciplina del lavoro alle dipendenze 
della Pubblica Amministrazione rispetto al lavoro in ambito privato 
(constatazione peraltro non particolarmente innovativa (2)), con la conse- 
(*) Avvocato dello Stato. 
(1) Cos� massimata da Foro It., 2012, 2, 1, 412: che �Il divieto di conversione in rapporto a tempo 
indeterminato nell'ipotesi d'illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro, posto dall'art. 36, 
D.Lgs. n. 165/2001, assume carattere di specialit�, per il lavoro pubblico contrattuale, rispetto al generale 
sistema sanzionatorio prefigurato in tema di contratto a termine, in armonia con la giurisprudenza costante 
della Corte di giustizia europea ed in ragione di una pi� accentuata responsabilizzazione dei dirigenti 
pubblici e del riconoscimento del diritto al risarcimento di tutti i danni in concreto subiti dal lavoratore�. 
(2) Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 15 giugno 2010, n. 14350, in CED Cassazione, 2010.
134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
guenza che il regime sanzionatorio previsto dall�art. 36 D.lgs. 165/2001 ha 
carattere esaustivo, alternativo e prevalente sulla disciplina sanzionatoria dell�abuso 
dei contratti a termine introdotta dal D.lgs. 368/2001 (art. 5); 
� la notazione che, nel lavoro pubblico, alla illegittimit� del contratto a 
termine per violazione di norme imperative non pu� che conseguire �un regime 
sanzionatorio che - con l'escludere ogni effetto reintegrativo stante la 
regola generale del concorso per l'assunzione del personale - viene ad essere 
incentrato sul versante dei danni subiti dalla pubblica amministrazione e dal 
lavoratore�. Il danno da abuso di contratti a termine subito dal lavoratore va 
tuttavia �provato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento e, 
quindi, anche attraverso la prova per presunzioni, sottoponendo alla valutazione 
del giudice precisi elementi in base ai quali sia possibile risalire attraverso 
un prudente apprezzamento alla esistenza dei danni denunziati�, non 
trattandosi di danno in re ipsa: conseguentemente (par. 8 della sentenza) la 
decisione appellata viene confermata proprio sotto questo profilo. 
b) Corte di Giustizia, Sezione II, sentenza 26 gennaio 2012, (caso K�c�k, C- 
586/10) (3). 
La Corte di Lussemburgo si � occupata invece dei criteri per procedere 
all�accertamento dell�eventuale abuso dei contratti a termine da parte di una 
pubblica amministrazione, con particolare riferimento al caso di una lavoratrice 
a termine il cui contratto era stato rinnovato per ben 12 anni di seguito. I 
passaggi pi� significativi della pronuncia sono i seguenti: 
� �la clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD non sancisce 
un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione 
in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, 
cos� come non stabilisce le condizioni precise alle quali si pu� fare uso di questi 
ultimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalit� in 
materia� (parr. 48-52). 
(3) Cos� massimata da Diritto & Giustizia 2012 (pubblicata con nota di DI GERONIMO): �La clausola 
5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, 
che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo 
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che 
l'esigenza temporanea di personale sostitutivo, prevista da una normativa nazionale come quella controversa 
nella causa principale, pu�, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi di 
detta clausola. Il solo fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni temporanee in 
modo ricorrente, se non addirittura permanente, e che si possa provvedere a tali sostituzioni anche attraverso 
l'assunzione di dipendenti in forza di contratti di lavoro a tempo indeterminato non comporta 
l'assenza di una ragione obiettiva in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), di detto accordo quadro, n� 
l'esistenza di un abuso ai sensi di tale clausola. Tuttavia, nella valutazione della questione se il rinnovo 
dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato sia giustificato da una ragione obiettiva siffatta, 
le autorit� degli Stati membri, nell'ambito delle loro rispettive competenze, devono prendere in considerazione 
tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e la durata complessiva dei contratti 
o dei rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 135 
� �la sola circostanza che si concludano contratti di lavoro a tempo determinato 
al fine di soddisfare un�esigenza permanente o ricorrente, del datore 
di lavoro, di personale sostitutivo non pu� essere sufficiente, in quanto tale, 
ad escludere che ognuno di questi contratti, considerati singolarmente, sia stato 
concluso per garantire una sostituzione avente carattere temporaneo. Sebbene 
la sostituzione soddisfi un�esigenza permanente, dato che il lavoratore assunto 
in forza di un contratto a tempo determinato svolge compiti ben definiti facenti 
parte delle attivit� abituali del datore di lavoro o dell�impresa, resta il fatto 
che l�esigenza di personale sostitutivo rimane temporanea poich� si presume 
che il lavoratore sostituito riprenda la sua attivit� al termine del congedo, che 
costituisce la ragione per la quale il lavoratore sostituito non pu� temporaneamente 
svolgere egli stesso tali compiti� (par. 38). 
� �Il mero fatto che un�esigenza di personale sostitutivo possa essere 
soddisfatta attraverso la conclusione di contratti a tempo indeterminato non 
comporta che un datore di lavoro che decida di ricorrere a contratti a tempo 
determinato per far fronte a carenze temporanee di organico, sebbene queste 
ultime si manifestino in modo ricorrente, se non addirittura permanente, agisca 
abusivamente, in violazione della clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro 
CTD e della normativa nazionale che la recepisce� (par. 50). 
� �l�esigenza temporanea di personale sostitutivo, prevista da una normativa 
nazionale come quella controversa nella causa principale, pu�, in linea 
di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi di detta clausola. Il solo 
fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni temporanee 
in modo ricorrente, se non addirittura permanente, e che si possa provvedere 
a tali sostituzioni anche attraverso l�assunzione di dipendenti in forza di contratti 
di lavoro a tempo indeterminato non comporta l�assenza di una ragione 
obiettiva in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD, 
n� l�esistenza di un abuso ai sensi di tale clausola. Tuttavia, nella valutazione 
della questione se il rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato 
sia giustificato da una ragione obiettiva siffatta, le autorit� degli 
Stati membri, nell�ambito delle loro rispettive competenze, devono prendere 
in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e 
la durata complessiva dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato 
conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro� (par. 56). 
2. Il contenzioso promosso dal personale a termine del Ministero dell�Istruzione. 
L�ambito di pi� immediata ed interessante applicazione delle due sentenze 
� stato subito individuato nell�enorme filone contenzioso avviato dai c.d. �precari 
della scuola�, su cui pertanto � bene dare qualche breve delucidazione di 
inquadramento.
136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
a) Generalit�. 
� accaduto che, a partire dal 2010-2011, migliaia di dipendenti del 
M.I.U.R. hanno presentato distinti ricorsi ai Giudici del Lavoro italiani, denunciando 
la violazione della direttiva 1999/70/CE (4) (clausole 4 e 5 dell�Accordo) 
e lamentando un sistematico abuso di potere contrattuale da parte dell�Amministrazione 
scolastica, consistito nell�applicazione della normativa nazionale 
che disciplina le supplenze scolastiche (art. 4 della Legge 124/1999), in luogo 
delle disposizioni comunitarie (indicate come immediatamente prescrittive). 
Le domande avanzate sono articolate e variegate, il che rende pi� complessa 
la gestione di questo contenzioso �di massa� da parte delle singole Avvocature 
dello Stato, ma possono essere schematizzate come segue: 
a) conversione dei rapporti di lavoro a termine in un rapporto a tempo indeterminato 
(perequazione giuridica); 
b) risarcimento del danno non patrimoniale patito a causa dell�abuso da 
parte del Ministero dei contratti a tempo determinato (ai sensi della clausola 
5 dell�Accordo Quadro (5)) da determinarsi anche in via equitativa; 
c) riconoscimento delle stesse maggiorazioni stipendiali legate all�anzianit� 
di servizio, di cui godono i lavoratori assunti a tempo indeterminato (in 
applicazione della clausola 4 dell�Accordo Quadro (6)). 
La risposta della giurisprudenza di merito, che raramente sembra essersi 
data pensiero della certezza del diritto, messa a repentaglio dal ricorso frazio- 
(4) La direttiva 1999/70/CE ha recepito l'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato - d�ora 
innanzi �Accordo Quadro� - concluso dall'UNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della 
Comunit� europea), dal CEEP (Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica) e dal CES (Confederazione 
europea dei sindacati). 
(5) Recita la clausola 5 dell�Accordo UNICE - CEEP - CES: �Misure di prevenzione degli abusi 
- 1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a 
tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei 
contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza 
di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di 
settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o pi� misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione 
del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o 
rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, 
se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono 
essere considerati "successivi"; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato�. 
(6) Recita la clausola 4 dell�Accordo UNICE - CEEP - CES: �Principio di non discriminazione 
- 1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere 
trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di 
avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 
2. Se del caso, si applicher� il principio del pro rata temporis. 3. Le disposizioni per l'applicazione 
di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle 
parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali. 4. 
I criteri del periodo di anzianit� di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere 
gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando 
criteri diversi in materia di periodo di anzianit� siano giustificati da motivazioni oggettive.�
CONTENZIOSO NAZIONALE 137 
nato e in massa contro il tipo legale delle supplenze scolastiche, � stata inizialmente 
piuttosto favorevole ai lavoratori, cui sono stati riconosciuti significativi 
risarcimenti. Pi� di recente, la giurisprudenza delle Corti di appello di 
Perugia, Milano e Genova sembra aver arrestato la fuga in avanti dei Giudici 
del lavoro, convergendo sulla negazione della violazione della clausola 5, ma 
riconoscendo - con la sola eccezione di una sentenza della Corte di appello di 
Milano - la violazione della clausola 4 dell�Accordo. 
b) La prima decisione di legittimit�. 
Alle pronunce di merito bisogna ormai affiancare la gi� celebre sentenza 
n. 10127 del 20 giugno 2012 della Corte di Cassazione che con un�articolata 
motivazione ha escluso in radice che il personale scolastico possa essere ritenuto 
vittima di un abuso di contratti a termine in violazione delle prescrizioni 
della clausola 5 dell�Accordo quadro. 
Il merito di tale decisione non costituisce l�oggetto di queste note: ci si 
limita a pronosticare brevemente che - pur segnando una significativa battuta 
d�arresto del �filone� - essa non vi porr� immediatamente fine. Sia perch� lascia 
aperta la spinosa questione della violazione della clausola 4 dell�Accordo 
Quadro, che spesso � stata proposta in via subordinata a quella fondata sulla 
clausola 5; sia perch� - come si dir� pi� avanti - � ancora possibile un intervento 
interpretativo della Corte di Giustizia dell�Unione Europea e la prospettiva 
di ribaltare il verdetto della Cassazione - unita ad un uso troppo lasco del 
regolamento delle spese di lite da parte dei Tribunali - sar� per la maggioranza 
dei ricorrenti un incentivo a insistere sulle posizioni originarie. 
3. Le sentenze del 2012 e il filone dei �precari della Scuola�: riflessioni sparse 
in punto di gestione del contenzioso di massa nel settore del pubblico impiego. 
Si pu� ora provare a segnalare alcuni dei punti problematici di questo 
complesso contenzioso che emergono dalla lettura delle sentenze qui annotate. 
a) La funzione del �guardiano� dei trattati, la giurisprudenza nazionale e 
l�attacco �virale� alla normativa nazionale sul reclutamento scolastico. 
La Corte di Giustizia - nella sentenza K�c�k - ha indicato dei criteri interpretativi 
importanti per definire l�ampiezza del divieto di abuso dei contratti 
a termine da parte delle pubbliche amministrazioni europee. Essa da un lato 
conferma che la clausola 5 non � self executing e quindi che le Autorit� nazionali 
hanno un cospicuo margine di intervento nel definire la disciplina settoriale 
dei lavori a termine; dall�altro ricorda a tutti quale sar� la sede in cui 
verr� detta l�ultima parola sulla vicenda dei �precari della Scuola�. 
In effetti, presto o tardi, il Giudice di Lussemburgo sar� chiamato a pronunciarsi 
sulla compatibilit� con l�ordinamento comunitario del sistema ita-
138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
liano delle supplenze scolastiche e a quell�unica decisione sar� rimesso il giudizio 
finale sulle deduzioni difensive che oggi le Istituzioni scolastiche (tramite 
l�Avvocatura dello Stato) si affannano ad illustrare in migliaia di giudizi dispersi 
in tutta la Penisola. Perfino all�indomani della favorevole sentenza n. 
10127/2012 della Corte di Cassazione e perfino nell�ipotesi che la Corte Costituzionale 
rigettasse la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 4 della 
Legge 124/1999 sollevata dal Tribunale di Trento (7), l�intervento della Corte 
di Giustizia resta il vero banco di prova della ragionevolezza del sistema italiano 
delle supplenze scolastiche. 
Se questo � ormai l�assetto di un sistema giuridico multilivello come il 
nostro, allora di fronte a contenziosi di massa in materia di pubblico impiego 
che - con un vero e proprio �attacco virale� - mettano in discussione l�efficacia 
della disciplina generale che regola migliaia di rapporti giuridici seriali, l�interesse 
dello Stato dovrebbe essere quello di addivenire nel pi� breve tempo 
possibile ad una decisione uniforme sul piano nazionale e di provocare con la 
massima urgenza l�intervento chiarificatore della Corte di Giustizia. 
b) Il �convitato di pietra� nel contenzioso dei �precari della Scuola�. 
La signora K�c�k, nella causa sottoposta al verdetto della Corte di Giustizia 
non chiedeva altro che la conversione del suo rapporto di lavoro: voleva, 
cio�, ottenere l�accertamento dell�obbligo del suo datore di lavoro pubblico di 
assumerla finalmente - dopo 12 anni - con un contratto a tempo indeterminato. 
Nel filone in esame, la questione � pi� complessa: sia perch� l�art. 36 
esclude la conversione dei contratti a termine e ammette solo rimedi risarcitori, 
ma soprattutto perch� i rapporti di lavoro del personale della scuola sono regolati 
in Italia da una disciplina speciale e derogatoria che non solo consente, 
ma obbliga, il MIUR ad avvalersi di supplenti scelti attraverso un meccanismo 
molto trasparente come quello delle graduatorie. 
La vera singolarit� di questo contenzioso, che risalta leggendo �in controluce� 
la sentenza K�c�k, � che i ricorrenti chiedono in massa la condanna 
risarcitoria di un�Amministrazione che non ha alcuna colpa del loro peculiare 
status giuridico. Infatti, al cospetto di una norma comunitaria non autoesecutiva 
quale � la clausola 5 dell�Accordo Quadro, prevale il diritto speciale nazionale: 
dovՏ, dunque, il danno ingiusto? DovՏ la colpa del MIUR, 
necessaria a giustificare un risarcimento, pure quantificato in via equitativa? 
E infatti, a ben vedere, i supplenti mettono sotto accusa non la gestione 
dei loro rapporti contrattuali da parte del MIUR, bens� la complessiva ragionevolezza 
del sistema di reclutamento scolastico e la sua conformit� alla direttiva 
1999/70/CE. Da qui la convinzione che la massa dei ricorrenti abbia 
sbagliato bersaglio: le loro doglianze avrebbero dovuto ammettere prelimi- 
(7) Ordinanza del 15 novembre 2011.
CONTENZIOSO NAZIONALE 139 
narmente il carattere non self executing della clausola 5 dell�Accordo ed essere 
sottoposte non ai Giudici del Lavoro bens� al Tribunale civile di Roma mediante 
un�azione risarcitoria ordinaria proposta contro il Legislatore (Presidenza 
del Consiglio) per l�errata trasposizione della direttiva 1999/70/CE nel 
settore scolastico (8). 
� auspicabile che i Giudici del lavoro stigmatizzino questo errore di impostazione 
che � all�origine della dispersione del contenzioso su tutto il territorio 
nazionale. D�altro canto � pure prevedibile che la questione possa essere 
riproposta (almeno su iniziativa di chi non abbia gi� ottenuto una sentenza) 
sotto questa diversa forma, che risulterebbe pi� insidiosa in quanto costringerebbe 
la Presidenza del Consiglio ad una difesa a tutto campo anche sul piano 
delle ragioni di fondo che giustificano il ricorso a lavoratori a termine e sul 
piano dei complessivi equilibri di bilancio. Gi� oggi questo � pi� di un semplice 
�scenario�, in quanto risultano promosse (erroneamente anche in sede 
periferica) molte azioni di responsabilit� che estendono il contraddittorio anche 
nei confronti dello Stato-Legislatore. 
c) La prova del danno subito dal lavoratore precario. 
Anche la statuizione centrale contenuta in Cass. Civ. n. 392/2012 - ovvero 
quella secondo cui il danno da �precariet�� non � in re ipsa, ma pu� essere dimostrato 
per mezzo di presunzioni - � di immediato interesse nel filone in 
esame, in quanto - come si � detto - ci� che pi� preme ai ricorrenti sembra 
proprio la �monetizzazione� della loro condizione di lavoratori a termine. 
Ora, non si pu� fare a meno di notare che poter �presumere� l�esistenza 
di un danno non patrimoniale del tipo lamentato dai ricorrenti � quanto di pi� 
vicino si possa immaginare al danno in re ipsa: l�uso della prova presuntiva, 
in buona sostanza, pone al centro dell�accertamento giurisdizionale la sussistenza 
o meno del diritto all�assunzione a tempo indeterminato e relega in secondo 
piano la dimostrazione rigorosa del danno. Del resto, una volta accertato 
il diritto all�assunzione, non � difficile immaginare patimenti emotivi e lesioni 
di aspettative professionali suscettibili di risarcimento in via equitativa. 
Proprio per questo motivo � importante il segnale proveniente dalla sentenza 
n. 10127/2012, che interviene �a monte�, negando l�esistenza di un simile 
diritto. 
D�altro canto, e per la stessa ragione, ci� non giustifica un abbassamento 
della guardia da parte del MIUR (e, in prospettiva, della Presidenza del Consiglio 
dei Ministri), proprio perch� il punto della sussistenza di un diritto all�assunzione 
a tempo indeterminato potrebbe riservare inaspettati �colpi di 
coda�, specie nel caso di intervento della Corte di Giustizia. 
(8) Sulla competenza del Foro romano v. Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28 agosto 2009, n. 18880.
140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
4. Conclusioni. 
In conclusione, mi sembra che dalle sentenze in esame e da uno sguardo 
d�insieme sulla vicenda processuale dei �precari della scuola pubblica� gli 
spunti pi� interessanti si colgano sul piano del metodo, piuttosto che sul piano 
del merito. 
Il merito della vicenda � infatti analizzato in modo pi� che esauriente 
dalla sentenza n. 10127/2012, sufficiente da sola a contrastare le accuse di 
abuso di contratti a termine, al punto che le difese erariali potrebbero anche 
semplicemente riportarsi ad essa. 
Il problema del metodo resta invece aperto. 
I numeri impressionanti del �filone� dei �precari della scuola� - al pari di 
altri contenziosi seriali - denunciano il chiaro vulnus cui sono esposti il bilancio 
pubblico e la certezza del diritto quando la norma juris che regola migliaia 
di contratti di lavoro sia fatta oggetto di attacchi concertati, ripetitivi ma autonomi 
su tutto il territorio nazionale, ciascuno in grado di forzare la norma 
generale con le leve della primaut� comunitaria, nella disponibilit� di giudici 
monocratici con sensibilit� molto diverse rispetto ai valori in gioco. 
Nei mesi scorsi, prima dell�intervento della Corte di Cassazione, il MIUR 
si � trovato letteralmente paralizzato: in alcuni distretti i Giudici del lavoro 
confermavano la legittimit� del suo operato; in altri lo accusavano di abusi 
contrattuali ai danni dei suoi dipendenti. � in questa situazione di stallo che si 
sono inseriti molti ricorrenti, interessati ad ottenere facili risarcimenti, pi� che 
a mettere in discussione i loro rapporti di lavoro a termine. Ne � derivato una 
enorme aggravio di costi ed oneri amministrativi e di cancelleria per uffici, 
Tribunali e Avvocature distrettuali, ci� che integra di per s� - e a prescindere 
dall�esito finale del giudizio - un danno grave e attuale per lo Stato. 
Sottoposto ad una pioggia di migliaia di cause identiche dinnanzi a tutti i 
giudici nazionali, il datore di lavoro pubblico dovrebbe cercare di sottrarsi alla 
�trappola� in cui lo spinge la necessit� di �inseguire� attraverso i tre gradi di 
giudizio contenziosi singoli. Il problema di fondo, in cause seriali di questo tipo, 
� infatti che la sentenza di condanna � immediatamente lesiva per l�Amministrazione 
condannata al risarcimento, mentre l�eventuale decisione favorevole 
non vincola gli altri giudici del lavoro e non arresta la massa dei ricorrenti. 
Sarebbero dunque auspicabili strumenti processuali in grado di paralizzare 
la �corsa all�oro� in cui si trasforma ogni causa seriale risarcitoria di diritto 
del lavoro: si potrebbe pensare, de jure condendo, ad istituire un grado 
unico di merito presso la Corte d�appello oppure, meglio, a rendere obbligatoria 
un�azione di classe unitaria. L�importante sarebbe sottrarre l�Amministrazione 
pubblica - il datore di lavoro pi� esposto a simili cause collettive - 
al proliferare di decisioni contraddittorie, consentendo un intervento giurisdizionale 
tempestivo ed accentrato sui nodi giuridici (l�an) sottostanti la questione 
seriale.
CONTENZIOSO NAZIONALE 141 
De jure condito, viceversa, i margini di azione sono certamente pi� stretti. 
Eppure occorrer� occuparsene gi� nel prosieguo del �filone� in esame, in 
quanto la sentenza 10127/2012 della Suprema Corte non ha preso posizione 
sulla pretesa dei lavoratori a termine di percepire maggiorazioni stipendiali 
legate all�anzianit� alla stregua del personale di ruolo. E la questione � particolarmente 
delicata, in quanto la clausola 4 su cui tale pretesa si fonda � - al 
contrario della clausola 5 - effettivamente self executing, con precedenti sfavorevoli 
della Corte di Giustizia su casi spagnoli (9). 
A parte insistere per la riunione di ricorsi di analogo tenore, anche su questo 
fronte l�unica strada sembrerebbe quella di ottenere al pi� presto una decisione 
di massimo livello, con l�auspicio che i Tribunali preferiscano 
attendere le indicazioni del giudice di legittimit� invece di costringere le parti 
a defatiganti appelli. 
Una prospettiva interessante, in quest�ottica, potrebbe essere quella del 
procedimento descritto dall�art. 64 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165: la domanda 
fondata sulla clausola 4 (autoapplicativa), diversamente da quella basata 
sulla clausola 5, pone proprio un problema di compatibilit� con il diritto 
comunitario delle norme del CCNL sul trattamento economico dei supplenti, 
suscettibile pertanto di decisione parziale impugnabile solo per cassazione. 
Anche questo potrebbe essere un modo per anticipare il ripristino della certezza 
del diritto e per ridurre i costi collettivi del contenzioso di massa. 
Corte di Giustizia, Seconda Sezione, sentenza 26 gennaio 2012 nella causa C-586/10. 
Pres. J.N. Cunha Rodrigues, Rel. A. � Caoimh, Avv. Gen. N. J��skinen - Bianca K�c�k c. 
Land Nordrhein-Westfalen. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesarbeitsgericht - Germania. 
�Politica sociale � Direttiva 1999/70/CE � Clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro 
sul lavoro a tempo determinato � Contratti di lavoro successivi a tempo determinato � 
Ragioni obiettive che possono giustificare il rinnovo di contratti siffatti � Normativa nazionale 
che giustifica il ricorso a contratti a tempo determinato in caso di sostituzione temporanea 
. Necessit� permanente o ricorrente di personale sostitutivo . Considerazione di tutte le circostanze 
sottese al rinnovo di contratti successivi a tempo determinato� 
(Omissis) 
Sentenza 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione della clausola 5, punto 
1, lettera a), dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 
(9) Corte giustizia dell�Unione Europea, sez. II, sent. 13 settembre 2007, proc. C-307/05 (caso 
Del Cerro Alonso), in Banca dati DeJure; id., sent. 22 dicembre 2010, procc. riun. C-444/09 e C-456/09 
(causa Gavieiro - Iglesias Torres), in Guida al diritto 2011, 8, 122.
142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
1999 (in prosieguo: l��accordo quadro CTD�), che compare in allegato alla direttiva 
1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all�accordo quadro CES, UNICE 
e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43). 
2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia tra la sig.ra K�c�k e il 
suo datore di lavoro, il Land Nordrhein-Westfalen (in prosieguo: il �Land�), in merito 
alla validit� dell�ultimo di una serie di contratti di lavoro a tempo determinato successivi 
conclusi tra l�interessata e il Land. 
Contesto normativo 
La normativa dell�Unione 
3 La direttiva 1999/70 si fonda sull�articolo 139, paragrafo 2, CE, e, ai sensi del suo articolo 
1, mira ad �attuare l�accordo quadro [CTD], che figura nell�allegato, concluso (�) fra le 
organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)�. 
4 Come risulta dalla clausola 1, lettera b), dell�accordo quadro CTD, obiettivo di quest�ultimo 
�, in particolare, quello di �creare un quadro normativo per la prevenzione degli 
abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo 
determinato�. 
5 La clausola 5 dell�accordo quadro CTD, intitolata �Misure di prevenzione degli abusi�, 
prevede quanto segue: 
�1.Per prevenire gli abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti o rapporti 
di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali 
a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali 
stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi 
e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, 
una o pi� misure relative a: 
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; 
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; 
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, 
se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo 
determinato: 
a) devono essere considerati �successivi�; 
b)devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato�. 
6 La direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l�attuazione di 
misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle 
lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai 
sensi dell�articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348, pag. 1), stabilisce 
alcuni requisiti minimi in materia di tutela di dette lavoratrici. 
7 Per quanto riguarda il congedo di maternit�, la direttiva 92/85 garantisce, all�articolo 8, 
il diritto ad un congedo di maternit� di almeno quattordici settimane ininterrotte che deve 
includere un periodo obbligatorio di almeno due settimane. 
8 L�accordo quadro sul congedo parentale, concluso il 14 dicembre 1995 (in prosieguo: 
l��accordo quadro sul congedo parentale�), che figura nell�allegato alla direttiva 96/34/CE 
del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l�accordo quadro sul congedo parentale 
concluso dall�UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU L 145, pag. 4), stabilisce prescrizioni 
minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilit� professionali e familiari 
dei genitori che lavorano.
CONTENZIOSO NAZIONALE 143 
9 La clausola 2 dell�accordo quadro sul congedo parentale precisa quanto segue: 
�1. Fatta salva la clausola 2.2, il presente accordo attribuisce ai lavoratori, di ambo i sessi, 
il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l�adozione di un bambino, affinch� 
possano averne cura per un periodo minimo di tre mesi fino a un�et� non superiore 
a otto anni determinato dagli Stati membri e/o dalle parti sociali. 
(...) 
5. Al termine del congedo parentale, il lavoratore ha diritto di ritornare allo stesso posto 
di lavoro o, qualora ci� non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo che corrisponde 
al suo contratto o al suo rapporto di lavoro. 
(...) �. 
La normativa nazionale 
10 L�articolo 14 della legge sul lavoro a tempo parziale e sui contratti a tempo determinato 
(Gesetz �ber Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsvertr�ge) del 21 dicembre 2000 (BGBl. 
2000 I, pag. 1966), come modificato dall�articolo 1 della legge 19 aprile 2007 (BGBl. 
2007 I, pag. 538; in prosieguo: il �TzBfG�), intitolato �Possibilit� di limitare la durata 
dei contratti�, dispone quanto segue: 
�1. L�apposizione di un termine ad un contratto di lavoro � consentita quando sia giustificata 
da una ragione obiettiva. In particolare, una ragione obiettiva sussiste qualora: 
(...) 
3. il lavoratore venga assunto per sostituire un altro lavoratore; 
(...) �. 
11 In caso di invalidit� del contratto di lavoro a tempo determinato, quest�ultimo, conformemente 
all�articolo 16 del TzBfG, � riqualificato come contratto di lavoro a tempo indeterminato. 
12 L�articolo 21, paragrafo 1, della legge sull�indennit� e sul congedo parentali (Gesetz zum 
Elterngeld und zur Elternzeit), del 5 dicembre 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 2748), come modificata, 
stabilisce quanto segue: 
�Un rapporto di lavoro a tempo determinato � giustificato da una ragione obiettiva qualora 
il/la dipendente sia assunto/a in sostituzione di un altro/a dipendente per la durata totale 
o parziale di un divieto di lavoro in applicazione della legge sulla tutela della maternit�, 
di un congedo parentale o di un congedo speciale per assistenza ai figli accordato sulla 
base di un contratto collettivo, di un accordo d�impresa o di un accordo individuale�. 
Causa principale e questioni pregiudiziali 
13 La sig.ra K�c�k ha lavorato come dipendente presso il Land dal 2 luglio 1996 al 31 dicembre 
2007, in forza di tredici contratti di lavoro a tempo determinato. Essa occupava 
un posto di assistente di cancelleria presso il segretariato della Sezione delle cause civili 
dell�Amtsgericht K�ln (Tribunale distrettuale di Colonia). Questi contratti a tempo determinato 
venivano conclusi a fronte di congedi temporanei, compresi i congedi parentali 
di educazione, e di congedi speciali fruiti da assistenti assunti a tempo indeterminato, ed 
erano diretti a garantire la sostituzione di questi ultimi. 
14 Con domanda presentata il 18 gennaio 2008 dinanzi all�Arbeitsgericht K�ln (Tribunale 
del lavoro di Colonia), la ricorrente principale ha fatto valere la durata indeterminata dei 
suoi rapporti di lavoro per sostenere l�illegittimit� del suo ultimo contratto di lavoro, stipulato 
il 12 dicembre 2006 e che scadeva il 31 dicembre 2007. 
15 Secondo la ricorrente principale, la stipulazione di tale contratto a tempo determinato sul 
fondamento dell�articolo 14, paragrafo 1, punto 3, del TzBfG, il quale contempla una ra-
144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
gione obiettiva, vale a dire la sostituzione di un altro lavoratore, sarebbe stata ingiustificata. 
I tredici contratti di lavoro a tempo determinato conclusi in successione e senza interruzione 
nell�arco di un periodo di undici anni non potrebbero in alcun caso riflettere 
un�esigenza temporanea di personale sostitutivo. La ricorrente nella causa principale sostiene 
che un�interpretazione e un�applicazione del diritto nazionale secondo le quali una 
siffatta �concatenazione di contratti a tempo determinato� dovrebbe essere considerata 
legittima sono incompatibili con la clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro CTD. Essa 
ha quindi chiesto all�Arbeitsgericht K�ln di dichiarare che il rapporto di lavoro tra le parti 
non era cessato sulla base del contratto a tempo determinato concluso il 12 dicembre 
2006, per il periodo compreso tra il 1� gennaio e il 31 dicembre 2007. 
16 L�Arbeitsgericht K�ln ha dichiarato infondata la domanda della ricorrente principale. 
Anche l�appello interposto dall�interessata dinanzi al Landesarbeitsgericht (Tribunale del 
lavoro di secondo grado del Land) � stato respinto. La ricorrente principale, di conseguenza, 
ha proposto ricorso in �Revision� (ricorso per cassazione) dinanzi al Bundesarbeitsgericht 
(Tribunale federale del lavoro). 
17 Il Land ha fatto valere innanzi ai giudici nazionali che la durata determinata del contratto 
di lavoro, contestata dalla sig.ra K�c�k, era giustificata sul fondamento dell�articolo 14, 
paragrafo 1, punto 3, del TzBfG. L�osservanza delle condizioni richieste affinch� la sostituzione 
di un altro lavoratore costituisca una ragione obiettiva sarebbe indipendente 
dal numero di contratti a tempo determinato conclusi in successione. L�interpretazione e 
l�applicazione della normativa tedesca in tal senso non sarebbero contrarie alla clausola 
5, punto 1, dell�accordo quadro CTD. 
18 Nella sua decisione, il giudice del rinvio precisa, per quanto riguarda l�articolo 14, paragrafo 
1, punto 3, del TzBfG, che ci� che caratterizza una sostituzione ed � inerente a 
quest�ultima � il fatto che la sostituzione � temporanea e ha ad oggetto l�esecuzione delle 
mansioni da parte del sostituto, al fine di soddisfare un�esigenza limitata nel tempo. Detto 
giudice osserva inoltre che, nel diritto tedesco, la giustificazione del ricorso ad un contratto 
a tempo determinato in caso di sostituzione di un lavoratore risiede nella circostanza 
che il datore di lavoro � gi� vincolato giuridicamente al dipendente che non pu� temporaneamente 
adempiere alle sue mansioni, e fa affidamento su un ritorno di quest�ultimo. 
Tale giustificazione comporterebbe che il datore di lavoro preveda la cessazione dell�esigenza 
di personale sostitutivo dal momento in cui ritorna il dipendente sostituito. 
19 Il giudice del rinvio si interroga sulla qualificazione di un�esigenza di personale sostitutivo 
come ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro 
CTD. Esso chiede, da un lato, se il fatto che tale esigenza sia permanente o frequente 
e possa essere soddisfatta anche mediante la conclusione di contratti a tempo indeterminato 
non escluda che una sostituzione costituisca una ragione obiettiva siffatta. Dall�altro, 
detto giudice chiede alla Corte di fornirgli chiarimenti sulla questione se, e in che modo, 
i giudici nazionali, nell�ambito del controllo ad essi incombente del ricorso eventualmente 
abusivo alla sostituzione di un altro lavoratore come ragione che giustifica la conclusione 
di un contratto di lavoro a tempo determinato, debbano tener conto del numero e della 
durata dei contratti di lavoro a tempo determinato gi� conclusi in passato con lo stesso 
dipendente. Esso aggiunge, al riguardo, che, secondo una giurisprudenza recente, il Bundesarbeitsgericht 
ha escluso che il numero variabile di contratti a tempo determinato rafforzi 
il controllo giuridico della ragione obiettiva. 
20 Alla luce di quanto precede, il Bundesarbeitsgericht ha deciso di sospendere il procedi-
CONTENZIOSO NAZIONALE 145 
mento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se la clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro [CTD], recepito dalla direttiva 1999/70 
(...), osti a che una disposizione nazionale la quale, come l�articolo 14, paragrafo 1, punto 
3, [del TzBfG], prevede che il rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato � 
giustificato da una ragione obiettiva se il lavoratore viene assunto per sostituire un altro 
lavoratore, venga interpretata ed applicata nel senso che siffatta ragione obiettiva sussiste 
anche nel caso di un�esigenza permanente [di personale] di sostituzione, sebbene l�esigenza 
[di personale] di sostituzione possa essere soddisfatta anche assumendo a tempo 
indeterminato il lavoratore di cui trattasi per assicurare le sostituzioni rese necessarie da 
una ricorrente indisponibilit� di personale, ma il datore di lavoro si riservi la facolt� di 
decidere volta per volta ex novo come far fronte all�assenza concreta di lavoratori. 
2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, se la clausola 5, punto 1, dell�accordo 
quadro [CTD], recepito dalla direttiva 1999/70 (...), osti all�interpretazione e l�applicazione,, 
descritte nella prima questione, di una disposizione nazionale come l�articolo 
14, paragrafo 1, punto 3, [del TzBfG], in condizioni quali quelle descritte nella prima 
questione, qualora il legislatore nazionale preveda in una disposizione nazionale quale 
l�articolo 21, paragrafo 1, della legge tedesca sull�indennit� e sul congedo parentali [come 
modificata], che un rapporto di lavoro a tempo determinato � giustificato da un�esigenza 
di sostituzione dal momento che si persegue l�obiettivo di politica sociale consistente 
nell�agevolare i datori di lavoro nella concessione di congedi speciali e i lavoratori nella 
loro fruizione, in particolare per motivi legati alla tutela della maternit� o all�educazione�. 
Sulle questioni pregiudiziali 
Sulla prima questione 
21 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l�esigenza temporanea 
di personale sostitutivo prevista da una normativa nazionale come quella di cui 
trattasi nella causa principale possa costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 
5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD; se ci� risulti anche qualora tale esigenza 
di personale sostitutivo sia in realt� permanente o ricorrente e possa essere fronteggiata 
anche assumendo un lavoratore in forza di un contratto a tempo indeterminato, e se, nella 
valutazione della questione se il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato 
sia giustificato da ragioni obiettive contemplate da detta clausola, occorra prendere 
in considerazione il numero e la durata complessiva dei contratti o dei rapporti di 
lavoro di questo tipo conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro. 
22 Il Land sostiene che la sostituzione temporanea di un dipendente rientra tra le ragioni 
obiettive contemplate dalla clausola 5, punto 1, lett. a), dell�accordo quadro CTD. L�assenza 
temporanea del dipendente che occorre sostituire comporterebbe un�esigenza provvisoria 
di assumere un lavoratore supplementare, necessario solo per il periodo del venir 
meno della prestazione d�opera. Secondo il Land, l�esistenza di un�esigenza permanente 
di una certa portata di personale sostitutivo non pu� escludere la validit� della conclusione 
di un contratto a tempo determinato a fini di sostituzione in forza dell�articolo 14, paragrafo 
1, punto 3, del TzBfG. Infatti, occorrerebbe verificare la ragione obiettiva addotta 
in ogni singolo caso concreto di sostituzione e non escludere i casi di sostituzioni permanenti, 
frequenti e ripetute. Se la validit� di uno specifico contratto di lavoro a tempo determinato 
dovesse dipendere da questo, il datore di lavoro sarebbe costretto a costituire 
una riserva permanente di personale. Ci� potrebbe essere possibile solo nelle grandi imprese. 
A parere del Land, la libert� di gestione del datore di lavoro deve essere preservata,
146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
poich� quest�ultimo deve poter decidere circa l�opportunit� e le modalit� di un ricorso ad 
una siffatta riserva per far fronte ad un�esigenza ricorrente di personale sostitutivo. 
23 I governi tedesco e polacco fanno valere altres� il potere discrezionale di cui godono i datori 
di lavoro in forza dell�accordo quadro CTD e sostengono che il diritto dell�Unione 
consente di giustificare un contratto di lavoro a tempo determinato ai fini di una sostituzione 
in caso di esigenza ricorrente di personale sostitutivo. Tale situazione si distinguerebbe 
chiaramente dall��esigenza permanente e durevole�, in quanto gli impedimenti dei 
dipendenti sostituiti sono limitati nel tempo. Questi ultimi avrebbero il diritto di riprendere 
il loro posto di lavoro, diritto che il datore di lavoro sarebbe obbligato a rispettare. 
24 La ricorrente nella causa principale, da parte sua, non ha presentato osservazioni scritte. 
25 Si deve ricordare che la clausola 5, n. 1, dell�accordo quadro CTD mira ad attuare uno 
degli obiettivi perseguiti da tale accordo quadro, vale a dire limitare il ricorso a una successione 
di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale 
fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di 
disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori 
dipendenti (v. sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C 212/04, Racc. pag. I 
6057, punto 63, nonch� del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C 378/07 a C 380/07, Racc. 
pag. I 3071, punto 73). 
26 Quindi, detta disposizione dell�accordo quadro CTD impone agli Stati membri, per prevenire 
l�utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, 
l�adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure in essa enunciate 
qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti. Le misure cos� elencate al 
punto 1, lettere a) c) di detta clausola, in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni 
obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata 
massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi 
di questi ultimi (v. citata sentenza Angelidaki e a., punto 74, nonch� ordinanza del 
1� ottobre 2010, Affatato, C 3/10, punti 43 e 44, e la giurisprudenza ivi citata). 
27 Per quanto riguarda la nozione di ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, 
lettera a), dell�accordo quadro CTD, la Corte ha gi� dichiarato che tale nozione deve essere 
intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono 
una determinata attivit� e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, 
l�utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi. Dette circostanze possono 
risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l�espletamento delle 
quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, 
eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalit� di politica sociale di uno Stato 
membro (sentenza Angelidaki e a., cit., punto 96, nonch� la giurisprudenza ivi citata). 
28 Per contro, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale 
ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro 
a tempo determinato successivi, non sarebbe conforme a criteri come quelli precisati al 
punto precedente della presente sentenza (sentenza Angelidaki e a., cit., punto 97, nonch� 
la giurisprudenza ivi citata). 
29 Infatti, una disposizione di tal genere, di natura puramente formale, non consente di stabilire 
criteri oggettivi e trasparenti atti a verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda 
effettivamente ad un�esigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire l�obiettivo perseguito 
e necessario a tale effetto. Una tale disposizione comporta quindi un rischio concreto di 
determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non � compatibile con
CONTENZIOSO NAZIONALE 147 
lo scopo e l�effettivit� dell�accordo quadro CTD (v., in tal senso, sentenza Angelidaki e 
a., cit., punti 98 e 100, nonch� la giurisprudenza ivi citata). 
30 Occorre tuttavia rilevare che una disposizione come quella di cui trattasi nella causa principale, 
la quale consente il rinnovo di contratti a tempo determinato per sostituire altri dipendenti 
che si trovano momentaneamente nell�impossibilit� di svolgere le loro funzioni, 
non � di per s� contraria all�accordo quadro CTD. Infatti, la sostituzione temporanea di 
un altro dipendente al fine di soddisfare, in sostanza, esigenze provvisorie del datore di 
lavoro in termini di personale pu�, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva 
ai sensi della clausola 5, n. 1, lett. a), di tale accordo quadro (v., in tal senso, sentenza 
Angelidaki e a., cit., punto 102). 
31 Infatti, nell�ambito di un�amministrazione che dispone di un organico significativo, quale 
il Land, � inevitabile che si rendano spesso necessarie sostituzioni temporanee a causa, segnatamente, 
dell�indisponibilit� di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per 
maternit�, di congedi parentali o altri. La sostituzione temporanea di dipendenti in queste 
circostanze pu� costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a), 
dell�accordo quadro CTD, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi 
con il personale sostitutivo, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze emergenti, 
fatto salvo il rispetto delle esigenze fissate al riguardo dall�accordo quadro CTD. 
32 Tale conclusione si impone a maggior ragione allorch� la normativa nazionale che giustifica 
il rinnovo di contratti a tempo determinato in caso di sostituzione temporanea persegue 
altres� obiettivi di politica sociale riconosciuti come legittimi. Infatti, come risulta dal punto 
27 della presente sentenza, la nozione di ragione obiettiva che figura nella clausola 5, punto 
1, lettera a), dell�accordo quadro CTD comprende il perseguimento di siffatti obiettivi. 
33 Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, le misure dirette a tutelare la gravidanza 
e la maternit� nonch� a consentire agli uomini e alle donne di conciliare i loro obblighi 
professionali e familiari perseguono obiettivi legittimi di politica sociale (v., in tal senso, 
sentenze del 7 giugno 1998, Hill e Stapleton, C 243/95, Racc. pag. I 3739, punto 42, nonch� 
del 18 novembre 2004, Sass, C 284/02, Racc. pag. I 11143, punti 32 e 33). La legittimit� 
di questi obiettivi � confermata altres� dalle disposizioni della direttiva 92/85 o da 
quelle dell�accordo quadro sul congedo parentale. 
34 Occorre tuttavia sottolineare che, sebbene possa ammettersi, in linea di principio, la ragione 
obiettiva prevista da una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, 
le autorit� competenti, come risulta dal punto 27 della presente sentenza, devono 
garantire che l�applicazione concreta di tale ragione obiettiva, tenuto conto delle particolarit� 
dell�attivit� di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme alle esigenze 
dell�accordo quadro CTD. Nell�applicazione della disposizione del diritto nazionale 
in esame, dette autorit� devono quindi essere in grado di stabilire criteri obiettivi e trasparenti 
al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un�esigenza 
reale e sia atto a raggiungere lo scopo perseguito e necessario a tale effetto. 
35 Nella fattispecie, la Commissione europea sostiene che il rinnovo ripetuto di un rapporto 
di lavoro e la conclusione di numerosi contratti successivi a tempo determinato nonch� 
la durata del periodo durante il quale il dipendente di cui trattasi � gi� stato impiegato in 
forza di siffatti contratti dimostrano l�esistenza di un abuso ai sensi della clausola 5 dell�accordo 
quadro CTD. A parere della Commissione, la conclusione di vari contratti successivi 
a tempo determinato, segnatamente per un periodo notevolmente lungo, � atta a 
dimostrare che la prestazione richiesta dal lavoratore interessato non mira a soddisfare
148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
una semplice esigenza temporanea. 
36 A tal proposito, si deve ricordare che la Corte ha gi� dichiarato che il rinnovo di contratti 
o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze che, di fatto, 
hanno un carattere non gi� provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, non � 
giustificato in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD (v., in tal 
senso, sentenza Angelidaki e a., cit., punto 103). 
37 Infatti, un tale utilizzo dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato sarebbe incompatibile 
con la premessa sulla quale si fonda l�accordo quadro CTD, vale a dire il 
fatto che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei 
rapporti di lavoro, anche se i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una 
caratteristica dell�impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attivit� (v. 
sentenza Adeneler e a., cit., punto 61). 
38 Tuttavia, come fatto valere in sostanza dal governo polacco, la sola circostanza che si 
concludano contratti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare un�esigenza permanente 
o ricorrente, del datore di lavoro, di personale sostitutivo non pu� essere sufficiente, 
in quanto tale, ad escludere che ognuno di questi contratti, considerati 
singolarmente, sia stato concluso per garantire una sostituzione avente carattere temporaneo. 
Sebbene la sostituzione soddisfi un�esigenza permanente, dato che il lavoratore 
assunto in forza di un contratto a tempo determinato svolge compiti ben definiti facenti 
parte delle attivit� abituali del datore di lavoro o dell�impresa, resta il fatto che l�esigenza 
di personale sostitutivo rimane temporanea poich� si presume che il lavoratore sostituito 
riprenda la sua attivit� al termine del congedo, che costituisce la ragione per la quale il 
lavoratore sostituito non pu� temporaneamente svolgere egli stesso tali compiti. 
39 Spetta a tutte le autorit� dello Stato membro interessato garantire, nell�esercizio delle 
loro rispettive competenze, l�osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo 
quadro CTD, verificando concretamente che il rinnovo di successivi contratti o rapporti 
di lavoro a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione 
come l�articolo 14, paragrafo 1, punto 3, del TzBfG non sia utilizzata, di fatto, per 
soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale 
(v., per analogia, sentenza Angelidaki e a., cit., punto 106). 
40 Come fatto valere dalla Commissione, spetta a dette autorit� esaminare di volta in volta 
tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero 
di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento 
di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato, 
sebbene palesemente conclusi per soddisfare un�esigenza di personale sostitutivo, 
siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro (v., in tal senso, ordinanza del 
12 giugno 2008, Vassilakis e a., C 364/07, punto 116, nonch� sentenza Angelidaki e a., 
cit., punto 157). Anche se la valutazione della ragione obiettiva addotta deve fare riferimento 
al rinnovo dell�ultimo contratto di lavoro concluso, l�esistenza, il numero e la durata 
di contratti successivi di questo tipo conclusi in passato con lo stesso datore di lavoro 
possono risultare pertinenti nell�ambito di questo esame globale. 
41 Al riguardo, � giocoforza constatare che il fatto che il numero o la durata dei contratti a 
tempo determinato siano oggetto di misure preventive contemplate dalla clausola 5, punto 
1, lettere b) e c), dell�accordo quadro CTD non comporta che tali elementi non possano 
avere alcuna incidenza nell�ambito della valutazione delle ragioni obiettive previste da 
detta clausola 5, punto 1, lettera a), e addotte per giustificare il rinnovo di contratti suc-
CONTENZIOSO NAZIONALE 149 
cessivi a tempo determinato. 
42 Contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, una siffatta interpretazione della 
clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro CTD non osta in alcun modo alla scelta dei mezzi 
che questa disposizione lascia agli Stati membri. 
43 Infatti, come sostenuto dalla Commissione, tenuto conto dell�obiettivo perseguito dall�insieme 
delle misure adottate in forza della clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro 
CTD, � necessario, anche in presenza di una ragione obiettiva che giustifica, in linea di 
principio, il ricorso a successivi contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, che le 
autorit� competenti prendano in considerazione, ove occorra, tutte le circostanze sottese 
al rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, poich� queste circostanze possono rivelare 
indizi di un abuso che detta clausola mira a prevenire. 
44 In udienza, in risposta ad un quesito posto dalla Corte, sia il Land sia il governo tedesco 
hanno riconosciuto l�eventuale esistenza di circostanze nelle quali un datore di lavoro sarebbe 
obbligato a prendere in considerazione la natura e la portata dei contratti a tempo 
determinato conclusi con un dipendente. 
45 Poich� la clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro CTD trova applicazione unicamente 
in presenza di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., 
in tal senso, sentenza del 22 novembre 2005, Mangold, C 144/04, Racc. pag. I 9981, punti 
41 e 42), sembra logico che l�esistenza di una successione di contratti o rapporti di lavoro 
a tempo determinato risulti pertinente in relazione a tutte le misure adottate sul fondamento 
di detta clausola. 
46 Nell�ambito della sua prima questione, il giudice del rinvio chiede altres� se il fatto che 
l�esigenza di personale sostitutivo sia, in realt�, permanente o ricorrente e che il datore di 
lavoro possa rispondere a questa esigenza anche attraverso l�assunzione di un dipendente 
mediante un contratto a tempo indeterminato non escluda che un�esigenza di personale 
sostitutivo costituisca una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), 
dell�accordo quadro CTD. 
47 A tale riguardo, va ricordato che questo accordo quadro, come risulta dal punto 10 delle 
sue considerazioni generali, demanda agli Stati membri e alle parti sociali la definizione 
delle modalit� dettagliate di attuazione dei principi e requisiti che esso detta, al fine di 
garantire la loro conformit� al diritto e/o alle prassi nazionali e la debita considerazione 
delle peculiarit� delle situazioni concrete (citate sentenze Adeneler e a., punto 68, nonch� 
Angelidaki e a., punto 71). 
48 Come sostenuto dai governi tedesco e polacco, ne consegue che gli Stati membri beneficiano, 
in base alla clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro CTD, di un margine di discrezionalit� 
nel conseguimento dell�obiettivo previsto da tale clausola, sebbene questo 
margine sia soggetto alla condizione che essi garantiscano il risultato imposto dal diritto 
dell�Unione, come risulta non solo dall�articolo 288, terzo comma, TFUE, ma anche dall�articolo 
2, primo comma, della direttiva 1999/70, letto alla luce del diciassettesimo considerando 
di quest�ultima (sentenza Angelidaki e a., cit., punto 80, nonch� la 
giurisprudenza ivi citata). 
49 Detto margine di discrezionalit� risulta altres� dalla clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro 
CTD, la quale riconosce agli Stati membri la facolt�, in quanto ci� sia oggettivamente 
giustificato, di tenere in considerazione le esigenze particolari degli specifici settori d�attivit� 
e/o delle categorie di lavoratori considerate (sentenza del 7 settembre 2006, Marrosu 
e Sardino, C 53/04, Racc. pag. I 7213, punto 45).
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
50 Il mero fatto che un�esigenza di personale sostitutivo possa essere soddisfatta attraverso 
la conclusione di contratti a tempo indeterminato non comporta che un datore di lavoro 
che decida di ricorrere a contratti a tempo determinato per far fronte a carenze temporanee 
di organico, sebbene queste ultime si manifestino in modo ricorrente, se non addirittura 
permanente, agisca abusivamente, in violazione della clausola 5, punto 1, dell�accordo 
quadro CTD e della normativa nazionale che la recepisce. 
51 Come risulta dal punto 43 della presente sentenza, l�esistenza di una ragione obiettiva ai 
sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD esclude, in linea di principio, 
l�esistenza di un abuso, a meno che un esame globale delle circostanze sottese al rinnovo 
dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato di cui trattasi riveli che le 
prestazioni richieste del lavoratore non corrispondono ad una mera esigenza temporanea. 
52 Inoltre, la Corte ha gi� osservato che la clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro 
CTD non sancisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione 
in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, cos� come 
non stabilisce le condizioni precise alle quali si pu� fare uso di questi ultimi, lasciando 
agli Stati membri un certo margine di discrezionalit� in materia (citate sentenze Adeneler 
e a., punto 91; Marrosu e Sardino, punto 47, nonch� Angelidaki e a., punti 145 e 183). 
53 Infatti, la clausola 5, punto 2, lettera b), di detto accordo quadro si limita a prevedere che, 
�se del caso�, tali Stati stabiliscono a quali condizioni i contratti o i rapporti di lavoro a 
tempo determinato sono �ritenuti (...) a tempo indeterminato�. 
54 Il fatto di richiedere automaticamente la conclusione di contratti a tempo indeterminato, 
qualora le dimensioni dell�impresa o dell�ente interessato e la composizione del suo personale 
comportino che il datore di lavoro debba far fronte ad un�esigenza ricorrente o 
permanente di personale sostitutivo, oltrepasserebbe gli obiettivi perseguiti dall�accordo 
quadro CTD e dalla direttiva 1999/70 e violerebbe il margine di discrezionalit� riconosciuto 
da questi ultimi agli Stati membri e, se del caso, alle parti sociali. 
55 Spetta al giudice del rinvio, tenuto conto delle considerazioni precedenti, valutare se, 
nelle circostanze della fattispecie principale, l�impiego di un dipendente per un periodo 
di undici anni in forza di tredici contratti successivi a tempo determinato sia conforme 
alla clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro CTD. 
56 Si deve quindi risolvere la prima questione dichiarando che la clausola 5, punto 1, lettera 
a), dell�accordo quadro CTD deve essere interpretata nel senso che l�esigenza temporanea 
di personale sostitutivo, prevista da una normativa nazionale come quella controversa 
nella causa principale, pu�, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi 
di detta clausola. Il solo fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni 
temporanee in modo ricorrente, se non addirittura permanente, e che si possa provvedere 
a tali sostituzioni anche attraverso l�assunzione di dipendenti in forza di contratti di lavoro 
a tempo indeterminato non comporta l�assenza di una ragione obiettiva in base alla clausola 
5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro CTD, n� l�esistenza di un abuso ai sensi 
di tale clausola. Tuttavia, nella valutazione della questione se il rinnovo dei contratti o 
dei rapporti di lavoro a tempo determinato sia giustificato da una ragione obiettiva siffatta, 
le autorit� degli Stati membri, nell�ambito delle loro rispettive competenze, devono prendere 
in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero e la durata 
complessiva dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi in 
passato con il medesimo datore di lavoro. 
Sulla seconda questione
CONTENZIOSO NAZIONALE 151 
57 Poich� la seconda questione � stata posta solo in caso di soluzione affermativa della prima 
questione, non occorre darle risposta. 
Sulle spese 
58 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un i 
cidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le 
spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: 
La clausola 5, punto 1, lettera a), dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, 
concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, 
del 28 giugno 1999, relativa all�accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a 
tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che l�esigenza temporanea di personale 
sostitutivo, prevista da una normativa nazionale come quella controversa nella 
causa principale, pu�, in linea di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi di 
detta clausola. Il solo fatto che un datore di lavoro sia obbligato a ricorrere a sostituzioni 
temporanee in modo ricorrente, se non addirittura permanente, e che si possa provvedere 
a tali sostituzioni anche attraverso l�assunzione di dipendenti in forza di contratti 
di lavoro a tempo indeterminato non comporta l�assenza di una ragione obiettiva in base 
alla clausola 5, punto 1, lettera a), di detto accordo quadro, n� l�esistenza di un abuso ai 
sensi di tale clausola. Tuttavia, nella valutazione della questione se il rinnovo dei contratti 
o dei rapporti di lavoro a tempo determinato sia giustificato da una ragione obiettiva 
siffatta, le autorit� degli Stati membri, nell�ambito delle loro rispettive competenze, devono 
prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto, compresi il numero 
e la durata complessiva dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato 
conclusi in passato con il medesimo datore di lavoro. 
Cass. civile, Sez. lavoro, sentenza 13 gennaio 2012 n. 392 - Pres. Vidiri, Rel. Meliad�, P.M. 
Viola (difforme) - A.G. (avv.ti Galleano e Messina) c. Azienda Unit� Sanitaria Locale di Trapani 
(avv.ti Palmeri e Siagura). 
(...) 
Svolgimento del processo 
Con sentenza del 17 luglio 2008, la Corte d'appello di Palermo confermava quella di primo 
grado, che aveva rigettato la domanda proposta da A.G. al fine di conseguire la trasformazione 
del suo rapporto di lavoro, instaurato con l'AUSL di Trapani, in rapporto a tempo indeterminato, 
lamentando al riguardo la mancata applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001 n. 368 ed 
il contrasto del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36 con la direttiva comunitaria n. 70/1999. 
Nel pervenire a tale decisione la Corte territoriale rilevava in sintesi che il divieto di conversione 
del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato trova fondamento, come affermato 
anche dal giudice delle leggi, nelle esigenze di imparzialit� e di buon andamento 
dell'amministrazione prescritte dall'art. 97 Cost., e che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 non 
si pone in contrasto con la disciplina comunitaria, in ragione della specialit� del settore quale 
� quello del pubblico impiego, pure se privatizzato. 
Avverso tale sentenza A.G. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con 
controricorso l'AUSL.
152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Alla sensi dell'art. 276 c.p.c., u.c., la motivazione � stesa dal Presidente dott. Guido Vidiri. 
Motivi della decisione 
1. Con il primo motivo del ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente 
lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. 
nonch� vizio di motivazione, osservando che, per avere la domanda ad oggetto l'accertamento 
della illegittimit� del termine apposto al contratto e per assumere la richiesta di condanna 
reintegratoria o risarcitoria carattere consequenziale rispetto a tale accertamento, la Corte di 
merito erroneamente aveva omesso di pronunziarsi sulla domanda principale, tanto pi� se si 
considera che il primo giudice aveva dichiarato la legittimit� dell'assunzione a tempo determinato, 
oltre ad affermare l'applicabilit� del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36. 
1.1. Con il secondo motivo - deducendo ancora violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione 
agli art. 15 preleggi, D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 11, artt. 2, 3, 4, 11, 24, 35 e 36 
Cost., nonch� in relazione alla direttiva n. 70/1999) e vizio di motivazione - il ricorrente si 
duole che la Corte d'appello, sul presupposto della specialit� del rapporto di pubblico impiego, 
ha finito per escludere in ogni caso l'applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001 anche ai contratti 
a termine conclusi con la P.A., ribadendo ancora un volta che il citato articolo 35 risulta rispettoso 
dei principi costituzionali e della legislazione comunitaria. 
1.2. Con il terzo motivo - spiegato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento al D.Lgs. 
n. 165 del 2001, art. 36, artt. 1126 e 2967 c.c. - il ricorrente rileva che, avuto riguardo alla 
funzione del risarcimento previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, deve escludersi - diversamente 
da quanto ritenuto dalla Corte territoriale - che il lavoratore sia tenuto a provare 
il pregiudizio sofferto, dovendosi il danno in questo caso ritenersi in re ipsa. 
2. Il ricorso, articolato negli indicati motivi, risulta privo di fondamento. 
3. � stato pi� volte ribadito in sede dottrinaria nonch� in giurisprudenza che il principio secondo 
cui "lex posterior generalis non derogat legi priori speciali" - giustificato per la migliore 
aderenza della norma speciale alle caratteristiche proprie della fattispecie oggetto della sua 
previsione - non pu� valere, e deve quindi cedere alla applicazione della legge successiva, 
solo allorquando dalla lettera e dal contenuto di quest'ultima si evince la volont� di abrogare 
la legge speciale anteriore o allorquando la discordanza tra le due disposizioni sia tale da rendere 
inconcepibile la coesistenza fra la normativa speciale anteriore e quella generale successiva 
(cfr. in tali esatti termini: Cass. 20 aprile 1995 n. 4420, cui adde ex plurimis: Cass. 30 
agosto 2009 n. 1855; Cass. 6 giugno 2006 n. 13252). 
3.1. Ed ancora a livello giurisprudenziale costituisce principio consolidato che l'interesse ad 
agire, previsto quale condizione dell'azione dall'art. 100 cod. proc. civ. - con una disposizione 
che consente di distinguere fra le azioni di mera iattanza e quelle oggettivamente dirette a 
conseguire il bene della vita consistente nella rimozione dello stato di giuridica incertezza in 
ordine alla sussistenza di un determinato diritto - va identificato in una situazione di carattere 
oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ci�, che 
senza il processo e l'esercizio della giurisdizione, l'attore soffrirebbe un danno. Da ci� consegue 
che esso deve avere necessariamente carattere attuale, poich� solo in tal caso trascende il 
piano di una mera prospettazione soggettiva, assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza. 
Tale interesse resta invece escluso quando il giudizio risulti strumentale alla soluzione, soltanto 
in via di massima o accademica, di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente 
ipotetiche (cfr. in tali sensi: Cass. 23 novembre 2011 n. 24434 ed ancora per analoghe 
statuizioni: Cass. 23 dicembre 2009 n. 27151; Cass. 28 novembre 2008 n. 28405). 
4. Orbene, le statuizioni sopra riportate forniscono le basi teoriche per la declaratoria della
CONTENZIOSO NAZIONALE 153 
infondatezza del primo e del secondo motivo del ricorso. 
Ed infatti il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 ha sicuramente riconosciuto la praticabilit� del 
contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico, valorizzando 
il ruolo della contrattazione collettiva con l'attribuire alla stessa una pi� accentuata 
rilevanza rispetto al passato; nello stesso tempo la disposizione scrutinata ha per� segnato 
una innegabile e chiara differenza tra il lavoro pubblico e lavoro privato per quanto attiene al 
contratto a termine, s� da configurasi come norma speciale - volta in quanto tale ad escludere 
la conversione in contratto a tempo indeterminato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 - in ragione 
di un proprio e specifico regime sanzionatorio. Detto regime, infatti, vietando la costituzione 
di rapporti lavorativi a tempo indeterminato - e con risultare volto, da un lato, a 
responsabilizzare la dirigenza pubblica al rispetto delle norme imperative in materia e, dall'altro, 
a riconoscere il diritto al risarcimento dei danni subiti dal lavoratore a seguito della 
suddetta violazione - si configura come alternativo a quello disciplinato dal summenzionato 
D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5. 
4.1. Corollario di quanto ora detto � che non pu� - contrariamente a quanto ha sostenuto il ricorrente 
- condividersi con riferimento al sistema sanzionatorio del contratto a termine l'affermazione 
secondo cui il D.Lgs. n. 368 del 2001 per essere cronologicamente successivo al 
D.Lgs. n. 165 del 2001, deve regolare integralmente il rapporto lavorativo instauratosi tra l' A. 
e la AUSL n. ... di Trapani. Ed invero - � bene ribadirlo - nel lavoro pubblico alla illegittimit� 
del contratto a termine per violazione di norme imperative non pu� che conseguire un regime 
sanzionatorio che - con l'escludere ogni effetto reintegrativo stante la regola generale del concorso 
per l'assunzione del personale - viene ad essere incentrato sul versante dei danni subiti 
dalla pubblica amministrazione e dal lavoratore; danni che assumono anche essi una propria 
caratterizzazione correlata a negozi, la cui flessibilit� assume natura e requisiti distinti da quelli 
risultanti nel lavoro privato e su cui i suddetti danni vanno conseguentemente parametrati. 
5. N� osta alla conclusione cui si � giunti la ulteriore affermazione del ricorrente che una tale 
lettura del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 contrasti con le statuizioni della Corte Costituzionale 
e con la normativa europea. 
5.1. Nella sentenza impugnata il giudice d'appello ha evidenziato - con un iter argomentativo 
corretto sul piano logico-giuridico e quindi non suscettibile di alcuna censura in questa sede 
- come non sia condivisibile il negare nel settore pubblico la specialit� dei rapporti di lavoro 
flessibile, quale quello derivante dal contratto a termine. Ed infatti il giudice della legge, nel 
delineare le differenze tra la normativa pubblica e quella privata, ha rilevato - come ricorda 
la Corte territoriale - che il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di 
impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione � quello - del tutto estraneo alla disciplina 
del lavoro privato - dell'accesso mediante concorso, enunciato dall'art. 97 Cost., 
comma 3. Norma quest'ultima, che posta a presidio delle esigenze del buon andamento e della 
imparzialit� della amministrazione ha reso doverosa la scelta del legislatore di ricollegare alla 
violazione di norme imperative - riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori - conseguenze 
esclusivamente risarcitorie in luogo della conversione in rapporto a tempo indeterminato, 
prevista invece per i lavoratori privati. 
Al fine di patrocinare una omogeneit� tra posizioni poste a confronto non pu� dunque sostenersi 
una uniformit� di trattamento tra impiego pubblico e privato, nonostante sia a quest'ultimo 
del tutto estraneo il principio del concorso (cfr: Corte Cost. 27 marzo 2003 n. 89 che 
reputa infatti giustificata la scelta del legislatore - cui spetta, nei limiti della ragionevolezza, 
individuare i casi eccezionali in cui il principio del concorso pu� essere derogato - di ricolle-
154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
gare alla violazione di norme imperative in materia di contratto a termine conseguenze di carattere 
esclusivamente risarcitorio). 
5.2. E proprio la delineata distinzione tra il regime sanzionatorio del settore pubblico e di 
quello privato � stata pi� volte rimarcata nella normativa comunitaria, come emerge infatti 
da numerosi interventi della Corte di Giustizia europea, che con una giurisprudenza granitica 
e da ultimo ribadita con una ulteriore pronunzia (Corte giust. 1 ottobre 2010, causa C-3/10, 
Affatato) porta ad escludere dall'area del lavoro pubblico l'applicazione delle disposizioni del 
D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 - che al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a 
termine, contempla una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro deve ritenersi concluso 
a tempo indeterminato. Sul versante del ricorso abusivo del contratto a termine si rileva 
cos� una ulteriore caratterizzazione del rapporto lavorativo pubblico dal momento che le disposizioni 
del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 apprestano una normativa articolata capace - 
prima di ricorrere alla sanzione risarcitoria - di operare in via preventiva con una pi� accentuata 
responsabilizzazione dei pubblici dirigenti. 
6. Ci� premesso, nessuna censura merita, pertanto, anche sotto tale versante la sentenza impugnata 
che - dopo avere premesso con riferimento alla direttiva 1999/70 Ce relativa all'accordo 
quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso dall'Unice, dal Ceep e dal Ces) che 
esso appare rivolto alla imprenditoria privata - mostra di tenere conto della clausola 5 del suddetto 
accordo e di interpretarla correttamente laddove conclude che l'interferenza di interessi 
di natura pubblicistica � stata tenuta nella giusta considerazione dal nostro legislatore (in ragione 
della specificit� del settore del pubblico impiego, seppure privatizzato) attraverso l'emanazione 
proprio del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, e laddove considera detta norma uno 
strumento adeguato sia per prevenire che per sanzionare adeguatamente la violazione di norme 
imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori che hanno un rapporto di lavoro 
a tempo determinato con la pubblica amministrazione. 
7. Motivi di completezza motivazionale inducono questo Collegio a evidenziare come il primo 
e secondo motivo non possano trovare ingresso in questa sede oltre che per le ragioni in precedenza 
esposte anche per ulteriori assorbenti considerazioni. 
7.1. Come si � gi� ricordato, il ricorrente ha addebitato alla sentenza impugnata di non avere 
dato risposta alla sua domanda volta ad ottenere comunque una pronunzia sulla sola illegittimit� 
del contratto a termine avendo un interesse al passaggio in giudicato di tale pronunzia; 
prescindendo da qualsiasi consequenziale pronunzia sull'applicazione del regime sanzionatorio 
di cui al disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36. Ed invero, ove l'illegittimit� del contratto 
a termine venisse accertata con un giudicato, potrebbe essergli accordata "una preferenza in 
occasione dei prossimi reclutamenti di personale o addirittura potrebbe essere disposto un reclutamento 
straordinario riservato appunto a questi lavoratori", e potrebbero essergli riconosciute 
anche "aspettative di fatto legate alla discrezionalit� politica del legislatore e/o a quella 
amministrativa degli enti pubblici". 
7.2. �' sufficiente per ribadire che i primi due motivi risultano privi di fondamento e richiamarsi 
anche ai riportati precedenti giurisprudenziali sul carattere di attualit� che deve assumere 
l'interesse ad agire, nonch� alla precedente considerazione che nel settore pubblico il sistema 
sanzionatorio del contratto a termine non pu� che essere solo e non altro che quello regolato 
dal D.Lgs. n. 165, art. 36, e non il diverso assetto sanzionatorio di cui al D.Lgs. n. 368 del 
2001, che ha un distinto ambito di operativit�. 
8. Anche il terzo motivo del ricorso e tutte le restanti censure risultano infondate. 
8.1. La Corte territoriale - dopo avere premesso che il D.Lgs. n. 165 del 2001, citato art. 36
CONTENZIOSO NAZIONALE 155 
ha inteso garantire il lavoratore interessato al risarcimento del danno derivante dalla prestazione 
di lavoro in violazione di disposizioni imperative - ha poi, nel respingere la domanda 
dell' A., precisato che la prospettazione del danno da parte dello stesso non risultava supportata 
da elementi di riscontro probatorio, per essere ancorata ad una eventualit� non verificata e 
cio� ad occasioni di lavoro che si sarebbero potute verificare in futuro. 
8.2. Nel ricorso si censura tale punto della decisione di merito sul presupposto che il danno 
era nel caso di specie in re ipsa, dovendosi quindi il dipendente ritenersi esentato dal relativo 
onere probatorio. Tale assunto per� appare contrario ad un costante indirizzo giurisprudenziale 
secondo il quale il risarcimento dei danni scaturenti dal rapporto lavorativo - quale ad esempio 
il danno biologico o quello di perdita di chance - va provato in giudizio con tutti i mezzi consentiti 
dall'ordinamento e, quindi, anche attraverso la prova per presunzioni, sottoponendo 
alla valutazione del giudice precisi elementi in base ai quali sia possibile risalire attraverso 
un prudente apprezzamento alla esistenza dei danni denunziati (cfr. Cass., Sez. Un., 11 novembre 
2008 n. 26972 ed in precedenza Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006 n. 6572). 
9. I compiti di nomofilachia devoluti a questa Corte di Cassazione inducono ad enunciare - ai 
sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, ed in sintesi di quanto statuito nel corso della motivazione 
- i seguenti principi diritto: 
il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36, nel riconoscere il ricorso al contratto a termine e ad 
altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico, ha valorizzato il ruolo della 
contrattazione collettiva con l'attribuire alla stessa una pi� accentuata rilevanza rispetto al 
passato, ma nello stesso tempo ha rimarcato l'innegabile differenza esistente tra forme contrattuali 
nell'area del pubblico impiego seppure privatizzato ed in quella del lavoro privato. 
Ne consegue che la suddetta norma si configura come speciale in ragione di un proprio e specifico 
regime sanzionatorio, che - per escludere la conversione in un contratto a tempo indeterminato 
e con il risultare funzionalizzato a responsabilizzare la dirigenza pubblica nel 
rispetto delle norme imperative in materia nonch� a risarcire i danni che il lavoratore dimostri 
di avere subito per la violazione delle suddette norme - risulta alternativo a quello disciplinato 
dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 5, escludendone in ogni caso l'applicazione. 
La giurisprudenza costante della Corte di giustizia europea - di recente ribadita da una ulteriore 
pronunzia (Corte giust. 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato) - porta ad escludere nell'area 
del pubblico impiego seppure privatizzato l'applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 368, 
art. 5, dal momento che nel nostro assetto ordinamentale si rinviene, con le disposizioni di 
cui al D.Lgs. 5 settembre 2001, n. 165, art. 36, un sistema sanzionatorio capace - in ragione 
di una pi� accentuata responsabilizzazione dei dirigenti pubblici e del riconoscimento del diritto 
al risarcimento di tutti i danni in concreto subiti dal lavoratore - di prevenire, dapprima, 
e sanzionare, poi, in forma adeguata l'utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione 
dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato. 
10. Sussistono giusti motivi per la natura, la rilevanza e la complessit� delle problematiche 
trattate, per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione. 
P.Q.M. 
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Cassazione civile, Sez. lavoro, sentenza 20 giugno 2012 n. 10127 - Pres. Vidiri, Rel. Napoletano, 
P.M. Fucci (difforme) - A.L. (avv. Pistilli) c. Min. Istruzione, Universit� e Ricerca 
(avv. Stato Varone). 
(...) 
Svolgimento del processo 
1. La Corte di Appello di Perugia, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda 
di A.L., proposta nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Universit� e della Ricerca, 
avente ad oggetto la conversione in contratto a tempo indeterminato della successione dei 
contratti a tempo determinato in precedenza stipulati con il detto Ministero per lo svolgimento 
di mansioni inerenti il settore scolastico ovvero, in via subordinata, la condanna del prefato 
Ministero al risarcimento del danno subito da quantificarsi in Euro 5000,00 per ogni anno di 
lavoro svolto. 
2. La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, premesso che il complesso 
della normativa regolante i contratti a termine del comparto scolastico -costituita in particolare 
dal D.Lgs. n. 297 del 1994 e dalla L. n. 124 del 1999 e da tutte le successive fonti regolamentari 
e collettive- non era stato abrogato o modificato, stante la sua specialit�, dal D.Lgs. n. 
165 del 2001 (norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche 
amministrazioni) e dal D.Lgs. n. 368 del 2001 (disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), 
riteneva che il divieto di conversione del contratto a tempo determinato stabilito 
- D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 36, comma 2, - in via generale per il pubblico impiego operava 
anche per lo specifico settore della scuola. 
Tale divieto, secondo la Corte territoriale, trovava giustificazione nella riserva sancita, dall'art. 
97 Cost., comma 2, dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazione mediante concorso 
che non contrastava con la disciplina comunitaria contenuta nella direttiva del Consiglio 
dell'Unione Europea del 28 giugno 1999 n. 70 -emanata in attuazione dell'accordo quadro sui 
contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999- non prevedendo tale accordo, quale 
unica sanzione dell'illegittima successione di contratti a termine, la conversione del rapporto 
a tempo indeterminato. 
3. Tanto premesso la Corte di Appello rilevava che, stante la ritenuta inapplicabilit� della disciplina 
di cui al citato D.Lgs. n. 368 del 2001, oggetto dell'indagine era quello di accertare 
se la Pubblica Amministrazione, nella stipulazione di una serie di contratti di lavoro, aveva 
dato luogo ad un abuso dello strumento delle assunzioni a termine con conseguente diritto 
del lavoratore, alla stregua della richiamata direttiva, al risarcimento del danno. 
4. L'indagine, secondo la Corte territoriale, portava ad escludere un tale abuso. Infatti, osservava 
la predetta Corte, da un punto di vista generale era indubitabile che le assunzioni a tempo 
determinato nel settore scolastico, tenuto conto delle ragioni del contenimento della spesa 
pubblica, erano finalizzate ad assicurare, a fronte di una certa variabilit� del numero degli 
utenti, la costante erogazione del servizio scolastico. Ma anche avuto riguardo alla disciplina 
del settore, per la Corte del merito, doveva escludersi un abuso del ricorso ai contratti a termine. 
Invero, precisava la Corte distrettuale, il ricorrente aveva avuto supplenze annuali su 
organico di fatto -ossia posti non vacanti ma di fatto disponibili-, seguite, con intervallo di 
due mesi, da supplenze temporanee in sostituzione di personale assente, cui erano succedute, 
infine, supplenze su organico di diritto -cio� posti disponibili e vacanti- espletate presso molteplici 
scuole. 
5. Per inciso, annotava la Corte di appello, si trattava, comunque, di contratti stipulati ai sensi 
di specifica disciplina che conteneva in s� l'enunciazione, sia pure con una valutazione com-
CONTENZIOSO NAZIONALE 157 
piuta ex ante, delle ragioni organizzative poste a fondamento dell'assunzione. 
Pertanto, anche in ipotesi di applicabilit� del D.Lgs. n. 368 del 2001 non poteva ritenersi l'illegittimit� 
delle assunzioni per l'omessa indicazione delle ragioni organizzative, tecniche e 
produttive che erano destinate a soddisfare. 
6. Nessun abuso, in particolare, secondo la Corte del merito, era configurabile rispetto alle 
assunzioni per la sostituzione di personale assente per malattia o altra causa, con diritto alla 
conservazione del posto di lavoro, e con riguardo alle supplenze su organico di fatto, giacch� 
le esigenze da soddisfare erano effettivamente contingenti ed imprevedibili e tali di per s� da 
far escludere una condotta abusiva. 
7. Analogamente la Corte territoriale escludeva la configurabilit� di qualsivoglia abuso con 
riferimento alle assunzioni per supplenze su organico di diritto e tanto in considerazione, e 
delle ragioni obiettive sottese a tali assunzioni, e della circostanza che ciascun incarico era 
svincolato dai precedenti, di cui non costituiva n� proroga n� prosecuzione, non senza tener 
conto che l'amministrazione non poteva scegliere liberamente il lavoratore con cui stipulare 
il contratto dovendosi attenere alle graduatorie permanenti provinciali per gli incarichi su organico 
di diritto, o, per le supplenze su organico di fatto o temporaneo, alle graduatorie interne 
o d'istituto. 
8. Avverso questa sentenza A.L. ricorre in cassazione sulla base di due censure, specificate 
da memoria. 
9. Resiste con controricorso il Ministero intimato che deposita, altres�, memoria illustrativa. 
Motivi della decisione 
10. Con la prima censura il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del considerando 
n. 16, dell'art. 2, della Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999; nonch� 
del preambolo (commi 2, 3 e 4, dei punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della 
clausola 1, letta B), della clausola 2, punto 1), della clausola 5, punto 1), dell'Accordo Quadro 
CES-UNICE- CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito ed allegato 
alla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE; ed, infine, del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 4,5 
(commi 4 e 4 bis), 10, 11, anche in combinato disposto con la L. 4 giugno 1999 n. 124, art. 4. 
11. Sostiene il ricorrente che la L. n. 124 del 1999 sui contratti a termine del comparto scuola 
� stata, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, abrogata dal D.Lgs. n. 368 
del 2001 sui contratti a termine essendo la prima disciplina incompatibile con la seconda e 
non rientrando la L. n. 124 tra quelle menzionate nel D.Lgs. n. 368, art. 10. 
12. Argomenta, poi, il ricorrente che, comunque, la menzionata L. n. 124 del 1999 non � conforme 
al diritto comunitario e tanto, tra l'altro, in considerazione del rilievo che l'Amministrazione 
� perfettamente a conoscenza delle proprie esigenze di organico, sicch� non vi sono 
ragioni obiettive per la giustificazione dei rinnovi dei contratti a termine, n� limitazioni alle 
ripetizioni atteso che i posti sono dichiaratamente vacanti. 
13. Richiama, inoltre, il ricorrente le sentenze M. e V. relative ai contratti a termine del comparto 
sanit� nonch� A.. 
14. Sottolinea che nel comparto scuola sono possibili reiterazioni ventennali e addirittura trentennali. 
15. Contesta, infine, il ricorrente la ritenuta imprevedibilit� delle esigenze e chiede porsi questione 
pregiudiziale alla Corte di Giustizia in punto di compatibilit� tra la disciplina nazionale 
di cui alla L. n. 124 del 1999 e la Direttiva Comunitaria denunciata. 
16. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 
30 marzo 2001, n. 165, art. 36, anche in relazione al considerando n. 16, dell'art. 2, della Direttiva
158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999; nonch� del preambolo (commi 2, 3 e 4, dei 
punti 6, 7, 10 delle considerazioni generali, della clausola 1, letta B), della clausola 2, punto 1), 
della clausola 5, punto 1), dell'Accordo Quadro CES-UNICE- CEEP sul lavoro a tempo determinato 
del 18 marzo 1999, recepito ed allegato alla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE; nonch� 
ancora del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 4, art. 5, commi 4 e 4 bis), artt. 10, 11. 
17. Deduce, in sintesi, il ricorrente a supporto del motivo in esame - ed a confutazione della 
tesi espressa dalla Corte del merito circa l'inapplicabilit� nel settore pubblico della conversione 
del contratto a tempo indeterminato in caso di abuso del ricorso ad assunzioni a termine- che 
questa Corte di cassazione con sentenza n. 9555 del 2010 ha applicato -nel caso di dipendenti 
INAIL addetti alla custodia di stabili- la sanzione della conversione. 
18. I due motivi, in quanto strettamente connessi dal punto di vista logico-giuridico, vanno 
trattati unitariamente. 
19. Rileva, preliminarmente, la Corte che deve ritenersi oramai, principio di diritto vivente, 
nella giurisprudenza di legittimit�, l'affermazione secondo la quale il D.Lgs. n. 165 del 2001 
riconosce la praticabilit� del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto 
di lavoro pubblico valorizzando il ruolo della contrattazione collettiva con l'attribuire alla 
stessa di una pi� accentuata rilevanza rispetto al passato e prevede, in caso di violazione di 
norme imperative in materia, un proprio e specifico regime sanzionatorio costituito dal diritto 
del lavoratore al risarcimento del danno (Cass. 20 marzo 2012 n. 4417, Cass. 31 gennaio 2012 
n. 392, Cass. 15 giugno 2010 n. 14350 e Cass. 7 maggio 2008 n. 11161). 
20. Principio quest'ultimo non contrastante con la direttiva 1999/70/CE, in quanto idoneo a 
prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della pubblica amministrazione 
e che � consequenziale alla configurazione come regolamentazione speciale ed 
alternativa a quella prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001 relativa alla disciplina generale del 
contratto a termine (per tutte V. ordinanza 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato, punto 40, 
e giurisprudenza comunitaria conforme ivi richiamata, secondo cui la clausola 5 dell'accordo 
quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso 
abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda 
che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o 
con un datore di lavoro del settore pubblico). 
21. Nella materia di cui trattasi, invero, tale speciale regolamentazione propria del settore 
pubblico non pu� ritenersi abrogata da quella stabilita in via generale dal richiamato D.Lgs. 
n. 368 del 2001 stante l'immanenza della regola lex posterior generalis non derogat legi priori 
speciali (Cass. 31 gennaio 2012 n. 392 cit.). 
22. N� contrasta con siffatto principio il precedente di questa Corte, di cui alla sentenza del 
22 aprile 2010 n. 9555, secondo il quale la deroga alla sanzione della conversione del contratto 
a termine in rapporto a tempo indeterminato, prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, trova applicazione 
per i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni diversi da quelli di vigilanza 
e custodia. 
23. Tale asserzione, infatti, si basa fondamentalmente sulla considerazione che, come gi� sancito 
da questa Corte (sent. 3 agosto 1990 n. 7774), il rapporto fra l'INAIL ed i portieri addetti 
alla vigilanza e custodia di edifici di propriet� del primo, pur essendo di pubblico impiego, � 
disciplinato, nel suo contenuto, da un contratto collettivo di natura privatistica che lo sottrae 
all'operativit� della legge sul parastato (n. 70 del 1975), per effetto del successivo D.P.R. n. 
411 del 1976, che disciplina il rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici e non sul 
presupposto secondo cui la relativa instaurazione non avviene mediante pubblico concorso e
CONTENZIOSO NAZIONALE 159 
neppure tramite particolari procedure selettive. Quest' ultimo rilevo, invero � utilizzato, nella 
struttura argomentativa della Corte, al solo fine di rafforzare la rilevata regolamentazione sostanzialmente 
"privatistica", del rapporto in parola. 
D'altro canto il giudice delle leggi, nella sentenza 27 marzo 2003 n. 89, nel giudicare la norma 
di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 cit., art. 36, comma 2, conforme ai parametri costituzionali, 
sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost., ha sottolineato che il principio dell'assunzione dei pubblici dipendenti 
mediante concorso, posto a presidio delle esigenze di imparzialit� e buon andamento 
dell'amministrazione, rende di per s� palese la non omogeneit� delle situazioni poste a confronto 
e giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme imperative 
riguardanti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori da parte della P.A. conseguenze di carattere 
esclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione in rapporto a tempo indeterminato prevista 
per i lavoratori privati. N� la scelta operata dal legislatore, ha sottolineato il predetto 
giudice, contrasta con il canone della ragionevolezza, in quanto la stessa norma costituzionale 
individua appunto nel concorso lo strumento di selezione del personale, in linea di principio, 
pi� idoneo a garantire l'imparzialit� e l'efficienza della P.A. Del resto, mirando il concorso a 
selezionare tra i concorrenti quelli che possiedono in misura maggiore i requisiti attitudinali 
e professionali richiesti, non � irragionevole la norma che tuteli i vincitori in modo diverso 
dai concorrenti che, pur non essendone privi, tuttavia non hanno dimostrato di possedere un 
uguale grado di preparazione. 
24. Tanto precisato osserva il Collegio che, per quanto attiene il comparto della scuola, il 
citato D.Lgs. n. 165 del 2001 sancisce, all'art. 70, comma ottavo che "Sono fatte salve le procedure 
di reclutamento del personale della scuola di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 e 
successive modificazioni ed integrazioni". 
25. Da ci� consegue, sulla base coordinamento delle previsioni di cui al richiamato D.Lgs. n. 
165 del 2001, che il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al D.Lgs. n. 
297 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, � escluso dall'ambito di applicazione 
della normativa dei contratti a termine prevista per i lavoratori privati. 
26. Rilevano, in particolare, ai fini di cui trattasi, la prima parte dell'art. 2, comma 2 -il quale 
stabilisce che " I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati 
dalle disposizioni del capo 1, titolo 2, del libro 5 del codice civile e dalle leggi sui 
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel 
presente decreto"-, e l'art. 36 -il quale, come detto, riconosce la praticabilit� del contratto a 
termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico rimettendo ai contratti 
collettivi nazionali la previsione della relativa disciplina "in applicazione di quanto previsto 
dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dal D.L. 30 
ottobre 1984. n. 726, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, 
dal D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16, convertito con modificazioni, dalla L. 19 luglio 
1994, n. 451, dalla L. 24 giugno 1997, n. 196, nonch� da ogni successiva modificazione o integrazione 
della relativa disciplina"-. 
