ANNO LXIII - N. 2 APRILE - GIUGNO 2011 
RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO
COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Aldo Linguiti. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - 
Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. 
DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 
COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria 
Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. 
CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - 
Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria 
Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - 
Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. 
HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Chiarina Aiello, Giacomo Aiello, Giuseppe 
Albenzio, Felice Ancora, Federica Angeli, Ignazio Francesco Caramazza, Wally Ferrante, 
Alessandro Ferri, Beatrice Gaia Fiduccia, Michele Gerardo, Federico Maria Giuliani, Maria 
Gabriella Mangia, Paola Palmieri, Marina Russo, Grazia Sanna, Lucia Sara, Francesca 
Scaramuzza, Francesco Spada, Antonio Tallarida, Roberta Tortora, Marino Valente, Giuseppe 
Zito. 
E-mail: 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 
ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................� 40,00 
UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 
Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico 
bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 
42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare 
la spedizione, codice fiscale del versante. 
I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo 
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 
Stampato in Italia - Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966
INDICE - SOMMARIO 
TEMI ISTITUZIONALI 
Conferimento del dottorato in legge honoris causa all�Avvocato Generale 
dello Stato - Loyola University di Chicago, 21 maggio 2011 . . . . . . . . . 
D.Lgs 4 marzo 2010, n. 28, �Attuazione dell�art. 60 della Legge 18 giugno 
2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione 
delle controversie civili e commerciali� - Circolare A.G.S. n. 29 del 17 
maggio 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 
Federico Maria Giuliani, Primazia comunitaria e strumenti processuali 
a tutela delle posizioni giuridiche di derivazione europea. . . . . . . . . . . . 
1.- Le decisioni della Corte di giustizia dell�Unione europea 
Wally Ferrante, Il divieto di conversione a tempo indeterminato dei contratti 
a termine nel pubblico impiego (C. giustizia, VI Sez., ord. 1 ottobre 
2010, nella causa C-3/10, Affatato) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante,Un duplice aspetto della sentenza �Elchinov�. Rimborsabilit� 
dell�assistenza sanitaria prestata in altro Stato membro. Autonomia 
del giudice del rinvio rispetto al principio di dirittto enunciato dal 
giudice di ultimo grado ove reputato in contrasto con il diritto comunitario 
(C. giustizia, Grande Sezione, sent. 5 ottobre 2010, nella causa C- 
173/09, Elchinov) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO NAZIONALE 
La consultazione elettorale amministrativa e referendaria. Le difese dell�Avvocatura 
e i pronunciamenti dei Giudici: il no allo �election day� 
Giuseppe Zito, Intervento �creativo� delle Sezioni Unite: negata l�applicabilit� 
della regola del foro erariale ai giudizi di appello in materia di 
sanzioni amministrative (Cass. civ., Sez. Un., ordd. 18 novembre 2010 
nn. 23285 e 23286) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Lucia Sara, Sugli appalti di servizio di refezione scolatica: la competenza 
e la delega �contra legem� e l�infungibilit� del contraente (C. app. Roma, 
Sez. II civ., sent. 2 dicembre 2010 n. 5101) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Michele Gerardo, In tema di danno ambientale. Legittimazione ad agire, 
natura dell�illecito, componenti del danno (Trib. Napoli, Sez. XXII pen., 
ord. 5 novembre 2010; Trib. Santa Maria Capua Vetere, Sez. II pen., ord. 
1 febbraio 2011; C. app. Napoli, Sez. I civ., sent. 24 aprile 2008 n. 1495; 
C. app. Napoli, Sez. I civ., sent. 19 gennaio 2011 n. 90) . . . . . . . . . . . . . 
Marino Valente, Alessandro Ferri, Accelerazione processuale e deflazione 
del contenzioso in tema di custodia di veicoli sequestrati (G.d.P. Caserta, 
dec. 18 gennaio 2011). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 1 
�� 3 
�� 5 
�� 12 
�� 29 
�� 49 
�� 63 
�� 84 
�� 106 
�� 133
Federica Angeli, Sulle variazioni tariffarie dei pedaggi autostradali: legittimazione 
attiva per la tutela degli interessi adespoti e autonomia negoziale 
della P.A. (Cons. St., Sez. IV, sent. 9 dicembre 2010 n. 8686) . . 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Gianni De Bellis, Applicazione del fermo amministrativo ex art. 69 del 
R.D. n. 2440/1923 e compensazione legale nei confronti di soggetti sottoposti 
a procedure concorsuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Giuseppe Albenzio, Estinzione dell�obbligazione doganale ex art. 233 
primo comma lett. d) C.D.C. - Ambito di applicazione dell�art. 338 
T.U.L.D. a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia Europea C- 
459/07 del 2 aprile 2009 e C-230/08 del 29 aprile 2010 . . . . . . . . . . . . . 
Beatrice Gaia Fiduccia, Sulla natura della sanzione di cui all�art. 19 
D.Lgs n. 374/1990 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Maria Gabriella Mangia, Spettanza del rimborso delle spese legali in giudizi 
per responsabilit� civile, penale e amministrativa nei confronti di dipendenti 
di amministrazioni statali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Chiarina Aiello, Accordi di programma di natura transattiva per la messa 
in sicurezza e bonifica di siti inquinati. Non transigibilit� sulla responsabilit� 
da illeciti ambientali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Roberta Tortora, Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81. Individuazione 
del datore di lavoro ai fini dell�adozione delle misure di prevenzione, successivamente 
all�entrata in vigore del regolamento di riorganizzazione 
del Ministero dell�Economia e delle Finanze, a norma dell�art. 1, comma 
4, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, di cui al D.P.R. 30 gennaio 2008, 
n. 43 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Stefano Varone, Sul regime di impugnazione dei provvedimenti di revisione 
e sospensione della patente di guida adottati ai sensi dell�art. 126 
bis del codice della strada ed alle modalit� di esecuzione delle relative 
pronunce giurisdizionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Giacomo Aiello, Imputazione al dipedente o al datore di lavoro delle 
spese relative all�iscrizione all�albo professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Maurizio Borgo, Iscrizione ai partiti politici, assunzione di incarichi 
nell�ambito di partiti politici e propaganda degli appartenenti alla Polizia 
di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Paola Palmieri, Sulla legittima partecipazione a gare pubbliche della CRI. 
Stipula di Accordi ex art. 15 L. 241 del 1990 - Disciplina comunitaria e 
nazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina Russo, Rimborso spese legali ex art. 3 comma 2 bis D.L. 543/96 
e art. 18 comma 1 D.L. 67/97 - Parere di congruit� dell�Avvocatura dello 
Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 142 
�� 167 
�� 170 
�� 177 
�� 182 
�� 183 
�� 189 
�� 192 
�� 198 
�� 200 
�� 226 
�� 239
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 
Francesco Spada, L�istituto del trattenimento in servizio ai sensi delle disposizioni 
del d.l. n. 78/2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Antonio Tallarida, Il diritto e la giustizia nell�Italia medievale . . . . . . . 
Felice Ancora, Il regime della nullit� dell�atto amministrativo secondo 
il codice del processo amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Grazia Sanna, La geoingegneria. Verso la privatizzazione del sole e degli 
ecosistemi naturali?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Francesca Scaramuzza, La mediazione civile e commerciale di cui al 
d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Francesca Scaramuzza, La pubblica amministrazione e la giustizia alternativa: 
mediazione e arbitrato nei contratti pubblici . . . . . . . . . . . . . 
pag. 243 
�� 251 
�� 266 
�� 280 
�� 328 
�� 339
T E M I I S T I T U Z I O N A L I 
Conferimento del dottorato in legge �honoris causa� 
all�Avvocato Generale dello Stato 
(Loyola University Chicago, 21 maggio 2011) 
�Sono particolarmente lieto di rendere noto che, nel corso di una solenne cerimonia 
svoltasi sabato 21 maggio scorso presso la prestigiosa Loyola University di Chicago, l�Avvocato 
Generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza � stato insignito del dottorato in 
legge honoris causa. 
La motivazione dell�onorificenza, di cui si allega ampio stralcio, oltre a dare atto della 
chiara fama e degli eccezionali meriti dell�Avvocato Caramazza, al quale vanno le pi� sentite 
felicitazioni, contiene espressioni di altissima considerazione per il nostro Istituto, che costituiscono 
legittimo motivo d�orgoglio per tutti i suoi componenti� (*) 
IL SEGRETARIO GENERALE 
Avv. Ruggero Di Martino 
CONFERRING OF THE HONORARY DEGREE 
CANDIDATE FOR THE DEGREE OF DOCTOR OF LAWS 
Ignazio Francesco Caramazza 
Avvocato Generale dello Stato Italia 
Presented by David N. Yellen, JD, Dean, Professor of Law 
Ignazio Francesco Caramazza is Italy�s most distinguished jurist. He holds the position 
of Avvocato Generale dello Stato, one of the most significant and challenging achievements 
of a legal career in Italy. As such, he is the chief of a body of 370 lawyers who are entrusted 
with representing the government and the public administration in judicial proceedings before 
national and international courts. His office is entrusted to advise the government and the pu- 
(*) Comunicazione e-mail da Segreteria Segretario Generale del 24 maggio 2011.
2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
blic administration on legal matters, including legislative initiatives of utmost importance, 
which can often involve international relationships. The State Advocate General occupies a 
singularly important role in the administration of justice in Italy by acting for the State in all 
legal actions in which the State is made a party or has a legal interest. Traditionally, the State 
Advocate Gen�ral is the most respected legal personality in Italy. Dr. Caramazza�s reputation 
for vigorous advocacy while maintaining fairness goes well beyond the borders of his country. 
Dr. Caramazza graduated with highest honors from the University of Rome �La Sapienza� 
School of Law and continued his studies to earn degrees in comparative law from 
both the University of Helsinki and the University of Strasbourg. His advanced studies licensed 
him to teach in Institutional Law, Political Economics, Finance, and Statistical Science. 
He held teaching positions as a professor in Labor Law at the University in Trieste and at the 
International University of Social Studies �Pro Deo�. From 1983-1994, Dr. Caramazza was 
General Counselor to the United Nationas Interregional Crime and Justice Research Institute. 
He has authored numerous legal publications. 
Throughout his legal carrer, Dr. Caramazza has achieved the highest honors of distinction 
that have provided him a merit-based selection for positions of leadership to serve his 
country. He placed first by examination to qualify as Deputy Attorney General and Deputy 
Attorney Legal Secretary to the Court of Auditors. Thereafter, Dr. Caramazza was appointed 
to the State�s Attorney Office in Florence, and from 1975, to the Avvocatura General dello 
Stato in Rome. From 1986-1996, he served as the Secretary General of the Avvocatura dello 
Stato and as Deputy Advocate General from January 2002 until his appointment in May of 
2010 to the Advocate General position. 
During his time in office he generally dealt with complex affairs in the Constitutional 
Court, including jurisdictional disputes between the Prime Ministers, Public Prosecutor, and 
the Criminal Court of Milan. He also represented Italy in the International Criminal Court at 
The Hague, the European Union Court of Justice in Luxembourg, and the European Court of 
Human Rights in Strasbourg. Dr. Caramazza served as Secretary of State for Interior, and by 
appointment of the Prime Minister, served on a Commission of Experts along with 5 other 
members representing some of the most powerful legal positions in Italy to determine accessibility 
of Intelligence Documents of State. Dr. Caramazza has handled very sensitive issues 
involving the U.S. including s case of a CIA kidnapping which defused a source of tension 
and embarrassment between Italy and the U.S. 
Our Loyola law students studying in Rome have been the beneficiaries for the past 27 
years of the example set by Dr. Caramazza ad a model of achievement and commitment to 
the common good. Each summer the students have been his honored guests and mentees at 
the Office of the Attorney General to learn about the function of his office and important cases 
that maintain the rule of law through his efforts.
TEMI ISTITUZIONALI 3 
Sull�istituto della mediazione 
D.Lgs 4 marzo 2010, n. 28, �Attuazione dell�art. 60 della Legge 18 giugno 
2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie 
civili e commerciali�(*) 
Come preannunciato con la Circolare n. 27/2011, il giorno 11 maggio u.s. 
si � tenuta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri una riunione con la 
partecipazione di rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Ministero 
dell�Economia e delle Finanze e del DAGL della Presidenza del Consiglio 
oltre che dell�Avvocatura dello Stato, avente ad oggetto i problemi derivanti 
dall�entrata in vigore del Decreto Legislativo indicato in oggetto. 
All�esito della detta riunione � stato costituito un tavolo di lavoro per individuare 
delle norme di rango legislativo da introdursi in un Decreto Legge 
di prossima approvazione per la risoluzione � tra le altre � delle emergenze 
scaturenti dall�entrata in vigore della mediazione nelle controversie civili e 
commerciali in cui siano parti soggetti pubblici patrocinati dalla Avvocatura 
dello Stato. 
In attesa della definizione del testo � che verr� sottoposto anche all�Avvocatura 
dello Stato � e che potrebbe richiedere tempi tecnici non necessariamente 
brevi, � stato concordato che l�Avvocatura assuma in via provvisoria la 
seguente posizione: 
� ove l�Amministrazione sia convenuta in ipotesi in cui l�accesso all�organismo 
di mediazione costituisca condizione di procedibilit� di un successivo 
giudizio, si lascer� all�Ente patrocinato ogni valutazione in ordine 
alla opportunit� di adesione al tentativo di mediazione, rimanendo l�Avvocatura 
comunque estranea a detta fase preprocessuale; resta ovviamente 
ferma la possibilit� che l�Avvocatura presti la propria attivit� consultiva 
in ordine alla eventuale composizione della controversia. Uguale comportamento 
sar� tenuto nel caso di mediazione �facoltativa�. Allo stato 
nessuna posizione verr� comunque assunta in ordine all�applicabilit� o 
meno della mediazione alle cause aventi come parti lo Stato e gli altri 
soggetti patrocinati; 
� ove l�Amministrazione debba agire in giudizio e non sia possibile differire 
l�esercizio dell�azione ad un momento successivo all�imminente 
chiarimento legislativo (ad esempio per lo spirare di un termine prescrizionale), 
nei casi di mediazione obbligatoria si vorr� di norma procedere 
alla notificazione dell�atto di citazione senza previa instaurazione del tentivo 
di mediazione, citando la controparte a comparire per un�udienza fis- 
(*) Circolare dell�Avvocato Generale n. 29 del 17 maggio 2011 prot. 165448.
4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sata in data adeguatamente distante, tale da consentire l�adozione del 
provvedimento normativo e degli eventuali atti organizzati che si rilevassero 
necessari; emergenze particolari potranno essere oggetto di specifica 
valutazione. Il ricorso alla mediazione sar� comunque omesso nei casi di 
mediazione facoltativa. Anche in questo caso nessuna posizione verrr� 
comunque assunta in ordine alla applicabilit� o meno della mediazione 
alle cause aventi come parti lo Stato e gli altri soggetti patrocinati. 
Si confida nella puntuale osservanza di quanto disposto, facendo riserva 
di tempestiva comunicazione degli sviluppi della situazione. 
L�AVVOCATO GENERALE 
Avv. Ignazio Francesco Caramazza
C O N T E N Z I O S O 
C O M U N I TA R I O E D 
I N T E R N A Z I O N A L E 
Primazia comunitaria e strumenti processuali 
a tutela delle posizioni giuridiche di derivazione europea 
Federico Maria Giuliani* 
Nel corso dei decenni, dalla firma del Trattato di Roma fino alla recente 
entrata in vigore del Trattato di Lisbona, � intervenuto, sia sui testi dei trattati 
dell�Unione sia all�interno della elaborazione della Corte di Giustizia, un cospicuo 
d�velloppement in tema di rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamento 
statuale dei Paesi Membri. 
Per quel che concerne, in particolare, l�Italia, l�adesione al Trattato istitutivo 
della CEE si collocava nell�alveo dell�art. 10, comma 1�, Cost., posto 
che da esso promanavano �norme di diritto internazionale generalmente riconosciute�, 
e segnatamente disposizioni pattizie plurilaterali, rese esecutive in 
Italia con apposita legge di ratifica ex art. 80 della Carta costituzionale. 
Onde � che, su questa base, laddove in origine fosse accaduto che una 
norma primaria di diritto interno manifestasse una sua contrariet� a disposizioni 
del Trattato istitutivo o di un regolamento comunitario, le norme CEE 
potevano essere fatte prevalere su quelle domestiche attraverso lo strumento 
ermeneutico applicato a queste ultime. Ci� significava che l�interprete (cio� 
il giudice interno), onde dirimere i dissidi fra disposizioni comunitarie e norme 
di legge italiane, applicava, onde fare prevalere le prime, il brocardi lex posterior 
derogat priori ovvero, laddove la norma interna era successiva a quella 
comunitaria, lex specialis derogat generali � in tale ultimo caso tendendo a 
pensare proprio il diritto comunitario come legge speciale nelle materie di ri- 
(*) Avvocato del libero foro di Milano, Master of Laws, gi� professore a contratto nella Universit� 
del Piemonte Orientale. 
Articolo gi� pubblicato su �Quadrimestre di Business and Tax� - Rivista free on line di Diritto 
Tributario e della Impresa - www.businessandtax.it.
6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
spettiva competenza. Inoltre, a fronte di pi� possibili soluzioni interpretative 
di una norma interna in dissidio con norme comunitarie, l�interprete � in particolare 
il giudice nazionale � evitava il contrasto medesimo mediante l�adozione 
di quella via ermeneutica, che risultava essere in compliance con le 
norme CEE. 
Questi sono i primi - pi� semplici - strumenti, a mezzo dei quali, in sede 
processuale �domestica�, i giudici italiani potevano risolvere i contrasti fra 
norme comunitarie e disposizioni interne. 
Fin qui la prevalenza dell�ordinamento comunitario rispetto a quello nazionale 
era piuttosto limitata, cos� come risultava da almeno due profili: a) anzitutto 
tale prevalenza lasciava aperto il problema del possibile contrasto tra 
norme interne e direttive comunitarie, non (ancora) attuate in Italia a mezzo 
di apposita legge; b) nella su indicata prospettiva, le norme del Trattato CEE 
finivano con l�essere trattate al pari di qualsivoglia altra convenzione internazionale 
(bilaterale o multilaterale che fosse), conclusa dall�Italia con Paesi 
terzi, laddove invece appariva piuttosto evidente che il Trattato di Roma (con 
la sua posteriore evoluzione) avesse un quid pluris rispetto ad altri impegni 
pattizi di diritto internazionale pubblico. Ma vi � di pi�. Rimanendo all�interno 
di quella primigenia soluzione dei contrasti fra norme, non sempre era possibile 
sciogliere i nodi in via interpretativa applicando gli strumenti di cui sopra 
(per i quali soccorreva in parte anche l�art. 15 delle Preleggi): sicch�, in mancanza 
del rimedio ermeneutico, altra soluzione non restava, per sciogliere il 
contrasto, se non quella del giudizio incidentale dinnanzi alla Consulta, con 
la derivata dichiarazione d�incostituzionalit� della norma interna per violazione 
della Carta Fondamentale sub art. 10 (cui adde oggi l�art. 117). 
Fu cos� che si and� formando, nella giurisprudenza comunitaria e di riflesso 
in quella italiana, l�idea per cui i trattati europei non sono meramente 
collocabili sul piano di ogni altra convenzione internazionale stipulata dall�Italia. 
Piuttosto, a far tempo dalla met� degli anni Ottanta, si cominci� con 
il dire che il diritto comunitario compenetra il diritto interno del nostro Paese 
il quale, con la stipula del Trattato istitutivo (e successive integrazioni e modifiche), 
ha operato un trasferimento di sovranit� alle istituzioni comunitarie 
per tutto ci� che concerne le materie di loro competenza. Questo assunto, poi, 
� posto in collegamento con quello della diretta applicabilit�, in Italia, delle 
regole comunitarie, laddove queste, secondo il diritto europeo, non abbisognano 
di apposito intervento da parte del legislatore nazionale (trattati fondativi, 
regolamenti, sentenze della Corte del Lussemburgo). 
Questa � la primaut� del diritto europeo su quello domestico, in virt� della 
quale non � (pi�) necessario instaurare incidentalmente un giudizio costituzionale, 
onde fare prevalere la norma europea su quella italiana difforme, posto che, 
proprio per effetto di tale primazia, la norma domestica in dissidio � semplicemente 
disapplicata - cio� resa inefficace (o �sterilizzata) - dal giudice nazionale.
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 7 
Peraltro, con un ulteriore passo in avanti della giurisprudenza, nell�alveo 
del diritto comunitario direttamente applicabile � accanto a trattati e ai regolamenti 
e ai princ�pi della Corte � furono fatte rientrare dalla Consulta (sulle 
orme della Corte del Lussemburgo) anche le direttive c.d. self executing, cio� 
a dire quelle che, essendo gi� di per s� chiare e precise e dettagliate, potevano 
reputarsi efficacemente �aderenti� al caso concreto, nelle more di attuazione 
del legislatore nazionale. 
Ci� detto in termini generali, si possono ora vedere taluni strumenti processuali, 
i quali risultano essere adoperabili per fare valere la primazia del diritto 
europeo e delle posizioni soggettive da esso promananti, dinnanzi alle 
corti italiane. 
Al riguardo va precisato anzitutto che la diretta applicabilit� delle direttive 
self-executing - della quale si � detto - � reputata essere applicabile soltanto 
nel senso c.d. verticale e non gi� orizzontale. In altre parole, quella diretta applicazione 
pu� essere fatta valere, dinnanzi al giudice nazionale, soltanto a 
carico dello Stato Membro inadempiente e della sua pubblica amministrazione, 
ma non invece dei cittadini privati. Ci� in quanto, sul piano ermeneutico, 
si ritiene non potersi ragionevolmente applicare per le direttive, che non 
hanno in Italia pubblicit� legale pari a quella di una legge nazionale, la presunzione 
di conoscenza - s� che il rischio della ignorantia legis che non excusat, 
con riferimento alle direttive direttamente applicabili, � posto solamente 
a carico dei soggetti pubblici. 
Bisogna poi aggiungere che sia la Corte europea, sia la giurisprudenza 
del nostro Paese, riconoscono al soggetto privato il diritto di agire nei confronti 
dello Stato inadempiente agli obblighi comunitari, per il risarcimento di quel 
danno che deriva dal mancato o tardivo recepimento di una o pi� direttive europee. 
Non vi � chi non veda che, quand�anche la direttiva inattuata non abbia 
i crismi per essere direttamente applicabile, la primazia del diritto europeo fa 
s� che, se pure non in forma specifica (ma per equivalente), esista una responsabilit� 
dello Stato verso i consociati in relazione all�appartenenza di quello 
all�Unione. Si delinea, in tal guisa, una responsabilit� extra-contrattuale del 
Paese Membro verso i suoi consociati, per i danni a questi cagionati a mezzo 
dell�inadempimento agli obblighi pattizi assunti verso gli altri Paesi Membri. 
In altre parole, siamo di fronte a una delle possibili �incarnazioni� dell�odierno 
concetto di risarcibilit� del danno, cagionato non soltanto da una violazione 
di diritti assoluti, ma anche di quelli relativi - cos� come, anzich� di diritti, 
d�interessi legittimi. In una diversa prospettiva, si pu� sostentere che siamo 
in presenza di una posizione giuridica tutelata, in capo all�individuo, a che il 
diritto comunitario, con la sua primazia, sia adempiuto dal proprio Stato di 
appartenenza. 
In analoga prospettiva (quella, cio�, degli strumenti processuali per fare 
valere le posizioni soggettive di derivazione comunitaria), si pu� pensare ai
8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
casi di contrasto fra il diritto comunitario e un provvedimento amministrativo. 
Una prima situazione, pi� facilmente risolubile in termini di tutela effettiva, 
� quella del provvedimento che intacca un interesse legittimo del privato, 
e lo fa in applicazione di una norma primaria interna, la quale risulta essere in 
contrasto con una o pi� disposizioni comunitarie direttamente applicabili (trattato, 
regolamento, sentenze della Corte di Giustizia, direttiva self-executing). 
In tale ipotesi - di c.d. �antipatia� fra norma interna e norma comunitaria -, al 
giudice amministrativo pu� essere domandato l�annullamento del provvedimento 
poich� quest�ultimo risulta essere in violazione di legge. La stessa cosa 
accade se il provvedimento � in contrasto con una norma primaria interna, la 
quale � debitamente attuativa di una norma comunitaria: la quale, in altre parole, 
� in situazione di �simpatia� con l�ordinamento europeo. 
Pi� delicato � il caso del provvedimento amministrativo, il quale viene a 
trovarsi in �simpatia� con la norma primaria interna, quando per� � quest�ultima 
a essere in �antipatia� con il diritto europeo direttamente applicabile. La 
maggiore problematicit� di questa situazione consiste nel fatto che non si tratta 
di domandare al G.A. l�annullamento del provvedimento amministrativo, ma 
si tratta piuttosto di fare valere l�interesse a che l�atto stesso non produca i 
suoi effetti nonostante la conformit� con la norma primaria interna - posto che, 
evidentemente, � quest�ultima a essere violativa, in ipotesi, del diritto europeo 
dotato di primazia. A fronte di una siffatta peculiarit�, si pu� obiettare che 
l�istituto della disapplicazione, in quanto tale, possiede anzitutto un oggetto 
provvedimentale piuttosto che normativo, e dipoi � v�lto a �sterilizzare� un 
provvedimento dinnanzi al G.O., non potendosi in quella sede domandarne n� 
disporne l�annullamento (art. 4, L.A.C., id est r.d. n. 2248/1865, All. E): ebbene 
tutto ci� � si osserva � non ha nulla a che fare con il caso in questione. 
Nondimeno, proprio argomentando sulla scorta della necessaria primaut� del 
diritto europeo su quello domestico, la giurisprudenza ammette che il privato 
interessato, il quale si veda violato dalla P.A. nel soddisfacimento di un interesse 
meritevole di tutela, possa impugnare il provvedimento lesivo (chiedendo 
anche, se del caso, il risarcimento dei danni), per avere la P.A. deliberato e/o 
agito in violazione del diritto comunitario. Qui l�annullamento � disposto, dal 
giudice amministrativo, per effetto della disapplicazione della norma (primaria) 
interna anti-europea. 
Pu� altres� capitare che la pubblica amministrazione, anzich� subire la 
diretta applicabilit� del diritto europeo, si avvalga, nello svolgimento delle 
proprie funzioni, della primazia in parola, disapplicando eventuali norme interne 
in conflitto con l�ordinamento sovranazionale. Si pensi alla nostra Autorit� 
Garante della Concorrenza, la quale applica, per esempio, il regolamento 
comunitario settoriale, disapplicando eventuali norme domestiche a esso contrarie. 
In un tale caso - il quale depone nel senso di una maggiore effettivit� 
del Garante - ci� che non pu� farsi (come si � visto) �verticalmente� con le
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 9 
direttive self-executing, � invece possibile con un regolamento della Comunit�, 
cos� come per le altre norme europee direttamente applicabili per loro natura 
istituzionale. 
E ancora, in tema di aiuti di Stato (artt. 87 ss., Tratt. CE ante Lisbona, 
oggi artt. 107 ss. TFUE), pu� accadere che la Commissione europea reputi 
che una sovvenzione sia contraria al divieto comunitario e, per conseguenza, 
ordini allo Stato Membro di ripetere il relativo esborso dai beneficiari. A tal 
proposito, la Corte del Lussemburgo ha stabilito che il Paese Membro � obbligato 
al recupero dell�indebito quand�anche si tratti, allo scopo, di oltrepassare 
la norma interna sugli effetti della cosa giudicata. In questo caso � la 
Pubblica Amministrazione a (dovere) procedere a una disapplicazione dell�art. 
2909 c.c. a scapito dei privati e non viceversa, posto che questi hanno incassato 
gli aiuti avallati da un giudicato interno eppure contrari al diritto europeo. Peraltro 
una siffatta disapplicazione, nel caso di successivo contenzioso tra P.A. 
e privato beneficiario (il quale per esempio si opponga al recupero statuale), 
dovr� essere operata anche dal giudice investito della controversia � cos� emergendo, 
dinnanzi a esso, una posizione giuridica tutelata in capo all�autorit� 
pubblica, che � interessata al recupero dell�aiuto erogato. Bisogna, al riguardo, 
notare che l�arresto della Corte di Giustizia sulla ripetizione degli aiuti di Stato 
nella direzione appena ricordata, se osservato superficialmente pu� sembrare 
in contrasto con altre pronunce dei Giudici del Lussemburgo, le quali salutano 
con favore le norme interne dei Paesi Membri in tema di cosa giudicata, in 
virt� del loro contributo alla certezza del diritto all�interno della Unione; e tuttavia, 
ove osservata oltre la superficie, quella stessa giurisprudenza della Corte 
sugli aiuti manifesta che, nel caso concreto di causa, non era stata impugnata 
nei termini dinnanzi alla Corte stessa � divenendo cos� definitiva ai fini del 
diritto comunitario � la decisione con cui la Commissione aveva ordinato la 
ripetizione delle erogazioni sulla base della loro contrariet� al divieto europeo. 
S� che, alla luce di tale sopravvenuta definitivit� del decisum dalla Commissione, 
il superamento del giudicato interno, operato da tale organo e avallato 
dai Giudici del Lussemburgo, risulta essere meno eclatante oltre che non-contraddittorio 
rispetto ad altre pronunce della Corte europea. 
Fin qui si � visto come, in varie circostanze processuali, il diritto comunitario 
compenetri il diritto interno nelle materie di competenza di quello, imponendosi 
direttamente - in primaut� - a mezzo dell�interpretazione e/o della 
disapplicazione delle disposizioni nazionali con esso incompatibili. Vi sono 
poi anche situazioni peculiari, nelle quali gli strumenti processuali a disposizione 
sono diversi e meno diretti. 
Si consideri ad esempio la posizione della presidenza del consiglio dei 
ministri italiana la quale, ai sensi dell�art. 134 Cost., instauri un giudizio principale 
dinnanzi alla Consulta e in contraddittorio con una regione, assumendo 
che quest�ultima, con propria legge asseritamente legittima, ha introdotto un
10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tributo locale il quale invece, secondo la prospettazione dello Stato, � contrario 
al diritto europeo vuoi sotto l�aspetto del divieto degli aiuti vuoi sotto l�aspetto 
della non-discriminazione. Ebbene in un tale caso - effettivamente verificatosi 
per taluni tributi sardi, posti a carico dei soggetti non fiscalmente domiciliati 
nell�isola -, la Corte Costituzionale ha posto la questione in termini non gi� di 
disapplicazione delle norme tributarie regionali, bens� in termini di costituzionalit� 
o meno delle stesse, posto che, del raffronto tra esse e l�art. 117 Cost., 
si verteva in un giudizio principale dello Stato in contraddittorio con la Regione 
autonoma, e non gi� in un giudizio incidentale instaurato a seguito della 
rimessione degli atti da parte di altro giudice. In questo caso il Giudice delle 
Leggi non applica direttamente il diritto europeo, ponendosi piuttosto (con 
una innovazione salutata con plauso dai Giudici del Lussemburgo) nella prospettiva 
di un doveroso filtro di costituzionalit�, per applicare il quale - poi - 
l�interpretazione del diritto europeo spetta alla Corte di Giustizia, entro l�apposito 
giudizio pregiudiziale e incidentale rispetto a quello costituzionale, instaurato 
e instaurando ai sensi dell�art. 234 Tratt. CE (oggi 267 TFUE). 
N� deve pensarsi che primaut� del diritto europeo significhi anche, in 
eventuali casi-limite, stravolgimento di punti nevralgici e portanti dell�ordinamento 
interno della Repubblica. Infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale 
promosso dalle nostre corti e condiviso in dottrina, si delinea la c.d. 
�teoria dei controlimiti� rispetto al �limite� incombente della normativa comunitaria. 
Ci� significa che la primaut� europea trova un suo limite invalicabile, 
ogni qual volta si tratta di mettere in discussione norme interne, la cui 
ratio s�ispira a principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale 
e/o a diritti inalienabili che da esso promanano in capo alla persona umana (la 
salute, per esempio). 
Infine, la primazia del diritto comunitario � come si � detto � pu� riguardare 
(anzich� norme pattizie o regolamenti o direttive dettagliate) principi 
enunciati dall�alta Corte di Giustizia. Anche per essi vale la regola della diretta 
applicabilit�, con eventuale prevalenza su norme di diritto interno disapplicabili. 
Cos�, nel caso di una sentenza definitiva della nostra Suprema Corte, la 
quale � ritenuta essere in contrasto con il diritto comunitario, la relativa azione 
civile contro la Presidenza del Consiglio per il risarcimento dei danni, esperita 
ai sensi della legge n. 117 del 1988, non pu� prescindere da taluni criteri-base 
fissati in proposito dai Giudici del Lussemburgo. In particolare, a fronte della 
eccezione statuale giusta la quale non sussisterebbe responsabilit� alcuna - 
non essendo i giudici di Cassazione incorsi in una colpa grave ed essendosi 
piuttosto limitati a fornire una certa interpretazione delle norme (ex art. 2, 
legge n. 117 cit.) -, l�attore, il quale lamenta una violazione del diritto UE da 
parte del Supremo Collegio, potrebbe fondatamente obiettare che, secondo il 
dictum dei Giudici del Lussemburgo, una responsabilit� dello Stato Membro, 
per violazione del diritto europeo da parte di un giudice nazionale di ultima
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 11 
istanza, non pu� essere revocata in dubbio neanche sulla scorta di un�asserita 
culpa levis, ogni qual volta la inosservanza delle norme europee (direttamente 
applicabili) sia grave ed evidente. In questo caso si fa valere fondatamente, in 
un giudizio italiano, una posizione giuridica che � di derivazione comunitaria, 
e lo � in punto d�interpretazione correttiva di norme interne, dettate in tema di 
responsabilit� statale per i danni cagionati nell�esercizio di talune funzioni 
giudiziarie, svolte dai magistrati con falsa applicazione del diritto europeo. 
Analoga da ultimo - e sulla scorta del dictum della Corte di Lussemburgo 
- � la posizione della nostra giurisprudenza in tema di responsabilit� della P.A. 
per i danni cagionati con i provvedimenti illegittimi. Si afferma, infatti, che 
non pu� - e non deve - incombere al danneggiato l�onere della prova dell�elemento 
soggettivo (dolo o colpa) dell�illecito, dovendosi piuttosto la pubblica 
autorit� fare carico di provare la scusabilit� della propria condotta colposa, 
ascrivibile a una obiettiva incertezza della interpretazione e applicazione delle 
norme giuridiche sottese all�invalido provvedimento lesivo. 
Restano sempre fermi, di sponda � per cos� dire �, i controlli della teoria 
dei �controlimiti�, tali per cui, comunque e in ogni caso, la primazia, e la diretta 
applicabilit�, dell�ordinamento europeo dentro e sopra l�ordinamento statuale 
non pu�, d�altronde, mai oltrepassare/intaccare/sminuire i principi/diritti 
fondamentali dettati dalla Carta Costituzionale.
12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 
Il divieto di conversione a tempo indeterminato 
dei contratti a termine nel pubblico impiego 
(Corte di giustizia dell�Unione europea, Sesta Sezione, 
ordinanza 1 ottobre 2010, causa C-3/2010, Affatato) 
Con l�ordinanza del 1 ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato, la Corte di 
Giustizia dell�Unione europea, ribadendo quanto gi� affermato con le sentenze 
7 settembre 2006, causa C-53/04, Marrosu e Sardino e 7 settembre 2006, causa 
C-180/04, Vassallo, ha precisato che il diritto dell�Unione non osta ad una normativa 
nazionale, come quella di cui all�art. 36, quinto comma, del decreto 
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull�ordinamento 
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la quale, nell�ipotesi 
di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato 
stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che 
questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato 
quando l�ordinamento giuridico interno dello Stato membro preveda, nel settore 
interessato, altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, 
il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione. 
La domanda pregiudiziale, sollevata dal Tribunale di Rossano in funzione 
di Giudice del lavoro con ordinanza del 14 dicembre 2009, trae origine da una 
controversia instaurata da un lavoratore nei confronti di un�Azienda Sanitaria 
Locale con la quale il primo, premettendo di aver lavorato con plurimi contratti 
a tempo determinato, chiede dichiararsi la nullit� dei termini apposti a detti 
contratti e, conseguentemente, disporsi la conversione dei medesimi in contratto 
a tempo indeterminato con reintegrazione nel posto di lavoro e pagamento 
delle retribuzioni dovute dalla cessazione dell�ultimo contratto alla 
effettiva reintegra. 
Il ricorrente nella causa principale assume infatti che la stipula di reiterati 
contratti a tempo determinato sarebbe stata effettuata in violazione del decreto 
legislativo 6 settembre 2001, n. 368 recante attuazione della direttiva 
1999/70/CE relativa all�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso 
dall�UNICE, dal CEEP e dal CES ed in particolare: dell�art. 1 del predetto 
decreto legislativo in quanto le mansioni nelle quali era stato impiegato 
(utilizzazione di macchinari e attrezzature specifiche, cura e riordino di ambienti 
ospedalieri, accompagnamento e spostamento di degenti ecc.) non rispondevano 
ad esigenze eccezionali o straordinarie bens� permanenti e
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 13 
durature, senza che fossero state esplicitate nel contratto le puntuali ragioni 
che avevano giustificato l�apposizione del termine; dell�art. 4 del citato decreto 
legislativo in quanto la proroga sarebbe avvenuta in assenza di oggettive ragioni 
che avrebbero potuto giustificarla nonch� dell�art. 5 del predetto decreto 
legislativo poich� non sarebbe stato rispettato il limite temporale tra le assunzioni. 
Nell�ipotesi di ritenuta non convertibilit� dei contratti a tempo determinato 
in contratto a tempo indeterminato alla luce dell�art. 36, comma 5 del decreto 
legislativo 30 marzo 2001, n. 16, in base al quale la violazione di 
disposizioni imperative riguardanti l�assunzione o l�impiego di lavoratori, da 
parte delle pubbliche amministrazioni, non pu� comportare la costituzione di 
rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, 
il ricorrente nella causa principale chiede, in subordine, il risarcimento 
del danno da liquidarsi tenuto conto della aspettativa di stabilizzazione, 
da rapportarsi alle retribuzioni medio tempore non percepite tra la stipula del 
primo fino all�ultimo contratto. 
L�Azienda sanitaria, resistente nella causa principale, contesta la fondatezza 
di tutte le domande rivolte nei suoi confronti, assumendo che il termine 
sarebbe da considerarsi elemento essenziale dei contratti stipulati con il ricorrente 
e che l�ipotesi di conversione in contratto a tempo indeterminato avrebbe 
l�effetto di introdurre una nuova ipotesi di reclutamento del personale in violazione 
del citato art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001 nonch� dell�art. 
35 dello stesso decreto, che sancisce il principio generale, riconducibile all�art. 
97 della Costituzione, del reclutamento nei pubblici impieghi a mezzo di pubblico 
concorso. Del resto, il divieto per le pubbliche amministrazioni di procedere 
ad assunzioni a tempo indeterminato in ragione dei vincoli di bilancio, 
disposto da numerose leggi finanziarie, avrebbe costretto la resistente ad operare 
assunzioni a tempo determinato. 
Secondo la resistente, inoltre, la richiesta di risarcimento del danno, avanzata 
in subordine, sarebbe infondata non esistendo a monte il diritto che si assumerebbe 
leso, non essendovi stata alcuna violazione della normativa che 
disciplina la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato. 
La normativa rilevante nella causa principale, oltre a quella di portata generale 
di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001 e di cui all�art. 36 del decreto 
legislativo n. 165 del 2001, � costituita dalla normativa speciale dettata per il 
settore sanitario e volta a garantire il rispetto degli obblighi comunitari in materia 
di realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. 
In particolare, ai sensi dell�art. 1, commi 98 e 107 della legge 30 dicembre 
2004, n. 311 per gli anni 2005 e 2006, dell�art. 1, comma 198 della legge 23 
dicembre 2004, n. 311 per l�anno 2006 e dell�art. 1, comma 565 della legge 
27 dicembre 2006, n. 296 per il triennio 2007-2009, gli enti del Servizio sanitario 
nazionale concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica
14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale non superino 
l�ammontare ivi determinato, considerando a tal fine anche le spese per 
il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione 
coordinata e continuativa o che presta servizio con altre forme di 
rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni. 
Il citato art. 1, comma 656 della legge n. 296 del 2006 prevede alla lettera 
a), n. 1, 2 e 3 che gli enti del Servizio sanitario nazionale individuino la consistenza 
organica del personale dipendente a tempo indeterminato e la relativa 
spesa nonch� la consistenza del personale che presta servizio con rapporto di 
lavoro a tempo determinato e la relativa spesa e predispongano un programma 
di revisione delle predette consistenze finalizzato alla riduzione della spesa 
complessiva di personale. In tale ambito, � verificata la possibilit� di trasformare 
le posizioni di lavoro gi� coperte da personale precario in posizioni di 
lavoro dipendente a tempo indeterminato. 
Da quanto sopra si deduce che, oltre alla normativa generale fondata sul 
necessario rispetto del reclutamento a mezzo di procedure selettive in ossequio 
al dettato dell�art. 97 della Costituzione italiana, la normativa di settore prevede 
limiti stringenti alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari motivato 
da esigenze di contenimento della spesa pubblica. 
A fronte di tale disciplina di dettaglio, propria del settore sanitario, il Governo 
italiano ha dedotto, nelle proprie osservazioni scritte, l�inconferenza, ai 
fini della decisione della causa principale, della normativa differenziata e propria 
di altri settori, quali quello dei lavori socialmente utili, del personale scolastico 
o del personale alle dipendenze delle Poste italiane S.p.A. 
Con l�ordinanza in commento, la Corte di Giustizia, conformemente a 
quanto eccepito dal Governo italiano, ha preliminarmente dichiarato l�irricevibilit� 
di 12 quesiti sui 16 prospettati dal Tribunale di Rossano, nell�ordinanza 
di rinvio pregiudiziale, in quanto del tutto irrilevanti rispetto ai fatti di causa, 
vertenti esclusivamente sulla reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato 
nel settore sanitario. 
In detta decisione, la Corte ha inoltre riconosciuto la conformit� al diritto 
dell�Unione di una normativa, quale quella italiana, che, nell�ipotesi di abuso 
conseguente alla reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati 
in successione, vieta, nel settore del pubblico impiego, che detti contratti 
siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, allorch� l�ordinamento 
giuridico dello Stato membro appresti altre misure idonee a prevenire 
e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati 
in successione. 
Tali misure, anche alla luce delle modifiche apportate all�art. 36 d.lgs. n. 
165/2001 dal decreto-legge n. 112/08 convertito dalla legge n. 133/08 nonch� 
dal decreto-legge n. 78/09 convertito dalla legge n. 102/09 (successive alle citate 
sentenze Marrosu e Sardino e Vassallo) sembrano soddisfare, secondo la
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 15 
Corte (punti 48 e 49), i requisiti di proporzionalit�, effettivit� ed equivalenza 
ed appaiono sufficientemente dissuasive sebbene spetti comunque al giudice 
del rinvio accertare se le condizioni di applicazione nonch� l�attuazione effettiva 
delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento 
adeguato ad evitare e, se del caso, a sanzionare il ricorso abusivo da parte della 
pubblica amministrazione a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato 
stipulati in successione. 
Infatti, da un lato, i commi 4-bis, 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies aggiunti 
all�art. 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001 dalla legge n. 247 del 2007 
hanno fissato ulteriori paletti per evitare la reiterazione di contratti a termine, 
stabilendo una durata massima al di l� della quale il contratto si considera a 
tempo indeterminato e introducendo un diritto di precedenza di chi abbia prestato 
attivit� lavorativa per un periodo superiore a sei mesi nelle assunzioni a 
tempo indeterminato, dall�altro, l�art. 36, comma 5 del decreto legislativo n. 
165 del 2001, come modificato dal decreto-legge n. 112 del 2008 convertito 
dalla legge n. 133 del 2008 ha previsto, oltre al risarcimento del danno derivante 
dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e 
alla responsabilit� per dolo e colpa grave dei dirigenti nei confronti dei quali 
l�amministrazione deve recuperare le somme erogate a tale titolo, anche due 
ulteriori conseguenze a carico dei predetti dirigenti, consistenti nell�impossibilit� 
di rinnovo dell�incarico dirigenziale e nella considerazione della predetta 
violazione nell�ambito della valutazione dell�operato del dirigente medesimo. 
Inoltre, il comma 3 del predetto art. 36 come modificato dall�art. 17, comma 
26 del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 2009 prevede 
che �al dirigente responsabile di irregolarit� nell�utilizzo del lavoro flessibile 
non pu� essere erogata la retribuzione di risultato�. 
Sono stati quindi previsti ulteriori elementi dissuasivi, conformemente a 
quanto disposto dalla clausola 5 dell�accordo quadro, che non prevede affatto 
come obbligatoria la sanzione della conversione del rapporto in contratto a 
tempo indeterminato, come riconosciuto anche dal giudice del rinvio, ma solo 
una preferenza di tale misura, che ben pu� quindi essere esclusa per una determinata 
categoria di lavoratori, come quelli alle dipendenze delle pubbliche 
amministrazioni, per i quali vige il principio del concorso pubblico ai sensi 
dell�art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001. 
La clausola 5 dell�accordo quadro rimette infatti agli Stati, previa consultazione 
con le parti sociali, di stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro 
a tempo determinato devono essere ritenuti contratti a tempo indeterminato, 
lasciando quindi agli Stati medesimi la possibilit� di prevedere misure alternative 
alla predetta conversione del rapporto. 
Quanto ai criteri per determinare l�adeguatezza delle sanzioni, e quindi 
l�entit� del risarcimento del danno, ove la conversione in contratto a tempo 
indeterminato sia esclusa dalla normativa interna, e sempre che vi sia stata
16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
violazione di detta normativa, la Corte ha chiarito che spetta al giudice del 
rinvio valutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale miranti a sanzionare 
il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti 
o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione siano conformi 
ai principi di effettivit� e di equivalenza. 
Avv. Wally Ferrante* 
Corte di giustizia (Sesta Sezione) ordinanza 1 ottobre 2010 nella causa C-3/10 - Pres. P. 
Lindh, Rel. A. � Caoimh, Avv. gen. N. J��skinen - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dal Tribunale di Rossano - Franco Affatato / Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza. 
�Art. 104, n. 3, del regolamento di procedura � Politica sociale � Direttiva 1999/70/CE � 
Clausola 5 dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato � Contratti di lavoro a tempo 
determinato nel settore pubblico � Successione di contratti � Abuso � Misure di prevenzione 
� Sanzioni � Trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a 
tempo indeterminato � Divieto � Risarcimento del danno � Principi di equivalenza e di effettivit�
� 
(Omissis) 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione delle clausole 2 5 dell�accordo 
quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999 (in prosieguo: 
l��accordo quadro�), che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 
1999/70/CE, relativa all�accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato 
(GU L 175, pag. 43), nonch� del principio della parit� di trattamento. 
2 Questa domanda � stata proposta nell�ambito di una controversia tra il sig. Affatato e il 
suo datore di lavoro, l�Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in merito alla qualificazione 
dei contratti di lavoro che vincolavano l�attore a quest�ultima e al mancato rinnovo dell�ultimo 
contratto del sig. Affatato. 
Contesto normativo 
La normativa dell�Unione 
3 La direttiva 1999/70 si fonda sull�art. 139, n. 2, CE e mira, ai sensi del suo art. 1, ad 
�attuare l�accordo quadro (�), che figura nell�allegato, concluso (�) fra le organizzazioni 
intercategoriali a carattere generale (CES, UNICE, CEEP)�. 
4 Ai sensi della clausola 1 dell�accordo quadro, 
�[l]�obiettivo del presente accordo quadro �: 
a) migliorare la qualit� del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di 
non discriminazione; 
b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall�utilizzo di una 
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato�. 
5 La clausola 2, punto 1, dell�accordo quadro cos� dispone: 
�Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione 
o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore 
(*) Avvocato dello Stato.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 17 
di ciascuno Stato membro�. 
6 La clausola 3 del medesimo accordo quadro cos� recita: 
�Ai fini del presente accordo, il termine �lavoratore a tempo determinato� indica una persona 
con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore 
e il cui termine � determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una 
certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico. 
(�)�. 
7 La clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro dispone quanto segue: 
�Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono 
essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per 
il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non 
sussistano ragioni oggettive�. 
8 La clausola 5 dell�accordo quadro cos� recita: 
�1. Per prevenire gli abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti o rapporti di 
lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma 
delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno 
introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che 
tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o pi� misure relative 
a: 
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; 
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; 
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, 
se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: 
a) devono essere considerati �successivi�; 
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato�. 
9 A norma dell�art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70: 
�Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative 
necessarie per conformarsi alla presente direttiva al pi� tardi entro il 10 luglio 2001 o si assicurano 
che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante 
accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre 
in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente 
la Commissione�. 
La normativa nazionale 
10 L�art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 
1999/70/CE relativa all�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall�UNICE, 
dal CEEP e dal CES (GURI n. 235 del 9 ottobre 2001, pag. 4; in prosieguo: il �d. lgs. n. 
368/2001�), nella versione in vigore al momento dei fatti su cui verte la causa principale, dispone 
quanto segue: 
�1. � consentita l�apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a 
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (�). 
2. L�apposizione del termine � priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, 
da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1. 
(�)�. 
11 L�art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull�ordinamento 
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (Supplemento ordinario
18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
chiarati nulli, dal momento che la durata determinata prevista dai medesimi sarebbe stata stabilita 
in violazione delle norme di cui all�art. 1 del d. lgs. n. 368/2001. 
16 Per quanto concerne le conseguenze da trarre da una siffatta violazione, questo giudice 
osserva tuttavia che, a differenza del regime in vigore per i rapporti di lavoro nel settore privato, 
l�art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001 vieta tassativamente, nel settore pubblico, 
la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati in successione, in un contratto 
a durata indeterminata. Peraltro, la giurisprudenza nazionale sarebbe contraddistinta 
dall�esistenza di posizioni contrastanti in merito alla risarcibilit� del danno sofferto dal lavoratore 
interessato a causa della conclusione in successione di siffatti contratti di lavoro a tempo 
determinato e, comunque, questa giurisprudenza non fornirebbe nessun orientamento chiaro 
in merito ai criteri da prendere in considerazione per garantire un carattere effettivo e dissuasivo 
al risarcimento di detto danno. 
17 D�altronde, il Tribunale di Rossano rileva che la normativa introdotta con i decreti legislativi 
nn. 165/2001 e 368/2001 al fine di recepire la direttiva 1999/70 e l�accordo quadro 
non si applicano n� ai lavoratori socialmente utili n� a quelli di pubblica utilit�, per i quali il 
diritto nazionale esclude persino che esista un rapporto di lavoro, n� ai lavoratori del settore 
della pubblica istruzione. 
18 Questo giudice sottolinea inoltre che l�art. 2, comma 1 bis, del d. lgs. n. 368/2001 prevede 
che le imprese concessionarie di servizi postali, ossia in realt� la sola impresa Poste Italiane 
SpA (in prosieguo: le �Poste Italiane�), possano concludere contratti di lavoro a tempo 
determinato per un periodo massimo di sei mesi, compreso tra il mese di aprile e quello di ottobre, 
o per un periodo di quattro mesi in altri momenti dell�anno, in una misura che non 
superi il 15% degli organici dell�impresa calcolati al 1� gennaio dell�anno interessato, senza 
doverne indicare i motivi. 
19 Tale giudice rileva parimenti che le procedure di �stabilizzazione� istituite mediante 
leggi finanziarie tra il 2006 e il 2008, in forza delle quali taluni contratti di lavoro a tempo 
determinato possono essere convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non si 
applicano a talune categorie di lavoratori. 
20 Alla luce di ci�, il giudice del rinvio si chiede se una norma nazionale, quale l�art. 36, 
quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, volta al recepimento della direttiva 1999/70 e dell�accordo 
quadro, possa essere considerata una misura generale che garantisca efficacemente la 
prevenzione e la sanzione per l�uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, dato 
che la normativa interna introduce talune distinzioni in merito al regime legislativo vigente 
per i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato, in base alle categorie di lavoratori 
interessati. 
21 Il Tribunale di Rossano ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre 
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) se la clausola 2, punto 1, dell�Accordo Quadro recepito dalla direttiva [1999/70] osti ad 
una norma interna, come quella dettata per i lavoratori socialmente utili/lavoratori di pubblica 
utilit� dall�art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 468/97 e dall�art. 4, comma 1, [del d. lgs.] n. 81/00, 
che, nell�escludere per [i] lavoratori da essa disciplinati la instaurazione di un rapporto di lavoro, 
finisce con l�escludere la applicabilit� della normativa sul rapporto di lavoro a termine 
di recepimento della direttiva 1999/70 (�); 
2) se la clausola n. 2.2 dell�Accordo Quadro recepito dalla direttiva [1999/70] consenta di includere 
lavoratori come i lavoratori socialmente utili/lavoratori di pubblica utilit�, disciplinati 
dal D.lgs. n. 468/97 e dal [d. lgs.] n. 81/00, nell�ambito di non applicazione della direttiva
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 19 
alla GURI n. 106 del 9 maggio 2001; in prosieguo: il �d. lgs. n. 165/2001�), dispone quanto 
segue: 
�1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni 
assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo 
le procedure di reclutamento previste dall�articolo 35. 
2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono 
avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste 
dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell�impresa, nel rispetto delle 
procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in 
ordine alla individuazione delle necessit� organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle 
vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia 
dei contratti di lavoro a tempo determinato (�) 
(�) 
5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l�assunzione o l�impiego 
di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non pu� comportare la costituzione 
di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma 
restando ogni responsabilit� e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del 
danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni 
hanno l�obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti 
responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave (�) 
(�)�. 
Causa principale e questioni pregiudiziali 
12 Dall�ordinanza di rinvio emerge che il sig. Affatato ha stipulato con l�Azienda Sanitaria 
Locale n. 3 di Rossano, poi incorporata nell�Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ambedue 
enti pubblici, sei contratti di lavoro a tempo determinato in successione, sulla base dei 
quali ha svolto l�attivit� di ausiliario specializzato socio-sanitario. Questi contratti sono stati 
validi, rispettivamente, dal 18 marzo 1996 al 16 maggio 1996, dal 3 agosto 1996 al 2 ottobre 
1996, dal 18 dicembre 2000 al 17 febbraio 2001, dal 6 marzo 2002 al 5 luglio 2002, dal 20 
agosto 2002 al 19 dicembre 2002 e dal 21 febbraio 2003 al 20 giugno 2003. 
13 Poich� riteneva che questa attivit� soddisfacesse in realt� esigenze permanenti e durature 
del suo datore di lavoro, il sig. Affatato ha adito il Tribunale di Rossano per ottenere, in via 
principale, la conversione di questi contratti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato 
e la condanna del suo datore di lavoro a reintegrarlo, occupandolo in forza di un siffatto contratto, 
e a versargli l�importo delle retribuzioni maturate a partire dalla data di scadenza dell�ultimo 
contratto sino a quella della sua effettiva reintegrazione. Il sig. Affatato chiede, in 
subordine, la condanna dell�Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza al pagamento delle retribuzioni 
per i periodi di sospensione del rapporto di lavoro trascorsi tra il primo e l�ultimo 
contratto di lavoro. 
14 Il Tribunale di Rossano rileva nell�ordinanza di rinvio che i contratti di lavoro di cui � 
causa non contengono nessuna indicazione riguardo alle ragioni per le quali questi ultimi sono 
stati conclusi a tempo determinato e che l�Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza non nega 
che il ricorso a tale durata determinata sia stato motivato non da ragioni tecniche, organizzative 
o produttive relative alle obiettive necessit� di un rapporto di lavoro a carattere temporaneo, 
bens� per l�impossibilit� di procedere ad assunzioni ordinarie a causa del blocco delle assunzioni 
previsto da diverse leggi finanziarie. 
15 Secondo il giudice del rinvio, da ci� deriverebbe che questi contratti debbano essere di-
20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
1999/70 (�); 
3) se i lavoratori di cui al quesito n. 2 rientrino nell�ambito definitorio di cui alla clausola 3.1 
dell�Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70 (�); 
4) se la clausola 5 dell�Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70 (�) ed il principio 
di uguaglianza/non discriminazione ostino ad una disciplina per lavoratori nel settore scuola 
(cfr. in particolare l�art. 4, comma 1, L. n. 124/99 e l�art. 1, comma 1, lettera a, del D.M. n. 
430/00), che consenta di non indicare la causalit� del primo contratto a termine, prevista in 
via generale dalla disciplina interna per ogni altro rapporto di lavoro a termine, nonch� di rinnovare 
i contratti indipendentemente dalla sussistenza di esigenze permanenti e durevoli, non 
preveda la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, numero 
dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti, nonch� normalmente nessuna distanza tra i 
rinnovi ovvero, nell�ipotesi delle supplenze annuali, corrispondente alle vacanze estive in cui 
la attivit� scolastica � sospesa, ovvero fortemente ridotta; 
5) se il corpus di disposizioni normative del settore scuola, come descritto, possa ritenersi 
complesso di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi; 
6) se, ai sensi dell�art. 2 della direttiva 1999/70 (�), il D.lgs. n. [368/2001] e l�art. 36 del 
D.lgs. n. [165/2001] possano ritenersi disposizioni aventi caratteristiche di disposizione di recepimento 
della direttiva 1999/70 (�) in relazione ai rapporti di lavoro a termine nel settore 
scuola; 
7) se un soggetto, avente le caratteristiche di [Poste Italiane], ovvero: 
a) � di propriet� dello Stato; 
b) � sottopost[o] al controllo dello Stato; 
c) il Ministero delle comunicazioni opera la scelta del fornitore del servizio universale ed in 
genere svolge tutte le attivit� di verifica e controllo materiale e contabile del soggetto in questione, 
con fissazione degli obiettivi relativi al servizio universale reso; 
d) esercita un servizio di pubblica necessit� di preminente interesse generale; 
e) il bilancio del soggetto � collegato al bilancio dello Stato; 
f) i costi del servizio reso sono determinati dallo Stato che corrisponde al soggetto importi 
per coprire i maggiori costi del servizio, 
debba ritenersi organismo statale, ai fini della diretta applicazione del diritto [dell�Unione]; 
8) in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se ai sensi della clausola 5 detta societ� possa 
costituire settore, ovvero l�intero ambito del personale da questa impiegabile possa essere ritenuto 
categoria specifica di lavoratori, ai fini della differenziazione delle misure ostative; 
9) in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se la clausola 5 [dell�accordo quadro di cui all�allegato] 
della direttiva [1999/70] da s� sola, ovvero in uno con la clausole 2 e 4 ed il principio 
di uguaglianza/non discriminazione, osti ad una disposizione quale l�art. 2, comma 1 
bis, del D.lgs. n. [368/2001], che consente una a-causale apposizione del termine al contratto 
di lavoro in relazione ad uno specifico soggetto, ovvero esima detto soggetto, differentemente 
dalla misura ostativa interna ordinariamente prevista (art. 1 del d.lgs. n. [368/2001]), dall�indicare 
per iscritto e provare, in caso di contestazione, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, 
organizzativo o sostitutivo che hanno determinato la apposizione del termine al contratto di 
lavoro, tenuto conto che � possibile procedere ad una proroga dell�originario contratto richiesta 
da ragioni oggettive e riferentesi alla stessa attivit� lavorativa per la quale il contratto � stato 
stipulato a tempo determinato; 
10) se il D.lgs. n. [368/2001] e l�art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001] costituiscano normativa 
generale di recepimento della direttiva 1999/70 (�) per il personale dipendente dello
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 21 
Stato, tenuto conto delle eccezioni a dette disposizioni generali come definite all�esito della 
risposta ai quesiti da 1 a 9; 
11) se, in mancanza di disposizioni sanzionatorie in relazione ai lavoratori socialmente utili/lavoratori 
di pubblica utilit� e della Scuola come descritti, la direttiva 1999/70 (�), ed in particolare 
la clausola 5, comma 2, lett. b), osti alla applicazione analogica di una disciplina 
meramente risarcitoria, quale quella prevista dall�art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001], 
ovvero se la clausola 5, comma 2, lett. b, ponga un principio di preferenza perch� i contratti 
o rapporti siano ritenuti a tempo indeterminato; 
12) se il principio [dell�Unione] di uguaglianza/non discriminazione, la clausola 4, la clausola 
5.1, ostino ad una differenziazione di discipline sanzionatorie nel settore �personale dipendente 
degli organismi [dello] Stato� sulla scorta della genesi del rapporto di lavoro, ovvero del soggetto 
datore di lavoro, o ancora nel settore Scuola; 
13) se, definito l�ambito interno di recepimento della direttiva 1999/70 (�) nei confronti dello 
Stato e degli organismi ad esso equiparati a seguito della risposta ai quesiti precedenti, la clausola 
5 osti ad una disciplina quale quella di cui all�art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001], 
che vieti in maniera assoluta verso lo Stato la conversione dei rapporti di lavoro, ovvero quali 
ulteriori verifiche debbano essere compiute dal giudice interno al fine della non applicazione 
del divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche 
amministrazioni; 
14) se la direttiva 1999/70 (�) debba operare integralmente nei confronti della [Repubblica 
italiana], ovvero se la conversione dei rapporti di lavoro nei confronti della PA appaia essere 
contraria ai principi fondamentali dell�ordinamento interno e, quindi, da non applicare in parte 
qua la clausola 5, perch� determinante effetto contrario all�art. [4 TUE], non rispettando la 
struttura fondamentale, politica e costituzionale ovvero funzioni essenziali del[la Repubblica 
italiana]; 
15) se la clausola 5 [dell�accordo quadro di cui all�allegato] della direttiva 1999/70 (�), nel 
prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessit� di una misura 
che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni 
di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione 
della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto [dell�Unione], 
imponga di tener conto quale situazione analoga di diritto interno del rapporto di lavoro a 
tempo indeterminato con lo Stato, cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in assenza dell�art. 
36, ovvero di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con soggetto privato, nei confronti 
del quale il rapporto di lavoro avrebbe avuto caratteristiche di stabilit� analoghe a quelle di 
un rapporto di lavoro con lo Stato; 
16) se la clausola 5 [dell�accordo quadro di cui all�allegato] della direttiva 1999/70 (�), nel 
prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessit� di una misura 
che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni 
di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione 
della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto [dell�Unione], 
imponga di tener conto quale sanzione: 
a) del tempo necessario a trovare nuova occupazione e della impossibilit� ad accedere ad una 
occupazione che presenti le caratteristiche di cui al quesito sub 15; 
b) ovvero, di contro, del monte delle retribuzioni che si sarebbero percepite in ipotesi di conversione 
del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato�. 
22 Il giudice del rinvio, ritenendo che dette questioni richiedessero una risposta urgente da
22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
parte della Corte in considerazione, in particolare, del fatto che il diritto del lavoro mal si concilia 
con tempi lunghi di giudizio e della circostanza che un gran numero di controversie identiche 
sono pendenti dinanzi ai giudici nazionali, ha chiesto alla Corte di sottoporre questo 
rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in applicazione dell�art. 104 bis, primo comma, 
del regolamento di procedura. 
23 Il presidente della Corte ha respinto tale richiesta con ordinanza 16 marzo 2010, ritenendo 
non soddisfatte le condizioni previste da detto art. 104 bis, primo comma. 
Sulle questioni pregiudiziali 
Sulle questioni dalla prima alla dodicesima 
24 Con le sue questioni dalla prima alla dodicesima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, 
se le disposizioni dell�accordo quadro, in particolare le clausole 2, 4 e 5 del medesimo, ostino 
a una normativa nazionale relativa ai lavoratori socialmente utili o di pubblica utilit�, nonch� 
a quelle applicabili al personale della Poste Italiane e del settore della scuola posto che, segnatamente, 
queste ultime contengono eccezioni alla disciplina adottata dallo Stato membro 
interessato al fine di recepire la direttiva 1999/70 e l�accordo quadro nell�ordinamento interno, 
quale risultante dai decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001 rilevanti nella causa principale, 
con conseguente vigenza di regimi sanzionatori diversi nell�ipotesi di ricorso abusivo a contratti 
di lavoro a tempo determinato. 
25 In forza degli artt. 92, n. 1, e 103, n. 1, del suo regolamento di procedura, quando una 
domanda di pronuncia pregiudiziale � manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l�avvocato 
generale, senza proseguire il procedimento, pu� statuire con ordinanza motivata. 
26 Si deve ricordare in proposito che, secondo una giurisprudenza costante, nell�ambito 
della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall�art. 267 TFUE, spetta esclusivamente 
al giudice nazionale, al quale � stata sottoposta la controversia e che deve assumersi 
la responsabilit� della decisione giurisdizionale da emanare, valutare, alla luce delle particolari 
circostanze della fattispecie, sia la necessit� di una decisione pregiudiziale ai fini della pronuncia 
della propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. 
Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sull�interpretazione 
del diritto dell�Unione, la Corte, in via di principio, � tenuta a statuire (v. sentenze 4 luglio 
2006, causa C 212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I 6057, punto 41; 7 settembre 2006, causa C 
53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I 7213, punto 32, e 24 giugno 2010, causa C 98/09, 
Sorge, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24, nonch� ordinanza 12 giugno 2008, 
causa C 364/07, Vassilakis e a., punto 42). 
27 Tuttavia spetta alla Corte esaminare le condizioni in presenza delle quali � adita dal 
giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Infatti, lo spirito di collaborazione 
che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice 
nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte � investita, che � 
quella di contribuire all�amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere 
pareri a carattere consultivo su questioni generali o teoriche (v., in tal senso, citate sentenze 
Adeneler e a., punto 42, e Marrosu e Sardino, punto 33, nonch� ordinanza Vassilakis e a., cit., 
punto 43). 
28 A questo proposito, il rigetto di una domanda presentata da un giudice nazionale � possibile 
solo qualora appaia in modo manifesto che l�interpretazione del diritto dell�Unione non 
ha alcuna relazione con la realt� o con l�oggetto della causa principale, oppure qualora il problema 
sia di natura teorica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari 
per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. sentenze Marrosu
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 23 
e Sardino, cit., punto 33, e 23 novembre 2006, causa C 238/05, Asnef Equifax e Administraci�n 
del Estado, Racc. pag. I 11125, punto 17, nonch� ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 
44). 
29 Dall�ordinanza di rinvio si ricava che, come osservato al punto12 della presente ordinanza, 
nella causa principale i contratti di lavoro di cui trattasi sono stati conclusi tra il sig. 
Affatato ed un ente sanitario locale in merito all�espletamento di mansioni di ausiliario specializzato 
socio-sanitario. 
30 Risulta quindi chiaro che tali contratti di lavoro non sono stati conclusi dal ricorrente 
nella causa principale in quanto lavoratore socialmente utile o lavoratore di pubblica utilit�, 
non vertono sull�espletamento di mansioni svolte nell�ambito del settore della scuola e non 
sono stati neppure conclusi con Poste Italiane. 
31 Orbene, il giudice del rinvio, bench� esponga nei dettagli il contenuto delle varie normative 
applicabili a queste specifiche categorie di lavoratori, non spiega assolutamente per 
quale ragione, anche ipotizzando che tali specifiche normative non siano conformi all�accordo 
quadro, questa circostanza possa incidere sulla causa principale dato che � pacifico che il sig. 
Affatato non rientra nell�ambito di applicazione di dette normative, bens� � soggetto ai provvedimenti 
previsti dai decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001, adottati al fine di recepire 
la direttiva 1999/70 e l�accordo quadro. 
32 Pertanto, come osservato dalla Commissione e, in parte, dal governo italiano, � giocoforza 
constatare che l�interpretazione del diritto dell�Unione chiesta dal giudice del rinvio riguardo 
alle diverse specifiche normative che esso menziona non ha manifestamente nessun 
rapporto con la realt� e l�oggetto della causa principale. 
33 Di conseguenza, occorre dichiarare manifestamente irricevibili le prime dodici questioni. 
Sulle questioni dalla tredicesima alla sedicesima 
34 Con le sue questioni dalla tredicesima alla sedicesima, vertenti sul regime sanzionatorio 
previsto dalla normativa nazionale avente lo scopo di recepire l�accordo quadro nel settore 
pubblico, il giudice nazionale mira ad accertare se detta normativa costituisca un�attuazione 
adeguata di tale accordo quadro, dato che essa vieta in modo assoluto, nel settore pubblico, 
la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione in un contratto 
di lavoro a tempo indeterminato (questioni tredicesima e quattordicesima), e chiede 
inoltre di precisare i criteri idonei a garantire l�adeguatezza delle sanzioni in caso di ricorso 
abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (questioni quindicesima e sedicesima). 
35 Ai sensi dell�art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, 
qualora la soluzione di una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale 
la Corte ha gi� statuito o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta 
dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l�avvocato generale, pu� statuire, in 
qualsiasi momento, con ordinanza motivata. 
Sul divieto assoluto di convertire contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a 
tempo indeterminato nel settore pubblico 
36 Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la clausola 5 dell�accordo 
quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, quale 
quella prevista dall�art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, la quale, nell�ipotesi di 
abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione 
da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un con-
24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tratto di lavoro a tempo indeterminato; e, in caso di soluzione affermativa, se detta clausola 
possa danneggiare la struttura fondamentale politica e costituzionale dello Stato membro interessato, 
nonch� le sue funzioni essenziali, in violazione dell�art. 4, n. 2, TUE. 
37 Va rilevato che la soluzione di tali questioni pu� essere chiaramente dedotta dalla giurisprudenza, 
in particolare dalle sentenze Adeneler e a. (cit., punti 91-105); Marrosu e Sardino 
(cit., punti 44-57); 7 settembre 2006, causa C 180/04, Vassallo (Racc. pag. I 7251, punti 33- 
42), e 23 aprile 2009, cause riunite da C 378/07 a C 380/07, Angelidaki e a. (Racc. pag. I 
3071, punti 145 e 182-190), nonch� dalle ordinanze Vassilakis e a. (cit., punti 118-137); 24 
aprile 2009, causa C 519/08, Koukou (punti 82-91), e 23 novembre 2009, cause riunite da C 
162/08 a C 164/08, Lagoudakis (punto 11), in cui era stata sollevata una questione simile. Del 
resto, le citate sentenze Marrosu e Sardino nonch� Vassallo vertevano sulla stessa normativa 
nazionale di cui trattasi nella causa principale. 
38 Da questa giurisprudenza risulta che la clausola 5 dell�accordo quadro non stabilisce 
un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in un contratto a tempo 
indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, cos� come non stabilisce nemmeno 
le condizioni precise alle quali si pu� fare uso di questi ultimi, lasciando agli Stati membri un 
certo margine di discrezionalit� in materia (citate sentenze Adeneler e a., punto 91; Marrosu 
e Sardino, punto 47; Angelidaki e a., punti 145 e 183, nonch� citate ordinanze Vassilakis e a., 
punto 121, e Koukou, punto 85). 
39 Infatti, la clausola 5, punto 2, lett. b), del citato accordo si limita a disporre che detti 
Stati possono, �se del caso�, stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro a tempo determinato 
possano essere �ritenuti (�) a tempo indeterminato� (sentenza Angelidaki e a., cit., 
punto 145). 
40 Ne consegue in particolare che, come la Corte ha gi� dichiarato, la clausola 5 dell�accordo 
quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente 
al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione 
a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore 
privato o con un datore di lavoro del settore pubblico (citate sentenze Marrosu e Sardino, 
punto 48, nonch� Vassallo, punto 33, e ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 122). 
41 Pertanto la clausola 5 dell�accordo quadro, in quanto tale, non � in alcun modo atta a 
pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, n� le funzioni essenziali dello 
Stato membro di cui � causa, ai sensi dell�art. 4, n. 2, TUE. 
42 Ci� posto, affinch� una normativa nazionale che vieta in via assoluta, nel settore pubblico, 
la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di 
contratti a tempo determinato possa essere considerata conforme all�accordo quadro, l�ordinamento 
giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, 
un�altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l�utilizzo abusivo di contratti 
a tempo determinato stipulati in successione (v. citate sentenze Adeneler e a., punto 105; 
Marrosu e Sardino, punto 49; Vassallo, punto 34, e Angelidaki e a., punti 161 e 184, nonch� 
citate ordinanze Vassilakis e a., punto 123; Koukou, punti 67 e 86, e Lagoudakis e a., punto 
11). 
43 Occorre ricordare in proposito che la clausola 5, punto 1, dell�accordo quadro impone 
agli Stati membri, onde prevenire l�utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti 
di lavoro a tempo determinato, l�adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure 
enumerate in tale disposizione, qualora il diritto nazionale non preveda gi� misure equivalenti 
(v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80, 92 e 101; Marrosu e Sardino, cit., punto 50; Vas-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 25 
sallo, cit., punto 35; 15 aprile 2008, causa C 268/06, Impact, Racc. pag. I 2483, punti 69 e 70, 
e Angelidaki e a., cit., punti 74 e 151, nonch� citate ordinanze Vassilakis e a., punti 80, 103 e 
124, e Koukou, punto 53). 
44 Le misure cos� elencate nella citata clausola 5, punto 1, lett. a)-c), in numero di tre, attengono, 
rispettivamente, a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di tali contratti 
o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi 
ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v. citate sentenze Impact, punto 69, e Angelidaki 
e a., punto 74, nonch� citate ordinanze Vassilakis e a., punto 80, e Koukou, punto 54). 
45 Del resto, quando, come nel caso di specie, il diritto dell�Unione non prevede sanzioni 
specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorit� nazionali 
adottare misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altres� sufficientemente 
effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione 
dell�accordo quadro (citate sentenze Adeneler e a., punto 94; Marrosu e Sardino, 
punto 51; Vassallo, punto 36, e Angelidaki e a., punto 158, nonch� citate ordinanze Vassilakis 
e a., punto 125, e Koukou, punto 64). 
46 Bench�, in mancanza di una disciplina dell�Unione in materia, le modalit� di attuazione 
di siffatte norme attengano all�ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virt� del 
principio dell�autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno 
favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), 
n� rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l�esercizio dei diritti 
conferiti dall�ordinamento giuridico comunitario (principio di effettivit�) (v., in particolare, 
citate sentenze Adeneler e a., punto 95; Marrosu e Sardino, punto 52; Vassallo, punto 37, e 
Angelidaki e a., punto 159, nonch� citate ordinanze Vassilakis e a., punto 126, e Koukou, 
punto 65). 
47 Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti 
di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie 
effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed 
eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell�Unione. Infatti, secondo i termini 
stessi dell�art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono �prendere 
tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla 
[detta] direttiva� (citate sentenze Adeneler e a., punto 102; Marrosu e Sardino, punto 53; Vassallo, 
punto 38, e Angelidaki e a., punto 160, nonch� citate ordinanze Vassilakis e a., punto 
127, e Koukou, punto 66). 
48 A tale proposito, nelle sue osservazioni scritte il governo italiano ha sottolineato, in 
particolare, che l�art. 5 del d. lgs. n. 368/2001, quale modificato nel 2007, al fine di evitare il 
ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, ha aggiunto 
una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro � ritenuto concluso a tempo indeterminato 
e ha introdotto, a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un periodo superiore 
a sei mesi, un diritto di priorit� nelle assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre, l�art. 36, 
quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, come modificato nel 2008, prevedrebbe, oltre al diritto 
del lavoratore interessato al risarcimento del danno sub�to a causa della violazione di norme 
imperative e all�obbligo del datore di lavoro responsabile di restituire all�amministrazione le 
somme versate a tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave, l�impossibilit� 
del rinnovo dell�incarico dirigenziale del responsabile, nonch� la presa in considerazione 
di detta violazione in sede di valutazione del suo operato. 
49 Analogamente a quanto gi� dichiarato dalla Corte nelle citate sentenze Marrosu e Sar-
26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
dino (punti 55 e 56), nonch� Vassallo (punti 40 e 41), nei confronti dei provvedimenti previsti 
dal decreto n. 368/2001 nella sua versione originaria (v., altres�, ordinanza Vassilakis e a., cit., 
punto 128), cos� come in quelle riguardanti altre disposizioni nazionali paragonabili (v. sentenza 
Angelidaki e a., cit., punto 188, nonch� ordinanza Koukou, cit., punto 90), una disciplina 
nazionale siffatta potrebbe soddisfare i requisiti ricordati nei punti 45-47 della presente ordinanza. 
50 Spetta tuttavia al giudice del rinvio, l�unico competente a pronunciarsi sull�interpretazione 
del diritto interno, accertare se le condizioni di applicazione nonch� l�attuazione effettiva 
delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire 
e, se del caso, a sanzionare l�utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di una 
successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (v. citate sentenze Marrosu 
e Sardino, punto 56; Vassallo, punto 41, e Angelidaki e a., punti 164 e 188, nonch� citate ordinanze 
Vassilakis e a., punto 135; Koukou, punti 69, 77 e 90, e Lagoudakis e a., punto 11). 
51 Le questioni sollevate dal giudice del rinvio vanno pertanto risolte dichiarando che la 
clausola 5 dell�accordo quadro dev�essere interpretata nel senso che: 
� essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all�art. 36, quinto comma, 
del d. lgs. n. 165/2001, la quale, nell�ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro 
a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta 
che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l�ordinamento 
giuridico interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, 
altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti 
a tempo determinato stipulati in successione. Spetta tuttavia al giudice del rinvio accertare se 
le condizioni di applicazione nonch� l�attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto 
interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare il ricorso 
abusivo da parte della pubblica amministrazione a contratti o a rapporti di lavoro a 
tempo determinato stipulati in successione; 
� essa, in quanto tale, non � in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche 
e costituzionali, n� le funzioni essenziali dello Stato membro di cui � causa, ai sensi 
dell�art. 4, n. 2, TUE. 
Sull�adeguatezza delle sanzioni in caso di ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a 
tempo determinato 
52 Con le sue questioni, il giudice del rinvio mira sostanzialmente a determinare i criteri 
rilevanti per valutare l�adeguatezza delle sanzioni previste da una normativa nazionale, quale 
quella enunciata dall�art. 36, n. 5, del d. lgs. n. 165/2001, in caso di ricorso abusivo a contratti 
o a rapporti di lavoro a tempo determinato previsto dalla normativa nazionale rilevante nella 
causa principale. 
53 Il giudice del rinvio chiede, in particolare, se tale adeguatezza debba essere valutata 
alla luce delle norme dell�ordinamento nazionale che definiscono le sanzioni applicabili nell�ambito 
dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato o con un ente privato. 
54 Esso si chiede parimenti se, per garantire un siffatto carattere alla sanzione, occorra 
tener conto del tempo necessario al lavoratore interessato per trovare un nuovo posto di lavoro 
e dell�impossibilit� di accedere a un lavoro a tempo indeterminato, nonch� l�importo della 
retribuzione che sarebbe stato riscosso in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo 
determinato in uno a tempo indeterminato. 
55 Nelle sue osservazioni scritte il governo italiano afferma che, su quest�ultimo punto, le 
questioni sarebbero irricevibili dato che, nella domanda che ha proposto al giudice del rinvio,
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 27 
il ricorrente nella causa principale si limita a chiedere un risarcimento collegato alle retribuzioni 
riscosse tra la conclusione del primo e dell�ultimo contratto di lavoro a tempo determinato. 
Le opzioni alternative ipotizzate da detto giudice sarebbero pertanto prive di 
collegamento con l�oggetto della causa principale. 
56 Tuttavia, � giocoforza riconoscere che, nel caso di specie, nessun elemento presentato 
alla Corte � in grado di escludere che il giudice del rinvio, in forza delle norme del suo diritto 
nazionale � circostanza che comunque esso ha il compito di verificare �, possa discostarsi 
dalla domanda presentata dal ricorrente nella causa principale, diretta al riconoscimento a favore 
di quest�ultimo di un diritto al risarcimento. Del resto, la decisione di rinvio sottolinea 
espressamente la mancanza di un chiaro orientamento della giurisprudenza nazionale in merito 
alle modalit� per il risarcimento del danno derivante dalla conclusione di contratti di lavoro 
a tempo determinato abusivi. 
57 Alla luce di ci�, in considerazione della giurisprudenza citata nei punti 26-28 della presente 
ordinanza, dato che il giudice del rinvio � il solo, in linea di principio, tenuto a valutare 
la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte, non si pu� giudicare manifesto il 
fatto che la richiesta interpretazione del diritto dell�Unione sia priva di utilit� ai fini della soluzione 
della causa principale. 
58 Tuttavia, occorre constatare che la soluzione delle questioni sollevate pu� essere dedotta 
chiaramente dalla giurisprudenza della Corte. 
59 Difatti, da detta giurisprudenza, ricordata nei punti 45-47 della presente ordinanza, si 
evince che, in mancanza di una disciplina dell�Unione in materia, le norme vertenti sulle sanzioni 
applicabili in caso di ricorso abusivo ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato 
devono essere stabilite dall�ordinamento interno degli Stati membri nel rispetto dei 
principi di equivalenza e di effettivit�. 
60 Conformemente alla giurisprudenza citata nel punto 49 della presente ordinanza, spetta 
al giudice del rinvio valutare in che misura le norme di diritto interno dirette a sanzionare il 
ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti di lavoro a 
tempo determinato conclusi in successione rispettino i principi di effettivit� e di equivalenza. 
61 Pertanto, in mancanza di qualsiasi ulteriore precisazione fornita dalla decisione di rinvio 
riguardo alle norme di diritto nazionale menzionate nel punto 53 della presente ordinanza, 
poich� la Corte non � nemmeno in grado di guidare il giudice a quo nel compiere la sua valutazione 
a tal riguardo, spetta a quest�ultimo esaminare se i rapporti di lavoro disciplinati da 
queste norme coprano situazioni analoghe a quella di cui trattasi nella causa principale, e se 
le sanzioni applicabili a siffatti rapporti di lavoro siano equivalenti a quelle previste per le 
ipotesi di ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato. 
62 Per quanto concerne il principio di effettivit�, � sempre compito del giudice del rinvio 
valutare in che misura la considerazione degli elementi menzionati nel punto 54 della presente 
ordinanza sia necessaria per attribuire al risarcimento del danno sofferto dal ricorrente nella 
causa principale, a causa del ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati 
in successione, la natura di sanzione effettiva e dissuasiva, in grado di cancellare le conseguenze 
della violazione del diritto dell�Unione. 
63 Di conseguenza, occorre rispondere al giudice del rinvio dichiarando che l�accordo 
quadro dev�essere interpretato nel senso che le misure previste da una normativa nazionale, 
come quella oggetto della causa principale, al fine di sanzionare il ricorso abusivo a contratti 
o a rapporti di lavoro a tempo determinato non devono essere meno favorevoli di quelle che 
disciplinano situazioni analoghe di natura interna, n� rendere praticamente impossibile o ec-
28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
cessivamente difficile l�esercizio dei diritti attribuiti dall�ordinamento giuridico dell�Unione. 
Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale miranti 
a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti 
di lavoro a tempo determinato stipulati in successione siano conformi a questi principi. 
Sulle spese 
64 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese 
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: 
1) Le prime dodici questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Rossano, con ordinanza 
21 dicembre 2009, sono manifestamente irricevibili. 
2) La clausola 5 dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 
marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 
1999/70/CE, relativa all�accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, 
dev�essere interpretata nel senso che: 
� essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all�art. 36, quinto 
comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull�ordinamento 
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la quale, nell�ipotesi 
di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in 
successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti 
in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l�ordinamento giuridico 
interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, altre misure effettive 
per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti a tempo 
determinato stipulati in successione. Spetta tuttavia al giudice del rinvio accertare se le 
condizioni di applicazione nonch� l�attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di 
diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare 
il ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a contratti o a rapporti 
di lavoro a tempo determinato stipulati in successione; 
� essa, in quanto tale, non � in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, 
politiche e costituzionali, n� le funzioni essenziali dello Stato membro di cui � causa, ai 
sensi dell�art. 4, n. 2, TUE. 
3) Detto accordo quadro dev�essere interpretato nel senso che le misure previste da 
una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, al fine di sanzionare 
il ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato non devono 
essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna, 
n� rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l�esercizio dei diritti attribuiti 
dall�ordinamento giuridico dell�Unione. Spetta al giudice del rinvio valutare in 
che misura le disposizioni di diritto nazionale miranti a sanzionare il ricorso abusivo, 
da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato 
stipulati in successione siano conformi a questi principi. 
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 29 
Un duplice aspetto della sentenza �Elchinov� 
1. Rimborsabilit� dell�assistenza sanitaria prestata in altro Stato 
membro 
2. Autonomia del giudice del rinvio rispetto al principio di diritto 
enunciato dal giudice di ultimo grado ove reputato in contrasto 
con il diritto comunitario 
(Corte di giustizia dell�Unione europea, Grande Sezione, 
sentenza 5 ottobre 2010, causa C-173/09, Elchinov) 
1. Con sentenza del 5 ottobre 2010, causa C-173/09, Elchinov, la Corte di 
Giustizia dell�Unione europea � Grande sezione ha stabilito che l�art. 49 CE e 
l�art. 22 del regolamento n. 1408/1971 ostano ad una normativa, quale quella 
Bulgara, che escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate 
in un altro Stato membro (nella specie Germania) in assenza di una preventiva 
autorizzazione, in particolare quando un trattamento medico compreso nell�elenco 
dei trattamenti rimborsabili nello Stato di residenza non preveda un 
metodo di cura altrettanto efficace ed erogabile in tempo utile nello Stato di residenza. 
I fatti di causa riguardavano una richiesta urgente, da parte di un cittadino 
bulgaro affetto da tumore al bulbo oculare, di autorizzazione ad avvalersi di 
cure in Germania che gli avrebbero consentito di combattere la malattia salvando 
l�occhio laddove in Bulgaria l�unica prestazione sanitaria prevista per la 
sua patologia avrebbe comportato l�asportazione dell�occhio. 
In ragione del suo stato di salute, il cittadino Bulgaro ha usufruito delle 
cure in Germania prima di ottenere una risposta dal sistema assicurativo obbligatorio 
del proprio Paese, che ha successivamente negato l�autorizzazione atteso 
che il trattamento sanitario non rientrava tra le prestazioni erogabili dalla 
normativa bulgara. 
In proposito, la Corte ha precisato che, ove sia stata accertata l�illegittimit� 
del diniego di autorizzazione ad espletare le prestazioni mediche in altro Stato 
membro e le cure, per la loro urgenza, siano state nel frattempo prestate, 
l�iscritto al regime previdenziale dello Stato di residenza ha diritto ad ottenere 
da quest�ultimo il rimborso delle spese mediche secondo un importo equivalente 
a quello che gli sarebbe stato rimborsato qualora l�autorizzazione fosse 
stata rilasciata prima dell�inizio delle cure. Detto importo deve essere pari a 
quello determinato in base alla legislazione dello Stato membro in cui sono 
state prestate le cure e qualora risulti inferiore a quello che sarebbe spettato applicando 
la normativa dello Stato di residenza, � dovuto un rimborso supplementare 
corrispondente alla differenza tra i due importi, nei limiti delle spese 
effettivamente sostenute. 
2. La sentenza ha affermato anche un altro importante principio proces-
30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
suale, secondo il quale il diritto dell�Unione osta a che un organo giurisdizionale 
nazionale non di ultima istanza, al quale spetti di decidere a seguito di un rinvio 
ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore, sia vincolato, in 
base ad una norma processuale nazionale, al principio di diritto da quest�ultimo 
enunciato qualora il giudice del rinvio ritenga, alla luce dell�interpretazione da 
esso richiesta alla Corte di Giustizia, che detto principio non sia conforme al 
diritto dell�Unione (punti 27, 30, 32). La Corte ha inoltre chiarito incidentalmente, 
sebbene la questione non si ponesse nel caso di specie, che il giudice 
del rinvio, in tali circostanze, non � obbligato a chiedere alla Corte di Giustizia 
un�interpretazione pregiudiziale ai sensi dell�art. 267 TFUE ma pu� disapplicare 
di propria iniziativa qualsiasi disposizione nazionale ove l�interpretazione 
fornitane dall�organo giurisdizionale superiore risulti in contrasto con il diritto 
dell�Unione (punti 28 e 31). 
Nella causa principale, infatti, il cittadino bulgaro aveva proposto ricorso 
avverso il diniego di autorizzazione al Tribunale amministrativo di Sofia che, 
all�esito di una perizia, aveva annullato il provvedimento impugnato atteso che 
il trattamento sanitario in questione, pur costituendo una terapia d�avanguardia 
non ancora praticata in Bulgaria, corrispondeva alle prestazioni elencate nei 
protocolli di cura clinici. 
A seguito dell�impugnazione dell�ente assicurativo bulgaro, tuttavia, il Tribunale 
Supremo amministrativo, giudice di ultima istanza, aveva annullato la 
sentenza impugnata e rinviato la causa dinanzi ad altra sezione del Tribunale 
amministrativo di Sofia, affermando che il giudice di primo grado aveva errato 
nel ritenere che le cure ricevute dal cittadino bulgaro fossero comprese tra le 
prestazioni elencate nei protocolli di cura clinici e che, comunque, ove dette 
cure fossero rimborsabili dal regime previdenziale bulgaro, si dovrebbe presumere 
che le stesse avrebbero potuto essere prestate presso un istituto di cura 
bulgaro, a meno che si fosse accertato che le stesse non avrebbero potuto essere 
prestate in tempi tali da non mettere in pericolo la salute dell�interessato, accertamento 
non effettuato dal giudice di primo grado. 
Il giudice del rinvio, ritenendo che le valutazioni in diritto del giudice di 
ultima istanza non fossero conformi al diritto dell�Unione, ha chiesto alla Corte 
di giustizia se, nonostante il principio dell�autonomia processuale degli Stati 
membri, egli fosse vincolato al principio di diritto enunciato dal giudice superiore 
anche laddove lo ritenesse non conforme al diritto dell�Unione. 
In proposito, la Corte ha affermato che una norma di diritto nazionale, ai 
sensi della quale gli organi giurisdizionali non di ultima istanza sono vincolati 
da valutazioni formulate dall�organo giurisdizionale superiore, non pu� privare 
detti organi giurisdizionali della facolt� di investirla di questioni relative all�interpretazione 
del diritto dell�Unione, rilevante nel contesto di dette valutazioni 
in diritto. La Corte ha quindi ritenuto che il giudice che non decide in ultima 
istanza dev�essere libero, se esso ritiene che la valutazione in diritto formulata
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 31 
dall�istanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto 
dell�Unione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi. 
Inoltre la Corte di giustizia ha sottolineato che la facolt� attribuita al giudice 
nazionale dall�art. 267, secondo comma, TFUE, di chiedere un�interpretazione 
pregiudiziale della Corte medesima prima di disapplicare, 
eventualmente, istruzioni di un organo giurisdizionale superiore che risultassero 
in contrasto con il diritto dell�Unione non pu� trasformarsi in un obbligo. Il 
giudice nazionale, infatti, essendo incaricato di applicare, nell�ambito della propria 
competenza, le norme di diritto dell�Unione, � tenuto a garantire la piena 
efficacia di tali norme, disapplicando all�occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi 
disposizione contrastante della legislazione nazionale, come, nel caso di 
specie, la norma nazionale di procedura che lo vincola al principio di diritto 
enunciato dall�organo giurisdizionale superiore, senza doverne chiedere o attendere 
la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento 
costituzionale. 
Peraltro, risulta da una giurisprudenza costante che la sentenza con la quale 
la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale, per 
quanto concerne l�interpretazione o la validit� degli atti delle istituzioni dell�Unione 
in questione, per la definizione della lite principale. 
Da queste riflessioni discende, secondo la Corte, che il giudice nazionale, 
che abbia esercitato la facolt� ad esso attribuita dall�art. 267, secondo comma, 
TFUE, � vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall�interpretazione 
delle disposizioni in questione fornita dalla Corte e deve eventualmente 
discostarsi dalle valutazioni dell�organo giurisdizionale di grado 
superiore qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione, che 
queste ultime non siano conformi al diritto dell�Unione. 
Avv. Wally Ferrante* 
Corte di giustizia (Grande Sezione) sentenza 5 ottobre 2010 nella causa C-173/09 - Pres. 
V. Skouris , Rel. P. Kuris, Avv. gen. P. Cruz Villal�n - Domanda di pronuncia pregiudiziale 
proposta dall�Administrativen sad Sofia-grad (Bulgaria) - Georgi Ivanov Elchinov/Natsionalna 
zdravnoosiguritelna kasa. 
�Previdenza sociale � Libera prestazione dei servizi � Assicurazione malattia � Cure ospedaliere 
prestate in un altro Stato membro � Autorizzazione preventiva � Condizioni di applicazione 
dell�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento (CEE) n. 1408/71 � Modalit� per 
il rimborso all�iscritto al regime previdenziale delle spese ospedaliere sostenute in un altro 
Stato membro � Obbligo di un organo giurisdizionale di grado inferiore di conformarsi ad 
istruzioni impartite da un organo giurisdizionale di grado superiore� 
(*) Avvocato dello Stato.
32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
(Omissis) 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione degli artt. 49 CE e 22 
del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all�applicazione dei 
regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari 
che si spostano all�interno della Comunit�, come modificato e aggiornato dal regolamento 
(CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal 
regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006, n. 1992 (GU L 
392, pag.1; in prosieguo: il �regolamento n. 1408/71�). 
2 Questa domanda � stata sollevata nell�ambito di una controversia tra il sig. Elchinov e 
la Natsionalna zdravnoosiguritelna kasa (Cassa nazionale bulgara di assicurazione malattia; 
in prosieguo: la �NZOK�) in merito al diniego oppostogli da quest�ultima al rilascio di un�autorizzazione 
a ricevere cure ospedaliere in Germania. 
Contesto normativo 
La normativa dell�Unione 
3 Il regolamento n. 1408/71, nell�art. 22, intitolato �Dimora fuori dello Stato competente 
� Ritorno o trasferimento di residenza in un altro Stato membro durante una malattia o una 
maternit� � Necessit� di recarsi in un altro Stato per ricevere le cure adatte�, enuncia quanto 
segue: 
�1. Il lavoratore subordinato o autonomo che soddisfa le condizioni richieste dalla legislazione 
dello Stato competente per aver diritto alle prestazioni, tenuto conto eventualmente di quanto 
disposto dall�articolo 18, e: 
(�) 
c) che � autorizzato dall�istituzione competente a recarsi nel territorio di un altro Stato membro 
per ricevere le cure adeguate al suo stato, 
ha diritto: 
i) alle prestazioni in natura erogate, per conto dell�istituzione competente, dall�istituzione del 
luogo di dimora (�) secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, come se fosse 
ad essa iscritto; tuttavia, la durata dell�erogazione delle prestazioni � determinata dalla legislazione 
dello Stato competente; 
(�) 
2. (�) 
L�autorizzazione richiesta a norma del paragrafo 1, lettera c), non pu� essere rifiutata quando 
le cure di cui trattasi figurano fra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro, 
nel cui territorio l�interessato risiede, [e] se le cure stesse, tenuto conto dello stato di salute 
dello stesso nel periodo in questione e della probabile evoluzione della malattia, non possono 
essergli praticate entro il lasso di tempo normalmente necessario per ottenere il trattamento 
in questione nello Stato membro di residenza. 
(�)�. 
4 L�art. 36, n. 1, del regolamento n. 1408/71 prevede quanto segue: 
�Le prestazioni in natura erogate dall�istituzione di uno Stato membro per conto dell�istituzione 
di un altro Stato membro, in base alle disposizioni del presente capitolo, danno luogo a 
rimborso integrale (�)�. 
5 In base all�art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che 
stabilisce le modalit� di applicazione del regolamento n. 1408/71 (GU L 74, pag. 1), la commissione 
amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, prevista dall�art. 80
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 33 
del regolamento n. 1408/71, ha adottato un modello di certificato necessario ai fini dell�applicazione 
dell�art. 22, n. 1, lett. c), sub) i), di quest�ultimo regolamento, ossia il formulario 
�E 112�. 
La normativa nazionale 
6 A norma dell�art. 224 del codice bulgaro di procedura amministrativa: 
�Le istruzioni del Tribunale supremo amministrativo relative all�interpretazione e all�applicazione 
del diritto sono vincolanti ai fini del riesame della causa�. 
7 A norma dell�art. 81, n. 1, della legge bulgara relativa al sistema sanitario (DV n. 70 del 
10 agosto 2004): 
�Ogni cittadino bulgaro ha diritto ad una assistenza medica accessibile alle condizioni e secondo 
le procedure della presente legge e della legge sull�assicurazione malattia�. 
8 In forza dell�art. 33 della legge bulgara in materia di assicurazione malattia (DV n. 70 
del 19 giugno 1998), ogni cittadino bulgaro che non sia contemporaneamente cittadino di un 
altro Stato membro � obbligatoriamente assicurato presso la NZOK. 
9 L�art. 35 di detta legge prevede che gli assicurati hanno diritto al rilascio di un documento 
necessario all�esercizio dei loro diritti in materia di assicurazione malattia in osservanza delle 
norme che coordinano i regimi di previdenza sociale. 
10 L�art. 36, n. 1, della stessa legge cos� dispone: 
�I beneficiari di un�assicurazione obbligatoria hanno diritto all�ottenimento parziale o totale 
del valore delle spese per l�assistenza medica all�estero solo se hanno previamente ricevuto 
l�autorizzazione dalla NZOK�. 
11 Le tipologie di prestazioni sanitarie assicurate dalla NZOK sono elencate nell�art. 45 
della legge in materia di assicurazione malattia, il cui n. 2 prevede che le prestazioni sanitarie 
di base siano determinate mediante decreto del Ministero della Sanit�. In base a tale norma, 
detto ministero ha adottato il decreto 24 novembre 2004, n. 40, relativo alla determinazione 
del complesso delle prestazioni sanitarie di base garantito dal bilancio della NZOK (DV n. 
88 del 2006), il cui articolo unico enuncia che il complesso di dette prestazioni sanitarie di 
base comprende quelle la cui tipologia e il cui importo sono stabiliti in osservanza degli allegati 
1-10 a detto decreto. L�allegato 5 a quest�ultimo, intitolato �Elenco dei protocolli di cura 
clinici�, menziona, con il n. 136, le �altre operazioni del bulbo oculare� nonch�, con il n. 258, 
i �trattamenti ad alta tecnologia, mediante radiazioni, di malattie oncologiche e non oncologiche
�. 
Causa principale e questioni pregiudiziali 
12 Il sig. Elchinov, cittadino bulgaro iscritto alla NZOK, soffre di una grave malattia a 
causa della quale egli ha richiesto, in data 9 marzo 2007, da detta Cassa il rilascio di un formulario 
E 112 al fine di sottoporsi a un trattamento d�avanguardia presso una clinica specializzata 
sita in Berlino (Germania); tale trattamento non viene praticato in Bulgaria. 
13 In considerazione del suo stato di salute, il sig. Elchinov � entrato tuttavia in clinica in 
Germania il 15 marzo 2007 e ivi ha ricevuto alcune cure prima di ottenere la risposta da parte 
della NZOK. 
14 Con provvedimento 18 aprile 2007, adottato in seguito a parere del Ministero della Sanit�, 
il direttore della NZOK ha negato il rilascio al sig. Elchinov della richiesta autorizzazione 
in quanto, in particolare, non erano soddisfatti i presupposti per la concessione di un�autorizzazione 
siffatta quali previsti dall�art. 22 del regolamento n. 1408/71, dal momento che il trattamento 
non rientra, a parere del citato direttore, tra le prestazioni previste dalla normativa 
bulgara e assicurate dalla NZOK.
34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
15 Il sig. Elchinov ha presentato ricorso avverso detto provvedimento dinanzi all�Administrativen 
sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia). Una perizia medico�legale, 
effettuata durante il giudizio, ha confermato che il trattamento in questione costituiva una terapia 
d�avanguardia non ancora praticata in Bulgaria. 
16 Con sentenza 13 agosto 2007, l�Administrativen sad Sofia-grad ha annullato detto provvedimento, 
giudicando che nel caso di specie erano soddisfatti i presupposti per la concessione 
dell�autorizzazione prevista dall�art. 22, n. 2, del regolamento n. 1408/71. Detto giudice ha 
rilevato, in particolare, che il trattamento in questione non esisteva in Bulgaria, ma corrispondeva 
alle prestazioni elencate con i nn. 136 e 258 indicate nell�elenco dei protocolli di cura 
clinici. 
17 La NZOK ha fatto ricorso in cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Varhoven administrativen 
sad (Tribunale supremo amministrativo) il quale, con sentenza 4 aprile 2008, 
l�ha annullata ed ha rinviato la causa dinanzi ad un�altra sezione del giudice del rinvio. Il Varhoven 
administrativen sad ha giudicato infatti errata la constatazione del giudice di primo 
grado secondo la quale le cure ricevute dal sig. Elchinov erano comprese tra le prestazioni 
elencate con i nn. 136 e 258 dei protocolli di cura clinici. Esso ha rilevato inoltre che, se determinate 
cure specifiche per le quali viene richiesto il rilascio del formulario E 112 vengono 
rimborsate dalla NZOK, si deve presumere che le medesime possano essere prestate presso 
un istituto di cura bulgaro, di modo che i giudici di primo grado avrebbero dovuto decidere 
se dette cure potessero essere fornite presso un istituto siffatto in termini tali da non presentare 
nessun pericolo per la salute dell�interessato. 
18 Nel corso del riesame della causa da parte dell�Administrativen sad Sofia-grad, una 
nuova perizia ha confermato che un trattamento del tipo di quello somministrato al sig. Elchinov 
in Germania non era praticato in Bulgaria. 
19 Alla luce di ci�, l�Administrativen sad Sofia-grad ha deciso di sospendere il procedimento 
e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se l�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento (�) n. 1408/71 (�) debba essere interpretato 
nel senso che, se la cura specifica, per la quale viene richiesto il rilascio del modello 
E 112, non pu� essere praticata in un�istituzione sanitaria bulgara, si deve ritenere che tale 
cura non venga finanziata a carico del bilancio della [NZOK] o del Ministero della Sanit� e, 
al contrario, qualora tale cura venga finanziata a carico del bilancio della NZOK o del Ministero 
della Sanit�, si deve ritenere che essa possa essere prestata in un�istituzione sanitaria 
bulgara. 
2) Se l�espressione �se le cure di cui trattasi non possono essere praticate nel territorio dello 
Stato membro in cui l�interessato risiede�, ricavabile dall�art. 22, n. 2, secondo comma, del 
regolamento (...) n. 1408/71, debba essere interpretata nel senso che in tale espressione rientrano 
i casi nei quali la cura che viene praticata nel territorio dello Stato membro dove l�assicurato 
abita �, in quanto tipo di trattamento, di gran lunga pi� inefficace e radicale della cura 
praticata in un altro Stato membro, ovvero che in tale espressione rientrano solo i casi nei 
quali l�interessato non possa essere curato tempestivamente. 
3) Se, alla luce del principio dell�autonomia processuale, il giudice nazionale debba osservare 
le istruzioni vincolanti impartitegli da un�istanza giudiziaria superiore nell�ambito della rimozione 
della sua decisione e del rinvio della causa per un nuovo esame, qualora sussistano 
motivi per ritenere che tali istruzioni siano in contrasto con il diritto comunitario. 
4) Qualora la cura di cui trattasi non possa essere praticata nel territorio dello Stato membro 
nel quale l�assicurato ha la sua residenza, se sia sufficiente, affinch� tale Stato membro possa
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 35 
rilasciare un�autorizzazione per una cura in un altro Stato membro ai sensi dell�art. 22, n. 1, 
lett. c), del regolamento (�) n. 1408/71, che la cura di cui trattasi rientri come tipologia tra 
le prestazioni che sono previste nella normativa dello Stato membro dapprima menzionato 
anche qualora tale normativa non menzioni espressamente lo specifico metodo di cura. 
5) Se l�art. 49 CE e l�art. 22 del regolamento (�) n. 1408/71 ostino ad una normativa nazionale, 
come quella di cui all�art. 36, n. 1, della legge sull�assicurazione malattia, secondo cui 
gli assicurati obbligatori hanno diritto a ricevere totalmente o parzialmente il valore delle 
spese per l�assistenza medica all�estero, solo se hanno ottenuto all�uopo un�autorizzazione 
preventiva. 
6) Se il giudice nazionale debba fare obbligo all�organismo competente dello Stato nel quale 
l�interessato � assicurato di emettere il documento per cure all�estero (modello E 112) qualora 
il diniego del rilascio di un siffatto documento risulti illegittimo, nel caso in cui la domanda 
di rilascio del documento venga presentata prima che fosse praticata la cura all�estero e la 
cura sia terminata al momento della pronuncia della decisione giudiziaria. 
7) In caso di soluzione affermativa della questione di cui sopra, e qualora il giudice dovesse 
considerare illegale il diniego dell�autorizzazione per una cura all�estero, come debbano essere 
rimborsate le spese dell�assicurato per le sue cure: 
a) direttamente dallo Stato dove � assicurato, o dallo Stato nel quale il trattamento medico � 
stato praticato, previa esibizione dell�autorizzazione per cure all�estero; 
b) in quale misura, qualora l�ambito delle prestazioni, previsto nella normativa dello Stato 
membro di residenza, sia diverso dall�ambito delle prestazioni previste dalla normativa dello 
Stato membro dove la cura viene praticata, considerato l�art. 49 CE, che vieta le limitazioni 
alla libera prestazione dei servizi�. 
Sulle questioni pregiudiziali 
20 � opportuno rispondere in primo luogo alla terza questione prima di passare all�esame 
delle altre sei questioni, le quali vertono sull�interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento 
n. 1408/71. 
Sulla terza questione 
21 Dalla decisione di rinvio si evince che l�Administrativen sad Sofia-grad nutre dubbi in 
merito all�interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 e, in particolare, 
per quanto concerne l�interpretazione di detto art. 22 formulata dal Varhoven administrativen 
sad nella sua sentenza 4 aprile 2008. Nell�investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale 
mirante all�interpretazione delle citate disposizioni, il giudice del rinvio desidera 
sapere nel contempo se il giudice di merito sia vincolato dalle valutazioni formulate in diritto 
dalla giurisdizione di grado superiore qualora abbia motivo di ritenere che tali valutazioni 
non siano conformi al diritto dell�Unione. 
22 Il giudice del rinvio spiega infatti che, ai sensi dell�art. 224 del codice bulgaro di procedura 
amministrativa, le istruzioni del Varhoven administrativen sad riguardanti l�interpretazione 
e l�applicazione della legge hanno valore vincolante nei confronti dell�Administrativen 
sad Sofia-grad, in sede di riesame della causa da parte di quest�ultimo. Esso rileva inoltre che 
il diritto dell�Unione sancisce il principio dell�autonomia processuale degli Stati membri. 
23 Bench� la questione da esso sottoposta alla Corte non sembri escludere l�ipotesi in cui 
un giudice nazionale intenda statuire senza rinvio pregiudiziale, discostandosi dalle valutazioni 
in diritto formulate sulla medesima causa dall�organo giurisdizionale nazionale di grado superiore, 
che esso giudichi non conformi con il diritto dell�Unione, si deve constatare che questo 
non corrisponde al caso di specie, poich� il giudice del rinvio ha investito la Corte di una
36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
domanda di pronuncia pregiudiziale diretta a chiarire i dubbi che esso nutre in merito alla corretta 
interpretazione del diritto dell�Unione. 
24 Pertanto, con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se il diritto dell�Unione 
osti a che un giudice nazionale, al quale spetti decidere in seguito al rinvio ad esso fatto da un 
organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede di ricorso, sia vincolato, conformemente 
al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall�organo giurisdizionale 
di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione dell�interpretazione da 
esso richiesta alla Corte, che tali valutazioni non siano conformi al diritto dell�Unione. 
25 A questo proposito occorre ricordare, in primo luogo, che l�esistenza di una norma di 
procedura nazionale quale quella applicabile nella causa principale non pu� rimettere in discussione 
la facolt�, spettante ai giudici nazionali non di ultima istanza, di investire la Corte 
di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi, come nel caso di specie, 
in merito all�interpretazione del diritto dell�Unione. 
26 Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, l�art. 267 TFUE conferisce ai giudici 
nazionali la pi� ampia facolt� di adire la Corte qualora ritengano che, nell�ambito di una controversia 
dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un�interpretazione o 
un accertamento della validit� delle disposizioni del diritto dell�Unione che siano essenziali 
ai fini della pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti (v., in tal senso, sentenza 16 
gennaio 1974, causa 166/73, Rheinm�hlen-D�sseldorf, Racc. pag. 33, punto 3; 27 giugno 
1991, causa C 348/89, Mecanarte, Racc. pag. I-3277, punto 44; 10 luglio 1997, causa C 
261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025, punto 20; 16 dicembre 2008, causa C 210/06, Cartesio, 
Racc. pag. I-9641, punto 88, nonch� 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e C-189/10, 
Melki e Abdeli, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41). Del resto, i giudici nazionali 
sono liberi di esercitare tale facolt� in qualsiasi momento essi ritengano opportuno (v., in tal 
senso, sentenza Melki e Abdeli, cit., punti 52 e 57). 
27 Da ci� la Corte ha dedotto che una norma di diritto nazionale, ai sensi della quale gli 
organi giurisdizionali non di ultima istanza siano vincolati da valutazioni formulate dall�organo 
giurisdizionale superiore, non pu� privare detti organi giurisdizionali della facolt� di investirla 
di questioni relative all�interpretazione del diritto dell�Unione, rilevante nel contesto 
di dette valutazioni in diritto. Infatti, la Corte ha giudicato che il giudice che non decide in ultima 
istanza dev�essere libero, se esso ritiene che la valutazione in diritto formulata dall�istanza 
superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto dell�Unione, di sottoporre 
alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi (v., in tal senso, sentenze Rheinm�hlen-D�sseldorf, 
cit., punti 4 e 5; Cartesio, cit., punto 94; 9 marzo 2010, causa C 378/08, ERG e a., 
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32, nonch� Melki e Abdeli, cit., punto 42). 
28 Del resto, occorre sottolineare che la facolt� attribuita al giudice nazionale dall�art. 267, 
secondo comma, TFUE, di chiedere un�interpretazione pregiudiziale della Corte prima di disapplicare, 
eventualmente, istruzioni di un organo giurisdizionale superiore che risultassero 
in contrasto con il diritto dell�Unione non pu� trasformarsi in un obbligo (v., in tal senso, sentenza 
19 gennaio 2010, causa C-555/07, K�c�kdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, 
punti 54 e 55). 
29 Si deve ricordare, in secondo luogo, che risulta da una giurisprudenza costante che la 
sentenza con la quale la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale, 
per quanto concerne l�interpretazione o la validit� degli atti delle istituzioni dell�Unione in 
questione, per la definizione della lite principale (v., in particolare, sentenze 24 giugno 1969, 
causa 29/68, Milch-, Fett- und Eierkontor, Racc. pag. 165, punto 3; 3 febbraio 1977, causa
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 37 
52/76, Benedetti, Racc. pag. 163, punto 26; ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, W�nsche 
Handelsgesellschaft, Racc. pag. 947, punto 13, e sentenza 14 dicembre 2000, causa C-446/98, 
Fazenda P�blica, Racc. pag. I-11435, punto 49). 
30 Da queste riflessioni discende che il giudice nazionale, che abbia esercitato la facolt� 
ad esso attribuita dall�art. 267, secondo comma, TFUE, � vincolato, ai fini della soluzione 
della controversia principale, dall�interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla 
Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell�organo giurisdizionale di grado 
superiore qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione, che queste ultime 
non siano conformi al diritto dell�Unione. 
31 � importante sottolineare inoltre che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice 
nazionale incaricato di applicare, nell�ambito della propria competenza, le norme di diritto 
dell�Unione ha l�obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all�occorrenza, 
di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, 
ossia, nel caso di specie, la norma nazionale di procedura enunciata nel punto 22 della presente 
sentenza, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante 
qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 
106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24, nonch� 19 novembre 2009, causa C-314/08, 
Filipiak, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 81). 
32 Alla luce di quanto sin qui esposto occorre risolvere la terza questione dichiarando che 
il diritto dell�Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere 
a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in 
sede d�impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni 
formulate in diritto dall�istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell�interpretazione 
da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto 
dell�Unione. 
Sulle questioni relative all�interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 
33 Occorre esaminare, anzitutto, la quinta questione, riguardante l�ampiezza del potere 
degli Stati membri di assoggettare ad autorizzazione preventiva il rimborso delle cure ospedaliere 
prestate in un altro Stato membro, poi le questioni prima, seconda e quarta, vertenti 
sui presupposti enunciati dall�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 e, infine, 
congiuntamente, le questioni sesta e settima, riguardanti le modalit� per il rimborso di 
dette cure al beneficiario dell�assicurazione sociale. 
Sulla quinta questione, relativa all�ampiezza del potere degli Stati membri di assoggettare ad 
autorizzazione preventiva il rimborso di cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro 
34 Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 49 CE e 
22 del regolamento n. 1408/71 ostino alla normativa di uno Stato membro la quale escluda, 
in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro in assenza 
di preventiva autorizzazione. 
35 Il giudice del rinvio, nel ricordare che il sig. Elchinov si � fatto curare in Germania 
prima di aver ricevuto la risposta da parte della NZOK alla sua richiesta di autorizzazione, si 
chiede se il beneficiario dell�assicurazione sociale possa chiedere il rimborso delle cure ospedaliere, 
prestate in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio egli risiede, senza 
avere ottenuto preventivamente l�autorizzazione da parte dell�istituzione competente, quando 
ci� era imposto dal suo stato di salute, oppure se la prestazione delle cure, in mancanza di 
detta autorizzazione preventiva, comporti l�estinzione del diritto del beneficiario dell�assicurazione 
sociale di chiederne il rimborso. Dopo aver rilevato che l�art. 36 della legge in materia
38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
di assicurazione malattia consente il rimborso di cure prestate in un altro Stato membro solo 
se l�assicurato abbia ottenuto una previa autorizzazione a tal fine, esso si interroga sulla conformit� 
di una norma siffatta con gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71. 
36 A questo riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che, per giurisprudenza costante, 
le prestazioni mediche fornite a fronte di un corrispettivo rientrano nella sfera di applicazione 
delle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi, ivi compresa l�ipotesi in cui le 
cure siano dispensate in ambito ospedaliero (v., in tal senso, sentenze 16 maggio 2006, causa 
C-372/04, Watts, Racc. pag. I-4325, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, nonch� 15 giugno 
2010, causa C-211/08, Commissione/Spagna, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47 
e giurisprudenza ivi citata). 
37 � stato parimenti dichiarato che la libera prestazione dei servizi comprende la libert� 
dei destinatari dei servizi, in particolare delle persone che devono ricevere cure mediche, di 
recarsi in un altro Stato membro per godere ivi dei detti servizi (v. citate sentenze Watts, punto 
87 e giurisprudenza ivi citata, nonch� Commissione/Spagna, punti 48-50 e giurisprudenza ivi 
citata). 
38 L�applicabilit� dell�art. 22 del regolamento n. 1408/71 all�ipotesi in questione non 
esclude che quest�ultima rientri nella sfera di applicazione delle norme relative alla libera prestazione 
dei servizi e, nel caso di specie, dell�art. 49 CE. Infatti, da un lato, la circostanza che 
una normativa nazionale possa essere eventualmente conforme a una norma di diritto derivato, 
nella fattispecie all�art. 22 del regolamento n. 1408/71, non produce l�effetto di sottrarla alle 
disposizioni del Trattato CE (v., in tal senso, citate sentenze Watts, punti 46 e 47, nonch� 
Commissione/Spagna, punto 45). 
39 Dall�altro, l�art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71 ha per scopo di conferire 
un diritto alle prestazioni in natura erogate, per conto dell�istituzione competente, dall�istituzione 
del luogo di dimora, secondo le disposizioni della legislazione dello Stato membro 
in cui le prestazioni sono erogate, come se l�interessato appartenesse a quest�ultima istituzione 
(v., in tal senso, sentenze 28 aprile 1998, causa C-120/95, Decker, Racc. pag. I-1831, punti 
28 e 29, nonch� causa C-158/96, Kohll, Racc. pag. I-1931, punti 26 e 27; 12 luglio 2001, 
causa C-368/98, Vanbraekel e a., Racc. pag. I-5363, punti 32 e 36; 23 ottobre 2003, causa C- 
56/01, Inizan, Racc. pag. I-12403, punti 19 e 20, nonch� Watts, cit., punto 48). L�art. 22, secondo 
comma, n. 2, quanto ad esso, ha il solo scopo di individuare le circostanze in cui � 
escluso che l�istituzione competente possa negare l�autorizzazione richiesta in base al n. 1, 
lett. c) (v., in tal senso, sentenza Vanbraekel e a., cit., punto 31). 
40 In secondo luogo, occorre parimenti ricordare che, come dichiarato dai governi che 
hanno presentato osservazioni nella presente causa, � pacifico che il diritto dell�Unione non 
pregiudica la competenza degli Stati membri ad organizzare i propri sistemi previdenziali e 
che, in mancanza di un�armonizzazione a livello dell�Unione europea, spetta alla normativa 
di ciascuno Stato membro determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia 
di previdenza sociale. Tuttavia resta fermo che, nell�esercizio di tale competenza, gli Stati 
membri devono rispettare il diritto dell�Unione, in particolare le disposizioni relative alla 
libera prestazione dei servizi, le quali implicano il divieto per questi ultimi di introdurre o 
mantenere restrizioni ingiustificate all�esercizio di questa libert� in materia di sanit� (v. in 
particolare, in tal senso, sentenze Watts, cit., punto 92 e giurisprudenza ivi citata; 19 aprile 
2007, causa C-444/05, Stamatelaki, Racc. pag. I-3185, punto 23, e Commissione/Spagna, cit., 
punto 53). 
41 Bench� un�autorizzazione preventiva, quale quella imposta dall�art. 36 della legge bul-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 39 
gara in materia di assicurazione malattia, costituisca, sia per i pazienti sia per i prestatori, un 
ostacolo alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze Kohll, cit., punto 35; 12 
luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I 5473, punto 69; 13 maggio 
2003, causa C-385/99, M�ller-Faur� e van Riet, Racc. pag. I 4509, punto 44, nonch� Watts, 
cit., punto 98), la Corte ha dichiarato nondimeno che l�art. 49 CE non osta, in linea di principio, 
al fatto che il diritto di un paziente di ottenere assistenza ospedaliera in un altro Stato membro 
a carico del sistema cui esso appartiene sia soggetto ad una previa autorizzazione (v., in tal 
senso, citate sentenze Smits e Peerbooms, punto 82, nonch� Watts, punto 113). 
42 Infatti, la Corte ha giudicato che non si pu� escludere che un rischio di grave alterazione 
dell�equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale possa costituire una ragione imperativa 
di interesse generale tale da giustificare un ostacolo alla libera prestazione dei servizi. 
Essa ha parimenti riconosciuto che l�obiettivo di mantenere un servizio medico-ospedaliero 
equilibrato ed accessibile a tutti pu� parimenti rientrare nel regime di deroghe giustificate da 
ragioni di sanit� pubblica previsto dall�art. 46 CE, quando un tale obiettivo contribuisca alla 
realizzazione di un livello elevato di tutela della salute. Essa ha inoltre precisato che l�art. 46 
CE consente agli Stati membri di limitare la libera prestazione dei servizi medico ospedalieri 
qualora la conservazione di un sistema sanitario o di una competenza medica nel territorio 
nazionale sia essenziale per la sanit� pubblica, o addirittura per la sopravvivenza della popolazione 
(v., in tal senso, citate sentenze Kohll, punti 41, 50 e 51; Smits e Peerbooms, punti 
72-74; M�ller-Faur� e van Riet, punti 67 e 73, nonch� Watts, punti 103-105). 
43 La Corte ha rilevato parimenti che il numero di infrastrutture ospedaliere, la loro ripartizione 
geografica, la loro organizzazione e le attrezzature di cui sono dotate, o ancora la 
natura dei servizi medici che sono in grado di fornire, devono poter fare oggetto di una programmazione, 
la quale risponda, in linea di massima, a diverse esigenze. Da un lato, tale programmazione 
deve perseguire l�obiettivo di garantire nel territorio dello Stato membro 
interessato la possibilit� di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di 
cure ospedaliere di qualit�. Dall�altro, essa dev�essere espressione della volont� di garantire 
un controllo dei costi ed evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche 
e umane. Un tale spreco si dimostrerebbe infatti tanto pi� dannoso in quanto � pacifico 
che il settore delle cure ospedaliere genera costi notevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, 
mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alle cure sanitarie, quale che sia la 
modalit� di finanziamento usata, non sono illimitate (citate sentenze Smits e Peerbooms, punti 
76-79, nonch� Watts, punti 108 e 109). 
44 In terzo luogo, va ancora ricordato che, bench� il diritto dell�Unione non osti in linea 
di principio a un sistema di autorizzazione preventiva, � nondimeno necessario che le condizioni 
dettate per il rilascio di una siffatta autorizzazione siano giustificate alla luce dei criteri 
imperativi prima citati, che esse non eccedano quanto oggettivamente necessario a tal fine e 
che il medesimo risultato non possa essere conseguito con norme meno vincolanti. Inoltre, 
un siffatto sistema dev�essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, 
in modo da circoscrivere l�esercizio del potere discrezionale delle autorit� nazionali affinch� 
esso non sia usato in modo arbitrario (v., in tal senso, citate sentenze Smits e Peerbooms, punti 
82 e 90; M�ller-Faur� e van Riet, punti 83-85, nonch� Watts, punti 114-116). 
45 Nel caso di specie, occorre rilevare che una normativa nazionale, la quale esclude in 
tutti i casi il rimborso delle cure ospedaliere prestate senza autorizzazione preventiva, priva 
il beneficiario dell�assicurazione sociale il quale, per ragioni connesse al suo stato di salute o 
alla necessit� di ricevere cure urgentemente presso una struttura ospedaliera, si sia trovato
40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nell�impossibilit� di richiedere una siffatta autorizzazione o, come nel caso del sig. Elchinov, 
non abbia potuto attendere la risposta dell�ente competente, del rimborso di tali cure da parte 
di detto ente, anche qualora i presupposti per un tale rimborso siano peraltro soddisfatti. 
46 Ebbene, il rimborso di cure siffatte, in situazioni specifiche del tipo di quelle descritte 
nel punto precedente, non � tale da poter compromettere il conseguimento degli scopi di pianificazione 
ospedaliera menzionati nel punto 43 della presente sentenza, n� pu� compromettere 
gravemente l�equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Esso non pregiudica il 
mantenimento di un servizio ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti, n� tanto meno la 
salvaguardia di un sistema sanitario e di una competenza medica estese a tutto il territorio nazionale. 
47 Di conseguenza, una normativa siffatta non � giustificata dai citati criteri imperativi e 
comunque non soddisfa il principio di proporzionalit� ricordato nel punto 44 della presente 
sentenza. Pertanto, essa comporta una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei 
servizi. 
48 Inoltre, in materia di applicazione dell�art. 22, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71, 
nel punto 34 della citata sentenza Vanbraekel e.a. la Corte ha dichiarato che, quando una persona 
iscritta al regime previdenziale, che ha presentato una domanda di autorizzazione sulla 
base di detta disposizione, abbia ricevuto un diniego da parte dell�istituzione competente e il 
carattere infondato di siffatto diniego sia successivamente dimostrato vuoi dalla medesima 
istituzione competente vuoi da una decisione giudiziaria, tale assicurato ha diritto di ottenere 
direttamente a carico dell�istituzione competente il rimborso di un importo pari a quello che 
sarebbe stato normalmente preso a carico se l�autorizzazione fosse stata debitamente concessa 
fin dall�inizio. 
49 Da ci� deriva che la normativa di uno Stato membro non pu� escludere in tutti i casi il 
rimborso delle cure ospedaliere fornite senza autorizzazione preventiva in un altro Stato membro. 
50 Per quanto riguarda la normativa in questione nella causa principale, come � stato sostanzialmente 
sottolineato dall�avvocato generale nei paragrafi 49 e 50 delle sue conclusioni, 
l�art. 36 della legge bulgara in materia di assicurazione malattia � ambiguo. Ad ogni modo, � 
compito del giudice del rinvio valutare, alla luce delle indicazioni contenute nella presente 
sentenza, la conformit� di detto articolo con gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 
nell�interpretazione datane dalla Corte e, qualora detto art. 36 possa costituire oggetto di diverse 
interpretazioni, interpretarlo conformemente all�ordinamento dell�Unione (v., in tal 
senso, sentenza Melki e Abdeli, cit., punto 50 e giurisprudenza ivi citata). 
51 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la quinta questione dichiarando 
che gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 ostano alla normativa di uno Stato membro 
interpretata nel senso che essa escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate 
in un altro Stato membro in assenza di preventiva autorizzazione. 