27. Tanto determina che la disciplina sul reclutamento del personale assunto a termine del cd. 
settore scolastico, ex D.Lgs. n. 297 del 1994, non pu� ritenersi abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 
2001. 
28. Quest'ultimo provvedimento legislativo, infatti, costituisce una "successiva" modificazione 
o integrazione della disciplina sul contratto a termine in generale rispetto alla quale vi � la 
specifica e generale previsione di esclusione, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, ex comma 
8, che vale a conferire, altres�, alla normativa relativa al reclutamento in parola il connotato
160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di specialit� rispetto alla legge in generale, s� da escluderne ogni incidenza da parte di successivi 
interventi legislativi di tal genere. 
29. Ci�, tra l'altro, corrisponde al principio, immanente del nostro ordinamento giuridico secondo 
il quale lex posterior generalis non derogat legi priori speciali (V. per tutte Cass. 31 
gennaio 2012 n. 392 cit.). 
30. N� pu� sottacersi al riguardo che la gi� evidenziata specialit� della normativa sul reclutamento 
del personale nel settore della scuola che giustifica -come rilevato- la sua assoluta "impermeabilit�" 
alla disciplina del D.Lgs. n. 368 del 2001, si manifesta anche con riferimento a 
tutti i restanti settori della pubblica amministrazione, nei quali i contratti di lavoro a termine 
assumono caratteri differenziati da quelli riscontrabili nell'ambito del personale scolastico, in 
cui le peculiari finalit� ad essi sottese -oltre ad escludere la conversione a tempo indeterminato- 
portano ad escludere la stessa configurabilit� di un abuso del diritto nei termini patrocinati 
dal ricorrente. 
31. A diverse conclusioni non pu� indurre neanche il D.L. n. 70 del 2011, art. 9 convertito in 
L. n. 106 del 2011, il quale, con il comma 18, ha aggiunto, al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, 
il comma 4 bis secondo il quale: "Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui alla L. 27 
dicembre 1997, n. 449, art. 40, comma 1, e successive modificazioni, alla L. 3 maggio 1999, 
n. 124, art. 4, comma 14 bis, e al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 6, comma 5, sono altres� 
esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il 
conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessit� di garantire 
la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza 
temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed 
anche determinato. In ogni caso non si applica l'art. 5, comma 4 bis, del presente decreto". 
32. Trattasi, invero, di esplicitazione di un principio che, in quanto gi� enucleabile, alla stregua 
di quanto in precedenza rimarcato, dal precedente sistema, non ha comportato alcuna innovazione 
e risponde, piuttosto, all'esigenza, avvertita dal legislatore, di ribadire, a fronte del proliferare 
di controversie sulla illegittimit� delle assunzioni a termine nel settore in parola, di una 
regula iuris gi� insita nella legislazione concernente la cd. privatizzazione del pubblico impiego. 
33. E che il suddetto art. 9 non pu� che aver valore d'interpretazione autentica, per rendere 
chiaro ed espresso quello che s� evinceva dal precedente sistema normativo, deve ritenersi 
certo perch� se si dovesse diversamente interpretare, nel senso di consentire la conversione 
del contratto a termine in contratto a tempo determinato con il conseguente riconoscimento 
del risarcimento dei danni, si finirebbe per legittimare una totale disapplicazione del D.Lgs. 
n. 165 del 2001 con riferimento al personale della scuola. 
34. Per di pi� si determinerebbe una violazione dei criteri di efficienza per incidere sugli organici 
del personale della scuola e sulla complessa amministrazione del settore e, conseguentemente, 
penalizzando il merito e gli altri principi posti a fondamento del rapporto di pubblico 
impiego, nel cui ambito va collocato (con riferimento alle finalit� perseguite dalle disposizioni 
di cui al citato D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 4, 5 e 10) il detto personale. 
Ed, infine, si finirebbe per attribuire illogicamente alla suddetta norma una portata priva di 
razionalit� ed al di fuori di una logica di sistema. Nel momento in cui attraverso il collegato 
lavoro (di cui alla L. 4 novembre 2010 n. 183), si andava ad incidere in senso riduttivo sul risarcimento 
del danno nello stesso tempo si sarebbe, infatti, esposta la pubblica amministrazione 
ad uno sforamento di bilancio, assicurando al personale della scuola un trattamento 
diverso e, sotto pi� versanti, maggiormente favorevole rispetto agli altri dipendenti pubblici, 
sia sul piano delle condizioni della trasformazione in contratto a tempo indeterminato, sia su
CONTENZIOSO NAZIONALE 161 
quello risarcitorio (cfr. Cass. 29 febbraio 2012 n. 3056, sulla interpretazione dello ius supervenines 
L. n. 183 del 2010, ex art. 32, commi, 5, 6, 7sebbene la stessa riconosca che il risarcimento 
configuri una sorta di penale ex lege da assicurarsi in ogni caso e senza necessit� di 
prova del lavoratore). 
35. Tanto precisato mette conto di rilevare che lo speciale regime del reclutamento del personale 
scolastico cd. precario si articola in un sistema di supplenze regolato dalla L. n. 124 del 
1999 cit., art. 4, che ai primi tre commi, testualmente, dispone: "1. Alla copertura delle cattedre 
e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 
31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non 
sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali 
o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e semprech� ai posti medesimi non 
sia stato gi� assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento 
di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione 
di personale docente di ruolo. 2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di 
insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e 
fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee 
fino al termine delle attivit� didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze 
temporanee fino al termine delle attivit� didattiche per la copertura delle ore di 
insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3. Nei casi diversi da 
quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee". 
36. I criteri in base ai quali sono conferite le supplenze annuali sono precisati dai successivi 
commi 6 e 7 i quali stabiliscono,ai fini dei successivi regolamenti da adottarsi con D.M.- poi 
emanati con i D.M. n. 201 del 2000, D.M. n. 131 del 2007 e D.M. n. 430 del 2000-, rispettivamente, 
che: "per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino 
al termine delle attivit� didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all'art. 401 
del testo unico, come sostituito dall'art. 1, comma 6 della presente legge" (comma 6); "per il 
conferimento delle supplenze temporanee di cui al comma 3 si utilizzano le graduatorie di 
circolo o di istituto. I criteri, le modalit� e i termini per la formazione di tali graduatorie sono 
improntati a principi di semplificazione e snellimento delle procedure con riguardo anche all'onere 
di documentazione a carico degli aspiranti" (comma 7). 
37. L'art. 399 del T.U., di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, cos� come modificato dalla L. n. 124 
del 1999, rubricato "Accesso ai ruoli", poi, testualmente dispone, ai primi due commi, che: 
"1. L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, 
ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine 
annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, 
attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'art. 401. 2. Nel caso in cui la graduatoria di 
un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno 
ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno 
reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva". 
38. Ed ancora l'art. 401 - rubricato "graduatorie permanenti" stabilisce ai primi due commi 
che: "1. Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola 
materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, sono trasformate 
in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui all'art. 399, 
comma 1. 2. Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con 
l'inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso regionale per titoli 
ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei docenti che hanno
162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente 
all'inserimento dei nuovi aspiranti � effettuato l'aggiornamento delle posizioni 
di graduatoria di coloro che sono gi� compresi nella graduatoria permanente". La L. n. 
296 del 2006, art. 1, comma 605, lett. e), ha, infine, trasformato le graduatorie permanenti in 
graduatorie ad esaurimento. 
39. Da questo articolato normativo emerge, innanzitutto, che il legislatore ha mantenuto, per 
quanto attiene il reclutamento del personale, il sistema del doppio canale (V. per la disciplina 
previgente il D.L. n. 357 del 1989, convertito in L. n. 417 del 1989, nonch� la L. n. 1074 del 
1971, L. n. 477 del 1973, L. n. 463 del 1978, L. n. 270 del 1982, L. n. 326 del 1984, e L. n. 
246 del 1988) in virt� del quale l'accesso ai ruoli avviene per il 50 per cento dei posti mediante 
concorso per titoli ed esami (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399) e, per il restante 50 per cento, 
attingendo dalle graduatorie permanenti (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 400 cit.). 
40. Scopo di tali graduatorie permanenti � quello precipuo, come rilevato dalla Corte Costituzionale 
nella sentenza n. 41 del 2011, d'individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le 
supplenze secondo il criterio di merito al fine di assicurare la migliore formazione scolastica. 
41. N� il sistema di reclutamento in parola si pone in contrasto con l'art. 97 Cost., disponendo 
questo, al comma 3 che "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante 
concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" (V. Corte cost. n. 89 del 2003 cit.). 
42. Emerge, altres�, dal contesto normativo in esame, che il sistema delle graduatorie permanenti 
-ora ad esaurimento- � funzionalizzato non solo alla garanzia della migliore formazione 
scolastica, ma anche al rispetto della posizione acquisita in graduatoria la quale, progredendo 
anche in relazione all'assegnazione delle supplenze (V. D.M. citati in particolare il n. 201 del 
2000), garantisce l'immissione in ruolo. 
43. In altri termini il conferimento dell'incarico di supplenza, specie quello annuale, � il veicolo 
attraverso il quale l'incaricato si assicura l'assunzione a tempo indeterminato in quanto, man 
mano che gli vengono assegnati detti incarichi, la sua collocazione in graduatoria avanza e, 
quindi, gli permette l'incremento del punteggio cui � correlata l'immissione in ruolo ex art. 
399 del T.U. di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994 cit.. 
44. Inoltre, ed � bene sottolinearlo, la formazione della graduatoria permanente ovvero di circolo 
o istituto � ancorata a rigidi criteri oggettivi (D.M. citati in precedenza ed in particolare 
il D.M. n. 201 del 2000) che costituiscono attuazione, come sottolineato da questa Corte (sent. 
22 marzo 2010 n. 6851), del principio generale secondo il quale l'assunzione dei dipendenti 
pubblici, anche non di ruolo, deve avvenire secondo procedure sottratte alla discrezionalit� 
dell'amministrazione (art. 97 Cost., D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, la cui violazione � sanzionata 
con la nullit� del contratto di lavoro (Cfr.: Cass. 7 maggio 2008, n. 11161). 
45. Il sistema delle supplenze in parola rappresenta, pertanto, sotto il profilo in esame, un percorso 
formativo-selettivo, volto a garantire la migliore formazione scolastica, attraverso il 
quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virt� di un sistema alternativo a 
quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca "specialit� e 
completezza" il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico. 
46. N� pu� sottacersi come il sistema in esame risponda anche all'esigenza di parametrare 
nella scuola una flessibilit� in entrata che comporta una situazione di precariet�, bilanciata, 
per�, ampiamente da una sostanziale e garantita (anche se in futuro) immissione in ruolo che, 
per altri dipendenti del pubblico impiego � ottenibile solo attraverso il concorso e per quelli 
privati pu� risultare di fatto un approdo irraggiungibile. Ci� ha portato autorevole dottrina a 
parlare nella materia scrutinata di una tipologia di flessibilit� atipica destinata a trasformarsi
CONTENZIOSO NAZIONALE 163 
in una attivit� lavorativa stabile. 
47. Per di pi� a tale sistema di reclutamento non sono certo estranee indifferibili esigenze di 
carattere economico che impongono -in una situazione di generale crisi economica e di deficit 
di bilancio facenti parte del notorio- risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento 
in esame, come detto, una seria prospettiva del riconoscimento di un lavoro a tempo 
indeterminato pur in assenza di alcuna legge di carattere costituzionale o comunitario capace 
di garantire, anche in presenza di un effettivo abuso di successione di contratti a termine, un 
rapporto a tempo indeterminato e pur avendo la Corte Costituzionale reiteratamente affermato 
che "resta affidata alla discrezionalit� del legislatore la scelta dei tempi e dei modi di attuazione 
della garanzia del diritto al lavoro" (tra le altre, sentenza 13 ottobre 2000 n. 419 e pi� di recente 
Corte Cost. 9 novembre 2011 n. 303). 
48. E nella stessa direzione � opportuno da un lato rimarcare che - come ha osservato il giudice 
delle leggi- la politica del reclutamento del personale presso le amministrazioni dello Stato � 
dettata in conformit� del contenimento della spesa pubblica perch� l'assunzione di nuovo personale 
e le disponibilit� economiche dello Stato devono adeguarsi al "principio di coordinamento 
della finanza pubblica" (Cfr. Corte Cost. 17 dicembre 2004 n. 300), e dall'altro ricordare 
che, come � noto, la giurisprudenza comunitaria ha pi� volte evidenziato che nella determinazione 
della portata applicativa delle direttive un accentuato rilievo va dato alle esigenze di 
bilancio degli stati membri. 
49. Sotto diverso profilo mette conto, poi, di annotare che il sistema in esame �, altres�, oggettivamente 
funzionalizzato alla esigenza di sopperire alla necessit� della copertura dei posti di 
insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre 
(L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1 cit.), ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non 
vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre (L. n. 124 del 1999, 
art. 4, comma 2 cit.), ovvero ancora ad altre necessit� quale quella di sostituire personale assente 
con diritto alla conservazione del posto di lavoro (L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 3 cit.). 
50. Tanto in ragione, fatte salve le "altre necessit�", della discrasia tra l'organico di fatto -ossia 
quello che si forma all'interno dell'Istituto scolastico all'inizio dell'anno scolastico e a seguito 
della popolazione scolastica che risulta iscritta- e l'organico di diritto -costituito dall'insieme 
del corpo docente e/o del personale ATA che il Ministero assegna ad un determinato Istituto 
scolastico in base alla popolazione scolastica che istituzionalmente dovrebbe essere iscritta 
presso quell'istituto. 
51. Risulta confermato, pertanto, che il descritto quadro normativo rappresenta un insieme di 
fonti che valgono, per la loro completezza, organicit� e funzionalizzazione, a costituire un corpus 
speciale autonomo disciplinante la materia del reclutamento del personale in ordine al quale, 
non trovando applicazione, come innanzi rilevato, il D.Lgs. n. 368 del 2001 - emanato in attuazione 
della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso 
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES - va verificata la conformit� alla detta direttiva. 
52.A tal fine va tenuto conto che, secondo giurisprudenza comunitaria, nell'applicare il diritto 
interno, i giudici nazionali devono interpretarlo, per quanto possibile, alla luce del testo e 
dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi, 
pertanto, all'art. 249, comma 3, CE (V., sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite da C 
397/01 a C 403/01, Pfeiffer e a., punto 113, e giurisprudenza ivi citata, nonch� sentenza 4 luglio 
2006 C-212/04, Adeneler, punto 108). 
53. Non senza considerare che tale obbligo di interpretazione conforme riguarda l'insieme 
delle disposizioni del diritto nazionale, sia anteriori sia posteriori alla direttiva di cui trattasi
164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
(V., �n particolare, sentenze 13 novembre 1990, causa C 106/89, Marleasing, punto 8, e Pfeiffer 
e a., cit., punto 115). 
54. Tanto precisato deve ribadirsi, in primo luogo, che l'accordo quadro di cui alla Direttiva 
del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 non stabilisce le condizioni precise in base 
alle quali si pu� far ricorso al contratto a tempo determinato. 
55. �', infatti, sancita soltanto l'adozione, qualora il diritto nazionale non preveda norme equivalenti, 
di almeno una delle misure in essa enunciate, che attengono, rispettivamente, a ragioni 
obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima 
totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi 
ultimi, pur restando fermo che gli Stati membri sono tenuti, in generale, nell'ambito della libert� 
che viene loro riservata dall'art. 249, comma 3, Trattato CEE, a scegliere le forme e i 
mezzi idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive (V. sentenza 4 luglio 2006 
C-212/04, Adeneler cit. punto 65 e sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk punto 26 e 
giurisprudenza ivi citata, nonch�: Cass. 21 maggio 2008 n. 12985). 
56. Secondo conforme giurisprudenza comunitaria la nozione di "ragioni obiettive", ai sensi 
della clausola 5, punto 1, lett. a), dell'accordo quadro, deve essere intesa nel senso che si riferisce 
a circostanze precise e concrete caratterizzanti una determinata attivit� e, pertanto, tali 
da giustificare in questo particolare contesto l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato 
successivi. 
57. Tali circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni 
per l'espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti 
a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalit� di politica sociale 
di uno Stato membro. 
58. Per contro, una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale e 
astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a 
tempo determinato successivi non soddisfarebbe i requisiti precisati nei due punti precedenti. 
Infatti, una siffatta disposizione, di natura meramente formale e che non giustifica in modo 
specifico l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi con l'esistenza 
di fattori oggettivi relativi alle caratteristiche dell'attivit� interessata e alle condizioni del suo 
esercizio, comporta un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti 
e non � pertanto compatibile con lo scopo e l'effettivit� dell'accordo quadro (sentenza 4 
luglio 2006 C-212/04, Adeneler cit. punti da 69 a 72 nonch� sentenza 28 aprile 2009 C- 370/07 
Angelidaki punti 101 e segg.). 
59. Alla luce della richiamata giurisprudenza comunitaria ritiene questa Corte che il corpus 
normativo disciplinate il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a 
tempo determinato in relazione alla oggettiva necessit� di far fronte, con riferimento al singolo 
istituto scolastico - e, quindi, al caso specifico-, alla copertura dei posti di insegnamento che 
risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura 
dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data 
del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessit� quale quella di sostituire personale assente 
con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete 
caratterizzanti la particolare attivit� scolastica costituisce "norma equivalente" alle misure di 
cui alla clausola 5 n. 1, lett. da A) a C) dell'accordo quadro secondo quanto indicato dalla sentenza 
28 aprile 2009 C-370/07 Angelidaki cit.. 
60. Rileva, altres�, ai fini di cui trattasi, -e con riferimento alle fattispecie regolate dal primo 
e dalla L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 2 cit.- quale fattore oggettivo, relativo all'attivit�
CONTENZIOSO NAZIONALE 165 
scolastica, lo stretto collegamento tra la necessit� di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione 
in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica. 
61. N� pu� non considerarsi che, come in precedenza rimarcato, il sistema delle graduatorie 
per garantire l'oggettivit� della scelta dell'incaricato, la migliore formazione scolastica (Corte 
cost. n. 41 del 2011 cit.) e la stessa immissione in ruolo dell'incaricato -la cui posizione in 
graduatoria progredisce, in ragione dell'assicurato diritto di precedenza, in funzione del numero 
delle supplenze- comporta necessariamente la reiterazione degli incarichi che, pur tuttavia, 
come osservato, rimangono temporanei e collegati ciascuno alla specifica e precisa 
esigenza del singolo istituto scolastico. 
62. Al riguardo va ricordato che la direttiva n. 70 del 1999 guarda alla successione di pi� contratti 
di rapporti di lavoro a tempo determinato come potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori 
dipendenti s� da richiedere apposite disposizioni di tutela minima (dirette ad evitare la 
"precarizzazione" della situazione dei lavoratori suddetti), identificabili non di certo in norme 
legali o regolamentari limitate ad autorizzare - in modo generale ed astratto il ricorso a ripetuti 
contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk, punto 28, 
e sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit., punto 97). Il fatto che i contratti di lavoro 
a tempo indeterminato costituiscano la forma comune dei rapporti di lavoro, non esclude per� 
che i contratti di lavoro a tempo determinato possano rappresentare una caratteristica dell'impiego 
in alcuni settori e per determinate occupazioni e attivit�, sicch� viene lasciato agli Stati 
membri una certa discrezionalit� nello stabilire le condizioni precise alle quali si pu� fare uso 
di questi contratti (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk, cit. punto 52; sentenza 4 luglio 
2006 C-212/04, Adeneler, cit. punto 91; sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04, M. e S., 
punto 47; sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit. punti 145 e 183). 
63. � corollario di quanto ora detto che spetta al giudice nazionale di valutare se in concreto 
l'impiego di un dipendente per un lungo periodo di tempo in forza di ripetuti e numerosi contratti 
sia rispettosa della clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro (sentenza 26 gennaio 2012 
C-586/10 Kucuk, cit. punto 55), che deve ritenersi, nel caso di specie, rispettata perch� il reiterarsi 
degli incarichi, come rilevato -ma � opportuno ribadirlo- risponde ad oggettive, specifiche 
esigenze, a fronte delle quali non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica 
amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa che 
ne regola l'assegnazione. 
64. Alla stregua delle esposte considerazioni ritiene questa Corte che la specifica disciplina 
del reclutamento del personale scolastico, ed in particolare quella relativa al conferimento 
delle supplenze, � conforme alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro di cui alla Direttiva 
del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e costituisce, quindi, " norma equivalente". 
65. Premesso che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia � ammesso soltanto ove al giudice 
nazionale si ponga un dubbio relativo alla interpretazione e all'applicazione delle norme 
comunitarie, ma non nel caso in cui a questi si ponga l'opposto problema di interpretare la 
norma interna al fine di verificarne la compatibilita con la normativa comunitaria (V. sentenza 
17.6.1999 C. 295/97 Piaggio Spa, nonch�: Cass. 22 settembre 2006 n. 20708 e Cass. 15 maggio 
2007 n. 11125), osserva il Collegio che la rilevata esistenza di molteplici conformi pronunce 
della Corte di giustizia delle Comunit� Europee sull'interpretazione della norma 
comunitaria di cui trattasi (V. tutta la uniforme giurisprudenza comunitaria citata nei precedenti 
punti da 54 a 59 e da 62 a 63) induce a ritenere che si � in presenza di un acte claire. Questo 
come tale, quindi, - non lasciando spazio ad alcun ragionevole dubbio sulla esegesi della di-
166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
rettiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, 
dal CEEP e dal CES - non impone al presente giudice di ultima istanza l'obbligo di 
rinviare, in via pregiudiziale, alla predetta Corte di Giustizia la questione d'interpretazione 
della richiamata norma comunitaria (Cfr. sentenza 6 ottobre 1982, C-283/81, Cilfit nonch� 
Corte EDU sentenza 20 settembre 2011, ric. nn. 3989/07 e 38353/07, Ullens de Schooten e 
Rezabek nonch�, per tutte e da ultimo, Cass. 26 marzo 2012 n. 4776). 
66. Del resto che il rinvio pregiudiziale non debba essere disposto allorquando la lettura delle 
direttive comunitarie consenta al giudice nazionale di accertare -attraverso una documentata, 
ragionata e poi motivata attivit� ermeneutica- la loro piena compatibilita con le norme interne, 
risponde al principio ora costituzionalizzato del processo "giusto" e di "ragionevole durata" 
(art. 111 Cost., commi 1 e 2) dal momento che un ricorso "disinvolto" alla pregiudizale - perch� 
non sorretto da una congrua e doverosa riflessione ed attenzione - potrebbe, in assenza di un 
ragionevole dubbio sulla esegesi delle suddette direttive, finire per determinare, oltre che pregiudizievoli 
ricadute sul versante socio-economico, anche alti costi privi di giustificazione. 
67. Dei principi sopra enunciati la sentenza impugnata ha fatto, dunque, corretta applicazione 
per avere osservato che, nel caso di specie, non � ontologicamente configurabile quell'abuso 
di diritto ritenuto sanzionabile dalla direttiva e dalla giurisprudenza comunitaria in quanto le 
ragioni che stanno alla base dei contratti a termine assumono una "oggettiva portata" per riguardare 
situazioni fattuali rispetto alla quali non � lasciata alcuna discrezionalit� alle autorit� 
scolastiche le quali non possono esimersi dall'individuare i soggetti destinatari di tali contratti 
nel rigoroso rispetto della normativa regolante la materia. 
68. La Corte territoriale ponendosi infatti -come espressamente rimarca in continuit� con un 
indirizzo della giurisprudenza di merito- ha sostanzialmente messo in rilievo che la successione 
di una pluralit� di contratti a tempo determinato, attraverso la quale si succedono le supplenze 
annuali e quelle temporanee - sia per la copertura di posti non vacanti e di fatto 
disponibili sia per la sostituzione del personale assente per congedo, aspettativa, congedo 
ecc.-, non concretizza di certo in alcun modo l'abuso ai danni dei lavoratori contemplato dalla 
direttiva comunitaria perch� una siffatta successione � funzionalizzata a ragioni - � bene ripeterlo 
- di natura obiettiva, come quelle di assicurare la continuit� nel servizio scolastico - 
obiettivo di rilevanza costituzionale- a fronte di eventi contingenti, variabili ed in definitiva 
imprevedibili, non solo nelle loro concrete ricadute a livello territoriale per la popolazione 
scolastica interessata, ma anche nella collocazione temporale. 
69. Per concludere, quindi, la sentenza impugnata - essendo pervenuta, sia pure con motivazione 
parzialmente diversa, ad analogo risultato - va confermata previo l'esercizio dei poteri 
correttivi di cui all'art. 384 c.p.c., u.c.. 
70. Con riferimento, poi, alla domanda del ricorrente a vedersi riconoscere il diritto al risarcimento 
del danno subito, va affermato che la sua infondatezza � corollario della mancanza 
di un abuso del diritto nel succedersi di detti contratti. Tale conclusione, infatti, si presenta 
obbligata per ricavarsi al di l� di ogni dubbio, come in precedenza evidenziato, sia dalla normativa 
statale che da quella comunitaria la piena legittimit� del reclutamento del personale 
scolastico articolato sulla successione di pur numerosi contratti a termine, ravvisandosi un 
abuso del diritto nel caso - non ricorrente di certo nella controversia in esame - in cui si sia in 
presenza di supplenze annuali o temporanee al di fuori delle condizioni legislativamente previste 
(come, ad esempio, nel mancato rispetto delle graduatorie nella assegnazione delle supplenze), 
che rende azionabile un sistema capace - in ragione di una accentuata 
responsabilizzazione dei dirigenti pubblici e del riconoscimento del diritto al risarcimento dei
CONTENZIOSO NAZIONALE 167 
danni subiti dal dipendente - di prevenire, prima, ed eventualmente di sanzionare, poi, in forma 
adeguata, l'utilizzo abusivo da parte dei suddetti dirigenti dei contratti o dei rapporti di lavoro 
a tempo determinato (cfr. di recente sul punto: Cass. 13 gennaio 2012 n. 392 cit.). 
71. A sostegno di quanto ora detto si � puntualmente osservato in dottrina che se l'ordinamento 
ha disconosciuto, come detto, con una disposizione di rango costituzionale il diritto alla costituzione 
di un rapporto a tempo indeterminato, appare arduo poi concepire la risarcibilit� di 
un mancato diritto - quale quello richiesto volto a parametrare il risarcimento ad Euro 5.000,00 
per ogni contratto- perch� manca il presupposto stesso della tecnica risarcitoria, che � quello 
di ripristinare, attraverso la restaurazione dell'ordine giuridico violato, la situazione soggettiva 
che, garantita da una norma giuridica, venga in concreto a subire una lesione. E proprio disconoscendo 
ogni rilevanza giuridica ai periodi d'inattivit� lavorativa nel caso di succedersi 
delle supplenze questa Corte di Cassazione -seppure in una fattispecie diversa ma con qualche 
analogia con quella in esame- ha affermato che la categoria del personale supplente si caratterizza 
per un rapporto di servizio che, fondato su incarichi attribuiti di volta in volta, si interrompe 
nell'intervallo da un incarico ed un altro per cui non spettano, con riferimento al 
periodo non lavorato, gli scatti biennali (cfr. in tali sensi Cass. 8 aprile 2011 n. 8060, che 
invece ha riconosciuto detti scatti ai docenti di educazione musicale per avere visto costoro 
con apposita e specifica normativa novato il loro rapporto non di ruolo a tempo indeterminato 
sino alla successiva immissione in ruolo). 
72. All'esito delle considerazioni, sinora svolte, nelle quali rimangono assorbite tutte le ulteriori 
argomentazioni poste a base delle esaminate censure, il ricorso va, pertanto, rigettato. 
73. La novit� della questione trattata e la complessit� della materia giustificano la compensazione 
delle spese del giudizio di legittimit�.
P.Q.M. 
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimit�.
168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Argomentazioni della Cassazione sul diritto alla trascrizione di 
un atto di matrimonio/celebrato all�estero fra cittadini italiani 
dello stesso sesso(*) 
(Nota a Corte di Cassazione, Sez. I civ., sentenza 15 marzo 2012 n. 4184) 
Roberto De Felice (**) 
La vicenda processuale dei coniugi G. ed O., legittimamente tali secondo 
il diritto olandese, ma che hanno osato chiedere in Italia la trascrizione del 
loro atto di matrimonio, � approdata a conclusione � dopo quattro anni e pi� 
di attesa per il solo grado di cassazione � con la sentenza 4184/12. Sentenza 
che, va detto francamente, al di l� dell�esito, dell�indennizzo per questo immane 
ritardo che spetter� ai ricorrenti, e di ci� che si possa pensare sul merito 
della vicenda, non � una gran sentenza (1) e tradisce due contraddittorie linee 
motivazionali, e quindi un�aspra discussione in seno al Collegio. Inoltre la 
sentenza non esamina in modo compiuto le doglianze poste e contiene numerosi 
errori sostanziali che la allontanano di molto dal rigore che ci si dovrebbe 
aspettare su questioni cos� delicate. 
Si deve premettere che il decreto della Corte d�Appello di Roma � oggetto 
del ricorso per Cassazione � aveva ritenuto �inesistente� il citato matrimonio, 
e aveva altres� ritenuto che lo stesso comunque non fosse contrario all�ordine 
pubblico internazionale (che poi sarebbe stata l�unica buona ragione, ex art. 
18 DPR 396/00 (2)(3), per negare la trascrizione) (4). Tale ultima statuizione 
non � stata oggetto di ricorso incidentale (significativamente, n� da parte dell�Avvocatura 
generale, difensore del Sindaco, Ufficiale di Governo, n� da parte 
(*) Per equanimit� alle argomentazioni di questo scritto, segue - e a richiesta della Rassegna - il contributo 
dell�avv. dello Stato Vincenzo Rago. 
(**) Avvocato dello Stato. 
Con la collaborazione della dott.ssa Francesca Zambuco, praticante foresene presso l�Avvocatura 
dello Stato. 
(1) Sono assolutamente concorde con Aurelio Gentili che la ha definita un prodotto culturale 
molto discutibile. 
(2) Decreto del Presidente della Repubblica del 3 Novembre 2000 n. 396: �Regolamento per la 
revisione e la semplificazione dell�ordinamento dello stato civile, a norma dell�art. 2, comma 12, della 
legge 15 maggio 1997, n. 127�. Reperibile al seguente link: http://digilander.libero.it/ebaysf0/LEGGI/amministrativo/
dpr_396_2000_stato_civile.htm. 
(3) Articolo 18 Dpr 396/2000: �Gli atti formati all�estero non possono essere trascritti se sono 
contrari all�ordine pubblico�. 
(4) Mi permetto di rinviare al mio articolo su Persona e Danno, disponibile online, che menziona 
anche le decisioni di merito in modo dettagliato: R. DE FELICE, Diritto di famiglia e ordine pubblico internazionale, 
http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=23225&catid=112.
CONTENZIOSO NAZIONALE 169 
del Procuratore generale presso la Corte d�Appello di Roma). 
La prima � maggioritaria � linea motivazionale � una didattica congerie 
di testi normativi e giurisprudenziali, per la quale la �titolarit� del diritto alla 
trascrizione � dipende dalla soluzione della pi� generale questione � se la 
Repubblica Italiana riconosca e garantisca a persone dello stesso sesso � il 
diritto di contrarre il matrimonio� (5). 
La premessa � un errore fondamentale, che dimostra quanto il diritto internazionale 
privato (6) non sia conosciuto. A cosa serve, si chieder� retoricamente? 
Posta l�esistenza di situazioni transnazionali (un francese ed un tedesco, 
a Londra, acquistano da uno spagnolo un immobile sito a Milano) il giudice 
richiesto dell�enforcement di questo contratto, che legge deve applicare? Se 
dovesse applicare esclusivamente la propria, per la quale gli immobili vanno 
trasferiti con atti � almeno � redatti per iscritto e con la necessaria indicazione 
della conformit� del bene, nello stato attuale, alla pianta catastale, non si 
avrebbe necessit� del diritto internazionale privato, la cui funzione � precipuamente 
quella di far �circolare� norme, sentenze, provvedimenti e negozi 
giuridici da un ordinamento all�altro, con l�osservanza di precise regole e limiti. 
Infatti l�espressione �diritto internazionale privato� indica il complesso 
di norme giuridiche statali che disciplina i rapporti privatistici che presentano 
elementi di estraneit�, ovvero punti di contatto (cittadinanza, luogo di svolgimento 
del rapporto, luogo in cui si trovano i beni, etc.) con ordinamenti giuridici 
stranieri. Le norme di diritto internazionale privato si caratterizzano, 
rispetto alle altre dell�ordinamento statuale non per l�origine o la natura, per 
l�oggetto, la regolamentazione di fatti che presentano elementi di estraneit� 
rispetto allo Stato, e la funzione che, secondo l�orientamento oggi prevalente 
(7), � duplice (cd. concezione bilaterale). Esse consentono, da un lato, di delimitare 
l�ambito di applicazione del diritto interno e, dall�altro, di richiamare, 
se ne ricorrono i presupposti, le norme di diritto straniero. 
Scendendo nel caso de qua, per un matrimonio il limite alla � limitata � 
richiesta della sua trascrizione � quello della contrariet� all�ordine pubblico 
(8). Ho gi� ricordato in un precedente articolo (9) che, quando ancora il matrimonio 
in Italia era saldamente indissolubile, i giudici della Suprema Corte 
(5) Par. 2.1. 
(6) Legge 31 maggio 1985, n. 218: �Riforma del sistema italiano del diritto internazionale privato�. 
(7) Tra gli altri vd. TITO BALLARINO, Diritto internazionale privato italiano, VII edizione, Cedam, 
2011; EDOARDO VITTA, Diritto internazionale privato, I, Parte generale, Unione Tipografico � Editrice 
Torinese, 1972. 
(8) Articolo 16 l. 218/1995: Ordine pubblico �1. La legge straniera non � applicata se i suoi effetti 
sono contrari all'ordine pubblico. 2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di 
collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge 
italiana�. 
(9) Cfr. nota 4.
170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
erano unanimi nel ritenere doverosa la delibazione del divorzio di un matrimonio 
tra italiani contratto all�estero e retto da legislazione divorzista. 
Dunque, che un istituto giuridico � il matrimonio omogenerico � non sia 
previsto dalla legge italiana non � ragione sufficiente per negarne l�enforcement 
in Italia. 
Entrando nel merito delle argomentazioni addotte risulta cos� addirittura 
tedioso, all�interno di questa linea motivazionale maggioritaria, citare in sentenza 
l�art. 115 c.c. (10) e gli artt. 27 (11) e 28 (12) l. 218/95, ricordare la precedente 
giurisprudenza per cui la diversit� di sesso (presupposto dell�art. 107 
c.c. e molte altre norme) rispondente ad una �consolidata e ultramillenaria 
tradizione� (13) (ma tale era sino al 1815 anche la schiavit� (14)) � un presupposto 
del matrimonio in Italia e che �l�ordine naturale esige la diversit� 
di sesso dei nubendi�. Infatti tale affermazione � gravissima, oltre che super- 
(10) Art. 115 c.c. Matrimonio del cittadino all�estero: �Il cittadino � soggetto alle disposizioni 
contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo 
le forme ivi stabilite�. 
(11) Art. 27 l. 218/1995: Condizioni per contrarre matrimonio �1. La capacit� matrimoniale e le 
altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al 
momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia acquistato per effetto 
di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia�. 
(12) Art. 28 l. 218/1995: Forma del matrimonio �1. Il matrimonio � valido, quanto alla forma, se 
� considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi 
al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento�. 
(13) Come sottolinea M. GATTUSO in Famiglia e diritto 7/2012: �Matrimonio�, �Famiglia� e Orientamento 
sessuale: La Cassazione recepisce la �doppia svolta� della Corte europea dei diritti dell�uomo, 
la dottrina e la giurisprudenza italiane hanno indagato in vario modo la questione della tutela delle unioni 
omosessuali con conclusioni non sempre univoche rimandando sul punto ai seguenti autori per un quadro 
generale del dibattito giuridico italiano, cfr.: AA. VV., Amore civile, dal diritto della tradizione al diritto 
della ragione, a cura di De Filippis e Bilotta, Mimesis, 2010; AA.VV., Le unioni tra persone dello stesso 
sesso - Profili di diritto civile, comunitario e comparato, a cura di Bilotta, Mimesis, 2008; BONINI BARALDI, 
Le nuove convivenze tra disciplina straniera e diritto interno, Ipsoa, 2005; BONINI BARALDI, La famiglia 
degenere Matrimonio omosessualit� e costituzione, Mimesis, 2010; WINKLER e STRAZIO, L�abominevole 
diritto, Il Saggiatore, 2011; AA.VV., La �societ� naturale� ed i suoi �nemici�. Sul paradigma eterosessuale 
del matrimonio, a cura di Bin, Brunelli, Guazzarotti, Pugiotto, Veronesi, Giappichelli, 2010; AA.VV., 
Unioni e matrimoni same-sex dopo la sentenza n. 138 del 2010: quali prospettive, a cura di Pezzini e Lorenzetti, 
Jovene, 2011; n. 4/2011 di Ianus, interamente dedicato all�argomento. 
(14) Cfr. Trattato di Parigi del 20 novembre 1815, conclusivo del Congreso di Vienna: ARTICLE 
ADDITIONNEL. 
Les hautes Puissances contractantes, desirant sinc�rement de donner suite aux mesures dont elles se 
sont occup�es au congr�s de Vienne, relativement � l�abolition compl�te et universelle de la traite des 
n�gres d�Afrique, et ayant d�j�, chacune dans ses �tats, d�fendu sans restriction � leurs colonies et 
sujets, toute part quelconque � ce trafic, s�engagent � r�unir de nouveau leurs efforts pour assurer le 
succ�s final des principes qu�elles ont proclam�s dans la d�claration du 4 f�vrier 1815, et � concerter, 
sans perte de temps, par leurs ministres aux cours de Londre et de Paris, les mesures les plus efficaces 
pour obtenir l�abolition enti�re et d�finitive d�un commerce aussi odieux et aussi hautement r�prouv� 
par les lois de la religion et de la nature. 
Le pr�sent article additionnel aura la m�me force et valeur s�il �tait ins�r� mot � mot au trait� de ce 
jour. Il sera compris dans la ratification dudit trait�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 171 
flua, in quanto pu� portare alla conclusione per cui i ricorrenti e tutti coloro 
che appartengono a questa minoranza sarebbero fuori dall�ordine naturale - 
con la conseguenza che sarebbe giuridicamente inesistente il matrimonio omogenerico 
in Italia oltre che contrario a natura. Per questo il ricorso va respinto, 
anche sotto il profilo della questione di costituzionalit�, per come affermato 
da Corte Costituzionale 138/2010 (15). 
Segue un excursus internazionale, di cui va condiviso in linea generale 
l�assunto che la Carta di Nizza, in base ai suoi artt. 51 e 52, non � un utile parametro, 
e la diffusa condivisione della sentenza Cedu Schalk & Kopf (16) che 
nega (in un caso non analogo ma diverso: i ricorrenti si erano visti rifiutare la 
pubblicazione del matrimonio nel proprio Stato, l�Austria) che la legislazione 
austriaca, che non prevede il matrimonio omogenerico violi l�art. 12 della Convenzione. 
Ci� perch�, ricordando la motivazione della Corte, non vi � un consensus 
europeo in materia. Argomento, a nostro avviso, analogo a quello 
dell�apatico giudice di pace siciliano che neghi l�esecuzione di un contratto 
tra un creditore non mafioso ed un debitore mafioso perch� la maggioranza 
degli abitanti del luogo non � d�accordo. Si rimarca, poi, che la questione di 
compatibilit� del complesso di norme (come interpretate in appello) che ha 
negato la trascrizione del matrimonio dei ricorrenti non � stata proposta in ricorso, 
ma in memoria (poco male) � stata risolta in modo improprio e con riferimento 
alla pretesa non vincolativit� della Carta di Nizza sulla materia, non 
oggetto di competenza dell�Unione. La parte del Collegio che ci� sostiene non 
ha tenuto conto che la libert� di circolazione delle persone � materia comunitaria 
(17) e che quindi per essa si applica in pieno la Carta, con il suo art. 9 
(18) ed il suo art. 21 (19). Ora, come quasi ognuno sa, la detta libert� pu� essere 
impedita da norme nazionali anche di diritto privato. La Corte di Giustizia 
dell�Unione, infatti, nel caso dell�attribuzione del cognome ad un bambino fi- 
(15) C. Cost. 15 aprile 2010, n. 138, in Famiglia e diritto, 653, con nota GATTUSO; in Foro it. 
2010, 1367, con note DAL CANTO e ROMBOLI; in Corriere Giuridico 7/2010 si vd. COLAIANNI, Matrimonio 
omossessuale e Costituzione. 
(16) Cedu, Schalk e Kopf contro Austria del 24 giugno 2010. 
(17) Sul punto vd. note a Tribunale di Reggio Emilia, Sez. I Civ., Giud. Tanasi � Decreto 13 febbraio 
2012 �X contro Ministero dell�Interno e Questura di Reggio Emilia.Vedi il link da http://www.certidiritti.
it/notizie/comunicati-stampa/item/1380-storica-sentenza-tribunale-reggio-emilia-coniuge-stessosesso-
di-un-italiano-sposato-in-spagna-ha-diritto-a-vivere-in-italia e la nota dell�Autore in corso di 
stampa su �Diritto di Famiglia�. 
(18) Art. 9 Carta di Nizza: Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia �Il diritto di sposarsi e il 
diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio�. 
(19) Art. 21 Carta di Nizza: Non discriminazione �1. � vietata qualsiasi forma di discriminazione 
fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche 
genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi 
altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'et� 
o le tendenze sessuali. 2. Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunit� europea e 
del trattato sull'Unione europea � vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte 
salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi�.
172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
glio di due cittadini di diversi Stati, e cittadini di entrambi gli Stati jure sanguinis, 
ha ritenuto che osti all�applicazione del diritto in questione la legge 
dello Stato del luogo di nascita che consenta l�attribuzione del solo cognome 
paterno, anzich� dei due cognomi, materno e paterno, come prevedeva una 
delle due leggi nazionali del bambino (di genitori spagnolo e belga, nato in 
Belgio). 
A mio - modestissimo - parere lo status familiare di coniugato � un�altra 
caratteristica essenziale della personalit� che, se non riconosciuta in tutta 
l�Unione, menoma la libert� di circolazione delle persone: infatti da essa dipendono 
diversi rapporti ereditari, fiscali, previdenziali, che, se passando dal 
Regno dei Paesi Bassi all�Italia si perdono, costituiscono un ostacolo che non 
� di fatto, come la Corte afferma, ma di diritto e contrastano frontalmente con 
la libert� di circolazione delle persone. Peraltro, nel pensiero della maggioranza 
del Collegio, la libert� di circolazione si riduce a trasferirsi fisicamente 
da uno Stato all�altro, e questo, solo a leggere i pertinenti regolamenti comunitari, 
� assolutamente errato (20). 
La minoranza ha inserito le sue osservazioni in coda alla sentenza, nonch� 
intervenendo in punto di �ordine pubblico internazionale�. Precisamente la 
minoranza ha inserito un inciso � �l�intrascrivibilit� di tale atto dipende non 
gi� dalla sua contrariet� all�ordine pubblico, ai sensi dell�art. 18 DPR 396/00� 
� molto importante, sia in s� considerato, sia considerato alla luce della sentenza 
Schalk & Kopf. Infatti l�art. 12 (21) della Convenzione europea dei diritti 
dell�uomo, come evolutivamente interpretato, priva di rilevanza giuridica la 
diversit� di sesso dei nubendi e questo sia pure in un quadro di rinvio ai singoli 
legislatori di provvedere sul punto. Infatti la Corte di Strasburgo afferma che 
�avuto riguardo all�art. 9 � non considera pi� che il diritto al matrimonio di 
cui all�art. 12 debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio da persone 
dello stesso sesso� (22). 
La Corte di Cassazione pertanto, spinta dalla minoranza, nega (contraddicendo 
la precedente affermazione) che la intrascrivibilit� delle unioni omogeneriche 
dipenda dalla loro inesistenza o invalidit�. 
Tuttavia, nel cercare una sintesi, inventa la categoria della �inidoneit� a 
produrre quale atto di matrimonio � qualsiasi effetto nell�ordinamento italiano� 
(23). Sembra dunque trattarsi di �inefficacia�. 
A questo punto all�interprete spetta il compito di indagare sul tipo di inefficacia 
di cui trattasi. Dal momento che se essa non � conseguenza di nullit�, 
(20) Vedi Direttiva 2004/38/CE e Dlgs 30/2007. 
(21) Art. 12 Diritto al matrimonio: �A partire dall�et� minima per contrarre matrimonio, l�uomo 
e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano 
l�esercizio di tale diritto�. 
(22) Paragrafo 61. 
(23) Par. 4.3.
CONTENZIOSO NAZIONALE 173 
inesistenza o annullabilit� ritualmente stabilite � stato provvisorio del negozio 
giuridico, tipicamente rimessa ad un termine o ad una condizione, volontario 
o legale. Il negozio matrimoniale ha una disciplina complessa soprattutto con 
riguardo alle cause di invalidit�. Esse appartengono per lo pi� al novero degli 
impedimenti, non possono essere rilevate di ufficio ed anche nei casi pi� gravi 
(es. bigamia, penalmente rilevante) devono essere accertate dal giudice con 
sentenza, salva la possibilit� del Pubblico Ministero di agire a presidio dell'interesse 
pubblico. 
Dal momento che i tentativi di individuare ipotesi ulteriori che sono state 
ricomprese nella categoria di �inesistenza giuridica� del matrimonio (24) includendo 
tra queste, quale impedimento soggettivo, anche la differenza di 
sesso dei nubendi, sono ormai superati (25) esso rimane un negozio giuridico, 
e dove cessa la disciplina speciale, rivive quella generale della nullit� per difetto 
degli elementi essenziali. Il riferimento va all�art. 1325 c.c. e quindi all�accordo 
delle parti, alla causa, all�oggetto ed alla forma, ove prescritta dalla 
legge a pena di nullit�. Ebbene l�inidoneit� a produrre effetti giuridici, quale 
quella affermata dalla Suprema Corte nel caso in esame, non pu� che derivare 
da un negozio invalido oppure da un negozio valido cui � apposta una condizione 
o un termine. Tuttavia non essendo nel caso de qua tale ultima ipotesi 
prospettabile dal momento che il matrimonio � un actus legitimus ovvero un 
atto che non ammette l�apposizione di elementi accidentali (26) (al pari dell�adozione, 
del riconoscimento di un figlio naturale, dell�accettazione o della 
rinuncia all�eredit� onde evitare incertezze sulla loro esistenza e durata data 
la particolare importanza sociale), occorre individuare il vizio sotteso all�unione 
che ne impedisca la produzione di effetti giuridici. 
Pare quasi superfluo sottolineare che di inesistenza non pu� parlarsi in 
alcun modo ove si � di fronte alla rituale manifestazione di volont� di due soggetti 
innanzi ad un pubblico ufficiale di voler realizzare i fini e gli obblighi 
del matrimonio. Infatti un fenomeno giuridicamente rilevante si � prodotto se 
solo si pensi alle convenzioni patrimoniali eventualmente poste in essere tra i 
(24) Non sussistendo una �realt� fenomenica che costituisce la base naturalistica della fattispecie
� (Cass. 9 giugno 2000, n. 7877); per il ricorrere di �situazioni estreme in cui il matrimonio non sarebbe 
neppure riconoscibile socialmente�, SESTA, Diritto di famiglia, Padova, 2005, 67; o �quando 
manchi una fattispecie astrattamente rispondente all�idea di matrimonio nell�ambiente sociale delle 
parti�, BIANCA, La famiglia, Milano, 2005, 166. 
(25) La questione non era mai stata affrontata dalla Suprema Corte prima della sentenza in commento 
ma l�affermazione, condivisa dalla dottrina largamente maggioritaria, si trova, quale obiter, in 
Cass. 26 maggio 1976, n. 1808, in Rep. giur. it., 1976, 51; Cass. 22 febbraio 1990, n. 1304, in Giust. civ. 
mass., 1990; Cass. 2 marzo 1999, n. 1739, in Famiglia e diritto, 1999, 327; Cass. 9 giugno 2000, n. 
7877, in Famiglia e diritto, 2000, 509 e in Giust. civ., 2000, I, 2897, con nota di LACROCE. 
(26) Art. 108 c.c.: �la dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e moglie 
non pu� essere sottoposta n� a termine n� a condizione. Se le parti aggiungono un termine o una condizione, 
l�ufficiale dello stato civile non pu� procedere alla celebrazione del matrimonio. Se ciononostante 
il matrimonio � celebrato, il termine e la condizione si hanno per non apposti�. 
174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
coniugi e valide secondo l�ordinamento che regola il rapporto. 
Ci� premesso occorre dunque individuare a quale degli elementi essenziali 
afferisca il vizio che rende il negozio inidoneo alla produzione di effetti 
giuridici. Sicuramente il vizio non � riferibile all�accordo, ritualmente presente 
e non invalido, n� alla forma, lecita secondo l�ordinamento nel quale il vincolo 
� nato, n� ancora alla causa che � la creazione del consortium assolutamente 
indifferente al sesso dei nubendi (27). 
Per queste ragioni il vizio non potrebbe che afferire all�oggetto del negozio. 
A questo proposito nel matrimonio omogenerico non pu� parlarsi di illiceit� 
dell�oggetto dal momento che non esiste una norma di legge che lo vieta 
ove i divieti sono sempre espressi dal momento che l�illiceit� manifesta una 
disapprovazione dell�ordinamento per il fenomeno. Infatti la stessa Suprema 
Corte non afferma in alcun passaggio che tale matrimonio sarebbe oggetto di 
divieto (28). 
Al contrario il nostro � un ordinamento che reprime le discriminazioni 
contro gli omosessuali (29) come desumibile dall�art. 3 Costituzione che non 
pu� che riferirsi anche all�orientamento sessuale. Se dunque nemmeno in Costituzione 
viene affermato il principio di eterogeneit� del matrimonio (30) ben 
potrebbe in futuro il legislatore optare per norme che estendano tale istituto 
anche a coppie omosessuali in sintonia con altri Paesi Europei come quello in 
cui i soggetti qui ricorrenti hanno contratto matrimonio (31). 
(27) Contra parla di nullit� del matrimonio generico un�isolata ma assai autorevole opinione C. 
A. JEMOLO, Il matrimonio, in Trattato di diritto civile, diretto da Vassalli, Torino, 1961, 45: �Ora, potr� 
offendere il senso dei pi�, sempre influenzato, in questa materia, da ricordi giusnaturalistici, pi� o meno 
precisi, il chiamare invalido anzich� inesistente il matrimonio tra due persone dello stesso sesso (sebbene 
altrettanto dovrebbe offendere il sentir dire invalido e non inesistente il matrimonio tra padre e figlia, 
che secondo l�insegnamento cattolico osta al diritto naturale, o quello tra due persone gi� legate da 
altro vincolo matrimoniale o quello tra bambini); ma se si prescinde da queste impressioni, occorre riconoscere 
che si versa in un caso in cui il negozio formativo cՏ stato, e nei suoi elementi formali � 
stato perfetto, mentre ci� che � mancato � la capacit� delle parti, nei loro reciproci rapporti. Questa 
mancanza di capacit�, se si prescinde da impressioni sentimentali e da rimembranze giusnaturalistiche, 
non mi pare diversa di fronte al diritto da quella propria del caso che contraessero matrimonio padre 
e figlia o due persone gi� legate da precedente vincolo� . 
(28) M. GATTUSO, cit. 
(29) D. lgs. 216/2003, Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parit� di trattamento in materia 
di occupazione e di condizioni di lavoro. 
(30) Ed una definizione di matrimonio non si rinviene n� in Costituzione n� nella legislazione ordinaria. 
(31) Ad oggi otto nazioni europee contemplano gi� una definizione gender-neutral del matrimonio 
(Olanda, Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda e Danimarca); analoghe leggi sono state 
annunciate dal governo in Inghilterra ed in Francia, ma anche Finlandia, Scozia, Lussemburgo e Andorra. 
Fuori d�Europa, il divieto � stato rimosso in sette Stati degli U.S.A. (tra cui la capitale, Washington 
D.C., e New York), in Canada, Sudafrica, Argentina e nella capitale messicana. Oltre che in Italia, non 
vi � alcuna legge in Turchia, Grecia, Cipro, Malta, oltre che in gran parte dei Paesi ex comunisti. Sulle 
specificit� di tali regolamentazioni vd. I matrimoni tra persone dello stesso sesso: livello �federale� e livello statale in 
Europa e negli Stati Uniti in Rivista di diritto internazionale privato e processuale fondata da Mario Giuliano, 
2/2012, a cura di Franco Mosconi e Cristina Campiglio.
CONTENZIOSO NAZIONALE 175 
Infatti se � vero che l�art. 12 della Cedu non impone ai singoli Stati di 
garantire l�accesso al matrimonio alle coppie omogeneriche, altrettanto vero 
� che dopo la pi� volte citata sentenza Schalk & Kopf sono conformi alla Cedu 
le leggi nazionali che gi� hanno realizzato questa apertura (32). La nostra 
stessa Corte costituzionale pur ritenendo il matrimonio di cui all�art. 29 Cost. 
riferibile solo a quello contratto tra uomo e donna ammette che il concetto di 
matrimonio non possa essere �cristallizzato� all�epoca in cui la Costituzione 
entr� in vigore (33). 
In conclusione si ritiene il diniego di trascrizione estraneo alla dogmatica 
giuridica e apposto solo in virt� dell�adesione all�orientamento per cui la diversit� 
di genere sarebbe condizione necessaria implicitamente prevista dal 
nostro codice civile. 
Al contrario poi la Corte, riprendendo argomenti di Schalk & Kopf e di 
Corte Cost. 138/2010, ritiene �artificiale� l�affermazione che una coppia omosessuale 
non possa godere della vita familiare ai fini dell�art. 8, e che la coppia 
di fatto omosessuale possa chiedere la tutela di specifiche situazioni per ottenere 
il trattamento omogeneo a quello assicurato alla coppia coniugata, sollevando 
le eccezioni di costituzionalit� pertinenti. 
Dunque: un matrimonio validamente contratto all�estero in un ordinamento 
che acconsente a tale unione non pu� essere trascritto in Italia (34). 
Ciononostante agli �omosessuali� va riconosciuto il diritto alla vita familiare 
il cui presupposto in realt� nel nostro ordinamento � costituito proprio 
dal matrimonio. 
Le due affermazioni manifestano il tentativo di sintetizzare le opposte 
linee di pensiero, seppur si debba dare contezza, come autorevolmente sostenuto 
, �del positivo intento di contribuire � a sottrarre al divieto o all�irrilevanza 
un altro, non marginale fenomeno della realt�� (35) . 
Due conclusioni. La Commissione europea � a processo concluso � se 
informata del possibile attentato alla libert� di circolazione delle persone, potrebbe 
adire la Corte europea, sicch� tale via resterebbe aperta. Quanto all�azione 
avanti la Corte di Strasburgo, la Corte dovrebbe accoglierla perch� il 
matrimonio omogenerico di diritto olandese � protetto dall�art. 12 Convenzione: 
non riconoscerlo in Italia per ragioni discriminatorie (art. 12) legate all�orientamento 
sessuale pone seri problemi; anche gli effetti sulla vita privata 
(32) G. FERRANDO, Diritti delle persone e comunit� familiare nei recenti orientamenti della Corte 
Europea dei diritti dell�uomo in Famiglia, persone e successioni, 4/2012, p. 281 e ss. 
(33) G. FERRANDO, cit. 
(34) Una circolare del Ministero dell�Interno (n. 55 del 18 ottobre 2007) invitava gli ufficiali dello 
Stato Civile a rifiutare la trascrizione di matrimoni omogenerici celebrati all�estero, di cui una cittadina 
italiana, per contrariet� all�ordine pubblico. 
(35) P. RESCIGNO, Il matrimonio same sex al giudizio di tre Corti in Il Corriere giuridico 7/2012, 
861-864.
176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
(art. 8) che vedono invertire la posizione dei coniugi ricorrenti da titolari di 
un�unione di diritto (fiscali, previdenziali, etc.) a �pretendenti� la rimozione 
di essi tramite apposite azioni giurisdizionali seguite da rimessioni (eventuali 
e non scontate) alla Consulta pone comunque dei problemi al normale svolgimento 
della vita matrimoniale che interferiscono sulla vita privata. 
Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 15 marzo 2012 n. 4184. - Pres. Luccioli, 
Rel. Di Palma, PG (concl. conf.) Fucci - A e B (avv.ti Mariani e Bilotta) contro Sindaco di X 
e Ministero dell�Interno (avv. gen. Stato) nonch� procuratore Generale presso la Corte d�Appello 
di Roma. 
Diritti Umani - CEDU- Diritto alla vita familiare - Coppia omosessuale - Spettanza 
(Art. 8 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� 
fondamentali) 
Bench� i componenti di una coppia omosessuale conviventi in stabile relazione di fatto 
non godano, salvo il futuro intervento del legislatore, del diritto a contrarre matrimonio 
o a trascrivere un matrimonio estero godono del diritto alla vita familiare in forza del 
quale possono esigere dal giudice ordinario nelle varie situazioni della vita un trattamento 
omogeneo a quello riconosciuto alla coppia coniugata. 
Matrimonio - Matrimonio celebrato all�estero - Matrimonio tra persone dello stesso 
sesso - Contrariet� all�ordine pubblico internazionale - Impossibilit� - Inidoneit� 
a produrre effetti 
Il matrimonio tra due cittadini italiani del medesimo sesso, contratto in un Paese il cui 
ordinamento lo contempli, non � contrario all�ordine pubblico internazionale, ma non 
pu� essere trascritto non gi� perch� inesistente ma perch� inidoneo a produrre effetti 
nell�ordinamento italiano (art. 18 DPR 396/2000). 
Unione Europea - Carta dei diritti fondamentali - Matrimonio - Divieto di discriminazione 
- Inapplicabilit� 
L�art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell�Unione Europea non si applica alla 
materia matrimoniale, rimessa ai singoli Stati (art. 12 Cedu e art. 9 Carta di Nizza). 
(...) 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
1. - Con il primo motivo (con cui deducono: �Sulla trascrivibilit� del matrimonio tra persone 
dello stesso sesso contratto all'estero e sulla presunta contrariet� all'ordine pubblico internazionale 
di tale negozio matrimoniale. Violazione degli artt. 2, 3, 10, 11 Cost.; artt. 9, 21 Carta 
di Nizza; art. 18 D.P.R. 396/2000�), i ricorrenti criticano il decreto impugnato, sostenendo 
che: a) l'art. 18 del d.P.R. n. 396 del 2000 - secondo il quale �Gli atti formati all'estero non 
possono essere trascritti se sono contrari all'ordine pubblico� - deve essere interpretato nel 
senso che l''ordine pubblico' ivi menzionato, �trattandosi di norma di relazione con ordina-
CONTENZIOSO NAZIONALE 177 
menti estranei al nostro, deve intendersi come ordine pubblico internazionale e non interno�; 
b) ci� premesso, �occorre verificare: 1) se l'omosessualit� sia un comportamento contrario 
all'ordine pubblico nel nostro Paese; 2) se sposarsi rientri tra i diritti fondamentali dell'individuo; 
3) se dare pubblicit� ad un atto negoziale come quello per cui � causa sia idoneo a stravolgere 
i valori fondamentali su cui si regge il nostro ordinamento�; c) quanto al primo quesito, 
si impone la risposta negativa sia perch� altrimenti si determinerebbero effetti palesemente 
discriminatori in base all'orientamento sessuale, sia perch� disposizioni comunitarie ed interne 
vietano esplicitamente discriminazioni fondate su tale orientamento; quanto al secondo quesito, 
si impone invece la risposta affermativa sia perch� il diritto a contrarre matrimonio appartiene 
al novero dei diritti fondamentali, sia perch� opinare diversamente comporterebbe 
negare il rispetto della dignit� della persona e delle sue scelte di vita; quanto al terzo quesito, 
si impone nuovamente la risposta negativa sia in ragione del rilievo che �la clausola dell'ordine 
pubblico non ha uno scopo protezionistico, poich� al contrario consente di arricchire il nostro 
sistema con norme straniere, non confliggenti con i caratteri portanti dell'ordinamento del 
foro�, sia perch� non esiste una espressa norma interna che vieti il matrimonio tra persone 
dello stesso sesso, sia infine perch� esistono atti politici (Risoluzione del Parlamento Europeo 
dell'8 febbraio 1994, sulla parit� dei diritti delle persone omosessuali; Risoluzione del Parlamento 
Europeo del 16 marzo 2000, sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea) e norme 
dell'Unione Europea (Regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003, 
�relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale 
e in materia di responsabilit� genitoriale, che abroga il regolamento CE n. 
1347/2000�, il cui art. 22, lettera a, introduce una nozione di ordine pubblico attenuato; art. 
69-11 della Costituzione per l'Europa, che riproduce l'art. 9 della carta di Nizza, il quale riconosce 
il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia, senza fare alcun riferimento 
alla diversit� di sesso tra i nubendi) che consentono, invece, di ritenere un matrimonio siffatto 
non collidente con l'ordine pubblico italiano e di evitare fenomeni di discriminazione; d) �Se 
il matrimonio omosessuale fosse contrario all'ordine pubblico, dovremmo revocare in dubbio 
la compatibilit� del nostro ordinamento con quello comunitario, mentre giuridicamente si dovrebbe 
rendere ragione di come sia possibile al giorno d'oggi che il loro stare insieme sia ritenuto 
una minaccia per l'esistenza della societ� italiana�; e) il rifiuto di riconoscere la 
legittimit� del matrimonio di persone dello stesso sesso collide con il principio di laicit� dello 
Stato, che comporta il divieto di imporre regole tratte da una particolare morale di fonte religiosa. 
Con il secondo motivo (con cui deducono: �Sulla nozione di matrimonio e sugli effetti giuridici 
nel nostro ordinamento di un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Violazione degli 
artt. 2, 3, 29 Cost.; art. 12 disp. prel.; 107, 108, 143, 143-bis, 143-ter, 156-bis cod. civ.; art. 
28 L. n. 218/1995�), i ricorrenti criticano ancora il decreto impugnato - nella parte in cui afferma 
che � da considerare 'inesistente' il matrimonio tra persone dello stesso sesso - sostenendo 
che: a) di fronte ad un fenomeno sociale del tutto nuovo, � errato fare riferimento alla 
tradizione interpretativa e al suo carattere vincolante, nonostante l'assenza di una norma 
espressa che vieti il matrimonio tra persone dello stesso sesso; b) �Non applicare le norme 
dell'istituto matrimoniale ad una coppia gay e lesbica lede il principio fondamentale del nostro 
sistema di diritto privato del rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali (tra 
cui rientra senz'altro il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia). In secondo luogo, contrasta 
con il principio di non discriminazione, ricavabile a livello sistematico a partire dall'art. 3, 2 
co. Cost. Viola, infine, il principio di libert� e di autodeterminazione sancito dall'art. 13 Cost.,
178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
in base al quale lo Stato non pu� interferire nelle scelte di vita dei cittadini�. 
Con il terzo motivo (con cui deducono: �Sul contrasto con la Costituzione e con i principi 
fondamentali dell'ordinamento comunitario di un'interpretazione delle norme italiane che 
escluda la possibilit� per le persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio. Violazione 
degli artt. 9 Carta di Nizza; artt. 8 e 14 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo; artt. 
2, 3, 10, 2 co., Cost.; 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis cod. civ.�), i ricorrenti criticano infine 
il decreto impugnato, sostenendo che un'interpretazione della vigente disciplina che escluda 
le coppie omosessuali dal matrimonio collide con la Costituzione e con il diritto comunitario. 
In particolare - dopo aver premesso che l'impossibilit� di procreazione non � causa di nullit� 
del vincolo matrimoniale, bens�, soltanto in certi casi {impotentia coeundi), di annullabilit� 
per errore essenziale - essi sottolineano che: a) �La scelta della Corte d'Appello di Roma di 
non interpretare evolutivamente le norme in materia di matrimonio crea [...] - a fronte di una 
situazione sul piano oggettivo (vita in comune) e soggettivo (reciproco affetto e scelta di condividere 
le proprie esistenze) assolutamente identica sia che si tratti di una coppia eterosessuale 
sia che si tratti di una coppia omosessuale una disparit� di trattamento assolutamente irragionevole 
e ingiustificata alla luce dell'art. 3 Cost. Anzi, in spregio a questa norma, l'orientamento 
sessuale, condizione personale su cui non si pu� fondare alcun trattamento deteriore, � assunto 
dalla Corte territoriale a presupposto per un'evidente discriminazione�; b) una interpretazione 
dell'art. 29 Cost. - asistematica, restrittiva e storicamente cristallizzata -, sulla quale si fondasse 
la legittimit� costituzionale del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso, si porrebbe 
in contrasto con gli artt. 2 e 3 della Costituzione, nella parte in cui riconoscono e garantiscono 
ad ogni essere umano il diritto di costituire una famiglia, fondandola sul 
matrimonio, e il diritto di autodeterminazione del singolo; c) contrariamente a quanto ritenuto 
dai Giudici a quibus, l'art. 9 della Carta di Nizza ha una vera e propria efficacia precettiva, a 
s�guito del suo inserimento nel trattato costituzionale per l'Europa. 
2. - Il ricorso - i cui tre motivi illustrati con memoria possono essere esaminati congiuntamente, 
avuto riguardo alla loro stretta connessione - non merita accoglimento, anche se la 
motivazione in diritto del decreto impugnato deve essere corretta, ai sensi dell'art. 384, quarto 
comma, cod. proc. civ.. 
2.1. - La fattispecie in esame � la seguente: in data 1 giugno 2002, A..G. e M..O. , cittadini 
italiani, hanno contratto matrimonio a L'Aja (Regno dei Paesi Bassi) e, in quanto residenti in 
Latina, hanno chiesto la trascrizione del relativo atto, formato all'estero, al locale ufficiale 
dello stato civile, ai sensi del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396. A s�guito del rifiuto dell'ufficiale 
dello stato civile di trascrivere detto atto di matrimonio in forza di precise istruzioni impartite 
dal Ministero dell'interno (cfr., in particolare, le circolari nn. 2 del 26 marzo 2001 e 55 del 18 
ottobre 2007} - ostandovi l'art. 18 dello stesso d.P.R. n. 396 del 2000 (secondo il quale �Gli 
atti formati all'estero non possono essere trascritti se sono contrari all'ordine pubblico�), per 
l'identit� di sesso dei contraenti il matrimonio -, gli odierni ricorrenti hanno adito con esito 
negativo, ai sensi degli artt. 95 e 96 del medesimo d.P.R. n. 396 del 2000, prima il Tribunale 
ordinario di Latina e poi, in sede di reclamo, la Corte d'Appello di Roma, perch� fosse accertata 
l'illegittimit� del rifiuto di trascrizione opposto dall'ufficiale dello stato civile del Comune 
di Latina e, conseguentemente, ordinata la trascrizione del predetto atto di matrimonio. 
Pertanto, la specifica questione che - per la prima volta - � posta all'esame di questa Corte, 
consiste nello stabilire se due cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto matrimonio 
all'estero - nella specie, nel Regno dei Paesi Bassi che, con la legge 21 dicembre 
2000, n. 9, sull'apertura delle posizioni matrimoniali, ha tra l'altro sostituito l'art. 30, comma
CONTENZIOSO NAZIONALE 179 
1, del codice civile, il quale dispone che �Un matrimonio pu� essere celebrato tra due persone 
di sesso diverso o dello stesso sesso� -, siano, o no, titolari del diritto alla trascrizione del relativo 
atto nel corrispondente registro dello stato civile italiano. 
� di tutta evidenza che la risposta a tale specifico quesito dipende dalla soluzione della pi� 
generale questione - anch'essa nuova per questa Corte -se la Repubblica italiana riconosca e 
garantisca a persone dello stesso sesso, al pari di quelle di sesso diverso, il �diritto fondamentale 
di contrarre matrimonio, discendente dagli articoli 2 e 29 della Costituzione, ed espressamente 
enunciato nell'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 
1948 e nell'articolo 12 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e 
delle libert� fondamentali� (Corte costituzionale, sentenza n. 245 del 2011, che richiama la 
sentenza n. 445 del 2002). 
Infatti, ove la risposta a questo pi� generale quesito fosse affermativa, ne conseguirebbe che 
il matrimonio celebrato all'estero tra cittadini italiani dello stesso sesso, quale atto d'esercizio 
di tale fondamentale diritto, avrebbe immediata validit� ed efficacia nel nostro ordinamento, 
alle condizioni che esso risultasse celebrato secondo le forme previste dalla legge straniera e, 
quindi, spiegasse effetti civili nell'ordinamento dello Stato della celebrazione, e che sussistessero 
gli altri requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacit� delle persone previsti dalla 
legge italiana; con l'ulteriore conseguenza che la trascrizione dell'atto di matrimonio nel corrispondente 
registro dello stato civile italiano, non avendo natura costitutiva ma meramente 
certificativa e di pubblicit� di un atto gi� di per s� valido sulla base del principio locus regit 
actum, formerebbe oggetto di un vero e proprio diritto di ciascuno dei coniugi e costituirebbe, 
perci�, attivit� 'dovuta' dell'ufficiale dello stato civile richiesto. 
2.2. - Tanto premesso, � opportuno muovere proprio dalla questione specifica dianzi enunciata 
(cfr., supra, n. 2.1.), relativamente alla quale le norme, di rango primario o sub-primario, rilevanti 
- ancorch� in prima approssimazione, come si vedr� - sono: 
A) L'art. 115, cod. civ., secondo il quale �Il cittadino � soggetto alle disposizioni contenute 
nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo 
le forme ivi stabilite�: � soggetto, cio�, alle disposizioni di cui ai precedenti articoli da 
84 a 88, che disciplinano le �condizioni necessarie per contrarre matrimonio�, come recita la 
rubrica di detta sezione. Disposizioni queste che, stabilendo gli impedimenti al matrimonio 
cosiddetti 'dirimenti', pongono certamente, di regola, norme di 'ordine pubblico'. 
B) L'art. 27, primo periodo, della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano 
di diritto internazionale privato), il quale dispone che �La capacit� matrimoniale e le altre 
condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo 
al momento del matrimonio�; il successivo art. 28 della stessa legge n. 218 del 1995, secondo 
cui �Il matrimonio � valido, quanto alla forma, se � considerato tale dalla legge del luogo di 
celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione 
o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento�; l'art. 65 della medesima legge 
n. 218 del 1995, laddove, nel disciplinare l'efficacia di provvedimenti e di atti stranieri, dispone 
che �Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi [...] all'esistenza di rapporti di 
famiglia [...] quando essi sono stati pronunciati dalle autorit� dello Stato la cui legge � richiamata 
dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato 
[...], purch� non siano contrari all'ordine pubblico [...]�. 
C) Alcune disposizioni del pi� volte menzionato d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento 
per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 
2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), che � certamente qualificabile, sul piano
180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
delle fonti, come regolamento cosiddetto di 'delegificazione'. 
Al riguardo, � opportuno sottolineare immediatamente che le relative disposizioni hanno, appunto, 
natura e valore regolamentare, sicch� l'eventuale sindacato della loro legittimit� pu� 
svolgersi secondo i principi pi� volte enunciati dalla Corte costituzionale. 
�Il pieno esplicarsi della garanzia della Costituzione nel sistema delle fonti, in particolare con 
riferimento a quelle di valore regolamentare adottate in sede di 'delegificazione', non � comunque 
pregiudicato dall'anzidetta limitazione della giurisdizione del giudice costituzionale. 
La garanzia � normalmente da ricercare, volta a volta, a seconda dei casi, o nella questione di 
costituzionalit� sulla legge abilitante il Governo all'adozione del regolamento [nella specie, 
sull'art. 2, comma 12, della citata legge n. 127 del 1997], ove il vizio sia a essa riconducibile 
(per avere, in ipotesi, posto principi incostituzionali o per aver omesso di porre principi in 
materie che costituzionalmente li richiedono); o nel controllo di legittimit� sul regolamento, 
nell'ambito dei poteri spettanti ai giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed 
esclusivo del regolamento stesso� (cfr. la sentenza n. 427 del 2000, n. 4. del Considerato in 
diritto; cfr. anche, per un'applicazione di tali principi, la sentenza n. 251 del 2001, n. 3. del 
Considerato in diritto]. 
Di dette disposizioni rilevano, in particolare: 1) l'art. 9 (che reca la rubrica: �Indirizzo e vigilanza�), 
comma 1, secondo cui �l�ufficiale dello stato civile � tenuto ad uniformarsi alle istruzioni 
che vengono impartite dal Ministero dell'interno� (nella specie, l'ufficiale dello stato 
civile, nel rifiutare la trascrizione per contrariet� dell'atto di matrimonio celebrato all'estero 
all'ordine pubblico ai sensi dell'art. 18 dello stesso decreto, si � appunto uniformato alle istruzioni 
generali previamente impartite dal Ministero dell'interno, dianzi citate); 2) l'art. 16, sul 
matrimonio celebrato all'estero, il quale stabilisce che �Il matrimonio all'estero, quando gli 
sposi sono entrambi cittadini italiani o uno di essi � cittadino italiano e l'altro � cittadino straniero, 
pu� essere celebrato innanzi all'autorit� diplomatica o consolare competente, oppure 
innanzi all'autorit� locale secondo le leggi del luogo. In quest'ultimo caso una copia dell'atto 
� rimessa a cura degli interessati all'autorit� diplomatica o consolare�; 3) l'ora menzionato 
art. 18, sui casi di intrascrivibilit�, il quale statuisce che �Gli atti formati all'estero non possono 
essere trascritti se sono contrari all'ordine pubblico�; 4) l'art. 63, comma 2, lettera c), per il 
quale �Nei medesimi archivi [di cui all'art. 10] l'ufficiale dello stato civile trascrive: [...] c) 
gli atti dei matrimoni celebrati all'estero�; 5) l'art. 64 (che reca la rubrica: �Contenuto dell'atto 
di matrimonio�), comma 1, lettere a), b), c) ed e), secondo cui �L'atto di matrimonio deve 
specificamente indicare: a) il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza 
e la residenza degli sposi [...]; b) la data di eseguita pubblicazione [...]; c) il decreto di autorizzazione 
quando ricorra alcuno degli impedimenti di legge [...]; e) la dichiarazione degli 
sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie�. 
Dal complesso di tali disposizioni regolamentari emerge chiaramente che all'ufficiale dello 
stato civile competente - tenuto ad uniformarsi, si ribadisce, alle istruzioni impartite dal Ministero 
dell'interno in materia (art. 9, comma 1, cit.) - sono attribuiti penetranti poteri di controllo 
(anche) sulla trascrivibilit� degli atti di matrimonio celebrati all'estero, come risulta 
inequivocabilmente, in particolare, dalle citate lettere del comma 1 dell'art. 64 che, imponendo 
precisi contenuti dell'atto di matrimonio trascrivibile, attestano l'esistenza di tali poteri e la 
astratta legittimit� del loro esercizio: � fatto salvo infatti, conformemente ai su richiamati principi 
affermati dalla Corte costituzionale, il sindacato di costituzionalit� sull'art. 2, comma 12, 
della menzionata legge n. 127 del 1997, abilitante il Governo all'adozione del regolamento, 
nonch� il sindacato giurisdizionale di legittimit� sia della norma regolamentare attributiva del
CONTENZIOSO NAZIONALE 181 
potere (che pu� essere 'disapplicata', ove ne sussistano i presupposti, ai sensi dell'art. 5 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E), sia del concreto atto di esercizio di tale potere (nella 
specie, rifiuto di eseguire la trascrizione richiesta), ai sensi dell'art. 95, comma 1, dello stesso 
d.P.R. n. 396 del 2000. 
2.2.1. - Questo essendo il quadro normativo di riferimento rilevante, sia pure in prima approssimazione, 
per la soluzione della questione specifica in esame, deve essere subito rammentato 
che la giurisprudenza di questa Corte in materia di matrimoni civili dei cittadini 
italiani celebrati all'estero � ferma nell'enunciare il gi� menzionati principio, secondo cui, in 
base alle norme del codice civile e del diritto internazionale privato, tali matrimoni hanno immediata 
validit� e rilevanza nel nostro ordinamento, sempre che essi risultino celebrati secondo 
le forme previste dalla legge straniera (e, quindi, spieghino effetti civili nell'ordinamento dello 
Stato straniero di celebrazione) e sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato 
ed alla capacit� delle persone previsti dalla legge italiana, e secondo cui tale principio non � 
condizionato dall'osservanza delle norme italiane relative alla pubblicazione, perch� la loro 
violazione pu� dar luogo soltanto ad irregolarit� suscettibili di essere sanzionate amministrativamente, 
ovvero alla trascrizione, perch� questa ha natura non costitutiva ma meramente 
certificativa e funzione di pubblicit� di un atto gi� di per s� valido sulla base del principio 
locus regit actum (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 10351 del 1998, 9578 del 1993, 3599 e 
1304 del 1990). 
Nella specie pertanto, sulla base di tali principi, il matrimonio - ove fosse stato contratto da 
persone di sesso diverso - sarebbe, in assenza di (altri) impedimenti 'dirimenti', valido ed efficace 
nell'ordinamento italiano e comporterebbe il dovere dell'ufficiale dello stato civile richiesto 
di trascrivere nel corrispondente registro il relativo atto formato all'estero. 
2.2.2. - Ma la diversit� di sesso dei nubendi � - unitamente alla manifestazione di volont� matrimoniale 
dagli stessi espressa in presenza dell'ufficiale dello stato civile celebrante -, secondo 
la costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo indispensabile per la stessa 'esistenza' 
del matrimonio civile come atto giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze 
nn. 1808 del 1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000). 
Questo requisito - pur non previsto in modo espresso n� dalla Costituzione, n� dal codice 
civile vigente (a differenza di quello previgente del 1865 che, nell'art. 55 ad esempio, stabiliva, 
quanto al requisito dell'et�: �Non possono contrarre matrimonio l'uomo prima che abbia compiuto 
gli anni diciotto, la donna prima che abbia compiuto gli anni quindici�), n� dalle numerose 
leggi che, direttamente o indirettamente, si riferiscono all'istituto matrimoniale - sta 
tuttavia, quale 'postulato' implicito, a fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente 
da molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall'art. 107, primo comma, 
cod. civ. che, nel disciplinare la forma della celebrazione del matrimonio, prevede tra l'altro 
che l'ufficiale dello stato civile celebrante �riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una 
dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie� 
(si veda anche l'art. 108, primo comma). 
L'inequivocabile corrispondenza di tali parole �marito� e �moglie� - utilizzate dal legislatore 
in modo assolutamente prevalente rispetto ad altre espressioni di analogo significato -, rispettivamente, 
con la parte maschile e con la parte femminile dell'atto (e del rapporto} matrimoniale 
� attestato anche da numerose disposizioni del diritto vigente. In particolare ed a mero 
titolo esemplificativo, detta corrispondenza � del tutto evidente nel secondo e nel terzo comma 
dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), 
nel testo sostituito dall'art. 9 della legge 6 marzo 1987, n. 74, i quali, in chiarissimo
182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
riferimento all'art. 143-bis cod. civ. secondo cui �La moglie aggiunge al proprio cognome 
quello del marito [...]� -, dispongono che, quando il tribunale pronuncia sentenza di scioglimento 
o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, �La donna perde il cognome che 
aveva aggiunto al proprio a s�guito del matrimonio [secondo comma]�, e che lo stesso tribunale 
�pu� autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto 
al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela [terzo 
comma]�. 
Il diritto positivo vigente e la giurisprudenza che su di esso si � formata, del resto, non fanno 
che riflettere anche �una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio�, come sottolinea 
la Corte costituzionale che, nel richiamare tale icastica espressione del Tribunale di Venezia 
nell'ordinanza di rimessione, conclude sul punto: �In sostanza l'intera disciplina 
dell'istituto, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversit� di 
sesso dei coniugi [corsivo aggiunto]� (cfr. la sentenza n. 138 del 2010, n. 6 del Considerato 
in diritto). 
Postulato non arbitrario, ma fondato su antichissime e condivise tradizioni - culturali (l''ordine 
naturale' esige la diversit� di sesso dei nubendi), prima ancora che giuridiche - che il diritto, 
come in altri innumerevoli casi, nel rispecchiare, ordina. 
Al riguardo, tra i molti esempi possibili, pu� menzionarsi la definizione del matrimonio data 
dai giuristi romani classici (che designavano l'istituto con i termini di �iustae o legitimae nuptiae� 
o di �iustum o legitimum matrimonium�): �Iustum matrimonium est, si inter eos qui 
nuptias contrahunt conubium sit, et tam masculus pubes quam femina potens sit, et utrique 
consentiant, si sui iuris sunt, aut etiam parentes eorum, si in potestate sunt� (rituli ex corpore 
Ulpiani, 5, 2). 
Inoltre, non � senza significato che, a distanza di quasi due millenni, la stessa Dichiarazione 
universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 
dicembre 1948, preveda che �Uomini e donne in et� adatta hanno il diritto di sposarsi e di 
fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione� (art. 16, paragrafo 
1); analoga previsione � contenuta nell'art. 23, paragrafo 2, del Patto internazionale 
relativo ai diritti civili e politici, adottato e aperto alla firma a New York il 19 dicembre 1966 
e reso esecutivo con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, secondo cui �Il diritto di sposarsi e di 
fondare una famiglia � riconosciuto agli uomini e alle donne che abbiano l'et� per contrarre 
matrimonio�). Tutto ci�, �bench� la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta�, 
come nota la Corte costituzionale nella gi� menzionata sentenza n. 138 del 2010, a proposito 
del dibattito svoltosi nell'Assemblea costituente sul futuro art. 29 della Costituzione, concludendo 
sul punto che tale norma costituzionale �non prese in considerazione le unioni omosessuali, 
bens� intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto [corsivo 
aggiunto]� (Considerato in diritto, n. 9). Ed il richiamo a tale 'tradizione' � significativamente 
contenuto pi� volte anche nella sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, di poco 
successiva a quella della Corte costituzionale (sentenza 24 giugno 2010, Prima Sezione, caso 
Schalk e Kopf contro Austria) e profondamente innovativa in materia, che verr� analizzata 
pi� oltre (cfr., infra, n. 3.3.3.) 
L'ordinamento giuridico italiano, perci�, ha conosciuto finora, e conosce attualmente - salvo 
quanto si dir� pi� oltre (cfr., infra, nn. 3 e 4) -, un'unica fattispecie integrante il matrimonio 
come atto: il consenso che, nelle forme stabilite per la celebrazione del matrimonio, due persone 
di sesso diverso si scambiano, dichiarando che �si vogliono prendere rispettivamente in 
marito e in moglie� (art. 107, primo comma, cod. civ., cit.). La diversit� di sesso dei nubendi
CONTENZIOSO NAZIONALE 183 
�, dunque, richiesta dalla legge per la stessa identificabilit� giuridica dell'atto di matrimonio. 
Proprio di qui la conseguenza, condivisa dalla giurisprudenza di questa Corte e dalla prevalente 
dottrina, che l'atto mancante di questo requisito comporta la qualificazione di tale atto 
secondo la categoria non della sua validit�, ma della sua stessa esistenza. Categoria, questa 
dell'inesistenza (la cui prima elaborazione risale ai canonisti medioevali, i quali consideravano 
appunto inesistente il matrimonio contratto da persone dello stesso sesso, perch�, pur in assenza 
di una norma positiva, contrario al concetto 'naturale' del matrimonio), che consente, 
sul piano pratico, di impedire il dispiegamento di qualsiasi effetto giuridico dell'atto di matrimonio, 
sia pure meramente interinale, a differenza dell'atto di matrimonio nullo che, invece, 
tali effetti pu�, quantomeno interinalmente, produrre (cfr. artt. da 117 a 129 cod. civ.). Categorizzazione, 
inoltre, del tutto coerente con la premessa che l'atto di matrimonio tra persone 
dello stesso sesso, mancando di un requisito indispensabile per la sua stessa identificabilit� 
come tale secondo la fattispecie astratta normativamente prefigurata, non � previsto dall'ordinamento 
e quindi, in questo senso, 'non esiste'. 
2.2.3. - Pertanto - sul piano delle norme, di rango primario o sub-primario, applicabili alla 
fattispecie in prima approssimazione -, alla specifica questione, consistente nello stabilire se 
due cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto matrimonio all'estero, siano, 
o no, titolari del diritto alla trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato 
civile italiano, deve darsi, in conformit� con i su menzionati precedenti di questa Corte, risposta 
negativa. 
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie, l'intrascrivibilit� di tale atto dipende 
non gi� dalla sua contrariet� all'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 18 del d.P.R. n. 396 del 2000 
- come, invece, originariamente affermato dall'ufficiale dello stato civile di Latina a giustificazione 
del rifiuto di trascrizione, in conformit� con le menzionate circolari emanate dal Ministero 
dell'interno, ma dalla previa e pi� radicale ragione, riscontrabile anche dall'ufficiale 
dello stato civile in forza delle attribuzioni conferitegli (cfr., supra, n. 2.2), della sua non riconoscibilit� 
come atto di matrimonio nell'ordinamento giuridico italiano. Ci� che, conseguentemente, 
esime il Collegio dall'affrontare la diversa e delicata questione dell'eventuale 
intrascrivibilit� di questo genere di atti per la loro contrariet� con l'ordine pubblico. 