Sulle questioni prima, seconda e quarta, relative ai presupposti enunciati dall�art. 22, n. 2, 
secondo comma, del regolamento n. 1408/71 
52 Con le sue questioni prima, seconda e quarta, il giudice del rinvio chiede in sostanza 
se, per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato membro 
sul cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale, l�art. 22, n. 2, secondo comma, del 
regolamento n. 1408/71 debba essere interpretato nel senso che un�autorizzazione richiesta 
ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non possa essere negata quando, da un lato, la normativa di tale 
Stato membro preveda la tipologia di trattamento di cui trattasi, ma non indichi in modo
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 41 
espresso e preciso il metodo di cura applicato, e, dall�altro, un trattamento alternativo che presenti 
lo stesso grado di efficacia non possa essere erogato in tempo utile in questo stesso Stato 
membro. Esso desidera inoltre sapere se questo stesso articolo debba essere interpretato nel 
senso che esso osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di 
autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, 
che le cure ospedaliere che non possono essere prestate in detto Stato membro non rientrano 
tra le prestazioni il cui rimborso � previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che 
le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni possono essere fornite in questo Stato membro. 
53 L�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 enuncia due condizioni la 
cui presenza rende obbligatorio il rilascio dell�autorizzazione preventiva richiesta, da parte 
dell�istituzione competente, in base all�art. 22, n. 1, lett. c), sub i) (v., in tal senso, citate sentenze 
Inizan, punto 41, e Watts, punto 55). 
54 La prima condizione impone che le cure di cui trattasi figurino fra le prestazioni previste 
dalla legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale, 
mentre la seconda condizione impone che le cure che il paziente ha intenzione di ricevere 
in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio egli risiede, tenuto conto del suo attuale 
stato di salute e del probabile decorso della sua malattia, non possano essergli fornite 
entro il lasso di tempo normalmente necessario per ottenere il trattamento in questione nello 
Stato membro di residenza (citate sentenze Inizan, punti 42 e 44, nonch� Watts, punti 56 e 57). 
55 Poich� la quarta questione sottoposta alla Corte verte sulla prima di queste condizioni, 
occorre esaminare anzitutto quest�ultima. In seguito verr� analizzata la seconda questione, 
che concerne la seconda condizione, e infine verr� esaminata la prima questione, relativa alla 
presunzione menzionata nella decisione di rinvio, dato che la risposta a quest�ultima questione 
discende da quelle fornite alle altre due. 
� Sulla quarta questione, relativa alla prima condizione enunciata dall�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71 
56 Al fine di accertare se sia soddisfatta la prima condizione enunciata dall�art. 22, n. 2, 
secondo comma, del regolamento n. 1408/71, occorre verificare se le �cure di cui trattasi�, 
ossia, come ricavabile dalla documentazione prodotta dinanzi alla Corte, il trattamento oculistico 
debitamente prescritto dal medico, consistente nell�impianto di piastrine radioattive o 
nell�applicazione di una terapia protonica, rientrino tra le �prestazioni previste dalla legislazione 
dello Stato membro, nel cui territorio l�interessato risiede�, cio� tra le prestazioni per 
le quali il regime previdenziale bulgaro prevede il rimborso. 
57 A questo proposito si deve sottolineare che, come ricordato nel punto 40 della presente 
sentenza, l�ordinamento dell�Unione non limita la competenza degli Stati membri ad organizzare 
i rispettivi sistemi previdenziali e che, in mancanza di armonizzazione a livello di 
Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni per la concessione 
delle prestazioni in materia previdenziale. 
58 Cos�, � stato gi� dichiarato, in linea di principio, che non � incompatibile con l�ordinamento 
dell�Unione il fatto che uno Stato membro elabori elenchi limitati di prestazioni mediche 
rimborsabili da parte del suo sistema previdenziale e che detto ordinamento non ha il 
potere di costringere uno Stato membro ad ampliare un elenco siffatto di prestazioni (v., in 
tal senso, sentenza Smits e Peerbooms, cit., punto 87). 
59 Da ci� deriva che, come sostenuto dai governi che hanno presentato osservazioni nel 
presente giudizio, spetta a ciascuno Stato membro prevedere le prestazioni mediche rimbor-
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sabili da parte del proprio sistema previdenziale. A questo scopo, lo Stato membro interessato 
ha il potere di redigere un elenco che menzioni in modo preciso i trattamenti o i metodi di 
cura, oppure che indichi pi� genericamente categorie o tipologie di trattamenti o di metodi di 
cura. 
60 In questa cornice, spetta unicamente agli organi nazionali, chiamati a pronunciarsi su 
una domanda di autorizzazione al fine di ricevere cure erogate in uno Stato membro diverso 
da quello nel cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale, determinare se dette cure 
rientrino nelle previsioni di un elenco siffatto. Nel caso di specie, incombe al giudice del 
rinvio giudicare se le cure ricevute dal sig. Elchinov in Germania rientrino tra i protocolli di 
cura clinici menzionati nell�allegato 5 al decreto n. 40/2004. 
61 Tuttavia, poich� gli Stati membri sono obbligati a non violare l�ordinamento dell�Unione 
nell�esercizio delle loro competenze, resta valido il dovere di vigilare affinch� l�art. 22, n. 2, 
secondo comma, del regolamento n. 1408/71 sia applicato conformemente a detto ordinamento, 
nel rispetto dei principi ricordati nel punto 44 della presente sentenza. 
62 Da ci� discende che, quando l�elenco delle prestazioni mediche rimborsabili non menziona 
in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bens� definisce alcune 
tipologie di trattamento, da un lato, spetta all�istituzione competente dello Stato membro di 
residenza dell�iscritto al regime previdenziale esaminare, in applicazione dei consueti principi 
ermeneutici e in base a criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione 
tutti gli elementi medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, se tale metodo di trattamento 
corrisponda a prestazioni previste dalla normativa di tale Stato membro; dall�altro, qualora 
ricorra un�ipotesi siffatta, una domanda di autorizzazione preventiva non pu� essere respinta 
adducendo che una siffatta metodologia di trattamento non � praticata nello Stato membro di 
residenza dell�iscritto al regime previdenziale, poich� una siffatta motivazione, qualora fosse 
ammessa, implicherebbe una restrizione della portata dell�art. 22, n. 2, secondo comma, del 
regolamento n. 1408/71. 
� Sulla seconda questione, relativa alla seconda condizione enunciata dall�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71 
63 Al fine di accertare se sia soddisfatta la seconda condizione enunciata dall�art. 22, n. 2, 
secondo comma, del regolamento n. 1408/71, occorre verificare se le cure di cui trattasi, tenuto 
conto dello stato attuale di salute dell�iscritto al regime previdenziale e dell�evoluzione della 
sua malattia, possano essergli erogate nei termini normalmente necessari per ottenerle nello 
Stato membro di residenza. 
64 Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che il trattamento in questione non pu� 
essere erogato nello Stato membro di residenza dell�interessato, dove si sarebbe proceduto a 
un intervento chirurgico che non potrebbe essere considerato, a suo parere, come un trattamento 
identico o avente lo stesso grado di efficacia. Ebbene, bench� la circostanza che il trattamento 
previsto in un altro Stato membro non sia praticato nello Stato membro di residenza 
dell�interessato non implichi, di per s�, che sia soddisfatta la seconda condizione enunciata 
dall�art. 22, n. 2, del regolamento n. 1408/71, � giocoforza constatare, al contrario, che tale 
ipotesi ricorre quando un trattamento che presenti lo stesso grado di efficacia non pu� essere 
ivi erogato in tempo utile. 
65 Infatti, la Corte ha gi� dichiarato che l�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento 
n. 1408/71 dev�essere interpretato nel senso che l�autorizzazione cui si riferisce tale disposizione 
non pu� essere negata quando appare evidente che la prima condizione enunciata da 
quest�ultima � soddisfatta e che un trattamento identico o che presenti lo stesso grado di effi-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 43 
cacia non pu� essere ottenuto in tempo utile nello Stato membro nel cui territorio risiede l�interessato 
(v., in tal senso, citate sentenze Inizan, punti 45, 59 e 60, nonch� Watts, punti 59- 
61). 
66 La Corte ha precisato che, per valutare se un trattamento che presenti lo stesso grado di 
efficacia per il paziente possa essere ottenuto in tempo utile nello Stato membro di residenza, 
l�istituzione competente � tenuta a prendere in considerazione l�insieme delle circostanze che 
contraddistinguono ogni caso concreto, tenendo nel dovuto conto non solamente il quadro 
clinico del paziente nel momento in cui � richiesta l�autorizzazione e, all�occorrenza, il grado 
del dolore o la natura dell�infermit� di quest�ultimo, che potrebbe, ad esempio, rendere impossibile 
o eccessivamente difficile l�esercizio di un�attivit� professionale, ma anche i suoi 
antecedenti (citate sentenze Inizan, punto 46, e Watts, punto 62). 
67 Pertanto, in una situazione in cui le cure di cui trattasi non possono essere dispensate 
nello Stato membro nel cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale e in cui le prestazioni 
previste dalla normativa di questo Stato membro sono oggetto non di un�elencazione 
precisa di trattamenti o protocolli di cura, bens� di una definizione pi� generica di categorie 
o tipologie di trattamento o metodi di cura, l�art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento 
n. 1408/71 implica che, qualora sia dimostrato che il trattamento ipotizzato in un altro Stato 
membro rientra in una di queste categorie o corrisponde a una di queste tipologie, l�istituzione 
competente � obbligata a rilasciare all�iscritto al regime previdenziale l�autorizzazione necessaria 
ai fini del rimborso del costo di questo trattamento, quando il trattamento alternativo 
che pu� essere erogato in tempo utile nello Stato membro in cui egli risiede non presenta, 
come nell�ipotesi descritta dal giudice del rinvio, lo stesso grado di efficacia. 
� Sulla prima questione, relativa alla presunzione menzionata nella decisione di rinvio 
68 Ad integrazione di tale questione, il giudice del rinvio spiega che, in base alle indicazioni 
fornite nella causa principale dal Varhoven administrativen sad, qualora le cure ospedaliere 
prese in considerazione non possano essere fornite in Bulgaria, occorre presumere che dette 
cure non rientrino nei protocolli clinici rimborsabili da parte della NZOK e, viceversa, qualora 
dette cure siano rimborsate da quest�ultima, occorre presumere che esse possano essere prestate 
in Bulgaria. Questo giudice si interroga sulla conformit� di una siffatta presunzione con 
l�art. 22 del regolamento n. 1408/71, dato che detta presunzione porta alla conseguenza, a suo 
parere, che le due condizioni enunciate dall�art. 22, n. 2, secondo comma, possono essere soddisfatte 
solo nell�ipotesi in cui determinate cure che presentino lo stesso grado di efficacia 
siano praticate nello Stato membro di residenza, ma non possano esserlo in tempo utile. 
69 A questo proposito occorre constatare che dall�interpretazione dell�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71, formulata in occasione dell�esame delle questioni quarta 
e seconda, si evince che una decisione relativa a una domanda di autorizzazione richiesta ex 
art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non pu� essere basata su una siffatta presunzione. 
70 Infatti, in primo luogo, da quanto enunciato nel punto 62 della presente sentenza risulta 
che, da un lato, in ciascun caso si deve esaminare, in applicazione dei consueti principi ermeneutici 
e in base a criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli 
elementi rilevanti e i dati scientifici disponibili, se il metodo di trattamento di cui trattasi corrisponda 
a prestazioni previste dalla normativa nazionale e che, dall�altro, una domanda di 
autorizzazione preventiva non pu� essere respinta per il motivo che un siffatto metodo di trattamento 
non sia praticato nello Stato membro di residenza dell�iscritto al regime previdenziale. 
71 In secondo luogo, da quanto esposto nei punti 64-67 della presente sentenza si desume
44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
che una domanda di autorizzazione non pu� essere respinta quando cure identiche a quelle 
ipotizzate o che presentino lo stesso grado di efficacia non possono essere erogate nello Stato 
membro di residenza in tempo utile, circostanza che dev�essere parimenti verificata in ciascun 
caso. 
72 A parte il fatto che l�uso della presunzione menzionata nella prima questione formulata 
dal giudice del rinvio avrebbe l�effetto di restringere la portata dell�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71, essa porterebbe a introdurre un ostacolo alla libera prestazione 
dei servizi nel settore della sanit�, non giustificato dai motivi imperativi indicati nei 
punti 42 e 43 della presente sentenza. 
73 Alla luce di queste riflessioni, occorre risolvere le questioni prima, seconda e quarta dichiarando 
che, per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello 
Stato membro sul cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale, l�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71 dev�essere interpretato nel senso che un�autorizzazione 
richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non pu� essere negata: 
� se, quando le prestazioni previste dalla normativa nazionale sono oggetto di un elenco che 
non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bens� definisce 
alcune tipologie di trattamento rimborsate dall�istituzione competente, � accertato, in applicazione 
dei consueti principi ermeneutici e in seguito a un esame basato su criteri oggettivi e 
non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi medici pertinenti e i dati 
scientifici disponibili, che tale metodo di trattamento corrisponde a tipologie di prestazioni 
menzionate in detto elenco, e 
� se un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non pu� essere erogato 
in tempo utile nello Stato membro in cui risiede l�iscritto al regime previdenziale. 
Lo stesso articolo osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di 
autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, 
che le cure ospedaliere che non possono essere prestate nello Stato membro in cui risiede 
l�iscritto al regime previdenziale non rientrino tra le prestazioni il cui rimborso � previsto 
dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni 
possano essere fornite in detto Stato membro. 
Sulle questioni sesta e settima, relative alle modalit� di rimborso all�iscritto al regime previdenziale 
delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro 
74 Con le sue questioni sesta e settima, il giudice del rinvio chiede se il giudice nazionale 
debba obbligare l�istituzione competente a rilasciare all�iscritto al regime previdenziale il modello 
E 112 qualora esso ritenga che, persino quando le cure ospedaliere siano terminate nel 
momento in cui esso si pronuncia, il diniego di rilasciare tale documento sia illegale. Esso 
inoltre chiede se, in tal caso, le cure ospedaliere debbano essere rimborsate all�iscritto al regime 
previdenziale dall�istituzione competente o da quella del luogo in cui siano state prestate 
le cure e sino a che importo debba essere effettuato il rimborso, quando l�ammontare delle 
prestazioni previste dalla normativa dello Stato membro di residenza dell�iscritto al regime 
previdenziale sia diverso da quello delle prestazioni previste dallo Stato membro sul cui territorio 
le cure sono state prestate. 
75 A questo proposito occorre osservare che il rilascio di un�autorizzazione preventiva 
quale quella sotto forma del modello E 112 non sembra possa risultare utile quando le cure 
ospedaliere siano gi� state prestate all�iscritto al regime previdenziale, salvo eventualmente 
l�ipotesi in cui queste ultime non siano state ancora fatturate all�interessato o non siano stati 
ancora saldate. Al di fuori di quest�ipotesi, come illustrato nel punto 48 della presente sentenza,
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 45 
l�iscritto al regime previdenziale ha il diritto, in un caso del genere, ad ottenere direttamente 
il rimborso, da parte dell�istituzione competente, di un importo equivalente a quello che sarebbe 
stato normalmente rimborsato da quest�ultima qualora l�autorizzazione fosse stata debitamente 
rilasciata prima dell�inizio delle cure. 
76 In ogni caso, spetta al giudice nazionale obbligare l�istituzione competente, in osservanza 
delle norme nazionali di procedura, a rimborsare l�importo menzionato nel punto precedente. 
77 Quest�importo dev�essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione 
cui � soggetta l�istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure 
ospedaliere (v., in tal senso, sentenza Vanbraekel e a., cit., punto 32). 
78 Qualora l�importo del rimborso delle spese sostenute per le prestazioni ospedaliere fornite 
in uno Stato membro diverso da quello di residenza, che risulti dall�applicazione delle 
norme vigenti in quest�ultimo, sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la 
normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest�ultimo, 
l�istituzione competente deve inoltre concedere, in forza dell�art. 49 CE nell�interpretazione 
datane dalla Corte, un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra 
questi due importi (v., in tal senso, citate sentenze Vanbraekel e a., punti 38-52, nonch� Commissione/
Spagna, punti 56 e 57). 
79 La Corte ha precisato che, nell�ipotesi in cui la normativa dello Stato membro competente 
preveda la gratuit� dei trattamenti ospedalieri erogati nell�ambito di un servizio sanitario 
nazionale, e in cui la normativa dello Stato membro nel quale un paziente appartenente al 
detto servizio � stato, o avrebbe dovuto essere, autorizzato a ricevere un trattamento ospedaliero 
a spese di tale servizio non preveda un�assunzione integrale del costo del detto trattamento, 
dev�essere concesso a tale paziente, da parte dell�istituzione competente, un rimborso 
corrispondente alla differenza eventuale tra, da una parte, l�importo del costo, oggettivamente 
stimato, di un trattamento equivalente in un istituto del servizio di cui trattasi, non eccedente, 
se del caso, la misura dell�importo globale fatturato per il trattamento offerto nello Stato membro 
di soggiorno, e, dall�altra, l�importo per cui l�istituzione di tale ultimo Stato membro � 
tenuta ad intervenire, ai sensi dell�art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71, per 
conto dell�istituzione competente, in applicazione delle disposizioni della normativa di tale 
Stato membro (sentenza Watts, cit., punto 143). 
80 Occorre aggiungere che, come rilevato dall�avvocato generale nel paragrafo 85 delle 
sue conclusioni, gli iscritti a un regime previdenziale che ricevano cure ospedaliere in uno 
Stato membro diverso da quello di residenza senza chiedere un�autorizzazione ex art. 22, n. 
1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71 possono chiedere il rimborso di dette cure, in 
base all�art. 49 CE, solo nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia 
al quale sono iscritti (v., in tal senso, sentenza M�ller-Faur� e van Riet, punti 98 e 106). La 
stessa regola vale quando il diniego di rilascio di un�autorizzazione preventiva richiesta in 
base a detto art. 22 � fondato. 
81 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre rispondere alle questioni sesta e settima dichiarando 
quanto segue: 
� Quando � accertato che il diniego di rilascio di un�autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, 
lett.c), sub i), del regolamento n. 1408/71 non era fondato, e nel frattempo le cure ospedaliere 
siano state completate e le spese ad esse relative siano state sostenute dall�iscritto al regime 
previdenziale, il giudice nazionale deve obbligare l�istituzione competente, in osservanza 
delle norme nazionali di procedura, a rimborsare a detto iscritto l�importo che sarebbe stato 
normalmente saldato da quest�ultima qualora l�autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata.
46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
� Quest�importo dev�essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione 
cui � soggetta l�istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure 
ospedaliere. Qualora l�importo sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la 
normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest�ultimo, 
l�istituzione competente deve inoltre concedere alla persona iscritta al regime previdenziale 
un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra questi due importi, 
nei limiti delle spese effettivamente sostenute. 
Sulle spese 
82 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese 
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 
1) Il diritto dell�Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti 
decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore 
adito in sede d�impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di 
procedura, da valutazioni formulate in diritto dall�istanza superiore qualora esso ritenga, 
alla luce dell�interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni 
non siano conformi al diritto dell�Unione. 
2) Gli artt. 49 CE e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo 
all�applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori 
autonomi e ai loro familiari che si spostano all�interno della Comunit�, quale 
modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97, 
quale modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 
2006, n. 1992, ostano alla normativa di uno Stato membro interpretata nel senso 
che essa escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato 
membro in assenza di preventiva autorizzazione. 
3) Per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato 
membro sul cui territorio risiede l�iscritto al regime previdenziale, l�art. 22, n. 2, secondo 
comma, del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento n. 
118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, dev�essere interpretato nel senso 
che un�autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non pu� essere negata: 
� se, quando le prestazioni previste dalla normativa nazionale sono oggetto di un elenco 
che non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bens� 
definisce alcune tipologie di trattamento rimborsate dall�istituzione competente, � accertato, 
in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in seguito a un esame basato 
su criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi 
medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, che tale metodo di trattamento corrisponde 
a tipologie di prestazioni menzionate in detto elenco, e 
� se un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non pu� essere 
erogato in tempo utile nello Stato membro in cui risiede l�iscritto al regime previdenziale. 
Lo stesso articolo osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda 
di autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa 
disposizione, che le cure ospedaliere che non possono essere prestate nello Stato membro 
in cui risiede l�iscritto al regime previdenziale non rientrino tra le prestazioni il cui rimborso 
� previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 47 
rientranti tra dette prestazioni possano essere fornite in detto Stato membro. 
4) Quando � accertato che il diniego di rilascio di un�autorizzazione richiesta ex art. 
22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento 
n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, non era fondato, e 
nel frattempo le cure ospedaliere siano state completate e le spese ad esse relative siano 
state sostenute dall�iscritto al regime previdenziale, il giudice nazionale deve obbligare 
l�istituzione competente, in osservanza delle norme nazionali di procedura, a rimborsare 
a detto iscritto l�importo che sarebbe stato normalmente saldato da quest�ultima qualora 
l�autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata. 
Quest�importo dev�essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione 
cui � soggetta l�istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le 
cure ospedaliere. Qualora l�importo sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando 
la normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero 
in quest�ultimo, l�istituzione competente deve inoltre concedere alla persona 
iscritta al regime previdenziale un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza 
tra questi due importi, nei limiti delle spese effettivamente sostenute. 
C O N T E N Z I O S O 
N A Z I O N A L E 
La consultazione elettorale amministrativa e referendaria 
Le difese dell�Avvocatura e i pronunciamenti 
dei Giudici: il no allo �election day� 
IN ALLEGATO: a) memoria difensiva; b) ordinanza TAR Lazio, Sez. II bis, 1 aprile 2011 
n. 1190; c) ordinanza Consiglio di Stato, Sez. V, 19 aprile 2011 n. 1736; d) ordinanza Corte 
costituzionale del 13 maggio 2011 n. 169. 
All. a) 
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
DAVANTI L�ECC.MO T.A.R. LAZIO - SEZ. II Bis 
R.G. 2389/11 � C.C. 31.3.2011 
Cont. 12533/2011 � Avv. Borgo 
Memoria difensiva 
PER la Presidenza della Repubblica, in persona del Presidente pro tempore, la Presidenza del 
Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, il Ministero dell�Interno � Dipartimento 
per gli Affari Interni e Territoriali, in persona del Ministro pro tempore, e il Ministero 
della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, tutti rappresentati e difesi 
dall�Avvocatura Generale dello Stato, presso il cui Ufficio, in via dei Portoghesi n. 12, sono 
legalmente domiciliati 
- resistenti 
nel giudizio promosso da: CODACONS, Comitato promotore dei referendum ambientali e 
per il diritto ad esprimersi nelle consultazioni referendarie di giugno 2011 e dal sig. G.P., tutti 
rappresentati e difesi dagli avv.ti C. Rienzi, M. Tabano e M. Ramadori 
- ricorrenti 
Ritenuto impugnativamente il ricorso avversario, si eccepisce e deduce quanto segue. 
INAMMISSIBILITA� e/o INFONDATEZZA DEL RICORSO AVVERSARIO 
Il ricorso avversario si appalesa manifestamente inammissibile. 
Per quanto concerne il sig. G.P., si evidenzia come lo stesso abbia proposto l�odierno ricorso 
nella sua qualit� di elettore. 
Al proposito, giova osservare che l�art. 130 del codice del processo amministrativo, stabilendo 
che un cittadino elettore dell�ente della cui elezione si tratta pu� proporre ricorso riguardo al-
50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
l�elezione degli organi dell�amministrazione, delimita la relativa impugnativa agli atti del procedimento 
elettorale �successivi all�emanazione dei comizi elettorali�. 
L�azione popolare prevista da tale disposizione (come quella contemplata dal previgente art. 
83/11 del D.P.R. n. 570/60, abrogato a fare data dall�entrata in vigore del c.p.a.) non si estende, 
quindi, all�impugnativa dei provvedimenti di indizione delle elezioni, per la cui impugnabilit� 
occorre una situazione soggettiva legittimante alla proposizione del ricorso costituita dalla 
contestuale presenza della legittimazione ad agire e dell�interesse al ricorso (cfr. Cons. Stato, 
sez. V, sentenza 20 maggio 2009, n. 3109). 
Non configura, all�evidenza, tale situazione soggettiva l�interesse rappresentato dal prefato 
ricorrente ad �esercitare la partecipazione politica in linea con il disposto dell�art. 1 Cost. 
che attribuisce la sovranit� al popolo che lo esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, 
adottando soluzioni organizzative e procedurali che non sacrifichino la democrazia diretta�. 
Tale interesse, infatti, che non trova un appiglio in alcuna norma dell�ordinamento, si configura 
come un interesse di mero fatto, non idoneo a concretizzare una posizione legittimante alla 
proposizione del ricorso giurisdizionale di cui trattasi. 
Quanto al Comitato promotore dei referendum ambientali e per il diritto ad esprimersi nelle 
consultazioni referendarie di giugno 2011, non pu� non evidenziarsi come la Corte Costituzionale 
abbia, in svariate occasioni, affermato come il decreto di indizione del referendum 
non sia idoneo ad incidere, neanche astrattamente, sulla sfera di attribuzioni costituzionalmente 
garantite al comitato promotore; ci� in quanto l�art. 34, primo comma, della legge n. 
352 del 1970 attribuisce al Consiglio dei ministri un ampio potere di valutazione nell�effettuare 
la proposta al Presidente della Repubblica � cui spetta l�adozione del relativo provvedimento 
formale � sia in ordine al momento di indizione del referendum, sia per quanto attiene alla 
fissazione della data della consultazione referendaria, ponendo quale unico limite indeclinabile 
che le relative operazioni di voto si svolgano tra il 15 aprile e il 15 giugno; che, pertanto, rientra 
nella sfera delle attribuzioni del comitato la pretesa allo svolgimento delle operazioni di 
voto referendario, una volta compiuta la procedura di verifica della legittimit� e della costituzionalit� 
delle relative domande; ma non anche . in assenza di situazioni eccezionali (non 
rinvenibili nel caso di specie) . la pretesa di interferire sulla scelta governativa, tra le molteplici, 
legittime opzioni, della data all�interno del periodo prestabilito� (cos� ordinanze n. 38 
del 2008, n. 198 del 2005 e n. 131 del 1997). 
Pi� in particolare, con l�ordinanza n. 131/97, la Consulta ha recisamente escluso che il Comitato 
promotore di un referendum abrogativo possa pretendere il c.d. abbinamento della tornata 
elettorale referendaria con quella delle elezioni amministrative. 
Quanto, infine, alla posizione del CODACONS, questa Difesa rileva come le stesse finalit� 
statutarie della prefata associazione (finalit� richiamate, peraltro, nello stesso ricorso introduttivo 
del presente giudizio) escludano, in radice, la sussistenza, in capo al CODACONS, di 
una situazione soggettiva legittimante alla proposizione dell�odierno ricorso. 
Non vi � chi non veda, infatti, come il mancato svolgimento del c.d. �election day� non possa 
tradursi in una lesione degli interessi dei consumatori. 
Al proposito, non vale evidenziare, come fatto dal CODACONS, che il mancato abbinamento 
della tornata elettorale referendaria con quella delle elezioni amministrative si traduce in un 
esborso economico per la collettivit� in quanto tale pregiudizio non riguarda certamente i consumatori. 
Il ricorso avversario si appalesa inammissibile anche con riferimento all�oggetto dello stesso, 
per difetto assoluto di giurisdizione.
CONTENZIOSO NAZIONALE 51 
Ed invero, sia il Decreto del Ministro dell�Interno che la previa delibera del Consiglio dei Ministri 
di fissazione della data delle elezioni amministrative sono sottratti al sindacato di qualsivoglia 
organo giurisdizionale, trattandosi di �atti politici�; questi ultimi atti non possono 
che essere qualificati come �atti politici�, sia sotto il profilo soggettivo (in quanto provenienti 
da Organi di Governo preposti all�indirizzo ed alla direzione al massimo livello delle attivit� 
pubbliche), sia sotto il profilo oggettivo (in quanto attinenti a scelte di specifico rilevo costituzionale 
e politico relative al funzionamento in modo organico e coordinato dei pubblici poteri 
e delle istituzioni dello Stato), come ampiamente sottolineato dalla giurisprudenza 
amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1053; Sez. V, 23 gennaio 2007, 
n. 209; Sez. VI, 22 gennaio 2002, n. 360; Sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1397). 
Al proposito, si evidenzia che l�indizione dei referendum avviene con Decreto del Presidente 
della Repubblica su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell�art. 34 
della Legge 25 maggio 1970, n. 352. 
La fissazione della data della consultazione referendaria � frutto, quindi, di valutazioni, di carattere 
eminentemente politico, dell�esecutivo nella sua totalit� e non su proposta del Ministro 
dell�Interno, nell�ambito della finestra temporale (15 aprile � 15 giugno) prevista dal predetto 
articolo 34, 1� comma. 
Il carattere eminentemente politico della scelta della data referendaria si pu� dedurre anche 
dal fatto che non esiste nella nostra legislazione alcuna disposizione di legge che consenta 
l�abbinato svolgimento delle elezioni amministrative con i referendum; il Decreto Legge 3 
maggio 1976, n. 161, convertito con Legge 14 maggio 1976, n. 240, prevede l�armonizzazione 
di diversi procedimenti elettorali e consente lo svolgimento contemporaneo delle elezioni politiche 
con le regionali e le amministrative, comprese le regionali della Sicilia e le comunali 
del Trentino Alto Adige, e non dispone alcunch� riguardo alla consultazione referendaria. 
Attualmente, quindi, l�eventuale abbinamento delle elezioni amministrative con i referendum 
necessita di un�apposita disposizione normativa che renda compatibili ed uniformi alcuni 
aspetti dei procedimenti elettorali interessati che, altrimenti, trovano in pi� punti discipline 
divergenti, quali il riparto delle spese comuni tra o Stato e gli enti locali, il numero degli scrutatori 
previsti in numero diverso nei procedimenti elettorali in parola, l�ordine dello scrutinio 
delle schede, oltre alla precisazione delle norme che debbono trovare applicazione presso gli 
uffici elettorali di sezione in relazione agli adempimenti comuni alle varie consultazioni. 
L�unico caso di abbinamento tra referendum abrogativi ed elezioni europee ed amministrative 
� avvenuto nel 2009 ed � stato espressamente consentito, in via transitoria, con la legge 28 
aprile 2009, n. 40; in quella occasione, si � reso indispensabile l�abbinamento del turno elettorale 
per il particolare calendario imposto dalle date delle elezioni europee che, per normativa 
U.E., si sono svolte nella prima settimana di giugno 2009 e che sono tradizionalmente abbinate 
alle amministrative. 
Nella particolare circostanza, il mancato abbinamento del secondo turno di amministrative 
con i referendum avrebbe comportato la chiamata del corpo elettorale in tre successive e continuative 
settimane dello stesso mese di giugno, con oggettivi, inevitabili disagi per gli elettori 
e prevedibile disaffezione nei confronti dell�esercizio del diritto di elettorato attivo. 
Ma, ove anche si volesse ritenere ammissibile l�avverso ricorso, lo stesso dovrebbe, comunque, 
essere dichiarato infondato. 
Ed invero, quand�anche si volesse qualificare alla stregua di un atto amministrativo la proposta 
del Consiglio dei Ministri emessa nella fase preparatoria di fissazione della data di votazione, 
tuttavia la decisione di abbinare in un�unica tornata elettorale le amministrative e i referendum
52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
non potrebbe prescindere dalla volont� del Legislatore che, nel caso specifico, deve dettare 
prima la norma. 
A questo proposito, occorre precisare che proprio per la particolarit� del procedimento referendario, 
nel quale peraltro la partecipazione al voto costituisce di per s� espressione del consenso 
dell�elettorato ai quesiti proposti, si � cercato in passato di evitare la contemporanea 
celebrazione di troppe consultazioni di diversa natura, sia per evitare la sovrapposizione di 
temi di campagna referendaria con la propaganda elettorale, sia per limitare quanto pi� possibile 
i disagi ai seggi elettorali; infatti, l�eventuale abbinamento delle amministrative con i 
quattro referendum popolari abrogativi determinerebbe per un numero elevato di elettori 
l�esercizio del voto con un numero eccessivo di schede, che in alcuni comuni potrebbero 
essere anche sei, di cui due per le elezioni provinciali e comunali (o comunali e circoscrizionali) 
e quattro per i referendum; schede completamente diverse, che sottendono differenti modalit� 
di voto a seconda della consultazione cui si riferiscono, ed il cui numero porterebbe ad 
un aumento delle difficolt� e dei presumibili errori sia degli elettori nell�esercizio del diritto 
di voto, sia dei componenti del seggio in sede di scrutinio. 
La concentrazione del voto amministrativo e referendario determinerebbe inevitabilmente 
l�allungamento del tempo di permanenza di ciascun elettore all�interno delle cabine elettorali, 
con il rischio di file e lunghi tempi di attesa. Inoltre, il disorientamento sarebbe accentuato 
per i cittadini italiani residenti all�estero, i quali potrebbero, contemporaneamente, votare per 
corrispondenza all�estero per i referendum, dovendo, invece, votare nei seggi elettorali dei 
comuni di iscrizione per le elezioni provinciali e comunali. 
Lo spoglio delle schede per le elezioni provinciali, di quelle comunali (queste ultime caratterizzate 
dall�espressione delle preferenze e dal voto disgiunto nei comuni superiori ai 15.000 
abitanti) e in taluni casi anche di quelle circoscrizionali � particolarmente lungo e complesso. 
L�inserimento nella stessa giornata anche dello scrutinio relativo alle quattro schede dei referendum 
potrebbe portare in molte sezioni notevoli difficolt� nel concludere le operazioni di 
scrutinio, con possibili ricadute sui tempi di diffusione dei dati e sulla stessa regolarit� dello 
spoglio. 
In conclusione, la scelta di natura squisitamente politica che induce il Legislatore in primo 
luogo a valutare l�opportunit� di riunire il turno elettorale (con l�implicita valutazione degli 
aspetti economici che tale scelta comporta) e in secondo luogo a regolare l�abbinamento, e la 
susseguente fase anch�essa di natura politica e non amministrativa della fissazione delle date 
di convocazione dell�elettorato, consentono di superare i motivi riportati nel ricorso. 
Ci� esposto, si insiste per l�accoglimento delle seguenti 
CONCLUSIONI 
Voglia l�adito Tribunale Amministrativo Regionale 
- respingere l�istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati; 
- nel merito, dichiarare il ricorso avversario inammissibile e/o infondato. 
Il tutto con vittoria di spese e compensi del giudizio. 
Roma, 27 marzo 2011 
Maurizio BORGO 
Avvocato dello Stato
CONTENZIOSO NAZIONALE 53 
All. b) 
N. 01190/2011 REG.ORD.CAU. 
N. 02389/2011 REG.RIC. 
REPUBBLICA ITALIANA 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio 
(Sezione Seconda Bis) 
ha pronunciato la presente 
ORDINANZA 
sul ricorso numero di registro generale 2389 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto 
da: 
Codacons, �Comitato promotore dei referendum ambientali e per il diritto ad esprimersi nelle 
consultazioni referendarie di Giugno 2011�, Giovanni Pignoloni, rappresentati e difesi dagli 
Avv. ti Gino Giuliano, Marco Ramadori, Carlo Rienzi, Mariacristina Tabano, con domicilio 
eletto presso Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, v.le G. Mazzini, 73; 
contro 
Presidenza della Repubblica, in persona del Presidente p.t., Presidenza del Consiglio dei Ministri, 
in persona del Presidente p.t.; Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.; Ministero 
della Giustizia, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e 
difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 
12; Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio; Comune di 
Milano, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio; 
Comune di Torino, non costituitosi in giudizio; 
nei confronti di 
Pdl - Popolo delle Libert�, non costituitosi in giudizio; 
Pd - Partito Democratico, non costituitosi in giudizio; 
e con l'intervento di 
ad adiuvandum: 
Italia dei Valori, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. Sergio 
Scicchitano, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via E. Faa' di 
Bruno, 4; 
per l'annullamento 
previa sospensione dell'efficacia, 
- in parte qua del Decreto del Ministro dell'Interno con cui � stata fissata per il 15 - 16 maggio 
2011 la data delle elezioni amministrative, 
nonch� della proposta del Ministro dell�Interno e della conseguente deliberazione del Consiglio 
dei Ministri del 23 marzo 2011, recante la determinazione della data di celebrazione di 
quattro referendum abrogativi. 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del 
Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno, del Ministero della Giustizia; 
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in 
via incidentale dalla parte ricorrente; 
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.; 
Visti tutti gli atti della causa; 
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; 
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2011 il dott. Francesco Arzillo e uditi
54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
per le parti i difensori avv.ti C. Rienzi, G. Giuliano, M. Iavazzo per delega S. Schicchitano e 
Avv. dello Stato M. Borgo; 
Considerato in fatto e in diritto: 
a) che il ricorso � sostanzialmente volto a censurare il mancato accorpamento dei referendum 
abrogativi con le elezioni amministrative del 2011 in un�unica data (cd. �Election day�); 
b) che nel contesto del ricorso vanno quindi considerate unitariamente l�impugnazione del 
D.M. che ha fissato la data delle elezioni amministrative per il 15-16 maggio 2011 e l�impugnazione 
degli atti aventi ad oggetto la fissazione della data della consultazione referendaria 
per il 12 e 13 giugno 2011 (vedi comunicato Cons. Min. n. 133 del 23.3.2011), in quanto l�impugnazione 
del primo atto viene qui in considerazione solo per il profilo omissivo del mancato 
abbinamento delle date in questione; 
c) che il ricorso muove dal presupposto della ritenuta estraneit� degli atti impugnati dal novero 
dei cd. �atti politici�, ed � volto a far valere una posizione giuridica prospettata, in buona sostanza, 
nei termini di un interesse legittimo al corretto e ragionevole esercizio del potere di 
fissazione delle date delle rispettive consultazioni; 
d) che in linea di principio - e nonostante alcuni avvisi giurisprudenziali in senso contrario - 
pu� ragionevolmente ritenersi che il fatto che il referendum sia suscettibile di incidere con il 
suo esito finale sulla legislazione primaria (cd. funzione legislativa negativa) non comporti 
l�estensione di una qualificazione di natura legislativa a tutti gli atti del relativo procedimento 
(cfr. in senso conforme Consiglio di Stato, sez. VI, 19 maggio 2000, n. 2413/ord., che ha ritenuto 
sindacabili in linea di principio gli atti del procedimento referendario, segnatamente 
con riferimento ai profili lesivi della libert� e della segretezza delle scelte degli elettori); 
e) che gli atti impugnati non paiono - nei limiti della sommaria delibazione propria della sede 
cautelare - neppure riconducibili al pi� generale novero degli atti politici, trattandosi di atti 
applicativi della legislazione primaria, anche se coinvolgenti la partecipazione del Governo e 
del Presidente della Repubblica, e pur se connotati da un certo margine di discrezionalit� temporale, 
peraltro nei limiti rigidamente prefissati dalla legge; 
f) che conseguentemente neppure appare configurabile, sotto questo preliminare aspetto, un 
difetto assoluto di giurisdizione, non potendosi negare l�ammissibilit� della tutela giurisdizionale 
avverso gli atti amministrativi (art. 24 e 113 Cost.); 
g) che peraltro tutto ci� non esime dalla verifica della sussistenza degli specifici presupposti 
e delle condizioni per l�esercizio in concreto di siffatta tutela da parte di soggetti determinati, 
in relazione agli specifici profili azionati in giudizio; 
h) che la prima questione posta con il ricorso (in particolare con il primo e con il quarto motivo) 
attiene - in sintesi - alla violazione dell�art. 97 Cost. e del principio di ragionevolezza, a 
causa del forte aggravio di spesa che deriva dalla scelta di non accorpare la data di celebrazione 
del referendum con la data prevista per la consultazione elettorale amministrativa; 
i) che questo tipo di questione comporta un delicato bilanciamento dei vincoli normativi (con 
le connesse ripercussioni organizzative), nonch� delle indicazioni ricavabili dalla prassi finora 
seguita e dalle non univoche risultanze del dibattito dottrinale, con l�esigenza � sottolineata 
dai ricorrenti � di non aggravare irragionevolmente lo stato della finanza pubblica; 
l) che peraltro l�esigenza di non aggravare irragionevolmente lo stato della finanza pubblica, 
che � posta alla base dell�interesse azionato nel presente giudizio - e della quale il Collegio 
non disconosce la seriet� e la pregnanza - non pu� fondare un interesse legittimo tutelabile 
nella presente sede giurisdizionale, in quanto trattasi di interesse non settoriale, pienamente
CONTENZIOSO NAZIONALE 55 
coincidente con l�interesse dell�intera collettivit� nazionale e quindi non adeguatamente differenziato 
o individuato n� in capo al singolo elettore n� in capo al comitato promotore, e 
neppure in capo al CODACONS, non prevedendo d�altra parte l�ordinamento alcuna azione 
popolare al riguardo; 
m) che quindi sotto questo primo profilo il ricorso, in disparte ogni considerazione circa la 
sua meritevolezza, appare inammissibile; 
n) che la seconda questione - posta essenzialmente con il secondo e il terzo motivo di ricorso 
- attiene alla violazione della normativa costituzionale e ordinaria sui referendum e al connesso 
sviamento di potere, in relazione alla considerazione che celebrare i referendum dopo le elezioni 
amministrative significherebbe favorirne indebitamente il fallimento per mancato raggiungimento 
del quorum legale di partecipazione, determinando anche la violazione del 
canone della proporzionalit� dell�azione amministrativa in relazione alla finalit� partecipativa 
tipica dei meccanismi di democrazia diretta; 
o) che - a prescindere da ogni altro possibile rilievo preliminare anche in ordine alla legittimazione 
al ricorso - la questione non appare comunque assistita da consistenti elementi di 
fumus boni juris, alla luce del chiaro dettato della Corte costituzionale (cfr. da ultimo l�ordinanza 
n. 38/2008, che richiama le precedenti ordinanze n. 198/2005 e n. 131/1997), secondo 
cui: 
- �l'art. 34, primo comma, della citata legge n. 352 del 1970 attribuisce al Consiglio dei ministri 
un ampio potere di valutazione nell'effettuare la proposta al Presidente della Repubblica - cui 
spetta l'adozione del relativo provvedimento formale - sia in ordine al momento di indizione 
del referendum, sia per quanto attiene alla fissazione della data della consultazione referendaria, 
ponendo quale unico limite indeclinabile che le relative operazioni di voto si svolgano 
tra il 15 aprile e il 15 giugno�; 
- �rientra nella sfera delle attribuzioni del comitato la pretesa allo svolgimento delle operazioni 
di voto referendario, una volta compiuta la procedura di verifica della legittimit� e della costituzionalit� 
delle relative domande; ma non anche - in assenza di situazioni eccezionali - la 
pretesa di interferire sulla scelta governativa, tra le molteplici, legittime opzioni, della data 
all'interno del periodo prestabilito�; 
p) che al riguardo, in sede di sommaria delibazione, appaiono prive di eccezionalit� le circostanze 
consistenti nell�inizio delle vacanze scolastiche e dei primi scaglioni di ferie nell'impiego 
pubblico e privato (Corte cost. ord. n. 198/2005), n� appaiono sussistere altre circostanze 
eccezionali, fermo restando quanto rilevato in precedenza in ordine alla rilevanza della questione 
finanziaria; 
P.Q.M. 
respinge l�istanza cautelare. 
Compensa le spese della presente fase cautelare. 
La presente ordinanza sar� eseguita dall'Amministrazione ed � depositata presso la segreteria 
del tribunale che provveder� a darne comunicazione alle parti. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2011 con l'intervento dei 
magistrati: 
Eduardo Pugliese, Presidente 
Antonio Vinciguerra, Consigliere 
Francesco Arzillo, Consigliere, Estensore
56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
All. c) 
N. 01736/2011 REG. PROV. CAU. 
N. 02760/2011 REG.RIC. 
REPUBBLICA ITALIANA 
Il Consiglio di Stato 
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 
ha pronunciato la presente 
ORDINANZA 
sul ricorso numero di registro generale 2760 del 2011, proposto da: 
Codacons, Comitato Promotore dei Referendum Ambientali e Giovaannni Pignoloni, rappresentati 
e difesi dagli avv. Carlo Rienzi e Marco Ramadori, con domicilio eletto presso Ufficio 
Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini N.73; 
contro 
Ministero dell'Interno, Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza 
della Repubblica, rappresentati e difesi dall'Maurizio Borgo, domiciliata per legge in 
Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di 
Comune di Milano, Comune di Napoli, Comune di Torino, Pdl-Il Popolo delle Libert�, Pd- 
Partito Democratico, Italia dei Valori; 
per la riforma 
dell' ordinanza cautelare del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 01190/2011, resa 
tra le parti, concernente dell' ordinanza sospensiva del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II 
BIS n. 01190/2011, resa tra le parti, concernente DECRETO DI FISSAZIONE PER IL 15 E 
16 MAGGIO 2011 DELLA DATA DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE - DETERMINAZIONE 
DATA DI CELEBRAZIONE DI QUATTRO REFERENDUM ABROGATIVI - 
MCP 
Visto l'art. 62 cod. proc. amm; 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
Visti tutti gli atti della causa; 
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ministero della Giustizia 
e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Presidenza della Repubblica; 
Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione 
della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado; 
Viste le memorie difensive; 
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2011 il Cons. Francesco Caringella e 
uditi per le parti gli avvocati Rienzi e l'Avvocato dello Stato Scaramucci; 
Rilevato, in punto di fatto, che: 
con il ricorso di prime cure gli odierni appellanti hanno impugnato, chiedendone la sospensione, 
il Decreto del Ministro dell'Interno con cui � stata fissata per il 15 ed il 16 maggio 2011 
la data delle elezioni amministrative e la proposta del Ministro dell�Interno e della conseguente 
deliberazione del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2011, recante la determinazione, per i 
giorni 12 e 13 giugno 2001, della data di celebrazione di quattro referendum abrogativi; 
il ricorso � sostanzialmente volto a censurare il mancato accorpamento dei referendum abrogativi 
con le elezioni amministrative del 2011 in un�unica data; 
con l�Ordinanza impugnata i Primi Giudici hanno negato l�invocata tutela cautelare; 
CONTENZIOSO NAZIONALE 57 
Ritenuto che l�appello cautelare non � suscettibile di accoglimento in ragione delle seguenti 
considerazioni in punto di diritto: 
- non merita accoglimento l�eccezione svolta dalla difesa erariale in merito alla natura politica 
della scelta delle date di celebrazione della consultazione referendaria, posto che si tratta di 
atti applicativi della legislazione primaria che, nell�ambito della cornice temporale fissata 
dall�art. 34 della legge 25 maggio 1970, n. 312, sono deputati ad una comparazione di interessi 
volta ad individuare la data pi� opportuna sulla scorta dell�esplicazione di una lata discrezionalit� 
amministrativa; 
-si tratta, in definitiva, di atti di alta amministrazione soggetti alla giurisdizione amministrativa 
in quanto non sussumibili nel novero degli atti e provvedimenti adottati emanati dal Governo 
nell�esercizio del potere politico ai sensi del comma 1 dell�art. 7 del codice del processo amministrativo 
(cfr., in materia, Consiglio di Stato, sez. VI, 19 maggio 2000, n. 2413/ord., che 
ha ritenuto sindacabili in linea di principio gli atti del procedimento referendario, segnatamente 
con riferimento ai profili lesivi della libert� e della segretezza delle scelte degli elettori); 
-merita condivisione l�affermazione del Primo Giudice in merito all�insussistenza, in capo ai 
ricorrenti, della legittimazione a fare valere le censure concernenti la violazione dell�art. 97 
Cost. e del principio di ragionevolezza, a causa del forte aggravio di spesa che deriverebbe 
dalla scelta di non accorpare la data di celebrazione del referendum con la data prevista per 
la consultazione elettorale amministrativa, in quanto l�esigenza di non aggravare irragionevolmente 
lo stato della finanza pubblica attiene ad un interesse generale della collettivit� nazionale 
rispetto al quale non risulta ravvisabile una posizione differenziata in capo alle parti 
ricorrenti idonea a radicare una posizione di interesse legittimo azionabile innanzi al giudice 
amministrativo; 
-non sussistono invece adeguati elementi di fumus con riguardo ai motivi tesi a stigmatizzare 
lo sviamento di potere evidenziato dal rischio di mancato raggiungimento del quorum - accentuato 
dalla scelta di celebrare i referendum dopo le elezioni amministrative- in una con la 
frustrazione del canone di proporzionalit� dell�azione amministrativa in relazione alla finalit� 
partecipativa che permea i meccanismi di democrazia diretta; 
- alla stregua dei principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. ordinanze 
n.n 38/2008, 198/2005 e n. 131/1997), l'art. 34, primo comma, della citata legge n. 352 
del 1970 attribuisce, infatti, al Consiglio dei ministri un ampio potere di valutazione nell'effettuare 
la proposta al Presidente della Repubblica - cui spetta l'adozione del relativo provvedimento 
formale - sia in ordine al momento di indizione del referendum, sia per quanto attiene 
alla fissazione della data della consultazione referendaria, ponendo quale unico limite indeclinabile 
che le relative operazioni di voto si svolgano tra il 15 aprile e il 15 giugno�; 
- dette pronunce hanno altres� chiarito che �rientra nella sfera delle attribuzioni del comitato 
la pretesa allo svolgimento delle operazioni di voto referendario, una volta compiuta la procedura 
di verifica della legittimit� e della costituzionalit� delle relative domande; ma non 
anche - in assenza di situazioni eccezionali - la pretesa di interferire sulla scelta governativa, 
tra le molteplici, legittime opzioni, della data all'interno del periodo prestabilito�; 
- nella specie le circostanze dedotte dalle parti ricorrenti, connesse all� inizio delle vacanze 
scolastiche e dei primi scaglioni di ferie nell'impiego pubblico e privato, non risultano assistite 
da detti profili di straordinariet� cos� come non risultano dedotte e comprovate altre situazioni 
eccezionali idonee ad inficiare la scelta di non procedere all�accorpamento posta in essere 
sula scorta di una comparazione degli interessi pubblici connotata dalla lata discrezionalit� 
di cui si � detto in precedenza;
58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 
Respinge l'appello (Ricorso numero: 2760/2011). 
Spese compensate. 
La presente ordinanza � depositata presso la segreteria della Sezione che provveder� a darne 
comunicazione alle parti. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2011 con l'intervento dei 
magistrati: 
Stefano Baccarini, Presidente 
Aldo Scola, Consigliere 
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore 
Carlo Saltelli, Consigliere 
Carlo Schilardi, Consigliere 
All. d) 
ORDINANZA N. 169 
ANNO 2011 
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: Presidente: Paolo MADDALENA; Giudici : Alfio FINOCCHIARO, 
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino 
CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro 
CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, 
ha pronunciato la seguente 
ORDINANZA 
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dei decreti del 
Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011, con i quali, viste le sentenze di ammissibilit� 
della Corte costituzionale nn. 24 e 26 del 2011, e vista la deliberazione del Consiglio dei ministri 
del 23 marzo 2011, sono stati indetti i due referendum, e sono stati convocati i relativi 
comizi per il giorno di domenica 12 giugno 2011, con prosecuzione delle operazioni di votazione 
nel giorno successivo, giudizio promosso da C.P., nella qualit� di presidente e legale 
rappresentante del Comitato promotore per il S� ai referendum per l�Acqua Pubblica, con ricorso 
depositato in cancelleria l�8 aprile 2011 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri 
dello Stato 2011, fase di ammissibilit�. 
Udito nella camera di consiglio dell�11 maggio 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese. 
Ritenuto che, con ricorso depositato l�8 aprile 2011, P.C., nella qualit� di presidente e legale 
rappresentante del Comitato promotore per il S� ai referendum per l�Acqua Pubblica � referendum 
ammessi da questa Corte con sentenze n. 24 e n. 26 del 2011 e riguardanti, il primo, 
l�art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo 
economico, la semplificazione, la competitivit�, la stabilizzazione della finanza pubblica e la 
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, 
come modificato dall�art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per 
lo sviluppo e l�internazionalizzazione delle imprese, nonch� in materia di energia), e dall�art. 
15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l�attuazione di ob-
CONTENZIOSO NAZIONALE 59 
blighi comunitari e per l�esecuzione di sentenze della Corte di giustizia della Comunit� europea), 
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166; il secondo, l�art. 
154, comma 1, del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) 
� ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Consiglio dei 
ministri, in riferimento ai decreti del Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011 che hanno 
indetto i referendum, in una data (12-13 giugno 2011) diversa da quella stabilita per le elezioni 
amministrative (15-16 maggio); 
che, con riguardo alla ammissibilit� del ricorso, sotto il profilo soggettivo, i ricorrenti ritengono 
pacifica la qualificazione del comitato promotore come potere dello Stato, richiamando 
l�orientamento costante di questa Corte, che risale all�ordinanza n. 17 del 1978, in base al 
quale il comitato promotore di un referendum, pur essendo figura soggettiva esterna rispetto 
allo Stato-apparato, � titolare di funzioni pubbliche tutelate dall�art. 75 della Costituzione; 
che, sotto il profilo oggettivo, i ricorrenti sostengono che il Governo abbia fatto cattivo uso 
del potere attribuitogli dall�art. 34 della legge 25 maggio 1970, n. 325 (Norme sui referendum 
previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), non avendo accorpato lo 
svolgimento dei referendum con le elezioni amministrative indette il 15-16 maggio 2011; 
che in tal modo, secondo i ricorrenti, il Governo � �lungi dall�implementare il mandato dell�art. 
3 Cost.�, nella parte in cui richiede la rimozione degli ostacoli che impediscono l�effettiva 
partecipazione all�organizzazione politica del paese � avrebbe compiuto una scelta irragionevole, 
�invasiv[a] e lesiv[a] di attribuzioni di rilievo costituzionale dei ricorrenti in quanto 
rappresentanti del popolo sovrano�, perch� il mancato accorpamento rivelerebbe un tentativo 
di elusione della richiesta referendaria, che contrasta con il principio d�imparzialit� nell�esercizio 
dei pubblici poteri e con il favor che assiste l�istituto referendario (art. 75 Cost.); 
che la decisione del Governo sarebbe altres� contraria al principio di buon andamento sancito 
dall�art. 97 Cost., in quanto il mancato accorpamento del referendum con le elezioni amministrative 
arrecherebbe un notevole danno alle finanze pubbliche, oltre che all�economia nazionale, 
e perci� violerebbe i criteri di efficienza, efficacia ed economicit� che connotano la 
buona azione amministrativa; 
che i ricorrenti richiamano le pronunce con le quali questa Corte ha chiarito che la discrezionalit� 
di cui gode il Governo nello scegliere la data delle consultazioni incontra il limite delle 
ipotesi in cui �sussistano oggettive situazioni di carattere eccezionale [...] idonee a determinare 
un�effettiva menomazione del diritto di voto referendario� (ordinanze n. 38 del 2008, n. 198 
del 2005 e n. 131 del 1997) e affermano che, nel caso specifico, siffatte situazioni oggettive 
di carattere eccezionale sarebbero rappresentate dalla duplice circostanza che �i comizi elettorali 
per le elezioni amministrative sono gi� stati convocati in date interne alla finestra referendaria
� e che il Paese sta attraversando una crisi economica di gravit� eccezionale, tale da 
rendere la scelta compiuta dal Governo irragionevole e lesiva dell�esercizio del diritto di voto 
referendario; 
che la determinazione da parte del Governo della data dei referendum sarebbe lesiva della 
sfera di attribuzioni dei ricorrenti perch� avvenuta in violazione del principio � immanente 
nell�ordinamento costituzionale � di leale collaborazione tra poteri, in base al quale tale data 
dovrebbe essere stabilita in concertazione con il comitato promotore e previa audizione dello 
stesso; 
che, poi, sorgerebbero dubbi di legittimit� costituzionale in relazione all�art. 34 della legge n. 
352 del 1970, nella parte in cui non prevede il coinvolgimento del comitato promotore nella 
determinazione della data d�indizione dei referendum, �unica fase di tutto il procedimento in
60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
cui esso non � chiamato in causa�; 
che, in ogni caso, anche se la legge non prevede la consultazione del comitato, �ci� non significa 
che il Governo non debba attenersi al principio di leale collaborazione tra poteri dello 
Stato, che trova applicazione ogni qual volta diversi poteri abbiano in cura il medesimo interesse 
(che in questo caso non pu� che essere l�esercizio della sovranit� popolare)�; 
che i ricorrenti chiedono, pertanto, che questa Corte pronunci un�ordinanza di sospensione 
ex art. 26 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 
2008, in considerazione �della durata minima necessaria di tale procedimento e dell�urgenza 
di una decisione che risolva il conflitto sollevato�; che �sollev[i] davanti a s� la questione di 
legittimit� costituzionale dell�art. 34 della legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non prevede 
che il comitato promotore del referendum partecipi con il Governo alla determinazione della 
data del referendum�; che �annull[i] i decreti del Presidente della Repubblica del 23 marzo 
2011 pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 4 aprile 2011 e indic[hi] la fissazione di una 
nuova data, coincidente con la data del primo turno delle elezioni amministrative (15-16 maggio) 
o con quella del secondo turno (29 maggio)�; che, �in subordine, qualora i tempi non 
consentano l�anticipazione delle consultazioni referendarie, posticip[i] la data delle elezioni 
amministrative al 12-13 giugno, massimizzando in tal modo il risparmio di denaro pubblico 
secondo quanto disposto dall�art. 97 Costituzione�; 
che, con memoria integrativa depositata il 19 aprile 2011, il comitato promotore lamenta che 
il mancato accorpamento della consultazione referendaria con le elezioni amministrative produrrebbe 
un ulteriore effetto negativo, consistente nella disinformazione degli elettori circa il 
suo svolgimento, ulteriormente acuito sia dalla mancata regolamentazione delle tribune referendarie 
da parte della Commissione per l�indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, 
sia dall�introduzione � a norma dell�art. 13 della legge 30 aprile 1999, n. 120 
(Disposizioni in materia di elezione degli organi degli enti locali, nonch� disposizioni sugli 
adempimenti in materia elettorale) � della tessera elettorale, che, dato il suo carattere permanente, 
non ha, a differenza del preesistente certificato elettorale, funzione di notifica rispetto 
alle consultazioni referendarie; 
che, infine, i ricorrenti formulano due richieste aggiuntive, invitando questa Corte a sollevare 
davanti a s� la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 13 della legge n. 120 del 1999, 
�nella parte in cui istituisce la tessera elettorale per tutte le consultazioni referendarie, senza 
considerare la particolarit� delle consultazioni referendari[e] data dall�elemento costitutivo 
di validit� del quorum�, e a �disporre che, anche nelle more della fissazione dell�udienza di 
merito, sia data agli elettori debita comunicazione, notificata personalmente, delle consultazioni 
referendarie del 12 e 13 giugno�. 
Considerato che, ai sensi dell�art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in questa fase questa 
Corte � chiamata a delibare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza 
contraddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi di un conflitto di attribuzione 
tra poteri dello Stato; 
che, sotto il profilo soggettivo, la giurisprudenza di questa Corte � costante nel ritenere che 
va riconosciuto agli elettori, in numero non inferiore a 500.000, sottoscrittori della richiesta 
di referendum � dei quali i promotori sono competenti a dichiarare la volont� in sede di conflitto 
� la titolarit�, nell�ambito della procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente 
rilevante e garantita, in quanto essi attivano la sovranit� popolare nell�esercizio dei 
poteri referendari (ex multis, ordinanze n. 172 del 2009, n. 38 del 2008 e n. 17 del 1978); 
CONTENZIOSO NAZIONALE 61 
che, ancora sotto il profilo soggettivo, il conflitto � proponibile nei confronti del Governo; 
che, in relazione al requisito oggettivo, occorre verificare se gli atti impugnati possano dar 
luogo a una lesione della sfera di attribuzioni che le norme costituzionali assegnano al comitato 
promotore; 
che, a questo proposito, i ricorrenti sostengono che il Governo abbia fatto cattivo uso del potere 
di fissazione della data del referendum, non avendone accorpato lo svolgimento con le 
elezioni amministrative e compiendo cos� una scelta irragionevole che rivelerebbe un tentativo 
di elusione della richiesta referendaria e che contrasterebbe con il principio di buon andamento 
sancito dall�art. 97 Cost., in quanto arrecherebbe un notevole danno alle finanze pubbliche; 
che questa Corte ha gi� chiarito che �rientra nella sfera delle attribuzioni del comitato la pretesa 
allo svolgimento delle operazioni di voto referendario, una volta compiuta la procedura 
di verifica della legittimit� e della costituzionalit� delle relative domande, ma non anche la 
pretesa alla scelta, tra le molteplici, legittime opzioni, della data entro l�arco temporale prestabilito
� (ordinanza n. 131 del 1997; ordinanze n. 38 del 2008 e n. 198 del 2005); 
che, inoltre, questa Corte ha affermato che �l�individuazione di un rigido e ristretto arco temporale, 
entro il quale deve essere tenuta la votazione, rivela che la valutazione dei possibili 
interessi coinvolti � stata effettuata dal legislatore, secondo la disciplina, di per s� non irragionevole, 
dettata dalla legge n. 352 del 1970 in un contesto procedimentale con puntuali 
scansioni temporali, che rende, nella fisiologia del sistema, non altrimenti vincolata la scelta 
della data all�interno del predetto arco temporale, salvo che sussistano oggettive situazioni di 
carattere eccezionale � [...] idonee a determinare un�effettiva menomazione dell�esercizio del 
diritto di voto referendario� (ordinanza n. 131 del 1997); 
che le situazioni considerate �eccezionali� dal comitato promotore sono in realt� circostanze 
ordinarie e, in ogni caso, riferibili a situazioni �esterne� o di contesto: esse non incidono direttamente 
sul diritto di voto referendario e non ne precludono l�esercizio; 
che, pertanto, in assenza di tali oggettive situazioni di carattere eccezionale, il mancato accorpamento 
dei referendum con le elezioni amministrative di per s� non agevola, ma neppure 
ostacola, lo svolgimento delle operazioni di voto referendario e non � suscettibile di incidere 
sulle attribuzioni costituzionalmente garantite del comitato promotore; 
che, non essendo configurabile, in ordine alla scelta della data, una specifica potest� costituzionalmente 
garantita del comitato promotore, risulta inconferente il richiamo al principio di 
leale collaborazione: esso in tanto pu� trovare applicazione in quanto vi sia l�esigenza di coordinare 
l�esercizio di prerogative analoghe spettanti a poteri diversi che concorrono alla cura 
di un medesimo interesse costituzionalmente rilevante, n� sussistono i presupposti affinch� 
questa Corte sollevi dinanzi a s� la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 34 della 
legge n. 352 del 1970, secondo quanto richiesto dai ricorrenti; 
che, quanto al presunto contrasto della scelta governativa con il principio di buon andamento, 
occorre osservare che, in assenza di situazioni oggettive di carattere eccezionale, nella fissazione 
della data del referendum spetta al Governo, nell�ambito della cornice temporale definita 
dalla legge, �la valutazione dei possibili interessi coinvolti� (ordinanza n. 131 del 1997), tra 
i quali rientra anche quello al contenimento della spesa; 
che anche le circostanze menzionate nella censura secondo cui il mancato accorpamento 
avrebbe l�effetto di disinformare gli elettori circa lo svolgimento della consultazione referendaria 
e che tale effetto di disinformazione sarebbe ulteriormente acuito dall�introduzione, a 
norma dell�art. 13 della legge 30 aprile 1999, n. 120, della tessera elettorale � a prescindere 
dalla ammissibilit� di tale censura, perch� avanzata solo nella memoria integrativa � non in-
62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
troducono ostacoli che impediscono lo svolgimento delle operazioni di voto referendario e, 
quindi, non ledono le attribuzioni del comitato promotore costituzionalmente garantite dall�art. 
75 Cost.; 
che, in conclusione, assorbita ogni altra questione, il ricorso per conflitto di attribuzione � 
inammissibile per mancanza del requisito oggettivo. 
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto 
dal Comitato promotore per il S� ai referendum per l�Acqua Pubblica nei confronti del Consiglio 
dei ministri con ricorso indicato in epigrafe. 
Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 
2011. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 63 
Intervento �creativo� delle Sezioni Unite 
Negata l�applicabilit� della regola del foro erariale 
ai giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative 
(Corte di cassazione, sezioni unite civili: ordd. nn. 23285 e 23286 del 18 novembre 2010) 
SOMMARIO: 1. Il decisum delle Sezioni Unite. - 2. La quaestio iuris (presupposta sul piano 
logico-giuridico) del rito applicabile ai giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative. 
- 2.1. La tesi dell�applicazione del rito speciale. - 2.2. La tesi dell�applicazione del rito 
ordinario. - 2.3. I recenti arresti della Corte di cassazione in favore dell�applicazione del rito 
ordinario. - 3. Le implicazioni processuali derivanti dall�applicazione del rito ordinario. - 4. 
Le Sezioni Unite �creano� un nuovo rito a carattere misto: speciale quanto alla competenza 
ed ordinario quanto alla forma dell�atto introduttivo, alle modalit� di svolgimento ed alla necessit� 
della difesa tecnica. - 4.1. La reale portata delle deroghe all�operativit� del foro erariale 
poste dall�art. 7 r.d. 1611/1933. - 4.2. La motivazione sviluppata dalle Sezioni Unite. - 
5. Valicati i limiti dell�applicazione analogica. - 6. L�operativit� della regola del foro erariale 
quale necessaria conseguenza dell�applicazione del rito ordinario ai procedimenti di appello 
relativi a giudizi in materia di sanzioni amministrative. - 6.1. Foro erariale e ripartizione 
degli affari tra la sede centrale e le sezioni distaccate dei tribunali e delle corti di appello. 
1. Il decisum delle Sezioni Unite 
Con ordinanze nn. 23285/10 e 23286/10, emesse in sede di regolamento 
di competenza richiesto d�ufficio ex art. 45 c.p.c., le Sezioni Unite della Corte 
di cassazione hanno affermato il principio di diritto secondo il quale �La regola 
del foro erariale non � applicabile ai giudizi di appello in materia di sanzioni 
amministrative� (1). 
Nel caso concreto, i giudici di legittimit� hanno ritenuto che la competenza 
del tribunale, in funzione di giudice di appello, si determini secondo le 
norme ordinarie: deve farsi riferimento, pertanto, al tribunale nella cui circoscrizione 
ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza di primo 
grado, con conseguente inapplicabilit�, ratione materiae, dell�art. 25 c.p.c. e 
dell�art. 6 del regio decreto n. 1611 del 1933. 
L�orientamento recentemente espresso dal Supremo Collegio appare meritevole 
di rilievi critici, sia sotto il profilo dell�iter motivazionale che nelle 
conclusioni applicative. 
2. La quaestio iuris (presupposta sul piano logico-giuridico) del rito applicabile 
ai giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative 
Al fine di procedere ad una corretta individuazione del tribunale compe- 
(1) Conforme, Cass., SS.UU., ord. n. 23594 del 22 novembre 2010, emessa in sede di regolamento 
necessario di competenza ex art. 42 del codice di rito.
64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tente, in funzione di giudice d�appello, a decidere sul gravame proposto avverso 
una sentenza del giudice di pace emessa all�esito di un giudizio di opposizione 
a sanzione amministrativa ex artt. 22 ss. della legge n. 689 del 1981 
(2), occorre preliminarmente esaminare, in modo approfondito, la questione 
giuridica del rito applicabile, nella materia in esame, al procedimento di secondo 
grado. 
L�art. 26 del decreto legislativo n. 40 del 2006 � nell�introdurre (mediante 
l�abrogazione dell�ultimo comma dell�art. 23 della legge n. 689 del 1981 (3)) 
l�appellabilit� delle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di opposizione 
alle sanzioni amministrative � non ha espressamente individuato il rito 
applicabile al procedimento di gravame. 
Due le opzioni interpretative ipotizzabili: 
a) quella dell�estensione al secondo grado di giudizio delle regole processuali 
speciali previste, per il procedimento di prime cure, dagli artt. 22 ss. 
della legge n. 689 del 1981, in base ad un asserito principio giuridico generale 
di �ultrattivit� del rito�; 
b) quella dell�applicazione al secondo grado di giudizio � in mancanza 
di una disciplina derogatoria all�uopo dettata dal legislatore � del rito ordinario 
previsto dagli artt. 341 ss. c.p.c., ritenuto regola generale cui ricorrere ove non 
diversamente disposto dalla normativa di riferimento. 
2.1. La tesi dell�applicazione del rito speciale 
L�estensione al procedimento di gravame delle speciali regole processuali 
disciplinanti il primo grado di giudizio � stata sostenuta in dottrina (4) e da 
una parte minoritaria della giurisprudenza di merito (5). 
(2) Il problema dell�applicabilit� o meno del foro erariale ai procedimenti di appello relativi a 
giudizi in materia di sanzioni amministrative non si pone, invero, nella sola ipotesi in cui la sentenza di 
primo grado sia stata pronunciata dal giudice di pace (come nel caso concreto deciso dalla Suprema 
Corte con le ordinanze in commento), secondo la regola generale di attribuzione della competenza prevista 
dall�art. 22-bis, comma 1, della legge n. 689 del 1981, bens�, potenzialmente, anche nell�ipotesi in 
cui, ai sensi dell�art. 22-bis, commi 2 e 3, della legge n. 689 citata, a decidere in prime cure sia il tribunale. 
Ove, infatti, ricorra tale ultima fattispecie, occorrer� domandarsi, in termini analoghi, se la cognizione 
della relativa impugnazione debba essere attribuita, secondo le disposizioni dell�ordinamento 
giudiziario, alla sede centrale ovvero alla sede distaccata (ove eventualmente istituita) della Corte di appello 
del distretto, atteso che, in generale, la ripartizione interna degli affari tra sede centrale e sezioni 
distaccate degli uffici giudiziari � strettamente influenzata, qualora sia parte del giudizio un�amministrazione 
dello Stato o ad essa equiparata, dal concreto operare della regola del foro erariale, la cui applicazione 
� idonea a radicare la controversia esclusivamente presso la sede centrale dell�ufficio 
giudiziario, in quanto coincidente con il luogo in cui ha sede l�ufficio dell�Avvocatura dello Stato: il 
tema verr� pi� diffusamente approfondito infra, paragrafo 6.1. 
(3) Prima dell�abrogazione operata dalla novella legislativa richiamata nel testo, l�ultimo comma 
dell�art. 23 della citata legge n. 689 cos� disponeva: �La sentenza � inappellabile ma � ricorribile per 
cassazione�. 
(4) Cfr. F. P. LUISO, L�appello in materia di opposizione alle sanzioni amministrative, in Giur. 
merito, 2007, nn. 7-8, pp. 1906.
CONTENZIOSO NAZIONALE 65 
In estrema sintesi, le principali argomentazioni addotte dagli assertori dell�approccio 
ermeneutico in esame possono ricondursi: 
- all�opportunit� di continuit� fra rito del procedimento di primo grado e 
rito del procedimento di appello, al fine di assicurare il perdurante rispetto 
della volont� del legislatore, che, in considerazione della peculiarit� della materia, 
ha inteso disciplinare con regole processuali speciali il primo grado di 
giudizio; 
- alla configurabilit� di un principio giuridico generale di �ultrattivit� del 
rito�, ricavabile dalla ratio ispiratrice della disciplina normativa di altri riti 
speciali previsti dall�ordinamento processuale vigente, in cui la specialit� del 
rito contraddistingue sia il primo che il secondo grado di giudizio (si fa l�esempio, 
tra gli altri, degli artt. 433 ss. c.p.c., disciplinanti con carattere di specialit� 
il secondo grado del processo del lavoro), con la conseguenza che, nella materia 
delle opposizioni a sanzioni amministrative, la peculiare e specifica procedura 
dettata dagli artt. 22 ss. della legge n. 689 del 1981 � destinata a trovare 
applicazione � in mancanza di una disciplina espressa ed in forza dell�esposto 
principio generale di ultrattivit� � anche in sede di gravame, eccezion fatta per 
le norme incompatibili (cfr. art. 359 c.p.c.) con quanto specificamente disposto 
dagli artt. 341 ss c.p.c. per l�ordinario procedimento di appello (6); 
- alla ritenuta genericit� dell'art. 359 c.p.c. (secondo cui nel procedimento 
di appello �si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento 
di primo grado davanti al tribunale�, salva l'incompatibilit� con le 
norme specifiche dettate dal legislatore per il giudizio di appello), atteso che 
tale norma non precisa quali siano le �norme dettate per il procedimento di 
primo grado davanti al tribunale� applicabili al giudizio di appello: rimane 
aperta, pertanto, la questione se le norme richiamate siano sempre e comunque 
quelle del rito ordinario oppure quelle del rito speciale previsto per la materia, 
giacch�, pi� propriamente, il rinvio operato da tale norma non sarebbe agli 
artt. 163 s.s. bens� ad ogni norma dettata per il procedimento di primo grado 
davanti al tribunale. 
(5) Cfr. Trib. Viterbo, sent. 24 gennaio 2008, in Giur. merito, 2008, n. 4, p. 973, con nota critica 
di A. MIRENDA, Sanzioni amministrative: la questione del rito d�appello avverso la sentenza del giudice 
di pace, ibidem, p. 974; Trib. Bari, sez. III, sent. 18 ottobre 2010 n. 3124; Id., sent. 22 aprile 2010 n. 
1410; Id., sent. 8 aprile 2010. 
(6) Secondo Trib. Bari, sez. III, sent. 18 ottobre 2010, citata, il principio della ultrattivit� del rito 
ҏ stato inoltre espressamente affermato dalla Corte di Cassazione, con portata generale, a proposito 
della forma con la quale proporre appello avverso le sentenze emesse a seguito di un giudizio possessorio 
ritualmente introdotto in primo grado con la forma del ricorso. La Suprema Corte, infatti, confermando 
la proponibilit� dell'appello nella forma del ricorso, ha precisato che detto principio trae 
origine da quanto avviene nelle controversie in materia di lavoro e in quelle in materia di famiglia 
(Cass. n. 13564/2003)�. Come, tuttavia, meglio si illustrer� infra, 2.2, il precedente di legittimit� richiamato 
in tale pronuncia viene utilizzato, sotto diverso angolo visuale e per giungere a conclusioni opposte 
a quelle del giudice barese, anche dai sostenitori dell�applicazione del rito ordinario. 
66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
2.2. La tesi dell�applicazione del rito ordinario 
L�applicazione del rito ordinario di cui agli artt. 341 ss. c.p.c. � stata, viceversa, 
operata, fin dall�entrata in vigore dell�art. 26 del decreto legislativo n. 
40 del 2006, dalla giurisprudenza di merito assolutamente prevalente (7), avallata 
da recenti arresti nomofilattici (sui quali, vedi infra, 2.3.). 
I principali argomenti dei fautori della tesi ordinarista si fondano: 
- sulla valenza sistematica della disciplina dell�appello dettata dagli artt. 
339 ss. c.p.c., avente natura di rito generale ordinario di secondo grado, in 
quanto tale funzionalmente idoneo a regolare tutti i gravami di merito (8), ove 
difetti (come, per l�appunto, nella materia delle sanzioni amministrative) una 
diversa previsione di legge, non essendo sussistente, nel nostro ordinamento, 
un principio generale di omogeneit� dei riti nei diversi gradi di giudizio, stante 
l'assenza di fondamento normativo del c.d. principio di ultrattivit� del rito, 
anche se speciale, seguito in primo grado; 
- sulla ritenuta prevalenza del rito ordinario sui riti speciali, alla luce del 
combinato disposto degli artt. 359 e 40, comma terzo, c.p.c., tenuto conto, altres�, 
della settorialit� e peculiarit� del rito di cui all�art. 23 della legge n. 689 
del 1981: ne consegue che il rinvio operato dall�art. 359 c.p.c. � da ritenere limitato 
alla sola disciplina codicistica di cui agli artt. 163 ss. del medesimo codice;
- sulla ritenuta inidoneit� delle regole processuali speciali di cui agli artt. 
22 ss. della legge n. 689 del 1981 a disciplinare il procedimento di gravame, in 
quanto incompatibili con la natura e la funzione di quest�ultimo; 
- sulla qualificazione della mancata espressa estensione all�appello del rito 
speciale regolatore del procedimento di primo grado in termini di scelta volontaria 
per il rito ordinario da parte del legislatore, che, ove ha voluto disciplinare 
con norme speciali il giudizio di gravame, lo ha fatto espressamente (come � 
avvenuto, ad esempio, nel processo del lavoro: cfr. artt. 433 ss. c.p.c. (9)). 
(7) Cfr. Trib. Tivoli, sent. 4 febbraio 2011 n. 149; Trib. Catania, ord. 30 settembre � 4 ottobre 
2010; Trib. Busto Arsizio, sent. 14 maggio 2010; Trib. Catania, ord. 19-22 febbraio 2010; Trib. Firenze, 
sent. 17 giugno 2009 n. 2096; Trib. Saluzzo, sent. 27 maggio 2009 n. 224; C. App. Milano, sent. 29 
aprile 2009, in Foro Padano, 2010, n. 1, parte I, p. 52; Trib. Ascoli Piceno, sent. 20 marzo 2009, in Dir. 
e Lav. Marche, 2009, nn. 1-2, p. 93; Trib. Roma, sez. XIII, sent. 6 novembre 2008; Trib. Torino, sez. III, 
sent. 3 novembre 2008; Trib. Torino, sent. 31 ottobre 2008; Trib. Modena, sez. I, sent. 7 ottobre 2008; 
Trib. Reggio Calabria, sez. I, sent. 9 luglio 2007; Trib. Torino, sez. III, sent. 18 giugno 2007, in Giur. 
Merito, 2008, n. 4, p. 970, con nota adesiva di A. MIRENDA, Sanzioni amministrative: la questione del 
rito d�appello avverso la sentenza del giudice di pace, ibidem, p. 974; C. App. Salerno, ord. 31 maggio 
2007; Trib. Verona, sent. 29 marzo 2007; Trib. Torino, sez. III, ord. 15 gennaio 2007. 
(8) Tale principio, enunciato costantemente dalla giurisprudenza favorevole all�applicazione del 
rito ordinario, viene ricavato dalla lettura della sentenza della Corte di cassazione n. 13564/2003, dalla 
quale, pertanto, vengono ricavate indicazioni opposte a quelle ritenute deducibili dalla giurisprudenza 
favorevole all�applicazione del rito speciale: vedi supra, nota 6. 
(9) Per una pi� ampia ricognizione normativa, accompagnata da riferimenti all�elaborazione giurisprudenziale, 
si rinvia a A. MIRENDA, op. cit., nota 5.
CONTENZIOSO NAZIONALE 67 
2.3. I recenti arresti della Corte di cassazione in favore dell�applicazione del 
rito ordinario 
Come acutamente osservato dalla giurisprudenza di merito (10), la Corte 
di cassazione sembrava avere avallato l'orientamento favorevole all�applicazione 
del rito ordinario gi� con l�ordinanza n. 14520 del 19 giugno 2009. 
In tale occasione, in effetti, la Suprema Corte ha profilato l'applicabilit� 
delle norme previste dal capo I del titolo III del codice di procedura civile e 
non gi� delle disposizioni del rito speciale di cui alla legge n. 689 del 1981, attesa 
la complessit� del giudizio di gravame, per cui esso deve svolgersi dinanzi 
al tribunale secondo le regole ordinarie, che rendono necessaria la difesa tecnica 
e che si armonizzano con la disciplina dettata in materia di appello dal capo II 
del titolo III del codice di procedura civile. 
Recentemente, i giudici di legittimit� hanno preso nettamente posizione 
in favore del rito ordinario, esplicitamente affermando che �nei giudizi di appello 
aventi ad oggetto opposizioni a sanzioni amministrative introdotte con il 
rito di cui alla L. n. 689 del 1981, si applica il rito ordinario, restando esclusa 
l'ultrattivit� del rito speciale di cui alla legge citata�(11). 
3. Le implicazioni processuali derivanti dall�applicazione del rito ordinario 
Prima dell�intervento delle Sezioni Unite con le ordinanze in esame, la 
giurisprudenza, sulla base della ritenuta applicabilit� del rito ordinario ha, con 
esito logico e coerente, affermato che: 
a) il procedimento di gravame debba essere introdotto con le modalit� e 
le forme dell�atto di citazione (e non del ricorso, come previsto dal rito regolatore 
del primo grado di giudizio) (12); 
b) l�individuazione del giudice competente debba essere effettuata con 
l�osservanza della regola generale del c.d. foro erariale (art. 25 c.p.c.; artt. 6 e 
7 r.d. 1611/1933) (13); 
c) le parti debbano stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente 
esercente, con espressa esclusione, in sede di gravame, della difesa 
(10) Cfr. Trib. Busto Arsizio, sent. 14 maggio 2010, citata. 
(11) In termini: Cass, sez. II civ., ord. 6 aprile 2011 n. 7903; Id., ord. 8 aprile 2011 n. 8105. Tali 
pronunce, invero, non si soffermano sul dibattito relativo al rito applicabile ai procedimenti di appello, 
ma motivano l�opzione ermeneutica prescelta attraverso il mero richiamo all�ordinanza delle Sezioni 
Unite n. 23285 del 18 novembre 2010, in commento, nella parte in cui essa afferma che �nel giudizio di 
gravame vanno osservate, in quanto applicabili e nei limiti della compatibilit�, le norme ordinarie che 
disciplinano lo svolgimento di quello di primo grado davanti al tribunale, come dispone l�art. 359 c.p.c.. 
L�introduzione di una deroga a questo generale principio - mediante l�estensione al procedimento di 
appello di tutte o alcune delle speciali regole dettate per il primo (e allora unico) grado di merito delle 
cause di opposizione in materia di sanzioni amministrative - avrebbe potuto essere ravvisata soltanto 
in presenza di un�esplicita disposizione in tal senso�. 
(12) Si veda, in tal senso, la giurisprudenza indicata sub note 7 e 11. 
(13) La questione verr� approfondita infra, paragrafo 6 e 6.1.
68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
personale, consentita, per il solo primo grado di giudizio, dall�art. 23, comma 
4, della legge n. 689 del 1981 (14). 
4. Le Sezioni Unite �creano� un nuovo rito a carattere misto: speciale quanto 
alla competenza ed ordinario quanto alla forma dell�atto introduttivo, alle modalit� 
di svolgimento ed alla necessit� della difesa tecnica 
Appare necessario ripercorrere i passaggi motivazionali rilevanti della 
pronuncia del Supremo Collegio (ordinanza n. 23285/10): 
�... La questione che le sezioni unite sono chiamate a risolvere � se il gravame 
contro i provvedimenti del giudice di pace, ove sia parte un'amministrazione 
statale, debba essere proposto al tribunale del circondario, secondo la 
previsione dell'art. 341 c.p.c., oppure all'eventualmente diverso tribunale del 
capoluogo del distretto, a norma del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 7. Quest'ultima 
tesi � contrastata dal Tribunale di Palermo, essenzialmente, in base 
al principio della "ultrattivit� del rito�, dal quale viene fatta discendere l'applicabilit�, 
nei giudizi di appello aventi per oggetto sanzioni amministrative, 
delle particolari norme procedurali stabilite per il primo grado � L'assunto 
non � condivisibile. Il legislatore si � limitato ad assoggettare ad appello le 
sentenze e le ordinanze di cui si tratta, senza null'altro disporre. Ne consegue 
che nel giudizio di gravame vanno osservate, in quanto applicabili e nei limiti 
della compatibilit�, le norme ordinarie che disciplinano lo svolgimento di 
quello di primo grado davanti al tribunale, come dispone l'art. 359 c.p.c. ��. 
Proseguono le Sezioni Unite escludendo che, in sede di gravame, possa 
trovare applicazione la facolt� di difesa personale delle parti, ammessa in 
primo grado dall�art. 23, comma 4, della legge n. 689 del 1981: e ci� in ragione 
�� di quanto si � prima osservato a proposito della mancanza di una espressa 
previsione legislativa di "ultrattivit� del rito�, che estenda all'appello l'applicabilit� 
delle norme suddette, e in particolare di quella ora in considerazione: 
mancanza del resto giustificata dal maggiore tecnicismo che caratterizza i 
(14) In tal senso, cfr. Cass., ord. 19 giugno 2009 n. 14520, che, respingendo il ricorso avverso la 
sentenza che aveva dichiarato inammissibile l�appello proposto dalla parte personalmente, ha affermato 
il principio secondo cui �In tema di opposizione a sanzione amministrativa � la difesa personale della 
parte consentita dall�art. 23, quarto comma, della stessa legge � prevista esclusivamente per il giudizio 
di primo grado, non trovando applicazione anche per il giudizio di appello, per il quale, in assenza di 
alcuna specifica previsione contraria, si applica la regola generale di cui al terzo comma dell�art. 82 
cod.proc.civ., secondo cui davanti al tribunale e alla corte di appello la parte deve stare in giudizio con 
il ministero di un procuratore legalmente esercente�. 
In senso conforme, cfr. Trib. Tivoli, sent. 4 febbraio 2011; Trib. Torino, sez. III, sent. 15 gennaio 2007. 
Del resto, la Corte di cassazione aveva gi� avuto modo di affermare che �la disposizione dell�art. 23 
della Legge 24 novembre 1981 n. 689 - che consente la difesa personale delle parti - nel procedimento 
di opposizione ad ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzioni pecuniarie per infrazioni amministrative 
- non � applicabile nel giudizio di cassazione�: Cass., sez. I civ., 19 febbraio 1992 n. 2058, in 
Giust. civ., 1992, I, p. 2105.
CONTENZIOSO NAZIONALE 69 
procedimenti di impugnazione e che comporta la necessit� del patrocinio professionale, 
richiesto peraltro dall'art. 82 c.p.c., per tutti i giudizi davanti al 
tribunale ��. 
L�inapplicabilit� della regola del foro erariale ai procedimenti di appello 
in materia di sanzioni amministrative viene, allora, fondata dal Supremo Collegio 
su un mero ed acritico richiamo ad un precedente delle stesse Sezioni 
Unite (Cass., SS.UU., 2 luglio 2008 n. 18036), formatosi sulla questione relativa 
alla perdurante vigenza del primo e secondo comma dell�art. 7 r.d. 
1611/1933. Infatti, l�applicazione della �� regola del "foro erariale", stabilita 
per la generalit� delle "cause nelle quali � parte un'amministrazione dello 
Stato� dall�art. 25 c.p.c. � � tuttavia esclusa dall'art. 7, comma 1 del testo 
unico sopra citato (regio decreto n. 1611 del 1933, ndr), tra l'altro, "per i giudizi 
innanzi ai pretori", ma riaffermata dal comma 2 per "l'appello dalle sentenze 
dei pretori ... pronunciate nei giudizi suddetti�. Investita della questione 
relativa alla perdurante vigenza di tali disposizioni, che non sono state aggiornate 
in seguito all'abolizione del giudice unico di primo grado, questa 
Corte ha deciso che le controversie che, prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 
n. 51 del 1988, erano attribuite alla competenza del pretore per limiti di valore 
e che sono, in base al vigente art. 9 cod. proc. civ. ed al D.Lgs. n. 51 del 1998, 
art. 244 di competenza del tribunale in composizione monocratica, sono soggette 
alle regole processuali del c.d. foro erariale di cui all'art. 25 cod. proc. 
civ. e al R.D. n. 1611 del 1933, art. 6 dovendosi ritenere implicitamente abrogato 
per incompatibilit� "in parte qua" il R.D. n. 1611 del 1933, art. 7 che 
stabiliva l'inapplicabilit� della regola del foro erariale nelle cause di competenza 
del pretore, soggiungendo per� che ci� non esclude che la disciplina 
del foro erariale sia derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore 
(controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, 
sulla disciplina dell'immigrazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia 
manifesto l'intento di determinare la competenza per territorio sulla base di 
elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del 
foro erariale e, perci�, destinati a prevalere su questa (Cass. s.u. 2 luglio 2008 
n. 18036) ...�. 
Ci� premesso, il Supremo Collegio, con l�ordinanza in esame, estende ai 
procedimenti di gravame il sopra enunciato principio, che il citato precedente 
del 2008 limitava espressamente ai procedimenti davanti al tribunale ove 
l�esclusione del foro erariale fosse prevista da speciali disposizioni di legge: 
�� I due commi dell�art. 7 del testo unico sono infatti strettamente collegati, 
poich� il secondo fa riferimento esclusivamente ai giudizi suddetti, menzionati 
nell'altro, nel cui ambito non sono comprese le cause di opposizione in materia 
di sanzioni amministrative, che sono comunque esenti dalla regola del "foro 
erariale�. Ad esse risultano pertanto inapplicabili le due disposizioni suddette, 
che a tale regola apportano una deroga e che ne ripristinano l�operativit�,
70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
rispettivamente per il primo e il secondo grado di giudizio ��. 
E� evidente come, in materia di opposizione a sanzioni amministrative, il 
Supremo Collegio ritenga applicabile anche ai procedimenti di gravame il criterio 
di radicamento della competenza davanti al giudice del luogo di commissione 
della violazione: foro speciale previsto, in realt�, soltanto per il primo 
grado di giudizio, dall�art. 22 l. 689/1981. 
Non pu� tacersi, allora, la palese incongruenza e contraddittoriet� del ragionamento 
articolato dalla Corte di legittimit�, che, pur ripudiando chiaramente 
la tesi dell�ultrattivit� del rito in favore dell�applicazione del rito 
ordinario (con coerente affermazione della necessit� della difesa tecnica in 
sede di gravame), attinge, per l�individuazione del giudice d�appello territorialmente 
competente, al rito speciale disciplinante il procedimento di prime 
cure, facendo riferimento proprio al luogo della commessa violazione ex art. 
22 della legge n. 689 del 1981. 
Per tale via, le Sezioni Unite sono giunte di fatto a �creare� un nuovo rito 
a carattere misto: speciale quanto alla competenza ed ordinario quanto alla 
forma dell�atto introduttivo, alle modalit� di svolgimento ed alla necessit� 
della difesa tecnica. 
4.1. La reale portata delle deroghe all�operativit� del foro erariale poste dall�art. 
7 r.d. 1611/1933 
Al fine di cogliere l�intrinseca contraddittoriet� della motivazione sviluppata 
dalla Suprema Corte, occorre esaminare, nella sua reale portata, la normativa 
di riferimento. 
Per ci� che specificamente rileva in questa sede, l�art. 7 del regio decreto 
n. 1611 del 1933 dispone, al primo comma, che �Le norme ordinarie di competenza 
rimangono ferme, anche quando sia in causa un'Amministrazione 
dello Stato, per i giudizi innanzi ai pretori (15) ed ai giudici di pace (16) ��. 
Il successivo capoverso precisa, tuttavia, che �L'appello delle sentenze dei pretori 
e delle sentenze dei tribunali, pronunciate nei giudizi suddetti, � proposto 
rispettivamente innanzi al tribunale ed alla corte d'appello del luogo dove ha 
sede l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto le sentenze furono pronunciate�. 
Il primo comma della norma in esame pone, pertanto, espresse eccezioni 
alla regola del foro erariale (procedimenti davanti ai pretori ed ai giudici di 
(15) L�art. 1 del decreto legislativo n. 51 del 1998 ha soppresso, a decorrere dal 2 giugno 1999, 
l�ufficio del pretore, prevedendo che �fuori dei casi in cui � diversamente disposto dal medesimo decreto, 
le competenze del pretore sono trasferite al tribunale ordinario�. 
(16) L�originario riferimento ai conciliatori � da intendersi cos� sostituito ai sensi dell�art. 39 
della legge n. 374 del 1991, a norma del quale �in tutte le disposizioni di legge in cui vengono usate le 
espressioni �conciliatore�, �giudice conciliatore� e �vice conciliatore� ovvero �ufficio di conciliazione�, 
queste debbono intendersi sostituite rispettivamente con le espressioni �giudice di pace� e 
�ufficio del giudice di pace��.
CONTENZIOSO NAZIONALE 71 
pace, procedimenti esecutivi e fallimentari, procedimenti di cui agli attuali 
artt. 482 ss. e 590 ss. del codice della navigazione). 
Tali eccezioni sono, tuttavia, chiaramente limitate al procedimento di 
primo grado. Il secondo comma dello stesso art. 7, infatti, precisa che il foro 
erariale rivive in sede di appello proposto avverso le sentenze dei pretori e le 
sentenze dei tribunali pronunciate nei procedimenti di cui al primo comma 
(nei procedimenti, cio�, per i quali in primo grado �, invece, espressamente 
esclusa l�applicazione del foro erariale). 
Si coglie agevolmente la ratio legis sottesa al dato normativo, volto ad 
assicurare al foro erariale la valenza di regola generale di determinazione della 
competenza, derogabile soltanto in presenza di norme di legge che espressamente 
prevedano l�applicazione delle norme ordinarie (�, per l�appunto, il caso 
dei procedimenti di prime cure di cui al primo comma dell�art. 7 del regio decreto 
n. 1611 del 1933) o di norme speciali all�uopo dettate (come, ad esempio, 
avviene per il processo del lavoro: cfr. art. 413, comma 6, c.p.c.) ovvero in 
presenza di una norma sulla competenza di carattere speciale, indicativa della 
volont� del legislatore di determinare un peculiare radicamento della competenza 
in ragione di particolari esigenze di tutela (17). 
Tale criterio ermeneutico � seguito dalla giurisprudenza di legittimit�, la 
quale, ormai pacificamente, ritiene operante, salve le sopra indicate deroghe 
espresse di legge, la regola generale del foro erariale: 
- nei procedimenti di primo grado davanti al tribunale, attinenti a materie 
prima rientranti nella competenza pretorile (18); 
- nei procedimenti di appello davanti al tribunale avverso le sentenze pronunciate 
in primo grado dai giudici di pace (19). 
(17) Esempi di fori speciali prevalenti sul foro erariale vengono, ad esempio, individuati dalla 
giurisprudenza nel luogo di commissione della violazione ex art. 22 l. 689/1981 (cfr. Cass civ., ord. n. 
14057/2004) e nel luogo di residenza del ricorrente ex art. 30, comma 6, d.lgs. 268/1998 (cfr. Cass. 
civ., sent. n. 11862/2004). I principi esposti sono stati recentemente ribaditi da Cass., SS.UU., 2 luglio 
2008 n. 18036. 
(18) In tal senso si � orientata la giurisprudenza di legittimit� assolutamente prevalente (cfr. 
Cass., sez. I civ., ord. n. 10415/2005; Cass., sez. I civ., 21 marzo 2003, n. 4212; Cass., sez. I civ., 22 
ottobre 2003, n. 15853. Contra, nel senso che il riferimento ai �giudizi innanzi ai pretori� contenuto 
nel primo comma dell�art. 7 del regio decreto n. 1611 del 1933, in ordine ai quali le norme ordinarie 
di competenza rimangono ferme anche quando sia in causa un�amministrazione dello Stato, deve oggi 
intendersi riferito ai �giudizi innanzi ai tribunali in composizione monocratica gi� attribuiti alla competenza 
dei pretori�, cfr. Cass. civ., 28 marzo 2006 n. 6992), recentemente avallata dalle sezioni unite 
(cfr. Cass., SS.UU., 2 luglio 2008 n. 18036). 
(19) E' stato, infatti, puntualizzato dalla Suprema Corte che sussiste la competenza del foro erariale, 
ex artt. 25 c.p.c. e 7, comma 2, del regio decreto n. 1611 del 1933, per le cause di appello avverso 
le sentenze emesse dal giudice di pace, pur essendo rimasta immutata la originaria formulazione letterale 
di detta norma di legge a seguito delle riforme ordinamentali e processuali comportanti l'introduzione 
dell'ufficio del giudice di pace. Tale conclusione � giustificata dalla interpretazione evolutiva 
della norma, coerente alla sua ratio legis, consistente nel recupero, in grado di appello, per evidenti 
esigenze organizzative di concentrazione delle attivit� dell'Avvocatura dello Stato, della speciale com-
72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
4.2. La motivazione sviluppata dalle Sezioni Unite. 
Come gi� evidenziato supra, paragrafo 4, il percorso motivazionale delle 
ordinanze in commento viene sviluppato, essenzialmente, attraverso il richiamo 
di un precedente delle stesse Sezioni Unite: si tratta, precisamente, 
della pronuncia del 2 luglio 2008 n. 18036. 
Ebbene, tale precedente appare, alla luce di quanto esposto al sottoparagrafo 
precedente, impropriamente citato. 
A ben guardare, infatti, la decisione a sezioni unite del 2 luglio 2008 n. 
18036, nel dirimere un contrasto sorto in giurisprudenza, altro non fa che ribadire 
l�orientamento gi� prevalente, secondo cui le controversie che, prima 
dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 51 del 1988, erano attribuite alla competenza 
del pretore e che sono successivamente transitate nella competenza del tribunale 
in composizione monocratica, sono soggette alle regole processuali del 
c.d. foro erariale, precisando, per�, che ci� non esclude che la disciplina del 
foro erariale sia derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore 
(controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, sulla 
disciplina dell'immigrazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto 
l'intento di determinare la competenza per territorio sulla base di elementi 
diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale 
e, perci�, destinati a prevalere su questa (e, in verit�, anche sotto questo profilo 
nessun elemento di novit� appare rinvenirsi rispetto alle gi� consolidate posipetenza 
del foro erariale di cui all'art. 6 del predetto regio decreto n. 1611 del 1933 (in tal senso, cfr. 
Cass. 19781/08; Cass. 17579/07). In senso conforme, cfr. Trib. Napoli, 16 gennaio 2004, in Foro Italiano, 
2004, 1, p. 2577. 
Si riporta, in quanto particolarmente significativo, il percorso motivazionale seguito da Cass., sez. III 
civ., ord. 26 settembre 2008 n. 24245: �� La disposizione di cui al comma 1, dell'art. 7 (del r.d. 
1611/1933, nota dell�odierno commentatore), relativamente ai giudizi davanti al giudice di pace (gi� 
ai giudizi davanti ai conciliatori) rappresenta una applicazione coerente del principio fissato dall'art. 
6 dello stesso testo normativo, secondo cui la competenza per le cause, nelle quali � parte un'amministrazione 
dello Stato, spetta al tribunale o alla corte d'appello del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura 
dello Stato, nel cui distretto si trova il tribunale o la corte d'appello che sarebbe competente 
secondo le norme ordinarie, per cui da alcuni il precetto relativo all'esclusione del privilegium fisci 
per i giudizi davanti al giudice di pace � apparso superfluo, essendo il foro erariale limitato, come 
principio generale, solo al tribunale ed alla Corte di appello. Il R.D. n. 1611 del 1933, art. 7, comma 
2, riconferma il foro erariale in sede di appello avverso le sentenze del pretore e del tribunale emesse 
nei giudizi di cui al comma 1. Nulla dice in merito all'appello avverso le sentenze del giudice laico 
(attualmente giudice di pace), ma l'omissione si spiega con il fatto che la disciplina vigente all'epoca 
del R.D. n. 1611 del 1933, attribuiva tali impugnazioni al pretore, con conseguente esclusione del foro 
dello Stato. Alla luce del novellato art. 341 c.p.c., stante il quale l'appello avverso le pronunzie del 
giudice di pace si propone al Tribunale, appare legittimo individuare tale giudice secondo il principio 
generale di cui all'art. 6 del R.D., in assenza di una norma derogatrice di tale principio, allorch� il 
tribunale decida quale giudice di appello (senza la necessit� di giungere allo stesso risultato attraverso 
un'interpretazione estensiva del R.D. n. 1611 del 1933, art. 7, comma 2, sostenuta da parte della dottrina). 
Ne consegue che competente territorialmente per l'appello avverso le sentenze del giudice di 
pace emesse nei confronti dello Stato � il tribunale del luogo ove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello 
Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 73 
zioni pretorie). 
Partendo da tali premesse logiche e coerenti, le Sezioni Unite, con le ordinanze 
del 18 novembre 2010, in commento, compiono, tuttavia, un passo in 
avanti, forse eccessivamente ardito, che entra in radicale frizione con la coerenza 
intrinseca del sistema normativo sopra descritto e con l�interpretazione, 
altrettanto logica e coerente, che di esso aveva fornito fino ad allora la giurisprudenza. 
Il Supremo Collegio giunge, infatti, ad estendere ai procedimenti di secondo 
grado � ai quali, pure, ritiene applicabile il rito ordinario � lo speciale 
criterio di competenza previsto dall�art. 22 della legge n. 689 del 1981, bench� 
tale criterio sia previsto espressamente dal legislatore con esclusivo riferimento 
al primo grado di giudizio. 
E� evidente l�erroneit� di un siffatto argomentare. 
Viene, infatti, affermato il principio secondo cui la deroga ad una regola 
generale, quella del foro erariale, pu� essere operata attraverso l�applicazione 
analogica di una norma eccezionale, in assenza di una norma espressa di legge. 
In altri termini, si finisce con il ritenere che la competenza (speciale) dettata 
per il primo grado di giudizio valga sempre e comunque anche per il secondo 
grado, pur in difetto di norma che disponga in tal senso (20). 
L�illogicit� della pronuncia delle Sezioni Unite emerge senza margine di 
dubbio se solo si considera che, a seguirne il ragionamento, si dovrebbe giungere 
alla inaccettabile conclusione di escludere, sempre e comunque, in contraddizione 
con il pacifico insegnamento giurisprudenziale (21), l�operativit� 
del foro dello Stato in tutti i giudizi di appello avverso sentenze dei giudici di 
pace (non soltanto quelli in materia di sanzioni amministrative), e ci� per il 
solo fatto che, in primo grado, i relativi procedimenti sono soggetti alle norme 
ordinarie di competenza. 
(20) Anche sotto tale profilo, la recente posizione delle Sezioni Unite rompe con il passato. In 
precedenza, infatti, la giurisprudenza, in presenza di una norma speciale sulla competenza dettata soltanto 
per il primo grado, aveva sempre pacificamente ritenuto la reviviscenza in appello del foro erariale, 
in quanto regola generale operante in mancanza di espresse norme derogatorie. Si �, ad esempio, 
ritenuto che �Secondo la disciplina del cosiddetto foro erariale (che prevede una competenza territoriale 
inderogabile), nel giudizio in cui sia parte, ancorch� non abbia origine, un'Amministrazione dello 
Stato, la competenza a conoscere dell'appello avverso la sentenza emessa dal pretore spetta al tribunale 
del luogo in cui ha sede l'ufficio della Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il tribunale che 
sarebbe stato competente secondo le norme ordinarie, ancorch� la sentenza impugnata sia stata resa 
dal pretore in funzione di giudice del lavoro� (in termini, Cass., sez. I, sent. 10 giugno 1983 n. 4002; 
in senso conforme, Cass., sez. lav., sent. 23 maggio 1984 n. 3155; Cass., sez. II civ., sent. 03 novembre 
1998 n. 10983). 
(21) Cfr. Cass., sez. III civ., ord. 26 settembre 2008 n. 24245, che, nel cassare la sentenza impugnata, 
sconfessa l�interpretazione fornita dal giudice d�appello, secondo cui, anche in sede di gravame, 
dovrebbero operare le norme ordinarie di competenza (e non la regola del foro erariale), sulla base di 
un asserito principio di continuit� con il procedimento di primo davanti al giudice di pace, in cui l�applicazione 
del foro dello Stato � espressamente esclusa dalla legge. 
74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
E� palese, allora, l�incongruenza di tale posizione rispetto al dato normativo, 
se � vero che lo stesso secondo comma dell�art. 7 del regio decreto n. 1611 
del 1933 afferma inequivocabilmente l�operativit�, in sede di gravame, del foro 
erariale per i procedimenti che, in primo grado, sono soggetti, ai sensi del primo 
comma della medesima disposizione, alle regole ordinarie di competenza. 
La norma appena esaminata �, infatti, espressione della ratio legis (del 
tutto opposta rispetto a quella ravvisata dalle Sezioni Unite) secondo cui il foro 
erariale � regola generale, derogabile soltanto in presenza di norme espresse di 
legge: le norme speciali sulla competenza, pertanto, in quanto norme eccezionali, 
non sono suscettibili di applicazione analogica. 
Quest�ultima precisazione appare assumere rilievo decisivo e merita, pertanto, 
un approfondimento. 
5. Valicati i limiti dell�applicazione analogica 
Come correttamente osservato in giurisprudenza, �� il d.lgs. 2 febbraio 
2006 n. 40 ha previsto, all'art. 26, l'appellabilit� delle sentenze del Giudice di 
pace in materia di opposizione alle sanzioni amministrative senza nulla disporre 
in ordine al rito applicabile nel giudizio di appello, che non era per� 
nemmeno disciplinato dalla L. n. 689/81 in considerazione della non appellabilit� 
delle relative sentenze. N� tra le fonti normative vi � una disposizione 
esplicita che risolva la questione�(22). 
L�abrogazione dell�ultimo comma dell�art. 23 della legge n. 689 del 1981, 
introducendo l�appellabilit� delle sentenze pronunciate all�esito delle opposizioni 
ad ordinanza-ingiunzione, ha determinato una lacuna normativa in ordine 
al rito applicabile al procedimento di gravame. 
L�individuazione della regula iuris non pu� conseguire, pertanto, ad una 
mera attivit� interpretativa, per quanto estensiva (23), ma deve essere frutto di 
(22) In termini, Trib. Viterbo, sent. 24 gennaio 2008, citata. 
(23) Secondo la migliore dottrina, l�analogia �si differenzia dall�interpretazione estensiva, per le 
seguenti caratteristiche: 1) per invocare l�analogia, occorre la mancanza di una norma che regoli la materia 
di cui si tratta: mancanza di una specifica voluntas legis, oltre che di espressa dichiarazione legislativa; 
2) l�interpretazione serve a conoscere ci� che il legislatore ha pensato, l�analogia ci� che il 
legislatore avrebbe pensato se avesse previsto il caso; 3) l�analogia, infine, scopre (il corsivo � dell�odierno 
commentatore: il termine �scopre�, usato dall�Autore, �, infatti, particolarmente significativo, 
in quanto mette in luce non solo la funzione ma anche i limiti del procedimento analogico, sui quali ci 
si soffermer� pi� diffusamente infra) nuove norme, mentre ci� non avviene per l�interpretazione estensiva 
nella quale si ha la scelta di un significato pi� comprensivo tra i vari possibili risultati di una interpretazione. 
Conseguenza ne � che, mentre l�interpretazione estensiva � ammessa anche per le norme 
eccezionali, in quanto mira soltanto a stabilire il vero contenuto del comando, delle stesse norme non � 
ammessa � l�applicazione per analogia� (A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1992, p. 
42). 
In senso sostanzialmente conforme si esprime la giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 112/1982; 
Cass. pen., n. 11380/1990; Cass. civ. n. 179/1971; Id., n. 10304/1991; Id., 4754/1995; Id., n. 1121/1951; 
Id., 2404/1965; 6462/1985. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 75 
applicazione analogica (24). 
Occorre soffermarsi, allora, sui principi e sui limiti del procedimento analogico, 
per valutare se ad essi le Sezioni Unite si siano attenute nelle decisioni 
in commento. 
La fattispecie � disciplinata dall�art. 12, comma 2, delle disposizioni sulla 
legge in generale (c.d. preleggi del codice civile), a norma del quale �Se una 
controversia non pu� essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo 
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane 
ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell�ordinamento giuridico 
dello Stato�. 
Ai sensi del successivo art. 14 delle preleggi, non sono, tuttavia, suscettibili 
di applicazione analogica le leggi penali e le leggi c.d. eccezionali (ossia, le 
leggi che fanno eccezione a regole generali). 
E�, pertanto, secondo le regole ermeneutiche ed entro i limiti posti dalle 
norme predette che deve essere risolta la questione giuridica del rito applicabile 
ai procedimenti di appello relativi ai giudizi di opposizione a sanzioni amministrative. 
In particolare � trattandosi di questione attinente non semplicemente all�applicabilit� 
o meno di un singolo istituto, nel contesto di un rito gi� esplicitamente 
definito, nella sua struttura e nelle sue regole fondanti, dal legislatore, 
bens�, molto pi� radicalmente, di colmare una lacuna concernente la stessa natura 
e tipologia dell�intero rito atto a governare il procedimento di gravame � 
dovr� farsi ricorso non gi� alla c.d. analogia legis (cio� alle disposizioni che 
regolano casi simili o materie analoghe), bens� alla c.d. analogia iuris (cio� ai 
principi generali dell�ordinamento giuridico dello Stato). 
In tale angolo visuale si �, del resto, posta, pi� o meno consapevolmente, 
la giurisprudenza, che si � divisa proprio sull�individuazione del principio giuridico 
generale idoneo a fondare la scelta del rito applicabile e, quindi, a colmare 
la rinvenuta lacuna normativa. 
Come pi� diffusamente illustrato nei paragrafi precedenti, due soltanto 
sono, in mancanza di espressa disciplina legislativa, le possibilit� esegetiche 
in merito all�individuazione del rito applicabile ai procedimenti di appello in 
materia di sanzioni amministrative: a) quella dell�estensione al secondo grado 
di giudizio delle regole processuali speciali previste, per il procedimento di 
prime cure, dagli artt. 22 ss. l. 689/1981, in base ad un asserito principio giuridico 
generale di �ultrattivit� del rito�; b) quella dell�applicazione al secondo 
(24) In tale ottica appare porsi C. App. Salerno, ord. 31 maggio 2007, citata, laddove esclude l�applicabilit�, 
ai procedimenti di appello in materia di opposizione a sanzioni amministrative, del rito espressamente 
previsto (soltanto) per il primo grado, in quanto �connotato da forti caratteri di specialit� e 
quindi legittimamente qualificabile come eccezionale ed insuscettibile di applicazione analogica� (il 
corsivo � dell�odierno commentatore). 
76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
grado di giudizio � in mancanza di una disciplina derogatoria all�uopo dettata 
dal legislatore � del rito ordinario previsto dagli artt. 341 ss. c.p.c., ritenuto 
regola generale cui ricorrere ove non diversamente disposto dalla 
normativa di riferimento. 
Compito del giudice �, allora, quello di individuare correttamente il 
principio giuridico generale e farne integrale ed ortodossa applicazione, decidendo 
sulla base di esso il caso concreto. 
Il giudice non pu�, tuttavia, senza violare i limiti posti dalla legge al 
procedimento analogico (25) e, di conseguenza, senza valicare le stesse attribuzioni 
della funzione giurisdizionale, manipolare, alterandolo o snaturandolo, 
il principio giuridico o, addirittura, applicare alla fattispecie, per 
colmare la lacuna normativa, principi giuridici eterogenei ed inconciliabili. 
Proprio nell�accennata deviazione da un�ortodossa applicazione analogica 
sono, ad avviso di chi scrive, incorse le Sezioni Unite nelle decisioni in 
commento. 
Il Supremo Collegio, infatti, dopo aver ripudiato il principio della c.d. 
ultrattivit� del rito e ritenuto che il procedimento di appello debba essere 
governato dal rito ordinario, incoerentemente esclude l�applicazione del foro 
erariale, che, pure, costituisce istituto naturale del processo ordinario e, dunque, 
ineludibile ed essenziale corollario della tesi ordinarista. 
Le Sezioni Unite, in altri termini, �creano� un nuovo rito a carattere 
misto, speciale quanto alla competenza ed ordinario per il resto, mutuando, 
quale criterio di determinazione della competenza, quello speciale del luogo 
di commissione della violazione di cui all�art. 22 della legge n. 689 del 1981, 
dettato dal legislatore per il solo primo grado di giudizio ed esteso analogicamente 
dai giudici di legittimit� al procedimento di appello. 
In tal modo, il Supremo Collegio ha violato sia il secondo comma dell�art. 
12 della preleggi � avendo colmato la lacuna normativa con principi 
giuridici incompatibili, quali quello dell�ultrattivit� del rito (quanto alla competenza) 
e quello del carattere generale del rito ordinario (quanto ai restanti 
aspetti processuali) � sia il successivo art. 14, avendo applicato analogicamente, 
sotto il profilo della competenza, norme eccezionali, quali quelle di 
cui alla legge n. 689 del 1981 (26). 
(25) Come gi� evidenziato supra, con l�analogia il giudice �scopre�, e non �crea� la norma. 
Nel focalizzare i limiti cui il giudice rimane soggetto, pur nell�ambito dell�applicazione analogica, la 
dottrina precisa, infatti, che �L�analogia, pure esprimendo nuove forme, non le crea (corsivo dell�odierno 
commentatore), costituisce soltanto uno sviluppo del diritto esistente che si scopre ricercando 
e applicando l�eadem ratio� (A. TRABUCCHI, op.cit., p. 42). 
(26) Il carattere eccezionale delle norme dettate dalla legge di depenalizzazione � stato pi� volte 
evidenziato in giurisprudenza. La Corte di cassazione ha, ad esempio, affermato che la continuazione 
degli illeciti, per i quali sono comminate sanzioni amministrative, � prevista dall�art. 8, comma 2, l. 
689/1981 solo per la violazione di norme in materia di previdenza e assistenza obbligatorie e non pu�
CONTENZIOSO NAZIONALE 77 
Il foro erariale �, infatti, espressione di una regola generale, in quanto 
tale insuscettibile di deroga se non nei casi tassativamente previsti dalla 
legge e non certo, anche, attraverso l�applicazione analogica di norme eccezionali, 
quale quella attributiva della competenza ai sensi dell�art. 22 della 
legge n. 689 del 1981, operante soltanto per il procedimento di primo grado. 
Il giudice della nomofilachia non si � limitato ad applicare una norma 
gi� presente nell�ordinamento giuridico e da esso ricavabile, ma, oltrepassando 
i limiti e le prerogative della funzione giurisdizionale, � giunto a 
�creare� una nuova norma, pi� precisamente un nuovo rito, sconfinando in 
un�attivit� preclusa al giudice, in quanto riservata al potere legislativo. 
La Corte di legittimit� opera, cos�, un�abrogazione, nel caso concreto, 
delle norme di legge sulla competenza dettate dagli artt. 25 c.p.c. e 6 r.d. n. 
1611 del 1933, creando un rito processuale anomalo ed acefalo (speciale 
quanto alla competenza ed ordinario per i restanti aspetti), in alcun modo ricavabile 
dal sistema normativo ed ordinamentale vigente. 
6. L�operativit� della regola del foro erariale quale necessaria conseguenza 
dell�applicazione del rito ordinario ai procedimenti di appello relativi a giudizi 
in materia di sanzioni amministrative 
Una coerente applicazione del rito ordinario ai procedimenti di appello 
relativi a giudizi in materia di sanzioni amministrative non pu� prescindere, 
pertanto, dal riconoscimento del foro erariale quale regola generale di competenza 
ove un�amministrazione dello Stato sia parte in causa. 
Prima dell�intervento delle Sezioni Unite, l�operativit� in sede di gravame 
degli artt. 25 c.p.c. e 6 r.d. 1611/1933 � stata costantemente affermata 
nella casistica pretoria che ha optato per l�applicazione del rito ordinario 
(27), con argomentazioni pienamente condivisibili, in quanto strettamente 
aderenti al dato normativo e alla ratio legis. 
La giurisprudenza di merito, in particolare, ha evidenziato che �� la 
essere applicata analogicamente o estensivamente, al di fuori di tale ambito, atteso il carattere eccezionale 
della disposizione che ne reca la previsione (cfr. Cass. civ. n. 16620/2003, che ha cassato la 
sentenza impugnata, che aveva applicato la continuazione a violazioni di norme in materia di collocamento 
e di lavoro a tempo parziale). 
Sul medesimo solco, si pone C. App. Salerno, ord. 31 maggio 2007, citata, che esclude l�applicabilit�, 
ai procedimenti di appello in materia di opposizione a sanzioni amministrative, del rito espressamente 
previsto (soltanto) per il primo grado, in quanto �connotato da forti caratteri di specialit� e quindi legittimamente 
qualificabile come eccezionale ed insuscettibile di applicazione analogica� (il corsivo 
� dell�odierno commentatore). 
(27) Una posizione difforme � stata assunta � sulla base del non condivisibile assunto di partenza 
della sussistenza di un principio di ultrattivit� del rito, ma, quanto meno, con intrinseca coerenza rispetto 
a tale principio � dai sostenitori dell�applicazione del rito speciale nella sua integralit� (e, 
quindi, anche sotto il profilo della competenza) anche in grado di appello: � questa, ad esempio, la 
posizione assunta dal Tribunale di Palermo nel richiedere d�ufficio il regolamento di competenza ex 
art. 45 c.p.c. sul quale si sono pronunciate le Sezioni Unite con le ordinanze in commento. 
78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
competenza a conoscere dell�appello avverso le sentenze del giudice di pace 
� necessariamente il Tribunale (art. 341 c.p.c.) � Essendo, dunque, convenuta 
in giudizio un�amministrazione statale, l�individuazione del Tribunale 
competente avviene secondo le regole dettate dagli artt. 25 c.p.c. e 6 R.D. 
n. 1611/33, non essendovi, rispetto alle impugnazioni che interessano, nessuna 
deroga di legge. Tale deroga non � ravvisabile nell�art. 7, 1� c., R.D. 
n. 1611/33, che fa salve le specifiche previsioni per i vari giudizi, tra i quali 
anche il giudizio davanti ai giudici di pace ai sensi della legge n. 689/81, 
rinviando cos� agli artt. 22 e 23 della legge, norme che, tuttavia, disciplinano 
esclusivamente il primo grado dei giudizi stessi � Pur considerando, 
dunque, l�art. 22 della l. n. 689/81 norma speciale rispetto al R.D. n. 
1611/33, il combinato disposto dell�art. 22 l. n. 689/81 e dell�art. 6, 1� c., 
R.D. n. 1611/33 riguarda esclusivamente il primo grado di giudizio: l�appello 
non � disciplinato espressamente, e nemmeno lo �, come gi� visto, dal 
secondo comma del medesimo art. 7. Quindi le regole speciali valgono solo 
per il primo grado, e in secondo grado, nel silenzio del legislatore, si applicano 
le norme ordinarie del processo di cognizione, e, in conclusione, la regola 
del foro erariale� (28) . 
La giurisprudenza di legittimit� ha avallato l�orientamento emerso in 
sede di merito. 
In particolare, prima del recente intervento del Supremo Collegio con 
le ordinanze in commento, la Corte di cassazione � a seguito delle innovazioni 
apportate dall�art. 26 del d.lgs. 40/2006, che ha introdotto nell�ordinamento 
l�appellabilit� delle pronunce di primo grado conclusive dei giudizi 
di opposizione di cui all�art. 23 della legge 689/1981 � ha inequivocabilmente 
ed espressamente affermato che �sussiste la competenza del foro erariale, 
ai sensi dell�art. 7, secondo comma, r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611, per 
le cause di appello avverso le sentenze emesse dal giudice di pace �� (29), 
evidenziando che �alla luce del novellato art. 341 c.p.c., stante il quale l�appello 
avverso le pronunzie del giudice di pace si propone al tribunale, appare 
legittimo individuare tale giudice secondo il principio generale di cui 
all�art. 6 del r.d., in assenza di una norma derogatrice di tale principio allorch� 
il tribunale decida quale giudice di appello � Ne consegue che competente 
territorialmente per l�appello avverso le sentenze del giudice di pace 
emesse nei confronti dello Stato � il tribunale del luogo ove ha sede l�ufficio 
dell�Avvocatura dello Stato, nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe 
competente secondo le norme ordinarie�(30). 
(28) In termini, Trib. Modena, sez. I, sent. 7 ottobre 2008. Conformi, Trib. Benevento, sent. 11 
febbraio 2009; Trib. Padova, sez. II, sent. 29 gennaio 2009; Trib. Novara, sent. 6 ottobre 2008; Trib. 
Mondov�, sent. 22 maggio 2008; Trib. Verona, sent. 29 marzo 2007; Trib. Mondov�, sent. 21 dicembre 
2006. 
(29) Cass., sez. II, ord. 9 agosto 2007 n. 17579.
CONTENZIOSO NAZIONALE 79 
6.1. Foro erariale e ripartizione degli affari tra la sede centrale e le sezioni 
distaccate dei tribunali e delle corti di appello 
Come gi� evidenziato supra, nota 2, il problema dell�applicabilit� o 
meno del foro erariale ai procedimenti di appello relativi a giudizi in materia 
di sanzioni amministrative non si pone nella sola ipotesi in cui la sentenza 
di primo grado sia stata pronunciata dal giudice di pace (come nel caso concreto 
deciso dalla Suprema Corte con le ordinanze in commento), secondo 
la regola generale di attribuzione della competenza prevista dall�art. 22-bis, 
comma 1, della legge n. 689 del 1981, bens�, potenzialmente, anche nell�ipotesi 
in cui, ai sensi dell�art. 22-bis, commi 2 e 3, della legge n. 689 citata, a 
decidere in prime cure sia il tribunale. Ove, infatti, ricorra tale ultima fattispecie, 
occorrer� domandarsi, in termini analoghi, se la cognizione della relativa 
impugnazione debba essere attribuita, secondo le disposizioni 
dell�ordinamento giudiziario, alla sede centrale ovvero alla sede distaccata 
(ove eventualmente istituita) della Corte di appello del distretto, atteso che, 
in generale, la ripartizione interna degli affari tra sede centrale e sezioni distaccate 
degli uffici giudiziari (secondo le disposizioni di ordinamento giudiziario) 
� strettamente influenzata, qualora sia parte del giudizio 
un�amministrazione dello Stato o ad essa equiparata, dal concreto operare 
della regola del foro erariale. 
L�applicazione di tale regola, in combinato disposto con l�art. 83-ter disposiz. 
attuaz. c.p.c., �, infatti, idonea a radicare la controversia, ai sensi 
dell�art. 48-quater dell�Ordinamento giudiziario, esclusivamente presso la 
sede centrale dell�ufficio giudiziario, in quanto coincidente con il luogo in 
cui ha sede l�ufficio dell�Avvocatura dello Stato. 
La Corte di cassazione, in fattispecie concernente l�attribuzione alla 
sede principale ovvero alle sedi distaccate di corte d�appello dei giudizi di 
gravame in cui sia parte un�amministrazione statale, ha esplicitamente concluso 
per la cognizione della sede principale (31). 
Le medesime conclusioni sono rinvenibili in fattispecie concernente la 
ripartizione interna degli affari tra la sede centrale e le sezioni distaccate di 
tribunale (32). 
(30) Cass. ord. n. 579/2009. 
(31) Cfr. Cass. 7 aprile 1982 n. 2139, la quale testualmente afferma: �Le disposizioni della l. 1 
marzo 1968, n. 172 e del d. p. r. 2 ottobre 1968, n. 1154, relative all'istituzione della sezione distaccata 
di Salerno della corte di appello di Napoli, non introducono deroghe all'art. 7, 2� comma r. d. 30 ottobre 
1933, n. 1611 (modificato dalla l. 25 marzo 1958, n. 260), sulla rappresentanza e difesa dello 
stato, sicch�, nelle controversie in cui sia parte un'amministrazione dello stato, rientranti nella previsione 
di tale ultima norma, l'appello contro pronuncia del tribunale di Salerno � devoluto alla cognizione 
della corte d'appello di Napoli, sede dell'avvocatura dello stato, e non della predetta sezione 
distaccata�. 
(32) Cfr. Tribunale Napoli, sent. 15 febbraio 2000, ove si legge: �Per le cause in cui � parte
80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Soltanto la sede principale �, infatti, il �luogo� ove ha sede l�ufficio dell�Avvocatura 
dello Stato (�luogo� che costituisce il criterio di radicamento 
della competenza ai sensi dell�art. 25 c.p.c. e dell�art. 6 r.d. 1611/1933) (33). 
Dott. Giuseppe Zito* 
Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., ordinanza del 18 novembre 2010 n. 23285 � Pres. 
P. Vittoria, Rel. E. Bucciante. 
(Omissis) 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
Con sentenza del 4 maggio 2007 il Giudice di pace di Misilmeri ha respinto l�opposizione 
proposta da G.V. avverso il verbale con cui gli era stata contestata la violazione di norme 
in materia di circolazione stradale. 
Adito in appello dal soccombente, il Tribunale di Termini Imerese, con ordinanza del 29 
ottobre 2007, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, rilevando che il gravame, 
a norma dell�art. 7 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, avrebbe dovuto essere rivolto al Tribunale 
di Palermo. 
Quest�ultimo, davanti al quale la causa era stata riassunta, con ordinanza del 26 marzo 2008 
ha richiesto di ufficio a questa Corte il regolamento delle competenza, ritenendo che nella 
specie non fosse applicabile la regola del �foro erariale�. 
La Prefettura di Palermo ha presentato una memoria, concludendo per la dichiarazione della 
competenza del Tribunale di Palermo. G.V. non ha svolto attivit� difensiva in questa sede. 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
La disciplina dei giudizi di opposizione ai provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative, 
dettata dagli art. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sanciva originariamente 
la diretta ricorribilit� per cassazione delle sentenze e delle ordinanze di inammissibilit� o 
di convalida pronunciate dal pretore, al quale in via esclusiva era demandata la cognizione 
un'amministrazione dello Stato sussiste la competenza esclusiva non delle sezioni distaccate, ma solo 
della sede principale del tribunale, essendo questa il "luogo" ove, alla stregua della normativa tuttora 
vigente, anche successivamente al d.lg. n. 51 del 1998, ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato 
nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie� (nella specie, 
il presidente del tribunale ha assegnato ad una sezione della sede centrale la causa di opposizione a ordinanza 
ingiunzione emessa dal Ministero delle finanze, e originariamente proposta innanzi ad una sezione 
distaccata). 
(33) In tal senso, cfr. Trib. Bari, sent. 28 ottobre 2009, ove si precisa: �Non pu�, in senso contrario, 
addursi che le sezioni distaccate sono una mera articolazione interna del tribunale, sulla quale non pu� 
incidere la competenza territoriale del foro erariale (rectius �l�attribuzione� degli affari), in quanto, 
se � vero che la sezione distaccata � una articolazione del tribunale cos� come lo sono le sezioni della 
sede principale, tale interpretazione non considera che la ratio che sta alla base della individuazione 
di un foro speciale per le amministrazioni difese dalla Avvocatura erariale � quella di evitare che l�ufficio 
dell�Avvocatura, che � chiaramente meno dotato di personale rispetto all�avvocatura del libero foro, 
sia costretto a patrocinare innanzi ad una pluralit� di Uffici giudiziari sparsi nell�ambito del distretto 
di Corte d�Appello ove ha sede l�ufficio dell�Avvocatura�. In senso conforme, cfr. Trib. Catania, ord. 
19-22 febbraio 2010. 
. (*) Procuratore dello Stato � Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania.
CONTENZIOSO NAZIONALE 81 
di quelle cause. 
Successivamente, in seguito all�istituzione del giudice unico di primo grado, l�art. 22-bis 
della stessa legge, inserito dall�art. 98 del decreto legislativo 30 novembre 1999, n. 507, ha 
distribuito la competenza, secondo criteri di materia e di valore, tra il giudice di pace e il 
tribunale, mantenendo ferma quella per territorio del �giudice del luogo in cui � stata commessa 
la violazione�. 
Infine, l�art. 26, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, modificando l�art. 23 della 
legge n. 689/1981, ha disposto che le sentenze e le ordinanze di convalida (ma non anche 
quelle di inammissibilit�) sono soggette ad appello. 
La questione che le sezioni unite sono chiamate a risolvere � se il gravame contro i provvedimenti 
del giudice di pace, ove sia parte un�amministrazione statale, debba essere proposto 
al tribunale del circondario, secondo la previsione dell�art. 341 c.p.c., oppure 
all�eventualmente diverso tribunale del capoluogo del distretto, a norma dell�art. 7 del testo 
unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. 
Quest�ultima tesi � contrastata dal Tribunale di Palermo, essenzialmente, in base al principio 
della �ultrattivit� del rito�, dal quale viene fatta discendere l�applicabilit�, nei giudizi di 
appello aventi per oggetto sanzioni amministrative, delle particolari norme procedurali stabilite 
per il primo grado: �l�opposizione si propone mediante ricorso�, anzich� con citazione; 
la sua notificazione avviene �a cura della cancelleria�; anche a tutte le altre 
�notificazioni e comunicazioni occorrenti si provvede d�ufficio�; le parti �possono stare in 
giudizio personalmente� e l�amministrazione �pu� avvalersi anche di funzionari appositamente 
delegati�; �nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d�ufficio, i mezzi di prova 
che ritiene necessari e pu� disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione 
dei capitoli�; dopo la precisazioni delle conclusioni si d� corso di regola �nella stessa 
udienza alla discussione della causa� e la sentenza � pronunciata �subito dopo � mediante 
lettura del dispositivo�. 
L�assunto non � condivisibile. 
Il legislatore si � limitato ad assoggettare ad appello le sentenze e le ordinanze di cui si 
tratta, senza null�altro disporre. Ne consegue che nel giudizio di gravame vanno osservate, 
in quanto applicabili e nei limiti della compatibilit�, le norme ordinarie che disciplino lo 
svolgimento di quello �di primo grado davanti al tribunale�, come dispone l�art. 359 c.p.c. 
L�introduzione di una deroga a questo generale principio � mediante l�estensione al procedimento 
di appello di tutte o alcune delle speciali regole dettate per il primo (e allora unico) 
grado di merito delle cause di opposizione in materia di sanzioni amministrative � avrebbe 
potuto esser ravvisata soltanto in presenza di un�esplicita disposizioni in tal senso. Appunto 
esplicite disposizioni hanno infatti inserito elementi di specialit�, per il secondo grado, in 
procedimenti che gi� nel primo ne erano dotati, comՏ avvenuto con riguardo alle controversie 
di lavoro (artt. 433 ss. c.p.c.), di previdenza e assistenza obbligatoria (art. 442 c.p.c.), 
di locazione, comodato e affitto (art. 447 bis c.p.c.), di usucapione speciale (art. 3 della 
legge 10 maggio 1976, n. 346), di separazione e divorzio (art. 4 deal legge 1 dicembre 1970, 
n. 898, come sostituito dall�art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74), di societ� (artt. 20 ss. 
del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5). 
D�altra parte, le particolari norme procedurali dettate in materia di sanzioni amministrative, 
seppure fossero applicabili anche in appello, risulterebbero evidentemente del tutto ininfluenti 
ai fini dell�individuazione del giudice cui proporre il gravame, tranne semmai quella 
che consente la difesa personale delle parti: se ne potrebbe in ipotesi desumere che non
82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sussista l�esigenza di accentrate i giudizi di secondo grado presso il tribunale del capoluogo 
del distretto, per agevolare l�avvocatura erariale nella difese delle amministrazioni statali, 
dato che queste possono avvalersi di propri funzionari. Ma l�argomento � gi� di per s� debole, 
poich� la difesa personale � puramente facoltativa e eventuale � � destinato a cedere, 
a fronte di quanto si � prima osservo a proposito della mancanza di una espressa previsione 
legislativa di �ultrattivit� del rito�, che estenda all�appello l�applicabilit� delle norme suddette, 
e in particolare di quella ora in considerazione: mancanza del resto giustificata dal 
maggiore tecnicismo che caratterizza i procedimenti di impugnazione e che comporta la 
necessit� del patrocinio professionale, richiesto peraltro dall�art. 82 c.p.c., per tutti i giudizi 
davanti al tribunale, �salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti�. 
La ragione per la quale va dichiarata la competenza del Tribunale di Termini Imerese risiede 
invece nella estraneit� dei giudizi in materia di sanzioni amministrative alla regola del �foro 
erariale�, stabilita per la generalit� delle �cause nelle quali � parte un�amministrazione dello 
Stato� dall�art. 25 c.p.c. 
L�applicazione di questa norma � tuttavia esclusa dal primo comma dell�art. 7 del testo 
unico sopra citato, tra l�altro, �per i giudizi innanzi ali pretori�, ma riaffermata dal secondo 
comma per �l�appello dalle sentenze dei pretori �pronunciate nei giudizi suddetti�. 
Investita della questione relativa alla perdurante vigenza di tali disposizioni, che non sono 
state aggiornate in seguito all�abolizione del giudice unico di primo grado, questa Corte ha 
deciso che �le controversie che, prima dell�entrata in vigore del d.lgs n. 51 del 1988, erano 
attribuite alla competenza del pretore per limiti di valore e che sono, in base al vigente art. 
9 cod. proc. civ. ed all�art. 244 del d.lgs n. 51 del 1998, di competenza del tribunale in composizione 
monocratica, sono soggette alle regole processuali del c.d. foro erariale di cui 
agli art. 25 cod. proc. civ. e 6 del r.d. n. 1611 del 1933, dovendosi ritenere implicitamente 
abrogato per incompatibilit� �in parte qua� l�art. 7 del r.d. n. 1611 del 1933, che stabiliva 
l�inapplicabilit� della regola del foro erariale nelle cause di competenza del pretore�, soggiungendo 
per� che �ci� non esclude che la disciplina del foro erariale sia derogata, per effetto 
di specifiche disposizioni del legislatore (controversie previdenziali, di opposizioni a 
sanzioni amministrative, sulla disciplina dell�immigrazione, di convalida di sfatto), ogni 
volta che sia manifesto l�intento di determinare la competenza per territorio sulla base di 
elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale e, 
perci�, destinati a prevalere su questa� (Cass. S.U. 2 luglio 2008 n. 18036). 
Alla luce di questo precedente, dal quale non vi � ragione di dissentire, si deve ritenere che 
l�esenzione al �foro erariale�, per le cause qui in considerazione, ab origine derivava non 
dall�essere stabilita la competenza per materia del pretore, ma quella per territorio del giudice 
�del luogo in cui � stata commessa la violazione per un�esigenza di �prossimit�� rimasta 
attuale anche dopo la soppressione delle preture: perci� questa Corte ha ritenuto che 
l�esenzione suddetta non � venuta meno, per il campo delle sanzioni amministrative. 
L�affermazione si riferisce espressamente soltanto al primo grado, ma pu� senz�altro essere 
estesa anche all�appello. I due commi dell�art. 7 del testo unico sono infatti strettamente 
collegati, poich� il secondo fa riferimento esclusivamente ai �giudizi suddetti�, menzionati 
nell�altro, nel cui ambito non sono comprese le cause di opposizione in materia di sanzioni 
amministrative, che sono comunque esenti dalla regola del �foro erariale�. Ad esse risultano 
pertanto inapplicabili le due disposizioni suddette che a tale regola apportano una deroga e 
che ne rispistinano l�operativit�, rispettivamente per il primo e il secondo grado di giudizio.

CONTENZIOSO NAZIONALE 83 
Il principio da enunciare � dunque: �la regola del �foro erariale� non � applicabile ai giudizi 
di appello in materia di sanzioni amministrative�. Dal che consegue che va dichiarata la 
competenza del Tribunale di Termini Imerese. 
Non vi � da provvedere sule spese di giudizio, essendo stato il regolamento richiesto d�ufficio 
(Cass. 19 gennaio 2007 n. 1167).
DISPOSITIVO 
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Termini Imerese. 
Roma, 12 ottobre 2010
84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Sugli appalti di servizio di refezione scolastica 
(Corte di appello di Roma, Sez. II civ., sentenza 2 dicembre 2010 n. 5101) 
1. La competenza e la delega �contra legem� 
Competenza in materia di assistenza scolastica (servizio di refezione) � Delegazione 
amministrativa � Necessit� di una legge di copertura � Delegazione amministrativa 
intersoggettiva �contra legem� � Responsabilit� esclusiva del delegato verso 
l�esterno � Indifferenza per i terzi dei sottostanti rapporti tra il delegante e il delegato 
� Ragioni. (artt. 97 e 117 Cost.; artt. 42 e 45 del D.P.R. 616/1977 legge regionale 
Lazio 6 settembre 1975 n. 77, artt. 2 e 5 e legge regionale Lazio 30 marzo 1992, n. 29, 
artt. 4 e 9). 
La delegazione amministrativa intersoggettiva (nella specie: dal Comune allo Stato, di 
cui i Circoli didattici erano al tempo articolazioni) nella materia dell�assistenza scolastica, 
riservata alle Regioni (e dalla Regione Lazio delegata per legge ai Comuni) � 
nulla. Tuttavia il contratto stipulato dal Soggetto, delegato contra legem, lo obbliga per 
il principio di tutela dell�affidamento del terzo. 
La sentenza oggetto della presente disamina suscita interesse, in primo 
luogo, nella parte in cui la Corte di Appello di Roma ha statuito che: �deve ritenersi, 
come esattamente deduce la difesa erariale, che la delegazione amministrativa 
intersoggettiva, che si � attuata dal Comune ai Circoli, �, �contra 
legem�, importante l�incapacit� negoziale del Circolo, in relazione alla sicura 
operativit� dei limiti della competenza stabiliti da norme imperative (Cass. n. 
5234/00); ma � anche vero (Cass. n. 1621/03, ma soprattutto Cass. n. 9284/06) 
che �va affermato che l�istituto, peculiare del diritto pubblico, della delegazione 
amministrativa (sia nella forma interorganica che intersoggettiva), realizza 
un�ipotesi di conferimento, da parte dell�ente (o dell�organo) - in via 
originaria investito della competenza a provvedere in una determinata materia 
-, del relativo potere ad altro soggetto (o organo), in virt� del quale quest�ultimo 
diviene, nei confronti dei terzi medesimi, unico titolare delle situazioni 
soggettive, attive e passive, correlate all�esercizio delle attribuzioni delegate, 
cos� rispondendo in proprio delle obbligazioni che, non rientranti nell�ambito 
dell�esercizio delle suddette attribuzioni, il soggetto delegato abbia comunque 
assunto nei confronti dei terzi. Infatti, se la delegazione amministrativa d� 
luogo, verso l�esterno, ad una responsabilit� esclusiva del delegato, in virt� 
della quale restano del tutto indifferenti per i terzi i sottostanti rapporti delegante 
� delegato, deve �a priori� ritenersi che tale indifferenza comporti la 
validit� dei rapporti instaurati tra il delegato e i terzi, ancorch� propiziati e 
sorti in occasione dell�espletamento delle attribuzioni anzidette�. 
Al fine di comprendere la portata della decisione e prima di procedere 
all�esame di quest�ultima � bene conoscere la fattispecie concreta e la normativa 
ad essa applicabile. Orbene, l�art. 117, comma 1, della Costituzione, nel
CONTENZIOSO NAZIONALE 85 
testo previgente alla modifica del titolo V, assegnava alle Regioni la materia 
dell�assistenza scolastica, nel cui ambito si situa anche il servizio di refezione 
scolastica di cui si discute. In adempimento a ci�, l�art. 42 del D.P.R. 24 luglio 
1977, n. 616, determinava l�ambito delle relative funzioni amministrative. In 
particolare, l�art. 45 del citato D.P.R. attribuiva tali funzioni amministrative 
ai Comuni, come disposto dall�art. 118 Cost., i quali le esercitano secondo le 
modalit� previste dalla legge regionale. Al riguardo, la Regione Lazio interveniva 
in sede legislativa con la L. 6 settembre 1975, n. 77, artt. 2 e 5, e con 
la L. 30 marzo 1992, artt. 4 e 9. Tale ultimo articolo, al comma 3, stabiliva 
che �il comune pu� gestire il servizio o direttamente, anche in forma consorziale, 
o mediante convenzione con il comune sede della scuola frequentata dai propri 
alunni, o mediante convenzione che affidi ad altri enti l�esecuzione del servizio�. 
Nonostante la disciplina ora esposta, il Comune di Roma �delegava� tutte 
le funzioni di bandire, esperire la gara, aggiudicarla e stipulare i contratti relativi 
al servizio di mensa per gli alunni, ai Circoli didattici rientranti nel proprio 
territorio, che allora erano meri uffici periferici del Ministero della 
Pubblica Istruzione. A seguito di ci�, diversi Circoli didattici addivenivano 
alla stipulazione di contratti per il servizio di refezione. 
Inevitabile, a tal punto, � il richiamo all�art. 97 Cost. che sancisce il principio 
di legalit� dell�azione amministrativa, secondo cui l�allocazione delle 
funzioni amministrative deve essere effettuata dalla legge e non pu� essere 
derogata in alcun modo. In altre parole, in forza della riserva di legge consacrata 
dall�art. 97 Cost., la delegazione amministrativa intersoggettiva � legittima 
solo nel caso in cui una previa norma di legge la autorizzi. 
Alla luce del quadro normativo vigente all�epoca della controversia (che 
risale al 1997 - 1998), dunque, l�unica delegazione amministrativa coperta da 
legge e perci� legittima era, quella disposta dalla Regione in favore del Comune, 
unico soggetto competente a concludere il contratto di appalto del servizio 
di refezione scolastica. 
Per quanto detto e considerato, l�esperienza di �autogestione� del servizio 
di refezione scolastica attuata dal Comune di Roma dovrebbe configurare 
un�ipotesi di delegazione amministrativa intersoggettiva radicalmente nulla 
poich� priva di base normativa e, quindi, in contrasto con norme imperative, 
quali quelle sulla competenza. 
Sul fatto che la delegazione amministrativa necessiti di una copertura legislativa 
e che dunque non sia ammessa se non nei casi espressamente previsti 
dalla legge, dottrina e giurisprudenza sono da sempre concordi. 
Nello specifico, la dottrina amministrativistica ha di volta in volta etichettato 
il provvedimento di delegazione amministrativa come �istituto giuridico 
attraverso il quale l�ordinamento autorizza un�autorit� amministrativa 
a non esercitare la propria funzione, permettendo che altri la svolga� (FRANCHINI, 
La delegazione amministrativa, Milano 1950, p. 21), ovvero come �atto
86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
con il quale un�autorit� amministrativa, quando la legge le attribuisce espressamente 
il potere, sostituisce a s� un�altra autorit� amministrativa nell�esercizio 
di funzioni appartenenti alla propria competenza� (COLZI, Delegazione 
amministrativa, voce del Novissimo digesto, Torino, 1962, p. 351). 
Circa il rapporto tra l�atto di delega e la norma di legge su cui questo si 
fonda, altra parte della dottrina, disponeva che �non � gi� che la competenza 
dell�organo o ente delegato derivi direttamente dalla legge che consente la 
delega, ma � che la legge conferisce il potere all�organo od ente, competente 
in ordine ad un determinato oggetto, di rendere competente altro organo od 
ente in ordine all�oggetto medesimo, risultando cos� l�effetto della delega il 
prodotto dell�esercizio del potere di delegazione� (MIELE G., Delega, voce 
dell�Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, p. 909). 
Sempre sulla scorta di tale orientamento, la dottrina pi� recente ha ribadito 
che �la creazione della competenza derivata, in cui si sostanzia il fenomeno 
delegatorio, abbisogna, alla luce della riserva relativa di legge di cui all�art. 
97 Cost., di una previsione normativa che abiliti l�ente titolare della competenza 
originaria ad operarne lo spostamento, pur se solo sul versante dell�esercizio, 
in favore del soggetto delegato� (CARINGELLA F., nota a Cass., sez. 
I, n. 1651, del 2 marzo 1996, in Foro Italiano, 1996, p. 2102). 
Inoltre, � stato previsto che �l�ordine legale delle competenze � inderogabile 
se non per espressa autorizzazione di legge� poich� � il potere di delega, 
in quanto altera l�ordine delle competenze degli organi � stabilite con 
atto normativo � necessita di un supporto normativo almeno pari � diversamente 
opinando si renderebbe arbitra l�Amministrazione di spostare caso 
per caso e senza alcuna previsione di limiti oggettivi e soggettivi, le competenze 
precostituite, con l�effetto di privare l�amministrato delle garanzie che 
sono insite nelle attribuzioni di uno specifico organo� (Cons. St., V, 24 novembre 
1978 n. 1170) (CERULLI IRELLI V., Corso di diritto amministrativo, 
Giappichelli Editore � Torino, 2001). 
La definizione pi� pregnante di delegazione amministrativa si rinviene, 
per�, in quella maturata, non di recente, in ambito pretorio e tutt�ora seguita 
dalle pi� recenti pronunce giurisprudenziali. Secondo consolidata giurisprudenza, 
infatti, la delegazione ҏ uno strumento in virt� del quale, consentendolo 
la legge, l�organo o l�ente investito in via originaria della competenza a 
provvedere in una determinata materia conferisce, autoritativamente ed unilateralmente, 
ad altro organo o a altro ente una competenza (derivata) in 
quella stessa materia. E sotto questo aspetto essa attribuisce al delegato la 
legittimazione all�esercizio, entro i limiti prefissati nell�atto di conferimento, 
di poteri e di funzioni spettanti al delegante�. (Cassazione, S.U., sent. 20 gennaio 
1964, n. 128, in Foro Italiano 1964, p.1208; conformi Cass., sent. 19 
aprile 1966, n. 986, Foro Italiano, Rep. 1966, voce Atto amministrativo, n. 
26; Cass., sez. I, sent. 29 ottobre 2003, n. 16281 in Juris Data).
CONTENZIOSO NAZIONALE 87 
Asserita dunque l�invalicabilit� dell�art. 97 Cost. circa la necessit� di una 
legge di copertura che autorizzi la delegazione amministrativa, esaminiamo 
ora l�iter argomentativo dei giudici capitolini al riguardo. 
A bene vedere, il ragionamento posto alla base della sentenza non � del 
tutto coerente; il punto di partenza della parabola argomentativa, attraverso il 
quale i giudici hanno disposto che �la delegazione amministrativa intersoggettiva, 
che si � attuata dal Comune ai Circoli, �, �contra legem�, importante 
l�incapacit� negoziale del Circolo, in relazione alla sicura operativit� dei limiti 
della competenza stabiliti da norme imperative�, invero, si pone in aperto 
contrasto con le conclusioni raggiunte dai giudici sul punto. La Corte d�Appello 
di Roma, infatti, dopo aver riconosciuto l�incapacit� negoziale del Circolo 
derivante da una delegazione amministrativa attuata in violazione delle 
norme imperative sulla competenza, non prosegue la motivazione dichiarando 
la nullit� del contratto ex art. 1418 c.c. (sul punto Cass., sez. II, 2 aprile 2000 
n. 5234, in Juris Data) ma ritiene, sotto questo profilo, che il contratto stipulato 
dal soggetto delegato contra legem sia valido e obblighi quest�ultimo in virt� 
del principio di affidamento del terzo. A sostegno di tale teoria, la Corte deduce 
che, in ragione dell�istituto della delegazione amministrativa, il soggetto delegato 
diviene, nei confronti dei terzi, unico titolare delle situazioni correlate 
all�esercizio delle attribuzioni delegate, rispondendo in proprio anche delle 
obbligazioni che, seppur non rientranti nell�ambito delle suddette attribuzioni, 
il soggetto delegato abbia comunque assunto nei confronti dei terzi. 
Premesso che la controversia in esame non riguardi il caso di obbligazioni 
assunte dal soggetto delegato, nei confronti del terzo, che esulino dalle attribuzioni 
delegate, le conclusioni tratte dalla Corte d�Appello secondo cui �la 
delegazione amministrativa d� luogo, verso l�esterno, ad una responsabilit� 
esclusiva del delegato, in virt� della quale restano del tutto indifferenti per i 
terzi i sottostanti rapporti delegante � delegato� e secondo cui �deve �a 
priori� ritenersi che tale indifferenza comporti la validit� dei rapporti instaurati 
tra il delegato e i terzi� non possono essere condivise nel caso di specie 
in cui la delegazione amministrativa intersoggettiva � stata attuata in assenza 
di una legge di copertura. 
Se � vero, infatti, che mediante la delegazione amministrativa la titolarit� 
delle funzioni si trasferisce in capo al soggetto delegato e a quest�ultimo viene 
imputata la relativa responsabilit� verso i terzi, � altrettanto vero che la delegazione 
amministrativa per essere valida e, dunque, per produrre gli effetti ora 
esposti, necessita di una copertura legislativa, inesistente nel caso di specie. 
In ultimo, i giudici d�appello hanno ritenuto che rispetto al rapporto tra 
Circolo didattico e il Comune �il terzo � ovviamente indifferente ignaro e quindi 
salvo dalle conseguenze negative che l�incompetenza del delegato per s� considerata, 
senza la necessaria considerazione dell�affidamento del terzo, potrebbe determinare�. 
Al riguardo, oltre a quanto gi� dedotto in precedenza, � necessario veri-
88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ficare la posizione assunta dal terzo rispetto alla conoscenza o conoscibilit� 
della norma imperativa e della violazione della medesima. La Corte, infatti, 
nel dare rilevanza all�affidamento del terzo definito �indifferente ignaro� circa 
i rapporti tra Circolo e Comune sembra non considerare che l�ordinamento 
�non prende in favorevole considerazione � la posizione di coloro che, coinvolti 
nella trattativa privata o nella gara finalizzate alla stipula del contratto 
che si rilevi contra legem, abbiano consapevolmente o colposamente aderito 
alla iniziativa illegittima dell�Amministrazione� (Consiglio di Stato, sez. VI, 
sent. 3 febbraio 2011 n. 780 in www.giustizia-amministrativa.it). 
In altre parole, considerate le circostanze, nessun legittimo affidamento 
del terzo poteva essersi formato, poich� l�esistenza e la conseguente violazione 
delle norme imperative, conosciute o comunque conoscibili dal terzo, escludono, 
gi� di per s�, la buona fede e di conseguenza il legittimo affidamento 
del terzo stesso. 
2. L�infungibilit� del contraente 
Divieto di cessione del contratto d�appalto pubblico - Nullit� della cessione del contratto 
- Applicabilit� della disciplina ai contratti di pubbliche forniture e agli appalti 
di servizio - Cessione del contratto e affitto di ramo d�azienda - Ratio della 
norma: evitare la fungibilit� dei contraenti. (L. n. 55/90, art. 18, comma 2; D.Lgs. n. 
258/92, art. 16, comma 3; D.Lgs. n. 157/95 art. 18, comma 3; artt. 116 e 118 D.Lgs. 
163/2006). 
La disciplina prevista dall�art. 18, comma secondo, L. n. 55/90, laddove pone il divieto 
di cedere il contratto di appalto a pena di nullit�, si estende, ai sensi dell�art. 16, comma 
3, D.Lgs n. 358/92, anche ai contratti di pubbliche forniture, nel cui ambito rientra il 
servizio di refezione scolastica. La sanzione della nullit� si applica non solo al caso di 
cessione del contratto ma anche nell�ipotesi di contratto d�affitto d�azienda o di ramo 
di essa poich� quel che la normativa intende impedire � la fungibilit� del contraente e 
che ci� dipenda dall�affitto di ramo d�azienda o dalla cessione del contratto � del tutto 
irrilevante. 
Ci� che maggiormente interessa, per�, � la parte della sentenza che dispone 
la nullit� del contratto di affitto di ramo d�azienda in base all�art. 18, 
comma 2, della legge 19 marzo 1990, n. 55, oggi abrogato dall�art. 256 del 
D.Lgs. 163/2006. 
I giudici della Corte di Appello di Roma, nell�argomentare al riguardo, 
hanno specificamente disposto che �gi� il capitolato (86) speciale per la gestione 
del servizio di refezione scolastica per le scuole materne, elementari e 
medie del Comune di Roma, richiamato dal contratto �de quo� di refezione 
scolastica, impegnava � a non cedere l�attivit� ad altri soggetti; in pi� l�art. 
18, l. n. 55/90 ha stabilito il divieto di cessione del contratto di appalto, con 
previsione espressa della nullit� anche nei confronti dei contraenti (l�art. 16, 
co. 3, D.lgs. n. 358/92 prevede l�applicabilit� ai contratti di pubbliche forni-
CONTENZIOSO NAZIONALE 89 
ture ed in tale ambito rientra anche il servizio di refezione scolastica), ma non 
diversa � la disciplina ove lo si considerasse un appalto di servizio ex art. 18, 
co. 3, l. n. 157/95. Quel che la normativa ha inteso impedire � la fungibilit� 
del contraente, e che ci� dipenda dall�affitto dell�azienda � del tutto irrilevante�. 
Le ragioni della Corte poggiano essenzialmente su due argomenti. Il 
primo, che i giudici traggono dall�art. 16, co. 3, D.lgs. n. 358/92 e dall� art. 
18, co. 3, D.Lgs. n. 157/95, consiste nella applicabilit� dell�art. 18, L. 55/90, 
relativo al contratto di appalto, anche ai contratti di pubbliche forniture e di 
appalto di servizio. 
Il secondo, che si desume dalla ratio della disciplina dettata dall�art. 18, 
L. 55/90, che � quella di impedire la fungibilit� del contraente, si sostanzia 
nell�applicazione di tale norma non solo nel caso di cessione del contratto ma 
anche nell�ipotesi di affitto di ramo d�azienda. 
Entrambi gli assunti, come vedremo, sono il frutto di una lunga e non facile 
evoluzione giurisprudenziale e dottrinaria della normativa in esame. 
Prendendo le mosse dal caso concreto, � utile precisare che la disciplina 
dettata dal contratto di refezione scolastica, tramite rinvio al capitolato speciale 
d�appalto per la gestione del servizio di refezione scolastica per le scuole materne, 
elementari e medie del Comune di Roma (del. G.C. 4591/89), impegnava 
la societ� appaltatrice a non cedere l�attivit� ad altri soggetti, pena la 
risoluzione del contratto (art. 86 del Capitolato). Per aggirare tale previsione, 
l�appaltatrice stipulava un contratto d�affitto di ramo d�azienda a favore di 
un�altra societ�. Tale contratto, concretante la cessione o comunque la sostituzione 
del contraente � stato dichiarato nullo dai giudici capitolini per contrasto 
con la disciplina dei pubblici appalti, applicabile al caso di specie. 
Invero, l�art. 18, comma 2, della L. 19 marzo 1990, n. 55 �Nuove disposizioni 
per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi 
forme di manifestazione di pericolosit� sociale�, come modificato dall�art. 22, 
comma 2, del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in L. 12 luglio 1991, 
n. 203, sanciva che �le imprese, le associazioni, i consorzi obbligatori aggiudicatari 
sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i lavori compresi nel 
contratto. Il contratto non pu� essere ceduto, a pena di nullit��. 
Come anticipato, la norma si inseriva nel corpo di una normativa esplicitamente 
indirizzata alla repressione del fenomeno mafioso e ad una pi� ampia 
prevenzione delle infiltrazioni della malavita organizzata nel tessuto imprenditoriale 
e finanziario del Paese. Alla luce di ci�, parte della dottrina riteneva 
che la norma possedesse un respiro di gran lunga pi� ampio rispetto allo stretto 
tenore letterale del divieto e, dunque, un ambito di applicazione pi� vasto. 
Netto, al riguardo, � stato l�atteggiamento assunto dall�Avvocatura generale 
dello Stato (consultazione del 25 maggio 1992, n. 55935) secondo cui la 
ratio della disposizione era quella di scongiurare qualsiasi tipo di mutamento
90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
soggettivo nel rapporto contrattuale di appalto in corso fra imprese private ed 
enti pubblici, di evitare, cio�, che nel corso dell�esecuzione del contratto di 
appalto pubblico, all�originario contraente si sostituissero altri soggetti. 
Alla luce di quanto detto, la regola che obbligava ad �eseguire in proprio 
le opere o i lavori� doveva abbracciare l�intero spettro di ipotesi concrete che 
la realt� economica proponeva, senza lasciare spazi ad accomodamenti sia bilaterali 
(realizzati cio� mediante accordi fra cedente e cessionario del contratto 
di appalto) che trilaterali (con l�intervento consenziente della mano pubblica). 
In tal modo, infatti, la disponibilit� del rapporto contrattuale veniva sottratta 
tanto al privato quanto all�Amministrazione, essendo vietato ci� che di regola 
l�art. 1406 c.c. ammette: la facolt�, per ciascuna parte contrattuale, di sostituire 
a s� un terzo nei rapporti derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive, 
sempre che l�altra parte contrattuale lo consenta. Come noto, infatti, la L. 55/90 
aveva comportato l�abrogazione dell�art. 339 della L. 20 marzo 1865, all. F, 
che, dopo aver sancito il divieto di cessione, sotto la comminatoria dell�immediata 
rescissione del contratto e di una multa pari al ventesimo del corrispettivo 
pattuito, consentiva la cessione di appalto di opere pubbliche in 
presenza di formale approvazione da parte della P. A. committente. 
Detto ci�, ne conseguiva che l�inciso finale �il contratto non pu� essere 
ceduto a pena di nullit�� doveva essere letto in stretta connessione logica con 
la regola che lo precedeva, che obbligava gli aggiudicatari ad �eseguire in proprio 
le opere o i lavori compresi nel contratto�. Se si procede con questa lettura 
logico�sistematica, si comprende come il significato di << cessione >> fosse, 
in realt�, equiparato a quello di << trasferimento >>, volto ad indicare pi� il 
risultato che la procedura utilizzata per raggiungerlo, smarrendo cos� �i connotati 
di istituto tipico, tecnicamente circoscritto e legislativamente disciplinato, 
per assumere quelli di un�accezione generica, indeterminata nelle sue 
numerose variabili�. (V. AZZONI, La cessione del contratto d�appalto nel regime 
antimafia, in Nuova Rassegna, 1994, n. 18, p. 2122). 
D�altro canto, si evidenziava, anche a voler argomentare sulla sola base 
letterale dell�art. 18 L. 55/90, non si pu� negare che l�espressione �il contratto 
non pu� essere ceduto� non equivalga a dire ҏ vietata la cessione del contratto�; 
solo nel caso in cui la norma avesse contenuto tale ultima dizione, infatti, 
il dato letterale sarebbe stato pi� condizionante in sede di interpretazione 
della norma stessa. 
Secondo questa impostazione, conforme al pensiero dell�Avvocatura generale 
dello Stato, dunque, il divieto di cedere il contratto di appalto pubblico 
doveva estendersi ad ipotesi che, seppur ontologicamente diverse, fossero finalisticamente 
assimilabili alla cessione del contratto. Non sfugge, infatti, che 
il medesimo risultato pratico che si ottiene mediante la cessione del contratto, 
possa essere ottenuto attraverso l�utilizzazione di altre fattispecie giuridiche 
come la cessione d�azienda (che, secondo l�art. 2558 c.c., comporta, salvo
CONTENZIOSO NAZIONALE 91 
tempestivo recesso del soggetto ceduto, il subentro dell�acquirente dell�azienda 
nei contratti stipulati per l�esercizio della stessa che non abbiano carattere 
personale), la fusione di societ� (o per costituzione di una nuova o per 
incorporazione in altra gi� esistente, con conseguente perdita, in entrambi i 
casi, della pregressa identit� in capo ad alcuni o a tutti i soggetti originari) o 
qualunque altra operazione che comporti la sostituzione nella titolarit� del singolo 
rapporto negoziale. (V. AZZONI, La cessione del contratto d�appalto nel 
regime antimafia, cit. pp. 2122 � 2123). 
Una simile lettura, inoltre, appariva in linea con l�art. 19, commi 3 e 4, 
della L. 55/90 (anch�essi abrogati), che vietavano di costituire associazioni, 
anche in partecipazione, o raggruppamenti temporanei, in concomitanza o successivamente 
all�aggiudicazione della gara, colpendo la violazione di tale regola 
con l�annullamento dell�aggiudicazione o, nel caso in cui il contratto di 
appalto fosse gi� concluso, con la nullit� dello stesso, nonch� con l�esclusione 
delle imprese riunitesi in tali associazioni dalle nuove gare bandite per l�aggiudicazione 
dei medesimi lavori. (TRAVAGLINI, Legislazione antimafia e i suoi 
aggiornamenti, in Nuova Rassegna, 1992, p. 598). 
A conferma di tale interpretazione, gi� in vigenza della formula originaria 
dell�art. 18, L. 55/90 (priva, dunque, della dizione finale per cui il �contratto 
non pu� essere ceduto a pena di nullit��), parte della dottrina aveva osservato 
con lungimiranza che la norma in esame si riferisse implicitamente alle diverse 
forme attraverso cui si realizza il trasferimento totale o parziale del rapporto 
instaurato tra l�Amministrazione committente e l�appaltatore. 
Tale autorevole dottrina, nello specifico, rinveniva le ragioni di tali restrizioni 
nelle seguenti motivazioni: �1) il rapporto esclusivamente fiduciario 
che si instaura tra la pubblica Amministrazione e l�appaltatore, tanto da consentire 
alla stessa di invitare imprese di sua fiducia e per le quali, comunque, 
abbia accertato il possesso dei requisiti necessari; 2) la opportunit� di evitare 
ogni forma di speculazione sull�appalto che si affida alla impresa aggiudicataria; 
3) l�opportunit� di eliminare il pericolo potenziale, e consequenziale 
alle considerazioni di cui al punto precedente, che la riduzione del margine 
di remunerazione possa influire negativamente sulla esecuzione dell�appalto; 
4) quella di evitare o quanto meno contenere il rischio che, per effetto di tali 
istituti, si inseriscano nella esecuzione dell�appalto imprese di stampo mafioso�. 
(TABARRINI, Le sostanziali innovazioni introdotte in materia di antimafia 
dalla legge 19 marzo 1990, n. 55, nel campo degli appalti pubblici, ne 
L�ufficio tecnico, 1990, n. 7 e 8, pp. 957 e ss.). 
Della questione, inoltre, era stata investita anche la II Sez. del Consiglio 
di Stato che, attraverso il parere n. 53, reso nell�adunanza del 3 febbraio 1993, 
aderiva alla tesi propinata dall�Avvocatura generale dello Stato. 
Il Consiglio di Stato, in particolare, affermava la diversa natura degli istituti 
della cessione del contratto (artt. 1406 ss c.c.) e del trasferimento d�azienda
92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
o di un ramo di essa (art. 2558 c.c.). Mentre la cessione del contratto, infatti, 
costituisce un negozio tipico, voluto dunque dalle parti, la successione nei contratti, 
ex art. 2558 c.c., � un effetto naturale del trasferimento d�azienda, che 
pu� essere escluso solo mediante espressa pattuizione. Dal punto di vista civilistico 
si � dunque in presenza di due fattispecie diverse tra loro. 
Il legislatore, per�, attraverso l�art. 18 L. 55/90 (come modificato dalla 
novella del 1991), aveva voluto disciplinare il fenomeno della sostituzione 
soggettiva della persona dell�appaltatore, prevedendo cos� una disciplina unitaria 
e comune tanto alla cessione del contratto quanto al trasferimento 
d�azienda. In altre parole, ci� che il legislatore aveva inteso evitare con tale 
normativa era la fungibilit� e l�ambulatoriet� della posizione del contraente 
dell�Amministrazione. 
Al riguardo si era quindi ritenuto che: 
a) il divieto sancito dall�art. 18, comma 2, L. 55/90 non avesse natura eccezionale 
ma che costituisse principio generale che, in quanto tale, si applicava 
anche al trasferimento d�azienda; 
b) anche qualora fosse stato riconosciuto il carattere eccezionale dell�art. 
18, comma 2, in questione, esso si sarebbe applicato ugualmente al trasferimento 
d�azienda. 
Per ci� che concerne la natura non eccezionale del divieto di cessione del 
contratto d�appalto, la Sez. II del Consiglio di Stato, nel citato parere, evidenziava 
che fin dal 1865, mediante l�art. 339 della L. n. 2248/1865, all. F, nel 
nostro ordinamento era stato sancito il divieto di cedere il contratto d�appalto 
a pena dell�immediata rescissione, salva l�autorizzazione dell�Amministrazione. 
A ben vedere, dunque, salvo il venir meno della possibilit� per l�Amministrazione 
di acconsentire alla cessione del contratto, la disciplina era 
rimasta sostanzialmente invariata. 
Se si considera, quindi, che nel settore delle opere pubbliche l�immutabilit� 
dell�esecutore delle opere ha sempre rivestito per l�Amministrazione 
particolare importanza, si comprende che ci� che l�art. 18, comma 2, L. 55/90, 
intendeva evitare non era la cessione del contratto come negozio tipico bens� 
la cessione del contratto come effetto di ogni contratto, anche del trasferimento 
d�azienda o di ramo di essa. 
D�altro canto, secondo il Consiglio di Stato, tale conclusione non sarebbe 
mutata anche qualora si fosse riconosciuta la natura eccezionale dell�art. 18, 
comma 2, in esame. Infatti, il divieto di applicazione analogica delle norme 
eccezionali, posto dall�art. 14 delle preleggi, non esclude una loro interpretazione 
estensiva che, come � noto, consente l�utilizzazione delle norme regolanti 
casi simili. Orbene, tanto la cessione del contratto quanto la successione 
nei contratti, comportando una successione a titolo particolare in preesistenti 
rapporti giuridici contrattuali, operano una sostituzione soggettiva che lascia 
immutati gli elementi oggettivi del singolo contratto o dei contratti aziendali.
CONTENZIOSO NAZIONALE 93 
In ambedue le fattispecie, dunque, nonostante la differenza tra le manifestazioni 
di volont� da cui discendono gli effetti (nella cessione del contratto 
gli effetti derivano in via diretta mentre nella successione ex art. 2558 c.c. gli 
effetti derivano in via indiretta), gli effetti in questione sono per� identici. 
Inoltre, l�applicabilit� dell�art. 18, comma 2, L. 55/90, anche alle fattispecie 
di successione nel contratto e, dunque, alla cessione di azienda, risultava 
chiaro dal fatto che il divieto di cessione seguiva la previsione secondo cui 
�le imprese, le associazioni, i consorzi obbligatori aggiudicatari sono tenuti 
ad eseguire in proprio le opere o i lavori compresi nel contratto�. 
Insomma, l�art. 18 L. 55 del 1990 �ha vietato ogni forma di sostituzione 
della qualit� di contraente, inibendo la cessione non solo come nomen iuris 
di uno schema contrattuale, bens� come effetto giuridico che si verifica quando 
vi � successione di un terzo in un contratto preesistente�. (Consiglio di Stato 
sent. n. 761, 13 maggio 1995, in Consiglio di Stato, 1995, I, pp. 725 � 727). 
Con l�inciso �il contratto non pu� essere ceduto, a pena di nullit�� il legislatore, 
dunque, non aveva inteso restringere l�ambito di applicazione della 
norma alla sola ipotesi di cessione del contratto, poich�, indipendentemente 
da tale ultimo inciso, la norma, nel momento in cui obbligava le imprese ad 
eseguire �in proprio� il contratto, vietava gi� di per s� qualsiasi forma di sostituzione 
soggettiva del contraente. In altre parole, l�art. 18 L. 55/90, obbligando 
l�aggiudicatario ad eseguire �in proprio le opere o i lavori compresi nel 
contratto�, con o senza l�inciso finale di cui sopra, conduceva comunque alla 
medesima conseguenza di vietare la fungibilit� della posizione di contraente 
dell�Amministrazione. 
Ora, nonostante l�autorevolezza e la logicit� delle ragioni poste alla base 
di tale filone dottrinario, che riteneva che il legislatore, nell�essersi riferito 
alla cessione del contratto, non avesse alluso ad un nomen iuris preciso, inestensibile 
in sede ermeneutica, ma all�effetto giuridico che si verifica in tutti 
i casi di successione di un terzo nella titolarit� di un contratto preesistente, 
non � mancato chi abbia cercato di ridimensionare e circoscrivere l�ambito di 
operativit� della disposizione al solo dato letterale. 
In particolare, sul fronte diametralmente opposto a quello dell�Avvocatura 
generale dello Stato si era posta l�Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, 
la quale, nel parere reso con nota 3 dicembre 1992 (n. 1255/92 Cons.) 
su richiesta della Presidenza della Regione Sicilia, aveva disposto che �nel 
caso di fusione fra due societ� si ha un fenomeno di successione della societ� 
risultante dalla fusione nei rapporti giuridici facenti capo alle societ� fuse 
che non � assolutamente riconducibile allo schema giuridico della cessione 
del contratto�. Nel motivare tale posizione, l�Avvocatura distrettuale dello 
Stato di Palermo osservava che la fusione tra societ� non implica, in realt�, il 
trasferimento dei vincoli contrattuali ad un diverso soggetto economico da 
parte di chi precedentemente investito se ne liberi, bens� una << assimila-
94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zione>> del secondo nel primo, il che non comporterebbe la violazione dell�art. 
18 L. 55/90 nella parte in cui obbliga ad �eseguire in proprio le opere o 
i lavori compresi nel contratto�. La riflessione valeva sia nell�eventualit� in 
cui titolare originario fosse la societ� incorporante sia qualora lo fosse la societ� 
incorporata. Avverso tale impostazione si era rilevato, per�, che nel caso 
di una nuova societ� sorta sulle ceneri di una preesistente, la personalit� viene 
attribuita ad una entit� diversa da quella originaria; nell�ipotesi di incorporazione, 
invece, mutano, quanto meno, i rapporti interni alla persona giuridica. 
Nel tentativo di arginare l�ambito di applicazione della disciplina in questione, 
inoltre, l�Avvocatura distrettuale spostava la sua attenzione anche sulla 
sanzione della nullit� che colpiva la violazione del divieto di cessione. Posto, 
infatti, che il legislatore prevedesse la nullit� in caso di violazione del divieto 
di cessione, l�Avvocatura distrettuale di Palermo si chiedeva a quale nullit� il 
legislatore stesso si riferisse. Nullit� di quale contratto? Dell�originario, quello 
di appalto stipulato tra il privato e la P.A.? O del nuovo, successivo all�appalto, 
che ne comporti il trasferimento a terzi: e cio�, a seconda del caso concreto, 
del negozio di cessione del contratto di appalto o del negozio di fusione tra 
due societ�, con la conseguenza che il contratto di appalto avrebbe continuato 
ad intercorrere fra le parti originarie? L�Avvocatura distrettuale rilevava che 
infliggere la sanzione della nullit� del negozio di fusione tra due societ�, per 
il solo fatto che una di esse fosse aggiudicataria di un contratto di appalto pubblico, 
fosse conseguenza �talmente abnorme da apparire concettualmente impraticabile�, 
salvo che non si considerasse la nullit� come nullit� parziale, 
riguardante non la fusione nella sua totalit� ma il solo rapporto giuridico concernente 
il pubblico appalto in corso. L�Avvocatura dello Stato di Palermo osservava 
che, in tale ultimo caso, per�, a seguito della fusione, viene meno il 
soggetto che dovrebbe continuare a rispondere dell�esecuzione dell�appalto. 
(V. AZZONI, La cessione del contratto d�appalto nel regime antimafia, cit., pp. 
2122 � 2124). 
Sul punto, ossia su quale contratto dovesse essere colpito dalla sanzione 
della nullit�, dottrina e giurisprudenza non sono state per� unanimi. 
La dottrina sosteneva, infatti, che �l�espressione << il contratto non pu� 
essere ceduto a pena di nullit� >> pu� infatti significare � ed � anzi questa la 
lettura pi� lineare e consona con la sequenza e con la connessione delle parole 
usate, cos� come raccomanda l�art. 14 preleggi � che il contratto di appalto 
deve azzerarsi se appena la parte privata ne fa oggetto di negoziazione. A tal 
punto preme al legislatore l�intuitus personae che il trasferimento contra 
legem del contratto ne comporta la nullit�: nullit� da intendersi in senso 
stretto, perch� determinata � ex art. 1418 C.C. � dal contrasto con norme imperative 
di legge, oppure come causa di risoluzione del vincolo stante l�ormai 
accertato disegno di controparte di non adempiere alle proprie obbligazioni. 
In entrambi i casi la P.A. potr� rivendicare pieno titolo al ristoro dei danni
CONTENZIOSO NAZIONALE 95 
subiti, reclamandoli eventualmente anche presso il terzo avente causa�. 
Detto ci�, l�opinione dell�Avvocatura palermitana, che rinveniva nella 
tesi ora esposta un inammissibile divieto assoluto per le societ� aggiudicatarie 
dei contratti di appalto pubblico di partecipare a negozi di fusione, era del tutto 
errata. Nessuna norma, infatti, vietava a tali societ� di fondersi o di cedere 
l�azienda o il ramo di essa riconducibile all�appalto; l�operazione aveva tuttavia 
un costo, quello di rinunciare al contratto d�appalto pubblico. (V. AZZONI, 
La cessione del contratto d�appalto nel regime antimafia, cit., p. 2124). 
Conformemente alla teoria ora esposta, sempre in dottrina, si � detto 
anche che �sembra, in ogni caso, preferibile l�interpretazione che riferisce la 
nullit� � direttamente al contratto d�appalto oggetto dell�illecita cessione, 
piuttosto che al negozio di cessione vero e proprio, e ci� per mantenere la ricordata 
evidente analogia con il fenomeno � e l�attuale disciplina repressiva 
delineata dall�art. 19, commi 2 e 3, della legge n. 55 del 1990 � della costituzione 
di associazioni temporanee contestualmente o successivamente all�aggiudicazione. 
Del resto, la nullit� del negozio di cessione non abbisogna di 
espressa statuizione normativa, fondandosi di per s� sull�art. 1418 C.C., che 
tra le cause di nullit� del contratto menziona la contrariet� di quest�ultimo a 
norme imperative�. (TRAVAGLINI, Legislazione antimafia e i suoi aggiornamenti, 
cit., p. 599). 
Secondo la giurisprudenza, invece, �la previsione della << nullit� >> 
non � stata certo riferita all�originario contratto d�appalto stipulato tra l�Amministrazione 
e l�aggiudicatario: se vi � una cessione vietata dall�art. 18, secondo 
comma, il contratto di appalto stipulato con l�aggiudicatario continua 
a comportare la sua responsabilit�, sotto ogni aspetto, della realizzazione dei 
lavori. La << nullit� >> non si riferisce al << contratto ceduto >>, ma al 
contratto che viola il divieto, cio� a quello che intende comportare la sostituzione 
soggettiva del contraente dell�Amministrazione. Il legislatore ha reso 
nullo il contratto ( qualsiasi sia il suo nomen iuris ) con cui l�appaltatore trasferisca 
ad un terzo la sua posizione contrattuale di appaltatore di opere pubbliche, 
e cio� per la parte in cui tale contratto (se non vi fosse la previsione 
della nullit�) andrebbe ad incidere sugli effetti del contratto d�appalto stipulato 
dall�Amministrazione. Pertanto, se l�appaltatore conclude un contratto 
di cessione dell�appalto, vi � la violazione di una norma imperativa che comporta 
la nullit� del contratto di cessione, ai sensi dell�art. 1418, primo comma 
Cod. civ. Se l�appaltatore invece conclude un contratto (quale quello di cessione 
dell�azienda), dal quale in via derivata si verifica l�effetto della cessione, 
l�art. 18 secondo comma in esame impedisce la successione ex lege nel contratto 
d�appalto di opere pubbliche, ma non � in discussione la validit� del 
trasferimento di azienda in quanto tale. Va rilevato, sotto quest�ultimo aspetto, 
che la cessione di azienda non � stata vietata in quanto tale dal novellato art. 
18, secondo comma, della legge n. 55 del 1990: la legge inibisce unicamente
96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
la produzione degli effetti della cessione nei confronti dell�Amministrazione. 
Quanto precede � altres� confermato dalla natura personale del contratto di 
appalto di opere pubbliche: tale natura, tenuto conto del citato art. 18, secondo 
comma, impedisce che si produca con la cessione di azienda la automatica 
successione nel relativo contratto�. (Consiglio di Stato sent. n. 761, 
13 maggio 1995, in Consiglio di Stato, 1995, I, pp. 727 � 728). 
Anche la sentenza in esame si pone sulla medesima lunghezza d�onda. 
Consapevoli che ci� che il legislatore avesse inteso impedire con la normativa 
in questione fosse la fungibilit� del contraente, anche i giudici della Corte di 
Appello di Roma, seppur non argomentando al riguardo, hanno ritenuto che 
ad essere nullo, ai sensi dell�art. 18, comma secondo, L. 55/90, sia il contratto 
di affitto di ramo d�azienda e non il contratto originario stipulato tra Amministrazione 
e privato. 
Passando al secondo argomento su cui poggia la parte di sentenza in 
esame, l�applicabilit� dell�art. 18, comma 2, L. 55/90 (che disponeva specificamente 
il divieto di cessione del contratto di appalto) al contratto di refezione 
scolastica � stata possibile mediante il rinvio operato all�art. 16, comma 3, 
D.Lgs. 358/92 e all�art. 18, comma 3, L. 157/95, anch�essi abrogati dall�art. 
256 del D. Lgs. 163/2006. 
I giudici della Corte di Appello di Roma, infatti, al fine di applicare una 
norma espressamente prevista per il contratto di appalto al contratto di refezione 
scolastica hanno fatto rientrare quest�ultimo nella categoria dei contratti 
di pubbliche forniture e di conseguenza hanno applicato l�art. 16, comma 3, 
D.Lgs. 358/92 che disponeva che la disciplina prevista dall�art. 18 L. 55/90 si 
applicasse anche nel settore delle pubbliche forniture. 
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, il servizio di refezione scolastica 
ҏ contratto di fornitura di beni e non appalto di servizi� (Consiglio di 
Stato, sez. V, n. 289/2000 in Juris Data). 
La Corte afferma che, comunque, anche se si volesse ritenere il contratto 
di refezione scolastica un contratto di servizio la disciplina non muterebbe 
poich� l�applicabilit� dell�art. 18, comma secondo, L. 55/90 deriverebbe dall�art. 
18, comma 3, D.Lgs. 157/95 che sottoponeva anche gli appalti di servizio 
al divieto di cui all�art. 18 L. 55/90. 
Ora, accertato che il divieto di cessione del contratto ex art. 18, comma 
2, L. 55/90 costituisse principio generale volto ad evitare non la cessione del 
contratto come contratto tipico ma come effetto giuridico di qualsiasi contratto, 
� doveroso procedere all�esame dell�attuale disciplina della cessione del contratto 
pubblico contenuta nel Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12 aprile 
2006 n. 163), in particolare, nell�art. 116, che ha sostanzialmente ripreso 
quanto gi� disposto dagli artt. 35 e 36 della L. n. 109 del 1994 e nell�art. 118. 
Attualmente, dunque, il divieto di cedere a terzi il contratto d�appalto 
pubblico a pena di nullit�, formalizzato dall�art. 118, comma 1, D.Lgs.
CONTENZIOSO NAZIONALE 97 
163/2006, � un divieto solo tendenzialmente assoluto; il codice dei contratti 
pubblici, infatti, garantisce le dovute eccezioni nei casi in cui un�eccessiva rigidit� 
comporterebbe il pregiudizio degli interessi pubblici perseguiti. 
L�odierna disciplina, in particolare, consente la modifica dell�appaltatore 
sia a livello di �titolarit�� del rapporto, ex art. 116 D.Lgs. 163/2006, che a livello 
di �esecuzione� delle prestazioni, ex artt. 117 e 118 D.Lgs. 163/2006. 
(CLARICH, Commentario al codice dei contratti pubblici, Giappichelli Editore 
� Torino, 2010, p. 595). 
Orbene, l�art. 116 D.Lgs 163/2006, rubricato �vicende soggettive dell�esecutore 
del contratto�, dispone infatti che: �1. Le cessioni di azienda e gli atti 
di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti 
pubblici non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna stazione 
appaltante fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta 
trasformazione, fusione o scissione, non abbia proceduto nei confronti di essa 
alle comunicazioni previste dall'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio 
dei ministri 11 maggio 1991, n. 187, e non abbia documentato il possesso 
dei requisiti di qualificazione previsti dal presente codice. 
2. Nei sessanta giorni successivi la stazione appaltante pu� opporsi al 
subentro del nuovo soggetto nella titolarit� del contratto, con effetti risolutivi 
sulla situazione in essere, laddove, in relazione alle comunicazioni di cui al 
comma 1, non risultino sussistere i requisiti di cui all'articolo 10-sexies della 
legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. 
3. Ferme restando le ulteriori previsioni legislative vigenti in tema di prevenzione 
della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione 
di pericolosit� sociale, decorsi i sessanta giorni di cui al comma 2 
senza che sia intervenuta opposizione, gli atti di cui al comma 1 producono, 
nei confronti delle stazioni appaltanti, tutti gli effetti loro attribuiti dalla legge. 
4. Le disposizioni di cui ai commi che precedono si applicano anche nei 
casi di trasferimento o di affitto di azienda da parte degli organi della procedura 
concorsuale, se compiuto a favore di cooperative costituite o da costituirsi 
secondo le disposizioni della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive 
modificazioni, e con la partecipazione maggioritaria di almeno tre quarti di 
soci cooperatori, nei cui confronti risultino estinti, a seguito della procedura 
stessa, rapporti di lavoro subordinato oppure che si trovino in regime di cassa 
integrazione guadagni o in lista di mobilit� di cui all'articolo 6 della legge 
23 luglio 1991, n. 223�. 
Nell�attuale contesto normativo, dunque, il trasferimento della posizione 
dell�esecutore del contratto a seguito di cessione o affitto d�azienda o di un 
ramo di essa o di altre vicende dell�impresa (trasformazione, fusione e scissione) 
� direttamente disciplinato dall�art. 116 del codice dei contratti pubblici. 
Come accennato, la citata disposizione ha in sostanza ricalcato la disciplina 
contenuta negli artt. 35 e 36 L. 109/1994 che aveva attenuato il divieto
98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
di cessione del contratto, consentendo, a determinate condizioni, le modificazioni 
riguardanti l�organizzazione aziendale dell�appaltatore (cessione 
d�azienda, trasformazione, fusione e scissione). Nello specifico, l�iniziale interpretazione 
restrittiva dei citati artt. 35 e 36 aveva ceduto il passo ad un�interpretazione 
estensiva degli stessi che ne consentiva l�applicazione anche agli 
appalti di forniture e servizi. 
Premesso ci�, il divieto di cessione del contratto ex art. 18, comma 2, L. 
55/90, da un lato, e la disposizione che consente l�opponibilit� alla stazione 
committente del trasferimento d�azienda e fattispecie analoghe (art. 35 L. 
109/94), dall�altro, non erano tra loro antitetiche. Le due disposizioni, infatti, 
si integravano reciprocamente laddove l�immutabilit� della posizione di contraente 
veniva temperata dalla possibilit� del subentro di un altro soggetto, 
previa la valutazione necessaria dei requisiti di carattere soggettivo e oggettivo 
in capo a quest�ultimo, richiesti dall�art. 35 L. 109/94. 
Il legame tra le due disposizioni � attualmente esplicitato dal codice dei 
contratti pubblici che, riaffermando il generale divieto di cessione del contratto, 
(l�art. 118, comma 1, dispone infatti che �I soggetti affidatari dei contratti 
di cui al presente codice sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i 
lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non pu� essere 
ceduto, a pena di nullit�, salvo quanto previsto nell'articolo 116�) fa tuttavia 
espressamente salve le modificazioni soggettive dell�appaltatore previste dall�art. 
116 citato. 
Come in precedenza esposto, l�art. 116 D.Lgs. 163/2006, sulla falsariga 
dell�art. 35 L. 109/94, disciplina le modifiche del soggetto esecutore derivanti 
da cessione d�azienda, trasformazione, fusione o scissione di societ�. A differenza 
della previgente normativa, per�, l�art. 116 in questione trova espressa 
applicazione anche per gli appalti di forniture e di servizi. (SANDULLI, DE NICTOLIS, 
GAROFOLI, Trattato sui contratti pubblici, V, I settori speciali l�esecuzione, 
Milano, Dott. A. Giuffr� Editore, 2008, pp. 3433-3438). 
Proseguendo all�esame dell�art. 116 D.Lgs. 163/2006, si nota che quest�ultimo 
nulla dice a proposito della cessione del ramo di azienda o dell�affitto 
della medesima. Tuttavia, se si considera che la cessione d�azienda (in conformit� 
alla definizione di azienda ex art. 2555 c.c.) comporta il trasferimento 
di un complesso di beni organizzati dall�imprenditore per l�esercizio dell�impresa, 
l�art. 116 non potr� non trovare applicazione anche in relazione a tali 
ulteriori fattispecie giuridiche. Infatti, essendo il ramo d�azienda un insieme 
di beni e persone dotato di autonomia produttiva, finalizzato allo svolgimento 
di una determinata attivit� d�impresa, il suo trasferimento andr� assoggettato 
alla stessa disciplina disposta per la cessione d�azienda. Per ci� che concerne 
l�affitto d�azienda o di un ramo di essa, da tempo ormai ne � stata riconosciuta 
l�opponibilit� alla stazione committente (Cons. St., sez. VI, 6 aprile 2006, n. 
1873 in Juris Data).
CONTENZIOSO NAZIONALE 99 
Circa l�opponibilit� delle vicende modificative in esame, l�art. 116 D.Lgs. 
163/2006 subordina l�efficacia di tali modificazioni nei confronti della stazione 
appaltante ad alcuni adempimenti a carico del cessionario. Il soggetto subentrante, 
infatti, ai sensi dell�art. 116, comma 1, in esame � tenuto a procedere 
nei confronti dell�Amministrazione committente �alle comunicazioni previste 
dall�articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 
1991 n. 187 (1)� e a documentare �il possesso dei requisiti di qualificazione 
previsti dal presente codice�. 
Secondo la dottrina, quest�ultima espressione non � riferita solo alle certificazioni 
SOA di cui all�art. 40 D.Lgs. 163/2006, ma a tutti i requisiti richiesti 
ai fini dell�ammissione alla gara d�appalto dal codice dei contratti pubblici sia 
di ordine generale (art. 38) che speciale, come la capacit� professionale (art. 
39), quella economica e finanziaria (art. 41) o quella tecnica (art. 42). 
Si ritiene, inoltre, che, nonostante l�art. 116 non preveda che il soggetto 
subentrante sia tenuto a trasmettere alla stazione committente anche gli atti di 
cessione, trasformazione, fusione o scissione, tali documenti siano necessari 
per accertare se si sia in presenza di un�effettiva cessione d�azienda o di un 
negozio che comporti in realt� una cessione del contratto vietata dall�art. 118 
del codice. 
Infine, l�art. 116 D.Lgs. 163/2006 non pone alcun termine entro il quale 
l�impresa subentrante debba provvedere agli adempimenti di cui sopra. Difatti, 
fin quando tali comunicazioni non avvengono il negozio giuridico rimarr� improduttivo 
di effetti nei confronti dell�Amministrazione, con la conseguenza 
che l�esecutore continuer� ad essere l�originario aggiudicatario del contratto 
d�appalto. 
Come gi� rilevato, l�art. 116, comma 2, D.Lgs. 163/2006 dispone che, 
entro i successivi sessanta giorni dalla ricezione della documentazione di cui 
al comma 1 dell�art. 116, l�Amministrazione possa opporsi alla successione 
nel contratto d�appalto qualora �non risultino sussistere i requisiti di cui all�articolo 
10 sexies della l. 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni�. 
Nell�eventualit� in cui il possesso di tali requisiti non sia dimostrato, 
dunque, la stazione appaltante non potr� fare altro che opporsi al subentro con 
conseguenti �effetti risolutivi sulla situazione in essere�. (SANDULLI, DE NICTOLIS, 
GAROFOLI, Trattato sui contratti pubblici, cit. p. 3447). 
(1) Ai sensi dell�art. 1 D.P.C.M., n. 187 del 1991 il soggetto subentrante sar� tenuto a comunicare 
�la propria composizione societaria, l'esistenza di diritti reali di godimento o di garanzia sulle azioni 
"con diritto di voto� sulla base delle risultanze del libro dei soci, delle comunicazioni ricevute e di qualsiasi 
altro dato a propria disposizione, nonch� l'indicazione dei soggetti muniti di procura irrevocabile 
che abbiano esercitato il voto nelle assemblee societarie nell'ultimo anno o che ne abbiano comunque 
diritto�. Qualora il soggetto subentrante sia un consorzio, i dati di cui sopra dovranno essere �riferiti 
alle singole societ� consorziate che comunque partecipino alla progettazione ed all'esecuzione dell'opera�.

100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Tale ultimo inciso viene interpretato nel senso che, da un lato, il negozio 
giuridico che ha generato la modificazione aziendale non produce effetti nei 
confronti della stazione appaltante e, dall�altro, che �il contratto di appalto di 
risolve ipso iure�. 
Inoltre, nonostante l�art. 116, comma 2, D.Lgs. 163/2006 consenta espressamente 
l�opposizione al subentro nel rapporto contrattuale solo nel caso in 
cui l�impresa subentrante non abbia dimostrato il possesso dei requisiti �antimafia�, 
� indubbio che l�opposizione possa fondarsi anche sull�assenza delle 
qualificazioni richieste dal comma 1 dell�art. 116 in questione (SANDULLI, DE 
NICTOLIS, GAROFOLI, Trattato sui contratti pubblici, cit. pp. 3440 � 3447). 
Infine, l�art. 116 D.Lgs. 163/2006 non sembra indicare con certezza il 
momento in cui si perfeziona il subentro nel rapporto contrattuale. Se per un 
verso, infatti, il comma 1 dell�art. 116 D.Lgs. 163/2006 dispone che le cessioni 
di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione non hanno effetto 
nei confronti della singola stazione appaltante fino a che il soggetto subentrante 
non abbia provveduto alle comunicazione di cui all�art. 1 del D.P.C.M. 
n. 187 del 1991 e non abbia documentato il possesso dei requisiti di qualificazione 
previsti dal codice dei contratti pubblici; per altro verso, il comma 3 
del medesimo articolo prevede che, �decorsi i sessanta giorni di cui al comma 
2 senza che sia intervenuta opposizione, gli atti di cui al comma 1 producono, 
nei confronti delle stazioni appaltanti, tutti gli effetti loro attribuiti dalla 
legge�. 
Al riguardo, parte della dottrina ritiene preferibile l�interpreazione secondo 
cui il subentro abbia effetto a partire dalla ricezione da parte della stazione 
appaltante delle comunicazioni e della documentazione sopra 
menzionata. Si ritiene, infatti, che nelle more del decorso dei sessanta giorni 
di cui sopra, �gli effetti della cessione comunque si producono, solo che essi 
sono risolutivamente condizionati alla mancata opposizione del committente� 
(CLARICH, Commentario al codice dei contratti pubblici, cit., p. 597). Secondo 
alcuni autori, in particolare, l�eventuale opposizione della stazione appaltante 
pu� essere assimilata alla reazione del contraente ceduto. L�art. 2558 c.c. prevede, 
infatti, che la cessione dell�azienda abbia effetto immediato, salva la 
possibilit� riservata al contraente ceduto di �recedere dal contratto entro tre 
mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo 
caso la responsabilit� dell�alienante�; �giusta causa� che nel caso di specie 
si rinviene nell�assenza in capo al soggetto subentrante dei requisiti necessari 
per l�esecuzione del contratto. (SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, Trattato 
sui contratti pubblici, cit. pp. 3448 � 3449). 
In senso opposto si pone chi ritiene che le comunicazioni di cui al comma 
1 dell�art. 116 D. Lgs. 163/2006 costituiscano �condizione necessaria ma non 
sufficiente al prodursi degli effetti� che dunque si producono solo al decorre 
del termine di sessanta giorni previsto dal comma 3 del citato art. 116 (Codice
CONTENZIOSO NAZIONALE 101 
dei contratti pubblici, Dott. A. Giuffr� Editore, Milano, 2007, p. 1121). 
E� utile rilevare, infine, che l�attuale posizione del legislatore riguardo le 
vicende modificative dell�impresa esecutrice � dovuta anche al fatto che i contratti 
in esame non sono pi� considerati di natura fiduciaria/personale, �ma 
tutt�al pi� negozi �a rilevanza personale�, nei quali le qualit� dell�appaltatore, 
pur essendo prese in esame dalla stazione appaltante, non sono per� determinanti 
per l�assegnazione dell�appalto. Il c.d. intuitus personae, infatti, sembra 
aver mutato di significato: �mentre nell�accezione tradizionale esso implicava 
l�impossibilit� di trasferire a un altro soggetto l�esecuzione del contratto, oggigiorno 
pare emergere un�esigenza di immodificabilit� del contraente riferita, 
tuttavia, non pi� alla figura di un determinato imprenditore, bens� a un determinato 
complesso aziendale�. Ed � proprio perch� destinato a seguire il complesso 
aziendale che il contratto � oggi divenuto, entro certi limiti, trasferibile 
(SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, Trattato sui contratti pubblici, cit. pp. 
3449 � 3452). 
Concludendo, � possibile affermare che il divieto di cessione del contratto, 
oggi previsto dall�art. 118, comma 1, D.Lgs. 163/2006, pur ricalcando 
l�ormai abrogato art. 18, comma 2, L. 55/90, si inserisca in un contesto normativo 
che, in linea con i principi di diritto europeo e con l�art. 41 della Costituzione, 
si mostra pi� mite e tendenzialmente aperto, qualora ricorrano i 
presupposti richiesti dalla legge, alla sostituzione soggettiva del contraente 
dell�Amministrazione. 
Invero, il presente quadro normativo, se da un lato, esclude la cessione 
�diretta� del contratto ai sensi dell�art. 118, comma 1, a pena di nullit�, dall�altro, 
consente la cessione come �effetto indiretto� di atti successori o di trasferimento 
che non riguardino direttamente il contratto ma l�intera azienda e 
ci� a garanzia degli interessi della stazione appaltante, interessi che sarebbero 
vanificati qualora l�aggiudicatario potesse liberamente cedere il contratto a 
terzi.
Tale disciplina, tuttavia, � criticata da chi preme per una generale ammissibilit� 
della cessione del contratto che, previe le necessarie verifiche dell�Amministrazione 
sull�idoneit� e affidabilit� del cessionario, oltre a prevenire i 
fenomeni elusivi determinati dal rigore della normativa in questione, favorirebbe 
una maggiore trasparenza e un maggior rispetto della normativa comunitaria 
e della libert� di iniziativa economica ex art. 41 Cost.. Secondo tale 
dottrina, dunque, il legislatore del 2006 avrebbe perso l�occasione di rimuovere 
un limite che, nella forma in cui � posto, risulta ingiustificato e in contrasto 
con le tendenze europee (CLARICH, Commentario al codice dei contratti pubblici, 
cit., pp. 596 � 598). 
A ben vedere, per�, un simile modo di argomentare non tiene conto di 
quelle che sono le esigenze concrete del nostro Paese, non tiene conto, cio�, 
della criminalit� organizzata. Al riguardo, � utile ricordare che il divieto di
102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
cessione del contratto d�appalto pubblico consacrato nell�art. 18, comma 2, L. 
55/90 (�Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso 
e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosit� sociale�) si inseriva 
nel corpo di una normativa esplicitamente indirizzata alla repressione del 
fenomeno mafioso e ad una pi� ampia prevenzione delle infiltrazioni della 
malavita organizzata nel tessuto imprenditoriale e finanziario del Paese. Generalizzare 
l�ammissibilit� della cessione del contratto significherebbe, dunque, 
non solo dimenticare la ratio del divieto di cessione ma soprattutto 
lasciare ampi margini di operativit� alle organizzazioni criminali che, come 
l�esperienza insegna, sono sempre pronte a sfruttare le possibili vie di invasione 
e infiltrazione dell�economia legale. 
Dott ssa Lucia Sara* 
Corte di appello di Roma, Sez. II civ., sentenza 2 dicembre 2010 n. 5101 - Pres. Rel. Sorace. 
(Omissis) 
Svolgimento del processo e motivi della decisione 
Con citazione del 12 giugno 1998 il Ministero della Pubblica Istruzione propose opposizione 
tardiva al decreto ingiuntivo con il quale il Presidente del Tribunale di Roma aveva ingiunto 
al 42� Circolo Didattico di pagare all�istante �S.r.l. Colosseum � La Ristorazione� (affittuaria 
del ramo di azienda della C.R.M. Soc. a r.l. appaltatrice della ristorazione scolastica per gli 
anni 1995/96 e seguenti) la somma di lire 450.837.567 ed accessori quale corrispettivo della 
refezione scolastica prestata dalla concessionaria dal settembre al dicembre dell�anno 1997. 
Nel corso del giudizio si costitu� la curatela fallimentare in luogo della Soc. Colosseum, intanto 
dichiarata fallita, insistendo nella domanda. 
Intervenne in causa anche la Soc. a r.l. Bella Roma, alla quale la Soc. Colosseum aveva a sua 
volta ceduto il credito con atto del 15 aprile 1998 - notaio Palmieri di Roma. 
Il Tribunale rigett� l�opposizione. 
Propose appello il suddetto Ministero con atto notificato sia alla curatela del fallimento �Colosseum 
s.r.l.� sia alla soc. Bella Roma. 
Resistettero al gravame entrambi gli appellati richiedendone il rigetto; la cessionaria Soc. 
Bella Roma richiese, con impugnazione incidentale, che il Ministero fosse dichiarato carente 
di legittimazione passiva e, nel merito, che fosse accolta la sua domanda di pagamento diretto 
in conseguenza della cessione del credito. 
Con sentenza emessa il 26 novembre 2001, la Corte di appello di Roma pronunci� come 
segue: 
a) dichiar� inammissibile il gravame incidentale della Soc. Bella Roma; 
b) rigett� l�appello principale del Ministero che, con l�unito motivo di gravame, aveva riproposto 
la tesi dell�avvenuta risoluzione del contratto per le violazioni (mancato versamento 
dei contributi Inps � cessione del contratto di fornitura posta in essere con la fittizia cessione 
del ramo di azienda) addebitate alla originaria appaltatrice. 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 103 
Osserv� sul punto la Corte che la causa aveva ad oggetto le prestazioni effettuate dalla soc. 
Colosseum in epoca successiva alla cessione del rapporto; che lo stesso comune di Roma, 
con lettera del 10 settembre 1997, aveva invitato il Circolo Didattico a proseguire il rapporto 
con la soc. Colosseum prendendo atto della cessione del ramo di azienda; che la controversia 
riguardava un contratto ad esecuzione continuata sicch� a norma dell�art. 1458 c.c., la risoluzione 
invocata dal Ministero avrebbe potuto riguardare soltanto le prestazioni non ancora seguite, 
concludendo nel senso che: �mancando un esplicito richiamo alla clausola risolutiva 
espressa, ed anzi essendo stato accettato il contratto di affitto di azienda, le prestazioni effettuate 
in proprio dalla soc. Colosseum dovevano essere pagate� e che (con argomento esplicitamente 
definito �ad abundantiam�) �con delibera del 16 marzo 1998 il Consiglio del 
Circolo, dato atto della mancata contestazione delle violazioni del contratto da parte del Comune 
di Roma e ritenuta regolare la refezione scolastica, aveva deciso di liquidare quanto 
dovuto alla soc. Colosseum per il periodo settembre/dicembre 1997�. 
c) infine la Corte ritenne che nessuna decisione poteva essere presa riguardo alla posizione 
dell'appellata soc. Bella Roma 2000, cessionaria del credito in contestazione, per la ragione 
che la cessione era stata oggetto di un�azione revocatoria promossa dalla curatela fallimentare. 
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con unico atto, il Ministero della 
Pubblica Istruzione, nonch� il Circolo scolastico di Roma 42 in persona l�uno del Ministro 
l�altro del Direttore pro-tempore. 
Le controparti non svolsero attivit� difensiva. 
La Corte di Cassazione con la sentenza 10 maggio 2005 riconosceva fondato il motivo proposto 
�sotto il profilo, assorbente, dell�omessa pronuncia sulle questioni relative alla nullit� 
(per violazione di norme imperative) del contratto ex art. 18 della legge n. 55/1990, effettivamente 
dedotte dal Ministero appellante all�udienza del 18 maggio 2001 (v., il verbale relativo), 
illustrate con la comparsa conclusionale e non disaminate dalla Corte di Appello� e cassava 
la sentenza impugnata rinviando alla Corte di merito per la valutazione delle questioni anzidette 
trascurate. 
Riassumeva la causa, in sede di rinvio, con le conclusioni in epigrafe il Ministero della Istruzione 
ed il Circolo didattico concludendo come in epigrafe. 
Nessuno si costituiva per i Fallimenti di cui in epigrafe. 
L�appello � fondato per quanto appresso indicato. 
La Corte di Cassazione ha in buona sostanza, cassato la sentenza di appello di questa Corte 
per non aver rilevato le questioni rilevabili di ufficio appresso indicate dedotte dal Ministero 
in appello in sede di comparsa conclusionale e riproposte in sede di legittimat�. 
Questa Corte, anzitutto, deve rilevare che nessuna preclusione pu� ritenersi operante con riguardo 
alle eccezioni appresso indicate nei confronti del�opponente ora riassumente, in quanto 
� ben noto che solo con riguardo alle eccezioni non rilevabili di ufficio pu� valere il principio 
della decadenza nei confronti dell�opponente (giurisprudenza costante); nella specie, trattandosi 
ad evidenza di eccezioni rilevabili di ufficio, non opera la decadenza. In pi� rispetto a 
tali questioni nessun giudicato interno � rilevabile, perch� si tratta di questioni mai dedotte se 
non in sede di compersa conclusionale sulle quali alcun giudice si � pronunziato nel presente 
giudizio. 
In realt�, deve ritenersi che la nullit� del contratto concluso con la Cooperativa Centro Ristoro 
mense soc. coop. r.l. dal Circolo didattico di Roma 42� per difetto di competenza di tale Circolo 
con riguardo alla mancanza della delegazione amministrativa in favore dello stesso Cir-
104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
colo - alla stregua della giurisprudenza pi� recente - non sussiste. 
Invero, la competenza in materia di assistenza scolastica, quindi, per il servizio di refezione 
� attribuita alle Regioni e ai Comuni. Le leggi regionali Lazio n. 77 del 6 settembre 1975 artt. 
2 e 5, e n. 29 del 30 marzo 1992 artt. 4 e 9, hanno devoluto al Comune la gestione abilitando 
lo stesso Comune ad affidare a terzi l�esecuzione del servizio per mezzo di convenzioni strette 
dallo stesso Comune. 
Si �, invece, nella Regione Lazio verificato, a seguito di tale normativa regionale, che il Comune 
ha delegato tutte le funzioni di bandire, esperire la gara, aggiudicarla e stipulare i contratti 
relativi al servizio mensa ai Circoli didattici rientranti nel proprio territorio. 
Tali Circoli didattici all�epoca di tale delega erano peraltro meri uffici periferici del Ministero 
della P.I. privi di ogni personalit� giuridica (acquisita dai Circoli solo successivamente ex art. 
14 D.P.R. n. 275/99 dal 1 settembre 2000). 
Deve ritenersi, come esattamente deduce la difesa erariale, che la delegazione amministrativa 
intersoggettiva, che si attua dal Comune ai Circoli, � , �contra legem�, importante la incapacit� 
negazione del Circolo, in relazione alla sicura operativit� dei limiti della competenza stabiliti 
da norme imperative (Cass. n. 5234/2000); ma � anche vero (Cass. n. 16281/03, ma soprattutto 
Cass. n. 9284/06) che �va affermato che l�istituto, peculiare del diritto pubblico, della delegazione 
amministrativa (sia nella forma interorganica, sia in quella intersoggettiva), realizza 
un ipotesi di conferimento da parte dell�ente (o dell�organo) in via originaria investito della 
competenza a provvedere in una determina materia-, del relativo poter ad altro soggetto (o 
organo), in virt� del quale quest�ultimo diviene, nei confronti dei terzi medesimi, unico titolare 
delle situazioni soggettive, attive e passive, correlate all�esercizio delle attribuzioni delegate, 
cos� rispondendo in proprio delle obbligazioni che, non rientranti nell�ambito dell�esercizio 
delle suddette attribuzioni, il soggetto delegato abbia comunque assunto nei confronti dei 
terzi. Infatti, se la delegazione amministrativa d� luogo, verso l�esterno, ad una responsabilit� 
esclusiva del delegato, in virt� del quale restano del tutto differenti per i terzi i sottostanti rapporti 
delegante-delegato, deve �a priori� ritenersi che tale indifferenza comporti la validit� 
dei rapporti instaurati tra il delegato ed i terzi, ancorch� propiziati e sorti in occasione dell�espletamento 
delle attribuzioni anzidette�. 
Ne consegue che va ritenuto il contratto in questione tra Circolo didattico e la sopra indicata 
Cooperativa idoneo ad obbligare il Circolo rispetto al rapporto del quale con il Comune il 
terzo � ovviamente indifferente ignaro e quindi salvo dalle conseguenze negative che l�incompetenza 
del delegato per s� considerata, senza la necessaria considerazione dell�affidamento 
del terzo, potrebbe determinare. 
In pi� si deve osservare che la acquisita personalit� giuridica del Circolo (cfr. ante) rende lo 
stesso (- e non il Ministero - oramai soggetto distinto rispetto al Circolo) obbligato (unico 
contemplato nel decreto opposto) (e quindi sicuramente il Ministero da assolvere di ogni pretesa 
per diversit� di soggetto). 
Ma, a tal punto, si propone la ulteriore questione della nullit� della cessione del contratto in 
favore della Colosseum ex art. 18, co. 2, l. n. 55/90 e art. 16, co. 3, D.lgs n. 258/92 oltre che 
art. 18, co. 3, D.lgs n. 157/95. 
Gi� il capitolato (art. 86) speciale per la gestione del servizio di refezione scolastica per le 
scuole materne, elementari e medie del Comune di Roma, richiamato dal contratto �de quo� 
di refezione scolastica, impegnava la CRM a non cedere l�attivit� ad altri soggetti; in pi� l�art. 
18, l. n. 55/90 ha stabilito il divieto di cessione del contratto d�appalto, con previsione espressa 
della nullit� anche nei confronti dei contraenti (l�art. 16, co. 3, D.lgs n. 358/92 prevede l�ap-
CONTENZIOSO NAZIONALE 105 
plicabilit� ai contratti di pubbliche forniture ed in tale ambito rientra anche il servito di refezione 
scolastica), ma non diversa � la disciplina dove lo si considerasse un appalto di servizio 
ex art. 18, co. 3, l. n. 157/95. Quel che la noramtiva h inteso impedire � la fungibilit� del contraente, 
e che ci� dipenda dall�affitto dell�azienda � del tutto irrilevante. 
E�, d�altra parte, resterebbe incogruamente comprensibile una disciplina che prima circonda 
di cautele la scelta del contraente e poi nei consentirebbe la sostituzione. Ci� posto, la Colosseum, 
in virt� della nullit� della cessione �de quo�, non pu� ritenersi assolutamente aver acquisito 
diritto in questione �ex contractu� nei confronti del Circolo didattico, perch� la 
cessione che gielo trasmetteva � irrimediabilmente nulla. 
Pertanto, deve ritenersi, alla stregua dei rilievi che precedono, per il Colosseum e, ovviamente 
per l�avente causa dal Colosseum, Bella Roma (la cessione tra tali soggetti non � priva d�oggetto 
perch� al Colosseum nessun credito � per effetto della nullit� della cessione del contatto 
di cui sopra � si era trasferito, e quindi dal Colosseum alcun diritto poteva essere ceduto), la 
cessione nulla �ex lege�, nulla ha a sua volta trasferito; va quindi, assolto il Circolo dalla domanda 
monitoria e da quella di merito nel giudizio di opposizione avanzata dal Colosseum 
che non ha mai acquisito il diritto vantato. 
Il Ministero va assolto perch�, operante la normativa introduttiva della personalit� giuridica 
per il Circolo, � ovviamente a quest�altro soggetto, contemplato dal contratto e dal decreto 
che le obbligazioni fatte valere in virt� del contratto fanno capo. In tale senso va riformata la 
gravata sentenza del Tribunale. 
La spese vanno compensate per tutti i gradi, tenuto conto del fatto che la problematica assorbente 
e stata proposta addirittura successivamente all�appello; per il primo giudizio di rinvio 
stante la contumacia delle parti convenute in riassunzione, i rilievi che precedono, stante l�impossibilit� 
di compensare, comportano la declaratoria della mancanza delle condizioni per 
una pronuncia sulle spese. 
PQM 
La Corte giudicando in sede di rinvio, in riforma della gravata sentenza assolve il Ministero 
della Pubblica Istruzione ed il Circolo didattico Roma n. 42 dalla domanda monitoria e da 
quella proposta nella sede del giudizio di opposizione a suo tempo proposta dal Fallimento 
Colsseum la Ristorazione s.r.l. e per quanto occorre, da quella a suo tempo proposta dal fallimento 
Bella Roma 2000 srl, cos� accogliendo l�opposizione dell�impugnato decreto ingiuntivo, 
che revoca; compensa le spese di lite di tutti i gradi, eccetto che per il presene giudizio 
di rinvio, per il quale si d� atto che non ricorrono le condizioni per una pronuncia sulle spese. 
Roma, 20 maggio 2010
106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
In tema di danno ambientale 
Legittimazione ad agire, natura dell�illecito, componenti del danno 
(Tribunale di Napoli, Sez. XXII pen., ordinanza del 5 novembre 2010; Tribunale di Santa Maria 
Capua Vetere, Sez. II pen., ordinanza dell�1 febbraio 2011; Corte di appello di Napoli, Sez. I 
civ., sentenza del 24 aprile 2008 n. 1495; Corte di appello di Napoli, Sez. I civ., sentenza del 
19 gennaio 2011 n. 90) 
I provvedimenti in rassegna rivestono profili di particolare interesse su 
vari aspetti. 
L�ordinanza del tribunale di Napoli � Ufficio GIP del 5 novembre 2010 e 
l�ordinanza del tribunale di S. Maria C. V. dell�1 febbraio 2011 sono intervenute 
� in sede di ammissione delle costituende parti civili � in due diverse fasi di un 
complesso procedimento penale nel quale ai prevenuti si imputa, tra l�altro, la 
violazione degli aa. 256 e 260 sul D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152. 
Invece la sentenza non definitiva n. 1495/2008 del 24 aprile 2008 e la sentenza 
definitiva n. 90/2011 del 19 gennaio 2011, entrambe della Corte di Appello 
di Napoli, sono intervenute in grado di appello, nel giudizio civile 
azionato dallo Stato contro una societ� assunta responsabile dell�attivit� di costruzione 
e gestione di un complesso compendio nel comune di Castelvolturno 
cagionante danno ambientale; la sentenza di I grado � gi� stata pubblicata su 
questa rassegna (Rass. Avv. Stato 2004, pp. 1263-1270). 
1. Legittimazione ad agire 
In prima analisi, sia nella vigenza dell�art. 18 L. 8 luglio 1986 n. 349 che 
nella vigenza del cd. Codice dell�Ambiente (art. 311 del D.L.vo 3 aprile 2006 
n. 152), la legittimazione ad agire viene individuata prioritariamente - tanto 
nelle ordinanze sopracitate quanto nella sentenza di primo grado del Tribunale 
di Napoli confermata sul punto in appello con le sentenze in rassegna - in capo 
al Ministero dell�Ambiente. 
Ambedue le ordinanze estendono la legittimazione anche agli enti territoriali 
cui � affidata la cura del territorio e dell�ambiente e alle associazioni ambientaliste. 
All�uopo l�ordinanza del tribunale di S. Maria C.V. precisa: �Come 
chiarito dalla Suprema Corte, infatti, tale costituzione � pur sempre ammissibile 
laddove venga lamentata la lesione di un diritto soggettivo o di un interesse 
legittimo [�] che derivi dalla commissione del reato e che sia diverso dal 
danno ambientale. A tale conclusione si perviene dalla considerazione della 
dimensione plurioffensiva del danno al bene�ambiente nel quale confluiscono 
anche profili inerenti la persona e le formazioni sociali ove si sviluppa la personalit�. 
Ne deriva che, quanto alla domanda di costituzione di parte civile 
degli enti territoriali, essa appare ben possibile laddove l�ente lamenti la lesione 
di interessi propri e/o espressivi delle funzioni istituzionali dello stesso,
CONTENZIOSO NAZIONALE 107 
diversi dal danno all�ambiente nella sua dimensione pubblicistica. Quanto alla 
legittimazione alla costituzione di parte civile delle associazioni ecologiste o 
operanti nel settore dell�ambiente, deve rilevarsi che essa, in conformit� ad un 
orientamento oramai consolidato della Suprema Corte [...] pu� essere ravvisata 
laddove tali associazioni si atteggino ad enti esponenziali di interessi ambientali 
concretamente individualizzati e, cio�, di interessi collettivi legittimi e 
non di meri interessi diffusi. A tal fine, peraltro, il Collegio ritiene necessario 
individuare i criteri da seguire nella valutazione dell�interesse allegato dall�ente, 
onde verificare se tale situazione giuridica soggettiva sia differenziata 
e qualificata rispetto al mero interesse collettivo, di natura diffusa. Ebbene, seguendo 
ancora le indicazioni della Suprema Corte, � necessario che l�associazione 
abbia come fine essenziale statutario la tutela dell�ambiente, che essa 
sia radicata nel territorio anche attraverso sedi sociali, che sia rappresentativa 
di un gruppo significativo di consociati e che abbia dato prova di continuit� 
del suo contributo a difesa del territorio [�] �. 
2. Natura dell�illecito 
Con la sentenza non definitiva in rassegna la condotta pregiudizievole 
all�ambiente viene qualificata come illecito permanente, confermandosi quella 
del giudice di I grado. La qualificazione del tipo di illecito rileva � per il giudicante 
� al fine della individuazione del dies a quo in ordine alle pretese collegate 
alla condotta pregiudizievole per l�ambiente. La Corte d�Appello di 
Napoli, con la sentenza non definitiva, sul punto enuncia: �[�] deve affermarsi 
che l�illecito, che provoca il danno all�ambiente, ha carattere di illecito permanente, 
poich� consiste nella creazione di una situazione di per s� capace di 
produrre continuamente ulteriore nocumento al diritto tutelato consistente 
nell�interesse collettivo alla conservazione, alla razionale gestione, al miglioramento, 
al recupero (per via naturale o grazie all�intervento umano di ripristino) 
ed al godimento individuale e collettivo dell�ambiente naturale (onde 
non si dubita del fatto che costituisce danno ambientale civilmente risarcibile 
anche quello derivante medio tempore dall�indisponibilit� della risorsa ambientale 
intatta, sino a quando lo stato dei luoghi non sia stato ripristinato, le 
c.d. �perdite provvisorie� di cui alla direttiva 2004/35/CE [�], mentre l�effetto 
lesivo � sostenuto nel tempo della violazione dell�obbligo di ripristinare secundum 
ius i luoghi che grava sull�autore, con la conseguenza che lo Stato (quale 
ente esponenziale della collettivit� lesa) da una parte pu� agire in ogni tempo 
per il ripristino [�], non essendo neppure concepibile l�usucapione del diritto 
(che non � riconosciuto dall�ordinamento) a mantenere in atto stati di fatti dannosi 
per l�ambiente, e d�altra parte acquista giorno per giorno il diritto al risarcimento 
per equivalente della perdita consistente nel fatto che la collettivit� 
continua ad esser privata della possibilit� di godere dell�ambiente nella situazione 
in cui si trovava prima che l�autore dell�illecito lo deteriorasse o aggiun-
108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
gesse ulteriore deterioramento a quello gi� provocato da altri [�] �. 
3. Componenti del danno 
Per le sopradescritte condotte nel Comune di Castelvolturno, nel I grado 
del giudizio, il Tribunale di Napoli aveva riconosciuto la spettanza allo Stato 
solo del danno patrimoniale all�ambiente e non anche del relativo danno non 
patrimoniale; sul punto il giudicante ritenne che, poich� il danno ambientale � 
frutto della lesione di un bene immateriale ed � oggetto di una liquidazione 
equitativa, svincolata da una concezione aritmetico-patrimoniale, nella relativa 
liquidazione doveva intendersi compreso anche il danno non patrimoniale, 
mentre doveva escludersi che lo Stato, in quanto persona giuridica, potesse aver 
patito un danno morale; nulla dunque poteva liquidarsi a tale titolo. 
L�Amm.ne sul punto ha proposto appello incidentale. All�uopo nella seconda 
comparsa conclusionale ha evidenziato che: �la condotta illecita della 
societ� Fontana Bleu ha determinato un danno patrimoniale (disciplinato, tra 
l�altro, dall�art. 2043 c.c. e dalla norma ricognitiva dell�art. 18 L. n. 
349/86,(...)) ed altres� un danno non patrimoniale (art. 259 c.c.) all�ambiente. 
(�) In ordine al danno non patrimoniale all�ambiente si osserva quanto segue. 
ComՏ noto, alla luce della rilettura costituzionale dell�art. 2059 c.c. (iniziata 
con le sentenze n. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 della Corte di Cassazione 
e ribadita ex multis da Cass. 14 febbraio 2006 n. 3181, Cass. 14 giugno 2007 
n. 13953, Cass. 6 agosto 2007 n. 17180, Cass. 10 ottobre 2008 n. 15010) il 
danno non patrimoniale non coincide solo con il danno morale soggettivo: il 
limite dell�art. 185 c.p. non opera in caso di lesione di valori della persona costituzionalmente 
garantiti; vi � il superamento quindi della tradizionale visione 
dell�art. 2059 c.c. che da norma sanzionatoria, ancorata sostanzialmente alla 
riserva di legge penale, si trasforma in una norma tipizzante dei singoli casi 
di risarcibilit� del danno non patrimoniale, tra i quali, la lesione dell�ambiente. 
Il danno non patrimoniale presenta quindi diverse tipologie: danno morale, 
danno per lesione del prestigio della P.A. e dell�ordinato svolgimento delle attivit� 
pubblicistiche; danno per il pregiudizio alla capacit� di tenuta dell�ordinamento 
giuridico a fronte di illeciti connotati da pervasivit�, gravit� e 
molteplicit�. Adattando tali dati al caso ne consegue: 1) Sussiste un danno non 
patrimoniale. Ci� alla stregua della sopracitata rilettura costituzionale, atteso 
che nel caso di specie, (�) la condotta della societ� Fontana Bleu ha leso � in 
contrasto, tra l�altro, con l�art. 2043 c.c. � valori della persona costituzionalmente 
garantiti, protetti dagli aa. 2 ,3, 9, 32, 41 e 42 della costituzione. Quanto 
or rilevato trova conferma nell�orientamento in materia del giudice di legittimit� 
il quale enuncia che: �il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente 
alla lesione dell�ambiente, non presuppone che il responsabile sia 
condannato per danno ambientale, in quanto il danno non patrimoniale conseguente 
all�ingiusta lesione di un interesse costituzionalmente garantito, quale
CONTENZIOSO NAZIONALE 109 
� l�ambiente, non � soggetto, ai fini della risarcibilit�, al limite derivante dalla 
riserva di legge correlata all�art. 185 c.p. e non presuppone pertanto, la qualificabilit� 
del fatto illecito come reato giacch� il rinvio ai casi in cui la legge 
consente la riparazione del danno non patrimoniale ben pu� essere riferito dopo 
l�entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, 
in tema di diritti inviolabili relativi alla persona aventi natura economica� 
(Cass. 10 ottobre 2008 n. 25010. 2) Il danno consiste nel danno morale 
(quale effetto lesivo costituito dal discredito subito dallo Stato in conseguenza 
dell�attivit� illecita posta in essere dalla Fontana Bleu), nella grave perdita di 
prestigio e nel grave detrimento dell�immagine e della personalit� pubblica 
dello Stato, nella lesione dell�ordinato svolgimento dell�attivit� pubblicistica, 
nel pregiudizio della capacit� di tenuta dell�ordinamento giuridico a fronte 
degli illeciti commessi della societ� Fontana Bleu. Nella condotta dell�appellante 
Soc. Fontana Bleu, sussistono gli estremi dell�illecito cagionante danno 
non patrimoniale, danno morale; tale danno consiste nelle conseguenze � or 
descritte al numero 2 � del pregiudizio ad un interesse meritevole di tutela 
(quale � l�ambiente) non suscettibile di esatta e precisa quantificazione ma pur 
tuttavia suscettibile � in base a criteri di valutazione socialmente tipici (stimolanti 
il potere del giudice ex aa. 1226 e 1056 c.c.) � di essere determinato in 
un certo ammontare. Pregiudizio all�evidenza, distinto dal danno patrimoniale 
all�ambiente come comprovato dal fatto che i tre criteri ex art. 18 L. n. 349/86 
(spese di ripristino, profitto conseguito e gravit� della colpa) non sono idonei 
a ristorarlo. I menzionati tre criteri di determinazione del danno connotano il 
danno come patrimoniale ancorch� disciplinato con elementi specializzanti. 
Dai tre criteri si evince che � nella sostanza � vi � la disciplina di un ristoro 
per equivalente del pregiudizio arrecato all�ambiente con l�aggiunta � con caratterizzazione 
vagamente pubblicistica � di una penalit�. Difatti: a) La spesa 
per la rimessione in pristino costituisce una tipica individuazione del quantum 
del danno patrimoniale per equivalente; b) Anche l�entit� del profitto conseguito 
� da ricondurre nell�alveo della determinazione del danno patrimoniale. 
Il legislatore ha tipizzato, per il danno ambientale, il ristoro dell�arricchimento 
ottenuto mediante fatto ingiusto affermato � in linea generale � in dottrina da 
un autorevole autore (R. SACCO. L�arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto, 
UTET, 1959). Il legislatore con una propria determinazione politica ha 
imposto il ristoro di tale pregiudizio � del quale si discute in linea generale � 
da ricondurre al danno patrimoniale: All�uopo R. SACCO op. cit. pag. 3 evidenzia 
�Si osservi ancora che il problema della restituzione dell�arricchimento non 
ha nulla a vedere con il problema del risarcimento dei danni morali, n� dei 
danni valutati in termini di ofelimit� soggettiva [�]. Ma il danno morale non 
va confuso con l�arricchimento. A tacer d�altro, il danno morale non varia con 
il variare dell�arricchimento dell�autore della lesione�; c) La gravit� della colpa 
individuale non � che una penale sui generis ex aa. 1382-1384 c.c. IL QUAN-
110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
TUM ritraibile da una clausola penale ha la funzione di ristorare un danno 
patrimoniale, come pacificamente evidenziato in dottrina ed in giurisprudenza, 
anche quando manchi la prova del danno (art. 1382 co.2 c.c.) o in concreto 
non si sia verificato quel danno ex ante determinato nella clausola (arg. ex art. 
1382 co.1 c.c.). Come detto sopra il ristoro del danno patrimoniale all�ambiente 
� nettamente distinto dal ristoro danno non patrimoniale [�]. All�evidenza 
nei consociati � germinato un senso di sfiducia nelle Istituzioni: in 
contrasto con svariate norme � stata costruita e gestita una citt� abusiva. La 
condotta illecita della Fontana Bleu ha determinato, per decenni, la percezione 
nei consociati dell�impotenza delle varie Amministrazioni Pubbliche competenti 
nella materia. Ossia si � generato un danno non patrimoniale del tutto 
distinto, autonomo, da quello patrimoniale e non assorbibile in quest�ultimo. 
Nel caso di specie la lesione del bene ambiente ha, come detto, fatto germinare 
un danno patrimoniale (precisato, tra l�altro, dall�art. 2043 c.c. e con la norma 
ricognitiva dell�art. 18 L. n. 349/86) ed altres� un danno non patrimoniale (art. 
2059 c.c.). Con il danno patrimoniale vi � il ristoro del pregiudizio patrimoniale 
per la lesione all�ambiente in s� considerato applicando � per la quantificazione 
� i tre criteri delineati dal legislatore nell�art. 18 n. 349/86. Con il danno 
non patrimoniale vi � il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali conseguenti alla 
lesione dell�ambiente�. 
La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza definitiva in rassegna, ha 
riconosciuto � in accoglimento della prospettazione dell�Amministrazione � la 
spettanza anche del danno non patrimoniale per lesione dell�ambiente. 
Avv. Michele Gerardo* 
Tribunale di Napoli, Ufficio del giudice per le indagini preliminari, Sezione XXII, ordinanza 
del 5 novembre 2010. 
Il GUP Dott. Pietro Carola 
sciogliendo la riserva sull�ammissione delle parti offese o danneggiate che hanno chiesto di 
costituirsi parte civile all�udienza del 22 settembre 2010; 
sentiti il PM e i difensori degli imputati osserva quanto segue. 
Il Ministero dell�Ambiente � individuato dall�art. 311 del D.L.vo 12 luglio 2006 n. 152 come 
unico legittimato a esercitare l�azione civile in sede penale per il risarcimento del danno ambientale. 
La Suprema Corte, nonostante questa riserva, ha per� pi� volte ribadito la legittimazione degli 
enti territoriali cui � affidata la cura del territorio e dell�ambiente. 
Ci� premesso, il Ministero dell�Ambiente � senz�altro legittimato a costituirsi parte civile nei 
confronti di D.R.F. e B.S. 
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Comune di Napoli sono legittimati a costituirsi 
(*) Avvocato dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 111 
parte civile contro D.R.F. e B.S.; la prima perch� ha gestito, attraverso il commissario straordinario, 
la fase dell�emergenza rifiuti nella regione Campania; il secondo perch� � uno degli 
enti territoriali cui � affidata la tutela dell�ambiente e del territorio. (...) 
P.Q.M. 
Ammette la costituzione di parte civile del Ministero dell�Ambiente, della Presidenza del Consiglio 
dei Ministri e del Comune di Napoli nei confronti di D.R.F. e B.S.; (...) 
Napoli 5 novembre 2010 
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Seconda Sezione Penale, ordinanza del 1� febbraio 
2011 - Pres. L. Picardi. 
(Omissis) 
OSSERVA 
Ai fini della valutazione dell�ammissibilit� delle dichiarazioni di costituzione di parte civile 
occorre brevemente ricordare, in questa sede, che essa richiede all�organo giudicante esclusivamente 
un vaglio preliminare in ordine ai requisiti formali della costituzione e alla sussistenza 
della legittimazione all�azione. 
Resta, invero, rimessa all�esito dell�istruttoria dibattimentale ogni valutazione nel merito inerente 
la fondatezza della domanda civile. 
Tanto premesso, occorre rilevare, in punto di regolarit� formale degli atti di costituzione delle 
indicate pp.oo., che non emergono profili di inammissibilit� n�, peraltro, sono state sollevate 
eccezioni a riguardo. 
Quanto alla valutazione della legittimazione sostanziale alla domanda civile, occorre ricordare 
che la costituzione di parte civile nel processo penale � consentita sia alla persona offesa dal 
reato (quale titolare del bene-interesse protetto dalla norma) sia a chiunque assuma la qualit� 
di danneggiato dal reato e, dunque, a colui che alleghi (e poi dimostri) un danno derivante dalla 
condotta del soggetto agente. 
Con riguardo specifico alla domanda di risarcimento del danno ambientale, deve rilevarsi che 
essa compete esclusivamente al Ministero dell�Ambiente ex art. 311 D.Lvo 152/06. 
Ci� non vale, di per s�, a rendere inammissibile la dichiarazione di costituzione di parte civile 
n� degli enti territoriali n� delle associazioni ambientaliste, ma impone di valutare in concreto 
la domanda formulata. 
Come chiarito dalla Suprema Corte, infatti, tale costituzione � pur sempre ammissibile laddove 
venga lamentata la lesione di un diritto soggettivo o di un intesse legittimo (quest�ultimo risarcibile 
secondo il principio oramai consolidato e affermato dalle SS.UU. con la nota sentenza 
n. 500/99) che derivi dalla commissione del reato e che sia diverso dal danno ambientale. 
A tale conclusione si perviene dalla considerazione della dimensione plurioffensiva del danno 
al bene-ambiente nel quale confluiscono anche profili inerenti la persona e le formazioni sociali 
ove si sviluppa la personalit�. 
Ne deriva che, quanto alla domanda di costituzione di parte civile degli enti territoriali, essa 
appare ben possibile laddove l�ente lamenti la lesione di interessi propri e/o espressivi delle 
funzioni istituzionali dello stesso, diversi dal danno all�ambiente nella sua dimensione pubblicistica. 
Quanto alla legittimazione alla costituzione di parte civile delle associazioni ecologiche operanti 
nel settore dell�ambiente, deve rilevarsi che essa, in conformit� ad un orientamento ormai con-
112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
solidato della Suprema Corte (e non smetito dalla recente pronuncia resa in data 22 novembre 
2010 dalla Cassazione Penale Sezione III n. 41015 invocata dalla difesa di F.), pu� esser ravvisata 
laddove tali associazioni si atteggino ad enti esponenziali di interessi ambientali concretamente 
individualizzati e, cio�, di interessi collettivi legittimi e non di meri interessi diffusi. 
A tale fine, peraltro, il Collegio ritiene necessario individuare i criteri da seguire nella valutazione 
dell�interesse allegato dall�ente, onde verificare se tale situazione giuridica soggettiva 
sia differenziata e qualificata rispetto al mero interesse collettivo, di natura diffusa. 
Ebbene, seguendo ancora le indicazioni della Suprema Corte, � necessario che l�associazione 
abbia come fine essenziale statutario la tutela dell�ambiente, che essa sia radicata nel territorio 
anche attraverso sedi sociali, che sia rappresentativa di un gruppo significativo di consociati e 
che abbia dato prova di continuit� del suo contributo a difesa del territorio (cfr. Cass. Sez. 3, 
Sentenza n. 14828 dell�11 febbraio 2010, nonch� ex plurimis Sezione terza sentenza 
33887/2006). 
Cos� delineati i criteri seguiti dal Collegio nella valutazione dell�ammissibilit� della domanda 
di parte civile, verranno ora valutate le singole domande di costituzione di parte civile e di seguito 
quelle di esclusione delle parti civili gi� costituite. 
1. La domanda della Regione Campania 
La Regione Campania ha dichiarato di costituirsi parte civile nei confronti di tutti gli imputati, 
per tutti i reati loro ascritti, chiedendo il risarcimento di danni patrimoniali e non, sia in prorpio 
sia quale ente esponenziale di interessi della collettivit� regionale, con riguardo a danni patrimoniali 
e morali, genericamente indicati. 
A tale fine ha lamentato la lesione all�immagine, all�ambiente, alle funzioni istituzionali in materia 
di rifiuti e di promozione e sviluppo di vari settori dell�economia (beni di cui la regione 
� titolare in proprio) nonch�, quale ente esponenziale, la lesione del diritto alla libera iniziativa 
economica dei cittadini campani. 
Tale domanda deve ritenersi ammissibile, facedono riferimento alla lesione di situazioni soggettive 
direttamente riconducibili alle funzioni istituzionali del suddetto ente, sia alla personalit� 
e all�immagine dello stesso, solo in relazione ai reati di cui ai capi da b1) e b7), nei confronti 
dei soggetti cui sono rispettivamente imputate le condotte. (...) 
2. La domanda presentate dall�Avvocatura dello Stato nell�interese della Presidenza del 
Consiglio dei Ministri, del Ministero dell�Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,.... 
Con riguardo alle richieste di costituzione di parte civile in esame si osserva quanto segue. 
Per il reato di cui al capo b1) (art. 260 D.Lgs 152/06 e art. 7 L. 203/91) � stato allegato, dal 
Ministero dell�Ambiente il danno all�ambiente e territorio e dalla P.C.M. il pregiudizio al corretto 
svolgimento della attivit� straordinaria diretta al superamento della emergenza rifiuti in 
Campania. 
Le domande sopra indicate vanno ammesse essendo configurabile una lesione diretta agli interessi 
prospettati. Sul punto, si richiama quanto gi� osservato in linea generale in tema di 
danno ambientale. 
Quanto, invece, alla tutela della attivit� straordinaria diretta al superamento della emergenza 
rifiuti in Campania, si evidenzia come a seguito della costituzione del sodalizio criminoso possano 
astrattamente derivare lesioni, anche di natura patrimoniale alla funzione di corretto svolgimento 
dell�attivit� straordinaria diretta al superamento della emergenza rifiuti in Campania, 
di cui lo Stato � titolare in persona della P.C.M. 
Tale ultime considerazioni fondano un giudizio di ammissibilit� per tutti gli illeciti di cui al 
D.Lgs 152/06 per i quali il Ministero dell�Ambiente ha proposto domanda (b1), b5) e b7)). (...)
CONTENZIOSO NAZIONALE 113 
3. La domanda del Comune di Napoli 
Il Comune di Napoli ha presentato domanda di costituzione di parte civile in ordine ai reati di 
cui ai capi b3) (art. 323 c.p. commesso in Napoli) e b4) (640 comma 2 c.p. commesso in Napoli), 
nei confronti di tutti gli imputati, lamentando danni non patrimoniali per lesioni all�immagine 
ed all�identit� morale, nonch� un eventuale danno ambientale, se emergente in corso 
di istruttoria. 
In primo luogo � inammissibile la domanda concernente un eventuale danno ambientale in 
quanto generica e riferita ad un danno futuro ed incerto. 
Quanto al resto, ritiene il collegio che, pur non essendo il Comune titolare dei beni giuridici 
tutelati in via diretta dalle fattispecie in esame, sia comunque astrattamente configurabile un 
danno derivato all�immagine ed all�identit� dell�ente. 
Infatti, le condotte in contestazione appaiono commesse nell�esecuzione di un medesimo disegno 
criminoso concernente una pi� complessa vicenda di stabile gestione illecita di rifiuti nell�ambito 
della Regione Campania, di cui il comune istante � capoluogo. 
4. La domanda del Comune di Capodrise 
Il Comune di Capodrise ha presentato domanda di costituzione di parte civile in ordine ai reati 
di cui ai capi b1), b7) (artt. 256 � 260 D.Lgs 152/06) � 
In relazione alle condotte di cui ai capi b1) e b7) appare astrattamente configurabile il danno 
lamentato e consistente nel mancato recupero dei siti del territorio comunale che avrebbe dovuto 
esser effettuato per conto della Regione. (...) 
5. La domanda del Comune di San Marco Evangelista 
Il Comune di San Marco Evnagelista ha presentato domanda di costituzione di parte civile in 
ordine ai reati di cui ai capi da b1) a b7) (artt. 256 � 260 D.Lgs 152/06) (...) 
In relazione alle condotte di cui ai capi da b1) e b7) appare astrattamente configurabile il danno 
lamentato e consistente nell�alterazione dell�attivit� di gestione dei rifiuti nell�ambito del territorio 
comunale, trattandosi di ipotesi tutte riconducibili e strumentali all�attuazione di un medesimo 
disegno criminoso. (...) 
6. La domanda di Legambiente Campania 
Legambiente Campania ha dichiarato di costituirsi parte civile nei confronti di tutti gli imputati 
per tutti i reati loro ascritti, lamentando un danno ai propri interessi statutari quali la tutela 
dell�ambiente e della salute dei cittadini, come conseguenza della costituzione di un�associazione 
finalizzata alla commissione di illeciti in materia ambientale e dell�illecita attivit� di 
trasporto dei rifiuti. 
Si premette che le situazione giuridiche vantate rientrano nelle finalit� statutarie dell�ente. 
Inoltre, le stesse presentano una valenza autonoma e differenziata in relazione alle ipotesi in 
esame, essendo l�ente radicato nel territorio in oggetto (anche attraverso sedi sociali), rappresentativo 
di un gruppo significativo di consociati ed avendo fornito un contributo con carattere 
di continuit� nell�ambito del medesimo territorio (cfr. al riguardo la domanda di costituzione 
di parte civile e gli allegati). 
Tale domanda deve ritenersi ammissibile, facendo riferimento alla lesione di situazioni soggettive 
direttamente riconducibili alle funzioni statutarie del suddetto ente, solo in relazione 
ai reati di cui ai capi da b1) e b7), nei confronti dei soggetti cui sono rispettivamente imputate 
le condotte. 
Invero, la costituzione di un�organizzazione di cui all�art. 416 bis c.p., al fine di commettere 
reati nella gestione abusiva di rifiuti, radicatasi in vari comuni del territorio della Regione, 
nonch� varie condotte, anche lesive di beni giuridici diversi, commesse nell�ambito del me-
114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
desimo disegno criminoso, sono fattispecie di per s� astrattamente idonee a danneggiare i suddetti 
interessi, di cui la Legambiente Campania, � portatrice in proprio. 
Per il resto, invece, la domanda � inammissibile perch� generica e priva della allegazione di 
un danno diretto. 
7. La domanda delle associazioni ambientaliste L.I.D.A. e A.N.P.A.N.A. 
Le associazione L.I.D.A. e A.N.P.A.N.A. hanno presentato domanda di costituzione di parte 
civile in relazione a tutti i capi oggetto di contestazione nei confronti di tutti gli imputati lamentando 
un pregiudizio alle proprie finalit� statutarie (tutela dell�ambiente e protezione dell�ecosistema) 
e, per tal via, alla propria personalit�. 
Sul punto, si richiamano le considerazione gi� svolte in generale in ordine ai presupposti richiesti 
per la costituzione di parte civile delle associazioni ambientalistiche (come enucleati 
dal consolidato orientamento della Suprema Corte, sopra riportato). 
Tanto premesso, deve evidenziarsi che le associazioni in oggetto non hanno dimostrato di essere 
portatrici di una automa posizione soggettiva, distinta dall�interesse diffuso alla tutela 
dell�ambiente. 
In particolare, le stesse non hanno fornito prova di un collegamento con il territorio della regione 
Campania, n� hanno fornito prova di essere rappresentative di un gruppo significativo 
di consociati campani, n� di aver contribuito con carattere di continuit� nell�ambito del medesimo 
territorio. 
Pertanto appaiono inammissibile le esaminate domande di costituzione di parte civile. (...) 
P.Q.M. 
Ammette alla costituzione di parte civile e dispone l�esclusione delle parti civili costituite nei 
termini indicati in parte motiva (...) 
Santa Maria Capua Vetere, 1 febbraio 2011 
Corte di appello di Napoli, Sez. I civ., sentenza 24 aprile 2008 n. 1495 - Pres. M. Gallo, 
Rel. G. de Donato - Fontana Bleu S.p.A. (avv. G. Olivieri) c. Ministero dell�Ambiente, Presidenza 
del Consiglio dei Ministri (avv. Stato M. Gerardo) ed altri. Sent. Trib. Napoli n. 
11235/04. 
(Omissis) 
Svolgimento del processo 
1. Con citazione notificata il 15 settembre 1999 il Ministero dell�Ambiente e la Presidenza 
del Consiglio dei Ministri esposero che la Fontana Bleu S.p.a. aveva realizzato e gestito dal 
1981 in poi un�ampia serie di complessi immobiliari fabbricati abusivamente sulle p.lle 2 e 3 
del foglio 49 del Comune di Castelvolturno, localit� Pinetamare, invadendo ed occupando in 
modo arbitrario vaste estensioni di terreni appartenenti ad demanio forestale e costruendo numerosi 
edifici (analiticamente descritti ed individuati) destinati a civili abitazioni, ad attivit� 
commerciali, alberghiere, scolastiche e di culto, nonch� a parcheggio, il tutto con relativo 
sbancamento di suolo e sottosuolo, formazione di rilevati e cumuli temporanei, realizzazione 
di strade ed opere permanenti, deviazione di corsi d�acqua, interramento di corsi idrici, realizzazione 
di scarichi idrici, uso di mezzi ed utilizzazione di materiale proveniente da cave. 
Aggiunsero che quell�area, oltre ad essere demaniale e quindi inalienabile ed indisponibile, 
in virt� dei D.M. 19 maggio 1965 era sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39 ed 
inoltre era vincolata ai sensi della legge n. 431/85, che gli immobili costruiti erano stati adibiti
CONTENZIOSO NAZIONALE 115 
a civili abitazioni in mancanza delle prescritte licenze d�abitabilit�, che l�attivit� alberghiera, 
che comportava il confezionamento di sostanze alimentari, era stata esercitata in difetto dell�autorizzazione 
richiesta dalla legge n. 283/62, che era stato anche violato il D.M. 13 luglio 
1977, che aveva classificato quel territorio come riserva naturale dello Stato. Tutto ci� aveva 
irrimediabilmente compromesso l�ambiente marino e terrestre, danneggiando le specie naturali 
ivi esistenti, modificando l�habitat preesistente, artificializzando il paesaggio naturale, aumentando 
la criticit� degli ecosistemi, sconvolgendo l�idrografia superficiale e determinando 
la produzione di r.s.u. 
Chiesero, pertanto che la societ� convenuta fosse condanna al ripristino dello stato dei luoghi 
e, ove ci� non fosse stato possibile al risarcimento dei danni patrimoniali, da liquidare tenendo 
conto delle spese necessarie per il ripristino (esposte per � 14.700.000.000), del profitto conseguito 
dalla convenuta (esposto in � 30.500.000.000) e di un�aliquota aggiuntiva commisurata 
al turbamento dell�ambiente (esposta in � 14.700.000.000), per un importo complessivo di � 
60.000.000.000 (� 30.987.413,94), nonch� al risarcimento dei danni non patrimoniali da liquidare 
equitativamente in altre � 60.000.000.000 (� 30.987.413,94); il tutto oltre interessi 
rivalutazione monetaria e spese di giudizio. 
La societ� convenuta si costitu�, chiedendo il rigetto della domanda. Dedusse, in particolare 
che, essendosi costituita il 5 agosto 1981, non poteva rispondere dei danni ambientali prodotti 
da attivat� svolte in precedenza da altri soggetti; che era ancora in contestazione innanzi al 
Tribunale di Napoli la titolarit� dei terreni, che si assumeva essa avesse occupato abusivamente; 
che molti degli immobili realizzati erano stati venduti a terzi, che erano contraddittori 
necessari riguardo alla domanda di riduzione in pristino, mentre altri erano stati dati in locazione 
al Comune di Castelvolturno, che li aveva adibiti a scuole; che le leggi n. 177/92 e 
579/93, prevedendo specificatamente per quel comprensorio una procedura di regolarizzazione 
degli interventi abusivi, mediante trasferimento dei beni al Comune e poi da questo agli attuali 
utilizzatori, escludevano l�antigiuridicit� dell�edificazione e quindi rendevano non configurabile 
il danno ambientale; che la risarcibilit� del danno ambientale era stata introdotta nel 
nostro ordinamento solo dalla legge n. 349//85, onde l�opera di edificazione ascrittale, conclusasi 
entro il 1983, non era sanzionabile, posto che gli interventi operati in realt� avevano 
bonificato una zona in precedenza acquitrinosa e paludosa, migliorandone l�assetto ambientale; 
che tutte le costruzioni erano state realizzate in base a regolari concessioni edilizie, mentre 
alcune di esse erano state requisite per dare ospitabilit� ai cittadini di Pozzuoli in occasione 
del fenomeno del bradisismo, onde erano state destinate a scopi di pubblica utilit�; che gi� 
prima dell�esecuzione delle opere indicate in citazione sul litorale esistevano lidi balneari regolarmente 
autorizzati, onde dovevano gi� esistere le strade d�accesso e gli impianti idrici e 
fognari; che, essendo state completate le opere nel 1983, le amministrazioni invocavano senza 
fondamento la legge n. 431/85, entrata in vigore dopo i fatti; che, per lo stesso motivo, il 
diritto al risarcimento dei danni era ampiamente prescritto, trattandosi di illecito istantaneo 
con effetti permanenti e comunque di illecito permanente la cui consumazione era cessata con 
il completamento delle opere; che in ogni caso non poteva non riconoscersi un contributo 
causale nella determinazione del danno da parte delle varie amministrazioni, che avevano autorizzato 
le costruzioni, le avevano utilizzate e con condotta omissiva rispetto all�attivit� di 
repressione, che ad esse spettavano, non avevano impedito che l�evento dannoso si realizzasse; 
onde queste dovevano risponderne almeno per la met�. 
Chiese pertanto il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti. Chiese, inoltre, ed ottenne 
di chiamare in causa il Comune di Castelvolturno, il Comune di Pozzuoli, il Sindaco di Poz-
116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zuoli nella sua veste di Commissario Straordinario del Ministero per la Protezione Civile per 
l�emergenza del bradisismo, il Ministero per la Protezione Civile, il Ministero dell'Interno ed 
il Ministero della Marina Mercantile, affinch� fosse accertato il loro contributo alla determinazione 
del danno ambientale o, in via subordinata, affinch� fossero condannati, in via solidale 
o secondo le singole responsabilit�, a rivalersi di quanto essa fosse costretta a pagare alle amministrazioni 
attrici, in misura pari almeno al 50%. I chiamati in causa, ad eccezione del Sindaco 
di Pozzuoli nella ricordata veste, si costituirono chiedendo il rigetto delle domande 
proposte nei loro confronti. Intervenne in causa, sposando le tesi delle amministrazioni attrici, 
il WWF Italia. 
La causa sub� diversi rinvii per la pendenza di trattative, sino a quando le amministrazioni attrici 
con la memoria di cui all�art. 183, u.c., c.p.c. dedussero che si era pervenuti ad un accordo 
transattivo sottoscritto il 18 giugno 2002, con il quale era stata definita ogni controversia relativa 
alla propriet� ed al possesso delle aree oggetto di causa, col riconoscimento che alcune 
delle opere realizzate, da non demolire, erano acquisite al patrimonio dello Stato, mentre erano 
rimasti esclusi dall�accordo i profili di carattere edilizio, urbanistico, paesaggistico ed ambientale. 
Pertanto esse modificarono le conclusioni della citazione, nel senso di rinunziare 
alla domanda di riduzione in pristino e di insistere in quella di risarcimento dei danni patrimoniali 
e non patrimoniali nella misura gi� indicata in citazione. La convenuta eccep� che si 
trattava di domanda nuova e chiese, invece che si dichiarasse cessata la materia del contendere, 
poich� la transazione aveva posto fine al contenzioso relativo al danno ambientale. 
2. Istruita la causa mediante la produzione di documenti, il Tribunale di Napoli con sentenza 
n. 11235/2004, pubblicata il 3 novembre 2004, accolse la domanda di risarcimento dei danni 
proposta dal Ministero dell�Ambiente e condann� la convenuta al pagamento in suo favore 
di � 30.000.000,00 oltre gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo; 
respinse, per difetto di legittimazione attiva, la domanda proposta dalla Presidenza del Consiglio 
dei Ministri; respinse le domande proposte dalla convenuta nei confronti dei chiamati 
in causa; regol� le spese secondo il principio di soccombenza. 
Il primo giudice ritenne, in estrema sintesi e per ci� che ancora qui rileva che: a) rinunziando 
alla domanda di riduzione in pristino e mantenendo ferme quelle di risarcimento, le amministrazioni 
attrici non avevano compiuto una mutatio libelli, ma solo una consentita emendatio, 
poich�, pur avendo reso principale quella di risarcimento del danno patrimoniale, che originariamente 
era stata proposta in via subordinata, per il caso che la riduzione in pristino non 
fosse possibile, esse non avevano modificato la causa petendi n� il petitum; b) non era cessata 
la materia del contendere, poich� la lettera del protocollo d�intesa era ben chiara nel senso 
che la transazione non riguadava i profili ambientali e paesaggistici del contenzioso in atto; 
c) pur emergendo dagli atti che parte delle opere indicate in citazione risaliva ad epoca anteriore 
alla costituzione della Fontana Bleu S.p.a. (1981), tuttavia lo stesso protocollo d�intesa 
confermava che vi era partecipazione di tale societ� all�edificazioen ed era pacifico che essa 
era in seguito divenuta proprietaria di tutte le opere ed aveva poi rinvenduto a terzi gran parte 
delle unit� abitative ed utilizzato direttamente le altre per l�attivit� alberghiera, sicch�, oltre 
ad aver partecipato alla attivit� edificatoria successiva al 1981, essa aveva fruito della precedente 
edificazione per trarne profitti economici e gi� ci� era sufficiente a costituire condotta 
lesiva dell�ambiente, posto che il danno ambientale si identifica anche nella lesione dell�interesse 
della collettivit� alla conservazione, alla razionale gestione ed al miglioramento delle 
risorse ambientali (C. cost. n. 210/87), mentre lo sfruttamento economico di opere incidenti 
sull�ambiente impedisce che simili interessi possano essere perseguiti; d) pertanto, la conve-
CONTENZIOSO NAZIONALE 117 
nuta ben poteva rispondere dell�intero danno ambientale, che aveva concorso a provocare insieme 
alle altre societ� del gruppo Coppola, come corresponsabile solidale; e) era chiara la 
sussistenza del danno ambientale, posto che l� dove vi era vegetazione sino al lido del mare, 
con zone umide che facevano parte dell�habitat e ne costituivano una caratteristica soggetta 
a protezione da parte dell�autorit� preposta, ora sorgeva un contesto urbano totalmente antropizzato; 
f) tale trasformazione era stata realizzata (come richiede il primo comma dell�art. 18 
della legge n. 349/86) mediante violazione colposa di una serie di norme di ordine generale 
(art. 822 c.c.; legge n. 765/67; legge n. 10/70; legge n. 47/85; art. 221 r.d. n. 1265/34; art. 2 
legge n. 283/62) o poste a protezione dell�ambiente (legge n. 1497/39; D.M. 19 maggio 1965; 
D.M. 13 luglio 1977; leggi sugli scarichi di acque reflue); g) l�art. 18 della legge n. 349/86 ha 
funzione solo ricognitiva della tutela, anche risarcitoria, che il nostro ordinamento gi� riconosceva 
all�ambiente, onde anche le condotte precedenti a tale legge sono sanzionabili; per 
di pi� la condotta illecita si � protratta, nella forma della gestione delle opere esistenti, ben 
oltre il 1986; h) il diritto al risarcimento del danno non era prescritto, poich� si tratta di illecito 
permanente, che si protrae sino a quanto non si opera la riduzione in pristino dell�ambiente 
danneggiato; i) il danno poteva essere liquidato in base ai dati dettagliatamente esposti dalle 
attrici, che poi erano stati oggetto di specifiche contestazioni, mentre non era congrua la richiesta 
della convenuta di procedere alla liquidazione in base ai criteri fissati dal D.M. 26 settembre 
1997, che riguardano la determinazione delle indennit� sanzionatorie da applicare ai 
sensi dell�art. 15 della legge n. 1497/39 e cio� sanzioni amministrative ben diverse dal risarcimento 
dei danni; andavano perci� liquidate � 14.700.000.000 per le spese di ripristino e � 
30.500.000.000 per il profitto ricavato dalla vendita delle unit� abitative e dalla gestione dell�attivit� 
alberghiera, per un totale di � 45.200.000.000 pari ad � 23.343.851,83 da incrementare 
poi sino alla somma di � 30.000.000,00 in considerazione della gravit� del comportamento 
colposto dell�agente; l) tale importo non poteva essere decurtato del valore degli immobili 
ceduti allo Stato in virt� del protocollo d�intesa del 18 giugno 2002, poich� tale trasferimento 
costituiva una delle reciproche concessioni che le parti si erano fatte per definire le controversie 
relative alla propriet� ed al possesso delle aree controverse e non poteva esser considerato 
ai fini del danno ambientale, escluso dalla transazione; m) poich� il danno ambientale 
� frutto delle lesioni di un bene immateriale ed � oggetto di una liquidazione equitativa svincolata 
da una concezione aritemetico � patrimoniale, nella relativa liquidazione doveva intedersi 
compreso anche il danno non patrimoniale, mentre doveva escludersi che lo Stato, in 
quanto persona giuridica, potesse aver patito un danno morale; nulla dunque poteva liquidarsi 
a tale titolo; n) le domande proposte dalla convenuta e dai chiamati in causa non erano fondate, 
giacch� il Ministero dell�Interno e della Marina non erano proprietari dei beni occupati, n� 
erano titolari di poteri repressivi riguardo agli illeciti commessi; il Ministero per la Protezione 
Civile si era limitato (tramite il Commissario Straordinario) alla semplice utilizzazione di alcuni 
dei beni realizzati dalla societ� convenuta ed aveva compiuto interventi legittimi attuati 
anche in virt� dei poteri di deroga all�ordinamento vigente di cui era investito per affrontare 
l�emergenza creata dal bradisismo; al Comune di Pozzuoli non erano imputabili gli atti posti 
in essere dal suo sindaco in veste di commissario straordinario; il comune di Castelvolturno 
aveva esercitato in varie occasioni i suoi poteri repressivi ed in ogni caso il regresso nei suoi 
confronti costituiva una forma di abuso di diritto, tendente a scaricare su altri le conseguenze 
dell�illecito posto in essere dalla convenuta. 