3. - Ma, gi� da tempo ed attualmente, la realt� sociale e giuridica Europea ed extraeuropea 
mostra, sul piano sociale, il diffuso fenomeno di persone dello stesso sesso stabilmente conviventi 
e, sul piano giuridico, sia il riconoscimento a tali persone, da parte di alcuni Paesi Europei 
(anche membri dell'Unione Europea, come nella specie) ed extraeuropei, del diritto al 
matrimonio, ovvero del pi� limitato diritto alla formalizzazione giuridica di tali stabili convivenze 
e di alcuni diritti a queste connessi, sia - come si vedr� pi� oltre in dettaglio (cfr., 
infra, nn. 3.3.1. e seguenti) - un'interpretazione profondamente 'evolutiva' dell'art. 12 della 
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali e dell'art. 9 
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 
Una realt� siffatta esige, quindi, che la specifica questione dianzi esaminata sia considerata 
nel contesto di quella pi� generale (cfr., supra, n. 2.1.) consistente nello stabilire se il diritto 
fondamentale di contrarre matrimonio sia riconosciuto a due persone dello stesso sesso dalla 
Costituzione italiana e/o se esso discenda immediatamente dai vincoli derivanti allo Stato italiano 
dall'ordinamento comunitario o dagli obblighi internazionali, in forza dell'art. 117, primo 
comma, Cost., secondo il quale �La potest� legislativa � esercitata dallo Stato e dalle Regioni 
nel rispetto della Costituzione, nonch� dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e 
dagli obblighi internazionali�.
184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
3.1. - Il Collegio ritiene che il diritto fondamentale di contrarre matrimonio non � riconosciuto 
dalla nostra Costituzione a due persone dello stesso sesso. 
Al riguardo, com'� noto, la Corte costituzionale - chiamata a decidere, in riferimento agli articoli 
2, 3, 29 e 117, primo comma, Cost., la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 
93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis cod. civ., �nella parte in cui, sistematicamente interpretati, 
non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio 
con persone dello stesso sesso� (questione sollevata in una fattispecie - analoga a 
quella in esame - di opposizione, ai sensi dell'art. 98 cod. civ., avverso l'atto con il quale l'ufficiale 
dello stato civile aveva rifiutato di procedere alla pubblicazione di matrimonio richiesta 
da due persone dello stesso sesso) -, con la pi� volte menzionata sentenza n. 138 del 2010, ha 
dichiarato detta questione non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., ed inammissibile, 
in riferimento agli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 12 
della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali 
e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (cfr. anche le successive ordinanze, 
di manifesta inammissibilit� e di manifesta infondatezza di analoghe questioni, nn. 
276 del 2010 e 4 del 2011). 
In particolare ed in estrema sintesi: 1) la questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 29 
Cost., � stata dichiarata non fondata, sia perch� l'art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio 
definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso, e questo significato 
del precetto costituzionale non pu� essere superato per via ermeneutica �creativa�, sia 
perch�, in specifico riferimento all'art. 3, primo comma, Cost., le unioni omosessuali non possono 
essere ritenute omogenee rispetto al matrimonio; 2) la questione sollevata in riferimento 
all'art. 2 Cost. � stata dichiarata inammissibile, perch� diretta ad ottenere una pronunzia additiva 
non costituzionalmente obbligata; 3) la medesima questione - sollevata in riferimento 
all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione alle specifiche norme 'interposte', di cui ai gi� 
citati artt. 12 della CEDU e 9 della cosiddetta 'Carta di Nizza' - � stata dichiarata del pari 
inammissibile, perch� tali norme interposte, �con il rinvio alle leggi nazionali, [...] 
conferma[no] che la materia � affidata alla discrezionalit� del Parlamento�. 
Bench� si tratti di pronuncia di inammissibilit� e di non fondatezza della questione sollevata, 
perci� priva di efficacia vincolante erga omnes, il Collegio ritiene che non siano individuabili 
parametri costituzionali o ragioni, diversi da quelli gi� scrutinati dal Giudice delle leggi, tali 
da giustificare una nuova rimessione alla Corte costituzionale, tenuto anche conto che, come 
dianzi rilevato, successivamente alla sentenza n. 138 del 2010 sono state gi� pronunciate due 
ordinanze di manifesta infondatezza e di manifesta inammissibilit� di questioni analoghe. 
Al riguardo, non � certamente decisiva in senso contrario l'argomentazione dei ricorrenti, secondo 
la quale la Corte, mutuando la nozione costituzionale di matrimonio di cui all'art. 29 
Cost. dal codice civile, avrebbe arbitrariamente invertito l'ordine e l'oggetto del giudizio di 
costituzionalit� stabilito dalla Costituzione (art. 134): da quello della 'legittimit� costituzionale' 
della legge (e degli atti aventi forza di legge) a quello, per cos� dire, della 'legittimit� della 
Costituzione'. 
In primo luogo, infatti, la Corte - nell'affermare che �I costituenti, elaborando l'art. 29 Cost., 
discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un'articolata disciplina nell'ordinamento 
civile�, sicch�, �in assenza di diversi riferimenti, � inevitabile concludere che 
essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 
1942 che [...] stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso 
diverso� - ha inteso sottolineare con nettezza: per un verso, che il concetto di matrimonio �
CONTENZIOSO NAZIONALE 185 
stato 'costituzionalizzato' dall'art. 29 nel significato codicistico e che, tuttavia, esso ed anche 
il concetto di famiglia �non si possono ritenere cristallizzati con riferimento all'epoca in cui 
la Costituzione entr� in vigore, perch� sono dotati della duttilit� propria dei principi costituzionali 
e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell'ordinamento, 
ma anche dell'evoluzione della societ� e dei costumi�; ma, per altro verso, che 
tale interpretazione 'evolutiva' �non pu� spingersi fino al punto d'incidere sul nucleo della 
norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati 
in alcun modo quando fu emanata�, sicch� �Questo significato del precetto costituzionale 
non pu� essere superato per via ermeneutica, perch� non si tratterebbe di una semplice 
rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bens� di procedere ad 
un'interpretazione creativa� (n. 9. del Considerato in diritto). 
In secondo luogo, e pi� in generale, la predetta argomentazione difensiva, per cos� dire, 'prova 
troppo', perch� la Costituzione, non essendo stata ovviamente concepita e formulata in un 
'vuoto normativo', richiama innumerevoli volte concetti, nozioni ed istituti che, elaborati nelle 
varie branche del diritto, acquistano, con il recepimento nel testo costituzionale, significati 
nuovi e diversi e, soprattutto, natura, valore e forza propri delle norme costituzionali e, quindi, 
l'idoneit� a costituire parametri del controllo di costituzionalit� (si pensi, a mero titolo esemplificativo, 
all'art. 22 Cost., secondo il quale �Nessuno pu� essere privato, per motivi politici, 
della capacit� giuridica, della cittadinanza, del nome [corsivi aggiunti]�, dove tali termini giuridici 
sono stati appunto mutuati dal codice civile e dalla legge ordinaria sulla cittadinanza n. 
555 del 1912, allora vigente). 
3.2. - Tuttavia, proprio alcune nuove ed importanti affermazioni, contenute nella stessa sentenza 
n. 138 del 2010 e relative allo scrutinio della questione sollevata in riferimento all'art. 
2 Cost., potrebbero far sorgere il dubbio che il diritto al matrimonio tra persone dello stesso 
sesso possa derivare immediatamente da tale 'principio fondamentale' della Costituzione. 
Come sar� subito chiaro, neppure da queste affermazioni pu� dedursi che esse comportino, 
secondo la Corte, il riconoscimento costituzionale di tale diritto. 
La Corte - dopo aver precisato che per 'formazione sociale', di cui all'art. 2 Cost., �deve intendersi 
ogni forma di comunit�, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero 
sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello 
pluralistico� - ha affermato: �In tale nozione � da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa 
come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale 
di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e 
nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si 
deve escludere, tuttavia, che l'aspirazione a tale riconoscimento � che necessariamente postula 
una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della 
coppia - possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali 
al matrimonio. � sufficiente l'esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora 
hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversit� delle scelte operate. Ne 
deriva, dunque, che, nell'ambito applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio 
della sua piena discrezionalit�, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le 
unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilit� d'intervenire a tutela 
di specifiche situazioni (come � avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 
1989 e n. 404 del 1988). Pu� accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile 
la necessit� di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata 
e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte pu� garantire con il controllo
186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di ragionevolezza� (n. 8. del Considerato in diritto). 
Con tali espressioni, la Corte ha in definitiva affermato: a) per la prima volta, che nelle �formazioni 
sociali� di cui all'art. 2 Cost. deve comprendersi anche �l'unione omosessuale, intesa 
come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso�, con la conseguenza che le singole 
persone componenti tale formazione sociale sono titolari del �diritto fondamentale di vivere 
liberamente una condizione di coppia�, diritto fondamentale che, derivante immediatamente 
dall'art. 2, discende anche dall'art. 3, primo comma, Cost., laddove questo assicura la �pari 
dignit� sociale� di tutti (i cittadini) e la loro uguaglianza davanti alla legge, �senza distinzione 
di sesso�, e quindi vieta qualsiasi atteggiamento o comportamento omofobo e qualsiasi discriminazione 
fondata sull'identit� o sull'orientamento omosessuale; b) che, fermo il riconoscimento 
e la garanzia di tale diritto 'inviolabile', qualsiasi formalizzazione giuridica della 
unione omosessuale �necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata 
a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia�, con la conseguenza che, �nell'ambito 
applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalit�, 
individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette�; c) che deve 
essere escluso che l'aspirazione a tale riconoscimento giuridico �possa essere realizzata soltanto 
attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio�; d) che deve, comunque, 
ritenersi 'riservata' a se stessa �la possibilit� d'intervenire a tutela di specifiche 
situazioni (come � avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 
404 del 1988)�, potendo accadere che, �in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la 
necessit� di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della 
coppia omosessuale, trattamento che questa Corte pu� garantire con il controllo di ragionevolezza�. 
L'attenta analisi di queste nuove ed importanti affermazioni - di cui il giudice comune deve 
comunque tener conto nella risoluzione dei casi volta a volta sottopostigli - consente di sottolineare, 
per quanto in questa sede interessa: da un lato, che l'art. 2 della Costituzione non riconosce 
il diritto al matrimonio delle persone dello stesso sesso e neppure vincola il legislatore 
a garantire tale diritto quale forma esclusiva del riconoscimento giuridico dell'unione omosessuale, 
vale a dire ad 'equiparare' le unioni omosessuali al matrimonio; per altro verso, che 
il �diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia�, derivante invece 
immediatamente dall'art. 2 Cost., comporta che i singoli (o entrambi i) componenti della �coppia 
omosessuale� hanno il diritto di chiedere, �a tutela di specifiche situazioni� e �in relazione 
ad ipotesi particolari�, un �trattamento omogeneo� a quello assicurato dalla legge alla �coppia 
coniugata�, omogeneizzazione di trattamento giuridico che la Corte costituzionale �pu� garantire 
con il controllo di ragionevolezza�. 
A quest'ultimo riguardo, la Corte richiama esplicitamente due specifici precedenti: 1) con la 
sentenza n. 404 del 1988, � stata dichiarata �la illegittimit� costituzionale dell'art. 6, primo 
comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani}, 
nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarit� del contratto di locazione, in 
caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio�, nonch� la illegittimit� costituzionale 
dell'art. 6, terzo comma, della medesima legge n. 392 del 1978, �nella parte in cui non prevede 
che il coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia cos� convenuto�, per 
violazione del principio di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.); 2) con la sentenza n. 
559 del 1989, � stata dichiarata �la illegittimit� costituzionale dell'art. 18, primo e secondo 
comma, della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 (Disciplina delle assegnazioni 
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, comma secondo,
CONTENZIOSO NAZIONALE 187 
della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata nella 
Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981), nella parte in cui non prevede la cessazione 
della stabile convivenza come causa di successione nella assegnazione ovvero come 
presupposto della voltura della convenzione a favore del convivente affidatario della prole�, 
per violazione dell'art. 2 Cost. (�Questa Corte ha gi� altra volta riconosciuto indubbiamente 
doveroso da parte della collettivit� intera impedire che delle persone possano rimanere prive 
di abitazione, e ha individuato in tale dovere, cui corrisponde il diritto sociale all'abitazione, 
collocabile tra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2 della Costituzione, un connotato 
della forma costituzionale di Stato sociale: cfr. sentenze n. 404 del 1988 e n. 49 del 1987�: n. 
3. del Considerato in diritto). 
� certo, pertanto, che la Corte costituzionale ha escluso che il diritto fondamentale di contrarre 
matrimonio sia riconosciuto dall'art. 2 della nostra Costituzione a due persone dello stesso 
sesso, anche se alcune delle su riportate affermazioni, considerate unitamente al richiamo di 
specifici precedenti, comportano - come si vedr� pi� oltre (cfr., infra, n. 4.2.) - rilevanti conseguenze 
sul piano della tutela giurisdizionale dell'unione omosessuale. 
3.3. - Con la gi� menzionata sentenza 24 giugno 2010 (Prima Sezione, caso Schalk e Kopf 
contro Austria), di poco successiva a quella della Corte costituzionale dianzi richiamata, la 
Corte Europea dei diritti dell'uomo ha affrontato - per la prima volta - la questione se due persone 
dello stesso sesso �possono affermare di avere il diritto di contrarre matrimonio� (p.50). 
3.3.1. - Al riguardo - per la migliore comprensione del successivo discorso -, � indispensabile 
premettere il quadro normativo di riferimento e le connesse questioni concernenti l'efficacia 
delle menzionate norme, convenzionale e comunitaria, nell'ordinamento italiano. 
A) L'art. 12 (che reca la rubrica: �Diritto al matrimonio�) della CEDU, firmata a Roma il 4 
novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, stabilisce: �Uomini e donne 
in et� adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti 
l'esercizio di tale diritto�. 
A sua volta, l'art. 14 della stessa Convenzione (che reca la rubrica: �Divieto di discriminazione�) 
dispone, tra l'altro, che �Il godimento dei diritti e delle libert� riconosciuti nella presente 
Convenzione deve essere assicurato senza distinzione di alcuna specie, come di sesso 
[...]� e va letto, con riferimento alla fattispecie, in relazione al precedente art. 8 (che reca la 
rubrica: �Diritto al rispetto della vita privata e familiare�), laddove (paragrafo 1) statuisce che 
�Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare�. 
B) L'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (cosiddetta 'Carta di Nizza', 
ivi proclamata il 7 dicembre 2000, e nuovamente proclamata a Strasburgo il 12 dicembre 
2007, in vista della firma del Trattato di Lisbona) stabilisce: �Il diritto di sposarsi e il diritto 
di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano 1�esercizio�. 
Tale articolo - come pure i su menzionati articoli della Convenzione Europea - debbono essere 
interpretati in relazione con: 
1) l'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea (TUE) - come modificato dal Trattato di Lisbona 
del 13 dicembre 2007, reso esecutivo con la legge 2 agosto 2008, n. 130 (Ratifica ed esecuzione 
del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione Europea e il Trattato che 
istituisce la Comunit� Europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, 
fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007), ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009 -, il quale stabilisce: 
�L'Unione riconosce i diritti, le libert� e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali 
dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,
188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
che ha lo stesso valore giuridico dei trattati [paragrafo 1, primo comma]. Le disposizioni della 
Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati [secondo 
comma]. I diritti, le libert� e i principi della Carta sono interpretati in conformit� delle disposizioni 
generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione 
e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti 
di tali disposizioni [terzo comma]. L'Unione aderisce alla Convenzione Europea per la salvaguardia 
dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze 
dell'Unione definite nei trattati [paragrafo 2]. I diritti fondamentali, garantiti dalla 
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali e 
risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione 
in quanto principi generali [paragrafo 3]�; 
2) l'art. 51 della Carta (che reca la rubrica �Ambito di applicazione� ed � compreso nel Titolo 
VII, concernente �Disposizioni generali che disciplinano l'interpretazione e l'applicazione 
della Carta� e richiamato dal su menzionato art. 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE) statuisce: 
�Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell'Unione 
nel rispetto del principio di sussidiariet�, come pure agli Stati membri esclusivamente 
nell�attuazione del diritto dell'Unione. Pertanto i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano 
i principi e ne promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei 
limiti delle competenze conferite all'Unione nei trattati [paragrafo 1]. La presente Carta non 
estende l'ambito di applicazione del diritto dell'Unione al di l� delle competenze dell'Unione, 
n� introduce competenze nuove o compiti nuovi per l'Unione, n� modifica le competenze e i 
compiti definiti nei trattati [paragrafo 2]�; 
3) l'art. 52, paragrafo 3, della stessa Carta (che reca la rubrica �Portata e interpretazione dei 
diritti e dei principi� ed � parimenti compreso nel Titolo VII) dispone: �Laddove la presente 
Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia 
dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono 
uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. La presente disposizione non preclude 
che il diritto dell'Unione conceda una protezione pi� estesa�. 
3.3.2. - Dev'essere a questo punto ancora chiarito, in riferimento alla preliminare questione 
se l'art. 9 della Carta sia immediatamente applicabile nella specie, che la specifica fattispecie 
oggetto del presente giudizio - concernente la trascrivibilit�, o no, nei registri dello stato civile 
italiano di un atto di matrimonio di cittadini italiani dello stesso sesso celebrato all'estero - � 
del tutto estranea alle materie attribuite alla competenza dell'Unione Europea ed inoltre � priva 
di qualsiasi legame, anche indiretto, con il diritto dell'Unione. 
Tale chiarimento si rende necessario perch� i ricorrenti, con la memoria di cui all'art. 378 cod. 
proc. civ., hanno formulato la richiesta di �valutare la sussistenza dei presupposti per il rinvio 
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, affinch� [...] chiarisca quale sia l'interpretazione 
pi� corretta da dare al disposto combinato degli artt. 9, 21, 51, 52, 53, 54 della 
Carta di Nizza, in considerazione del riflesso di tale interpretazione sul diritto di libert� di 
circolazione dei cittadini Europei nell'ambito del territorio dell'Unione�. 
Il senso di tale richiesta si basa sulla non del tutto esplicitata considerazione che due cittadini 
dello stesso sesso di uno degli Stati membri dell'Unione, i quali abbiano contratto matrimonio 
in uno di tali Stati che riconosca un matrimonio siffatto, non potrebbero stabilirsi, con il medesimo 
status di coniugi, in altro Stato membro che non riconosca invece il matrimonio omosessuale, 
con conseguente lesione della loro libert� di circolazione e di soggiorno nel territorio 
degli Stati membri, garantita dall'art. 21, paragrafo 1 (ex art. 18, paragrafo 1, del TCE), del
CONTENZIOSO NAZIONALE 189 
Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), come avvenuto nella specie. 
Al riguardo, deve sottolinearsi che la Corte costituzionale, proprio sulla base di un'articolata 
interpretazione dei su riportati artt. 6, paragrafo 1, secondo comma, del TUE e dell'art. 51 
della Carta -nonch� del costante orientamento seguito dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea 
sia anteriore che successivo all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona (cfr., ex plurimis, 
la sentenza 29 maggio 1997, nella causa C-299/95, Kremzow; l'ordinanza 6 ottobre 2005, 
nella causa C-328/04, Attila Vajnai; la sentenza 5 ottobre 2010, nella causa C-400/10, Me B, 
L. E., nonch� la pi� recente sentenza 15 novembre 2011, nella causa C-256/11, Dereci) - ha 
affermato il seguente principio: �Presupposto di applicabilit� della Carta di Nizza � [...] che 
la fattispecie sottoposta all'esame del giudice sia disciplinata dal diritto Europeo - in quanto 
inerente ad atti dell'Unione, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto 
dell'Unione, ovvero alle giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale 
altrimenti incompatibile con il diritto dell'Unione - e non gi� da sole norme nazionali prive di 
ogni legame con tale diritto�; con la conseguenza che tale principio esclude �che la Carta costituisca 
uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dell'Unione Europea� 
(n. 5.5. del Considerato in diritto; per un'applicazione esplicita di tale principio, cfr. la 
sentenza di questa Corte n. 22751 del 2010). 
Alla luce di tali consolidati principi, � del tutto evidente, perci�, che la su specificata fattispecie, 
oggetto del presente giudizio, risulta del tutto estranea alle materie attribuite alla competenza 
dell'Unione Europea, ed inoltre priva di qualsiasi legame, anche indiretto, con il diritto 
dell'Unione. 
Decisivo al riguardo � il rilievo che lo stesso art. 9 della Carta, nel riconoscere il �diritto di 
sposarsi e il diritto di costituire una famiglia�, riserva tuttavia ai singoli Stati membri dell'Unione 
il compito di garantirli nei rispettivi ordinamenti �secondo le leggi nazionali che ne 
disciplinano l'esercizio�, in tal modo esplicitamente chiarendo che la disciplina generale concernente 
la garanzia di tali diritti � 'materia' attribuita alla competenza di ciascuno degli stessi 
Stati membri. 
Deve in ogni caso aggiungersi che, secondo la Corte di giustizia dell'Unione Europea, �Il diritto 
alla libera circolazione comprende sia il diritto per i cittadini dell'Unione Europea di entrare 
in uno Stato membro diverso da quello di cui sono originari, sia il diritto di lasciare 
quest'ultimo� (cfr. la sentenza 17 novembre 2011, nella causa C-434/10, Aladzhov), sicch� 
appare chiaro che l'impedimento denunciato dai ricorrenti � di mero fatto, non implicando alcuna 
lesione della loro libert� di circolazione e di soggiorno (gli stessi ricorrenti hanno contratto 
matrimonio nel Regno dei Paesi Bassi e si sono poi stabiliti in Italia nel Comune di 
Latina) e dipendendo inoltre, si ribadisce, dalla attribuzione a ciascuno Stato membro dell'Unione 
della libera scelta di garantire o no il diritto al matrimonio omosessuale. 
3.3.3. - La Corte Europea dei diritti dell'uomo, con la richiamata sentenza 24 giugno 2010 
(Prima Sezione, caso Schalk e Kopf contro Austria), pronunciata in un caso del tutto analogo 
a quello in esame - due cittadini austriaci di sesso maschile avevano chiesto all'ufficio dello 
stato civile di adempiere le formalit� richieste per contrarre matrimonio e, a fronte della reiezione 
della richiesta, avevano dedotto di essere stati discriminati, in violazione degli artt. 12 
e 14, in relazione all'art. 8, della Convenzione, in quanto, essendo una coppia omosessuale, 
era stata loro negata la possibilit� di contrarre matrimonio o di far riconoscere la loro relazione 
dalla legge in altro modo -, ha ritenuto tra l'altro, all'unanimit�, che non vi � stata violazione 
dell'art. 12 e, a maggioranza, che non vi � stata violazione dell'art. 14, in relazione all'art. 8, 
della Convenzione.
190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Nonostante tale dispositivo di rigetto delle richieste dei ricorrenti, la sentenza contiene importanti 
novit� sull'interpretazione sia dell'art. 12 sia dell'art. 14 della Convenzione. 
A proposito dell'interpretazione dell'art. 12 della CEDU, operata dalla Corte Europea in 'combinato 
disposto' con l'art. 9 della Carta (cfr., supra, n. 3.3.1.), � opportuno richiamare le �spiegazioni� 
della stessa Carta - di cui al quinto capoverso del Preambolo ed al paragrafo 7 dell'art. 
52 della stessa Carta (�[...] la Carta sar� interpretata dai giudici dell'Unione e degli Stati membri 
tenendo in debito conto le spiegazioni elaborate sotto l'autorit� del Praesidium della Convenzione 
che ha redatto la Carta e aggiornate sotto la responsabilit� del Praesidium della 
Convenzione Europea�), nonch� del su riportato art. 6, paragrafo 1, terzo comma, del TUE 
(�I diritti, le libert� e i principi della Carta sono interpretati in conformit� delle disposizioni 
generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo 
in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di 
tali disposizioni�) -, in quanto esse, �pur non avendo status di legge, rappresentano un indubbio 
strumento di interpretazione� (cos�, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 138 del 2010, n. 
10 del Considerato in diritto). 
Orbene, nelle �spiegazioni� all'art. 52, paragrafo 3, � detto: �Il paragrafo 3 [dell'art. 52] intende 
assicurare la necessaria coerenza tra la Carta e la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo 
affermando la regola secondo cui, qualora i diritti della presente Carta corrispondano ai diritti 
garantiti anche dalla CEDU, il loro significato e la loro portata, comprese le limitazioni ammesse, 
sono identici a quelli della CEDU. [...] Il riferimento alla CEDU riguarda sia la Convenzione 
che i relativi protocolli. Il significato e la portata dei diritti garantiti sono determinati 
non solo dal testo di tali strumenti, ma anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti 
dell'uomo e della Corte di giustizia dell'Unione Europea. L'ultima frase del paragrafo � 
intesa a consentire all'Unione di garantire una protezione pi� ampia. La protezione accordata 
dalla Carta non pu� comunque in nessun caso situarsi ad un livello inferiore a quello garantito 
dalla CEDU. [...] In appresso � riportato l'elenco dei diritti che, in questa fase e senza che ci� 
escluda l'evoluzione del diritto, della legislazione e dei Trattati, possono essere considerati 
corrispondenti a quelli della CEDU ai sensi del presente paragrafo. [...] 2. Articoli della Carta 
che hanno significato identico agli articoli corrispondenti della Convenzione Europea dei diritti 
dell'uomo ma la cui portata � pi� ampia: - l'articolo 9 copre la sfera dell'art. 12 della 
CEDU, ma il suo campo d'applicazione pu� essere esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente 
istituite dalla legislazione nazionale [...]� (corsivi aggiunti). 
Inoltre, nella stesse �spiegazioni�, concernenti specificamente l'art. 9, � detto: �Questo articolo 
si basa sull'articolo 12 della CEDU [...]. La formulazione di questo diritto � stata aggiornata 
al fine di disciplinare i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscono modi diversi dal matrimonio 
per costituire una famiglia. L'articolo non vieta n� impone la concessione dello status 
matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso. Questo diritto � pertanto simile a quello 
previsto dalla CEDU, ma la sua portata pu� essere pi� estesa qualora la legislazione nazionale 
lo preveda [corsivo aggiunto]�. 
Tali spiegazioni, nell'attestare la strettissima correlazione tra la Convenzione e la Carta normativamente 
sancita dall'art. 52, paragrafo 3, della Carta, che �ha lo stesso valore giuridico 
dei trattati�, ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, primo comma, del TUE -, danno conto a sufficienza 
delle ragioni per le quali la Corte Europea ha interpretato l'art. 12 della Convenzione 
in 'combinato disposto' con l'art. 9 della Carta, il quale �copre la sfera dell'art. 12 della CEDU, 
ma il suo campo d'applicazione pu� essere esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente 
istituite dalla legislazione nazionale�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 191 
Tanto premesso, la Corte Europea, in particolare: a) quanto all'interpretazione dell'art. 12 (cfr., 
supra, n. 3.3.1., lettera A) - dopo aver rammentato la propria consolidata giurisprudenza, secondo 
cui �l'articolo 12 garantisce il diritto fondamentale di un uomo e di una donna di contrarre 
matrimonio e di fondare una famiglia. L'esercizio di questo diritto da origine a 
conseguenze personali, sociali e giuridiche. Esso � soggetto alle leggi nazionali degli Stati 
Contraenti, ma le limitazioni introdotte in merito non devono limitare o ridurre il diritto in 
modo o in misura tale da minare l'essenza stessa del diritto [...]� -, ha affermato, tra l'altro, 
che: 
1) �[...] esaminata isolatamente, la formulazione dell'articolo 12 [Uomini e donne] potrebbe 
essere interpretata in modo da non escludere il matrimonio tra due uomini o tra due donne. 
Tuttavia, in antitesi, tutti gli altri articoli sostanziali della Convenzione concedono diritti e libert� 
a tutti o dichiarano che nessuno deve essere sottoposto a certi tipi di trattamento proibito. 
La scelta della formulazione dell'articolo 12 deve pertanto essere considerata intenzionale. 
Inoltre, si deve tenere conto del contesto storico in cui � stata adottata la Convenzione. Nel 
1950 il matrimonio era inteso chiaramente nel senso tradizionale di unione tra partner di sesso 
diverso� (p.55); 
2) �[...] l'incapacit� per una coppia di concepire o di procreare un figlio non inibisce di per s� 
il diritto di contrarre matrimonio [...]. Tuttavia, tale decisione non permette alcuna conclusione 
sulla questione del matrimonio omosessuale� (p.56); 
3) �Secondo la tesi dei ricorrenti si deve leggere attualmente l'articolo 12 come concedente 
alle coppie omosessuali l'accesso al matrimonio o, in altre parole, come facente obbligo agli 
Stati Membri di prevedere tale accesso nelle loro legislazioni nazionali. [...] La Corte non � 
persuasa della tesi dei ricorrenti. Tuttavia, come essa ha osservato nel ricorso di Christine Goodwin, 
l'istituto del matrimonio ha subito importanti cambiamenti sociali dall'adozione della 
Convenzione [...] La Corte osserva che non vi � un consenso generale Europeo in materia di 
matrimonio omosessuale. Attualmente non pi� di sei Stati aderenti alla Convenzione su quarantasette 
permettono il matrimonio omosessuale� (p. 57 e 58); 
4) �Passando alla comparazione tra l'articolo 12 della Convenzione e l�articolo 9 della Carta 
dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (la Carta), la Corte ha gi� osservato che quest'ultima 
ha volutamente evitato il riferimento agli uomini e alle donne [...]. Il Commentario 
alla Carta, che � divenuto giuridicamente vincolante nel dicembre 2009, conferma che l�articolo 
9 intende avere un campo di applicazione pi� ampio dei corrispondenti articoli di altri 
strumenti relativi ai diritti umani [...]. Allo stesso tempo il riferimento alla legislazione nazionale 
riflette la diversit� dei regolamenti nazionali, che spaziano dal permesso dei matrimoni 
omosessuali al loro esplicito divieto. Facendo riferimento alla legislazione nazionale, l�articolo 
9 della Carta lascia decidere agli Stati se permettere o meno i matrimoni omosessuali. Nelle 
arole del commentario: ... si pu� sostenere che non vi � ostacolo al riconoscimento delle relazioni 
omosessuali nel contesto del matrimonio. Tuttavia non vi � alcuna disposizione esplicita 
che prevede che le legislazioni nazionali debbano facilitare tali matrimoni [corsivo 
aggiunto]� (p. 60); 
5) �Visto l'articolo 9 della Carta, pertanto, la Corte non ritiene pi� che il diritto al matrimonio 
di cui all'articolo 12 debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto. 
Conseguentemente non si pu� affermare che l'articolo 12 sia inapplicabile alla doglianza 
dei ricorrenti. Tuttavia, per come stanno le cose, si lascia decidere alla legislazione nazionale 
dello Stato contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale [corsivo aggiunto]� 
(p. 61);
192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
6) �A tale riguardo la Corte osserva che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate 
che possono differire molto da una societ� all'altra. La Corte ribadisce di non doversi 
spingere a sostituire l'opinione delle autorit� nazionali con la propria, dato che esse si trovano 
in una posizione migliore per valutare e rispondere alle esigenze della societ� [...] In conclusione, 
la Corte ritiene che l'articolo 12 della Convenzione non faccia obbligo allo Stato convenuto 
di concedere l'accesso al matrimonio a una coppia omosessuale come i ricorrenti� (p. 
62 e 63); 
b) quanto all'interpretazione dell'art. 14, in relazione all'art. 8 (cfr., supra, n. 3.3.1., lettera A), 
ha affermato, tra l�altro, che: 1) �� indiscusso nel presente caso che la relazione di una coppia 
omosessuale come i ricorrenti rientri nella nozione di vita privata nell'accezione dell'articolo 
8. Tuttavia, alla luce dei commenti delle parti la Corte ritiene opportuno determinare se la 
loro relazione costituisce anche una vita familiare [corsivo aggiunto]� (p. 90); 
2) �La Corte ribadisce la sua giurisprudenza radicata in materia di coppie eterosessuali, vale 
a dire che la nozione di famiglia in base a questa disposizione non � limitata alle relazioni basate 
sul matrimonio e pu� comprendere altri legami familiari di fatto, se le parti convivono 
fuori dal vincolo del matrimonio�. [...] (corsivo aggiunto) (p. 91); 
3) �In antitesi, la giurisprudenza della Corte ha accettato solo che la relazione emotiva e sessuale 
di una coppia omosessuale costituisca vita privata, ma non ha ritenuto che essa costituisca 
vita familiare, anche se era in gioco una relazione durevole tra partner conviventi. Nel 
giungere a tale conclusione, la Corte ha osservato che nonostante la crescente tendenza negli 
Stati Europei verso un riconoscimento giuridico e giudiziario di unioni di fatto stabili tra omosessuali, 
data l'esistenza di poche posizioni comuni tra gli Stati contraenti, questa era un'area 
in cui essi godevano ancora di un ampio margine di discrezionalit� [...]. Nel caso di Karner 
[...], relativo al subentro del partner di una coppia omosessuale nei diritti locativi del partner 
deceduto, che rientrava nella nozione di abitazione, la Corte ha esplicitamente lasciato aperta 
la questione di decidere se il caso riguardasse anche la vita privata e familiare del ricorrente� 
(p. 92); 
4) �La Corte osserva che dal 2001 [...] ha avuto luogo in molti Stati Membri una rapida evoluzione 
degli atteggiamenti sociali nei confronti delle coppie omosessuali. A partire da quel 
momento un notevole numero di Stati Membri ha concesso il riconoscimento giuridico alle 
coppie omosessuali [...] Certe disposizioni del diritto dell'U� riflettono anche una crescente 
tendenza a comprendere le coppie omosessuali nella nozione di famiglia [...]� (p. 93); 
5) �Data quest'evoluzione la Corte ritiene artificiale sostenere l'opinione che, a differenza di 
una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della vita familiare ai 
fini dell'articolo 8. Conseguentemente la relazione dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente 
con una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di vita familiare, proprio come 
vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione [corsivo aggiunto]� 
(p. 94). 
3.3.4. - � noto che, secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, l'interpretazione 
e l'applicazione delle norme della Convenzione, pur essendo affidata ai giudici degli 
Stati contraenti, � attribuita, in via definitiva, alla Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, 
la cui competenza appunto �si estende a tutte le questioni concernenti l'interpretazione 
e l'applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa nelle 
condizioni previste� dalla Convenzione medesima, con la conseguenza che detti giudici hanno 
il dovere di interpretare la norma interna in modo conforme alla norma convenzionale fintantoch� 
ci� sia reso possibile dal testo di tale norma e, in caso di impossibilit� dell'interpretazione
CONTENZIOSO NAZIONALE 193 
'conforme', di sollevare questione di legittimit� costituzionale della norma interna per contrasto 
con la norma convenzionale 'interposta', per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.; con 
l'ulteriore conseguenza che l�interpretazione data dalla Corte Europea vincola, anche se non 
in modo incondizionato, detti giudici e costituisce il 'diritto vivente' della Convenzione (cfr. 
l'art. 32 della CEDU; cfr., altres�, ex plurimis, le sentenze della Corte costituzionale nn. 348 
e 349 del 2007, n. 80 del 2011 e n. 15 del 2012). 
Ci� premesso, l'analisi dei su riportati brani della sentenza della Corte Europea mostra inequivocabilmente 
che essa contiene due novit� sostanziali rispetto alla precedente giurisprudenza 
concernente l'interpretazione degli artt. 12 e 14 della Convenzione, novit� correlate alla 
novit� del caso sottoposto all'esame della Corte. 
A) La prima novit� attiene appunto alla questione se il diritto al matrimonio, riconosciuto dall'art. 
12 della Convenzione, comprenda anche il diritto al matrimonio tra persone dello stesso 
sesso. 
La risposta della Corte non lascia adito a dubbi: �Visto l�articolo 9 della Carta [...], la Corte 
non ritiene pi� che il diritto al matrimonio di cui all'articolo 12 debba essere limitato in tutti 
i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto. Conseguentemente non si pu� affermare 
che l'articolo 12 sia inapplicabile alla doglianza dei ricorrenti. Tuttavia, per come stanno le 
cose, si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato contraente se permettere o meno 
il matrimonio omosessuale�. 
Al riguardo, deve sottolinearsi che: 
1) la ratio decidendi si fonda - per le ragioni gi� dette - sull'interpretazione non del solo art. 
12, ma di tale disposizione in 'combinato disposto' con l'art. 9 della Carta che, pur avendo �significato 
identico� a quello dell'art. 12, ha tuttavia �portata pi� ampia�, in quanto �il suo 
campo d'applicazione pu� essere esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente istituite 
dalla legislazione nazionale� (cfr., supra, n. 3.3.3.): si fonda, cio�, sull'interpretazione del diritto 
fondamentale al matrimonio secondo il criterio magis ut valeat; 
2) la ratio decidendi, inoltre, costituisce vero e proprio Overruling (�[...] la Corte non ritiene 
pi� che il diritto al matrimonio di cui all'articolo 12 debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio 
tra persone di sesso opposto [...]�) rispetto alla precedente giurisprudenza richiamata 
dalla stessa Corte, secondo la quale �l'articolo 12 garantisce il diritto fondamentale di un uomo 
e di una donna di contrarre matrimonio e di fondare una famiglia�; 
3) conseguentemente, il diritto al matrimonio riconosciuto dall'art. 12 ha acquisito, secondo 
l'interpretazione della Corte Europea - la quale costituisce radicale 'evoluzione' rispetto ad 
�una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio� -, un nuovo e pi� ampio contenuto, 
inclusivo anche del matrimonio contratto da due persone dello stesso sesso (cfr., supra, nn. 
3.3.1., lettera B, e 3.3.3.); 
4) secondo la Corte, tuttavia - in piena conformit� con l'inequivocabile tenore letterale degli 
artt. 12 della Convenzione e 9 della Carta -, la 'garanzia' del diritto ad un matrimonio siffatto 
� totalmente riservata al potere legislativo degli Stati contraenti della Convenzione e/o membri 
dell'Unione Europea (�Tuttavia, per come stanno le cose, si lascia decidere alla legislazione 
nazionale dello Stato contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale�); ed � proprio 
per questa ragione che la Corte ha potuto affermare che, nel caso sottopostole, �l'articolo 
12 della Convenzione non fa[ccia] obbligo allo Stato convenuto [nella specie, l'Austria] di 
concedere l'accesso al matrimonio a una coppia omosessuale come i ricorrenti�. 
A quest'ultimo riguardo, secondo l'impostazione della Corte, le ora richiamate disposizioni, 
pur 'riconoscendo' detti diritti, sono state tuttavia formulate in modo tale da separare il 'rico-
194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
noscimento' dalla 'garanzia' degli stessi: infatti, l'art.12 della CEDU riconosce �il diritto di 
sposarsi e di fondare una famiglia�, ma �secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di 
tale diritto�; corrispondentemente, l'art. 9 della Carta riconosce �il diritto di sposarsi e il diritto 
di costituire una famiglia�, ma al contempo afferma che questi diritti �sono garantiti secondo 
le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio�. E la ragione di questa 'separazione' - come 
emerge nitidamente dalla motivazione della sentenza della Corte Europea - sta nella constatazione 
delle notevoli ed a volte profonde differenze sociali, culturali e giuridiche, che ancora 
connotano le discipline legislative della famiglia e del matrimonio dei Paesi aderenti alla Convenzione 
e/o membri dell'Unione Europea. 
B) La seconda novit� attiene alla questione se la relazione di una coppia omosessuale rientri 
nella nozione di 'vita familiare' nell'accezione dell'articolo 8 della Convenzione. 
Anche su tale questione la risposta della Corte � chiarissima: �Data quest'evoluzione [sociale 
e giuridica] la Corte ritiene artificiale sostenere l�opinione che, a differenza di una coppia eterosessuale, 
una coppia omosessuale non possa godere della vita familiare ai fini dell�articolo 
8. Conseguentemente la relazione dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente con una 
stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di vita familiare, proprio come vi rientrerebbe 
la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione�. 
Questa estensione alla coppia omosessuale stabilmente convivente del diritto alla 'vita familiare' 
costituisce coerente conseguenza del riconoscimento ai singoli componenti tale coppia, 
da parte della Corte Europea, del diritto al matrimonio e del diritto di fondare una famiglia ed 
attesta ancora una volta la necessit� di distinguere tra riconoscimento del diritto al matrimonio 
omosessuale, altre forme di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia 
omosessuale e riconoscimento ai singoli componenti tale unione di altri diritti fondamentali. 
4. - Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, pu� pervenirsi - ferma restando la decisione 
di infondatezza del ricorso in esame - ad una risposta maggiormente articolata alle 
questioni - pi� generale e specifica - poste a questa Corte dalla presente fattispecie (cfr., supra, 
n. 2.1.), segnatamente in relazione agli effetti, nell'ordinamento giuridico italiano, della sentenza 
della Corte costituzionale n. 138 del 2010 (cfr., supra, nn. 3.1. e 3.2.) e della sentenza 
della Corte Europea dei diritti dell'uomo 24 giugno 2010 (cfr., supra, n. 3.3.3.). 
4.1. - Occorre muovere dal rilievo che, se il diritto di contrarre matrimonio � diritto fondamentale 
-in quanto derivante dagli artt. 2 e 29 Cost. ed espressamente riconosciuto, come pi� 
volte rilevato, dall'art. 16, paragrafo 1, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 
1948, dall'art. 12 della CEDU del 1950, dall'art. 23, paragrafo 2, del Patto internazionale relativo 
ai diritti civili e politici del 1966 e dall'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione 
Europea del 2000-2007 -, esso spetta �ai singoli non in quanto partecipi di una 
determinata comunit� politica, ma in quanto esseri umani�, cio� alla persona in quanto tale 
(cfr., ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze nn. 105 del 2001, 249 del 2010, 245 del 2011 
cit.). 
Il riconoscimento di tale diritto fondamentale comporta necessariamente non soltanto l'appartenenza 
di esso al patrimonio giuridico costitutivo ed irretrattabile del singolo individuo 
quale persona umana, ma anche la effettiva possibilit� del singolo individuo di farlo valere 
erga omnes e di realizzarlo, nel che consiste la 'garanzia' del suo 'riconoscimento', secondo 
l'inscindibile binomio contenuto nell'art. 2 Cost. (�La Repubblica riconosce e garantisce i diritti 
inviolabili [...]�). 
La sentenza della Corte costituzionale n. 138 del 2010 ha negato fondamento costituzionale 
al diritto al matrimonio tra due persone dello stesso sesso, in riferimento sia agli artt. 3 e 29,
CONTENZIOSO NAZIONALE 195 
sia all'art. 2 Cost. Dunque, il suo riconoscimento e la sua garanzia - cio� l'eventuale disciplina 
legislativa diretta a regolarne l'esercizio -, in quanto non costituzionalmente obbligati, sono 
rimessi alla libera scelta del Parlamento; ci� che trova espressa conferma negli artt. 12 della 
CEDU e 9 della Carta, i quali riservano appunto alla disciplina legislativa dei singoli Stati 
contraenti della Convenzione e/o membri dell'Unione Europea la garanzia del �diritto al matrimonio� 
(CEDU) e dei diritti �di sposarsi e di costituire una famiglia� (Carta). 
Secondo la sentenza della Corte Europea 24 giugno 2010, invece, il diritto al matrimonio, riconosciuto 
dal combinato disposto degli artt. 12 della Convenzione e 9 della Carta, include 
anche quello al matrimonio di persone dello stesso sesso, quale 'nuovo contenuto' ermeneuticamente 
emergente proprio dai predetti diritti riconosciuti dalla Convenzione e dalla Carta, 
fermo restando tuttavia che la sua garanzia � rimessa al potere legislativo dei singoli Stati 
(�Tuttavia, per come stanno le cose, si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato 
Contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale. [...] A tale riguardo la Corte osserva 
che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto 
da una societ� all'altra. La Corte ribadisce di non doversi spingere a sostituire l'opinione delle 
autorit� nazionali con la propria, dato che esse si trovano in una posizione migliore per valutare 
e rispondere alle esigenze della societ��). 
Tale 'riserva assoluta di legislazione nazionale', per cos� dire, non significa, per�, che le menzionate 
norme, convenzionale e comunitaria non spieghino alcun effetto nell'ordinamento giuridico 
italiano, fintantoch� il Parlamento - libero di scegliere, sia nell'an sia nel quomodo - 
non garantisca tale diritto o preveda altre forme di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali. 
Dette norme, invece - attraverso gli 'ordini di esecuzione' contenuti nelle su citate 
leggi che hanno autorizzato la ratifica e l'esecuzione della Convenzione Europea dei diritti 
dell'uomo e del Trattato sull'Unione Europea -, sono gi� da tempo entrate a far parte integrante 
dell'ordinamento giuridico italiano e devono essere interpretate in senso 'convenzionalmente 
conforme'. 
Ed allora, il limitato ma determinante effetto dell'interpretazione della Corte Europea - secondo 
cui �la Corte non ritiene pi� che il diritto al matrimonio di cui all'articolo 12 debba essere limitato 
in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto� -, sta nell'aver fatto cadere il 
postulato implicito, il requisito minimo indispensabile a fondamento dell'istituto matrimoniale, 
costituito dalla diversit� di sesso dei nubendi e, conseguentemente, nell'aver ritenuto incluso 
nell'art. 12 della CEDU anche il diritto al matrimonio omosessuale (cfr., supra, n. 2.2.2.). La 
Corte Europea, in altri termini, sulla base della ricognizione delle differenze, anche profonde, 
delle legislazioni nazionali in materia, �che spaziano dal permesso dei matrimoni omosessuali 
al loro esplicito divieto�, ha (soltanto) rimosso l'ostacolo - la diversit� di sesso dei nubendi 
appunto - che impediva il riconoscimento del diritto al matrimonio omosessuale, riservando 
tuttavia la garanzia di tale diritto alle libere opzioni dei Parlamenti nazionali. 
4.2. - Le considerazioni che precedono consentono di pervenire ad una prima conclusione 
circa la pi� generale questione se la Repubblica italiana riconosca e garantisca a persone dello 
stesso sesso, al pari di quelle di sesso diverso, il diritto fondamentale di contrarre matrimonio. 
Come gi� sottolineato (cfr., supra, nn. 3.2. e 4.1.), la sentenza della Corte costituzionale n. 
138 del 2010, pur negando specifico fondamento costituzionale al riconoscimento del diritto 
al matrimonio di persone dello stesso sesso, ha tuttavia affermato: che nelle �formazioni sociali� 
di cui all'art. 2 Cost. � inclusa �l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza 
tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una
196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
condizione di coppia�; che fermo il riconoscimento e la garanzia di tale diritto 'inviolabile', 
�nell'ambito applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena 
discrezionalit�, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette�, 
e che, tuttavia, resta �riservata alla Corte costituzionale la possibilit� d'intervenire a tutela di 
specifiche situazioni (come � avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 
1989 e n. 404 del 1988)�, potendo accadere che, �in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile 
la necessit� di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata 
e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte pu� garantire con il controllo 
di ragionevolezza�. 
A sua volta, la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo 24 giugno 2010 (cfr., supra, 
n. 3.3.3.) ha affermato anche che �la Corte ritiene artificiale sostenere l'opinione che, a differenza 
di una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della vita familiare 
ai fini dell'articolo 8�, e che �Conseguentemente la relazione dei ricorrenti, una coppia 
omosessuale convivente con una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di vita familiare, 
proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione�. 
Ed allora, le su riportate affermazioni, considerate unitamente al richiamo di specifici precedenti 
da parte della Corte costituzionale, non danno adito a dubbi circa il senso e, soprattutto, 
gli effetti dei dicta delle due Corti nell'ordinamento giuridico italiano. 
I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se - secondo 
la legislazione italiana - non possono far valere n� il diritto a contrarre matrimonio n� il diritto 
alla trascrizione del matrimonio contratto all'estero, tuttavia - a prescindere dall'intervento del 
legislatore in materia -, quali titolari del diritto alla 'vita familiare' e nell'esercizio del diritto 
inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale 
di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono 
adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di �specifiche situazioni�, il diritto 
ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale 
sede, eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimit� costituzionale delle disposizioni 
delle leggi vigenti, applicabili nelle singole fattispecie, in quanto ovvero nella parte 
in cui non assicurino detto trattamento, per assunta violazione delle pertinenti norme costituzionali 
e/o del principio di ragionevolezza. 
4.3. - Le medesime considerazioni consentono di pervenire all'altra conclusione circa la specifica 
questione, consistente nello stabilire se due cittadini italiani dello stesso sesso, i quali 
abbiano contratto matrimonio all'estero - come nella specie -, siano, o no, titolari del diritto 
alla trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato civile italiano. 
La risposta negativa, gi� data, si fonda per� su ragioni diverse da quella, finora ripetutamente 
affermata, della 'inesistenza' di un matrimonio siffatto per l'ordinamento italiano. 
Infatti, se nel nostro ordinamento � compresa una norma - l'art. 12 della CEDU appunto, come 
interpretato dalla Corte Europea -, che ha privato di rilevanza giuridica la diversit� di sesso 
dei nubendi nel senso dianzi specificato (cfr., supra, n. 4.1.), ne segue che la giurisprudenza 
di questa Corte - secondo la quale la diversit� di sesso dei nubendi �, unitamente alla manifestazione 
di volont� matrimoniale dagli stessi espressa in presenza dell'ufficiale dello stato civile 
celebrante, requisito minimo indispensabile per la stessa 'esistenza' del matrimonio civile, 
come atto giuridicamente rilevante - non si dimostra pi� adeguata alla attuale realt� giuridica, 
essendo stata radicalmente superata la concezione secondo cui la diversit� di sesso dei nubendi 
� presupposto indispensabile, per cosi dire 'naturalistico', della stessa 'esistenza' del matrimo-
CONTENZIOSO NAZIONALE 197 
nio. Per tutte le ragioni ora dette, l'intrascrivibilit� delle unioni omosessuali dipende -non pi� 
dalla loro 'inesistenza' (cfr., supra, n. 2.2.2.), e neppure dalla loro 'invalidit�', ma - dalla loro 
inidoneit� a produrre, quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento 
italiano. 
5. - La novit� di tutte le questioni trattate giustifica la compensazione integrale delle spese 
del presente grado del giudizio. 
P.Q.M. 
Rigetta il ricorso e compensa le spese. 
Dispone, ai sensi dell'art. 52 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che nel caso di diffusione 
della presente sentenza siano omesse le generalit� e gli altri dati identificativi delle parti. 
Unioni tra persone dello stesso sesso: quale tutela? Le ragioni 
storiche della tutela giuridica della famiglia 
Vincenzo Rago* 
La sentenza della Cassazione in commento, Sez I, n. 4184/2012 del 15 
marzo 2012, che ha negato la trascrizione di un matrimonio celebrato all�estero 
da due cittadini italiani dello stesso sesso, confermando i provvedimenti del 
Tribunale di Latina e della Corte di Appello di Roma, sia pure con diversa e 
pi� articolata motivazione, ha tentato di ricostruire i principi in materia di riconoscibilit� 
dell�unione stabile tra soggetti dello stesso sesso. 
Va subito detto che la decisione � stata accolta con commenti entusiastici 
da alcuni, che hanno visto in questa sentenza la rottura con schemi del passato 
e, nel contempo, con veementi critiche da altri (sfociate anche in lettere al Presidente 
della Repubblica): in proposito, si precisa che, al fine di evitare equivoci, 
occorre accostarsi a questo tema delicato senza pregiudizi �ideologici�, 
religiosi o laicisti che siano. 
La decisione, richiamando alcuni precedenti sia della Corte Costituzionale 
(in particolare, la sentenza n. 138/2010) sia della Corte Europea dei diritti 
dell�uomo (sentenza Prima Sezione, caso Schalk e Kopf c/Austria del 24 giugno 
2010), e fornendo una interpretazione di varie disposizioni normative e 
regolamentari, ha offerto un ulteriore contributo al dibattito sulla natura del 
matrimonio, sul piano giuridico, oltre che sociale, politico, psicologico e culturale. 
La Cassazione ha affermato i seguenti principi: 
a) la intrascrivibilit� del matrimonio tra persone dello stesso sesso dipende 
non gi� dalla contrariet� all�ordine pubblico, ai sensi dell�art. 18 D.P.R. 
(*) Avvocato dello Stato.
198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
n. 396/2000, come originariamente affermato dall�ufficiale di stato civile (e 
dal Tribunale di Latina in primo grado), ma dalla sua non riconoscibilit� come 
atto di matrimonio nell�ordinamento giuridico italiano; 
b) il diritto di contrarre matrimonio, cos� come ritenuto dalla Corte Costituzionale, 
non � riconosciuto dalla nostra Costituzione a due persone dello 
stesso sesso: 
1) sia perch� le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee 
rispetto al matrimonio e, dunque, non vi � violazione degli artt. 3 e 29 Cost. e 
del principio di uguaglianza; 
2) sia perch� la materia in questione � affidata alla discrezionalit� del Parlamento 
dei singoli Stati. 
Dopo avere deciso il caso sottoposto alla sua attenzione, la Cassazione - 
esorbitando forse dai limiti imposti dal contenuto della domanda giurisdizionale 
-, e prendendo spunto da alcune affermazioni della sentenza Corte Costituzionale 
n. 138/2010 e di quella della Corte Europea dei diritti dell�uomo del 
24 giugno 2010, ha fatto ulteriori considerazioni sulle unioni tra coppie dello 
stesso sesso, ed ha chiarito che 
1) ai sensi dell�art. 2 Cost., tra le formazioni sociali deve essere ricompresa 
anche l�unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone 
dello stesso sesso, pur spettando alla discrezionalit� del Parlamento di 
individuare le forme di garanzia e di riconoscimento delle unioni suddette e 
restando riservata alla Corte Costituzionale la possibilit� di intervenire a tutela 
di specifiche situazioni, attraverso il controllo di �ragionevolezza� (cfr. ad 
esempio, sentenza Corte Cost. n. 404/1988 che ha dichiarato la illegittimit� 
costituzionale dell�art. 6, primo comma della legge 27 luglio 1978, n. 392 - 
Disciplina delle locazioni di immobili urbani -, nella parte in cui non prevede 
tra i successibili nella titolarit� del contratto di locazione, in caso di morte del 
conduttore, il convivente more uxorio; ovvero Corte Cost. n. 559/1989, che 
ha dichiarato la illegittimit� dell�art. 18, primo e secondo comma della L.R. 
Piemonte 10 dicembre 1981, n. 64 - Disciplina delle assegnazioni di alloggi 
di edilizia residenziale pubblica - nella parte in cui non prevede la cessazione 
della stabile convivenza come causa di successione nella assegnazione ovvero 
come presupposto della voltura della convenzione a favore del convivente affidatario 
della prole); 
2) ai sensi degli artt. 12 e 14 della CEDU (firmata a Roma il 4 novembre 
1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dell�art. 9 della Carta 
dei diritti fondamentali dell�Unione Europea � c.d. Carta di Nizza del 7 dicembre 
2000 e nuovamente proclamata a Strasburgo il 12 dicembre 2007), 
nonch� dell�art. 6 del Trattato dell�Unione Europea, come modificato dal Trattato 
di Lisbona del 13 dicembre 2007, reso esecutivo con legge 2 agosto 2008, 
n. 130, e degli artt. 51 e 52 della stessa Carta, �il diritto di sposarsi e il diritto 
di costituire una famiglia� non fa parte del Diritto dell�Unione Europea, es-
CONTENZIOSO NAZIONALE 199 
sendo materia riservata ai singoli Stati membri; 
3) ai sensi dell�art. 12 della CEDU, cos� come ritenuto dalla Corte Europea, 
il diritto di uomo e donna di contrarre matrimonio - pur essendo soggetto 
alle leggi nazionali -, non pu� essere limitato o ridotto in maniera tale da minare 
l�essenza stessa del diritto e, in virt� di quanto disposto dall�art. 9 cit., 
come interpretato in maniera evolutiva, tale diritto non pu� pi� essere limitato 
al matrimonio di sesso opposto, perch� la relazione di una coppia omosessuale 
rientrerebbe nella nozione di vita familiare (art. 8 Convenzione). 
Fermi questi principi la Cassazione ha ritenuto 
1) che la decisione della Corte Europea dei diritti dell�uomo abbia ormai 
rimosso il requisito minimo indispensabile a fondamento dell�istituto matrimoniale, 
costituito dalla diversit� di sesso dei nubendi; 
2) che sia comunque riservata alla discrezionalit� dei singoli Stati individuare 
le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali; 
3) che i componenti di una coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione, 
seppur non possono far valere il diritto a contrarre il matrimonio o di 
trascrivere un matrimonio celebrato all�estero, possono comunque adire i giudici 
italiani per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un 
trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, 
in questa sede, sollevare le relative eccezioni di illegittimit� costituzionale 
delle disposizioni di legge vigenti, per violazione del principio di parit� di trattamento 
e/o del principio di ragionevolezza. 
La sentenza in commento, appare sostanzialmente corretta, quanto alla 
soluzione del quesito giuridico - non spetta la trascrizione in Italia di un matrimonio 
celebrato all�estero da due persone dello stesso sesso, perch� tale matrimonio 
non pu� produrre effetto, come tale, nel nostro ordinamento - essendo 
incontestabile che la nostra Costituzione non riconosce ad omosessuali il diritto 
di contrarre matrimonio, e che quella in questione � una materia riservata 
alla discrezionalit� dei Parlamenti nazionali dei singoli Stati e non gi� dell�Unione 
Europea. 
Per la verit�, questa ultima affermazione appare contraddittoria rispetto 
alle considerazioni finali della stessa decisione - ovvero che, per il matrimonio, 
sarebbe venuto meno il vincolo costituito dalla diversit� di sesso tra i nubendi 
- : ed infatti, se il Diritto dell�Unione Europea (e dunque anche la Corte 
Europea dei diritti dell�uomo) non hanno competenza in materia di diritto di 
famiglia, allora � evidente che la Corte dei diritti dell�uomo non pu�, con le 
sue considerazioni, incidere in alcun modo nella discrezionalit� del legislatore, 
che � pur sempre libero di legiferare in materia di riconoscimento delle unioni 
omosessuali e non pu� essere vincolata ai �considerata� di un Tribunale dell�Unione 
europea. 
In ogni caso, anche a prescindere da questa considerazione, la sentenza 
non � affatto convincente nella parte in cui, come detto, il Giudice di legittimit�
200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
ha svolto considerazioni di carattere generale sugli effetti e la tutela da accordare 
alle unioni omosessuali. 
Del Pari, la decisione non pu� essere condivisa, laddove - attribuendo un 
rilievo decisivo alla decisione della Corte Europea sopra cit.-, ha ritenuto che 
ai fini della capacit� di contrarre matrimonio, sarebbe stato rimosso nel nostro 
ordinamento il limite fondamentale della diversit� di sesso dei nubendi. 
La Cassazione in particolare, ha ritenuto di raggiungere questa conclusione, 
in aderenza a quanto statuito dalla Corte europea, in virt� della necessit� 
di tutelare il principio di parit� di trattamento tra coppie eterosessuali ed omosessuali. 
La decisione si fonda su un equivoco: il principio di non discriminazione 
non ha punti di contatto con il diritto di sposarsi, n� questo diritto � �speciale� 
rispetto al primo, atteso che il diritto di contrarre matrimonio non costituisce 
una specificazione del diritto di non essere discriminati. 
La decisione, inoltre, opera un passaggio che non sembra avere un riferimento 
normativo solido: un conto � dire che le unioni tra persone dello stesso 
sesso sono una delle formazioni sociali ex art. 2 Cost., altro � dire che sono 
una formazione �familiare�. 
Comunque sia, la decisione non pu� essere condivisa su tale punto: essa, 
a ben vedere, non ha considerato le lontanissime ragioni storiche che tradizionalmente 
riservano - nel nostro paese (e non solo) - il matrimonio alle sole 
coppie eterosessuali, e le motivazioni pi� profonde che, da millenni, hanno 
spinto i diversi ordinamenti, ben prima della Chiesa, a tutelare il solo matrimonio 
eterosessuale, disinteressandosi del legame tra persone dello stesso 
sesso, che pure � sempre stato conosciuto. 
Queste ragioni - a prescindere da qualsiasi giudizio di disvalore eticomorale 
per le unioni omosessuali - fanno parte del diritto naturale e meritano 
di essere tenute presenti ancora oggi. 
Il matrimonio ha - da sempre - ricevuto tutela, non gi� sulla base di una 
costruzione intimistica ed artificiosa del rapporto tra i coniugi, ma quale � veramente, 
ovvero un istituto di diritto naturale, che preesiste alla stessa societ� 
(civile), sul quale la medesima societ� fonda la sua essenza e dal quale la societ� 
non pu� prescindere. 
Il matrimonio ha trovato tutela in quanto fatto rilevante da un punto di 
vista sociale: � un rapporto privato tra due persone, al quale il diritto presta 
attenzione particolare, in quanto meritevole di tutela giuridica e che, solo per 
questo, diventa fatto di interesse sociale. 
La stessa cosa non avviene con altri fatti �privati�: l�amicizia non � mai 
stata presa in considerazione dal diritto, pur essendo un rapporto privato, utile 
e rilevante. 
Perch� � avvenuto questo ? 
Le diverse decisioni citate in epigrafe ci offrono la grande opportunit� di
CONTENZIOSO NAZIONALE 201 
ricordare le �radici� della tutela della famiglia, essendo sempre vero che 
l�unico modo di capire (ed accettare) l�oggi � quello di �comprendere� meglio 
il passato. 
In questo senso, cos� come si � precisato in un precedente commento, se 
� vero che le coppie omosessuali non debbono subire alcuna discriminazione 
a causa della loro identit� ed hanno certamente il diritto al riconoscimento dei 
loro legami affettivi, alla stessa maniera delle coppie eterosessuali, � compito 
del diritto quello di stabilire se e quale tutela assicurare ai conviventi di fatto 
dello stesso sesso (testamento, diritto di locazione, usufrutto, trattamento previdenziale 
e/o pensionistico, edilizia residenziale, etc.). 
Altra e diversa questione � se alle �unioni tra persone dello stesso sesso� 
possa (o addirittura, debba) essere attribuito lo stesso nome di �matrimonio�, 
con conseguente riconoscimento della stessa tutela giuridica e sociale, prevista 
per le coppie eterosessuali. 
La risposta a questo �drammatico� quesito non pu� che essere negativa, 
avuto riguardo proprio alle predette ragioni storiche: la difesa del matrimonio 
da parte del diritto si spiega con la necessit� di difendere il bene della famiglia, 
costitutiva della societ�. 
In questo senso la famiglia, contrariamente a quanto ritiene la Corte Europea 
con la decisione sopra citata (ed anche molti costituzionalisti), � un 
�bene� naturale, per la semplice considerazione che ogni singola persona � il 
frutto dell�unione tra un uomo ed una donna e del successivo concepimento: 
questa caratteristica � assente nelle unioni tra persone dello stesso sesso. 
Anche nel caso della fecondazione legalmente assistita, nella sostanza, il 
bambino che pu� essere allevato da due persone dello stesso sesso - anche se 
molti non sono d�accordo sulla possibilit� di adozione da parte di coppie omosessuali 
-, nasce ed � pur sempre formato dalla unione di 23 cromosomi maschili 
e 23 cromosomi femminili. 
Storicamente, dunque, il riconoscimento da parte dell�ordinamento e la 
tutela della famiglia si spiega con la necessit� di tutelare le nuove generazioni 
(ed insieme a queste la parte tradizionalmente debole del rapporto, ovvero la 
madre): il matrimonio, per sua struttura, regolamenta l�esercizio della sessualit� 
al fine di garantire l�ordine delle generazioni: il termine matrimonio significa, 
appunto, �moenia�, ovvero �difesa� della madre. 
Questa tutela, come detto, esiste da millenni, preesiste alla nascita della 
Chiesa, trattandosi di una esigenza connaturata alla nascita della stessa societ� 
civile. 
I rapporti tra omosessuali, quindi, non hanno trovato, nel mondo del diritto, 
tutela, trattandosi di rapporti di tipo privato, rispetto ai quali il diritto � 
rimasto estraneo, non gi� solo per motivi etico-morali, ma perch� non ha avvertito 
la presenza di una ragione di tutela delle generazioni future, come invece 
avviene nella famiglia eterosessuale.
202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Allora, se cos� �, per attribuire una tutela alle unioni omosessuali, non � 
sufficiente il richiamo alla disparit� di trattamento con le coppie eterosessuali, 
trattandosi, invero, di situazioni non assimilabili. 
N� pu� farsi riferimento al criterio di ragionevolezza, attesa la sostanziale 
differenza delle fattispecie. 
Per queste unioni, il legislatore, nell�ambito della sua discrezionalit�, sar� 
allora chiamato a trovare altre forme di tutela giuridica, diverse pur sempre 
da quelle tipiche del matrimonio, trattandosi di una delle formazioni sociali, 
tutelabili ex art. 2 Cost. 
Una soluzione diversa da quella ipotizzata nelle presenti note potrebbe 
avere gravi conseguenze sulla consistenza stessa dell�istituto del matrimonio, 
che perderebbe la sua individualit�, potendosi attribuire lo stesso nome di famiglia 
(e la relativa tutela giuridica) anche ad unioni che non hanno la stessa 
natura, con ripercussioni negative sul tessuto della stessa societ� civile.
CONTENZIOSO NAZIONALE 203 
Criteri per la quantificazione del danno ambientale nelle more 
dell�adozione del D.M. terzo comma dell�art. 311 del d.lgs. 152/06 
(Nota a Tribunale di Napoli, VI Sez. civ., sentenza del 9 luglio 2012 n. 8115) 
Michele Gerardo* 
I. Vicenda. 
Con atto di citazione notificato in data 12 maggio 1999 il Ministero dell�Ambiente 
e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno citato in giudizio 
dinanzi al Tribunale di Napoli la societ� C. P. al fine di conseguire, previo accertamento 
della responsabilit�, la condanna al ristoro dei pregiudizi, rectius: 
danno ambientale, arrecati alla cd. Darsena San Bartolomeo nel Comune di 
Castelvolturno alla localit� Pinetamare mediante un�attivit� di costruzione e 
gestione abusiva � a partire dal 1970 e fino al 1995 � di opere. 
Per la quantificazione del danno ambientale le Amm.ni attrici hanno utilizzato 
il parametro delineato dall�art. 18 co. 6, 7 e 8 L. 349/86 statuente che: 
�6. il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne 
determina l�ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravit� 
della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e del profitto 
conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei 
beni ambientali. 
7. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti 
della propria responsabilit� individuale. 
8. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone, ove possibile, il ripristino 
dello stato dei luoghi a spese del responsabile�. 
Il giudizio � stato definito dal Tribunale di Napoli con la pronuncia della 
sentenza in rassegna n. 8115, pubblicata il 9 luglio 2012 che ha accolto parzialmente 
le domande attoree con condanna della convenuta al ristoro del 
danno ambientale in favore del Ministero dell�Ambiente. 
II. Aspetti rilevanti della decisione. 
Tra le varie questioni giuridiche analizzate nella sentenza de qua � natura 
giuridica unitaria del danno ambientale, rilevanza della condotta lesiva dell�ambiente 
in data antecedente alla legge n. 349/86, eccezione di prescrizione 
delle pretese, ecc. � merita di essere evidenziata la disamina del problema del 
criterio per la quantificazione del danno. 
Aspetto, quest�ultimo, complesso perch� nelle more del giudizio � entrato 
in vigore l�art. 5 bis del D.L. 25 settembre 2009 n. 135, conv. con mod. in L. 
(*) Avvocato dello Stato.
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
20 novembre 2009 n. 166 (G.U. n. 274 del 24 novembre 2009 � suppl. ord.), 
il quale ha modificato gli artt. 303 e 311 del D.L.vo n. 152 del 3 aprile 2006 e 
precisamente: 
� prevedendo, mediante la disposizione contenuta nell'art. 5-bis co. 1 lett. 
b) l'aggiunta al terzo comma dell'art. 311 del richiamato d.lgs. 152/06 del 
seguente periodo: 
"Con decreto del Ministro dell�Ambiente e della tutela del territorio e del 
mare, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore 
della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, co. 3, della legge 23 
agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformit� a quanto previsto dal 
pento 1.2.3 dell�allegato II alla direttiva 2004/35/CE, i criteri di determinazione 
del risarcimento per equivalente e dell'eccessiva onerosit�, 
avendo riguardo anche al valore monetario stimato delle risorse naturali 
e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in casi simili o materie analoghe 
per la liquidazione del risarcimento per equivalente del danno ambientale 
in sentenze passate in giudicato pronunciate in ambito nazionale 
e comunitario"; 
� prevedendo, mediante la disposizione contenuta nell'art. 5-bis co. 1 lett. 
f) l'aggiunta al primo comma della lett. f) dell'art. 303 del richiamato d.lgs. 
152/06 del seguente periodo: 
"i criteri di determinazione dell'obbligazione risarcitoria stabiliti dall'articolo 
311, commi 2 e 3, si applicano anche alle domande di risarcimento 
proposte o da proporre ai sensi dell'articolo 18 della legge 18 luglio 
1986, n. 349, in luogo delle previsioni del commi 6, 7 e 8 del citato articolo 
18, o ai sensi del titolo IX del libro IV del codice civile o ai sensi di 
altre disposizioni non aventi natura speciale, con esclusione delle pronunce 
passate in giudicato; ai predetti giudizi trova, inoltre, applicazione 
la previsione dell'articolo 315 del presente decreto". 
All�evidenza, ferma restando la disciplina dell�an (da rinvenire � tempus 
regit actum � nelle pertinenti disposizioni dell�art. 18 L. n. 349/86), � mutata 
la regula juris per determinare il quantum del danno ambientale. 
Sul punto si � pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 6551/11 
(pubblicata su questa Rassegna 2011, n. 4, pagg.145 e ss.) intervenuta sulla 
analoga causa del danno ambientale cagionato dalla costruzione e gestione 
abusiva del cd. Villaggio Coppola, sempre nel Comune di Castelvolturno, che 
testualmente enuncia:�L'intera normativa sulla liquidazione del danno ambientale 
risulta quindi totalmente riscritta, con un rinvio espresso alle previsioni 
della direttiva comunitaria, la quale prevede, sul punto espressamente 
richiamato, testualmente quanto appresso: 
- se non e possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza ri-
CONTENZIOSO NAZIONALE 205 
sorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione 
alternative. 
L'autorit� competente pu� prescrivere i1 metodo, ad esempio la valutazione 
monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione 
complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei 
servizi perduti � praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi 
di sostituzione non pu� essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorit� 
competente pu� scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente 
al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti; 
-- le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero 
essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari 
rispecchino le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione. 
Per esempio, a parit� delle altre condizioni, pi� lungo � il periodo prima del 
raggiungimento delle condizioni originarie, maggiore � il numero delle misure 
di riparazione compensativa che saranno avviate (�). 
La peculiarit� della disciplina sopravvenuta sta in ci�, poich� essa si applica 
appunto anche alle domande gi� proposte, con il solo evidente limite, ricavabile 
dai principi generali, dei giudizi gi� definiti con sentenza passata in 
giudicato. Tanto consente di ritenere che con la citata normativa del d.l. 135/09 
e nella 1. 166/09 siano stati completamente neutralizzati, soprattutto ed anche 
per i giudizi ancora in corso e cio� non ancora conclusi con sentenza passata 
in giudicato (qual � appunto il presente), i criteri di determinazione del danno 
gi� stabiliti dall'art. 18 della legge n. 349 del 1986: e tanto probabilmente, secondo 
l'opinione dei commentatori, proprio per le difficolt� applicative indotte 
dalla loro intrinseca contraddittoriet� e per il carattere latamente punitivo che 
pareva discendere dalla previsione legislativa originaria. 
Peraltro, se cos� �, deve rilevarsi l'imprescindibile necessit� di rivedere 
espressamente ogni determinazione sulla liquidazione, essendo stati appunto travolti 
i criteri fissati originariamente della legge 349/86 e comunque rivisti, con 
efficacia appunto estesa ai giudizi ancora pendenti, tutti i criteri gi� applicabili. 
� ben vero che non consta ancora essere stato emanato il decreto attuativo 
del Ministero, previsto espressamente della richiamata nuova norma di 
cui al d.l. 135/09; ma il richiamo, come operato da quest'ultima, ai criteri di 
una specifica previsione di fonte comunitaria ne ha consacrato, ai fini della 
concrete applicazione nelle singole liquidazioni, la forza precettiva, quand'anche 
essa non si potesse gi� di per se ricavare dal contenuto intrinseco delle 
disposizioni. In tal modo, in luogo dei criteri di liquidazione equitativa gi� finora 
presi in considerazione dai giudici del merito, del resto in applicazione 
delle norme al momento vigenti, vanno applicati gli altri, previsti dalla norma 
sopravvenuta, ovvero anche soltanto va verificato l'impatto, sui primi, di questi 
ultimi� (pp. 23 � 27 della sentenza). 
Sicch� nella quantificazione del danno ambientale va applicato il ius su-
206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
perveniens contenuto nell�art. 311 co. 2 e 3 D.L.vo n. 152/96 in luogo della 
normativa (art. 18 comma 6, 7 e 8 L. n. 349/86) vigente alla data della instaurazione 
della lite. 
Nella sentenza in rassegna il giudicante tiene conto della novella intervenuta 
in materia, innovante il criterio per la quantificazione delle pretese, 
ma con il rilievo che �l'impossibilit� obiettiva di procedere nel caso in esame 
a una aestimatio secondo il metodo preferenziale di equivalenza tra le risorse 
o i servizi perduti, di valore economico allo stato degli atti assolutamente indeterminabile, 
con analoghe utilit� sostitutive, impone di adottare le tecniche 
alternative residuali di valutazione equitativa ragguagliate al costo delle misure 
di riparazione complementare e compensativa da apportarsi, le quali, in 
mancanza di altri dati disponibili, debbono essere necessariamente ragguagliate 
all'ammontare della spesa occorrente per ricondurre alla condizione 
originaria i luoghi, profondamente alterati dall'erezione di costruzioni di vario 
genere nell'area a ridosso del litorale, dall'innalzamento sulla superficie marina 
di scogliere artificiali, dallo scavo di un canale navigabile di collegamento 
tra la darsena e l'avamporto delimitato da argini in elevazione, dalla 
creazione di un bacino occluso originariamente destinato ad assicurare il ricambio 
dell'acqua confluita all'interno del naviglio e dalla costruzione della 
darsena munita di pontili interni di approdo e di attrezzature di alaggio, rimessaggio 
e rifornimento di carburante�. 
All�evidenza, per il Tribunale di Napoli, la novella del criterio per la quantificazione 
delle pretese va applicata anche in assenza del sopraindicato Decreto 
attuativo del Ministero, con ci� aderendo implicitamente alle conclusioni 
sul punto della Suprema Corte. 
Tribunale di Napoli, VI Sez. civ., sentenza del 9 luglio 2012 n. 8115 - Giudice G. Vinciguerra 
- Ministero Ambiente, Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Napoli) c. Coppola 
Pinetamare s.n.c. (avv.ti Olivieri e D�Angiolella) ed altri. 
(...) 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
In primo luogo si osserva che le domande principali risarcitorie proposte dalle amministrazioni 
erariali sono rivolte a ottenere il ristoro dei danni arrecati dall'abusiva realizzazione e dalla 
successiva messa in esercizio di un complesso portuale turistico attrezzato - dotato di darsena, 
banchine di attracco e canale artificiale interno di navigazione, corredato da costruzioni adibite 
a cantieri di rimessaggio, uffici amministrativi e locali di servizio e protetto da dighe foranee 
- allestito nella localit� Pinetamare, compresa nel territorio del Comune di Castelvotumo, 
dalla societ� convenuta, la quale ha occupato suoli e specchi d'acqua facenti parte del demanio 
marittimo e del patrimonio dello Stato stravolgendone la configurazione originaria e destinandoli 
allo stazionamento e al transito di imbarcazioni. 
Il fatto illecito costitutivo dell'invocata responsabilit� ex delicto imputata al debitore � stato 
quindi individuato nella radicale trasformazione, effettuata dall'artefice e gestore dell'opera 
compiuta in mancanza di validi titoli amministrativi di carattere ampliativo, della consistenza
CONTENZIOSO NAZIONALE 207 
iniziale della zona costiera, gi� completamente disabitata, di appartenenza pubblica. 
Gli istanti hanno cosi esercitato il diritto, loro devoluto dall'art. 18 L 349/1986, a ottenere 
l'eliminazione degli effetti lesivi degli interventi effettuati ex adverso, enunciando al capitolo 
n. 2 delle conclusioni rassegnate nell'atto introduttivo del giudizio una pretesa che, seppure 
contrassegnata da un'unica causa petendi - rappresentata dalla appropriazione e dalla immutatio 
degli spazi e dalla conseguente compromissione dell'integrit� dell'ambiente - e da un 
identico petitum mediato, � stata articolata in una pluralit� di richieste, rivolte principaliter a 
ottenere la condanna alla rimozione di tutte le strutture illegittimamente impiantate in alienum, 
e in via subordinata, nel caso in cui l'invocata restitutio in integrum diretta si fosse rivelata 
materialmente impraticabile, al pagamento di una somma di danaro in funzione compensativa 
dei pregiudizi arrecati dalle variazioni apportate in situ. 
In proposito occorre rilevare come la rinuncia esplicita alla domanda risarcitoria inizialmente 
avanzata in forma specifica - formulata in sede di emendatio libelli all'esito della conclusione 
in corso di causa di un accordo transattivo con il quale i contendenti hanno convenzionalmente 
risolto e disciplinato i soli riflessi di ordine dominicale della vicenda controversa - non pu� 
estendere i propri effetti abdicativi al di l� del suo ambito obiettivo di incidenza investendo 
per derivazione anche l'azione risarcitoria per equivalente, inizialmente spiegata in via gradata 
per il caso in cui la riduzione in pristino fosse risultata impossibile, la quale ha automaticamente 
assunto nell'ambito del thema decidendum, secondo un meccanismo di sostituzione rispondente 
alla graduazione degli interessi del creditore delineata in limine litis, il rilievo 
primario che era stato attribuito all'analoga pretesa poi dismessa, incentrata sui medesimi elementi 
obiettivi di identificazione perch� caratterizzata soltanto dalla diversit� del bene materiale 
di cui era stata sollecitata l'assegnazione secondo una determinata scala di valori. 
Infatti l'istituto sanzionatorio speciale contemplato dall'art.18 L. 349/1986 pone a carico del responsabile 
del danno inferto all'ambiente l'obbligo di riportare alla condizione primigenia, ove 
possibile, lo stato dei luoghi a proprie spese, la cui irrealizzabilit� preclude, per espressa previsione 
normativa, l'accoglimento della domanda giudiziale diretta a ottenerne l'adempimento, 
il quale pu� tuttavia essere reclamato, indipendentemente dalla ricorrenza delle condizioni fattuali 
per eliminare sotto il profilo naturalistico le conseguenze dell'illecito, anche per equivalente 
attraverso la corresponsione di un importo, comprensivo dei costi del ripristino non disposto, 
destinato a indennizzare il pregiudizio patrimoniale inflitto al bene salvaguardato. 
Cosi l'esclusione volontaria della ricostituzione dello status quo ante, frutto di una scelta processuale 
discrezionale operata dal danneggiato in conformit� ai patti consacrati nell'intesa transattiva 
stragiudiziale e non dell'emersione di circostanze obiettive ostative alla sua accoglibilit� 
richiamate in citazione, non pu� indurre a considerare implicitamente ripudiata dai suoi promotori 
pure l'azione subordinata successivamente divenuta di rango principale, con la quale 
viene accordato uno strumento alternativo di tutela (Cass. 15726/2010) delle medesime ragioni 
che, in mancanza di limitazioni, pu� essere liberamente attivato in via sostitutiva anche nei 
casi di piena utilizzabilit� del rimedio specifico (Cass. SSUU 30250/2008 e Cass. 9709/2004). 
Le considerazioni svolte impongono quindi di procedere all'esame nel merito della domanda 
risarcitoria, rispetto alla quale non pu� ritenersi cessata la materia del contendere a seguito 
della stipula del contratto di transazione citato, dal cui oggetto, riferito agli aspetti anche risarcitori 
relativi alla propriet� e al possesso delle aree in mano pubblica, sono state chiaramente 
escluse le partite concernenti il ristoro del danno patrimoniale ambientale e 
paesaggistico prodotto dalla loro occupazione. 
Infatti le reciproche concessioni concordate dalle parti nelle clausole negoziali caratterizzate
208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
da un tenore letterale univoco, da una portata dispositiva altrettanto chiara e inserite in un contesto 
sistematico di agevole ricostruzione, hanno riguardato il trasferimento della titolarit� di 
suoli a favore dello Stato, l'accertamento della demanialit� di terreni e il conseguente acquisto 
per accessione delle opere edilizie erette soltanto su alcuni lotti, rimessi al dominio del costruttore 
per altre porzioni, la valutazione degli immobili ceduti e il rilascio di fondi riconosciuti di 
propriet� demaniale, la quantificazione dell'indennit� dovuta per il loro spossessamento e la 
definizione delle prestazioni dovute per le alienazioni di beni di propriet� disputata. 
� stata cos� stabilita una lex specialis di regolamentazione limitata ai rapporti di ordine patrimoniale 
derivanti dalla privazione del godimento dei beni pubblici occupati che non attiene 
alle tematiche, trascendenti le questioni dominicali, concernenti l'alterazione dell'equilibrio 
naturalistico del territorio e la menomazione delle risorse a fruizione collettiva indifferenziata, 
le cui conseguenze sono rimaste del tutto estranee alla determinazione pattizia. 
Tale conclusione trae fondamento dalle indicazioni offerte dall'art. 19 del testo contrattuale, 
in base alle quali sono state relegate al di fuori dell'ambito applicativo dell'accordo "le pretese 
e controversie relative a violazioni di qualunque natura riguardanti norme di carattere edilizio, 
urbanistico, ambientale, paesaggistico e simili". 
L'esplicita salvezza di tali profili, oggetto di autonoma considerazione ad excludendum da 
parte dei contraenti, impone quindi di circoscrivere il novero dei danni descritti e liquidati in 
sede transattiva a quelli derivanti esclusivamente dalla adprehensio degli immobili di pertinenza 
aliena perpetrata dalla societ� convenuta. 
Sotto altro profilo si osserva che gli attori hanno denunciato le condotte illecite perpetrate dall'antagonista, 
come si � detto rappresentate dalla costruzione e della gestione dell'insediamento 
portuale composito, nel periodo compreso tra gli anni 1970 e 1995, e quindi in epoca anche anteriore 
alla predisposizione del mezzo di tutela apprestato dalla L. 349/1986 per preservare l'ambiente, 
inteso come entit� immateriale a godimento collettivo munita di un'identit� e di una 
valenza autonome rispetto al complesso di beni anche di propriet� privata che lo compongono. 
Tuttavia tale disciplina legale, funzionalmente diretta a proteggere tutte le risorse naturalistiche 
che caratterizzano un determinato luogo di fronte a condotte illegittime che lo deteriorino o lo 
distruggano, assume carattere meramente ricognitivo (Cass. 25010/2008, Cass. 1087/1998, 
Cass. 5650/1996 e Cass. 9211/1995) del preesistente strumento sanzionatorio civilistico di ordine 
generale, previsto dall'art. 2043 cc, gi� pienamente utilizzabile per reagire alle aggressioni 
dell'ambiente, il quale riflette un valore di rango costituzionale, consacrato negli artt. 2, 3, 9, 
41 e 42 della Carta fondamentale, promosso e difeso dall'ordinamento che ne ha fatto oggetto 
di un interesse pubblico fondamentale e assoluto (Cass. 4362/1992), la cui ingiusta deminutio 
� fonte di una responsabilit� aquiliana che la L 349/1986, sprovvista nella sua valenza precettiva 
essenziale di contenuto innovativo sostanziale, si � limitata a ribadire e a riordinare attraverso 
l'affidamento agli enti esponenziali della collettivit� dei consociati dei poteri di far valere i 
diritti devoluti alla comunit�, la definizione della natura del danno inferto al bene ambientale, 
gi� riconosciuto aliunde, e l'individuazione dei criteri da adottarsi per la sua liquidazione. 
Pertanto anche i comportamenti tenuti dalla societ� convenuta prima dell'entrata in vigore 
della L. 349/1986 risultano in grado di integrare gli estremi del delictum ravvisato dagli istanti. 
Per quanto concerne invece l'eccezione di prescrizione - la cui durata quinquennale deve essere 
accertata anche di ufficio dal Giudice (Cass. 21752/2010, Cass. 11843/2007 e Cass. SSUU 
10955/2002) - dei crediti, suscettibili di estinguersi per inattivit� del titolare seppure derivanti 
dalla lesione di un bene indisponibile, esercitati dalle autorit� amministrative attrici, la tesi 
tempestivamente propugnata ex parte rei in comparsa di risposta e ribadita nel corso successivo
CONTENZIOSO NAZIONALE 209 
del giudizio, secondo la quale il completamento dei lavori di costruzione del complesso portuale 
contrassegnerebbe l'esaurimento istantaneo di una vicenda connotata dalla produzione di effetti 
lesivi durevoli progressivamente verificatisi de die in diem, non appare condivisibile. 
L'illecito permanente si caratterizza per la protrazione di un comportamento materiale volontario 
trasgressivo di norme legali o convenzionali che non si esaurisce uno actu al momento 
della sua consumazione, in quanto determina una violazione ininterrotta del diritto altrui alimentata 
continuamente da un'attivit� perdurante nel tempo, costantemente sorretta dall'elemento 
psicologico che la anima, la cui effettiva cessazione, alla quale si ricollega il decorso 
del termine iniziale di perenzione del credito maturato dalla vittima, determina il venir meno 
dell'evento dannoso che ne costituisce la conseguenza. 
Viceversa la diversa ipotesi di illecito istantaneo a effetti permanenti va ravvisata laddove il 
fenomeno lesivo sia propiziato da un comportamento unico che, pur perfezionandosi ed esaurendosi 
immediatamente, si presenta in grado di spiegare in modo differito la propria capacit� 
offensiva innescando un processo causale i cui esiti, riconducibili geneticamente a un fattore 
a operativit� prolungata, sono destinati a realizzarsi o ad ampliarsi autonomamente nel tempo 
quale peculiare forma di manifestazione dei risultati di un antecedente ormai non pi� direttamente 
attivo (in senso sostanzialmente conforme si vedano Cass. 24528/2007, Cass. 
17985/2007, Cass. 10116/2006, Cass. 16009/2000, Cass. 1156/1995 e Cass. 1346/1991). 
Ebbene nella fattispecie l�attivit� imputata alla societ� convenuta risponde in entrambi i suoi 
aspetti denunciati ai requisiti della prima delle nozioni categoriali richiamate, poich� i duraturi 
effetti lesivi dell'integrit� dell'ambiente, correlati allo stato di fatto creato da un illecito che 
solo una condotta contraria di ripristino della situazione precedente posta in essere dal suo 
autore avrebbe potuto eliminare, vanno correlati a un illecito permanente. 
Invero l'evento dannoso procurato dalla realizzazione dell'opera, isolatamente considerata, � 
conseguito certamente ad un comportamento che si � concluso con l'ultimazione delle strutture 
del porto, il cui impianto per� ha provocato un'alterazione, dannosa in s� per l'equilibrio ecologico 
del luogo, che � perdurata nel tempo per effetto di un'ulteriore condotta espressamente 
ascritta al costruttore, il quale ha mantenuto la disponibilit� del complesso lasciandolo immutato 
nella sua specifica configurazione lesiva del diritto altrui (cos� Cass. 5381/2007 e Cass. 
6512/2004). 
Tale ulteriore iniziativa ha dunque integrato, nella prospettazione attorea, un illecito commesso 
con continuit�, giacch� il fenomeno dannoso non � stato ricollegato soltanto all'attivit� di allestimento 
del complesso portuale, ma anche alla sua indebita conservazione, proseguita e 
sviluppatasi costantemente nel corso del tempo fino alla proposizione della domanda, senza 
la quale la menomazione lamentata non avrebbe potuto protrarsi. 
La conclusione raggiunta non esclude tuttavia, almeno sul piano astratto, l'immediata esigibilit� 
- e il correlativo decorso ante causam dell'exordium praescriptionis ex art. 2935 cc - delle ragioni 
risarcitorie gradualmente acquisite giorno per giorno in maniera frazionata a far data dalla 
consumazione del delictum di natura permanente (Cass. 5381/2011, Cass. 29583/2008, Cass. 
19359/2007, Cass. 17985/2007, Cass. 16564/2002 e Cass. 14861/2000), idonea a determinare 
nocumenti anche in epoca precedente la cessazione della permanenza della condotta, il cui ristoro 
pu� essere invocato indipendentemente dalla persistenza dell'agente lesivo. 
Tenuto conto quindi che i creditori non hanno prodotto atti stragiudiziali idonei a interrompere 
ex art. 2943 comma 4 cc il corso della prescrizione, le eventuali poste risarcitorie a maturazione 
progressiva potrebbero essere riconosciute limitatamente al periodo quinquennale anteriore 
alla notifica dell'atto di citazione, avvenuta il 12.5.1999, ovvero nell'imminenza della
210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
cessazione dell'attivit� lesiva, pacificamente terminata nel maggio 1995. 
Ci� posto, la costruzione del porto turistico attrezzato presenta i connotati obiettivi e soggettivi 
dell'illecito extracontrattuale, essendo stata effettuata occupando e mutando vasti spazi del 
demanio marittimo, assoggettati a vincolo paesaggistico istituito ai sensi della L. 1497/1939 
con Dm del 19.5.1965 e successivamente classificati come riserva naturale con Dm 13.7.1977, 
in mancanza degli indispensabili titoli concessori emessi dalle autorit� amministrative preposte 
al governo del territorio, alla salvaguardia delle bellezze paesistiche e alla tutela del patrimonio 
demaniale, il cui rilascio non � stato neppure eccepito dal debitore, il quale invece ha espressamente 
ammesso, tanto negli scritti difensivi elaborati che nella stessa intesa transattiva sopra 
citata, valutabile in parte qua come confessione stragiudiziale ricognitiva di fatti sfavorevoli 
alla parte dichiarante, di avere eseguito i lavori di realizzazione dell'insediamento, di averlo 
messo in esercizio e di averne curato la gestione. 
Sul punto va disatteso anche l'argomento secondo il quale l'inerzia serbata dal Comune di Castelvolturno, 
vanamente invitato dalla Coppola Pinetamare s.n.c., utilizzatore di fatto dei beni 
demaniali su cui � stata realizzata l'infrastruttura portuale, a dare corso al procedimento finalizzato 
alla cessione all'utente privato delle aree impegnate dall'opera, di appartenenza contestata, 
ai sensi della L. 177/1992 e della L. 579/1993, ne escluderebbe l�illiceit�, poich� 
l'eventuale assunzione dell'atto traslativo finale inutilmente sollecitato dal richiedente, in grado 
di consentire ex post l'attribuzione ai privati della propriet� degli spazi demaniali, non avrebbe 
potuto conferire il crisma della legittimit� agli interventi di appropriazione dei beni pubblici 
che hanno generato anche un degrado ambientale. 
Peraltro il meccanismo di trasferimento automatico del diritto dominicale di pertinenza statale 
- dapprima in favore degli enti comunali e poi, dal patrimonio disponibile di questi ove sono 
transitati, ai detentori materiali - stabilito dal combinato disposto degli artt. 1 e 2 L 177/1992 
esclusivamente per i territori di alcune province dell'Italia settentrionale non avrebbe potuto 
trovare applicazione ratione loci alla fattispecie, mentre invece il diverso e pi� articolato sistema 
programmatico ad attivazione facoltativa sancito dalla L 579/1993 subordina la devoluzione 
ai Comuni dei beni demaniali e la loro successiva alienazione ai possessori all'accoglimento 
dell'istanza di assegnazione delle aree inoltrata dagli enti comunali, nel caso in esame neppure 
presentata, con provvedimento ministeriale discrezionale, munito di portata costitutiva, la cui 
adozione � orientata anche dalla valutazione di compatibilit� della vicenda pianificata con i 
vincoli urbanistici, ambientali e paesaggistici, nella specie manifestamente trasgrediti. 
Pertanto la societ� convenuta, artefice di un'iniziativa non autorizzata nella sua interezza dalle 
autorit� competenti e quindi ispirata sotto l'aspetto psicologico da un elemento soggettivo 
quanto meno colposo, deve essere condannata al risarcimento dei danni che le opere di approntamento 
del porto hanno arrecato all'ambiente, limitati nel loro ammontare alle sole conseguenze 
pregiudizievoli del comportamento individuate lesivo della condizione naturale del 
sito secondo il criterio speciale dettato dall'art. 18 comma 7 L. 349/1986, il quale introduce 
una vistosa deroga al principio generale di corresponsabilit� paritaria tra eventuali condebitori 
solidali della medesima prestazione di cui all'art. 2055 cc. 
Per quanto concerne invece il quantum debeatur occorre prendere atto che l'art. 5 bis DL 
135/2009, convertito nella L. 166/2009, ha modificato l�art. 311 Dlgs 152/2006 aggiungendovi 
il comma 3, secondo il quale i criteri di determinazione del risarcimento per equivalente del 
danno ambientale - applicabili ex art. 303 comma 1 lett.f) anche alle domande di risarcimento 
proposte o da proporre ai sensi dell'art.18 L. 349/1986 in luogo delle previsioni dei commi 6, 
7 e 8 dello stesso art.18 (medio tempore sostituito dall'art.113 Dlgs 152/2006), con esclusione
CONTENZIOSO NAZIONALE 211 
di quelle coperte da pronunce passate in giudicato - sono definiti, avendo riguardo anche al 
valore monetario stimato delle risorse naturali e dei servizi perduti e ai parametri utilizzati in 
casi simili o materie analoghe per la liquidazione del risarcimento per equivalente del danno 
ambientale in sede giurisdizionale nazionale e comunitaria, con decreto del Ministro dell'Ambiente 
da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell'art. 5 bis DL 
135/2009, in conformit� a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'All. II alla direttiva CE 35/2004. 
Le disposizioni sulla liquidazione del danno ambientale, attraverso il rinvio recettizio alla 
fonte comunitaria, sono state quindi abrogate con efficacia retroattiva, estesa anche ai giudizi 
in corso di svolgimento, attraverso una modifica dei criteri di individuazione del danno gi� 
stabiliti dall'art. 18 L. 349/1986, direttamente sostituiti dalle norme dettate dalla direttiva comunitaria 
menzionata da integrarsi con la disciplina regolamentare nazionale di attuazione, 
non ancora approvata. 
Tuttavia l'impossibilit� obiettiva di procedere nel caso in esame a una aestimatio secondo il 
metodo preferenziale di equivalenza tra le risorse o i servizi perduti, di valore economico allo 
stato degli atti assolutamente indeterminabile, con analoghe utilit� sostitutive, impone di adottare 
le tecniche alternative residuali di valutazione equitativa ragguagliate al costo delle misure 
di riparazione complementare e compensativa da apportarsi, le quali, in mancanza di altri dati 
disponibili, debbono essere necessariamente ragguagliate all'ammontare della spesa occorrente 
per ricondurre alla condizione originaria i luoghi, profondamente alterati dall'erezione di costruzioni 
di vario genere nell'area a ridosso del litorale, dall'innalzamento sulla superficie marina 
di scogliere artificiali, dallo scavo di un canale navigabile di collegamento tra la darsena 
e l'avamporto delimitato da argini in elevazione, dalla creazione di un bacino occluso originariamente 
destinato ad assicurare il ricambio dell'acqua confluita all'interno del naviglio e 
dalla costruzione della darsena munita di pontili interni di approdo e di attrezzature di alaggio, 
rimessaggio e rifornimento di carburante. 
Infatti il compendio portuale ha mutato radicalmente in peius l'assetto paesaggistico e naturalistico 
dello specchio acqueo e di un ampio tratto di territorio costiero paludoso inizialmente 
privo di qualsiasi installazione postuma, trasformato nei suoi profili orografico e qualitativo 
perch� adibito all'utilizzo per attivit� di diporto sfigurandone la consistenza e compromettendo 
la vocazione delle risorse marine e terrestri originariamente intatte asservite alle sole specie 
animali e vegetali che ne avevano fatto il proprio habitat, la cui bonifica da acquitrini malsani 
effettuata per garantire l'accessibilit� e la fruibilit� del luogo per le finalit� commerciali perseguite 
dal costruttore, lungi dal poter essere interpretata come un miglioramento della condizione 
primigenia del sito, riflette invece un'iniziativa strumentale alla sua illegittima antropizzazione 
che ha contribuito a sovvertire la situazione dell'area distogliendola dalla sua destinazione. 
Inoltre le conclusioni rassegnate nella relazione peritale redatta dal consulente tecnico di ufficio 
rivelano come la predisposizione delle dighe foranee di difesa destinate a ostacolare il 
moto ondoso diretto verso la terraferma, sprovviste di un dispositivo di ricambio forzato della 
masse acque confluite all'interno dell'avamporto, abbia ridotto in modo significativo l'ossigenazione 
del braccio di mare delimitato dalle scogliere artificiali, invero gi� sensibilmente inquinato 
da agenti contaminanti di provenienza esterna, favorendone il ristagno e agevolando 
la proliferazione abnorme di essenze vegetali che hanno reso l'ambiente marino, sicuramente 
pregiudicato anche dal passaggio di un numero elevato di imbarcazioni dotate di propulsori 
alimentati da idrocarburi i cui fumi di combustione vengono dispersi nell'atmosfera, meno 
vivibile per altri organismi e per la fauna ittica anche in considerazione del deposito lungo 
corso del naviglio di residui di fluidi lubrificanti e di carburante rilasciati dai natanti.
212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Le strutture protettive dello specchio di mare antistante l'imbocco del canale che conduce all'insenatura 
della darsena, intercettando i sedimenti trasportati dal fiume Volturno che sfocia 
nelle vicinanze e diretti dalle correnti marine, hanno poi determinato una sensibile modifica 
del fisiologico regime dinamico del litorale e della configurazione della linea rivierasca, caratterizzata 
dall'accrescimento del lido di sopraflutto e dall'erosione della spiaggia di sottoflutto, 
accentuando cosi lo squilibrio orografico provocato dalla creazione dell'impianto portuale. 
In tale contesto non pu� quindi essere messo in dubbio il significativo impatto ambientale e 
paesaggistico derivante dalla realizzazione dell'opera, il cui promotore e gestore va pertanto 
condannato al pagamento della somma, stimata in via forfettaria dal perito, in virt� di un'analisi 
non sottoposta a censure, in complessivi � 7.252.491,78 al netto degli accessori, da impiegarsi 
per remunerare i lavori di demolizione di tutte le strutture lesive dell'integrit� del 
patrimonio naturalistico investito dall'intervento e di rimozione dei materiali di risulta. 
Sul punto va rilevato che la voce risarcitoria appena liquidata - la cui funzione indennitaria di 
un pregiudizio unitariamente valutato ancora persistente nella sua interezza al momento della 
proposizione delle domande la sottrae agli effetti dell'eccezione di prescrizione estintiva del 
credito corrispondente sollevata ex parte rei - rappresenta l'unica posta attiva maturata dal creditore, 
il quale va individuato nel Ministero dell'Ambiente, affidatario dell'amministrazione 
del settore e istituzionalmente deputato a esercitare in materia i poteri autoritativi di competenza 
statale, essendo stata abrogata con valenza ex tunc la norma contenuta nell'art. 18 L. 349/1986 
che imponeva di riconoscere anche le partite accessorie, di connotazione latamente punitiva, 
correlate al profitto economico conseguito dall'autore dell'illecito e all'intensit� della sua colpa. 
Per contro non sembrano sussistenti i presupposti per ravvisare anche un ulteriore danno non 
patrimoniale, del resto rimasto sostanzialmente imprecisato nella sua natura e nelle sue forme 
di manifestazione, inflitto al "valore ambiente", la cui nozione legale di bene immateriale insiemistico 
distinto e autonomo dalle singole entit� fisiche inerti, idriche, aeree e animate che 
lo compongono induce a reputare coincidente il pregiudizio di carattere non strettamente economico 
derivante dalla sua menomazione con quello gi� contemplato dall'art. 18 L. 349/1986. 
Inoltre la qualifica di persona giuridica rivestita dalla vittima dell'evento esclude in radice la 
configurabilit� di una sofferenza morale propiziata sub specie di perturbamento psichico dalla 
commissione dell'illecito, sicch� l'importo complessivamente spettante al dicastero attore deve 
essere quantificato in � 7.252.491,78. 
Tale cifra, costituendo l'oggetto di un debito di valore computato per equivalente pecuniario, 
andr� maggiorato della rivalutazione monetaria ragguagliata alle variazioni periodiche degli 
indici generali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati registrati dall'Istat 
e degli interessi legali compensativi calcolati sulla sorta capitale nominale netta con decorrenza 
dalla data del deposito della relazione peritale fino al soddisfo, mentre nel periodo anteriore 
le usurae andranno conteggiate sulla somma progressivamente devalutata a ritroso 
secondo gli stessi criteri fino alla data di proposizione dell'azione. 
In proposito non pu� ritenersi che gli enti pubblici chiamati in causa abbiano concorso alla 
verificazione del fenomeno di degrado della zona impegnata dall'insediamento con il proprio 
operato illegittimo, invero non puntualmente specificato attraverso l'indicazione dei provvedimenti 
in concreto assunti, il quale sarebbe astrattamente in grado di ridurre la responsabilit� 
del debitore, come si � detto tenuto a rispondere esclusivamente delle conseguenze del proprio 
comportamento in deroga al principio generale codicistico che pone l'obbligazione risarcitoria 
in via solidale a carico ciascuno degli autori di condotte autonome produttive di un medesimo 
episodio dannoso.
CONTENZIOSO NAZIONALE 213 
Infatti gli atti deliberativi, consultivi e autorizzativi versati in produzione di parte convenuta 
(licenza edilizia per la costruzione del porto turistico e del canale navigabile rilasciata in data 
30.6.1964 dal Sindaco del Comune di Castelvolturno; parere favorevole a una proposta di variante 
progettuale emesso il 13.6.1975 da un funzionario dell'Ufficio del genio civile; nulla 
osta emanato il 16.6.1969 dalla Soprintendenza regionale ai monumenti all'emissione di una 
nuova licenza edilizia conforme agli strumenti urbanistici vigenti; concessione del 3.10.1969 
dell'uso della sola foce del Lagno, poi trasformato in canale navigabile, accordata dall'intendente 
di Finanza; parere favorevole regionale alla costruzione di opere di difesa dell'abitato 
costiero; parere dell'Ufficio del genio civile per le opere marittime nell'ambito del procedimento 
finalizzato alla costituzione del rapporto concessorio sulle aree demaniali) non risultano 
in grado di legittimare la costruzione e il mantenimento in funzione del compendio portuale, 
intrapresi in mancanza di validi titoli giustificativi, per cui la loro approvazione non appare 
idonea ad assumere alcuna efficacia eziologica concorrente nel meccanismo di determinazione 
dell'evento dannoso, imputabile in via esclusiva al costruttore e al gestore dell'insediamento. 
Neppure pu� riconoscersi rilievo scriminante o anche solo attenuante alla mancata o intempestiva 
attivazione da parte delle autorit� titolari delle prerogative sanzionatorie loro riservate 
per reprimere ed eliminate gli effetti di un illecito gi� perpetrato ex alio, il cui unico responsabile 
non � abilitato neppure a pretendere in via di regresso l'adempimento pro quota della 
prestazione risarcitoria, da lui dovuta in via esclusiva, nei confronti degli interventori coatti, 
non qualificabili come condebitori solidali dell'obbligazione reclamata dall'attore. 
Pertanto si presentano infondate le domande spiegate in sede di simultaneus processus dalla 
societ� convenuta per sentire pronunciata la condanna diretta dei chiamati in causa, indicati 
come corresponsabili di un delictum giuridicamente non ascrivibile quoad effectum gi� sul 
piano astratto a una pluralit� di soggetti, a soddisfare in proporzione pari almeno alla met� le 
ragioni vantate dagli attori con la pretesa principale, e per essere sollevata nella stessa misura 
percentuale minima dalle conseguenze delle propria soccombenza, non essendo ipotizzabile 
la compartecipazione di estranei alla vicenda da cui � scaturito il diritto fatto valere dal creditore 
nei riguardi dell'unico titolare a latere debitoris del rapporto controverso. 
In conclusione occorre prendere atto che l'associazione ambientalistica WWF Italia, interventore 
volontario ad adiuvandum actoris che ha sollecitato l'accoglimento dell'azione principale, 
ha esperito nella fase assertiva di questo stesso giudizio anche un ulteriore intervento di tipo 
litisconsortile, essendosi avvalso della facolt� di sostituirsi alla Provincia di Caserta, accordatale 
dall'art. 9 comma 3 Dlgs 267/2000, per richiedere la condanna del convenuto alla riparazione, 
in forma specifica o per equivalente, dei danni patiti dall'ente sostituito a seguito 
dell'illecito ambientale de quo agitur. 
Orbene, nel sistema anteriore alla riforma introdotta dall'art. 299 Dlgs 152/2006 che ha "centralizzato" 
in capo alla sola autorit� erariale il potere di agire in giudizio, inapplicabile ratione 
temporis al caso in discorso, la domanda di ristoro del danno ambientale poteva essere "promossa 
dallo Stato, nonch� dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo", 
come espressamente previsto dall'art. 18 comma 3 L. 349/1986, interpretato dalla 
prevalente giurisprudenza nel senso dell'istituzione a beneficio di ciascuna delle amministrazioni 
menzionate di una propria e autonoma legittimazione processuale concorrente. 
Nondimeno, a sommesso avviso del relatore, la consolidata concezione in termini unitari del 
complesso di valori che contrassegna l'ambiente, non scomponibile in modo atomistico nelle 
sue singole articolazioni paesaggistiche, naturalistiche, ecologiche, faunistiche e urbanistiche 
devolute alle cure di autorit� diverse, induce a preferire l'indirizzo ermeneutico minoritario
214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
che ravvisa il carattere alternativo della legittimazione assegnata in maniera indistinta e paritaria, 
oltre che alla Regione, anche agli organi che esprimono le autonomie locali, sebbene 
questi vantino un vero e proprio diritto soggettivo alla difesa del territorio che ne rappresenta 
un comune elemento costitutivo, condiviso anche dallo Stato. 
La natura sussidiaria del potere di azione rimesso all'ente provinciale esclude quindi la proponibilit� 
della domanda enunciata nel suo interesse in concomitanza con la pretesa, qualificata 
dai medesimi dati obiettivi di identificazione, gi� avanzata dall'autorit� centrale affidataria 
della legittimazione primaria, in seguito divenuta esclusiva. 
Le spese processuali relative al giudizio principale seguono la soccombenza e vengono liquidate 
come da dispositivo ex officio, in mancanza di nota specifica. 
La trattazione simultanea in tutti gli atti difensivi - esclusi soltanto quelli introduttivi - predisposti 
dall'Avvocatura erariale e della difesa della societ� convenuta delle questioni dedotte 
nelle cause connesse intentate con le azioni di garanzia proposte nei confronti dai dicasteri 
chiamati in causa e con la domanda risarcitoria avanzata nell'interesse della Provincia di Caserta 
giustifica invece l'integrale compensazione dei costi di difesa affrontati dalle parti risultate 
vittoriose. 
La rilevanza marginale assunta nell'ambito del thema decidendum delle tematiche oggetto 
delle controversie di garanzia instaurate nei riguardi del Comune di Castelvolturno e della 
Regione Campania induce a dichiarare irripetibili ex art. 92 comma 2 cpc le spese anticipate 
dagli interventori coatti assolti dagli addebiti loro rivolti. 
PQM 
Il Giudice, definitivamente pronunciando sulle domande proposte come in epigrafe, cos� provvede: 
a) dichiara che l'illecita realizzazione e la successiva gestione del complesso portuale denominato 
Darsena S. Bartolomeo ubicato nel tenimento del Comune di Castelvolturno, effettuate 
dalla Coppola Pinetamare s.n.c., hanno danneggiato l'ambiente; 
b) condanna la Coppola Pinetamare s.n.c. al pagamento in favore del Ministero dell'Ambiente 
di � 7.252.491,78, oltre rivalutazione monetaria secondo �ndici Istat e interessi legali sulla 
sorta capitale nominale netta dal 25.6.2007 al soddisfo, da maggiorarsi degli ulteriori interessi 
legali calcolati sulla somma progressivamente devalutata a ritroso dal 25.6.2007 al 12.5.1999; 
c) rigetta nel resto le azioni principali; 
d) condanna altres� la Coppola Pinetamare s.n.c. al rimborso in favore del Ministero dell'Ambiente 
delle spese di lite che liquida in complessivi � 37.347,95, di cui � 150,00 per esborsi, 
� 6.264,84, � 26.800,00 per onorari ed � 4.133,11 per spese generali ex art. 14 Dm 127/2004; 
e) pone definitivamente a carico della Coppola Pinetamare s.n.c. gli oneri sostenuti per lo 
svolgimento della consulenza tecnica di ufficio, pari, per quanto consta, a � 38.875,36 oltre 
IVA e contributi previdenziali se dovuti, disponendo l'immediata restituzione alle parti attrici 
delle somme da queste corrisposte a tale titolo in via di anticipazione; 
f) rigetta le domande promosse dalla Coppola Pinetamare s.n.c. nei confronti dei chiamati in 
causa e compensa integralmente le relative spese; 
g) dichiara improponibile l'azione risarcitoria formulata ex art. 9 comma 3 Dlgs 267/2000, 
nell'interesse della Provincia di Caserta, dalla WWF Italia Ong Onlus contro la Coppola Pinetamare 
s.n.c., compensando per intero i relativi costi. 
Cosi deciso in Napoli il 18.5.2012
CONTENZIOSO NAZIONALE 215 
L�Adunanza Plenaria fa il punto sul blocco 
delle assunzioni per i professori universitari 
(Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza del 28 maggio 2012 n. 17) 
Federico Basilica* 
Francesco Frigida* 
1. Con la sentenza in rassegna, l'Adunanza Plenaria fa il punto sulla delicata 
questione dell�operativit� del cosiddetto �blocco delle assunzioni� con 
riferimento ad un gruppo di professori associati confermati e ricercatori confermati 
che avevano superato con valutazione di idoneit�, a seconda dei casi, 
i concorsi per professore ordinario e per professore associato banditi dall�Universit� 
nel giugno del 2008. 
Il Consiglio di Stato delinea l'esatta perimetrazione dei concetti di nuova 
assunzione e di passaggio di qualifica, riconducendo gli avanzamenti professionali 
ora richiamati all'interno della categoria delle progressioni verticali e 
attribuendogli, di conseguenza, il crisma dell�assunzione in senso stretto, impedita 
dal c.d. �blocco delle assunzioni� disposto con il D.L. n. 180/2008 (art. 
1, commi 1 e 3), conv. in L. n. 1/2009. 
2. L�ordinanza [di rimessione - 1249/12] della Sesta Sezione del Consiglio 
di Stato appare in certo senso frutto di uno scrupolo, visto che conclude espressamente 
per l�operativit� dell�impedimento quale che sia la soluzione condivisa 
sulla questione di diritto prospettata. I giudici della Sesta, tuttavia, si 
mostrano consapevoli della delicatezza della vicenda e sollecitano l�imprimatur 
dell'Adunanza Plenaria. 
Ma partiamo dal caso concreto. 
Alcuni professori associati (ora di seconda fascia) e ricercatori confermati 
presso l�Universit� degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria avevano superato 
con valutazione di idoneit�, rispettivamente, i concorsi per professore 
ordinario (ora di prima fascia) e per professore associato banditi dall�Ateneo 
calabrese nel giugno del 2008. Ai sensi dell�art. 5, comma 4, del D.P.R. n. 
117/2000 gli stessi venivano proposti per la nomina (c.d. �chiamata�) dai rispettivi 
Consigli di Facolt� e, perci�, chiedevano all�Universit� di essere assunti 
nella qualifica per la quale erano risultati idonei. 
L�Universit� aveva per� superato il limite del 90% del rapporto tra le 
spese fisse e la misura del FFO (fondo di finanziamento ordinario) alla data 
del 31 dicembre 2010 e perci� si vedeva costretta ad opporre un diniego, fon- 
(*) Avvocati dello Stato.
216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dato sull'applicabilit� del c.d. �blocco delle assunzioni� disposto dal D.L. n. 
180/2008 (art. 1, commi 1 e 3), conv. in L. n. 1/2009. 
Il divieto di nuove assunzioni - al di sopra di determinati limiti - � previsto 
specificamente per il personale docente e di ricerca degli atenei dall'art. 1 del 
D.L. 180/2008 cit. (che reca �Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la 
valorizzazione del merito e la qualit� del sistema universitario e della ricerca
�): tale disposizione prevede infatti puntuali limiti di contingentamento 
alle nuove assunzioni da parte delle universit� e degli enti di ricerca. 
I professori e i ricercatori impugnavano il diniego innanzi al TAR per la 
Calabria - Reggio Calabria, deducendo, in sostanza, la non applicabilit� sia 
del blocco delle assunzioni alle procedure concorsuali interamente sviluppatesi 
e conclusesi in tempo anteriore all�entrata in vigore della normativa restrittiva, 
che delle limitazioni di cui al blocco del �turn over�, anche in considerazione 
della circostanza che il loro accesso alla qualifica immediatamente superiore 
non avrebbe comportato aggravi di spesa per l�Ateneo, in quanto gi� prestavano 
servizio presso la stessa Universit�. In subordine, eccepivano l�illegittimit� 
costituzionale dell�art. 1 comma 1 della L. 1/2009, in relazione agli artt. 
3 e 97 della Costituzione. 
Il Tribunale calabrese, con la sentenza n. 666/2011, respingeva i ricorsi, 
sulla base di tali argomentazioni: 
1) l�art. 1, co. 1, D.L. n. 180/2008 - nel prevedere il divieto per le Universit� 
che superino il suddetto limite del 90%, di procedere ad assunzioni - 
contiene una norma applicabile anche alle procedure concorsuali gi� bandite 
e/o espletate; 
2) il blocco del turn over previsto dall�art. 1, co. 3, d.l. n. 180/2008 andava 
applicato al caso di specie, anche laddove dalle nuove assunzioni non derivi 
un aumento di costi, poich� la norma non risponderebbe solo a ragioni finanziarie, 
ma anche organizzative; ad ogni modo, nel caso specifico non vi sarebbe 
un aumento di costi solo per i primi tre anni; 
3) non risultava violato il diritto all�assunzione o all�aspettativa acquisita, 
in quanto non vi � una definitiva preclusione all�assunzione, ma solo un suo 
differimento fino all�esercizio finanziario in cui l�Universit� rientrer� nei parametri 
di legge; 
4) non erano fondate le censure di costituzionalit�, in relazione alla lesione 
dei principi di uguaglianza, imparzialit�, buon andamento dell�amministrazione, 
autonomia universitaria. 
Gli appelli dei docenti vertevano tutti sostanzialmente sull'asserita inapplicabilit� 
al caso di specie del c.d. �blocco delle assunzioni�, trattandosi di 
ricercatori e professori associati gi� in servizio presso l�Universit� Mediterranea, 
che erano risultati idonei nei concorsi, rispettivamente, per professore associato 
e per professore ordinario. 
Il che veniva sostenuto sulla base di due ordini di argomentazioni: a) non
CONTENZIOSO NAZIONALE 217 
si sarebbe trattato di un'assunzione ma di un passaggio a qualifica superiore; 
b) non vi sarebbe stato alcun aumento di costi in quanto il passaggio di un 
professore associato (ora di seconda fascia), con una certa anzianit� di servizio, 
alla posizione iniziale di professore ordinario (ora di prima fascia), avrebbe 
comportato nel primo triennio una riduzione della retribuzione e, quindi, dei 
costi sostenuti dall�Universit�. 
3. La Sesta Sezione - atteso il carattere di massima della questione sollevata 
- riteneva opportuno investire l�Adunanza Plenaria, con ordinanza nr. 
1249/2012. 
La lettura della puntuale decisione della Sesta Sezione evidenzia lo scrupolo 
di definire con la massima ponderazione una questione sulla quale la Sezione 
sembra avere idee chiarissime. Infatti, dopo aver posto il problema se si 
tratti di nuova assunzione (come crede giustamente la Sezione) o passaggio 
di qualifica (come sostengono i docenti), ad avviso della Sesta Sezione, �anche 
a ritenere che si tratti di passaggio di qualifica, sembra preferibile la soluzione 
(...) che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica (...) la ratio 
legis sembra quella di impedire qualsivoglia �assunzione� conseguente ad 
un concorso pubblico, anche per coloro che sono gi� dipendenti dell�Universit� 
e conseguono una posizione superiore in virt� di concorso pubblico (...) 
Il divieto di assunzioni � netto e assoluto, ed essendo riferito alle �assunzioni� 
tout court, sembra riferirsi a qualunque forma di accesso a una nuova qualifica, 
con o senza concorso, con concorso pubblico o concorso interno�. 
Tanto rilevato, in ordine all'intento soltanto chiarificatore della scelta effettuata 
dalla Sesta Sezione, possono essere specificate le due tesi relative alla 
natura delle progressioni in carriera de quibus. 
Orbene, secondo un minoritario orientamento giurisprudenziale (Cons. 
St., Sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2217; Cons. St., Sez. VI, 16 novembre 2004, 
n. 7483), il divieto di assunzione - introdotto dal legislatore per esigenze di 
carattere finanziario - non si applicherebbe nel caso di ricercatori e professori 
associati gi� in servizio che siano risultati idonei nei concorsi, rispettivamente, 
di professori associati e di professori ordinari, in quanto non si tratterebbe di 
assunzione ma di passaggio a qualifica superiore. 
Per contro, secondo l'indirizzo maggioritario, il transito dal ruolo di professore 
di seconda fascia a professore di prima (come peraltro quello da ricercatore 
a professore associato), in quanto derivante da concorso pubblico, 
rappresenta un caso di assunzione in senso stretto e non un mero passaggio di 
qualifica. Di tale avviso era gi� stata peraltro la Commissione speciale pubblico 
impiego del Consiglio di Stato, con il parere 9 novembre 2005, n. 3556. 
La Sezione remittente esprimeva il proprio convincimento circa l'infondatezza 
della tesi propugnata dagli appellanti e sulla bont� dell'orientamento 
ermeneutico per cui �nel caso di specie, la progressione di carriera deriva da
218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
un concorso pubblico, sicch� sembrerebbe trattarsi di assunzione in senso 
proprio e non di mero passaggio di qualifica�. 
4. La sentenza in commento ha respinto l�indirizzo per cui i nuovi inquadramenti 
in ruolo dei docenti sarebbero dei meri passaggi di qualifica, affermando, 
viceversa, che �il nuovo inquadramento in ruolo del docente � il frutto 
dell�esito positivo di una procedura concorsuale aperta che d� luogo ad un assunzione 
in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di 
procedura riservata�, con la conseguenza che questi inquadramenti soggiacciono 
alla disciplina del cd. �blocco delle assunzioni�. 
I giudici di Palazzo Spada richiamano a sostegno di tale tesi la giurisprudenza 
del Giudice di legittimit� che, in tema di riparto di giurisdizione, sottopone 
alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione del 
contenzioso inerente alle procedure riservate finalizzate alla progressione verticale 
interna, ovverosia al passaggio tra diverse aree di inquadramento delineate 
dalla contrattazione collettiva (Cass. civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 
9844; Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 2003, n. 15403). In sostanza, l�attribuzione 
di una qualifica superiore � e non di semplice mansione di livello pi� 
elevato � a seguito di una procedura concorsuale ha un carattere novativo del 
rapporto di lavoro. 
Al riguardo, la Corte regolatrice della giurisdizione, aderendo pienamente 
alla distinzione tra progressioni verticali ed orizzontali, ha precisato � con 
un�interpretazione fatta propria dall�Adunanza Plenaria � che: �assume rilevanza 
determinante, ai fini dell'indicato criterio di riparto della giurisdizione, 
il contenuto della contrattazione collettiva, sicch� in presenza di progressioni, 
secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, che comportino una 
progressione verticale nel senso indicato, la cognizione della controversia 
resta riservata al giudice amministrativo; sussiste, invece, la giurisdizione del 
giudice ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli dipendenti 
interni che comportino il passaggio da una qualifica all'altra, ma nell'ambito 
della stessa area (o categoria), sia con acquisizione di posizioni pi� elevate 
meramente retributive sia con il conferimento di qualifiche superiori, in base 
a procedure che l'amministrazione pone in essere con le capacit� e i poteri 
del privato datore di lavoro� (Cass. civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9844). 
Alla stregua di tali considerazioni, la sentenza in commento conclude affermando 
la natura di progressione verticale dei passaggi da ricercatore a professore 
di seconda fascia e da professore di seconda fascia a professore di 
prima fascia, sicch� gli stessi vanno qualificati come vere e proprie nuove assunzioni, 
sottostanti, pertanto, al divieto di nuovi assunzioni stabilito dall�art. 
1 D.L. n. 180/20008 conv. in L. n. 1/2009 (�soggiacciono al blocco delle assunzioni 
di cui alla normativa in esame anche le progressioni verticali e le 
procedure di riqualificazione variamente denominate che sanciscono il pas-
CONTENZIOSO NAZIONALE 219 
saggio ad una diversa area con la conseguente attribuzione di un nuovo posto 
per effetto della novazione del precedente rapporto�). 
5. L�impianto motivatorio della decisione in parola sembra fondato su solide 
basi e le conclusioni cui perviene l�Adunanza Plenaria appaiono convincenti. 
Basta infatti ricostruire il quadro normativo relativo alla carriera del 
docente universitario e gli orientamenti espressi dalla Corte Costituzionale, 
dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato, per rendersene conto. 
Lo status del docente universitario assume una configurazione peculiare 
all'interno della categoria dei pubblici dipendenti ed in particolare all'interno 
della species dei dipendenti pubblici in regime di diritto pubblico, precipitato 
logico della natura sui generis attribuita dall'ordinamento all'Universit�. 
Al riguardo, giova evidenziare che la Carta fondamentale, oltre ad affermare 
la libert� d�insegnamento dell'arte e della scienza (�L'arte e la scienza sono libere 
e libero ne � l'insegnamento�, art. 33, comma 1, Cost.), proclama l'autonomia 
delle Universit� nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato (�Le istituzioni di 
alta cultura, universit� ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi 
nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato�, art. 33, comma 6, Cost.). 
L'autonomia universitaria, declinata nei suoi profili didattici e organizzativi 
�, pertanto, strumentale alla libert� di ricerca e di insegnamento del singolo 
docente. 
Tanto rilevato, occorre ora precisare che l'insegnamento e la ricerca universitaria 
sono affidati a tre distinte figure professionali. Ed invero, con il riordino 
della docenza universitaria effettuato dal D.P.R. n. 382/1980 venne 
delineata la distinzione - anche in ordine alle modalit� di assunzione - tra professori 
ordinari, professori associati e ricercatori. Ciascuna di queste tre categorie 
si caratterizza per funzioni e attribuzioni diverse le une dalle altre, pur 
all'interno di un denominatore comune rappresentato dall'intreccio inscindibile 
tra ricerca e insegnamento, che distingue la docenza universitaria, nelle sue 
differenti gradazioni, dalle altre tipologie di docenza. 
Orbene, ai sensi dall�art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 382/1980 �Il ruolo 
dei professori universitari, comprende le seguenti fasce: a) professori ordinari; 
b) professori associati�. Il comma 2 prevede che: �Nell�unitariet� della funzione 
docente, le due fasce hanno uguali garanzie di libert� didattica e di ricerca
�, mentre il comma 5 istituisce �il ruolo dei ricercatori universitari� 
L�unicit� del ruolo non vale tuttavia a rendere concettualmente e funzionalmente 
indistinte le due fasce di professori. Nel D.P.R. n. 382/1980, infatti, non si 
ricorre mai alla locuzione �ruolo unico�, ma anzi si evidenzia come quello della 
libert� di insegnamento e di didattica sia l�unico connotato comune alle due fasce. 
Le differenze tra i due ordini di professori, come gi� sopra accennato, 
sono molteplici. 
Differenti, invero, sono i requisiti scientifici richiesti per l�accesso ai ri-
220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
spettivi ruoli (art. 16, comma 1, L. n. 240/2010 e D.P.R. n. 222/11 riguardante 
il regolamento per il conferimento dell�abilitazione nazionale per l�accesso al 
ruolo dei professori universitari). 
Ai professori ordinari sono riservate alcune cariche accademiche, quali 
quella di Rettore e di Preside di Facolt�. 
La normativa relativa al pensionamento delle due categorie di docenti � 
differente con riferimento all�et� massima. 
La retribuzione assegnata alle due fasce � diversa: al professore associato, 
infatti, spetta il 70% di quella spettante al professore di prima fascia. 
Ci� posto, � d'uopo evidenziare che, a seguito della riforma introdotta 
dalla cd. Legge Gelmini n. 240 del 2010, i professori universitari sono divisi 
in professori di prima fascia (corrispondenti a vecchi ordinari) e professori di 
seconda fascia (corrispondenti ai precedenti associati). In particolare, ai sensi 
del gi� citato art. 16, comma 1, di tale legge: �� istituita l'abilitazione scientifica 
nazionale, di seguito denominata �abilitazione�. L'abilitazione ha durata 
quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di 
prima e di seconda fascia. L'abilitazione attesta la qualificazione scientifica 
che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda 
fascia dei professori�. 
6. Tanto premesso, appare evidente che, con riferimento alle due fasce di 
professori universitari, come rilevato dalla Corte Costituzionale, sussiste �una 
gerarchia di valori e di funzioni� e che �l'unitariet� della funzione docente 
non equivale all'unicit� del ruolo dei professori universitari. Il sistema normativo 
del 1980 statuisce una gerarchia di valori e di funzioni tra le due fasce 
del ruolo dei professori riservando compiti direttivi, organizzativi e di coordinamento 
all'ordinario acquisito all'istituzione universitaria attraverso pi� 
severa selezione concorsuale mirante ad individuare una personalit� scientifica 
compiutamente matura, mentre la diversa modalit� del reclutamento dell'associato 
� preordinata ad accertarne soltanto l'idoneit� scientifica e 
didattica. Ne consegue la non fungibilit� del giudizio di conferma in ruolo di 
quest'ultimo con il giudizio per la nomina ad ordinario, restando l'uno e l'altro 
vincolati a un diverso grado di accertamento, l'operosit� scientifica e didattica 
di un idoneo e di un maturo� (Corte cost. 25 ottobre 1988, n. 990). Inoltre, in 
tale pronuncia, la Corte, ha espressamente definito �nuovo status� quello del 
professore di prima fascia rispetto alla precedente funzione di professore di 
seconda fascia, sicch� non possono esserci incertezze circa la sussistenza nel 
nostro ordinamento accademico di due distinti ruoli di professori universitari. 
Giova ora rammentare che, com'� noto, il concorso pubblico si caratterizza 
in un meccanismo di selezione a carattere aperto e comparativo (Corte 
Cost. 24 giugno 2010, n. 225). 
Il principio del concorso pubblico � destinato ad operare in riferimento
CONTENZIOSO NAZIONALE 221 
all'accesso agli impieghi (art. 97 co. 3 Cost.). Tale espressione, utilizzata per 
delimitare l'ambito applicativo del principio, va interpretata in senso estensivo: 
non si riferisce, infatti, soltanto alle procedure finalizzate all'assunzione di personale, 
preordinate all'ingresso per la prima volta nei ruoli dell'Amministrazione, 
comprendendo, invece, anche le procedure finalizzate al passaggio dei 
dipendenti alle qualifiche superiori. 
Al riguardo, la Corte Costituzionale ha precisato che: �il passaggio ad 
una fascia funzionale superiore comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro 
corrispondente a funzioni pi� elevate ed � soggetto, pertanto, quale figura 
di reclutamento, alla regola del pubblico concorso� (Corte Cost. 16 maggio 
2002, n. 194). 
Vale sottolineare che un iniziale orientamento della Corte di Cassazione 
distingueva tra le procedure dirette all�instaurazione del rapporto di lavoro 
(per le quali la giurisdizione veniva attribuita al giudice amministrativo) e le 
procedure volte a consentire la progressione di carriera di lavoratori gi� dipendenti 
dall�Amministrazione (per le quali la giurisdizione veniva attribuita 
al giudice ordinario). I concorsi interni venivano qualificati come procedimenti 
negoziali di esercizio dello ius variandi della Pubblica Amministrazione e 
quindi come atti gestionali o di micro-organizzazione di cui all�art. 5, comma 
2, D.lgs. n. 165 del 2001. 
Tale indirizzo era stato poi censurato dalla Corte Costituzionale che aveva 
posto l�attenzione sulla regola del pubblico concorso come principio costituzionale 
ineludibile e, pertanto, da evadere solo qualora la progressione non 
determinasse una novazione del rapporto di lavoro. Le direttive del Consulta 
avevano portato, pertanto, ad un revirement della Corte di Cassazione, che rivisitava 
il proprio orientamento, distinguendo tra concorsi misti, concorsi per 
soli esterni e concorsi interni. Nei primi due casi la regola del concorso rimaneva 
ferma, nell�ipotesi di concorsi interni, invece, essa poteva venire meno 
se si trattava di una progressione nell�ambito della stessa area. Diversamente, 
tornava ad essere vincolante la procedura concorsuale. 
La Commissione speciale pubblico impiego del Consiglio di Stato - con 
parere 9 novembre 2005, n. 3556 - recepiva l�orientamento in parola, che costituisce 
ormai ius receptum a seguito del copioso intervento delle Corti Superiori 
(ex pluribus: Cons. St. nn. 1355, 1356 e 1357 del 2005; Cass. SS.UU. 
26 maggio 2004, n. 10183; Cass. SS.UU. 15 ottobre 2003, n. 15403; T.A.R. 
Lazio 4 maggio 2004, n. 3756; Cass. SS.UU. ord. 20 maggio 2005, n. 10605). 
Orbene, nel concetto di assunzione non ricadono solo le procedure volte 
ad instaurare per la prima volta il rapporto lavorativo, ma anche quelle finalizzate 
a realizzare la cd. progressione verticale, ovverosia il passaggio tra aree 
di inquadramento differenti. 
La conseguenza di quanto rilevato � che soggiacciono alle regole previste 
dalle norme sul blocco delle assunzioni anche le succitate progressioni cd. ver-
222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
ticali da un�area ad un�altra poich�, �anche in tal caso, si verifica una novazione 
del rapporto di lavoro, in quanto si tratta di accesso a funzioni pi� elevate, 
qualsiasi sia il nomen della posizione funzionale attribuita dalla 
contrattazione collettiva, che pu� divergere da contratto a contratto� (Cons. 
St., comm. spec. pubblico impiego, cit.). 
Ad avviso della Commissione, tale interpretazione appare necessitata alla 
stregua del vigente quadro costituzionale come derivante dall�art. 97 Cost. 
nella lettura di diritto vivente operata dalla Corte Costituzionale, secondo cui 
la norma ivi contenuta, per cui ai pubblici uffici, che debbono essere organizzati 
in modo da assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione, 
si accede �mediante concorso salvi i casi stabiliti dalla legge�, impone che il 
concorso costituisca la regola generale per l�accesso ad ogni tipo di pubblico 
impiego, anche a quello inerente ad una fascia funzionale superiore, essendo 
lo stesso �il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta 
dei soggetti pi� capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della Pubblica 
Amministrazione�. 
Vale peraltro evidenziare che in materia di assunzione all'impiego gli interessati 
non vantano un diritto soggettivo alla nomina, ma solo un interesse 
legittimo (Cons. Stato Ad. pl. 14/2011 e Cass. SS.UU. 2676/2011). 
L'assunzione di vincitori di concorsi pubblici, infatti, rientra nella potest� 
organizzatoria della Pubblica Amministrazione sicch�, quando nelle more del 
completamento della procedura concorsuale vengono in essere circostanze 
preclusive dell'assunzione stessa, sia di natura normativa (come un blocco generalizzato), 
sia di natura organizzativa (riordino degli organici connesso, ad 
esempio, a diminuite esigenze operative di talune strutture) o anche solo finanziaria 
(difetti di copertura), l'Amministrazione ben pu� paralizzare l'assunzione 
o anche annullare la procedura di reclutamento (T.A.R. Toscana - 
Firenze, sez. II, 7 dicembre 2005, n. 8271; Cons. St., sez. V, 19 marzo 2001, 
n. 1632; TAR Lazio, sez. II, 2 maggio 1994, n. 547): ed, invero, appartiene 
alla pi� ampia discrezionalit� amministrativa la determinazione del momento 
pi� opportuno per l'inserimento di un vincitore di pubblico concorso (o di idoneo) 
tra il personale in attivit� di servizio (Cons. St., V, 23 aprile 1998, n. 465). 
Pertanto, la scelta di un�Universit� di procedere all�assunzione di docenti 
risultati idonei in esito a una procedura concorsuale - che ha contenuto ampiamente 
discrezionale e fiduciario in relazione agli obiettivi di ricerca e didattici 
dell'Ateneo - viene a sottostare a un giudizio di compatibilit� quanto 
all'utilizzo delle risorse economiche disponibili ed agli aggravi di spesa sulle 
disponibilit� di bilancio. 
In proposito, giova inoltre rilevare che, in base all'ordinamento universitario, 
la chiamata da parte della Facolt� di un docente non � semplicemente 
atto preparatorio del provvedimento di assunzione, bens� proposta vincolata 
di nomina con riferimento alle specifiche esigenze didattiche e scientifiche
CONTENZIOSO NAZIONALE 223 
della Facolt� (art. 5, 4� comma, D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117), che deve solo 
essere formalizzata dal Rettore in conformit� (art. 5, comma 5, D.P.R. citato), 
ove non ostino impedimenti di carattere normativo o vincolistico e quando tali 
condizioni inibenti siano state superate. 
Nel caso di specie � incontrovertibile che l�Universit� doveva necessariamente 
tener conto dei vincoli per il reclutamento del personale e del blocco 
delle assunzioni posti per esigenze di contenimento della spesa pubblica e, 
pertanto, i docenti non potevano validamente fare affidamento sulla delibera 
di Facolt� disponente la �chiamata�, in assenza del formale atto di nomina, 
emanato nel rispetto dei limiti di legge e di bilancio. 
7. Conclusioni 
La sentenza in rassegna e l'ampia giurisprudenza di legittimit� e costituzionale 
dalla stessa richiamata offrono numerosi spunti per rimarcare la 
rilevanza attribuita nel nostro ordinamento al sistema universitario ed alla 
tutela della libert� della ricerca scientifica e della docenza quale fondamentale 
fattore di promozione, da un lato, del pluralismo ideologico proprio 
di ogni sana democrazia e, dall�altro, dello sviluppo sociale e 
culturale del Paese. 
Muovendo da tale ineludibile premessa, l�Adunanza Plenaria si pone il 
difficile obiettivo di bilanciare la centralit� che la nostra Costituzione riserva 
al libero insegnamento dell'arte e della scienza ed all�autonomia 
delle Istituzioni di alta cultura, delle Universit� e delle Accademie, con 
le sempre pi� pressanti esigenze di stabilit� dei conti pubblici e di riduzione 
di spesa perseguiti dalla recente legislazione in materia di finanza 
pubblica. �, infatti, percepibile lo sforzo ermeneutico dei Giudici di Palazzo 
Spada nel voler coniugare la maggiore tutela possibile per i richiamati 
principi sanciti all�art. 33 della Costituzione con il rispetto del 
necessario rigore imposto dal Legislatore che, con il gi� citato art. 1, 
commi 1 e 3, del D.L. n. 180 del 2008, ha teso, come rilevato dalla Sezione 
remittente, �ad impedire qualsivoglia assunzione� sancendo �un 
divieto assoluto e netto�: il c.d., appunto, �blocco delle assunzioni� (1). 
In definitiva, si apprezza lo sforzo profuso dall�Adunanza Plenaria nel 
voler dare un�esegesi delle richiamate norme conforme alla loro ratio giustificatrice 
e, soprattutto, nel voler fornire un�interpretazione �di sistema� 
(1) Sul tema si vogliono segnalare, in conclusione, al lettore alcuni contributi dottrinali per approfondimenti 
in materia: ALES, La programmazione impossibile: vincoli al ridimensionamento delle 
risorse umane nelle organizzazioni pubbliche, in DLM, 2005, 537; BARBERO, Blocco delle assunzionii: 
le ragioni di una bocciatura, in www.federalismi.it, 13 gennaio 2004; MAINARDI, Il personale, in GDA, 
2004, 249; MASTINU, Le acquisizioni di personale delle pubbliche amministrazioni nella legge finanziaria 
per il 2004, in questa Rivista, 2004, I, 25; PEREZ, Il blocco delle assunzioni nelle universit�, in 
GDA, 2004, 243. 
224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
delle stesse disposizioni calata, cio�, nel difficile contesto economico che 
viviamo e nel quale esse sono maturate. 
Occorre evidenziare, da ultimo, l�opportuno rilievo conferito dalla sentenza 
in parola al principio di cui art. 97 Cost., che pone la regola dell'accesso 
al lavoro nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso quale 
procedura selettiva comparativa ed aperta per il reclutamento dei pubblici 
impiegati fondata a valorizzarne la capacit� e il merito da porre al servizio 
della Pubblica Amministrazione in generale e dell�Amministrazione delle 
Universit� in particolare. 
Consiglio di Stato, Ad. Plen., sentenza del 28 maggio 2012 n. 17 - Pres. Coraggio, Est. Caringella 
- F.B. e M.T.R. ed altri (avv. Scoca per delega avv. Romano) c. Universit� degli Studi 
Meditrranea di Reggio Calabria (avv. Stato Basilica). 
(...) 
FATTO 
1. Gli odierni appellanti sono professori associati confermati o ricercatori confermati presso 
l�Universit� degli Studi �Mediterranea�di Reggio Calabria, che hanno conseguito il giudizio 
di idoneit� all�esito, rispettivamente, dei concorsi per professore ordinario e per professore 
associato banditi dalla stessa Universit� o da altra Universit� nella seconda sessione dell�anno 
2008. Ai sensi dell�art. 5, co. 4, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, i docenti in esame sono stati 
proposti per la nomina (c.d. �chiamata�) dai rispettivi Consigli di Facolt�. Gli appellanti hanno 
quindi chiesto all�Universit� resistente di essere assunti nella qualifica per la quale sono risultati 
idonei. A tale richiesta l�Universit� ha opposto un diniego fondato sulla ritenuta applicabilit� 
del c.d. �blocco delle assunzioni� disposto dall�art. 1 del d.l. 10 novembre 2008, n. 
180, convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, in ragione del superamento del limite del 
90% del rapporto tra le spese fisse e la misura del FFO (fondo di finanziamento ordinario) 
alla data del 31 dicembre 2010. 
2. Contro i provvedimenti di diniego gli odierni appellanti hanno proposto separati ricorsi innanzi 
al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria � sezione staccata di Reggio Calabria. 
Con la sentenza in epigrafe specificata i Primi Giudici hanno respinto i ricorsi. 
In sintesi, il Tribunale di prime cure ha tracciato la seguente parabola motivazionale: 
- l�art. 1, co. 1, d.l. n. 180 del 2008 cit., nel prevedere il divieto, per le universit� statali che 
superino il suddetto limite del 90%, di procedere ad assunzioni, reca una norma a regime, dettata 
sia da ragioni finanziarie che organizzative, applicabile anche alle procedure concorsuali 
gi� bandite e/o espletate al momento dell�entrata in vigore della normativa in esame; 
- non � violato nel caso di specie il diritto all�assunzione o il relativo affidamento, perch� non 
viene in rilievo una definitiva preclusione all�assunzione, ma solo un suo differimento; 
- quanto, poi, alla posizione di coloro che sono stati dichiarati idonei in forza di concorsi banditi 
da altre universit�, si appalesa ostativa all�assunzione la mancanza della previsione dei 
posti in sede di previa programmazione triennale; 
- sono manifestamente infondate le dedotte censure di costituzionalit�, in relazione alla paventata 
lesione dei principi di uguaglianza, imparzialit�, buon andamento dell�amministrazione 
e autonomia universitaria. 
3. La sentenza � impugnata con quattro separati appelli, sostenuti da censure di identico tenore,
CONTENZIOSO NAZIONALE 225 
salvo una doglianza aggiuntiva articolata dai soli ricorrenti che hanno conseguito l�idoneit� 
presso universit� diverse da quella dove prestano servizio attualmente come ricercatori o professori 
associati. 
Ai fini che in questa sede rileva, con il terzo motivo, comune a tutti gli appelli, i ricorrenti 
contestano il capo di sentenza secondo cui il divieto legale sarebbe applicabile anche ai ricercatori 
e professori associati gi� in servizio presso l�Universit� Mediterranea che reclamino 
l�inquadramento in ruolo presso lo stesso ente, rispettivamente, come professori associati e 
professori ordinari. 
A sostegno dell�assunto le parti appellanti pongono il duplice rilievo che non si tratterebbe di 
assunzione ma di passaggio a qualifica superiore e che la nomina non procurerebbe, in punto 
di fatto, un aggravio di costi in quanto il transito di un ricercatore o di professore associato, 
con una certa anzianit� di servizio, nella posizione iniziale, rispettivamente, di professore associato 
o ordinario, non comporta un aggravio finanziario a carico dell�Universit�. 
4. Con Ordinanza n. 1249 del 5 marzo 2012, la sesta sezione di questo Consiglio ha rimesso 
l�esame della causa all�Adunanza Plenaria, ai sensi dell�art. 99, comma 1, cod.proc.amm., in 
ragione del contrasto interpretativo sussistente con riferimento proprio alla questione, investita 
dal terzo motivo comune a tutti gli appelli, dell�applicabilit� del blocco di assunzioni anche 
laddove non si tratti di nuove assunzioni ma dell�attribuzione di una qualifica superiore. 
5. Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l�ulteriore illustrazione delle rispettive 
tesi difensive. 
All�udienza del 21 maggio 2012 la causa � stata trattenuta per la decisione 
DIRITTO 
1. Va anzitutto disposta la riunione dei quattro appelli indicati in epigrafe, perch� proposti 
contro la medesima sentenza (art. 96, co. 1, cod.proc.amm.). 
2. I ricorrenti, professori associati confermati o ricercatori confermati presso l�Universit� degli 
Studi �Mediterranea�, si dolgono della mancata assunzione in ruolo nella fascia superiore di 
docenza della carriera universitaria, assumendo l�inapplicabilit� nei loro confronti del blocco 
delle assunzioni sancito dall�art. 1 del d. l. 10 novembre 2008, n. 180, convertito dalla legge 9 
gennaio 2009, n. 1, posto a fondamento dei provvedimento di diniego impugnati in prime cure. 
3. L�esame del tema specifico sottoposto al vaglio di questa Adunanza richiede una sintetica 
disamina della normativa che regola la materia. 
Ai sensi dell�art. 1, comma 1, del d.l. n. 180 del 2008 cit. �Le universit� statali che, alla data 
del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all'articolo 51, comma 4, 
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall'articolo 12, comma 
1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 
febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all'indizione di procedure concorsuali e di valutazione 
comparativa, n� all'assunzione di personale. Alle stesse universit� � data facolt� di 
completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all'articolo 3, comma 1, 
del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 
2007, n. 176, e all'articolo 4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, 
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi 
espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, senza 
oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica�. 
Il successivo comma 3 prevede che �il primo periodo del comma 13, dell'articolo 66 del decreto-
legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, 
n. 133, � sostituito dai seguenti: �Per il triennio 2009-2011, le universit� statali, fermi restando
226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
i limiti di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, 
per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente 
ad una spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo 
indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. Ciascuna universit� 
destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all'assunzione di ricercatori 
a tempo indeterminato, nonch� di contrattisti ai sensi dell'articolo 1 comma 14, della 
legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota non superiore al 10 per cento all'assunzione 
di professori ordinari. Sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all'articolo 
1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue 
previste dal predetto articolo 1, comma 650 �. 
La disposizione reca, ai commi successivi, ulteriori disposizioni volte a disciplinare la prosecuzione 
ed il completamento delle procedure di reclutamento di professori di I e II fascia indette 
nell�anno 2008. 
Dall�esame del tessuto normativo si ricava che il c.d. blocco delle assunzioni di cui al primo 
comma dell�art. 1 del d.l. n. 180 del 2008 � una misura sancita da una norma a regime a tenore 
della quale il superamento del limite di cui all'articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 
1997, n. 449 determina, quale conseguenza automatica, il precipitato del divieto, a carico delle 
universit� statali, di procedere all�espletamento di procedure concorsuali ed all�assunzione di 
personale fino al rientro nei parametri massimi. Solo alle universit� che non superino il limite 
� consentita la prosecuzione delle procedure di selezione indette nel 2008, con la diversa composizione 
delle commissioni rideterminata ex lege. 
La disciplina fin qui esposta non persegue finalit� di carattere esclusivamente finanziario in 
quanto � rivolta anche a scopi di organizzazione generale, prefiggendosi l�obiettivo prioritario 
e strategico di incentivare le universit� a comportamenti virtuosi nell�ottica del conseguimento 
dei livelli qualitativi di autodisciplina sinteticamente descritti nella stessa struttura del fondo 
di finanziamento ordinario e nella pi� generale architettura del sistema di finanziamento pubblico 
delle universit�. Pertanto, il divieto dell�assunzione di nuovo personale non persegue 
solo lo scopo di evitare l�incremento di spesa, ma mira anche alla finalit� di guidare l�ente 
universitario al rientro nei parametri, costringendolo a sospendere il reclutamento di personale 
e concorrendo a sostenere quella complessa opera di miglioramento qualitativo del servizio 
universitario che il legislatore si � prefisso. 
4. Tracciato il quadro generale della disciplina in materia di blocco delle assunzioni e della 
ratio che la sorregge, si pu� ora passare all�esame della questione specifica dell�applicabilit� 
della normativa in esame al caso della mancata assunzione in ruolo, nella fasce superiori di 
docenza della carriera universitaria, di professori associati confermati o ricercatori confermati 
in servizio presso la medesima universit�. 
4.1. In merito alla questione all�applicabilit� del blocco delle assunzioni alla fattispecie del 
passaggio di qualifica, l�Ordinanza di rimessione rileva che la stessa non ha conosciuto una 
soluzione univoca. 
Secondo l�orientamento giurisprudenziale ricordato dagli appellanti, il divieto di assunzione 
di cui alla legge in esame ed alle precedenti discipline di analogo tenore succedutesi nel tempo, 
in quanto sancito da norme eccezionali non passibili di interpretazione estensiva o di applicazione 
analogica, non si applicherebbe all�ipotesi di progressione derivante dall�attribuzione 
di una qualifica superiore al personale gi� in servizio (Cons. Stato, sez. VI, 21 aprile 2010 n. 
2217; 16 novembre 2004 n. 7483; 27 novembre 2001, n.5958). 
Secondo il diverso orientamento espresso da Cons. Stato, comm. spec. pubblico impiego, pa-
CONTENZIOSO NAZIONALE 227 
rere 9 novembre 2005, n. 3556/05, il blocco delle assunzioni concernerebbe invece, oltre che 
le assunzioni derivanti da procedure selettive pubbliche, anche le progressioni da un�area all�altra 
conseguenti a procedure di riqualificazione del personale dipendente. 
4.2. L�Adunanza Plenaria reputa che il divieto di assunzione operi anche per l�inquadramento 
in ruolo, in una fascia superiore, di docenti gi� in servizio presso la medesima universit�. 
4.2.1. A sostegno dell�assunto depone, in prima battuta, la considerazione che, nel caso di 
specie, non viene in rilievo una procedura concorsuale interna finalizzata all�attribuzione di 
una qualifica superiore ma un diverso inquadramento in ruolo per effetto dell�idoneit� conseguita 
all�esito di un concorso esterno, aperto anche a soggetti non legati da alcun rapporto 
con l�universit� e non in possesso, ancora pi� in radice, dello status di docenti universitari. 
La circostanza che non si tratti di procedura riservata a soggetti gi� aventi la qualifica di docenti 
universitari o comunque legati da un rapporto di lavoro all�amministrazione universitaria, 
dimostra che la selezione non � finalizzata alla progressione in carriera ma all�assunzione, id 
est all�instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro caratterizzato da una soluzione di continuit� 
rispetto alla pregressa posizione eventualmente rivestita dal soggetto idoneo. Non � chi 
non veda, d�altronde, come una diversa soluzione ermeneutica, che escludesse l�operativit� 
del divieto solo per i docenti gi� in servizio presso l�Universit� che operi la chiamata, discriminerebbe 
in modo illogico la posizione dei soggetti che abbiano conseguito l�idoneit� all�esito 
della medesima procedura in base al dato, accidentale ed estrinseco rispetto ai caratteri 
ed alla finalit� della procedura selettiva, della sussistenza di un pregresso rapporto con l�amministrazione 
universitaria. 
Si deve soggiungere che la ratio legis, identificata nelle richiamate esigenze di contenimento 
della spesa e di stimolazione di condotte virtuose, si estende anche all�inquadramento in un 
diverso ruolo di personale docente gi� in servizio presso l�universit�. 
Si deve, in particolare, convenire, sulla scorta di questa prospettiva ermeneutica, che l�assunto, 
sostenuto dagli appellanti, secondo cui non vi sarebbe aumento di costi in caso di nomina in 
ruolo di soggetti gi� inquadrati presso la stessa universit� ad un livello inferiore �, da un lato, 
infondato in fatto, e, dall�altro, irrilevante in punto di diritto. 
Quanto al primo aspetto, infatti, il mancato aumento di costi si registra, in caso di transito ad 
una fascia superiore della docenza, solo per il primo triennio e non a regime, in quanto la conferma 
del docente non � un fatto meramente eventuale ma l�evenienza fisiologica da prendere 
in considerazione ai fini dell�indagine in merito agli effetti finanziari sortiti, alla stregua dell� 
id quod plerumque accidit, dall�inquadramento nel nuovo ruolo. 
D�altro canto, come correttamente ritenuto dal Primo Giudice, il divieto di assunzione risponde 
a esigenze anche organizzative ed a logiche incentivanti che prescindono dalla sussistenza, o 
meno, di un immediato aggravio finanziario. 
4.2.2. Le considerazioni che precedono consentono di approdare alla conclusione secondo 
cui il blocco delle assunzioni interessa anche i casi in esame in quanto il nuovo inquadramento 
in ruolo del docente � il frutto dell�esito positivo di una procedura concorsuale aperta che d� 
luogo ad un assunzione in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di 
procedura riservata. 
Si deve per completezza osservare, con riguardo al pi� ampio tema oggetto del contrasto interpretativo 
prima evidenziato, che risulta preferibile la tesi, sostenuta dal citato parere reso 
dalla Commissione speciale, che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica. 
A fondamento di tale indirizzo si pone il principio, ribadito a pi� riprese dalla giurisprudenza 
della Corte delle leggi (v., da ultimo, Corte cost. 10 novembre 2011, n. 299), secondo cui il
228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
principio del concorso come strumento di accesso all�impiego pubblico (art. 97, comma 3, 
Cost.) comprende sia le procedure preordinate all�ingresso ex novo di personale nei ruoli dell�amministrazione 
sia quelle finalizzate al passaggio dei dipendenti ad una qualifica superiore. 
La regola del concorso pubblico si atteggia, in definitiva, a principio costituzionale, passibile 
di deroga solo nell�ipotesi in cui la progressione non determini la novazione, con effetti estintivo-
costitutivi, del rapporto di lavoro preesistente. La Corte costituzionale, in sede di interpretazione 
della portata della regola del concorso pubblico, ha altres� sottolineato che la facolt� 
del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico aperto � stata delimitata 
in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali 
esse stesse alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari 
e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis, 
sentenze n. 52 del 2011 e n. 195 del 2010). In particolare, si � pi� volte ribadito che il principio 
del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell'agevolazione del buon 
andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso 
intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella 
stessa amministrazione, non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale 
dei posti disponibili in favore di personale interno. 
La valorizzazione della caratterizzazione sostanzialmente novativa degli effetti sortiti, a fronte 
della posizione originaria, dall�attribuzione di una qualifica superiore per effetto della procedura 
concorsuale, � l�argomento posto a sostegno anche dell�indirizzo ermeneutico della Corte 
di legittimit� che, in punto di riparto di giurisdizione, afferma la giurisdizione del giudice amministrativo 
la cognizione del contenzioso relativo alle procedure riservate volte a sancire la 
progressione verticale interna, ossia il passaggio tra diverse aree di inquadramento previste 
dalla contrattazione collettiva. 
Posto il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, 
l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve 
avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, 
un pubblico concorso - al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione 
di candidati esterni -, si osserva che il quarto comma dell'art. 63 d. lgs. 30 marzo 2001, 
n. 165, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo "le controversie in materia 
di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", 
fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la 
prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l'accesso 
del personale gi� assunto ad una fascia o area superiore: il termine "assunzione" deve essere 
correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella 
pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di 
personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica (Cassazione 
civile, sez. un. 15 ottobre 2003, n. 15403). 
� stato, da ultimo rimarcato (Cassazione civile, sez. un., 5 maggio 2011, n. 9844), che �per 
procedure concorsuali di assunzione ascritte al diritto pubblico e all'attivit� autoritativa dell'amministrazione 
(alla stregua dell'art. 63, comma 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165/2001), si 
intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione "ex novo" dei rapporti di lavoro, 
ma anche le prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale gi� assunto ad una 
fascia o area funzionale superiore, e cio� ad una progressione verticale che consista nel passaggio 
ad una posizione funzionale qualitativamente diversa, tale da comportare una novazione 
oggettiva del rapporto di lavoro; tale accesso deve avvenire per mezzo di una pubblica
CONTENZIOSO NAZIONALE 229 
selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso. Alla 
stregua dell'interpretazione enunciata, assume rilevanza determinante, ai fini dell'indicato 
criterio di riparto della giurisdizione, il contenuto della contrattazione collettiva, sicch� in 
presenza di progressioni, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, che comportino 
una progressione verticale nel senso indicato, la cognizione della controversia resta riservata 
al giudice amministrativo; sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario nelle 
controversie attinenti a concorsi per soli dipendenti interni che comportino il passaggio da 
una qualifica all'altra, ma nell'ambito della stessa area (o categoria), sia con acquisizione di 
posizioni pi� elevate meramente retributive sia con il conferimento di qualifiche superiori, in 
base a procedure che l'amministrazione pone in essere con le capacit� e i poteri del privato 
datore di lavoro�. 
Si deve allora concludere, in forza dei rilievi fin qui svolti, che soggiacciono al blocco delle 
assunzioni di cui alla normativa in esame anche le progressioni verticali e le procedure di riqualificazione 
variamente denominate che sanciscono il passaggio ad una diversa area con la 
conseguente attribuzione di un nuovo posto per effetto della novazione del precedente rapporto. 
5. Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte gli appelli riuniti devono essere respinti nella 
parte in cui ripropongono il motivo dell�inapplicabilit� del blocco delle assunzioni all�ipotesi 
del passaggio dei docenti universitari gi� in servizio ad una fascia superiore di docenza. 
Si deve invece rimettere alla Sezione, ai sensi dell�art. 99, comma 4, del codice del processo 
amministrativo, la definizione del giudizio con riguardo agli altri motivi che investono tematiche 
estranee al quesito devoluto al vaglio di questa Adunanza Plenaria. 
Deve essere altres� rimessa alla sentenza definitiva la statuizione sulle spese di giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) 
definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge 
in parte nei sensi in motivazione specificati. 
Rimette il ricorso alla Sezione per l�ulteriore definizione del giudizio e per la statuizione sulle 
spese di giudizio. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2012.
230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
In tema di patrocinio legale e legittimazione processuale delle 
Istituzioni scolastiche statali 
(Nota a Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ordinanza 20 giugno 2012 n. 2370) 
Stefano Varone* 
Con ordinanza 2370 del 19 giugno 2012 il Consiglio di Stato si � pronunciato 
su due problematiche di notevole interesse sistematico, inerenti da 
un lato il regime del patrocinio degli istituti scolastici statali a seguito del conferimento 
normativo della relativa autonomia, dall�altro la possibilit� di agire 
in giudizio nei confronti del Ministero, tematica quest�ultima che risulta direttamente 
condizionata dalla natura delle relazioni organizzative fra Ministero 
e organi periferici dotati di personalit� giuridica. 
Il Collegio, sia pure nell�accertamento sommario che caratterizza la fase 
cautelare, ha ribadito, quanto al primo aspetto, la sussistenza del patrocinio 
esclusivo dell�Avvocatura dello Stato, derogabile soltanto seguendo lo speciale 
procedimento di cui all�art. 5 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611; quanto al secondo 
aspetto ha affermato che la contrapposizione fra un istituto scolastico e il Ministero 
dell�istruzione da luogo ad un conflitto meramente interorganico interno 
all�Amministrazione statale. 
Il caso di specie era caratterizzato dall�impugnazione, da parte di un Istituto 
Scolastico Statale dei provvedimenti inerenti l�articolazione del piano di 
dimensionamento della rete scolastica, ed in particolare l�istituzione in ambito 
comunale, di un Istituto d�istruzione superiore con attivazione di un Liceo 
Scientifico (contestato dalla scuola ricorrente). 
Al riguardo � utile premettere che la Cassazione (Cass. 28 luglio 2008, 
n. 20521) ha avuto modo di chiarire che anche dopo l'estensione della personalit� 
giuridica, i circoli didattici, le scuole medie e gli istituti di istruzione 
secondaria, continuano a costituire organi dello Stato muniti di personalit� 
giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale. 
Difettando pertanto un rapporto intersoggettivo e vertendosi in materia 
di rapporti interorganici, ogni eventuale contrasto va risolto in sede amministrativa, 
difettando una autonoma posizione azionabile in sede giurisdizionale. 
La situazione giuridica di compenetrazione con l�apparato statale non � 
infatti mutata per effetto dell�art. 21 L. n. 59 del 1997 e del D.P.R. n. 275 del 
1999. In tal senso depongono plurimi elementi normativi. 
In primo luogo la funzione �istruzione� rimane dello Stato, in particolare 
rimangono statali le funzioni e i compiti in materia di ordinamenti scolastici, di 
programmi scolastici, di organizzazione generale dell�istruzione scolastica e di 
(*) Avvocato dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 231 
stato giuridico del personale, funzioni tutte atte a salvaguardare l�unitariet� del 
sistema nazionale dell�istruzione (art. 1 , comma 3, lett. q) della L. n. 59 del 
1997). In altre parole, rimane alla competenza dello Stato, che la condivide con 
le istituzioni scolastiche nei limiti di cui all�art. 21 L. n. 59 del 1997 come specificati 
dal D.P.R. n. 275 del 1999, l�attivit� di programmazione educativa e didattica 
e in genere ogni attivit� che attenga alla predisposizione e alla 
realizzazione del percorso degli studi inteso in senso proprio come percorso che 
sbocca nel conseguimento di un titolo di studio. � proprio in virt� di questa conservazione 
di funzioni e compiti allo Stato che si pu� dire che le scuole, dopo la 
loro entificazione, svolgono il ruolo di enti ausiliari o strumentali dello Stato. 
In secondo luogo va evidenziato il rapporto lavorativo del dirigente scolastico 
e del personale della scuola, che � da considerare a tutti gli effetti statale 
(art. 1, comma 3, lett. q) della L. n. 59 del 1997 e d.lgs. 165/2001) (1). 
Vanno da ultimo richiamati la responsabilit� del dirigente scolastico nei 
confronti dell�amministrazione statale e il mantenimento in capo all�apparato 
ministeriale del potere di vigilanza in relazione alla funzione di eventuale scioglimento 
degli organi collegiali della scuola �in caso di persistenti e gravi irregolarit� 
o di mancato funzionamento� (ex art. 28, settimo comma, T.U. n. 297 
del 1994, non abrogato dall�art. 17, primo comma, del D.P.R. n. 275 del 1999). 
A tali profili, inerenti la legittimazione, si aggiungono quelli concernenti 
il patrocinio in giudizio. Ai sensi dell�art. 14 comma 7 bis del D.P.R. n. 275 
del 1999 infatti �L�Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza 
e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorit� giudiziarie, i 
collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni 
scolastiche cui � stata attribuita l�autonomia e la personalit� giuridica a norma 
dell�articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 �. 
Tale norma non chiarisce espressamente se tale attribuzione rientri nella 
previsione dell'art. 5 RD n. 1611 del 30 ottobre 1933 (patrocinio obbligatorio 
delle amministrazioni dello Stato), ovvero in quella di cui all'art. 43 RD 
1611/1933 (patrocinio autorizzato delle amministrazioni non statali). Proprio 
sotto tale profilo risulta particolarmente significativa la pronuncia del Consiglio 
di Stato che, aderendo alla tesi prevalente dei TAR (2), afferma la natura 
�obbligatoria� del patrocinio. 
(1) Cass. civ. Sez. lavoro, 21 marzo 2011, n. 6372 �Anche dopo l'estensione della personalit� 
giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai 
circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale ATA e docente 
della scuola si trova in rapporto organico con l'Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato, 
a cui l'art. 15 del d.P.R. n. 275 del 1999 ha riservato le funzioni relative al reclutamento del personale, 
e non con i singoli istituti, che sono dotati nella materia di mera autonomia amministrativa�. In precedenza 
Cass., 13 luglio 2004, n. 12977. 
(2) Sul tema si erano pronunciate gi� T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. 13 gennaio 2010, n. 
2 e T.A.R. Lazio, 27 aprile 2006, n. 2987.
232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
In sostanza, secondo il Consiglio di Stato, la norma di riferimento � rappresentata 
dall�art. 1 R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 in base al quale la rappresentanza, 
il patrocinio e l�assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello 
Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura 
dello Stato. Si tratta di regime �esclusivo� che pu� essere derogato solo 
alle condizioni di cui all�art. 5 del RD 1611/1933: �Nessuna Amministrazione 
dello Stato pu� richiedere la assistenza di avvocati del libero foro se non per 
ragioni assolutamente eccezionali, inteso il parere dell�Avvocato generale 
dello Stato e secondo norme che saranno stabilite dal Consiglio dei ministri. 
L�incarico nei singoli casi dovr� essere conferito con decreto del Capo del 
Governo di concerto col Ministro dal quale dipende l�Amministrazione interessata 
e col Ministro delle finanze�. 
Ne consegue che il conferimento dell�incarico ad avvocato del libero foro 
al di fuori degli stringenti limiti consentiti o senza il rispetto della prevista 
procedura da luogo ad una ipotesi di inammissibilit� del ricorso conseguente 
alla carenza dello "ius postulandi" (Cass. 23 marzo 2011, n. 6672). 
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ordinanza del 20 giugno 2012 n. 2370 - Pres. Severini, 
Est. Giovagnoli R. - Regione Abruzzo, Min. dell�Istruzione, della Universit� e della Ricerca, 
Ufficio scolastico regionale per l�Abruzzo, I.T.I.S. �Luigi di Savoia� (avv. Stato Varone) c. 
Liceo scientifico �F. Masci� (avv. Bucci). In punto ord. cautelare T.A.R. Abruzzo - L'Aquila, 
Sez. I n. 126/2012, concernente Piano regionale della rete scolastica anno 2012-2013. 
(...) 
Ritenuto che risultano gi� in questa sede assorbenti i profili che investono la sussistenza dello 
jus postulandi in capo al difensore dell�originario ricorrente, atteso che gli istituti scolastici, 
sebbene forniti della personalit� giuridica, rimangono Amministrazioni dello Stato come tali 
soggetti al patrocinio esclusivo dell�Avvocatura dello Stato, patrocinio derogabile soltanto 
seguendo lo speciale procedimento di cui all�art. 5 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, che nella 
specie, come � pacifico, non � stato osservato; 
Ritenuto, inoltre, che nel caso di specie viene in rilievo un conflitto meramente interorganico 
interno all�Amministrazione statale (che vede, appunto, contrapposti un istituto scolastico e 
il Ministero dell�istruzione), che dovrebbe trovare composizione in sede amministrativa e non 
giurisdizionale; 
Ritenuto che sussistono i presupposti per compensare le spese della presente fase cautelare; 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) 
Accoglie l'appello (Ricorso numero: 4080/2012) e, per l'effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata, 
respinge l'istanza cautelare proposta in primo grado. 
Spese della fase cautelare compensate. 
La presente ordinanza sar� eseguita dall'Amministrazione ed � depositata presso la segreteria 
della Sezione che provveder� a darne comunicazione alle parti. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2012.
Controllo preventivo di legittimit� della Corte dei conti sugli atti dell�Unit� 
Tecnica Amministrativa istituita ex art. 15 OPCM 3920/2011. 
(Parere prot. 83183 del 5 marzo 2012, AL 4714/12, avv. MARIA LUISA SPINA) 
La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione 
Civile e l�Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli chiedono alla Scrivente 
di esprimersi sul seguente quesito: 
�Se l�attivit� svolta dall�Unit� tecnica-amministrativa, istituita ex art. 
15 OPCM 3920/2011, con riferimento al settore rifiuti Campania, sia soggetta 
al controllo preventivo di legittimit� della corte dei Conti, in virt� di quanto 
previsto dall�art. 3, 1� comma, lett. c-bis, L. 20/1994�. 
Viene, in via ulteriore, richiesto dall�Amministrazione �� se i decreti approvativi 
dei contratti passivi della prefata Unit� tecnica-amministrativa, se di 
importo superiore alla cd. soglia comunitaria, debbano essere sottoposti al 
controllo preventivo di legittimit� della corte dei Conti, al pari degli analoghi 
atti delle Amministrazioni dello Stato (ex art. 3, comma 1, lett. g) L. 20/1994�. 
Prendendo avvio dal quesito comune all�Amministrazione ed all�Avvocatura 
Distrettuale di Napoli, ritiene la Scrivente che allo stesso deve darsi risposta 
parzialmente positiva, come di seguito articolata. 
Non vi � dubbio che il contesto nel quale nasce l�Unit� tecnica - amministrativa, 
istituita presso il Dipartimento della Protezione civile, ad opera dell�OPCM 
3920/2011, sia quello post-emergenziale, relativamente al settore 
rifiuti Campania. 
La finalit� sottesa all�istituzione dell�Unit�, infatti, oltre che nel porre in 
essere �misure di carattere straordinario ed urgente finalizzate a fronteggiare 
le problematiche inerenti al movimento franoso nel territorio di Montaguto, 
in provincia di Avellino� risiede nello �assicurare l'adempimento di alcuni 
dei compiti gi� posti in capo alle strutture di cui all'articolo 2 del decretolegge 
30 dicembre 2009, n. 195 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 
febbraio 2010, n. 26 ��. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO
Le strutture alle quali fa riferimento il 1� comma dell�art. 15 sono l�Unit� 
stralcio e l�Unit� operativa, a loro volta istituite presso il Dipartimento della 
Protezione civile, dal DL 195/2009, per attuare il passaggio dalla fase emergenziale 
alla fase post emergenza rifiuti in Campania. 
L�art.15 testualmente recita: 
�1. In considerazione della necessit� di provvedere all'adozione di misure 
di carattere straordinario ed urgente finalizzate a fronteggiare le problematiche 
inerenti al movimento franoso nel territorio di Montaguto, in provincia 
di Avellino nonch� di assicurare l'adempimento di alcuni dei compiti gi� posti 
in capo alle strutture di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, 
n. 195 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, � 
istituita, con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile, presso 
la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, 
apposita Unit� Tecnica-Amministrativa. 
2. L'Unit� Tecnica-Amministrativa di cui al comma 1 � preposta, altres�, 
alla gestione delle attivit� concernenti: 
a) i rapporti attivi e passivi gi� facenti capo alle Unit� Stralcio ed Operativa 
di cui all'articolo 2 del sopra richiamato decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 
195, assicurando, ove necessario, l'eventuale prosecuzione degli interventi 
anche infrastrutturali; 
b) la gestione degli effetti dell'avviso pubblico di accertamento della massa 
passiva di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 
13 gennaio 2010, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tale scopo; 
c) le attivit� solutorie di competenza nei limiti delle risorse finanziarie disponibili 
a tale scopo, tenuto conto delle esigenze di pubblico interesse connesse 
alle attivit� dei soggetti creditori; 
d) le competenze amministrative riferite all'esecuzione del contratto di gestione 
del termovalorizzatore di Acerra e del relativo impianto di servizio nonch� 
riferite alla convenzione con il Gestore dei Servizi Energetici; 
e) l'eventuale supporto alla Regione Campania, se richiesto, nelle attivit� di 
organizzazione dei flussi dei rifiuti, nella ricorrenza delle oggettive condizioni 
di necessit� ed urgenza normativamente previste�. 
Al fine di comprendere se l�attivit� posta in essere dall�Unit� tecnica-amministrativa 
sia suscettibile di scontare il sindacato di legittimit� preventivo 
della Corte dei conti, occorre muovere dal contenuto delle norme relative alle 
suddette strutture. 
In particolare, nell�art. 2 del DL 195/2009, conv. in L. 26/2010, veniva 
previsto: 
�1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro sette 
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono istituite per 
la chiusura dell'emergenza rifiuti in Campania, nell'ambito della Presidenza 
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento protezione civile, una �Unit� stral- 
234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
cio� e una �Unit� operativa�, utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali 
gi� a disposizione delle Missioni previste dal decreto-legge 23 maggio 
2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, 
di seguito denominato: �decreto-legge n. 90 del 2008�, che cessano alla data 
del 31 dicembre 2009. Agli ulteriori oneri di funzionamento e di gestione a 
carico delle predette unit� si provvede nel limite delle disponibilit� delle contabilit� 
speciali di cui al comma 2. Le unit� predette, coordinate dal Comandante 
del Comando logistico Sud, sono allocate presso l'attuale sede del 
Comando medesimo in Napoli e cessano alla data del 31 gennaio 2011, termine 
che pu� essere prorogato, per non pi� di sei mesi, con decreto del Presidente 
del Consiglio dei Ministri. 
2. Con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di 
cui al comma 1, primo periodo, sono altres� individuate le contabilit� speciali 
sulle quali confluiscono le risorse finanziarie gi� nella disponibilit� del Capo 
della Missione amministrativo-finanziaria e gli introiti derivanti dai conferimenti 
dei rifiuti presso il termovalorizzatore di Acerra e il relativo impianto 
di servizio, i ricavi della vendita dell'energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore 
stesso, nonch�, nelle more dell'adozione dei provvedimenti di cui 
all'articolo 6-bis, comma 5, del decreto-legge n. 90 del 2008 e, fatti salvi gli 
importi dedotti nel bilancio di previsione anno 2009 della regione Campania, 
gli introiti residuali derivanti dal tributo speciale di spettanza regionale per 
il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani�. 
Il successivo art. 3, individuando i compiti dell�Unit� Stralcio, prevedeva 
testualmente che: 
�1. L'Unit� stralcio di cui all'articolo 2, entro trenta giorni dalla propria 
costituzione, avvia le procedure per l'accertamento della massa attiva e passiva 
derivante dalle attivit� compiute durante lo stato di emergenza rifiuti in 
Campania ed imputabili alle Strutture commissariali e del Sottosegretariato 
di Stato all'emergenza rifiuti di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 90 del 
2008, di seguito denominate: �Strutture commissariali�. Per gli eventuali contenziosi 
derivanti dall'attuazione del presente articolo si applica l'articolo 4 
del decreto-legge n. 90 del 2008. Il piano di rilevazione della massa passiva 
comprende, oltre ai debiti accertati e definiti, anche quelli derivanti da negozi 
di transazione. 
2. L'Unit� accerta i crediti vantati dalle Strutture commissariali e dal Dipartimento 
della protezione civile nei confronti dei soggetti affidatari del termovalorizzatore 
di Acerra e degli impianti di selezione e smaltimento dei rifiuti 
a seguito degli anticipi sul prezzo di costruzione e degli interventi effettuati 
sugli stessi per garantire il costante ed ininterrotto esercizio di questi. 
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi 
entro il termine di cui al comma 1, sono stabilite le modalit� e i termini per la 
presentazione all'Unit� delle istanze da parte dei creditori delle Strutture com- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 235
missariali, nonch� per il riconoscimento e il pagamento dei relativi debiti. 