3. Contro tale sentenza, non notificata, la Fontana Bleu S.p.a. ha proposto appello con atto 
tempestivamente notificato il 22 e 23 dicembre 2004, con il quale ha chiesto la dichiarazione
118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
di nullit� della sentenza impugnata, e, nel merito, il rigetto delle avverse domande, deducendo 
che: 
(...) D) il primo giudice � incorso in vizio di ultrapetizione, poich� le amministrazioni attrici 
hanno posto a fondamento della domanda il fatto che la Fontata Bleu S.p.a. aveva posto in 
essere da sola (e quindi come unica responsabile) dal 1981 in poi le attivit� di realizzazione 
e gestione delle opere abusive, da cui era derivato il danno ambientale, e solo in comparsa 
conclusionale hanno affacciato il tema della responsabilit� solidale, per aver concorso a produrre 
il danno in parola insieme alle altre societ� del gruppo Coppola, che a partire dagli anni 
�60 avevano operato in zona, mentre egli ha fondato la dichiarazione di responsabilit� su 
quest�ultimo tema d�indagine, che era estraneo all�originaria formulazione della domanda. E) 
il Tribunale ha errato nel ritenere che il nostro ordinamento riconoscesse tutela risaricitoria 
per il danno ambientale anche prima dell�entrata in vigore dell�art. 18 della legge n. 349/86, 
poich� cos� ragionando si riduce tale norma ad una scatola vuola con funzione meramente ricognitiva, 
mentre essa ha introdotto il concetto di ambiente come bene immateriale avente 
autonoma rilevanza; pertanto, non avrebbe dovuto limitarsi ad assimilare l�azione proposta a 
quella ex art. 2043 c.c. ed avrebbe dovuto accertare non se vi era stata lesione dei singoli beni, 
ma se vi era stata compromissione dell�ambiente nel suo complesso considerato; tale indagine 
sarebbe del tutto mancata. F) l�identificazione tra danno patrimoniale all�ambiente e quello 
risarcibile ex art. 2043 c.c. ha indotto, inoltre il Tribunale a non considerare che sarebbe stato 
necessario individuare i danni patrimoniali all�ambiente e distinguerli da quelli derivanti dall�occupazione 
di terreni demaniali, che sono stati considerati e definiti in sede transattiva. G) 
il rigetto dell�eccezione di prescrizione � errato, poich� l�illecito per il quale si procede � un 
illecito istantaneo con effetti permanenti, posto che il comportamento contra ius dell�agente 
si esaurisce con il verificarsi dell�evento dannoso, anche se questo poi protrae autonomamente 
nel tempo i propri effetti lesivi, senza che tale protrarsi sia sostenuto dal proseguire della condotta 
lesiva; pertanto cessata l�attivi� di edificazione che ha modificato l�ambiente, l�illecito 
si � consumato ed il termine di prescrizione ha cominciato a decorrere, mentre l�attivit� di 
gestione delle opere realizzate (vendita degli immobili ed esercizio dell�attivit� alberghiera), 
al contrario di quanto affermato dal Tribunale, non � idonea a produrre danno all�ambiente, 
n�, comunque, l�amministrazione ha provato che in concreto abbia prodotto danni. H) anche 
a voler ritenere che si tratti di illecito permanente, il Tribunale non ha tenuto conto del fatto 
che la relativa prescrizione decorre giorno per giorno dalla data di inizio dell�illecito e non da 
quella della sua cessazione, onde quanto meno andava riconosciuta la prescrizione di tutti i 
danni maturati in epoca pi� remota del quinquennio anteriore alla proprosizione della domanda 
(prima cio� del 15 settembre 1994). 
(...) Il Ministero dell�Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministeri si sono costituiti, 
chiedendo il rigetto del gravame e proponendo appello incidentale, con il quale hanno chiesto 
che: a) la liquidazione del danno patrimoniale all�ambiente sia rapportata a quanto richiesto 
(� 30.987.413,94), non giustificandosi l�arrotondamento operato dal Tribunale dopo aver dichiarato 
che potevano assumersi in decisione i dati esposti dalle attrici; b) siano riconosciuti 
interessi e rivalutazione monetaria degli illeciti, negati senza motivo dal primo giudice; c) sia 
liquidato anche il danno non patrimoniale all�ambiente, posto che la condotta della Fontana 
Bleu S.p.a. ha certamente leso interessi non patrimoniali dello Stato diversi da quelli considerati 
ai fini della liquidazione del danno patrimoniale, come quelli al prestigio, al decoro, 
alla considerazione ed alla capacit� di tenuta dell�ordinamento a fronte delle condotte illecite 
di alcuni consociati (...)
CONTENZIOSO NAZIONALE 119 
Motivi della decisione 
(...) 4. Con il quarto motivo di gravame l�appellante principale deduce il vizio di extrapetizione 
riguardo a quel passo della impugnata sentenza nel quale si assume che il fatto che 
parte dell�attivit� di edificazione sull�area oggetto di giudizio sia avvenuta in epoca anteriore 
al 1981 ed � irrilevante poich� la Fontana Bleu S.p.a., avendo contrihutio con la condotta (edificazione 
successive alla sua costituzione, vendita delle unit� immobiliari realizzate dalle altre 
societ� del gruppo Coppola, che le erano state trasferite, esercizio dell�attivit� alberghiera) 
alla produzione del danno, risponde in solido con gli altri soggetti che hanno in precedenza 
deteriorato l�ambiente per l�intero danno a questo arrecato. Tale deduzione � fondata, anche 
se non comporta il rigetto integrale della domanda, ma solo una pi� ridotta definizione dei 
danni di cui l�appellante � stata chiamata a rispondere. 
Ai sensi dell�art. 112 c.p.c. il giudice non deve pronunciare oltre i limiti della domanda e, poich�, 
comՏ noto, la domanda, � individuata da tre elementi strutturali (personae, petitum e 
causa petendi), tale principio implica, per quel che qui interessa, che il giudice non pu� pronunziarsi 
su di una causa petendi diversa o pi� ampia di quella dedotta dall�attore. Questa si 
identifica con il titolo giustificativo dell�istanza di tutela rivolta al giudice, che come si evince 
dall�art. 163, n. 4, c.p.c., non consiste solo nel rapporto giuridico come fonte del diritto azionato, 
ma comprende anche i fatti costitutivi di tale rapporto, con la conseguenza che almeno 
per i c.d. diritti eterodeterminati (quali sono i diritti di obbligazione ad una prestazione generica, 
come il diritto al risarcimento dei danni, ed i diritti di garanzia), l�allegazione dei fatti 
costitutivi costituisce parte integrante della causa petendi, onde, scaduto il termine per le 
eventuali modificazioni ed integrazioni della domanda, (art. 183 c.p.c.) non possono esserne 
allegati di nuovi ed il giudice deve limitare la sua pronunzia al thema decidendum individuato 
dalle allegazioni originarie e da quelle eventualmente integrative tempestivamente fatte, senza 
poter prendere in considerazione altri fatti costitutivi. 
Nel caso in esame l�atto di citazione indica a chiare lettere la Fontana Bleu S.p.a. come unica 
autrice delle attivit� lesive dell�ambiente ivi analiticamente elencate (in sintesi realizzazione 
dell�insediamento urbano e turistico con sconvolgimento del precedente habitat di pineta e 
macchia mediterranea e sua successiva gestione con vendita del realizzato ed esercizio dell�attivit� 
alberghiera), senza fare alcun riferimento al fatto che in zona avessero operato in 
precedenza altre societ� del gruppo Coppola, che avevano realizzato parte delle opere indicate, 
ed in particolare senza allegare il �fatto� che la convenuta era subentrata ad esse, acquistando 
� grazie all�incorporazione di altra societ�, la Agrimmobiliare Sp.a., alla quale era stato in 
precedenza conferito il ramo d�azienda della Coppola Pinetamare S.n.c. avente ad oggetto la 
realizzazione dell�insediamento � il compendio immobiliare, provvedendo al suo completamento 
e poi alla gestione di ci� che non era stato gi� in precedenza alienato a terzi. Tale impostazione 
non � stata modificata nei termini di cui all�art. 183 c.p.c., bench� la convenuta si 
fosse subito difesa, precisando di non poter rispondere di ci� che altri soggetti avevano fatto 
prima della sua costituzione, e solo in comparsa conclusionale la questione � stata rivisitata 
per dedurre che, in virt� dei principi che regolano la responsanbilit� solidale, la convenuta 
poteva esser chiamata a rispondere per l�intero danno ambientale, avendo concorso con altri 
a determinarlo. 
Appare, allora, evidente che, accogliendo quest�ultima prospettazione, il Tribunale ha finito 
per prendere in considerazione fatti forieri di responsabilit� solidale, che non erano stati allegati 
dalle attrici in sede di definizione del thema decidendum, spingendosi in tal modo oltre i 
limiti della domanda posta al suo esame. Avrebbe dovuto, invece, prendere in considerazione
120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
solo i fatti di edidicazione e gestione compiuti dalla societ� convenuta, respingendo la domanda 
per la parte in cui attribuiva alla convenuta comportamenti lesivi dell�ambiente compiuti 
da altri soggetti e limitando l�affermazione di responsabilit� e la condanna al risarcimento 
ai soli danni provocati direttamente dalla Fontana Bleu s.p.a con la condotta tenuta dal momento 
della sua costituzione in poi. 
4.1. Appare il caso di osservare, in proposito, che (a parte l�errore di individuazione delle 
opere realizzate dalla convenuta, che aveva solo completato e non integralmente realizzato 
l�insediamento immobiliare sulle p.lle n. 2 e 3 del foglio 49 di Castelvolturno) l�impostazione 
data alla domanda dalle amministrazioni attrici non sembra il frutto di una svista o di un�incompleta 
conoscenza della storia di quell�insediamento, che ben emergeva, oltre che da numerosi 
procedimenti penali (tra i quali, da ultimo, quello avviato con decreto di citazione a 
giudizio del P.M. presso la Pretura Circondariale di S. Maria C.V. del 20 marzo 1999, nel 
quale le amministrazioni attrici si sono costituite parte cvile, definito in primo grado con sentenza 
del Tribunale di S. Maria C.V. dell�8 luglio 2005 ed in appello con sentenza di questa 
Corte del 9 luglio 2007, in atti), dalla ricostruzione operata dall�U.T.E. di Caserta gi� nel 1986 
e trasmessa a tutte le amminisrazioni interessate ed all�Avvocatura erariale, ma appare come 
adeguamento della domanda al principio fissato dal settimo comma dell�art. 18 della legge n. 
349/86, secondo cui �nei casi di concorso nelle stesso evento di danno, ciascuno risponde 
nei limiti della propria responsabilit� individuale�. 
Si tratta di una deroga espressa al princio di solidariet� fissato in via generale dall�art. 2055 
c.c., che, per il principio di unitariet� dell�illecito permamente disciplina anche la condotta 
tenuta dalla convenuta in epoca anteriore all�entrata in vigore della norma che ho ha introdotto 
(v.: con riferimento all�ordinamento penale, nel quale il principio di irretroattivit� della legge 
pi� sfavorevole al reo, al quale si riferiscono le sentenze citate, � intangibile: Cass. Pen. 10 
novembre 2005 n. 1032; id. 3 novembre 1993, Rizzi; id. 1 marzo 1993, Verdoliva; id. 28 gennaio 
1993, Guadalupi). Sicch�, da una parte, appare plausibile che la domanda sia stata formulata 
nel modo che si � detto proprio per adeguarsi alla citata disposizione legislativa e, 
d�altra parte, riportando la pronunzia nei limiti di ci� chՏ stato chiesto, si opera anche in 
modo che essa non risulti in contrasto con la disciplina legislativa, che tuttora la regola, nonstante 
l�entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006 (che ha abrogato l�art. 18 della legge n. 349/86 
ed il cui art. 311 non prevede analoga limitazione della responsabilit� solidale) posto che la 
sua norma non � retroattiva e quindi non disciplina la condotta dedotta in giudizio, che � 
espressamente limitata sino all�epoca di proposizione della domanda (momento al quale si 
arresta il computo dei profitti derivati dall�illecito, senza alcun accenno a quelli successivi, ai 
quali non fanno alcun riferimento neppure le successive difese delle attrici, che anche in appello 
si sono astenute dal chiedersi che si considerassero uleriori danni), sicch� se la si applicasse 
si modificherebbe la disciplina giuridica del fatto generatore del rapporto controverso, 
disconoscendo gli effetti gi� verificatisi del fatto passato (Cass. 28 settembre 2002 n. 14073; 
id. 3 febbraio 2000 n. 2433). 
4.2. Da quanto detto discende cha la sentenza impugnata va riformata nel senso di considerare 
esclusivamente l�attivit� illecita direttamenta compiuta dalla societ� appellante e di liquidare 
solo i danni provocati da tale attivit�, senza considerare quelli prodotti dalla precedente 
attivit� di edificazione di altre societ�. 
Che poi, l�attivit� ascritta in citazione all�odierna appellante sia stata da essa posta in essere 
(dalla data della sua costituzione in poi) emerge con chiarezza dagli atti. Essa stessa, infatti, 
ammette che l�attivit� edilizia � proseguita sino al 1983, sicch� almeno per quello scorcio di
CONTENZIOSO NAZIONALE 121 
tempo risulta pacificio che essa abbia direttamente provveduto al completamento dell�insediamento 
edilizio. Inolre il confronto tra la foto aerea del 4 giugno 1982 prodotta dalle amministrazioni 
attrici, le foto aeree pi� recenti e le planimetrie in atti dimostra che a quell�epoca 
esistesse (oltre alla linea di nove fabbricati tutti aventi l�identica pianta molto articolaata immeditamente 
prospicente sul mare, che per� incide quasi per intero sul foglio 47 del catasto 
di Castelvolturno ed in parte sul demanio marittimo, onde non riguarda che in minima misura 
l�area alla quale si riferisce la domanda) solo una parte dei fabbricati oggi esistenti, il che 
conferma che molto del patrimonio edilizio oggi esistente � stata realizzato direttamente dalla 
Fontana Bleu S.p.a. D�altra parte dal prospetto �A� allegato alla comparsa di risposta emerge 
che almeno uno dei complessi immobiliari (il Parco Acquatico Rio Blu) � stato ralizzato in 
epoca successiva al luglio 1990 (la concessione edilizia, infatti, � del 21 luglio 1990) ed � 
stato costruito quanto meno in difformit� del progetto approvato, posto che tutte le unit� immobiliari 
sono state oggetto di domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/94 
(onde sussiste la violazione di legge, che consente di ritenere tali opere rilevanti come fonte 
di danno ambientale, ai sensi dell�art. 18 della legge n. 349/86). Altrettanto vale per tutte le 
altre unit� immobiliari costruite in precedenza, per le quali � stata presentata domanda di condonno 
edilizio ai sensi della legge n. 47/85, poi reiterata ai sensi della legge n. 349/94, onde 
per tutte sussistono violazioni urbanistiche, che rendono rilevanti quelle realizzate dalla societ� 
appellante, alle quali, come si � detto, � limitata la domanda, ai fini del danno ambientale. 
VՏ, dunque, prova di un�attivit� ediliza posta in essere direttamente dall�appellante, che ovviamente 
ha inciso sull�ambiente, ulteriormente alterandolo ed allontanandolo dall�originaria 
consistenza di habitat naturale caratterizzato dalla presenza di macchia mediterranea, pinete, 
zone umide, e praterie, in modo da render ancora pi� difficle il suo recupero dall�originaria 
destinazione esente dall�antropizzazione, in violazione di vincoli paesaggistici esistenti (legge 
n. 1497/39; D.M. 19 maggio 1965; D.M. 13 luglio 1977 e per l�edificazione del 1990 legge 
n. 431/85, trattandosi di opere comprese nella fascia di m. 300 dalla battigia) delle norme in 
materia urbanistica, di quelle sugli scarichi di acque reflue. 
Per altro verso � dedotto dalla stessa appellante (v. prospetto �B� allegato alla comparsa di risposta 
in primo grado) che un gran numero delle unit� immobiliari realizzate sull�area in contestazione 
(diverse centinaia) � stato venduto (con incremento della presenza umana sul posto 
e tutte le relative ricadute sull�originario assetto naturalistico del sito, sui cui ci si soffermer� 
in seguito) dalla societ� appellante, che anche con quest�attivit� (che � compresa tra quelle 
indicate in citazione) ha direttamente arrecato un danno all�ambiente. E� pacifico, infine, che 
la societ� appellante ha gestito per tutto l�arco di tempo considerato in citazione l�attivit� alberghiera 
svolta nell�albergo e negli hotels recidences realizzati sull�arera in contestazione 
(ultilzzando e ponendo a disposizione del pubblico dei turisti centinaia di camere ed appartamenti, 
con i relativi riflessi di ulteriore antropizzazione dell�ambiente, di incremento degli 
scarichi idrici, del traffico con le relative emissioni in atmosfera e della produzione di rifiuti). 
E� dunque, facilmente identificabile un�attivit� lesiva dell�ambiente direttamente compiuta 
(da sola) dalla societ� convenuta, per la quale questa pu� essere chiamata a rispondere, a prescindere 
dai danni in precedenza cagionati da altri soggetti. Sicch�, entro tale limite, la domanda 
delle amministrazioni attrici pu� trovare accoglimento senza che sorgano difficolt�. 
5. Con il quinto motivo di gravame l�appellante critica la sentenza di primo grado per il 
fatto che abbia ritenuto che il danno ambientale fosse tutelabile anche prima dell�entrata in 
vigore della legge n. 349/86, ma la Corte ritiene corretta l�impostazione data alla questione 
dal giudice di primo grado, posto che la tutela dell�ambiente, inteso come bene immateriale,
122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
che trascenda i singoli beni che in esso sono compresi (e di cui � indifferente, ai fini della 
tutela in esame, la titolarit�, che pu� ben appartenere ad una pluralit� di soggetti e non allo 
Stato, al quale, invece, � attribuito il compito di valorizzare e proteggere l�ambiente) ed 
esprime un autonomo valore collettivo del complesso delle risorse ambientali e degli esseri 
viventi, che caratterizzano un determinato habitat, specificatamente tutelato in quanto tale 
dall�ordinamento (Cass. 9 aprile 1992 n. 4362) , trova la sua fonte genetica nei precetti costituzionali, 
che concernono l�individuo e la collettivit� nel suo habitat economico, sociale ed 
ambientale (artt. 2, 3, 9, 41 e 42 Cost.) ed elevano l�ambiente ad interesse pubblico fondamentale, 
primario ed assoluto, imponendo allo Stato una adeguata predisposizione di mezzi 
di tutela, ed assicurando per concorso alla collettivit� il godimento di tale bene e la sua tutela 
contro le condotte illegittime, che lo deteriorino; sicch� la norma sanzionatoria generica posta 
dall�art. 2043 c.c. consentiva di certo gi� prima del 1986 agli enti esponenziali della collettivit� 
ed in primis allo Stato di ricorrere (oltre che alla repressione penale ed amministrativa) alla 
tutela risarcitoria (anche in forma specifica, ex art. 2058 c.c.) contro coloro che, agendo in 
violazione delle norme specificatamente poste a tutela dell�ordinato sviluppo dell�attivit� di 
sviluppo ed uso del territorio (posto che il danno, per essere risarcibile deve essere ingiusto, 
onde forme di sfruttamento del territorio consentite dall�ordinamento e poste in essere in conformit� 
delle regole all�uopo fissate non potevano gi� allora esser considerate fonte di responsabilit� 
per i danni ingiusti che eventualmente l�ambiente ne ricevesse). 
Deve dunque aderirsi all�insegnamento della giurisprudenza richiamata dal giudice di primo 
grado (in particolare Cass., 19 giugno 1996 n. 5650 e id. 3 febbraio 1998 n. 1087), che attribuisce 
all�art. 18 della legge n. 349/86 una funzione di ricognizione e riordino (in termini di 
ripartizione della tutela tra Stato, enti territoriali ed associazioni ambientalistiche e di indicazione 
di regole per la liquidazione del danno, per sua natura difficile da quantificare) della disciplina 
risarcitoria gi� esistente nel nostro ordinamento e esclude che essa abbia innovato in 
modo sostanziale la natura, avendo invece in gran parte sanzionato e riconosciuto una realt� 
giuridica gi� presente nell�ordinamento ed ampiamente riconosciuta, con la conseguenza che 
deve esludersi che la condotta della societ� appellante anteriore all�entrata in vigore della 
legge n. 349/86 non sia sanzionabile sul piano risarcitorio. 
Tale impostazione non riduce la norma in esame ad una scatola vuota priva di contenuto originale, 
come sostiene l�appellante, posto che il sanzionare in modo esplicito ci� che poteva 
ricavarsi solo in via di coordinamento di varie disposizioni, il definire in modo chiaro il concetto 
di danno ambientale, la precisa individuazione dei poteri attribuiti ai vari enti esponenziali 
della collettivit�, cos� superando le incertezze operative che derivano dal precedente 
assetto fondato su norme di carattere generale e l�indicazione di regole per la liquidazione del 
danno costituiscono elementi di tutto rilievo, che rendono tutt�altro che superflua la norma 
stessa e consentono di assegnarle un ruolo rilevante di chiarificazione e precisazione del sistema. 
Di certo l�art. 18 della legge n. 349/86 non � norma retroattiva, ma poich�, come si dir�, l�illecito 
oggetto del presente giudizio � un illecito permanente, che era ancora in corso al momento 
della sua entrata in vigore e lo � stato anche in seguito, per il principio di unitariet� 
dell�illecito permanente, che si � gi� richiesto al paragrafo 4.1, la relativa disciplina � applicabile 
all�intera condotta dannosa ascritta alla convenuta, onde non si pone un problema di 
legittimazione attiva del Ministero dell�ambiente riguardo ai danni prodotti dall�attivit� svolta 
prima del 30 luglio 1986. Il tema, peraltro, assume in concreto scarso rilievo, atteso quanto si 
dir� a proposito della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni prodotti da un illecito
CONTENZIOSO NAZIONALE 123 
permanente, che circoscriver� i danni risarcibili a quelli prodottisi dopo il 15 settembre 1994, 
tutti ampiamente dopo l�entrata in vigore della suddetta norma. 
5.1. L�appellante sostiene, inoltre, che, fuorviato dall�equiparazione dell�azione proposta 
a quella ex art. 2043 c.c., il Tribunale avrebbe omesso ogni indagine tesa ad accertare che si 
fosse verificato un danno non ai singoli beni di propriet� demaniale, ma all�ambiente come 
bene immateriale e complesso in s� considerato. 
L�affermazione � del tutto destituita di fondamento. Infatti il primo giudice ha compiuto una 
meticolosa indagine tesa ad accertare l�esistenza degli elementi costitutivi del danno all�ambiente. 
In primo luogo ha individuato ed indicato le norme in violazione delle quali la condotta 
dell�appellante � stata tenuta (art. 822 e segg. c.c., riguardanti le condizioni e la tutela del demanio; 
leggi in materia urbanistica ed in particolare la n. 1070 e la n. 47/1985; la legge ed i 
provvedimenti sui vincoli ambientali: legge n. 1497/39 ed i DD.MM. 19 maggio 1965 e 13 
luglio 1977; le leggi che regolano gli scarichi di acque reflue; la norma sulla licenza di abitabilit�; 
le norme sul confezionamento di sostanze alimentari), sicch� ha precisato quale sia la 
violazione dolosa o colposa di leggi e provvedimenti, che qualifica come illegittima la condotta 
dell�appellante e la rende rilevante ai fini del risarcimento del danno ambientale. Sul 
punto va, inoltre, osservato che nessuna critica � stata mossa dall�appellante in ordine all�individuazione 
di tali norme ed in ordine al fatto che esse siano state in concreto violate dalla 
sua condotta, onde la questione non � passata all�esame della Corte. In secondo luogo, avendo 
ben delineato il concetto di ambiente come bene immateriale che si distingue ontologicamente 
dai singoli beni che ne fanno parte (pagg. 25 e 26 della motivazione), ha ben individuato l�attivit� 
dannosa ascritta all�appellante consistente �nella trasformazione edilizia e successiva 
gestione ai fini di profitto economico di un tratto demaniale del litorale domizio, quello oggi 
denominato �Riviera Fontana Bleu�, dove un tempo, per circostanza pacifica, vi erano solo 
pinete sino alla spiaggia, terreni per il pascolo di animali, specie animali tipiche allo stato 
selvaggio (vedi anche i rilievi aerei prodotti dala PA)�, aggiungendo che non vale ad escludere 
il danno �il fatto che in quel territorio vi erano in precedenza zone paludose, perch� anche 
tali zone facevano parte dell�habitat complessivo e ne costituivano una caratteristica e la 
loro eliminazione, non decisa dall�autorit� competente ma collegata ad un progetto di speculazione 
edilizia, ha ugualmente inciso sul territoio, alterandone le qualit� e caratterisiche 
originarie; e tale alterazione costituisce presupposto sufficiente per la configurazione del 
danno ambientale (Cass. 94/439 e Cass. 99/13716)�. 
Il primo giudice, dunque, non si � per nulla soffermato sul danno subito dai beni demaniali o 
ad altri singoli beni, ma sia pure con sintesi espositiva, ha (correttamente) individuato la lesione 
subita dall�ambiente nel fatto che ad un orignario ambiente naturale incontaminato (ed 
ancora solo parzialmente alterato nel 1981 quando inizi� l�attivit� della convenuta, come si � 
detto emergere dalle fotografie aereee) sia stato sostituito un insediamento abitativo formato 
da molteplici edifici destinati ad abitazione e ad attivit� commerciali ed alberghiere, con 
un�opera completa di antropizzazione, che ha del tutto sconvolto l�habitat naturale originario, 
considerato appunto nel suo insieme e senza che sia stato dato alcun rilievo al danno patrimoniale 
subito dallo Stato per l�occupazione illegittima dei beni demaniali. L�ampia documentazione 
fotografica e planimetrica dell�attuale stato dei luoghi e le fotografie aeree, che 
ritraggono lo stesso in cui si trovava l�area in contestazione nel 1968, nel 1974, nel 1982 e 
l�attuale completa urbanizzazione della stessa prodotte dalle amministrazioni attrici, le descrizioni 
ed elencazioni di fabbricati, che si evincono dai documenti prodotti da ambo le parti 
e quelle dell�originario stato dei luoghi che emergono dalle risalenti sentenze penali allegate
124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
alla relazione dell�ing. Race, e dalla ricostruzione storica dell�evolauzione della zona operata 
dall�U.T.E. di Caserta con relazione del 2 agosto 1986, allegata alla ricordata relazione, danno 
ampiamente conto di tale radicale trasformazione dell�ambiente, che in realt� non � stata mai 
posta in discussione in punto di fatto dalla convenuta, che si � difesa sostendo, essenzialmente, 
di non doverne rispondere poich� essa era in gran parte gi� avvenuta prima della sua costituzione, 
mentre l�attivit� successiva di gestione non era lesiva dell�ambiente, e che il danno ambientale 
� stato riconosciuto dall�ordinamento solo dal 1986 in poi, quando la trasformazione 
era gi� completamente avvenuta, oltre a sostenere che la trasformazione di una zona incolta, 
paludosa ed umida in un contesto urbano non � un deterioramento dell�ambiente, ma anzi un 
suo miglioramento (tesi che � stata confutata con il passaggio di motivazione che � stato sopra 
riporato, al quale l�appellante non muove critiche di merito). Non si vede, pertanto, come 
possa sostenersi che � mancata l�indagine (sia come acquisizione istruttoria di dati di fatto 
sui cui fondarla, sia come esame degli stessi alla luce della norma e dei concetti giuridici da 
applicare) circa l�esistenza del danno ambientale. 
6. L�appellante sostiene, ancora, che sarebbe stato necessario individuare il danno all�ambiente, 
per distinguerlo da quelli subiti dai beni demaniali oggetto di occupazione illegittima, 
il cui risarcimento � stato definito in via transattiva, ma basta richiamare quanto si � detto ai 
paragrafi 3.2, 3.3 e 5.1 per evidenziare come in realt� non vՏ alcuna sovrapposizione tra i 
danni subiti dallo Stato per la lesione del suo patrimonio demaniale (facolt� di godimento e 
di amministrazione lese dall�occupazione illegittima, la cui lesione � stata ristorata valutando 
in sede transattiva il valore d�uso delle aree, di cui � stata concordemente accertata l�illegittimit� 
dell�occupazione) ed i danni subiti dalla collettivit� dei consociati, fatto valere allo Stato 
come ente esponenziale degli interessi diffusi dei cittadini (e non come proprietario dei singoli 
beni ricadenti nell�ambienete deteriorato), per la lesione del bene immateriale �ambiente�. 
Appare evidente, ad esempio che, nell�ipotesi in cui un soggetto, invadendo arbitrariamente 
un altrui fondo collinare coperto da boschi, vi realizzi in assenza delle necessarie autorizzazioni 
e concessioni una cava, resteranno ben distinti, non confondibili e non sovrapponibili il 
danno subito dal proprietario per la lesione del suo diritto di propriet� sul fondo invaso ed il 
danno subito dall�ambiente per l�alterazione del paesaggio e la distruzione del preesistente 
habitat boschivo, il cui risarcimento potr� esser chiesto dallo Stato quale ente esponenziale 
della collettivit� dei cittadini lesi e il proprio interesse ad un ambiente integro e gestito in conformit� 
alle leggi che ne regolano e tutelano i vari aspetti. 
Il fatto che nel caso in esame i beni materiali danneggiati appartengano al patrimonio immobiliare 
dello Stato non deve far perder di vista tale chiara distinzione e non pu� portare a confodere 
la lesione del patrimonio immobiliare dello Stato con quella dell�ambiente. Anche sotto 
questo profilo la transazione di cui si � discusso in precedenza, non assume alcun rilievo, poich� 
riguarda un danno del tutto diverso da quello ambientale, onde non vՏ nulla che debba 
esser detratto dal risarcimento spettante allo Stato, come ente esponenziale della collettivit� 
interessata, per tale danno. 
D�altra parte il giudice di primo grado ha correttamente individuato il danno ambientale solo 
nella radicale trasformazione subita dall�ambiente che esisteva in zona prima dell�urbanizzazione 
provocata anche dall�opera della convenuta e non ha per nulla considerato (neppure in 
sede di liquidazione) il danno subito dallo Stato per il mancato godimento dei beni occupati, 
sicch� anche in concreto non vՏ sta alcuna sovrapposizione con il risaricimento concordato 
in sede transattiva per gli aspetti dominicali e possessori della vicenda e non vi sono detrazioni 
da operare.
CONTENZIOSO NAZIONALE 125 
7. Con il settimo motivo di gravame l�appellante si duole del rigetto dell�eccezione di prescrizione 
e tale doglianza in sede di sommario esame ai fini dell�esame dell�istanza di sospensiva 
� stata considerata meritevole di favorevole valutazione, tanto da indurre alla 
sospensione dell�efficaca esecutiva della sentenza impugnata, tuttavia l�esame pi� approfondito 
della questione induce a ritenere infondate le deduzioni dell�appellante, poich� deve ritenersi 
che correttamente il Tribunale abbia qualificato l�illecito ascritto alla Fontana Bleu 
S.p.a. come illecito permanente. 
E� vero che, in applicazione dei princici elaborati in sede penale per la definizione del reato 
permanente, in linea di principio anche in sede civile si afferma che l�illecito permanente postula 
non solo il protrarsi della situazione lesiva, nel senso che questa viene a cessare con la 
cessazione della condotta, onde pu� dirsi che la condotta alimenta continuamente l�evento 
dannoso e che si ha nessaria consistenza della condotta e dell�evento, con la conseguenza che 
non integra tale fattispecie la cessazione della condotta illecita, ma sia ncessario il compimento 
di una nuova e distinta azione di ripristino (Cass. 1 febbraio 1995 n. 1156; id. 9 febbraio 1991 
n. 1346; id. 7 ottobre 1980 n. 5358). Tuttavia la giurisprudenza � orientata a ritenere che, 
quando l�illecito consista nella creazione di uno stato di fatto in s� e per s� dannoso, che si 
protragga nel tempo continuando a far pesare le sue conseguenze sul bene che ne subisce lesione 
ed al quale sia dato reagire sia con la domanda di risarcimento in forma specifica, tendente 
alla rimozione di quello stato di fatto, sia con quelle di risarcimento per equivalente per 
il ristoro delle conseguenze negative che quella situazione continua a produrre (come avviene 
per il danno ambientale), l�illecito si connota come permanente, sicch�, mentre la domanda 
di riduzione in pristino la prescrizione non comincia a decorrere dall�ultimazione delle opere 
che hanno creato la stuazione dannosa e neppure successivamente, finch� si protrae la situazione 
dannosa, di cui pu� essere chiesta la rimozione in ogni tempo, sino a quanto l�eventuale 
usucapione del diritto corripondente allo stato di fatto creato legittimi (con effetto retroattivo. 
Cass. n. 19294/06; id. 3153/98) la situazione, per la domanda di risarcimento del danno per 
equivalente, la prescrizione decorre giorno per giorno dalla data d�inizio dell�illecito, poich� 
la situazione dannosa produce nocumento in continuazione e quindi giorno per giorno sorge 
il diritto al ristoro del danno quotidianamente subito e comincia a decorrere la relativa prescrizione 
(Cass. 13 marzo 2007 n. 5831; id. 2 aprile 2004 n. 6512; id. 20 dicembre 2000 n. 
16009; id. 17 febbraio 1997 n. 1439; id. 30 gennaio 1990 n. 594; id. 11 marzo 1980 n. 1624). 
Applicazioni correnti di tale principio si hanno anche in materia di illegittima occupazione di 
un fondo per la realizzazione di un acquedotto o di un elettrodotto pubblico, che non d� luogo 
ad accessione invertita, poich� non produce irreversibile trasformazione del fondo, e determina 
il sorgere di un illecito permanente, che si protrare sino all�eliminazione dell�opera o sino a 
quando essa venga resa legittima con l�emissione del decreto d�asservimento o con l�acquisto 
per usucapione della relativa servit� (Cass., ss.uu., 27 giugno 2005 n. 13714; id. 14 marzo 
1991 n. 2724; Cass. 25 marzo 1998 n. 3135; id. 24 giugno 1994 n. 6082; id. 18 gennaio 1991 
n. 9726; T.S.A.P. 21 gennaio 2002 n. 6; id. 4 giugno 1999 n. 80), nonch� in tema di c.d. occupazione 
usurpativa (ex plurimis: Cass. ss.uu., 19 febbraio 2007 n. 3723; TAR Campnia, Napoli, 
4 febbraio 2004 n. 1582). Anche la giurisprudenza amministrativa � nettamente orientata 
a ritenere che l�illecito per violazione del vincolo paesaggistico � illecito di caratere permanente, 
la cui consumazione cessa solo con il ripristino dello stato dei luoghi, posto che l�effetto 
lesivo � sostenuto nel tempo dalla violzione dell�obbligho di ripristinare secundum ius i luoghi, 
onde il potere dell�amministrazione di infliggere la sanzione prevista dall�art. 15 della legge 
n. 1479/39 non inizia a prescriversi sino a quando resta in essere la situazione di abuso (C.
126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
St., sez. V, 13 luglio 2006 n. 4420; id., sez. IV, 3 novembre 2003 n. 7025; TAR Basilicata, 
Potenza, 12 giugno 2007 n. 471; TAR Umbria, Perugia, 1 giugno 2007 n. 477; TAR Lombardia, 
Brescia, 16 maggio 2007 n. 418; TAR Piemonte, Torino, 25 ottobre 2006 n. 3836; TAR 
Lazio, Roma, 2 maggio 2005 n. 3230). 
Pertanto, in adesione a tale preponderante indirizzo giurisprudenziale, deve affermarsi che 
l�illecito, che provoca il danno all�ambiente, ha carattere di illecito permanente, poich� consiste 
nella creazione di una situazione di per s� capace di produrre continuamente ulteriore 
nocumento al diritto tutelato consistente nell�interesse collettivo alla conservazione, alla razionale 
gestione, al miglioramento, al recupero (per via naturale o grazie all�intervento umano 
di ripristino) ed al godimento individuale e collettivo dell�ambiente naturale (onde non si dubita 
del fatto che costiuisce danno ambientale civilmente risarcibile anche quello derivante 
medio tempore dall�indisponibilit� della risorsa ambientale intatta, sino a quanto lo stato dei 
luoghi non sia stato ripristinato, le c.d. �perdite provvisorie� di cui alla direttiva 2004/35/CE: 
Cass. Pen. 6 marzo 2007 n. 16575; id. 15 ottobre 1999 n. 13716; Cass. civ. 19 giugno 1996 
n. 5650; TAR Sicilia, Catania, 20 luglio 2007 n. 1254; App. Milano 15 aprile 1994), mentre 
l�effetto lesivo � sostenuto nel tempo dalla violazione dell�obbligo di ripristinare secundum 
ius i luoghi che grava sull�autore, con la conseguenza che lo Stato (quale ente esponenziale 
della collettivit� lesa) da una parte pu� agire in ogni tempo per il ripristino (art. 18, c. 8�, 
legge n. 349/86), non essendo neppure concepibile l�usucapione del diritto (che non � riconosciuto 
dall�ordianamento) a mantenere in atto stati di fatto dannosi per l�ambiente, e d�altra 
parte acquista giorno per giorno il diritto al risarcimento per equivalente della perdita consistente 
nel fatto che la collettivit� continua ad essere privata della possibilit� di godere dell�ambiente 
nella situazione in cui si trovava prima che l�autore lo deteriorasse (o aggiungesse 
ulteriore deterioramento a quello gi� provocato da altri). 
Ne discende che la tesi dell�appellante, secondo cui, essendo stata completata l�attivit� di edificazione 
entro il 1983 (o anche prima del 31 dicembre 1993: data di riferimento per l�applicazione 
del condono edilizio di cui all�art. 39 della legge n. 724/94, entro la quale, in macanza 
di altri elementi probatori, deve ritenersi sia stata completata l�edificazione del parco acquatico 
Rio Blu iniziata dopo il mese di luglio 90), il diritto al risarcimento dei danni sarebbe integralmente 
prescritto, non pu� trovare accoglimento. 
7.1. Anche la tesi proposta dall�appellante con la seconda articolazione del motivo di gravame 
in esame, secondo cui l�attivit� di gestione delle opere realizzate (manifestatasi nella 
vendita degli edifici, nel godimento diretto ed indiretto degli stessi e nell�esercizio dell�attivit� 
d�impresa alberghiera) indicata in citazione come ulteriore fonte di danno ambientale in realt� 
non � idonea a cagionare tale danno, onde il Tribunale avrebbe errato nel prenderla in considerazione 
come fonte di responsabilit� e condotta protrattasi nel tempo in coesistenza con 
l�evento dannoso e tale da alimentarlo continuamente, non merita adesione. 
A prima vista parrebbe che, una volta sconvolto l�ambiente naturale con la crezione al suo 
posto di un centro urbano, tutto sia consumto e non vi sia null�altro che possa esser danneggiato 
attraverso la semplice gestione delle opere realizzate, ma un�analisi pi� attenta mostra 
che non � cos�. Va, infatti, considerato che se quelle costruzioni fossere rimaste vuote e inutilizzate 
al loro impatto fisico sull�ambiente (che non � costituito solo dal suolo radicalmente 
trasformato e dalle essenze vegetali ed animali distruttue o allontanate dal loro habitat in occasione 
dell�edificazione, ma anche dall�atmosfera, dal vicino mare, dalle risorse idriche sotterranee, 
dalle aree circostanti, come la confinante riserva naturale di Castelvolturno, e dalla 
flora e fauna che ivi si trovano) non si sarebbe aggiunto l�impatto derivante dalla presenza di
CONTENZIOSO NAZIONALE 127 
migliaia di persone, con picchi elevatissimi nella stagione estiva, che � a sua volta foriera di 
utleriore degrado dell�ambiente. Basta pensare al traffico automobilistico, che una cos� massiccia 
presenza umana provoca, con le sue conseguenze di inquinamento atmosferico, di inquinamento 
acustico e di nocumento alle specie animali e vegetali della vicina riserva; agli 
scarichi di acque reflue provenienti da centinaia di appartamenti e da centinaia di camere di 
albergo, oltre che dai servizi e dagli insediamenti commerciali (ai quali la citazione fa specifico 
riferimento); alla produzione di notevoli quantit� di rifiuti solidi urbani (anch�essa prospettata 
in citazione); all�inquinamento luminoso e elettromagnetico; alla impossibilit�, per l�opera di 
minuta manutenzione che ciascun proprietario causa e per quella delle aree di uso pubblico 
curata secondo le regole del regolamento generale del villaggio Coppola (la cui esitenza 
emerge dalla lettura del verbale dell�assemblea straordinaria del 7 aprile 1981 dell�Agrimmobliare 
Spa allegato allal relazione dell�ing. Race prodotta dall�appellante), che le specie 
vegetali ed animali autoctone si riapproprino gradualmente dell�ambiente loro sottratto, recuparendolo 
in qualche misura e in via naturale. 
Basta alllora oservare che: a) con l�alienazione degli appartamenti e degli immobili destinati 
ad attivit� commerciali si � moltiplicata la presenza umana, stanziale e stagionale, sul posto, 
acuendo l�antropizzazione dell�area con le conseguenze che si sono dette; b) altrettanto � avvenuto 
con il loro godimento diretto ed indiretto (mediante locazione) in attesa della vendita; 
c) altrettanto � avvenuto con l�esercizio dell�attivit� albergiera e con quella commericale di 
utilizzazione degli edifici destinati a parcheggio. Tutto ci�, certamente ha ulteiriormente compromesso 
l�ambiente, al di l� della cellula (che non � chiusa ma comunica costantemente con 
tutto il territorio, l�atmosfera ed il mare circostante) costituita dall�insediamento abitativo ed 
ha senz�altro leso l�interesse alla razionale gestione ed al miglioramento e recupero dell�ambiente. 
Resta solo da aggiungere che l�ampia presenza della societ� convenuta costituisce un 
dato pacifico (oltre che notorio presso la comunit� napoletana, che da circa un trentennio frequenta 
quei luoghi, come l�intero litorale domizio, almeno durante la bella stagione) ed � comunque 
dimostrata dalle stesse indicazioni della convenuta circa le vendite di centinaia di 
appartamenti (essendo ovvio che chi ha comprato quelle unit� immobiliari le utilizzi per abitarvi 
o per locarle a terzi, per l�intero anno o almeno durante la stagione estiva), dalla documatazione 
fotografia in atti (che fa rilevare l�ampia presenza di automobili e quindi 
indirettamente delle persone che le utilizzano), dalle relazioni dell�U.T.E. in atti e dagli accertamenti 
svolti in sede penale (dalla sentenza n. 1104/2006 del Tribunale di S. Maria C.V., 
si evince, ad es., che nella zona vi � una rete telefonica al servizio di circa diecimila utenze), 
mentre le sue conseguenze possono esser desunte in via logica in base alla comune esperienza, 
onde non si vede cosa di pi� l�amministrazione avrebbe dovuto dimostrare al riguardo. 
Pertanto non puo� che condividersi la valutazione operata dal primo giudice ed anche sotto 
questo profilo il gravame va repinto. 
8. Basta richiamare quanto si � detto al paragrafo 7 per coglier l�esatteza del rilievo mosso 
dall�appellante con l�ottavo motivo di gravame. E� costante insegnamento della giurisprudenza 
quello, secondo cui nell�ipotesi di illecito permanente la prescrizione del diritto al risarcimento 
dei danni comincia a decorrere dalla data d�inizio dell�illecito e giorno per giorno, poich� 
quotidianamente il danneggiato acquista il diritto ad essere risarcito del nocumento patito per 
il protrarsi della situazione dannosa e pu� esercitarlo, con la conseguenza che la prescrizione 
opera (estinguendo il relativo diritto) per tutti i danni maturati prima del quinquennio anteriore 
alla domanda di risarcimento o del precedente atto di costituzione in mora (v. oltre alla giurisprudenza 
gi� citata: Cass. 18 settembre 2007 n. 19359; id. 24 agosto 2007 n. 17985; 25 no-
128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
vembre 2002 n. 16564; id. 16 novembre 2000 n. 14861). 
Il Tribunale, pertanto, come ha errato nel considerare il danno prodotto all�ambiente prima 
della costituzione della societ� convenuta (1981) da altri soggetti (come si � detto nei paragrafi 
4 e 4.1), cos� ha errato nel considerare e liquidare anche i danni prodottisi prima del 15 settembre 
1994, onde si impone la decurtazione del risaricimento liquidato. 
8.1. Avendo riguardo alle tre voci di risarcimento considerate dall�art. 18 della legge n. 
349/86, sulle quali � stata articolata la domanda ed alle quali si � attenuta la liquidazione operata 
dal Tribunale, sembra evidente che si possa tener conto solo dei profitti conseguiti dalla 
societ� appellante dal 15 settembre 1994 in poi, poich� quelli precedenti esprimono (nell�approccio 
equitativo alla liquidazione adottato dal legislatore un�ottica di passaggio dalla rilevanza 
del danno-conseguenza, tipica della disciplina generale della responsabilit� 
extracontrattuale, e quella del danno-evento, inteso come lesione in s� di un bene costituzionalmente 
garantito, qual � l�ambiente, in modo da parametrare il risarcimento non al pregiudizio 
patrimoniale subito, ma a parametri di diverso e maggior respiro atti a cogliere sotto il 
profilo sanzionatorio tutte le varie sfaccettature della fattispecie - Cass. 1 settembre 1995, n. 
9211 -, superando la funzione compensativa del risarcimento, non legandolo alle sole perdite 
finanziarie dello Stato e svincolandolo da una concezione aritmetico-contabile) una parte 
dell�equivalente monetario del pregiudizio subito dai singoli, dalla collettivit� dei cittadini e 
dallo Stato amministrazione per l�insorgere, l�aggragravarsi ed il protrarsi del danno ambientale 
sino a quel momento. Altrettanto vale per l�altra voce di danno da ragguagliare alla �gravit� 
della colpa individuale�, nel senso che la relativa valutazione dovr� essere fatta 
considerando solo la condotta dell�appellante successiva alla data sino alla quale � maturata 
la prescrizione. 
8.2. Quanto alla voce rappresentata dal costo del ripristino, dovrebbe osservarsi che la necessit� 
di ripristino si � mantenuta inalterata nel tempo continuando in ogni momento ed anche 
dopo il 15 settembre 1994 a riguardare l�intero complesso residenziale ed in particoalre (per 
quel che pu� assumere rilievo nel presente giudizio, che riguarda solo la posizione della Fontana 
Bleu S.p.a.) tutte le opere realizzate o completate da tale societ�, sicche parrebbe che 
essa non possa subire decurtazioni in considerazione della prescrizione che ha colpito parte 
del diritto al risarcimento. Tuttavia la situazione che si � creata in corso di giudizio a seguito 
della transazione intervenuta tra la societ� appellante e lo Stato (che, pur avvenuta, si trova 
ad essere contemporaneamente proprietario di beni specificatamente lesi dalle opere realizzate, 
come tale interessato alla reintegrazione del proprio patrimonio in relazione al nocumento subito 
dai beni e per la compressione delle sue facolt� di godimento degli stessi ed ente esponenziale 
della collettivit� lesa nei propri interessi individuali e collettivi alla conservazione 
ed al godimento dell�ambiente), che ha determinato la rinunzia da parte delle amministrazioni 
attrici (che hanno acquistato l�interese a conservare le opere trasferite al demanio in esecuzione 
della transazione ed a render possibile l�attuazione di quella parte della transazione che attribuisce 
le rimanenti opere alle societ� del gruppo Coppola) alla domanda di riduzione in pristino, 
fa si che non sia necessario approfondire il tema. 
Infatti, come si osservato in precedenza (paragrafo 2), vՏ coincidenza e quindi ncessaria alternativit� 
tra la tutela ripristinatoria comtemplata dall�art. 18 della legge n. 349/86 e quella 
parte della tutela risarcitoria, che si esprime nella voce di danno che va liquidata tenendo 
conto delle spese di ripristino, essendo evidente che la contemporanea condanna del convenuto 
a ripristinare a priorie spese lo stato dei luoghi ed a corrispondere allo Stato, a titolo di risarcimento, 
il costo delle medesime opere di ripristino (che costituirebbe oggetto di recupero da
CONTENZIOSO NAZIONALE 129 
parte dello Stato in caso di esecuzione forzata di quell�obbligo di fare: art. 614 c.p.c.) costituirebbe 
una duplicazione illogica e ingiusta della sanzione, con la conseguenza che una lettura 
adeguata della norma, tesa ad evitarne l�irrazionalit� e quindi la violazione dell�art. 3 cost., 
impone di ritenere che tale voce di danno possa esser presa in considerazione solo nelle ipotesi 
in cui non essendo in concreto possibile disporrre il ripristino, si debba sanzionare il responsabile 
solo per equivalente. 
Ne discende che, avendo lo stato rinunziato alla riduzione in pristino e non essendovi quindi 
pi� alcun costo di ripristino da affrontare nell�interesse della collettivit� (che le amministrazioni 
interessate hanno ritenuto poter essere sacrificato rispetto all�interese a definire in modo 
equilibrato tutte le controversie insorte circa la propriet� ed il possesso dei beni demaniali interessati, 
tanto da rinunziare alla relativa domanda), in sede di risarcimento non si pu� tener 
conto di tale (ormai inesistente) voce di danno. Se lo si facesse si determinerebbe un�ingiusta 
locupletazione dello Stato, prendendo in considerazione l�unica voce di risarcimento che tiene 
conto della perdita finanziaria subita dallo Stato per dover provvedere al ripristino dei luoghi, 
bench� sia certo che nessun intendimeto di ripristino potr� mai essere eseguito, per effetto 
della ricordata transazione. 
8.3. Risulta, in definitiva, fondato il rilievo fatto dall�appellante con la prima parte del decimo 
motivo di gravame (paragrafo 8 della citazione in appello), di cui si � anticipato l�esame 
per organicit� di trattazione, e deve riformarsi la sentenza impugnata nel punto in cui ha considerato 
tra le voci di liquidazione del danno anche quella relativa al costo del ripristino, che 
per volont� dello stesso Stato non avverr� pi�. 
Per completezza d�esame si osserva subito anche che l�aver limitato il danno risarcibile solo 
a quello direttamente prodotto dall�appellante dal 15 settembre 1994 in poi assorbe la doglianza 
sollevata con la seconda parte del decimo motivo di gravame, con il quale l�appellante 
lamenta che si siano considerati tutti i profitti esposti dalle attrici, senza che fosse dimostrato 
che essi si fossero davvero riversati nel suo patrimonio. 
Resta assorbita da quanto gi� deciso anche la terza doglianza avanzata con il suddetto motivo 
di gravame, nel senso che la terza voce di danno dovr� esser quantificata (con la sentenza definitiva) 
avendo riguardo solo all�attivit� lesiva dell�ambiente posta in essere dal 15 settembre 
1994 in poi ed esprimendo opportune valutazioni al riguardo. 
8.4. In conclusione, confermata (per esser stati respinti tutti i motivi di gravame che la riguardavano) 
la dichiarazione di responsabilit� della Fontana Bleu S.p.a. per i danni arrecati 
da essa personalmente all�ambiente, deve per� affermarsi che essa pu� rispondere (per il fatto 
di non esser stata chiamata a rispondere, come eventuale concorrente solidalmente responsabile, 
dei danni arrecati dalle altre societ� del gruppo Coppola; per la prescrizione che ha estinto 
il diritto al risarcimento dei danni maturato sino al 15 settembre 1994; per la rinunzia operata 
dalle amministrazioni attrici alla domanda di riduzione in pristino) solo dei danni provocati 
all�ambiente dal 15 settembre 1994 in poi e che essi vanno liquidati tenendo conto solo dei 
profitti che essa ha tratto dalla propria attivit� di gestione delle opere lesive dell�ambiente da 
quella data in poi e della gravit� della sua colpa individuale valutata limitatamente a tale scorcio 
della sua attivit�. 
Ci� impone di affidare ad un c.t.u. il compito di individuare le vendite stipulate dopo tale data 
e di stimarne, in base all�ampia documentazione prodotta dalle amministrazioni attrici ed alle 
eventuali indagini integratici che si rilevassero opportune, il progetto che da esse la societ� 
ha tratto, nonch� di rielaborarte i dati relativi al profitto tratto dall�attivit� alberghiera per il 
periodo dal 15 settembre 1994 al 15 settembre 1999 (data alla quale, come si � detto, si arresta
130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
la domanda delle amministrazioni, che neppure in appello hanno chiesto che si tenga conto 
del danno ambientale maturato successivamente), sicch� l�odierna pronunzia non potr� definire 
il giudizio, dovendo arrestarsi alle pronunzie sull�an debeatur e rinviare quella sul quantum 
(con le delimitazioni appena precisate) all�esito dell�indagine tecnica. 
9. Le doglianze sollevate dall�appellante con il nono motivo di gravame in ordine alla liquidazione 
del danno operata dal primo giudice sono in qualche misura assorbite da quanto 
si � detto in precedenza. (...) 
11. L�appello incidentale proposto dal Ministero dell�Ambiente (�) riguarda aspetti particolari 
della liquidazione del risarcimento, sicch� appare opportuno rinviarne l�esame alla sentenza 
definitiva, con la quale la questione potr� essere pi� coerentemente trattata in tutti i suoi 
aspetti. (...) 
P.Q.M. 
La Corte d�Appello di Napoli, prima sezione civile, pronunziando sull�appello proposto dalla 
Fontana Bleu S.p.a. contro la sentenza n. 11235/2004, pubblicata il 3 novembre 2004, pronunziata 
dal Tribunale di Napoli nel giudizio promosso contro di essa dal Ministero dell�Ambiente 
e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel quale sono stati chiamati in causa il 
Comune di Pozzuoli, il Comune di Castelvolturno, il Sindaco di Pozzuoli, in qualit� di commissario 
straordinario del Ministero per la Protezione Civile, il Ministero per la Protezione 
Civile, il Ministero dell�Interno ed il Ministero della Marina Mercantile ed � intervenuto il 
W.W.F. Italia, nonch� sull�appello incidentale proposto dal Ministero dell�Ambiente e dalla 
Presidenza dl Consiglio di Ministri e sugli appelli incidentali condizionanti proposti dal Comune 
di Castelvolturno e dal Comune di Pozzuoli, cos� provvede con sentenza non definitiva 
nei rapporti tra l�appellante ed il Ministero dell�Ambiente e con sentenza definitiva nei rapporti 
tra l�appellante e tutte le altre parti: 
1) in riforma della sentenza impugnata, condanna la Fontana Bleu S.p.a. al risarcimento dei 
danni provocati all�ambiente con la sua sola condotta personale e per il solo periodo dal 15 
settembre 1994 al 15 settembre 1999, mediante pagamento in favore del Ministero dell�Ambiente 
della somma, che sar� determinata in prosieguo di giudizio, con esclusione delle spese 
di ripristino: 
2) respinge per il resto l�appello principale: 
3) rinvia alla sentenza definitiva la decisione sull�appello incidentale proposto dal Ministero 
dell�Ambiente ed il regolamento delle spese nei rapporti tra tale Ministero e la Fontana Bleu 
S.p.a. (...) 
11) Provvede con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio tra la Fontana Bleu Sp.a. e 
il Ministero dell�Ambiente ed il W.W.F. Italia. 
Cos� deciso in Napoli il 21 marzo 2008 
Corte di appello di Napoli, sentenza del 19 gennaio 2011 n. 90 - Pres. M.R. Castiglione 
Morelli - Fontana Bleu S.p.a. (avv. G. Olivieri) c. Ministero dell�ambiente (avv. Stato M. Gerardo), 
W.W.F. Italia (avv.ti R. Razzano e M. Ballet). 
(Omissis) 
Motivi della decisione 
(�) Ai fini della valutazione si � ritenuto di far ricorso ad una ctu, alle cui risultanze questa 
Corte ritiene di potersi fondamentalmente attenere, (...)
CONTENZIOSO NAZIONALE 131 
Il Ctu dott. ing. Lo Presti, rispondendo ai quesiti conferitigli dalla Corte ha preliminarmente 
identificato gli immobili rientranti nell�area alla quale si � riferita la domanda delle appellate 
(p.lle 2 e 3 foglio 49 di Castelvolturno), provvedendo ad individuare gli immobili costruiti 
sulla medesima area e ad individuare, nell�elenco di vendite di unit� immobiliari indicati dal 
Ministero dell�ambiente e dalla Fontana Bleu, le sole vendite afferenti immobili rientranti 
nella predetta area, vendite concluse in epoca successiva al 15 settembre 1994, individuando 
infine il ricavo ottenuto dalle medesime vendite, adottando a tale fine, come criterio di calcolo, 
la differenza tra il probabile valore di mercato al momento della vendita ed il costo sostenuto 
per l�esecuzione degli stessi immobili, conformemente al metodo indicato dall�art. 2 del decreto 
26 settembre 1997 del Ministero dei beni culturali ed ambientali apparendo congrui i 
valori dichiarati nei rispettivi atti di vendita. 
(�) Lo stesso ausiliare ha, invece, rilevato che il finale profitto dell�attivit� alberghiera ricavato 
dalla societ� appellante in base agli atti dei bilanci della stessa societ�, mentre era positivo 
per gli anni 1994, 1995 e 1996, � risultato negativo fortemente per i successivi anni 1997, 
1998 e 1999 per le vicende giudiziarie notorie, i sequestri penali che hanno influito negativamente 
sull�attiv� alberghiera, in relazione alla quale negli anni precedenti vi era stato invece 
un notevole investimento poi non recuperato, anche per le condizioni di degrado del litorale 
di Pinetamare, arrivando a quantificare un profitto negativo di lire 255.499.000 pari ad � 
131.954,22 (vedi pag. 50 e seg. elaborato ctu). 
In definitiva, il danno pu� essere liquidato, a parere della Corte, sulla base del profitto conseguito 
ammonante a � 369.259,23. 
Il suindicato importo pu� essere riconosciuto per intero in ragione della notevole gravit� della 
colpa della societ�, peraltro da parametrare solo per il periodo 15 settembre 1994 - 15 settembre 
1999 quando le conseguenze dannose per l�ambiente si erano gi� in gran parte verificate, 
risalendo i fatti per cui � causa al 1981. 
Tale criterio di liquidazione � stato scelto in quanto non determina una indebita duplicazione, 
come ipotizzato dalla difesa appellante, ma semplicemente, come secondo addendo da calcolare 
in funzione della gravit� della colpa, non tiene conto della passivit� dell�ultimo periodo 
relativo al settore alberghiero, di cui, in un�ottica generale che pur aveva visto guadagni considerevoli 
nel tempo, appare equo non tener conto per determinare il danno patrimoniale da 
addossare all�appellante principale. 
Il suddetto criterio appare pi� equo rispetto a quello indicato dalla difesa erariale parametrato 
sull�importo degli interessi legali sulle spese indicate per il ripristino per ciascuno dei cinque 
anni o sul criterio del 10% del fatturato annuo della stessa Fontana Bleu, criterio quest�ultimo 
avanzato ammissibilmente solo in comparsa conclusionale con un riferimento del tutto nuovo 
ai bilanci sociali, laddove invece il primo criterio appare non applicabile, in quanto si basa su 
un ripristino dello stato dei luoghi di cui in corso di causa il Ministero ha rinunciato per intervenuta 
transazione, come rilevato dalla pregressa sentenza n. 1495/08. 
Tale somma complessiva, attenendo a debito di valore, andr� poi rivalutata dal 15 settembre 
1994 - data del fatto coincidente con l�inizio della prescrizione - e sulla somma via via rivalutata 
andranno calcolati gli interessi legali fino all�effettivo pagamento, in accoglimento dell�appello 
incidentale del Ministero. 
Un altro punto dell�appello incidentale proposto dal Ministero dell�ambiente da esaminare riguarda 
poi, il danno non patrimoniale, che, essendo attinente ad aspetti particolari della liquidazione 
del risarcimento, si � ritentuo opportuno affrontare con la presente sentenza definitiva. 
In proposito, si rileva che, in primo luogo, si � negata la risarcibilit� del danno non patrimo-
132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
niale all�ambiente, oltre quello liquidato ex art. 2043 c.c. e ex art. 18 L. 349/86, che esaurirebbe 
ogni tutela e si � esclusa la risarcibilit� del danno morale allo Stato come persona giuridica 
in quanto non capace di sofferenza psichica in base a indirizzo allora consolidato 
giurisprudenziale. 
Ora, a parere di questa Corte, la liquidazione del danno ambientale ex art. 18 L. 349/86, non 
esaurisce l�interea sfera del danno non patrimoniale liquidabile in favore dello Stato. 
La giurisprudenza, � attualmente, concorde nello stabilire che anche le persone giuridiche, 
che subiscono una lesione alla loro immagine e che dalla commissione dei reati vedono compromesso 
il prestigio derivante dall�affidamnto di compiti di controllo e di gestione, subiscono 
un danno non patrimoniale. 
La stessa lesione, in altri termini, dell�immagine dello Stato, che, dalla commissione di reati 
vede compromesso il prestigio derivante dall�affidamento di compiti di controllo e di gestione, 
non costituisce danno risarcibile autonomamente, ma d� vita ad ipotesi risarcibile come aspetto 
non patrimoniale, quando, come appunto nel caso in esame, risulti correttamente accertato un 
danno ambientale al quale sia collegata la menomazione del rilievo istituzionale dell�Ente 
(vedi Cass. Sez. III 1471/2002 n. 1145). 
Nel caso in esame non pu� dubitarsi che sia provato, oltre un danno ambientale di valore patrimoniale, 
anche un collegato aspetto di danno non patrimoniale, consistente nella menomazione 
del rilevo istituzionale dello Stato, inteso come pregiudizio arrecato al prestigio, alla 
considerazione stessa della tutela dell�ordinamento nei confronti di una condotta illecita protrattasi 
negli anni, palese e notoria, capace di minare lo stesso giudizio dei cittadini sulla stessa 
capacit� di tenuta dello Stato. 
Tale voce di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., potr� e dovr� esser liquidata equitativamente 
con il ricorso ad una percentuale di un quarto del danno patrimoniale gi� riconosciuto 
secondo gli usuali sistemi di liquidazione del danno morale, tenendo conto di tutte le circostanze 
del caso in esame ed in paricolare del fatto che deve aversi a riferimento l�unico periodo 
di cinque anni non coperto dalla prescrizione, come si � gi� pi� volte affermato, e quindi si 
pu� riconoscere l�ulteriore importo di � 133.380,01 (92.314,80 x 1,4448 coef. settembre 1994), 
espresso con riferimento ai valori attuali, mentre sull�importo originario, via, via rivalutato, 
andranno riconosciuti gli interessi legali dal settembre 1994 al soddisfo. 
Le spese seguono la soccombenza nella misura di cui al dispositivo ed a carico dell�appellante 
principale vanno poste anche le gi� liquidate spese di ctu. 
P.Q.M. 
La Corte d�Appello di Napoli, prima sezione civile, definitivamente pronunziando sull�appello 
proposto dalla Fontana Bleu S.p.a. contro la sentenza n. 11235/2004, pubblicata il 3 novembre 
2004, pronunziata dal Tribunale di Napoli nonch� sull�appello incidentale proposto dal Minisitero 
dell�Ambiente, vista la sentenza non definitiva del 21 marzo 2008, cos� provvede. 
1) in riforma della sentenza impuganta, condanna la Fontanta Bleu S.p.a. al riarcimento 
dei danni provocati all�ambiente con la sua sola condotta personale e per il solo periodo dal 
15 settembre 1994 al 15 settembre 1999, mediante pagamento in favore del Ministero dell�ambiente 
delle somme indicate in motivazione, oltre rivalutazione ed interessi come sempre 
specificato in motivazione. (�) 
Cos� deciso in Napoli il 7 gennaio 2011
CONTENZIOSO NAZIONALE 133 
Accelerazione processuale e deflazione del contenzioso 
in tema di custodia di veicoli sequestrati 
(Giudice di pace di Caserta, ordinanza del 18 gennaio 2010) 
In data 22 luglio 2010, la (...) s.a.s. notificava al Ministero della Difesa 
circa novanta decreti ingiuntivi, asserendo di essere creditrice dell�indennit� 
di custodia di una serie di veicoli (uno per ciascun decreto ingiuntivo) precedentemente 
ad essa affidati. 
Dalla documentazione trasmessa dalla Prefettura di Napoli all�Avvocatura 
Distrettuale risultava che la medesima � in attuazione del provvedimento del 
3 agosto 1999, con cui l�Autorit� giudiziaria disponeva la demolizione e la rimozione 
da specifici siti di deposito dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo, 
degradati a residuato ferroso e quindi ritenuti inquinanti dai 
competenti organi sanitari � aveva stipulato, in data 23 febbraio 2000, con la 
societ� (...) s.a.s., un contratto di vendita avente ad oggetto 2158 veicoli precedentemente 
affidati in custodia alla medesima e destinati alla rottamazione: 
tra questi veicoli rientravano anche quelli per i quali la societ� aveva ottenuto 
i decreti ingiuntivi di cui in premessa. 
Pi� specificamente, in base a tale contratto, la (...) s.a.s. acquistava tali veicoli 
e si obbligava gratuitamente a provvedere alla demolizione dei medesimi 
dietro pagamento di un corrispettivo per la custodia svolta fino a tale vendita. 
Sempre dalla documentazione trasmessa dalla Prefettura risultava inoltre 
che il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8359/2003, confermata dalla Corte 
di appello di Napoli con sentenza 573/2010, aveva dichiarato risolto tale contratto 
per inadempimento della Prefettura e aveva condannato quest�ultima a 
pagare �a titolo di risarcimento del danno, la somma di euro 1.787.931,00 
oltre interessi legali [�] pari alle maturate indennit� di custodia richieste e 
non pagate� alla (...) s.a.s.; tale somma era dunque determinata �considerata 
l�entit� delle somme che essa (...) avrebbe ottenuto a titolo di indennit� di custodia 
se la Prefettura avesse adempiuto� e come tale era da ritenersi sostituita 
� come oggetto del diritto di credito vantato dalla (...) S.a.s. verso la Prefettura 
� alla citata indennit� di custodia che la (...) pretendeva con i decreti ingiuntivi 
in oggetto. 
In altre parole, se fino alla risoluzione del suindicato contratto, la (...) poteva 
vantare il diritto al corrispettivo della custodia sulla base del contratto 
medesimo, a seguito della risoluzione, tale diritto era venuto meno essendo 
stato sostituito dal diritto al risarcimento dei danni, riconosciuto e quantificato 
in forza della citata sentenza: solo quest�ultima, in definitiva, costituiva il titolo 
rappresentativo del diritto di credito vantato dalla (...). 
Si riteneva pertanto opportuno proporre opposizione a tutti i decreti ingiuntivi 
di cui alla premessa.
134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Diverse sono le questioni procedurali che sono state affrontate nell�atto di 
opposizione - integralmente riportato in calce alla nota in rassegna - a tali decreti. 
Innanzitutto, in un ottica di accelerazione processuale e di deflazione del 
potenziale contenzioso, si � ritenuto di dover e poter proporre una unitaria opposizione 
avverso i molteplici decreti ingiuntivi in quanto notificati ad istanza 
di un unico soggetto (la (...) s.a.s.), presunto creditore, nei confronti di un unico 
soggetto, presunto debitore (il Ministero della Difesa). 
La procedibilit� dell�unica opposizione a pi� decreti ingiuntivi � stata sostenuta 
sulla base del seguente ragionamento. 
Con sentenza n. 7294 del 26 marzo 2007, la Suprema Corte di cassazione 
- ribadendo un orientamento ormai consolidato ed inaugurato con la sentenza 
n. 3683 del 10 agosto 1977 - ha affermato la regola secondo cui �Dal principio 
di economia processuale consegue l'ammissibilit� di un unico atto di opposizione 
avverso pi� ingiunzioni emesse su ricorso del medesimo creditore nei 
confronti dello stesso debitore�. In particolare, con tale sentenza i giudici di 
legittimit� hanno precisato che �una volta ritenuta la parificazione, dal punto 
di vista formale, dell'opponente all'attore dell'ordinario giudizio di cognizione, 
cosi come si � pure costantemente affermato, non sembrano sussistere ostacoli 
a che l'opponente con un'unica opposizione possa domandare il rigetto di pi� 
pretese creditorie avanzate nei suoi confronti con distinte ingiunzioni, secondo 
quanto dispone l'art. 104 c.p.c. L'opponente, che - come si � detto - � attore 
nel giudizio di opposizione, propone una domanda di rigetto e non si vede 
perch� non debba essergli lasciata l'opportunit�, nella ipotesi di decreti ingiuntivi 
proposti dallo stesso creditore nei suoi confronti, di cumulare in un 
unico processo pi� domande contro il medesimo creditore; ci� anche per un 
evidente principio di economia processuale, con risparmio di spese e di attivit��. 
Aggiungasi che l�ammissibilit� di un�unica opposizione avverso pi� decreti 
ingiuntivi � affermata altres� dalla recente Cass. Civ., Sez. III, n. 24539 
del 20 novembre 2009. 
Alla luce del suddetto consolidato orientamento della giurisprudenza di 
legittimit�, in considerazione della identit� delle parti opponente e opposta 
nonch� della causa petendi e del petitum, si � dunque ritenuto la procedibilit� 
della opposizione avverso i pi� decreti ingiuntivi. 
In secondo luogo, con domanda riconvenzionale, si � chiesto al giudice 
adito di accertare l�insussistenza del diritto di credito della (...) s.a.s. anche 
con riguardo a tutti gli altri veicoli in precedenza affidati dalla Prefettura alla 
medesima e per i quali la prima non aveva ancora attivato il procedimento 
d�ingiunzione. In tal modo si � resa la competenza di valore indeterminabile 
e dunque si � chiesto al giudice di dichiarare la propria incompetenza per valore 
a favore del tribunale di Napoli che diveniva competente in base al principio 
del foro erariale. 
In via subordinata, per l�ipotesi in cui il Giudice adito non avesse accolto
CONTENZIOSO NAZIONALE 135 
l�eccezione d�incompetenza alla luce della formulata domanda riconvenzionale, 
alla luce delle ragioni esposte in premessa, si � eccepita l�inammissibilit� 
del procedimento ingiuntivo instaurato dalla (...), per violazione del ne bis in 
idem sostanziale, essendo i decreti ingiuntivi volti ad ottenere un nuovo titolo 
di pagamento per le medesime ragioni di credito contenute nella suindicata 
sentenza del Tribunale di Napoli. 
Si � ulteriormente eccepito, in ogni caso, l�inammissibilit� di tutti i ricorsi 
per decreto ingiuntivo alla luce del ben noto orientamento della giurisprudenza 
di legittimit� (Cass. Sez. un. 23726/2007, Cass. 28719/2008 e Cass. 
1706/2010) e di merito (G.d.P. di Trentola Ducenta, sentenza 3823/2008, pronunciata 
in analogo giudizio tra la (...) s.a.s. e il Ministero della Difesa) che 
ritiene precluso al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in 
forza di un unico rapporto obbligatorio, il frazionamento del credito in plurime 
richieste giudiziali di adempimento � come, nella specie, pi� decreti ingiuntivi 
� contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione si pone in contrasto 
con il principio di correttezza e buona fede processuale nonch� con il 
principio costituzionale del giusto processo, con conseguente abuso del processo: 
nel caso oggetto del giudizio de quo, infatti, l�opposta (...) s.a.s. ha notificato 
all�opponente Amministrazione i suindicati decreti ingiuntivi, tutti 
basati sullo stesso �presupposto giuridico e fattuale� e cio� l�asserito diritto 
al corrispettivo per la custodia di veicoli sequestrati dal Ministero della Difesa 
e ad essa affidati, veicoli, tutti oggetto del suindicato contratto di compravendita 
in seguito risolto giudizialmente. 
Nelle conclusioni dell�atto di opposizione si chiedeva al G.d.P., previa 
revoca dei decreti ingiuntivi opposti, in via preliminare di pronunciarsi sulla 
domanda riconvenzionale, rimettendo l�intera causa ex art. 36 c.p.c. in relazione 
agli artt. 25 c.p.c. e 6 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, alla 
cognizione del Tribunale di Napoli; in via subordinata di dichiarare l�inammissibilit� 
e/o l�infondatezza della domanda proposta con l�esperita procedura 
ingiuntiva per assenza del titolo azionato e, comunque, per l�inesigibilit� delle 
somme oggetto dei decreti ingiuntivi. 
Il G.d.P. di Caserta, con provvedimento del 18 gennaio 2011, ritenendo 
preliminarmente procedibile l�unico atto di opposizione a pi� decreti ingiuntivi, 
ha accolto la domanda riconvenzionale, affermando la propria incompetenza 
a favore del Tribunale di Napoli. 
La decisione del G.d.P. di Caserta rappresenta certamente un utile precedente 
nella giurisprudenza del G.d.P. (non si rinvengono in quest�ultima precedenti 
analoghi). 
Dalla lettura del provvedimento si evince che il giudice non si � espressamente 
pronunciato in merito alla procedibilit� dell�unitario atto di opposizione 
a plurimi decreti ingiuntivi; trattandosi, peraltro, di questione 
necessariamente preliminare rispetto alla conseguente domanda riconvenzio-
136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nale ed essendosi pronunciato su quest�ultima, deve ritenersi che sul punto il 
Giudice adito abbia implicitamente statuito, ritenendo quindi ammissibile la 
proposizione di un�unica opposizione a fronte dei molteplici decreti ingiuntivi; 
aggiungasi che il proprio provvedimento � motivato innanzitutto sulla base 
del fatto che il giudizio �ha ad oggetto opposizione a decreti ingiuntivi�. 
La pronuncia, sebbene favorevole alle ragioni erariali quantomeno in 
punto di competenza per territorio, risulta peraltro criticabile nella misura in 
cui il Giudice avrebbe forse dovuto � in virt� della competenza funzionale 
dell�Autorit� giudiziaria da cui promana il decreto ingiuntivo a conoscere delle 
eventuali opposizioni (Cass. civ. 21737/04) � trattenere la decisione quanto ai 
motivi di opposizione e rimettere al Giudice superiore la domanda di accertamento 
proposta in via riconvenzionale. 
Tuttavia, non � da sottovalutare la circostanza che, alla luce del carattere 
pregiudiziale della domanda riconvenzionale, il giudizio di opposizione (in 
ipotesi trattenuto dal Giudice di Pace di Caserta) sarebbe andato incontro ad 
una ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. 
Ragioni di economia processuale hanno dunque forse indotto il Giudice 
dell�opposizione a rimettere l�intera controversia all�Autorit� giudiziaria superiore, 
intravedendosi in ci� una ragionevole deroga al principio della competenza 
funzionale del giudice dell�opposizione. 
Dott. ri Mariano Valente e Alessandro Ferri* 
Giudice di pace di Caserta, ordinanza del 18 gennaio 2011. 
(Omissis) 
Il G.d.P. 
Con lo scioglimento della riserva che precede, questo giudicante decide le sorti del giudizio, 
atteso che per le questioni preliminari sollevate, in ordine all�incompetenza di questo ufficio 
a decidere la presente controversia, � preclusa l�indagine nel merito. 
Ed invero, rilevato che il giudizio de quo ha ad oggetto opposizione a decreti ingiuntivi nei 
confronti del Ministero della Difesa; rilevato che in base all�art. 25 c.p.c. competente a decidere 
le controversie ove � parte un�amministrazione dello Stato � l�ufficio del Giudice ove ha 
sede l�Avvocatura distrettuale dello Stato, considerata altres� la spiegata domanda riconvenzionale 
di valore indeterminabile. 
P.Q.M. 
Dichiara l�incompetenza funzionale e per valore di questo ufficio a decidere la controversia 
de qua e rimette le parti nei termini di legge per la riassunzione della causa davanti al Tribunale 
di Napoli, rimettendo a Questo la decisione in ordine al governo delle spese. 
Cos� deciso in Caserta il 9 dicembre 2011 
IL GIUDICE DI PACE 
Dott. Ivana Catozza 
(*) Procuratori dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 137 
CT. 14418/10 
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI CASERTA 
ATTO DI CITAZIONE IN OPPOSIZIONE A DECRETI INGIUNTIVI 
CON DOMANDA RICONVENZIONALE 
per il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappr.to e difeso ex lege dall�Avvocatura 
Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui ope legis domicilia alla via Diaz, 11; 
CONTRO 
SOCIET� (...) s.a.s., in persona del legale rapp.te p.t., rappr.ta e difesa dagli avv.ti Stefano 
di Foggia e Anna Coppola ed el.te dom.ta in Caserta via Giotto 13; 
AVVERSO 
e per la revoca dei decreti ingiuntivi emessi dal Giudice di Pace di Caserta, di seguito indicati: 
(...) 
PREMESSO 
Che la ricorrente notificava i decreti ingiuntivi indicati in epigrafe, resi dal Giudice di pace di 
Caserta, con i quali viene ingiunto il pagamento delle seguenti somme: 
(...) 
oltre interessi legali, nonch� spese per le intraprese procedure monitorie, con attribuzione al 
procuratore anticipatario. 
Che le somme in questione, ad avviso della ricorrente, sarebbero dovute ex art. 11, 1� comma 
del D.P.R. n. 571/82, quale rimborso per "le spese di custodia di cose sequestrate dalla pubblica 
amministrazione"; in particolare ogni decreto ingiuntivo ha ad oggetto la pretesa di un 
compenso per l�attivit� di custodia di veicoli precedentemente sequestrati da agenti dell�Arma 
dei Carabinieri ed affidati alla (...) S.a.s. 
Tanto premesso, l'Amministrazione ingiunta, cos� come rappresentata e difesa, intende opporsi, 
come con questo atto formalmente si oppone, ai decreti ingiuntivi di cui trattasi, per le 
seguenti ragioni in 
DIRITTO 
1) AMMISSIBILITA� DI UN UNICO ATTO DI OPPOSIZIONE AVVERSO MOLTEPLICI DECRETI 
INGIUNTIVI. 
In via preliminare e per mero scrupolo difensivo, si evidenzia che l�esponente Avvocatura, in 
un ottica di accelerazione processuale e di deflazione del potenziale contenzioso, ha ritenuto 
di dover proporre una unitaria opposizione avverso i molteplici decreti ingiuntivi notificati 
ad istanza di un unico soggetto presunto creditore (l�ingiungente (...) S.r.l.) nei confronti di 
un unico presunto debitore (l�opponente Ministero della Difesa). 
A tal riguardo, sia consentito sottolineare che con sentenza n. 7294 del 26 marzo 2007 (doc. 
n. 11), la Suprema Corte di cassazione - ribadendo un orientamento ormai consolidato ed 
inaugurato con la sentenza n. 3683 del 10 agosto 1977 - ha affermato la regola secondo cui 
�Dal principio di economia processuale consegue l'ammissibilit� di un unico atto di opposizione 
avverso pi� ingiunzioni emesse su ricorso del medesimo creditore nei confronti dello 
stesso debitore�. 
In particolare, con la suddetta sentenza i giudici di legittimit� hanno precisato che �una volta 
ritenuta la parificazione, dal punto di vista formale, dell'opponente all'attore dell'ordinario 
giudizio di cognizione, cosi come si � pure costantemente affermato, non sembrano sussistere 
ostacoli a che l'opponente con un'unica opposizione possa domandare il rigetto di pi� pretese
138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
creditorie avanzate nei suoi confronti con distinte ingiunzioni, secondo quanto dispone l'art. 
104 c.p.c. L'opponente, che - come si � detto - � attore nel giudizio di opposizione, propone 
una domanda di rigetto e non si vede perch� non debba essergli lasciata l'opportunit�, nella 
ipotesi di decreti ingiuntivi proposti dallo stesso creditore nei suoi confronti, di cumulare in 
un unico processo pi� domande contro il medesimo creditore; ci� anche per un evidente principio 
di economia processuale, con risparmio di spese e di attivit��. 
L�ammissibilit� di un�unica opposizione avverso pi� decreti ingiuntivi � affermata altres� dalla 
recente Cass. Civ., Sez. III, n. 24539 del 20 novembre 2009. 
Alla luce del suddetto consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimit�, in considerazione 
della identit� delle parti opponente e opposta nonch� della causa petendi e del petitum, 
questa difesa erariale evidenza la piena proponibilit� e procedibilit� della presente 
opposizione avverso i pi� decreti ingiuntivi ottenuti dalla societ� Cars. S.r.l. avverso il Ministero 
della difesa. 
*** 
2) INAMMISSIBILIT� DELLA PRETESA OGGETTO DEL PROCEDIMENTO D�INGIUNZIONE 
PER ASSENZA DEL DIRITTO DI CREDITO AZIONATO. 
In data 23.02.2000, in attuazione del provvedimento del 3 agosto 1999, con cui l�Autorit� 
giudiziaria disponeva la demolizione e la rimozione da specifici siti di deposito dei veicoli 
sottoposti a sequestro amministrativo, degradati a residuato ferroso e quindi ritenuti inquinanti 
dai competenti organi sanitari, la Prefettura di Napoli stipulava con la convenuta societ� CARS 
s.a.s. di Crispino Giuseppe, mediante atto pubblico, il contratto di vendita di veicoli destinati 
alla rottamazione avente ad oggetto la vendita dei 2158 veicoli precedentemente affidati in 
custodia alla medesima e destinati alla rottamazione: tra questi veicoli, rientrano anche quelli 
per i quali la convenuta societ� ha ottenuto i decreti ingiuntivi qui opposti (v. atto di vendita 
con n. di repertorio 18655 del 23.02.2000 ed allegato elenco dei veicoli alienati, che si allegano 
in copia, doc. 2 e 3). 
In base a tale contratto, la Cars s.a.s. si obbligava gratuitamente a provvedere alla demolizione 
dei beni mobili acquisiti e veniva pattuito un corrispettivo per la custodia svolta fino a tale 
vendita (cfr artt. 3, 4 e 8 del contratto, doc. 2). 
In data 5.3.2003, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8359/2003, confermata dalla Corte 
di appello di Napoli con sentenza 573/2010, dichiarava risolto tale contratto per inadempimento 
della Prefettura e condannava quest�ultima a pagare �a titolo di risarcimento del danno, 
la somma di euro 1.787.931,00 oltre interessi legai [�] pari alle maturate indennit� di custodia 
richieste e non pagate� alla (...) s.a.s. (v. sentenza 8359/2003 del Tribunale di Napoli 
e sentenza n. 573/2010 della Corte d�Appello di Napoli che si allegano in copia, rispettivamente 
doc. 4 e 5). 
Tale somma era dunque determinata �considerata l�entit� delle somme che essa (...) avrebbe 
ottenuto a titolo di indennit� di custodia se la Prefettura avesse adempiuto� e come tale si � 
sostituita � come oggetto del diritto di credito vantato dalla (...) S.a.s. verso la Prefettura � 
alla citata indennit� di custodia (v. le citate sentenze che si allegano in copia, rispettivamente 
doc. 4 e 5). 
In altre parole, se fino alla risoluzione del suindicato contratto, la (...) poteva vantare il diritto 
al corrispettivo della custodia sulla base del contratto medesimo, a seguito della risoluzione, 
tale diritto � venuto meno ed � stato sostituito dal diritto al risarcimento dei danni, riconosciuto 
e quantificato in forza della citata sentenza: solo quest�ultima, in definitiva, costituirebbe il 
titolo rappresentativo del diritto di credito vantato dalla (...) S.r.l, titolo che nel giudizio de
CONTENZIOSO NAZIONALE 139 
quo non risulta per� azionato (!). 
La citata sentenza di condanna gi� ottenuta dalla (...) S.r.l. precedentemente al deposito dei 
ricorsi per decreto ingiuntivo, assorbe dunque la pretesa creditoria della societ� odierna opposta 
e determina l�inammissibilit�, per violazione del ne bis in idem sostanziale, dei decreti 
ingiuntivi volti ad ottenere un nuovo titolo per le medesime ragioni di credito. 
In definitiva, se gli opposti decreti ingiuntivi fossero messi in esecuzione, si avrebbe l�aberrante 
conseguenza che la Prefettura dovrebbe, da un lato, in esecuzione della sentenza citata, 
pagare alla (...) S.a.s. la suindicata somma a titolo di risarcimento danni per mancata percezione 
delle indennit� dovute e, dall�altro, pagare alla (...) S.a.s. le medesime indennit� a diverso 
titolo (non pi� dovute, data la sostituzione con i danni) con illegittima duplicazione del debito 
e indebito arricchimento dell�ingiungente (!). 
Essendo evidente che controparte, pur perfettamente consapevole della inesistenza del titolo 
di credito azionato, ha agito in virt� del medesimo, si palesa un altrettanto evidente intento di 
ottenere una illegittima duplicazione delle somme oggetto del proprio credito. 
La mala fede o, comunque, la colpa grave che traspare dalla condotta tenuta dalla societ� 
odierna opposta costringe questa difesa a richiedere, in applicazione dell�art. 96 c.p.c., la condanna 
di controparte al risarcimento del danno (sul punto, si veda Cass. Civ., Sez. III, 5 maggio 
2003, n. 6796 secondo cui �All'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite 
temeraria non osta l'omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla 
parte vittoriosa, che non � costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli 
oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare 
l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, 
danni la cui esistenza pu� essere desunta dalla comune esperienza�. 
Ad ogni modo, si insta codesto Giudice affinch� voglia, in applicazione dell�art. 96, ultimo 
comma, c.p.c. condannare parte opposta al pagamento a favore dell�Amministrazione opponente 
di una somma equitativamente determinata. 
*** 
3) INAMMISSIBILIT� DEL PROCEDIMENTO D�INGIUNZIONE PER INESIGIBILIT� DEL DIRITTO 
DI CREDITO AZIONATO. 
Con decreto n. 3232/Cont. Rott. del 21.3.2006, la Prefettura di Napoli, ha disposto il fermo 
amministrativo �di ogni somma richiesta in pagamento dalla (...) s.a.s. [�] in relazione agli 
oneri di custodia riguardanti i veicoli di cui la societ� si � resa acquirente con il contratto n. 
18655 ed altri veicoli comunque da essa detenuti in custodia [�] a garanzia del credito vantato 
da questa Amministrazione a titolo di penali, per gli accertati inadempimenti contrattuali, 
di importo pari ad euro 66.211.891,93� (v. decreto n. 3232/Cont. Rott. del 21.3.2006, allegato 
in copia, doc. 6). 
Tale provvedimento amministrativo, confermato dal Tar per la Campania con sentenza n. 2622 
del 2006, confermata, a sua volta, dal Consiglio di Stato con decisione n. 5672/2008 (v. provvedimenti 
giurisdizionali allegati in copia, doc. 7 e 8), rende in ogni caso inesigibile il credito 
azionato dalla Cars s.a.s. con il decreto che qui si oppone. 
Anche da tali ulteriori deduzioni emerge in modo palese la temerariet� della lite gi� evidenziata, 
per cui si reiterano le medesime richieste espresse al punto 2). 
*** 
4) INAMMISSIBILIT� DEL PROCEDIMENTO D�INGIUNZIONE, PER ILLEGITTIMO FRAZIONAMENTO 
DEL CREDITO (Cass. Sez. un. n. 23726/2007, Cass. n. 28719/2008, Cass. 
1706/2010, G.d.P. di Trentola Ducenta, 3823/2008).
140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ComՏ noto, l�orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimit� (Cass. Sez. 
un. 23726/2007, Cass. 28719/2008 e Cass. 1706/2010 che si allega in copia, doc. 9) e di merito 
(v. sentenza del G.d.P. di Trentola Ducenta, 3823/2008, pronunciata in analogo giudizio tra la 
(...) s.a.s. e il Ministero della Difesa, che si allega, doc. 10), ritiene precluso al creditore di 
una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, il frazionamento 
del credito in plurime richieste giudiziali di adempimento � come, nella specie, 
pi� decreti ingiuntivi � contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione si pone in 
contrasto con il principio di correttezza e buona fede processuale nonch� con il principio costituzionale 
del giusto processo, con conseguente abuso del processo. 
Da ci� deriva, secondo la citata giurisprudenza, l�inammissibilit� di tutti i ricorsi per decreto 
ingiuntivo (�tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto la frazione di un unico credito sono 
da dichiarasi improponibili�) notificati all�Amministrazione opponente: nel caso oggetto del 
giudizio de quo, infatti, l�opposta (...) s.a.s. ha notificato all�opponente Amministrazione i 
suindicati decreti ingiuntivi, tutti basati sullo stesso �presupposto giuridico e fattuale� e cio� 
l�asserito diritto al corrispettivo per la custodia di veicoli sequestrati dal Ministero della Difesa 
e ad essa affidati, veicoli, lo si ripete, tutti oggetto del suindicato contratto di compravendita 
in seguito risolto giudizialmente. 
Sia consentito evidenziare, infine, che il suddetto frazionamento pare comunque contrario all�art. 
49 del Codice Deontologico Forense secondo cui �L�avvocato non deve aggravare con 
onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ci� 
non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita�. 
Anche da tali ulteriori deduzioni emerge in modo palese la temerariet� della lite gi� evidenziata, 
per cui si reiterano le medesime richieste espresse al punto 2). 
*** 
5) PRESCRIZIONE DEL CREDITO AZIONATO. 
Si evidenzia che il credito riguarda prestazioni risalenti a dieci anni prima della notifica del 
ricorso. La relativa pretesa � quindi prescritta ai sensi dell�art. 2946 c.c. 
*** 
DOMANDA RICONVENZIONALE 
Da ultimo, l�Amministrazione, come sopra rappresentata e difesa, alla luce delle ragioni di 
fatto e di diritto esposte sub 2) del presente atto, intende proporre in questa sede contestuale 
domanda riconvenzionale, chiedendo che l�adito giudice accerti l�inesistenza di qualsivoglia 
debito del Ministero della difesa nei confronti della (...) S.a.s. non solo in relazione all�attivit� 
di deposito dei veicoli oggetto dei decreti ingiuntivi che si oppongono ma anche in relazione 
a tutti gli altri veicoli custoditi dalla (...) S.a.s. e ricompresi nel pi� volte citato contratto di 
compravendita n. di repertorio 18655 del 23.02.2000 (v. contratto n. di repertorio 18655 del 
23.02.2000 ed allegato elenco dei veicoli alienati, in doc. 2 e 3), poi risolto con la pi� volte 
citata sentenza n. 8359/2003 del Tribunale di Napoli, confermata dalla Corte di appello di 
Napoli con sentenza n. 573/2010; sentenza che, alla luce di quanto sinora esposto, rappresenta 
l�unico titolo azionabile dalla societ� medesima (nei riguardi per� del Ministero dell�Interno, 
quale organo di vertice della Prefettura di Napoli e non pi� nei riguardi del Ministero della 
Difesa, il quale in definitiva nulla pi� deve in relazione all�attivit� di custodia svolta dalla (...) 
S.a.s.). 
Alla luce, della spiegata domanda riconvenzionale avente valore indeterminato e che pertanto 
eccede la competenza per valore del Giudice adito, l�opponente Amministrazione chiede che, 
in applicazione dell�artt. 7, 10, 36 e 40, co. 6 e 7, c.p.c., l�adito Giudice di Pace rimetta l�intera
CONTENZIOSO NAZIONALE 141 
causa al Giudice superiore che, nella specie, in applicazione del principio del cd. Foro erariale 
sancito dall�art. 25 c.p.c. e art. 6 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, dovr� essere individuato 
nel Tribunale di Napoli. Sul punto, la giurisprudenza � pacifica: ex multis, si cita 
Cass n. 14858 del 23.11.2001: �Ne consegue, ancora, che qualora, come nella presente causa, 
l'attore chieda una decisione entro il limite di due milioni, ex art. 113, secondo comma, c.p.c., 
ed il convenuto, in via riconvenziale, proponga ulteriore, autonoma domanda eccedente tale 
limite, si determina, in ordine al valore, una somma tale da configurare sia, sicuramente, 
l'impossibilit� di un giudizio secondo equit�, sia, eventualmente (qualora l'intera controversia 
superi il valore massimo di trenta milioni) lo spostamento della competenza dal Giudice di 
Pace al Tribunale�. 
*** 
Tanto premesso, l�Amministrazione indicata in epigrafe, come sopra rappresentata, difesa e 
domiciliata, 
CITA 
La (...). s.a.s., in persona del legale rapp.te p.t., rappr.ta e difesa dagli avv.ti Stefano di Foggia 
e Anna Coppola ed el.te dom.ta in Caserta via Giotto n. 13, a comparire davanti al Giudice di 
Pace di Caserta, all�udienza che sar� tenuta il 15.12.2010 ore di rito, con l'invito a costituirsi 
nel termine e nelle forme stabilite dalla legge e con l�avviso che, in difetto, si proceder� in 
sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti 
CONCLUSIONI 
�Voglia l�adito Giudice, previa revoca e/o dichiarazione di nullit� dei decreti ingiuntivi opposti: 
1) In via preliminare, pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale, rimettendo l�intera causa 
ex art. 36 c.p.c. in relazione agli artt. 25 c.p.c. e 6 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, 
alla cognizione del Tribunale di Napoli; 
2) Dichiarare l�inammissibilit� e/o l�infondatezza della domanda proposta con l�esperita procedura 
ingiuntiva per assenza del titolo azionato e, comunque, per l�inesigibilit� delle somme 
oggetto dei decreti ingiuntivi; 
3) In subordine, dichiarare l�intervenuta prescrizione del diritto di credito fatto valere dal 
creditore ingiungente; 
4) Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, con ulteriore condanna della societ� (...) 
S.a.s. al pagamento di una somma a titolo risarcimento del danno ex art. 96, comma 1, c.p.c. 
o, comunque di una somma equitativamente determinata ai sensi dell�art. 96, ultimo comma, 
c.p.c.�. 
Si dichiara che il valore della presente controversia, alla luce della spiegata domanda riconvenzionale, 
assume valore indeterminato e che pertanto il contributo unificato, da prenotarsi 
a debito, � di euro 187,00 
Si allegano i seguenti documenti: 
(...) 
Napoli, 14 ottobre 2010 
IL PROCURATORE DELLO STATO IL PROCURATORE DELLO STATO 
ALESSANDRO FERRI MARIANO VALENTE
142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Sulle variazioni tariffarie dei pedaggi autostradali 
Legittimazione attiva per la tutela degli interessi 
adespoti e autonomia negoziale della PA. 
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza del 9 dicembre 2010 n. 8686) 
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato interviene, ancora una 
volta, sul delicato tema degli incrementi delle tariffe autostradali. 
Quest�ultima pronuncia risulta peraltro di particolare rilievo in quanto, 
in essa, il collegio affronta alcune tra le pi� critiche tematiche del diritto amministrativo. 
Esamina infatti, da un lato, la vexata quaestio della legittimazione 
attiva per la tutela degli interessi adespoti, giungendo a riconoscerne la sussistenza 
a seguito di un complesso percorso argomentativo che si snoda attraverso 
quattro direttrici teoriche, e che segna il superamento degli indirizzi 
precedentemente espressi sul punto (1). 
Dall�altro, affronta il delicato profilo, evidentemente connesso al precedente, 
della autonomia negoziale della pubblica amministrazione e della natura 
paritetica del rapporto � regolato da strumenti tipicamente privatistici � intercorrente 
tra la parte pubblica concedente e il privato concessionario. 
La vicenda processuale e la decisione del TAR 
La vicenda decisa dal Consiglio di Stato nella pronuncia in commento 
trae origine da due distinti ricorsi proposti dalla Provincia di Teramo avverso 
gli incrementi tariffari applicati da Strada dei Parchi s.p.a. previa autorizzazione 
dell�ANAS. 
Con il primo ricorso (2) la Provincia contestava gli aumenti tariffari disposti 
per l�anno 2006; con il secondo la stessa ricorrente censurava le variazioni 
del pedaggio relative all�anno 2008. 
Il Tar Lazio (3), dopo aver disposto la riunione dei due ricorsi, procede 
(1) Cfr. CdS, Sez. IV, n. 399/07. 
(2) Parallelamente a tale ricorso, venivano presentati altri tre ricorsi (rispettivamente dalla Regione 
Lazio, dalla Regione Abruzzo e dalla Comunit� Montana del Gran Sasso Zona O) aventi ad oggetto i 
medesimi aumenti tariffari disposti a decorrere dal 1� gennaio 2006 sulle reti A24 e A25. 
Di tali ricorsi, quello promosso dalla Regione Lazio veniva accolto dal TAR Lazio con la sentenza n. 
9917/07. Quest�ultima tuttavia veniva riformata in grado d�appello, con la sentenza n. 399/07, per difetto 
di legittimazione attiva dell�ente proponente. 
Gli altri ricorsi venivano invece inizialmente proposti avanti al TAR Abruzzo, per poi essere successivamente 
rimessi al TAR Lazio, individuato come giudice territorialmente competente. 
Da ciascuno dei tre giudizi scaturivano altrettante sentenze con le quali il Tribunale accoglieva i relativi 
ricorsi aventi ad oggetto i medesimi aumenti tariffari gi� esaminati dal Consiglio di Stato nella predetta 
pronuncia n. 399/07. 
Tali sentenze venivano poi tutte riformate in appello (Cfr. CdS, Sez. IV, Sent. n. 8683/2010 Comunit� 
montana del Gran Sasso - zona O; Sent. n. 8685/2010 Regione Abruzzo; Sent. n. 8686/2010 Provincia 
di Teramo).
CONTENZIOSO NAZIONALE 143 
in via preliminare all�esame delle questioni sollevate dalle parti resistenti in 
merito al difetto di legittimazione attiva della ricorrente. 
In aperto contrasto con una precedente sentenza del Consiglio di Stato 
avente ad oggetto i medesimi aumenti tariffari (4), il collegio afferma la sussistenza 
della legittimazione attiva in capo all�ente territoriale. 
Il giudice di prime cure, ritenendo di non aderire a quel precedente orientamento, 
sottolinea come la legittimazione attribuita ex lege alle associazioni 
rappresentative di utenti e consumatori non sia un�ipotesi eccezionale introdotta 
ex novo dal Codice del Consumo (5), bens� il risultato della graduale 
evoluzione giurisprudenziale (6) in tema di tutela degli interessi diffusi. 
Il TAR Lazio, sulla base di tali principi, ritiene di poter affermare la sussistenza 
della legittimazione degli enti territoriali, i quali, a seguito della riforma 
del Titolo V, si pongono come enti non solo esponenziali ma altres� 
rappresentativi (7) degli interessi della Comunit�. 
Inoltre con specifico riferimento all�ente pubblico ricorrente, il giudice 
di prime cure, a conferma di quanto gi� sostenuto, richiama la normativa del 
(3) Sez. III, sent. 5108/2010. 
(4) Cfr. CdS, Sez. IV, Sent. 399/07, del 31 gennaio 2007. In quella occasione il Collegio aveva 
affermato il difetto di legittimazione attiva in capo alla Regione � ritenuta viceversa sussistente dalla 
sentenza di primo grado poi annullata in appello � sulla base dei seguenti argomenti: da un lato il rilievo 
secondo cui dall�attribuzione di competenze legislative e amministrative generali (ex art. 118 Cost.) in 
materia di trasporti e reti di comunicazione non deriverebbe, per ci� solo, la legittimazione ad agire; 
dall�altro la circostanza per la quale, essendo il ricorso teso ad accertare l�inadempimento della convenzione, 
si perverrebbe in tal modo al riconoscimento di una non prevista legittimazione di un terzo rispetto 
a tali obblighi convenzionali; infine l�affermazione secondo la quale mentre la legittimazione ad agire 
per utenti e consumatori a tutela di interessi collettivi e diffusi � prevista dalla legge, per l�ente pubblico 
territoriale, tale posizione, non pu� derivare direttamente dal ruolo di portatore di interessi generali della 
collettivit�. 
(5) Art. 139, D.lgs 206/2005. 
(6) Gli albori di tale processo vengono individuati nei primi tentativi giurisprudenziali � risalenti 
agli anni settanta ed ottanta � volti al riconoscimento della legittimazione attiva degli enti esponenziali 
per la tutela di interessi collettivi e diffusi, e che, solo negli anni successivi, avrebbero poi trovato riscontro 
sul piano del diritto positivo (Legge 349/1986 per le associazioni ambientaliste; d.lgs n. 206/2005 
codice del consumo per le associazioni dei consumatori e degli utenti). 
Profilo critico di tale processo evolutivo, una volta agevolmente superato il problema relativo agli enti 
esponenziali muniti di personalit� giuridica e a cui l�ordinamento attribuiva formalmente la cura di tali 
interessi, era rappresentato dalla legittimazione degli enti a base associativa costituiti dall�autonomia 
privata, come le associazioni di tutela ambientale. 
Alla luce della rilevanza costituzionale di tali interessi, la giurisprudenza cominci� ad affermare che il 
riconoscimento della legittimazione attiva ad associazioni locali per la tutela dell�ambiente andasse vagliato 
caso per caso, alla stregua dei criteri progressivamente elaborati per verificare, nel caso concreto, 
la sussistenza del discusso presupposto processuale. 
(7) Il TAR Lazio afferma sul punto che �con la riforma del titolo V della Costituzione � stata 
esplicitata la funzione degli enti territoriali di cura concreta degli interessi della collettivit� di riferimento; 
ci� sia in relazione alla autonomia di cui all�art. 114 della Costituzione (I Comuni, le Province, 
le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione), 
sia in relazione alla espressa previsione del principio di sussidiariet� (art. 118 della Costituzione) 
che affida all�ente locale pi� vicino ai cittadini la cura concreta di interessi�.
144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
TUEL che individua le specifiche funzioni della Provincia (8), dalle quali deriverebbero 
importanti conferme sul piano della legitimatio ad causam degli 
enti territoriali. 
Nel merito il giudice di prime cure ritiene fondate le doglianze di parte 
ricorrente, stante la ravvisata illegittimit�, per difetto di istruttoria e motivazione, 
degli atti con cui ANAS ha autorizzato gli aumenti relativi all�anno 
2006.
Del pari affetta da vizio di istruttoria e motivazione viene ritenuta l�autorizzazione 
alla variazione del pedaggio autostradale disposta, nell�agosto 2008, 
a seguito del raddoppio della carreggiata nel tratto Basciano Teramo. 
Le difese in grado d�appello 
La motivazione brevemente illustrata si presentava censurabile principalmente 
sotto due dirimenti e connessi profili: da un lato, quello preliminare e 
attinente alla legittimazione attiva in capo agli enti territoriali ricorrenti; dall�altro, 
quello di merito e relativo alla natura della posizione giuridica soggettiva 
dei due contraenti ANAS e Strada dei Parchi. 
Ed � su tali nodi problematici che si sono prevalentemente attestate le posizioni 
delle parti appellanti. 
Sotto il profilo della carenza di legittimazione, tali difese sottolineano infatti 
la non ravvisabilit�, nel caso di specie, di un collegamento necessitato tra 
la residenza dei cittadini nell�ambito regionale su cui la tratta autostradale insiste 
e il pagamento del relativo pedaggio su cui gli incrementi vanno ad impattare 
(9). 
Per quanto attiene invece al merito, la parte pi� corposa delle argomentazioni 
delle parti appellanti si staglia sul piano della natura giuridica delle posizioni 
soggettive delle due parti contraenti. 
Le tesi sostenute muovono dal rilievo secondo cui gli aumenti relativi 
(8) Si tratta in particolare degli artt. 19 e 20 del D.lgs. 267/2000 (TUEL). Tali disposizioni fanno 
riferimento alla funzione di �viabilit� e trasporto� nonch� alla funzione, da svolgersi in collaborazione 
con i comuni, di promozione e coordinamento delle attivit�, e di realizzazione di opere di rilevante interesse 
provinciale nel settore economico, produttivo, commerciale, turistico, sociale, culturale e sportivo. 
(9) A ci� la difesa erariale aggiunge il rilievo secondo cui la giurisdizione amministrativa resta 
pur sempre una giurisdizione soggettiva a tutela di specifiche situazioni di interesse differenziato e qualificato. 
Viceversa l�ente territoriale risulta affidatario di interessi generali �tout court pubblici�, cio� 
non qualificati e, come tali, inidonei a configurare l�interesse a ricorrere in un giudizio amministrativo. 
In quest�ottica � prosegue l�Avvocatura � il ragionamento del TAR, se portato alle estreme conseguenze, 
comporterebbe la legittimazione dello Stato � ente esponenziale della collettivit� nazionale � ad impugnare 
tutti gli atti che incidono sul proprio territorio, trasformando la giurisdizione amministrativa in 
un giudizio di natura prevalentemente oggettiva. 
Infine, ponendosi nel solco tracciato dal Consiglio di Stato, le parti appellanti, premessa la natura contrattuale 
degli aumenti oggetto di causa, sostengono il difetto di legittimazione attiva degli enti territoriali, 
in quanto soggetti terzi rispetto a contestazioni ricadenti su atti di natura negoziale.
CONTENZIOSO NAZIONALE 145 
all�anno 2006 traggano fondamento dalla convenzione stipulata tra concedente 
e concessionaria, le cui particolarit� riflettono imperative esigenze di carattere 
economico-finanziarie onde poter far fronte alla delicata situazione contabile 
ereditata della precedente gestione (10). 
Da tali rilievi si fa derivare la natura di mero adempimento rivestita dagli 
aumenti autorizzati per l�anno 2006, i quali sarebbero quindi stati autorizzati 
dall�ANAS in esecuzione di un�obbligazione dalla stessa assunta in sede di 
stipula della convenzione. 
In riferimento invece agli aumenti disposti nell�agosto 2008 le parti appellanti 
osservano come trattasi di fattispecie materialmente diversa dalla precedente 
e non ricadente nell�ambito di operativit� del principio del price cap, 
integrando un�ipotesi di semplice incremento del pedaggio e non gi� di tariffa 
autostradale, la quale viceversa risulta inalterata. 
La pronuncia del Consiglio di Stato n. 8686/2010. Brevi riflessioni: la legittimazione 
degli enti territoriali e la natura convenzionale degli aumenti disposti 
Con la pronuncia n. 8686/2010, il Consiglio di Stato, in via preliminare, 
ritiene sussistente la legittimazione attiva degli enti territoriali ricorrenti attraverso 
un complesso iter argomentativo che tiene conto delle innovazioni 
normative medio tempore sopraggiunte (11) e che si snoda attraverso quattro 
diverse direttrici teoriche (12). 
(10) Nel 1963, infatti, la societ� S.A.R.A. (Societ� Autostrade Romane e Abruzzesi) veniva incaricata 
della costruzione e dell�esercizio dell�autostrada Roma � L�Aquila. 
Venutasi poi a trovare in una situazione di grave esposizione debitoria veniva dichiarata decaduta dalla 
concessione (D.L 19/77 convertito nella L. 106/77) con successione dell�Anas in tutti i rapporti atti e 
passivi in corso, ad esclusione di quelli concernenti il personale dipendente e quelli derivanti da responsabilit� 
civile per violazione di norme penali. 
Tale �gestione per conto Anas�, pur protrattasi per lungo tempo (e precisamente dal 1977, anno in cui 
la concessionaria fu dichiarata decaduta, fino al 2000 anno di pubblicazione del nuovo bando di concessione) 
mantenne tuttavia carattere di gestione provvisoria, per ci� caratterizzata da una politica principalmente 
volta al risanamento del dissesto finanziario, pi� che a nuovi investimenti. 
(11) Si richiama in particolare il decreto legislativo 20 dicembre 2009 n. 198 � Attuazione dell�art. 
4 della legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ricorso per l�efficienza delle amministrazioni e dei concessionari 
di servizi pubblici. 
(12) Il primo di questi �snodi concettuali� consiste nel ritenere che �i diritti dei cittadini in tema 
di interessi diffusi possano trovare modi di esercizio paralleli ed ulteriori rispetto al meccanismo tradizionale 
dell�attribuzione della loro cura ad uno soggetto pubblico predeterminato sia esso gi� esistente 
o costituito ad hoc�. 
Dalla ricognizione effettuata dal giudice di prime cure deriva infatti, da un lato, la costante ricerca di un 
criterio di collegamento tra gli interessi adespoti, che appartengono ontologicamente a tutti i componenti 
di una collettivit�, e le regole di un determinato sistema processualistico, le quali richiedono che l�interesse 
sotteso all'azione sia strutturato secondo i tratti della qualificazione e differenziazione. Vengono 
in particolare richiamati quegli indici esteriori di elaborazione giurisprudenziale (personalit� del soggetto 
agente, conformit� dell�azione proposta ai suoi fini statutari, collegamento stabile con l�interesse protetto, 
etc.) che hanno consentito il riconoscimento della legittimazione attiva in capo a determinati soggetti,
146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Tale complessa ricostruzione (su cui Vedi nota n. 12) appare per� prestare 
il fianco a vari rilievi critici. 
In particolare l�analisi sembra dover prendere le mosse dal secondo dei 
quattro snodi concettuali attraverso cui si sviluppa il percorso argomentativo 
del Consiglio, e cio� quello attinente �alla possibilit� di riconoscere, sic et 
simpliciter ed in assenza di un'espressa disposizione normativa, la legittimazione 
ad agire a qualsiasi ente esponenziale di interessi omogenei o, nel caso 
in esame, agli enti territoriali in virt� del loro collegamento con la collettivit� 
ivi stanziata e facendo perno sull'unico cardine della rappresentativit��. 
Muovendo da tale ipotesi di lavoro occorre allora stabilire se l�ente in 
questione esprima un adeguato grado di rappresentativit� degli interessi coinvolti 
e se possa, per ci� stesso, farsene portatore e qualificarsi come ente esponenziale 
di un interesse collettivo o diffuso. 
Sul punto si era negativamente espresso il Consiglio di Stato nella citata 
pronuncia del 2007. 
Secondo quel precedente indirizzo, infatti, mentre per i singoli utenti e 
per le associazioni di consumatori la legittimazione ad agire � espressamente 
prevista dalla legge, nel caso dell�ente pubblico territoriale � in assenza di un 
tale espresso riconoscimento � tale legittimazione non pu� derivare direttarispondendo 
a quelle istanze di tutela ancora prive di soddisfazione sul piano del diritto positivo. 
Dall�altro il Consiglio evidenzia come, in tal modo, la giurisprudenza amministrativa abbia ritenuto che 
tali interessi non fossero di esclusiva pertinenza dell�azione pubblica, lasciando viceversa ai singoli la 
possibilit� di attivare ulteriori istanze di tutela. 
Il secondo snodo concettuale attiene alla possibilit� di riconoscere, in assenza di un�espressa disposizione 
normativa, la legittimazione ad agire a qualsiasi ente esponenziale di interessi omogenei � o come nel 
caso di specie agli enti territoriali � sulla base del criterio della rappresentativit�. Gli enti territoriali � 
secondo il Collegio � si presentano, in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, come soggetti 
cui � stata assegnata la cura concreta degli interessi della collettivit� di riferimento. Sul punto il Collegio 
richiama, da un lato, il novellato art. 114 Cost. ai sensi del quale i Comuni, le Province, le Regioni sono 
enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione, dall�altro, 
l�art. 118 Cost. contenente la previsione del principio di sussidiariet�, che vede affidato all�ente locale 
pi� vicino ai cittadini la cura concreta degli interessi. 
Ci� consentirebbe, con la ricorrenza di altri presupposti, di riconoscere la loro legittimazione attiva 
anche in assenza di un riconoscimento normativo esplicito. 
Il problema allora � quello di individuare il collegamento tra l�ente e l�interesse che si intende tutelare, 
ricercando nei �criteri usuali e [in] quelli che discendono dall�analisi del tessuto ordinamentale�. 
Il terzo snodo concettuale � allora rappresentato dalla valorizzazione del D.lgs. 198/2009 �Attuazione 
dell�art. 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ricorso per l�efficienza delle amministrazioni 
e dei concessionari di servizi pubblici�. 
Tale normativa, sopravvenuta rispetto alla decisione n. 399/07 e non ancora del tutto applicabile in assenza 
dei decreti di attuazione, � tuttavia, secondo il collegio, in grado di fornire precisi criteri per l�imputazione 
della legittimazione, tali da determinare e giustificare il superamento di quel precedente 
orientamento ad opera della pronuncia in commento. 
Infine, il quarto ed ultimo snodo teorico consiste nell�esame, da parte del collegio, delle argomentazioni 
proposte dagli appellanti in ordine alla natura convenzionale degli aumenti tariffari, cui sarebbe sotteso 
un rapporto tra concedente e concessionaria � paritetico e di natura privatistica � tale da escludere la legittimazione 
di terzi estranei a detto rapporto in ordine alla corretta esecuzione del contratto.
CONTENZIOSO NAZIONALE 147 
mente dal ruolo di portatore di interessi generali della collettivit� territoriale. 
Del resto, in assenza � anche � di una disposizione che espressamente attribuisca 
la cura di una determinata funzione ad un ente territoriale � volendo 
ritenere in essa compresa anche l�attribuzione della legittimazione per la tutela 
della funzione assegnata � questo rimane infatti portatore di un generico interesso 
pubblico, che non pu� dirsi n� �concreto� n� �speculare�. 
Partendo da tali premesse, al fine di riconoscere la legittimazione dell�ente 
territoriale, occorre allora ricercare elementi ulteriori in grado di fondare il 
necessario collegamento tra ente ed interesse azionato, non risultando a ci� 
sufficiente il generico richiamo ai poteri generali di cui gli enti territoriali risultano 
attributari. 
In apparente continuit� rispetto a tali considerazioni, nella sentenza n. 
8686/2010 il collegio sostiene che, mentre laddove vi � una specifica disposizione 
di legge che attribuisce all�ente una determinata funzione, vi sarebbe 
anche il riconoscimento esplicito della legittimazione ad agire per la relativa 
tutela, qualora viceversa, una siffatta previsione manchi, non vi sarebbe tuttavia 
ragione per trattare questi enti generali in maniera difforme e deteriore rispetto 
a qualsiasi associazione privata. 
Ma se cos� � allora, dovendo il riconoscimento della legittimazione risultare 
ancorato al criterio della rappresentativit� dell�ente, l�indagine dovrebbe 
essere condotta, come peraltro riconosciuto nella stessa pronuncia in commento 
(13), alla stregua di quei parametri che hanno guidato la giurisprudenza 
nella predetta evoluzione. 
Come noto, in base a tali criteri l�attenzione dovrebbe focalizzarsi, in 
primo luogo, sul fine istituzionale perseguito dal soggetto, dovendo esso consistere 
� per espressa previsione statutaria � nella protezione di quel determinato 
bene o interesse. 
In secondo luogo dovrebbe analizzarsi il grado di rappresentativit� e la 
stabilit� della struttura organizzativa dell�ente, la quale dovrebbe essere tale 
da consentire lo svolgimento della specifica attivit� istituzionale in modo continuativo 
ed efficace rispetto alle istanze collettive di tutela. 
Da ultimo rileverebbe il criterio della cd. vicinitas, in grado di valorizzare 
il necessario stabile collegamento tra l�area di afferenza dell�attivit� dell�ente 
ed il territorio in cui � situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. 
In disparte ogni considerazione circa la possibilit� di sopperire all�assenza 
(13) �Come si � sopra notato, la giurisprudenza amministrativa, nel tentativo di strutturare l'interesse 
adespota, ha cercato di individuare una serie di elementi tali da dare dimostrazione del collegamento 
tra interesse azionato e soggetto agente, enucleando una serie di principi ancora 
fondamentalmente validi ed applicabili. Ritiene la Sezione che un tale criterio, che richiede una pluralit� 
ed una contestualit� di elementi, possa valere anche in relazione alla legittimazione degli enti territoriali 
in fattispecie in cui gli stessi non risultino attributari ex lege di specifiche competenze in materia�, Cfr. 
CdS, 399/07, par. 1.1.
148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
di una espressa previsione normativa (14) attraverso l�applicazione di tali criteri 
giurisprudenziali, questi appaiono comunque di dubbia applicabilit� agli 
enti territoriali in giudizio. 
Calando gli stessi nella fattispecie per cui � causa i primi dubbi sorgono, 
infatti, gi� con riferimento alla sussistenza, nel caso di specie, del primo dei 
tre requisiti individuati, e cio� quello relativo al fine istituzionale previsto dallo 
statuto. 
Onde vagliarne la ricorrenza, occorre allora preliminarmente individuare 
il bene o l�interesse che con l�azione si intende tutelare, per poi verificarne la 
coincidenza con il fine istituzionale che, alla stregua delle previsioni statutarie, 
il soggetto persegue. 
Cos� il giudice di prime cure, individuato nella �congruit� delle tariffe 
autostradali� il bene che si intende tutelare attraverso il proposto ricorso, ricollega 
la legittimazione dell�ente territoriale ad azionare tale interesse, alle 
attribuzioni in tema di viabilit� o di trasporti di cui l�ente stesso risulta affidatario. 
Tuttavia l�interesse alla congruit� delle tariffe appare difficilmente riconducibile 
alle competenze che, in tema di viabilit� o trasporti, risultano attribuite 
all�ente locale. 
Tali funzioni, previste dall�art. 19, comma 1, lett. d) del D.lgs 267/00 
(TUEL) e richiamate dai giudici di primo e secondo grado, si caratterizzano 
infatti, per espressa volont� del legislatore, per la loro �territorialit��, e cio� 
per la loro natura di �funzioni amministrative di interesse provinciale�. 
Ci� significa che la funzione attribuita non ha carattere generale, ma in 
tanto pu� essere esercitata in quanto presenti un ineliminabile collegamento 
con il territorio. 
Tale collegamento richiede, da un punto di vista oggettivo, che la funzione 
riguardi beni collocati nel territorio provinciale e, da un punto di vista soggettivo, 
che i destinatari della funzione amministrativa debbano necessariamente 
presentare un legame con il territorio � provincia. 
Tale collegamento non sembra tuttavia riscontrabile nel caso di specie, 
stante il rilievo secondo cui l�incidenza degli atti di determinazione delle tariffe 
autostradali evidentemente eccede i confini provinciali. Da un lato infatti la 
tratta in questione insiste su un�area che non coincide con il territorio della 
provincia (n� con quello della regione) travalicandone i confini; dall�altro l�interesse 
azionato non corrisponde a quello di tutti i residenti, n� solo a quello 
(14) Si allude in particolare al rilievo secondo il quale attraverso il Codice del Consumo il legislatore 
ha provveduto a fissare in termini analitici i requisiti minimi di rappresentativit�, prevedendo 
specificamente le categorie soggettive cui riconoscere tale legittimazione, mediante una formulazione 
che non ricomprende gli enti territoriali nel novero dei soggetti legittimati. Dovrebbe, in altri termini, 
anche vagliarsi se una tale previsione normativa lasci i necessari margini di manovra per la ricostruzione 
operata nella pronuncia in commento. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 149 
dei residenti nel territorio provinciale. Del resto le reti infrastrutturali della 
A24 e della A25 sono destinate, per la loro localizzazione, ad una mobilit� 
significativamente pi� ampia del mero traffico locale. 
Conseguentemente l�interesse alla congruit� delle tariffe presenta, del 
pari, portata che esorbita dalla dimensione provinciale. 
Le riserve test� formulate sembrano valere, escludendone la sussistenza, 
anche in riferimento al connesso presupposto della cd. vicinitas. 
N� tali requisiti potrebbero ritenersi soddisfatti dal generico richiamo 
ai �poteri generali di tutela degli interessi rilevanti per la collettivit� stanziata� 
di cui gli enti risultano affidatari nel quadro costituzionale scaturente 
dalla modifica del titolo V (15). 
Un tale richiamo, infatti, vale esclusivamente a radicare, in capo agli 
enti de quibus, la sola titolarit� di un interesse pubblico tout court che, in 
assenza di un collegamento con le specifiche funzioni da essi perseguite, 
non riesce ad assumere la consistenza di un interesse diffuso o collettivo, 
presentandosi quindi inidoneo ad integrare i caratteri della qualificazione e 
differenziazione necessari ai fini dell�azionabilit� di un siffatto interesse 
(16). Estremamente chiara sul punto appare, del resto, la precedente posizione 
assunta dai Giudici di Palazzo Spada, nella quale fermamente si 
esclude che la legittimazione ad agire da parte dell�ente pubblico territoriale 
(regione, provincia o comune) possa derivare direttamente dal ruolo di portatore 
di interessi generali della collettivit� territoriale. 
Inoltre a ci� osterebbe comunque quella sorta di limite interno, ricavabile 
dal quadro delineato dallo stesso TUEL, nel quale la Provincia non assurge 
ad ente a competenza generale o residuale in quanto le sue funzioni 
incontrano un limite non solo nella dimensione provinciale dell�interesse ma 
anche nella elencazione di materie contenuta nell�art. 19. 
Da ci� deriva che la tipologia degli interessi la cui cura pu� ritenersi 
affidata alla Provincia riflette � e sconta � gli stessi limiti territoriali cui soggiacciono 
le funzioni ad essa ascritte. 
Ma vՏ di pi�. Da quanto detto, infatti, sembra emergere la necessit� di 
spostare il baricentro dell�indagine sul diverso piano della compatibilit� con 
(15) Cfr. sul punto CdS, Sez. IV, n. 399/07 secondo la quale �il richiamo alla ripartizione di competenze 
generali, sia legislative che amministrative, non � sufficiente a radicare in capo alla Regione 
Lazio l�interesse ad agire a tutela dell�utenza; n� vale osservare che essa pu� agire nell�interesse della 
collettivit� regionale, in quanto la vicenda non necessariamente e non solo coinvolge i soli residenti 
nella Regione interessata (o i soli residenti in ambiti territoriali minori)�. 
(16) Cfr. sul punto CdS, Sez. IV, n. 399/07 secondo la quale �la legittimazione ad impugnare gli 
atti generali di determinazione delle tariffe va riconosciuta sul piano astratto delle tipologie soggettive, 
agli utenti, alle associazioni di consumatori e di categorie ad enti esponenziali di interessi diffusi e collettivi; 
va nella specie esclusa la legittimazione a ricorrere da parte di ente esponenziale di interesse 
non gi� collettivo o diffuso (pur sempre concreto e speculare) ma tout court pubblico, quale l�ente territoriale 
regione�.
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
l�assetto ordinamentale dell�affidamento di un siffatto interesse agli enti territoriali. 
In altri termini, stante la dimensione ultra-provinciale dell�interesse 
azionato (il quale per il vero non sembra presentare alcun collegamento necessitato 
con l�elemento �territorio�) il problema sembra essere non tanto � 
o non solo � l�assenza di una legge che espressamente attribuisca all�ente 
territoriale una determinata funzione con la relativa legittimazione ad agire 
per la sua tutela, quanto piuttosto la presenza, nel diritto positivo, di disposizioni 
che sembrano escludere una tale legittimazione cos� come ricostruita 
dal collegio. 
Appare dunque dubbia la riferibilit� dell�interesse azionato al soggetto 
agente, sia che si cerchi di ricondurre tale interesse alle funzioni assegnate 
alla Provincia, sia che si intenda radicare un siffatto collegamento nei generali 
poteri attribuiti agli enti territoriali. 
Il collegio allora, consapevole di tali difficolt� e a fronte della perentoriet� 
dell�indirizzo precedentemente espresso, dopo aver affermato la matrice 
costituzionale dei poteri generali di cui gli enti territoriali risultano affidatari 
ai sensi degli artt. 117 e 118 Cost., riconosce la necessit� di cercare aliunde 
il fondamento della legittimazione di tali enti, e segnatamente �nell�analisi 
del tessuto ordinamentale�. 
Tale preoccupazione evidentemente tradisce, confermandola, l�insufficienza 
del dato relativo al ruolo costituzionale degli enti in questione, che 
spinge il collegio alla predetta peregrinazione verso il D.lgs. 198/09. 
In disparte ogni considerazione circa la differente dimensione dell�interesse 
sotteso a tale normativa e le conseguenti riserve formulabili in ordine 
alla stessa conferenza di un siffatto richiamo, il citato decreto contiene criteri 
che, a ben vedere, ripropongono problemi analoghi a quelli gi� affrontati. 