4. A seguito del definitivo accertamento della massa attiva e passiva, contro 
cui � ammesso ricorso giurisdizionale ai sensi del comma 1, l'Unit� stralcio, 
nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, predispone uno o pi� piani 
di estinzione delle passivit� sulla base delle istanze di cui al comma 3 e previa 
comunicazione degli stessi piani al Ministero dell'economia e delle finanze, 
provvede al pagamento dei debiti ivi iscritti, dando priorit�, in via graduata 
nell'ambito del piano, ai crediti privilegiati, ai crediti recati da titoli esecutivi 
definitivi, a quelli derivanti da un atto transattivo tenendo conto della data di 
esigibilit� del credito originario, ai crediti di lavoro, nonch� agli altri crediti 
in relazione alla data di esigibilit��. 
Infine, l�art. 4, nell�individuare i compiti dell�Unit� operativa, statuiva 
che: 
�1. L'unit� operativa di cui all'articolo 2 attende: 
a) alle competenze amministrative riferite agli impianti di cui all'articolo 6 
del decreto-legge n. 90 del 2008, ivi comprese quelle concernenti l'esecuzione 
del contratto di affidamento del termovalorizzatore di Acerra e del relativo 
impianto di servizio; 
b) all'eventuale prosecuzione, sulla base di valutazioni della medesima unit� operativa, 
degli interventi anche infrastrutturali e delle relative opere accessorie; 
c) all'eventuale coordinamento dei flussi dei rifiuti; 
d) all'organizzazione funzionale del dispositivo militare di cui all'articolo 5; 
1.-bis In fase di prima attuazione, fino e non oltre il 31 dicembre 2010, 
l'Unit� operativa, con oneri a carico delle contabilit� speciali di cui all'articolo 
2, comma 2, del presente decreto, continua, nella ricorrenza di situazioni 
di urgenza, ad adottare gli interventi alternativi di cui all'articolo 2, comma 
12, del decreto-legge n. 90 del 2008 . 
2. L'unit� operativa, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore 
del presente decreto, avvia, sentite le rappresentanze degli enti locali, la determinazione 
dei costi di conferimento dei rifiuti sulla base delle linee guida 
di cui al decreto del Sottosegretario di Stato alla soluzione dell'emergenza rifiuti 
in Campania n. 226 del 20 ottobre 2009 inerente al ciclo dei rifiuti nella 
regione Campania per l'anno 2010. 
3. La regione Campania e le relative province, nella ricorrenza di oggettive 
condizioni di necessit� ed urgenza riconosciute tali dall'Unit� operativa, 
possono richiedere alla Unit� stessa ogni utile attivit� di supporto, nonch� 
l'adozione di azioni di coordinamento in materia di gestione del ciclo dei rifiuti 
sul territorio campano, con particolare riferimento all'organizzazione dei 
flussi, ferme restando le responsabilit� a legislazione vigente degli enti territoriali 
competenti al momento della cessazione dello stato di emergenza�. 
Da quanto riprodotto emerge che: 
a) l�Unit� Stralcio era chiamata a svolgere sostanzialmente attivit� rico- 
236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
gnitive (comma 4, art. 3 citato), anche a seguito di attivit� di accertamento 
(commi 1 e 2, stesso art. 3) delle posizioni attive/passive, derivanti dall�attivit� 
delle pregresse strutture commissariali; 
b) l�Unit� Operativa, invece, aveva veri e propri compiti gestionali, sulla 
base di provvedimenti gi� adottati in fase emergenziale (lett. a) nonch� provvedimentali 
veri e propri, in ordine alla prosecuzione degli interventi, sulla 
base di proprie valutazioni, (lett.b) potendosi anche avvalere, nel ricorrere 
dell�urgenza, dei poteri di cui all�art. 2, comma 12, DL 90/2008 (comma 1 bis) 
a mente del quale �Nel caso di indisponibilit�, anche temporanea, del servizio 
di raccolta e trasporto dei rifiuti derivante da qualsiasi causa, il Sottosegretario 
di Stato (ndr.: nella funzione di Commissario Delegato) � autorizzato al 
ricorso ad interventi alternativi anche attraverso il diretto conferimento di incarichi 
ad altri soggetti idonei, a valere sulle risorse dei comuni interessati 
gi� destinate alla gestione dei rifiuti�. 
Ne consegue che l�Unit� tecnica-amministrativa, dovendo �assicurare 
l'adempimento di alcuni dei compiti gi� posti in capo alle strutture di cui all'articolo 
2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 convertito, con modificazioni, 
dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26�� nonch� �alla gestione delle 
attivit� concernenti: a) i rapporti attivi e passivi gi� facenti capo alle Unit� 
Stralcio ed Operativa di cui all'articolo 2 del sopra richiamato decreto-legge 
30 dicembre 2009, n. 195, assicurando, ove necessario, l'eventuale prosecuzione 
degli interventi anche infrastrutturali; b) la gestione degli effetti dell'avviso 
pubblico di accertamento della massa passiva di cui all'articolo 5 del 
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2010, nei limiti 
delle risorse finanziarie disponibili a tale scopo; c) le attivit� solutorie di competenza 
nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a tale scopo, tenuto conto 
delle esigenze di pubblico interesse connesse alle attivit� dei soggetti creditori; 
d) le competenze amministrative riferite all'esecuzione del contratto di gestione 
del termovalorizzatore di Acerra e del relativo impianto di servizio nonch� 
riferite alla convenzione con il Gestore dei Servizi Energetici; e) 
l'eventuale supporto alla Regione Campania, se richiesto, nelle attivit� di organizzazione 
dei flussi dei rifiuti, nella ricorrenza delle oggettive condizioni 
di necessit� ed urgenza normativamente previste� deve effettuare, da un lato, 
attivit� ricognitiva delle posizioni attive/passive, gi� facenti capo alle precedenti 
strutture commissariali, dall�altro, pu� trovarsi nella necessit� di porre 
in essere una serie di attivit� che, in virt� di autonoma valutazione ( lett. b) 
art. 4 DL 195/2009) comportino l�esercizio di tipici poteri emergenziali ai 
sensi del comma 1-bis dell�art. 4. 
A questo proposito, e venendo nello specifico della richiesta consultiva, 
deve rilevarsi che, sulla base del contenuto testuale dell�art. 3, comma 1, lett.cbis, 
della L. 20/1994, sono soggetti a controllo preventivo di legittimit� da 
parte della Corte dei Conti �i provvedimenti commissariali adottati in attua- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 237
zione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai 
sensi dell� articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225�. 
Il controllo andr�, quindi, esercitato nei confronti di atti caratterizzati 
dall�esercizio di poteri in deroga, ai sensi dell�art. 5 L. 225/1992. 
Pertanto, si ritiene che gli atti di natura meramente solutoria, posti in essere 
nell�esercizio delle competenze dell�ex Unit� Stralcio, per la definizione 
di rapporti attivi e passivi pendenti, possono essere ragionevolmente esclusi 
dal controllo preventivo di legittimit�, fatto salvo quello, successivo, di regolarit� 
contabile della Ragioneria dello Stato. 
Quanto ai provvedimenti posti in essere dall�Unit� tecnica-amministrativa 
nell�esercizio delle competenze dell�ex Unit� operativa - relativi all�esecuzione 
dei contratti afferenti al termovalorizzatore di Acerra ed all�impianto di servizio 
nonch� all�esecuzione di altri interventi infrastrutturali - occorrer�, invece, valutare 
se gli stessi in concreto comportino o meno esercizio di potere in deroga 
alla normativa vigente con la conseguenza che solo nel caso in cui l�esito di detta 
analisi sia positivo, l�atto dovr� scontare il controllo preventivo di legittimit�. 
Tali conclusioni, del resto, si pongono in sintonia con la lettura sostanziale 
dell�art. 3, 1� comma, lett. c-bis della L. 20/1994, fornita dalle Sezioni riunite 
di controllo della Corte dei Conti nella deliberazione n. 42/2011, deliberazione 
nella quale in relazione alla questione di massima: 
��, se, nel novero dei �provvedimenti commissariali adottati in attuazione 
delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai 
sensi dell� articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225� indicati 
dall�art. 3, comma 1, lett. c-bis), della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come 
modificato da ultimo dal decreto-legge 23 dicembre 2010, n. 225, convertito 
con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, rientrino non solo i 
provvedimenti emanati dai commissari delegati - nominati ai sensi dell�art. 
5, comma 4, della legge n. 225 del 1992 -, ma anche quelli emanati, ove ne 
sussistano i presupposti, da altri soggetti�� le Sezioni riunite sono pervenute 
alle conclusioni secondo le quali �: �� indefettibile accedere ad un�interpretazione 
sostanziale anche con riguardo alla specifica disposizione recata dal 
novellato art. 3, comma 1, lett. c-bis), della legge n. 20 del 1994, pur nel rispetto 
del dato testuale� sicch� le stesse hanno ritenuto che � � la nozione di 
�provvedimento commissariale� come �atto provvedimentale emesso dal 
commissario delegato� debba essere declinata nel suo significato sostanziale 
pi� ampio. Ci� comporta il riferimento, non tanto e non solo alla persona fisica 
del commissario delegato pro tempore, quanto alla funzione amministrativa 
extra-ordinem allo stesso attribuita, sulla base della legge, dalle OPCM 
di protezione civile emanate ai sensi dell�art. 5 della legge n. 225 del 1992. 
Di talch� l�attenzione deve incentrarsi pi� sul contenuto sostanziale degli atti 
provvedimentali - piuttosto che sulla provenienza soggettiva formale degli atti 
stessi - non tanto per evitare patologici atteggiamenti elusivi della norma, 
238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
quanto al fine di corrispondere pienamente alla ratio della norma, oltre che 
alla lettera della disposizione di legge. 
Conseguentemente, tra i �provvedimenti commissariali�, assoggettati 
allo specifico controllo di cui all�art. 3, comma 1, lett. c-bis), della legge n. 
20 del 1994, debbono essere considerati, oltre che gli �atti provvedimentali 
emessi dal commissario delegato�, anche quelli di ogni altro soggetto, che, 
per investitura del commissario delegato ovvero dell�OPCM di protezione civile, 
ponga in essere atti di natura provvedimentale che costituiscano esercizio 
di potere in deroga, ai sensi dell�art. 5 della legge n. 225 del 1992. 
Omissis� 
8. In conclusione, con riguardo alla questione di massima in esame, ritengono 
le Sezioni riunite che tra i �provvedimenti commissariali�, assoggettabili 
al controllo di cui all�art. 3, comma 1, lett. c-bis), della legge n. 20 del 
1994, rientrino, oltre che gli �atti provvedimentali emessi dal commissario 
delegato�, anche quelli di ogni altro soggetto, che, per investitura del commissario 
delegato ovvero dell�OPCM di protezione civile, ponga in essere atti 
di natura provvedimentale che costituiscano esercizio di potere in deroga, ai 
sensi dell�art. 5 della legge n. 225 del 1992�. 
In relazione, infine, alla richiesta formulata dall�Amministrazione - in ordine 
al possibile controllo preventivo di legittimit� della Corte dei conti sui decreti 
di approvazione dei contratti passivi della Unit� tecnica-amministrativa, se 
di importo superiore alla cd. soglia comunitaria, ex art. 3, comma 1, lett. g) L. 
20/1994 - in disparte il possibile profilo di incompetenza - peraltro recentemente 
disconosciuto dalla giurisprudenza (Corte dei Conti n. 12/2002) - deve coerentemente 
affermarsi anche per essi che solo qualora costituiscano provvedimenti 
emessi nell�esercizio di poteri in deroga, dovranno essere sottoposti al vaglio 
preventivo di legittimit� ai sensi della lett. g) del 1� comma dell�art. 3. 
La questione � stata esaminata dal Comitato Consultivo che si � espresso 
in conformit� nella seduta del 24 febbraio 2012. 
Trattamento economico accessorio del personale delle Autorit� amministrative 
indipendenti: applicabilit� art. 9, comma 2-bis, d.l. 31 maggio 
2010, n. 78 conv., con mod., dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 
(Parere prot. 124909 del 29 marzo 2012, AL 48121/11, avv.ti LEONELLOMARIANI, GESUALDO D�ELIA) 
Con il foglio a riscontro codesta Commissione riferisce che, non essendo 
dotata di un proprio ruolo organico, per lo svolgimento delle proprie attivit� 
istituzionali essa si avvale, come previsto dalla norma istitutiva, �di personale, 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 239
anche con qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche o di altri 
organismi di diritto pubblico in posizione di comando o fuori ruolo � nel limite 
massimo di trenta unit�� (art. 12, comma 2, l. 12 giugno 1990, n. 146). 
Come parimenti previsto da tale disposizione, �il personale in servizio 
presso la Commissione in posizione di comando o fuori ruolo conserva lo stato 
giuridico e il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni di 
provenienza, a carico di queste ultime�, e gode inoltre di �un�indennit� nella 
misura prevista per il personale dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei 
ministri, nonch� [de]gli altri trattamenti economici accessori previsti dai contratti 
collettivi nazionali di lavoro� i quali �gravano sul fondo di cui al comma 
5�, vale a dire su �un apposito fondo istituito a tale scopo nel bilancio dello 
Stato� con il quale �la Commissione provvede all�autonoma gestione delle 
spese relative al proprio funzionamento� (art. 12, comma 5, l. cit.). 
Tanto premesso codesto Organismo di garanzia chiede di conoscere se il 
divieto di cui all�art. 9, comma 2-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 conv., con 
mod., dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 - il quale, comՏ noto, stabilisce che 
�a decorrere dal 1� gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l�ammontare 
complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del 
personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di 
cui all�articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non 
pu� superare il corrispondente importo dell�anno 2010 ed �, comunque, automaticamente 
ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in 
servizio� - si applichi o meno anche alle autorit� amministrative indipendenti, 
tra le quali rientra anche la Commissione di garanzia di cui alla l. n. 146/1990. 
Il problema, come evidenziato da codesto Organismo, nasce dal fatto 
che, mentre il comma 2-bis dell�art. 9 citato - nel disporre il cennato divieto - 
fa riferimento al trattamento accessorio del personale �delle amministrazioni 
di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165� 
- tra le quali non risultano espressamente elencate le autorit� amministrative 
indipendenti -, i precedenti commi 1 e 2 dello stesso art. 9 - i quali, per il medesimo 
triennio 2011-2013, stabiliscono che il trattamento economico complessivo, 
comprensivo del trattamento accessorio, dei singoli dipendenti, anche 
di qualifica dirigenziale, non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente 
spettante per l�anno 2010 (comma 1) e sia comunque in varia guisa 
percentualmente ridotto al superare di certe soglie (comma 2) - si indirizzano 
al personale �delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico 
consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall�Istituto 
nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell�articolo 1 della legge 
31 dicembre 2009, n. 196� - tra le quali risultano invece espressamente elencate 
anche le autorit� amministrative indipendenti -. 
Esaminata la normativa di riferimento questa Avvocatura esprime l�avviso 
che l�art. 9, comma 2-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, aggiunto dalla legge 
240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
di conversione 30 luglio 2010, n. 122, si applichi anche alle autorit� amministrative 
indipendenti alle quali, a decorrere dal 1� gennaio 2011 e sino al 31 
dicembre 2013, deve pertanto ritenersi inibito destinare al trattamento economico 
accessorio del personale risorse di ammontare complessivamente superiore 
al corrispondente importo stanziato nell�anno 2010. 
Un approdo ermeneutico di tal genere � infatti imposto e necessitato, sul 
piano dell�interpretazione logico-sistematica, dall�indissolubile relazione, reciproca 
e biunivoca, indiscutibilmente esistente, ad avviso della Scrivente, tra 
la norma di cui al comma 1 dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010 - la quale, come sՏ 
detto, con disposizione di carattere generale, stabilisce che nel triennio 2011- 
2013 il trattamento economico complessivo, comprensivo del trattamento economico 
accessorio, di tutti i pubblici dipendenti, compresi quelli delle autorit� 
amministrative indipendenti, non pu� in ogni caso superare il trattamento ordinariamente 
spettante per l�anno 2010 - e quella di cui al successivo comma 
2-bis dello stesso art. 9 - la quale, con disposizione di valenza altrettanto generale 
e in evidente consecuzione logica, stabilisce che, nello stesso triennio, 
l�ammontare complessivo delle risorse annualmente destinate al finanziamento 
del trattamento economico accessorio del personale dipendente non pu� superare 
l�importo stanziato nel 2010 -. 
Si tratta, comՏ evidente, di due norme speculari e complementari tra loro 
le quali, pur muovendo da diversa prospettiva - la prima, il comma 1, ex latere 
praestatoris, il cui trattamento economico complessivo e, per quanto qui specificamente 
interessa, quello accessorio, non potr� comunque (�in ogni caso� ) 
superare, nel triennio considerato, l�ammontare del 2010; la seconda, il comma 
2-bis, ex latere datoris, cui, nello stesso triennio, � inibito destinare a quel trattamento 
risorse complessivamente superiori a quelle stanziate nel 2010 -, convergono 
al medesimo fine di invarianza della spesa complessiva del personale 
e, di riflesso, di contenimento della spesa pubblica generale: finalit� che, se 
da un lato, come correttamente evidenziato da codesta Commissione, costituiscono 
la ratio ispiratrice delle norme in parola, dall�altro, debbono altres� 
costituire il criterio guida della loro interpretazione. 
La relazione intercorrente tra le disposizioni in esame comporta quindi 
che l�applicazione dell�una presuppone necessariamente l�applicazione dell�altra 
e, per quanto qui interessa, che vi � - e vi dev�essere, per cogenti ragioni 
di ordine logico - assoluta coincidenza tra le amministrazioni pubbliche - lato 
sensu intese - tenute ad applicarle e i dipendenti pubblici cui le stesse devono 
essere applicate. 
Elementari esigenze di coerenza logica dell�articolato normativo inducono 
infatti a ripudiare un�interpretazione del combinato disposto dei commi 
1 e 2-bis dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010 che, da un lato, per il triennio 2011- 
2013, assoggetti il trattamento economico, fondamentale ed accessorio, di tutti 
i dipendenti pubblici, compreso quello previsto dagli ordinamenti delle singole 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 241
autorit� amministrative indipendenti, al rispetto del limite introdotto dal 
comma 1 con riferimento al trattamento spettante per l�anno 2010 e, nel contempo, 
escluda le sole autorit� amministrative indipendenti - e solo queste - 
dall�osservanza del divieto di cui al successivo comma 2-bis consentendo loro 
di destinare, nel medesimo triennio, risorse superiori a quelle stanziate nel 
2010 allo scopo di finanziare trattamenti economici accessori che, peraltro, in 
forza di quanto disposto dal comma 1 che precede, non possono comunque 
superare il livello complessivo di quelli corrisposti nel 2010. 
Cos� interpretata la disposizione del comma 2-bis dell�art. 9 del d.l. n. 
78/2010 risulterebbe infatti del tutto priva di utilit� pratica posto che le maggiori 
risorse per ipotesi destinate nel triennio 2011-2013 al finanziamento del 
trattamento economico accessorio del personale in servizio presso le autorit� 
amministrative indipendenti non potrebbero comunque venire in concreto erogate 
ai dipendenti stante il divieto di incremento di quel trattamento - divieto 
pacificamente applicabile anche alle predette autorit� - stabilito, con riferimento 
al medesimo torno di tempo, dal precedente comma 1 dello stesso art. 9. 
Alla stregua delle considerazioni che precedono si impone dunque, ad avviso 
di questa Avvocatura, un�interpretazione del combinato disposto delle 
norme in parola che restituisca coerenza logica e utilit� operativa alle disposizioni 
- e, in particolare, a quella di cui al comma 2-bis - le quali - in ragione 
della stretta correlazione tra le stesse esistente - debbono perci� trovare entrambe 
applicazione anche nei riguardi delle autorit� amministrative indipendenti. 
A fronte delle argomentazioni che precedono appaiono pertanto recessivi 
sia il rilievo fondato sulla circostanza - evidenziata da codesta Commissione 
- che, stante l�incremento di personale verificatosi nel corso del 2011, l�applicazione 
del comma 2-bis dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010 condurrebbe, in concreto, 
non gi� all�invarianza, bens� alla riduzione del trattamento economico 
accessorio spettante al personale in servizio sia le obiezioni basate sulla diversa 
locuzione utilizzata dall�una e dall�altra disposizione al fine di individuare le 
amministrazioni destinatarie dei limiti e dei divieti imposti. 
Sotto il primo profilo � agevole replicare, per un verso, che l�incremento 
di personale che abbia a verificarsi nel corso del triennio interessato dal 
�blocco� rispetto alla consistenza di quello in servizio nel 2010 - incremento 
che, stante il divieto di destinare risorse aggiuntive al finanziamento del trattamento 
economico accessorio, pu� in concreto condurre alla riduzione di questo 
- � evenienza potenzialmente comune a tutte le pubbliche amministrazioni 
destinatarie della normativa in parola senza che, sotto questo rispetto, emergano 
ragioni per riservare un trattamento differenziato alle sole autorit� amministrative 
indipendenti. 
D�altro canto, un�eventualit� del genere - vale a dire una possibile riduzione, 
nel triennio considerato, del trattamento economico accessorio rispetto 
a quello goduto nel 2010 - � stata in qualche modo considerata dallo stesso le- 
242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
gislatore allorquando ha previsto - al comma 1 dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010 - 
che il trattamento economico - il quale, � bene ricordarlo, � per sua natura essenzialmente 
variabile anche, ma non solo, in ragione delle risorse di volta in 
volta disponibili - �non pu� superare� - e, quindi, non pu� essere superiore a 
- quello ordinariamente spettante per l�anno 2010, senza escludere - e tantomeno 
vietare - che esso sia - in concreto - inferiore: il che pu� accadere non 
soltanto, a risorse invariate, a fronte di un aumento di personale, ma, a personale 
invariato, a fronte di una diminuzione delle risorse a quel trattamento destinate. 
Quanto al secondo rilievo - basato, come sottolineato da codesta Commissione, 
sulla esclusione della diretta applicabilit� alle autorit� amministrative 
indipendenti delle disposizioni contenute nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 
165 -, si osserva che nella fattispecie che ne occupa non si tratta di applicare 
norme contenute nel t.u. sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche 
- le quali, comՏ ben noto, e salvo che non sia diversamente disposto 
(v., ad es., l�art. 5, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165/2001 in tema di poteri di organizzazione), 
non sono in linea di principio direttamente applicabili alle autorit� 
amministrative indipendenti -, bens� - e ben diversamente - di applicare 
una norma, di valenza generale, che individua il proprio ambito soggettivo di 
riferimento rinviando alle �amministrazioni di cui all�articolo 1, comma 2, 
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165�. 
In questa prospettiva, non pu� peraltro negarsi che - quantomeno ai fini 
di cui qui si discute - la locuzione �amministrazioni dello Stato ad ordinamento 
autonomo� contenuta nella norma richiamata dal comma 2-bis dell�art. 
9 sia di tale ampiezza e latitudine da ricomprendere nel proprio ambito anche 
quelle entit� statali funzionalmente autonome e ad autonomia garantita che, 
complessivamente considerate, costituiscono il sistema delle autorit� amministrative 
c.d. indipendenti (v., in proposito, Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 
1994, n. 1716 la quale, sul presupposto che l�Autorit� garante della concorrenza 
e del mercato �non � un ente munito di personalit� giuridica, distinto, 
quindi, dallo Stato, ma � un organismo dello stesso sia pure dotato di un alto 
grado di indipendenza nei confronti del potere esecutivo�, ha affermato che 
alla stessa spetta il patrocinio dell�Avvocatura dello Stato che l�art. 1, comma 
1, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 riserva alle �Amministrazioni dello Stato, 
anche se organizzate ad ordinamento autonomo�). 
E non � del resto fuori luogo rammentare che, come sottolinea anche codesto 
Organismo, lo stesso dibattito sulla diretta applicabilit� del d.lgs. n. 
165/2001 alle autorit� amministrative indipendenti � annoso e lungi dall�essere 
sopito: di talch� � dato riscontrare, nella stessa giurisprudenza consultiva del 
Consiglio di Stato, affermazioni ora in un senso ora nell�altro (v., ad es., in 
tema di iscrizione pensionistica del personale delle autorit� indipendenti il parere 
n. 260/1999 che ha ritenuto non esservi ragione per escludere le c.d. autorit� 
indipendenti dal novero delle amministrazioni dello Stato ad 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 243
ordinamento autonomo di cui all�art. 1, comma 2, dell�allora vigente d.lgs 3 
febbraio 1993, n. 29; in senso opposto v. il recente parere n. 870/2010 il quale 
fa comunque salva la verifica di compatibilit� per quelle norme che, pur riferendosi 
alle amministrazioni pubbliche di cui all�art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 
165/2001, �costituiscano espressione di principi generali valevoli per tutte le 
amministrazioni pubbliche�). 
E proprio richiamando e valorizzando tale affermazione non pu� contestarsi 
che le norme della cui interpretazione si discute costituiscano, per il loro 
contenuto e per le loro finalit�, disposizioni �espressione di principi generali 
valevoli per tutte le amministrazioni pubbliche� o, comunque, di indirizzi generali 
di finanza pubblica e che, come tali, siano - e ci� vale, in particolare, 
per il comma 2-bis dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010 - applicabili anche alle autorit� 
amministrative indipendenti. 
Il che � tanto pi� vero allorquando, come nella fattispecie, non siano individuabili 
ragioni che inducano ad escludere le autorit� in questione dall�ambito 
di applicazione di un divieto di carattere generale, valevole per la 
generalit� delle amministrazioni pubbliche e per la generalit� dei dipendenti 
pubblici, quale � quello stabilito dal pluricitato comma 2-bis dell�art. 9 del d.l. 
n. 78/2010: divieto che - � il caso di evidenziarlo - non pare interferisca in 
alcun modo n� con l�autonomia della quale godono, in generale, le autorit� 
amministrative indipendenti n�, in particolare, con l�autonomia con la quale 
codesta Commissione gestisce il fondo speciale destinato, tra l�altro, al finanziamento 
del trattamento economico accessorio del proprio personale. 
In definitiva, la messe degli argomenti che depongono in senso contrario 
e, soprattutto, l�insuperabile aporia applicativa della quale sՏ detto - vale a 
dire l�inutilit� pratica di una previsione che consentirebbe alle sole autorit� 
amministrative indipendenti di destinare risorse aggiuntive al finanziamento 
di un trattamento economico accessorio che, per�, come � certo, non pu� comunque 
subire aumenti - inducono a ritenere non decisivo e, in ogni caso, superabile 
il dato letterale sopra evidenziato il quale - proprio per la palese 
antinomia che lo caratterizza - non � verosimilmente sorretto da una conforme, 
consapevole intentio legis, ma � presumibilmente imputabile ad un banale difetto 
di coordinamento legislativo prodottosi al momento della redazione dell�emendamento 
poi trasfuso, in sede di conversione in legge del decreto n. 
78/2010, nel comma 2-bis dell�art. 9 citato. 
Diversamente opinando e stante il - pacifico ed incontestato - divieto di 
incremento del trattamento economico accessorio individuale applicabile, in 
forza del comma 1 dell�art. 9 del d.l. n. 78/2010, anche al personale delle autorit� 
amministrative indipendenti, onde evitare di impingere nella violazione 
del canone di cui all�art. 3 della Carta fondamentale dovrebbe darsi razionale 
e ragionevole giustificazione del differente trattamento riservato a queste ultime 
nella ipotesi - che si assume marginale, stante il generalizzato blocco 
244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
delle assunzioni - di sopravvenuto incremento del personale nel triennio 2011- 
2013: evenienza, questa, la quale, come sՏ detto, � comune a tutte le pubbliche 
amministrazioni e rispetto alla quale non si rinvengono motivi per riservare 
un trattamento diverso - e di favore - alle sole autorit� amministrative indipendenti; 
soprattutto allorquando, come nel caso di codesta Commissione, non 
dispongono di personale proprio ma si avvalgono di personale - in posizione 
di comando o di fuori ruolo - di altre amministrazioni il quale, per il sol fatto 
di essere destinato a prestare servizio presso un�autorit� amministrativa indipendente 
nel triennio 2011-2013, sfuggirebbe per tal via a quel blocco del trattamento 
economico accessorio cui sarebbe invece assoggettato se avesse 
continuato a prestare servizio presso l�amministrazione di appartenenza. 
Sul presente affare � stato sentito il Comitato Consultivo che nella seduta 
del 23 marzo 2012 si � espresso in conformit�. 
Rimborso spese legali ex art. 18 d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. dalla legge 
23 maggio 1997 n. 135. 
(Parere prot. 173747 del 18 aprile 2012, AL 27464/11, avv. VERDIANA FEDELI) 
Codesta Commissione ha chiesto alla Scrivente parere circa la congruit� 
delle spese legali relative al procedimento penale pendente presso il Tribunale 
di Roma a carico (...), conclusosi con ordinanza di archiviazione. 
Al riguardo si osserva quanto segue. 
I. L'art. 18 del d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito nella legge 23 maggio 
1997 n. 135, stabilisce che "Le spese legali relative a giudizi per responsabilit� 
civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni 
statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento 
del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza 
o provvedimento che escluda la loro responsabilit�, sono rimborsate 
dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura 
dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello 
Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel 
caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit�". 
Sebbene, tuttavia, la suddetta norma sembri circoscrivere l'intervento alla 
valutazione della congruit� degli onorari di cui � stata chiesta la ripetizione, 
secondo una giurisprudenza costante (da ultimo, Tar Lazio, Sez. I, 4 luglio 
2011 n. 5836) all�Avvocatura dello Stato non � preclusa la verifica della ricorrenza 
dei necessari presupposti di legge per la concessione del rimborso. 
La legittimazione della Scrivente a pronunciarsi sull�an debeatur si fonda, in- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 245
fatti, sulla sua istituzionale funzione di organo di consulenza legale delle Amministrazioni 
dello Stato e degli altri Enti ad esse equiparati, ai sensi della pi� 
generale norma contenuta nell'art. 13 del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611. Appare, 
quindi, opportuno verificare previamente la sussistenza dei requisiti previsti 
dalla legge in quanto la loro mancanza precluderebbe qualsiasi 
valutazione circa la congruit� delle somme da rimborsare. 
Invero ai principi indicati nel suindicato art. 18 � stata data attuazione 
con l�adozione della normativa adottata da codesta Autorit� per la concessione 
di rimborsi delle spese legali relative a giudizi promossi nei confronti dei dipendenti 
Consob che all�art. 2 subordina l'erogazione del rimborso al ricorrere 
di due presupposti: 
a) il procedimento al quale il rimborso si riferisce deve essere stato promosso 
nei confronti del dipendente in conseguenza di atti o fatti connessi con 
l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali; 
b) il procedimento deve essersi concluso con sentenza passata in giudicato 
o con provvedimento non soggetto a gravame che dichiari la totale assenza di 
responsabilit� da parte del dipendente. 
Scopo della norma � quello di sollevare i funzionari pubblici dal timore 
di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio e 
tenere perci� indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse 
dell'Amministrazione dalle spese legali sostenute per difendersi dalle 
accuse di responsabilit�. 
Coerentemente con la ratio della norma, si deve affermare che sussiste il 
requisito di cui alla precedente lettera a) in tutti i casi in cui gli effetti dell'agire 
del pubblico dipendente possano essere imputati direttamente all'Amministrazione 
di appartenenza o quando tale attivit� sia svolta in diretta relazione con 
i fini dell'Amministrazione stessa. 
Occorre, quindi, verificare se in concreto e con carattere di effettivit� esista 
un nesso funzionale tra i fatti per i quali gli istanti sono stati perseguiti penalmente 
ed il servizio proprio dell'Autorit� di appartenenza. Nel caso di 
specie i soggetti richiedenti il rimborso sono stati indagati a seguito di una denuncia-
querela presentata da (...) per abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) e falso ideologico 
(art. 479 c.p.). 
Costui, infatti, aveva adito l'autorit� giudiziaria ritenendo che l'indagine 
condotta dai sopramenzionati dipendenti della CONSOB nonch� i provvedimenti 
adottati nei suoi confronti (contestazione dell'illecito amministrativo 
"manipolazione del mercato" ex art. 187 ter, comma 1, del T.U.F.) fossero ispirati 
da ragioni pretestuose e intimidatorie estranee alle finalit� istituzionali 
dell'ente. Si tratta, evidentemente, di attivit� poste in essere dagli indagati in 
virt� del rapporto di lavoro intercorrente con codesta Autorit� e nell'espletamento 
del servizio, i cui effetti sono direttamente imputabili all'ente di appartenenza. 
D'altronde, le stesse fattispecie di reato invocate dal querelante (artt. 
246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
323 e 479 c.p.) presuppongono che il fatto sia stato compiuto "nello svolgimento 
delle funzioni o del servizio". Accertata la sussistenza del primo requisito 
di cui all'art. 2 della normativa Consob, occorre ora verificare se la 
pronuncia definitiva del giudizio a carico dei pubblici dipendenti ne abbia 
escluso la responsabilit�. Come affermato dal Tar Lazio nella pronuncia sopramenzionata, 
"L'art. 18 in esame costituisce una disposizione dal contenuto 
di diritto amministrativo e civile non avente natura processualpenalistica, che 
riconosce in capo al dipendente il rimborso delle spese legali relative a giudizi 
che si siano conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilit�, 
da cui risulti quindi acclarata, in via definitiva e certa, l'estraneit� 
del dipendente dai fatti addebitati. A fronte del mancato riferimento, 
nella norma, a formule assolutorie specifiche, cos� come invece indicate 
espressamente nel codice di procedura penale per i benefici riconosciuti per 
la riparazione per l'ingiusta detenzione di cui agli artt. 314 e 315 c.p.p. (per 
colui che � stato prosciolto con sentenza irrevocabile perch� il fatto non sussiste, 
per non aver commesso il fatto, perch� il fatto non costituisce reato o 
non � previsto dalla legge come reato...), deve ritenersi che la relativa formulazione 
condiziona, per il riconoscimento del diritto, la verifica della conclusione 
del giudizio di responsabilit� con sentenza o provvedimento che escluda 
la responsabilit� del dipendente, cosicch� non pu� aversi riguardo, ai fini 
dell�ammissione al beneficio, alla situazione di fatto determinata dalla sequenza 
dei giudizi intervenuti ed ai meri effetti processuali, posto che le disposizioni 
dettate a fini processualpenalistici non possono valere con 
riferimento ai profili extrapenali di cui all'art. 18 citato, riguardante il rimborso 
delle spese legali a carico delle Amministrazioni di appartenenza del 
dipendente sottoposto a giudizio. Essendo, ai sensi dell'art. 18 del d.l. n. 67 
del 1997, il rimborso delle spese legali relative al giudizio penale cui sia stato 
sottoposto il dipendente dovuta solo qualora la sentenza conclusiva escluda 
la sua responsabilit� nell'occorso, tale rimborso non pu� ritenersi spettante 
nel caso in cui, ad esempio, egli sia stato prosciolto per intervenuta prescrizione, 
avendo egli la facolt� e l'onere di rinunciare alla prescrizione o comunque 
di impugnare la sentenza che dichiari per l'effetto estinto il reato, al fine 
di addivenire ad una pronuncia pienamente assolutoria nel merito (Consiglio 
di Stato - Sez. VI - 29 aprile 2005 n. 2041). Cosicch� devono ritenersi fuoriuscire 
dal perimetro applicativo della norma le fattispecie in cui il giudizio si 
sia concluso con decisioni meramente processuali, e la responsabilit� del dipendente 
sia stata esclusa per ragioni di rito a fronte delle quali non � stata, 
quindi, esclusa con certezza la responsabilit� del dipendente. Essendo l�art. 
18 espressione del divieto generale di locupletatio cum aliena iactura (artt. 
1207, 1720 e 2031 c.c.) arricchito dei contenuti propri che connotano l'amministrazione 
pubblica (art. 97 Cost.), il meccanismo pecuniario del rimborso 
delle spese legali sostenute dal dipendente pubblico sottoposto a processo pe- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 247
nale per fatti connessi con l'assolvimento dei suoi obblighi istituzionali pu� 
attivarsi solo dove l'identificazione fra la p.a. ed il suo dipendente ingiustamente 
accusato non lasci adito ad alcun dubbio circa l'esenzione da responsabilit� 
di quest'ultimo". 
Nel caso di specie il procedimento penale si � concluso con un'ordinanza 
di archiviazione, quindi in una fase pre-processuale. Chiamata a pronunciarsi 
sul diritto al rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori locali 
e dai dipendenti di aziende e amministrazioni autonome nel corso di giudizi 
per fatti connessi all'espletamento dell'incarico, la giurisprudenza ha costantemente 
sostenuto che tale pretesa fosse da riconoscere in tutti i casi in cui 
l'imputato fosse prosciolto con la formula pi� liberatoria ("perch� il fatto non 
sussiste") e da negare in caso di proscioglimento con formule meramente processuali, 
ammettendo solo il rilievo della assoluzione intervenuta in fase istruttoria 
(Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2000, n. 2242). Pi� di recente la Suprema 
Corte di Cassazione (Sez. Lav., 19 novembre 2007, n. 23904) ha rilevato che 
nell'ipotesi di procedimento penale conclusosi con decreto di archiviazione 
occorre verificare le ragioni che sorreggono tale provvedimento, dovendosi 
distinguere tra l'ipotesi contemplata dall'art. 408 c.p.p. (infondatezza della notizia 
di reato) e quelle indicate dall'art. 411 c.p.p. (assenza di una condizione 
di procedibilit�, estinzione del reato, mancata previsione del fatto come reato). 
Va, quindi, approfondito se il provvedimento con cui si � concluso il procedimento 
a carico degli istanti abbia escluso ogni profilo di responsabilit� degli 
indagati. Sul punto l'ordinanza di archiviazione emessa dal G.I.P. di Roma appare 
chiara laddove afferma che la delibera con cui � stata irrogata la sanzione 
amministrativa a (...) "appariva, gi� prima del suo annullamento da parte della 
competente A.G., per molti aspetti viziata e censurabile sotto svariati motivi 
nella sua motivazione e nel suo iter decisionale, ma il problema � che un provvedimento 
amministrativo, ancorch� viziato, non � ancora sufficiente a determinare 
la configurabilit� del reato di cui all'art. 323 c.p., per la cui integrazione 
occorrono ulteriori requisiti che non possono essere considerati esauriti dalla 
rilevazione del vizio stesso del provvedimento" (pag. 8). Il Giudice ha rilevato, 
infatti, che per la configurabilit� del reato di abuso di ufficio � necessario che 
l'agente abbia operato con dolo intenzionale, ossia che l'evento (ingiusto vantaggio 
patrimoniale o ingiusto danno) sia voluto e realizzato come obiettivo 
immediato e diretto della condotta, e non sia semplicemente un risultato accessorio 
di questa. Nel caso di specie il G.I.P. ha ritenuto non sussistente l'elemento 
soggettivo richiesto dall'art. 323 c.p., anche in ragione "dell'estrema 
difficolt� gi� soltanto di ipotizzare un accordo preventivo fra i funzionari CONSOB 
intervenuti nella vicenda al fine di colpire intenzionalmente il (...) con il 
proprio operato istituzionale" (pag. 9). Il Giudice ha, quindi, concluso osservando 
che l'iniziativa della CONSOB (i.e., l'operato dei suoi dipendenti), ancorch� 
non fosse stata del tutto estranea da considerazioni di natura personale, 
248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
determinate dall�insofferenza nei confronti di un certo personaggio e dei suoi 
metodi, non per questo acquista rilevanza penale. 
Quanto al requisito di cui alla lettera b), ossia che il giudizio di responsabilit� 
si sia concluso "con sentenza passata in giudicato o con provvedimento 
non soggetto a gravame", si osserva quanto segue. Nella fattispecie concreta, 
il procedimento si � concluso con un'ordinanza di archiviazione la quale, ai 
sensi dell'ultimo comma dell'art. 409 c.p.p., � impugnabile con ricorso per cassazione 
unicamente per l'inosservanza delle disposizioni concernenti la citazione 
e l'intervento nell'udienza camerale. Essendo trascorsi i termini per 
impugnare di cui all'art. 585 c.p.p. e non essendo pervenuta alla Scrivente alcuna 
notizia sulla proposizione del gravame, deve ritenersi che il provvedimento 
� inoppugnabile, ma revocabile. 
In caso di riapertura delle indagini, pertanto, dovranno essere restituiti gli 
importi rimborsati. 
II. Risolta positivamente la questione relativa all'an debeatur, la Scrivente 
evidenzia che il diritto del dipendente al rimborso delle spese legali, infatti, 
deve essere contenuto nei limiti di quanto strettamente necessario, trattandosi 
di erogazioni gravanti sulla finanza pubblica. Come costantemente affermato 
dalla giurisprudenza, l'Avvocatura � chiamata ad eseguire "una valutazione 
caratterizzata essenzialmente da aspetti di discrezionalit� tecnica, in quanto 
riferita al parametro della tariffa penale, nonch� alla natura e alla complessit� 
della causa ed all'importanza delle questioni trattate, alla durata del processo, 
alla qualit� dell'opera professionale prestata ed al vantaggio arrecato al cliente" 
(Cass. Civ., Sez. Lav., 23 gennaio 2007, n. 1418). 
Nel caso di specie si rileva una prima discrepanza tra il risultato della nota 
spese emessa il 6 aprile 2011 (� 12.972,96) e la somma delle parcelle pagate 
dai tre istanti cos� come risultanti dalle quietanze rilasciate in data 13-16 maggio 
2011 (� 12.985). Si evidenzia, inoltre, che l'ammontare delle singole voci della 
nota spese appare superiore rispetto alle tariffe massime stabilite dal Ministero 
della Giustizia, ma nella maggior parte dei casi superiore anche al valore che 
si otterrebbe quadruplicando la tariffa massima in ragione di una presunta difficolt� 
della controversia. Come noto, ai sensi del D.M. 8 aprile 2004 n. 127, 
in materia penale � data la facolt� di elevare gli onorari fino al quadruplo dei 
massimi stabiliti qualora la causa richieda "un particolare impegno, per la complessit� 
dei fatti o per le questioni giuridiche trattate", nonch� la possibilit� di 
superare anche i massimi cos� quadruplicati "qualora tra la prestazione dell'avvocato 
e l'onorario previsto appaia per particolari circostanze del caso - quali, 
ad esempio, il numero dei documenti da esaminare, l'emissione di ordinanze 
di applicazione di misure cautelari, la durata della fase procedimentale e dibattimentale, 
l'entit� economica o l'importanza degli interessi coinvolti, la costituzione 
di parte civile, il risultato ottenuto, la continuit� dell'impegno 
necessario, la frequenza e l'entit� dell'assistenza da prestare, il disagio dipen- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 249
dente dalla necessit� di frequenti trasferimenti fuori sede o di incombenti da 
compiere in ore diverse da quelle abituali, etc.-, una manifesta sproporzione". 
Con riferimento alla sezione "Udienze" si osserva che nella nota spese 
sono indicate pi� voci, mentre alla Scrivente risulta che sia stata celebrata 
un'unica udienza camerale a seguito dell'opposizione alla richiesta di archiviazione 
formulata dal P.M.. 
Preme evidenziare che gli istanti hanno conferito la procura all'avv. (...) 
soltanto il 23 settembre 2010 (dopo la richiesta di archiviazione e la relativa 
opposizione) e che quindi l'attivit� difensiva di quest'ultimo si � svolta per un 
breve periodo, tenuto in considerazione che l'udienza camerale ha avuto luogo 
il 16 novembre 2010 e l'ordinanza di archiviazione � stata depositata il 14 
marzo 2011. Conclusivamente, si ritiene che la brevit� del procedimento penale, 
l'esiguit� dell'intervento difensivo posto in essere dall'avvocato, l'identit� 
delle posizioni processuali, la parcella possa essere congruamente ridotta a � 
4.825,54, come da prospetto che si allega in copia. 
Tuttavia, atteso che, ai sensi dell�art. 3 della tariffa professionale penale 
(D.M. 8/4/2004, n. 127), nel caso di assistenza e difesa di pi� parti aventi la 
medesima posizione, la parcella pu� essere aumentata per ogni parte del 20%, 
si ritiene che il rimborso spetti complessivamente per �. 7.800. 
Sui criteri di massima del presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo, 
che si � espresso in conformit� nella seduta del 18 aprile 2012. 
Transazione fiscale ex art. 182 ter del R.D. nr. 267/1942. Applicabilit� 
dell�art. 184 R.D. nr. 267/1942 alla societ� coobbligata in caso di scissione 
societaria ex art. 2506 quater c.c. 
(Parere prot. 158169 del 19 aprile 2012, AL 8048/12, avv. EUGENIO DE BONIS) 
Codesta Direzione Regionale ha chiesto di conoscere l�avviso della Scrivente 
in ordine ai quesiti prospettati dalla Direzione Provinciale di Frosinone, 
riguardanti i rapporti tra l�istituto della �transazione fiscale� come disciplinato 
dall�art. 182 ter della R.D. nr. 267/1942 (di seguito L.F.) nell�ambito del concordato 
preventivo e l�art. 184 L.F., con particolare riferimento alla posizione 
dell�obbligato solidale per effetto di scissione societaria, ai sensi dell�art. 2506 
quater del Codice civile. 
Nel confermare il contenuto della nota prot. 188477 del 6 giugno 2011 di 
questa Avvocatura, pure richiamata da codesto Ufficio, pare opportuno precisare 
che la prevalente ricostruzione generale dell�istituto della transazione fiscale 
emersa in dottrina e nella giurisprudenza di merito (e gi� illustrata nella 
250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
richiamata nota) � stata recentemente avallata anche dalla Suprema Corte che 
con due sentenze �gemelle� (Cassazione civile sez. I n. 22931 n. 22932 entrambe 
del 4 novembre 2011) ha ritenuto in sintesi: 
a) la facoltativit� dell�utilizzo dell�istituto della transazione fiscale nell�ambito 
del concordato preventivo; 
b) l�irrilevanza della votazione non favorevole da parte dell'Amministrazione, 
che non impedisce l'omologazione del concordato se � comunque raggiunta 
la prescritta maggioranza. 
c) la non falcidiabilit� del credito IVA anche per le procedure cui non sia 
applicabile ratione temporis l'art. 32 d.l. 29 novembre 2008 n. 185, conv. nella 
l. 28 gennaio 2009 n. 2 (che ha modificato il comma 1 dell'art. 182 ter L.F. 
prevedendo che la proposta, quanto all'Iva, pu� configurare solo la dilazione 
del pagamento); principio applicabile ad ogni forma di concordato, ancorch� 
proposto senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale, attenendo allo 
statuto concorsuale del credito IVA. 
Ci� rilevato per ragioni di completezza, si osserva che la �transazione fiscale� 
formulata nell�ambito di un concordato preventivo, ma anche l�omologazione 
del concordato preventivo, con falcidia di crediti tributari (diversi 
dall�IVA), anche se non sia stato preventivamente attivato il procedimento di 
cui all'art. 182 ter, comma 2, L.F., non estende gli effetti agli eventuali obbligati 
in solido. 
L�art. 184, comma 1 L.F. dispone, infatti: �Il concordato omologato � obbligatorio 
per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura 
di concordato. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, 
i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso�. 
Ci� posto in via generale, occorre a questo punto stabilire se la norma 
sopra citata sia applicabile nella particolare situazione prospetta da codesta 
Agenzia, riguardante la responsabilit� patrimoniale della societ� risultante all�esito 
del procedimento di scissione di cui agli artt. 2506 e ss. del Codice civile. 
Occorre preliminarmente verificare la natura giuridica della responsabilit� 
prevista dall�art. 2506 quater c.c. e stabilire, poi, se, in che misura ed a quali 
condizioni la societ� risultante dalla scissione possa essere chiamata a rispondere 
del debito della societ� che acceda alla procedura concordataria. 
L�art. 2506 quater, comma 3 c.c.., stabilisce: �Ciascuna societ� � solidalmente 
responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad 
essa assegnato o rimasto, dei debiti della societ� scissa non soddisfatti dalla 
societ� cui fanno carico�. 
A fianco alla disciplina civilistica, in tema di imposte sui redditi, l�art. 
173 del D.P.R. 917/1986 prevede: 
- al comma 12: �Gli obblighi tributari della societ� scissa riferibili a periodi 
di imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione ha effetto sono 
adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa societ� scissa o trasferiti, 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 251
in caso di scissione totale, alla societ� beneficiaria appositamente designata 
nell'atto di scissione�; 
- al comma 13: �I controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento 
relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della societ� scissa o, 
nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata, ferma restando 
la competenza dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate della societ� scissa. Se 
la designazione � omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per 
prima nell'atto di scissione. Le altre societ� beneficiarie sono responsabili in 
solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito 
e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari 
previsti dalla legge. Le societ� coobbligate hanno facolt� di partecipare ai 
suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di 
avvisi o di altri adempimenti per l'Amministrazione�. 
Dalla disposizione del Codice civile sopra riportata (norma di carattere 
generale) emerge la previsione di una responsabilit� solidale delle societ� partecipanti 
all'operazione di scissione per i debiti della societ� scissa dalla stessa 
non soddisfatti. 
La giurisprudenza ha inoltre precisato che tale responsabilit� solidale Ǐ, 
per�, illimitata per la societ� a cui il debito, secondo il progetto di scissione 
..., fa carico��, mentre � limitata per le altre societ�, limite individuato dalla 
norma nel "valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto" a ciascuna 
di esse. (Sul punto cfr. Corte di Cassazione n. 15088/2001 con riferimento alla 
previgente disciplina contenuta nell�art. 2504 decies c.c., sul punto analoga, 
nonch� in termini, Tribunale Roma sez. IV, sentenza del 3 agosto 2006). 
La disposizione del T.U.I.R., parrebbe, invece, a differenza della disposizione 
del Codice civile sopra riportata, non limitare la responsabilit� solidale 
delle societ� beneficiarie della scissione. 
La parziale difformit� delle disposizioni in commento induce, anche in 
applicazione del criterio di specialit�, a ritenere la norma del T.U.I.R speciale, 
e, pertanto, prevalente rispetto a quella civilistica (generale). 
A favore di tale soluzione depongono, da un lato, il criterio letterale (il 
non aver espressamente limitato la responsabilit� solidale, significa averla prevista 
come piena), dall�altro quello sistematico. 
Sotto un profilo di interpretazione sistematica c.d. �interna�, l�art. 173 
del T.U.I.R., disciplina complessivamente gli effetti tributari della scissione 
ed, allorch� intenda fare riferimento alla disciplina civilistica, il legislatore, 
ha espressamente richiamato le disposizione di rinvio (cfr. ad esempio il 
comma 11 dell�art. 173 che, con riferimento alla decorrenza degli effetti della 
scissione, salve le successive precisazioni, prevede �Ai fini delle imposte sui 
redditi, la decorrenza degli effetti della scissione � regolata secondo le disposizioni 
del comma 1 dell'articolo 2506-quater� ). 
Sotto un profilo di interpretazione sistematica c.d. �esterna� giova richia- 
252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
mare quanto stabilito dall�articolo 15 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in materia di 
sanzioni tributarie che al comma 2 dispone: ��Nei casi di scissione anche parziale 
di societ� od enti, ciascuna societ� od ente e`obbligato in solido al pagamento 
delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla data 
dalla quale la scissione produce effetto��. 
Anche quest�ultima disposizione, peraltro espressamente riferita anche 
alla scissione parziale, non pone alcuna limitazione di responsabilit�. 
In conclusione si ritiene che, ai fini delle imposte sui redditi, nell�ipotesi 
di scissione (sia totale che parziale) la responsabilit� solidale delle beneficiarie 
non sia soggetta al limite rappresentato dal valore effettivo del patrimonio 
netto assegnato alla beneficiaria. 
Cos� delineata la natura giuridica della responsabilit� della societ� beneficiaria 
della scissione (solidale, ma limitata, secondo il Codice civile; solidale 
pura, secondo il T.U.I.R.), non vi � ragione, in ogni caso, per escludere l�applicabilit� 
sul piano soggettivo della disciplina di cui all�art. 184 L.F. che fa 
salvi i diritti del creditore �contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli 
obbligati in via di regresso�. 
La citata disposizione costituisce, infatti, una deroga alla disciplina comune 
che invece estende l�efficacia liberatoria della remissione del debito ai coobbligati 
(art. 1301 c.c.) e consente di profittare della transazione altrui (art. 1304 
c.c.); deroga giustificata da un lato in ragione della natura pubblicistica della 
procedura di concordato preventivo e, dall�altro, in virt� della qualificazione 
della �transazione fiscale� come sub procedimento della procedura di concordato 
preventivo, che non pu� avere, dal punto di vista soggettivo, un�efficacia 
maggiore e pi� ampia rispetto a quella propria del procedimento principale. 
Per effetto di tale deroga, dunque, i soggetti contemplati dall�art. 184 L.F. 
finiscono per sopportare le conseguenze della crisi del debitorie principale, e 
sono tenuti a rispondere del debito. 
Tale disciplina speciale � stata ritenuta da parte della giurisprudenza di 
legittimit� (sia pure con riferimento alla posizione del fideiussore) immune da 
dubbi di legittimit� costituzionale, in riferimento agli art. 3 e 42 cost. �giacch� 
il fideiussore da un lato paga quanto si era assunto l'obbligo di pagare, e dall'altro 
subisce, in sede di rivalsa, gli effetti del concordato come qualunque 
altro creditore� (cfr. Cassazione civile sez. III 17 luglio 2003 n. 11200, richiamata 
in motivazione da Cassazione civile sez. I, 8 febbraio 2005 n. 2532). 
N� di ostacolo all�applicazione della predetta disciplina � la natura dell�obbligazione 
solidale della societ� risultante della scissione prevista sia dal 
Codice civile che dal T.U.I.R.. 
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si � dunque dell�avviso che 
l�art. 184 della L.F. sia applicabile all�ipotesi di coobbligato per effetto di scissione 
societaria e, pertanto codesta Agenzia possa pretendere dalla societ� coobbligata 
il pagamento del debito della societ� scissa, senza limiti quantitativi 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 253
per le imposte sui redditi e le sanzioni, limitatamente al "valore effettivo del patrimonio 
netto trasferito o rimasto" alla societ� coobbligata, nelle altre ipotesi. 
Tali considerazioni di carattere generale devono, essere, tuttavia, calibrate 
ed adattate al caso si specie, ove, da quanto sommariamente evidenziato da 
codesta Agenzia la societ� ... (di seguito �soc. A�) � gi� stata chiamata a rispondere 
del debito della ... (di seguito �soc. B�) derivante da un avviso di accertamento 
relativo al periodo di imposta 2003 (da quest�ultima impugnato 
con giudizio pendente in grado di appello). 
� stato altres� evidenziato che la soc. A ha, dal canto suo, autonomamente 
impugnato le cartelle di pagamento derivanti dall�iscrizione a ruolo provvisoria 
dapprima del 50% e poi dei 2/3 dell�importo, quale coobbligata ai sensi dell�art. 
2506 quater c.c. (anche i relativi giudizi pendono in grado di appello). 
Da quanto rappresentato da codesta Agenzia la soc. A ha contestato di 
poter essere chiamata a rispondere del debito altrui perch�: 
- nel caso di transazione fiscale ci� determinerebbe la cessazione della 
materia del contendere relativamente ai giudizi tributari pendenti, facendo venire 
veno anche la maggior pretesa oggetto dell�accertamento oggi in contestazione 
che non pu� essere posta a carico del soggetto coobbligato; 
- l�avviso di accertamento non � mai stato notificato alla soc. A e, pertanto 
non pu� costituire titolo nei confronti del coobbligato; 
- il coobbligato pu� comunque giovarsi, ai sensi dell�art. 1304 c.c. dell�intervenuta 
transazione fiscale, sul presupposto che l�art. 184 L.F. sarebbe 
inapplicabile all�Amministrazione finanziaria. 
Posto, dunque, che la soc. A ha sostanzialmente, dedotto di non essere, 
per varie ragioni, tenuta al pagamento del debito della soc. B, appare necessario 
che le gi� esposte considerazioni sulla natura della responsabilit� della 
stessa e sull�applicabilit� dell�art. 184 L.F. siano opportunamente valorizzate 
da codesta Agenzia nell�ambito dei giudizi pendenti innanzi alla Commissione 
Tributaria Regionale, in seno ai quali si evidenzia la disponibilit� di questa 
Avvocatura ad affiancare codesta Agenzia nella difesa in giudizio. 
A tali considerazioni sar� opportuno aggiungere, rispondendo, sul punto, 
anche agli specifici quesiti posti da codesta Agenzia ai punti a) b) e c) della 
nota della D.P. allegata, le seguenti considerazioni: 
a) l�obbligazione della soc. A non pu� essere esclusa per effetto della 
mancata notifica ad essa dell�avviso di accertamento per l�anno 2003, notificato 
e contestato dalla societ� in concordato. Da un lato, infatti l�obbligazione 
della soc. A � un effetto naturale che deriva ex lege dalla scissione, seppure 
nei limiti gi� precisati; dall�altro, quantomeno in tema di imposte sui redditi, 
il gi� citato comma 13 dell�art. 173 del T.U.I.R, dispone, per quanto qui interessa 
che �Le societ� coobbligate hanno facolt� di partecipare ai suddetti procedimenti 
e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di 
altri adempimenti per l'Amministrazione�. 
254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
A ci� aggiungasi che la cessazione della materia del contendere in caso 
di chiusura del concordato con transazione fiscale (ex art. 182-ter, comma 5 
L.F.), riguarderebbe la controversia promossa dalla soc. B avverso l�avviso di 
accertamento e non invece le controversie (autonome) introdotte dalla soc. A, 
che traggono titolo dapprima, in generale, dall�obbligazione nascente dalla 
scissione, e poi dalla perpetuatio obligationis fondata sull�art. 184 L.F.; 
b) quanto alla possibilit� di agire nei confronti della coobbligata per la 
parte di credito rimasta insoddisfatta in sede di esecuzione del concordato preventivo, 
sono state gi� ampiamente illustrate le ragioni giuridiche che legittimano 
tale azione; 
c) per quanto concerne, infine, la questione riguardante l�entit� degli importi 
esigibili dalla coobbligata soc. A la concreta esigibilit� del credito sar� 
condizionata dall�esito dei giudizi pendenti innanzi alla Commissione Tributaria 
Regionale e promossi dalla soc. A proprio per contestare la propria responsabilit� 
patrimoniale. 
In relazione alla quantificazione degli importi suscettibili di essere richiesti 
(l�intero ammontare della pretesa ovvero solo i 2/3 attualmente iscritti 
a ruolo), si ritiene che la societ� coobbligata, in caso di esito del giudizio favorevole 
all�Amministrazione, possa essere chiamata a rispondere dell�intero 
ammontare della parte residua del debito non soddisfatta in sede concordataria, 
e, per le imposte cui non � applicabile l�art. 173 del TUIR, nel limite massimo 
del "valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto" alla societ� coobbligata 
a seguito della scissione. 
Si resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento. 
Sui profili di massima della questione � stato sentito il Comitato Consultivo 
nella seduta del 18 aprile 2012, che si � espresso in conformit�. 
Assegnazione di rivendite di generi di monopolio: concorsi riservati alle 
categorie espressamente contemplate dalla legge. 
(Parere prot. 187490 dell�11 maggio 2012, AL 6192/12, avv. ROBERTA TORTORA) 
L�A.A.M.S. - Ufficio Regionale Monopoli di Stato del Veneto e Trentino 
Alto Adige - Sezione Staccata di Trento, premesso che l�art. 21 della L. 22 dicembre 
1957 n. 1293 prevede che �Nei Comuni con popolazione non superiore 
ai 30.000 abitanti le rivendite ordinarie di nuova istituzione sono 
assegnate in esperimento mediante concorso riservato agli invalidi di guerra, 
vedove di guerra e categorie equiparate per legge ed ai decorati al valor militare 
(�)� ha chiesto a codesta Avvocatura Distrettuale se possa essere con- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 255
sentita la partecipazione al predetto concorso riservato anche agli orfani di deceduti 
sul lavoro (nel settore privato). 
Al fine di fornire risposta al predetto quesito codesta Avvocatura Distrettuale 
ha predisposto una bozza di parere nella quale, da un lato, � stato posto 
in evidenza che l�art. 1 L. 15 luglio 1950 n. 539 equipara i mutilati ed invalidi 
di guerra nonch� i congiunti dei caduti in guerra ai congiunti dei caduti per 
servizio ai mutilati ed agli invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per 
servizio, e che il successivo art. 3 chiarisce che �Agli effetti della presente 
legge si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che alle dirette 
dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, 
in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, 
mutilazioni od infermit� ascrivibili ad una delle categorie di cui alla 
tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137�, si conclude che, operando 
l�equiparazione solo per i mutilati ed invalidi, e loro congiunti, alle dipendenze 
dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, non sussiste 
alcuna equiparazione in favore degli invalidi, e loro congiunti, vittime di infortuni 
in occasione di lavoro privato. 
Tale soluzione, tuttavia, fa insorgere in codesta Avvocatura Distrettuale 
dubbi di costituzionalit� della normativa in questione, ritenendosi che �la categoria 
degli orfani di dipendenti privati deceduti per causa di lavoro - che 
sulla base di un�interpretazione meramente letterale della disposizione risulterebbe 
esclusa dalla riserva - appare meritevole di particolare considerazione 
al pari della categoria degli orfani di dipendenti pubblici caduti per servizio 
(a meno di non voler ipotizzare una maggiore meritevolezza di quest�ultima 
categoria proprio in ragione del fatto che, come esplicitato nella bozza di parere, 
il dante causa di costoro ha perso la vita servendo la pubblica amministrazione)�. 
Si chiede, pertanto, il parere della Scrivente in proposito. 
In primo luogo, considerato che il concorso al quale fa riferimento 
l�A.A.M.S. � concorso riservato agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie 
equiparate per legge, appare opportuno individuare le categorie �equiparate 
per legge�. A tale proposito, come correttamente evidenziato da codesta 
Avvocatura Distrettuale, si sottolinea che l�art. 1, comma 1�, della L. 15 luglio 
1950 n. 539 testualmente recita: �I benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, 
ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonch� ai congiunti dei caduti 
in guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti 
dei caduti per servizio�. Il successivo art. 3 della medesima legge, poi, 
chiarisce ulteriormente che �si considerano mutilati od invalidi per servizio 
coloro che alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e 
istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, 
debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermit� ascrivibili ad una delle 
categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137�. 
Pertanto appare indubbio che al concorso in esame possano partecipare, 
256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
oltre ai mutilati e agli invalidi di guerra, anche i mutilati ed invalidi per servizio 
svolto alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, 
nonch� i loro congiunti. 
Occorre ora valutare se, in aggiunta a tali categorie, possano partecipare 
anche i mutilati e gli invalidi per attivit� di lavoro svolta nel settore privato ed 
i loro congiunti. 
Al fine della soluzione del quesito proposto, la Scrivente ritiene che l�indagine 
debba appuntarsi sull�eventuale sussistenza, nel nostro ordinamento, 
di un principio di equiparazione dei benefici concessi in favore degli invalidi 
di guerra o per servizio (o loro orfani) ai benefici concessi in favore degli invalidi 
per lavoro nel settore privato assoggettati al regime Inail (o loro orfani). 
Tale equiparazione � stata recentemente esclusa dalla Corte Costituzionale 
(sentenza n. 34 del 2011), la quale � stata chiamata a pronunciarsi in ordine 
alla questione di pretesa incompatibilit� con l�art. 3 della Costituzione del diverso 
trattamento apprestato ai soggetti incollocabili al lavoro assoggettati al 
regime Inail rispetto a quelli assoggettati al regime delle prestazioni di guerra 
ed equiparati: i primi, infatti, una volta raggiunto il 65� anno di et� non percepiscono 
alcun ulteriore emolumento, laddove i secondi percepiscono, al raggiungimento 
della medesima et�, una provvidenza sostitutiva di importo pari 
all�assegno di incollocabilit�. 
In tale occasione, la Corte ha ritenuto che il trattamento giuridico degli 
invalidi per lavoro nel settore privato (assoggettati al regime Inail) non pu� 
essere, in via di mera interpretazione, equiparato al trattamento giuridico previsto 
in favore degli invalidi di guerra o per servizio, in ragione sia della diversit� 
del complesso di garanzie sottese al regime Inail rispetto a quelle 
previste per i dipendenti pubblici, che impediscono una comparazione parcellizzata 
dei rispettivi elementi, sia della sussistenza, per gli invalidi di guerra e 
per servizio, di una componente latu sensu �risarcitoria�, che non pu� essere 
riscontrata nel settore privato. 
La Scrivente ritiene che da tale pronuncia, seppure riguardante una fattispecie 
diversa, possano trarsi argomenti anche con riguardo alla soluzione del 
quesito che ci occupa, nella quale, in via eccezionale, viene attribuito un beneficio 
esclusivamente agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie 
equiparate per legge (tra le quali figurano gli orfani dei dipendenti pubblici 
caduti per servizio). Tale beneficio risponde alla medesima ratio �risarcitoria� 
tipica delle provvidenze previste a favore degli invalidi di guerra o per servizio 
e pertanto, anche in ragione della sua eccezionalit�, non pu� essere esteso a 
categorie diverse da quelle espressamente contemplate dalla legge. 
Il presente parere � stato sottoposto, nella seduta del 10 maggio 2012, al 
Comitato Consultivo, che lo ha approvato all�unanimit�. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 257
Sull�esperibilit� di una gara unica nazionale con procedura secretata per 
la gestione del servizio di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali. 
(Parere prot. 223174 del 5 giugno 2012, AL 8121/12, avv. SALVATORE MESSINEO) 
I - Con la nota che si riscontra Codesto Dipartimento - dopo avere descritto 
le diverse e non omogenee procedure utilizzate dalle varie Procure della 
Repubblica per l�acquisizione di servizi di intercettazioni telefoniche, telematiche 
ed ambientali - evidenzia che esigenze di razionalizzazione del sistema 
e di risparmio della spesa consigliano di �procedere all�acquisizione di tali 
servizi in forma centralizzata (ovviamente al fine di consentirne l�utilizzo diretto 
a ciascuna Procura della Repubblica, senza alcuna possibilit� di interferenza 
da parte� di estranei). 
Nella stessa nota Codesto Dipartimento riferisce, altres�, che la Commissione 
Europea, con decisione n. 3019 del giorno 8 luglio 2007, ha gi� avviato 
contro l�Italia una procedura di infrazione contestando la violazione delle direttive 
92/50 CEE, relativa agli �appalti pubblici di servizi�, e 93/36 CEE, relativa 
agli �appalti pubblici di forniture�, lamentando l�assenza di un 
procedimento ad evidenza pubblica europea. Tale procedura - inizialmente sospesa 
in considerazione della circostanza che con l�art. 2 comma 82 della legge 
n. 244 del 2007 era stata prevista la realizzazione, entro il 31 gennaio 2008, di 
un sistema centralizzato di detti servizi - � stata ripresa ed � in atto pendente. 
Con un primo quesito Codesto Ministero chiede di conoscere se sia �possibile 
espletare una gara unica nazionale con procedura secretata per l�acquisizione 
centralizzata del servizio di intercettazioni telefoniche, telematiche 
ed ambientali�. 
Nella nota che si riscontra viene invocata al riguardo la disciplina contenuta 
nell�art. 17 del codice dei contratti pubblici e si richiama, a sostegno, la 
recente sentenza 14 aprile 2011 n. 2330 con cui la Sezione IV del Consiglio 
di Stato, in controversia concernente l�affidamento di tali servizi da parte di 
una Procura della Repubblica, ha ritenuto che �L'utilizzo da parte dell'Amministrazione 
procedente del modulo procedimentale costituito dalla procedura 
negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara (trattativa privata), 
ai sensi dell'art. 57, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, e con il criterio di aggiudicazione 
prescelto dell'offerta economicamente pi� vantaggiosa ex artt. 57 
comma 6 e 83 dello stesso decreto legislativo, � giustificabile in relazione alle 
peculiarit� del servizio da svolgersi, caratterizzato da comprensibili aspetti 
di delicatezza e segretezza, per cui detto modus procedendi, quanto meno per 
ci� che attiene il sistema di scelta del futuro contraente, appare congruo oltrech� 
conforme al dettato di cui all'art. 17, cit. d.lgs. n. 163 del 2006, per 
quanto riguarda i servizi svolti in favore dell'Amministrazione della giustizia 
(nella specie, servizio intercettazioni telefoniche), richiedenti speciali misure 
258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
di sicurezza e segretezza e particolari modalit� di affidamento in deroga alle 
disposizioni relative alla pubblicit� delle gare�. 
Con note dell�11 maggio 2012 la Scrivente ha richiesto ulteriori notizie 
e dati di ordine istruttorio al Dipartimento delle politiche europee ed all�Autorit� 
per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: cui 
Essi hanno dato riscontro fornendo le indicazioni infra precisate. 
Alla luce degli elementi di giudizio cos� acquisiti si formulano le seguenti 
considerazioni. 
1) Occorre preliminarmente rilevare che il testo dell�art. 17 del d.lgs. 
163/2006 non ha (pi�) il contenuto riferito da Codesto Dipartimento a pag. 5 
della nota del 27 febbraio 2012; esso, invero, � stato modificato dall�art. 33 
del d.lgs. 15 novembre 2011 n. 208 (pubblicato in GURI 292 del 16 dicembre 
2011 ed entrato in vigore il 15 gennaio 2012, come specificato nel successivo 
art. 36 della stessa fonte normativa); anche la invocata decisione del Consiglio 
di Stato n. 2330/2011 si fonda sul testo previgente dell�art. 17 cit.. 
� necessario, pertanto, verificare se ed in qual misura il nuovo testo dell�art. 
17 consenta di mantenere ferme le conclusioni raggiunte sulla base del 
testo previgente. 
L�esame comparato tra i due testi normativi consente di formulare le seguenti 
notazioni: 
� nel testo in vigore fino al 15 gennaio 2012 - quale risultante dalla modifica 
introdotta con il d.lgs. 113 del 31 luglio 2007 che ha inserito l��amministrazione 
della giustizia� tra gli organismi destinatari della previsione in 
questione - era previsto che �1. Le opere, i servizi e le forniture destinati ad attivit� 
della Banca d'Italia, delle forze armate o dei corpi di polizia per la difesa 
della Nazione o per i compiti di istituto nonch� dell'amministrazione della giustizia, 
o ad attivit� degli enti aggiudicatori di cui alla parte III, nei casi in cui 
sono richieste misure speciali di sicurezza o di segretezza in conformit� a disposizioni 
legislative, regolamentari e amministrative vigenti o quando lo esiga 
la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato, possono essere 
eseguiti in deroga alle disposizioni relative alla pubblicit� delle procedure 
di affidamento dei contratti pubblici, nel rispetto delle previsioni del presente 
articolo�. 2. Le amministrazioni e gli enti usuari dichiarano con provvedimento 
motivato, le opere, servizi e forniture da considerarsi "segreti" ai sensi del regio 
decreto 11 luglio 1941, n. 1161 e della legge 24 ottobre 1977, n. 801 o di altre 
norme vigenti, oppure "eseguibili con speciali misure di sicurezza"; 
� nel nuovo testo dell�art. 17 del codice, fissato dal cit. art. 33 d.lgs. 
208/2011, si prevede che �1. Le disposizioni del presente codice relative alle 
procedure di affidamento possono essere derogate: a) per i contratti al cui 
oggetto, atti o modalit� di esecuzione � attribuita una classifica di segretezza; 
b) per i contratti la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure 
di sicurezza, in conformit� a disposizioni legislative, regolamentari o am- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 259
ministrative. 2. Ai fini dell'esclusione di cui al comma 1, lettera a), le amministrazioni 
e gli enti usuari attribuiscono, con provvedimento motivato, le classifiche 
di segretezza ai sensi dell'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, 
ovvero di altre norme vigenti. Ai fini dell'esclusione di cui al comma 1, lettera 
b), le amministrazioni e gli enti usuari dichiarano, con provvedimento motivato, 
i lavori, i servizi e le forniture eseguibili con speciali misure di sicurezza 
individuate nel predetto provvedimento�. 
Come � agevole constatare, nel primo testo, lo specifico riferimento all�amministrazione 
della giustizia e la formula normativa �nei casi in cui sono 
richieste misure speciali di sicurezza o di segretezza in conformit� a disposizioni 
legislative, regolamentari e amministrative vigenti� offrivano argomenti puntuali 
per ritenere sottratte alle comuni �disposizioni relative alla pubblicit� delle 
procedure di affidamento dei contratti pubblici� contenute nel codice le procedure 
di affidamento dei servizi di intercettazione di cui necessitano le Procure. 
Nel testo normativo attualmente vigente � stato eliminato il limite correlato 
al riferimento soggettivo a �Banca d'Italia, forze armate, corpi di polizia 
per la difesa della Nazione o per i compiti di istituto, amministrazione della 
giustizia, ecc.�: non sussistendo una valida ragione per proteggere in modo 
difforme il medesimo interesse pubblico tutelato con la previsione in questione 
sol perch� esso riguardava �opere, servizi e forniture destinati ad attivit�� affidate 
ad altri soggetti diversi da quelli sopra elencati. 
L�ambito di operativit� e di applicazione del regime derogatorio � ora fissato 
facendo leva solo su aspetti che attengono direttamente all�oggetto e/o 
alle modalit� o ai contenuti di esecuzione del contratto, qualunque sia il soggetto 
o l�apparato interessato al contratto. 
Il nuovo testo normativo diversifica - anche sul piano degli oneri di motivazione 
dei relativi provvedimenti - le tipologie di ragioni giustificative della 
scelta dell�amministrazione di derogare alle normali procedure di affidamento: 
a seconda se esse siano riconducibili ad esigenze correlate alla �segretezza� o 
alla �sicurezza�; 
� per quanto attiene alle esigenze di �segretezza� - considerate nella lett. 
a) dell�art. 17 - esse si connotano per il fatto che deve trattarsi di �contratti al 
cui oggetto, atti o modalit� di esecuzione � attribuita una classifica di segretezza�: 
alla stregua della �definizione� contenuta nell�art. 1 dello stesso d.lgs. 
208/2011 per �d) informazioni classificate�, si intende �qualsiasi informazione 
o materiale, a prescindere da forma, natura o modalit� di trasmissione, 
alla quale � stato attribuito un determinato livello di classificazione di sicurezza 
o un livello di protezione e che, nell'interesse della sicurezza nazionale 
e ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il sistema di informazione 
per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto, del 
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 8 aprile 2008 e del 
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 giugno 2009, n. 7, ri- 
260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
chieda protezione contro appropriazione indebita, distruzione, rimozione, divulgazione, 
perdita o accesso da parte di un soggetto non autorizzato o contro 
qualsiasi altro tipo di pregiudizio�. 
Consegue che non basta che nel contratto vengano in rilievo attivit� e notizie 
in relazione alle quali fonti normative o amministrative impongano ai 
soggetti che le svolgano o che ne vengano a conoscenza obblighi di segreto; 
l�amministrazione per potere derogare alla procedure ordinarie deve dimostrare, 
specificandolo nel provvedimento con cui esterna la suddetta volont�, 
che effettivamente nel contratto vengano in rilievo �oggetto, atti o modalit� 
di esecuzione� cui sia �attribuita una classifica di segretezza� nel senso appena 
indicato. 
� per quanto attiene alle esigenze di �sicurezza� - considerate nella lett. 
b) dell�art. 17 - la formula normativa utilizzata appare meno restrittiva: vi si 
parla di �contratti la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali 
misure di sicurezza, in conformit� a disposizioni legislative, regolamentari o 
amministrative�. 
In parte qua il dato normativo appare in linea di �continuit�� con il testo 
previgente: nel quale - come si � visto - al fine di derogare alle procedure ordinarie 
era sufficiente che le �misure speciali di sicurezza� fossero �richieste�in 
conformit� a disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti�. 
Consegue che l�amministrazione per potere derogare alla procedure ordinarie 
deve dimostrare, specificandolo nel provvedimento con cui esterna la 
suddetta volont�, che effettivamente, in base ed �in conformit� a disposizioni 
legislative, regolamentari e amministrative vigenti�, l�esecuzione del contratto 
�deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza�. 
3) All�esito di tale esame comparativo tra i due testi normativi ritiene la 
Scrivente che le pur significative modifiche recate dal nuovo testo non siano 
tali da giustificare una soluzione difforme da quella cui � pervenuto il Consiglio 
di Stato con la richiamata decisione n. 2330/2011: le cui statuizioni appaiono 
ancora attuali e riferibili anche al vigente art. 17. 
Sono, invero, rimaste sostanzialmente immutate le particolari �peculiarit� 
del servizio� di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali di cui 
necessitano gli apparati giudiziari e le Procure: servizio che � indubbiamente 
�caratterizzato da comprensibili aspetti di delicatezza e segretezza� e che 
continua a richiedere - per come accertato nella suddetta pronuncia del Consiglio 
di Stato - �speciali misure di sicurezza e segretezza e particolari modalit� 
di affidamento�. 
Il servizio di intercettazioni, invero, sia per le modalit� di esecuzione, sia 
per l�esecuzione stessa richiede particolari cautele che trovano fondamento in 
specifiche norme: le intercettazioni, infatti, hanno, per loro natura, oggetto 
�incerto� e non definito n� definibile preventivamente; esse - anche quando 
sono finalizzate nei confronti di singoli indagati - si connotano per coinvolgere 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 261
un numero indefinito ed incerto di persone: e siffatta evenienza non � n� prevenibile 
n� rara, bens� piuttosto elevata (si parla di percentuali che si aggirano 
intorno al 50% dei casi con riguardo alle intercettazioni telefoniche, per raggiungere 
quasi la soglia della generalit� dei casi con riguardo alle intercettazioni 
ambientali). 
Ci� comporta la necessit� che il servizio di intercettazioni sia presidiato 
da penetranti cautele: imposte non solo dalla circostanza che vengono trattati 
dati sensibili, coperti da diverse tipologie di segreto (d�indagine, professionale 
o di altra natura) stabilito dalle relative leggi, ma anche dal fatto che possono 
venire trattati dati relativi ad atti classificati o addirittura coperti da segreto di 
Stato (come espressamente previsto dalla l. 124/2007). 
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, appare possibile sostenere che 
con riguardo al servizio di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali 
di cui necessitano gli uffici giudiziari e le Procure sia applicabile la disciplina 
derogatoria prevista nel nuovo testo dell�art. 17: venendo in rilievo aspetti che 
consentono di sussumere la fattispecie in ambedue le tipologie ivi considerate 
nelle lettere a) e b). 
4) Codesto Ministero si mostra consapevole del fatto che �la giurisprudenza 
comunitaria formatasi in argomento ritiene che le deroghe al Trattato 
costituiscono ipotesi eccezionali, delimitate ed insuscettibili di interpretazione 
estensiva e che, in tali circostanze, spetta allo Stato membro che intende avvalersi 
di tale facolt� fornire la prova che le esenzioni non superano i limiti 
previsti (cfr. Corte giust. CE, 16 settembre 1999, in causa C-414/97, Commissione/
Spagna; 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston; 26 ottobre 1999, 
in causa C-273/97, Sirdar/Army Board)�. 
Nella nota che si riscontra Codesto Ministero ritiene invocabili per giustificare 
la deroga alle procedure ordinarie le seguenti ragioni: 
a) �secondo le vigenti disposizioni del codice di procedura penale, tutte 
le attivit� di intercettazione sono coperte, sino alla discovery, dal segreto investigativo, 
al pari di ogni altra attivit� di acquisizione delle fonti di prova�; 
b) �la natura particolarmente invasiva di tale mezzo investigativo - destinato 
ad incidere sul diritto alla segretezza delle conversazioni private (munito 
di copertura costituzionale espressa) - ha imposto ulteriori e specifiche 
modalit� di custodia dei dati inerenti le intercettazioni�; 
c) �le esigenze gi� evidenziate, di custodia e gestione di tali dati, impongono 
particolari cautele anche per garantire la segretezza della singola indagine 
nonch� l�assoluta impermeabilit� della custodia dell�intero sistema 
gestionale di cui � responsabile il Procuratore della Repubblica�; 
d) �le attivit� di intercettazioni possono, assai spesso, interferire con questioni 
inerenti la sicurezza nazionale, tanto che il legislatore italiano si � determinato 
a prevedere una specifica disciplina allorch� nell�ambito di un�indagine 
penale vengano intercettate comunicazioni di appartenenti ai servizi di sicu- 
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
rezza dello Stato (si veda al riguardo quanto dispone l�art. 270 bis c. p. p.)�. 
5) Gli aspetti della problematica correlati alla disciplina vigente nell�Unione 
Europea risultano esaminati ulteriormente da Codesto Ministero nella 
successiva lettera n. 37105 del 2 maggio u. s.. 
Ivi � stato rappresentato che, nel corso delle audizioni del 1� marzo, del 
22 marzo e del 29 marzo 2012, �i membri della Commissione non hanno sollevato 
obiezioni in ordine alle ragioni di riservatezza e sicurezza che sorreggono 
la scelta dell�amministrazione di procedere all�indizione di una gara 
unica secretata, concentrando la loro attenzione soltanto sulla necessit� che, 
in ogni caso, l�amministrazione adotti trasparenti modalit� di pubblicazione 
del bando di gara e segnalando tra le possibili opzioni la possibilit� di utilizzare 
le procedure previste dalla direttiva 2009/81 recepita con d.lgs. 15 novembre 
2011 n. 208, tenuto conto di quanto disposto dagli artt. 2 lettera d), 5, 13, e 17 
dello stesso decreto attuativo�; nella stessa lettera Codesto Dipartimento segnala 
che �anche negli altri paesi dell�Unione europea l�acquisizione dei servizi 
in questione non risulta disposta con procedure di evidenza pubblica�. 
6) L�Autorit� per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, 
con la sua nota del 15 maggio 2012 n. 46318 - con cui ha dato riscontro 
alla richiesta istruttoria volta ad avere copia di atti in cui Essa ha esaminato 
l�espressione normativa �misure speciali di sicurezza�- ha trasmesso copia 
del �parere sulla normativa� reso nell�adunanza del 2-3 aprile 2008 (vale a dire 
di parere nel quale si � tenuto conto della disciplina previgente alla direttiva 
2009/81/CE del 13 luglio 2009 e al d.lgs. 208/2011). 
Ivi si ricorda che la disciplina contenuta nel testo originario dell�art. 17 del 
d.lgs. 163/2006 si conformava alle direttive CE 17 e 18 del 2004: secondo 
l�AVCP �Con riferimento alla nozione di sicurezza nazionale, la giurisprudenza 
comunitaria ritiene che gli Stati possano invocarla soltanto a fronte di minacce 
reali e sufficientemente gravi (Corte di Giustizia, 13 marzo 1984, c. 16/1983)�. 
7) Anche il Dipartimento per le politiche europee con la nota del 22 maggio 
2012 n. 4058 ha fornito specifiche indicazioni sui profili attinenti la disciplina 
comunitaria. 
Il Dipartimento, con riguardo allo stato attuale della procedura di infrazione, 
ha precisato che �i servizi della Commissione �, pur non escludendo 
a priori la possibilit� di una segretazione totale degli appalti pubblici relativi 
all�acquisizione di questi beni e servizi, con esclusione di qualsivoglia forma 
di messa in concorrenza, hanno sottolineato, tuttavia, come una soluzione del 
genere sarebbe non sempre e comunque difficilmente giustificabile anche alla 
luce di quanto precisato a suo tempo dalle autorit� italiane in risposta alla 
procedura di infrazione n. 2006/4404�. (A tale riguardo nella stessa lettera si 
riferisce che �le Autorit� italiane avevano precisato alla Commissione europea 
che - salvo un nucleo ristretto di acquisizioni strettamente collegate alla 
penetrazione e alla impenetrabilit� del nuovo sistema tecnologico che doveva 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 263
essere assoggettato al regime di segretazione ai sensi dell�articolo 14 della 
direttiva 2004/18/CE ... - i beni e i servizi non direttamente connessi alla sicurezza 
del sistema sarebbero stati acquisiti attraverso procedure di gara conformi 
alle regole della direttiva n. 2004/18/CE�). 
Ad avviso del Dipartimento per le politiche europee - che fa propri suggerimenti 
manifestati dai servizi della Commissione -, la �strada maggiormente 
percorribile .., potrebbe essere .., quella di utilizzare una procedura 
negoziata con pubblicazione di un bando di gara�: secondo il Dipartimento 
�il ricorso a questa procedura ... nella direttiva 2004/18/CE� � possibile �solo 
per le fattispecie elencate nell�art. 30� e che nella direttiva n. 2009/81/CE la 
sua adozione costituisce una facolt� per gli Stati. Soggiunge ancora il Dipartimento 
che �con adeguata motivazione� l�appalto dei servizi di intercettazione 
�potrebbe rientrare.., nell�ambito di applicazione di quest�ultima 
direttiva� - e dei suoi artt. 2 e 3 - �ove si dimostri .., che negli appalti in questione 
gli aspetti relativi alla sicurezza non siano scindibili da quelli che non 
rivestono le stesse esigenze� e sempre che si dimostri �che nella fattispecie 
esistono informazioni �classificate o protette�, cos� come determinate dalla legislazione 
statale e che la natura dell�appalto non consenta di stabilire a 
priori su quali tipi di informazione si andr� ad operare�. 
8) Le considerazioni svolte dal Dipartimento mettono in luce le reali difficolt� 
che la lettura del quadro normativo pone. 
A tal riguardo va considerato che il richiamato art. 25 della direttiva 
2009/81/CE, in realt�, ha demandato alla legislazione interna dei singoli Stati 
la definitiva disciplina concernente le procedure utilizzabili: l�art. 25, invero, 
prevede al 1� comma che �Per aggiudicare gli appalti, le amministrazioni aggiudicatrici/
gli enti aggiudicatori applicano le procedure nazionali adattate 
ai fini della presente direttiva�. 
E nella specie il nostro legislatore � intervenuto con il cit. d.lgs. 208/2011. 