In particolare l�art. 1 del D.lgs. 198/09 fonda la legittimazione ad agire 
sulla sussistenza di tre presupposti: a) l�esistenza di interessi giuridicamente 
rilevanti ed omogenei per una pluralit� di utenti e consumatori; b) la riferibilit� 
di tali interessi ad un soggetto titolare; c) l�esistenza di una lesione diretta, 
concreta ed attuale dei propri interessi. 
Ora, il requisito sub b) ripropone la necessit� di verificare l�esistenza 
di un collegamento tra soggetto agente ed interesse azionato, che a ben vedere 
rappresenta esattamente il punto di partenza dell�indagine. 
La questione dunque sembra in tal modo avvitarsi su se stessa, posto 
che una tale operazione dovrebbe ancora avvenire alla stregua dei criteri tradizionali 
gi� analizzati (fine perseguito � stabilit� � vicinitas) i quali, come 
detto, non sembrano tuttavia applicabili alla fattispecie in esame. 
Il collegio viceversa, assumendo per dimostrato proprio quello che invece 
si cercava di dimostrare, ha ritenuto sussistenti �ex se i primi due elementi 
della fattispecie, stante il ruolo costituzionale prima esaminato�. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 151 
Tale ruolo costituzionale, pertanto, da semplice punto di partenza da cui 
muovere alla ricerca di presupposti ulteriori, diventa, di fatto, il fondamento 
principe della legittimazione. 
Sicch�, nella sentenza in commento, se da un lato si afferma che anche 
laddove un�espressa legittimazione manchi, �non si vede ragione per trattare 
questi enti generali in maniera difforme e deteriore rispetto a qualsiasi altra 
associazione privata�, dall�altro si finisce, effettivamente, per trattare tali 
enti generali in maniera difforme � ma non deteriore � rispetto alle associazioni 
private (17). Mentre infatti l�ente esponenziale di interessi collettivi 
deve caratterizzarsi per una organizzazione funzionalmente orientata alla 
protezione degli specifici interessi perseguiti, una tale funzionalizzazione 
non sembra possa in alcun modo predicarsi con riferimento agli enti territoriali. 
Ci� significa che l�interesse azionato nel caso di specie non vede nell�ente 
territoriale il proprio riferimento istituzionale. 
Proseguendo nell�analisi intrapresa, sembra allora che il valore aggiunto 
apportato dal citato decreto sia dato esclusivamente dal terzo dei requisiti 
previsti, e cio� quello attinente all�esistenza di una lesione diretta, concreta 
ed attuale (salvo poi verificarne il peso effettivo in vista della risoluzione 
della fattispecie in esame). 
Tale requisito sub c) � secondo il collegio � pu� considerarsi integrato 
da un danno, �diffuso seppure di entit� contenuta, che possa ricadere sull�intera 
collettivit� e che, non giustificando l�intervento del singolo cittadino, 
autorizza tuttavia l�ente esponenziale a farsene carico, secondo la 
logica del contrasto al fenomeno delle cd. small claims �. 
Tuttavia, a ben vedere, tale requisito attiene al diverso profilo dell�interesse 
ad agire, quale generale condizione dell'azione di annullamento di- 
(17) Rispetto alle associazioni di categoria, si segnala peraltro la modifica dell�ampiezza della legittimazione 
attiva, intervenuta ad opera dell�art. 49, comma 1, l. 99/2009. Il testo previgente a tale modica 
riconosceva la legittimazione ad agire, da un lato, alle associazioni rappresentative degli interessi 
dei consumatori e degli utenti di cui all�art. 139 Codice del Consumo (cio� quelle inserite nell�elenco 
di cui all�art. 137) dall�altro, alle associazioni e ai comitati che fossero adeguatamente rappresentativi 
degli interessi coinvolti. 
Tale disposizione sembrava pertanto introdurre una sorta di �doppio binario�, al pari di quanto affermatosi, 
in tema di ambiente e per mano giurisprudenziale, in riferimento all�elenco nazionale individuato 
dal Ministero dell�Ambiente ai sensi dell�art. 13, l. 349/86. 
Il nuovo art. 140bis, attualmente rubricato �Azione di classe� si limita a disciplinare la �nuova azione�, 
senza nulla prescrivere in ordine alla relativa legittimazione, la quale pertanto rimane disciplinata dal 
solo � ed invariato � art. 139, il quale, prevede la legittimazione ad agire per le sole associazioni dei 
consumatori inserite nell�elenco di cui all�art. 137. 
Da ci� potrebbe quindi argomentarsi che mentre sotto il vigore del testo precedente fosse comunque 
possibile l�opera giurisprudenziale tesa a valutare, caso per caso, la rappresentativit� di un ente, un tale 
percorso debba viceversa considerarsi escluso a seguito dell�intervento del 2009, con cui il Legislatore 
ha inteso restringere i cordoni della legittimazione attiva.
152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nanzi al G.A., che, come noto, deve essere personale, attuale e concreto in 
quanto dettato da uno specifico pregiudizio arrecato ad un proprio bene della 
vita. Tale condizione, che appare come un posterius logico rispetto al differente 
profilo della legittimazione al ricorso, non pu� quindi essere confusa 
con questa, la quale coincide con la titolarit� della situazione soggettiva sulla 
quale si innesta l'interesse legittimo che si vuol far valere in giudizio (18). 
Del resto risulta pacifico che la necessaria presenza dell�interesse al ricorso, 
scaturente da una lesione immediata ed attuale, costituisce fondamentale 
principio del vigente sistema processuale nonch� ineludibile condizione 
dell�azione anche nell�ambito della giurisdizione amministrativa (19). 
Conseguentemente tale normativa sopravvenuta non sembra apportare 
elementi idonei a giustificare il superamento del precedente orientamento 
espresso dal Consiglio di Stato sulla legittimazione attiva degli enti territoriali.
Ravvisare dunque, in ultima analisi, il collegamento tra soggetto agente 
e interesse azionato nel solo ruolo costituzionale degli enti territoriali, appare 
una pericolosa forzatura interpretativa idonea ad allargare eccessivamente 
le maglie della legittimazione attiva. 
Del resto, come sottolineato dal Consiglio di Stato nella pronuncia n. 
399/07, la stessa Adunanza Plenaria n. 1/2007, in tema di tutela della utenza 
e dei consumatori, avrebbe operato nel senso di limitare e non ampliare la 
legittimazione ad agire, ritenendola �sussistente per le associazioni a tutela 
di interessi collettivi o diffusi, perch� consentita dal c.d. codice del consumo, 
ma non gi� quella di enti pubblici portatori di interessi pubblici� (20). 
Sembra pertanto doversi condividere quel precedente orientamento, 
maggiormente rispondente al vigente quadro normativo, con cui il Consiglio 
di Stato ha escluso la legittimazione dell�ente territoriale ricorrente (21). 
N� minori perplessit� sembra poi destare il quarto snodo concettuale in 
cui il collegio esamina le argomentazioni degli appellanti in ordine alla natura 
convenzionale degli aumenti tariffari, tale da escludere la legittimazione 
di terzi estranei a detto rapporto in ordine alla corretta esecuzione del con- 
(18) Cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2235. 
(19) Cfr. sul punto TAR Piemonte Torino, Sez. I, sent. 2848/2010 nella quale si legge che ҏ ignoto 
al nostro sistema processuale un generalizzato controllo della legalit�, affidato alle iniziative di soggetti 
che non abbiano sofferto un pregiudizio immediato ed attuale, chiarendo che [�] � preclusa ai soggetti 
collettivi, alla stessa stregua dei soggetti individuali, la tutela giudiziale della astratta legalit� dell�azione 
amministrativa, non essendo le associazioni, allo stato attuale, legittimate ad agire a difesa 
obiettiva dell�ordinamneto violato, ma solo a presidio di situazioni soggettive concretamente e direttamente 
incise dalle violazioni del diritto (Consiglio di Stato, Sez. VI, 1 febbraio 2007, n. 416, p. 3.4 motivo)�.
(20) Cfr. CdS, Sez, IV, Sent. 8686/2010, par. 4. 
(21) In quel caso si trattava di una Regione, ma, come espressamente affermato dal Consiglio, le 
argomentazioni illustrate risultano applicabili anche a comuni e province.
CONTENZIOSO NAZIONALE 153 
tratto.
L�esistenza di un rapporto paritetico, convenzionale o contrattuale, infatti 
non escluderebbe � secondo il Consiglio � la possibilit� di un controllo 
sulle modalit� con cui tale rapporto � gestito. 
Una tale conclusione sarebbe imposta dallo stesso sistema del diritto 
amministrativo, pena viceversa la sterilizzazione di �qualsiasi possibilit� di 
valutazione del comportamento della pubblica amministrazione che, con il 
facile impiego di strumenti privatistici, potrebbe agevolmente sottrarsi addirittura 
ai suoi compiti istituzionali �. 
Il Consiglio indaga quindi la peculiare natura della autonomia privata 
dei soggetti pubblici, sottolineando come, mentre per i privati questa si sostanzi 
nella capacit� di autodeterminarsi relativamente ai fini da perseguire, 
per la PA i fini sono comunque eterodeterminati dalla legge, con tutte le riserve 
che questo comporta in ordine alla stessa configurabilit� dell�autonomia 
privata nelle scelte amministrative. 
Pertanto, conclude il collegio, �quando si verte in un rapporto paritetico, 
l�azione del contraente pubblico, sebbene limitata dal regolamento contrattuale, 
non si sottrae, nella sua concreta esplicazione, agli usuali 
meccanismi di controllo tipici del diritto amministrativo, atteso che si agisce 
in attivit� di concreta gestione degli interessi pubblici affidati all�ente, la 
cui cura � svolta tramite strumenti non di diritto amministrativo�. 
In altri termini, nonostante si verta in un rapporto di natura paritetica, 
nella fase di esecuzione di tale contratto, troverebbero comunque spazio gli 
usuali meccanismi di controllo tipici del diritto amministrativo, con conseguente 
possibilit�, in capo a soggetti terzi rispetto a tale rapporto, di censurare 
le concrete modalit� di esecuzione di un contratto. 
Dopo aver affermato la neutralit� della natura dello strumento contrattuale 
rispetto alla possibilit� di un suo impiego per fini pubblicistici, il collegio 
afferma la sussistenza, anche sotto questo profilo, della legittimazione 
degli enti locali. 
Ora, pur essendo pacifico che l�autonomia della PA presenta caratteri 
del tutto peculiari rispetto a quella dei soggetti privati, con particolare riferimento 
alla funzionalizzazione e al vincolo di scopo che comunque deve 
caratterizzarne l�attivit�, non sembra tuttavia da ci� possibile far discendere 
quanto dal collegio sostenuto. 
Con la fase esecutiva del contratto si entra infatti nella dimensione strettamente 
privatistica, tanto da segnare, in tema di appalti, anche il confine 
tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria. 
Che poi, nel caso di specie, permangano rilevanti momenti pubblicisitici, 
che si sostanziano, esaurendosi in esso, nel potere di vigilanza attribuito 
all�ANAS, non significa che un tale momento pubblicistico possa ragionevolmente 
estendersi fino a riconoscere, in capo a soggetti terzi, il potere di
154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sindacare le concrete modalit� di esecuzione del contratto (22). 
Non convince quindi il corredo motivazionale della pronuncia in commento 
nella parte in cui, da un lato afferma la natura paritetica del rapporto 
contrattuale intercorrente tra concedente e concessionario e, dall�altro, ammette 
la sindacabilit� della corretta esecuzione di tale rapporto da parte di 
soggetti ad esso estranei, travolgendo i pi� elementari fondamenti civilistici. 
Delle due l�una: o si riconosce la natura contrattuale del rapporto limitando 
alle sole parti la possibilit� di censurarne l�esecuzione, oppure dovrebbe 
affermarsi, in modo del tutto anacronistico, la natura di 
provvedimento amministrativo della determinazione delle tariffe. 
E tale ultima alternativa non sembra condivisibile. 
Tralasciando tutti i rilievi in ordine alle definizioni legislative della concessione 
di servizi come �contratto�, preme osservare come la nuova struttura 
di regolamentazione delle tariffe, oggetto delle delibere CIPE del 1996, 
rappresenti il significativo passaggio da tariffe stabilite per via amministrativa 
(e per mano ministeriale) ad una situazione in cui la determinazione dei 
prezzi viene rimessa, nel rispetto di limiti e criteri stabiliti, alle societ� concessionarie. 
Dovrebbe quindi concludersi, come peraltro sostenuto dagli appellanti, 
che la natura convenzionale della fonte � tale da limitare la legittimazione 
attiva alle sole parti contraenti (23). Conseguentemente, nel caso di specie, 
l�unico soggetto titolato a pretendere una riduzione della tariffa sarebbe stata 
la sola concedente ANAS, essendo la sola a possedere la qualit� di parte e 
la relativa legittimazione che ne consegue. 
Dovrebbe invece escludersi la legittimazione attiva degli enti territoriali, 
i quali viceversa, alla stregua di quanto detto, dovrebbero essere configurati 
come soggetti terzi rispetto al rapporto negoziale e, come tali, privi della capacit� 
di incidere sulle relative clausole contrattuali. 
Per altro verso, non sembra esimersi da censure neanche la parte motiva 
relativa al merito. 
Sul punto pu� osservarsi quanto segue. 
Pienamente condivisibile appare l�affermazione secondo cui il fondamento 
degli aumenti tariffari debba essere ravvisato nella stessa convenzione 
stipulata tra le parti e nelle peculiarit� che hanno caratterizzato il momento 
(22) Secondo il Consiglio di Stato �pare difficile sostenere che sussistano la legittimazione dell�interesse 
ad agire da parte di ente pubblico territoriale (terzo) nella ipotesi in cui la natura delle censure 
riguardi pretesi inadempimenti, che tuttavia non risultano esistenti secondo le parti della 
concessione e, anzi, l�aumento tariffario sia autorizzato e/o consentito dall�ente pubblico concedente. 
Si pone cio� (anche) il problema della legittimazione e interesse ad agire del terzo per fare valere l�inadempimento 
in un rapporto nel quale tra le parti � e secondo le parti � vi � soddisfazione� (Cfr. CdS, 
Sez. IV, sent. n. 399/07). 
(23) Nello stesso senso si esprime la citata pronuncia n. 399/07 del Consiglio di Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 155 
genetico del rapporto tra di esse intercorrente (24). 
Al fine di sanare la precedente situazione contabile, infatti, l�Anas indiceva 
una licitazione privata per l�affidamento della concessione (25), ponendo 
tra i criteri di aggiudicazione, non solo la tariffa di pedaggio proposta, ma 
anche il corrispettivo da offrirsi al concedente. Veniva predisposto anche uno 
schema di piano finanziario in cui si prevedeva che i soggetti concorrenti potessero 
stabilire una variazione tariffaria tale da garantire un aumento cumulato 
della tariffe non inferiore al 50%, lasciando ai singoli concorrenti la facolt� di 
fissare, nelle condizioni di offerta, l�effettiva entit� di tale incremento e le relative 
modalit� di applicazione (e cio� se disporlo in un�unica o pi� soluzioni). 
In tale prospettiva tanto l�entit� dell�aumento tariffario quanto le concrete 
modalit� di applicazione dello stesso, costituivano parte dell�offerta e, come 
tali, oggetto di valutazione, sia da parte della concessionaria, in ordine alla 
convenienza dell�assunzione della gestione oggetto di gara, sia della concedente, 
in relazione alla preferenza accordata alla aggiudicataria rispetto agli 
altri concorrenti. 
Successivamente la convenzione, recependo quanto stabilito sul punto 
dal bando e dalla conseguente lettera di offerta di Strada dei Parchi, stabiliva 
che l�applicazione di tale aumento fosse spalmato sul successivo quinquennio, 
incorporandolo, in ossequio alle delibere del CIPE, nella formula del price 
cap mediante la fissazione, nella convenzione, dei valori predeterminati da assegnare 
alla variabile X. 
Ci� del resto rappresentava solo una delle possibili modalit� operative di 
applicazione dell�incremento pattuito (incremento che, come detto, avrebbe 
potuto anche essere disposto in un�unica soluzione e gi� a partire dal primo 
anno di concessione). 
Gli artt. 7 e ss. della Convenzione, stabilendo poi i criteri e le procedure 
di determinazione del progressivo aumento dei pedaggi, mostravano chiaramente 
la stretta correlazione con lo specifico rapporto sottostante, rispetto al 
quale l�incremento tariffario assume la veste di diritto soggettivo del concessionario 
a fronte di una corrispondente obbligazione del concedente. 
Ora, il giudice d�appello ha ritenuto errata la ricostruzione effettuata dal 
TAR Lazio, nella misura in cui l�indagine veniva in quella sede focalizzata 
sulla correlazione tra gli aumenti tariffari e l�effettuazione degli investimenti 
(24) Il collegio ripercorre infatti le vicende storiche, esposte dagli appellanti, rilevando come �fin 
dalla predisposizione della disciplina della gara ad evidenza pubblica, l�ente concedente aveva operato 
una valutazione di carattere tecnico � discrezionale, dalla quale emergeva come l�equilibrio finanziario 
della gestione si sarebbe potuto raggiungere solo attraverso un incremento delle tariffe di pedaggio, 
incremento da attuarsi nella misura minima del 50% rispetto a quelle dell�epoca, anche in considerazione 
della situazione pregressa, che vedeva le dette tariffe invariate dal 1997�. 
(25) Inoltre il collegio rileva come la convenzione recepisse la formula di revisione della tariffa 
media ponderata, in ossequio alle delibere CIPE del 24 aprile 1996 e 20 dicembre 1996.
156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
programmati sulla rete autostradale. 
I due profili � secondo il collegio � sarebbero invece distinti e non sovrapponibili, 
proprio in virt� del fatto che l�aumento di cui si discute deriverebbe 
direttamente dal rapporto genetico del rapporto intercorrente tra 
concedente e concessionario e dalle esigenze economico-finanziarie sottese 
allo stesso affidamento del servizio. 
Da ci� discenderebbe il difetto degli stessi presupposti fondanti gli obblighi 
di vigilanza dell�ANAS, la cui mancata attivazione era stata posta a fondamento 
della decisione di primo grado. 
Ed � proprio tale ultima affermazione ad apparire non convincente. 
In primo luogo deve preliminarmente osservarsi come la delibera CIPE 
non introduca alcun esplicito o implicito riferimento al collegamento tra incremento 
tariffario e realizzazione degli interventi gi� pattuiti. 
Ci� significa che la variabile X non risulta in alcun modo ancorata, come 
invece affermato dal giudice di prime cure, alla realizzazione (o mancata realizzazione) 
degli investimenti, bens� a differenti parametri (26), essendo piuttosto 
improntata al conseguimento di una maggiore efficienza del servizio 
prestato sotto la spinta della possibilit� di extra-profitti per il concessionario. 
Conseguentemente il rilievo che il caso di specie non debba essere deciso 
alla stregua di un giudizio sulla esistenza o meno di un siffatto collegamento 
non deriva dalle illustrate peculiarit� della vicenda storica � come invece sostenuto 
nella pronuncia in commento � bens� discende semplicemente dal fatto 
che n� la formula del price cap di cui alle delibere CIPE, n� la convenzione 
stipulata, contengono alcun riferimento a tale correlazione. 
In secondo luogo n� il fondamento convenzionale degli aumenti tariffari 
n� la singolarit� della vicenda ad essi sottesa sembrano poter escludere la vigilanza 
dell�ANAS in merito agli obblighi convenzionali. 
L�ANAS risulta infatti attributaria di penetranti poteri di vigilanza e controllo 
in ordine al rispetto degli obblighi contenuti nelle convenzioni di concessione, 
potendo peraltro irrogare sanzioni amministrative nel caso di 
riscontrate inosservanze. 
Da ci� deriva che, qualora l�ANAS � parte del rapporto contrattuale nonch� 
soggetto in capo al quale gravano tali poteri di vigilanza � avesse ritenuto 
insufficienti gli investimenti effettuati, avrebbe dovuto contestare, nelle mo- 
(26) Con specifico riferimento alla variabile X la delibera stabilisce che essa rappresenta il tasso 
di produttivit� attesa, da stabilirsi in forma specifica per ogni singola impresa, tenendo conto di valutazioni 
relative ai seguenti aspetti: 
- remunerazione congrua del capitale investito; 
- progetto di investimenti futuri; 
- modifiche attese della produttivit�; 
- variazione attesa della domanda e quindi sviluppo delle condizioni competitive dei mercati in cui l�impresa 
opera.
CONTENZIOSO NAZIONALE 157 
dalit� e nei tempi previsti dalla convenzione, il relativo inadempimento alla 
concessionaria (come peraltro fatto per gli aumenti relativi agli anni antecedenti 
al 2006). 
Ma se, ad esito dell�attivit� istruttoria espletata dall�ANAS, ci� non � 
stato, appare allora difficile sostenere che un terzo possa censurare un preteso 
inadempimento che invece risulta inesistente per le parti del rapporto, per le 
quali anzi vi sarebbe soddisfazione (27), essendo l�aumento tariffario stato autorizzato 
dalla stessa concedente. 
Una volta esclusa la presenza dell�inadempimento della concessionaria, 
la corresponsione degli incrementi tariffari si pone quindi come una mera esecuzione 
di obbligazioni contrattuali. 
Nella motivazione illustrata sembra pertanto ravvisabile un duplice ordine 
di contraddizioni (28), il cui portato risulta essere una soluzione del caso concreto 
distonica rispetto alle affermazioni di principio sul punto sostenute. 
Infine appare invece pienamente condivisibile la sentenza in commento 
nella parte in cui riscontra l�errore di fatto in cui � incorso il giudice di primo 
grado, in riferimento al ricorso proposto per gli aumenti disposti nell�anno 
2008.
In tal caso infatti il Consiglio di Stato ritiene che non vi sia stato un aumento 
delle tariffe, ma solamente �un adeguamento del pedaggio consequenziale 
all�apertura al traffico di un nuovo tratto autostradale. Infatti, i pedaggi 
sono calcolati in relazione alla tariffa chilometrica unitaria, che non risulta 
invariata, moltiplicata per il numero di chilometri percorsi. Nel caso in esame, 
l�evento che ha determinato la nuova valutazione del pedaggio � stata l�apertura 
della seconda carreggiata nel tratto autostradale tra gli svincoli di Basciano 
e Teramo Cartecchio, legittimando in questo modo l�automatismo 
dell�adeguamento del costo complessivo dovuto per la fruizione del percorso�. 
Il collegio quindi correttamente rileva i differenti presupposti fattuali su 
cui si fondano i due diversi ricorsi e dai quali derivano effetti di non poco momento 
in punto di individuazione della disciplina applicabile al caso concreto, 
trattandosi di ipotesi chiaramente non riconducibile al sistema regolatorio informato 
al principio del price cap. 
Conclusivamente, e alla luce di quanto evidenziato, sembra potersi osservare 
come le peculiarit� della vicenda esaminata derivino non solo dalla illustrata 
criticit� della pregressa situazione economico-finanziaria ma, pi� in 
generale, dalle caratteristiche strutturali del modello di gestione scaturente dal 
(27) Cfr. citata sentenza CdS, Sez. IV, n. 399/07. 
(28) Il collegio, da un lato, ammette la natura paritetica del rapporto intercorrente tra ANAS e 
Strada dei Parchi, affermando tuttavia al contempo la persistenza del controllo amministrativo nelle sue 
forme ordinarie e pervenendo cos� a riconoscere la legittimazione attiva degli enti; dall�altro, afferma il 
fondamento convenzionale degli aumenti oggetto di scrutinio, escludendo la rilevanza, nel caso de quo, 
del potere di vigilanza dell�ANAS.
158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sistema, nel quale si devono conciliare istanze lato sensu privatistiche derivanti 
dalle dinamiche contrattuali tra concedente e concessionaria (e scaturenti dal 
bando) con il rispetto del sistema regolatorio delle tariffe informato alla formula 
del price cap e caratterizzato dai poteri autoritativi che, comunque, permangono 
in capo all�ANAS. 
Dott.ssa Federica Angeli* 
Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza del 9 dicembre 2010 n. 8686 - Pres. Numerico, Est. 
Sabatino - Strada dei Parchi s.p.a. (avv.ti M. Sanino e G. Ruggiero) c. Provincia di Teramo 
(avv.ti P. Grassi, S. Mangiameli e A. Zecchino) e nei confronti di Anas S.p.A., (avv. gen. Stato) 
ed altri - Sent. TAR Lazio, sezione terza, n. 5108 del 30 marzo 2010. 
(Omissis) 
DIRITTO 
1. - In via preliminare, la Sezione deve farsi carico dell�eccezione di inammissibilit� del ricorso 
di primo grado, proposta dall�appellante Strada dei parchi s.p.a. in relazione all�asserito difetto 
di legittimazione attiva della Provincia di Teramo. 
Il T.A.R. del Lazio ha ritenuto esistente il presupposto processuale in capo all�ente territoriale, 
ponendosi in questo senso esplicitamente in contrario avviso alla decisione di questa Sezione 
n� 399 del 2007. In quella occasione, la Sezione aveva rilevato il difetto di legittimazione attiva 
in capo alla Regione, che invece la sentenza di primo grado aveva giustificato, sia perch� 
l�attribuzione di competenze legislative e amministrative generali (ex art 118 Cost.) in materia 
di trasporti e reti di comunicazione non comporta ex se la legittimazione ad impugnare i provvedimenti 
in materia tariffaria incidenti sulle autostrade, sia perch� il ricorso, tendente ad accertare 
l�inadempimento della convenzione, porterebbe ad una non prevista legittimazione di 
un terzo rispetto a tali obblighi convenzionali. La Sezione poneva quindi in evidenza la differenza 
che intercorre tra la legittimazione ad agire per utenti e consumatori a tutela di interessi 
collettivi e diffusi, prevista e disciplinata per legge, e quella attribuibile ad un ente pubblico 
territoriale, che non potrebbe derivare direttamente dal ruolo di portatore di interessi generali 
della collettivit�. 
Al contrario, il giudice di prime cure ribadisce come la legittimazione attribuita dalla legge 
alle associazioni rappresentative di utenti e consumatori non sia un�ipotesi eccezionale introdotta 
ex novo nell�ordinamento dal codice del consumo (art. 139 del d.lgs. n� 206 del 6 settembre 
2005), ma sia il frutto maturo dell�evoluzione della giurisprudenza amministrativa in 
materia di tutela di interessi diffusi, la quale, sin dagli anni settanta e ottanta, aveva gi� riconosciuto 
la legittimazione degli enti esponenziali di interessi collettivi o diffusi, e che solo 
successivamente tale legittimazione ha conseguito altres� un avallo legislativo (legge n. 349 
dell�8 luglio 1986 per le associazioni ambientaliste; d.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005, codice 
del consumo per le associazioni dei consumatori e degli utenti). 
In detto processo evolutivo, superato subito il problema per quanto attiene agli enti esponenziali 
muniti di personalit� giuridica e a cui l�ordinamento attribuiva formalmente la cura di 
tali interessi, si era altres� affrontato il nodo della legittimazione degli enti a base associativa, 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 159 
costituiti dall�autonomia privata, come le associazioni di tutela ambientale. La legittimazione 
di tali figure soggettive � stata infine ammessa e la giurisprudenza, valutata la rilevanza costituzionale 
degli interessi ivi oggetto di difesa, ha affermato che si pu� rinvenire, caso per 
caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente ad associazioni 
locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), qualora queste perseguano, statutariamente 
ed in modo non occasionale, obiettivi di tutela ambientale, dimostrino un adeguato 
grado di rappresentativit� e stabilit� e si collochino in un'area di afferenza ricollegabile alla 
zona in cui � situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (ex multis Consiglio di 
Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3191), in disparte l�appartenenza o meno della figura soggettiva 
all'elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell'Ambiente 
ai sensi dell'art. 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, poich� tale norma d� vita ad un 
ulteriore e diverso criterio di legittimazione, aggiuntivo ma non sostitutivo di quelli in precedenza 
elaborati. 
Sulla base di tali principi, il T.A.R. del Lazio ritiene che �anche solo facendo riferimento a 
tali principi affermati da orientamenti ormai risalenti non si potrebbe dubitare della legittimazione 
degli enti territoriali rispetto agli interessi della Comunit� e del territorio di cui sono 
enti non solo esponenziali ma, altres�, rappresentativi� e ci� in quanto �con la riforma del 
titolo V della Costituzione � stata esplicitata la funzione degli enti territoriali di cura concreta 
degli interessi della collettivit� di riferimento; ci� sia in relazione alla autonomia di cui all�art. 
114 della Costituzione (I Comuni, le Province, le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, 
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione), sia in relazione alla espressa 
previsione del principio di sussidiariet� (art. 118 della Costituzione) che affida all�ente locale 
pi� vicino ai cittadini la cura concreta di interessi�. 
Le ragioni venivano poi precisate, in relazione all�ente pubblico appellante, facendo una ricognizione 
delle disposizioni vigenti in relazione agli interessi specifici oggetto del ricorso e 
quindi sulle diverse attribuzioni in tema di viabilit� o di trasporti, per poi concludere che �tale 
legittimazione degli enti territoriali sul piano astratto non pu� essere negata�. 
Ad un successivo livello, pi� concreto, il giudice di prime cure riteneva poi che l�interesse 
azionato nel giudizio fosse costituito dalla congruit� delle tariffe autostradali, per cui la legittimazione 
dovesse fondarsi sulla circostanza che l�autostrada rappresenti una fondamentale 
via di comunicazione per i cittadini residenti nel territorio. 
Avverso tale impostazione insorge l�appellante Strada dei Parchi s.p.a., che nell�appello si 
scaglia contro tutti i profili sopra ricordati e utilizzati dal T.A.R. a sostegno della propria posizione, 
evidenziando come nel caso in specie ci si trovi di fronte ad una convenzione, per 
cui l�intervento del terzo, e qui dell�ente territoriale, sia sarebbe concettualmente escluso, trattandosi 
di un rapporto di natura privatistica. Sotto altro verso, viene negata la rilevanza dell�atto 
gravato quale fatto lesivo di interessi direttamente ed inscindibilmente collegati al 
territorio dell�ente appellato. Infine, viene sindacata la ricostruzione delle diverse attribuzioni 
in materia di viabilit� e di trasporti che, a dire del giudice di prime cure, fonderebbero la legittimazione 
stessa. 
Le posizioni delle ulteriori parti seguono fondamentalmente l�una o l�altra ricostruzione, a 
seconda della rispettiva posizione processuale, e possono quindi essere esaminate congiuntamente. 
1.1. - La censura dell�appellante va respinta e la legittimazione dell�ente territoriale va ritenuta 
esistente, sebbene per ragioni diverse da quelle indicate nella sentenza gravata. 
Ritiene, infatti, la Sezione che, al fine di individuare esattamente limiti e possibilit� ricono-
160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sciute agli enti territoriali ai fini della tutela degli interessi dei propri amministrati, debba farsi 
riferimento non solo all�elaborazione consolidata della giurisprudenza ma anche, come si dir� 
appresso, alle innovazioni normative sopraggiunte medio tempore e, soprattutto, ai nuovi profili 
di intervento riconosciuti ad ogni tipologia di figura soggettiva esponenziale di interessi 
omogenei ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2009 n.198 �Attuazione dell'articolo 4 
della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e 
dei concessionari di servizi pubblici�. 
Per giungere allora ad affermare l�esistenza della legittimazione dell�ente territoriale nella 
fattispecie di cui si tratta, deve compiersi un tragitto concettuale che si snoda su quattro diversi 
snodi teorici. 
Il primo di questi snodi parte proprio dalla disamina della giurisprudenza amministrativa in 
tema di riconoscimento della legittimazione in capo ad associazioni private per agire a tutela 
di interessi diffusi. 
Al contrario di quanto affermato dalla difesa appellante, la ricognizione operata dal T.A.R. 
sull�evoluzione dottrinale in materia non � inconferente, ma diviene utile per svelare le ragioni 
fondanti che mossero, in maniera illuminata, i giudici amministrativi nella direzione dell�ampliamento 
delle forme di tutela per tipologie di interessi che, in quel torno d�anni, non apparivano 
adeguatamente garantiti. 
Queste ragioni possono cogliersi in due strade convergenti. 
Da un lato, vi � stata la ricerca di un criterio di collegamento tra gli interessi adespoti, che appartengono 
ontologicamente a tutti i componenti di una collettivit�, e i meccanismi processuali, 
che richiedono che l�azione sia portata avanti da un ben individuato soggetto 
dell�ordinamento. In questo senso, la soluzione adottata � stata quella di ricercare una serie di 
elementi (personalit� del soggetto agente, conformit� dell�azione proposta ai suoi fini statutari, 
collegamento stabile con l�interesse protetto, ecc.) che tendessero a dare struttura all�interesse 
stesso. Questa soluzione, del tutto condivisibile ed attenta, ha permesso di incanalare entro i 
consolidati ambiti del processo amministrativo le nuove esigenze di tutela a cui il legislatore 
non aveva ancora dato una soddisfacente risposta. 
Dall�altro lato, l�attribuzione della legittimazione a figure soggettive che si ponevano anche 
in contrasto con i soggetti pubblici normalmente incaricati della tutela degli interessi generali 
della collettivit� ha evidenziato come la giurisprudenza amministrativa ritenesse che gli interessi 
adespoti non fossero di esclusiva pertinenza dell�azione pubblica. In questa direzione, il 
richiamo alla fonte costituzionale della protezione di tali interessi ha permesso di affermare, 
pi� o meno esplicitamente, che il meccanismo tradizionale di tutela (creazione di un ente pubblico 
ed attribuzione allo stesso della tutela dell�interesse, inteso come canone di comportamento 
nella sua attivit�) non fosse esaustivo delle possibilit� rimesse ai cittadini. Pertanto, 
per usare una terminologia pi� tecnica, la creazione di un ente pubblico ai fini della tutela di 
un interesse diffuso non espropriava i singoli e le comunit� della possibilit� di attivare ulteriori 
istanze di tutela. Infatti, nell�ordinamento, luogo in cui va rinvenuto il catalogo degli interessi 
meritevoli di tutela, solo in casi episodici e ben determinati possono individuarsi situazioni 
in cui questo aspetto espropriativo e privativo � presente, e sono quelli in cui, attribuita la 
tutela di un determinato interesse all�azione pubblica, viene contestualmente vietato al privato 
di procedere autonomamente (si pensi ai casi di esercizio delle proprie ragioni al di fuori del 
circuito giurisdizionale, che sono sanzionati addirittura penalmente). 
Ne deriva che, grazie al riconoscimento diretto derivante dalla Costituzione, si deve ritenere 
che i diritti dei cittadini in tema di tutela di interessi diffusi possano trovare modi di esercizio
CONTENZIOSO NAZIONALE 161 
paralleli ed ulteriori rispetto al meccanismo tradizionale dall�attribuzione della loro cura ad 
un soggetto pubblico predeterminato, sia esso gi� esistente o costituito ad hoc. 
Il secondo snodo concettuale attiene alla possibilit� di riconoscere, sic et simpliciter ed in assenza 
di un�espressa disposizione normativa, la legittimazione ad agire a qualsiasi ente esponenziale 
di interessi omogenei o, nel caso in esame, agli enti territoriali in virt� del loro 
collegamento con la collettivit� ivi stanziata e facendo perno sull�unico cardine della rappresentativit�. 
Come si � sopra notato, la giurisprudenza amministrativa, nel tentativo di strutturare l�interesse 
adespota, ha cercato di individuare una serie di elementi tali da dare dimostrazione del collegamento 
tra interesse azionato e soggetto agente, enucleando una serie di principi ancora fondamentalmente 
validi ed applicabili. Ritiene la Sezione che un tale criterio, che richiede una 
pluralit� ed una contestualit� di elementi, possa valere anche in relazione alla legittimazione 
degli enti territoriali in fattispecie in cui gli stessi non risultino attributari ex lege di specifiche 
competenze in materia. 
Anche in questo caso, l�affermazione si fonda su una serie di presupposti impliciti. 
In primo luogo, va evidenziato come gli enti territoriali siano effettivamente soggetti a cui, 
dopo la riforma del titolo V della Costituzione, � stata assegnata la funzione di cura concreta 
degli interessi della collettivit� di riferimento. Una tale affermazione appare agevolmente riscontrabile 
sulla base della lettura del novellato art. 114 della Costituzione ( I Comuni, le Province, 
le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi 
fissati dalla Costituzione) e sulla previsione del principio di sussidiariet�, di cui all�art. 118 
della Costituzione, che affida all�ente locale pi� vicino ai cittadini la cura concreta di interessi. 
Pertanto, mentre nelle materie la cui tutela � loro affidata dalla legge vi � un riconoscimento 
normativo esplicito sulla loro legittimazione, dove tale riconoscimento manca non si vede ragione 
per trattare questi enti generali in maniera difforme e deteriore rispetto a qualsiasi associazione 
privata. 
In secondo luogo, se � ben vero che la natura di ente territoriale consente di riconoscere per 
implicito la natura di soggetto di riferimento della comunit� locale, ci� non esclude la permanente 
necessit� di ricercare, in analogia con le associazioni private, gli ulteriori elementi che 
fondino la legittimazione. Ad un livello di maggior dettaglio, deve necessariamente rilevarsi 
che la decisione di agire in giudizio � espressione della volont� politica dell�ente stesso che, 
selezionando tra i tanti interessi ad esso non attribuiti quelli di cui vuole farsi portatore, si fa 
interprete della presunta volont� del corpo elettorale. 
Tuttavia l�equivalenza tra rappresentativit� politica e capacit� di esprimere i reali intendimenti 
della collettivit� � del tutto dubbia, come dimostra la difficolt� di ricondurre alla figura privatistica 
del mandato il rapporto tra elettori ed eletto e come � confermato dai pi� recenti studi 
in merito ai sistemi di espressione delle scelte collettive, che dimostrano l�impossibilit� logica 
che una competizione elettorale possa dare una precisa e coerente rappresentazione degli interessi 
e delle preferenze degli elettori. 
Pertanto, premesso che gli enti territoriali sono, per norma costituzionale, attributari di poteri 
generali di tutela degli interessi rilevanti per la collettivit� stanziata, la loro legittimazione, 
per le materie non direttamente conferitegli dalla legge, va individuata secondo i criteri usuali 
e quelli che discendono dall�analisi del tessuto ordinamentale. 
In questo senso, e si giunge al terzo snodo concettuale, ritiene la Sezione di dover dare adeguato 
rilievo ad una normativa recente, sopravvenuta alla precedente decisione n� 399 del 
2007, ed in grado di giustificare il mutato orientamento qui assunto. Ci si riferisce all�ema-
162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nazione del decreto legislativo 20 dicembre 2009 n.198 �Attuazione dell'articolo 4 della legge 
4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari 
di servizi pubblici�, normativa ancora non del tutto applicabile, in assenza dei decreti 
di attuazione, ma dalla quale possono cogliersi criteri testuali cui ancorare la ricerca degli elementi 
ulteriori di legittimazione valevoli, in questo caso, per gli enti territoriali. 
Afferma l�art. 1 del testo normativo in esame che: �Al fine di ripristinare il corretto svolgimento 
della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente 
rilevanti ed omogenei per una pluralit� di utenti e consumatori possono agire in 
giudizio, con le modalit� stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni 
pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale 
dei propri interessi�. 
Nei limiti dell�attuale disamina, e fermo rimanendo che in questo giudizio non viene esplicata 
l�azione permessa dal D.Lgs. 198 del 2009, che permette addirittura di incidere sui profili organizzativi 
della pubblica amministrazione, emerge dal testo come la legittimazione ad agire 
venga correlata, per un verso, all�esistenza di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei 
per una pluralit� di utenti e consumatori, per altro verso, alla riferibilit� di tali interessi ad un 
soggetto titolare, ed infine, all�esistenza di una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri 
interessi. 
Orbene, nel caso in esame che attiene agli enti territoriali, per le ragioni sopra esaminate, non 
pare dubbio che sussistano ex se i primi due elementi della fattispecie, stante il ruolo costituzionale 
prima esaminato. � invece da vagliare la presenza del terzo elemento, che connota 
concretamente la legittimazione ed ancora la pretesa legittimazione ad un fatto direttamente 
riscontrabile, come appunto la lesione diretta, concreta ed attuale. 
La scelta normativa, che la Sezione ritiene ragionevolmente idonea a separare le iniziative di 
tutela fondate da quelle che appaiono esiti di decisioni non strettamente connesse al ruolo 
degli enti territoriali, permette di collegare la legittimazione all�esistenza di un danno, diffuso 
seppure di entit� contenuta, che possa ricadere sull�intera collettivit� e che, non giustificando 
l�intervento del singolo cittadino, autorizza tuttavia l�ente esponenziale a farsene carico, secondo 
la logica di contrasto al fenomeno delle cd. small claims. 
Su questa base argomentativa, non pare dubbio che gli enti esponenziali di collettivit� territoriali 
qui evocati in giudizio abbiano agito davanti al giudice di primo grado per difendere i 
singoli cittadini da loro amministrati dalle conseguenze economiche dell�aumento del costo 
dell�utilizzo dell�autostrada. Si � cio� in presenza di un danno economico che configura pienamente 
quella lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, a cui fa riferimento il 
testo normativo. Da qui il riconoscimento, in concreto, della legittimazione ad agire degli enti 
territoriali coinvolti. 
Tuttavia, ed � il quarto snodo concettuale, si evidenzia, da parte appellante, come nella fattispecie 
in esame l�aumento del costo sia conseguenza, come si vedr� in seguito, dell�esistenza 
di un rapporto convenzionale tra la parte pubblica ANAS e quella privata Strada dei Parchi 
s.p.a.. Trattandosi di un rapporto paritetico e di natura privatistica, ammettere la possibilit� di 
un controllo esterno, come quello praticabile nel giudizio amministrativo ad opera dei terzi, 
verrebbe a violare - si dice in appello - il principio contrattuale della rilevanza del contratto 
unicamente tra le parti. 
L�argomento prova troppo e non considera che lo strumento contrattuale in s� appare neutro 
rispetto alla possibilit� del suo impiego anche a fini pubblicistici. 
Non pu�, infatti, che rilevarsi come l�impiego di strumenti paritetici appaia sempre pi� diffuso,
CONTENZIOSO NAZIONALE 163 
anzi cogente, nel quadro ordinamentale attuale. Si pensi, ad esempio, all�utilizzo della convenzione 
quale modo di regolazione dei servizi pubblici (come da ultimo generalizzato dal 
d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168) o alla necessit� dell�uso del contratto nei rapporti tra soggetti 
pubblici per l�acquisizione di beni o servizi (Corte di giustizia CE, 23 dicembre 2009, causa 
C-305/08). 
Affermare quindi che l�esistenza di un rapporto paritetico, convenzionale o contrattuale, anche 
quando diretto all�organizzazione ed al funzionamento di prestazioni pubbliche, escluda la 
possibilit� di un controllo sulle modalit� con cui tale rapporto � gestito � un�affermazione 
che, nella sua dirompenza, si scontra contro il sistema del diritto amministrativo, di fatto sterilizzando 
qualsiasi possibilit� di valutazione del comportamento della pubblica amministrazione 
che, con il facile impiego di strumenti privatistici, potrebbe agevolmente sottrarsi 
addirittura ai suoi compiti istituzionali. 
Simile linea di pensiero, qui contestata, oltre che essere incompatibile con i principi, appare 
inconciliabile con i concreti assetti ordinamentali. Essa, infatti, postula, ed anzi in ricorso � 
affermato espressamente, che la pubblica amministrazione operi, nei rapporti privatistici, 
nell�ambito dell�esplicazione della sua autonomia privata. 
Tale ipotesi appare suscettibile di maggiore attenzione. 
In disparte le posizioni dottrinali che negano in radice che possa predicarsi un tale attributo 
nei confronti della pubblica amministrazione, � comunque vero che, qualora esista davvero 
l�autonomia privata dei soggetti pubblici, questa ha natura del tutto diversa da quella delle figure 
soggettive private. Infatti, mentre nel privato l�autonomia � l�esito della capacit� di autodeterminazione 
dei fini, nel pubblico la scelta dei fini non � rimessa alla libert� dell�ente, 
in quanto questi sono conseguenti e collegati alle sue attribuzioni, a loro volta determinate 
dal decisore politico. In sintesi, per i privati l�autonomia � autodeterminazione dei fini; per il 
pubblico i fini sono eterodeterminati dalla legge o dall�atto costitutivo dell�ente, il che fa 
anche dubitare che si possa parlare di autonomia privata nelle scelte amministrative. 
Pertanto, quando si verte in un rapporto paritetico, l�azione del contraente pubblico, sebbene 
limitata dal regolamento contrattuale, non si sottrae, nella sua concreta esplicazione, agli usuali 
meccanismi di controllo tipici del diritto amministrativo, atteso che si agisce in attivit� di concreta 
gestione degli interessi pubblici affidati all�ente, la cui cura � svolta tramite strumenti 
non di diritto amministrativo. 
In questo senso, ancora il D.Lgs. 198 del 2009 fornisce uno spunto interessante, visto che 
prevede che l�azione ivi prevista (si ripete, ancora non attuale stante la mancanza dei necessari 
decreti applicativi) si possa rivolgere anche verso soggetti legati all�ente affidante in virt� di 
rapporti certamente paritetici. 
Conclusivamente, la circostanza che sussista un rapporto contrattuale tra ANAS e Strada dei 
Parchi s.p.a., se, da un lato, attribuisce al soggetto privato contraente le garanzie della normativa 
civilistica, dall�altro non impedisce che l�azione del contraente pubblico rimanga sottoposta 
agli ordinari criteri di valutazione del comportamento amministrativo. 
Deve quindi concludersi che, nella fattispecie in esame, la legittimazione a ricorrere degli enti 
territoriali deve essere pienamente affermata. 
2. - Il superamento dell�eccezione consente di non esaminare l�appello incidentale autonomo 
proposto dalla Provincia di Teramo, con la quale la stessa evidenzia la sussistenza della propria 
legittimazione sotto l�angolo visuale della sua natura di utente del servizio. 
3. - Ancora in via preliminare, e facendo seguito alle osservazioni preliminari sopra esposte, 
va dichiarata l�inammissibilit� dell�intervento ad adiuvandum esplicato da alcuni soggetti,
164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ossia il Codacons, il Codacons Regione Lazio, il Codacons Regione Abruzzo, il Codacons 
Sezione Provinciale De L'Aquila, l�Associazione Utenti Autostrade, (...) e (...), in quanto titolari 
di un interesse diretto a gravare i provvedimenti in questione. 
� del tutto pacifico che l�intervento ad adiuvandum sia ammissibile solo a tutela di posizioni 
giuridiche collegate o dipendenti da quella del ricorrente principale, risultando uno strumento 
utile alla tutela di situazioni che, in s�, non potrebbero essere garantite tramite l�impugnazione. 
Tale situazione consente allora la partecipazione al processo anche di soggetti aventi un mero 
interesse di fatto, rispettivamente all'accoglimento o alla reiezione dell'impugnativa proposta 
dal ricorrente, sempre qualora si faccia valere una posizione diversa da quella del ricorrente 
e da questa condizionata. 
Tuttavia, la legittimazione ad agire delle associazioni consumeristiche � stata riconosciuta per 
legge in pi� occasioni (da ultimo l�art. 139 Codice del consumo), attribuendo a questi soggetti 
un�autonoma posizione di cura dell�interesse protetto. 
Tuttavia, proprio la diversit� di funzioni e ragioni che distinguono la legittimazione ad impugnare 
direttamente con la minore posizione che autorizza l�intervento porta ad escludere che 
tra le due situazioni vi sia un rapporto di continenza, come pare affermare il T.A.R., quando 
dice che �nella facolt� di impugnare i provvedimenti amministrativi si deve ritenere compresa 
anche la facolt� di intervenire nei giudizi proposti da altri soggetti�. 
Al contrario, le due discipline sono del tutto separate e la loro erronea sovrapposizione si traduce, 
di fatto, in un�elusione del termine di decadenza nella proposizione delle impugnazioni. 
La stessa ragione di inammissibilit�, ed in disparte la considerazione che l�azione esercitata 
appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario, si presenta per i soggetti privati interventori 
che, in quanto direttamente lesi, avrebbero dovuto eventualmente impugnare autonomamente 
gli stessi atti. 
Tali ragioni comportano pertanto che debba essere dichiarata l�inammissibilit� dell�intervento 
ad adiuvandum proposto dai soggetti sopra indicati, nonch� dalla Provincia dell�Aquila e dalla 
Federconsumatori in primo grado. 
4. - Venendo al merito, l�appello deve ritenersi fondato e meritevole di accoglimento entro i 
termini di seguito precisati. 
La questione centrale nella soluzione della questione proposta va rinvenuta nella particolare 
modalit� di costituzione del rapporto convenzionale tra ANAS e Strada dei Parchi s.p.a., dal 
quale derivano anche le modificazioni tariffarie di cui si tratta. 
Si evince dagli atti allegati al ricorso come l�attuale appellante sia intervenuta nella gestione 
delle autostrade A 24 e A 25 dopo che la precedente concessionaria SARA Societ� autostrade 
romane e abruzzesi S.p.A., poi denominata Autostrade dei Parchi S.p.A., aveva conseguito 
un utile di gestione negativo, dando vita ad una grave esposizione debitoria anche nei confronti 
delle imprese appaltatrici dei lavori e degli istituti di credito mutuanti. Poich� la situazione 
avrebbe messo a rischio la normale prosecuzione del servizio autostradale, con D.L. 10 febbraio 
1977, n. 19, convertito dalla Legge 6 aprile 1977, n. 106, la SARA veniva dichiarata 
decaduta dalla concessione delle autostrade. 
L'allora Azienda Nazionale Autonoma per le Strade � ANAS, ai sensi dell'art. 5 del predetto 
D.L. 19/77, che succedeva ex lege nella gestione, veniva cos� autorizzata ad affidare in concessione 
l'esercizio delle autostrade. Pertanto, ai fini di conseguire un nuovo affidamento e di 
sanare la precedente situazione contabile, con bando di gara del 24 novembre 2000, l�ANAS 
indiceva una licitazione privata per l'affidamento della concessione di gestione delle autostrade 
A-24 e A-25, nonch� per la progettazione e la costruzione della seconda carreggiata dalla pro-
CONTENZIOSO NAZIONALE 165 
gressiva Km. 0+000 alla progressiva km. 5+474,41 del tronco Villa Vomano-Teramo e del 
tratto a tre corsie dell'autostrada A24 tra via Palmiro Togliatti e la barriera di Roma Est compreso 
l'adeguamento della stazione di Lunghezza. In particolare, tra i criteri di aggiudicazione 
della licitazione figurava non solo la tariffa di pedaggio proposta, ma anche il corrispettivo 
da offrirsi al concedente non inferiore all'importo di �. 100.000.000.000 ed uno schema di 
piano finanziario, in cui l'ANAS specificava che i soggetti concorrenti potevano prevedere 
una variazione tariffaria, entro i limiti previsti nella delibera CIPE del 20 dicembre 1996 per 
il quinquennio 2002 -2006, tale da garantire un aumento cumulato delle attuali tariffe non inferiore 
al 50%, criterio poi meglio precisato con la successiva lettera del 3 aprile 2001. 
Quindi, fin dalla predisposizione della disciplina per la gara ad evidenza pubblica, l�ente concedente 
aveva operato una valutazione di carattere tecnico-discrezionale, dalla quale emergeva 
come l�equilibrio finanziario della gestione si sarebbe potuto raggiungere solo attraverso un 
incremento delle tariffe di pedaggio, incremento da attuarsi nella misura minima del 50% rispetto 
a quelle dell'epoca, anche in considerazione della situazione pregressa, che vedeva le 
dette tariffe invariate dal 1997. 
All�esito della gara, era dichiarata aggiudicataria l�ATI costituita tra Autostrade Concessioni 
e Costruzioni Autostrade s.p.a. - Toto s.p.a., che successivamente sottoscriveva la convenzione 
con l�ente affidatario per la gestione della rete autostradale costituita dalle autostrade A24 e 
A25, nonch� per la progettazione e la costruzione della seconda carreggiata del tronco Villa 
Vomano-Teramo e dell'adeguamento a tre corsie dell'Autostrada A-24 tra Via Palmiro Togliatti 
e la barriera di Roma Est. Autostrade - Concessioni e Costruzioni S.p.a. e TOTO S.p.a. costituivano 
poi, in data 2 settembre 2002, la societ� Strada dei Parchi S.p.a., attuale concessionaria, 
dando poi inizio all�effettiva gestione delle tratte autostradali solo dal 1 gennaio 2003, 
determinando un procrastinamento degli effetti del rapporto e delle previsioni del piano finanziario. 
Dalla lettura degli atti della procedura e dell�offerta proposta dall�ATI poi aggiudicataria, 
emerge allora come la stessa convenzione stipulata il 20 dicembre 2001 contenesse la disciplina 
tariffaria da applicarsi ai fini dell'adeguamento delle tariffe stesse, disciplina che era tenuta 
presente all�interno della procedura di selezione dell�offerente. Tra l�altro, con 
determinazioni da leggere in maniera coordinata con l�offerta proposta, l'articolo 7 della convenzione 
individuava la formula di revisione della tariffa media ponderata, in ossequio delle 
delibere CIPE del 24 aprile 1996 e 20 dicembre 1996; l'art. 9 fissa l�indicatore di produttivit� 
per ogni anno del quinquennio 2002 � 2006, mentre l�art. 11 disciplina le modalit� di aggiornamento 
delle tariffe, indicando un meccanismo procedimentale di comunicazione da parte 
del concessionario e di controllo da parte del concedente. 
Pertanto, in applicazione delle clausole convenzionali ed in applicazione della formula revisionale 
prevista, Strada dei Parchi S.p.A. procedeva ad un aumento del pedaggio autostradale 
per gli anni 2003 e 2004, evento da cui peraltro derivava un contenzioso susseguente alla determinazione 
di ANAS di sospendere il detto incremento tariffario, e poi al successivo adeguamento 
nella misura dell�1,60%, corrispondente all'inflazione programmata per I'anno 2005 
ed infine, in data 28 settembre 2005, Strada dei Parchi s.p.a. comunicava all'ANAS la variazione 
percentuale di aggiornamento tariffario da applicarsi con decorrenza 1 gennaio 2006, 
pari al 5,87%. 
Quest�ultimo aumento � qui oggetto di scrutinio. 
Dalla ricostruzione fattuale appena operata, appare quindi errata l�impostazione data al ricorso 
di primo grado, dove le censure si sono appuntate sull�inesistenza di una correlazione tra l�au-
166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
mento applicato e la mancata effettuazione degli investimenti previsti sulla rete autostradale. 
Infatti, secondo le argomentazioni sostenute in primo grado e successivamente reiterate, l�aumento 
sarebbe stato ottenuto da Strada dei Parchi S.p.A. sulla base dell�omessa vigilanza da 
parte di ANAS in merito agli obblighi convenzionali, dai quali emerge anche l�obbligo di effettuare 
una serie di interventi per il miglioramento del servizio stesso. 
Come si evince peraltro dalla narrazione dei fatti di causa appena svolta, i due profili appaiono 
del tutto distinti e non sovrapponibili, atteso che l�aumento in questione appare direttamente 
derivante dal rapporto genetico che lega l�ANAS alla Strada dei Parchi S.p.A. ed � collegato 
alla singolare vicenda che ha dato vita all�affidamento della gestione del servizio. 
Questo non esclude, si badi, che l�attivit� della societ� di gestione debba essere parametrata, 
anche ai fini della sua remunerazione, ai risultati conseguiti, in termini di efficienza e di congruit� 
del servizio prestato. Tuttavia tale profilo non appare rilevante nella questione qui in 
scrutinio, dove emergono esiti di decisioni determinate dalla fase iniziale e costitutiva del rapporto 
e conseguenti alla necessit� di ottenere un ripianamento della situazione finanziaria 
della gestione. 
Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza del giudice di prime cure non pu� quindi essere 
condiviso, venendo a mancare gli stessi presupposti per l�applicazione del meccanismo 
procedimentale di controllo su cui si � fondata la decisione e che evidenziava la mancata attivazione 
degli obblighi di vigilanza in capo all�ANAS. 
5. - Identico errore di fatto si riscontra in relazione al secondo ricorso proposto in primo grado, 
quello con cui sono stati impugnati gli atti con cui l�Anas ha autorizzato e la Autostrada dei 
Parchi disposto gli aumenti delle tariffe di pedaggio autostradale applicate sulle autostrade 
A24 e A25 a decorrere dal 7 agosto 2008. 
In questo caso, non si � avuto un aumento delle tariffe, evento che avrebbe dovuto dar luogo 
all�applicazione della procedura di controllo da parte dell�ANAS secondo le modalit� censurate 
dal giudice di prime cure, ma ad un adeguamento del pedaggio consequenziale all�apertura 
7al traffico di un nuovo tratto autostradale. 
Infatti, i pedaggi sono calcolati in relazione alla tariffa chilometrica unitaria, che non risulta 
variata, moltiplicata per il numero di chilometri percorsi. Nel caso in esame, l�evento che ha 
determinato la nuova valutazione del pedaggio � stata l�apertura della seconda carreggiata nel 
tratto autostradale tra gli svincoli di Basciano e Teramo Cartecchio, legittimando in questo 
modo l�automatismo dell�adeguamento del costo complessivo dovuto per la fruizione del percorso. 
6. - L�appello va quindi accolto. Le spese processuali possono essere interamente compensate 
per le parti pubbliche, stante la novit� della questione in merito alla loro legittimazione in via 
diretta all�impugnazione, mentre seguono la soccombenza in relazione alle rimanenti parti. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando 
in merito al ricorso in epigrafe, cos� provvede: 
1. Accoglie l�appello n. 2839 del 2010 e per l�effetto, in riforma della sentenza del Tribunale 
amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, n. 5108 del 30 marzo 2010, respinge il 
ricorso di primo grado; 
(...)
P A R E R I D E L 
C O M I TAT O C O N S U LT I V O 
A.G.S. - Parere del 25 gennaio 2011 prott. 26456/26448, avv. Gianni 
De Bellis, AL 38599/2010. 
�Applicazione del fermo amministrativo ex art. 69 del R.D. n. 2440/1923 
e compensazione legale nei confronti di soggetti sottoposti a procedure concorsuali
� 
Con la nota in riferimento codesta Agenzia ha chiesto il parere della Scrivente 
in ordine alla questione in oggetto, con particolare riferimento ai rapporti 
con societ� sottoposte alla procedura di Amministrazione Straordinaria di cui 
al D.Lgs. n. 270/1999. 
Questa Avvocatura osserva al riguardo quanto segue. 
1) Circa la legittimazione dell�Agenzia delle Entrate ad emettere il provvedimento 
di fermo ex art. 69 R.D. n. 2440/1923 non dovrebbero sussistere 
dubbi, tenuto conto che le ragioni di credito tutelate sono dell�Amministrazione 
Statale. In ogni caso appare decisivo quanto sancito dal citato art. 69 ultimo 
comma (nel testo introdotto con l�art. 3 comma 5-decies del D.L. n. 
182/2005) in forza del quale �Tra le amministrazioni dello Stato devono intendersi 
le Agenzie da esso istituite, anche quando dotate di personalit� giuridica 
[...]�. 
2) Circa la titolarit� dei rispettivi crediti si ritiene ovviamente possibile 
operare il fermo a garanzia di crediti di qualsiasi Amministrazione statale, ivi 
compresa la stessa Agenzia delle Entrate. 
Anche in tale ipotesi la giurisprudenza � costante nel ritenere che �Il 
fermo amministrativo, di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, ha 
lo scopo di legittimare la sospensione, in via cautelare e provvisoria, del pagamento 
di un debito liquido ed esigibile da parte di un'amministrazione dello 
Stato, a salvaguardia della eventuale compensazione legale di esso con un 
credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che la stessa od altra 
amministrazione statale, considerata nella sua unicit� di soggetto di rapporti 
giuridici, pretenda di avere nei confronti del suo creditore� (Cons. St. 18
168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
marzo 2010 n. 1620; Cass. SS.UU. 20 marzo 2009 n. 6773). 
Sotto tale profilo andrebbe meglio esplicitata la posizione espressa nella 
Circolare 29 marzo 1999 n. 21 del Ministero del Tesoro, dove si sostiene 
(punto 1 lett. c) che �l'Amministrazione creditrice dev'essere diversa da quella 
debitrice�. 
Se � vero infatti che in caso di identit� di Amministrazione statale risulta 
pi� agevole operare la compensazione, l�adozione del fermo � comunque necessaria 
per impedire pagamenti (anche da parte della stessa p.a.), nei casi in 
cui il credito da garantire non abbia ancora i requisiti di legge per operare la 
compensazione (quando cio� si tratti di una mera �ragione di credito�). 
3) Nessun dubbio sussiste in ordine alla possibilit� di eccepire la compensazione 
anche nei confronti di soggetti in A.S., tenuto conto che l�art. 56 
L.F. (che consente la compensazione nei confronti del fallimento), � richiamato 
dal successivo art. 169 per il concordato preventivo e quest�ultima norma � 
dichiarata espressamente applicabile anche all�A.S. dall�art. 18 del D.Lgs. n. 
270/1999 (cfr. per un caso di compensazione con societ� in A.S. Cass. 3 maggio 
2007 n. 10208; anche in motivazione Cass. 10 agosto 2007 n. 17602). 
D�altronde la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto un ampio campo 
di applicazione al citato art. 56, affermando che �La compensazione in sede 
di fallimento rappresenta una deroga alla regola del concorso ed � posta a 
favore dei soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori 
del fallito; perch� essa si verifichi si richiede l'anteriorit� alla dichiarazione 
di fallimento del fatto genetico delle obbligazioni contrapposte, mentre non 
rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce, con la conseguenza 
che � ammissibile anche la compensazione giudiziale, quando i requisiti richiesti 
dalla legge sussistono al momento della pronuncia� (Cass. SS.UU. n. 
775/1999). 
In ordine alle modalit� di incameramento delle somme, si concorda con 
quanto precisato al riguardo nella citata Circolare n. 21/1999, potendosi far 
valere la compensazione sia in via amministrativa (dandone comunicazione 
al Commissario della societ� in A.S.), sia in sede contenziosa mediante eccezione 
diretta a paralizzare eventuali pretese nei confronti dell�Amministrazione 
(Cass. n. 481/2009), ovvero in sede di ammissione al passivo del credito residuato 
dopo la compensazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 16508/2010). 
ComՏ noto inoltre, la giurisprudenza � costante nel ritenere necessaria 
l�omogeneit� dei rispettivi crediti oggetto di compensazione, nel senso della 
loro anteriorit� alla procedura concorsuale. 
A tale proposito, � pacifico che in materia tributaria l�anteriorit� va valutata 
con riferimento al momento genetico del credito, coincidente con l�anno 
d�imposta per i tributi e con la data di commissione dell�illecito per le sanzioni, 
indipendentemente dal momento in cui la pretesa venga formalizzata in un titolo 
(come un avviso di accertamento o una cartella esattoriale).
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 169 
Nessun rilievo pu� invece attribuirsi alla natura privilegiata o chirografaria 
dei rispettivi crediti, tenuto conto che la compensazione opera in deroga 
al principio della par condicio creditorum. 
4) Riguardo infine il problema della compatibilit� del fermo rispetto ad 
un soggetto sottoposto a procedure concorsuali (ed in particolare in A.S.), si 
ritiene che il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti 
della procedura (espressamente previsto per i soggetti in A.S. dall�art. 48 del 
D.Lgs. n. 270/1999), sia tale da impedire la emanazione di un provvedimento 
di fermo. 
La giurisprudenza al riguardo ha gi� avuto modo di affermare che �il giudice 
ordinario, adito nella specie dalla curatela, non � condizionato nella sua 
pronuncia dal provvedimento amministrativo cautelare, e pu� provvedere all'eventuale 
condanna al pagamento della P.A., se ed in quanto esistano i presupposti 
di un credito certo ed esigibile del fallito�, ci� in quanto �vengono 
privati di efficacia i provvedimenti cautelari legittimamente ottenuti prima 
dell'apertura del fallimento e sono ab origine privi di efficacia quelli emessi 
nel corso della stessa procedura [�] Nell'enunciazione di questi principi di 
carattere generale, si inserisce, anche quella forma di autotutela con funzione 
cautelare disciplinata espressamente, per la pubblica amministrazione, dall'art. 
69 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, relativo all'amministrazione del 
patrimonio ed alla contabilit� generale dello stato� (Cass. n. 8053/1996, richiamata 
di recente da Cons. St. VI, 4 febbraio 2010 n. 517). 
D�altro canto ad analoghe conclusioni la giurisprudenza � pervenuta 
anche in relazione a provvedimenti di sequestro, la cui natura � assimilabile 
al fermo amministrativo (Cass. 18 agosto 1997 n. 7659; 25 maggio 2001 n. 
7110). 
Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene che nella fattispecie si possa 
disporre la revoca del fermo amministrativo adottato nei confronti dei soggetti 
in A.S., ancorch� questi non si trovassero in tale stato all�epoca dell�adozione. 
Ovviamente prima di effettuare qualsiasi pagamento di debiti erariali occorrer� 
valutare la possibilit� di procedere alla compensazione con eventuali 
controcrediti gi� ammessi al passivo, o comunque gi� formalizzati in atti impositivi 
(secondo i gi� richiamati orientamenti della giurisprudenza) con le 
modalit� sopra evidenziate. 
La presente nota viene trasmessa anche al Ministero dell�Economia e 
delle Finanze affinch� valuti l�opportunit� di modificare la citata Circolare n. 
21/1999 alla luce di quanto evidenziato al precedente punto 2. 
Il presente parere � stato sottoposto all'esame del Comitato Consultivo 
dell�Avvocatura dello Stato di cui all�art. 26 della legge 3 aprile 1979 n. 103, 
che si � espresso in conformit�. 
170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
A.G.S. - Parere del 7 febbraio 2011 prot. 42832, avv. Giuseppe Albenzio, 
AL 33917/10. 
�Estinzione dell�obbligazione doganale ex art. 233 primo comma lett. d) 
C.D.C. - Ambito di applicazione dell�art. 338 T.U.L.D. a seguito delle sentenze 
della Corte di Giustizia Europea C-459/07 del 2 aprile 2009 e C-230/08 del 
29 aprile 2010� 
Il parere richiesto da codesta Agenzia con la nota in epigrafe concerne il 
tema dei rapporti tra le fonti normative primarie comunitarie e le fonti interne 
vigenti e applicabili nel nostro ordinamento in materia di estinzione dell�obbligazione 
doganale. 
1 - In particolare, il primo quesito posto sollecita la Scrivente ad analizzare 
i riflessi delle pronunce pregiudiziali comunitarie di interpretazione del 
diritto dell�Unione in ordine all�armonizzazione, in sede di applicazione, dell�art. 
338 del Testo Unico delle Disposizioni Legislative in materia Doganale 
(D.P.R. n. 43/73, di seguito T.U.L.D.) sull�obbligo del pagamento dei diritti 
doganali in relazione all�art. 233 del Codice Doganale Comunitario attualmente 
vigente (Reg. CEE n. 2913/92, di seguito C.D.C.). 
1.1 - L�art. 233 � che apre il Capitolo IV C.D.C., rubricato Estinzione 
dell�Obbligazione Doganale � in merito all�obbligazione doganale sorta per 
effetto dell�introduzione irregolare della merce nel territorio dell�Unione dispone 
che: �fatte salve le disposizioni in vigore relative alla prescrizione dell�obbligazione 
doganale nonch� alla mancata riscossione dell�importo 
dell�obbligazione doganale in caso di insolvibilit� del debitore constatata per 
via giudiziaria, l�obbligazione doganale si estingue: � d) quando le merci 
per le quali � sorta un�obbligazione doganale in conformit� dell�art. 202 sono 
sequestrate all�atto dell�introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente 
confiscate�. 
In seguito alla domanda pregiudiziale proposta dall�Unabhangiger Finanzsenat, 
Graz (Austria) la Corte di Giustizia Europea, sez. III, con sentenza 2 
aprile 2009, C-459/07, si � pronunciata in ordine all�interpretazione dell�espressione 
�all�atto dell�introduzione irregolare� contenuta nel primo 
comma, lett. d), del citato articolo 233. 
Accedendo ad un�interpretazione restrittiva del plesso normativo che regola 
la nascita e l�estinzione dell�obbligazione doganale, la Corte ha statuito 
nel senso che: �gli artt. 202 e 203, primo comma, lett. d), del regolamento 
(CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale 
comunitario, come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo 
e del Consiglio del 16 novembre del 2000, n. 2700, devono essere 
interpretati nel senso che, per determinare l�estinzione dell�obbligazione doganale, 
il sequestro di merci introdotte irregolarmente nel territorio doganale 
della Comunit� europea deve intervenire prima che le merci in questione su-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 171 
perino il primo ufficio doganale situato all�interno di tale territorio�. 
�Ne consegue che il sequestro di merci introdotte (irregolarmente n.d.r.) 
nel territorio doganale della Comunit� � il quale si verifichi oltre il primo 
ufficio doganale situato all�interno di questo territorio e avvenga praticamente 
per caso non pu� comportare l�estinzione dell�obbligazione doganale ai sensi 
dell�art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale� (punti 33-34). 
1.2 - Sul piano del diritto interno, peraltro, l�art. 338 T.U.L.D., primo 
comma prescrive che �il pagamento della multa o dell�ammenda non esime 
dall�obbligo del pagamento dei diritti doganali, salvo il caso in cui la merce 
oggetto del contrabbando sia stata sequestrata�. 
Tuttavia, l�eventuale estinzione dell�obbligo di pagare i diritti doganali 
anche nel caso di sequestro della merce avvenuta dopo il primo Ufficio Doganale 
determinerebbe un�ipotesi di contrasto tra la norma interna test� citata 
e la norma comunitaria di cui all�art. 233 CDC. 
Tale antinomia va risolta secondo il principio generale del rapporto di integrazione 
tra il diritto dell�Unione europea e il diritto interno, in funzione del 
quale le fonti europee integrano l�ordinamento interno e prevalgono su eventuali 
disposizioni nazionali contrastanti (v. le concordi sentenze della Corte di 
Giustizia � ex plurimis sentenza del 15 luglio 1964 in causa C 6/64, Costa c. 
Enel; sentenza del 9 marzo 1978 in causa 106/77, Amministrazione delle Finanze 
c. Simmenthal - e della Corte Costituzionale - vedasi tra le altre le sentenze 
n. 168/91 e nn. 348-349/07). 
Nel novero delle fonti normative direttamente applicabili nello Stato 
membro vanno considerate anche le pronunce emesse dalla Corte di Giustizia 
dell�Unione europea alla quale, a norma dell�art. 267 TFUE, spetta interpretare 
e assicurare l�uniforme applicazione del diritto dell�Unione in tutti gli Stati 
membri; pertanto, qualsiasi sentenza precisi il significato di una norma europea 
assume carattere integrativo del diritto dell�Unione e, determinandone ampiezza 
e contenuto, viene a far corpo con le norme interpretate. 
Ci� appare, peraltro, confermato dalla disposizione di cui all�art. 1, lett. 
b, L. 11/05 (contenente �Norme generali sulla partecipazione dell�Italia al 
processo normativo dell�Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli 
obblighi comunitari�) ai sensi del quale lo Stato italiano garantisce l�adempimento 
degli obblighi derivanti dall�appartenenza dell�Italia all�Unione Europea 
che conseguono, tra l�altro, �all�accertamento giurisdizionale, con 
sentenza della Corte di Giustizia delle Comunit� europee (oggi dell�Unione 
europea), della incompatibilit� di norme legislative e regolamentari dell�ordinamento 
giuridico nazionale con le disposizioni dell�ordinamento comunitario 
(ora dell�Unione)�. 
Pertanto, in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilit� tra 
norme di diritto dell�Unione e norme nazionali, nell�ipotesi in cui sorga un 
conflitto tra norme europee e nazionali, le prime prevalgono sulle seconde in
172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
quanto ad esse sovraordinate, in virt� della limitazione di sovranit� operata 
dallo Stato Italiano in favore dell�ordinamento comunitario ai sensi dell�art. 
11 Cost.. e del principio del primato del diritto dell�Unione sancito dall�art. 
117 Cost. - come risultante dalle modifiche di cui all�art. 3 L. cost. n. 3/01 - ai 
sensi del quale �La potest� legislativa � esercitata dallo Stato e dalle Regioni 
nel rispetto della Costituzione, nonch� dei vincoli derivanti dall�ordinamento 
comunitario�� e di recente codificato nella Dichiarazione n. 17 allegata al 
Trattato di Lisbona. 
1.3 - Per le ragioni sopra estese, occorre conformare l�ambito di applicazione 
della norma interna di cui all�art. 338 TULD in relazione al significato 
e alla portata dell�art. 233 CDC � siccome recentemente interpretato alla luce 
dell�accezione restrittiva accolta dalla Corte nella citata sentenza C-459/07 
del 2 febbraio 2009 � al fine di ricondurre a sistema unitario la disciplina dell�estinzione 
dell�obbligazione doganale ricavabile dalla integrazione di fonti 
regolamentari di origine europea e di fonti di derivazione interna e, alla luce 
di ci�, vagliare la soluzione dei cennati profili antinomici. 
Con riferimento al caso di specie � necessario considerare che la funzione 
economica dei diritti doganali ed, in particolare, l�obiettivo protezionistico 
sottostante all�imposizione dei diritti di confine (argomento della causa principale), 
comporta che l�obbligazione doganale si estingua in linea di principio 
quando le merci introdotte irregolarmente siano sequestrate e confiscate prima 
di entrare nel circuito economico degli Stati membri. 
Argomentando in tal senso, la Corte, chiamata ad interpretare in funzione 
nomofilattica l�art. 233, primo comma, lett. d) C.D.C, conferma a fondamento 
della ratio dell�estinzione dell�obbligazione doganale l�esigenza di evitare 
l�imposizione di un dazio nel caso in cui la merce, seppure introdotta irregolarmente 
nel territorio comunitario, non abbia potuto essere commercializzata 
e non abbia pertanto costituito una minaccia, in termini di concorrenza per le 
merci comunitarie (vedasi la citata sentenza C-459/07). 
Pertanto, ogni causa di estinzione dell�obbligazione doganale contemplata 
dalla legge - ivi inclusa, nello specifico, l�ipotesi dovuta al sequestro delle 
merci all�atto dell�introduzione irregolare nel territorio dell�unione doganale 
- deve essere interpretata restrittivamente al fine di tutelare le risorse proprie 
della Comunit�. 
Tale obiettivo potrebbe essere compromesso con l�introduzione di nuove 
cause di estinzione dell�obbligazione doganale; invero, �Questa necessit� � 
cos� come motivato dalla Corte - si impone, a maggior ragione, per quanto 
concerne la determinazione del momento in cui deve aver luogo il sequestro 
delle merci che pu� comportare l�estinzione dell�obbligazione doganale relativa 
a queste ultime�(sentenza C-459/07, punto 31). 
In conclusione, secondo il richiamato principio generale della primazia 
del diritto comunitario, l�art. 338 TULD deve essere interpretato conforme-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 173 
mente al diritto di rango superiore portato dalle fonti comunitarie al fine della 
ricostruzione unitaria e sistematica dell�istituto dell�estinzione dell�obbligazione 
doganale e, in caso di contrasto, con disapplicazione (in ragione della 
menzionata autonomia dei due ordinamenti, vedasi Corte Costituzionale n. 
168/91) della norma interna nella parte in cui sia contrastante con quella comunitaria. 
Per le ragioni sopra estese, appare corretta la soluzione interpretativa prospettata 
da codesta Agenzia al fine di risolvere l�antinomia rappresentata, nel 
senso che la disposizione di estinzione dell�obbligo di pagare i diritti doganali 
per effetto del pagamento della multa o dell�ammenda - contenuta nell�art. 
338 TULD, comma primo - non deve essere applicata nel caso in cui il sequestro 
della merce introdotta irregolarmente nel territorio della Comunit� sia avvenuto 
dopo il primo Ufficio doganale. 
2 - Sotto altro profilo, l�Agenzia istante sollecita chiarimenti in ordine 
alla possibilit� di estendere alla disciplina dei diritti doganali di natura diversa 
dai dazi all�importazione l�applicazione della soluzione ermeneutica individuata 
dall�interpretazione integrata e coordinata del disposto di cui agli artt. 
338 TULD e 233 CDC. 
2.1 - In particolare si chiede a questa Avvocatura se il principio sancito 
nella sentenza C-459/07 riguardo all�estinzione dell�obbligazione doganale 
daziaria nell�ipotesi di merci introdotte irregolarmente nel territorio doganale 
comunitario possa estendersi �a tutti quei diritti che - a mente dell�art. 34 
CDC - la dogana � tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle 
operazioni doganali �. 
La disposizione test� citata risulta completata dal successivo comma, fondamentale 
ai nostri fini, alla stregua del quale rientrano tra i diritti doganali i 
�diritti di confine�, cio�, oltre i tributi costituiti dai dazi, ogni altro tributo concernente 
merce di importazione, quali i diritti di monopolio, le Accise, l�IVA 
all�importazione. 
Invero, i tributi accertati e riscossi dalla Dogana sulla base della normativa 
comunitaria e nazionale si possono distinguere in base alla funzione economica 
alla quale sono preordinati in �risorse proprie� (dazi, imposizioni istituite 
nel quadro della politica agraria comune ed altre tasse ad effetto equivalente) 
con le quali l�Unione si finanzia ed entrate di �fiscalit� interna�, cio� i tributi 
costituenti entrate tributarie dei singoli Stati membri (ancorch� riversate proquota 
all�Unione). 
Tra queste ultime si possono annoverare �l�IVA all�importazione�: dovuta 
per le merci originarie da Paesi terzi da �chiunque effettuata� secondo l�art. 
70 del D.P.R. n. 633/72 e le accise attualmente disciplinate dal �Testo Unico 
Accise� (TUA D.Lgs. n. 504/95). 
2.2 - Nel sistema integrato e coordinato delle fonti normative comunitarie 
e nazionali applicabili, competono all�Agenzia delle Dogane rilevanti compiti
174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
di controllo e di accertamento allo scopo di prevenire operazioni irregolari e 
illecite ai danni degli interessi economici dell�Unione e dello Stato membro 
interessato. 
A tal riguardo, la nozione dei �diritti di confine� � fondamentale nella 
configurazione del reato di contrabbando, previsto al Titolo VII, Capo I art. 
282 e ss. TULD, quale reato commesso da chi con dolo sottrae (o tenta di sottrarre) 
merci estere al sistema di controllo istituito per l�accertamento e la riscossione 
dei diritti di confine e di ci� che ad essi viene equiparato ai fini 
sanzionatori. 
In detta materia, con specifico riguardo all�interpretazione degli artt. 202 
e 203, primo comma, lett. d), CDC, la terza sezione della Corte di giustizia 
europea si � pronunciata con la citata sentenza C-459/07, stabilendo - in ordine 
alla disciplina dei dazi doganali, oggetto della causa principale - che �per determinare 
l�estinzione dell�obbligazione doganale, il sequestro di merci introdotte 
irregolarmente nel territorio doganale della Comunit� europea deve 
intervenire prima che le merci in questione superino il primo ufficio doganale 
situato all�interno di tale territorio�. 
Con la successiva sentenza del 29 aprile 2010, C-230/08, la terza sezione 
della Corte di Giustizia - ai fini della soluzione della seconda e della terza questione 
pregiudiziale sottoposte alla sua interpretazione in tema rispettivamente 
di accise e di IVA � si � pronunciata sull�estinzione delle obbligazioni fiscali 
generate al momento dell�importazione irregolare di merci nel territorio doganale 
della Comunit�, dovuta alla confisca e alla distruzione da parte delle 
autorit� di uno stato membro. 
La Corte, in particolare, si � soffermata sulla incidenza del fatto generatore 
d�imposta e - al fine di assicurare una lettura coerente della normativa comunitaria 
controversa - ha interpretato, alla luce della nozione di 
�introduzione� di cui all�art. 233, primo comma, lettera d), CDC, la nozione 
di �ingresso del prodotto nella Comunit�� recata dall�art. 5 n. 1 primo comma 
della Direttiva Accise all�epoca corrente - n. 92/12/CEE - (che nella direttiva 
2008/118/CEE attualmente vigente diventa �entrata nel territorio della Comunit��, 
vedasi art. 4, comma 1, punto 8) e quella di �entrata nella Comunit�� 
portata dalla sesta direttiva IVA art. 7 n. 1 lett. a) (che nella dizione dell�art. 
30, comma 1 della Direttiva 2006/112 diviene �ingresso nella comunit��), cui 
implicitamente fa rinvio, nel caso del contrabbando, il concetto di �importazione 
di un bene nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento 
in cui entra nella Comunit��, contenuto, invero, nell�art. 10 n. 3 della 
Sesta Direttiva IVA 77/388/CEE (ora letteralmente trasfusa negli attuali artt. 
70 e 71, comma 1�, secondo alinea Direttiva 2006/112). 
Dalla pronunzia della Corte consegue che, come gi� deciso nella sentenza 
C-459/07 in materia di dazi all�importazione, le merci soggette ad accisa e/o 
IVA debbono essere considerate entrate all�interno dell�Unione nel momento
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 175 
in cui superano il primo ufficio doganale ubicato all�interno del suo territorio. 
2.3 - Ancora, confermando il principio stabilito in ordine ai dazi all�importazione, 
la Corte stabilisce che, per quanto attiene le merci di contrabbando 
sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate, �il fatto generatore 
dell�IVA e l�esigibilit� di quest�ultima ... possono intervenire soltanto 
a partire dal momento in cui le merci hanno lasciato la zona nella quale si 
trova il primo ufficio doganale ubicato all�interno del territorio doganale della 
Comunit�� (Corte di Giustizia sentenza del 29 aprile 2010, C-230/08, punto 92). 
Parimenti, secondo quanto motivato dallo stesso Giudice europeo, il fatto 
generatore dell�Accisa e l�esigibilit� della stessa - nel caso di irregolare importazione, 
dalla quale consegue immissione in consumo della merce, ai sensi 
dell�art. 6, n. 1 lett. c) Direttiva Accise 92/12/CEE allora in vigore, ora trasfuso 
nell�art. 7, n. 2, lett. d), dell�attuale direttiva vigente 2008/118/CE � si configurano 
fin dal momento in cui le merci hanno lasciato la zona nella quale si 
trova il primo ufficio doganale ubicato all�interno del territorio doganale della 
Comunit� (vedasi citata sentenza C-230/08, punto 75). 
In conclusione, il percorso seguito con coerenza dalla Corte nelle pronunce 
C-459/07 e C-230/08 non lascia alcun dubbio sul fatto che per quanto 
attiene ai diritti di confine (dazi, accise e IVA all�importazione) le cause di 
estinzione delle obbligazioni doganali dovrebbero interpretarsi restrittivamente 
e che un sequestro con confisca di merci contrabbandate potrebbe portare all�estinzione 
dell�obbligazione doganale, in tutti i suoi profili, solo se avvenuto 
prima dell�uscita dalla prima dogana ad una frontiera esterna della comunit�. 
Pertanto, come diffusamente argomentato nella soluzione del primo quesito 
al quale all�uopo si rimanda, � necessario accedere alla lettura armonizzata 
e coordinata degli artt. 233 CDC e 338 TULD per quanto attiene la disciplina 
dell�estinzione dei diritti di confine, segnatamente dei dazi all�importazione, 
dell�accisa e dell�IVA e tale impostazione potr� ragionevolmente adottarsi per 
ogni tassa di effetto equivalente dovuta all�importazione delle merci. 
Per le ragioni sopra estese si condivide nel risultato e nel metodo la soluzione 
sottoposta da codesta Agenzia a questa Avvocatura. 
Per completezza � appena il caso di precisare che residuano altri diritti 
connessi alle operazioni doganali, tra i quali possono annoverarsi ad esempio 
i diritti di magazzinaggio, le tasse di imbarco e sbarco delle merci trasportate 
per via aerea o marittima, i diritti di visita sanitaria; tuttavia essi non hanno 
natura di imposizione tributaria e i loro corrispettivi sono dovuti in relazione 
ad un servizio che l�operatore riceve solo in caso di svolgimento regolare 
dell�operazione, pertanto la loro violazione esonda dalla materia de qua e non 
inficia la validit� della soluzione elaborata. 
2.4 - Quanto alla riscossione delle imposte de quibus, si sottolinea che la 
Corte di Giustizia nella sentenza C-230/08 del 29 aprile 2010, con riguardo al 
caso di introduzione via terra delle merci contrabbandate nel territorio doga-
176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nale della Comunit� che siano state scoperte, sequestrate e distrutte in un altro 
Stato membro nel quale � proseguita l�importazione, statuisce - a mente rispettivamente 
degli artt. 202, 215 nn. 1 e 3 e 217 CDC e degli artt. 7, n. 2 e 10 
n. 3 della Sesta Direttiva IVA (ora artt. 30, primo comma, 70 e 71 primo 
comma, secondo paragrafo della Direttiva 2006/112/CE) - la competenza delle 
autorit� dello Stato membro situato alla frontiera pi� esterna della comunit� a 
riscuotere l�obbligazione doganale e l�imposta sul valore aggiunto, anche se 
dette merci sono state successivamente instradate in un altro Stato membro 
dove sono state scoperte e sequestrate. 
Sempre secondo la sentenza C-230/08, per�, qualora quelle merci siano 
detenute a scopo commerciale nello Stato membro dove sono state scoperte e 
sequestrate, la competenza per la riscossione dei diritti di accisa � di quest�ultimo 
Stato; il relativo accertamento di fatto spetta al giudice del rinvio. 
Nello stesso senso dispongono l�art. 2, secondo comma, lett. d) e l�art 7, 
primo comma, lett. c), del D.Lgs. 504/95 (TUA), di contenuto conforme al 
punto 11 delle considerazioni preliminari della Direttiva Accise vigente 
2008/118/CE, nonch� all�art. 7 primo comma della medesima. 
3 - In merito alla circostanza che la diversa sorte (vendita o distruzione) 
delle merci contrabbandate e sequestrate possa influire nell�applicazione dei 
principi di diritto e degli orientamenti interpretativi autorevolmente espressi 
dalla Corte di Giustizia, si ritiene che, non potendosi rinvenire nelle fonti e 
nella giurisprudenza alcuna argomentazione esplicita e/o implicita in tal senso, 
il silenzio del legislatore non escluda la possibilit� di applicare la normativa, 
siccome interpretata, indifferentemente dalla destinazione subita dalla merce 
oggetto di contrabbando. 
Codesta Agenzia chiede, quindi, lumi sulla qualificazione della merce sequestrata 
e confiscata, se comunitaria o non. 
Per valutare le conseguenze dell�esistenza dell�obbligazione doganale 
all�importazione sulla definizione della natura comunitaria o non della merce 
stessa, occorre operare, in limine, una distinzione in ordine ai diritti di confine 
che constano, come detto, dei tributi di qualsiasi tipo che la dogana riscuote a 
seguito dell�operazione doganale. 
Infatti, i dazi all�importazione (e quelli all�esportazione), i prelievi e le 
altre imposizioni all�importazione (o all�esportazione) dovuti in forza dei regolamenti 
e delle direttive comunitarie analizzate e delle relative norme di applicazione, 
fanno cambiare la posizione della merce da estera in comunitaria 
e viceversa. 
Quindi, per effetto del pagamento dei soli tributi dovuti per l�importazione 
da paesi terzi, l�origine della merce cambia da estera a comunitaria e si ha 
l�immissione in libera pratica della stessa. 
Diversamente, col pagamento degli altri tributi relativi ad imposte di consumo 
interne quali l�IVA, le Accise e i diritti di Monopolio - riscossi in occa-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 177 
sione delle operazioni doganali soltanto perch� trattasi di prodotti provenienti 
da paesi terzi - si perfeziona l�immissione in consumo delle merci. 
Detti tributi sarebbero, infatti, dovuti anche se la merce provenisse da un 
altro paese membro, seppure con modalit� diverse dalla riscossione in dogana. 
Tale conclusione risulta confermata dalla disamina delle fonti, relativa ai 
dazi all�importazione. 
Invero, in base all�art. 4, punto 7) CDC si intendono merci comunitarie 
quelle �importate da paesi o territori che non fanno parte del territorio doganale 
della Comunit� e immesse in libera pratica�. 
A completamento di tale disposto l�art. 79, comma primo e secondo CDC 
recita: �L�immissione in libera pratica attribuisce la posizione doganale di 
merce comunitaria ad una merce non comunitaria� ed �implica � l�applicazione 
dei dazi legalmente dovuti�. 
Infine l�art. 866 DAC (Reg, CEE 2454/93 del 2 luglio 1993, disposizioni 
di applicazione del CDC) dispone che: �� quando un�obbligazione doganale 
all�importazione sorge a norma degli articoli 202, 203, 204 o 205 del codice 
(CDC n.d.r.) e i dazi all�importazione sono stati pagati, tale merce � considerata 
comunitaria senza che sia necessaria una dichiarazione d�immissione in 
libera pratica� (sottolineatura della scrivente). 
Per quanto detto, dalla lettura integrata delle fonti citate pu� agevolmente 
ricavarsi che, previa applicazione e pagamento dei dazi, la merce oggetto di 
sequestro debba intendersi comunitarizzata. 
Fermo restando che il mancato pagamento di detti tributi comporter� il 
permanere della stessa nel vincolo al regime di deposito doganale di cui art. 
867 bis DAC. 
Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo di questa Avvocatura 
che si � espresso in conformit� nella riunione del 4 febbraio 2011. 
A.G.S. - Parere dell�11 marzo 2011 prot. 86594, avv. Beatrice Gaia 
Fiduccia, AL 6420/09. 
�Sulla natura della sanzione di cui all�art. 19 D.Lgs. n. 374/1990� 
Con le note in riferimento codesta Agenzia ha chiesto il parere della Scrivente 
in ordine alla natura della violazione prevista dall�art. 19 D.lgs. n. 
374/1990 al fine della corretta individuazione del procedimento per l�irrogazione 
della relativa sanzione (se quello descritto dalla l. n. 689/1981, ovvero 
quello previsto per le violazioni di norme tributarie dal D.lgs. n. 472/1997); 
nonch� al fine della individuazione del giudice munito di giurisdizione per la 
sua impugnativa, da indicarsi nel provvedimento irrogativo della sanzione. 
Detta qualificazione, precisa codesta Agenzia, si impone all�esito della 
declaratoria di incostituzionalit� dell�art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 546/1992
178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
- con sentenza additiva n. 130/2008 (testualmente:) - <nella parte in cui attribuisce 
alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque 
irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla 
violazione di disposizioni non aventi natura tributaria>; intervento con cui, 
in altri termini, si � giudicato come non conforme a costituzione il criterio di 
devoluzione alla giurisdizione tributaria in materia di sanzioni sulla base del 
mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell�organo competente 
all�irrogazione. 
Dopo aver ricordato che la norma in esame dispone testualmente: �1. E� 
vietato eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia 
permanenti, o stabilire manufatti galleggianti in prossimit� della linea doganale 
e nel mare territoriale, nonch� spostare o modificare le opere esistenti, 
senza l�autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale. La predetta 
autorizzazione condiziona il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, 
nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione. 
2. La violazione del divieto previsto dal comma 1 comporta l�applicazione, 
da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio, 
di una sanzione amministrativa di importo da un decimo all�intero 
valore del manufatto�, espone codesta Direzione Centrale che talune Direzioni 
Regionali prospettino la natura tributaria della violazione descritta in ragione 
delle seguenti considerazioni: 
1. la disposizione � inserita in contesto normativo che, eccettuati i primi 
due articoli, contiene esclusivamente norme di natura tributaria; 
2. la disposizione ripropone il precedente divieto previsto dall�art. 13 
D.P.R. n. 43/1973 (TULD), gi� collocato nel capo dedicato dal predetto Testo 
Unico alle norme in materia di vigilanza, controlli e poteri degli uffici doganali 
ovvero a norme regolanti l�esercizio della vigilanza fiscale sulla linea doganale 
e nel mare territoriale; 
3. e 4. l�interesse protetto dalla disposizione sarebbe proprio quello relativo 
a detta funzione di vigilanza, estranei invece gli interessi pubblici di natura 
urbanistica, edilizia e paesaggistica data l�espressa previsione della necessit� 
di menzionare l�autorizzazione altrimenti concessa dalle autorit� doganali nel 
rilascio di ogni altra, con conseguente efficacia condizionante della prima; la 
funzione di controllo, cos� demandata all�Agenzia delle Dogane, conferirebbe 
natura tributaria alla relativa sanzione; 
5. le violazioni pure previste da altre norme in funzione di controllo, quali 
quelle previste dall�art. 48, comma 1 e dall�art. 50, comma 3, del D.lgs. n. 
504/95 nonch� dall�art. 35, comma 35, del D.L. n. 223/2006, sarebbero regolate 
dal procedimento previsto dal D.lgs. n. 472/97. 
Dette argomentazioni, ad avviso di codesta Direzione Centrale, non sarebbero 
tuttavia decisive alla luce del principio espresso dalla Corte Costituzionale 
nella richiamata decisione nel senso della imprescindibilit�, agli effetti
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 179 
della sussistenza della giurisdizione tributaria, della <natura tributaria del rapporto> 
cui le sanzioni ineriscono. In particolare, codesta Direzione ritiene che 
tale rapporto non sussista nel caso di specie dovendosi considerare quanto precisato 
in altri pronunciamenti della Corte Costituzionale per accertare se la 
controversia devoluta ai giudici tributari abbia o non effettiva natura tributaria, 
secondo cui, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che 
disciplina tali entrate, i criteri �consistono nella doverosit� della prestazione 
e nel collegamento di questa alla pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto 
economicamente rilevante� (cfr. C. Cost. n. 64/2008; n. 334/2006; 
n. 73/2005 e n. 2/1995). 
Quanto sopra richiamato, parrebbe a questa Avvocatura che alla disposizione 
in oggetto possa conferirsi natura tributaria in base alle considerazioni 
che seguono. 
Muovendo dall�esame della motivazione della richiamata sentenza n. 
130/2008, i passaggi argomentativi della Corte Costituzionale possono sintetizzarsi 
come segue. 
L�art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 546/1992 individua l�oggetto della giurisdizione 
tributaria stabilendo che appartengono ad essa <<tutte le controversie 
aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi 
quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario 
nazionale, nonch� le sovraimposte e le addizionali>>. Stabilisce, 
inoltre, che appartengono alla medesima giurisdizione <<le sanzioni amministrative, 
comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio>>. 
Premette la Corte che tale disposizione veniva interpretata, anche dalla 
giurisprudenza di legittimit�, nel senso di attribuire alla giurisdizione tributaria 
non solo le controversie concernenti i tributi, ma anche, in via residuale, le 
controversie concernenti le sanzioni irrogate in relazione ad infrazioni connesse 
alla violazione di norme che non necessariamente attenevano a tributi 
essendo sufficiente, secondo la lettera della norma, la natura finanziaria dell�organo 
competente ad irrogare la sanzione. 
Ricorda inoltre la Corte che precedenti vagli di costituzionalit� della 
norma in esame erano stati risolti dichiarando inammissibili le questioni prospettate 
in ragione della possibilit� di dare all�art. 2 D.Lgs. n. 546/92 un�interpretazione 
conforme a Costituzione, la quale valorizzasse <<la natura 
tributaria del rapporto cui deve ritenersi imprescindibilmente collegata la giurisdizione 
del giudice tributario>> e non gi� limitandosi a considerare solo il 
profilo soggettivo concernente la natura dell�organo competente ad irrogare 
la sanzione (ordinanze nn. 34/2006, 395/2007, 94 e 35/2006 richiamate nella 
cit. sentenza Corte Cost. n. 130/2008). 
Procede, quindi, la Corte ribadendo quanto gi� chiarito con sentenza n. 
64/2008, segnatamente che:
180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
- la giurisdizione tributaria deve essere considerata un organo speciale di 
giurisdizione preesistente alla Costituzione; 
- l�oggetto di tale giurisdizione pu� essere modificato dal legislatore ordinario 
che, tuttavia, incontra il duplice limite costituzionale di <<non snaturare 
le materie attribuite>> e di <<assicurare la conformit� a Costituzione>> 
delle medesime giurisdizioni (ord. n 144/1998); 
- il mancato rispetto del limite di �non snaturare � le materie originariamente 
attribuite alle indicate giurisdizioni si traduce nell�istituzione di un 
�nuovo� giudice speciale, espressamente vietata dall�art. 102 Cost.; 
- l�<<identit� della �natura� delle materie>> oggetto delle suddette giurisdizioni 
costituisce, cio�, una condizione essenziale perch� le modifiche legislative 
di tale oggetto possano qualificarsi come una consentita �revisione� 
dei giudici speciali e non come una vietata introduzione di un �nuovo� giudice 
speciale (ancora richiamando la sentenza n. 64/2008). 
Sulla base di dette argomentazioni, la Corte conclude testualmente: �non 
cՏ dubbio che la lettura dell�art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, d� 
il diritto vivente, finisce per attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie 
relative a sanzioni unicamente sulla base del mero criterio soggettivo 
costituito dalla natura finanziaria dell�organo competente ad irrogarle e, dunque, 
a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni ineriscono. 
Essa, dunque, si pone in contrasto con l�art. 102, secondo comma, e 
con la VI disposizione transitoria della Costituzione, risolvendosi nella creazione 
di un nuovo giudice speciale�. 
Ritiene la Scrivente, anche alla luce delle richiamate ragioni argomentative 
della declaratoria di incostituzionalit�, che nelle fattispecie sanzionatorie, 
strutturalmente costituite da una componente precettiva e da un�altra afflittiva, 
determinante della devoluzione alla giurisdizione tributaria sembrerebbe essere 
l�indagine del bene giuridico tutelato dalla disposizione, ovvero dell�interesse 
pubblico perseguito e soddisfatto con l�adempimento dell�obbligo sanzionato. 
Seppure, come evidenziato da codesta Direzione Centrale, la Corte ha pi� 
volte precisato che i criteri per individuare la natura tributaria della controversia 
consistono <nella doverosit� della prestazione, in mancanza di un rapporto 
sinallagmatico tra parti, e nel collegamento di detta prestazione alla 
pubblica spesa in relazione a un presupposto economicamente rilevante> (criteri 
da ultimo ribaditi anche con sentenze n. 141/2009 e n. 39/2010), � anche 
vero che tali argomentazioni sono state spese allorch� si discuteva se un dato 
prelievo avesse natura tributaria o fosse piuttosto riconducibile ad entrata di 
altro tipo, con conseguente devoluzione, solo nel primo caso, delle relative 
controversie alla cognizione del giudice tributario. 
Gli stessi criteri, invece, non possono ritenersi propriamente esausitivi 
qualora, come nel caso di specie, debba valutarsi della natura tributaria di una 
disposizione non gi� impositiva di una prestazione, bens� precettiva di un dato
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 181 
obbligo alla cui violazione � comminata la sanzione. 
In tal caso parrebbe non potersi prescindere dal procedere secondo un�intepretazione 
teleologico-funzionale della previsione, in cui possa assumere 
carattere decisivo della <natura tributaria> proprio l�individuazione del fine 
primario di tutela dell�interesse pubblico alla corretta applicazione di dati tributi 
o, prima ancora, al controllo della loro evasione. 
Giova a riguardo ricordare che la fattispecie occasionata dalla pronuncia 
della Corte Costituzionale n. 130/2008 riguardava sanzioni amministrative (allora) 
comminate dall�Agenzia delle Entrate per la violazione inerente all�impiego 
di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie. In tale fattispecie, 
di contro, l�interesse primario perseguito dalla norma al vaglio � quello della 
tutela del lavoratore, con evidente <estraneit� della materia> (volendo richiamare 
la terminologia della Corte) rispetto a quella tributaria. 
Di contro la disposizione in esame, con cui il legislatore ha inteso impedire 
la realizzazione di costruzioni non autorizzate lungo la linea doganale 
(costituita, ai sensi dell�art. 1 del T.U.L.D., dalla linea retta congiungente i 
punti pi� foranei della costa, nonch� dai confini doganali) e lungo il mare territoriale 
(inteso, ai sensi dell�art. 2 stesso T.U., quale territorio circoscritto 
dalla linea doganale) attraverso l�espletamento di un controllo preventivo da 
parte dell�autorit� doganale competente - pur nella difficolt� di individuazione 
dell�interesse in concreto protetto con i singoli provvedimenti di irrogazione 
della sanzione di specie in ragione del fatto che l�Agenzia delle Dogane non 
svolge unicamente attivit� tributaria strettamente intesa - converge verso la 
prevalenza di una funzione di prevenzione della violazione delle norme anticontrabbando 
e, in senso ampio, di controllo ai fini della corretta applicazione 
dei diritti e tributi doganali. 
Per tali ragioni, sembrerebbe conforme ai parametri di costituzionalit� 
sopra richiamati ritenere che l�art. 19 D.lgs. n. 374/1990 sia <disposizione 
avente natura tributaria>, n� che altrimenti <snaturi la materia> gi� devoluta 
al giudice speciale la devoluzione alla giurisdizione tributaria delle controversie 
attinenti ai provvedimenti irrogativi della sanzione di specie, da adottarsi 
quindi secondo il procedimento disciplinato dal D.lgs. n. 472/1997. 
Si ritiene che possa adottarsi la linea interpretativa suggerita salvo il formarsi 
di diverso orientamento giurisprudenziale in sede di legittimit� che all�occasione 
si avr� cura di sollecitare. 
Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo 
che lo ha approvato nella seduta dell�8 marzo 2011.
182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
A.G.S. - Parere del 26 marzo 2011 prot. 10411, avv. Gabriella Mangia, 
AL 6519/10. 
�Spettanza del rimborso delle spese legali in giudizi per responsabilit� 
civile, penale e amministrativa nei confronti di dipendenti di amministrazioni 
statali� 
(...) 
5. Al riguardo, la presente disamina deve prendere le mosse dalla disposizione 
normativa qui conferente, rappresentata dall�art. 18 del D.L. 25 marzo 
1997, n. 67, convertito dalla l. 25 maggio 1997, n. 135, al fine di poterne individuare 
la corretta interpretazione. La menzionata disposizione recita: �Le 
spese legali relative a giudizi per responsabilit� civile, penale e amministrativa, 
promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza 
di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con 
l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento 
che escluda la loro responsabilit�, sono rimborsate dalle amministrazioni 
di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello 
Stato�. 
Due quindi sono i presupposti che devono concorrere affinch� possa riconoscersi 
come fondata la pretesa al rimborso delle spese legali sostenute in 
un procedimento penale: che il giudizio di responsabilit� penale sia stato promosso 
in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio 
o con l'assolvimento degli obblighi istituzionali; che esso si sia concluso con 
sentenza od altro provvedimento che abbia escluso la responsabilit� dell'imputato. 
Sul secondo dei requisiti non corre alcun dubbio, attesa la pacifica sussistenza 
di un decreto di archiviazione nei confronti del (...). 
Ai fini della risoluzione del quesito posto, invece, la parte pi� rilevante 
della predetta disposizione � costituita dalla necessaria connessione dei fatti o 
atti integranti la condotta delittuosa per la quale si � proceduto con l�espletamento 
del servizio o con l�assolvimento di obblighi istituzionali. 
Ci� premesso, in linea di principio, affinch� possa affermarsi sussistente 
il primo dei due presupposti non � sufficiente che l'impianto accusatorio abbia 
fatto leva sulla mera qualifica soggettiva dell'agente. Se cos� fosse, si svuoterebbe 
di significato, riducendola a non pi� di una tautologia, qualsivoglia indagine 
circa la presenza del suddetto requisito. 
In realt�, ai fini del riconoscimento del rimborso delle spese legali ex art. 
18 d.l. 67/1997, non � sufficiente un generico collegamento funzionale tra l'indagato 
(o imputato), il fatto addebitatogli e l'esercizio delle sue attribuzioni, 
ma deve bens� essere ravvisabile icto oculi il rapporto di immedesimazione 
organica tra dipendente e pubblica amministrazione ( si veda il parere del Consiglio 
di Stato, sez. 3, prot. 1914/2008; TAR Lazio, sez. I quater, n.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 183 
29783/2010, sulla necessit� della �connessione dei fatti e atti, che hanno integrato 
la condotta delittuosa, con l�espletamento del servizio o con l�assolvimento 
di obblighi istituzionali e sulla circostanza che il giudizio abbia del 
tutto escluso la responsabilit� del dipendente pubblico, cui i fatti ed atti erano 
stati ascritti�). In altre parole, l'attivit� di cui si sia paventata l'illiceit� penale 
deve essere immediatamente riferibile alla p.a., e non in occasionale collegamento 
temporale con il servizio. Solo in presenza di codesto requisito pu� essere 
invocato il divieto di locupletatio cum aliena iactura, principio sotteso 
alla disciplina de qua. Concludendo, la qualifica soggettiva � condizione necessaria 
ma non sufficiente, richiedendosi che il fatto o l�atto di cui � accusato 
il pubblico ufficiale sia ricompreso nelle funzioni da quest�ultimo normalmente 
assolte. 
(...) 
7. E� stato sentito il Comitato Consultivo che si � espresso in conformit� 
nella seduta del 22 marzo u.s.. 
A.G.S. - Parere dell�8 aprile 2011 prot. 120932, avv. Chiarina Aiello, 
AL 8874/11. 
�Accordi di programma di natura transattiva per la messa in sicurezza e 
bonifica di siti inquinati. Non transigibilit� della responsabilit� da illeciti ambientali
� 
Con la nota cui si risponde codesto Ufficio Commissariale espone che alcune 
aree prospicienti il fiume Sacco nel comune di Colleferro presentano da 
decenni una situazione di grave inquinamento del suolo/sottosuolo e della 
falda acquifera. Espone altres� che � stata da alcuni anni dichiarata l�emergenza 
ambientale (dpcm 19 maggio 2005 e successive proroghe) e si � intrapreso il 
procedimento volto ad individuare gli interventi necessari a mettere in sicurezza 
e a bonificare il sito interessato dal problema. In particolare, il Dipartimento 
di Idraulica, Trasporti e Strade della facolt� di Ingegneria 
dell�Universit� �La Sapienza� ha redatto un progetto definitivo per la bonifica 
del suolo/sottosuolo dell�area denominata �Arpa 2�. 
Tale progetto segue quello elaborato nel 2008 dal medesimo Dipartimento 
relativamente all�area denominata �Arpa 1�, in merito al quale, e all�accordo 
conseguente con la soc. (...), questa Avvocatura si � espressa con il parere del 
4 luglio 2008 n. 86704. 
Anche l�area in questione, come quella oggetto della precedente consultazione, 
� stata acquistata nel dicembre 1995 dalla soc. (...), che la utilizza a 
servizio di un opificio industriale, di cui non viene precisata la natura. 
Si � quindi applicato alla societ� il disposto degli artt. 242 ss. d.lgs. 
152/2006, i quali prevedono che il soggetto responsabile dell�inquinamento �
184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
obbligato a realizzare a proprio carico gli interventi di risanamento; che il soggetto 
non responsabile ma comunque interessato al risanamento pu� attivarsi 
per realizzare tali interventi; che in mancanza di interventi privati, spetta all�amministrazione 
mettere in sicurezza e bonificare i siti inquinati recuperando 
i costi a carico del responsabile dell�inquinamento o, in via sussidiaria, cio� 
nella dimostrata impossibilit� per l�amministrazione di individuare o di escutere 
il responsabile, a carico del proprietario non responsabile, che sar� tenuto 
entro i limiti di importo indicati dall�art. 253 c. 4. 
La societ� (...).ha sempre contestato di essere responsabile dell�inquinamento 
delle aree in esame. Per quanto attiene alla sua possibile obbligazione 
sussidiaria quale proprietaria del sito, ha altres� contestato che l�amministrazione 
abbia dimostrato adeguatamente l�impossibilit� di individuare il responsabile 
dell�inquinamento. A questo riguardo ha proposto due ricorsi al Tar del 
Lazio, attualmente pendenti. La societ� ha peraltro provveduto a proprie spese 
alle opere di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza dei siti di 
sua propriet� interessati alla bonifica (oltre al sito Arpa 1, e al sito Arpa 2, sito 
ex Cava di Pozzolana). 
Ci� premesso, codesto Ufficio commissariale riferisce di avere concluso 
con la societ� (...) una ipotesi di accordo, in base al quale si stabiliscono le attivit� 
e il contributo economico cui saranno tenute l�amministrazione e la (...). 
per realizzare la bonifica e la messa in sicurezza permanente del suolo/sottosuolo 
del sito Arpa 2, nonch� lo smaltimento dei materiali provenienti dalla 
bonifica della contigua area denominata �Chetoni � fenilglicina�, di propriet� 
della (...) in amministrazione straordinaria, e la realizzazione e gestione delle 
opere occorrenti per la bonifica dell�acquifero del sito denominato �Benzoino 
e derivati�. 
Si rende quindi il parere sulla bozza dell�accordo di programma. 
1. Correttamente l�accordo da stipulare non viene ricondotto (nonostante 
la dicitura usata nella nota che si riscontra) all�accordo di programma di cui 
all�art. 246 dlgs 152/2006. Invero il comma 1 di tale articolo prevede che �I 
soggetti obbligati agli interventi di cui al presente titolo ed i soggetti altrimenti 
interessati hanno diritto di definire modalit� e tempi di esecuzione degli interventi 
mediante appositi accordi di programma stipulati, entro sei mesi dall'approvazione 
del documento di analisi di rischio di cui all'articolo 242, con 
le amministrazioni competenti ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo�. 
Nella specie invece l�intervento previsto � eseguito d�ufficio da codesto 
Commissario e la convenzione prevede l�assunzione di varie obbligazioni a 
carico della (...) in particolare di corresponsione del previsto contributo nella 
misura determinata nella stessa convenzione e rapportata ai limiti della relativa 
obbligazione esistente a carico della parte siccome proprietaria in tesi incolpevole 
dell�inquinamento. 
2. Quanto al presupposto degli obblighi assunti dalla (...), si rileva che le
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 185 
parti non sembrano manifestare un comune accordo sulla circostanza se la (...) 
sia effettivamente estranea a qualsiasi responsabilit� nei fatti che hanno condotto 
all�inquinamento del sito. Tali fatti, secondo la societ�, risalirebbero agli 
anni 30 o, al pi� tardi, agli anni 70, mentre la (...) ha iniziato ad utilizzare il 
sito alla fine del 1995, e per attivit� diverse da quelle svoltevi dai precedenti 
utilizzatori, sicch� non sussisterebbe alcun nesso causale tra la sua attivit� e 
l�inquinamento (pag. 4 della bozza trasmessa). 
3. La Scrivente osserva che da quanto esposto nelle premesse della bozza 
di accordo (unico documento trasmesso) non emergono circostanze di fatto 
che consentano di confermare o smentire questo presupposto. Emerge tuttavia 
che codesto Ufficio commissariale non ha mai revocato le note citate nelle 
pagg. 6 e 7 della bozza, nelle quali ha ipotizzato che la (...) possa essere considerata 
responsabile ai sensi degli artt. 242 ss. d.lgs. 152/2006. 
4. Il presente parere non pu� quindi in nessun caso essere inteso come 
una attestazione dal punto di vista giuridico della fondatezza dell�affermazione 
della societ� di essere estranea a responsabilit� per l�inquinamento del sito. 
Esso viene reso assumendo tale presupposto come mera ipotesi di partenza, 
ma rimane salva ogni diversa conclusione qualora emergessero in seguito circostanze 
che possano dimostrare una responsabilit� totale o parziale della societ� 
nell�inquinamento. 
5. Questa precisazione � necessaria per chiarire che con la stipula dell�accordo 
l�amministrazione non pu� n� intende rinunciare (trattandosi di materia 
evidentemente indisponibile) ad esercitare anche nei confronti della (...). 
i propri poteri di ricerca dei responsabili dell�inquinamento o, comunque, di 
applicazione delle norme sanzionatorie e di responsabilit� che divengono operanti 
qualora tali responsabili vengano in qualsiasi sede individuati. 
6. Considerata l�ambiguit� del presupposto ora analizzato, � evidente che 
l�assetto di interessi formalizzato nell�atto diverrebbe pi� chiaro se si inserissero 
espressamente delle clausole (come in seguito illustrate) che rendessero 
esplicita la provvisoriet� dell�ipotesi posta a base dell�accordo. 
7. Passando ad esaminare la struttura generale dell�accordo, questo in sostanza 
regola le attivit� che l�Ufficio commissariale e la (...) svolgeranno nella 
realizzazione del progetto di bonifica. L�art. 1 par. 3 individua le aree oggetto 
di intervento e definisce la tipologia generale degli interventi stessi. 
8. Nel par. 1 dell�art. 1 si dichiara che la (...) nega la propria responsabilit� 
nella contaminazione del sito, e che questa dichiarazione �non impegna l�Ufficio 
commissariale�. Per chiarezza, appare opportuno aggiungere �n� alcuna 
altra amministrazione competente in materia di tutela dell�ambiente�. La circostanza 
che l�accordo viene stipulato all�esito di ripetute conferenze di servizi 
convocate dall�Ufficio commissariale potrebbe infatti essere considerata come 
evidenziante, altres�, una funzione di rappresentanza di tutte le amministrazioni 
intervenute alle conferenze, svolta dall�Ufficio nello stipulare l�accordo.
186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
9. Nel par. 2 dell�art. 1 si affronta la questione del rapporto tra l�accordo 
in esame e la figura della �transazione globale� introdotta dall�art. 2 d.l. 30 
dicembre 2008 n. 208, conv. in l. 27 febbraio 2009 n. 13 (a questo proposito 
va corretta l�indicazione della norma contenuta nella bozza, in cui si menziona 
un inesistente �art. 2 l. 27 febbraio 2009 n. 13 �). In questa clausola si precisa 
che �il presente accordo, che si esclude possa trattarsi di transazione globale 
ex art. 2 legge 27 febbraio 2009 n. 13, rappresenta il riferimento programmatico, 
procedimentale e finanziario diretto alla realizzazione degli interventi 
che ne costituiscono l�oggetto. Esso definisce, solo per la predetta realizzazione, 
le modalit� operative, procedimentali e di coordinamento, gli impegni 
delle parti sottoscriventi, nonch� i criteri di riparto degli oneri finanziari di 
rispettiva competenza�. 
10. In proposito si osserva che l�introduzione dell�art. 2 d.l. 208/08 ha 
definitivamente confermato a livello sistematico la non disponibilit� in linea 
di principio della materia attinente alle responsabilit� civili e amministrative 
conseguenti agli illeciti ambientali. Soltanto attraverso lo specifico e assai 
complesso procedimento disciplinato dalla norma (proposta del Ministro dell�ambiente, 
parere dell�Avvocatura generale dello Stato, conferenza di servizi, 
autorizzazione alla stipula da parte del Consiglio dei ministri) � infatti possibile 
definire transattivamente, e con effetto nei confronti di tutte le amministrazioni 
pubbliche interessate, le conseguenze sia civili che amministrative di tali illeciti. 
Al di fuori di questa ipotesi, non si possono considerare ammissibili transazioni 
sulla responsabilit� da illecito ambientale. 
11. Per questo � opportuna la precisazione contenuta nella clausola in 
esame secondo cui l�accordo non solo non costituisce transazione globale ai 
sensi dell�art. 2 d.l. 208/08, ma si limita a porre la disciplina convenzionale 
delle attivit� di bonifica dei siti in esso menzionati, senza voler produrre alcun 
effetto ulteriore rispetto all�esecuzione di tali attivit�. Tuttavia, per meglio 
chiarire questo aspetto, essenziale ai fini della validit� dell�accordo sotto il 
profilo causale, appare opportuno sostituire la prima frase della clausola con 
la seguente: �Il presente accordo, che le parti concordemente escludono che 
possa costituire transazione, anche ai sensi dell�art. 2 decreto legge 30 dicembre 
2008 n. 208 convertito con modifiche nella legge 27 febbraio 2009 n. 
13, rappresenta il riferimento programmatico ��. 
12. L�art. 2 commi 1 e 2 definisce le attivit� che l�Ufficio commissariale 
si obbliga a porre in essere. Allo scopo di rendere esplicita la ipoteticit� del 
presupposto assunto dalle parti a base dell�accordo (assenza di responsabilit� 
in capo alla (...)), come preannunciato nel precedente punto 7 � necessario integrare 
la frase di apertura della clausola. In luogo della formula �In ragione 
della indisponibilit� formalmente manifestata dalla (...), l�Ufficio commissariale 
assume l�esecuzione dell�insieme degli interventi destinati alla progettazione 
e realizzazione della messa in sicurezza permanente del sito Arpa 2
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 187 
�� occorre inserire la seguente: �In ragione della indisponibilit� formalmente 
manifestata dalla Se.Co.Sv.Im., l�Ufficio commissariale, senza che ci� comporti 
rinuncia ad eventuali future iniziative ai sensi di legge in caso di accertata 
responsabilit�, anche parziale, della (...) nella contaminazione delle 
aree oggetto del presente accordo, assume l�esecuzione dell�insieme degli interventi 
destinati alla progettazione e realizzazione della messa in sicurezza 
permanente del sito Arpa 2 ...�. 
13. Diversamente, il diretto collegamento tra l�indisponibilit� della (...) e 
l�assunzione degli obblighi da parte dell�Ufficio, potrebbe essere inteso come 
accettazione definitiva da parte di questo del punto di vista della societ� circa 
la propria assenza di responsabilit� nella contaminazione del sito. 
14. L�art. 3 prevede il diritto dell�Ufficio commissariale di utilizzare la 
vasca di confinamento che sorger� nel sito Arpa 2, che � di propriet� della (...), 
per conferirvi anche il materiale proveniente dalla bonifica dell�area Chetoni 
di propriet� della (...) in amministrazione straordinaria. Bonifica che l�Ufficio 
eseguir� procedendo in danno della inadempiente (...). A questo riguardo sul 
piano formale occorre integrare la denominazione del sito, individuandolo, 
come fatto in tutte le altre parti della bozza, come �sito Chetoni-fenilglicina�. 
15. Nel merito, si osserva che la capacit� complessiva della vasca di confinamento 
� stimata in mc. 150.000. Questo limite pu� determinare un conflitto 
di interessi tra codesto Ufficio commissariale e la (...) in ordine alla provenienza 
del materiale da conferire. Mentre infatti � evidente interesse della (...) 
che la vasca sia utilizzata al massimo per conferirvi il materiale proveniente 
dai siti di sua propriet�, � interesse di codesto Ufficio poter disporre della vasca 
per conferire anche il materiale di provenienza (...). Dal punto 7 del verbale 
n. 11 della Conferenza di servizi del 5 agosto 2010 si apprende infatti che la 
possibilit� di utilizzare una struttura di stoccaggio interna alla propriet� (...) 
per lo smaltimento dei materiali di bonifica provenienti sia da tale propriet� 
che dalla propriet� (...) � essenziale all�economia dell�intervento. Poich� al 
conferimento di tutto il materiale (sia (...). che (...)) dovr� provvedere codesto 
Ufficio commissariale tramite l�impresa affidataria dell�intervento, sembra opportuno 
inserire nella clausola la seguente precisazione: �La (...) dichiara preventivamente 
che non avr� nulla a pretendere dal�Ufficio commissariale e 
suoi aventi causa per effetto della quantit� di materiale proveniente dal sito 
Chetoni-fenilglicina che verr� conferita nella vasca di confinamento, n� in 
relazione all�eventuale esaurimento per tale motivo della capacit� della vasca 
stessa�. 
16. Gli artt. 4 e 5 disciplinano il contributo economico cui si obbliga (...). 
In questo quadro negoziale, il punto essenziale sta nell�implicito esonero della 
(...) dal privilegio e dall�azione di rivalsa dell�amministrazione previsti dall�art. 
253 commi 3 e 4 (secondo i quali �Il privilegio e la ripetizione delle spese 
possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole
188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento 
motivato dell'autorit� competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilit� 
di accertare l'identit� del soggetto responsabile ovvero che giustifichi 
l'impossibilit� di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto 
ovvero la loro infruttuosit��; �il proprietario non responsabile dell'inquinamento 
pu� essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento 
motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, 
n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorit� competente soltanto nei 
limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli 
interventi medesimi�). 
17. E� evidente che la legittimit� di questa disciplina negoziale presuppone 
che il valore complessivo degli oneri economici posti a carico di (...) corrisponda, 
per lo meno in modo approssimativo, al parametro legale di 
responsabilit� del proprietario �incolpevole� stabilito dall�art. 253 comma 4, 
cio� al �valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli 
interventi medesimi� (ricordando che per �sito� ai sensi dell�art. 240 c. 1 lett. 
a] deve intendersi �l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e 
determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed 
acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche 
presenti�). Dagli atti trasmessi non risulta se sia stata effettuata questa 
valutazione di congruit�, che appare tuttavia essenziale e dovrebbe essere, se 
effettuata, richiamata nelle premesse dell�atto. 
18. Nell�art. 5 par. 3 la clausola inerente alla polizza fideiussoria promessa 
dalla Se.Co.Sv.Im. deve essere integrata nei termini seguenti: �La Se.Co.Sv.Im. 
S.r.l. si impegna a costituire tramite primario istituto bancario o assicurativo 
specifica polizza fideiussoria a prima richiesta e senza eccezioni opponibili 
dal garante a garanzia ��. 
19. Con l�art. 5 par. 5, la (...) si impegna a sostenere i costi di gestione 
post operativa e di manutenzione dell�area di confinamento dei materiali, nonch� 
i costi di manutenzione e gestione delle opere di bonifica dell�acquifero 
del sito Benzoino e derivati. In proposito si deve osservare che tali costi, riguardando 
presidi antinquinamento realizzati all�interno del sito di propriet� 
della societ�, comunque sarebbero ricaduti su di essa. Il solo effetto pratico 
della clausola sembra quindi quello di limitare all�importo �stimato� di � 
5.500.000,00 il costo che la societ� sar� tenuta a sopportare per un esercizio 
di cui non � nota la durata (che nel caso del sito �Arpa 1� era invece indicata 
come trentennale). Rimane non chiarito che cosa accadrebbe qualora gli oneri 
in questione superassero tale �stima�. Sembra peraltro che, salva l�eccessiva 
onerosit� sopravvenuta, la societ� rimarr� tenuta a sopportare tali oneri. 
20. Inoltre, anche riguardo a tale obbligazione, il cui corretto adempimento 
appare essenziale nell�economia dell�accordo, poich� l�effetto pratico 
dell�intervento di bonifica potrebbe essere compromesso da una non corretta
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 189 
gestione e manutenzione della discarica e della barriera idraulica, appare necessario 
estendere le sanzioni pecuniarie e risolutorie previste, invece, dall�art. 
6 per il solo caso di inadempimento alle obbligazioni di cui all�art. 5 par. 2. 
21. La clausola contenuta nell�art. 5 par. 7, secondo cui �Resta inteso che 
nessun ulteriore importo potr� essere richiesto alla societ� (...) dall�Ufficio 
commissariale per l�esecuzione degli interventi di messa in sicurezza permanente 
di Arpa 2 e per gli interventi di cui all�art. 4 comma 3 ��. � eccessivamente 
perentoria, e potrebbe contrastare con quanto gi� precisato nei 
precedenti punti 7 e 13, ingenerando il convincimento che l�esecuzione dell�accordo 
produca un effetto integralmente liberatorio a favore della societ�. 
Anche questa clausola andr� quindi integrata nel seguente modo: �resta inteso 
che sulla base del presente accordo, e senza pregiudizio dell�esercizio dei 
poteri di legge in caso di accertata responsabilit�, anche parziale, della (...) 
nella contaminazione delle aree oggetto del presente accordo, nessun ulteriore 
importo potr� essere richiesto alla societ� (...) dall�Ufficio commissariale 
per l�esecuzione degli interventi di messa in sicurezza permanente di 
Arpa 2 e per gli interventi di cui all�art. 4 comma 3 ��. 
22. Opportuna � la clausola contenuta nell�art. 5 par. 8, che recepisce il 
suggerimento dato dalla Scrivente nel precedente parere in merito all�accordo 
per il sito Arpa 1, circa la previsione di una procedura di revisione dell�accordo 
in caso di sopravvenienze di importanza tecnica o economica sostanziale. 
Conclusivamente, alle condizioni indicate nei punti che precedono, la 
Scrivente esprime parere positivo sulla bozza di accordo trasmessa da codesto 
Ufficio commissariale, per la sottoscrizione da parte del commissario delegato 
(o del soggetto attuatore appositamente autorizzato) 
In tali sensi si � espresso il Comitato Consultivo in data 22 marzo 2011. 
A.G.S. - Parere del 12 aprile 2011 prot. 124217, avv. Roberta Tortora, 
AL 2111/11. 
�Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81. Individuazione del datore di 
lavoro ai fini dell�adozione delle misure di prevenzione, successivamente all�entrata 
in vigore del Regolamento di riorganizzazione del Ministero dell�Economia 
e delle Finanze, a norma dell�art. 1, comma 404, della legge 27 
dicembre 2006, n. 296, di cui al D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43� 
In esito alla nota in riferimento, la Scrivente osserva quanto segue. 
In primo luogo appare opportuno ricordare che l�art. 2 della L.n. 626/1994 
definiva il datore di lavoro come �il soggetto titolare del rapporto di lavoro 
con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione 
dell'impresa, ha la responsabilit� dell'impresa stessa ovvero dell'unit� 
produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri
190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
decisionali e di spesa.�, precisando che �Nelle pubbliche amministrazioni di 
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore 
di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero 
il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui 
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale�. La lettera 
i) dell�art. 2 citato definiva l�unit� produttiva come lo �stabilimento o 
struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria 
e tecnico funzionale�. 
Successivamente la materia � stata regolata dalla lettera b) dell�art. 2, 
comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, secondo la quale il datore di lavoro 
� �il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito 
il lavoratore presta la propria attivit�, ha la responsabilit� dell'organizzazione 
stessa o dell'unit� produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. 
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto 
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente 
al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica 
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio 
avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole 
amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli 
uffici nei quali viene svolta l'attivit�, e dotato di autonomi poteri decisionali 
e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme 
ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice 
medesimo�. 
L�aspetto fondamentale, comune alle due norme, dunque, � quello della 
sussistenza di un �potere di gestione� su una �unit� produttiva�, cio� su una 
struttura avente autonomia funzionale, gestionale e finanziaria. In altri termini, 
colui che dovr� rispondere della sicurezza dei lavoratori � colui che pu� decidere, 
in concreto, in quali condizioni ambientali e di sicurezza dovr� essere 
svolta la prestazione lavorativa, essendo titolare, altres�, del potere di spesa 
necessario per poter intervenire sulle predette condizioni. 
Alla luce di quanto sopra, con specifico riferimento all�Amministrazione 
dell�economia e delle finanze, si osserva, innanzitutto, che l�art. 16 del D.P.R. 
30 gennaio 2008 n. 43, lettera a), affida espressamente al Dipartimento dell'amministrazione 
generale, del personale e dei servizi �l'attuazione delle disposizioni 
contenute nel decreto legislativo n. 626/1994�: tale rinvio deve 
intendersi come un rinvio �mobile� alle disposizioni in materia di prevenzione 
e sicurezza, ora contenute nel D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81. 
La sicurezza sul posto di lavoro rientra, poi, ai sensi del V comma del 
medesimo art. 16, tra le competenze degli uffici di livello dirigenziale non generale 
che operano alle dirette dipendenze del capo del Dipartimento dell'amministrazione 
generale, del personale e dei servizi. 
Ai sensi dell�art. 17 del citato D.P.R. 30 gennaio 2008 n. 43, nell�ambito
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 191 
del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, 
la Direzione centrale per la logistica e gli approvvigionamenti svolge, tra le 
varie funzioni, anche quella di gestione degli spazi e delle superfici interni ed 
esterni e quella di rilevamento ed analisi delle esigenze logistiche degli uffici 
centrali e locali, anche su indicazione della struttura di coordinamento degli 
uffici territoriali e del corpo ispettivo ed attuazione delle misure atte al loro 
soddisfacimento, secondo livelli di servizio definiti. 
Peraltro, in via generale, la scelta del Legislatore, per l�Amministrazione 
dell�Economia e delle Finanze e per gli Uffici da essa dipendenti, � nel senso 
di accentrare nel Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e 
dei servizi tutte le funzioni di gestione e di spesa concernenti non solo gli approvvigionamenti 
e la fornitura di risorse sia umane sia materiali, ma anche, 
pi� in generale, la sicurezza sul posto di lavoro, e ci� a prescindere dalla circostanza 
che si tratti di un ufficio centrale o periferico. 
Prova ne sia la circostanza che qualunque altro Ufficio facente capo all�Amministrazione 
dell�Economia e delle Finanze, ove ravvisi una particolare 
esigenza di sicurezza o di prevenzione sul posto di lavoro, non pu� provvedere 
direttamente ad effettuare le spese necessarie a farvi fronte, ma deve interessare 
il Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, 
il quale disporr� la relativa spesa solo se riterr� l�intervento opportuno e possibile. 
Non solo, ma il Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale 
e dei servizi pu� e deve agire, in materia di sicurezza e prevenzione, anche 
e soprattutto di propria iniziativa, anche se gli interventi riguardino le condizioni 
di lavoro in Uffici diversi. Non a caso, come si � sopra rilevato, la Direzione 
centrale per la logistica e gli approvvigionamenti si occupa del 
rilevamento e dell�analisi delle esigenze logistiche degli uffici centrali e locali 
e dell�attuazione delle misure atte al loro soddisfacimento, anche avvalendosi 
del corpo ispettivo. 
Peraltro la possibilit� di avvalersi della struttura di coordinamento degli 
uffici territoriali e del corpo ispettivo presuppone che il Dipartimento dell'amministrazione 
generale, del personale e dei servizi debba occuparsi, in relazione 
alle proprie funzioni, non solo della sede centrale del Ministero, ma 
anche di tutte le altre sedi decentrate o periferiche, le cui esigenze devono essere 
comunque costantemente �monitorate� dal predetto Dipartimento. 
Del resto la responsabilit� dell�Ufficio dirigenziale generale in relazione 
a tutti gli uffici da esso dipendenti � prevista anche dal III comma dell�art. 5 
del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 300, il quale prevede che �Il capo del dipartimento 
svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di 
livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso, al fine di assicurare 
la continuit� delle funzioni dell'amministrazione ed � responsabile dei 
risultati complessivamente raggiunti dagli uffici da esso dipendenti, in attua-
192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zione degli indirizzi del ministro�. 
Ci� posto, le osservazioni fornite dal Dipartimento della Ragioneria Generale 
dello Stato � Ufficio per il Coordinamento dei Rapporti con il DAG in 
materia di personale con al nota prot. n. 0098261 del 10 agosto 2010 appaiono 
sostanzialmente condivisibili, atteso che la normativa vigente, come si � visto, 
ricollega la qualit� di �datore di lavoro� alla sussistenza di un �potere di gestione� 
su una �unit� produttiva�, cio� su una struttura avente autonomia funzionale, 
gestionale e finanziaria. Nel caso di specie, il Dipartimento 
dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi accentra su di s� sia 
il potere di gestione sugli approvvigionamenti e sulle strutture nelle quali viene 
prestata l�attivit� lavorativa di tutti gli uffici facenti capo al M.E.F. sia il potere 
di spesa per intervenire sui predetti approvvigionamenti e strutture, dunque, 
alla luce della normativa vigente, l�organo di vertice di tale Dipartimento, cio� 
il Capo Dipartimento, sembra essere il soggetto idoneo a rivestire la qualifica 
di �datore di lavoro� ai sensi della lettera b) dell�art. 2, comma 1, del D.Lgs. 
9 aprile 2008 n. 81. 
Si osserva, inoltre, che anche la giurisprudenza della Suprema Corte di 
Cassazione si � pi� volte espressa nel senso di ritenere indispensabile, ai fini 
dell�individuazione del soggetto datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 
che al potere di gestione si accompagni anche il potere di spesa (cfr. 
Cass. Sez. IV Pen. n. 34804/10, Cass. Sez. III Pen., n. 29543/09). 
Pertanto si ritiene che l�assetto stabilito con la determina del 23 marzo 
1999 sia quello pi� confacente alle previsioni della normativa in atto e che, 
invece, lo schema di determina allegato sub all. 4) alla nota in riferimento non 
possa essere condiviso. 
Il presente parere � stato esaminato nella seduta del 18 febbario 2011 dal 
Comitato Consultivo di questa Avvocatura Generale dello Stato, che si � 
espresso in conformit�. 
A.G.S. - Parere del 12 aprile 2011 prot. 125405, avv. Stefano Varone, 
AL 6239/11. 
�Sul regime di impugnazione dei provvedimenti di revisione e sospensione 
della patente di guida adottati ai sensi dell�art. 126 bis del codice della 
strada ed alle modalit� di esecuzione delle relative pronunce giurisdizionali� 
1) In relazione alla richiesta di parere in oggetto va preso atto che i profili 
attinenti alla giurisdizione risultano ormai chiariti dalla Cassazione (Sez. 
Unite, Sent., 12 luglio 2010, n. 16276) che, ribadendo quanto in precedenza 
affermato con sentenza n. 20544 del 29 luglio 2008, ha affermato il principio 
secondo cui "in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della 
strada, l�opposizione, giurisdizionale nelle forme previste dalla L. 24 novem-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 193 
bre 1981, n. 689, artt. 22 e 23 ha natura di rimedio generale esperibile, salvo 
espressa previsione contraria, contro tutti i provvedimenti sanzionatori, ivi 
compresi quelli di sospensione della validit� della patente di guida e quelli 
prodromici a tale sospensione, quali la decurtazione progressiva dei punti; 
mentre l�esclusione di tale rimedio per il provvedimento di decurtazione dei 
punti contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 Cost., intaccandosi l�omogeneit� del 
sistema sanzionatorio del codice della strada". 
Appurato che la giurisdizione � del giudice ordinario, si tratta pertanto di 
verificare il termine di impugnativa applicabile. Codesta Amministrazione si 
interroga sul regime del ricorso al Giudice di pace avverso il provvedimento 
che dispone la revisione della patente ex art. 126 bis c.d.s. nonch� avverso il 
provvedimento di sospensione previsto dalla medesima norma; in particolare 
si evidenzia che mentre per la prima ipotesi il ricorso sembrerebbe doversi 
proporre ai sensi dell�art. 204 bis del codice della strada (con un termine di 
presentazione di 60 giorni), nel secondo caso (sospensione) l�interrogativo � 
se si debba applicare detta ultima norma ovvero il regime di cui all�art. 205 
c.d.s. richiamato dall�art. 218, 5� comma, il quale prevede un termine di presentazione 
di 30 giorni. 
In ordine al provvedimento di sospensione va chiarito che lo stesso � 
quello previsto dall�art. 126 bis comma 6 c.d.s. in base al quale �Alla perdita 
totale del punteggio, il titolare della patente deve sottoporsi all�esame di idoneit� 
tecnica di cui all�articolo 128. Al medesimo esame deve sottoporsi il titolare 
della patente che, dopo la notifica della prima violazione che comporti 
una perdita di almeno cinque punti, commetta altre due violazioni non contestuali, 
nell�arco di dodici mesi dalla data della prima violazione, che comportino 
ciascuna la decurtazione di almeno cinque punti. Nelle ipotesi di cui 
ai periodi precedenti, l�ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competente 
per territorio, su comunicazione dell�anagrafe nazionale degli abilitati 
alla guida, dispone la revisione della patente di guida. Qualora il titolare della 
patente non si sottoponga ai predetti accertamenti entro trenta giorni dalla 
notifica del provvedimento di revisione, la patente di guida � sospesa a tempo 
indeterminato, con atto definitivo, dal competente ufficio del Dipartimento 
per i trasporti terrestri. Il provvedimento di sospensione � notificato al titolare 
della patente a cura degli organi di polizia stradale di cui all�articolo 12, che 
provvedono al ritiro ed alla conservazione del documento�. 
In ordine all�impugnazione, osserva la scrivente che il relativo regime risulta 
delineato dall�art. 218 comma 5 del codice della strada, il quale prevede 
espressamente che �Avverso il provvedimento di sospensione della patente � 
ammessa opposizione ai sensi dell�articolo 205�, norma (prevista in generale 
per i ricorsi avverso le ordinanze ingiunzione, ma richiamata espressamente 
anche per i provvedimenti di sospensione) in base alla quale � ... gli interessati 
possono proporre opposizione entro il termine di trenta giorni dalla notifica-
194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zione del provvedimento�. 
La disposizione di cui all�art. 218 comma 5 appare quindi norma speciale 
e pertanto la volont� legislativa, tramite la tecnica del rinvio, sembra essere 
quella di applicare il termine di 30 giorni all�impugnazione. Tale conclusione 
sembrerebbe avvalorata dalla Cassazione che con sentenza 16 luglio 2010, n. 
16668 ha affermato che �il verbale di accertamento elevato per eccesso di velocit� 
ai sensi dell�art. 142 cod. strada, non � impugnabile autonomamente 
per la parte che ha ad oggetto la sospensione della patente di guida anche se 
privo dell�indicazione della durata della misura preannunciata, atteso che 
tale sanzione, di natura accessoria, pu� essere invocata solo con specifico 
provvedimento prefettizio, impugnabile eventualmente, con l�opposizione ai 
sensi dell�art. 22 della legge 689 del 1981�. 
Diverso � il caso della revisione della patente di cui all�art. 126 bis c.d.s.. 
Al riguardo � da ritenere che la revisione abbia, in tal caso, carattere sanzionatorio 
e sia comunque atto vincolato con la conseguenza che, applicando i 
canoni esegetici fatti propri dalla Cassazione Sez. Unite, 12 luglio 2010, n. 
16276 la giurisdizione non sar� del giudice amministrativo (come nell�ipotesi 
della revisione ex art. 128: cfr Cass. civ. Sez. Unite, 8 luglio 2009, n. 15966) 
ma del giudice ordinario. L�assenza di una norma speciale quale l�art. 218 
comma 5, che rende applicabile il termine di cui all�art. 205, sembrerebbe implicare 
l�assoggettamento ai pi� ampi termini di cui all�art. 204 bis. 
Il procedimento ex art. 205 disciplina d�altronde l�opposizione, innanzi 
all�autorit� giudiziaria, avverso le ordinanze-ingiunzioni di pagamento di una 
sanzione amministrativa pecuniaria, tantՏ che, al fine di renderlo applicabile 
all�ipotesi del provvedimento ex art. 128 - che ingiunzione di pagamento non 
� - sՏ reso necessario un esplicito richiamo, in mancanza del quale avrebbe 
trovato applicazione il procedimento ex art. 204 bis; similmente non � stato 
fatto per l�ipotesi regolata dall�art. 126 bis e, pertanto, in mancanza di uno 
specifico richiamo a diversa disciplina, deve ritenersi applicabile quella generale. 
In conclusione l�esegesi del dato normativo sembra condurre ad un differente 
regime dell�impugnativa a seconda che si tratti di revisione o di sospensione 
della patente per mancata sottoposizione all�esame di idoneit�. 
2) Codesta Amministrazione si interroga altres� sul se, attualmente, il 
provvedimento di revisione ex art.126 bis sia o meno assoggettabile a ricorso 
gerarchico. Al riguardo va preso atto che l�art. 22 della legge n.120/2010, nel 
modificare il comma 6 dell�art.126 bis, prevede, che ��.Il terzo periodo � 
soppresso�. Il predetto terzo periodo statuiva relativamente al provvedimento 
di revisione ex art.126 bis: �Il relativo provvedimento, notificato secondo le 
procedure di cui all�articolo 201, comma 3, � atto definitivo�. 
Considerato pertanto che allo stato, in base alla richiamata norma, la revisione 
della patente di guida (nonch� la sospensione) � disposta dall�ufficio
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 195 
del Dipartimento per i trasporti terrestri competente per territorio, parrebbe 
che l�abrogazione del suddetto periodo abbia come effetto che il provvedimento 
di revisione debba essere qualificato come atto non definitivo ai fini 
della disciplina di cui agli artt. 1 e ss. del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, 
con conseguente assoggettamento a ricorso gerarchico. 
Bench� tale disciplina non appaia del tutto coerente con la successiva regolamentazione 
del provvedimento di sospensione della patente ex art.126 bis 
(per mancata ottemperanza all�ordine di revisione), che � tutt�ora qualificato 
dalla legge come atto definitivo, la lettera della norma non sembra legittimare 
interpretazioni di diverso tenore. 
Ci� rende applicabile l�art. 1 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 ai sensi 
del quale �La comunicazione degli atti soggetti a ricorso ai sensi del presente 
articolo deve recare l�indicazione del termine e dell�organo cui il ricorso deve 
essere presentato�, con conseguente onere dell�Amministrazione di indicare 
tali dati. Per completezza va precisato che secondo l�orientamento giurisprudenziale 
maggioritario (Cons. Stato Sez. III, 2 dicembre 2003, n. 560 T.A.R. 
Lazio Latina Sez. I, 1 febbraio 2007, n. 98) la mancata indicazione in calce al 
provvedimento del termine e dell�autorit� cui ricorrere concreta unicamente 
una mera irregolarit�, non incidente sulla legittimit� dell�atto. 
Passando ad esaminare il regime di impugnativa della decisione resa 
sull�eventuale ricorso gerarchico, va considerato che lo stesso � azionabile 
tanto a tutela delle situazioni giuridiche di interesse legittimo quanto di diritto 
soggettivo incise dall�atto impugnato, ma dette situazioni giuridiche soggettive 
non possono mutare di natura a conclusione del relativo procedimento (Consiglio 
di Stato sez. IV, n. 14 del 16 gennaio 1990; T.A.R. Veneto Sez. III, 15 
maggio 2006, n. 1257). Ci� significa che la decisione su ricorso � del tutto 
ininfluente ai fini dell�individuazione della giurisdizione. 
Sulla base di tali premesse ed in virt� dei principi in tema di giurisdizione 
fissati dai pi� recenti arresti della Cassazione, � possibile giungere alla conclusione 
che anche avverso l�impugnativa del provvedimento reso in sede di 
ricorso gerarchico competente � il Giudice di pace. Al riguardo pu� essere richiamata 
Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 20544 del 29 luglio 2008, ove 
si � affermando il principio secondo cui "in tema di sanzioni amministrative 
per violazioni del codice della strada, l�opposizione, giurisdizionale nelle 
forme previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23 ha natura di rimedio 
generale esperibile, salvo espressa previsione contraria, contro tutti i 
provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli di sospensione della validit� 
della patente di guida e quelli prodromici a tale sospensione, quali la decurtazione 
progressiva dei punti"; in senso analogo la gi� citata sentenza delle Sezioni 
Unite Civili, n. 16276/2010. 
3) In ordine al quesito inerente il contegno defensionale da tenere nelle 
ipotesi di mancata comunicazione delle decurtazioni di punti da parte del-
196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
l�Anagrafe degli abilitati alla guida (o di mancata prova della ricezione da 
parte del destinatario), occorre considerare che nel sistema delineato dall�art. 
126-bis D.Lgs. n. 285 del 1992, ad ogni violazione del codice della strada deve 
seguire, nei tempi dettati dalla legge, sia la relativa decurtazione di punteggio 
sia una specifica ed autonoma comunicazione al contravventore, cos� da consentire 
a quest�ultimo di "riparare" la violazione commessa frequentando gli 
appositi corsi. 
Secondo la pi� recente giurisprudenza dei TAR (ex plurimis TAR Campania 
sentenza 17400/2010) la comunicazione della variazione del punteggio 
da parte dell�anagrafe nazionale degli abilitati alla guida prescritta dal comma 
3 dell�art. 126 bis, risponde ad una specifica finalit�: consentire al guidatore 
di recuperare i punti sottratti, e dunque di evitare la revisione della patente, 
attraverso la frequentazione dei corsi di aggiornamento previsti dal comma 4 
dell�art. 126 bis. 
Se ne potrebbe inferire pertanto che si tratta di disciplina autonoma e speciale 
rispetto alla comunicazione di avvio del procedimento di cui all�art. 7 
della legge 241/1990, si da rendere inapplicabile il regime �speciale� di sanatoria 
di cui all�art. 21 octies, ultima parte, l. n. 241/1990. Anche aderendo a 
tale prospettiva interpretativa non sarebbe tuttavia da escludere l�applicazione 
del generale meccanismo di sanatoria di cui all�art. 21 octies in base al quale 
�non � annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento 
o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, 
sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere 
diverso da quello in concreto adottato�. 
Fornendo in giudizio la prova della effettiva conoscenza da parte del conducente 
del punteggio residuo sulla sua patente, potrebbe pertanto sostenersi 
che l�omissione della comunicazione prescritta non lede un interesse sostanziale, 
non avendo precluso la possibilit� di frequentazione dei corsi di aggiornamento, 
anche in ragione del fatto che la conoscenza della perdita dei punti 
� comunque acquisita dal destinatario attraverso la consegna dei verbali che 
ne riportano gli estremi (Cons. St. sez. III, parere 237/09). 
Ferme tali valutazioni di merito � in ogni caso da ritenere, sulla scorta 
delle gi� citate sentenze della Cassazione, che debba essere dedotto in via preliminare 
il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, se del caso, 
impugnate le relative sfavorevoli sentenze. A seguito delle decisioni del giudice 
del riparto il Consiglio di Stato ha infatti aderito all�orientamento in base 
al quale �la decurtazione dei punti di patente costituisce una sanzione amministrativa 
conseguente alla violazione di norme sulla circolazione stradale. 
In particolare va osservato che il meccanismo di sottrazione dei punti dalla 
patente di guida per effetto dell'accertamento dell'avvenuta violazione del codice 
della strada costituisce una misura accessoria alle relative sanzioni: ne 
consegue che il contenzioso relativo all'applicazione di tale sanzione acces-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 197 
soria, nell'ambito del quale devono ricomprendersi anche le questioni relative 
all'erronea decurtazione del punteggio, deve ricondursi alla giurisdizione del 
giudice competente in materia� (Cons. Stato Sez. VI, 27 dicembre 2010, n. 
9403). 
Resta inteso che la specifica scelta della linea defensionale potr� essere 
influenzata dalle peculiarit� del caso di specie, da valutare singolarmente ad 
opera dell�avvocato incaricato della trattazione dell�affare. 
4) Codesta Amministrazione rappresenta l�esistenza di numerosi precedenti 
nei quali il TAR ha annullato il provvedimento di revisione della patente 
ex art.126 bis (1) per mancata comunicazione delle singole decurtazioni, per 
mancata notifica dei verbali o per altri vizi formali, tali da escludere la riattribuzione 
del punteggio a seguito dell�annullamento del provvedimento di revisione. 
Chiede pertanto parere in ordine alle modalit� di esecuzione di dette pronunce. 
Osserva al riguardo la scrivente che, come in precedenza chiarito, il giudice 
amministrativo difetta di giurisdizione sulla fattispecie di cui all�art. 126 
bis cpc, s� che pare opportuno che eventuali sfavorevoli pronunce vengano 
impugnate al Consiglio di Stato, con richiesta di sospensione, anche inaudita 
altera parte, della pronuncia di primo grado. Come di recente sostenuto dal 
Consiglio di Stato infatti (ordinanza 5796/2010) � da attribuire al giudice di 
pace la cognizione, ai sensi degli art. 204-bis e 205 del d.lgs. n. 285/92 �sul 
provvedimento vincolato di assoggettamento a nuovo esame di idoneit� tecnica, 
consequenziale alla perdita totale del punteggio ai sensi del primo periodo 
del comma 6 dell�art. 126-bis del citato D. Lgs., perlomeno allorquando, 
come appunto accade nel caso di specie, gli unici vizi dedotti in relazione ad 
esso attengano alle predette questioni�. 
Resta fermo che, nell�ipotesi in cui la pronuncia non venisse gravata o 
comunque sospesa, ovvero nei casi in cui fosse sussistente la giurisdizione del 
giudice amministrativo, la riedizione del potere, nell�ipotesi in cui ne sussistessero 
i presupposti sostanziali, dovrebbe aver luogo seguendo analiticamente 
l�iter procedimentale previsto dalla normativa regolante la 
singolafattispecie, tenendo comunque conto del vincolo conformativo da ri- 
(1) Diverso � il caso della revisione di cui all�art. 128 c.d.s., che pu� essere disposta qualora sorgano 
dubbi sulla persistenza nei medesimi dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneit� tecnica. 
In tali casi �L'impugnazione del provvedimento di revisione della patente di guida emesso dal direttore 
dell'Ufficio provinciale della Motorizzazione Civile ai sensi dell'art. 128, 1� comma, del codice della 
strada rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di provvedimento la cui adozione, 
sganciata dall'accertamento di una qualsiasi violazione delle norme sulla circolazione stradale, 
� rimessa alla discrezionalit� della P.A. che, nell'espletamento delle sue funzioni istituzionali di tutela 
del pubblico interesse, deve aver cura di evitare che la conduzione degli autoveicoli possa essere consentita 
a soggetti incapaci� (Cass. civ. Sez. Unite, 8 luglio 2009, n. 15966)
198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
cavare dall�analisi della motivazione della sentenza. Desta invece perplessit� 
l�ipotesi, prospettata da codesta Amministrazione, di assegnare al ricorrente 
vittorioso un termine di 90 giorni per la partecipazione ai corsi diretti a recuperare 
il punteggio in quanto trattasi di limite temporale non previsto da alcuna 
normativa. D�altro canto � da ritenere che la proposizione del ricorso giurisdizionale 
implichi ex se conoscenza della decurtazione del punteggio (e la 
possibilit� di frequentare i corsi), si che, all�esito del giudizio di annullamento, 
sembrerebbe corretto, ferme le peculiarit� di ogni singola fattispecie da esaminare 
nel caso concreto, procedere alla riedizione del potere amministrativo 
emanando un nuovo provvedimento di revisione 
Il presente parere � stato reso su delibera del Comitato Consultivo. 
A.G.S. - Parere del 13 aprile 2011 prot. 126700, avv. Giacomo Aiello, 
AL 28747/10. 
�Imputazione al dipedente o al datore di lavoro delle spese relative all�iscrizione 
all�albo professionale� 
Con la nota che si riscontra, codesto Ateneo ha chiesto l�avviso della Scrivente 
in merito alla sussistenza dell�obbligo di sostenere o rimborsare le spese 
dei propri dipendenti (avvocati, ingegneri ed architetti) per l�iscrizione all�albo 
professionale. 
(...), deve preliminarmente rilevarsi come la suddetta questione assuma 
rilevanza solo nell�ipotesi in cui l�iscrizione all�albo professionale sia necessaria 
ai fini dell�esercizio delle funzioni che i dipendenti sono obbligati a svolgere 
per l�ente, dovendosi altrimenti ritenersi che la relativa spesa sia a carico 
del professionista. 
Ci� premesso, poich� l�art. 90 del D.Lgs. 163/2006 e l�art. 188, comma 
2 del D.P.R. 554/1999 escludono la necessit� dell�iscrizione all�albo per gli 
ingegneri e gli architetti dipendenti incaricati della redazione di progetti e 
dell�attivit� di collaudo tecnico-amministrativo richiedendo esclusivamente 
l�abilitazione professionale, le relative spese di iscrizione devono ritenersi a 
carico dei professionisti, difettando qualunque connessione con l�esercizio 
della prestazione lavorativa. 
Per l�espletamento dell�attivit� di collaudo statico, invece, l�art. 67, 
comma 2 del D.P.R. 380/2001 richiede espressamente l�iscrizione all�albo del 
professionista da almeno dieci anni. 
In relazione a tale ipotesi, la giurisprudenza della Corte dei Conti richiamata 
nella nota che si riscontra esclude che le spese de quibus possano porsi 
a carico del datore di lavoro in ragione dell�assenza, nel nostro ordinamento, 
di una norma positiva, derivante da fonte normativa o dalla contrattazione collettiva, 
che ponga un obbligo a carico dell�ente, estraneo ai rapporti tra dipen-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 199 
dente e relativo ordine professionale, di pagare o rimborsare gli oneri per 
l�iscrizione all�albo professionale. 
In merito appare pi� convincente l�impostazione seguita dalla Corte di 
Cassazione (Cass. civile, sez. lavoro, 20 febbraio 2007, n. 3928) che, sia pure 
in relazione al pagamento della quota annuale di iscrizione all�elenco speciale 
annesso all�albo degli avvocati, ha attributo rilevanza al criterio dell�interesse 
del soggetto, professionista o datore di lavoro, all�iscrizione all�albo al fine di 
stabilire chi fosse tenuto al pagamento di tale spesa. 
Secondo l�insegnamento della Suprema Corte, dovr� valutarsi caso per 
caso se le spese per l�iscrizione all�albo dei professionisti dipendenti siano sostenute 
o meno nell�interesse esclusivo del datore di lavoro al quale, in tale 
ipotesi, ne competer� la relativa corresponsione. 
Ne consegue che laddove l�incarico di collaudatore statico sia conferito 
dall�Amministrazione la medesima dovr� farsi carico delle spese inerenti all�iscrizione 
all�albo del soggetto incaricato. 
Secondo quanto previsto dall�art. 3 della Legge Professionale Forense, 
l�esercizio della professione forense (la cui compatibilit� con il diritto comunitario 
� stata da ultimo confermata dalla sentenza della Corte di Giustizia 
dell�Unione europea del 2 dicembre 2010 in causa C-225/09) � incompatibile 
con qualunque impiego e pubblico ufficio, salvo le eccezioni costituite dagli 
avvocati iscritti nell�elenco speciale di cui all�art. 3, ultimo comma, lett. b) 
r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, ovvero gli avvocati degli uffici legali degli 
enti che sono incaricati di svolgere l�attivit� professionale esclusivamente e 
limitatamente per le cause e gli affari propri dell�ente, nonch� i professori universitari 
ed i docenti degli istituti superiori e secondari dello Stato a cui � consentito 
svolgere attivit� professionale. 
In applicazione del principio dell�interesse all�iscrizione, correttamente 
la Suprema Corte (Cass. civile, sez. lavoro, 20 febbraio 2007, n. 3928) ha ritenuto 
che le spese sostenute per l�iscrizione all�albo speciale degli avvocati 
degli uffici legali degli enti siano a carico del datore di lavoro in ragione del 
carattere di esclusivit� e specificit� dell�attivit� professionale che preclude 
all�avvocato la trattazione di cause ed affari diversi da quelli propri dell�ente. 
Diversamente, invece, deve ritenersi per i professori universitari i quali, 
potendo svolgere attivit� professionale in assenza di vincoli di esclusivit� con 
l�Universit� di appartenenza, ottengono l�iscrizione all�albo speciale nel loro 
esclusivo interesse, dovendone, conseguentemente, sopportare la relativa 
spesa. 
Per gli ingegneri ed architetti dipendenti pubblici, in assenza di una specifica 
disciplina, trovano applicazione le generali cause di incompatibilit� di 
cui all�art. 53 del D.Lgs. 165/2001 che consente lo svolgimento di attivit� 
professionale al dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale o comunque 
a seguito di preventiva espressa autorizzazione da parte dell�amministra-
200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zione di appartenenza. 
Conseguentemente, in relazione all�ipotesi di ingegneri ed architetti incaricati 
dell�attivit� di collaudo statico per cui � richiesta l�iscrizione all�albo, 
dovr� valutarsi se, nel caso concreto, il professionista sia titolare di un rapporto 
di impiego a tempo parziale o comunque sia autorizzato dall�amministrazione 
a svolgere attivit� professionale. 
Nelle descritte ipotesi, infatti, � evidente come l�iscrizione all�albo non 
risponda all�interesse esclusivo del datore di lavoro, consentendo al professionista, 
con rapporto di lavoro a tempo parziale o comunque autorizzato 
dall�amministrazione a svolgere incarichi professionale per proprio conto, lo 
svolgimento di attivit� professionale, con la conseguenza che egli dovr� sostenere 
le relative spese. 
In definitiva, per le ipotesi in cui gli oneri per l�iscrizione all�albo debbano 
ritenersi a carico del professionista, l�amministrazione potr� ottenere la 
ripetizione di quanto eventualmente pagato ex art. 2033 c.c. nel rispetto della 
prescrizione decennale e, per gli ingegneri ed architetti, solo a partire dall�entrata 
in vigore della L. 415/98 che, all�art. 6, ha abrogato l�art. 17, terzo 
comma della Legge 109/94 che poneva espressamente in capo all�amministrazione 
l�onere di iscrizione all�albo. 
Sull�argomento � stato sentito il Comitato Consultivo in data 8 aprile 
2011 che si � espresso in conformit�. 
A.G.S. - Parere del 19 aprile 2011 prot. 134120, avv. Maurizio Borgo, 
AL 38917/10. 
�Iscrizione ai partiti politici, assunzione di incarichi nell�ambito di partiti 
politici e propaganda degli appartenenti alla Polizia di Stato� 
Con nota del 22 settembre 2010, prot. n. 333-A/9808.A.1/6550/2010, 
codesto Ministero ha chiesto di conoscere il parere della Scrivente in merito 
a due questioni giuridiche di carattere generale, sintetizzabili nei seguenti 
quesiti: 
1) se il disposto dell�art. 81, comma 1, della legge n. 121/1981 �Nuovo 
ordinamento dell�Amministrazione della pubblica sicurezza e coordinamento 
delle forze di polizia� debba essere interpretato nel senso che: 
- ad un funzionario o agente di Polizia, che si qualifichi come tale di 
fronte a terzi soggetti o ad un pubblico, � vietato manifestare apertamente le 
proprie convinzioni e preferenze politiche, mentre gli � consentito, non solo 
di nutrire delle idee politiche, ma anche di svolgere l�attivit� politica che non 
consista in comportamenti esteriori e come tale resti un fatto privato, 
ovvero che: 
- ad un funzionario o agente di Polizia, che si qualifichi come tale di
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 201 
fronte a terzi soggetti o ad un pubblico, � vietato non solo manifestare pubblicamente 
le proprie preferenze politiche, ma anche fondare o aderire ad un 
partito politico o assumere degli incarichi all�interno di esso, pur nell�ipotesi 
in cui tali fatti restino meramente privati; 
2) se, dato il quadro normativo vigente, si possa ritenere che un funzionario 
o agente di Polizia non sia tenuto ad osservare le regole di comportamento 
politico di cui all�art. 81, comma 1, della legge n. 121/1981, non solo 
nell�ipotesi in cui sia stato posto in aspettativa speciale per candidatura ai 
sensi dell�art. 81, comma 2, della legge citata ma altres� nei casi in cui si determini 
un�interruzione, anche se temporanea, del rapporto di servizio, trattandosi 
di situazioni analoghe a quella normativamente prevista. 
Con la medesima nota (integrata con successiva nota del 20 ottobre 
2010), codesto Ministero ha fatto riferimento ad un caso concreto che l�Amministrazione 
dovr� valutare sulla base delle risposte che verranno fornite 
dalla Scrivente ai predetti quesiti; il caso riguarda alcuni dipendenti della Polizia 
di Stato, attualmente in servizio, che rivestono cariche all�interno del 
partito politico (...) e stanno svolgendo un�attivit� di propaganda (es. rilasciano 
interviste alla stampa), giacch� tale partito concorrer� alle prossime 
elezioni amministrative nei Comuni di (...) e (...). 
Al fine di dare una compiuta risposta ai quesiti, sopra sintetizzati, appare 
necessario ricostruire, nelle sue linee essenziali, il contenuto delle fonti normative 
che vengono in considerazione, secondo il seguente ordine di priorit�: 
a) fonti internazionali (1) 
b) fonti statali 
Fonti internazionali 
� La Convenzione europea dei Diritti dell�Uomo e delle Libert� fondamentali 
(di seguito CEDU) del 4 novembre 1950 (resa esecutiva con la L. 4 
agosto 1955, n. 848), all�art. 10, stabilisce: �Ogni persona ha diritto alla libert� 
di espressione. Tale diritto include la libert� d�opinione e la libert� di 
ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza 
da parte delle autorit� pubbliche e senza limiti di frontiera [�]. 
L�esercizio di queste libert�, poich� comporta doveri e responsabilit�, 
pu� essere sottoposto alle formalit�, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono 
(1) L�opportunit� di anteporre una ricognizione delle pertinenti norme internazionali prima della 
ricostruzione della disciplina interna deriva dal fatto che la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati 
del 1969, all�art. 27, codificando una norma di diritto internazionale generale (come tale immediatamente 
efficace nell�ordinamento italiano ex art. 10 Cost.), prevede che uno Stato �non pu� invocare le disposizioni 
del suo diritto interno per giustificare la mancata esecuzione di un trattato�. La regola non fa eccezione 
neppure ove si tratti di una norma di rango costituzionale (salvo l�ipotesi prevista all�art. 46 
della medesima Convenzione, che qui peraltro non rileva). 
202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una societ� democratica, 
alla sicurezza nazionale, all�integrit� territoriale o alla pubblica 
sicurezza, alla difesa dell�ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione 
della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, 
per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l�autorit� 
e l�imparzialit� del potere giudiziario�. 
Ai fini che qui interessano, si pu� fare riferimento alla decisione resa dalla 
Corte europea dei Diritti dell�Uomo (d�ora in poi Corte EDU) sul caso Vogt c. 
Germania (2). In tale pronuncia, la Corte ha, invero, chiarito la portata della 
libert� sancita dall�art. 10 della Convenzione con particolare riguardo ai dipendenti 
pubblici. 
La Corte EDU ha precisato che uno Stato, parte della Convenzione, pu� 
legittimamente adottare delle misure che comportano delle restrizioni alla libert� 
di manifestazione del pensiero, sancita dall�art. 10 della Convenzione, 
soltanto a condizione che tali restrizioni siano prescritte dalla legge (i), perseguano 
uno o pi� scopi legittimi fra quelli contemplati dalla medesima disposizione 
(ii) e siano necessarie all�interno di una societ� democratica (iii). 
Per quanto riguarda il primo requisito (i), la Corte EDU ha, innanzitutto, 
richiamato il significato che, nel sistema della Convenzione, � attribuito al termine 
�legge�. In base alla giurisprudenza europea, l�espressione �legge�, presente 
in varie disposizioni della Convenzione, non si identifica con alcuna 
definizione nazionale trattandosi bens� di una �nozione autonoma�, compatibile 
con tutti i sistemi costituzionali europei. Tale concetto si caratterizza per 
la circostanza di non essere legato a criteri formali o procedurali, bens� a criteri 
sostanziali di garanzia, sintetizzabili nella (ragionevole) conoscibilit� della regola 
di diritto e nella (ragionevole) prevedibilit� della sua applicazione (Sunday 
Times c. Regno Unito, sentenza del 29 aprile 1979, � 48 e 49). In 
particolare, una disposizione contenuta nella Carta costituzionale o in una 
legge di uno Stato parte non pu� essere considerata �legge�, ai sensi ed agli 
effetti (ad es.) dell�art. 10 CEDU, se non � formulata con un livello di precisione 
sufficiente a consentire al cittadino di regolare la propria condotta. La 
CEDU, infatti, richiede che il cittadino sia in grado di prevedere in modo ragionevole, 
avuto riguardo alle circostanze del caso, quali sono le conseguenze 
(2) Sentenza Vogt c. Germania, 26 settembre 1995, serie A n� 323, �� 42 ss. Nel caso di specie, 
la Corte era stata adita da una cittadina tedesca che sosteneva di essere stata licenziata dall�Amministrazione 
scolastica di cui era dipendente per aver partecipato a dei comizi quale militante del partito 
comunista tedesco (DKP � Deutsche Kommunistische Partei). Secondo la ricorrente, la Germania aveva 
cos� violato inter alia l�art. 10 CEDU. Lo Stato convenuto si difendeva sostenendo di aver adottato il 
provvedimento disciplinare del licenziamento nei confronti della signora Vogt in applicazione di alcune 
norme interne che impongono ai dipendenti pubblici di astenersi dal partecipare o supportare l�azione 
di partiti (o altre organizzazioni) che si contrappongono all�ordine costituzionale tedesco, in quanto si 
traduce nella violazione del dovere di lealt� verso allo Stato e, quindi, costituisce una minaccia per la 
sicurezza nazionale, l�ordine pubblico ed i diritti degli altri cittadini. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 203 
giuridiche che si ricollegano ad una determinata condotta nell�ambito di un 
ordinamento statale. Ora, anche a causa del carattere generale delle leggi, il 
testo di queste ultime non pu� presentare una precisione assoluta. Una delle 
tecniche-tipo di regolamentazione consiste nel ricorrere a categorie generali 
piuttosto che a liste esaustive. Inoltre, molte disposizioni normative si servono 
di formule pi� o meno vaghe, la cui interpretazione e applicazione dipendono 
dalla pratica. Pertanto, in qualsiasi ordinamento giuridico, per quanto chiaro 
possa essere il testo di una disposizione normativa, esiste inevitabilmente un 
margine per l�interpretazione giudiziaria. Inoltre, la certezza, bench� fortemente 
auspicabile, si accompagna spesso ad un�eccessiva rigidit�, laddove il 
diritto deve necessariamente sapersi adattare ai mutamenti delle situazioni di 
fatto. Del resto, la funzione decisionale affidata agli Organi giurisdizionali 
serve a dissipare i dubbi che potrebbero sussistere per quanto riguarda l�interpretazione 
delle norme. Invero, nella tradizione giuridica degli Stati parte, ivi 
compresi quelli di civil law, la giurisprudenza � considerata una fonte di diritto 
(se non altro in senso materiale) e, come tale, contribuisce all�evoluzione progressiva 
del diritto (v. Kruslin c. Francia, 24 aprile 1990, � 29, serie A n. 176 A). 
Per quanto concerne il secondo requisito (ii), dalla giurisprudenza della 
Corte risulta che i limiti ammissibili sono soltanto quelli che rispondono ai 
fini previsti al par. 2 dell�art. 10 CEDU (3), suddivisibili in tre categorie: 
- i limiti diretti a tutelare un interesse pubblico (sicurezza nazionale, integrit� 
territoriale, ordine pubblico, prevenzione dei disordini o dei reati); 
- quelli volti a salvaguardare altri diritti individuali (tutela della salute, 
della morale, dell�onore o di altri diritti altrui e prevenzione della divulgazione 
di informazioni confidenziali); 
- quelli che sono necessari per mantenere l�autorit� e l�imparzialit� dei 
giudici). 
Peraltro, le Autorit� statali possono porre delle limitazioni all�esercizio 
della libert� di manifestazione del pensiero da parte di un soggetto a condizione 
che sussista un terzo requisito (iii): essere, cio�, �necessario all�interno 
di una societ� democratica�. La Corte di Strasburgo ha ripetutamente affermato 
che gli Stati godono di un margine di apprezzamento nell�accertare la 
sussistenza di tale condizione, ma tale discrezionalit� si accompagna � e non 
osta affatto � al potere di controllo della Corte stessa, la cui portata varia a se- 
(3) Come evidenzia P. CARETTI, Art. 10, in S. BARTOLE � B. CONFORTI � G. RAIMONDI (a cura di), 
Commentario alla Convenzione europea dei Diritti dell�Uomo e delle Libert� fondamentali, Padova, 
2001, pp. 342 e 343, i limiti all�esercizio della libert� di manifestazione del pensiero sono retti inter alia 
dal principio di stretta interpretazione, il quale comporta due conseguenze: �da un lato la tassativit� dei 
motivi che possono giustificare l�introduzione di limitazioni, dall�altro l�obbligo che essi siano assoggettati 
ad una interpretazione restrittiva e cio� siano riconducibili ad esigenze concrete ed effettive e 
non generiche (principio affermato a partire dalla sentenza Sunday Times c. Regno Unito (n. 1), 26 aprile 
1979, Serie A, n. 30�. 
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
conda delle circostanze. Data l�importanza del diritto de quo sia per il singolo 
che per il bene della collettivit� � essendo esso alla base dell�ordine democratico 
� il controllo esercitato dalla Corte EDU � particolarmente rigoroso e la 
necessit� delle limitazioni imposte dev�essere dimostrata in modo convincente 
(4). Nella sentenza in commento, la Corte ha precisato che tali principi si applicano 
anche ai dipendenti pubblici. Appare opportuno richiamare un passo 
della pronuncia: � bench� sia legittimo per uno Stato imporre ai dipendenti 
pubblici, per via del loro status, un dovere di discrezione, i dipendenti pubblici 
sono persone e, come tale, possono beneficiare della garanzia dell�art. 10 
[CEDU]. Spetta pertanto alla Corte determinare, tenendo conto delle circostanze 
del caso, se � stato raggiunto un giusto equilibrio tra il diritto fondamentale 
dell�individuo alla libert� di espressione ed il legittimo interesse di 
uno Stato democratico a garantire che un suo dipendente promuova adeguatamente 
le finalit� elencate all�art. 10, par. 2 [�]� (� 53). 
In dottrina, si � rilevato che, in base alla giurisprudenza della Corte di 
Strasburgo, le limitazioni all�esercizio della libert� di manifestazione del pensiero 
sono giustificate a condizione che sussista un bisogno sociale preminente, 
in quanto solo in tal caso esse possono essere considerate �necessarie in una 
societ� democratica� (5). In altri termini, dalla giurisprudenza europea si 
evince che non � sufficiente a rendere legittima una limitazione la circostanza 
che la stessa sia riconducibile ad uno dei fini indicati dall�art. 10, par. 2, 
CEDU, ma � altres� necessario che sia ravvisabile un�esigenza effettiva in un 
determinato contesto storico e sociale (6) . 
(4) Nella sentenza Vogt, � 52, la Corte ha affermato: �[�] (ii) The adjective "necessary", within 
the meaning of Article 10, para. 2 (art. 10-2), implies the existence of a "pressing social need". The 
Contracting States have a certain margin of appreciation in assessing whether such a need exists, but 
it goes hand in hand with a European supervision, embracing both the law and the decisions applying 
it, even those given by independent courts. The Court is therefore empowered to give the final ruling on 
whether a "restriction" is reconcilable with freedom of expression as protected by Article 10 (art. 10). 
(iii) The Court's task, in exercising its supervisory jurisdiction, is not to take the place of the competent 
national authorities but rather to review under Article 10 (art. 10) the decisions they delivered pursuant 
to their power of appreciation. This does not mean that the supervision is limited to ascertaining whether 
the respondent State exercised its discretion reasonably, carefully and in good faith; what the Court has 
to do is to look at the interference complained of in the light of the case as a whole and determine 
whether it was "proportionate to the legitimate aim pursued" and whether the reasons adduced by the 
national authorities to justify it are "relevant and sufficient" (see the Sunday Times v. the United Kingdom 
(no. 2) judgment of 26 November 1991, Series A no. 217, p. 29, para. 50). In so doing, the Court has to 
satisfy itself that the national authorities applied standards which were in conformity with the principles 
embodied in Article 10 (art. 10) and, moreover, that they based their decisions on an acceptable assessment 
of the relevant facts (see the above-mentioned Jersild judgment, p. 26, para. 31�. 
(5) V. P. CARETTI, op. loc. cit. V. altres� V. FABRE-ALIBERT, La notion de �soci�t� d�mocratique� 
dans la jurisprudence de la Cour Europ�enne des Droits de l�Homme, in Revue Trimestrielle des Droits 
de l�Homme, 1998, 9, p. 465 e seg.; S. MARKS, The European Convention on Human Rights and its �democratic 
society�, British Yearbook of International Law, 1996, vol. 66, p. 209 e seg. 
(6) Cos� nel caso Vogt la Corte, dopo aver preliminarmente affermato che �in the present case the 
Court�s task is to determine whether Mrs Vogt�s dismissal corresponded to a �pressing social need� and
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 205 
Occorre aggiungere che, nell�accertare se uno Stato parte ha posto dei limiti 
all�esercizio della libert� di manifestazione del pensiero di un individuo 
in violazione della Convenzione, la Corte di Strasburgo applica due principi 
generali, strettamente correlati tra loro: il principio di proporzionalit� (della 
misura restrittiva rispetto al fine perseguito) e quello dell�obbligo di motivazione 
pertinente e sufficiente (di ogni provvedimento comportante delle restrizioni 
ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione); la Corte, in 
concreto, valuta che la misura restrittiva sia pertinente e non eccessiva rispetto 
all�obiettivo perseguito dallo Stato convenuto; affinch� la Corte possa compiere 
tale valutazione, � essenziale che la misura statale restrittiva indichi specificamente 
i motivi che la giustificano. 
Facendo un bilancio dell�opera interpretativa, svolta dalla Corte di Strasburgo 
in relazione al disposto dell�art. 10, par. 2, CEDU, attenta dottrina ha 
rilevato che �la giurisprudenza della Corte se da un lato ha contenuto il rischio 
che sul piano applicativo si accentuasse il carattere generico (e dunque meno 
garantista) delle disposizioni dell�art. 10, riferite alle limitazioni legittimamente 
opponibili alla libert� di espressione, d�altro canto ha messo a punto 
una serie di criteri interpretativi e di giudizio particolarmente flessibili (criterio 
di proporzionalit�; criterio del necessario bilanciamento) che hanno finito per 
accentuare i suoi margini di autonoma valutazione delle fattispecie che le vengono 
sottoposte�(7). 
La Corte EDU ha espressamente riconosciuto che l�esercizio della libert� 
di pensiero deve essere garantito anche agli appartenenti alle Forze di polizia 
e alle Forze armate. Particolarmente significativa, ai fini che qui interessano, 
� la sentenza emessa dalla Corte nella causa Renkv�nyi c. Ungheria (8). Nel 
caso di specie, il ricorrente, un poliziotto, in qualit� di segretario generale del 
Police Independent Trade Union, lamentava una violazione della libert� di 
manifestazione del pensiero da parte dell�Ungheria, per avere quest�ultima 
emanato una legge che vietava ai membri delle Forze armate e dei Servizi di 
polizia e di sicurezza di iscriversi a partiti politici e di partecipare a qualsiasi 
attivit� politica e di avervi dato attuazione con dei provvedimenti adottati in 
vista delle elezioni parlamentari che stavano per svolgersi. 
whether it was �proportionate to the legitimate aim pursued�. To this end, the Court will examine the 
circumstances of the case in the light of the situation existing in the Federal Republic of Germany at 
the material time�, ha rilevato che �it takes into account Germany�s experience under the Weimer Republic 
and during the bitter period that followed the collapse of that regime up to the adoption of the 
Basic Law in 1949. Germany wished to avoid a repetition of those experiences by founding its new State 
on the idea that it should be a �democracy capable of defending itself�. Nor should Germany�s position 
in the political context of the time be forgotten. These circumstances understandably lent extra weight 
to this underlying notion and to the corresponding duty of political loyalty imposed on civil servants� 
(�� 57 e 59). 
(7) P. CARETTI, Art. 10, cit., p. 343. 
(8) Sentenza 20 maggio 1999, Application no. 25390/94.
206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
I passaggi pi� significativi della pronuncia della Corte sembrano essere i 
seguenti: innanzitutto, quanto alla condizione che le restrizioni siano previste 
dalla �legge� (nel senso chiarito pi� sopra), la Corte ha rilevato che Ǐ inevitabile 
che non possa essere definito con assoluta precisione il tipo di comportamento 
che pu� comportare un coinvolgimento in attivit� politiche� (� 36), 
con la conseguenza che la condizione in questione pu� ritenersi soddisfatta 
quando una disposizione normativa stabilisca il tipo di attivit� politica vietata, 
piuttosto che elencare determinati comportamenti concreti (quali la partecipazione 
alle riunioni politiche, il rilascio di interviste su questioni politiche, 
l�iscrizione a partiti politici o altre organizzazioni che perseguono obiettivi 
politici); essa ha persino affermato che �pur assumendo che non sia possibile 
per gli agenti di polizia stabilire con certezza, in singoli casi, se una determinata 
azione, nell�ambito dei Regolamenti del 1990, ricadesse o meno nel divieto 
di cui all�art. 40/B � 4 della Costituzione, era tuttavia possibile per essi 
consultare preventivamente un loro superiore o ottenere un chiarimento della 
legge con la sentenza di un Tribunale� (� 37). Riguardo, invece, al requisito 
della sussistenza di uno scopo legittimo, la Corte ha ritenuto che tale fosse 
l�esigenza, sottesa alle misure statali contestate, di depoliticizzare la Polizia, 
in modo da preservare e consolidare la democrazia pluralistica del Paese. A 
tal proposito, la Corte, dopo aver rilevato che: �gli agenti di polizia sono investiti 
di poteri di coercizione per regolare la condotta dei cittadini, essendo 
autorizzati in alcuni Paesi a portare le armi nell�esercizio delle loro funzioni. 
In definitiva, la Polizia � al servizio dello Stato. I cittadini hanno quindi il diritto 
di attendersi che, nei loro rapporti con la Polizia, si trovino a confrontarsi 
con funzionari politicamente neutrali che si distaccano dall�agone politico 
[�] (9)�, ha concluso che �la volont� di assicurare che il ruolo fondamentale 
della Polizia nella societ� non sia compromesso attraverso la corrosione della 
neutralit� politica dei suoi membri � uno dei principi compatibili con la democrazia
� (� 41). Inoltre, la Corte, nell�accertare che vi fosse il requisito della 
�necessit� in una societ� democratica�, ha esaminato attentamente il peculiare 
contesto storico in cui le misure restrittive lamentate dal ricorrente erano state 
adottate. Essa ha sottolineato che �nei decenni anteriori al ritorno alla democrazia 
in Ungheria nel 1989 e nel 1990, la Polizia era stata dichiaratamente 
uno strumento del partito di governo e aveva preso partecipato attivamente 
all�attuazione delle politiche del partito� ed, in considerazione di ci�, ha statuito 
che �data la trasformazione pacifica e graduale dell�Ungheria verso il 
pluralismo, senza l�attuazione di un�epurazione generale all�interno della 
pubblica amministrazione, � stato necessario depoliticizzare, inter alia, la Polizia 
e limitare le attivit� politiche dei suoi membri, in modo che la cittadi- 
(9) Nei suddetti termini, la Corte si era gi� espressa nella sentenza 2 settembre 1998, Ahmed and 
Others v. the United Kingdom, Reports 1998-VI, � 53. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 207 
nanza non consideri pi� la Polizia come un sostenitore del regime totalitario, 
ma bens� come un custode delle istituzioni democratiche� (� 44). Dalla sentenza 
in commento, emerge chiaramente che la considerazione della (ancora 
recente) fase storica che aveva attraversato lo Stato convenuto e la circostanza 
che in esso fosse ancora in atto il processo di consolidamento delle istituzioni 
democratiche � stata determinante per riconoscere la necessit�, in quel caso, 
di imporre dei limiti all�esercizio, da parte di una categoria di cittadini (per 
l�appunto, gli appartenenti alla Polizia), della libert� di manifestare le proprie 
opinioni politiche. 
Infine, nel valutare la proporzionalit� delle misure restrittive contestate 
dal ricorrente, la Corte EDU ha assegnato rilievo decisivo al fatto che esse 
non avessero l�effetto di impedire in modo assoluto l�esercizio della libert� di 
espressione. La Corte ha, infatti, rilevato che: �bench� alle volte soggetti a 
restrizioni imposte nell�interesse del servizio, gli agenti di Polizia hanno avuto 
il diritto di esporre i programmi elettorali, promuovere e presentare candidati, 
organizzare incontri in campagna elettorale, votare e candidarsi alle elezioni 
del Parlamento europeo, assumere le cariche locali e l�ufficio di sindaco, partecipare 
ai referendum, iscriversi a sindacati, associazioni ed altre organizzazioni, 
partecipare alle riunioni pacifiche, fare dei comunicati stampa, 
partecipare a programmi radiofonici o televisivi o pubblicare scritti politici� 
e, pertanto, � giunta alla conclusione che: �in tali circostanze la portata e l�effetto 
delle lamentate limitazioni all�esercizio da parte del ricorrente della propria 
libert� di espressione non appaiono eccessive� (� 49). Quindi, come la 
Corte ha ripetutamente affermato in tema di limitazioni ai diritti fondamentali 
riconosciuti dalla Convenzione, una misura restrittiva presa da uno Stato parte 
� senz�altro sproporzionata quando abbia l�effetto di impedire ogni forma di 
esercizio di un diritto individuale. 
In ogni caso, il presupposto fondamentale perch� eventuali restrizioni alla 
libert� di espressione siano giustificate ai sensi della CEDU � che esse siano 
previste da una �legge�. 
� La Corte di Strasburgo segue la stessa linea di ragionamento quando � 
chiamata ad accertare la violazione dell�art. 11 CEDU, che sancisce le libert� 
di riunione e di associazione. Tale disposizione, infatti, � strutturata come 
quella dell�art. 10: essa, dapprima, riconosce che �ogni persona ha diritto alla 
libert� di riunione pacifica e alla libert� di associazione, ivi compreso il diritto 
di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa 
dei propri interessi�, e, successivamente, prevede che �l�esercizio di questi 
diritti non pu� essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite 
dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una societ� democratica, 
alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell�ordine e alla 
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla prote-
208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
zione dei diritti e delle libert� altrui�, precisando altres� che la CEDU �non 
osta a che restrizioni legittime siano imposte all�esercizio di tali diritti da parte 
dei membri delle forze armate, della polizia o dell�amministrazione dello Stato�. 
� opportuno sottolineare che il disposto di cui al par. 2 dell�art. 11 CEDU 
riconosce la libert� di riunione e di associazione alle categorie di persone ivi 
indicate, in quanto consente agli Stati parte non gi� di vietare, bens� di limitare 
l�esercizio di tale libert� a tali soggetti. Inoltre, eventuali restrizioni devono 
essere stabilite con �legge�, essere necessarie alla realizzazione delle finalit� 
tassativamente previste dalla norma e proporzionate (10). 
In tema di libert� di associazione, si segnala la sentenza Maestri c. Italia 
(11), che dimostra in modo emblematico quanto severamente la Corte EDU 
valuti l�osservanza da parte degli Stati della �riserva di legge� risultante dal 
par. 2 dell�art. 11 CEDU. La Corte era stata adita da un magistrato italiano che 
sosteneva di aver subito una violazione della libert� garantita dall�art. 11 
CEDU, essendogli stata inflitta una sanzione disciplinare in ragione della sua 
iscrizione alla Massoneria. Le Autorit� statali che si erano occupate della questione 
avevano ritenuto che la partecipazione di un magistrato a detta associazione 
(segreta) integrasse l�illecito disciplinare di cui all�art. 18 del R.D. Lgs. 
n. 511/1946 (12). La Corte EDU ha osservato che, formalmente, vi era una 
base normativa atta a giustificare il provvedimento disciplinare. Sennonch�, 
ad avviso della Corte, il citato art. 18 era formulato in termini tanto generici 
da non consentire ai soggetti destinatari di prevedere quali comportamenti costituissero 
degli illeciti disciplinari (13). La Corte, inoltre, ha ritenuto che il 
(10) Per un commento dell�art. 11 CEDU v. P. RIDOLA, Art. 11, in Commentario alla Convenzione 
europea dei Diritti dell�Uomo e delle Libert� fondamentali, cit., p. 351 e seg. 
(11) Sentenza 17 febbraio 2004, Application no. 39748/98. Tale pronuncia � conforme ad una 
precedente emessa dalla Corte (la sentenza del 12 dicembre 2001, N.F. c. Italia, Application no. 
37119/97, sulla quale v. E. CRIVELLI, Libert� di associazione, riserve di legge e appartenenza di un magistrato 
alla massoneria: spunti da una decisione della Corte europea dei diritti dell�uomo, in Giur. 
cost., 2001, p. 3014 e seg.), in un caso del tutto analogo, ma presenta una motivazione pi� ampia. 
(12 Giova ricordare il disposto della suddetta norma: �Il magistrato che manchi ai suoi doveri, o 
tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione 
di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell�ordine giudiziario, � soggetto a sanzioni disciplinari, 
secondo le disposizioni degli articoli seguenti�. 
(13) La Corte EDU ha rilevato: �the Court notes, firstly, that Article 18 of the 1946 decree does 
not define whether and how a judge can exercise his or her freedom of association [�]� (� 35). In senso 
contrario, v. la sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 100/1981. La Consulta, pronunciandosi 
sulla conformit� dell�art. 18 del R.D. Lgs. n. 511/1946 con le esigenze connesse al principio di legalit� 
(che opera anche in materia disciplinare), dopo aver identificato i valori tutelati dalla norma proibitiva 
con �la fiducia e la considerazione di cui deve godere ciascun magistrato e [�] il prestigio dell'ordine 
giudiziario�, ha rilevato che il loro contenuto � tale da rendere impossibile prevedere tutti i comportamenti 
che possono lederli (�si tratta, infatti, di principi deontologici che non consentono di essere ricompresi 
in schemi preordinati, non essendo identificabili e catalogabili tutti i possibili comportamenti 
con essi contrastanti e che potrebbero provocare una negativa reazione dell�ambiente sociale. Ci� spiega 
la ragione per la quale, nelle leggi che nel passato hanno tentato di enunciare ipotesi tipiche di infrazioni 
disciplinari - come il r.d.l. 6 dicembre 1865, n. 2626 e la legge 17 luglio 1908, n. 438 - sia stata posta
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 209 
disposto di tale norma non fosse stato chiarito dalla circolare del CSM del 22 
marzo 1990 (14). La Corte ha giudicato lo Stato italiano responsabile della 
violazione della libert� di associazione del ricorrente, in quanto, per tutto il 
periodo durante il quale il ricorrente � stato iscritto alla Massoneria, non vi 
era stata alcuna legge (in senso sostanziale) che proibisse ai magistrati di far 
parte di detta associazione, laddove, ai sensi dell�art. 11, par. 2, CEDU, ogni 
eventuale limitazione di tale libert� dev�essere �prescribed by law�. 
A tale conclusione, la Corte di Strasburgo � giunta sulla base di tali rilievi: 
� bench� il titolo fosse inequivocabile (15) e la delibera concerneva principalmente 
con l�appartenenza alla Massoneria, la riunione tenutasi il 22 marzo 
1990 davanti al Consiglio Superiore della Magistratura ha cercato di prospettare, 
anzich� di risolvere, un problema [�]. Ci� � dimostrato dal fatto 
che tale delibera � stata adottata successivamente al pi� ampio dibattito avutosi 
in Italia sulla illiceit� della loggia segreta P2. Inoltre, la delibera si � limitata 
ad affermare: �Naturalmente, ai membri della magistratura � proibito 
aderire alle associazioni vietate dalla legge n. 17 del 1982�. Per quanto riguarda 
le altre associazioni, la delibera conteneva il seguente inciso: �il Consiglio 
Superiore della Magistratura ritiene necessario segnalare al Ministro 
della Giustizia che si deve considerare l�opportunit� di proporre delle restrizioni 
della libert� di associazione dei giudici, includendo un riferimento a 
tutte le associazioni che � in considerazione della loro organizzazione e dei 
loro fini � comportino per i loro membri vincoli di gerarchia e di solidariet� 
particolarmente forti�. Infine, la Corte ritiene importante sottolineare che la 
discussione del 22 marzo 1990 non ha avuto luogo nell�ambito del controllo 
disciplinare dei giudici, comՏ avvenuto per la delibera del 14 luglio 1993, 
ma nel contesto della loro progressione di carriera [�]. Risulta quindi evidente, 
da un esame globale della discussione, che il Consiglio Superiore della 
Magistratura ha discusso se fosse consono ad un giudice essere un massone, 
ma nella discussione non vi era alcuna traccia che l�appartenenza alla Masuna 
norma di chiusura generica diretta a sanzionare tutti i comportamenti capaci di ledere la reputazione 
del singolo magistrato o la dignit� dell'ordine al quale egli appartiene�); ha, quindi, concluso che quanto 
detto vale a giustificare �la latitudine della previsione e l�ampio margine della valutazione affidata ad 
un organo [il CSM], che, operando con le garanzie proprie di un procedimento giurisdizionale, �, per la 
sua strutturazione particolarmente qualificato per apprezzare se i comportamenti di volta in volta considerati 
siano o meno lesivi dei valori tutelati �. 
(14) Nella parte dispositiva la suddetta circolare recita: �La partecipazione di magistrati ad associazioni 
che comportino un vincolo gerarchico e solidaristico particolarmente forte attraverso l�assunzione 
in forme solenni di vincoli come quelli richiesti dalle logge massoniche, pone delicati problemi 
di rispetto dei valori riconosciuti dalla Carta costituzionale. Mentre non appartiene alle competenze del 
Consiglio giudicare della compatibilit� con la Costituzione delle singole forme associative, rientra sicuramente 
nel novero di dette competenze vigilare in ordine alla attuazione del principio cardine di cui 
all�art. 101 Cost. secondo cui �i giudici sono soggetti solo alla legge� �. 
(15) La circolare in parola era intitolata: �Iscrizione e/o appartenenza dei magistrati alla massoneria 
e/o associazioni riservate�.
210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
soneria potesse costituire un illecito disciplinare in ogni caso�. 
In effetti, con la risoluzione del 22 marzo 1990, l�Organo di autogoverno 
della magistratura ordinaria ha invitato il Ministero di Grazia e Giustizia a valutare 
l�opportunit� di proporre che eventuali limitazioni al diritto di associazione 
per i giudici siano riferite a tutte le associazioni che � per organizzazione 
e fini � comportino per gli associati vincoli di gerarchia e solidariet� particolarmente 
cogenti, il che implica che tali limitazioni non fossero gi� normativamente 
previste. 
Dalla sentenza Maestri c. Italia si evince che, secondo la Corte EDU, lo 
stato di incertezza giuridica riguardo alla possibilit� per i magistrati di far parte 
della Massoneria sarebbe venuta meno solo a seguito dell�adozione, da parte 
del CSM, di un�ulteriore risoluzione. Ed invero, la risoluzione del 14 luglio 
1993, prevedendo (esplicitamente) che l�osservanza dei doveri giuridici a carico 
dei magistrati � incompatibile con lo status di membro della Massoneria 
(in considerazione della natura segreta dell�associazione, nonch� degli obiettivi 
e delle forme di azione della stessa), ha certamente chiarito ed integrato il 
disposto dell�art. 18 del R.D. Lgs. n. 511/1946 (16). 
� Dalla disamina degli articoli 10 ed 11 CEDU e della giurisprudenza 
della Corte di Strasburgo risulta, in modo inequivocabile, che eventuali limitazioni 
alle libert� fondamentali ivi sancite sono consentite solo a certe 
condizioni, condizioni che il legislatore italiano � tenuto a rispettare stante 
il disposto dell�art. 117, comma 1, della Costituzione (17). 
Naturalmente, non solo l�Organo legislativo, ma tutti gli Organi dello 
Stato chiamati ad applicare il diritto sono tenuti ad agire in conformit� agli 
obblighi derivanti dalla CEDU, posto che, altrimenti, lo Stato italiano commetterebbe 
degli illeciti internazionali e sarebbe passibile di condanne da 
parte della Corte di Strasburgo. 
� Oltre alla CEDU vi � un altro strumento giuridico di tutela dei diritti 
umani che produce effetti diretti nell�ordinamento italiano: la Carta dei diritti 
fondamentali dell�Unione Europea (18), la quale, originariamente, costituiva 
un accordo interistituzionale tra le Istituzioni politiche dell�Unione, mentre, 
(16) V. M. BARBERO, Risarcite il giudice massone!, http://www.forumcostituzionale.it/site/content/
view/18/46/. 
(17) Si noti che, mentre in dottrina sono stati avanzati dei dubbi sulla possibilit� di interpretare 
l�art. 117, comma 1, della Costituzione nel senso che tutti gli obblighi internazionali assunti dall�Italia 
attraverso la stipulazione di trattati siano stati �costituzionalizzati� a seguito della riforma attuata con la 
legge costituzionale n. 3/2001, � pacifico che siano stati costituzionalizzati gli obblighi derivanti dai 
trattati internazionali in materia di diritti umani, fra cui la CEDU (v. E. CANNIZZARO, La riforma federalista 
della costituzione e gli obblighi internazionali, in Riv. dir. intern., 2001, p. 921 ss.). 
(18) Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell�Unione europea il 14 dicembre 2007, serie C 303/5.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 211 
a seguito dell�entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha acquisito la stessa 
forza giuridica dei Trattati (istitutivi e di revisione). La Carta, all�art. 11, tutela 
la libert� di espressione (nonch� la libert� di informazione), stabilendo 
che: �ogni persona ha diritto alla libert� di espressione. Tale diritto include 
la libert� di opinione e la libert� di ricevere o di comunicare informazioni o 
idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorit� pubbliche e 
senza limiti di frontiera. [�] �. L�articolo immediatamente successivo garantisce, 
invece, la libert� di riunione e di associazione, disponendo che: 1. 
Ogni persona ha diritto alla libert� di riunione pacifica e alla libert� di associazione 
a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, 
il che implica il diritto di ogni persona di fondare sindacati insieme con altri 
e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. 2. I partiti politici a livello dell'Unione 
contribuiscono a esprimere la volont� politica dei cittadini dell'Unione
�. 
Gli articoli 11 e 12 della Carta, dunque, non prevedono limitazioni di 
sorta delle libert� di espressione e di associazione. Tuttavia, la Carta contiene 
una norma che disciplina la portata dei diritti e delle libert� ivi sanciti, che 
consente agli Stati membri (nonch� all�Unione) di porre dei limiti all�esercizio 
dei diritti e delle libert� fondamentali, purch� siano rispettate le seguenti 
condizioni: i limiti devono essere previsti dalla legge; non devono 
pregiudicare il contenuto essenziale di detti diritti e libert�; devono essere 
necessari e rispondere effettivamente a finalit� di interesse generale riconosciute 
dall�Unione (19) ovvero all�esigenza di proteggere i diritti e le libert� 
di altri soggetti, ci� in conformit� al principio di proporzionalit� (art. 52, 
par. 1). 
Ora, le Spiegazioni della Carta dei diritti (20), con riferimento all�art. 
11, specificano che � l�art. 11 corrisponde all�art. 10 della CEDU�, il che significa 
che l�art. 10 della Convenzione ha rappresentato il parametro normativo 
assunto dai redattori della Carta. Del pari, le Spiegazioni chiariscono 
che l�art. 12, par. 1, della Carta dei diritti si ispira all�art. 11 della CEDU. 
Sia per l�art. 11 che per l�art. 12, par. 1, della Carta, viene, dunque, in rilievo 
il disposto dell�art. 52, par. 3, a mente del quale �laddove la presente Carta 
contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea 
per la salvaguardia dei Diritti dell�Uomo e delle Libert� fondamentali, il significato 
e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta 
Convenzione�. Peraltro ci� non preclude all�Unione di concedere una pro- 
(19) Anche nell�ordinamento dell�U.E. vale il principio secondo cui coloro che esercitano poteri 
pubblici nei confronti dei cittadini devono essere indipendenti ed imparziali. 
(20) Pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell�Unione europea il 14 dicembre 2007, serie C 303/21. 
Sulle Spiegazioni v. N. LAZZERINI, Considerazioni sul valore delle Spiegazioni relative alla Carta dei 
diritti fondamentali dell�Unione europea, in Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010.
212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tezione pi� estesa (v. l�art. 52, par. 3, cit.). Ne deriva che le limitazioni delle 
libert� di cui agli articoli 11 e 12, par. 1, della Carta non possono superare 
quelle che risultano legittime ai sensi della CEDU. 
Per quanto riguarda l�art. 12, par. 2, della Carta dei diritti, nelle Spiegazioni 
si legge che esso corrisponde all�articolo 10, par. 4, del Trattato 
sull�Unione europea, a mente del quale: �i partiti politici a livello europeo 
contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la 
volont� dei cittadini dell�Unione�. La Carta, all�art. 52, par. 2, dispone che 
i diritti da essa sanciti che ricadano nell�ambito di applicazione di disposizioni 
contenute nei Trattati istitutivi, si esercitano alle condizioni e nei limiti 
definiti dai Trattati stessi. 
Ora, la rilevanza della tutela riconosciuta dal Trattato sul funzionamento 
dell�U.E. ai partiti politici (che partecipino alle elezioni del Parlamento 
europeo) deriva dal fatto che il medesimo Trattato, all�art. 10, prevede 
che �il funzionamento dell�Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa
� (par. 1), che �i cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell�Unione, 
nel Parlamento europeo [�]� (par. 2), e che: �ogni cittadino ha il 
diritto di partecipare alla vita democratica dell�Unione [�] � (par. 3) (21). 
Fonti statali 
� ComՏ noto, l�art. 98 della Costituzione, al terzo comma, prevede che: 
�si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d�iscriversi ai partiti politici 
per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed 
agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all�estero�. Allo 
scopo di comprenderne meglio il disposto, appare utile ripercorrere, nelle linee 
essenziali, l�iter redazionale dell�articolo citato. 
Nella seduta del 14 gennaio1947 della prima Sezione della seconda Sottocommissione 
per la Costituzione, nel corso di una discussione sui rapporti 
di pubblico impiego, l�on. Mortati ha rappresentato l�esigenza di inserire nella 
futura Costituzione delle norme che garantissero l�indipendenza e l�imparzialit� 
dei funzionari della P.A., sottraendoli all�influenza ed ai condizionamenti 
dei partiti politici. In particolare, egli ha sostenuto che: �lo sforzo di una Costituzione 
democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere a 
garantire una certa indipendenza ai funzionari dello Stato, per avere un�amministrazione 
obiettiva della cosa pubblica e non un�amministrazione dei partiti. 
A tale proposito la Costituzione di Weimer stabiliva che i funzionari erano 
al servizio della collettivit� e non dei singoli partiti� (22). Il dibattito, dap- 
(21) Riguardo al rafforzamento del principio democratico nell�U.E. a seguito dell�ultima revisione 
dei Trattati istitutivi, v. P. RIDOLA, La parlamentarizzazione degli assetti istituzionali dell�Unione europea 
fra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.
it. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 213 
prima, si � incentrato sull�opportunit� di introdurre nel progetto di Costituzione 
il divieto per i magistrati di iscriversi a partiti politici ed associazioni segrete; 
successivamente, � stato proposto di estendere tale divieto ad altre categorie 
di funzionari pubblici. 
Nella seduta del 22 maggio 1947, l�on. Clerici ha proposto di aggiungere 
all�art. 94 del Progetto di Costituzione la seguente previsione: �la carriera di 
magistrato, di militare, di funzionario ed agente di polizia e di diplomatico 
comporta la rinunzia alla iscrizione a partiti politici�. A sostegno dell�emendamento 
formulato, egli adduceva delle motivazioni in parte diverse per i magistrati, 
per gli appartenenti alla Polizia e all�Esercito, e per i diplomatici (23). 
Riguardo agli agenti e funzionari di Polizia ed ai militari, l�on. Clerici, dopo 
aver evidenziato che costoro �quasi quotidianamente, devono prendere provvedimenti 
particolarmente rappresentativi dell�autorit� dello Stato e spiacenti 
ai cittadini che li subiscono�, ha sostenuto che: �essi, perci�, come la moglie 
di Cesare, devono essere insospettabili�. A suo avviso, per far s� che tali soggetti 
fossero �insospettabili nelle loro decisioni rispetto agli altri cittadini�, 
era necessario vietare loro di iscriversi a partiti politici. Quanto alla portata 
della disposizione, il Clerici ha precisato che, da un lato, essa non si sarebbe 
applicata ai magistrati onorari ed ai militari in servizio non permanente (24) e 
a �quei diplomatici, che in via eccezionale sono presi dall�ambiente politico 
ed incaricati di missioni straordinarie�, dall�altro, che la stessa avrebbe avuto 
ad oggetto esclusivamente l�iscrizione a partiti politici, ma non altri diritti, 
quali l�elettorato attivo o passivo. 
Alcuni costituenti hanno sollevato delle aspre critiche riguardo all�emendamento 
proposto dall�on. Clerici (25), mentre altri hanno espresso la loro ap- 
(22) In A.C., IV, p. 3561. Costantino Mortati proponeva di inserire nella Costituzione una previsione 
del seguente tenore: �i pubblici impiegati sono al servizio della Nazione ed � garantita la loro 
piena indipendenza da influenze politiche�. La sua proposta suscit� alcune critiche ma, alla fine, venne 
approvata. 
Si ricorda che tutti i lavori dell�Assemblea costituente sono reperibili on line all�indirizzo http://legislature.
camera.it/frameset.asp?content=%2Faltre%5Fsezionism%2F304%2F8964%2Fdocumentotesto%2E 
asp%3F. 
(23) In A.C., V, p. 4410 e seg. 
(24) Ne sarebbero rimasti esclusi, ad es., �gli ufficiali di complemento che rimangono ufficiali 
anche quando non prestano servizio�. 
(25) Ad es., l�on. Merlin ha invitato l�on. Clerici a ritirare la sua proposta, sostenendo che: �per i 
magistrati i quali, a parte la ristrettezza del numero, hanno un ufficio delicato, obiettivo ed impersonale, 
si potr�, a suo tempo, discutere la norma prevista [il riferimento era all�art. 94, terzo comma, del Progetto 
di Costituzione, che recava il divieto dei magistrati di iscriversi a partiti politici]; ma per tutte le altre 
categorie di cittadini � funzionari, militari e perfino agenti di polizia e diplomatici � la Commissione 
non ritiene di poter accettare l�emendamento [�]�, tenuto conto anche del fatto che il divieto ivi previsto 
�colpirebbe decine e forse centinaia di migliaia di persone�. L�on. Targetti, poi, ha detto di essere contrario 
alla proposta dell�on. Clerici, in quanto, da un lato, �la forma � tale che non esprime un concetto 
molto chiaro quando si tiene presente che siamo in tema di Costituzione. Perch� dire che la carriera di 
magistrati, militari, ecc. implica la rinunzia alla iscrizione nei partiti politici non significa una proibizione
214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
provazione (26). L�emendamento non � stato votato nella seduta in cui � stato 
presentato, bens� nella seduta del 5. dicembre 1947, perch� si � ritenuto opportuno 
che esso venisse discusso insieme alla previsione � contenuta nella 
parte del Progetto relativa alla magistratura � che vietava l�iscrizione dei magistrati 
ai partiti politici (27). 
Nella predetta seduta, il Presidente della Commissione per la Costituzione 
Ruini ha rappresentato all�Assemblea che la Commissione non aveva potuto 
esprimere un parere sulla proposta dell�on. Clerici, in quanto i membri si erano 
divisi in due correnti: alcuni la ritenevano necessaria per assicurare l�indipendenza 
e l�imparzialit� dell�ordine giudiziario e di alcune categorie di funzionari 
che �presentano caratteristiche speciali�; mentre altri membri la ritenevano, 
da un lato, non del tutto chiara e, quindi, tale da rendere in concreto difficile 
la determinazione delle categorie riguardate, e, dall�altro, inidonea a garantire 
che coloro che non possano essere formalmente iscritti ad un partito prendano 
egualmente parte alla sua vita ed alla sua azione (28). 
di iscrizione di questi funzionari ai partiti politici, ma sembra pi� che altro adombrare, anzich� un divieto 
legale, un divieto morale, spirituale, per il quale debba il magistrato rinunziare a questo diritto�, dall�altro, 
dal punto di vista sostanziale, �ripugna di limitare per qualsiasi categoria di cittadini l�esercizio 
di un diritto fondamentale per un cittadino in regime di democrazia, cio� quello di partecipare alla vita 
politica�. 
(26) L�on. Giacchero ha proposto un emendamento, in parte simile a quello formulato dall�on. 
Clerici, del seguente tenore: �i cittadini ufficiali e sottoufficiali dell�esercito in servizio permanente non 
possono essere iscritti a partiti politici n� svolgere attivit� politica�. Egli ha motivato la sua proposta 
con delle interessanti argomentazioni: �pu� forse sembrare a qualcuno che il comma aggiuntivo dell�art. 
49, da me proposto, sia da collocare piuttosto in un regolamento di disciplina che non nella Costituzione. 
Ma cos� non � [�]. � vero che nel vecchio regolamento di disciplina dell�esercito, approvato con decreto 
del luglio 1907, vi era un articolo che aveva lo stesso sapore di questo mio comma aggiuntivo, ma � 
anche vero che la semplice modificazione operata dal fascismo con decreto del giugno 1929 permise 
quello sgretolamento morale dell�esercito, che si inizi� con le circolari del 1939 ai generali e colonnelli 
per l�iscrizione al partito fascista e fin� con l�infausto 8 settembre 1943. Ora, poich� la Costituzione 
deve essere la garanzia non soltanto dei diritti e dei doveri dei cittadini, ma anche della saldezza degli 
istituti che formano la difesa dello Stato, sia verso forze antidemocratiche interne che verso aggressori 
all�esterno, noi dobbiamo affermare nella Costituzione un principio che garantisca quella saldezza e 
faccia dell�esercito [�] un�arma sicura di difesa nelle mani dei poteri legalmente e democraticamente 
costituiti. [�] Per ottenere questo [�] � necessario che coloro i quali formano i quadri permanenti dell�esercito 
non siano parte evidente ed attiva di partiti. E questo per parecchi ordini di ragioni: I) perch� 
la missione di coloro i quali abbracciano la carriera militare � quella di servire il Paese al disopra e al di 
fuori di interessi, sia pure nobilissimi, di partito; II) perch� l�impostazione attuale dei partiti, in particolare 
di quelli di massa, � basata su una disciplina e su una gerarchia, che, a volte, potrebbe non essere nello 
stesso senso di quella corrispondente ai posti occupati nell�esercito, e se non si provvedesse, si creerebbero 
interferenze e situazioni che, nella migliore delle ipotesi, si possono definire incresciose; III) perch� 
si deve evitare che favoritismi, a mezzo di influenze politiche, possano turbare la necessaria tranquillit� 
di coloro che attendono all�alta missione di formare la forza militare della Nazione, ed originare malcontento 
e corruzione; IV) [�] perch� infine noi abbiamo votato un articolo 13, dove � detto che sono 
vietate le associazioni che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare�. 
(27) Una sintesi del dibattito sull�emendamento proposto da Clerici � svolta da E. TIRA, Libert� 
di associazione e indipendenza/imparzialit� del magistrato: un bilanciamento tra valori costituzionali, 
in www.forumcostituzionale.it.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 215 
L�on. Clerici, chiamato a precisare ulteriormente il contenuto della sua 
proposta, ha sostenuto che l�introduzione di una limitazione alla libert� di associazione 
dei magistrati e di alcune categorie di dipendenti dello Stato non 
violerebbe il principio di eguaglianza, in quanto sarebbe giustificata dalla circostanza 
che essi �esercitando un�autorit� dello Stato praticamente sui cittadini, 
sono o appaiono [�], rispetto a costoro, lo Stato stesso�. Egli ha, poi, 
aggiunto, con tono enfatico, che �il magistrato che ci giudica, il magistrato 
che ci pu� condannare a pene anche gravissime e che pu� decidere non soltanto 
su questioni patrimoniali, ma anche su questioni famigliari e di stato personale 
[�]; e del pari il funzionario e l�agente di pubblica sicurezza, che 
eseguono codeste sentenze e possono arrestare il cittadino, il militare in servizio 
attivo permanente ed anche il rappresentante ordinario dello Stato verso 
Stati esteri [�] deve non solo essere ma anche apparire assolutamente insospettabile
�, in quanto �non deve sorgere nel povero diavolo, il quale vede giudici 
con distintivi di appartenenza a partiti diversi dal suo, il sospetto che 
costoro possano giudicarlo sfavorevolmente per ragioni di carattere politico. 
E non deve sorgere il sospetto che l�agente di pubblica sicurezza, il carabiniere, 
il militare in servizio attivo permanente possono essere non i rappresentanti 
dello Stato ma di un partito [�]�. 
Ancor pi� significative sono, ai fini che interessano, le ragioni per le 
quali, secondo l�on. Clerici, per un verso, fosse necessario prevedere nella 
Costituzione la possibilit� che, con legge ordinaria, fosse limitata o proibita 
l�iscrizione a partiti politici ai magistrati e ad altre categorie di dipendenti 
pubblici, e, per altro verso, fosse opportuno che tali limitazioni o divieti non 
fossero stabilite direttamente dalla Costituzione. L�on. Clerici si � espresso 
in questi termini: �che cosa sar� stabilito, se voteremo l�emendamento da me 
proposto? Questo principio: che contro il principio generale che nessun limite 
alla libert� di iscrizione a qualsiasi partito pu� essere posto al cittadino, e neanche 
al funzionario dello Stato, invece un limite alla libera iscrizione ai partiti, 
per questi particolari funzionari, che sono investiti del �jus imperii�, 
questa limitazione � possibile nell�ambito e nelle forme che il legislatore futuro 
creder� del caso, adattandole alle condizioni ambientali e storiche. La 
nostra Costituzione � fatta - speriamo � per un periodo di molti decenni; in 
tutto questo tempo si andranno trasformando le condizioni che suggeriranno 
limitazioni pi� o meno ampie col variare del tempo. queste limitazioni noi 
rimetteremo perci� alla legge futura. Noi per ora affermiamo il principio; e 
ritengo che sia necessario affermarlo, perch� se non dicessimo nulla in pro- 
(28) Nel Progetto approvato dalla Commissione per la Costituzione, l�art. 91 [l�antesignano dell�attuale 
art. 98] non prevedeva la possibilit� di vietare con legge l�iscrizione ai partiti politici di magistrati, 
militari, poliziotti e rappresentanti diplomatici e consolari. Il testo � reperibile sul sito del 
Parlamento, al seguente indirizzo: http://legislature.camera.it/strumenti/popup/default.asp?url=/altre_sezioni/
assemblea_costituente/Composizione/VisProg.asp. 
216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
posito e ferma restando la norma generale della libert� del cittadino, per cui 
ciascuno pu� iscriversi a qualsiasi partito, domani potrebbe ritenersi illegittima 
ed anticostituzionale qualsiasi legge che stabilisse questo divieto per i 
carabinieri e le guardie di Questura�. 
All�esito della seduta, l�emendamento dell�on. Clerici � stato integralmente 
approvato (29). 
� Per interpretare il disposto dell�art. 98, terzo comma, Cost. � come, del 
resto, ogni norma dell�ordinamento � si deve tener conto del tenore letterale, 
della ratio, della genesi redazionale e del contesto normativo in cui esso si 
colloca. Tale contesto � dato essenzialmente dai principi costituzionali in tema 
di partecipazione politica. La nostra Costituzione prefigura un sistema politico 
aperto alla partecipazione del popolo e, per far s� che esso concretamente 
si realizzi, ha riconosciuto delle garanzie alle formazioni sociali che rappresentano 
il tessuto associativo della societ� (articoli 2 e 18 Cost.) e attribuendo 
uno status particolare alle associazioni ritenute pi� funzionali alla crescita 
della partecipazione alla vita politica del Paese, vale a dire i sindacati (art. 
39 Cost.) ed i partiti politici (art. 49 Cost.) (30). In particolare, l�art. 49 Cost. 
affida ai partiti politici il compito di consentire ai cittadini di concorrere con 
metodo democratico a determinare la politica nazionale. I partiti hanno un rilievo 
centrale sia per assicurare l�esercizio da parte degli individui del diritto 
(fondamentale) di partecipazione politica sia per garantire l�attuazione del 
regime democratico nello Stato (31). 
Secondo la dottrina prevalente, la norma di cui all�art. 98, comma 3, 
Cost. consente al legislatore ordinario, nel caso in cui ne ravvisi la necessit�, 
di porre dei limiti al diritto di iscriversi a partiti politici per i magistrati e per 
alcune categorie di dipendenti pubblici, allo scopo di garantire la loro indipendenza 
ed imparzialit�, vista la particolare delicatezza delle funzioni da 
essi esercitate (lo ius dicere, l�esercizio della forza pubblica, la rappresentanza 
dello Stato nelle relazioni internazionali) (32) . 
(29) L�art. 98 della Costituzione, approvata il 27 dicembre 1947, fin dalle origini abilitava il legislatore 
ordinario ad introdurre delle limitazioni al diritto di iscrizione ai partiti politici per magistrati, 
militari di carriera in servizio attivo, funzionari ed agenti di polizia ed, infine, rappresentanti diplomatici 
e consolari all�estero. 
La Costituzione pubblicata nella Gazz. Uff. n. 298, ed. straord. di sabato, il 27 dicembre 1947 � reperibile 
anche all�indirizzo:http://legislature.camera.it/strumenti/popup/default.asp?url=/altre_sezioni/assemblea_
costituente/Composizione/VisCost.asp. 
(30) G. ROLLA, La tutela costituzionale dei diritti, Milano, 2005, pp. 97 e 98. Lo stesso Autore 
osserva che i costituenti hanno inteso privilegiare la partecipazione attraverso le formazioni sociali � in 
primis i partiti politici � piuttosto che attivare istituti di democrazia diretta, come emerge, ad es., dal 
fatto che l�indizione del referendum abrogativo � stato sottoposto dall�art. 75 Cost. a numerosi limiti. 
(31)V. per tutti L. ELIA, Costituzione, partiti, istituzioni, Bologna, 2009. 
(32) Un�opinione in parte diversa � stata espressa da C. ESPOSITO, Riforma dell�Amministrazione 
e diritti costituzionali dei cittadini, in ID., La Costituzione italiana, Padova, 1954, p. 223, secondo cui
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 217 
In dottrina, non solo � pacifico che l�art. 98, terzo comma, Cost., non 
stabilisce alcun divieto di iscrizione ai partiti politici per i cittadini appartenenti 
alle categorie ivi previste, ma si ritiene, altres�, che tale disposizione 
non comporti l�obbligo per il legislatore ordinario di introdurre quel divieto. 
� stato autorevolmente sostenuto che �alla luce del dibattito costituente, ma 
soprattutto in coerenza con l�interpretazione sistematica della Costituzione, 
secondo cui la libert� � la regola, e l�associazione in partiti politici lo strumento 
privilegiato per consentire la piena estrinsecazione dell�idea di cittadinanza 
democratica e, quindi, la crescita politica di tutta la Nazione, appare 
senz�altro da non condividere la lettura secondo la quale nella disposizione 
costituzionale adesso in commento vi sarebbe un invito al legislatore ordinario 
per intervenire limitando le libert� politiche dei pubblici dipendenti menzionati 
dal testo normativo� (33). 
Dalla centralit� che rivestono le libert� individuali e collettive nel nostro 
sistema costituzionale, e dal carattere eccezionale di ogni loro limitazione, 
discende che la norma costituzionale in parola non � suscettibile di applicazione 
analogica ed, anzi, dev�essere interpretata in maniera restrittiva (34), 
cosicch� sono ammissibili esclusivamente le limitazioni ivi previste e solo 
alle condizioni ivi stabilite. In dottrina si � sostenuto che �la sola possibilit� 
prevista � la limitazione dell�iscrizione, ma non anche dell�appartenenza�, 
sicch� resterebbe assolutamente �libera l�adesione ideologica anche apertamente 
manifestata�(35). 
Tenendo ancora conto dello spirito liberale e democratico che anima la 
Carta Costituzionale, deve escludersi che il legislatore, qualora ravvisi l�opportunit� 
di esercitare la facolt� ad esso riconosciuta dalla norma costituzionale 
in questione, debba necessariamente introdurre il divieto d�iscrizione 
ai partiti politici per taluni dipendenti pubblici; infatti, ove risulti possibile 
garantire l�indipendenza di questi ultimi dall�influenza dei partiti limitando 
in misura minore il diritto di partecipazione alla vita politica, il legislatore 
dovrebbe prediligere quest�ultima soluzione (36). Parte della dottrina, valorizzando 
il tenore letterale dell�art. 98, terzo comma, Cost., che parla di mere 
il disposto dell�art. 98, terzo comma, Cost., avrebbe una ratio diversa per quanto riguarda, da una parte, 
i magistrati e gli agenti diplomatici, e, dall�altra, gli appartenenti alle Forze armate e di Polizia: nel 
primo caso, si tratterebbe dell�esigenza che lo Stato si presenti in modo unitario (sia ai suoi cittadini 
che agli altri soggetti del diritto internazionale), mentre, nel secondo caso, verrebbe in rilievo la necessit� 
di evitare possibili strumentalizzazioni politiche. 
(33) A. SAITTA, Art. 98, in R. BIFULCO � A. CELOTTO � M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla 
Costituzione, Milano, 2006, p. 1921. In tal senso, v. anche G. BORR�, Art. 98, 3� c., in G. BRANCA � A. 
PIZZORUSSO (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1994, pp. 469 e 470. 
(34) A. SAITTA, Art. 98, cit., p. 1921. 
(35) L. CARLASSARE, Amministrazione e potere politico, Padova, 1974, p. 108. 
(36) Oltretutto, come si � visto, sarebbe contrario alla CEDU adottare delle misure restrittive della 
libert� di associazione che non siano necessarie in una societ� democratica e proporzionate.
218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
�limitazioni� del diritto di iscriversi a partiti politici, ritiene che �la legge 
sia autorizzata a fissare unicamente limiti di tal natura che non si risolvano 
in una soppressione del diritto� (37). Tale orientamento sembra suffragato 
dal fatto che l�art. 49 Cost. riconosce a tutti i cittadini (senza eccezioni) la 
libert� di associarsi in partiti, i quali, sia all�epoca in cui � stata elaborata la 
Costituzione che attualmente, rappresentano lo strumento principale per la 
partecipazione alla vita politica del Paese. 
Sul piano formale, poi, la norma costituzionale in esame pone chiaramente 
una riserva di legge. Pertanto, non si possono stabilire con una fonte 
secondaria delle restrizioni al diritto di partecipazione ai partiti politici, in 
mancanza di una copertura legislativa. 
Volendo dar conto dell�interpretazione dell�art. 98, terzo comma, Cost. 
operata dalla Corte Costituzionale, � utile richiamare la sentenza n. 224 del 
2009, con cui la Consulta ha giudicato infondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell�art. 3, comma 1, lettera h), del D. Lgs. n. 109/2006 (Disciplina 
degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della 
procedura per la loro applicabilit�, ecc.), il quale configura quale illecito disciplinare 
� accanto al coinvolgimento nelle attivit� di soggetti operanti nel 
settore economico o finanziario che possono condizionare l�esercizio delle 
funzioni o comunque compromettere l�immagine del magistrato � l�iscrizione 
o la partecipazione sistematica e continuativa del magistrato a partiti politici 
(38). La Sezione disciplinare del CSM aveva sollevato il dubbio di legittimit� 
costituzionale in riferimento agli articoli 2, 3, 18, 49 e 98, comma 3, Cost. In 
particolare, il CSM evidenziava come la norma censurata ponendo un divieto 
formale ed assoluto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati (divieto, tra 
l�altro, rafforzato dalla previsione di una sanzione per la sua violazione) andrebbe 
oltre la nozione giuridica della mera limitazione, ovvero di �una regolamentazione 
che contemperi il diritto politico del singolo con l�esigenza di 
imparzialit�, anche percepita, del giudice�, laddove l�art. 49 Cost. riconosce 
a tutti i cittadini (ivi compresi, quindi, i magistrati) la libert� di associarsi in 
partiti politici e l�art. 98, terzo comma, Cost. autorizza il legislatore a stabilire 
delle mere limitazioni di tale libert�. 
La Consulta, dapprima, ha precisato che i magistrati, da un lato, devono 
(37) A. CERRI, Sindacato, associazioni politiche, partiti, in Giur. cost., 1966, p. 1920. L�Autore 
prosegue il suo ragionamento ipotizzando che il legislatore avrebbe potuto, ad esempio, precludere �puramente 
e semplicemente l�accesso alle cariche direttive del partito�. 
(38) La questione di legittimit� costituzionale posta davanti alla Corte � stata sollevata dalla Sezione 
disciplinare del C.S.M., nel corso di un giudizio avente ad oggetto l�accertamento della responsabilit� 
disciplinare di un magistrato collocato fuori dell�organico della magistratura perch� addetto ad 
una funzione di consulenza parlamentare, a cui era stata contestata la violazione dell�art. 3 lett. h), avendo 
egli assunto una carica direttiva all�interno di un�organizzazione periferica di un partito politico, la copertura 
della quale dovrebbe presupporre l�iscrizione allo stesso partito e comporterebbe in ogni caso 
una continuit� nella partecipazione alla vita del partito che non � consentita.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 219 
godere degli stessi diritti di libert� garantiti ad ogni cittadino e, quindi, possono 
non soltanto condividere un�idea politica, ma anche manifestare espressamente 
le proprie opinioni al riguardo, e, dall�altro, essi hanno il dovere di essere imparziali 
ed indipendenti. La Corte ha, poi, rilevato che la Costituzione, operando 
un bilanciamento tra la libert� di associarsi in partiti (tutelata dall�art. 
49 Cost.) e �l�esigenza di assicurare la terziet� dei magistrati ed anche l�immagine 
di estraneit� agli interessi dei partiti che si contendono il campo� (ex 
articoli 101, comma 1, e 104, comma 1, Cost.), prevede, all�art. 98, comma 3, 
che il legislatore ordinario possa stabilire limitazioni al diritto di iscriversi a 
partiti politici per i magistrati (come pure per altre categorie di funzionari pubblici). 
La Corte afferma, quindi, che la norma dettata dall�art. 98, comma 3, 
Cost. �se non impone, tuttavia consente che il legislatore ordinario introduca, 
a tutela e salvaguardia dell�imparzialit� e dell�indipendenza dell�ordine giudiziario, 
il divieto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati [�] �. La 
Corte ha aggiunto che la medesima norma costituzionale d�, sia pure implicitamente, 
al legislatore la facolt� di precludere ai magistrati � oltre alla formale 
iscrizione ai partiti politici � �l�organico schieramento con una delle parti politiche 
in gioco� e, quindi, ha affermato che la disposizione legislativa impugnata 
� nella parte in cui vieta �la partecipazione sistematica e continuativa� 
all�attivit� dei partiti � non viola il disposto dell�art. 98, terzo comma, della 
Costituzione. Il Giudice delle Leggi ha altres� escluso che la disposizione, oggetto 
dello scrutinio di costituzionalit�, sia in contrasto con il medesimo parametro 
costituzionale nella parte in cui vieta l�iscrizione o la partecipazione 
sistematica e continuativa a partiti politici a tutti i magistrati, senza distinguere 
tra coloro che esercitano funzioni giurisdizionali e quelli che, invece, non le 
esercitano, perch� � come nel caso pendente davanti alla Sezione disciplinare 
del CSM � siano fuori del ruolo organico della magistratura, essendo stati addetti 
dalla P.A. a funzioni diverse. Infine, la Consulta ha chiarito che non vi � 
alcuna contraddizione tra il diritto di elettorato passivo � pacificamente riconosciuto 
ai magistrati � ed il divieto di iscrizione o di partecipazione sistematica 
e continuativa alla vita di un partito politico, �sia per la diversit� delle 
situazioni poste a raffronto [�], sia perch� quel diritto non � senza limitazioni
�(39). 
Dalla sentenza, sopra menzionata, si ricavano delle indicazioni significative 
sul modo in cui la Corte Costituzionale ricostruisce la portata dell�art. 98, 
terzo comma, Cost. In particolare, la Corte individua la ratio di tale norma 
(39) Va precisato che la Corte Costituzionale, nell�ambito dello stesso procedimento, si � dovuta 
pronunciare sulla legittimit� costituzionale di un�ulteriore previsione contenuta nell�art. 3, comma 1, 
lett. h), del D.lgs. n. 109/2006, vale a dire, quella che configura quale illecito disciplinare il coinvolgimento 
del magistrato nelle attivit� di soggetti operanti nel settore economico o funzionario che possono 
condizionare l�esercizio delle funzioni o compromettere l�immagine del magistrato e, anche in tal caso, 
ha dichiarato infondato il dubbio di incostituzionalit�.
220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nell�esigenza di garantire l�indipendenza e l�imparzialit� del funzionario pubblico; 
ritiene che la disposizione de qua autorizzi il legislatore ordinario a vietare 
(e non solo a limitare) il diritto di iscrizione a partiti politici; ammette 
un�interpretazione estensiva della norma tale da ricondurre alla stessa anche 
la partecipazione in via di fatto, purch� �sistematica e continuativa�, all�attivit� 
di un partito; � dell�opinione che, ai sensi della Costituzione, il legislatore 
ordinario abbia la facolt� di introdurre un generale divieto di iscrizione ai partiti 
politici per i funzionari pubblici, senza distinzioni per funzione e per posizione 
giuridica, essendo indifferente che il funzionario ricopra un ruolo o 
sia temporaneamente collocato fuori ruolo, che sia in ruolo svolgendo effettivamente 
le funzioni giurisdizionali oppure senza svolgerle in quanto collocato 
in aspettativa (come avviene, ad esempio, quando un magistrato sia eletto al 
Parlamento nazionale o al Parlamento europeo)(40). Va precisato che la Consulta 
ha svolto tali considerazioni facendo riferimento esclusivamente ai magistrati 
(e non, in generale, alle categorie di funzionari pubblici indicate all�art. 
98, comma 3, Cost.). Tuttavia, poich� dalla sentenza n. 224/2009 non si evincono 
degli elementi che facciano pensare che la Consulta, nel delineare la portata 
dell�art. 98, terzo comma, Cost., abbia attribuito un peso decisivo alla 
posizione costituzionale della magistratura o alle particolarit� della funzione 
giurisdizionale, sembra ragionevole trarre da tale pronuncia delle indicazioni 
di ordine generale (utili anche ai fini che qui rilevano). 
La Corte Costituzionale d� dell�art. 98, terzo comma, Cost., una lettura 
meno garantista di quella sostenuta da autorevoli esponenti della dottrina. Naturalmente, 
per�, anche la Consulta riconosce che sussiste una riserva di legge 
in tema di limitazioni della libert� di associarsi in partiti politici. 
� Il legislatore ordinario si � avvalso con grande parsimonia della possibilit� 
offerta dall�art. 98, terzo comma, Cost. di limitare i diritti politici dei 
pubblici funzionari ivi indicati (41). Per quanto concerne i funzionari e gli 
agenti di Polizia (42), la legge n. 121 del 1981 � con cui � stata attuata una riforma 
organica dell�ordinamento dell�Amministrazione di Pubblica Sicurezza 
� aveva stabilito che, fino all�emanazione di �una disciplina pi� generale della 
materia di cui al terzo comma dell�articolo 98 della Costituzione, e comunque 
non oltre un anno dall�entrata in vigore della presente legge� (art. 114), agli 
stessi fosse vietato iscriversi ai partiti politici. Tale divieto � stato successivamente 
prorogato di anno in anno (43), fino a quando � venuto a cadere a se- 
(40) La dottrina ha mosso varie critiche alla sentenza n. 224/2009 della Corte Costituzionale. V. 
per tutti i commenti di S. DE NARDI, in Giur. cost., 2009, 6, p. 5121 e seg.; e G. FERRI pubblicato su 
www.giurcost.org. 
(41) Cos� A. SAITTA, Art. 98, cit., p. 1922. 
(42) Per le altre categorie di funzionari pubblici indicate all�art. 98, terzo comma, Cost. v. A. 
SAITTA, op. loc. cit.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 221 
guito della mancata conversione del D.L. 3 maggio 1991, n. 141, il quale, all�art. 
1, prevedeva il divieto d�iscrizione ai partiti politici per i magistrati, i 
militari di carriera in servizio attivo, gli appartenenti alle Forze di Polizia e i 
pubblici dipendenti accreditati all�estero come agenti diplomatici o funzionari 
consolari. 
Fino ad oggi, non sono stati emanati altri atti legislativi in attuazione 
dell�art. 98, terzo comma, della Costituzione. 
La legge n. 121/1981 detta, all�art. 81, una serie di �norme di comportamento 
politico�, la cui violazione � sanzionata ai sensi dell�art. 4 del D.P.R. 
n. 737/1981. 
Il citato art. 81, al primo comma, stabilisce che: �gli appartenenti alle 
forze di polizia debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni 
politiche e non possono assumere comportamenti che compromettano 
l�assoluta imparzialit� delle loro funzioni�. Agli appartenenti alle forze di polizia 
� fatto divieto di partecipare in uniforme, anche se fuori servizio, a riunioni 
e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche o 
sindacali, salvo quanto disposto dall�articolo seguente. � fatto altres� divieto 
di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni 
politiche o candidati ad elezioni�; al secondo comma, dispone che: �gli appartenenti 
alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative 
sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento dell�accettazione 
della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere 
attivit� politica e di propaganda, al di fuori dell�ambito dei rispettivi uffici e 
in abito civile. Essi, comunque non possono prestare servizio nell�ambito della 
circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati alle elezioni, per 
un periodo di tre anni dalla data delle elezioni stesse�. 
Il disposto dell�art. 81, comma 2, della legge n. 121/1981, risulta di agevole 
interpretazione. Esso prevede, in sintesi, che gli appartenenti alla Polizia, 
che intendono candidarsi alle elezioni (politiche o amministrative), sono posti 
in aspettativa speciale; in tal caso, essi possono svolgere attivit� politica e di 
propaganda, ma soltanto fuori dall�ambito territoriale dei loro uffici e senza 
indossare la divisa; infine, per un periodo di tre anni dalla data delle elezioni, 
gli stessi non possono prestare servizio nella circoscrizione nella quale si sono 
presentati come candidati. 
Tali prescrizioni sono volte a consentire ai membri della Polizia di esercitare 
il diritto di elettorato passivo, garantendo, nel contempo, che le delicate 
e peculiari funzioni che competono alle Forze di Polizia siano svolte esclusivamente 
da persone al di sopra di ogni sospetto di parzialit� politica. In tal 
(43) La disciplina transitoria dettata dall�art. 114 della L. n. 121/1981 � stata prorogata con appositi 
Decreti Legge sempre convertiti entro i termini in Leggi dal 1982 (L. 24 aprile 1982, n. 174) al 1990 
(L. 20 giugno 1990, n. 159).
222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
modo, invero, si riduce il rischio che un agente o funzionario di Polizia, che 
partecipa o ha partecipato ad una competizione elettorale, possa abusare dei 
suoi poteri per ingraziarsi dei possibili elettori o per attuare delle ritorsioni ai 
danni di coloro che hanno votato e/o fatto propaganda per i suoi concorrenti 
politici. Dette previsioni normative fanno s� che le persone soggette ai poteri 
degli Organi della Polizia non abbiano motivo di sospettare di essere trattate 
ingiustamente a causa delle proprie opinioni politiche. Infine, esse impediscono 
che i membri della Polizia che partecipano ad una competizione elettorale 
possano godere di un vantaggio rispetto ai loro concorrenti per il senso di 
soggezione che l�ufficio da essi ricoperto pu� suscitare nei cittadini sottoposti 
alla loro autorit�. 
Il disposto dell�art. 81, primo comma, suscita, invece, alcuni dubbi interpretativi. 
Le previsioni secondo cui gli appartenenti alle Forze di Polizia �debbono 
in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche� 
e �non possono assumere comportamenti che compromettano l�assoluta imparzialit� 
delle loro funzioni�, indicando solo in modo generico le condotte 
vietate, potrebbero essere intese nel senso che ai membri della Polizia sia precluso 
di svolgere qualsiasi forma di attivit� politica, e, quindi, non solo di manifestare 
pubblicamente le proprie preferenze politiche, ma anche di iscriversi 
ad un partito o di assumere degli incarichi all�interno dello stesso. A ben vedere, 
per�, tale tesi interpretativa non pu� essere condivisa. 
Il fatto che in una successiva disposizione del medesimo testo normativo 
(l�art. 114 della legge n. 121/1981) fosse previsto un divieto temporaneo di 
iscrizione a partiti politici (ormai scaduto da tempo) vale ad escludere che le 
prescrizioni di cui all�art. 81, comma 1, ricomprendano un simile divieto. �, 
altres�, particolarmente indicativo che il legislatore avesse sottoposto il divieto 
d�iscrizione ai partiti politici ad un termine di efficacia, evidenziando 
la necessit� di dettare una disciplina organica di attuazione dell�art. 98, 
comma 3, della Costituzione. Ci� dimostra chiaramente che il legislatore ordinario 
� nella consapevolezza che l�art. 98, terzo comma, Cost. demanda ad 
esso la valutazione circa l�opportunit�, in relazione ai tempi, di introdurre 
delle limitazioni all�esercizio dei diritti politici per le categorie di dipendenti 
pubblici ivi previste � non ha sancito in via definitiva il divieto per i poliziotti 
di iscriversi a partiti politici, ma lo ha previsto per un certo periodo di tempo 
(v. il citato art. 114) e, con successivi provvedimenti normativi, ne ha prorogato 
l�efficacia fino a quando lo ha ritenuto necessario. Poich� l�ultimo termine 
di proroga del divieto in parola � scaduto e non � stata emanata una 
legge di attuazione dell�art. 98, terzo comma, Cost., attualmente gli appartenenti 
alle Forze di Polizia godono della libert� di iscriversi ai partiti politici 
riconosciuta dagli articoli 18 e 49 Cost. (conclusione, quest�ultima, condivisa, 
seppure incidentalmente, dal T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza n. 
591/2006) (44). Ora, posto che l�art. 98, terzo comma, Cost. riserva al legi-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 223 
slatore ordinario di introdurre (ove necessario) un divieto d�iscrizione ai partiti 
politici (inter alia) per gli appartenenti alle Forze di Polizia, siffatto divieto 
non pu� essere introdotto in via pretoria o ad opera della P.A., a ci� ostando 
anche la CEDU. 
Inoltre, atteso che nel nostro sistema democratico sussiste un collegamento 
assai stretto tra diritto di partecipazione ai partiti politici e diritto di 
elettorato passivo sembra opportuno richiamare la giurisprudenza costituzionale 
in tema di cause di ineleggibilit�. A tale riguardo, la Consulta ha pi� 
volte rilevato (v. ex multis la sentenza n. 287/1997) che l�art. 51 Cost., riferendosi 
ai �requisiti� per l�accesso alle cariche elettive, sottintende il bilanciamento 
di interessi cui la relativa legislazione primaria � direttamente 
chiamata dalla Costituzione. Si tratta del bilanciamento tra il diritto individuale 
di elettorato passivo e la tutela delle cariche pubbliche, a cui possono 
accedere solo coloro che sono in possesso delle condizioni che tali cariche, 
per loro stessa natura, richiedono. D�altra parte, �le cause di ineleggibilit�, 
per essere conformi al principio dell�art. 51 Cost., devono considerarsi di 
stretta interpretazione e comunque contenute entro i limiti rigorosamente necessari 
per il soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse�, con la 
conseguenza che sono incostituzionali le cause di ineleggibilit� dai confini 
generici ed elastici, suscettibili di essere dilatate in sede interpretativa sino a 
ricomprendere le situazioni pi� diverse (v. ex multis le sentenze della Corte 
n. 46/1969, n. 166/1972, n. 1020/1988, n. 53/1990, n. 364/1996 e n. 
306/2003) (45). Dalla predetta giurisprudenza costituzionale si ricava il seguente 
principio: le cause di ineleggibilit�, derogando al principio costituzionale 
della generalit� del diritto di elettorale passivo, sancito dall�art. 51 Cost. 
e comunemente ricondotto tra i diritti inviolabili garantiti dall�art. 2 Cost., 
sono di stretta interpretazione e devono rigorosamente contenersi entro i limiti 
di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione 
delle esigenze di pubblico interesse, cui sono preordinate, cosicch� il precetto 
espresso nell�art. 51, comma 1, Cost. deve trovare, per quanto possibile, la 
pi� ampia estensione, compatibilmente con la duplice finalit� di garantire lo 
svolgimento della competizione elettorale in condizioni di eguaglianza tra i 
candidati e di assicurare l�autenticit� e genuinit� del voto, di modo che l�eleggibilit� 
costituisca la regola e l�ineleggibilit� l�eccezione, come tale da interpretarsi 
in modo restrittivo. Cos� individuato, il criterio ermeneutico che deve 
(44) In un obiter dictum si legge: �deve ritenersi inoperante un siffatto divieto, posto con l�art. 
114 della legge 1 aprile 1981, n. 121, posto che non si � a conoscenza di proroghe del termine annuale 
ivi previsto (in passato pi� volte prorogato) �. 
(45) Il principio affermato dalla Corte Costituzionale � osservato dalla giurisprudenza di legittimit� 
(v. ex multis Cass. civ., sez. I, n. 1073/2001 e Cass. civ., sez. I, n. 626/2008), nonch� da quella amministrativa 
(v. ex pluribus Cons. St., sez. I, n. 309/2000 e TAR Sicilia Palermo, sez. I, n. 1374/2007) e di 
merito (v. ad es. Corte d�App. di Napoli, sez. I, 22 maggio 2002, in Giorn. Dir. Amm., 2002, 12, p. 1282). 
224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
guidare l�interprete nella ricostruzione del significato delle norme che prevedono 
delle cause di ineleggibilit�, sembra ragionevole applicare, mutatis 
mutandis, il medesimo criterio per interpretare, in senso conforme alla Costituzione, 
le norme che limitano l�esercizio dei diritti politici da parte dei 
membri della Polizia. Pertanto, anche queste ultime norme devono essere 
considerate di stretta interpretazione. 
Ne deriva che deve senz�altro riconoscersi che la normativa vigente non 
vieta agli appartenenti alla Polizia di iscriversi ai partiti politici. 
Nel primo comma dell�art. 81 della legge n. 121/1981 sono contenute 
due ulteriori previsioni che cos� recitano: �agli appartenenti alle forze di polizia 
� fatto divieto di partecipare in uniforme, anche se fuori servizio, a riunioni 
o manifestazioni di partiti, associazioni o organizzazioni politiche [...]� 
(46); Ǐ fatto altres� divieto di svolgere propaganda a favore o contro partiti, 
associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni �. 
Entrambe le previsioni perseguono il fine di salvaguardare l�imparzialit� 
sia dell�Istituzione sia del singolo membro, proibendo comportamenti di tipo 
diverso ma ugualmente suscettibili di ledere tale valore. Ed invero, la prima 
disposizione mira ad evitare che un funzionario o agente di Polizia, per il solo 
fatto di partecipare in uniforme ad una riunione o manifestazione politica (tenendo, 
cio�, un comportamento meramente passivo), possa indurre i presenti 
a ritenere che le tesi politiche ivi sostenute siano condivise dalla Polizia e/o 
da quel singolo poliziotto; la seconda disposizione impedisce ad un funzionario 
o agente di Polizia di svolgere, a parole o con comportamenti esteriori, 
propaganda a favore di un partito o di altra associazione politica (47). 
La lettura qui prospettata delle previsioni normative in esame trova conferma 
ove si consideri che esse hanno un contenuto (in parte) speculare a 
quello del secondo comma dell�art. 81. Il disposto del comma 1, vieta ai funzionari 
o agenti di Polizia in servizio quelle condotte che, invece, i funzionari 
o agenti di Polizia che si trovano in aspettativa speciale per candidatura sono 
espressamente autorizzati a compiere dalla norma di cui al comma 2. Ci� si 
spiega con il fatto che, una volta che si sia interrotto � sia pure temporaneamente 
� il rapporto di servizio, viene meno il pericolo che un membro della 
Polizia, manifestando (con comportamenti attivi o passivi) le proprie preferenze 
politiche, possa ingenerare sospetti di parzialit�, danneggiando altres� 
l�Istituzione a cui appartiene. 
Pertanto, si pu� affermare che l�art. 81 della legge. n. 121/1981 disponga 
(46) La suddetta previsione vieta ai membri della Polizia di partecipare in uniforme anche ai sindacati, 
facendo, per�, salvo il disposto dell�art. 82 della stessa Legge. 
(47) Poich� l�art. 81, comma 1, nella parte in cui fa divieto ai poliziotti di svolgere propaganda 
politica prescinde dalla circostanza che costoro indossino la divisa, deve ritenersi che tale comportamento 
sia loro vietato anche quando indossino abiti civili. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 225 
chiaramente che i funzionari o agenti di Polizia in servizio, fuori dell�orario 
di lavoro, sono liberi di partecipare a riunioni o manifestazioni politiche, purch� 
indossino abiti civili e non esprimano pubblicamente, a parole o a gesti, 
la propria adesione ad un partito o ad altra associazione politica. 
Per stabilire se un certo comportamento, non espressamente previsto dall�art. 
81 della legge n. 121/1981, sia o meno lecito, si deve tener presente che, 
nel nostro ordinamento, tutto ci� che non � espressamente vietato � consentito 
� il che naturalmente vale a fortiori in materia di diritti di partecipazione alla 
vita politica stante il loro carattere �fondamentale�. 
Pertanto, volendo sintetizzare le risposte ai quesiti, richiamati in apertura 
della presente consultazione, si rappresenta quanto segue: 
1) gli appartenenti alla Polizia possono sia iscriversi ad un partito politico 
che partecipare a dei consessi politici a condizione che non facciano propaganda 
politica; possono, altres�, ricoprire degli incarichi all�interno di un partito 
o partecipare, in via di fatto, alle attivit� che ivi si svolgono, a condizione 
che ci� avvenga con modalit� e forme che non siano tali da fare emergere 
l�appartenenza del soggetto all�Amministrazione di Pubblica Sicurezza. 
Volendo andare ulteriormente a specificare, seppure in via meramente 
esemplificativa, quali condotte debbano ritenersi, di contro, vietate, pu� evidenziarsi 
quanto segue: 
a) gli appartenenti alla Polizia di Stato non possono fondare o costituire 
un partito politico atteso che, in considerazione della necessaria pubblicit� 
che connota l�attivit� di un partito politico, tale possibilit� si porrebbe in contrasto 
con l�obbligo, sancito dall�art. 81 della legge n. 121/81, di �mantenersi 
al di fuori delle competizioni politiche� e con il correlativo divieto �di svolgere 
propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche 
o candidati ad elezioni�; 
b) gli appartenenti alla Polizia di Stato non possono, a maggior ragione, 
ricoprire incarichi all�interno di un partito politico quando, alla luce dello statuto, 
del programma ovvero di altre circostanze oggettive, emerga che i predetti 
incarichi possono essere ricoperti esclusivamente da appartenenti alla 
Polizia di Stato; 
c) agli appartenenti alla Polizia di Stato � inibita non solo l�attivit� di 
propaganda politica ma anche ogni altra attivit� di partito che si traduca, seppure 
indirettamente, in una partecipazione degli stessi alle competizioni politiche. 
2) Con riferimento, infine, alla possibilit� che la disciplina - dettata dall�art. 
81, comma 2, della legge n. 121/81 per i membri della Polizia che siano 
stati posti in aspettativa speciale per candidatura - possa essere estesa anche 
a quelli che si trovino in situazioni similari in cui si determina un�interruzione, 
anche se temporanea, del rapporto di servizio, questo Generale Ufficio 
osserva quanto segue.
226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
L�art. 81, al comma 1, prevede delle deroghe, per una determinata categoria 
di soggetti (i.e. i membri della Polizia che prestano attualmente servizio), 
rispetto ai diritti sanciti dagli articoli 18 e 49 della Costituzione; l�art. 
81, al comma 2, derogando a sua volta alle previsioni del comma 1, rende 
operanti le norme costituzionali, sopra menzionate, esclusivamente nell�ipotesi 
in cui l�appartenente alla Polizia di Stato sia stato collocato in aspettativa 
speciale elettorale. 
Il disposto del comma 2 dell�art. 81, attesa la sua specialit�, non sembra 
potersi applicare a fattispecie diverse da quella espressamente prevista, quale 
quella del c.d. distacco sindacale. 
La bont� della superiore conclusione trova conferma, pur nel diverso regime 
giuridico previsto per gli appartenenti alla Polizia di Stato, in una recente 
decisione della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della 
Magistratura che, con il provvedimento del 28 maggio 2010, emesso all�esito 
del procedimento disciplinare n. 53/2008, ha ritenuto che l�inibizione per il 
magistrato a partecipare in modo continuato ed organico all�attivit� di un partito 
politico, prevista quale illecito disciplinare esterno all�esercizio delle funzioni 
dall�art. 3 lett. h) del D. Lgs. n. 109/2006, si estende anche all�ipotesi 
in cui il magistrato si trovi destinato fuori del ruolo organico della magistratura, 
in quanto anche nella predetta condizione risulta vulnerata l�indipendenza 
del magistrato, che, invece, deve sussistere quale valore primario 
previsto dalla Costituzione anche in caso di (temporaneo) mancato esercizio 
delle funzioni giudiziarie (48). 
Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo che si � 
espresso in conformit� nella seduta del 18 aprile 2011. 
A.G.S. - Parere del 20 aprile 2011 prot. 135321, avv. Paola Palmieri, 
AL 47110/10. 
�Sulla legittima partecipazione a gare pubbliche della CRI. Stipula di 
Accordi ex art. 15 L. 241 del 1990 - Disciplina comunitaria e nazionale� 
Con nota del 16 novembre u.s. codesta Amministrazione ha chiesto il parere 
della Scrivente in ordine alla possibilit�, per la Croce Rossa italiana, di 
partecipare legittimamente a gare ad evidenza pubbliche indette dalle Prefetture 
per la gestione dei Centri di accoglienza per immigrati nonch� alla possibilit�, 
per il Ministero, di assegnare i servizi di gestione dei Centri di 
accoglienza in via diretta alla Croce Rossa italiana, mediante Convenzione ai 
sensi dell'art. 15 della L. 241 del 1990. 
(48) La suddetta decisione � stata adottata nei confronti di un magistrato fuori ruolo che aveva 
assunto l�incarico di Presidente provinciale di un partito politico.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 227 
Con nota interlocutoria del 25 novembre la Scrivente ha ritenuto opportuno 
acquisire il punto di vista dell'Ente interessato, altres� patrocinato da questo 
G.U., tenuto conto del carattere di massima della questione e delle ricadute 
sui contenziosi in corso. 
Con nota del 20 dicembre 2010, pervenuta il 27 dicembre 2010, la Croce 
Rossa, richiamata la giurisprudenza in materia, ha sostenuto la possibilit� 
dell�Ente di partecipare alle gare pubbliche per l'affidamento dei propri servizi 
istituzionali ma di poter risultare altres� assegnataria dei Servizi di gestione 
dei Centri di accoglienza mediante Convenzione pur temendo, in tale ultimo 
caso, l'esposizione a possibili iniziative giudiziarie da parte di potenziali affidatari. 
I- Sulla legittima partecipazione a gare pubbliche della CRI 
A quanto � dato dedurre dalla richiesta di parere, finora la CRI � stata 
sempre ammessa, in linea di principio, a gare per la gestione l�assegnazione 
dei servizi inerenti la gestione dei centri. Tale ammissibilit�, tuttavia, � stata a 
volte posta in dubbio dagli aspiranti aggiudicatari che hanno eccepito l�incompatibilit� 
tra l�appalto pubblico di servizi e l�attivit� di volontariato svolta 
dall�Ente de quo. 
Come sottolineato nella stessa richiesta di parere, sul piano interno si registra 
l'atteggiamento non univoco della giurisprudenza in materia: in particolare, 
nel richiamare le pronunce pi� significative si evidenzia che il 
Consiglio di Stato, sez. VI, con la sent. 5891 del 2009 ha statuito nel senso 
che la CRI possa operare esclusivamente mediante Convenzioni, cos� come 
testualmente previsto dallo Statuto dell�Ente, dimodoch� non sarebbe consentita 
la partecipazione dell�Ente alle procedure negoziali ad evidenza pubblica 
n� la sottoscrizione dell�atto negoziale finale nel caso di avvenuta aggiudicazione 
della gara. 
D�altra parte, non mancano pronunce che affrontano la questione in termini 
diametralmente opposti (v. ad es. TAR Lombardia sent. n. 933 del 2005) 
ritenendosi, al contrario, che la circostanza che la CRI possa stipulare convenzioni 
per l�esercizio dei propri scopi istituzionali conferma la sua piena capacit� 
quale ente pubblico, di concludere veri e propri contratti con le 
Amministrazioni interessate e quindi, di partecipare anche alla fase preliminare 
che si concretizza in una di quelle tipiche forme di scelta del contraente dirette 
a garantire, nella comparazione delle varie offerte, quella pi� vantaggiosa per 
l�Amministrazione. 
Il richiesto parere solleva una serie di questioni preliminari occorrendo 
chiarire, innanzitutto, quale sia la natura giuridica della Croce rossa e se la 
stessa possa rientrare nella nozione di �operatore economico� che, ai sensi 
della disciplina comunitaria e nazionale, � legittimato a partecipare alle gare 
d'appalto pubbliche. 
1) Sotto il primo profilo si osserva che l'Associazione della Croce Rossa
228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
italiana viene definita dall�art.1 del DPR n. 613 del 31 luglio 1980 (Riordinamento 
della Croce rossa italiana), nel testo sostituito dall�art. 7 del D.L. 20 
settembre 1995, n. 390, convertito nella L. 20 novembre 1995, n. 490 come 
ente dotato, ad ogni effetto di legge, �di personalit� giuridica di diritto pubblico� 
che, in quanto tale, � �soggetta alla disciplina normativa e giuridica 
degli enti pubblici". 
Tale natura risulta confermata: a) dal controllo esercitato dalla Corte dei 
Conti sulla gestione finanziaria dell�Ente, nelle forme di cui all�art. 12 della 
L. 21 marzo 1958, n. 259, cos� come previsto dall�ultimo comma dell�art. 7 
del D.L. n. 390 cit.; b) dal beneficiare del patrocinio dell'Avvocatura dello 
Stato; c) dalle modalit� di svolgimento delle attivit� della Croce rossa, necessariamente 
ispirate ai criteri previsti per gli enti pubblici, nonch�, per analoghi 
motivi; d) dalle modalit� di reclutamento e gestione del personale (sul punto, 
tra le pi� recenti, anche Cons. di St. sentenza n. 7542 del 2010). 
L'assenza di finalit� di lucro e le regole di gestione secondo un modello 
non imprenditoriale consentono, in definitiva, di ricondurre detto ente nell'alveo 
degli enti pubblici non economici. 
2) La riscontrata natura giuridica pone, quindi, un problema di riconducibilit� 
di detto ente alla nozione di �operatore economico� che, ai sensi della 
disciplina comunitaria e di quella interna, consente la partecipazione a gare 
pubbliche di appalto. 
Sul piano della disciplina comunitaria occorre richiamare l�articolo 1, 
comma 8, della Direttiva n. 18/2004 - relativa al coordinamento delle procedure 
di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi 
- che, dopo avere qualificato gli �appalti pubblici� come contratti a titolo oneroso 
stipulati per iscritto tra uno o pi� �operatori economici� e una o pi� amministrazioni 
aggiudicatrici, con i termini �imprenditore�, �fornitore� e 
�prestatore di servizi� designa una persona fisica o giuridica o un ente pubblico 
o un raggruppamento di tali persone e/o enti che �offra sul mercato�, rispettivamente, 
la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi; la stessa 
norma specifica, altres�, che il termine �operatore economico� comprende 
l'imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi ed � utilizzato unicamente 
per semplificare il testo normativo. 