Alla stregua di quanto previsto nel comma 1 dell�art. 33 di tale d.lgs.: 
a) la regola generale � nel senso che il codice dei contratti pubblici di cui 
al d.lgs. 163/2006 si applica anche �ai contratti pubblici aggiudicati nei settori 
della difesa e della sicurezza�; 
b) in via di eccezione, l�intera disciplina contenuta nel codice non si applica:
� ai contratti - indicati nell�art. 2 del d.lgs. 208/2011 - �aventi per oggetto: 
a) forniture di materiale militare e loro parti, di componenti o di sottoassiemi; 
b) forniture di materiale sensibile e loro parti, di componenti o di 
sottoassiemi; c) lavori, forniture e servizi direttamente correlati al materiale 
di cui alla lettera a), per ognuno e per tutti gli elementi del suo ciclo di vita; 
d) lavori, forniture e servizi direttamente correlati al materiale di cui alla lettera 
b), per ognuno e per tutti gli elementi del suo ciclo di vita; e) lavori e 
servizi per fini specificatamente militari; f) lavori e servizi sensibili�; 
264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
� ai c.d. contratti �esclusi� elencati all�art. 6 dello stesso decreto legislativo 
208/2011 (vale a dire: con riguardo �ai contratti disciplinati da: a) norme 
procedurali specifiche in base a un accordo o intesa internazionale conclusi 
tra l'Italia e uno o pi� Stati membri, tra l'Italia e uno o pi� Paesi terzi o tra 
l'Italia e uno o pi� Stati membri e uno o pi� Paesi terzi; b) norme procedurali 
specifiche in base a un accordo o intesa internazionale conclusi in relazione 
alla presenza di truppe di stanza e concernenti imprese stabilite nello Stato 
italiano o in un Paese terzo; c) norme procedurali specifiche di un'organizzazione 
internazionale che si approvvigiona per le proprie finalit�; non si applica 
altres� a contratti che devono essere aggiudicati da una stazione appaltante 
appartenente allo Stato italiano in conformit� a tali norme� oltre che �a) ai 
contratti nel settore della difesa, relativi alla produzione o al commercio di 
armi, munizioni e materiale bellico di cui all'elenco adottato dal Consiglio 
della Comunit� europea con la decisione 255/58, che siano destinati a fini specificatamente 
militari e per i quali lo Stato ritiene di adottare misure necessarie 
alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza; b) ai contratti per 
i quali l'applicazione delle disposizioni del presente decreto obbligherebbe lo 
Stato italiano a fornire informazioni la cui divulgazione � considerata contraria 
agli interessi essenziali della sua sicurezza, previa adozione del provvedimento 
di segretazione; c) ai contratti per attivit� d'intelligence; d) ai contratti 
aggiudicati nel quadro di un programma di cooperazione basato su ricerca e 
sviluppo, condotto congiuntamente dall'Italia e almeno uno Stato membro per 
lo sviluppo di un nuovo prodotto e, ove possibile, nelle fasi successive di tutto 
o parte del ciclo di vita di tale prodotto. Dopo la conclusione di un siffatto 
programma di cooperazione unicamente tra l'Italia e uno o altri Stati membri, 
gli stessi comunicano alla Commissione europea l'incidenza della quota di ricerca 
e sviluppo in relazione al costo globale del programma, l'accordo di ripartizione 
dei costi nonch�, se del caso, la quota ipotizzata di acquisti per 
ciascuno Stato membro; e) ai contratti aggiudicati in un paese terzo, anche 
per commesse civili, quando le forze operano al di fuori del territorio dell'Unione, 
se le esigenze operative richiedono che siano conclusi con operatori 
economici localizzati nell'area delle operazioni; a tal fine sono considerate 
commesse civili i contratti diversi da quelli di cui all'articolo 2; f) ai contratti 
di servizi aventi per oggetto l'acquisto o la locazione, quali che siano le relative 
modalit� finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti 
diritti su tali beni; g) ai contratti aggiudicati dal governo italiano a 
un altro governo e concernenti: 1) la fornitura di materiale militare o di materiale 
sensibile; 2) lavori e servizi direttamente collegati a tale materiale; 3) 
lavori e servizi per fini specificatamente militari, o lavori e servizi sensibili; 
h) ai servizi di arbitrato e di conciliazione; i) ai servizi finanziari, ad eccezione 
dei servizi assicurativi; l) ai contratti d'impiego; m) ai servizi di ricerca e sviluppo 
diversi da quelli i cui benefici appartengono esclusivamente all'ammi- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 265
nistrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore perch� li usi nell'esercizio della 
sua attivit�, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita 
da tale amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore�; 
c) infine, come si � sopra detto, il 3� comma del cit. art. 33, modificando 
l�art. 17 del codice dei contratti (d.lgs. 163/2006), prevede una facolt� di deroga, 
espressamente limitata alle sole norme dello stesso codice �relative alle 
procedure di affidamento�: tale facolt� di deroga pu� essere esercitata unicamente 
�a) per i contratti al cui oggetto, atti o modalit� di esecuzione � attribuita 
una classifica di segretezza; b) per i contratti la cui esecuzione deve 
essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, in conformit� a disposizioni 
legislative, regolamentari o amministrative�. 
Come si vede, anche alla stregua della previsione contenuta nell�art. 25 
della direttiva 2009/81/CE, la disciplina base cui occorre fare capo � quella 
dettata dal nuovo art. 17 del codice dei contratti (d.lgs. 163/2006), nel testo 
risultante dalla modifica recata dall�art. 33 d.lgs. 208/2011. 
Si � gi� detto supra - al punto 3 della presente nota - che l�indicata norma 
pu� trovare applicazione nella fattispecie: sotto ambedue le ipotesi considerate 
alle lettere a) e b). 
Si ripete: il servizio di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali 
di cui necessitano gli apparati giudiziari e le Procure si connota di particolari 
�peculiarit�� e di pregnanti �aspetti di delicatezza e segretezza�: e 
richiede - per usare le parole del Consiglio di Stato - �speciali misure di sicurezza 
e segretezza e particolari modalit� di affidamento�. 
Si � visto supra - nel ricordato punto 3 della presente nota - che effettivamente 
negli appalti in questione gli aspetti relativi alla sicurezza non appaiono 
scindibili dagli altri e non � possibile stabilire a priori ed in via preventiva 
quali tipi di informazione si acquisiranno nel corso delle intercettazioni 
(avendo esse, per loro natura, oggetto e persona �incerti� e non definiti n� definibili 
preventivamente: e ben potendo acquisirsi dati sensibili, anche concernenti 
atti classificati o atti, comunque, coperti da segreti - d�indagine, 
professionale o di altra natura - espressamente tutelati dalla legge). 
Una volta affermata l�applicabilit� della disciplina derogatoria fissata dal 
nuovo articolo 17, � necessario, ovviamente, assolvere scrupolosamente gli 
oneri di motivazione e di giustificazione ivi previsti. 
9) � opportuno evidenziare, tuttavia, che la suddetta norma non impone 
all�amministrazione alcun obbligo di discostarsi dalle ordinarie regole del codice 
�relative alle procedure di affidamento�: la norma conferisce, invece, 
all�amministrazione un potere funzionale, che va esercitato apprezzando e valutando 
con scrupolo se ed in che limiti sia opportuno nell�interesse pubblico 
derogare alle procedure ordinarie. 
La Scrivente ritiene che nell�ambito di tali doverosi apprezzamenti debba 
darsi rilevante peso agli impegni in precedenza assunti con la Commissione e 
266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
di cui ha riferito il Dipartimento delle politiche europee. Nella scelta delle 
concrete deroghe alle procedure di affidamento dovrebbe venirsi incontro nel 
massimo grado possibile ai desiderata dei servizi della Commissione: e, 
quindi, - in conformit� al suggerimento del suddetto Dipartimento - la scelta 
dovrebbe farsi ricadere, quanto meno, su �una procedura negoziata con pubblicazione 
di un bando di gara� (quale ora disciplinata dall�art. 17, commi 2 
e ss. d.lgs. 208/2011). 
In ogni caso si ribadisce che le specifiche deroghe debbono essere compiutamente 
giustificate e motivate: seguendo al riguardo le indicazioni e i suggerimenti 
formulati dal Dipartimento per le politiche europee e, quindi, 
esplicitando in modo esaustivo le ragioni che dimostrino che �negli appalti 
in questione gli aspetti relativi alla sicurezza non siano scindibili da quelli 
che non rivestono le stesse esigenze�. 
Va evidenziato altres� che l�art. 17 del codice dei contratti (d.lgs. 163/2006) 
prevede che anche la formale �dichiarazione� relativa al fatto che �i lavori, i 
servizi e le forniture� sono �eseguibili con speciali misure di sicurezza� debba 
essere espressamente motivata e che anche la stessa �individua(zione)� di tali 
�speciali misure di sicurezza� debba essere effettuata �nel predetto provvedimento�; 
come pure - e vi si fa cenno per l�ipotesi in cui si voglia giustificare 
la deroga con richiamo a ragioni di segretezza sussumibili nella lettera a) dello 
stesso art. 17 del codice - � necessario che anche l�attribuzione delle �classifiche 
di segretezza� avvenga �con provvedimento motivato�. 
Ovviamente vanno eseguiti in modo puntuale e rigoroso gli adempimenti 
e passaggi procedimentali �minimi� ed indefettibili imposti dai commi 4 e 5 
dello stesso art. 17 del codice: sicch�, ove codesta amministrazione - disattendendo 
il ricordato �suggerimento� del Dipartimento per le politiche europee - 
intenda procedere a �gara informale�, ad essa debbono essere �invitati almeno 
cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in 
relazione all'oggetto del contratto e sempre che la negoziazione con pi� di un 
operatore economico sia compatibile con le esigenze di segretezza e sicurezza�. 
Va soggiunto, inoltre, che nel contratto - ai sensi del comma 3� del nuovo 
art. 17 del codice dei contratti d.lgs. 163/2006 - va espressamente inserita la 
previsione che gli �operatori economici� chiamati ad eseguirlo debbono essere 
�in possesso dei requisiti previsti dal presente codice e del nulla osta di sicurezza, 
ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 42, comma 1-bis, della legge n. 
124 del 2007�. 
II - Con un secondo quesito, Codesto Dipartimento chiede se la �gara 
possa essere affidata per lotti territorialmente distinti ed, eventualmente, per 
differenti tipologie di servizi�. 
� nozione di comune esperienza che le tecniche di acquisto centralizzato 
contribuiscono ad aumentare la concorrenza e ad ottimizzare gli acquisti: sicch�, 
in via di principio ed in termini generali - salve ragioni particolari, peraltro 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 267
qui non esternate, che inducano a valutazioni di segno diverso -, � buona regola 
effettuare un�unica gara. 
Nella specie, inoltre, la legge 244/2007, all�art. 2, comma 82 - significativamente 
rubricato �Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, 
ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica� 
- sembra imporre siffatta soluzione: ivi si prevede, invero, che �Il Ministero 
della giustizia provvede entro il 31 gennaio 2008 ad avviare la realizzazione 
di un sistema unico nazionale, articolato su base distrettuale di corte d'appello, 
delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione 
informatica o telematica disposte o autorizzate dall'autorit� giudiziaria, 
anche attraverso la razionalizzazione delle attivit� attualmente svolte dagli 
uffici dell'amministrazione della giustizia.�. 
Resta ancora da dire che la suddivisione in pi� lotti sotto la soglia comunitaria, 
ove non sia giustificata da esigenze obiettive, pu� essere apprezzata quale 
elusione della normativa comunitaria: con conseguente illegittimit� degli atti. 
III - Quanto alla possibilit� di procedere all��acquisizione di tali servizi 
in modalit� forfettaria in modo da evitare che la quantificazione del dovuto 
dipenda da operazioni di fatturazione per ogni singola operazione di intercettazione 
e per singolo procedimento� non si ravvisano particolari ostacoli 
normativi: tale soluzione appare praticabile in un contesto - quale quello riferito 
nella nota che si riscontra - contrassegnato dalla circostanza che codesta 
amministrazione possiede gi� �dati statistici sufficientemente consolidati in 
ordine al numero dei bersagli, al loro tasso di incremento annuale nonch� alla 
durata media di ogni singola operazione tecnica per ciascuna delle opzioni 
investigative che il P.M. intenda utilizzare (intercettazioni telefoniche, ambientali, 
informatiche, telematiche, attivit� di videosorveglianza, etc.)�, sicch� 
appaiono sussistere i presupposti fattuali per fissare un equilibrato dosaggio 
del corrispettivo erogabile in relazione alle varie tipologie di intercettazioni. 
Sulle questioni di massima trattate nella presente consultazione � stato 
sentito il Comitato consultivo: che nella seduta del 25 maggio 2012 si � 
espresso in conformit�. 
Sul patrocinio dell�Avvocatura dello Stato nel caso di conflitto di interessi 
tra Regioni ed enti autorizzati ex art. 43 R.D. 1611/33. 
(Parere prot. 237302 del 13 giugno 2012, AL 14274/12, avv. MARINA RUSSO) 
Con la nota in riferimento, l�Avvocatura Distrettuale in indirizzo ha richiesto 
alla Scrivente di esprimersi in relazione alla possibilit� - in presenza 
268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
di una situazione di conflitto di interessi fra Regioni ed enti autorizzati a valersi 
del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato ex art. 43 comma 1 del R.D. 1611/33 
- di limitare l�esclusione degli enti dal patrocinio stesso, a mente del comma 
3 dell�art. 43 cit., ai soli casi di conflitto di interessi con le Regioni a patrocinio 
necessario. 
L�Avvocatura Distrettuale ha inoltre prospettato, per l�eventualit� in cui 
al quesito venisse data risposta negativa, la possibilit� di ipotizzare un intervento 
normativo chiarificatore. 
Tutto ci� premesso, la Scrivente ritiene che al quesito debba darsi risposta 
negativa, per le ragioni che qui di seguito si illustreranno, mentre un intervento 
normativo non appare necessario. 
Come noto, la legge deve essere interpretata secondo �il senso fatto palese 
dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla 
intenzione del legislatore� (art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale). 
Prendendo le mosse dal dato testuale, si osserva che l�art. 43 comma 3 
non reca riferimento alcuno al tipo di patrocinio fruito dalle Regioni, sicch� 
nulla autorizza, sul piano dell�interpretazione letterale, a ritenere una limitazione 
della portata della norma che si fondi sul regime di rappresentanza e difesa 
in giudizio della Regione. 
Tale limitazione non sembra giustificarsi neppure sul piano costituzionale 
atteso che, mentre gli enti sono, per loro natura, portatori di interessi settoriali, 
le Regioni esprimono invece interessi di portata pi� generale. 
Sembra, peraltro, che neppure gli elementi, pur interessanti, individuati 
a livello sistematico dall�Avvocatura in indirizzo forniscano assoluta certezza 
in relazione alla volont� del legislatore di limitare l�esclusione del patrocinio 
degli enti ai soli casi di conflitto con Regioni a patrocinio necessario. 
Si rammenta, in proposito, che l�Avvocatura Distrettuale di Cagliari ravvisa 
nella collocazione della norma di cui all�art. 43 comma 3 un indizio dell�intenzione 
del legislatore nel senso di cui si � detto sopra, affermando che: �� la 
collocazione sistematica della norma che ha introdotto il citato terzo comma 
dell�art. 43 (art. 11 l. 3 aprile 1979 n. 103) dopo la norma che ha regolato il 
patrocinio necessario delle regioni (art. 10 l. 103), potrebbe portare a ritenere 
che l�esclusione del patrocinio in favore degli enti autorizzati nel caso di conflitto 
con le regioni si riferisca appunto, al conflitto con le regioni godenti del 
patrocinio necessario, e non a quelle che solo sporadicamente si avvalgono 
dell�opera dell�Avvocatura (cfr art. 107 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616)�. 
L�argomento, tuttavia, non convince del tutto, atteso che - all�epoca dell�introduzione 
del patrocinio necessario delle Regioni a Statuto ordinario (art. 
10 l. 103/79) - il patrocinio facoltativo delle stesse era gi� previsto (art. 107 
del D.P.R. 616/77), n� l�introduzione del primo ha determinato l�abrogazione 
del secondo (Cass. SS.UU. 1672/82). 
Ne discende che, ove il legislatore avesse effettivamente inteso differen- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 269
ziare la disciplina del patrocinio in situazioni di conflitto d�interesse fra enti a 
patrocinio autorizzato e Regioni, regolamentandolo in base al tipo di rappresentanza 
e difesa utilizzata da queste ultime, ben avrebbe potuto e dovuto farlo 
espressamente, atteso che ambedue le categorie di patrocinio (facoltativo e 
necessario) erano presenti nell�ordinamento nel momento in cui si � legiferato 
sul suddetto conflitto di interesse. 
Pertanto - in mancanza tanto di un riferimento testuale, quanto di un fondamento 
costituzionale nonch� di un sicuro indice dell�intenzione del legislatore 
di circoscrivere l�esclusione del patrocinio degli enti ai soli casi di 
conflitto con le Regioni a patrocinio obbligatorio - si ritiene che la correttezza 
dell�interpretazione dell�art. 43 comma 3 prospettata da codesta Avvocatura 
rimanga quanto meno dubbia. 
In ragione di tale incertezza, � senz�altro preferibile, in situazioni di conflitto 
di interesse fra un ente a patrocinio autorizzato ed una qualsiasi Regione, 
indipendentemente dal tipo di patrocinio di cui fruisce la Regione stessa e ferma 
restando la necessit� di valorizzare il ruolo di mediazione dell�Avvocatura per 
la composizione del conflitto, declinare comunque il patrocinio dell�ente, onde 
non esporlo alle conseguenze che deriverebbero dal difetto di rappresentanza 
processuale. Ci�, del resto, � quanto opportunamente praticato dall�Avvocatura 
distrettuale in indirizzo nel caso di specie che ha suscitato il quesito. 
Le considerazioni esposte sopra inducono altres� a ritenere non necessaria 
la sollecitazione di un intervento normativo nel senso prospettato dall�Avvocatura 
in indirizzo. 
Sulla questione � stato sentito, nella seduta dell�8 giugno 2012, il Comitato 
Consultivo, che si � espresso in conformit�. 
In materia di adeguamento dei prezzi ai sensi dell�art. 115 del decreto legislativo 
12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici). 
(Parere prot. 262536 del 2 luglio 2012, AL 37612/10, dott. DORIAN DE FEIS) 
Con la nota in riscontro, codesta Agenzia ha richiesto alla Scrivente un 
parere in ordine alle seguenti questioni: 
1) Se, in relazione al disposto di cui all�art. 115 del decreto legislativo 12 
aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice dei contratti pubblici), ai sensi del quale �tutti 
i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture 
debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione 
viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili 
dell�acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all�articolo 7, 
270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
comma 4, lettera c) e comma 5�, sia necessaria, ai fini della nascita dell�obbligo, 
in capo alla Pubblica Amministrazione appaltante, di svolgere l'attivit� 
istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento 
del compenso revisionale, apposita istanza, da parte della impresa 
affidataria del servizio, di adeguamento dei corrispettivi, ovvero se l�istruttoria 
di cui al citato art. 115 debba essere avviata d�ufficio dalla stazione appaltante. 
2) Se sia legittimo prevedere nel contratto specifiche modalit� di presentazione 
dell�istanza. 
3) Se possa considerarsi legittima l�istanza di adeguamento dei corrispettivi 
presentata dall�impresa affidataria del servizio successivamente alla scadenza 
del contratto o, comunque, con riferimento a prestazioni gi� eseguite. 
4) Se sia corretto il calcolo dell�adeguamento operato sulla base del c.d. 
indice F.O.I., in caso di mancata pubblicazione, da parte dell�I.STAT., dei dati 
relativi all�andamento dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquistati 
dalle Pubbliche Amministrazioni. 
5) Se l�adeguamento dei prezzi vada calcolato facendo decorrere il relativo 
intervallo inflazionistico dalla stipula del contratto ovvero dalla presentazione 
dell�offerta e, nel primo caso, se il termine finale di tale intervallo 
debba coincidere con il mese in cui � stata presentata l�istanza o con quello in 
cui � avvenuta la stipula del contratto. 
Attesa la rilevanza generale delle questioni prospettate, questa Avvocatura 
ha provveduto ad acquisire la posizione dell�Ufficio Legislativo del Ministero 
delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell�Autorit� per la Vigilanza sui Contratti 
Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture. 
1) Con riferimento al primo quesito, si osserva quanto segue. 
Come noto, in materia di appalti pubblici di servizi e forniture, l�ordinamento 
prevede che i contratti ad esecuzione periodica e continuativa debbano 
contenere obbligatoriamente una clausola di revisione periodica del prezzo. 
�, altres�, stabilito che la revisione sia il risultato di una istruttoria condotta 
dai dirigenti responsabili sulla base dei dati raccolti e resi pubblici, semestralmente, 
dall'I.STAT. ed, annualmente, dall'Osservatorio dei contratti 
pubblici (art. 115 del decreto legislativo cit., che, sul punto, ha recepito il contenuto 
dell�art. 6, quarto comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537). 
Come ricordato da codesta Agenzia, la natura imperativa della norma determina 
la nullit� delle clausole contrattuali difformi e l�inserimento automatico 
della clausola revisionale nei contratti ad esecuzione continuativa e periodica 
(artt. 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile; cfr., sul punto, Consiglio 
di Stato, Sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709; Consiglio Stato, Sez. V, 20 agosto 
2008, n. 3994; T.A.R. Lazio � Roma, Sez. I, 2 aprile 2009, n. 3571). 
La disposizione in commento ha inteso introdurre il principio della automatica 
revisione dei prezzi nei contratti pubblici ad esecuzione continuata o 
periodica, anche a prescindere da una espressa previsione di tale riconosci- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 271
mento nello specifico regolamento contrattuale, al fine di tutelare l�interesse 
pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori non subisca, 
col tempo, una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi 
dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata, con 
conseguente incapacit� dell�impresa appaltatrice di far fronte compiutamente 
alle stesse prestazioni, e per assicurare un costante equilibrio tra le prestazioni 
dedotte in contratto, in modo da mantenere inalterato il c.d. sinallagma contrattuale, 
che potrebbe essere compromesso dalla durata del contratto e dalla 
modifica dell'andamento dei prezzi che nel frattempo dovesse verificarsi. 
La previsione di un meccanismo di revisione del prezzo di un appalto di 
durata su base periodica dimostra, quindi, che la legge ha inteso munire i contratti 
di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti 
la definizione di un �nuovo� corrispettivo per le prestazioni oggetto del 
contratto riferito alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale 
di riferimento, con beneficio di entrambi i contraenti, poich� l�appaltatore vede 
ridotta, anche se non eliminata, l�alea propria dei contratti di durata, e la stazione 
appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento di una prestazione 
divenuta onerosa. 
Premesso quanto sopra, � di indubbia rilevanza stabilire se sia necessaria, 
al fine di ottenere la revisione del prezzo del contratto, un�apposita istanza 
dell�impresa interessata, ovvero se la stazione appaltante debba procedere d�ufficio, 
qualora ravvisi l�esistenza dei presupposti onde pervenire all�adeguamento 
del prezzo. 
Infatti, se si afferma che l�obbligo di provvedere alla revisione dei prezzi 
da parte dell'Amministrazione appaltante sorga solo in seguito ad una specifica 
istanza di parte volta al riconoscimento del compenso revisionale, mancando 
la dimostrazione di tale presupposto, l�impresa affidataria del servizio non potr� 
in alcun caso agire in giudizio al fine di ottenere l�adeguamento del prezzo. 
Sul punto, l�Autorit� per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, 
Servizi e Forniture ha affermato, testualmente, quanto segue: �trattandosi di 
diritto che ha titolo direttamente dalla legge, il diritto alla revisione dei prezzi 
sussiste in capo all�appaltatore prima, e indipendentemente, dalla istanza rivolta 
all�amministrazione, istanza che ne costituisce semplicemente la modalit� 
di esercizio. Alla luce di tale considerazione, si deve ritenere che 
l�amministrazione possa procedere all�istruttoria di cui all�art. 115 anche in 
assenza dell�istanza dell�appaltatore derivando l�obbligo di revisione dei 
prezzi direttamente dalla norma di legge�. 
L�Ufficio Legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha, 
invece, espresso questa posizione: �con riferimento al primo ed al secondo 
quesito, le modalit� di presentazione dell�istanza di revisione da parte dell�appaltatore, 
in assenza di specifiche disposizioni fissate al riguardo, sembra 
possano essere fissate a livello contrattuale, sempre che non risultino parti- 
272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
colarmente gravose per l�esecutore del contratto�. 
Preso atto della posizione assunta dalle Amministrazioni interpellate, la 
Scrivente ritiene debba distinguersi a seconda che la variazione dei costi sostenuti 
dall�impresa appaltatrice sia in aumento ovvero in diminuzione. 
Qualora si registri un aumento dei costi dei fattori della produzione idonei 
ad incidere sulla percentuale di utile originariamente stimata dall�impresa, si 
ritiene che l'attivazione del procedimento amministrativo nel quale svolgere 
l'attivit� istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per 
il riconoscimento del compenso revisionale non possa che conseguire, necessariamente, 
ad istanza del soggetto interessato a mantenere inalterato il c.d. 
sinallagma contrattuale, ovvero l�impresa affidataria del servizio (sul punto, 
T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, 1� luglio 2008, n. 6506). 
Nella diversa ipotesi in cui si registri una diminuzione dei costi sostenuti 
dall�impresa appaltatrice per l�esecuzione della prestazione, poich� in tal caso 
a beneficiare dell�istituto della revisione dei prezzi sar� la stessa stazione appaltante, 
la procedura potr� essere avviata d�ufficio dall�Amministrazione (cfr., 
in tal senso, il punto 2.7 della Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei 
Trasporti 4 agosto 2005, n. 871, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell�11 
agosto 2005, n. 186). 
In tal caso, il responsabile del procedimento dovr� accertare, con proprio 
provvedimento, il credito dell�Amministrazione appaltante e procedere ad 
eventuali recuperi. 
2) Con riguardo al secondo quesito, si osserva che la pi� recente giurisprudenza 
amministrativa ha ritenuto legittima la clausola, apposta nel capitolato di 
oneri e di servizio, che specifichi le modalit� di presentazione della suddetta 
istanza (sia relativamente alla tempistica - nel caso di specie, entro la scadenza 
di ogni periodo contrattuale annuale - sia quanto alle modalit� di spedizione 
dell�istanza, ad esempio esigendo il mezzo della raccomandata con ricevuta di 
ritorno), in quanto risponde alla ragionevole e concreta esigenza di certezza 
della Pubblica Amministrazione senza incidere in alcun modo sulla consistenza 
del diritto dell'impresa, determinandone unicamente una modalit� di esercizio. 
Sul punto, si � significativamente affermato che �escludere che l'Amministrazione 
possa disciplinare i tempi e le forme richiesti per l'esercizio del diritto 
in parola, peraltro nella consapevolezza e con il consenso della controparte 
privata (dotata peraltro di specifica competenza, data la sua qualit� di "imprenditore"), 
significherebbe porre un limite alla volont� contrattuale da un 
lato privo di concrete giustificazioni, anche nella prospettiva dell'interesse pubblico, 
e, dall'altro lato, inutilmente penalizzante per le esigenze della stazione 
appaltante� (sul punto, T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III, 15 ottobre 2009, n. 2299, 
confermata da Consiglio di Stato, Sez. V, 6 ottobre 2010, n. 7331). 
Conclusivamente, appare del tutto legittima, in conformit� al citato orientamento 
giurisprudenziale, la clausola del capitolato di oneri di servizio che 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 273
preveda che l�istanza di adeguamento dei corrispettivi ex art. 115 del Codice 
dei contratti pubblici, da parte dell�impresa che vi abbia interesse, sia trasmessa 
alla stazione appaltante a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, 
con possibilit�, da parte della stazione appaltante medesima, di 
prevedere un termine di decadenza (convenzionale) entro il quale la suddetta 
istanza possa essere presentata, purch� tale termine non renda eccessivamente 
difficile od oneroso, all�impresa affidataria, l�esercizio del diritto in parola, 
secondo quanto statuito dall�art. 2965 c.c. 
Dello stesso tenore le posizioni assunte, sul punto, dalle Amministrazioni 
interpellate. 
In particolare, secondo quanto prospettato dall�Autorit� di Vigilanza sui 
Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, le modalit� di presentazione 
dell�istanza �possono essere disciplinate nel contratto, purch� le prescrizioni 
(modi e tempi) ivi indicate non costituiscano delle condizioni decadenziali�. 
3) Con riguardo al terzo quesito prospettato a questo Legale Ufficio, si 
ritiene che l�istanza di adeguamento dei corrispettivi possa essere presentata, 
dall�impresa affidataria del servizio, in linea di principio, anche successivamente 
alla scadenza del contratto, purch� entro il termine di prescrizione stabilito 
per le prestazioni che devono essere rese in modo periodico, e quindi 
nel termine di prescrizione quinquennale dettato dall�art. 2984, n. 4), del codice 
civile (Consiglio di Stato, Sez. III, 19 luglio 2011, n. 4362). 
Ci�, in primis, in quanto, come sopra ricordato, lo scopo primario dell�istituto 
disciplinato dall�art. 115 del c.d. Codice dei contratti pubblici � individuato 
anche nel rendere attuale, nell�interesse dell�appaltatore, il prezzo 
contrattuale in base al variare del costo della vita, qualora quest�ultimo superi 
un certo limite di tollerabilit�, perseguendo, pertanto, la finalit� di assicurare 
un costante equilibrio tra le prestazioni dedotte in contratto, in modo da mantenere 
inalterato il c.d. sinallagma contrattuale, che potrebbe essere compromesso 
dalla durata del contratto e dalla modifica dell'andamento dei prezzi 
che nel frattempo dovesse verificarsi. 
La richiesta di revisione potr�, pertanto, essere formulata dalla parte interessata 
anche dopo la scadenza del contratto, allorquando la variazione in 
aumento dei costi sostenuti dall�impresa per il corretto espletamento della prestazione 
sia avvenuta durante la vigenza del contratto (secondo quanto chiarito 
da Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994), perch�, in tal caso, 
permane l�esigenza di mantenere inalterato il c.d. sinallagma contrattuale. 
Nello stesso senso, con riguardo a tale ultimo punto, la posizione espressa 
dall�Ufficio Legislativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, secondo 
il quale �sembrerebbe che la pretesa alla revisione dei prezzi [successivamente 
alla scadenza del contratto o, comunque, riferita a prestazioni gi� 
eseguite] sia da considerarsi legittima, sulla base delle pronunce di giustizia 
amministrativa che connotano come diritto soggettivo la suddetta pretesa�. 
274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
Conforme � la posizione manifestata dall�Autorit� di Vigilanza sui Contratti 
Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture: �non pu� ritenersi decaduto dal 
diritto alla revisione dei prezzi l�appaltatore che avanzi istanza dopo la scadenza 
del contratto da cui, secondo costante giurisprudenza, non pu� neppure 
farsi derivare l�acquiescenza dell�appaltatore (Consiglio di Stato, sez. V, 20 
agosto 2008, n. 3994; TAR Piemonte Torino, sez. I, 12 maggio 2010, n. 2378)�. 
Come gi� chiarito, tuttavia, l�istanza di adeguamento dei corrispettivi 
potr� essere presentata, dall�impresa affidataria del servizio, in linea di principio, 
anche successivamente alla scadenza del contratto, purch� entro il termine 
di prescrizione stabilito per le prestazioni che devono essere rese in modo 
periodico, e quindi nel termine di prescrizione quinquennale dettato dall�art. 
2984, n. 4), del codice civile. 
Ci� in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la natura 
imperativa della disposizione di cui all�art. 115 del c.d. Codice dei contratti 
pubblici, tale da imporre l�inserimento della relativa clausola nei contratti 
ad esecuzione periodica o continuativa � anche modificando ed integrando, 
come gi� osservato, la difforme volont� delle parti ai sensi dell�art. 1339 del 
codice civile � non conduce a configurare i rispettivi crediti come diritti soggettivi 
indisponibili, in quanto tali sottratti al regime prescrizionale (sul punto, 
cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 15 luglio 2011, n. 4329, il quale ha chiarito 
che � � il diritto alla revisione si prescrive, per ciascun rateo del corrispettivo 
contrattuale, a decorrere dal termine di pagamento del rateo stesso, cos� come 
si prescriverebbe il diritto al pagamento del rateo, se questo non venisse pagato, 
ovvero il diritto all�integrazione, se il rateo venisse pagato in un importo 
inferiore a quello contrattualmente dovuto. E poich� il diritto al pagamento 
dei singoli ratei � soggetto a prescrizione quinquennale, questo � il termine 
da applicare anche al diritto di chiedere la revisione�). 
4) Circa il quarto quesito, si ritiene del tutto legittima la revisione dei 
prezzi d�appalto operata sulla base dell'indice di variazione dei prezzi per le 
famiglie di operai ed impiegati (c.d. �indice F.O.I.�), mensilmente pubblicato 
dall'I.STAT., in assenza della pubblicazione, da parte dello stesso I.STAT. o 
della Sezione Centrale dell�Osservatorio dei Contratti Pubblici (cui l�art. 115 
del c.d. Codice dei contratti pubblici demanda l�individuazione dei costi standardizzati 
per tipo di servizio in relazione a specifiche aree territoriali) della 
rilevazione ed elaborazione dei costi dei principali beni e servizi acquisiti dalle 
Pubbliche Amministrazioni, mentre non sembra ammissibile l�utilizzo di diversi 
criteri (come le tabelle ministeriali sul costo orario di lavoro ovvero i 
bollettini delle singole associazioni imprenditoriali) e ci� per la fondamentale 
ragione che la variazione dei costi non deve essere parametrata al variare dei 
costi nel settore, in quanto la finalit� dell�istituto � quella di ancorare il prezzo 
contrattuale alla soglia qualificata di inflazione. 
Con la precisazione, tuttavia, che l�utilizzo del suindicato parametro non 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 275
esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo 
conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria 
determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il 
quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, 
non pu� spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, 
Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2009, n. 3569; Consiglio di Stato, Sez. 
VI, 15 maggio 2009, n. 3003; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008, n. 
3994; Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786). 
In particolare, � stato di recente precisato che l�attivit� istruttoria della 
stazione appaltante deve rivolgersi all�accertamento dei �prezzi del mercato 
dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni�, con 
riferimento specifico all�oggetto del contratto sul quale deve essere operata la 
revisione del prezzo, e che pertanto, ai fini della determinazione del compenso 
revisionale, occorre rilevare eventuali variazioni di prezzo incidenti sul compenso 
con riferimento ad una particolare categoria di consumatori (le Pubbliche 
Amministrazioni) e ad un oggetto o una tipologia della fornitura o del servizio 
coincidenti o assimilabili a quello su cui deve essere operata la revisione. 
Del tutto conformi, sul punto, i pareri espressi dalle Amministrazioni interpellate. 
5) Con riferimento alla quinta ed ultima questione sottoposta all�attenzione 
della Scrivente, si ritiene che l�adeguamento dei prezzi vada calcolato 
facendo decorrere il relativo intervallo inflazionistico dalla presentazione 
dell�offerta, e non dalla stipula del contratto. 
Infatti, se la clausola di revisione periodica dei prezzi nei contratti pubblici 
ha, come gi� osservato, lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della Pubblica 
Amministrazione da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, 
incidendo sulla percentuale di utile stimata, potrebbero indurre l'appaltatore a 
svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a 
quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile 
compromissione degli interessi della Pubblica Amministrazione, appare 
chiaro come la stima dell�appaltatore sulla percentuale di utile derivante dalla 
esecuzione del contratto venga effettuata, in primo luogo, al momento di presentazione 
dell�offerta, essendo questo il momento in cui lo stesso valuta i costi 
da sostenere, e, in base a questi, formula l�offerta stessa. 
Ci� risulta avvalorato dall�orientamento dominante della Corte di cassazione, 
secondo cui �in tema di revisione dei prezzi di appalto di opera pubblica, 
i prezzi correnti durante l�esecuzione dell�opera vanno confrontati con 
quelli correnti alla data di presentazione dell�offerta; pertanto, deve farsi riferimento 
non gi� alla tabella nota alla data dell�offerta e riguardante prezzi 
correnti in un periodo anteriore, bens� alla tabella che riproduce i prezzi relativi 
al momento in cui l�offerta � stata effettuata, ancorch� tale tabella sia 
stata redatta e resa pubblica solo successivamente� (cfr., ex multis ed a mero 
276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012
titolo esemplificativo, Corte di cassazione, I Sezione Civile, 25 febbraio 2004, 
n. 3726; Corte di cassazione, I Sezione Civile, 11 marzo 1995, n. 2822; cfr., 
altres�, Commissione ministeriale ricorsi prezzi opere pubbliche del 9 luglio 
2002: �Ai fini del calcolo del compenso revisionale, il momento di riferimento 
iniziale continua ad essere la data dell�offerta allorch� il sistema di aggiudicazione 
prescelto non prevede come atto terminale del procedimento l�aggiudicazione 
oppure quando sono intercorsi pi� di sei mesi tra l�offerta e 
l�aggiudicazione� ). 
Tale impostazione sembra coerente, peraltro, con quanto statuito dal Consiglio 
di Stato, il quale ha affermato che �scopo primario della disposizione 
ex art. 6, co. 4, l. 537/1993, come modificato dall'art. 44 l. 724/1994, confermata 
dall'art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, � chiaramente quello di tutelare 
l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli 
appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione 
qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, 
incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di 
formulazione dell'offerta, con conseguente incapacit� del fornitore di far 
fronte compiutamente alle stesse prestazioni� (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 
novembre 2009, n. 6709; negli stessi termini, cfr. T.A.R. Puglia, Lecce Sez. 
II, 9 febbraio 2012, n. 262). 
Anche se soltanto incidentalmente, il Supremo Consesso della Giustizia 
amministrativa fa riferimento a scostamenti di costi che possano verificarsi 
tra il momento in cui l�impresa affidataria del servizio abbia formulato l�offerta 
alla stazione appaltante (essendo questo il momento in cui la stessa valuta i 
costi da sostenere, ed in base a questi formula l�offerta stessa) e la fase successiva, 
nella quale le prestazioni (periodiche o continuative) vengano in concreto 
eseguite. 
Sembra pertanto, sia per ragioni sistematiche e di ordine logico, sia per 
motivi di opportunit� - in relazione al citato orientamento giurisprudenziale - 
valutare l�eventuale innalzamento dei costi che l�impresa deve sostenere ai 
fini dell�espletamento del servizio dal momento della formulazione dell�offerta 
e non da quello - successivo - della stipula del contratto. 
Infine, per ci� che concerne la determinazione dell�intervallo temporale 
su cui calcolare la revisione, si rappresenta che la giurisprudenza amministrativa 
ha affermato il diritto dell�appaltatore al compenso revisionale a partire dalla 
scadenza del primo anno di contratto, in quanto, pur in assenza di una espressa 
indicazione normativa al riguardo, i contratti pubblici ad esecuzione continuata 
o periodica vengono stipulati per pi� annualit�, per cui la revisione va calcolata 
al termine di ogni anno contrattuale (cfr., ex multis, T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. 
II, 29 novembre 2007, n. 4111; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I quater, 2 aprile 
2009, n. 3579; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III quater, 2 marzo 2010, n. 3247). 
Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 277
278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di cui all�art. 26 della legge 3 aprile 1979, n. 103, nella seduta del 15 giugno 
2012, il quale si � espresso in conformit�. 
Competenza Ente Parco Nazionale alla acquisizione gratuita dell�area di 
sedime conseguente all�inottemperanza dell�ordine di riduzione in pristino 
emesso dallo stesso ente. 
(Parere prot. 296245/6 del 21 luglio 2012, AL 47802/11, avv. PAOLO MARCHINI) 
L�Avvocatura in indirizzo riferisce che l�Ente Parco Nazionale del Cilento - 
Vallo di Diano ha richiesto un parere in relazione alla disciplina dell�acquisizione 
gratuita dell�area di sedime conseguente all�inottemperanza dell�ordine di riduzione 
in pristino di opere edilizie abusivamente costruite nell�area del Parco. 
Pi� precisamente, si interroga la scrivente Avvocatura Generale sulla possibilit� 
per l�Ente Parco di acquisire tale area, come avvenuto in precedenti 
casi (1), in virt� del potere di vigilanza sulla conformit� degli interventi eseguiti 
all�interno delle aree la cui salvaguardia gli � attribuita, o se l�acquisizione 
spetti di diritto al patrimonio comunale. 
A parere della Avvocatura Distrettuale la competenza dominicale spetterebbe 
al Comune alla stregua dell�art. 31, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001 
(c.d. �testo unico edilizia�). 
� convinzione di questo G.U. che, nelle ipotesi in cui ricorrano le condizioni 
per l�acquisizione gratuita dell�area per effetto delle violazioni edilizie 
accertate, ai sensi del citato art. 31, la titolarit� spetti all�Ente Parco Nazionale, 
alla stregua dell�evoluto quadro normativo di settore che si va ad illustrare. 
*** 
� 1. L�art. 7, comma 6 della legge n. 47 del 1985 ante testo unico sull�edilizia. 
La legge 28 febbraio 1985 n. 47 recante �Norme in materia di controllo 
dell'attivit� urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere 
edilizie�, pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O., riproduce la 
disposizione contenuta nell'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, 
n. 10, che prevedeva la acquisizione in propriet� dell�area, quale sanzione di 
secondo grado, nel caso di interventi eseguiti in assenza di permessi di costruire, 
di totale difformit� o con variazioni essenziali e di inottemperanza al- 
(1) L�Ente allega la propria ordinanza n. 60/2011, con cui � stata disposta l�acquisizione gratuita 
in proprio favore di opere abusive costruite sul territorio del Parco. Tale ordinanza tuttavia, nel dispositivo, 
richiama non gi� l�art. 31, comma 6, DPR 380/2001, norma che disciplina i casi in cui l�acquisizione 
spetta ad enti diversi dal Comune, bens� il comma 3 del medesimo articolo, relativo ai casi di acquisizione 
del bene e dell�area di sedime al patrimonio comunale.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 279 
l�ordinanza di demolizione emanato dalla Amministrazione cui compete la vigilanza 
sull�osservanza dei vincoli esistenti. In particolare il comma 6 dell�art. 
7 [poi abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza 
indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, 
n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto, e poi ulteriormente 
trasfuso nell'art. 31 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. 
n. 380 del 2001, attualmente vigente], attribuisce la competenza �dominicale� 
(ossia legittimante l�acquisizione in propriet� dell�area) a seconda che il vincolo 
ambientale concorra o meno con altri vincoli di in edificabilit�. 
Recita l�art. 7, rubricato: 
�Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformit� o con variazioni 
essenziali�: 
�Sono opere eseguite in totale difformit� dalla concessione quelle che 
comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso 
per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello 
oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i 
limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di 
esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. 
Il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale 
difformit� dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai 
sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. 
Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello 
stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di 
sedime, nonch� quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, 
alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto 
gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non pu� comunque essere 
superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. 
L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine 
di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo 
per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, 
che deve essere eseguita gratuitamente. 
L'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei 
responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari 
l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti 
con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. 
Per le opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali 
o regionali, a vincolo di inedificabilit�, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza 
all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle 
amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni 
provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino 
dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso 
dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune. 
280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione 
nell'albo comunale, l'elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti 
di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente 
e delle relative ordinanze di sospensione e lo trasmette all'autorit� giudiziaria 
competente, al presidente della giunta regionale e, tramite la competente prefettura, 
al Ministro dei lavori pubblici. 
In caso d'inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione 
della inosservanza delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 4 ovvero 
protrattasi oltre il termine stabilito dal terzo comma del medesimo articolo 4, 
il presidente della giunta regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti 
eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla 
competente autorit� giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale. 
Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di 
condanna per il reato di cui all'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 
1977, n. 10 , come modificato dal successivo articolo 20 della presente legge, 
ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti 
eseguita�. 
Gi� la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 82 del 1991 - in relazione 
alla analoga ipotesi sanzionatoria prevista dall'art. 15, terzo comma, della legge 
28 gennaio 1977, n. 10 - aveva affermato che la gratuita acquisizione al patrimonio 
indisponibile del comune dell'area sulla quale insiste la costruzione 
abusiva rappresenta la reazione dell'ordinamento al duplice illecito posto in 
essere da chi dapprima esegue un'opera abusiva, e poi non adempie all'obbligo 
di demolirla, in conformit� della regola secondo cui "l'ordinamento reagisce, 
oltre che sulle cose costituenti il prodotto dell'illecito, anche su quelle strumentalmente 
utilizzate per commetterlo". 
Secondo il cennato indirizzo della Corte l'acquisizione gratuita dell'area 
non � dunque una misura strumentale, per consentire al comune di eseguire la 
demolizione, n� una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione 
autonoma che consegue all'inottemperanza all'ingiunzione, abilitando poi il 
sindaco ad una scelta fra la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, 
definitivamente gi� acquisito, in presenza di "prevalenti interessi pubblici"; il 
che significa la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti 
con rilevanti interessi urbanistici o paesaggistici. 
� 2. La legge quadro sulle aree protette L. n. 394/1991. 
Con l�intervento della legge n. 394 del 1991 (d�ora in poi �Legge quadro�) 
sono stati introdotti nell�ordinamento giuridico nuovi strumenti: il Programma 
triennale per le aree naturali protette (art. 4); il Regolamento del parco (art. 11); il 
Piano del Parco (art. 12); il Nulla osta (art. 13) ed il Piano pluriennale economico 
e sociale per la promozione delle attivit� compatibili (art. 14). L'intento � quello 
di creare un "sistema organico" per la gestione dei territori sottoposti a tutela.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 281 
Nell'art. 12, titolato "Piano per il Parco", � previsto che il Piano del Parco 
suddivida il territorio, a seconda del diverso grado di protezione, in quattro zone: 
1. Riserve integrali - zone A - "nelle quali l'ambiente naturale � conservato 
nella sua integrit�"; 
2. Riserve generali orientate - zone B - "in cui � vietato costruire nuove 
opere edilizie o ampliare le costruzioni esistenti. Eseguire opere di trasformazione 
del territorio e dove sono consentite le utilizzazioni produttive tradizionali; 
eseguire gli interventi di gestione delle risorse naturali e la 
manutenzione delle opere esistenti"; 
3. Aree di Protezione - zone C - "dove possono continuare secondo gli usi 
tradizionali le attivit� agro-silvo-pastorali, nonch� la pesca e la raccolta di 
prodotti naturali ed � incoraggiata anche la produzione artigianale di qualit�"; 
4. Aree di promozione economica e sociale - zone D - "nelle quali sono 
consentite attivit� compatibili con le finalit� istitutive del parco, finalizzate al 
miglioramento della vita socio-culturale della collettivit� locale ed al miglior 
godimento del parco da parte dei visitatori". 
Quindi fra i nuovi strumenti, il Piano del Parco � quello che riveste maggiore 
importanza in quanto consente di governare e pianificare in maniera pi� 
idonea gli interventi sul territorio. 
La legge quadro n. 394 del 1991 fonda il sistema di tutela delle aree protette 
sugli articoli 29 e 30. 
La prima norma conferisce all'organismo di gestione dell'area naturale 
protetta, in persona del suo legale rappresentante, il potere di disporre l'immediata 
sospensione delle attivit� esercitate in difformit� dal piano, dal regolamento 
o dal nullaosta, e di ordinare la riduzione in pristino o la ricostituzione 
di specie vegetali o animali a spese del trasgressore. 
Sotto il profilo sanzionatorio occorre poi distinguere tra: 
- sanzioni pecuniarie; 
- sanzioni ripristinatorie. 
Le sanzioni pecuniarie sono quelle previste dall'art. 30, secondo comma 
della legge n. 394 del 1991; le sanzioni ripristinatorie sono quelle che tendono 
ad eliminare gli effetti dell'attivit� illecita e consistono: 
- nella riduzione in pristino (demolizione di manufatto abusivo, riempimento 
di cava, eliminazione di rifiuti abusivamente scaricati, con bonifica dell'area); 
- nella ricostituzione di specie vegetali o animali (ad esempio: impianto 
di alberi in zona boschiva distrutta o danneggiata, ripopolamento di un lago). 
Dall�interpretazione letterale si desume l�obbligatoriet� di dette sanzioni 
("ordina") e la loro esclusivit�, atteso che il sintagma "in ogni caso" sembra 
impedire la possibilit� di ricorrere a rimedi sostitutivi in alternativa. 
L'inosservanza delle misure ripristinatorie � disciplinata dall'art. 29, secondo 
comma, che rinvia alla disciplina dell�art. 27 della l. 28 febbraio 1985, 
n. 47, corrispondente all�attuale art. 41 del D.P.R. 380/01, e non contempla
282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
l�acquisizione in propriet� dell�area (2) (che si connette invece, come detto, 
alle specifiche violazioni previste dall�art. 31 del predetto d.p.r.). 
L�assenza di una disciplina, nella legge quadro, della acquisizione in propriet� 
da ineseguito ordine di demolizione promanato dall�Ente Parco, pu� 
agevolmente giustificarsi con il fatto che tale disciplina era gi� contemplata 
dal citato comma 6 dell�art. 7 della legge n. 47/1985, sia nel caso di �monovincolo�, 
sia in quello di �plurivincolo�, sicch� non vi era necessit� di una sua 
rinnovazione. 
� 3. La Legge 9 dicembre 1998 n. 426. 
Con la legge 9 dicembre 1998 n. 426, recante nuovi interventi in campo 
ambientale e pubblicata nella Gazz. Uff. 14 dicembre 1998, n. 291, il legislatore 
pone la prima significativa deroga alla regola generale dettata dal comma 
6 dell�art. 7 della legge n. 47/1985 in tema di competenza �dominicale� nella 
fattispecie di plurivincolo di inedificabilit�. 
Infatti, l�art. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. 
Dispone tale norma: 
�Interventi per la conservazione della natura. 
1. Nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere 
abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, 
e successive modificazioni ed integrazioni, [n.d.r.: ora art. 31 d.p.r. n. 380 del 
2001] si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione. Nelle aree protette 
nazionali, i sindaci sono tenuti a notificare al Ministero dell'ambiente e 
agli Enti parco, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente 
legge, gli accertamenti e le ingiunzioni alla demolizione di cui all'articolo 
7, secondo comma, della citata legge n. 47 del 1985. Il Ministro dell'ambiente 
pu� procedere agli interventi di demolizione avvalendosi delle strutture tecniche 
e operative del Ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione 
stipulata d'intesa con il Ministro della difesa, nel limite di spesa di lire 500 milioni 
per l'anno 1998 e di lire 2.500 milioni a decorrere dall'anno 1999�. 
Il testo non contempla ipotesi di plurivincolo, sicch� esse devono ritenersi 
(2) Art. 29. Poteri dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta. 1. Il legale rappresentante 
dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attivit� in difformit� 
dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attivit� medesima 
ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del 
trasgressore con la responsabilit� solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei 
lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. 2. In caso di inottemperanza all'ordine di riduzione 
in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il legale 
rappresentante dell'organismo di gestione provvede all'esecuzione in danno degli obbligati secondo la 
procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, 
in quanto compatibili, e recuperando le relative spese mediante ingiunzione emessa ai sensi del testo 
unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato 
con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 283 
ricomprese nella competenza dominicale dell�ente parco nazionale. 
� 4. Il Testo Unico sull�edilizia d.P.R. n. 380/2001. 
La questione sembrava definitivamente risolta con riferimento alle aree 
protette nazionali, se non fosse che il legislatore interviene nuovamente in deroga, 
reintroducendo la doppia competenza, segnatamente quella comunale in 
caso di plurivincolo. 
Infatti al comma 6 dell�art. 31 del testo unico sull�edilizia � scritto: 
�Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi 
statali o regionali, a vincolo di inedificabilit�, l'acquisizione gratuita, nel caso di 
inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle 
amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni 
provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello 
stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei 
vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune�. 
� 5. La legge 27 dicembre 2006 n. 296. 
Solo con la legge finanziaria per il 2007 (�Disposizioni per la formazione 
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato�, pubblicata nella Gazz. Uff. 
27 dicembre 2006, n. 299, S.O.) all�art. 1 si deroga ancora - ed allo stato attualmente 
vigente, definitivamente - al testo unico sull�edilizia, attribuendo 
stavolta la competenza dominicale in via principale all�ente parco (ora anche 
regionale) e, solo in via sussidiaria, al Comune. 
Infatti, l�art. 1, comma 1104, dispone ora che �Nelle aree naturali protette 
l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, 
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, (�allo stato 
della legislazione vigente, art. 31, sesto comma, d.p.r. n. 380 del 2001) si verifica 
di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, 
a favore dei comuni. Restano confermati gli obblighi di notifica al 
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, 
delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente 
effettuati, come anche le procedure e le modalit� di demolizione 
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge�. 
La norma citata risolve dunque espressamente il quesito posto dall�Ente 
parco, attribuendo prevalenza al vincolo ambientale rispetto a quello urbanistico 
ed edilizio e disponendo che l�acquisizione della propriet� dell�area, nei 
casi sopra specificati, si realizza a proprio favore. 
Ad avviso di questa Avvocatura l�acquisto opera ope legis allorquando si 
determinano le condizioni di fatto previste dalla norma, in guisa che il provvedimento 
di acquisizione adottato dall�Ente parco ha carattere dichiarativo, 
e non costitutivo. Non di meno, tale provvedimento dovr� essere opportunamente 
trascritto, ai sensi degli artt. 2643 e 2645 c.c., al fine di assicurargli le
284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
debite forme di pubblicit� e di rendere opponibile ai terzi l�acquisto avvenuto. 
La questione � stata esaminata dal Comitato consultivo che si � espresso 
in conformit� nella seduta del 15 giugno 2012. 
Il presente parere � trasmesso anche al Ministero dell�Ambiente e del Territorio 
e del Mare, quale Amministrazione vigilante sugli Enti parco, allo scopo 
di assicurare l�uniforme applicazione della normativa considerata.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
La tracciabilit� dei flussi finanziari. 
Il limite dei mille euro 
Antonio Tallarida* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La tracciabilit� in genere - 3. Tipologie di tracciabilit� dei 
flussi finanziari - 4. La tracciabilit� generale dei movimenti finanziari - 5. La tracciabilit� 
nelle commesse pubbliche - 6. Le leggi del 2010 - 7. Gli elementi essenziali dell'istituto - 8. 
Gli obblighi dei soggetti pubblici - 9. La filiera degli operatori economici - 10. Gli obblighi 
dei soggetti privati - 11. La tracciabilit� attenuata - 12. La tracciabilit� e il Fisco - 13. La digitalizzazione 
della P.A. - 14. Conclusioni. 
1. Premessa. 
Quando nell�estate 2010, con l'approvazione del "Piano straordinario contro 
le mafie" � divenuto di attualit� il tema della tracciabilit� (in inglese, traceability) 
dei flussi finanziari, molti dei non addetti ai lavori hanno pensato 
che si trattava di un nuovo istituto, che si andava ad aggiungere alle altre new 
entry dei nostri giorni: la due diligence, lo spread, la spending review, e cos� 
via, istituti di incerta o poco conosciuta definizione. 
Eppure, di tracciabilit�, come nuova frontiera dei diritti, nel contrasto dell'illegalit�, 
si parlava gi� da vari anni, nei pi� svariati campi. 
2. La tracciabilit� in genere. 
Premesso che per tracciabilit� si intende la possibilit� di acquisire complete 
informazioni circa il procedimento (process chain) attraverso il quale si per- 
(*) Vice Avvocato Generale dello Stato. 
Costituisce il presente scritto la relazione (rielaborata) dell�Autore al convegno �Conformit�, trasparenza 
e controlli nei rapporti con la Pubblica Amministrazione� organizzato da Dexia Crediop 
unitamente ad AICOM - Associazione Italiana Compilance. Convegno tenutosi il 25 giugno 2012.
286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
viene a un prodotto o a un pagamento, si possono ricordare come applicazioni: 
- la tracciabilit� in campo alimentare, in voga ai tempi della mucca pazza 
per i mangimi, della mozzarella blu, del batterio killer e cos� via, di cui all'art. 
18 del Reg. CE 178/2002 e soprattutto all'art. 5 del Reg. CE 852/2004 che ha 
introdotto il sistema di autocontrollo dei punti critici (HACCP), che si coniuga 
con 1'etichettatura (ora ridisciplinata dal Reg. CE 1169 del 25 ottobre 2011) e 
con il sistema di certificazione ISO 25000; 
- la tracciabilit� in campo industriale, dei processi di prodotto, di cui ad 
esempio, in campo farmaceutico, alle direttive 92/25/CEE e 2001/83/CE, nonch� 
al DM 2 agosto 2001 e al successivo DM 15 luglio 2004 istitutivo presso 
l'AIFA della Banca dati centrale di tutte le confezioni di medicinali immessi 
in commercio in Italia, anche questa collegata con l'etichettatura (d.lgs. 24 
aprile 2006, n. 219); 
- la tracciabilit� dei rifiuti, urbani e speciali, che, ai sensi dell'art. 188 bis 
del cod. ambiente, "deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro 
destinazione finale", e che ha portato all'instaurazione di un doppio canale di 
controllo: quello cartaceo (articolato su tre documenti, il Formulario di identificazione, 
il Registro di scarico e carico, il Modello unico di individuazione 
ambientale) e quello informatico imperniato sul SISTRI (che � stato ulteriormente 
rinviato sino al 31 dicembre 2013 dall'art. 52 del d.l. n. 83/2012), gestito 
dal Comando Carabinieri Tutela dell'Ambiente (D.M. 17 dicembre 2009), e 
sul Catasto dei rifiuti (art. 189 cod. amb.), quale strumenti di lotta contro la 
malavita e la illegalit�, purtroppo assai diffuse nel campo della gestione dei 
rifiuti speciali. 
3. Tipologie di tracciabilit� dei flussi finanziari. 
Proprio a questa finalit�, ossia la lotta alla criminalit� organizzata, si ispira 
la tracciabilit� dei flussi finanziari. 
Al riguardo possono distinguersi 
� una tracciabilit� generale dei movimenti finanziari, 
� una tracciabilit� specifica relativa ai contratti pubblici di appalto e 
alle commesse pubbliche, 
� una tracciabilit� attenuata. 
Tutte hanno per denominatore comune i mezzi di pagamento e sono destinate 
ad integrarsi tra loro in modo da costruire una rete di garanzia della legalit� 
dei pagamenti al di sopra dei mille euro. 
4. La tracciabilit� generale dei movimenti finanziari. 
La tracciabilit� generale � disciplinata dal d.lgs. 21 novembre 2007, n. 
231, di recepimento della Terza direttiva antiriciclaggio (2005/60/CE) ed � incentrata 
sul ruolo cardine dell'Unit� di informazione finanziaria (UIF) istituita 
presso la Banca d'Italia e sulla collaborazione attiva e passiva degli interme-
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 287 
diari abilitati e degli altri esercenti attivit� finanziaria. 
Questi infatti hanno l'obbligo di adeguata verifica della clientela, quando 
si instaurano rapporti continuativi o anche occasionali che comportino movimentazione 
di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro 
o in casi sospetti (art. 15), verifica questa approfondita ed estesa sino alla individuazione 
dell'effettivo titolare del rapporto e, per gli agenti in attivit� finanziaria, 
estesa anche alle operazioni di importo inferiore. 
Essi, inoltre, ma anche le societ� di gestione di servizi finanziari, i fabbricanti 
d'oro e preziosi, gli antiquari, le case d'aste, gli uffici della P.A. ecc., 
quando "sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare�, in relazione 
alle caratteristiche, entit� e natura, o sulla base di appositi indicatori 
di anomalia, che si tratti di operazioni di riciclaggio o di finanziamento del 
terrorismo hanno l'obbligo di segnalarle all'UIF (art. 41) per il successivo inoltro 
della segnalazione alla DIA e alla Guardia di Finanza (art. 47). 
Essa tende quindi ad intercettare i flussi finanziari che dall'economia criminale 
si indirizzano verso quella legale. A tal fine l'UIF provvede all'analisi finanziaria 
delle segnalazioni ricevute e fa parte di una rete di 116 analoghe unit� 
(FIU) che si scambiano informazioni finanziarie ed investigative in materia. 
In questa logica le ultime manovre finanziarie hanno progressivamente 
modificato e integrato il decreto legislativo suddetto (v. DD.LL. 138 e 201/11) 
vietando il trasferimento di denaro contante e di libretti di deposito o titoli al 
portatore di importo pari o superiore ad euro mille e prescrivendo che l'emissione 
di assegni bancari o postali di importo superiore deve contenere la clausola 
di non trasferibilit� (art. 49) sotto pena di sanzioni amministrative (art. 58). 
In tal modo si cerca di ridurre l'uso del contante, di difficile individuazione 
e di incanalare la movimentazione finanziaria attraverso gli istituti bancari o le 
Poste, soggetti al controllo della Banca d'Italia e delle altre Autorit� preposte. 
Ci� comporta la necessit� della previa formale identificazione del soggetto 
pagatore, con conseguente riduzione della sua riservatezza. 
Ulteriore effetto - gi� osservato dall'ABI - � l'aumento dell'utilizzo delle 
carte di credito e di quelle prepagate o bancomat e l'emergere di nuovi strumenti 
di pagamento elettronici (Paypal, credits telefonici ecc. ). 
Il decreto Salva Italia (d.l. n. 201/2011) ha inoltre disposto il pagamento 
di tutte le spese della P.A. centrali e locali mediante l'utilizzo di strumenti telematici 
con accreditamento su conti correnti o di pagamento dei creditori o 
con altri strumenti elettronici, fermo che gli eventuali pagamenti di cassa non 
possono superare i mille euro. Stipendi e pensioni devono essere pagati con 
strumenti elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte prepagate. I conti 
correnti per i soggetti della fascia debole devono essere aperti a condizioni favorevoli, 
previa convenzione Consip (art. 12, comma 2). 
Il recente D.L. 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni urgenti sulla revisione 
della spesa pubblica, ha previsto l�utilizzazione generalizzata delle
288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
carte elettroniche istituzionali, di cui all�art. 4 d.l. n. 78/2010, per pagamenti 
e rimborsi a favore di cittadini e utenti (art. 8, c. 1, lett. a). 
� chiaro che queste disposizioni, nel mentre rendono sempre pi� tracciabile 
tutta la spesa pubblica, hanno creato difficolt� per i cassieri e i tesorieri 
pubblici, determinando il cambio delle tradizionali procedure amministrative 
e contabili, ingenerando nuove responsabilit� e trasformandone la funzione 
per la progressiva scomparsa del maneggio del pubblico danaro. 
5. La tracciabilit� nelle commesse pubbliche. 
Facendo tesoro di queste esperienze � nata e si � sviluppata la tracciabilit� 
dei flussi finanziari derivanti dalle commesse pubbliche, volta a colpire il fenomeno 
inverso, ossia i movimenti di denaro che si indirizzano dall'economia 
legale verso attivit� o imprese illegali. Si intende cio� evitare che le risorse 
pubbliche finiscano con l'alimentare la criminalit� organizzata. 
Gi� in precedenza si era cercato di contrastare il fenomeno con misure 
specifiche o limitate, quali: 
- l'art. 176, cod. contratti app. pubblici (d.lgs. n. 163/2006), cosi modificato 
dal secondo correttivo (d.lgs. n. 113/2007), che prevede come contenuto 
degli accordi per la sicurezza antimafia delle infrastrutture e degli insediamenti 
produttivi di carattere strategico, da stipularsi da parte del general contractor 
secondo le prescrizioni del CIPE, "misure per il controllo del flusso finanziario", 
concernenti anche le risorse a carico dei promotori o derivanti da qualunque 
altra modalit� di finanza di progetto. La delibera attuativa CIPE 3 
agosto 2011, n. 58/2011, ha disposto in tal senso, prevedendo che "le procedure 
di tracciamento finanziario dei pagamenti si conformano alle previsioni di cui 
agli art. 3 e 6 della legge n. 136/2010 e s.m.i." (punto 5); 
- l'art. 16, comma 5, D.L. 28 aprile 2009, n. 39, che nell'affidare al Prefetto 
di L'Aquila il coordinamento delle attivit� di prevenzione delle infiltrazioni 
della criminalit� organizzata nelle opere connesse agli interventi per 
l'emergenza e la ricostruzione dopo il terremoto, dispone che "per l'efficacia 
dei controlli antimafia nei contratti pubblici ... � prevista la tracciabilit� dei 
relativi flussi finanziari"; 
- l'art. 3 quinquies, comma 5, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, per le opere 
e gli interventi connessi all'EXPO Milano 2015, che contiene una disposizione 
in tutto analoga. Il DPCM 18 ottobre 2011 attuativo richiama le Linee guida 
per i controlli antimafia adottate dal CCASGO e dispone che "si applicano le 
disposizioni sulla tracciabilit� dei rispettivi flussi finanziari previste dagli art. 
3 e 6 della legge 13 agosto 2010, n. 136"; 
- l 'art. 17 quater, comma 4, D.L. 30 dicembre 2009, n. 195, sulla prevenzione 
delle infiltrazioni della criminalit� organizzata negli interventi per la 
realizzazione degli istituti penitenziari, che prevede anch'esso "la tracciabilit� 
dei flussi finanziari", con modalit� da definirsi con DPCM.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 289 
La tracciabilit� dei flussi finanziari comunque era gi� prevista anche in 
campi diversi da quello degli appalti e committenze di lavori: cos�, la legge 
18 giugno 2009, n. 69, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, 
la competitivit�, stabilisce che per prevenire l'indebito utilizzo 
delle risorse stanziate sui Fondi strutturali comunitari o sul FAS impiegate 
negli interventi cos� finanziati �sono definite le modalit� e le procedure necessarie 
a garantire l�oggettiva tracciabilit� dei flussi finanziari" (art. 14). 
6. Le leggi del 2010. 
L'esistenza di questo nutrito nucleo di disposizioni in materia di tracciabilit� 
dei flussi finanziari e la loro eterogeneit� di attuazione, demandata agli 
istituti pi� disparati (il CIPE, la PCM, il CCASGO presso il Ministero dell'Interno, 
gli accordi di sicurezza, ecc.) non poteva non postulare una reductio ad 
unitatem, una loro ricostruzione unitaria per quanto possibile, coerente con le 
finalit� di alto valore sociale perseguite. 
Si � giunti cos� alle leggi del 2010 (L. 13 agosto 2010, n. 136 e D.L. 12 
novembre 2010, n. 187), con le quali il percorso disegnato dal legislatore, 
come ben scrive 1'AVCP nella sua determina n. 4/2011, "organizza e mette a 
regime l'esperienza e prassi consolidate, sia pure calibrate su specifici interventi 
o settori di attivit�", la cui ratio "� quindi quella di prevenire infiltrazioni 
malavitose e di contrastare le imprese che, per la loro contiguit� con la criminalit� 
organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale. A tal 
fine, tra l'altro, la legge prevede che i flussi finanziari, provenienti da soggetti 
tenuti all'osservanza del Codice e diretti ad operatori economici aggiudicatari 
di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, debbano essere tracciati, 
in modo tale che ogni incasso e pagamento possa essere controllato ex post. 
Dunque, la legge non si occupa dell'efficienza della spesa pubblica, ma si preoccupa 
di stabilire un meccanismo che consenta agli investigatori di seguire 
il flusso finanziario proveniente da un contratto di appalto, al fine di identificare 
il soggetto che percepisce il denaro pubblico. con la finalit� di evitare, 
mediante un meccanismo di trasparenza, che finisca nelle mani delle mafie. 
L'informazione tracciante opera con le stesse propriet� di un codice identificativo 
e deve, pertanto, essere funzionale all'attivit� ricostruttiva dei flussi; 
inoltre, occorre garantire che non sia dispersa l'informazione finanziaria identificativa 
del contratto o del finanziamento pubblico a cui � correlata ogni singola 
movimentazione di denaro soggetta a tracciabilit�� (par. 1). 
7. Gli elementi essenziali dell'istituto. 
Ma vediamo, in grandi linee, quali sono i pilastri dell'istituto, i suoi elementi 
costitutivi, le ricadute in termini di organizzazione e procedure per le 
imprese e la stessa P.A. 
Il sistema di tracciabilit� delineato dal legislatore, e interpretato dal-
290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
l'AVCP (con due determinazioni n. 8 e 10 del 2010 e una sostitutiva n. 4 del 
2011), si articola su tre fondamentali elementi e su una serie di connessi adempimenti, 
imposti alla P.A. in primis, come generatrice del flusso finanziario 
principale e sui privati e le imprese direttamente interessate da questo. 
Essi consistono: 
1) nell'obbligo di veicolare tutte le rimesse pubbliche e i connessi pagamenti 
lungo la filiera operativa attraverso conti correnti bancari o postali dedicati, 
anche se non in via esclusiva; 
2) nell'obbligo di utilizzare strumenti tracciabili per i pagamenti (bonifico 
o altro strumento idoneo); 
3) nell�obbligo di indicare in tali strumenti il CIG (e CUP, se obbligatorio). 
Tali obblighi trovano applicazione nei contratti pubblici di appalto di lavori, 
servizi e forniture, anche dei settori speciali, o esclusi (ad es. segretati, 
di produzione di armi e materiale bellico, ecc.), sottoscritti dopo la data del 7 
settembre 2010, anche se relativi a bandi precedenti (per i contratti in corso 
era previsto l'adeguamento e al termine del periodo transitorio - 17 giugno 
2011 - l'inserzione automatica della clausola di tracciabilit�); le concessioni 
di lavori e servizi, i contratti di partenariato pubblico privato (compresa la locazione 
finanziaria); i contratti di subappalto, subforniture e sub servizi; i contratti 
in economia, compresi il cottimo fiduciario e gli affidamenti diretti (non 
invece, i lavori in amministrazione diretta, per difetto del requisito dell'appalto). 
Tutti questi a prescindere dal sistema di aggiudicazione e dal valore, 
che pu� essere anche modico. 
Anche i contratti di appalto stipulati con operatori economici non stabiliti 
in Italia sono soggetti al regime in questione (in tal senso si � espressa 1'AVCP 
sentito il Ministero dell'Interno e l'Avvocatura Generale dello Stato). 
Sembrerebbero non soggetti invece i contratti per i servizi di Tesoreria 
degli Enti Locali, essendo il tesoriere un organo funzionale dell'ente territoriale. 
8. Gli obblighi dei soggetti pubblici. 
Nell'ambito dei contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture, 
i soggetti pubblici tenuti al rispetto delle disposizioni sulla tracciabilit� sono 
innanzitutto le stazioni appaltanti (intendendosi per queste le amministrazioni 
aggiudicatrici, e cio� le Amministrazioni dello Stato, gli Enti territoriali, gli 
Enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le loro associazioni, 
unioni e consorzi nonch� gli enti aggiudicatori, incluse le imprese 
pubbliche: artt. 3, 32 e 207 cod. appalti). 
Su questi soggetti gravano precisi obblighi propedeutici ed attuativi per 
l'operativit� del sistema: 
- indicare nell'avviso o lettera di gara che il contratto susseguente � sottoposto 
al regime di tracciabilit� e di monitoraggio; 
- inserire all'atto della stipula del contratto una apposta clausola, a pena
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 291 
di nullit� assoluta, con la quale l'appaltatore si assume l'obbligo di tracciabilit� 
dei flussi finanziari (art. 3, c. 8, L. 136/10); 
- verificare che nei contratti sottoscritti dall'appaltatore con i subappaltatori, 
subcontraenti della filiera di imprese a qualsiasi titolo interessati ai lavori, 
servizi e forniture, sia inserita, a pena di nullit� assoluta, la suddetta clausola 
di tracciabilit� (art. 3, c. 9, L. cit.); 
- far registrare il responsabile del procedimento (RUP) presso il Sistema 
di Monitoraggio delle Gare (SIMOG) dell'AVCP, che attribuisce un numero 
di gara ad ogni nuova procedura di affidamento e determina altres� l'importo 
del contributo dovuto (in relazione al valore presunto del contratto); 
- richiedere, attraverso il RUP all'Autorit� l'attribuzione del Codice identificativo 
di gara (CIG) per l'opera o ciascun lotto di questa; 
- indicare il CIG (o i CIG) nell'avviso pubblico, lettera di invito o richiesta 
di offerta per l'appalto; 
- effettuare tutti i pagamenti sul conto corrente dedicato dell'impresa appaltatrice 
con bonifici bancari o postali, indicando il CIG (e CUP, se obbligatorio 
ex art. 11 L. n. 30/2003: � il codice unico di progetto, per il monitoraggio 
degli investimenti pubblici, assegnato dal CIPE), sotto pena di distinte sanzioni 
pecuniarie amministrative, in caso di non utilizzo di banche o Poste, di uso di 
contante o di mancata indicazione del CIG/CUP (art. 6, L. n. 136/10); 
- segnalare le infrazioni agli obblighi di tracciabilit� dell'appaltatore e 
subcontraenti al MEF e alla Guardia di Finanza (art. 51 d.lgs. n. 231/07) al 
Prefetto della Provincia ove ha sede la stazione appaltante (art. 3, c. 8, L. 
136/10) e all'AVCP (contra per� questa con Faq 3.6); 
- risolvere il contratto in caso di mancato utilizzo da parte dell'appaltatore 
del bonifico bancario e postale (art. 3, c. 9 bis, L. 136/10). 
Come si vede dall'elencazione, certo non esaustiva, degli obblighi gravanti 
sulle stazioni appaltanti, si tratta di impegni complessi che implicano la 
necessit� di istituire, nell'ambito della propria struttura amministrativa, degli 
uffici dedicati e specializzati, che possano seguire l'appalto in tutte le sue fasi, 
dal bando all'aggiudicazione, all'esecuzione, ai pagamenti, sotto pena di apposite 
sanzioni. Il rischio di aggravare la procedura, di rallentare gli adempimenti 
per la necessit� di rigorosi controlli e di ritardare i pagamenti � pi� che 
evidente, ed � stato gi� denunziato da pi� parti. 
Ci� � tanto pi� vero, dal momento che non � sempre agevole individuare 
le imprese della filiera cui debba applicarsi la tracciabilit�, o i contratti atipici 
soggetti alla stessa, o la tipologia dei pagamenti assoggettati alle restrizioni 
poste dalla normativa, anche perch� questa non � limitata a quella sui contratti 
pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture. 
Infatti, a questa sono soggetti anche i finanziamenti pubblici volti a sovvenzionare 
detti contratti (art. 3, c. 1, L. n. 136/10), ma poi la tracciabilit� dei 
pagamenti � espressamente prevista, indipendentemente dagli appalti, anche
292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
per tutti gli interventi oggetto di finanziamento a valere sui Fondi strutturali 
comunitari o sul Fondo per le aree sottoutilizzate (art. 14, L. n. 69/2009). 
9. La filiera degli operatori economici. 
Ma non meno pressanti sono gli obblighi imposti sulle aziende e le imprese 
dal complesso della normativa sulla tracciabilit� finanziaria nel campo 
dei contratti pubblici di appalto. 
Qui i soggetti privati tenuti agli obblighi di tracciabilit� sono gli appaltatori, 
i sub-appaltatori, i subcontraenti della filiera delle imprese, i concessionari 
di finanziamenti pubblici anche comunitari. 
Grande interesse ha destato il dibattito sulla definizione dei confini della 
"filiera" (nozione questa molto usata in agricoltura, dove si parla anche di filiera 
corta o cortissima). Sinteticamente - attenendoci alle indicazioni dell'AVCP 
- pu� ritenersi che per quanto concerne i lavori pubblici, per il concetto 
di filiera occorre far capo al DPR n. 150/2010 ( "tutti i soggetti che intervengono 
a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell'opera, anche con noli e 
forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, 
qualunque sia l'importo dei relativi contratti"), in coerenza anche con le 
Linee guida antimafia per l'Abruzzo, mentre per i contratti di forniture e servizi 
occorre avere riguardo a un criterio di ragionevolezza per cui "l'ultimo rapporto 
rilevante ai fini della tracciabilit� � quello relativo alla realizzazione del 
bene oggetto della fornitura principale, con esclusione dalla filiera rilevante 
di tutte le subforniture destinate a realizzare il prodotto finito" (det. n. 4/2011, 
pag. 14). Cos� nel caso di acquisto da grossista, � tracciabile l'acquisto da parte 
di questo dei prodotti da fornire; nel servizio di mensa o di trasporto scolastico, 
� tracciata la provvista ad es. di bevande o il noleggio (non l'acquisto) del 
mezzo di trasporto. 
Secondo 1'AVCP, rientrano nella tracciabilit� anche i pagamenti infragruppo, 
con conseguenti obblighi della societ� mandataria e delle societ� mandanti, 
quelli dai cessionari di crediti da corrispettivi di appalto e quelli per i 
servizi legali o per il servizio sostitutivo della mensa (buoni pasto). 
Sono invece esclusi i pagamenti tra soggetti pubblici (anche in house), o 
per sponsorizzazioni (trattandosi di contratto attivo), o per risarcimenti e indennizzi 
(perch� fatti a soggetti estranei al rapporto contrattuale). 
10. Gli obblighi dei soggetti privati. 
Gli obblighi che fanno carico all'appaltatore sono: 
- sottoscrivere la clausola di tracciabilit�; 
- aprire un conto corrente dedicato o destinarne uno gi� esistente, anche 
se non in via esclusiva; 
- comunicare alla stazione appaltante gli estremi del conto corrente dedicato 
entro 7 giorni dalla sua accensione (o della prima utilizzazione se gia esi-
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 293 
stente), nonch� il cod. fiscale e le generalit� della persona autorizzata ad operare 
sullo stesso e ogni successiva modifica; 
- inserire nei subcontratti, a pena di nullit� assoluta, un'apposita clausola 
di tracciabilit�; 
- comunicare alla stazione appaltante o all'amministrazione concedente e 
alla Prefettura competente, ogni notizia di inadempimento della propria controparte 
agli obblighi di tracciabilit�; 
- effettuare tutti i pagamenti, utilizzando per ogni contratto il conto corrente 
dedicato e bonifici bancari o postali o altro strumento idoneo (le Ri.Ba. 
e SE.PA, gi� indicato dal CIPE, non il RID o il MAV), sotto pena di risoluzione 
del contratto. indicare gli strumenti di pagamento utilizzati, il CIG (e il CUP, 
se obbligatorio), anche per reintegrare il C.C. indicato. 
Il tutto sanzionato con pene pecuniarie amministrative percentuali (dal 5 
al 20% e dal 2 al 5%) o da 500 a 3.000 euro, irrogate dal Prefetto del luogo 
ove ha sede la stazione appaltante. E l'art. 9 della L. n. 136/10 ha alzato i limiti 
edittali della turbativa d'asta (punita con la reclusione da 6 mesi a 5 anni e con 
la multa) rendendo cosi applicabili le misure coercitive, la custodia cautelare, 
l'arresto in flagranza e le intercettazioni telefoniche (art. 353 c.p.) ed ha introdotto 
un nuovo reato di turbata libert� di scelta del contraente in sede di bando 
di gara (art. 353 bis c.p.). 
Indubbiamente la tracciabilit� comporta maggiori costi bancari per la movimentazione 
finanziaria e maggiori costi amministrativi per la gestione del 
contratto e il controllo dei flussi sul conto corrente dedicato. La struttura aziendale 
deve conseguentemente attrezzarsi, anche per tutte le misure antimafia 
(v. infatti le Linee guida CCASGO, fatte proprie dal CIPE, che prescrivono a 
tal fine l'inserimento nel quadro economico dell'opera di un'aliquota forfettaria, 
non soggetta a ribassi d'asta). 
Tali maggiori costi, peraltro, se possono incidere sull'ammontare dell'offerta 
e determinare un abbassamento del livello di concorrenzialit� del prodotto 
finale sui mercati, sono o dovrebbero essere compensati dalla sottrazione dell'impresa 
alle estorsioni e alle infiltrazioni della malavita. 
11. La tracciabilit� attenuata. 
Per attenuare l'impatto delle disposizioni in questione, la legge stessa si 
preoccupa di assoggettare alcune operazioni ad una tracciabilit� attenuata, consistente 
nella possibilit� di utilizzare strumenti di pagamento diversi dal bonifico 
bancario o postale, purch� idonei a garantire la tracciabilit� dell'operazione 
e senza bisogno di indicare nello strumento di pagamento il CIG/CUP: 
- i pagamenti per stipendi ai dipendenti, per consulenti, le spese generali 
(cancelleria, abbonamenti, utenze, ecc.) e quelle di provvista di immobilizzazioni 
tecniche, purch� eseguite su un conto corrente dedicato (art. 3, c. 2, L. 
136/2010), anche se riferite a pi� commesse;
294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
- i pagamenti per contributi ad enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, 
quelli a favore dei gestori e fornitori di pubblici servizi, il versamento 
dei tributi, fermo restando l'obbligo di documentare la spesa; le spese giornaliere 
sul fondo cassa, sino a 1500 euro, salvo l'obbligo di rendicontazione ed 
escluso sempre il contante; le spese sul fondo economale, disciplinato in via 
regolamentare (art. 3, c. 3). 
La reintegrazione del conto corrente dedicato, utilizzato per pagamenti 
non riferibili ad interventi di appalti pubblici, deve avvenire sempre mediante 
bonifico bancario o postale e gli altri strumenti tracciabili (art. 3, c. 3). 
L'art. 6 del D.L. n. 187/2010 ha interpretato l'espressione relativa agli 
strumenti di pagamento diversi nel senso che deve trattarsi di strumenti differenti 
dal bonifico ma idonei ad assicurare la tracciabilit� dell'operazione finanziaria 
(quindi, in questi casi, � utilizzabile anche il RID e il MAV). 
La complessit� del sistema � attenuata anche da alcune semplificazioni 
introdotte dall'AVCP nella procedura di rilascio del CIG, al fine di agevolare 
gli adempimenti della stazione appaltante per gli appalti di modesto valore 
economico e per altre tipologie di contratti (per i servizi esclusi, per quelli affidati 
direttamente, ecc.). 
Si tratta del CIG semplificato (o Smart CIG), che pu� ottenersi con l'immissione 
di un numero ridotto di informazioni. Tale CIG pu� essere acquistato 
anche in carnet di 50 CIG, validi 90 giorni. 
Vi � poi il CIG Master che � quello relativo a procedura di gara che comprende 
una molteplicit� di lotti. Per quelli affidati al medesimo operatore � 
possibile utilizzare il medesimo CIG Master, fermo l'obbligo di riportare nei 
contratti l'elenco completo di tutti i CIG dei lotti affidati. 
Invece il CIG Derivato � quello richiesto per identificare i singoli contratti 
stipulati a valle di un accordo quadro. 
Nonostante queste agevolazioni il sistema rimane complesso e forse non 
� possibile fare altrimenti. 
12. La tracciabilit� e il Fisco. 
Ma la tracciabilit� non esaurisce i suoi effetti nel contrasto della criminalit� 
organizzata, in quanto, assicurando una maggiore trasparenza della spesa pubblica 
e privata, ben si presta ad essere utilizzata anche a fini di lotta all'evasione 
fiscale. 
Ed infatti, sempre la manovra Monti (D.L. n. 201/11) ha imposto ulteriori 
obblighi sul fronte della tracciabilit� dei flussi finanziari (oltre alla limitazione 
del contante): 
- obbligo per tutti gli intermediari finanziari di comunicare all'Agenzia 
delle Entrate le movimentazioni finanziarie e le altre informazioni utili per i 
controlli fiscali; 
- obbligo dei professionisti e delle imprese di istituire un conto corrente
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 295 
dedicato all'attivit� svolta, se vogliono usufruire del nuovo regime premiale 
(esonero dalle scritture contabili ai fini delle imposte dirette; adozione del criterio 
di cassa per la determinazione dell'imponibile IRPEF; versamento IVA 
in unica soluzione annuale); 
- verifiche fiscali senza limiti di tempo (� venuto meno il limite di 15 
giorni, posto appena pochi mesi prima, dal decreto sviluppo n. 70/11); 
- obbligo di comunicare le infrazioni della tracciabilit� al MEF e alla 
Guardia di Finanza, che ne d� tempestiva comunicazione all'Agenzia delle 
Entrate (art. 51). 
A queste, si devono aggiungere i seguenti ulteriori poteri attribuiti al fisco: 
- accedere ai conti correnti del contribuente per acquisire elementi utili a 
determinare il suo reddito; 
- acquisire dati e informazioni personali, anche sensibili, dalle Amministrazioni 
pubbliche, previa apposita comunicazione (art. 7, c. 2, lett. h) D.L. 
70/2011). 
13. La digitalizzazione della P.A. 
Da ultimo, occorre considerare che la progressiva digitalizzazione della 
Pubblica Amministrazione � destinata a comportare un cambio di cultura per 
consentire la transizione e il passaggio dal versamento cartaceo a quello informatico 
e cos� dalla moneta reale a quella elettronica. 
In questo quadro di modernizzazione, sotto la spinta della comunicazione 
europea COM (2010) 245, � stata istituita una cabina di regia per l'attuazione 
dell'agenda digitale italiana (D.L. 1 febbraio 2012, n. 5, art. 47), nella cui missione 
� inclusa anche la messa a punto delle "modalit� per effettuare i pagamenti 
con modalit� informatiche nonch� le modalit� per il riversamento, la 
rendicontazione da parte del portatore dei servizi di pagamento e l'interazione 
tra i sistemi e i soggetti coinvolti nel pagamento" (comma 2 bis, lett. i). 
All'istituzione di un'apposita Agenzia ha poi provveduto direttamente il 
recente decreto legge recante misure urgenti per la crescita del Paese del 22 
giugno 2012, n. 83, che le ha attribuito la funzione, tra l'altro, di supportare 
"le iniziative in materia di digitalizzazione dei flussi documentali dell'Amministrazione 
e di vigilare sulla gestione delle procedure di organizzazione e di 
acquisizione di beni e servizi" (artt. 19 e 20). 