La definizione comunitaria di �operatori economici� trova riscontro, in 
ambito italiano, nell�articolo 3, commi 22 e 19, del codice dei contratti pubblici 
di cui al d. lgs. n. 163/2006, secondo i quali, rispettivamente �Il termine �operatore 
economico� comprende l'imprenditore, il fornitore e il prestatore di 
servizi o un raggruppamento o consorzio di essi� e � I termini �imprenditore�, 
�fornitore� e �prestatore di servizi� designano una persona fisica, o una persona 
giuridica, o un ente senza personalit� giuridica, ivi compreso il gruppo 
europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 
23 luglio 1991, n. 240, che �offra sul mercato�, rispettivamente, la rea-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 229 
lizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi�. 
L�articolo 3, comma 6, dello stesso Codice definisce, a sua volta, gli �appalti 
pubblici� come �i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una 
stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o pi� << operatori economici 
>>, aventi per oggetto l�esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la 
prestazione di servizi come definiti dal presente codice�. 
L�art. 34 del medesimo Codice, inoltre, indica quali soggetti abilitati ad 
assumere commesse pubbliche relative a lavori, servizi e forniture gli imprenditori 
individuali, anche artigiani, le societ�' commerciali, le societ� cooperative, 
i consorzi, nonch� i soggetti che abbiano stipulato il contratto GEIE e, 
infine, gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente 
alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi (lettera aggiunta dalla 
lett. g) del comma 1 dell'art. 1 del D.Lgs 11 settembre 2008, n. 152). 
Dall'esame della giurisprudenza comunitaria e nazionale in materia va 
innanzitutto osservato che, mentre in sede nazionale si tende a circoscrivere 
la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici alle sole 
societ� commerciali, l'impostazione del diritto comunitario prescinde da limitazioni 
di tipo soggettivo. 
Per il diritto comunitario, in effetti, la nozione di �impresa� comprende 
qualsiasi ente che esercita un�attivit� economica consistente nell�offerta di 
beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico 
di detta entit� e dalle sue modalit� di finanziamento (cfr. da ultimo, in tal senso, 
Corte di giustizia CE, sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 P, Selex Sistemi 
Integrati/ Commissione e Eurocontrol). Si tratta quindi di una nozione dai confini 
molto ampi, che prescindono da una particolare formula organizzativa e 
dalla necessit� di perseguire finalit� di lucro (cfr. sul punto le conclusioni 
dell�Avvocato generale Jacobs presentate il 1 dicembre 2005 nella causa C- 
5/05, decisa con sentenza della Corte di giustizia CE 23 novembre 2006, nonch� 
la sentenza della Corte di giustizia CE 29 novembre 2007, causa C-119/06, 
Commissione/Italia). 
Mentre, dunque, nella giurisprudenza comunitaria si riscontra una posizione 
che tende ad adottare una nozione di �operatore economico� pi� ampia 
possibile (che a fianco dell�imprenditore in senso stretto vede affiancarsi qualsiasi 
fornitore o prestatore di servizi, questi ultimi a loro volta descritti come 
persona fisica giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone 
e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o 
opere, prodotti o servizi) e funzionale alla pi� ampia applicazione della disciplina 
della tutela della concorrenza all�insegna del principio della irrilevanza 
della forma giuridica ai fini della partecipazione alle gare d�appalto (ad es. 
sent. 18 dicembre 2007 in causa C-357/06), sul fronte interno si registra un 
trend giurisprudenziale pi� rigoroso, la giurisprudenza amministrativa prevalente 
essendo orientata ad esempio, nel senso di escludere la legittimazione di
230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
enti pubblici non economici o associazioni no profit a concorrere in gare d�appalto; 
si tende a ritenere infatti, che l�ammissione dei predetti soggetti alle 
gare d�appalto finirebbe col violare il principio della concorrenza, in quanto 
l�affidatario si troverebbe ineludibilmente a godere di una posizione di privilegio, 
dovuta ai flussi di finanziamenti pubblici costanti e prevedibili di cui 
beneficia (TAR Campania Napoli sez. I, 12 giugno 2002 n. 3411). 
Sulla base della medesima impostazione si segnalano, ancora, nel medesimo 
senso, le statuizioni che, nella ricerca del requisito dirimente ai fini dell�individuazione 
degli �operatori economici (cio� dei soggetti legittimati a 
partecipare alle gare per l�aggiudicazione di contratti d�appalto pubblico), lo 
individuano in quello della �offerta sul mercato� di certi servizi. Sulla base di 
tale criterio sarebbero operatori economici esclusivamente soggetti (non interessa 
se con o senza personalit� giuridica) perseguenti istituzionali fini lucrativi 
o, comunque e al di l� di tale specifica finalit� lucrativa, che siano 
sottoposti in ogni caso allo �statuto� dell' imprenditore commerciale, nel quale 
sono comprese, com'� noto, le disposizioni sul fallimento e tutte le alte prescrizioni 
relative ai requisiti di affidabilit� tecnica e finanziaria imposti ai partecipanti 
alle gare di aggiudicazione (come le norme sull'obbligo di tenuta 
delle scritture contabili e quelle sull'iscrizione nel registro delle imprese) (in 
tal senso Cons. St., sez. V, 23 maggio 2003, n. 2785); o, ancora, quelle sentenze 
in cui si interpretano le norme comunitarie di riferimento come significative 
dell'intenzione di circoscrivere il novero dei soggetti pubblici 
ammissibili alla contrattazione con le amministrazioni aggiudicatrici (nella 
materia degli appalti pubblici di servizi) solo a quelli che svolgono �istituzionalmente� 
quell'attivit� nella quale si risolve la prestazione che dovr� essere 
eseguita dall'appaltatore selezionato, potendo concorrere alle procedure selettive 
in questione solo gli enti pubblici che erogano le prestazioni oggetto del 
contratto, secondo i propri fini istituzionali ed in coerenza con i compiti lucrativi 
loro affidati dall'ordinamento, con esclusione quindi degli organismi 
universitari (Cons. St., sez. V, 29 luglio 2003 , n. 4327). 
Conforta l'interpretazione pi� rigorosa la posizione dell�Autorit� per la 
vigilanza sui lavori pubblici che, confermando il suesposto atteggiamento restrittivo 
ritiene che �L�articolo 34, comma 1, lettere a), b), c), d) e) ed f), del 
d. Lgs. n. 163/2006 individua i soggetti cui possono essere affidati i contratti 
pubblici: tali soggetti rivestono la qualifica di �operatore economico�, termine 
con il quale si intende l�imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi 
o un raggruppamento o un consorzio di essi. Ai sensi dell�articolo 3, comma 
19, del decreto legislativo n. 163/2006, nel novero di detti soggetti sono comprese 
le persone fisiche, le persone giuridiche, gli enti senza personalit� giuridica 
(ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico - GEIE) che 
offrono sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, 
la prestazione di servizi.
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 231 
La caratteristica che accomuna le figure sopra individuate � l�esercizio 
professionale di una attivit� economica. Giova richiamare al riguardo l�articolo 
2082 del codice civile, secondo il quale �imprenditore� � colui il quale 
svolge un�attivit� con le seguenti caratteristiche: a) esercizio di un�attivit� 
economica, b) in modo professionale, c) mediante organizzazione, d) al fine 
della produzione e dello scambio di beni o servizi. 
Gli elementi sopra richiamati consentono di individuare il discrimen fra 
gli operatori economici e quei soggetti, quali gli Enti pubblici non economici, 
le Universit� ovvero i Dipartimenti universitari, non rientranti in tale categoria, 
in quanto rivestono una finalit� diversa dall�attivit� economica, come 
noto rivolta alla produzione di ricchezza�. 
Di qui la ritenuta non conformit� a legge a detta dell�Autorit� dell�affidamento 
di incarichi di progettazione alle Universit� o dipartimenti universitari 
stante il carattere tassativo dell�art. 34: in tal senso Deliberazione Aut. LL.PP. 
n. 119 del 18 aprile 2007. 
In tale contesto di fondo va, dunque, letta la sentenza della Corte di Giustizia 
C-305/2008 del 23 dicembre 2009 richiamata nella richiesta di parere, 
che, pronunciandosi su questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato 
proprio con riferimento alla possibilit� per le Istituzioni universitarie e Istituti 
di ricerca o dipartimenti universitari - ovvero per degli enti pubblici non economici 
- di essere possibili soggetti affidatari di contratti pubblici ex art. 34 
del D.lgs 163 del 2006, torna a statuire sulla nozione di operatore economico 
nonch� di imprenditore�, �fornitore� e �prestatore di servizi� (ai sensi della 
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, 
relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici 
di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), precisando che 
�il legislatore comunitario non ha inteso restringere la nozione di �operatore 
economico che offre servizi sul mercato� unicamente agli operatori che siano 
dotati di un�organizzazione d�impresa, n� introdurre condizioni particolari 
atte a porre una limitazione a monte dell�accesso alle procedure di gara in 
base alla forma giuridica e all�organizzazione interna degli operatori economici�. 
�Uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti 
pubblici - ricorda ancora la Corte - � costituito dall'apertura alla concorrenza 
in misura pi� ampia possibile... ed � interesse del diritto comunitario che 
venga garantita la partecipazione pi� ampia possibile di offerenti ad una gara 
di appalto ...�. 
Sulla base di tali principi la Corte di Giustizia conclude - con riferimento 
al caso di prestazioni di servizi offerti da pubbliche universit� ma con considerazioni, 
a parere della Scrivente, suscettibili di estensione agli enti pubblici 
non economici in generale - nel senso che: 
1) le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione 
degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ed in particolare 
quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, 
che si riferiscono alla nozione di �operatore economico�, devono essere interpretate 
nel senso di consentire a soggetti che non perseguono un preminente 
scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un�impresa e 
non assicurano una presenza regolare sul mercato (quali le universit� e gli istituti 
di ricerca nonch� i raggruppamenti costituiti da universit� e amministrazioni 
pubbliche), di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. 
2) la direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che essa osta all�interpretazione 
di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella 
causa principale che vieti a soggetti che, come le universit� e gli istituti di ricerca, 
non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura 
di aggiudicazione di un appalto pubblico, bench� siffatti soggetti siano 
autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell�appalto 
considerato. 
La sentenza si pone in continuit� con la precedente statuizione della Corte 
(sentenza C-119/06), con cui si erano state ammesse a partecipare alle gare 
anche le associazioni di volontariato indipendentemente dal fatto che queste 
potessero presentare offerte economiche notevolmente inferiori a quelle dei 
concorrenti in virt� dei significativi risparmi di spesa sul personale (che in tali 
realt� opera titolo gratuito) e in ragione del minor prelievo fiscale applicabile. 
(Nel medesimo senso della decisione in commento anche sent. 7 dicembre 
2000, causa C-94/99, ARGE, in cui la Corte di giustizia CE, in senso analogo 
precisa che gli enti pubblici che beneficiano di sovvenzioni erogate dallo Stato, 
che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a 
quelli degli altri offerenti non sovvenzionati, sono espressamente autorizzati 
a partecipare a procedure per l�aggiudicazione di appalti pubblici). 
L�impostazione comunitaria tende, in effetti, a prediligere un tipo di concorrenza 
che non osta a comparare anche le diverse forme di offerta, derivanti 
da modelli organizzativi diversi (che ben possono rientrare nell�ampia nozione 
di �operatori economici� delineata a livello comunitario). 
La Corte, dunque, torna a basare le proprie statuizioni su di una impostazione 
tesa a privilegiare al massimo il principio di libera concorrenza includendo 
nella nozione di �operatore economico anche organismi pubblici che 
non perseguono un principale scopo di lucro, che non hanno una struttura 
d�impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato� essendo 
interesse del diritto comunitario che venga garantita la pi� ampia partecipazione 
possibile di offerenti ad una gara d�appalto (cfr. sentenza 16 dicembre 
2008, causa C-213/07, Michaniki, e sentenza 19 maggio 2009, causa C-538/07, 
Assitur). 
L'impostazione di cui sopra, non �, peraltro, limitata in ambito comuni-
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 233 
tario la stessa trovando riscontro, sul fronte interno, anche in alcune decisioni 
del Consiglio di Stato in cui si conviene che la definizione comunitaria di impresa 
non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicit� dell'ente o 
l'assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l'offerta di beni e 
servizi da scambiare con altri soggetti nell'ambito, quindi, di un'attivit� di impresa 
anche quando non sia l'attivit� principale dell'organizzazione: in tal senso 
Cons. di St. Sez. VI, sent. n. 3897 del 2009 sull'ammissibilit� a gare pubbliche 
delle fondazioni (sulla interpretazione dell'art. 34 nel senso della legittima partecipazione 
delle ONLUS alle procedure di gara almeno per quanto concerne 
gli appalti sociali: Cons. di St., V, sent. 25 febbraio 2009 n. 1128). 
Alla luce di tali statuizioni non pare revocabile in dubbio che, attualmente, 
la Croce rossa italiana non possa essere esclusa da gare pubbliche per il solo 
fatto di essere qualificabile quale ente pubblico non economico ovvero in considerazione 
delle sue caratteristiche organizzative o, ancora, in considerazione 
dei finanziamenti che la stessa riceve da parte statale. 
Occorre chiedersi, tuttavia, se la presenza di tali finanziamenti e sovvenzioni 
finisca, in ogni caso, per riflettersi sul corretto svolgimento delle procedure 
di gara. 
Uno dei dubbi posti dal Giudice remittente innanzi alla Corte di Giustizia 
nella richiamata causa C-305/2008, concerneva, in effetti, proprio il rischio di 
alterazione della par condicio tra i partecipanti e il possibile effetto distorsivo 
della concorrenza, atteso il particolare regime di agevolazioni finanziarie di 
cui godono i predetti enti e la conseguente posizione di vantaggio rispetto ad 
altri soggetti che nel fornire i medesimi servizi nell�esercizio dell�attivit� di 
impresa, ne devono sopportare integralmente i relativi costi. 
Nel superare tale profilo, tuttavia, la Corte sottolinea che il principio della 
parit� di trattamento non � violato, quanto meno in via astratta, per il solo motivo 
che le amministrazioni aggiudicatrici ammettano a partecipare alle procedure 
per l�affidamento di un appalto pubblico organismi che beneficiano di 
sovvenzioni, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente 
inferiori a quelli dei concorrenti che non godono di tali vantaggi. 
Si legge, in effetti, nella sentenza C-305/208: �in ordine alla questione 
sollevata dal giudice del rinvio, di una possibile distorsione della concorrenza 
a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che, come il ricorrente 
nella causa principale, vanterebbero una posizione privilegiata rispetto 
a quella degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che 
vengono loro erogati, si deve sottolineare che il quarto considerando della direttiva 
2004/18 enuncia l'obbligo per gli stati membri di provvedere affinch� 
una distorsione di questo tipo non si produca per il fatto della partecipazione 
di un organismo di diritto pubblico a un appalto pubblico�. 
La Corte, inoltre, ricorda gli obblighi e le facolt� attribuite all'amministrazione 
aggiudicatrice dalle direttive in materia richiamando gli obblighi e
234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
le facolt� di cui dispone un�amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell�art. 
55, n. 3 della direttiva 2004/18 in caso di offerte anormalmente basse dovute 
alla circostanza che l�offerente ha ottenuto un aiuto di Stato. 
**** 
Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, nel rispondere alla prima parte 
del quesito rivolto a questo G.U., � possibile ritenere che, allo stato, la sola 
eventualit� di una posizione privilegiata dell�ente non pu� giustificare la sua 
esclusione tout court dal mercato. 
D�altra parte, pu� in concreto verificarsi che la particolare natura della 
Croce Rossa e la indubbia presenza di aiuti e finanziamenti pubblici finisca 
col riflettersi sulle procedure di gara (si pensi solo alle possibilit� di utilizzo 
di personale in gran parte volontario ed ai possibili riflessi sulle offerte dei 
servizi richiesti). 
Se, come ricordato dalla Corte di Giustizia nella decisione sopra commentata, 
spetta al Legislatore interno evitare distorsioni della concorrenza, 
una piena partecipazione della CRI alle gare dovrebbe presupporre, de iure 
condendo soluzioni normative volte ad evitare simili effetti negativi (ad esempio, 
si potrebbe ipotizzare la separazione delle gestioni cui fanno capo i servizi 
suscettibili di affidamento in gare pubbliche da quelli sottoposti a finanziamento 
pubblico). 
Allo stato della normativa attuale, pur non potendosi negare l�ammissibilit� 
in astratto della partecipazione della Croce Rossa a gare pubbliche di 
appalto, andr�, peraltro, attentamente considerato che l�offerta verr� sottoposta 
a rigorosa verifica dei requisiti richiesti dal bando e dalla normativa di riferimento 
al pari di quelle presentate dagli altri partecipanti. 
La valutazione della possibile distorsione della concorrenza, inoltre, 
anche se non potr� mettere in discussione il profilo relativo all'ammissibilit� 
del soggetto a partecipare, stanti i principi sopra richiamati, tuttavia, non verr� 
eliminata ma si sposter� necessariamente nella fase a valle dell�ammissione 
rifluendo, eventualmente, nella problematica dell'anomalia dell'offerta. 
Spetter�, dunque, alla CRI valutare attentamente ed in relazione ai singoli 
casi, l�opportunit� di partecipare alle gare di appalto pubbliche, da riservarsi, 
dunque, a limitati ed eccezionali casi, nella consapevolezza di un probabile 
contenzioso sollevato, in caso di aggiudicazione, da eventuali controinteressati 
che possano ritenersi lesi dall�avvenuta aggiudicazione alla Croce Rossa. 
II- Stipula di Accordi ex art. 15 L. 241 del 1990 
La netta presa di posizione della Corte di Giustizia, sull'ammissibilit� 
della partecipazione a gare da parte di enti pubblici non economici non risolve 
ma semmai, introduce nuove problematiche con riferimento alla risposta da 
dare alla seconda parte del quesito, ovvero se i servizi di gestione dei centri di 
accoglienza possano essere assegnati alla Croce Rossa italiana in via diretta, 
mediante Convenzione ai sensi dell�art. 15 della L. 241 del 1990. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 235 
Nelle osservazioni rese dall�Ente interessato si sostiene che l�Ente CRI, 
oltre a poter liberamente partecipare a gare pubbliche secondo la giurisprudenza 
comunitaria sopra richiamata, potrebbe altres� risultare assegnatario di 
servizi di gestione dei Centri di accoglienza per immigrati mediante convenzione 
ex art. 15 della L. 241 del 1990 (cosa che, secondo l'Ente, risulterebbe 
indubbiamente vantaggioso per l�ente anche in termini strettamente finanziari) 
pur temendosi, in tal caso, azioni giudiziarie di soggetti interessati a partecipare 
alle gare i quali potrebbero invocare la normativa comunitaria. 
Si osserva, preliminarmente, che il nostro ordinamento consente all�Amministrazione 
sia di avvalersi di gare volte alla stipula di contratti a titolo oneroso 
(appalti pubblici) sia di affidare convenzionalmente determinati servizi 
ad amministrazioni pubbliche istituzionalmente competenti a fornire quelle 
prestazioni, a condizione che tale scelta risponda a criteri di economicit� gestionale 
secondo i canoni enunciati dall�art. 1 della L. 241 del 1990. 
L�art. 15 della 241 del 1990 (Accordi tra Pubbliche amministrazioni) stabilisce, 
al riguardo, che le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere 
tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di 
attivit� di interesse comune. 
La giurisprudenza amministrativa non manca di riconoscere la facolt� 
degli Enti pubblici di affidare direttamente e senza obbligo di procedura di 
gara lo svolgimento di determinati servizi (in tal senso TAR Lombardia, sez. 
III, sent. 16 marzo 2005 n. 612 che ritiene legittimo l�affidamento diretto alla 
CRI mediante accordo di collaborazione ai sensi dell�art. 15 del servizio di 
trasporto infermi senza che ci� violi la normativa sull�appalto pubblico di servizi). 
Tale possibilit� trova fondamento nelle norme istitutive della CRI oltre 
che nelle finalit� statutarie dell'Ente. 
L�art. 5 del d. lgs 613 del 1980 dispone che la Croce Rossa italiana possa 
svolgere attivit� o servizi attinenti alle proprie finalit� istituzionali per conto 
dello Stato, delle regioni o di altri enti pubblici, da regolarsi mediante convenzioni. 
Lo statuto vigente della CRI (DPCM 6 maggio 2005 n. 97) individua 
inoltre tra i compiti dell�Ente quello di (art. 1): 
- promuovere e diffondere, nel rispetto della normativa vigente, l'educazione 
sanitaria, la cultura di protezione civile e dell'assistenza alla persona, 
organizzare e svolgere in tempo di pace, servizio di assistenza socio-sanitaria 
in favore di popolazioni nazionali e straniere nelle occasioni di calamit� e nelle 
situazioni di emergenza sia interne sia internazionali e svolgere i compiti di 
struttura operativa nazionale del servizio nazionale di protezione civile; 
- concorrere attraverso lo strumento della convenzione, ad organizzare 
ed effettuare con propria organizzazione il servizio di pronto soccorso e trasporto 
infermi nonch� svolgere, fermo restando quanto previsto dall'articolo
236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
70 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e nel rispetto della legislazione nazionale 
e delle competenze regionali, i servizi sociali ed assistenziali indicati 
dal presente statuto, in ambito internazionale, nazionale, regionale e locale; 
- concorrere al raggiungimento delle finalit� ed all'adempimento dei compiti 
del Servizio sanitario nazionale con il proprio personale sia volontario sia 
di ruolo nonch� con personale comandato o assegnato e svolgere, altres�, attivit� 
e servizi sanitari e socio-assistenziali per conto dello Stato, delle regioni 
e degli altri enti pubblici e privati, attraverso la stipula di apposite convenzioni; 
- concorrere attraverso lo strumento della convenzione ad organizzare ed 
effettuare con propria organizzazione il servizio di pronto soccorso e trasporto 
infermi. 
Non sembra revocabile in dubbio, alla luce delle disposizioni richiamate, 
che la gestione di un centro di accoglienza per stranieri costituisca un servizio 
di carattere socio assistenziale suscettibile, in astratto, di formare oggetto di 
Convenzione con l'Amministrazione dell'interno sulla base del comune interesse 
allo svolgimento del servizio. 
Occorre, tuttavia, valutare se tali accordi siano compatibili con il diritto 
comunitario. 
In effetti, se da un lato � possibile affermare che la problematica dell�ammissibilit� 
a gare dell�Ente CRI e quella relativa alla possibile stipula di convenzioni 
volte ad organizzare i medesimi servizi nell�interesse 
dell�Amministrazione dell�Interno si pongono su piani diversi nel senso che 
una non esclude a priori l'altra, tuttavia, le questioni in argomento sembrano 
toccarsi, specie ove si tenga presente che con la citata sentenza del 23 dicembre 
2009, la Corte ha chiarito che la normativa comunitaria in materia di appalti 
pubblici � applicabile agli accordi a titolo oneroso conclusi tra un'amministrazione 
aggiudicatrice ed un'altra amministrazione aggiudicatrice, intendendo 
con tale espressione un ente che soddisfa una funzione di interesse generale, 
avente carattere non industriale o commerciale e che, quindi, non esercita a 
titolo principale un'attivit� lucrativa sul mercato. 
Occorre dunque verificare se la stipula di tali Accordi possa ritenersi lesiva 
dei principi stabiliti dal diritto comunitario e se gli stessi � come temuto 
dalla Croce Rossa, ove stipulati, possano dare adito a contenzioso con imprese 
che vedano sottrarsi fette di mercato da parte di enti pubblici non economici 
evidentemente privilegiati da finanziamenti e sovvenzioni e, dunque, preferiti 
ad operatori scelti in seguito a gare pubbliche. E ci�, nonostante la possibilit� 
per i primi di partecipare su basi di parit� alle gare medesime. 
Al riguardo deve osservarsi, in via preliminare, che la possibilit� per le 
Amministrazioni pubbliche di adempiere ai propri compiti istituzionali attraverso 
modelli organizzativi diversi dall'indizione di gare non � esclusa in linea 
di principio dal diritto comunitario. 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 237 
La Corte di Giustizia, precisando i limiti di tale esenzione ha ribadito, in 
pi� sentenze (cfr. ad es. sentenza Coditel Brabant; 13 novembre 2008, causa 
C-324/07), la piena discrezionalit� per un ente pubblico di procurarsi le prestazioni 
di cui necessita sia mediante appalti a terzi, sia attraverso strumenti 
di collaborazione o partenariato con altre autorit� pubbliche. (Allo stesso modo 
si ammette, attraverso il diverso ma parallelo strumento dell'in house providing, 
di affidare l'attivit� a cui � interessata ad un altro ente che solo formalmente 
� distinto dalla propria organizzazione, ma su cui sostanzialmente essa 
esercita un controllo analogo a quello che espleterebbe nei confronti di un proprio 
servizio e che realizza con essa la parte pi� importante della sua attivit�). 
Anche nella causa C-480 del 2006 si ribadisce che le Autorit� pubbliche 
�non sono obbligate a rivolgersi al mercato per l'espletamento dei propri compiti� 
dato che esse hanno �la possibilit� di scegliere se ricorrere ai propri strumenti 
di tipo amministrativo tecnico o di altro tipo ed in tal caso non si 
applicano le direttive oppure al mercato ovvero ancora, operare attraverso 
accordi pubblici�. 
Particolarmente significativa al riguardo � la recente sentenza del 9 giugno 
2009, causa C-480/06 che sancisce la legittimit� di un accordo stipulato 
tra quattro Landkreise tedeschi e la citta' di Amburgo per lo smaltimento dei 
rifiuti trattandosi, secondo la Corte, non di appalto di servizi ma di cooperazione 
tra Enti in cui ciascuno � chiamato ad apporti specifici (conferimento 
dei rifiuti da parte delle circoscrizioni a fronte della disponibilit� ad accogliere, 
in caso di emergenza, i rifiuti di Amburgo in discariche di loro propriet� alternative 
a quelle ormai sature della citt� di Amburgo), possibilit� questa, che 
tuttavia, viene subordinata al verificarsi di una serie di presupposti (sussistenza 
di obiettivi di interesse comune, assenza di un profitto, mera remunerazione 
dei costi; condivisione di compiti e di responsabilit� tra i due enti interessati). 
In tale contesto la Corte tuttavia, ribadisce che se, da un lato, il diritto 
comunitario non impone alle autorit� pubbliche di ricorrere a particolari forme 
giuridiche per assicurare in comune le loro funzioni di servizio pubblico, dall'altro, 
questo tipo di cooperazione non pu� �rimettere in questione l'obiettivo 
principale delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, vale a dire 
la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza non falsata in 
tutti gli Stati membri�. 
Sulla scorta di tali principi, dunque, � possibile affermare che lo spazio 
demandato agli accordi ex art. 15 L. 241 del 1990 va ricercato nei limiti in cui 
attraverso tali accordi non si intendano eludere i principi di libera concorrenza 
e di parit� di trattamento di cui al Trattato UE. 
Tali limiti non possono che essere individuati in quelli indicati dalla stessa 
giurisprudenza comunitaria nei pochi casi in cui detti Accordi sono stati ritenuti 
legittimi e rispettosi delle disposizioni comunitarie in materia ovvero: 
1. l'accordo deve regolare la realizzazione di un interesse pubblico, effet-
238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tivamente comune ai partecipanti, che le parti hanno l'obbligo di perseguire 
come compito principale, da valutarsi alla luce delle finalita' istituzionali degli 
enti coinvolti; 
2. alla base dell'accordo deve esserci una reale divisione di compiti e responsabilita'; 
3. alla base dell'Accordo non deve esserci pagamento di un corrispettivo 
comprensivo di un margine di guadagno: l'unico scambio finanziario ammesso 
tra i partecipanti pu� essere solo un mero ristoro delle spese sostenute; 
4. il ricorso all'accordo, in ogni caso, non puo' interferire con il perseguimento 
dell'obiettivo principale delle norme comunitarie in tema di appalti pubblici, 
ossia la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza non 
falsata negli Stati membri. 
Pertanto, come recentemente ricordato dalla determinazione Autorit� per 
il lavori pubblici del 20 ottobre 2010 n. 7 nel richiamare la sent. Corte di Giustizia 
9 giugno 2009 in causa C-480/06, �la collaborazione tra amministrazioni 
non pu� trasformarsi in una costruzione di puro artificio diretta ad 
eludere le norme menzionate e gli atti che approvano l'accordo, nella motivazione, 
devono dar conto di quanto su esposto�. 
Tali limiti del resto, appaiono conformi ad una corretta lettura dell'art. 15 
della L. 241 del 1990 che consente alle Amministrazioni coinvolte di disciplinare 
lo svolgimento in collaborazione di attivit� di interesse comune. 
Se, dunque, le Amministrazioni, avvalendosi della modalit� ad esse consentita 
dall'art. 15 svolgono un servizio secondo un modello di reciproca collaborazione 
in vista di un interesse comune, si avr� un modello di Accordo 
certamente in linea con i principi comunitari. 
Altro �, invece, utilizzare detto schema sostanzialmente allo scopo di affidare 
un servizio ad altro ente pubblico non economico per soddisfare un proprio 
interesse e dietro scambio di un corrispettivo. 
In tal senso particolarmente significativa la recente determinazione dell'Autorit� 
per i lavori pubblici gi� sopra menzionata: 
�Strettamente correlato al ragionamento appena svolto � quello relativo 
al significato da attribuire all'espressione �per disciplinare lo svolgimento in 
collaborazione di attivit� di interesse comune� di cui al primo comma dell'art. 
15 della legge 241/1990, la cui formulazione, per quanto generica, sotto il 
profilo oggettivo pare circoscrivere, per le pubbliche amministrazioni, la possibilit� 
di stipulare accordi alle ipotesi in cui occorra disciplinare un'attivita' 
che risponde non solo all'interesse di entrambe le parti, ma che � anche comune. 
In proposito si specifica che il citato art. 15 prefigura un modello convenzionale 
attraverso il quale le pubbliche amministrazioni coordinano 
l'esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune 
in modo complementare e sinergico, ossia in forma di �reciproca collaborazione
� e nell'obiettivo comune di fornire servizi �indistintamente a favore
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 239 
della collettivita' e gratuitamente� (cfr. Cass. civ., 13 luglio 2006, n. 15893). 
Si comprende allora perch� l'art. 15 in commento non risulti in contrasto con 
la normativa a tutela della concorrenza: nel caso in esame le amministrazioni 
decidono di provvedere direttamente con propri mezzi allo svolgimento dell'attivit� 
ripartendosi i compiti, il che vale a dire, trattandosi di una collaborazione, 
che entrambi i soggetti forniscono un proprio contributo. 
Discorso diverso, invece, nel caso in cui un ente si procuri il bene di cui 
necessita per il conseguimento degli obiettivi assegnati a fronte del pagamento 
del rispettivo prezzo: in questa situazione, sia che ci si rivolga ad un privato, 
sia che ci si rivolga ad un soggetto pubblico, � difficile sostenere l'applicabilit� 
dello schema della collaborazione, atteso che si � di fronte ad uno scambio 
tra prestazioni corrispettive che risponde alla logica del contratto e che perci� 
richiede, in assenza di altre circostanze esimenti, 1�espletamento di una gara 
pubblica�. 
Tornando al quesito in esame non vi sono motivi ostativi alla stipula, da 
parte di codesta Amministrazione, di Accordi che abbiano per oggetto la gestione 
dei Centri di accoglienza ma gli stessi, a parere di questo G.U., dovrebbero 
essere impostati su basi ben diverse del mero affidamento di una serie di 
servizi alla CRI dietro pagamento di un corrispettivo dovendo, piuttosto, svolgersi 
secondo modalit� organizzative che vedano coinvolte entrambe le parti, 
con divisione di compiti e di responsabilit� in vista di un interesse comune e 
scambi finanziari limitati al solo ripianamento dei costi. 
Con riferimento al limite di cui al punto 1) sopra enunciato, ovvero alla 
necessaria sussistenza di un interesse pubblico connesso agli scopi istituzionali 
propri delle amministrazioni coinvolte, ed al quesito con cui si chiede se sia 
possibile ricomprendere nelle stipulande Convenzioni anche servizi accessori, 
quali il servizio di mensa o di pulizia, ritiene la Scrivente che la Gestione dei 
Centri in senso ampio presupponga lo svolgimento di tutti i servizi collegati e 
serventi rispetto a tale complessiva finalit� e, dunque, per oggettiva connessione, 
anche l�attivit� riconducibile ai servizi definiti come accessori. 
**** 
Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato consultivo, 
ai sensi dell�art. 26 della legge 3 aprile 1979, n. 103, che si � espresso in conformit�. 
A.G.S. - Parere del 20 maggio 2011, prot. 170818, avv. Marina Russo, 
AL 14853/11. 
�Rimborso delle spese legali ex art. 3 comma 2 bis D.L. 543/96 e art. 18 
comma 1 D.L. 67/97 - Parere di congruit� dell�Avvocatura dello Stato� 
Con la nota in riferimento, codesta Avvocatura sottopone alla Scrivente
240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
il seguente quesito: se la norma di interpretazione autentica di cui all�art. 10 
bis comma 10 del d.l. 203/05 conv. in l. 248/05, da ultimo modificato dall�art. 
17 comma 30 quinquies del d.l. 79/09 conv. in l. 102/09, comporti che l�Avvocatura 
dello Stato debba rendere parere di congruit� sulla richiesta di rimborso 
delle spese di lite avanzate all�Amministrazione di appartenenza, a 
mente dell�art. 2 bis del d.l. 543/96, da soggetti sottoposti al giudizio della 
Corte dei Conti definitivamente prosciolti, anche quando si tratti di soggetti 
dipendenti da amministrazioni non patrocinate dall�Avvocatura dello Stato. 
A tale proposito, l�Avvocatura Distrettuale esprime il proprio avviso negativo, 
fondato sulla considerazione che � in difetto di una norma specifica 
che ampli le competenze dell�Avvocatura dello Stato � il parere di congruit� 
che la stessa � chiamata ad esprimere dal citato art. 10 comma 10 bis d.l. 
203/05 non pu� che essere quello previsto dall�art. 18 del d.l. 67/97. 
La Scrivente condivide in linea di principio il parere di codesta Avvocatura, 
salva la precisazione che qui di seguito si illustrer�. 
L�art. 10 bis comma 10 d.l. 248/05 cit. � infatti � prevede: �10. Le disposizioni 
dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, 
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell'articolo 
18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con 
modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, si interpretano nel senso 
che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza 
che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalit� di cui all'articolo 91 
del codice di procedura civile, non pu� disporre la compensazione delle spese 
del giudizio e liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa 
del prosciolto, fermo restando il parere di congruit� dell'Avvocatura dello 
Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione 
di appartenenza�; 
A loro volta, l�art. 3 comma 2 bis del d.l. 543/96 conv. in l. 639/96 e l�art. 
18 comma 1 del d.l. 67/97 conv. in l. 135/97, rispettivamente stabiliscono: 
�2-bis. In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto 
dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato 
dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti 
sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione 
di appartenenza�; 
�18. Rimborso delle spese di patrocinio legale. 1. Le spese legali relative 
a giudizi per responsabilit� civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti 
di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti 
connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali 
e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilit�, 
sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti 
riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, 
sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 241 
rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit��. 
Va innanzi tutto chiarita la diversa portata soggettiva delle due norme (art. 
3 comma 2 bis d.l. 543/96 e art. 18 comma 1 d.l. 67/97): mentre la prima si riferisce 
ai �soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti�, tra i quali rientrano 
anche i dipendenti di amministrazioni non statali (nel caso di specie si 
tratta, ad esempio, di una ASL), la seconda (art. 18 comma 1 d.l. 67/97) si riferisce 
testualmente ai �dipendenti di amministrazioni statali�, le quali devono 
richiedere il parere dell�Avvocatura in quanto sono soggetti da questa necessariamente 
patrocinati. 
Nell�interpretazione data all�art. 18 cit. dalla Scrivente, lo stesso � stato 
sempre inteso come unicamente riferito alle richieste di rimborso proposte da 
dipendenti di amministrazioni statali, con esclusione - quindi - delle richieste 
di dipendenti di enti che non possano qualificarsi come tali, e ci� finanche ove 
si tratti di enti che fruiscono del patrocinio dell�Avvocatura: ad esempio, nel 
caso della Croce Rossa italiana, il Comitato Consultivo della Scrivente ha affermato: 
�� la Scrivente � innanzi tutto osserva che il richiamo, contenuto 
nella nota in riferimento, all�art. 18 del d.l. n. 67 del 25 marzo 1997 conv. in 
l. 135 del 23 maggio 1997, quale fondamento normativo del rimborso in questione, 
non � pertinente. Infatti, la norma non � riferibile alla Croce Rossa 
Italiana in quanto � eccezionale, � di stretta applicazione, sicch� la relativa 
portata non pu� essere estesa in via analogica a soggetti diversi dalle Amministrazioni 
dello Stato�. (nota n. 115492 del 29 ottobre 2007). 
Quanto sopra non esclude, peraltro, che enti diversi dalle amministrazioni 
statali possano comunque concedere ai propri dipendenti un rimborso, analogo 
o simile a quello previsto dall�art. 18 cit., se ci� sia previsto da altra norma, 
ed anche acquisire il parere dell�Avvocatura; quest�ultimo - per� - solo a condizione 
che si tratti comunque di soggetti che - sebbene non qualificabili come 
Amministrazioni statali - siano ugualmente patrocinati dall�Avvocatura dello 
Stato. 
Qualora, invece, la domanda di rimborso riguardi un soggetto dipendente 
da un ente che n� � Amministrazione statale, n� � patrocinato dall�Avvocatura, 
il mero richiamo a detto parere, contenuto nell�art. 10 comma 10 bis del d.l. 
203/05, non � certo sufficiente ad estendere anche ai suddetti enti l�obbligo di 
acquisirlo. 
Del resto, la norma in questione utilizza la formula �fermo restando il parere 
dell�Avvocatura�: essa - quindi - non innova il preesistente quadro normativo, 
bens� lo lascia impregiudicato (�fermo restando�). Resta, dunque, 
applicabile solo quanto gi� in precedenza stabilito, vale a dire l�obbligo di acquisire 
il parere di cui all�art. 18 cit. espressamente richiamato, ovvero il parere 
eventualmente contemplato da altra fonte normativa per soggetti diversi dalle 
amministrazioni statali, ma pur sempre patrocinati dall�Avvocatura.
242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi che un�interpretazione dell�art. 
10 comma 10 bis cit. che estenda ad enti non patrocinati dall�Avvocatura l�obbligo 
di acquisirne il parere sarebbe contraria ad ogni logica, nonch� priva di 
appigli normativi di sorta. 
Sulla questione � stato sentito il Comitato Consultivo, che si � espresso 
in conformit�.
L E G I S L A Z I O N E 
E D AT T U A L I TA� 
L�istituto del trattenimento in servizio 
ai sensi delle disposizioni del d.l. n.78/2010 
Francesco Spada* 
Lo scopo del presente contributo � quello di svolgere alcune considerazioni 
sull�istituto del trattenimento in servizio, prendendo spunto da una recente 
deliberazione adottata dalla Corte dei Conti - Sezione centrale di 
controllo di legittimit� su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato 
(n. SCCLEG/19/2010/PREV), avente ad oggetto l�applicazione dell�articolo 
9, comma 31 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. 
Prima di esaminare il contenuto di tale pronuncia appare, per�, opportuno 
ricostruire il quadro normativo attualmente vigente in materia di trattenimento 
in servizio e la sua applicazione giurisprudenziale. 
L�articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, come modificato 
prima dall�articolo 1-quater del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, 
nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, poi dall�articolo 33 del 
decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 e dall�art. 72, comma 7, del decreto legge 
25 giugno 2008, n. 112, ed infine dall�articolo 22, comma 2, della legge 4 novembre 
2010, n. 183, cos� dispone: 
�� in facolt� dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non 
economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore 
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio 
oltre i limiti di et� per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso � 
data facolt� all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative 
(*) Dirigente di II fascia del Ministero dell�Economia e delle Finanze. Ha svolto la pratica forense 
presso l�Avvocatura Generale dello Stato. 
Il presente contributo riflette le opinioni dell�Autore e non impegna in alcun modo l�Amministrazione 
di appartenenza.
244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza 
professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in 
funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento 
va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici 
mesi precedenti il compimento del limite di et� per il collocamento a riposo 
previsto dal proprio ordinamento. I dipendenti in aspettativa non retribuita 
che ricoprono cariche elettive presentano la domanda almeno novanta giorni 
prima del compimento del limite di et� per il collocamento a riposo. 
Per le categorie di personale di cui all'articolo 1 della legge 19 febbraio 
1981, n. 27, la facolt� di cui al comma 1 � estesa sino al compimento del settantacinquesimo 
anno di et��. 
L�originaria disposizione contemplava un diritto potestativo (1) alla permanenza 
in servizio del dipendente e prevedeva che, in caso di istanza, l�amministrazione 
non fosse titolare di discrezionalit� nel disporre il trattenimento 
in servizio, dovendo accordarlo in ogni caso. 
Le modifiche intervenute successivamente hanno radicalmente mutato la 
disciplina della materia, prevedendo che l�istanza di trattenimento sia oggetto 
di valutazione discrezionale dell�amministrazione (2), da realizzarsi sulla base 
dei seguenti parametri (3): 
� esigenze organizzative e funzionali dell�amministrazione (4); 
� particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati 
o specifici ambiti (5); 
� efficiente andamento dei servizi. 
L�esercizio della facolt� dell�amministrazione di valutare discrezionalmente 
se accettare o meno la domanda di trattenimento �, dunque, limitato 
dalla norma all�esame degli specifici presupposti indicati. 
La circolare n. 10/2008 del Dipartimento della funzione pubblica ha, tra 
l�altro, fornito indicazioni alle amministrazioni in ordine all�applicazione 
(1) In questo senso Cass. n. 17776/2007; la giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, n. 
4091/2007; TAR Campania, n. 3356/2006), invece, gi� a partire dall�entrata in vigore delle modifiche 
apportate alla materia nel 2004, riconosceva in capo all�amministrazione un ampio potere discrezionale 
sull�istanza di trattenimento. 
(2) In questo senso, TAR Sicilia, n. 19/2010; TAR Piemonte, n. 952/2010; TAR Abruzzo, n. 
632/2010 e n. 539/2010; TAR Lazio, n. 33089/2010; TAR Puglia, n. 1394/2008. 
(3) Distinguono tra presupposti legati ai profili organizzativi generali dell�amministrazione e 
quelli legati alla situazione specifica soggettiva e oggettiva del richiedente TAR Piemonte, n. 287/2011 
e Cons. St. n. 479/2011. 
(4) Nel senso che la normativa non pone sullo stesso piano i presupposti di accoglibilit� dell�istanza 
di trattenimento in servizio, ma attribuisce un carattere preminente alle esigenze organizzative 
e funzionali dell�amministrazione rispetto alla specifica situazione del richiedente TAR Piemonte, n. 
952/2010. 
(5) Nel senso che la normativa richieda, in particolare, una disamina relativa alla posizione del 
singolo dipendente, sia in relazione alla sua specifica esperienza che in relazione al servizio svolto TAR 
Lazio, n. 2732/2011.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 245 
dell�art. 72 del decreto legge n. 112/2008, che ha modificato la materia, indicando 
l�opportunit� della preventiva adozione dei criteri generali sui trattenimenti 
in servizio in ciascuna amministrazione, tenendo conto delle peculiarit� 
di ognuna, cos� da evitare condotte contraddittorie ed incoerenti. 
Inoltre la stessa circolare ha evidenziato l�opportunit� di valutare, per 
ogni istanza di trattenimento in servizio, il parere del responsabile della struttura 
nella quale il richiedente � inserito, precisando che il trattenimento, potendo 
avere la durata massima di un biennio, pu� essere accordato anche per 
un periodo inferiore al biennio. 
Infine, la circolare ha chiarito che la previsione dei termini per la presentazione 
dell�istanza da parte dell�interessato (dai 24 ai 12 mesi antecedenti il 
compimento del limite di et� per il collocamento a riposo) � funzionale alle 
esigenze organizzative dell�amministrazione nell�ambito della programmazione 
dei fabbisogni professionali (6). 
Pi� di recente, il legislatore � intervenuto nuovamente sulla materia con 
il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, contenente �misure urgenti in materia 
di stabilizzazione finanziaria e di competitivit� economica�, e con la relativa 
legge di conversione. 
In particolare, nell�ambito delle misure di contenimento delle spese in 
materia di pubblico impiego, l�art. 9, comma 31, del decreto legge n. 78/2010, 
prevede che: �Al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi 
delle pubbliche amministrazioni, a decorrere dalla data di entrata in 
vigore del presente decreto, fermo il rispetto delle condizioni e delle procedure 
previste dai commi da 7 a 10 dell�art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, 
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i trattenimenti 
in servizio previsti dalle predette disposizioni possono essere disposti 
esclusivamente nell'ambito delle facolt� assunzionali consentite dalla legislazione 
vigente in base alle cessazioni del personale e con il rispetto delle relative 
procedure autorizzatorie; le risorse destinabili a nuove assunzioni in base 
alle predette cessazioni sono ridotte in misura pari all'importo del trattamento 
retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Sono fatti salvi i trattenimenti 
in servizio aventi decorrenza anteriore al 1� gennaio 2011, disposti 
prima dell'entrata in vigore del presente decreto. I trattenimenti in servizio 
aventi decorrenza successiva al 1� gennaio 2011, disposti prima dell'entrata 
in vigore del presente decreto, sono privi di effetti. Il presente comma non si 
applica ai trattenimenti in servizio previsti dall�art. 16, comma 1-bis del decreto 
legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e, in via transitoria limitatamente 
agli anni 2011 e 2012, ai capi di rappresentanza diplomatica nominati anteriormente 
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente 
decreto�. 
(6) Nel senso della perentoriet� del detto termine Trib. Catanzaro, 18 gennaio 2010.
246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Di conseguenza, la c.d. manovra d�estate ha inquadrato l�istituto del trattenimento 
in servizio nell�ambito del regime generale delle assunzioni che, 
come noto, si concretizza attraverso disposizioni volte a contenere il turn over 
nelle amministrazioni, diventando cos� anch�esso strumento fondamentale di 
gestione del personale ispirato a criteri di ottimizzazione e di razionalizzazione 
delle risorse. 
In particolare, il trattenimento in servizio viene equiparato, in termini finanziari, 
ad una nuova assunzione e deve essere gestito nei limiti del turn over 
(7), sia sotto l�aspetto della percentuale di assunzioni ammissibili in relazione 
alle unit� cessate, sia rispetto alla percentuale di utilizzo delle economie derivanti 
dalle cessazioni, che costituisce l�ammontare delle risorse finanziarie disponibili. 
La disposizione contenuta nella manovra finanziaria di cui al decreto 
legge n. 78/2010 fa salva l�illustrata disciplina ordinamentale che consente 
all�amministrazione di accogliere la richiesta del dipendente sulla base di una 
valutazione effettuata alla stregua dei parametri gi� indicati e conferma i vincoli 
temporali di presentazione dell�istanza di trattenimento. 
Il trattenimento in servizio �, inoltre, inderogabilmente sottoposto ad autorizzazione 
ad assumere, come previsto dal regime vigente (articolo 35, 
comma 4, del decreto legislativo n. 165/2001): ci� significa che � necessaria 
l�adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di autorizzazione, 
previa richiesta dell�amministrazione interessata, corredata da analitica 
dimostrazione delle cessazioni avvenute nell�anno precedente e delle 
conseguenti economie e dall�individuazione delle unit� da assumere e dei relativi 
oneri. 
L�accoglimento delle domande di trattenimento in servizio determina una 
riduzione delle risorse utilizzabili per nuove assunzioni in misura pari al costo 
sostenuto dall�amministrazione in relazione ai dipendenti trattenuti. 
Ai fini del calcolo della spesa, il costo relativo ad un dipendente trattenuto 
deve essere computato in misura pari all�importo del trattamento retributivo 
derivante dal trattenimento (trattamento economico fondamentale ed accessorio), 
con le stesse modalit� utilizzate per il computo di personale proveniente 
dall�esterno dell�amministrazione (8). 
Il dipendente trattenuto pu� essere considerato cessato dal servizio solo 
una volta e precisamente all�atto dell�estinzione del rapporto di lavoro. 
La disciplina sul trattenimento si applica al personale dirigenziale e non 
dirigenziale, senza distinzioni tra personale in regime pubblicistico e personale 
contrattualizzato in regime privatistico. 
(7) Come � noto, infatti, il regime delle assunzioni prevede un doppio limite: uno fondato sulle 
unit� cessate e l�altro relativo ai risparmi realizzati. 
(8) In questo senso, Circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 40 del 23 dicembre 2010.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 247 
Infine la disposizione prevede un regime transitorio, facendo salvi tutti i 
trattenimenti in servizio aventi decorrenza anteriore al 1 gennaio 2011 e disposti 
prima dell�entrata in vigore del decreto legge n. 78/2010 e rendendo 
privi di efficacia i trattenimenti in servizio aventi decorrenza successiva al 1 
gennaio 2011 e disposti prima dell�entrata in vigore del medesimo decreto. 
Il nuovo regime esclude dall�ambito di applicazione i trattenimenti in servizio 
previsti dall�articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 503/1992 
e, in via transitoria, limitatamente agli anni 2011 e 2012, i capi di rappresentanza 
diplomatica nominati anteriormente alla data di entrata in vigore della 
legge di conversione del decreto. 
In giurisprudenza si � sostenuto che la nuova disciplina sul trattenimento 
in servizio riconosce all�amministrazione non la facolt� di rigettare, bens� la 
facolt� di accogliere con provvedimento motivato la richiesta, nel senso che 
la disciplina configura come ordinaria l�ipotesi del rigetto e, solo in via residuale, 
riconosce all�ente pubblico la legittimazione a trattenere in servizio l�interessato, 
dovendo peraltro enunciare per quali motivi il trattenimento si riveli 
in linea con gli interessi collettivi. 
A fronte di un�istanza di trattenimento in servizio, dunque, l�amministrazione 
deve valutare prioritariamente se tale ipotesi risponda innanzitutto alle 
proprie esigenze organizzative e funzionali e, soltanto ove tale valutazione dia 
esito positivo, passare ad esaminare il profilo professionale dell�interessato, 
in funzione dell�efficiente andamento dei servizi. 
E� inoltre opportuno verificare se non sia possibile rinvenire all�interno 
dell�amministrazione le competenze necessarie e, pertanto, fungibili rispetto 
alla professionalit� dell�istante: in particolare, si tratta di valutare se l�esperienza 
acquisita dall�istante si caratterizzi in maniera diversa da quella normalmente 
acquisita dai dipendenti che svolgono funzioni analoghe in ambiti 
precisamente individuati nel contesto dell�amministrazione, diventando cos� 
fondamentale l�analisi del curriculum professionale del richiedente e la comparazione 
dello stesso rispetto alle professionalit� fungibili esistenti nell�amministrazione 
(9). 
Tali conclusioni interpretative si pongono in perfetta sintonia con gli altri 
interventi novellistici rintracciabili nel complesso dell�art. 72 del decreto legge 
n. 112/2008, che contempla, oltre a quella in esame, la fattispecie dell�esonero 
quinquennale dal servizio e quella della risoluzione del rapporto al raggiungimento 
dei quaranta anni di servizio effettivo, finalizzate tutte ad incentivare 
l�uscita dai ranghi della pubblica amministrazione del personale pi� vicino al 
(9) In un caso, la giurisprudenza ha dichiarato l�illegittimit� del diniego di trattenimento fondato 
soltanto su ragioni di carattere finanziario e sui vincoli di bilancio dell�amministrazione, senza che si 
fosse proceduto ad una disamina della posizione del singolo dipendente in relazione alla sua specifica 
esperienza ed al servizio svolto (TAR Lazio, n. 7672/2009).
248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
raggiungimento dei limiti pensionistici di anzianit� o di vecchiaia, favorendo 
il pi� ampio e possibile ricambio generazionale, pur in un quadro complessivo 
di riduzione delle dimensioni dell�apparato pubblico. 
Si �, inoltre, affermato in giurisprudenza che il rigetto dell�istanza di trattenimento 
in servizio, in quanto atto di gestione del rapporto di lavoro pubblico 
contrattualizzato, non � qualificabile alla stregua di provvedimento amministrativo 
autoritativo, dovendosi piuttosto definire atto di natura privatistica 
(10) adottato ai sensi dell�art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001. 
Conseguentemente, ad esso non risulta applicabile la legge n. 241/1990 
in quanto, esclusa la presenza di procedimenti e di atti amministrativi, il potere 
amministrativo autoritativo si trasforma in potere privato e si esercita mediante 
atti di natura negoziale: ci� comporta che nessun silenzio-assenso possa formarsi 
sull�istanza di trattenimento in servizio proposta e che, d�altra parte, non 
� necessaria alcuna diffusa motivazione del rigetto dell�istanza medesima. 
N� uno specifico obbligo di motivazione � ricavabile dalla normativa in 
materia in quanto, come detto, nell�impianto normativo il trattenimento in servizio 
costituisce eccezione alla regola della cessazione del rapporto di lavoro 
al raggiungimento dell�et� massima prevista. 
In altre parole, il trattenimento � una deroga alla regola e, in quanto deroga, 
� il suo esercizio a dover essere supportato da idonea motivazione e non, 
invece, l�attuazione del regime normale. 
Inoltre, anche eventuali disparit� di trattamento rispetto a casi analoghi 
nell�ambito della stessa amministrazione non potrebbero venire in considerazione, 
in quanto l�esercizio della facolt� di assentire il prolungamento in servizio 
oltre i limiti di et� � deciso dall�amministrazione in riferimento ad una 
valutazione peculiare di ciascuna posizione in relazione sia alle esigenze organizzative 
e funzionali che all�insostituibilit� del singolo dipendente, escludendo 
cos� che possa esservi comparazione tra diverse posizioni aventi 
ciascuna proprie caratteristiche. 
Ci� detto in termini generali sull�istituto in esame, � ora opportuno passare 
all�esame del contenuto della delibera della Corte dei Conti citata in precedenza. 
La deliberazione n. SCCLEG/19/2010/PREV adottata dalla Sezione centrale 
di controllo concerne l�applicazione dell�art. 9 del decreto legge n. 
78/2010, convertito nella legge n. 122/2010. 
Il fatto da cui la deliberazione trae origine pu� essere cos� sintetizzato: il 
Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca adotta, nel dicembre 
2009, una determina di trattenimento in servizio di un dirigente di 2� fascia, 
con decorrenza successiva al 1 gennaio 2011. Inoltre allo stesso dirigente di 
(10) Nel senso dell�esercizio di poteri privatistici da parte dell�amministrazione in materia di trattenimento 
in servizio TAR Marche, n. 511/2009.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 249 
2� fascia � successivamente conferito, con decreto del Presidente del Consiglio 
dei Ministri, un incarico di funzioni dirigenziali di livello generale, a decorrere 
dal luglio 2010 e per la durata di tre anni. 
Il d.P.C.M. di conferimento dell�incarico di 1� fascia perviene, per il prescritto 
controllo preventivo di legittimit�, alla Corte dei Conti, che evidenzia 
alcune perplessit�, tra le quali, pregiudizialmente, la validit� del trattenimento 
in servizio (che � atto presupposto del d.P.C.M. di conferimento dell�incarico 
e che, in quanto tale, pu� essere riguardato dal controllo congiuntamente al 
provvedimento consequenziale (11)) avente decorrenza successiva al 1 gennaio 
2011, presupposto del d.P.C.M. di conferimento di funzioni dirigenziali 
di livello generale, in considerazione del disposto dell�art. 9, comma 31, del 
decreto legge n. 78/2010. 
Il Ministero, interpellato dalla Corte, osserva di essersi completamente 
rimesso alle conclusioni cui � pervenuto, in materia, il Dipartimento della funzione 
pubblica, al quale la predetta problematica era stata rappresentata. 
Le deduzioni dell�amministrazione muovono dal condivisibile presupposto 
che la disposizione di cui al menzionato art. 9, comma 31 riconduce il trattenimento 
in servizio alla disciplina delle nuove assunzioni, con effetti 
importanti sulle politiche del personale, in quanto le amministrazioni devono 
valutare l�accoglimento della richiesta di trattenimento in servizio oltre che in 
base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, alla particolare esperienza 
professionale acquisita dal richiedente in specifici ambiti, in funzione 
dell�efficiente andamento dei servizi, anche in relazione all�onere finanziario 
da sostenere a valere sulle risorse assunzionali. 
Ci� premesso, tuttavia, le deduzioni dell�amministrazione pervengono 
alla conclusione che il conferimento di incarichi dirigenziali di prima fascia, 
ai sensi dell�art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 165/2001, non rientra 
nel regime delle assunzioni e delle relative procedure autorizzatorie fondate 
sull�utilizzo delle risorse finanziarie derivanti dalle cessazioni del personale. 
In sostanza, secondo il parere espresso dal Dipartimento della funzione 
pubblica, nel predetto regime rientrerebbero soltanto le assunzioni del personale 
non dirigenziale e dei dirigenti di 2� fascia, con la conseguenza che il 
trattenimento in servizio ricondotto a nuova assunzione non potrebbe essere 
esteso al conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi dell�art. 19, commi 3 
e 4, del decreto legislativo n. 165/2001. 
La Corte ha correttamente respinto le argomentazioni addotte dall�amministrazione, 
rifiutando il visto e la conseguente registrazione del d.P.C.M. di 
conferimento di incarico di funzioni dirigenziali di livello generale. 
La Corte, rifacendosi ad un proprio precedente (Corte dei Conti � Sezione 
centrale di controllo di legittimit� su atti del Governo e delle Amministrazioni 
(11) In questo senso Corte dei Conti - Sez. Contr., n. 14/2005.
250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
dello Stato � delibera n. 14/2005/P), ribadisce che le disposizioni sul trattenimento 
in servizio non pongono nessuna distinzione tra personale delle aree e 
personale dirigente, n� tra dirigenti di 1� fascia e dirigenti di 2� fascia. 
La ratio delle disposizioni intervenute nel 2010 �, d�altra parte, quella 
del contenimento della spesa per oneri di personale ed � indubitabile che il 
trattenimento in servizio oltre i limiti di et� determina la corresponsione di 
trattamenti che il legislatore intende evitare. 
Al di l� delle deroghe espressamente previste, le disposizioni del 2010 si 
applicano quindi a tutte le categorie di personale, inclusi i dirigenti e l�ampia 
discrezionalit� di cui l�amministrazione dispone nella scelta dei vertici apicali 
non pu� travalicare i limiti posti dal legislatore. 
Peraltro la Corte osserva che, nel caso di specie, il decreto legge n. 
78/2010 ha reso privi di effetto i trattenimenti in servizio aventi decorrenza 
successiva al 1 gennaio 2011 e disposti prima dell�entrata in vigore del medesimo 
decreto (cio� prima del 31 maggio 2010). 
Nel caso in esame, alla data del 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore 
del decreto legge n. 78/2010) la determina di trattenimento in servizio adottata 
nel dicembre 2009 non era pi� efficace, secondo il regime transitorio delineato 
dal decreto legge n. 78/2010, ed il successivo decreto di conferimento dell�incarico 
dirigenziale di 1� fascia, emesso nel luglio 2010, non poteva essere 
emanato perch� in contrasto con l�art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 
2009, n. 150, che prevede che in caso di primo conferimento ad un dirigente 
della 2� fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali la durata dell�incarico 
� pari a tre anni. 
In conclusione, la Corte si pronuncia chiaramente su due questioni: 
� il citato art. 9, comma 31, del decreto legge n. 78/2010, che riconduce 
il trattenimento in servizio a nuova assunzione e lo sottopone alla relativa procedura 
autorizzatoria fondata sull�utilizzo delle risorse finanziarie derivanti 
dalle cessazioni di personale, deve ritenersi applicabile a tutti i dipendenti delle 
pubbliche amministrazioni ai quali la facolt� � stata conferita, senza operare 
distinzioni tra il personale delle aree ed il personale dirigente, n� tra dirigenti 
di 1� fascia e di 2� fascia; 
� il decreto di conferimento ad un dirigente di 2� fascia di funzioni dirigenziali 
di livello generale ai sensi dell�art. 19, comma 4, del decreto legislativo 
n. 165 del 2001, che abbia quale presupposto un decreto di trattenimento 
in servizio divenuto privo di effetti con l�entrata in vigore del citato art. 9, 
deve ritenersi non conforme a legge, in quanto fondato su elemento essenziale 
caducato per effetto di legge.
C O N T R I B U T I 
D I D O T T R I N A 
Il diritto e la giustizia nell�Italia medievale 
Antonio Tallarida* 
SOMMARIO: 1. Le invasioni barbariche - 2. Il diritto giustinianeo - 3. La dominazione 
longobarda - 4. La dominazione franca - 5. L�Italia bizantina - 6. L�et� dei comuni e delle signorie 
- 7. I Normanni nell�Italia meridionale e insulare - 8. La riscoperta del diritto romano 
- 9. L�ordinamento canonico ed ecclesiastico - 10. Il diritto comune - 11. La difesa in giudizio 
dell�Erario - 12. Istituti di origine germanica - 13. Breve bibliografia generale. 
1. Le invasioni barbariche 
1.1 - Gli eventi storici che si sono susseguiti nel Medio Evo hanno segnato 
profondamente gli ordinamenti giuridici del territorio italiano. 
In particolare, sul finire dell�Impero Romano d�Occidente si verific� una 
nuova ondata di invasioni barbariche, dopo quelle degli unni e dei vandali 
della met� del secolo, ad opera degli Ostrogoti di Teodorico in Italia (493 d.C.), 
dei Burgundi di Gundobado nell�Alta Savoia e dei Visigoti di Alarico in Gallia 
e Spagna, con il loro corredo di costumi ed usanze, destinato a scontrarsi con 
il diritto romano vigente, a partire da Caracalla (212 d.C.), in tutto il territorio 
dell�impero. 
1.2 - Durante questo periodo, la regolazione dei rapporti giuridici si conform� 
al principio della �personalit� del diritto�, in base al quale veniva applicato 
il diritto della popolazione di appartenenza (quello consuetudinario per 
i germanici e quello romano post-classico per i romani). 
1.3 - Le istituzioni amministrative preesistenti romane restarono in vigore, 
in quanto i re barbarici tesero a fregiarsi dei titoli romani (patrizio purpureo o 
(*) Vice Avvocato Generale dello Stato. 
Il presente scritto � una sintesi delle lezioni tenute dall�Autore presso la Scuola di Archivistica, 
paleografica e diplomatica dell�Archivio di Stato di Venezia per il corso 2010-2011. 
252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
romano) per essere legittimati di fronte alle popolazioni occupate. 
Cambi� invece la struttura dell�organizzazione militare (articolata in decanus, 
centenarius, millenarius, ecc.) essendo i barbari essenzialmente un popolo-
esercito, con a capo un duca o conte o re. 
L�apparato giudiziario dei barbari era ridotto al minimo, vigendo tra loro 
la giustizia privata (faida) o divina (ordalia) o il duello giudiziario e le corti si 
limitavano a constatarne l�esito. 
I rapporti giuridici privati erano caratterizzati da atti solenni (wadiatio) 
volti a rendere l�intera comunit�, riunita in adunanza, edotta del contratto. 
Restarono immutate anche le istituzioni ecclesiastiche, come ordinamento 
a s� essendo i barbari di culto diverso. 
1.4 - FONTI: 
Lex romana Wisigothorum o Breviarum Alarici (506), raccolta di 
leggi e iura, applicabili ai soli romani; Lex romana Burgundionum 
(500 ca.: idem); Edictum Theodorici (503), applicabile anche nelle 
controversie tra germanici e romani; Codex Euricianus (475), raccolta 
di consuetudini barbare; Lex Burgundionum o Gundobada 
(idem). 
2. Il diritto giustinianeo 
2.1 - Asceso al trono imperiale nel 527, Giustiniano, animato dall�intento 
di ricostituire l�unit� giuridica e territoriale dell�Impero Romano, avvi� l�opera 
di riconquista dei territori perduti e con l�esercito romano riusc� a battere i 
Goti e ad imporre il proprio potere su gran parte del suolo italico, oltre che 
sull�Illiria, la sponda africana mediterranea e la bassa Spagna. 
2.2 - Perseguendo il suo disegno di restaurazione, Giustiniano diede incarico 
ad una Commissione, presieduta da Triboniano, di raccogliere e ordinare 
il diritto romano vigente. N� deriv� una codificazione composta da 
quattro parti: 
� Il Codex vero e proprio (534), che riunisce le costituzioni imperiali gi� 
contenute nei precedenti codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodesiano e 
quelle di nuova emanazione; 
� Le Istituzioni (533), sorta di manuale di diritto, ispirato a quelle di Gaio; 
� Il Digesto (533), raccolta delle opinioni espresse dai pi� autorevoli giuristi 
classici sui vari istituti; 
� Le Novelle raccolta di 134 nuove costituzioni imperiali (Authenticum). 
Nell�emanare il Digesto, la costituzione Tanta viet� i commenti, consentendo 
solo indici e traduzioni, per cui a lungo si compilarono solo epitomi, 
sunti e parafrasi. 
2.3 - La codificazione giustinianea rimarr� in vigore nell�Impero romano 
di Oriente, pur profondamente modificata (v. n. 5), mentre in Occidente ebbe 
scarsa circolazione per le vicende politiche che seguirono, fino alla sua risco-
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 253 
perta da parte della Scuola di Bologna (v. n. 8). 
2.4 - FONTI: 
Il Corpus juris giustinianeo. Il pi� antico manoscritto del Digesto risale 
al sec. VI e trovasi nella Biblioteca Laurenziana di Firenze (c.d. 
Lettera fiorentina), mentre quello delle Novelle � custodito presso la 
Marciana di Venezia e quello delle Istituzioni del IX secolo si trova 
nella Biblioteca nazionale di Torino. 
3. La dominazione longobarda 
3.1 - A partire dal primo decennio del VI secolo, un�altra ondata di invasioni 
barbariche si abbatt� sull�Europa romana, imponendo con le armi anche 
i propri ordinamenti. 
In Italia, in particolare, l�occupazione longobarda, iniziata nelle Venezie 
(vedasi il tempietto longobardo di Cividale), si estese poi alla Toscana, a Spoleto, 
Benevento, mentre ne rimasero fuori Venezia, l� alta pianura padana, Padova, 
Piacenza, Modena, Ravenna, la Pentapoli, Parma, Napoli, Salerno. Inizia 
cos� la divisione della Penisola. 
3.2 - A differenza delle precedenti invasioni barbariche, i Longobardi tagliarono 
ogni rapporto con l�Impero romano d�Oriente, abolirono le antiche 
magistrature e imposero il loro diritto consuetudinario, anche se rimase applicabile 
il diritto romano, come diritto consuetudinario, per i romani. 
Il diritto longobardo non conosceva distinzione tra diritto di propriet� e 
possesso. Si guardava al dato materiale, al rapporto fisico con la cosa. L�adprehensio 
della res giustificava il diritto di difesa della stessa. 
Il diritto di famiglia dei Longobardi era basato sull�istituto del mundio. 
Solo i capifamiglia non erano soggetti al mundio di altri soggetti, essi 
erano selpmundi. 
La donna, laddove mancavano il marito, ascendenti maschili e discendenti 
maschili in et� matura, era soggetta al potere di un altro parente di sesso maschile 
o, in mancanza, di altro soggetto nominato dal re, il quale tra le sue funzioni 
annoverava la tutela degli orfani e delle vedove. 
3.3 - Il Regno fu suddiviso in ducati, nei quali operavano lo sculdascio 
(funzionario delegato del duca) e il gastaldo (amministratore regio delle terre 
fiscali) con frequenti conflitti tra loro. Il Re manteneva compiti militari e assicurava 
l�unit� del regime. 
Il sistema giudiziario fu improntato alla giustizia privata (faida, compositiones). 
Vi erano anche corti militari. 
In questo periodo si afferm� l�economia curtense, ossia quella dell�azienda 
organizzata intorno al fondo e caratterizzata dal dominium del signore 
e dal massaricium (quota parte del prodotto dovuta al signore). 
La fara costituiva l�unit� militare in cui i Longobardi si articolavano all�arrivo 
e la sala � il luogo dello stanziamento; arimanni sono gli uomini liberi.
254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Molti di questi termini passarono nell�idioma italico e sono rimasti tuttora in 
alcuni toponimi. 
3.4 - FONTI: 
Editto di Rotari (643 d.C.), raccolta in 380 articoli di consuetudini 
longobarde; Editti di Liutprando (712-944), re cattolico, emanati 
�annuente Domino�. 
4. La dominazione franca 
4.1 - L�occupazione longobarda di alcune zone costiere adriatiche indusse 
il Papa a chiamare in aiuto i franchi di Carlo Magno che, sconfitto l�ultimo re 
longobardo (751 d.C.), ne occup� il Regno, facendosi incoronare re a Milano, 
il Natale dell�anno 800. Sopravvissero solo i ducati longobardi di Spoleto e di 
Benevento (v. il placito di Capua del 960). L� ultimo re franco, Carlo il Grosso, 
muore senza eredi nell�887. 
4.2 - L�ordinamento carolingio cos� instaurato era fondato su un sistema 
di governo centralizzato, articolato in magistrature stabili costituite sia al centro 
che in provincia. Il Re era coadiuvato dal senescalco (soprintendente al 
palazzo), dal camerario (addetto al tesoro), dal cancellarius (redattore dei documenti 
regi) e dal conte palatino, capo dell�amministrazione. In provincia, il 
regno era suddiviso in contee, con al vertice il conte, coadiuvato da un vicario 
e, nelle circoscrizioni minori, dal centenarius. Il sovrano si avvaleva, per il 
controllo sull�amministrazione delle province, di missi ad hoc e di missi ordinari. 
Nelle regioni di confine, o marca, governava il margravio. 
In quest�epoca, il sovrano assunse in proprio la potest� legislativa, esercitata 
tramite i Capitularia (legibus addenda, se diretti ad integrare le norme 
di singoli popoli; per se scribenda, se validi per tutto l�Impero), che prevalevano 
su tutte le precedenti fonti (consuetudini e delibere dell�assemblea popolare). 
4.3 - I conti carolingi esercitavano compiti militari, amministrativi e anche 
giudiziari, applicando il diritto consuetudinario e quello capitolare. 
Sotto i franchi si afferma il sistema feudale, incentrato su tre elementi: 
- commendatio 
- beneficiium (possesso precario) 
- immunit� e poteri connessi (anche di giustizia locale). 
Il rapporto nasceva con l�investitura del vassallo, cui corrispondeva 
l�omaggio e il giuramento di fedelt�, comportante anche l�obbligo del consilium 
e auxilium al signore. La popolazione fu suddivisa in classi feudali (nobili, 
artigiani e commercianti, contadini). 
Il sistema origin� una pluralit� di ordinamenti e di giurisdizioni (corti 
popolari, corti signorili, corti feudali) con intreccio spesso inestricabile di competenze 
e di diritti, e determin� l�emersione della signoria territoriale, in grado 
di imporsi sul territorio (contee, ducati).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 255 
4.4 - FONTI: 
Soprattutto i vari Capitularia (missorum generale 802, aquisgranense 
809, de justitiis faciendi 813, ecc.), poi raccolti nei Monumenta Germaniae 
Historica - Capitularia: regnum Francorum, Hannover, 
1883. 
5. L�Italia bizantina 
5.1 - Il territorio italico rimasto all�Impero d�Oriente dopo la conquista 
longobarda era ridotto a cinque province, che dipendevano dal prefetto pretorio 
d�Italia (sec. VI-VIII), con a capo un Esarca che risiedette a Ravenna fino alla 
occupazione di questa da parte dei Longobardi (751), che pose fine all�Esarcato. 
Anche la Sicilia cadde in mano straniera (gli arabi nel sec. IX). Nel sec. 
X nel resto del meridione fu istituito il Catapanato d�Italia che resse sino alla 
definitiva conquista normanna (1071). 
5.2 - In questa parte d�Italia continu� ad essere applicato il principio della 
territorialit� del diritto, costituito da quello giustinianeo, modificato in prosieguo 
da Leone III l�Isaurico con l�Ecloga (740), raccolta di usi orientali e di 
decreti imperiali. Successivamente furono pubblicate tre raccolte di consuetudini 
(i Nomoi: rustica, militaris, navalis), finch� con Basilio I e il figlio 
Leone VI si addivenne alla pubblicazione dei Basilici, in 60 libri, che rielaboravano 
l�intera legislazione imperiale bizantina. 
Tuttavia la legislazione isaurica ebbe scarsa applicazione nell�Italia settentrionale, 
anche per l�autonomia conseguita da quelle terre e l�avversione 
della Chiesa (aderendo gli isaurici all�eresia iconoclasta), cosicch� continu� 
ad applicarvisi il diritto giustinianeo. Nel restante meridione invece prevalsero 
il principio della personalit� del diritto e le consuetudini locali. Si mantenne 
viva anche la tradizione dei documenti negoziali redatti da tabulari o notari, 
che si sforzavano di conciliare la prassi consuetudinaria con le rigide forme 
notarili giustinianee. 
5.3 - La lontananza di Bisanzio favor� l�affermarsi di signorie ecclesiastiche 
o aristocratiche, con chiare tendenze autonomistiche e proprie istituzioni, 
anche nel campo della organizzazione della giustizia. 
Di quest�epoca � la progressiva affermazione della autonomia di Venezia, 
anche senza formale rottura con Bisanzio. 
Il territorio romano invece venne a ricadere nell�autorit� del Pontefice, 
come patrimonio di S. Pietro. 
5.4 - FONTI: 
Ecloga privata aucta; Ecloga ad Prochiron mutata; Prochiron 
(forma volgarizzata delle precedenti). 
6. L�et� dei comuni e delle signorie 
6.1 - Alla fine della dinastia Carolingia (887), era seguita una serie di
256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
guerre intestine (tra Berengario, marchese del Friuli e Guido, duca di Spoleto) 
terminata con il subentro dei Re di Germania, gli imperatori Ottone I, II e III, 
con i quali si scavalca il millennio, e che assunsero anche il titolo formale di 
Re d�Italia. 
La Constitutio de Feudis di Corrado il Salico rese trasmissibile il feudo 
(1026). 
Federico Barbarossa venne per� sconfitto a Legnano (1176) dalla Lega 
Lombarda, segnando la vittoria della lotta comunale. 
Con la successiva pace di Costanza (1183) si afferm� definitivamente in 
Italia quella che � stata definita la civilt� dei comuni, incentrata sul predominio 
dell�adunanza popolare. 
6.2 - Nascono gli statuti comunali, specie nelle citt�, con il lento formarsi 
di un potere centrale (i Rettori) che tende a contrapporsi al Signore (o Margravio) 
lontano. 
Gli Statuti avevano l�obiettivo di fissare le norme consuetudinarie vigenti 
e di imporne il rispetto a tutti sul territorio. Da questo momento, la modifica 
di queste norme � subordinata alla revisione statutaria. 
Essi si componevano di 3 elementi (non sempre presenti): le consuetudini 
comunali, i brevi (impegno formale del podest� di rispettare le norme vigenti) 
e le delibere assembleari (di diritto privato, criminale e organizzativo, nonch� 
regolanti la revisione statutaria affidata a correctores). 
Era altres� previsto negli stessi che i giudici applicassero le norme statutarie 
o in loro assenza le consuetudini locali o in mancanza il diritto comune 
(v. n. 10). 
Quest�ultimo rinvio al diritto comune mancava per� negli Statuti di Jacopo 
Tiepolo di Venezia (1242) dove in tal caso si demandava al giudice di 
decidere �sicut justum et aequum eorum previdentia apparebit� (forse a causa 
della inadeguatezza delle norme giustinianee ai rapporti commerciali marittimi, 
tantՏ che analoga previsione era contenuta nel Constitutum legis di Pisa 
del 1233). 
6.3 - L�affermarsi della citt� contribu� a far emergere la figura del mercante 
e allo sviluppo dei traffici e dei commerci. Si formarono cos� le corporazioni 
di arti e mestieri, regolate da statuti propri (vedasi anche le Scuole 
Piccole di Venezia). 
Peraltro, la complessit� dell�ordinamento contribu� nel tempo (sec. XIII) 
al passaggio dal governo repubblicano del Podest� al regime signorile, con 
l�affermarsi di un gruppo o di una famiglia sulle altre. 
L�amministrazione della giustizia non fu pi� esercitata da corti popolari, 
ma dal Signore, che assumeva anche l�autorit� amministrativa e quella militare. 
A Venezia si ebbe invece tutt�altro sviluppo, rimanendo il governo saldamente 
in mano all�aristocrazia cittadina, riunita nel Maggior Consiglio che
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 257 
eleggeva il Doge, con una complessa procedura. 
6.4 - FONTI: 
I vari Statuti comunali La Tavola Amalfitana (sec. XI): raccolta di 
usi marinari. 
7. I Normanni nell�Italia meridionale 
7.1 - La conquista normanna dell�Italia meridionale iniziata nel Sud della 
Penisola (1015) fu legittimata dal Pontefice (Leone IX) che invest� Roberto il 
Guiscardo di una concessione feudale, comportante per converso il riconoscimento 
del territorio come Terra Ecclesiae: di qui il tradizionale omaggio feudale 
del Re e dei grandi feudatari ai Papi. Successivamente, il fratello Ruggero 
I d�Altavilla invase la Sicilia � allora occupata dagli arabi � e vi instaur� un 
dominio militare. Le due parti vennero quindi riunite in un unico dominio ed 
elevate a regno, con incoronazione del re Ruggero II a Palermo (1130), sempre 
come vassallo del Papa. 
Alla morte di questi, il Regno fu conquistato da Enrico VI di Svevia, marito 
di Costanza, sorella del re defunto, cui successe, nel 1198, Federico II, 
sotto il quale il Regno raggiunse il massimo splendore. 
7.2 - I Re normanni avviarono da subito una attenta politica istituzionale 
e legislativa. 
In particolare, nella riunione di Ariano (1140) l�assemblea popolare approv� 
le Assise, ossia un complesso di leggi regie che abolirono tutte le precedenti 
consuetudini �manifestissimamente contrarie� ad esse (le altre furono 
mantenute in vigore) e disciplinarono ex novo una serie di materie (pupilli e 
orfani, arte medica, responsabilit� penale dei minori, successione intestata) 
nonch� l�ordinamento feudale e quello ecclesiastico (benefici, reliquie, diritto 
d�asilo, ordinazione sacerdotale, matrimonio, ecc.). Esse inoltre attribuirono 
al Re la cognizione di alcuni reati gravi (lesa maest�, sedizione, falso, adulterio, 
violazione dei luoghi sacri, omicidio, ecc.). 
7.3 - Nell�organizzazione della giustizia, furono istituiti i giustizieri provinciali 
che esercitavano le competenze giurisdizionali del Re ed i baiuli nei 
territori demaniali. Nelle citt� furono nominati giudici che applicavano il diritto 
locale, mentre la Curia regis (o grandi giustizieri) decideva in ultima 
istanza. 
Si deve a questi sovrani la definitiva introduzione del sistema feudale nel 
Regno e la redazione di un Catalogus Baronum che registrava le grandi signorie. 
Dopo la crisi della successione, le Assise di Capua (1220) intesero restaurare 
l�ordinamento precedente, confermando il potere regio, l�articolazione 
degli ordinamenti, le prerogative regie di passo, dogana, porto e mercato, il 
sistema feudale, la restituzione alla Chiesa dei beni usurpati dai laici, l�organizzazione 
della giustizia, il controllo contabile con tre magistri rationales.
258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
L�ordinamento svevo-normanno prosegu� anche sotto i conquistatori angioini 
(1266) che si limitarono a sostituire con francesi i titolari dei vari uffici 
regi.
Essi per�, fermi gli ordinamenti particolari, introdussero la collecta, una 
imposta personale, senza consultare l�assemblea popolare, il che scaten� la rivolta 
detta dei Vespri siciliani (1282) che port� alla consegna dell�isola al sovrano 
di Aragona (Pietro III), spezzando l�unit� del regno e dando origine al 
periodo spagnolo. 
Nel Regno di Napoli, i Capitoli di S. Martino (1283) comportarono una 
riduzione dei poteri del sovrano a favore di quelli dei signori feudali o ecclesiastici 
e della stessa giustizia regia (limitata a pochi reati). Venne inoltre a 
consolidarsi, specie sotto Roberto d�Angi� (1309-1343), la grande signoria 
baronale e ad affermarsi le libert� cittadine, con conseguente fiorire degli Statuti, 
per definire le consuetudini vigenti. 
Nel Regno di Sicilia vi fu un parallelo indebolimento dell�autorit� regia 
a favore di quella dei signori feudali (gi� alla fine del sec. XIII era stato abolito 
l�assenso regio alla vendita dei benefici feudali), con formazione di contee 
immuni dalla giurisdizione del sovrano. Anche nei confronti della Chiesa si 
rinunci� ad ogni ingerenza nella scelta dei titolari. Inoltre fu istituito un Parlamento 
(1396), non per� elettivo ma composto da dignitari, conti, baroni, ecclesiastici, 
ecc., con il compito di decidere in materia di difesa militare e altre 
questioni comuni. 
7.4 - FONTI: 
Le Assise di Ariano, di Ruggero II (1140); le leggi di Guglielmo II 
(1166-1185), specie in campo feudale, conservatesi nel Liber augustalis; 
il Liber Augustalis di Federico II (1231); i Capitoli di San 
Martino (1283). 
8. La riscoperta del diritto romano 
8.1 � Si deve ad Irnerio, giurista della Scuola di Bologna, agli inizi del 
secolo XII, la progressiva riscoperta della compilazione giustinianea (a partire 
dal Digestum Vetus, i primi 22 libri del Digesto, e poi il Novum (i libri 39-50), 
l�Infortiatum (i libri restanti), il Codex, il Volumen parvum, le Istituzioni e le 
Novelle). 
I testi giustinianei vennero studiati e interpretati dai Glossatori (cos� chiamati 
perch� scrivevano le loro osservazioni tra le righe o a margine del testo) 
suddivisi in quattro generazioni (Irnerio - i 4 dottori: Bulgaro, Martino, Ugo, 
Procopio - Piacentino, Azzone e altri - Jacopo Colombi, Accursio). 
Questi studiosi posero attenzione anche agli usi feudali e la relativa raccolta 
(ad opera prima di Oberto dell�Orto, poi di Ardizzone e quindi di Accursio) 
fu inserita nel Corpus juris giustinianeo riscoperto. 
Essi si dedicarono soprattutto alla ricostruzione filologica dei testi. I bro-
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 259 
cardi sono enunciazioni di principi generali, tuttora frequentemente citati 
anche nella pratica forense. 
8.2 - Dopo una serie di studiosi dediti alla interpretazione della lettera 
della norma, c.d. postaccursiani, attivi nella seconda met� del sec. XIII, si 
venne affermando, specie in Francia, un diverso approccio ai testi di legge 
volto a ricostruire il sistema e la ratio legis. 
Tale indirizzo prese il nome di scuola dei Commentatori, i principali dei 
quali furono Cino da Pistoia (� 1314), Bartolo da Sassoferrato (� 1357), Baldo 
degli Ubaldi (� 1400), il card. Zabarella (� 1417) e Antonio da Budrio. 
8.3 - I Commentatori apportarono un contributo decisivo alla dottrina giuridica 
medievale, grazie alla individuazione di un sistema unitario e complessivo 
del diritto, in cui potevano rientrare tutti gli ordinamenti particolari, ai 
quali si applicavano le categorie e i principi desunti dalla compilazione giustinianea 
e dalle raccolte canoniste (v. n. 10). 
Essi si dedicarono anche alla esegesi degli Statuti, di cui si preoccuparono 
di fondare la legittimit� a fronte del silenzio delle fonti giustinianee, ricorrendo 
o alla teoria della permissio (da parte di Federico I alle citt� della Lega lombarda 
con la pace di Costanza) o alla jurisdictio (secondo Bartolo da Sassoferrato 
ogni ordinamento feudale, comunale, imperiale - in cui si articolava 
l�Impero - aveva una sua norma ed organizzazione valida nel proprio ambito) 
e allo studio delle norme consuetudinarie locali. 
8.4 - FONTI: 
Il Corpus juris civilis, nella edizione a stampa, a cura di Dionisio 
Gotofredo, Ginevra 1583, pi� volte riedita. 
9. L�ordinamento canonico ed ecclesiastico 
9.1 - Secondo la concezione della Chiesa, il diritto si articolava nelle due 
categorie del diritto divino (Sacre Scritture, tradizione dei Padri, diritto naturale) 
e diritto umano (ecclesiastico, canonico, secolare). 
Fonte prima del diritto canonico furono i Concili (che emanavano canoni) 
e le decisioni (decretales) del Pontefice. Queste furono raccolte nella Vetus 
Romana, nella Collectio Isidoriana (V sec.) e nella Collectio Dionysiana, cui 
si aggiunsero raccolte delle Chiese locali, i Libri poenitentiales e raccolte 
spesso falsificate dell�et� franca. Segu� la Lex canonica compta del IX sec. 
9.2 - La corruzione imperante nei costumi della Chiesa diede vita, per 
reazione, a un intenso movimento riformatore monastico (partito dall�Abbazia 
benedettina di Cluny) volto a restaurare lo spirito cristiano originario. 
Il Decretum canonum di Burcardo (1012-1022) conferm� il programma 
riformistico. 
Presto si svilupp� una contrapposizione tra la Chiesa e la Casa imperiale, 
che rivendicava a s� il potere di investire il titolare delle dignit� ecclesiastiche.

260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
La lotta delle investiture fu conclusa dal Concordato di Worms (1122), 
tra Enrico V e Callisto II, che attribu� al Papa la consacrazione dei Vescovi e 
all�Imperatore la concessione del beneficio. 
9.3 - Per sottrarre il Papa al condizionamento della curia e dell�impero, 
un decreto del 1059 attribu� l�elezione del Pontefice al Collegio dei Cardinali. 
Un altro decreto (Dictatus Papae), questo di Gregorio VII (1075), riordin� 
l�organizzazione ecclesiale e attribu� la giurisdizione al Papa. 
La successiva rinascita degli studi del diritto romano ebbe l�effetto di stimolare 
anche la revisione del diritto canonico, con la raccolta delle varie fonti 
(Decretum del monaco camaldolese Graziano 1140), il lavoro esegetico dei 
glossatori canonisti (Magna glossa di Giovanni Teutonico del 1216, rielaborata 
da Bartolomeo da Brescia) e la compilazione di varie Summae (ad esempio, 
quella di Uguccione da Pisa). 
9.4 - FONTI: 
Concordia discordantium canonum (o Decretum), raccolta del monaco 
Graziano di varie norme tratte dalle Sacre Scritture, canoni precedenti, 
liber poenitentialis, scritti dei Padri della Chiesa, capitolari 
carolingi, breviarium Alarici; Quinque compilationes antiquae, utilizzate 
nel Liber Extravantium di Gregorio IX (1234); Liber Sextus 
di Bonifacio VIII (1298); Liber Septimus (raccolta delle decretali 
successive, 1317). 
Nel 1500, il giurista francese Giovanni Chiappuis raccolse tutte le 
precedenti fonti in una edizione a stampa, denominata Corpus juris 
canonici. 
10. Il diritto comune 
10.1 - L�intuizione di Irnerio che il complesso della compilazione giustinianea, 
ricomposto nella sua originaria interezza, rappresentasse una sostanziale 
unit� normativa, fu espressa nella denominazione data allo stesso di 
Corpus juris civilis, trasposizione sul terreno normativo di quell�ideale unum 
jus che - nella coscienza del tempo - corrispondeva all�unum imperium. 
10.2 - Quest�unum jus che abbracciava in un tutto armonico la norma e 
l�organizzazione divenne lo jus comune (gi� Gaio aveva parlato, in altro senso, 
di �omnes populi ... partim suo proprio, partim communi omnium hominum 
iure utuntur�) nel quale convivevano appunto gli ordinamenti particolari. 
Si ebbe cos� il fenomeno di un diritto antico e immutabile a fronte di un 
diritto particolare e vivente, che affondava le sue radici nel fatto naturale della 
sua stessa esistenza, non potendo un popolo non avere una propria regola. 
Esso pertanto rappresentava un sistema eterogeneo il cui fattore unificante 
fu costituito dalle universit� e dai giuristi che in una situazione di pluralismo 
di ordinamenti e di fonti seppero coordinare gli elementi pi� disparati e ne fecero 
un sistema � aperto� a differenza di quello �tradizionalmente chiuso� so-
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 261 
pravvenuto con l�epoca codicistica, inaugurata dal codice napoleonico. 
10.3 - Il sistema del diritto comune, allora, non era altro che un complesso 
normativo in cui una pluralit� di ordinamenti giuridici particolari conviveva 
nell�ambito di un ordinamento universale e primario, dalle due facce, temporale 
e spirituale, alle quali corrispondevano i due diritti (utrumque ius), civile 
e canonico. 
�Da quell�ordinamento generale, essi derivano e ad esso rifluiscono, in 
un rapporto fondamentale che lega intrinsecamente tra loro questi elementi di 
un tutto� (CALASSO). 
10.4 - Questo diritto di matrice romanistica � destinato a rimanere vigente 
nell�Impero germanico fino al 1 gennaio 1900, data di entrata in vigore del 
nuovo codice civile tedesco. 
11. La difesa in giudizio dell�Erario 
11.1 - Tra le eredit� lasciate dal diritto romano ai secoli successivi e al 
diritto comune vi � la figura dell�advocatus fisci. Si trattava della carica istituita 
dall�imperatore Adriano, sulla base di alcuni precedenti (procuratores 
Caesaris), per la tutela degli interessi fiscali nei vari giudizi. 
Essa si rapportava alla distinzione tra Aerarium, consistente nel tesoro 
pubblico o patrimonio del popolo e Fiscus, patrimonio dell�imperatore, dove 
le ragioni del primo erano in origine giudicate dalle stesse autorit� preposte al 
ramo di amministrazione interessato dalla controversia, mentre quelle del secondo 
erano devolute ai giudici. Di qui la necessit� di una sua rappresentanza 
e difesa in giudizio, affidata stabilmente ad advocati fisci, nominati tra i funzionari 
pi� elevati in grado o a singoli procuratores incaricati di volta in volta. 
L�ufficio fu ricoperto anche da prestigiosi personaggi, quali Settimio Severo 
e Papiniano. Sotto Costantino essi furono denominati anche patroni fisci. 
11.2 - Nell�epoca Giustinianea, l�ufficio di advocatus fisci fu ricoperto 
dai decani del Collegio degli avvocati sia in provincia che presso il Prefetto 
Pretorio e provvedeva a sostenere la difesa dello stato in giudizio. 
Secondo le fonti, � da ritenere che essi potessero promuovere anche azioni 
di natura penale, sempre a tutela delle ragioni del fisco, funzione questa che li 
avvicinava agli advocati de parte publica che si trovano menzionati nei Capitolari 
carolingi e che potevano ricorrere al duello giudiziario per risolvere la 
controversia ed ottenere la confisca dei beni dell�accusato. 
11.3 - Negli stati medievali e nel diritto comune il concetto di fisco venne 
a riassumere in se ogni diritto dello stato e della persona del sovrano, anche 
attraverso il travisamento delle fonti romane. Avvocato fiscale divenne perci� 
il rappresentante in giudizio della sovranit� dello stato e degli interessi dell�imperatore. 
La conseguenza fu il diffondersi dell�istituto, sotto varie denominazioni, 
negli stati medievali.
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Cos� in Francia, alla fine del XIII secolo gli advocati o procuratorers 
regis rappresentavano il re in tutti gli affari civili e penali nonch� in quelli politici 
avanti ai parlamenti, con funzioni anche punitive. Nel 1331 si trova menzione 
di due distinti avvocati: uno ecclesiastico per le cause civili e uno laico 
per quelle penali. 
Avvocati fiscali trovansi menzionati anche negli Statuta della citt� di Milano 
(1386) e successivamente nelle Nuove Costituzioni di Carlo V, con il 
compito di tutelare le ragioni del fisco e di partecipare alla istruzione delle 
procedure criminali. 
A Venezia avvocati della Serenissima Signoria esistevano da antica data: 
due di essi erano nominati, senza scadenza, dal Consiglio dei Dieci. Nessuna 
controversia che coinvolgesse l�interesse della Repubbica poteva essere trattata 
senza il loro intervento ed assistenza. 
Presso la Curia romana vi erano un procurator fiscalis per le cause penali 
e un commissarius camerae che rappresentava il pubblico Erario in quelle civili. 
Nel regno di Sicilia, sotto la dominazione spagnola, due avvocati del fisco 
patrocinavano avanti la Gran Curia che aveva giurisdizione su tutte le cause 
feudali, allodiali, civili e criminali. Nel regno di Napoli un fisci patronus esercitava 
avanti la regia Camera della Sommaria. 
11.4 - Il tema della difesa in giudizio delle pubbliche ragioni passa quindi 
attraverso la distinzione tra interessi pubblici (erario) e interessi privati del sovrano 
e si colloca nell�area del pubblico potere ancora indifferenziata, a met� 
tra le funzioni del giudice, del pubblico ministero e dell�avvocato di parte. 
Solo con l�affermarsi della divisione dei poteri e l�emergere dello Stato 
di diritto, la figura dell�avvocato erariale acquister� una sua precisa autonomia. 
12. Istituti giuridici di origine germanica 
Il susseguirsi delle varie dominazioni straniere ha determinato una frequente 
contaminazione tra diritto romano e diritti consuetudinari delle popolazioni 
barbariche. 
Sono inoltre rimasti a lungo in vigore particolari istituti giuridici, di cui 
resta traccia nei documenti dell�epoca e negli ordinamenti successivi. 
Ecco un breve elenco di dette situazioni: 
allodio: terre non soggette a vincoli feudali; 
arimannie: colonie militari longobarde lungo i confini, gestite da guerrieri 
liberi, in cui gli abitanti del villaggio hanno diritto di pascolo e legnatico. 
Sono terre inalienabili (Fiwaide); 
censi: aggravi perpetui su beni immobili a vantaggio di una persona fisica 
o di un ente, consistenti nell�obbligo di pagare una somma o di dare una quota 
di prodotto (consegnativo o riservativo); 
compascui: diritti di pascolo o legnatico a favore di comunit� agrarie o
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 263 
locali, in base a concessioni regie o feudali; 
decime: obbligo di versare il decimo dei prodotti della terra al signore 
che concede il fondo (dominicali) o alla Chiesa in cambio della sua opera a 
favore dei fedeli (sacramentali); 
fida e pensionatico: apertura al pascolo delle terre dopo il raccolto (da 
ottobre a marzo). La fida era la tassa da pagare, considerata una regalia. Nel 
Veneto si chiamava pensionatico ed era dovuto anche dal proprietario che voleva 
far pascolare il gregge sulle proprie terre; 
guidrigildo: prezzo dovuto alla vittima o ai suoi eredi per evitare la vendetta 
privata; 
ingrossazione: operazione di arrotondamento mediante permuta o vendita 
di particelle incluse o confinanti, per migliorare la resa dei terreni; 
livello: obbligazione di pagamento, in cambio di concessioni di terre, rinnovabili 
pagando il laudemio. 
Poteva essere di carattere consegnativo (con solo un dominio utile al proprietario), 
comune o locativo, o su vendita livellare (allorch� l�acquirente si 
obbligava a pagare una prestazione annua). 
Vi era facolt� di affrancazione. 
Venezia rese nel 1797 affrancabili tutti i canoni enfiteutici, livellari, censuari;
mundio: potere - dovere di tutela esercitato da un soggetto capofamiglia 
(di sesso maschile e libero, definito mundualdo) su un altro soggetto considerato 
dall�ordinamento non pienamente capace di agire. L�etimologia � da ricercare 
nel termine munt, che significa difesa, protezione; 
oneri reali: obblighi di prestazioni in natura o in denaro gravanti sui beni 
immobili (come i censi), che si trasmettono con il trasferimento di questi; 
propriet�: in origine spettava al gruppo o alla famiglia e non si distingueva 
dal possesso (Gewere). 
Peraltro, anche il carattere assoluto della propriet� romana si era, col 
tempo, andato attenuando, con l�introduzione dell�imposta fondiaria, sotto 
Diocleziano, gravante solidalmente su tutti i proprietari in una circoscrizione 
territoriale, cosicch� le terre dell�insolvente venivano aggregate a quelle del 
vicino ed i coloni non potevano abbandonare la terra coltivata per non pregiudicare 
gli interessi dell�Erario. 
Furono nel tempo anche introdotti obblighi di coltivazione del gelso (per 
i bachi da seta), o ad orto e rape (per assicurare l�alimentazione) o a grano o 
ad olivi (specie a Padova e Treviso) o per bonifica agraria. 
Nel Medioevo si afferm� anche il diritto di espropriare i beni dei privati 
per pubblico interesse dietro pagamento di indennit� (per aprire vie, costruire 
mura, scavare fossi di difesa, ecc.) in forza del banno imperiale. 
Molte terre erano imperiali e si discuteva se l�Imperatore ne avesse la 
propriet� o solo il dominio eminente o generale. Il glossatore Bulgaro era per
264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
la seconda tesi e per questo non fu ricompensato con un cavallo dall�Imperatore 
che aveva posto il quesito: �amisi equum quia dixi aequum�. I grandi 
commentatori erano favorevoli anch�essi alla tesi della divisione del dominium, 
che si estendeva anche alle terre incolte; 
regalie: diritti attribuiti all�Imperatore (dalla Dieta di Roncaglia del 1158 
a Federico Barbarossa) stabiliti nella Constitutio de regalibus (inserita nel Corpus 
juris) su beni sottratti alla propriet� privata (arimannie, porti, vie pubbliche, 
fiumi navigabili, ecc.) o sulle miniere e cave (1/10 al fisco) o sulla caccia 
(soltanto il signore feudale poteva cacciare nelle terre loro soggette), sulla 
pesca e sulle foreste (per assicurarne la conservazione che interessava particolarmente 
Venezia); 
successione: nel diritto longobardo, era sconosciuto il testamento e 
l�erede non era responsabile, con i propri beni, dei debiti ereditari, salvo che 
questi fossero stati contratti con la wadia, fino a quando Liutprando dispose 
la separazione dei beni. 
Anche la necessit� della formale accettazione dell�eredit� (cretio) non era 
prevista e l�erede subentrava nel possesso dei beni ereditari per effetto della 
morte (�mortuus aperit oculos viventis�). In diritto feudale si afferma il principio 
che i discendenti succedono l�uno all�altro per investituram patris et avi, 
senza bisogno di adizione. 
Invece, a Venezia, era indispensabile che l�erede, per entrare in possesso 
dell�eredit�, lo chiedesse al giudice, che provvedeva con decreto, senza pregiudizio 
di eventuali diritti dei terzi. 
Quanto alla capacit� di succedere, l�et� feudale segn� un peggioramento 
della condizione dello straniero (o albinus), ritenuto incapace (a differenza di 
quanto disponeva il diritto longobardo che per� gli vietava ogni alienazione). 
Altra causa di incapacit� a succedere era prevista per i professi (essendo 
come morti al secolo) e per gli enti religiosi (perch� godendo dell�esenzione 
fiscale incidevano negativamente sull�economia comunale): fino ad epoca recente 
� rimasta in vigore la necessit� dell�autorizzazione governativa per gli 
acquisti degli enti morali. 
Una causa di indegnit� a succedere era, oltre alla morte civile per aver 
commesso gravi delitti (in diritto romano era la capitis deminutio), il non aver 
vendicato la uccisione del padre (si mortem propinqui vindicasti, heres inveniris), 
come portato dei fieri costumi medievali, rimossa sotto l�influsso della 
Chiesa. 
La stessa possibilit� di rinunciare all�eredit� non era concepibile nella 
tradizione longobarda, basata sul gruppo familiare n� in quella franca, senza 
uscire dalla propria gens. Anche per gli altri, tale atto fu sempre visto con ostilit�, 
quasi rappresentasse un�offesa al defunto. 
Particolare era la situazione della donna. Per i longobardi era posposta ai 
maschi; per i franchi, la legge salica la escludeva dai beni immobiliari (e dalla
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 265 
successione regia): con il tempo si allarg� la successione muliebre e il sistema 
di successione basato sulla parentela femminile (cognatio). 
Per quanto riguarda la possibilit� di disporre post mortem, dei propri beni, 
questa era ristretta a quelli acquistati in vita, mentre per i beni aviatici (d�origine 
familiare) occorreva il consenso dei parenti. Talora sul regime successorio 
incideva la loro provenienza paterna o materna; 
wadia: scommessa, promessa solenne. 
13. Breve bibliografia generale 
Per un esame generale dello stato e dell�evoluzione del diritto nell�epoca 
medievale, si possono consultare i seguenti testi, rinviando alle indicazioni e 
alle note degli stessi per ogni ulteriore approfondimento: 
1. M. ASCHERI, Il modello del diritto comune (Atti del Convegno internazionale di Macerata, 
30 settembre -1 ottobre 2005). 
2. M. CARAVALE, Ordinamenti giuridici dell�Europa medievale, Il Mulino, Bologna, 
2001. 
3. F. CALASSO, Diritto (le basi storiche), voce dell�Enciclopedia del diritto, IX, Giuffr�, 
Milano,1964, 822. 
4. AA.VV., L� Avvocatura dello Stato - Studio storico-giuridico, Istituto Poligrafico dello 
Stato, Roma, 1976. 
5. P.S. LEICHT, Storia del diritto italiano, Giuffr�, Milano, 1960 e 1972. 
6. F. CALASSO, Medioevo del diritto, I (Fonti), Giuffr�, Milano, 1954. 
7. E. BESTA, Storia del diritto italiano, Giuffr�, Milano, 1947. 
8. A. SOLMI, Storia del diritto italiano, Societ� editrice libraria, Milano, 1930. 
9. G. VOLPE, Il Medio Evo, Sansoni, Firenze, 1926. 
10. G. PACCHIONI, Corso di diritto romano (Le fonti), Utet, Torino, 1918. 
11. A. PERTILE, Storia del diritto italiano, Utet, Torino, 1896. 
12. U. TAMBRONI, Avvocature erariali, voce del Digesto Italiano, volume IV, parte II, 
Utet, Torino, 1893 - 1899, 719. 
13. M. FERRO, Dizionario del diritto comune e veneto, Santini, Venezia, 1847.
266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Il regime della nullit� dell�atto aministrativo 
secondo il codice del processo amministrativo 
Felice Ancora* 
SOMMARIO: 1. Presentazione - 2. L�introduzione della figura dell�atto amministrativo 
nullo - 3. Tre soluzioni adeguatrici. 
1. Presentazione 
Da pi� autori (1) sono state espresse perplessit� sul regime della rilevazione 
della nullit� e, poi, della pronuncia di accertamento di quest�ultima, dettato 
dagli articoli 31, comma 4 e 73, comma 4 del Codice del processo 
amministrativo. 
E� stata, in particolare, ravvisata una sperequazione tra la circostanza che 
l�accertamento della nullit� pu� essere proposto solo entro il termine di 180 
giorni a partire (presumibilmente) dalla conoscenza o pubblicazione dell�atto 
(2), e la circostanza che la nullit� pu� essere sempre opposta dalla parte resistente, 
mentre non � stato reputato un temperamento significativo la circostanza 
che la nullit� pu� sempre essere rilevata d�ufficio da parte del Giudice. 
Si danno degli elementi per una prassi applicativa soddisfacente anche nei 
confronti delle esigenze del ricorrente, che appare penalizzato dal termine di 
180 giorni. Il problema si presenta con particolare acutezza allorch� l�atto nullo 
� presupposto di un altro atto impugnato, ma � risultato per lungo tempo dissimulato, 
sicch� non � stato impugnato nei 180 giorni dalla sua conoscenza o 
pubblicazione e, viceversa, � riconosciuto come tale attraverso le prospettazioni 
della controparte, interessata evidentemente a sminuire la incisivit� dell�atto 
impugnato, contraddicendo l�apparenza che aveva indotto ad individuare 
quest�ultimo come l�elemento centrale della sequenza di atti produttiva del risultato 
a lei sfavorevole (3). 
(*) Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, Facolt� di Scienze Politiche, Universit� 
degli Studi di Cagliari. 
Il presente articolo costituisce ampliamento di omonima comunicazione inviata dall�Autore al 
Convegno del Centro italiano di studi amministrativi (CISA) su �Il codice amministrativo a sei 
mesi dalla sua entrata in vigore�, Roma, Libera Universit� LUSPIO, 13 aprile 2011. 
(1) V. ad esempio, ROBERTO CHIEPPA, Il Codice del processo amministrativo, alla ricerca dell�effettivit� 
perduta, in www.giustizia amministrativa, 28 luglio 2010, 8 e G. VELTRI, Le azioni di accertamento, 
adempimento, nullit� ed annullamento nel Codice del processo amministrativo, in www.giustizia 
amministrativa, 24 febbraio 2011. 
(2) Su questo ci si soffermer� in seguito. 
(3) V. E. PICOZZA, La nuova legge sull�azione e sul procedimento amministrativo. Considerazioni 
generali. I principi di diritto comunitario e nazionale, in Cons. Stato, 2005, IV 1419 e ss., in specie 
1432, dove � manifestata l�esigenza di un regime dei termini per far valere la nullit� particolarmente 
temperato quando ci� avvenga incidentalmente, nonch� M. RAMAIOLI, Legittimazione ad agire e rile-
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 267 
Si hanno � e si devono avere � consistenti ragioni per attribuire al Legislatore 
la massima razionalit� e la consapevole esclusione di esiti discriminatori 
ai danni del ricorrente. 
Si propone per questo una interpretazione che armonizza le tre procedure 
per rilevare, o far rilevare, la nullit� del processo e, cio�, per introdurre nel processo 
la valutazione della nullit� e per condurre, quindi, all�accertamento della 
stessa con ogni conseguenza. 
2. L�introduzione della figura dell�atto amministrativo nullo 
L�istituto della nullit� dell�atto amministrativo � stato introdotto dalla legge 
11 febbraio 2005, n. 15, sotto forma di un articolo 21-septies aggiunto alla legge 
7 agosto 1990, n. 241 (4). 
Tale disposizione non ha dettato una normativa sostanziale completa, mentre 
non ha dettato alcuna normativa processuale. 
La normativa sostanziale dettata al momento non era completa e tuttora 
non � stata completata espressamente (5). 
Pu� dirsi che l�articolo 27-septies ha riprodotto la formulazione dell�articolo 
1418 del Codice civile, evidentemente con il sottinteso del rinvio alla disciplina 
della nullit� dettata dal Codice civile in generale per i contratti. 
Questa disciplina imperniata sugli articoli 1421, 1422 e 1423 non � per� 
vabilit� d�ufficio della nullit�, in Dir. Proc. amm., 2007, 999 e ss., in specie sul punto, 1019. V. anche, 
per una spiegazione delle diverse tattiche processuali dissimulatrici o simulatrici di un rapporto di presupposizione 
tra atti e della interferenza con esse della qualificazione come nullo dell�atto precedente, 
F. ANCORA, Le fattispecie quali componenti della dinamica dell�ordinamento. Tipi, combinazione, anomalie, 
Torino 2005, 299-301 e 308-311 e L�individuazione dell�atto amministrativo presupposto, in Giurisdizione 
amministrativa, 2009, IV, 293 e ss., in specie 293-296, 300-302 e 311-312. 
(4) Gli apporti di dottrina sono molto numerosi e riesce difficile citarli tutti. Per quelli anteriori 
alla novella del 2005 si segnalano R. CARANTA, L�inesistenza del provvedimento amministrativo, Milano 
1990 e A. BARTOLINi, La nullit� del provvedimento nel rapporto amministrativo, Torino 2002. 
Per quella successiva si segnalano: S. DE FELICE, Della nullit� del provvedimento amministrativo, in 
www.giustizia amministrativa, 2005; M. D�ORSOGNA, La nullit� del provvedimento amministrativo, in 
La disciplina generale dell�azione amministrativa a cura di V. CERULLI IRELLI, Napoli 2006, 959 e ss.; 
L. MAZZAROLLI, Sulla disciplina della nullit� dei provvedimenti amministrativi (art. 21 septies della l. 
n. 241 del 1990 introdotto con la l. n. 15 del 2005), in Dir. proc. amm., 2006, 543 e ss.; D. PONTE, La 
nullit� del provvedimento amministrativo, Milano 2007; A. ROMANO TASSONE, L�azione di nullit� e il 
giudice amministrativo, in www. giust. amm., 2007; C. VARRONE, Nullit� e annullabilit� del provvedimento 
amministrativo, in www.giust. amm., 2007; N. PAOLANTONIO, Nullit� dell�atto amministrativo, in 
Enc. dir. Aggiornamento, Milano 2007, 855 e ss.; M.L. MADDALENA, Comportamento e nullit� provvedimentali: 
prospettive di tutela tra g.o e g.a., in Dir. amm., 2007, 543 e ss.; M. RAMAIOLI, Legittimazione 
ad agire e rilevabilit� d�ufficio della nullit�, in Dir. proc. amm., 2007, 999 e ss.; S. VINTI e D. CAPOTORTO, 
L�azione di nullit� nel processo amministrativo, Milano 2008; A. CARBONE, La nullit� e l�azione di accertamento 
nel processo amministrativo, in Dir. amm., 2009, 793 e ss.; F. LUCIANI, L�invalidit� e le altre 
anomalie dell�atto amministrativo. Inquadramento teorico, in V. CERULLI IRELLI, L�invalidit� degli atti 
amministrativi, Torino 2009, 16 e ss.. 
(5) Con questo si esprime che la normativa sostanziale della nullit�, non � stata a tutt�oggi oggetto 
di integrazioni espresse, ma ha ricevuto indirettamente integrazioni dalla normativa processuale (al riguardo, 
v. in seguito, paragrafo 3, lettera D).
268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
una base solida e consistente. Gi� originariamente era molto meno netta e scolpita 
di quanto sembri (6); in ogni caso sin dall�origine si confrontava con quella 
recata da altri diversamente ispirati (7). E� stata ulteriormente messa in discus- 
(6) Gli articoli citati, e cio�, 1423, 1421 e 1422, sembrano fare da preciso contrappunto agli articoli 
1444, 1441 e 1442, sull�annullabilit�. Da essi � affermato da una parte, che: il contratto nullo non pu� 
essere convalidato, la nullit� pu� essere fatta valere da chiunque abbia interesse, l�azione di nullit� non 
� soggetta a prescrizione. E� affermato, dall�altra che: il contratto annullabile pu� essere convalidato, 
l�annullamento del contratto pu� essere richiesto solo dalla parte, l�azione di prescrizione si prescrive 
in cinque anni. 
Tutto ci�, per�, � un�impressione. Ora, a parte la convalida, per la quale, la disposizione relativa agli 
atti nulli � veramente contrapposta a quella relativa agli atti annullabili, per quanto riguarda, sia la rilevabilit�, 
sia la prescrizione i due regimi giuridici sono molto meno contrapposti di quanto sembrino. E� 
vero che in forza dell�articolo 1441 la annullabilit� pu� essere fatta valere da una cerchia ristretta di 
persone, ma � anche vero che l�articolo 1421 conferisce la possibilit� di esercitare l�azione di nullit�, 
non a chiunque, ma solo ai titolari di un interesse ad agire di cui all�articolo 100 del Codice di procedura 
civile (e, cio�, a coloro che sono in grado di dimostrare la necessit� di ricorrere al Giudice per evitare 
una lesione attuale del proprio interesse individuale), mentre quando stabilisce un potere ufficioso da 
parte del Giudice di rilevare la nullit�, d� per scontata la sottoposizione al vincolo del principio della 
domanda, stabilito dagli articoli 99 e 112 del codice di procedura civile. Ancora, (circa la prescrizione) 
a creare una differenza di trattamento, non � tanto la differenza tra contratto nullo e atto annullabile, 
quanto quella tra contratto eseguito o non eseguito: � vero che l�azione di nullit� (senza esecuzione) � 
imprescrittibile e che l�azione di annullamento � assoggettata a prescrizione, ma � anche vero che rispetto 
a tale azione � equivalente l�eccezione di annullamento, imprescrittibile allorch� il contratto non � stato 
eseguito, cos� come � anche vero che in caso di esecuzione del contratto nullo, l�azione di ripetizione di 
indebito � assoggettata a prescrizione, sicch� non � pi� possibile far valere l�invalidit� del contratto dal 
punto di vista (decisivo) dei suoi effetti, allo stesso modo di quello che accade nel caso di esecuzione 
del contratto annullabile, a parte la differenza, solo quantitativa, che in un caso la prescrizione � decennale, 
nell�altro � quinquennale. 
Per tutto ci�, v. A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela esecutiva (e sulle tecniche di produzione degli effetti 
sostanziali), in Riv. dir. proc., 1991, 92-95 e R. SACCO, Nullit� e annullabilit�, in Digesto delle discipline 
privatistiche. Sezione civile, Torino 1995, 302-303 e 308-309. 
(7) La disciplina delle invalidit� dettata dagli articoli considerati (e, cio� 1418, 1423, 1443, 1421, 
1441, 1422 e 1442) gi� in partenza aveva un ambito delimitato perch� riguardava solo i contratti. Lasciava 
fuori i rapporti di famiglia, le successioni e gli atti societari, per i quali erano stabiliti trattamenti 
atipici (progressivamente divaricatisi) contrassegnati da disparati nomi (da quello di impugnabilit� a 
quello di inefficacia). 
In pi�, al di sotto della apparenza di una formulazione in termini recisi, la disciplina considerata stabiliva 
salvezza per trattamenti diversi, che gi� nella formulazione originaria del Codice erano frequenti anche 
nella stessa materia dei contratti, specialmente in ordine all�efficacia e alla esecuzione, nonch� alle conseguenze 
sananti delle stesse (quindi anche con riflessi sulla sanatoria e la convalida). Per un aspetto, e, 
cio�, quello dell�efficacia, da un lato, si aveva (e si ha) che non solo il matrimonio nullo, ma anche la 
parte di contratto nullo che concerne la devoluzione ad arbitri di eventuali controversie, producono 
effetti, il contratto nullo produce effetti tributari, la nullit� del contratto in coesistenza con la nullit� per 
altra causa non determina pregiudizio nei confronti dei diritti acquisiti dal terzo acquirente in buona 
fede (v. art. 1445), dall�altro lato, si aveva (e si ha) il caso di contratti validi che, per� non producono 
effetti (indipendentemente dall�operare di condizioni o termini), come � per il comodato ai sensi degli 
articoli 1722 e 1723. Per l�altro aspetto, e, cio�, quello dell�esecuzione, si aveva (e si ha), da un lato, 
che per il testamento nullo eseguito dall�erede o per la donazione nulla eseguita dopo la morte del donante, 
l�esecuzione, comunque, trasferisce la propriet� ed � intangibile nonostante la nullit� del negozio 
(artt. 509 e 799), per le donazioni informali di modico valore la consegna della cosa sana la nullit� della 
promessa, dall�altro lato, che per i contratti di gioco, pur considerati validi consegue l�irripetibilit� della 
prestazione, allo stesso modo di come l�irripetibilit� consegue ai contratti che sono nulli perch� conclusi
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 269 
sione e resa recessiva da disposizioni nuove, di ispirazione per lo pi� comunitaria, 
che sono volte ad assicurare una protezione efficace e duttile a specifici 
interessi meritevoli (donde la comune espressione di nullit� di protezione) e 
che per questo hanno stabilito regimi di nullit� tra loro notevolmente diversificati 
in relazione all�interesse e ai soggetti da tutelare e comunque caratterizzati 
dalla inclusione di elementi comunemente propri della annullabilit�, specie per 
quanto riguarda la parziale efficacia del contratto e la restrizione della legittimazione 
a far valere lo stato viziato, pur se spesso in coesistenza con la rilevabilit� 
d�ufficio da parte del Giudice (8): v. ad esempio il Codice del consumo 
di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nella parte relativa alle 
clausole vessatorie e, cio�, in particolare, all�articolo 36, e le nuove parti del 
Codice civile sulle vendite di beni di consumo e, cio�, in particolare gli articoli 
1519-bis e 1519-nonies, od anche, ancora la legge 28 febbraio 1985, n. 47 sul 
condono edilizio, nelle parti relative alle comminatorie di nullit� e, cio�, agli 
articoli 13, 17 e 18 (9). E� stata allo stesso modo, messa in discussione dalla 
per cause turpe (v. da un lato, art. 1933, dall�altro artt. 1325, 1343 e 2035). Ancora, riguardo l�efficacia, 
si ricorda che ai sensi dell�articolo 2652, n. 6, se la domanda diretta a far dichiarare la nullit� o a far 
pronunciare l�annullamento � trascritta 5 anni dopo la data della trascrizione dell�atto impugnato, la sentenza 
che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede. Allargando l�osservazione 
al regime dell�annullabilit�, che dovrebbe essere connotato dall�efficacia dell�atto, si nota 
che la giurisprudenza ammette che il contraente convenuto per l�adempimento possa ottenere l�assolutoria, 
invocando incidentalmente l�annullabilit�, ma senza chiedere l�annullamento, ci�, in quanto l�ultimo 
comma dell�articolo 1442 contemplerebbe una fattispecie di pura annullabilit� (v. Cass. 30 marzo 
1989, n. 1556, in Arch. civ. 1989, 837). 
Per tutti questi svolgimenti, nonch� per la constatazione che le diverse quattro formule di trattamento 
che si rinvengono nel Codice, e, cio�, quelle del negozio nullo soggetto a sanatoria, del negozio nullo 
capace di produrre l�irripetibilit� del pagato, del negozio valido con effetto limitato alla irripetibilit� del 
pagato e del negozio valido consistente in una dichiarazione seguita da consegna, sono del tutto equivalenti, 
v. R. SACCO, Nullit� e annullabilit�, in Dig. disc. priv. Sez. civ., cit., 298-300 e 304-306. 
(8) Su questo tipo di nullit�, tra i tanti, v.: G. PASSAGNOLI, Nullit� speciali, Padova 1995, passim; 
P.M. PUTTI, Nullit� (nella legislazione comunitaria) in Digesto delle discipline privatistiche, Sezione 
civile, Appendice, XVI, Torino 1997, 680 e ss. e poi, pi� di recente, La nullit� parziale. Diritto interno 
e comunitario, Napoli 2002; N. SCALISI, Nullit� e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Europa 
e diritto privato, 2001, 495-503; e pi� di recente, Il contratto e l�invalidit�, in Riv. dir. civ., 2006, I, Atti 
del Convegno per il cinquantenario della rivista, 241 e ss.; M. GIORLAMI, La nullit� di protezione nel 
sistema delle invalidit� negoziali. Per una teoria della moderna nullit� relativa, Padova 2008, passim, 
ma in specie 322 e ss.. 
(9) Alle disposizioni citate si aggiungono moltissime altre previste da normative di settore, qualche 
volta introdotte come novelle al codice civile, altre volte no. Si citano al riguardo le disposizioni che, 
quanto ai contratti di agenzia, prevedono una nullit� che colpisce le statuizioni pi� sfavorevoli nei confronti 
dell�agente (articoli 1748, comma 6 e 1761, comma 8 c.c.), quanto ai contratti conclusi fuori dai 
locali commerciali, stabiliscono che il diritto di recesso � irrinunciabile e che ogni pattuizione in contrario 
� nulla (v. art. 10 del dlgs. 15 gennaio 1982, n. 50), quanto ai contratti di credito al consumo, prevedono 
diverse cause di nullit� a vantaggio del contraente debole, caratterizzate dalla legittimazione solo in 
capo al cliente e dal mantenimento di parziale efficacia al contratto (v. artt. 117, 118 e 127 del dlgs. 
primo settembre 1993, n. 385), quanto alla responsabilit� del produttore, prevedono la nullit� di qualsiasi 
patto che esclude o limiti nei confronti del consumatore danneggiato la responsabilit� da prodotto difettoso 
(v. d.P.R. 24 maggio 1988 n. 244, art. 12), quanto ai contratti di intermediazione finanziaria, pre-
270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
recente normativa di diritto societario, nella quale la nullit�, pur avendo un�area 
pi� estesa di quella dell�annullabilit�, ha molti elementi in comune con questa 
(dalla relativit�, ai ridotti termini per farla valere). Ulteriormente, si nota che 
la disciplina evocata (cio� quella degli articoli 1418, 1421 e 1422) si confronta 
con il regime differenziato ed articolato dalla nullit� stabilito dai diritti processuali, 
oggetto di elevatissima riflessione dottrinaria (10) e di particolare rilievo 
per gli atti amministrativi perch� accomunati agli atti processuali dall�importante 
elemento di essere inseriti in un procedimento, e si confronta, altres�, 
ormai con il diritto comunitario, che, all�articolo 264 del Trattato, sul funzionamento 
dell�Unione Europea, in definitiva, confonde tra nullit� e annullabilit� 
e all�articolo 277, sempre dello stesso Trattato, introduce una forma di disconoscimento 
incidentale della efficacia di un atto, una volta scaduti i termini per 
impugnarlo, per risultati praticamente simile ad un accertamento di nullit�. Esiste, 
quindi, almeno una relativa lacuna nel regime sostanziale dell�atto amministrativo 
nullo, avvertita soprattutto riguardo l�elemento della efficacia e che, 
come prospettato poc�anzi e salve successive conferme, si presta ad essere colmata 
nel senso di un parziale riconoscimento positivo, e cio� della non sanzionabilit� 
dei comportamenti attuativi di quell�atto, senza, per altro, considerare 
illecito il comportamento opposto e, quindi, in definitiva, nel senso di collegare 
l�atto nullo ad una condizione di incertezza. 
La normativa processuale � stata dettata con l�articolo 31, comma 4 del 
Codice del processo amministrativo. Essa trae, o pu� trarre elementi di certezza, 
o viceversa, di incertezza, proprio da quanto si trova di definito o di indefinito 
nella componente sostanziale della normativa. E� altrettanto di questa esposta 
alla influenza del regime processuale della nullit� in altre branche del diritto e 
segnatamente del diritto civile, che ha subito la evoluzione di cui si � detto 
verso nuove forme di nullit� (c.d. di protezione). 
3. Tre soluzioni adeguatrici 
Si danno ora, nelle successive lettere A, B, C, tre soluzioni per riequilibrare 
quello che sembra un rapporto sbilanciato tra la parte ricorrente, che appare 
vincolata dal termine di 180 giorni per la proposizione della domanda di accertamento 
della nullit� e quelle resistenti che possono, invece, far valere questa 
vedono una parziale efficacia del contratto pur nullo (v. art. 23, c. 2 del dlgs. 24 febbraio 1988, n. 51), 
quanto ai contratti di subfornitura, prevedono che l�atto attraverso il quale si realizza un abuso di dipendenza 
economica � nullo (v. art. 9 della l. 18 giugno 1998, n. 192). A ci� � da aggiungere la previsione 
contenuta nel Trattato sul funzionamento dell�Unione Europea, circa la nullit� degli accordi che risultano 
restringere la concorrenza (v. art. 101). 
(10) Si pensa, in particolare alle due monografie, di G. CONSO, I fatti giuridici processuali penali. 
Perfezione ed efficacia, Milano 1955 e Il concetto e le specie di invalidit�. Introduzione alla teoria dei 
vizi degli atti processuali penali, Milano 1955, che, dedicate all�atto processuale e alle sue invalidit�, 
contengono un chiaro, profondo e preciso inquadramento della figura generale del procedimento.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 271 
in ogni tempo, e, insieme per assicurare un significato alla rilevabilit� da parte 
del Giudice. 
Parte notevole di esse attiene alla impugnazione incidentale dell�atto, e, 
cio�, quella compiuta nell�ambito di una reazione giurisdizionale attivatasi nei 
confronti delle conseguenze dell�atto. 
Si prospetta preliminarmente che alla problematica non possono trasferirsi 
identiche le sistemazioni date nei rapporti civili alle c.d. nullit� di protezione, 
perch� nel rapporto processuale amministrativo non cՏ una meccanica e facile 
identificabilit� della parte c.d. debole: normalmente lo � il ricorrente, ma pu� 
esserlo anche chi resiste, cos� come bisognosa di tutela compensativa pu� essere 
la Amministrazione che ha emanato l�atto, talvolta costituita da minuscoli enti. 
A) Si pensa, innanzitutto, che ai fini della proposizione in via principale 
della domanda di accertamento della nullit� sia da applicare con larghezza l�istituto 
della rimessione nei termini per errore scusabile, cos� come disciplinato 
dell�articolo 37 del Codice del processo amministrativo. A ci� si � condotti dal 
convergere di due elementi. 
Il primo � costituito dal tendere del concetto di nullit� verso il vuoto dell�assoluta 
mancanza, senza poterlo, per�, raggiungere, a causa di una insita, 
oggettiva, difficolt� dell�intelletto umano, una volta concepito un oggetto, ad 
ipotizzare per esso una condizione puramente negativa: l�intelletto umano ha 
una insita difficolt� a concepire il vuoto e cerca sempre di riempire ci� che ha 
iniziato a concepire come vuoto, ci� che del resto si sperimenta allorch� comunemente 
si pensa all�universo (per altro ora non pi� riscontrato come vuoto). 