Non solo, perch� proprio con quest'ultimo decreto le frontiere della trasparenza 
si sono spostate ulteriormente in avanti, prevedendosi la pubblicazione 
sulla rete internet di tutte le spese superiori a mille euro, concesse ed 
erogate a qualsiasi titolo (sovvenzioni, contributi, sussidi, incentivi, compensi 
professionali, ecc.) da parte delle singole amministrazioni, da effettuarsi con 
modalit� tali da consentire facilmente la ricerca delle informazioni, anche in 
formato tabellare (art. 18: amministrazione aperta). 
In tal modo viene a permettersi un controllo generalizzato della spesa
296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
pubblica, affidato a tutti i cittadini, impensabile fino a poco tempo fa, e assai 
utile a supportare la garanzia di legalit� perseguita con lo strumento della tracciabilit� 
dei flussi finanziari. 
Lo sforzo certo richiesto alla P.A. � imponente specie in tempi di stretta 
nelle risorse umane e materiali, ma la sua trasformazione in "casa di vetro", aperta 
al controllo di tutti pu� essere un'arma vincente nella lotta contro l'illegalit�. 
14. Conclusioni. 
La tracciabilit� quindi dei flussi finanziari non � solo strumento assai utile 
di lotta alle infiltrazioni criminali, al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, 
all'evasione fiscale, ma anche occasione per migliorare e ammodernare la P.A. 
Il limite dei mille euro rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra 
l�esigenza di consentire un minimo di spesa corrente e la necessit� di non disperdere 
l�informazione finanziaria. 
Tuttavia, essa � venuta crescendo in fretta e tumultuosamente, accumulandosi 
oneri e obblighi a carico di tutti (stazioni appaltanti, concessionari, 
imprese pubbliche, societ� private, aziende, utenti e cittadini), cosi da postulare, 
in tempi migliori, una rivisitazione generale dell'istituto e un maggiore 
coordinamento tra le varie Autorit� preposte (1). 
(1) Pochi gli scritti specifici in materia, per lo pi�, in formato elettronico: 
FEDERICI FEDERICA, Tracciabilit� dei flussi finanziari significativamente intitolata �Piano straordinario 
contro le mafie, nonch� delega al Governo in materia di normativa antimafia�, 2012, 
in www.ildirittoamministrativo.it. 
BARBIERO ALBERTO, Tracciabilit� dei flussi finanziari relativi agli appalti ed ai finanziamenti 
pubblici, 2011, in wwwalbertobarbiero.net. 
LILLI FRANCESCO, La tracciabilit� dei flussi finanziari in Giust. amministrativa, 2011, n. 1. 
LORI ELISA, La disciplina della tracciabilit� dei flussi finanziari in Giust. amm., 2011, n. 2. 
CAVALLO MARIA BARBARA, La traccibilit� dei flussi finanziari negli appalti pubblici in Giur. merito, 
2011, n. 6. 
RUGGERI GIANGIACOMO, Brevi riflessioni sulla tracciabilit� dei flussi finanziari in Nuova Rassegna 
di legislazione, dotttrina, giurisprudenza, 2011, n. 9. 
AA.VV., Ridotto il limite di utilizzo di denaro contante in La settimana fiscale, 2011, n. 38.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 297 
L�incidenza della giurisprudenza di merito sul sistema del 
lavoro flessibile nell�ambito della P.A. 
Francesco Spada* 
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, 
l�art. 36, co. 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 prevede la facolt� di utilizzo 
del contratto di lavoro a tempo determinato, inteso quale strumento di flessibilit� 
nel reclutamento del personale (1). 
Prima di esaminare la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, 
appare opportuno richiamare l�attenzione sul principio generale affermato 
dal legislatore all�art. 36, comma 1, ossia quello dell�affermazione del 
modello standard del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e della limitazione 
del ricorso alle forme flessibili ad ipotesi residuali rigidamente circostanziate: 
�per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le 
pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro 
subordinato a tempo indeterminato (�)�. 
In altre parole, il co. 1 disegna un nesso virtuoso (2) tra dipendenti in servizio 
e fabbisogno delle amministrazioni, dal momento che queste ultime determinano 
il proprio fabbisogno sulla base delle attivit� istituzionali chiamate 
a svolgere e il fabbisogno si esprime, poi, attraverso la definizione delle dotazioni 
organiche. Le assunzioni a tempo indeterminato comportano, infine, l�immissione 
in ruolo del personale e, quindi, la copertura della relativa dotazione 
organica, determinando cos� il completamento del circolo virtuoso descritto. 
Il co. 2 stabilisce, poi, che le pubbliche amministrazioni possono avvalersi 
�delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale 
previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell�impresa�. 
L�attuale formulazione dell�art. 36 � frutto di una serie di recenti interventi 
legislativi (3), nati dall�esigenza di reagire al contesto caratterizzato dall�emer- 
(*) Dirigente di II fascia del Ministero dell�Economia e delle Finanze. Ha svolto la pratica forense 
presso l�Avvocatura Generale dello Stato. 
Il presente contributo riflette le opinioni dell�Autore e non impegna in alcun modo l�Amministrazione 
di appartenenza. 
(1) Sul contratto a tempo determinato nel lavoro pubblico, in generale, BATTISTI, Il contratto a 
termine nelle pubbliche amministrazioni, in PERONE (a cura di), Il contratto di lavoro a tempo determinato 
nel d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, Torino, 255 e ss.; DEMICHELE, Contratto a termine e precariato, 
Milano, 2009; D�ONGHIA � RICCI (a cura di), Il contratto a termine nel lavoro privato e pubblico, Milano, 
2009; DI PAOLA � FEDELE, Il contratto di lavoro a tempo determinato, Milano, 2011, 527 e ss.; MEZZACAPO, 
Profili problematici della flessibilit� nel lavoro pubblico: il contratto a tempo determinato, in Il 
lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2003, 516 e ss. 
(2) In questo senso, Dipartimento della Funzione Pubblica, circolare n. 3/2008. 
(3) Il riferimento � al decreto legge n. 112/2008 e al decreto legge n. 78/2009.
298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
genza del fenomeno del precariato, determinato, a sua volta, da un uso eccessivo 
del lavoro flessibile, spesso utilizzato come strumento di elusione del 
principio costituzionale dell�accesso al pubblico impiego tramite concorso. 
In particolare, gli interventi legislativi succedutisi a partire dal 2008 
hanno, da un lato, disegnato una disciplina pi� ampia e complessa della speciale 
procedura di stabilizzazione gi� introdotta dalla legge finanziaria per il 
2007 e, dall�altro, imposto misure restrittive e di rigore sull�utilizzo del lavoro 
flessibile, ribadendo con forza la centralit� dell�assunzione a tempo indeterminato 
e del concorso pubblico. 
Sulla base del rinvio operato dal co. 2, dunque, anche alle amministrazioni 
pubbliche si applica la normativa di cui al d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, che 
rappresenta la fonte di disciplina generale del contratto di lavoro a termine, in 
recepimento della direttiva comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno 1999 relativa 
all�Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (4). 
Dalla disposizione di cui al co. 2 consegue una quasi totale omogeneit� (5) 
della regolamentazione del contratto a tempo determinato nel rapporto di lavoro 
pubblico ed in quello privato, con particolare riguardo, tra l�altro, alle disposizioni 
relative alla forma scritta del contratto, ai divieti di utilizzo nelle ipotesi 
previste dalla legge, alla proroga del termine di durata iniziale, al principio di 
non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato. 
Affermata, in linea di principio, la tendenziale assimilazione del regime 
giuridico del lavoro pubblico a quello del lavoro privato, in coerenza con i 
principi espressi, in generale, dall�art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001, la disposizione 
rinvia alla contrattazione collettiva per la disciplina della materia, 
fermo restando che, secondo l�orientamento prevalente, si tratterebbe di un 
rinvio privo di valore precettivo, in quanto la contrattazione collettiva potrebbe 
soltanto integrare la disciplina legislativa. 
La principale finalit� dell�intervento della contrattazione collettiva �, in 
concreto, quella di garantire ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato 
la tutela prevista dal vigente quadro normativo, in quanto gli stessi 
sono destinatari del medesimo trattamento economico e giuridico del personale 
a tempo indeterminato, con l�esclusione di quegli istituti che non sono coerenti 
con la temporaneit� della prestazione richiesta (6). 
Tuttavia, la specialit� del rapporto di lavoro pubblico emerge anche nella 
(4) Il legislatore comunitario persegue, in sintesi, un duplice obiettivo: da un lato, evitare la discriminazione 
dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato e, dall�altro, evitare gli 
abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti a termine, richiedendo la sussistenza di �ragioni 
oggettive� per il rinnovo dei rapporti a termine (cfr. clausola 5, n. 1, dell�Accordo quadro). 
(5) In questo senso, CARABELLI U. � CARINCI M.T., Il lavoro pubblico in Italia, 2007, 118 e ss. 
(6) L�ARAN, con parere 24 maggio 2011, ha escluso, ad esempio, che i dipendenti con contratto 
di lavoro a tempo determinato possano usufruire dei permessi di studio di cui all�art. 13 del CCNL Ministeri 
del 16 maggio 2001.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 299 
materia del contratto a tempo determinato, presentando alcuni significativi 
elementi di differenziazione rispetto al settore privato. 
In primo luogo, il sistema della c.d. �causale generale�, previsto dall�art. 
1, co. 1, del d.lgs. n. 368/2001 per il contratto a tempo determinato nel settore 
privato (7), non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni, le quali, 
ai sensi dell�art. 36, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001, possono ricorrere all�utilizzo 
del contratto a termine esclusivamente per esigenze �temporanee� ed �eccezionali� 
(8), nel rispetto delle previsioni previste dai contratti collettivi nazionali 
dei singoli comparti di riferimento (9). 
In secondo luogo, nell�ambito del rapporto di lavoro pubblico, non si applica 
il principio dell�assunzione diretta e nominativa dei lavoratori, in quanto 
la pubblica amministrazione � in forza del principio costituzionale dell�accesso 
tramite concorso pubblico agli impieghi (art. 97, co. 3, Cost.) � � tenuta a stipulare 
il contratto a termine nel rispetto inderogabile delle procedure di reclutamento 
(concorsuali e/o selettive) tipiche del lavoro pubblico (art. 35, d.lgs. 
n. 165/2001). 
Infine, la specialit� del rapporto di lavoro pubblico determina l�inapplicabilit� 
della regola della conversione del contratto a termine illegittimo in 
contratto a tempo indeterminato, nell�ipotesi in cui il giudice accerti la nullit� 
della clausola appositiva del termine, regola che �, al contrario, pacificamente 
ammessa per il contratto a tempo determinato concluso nel settore privato (10). 
Sotto questo profilo, infatti, il legislatore stabilisce, all�art. 36, co. 5 del d.lgs. 
n. 165/2001 che �la violazione di disposizioni imperative riguardanti l�assunzione 
o l�impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non 
pu� comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato�. 
(7) Come noto, nel settore privato, l�apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro 
� consentita �a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se 
riferibili all�ordinaria attivit� del datore di lavoro�. 
(8) Nel settore privato, l�identico presupposto richiesto per la stipula di contratti a termine viene 
attenuato, atteso che � possibile far ricorso a tale tipologia di lavoro flessibile anche per l�attivit� ordinaria 
dell�impresa. 
(9) Nel settore pubblico, quindi, le causali risultano specificate, con riferimento ai singoli comparti, 
dalla contrattazione collettiva. Ad esempio, il CCNL Ministeri del 16 maggio 2001 prevede, all�art. 19, 
che le amministrazioni possano stipulare contratti a tempo determinato nei seguenti casi: sostituzione 
di personale assente con diritto alla conservazione del posto; sostituzione di personale assente per gravidanza 
e puerperio; particolari esigenze straordinarie, anche derivanti dall�assunzione di nuovi servizi 
o dall�introduzione di nuove tecnologie, non fronteggiabili con il personale in servizio; attivit� connesse 
allo svolgimento di specifici progetti o programmi predisposti dalle amministrazioni, quando alle stesse 
non sia possibile far fronte con il personale in servizio; temporanea copertura di posti vacanti nelle diverse 
categorie, per un periodo massimo di otto mesi e purch� siano avviate le procedure per la copertura 
dei posti stessi. 
(10) Nel settore privato, l�art. 5, co. 4, del d.lgs. n. 368/2001 prevede infatti che �Quando si tratta 
di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di 
continuit�, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo 
contratto�.
300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
Il legislatore esclude, quindi, l�applicabilit� di una tutela di carattere ripristinatorio, 
prevedendo una tutela di carattere risarcitorio, nel senso che il 
lavoratore pubblico assunto con contratto a tempo determinato illegittimo ha 
diritto unicamente al �risarcimento del danno derivante dalla prestazione di 
lavoro in violazione di disposizioni imperative�, la cui concreta quantificazione 
� demandata alla valutazione del giudice di merito. 
La Corte Costituzionale (11) ha ritenuto che la sanzione del risarcimento 
non determinerebbe alcuna disparit� di trattamento rispetto ai lavoratori del 
settore privato, ma si limiterebbe a disciplinare in modo diverso i rapporti di 
lavoro pubblici in ossequio al principio di cui all�art. 97 Cost. 
Parte della giurisprudenza ritiene che il lavoratore possa usufruire soltanto 
della tutela prevista dall�art. 2126 c.c., nel senso che conserver� il diritto alla retribuzione, 
alle competenze accessorie ed al versamento dei contributi previdenziali 
per tutto il periodo in cui ha avuto esecuzione la prestazione lavorativa. 
Ma, ove si accogliesse questa soluzione, la sanzione prevista non avrebbe 
alcuna portata dissuasiva: la tutela di cui all�art. 2126 c.c. appare, quindi, insufficiente 
(12), nel senso che spetter� ai giudici verificare, di volta in volta, 
se vi sia spazio per il risarcimento di danni ulteriori. 
Al riguardo, sono state prospettate soluzioni diverse. 
In dottrina, taluno (13) ha ipotizzato che il lavoratore ha diritto ad ottenere 
un risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite dalla data di scadenza 
dell�ultimo contratto a termine sino a quella di nuova assunzione. Altra 
parte della dottrina (14) si sofferma sul danno all�immagine, alla reputazione, 
alla professionalit� e alla perdita di chance. 
Anche in giurisprudenza sono stati adottati approcci differenti. 
Parte della giurisprudenza sostiene che, nel caso previsto dall�art. 36, co. 
5, si profilerebbe una responsabilit� extracontrattuale dell�amministrazione, 
ai sensi dell�art. 2043 c.c., con la conseguenza che il lavoratore deve dimostrare 
di aver subito effettivamente i danni lamentati. 
In particolare (15), �il danno risarcibile ex art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 
(11) Corte cost., 27 marzo 2003, n. 89, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2003, 355 e 
ss., con nota di M.G. GRECO, La disciplina del contratto a termine nel pubblico impiego supera il vaglio 
di costituzionalit�. 
(12) In dottrina si � osservato (CARABELLI U. � CARINCI M.T., cit.) che detta tutela risarcitoria risulta 
di scarso rilievo pratico e, quindi, priva di concreta efficacia dissuasiva: ad esempio, in tema di 
apposizione e proroga del termine, nonch� di reiterazione del contratto, si � osservato che se il dipendente 
ha prestato attivit� lavorativa, percepito la retribuzione e si � visto accreditati i contributi spettanti, allora 
� difficile configurare un danno per il medesimo, risarcibile ai sensi della disposizione. 
(13) SOTTILE, Sanzioni per il contratto a termine nel lavoro pubblico e Corte di giustizia europea, 
in Diritto del mercato del lavoro, 2007, 131 e ss. 
(14) SANTUCCI, Sulla disparit� di trattamento tra dipendente pubblico e privato con riguardo alla 
disciplina del contratto a termine, in Diritto del mercato del lavoro, 2003, 220 e ss. 
(15) Tribunale Foggia, 6 novembre 2006, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2007, 1099 e ss.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 301 
viene ricollegato all�abusivo utilizzo, da parte della P.A., di una prestazione 
lavorativa, oltre i modi ed i tempi consentiti dalle norme imperative, rientrando 
a pieno titolo nella categoria dei danni da illecito aquiliano, fonte di 
pregiudizio risarcibile nei limiti del danno emergente e del lucro cessante (c.d. 
interesse positivo)�. 
Secondo un diverso orientamento (16), il risarcimento del danno avrebbe 
natura contrattuale, con conseguenze differenti sul piano dell�onere della prova 
e, soprattutto, con conseguente risoluzione del contratto. 
Alla nullit� del contratto, stante la impossibilit� di ipotizzare la trasformazione 
del rapporto a tempo indeterminato per come disposto dal d.lgs. n. 
368/2001, conseguirebbe l�obbligo della pubblica amministrazione di risarcire 
il danno nelle forme del danno emergente e del lucro cessante (17). 
Anche per la quantificazione del danno risarcibile, sono stati proposti diversi 
criteri applicativi di riferimento (18). 
Secondo un primo orientamento (19), il quantum del risarcimento deve 
essere determinato sulla base dei criteri previsti per il risarcimento del danno 
spettante al lavoratore illegittimamente licenziato nell�area della c.d. �tutela 
reale� (art. 18 dello Statuto dei lavoratori: legge 20 maggio 1970, n. 300). In 
particolare, alcune decisioni hanno sommato le mensilit� previste dall�art. 18, 
co. 4 e 5, della legge n. 300/1970 (5 mensilit� di retribuzione globale di fatto 
quale importo minimo della misura del risarcimento + 15 mensilit� di retribuzione 
globale di fatto corrispondente all�importo dell�indennit� sostitutiva 
della reintegrazione), condannando il datore di lavoro pubblico al risarcimento 
di una somma pari a 20 mensilit�. 
Un diverso indirizzo giurisprudenziale ricollega invece il danno risarcibile 
alle retribuzioni non percepite per il tempo mediamente necessario per trovare 
una nuova occupazione stabile, tenuto conto della zona geografica, dell�et� 
anagrafica, del sesso e del titolo di studio dei lavoratori (20). Tale decisione � 
stata tuttavia riformata dal Giudice di appello (21), che ha previsto quale metodo 
di quantificazione del danno, il sistema sanzionatorio previsto dall�art. 8 
della legge 15 luglio 1966, n. 604 (in materia di licenziamento del danno nell�area 
della c.d. �tutela obbligatoria�), commisurando dunque il risarcimento 
del danno al pagamento di un�indennit� compresa tra 2,5 e 6 mensilit� dell�ultima 
retribuzione globale di fatto. 
(16) Tribunale Rossano, 4 giugno 2007. 
(17) MARCIAN�, Lavoro a termine come terreno di confronto tra lavoro privato e lavoro pubblico, 
in Il lavoro nella giurisprudenza, 2008, 867 e ss. 
(18) Per una ricostruzione di sintesi, cfr. Fondazione Studi Consulenti del Lavoro Parere n. 2 del 
2 febbraio 2012. 
(19) Appello Genova 9 gennaio 2009; Trib. Foggia 5 novembre 2009. 
(20) Tribunale Rossano, 13 giugno 2007. 
(21) Appello Catanzaro, 1 aprile 2010.
302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
Un ulteriore orientamento (22) ritiene che il risarcimento del danno subito 
dal lavoratore per illegittima stipulazione del contratto a termine � pari alle 
retribuzioni spettanti dalla data del licenziamento sino a quella dell�emanazione 
della sentenza, con decurtazione dell�eventuale aliunde perceptum. 
Un altro indirizzo (23) ritiene che, in caso di reiterata stipulazione di contratti 
a termine illegittimi, il lavoratore ha diritto, sotto il profilo risarcitorio, 
a percepire le differenze retributive corrispondenti alle retribuzioni che 
avrebbe percepito se fosse stato assunto a tempo indeterminato fin dalla conclusione 
del primo contratto a termine e quelle effettivamente corrisposte. 
Un altro orientamento (24) ha invece commisurato il danno al numero ed 
alla durata complessiva dei rapporti a termine succedutisi negli anni, il cui trascorrere 
diminuirebbe la possibilit� di rinvenire un impiego e determinerebbe 
un ragionevole affidamento sulla possibilit� di protrarsi ulteriormente dei rapporti 
stessi. 
Infine, secondo un recente orientamento, un idoneo parametro di quantificazione 
del danno potrebbe essere rappresentato dall�art. 32, co. 5, della 
legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato Lavoro), secondo cui �nei casi 
di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore 
di lavoro al risarcimento del danno stabilendo un�indennit� onnicomprensiva 
nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 
mensilit� dell�ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri 
indicati nell�articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 [e cio�: 1. numero 
dei dipendenti occupati; 2. dimensioni dell�impresa; 3. anzianit� di servizio 
del lavoratore; 4 comportamento e condizioni delle parti] �. 
� importante, infine, segnalare uno specifico orientamento (25), per il 
quale il danno risarcibile non � �una misura sanzionatoria automatica (che) 
risponde al generale paradigma della responsabilit� civile, cos� da doversi 
ammettere e liquidare solo nel caso in cui il lavoratore postuli specifiche voci 
di danno effettivo, fornendone allegazione e prova rigorose�. 
Inoltre, l�amministrazione condannata al risarcimento del danno nei confronti 
del lavoratore deve successivamente agire per il recupero delle somme 
versate nei confronti dei dirigenti che hanno commesso la violazione delle disposizioni 
in materia di contratto a tempo determinato con �dolo� o �colpa 
grave� (art. 36, co. 5, terzo periodo, del d.lgs. n. 165/2001). 
Sulla natura giuridica della responsabilit� dei dirigenti si discute: secondo 
l�orientamento dominante, si tratterebbe di una responsabilit� amministrativa 
per danno erariale, esperibile innanzi alla Corte dei Conti. 
(22) Tribunale Milano, 25 maggio 2010. 
(23) Tribunale Treviso, 20 luglio 2010; Tribunale Padova, 1 ottobre 2010; Tribunale Civitavecchia, 
8 aprile 2010. 
(24) Tribunale Orvieto, 19 novembre 2010. 
(25) Tribunale Trieste, 28 maggio 2011.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 303 
Secondo un diverso avviso, invece, si tratterebbe di una responsabilit� 
contrattuale che dovrebbe essere fatta valere dall�amministrazione, su cui graverebbe 
un obbligo di recupero delle somme illegittimamente corrisposte. 
Infine, al dirigente che sia stato ritenuto responsabile della violazione non 
pu� essere erogata la retribuzione di risultato ed � imputata la c.d. �responsabilit� 
dirigenziale� ai sensi dell�art. 21 del d.lgs. n. 165/2001 (art. 36, co. 5, 
quarto periodo, del d.lgs. n. 165/2001). 
Pur in presenza di una disposizione che prevede espressamente l�inapplicabilit� 
della conversione al contratto a termine nel pubblico impiego, la giurisprudenza 
di merito, nei suoi sviluppi pi� recenti (26), ha ampliato gli spazi 
di tutela dei lavoratori interessati da fenomeni di abuso di contratti a tempo 
determinato, ammettendo la trasformazione del contratto a termine illegittimo 
anche nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, 
sulla base di un�interpretazione evolutiva della norma, nel pi� ampio quadro 
delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE e dalla giurisprudenza della 
Corte di Giustizia dell�Unione Europea. 
La questione � ampiamente dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza. 
La Corte Costituzionale (27), intervenuta sulla materia, ha affermato che 
la disciplina di cui al d.lgs. n. 165/2001 non viola alcun principio costituzionale, 
in quanto l�accesso mediante concorso mette in evidenza la disomogeneit� 
del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni 
rispetto al lavoro alle dipendenze di datori privati e giustifica la scelta del legislatore 
di ricollegare, alla violazione di norme imperative, conseguenze soltanto 
risarcitorie e patrimoniali. 
Successivamente, il Tribunale di Genova (28) ha rimesso alla Corte di 
Giustizia la questione della conformit� alla direttiva comunitaria n. 
1999/70/CE della disciplina contenuta nell�art. 36 del d.lgs. n. 165/2001. 
La Corte di Giustizia (29) ha richiamato l�Italia al rispetto del principio 
di parit� di trattamento, precisando comunque che � da considerarsi legittima 
una normativa nazionale (come � il caso dell�art. 36, co. 5, del d.lgs. n. 
165/2001) che esclude, in caso di utilizzo abusivo di successivi contratti a termine 
da parte delle pubbliche amministrazioni, la c.d. conversione automatica 
del rapporto a tempo indeterminato (nonostante tale trasformazione sia prevista 
per i contratti a termine illegittimi conclusi nel settore privato), purch� l�ordinamento 
interno preveda altre misure sanzionatorie � alternative alla tutela 
conservativa del rapporto di lavoro � che siano idonee a soddisfare l�effetto 
(26) Tribunale Siena, 27 settembre 2010; Tribunale Livorno, 25 gennaio 2011; Tribunale Trani, 
19 settembre 2011; Tribunale Trani, 15 marzo 2012, n. 1545. 
(27) V. nota n. 11. 
(28) Tribunale di Genova, ordinanza 21 gennaio 2004, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2004, 
893 e ss. 
(29) Corte di giustizia, 7 settembre 2006, n. 53.
304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
utile, in termini di �dissuasivit�� e di �effettivit�� delle prescrizioni stabilite 
dal legislatore comunitario. 
In tali ipotesi, secondo la Corte di Giustizia, spetta al giudice nazionale 
verificare la soddisfazione dei requisiti di �adeguatezza� della sanzione, cio� 
�di carattere non soltanto proporzionato, ma altres� sufficientemente effettivo 
e dissuasivo�. 
Secondo la Corte, quindi, non � obbligatorio per gli Stati membri prevedere 
come sanzione a carico del datore di lavoro la conversione dei rapporti 
di lavoro a tempo indeterminato, essendo richiesto soltanto che eventuali misure 
siano tali da garantire una tutela effettiva. 
Rispetto all�orientamento espresso dalla Corte di Giustizia, la giurisprudenza 
di legittimit� non ha adottato una posizione ufficiale, a differenza di 
quella di merito. 
Va infatti rilevato che, dando seguito alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza 
comunitaria, alcuni giudici di merito nazionali (30), con specifico 
riferimento a fattispecie relative all�utilizzo reiterato di contratti a termine con 
il medesimo lavoratore, hanno ritenuto che la tutela risarcitoria prevista dall�art. 
36, co. 5, del d.lgs. n. 165/2001 per le ipotesi di illegittima apposizione 
del termine non pu� essere considerata una tutela effettiva, in quanto �debole 
e pertanto non conforme al diritto comunitario, poich� le condizioni di applicazione 
nonch� l�applicazione effettiva delle relative disposizioni di diritto interno 
ne fanno uno strumento inadeguato a prevenire e, se del caso, a 
sanzionare l�utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di contratti 
o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi �. 
Secondo questo orientamento � che potrebbe incidere notevolmente sull�intero 
sistema del lavoro flessibile nell�ambito delle pubbliche amministrazioni 
� il giudice nazionale � tenuto a �disapplicare� la normativa nazionale 
di cui all�art. 36, co. 5, del d.lgs. n. 165/2001, in quanto in contrasto con le 
prescrizioni della direttiva comunitaria e con la giurisprudenza della Corte di 
Giustizia dell�Unione Europea, ed a riconoscere al lavoratore la conversione 
del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, con relativa riammissione 
in servizio nelle medesime mansioni precedentemente svolte. 
I casi trattati dalla giurisprudenza di merito sopra richiamata riguardano, 
in particolare, le controversie instaurate da dipendenti del Ministero dell�istruzione, 
dell�universit� e della ricerca, titolari di una pluralit� di contratti a tempo 
determinato per lo svolgimento di attivit� di docenza successivi, interrotti in 
coincidenza delle ferie estive, ripetuti nel tempo. 
L�analisi dei Giudici del lavoro prende le mosse dall�individuazione della 
ratio giustificatrice del contratto di lavoro a tempo determinato, che, ai sensi 
(30) V. nota n. 26.
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 305 
del citato art. 36, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001, pu� essere stipulato �per rispondere 
ad esigenze temporanee ed eccezionali �. 
I Giudici osservano, al riguardo, che l�insegnamento non pu� essere considerato 
�esigenza temporanea ed eccezionale�, rientrando, piuttosto, nell�ordinaria 
attivit� istituzionale del Ministero. 
Da ci� i Giudici desumono, quale corollario logico, l�illegittimit� dei contratti 
di lavoro a tempo determinato stipulati con i ricorrenti, per carenza dei 
presupposti richiesti dalla normativa. 
Sul piano normativo, poi, l�attenzione dei Giudici di merito nelle sentenze 
in esame � posta, in primis, sulla direttiva 28/6/99/70CE, che individua due 
principi, quello di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a 
tempo indeterminato e quello di prevenzione dell�abuso derivante dalla reiterazione 
del lavoro a termine. 
Nel rapporto di lavoro pubblico, essendo vigente il divieto di conversione 
del rapporto di lavoro a tempo determinato a tempo indeterminato sancito 
dall�art. 36, co. 5, del d.lgs. n. 165/2001, al lavoratore a tempo determinato 
assunto in violazione di norme di legge � riconosciuto dall�ordinamento giuridico 
soltanto il diritto al risarcimento del danno, con una scelta legislativa 
sostenuta dalla regola, costituzionalmente sancita, dell�accesso al pubblico 
impiego attraverso procedure concorsuali. 
Tuttavia, osservano i Giudici, il precetto costituzionale non sarebbe, in 
realt�, sacrificato sia perch� lo stesso art. 97 Cost. prevede che il legislatore 
ordinario possa derogare a siffatta regola, sia perch� per le assunzioni a tempo 
determinato vale il principio secondo cui le stesse devono essere effettuate nel 
rispetto delle procedure di reclutamento di cui all�art. 35 del d.lgs. n. 165/2001. 
Di conseguenza, l�argomento per cui la conversione del rapporto di lavoro 
a tempo determinato nel settore pubblico sarebbe contrario alla Costituzione 
non assumerebbe alcun pregio; cadrebbe, dunque, il principale motivo � ossia 
la violazione dell�art. 97 Cost. � finora utilizzato dalla giurisprudenza per negare 
la conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato 
nel rapporto di lavoro pubblico. 
Di fronte all�eccessivo ricorso da parte della pubblica amministrazione 
al contratto a tempo determinato, si desume che la sanzione apprestata dall�ordinamento 
giuridico sia tutt�altro che efficace: ci� sarebbe, peraltro, confermato 
da una recente pronuncia della Corte Costituzionale (31), che ha 
chiarito che la stabilizzazione del rapporto � la tutela pi� intensa che il lavoratore 
precario possa ricevere e che il risarcimento assume, chiaramente, valore 
logicamente secondario. 
A fronte dell�orientamento della giurisprudenza di merito fin qui indicato, 
(31) Corte Costituzionale, sentenza 9 novembre 2011, n. 303, relativamente alle questioni di legittimit� 
costituzionale dell�art. 32 della legge n. 183/2010.
306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2 /2012 
si deve considerare che, anche di recente, la giurisprudenza di legittimit� ha 
assunto una posizione nettamente diversa. 
Al riguardo, appare opportuno riportare il contenuto di una recente pronuncia 
della Corte di Cassazione (32), secondo cui �in materia di pubblico 
impiego, un rapporto di lavoro a tempo determinato non � suscettibile di conversione 
in uno a tempo indeterminato, stante il divieto posto dall'art. 36 del 
d.lgs. n. 165 del 2001, il cui disposto � stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale 
(Sent. n. 98 del 2003) e non � stato modificato dal d.lgs. 6 settembre 
2001, n. 368, contenente la regolamentazione dell'intera disciplina del 
lavoro a tempo determinato con la conseguenza che, in caso di violazione di 
norme poste a tutela dei diritti del lavoratore, in capo a quest'ultimo, essendogli 
precluso il diritto alla trasformazione del rapporto, residua soltanto la 
possibilit� di ottenere il risarcimento dei danni subiti �. 
Insomma, per i giudici di legittimit�, nel lavoro pubblico alla illegittimit� 
del contratto a termine per violazione di norme imperative non pu� che conseguire 
un regime sanzionatorio che - con l'escludere ogni effetto reintegrativo, 
stante la regola generale del concorso per l'assunzione del personale - viene 
ad essere incentrato sul versante dei danni subiti dalla pubblica amministrazione 
e dal lavoratore. 
D�altra parte, la giurisprudenza costante della Corte di giustizia europea 
- di recente ribadita da una ulteriore pronunzia (33) - porterebbe ad escludere 
l'applicazione dell�art. 5, co. 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 368 nell'area del 
pubblico impiego seppure privatizzato. 
Non resta che comprendere se la posizione dei giudici di legittimit� rispetto 
all�orientamento di recente inaugurato da una parte � in realt� sempre 
pi� cospicua - della giurisprudenza di merito sar� differente da quella fin qui 
assunta sulla materia, posto che i nuovi indirizzi della giurisprudenza di merito 
potrebbero incidere notevolmente sull�intero sistema del lavoro flessibile 
nell�ambito delle pubbliche amministrazioni. 
(32) Cassazione, 20 marzo 2012, n. 4417. 
(33) Corte di giustizia, 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Autotutela interna ed esterna nel contratto tra privato e p.a., 
anche con riferimento al riparto di giurisdizione 
Federico Maria Giuliani* 
SOMMARIO: 1. Autotutele, privilegi, esternalit�, internalit�. - 2. L�esternalit� del provvedimento 
di secondo grado: a) il problema della incidenza sul contratto tra legge finanziaria 
2005 ed art. 21-nonies, legge 241/90 ex lege 15/2005. Giurisdizione: rinvio. - 3. (Segue): b) 
revoca ed annullamento dell�aggiudicazione, ante contratto o prima del suo controllo. - 4. 
(Segue): c) l�autotutela post contratto e controllo. - 5. L�intervento pubblico revisionale �dall�interno� 
del contratto. 
1. Autotutele, privilegi, esternalit�, internalit�. 
Risalente istituto di diritto pubblico (con esso si retrocede, infatti, all�inizio 
del secolo XX), l�autotutela ha trovato espressione normativa soltanto con 
la legge n. 241/1990. Di essa, quale prerogativa della pubblica amministrazione 
(privilegium fisci), si conoscono varie forme, non sempre univocamente 
denominate. 
Al di l�, comunque, degli attributi nominalistici, si d� nella sostanza 
un�autotutela amministrativa (detta talora anche decisoria), quando la P.A. 
esercita il potere di rivedere i propri deliberata, poich� in essi ravvisa, col 
senno del poi, profili d�illegittimit� ovvero d�inopportunit� (a volte sopravvenuta), 
nella cura funzionale del pubblico interesse. Si d� invece autotutela esecutiva 
quando la P.A., in forza di norme apposite, forzatamente persegue ed 
attua i suoi provvedimenti, imponendosi direttamente nella sfera giuridica dei 
privati. Anche i ricorsi giustiziali sono ricondotti all�autotutela, poich� in altro 
essi non si concretizzano se non in una revisione, su impulso dell�ammini- 
(*) Cassazionista del libero Foro e saggista giuridico.
308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
strato, di quanto la P.A. ha precedentemente deliberato. 
Altrettanto fermo � il fatto che l�autotutela amministrativa o � officiosa, 
ovvero � su istanza di parte. Trattandosi, per�, di attivit� pubblica pienamente 
discrezionale anche nell�an, l�istanza privata non pone l�amministrato in una 
posizione di aspettativa di diritto a ricevere una risposta, s� che giammai si 
forma in questo caso un silenzio rifiuto. Al pi�, qualora l�istanza di autotutela 
si riveli ex post fondata - poich� il provvedimento de quo � giudizialmente annullato 
-, allora il privato pu� essere riconosciuto come titolare del diritto al 
risarcimento dei danni, che sono promanati dal fatto di essersi dovuto egli attivare 
nel giudizio amministrativo, a fronte dell�inerzia della P.A. sulla istanza 
di revisione. (Consta giurisprudenza civile, sul punto, nella materia fiscale, 
laddove l�amministrazione finanziaria � stata condannata - con conferma in 
Cassazione - a rifondere al contribuente le spese di giudizio sostenute per adire 
la commissione tributaria, mentre l�istanza di autotutela - ex art. 5 d.m. n. 37 
dell�11 febbraio 1997 - pendeva senza risposta alcuna). 
Si diceva, poco pi� sopra, di un privilegio dell�amministrazione poich�, 
assai diversamente, in diritto privato vige il principio giusta il quale non ci si 
pu� fare giustizia da s�, n� si pu� retrocedere de plano su atti e deliberazioni 
tamquam non esset, cio� senza il consenso di controparte. Isolati e tipici, infatti, 
sono nel sistema civilistico i casi di autotutela, per lo pi� denominati diritti 
potestativi, giacch� implicano specularmente una soggezione. 
Emblematici in tal senso sono il recesso dal contratto di durata, l�exceptio inadimpleti 
contractus, l�esercizio della clausola risolutiva espressa. 
Che se poi si pongono in comparazione l�autotutela della P.A. e il contratto 
- in una sorta di endiadi tra �pubblico� e �privato� -, si suole ancora distinguere, 
con un linguaggio a volte criticato in dottrina, fra autotutela esterna 
(al negozio appunto) ed interna. La prima s�impone sul contratto, stipulato 
dall�amministrazione, e lo intacca a mezzo dell�esercizio del potere autoritativo 
(la potest� funzionalizzata, direbbe una dottrina classica), che appartiene 
fisiologicamente alla P.A.. Di contro, l�autotutela interna, ancorch� sia parimenti 
esercitata - incidendo sul contratto - dal soggetto pubblico paciscente, 
si attua jure privatorum, cio� in forza di norme attributive di potest� paritetiche 
alla controparte privata: dunque potest� non autoritative. 
2. Esternalit� del provvedimento di secondo grado: a) il problema della incidenza 
sul contratto tra legge finanziaria 2005 ed art. 21-nonies, legge 241/90 
ex lege 15/2005. Giurisdizione: rinvio. 
Esiste un micro-plesso di norme, contemplative dell�autotutela esterna. 
Tra queste, scarsa o nessuna attenzione - per vero incomprensibilmente - 
riceve in dottrina l�art. 1, comma 136, legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 
2005). 
A mente di esso - del tutto in vigore -, onde perseguire �risparmi o minori
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 309 
oneri finanziari� la P.A. pu� sempre disporre annullamento d�ufficio di provvedimenti 
illegittimi, quand�anche la loro esecuzione sia in atto. Se - aggiunge 
la prescrizione - detto annullamento intacca rapporti contrattuali (o �convenzionali�), 
l�amministrazione deve indennizzare i privati per il pregiudizio patrimoniale 
che promana dall�autotutela (e peraltro si d� un termine massimo, 
in ogni caso, di tre anni dalla data d�efficacia provvedimentale, onde potersi 
procedere a un siffatto provvedimento di secondo grado). 
Al riguardo, si notano all�essenza due aspetti di non poco momento. 
Anzitutto il presupposto dell�intervento pubblicistico non � ivi indicato 
nell�assenza di risorse adeguate (ch� detta assenza, per giurisprudenza costante, 
legittima in re ipsa l�autotutela), bens� nella ricerca del risparmio. Ci� 
apre un panorama di possibilit� enorme, giacch� a ben vedere � sufficiente 
che la P.A. s�imponga un obiettivo di minori oneri finanziari, onde potere provvedere 
in secondo grado. 
Qui, evidentemente, la decisione di opportunit� di ridurre costi, o comunque 
di risparmiare, assurge ex lege, in capo alla P.A., a �ragione d�interesse 
pubblico�, ex norma generale di cui all�art. 21-nonies, legge n. 241/1990 (ci� 
sebbene la formula attuale di detto articolo promani dalla legge 11 febbraio 
2005, n. 15, di poco tempo ma posteriore alla Finanziaria di cui sopra). 
Il secondo aspetto da lumeggiare, in ordine all�art. 1(136) legge 311/2004, 
� la previsione, in esso contemplata, dell�indennizzo a beneficio del privato, 
intaccato in un contratto (o convenzione-accordo) per effetto del decisum amministrativo 
di secondo grado. Qui siamo al nucleo dell�autotutela esterna, 
cio� proprio all�incidenza dell�intervento revocatorio della P.A. su di un gi� 
esistente contratto di diritto privato (od accordo �ibrido� pubblico/privato). 
Gli � che per�, a ben vedere, nel (sopravvenuto) art. 21-nonies nulla si 
contempla - a differenza che per la revoca ex art. 21-quinquies - in punto d�indennizzo. 
OndՏ che insorge un serio quesito di coordinamento fra la norma 
speciale anteriore e quella generale (se pur di poco) posteriore. Dottrina ha lamentato 
una infelice mancanza di modifica della disposizione della Finanziaria 
dopo che, di l� a poche settimane, fu introdotta una prescrizione generale di 
diversa indole quoad indemnitatem. Se non che codeste lagnanze de jure condendo 
a poco conducono in ermeneutica, giacch� il problema resta e deve essere 
risolto, in qualche modo, dall�interprete. 
Atteso che - come rilevato - la norma contemplativa dell�indennizzo � 
per un verso successiva e per altro verso generale, si assiste a una collisione 
tra due canoni ermeneutici: quello, cio�, per cui lex posterior derogat priori 
(in base al quale l�indennizzo non sarebbe dovuto ex lege 241 successiva), e 
di contro quello per cui lex specialis derogat generali (giusta il quale l�indennizzo 
spetterebbe invece al contraente, ex Finanziaria espressiva di norma 
chiaramente speciale). Tale nodo interpretativo aggrava a fortiori, sotto pi� di 
un risvolto, il ricorrente silenzio dottrinale - in tema di autotutela esterna -
310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
circa l�art. 1, comma 136, legge 30 dicembre 2004, n. 311 (quasi che questo 
fosse stato abrogato dalla modifica del 2005 all�art. 21-nonies su citato; cosa 
invece impensabile, poich� la legge successiva generale non cancella affatto 
quella anteriore speciale). 
La soluzione pi� equilibrata sembra quella di (ri-)qualificare, alla luce 
della norma posteriore, lo �annullamento� di cui alla Finanziaria come revoca. 
S� che la la contraddizione di cui sopra si elide e rimane soltanto l�ampio spazio 
discrezionale, di cui pure si � detto. 
E per il vero le questioni aperte non si arrestano qui. 
Ch� se � vero - come � vero - che il comma de quo dell�art. 1 della Finanziaria 
2005 afferisce ad annullamenti officiosi che vanno ad �incidere� su 
contratti gi� stipulati fra privati e pubbliche amministrazioni, non possono 
trarsi corollari de plano in ordine alle sorti dei contratti stessi. O meglio, se in 
specie il contratto � sussumibile (siccome incluso od escluso, ma non estraneo) 
sotto il codice De Lise, � bens� vero che, per ipotesi, l�atto rilevante interviene 
quando la fase pubblicistica dell�assegnazione si � gi� conclusa, e per converso 
� gi� iniziata quella privatistico-contrattuale. Pur tuttavia, per un verso � ben 
nota la giurisdizione esclusiva ex art. 133, c. 1, lett. e) n. 1) c.p.a., ma per altro 
verso - anche se la procedura di aggiudicazione � finita - resta da vedere quale 
sia la sorte patologica del contratto, atteso che l�art. 121 c.p.a., con la sua prescritta 
�inefficacia� contrattuale, si riferisce all�annullamento giudiziale dell�aggiudicazione, 
e non gi� all�annullamento officioso di un atto della 
procedura di evidenza pubblica post stipula del contratto. 
Su questo punto metter� conto di ritornare oltre. 
3. (Segue): b) revoca ed annullamento dell�aggiudicazione, ante contratto o 
prima del suo controllo. 
L�art. 11 del codice contratti pubblici - in tutto centrale nella disciplina 
sezionale - contiene al suo interno un comma 9 che, in punto di autotutela amministrativa, 
� reputato essere, quanto meno da una parte degli interpreti, foriero 
di corollari di non poco momento. 
Ed invero ivi � stabilito che, se la stipulazione del contratto non avviene 
entro il termine fissato, allora l�aggiudicatario pu� sciogliersi da ogni vincolo. 
Ora non vi � chi non veda come, da un siffatto disposto, pu� inferirsi che l�aggiudicazione 
siccome tale non costituisce accettazione di una presunta offerta 
formulata con la domanda di partecipazione alla gara. Ci� �, del resto, evincibile 
ex comma 7 dello stesso art. 9 cod. contr.; e peraltro, sulla scorta di questo 
argomento, non � un caso che parte della dottrina escluda che il bando 
costituisca, civilisticamente, un invito a offrire. E se l�aggiudicazione non accetta 
proposta di sorta, al momento dell�aggiudicazione - ergo ante negotium 
- ci si colloca ancora nel procedimento pubblicistico. S� che non sembra essere 
ancora insorto un obbligo di stipulare in capo al soggetto aggiudicatore, tantՏ
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 311 
che se la P.A. rimane inerte dopo l�aggiudicazione, e non stipula il contratto, 
� peregrino affermare che l�aggiudicatario possa agire ex art. 2932 c.c. Si registrano, 
invero, arresti di Cassazione assertivi della giurisdizione ordinaria 
su cotali domande, proposte ex art. 2932; ma in primo luogo la giurisdizione 
� una cosa e la fondatezza della domanda nel merito un�altra; in secondo luogo 
la tesi dell�obbligo �a concludere un contratto� non appare coonestabile in diritto 
amministrativo. E siccome, appunto, non vi � quest�obbligo - e si � ancora, 
prima della stipula, nell�alveo del potere autoritativo -, tale potere non � coartabile 
con gli strumenti civilistici. 
Non solo, ma il periodo successivo del comma 9 dell�art. 11 cod. contr. 
pubbl., detta la regola per cui, se l�aggiudicatario - non invitato a contrarre - 
si scioglie dai vincoli come detto sopra, non gli spetta indennizzo di sorta, ma 
soltanto la rifusione della spesa (documentata) per la partecipazione alla gara. 
Il che, quanto meno in un angolo ermeneutico, sembra evocare l�interesse 
negativo della responsabilit� pre-contrattuale, per recesso ingiustificato dalle 
trattative, siccome tale aquiliana. Questa lettura, per�, � messa in crisi da un 
recente revirement � gi� molto discusso - della Cassazione a sezione semplice 
(autunno 2011), giusta il quale la responsabilit� pre-contrattuale non � (pi�) 
da reputarsi aquiliana (come da diritto vivente pregresso), bens� contrattuale, 
ed in specie da contatto sociale qualificato. Sicch� bisogna, in questa prospettiva, 
pensare piuttosto alla violazione dell�affidamento inculcato e alla (violazione 
della) buona fede oggettiva; epper� il diniego finanche dell�indennizzo 
(di cui al citato art. 11, comma 9, codice De Lise) risulta essere in controtendenza 
rispetto agli artt. 1218 e 1223 c.c. (arg. ex artt. 1175 e 1375 c.c.). 
Si potrebbe, al pi�, eventualmente sostenere che l�inerzia del soggetto aggiudicatore 
possa fare scattare l�art. 31 c.p.a., dacch� sussiste termine per la 
conclusione del contratto dopo l�aggiudicazione, che � quello di cui al 1� periodo 
dell�art. 11, comma 9, cod. contr. Se non che codesto, pi� che un �termine 
per la conclusione del procedimento amministrativo�, ex art. 31 c.p.a., 
pare piuttosto un termine endo-procedimentale, interno all�iter di assegnazione/
evidenza pubblica. E, del resto, non va dimenticato che, nel 1� periodo 
del comma 9 dell�art. 11, sono esplicitamente fatti salvi i casi di autotutela 
(sull�aggiudicazione), capaci a quanto pare di mettere da parte il termine ivi 
previsto. 
S� che sembra doversi concludere che l�aggiudicatario, il quale subisca 
un�autotutela inficiante l�aggiudicazione prima della stipula del contratto - od 
a fortiori assista all�inerzia della stazione nel procedere a stipulazione -, nulla 
possa lamentare. Al pi� gli spetter� una rifusione delle spese sostenute per partecipare 
alla gara. 
Quanto al giudice competente per la condanna alla rifusione di queste ultime, 
non sembrano esservi dubbi nel senso di trattarsi - in via esclusiva - del 
g.a. (ex art. 133 c.p.a., punto ult. cit.), atteso che la fase privatistica post-sti-
312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
pulatoria non soltanto non esiste ancora, ma proprio della sua assenza - e del 
suo solo corollario - si discetta. 
Orbene il ragionamento sin qui condotto, prima di conchiudersi, deve ancora 
confrontarsi con un dato letterale normativo, dal quale non pu� prescindersi 
in un tale contesto. Ancora osservando l�art. 11, comma 9, 2� periodo, 
codice De Lise, ci si avvede del fatto che ivi non � soltanto contemplato lo 
�scioglimento da ogni vincolo� dell�aggiudicatario - post aggiudicazione e 
ante contratto -, bens� anche il �recesso dal contratto�. Tale ipotesi si riferisce 
chiaramente alla seconda branca del periodo ipotetico d�inizio comma, laddove 
si legge: �se il controllo di cui all�art. 12, comma 3, non avviene nel termine 
previsto�. Il rinvio va all�approvazione eventuale del contratto da parte dell�organo 
gerarchico o comunque preposto. 
S� che, sulla scorta di questo dato, va desunto che, all�aggiudicatario, 
compete soltanto il suddetto rimborso-spese per la gara, anche nel caso in cui 
il contratto sia stato stipulato s�, ma non debitamente controllato/approvato. 
Qui, in termini di giurisdizione, il clivage tra procedura di aggiudicazione e 
fase privatistica post stipula � pi� problematico, dacch� stipula vi � bens� stata, 
e tuttavia manca un apposito atto pubblicistico (il controllo/l�approvazione), 
che � integrativo della efficacia della fattispecie negoziale. S� che, in termini 
di giurisdizione, sul fatto se il controllo � negativo oppure semplicemente non 
giunge nel tempo, si pu� dibattere enfatizzando l�uno piuttosto che l�altro 
aspetto dei due versanti. 
Peraltro, almeno secondo parte della dottrina, la norma va letta (ancora) 
non soltanto come facente riferimento alla inerzia e all�assimilato controllo 
negativo, ma anche come inerente all�ipotesi di annullamento in autotutela 
dell�aggiudicazione, ancora argomentando dall�inciso del 1� periodo dello 
stesso comma 9 dell�art. 11 ( �fatto salvo l�eventuale esercizio dei poteri di 
autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti�). 
4. (Segue): c) l�autotutela post contratto e controllo. 
L�autotutela non conosce, di regola, termini di esercizio, stante la piena 
discrezionalit� che la contraddistingue (sull�an, il quando, il quomodo). S� che 
essa pu� andare a invalidare gara ed aggiudicazione anche dopo che il contratto 
� stato stipulato. 
Ci� accade in prassi quando, per esempio, nonostante il disposto di cui 
al comma 8� dell�art. 11 cod. contratti, il soggetto aggiudicatore stipula il contratto 
con il primo classificato prima di avere ultimato la verifica del possesso 
dei requisiti richiesti. Sicch� poi, o d�ufficio o su istanza di una parte interessata, 
la stazione appaltante si avvede dell�assenza di uno o pi� dei requisiti 
stessi; ergo accerta di avere stipulato il contratto in assenza di talune condizioni, 
ed interviene in autotutela annullatoria. 
In un siffatto contesto una prima questione che si pone attiene ai profili
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 313 
di responsabilit� della P.A. La negligenza di essa v�ola il chiaro disposto della 
legge, epper� si � in presenza di un�agere (�a monte� del contratto) illegittimo, 
rispetto al quale si profila l�applicazione dell�art. 30 cpv. c.p.a. Con qualche 
complicazione, invero, se il ritardo nella verifica dei requisiti � dipeso da altre 
amministrazioni, come nel caso in cui il fisco abbia tardato nel fornire dati e 
notizie rilevanti, ai sensi dell�art. 38, comma 1, lett. g), cod. contr. Altro caso 
� quello del D.U.R.C. tardivo. 
Altra fattispecie di possibile responsabilit� del soggetto aggiudicatore, 
che interviene in autotutela sulla gara dopo la stipula del contratto, � stata divisata 
in giurisprudenza sotto l�aspetto della violazione dell�affidamento dell�aggiudicatario. 
Se, cio�, quest�ultimo ha avuto modo di confidare in buona 
fede nella prosecuzione dell�appalto gi� in executivis, la successiva autotutela 
esterna, motivata da sopravvenute ragioni di pubblico interesse (e.g. risorse 
finanziarie insufficienti), � stata considerata dai giudici originativa di un obbligo 
di risarcimento del danno. � un danno, questo, che interviene durante la 
fase esecutiva del contratto (non cio� prima della stipula), e che pertanto pu� 
ricondursi a responsabilit� contrattuale - o da contatto sociale qualificato -, 
sostanzialmente per violazione dell�art. 1375 c.c. Vi � da registrare, comunque, 
un difficile coordinamento fra questo genere di arresti giurisprudenziali e l�art. 
1, comma 136, citato sopra al par. 2: questo infatti, proprio nel caso di autotutela 
per problemi finanziari, fa menzione di un indennizzo e non di un risarcimento. 
Vi � da sottolineare, peraltro, lo iato rispetto a una norma di diritto 
comune qual � l�art. 1671 c.c., ove si menziona bens� un �tenere indenne�, ma 
poi si prevede la corresponsione di tutto il mancato guadagno. 
Altra � la questione che attiene alle sorti giuridiche del contratto a seguito 
dell�autotutela esterna dopo la stipula. Qui si registra un divario di posizioni 
dottrinali le quali, partendo dal concetto per cui con l�autotuela viene meno la 
risalente legittimazione a contrarre, pervengono a corollari diversi, che dalla 
inefficacia vanno alla nullit� o all�annullabilit�. 
Al riguardo, � bens� vero che il contratto stipulato da persona priva della 
capacit� di agire � annullabile ex art. 1425 cpv. c.c.. Per� � anche vero che ivi 
si presuppone che il vizio del contratto stia nel sinallagma genetico, mentre 
nella ipotesi in esame esso interviene sul sinallagma funzionale, cio� in executivis. 
Lo stesso argomento critico vale per la nullit� di cui all�art. 1418 c.c., 
le cui cause non sopravvengono nella fase esecutiva, ma esistono all�atto della 
posizione in essere del negozio. S� che, in questa prospettiva, la figura della 
inefficacia pare la pi� consona, atteso che, accanto ai casi di relativit� soggettiva 
della inattitudine a produrre effetti, la inefficacia stessa contraddistingue 
proprio nel sistema - secondo una tesi ricostruttiva - situazioni di patologia 
sopravvenuta. A coonestare l�assunto in parola, del resto, si pongono gli artt. 
121 s. c.p.a., i quali - al termine di una lunga diatriba dottrinale e giurisprudenziale 
sul punto - hanno optato espressamente per la inefficacia, nella ipotesi
314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di annullamento dell�aggiudicazione da parte del giudice. 
Non mancano, inoltre, talune incertezze interpretative sul versante del riparto 
giurisdizionale. 
Ch� si discute qui di casi di revoca od annullamento dell�aggiudicazione 
s�, ma post stipulationem. OndՏ che l�essere entro la fase privatistica - e non 
pi� concorsuale - evoca in s� il giudice ordinario, con il conforto letterale della 
norma sulla giurisdizione esclusiva in materia appaltizia (art. 133, comma 1�, 
lett. e n. 1, c.p.a., facente riferimento alle �procedure di affidamento di lavori 
pubblici�). Ed in effetti la Corte di Cassazione si � posta, anche di recente, 
lungo questa linea direttrice, ritenendo che incomba al g.o. di giudicare sulla 
legittimit� o meno dell�autotutela post-contrattuale, e d�inferirne la sussistenza 
o meno, nel singolo caso, di patologie contrattuali derivate. Di queste, detto 
altrimenti, deve occuparsi l�a.g.o., siccome giudice del rapporto privatistico. 
Diversamente, per�, ha argomentato il Consiglio di Stato in un recente 
arresto. Quivi � stata affermata la giurisdizione del g.a., poich� - si � detto in 
buona sostanza - al centro della vicenda vi � l�esercizio di un pubblico potere; 
ed inoltre - si � aggiunto -, se l�autotutela esterna risulta essere stata legittimamente 
esercitata (cosa che solo il g.a. � chiamato a stabilire perch� iudex 
della potest� autoritativa), sul piano negoziale s�invera una caducazione automatica 
del contratto. Tale caducazione ipso jure, in una siffatta prospettiva ermeneutica, 
� sostanzialmente la conseguenza materiale dell�esercizio del 
pubblico potere; s� che il giudice amministrativo pu� rilevare la conseguenza 
stessa in fatto, senza sostituirsi al giudice delle patologie dei contratti privatistici, 
che rimane il g.o. 
5. L�intervento pubblico revisionale �dall�interno� del contratto. 
In tema di autotutela c.d. interna (definizione questa cui si obietta che, in 
verit�, non si � in presenza di autotutela di sorta), si pu� iniziare con il rilevare 
che, certo, essa si riferisce a scelte e atti della P.A., i quali vanno a incidere 
sullo svolgimento di contratti gi� in essere. E lo fanno jure privatorum, epper� 
in posizione paritetica della P.A. rispetto al privato. 
� d�altronde anche vero che, come parte della dottrina perspicuamente 
osserva, non pu� mai esistere autentica pariteticit� tra l�amministrazione e 
l�amministrato. Ch� la P.A. deve orientare ogni sua scelta, non soltanto provvedimentale, 
al perseguimento del pubblico interesse; s� che anche quanto, 
jure privatorum, quella esercita un diritto potestativo nascente da contratto, lo 
fa anzitutto a seguito di un atto deliberativo interno di natura pubblicistica (da 
parte dell�organo o dell�ufficio competente), e comunque lo fa poich� nel predetto 
deliberare ha contemperato l�interesse pubblico primario con quelli secondari 
e quelli privati coinvolti. Di contro, il soggetto privato decide nel suo 
foro interno, e tendenzialmente lo fa per il proprio interesse (anche nelle donazioni 
- si osserva - vi � la ricerca di un qualche �ritorno benefico�, almeno
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 315 
sul piano socio-morale o religioso). 
In questo contesto il comma 1-bis dell�art. 1 del codice procedimentale, 
inserito ex lege 15/2005, al di l� del suo peculiare iter nei lavori preparatori 
finisce con l�attestare non tanto una scontatezza, quanto piuttosto la tendenziale 
capacit� di diritto privato della pubblica amministrazione. Capacit� che, 
funditus, non � affatto scontata. Non lo � se � vero che, ancora nel 2011, l�Adunanza 
Plenaria del Supremo Consesso ha dovuto precisare che, per esempio, 
un pubblico ateneo non ha la stessa capacit� di un qualsivoglia privato; s� che 
non pu� decidere di costituire una societ� commerciale non strumentale, destinata 
alla ricerca del lucro entro il mercato concorrenziale. 
Ecco che dunque, in primo luogo, quando si considera l�autotutela interna 
si deve presupporre che il relativo atto sia contemplato, per legge o per contratto, 
nella sfera di capacit� di diritto privato della P.A. 
Dopodich� l�art. 21-sexies legge 241/90 - non a caso introdotto in uno 
con il comma 1-bis dell�art. 1 - � la disposizione di legge la quale, per antonomasia, 
focalizza l�autotutela interna. Interposto, infatti, fra la revoca di cui 
all�art. 21-quinquies e l�annullamento di cui all�art. 21-nonies, l�art. 21-sexies 
disciplina un diritto potestativo emblematico nella materia privatistica dei contratti, 
cio� il recesso unilaterale. 
La disciplina che ne sortisce, per i contratti stipulati dalla P.A. anche al 
termine di una procedura di evidenza pubblica, � alquanto significativa: l�amministrazione 
non pu�, invocando il principio dell�autotutela - quindi il suo 
privilegio pubblicistico di riesame -, recedere sempre e comunque dai contratti 
stipulati. Essa deve, piuttosto, stare alle clausole pattizie del singolo contratto 
- che invero possono, ex art. 1322, contemplare ipotesi di recesso o generalizzarne 
la potest� di esercizio -, e deve altres� osservare la legge, atteso che questa 
a sua volta contempla talune facolt� di recesso per i paciscenti (artt. 1373, 
1537 cpv., 2437 c.c., ecc.). 
Accanto al recesso, vi sono poi altri diritti soggettivi, contemplati dalla 
legge o dal contratto, onde permettere alla parte di rivedere la situazione negoziale 
e retrocedere - per cos� dire - rispetto ad essa. Si pensi all�esercizio di 
una clausola risolutiva espressa, alla risoluzione per inadempimento, o per impossibilit�/
eccessiva onerosit� sopravvenuta, ovvero alla clausola ex art. 1382. 
Qui non si pongono peculiari problemi giurisdizionali di riparto, giacch� 
il giudice competente sul contratto � quello ordinario, il quale di regola non 
deve indagare i motivi - di scelta giuspubblicistica - che stanno a monte dell�esercizio 
della potest� privatistica (o comunque del diritto contrattuale esercitato). 
Piuttosto, come se avesse di fronte a s� due parti private, il g.o. � 
chiamato a decidere sulla sussistenza o meno dei presupposti civilistici per 
l�esercizio stesso. 
Ci si pu� domandare se la controparte, che subisce l�iniziativa della P.A., 
possa mettere in discussione i predetti motivi pubblici in una qualche sede
316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
giurisdizionale, mettendo in discussione la scelta fatta dall�amministrazione 
sul piano della cura dell�interesse cui essa � preposta. Per lo pi� si tratta di 
scelte di merito/opportunit�, come tali non sindacabili (fatta eccezione per i 
giudizi amministrativi anche di merito). Ma non pu� esludersi la sussistenza 
di un provvedimento, assunto a monte dell�intervento �nel contratto�, suscettibile 
di essere impugnato con fondamento avanti al g.a. Con il corollario logico-
giuridico per cui, se poi il provvedimento stesso � annullato dal T.A.R. 
(e/o dal C.d.S.), l�esercizio della potest� o del diritto negoziale subisce una 
patologia derivata, poich� ne viene meno la base fondativa. Il che rievoca la 
questione del caducamento automatico, di qui si � detto sopra al par. 4. 
Oppure - ed anche questo � un aspetto gi� evocato in precedenza (v. par. 
prec.) - pu� darsi che il privato metta in discussione, alla radice, la capacit� 
della P.A. di assumere quella determinata scelta negoziale. Il che richiama l�arresto 
dell�Adunanza Plenaria sull�ateneo, che aveva costituito una societ� commerciale 
solo per operare concorrenzialmente sul mercato e fare utili. Ivi, sul 
piano del riparto, il Supremo Consesso ha ravvisato la competenza del giudice 
ordinario per accertare la eventuale patologia riflessa degli atti societari. Al 
contempo per� - mette conto di sottolinearlo -, sulla incapacit� giuridico-decisoria 
dell�ente pubblico a una siffata intrapresa, il Consiglio di Stato, nell�esame 
della questione pregiudiziale di giurisdizione, si � reputato del tutto 
competente. Ed ha infatti annullato la delibera dell�ateneo, donde poi � nata 
la societ� in oggetto.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 317 
Diritto, pensiero ed interruzione del sentiero 
Federico Maria Giuliani,LL.M.* 
SOMMARIO: 1. I nostri Prolegomeni erano positivamente conchiusi. Necessit� dell�apertura, 
tra negativit� dialettica ed ermeneutica � 2. Tecnica e fondamento, ermeneutica e potenza 
in diritto � 3. Relativismo e nichilismo giuridici, come trasposizione di categorie dell�essere 
in quelle del dover-essere. Gius-positivismo moderato e formalismo misto � 4. Superamento 
dell�antinomia tradizionale tra gius-positivismo e gius-naturalismo. Il realismo neo-costituzionalista 
� 5. Per un fallibilismo positivista nel metodo. L�interrompersi del cammino. 
1. I nostri Prolegomeni erano positivamente conchiusi. Necessit� dell�apertura, 
tra negativit� dialettica ed ermeneutica. 
Passa via questa vita, braccata da ius. Esso, tracimando ovunque, manca 
solamente in eros. A volte invade anche quest�andito, e l�implosione trionfa. 
Sicch� verrebbe da titolare questo scritto, parafrasando Codignola e Vittorio 
Gassman sul teatro: les m�faits du droit. Ovvero: fa male, il diritto. 
Troppo corrivi i nostri Prolegomeni (1): meditazioni pseudo-concilianti, 
sull�onda di un hegelismo di maniera, tale per cui ogni tensione era composta 
nel movimento, da ci� sortendo un�armonia reperita, metodologicamente, da 
prima. 
Ma viene da chiedersi: quale armonia poteva essere quella, se � vero che 
- come perspicuamente lumeggiato - �il diritto, se valutato in termini di diritto 
e di obliquo, rivela una natura decisamente obliqua�? (2). 
In questa prospettiva astigmatica, cio�, jus diventa zoppa negativit� esistente. 
N� ha rilevanza il fatto che, se del caso, l�obliquit� riguardi la positivit� 
del diritto, anzich� la sua essenza. Non rileva poich�, ad ogni buon conto, se 
�obliquo� � il contenuto (il diritto), dritto non pu� essere nemmeno il contenente, 
cio� la coscienza dell�homo iuris. Questa � malleabile per sua natura, 
rispetto al percepito/vissuto; e perci� ne risente, per forza di cose. 
Di tutto ci� i Prolegomeni nulla dicevano, appartenendo ad altre primavere. 
Erano troppo ontici, per dirla con Heidegger. 
E nessuna traccia, in essi, vi era di una coscienza storica - per dirla invece 
con Gentile. Si pensi, per esempio, alla mancanza di presa di cognizione dell�abbrutimento 
culturale italiano che - pasolinianamente - rovina gi�, a partire 
dalla fine del mondo contadino. 
Si dir� che tutto questo non ha a che fare col diritto. 
(*) Saggista giuridico. Avvocato del libero Foro (Milano) e cassazionista. 
(1) F.M. GIULIANI, Diritto e pensiero (Prolegomeni), in Contr. impr., 2008, p. 335, passim. 
(2) GALGANO, Tutto il rovescio del diritto, Milano, 2007, p. 17. 
318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Invece non � cos� (3). Gi� proprio Pasolini, riflettendo sul suo teatro <<di 
parola>>, aveva a cuore che in platea presenziasse la figura-tipo dell�avvocato 
colto, esponente dei gruppi avanzati della borghesia. Ed un giurista critico 
contemporaneo, per nulla scevro dal tecnicismo giuridico, lamenta anche il 
dominio dell�homo iuris iper-specializzato (4). 
�, dunque, nelle pieghe di una negativit� irrisolta, che il fenomeno del 
diritto deve essere ripensato, dopo quei Prolegomeni e le loro intemperanze 
d�immaturit�. 
2. Tecnica e fondamento, ermeneutica e potenza in diritto. 
Il dominio della tecnica, anche in diritto, trova in Italia il suo allarme in un 
illustre Giurista Filosofo (5), che ha dialogato molto con Emanuele Severino. 
Ma, premesso l�abbrutimento del dominio della tecnica nel giure, esistono, 
a parere di chi scrive, due questioni primarie, strettamente connesse fra loro: 
a) il tema del fondamento (Grund) del diritto, poich� nel parlare dell�imbarbarimento 
mette conto di capire che cosa rovina, esattamente, al fondo; 
b) dipoi la questione ermeneutica, perch� a seconda della soluzione del 
tema dell�interpretazione, si (pro)pone (implicitamente) un fondamento di diversa 
fattura. 
Non � un caso che - per esempio - sul formalismo giuridico (6), si � autorevolmente 
osservato che a esso � sotteso un larvato senso morale sub-giuridico 
- ancorch�, paradossalmente, proprio il formalismo predichi l�esatto 
opposto. S� che l�ipotizzato senso morale consiste, secondo questa opinione, 
in quel che segue: l�assoluta univocit� di soluzioni, proposta dai formalisti (almeno 
�puri�), � propria di settori alieni al diritto. Detto altrimenti, il rigido 
formalismo giuridico interpretativo finisce con l�introdurre un�assolutezza acconcia 
ad altre discipline del sapere, laddove invece � proprio il formalismo a 
concepire il diritto come una sfera del tutto autonoma. Il che rappresenta 
un�auto-contraddizione, contraria al �principio firmissimo� (7). 
Rispetto alla visione formalistica, si pu� pensare dunque al diritto come 
a un linguaggio segnico/semantico, cui occorre accostarsi con dialettica critico-
ermeneutica. 
Esiste, ancora, un filone di pensiero il quale, del diritto, enfatizza il tratto 
(3) Cfr. BALDASSARRE, Se si �politicizza� la costituzione, in A.A.V.V., Costituzione: una riforma 
sbagliata, a cura di BASSANINI, Firenze, 2004, p. 38. 
(4) G. ROSSI, Perch� filosofia, Milano, 2008, p. 13 ss. 
(5) IRTI, Nichilismo giuridico, Bari, 2004. 
(6) DWORKIN, Law�s Empire, Cambridge Mass., 1985, p. 45 s.; DENOZZA, La struttura dell�interpretazione, 
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, p. 6 s. 
(7) Sulle critiche al formalismo nei termini su accennati, vedi GUASTINO, Realismo e antirealismo 
nella teoria dell�interpretazione, in Ragion pratica, 2001, p. 44; BARBERIS, Filosofia del diritto. Un�introduzione 
teorica, Torino, 2005, p. 221 ss.; LUZZATTI, La politica della legalit�. Il ruolo del giurista 
nell�et� contemporanea, Bologna, 2005, p. 283 ss. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 319 
di forza/potenza/procedura (8). 
Certo taluno pu� osservare che la forza (b�a) � la modalit�, con la quale 
il diritto si (im)pone, aggiungendo che per� una cosa diversa continua a essere 
il Grund fondante di tale (im)posizione. Se, cio�, per fondamento del diritto 
s�intende ad esempio l�esigenza di una convivenza sociale, il necessario imporsi 
di quello con atti di potenza non sposta il fondamento stesso. 
Quest�ultima notazione rischia di essere fragile. 
Perch� l�interrogarsi sul fondamento di qualche cosa implica la domanda 
sul senso del fondato. E se si scopre che quel �qualche cosa� promana da 
forza/potenza, il suo senso/la sua essenza non pu� non risentirne. Troppo facile, 
cio�, sarebbe dire che cos� � perch� cos� non pu� non essere. Sarebbe 
come mescolare finalit� ed essenza. E fare tautologie. 
3. Relativismo e nichilismo giuridici, come trasposizione di categorie dell�essere 
in quelle del dover-essere. Gius-positivismo moderato e formalismo misto. 
Si ha l�impressione che l�idea del diritto, quale forza/potenza, si accompagni 
bens� al gius-positivismo, piuttosto che al gius-naturalismo. 
Ma questo abbinamento rischia di essere corrivo. 
Piuttosto, sembra che ci� che s�impone di forza sia piuttosto un legame 
tra diritto e relativismo giuridico. Di questo, come noto, le origini storiche 
sono antichissime, risalendo ai Sofisti (9). 
Rispetto, per�, al gius-relativismo (classico) spazio-temporale, si segnala 
un tentativo contemporaneo di superamento storico, il quale va alla ricerca di 
una giuridica �universalit� ritrovata� (10). 
Tale ultimo spunto possiede un suo lustro per pi� d�una ragione. 
Anzitutto, da esso spira una ventata d�ossigeno sotto la cappa di un clima 
di riflessione contorta che, viceversa, rischia di farsi sterilmente greve. In secondo 
luogo, il relativismo come tale � categoria concettuale che attiene all�essere 
(all�ontologia), e non gi� al dover-essere (alla de-ontologia). S� che che la 
trasposizione di quello dall�una sfera all�altra lascia alquanto perplessi (11). 
Da segnalare, in aggiunta, � l�opinione secondo cui l�anti-relativismo giu- 
(8) M.A. CATTANEO, Diritto e forza. Un delicato confronto, Padova, 2005, passim. Ma, gi� in passato, 
si consulti per tutti PASCAL, I pensieri, trad. it. B. NACCI, Milano, 1994, pp. 22, 28, 31 s.; BENJAMIN, 
Angelus Novus, trad. it., Torino, 1995, p. 9 ss.; SCHIMITT, Le categorie del �politico�, trad. it., Bologna, 
1984, p. 37 ss. 
(9) Cfr. UNTERSTEINER, I sofisti, Milano, 1996, passim. 
(10) GALGANO, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, passim. 
(11) Per una nota critica al relativismo in generale, vedi ovviamente RATZINGER, Europa. I suoi 
fondamenti, Cinisello Balsamo, 2004, passim; ID., Europa, relativismo. Islam, Cinisello Balsamo, 1985, 
p. 89 ss.; ID. - PERA, Senza radici, Milano, 2004, p. 116. 
Contra, per�, si consulti per esempio AA.VV., Il bello del relativismo. Quel che resta della filosofia nel 
XXI secolo, a cura di AMBROSI, Venezia, 2005, passim e spec. a p. 23 (ove si riprende un�opinione puntualmente 
espressa, sul tema, da Massimo Cacciari).
320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
ridico difficilmente si staccherebbe dal gius-naturalismo (12). 
Quanto ai possibili eccessi - su di un altro versante - del gius-positivismo, 
gi� da tempo una chiara dottrina ne aveva preso le distanze (13). Cos�, attenuando 
gli accenti enfatici del gius-positivismo teorico (cd. ideologico), quella 
scuola di pensiero faceva (e pu� ancora oggi fare) emergere un gius-positivismo 
metodologico. 
In questa prospettiva il problema ermeneutico taglia trasversalmente il 
vetusto binomio �naturalismo/positivismo�, approdando all�idea della plurisignificanza 
della norma. La quale idea non � affatto agli antipodi del giusformalismo 
cd. misto (14). 
4. Superamento dell�antinomia tradizionale tra gius-positivismo e gius-naturalismo. 
Il realismo neo-costituzionalista. 
Non � un caso che si sia, di recente, asserita con agudeza l�obsolescenza 
della dicotomia tra gius-naturalismo e gius-positivismo (15). 
Nuovi correnti di pensiero spingono in avanti da tempo, se pure in direzioni 
diseguali. Il riferimento va in particolare al gius-realismo e al neo-costituzionalismo. 
Il secondo, sul tema della ermeneutica giuridica, si esprime in termini 
molto rigidi: <<una sola interpretazione per ogni norma>>. E ci� propone assumendo 
anche la denominazione di formalismo interpretativo in senso stretto. 
Si � gi� ricordato, d�altronde (16), il formarsi di una proposizione pi� attenuata 
- la cd. mista - del formalismo stesso. 
Tuttavia, oltre a quanto appena notato sui possibili legami (ancorch� impliciti) 
tra formalismo e gius-naturalismo (17), gli � che, secondo i neo-costituzionalisti 
statunitensi, esiste un legame necessario tra diritto e morale, in 
particolare negli studi costituzionali. Di modo che il <<diritto ingiusto>> - con 
un approccio di oggettivismo etico - non �, in un questa prospettiva, <<diritto>>; 
ci� nonostante l�indecifrabilit� oggettiva di ogni singola regola morale. 
S� che l�antinomia naturalismo/positivismo vacilla oltremodo, quando per 
esempio i neo-costituzionalisti statunitensi da un lato appaiono in linea s� col 
gius-naturalismo - poich� affermano la bastevolezza, in s� e per s�, della norma 
giuridica -; ma dall�altro lato sembrano attingere al gius-positivismo, quando 
affermano l�unicit� della soluzione ermeneutica della norma stessa (18). 
(12) PASSERIN D�ENTREVES, La dottrina del diritto naturale, Milano, 1980, passim. 
(13) BOBBIO, Il positivismo giuridico, Torino, 1979, passim � ripreso poi, adesivamente, da BARBERIS, 
op. cit., p. 15 ss. 
(14) BARBERIS, op. cit., p. 17. 
(15) G. ROSSI, op. cit., passim. 
(16) Supra, par. 2. Adde, a modo proprio, DENOZZA, L�interpretazione delle norme tra scetticismo 
e �pluralismo cognitivo�, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2007, n. 2, p. 1 ss. 
(17) V., supra, par. 2. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 321 
Quanto al ricordato gius-realismo (anch�esso di derivazione nordamericana, 
oltre che scandinava), � bens� vero che esso si propone come anti-formalista 
(19). Tuttavia, particolarmente nel filone nordeuropeo, questa impostazione 
� radicalmente anti-positivistica. Si pensi a quando essa sostiene che la norma, 
di per s� stessa, costituisce vuota formula, insuscettibile di essere interpretata 
senza il decisivo apporto soggettivo - e persino emotivo - dell�interprete (20). 
Se dunque il formalismo possiede tratti - impliciti o espliciti - di connessione 
al gius-naturalismo, sembra di scorgere una certa quale bi-polarit� del 
realismo rispetto all�antinomia classica tra naturalismo e positivismo giuridici. 
Il che, in qualche modo, rievoca ci� che abbiamo visto accadere nel neocostituzionalismo. 
Nondimeno, appare piuttosto arduo leggere l�antipositivismo 
realista in ottica squisitamente naturalista. E ci� conferma, ancora una 
volta, il superamento - o quanto meno la sfumatura dogmatica - del tradizionale 
dualismo tra natura e positivit�. 
Non � un caso che, come gi� ricordato, rispetto a quell�antinomia classica 
siano state introdotte distinzioni e sotto-classi (o sotto-categorie) gi� da tempo, 
con una relativa (nel senso di non assoluta) adesione o meno a esse; a seconda 
dei singoli punti e casi, con un approccio abilmente segmentato (21). 
5. Per un fallibilismo positivista nel metodo. L�interrompersi del cammino. 
Osservava un abile scrittore che, di una vera e propria critica del diritto, 
finisce con il non occuparsi n� il diritto stesso, n� la filosofia del diritto. Il 
primo perch� non tollera deviazioni dalle regole positive; la seconda perch� � 
attenta al fenomeno in generale, piuttosto che ai suoi fondamenti e alla loro 
estrinsecazione positiva (22). 
Che il diritto non �si pensi� - direbbe lo Heidegger - era persino rilevato 
nei nostri Prolegomeni (il che � tutto dire). 
D�altra parte, cՏ da stupirsene assai poco, perch� concepire il diritto 
come fatto e fenomeno, � gi� un negare la filosofia del diritto (23). Ed � alters� 
vero che l�homo iuris, congestionato nel solo diritto dato(si) positivamente, 
s�invera come Dasein amputato, dis-tratto da ogni questione sul senso (24). 
S� che, se si � consci di una crisi della giuridicit� (25) - e se si � sensibili 
(18) BARBERIS, op. cit., p. 8 � 48. 
(19) Fra gli altri, vedi LLEWELLYN, Jurisprudence. Realism in Theory and Pratice, Chicago, 1962, 
pp. 42 � 76. 
(20) HAEGERSTROEM, Inquires into the Nature of Law and Moral, Uppsala, 1953, passim. 
(21) Acutamente - e dialetticamente - BOBBIO, op. cit., pp. 279 - 285. 
(22) Paolo ROSSI, La pena di morte. Scetticismo e dogmatismo, Milano, 1978, p. 33 s. 
(23) Autorevolmente GENTILE, I fondamenti della filosofia del diritto, Roma, 1923, p. 8. 
(24) Ancora GENTILE, La filosofia dell�arte, Firenze, 2003, p. 5; cui adde DEL VECCHIO, Lezioni 
di filosofia del diritto, III ed., Roma, 1936, p. 119. 
(25) La quale - secondo P. ROSSI, op. cit., p. 41 ss. - risalirebbe, in Italia, al tardo-storicismo e al 
crocianesimo.
322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
a un certo gius-relativismo (sempre che questo sia una categoria adatta al 
dover-essere) (26) -, si avverte il rischio dell�insorgere di un�idea del diritto 
come mera <<volizione del voluto>>. Nozione, questa, la cui paternit� nazionale 
� contesa tra Gentile e Tilgher. 
Ma il decadentismo spengleriano e, particolarmente, la nicciana morte di 
dio - con il connesso �pensiero debole� postmoderno - non conducono di necessit� 
a un gius-positivismo ideologico - checch� ne pensino taluni, sedicenti 
e isolati, epigoni odierni dello stesso Spengler (privi di rigore veruno). 
Ben vengano, allora, il fallibilismo e il popperismo, e l�idea della verit� 
come metodo (stante l�impossibilit� - in diritto - dell�esperimento empirico). 
Ben venga una laicit� che rifiuta l�irruzione ecclesiale nel diritto statuale. 
Nel contempo, per�, si presti anche attenzione (e ci� vale contro i nostri 
Prolegomeni) a non scivolare nel gius-nichilismo di maniera. Questo, non a 
caso, � denunziato con brillio da Severino ed Irti: e in nessun modo da essi 
abbracciato. 
Si pu�, cio�, essere pacatamente gius-relativisti (nei limiti, e alle condizioni, 
di cui sopra), non aderendo al formalismo estremo, ed essere nel contempo 
sensibili all�urgenza del non-abbandono al Nulla. 
Non vi � contraddizione tra l�essere gius-positivisti temperati e gius-relativisti 
pacati. Si � positivisti, perch� non si ammette che il diritto sia inquinato 
da altro, anche se nel tema ermeneutico si ammette la pluri-significanza della 
norma. Si �, al contempo, relativisti, perch� il diritto muta spazio-temporalmente; 
ed � anzitutto forza della parola, del concetto, del dettato. 
Messa cos� da parte l�insensatezza propria del nichilismo - cio� l�alienazione 
estrema di ci� che, di per s�, non pu� darsi -, la questione della verit� 
giuridica diventa una critica fallibilista senza fine. Nient�affatto irrazionale, 
cos� come non accade in scienza empirica (27), perch� non si ha in mente un 
sofisma, ma una ermeneutica in senso filosofico. 
Al fondo sta, comunque, la moltitudine - spinozo-mazziniana pi� che marxiana 
-, ad auto-legittimare la forza, con cui le norme s�impongono e sono imposte. 
Pu� essere che, proprio da questa forza, possano trarsi altri spunti, 
contrari all�alienazione di tecnica e consumo. 
In questo quadro, il contesto prettamente critico - che fu dei nostri Prolegomeni 
con quella finale (assai conciliante) �armonia reperita� - da una parte 
non � incompatibile col gius-positivismo fallibilista, e dall�altro lato lascia im- 
(26) V., supra, par. 3. 
(27) Cfr. PERELMAN, Trattato dell�argomentazione. La nuova retorica, trad. it., Torino, 1966, p. 
536. Che se poi, per avventura, un ipotetico contraddittore opinasse che cos� si scivola verso l�affabulazione 
incontrollata (cfr. Filippo GALLO, L�interpretazione del diritto � �affabulazione�?, LED ed., s.l. ma 
Torino, 2005, passim), allora va ricordato (proprio sulle orme del Perelman) che la lezione sulla possibilit� 
di contraddire proviene, in et� moderna, dallo Hegel, con il cui pensiero a quel punto bisogna misurarsi 
(cfr., infatti, AA.VV., Hegel e il nichilismo, a cura di MICHELINI e MORANI, Milano, 2003, passim).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 323 
mutata una cert� inanit� esistentiva, ribadendo per� un progetto esistenziale. 
Questo, allo stato dell�arte dei Prolegomeni, era semplice tentativo di 
compenetrazione tra l�ontico e l�ontologico. 
Non si d� per� ancora, ad oggi, una fuoriuscita netta, cio� il conseguimento 
del positivo logico-ontologico. 
�, cio�, questo un sentiero tuttora �spezzato�.
324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Riflessi applicativi della confisca per equivalente nei reati 
tributari: un istituto ancora in via di definizione 
Giulio Luciani* 
SOMMARIO: 1. L�introduzione della confisca per equivalente nel diritto penale tributario. 
� 2. Rapporti tra confisca e misure cautelari reali: la funzione del sequestro �per equivalente�. 
� 3. La confiscabilit� del patrimonio dell�ente collettivo all�interno e al di fuori del 
sistema di responsabilit� ex d.lgs. 231/2001. � 4. La costituzione di parte civile dell�Agenzia 
delle Entrate: individuazione del danno �ex delicto�. � 5. (segue) Sequestro e confisca di valore 
pari all�imposta evasa esautorano il ruolo della parte civile? 
1. L�introduzione della confisca per equivalente nel diritto penale tributario. 
A partire dal 2008 � stato introdotto nell�ambito dei reati tributari lo strumento 
della confisca per equivalente, misura di sicurezza patrimoniale volta 
a colpire non quei determinati beni che costituiscano profitto o prezzo dell�attivit� 
criminosa, bens� il tantundem del vantaggio conseguito (1). La tipologia 
di confisca in esame � stata gi� sperimentata dal legislatore in altre categorie 
di fattispecie incriminatrici, con finalit� di volta in volta diverse perch� connaturate 
a distinte forme di tutela penale (2). Al fine di delineare il perimetro 
di operativit� e le ricadute applicative della confisca per equivalente in materia 
tributaria � istituto che in tale settore pu� ancora considerarsi ad uno stadio 
embrionale di sviluppo dottrinale e giurisprudenziale � occorre, anzitutto, individuare 
la funzione rivestita in generale dalla misura confiscatoria. 
La dottrina non � mai approdata ad una soluzione univoca sulla natura 
di tale provvedimento, che altro non � se non una espropriazione a favore 
dello Stato di cose a vario titolo ricollegabili ad un reato (3). Si � tentato di 
qualificarla come una pena accessoria o una sanzione sui generis, poich� si 
discosterebbe quanto a presupposti dalle misure di sicurezza, alle quali � stata 
invece ricondotta dalla volont� legislativa � dato l�inserimento nel titolo VII 
del libro I del codice penale, rubricato appunto �misure di sicurezza�. Se 
(*) Ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
Dottorando di ricerca in Diritto penale presso l�Universit� degli Studi �Roma Tre�. 
(1) L�art. 1, comma 143 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) ha esteso ai reati 
tributari le disposizioni di cui all�art. 322-ter del codice penale (che prevede la confisca per equivalente 
nei delitti contro la p.a.), con ci� estendendo alla materia fiscale, altres�, l�istituto del �sequestro per 
equivalente�, prodromico e strumentale all�omonima forma di confisca. 
(2) Si vedano, oltre all�art. 322-ter c.p. per i delitti contro la p.a., l�art. 644 c.p. in materia di usura, 
l�art. 640-quater c.p. per alcune ipotesi di truffa e l�art. 600-septies c.p. per i delitti di prostituzione minorile 
e pedopornografia. 