Questa condizione di indeterminatezza concettuale dello stato di nullit�, 
caratterizzata dalla sua posizione intermedia tra la pienezza dell�essere e il non 
essere, nel caso dell�atto amministrativo si traduce e circostanzia con una forte 
indeterminatezza dell�efficacia di quest�ultimo per la quale esso � considerato 
in grado di qualificare contraddittoriamente, sia come scusabili e non sanzionabili 
la sua esecuzione ed attuazione (11), sia come lecita la sua inosservanza. 
Il secondo � costituito dall�intrinseco collegamento dell�errore scusabile 
ad una condizione di incertezza su una determinata situazione, che la legge 
identifica come presupposto per la tenuta di un determinato comportamento e, 
segnatamente, per il compimento di un determinato atto processuale (12). 
(11) Del resto, se fosse radicalmente escluso ogni seguito all�atto, non avrebbe senso un�azione 
diretta a far valere la nullit� di questo; v. al riguardo S. DE FELICE, Della nullit� del provvedimento amministrativo, 
cit., 9. 
(12) Su tale valore dell�istituto dell�errore scusabile, v. A. GATTO, I poteri del giudice amministrativo 
rispetto a provvedimenti individuali e concreti contrastanti con il diritto comunitario, in Riv. 
dir. pubb. com. 2002, 1446-1449 e O. SEPE, L�errore scusabile nel processo amministrativo, in Riv. trim. 
dir. pubbl., 1958, 675 e ss. e L. MONTESANO, Sulla competenza a dichiarare l�errore scusabile nel processo 
amministrativo, in Scritti in onore di Giovanni Miele, Milano, 1985, 359 e ss.. 
In giurisprudenza, v. Cons. Stato, Sez. V, 21 settembre 2005, n. 4934 in Cons. Stato, 2005, I, 1576.
272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Per questo, se l�atto nullo crea una situazione di incertezza e l�errore scusabile 
si collega da uno stato di incertezza, l�amministrato che nei 180 giorni 
dall�inizio del computo del termine di decadenza non ha esattamente qualificato 
un determinato comportamento della Amministrazione come un atto, sia 
pure nullo, oppure non ha esattamente considerato questo come lesivo, dovrebbe 
essere rimesso nei termini di impugnazione con larghezza considerevole 
e, comunque, maggiore di quella che sarebbe giustificabile se l�atto fosse 
solo annullabile. 
Ancora, dovrebbe ipotizzarsi che i 180 giorni, quando l�atto non sia stato 
oggetto di pubblicazione o di notificazione, decorrano dal momento della percezione 
della sua portata lesiva. 
Alla formulazione di questa ipotesi si perviene partendo dalla constatazione 
che il Codice del processo amministrativo, per la proposizione dell�azione 
di accertamento della nullit�, all�articolo 31, fissa la durata del termine 
(180 giorni), ma non precisa n� l�, n� altrove l�evento dal quale iniziare il computo, 
ci� che invece, fa all�articolo 41, per la sola azione di annullamento (previamente 
disciplinata all�articolo 29), determinando tale evento nella 
notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell�atto, oppure (per gli atti 
di cui non sia richiesta la notificazione individuale) dal giorno in cui sia scaduto 
il termine della pubblicazione (se prevista dalla legge o in base alla legge). 
Far valere questo identico evento iniziale per l�azione di accertamento della 
nullit� � astrattamente possibile, ma solo all�esito di una operazione di estensione 
analogica e, per questo, non in modo automatico, ma in subordine alla 
constatata sussistenza di una identit� di ragione ad assoggettare l�accertamento 
della nullit� di un atto ad una disciplina qualitativamente identica (salvi solo 
i giorni di durata del termine) a quella valida per l�azione diretta a far annullare 
un atto. Ad attenta analisi, tale identit� di ragione manca, perch� l�atto nullo � 
per definizione meno appariscente e percepibile dell�atto semplicemente annullabile, 
sicch� le ragioni di una disciplina di rigore che valgono per il secondo 
(e, cio�, per l�atto annullabile), non valgono per il primo (e, cio� per 
l�atto nullo): la lesivit� dell�atto semplicemente annullabile si percepisce subito, 
non appena se ne conosce il contenuto, perch� tale atto � pienamente efficace; 
quella dell�atto nullo non si percepisce subito, perch� esso non � 
pienamente efficace ed � comunque caratterizzato da forti carenze sostanziali. 
Per questo, nei confronti dell�atto nullo non pu� farsi valere identica la disposizione 
che vale per l�atto annullabile e che d� rilievo esclusivo alla conoscenza 
e conoscibilit� dell�atto; occorre, piuttosto, far valere il principio 
ispiratore sottostante a tale disposizione, e, cio�, dell�inizio del computo del 
termine dalla percepibilit� della portata lesiva dell�atto, eventualmente temporalmente 
differita rispetto al semplice contatto (reale o presunto) con il contenuto 
dell�atto (13). 
B) Si pensa, in secondo luogo, che l�espressione �parte resistente� pi�
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 273 
generica rispetto a quella di controinteressato o di Amministrazione resistente, 
pure usate dal Codice in altre sue parti, indichi chiunque si opponga ad una 
iniziativa processuale che pu� essere anche costituita da un ricorso incidentale 
o da una eccezione, ad esempio di inammissibilit�. 
Sulla base di ci� �parte resistente� pu� essere anche il ricorrente, allorch�, 
impugnato un atto presupposto con motivi aggiunti, si sente eccepire che sono 
scaduti i termini per impugnarlo perch� semplicemente annullabile e, quindi, 
sottoposto al termine di decadenza di 60 giorni: sembra giusto che il ricorrente 
possa respingere questa eccezione allegando la nullit� dell�atto (14). Al riguardo 
si nota incidentalmente che l�istituto dei motivi aggiunti ha sub�to nel 
Codice un ampliamento di utilizzazione perch� dall�articolo 43 dello stesso � 
stato ammesso ad introdurre anche �domande nuove� semplicemente �connesse� 
a quelle gi� proposte e, quindi impugnazioni di atti diversi da quelli 
originariamente impugnati, non necessariamente successivi ad esso, ma anche 
anteriori perch� la connessione � una qualit� bilaterale, che in una relazione 
tra atti di antecedenza � successione, connota, sia l�atto anteriore, sia quello 
successivo, per non dire che la relazione di �connessione� � in generale fortemente 
aspecifica (15). 
C) Si pensa, in terzo luogo, che la rilevabilit� della nullit� d�ufficio da 
parte del Giudice possa avere un importante ruolo riequilibratore a favore del 
ricorrente (16). 
13) Del resto, non sono mancate pronunce, di segno largheggiante, che anche nei confronti di atti 
semplicemente annullabili, hanno dato peso al momento della percezione della portata lesiva dell�atto. 
V. ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2001, n. 203, in Cons. Stato, 2001, I, 70 e Cons. Stato, 
Sez. V, 21 giugno 2007, n. 3431, in Giurisdiz.amm., 2007, I, 959. 
(14) In termini equivalenti identificando come resistente (in senso sostanziale) il privato interessato 
a far valere la nullit� di un atto con cui l�Amministrazione gli si impone (ad esempio nel caso in cui 
questi impugni un atto esecutivo di un atto normativo), v. B. SASSANI, Riflessioni sull�azione di nullit�, 
in Dir. proc. amm., 2011, 277. 
(15) Sulla larga aspecificit� della qualit� della connessione, si rinvia a quanto pu� argomentarsi 
dall�articolo 189 del previgente codice di procedura penale, in materia di nullit� degli atti processuali, 
che ipotizzava atti connessi all�atto dichiarato nullo (alla lettera �annullato�) anche anteriori rispetto ad 
esso, nonch�, in dottrina, alle notazioni di E. GUICCIARDI, Atti connessi, in Giur. it., 1954, III, 84, dove 
si distingue tra atto presupposto e atto solo connesso. 
(16) La rilevazione della nullit� d�ufficio nei rapporti privati, e, in particolare, riguardo le c.d. 
nullit� di protezione, ha una finalit� riequilibratrice (v. Corte giust. CE 27 giugno 2000, in Foro it., 2000, 
IV, 413, riguardo le clausole dei contratti dei consumatori) e tende a supplire ad una eventuale scarsa 
reattivit� processuale. Nei rapporti privati (e, cio�, con riguardo alle c.d. nullit� di protezione) opera a 
sostegno del c.d. contraente debole, a favore del quale � stabilita la causa di nullit�. Nei rapporti di diritto 
amministrativo � pi� difficile individuare a priori una parte �debole�, perch� spesso � il ricorrente, ma 
possono essere tali anche dei controinteressati rispetto ad un ricorrente che � un forte soggetto economico 
o un piccolo ente pubblico; pertanto non � prevedibile a priori la direzione della funzione riequilibratrice 
del Giudice, ma � certo che essa pu� essere necessaria ed � altrettanto certo che essa non deve realizzarsi 
�a sorpresa�. 
Comunque la dottrina privatistica sembra non avere alcuna titubanza ad ammettere la coesistenza tra 
restrizioni nel far valere la nullit� e rilevazione d�ufficio. V. al riguardo S. MONTICELLI, Nullit�, legitti-
274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Essa � prevista dallo stesso comma 4 dell�articolo 31 e non � sottoposta 
ad alcuna limitazione temporale perch� la disposizione citata stabilisce che la 
nullit� pu� sempre essere rilevata d�ufficio da parte del Giudice (allo stesso 
modo di come pu� sempre essere opposta dalla parte resistente). 
Si precisa preliminarmente che la rilevazione della nullit� da parte del 
Giudice, in quanto determina l�insorgere di una questione all�interno del processo 
(17), in base all�articolo 73, comma 3 del Codice deve essere seguita da 
informazione alle parti, cos� da provocare il contraddittorio. La rilevazione 
non � sinonimo di pronuncia di accertamento della nullit� che chiude la relativa 
questione insorta nel processo: quest�ultimo � un esito eventualmente da disporre 
dopo l�instaurazione del contraddittorio, il che fa apparire la rilevabilit� 
d�ufficio da parte del Giudice non contrastante con il termine assegnato per la 
proposizione della nullit� in via di azione e, in particolare, compatibile con 
l�esigenza perseguita dal legislatore, di tutelare le parti resistenti da allegazioni 
di nullit� imprevedibili (vuoi perch� tardive, vuoi perch� inaspettate). 
Detto questo sugli adempimenti processuali anteriori alla statuizione conclusiva 
sulla nullit� (e, in particolare, una volta distinta quest�ultima dalla rilevazione 
della nullit� e dalla insorgenza della �questione� della nullit�, 
entrambe precedenti), si pone il problema se il Giudice possa sottrarsi dalla 
rilevazione della nullit� e, quindi, di quanto il ricorrente (eventualmente decaduto 
dalla possibilit� di far valere la nullit� dell�atto) possa confidare sul 
Giudice per l�accertamento della nullit� dell�atto, ci� che sembra particolarmente 
importante allorch� tale atto � anteriore ad un altro impugnato e si � rivelato 
a posteriori, con impercettibile progressione, lungo lo svolgersi del 
processo, gravemente invalido e, insieme, decisivo rispetto al secondo, pi� appariscente 
e per questo fatto oggetto della impugnazione. 
Al riguardo si prende atto che la disposizione del Codice � formulata nel 
senso che la nullit� �pu� sempre essere... rilevata d�ufficio dal Giudice� e non 
che essa ҏ da rilevare d�ufficio da parte del Giudice�, come ad esempio � per 
le nullit� attinenti alle notificazioni alle Amministrazioni centrali. Essa fornisce, 
cio�, l�apparenza che la rilevazione della nullit� costituisca per il Giudice, 
l�oggetto, non di un pieno dovere la cui violazione � sanzionata con l�invalidit� 
degli atti processuali e, quindi, della sentenza, ma di una scelta libera, o, tutt�al 
mazione relativa e rilevabilit� d�ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 687-693 e M. GIROLAMI, Le nullit� di 
protezione nel sistema delle invalidit� negoziali... cit., 448-454. 
Con particolare riguardo alla funzione riequilibratrice della rilevabilit� d�ufficio della nullit� nel processo 
amministrativo, v. E. PICOZZA, Codice del processo amministrativo. D. Lgs. 2 luglio 2010 n. 104 commentato 
articolo per articolo, Torino 2011, 60-61. 
(17) Nel senso, che l�eccezione � lo strumento attraverso il quale si introduce nel processo una 
questione, v. V. COLESANTI, Eccezione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., Milano, 1965, 172 e ss. in specie 
201-204 e V. DENTI, Questioni pregiudiziali (Diritto processuale civile) in Nuovissimo digesto italiano, 
Torino 1967, 675 e ss. in specie, 678.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 275 
pi� di un tenue dovere professionale, rilevante solo dal punto di vista del suo 
rapporto con l�apparato giurisdizionale. 
Si tratta, per�, di una apparenza errata. Le ragioni sono le seguenti. 
La voce (�pu��) del verbo servile �potere� usata dalla disposizione del 
Codice non ha necessariamente un significato puramente facoltizzante. Nel 
linguaggio giuridico le voci del verbo �potere�, e tra questo l�espressione 
�pu�� sono bivalenti, tra l�escludere una condizione di obbligo e l�escludere 
una condizione di divieto e, ulteriormente, tra un significato facoltizzante ed 
un altro di conferimento di valore ed effetto giuridico ad un determinato comportamento 
dichiaratamente permesso e quindi non vietato, ma, eventualmente, 
anche obbligato. 
In presenza di questa bivalenza, circa il caso che interessa, si rilevano due 
elementi. 
Il primo � che in via generale � difficile immaginare attivit� di decisione 
del Giudice sul merito della causa avente carattere discrezionale e non strettamente 
vincolato: salvo quanto pu� essere per decisioni di puro ordine del 
processo, le decisioni del Giudice sono sempre vincolate. 
Il secondo � che dal punto di vista letterale deve darsi peso alla espressione 
�d�ufficio�, usata per connotare la rilevazione della nullit� da parte del 
Giudice. Se si considera che la parola italiana �ufficio� ha la sua origine nella 
parola latina �officium� avente il significato di attivit� doverosa, l�espressione 
�d�ufficio� vale da sola a configurare la rilevazione della nullit� da parte del 
Giudice come doverosa. 
Per tutto questo, il fatto che il Giudice �pu�� sempre rilevare d�ufficio la 
nullit�, significa che il Legislatore, non gi� ha lasciato il Giudice libero di rilevare 
o non rilevare la nullit�, ma ha dato al Giudice, senza limite di tempo, 
di rilevare la causa di nullit� con effetti successivi giuridici sul processo (necessari 
o eventuali che siano, attesa la distinzione compiuta in precedenza tra 
la preventiva rilevazione della nullit� e la successiva pronuncia di accertamento 
di essa), qualificando tutto ci� come doveroso. Si sostiene, cio�, che il 
�pu�� contrassegna un comportamento giuridico che � collegato al Giudice a 
titolo di dovere qualificato, la cui inosservanza inficia la validit� degli atti successivi 
e in particolare, la sentenza. 
A voler tutto concedere quanto di facoltizzante si volesse cogliere nel 
verbo �pu��, dovrebbe essere riferito, pi� che alla rilevazione della nullit�, 
alla statuizione finale di essa (per evitare, ad esempio, sentenze contrastanti 
con la volont� delle parti in favore delle quali � stata stabilita la comminatoria 
di nullit�, e, comunque, alla sorpresa delle parti, oppure per evitare una statuizione 
di nullit� sulla interezza di un atto che non ha influenza diretta sul 
tema di decisione e che, viceversa ha un grande rilievo generale) (18). 
(18) Allo stesso modo di come la rilevazione incidentale di una questione di costituzionalit� da
276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
In conclusione, il Giudice, una volta accortosi della causa di nullit�, quale 
che sia stato il modo in cui ci� � avvenuto, non pu� esimersi dal rilevare essa 
e dal condurre su di essa, contraddittorio e accertamento finale. 
Conferma indiretta, ma evidente e forte che il Giudice � obbligato a rilevare 
la nullit�, viene dal diritto comunitario, e in particolare dalla giurisprudenza 
della Corte di Giustizia, nel nostro ordinamento ormai pacificamente 
riconosciuta idonea a statuire l�esatta portata delle statuizioni del diritto comunitario. 
Ci si riferisce alla sentenza, della Sezione IV, della Corte CE, 4 giugno 
2009, in causa c. 243 (19), in materia di rilevazione della nullit� di clausole 
abusive ai danni di consumatori (e, quindi, con riferimento ad una figura di 
nullit� con molti elementi di relativit� comuni a quella dell�atto amministrativo). 
La Corte ha statuito che la direttiva 5 aprile 1993, n. 93/19 (appunto sulla 
tutela dei consumatori avverso le clausole contrattuali abusive), testualmente 
formulata nel senso di un obbligo generico degli Stati di consentire alle proprie 
autorit� giurisdizionali di far cessare l�introduzione nei contratti di clausole 
abusive ai danni dei consumatori, ha come modalit� obbligata di trasposizione 
la configurazione di un ruolo del Giudice la quale tenga conto che: �il ruolo 
cos� attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario di cui trattasi non si 
limita alla semplice facolt� di pronunciarsi sull�eventuale natura abusiva di una 
clausola contrattuale, bens� comporta parimenti l�obbligo di esaminare d�ufficio 
tale questione dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto 
necessari a tal fine� (20). Questo per l�ordinamento italiano comporta che l�articolo 
1421 del Codice civile, il quale disciplina la rilevazione da parte del Giudice 
anche per la causa di nullit� in questione, deve essere inteso nel senso della 
doverosit� della rilevazione da parte del Giudice, almeno per quanto riguarda 
questa causa di nullit�. Ora, collegando tutti questi elementi pu� dirsi che, se 
per l�ordinamento italiano la disposizione del Codice civile sulla rilevazione 
della nullit� da parte del Giudice deve essere intesa nel senso che quest�ultima 
� doverosa riguardo la clausole abusive ai danni dei consumatori, allo stesso 
modo dovrebbe intendersi l�uguale disposizione del Codice del processo amministrativo 
riguardo la nullit� dell�atto amministrativo, giacch� tale nullit� ha 
molti elementi in comune con quella delle clausole abusive ai danni dei consumatori, 
primo tra questi l�essere posta a tutela di specifici interessi e di configurarsi 
sostanzialmente come largamente relativa (21). 
parte della Corte Costituzionale nel corso di un giudizio su conflitto di attribuzioni, non � sinonimo di 
annullamento della disposizione in oggetto. 
(19) In I contratti, 2009, 1115 e ss., con convincente commento di S. MONTICELLI, La rilevabilit� 
d�ufficio condizionata della nullit� di protezione: il nuovo atto della Corte di giustizia, 1119. 
(20) V. paragrafi 31 e 32. 
(21) Sul valore generale della statuizione della Corte di giustizia, sull�obbligo della rilevazione 
della nullit� da parte del Giudice, v. S. MONTICELLI, La rilevabilit� di ufficio... cit., 1119-1120, il quale 
attribuisce ad essa carattere sostanzialmente interpretativo rispetto ad altre precedenti in cui la predetta 
rilevazione era configurata come oggetto di una facolt�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 277 
Altra conferma, poco appariscente, seppure forte e diretta dall�assunto che 
si sostiene viene dalla constatazione che nell�ordinamento italiano � pacifico 
che la rilevazione della nullit� pu� avvenire in sede di giudizio di Cassazione 
(22). Se si tiene conto del fatto che tale giudizio � ristretto ai vizi di legittimit� 
della sentenza emessa nel precedente grado di giudizio, ragionando a ritroso si 
deve concludere che per la Corte di Cassazione, il modo in cui la nullit� � stata 
rilevata dal Giudice precedente, e prima ancora la rilevazione o meno da parte 
di quest�ultimo della nullit�, costituisce l�esito di una decisione sottoposta a 
parametri di diritto e non di una scelta di puro fatto, libera da vincoli giuridici 
e rimessa unicamente al Giudice. Per questo, l�avvenuto o il mancato rilievo di 
ufficio della nullit�, quali che poi debbano o possano essere gli esiti della rilevazione, 
si prestano ad essere valutati posteriori alla stregua di elementi di diritto 
e, quindi sono possibili oggetto di impugnazione. Ulteriormente, si pu� 
affermare che il mancato rilievo d�ufficio della nullit�, e, cio� la mancata valutazione 
di essa sono valutabili come vizio della sentenza che conclude la fase 
di giudizio in cui � stata pronunciata la sentenza oggetto di impugnazione (23). 
Conclusivamente, l�omissione della rilevazione della nullit� e la mancanza 
dell�esame della questione che si sarebbe aperta a seguito della rilevazione della 
nullit�, anche se ricavabili solo implicitamente dalla sentenza, possono costituire 
motivo di impugnazione, cos� come il Codice, all�articolo 9 dispone per 
le statuizioni anche implicite sulla giurisdizione. 
Tutto ci� � rafforzato e concretato dalla disposizione di cui all�articolo 104 
del Codice. Questo enuclea la categoria delle eccezioni non rilevabili d�ufficio, 
distinguendole implicitamente da quelle rilevabili d�ufficio. Per le prime stabilisce 
il divieto della proposizione per la prima volta in appello. Per le seconde 
no. Pu�, quindi, sinteticamente dirsi che il Codice, nell�ambito della categoria 
generale delle eccezioni, distingue tra quelle non rilevabili d�ufficio, per le quali 
non ammette la proposizione per la prima volta in appello e quelle rilevabili 
d�ufficio, o improprie, che dir si voglia, evidentemente ammesse (24) e sottratte 
al divieto della proposizione per la prima volta in appello. In contrario si argomenta 
che, se chi ha steso il Codice avesse voluto far valere il divieto della proposizione 
per la prima volta in appello anche per le eccezioni rilevabili 
d�ufficio, avrebbe collegato il divieto della proposizione semplicemente alle 
(22) V. Cass. 28 novembre 2008, n. 28424, in Red. giust. mass., 2008, 11. 
(23) La riflessione svolta in questo capoverso � ripresa da S. MONTICELLI, La rilevabilit� d�ufficio..., 
cit., 1120 (l�autore dopo una monografia in generale sulla nullit�, Contratto nullo e fattispecie 
giuridica, Padova, 1995, si � impegnato sul tema della rilevabilit� d�ufficio delle c.d. nullit� di protezione 
con pi� saggi, tra cui Nullit�, legittimazione relativa e rilevabilit� d�ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 685 
e ss., fino a giungere, nello studio qui pi� volte citato, alla netta conclusione della doverosit� della rilevazione 
della nullit� da parte del Giudice). 
(24) Sulla categoria delle eccezioni improprie, v. R. ORIANI, voce Eccezione, in Digesto discipline 
privatistiche Sezione civile, Torino 1991, 262 e ss. e poi, Eccezione rilevabile d�ufficio, in Foro it., 2001, 
I, 132 e ss..
278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
eccezioni, senza specificare. Se per le eccezioni rilevabili d�ufficio il divieto 
della proposizione in appello non vale, vuol dire che la loro proposizione in 
appello � ammessa. Ci� naturalmente vale anche per l�eccezione d�ufficio di 
nullit�: se la nullit� non � stata formalmente rilevata d�ufficio nel giudizio di 
primo grado, essa pu� essere fatta valere in appello, presumibilmente in forma 
di impugnazione della sentenza di primo grado inficiata dall�omessa rilevazione 
della nullit� (25). 
Pu� dirsi, quindi, che chi ha instaurato un giudizio amministrativo su un 
determinato atto, anche se nel giudizio di primo grado non ha fatto valere la 
nullit� di un altro atto diverso da quello impugnato, nei 180 giorni (dalla conoscenza, 
effettiva o presunta, o dalla percezione della lesivit� dello stesso), pu� 
aspettarsi che ci� faccia il Giudice di primo grado d�ufficio o per propria iniziativa 
o su segnalazione. Se ci� non accade pu� impugnare la sentenza di 
primo grado per la mancata rilevazione della nullit�, provocando su ci� il giudizio 
(per la prima volta) del Giudice d�appello. In contrario sarebbe inesatto 
sostenere che ci� comporterebbe la vanificazione del termine di 180 giorni per 
proporre azione di nullit�, perch� tale termine riguarda solo la domanda nel 
giudizio di primo grado e non la proposizione di una eccezione �nuova� in appello, 
che pone per la prima ed unica volta il Giudice dinanzi alla questione 
della nullit� dell�atto. 
In questo modo l�amministrato ricorrente, che in primo grado non ha fatto 
valere la nullit� tempestivamente e, in generale, non ha potuto imporre al Giudice 
di primo grado la rilevazione della nullit�, ha la possibilit� di investire 
della questione il Giudice d�appello: dispone di un grado di giudizio in meno 
rispetto all�amministrato che si attiva tempestivamente, ma ha la possibilit� che 
un Giudice si pronunci sulla questione di nullit�, e in definitiva, di impedire 
che una sentenza sia pronunciata sulla base di un atto nullo, e per questo risulti 
in contraddizione con la finalit� fondamentale dell�istituto della nullit�, che � 
quello di impedire ad un atto fortemente difettoso di fare da base per altri atti 
(26). 
Secondo questa logica la sentenza d�appello che omettesse di statuire sulla 
nullit� potrebbe essere oggetto di revocazione. 
D) Andando a considerare specificamente il caso di un atto nullo che � 
presupposto di un altro atto, si osserva come il problema della produzione o 
meno di effetti da parte dell�atto (accennato in precedenza) sia chiarito in modo 
definitivo proprio dalle ragioni del regime processuale dello stesso atto. 
Se esso non producesse effetti, l�atto successivo sarebbe sempre e comun- 
(25) In giurisprudenza, nel senso che le eccezioni rilevabili di ufficio non rilevate nel giudizio di 
primo grado si risolvono in motivo di impugnazione, v. CGRS, 10 novembre 2010, n. 1403. 
(26) In dottrina, v. F. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 1951, ora Camerino 1998, 332- 
334 e A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva (e sulle tecniche di produzione degli effetti 
giuridici) in Riv. dir. proc. 1991, 92-95.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 279 
que invalido e non ci sarebbe bisogno di andare a ritroso ad aggredire il primo. 
Cos�, per�, sarebbe del tutto inutile la disciplina del Codice, che, invece, indubbiamente, 
limita la rilevazione della nullit� dell�atto. Al contrario, si deve 
pensare che l�atto nullo abbia una sua efficacia, foss�altro incerta e solo giustificatrice 
di comportamenti successivi e che, quindi, chi si lamenta di un atto ad 
esso successivo, debba porsi il problema di far valere la sua nullit�. 
Quello che occorre � che il far valere lo stato di nullit� sia relativamente 
pi� facile rispetto al far valere uno stato di semplice annullabilit�. 
Ed � importante che lo sia specialmente nei confronti di un atto che costituisce 
presupposto occulto di un altro atto successivo che palesemente incide 
sugli interessi sostanziali, e, quindi, al di l� dell�apparenza di senso comune - 
importante e da considerare - rende dal punto di vista strettamente tecnico quest�ultimo 
null�altro che una conseguenza dovuta di una scelta gi� consumata.
280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
La geoingegneria 
Verso la privatizzazione del sole e degli ecosistemi naturali? 
Grazia Sanna* 
Nel passato, la consapevolezza che quella del cuore � la forma d'intelligenza pi� alta 
� stata appannaggio di sapienti e poeti. Oggi, anche le neuroscienze concordano (0). 
Un astrofisico di origine indiana, premio Nobel nel 1983 per il suo lavoro sull'evoluzione 
delle stelle, nel libro �Verit� e Bellezza, Estetica e Motivazione nella Scienza� 
afferma che quest�ultima � mossa, nella sua aspirazione verso la conoscenza, dall'amore 
per il mistero dell�armonia che l�Ordine Naturale esprime. Tenendo presente 
queste premesse, sta al lettore giudicare se le tecniche di geo-ingegneria che verranno 
illustrate in questo scritto siano in linea con quella che si suppone debba essere 
la missione autentica della Scienza o se siano piuttosto espressione della 
confusione dei tempi moderni, in cui la tecnica - l'ancilla - ha usurpato un posto che 
non le compete. 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Definizione del termine �geoingegneria�- 3. Le tecnologie: 
i due gruppi principali - 4. Metodi di gestione della radiazione solare (SRM) - 5. Metodi di 
rimozione del biossido di carbonio (CDR) - 6. Alcuni rilievi critici: impatto sull�ambiente e 
sulla salute umana - 7. Il problema dei brevetti - 8.Conclusioni. 
1. Premessa 
La questione se la responsabilit� dei cambiamenti climatici in corso debba 
attribuirsi all�impatto antropico o ad altri fattori � tema controverso e molto 
dibattuto, anche all�interno del mondo scientifico ortodosso. 
Gi� all�indomani della sua pubblicazione, molti eminenti scienziati (1) 
avevano avanzato dubbi sul rigore metodologico e sulle conclusioni del IV� 
(*) Avvocato in Roma. 
(0) Tra i pionieri delle ricerche in questo campo campo: i coniugi Lacey, psicofisiologi (per una 
panoramica completa sulla loro attivit� di ricerca vedi J.R. JENNINGS e M.H. COLES, John I. Lacey 1915- 
2004 A Biographical Memoir, Publ. U.S. National Academy of Sciences Washington D.C., 2006); J. 
Andrew Armour, neuroscienziato, � stato il primo a scoprire che il cuore � dotato di un sistema nervoso 
proprio (J.A. ARMOUR e J.L. ARDELL, Neurocardiology, Oxford University Press, New York, 1994); Heartmath 
Institute, Science of The Heart: Exploring the Role of the Heart in Human Performance, consultabile 
sul sito: www.heartmath.org/research/science-of-the-heart/head-heart-interactions.html; R. 
MCCRATY, M. ATKINSON, D. TOMASINO e R.T. BRADLEY, The Coherent Heart: Heart�Brain Interactions, 
Psychophysiological Coherence, and the Emergence of System-Wide Order, in Integral Review, Vol. 5, 
n. 2 2009, Ohio; J. CIARROCHI, J. FORGAS, e J. MAYER (Eds.), Emotional intelligence in everyday life: A 
Scientific Inquiry, Psychology Press/Taylor & Francis, Philadelphia, 2001; C. MERCOGLIANO and K. 
DEBUS, Expressing Life's Wisdom: Nurturing Heart-Brain Development Starting With Infants, Intervista 
con Joseph Chilton Pearce, in Journal of Family Life, n. 1, Vol. 5, 1999, consultabile su: http://www.ratical.
org/many_worlds/JCP99.html (ult. Cons. 19.04.2011). Quanto al ruolo della Bellezza nella scienza, 
oltre al volume S. CHANDRASEKHAR, Truth and Beauty. Aesthetics and Motivations in Science. The University 
of Chicago Press, Chicago 1987, vedi anche M.W. HO, Is beauty truth in science?, consultabile sul sito 
dell�Institute for Science in Society - ISIS, su: http://www.i-sis.org.uk/why_beauty_is_truth_and_truth_beauty.php 
(1) Open letter on the UN Climate-Conference to Mr. Ban Ki Moon, 12.12.2007, consultabile su: 
scienceandpublicpolicy.org/.../open_letter_to_un.html
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 281 
Rapporto del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) 
del 2007, che essenzialmente attribuiva la causa del surriscaldamento del pianeta 
all�effetto-serra causato dalle attivit� umane (2). 
Lo scetticismo espresso allora non � mai cessato. Anzi, nel biennio 2008- 
2009 il consensus � crollato come attestano, per citare solo alcuni esempi, sia 
il ponderoso rapporto presentato al Senato del Congresso USA da 700 scienziati 
di fama internazionale il 17 marzo 2008 (3), sia l�appello inviato al Segretario 
Generale delle Nazioni Unite da 141 scienziati esperti di climatologia 
l�8 dicembre dell�anno seguente (4). In particolare, partendo dall�assunto che 
(2) Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici, Cambiamento Climatico 2007 - I 
Principi Fisici di Base (Quarto Rapporto di Valutazione, Estratto dalla sintesi per i decisori politici, approvato 
ufficialmente in occasione della 10� sessione del Gruppo di Lavoro I� dell�IPCC - Parigi, febbraio 
2007), consultabile su: www.ipcc.ch/pdf/reports-nonUN-translations/.../ar4-wg1-spm.pdf- 
(3) Il sito web del Congresso USA ha messo a disposizione l�ultimo rapporto scientifico compilato 
dai 700 scienziati che hanno criticato le conclusioni del Rapporto IPCC del 2007, nonch� vari altri documenti 
utili: U.S. Senate Minority Report: More Than 700 International Scientists Dissent Over Man- 
Made Global Warming Claims - Scientists Continue to Debunk �Consensus� in 2008 & 2009. 
Aggiornamento: 17/03/2009: 59 Scientists Joint Senate Report; Aggiornamento: 28/01/ 2009: James 
Hansen's Former NASA Supervisor Declares Himself a Skeptic; (Aggiornamenti dell�ultimo Rapporto: 
�More Than 650 International Scientists Dissent Over Man-Made Global Warming Claims�, reso pubblico 
l�11/12/2008). Oltre 700 scienziati dissidenti (aggiornamento del primo rapporto di 650) di tutto 
il mondo hanno contestato le dichiarazioni sul cambiamento climatico antropogenico rese dal Comitato 
Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e dal Vice Presidente Al Gore. Questo nuovo rapporto 
di Minoranza del Senato USA 2009, di 255 pagine - aggiornato rispetto al dirompente rapporto 
del 2007 in cui oltre 400 scienziati hanno espresso il loro scetticismo sul �consensus� al cambiamento 
climatico - rappresenta la voce scettica di oltre 700 eminenti scienziati di fama internazionale, compresi 
molti scienziati che hanno fatto o che attualmente fanno parte del Comitato Intergovernativo per il Cambiamento 
Climatico ONU, che ora si sono levati contro lo stesso IPCC. Questo rapporto aggiornato 
comprende un ulteriore numero di 300 scienziati e ricercatori esperti di climatologia - un numero in crescita 
- che si sono aggiunti agli scettici del 2007. Attualmente, il numero degli scienziati �dissidenti� � 
di oltre 13 volte pi� grande rispetto al numero degli scienziati delle Nazioni Unite -52-, autori del rapporto 
IPCC del 2007 iper-amplificato dalla stampa (i documenti sono scaricabili dal sito: (http//:www. 
epw.senate.gov/public/index.cfm?...Blogs). 
(4) Open Letter to Secretary-General of United Nations Ban Ki Moon, New York, NY, United 
States of America, 8.12.2009, � ... We the undersigned, being qualified in climate-related scientific disciplines, 
challenge the UNFCCC and supporters of the United Nations Climate Change Conference to 
produce convincing OBSERVATIONAL EVIDENCE for their claims of dangerous human-caused global 
warming and other changes in climate. Projections of possible future scenarios from unproven computer 
models of climate are not acceptable substitutes for real world data obtained through unbiased and rigorous 
scientific investigation. Specifically, we challenge supporters of the hypothesis of dangerous 
human-caused climate change to demonstrate that: Variations in global climate in the last hundred 
years are significantly outside the natural range experienced in previous centuries; Humanity�s emissions 
of carbon dioxide and other �greenhouse gases� (GHG) are having a dangerous impact on global climate; 
Computer-based models can meaningfully replicate the impact of all of the natural factors that may significantly 
influence climate; Sea levels are rising dangerously at a rate that has accelerated with increasing 
human GHG emissions, thereby threatening small islands and coastal communities;The 
incidence of malaria is increasing due to recent climate changes; Human society and natural ecosystems 
cannot adapt to foreseeable climate change as they have done in the past; Worldwide glacier retreat, 
and sea ice melting in Polar Regions , is unusual and related to increases in human GHG emissions; 
Polar bears and other Arctic and Antarctic wildlife are unable to adapt to anticipated local climate
282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
la scienza climatica � ben lungi dall�essere perfetta, con quest�ultimo documento 
i firmatari hanno richiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite 
che il comitato tecnico della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici 
(UNFCCC) dimostri con prove solide documentali, basate su dati reali raccolti 
sul campo e non su proiezioni future dedotte da modelli matematici elaborati 
al computer, che il riscaldamento globale sia da attribuirsi alla produzione di 
gas serra derivata da attivit� umane e non ad altri fattori. 
Il coro degli scettici � giunto persino ad accusare di frode scientifica il 
Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) (5) quando � 
stato scoperto che, contrariamente a quanto si afferma nelle campagne mediatiche 
e nonostante nessun modello climatico l�avesse previsto, i ghiacciai di 
molte altre parti del mondo, lungi dal ritirarsi, si stanno invece espandendo (6). 
change effects, independent of the causes of those changes; Hurricanes, other tropical cyclones and associated 
extreme weather events are increasing in severity and frequency; Data recorded by groundbased 
stations are a reliable indicator of surface temperature trends�, consultabile su: 
www.copenhagenclimatechallenge.org/ 
(5) In generale, gi� il 14 Aprile 2008, un nutrito gruppo internazionale di scienziati �dissidenti� 
aveva richiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite che l�IPCC venisse �... chiamato a rispondere e obbligato 
a smettere le sue pratiche ingannevoli� ( http://tech-know.eu/uploads/Letter_UN_sec_Gen_BAn_Kimoon.
pdf). Accuse di analoga gravit� sono state mosse all�IPCC dallo scienziato indiano V. K. Raina, gi� 
vicedirettore generale del Geological Survey of India (GSI), il quale, dopo aver condotto ricerche su 25 
ghiacciai in India e all�estero, ha contestato l�allarmismo delle Nazioni Unite precisando che siamo di 
fronte a cambiamenti che si verificano periodicamente. Le sue dichiarazioni sono confermate dal Dr. R. 
K. Ganjoo, Direttore del Regional Centre for Field Operations and Research on Himalaya Glaciology 
(articolo disponibile su: http://www.larouchepub.com/pr/2009/090828india_warming_fraud.html). La 
reazione degli scienziati asiatici ha portato un membro dell�IPCC a confessare pubblicamente che i dati 
non erano accurati come avrebbero dovuto essere (�In Himalaya i ghiacciai vanno crescendo rapidamente 
mentre, lo scienziato che ne ha fraudolentemente previsto lo scioglimento in un Rapporto delle 
Nazioni Unite premiato col Nobel, ha ammesso di aver fatto quelle dichiarazioni solo per far pressione 
sui leader politici. (Daily Mail, 24.01.2010 "Glacier scientist: I knew data hadn't been verified", consultabile 
su: http://www.dailymail.co.uk/news/article-1245636/Glacier-scientists-says-knew-dataverified.
html#ixzz0dUx6pwXe). Vedi anche l'articolo di D. CARRINTON, "Dirigenti dell�IPCC ammettono 
di aver sbagliato a proposito dello scioglimento dei ghiacciai dell�Himalayan. Membri senior del corpo 
scientifico delle Nazioni Unite sul clima ammettono che la dichiarazione secondo cui i ghiacciai Himalayani 
si sarebbero sciolti entro il 2035 era infondata", The Guardian, Londra, 20.01.2010 (www.guardian.
co.uk/.../ipcc-himalayan-glaciers-mistake). Sul cosiddetto �Climategate�, si pu� consultare la 
trascrizione dell�audizione dinanzi al Parlamento britannico del Prof. Phil Willis, durante l�inchiesta seguita 
alla pubblicazione di alcune mail private di scienziati esperti di questioni climatiche su www.guardian.
co.uk/.../parliamentary-climate-emails-inquiry. 
(6) Oltre al citato caso delle nevi Himalayane e a titolo meramente esemplificativo - dato che 
l�elenco completo sarebbe ben pi� lungo -, qui di seguito si riportano altri casi analoghi. Il ghiacciaio 
Hubbard (Alaska), secondo Ned Rozell, dell�Istituto di Geofisica presso l� Universit� di Fairbanks in 
Alaska, sta aumentando di continuo sin dal 1895, quando venne misurato per la prima volta (cfr. Hubbard 
Glacier refuses to fade away, consultabile su: www.gi.alaska.edu/ScienceForum/ASF18/1890.html). 
Secondo i dati resi pubblici recentemente dal Centro Dati per la Neve e il Ghiaccio Statunitense (US 
National Snow and Ice Data Center) il ghiaccio dell�Antartide sarebbe aumentato del 26 per cento dal 
2007 (J. ROBBINS, An Inconvenient Truth: The Ice Cap Is Growing, Washington Times, 10.01.2010). Per 
DAVID BELLAMY, � ... All 48 glaciers in New Zealand's Southern Alps are growing, the Franz Josef by 
about 4 metres a day. Pio XI, the largest glacier in the southern hemisphere, and the Perito Moreno
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 283 
Ulteriori perplessit� ed incertezze sono state ingenerate, poi, dalla scoperta 
relativa allo �scioglimento� dei ghiacciai di Marte e Plutone (7) (dove 
probabilmente non esistono fabbriche o sistemi di aria condizionata), un fenomeno 
rilevato sin dal 2003; la circostanza ha rafforzato l�ipotesi che nella 
valutazione dell�IPCC/2007 il ruolo del sole nell�innalzamento della temperatura 
terrestre potrebbe esser stato sottostimato (8). La prestigiosa rivista New 
Glacier, the largest in Patagonia, are also growing despite the fact that they should be melting because 
of warm winds zephyr'd from El Ni�o seas� (New Scientist 16.04.2005 Londra, UK Magazine - n. 2495). 
Anche in California, sul Monte Shasta i ghiacciai sarebbero in crescita (cfr. 
www.worldclimatereport.com/.../more-ice-for-your-shasta/), cos� come i ghiacciai del Monte Bianco e 
la cima D�me du Go�ter (Rif: Very high-elevation Mont Blanc glaciated areas not affected by the 20th 
Century climate change, C. VINCENT, E. LE MEUR, D. SIX, M. FUNK, M. HOELZLE and S. PREUNKERT, 
Journal of Geophysical Research, May 2007, Vol. 112, D10). 
(7) NASA, Mars is Melting. The south polar ice cap of Mars is receding, revealing frosty mountains, 
rifts and curious dark spots 7.08.2003 (consultabile su: science.nasa.gov/science.../07aug_southpole/); 
M. LAPAGE, Climate myths: Mars and Pluto are warming too, in New Scientist Environment 
16.05.07 (www.newscientist.com/.../dn11642-climate-myths-mars-and-pluto-are- warming-too.html); 
KATE RAVILIOUS, Mars Melt Hints at Solar, Not Human, Cause for Warming, Scientist Says, in National 
Geographic News del 28.02.2007 (su: news.nationalgeographic.com/.../070228-mars-warming.html). 
(8) Per approfondire il tema dell�impatto delle fluttuazioni della radiazione solare sul sistema climatico 
globale e sulla variabilit� climatica, vedi: M. CHIACCHIO e M. WILD, Global dimming and global 
brightening, numero monografico del Journal of Geophysic Research vol. 115, no. D10, 2010. Vedi 
anche GERALD MEEHL, JULIE ARBLASTER, KATJAMATTHES, FABRIZIO SASSI, and HARRY VAN LOON, Amplifying 
the Pacific Climate System Response to a Small 11-Year Solar Cycle Forcing, Science, 2009; 
325 (5944): 1114 DOI: 10.1126/science.1172872. Anche sulla Rivista di Analisi Politica, Difesa e Sicurezza, 
FNR Media, si legge che: � ... Le temperature sulla Terra si sono stabilizzate nei passati decenni, 
e il pianeta si dovrebbe preparare a una nuova era glaciale, piuttosto che temere il riscaldamento 
globale. Lo ha detto alla stampa russa Khabibullo Abdusamatov. Questi � capo del Laboratorio di Ricerca 
Spaziale presso l�Osservatorio Pulkovo di San Pietroburgo. Secondo lo scienziato, �Dati di ricerca 
russi e stranieri confermano che le temperature globali nel 2007 sono state praticamente quelle 
del 2006, e, in generale, le stesse del periodo 1998-2006. In definitiva, questo significa che la Terra ha 
superato il picco del riscaldamento globale nel periodo 1998-2005.. Secondo lo scienziato, la concentrazione 
di anidride carbonica nell�atmosfera terrestre � salita oltre il 4% nel corso dell�ultimo decennio, 
ma il riscaldamento globale si � praticamente fermato. Si confermerebbe, quindi, la teoria dell� �impatto 
solare� sui cambiamenti del clima terrestre, perch� la quantit� di energia solare che raggiunge il pianeta 
� drasticamente diminuito durante lo stesso periodo. Se le temperature globali avessero risposto direttamente 
alle concentrazioni nella atmosfera dei gas a �effetto serra�, si sarebbe avuto un aumento di 
almeno 0,1 gradi centigradi negli ultimi dieci anni. Tuttavia, questo tipo di aumento non si � mai verificato, 
ha continuato Abdusamatov. Abdusamatov ha detto anche che �Un anno fa, molti meteorologi 
hanno previsto che livelli pi� alti di biossido di carbonio nell�atmosfera avrebbero reso l�anno 2007 il 
pi� caldo degli ultimi dieci anni, ma, per fortuna, queste previsioni non si sono realizzate�. Secondo lo 
scienziato, nel 2008, la temperatura globale dovrebbe scendere leggermente, invece di aumentare, a 
causa del basso livello di radiazione solare, senza precedenti negli ultimi 30 anni, e potrebbe continuare, 
anche se la diminuzione delle emissioni industriali di biossido di carbonio dovesse raggiungere livelli 
record. Entro il 2041, l�attivit� solare raggiunger� il suo minimo secondo il suo ciclo di 200 anni, e un 
profondo periodo di raffreddamento, simile al �Minimo di Maunder�, colpir� la Terra nel periodo 2055- 
2060. Questo avr� una durata di circa 45-65 anni, ha aggiunto lo scienziato. Il �Minimo di Maunder� 
si � verificato tra il 1645 ed il 1715, quando solo circa 50 macchie sono apparse sulla superficie del 
Sole, in contrapposizione al numero tipico che � di 40-50mila macchie. Esso � coinciso con la parte 
centrale e pi� fredda della cosiddetta �Piccola Glaciazione�, durante la quale l�Europa e il Nord America 
sono stati sottoposti a inverni estremamente freddi. �Tuttavia, l�inerzia termica degli oceani e dei
284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Scientist, in un recente articolo (9), ha pubblicato un importante studio che 
conferma la tendenza verso un raffreddamento delle temperature del pianeta 
dovuto alle fluttuazioni nei cicli solari e nell�attivit� solare, e ci� spiegherebbe 
la crescita dei ghiacciai e la rigidit� record degli inverni registrata negli ultimi 
anni. Secondo numerosi eminenti scienziati, entro pochi anni potremmo addirittura 
trovarci di fronte a una nuova era glaciale (10). 
mari del pianeta ritarder� un �profondo raffreddamento� del pianeta, e una nuova era glaciale inizier� 
durante il periodo 2055-2060, e probabilmente durer� diversi decenni�, ha detto Abdusamatov. Pertanto, 
la Terra sarebbe avvolta da una crescente calotta di ghiaccio, piuttosto dell�oggi paventato l�aumento 
del livello degli oceani e causato dalla fusione dei ghiacci polari. Lo scienziato ha concluso indicando 
che l�umanit� dovr� affrontare gravi problemi economici, sociali e demografici e le conseguenze della 
prossima glaciazione toccheranno direttamente oltre l�80% della popolazione del pianeta (rif: La Terra 
potrebbe presto affrontare una nuova glaciazione, su: FNRmedia, la rivista di informazione e analisi di 
politica internazionale, difesa e sicurezza, www.fnrmedia.net/openmedia/?p=2118). 
(9) S. CLARK, Quiet sun puts Europe on ice, in The New Scientist n. 2756 14.04.2010, (consultabile 
su: www.newscientist.com/.../mg20627564.800-quiet-sun-puts-europe-on-ice. Html). L�articolo cita lo 
studio condotto dal Prof. Mike Lockwood dell�Universit� britannica di Reading, sulle interrelazioni tra 
l�attivit� solare e il clima (M.LOCKWOOD, Solar change and climate: an update in the light of the current 
exceptional solar minimum. Proceedings of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering 
Sciences, 2010, pag. 303-329). Nel 2008-2009 le macchie solari sarebbero quasi scomparse dalla 
superficie del globo solare e l�effetto del campo magnetico solare sulla terra sarebbe calato a un livello 
record dalla sua prima misurazione scientifica, effettuata 150 anni fa. Lo studio ha paragonato i dati 
delle fluttuazioni solari registrati dal 1659, gli anni della cosiddetta Piccola Era Glaciale, e ha scoperto 
che gli anni caratterizzati da una bassa attivit� solare corrispondevano a un significativo abbassamento 
delle temperature invernali. Sul fenomeno di irrigidimento del clima nelle ultime stagioni invernali vedi 
anche: M. LOCKWOOD, R. G HARRISON, T. J WOOLLINGS, S. K. SOLANKI, Are cold winters in Europe associated 
with low solar activity? In Environmental Research Letters, 5 (2) - 2010. Recenti reportange 
da tutto il mondo sembrano confermare questa tendenza, in atto da qualche anno: J. RUTWICH per Reuters, 
La Cina combatte contro �... l�inverno pi� freddo da 100 anni�, Chenzhou, 04.02.2008 (consultabile 
su: in.reuters.com/article/idINPEK16157020080204-India); l�Ufficio Meteorologico britannico, riferendosi 
all�inverno 2009, ha ffermato che: � ... si pensa che in Gran Bretagna ci sar� l�inverno pi� 
freddo dal 1995/96, (www.metoffice.gov.uk/.../2009/pr20090225.html); secondo la rivista on-line per 
agricoltori Farmers Gurdian, Mongolia. �L'inverno pi� freddo da 25 anni a questa parte uccide 8.4 milioni 
di animali� (articolo del 24.08.2010, consultabile su: www.farmersguardian.com/...coldest-winter.../
34303.articl), oltre a centinaia di altri articoli da tutte le parti del mondo. 
(10) Confermando le ipotesi formulate a partire dagli anni �70 del secolo scorso da T. Landscheidt, 
fondatore del Schroeter Institute for Research in Cycles of Solar Activity di Waldmuenchen, in Germania 
(cfr. T. LANDSCHEIDT, New Little Ice Age instead of global warming, in Energy and Environment, 2003, 
Vol. 14, pag. 327-350; T. LANDSCHEIDT, Global warming or Little Ice Age?, in Holocene cycles. A Jubilee 
volume in celebration of the 80th birthday of Rhodes W. Fairbridge. FORT LAUDERDALE, The Coastal 
Education and Research Foundation (CERF), 1995, pag. 371-382, Finkl, C. W., ed.; T. LANDSCHEIDT, 
Solar oscillations, sunspot cycles, and climatic change, in B. M. McCormac et, Weather and climate 
responses to solar variationsi, pag. 293-308 1983, Boulder, Colorado, Associated University Press su: 
http://www.schulphysik.de/klima/landscheidt/iceage.htm), molti eminenti oggi scienziati sono concordi 
nel ritenere che presto potremmo dover fronteggiare una nuova piccola era glaciale. H. Abdussamatov, 
capo dell�Osservatorio Astronomico dell�Accademia delle Scienze russa di Pulkovo, a S. Pietroburgo, 
durante la Quarta Conferenza Internazionale sul Cambiamento Climatico tenutasi a Chicago presso l�- 
Heartland Institute il 16-18/05/2010, ha affermato che una nuova glaciazione potrebbe verificarsi entro 
quattro anni (la sua relazione The Sun Dictates the Climate of the Earth � consultabile sul sito: 
heartland.org/). Dello stesso avviso anche il Prof. Vladimir Paar dell�Universit� di Zagabria, membro 
dell�Accademia delle Scienze croata, che ha effettuato per decenni ricerche sulle precedenti ere glaciali
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 285 
Tutto ci� pare porsi in netto contrasto con la diffusa teoria secondo cui 
le emissioni umane di CO2 e di altri gas serra debbano essere considerate 
come i principali responsabili dell�aumento della temperatura terrestre, nella 
misura di almeno 4 gradi centigradi entro la fine del secolo come indicato 
dall�IPCC. 
Comunque stiano davvero le cose, questo scenario ben evidenzia quanto 
siamo ancora lontani dal comprendere le cause e, dunque, quanto sia difficile 
individuare la cura corretta per mitigare le turbolenze climatiche del nostro 
pianeta. 
Ci� nonostante, stranamente, l�industria globale e alcuni istituti di ricerca 
hanno gi� pronta - e da parecchi anni - la loro soluzione al problema: ridisegnare 
il clima manipolando gli ecosistemi in sostituzione di quelli naturali. 
In previsione della possibilit� che gli interventi di modificazione artificiale 
del clima - sinora sperimentati pi� o meno discretamente (11) - vengano 
applicati giocoforza in una situazione di totale deregulation, alcuni governi 
e alcune istituzioni internazionali hanno iniziato a discutere pubblicamente 
la questione. 
Il presente scritto costituisce una prima riflessione sul tema poco conosciuto 
della geoingegneria ovvero, di quella serie di tecnologie che permettono 
la manipolazione volontaria dei sistemi atmosferici, marini, terrestri e 
persino della radiazione solare, che alcuni propongono come rimedio risolutivo 
immediato (quick fix) per affrontare i problemi ambientali determinati 
dal supposto riscaldamento della crosta terrestre. Tutte queste tecniche, il cui 
in Europa e sulle loro cause. Nell�articolo pubblicato il 29.06.2009 sul Croatian Times, afferma che la 
maggior parte dell�Europa settentrionale e centrale sar� presto coperta dai ghiacci, prevedendo che si 
potr� raggiungere via terra l�Irlanda dall�Inghilterra, o il Nord Europa dalla Scozia (l�articolo � consultabile 
su: www.croatiantimes.com/.../Croat_scientist_warns_ice_age_could_start_in_five_years -). 
(11) vedi anche ETC Group, Geopiracy... cit., pag. 22: �Secondo l�Organizzazione Metereologica 
Mondiale delle Nazioni Unite (UN WMO), almeno 26 governi hanno condotto routinariamente esperimenti 
di alterazione del tempo metereologico a partire dalla fine del secolo scorso. Dal 2003-2004, solamente 
16 paesi membri della World Meteorological Organization hanno dichiarato di effettuare attivit� 
di modificazione del clima, sebbene si sappia che ci� � avvenuto in molti altri paesi�. Anche la Commissione 
per la Scienza e la Tecnologia della Camera dei Comuni del Regno Unito, nel V� Rapporto 
sulla Geoingegneria pubblicato il 18.03.2010, ha ammesso che: �... alcuni esperimenti di geoingegneria 
- sebbene su scala molto piccola - sono gi� in corso ... � (The House of Commons Science and Technology 
Commitee, The Regulation of Geoengineering, 5th Report-Session 2009-2010, pag. 3, � ... some - 
albeit very small scale- geoengineering testing is already underway�; consultabile su: 
www.parliament.the-stationery-office.co.uk/pa/cm200910/.../221/221.pdf (ultima consultazione 
07.04.2011). Vedi anche The Sunshine Project, The Limits of Inside Pressure: The US Congress Role in 
ENMOD (http://www.sunshine-project.org/enmod/US_Congr.html) e ISIS (Insititute for Science in Society) 
Report del 20.09.2011, Atmospheric Geoengineering, su: www.i-sis.org.uk/atmosphericGeoengineering.
php -. In particolare, secondo i dati forniti dal sito della campagna internazionale H.O.M.E. 
(Hands Off Mother Earth) lanciata dalla scienziata indiana Vandana Shiva, gli oceani sarebbero stati 
sottoposti ad esperimenti di fertilizzazioneda almeno 20 anni (su: http://www.handsoffmotherearth.org/learn-more/whatis-
geoengineering/ocean-fertilization/).
286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
numero di brevetti dai primi anni 2000 ad oggi � cresciuto del 1500% (12), 
guardano all�unico obiettivo di ridurre la temperatura del pianeta ricorrendo 
alla riduzione della quantit� di radiazione solare e alla cattura e/o stoccaggio 
dell�anidride carbonica, mentre si disinteressano completamente dell�abbattimento 
delle emissioni in s� e degli altri problemi ambientali legati alla qualit� 
dell�aria, dell�acqua e del suolo. 
Verranno inoltre brevemente analizzati alcuni tra i profili di criticit� che 
tali tecnologie presentano in relazione al rischio di danni irreversibili su tutti 
i sistemi naturali e, pi� in generale, per la vita del pianeta, in quanto interessano 
lo spazio, l�atmosfera, la terra, l�aria, gli oceani e i corpi d�acqua dolce, le condizioni 
atmosferiche, la produzione alimentare, la salute umana e animale. 
Inoltre, saranno svolte alcune considerazioni in merito alle problematiche legate 
al regime di propriet� intellettuale, che per via indiretta, assicurerebbe ai 
soggetti titolari dei diritti di monopolio il controllo della radiazione solare oltre 
che dell�aria, dell�acqua e del suolo (13). Per ragioni di spazio, invece, si rinvia 
ad altra sede l�approfondimento delle assai delicate questioni etiche, dei diritti 
umani fondamentali e della sovranit� nazionale implicate. 
In occasione del meeting della 10� Conferenza delle Parti (COP10) della 
Convenzione sulla Diversit� Biologica, a Nagoya, nell�ottobre 2010, con una 
decisione largamente condivisa ispirata al principio di precauzione (14), 193 
(12) S. PARTHASARATHY, C. AVERY, N. HEDBERG, J. MANNISTO, M. MAGUIRE, A Public Good? Geoengineering 
and Intellectual Property(Science, Technology, and Public Policy Program 22/09/2010) STPP Working 
Paper 10-1, consultabile su: www.umt.edu/ethics/EthicsGeoengineering/Workshop/.../Chris%20Avery.pdf. 
(13) Se le tecniche di geoingegneria troveranno l�applicazione diffusa che i loro propugnatori si 
aspettano, l�esistenza di brevetti detenuti da compagnie private pu� significare che le decisioni sul bene 
comune �clima�, di fatto, passeranno di mano al settore privato il quale, comՎ noto, agisce solo per 
profitto. E infatti, i geoingegneri hanno gi� dichiarato che i brevetti di cui sono titolari assicureranno 
loro vasti diritti commerciali sui beni comuni oggetto del loro intervento come, ad esempio, � accaduto 
nel caso della CEO (Ocean Nourishment Corporation), il cui fondatore Ian Jones, titolare anche di numerosi 
brevetti tra i quali la fertilizzazione con il �metodo di alimentazione con l�urea�, avrebbe dichiarato 
la sua assoluta determinazione a reclamare anche la propriet� di tutto il pesce pescato nelle porzioni 
di mare trattate con il suo metodo geoingegneristico (cfr. ETC Group, Geopiracy, cit., pag. 29). 
(14) Per effetto del principio di precauzione, recepito nel Protocollo di Cartagena adottato a Montreal 
il 29.01.2000, i governi dei paesi aderenti sono tenuti alla massima cautela al fine di evitare l'insorgere 
di una situazione potenzialmente pericolosa che sarebbe poi estremamente difficile gestire 
adeguatamente per la mancanza delle necessarie conoscenze scientifiche o tecniche. Alcune delle tecniche 
di geoingegneria in questione, implicano - tra l�altro - l�uso di organismi prodotti mediante biologia 
sintentica o manipolazione genetica con DNA ricombinante. Questa la formulazione letterale adottata a 
Nagoya, durante la 10� Conferenza delle Parti della CDB � ... (w) Assicurare, in linea con e coerentemente 
alla decisione IX/16 C su fertilizzazione degli oceani, biodiversit� e cambiamento climatico - 
data l�assenza di controlli scientifici trasparenti ed efficaci e di meccanismi di regolamentazione della 
geoingegneria -, e in accordo con il principio di precauzione e con l�art. 14 della Convenzione, che 
nessuna attivit� di geoigegneria di modificazione del clima che possa avere un impatto sulla biodiversit� 
abbia luogo, finch� non vi sia un�adeguata base scientifica che possa giustificare tali attivit� e appropriate 
considerazioni dei rischi per l�ambiente e la biodiversit� e degli impatti sociali, economici e culturali 
ad essa associati, con l�eccezione di ricerche scientifiche su piccola scala, che saranno condottiin 
condizioni controllate, secondo l�articolo 3 della Convenzione e solamente se siano giustificati dalla
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 287 
paesi hanno approvato una moratoria de facto della sperimentazione e dei progetti 
di geo-ingegneria, per effetto della quale �... ogni sperimentazione pubblica 
o privata, ovvero qualsivoglia forma di avventurismo, intesi a 
manipolare il termostato planetario sar� considerata una violazione di questo 
accordo accuratamente predisposto in sede di Nazioni Unite� (15). 
Si tratta di una decisione storica, bench� abbia lasciate impregiudicate alcune 
importanti questioni (ad esempio, alcuni metodi di cattura del CO2 non 
classificati come geoingegneria) (16). 
A Nairobi, durante il 14� meeting del SBSTTA (Subsidiary body of Scientific, 
Technical, and Technological Advice, organo tecnico della Convenzione 
sulla Diversit� Biologica) del maggio 2010, le Nazioni Unite hanno iniziato 
ad affrontare complessivamente il tema della �geo-ingegneria� (17). Era dai 
tempi dell�adozione del trattato EN MOD che l�argomento delle manipolazioni 
climatiche non veniva trattato in termini generali (18). Questo evento pu� essere 
considerato una tappa fondamentale nel percorso di discussione ed eventuale 
regolamentazione degli interventi geoingegneristici sul clima e fa seguito 
alla c.d. moratoria sulla fertilizzazione degli oceani negoziata nel 2008 in occasione 
della 9� Conferenza delle Parti (COP9) della Convenzione sulla Diversit� 
Biologica, a Bonn (19). 
necessit� di raccogliere dati scientifici specifici e assoggettati a una valutazione preliminare approfondita 
dei potenziali effetti sull�ambiente;� (�...Ensure, in line and consistent with decision IX/16 C, on 
ocean fertilization and biodiversity and climate change, in the absence of science based, global, transparent 
and effective control and regulatory mechanisms for geo-engineering, and in accordance with 
the precautionary approach and Article 14 of the Convention, that no climate-related geo-engineering 
activities (76) that may affect biodiversity take place, until there is an adequate scientific basis on which 
to justify such activities and appropriate consideration of the associated risks for the environment and 
biodiversity and associated social, economic and cultural impacts, with the exception of small scale 
scientific research studies that would be conducted in a controlled setting in accordance with Article 3 
of the Convention, and only if they are justified by the need to gather specific scientific data and are 
subject to a thorough prior assessment of the potential impacts on the environment; ... �, consultabile 
su: http://www.cbd.int/decision/cop/?id=12299 
(15) Cos� Silvia Ribeiro, Direttore dell�ETG Group per l�America Latina, alla conclusione dei lavori 
del COP10 a Nagoya, 23-29 ottobre 2010. Comunicato stampa del 29.10.2010, consultabile su: 
www.etcgroup.org 
(16) Su questo punto il governo Boliviano ha richiesto un�annotazione, per precisare che la mancata 
espressa esclusione della cattura e dello stoccaggio del biossido di carbonio dal novero degli interventi 
di geoingegneria vietati dalla moratoria non debba essere interpretata come approvazione di siffatte 
tecnologie nel regime della Convenzione sulla Diversit� Biologica. Queste, infatti, richiedono comunque 
una piena valutazione della Conferenza delle Parti per quanto concerne il loro impatto sulla biodiversit� 
in generale. 
(17) 14� - SBSTTA, Nairobi, UNEP Headquarters 10-21/5/2010, consultabile su: ww.cbd.int � Information 
� Meetings. 
(18) Trattato che metteva al bando l�uso di tecnologie miranti alla modificazione del clima per 
usi militari o �ostili�. Convention on the Prohibition of military or any other Hostile Use of Environmental 
Modification Tecniques, conosciuto come Trattato EN MOD, stipulato a Ginevra nel 1976. 
(19) 9� Conferenza delle Parti (COP9) della Convenzione sulla Diversit� Biologica, Bonn, Germania, 
19-30/05/2008 - Decisione IX/16.C, Ocean Fertilization under Biodiversity and Climate Change
288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Ci� che � stato evidenziato in queste occasioni � che, di fronte alla necessit� 
di affrontare gli squilibri del clima e i problemi derivati dall�inquinamento, 
esistono visioni del mondo profondamente diverse ed altrettante analisi 
e soluzioni. Da un lato, vi � la visione ispirata al paradigma economico ed 
ideologico industriale dello sviluppo ad oltranza, basato sull�impiego di combustibili 
fossili e responsabile in misura significativa dei problemi legati allo 
stato di sofferenza del pianeta; dall�altro, una concezione economico-sociale 
sistemica ed organica, che tiene conto sia della complessit� e fragilit� degli 
ecosistemi, sia della diversit� antropologica e culturale ad essi connessa e che, 
pertanto, preferisce il ricorso a soluzioni di contesto capaci di suscitare effetti 
a cascata utili per risolvere il singolo problema/target. 
La prima, immagina la soluzione dei problemi da fronteggiare ricorrendo 
a criteri interventistici ad alto costo in linea con il medesimo approccio meccanicistico/
riduzionista che li ha creati e che, per cos� dire, si preoccupa di 
bloccare rapidamente il �sintomo� senza sapere esattamente quali saranno gli 
effetti collaterali; la seconda si affida al sapere tradizionale, arricchito dalle 
acquisizioni scientifiche pi� recenti in linea con quel patrimonio di conoscenze, 
preoccupandosi non solo del problema specifico che si vorrebbe eliminare 
ma, piuttosto, del �terreno�, cio� del contesto generale e della 
ricostituzione dell�equilibrio delle varie componenti al suo interno onde poter 
ottenere, per via indiretta, anche il riassorbimento del �sintomo� sfavorevole 
da correggere. 
I due diversi approcci alla soluzione dei problemi ambientali e climatici 
partono da presupposti epistemologici diversi e riflettono una dialettica che 
storicamente, per lo meno sino ad oggi, ha visto prevalere il primo ai danni 
del secondo. Per usare un�ormai famosa espressione coniata dalla scienziata 
ed ecologista Vandana Shiva, le monoculture della mente, ovvero il pensiero 
(http://www.cbd.int/decision/cop/?id=11659). Si tratta della c.d. moratoria sulla fertilizzazione degli 
oceani con polvere di ferro o altri nutrienti. I rappresentanti dei governi aderenti alla Convenzione sulla 
Diversit� Biologica (CDB) hanno discusso di geo-ingegeria, sia sotto forma di interventi di �fertilizzazione 
degli oceani� (per stimolare la crescita di alghe e tentare l�assorbimento di CO2), sia sotto forma 
di gestione della radiazione solare (blocco della luce solare). L�accordo � stato modulato sulla base della 
raccomandazione scaturita dal tredicesimo incontro del Sub-comitato Scientifico Intergovernativo della 
(SBSTTA13 - Intergovernmental Subsidiary Body on Scientific, Technical and Technological Advice) 
CDB, il 18-22/02/2008, a Roma. Successivamente, nel febbraio del 2009, il governo tedesco ha effettuato 
un esperimento di fertilizzazione dei mari della Scozia, infrangendo la moratoria internazionale e attirandosi 
la riprovazione della comunit� internazionale. Il fallimento del governo tedesco di dimostrare 
l�efficacia della fertilizzazione degli oceani ha rafforzato l�impegno di mantenere la moratoria. Il subcomitato 
scientifico alla CDB (SBSTTA14) durante il quattordicesimo incontro a Nairobi, nel maggio 
del 2010, ha discusso la possibilit� di allargare la moratoria a tutte le forme di geoingegneria. Conseguentemente, 
una bozza di proposta di moratoria � stata inoltrata al COP10 e, durante la 10�Conferenza 
delle Parti a Nagoya, quando il tema � stato di nuovo posto in agenda, nessun governo si � espresso contro. 
In questa sede il tema della geoingegneria � stato trattato sotto tre diversi aspetti: tematiche nuove 
ed emergenti, biodiversit� marina e costiera, biodiversit� e cambiamenti climatici. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 289 
unico fondato sul mito totalizzante dell�oggettivit� della scienza (20), hanno 
avuto una posizione egemone rispetto ad altre realt� culturali - non necessariamente 
riconducibili alla polarit� Occidente/Oriente - che esprimono paradigmi 
scientifici �altri� e che tendono a sostenere e preservare la diversit� 
multiforme della manifestazione fenomenica, considerando anche gli opposti 
come elementi necessari dell�unit� armonica. 
2. Definizione del termine �geoingegneria� 
In Italia, sui maggiori vocabolari della lingua italiana (Sabatini-Colletti, 
Dizionario Treccani, Zanichelli, Devoto-Oli) non esiste ancora la voce �geoingegneria�. 
Il termine, comunque, � in uso per designare diverse applicazioni 
tecnologiche legate a problematiche di carattere idrogeologico o all�inquinamento 
dei suoli e delle falde acquifere, prevalentemente di origine antropica 
(21). La circostanza potrebbe essere, tuttavia, fuorviante, dato che alcuni enti 
(20) Galileo, Cartesio e Newton possono essere considerati i padri del razionalismo positivista, 
incentrato sulla certezza che un�accurata osservazione scientifica riuscisse a penetrare il cosmo fino a 
comprenderne l�essenza strutturale e sulla convinzione che nulla potesse sfuggire alla comprensione 
razionale dell�uomo. Nel �900, la nascita della fisica quantistica ha messo in crisi il modello meccanicista 
Principio di Indeterminazione di Heisenberg: non possiamo mai conoscere contemporaneamente 
e con precisione la posizione e la quantit� di moto di una particella subatomica ed � impossibile percepire 
la realt� indipendentemente dall�osservatore. Ogni volta che tentiamo di indagare la realt� siamo 
costretti ad accettare che l�osservatore modifica il comportamento dell�osservato e che l�osservazione 
� necessariamente ristretta ad una parte del fenomeno osservato. L�unica possibilit� che resta allo scienziato-
osservatore � di formulare un modello della realt� basato sulla �probabilit��. Vedi anche il Teorema 
di Incompletezza di Godel: "Per ogni sistema formale di regole ed assiomi � possibile arrivare a proposizioni 
indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale" . Sul problema del rapporto tra 
cognizione e percezione, si rinvia all�opera di G. Bateson, e K. Popper ed altri. Incidentalmente va detto 
che alcune visioni filosofiche orientali - ma anche alcuni presocratici - avevano compreso il problema 
della natura paradossale della realt�, della coesistenza di essere e non-essere. 
(21) A titolo esemplificativo, vedi: gli obiettivi formativi del corso di Geoingegneria Ambientale 
in programma per l�anno accademico 2010/2011, presso l�Universit� degli studi di Bari, Primo Settore 
scientifico-disciplinare, GEO/05: �Il corso fornir� le conoscenze necessarie nel campo ambientale per 
l'analisi della circolazione idrica sotterranea, per la valutazione della vulnerabilit� degli acquiferi, 
per lo studio dell'inquinamento e della bonifica dei suoli e delle falde contaminate. Nel corso saranno 
trattati metodi ed approcci all'analisi di rischio e per la valutazione dell'impatto delle opere�, su: 
www.dica.poliba.it/GeoingAmb_LS_38.htm; la descrizione delle attivit� istituzionali dell�Istituto di 
Geologia Ambientale e Geoingegneria IGAG/CNR, fa riferimento a: �Studi di base e applicativi riguardanti 
la storia geologica pi� recente del pianeta. Reperimento e sfruttamento delle risorse minerarie 
e dei materiali geologici, nonch� studi di base per la geologia degli idrocarburi. Mitigazione dei 
rischi indotti dall'attivit� antropica (industriale e non) e dei rischi naturali, relativi agli effetti di terremoti, 
vulcani e frane. Modelli evolutivi geologici, tettonici e geomorfologici in aree continentali, costiere 
e marine. Tecnologie di scavo e di stabilizzazione, connessi problemi di sicurezza del lavoro, 
caratterizzazione fisico meccanica di rocce, indagini e monitoraggi per la stabilit�� (consultabile sul 
sito: http://www.igag.cnr.it/index.html); L.I. GONZALEZ DE VALLEJO, Geoingegneria, 2005, Milano: 
�Questo testo rappresenta un manuale di riferimento che tratta in modo approfondito e aggiornato 
tutti gli aspetti della geoingegneria; la scienza applicata allo studio e alla soluzione dei problemi ingegneristici 
e ambientali che si producono come conseguenza dell�interazione fra attivit� umane e 
mezzo geologico. L�analisi geologica � fondamentale per progettare opere infrastrutturali, edilizie e 
minerarie, nonch� per l�assetto del territorio e la pianificazione urbanistica. L�interpretazione delle
290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
italiani (organismi istituzionali, istituti di ricerca e fondazioni), almeno a far 
data dal trattato di "Cooperazione Italia-USA su Scienza e Tecnologia dei 
cambiamenti climatici" del 2003, appaiono destinati ad impegnarsi in attivit� 
correlate alla �geoingegneria� nell�accezione comunemente utilizzata nel 
contesto internazionale come si vedr� appresso (22). 
Fatta questa doverosa premessa, occorre sottolineare che non esiste ancora 
una definizione univoca del termine, ma formulazioni varie proposte da 
autorevoli istituzioni scientifiche, per lo pi� di matrice anglosassone. 
L�Accademia Nazionale delle Scienze statunitense ha definito �geoingegneria� 
gli �...interventi di ingegneria dell'ambiente su larga scala, allo 
scopo di combattere o contrastare gli effetti delle modificazioni chimiche nell'atmosfera
� (1992) (23). 
Per la Royal Society britannica si tratta di: �... interventi deliberati su 
larga scala nel sistema climatico terrestre, al fine di mitigare il riscaldamento 
globale... �, suddivisibili in due tipologie principali in relazione allo scopo 
perseguito: le tecniche di gestione della radiazione solare per rimandare indietro 
nello spazio una percentuale di luce e di calore, e i metodi diretti alla 
rimozione dell'anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera (24). 
La Societ� Meteorologica Americana, una volta chiarito che la geoingegneria 
� ... consiste nella manipolazione deliberata degli aspetti fisici, chimici 
e biologici del sistema Terra�, ne propone una classificazione tripartita a seconda 
che lo scopo dell�intervento riguardi: � ... 1) la riduzione dei gas serra, 
attraverso manipolazioni su vasta scala (ad esempio, fertilizzazione oceanica 
condizioni geologiche � l�obiettivo principale dell�ingegneria geologica, insieme con la prevenzione 
dei rischi geologici e la riduzione dei danni causati da disastri di origine geologica. Questo testo 
intende rispondere proprio a questi problemi. La Parte I tratta dei principi fondamentali: meccanica 
delle terre, meccanica delle rocce e idrogeologia, nonch� dei metodi utilizzati: investigazioni in situ, 
prospezioni e cartografia geotecnica. La Parte II vengono invece presentate le applicazioni pi� importanti: 
fondazioni, pendenze, tunnel, dighe e strutture in terra. La Parte III � infine dedicata ai 
rischi geologici e al rischio sismico� (cos� la recensione al manuale consultabile sul sito 
www.ltu.pisa.it/schede/87192094.htm). 
(22) Allegato 4 - Piano di Dettaglio dei Lavori del Progetto di Cooperazione Italia-USA su 
Scienza e Tecnologia dei Cambiamenti Climatici, consultabile su: www.scribd.com/.../Piano-dettaglio-
Accordo-Italia-USA-sul-Clima il 16/09/2003. 
(23) US Academy of Science, Committee on Science, Engineering, and Public Policy (COSEPUP), 
Policy Implications of Greenhouse Warming: Mitigation, Adaptation, and the Science Base 
(1992), par. 28, pag. 433: �Geoengineering - In this chapter a number of "geoengineering" options 
are considered. These are options that would involve large-scale engineering of our environment in 
order to combat or counteract the effects of changes in atmospheric chemistry�. Consultabile su: 
www.nap.edu/ 
(24) Rapporto della U.K. Royal Society, pubblicato a Londra nel settembre 2009, Geoengineering 
the climate: science, governance and uncertainty, consultabile su: royalsociety.org/Geoengineering-
the-climate/. Questo importante studio � stato posto a base del V� Rapporto del Comitato 
per la Scienza e la Tecnologia del Parlamento Britannico, pubblicato il 18.03.2010 e consultabile 
su: http://www.parliament.the-stationery-office.co.uk/pa/cm/cmsctech.htm
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 291 
o riforestazione con specie non native); 2) il raffreddamento indotto della 
Terra, ottenuto riflettendo la luce solare (ad esempio, immettendo particelle 
riflettenti nell�atmosfera, posizionando degli specchi nello spazio, incrementando 
la riflettivit� di superficie, o alterando la quantit� o le caratteristiche 
delle nuvole); 3) altre manipolazioni su larga scala, ideate per ridurre il cambiamento 
climatico o il suo impatto (ad esempio, costruendo delle tubazioni 
verticali negli oceani per aumentare il trasporto del calore nelle profondit� 
marine� (25). 
L�IPCC (Comitato intergovernativo sui Cambiamenti Climatici), in una 
recente proposta formulata durante un incontro di esperti, nella quale si prevede 
la formazione di uno Scientific Steering Committee entro la prima met� 
del 2011, ha ricondotto alla nozione di geoingegneria: � ... la manipolazione 
deliberata su larga scala dell'ambiente planetario�, i cui metodi �...vanno 
classificali essenzialmente in due gruppi: gestione della radiazione solare e 
rimozione dell'anidride carbonica� (26). 
Molto pragmaticamente, gi� nel 1996, il Nobel per l�economia Schelling 
affermava che: �Geoingegneria � un nuovo termine che ancora necessita di 
una definizione. Sembra implicare qualcosa di globale, intenzionale ed innaturale... 
Ha il potenziale di semplificare enormemente la politica dei gas 
serra, trasformandola da regime normativo eccessivamente complicato in 
problema legato alla condivisione dei costi a livello internazionale, cosa che 
ci � familiare. Immettere cose nella stratosfera o mandarle in orbita probabilmente 
si pu� fare con programmi eso-nazionali (exonational), che non dipendono 
dal comportamento delle popolazioni, non richiedono regole 
nazionali o incentivi, n� implicano una partecipazione universale. La sola 
cosa che comportano, � semplicemente decidere cosa fare, quanto fare e chi 
(25) Dichiarazione Politica dell�American Meteorological Society, Geoengineering the Climate 
System, 20.07.2009, �... geoengineering: deliberately manipulating physical, chemical, or biological 
aspects of the Earth system... Geoengineering proposals fall into at least three broad categories: 1) 
reducing the levels of atmospheric greenhouse gases through large-scale manipulations (e.g., ocean 
fertilization or afforestation using non-native species); 2) exerting a cooling influence on Earth by 
reflecting sunlight (e.g., putting reflective particles into the atmosphere, putting mirrors in space, 
increasing surface reflectivity, or altering the amount or characteristics of clouds); and 3) other 
large-scale manipulations designed to diminish climate change or its impacts (e.g., constructing 
vertical pipes in the ocean that would increase downward heat transport� (consultabile su 
www.ametsoc.org/.../2009geoengineeringclimate_amsstatement.html). 
(26) Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), V� Rapporto di Valutazione 
(AR5) - Proposta di un Incontro tra Esperti sulla Geoingegneria, 32� sessione Busan, 11-14 
Ottobre 2010 IPCC-XXXII/Doc. 5, online sul sito: www.ipcc-wg3.de/meetings/expert.../emgeoengineering. 
�Geoengineering, or the deliberate large-scale manipulation of the planetary environment..... 
Geoengineering methods can be largely classified into two main groups: Solar Radiatio 
Management (SRM) and Carbon Dioxide Removal (CDR). While both approaches aim to reduce 
global temperatures, they clearly differ in their modes of action, the timescales over which they are 
effective, their effects on temperature and other climate variables (e.g., precipitation), and other 
possible consequences�.
292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
deve pagare� (27). 
Secondo la definizione adottata da uno dei suoi massimi sostenitori, �geoingegneria� 
� la manipolazione intenzionale dell'ambiente su larga scala; la 
geoignegneria climatica, in particolare, ha come obiettivo la mitigazione degli 
effetti negativi prodotti dalla combustione dei carburanti fossili in modo che 
si possa continuare il loro normale impiego: si tratta, quindi, di �... un espediente 
che si serve di tecnologia aggiuntiva per contrastare effetti non desiderati 
senza eliminarne la causa prima� (28). Detto in altri termini, la 
geoingegneria si serve di nuove tecnologie per cercare di rimediare ai problemi 
creati dall'impiego di vecchie tecnologie. Per qualificare come intervento di 
ingegneria climatica una data attivit�, secondo l�Accademico, occorre che sussistano 
quattro elementi fondamentali: scala, intenzionalit�, tecnologia e 
azione di contrasto (29). 
Per il New Oxford Dictionary of English, (la voce � stata aggiunta nel 
2010), la geoingegneria consiste nella �... deliberata manipolazione su larga 
scala di un processo ambientale che influenza il clima terrestre, nel tentativo 
di contrastare gli effetti del riscaldamento globale� (30). 
La nozione di geoingegneria accettata a Nagoya durante la 10� Conferenza 
delle Parti della Convenzione sulla Diversit� Biologica implica �... senza 
pregiudizio per le future deliberazioni sulla sua definizione� che: �.... qualunque 
nuova tecnologia che deliberatamente riduca l�insolazione o aumenti 
il sequestro di carbonio su larga scala nell�atmosfera con potenziale capacit� 
di influenzare la biodiversit� (escludendo la cattura e lo stoccaggio di carbonio 
prodotto da carburanti fossili, quando la cattura del biossido di carbonio 
avvenga prima che sia rilasciato in atmosfera) dovrebbe essere considerata 
come una forma di geoingegneria rilevante per la Convenzione sulla Diversit� 
Biologica, fino a quando ne possa venire elaborata una definizione pi� precisa
� (31). 
(27) T.C. SCHELLING, The Economic Diplomacy of Geoengineering, in Climatic Change Journal 
n. 33-1996, pag. 303-307: �... Geoengineering is a new term, still seeking a definition. It seems to imply 
something global, intentional, and unnatural. For the radiation balance, geoengineering may be fifty 
years in the future; today's means may be out of date then, and the future means are not yet known. It 
might immensely simplify greenhouse policy, transforming it from an exceedingly complicated regulatory 
regime to a problem in international cost sharing, a problem that we are familiar with. Putting things 
in the stratosphere or in orbit can probably be done by exo-national programs, not depending on the 
behavior of populations, not requiring national regulations or incentives, not dependent on universal 
participation. It will involve merely deciding what to do, how much to do, and who is to pay for it �. 
(28) D.W. Keith � diventato uno dei grandi sostenitori della geoingegneria. La citazione si trova 
su: D.W.KEITH, Engineering the Planet. Forthcoming, in Climate Change Science and Policy, ed. S. 
Schneider and M. Mastrandrea, (Island Press, 2009), disponibile su: www.ucalgary.ca/~keith/papers/
89.Keith.EngineeringThePlanet.p.pdf 
(29) D.W. KEITH, Geoengineering the Climate: History and Prospect, in Annual Review of Energy 
and the Environment Vol. 25, 2000, pag. 245-284. 
(30) A. Stevenson (ed. by) Oxford Dictionary of English, Oxford , 2010.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 293 
Tra le autorevoli ONG presenti alle negoziazioni a Nagoya, vi � chi ne 
ha fatto propria una nozione pi� estensiva: �La geoingegneria consiste nella 
manipolazione tecnologica intenzionale su larga scala dei sistemi terrestri, 
compresi i sistemi climatici� (32). 
L�uso del termine �geoigegneria� comunque, � controverso anche tra i 
sostenitori di questo tipo di tecnologie in quanto, ad avviso degli esperti di comunicazione, 
potrebbe generare reazioni sfavorevoli da parte dell�opinione 
pubblica. Infatti, durante il congresso di Asilomar (33), tenutosi in California 
nel marzo del 2010 allo scopo di elaborare le linee guida e il codice di autoregolamentazione 
del settore, gli scienziati hanno evitato accuratamente di utilizzare 
il termine proponendo anche di cambiare la denominazione delle 
tecniche di �gestione della radiazione solare� in "interventi sul clima", considerata 
pi� neutrale e quindi pi� adatta sotto il profilo delle pubbliche relazioni 
(in altri contesti, similmente, si era preferito parlare di ESTs, 
�environmental sound tecnologies�, o di �tecnologie innovative�) (34). Un 
(31) Nagoya 23-29/10/2010, 10� Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversit� Biologica, 
Nagoya, Decisione X/33 Biodiversity and Climate Change, nota 76: �Without prejudice to future 
deliberations on the definition of geo-engineering activities, understanding that any technologies that 
deliberately reduce solar insolation or increase carbon sequestration from the atmosphere on a large 
scale that may affect biodiversity (excluding carbon capture and storage from fossil fuels when it captures 
carbon dioxide before it is released into the atmosphere) should be considered as forms of geo-engineering 
which are relevant to the Convention on Biological Diversity until a more precise definition 
can be developed. Noting that solar insolation is defined as a measure of solar radiation energy received 
on a given surface area in a given hour and that carbon sequestration is defined as the process of increasing 
the carbon content of a reservoir/pool other than the atmosphere�, consultabile su: 
http://www.cbd.int/decision/cop/?id=12299. 
(32) ETC Group, Geopiracy ... cit., pag. 4. 
(33) Asilomar Conference Center, Asilomar, California, 22-26/3/2010, International Conference 
on Climate Intervention Tecnologies: Minimizing the Potential Risk to Counter-balance Climate Change and 
its Impacts, programma e relazioni consultabili sul sito: www.climateresponsefund.org/index.php?...id. 
Sulla Conferenza di Asilomar l�ETC Group in Geopiracy... cit., pag. 34, riferisce che: �... La Conferenza 
di Asilomar sugli interventi sul Clima, preparata da due organizzazioni statunitensi (la Climate Response 
Fund e la Climate Institute), si � tenuta nel marzo del 2010 in California. L� evento si � ispirato al meeting 
di Asilomar del 1975 sul DNA ricombinante, che stabil� delle linee guida volontarie sulla ingegneria 
genetica e che �non solo permise di riprendere la ricerca genetica, ma aiut� anche a convincere il Congresso 
che non erano necessarie restrizioni legislative; in altri termini, che gli scienziati erano in grado 
di governarsi da s��. La cosiddetta Conferenza Internazionale sugli Interventi sul Clima ha messo insieme 
172 scienziati ed altri vari esperti, il cui lavoro � stato quello di predisporre delle linee guida volontarie 
che la �comunit� scientifica� potr� usare per �governare� la ricerca e gli esperimenti. Eccetto 
quattro, tutti gli altri partecipanti di questo meeting �internazionale� provenivano da istituzioni del 
mondo industriale. Molti tra i partecipanti sono stati finanziati per la loro partecipazione. L�evento � 
stato finanziato dal Climate Response Fund, pubblicamente criticato per il conflitto di interesse causato 
dalla scelta degli sponsor e dai suoi legami con le attivit� commerciali di fertilizzazione degli oceani, 
e dalla Guttman Initiatives, specializzata nell�incremento ritorno degli investimenti negli affari introducendo 
nuovi prodotti, generando nuovi profitti, e aumentando il sostegno pubblico dell�industria attraverso 
pubbliche relazioni positive, proattive e campagne di marketing�. 
(34) Di ESTs (Environmentally Sound Technologies) e di �tecnologie innovative�, si parla in vari 
punti del testo finale dei negoziati svoltisi durante la 13� Conferenza delle Parti dell�UNFCCC (Con-
294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
altro argomento che spesso si evita accuratamente di associare alla �geoingegneria� 
� quello relativo alle tecnologie di �modificazione delle condizioni atmosferiche� 
(largamente impiegate, ad esempio, in agricoltura), come si 
evince anche dal V� Rapporto della Commissione per la Scienza e la Tecnologia 
presentato al Parlamento Britannico nel marzo del 2010, che le ha espressamente 
escluse dal novero delle tecniche geoingegneristiche ritenendo che 
per la loro portata locale e non globale siano inadatte a combattere i cambiamenti 
climatici (35). Le tecniche di modificazione delle condizioni atmosferiche 
(vietate dalla Convenzione EN MOD del 1976 quando perseguano scopi 
militari o ostili (36)), invece, hanno molto in comune per quanto attiene a storia, 
obiettivi, tecnologie, istituzioni e impatto potenziale, con gli schemi propri 
dell'ingegneria climatica. 
venzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico) a Bali, 3-14/12/2007, ove a seguito 
della previsione di un Piano d�Azione Bali (BAP), � stato istituito un gruppo di lavoro ad hoc per le 
Azioni Cooperative a Lungo Termine (AWG-LCA). Uno dei quattro pilastri del Piano d�Azione � il ricorso 
alla tecnologia (sul ruolo attribuito alla tecnologia dagli organi che fanno capo alla Convenzione 
Quadro sui Cambiamenti Climatici vedi anche l�opuscolo dell�UNFCCC �Why is Technology so important? (Perch� 
la tecnologia � cos� importante?, reperibile su: unfccc.int/files/press/backgrounders/.../fact_sheet_on_technology.pdf)�. 
Secondo il testo, �il ruolo del mondo economico, come fonte di soluzioni al problema del cambiamento climatico 
globale, � universalmente riconosciuto�). In proposito � opportuno segnalare il rilievo dell�ETC 
Group sulla circostanza che, almeno sinora, nelle negoziazioni multilaterali in sede UNFCCC (Convenzione 
Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico), non sono stati presi in considerazione 
gli aspetti legati al rischio e alla valutazione delle tecnologie. Per quanto � dato conoscere, questo ruolo 
di analisti � stato svolto dalla UK Royal Society e dal gruppo di accademiche che hanno elaborato i c.d. 
Oxford Principles (su: http://www.sbs.ox.ac.uk/centres/insis/news/Pages/regulation-geoengineering.aspx), posti 
a base della recente decisione della Camera dei Comuni del Regno Unito di collaborare con gli Stati Uniti per 
definire le strategie di governance della geoingegneria in modo coordinato tra i due paesi. 
(35) The House of Commons Science and Technology Committee, The Regulation of Geoengineering 
cit., pag.18 �... 28. ... We conclude that weather techniques such as cloud seeding should not be 
included within the definition of geoengineering used for the purposes of activities designed to effect a 
change in the global climate with the aim of minimising or reversing anthropogenic climate change�, 
online su: www.parliament.the-stationery-office.co.uk/pa/cm200910/.../221/221.pdf (ultima consultazione 
07.04.2011). 
(36) Sul tema vedi: F. MINI, Owning the weather: la guerra ambientale globale � gi� cominciata, 
in LIMES, nov. dic. 2007, Roma, Gruppo Editoriale l�Espresso s.p.a., pag.82-83. Il Generale Mini avverte 
che: �...Se da un lato le riflessioni sul passato aprono gli occhi sulla verit� dei fatti, dall'altro sollecitano 
le speculazioni sul futuro sulla guerra ambientale soprattutto in quei campo poco noti e tenuti 
segreti nei quali l'ambiente � diventato l'oggetto, lo strumento e il contenitore delle guerre per le risorse 
o soltanto per l'egemonia. Nessuno crede pi� che un terremoto, un'inondazione, uno tsunami o un uragano 
siano soltanto fenomeni naturali. E nessuno crede pi� che l'aggravarsi delle condizioni climatiche, 
vere o presunte, minimizzate o enfatizzate ad arte, sia "soltanto" il frutto di modifiche ambientali anche 
se causate dai gas serra o dalle emissioni umane. La sfiducia nelle fonti ufficiali corroborata dalle esperienze 
passate tende ad attribuire all'azione militare segreta, o ritenuta tale, la capacit� e la volont� di 
provocare danni ambientali. Purtroppo molte illazioni non sono peregrine e anzi si basano su capacit� 
e tecnologie ormai accettate e consolidate anche se ufficialmente negate o minimizzate... �. Si veda 
anche Weather as a force multiplier, uno studio del Dipartimento della Difesa, reso pubblico il 
17/06/1996, commissionato dall�aeronautica statunitense al fine di esaminare concetti, capacit� e tecnologie 
necessarie agli USA per rimanere la forza aerea e spaziale dominante, consultabile sul sito: 
csat.au.af.mil/2025/volume3/vol3ch15.pdf.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 295 
3. Le tecnologie 
Nel settembre del 2009 la U.K. Royal Society ha pubblicato il rapporto 
Geoengineering the climate - Science, governance and uncertainty (Geoingeegnerizzare 
il Clima - Scienza, governance e incertezze), laddove per geoengineering 
deve intendersi: �... la manipolazione deliberata su larga scala 
dell�ambiente planetario per contrastare il cambiamento climatico antropogenico 
� (37). Lo studio prende le mosse dalla preoccupazione che il mancato 
consenso politico internazionale sulla necessit� di ridurre le emissioni di gas 
serra e sull�adozione di misure adeguate per contrastarlo, potrebbe determinare 
un aumento della temperatura del pianeta fino a 4 gradi centigradi entro il 
2100; conseguentemente, si propone di affrontare in modo obiettivo la questione 
se la geoingegneria possa e debba giocare un ruolo nell�affrontare il 
cambiamento climatico e a quali condizioni. 
Le proposte di geoigegneria esaminate nel rapporto hanno lo scopo di intervenire 
nel sistema climatico modificando deliberatamente l�equilibrio energetico 
della terra, per ridurre l�aumento delle temperature ed eventualmente 
stabilizzarle a un livello pi� basso rispetto a quello che si suppone potrebbe 
aversi altrimenti (38). Trattandosi di "... un espediente che si serve di tecnologia 
aggiuntiva per contrastare effetti non desiderati senza eliminarne la causa 
prima", secondo la definizione fornita da uno dei suoi pi� ferventi assertori, 
le proposte in questione si preoccupano esclusivamente di mitigare l�innalzamento 
della temperatura terrestre o di ridurre le concentrazioni di CO2 nell�atmosfera 
(39). 
I metodi analizzati dalla Royal Society presentano grande variabilit�, sia 
in termini di caratteristiche tecnologiche, sia per il loro possibile impatto sulla 
natura e sull�uomo, sia per le implicazioni di carattere giuridico e di governance. 
Pertanto, considerata la difficolt� di trovare dei criteri omogenei di 
classificazione, alla fine sono stati suddivisi in due gruppi principali: metodi 
di gestione della radiazione solare (SRM - Solar Radiation Management methods, 
cio� metodi che riducono l�ingresso della radiazione solare a onda corta, 
ultravioletta e visibile, deflettendo la luce solare o aumentando l�albedo del- 
(37) The Royal Society, Geoengineering... cit., pag. 1: �...Geoengineering, or the deliberate largescale 
manipulation of the planetary environment to counteract anthropogenic climate change, has been 
suggested as a new potential tool for addressing climate change�. 
(38) Sulla reale sussistenza del presupposto assunto a fondamento giustificativo di siffatti interventi, 
cio� l�innalzamento della temperatura terrestre di 4 gradi centigradi entro il 2100, si rinvia quanto 
gi� detto al paragrafo 1. 
(39) Vedi sub nota 28. The Royal Society, Geoengineering..., cit., pag. 1: �Most geoengineering 
proposals aim either to reduce the concentration of CO2 in the atmosphere (CDR techniques, Chapter 
2), or to prevent the Earth from absorbing some solar radiation, either by deflecting it in space before 
it reaches the planet, or by increasing the reflectivity of the Earth�s surface or atmosphere (SRM techniques, 
Chapter 3)�.
296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
l�atmosfera (40), delle nuvole o della superficie terrestre). I metodi di gestione 
della radiazione solare (SRM) possono comprendere interventi sulla superficie 
terrestre (modifica dell�albedo sulla terra e negli oceani); sulla troposfera (metodi 
di modificazione delle nuvole ecc.); sull�alta atmosfera (tropopausa e 
oltre, cio�, stratosfera e mesosfera) e nello spazio. 
I metodi per la rimozione dell�anidride carbonica (CDR - Carbon Dioxide 
Removal methods) si propongono di ridurre i livelli di CO2 in atmosfera permettendo 
alla radiazione di calore ad onda lunga in uscita (termico infrarosso), 
di fuggire pi� facilmente e possono operare con diverse modalit�: aumentandone 
la cattura e lo stoccaggio da parte di sistemi biologici terrestri o marini, 
oppure utilizzando sistemi ingegneristici (fisici, chimici e biochimici). 
La lista dei metodi presi in considerazione nello studio della Royal Society 
pi� volte menzionato non � per� esaustiva, in quanto tralascia altre opzioni 
quali, ad esempio, la copertura dei ghiacciai dell�Artico con materiale 
isolante o con una pellicola di materiale nanotecnologico per riflettere la luce 
solare e impedire lo scioglimento del ghiaccio (Stanford University et alt.); la 
formazione di �nubi� cilindriche alte 60.000 miglia, formate da miliardi di 
piccoli veicoli spaziali da lanciare a milioni di chilometri per ottenere una deviazione 
di circa il 10% della radiazione solare che raggiunge la terra (R. Angel 
e N. Woolf , University of Arizona, USA; D. Miller M.I.T., USA; S. P. Worden, 
NASA) (41), ed altri. 
4. Metodi di gestione della radiazione solare (SMR) 
La U.K. Royal Society ha considerato questo gruppo di tecnologie come 
le �pi� promettenti�. 
Appresso � riportata, in modo sintetico, la descrizione dei principali metodi 
di gestione della radiazione solare (SRM) analizzati nel Rapporto. 
a) Aerosol nella stratosfera (Stratospheric aerosol methods) 
A giudizio dell�istituzione accademica pi� volte nominata, questi metodi 
appaiono i pi� ricchi di potenzialit�, sia per la loro veloce implementabilit�, 
sia perch� dovrebbero esser capaci di determinare cali di temperatura di vasta 
portata in tempi rapidi, oltre a generare effetti uniformemente distribuiti rispetto 
ad altri metodi. Si tratta di tecnologie che prevedono l�impiego di una 
grande variet� di molecole, prevalentemente di anidride solforosa, che dovrebbero 
essere rilasciate nella stratosfera in quantit� massicce allo scopo di riflettere 
indietro nello spazio la luce solare. 
Nella scelta delle molecole candidabili, dovrebbero esser presi in consi- 
(40) L'albedo di una superficie � la frazione di luce o, pi� in generale, di radiazione incidente che 
viene riflessa indietro in tutte le direzioni. Essa indica il potere riflettente di una superficie. Se la parola 
albedo viene usata senza ulteriori specifiche, riguarda la luce visibile. 
(41) Queste ed altre tecnologie similari sono menzionate alle pagine 19-20 e 30-31-32 del rapporto 
dell�ETC Group, Geopiracy... pi� volte citato. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 297 
derazione alcuni importanti fattori di differenziazione, quali la loro dimensione 
e la loro capacit� o meno di fungere da conduttori elettrici. Per le molecole 
non conduttive, la dimensione ottimale per riflettere la luce solare dovrebbe 
essere di alcune decine di micron. 
� stata presa in considerazione anche la costruzione di micro-palloni per 
deflettere la luce solare, realizzati con l�impiego di nanotecnologie. 
Secondo la Royal Society, gli aerosol creati in laboratorio con l�impiego 
di tecniche di ingegneria potrebbero aggirare alcuni effetti collaterali importanti 
propri dell�aerosol a base di solfato e, inoltre, le molecole ottenute mediante 
ingegneria avanzata potrebbero essere progettate per avere una vita pi� 
lunga, per ridurre l�impatto dell�aerosol sulla chimica dell�ozono, o per rendere 
possibile al forcing radiativo (42) di concentrarsi in zone speciali, come le regioni 
polari. 
b) Vulcani artificiali 
La maggior parte delle eruzioni vulcaniche pu� aumentare molto significativamente 
gli aerosol di solfati nella stratosfera, incrementando cos� la quantit� 
di luce solare che viene rimandata indietro nello spazio, con un potenziale 
effetto sul clima a livello della superficie terrestre della durata di parecchi anni. 
Nel 1991, l�eruzione del Monte Pinatubo nelle Filippine ha lanciato venti milioni 
di tonnellate di biossido di zolfo nella stratosfera e l�intero pianeta si � 
raffreddato di 0.5 gradi K circa. 
Sebbene l�idea dei vulcani artificiali non sia nuova, essendo stata proposta 
per la prima volta nel 1977, l�idea di fondo � stata oggetto di ulteriori elaborazioni 
negli ultimi anni e, dunque, l�emulazione degli effetti che le grandi 
eruzioni vulcaniche hanno avuto sul clima globale � stata oggetto di proposte 
per la geo-ingegnerizzazione del clima (e forse anche di alcuni esperimenti, 
come nel caso del vulcano Eyjafjallajokull, nel sud dell'Islanda, che l�anno 
scorso ha bloccato il traffico aereo europeo per oltre una settimana?). Gli scienziati 
pensano che una riduzione della luce solare pari al 2% potrebbe annullare 
l�innalzamento della temperatura che deriva dal raddoppio del CO2 in atmosfera. 
I sostenitori di questa tecnica consigliano di applicarla su scala regionale, 
per lo pi� nelle zone artiche, per ricostituire la massa ghiacciata o per fermarne 
lo scioglimento. 
Queste proposte mirano ad aumentare artificialmente l�aerosol di solfati 
(42) Il "forcing radiativo" la cui traduzione in lingua italiana potrebbe corrispondere a "forzante 
radiativo", � il nome dato all�effetto alterante dei gas serra sul bilancio energetico del sistema Terra-atmosfera. 
Un cambiamento nella radiazione netta media alla sommit� della troposfera (cio� alla tropopausa), 
causato da un cambiamento o della radiazione solare oppure della infrarossa, � definito come 
forcing radiativo. Un forcing radiativo, quindi, produce una perturbazione del bilancio tra la radiazione 
entrante e quella uscente dalla tropopausa. Col tempo il sistema climatico reagisce alla perturbazione 
ristabilendo il bilancio radiativo. Un forcing radiativo positivo tende, mediamente, a riscaldare la superficie 
della terra mentre un forcing radiativo negativo tende, mediamente, a raffreddarla.
298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
nella stratosfera oltre i livelli naturali, causando un aumento dell�albedo planetario 
e perci� riducendo la radiazione solare in ingresso. Le molecole - per 
lo pi� solfati, ma non solo - dovrebbero essere irrorate da jet, idranti, razzi e 
ciminiere. 
c) Aumento dell�albedo 
Le tecnologie comprese in questo gruppo di interventi sono state classificate 
in base allo scopo che si prefiggono di raggiungere: far s� che tutto il 
pianeta, nel suo insieme, venga reso pi� chiaro per poter riflettere una maggior 
quantit� di radiazione solare. 
� Sbiancamento delle nuvole 
Si � proposto che la terra possa essere raffreddata provocando l�aumento 
dell�albedo delle nuvole sugli oceani. Questa proposta nasce dall�osservazione 
che in alcune parti dell�atmosfera marina relativamente libere da polveri, l�incremento 
dei nuclei di condensazione (Cloud Condensation Nuclei - CCN) 
per unit� di volume nelle nuvole marine di basso livello, ne accresce in modo 
significativo l�albedo e probabilmente anche la longevit�. � stato dimostrato 
che, a parit� di massa, nelle nuvole piccole molte micro-gocce si sparpagliano 
e pertanto riflettono pi� luce rispetto a una quantit� minore di gocce pi� grandi, 
dato che la superficie occupata � maggiore. � stato anche dimostrato che il 
raddoppio della concentrazione naturale delle goccioline in quelle nuvole aumenterebbe 
l�albedo delle nuvole stesse in misura sufficiente a compensare, 
pi� o meno, il raddoppio del CO2 in atmosfera. Per l�implementazione di successo 
di queste strategie, � essenziale risolvere in primo luogo, il problema 
della creazione di una fornitura di molecole di diametro appropriato e in quantit� 
sufficiente perch� possano fungere da nuclei di condensazione (CCN) e, 
in secondo luogo, quello dei mezzi per distribuirle. 
Il rilascio dagli aeroplani di polvere idrofila di tipo adatto pu� costituire, 
secondo la Royal Society, un mezzo agevole per scaricare in modo preciso i 
nuclei di condensazione nella locazione prescelta. Sinora l�attenzione � stata 
focalizzata sulla generazione di molecole sottili di sale marino ottenute dall�acqua 
di mare e poi diffuse da vettori marini convenzionali o aerei, o da vettori 
marini senza equipaggio radio-controllati disegnati ad hoc. Il numero di 
veicoli necessario a produrre con successo una quantit� di raffreddamento planetario 
sufficiente a riportare le temperature al livello iniziale dell�era industriale, 
dovrebbe ammontare a 1500 vettori. 
� Praterie e coltivazioni OGM con maggiore potere riflettente rispetto a 
quelle naturali 
Le piante terrestri durante la fotosintesi tendono ad assorbire fortemente 
la parte visibile dello spettro solare, ma riflettono in larga misura le frequenze 
infrarosse. Tuttavia, l�albedo pu� variare significativamente a seconda dei tipi 
e delle variet� vegetali, in base alla differenza delle propriet� spettrali delle 
foglie, alla loro morfologia e alla struttura della copertura fogliare. Pertanto �
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 299 
possibile aumentare in modo significativo l�albedo delle superfici ricoperte 
da vegetazione scegliendo accuratamente sia le specie e la variet� delle colture, 
sia le praterie. Alterare la radiazione foto-sinteticamente attiva assorbita, per�, 
pu� ridurre la produttivit� delle piante e delle coltivazioni alimentari e non 
alimentari. 
� Deserti riflettenti 
Le aree calde desertiche sono circa il 2% della superficie totale terrestre 
e qui la radiazione solare presenta alti livelli di incidenza. Pertanto, un grande 
aumento nell�albedo dei deserti ha potenzialmente la capacit� di produrre 
un�enorme forcing radiativo negativo. Si � proposto di ricoprire i deserti con 
una pellicola di polietilene alluminato per aumentare l�albedo media da 0.36 
a 0.8 e fornire un forcing radiativo di -2.75 W/m2. In comune con altri metodi 
di forcing radiativo localizzato, questo approccio presenta un problema, in 
quanto pu� cambiare i modelli di larga scala della circolazione atmosferica, 
come il monsone dell�Africa orientale che porta la pioggia all�Africa sub-Sahariana. 
L�impatto ecologico associato a un tale cambiamento climatico e alla 
copertura del suolo, sarebbe chiaramente molto significativo nelle aree interessate 
e costituirebbe svantaggi molto seri se questo metodo fosse implementato 
su una scala larga abbastanza da essere efficace. 
� Imbiancamento dei tetti e degli insediamenti umani 
Una delle idee proposte suggerisce di aumentare la riflettivit� delle zone 
urbanizzate dipingendo i tetti, le strade e i lastricati di un �bianco� luminoso 
riflettente. Questa misura avrebbe maggiore efficacia nelle regioni assolate e 
durante l�estate quando potrebbero esservi dei co-benefici grazie al risparmio 
dell�aria condizionata. Occorre tenere a mente che il forcing radiativo globale 
che si pu� ottenere dipende dalla quantit� di area urbana rischiarata, la quale, 
se non fosse sufficientemente vasta, sarebbe inutile. 
� Riforestazione 
La riforestazione su larga scala � generalmente considerata una strategia 
di mitigazione del cambiamento climatico, ma � stata anche considerata un 
metodo per incoraggiare il raffreddamento globale per mezzo di effetti bio-fisici. 
L�impatto complessivo delle foreste sul clima dipende molto dal luogo 
in cui si trovano. Le foreste delle zone tropicali e sub-tropicali tendono a raffreddare 
la superficie terrestre aumentandone l�evaporazione e la traspirazione, 
mentre le foreste situate alle alte e medie latitudini tendono a riscaldarla essendo 
pi� scure della neve sottostante e assorbendo, perci�, una maggior quantit� 
di radiazione solare. La Royal Society ritiene che l�impatto biofisico 
complessivo delle foreste sulla temperatura media globale sia piccolo, ma che 
si possano avere impatti molto significativi sul clima a livello regionale. Ci� 
� particolarmente vero in alcune regioni semi-aride, quali il Sahel o alcune 
parti dell�Australia, che possono sostenere equilibri clima/vegetazione multipli. 
In questi luoghi � possibile mutare il sistema in uno stato semi-umido
300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ripiantando delle foreste, sebbene l�effetto di questa operazione potrebbe 
provocare un riscaldamento, piuttosto che un raffreddamento complessivo. 
Molto probabilmente questi approcci non sono in grado di avere un impatto 
sufficientemente grande sull�equilibrio energetico terrestre complessivo nel 
pianeta (e perci� non vengono ulteriormente presi in considerazione nel rapporto). 
d) Metodi di gestione della radiazione solare (SRM) basati sullo spazio 
I metodi basati sullo spazio si propongono di ridurre la quantit� di energia 
solare che raggiunge la terra posizionando degli scudi solari nello spazio 
per riflettere o deflettere la radiazione solare. Per ciascuno di questi approcci, 
i temi tecnici che devono essere affrontati riguardano il design degli scudi, 
la loro localizzazione, la quantit� necessaria, le modalit� di posizionamento 
e di mantenimento nella locazione prescelta. Il rapporto menziona la possibilit� 
di piazzare deflettori di luce solare nelle orbite vicine alla Terra. 
Da evidenziare, tra le proposte esaminate dalla Royal Society, il posizionamento 
di 55.000 specchi, ciascuno di 100 metri quadrati, in orbite casuali; 
la creazione di un anello simile a quello di Saturno fatto di polvere di 
molecole con satelliti-guardiani posti sul piano equatoriale ad un�altezza tra 
i 2000 e i 4.500 km. (ci� schermerebbe dal sole i tropici dell�emisfero settentrionale, 
ma illuminerebbe l�emisfero meridionale di notte). Per conseguire 
questo risultato sarebbe necessaria una massa totale di 2 miliardi di 
tonnellate di polvere iniettata dalla terra o dalla Luna o da asteroidi. Una 
cinta di satelliti ultraleggeri, mantenuti in forma di anello mediante forza 
elettrodinamica, provvederebbero a svolgere la funzione di �guardiani� delle 
molecole (43). 
Un�alternativa al posizionamento di riflettori nella bassa orbita terrestre 
(43) U.K. Royal Society, Geoengineering... cit., pag. 32: �...A number of proposals have suggested 
placing sunlight deflectors in near-Earth orbits (Submission: McInnes). One method (US National Academy 
of Sciences 1992) proposed 55,000 mirrors, each with an area of 100 m2 in random orbits. An alternative 
suggestion (Mautner 1991) is to create a Saturn-like ring of dust particles with shepherding 
satellites, in the equatorial plane between altitudes of about 2000 and 4500 km. This would shade the 
tropics of the winter hemisphere but also tend to illuminate the summer hemisphere during night-time. 
To achieve a reduction in solar insolation of about 2%, that is approximately the amount of radiative 
forcing to compensate for a doubling of CO2, it is estimated that a total mass of dust particles of over 
2 billion tonnes would be required. This would be injected into space from Earth, or possibly derived 
from the Moon or asteroids. A development of this idea (Pearson et al. 2006) is a ring of lightweight satellites, 
electrodynamically tethered into a ring in low Earth orbit so that no other shepherding is required. 
All of these near Earth orbit systems must trade-off mass against lifetime. If the reflecting systems 
are made with a very low mass per unit of solar scattering then launch costs could be correspondingly 
smaller; however, as the mass is reduced the solar scatterers will be rapidlyblown out of orbit by the 
light-pressure force exerted by the sunlight they are designed to scatter. Orbital decay therefore limits 
the extent to which mass can be reduced (Keith & Dowlatabadi 1992; Teller et al. 1997). For near earth 
orbits, the only proposed solution is to add mass but this adds to the total cost of launch and deployment
�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 301 
consisterebbe nella scelta di piazzarli vicino al punto L1 (Lagrange1), che 
si trova a 1.5 milioni di chilometri tra la terra e il Sole, dove l�attrazione gravitazionale 
dei due corpi celesti si compensa. Per assicurare una riduzione 
del 2% dell�irraggiamento solare che raggiunge la terra, l�area occupata dagli 
schermi solari dovrebbe ammontare a circa 3 milioni di chilometri quadrati. 
Sono state fatte varie proposte per la composizione di schermi in postazione 
L1 tra le quali: dei rifrangenti fabbricati sulla luna di centomila tonnellate 
di vetro lunare; una maglia di fili superfini di alluminio dello spessore di un 
milionesimo di millimetro; uno sciame di trilioni di dischi riflettenti sottili, 
di cinquanta centimetri di diametro, da fabbricare nello spazio da asteroidi 
vicini alla terra; uno sciame di circa dieci trilioni di dischi finissimi rifrangenti 
ad alta definizione, di 60 centimetri di diametro, fabbricati sulla terra 
e lanciati nello spazio in blocchi di un milione ciascuno, un blocco ogni minuto 
per circa trent�anni. 
Questi modelli sperimentali sono disegnati in modo da far s� che la riduzione 
della radiazione solare assorbita compensi in modo esatto il forcing 
radiativo dovuto all�aumento della concentrazione dei gas serra. Lo scopo 
sarebbe quello di tornare a temperature simili a quelle presenti nel mondo 
pre-industriale, rimanendo nel mondo industriale attuale. 
Tutti i metodi SRM basati sullo spazio si prefiggono di ridurre la quantit� 
totale di energia solare che entra in atmosfera. 
5. Metodi di rimozione del biossido di carbonio (CDR) 
Nell�introdurre i metodi di rimozione del CO2 (Carbon Dioxide Removal), 
il Rapporto della Royal Society, fa propria l�ipotesi che l�aumento della 
concentrazione dei gas serra in atmosfera (CO2, N2O, CH4, O3 e Clorofluorocaburi) 
costituisca il principale fattore di riscaldamento del sistema fisico 
terrestre causato dall�uomo. Pertanto, la rimozione di questi gas dannosi 
dall�atmosfera, in linea di principio, dovrebbe imprimere una decelerazione 
al riscaldamento del pianeta e, in teoria, determinare una riduzione degli 
stessi gas fino al punto di bloccare il riscaldamento globale e iniziare un processo 
di raffreddamento del clima; inoltre potrebbe mitigare altre conseguenze 
deleterie, come l�acidificazione degli oceani. 
I metodi di cattura del CO2 (CDR) esaminati nel Rapporto, riguardano 
essenzialmente nuove tecnologie disponibili e presentano una sub-divisione 
a seconda che implichino interventi ecosistemici sugli oceani o sulla superficie 
terrestre, o che si servano prevalentemente di mezzi biologici, chimici 
o fisici. Nel valutare la potenziale efficacia di questi metodi, dovendosene 
considerare anche la scala spaziale e temporale di operativit�, la Royal Society 
ha ritenuto improbabile la loro utilizzabilit� su una scala sufficientemente 
vasta da determinare un cambiamento del clima in tempi rapidi, 
qualora fosse necessaria una �... �azione d�emergenza� per raffreddare il
302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
pianeta su larga scala (44) �. 
a) Interventi sugli Ecosistemi Oceanici 
Comprendono vari metodi di fertilizzazione degli oceani. Sulla superficie 
del mare lo scambio di CO2 con l�atmosfera avviene molto rapidamente, mentre 
� molto pi� lento nelle profondit� oceaniche. La maggior parte del CO2 rilasciato 
attualmente sulla terra, verr� trasferito in fondo al mare in un periodo 
di circa 1000 anni. Alcuni ingegneri del clima hanno perci� avuto l�idea di aumentarne 
la velocit� di trasferimento, manipolando il ciclo oceanico del carbonio. 
Il CO2 dalla superficie oceanica si fissa grazie ai foto-sintetizzatori 
(fitoplankton, prevalentemente piante microscopiche, alghe). Una certa quantit� 
del carbonio che queste assorbono va a fondo, in forma di materia organica 
composta dal residuo di fioriture di microalghe, materia fecale e altri detriti 
della catena alimentare. Questo materiale, nella sua discesa sul fondo degli 
oceani per forza di gravit�, viene utilizzato come cibo da batteri ed altri organismi 
che progressivamente lo consumano. Respirando, questi, invertono la 
reazione che provoca la fissazione del carbonio e lo riconvertono in CO2, rilasciandolo 
poi nell�acqua. L�effetto combinato della fotosintesi in superficie, 
seguito dalla respirazione a maggiore profondit� nella colonna d�acqua, rimuove 
il CO2 dalla superficie e lo libera in profondit�. Questa �pompa biologica� 
esercita un importante controllo sulle concentrazioni di CO2 nell�acqua 
di superficie che, di ritorno, influenza fortemente la sua concentrazione in atmosfera. 
Per aumentare l�efficacia di questa �pompa�, � stato proposto di incrementare 
la quantit� di nutrienti e determinare un aumento del fitoplankton 
con varie tecniche. 
� Fertilizzazione con polvere di ferro 
Questa � la tecnica di fertilizzazione maggiormente studiata, avendo dato 
luogo da almeno 15 anni a esperimenti su piccola scala. Tuttavia, la sua efficacia 
� risultata limitata e transitoria, poich� si � conseguito l�aumento desiderato 
di fitoplankton ma l�efficacia nello stoccaggio in fondo al mare del CO2 
� stata �... sminuita da altri elementi limitanti, respirazione o ingestione da 
parte di zooplankton� (45). Ad oggi sono stati effettuati numerosi esperimenti 
che, tuttavia, non hanno raggiunto i risultati desiderati. 
� Fertilizzazione con azoto e fosforo 
Le conoscenze attuali suggeriscono che, a lungo termine, l�aggiunta di 
fosforo nella fertilizzazione degli oceani sarebbe pi� efficace dell�impiego di 
(44) Royal Society, Geoengineering..., op. cit., pag. 10: � ... It is very unlikely that such approaches 
could be deployed on a large enough scale to alter the climate quickly and so they would help little if 
there was a need for �emergency action� to cool the planet on that time scale�. 
(45) Royal Society, Geoengineering..., op. cit., pag. 18: �...These experiments have demonstrated 
only limited transient effects as increased iron led to the predicted phytoplankton bloom, but the effect 
is moderated either by other limiting elements, respiration or by grazing by zooplankton (Submission: 
ACE Research Cooperative; UK Met Office)�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 303 
azoto e che l�uso di fosforo promuoverebbe la fissazione dell�azoto. Ad avviso 
della Royal Society, se paragonata a quella effettuata con polvere di ferro, la 
fertilizzazione a base di fosfati sarebbe da preferire ma richiederebbe l�impiego 
di una quantit� molto maggiore di materiale, sottraendolo al settore agricolo 
ove � indispensabile per garantire la sicurezza alimentare. 
� Fertilizzazione con urea 
Nella maggior parte delle zone di mare aperto si pensa che uno dei nutrienti 
carenti sia l�azoto e, pertanto, � stata suggerita anche l�idea di utililizzare 
l�aggiunta di urea con funzione di fertilizzatore oceanico. 
� Modificazione dell�affioramento (upwelling) e affondamento (downwelling) 
oceanico 
Un secondo gruppo di tecniche, che interessano gli oceani, fonda sull�ipotesi 
secondo cui la rapidit� di trasferimento nelle profondit� oceaniche 
del carbonio presente in atmosfera pu� essere incrementata modificando l�affioramento 
o il capovolgimento della circolazione degli oceani. Si � proposto, 
perci�, di aumentare localmente il tasso di affioramento pompando l�acqua da 
parecchie centinaia di metri di profondit� e promuovendo l�affondamento di 
acqua densa, nelle acque subpolari. La maggior parte del CO2 � trasportato 
nelle profondit� marine dal capovolgimento della circolazione (�pompa di solubilit��) 
e non � dovuto alla sedimentazione biologica, per cui il procurato 
aumento della circolazione potrebbe portare a un sequestro pi� rapido del CO2. 
Tuttavia, ancora una volta, l�efficacia di questo metodo deve tener conto degli 
effetti non-locali dell�intervento; l�aumento dell�affondamento (o dell�affioramento), 
in una data zona dell�oceano, � compensato da un aumento di affioramento 
(o affondamento) in un�altra locazione che generalmente si trova dalla 
parte opposta del pianeta e che, a sua volta, avr� un�influenza sull�equilibrio 
del carbonio. La quantit� di carbonio sequestrata nell�oceano dipender� in 
modo critico dalla localit� e potrebbe addirittura essere negativa provocando 
il rilascio, piuttosto che l�assorbimento, del carbonio stesso. 
b) Interventi sugli Ecosistemi Terrestri 
Metodi correlati al Biochar e alla biomassa 
Nel crescere, la vegetazione terrestre rimuove grandi quantit� di carbonio 
dall�atmosfera durante la fotosintesi. Quando gli organismi muoiono e si decompongono, 
la maggior parte del carbonio trattenuto ritorna nell�atmosfera. 
La crescita di biomassa pu� essere sfruttata in quattro diversi modi per ridurre 
l�aumento del CO2 nell�atmosfera: 
� Siti terrestri per il confinamento del CO2 
Il carbonio pu� essere segregato in situ nel suolo, o sotto forma di biomassa 
in piedi. 
� Bioenergia e Biocarburanti 
Le biomasse possono essere raccolte e utilizzate come carburante in modo 
che le emissioni di CO2 derivanti dall�uso del carburante possano essere bi-
304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
lanciate dalla cattura di CO2 derivante dalla crescita delle piante coltivate per 
produrre energia. L�impiego di bioenergia e di biocarburanti � considerato uno 
strumento per ridurre le emissioni, piuttosto che un metodo di geoingegneria, 
e per questo non viene preso ulteriormente in considerazione nel rapporto della 
Royal Society. 
� Bioenergia con cattura e sequestro di CO2 (BECS) 
Le biomasse possono esser raccolte e utilizzate come carburanti, con cattura 
e sequestro del risultante CO2. Ad esempio, si pu� utilizzare la biomassa 
per generare idrogeno o elettricit� e sequestrare il CO2 prodotto all�interno di 
formazioni geologiche. 
� Biomasse per il sequestro di CO2 
Le biomasse possono essere raccolte e segregate sottoforma di materiale 
organico, ad esempio, sotterrando scarti derivanti da alberi o coltivazioni, oppure 
come carbone (biochar). La produzione di bioenergia con sequestro di 
CO2 (BECS) si innesta sulle tecnologie gi� esistenti di produzione di bioenergia 
e biocarburanti e di cattura e sequestro del carbonio (CCS), ereditandone 
perci� vantaggi e svantaggi. La tecnologia BECS � gi� stata adottata su 
piccola scala ma non va necessariamente considerata come geoingegneria, pur 
presentando delle significative similarit� e, pertanto, nel Rapporto della Royal 
Society � stata presa in considerazione a fini comparativi ma non analizzata in 
dettaglio. 
Le biomasse per sequestro di CO2 ed il biochar sono stati proposti come 
metodi di intervento nel ciclo naturale in modo che, una certa quantit� o tutto 
il carbonio fissati dalla materia organica, possano venir immagazzinati nel 
suolo o altrove per centinaia o migliaia di anni. Ad esempio, � stato proposto 
il sotterramento di legna e scarti agricoli per immagazzinare il carbonio sia 
nel terreno, sia nelle profondit� oceaniche, per impedire che la decomposizione 
lo restituisca all�atmosfera. Anche se non esiste molta letteratura scientifica 
su questo argomento, l�interesse degli investitori per questa tecnica sta crescendo. 
I metodi che prevedono il sotterramento di biomassa nel terreno o 
nelle profondit� oceaniche richiedono, per�, un consumo addizionale di energia 
per il trasporto, per il sotterramento e per il trattamento del materiale e, 
inoltre, esiste il pericolo assai grave che questo processo possa distruggere la 
crescita, il ciclo nutritivo e la produttivit� degli ecosistemi interessati: ad esempio, 
nelle profondit� oceaniche, il materiale organico verrebbe decomposto ed 
il carbonio e i nutrienti restituiti alle acque superficiali posto che, generalmente, 
vi � presenza di ossigeno (a meno che non venga depositata una quantit� 
di materiale sufficiente a creare condizioni anossiche, il che costituirebbe 
una perturbazione dell�ecosistema di grandissimo impatto). 
Il biochar (carbone) si crea con la decomposizione di materiale organico, 
normalmente attraverso un processo di riscaldamento, in un ambiente con 
quantit� di ossigeno infima o pari a zero. Conosciuto come pirolisi, il processo
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 305 
di decomposizione produce sia biochar sia biocarburanti (syngas e bio-olio). 
Gli atomi di carbonio presenti nel carbone presentano legami molto pi� forti 
tra loro, rispetto alla materia vegetale, e perci� il biochar � in grado di resistere 
alla decomposizione provocata dai micro-organismi e sigilla il carbonio per 
periodi di tempo molto pi� lunghi. La gamma di potenziali �materiali grezzi� 
(�feedstocks�) per creare biochar � vasta e include, ad esempio, legname, fogliame, 
scarti alimentari, paglia e letame; si specula che l�aggiunta di biochar 
nel terreno possa aumentarene la produttivit� agricola e, per questi motivi, il 
biochar viene talvolta proposto come la risposta ideale a un gran numero di 
problemi diversi. Una delle domande chiave, a proposito del biochar, � se sia 
meglio sotterrare o bruciare il materiale, rimanendo aperta la questione del 
grande impatto sui gas serra in atmosfera che il processo di pirolisi della biomassa 
e di sotterramento del carbone avrebbero, rispetto alla semplice combustione 
in un normale impianto di produzione energetica. I sostenitori delle 
tecniche di utilizzazione di biomassa per sequestro affermano che sia possibile 
ottenere il sequestro di grandi quantit� di CO2 (carbon sink da 5.5 a 9.5 
GtC/anno entro il 2100). Queste previsioni scommettono sulla futura crescita 
esponenziale delle risorse destinate alla produzione di