(3) Si legge nella Relazione al progetto definitivo del codice penale che le cose confiscabili �provenendo 
da fatti illeciti penali o in altra guisa collegandosi alla loro esecuzione, manterrebbero viva 
l�idea e l�attrattiva del reato�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 325 
sono, infatti, innegabili i profili di prevenzione insiti nella confisca, tuttavia 
non viene assunto quale suo presupposto la pericolosit� del soggetto, bens� 
la pericolosit� della cosa oggetto di ablazione (4). La dottrina ha, invece, ritenuto 
che tale pericolosit� debba intendersi in relazione al soggetto agente, 
poich� la cosa in s� non reca danno ma pu� costituire incentivo per il reo, 
qualora continui a disporne, a commettere nuovi illeciti (5). Si pu�, pertanto, 
accogliere la riconduzione della confisca in forma specifica alle misure di sicurezza, 
in quanto provvedimento di carattere general-preventivo fondato su 
una valutazione di pericolosit� lato sensu, ma non si pu� negare che l�ablazione, 
soprattutto nella forma �per equivalente�, abbia anche una portata afflittiva. 
Rispetto alla confisca generale disciplinata dall�art. 240 c.p. che, 
mirando a colpire �cose che servirono o furono destinate a commettere il 
reato� e �cose che ne sono il prodotto o il profitto�, persegue finalit� specialpreventive 
collegate alla pericolosit� del bene confiscato, la misura �per equivalente� 
di cui all�art. 322-ter c.p., estesa ai reati tributari, prescinde del tutto 
da qualsiasi nesso di pertinenzialit� della cosa con l�illecito commesso. Venuto 
meno tale legame, l�unico in grado di qualificare la confisca per equivalente 
come misura di sicurezza in senso stretto, se ne deve riconoscere il 
carattere sanzionatorio e la finalit� repressiva, posto che, secondo una definizione 
ormai consolidata in giurisprudenza, essa costituisce una �forma di 
prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti� (6). Ammessa la sua 
natura sanzionatoria, non pu� nemmeno parlarsi, per�, di una pena principale 
o accessoria � date le incompatibilit� di struttura ed effetti � ma pu� intendersi, 
anche se impropriamente, come un tertium genus di sanzione tra le misure 
di sicurezza e le pene (7). 
L�indagine sulla natura della confisca �di valore�, se meramente preventiva 
o anche retributiva-repressiva, si riflette immediatamente sull�applica- 
(4) Cos� evidenzia F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, 2007, p. 782. 
(5) Per questa interpretazione, ampiamente condivisa, si veda M. MASSA, voce Confisca, in Enc. 
dir., Milano, 1961, p. 983. Dettagliatamente sulla c.d. teorica della �pericolosit� della cosa� si veda M. 
TRAPANI, voce Confisca: II) diritto penale, in Enc. giur. Treccani, vol. VIII, 1988, p. 1. 
(6) Interpretazione fatta propria da Cass. pen., SS.UU., 22 novembre 2005, n. 41936 e pi� volte 
ripresa dalla stessa giurisprudenza di legittimit� e seguita da quella di merito. 
(7) Rileva correttamente F. MAZZACUVA, Confisca per equivalente come sanzione penale: verso 
un nuovo statuto garantistico, in Cass. pen., 2009, p. 3417, come la confisca �di valore� sia sovrapponibile 
nel contenuto alla pena pecuniaria, data l�inflizione di una sofferenza patrimoniale, ma non richieda 
una commisurazione in base ai criteri di cui all�art. 133 c.p. (dovendosi esclusivamente calcolare 
in funzione di un valore connesso al fatto commesso), n� possa configurarsi autonomamente in quanto 
� strutturalmente �accessoria� alle sanzioni di cui all�art. 17 c.p., le uniche che qualificano il fatto come 
reato. Neppure pu�, per�, accostarsi tale confisca alle pene accessorie stricto sensu, dato che la �operativit� 
di diritto� di queste ultime non coincide con la �obbligatoriet�� della confisca (che � pur sempre 
rimessa alla determinazione esplicita del giudice). Diversamente, si riconosce natura di pena principale 
alla confisca per equivalente nel sistema ex d.lgs. 231 del 2001, che non d� luogo, per�, a responsabilit� 
penale, bens� ad un�ibrida forma di responsabilit� amministrativa da reato.
326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
zione o meno delle garanzie legalitarie, in particolare del principio di irretroattivit�. 
Le misure di sicurezza non sono, infatti, coperte dal divieto di applicazione 
retroattiva (art. 25, comma 3� Cost. e art. 200 c.p.), perci� 
l�introduzione della confisca per equivalente in campo tributario, ove se ne 
ammettesse la pura funzione special-preventiva e dunque la natura di misura 
di sicurezza, potrebbe trovare applicazione anche rispetto ai reati fiscali di 
cui al d.lgs. n. 74 del 2000 commessi anteriormente all�entrata in vigore della 
legge. La Corte di Cassazione ha, per�, statuito l�irretroattivit� della disposizione, 
ribadendo la funzione afflittiva della confisca per equivalente e richiamando, 
pertanto, l�art. 2 c.p. che, nel disciplinare la successione delle leggi 
penali nel tempo, d� attuazione alla garanzia di irretroattivit� (art. 25, co. II 
Cost.) e fa salva la ratio di certezza del diritto (8). 
� piuttosto agevole comprendere quale sia stato l�intento che ha mosso 
il legislatore nell�estendere la disciplina della confisca per equivalente al settore 
tributario, cio� la presa d�atto della difficile azionabilit� dello strumento 
fornito originariamente dal codice penale all�art. 240. Secondo questo modello 
confiscatorio, infatti, il vantaggio conseguito dal reo deve individuarsi 
come collegato all�attivit� criminosa da un nesso di pertinenzialit� e, una 
volta accertato, deve essere appreso nella forma specifica in cui si sia concretizzato. 
Tutt�altra cosa � espropriare il tantundem di quel vantaggio, cio� 
una somma di denaro del patrimonio del soggetto agente di pari valore rispetto 
al suo illecito arricchimento. Maggiori garanzie di successo nell�apprensione 
che, pur tradendo finalit� che oltrepassano la mera prevenzione 
avuta di mira dall�art. 240 c.p., sono sembrate al legislatore come imprescindibili 
nel settore dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione 
� da cui l�introduzione dell�art. 322-ter c.p. � e poi in altre 
fattispecie incriminatrici, tra cui quelle tributarie. Il limite applicativo della 
confisca in forma specifica �, infatti, duplice: da un lato, nell�imperniarsi sul 
�nesso di pertinenzialit�� tra profitto confiscato ed attivit� del reo, impone al 
giudice di provare e motivare la diretta derivazione causale della cosa dal 
(8) Cos�, ex multis, Cass. pen., sez. III, 20 ottobre 2008, n. 39172. Con tale presa di posizione, ribadita 
dalla Corte Costituzionale nell�ordinanza n. 97 emessa il 22 aprile 2009, si � arginato il rischio 
di un�applicazione della confisca per equivalente anche ai reati tributari commessi prima del 1� gennaio 
2008 (data di entrata in vigore della L. n. 244/2007) � applicazione retroattiva che alcuni giudici di 
merito avevano tentato di sostenere � richiamando sia un�espressa previsione della L. n. 300/2000 (attuativa 
della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali), 
che nell�introdurre l�art. 322-ter ne sanciva l�irretroattivit�, sia la natura repressiva della confisca per 
equivalente. Sostiene, infatti, la Corte di legittimit� che l�ablazione del patrimonio del reo in proporzione 
corrispondente all�arricchimento conseguente al delitto sia una misura sostanzialmente sanzionatoria e 
afflittiva, del tutto distinta dalla confisca di cui all�art. 240 c.p. Anche la giurisprudenza della Corte Europea 
dei diritti dell�uomo ha escluso l�applicabilit� retroattiva di una forma di confisca per equivalente, 
perch� in contrasto con i princ�pi espressi dall�art. 7 CEDU (nella parte in cui dispone che �non pu� essere 
inflitta una pena pi� grave di quella applicabile al momento in cui il reato � stato commesso�), confermandone 
la natura sanzionatoria (Sent. n. 307A/1995, Welch v. Regno Unito).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 327 
reato (9); dall�altro, mirando a colpire il conseguimento di un bene economico 
aggiuntivo rispetto al patrimonio del colpevole, sfuggono alla sua presa tutti 
i vantaggi che si siano conseguiti sotto forma di risparmio dei beni gi� posseduti. 
Tali aspetti propri della confisca ordinaria costituivano un ostacolo 
invalicabile proprio in materia tributaria, posto che il provento tratto dal reato 
fiscale si sostanzia prevalentamente in un risparmio d�imposta (cio� in un 
minus di costi sostenuti dovuto al mancato o inesatto versamento fiscale o ad 
un rimborso non spettante). L�individuazione ex post nel patrimonio del reo 
dei beni che avessero costituito prezzo o profitto del reato risultava pressocch� 
impossibile, dato che questi coincidevano con beni gi� posseduti, dunque 
confusi nel patrimonio complessivo o reinvestiti (10). Il riconoscimento normativo 
della confiscabilit� del tantundem del risparmio d�imposta conservato 
dall�evasore � stato, pertanto, indispensabile e fortemente atteso dagli organi 
giudiziari per uscire dal fastidioso impasse in cui si era arenata l�applicazione 
della confisca ai trasgressori degli obblighi tributari penalmente rilevanti. Difatti, 
finch� fosse rimasto fermo il limite della pertinenzialit� del denaro con 
l�attivit� criminosa, sarebbe stato del tutto arbitrario sequestrare il patrimonio 
di qualsiasi soggetto indiziato di illeciti fiscali facendo ricorso a �collegamenti 
esclusivamente congetturali�(11), dato che il contribuente indagato poteva 
opporre sempre la derivazione delle somme confiscate da attivit� 
commerciale lecita. 
2. Rapporti tra confisca e misure cautelari reali: la funzione del sequestro 
�per equivalente�. 
La predisposizione di un nuovo strumento volto ad espropriare �somme 
equivalenti� al profitto illecitamente conseguito ha prodotto conseguenze inevitabili 
sulle misure cautelari reali, dato il ruolo anticipatorio che esse possono 
assumere rispetto alla confisca. In linea generale il decreto di sequestro 
preventivo (sia nella forma in senso stretto ex art. 321, co. I c.p.p., sia in 
quella speciale finalizzata alla confisca di cui ai commi II e II-bis) pu� confluire 
direttamente nella confisca, determinando la definitivit� dell�espropriazione. 
Tale convergenza � sicuramente agevolata dalla medesima modalit� di 
esecuzione del sequestro preventivo e della misura confiscatoria, cio� l�apprensione 
materiale del bene (denaro o altra cosa che abbia costituito profitto 
(9) Sull�interpretazione rigorosa del �nesso di pertinenzialit�� richiesto dalla confisca ex art. 240 
c.p., la giurisprudenza ha avuto modo di soffermarsi in diverse occasioni, tra cui Cass. pen., sez. IV, 5 
aprile 2005, n. 21703, affermando il dovere del giudice di �dar conto con puntuale motivazione della 
particolare e diretta correlazione tra la cosa e il reato, in base alla quale viene espresso il giudizio di pericolosit� 
derivante dal mantenimento della cosa medesima nella disponibilit� del reo�. 
(10) Chiaro � sul punto L. DELLA RAGIONE, La confisca per equivalente nel diritto penale tributario, 
in Dir. pen. cont. (www.dirittopenalecontemporaneo.it, 13 novembre 2010). 
(11) Cfr. Cass. pen., SS.UU., 9 luglio 2004, n. 29951.
328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
o prezzo del reato) e la sua acquisizione al patrimonio pubblico (12): una volta 
intervenuto l�ordine di confisca, il bene viene alienato o distrutto, se non ne � 
prevista altra specifica destinazione � come l�assegnazione diretta ad enti pubblici. 
Quale sia la ricaduta applicativa della confisca per equivalente sulle misure 
cautelari si comprende chiaramente ove si prenda in considerazione il c.d. 
sequestro preventivo finalizzato alla confisca, strumento conosciuto dal codice 
di rito e che costituisce l�esempio immediato della consequenzialit� che pu� 
esistere tra misura cautelare reale e misura di sicurezza patrimoniale. La disciplina 
del sequestro ai fini della confisca � piuttosto scarna poich�, nella sostanza, 
si � di fronte ad un sequestro preventivo e ci� che muta rispetto alla 
sua tipologia base sono parzialmente i presupposti. Infatti, fermo restando il 
fumus delicti, non sembra direttamente richiesto dalla norma il periculum (13), 
essendo sufficiente e necessario che il bene oggetto di sequestro sia confiscabile 
(cos� l�art. 321, co. II e II-bis c.p.p.). Questa tipologia di sequestro, in 
parte autonoma rispetto alla forma preventiva in senso stretto e a quella conservativa, 
in parte riconducibile per volont� legislativa alla prima delle due, a 
seguito dell�introduzione della confisca per equivalente ha sub�to due importanti 
innovazioni: anzitutto non � pi� soltanto facoltativa, cio� rimessa alla 
scelta discrezionale del giudice, ma, ove finalizzata proprio alla confisca del 
tantundem, diviene obbligatoria (cos� secondo il comma II-bis dell�art. 321 
c.p.p.) (14); inoltre, dovendo assumere inevitabilmente i caratteri della misura 
di confisca che mira ad anticipare, se non � possibile l�acquisizione in forma 
specifica dei beni che abbiano costituito profitto o prezzo del reato, il sequestro 
colpir� il valore corrispondente a tale provento, svincolandosi dal principio 
della pertinenza della cosa all�illecito e della sua pericolosit�. Si parla, dunque, 
di un sequestro �per equivalente� obbligatorio, ogniqualvolta si debbano produrre 
in chiave preventiva gli effetti di un successivo ordine di confisca, anch�essa 
per equivalente. 
Di fronte al riconoscimento normativo di tale forma di sequestro � seppur 
avvenuto in modo implicito attraverso la tecnica del rinvio, all�interno del co- 
(12) Si deve tener presente che le modalit� di esecuzione del sequestro � formulate in via originaria 
come acquisizione diretta al patrimonio pubblico (vecchio art. 104 disp. att. c.p.p.) � sono state modificate 
dal c.d. �pacchetto sicurezza� L. n. 94/2007. L�art. 104 novellato accosta l�attuazione del sequestro 
preventivo alle modalit� esecutive previste dal c.p.c. (pignoramento in primis), al fine di rendere conoscibile 
per i terzi l�esistenza di un vincolo sul bene. 
(13) Periculum costituito nel sequestro preventivo in senso stretto dalla possibilit� che �la libera 
disponibilit� di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero 
agevolare la commissione di altri reati� (art. 321, co. I c.p.p.). 
(14) Facoltativo era e rimane il sequestro ai fini di confisca previsto dal II co. dell�art. 321 c.p.p., 
in base al quale �il giudice pu� altres� disporre il sequestro delle cose di cui � consentita la confisca�. 
Stabilisce, invece, il comma II-bis, introdotto nel 2001, che �nel corso del procedimento penale relativo 
ai delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale < cio� l�ambito applicativo 
originario della confisca per equivalente ex art. 322-ter c.p. > il giudice dispone il sequestro dei beni di 
cui � consentita la confisca�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 329 
dice processuale, all�art. 322-ter del codice penale � meritano di essere esaminati 
due importanti aspetti, che sono stati dibattuti in dottrina ed in giurisprudenza 
senza arrivare ad un�unanime soluzione interpretativa. Innanzi tutto, 
ci si deve interrogare sulla possibilit� che il sequestro per equivalente venga 
disposto anche in funzione conservativa o se sia esclusivamente da ricondursi 
alla disciplina ed alla natura proprie del sequestro preventivo. Alcuni Autori 
hanno, infatti, sostenuto che la nuova misura cautelare reale sarebbe da assimilare 
al sequestro conservativo (di cui agli artt. 316 e ss. c.p.p.), piuttosto 
che a quello preventivo, poich� tende al recupero dell�arricchimento illecito 
attraverso la sua apprensione coatta. Questa interpretazione, rimasta minoritaria, 
ha fatto perno sulla funzione conservativa che rivestirebbe il sequestro 
per equivalente, poich� esso finisce per costituire una garanzia patrimoniale 
per la successiva esecuzione della confisca (15). Ci� attraverso una lettura che 
potrebbe definirsi elastica della formula �ogni altra somma dovuta all�erario 
dello Stato�, contenuta nell�elenco di crediti pubblicistici e civilistici a garanzie 
dei quali pu� chiedersi il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) (16). Se 
si fa rientrare sotto tale categoria residuale anche la somma che si presume 
dovuta a titolo di confisca per equivalente, potendosi questa per certi versi accostare 
nel contenuto ad una pena pecuniaria, allora il sequestro disposto a tal 
fine acquista una funzione conservativa � ferma restando la legittimazione del 
pubblico ministero a richiederlo, in quanto si tratta di credito pubblicistico, e 
non della parte civile costituitasi per il danno ex delicto (sebbene persona offesa 
e danneggiata sia, di norma, lo Stato, ed in particolare, in materia di reati 
tributari, l�Agenzia delle Entrate). 
Quale che sia la funzione in concreto svolta dal sequestro per equivalente, 
ci� che ci porta ad escludere di esser di fronte ad una misura cautelare conservativa 
sono numerosi argomenti testuali, a partire dalla collocazione topografica 
data dal legislatore, cio� il suo inserimento nella norma che disciplina il 
sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.). Sono, tuttavia, le differenze strutturali 
e procedurali tra le due forme principali di sequestro ad impedire che possa 
(15) Rileva A. BARGI, La rarefazione delle garanzie costituzionali nella disciplina della confisca 
per equivalente, in GI, 2009, p. 2073, come definire preventivo il sequestro ai fini della confisca per equivalente 
sia una �truffa delle etichette�, che nasconde un mezzo di garanzia patrimoniale dietro le sembianze 
di una misura cautelare preventiva. Per ulteriori argomenti a favore di questa tesi minoritaria, cfr. F. VERGINE, 
Confisca e sequestro per equivalente, Milano, 2009, pp. 248 e ss., secondo il quale �la confisca di 
valore [�] consistendo in un prelievo pubblico a compensazione del prelievo illecito, sembra condividere 
la tipica natura restitutoria-compensativa delle obbligazioni garantite dal sequestro conservativo�. 
(16) Secondo l�art. 316 c.p.p. la parte civile pu� chiedere la misura conservativa a garanzia delle 
obbligazioni civili derivanti dal reato. Sono, invece, crediti pubblicistici � che legittimano il p.m. a chiedere 
il sequestro conservativo � la pena pecuniaria (multa e ammenda), le spese di procedimento ed 
ogni altra somma dovuta all�erario dello Stato: in quest�ultima formula rientrerebbero, secondo Cass. 
pen., sez. III, 11 giugno 2004, n. 38710, i c.d. crediti �endoprocessuali�, cio� i crediti che nascono direttamente 
a favore dello Stato-ordinamento per effetto dell�esercizio della giurisdizione penale, dovendosi 
escludere, invece, i crediti dello Stato per imposta, interessi o altre sanzioni non penali.
330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
parlarsi di una natura ibrida per il sequestro per equivalente, nonostante si sia 
sporadicamente affermato in giurisprudenza che la comune natura cautelare 
consentirebbe di estendere in via analogica la disciplina del sequestro preventivo 
a quello conservativo e viceversa (17). Si tratta di differenze non di poco 
conto, dal momento che la misura cautelare conservativa ex art. 316 c.p.p. pu� 
essere disposta solo dopo l�esercizio dell�azione penale ed � sempre facoltativa, 
mentre il sequestro preventivo viene richiesto anche nella fase procedimentale 
delle indagini preliminari ed � obbligatorio quando finalizzato alla 
confisca di valore (comma II-bis art. 321 c.p.p.). Non si deve, altres�, dimenticare 
che il sequestro conservativo si esegue attraverso il pignoramento, con 
soddisfacimento, in via privilegiata, dei crediti garantiti sul prezzo del ricavato 
della vendita dei beni; mentre confisca e sequestro preventivo sono accomunati 
dalla medesima modalit� attuativa, cio� consistono nell�acquisizione diretta 
del bene o denaro al patrimonio pubblico (18). Tale sequestro per equivalente, 
se proprio gli si vuole riconoscere un�autonomia rispetto a quello preventivo 
puro e a quello conservativo, si caratterizza per l�essere strettamente funzionale 
ad anticipare la misura ablatoria della confisca senza n� prevenire il pericolo 
che potrebbe derivare dalla permanenza del bene nella disponibilit� del reo, 
n� volerne costituire una garanzia patrimoniale. Resta ferma, per�, l�applicabilit� 
in toto della disciplina del sequestro preventivo di cui agli artt. 321 e ss. 
c.p.p., nel rispetto della volont� legislativa. 
Altra questione afferente ma da tenersi distinta rispetto al sequestro per 
equivalente ai fini della confisca, � l�eventualit� che l�Amministrazione finanziaria, 
purch� costituitasi parte civile, intenda chiedere il sequestro conservativo 
dei beni dell�imputato per la tutela dei propri crediti (imposta, interessi e 
sanzioni), dimostrando fumus boni iuris e periculum in mora, posto che l�eventuale 
richiesta di misura cautelare conservativa da parte del pubblico ministero 
non giova direttamente alla tutela del credito dell�Agenzia delle Entrate (19). 
Per giurisprudenza consolidata la misura di cautela preventiva pu� concorrere 
con il sequestro conservativo disposto a garanzia delle somme vantate dalla 
(17) Cfr. Cass. pen., sez. VI, 30 maggio 1994, in CED n. 199079. 
(18) Ferma restando la riforma delle modalit� esecutive del sequestro preventivo (si veda infra 
nota 12), che tuttavia non scalfisce la ratio storica del legislatore che aveva distinto sotto il profilo attuativo 
questa forma di sequestro da quello conservativo, riconducendo interamente il secondo al pignoramento 
secondo il rito civilistico. 
(19) Si veda L. IMPERATO, Misure cautelative per la tutela dei crediti erariali, in Atti del convegno 
�Frodi Iva: analisi del fenomeno e adeguatezza degli interventi di contrasto�- Genova 1 dicembre 2005 
(http://liguria.agenziaentrate.it). Pur coincidendo, di fatto, il valore sequestrato ai fini della confisca per 
equivalente con l�evasione d�imposta (a cui mira, in primissima istanza, l�Agenzia delle Entrate costituitasi 
parte civile), si evidenzia come la richiesta da parte dell�Amministrazione finanziaria di una misura 
cautelare conservativa possa rivelarsi un efficace strumento di tutela da adottare prima che si concluda 
la procedura di verifica ed emissione degli atti di cui all�art. 22 del d.lgs. 472/1997 (contestazione e/o irrogazione 
della sanzione), qualora il procedimento penale risulti pi� �immediato� e rapido rispetto a 
quello amministrativo di verifica, nonostante la provvisoriet� degli effetti della misura cautelare.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 331 
parte civile, avendo le due misure finalit� e modalit� di esecuzione diverse, 
perci� � senz�altro ammissibile la coesistenza dei due tipi di sequestro sugli 
stessi beni (20). 
Un secondo aspetto che merita di essere esaminato ed attiene al sequestro 
per equivalente � costituito dai diversi effetti che questo e l�omonima forma 
di confisca producono in ipotesi di concorso di persone nel reato. Si pensi, 
proprio in materia tributaria, a tutti i casi in cui la condotta illecita del contribuente 
sia stata in vari modi �istigata� dal consulente fiscale attraverso la prospettazione 
di meccanismi e stratagemmi di evasione d�imposta. Occorre 
preliminarmente stabilire se e quali limiti incontri la confisca di valore in capo 
a ciascun concorrente, valutandone poi i rapporti con la misura cautelare corrispondente. 
La giurisprudenza della Cassazione, pur non avendo assunto 
un�univoca posizione sul punto, si � pronunciata prevalentemente a favore di 
una tesi che estenda il quantum confiscabile ad ogni soggetto che abbia concorso 
nel reato prescindendo da divisioni pro quota, cio� dal valutare l�effettivo 
incameramento del profitto da parte di uno piuttosto che di un altro 
imputato. Secondo tale indirizzo, infatti, troverebbe applicazione il principio 
�solidaristico� sotteso alla disciplina del concorso di persone, in base al quale 
tutte le conseguenze sanzionatorie sono imputate per intero a ciascun compartecipe. 
La somma confiscabile incontrerebbe l�unico limite della commisurazione 
al provento illecitamente conseguito, mentre l'eventuale riparto tra i 
concorrenti costituirebbe mero fatto interno a questi ultimi privo di rilevanza 
penale (21). Un opposto orientamento minoritario ritiene, invece, che la natura 
intrinsecamente sanzionatoria della confisca imponga di limitare l�espropriazione 
al valore che sia effettivamente entrato nel patrimonio di ciascun correo, 
ci� anche in applicazione di fondamentali principi in materia penale, tra cui 
quello della responsabilit� personale (22). Procedendo a rigor di logica, le 
stesse interpretazioni formulate in materia di confisca dovrebbero estendersi, 
mutatis mutandis, al sequestro per equivalente, in quanto anticipatorio e funzionale 
alla successiva misura di sicurezza obbligatoria; si riscontrano, tuttavia, 
pronunce volte a distinguere i margini applicativi delle due forme 
(20) Si veda, da ultimo, Cass. pen. Sez. III, 21 giugno 2006, n. 21491. 
(21) Cfr. Cass. pen., sez. fer., 28 luglio 2009, n. 33409, in cui si afferma che la confisca deve 
essere ricollegata �non all�arricchimento personale di ciascun correo, ma alla corresponsabilit� di tutti 
nella commissione dell�illecito�. Conforme, Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 2007, n. 9786. Recentemente, 
ha ribadito l�operativit� del principio solidaristico in ambito concorsuale Cass. pen., sez. II, 31 maggio 
2012, n. 20976. 
(22) A favore di una confisca rigorosamente pro quota, nel rispetto degli artt. 3 e 27 Cost., si � 
espressa Cass. pen., sez. VI, 20 febbraio 2009, n. 10690. Difatti, la pena deve essere proporzionata alla 
gravit� del fatto, assegnandosi al giudice il potere-dovere di commisurare la gravit� della sanzione alla 
responsabilit� del reo. Ricorda correttamente S. CAPOLUPO, Estesa ai reati fiscali la confisca per equivalente, 
in Il Fisco, 2008, p. 592, come l�incidenza del grado di partecipazione concorsuale sia confermata 
dall�art. 114 c.p. (che consente una diminuzione della pena per i contributi di minima importanza).
332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
espropriative proprio in base alle diverse esigenze che realizzano, ancorando 
la sola confisca al limite della quota di ciascun concorrente e consentendo 
un�estensione indifferenziata del sequestro a tutti i compartecipi (23). 
3. La confiscabilit� del patrimonio dell�ente collettivo all�interno e al di fuori 
del sistema di responsabilit� ex d.lgs. n. 231/2001. 
Il legislatore del 2001, tenendo presente la cospicua entit� dei vantaggi 
patrimoniali illeciti conseguibili da una societ�, ha espressamente introdotto 
nel sistema di responsabilit� amministrativa da reato degli enti la confisca 
dei profitti derivanti da attivit� criminosa, riconoscendone la veste e funzione 
di sanzione principale piuttosto che di misura di sicurezza (art. 9 d.lgs. 
231/2001) (24). Hanno trovato, pertanto, una chiara e sintetica disciplina normativa 
sia lo strumento confiscatorio, in forma specifica e per equivalente, 
all�art. 19 del d.lgs. 231/2001, sia il sequestro disposto ai fini della confisca 
all�art. 53 � la cui rubrica �sequestro preventivo� non lascia alcun margine 
di dubbio sulla natura attribuita alla misura cautelare dal legislatore (25). Alla 
volont� legislativa di neutralizzare ed espropriare il vantaggio economico illecito 
conseguito dalle persone giuridiche non corrisponde, tuttavia, un intento 
parimenti esplicito di colpire l�ente in materia penal-tributaria. In 
dottrina � oggetto di forti critiche, infatti, la mancanza di coordinamento tra 
l�estensione della confisca per equivalente ai reati fiscali (mediante la Finanziaria 
2008) e l�esclusione dei reati tributari dall�elenco di fattispecie che costituiscono 
presupposti per la responsabilit� degli enti ex d.lgs. 231/2001, 
quasi che si tratti di una svista del legislatore piuttosto che di una sua scelta 
consapevole (26). 
(23) Cos� Cass. pen., sez. II, 20 settembre 2007, n. 38599, in cui si afferma che la provvisoriet� 
del sequestro e la sua natura cautelare ne consentono una reiterazione � cio� la richiedibilit� dell�intero 
importo ai singoli concorrenti � in modo da garantire l'effettiva confisca anche ove uno solo degli imputati 
o indagati sia poi riconosciuto colpevole. Mentre la moltiplicazione della confisca (provvedimento 
destinato alla definitivit�) si tradurrebbe in un�inammissibile ed illegittima eccedenza nel recupero del 
vantaggio illecito. Conformemente, cfr. Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 5401 e Cass. pen., sez. 
V, 24 gennaio 2011, n. 13277. 
(24) La norma descrive uno schema quadripartito di sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti 
da reato: sanzione pecuniaria, sanzioni interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza. Cfr. 
anche infra nota 7. 
(25) Peraltro, l�art. 53 d.lgs. 231/2001 rinvia, per il funzionamento della misura cautelare ivi prevista, 
proprio alla disciplina dettata dal c.p.p. per il sequestro preventivo (art. 321 e ss.). 
(26) L. DELLA RAGIONE, La confisca per equivalente nel diritto penale tributario, cit., evidenzia 
la contraddizione tra rafforzamento repressivo nei confronti della persona fisica che abbia commesso 
un reato tributario e mancato allargamento dei reati-presupposto proprio a tali fattispecie. Sono, infatti, 
le societ� e gli enti in genere che producono maggiori ricchezze e possono, nella veste di contribuenti, 
evadere ingenti somme d�imposta. La responsabilit� penale individuale � cio� quella che colpisce il rappresentante 
legale della persona giuridica � non riesce ad incidere sulle dinamiche di mercato improntate 
a pratiche illegali nella stessa misura in cui pu� farlo un�azione repressiva diretta al patrimonio sociale 
e all�attivit� d�impresa.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 333 
� questo un problema di forte attualit�, che sta continuando a far discutere 
sia nelle aule giudiziarie che nelle fucine del diritto in un�ottica de iure condendo; 
capire se la commissione di uno dei reati tributari disciplinati nel d.lgs. 
74/2000, ove avvenga nell�interesse o a vantaggio dell�ente, possa legittimare 
un ordine di confisca per equivalente solo nei confronti del soggetto apicale o 
subordinato che ne sia penalmente responsabile o piuttosto nei confronti dell�ente 
e del suo patrimonio. La questione pu� risolversi solo in via interpretativa, 
dal momento che le istanze riformistiche portate avanti dalla c.d. 
Commissione Greco non hanno trovato una risposta positiva per quanto riguarda 
proprio l�estensione dell�elenco dei reati-presupposto del d.lgs. 
231/2001 alle fattispecie tributarie (27). 
Un primo motivo ostativo a tale estensione applicativa del modello di responsabilit� 
degli enti potrebbe rinvenirsi nel ritenere la persona giuridica soggetto 
�estraneo al reato�, il che costituirebbe un limite all�applicazione 
dell�istituto della confisca per equivalente ex art. 322-ter c.p. Ma trattasi di 
argomento debole e poco condivisibile se si pensa al fatto che il reato tributario, 
pur riconducibile materialmente ad un amministratore della societ�, di 
fatto ha prodotto un profitto, in termini di risparmio, di cui si avvantaggia principalmente 
l�ente stesso. Una tesi pi� convincente � che � a fondamento della 
continua esclusione dei reati fiscali dalle numerose novelle intervenute sul 
d.lgs. 231/2001 � sottolinea, invece, l�esistenza gi� di una duplice risposta 
dell�ordinamento a fronte di un reato tributario commesso a vantaggio dell�ente: 
la sanzione penale nei confronti della persona fisica, autore diretto dell�illecito, 
e la sanzione tributaria nei confronti dell�ente (attraverso il 
combinato disposto degli artt. 11, co. I del d.lgs. 472/1997 e 19, co. II del d.lgs. 
74/2000) (28). Il sistema sarebbe, secondo questa impostazione, gi� completo 
e autosufficiente, punendo il trasgressore del precetto penale con la sanzione 
comminata dalla norma incriminatrice e privando l�ente di qualsiasi vantaggio 
economico derivante dall�evasione tributaria � quest�ultimo deve corrispondere 
all�Erario, una volta accertata in sede tributaria la sua responsabilit�, sia 
le somme non versate (compresi gli interessi) che un ulteriore importo a titolo 
(27) I lavori della c.d. Commissione Greco, terminati pochi anni fa, proponevano l�inserimento 
nel decreto 231/2001 di una serie di illeciti penali, in particolare alcuni previsti dal Testo Unico delle 
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.) e dal Testo Unico delle leggi in materia 
bancaria e creditizia (T.U.B.) e quelli tributari disciplinati dal d.lgs. 74/2000. Da ultimo sono stati qualificati 
come reati-presupposto della responsabilit� amministrativa degli enti i reati ambientali (art. 25- 
undecies d.lgs. 231/2001), ma gli illeciti fiscali ancora non figurano nel decreto in questione 
(recentemente non ha trovato accoglimento l�emendamento al ddl del d.l. n.16/2012, convertito in L. n. 
44/2012, che proponeva l�inserimento di un art. 25-duodecies rubricato �reati tributari�). 
(28) Dalle norme richiamate si evince un�esclusione della perseguibilit� penale della persona fisica, 
della societ�, dell�associazione o dell�ente nell�interesse dei quali abbia agito l�autore della violazione 
fiscale � purch� non siano persone fisiche ritenute concorrenti nel reato � ribadendo la sola 
responsabilit� per la sanzione tributaria.
334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
di sanzione (29). � quindi tappa obbligata, in un percorso di riforma che inserisca 
nel d.lgs. 321/2001 i reati tributari, il coordinamento con questa duplice 
risposta dell�ordinamento, quantomeno con la sanzione amministrativa-tributaria, 
per evitare che il moltiplicarsi di misure sostanzialmente compensative 
del mancato prelievo si traducano in un illegittimo guadagno per l�Erario a 
danno del contribuente. 
I risultati interpretativi raggiungibili in astratto sono due e opposti, ammettere 
o non ammettere la confiscabilit� del patrimonio dell�ente per i reati 
tributari commessi nel suo interesse dai rappresentanti legali. La mancanza di 
un�espressa presa di posizione da parte del legislatore nell�ambito del d.lgs. 
231/2001 pu� essere letta o come una grossa dimenticanza � il che � da escludersi 
se si guarda ai diversi tentativi di portare alla sua attenzione il problema, 
sempre rigettati in sede di riforma � o come una scelta dettata, se non imposta, 
dal gi� esistente sistema di responsabilit� penale e tributaria o, infine, come 
un nulla osta tacito per la giurisprudenza affinch� la soluzione venga trovata 
nel caso concreto, purch� in applicazione di principi saldi e positivizzati. 
� proprio in quest�ultima direzione che si � mossa la Cassazione con una 
recente pronuncia che sembra fornire una regola di diritto in grado di risolvere 
il problema della confiscabilit� dei beni dell�ente, portando l�intera questione 
al di fuori del raggio d�azione del d.lgs. 231/2001. � stato cio� affermato che 
in base al rapporto di �immedesimazione organica� tra societ� e persona fisica 
che abbia agito nella veste di suo rappresentante legale, pur potendosi imputare 
il reato solo a quest�ultimo, le conseguenze patrimoniali sanzionatorie debbano 
ricadere proprio sulla persona giuridica (30). La Corte ha escluso, infatti, che 
possa intendersi la societ� come soggetto �estraneo� all�illecito penale, per un 
duplice ordine di ragioni: anzitutto, perch� gli incrementi economici si sono 
prodotti interamente a suo vantaggio; inoltre, perch� l�amministratore indagato 
aveva la disponibilit� dei beni aziendali, quantomeno in via di fatto, perci� 
ente e persona fisica sono piuttosto in un rapporto di stretta �intraneit��. Pur 
non travolgendo il principio di personalit� della responsabilit� penale ex art. 
27 Cost. � canone costituzionale che in ogni ipotesi di responsabilit� ibrida di 
societ� si considera preservato in extremis dal rapporto organico con i rappresentanti, 
posto alla base del funzionamento dell�ente stesso � la pronuncia � 
stata oggetto di critiche e, data la sua stringata motivazione, merita d�essere 
letta nella sua ratio oltre il dato testuale. 
Occorre chiedersi di quali istanze si sia fatta portatrice la giurisprudenza 
(29) Per un approfondimento di questa tesi fatta propria dal legislatore, si veda C. SANTORIELLO, 
Reati fiscali e responsabilit� degli enti, in Il Fisco, 2010, p. 3616. 
(30) Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2011, n. 28731, secondo cui �il reato � addebitabile all�indagato, 
ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla societ� a favore della quale la persona fisica ha agito, 
salvo che si dimostri che vi � stata una rottura del rapporto organico�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 335 
di legittimit�: se abbia voluto legiferare in materia penale violando il principio 
di tassativit� (art. 25, co. II Cost.) o abbia invece proceduto ad un�interpretazione 
estensiva, pienamente ammissibile, del dettato normativo. Nella decisione 
� espressamente escluso l�ambito di operativit� del d.lgs. 231/2001, 
pertanto non si pu� contestare alla Corte un apporto creativo di diritto, in 
aperto contrasto con il divieto di analogia legis (peraltro qui in malam partem) 
in materia penale. Non vengono, infatti, surrettiziamente introdotti in via pretoria 
i reati tributari tra i delitti-presupposto della responsabilit� degli enti n� 
viene costruito un nuovo regime sanzionatorio a loro carico (31). La soluzione 
trovata dalla Suprema Corte risulta, invece, condivisibile sotto pi� profili. Anzitutto 
� rispettosa della volont� legislativa e si dimostra consapevole dei motivi 
ostativi ad una riforma del d.lgs. 231/2001, rimanendo cos� al di fuori dello 
schema di responsabilit� amministrativa degli enti. Ma soprattutto rimarca il 
concetto di �immedesimazione organica� quale principio di diritto che non 
solo � ormai regola consolidata nella disciplina di qualunque rapporto societario 
lato sensu, ma trova in materia di reati fiscali un suo fondamento positivo 
nell�art. 1, co. I lett. e) del d.lgs. 74/2000, che lega in maniera chiara ed inscindibile 
il fine della condotta del legale rappresentante � cio� l�elemento 
psicologico del dolo specifico � all�ente per conto del quale agisca (32). La 
confisca operante nei confronti dell�ente per i reati tributari, ove si sia avvantaggiato 
di un risparmio d�imposta, sarebbe quindi non quella prevista dall�art. 
19 d.lgs. 231/2001, bens� quella disciplinata in via generale dal combinato disposto 
degli artt. 1, co. 143 L. 244/2007 e 322-ter c.p., cio� una misura ablatoria 
che viene legittimamente traslata dalla persona fisica a quella giuridica 
in virt� dell�immedesimazione organica. Unico limite dell�interpretazione 
estensiva data dalla Cassazione potrebbe ravvisarsi nel non aver tenuto conto 
dell�esistenza di un sistema sanzionatorio tributario che gi� colpisce il patrimonio 
sociale, ma non deve dimenticarsi la distinta operativit� dei piani del 
processo penale e di quello tributario, i diversi tempi e strumenti che essi 
hanno a disposizione e il fatto che la pronuncia in questione riguardasse un ricorso 
avverso il rigetto del riesame di un ordine di sequestro preventivo finalizzato 
alla confisca per equivalente, cio� un contesto di esigenze cautelari del 
tutto peculiare e prodromico al processo. 
Una volta affermata in via pretoria la diretta confiscabilit� del patrimonio 
(31) Sul rischio di una analogia legis messa in atto dalla giurisprudenza si veda L. DELLARAGIONE, 
La Suprema Corte ammette il sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente 
dei beni della persona giuridica per i reati tributari commessi nel suo interesse dal legale rappresentante, 
in Dir. pen. cont. (www.dirittopenalecontemporaneo.it, 29 settembre 2011). 
(32) Art. 1, co. I lett. e) d.lgs. 74/2000: �riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualit� di amministratore, 
liquidatore o rappresentante di societ�, enti o persone fisiche, il "fine di evadere le imposte" 
ed il "fine di sottrarsi al pagamento" si intendono riferiti alla societ�, all'ente o alla persona fisica per 
conto della quale si agisce�.
336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dell�ente per i reati tributari commessi nel suo interesse, si pone un ulteriore 
problema, cio� quello di ammettere o meno una duplice ablazione nei confronti 
sia della persona fisica che della persona giuridica. Se, infatti, tale cumulo � 
senz�altro da escludersi in termini di confisca � essendo questa uno strumento 
sanzionatorio idoneo a divenire definitivo, che assicurerebbe allo Stato un 
doppio prelievo compensativo del tutto ingiustificato � � sul piano del sequestro 
per equivalente che pu� venirsi a configurare, data la provvisoriet� che 
caratterizza la misura cautelare. A differenza dell�ambito concorsuale in cui 
siano coinvolte pi� persone fisiche (33), la peculiarit� di una duplicazione del 
sequestro sia nei confronti dell�amministratore che dell�ente risiede nella forzatura 
interpretativa di considerare la persona giuridica alla stregua di un correo. 
Secondo un orientamento ormai consolidato � di cui si pu� agevolmente 
prevedere un�estensione alla materia penal-tributaria data la recente pronuncia 
esaminata (34) �, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca pu� incidere 
contemporaneamente ed indifferentemente sia sulla persona fisica indagata 
che sull�ente che ne abbia tratto profitto, purch� entro i limiti dell�entit� del 
vantaggio conseguito (35). Dunque, pur evitandosi un�esorbitanza del vincolo 
sequestrativo dai confini del provento illecito, di fatto si � introdotto un criterio 
cumulativo che, nel porre su un piano di fungibilit� la responsabilit� penale 
individuale e la responsabilit� �ibrida� della societas (ex d.lgs. 231/2001), inevitabilmente 
si scontra con principi fondamentali quali il divieto di responsabilit� 
per fatto altrui e la tassativit� degli strumenti sanzionatori (artt. 27 e 25 
Cost.)(36). 
Il pericolo insito nell�interscambio tra persona fisica e persona giuridica 
pu� essere superato solo attraverso una lettura del sistema di responsabilit� 
degli enti che sia il pi� possibile fedele alle sue linee di fondo. Applicando, 
infatti, la confisca direttamente alla societ� che abbia lucrato un risparmio 
d�imposta � e ci� o estendendo la portata del d.lgs. 231/2001, o muovendosi 
(33) Si veda gi� infra nota 23 sul cumulo di confisca e sequestro nei confronti di pi� soggetti concorrenti. 
(34) Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2011, n. 28731. 
(35) Cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. VI, 5 marzo 2009, n. 26611, in cui si ribadisce che �data la 
convergenza di responsabilit� della persona fisica e di quella giuridica e avuto riguardo all�unicit� del reato 
come �fatto� riferibile a entrambe, deve trovare applicazione il principio solidaristico che informa lo 
schema concorsuale [�] con il limite, per�, che il vincolo cautelare d�indisponibilit� non deve essere esorbitante, 
nel senso che non deve eccedere, nel complesso, il valore del detto profitto e non deve determinare 
ingiustificate duplicazioni, posto che dalla unicit� del reato non pu� che derivare l�unicit� del profitto�. 
(36) Per interessanti argomenti contra tale criterio cumulativo introdotto dalla giurisprudenza cfr. 
E. LORENZETTO, Il sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore nei rapporti tra persona fisica 
ed ente, nota a Cass. pen., sez. VI, 5 marzo 2009, 26611, in Cass. pen., 2010, p. 4276. L�A. riporta, 
quale esempio, l�ipotesi in cui vi sia un concorrente extraneus nel reato commesso dal soggetto in posizione 
apicale o sottoposto: questi potrebbe essere inciso dal vincolo reale del sequestro per l�intero 
profitto dell�ente � in base alla riaffermata solidariet� concorsuale � pur essendo del tutto estraneo al 
contesto collettivo nel cui interesse si � realizzato l�illecito.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 337 
al di fuori di tale corpus normativo in base a principi generali � si vuole traslare 
il carico sanzionatorio sul diretto destinatario del vantaggio fiscale, l�ente appunto. 
Lo stesso meccanismo dovrebbe, allora, valere in ambito cautelare con 
l�ordine di sequestro, cio� responsabilizzando in primis l�ente e, solo ove il 
suo patrimonio risulti incapiente, colpendo in seconda istanza il suo rappresentante 
legale (37). Tale impostazione, cio� l�adozione di un criterio individuale 
anzich� cumulativo, appare come la pi� condivisibile in un contesto 
come quello in esame che manca di un intervento legislativo di coordinamento 
e che � rimesso in buona parte all�opera interpretativa dei giudici. 
4. La costituzione di parte civile dell�Agenzia delle Entrate: individuazione 
del danno �ex delicto�. 
Una rilevante conseguenza dell�introduzione della confisca per equivalente 
in ambito tributario � data dai possibili profili di incidenza sulla risarcibilit� 
del danno direttamente collegato al reato fiscale. Essendo pacifico il 
riconoscimento di un pregiudizio all�Erario ogniqualvolta il contribuente trasgredisca 
l'obbligo tributario, calcolabile nel quantum di imposta rimasta scoperta, 
ci si vuole qui interrogare sulla ripercussione delle misure ablatorie di 
valore (sequestro e confisca) sul soddisfacimento del credito risarcitorio dello 
Stato nei confronti del reo. Legittimata a costituirsi parte civile, a mezzo dell�Avvocatura 
dello Stato, � l�Agenzia delle Entrate, trattandosi di danni di natura 
fiscale dunque ricompresi nel campo d�azione dell�Amministrazione 
Finanziaria. Sulle modalit� di intervento dell�Agenzia nel processo penale si 
deve, anzitutto, tener conto di recenti divergenze interpretative. Ferma restando 
l�applicabilit� in toto delle disposizioni del codice di procedura penale sui 
tempi di costituzione (38), la L. n. 3/1991 stabilisce che �la costituzione di 
parte civile dello Stato nei procedimenti penali deve essere autorizzata dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri� (art. 1, comma IV). Tale autorizzazione, la 
cui ratio risiede evidentemente nella necessit� di garantire una unitariet� di 
indirizzo politico-amministrativo, costituisce presupposto formale indispensabile 
per la partecipazione dell'Agenzia delle Entrate al giudizio penale, secondo 
quanto stabilito dalla stessa Presidenza su parere conforme 
(37) Concorda sulla correttezza di un beneficium excussionis a favore della persona fisica L. MARZULLO, 
Ancora in tema di sequestro per equivalente funzionale alla confisca del profitto del reato: prime 
applicazioni (e stessi dubbi) dopo l'intervento delle sezioni unite penali, nota a Cass. pen., sez. II, 6 novembre 
2008, n. 45389, in Cass. pen., 2010, p. 2717. Contra si � recentemente pronunciata Cass. pen., sez. II, 31 
maggio 2012, n. 20976, negando che possa ammettersi una preventiva escussione nei confronti dell�ente. 
(38) In base all�art. 79 c.p.p., l�Agenzia delle Entrare deve costituirsi parte civile per l�udienza preliminare 
ovvero fino alla verifica di cui all�art. 484 c.p.p. (in cui il giudice, prima di dichiarare l�apertura 
del dibattimento, accerta la regolare costituzione delle parti). � importante ricordare come l�Agenzia, prima 
di intervenire nel processo (cio� durante le indagini preliminari), possa avvalersi delle prerogative riconosciute 
alla parte offesa (artt. 90 e 91 c.p.p.), posto che, oltre ad essere soggetto danneggiato deve considerarsi, 
anzitutto, soggetto passivo dell�illecito penale, in quanto titolare dell'interesse giuridico protetto.
338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
dell'Avvocatura. Ci� se si accetta una ricostruzione delle Agenzie fiscali come 
organi statali, in quanto attributarie di funzioni pubbliche direttamente riferibili 
allo Stato (39). Un orientamento di recente espresso dalla Suprema Corte, 
per�, ha rimesso in discussione la qualifica dell'Agenzia delle Entrate, negandole 
la natura di organo dello Stato: pur dotata di personalit� giuridica, sarebbe 
un distinto soggetto a cui � rimesso l'esercizio dei poteri in materia di imposizione 
fiscale, rimanendo in capo allo Stato la titolarit� dell'obbligazione tributaria 
(40). Quindi, secondo questa lettura del rapporto Stato-Agenzie, non 
troverebbe applicazione la norma che prescrive il rilascio dell'autorizzazione 
del Presidente del Consiglio dei Ministri per la costituzione di parte civile dell'Amministrazione 
Finanziaria nel processo penale. 
Con o senza provvedimento autorizzativo, occorre circoscrivere il danno 
risarcibile ex art. 185 c.p. a favore dell'Agenzia fiscale intervenuta nel giudizio 
penale. Accogliendo in larga parte il nostro codice penale la tesi della Scuola 
classica sul danno da reato, per cui l'azione risarcitoria ha natura meramente 
privatistica e non pu� in alcun modo porsi in funzione complementare o sostitutiva 
rispetto alla pena, e dovendosi tener distinto il danno dall'offesa penale, 
� indispensabile valutare di volta in volta quale sia la ricaduta 
(patrimoniale e non) del reato fiscale sullo Stato. Il bene o interesse leso dall'illecito 
tributario � da individuarsi nell'ordine finanziario statale, definendosi 
in tal modo l'offesa penalmente rilevante che � tutt'uno con la figura criminosa; 
il danno ex art. 185 c.p. non costituisce, invece, ratio dell'incriminazione ma 
conseguenza ulteriore ed eventuale, in rapporto di causa ad effetto con la fattispecie 
penale (41). La voce principale del danno arrecato dal reato tributario 
allo Stato � senz'altro costituita dal tributo evaso, cio� dalla mancata percezione 
da parte del fisco di quanto dovuto in base all'obbligo contributivo sancito 
a carico di ciascun individuo dall'art. 53 Cost. Pertanto, l'Agenzia delle 
Entrate nel costituirsi parte civile mira ad un risarcimento di quanto illegittimamente 
erogato a titolo di credito d'imposta o rimborso non spettante (danno 
emergente) e delle somme non corrisposte per versamento inesatto o del tutto 
mancante del debito impositivo (lucro cessante). Nell'importo cos� calcolato 
devono, inoltre, ricomprendersi gli interessi legali e le eventuali sanzioni amministrative 
comminate al contribuente evasore. Se questo � il danno fiscale 
(39) Si veda l'interessante sintesi di C. SIGNORILE, Partecipazione dell'Agenzia delle Entrate al 
procedimento penale e status dei verificatori in Atti del convegno �Frodi Iva: analisi del fenomeno e 
adeguatezza degli interventi di contrasto� - Genova 1 dicembre 2005 (http://liguria.agenziaentrate.it). 
(40) Cos� Cass. pen., sez. II, 6 dicembre 2010, n. 43302, che mette in risalto l'avvenuta successione 
a titolo particolare delle agenzie fiscali nei poteri e nei rapporti giuridici facenti capo al Ministero (a 
partire dalla loro istituzione con d.lgs. n. 300/1999), con successiva scissione tra titolarit� dell'obbligazione 
tributaria ed esercizio del potere impositivo. 
(41) Per un approfondimento sulla funzione del danno da reato e sulle diverse tesi dei rapporti tra 
reato e danno, F. MANTOVANI, Diritto Penale, cit., pp. 869-875.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 339 
in senso stretto, percepibile ictu oculi, tuttavia non esaurisce il contenuto della 
pretesa risarcitoria azionabile dalla parte civile. 
Viene, altres�, in rilievo un pregiudizio arrecato al buon andamento dell'Amministrazione 
Finanziaria, sulla cui sussistenza non possono nutrirsi 
dubbi, ove si pensi al carattere fraudolento che accomuna tutti i reati fiscali 
volti ad aggirare l'accertamento tributario eseguito dagli uffici dell'Agenzia. 
Si tratta di una voce di danno che richiede un'ulteriore indagine interpretativa, 
dovendosi comprendere se abbia, cio�, riflessi di natura patrimoniale o non 
patrimoniale sull'amministrazione. Alla seconda categoria di pregiudizio apparterrebbe 
il c.d. danno all'immagine dell'Agenzia fiscale, cio� una diminuzione 
del suo prestigio e quindi dell'affidamento dei cittadini nella regolarit� 
del suo operato (42). Ma � evidente come un danno del genere non possa mai 
riallacciarsi alla condotta di evasione tributaria del contribuente, posto che 
l'immagine dell'Agenzia delle Entrate non verrebbe direttamente pregiudicata 
dal privato che ometta di versare l�imposta. Il danno all'immagine in tanto pu� 
configurarsi, infatti, in quanto vi sia un nesso funzionale o organico tra l'autore 
del reato e la pubblica amministrazione presunta lesa, cio� nel caso in cui la 
condotta illecita sia posta in essere dal funzionario dell�agenzia fiscale (43). 
Il pregiudizio al corretto funzionamento dell'Agenzia non ne intaccherebbe, 
dunque, l'�esistenza� in s� (danno non patrimoniale), bens� si esplicherebbe 
come uno sviamento della sua attivit�, un danno (di natura patrimoniale) all'efficienza 
dell'azione fiscale � sia sul piano dell�accertamento che della riscossione 
tributaria. La Cassazione ha da tempo affermato il principio per cui 
la costituzione di parte civile dell'Amministrazione Finanziaria non si limita 
al risarcimento del quantum di imposta rimasto scoperto, ma deve mirare ad 
un ristoro dello sviamento e del turbamento procurato alla sua attivit� (44). 
Sarebbe tale �danno ulteriore� a caratterizzare la pretesa risarcitoria in esame, 
determinando un quid pluris rispetto al tributo evaso, da calcolarsi nelle risorse 
umane e nei mezzi investiti nell'accertamento di attivit� criminose complesse 
che fanno ricorso a prestanomi, esterovestizioni e societ� costruite �a scatole 
cinesi� (45). 
(42) La giurisprudenza ha ormai superato la tradizionale limitazione della risarcibilit� del danno 
d'immagine ai soli reati contro la pubblica amministrazione, ammettendo che qualsiasi reato comune 
possa generare una lesione del prestigio dell'organo amministrativo. Cfr. Corte dei Conti, sezione giurisdizionale 
per la Toscana, 18 marzo 2011, n. 90. 
(43) A titolo esemplificativo, si veda Cass. pen., sez. III, 12 ottobre 1992, n. 9725, in cui l'Amministrazione 
Finanziaria venne ritenuta legittimata a costituirsi parte civile in un processo per delitto di 
falso in atto pubblico. L'interesse leso dal reato in questione, cio� la genuinit� e credibilit� del documento, 
si sarebbe direttamente ripercosso sull'affidabilit� dell'amministrazione a cui apparteneva il pubblico 
ufficiale incriminato (Agenzia delle Entrate), i cui atti devono costituire garanzia di fedelt� e completezza 
degli introiti tributari. 
(44) Cos� Cass. pen., sez. III, 22 maggio 1991, n. 5554. 
(45) C. SIGNORILE, Partecipazione dell'Agenzia delle Entrate al procedimento penale e status dei
340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
Chiarite quali siano le voci del danno ex delicto risarcibile, si pone all�attenzione 
dell�interprete un ulteriore nodo da sciogliere: se l�art. 185 c.p. si riferisca 
solo a danni ricollegati a reati o se, in via interpretativa, possa estendersi 
anche ai danni prodotti dagli illeciti amministrativi degli enti ex d.lgs. 231/2001 
(46). Data, infatti, la natura peculiare della responsabilit� degli enti per illeciti 
penali commessi a loro vantaggio da soggetti in posizione apicale o subordinata 
(tertium genus a cavallo tra responsabilit� penale e amministrativa), occorre 
capire la portata della norma del codice penale che stabilisce che �ogni reato, 
che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento 
il colpevole�. Ad una prima lettura del dato normativo, sembrerebbe 
un�illegittima applicazione dello strumento analogico far discendere 
anche dall�illecito amministrativo contestato all�ente ex art. 5 d.lgs. 231/2001 
l�esistenza di un danno risarcibile, poich� trattasi di una fattispecie che, per 
quanto geneticamente connessa al reato-presupposto, tuttavia si fonda su autonomi 
requisiti strutturali. La tassativit� del sistema penale imporrebbe 
l�esclusione della costituzione di parte civile dell�Agenzia delle Entrate per il 
risarcimento dei danni cagionati dall�ente, posto che il reato-presupposto non 
� ad esso imputabile. Pur in assenza di una legittimazione ad agire in sede penale 
ex art. 185 c.p. e 74 c.p.p., nulla vieta, per�, al soggetto danneggiato di 
promuovere un�azione risarcitoria davanti al giudice civile, se vi siano i requisiti 
ex art. 2043 c.c., cio� se l�illecito amministrativo abbia cagionato all�amministrazione 
lesa un danno ingiusto sorretto da dolo o colpa (47). 
� opinabile, tuttavia, la ricostruzione dell�applicazione dell�art. 185 c.p. 
al danno prodotto dall�ente come ricorso all�analogia, vietata in diritto penale 
a maggior ragione se in malam partem. In assenza di disposizioni contrarie 
all�interno del d.lgs. 231/2001, pu� ben sostenersi che la risarcibilit� del danno 
ex delicto si attagli anche alla responsabilit� degli enti, ci� non in applicazione 
dello strumento analogico, bens� interpretando in modo estensivo la norma del 
codice penale. Una lettura evolutiva dell�art. 185 c.p. risulta, infatti, imposta 
non dall�esigenza di creare diritto in via giurisprudenziale, ma di espandere la 
sua portata fino ai limiti richiesti dall�ordinamento e consentiti dalla ratio legis 
della disposizione. La presenza di norme che riconoscono alla condotta ripaverificatori, 
cit., sviluppa ampiamente il tema del �danno ulteriore�, individuandolo nella disfunzionalit� 
causata all'attivit� dell'Agenzia delle Entrate, distolta dai propri compiti istituzionali per rintracciare 
casi patologici all�interno del sistema contributivo. 
(46) Sulla responsabilit� dell�ente per reati tributari commessi dal suo rappresentante legale � e 
quindi per comprendere la rilevanza del quesito se il danno prodotto dall�ente sia risarcibile oppure no 
nel processo penale � si veda infra � 3. 
(47) Interessante l�argomentazione posta a sostegno di un�ordinanza di esclusione della parte civile 
emessa dal G.u.p. del Tribunale di Milano, in data 26 gennaio 2009. Ivi si afferma, altres�, che l�assenza 
di una disciplina o quantomeno di un rinvio espresso all�interno del d.lgs. 231/2001 alle norme del c.p.p. 
sulla costituzione di parte civile escluda alla radice l�ammissibilit� di pretese risarcitorie nel giudizio promosso 
per la responsabilit� degli enti, dato il principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 341 
ratoria o risarcitoria dell�ente un effetto attenuante della pena pecuniaria o addirittura 
preclusivo delle sanzioni interdittive (artt. 12 e 17 del d.lgs. 231/2001) 
depone senz�altro a favore dell�esistenza di un obbligo diretto in capo all�ente 
di ristoro del danno a norma delle leggi civili (48). Pertanto, il nesso eziologico 
che collega il pregiudizio al reato pu� configurarsi anche nel complesso sistema 
di responsabilit� amministrativa da reato degli enti, posto che altrimenti 
verrebbe meno l�attuazione delle garanzie del processo penale a cui, invece, 
mostra stretta fedelt� il d.lgs. 231/2001. 
5. (segue) Sequestro e confisca di valore pari all�imposta evasa esautorano il 
ruolo della parte civile? 
Tracciati, da un lato, i limiti applicativi del nuovo istituto ablatorio attribuito 
al giudice penale anche in materia di reati tributari � cio� la confisca per 
equivalente ed il sequestro ad essa prodromico � ed inquadrato, dall�altro, il 
danno cagionato all�Agenzia delle Entrate di cui questa pu� chiedere il risarcimento 
costituendosi direttamente parte civile nel processo avviato, balza 
all�occhio dell�interprete una considerazione d�ordine eminentemente pratico: 
quale utilit� ricavi l�Agenzia intervenendo nel giudizio penale per recuperare 
il tributo evaso se gi� opera, in via obbligatoria, uno strumento contenutisticamente 
sanzionatorio qual � la confisca di valore, che � commisurata proprio 
sullo scoperto d�imposta. La questione va risolta su due piani, uno di stretta 
dogmatica, l�altro processualistico. 
Per quanto concerne il primo profilo d'indagine, non possono in alcun 
modo confondersi lo strumento confiscatorio con la condanna al risarcimento 
dei danni ex art. 185 c.p.. Seppur talora coincidenti nel quantum poich� parametrati 
al vantaggio illecito conseguito dal contribuente, cio� al risparmio 
d�imposta, si tratta di istituti dalle finalit� se non contrapposte quantomeno 
ben distinte. Come si � gi� avuto modo di accennare brevemente (49), offesa 
penale e c.d. danno criminale attengono, secondo l�impostazione �neoclassica� 
fatta propria dal legislatore del �30, il primo ad una risposta pubblicistica e 
sanzionatoria dell�ordinamento al fatto di reato, il secondo ad una tutela privatistica 
interamente rimessa alla volont� del danneggiato (50). Perci� la confisca 
� una misura che viene comminata dallo Stato, assieme ad altra pena in 
(48) Cos� il G.u.p. del Tribunale di Milano, con ordinanza del 24 gennaio 2008, che pone l�attenzione 
sul rinvio contenuto nell�art. 34 del d.lgs. 231/2001 alle disposizioni del c.p.p.�in quanto compatibili�. 
(49) Si veda il � 4. 
(50) Tesi opposta era quella formulata dalla Scuola positiva � che non ha trovato accoglimento 
nella redazione del codice Rocco � per cui i danni civili avrebbero anche una funzione sanzionatoria, 
oltre che riparatoria. Peraltro, secondo l�impostazione �carneluttiana� sul danno criminale, qualsiasi 
reato produrrebbe un pregiudizio risarcibile ex art. 185 c.p., non potendosi questo configurare solo quale 
conseguenza ulteriore ed eventuale dell�illecito penale. Sul punto si veda, sinteticamente, F. MANTOVANI, 
Diritto Penale, cit., pp. 869-875.
342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
senso stretto, ogniqualvolta sia stato offeso un determinato interesse tutelato, 
mentre i danni civili sono riconosciuti al privato solo se dal reato siano derivate 
conseguenze pregiudizievoli. L'errore interpretativo che si compie nella problematica 
de qua � determinato dalla coesistenza in capo allo Stato sia della 
facolt� di punire che della qualifica di soggetto danneggiato (questa seconda 
formalmente attribuita all�Agenzia delle Entrate) (51); da ci� la collocazione 
di confisca e danno sul medesimo piano e l'idea che la prima precluda ed 
escluda il secondo. Deve, inoltre, ricordarsi come il danno risarcibile non si 
esaurisca nel calcolo dell�evasione, ma vi si debba ricomprendere quel �danno 
funzionale ulteriore� di cui si � gi� detto � e difficilmente riparabile in sede 
amministrativa o civile � cio� il turbamento all�attivit� dell�agenzia fiscale, 
da quantificarsi nelle risorse umane e nei mezzi adoperati per fini evidentemente 
extra-istituzionali (52). 
Su un piano di ordine processuale, ci si deve interrogare su vantaggi e 
svantaggi della costituzione di parte civile, cio� di una presa di posizione attiva 
dell�Amministrazione Finanziaria nel processo penale che le conferisca poteri 
ulteriori rispetto a quelli basilari riconosciuti alla persona offesa. Oltre, infatti, 
ai diritti di informativa e ai poteri sollecitatori di cui goda l'offeso, che possono 
spingersi sino ad esortare il g.i.p. ad un controllo sull'eventuale inattivit� del 
pubblico ministero (53), il soggetto danneggiato che si sia costituito parte civile 
esercita una propria azione all'interno del processo penale ed � attributario 
a tal fine di una serie di prerogative. In primis, l'Agenzia delle Entrate potr�, 
ove interessata a rafforzare la pretesa risarcitoria, chiedere il sequestro conservativo 
dei beni del contribuente ex art. 316 c.p.p. Sebbene, infatti, sia stato 
ormai introdotto in forma obbligatoria il sequestro preventivo per equivalente 
finalizzato alla confisca (art. 321, comma II-bis c.p.p.), ci� non priva di utilit� 
l'ablazione conservativa, dato il riconoscimento da parte della giurisprudenza 
di una possibile coesistenza delle due misure cautelari reali sui medesimi beni 
(54). La parte civile pu�, altres�, contribuire attivamente alla formazione della 
prova in sede dibattimentale espletando l'onere di presentazione delle liste te- 
(51) Emblematica di tale sovrapposizione di ruoli in capo al �soggetto� Stato � la definizione che 
d� Cass. pen., sez. VI, 18 febbraio 2009, n. 13098 che, nel trattare di confisca per equivalente nei reati tributari, 
ritiene che essa assolva alla �funzione di ripristino dell�ordine finanziario dello Stato leso dall�illecito 
tributario�; ove � evidente come lo strumento confiscatorio sia indirizzato a sanzionare l�offesa 
penalmente rilevante (cio� la lesione l�interesse dell�ordine finanziario), ma di fatto ripristini il pregiudizio 
erariale. Sanzione e danno che si confondono nella realt� materiale, ma che vanno tenuti distinti in diritto. 
(52) Cfr. la gi� citata Cass. pen., sez. III, 22 maggio 1991, n. 5554. 
(53) Diritti di informativa quali quelli previsti dagli artt. 335 co. III, 360, 369, 419 co. I, 429 co. 
IV c.p.p.; poteri sollecitatori e di partecipazione di cui agli artt. 90 co. I, 327-bis, 401 co. V, 406 co. III, 
408 co. II c.p.p. 
(54) Cfr. infra note 19 e 20 sull�utilit� e sulla possibilit� di una richiesta di sequestro conservativo 
da parte dell�Agenzia. Si ricordi che il sequestro conservativo pu� essere, invece, richiesto da parte del 
pubblico ministero solo a tutela dei crediti endoprocessuali e non dei crediti risarcitori della parte civile 
(principio gi� ribadito da Cass. pen., sez. III, 7 agosto 1996, n. 2890).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 343 
stimoniali, da depositarsi in cancelleria almeno sette giorni prima della data 
fissata per il dibattimento (art. 468, co. I c.p.p.). � quindi nell'interesse del 
danneggiato non solo costituirsi nel processo penale instaurato, ma farlo tempestivamente, 
cio� nei tempi stabiliti per il deposito delle liste, affinch� possa 
avvalersi dei propri testimoni e consulenti tecnici, nella maggior parte dei casi 
funzionari esperti dell'Agenzia in grado di fornire notevoli contributi all'accertamento 
dell'evasione d'imposta (55). Quindi si pu� affermare con sicurezza 
una maggior garanzia di successo della pretesa risarcitoria dell'Amministrazione 
Finanziaria all'interno del processo penale � sia per la voce del danno 
pari al tributo non riscosso (con interessi ed eventuali sanzioni), sia per quella 
del c.d. �danno ulteriore�. Se, infatti, da un lato ha il vantaggio di trovarsi inserita 
in un procedimento accusatorio ad iniziativa del pubblico ministero in 
cui non ha l'onere di dimostrare con ogni mezzo possibile il danno sofferto, al 
tempo stesso l'Agenzia delle Entrate pu� far accedere al giudizio, ove lo ritenga 
proficuo, il vasto patrimonio di verifiche tecniche acquisite in via amministrativa 
dai propri dipendenti (56). Non deve, poi, dimenticarsi la celerit� 
della giustizia penale (rispetto agli altri rami della giurisdizione), quantomeno 
perch� impostata secondo tempi pi� ristretti, e la possibilit� per la parte civile 
di proporre direttamente impugnazione anche contro la sentenza di proscioglimento, 
naturalmente �ai soli effetti della responsabilit� civile� (art. 576 
c.p.p.), portando in un nuovo grado di giudizio penale l'azione civile intrapresa, 
anche al fine di evitare eventuali sfavorevoli estensioni extrapenali dell'efficacia 
del giudicato prodottosi. 
Deve, a tal riguardo, tenersi conto dell'inquadramento ormai prevalente 
sui rapporti tra giudizio penale e giudizio tributario, posto che un'efficacia vincolante 
della pronuncia del primo nei confronti della Commissione Tributaria 
successivamente adita condizionerebbe notevolmente la scelta dell'Amministrazione 
Finanziaria se costituirsi o meno parte civile. In base all'art. 654 
c.p.p., l'efficacia del giudicato penale nel processo tributario � sottoposta ad 
una duplice condizione: che l'accertamento dell'obbligo fiscale dipenda dagli 
stessi fatti materiali esaminati dal giudice penale e che la legge non ponga limitazioni 
alla prova della posizione soggettiva controversa. La giurisprudenza 
della Suprema Corte � salda nell'affermare l'autonomia dei due giudizi, avendo 
fornito un'interpretazione rigorosa del dato normativo. Anzitutto, la ricostruzione 
del reato fiscale fatta dal giudice penale si fonda sull'accertamento sia 
dell'elemento oggettivo che della colpevolezza del soggetto agente, a diffe- 
(55) Decadenza dalla facolt� di presentazione delle liste che si ricava espressamente dal combinato 
disposto degli artt. 79, co. III e 468, co. I c.p.p. 
(56) Sulla configurazione dei funzionari dell'Agenzia come soggetti di polizia giudiziaria, ove individuino 
la sussistenza di reati tributari nell'ambito della loro attivit� di verifica e accesso, si veda C. SIGNORILE, 
Partecipazione dell'Agenzia delle Entrate al procedimento penale e status dei verificatori, cit.
344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
renza del carattere squisitamente obiettivo del giudizio tributario che si limita 
ad accertare i presupposti di esistenza del tributo. Ma il vero ostacolo ad un 
automatismo di efficacia del giudicato penale � costituito dalle peculiarit� del 
sistema probatorio operanti in sede tributaria: cio� il divieto di giuramento e 
prova testimoniale e l'ammissibilit� di presunzioni semplici di esistenza o inesistenza 
di un fatto (inidonee, invece, a supportare una pronuncia penale di 
condanna, a meno che non siano �gravi, precise e concordanti� ex art. 192, 
co. II c.p.p.) (57). 
Riconoscere l'autonomia dei due giudizi non significa escluderne reciproche 
influenze, dal momento che, ferme restando le regole processuali che caratterizzano 
i due settori, ciascun giudice nel suo libero convincimento � 
condizionato da quanto � avvenuto nel giudizio parallelo. Basti riflettere sulla 
ambivalenza dei contributi tecnici di funzionari e consulenti, che possono accedere 
ad entrambi i processi consentendo un'uniformit� di soluzioni. Il rischio 
di un �conflitto� di giudicati, tuttavia, esiste � e non potrebbe essere diversamente, 
dato che accertamento della responsabilit� penale e verifica dei presupposti 
d'imposta devono necessariamente muoversi su distinti binari �, soprattutto 
se si tiene conto della diversa definizione di �imposta evasa� ai fini fiscali e a 
quelli penali. Ai sensi dell'art. 1 comma IV del d.lgs. n. 471/1997 l'evasione tributaria 
� data dalla differenza tra ammontare dell'imposta liquidata con l'accertamento 
e somma liquidabile in base alle dichiarazioni del contribuente. Dato 
l'ampio ricorso a presunzioni in sede di accertamento fiscale, il calcolo dell'evasione 
non � strettamente ancorato a realt� fattuali riscontrabili. Ai fini penali, 
invece, l'art. 1 d.lgs. n. 74/2000 individua l'evasione nella differenza tra imposta 
dovuta e imposta indicata in dichiarazione (e non quella liquidabile in base a 
tale dichiarazione secondo strumenti e calcoli presuntivi) (58). 
La valutazione sull'opportunit� per l'Agenzia delle Entrate di costituirsi 
o meno parte civile, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, deve compiersi, 
quindi, caso per caso, non tanto pensando agli effetti a cui gi� condurrebbe in 
via di fatto la confisca per equivalente in materia tributaria � cio� al recupero 
a vantaggio dell'Erario delle somme illecitamente risparmiate del contribuente 
� bens� prendendo in esame tutte le utilit� derivanti da un intervento in sede 
penale, di cui si � detto, e comparandole alla rilevanza degli interessi statali 
(patrimoniali e non) che emergano dal fatto concreto. 
(57) Cfr. Cass. civ., sez. V., 3 maggio 2002, n. 6337. Concordemente Cass. civ., sez. V, 16 maggio 
2005, n. 10269; Cass. civ., sez. V, ord. 8 luglio � 12 ottobre 2010, n. 21049. 
(58) Sull'esclusione delle presunzioni tributarie nel processo penale, cfr. Cass. pen., sez. III, 25 
novembre 2011, n. 43695.
RECENSIONI 
MARIA VITTORIA LUMETTI (*), Processo amministrativo e tutela 
cautelare. Presentazione di Ignazio Francesco Caramazza. 
(Studi di diritto processuale amministrativo, Collana diretta da 
EUGENIO PICOZZA e BRUNO SASSANI. CEDAM, 2012, pp. I-XXXI-702) 
Si tratta della prima opera, dopo l�entrata in vigore del codice processuale amministrativo, 
che affronta in maniera sistematica e globale tutta la problematica del processo cautelare amministrativo 
in ogni fase e grado del giudizio, compresi il processo di ottemperanza, la revocazione, 
l�accesso, il silenzio, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il giudizio 
risarcitorio, la sospensione della sentenza pendente ricorso in Cassazione e in Adunanza plenaria, 
la rimessione alla Corte di giustizia e alla Corte costituzionale. 
Il libro, alimentato dalla passione che il processo amministrativo � ancora in grado di suscitare 
ed arricchito dall�esperienza quotidiana nelle aule giudiziarie, si propone di offrire una visuale 
completa della tutela cautelare nel processo amministrativo, anche in raffronto con altri processi 
e alla luce delle innovazioni recate dal codice e dal diritto comunitario. 
Il lavoro dedica ampio spazio alle nuove regole della competenza contro il forum shopping, 
alla graduazione dell�urgenza e alla sua prognosi sommaria, ai casi di fumus qualificato, di 
periculum bilaterale, all�efficacia ad tempus delle ordinanze cautelari, alla translatio iudicii, 
ai meccanismi di filtro e alla selezione del contenzioso operata dal giudice. Affronta altres� la 
sempre pi� emergente figura delle corsie acceleratorie (giudizio immediato, abbreviato, abbreviato 
speciale), dei nuovi (antefatto cautelare) e vecchi riti (minicautelare, silenzio, accesso, 
ottemperanza), nonch� il legame rafforzato tra procedimento amministrativo e processo cautelare, 
percorrendo l�evoluzione dell�equilibrio tra fase cautelare e di merito. Il libro analizza 
anche come il rito cautelare, superando il limite suo proprio di strumentalit� e provvisoriet�, 
si attesti sempre pi� come il mezzo determinante per la soluzione definitiva e rapida della 
controversia, e dedica un ampio exscursus alla funzione nomofilattica del giudice cautelare, 
allo stile motivazionale delle pronunce, all�analisi economica e sociologia sistemica della tutela 
cautelare nonch� alla gestione della complessit� giuridica applicata al processo amministrativo 
in generale. 
(*) Avvocato dello Stato.
346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
PRESENTAZIONE 
La tutela cautelare si � caratterizzata come forza propulsiva di evoluzione della giustizia 
amministrativa fin dall'istituzione dei Tribunali amministrativi regionali e tale spinta si � accentuata 
dopo l'entrata in vigore della legge n. 205 del 2000 e del codice processuale amministrativo. 
La giurisprudenza e la dottrina ne hanno tratteggiato i passaggi salienti arricchendone 
i contenuti attraverso la progressiva evoluzione da una tutela basata esclusivamente sullo 
strumento della sospensione dell'atto amministrativo lesivo di interessi oppositivi ad una 
tutela molto pi� estesa, in parte assimilabile a quella processualcivilistica nel quadro preconizzato 
da Fazzalari con la colorita espressione "settecentizzazione della giustizia". 
Lo strumento della sospensiva � stato, in altri termini, il "cavallo di Troia" grazie al quale 
il giudizio sul rapporto, tramite l'evoluzione giurisprudenziale, � penetrato attraverso la ben 
munita cinta che presiedeva la cittadella del giudizio sull'atto nella sua classica conformazione. 
Sin dalla seconda met� degli anni '70 del secolo scorso si consolid�, infatti, una giurisprudenza 
che consentiva al ricorrente di ottenere, in sede cautelare, assai di pi� di quanto 
non potesse ottenere in sede definitiva. 
Si pensi solo al caso dell'ammissione con riserva del concorrente escluso dal concorso, 
che in sede cautelare ottiene quel "bene della vita" (la partecipazione al concorso) che non 
avrebbe mai ottenuto in sede di merito. 
La misura cautelare - a compimento dell'evoluzione - non si configura pi� soltanto come 
strumento di conservazione provvisoria di una situazione che rischia di essere irreparabilmente 
pregiudicata, ma anche - e soprattutto - come mezzo efficace che consente la momentanea 
modifica della situazione di fatto e diritto dedotta in giudizio, fermi restando gli effetti 
destinati a scaturire dalla definizione del merito della controversia. 
La sua evoluzione � andata di pari passo con la progressiva trasformazione del processo 
amministrativo, originariamente strettamente impugnatorio, correlato all'accertamento della 
legittimit� o meno dell'atto amministrativo, ed ora vero e proprio giudizio sul rapporto, volto 
ad accertare la fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere per il conseguimento del bene 
della vita. Per catturare i benefici di una salutare distorsione prospettica, si � giunti a consentire 
al giudice amministrativo di concedere misure cautelari propulsive che sollecitano la 
riedizione dell'esercizio del potere da parte dell'amministrazione, in relazione ad interessi 
anche pretensivi, nonch� di adottare misure positive direttamente sostitutive, sia pure in via 
provvisoria, dell'azione amministrativa, come nel caso dell'ammissione con riserva a pubblici 
concorsi o a procedure di gara. 
Il codice processuale amministrativo, sulla scia della L. n. 205 del 2000, recepisce gli 
orientamenti giurisprudenziali ampliativi della sfera di applicabilit� della tutela cautelare e 
del tipo di misure concedibili, provvedendo inoltre a dotare it testo normativo di nuovi incisivi 
strumenti, destinati a rendere ancor piu efficace e satisfattoria la tutela giurisdizionale. 
Volendo compiere, per brevi cenni, una rapidissima carrellata sui contenuti dell'opera, 
con riferimento agli articoli del codice presi in esame, si osserva che alle misure cautelari 
non solo sono dedicate la parte centrale del codice, ossia il titolo II del libro (articoli da 55 
a 62), ma anche ulteriori disposizioni nelle diverse fasi del processo. Sono solo otto gli articoli 
dedicati al processo cautelare (dal 55 al 62) ma il codice � disseminato di norme che lo riguardano: 
articoli 10, comma 2 e 11, comma 7 (sulla questione di giurisdizione e sul regolamento 
preventivo), 15, comma 2 e 5, 7, 8, 9, 10, 47, comma 2 (sulla competenza), 48, comma
RECENSIONI 347 
2 (sulla trasposizione del ricorso straordinario), articoli 21, 34, comma 1 lett. c (ottemperanza 
cautelare), 31, comma 1 e 3 e 32 (silenzio), 43, comma 1 e 3 (motivi aggiunti, riunione dei ricorsi), 
42 (ricorso incidentale e domanda riconvenzionale), 30, commi 3, 4, 5, 6 e 34, comma 
1 lett. c, 34, commi 2 e 3 (risarcimento dei danni e disapplicazione incidenter tantum), 36 
(pronunce interlocutorie), 37, 41, commi 1, 2, 3, (contraddittorio), 38 e 106 (rinvio interno 
che legittima l�applicazione del cautelare nella revocazione e nei riti speciali), 39 (rinvio 
esterno), 87 (procedimenti in camera di consiglio, ossia il rito cautelare, di esecuzione delle 
ordinanze cautelari, del silenzio, dell'acccesso, dell'ottemperanza, dell'opposizione ai decreti 
che pronunziano estinzione o improcedibilit� del giudizio), 98 (appello cautelare), 99 (sospensione 
davanti all'Adunanza Plenaria), 108 opposizione di terzo, 111 (Cassazione), 112 
(ottemperanza interpretativa), 114, comma 3, 5, 7 (ottemperanza), 116 (accesso), 117 (silenzio), 
119, comma 3 e 4 (rito abbreviato), 120, comma 8 (rito abbreviato speciale), 125, comma 
1 e 2 (periculum bilaterale), 129 (processo elettorale). 
Le recenti novit� legislative hanno esaltato anche il requisito del periculum in mora 
quale proprium della tutela cautelare, e non solo nel processo amministrativo ma anche in 
quello civile. 
Il codice stesso enfatizza il requisito del pregiudizio grave e irreparabile (art. 59) o dell'estrema 
gravit� e urgenza (art. 56) od ancora della eccezionale gravit� e urgenza (art. 61). 
In un climax ascendente del periculum, la temperatura del danno e della sua gravit� muove 
dal pregiudizio grave ed irreparabile di cui agli articoli 55, comma 1, 98, comma 1, 119, 
comma 3 (in questo caso arricchito dalla fondatezza), 120, comma 8 (non menzionato ma 
che si d� per scontato), 125, comma 2 (dove diventa bilaterale e solo irreparabile, orfano 
della gravit�, ma si sa, nel pi� ci sta anche il meno) ed approda come abbrivio finale all'eccezionale 
gravit� e urgenza (artt. 61, comma 1 e 111), passando medio tempore per l'estrema 
gravit� (artt. 56, comma 1 e 119, comma 4). 
La previsione, poi, della tutela ante causam, introduce l'evenienza di un'ulteriore fase 
processuale, sia pure assorbita da quella collegiale, che anticipa temporalmente l'intero asse 
del processo e a fortiori la rafforza. 
L'equilibrio tra fase cautelare e di merito, sar� quindi necessariamente inciso dallo 
spazio che il giudice dar� alla tutela cautelare ante causam, e quindi dal significato che verr�, 
in concreto, attribuito al presupposto di "eccezionale gravit� e urgenza" che ne contrassegna 
il rilascio. 
Sembra cos� che il rito cautelare, superando il limite suo proprio di strumentalit� e 
provvisoriet�, si attesti sempre pi� come lo strumento determinante per la soluzione definitiva 
e rapida della controversia: la norma del codice (art. 57) che obbliga il giudice a provvedere 
sulle spese con l'ordinanza che decide sull'istanza cautelare, consolida ed anzi, accresce il 
carattere di autonomia del rito. 
In conclusione, il ponderoso volume di Maria Vittoria Lumett� analizza in modo completo 
ed approfondito tutte le problematiche della tutela cautelare amministrativa, traendone 
anche spunto per interessanti considerazioni di teoria generale sulla giustizia amministrativa 
nella sua evoluzione e sui suoi rapporti con la giustizia civile.
IGNAZIO FRANCESCO CARAMAZZA 
Avvocato Generale dello Stato
348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2012 
M. GERARDO, A. MUTARELLI (*), Il processo nelle controversie di 
lavoro pubblico. 
(Giuffr� Editore - Milano 2012, pp.1-270) 
Il volume in rassegna si segnala per costituire la prima opera in cui le controversie di lavoro 
pubblico (privatizzato) vengono analizzate in chiave rigorosamente processuale. 
Intento dichiarato degli autori � infatti di dar vita ad una raccolta e sistematizzazione in un 
corpus unitario delle polverizzate disposizioni (non solo) processuali che vengono in rilievo 
nello specifico contenzioso del pubblico impiego in cui si intersecano problematiche di natura 
amministrativa, processuale e del lavoro che danno vita ad un impasto normativo in cui talora 
appare arduo districarsi. 
� del resto noto che a tale tipo di contenzioso � stata sin qui riservata solo una trattazione parziale 
nell�ambito del diritto processuale civile e del lavoro; parzialit� che gi� da tempo appariva 
ingiustificata in relazione al rilievo numerico ed economico del contenzioso in questione. 
In tal senso anche l�ultima Relazione Generale della situazione economica del Paese (2010) 
evidenzia che nel periodo 2000-2009 le controversie di lavoro pubblico hanno subito un incremento 
rispetto all�anno di riferimento 1999, che ha raggiunto il picco massimo nel 2004 
(nella misura del 713%) e che per l�anno 2009 si � ancora attestato al 276%. 
L�obiettivo di una considerazione autonoma e specialistica viene perseguito dagli Autori, sul 
piano interpretativo, ricostruendo compiutamente la disciplina del processo coinvolta in una 
visione organica e, sul piano operativo, dando conto dei pi� recenti orientamenti emersi in 
dottrina e giurisprudenza di cui vengono evidenziati non solo i punti di possibile �attrito� ma 
anche, in chiave propositiva, soluzioni compositive e possibili letture alternative delle norme 
interessate. 
Dopo aver tratteggiato l�evoluzione della giurisdizione, il volume si sofferma sui confini della 
cognizione ordinaria e amministrativa, esaminando altres� i relativi poteri riconosciuti all�autorit� 
giudiziaria nei diversi ambiti. La parte centrale dell�opera � dedicata alla disamina del 
procedimento di cognizione analizzato alla luce delle problematiche che nell�ambito del processo 
del lavoro caratterizzano le controversie di lavoro pubblico, mentre l�ultimo capitolo 
affronta lo spinoso tema dell�esecuzione delle sentenze nei confronti delle pubbliche amministrazioni. 
Una aggiornata appendice ricostruttiva delle P.A. destinatarie del patrocinio dell�Avvocatura 
dello Stato chiude il volume. 
Quest�opera costituisce una invitation au voyage nel pianeta del processo del lavoro pubblico 
privatizzato, connotandosi altres� per una immediata fruibilit� esaltata anche da sintesi casistiche 
sulle problematiche maggiormente ricorrenti nella pratica. 
M.B. 
(*) Avvocati dello Stato.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012 
Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. 
Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma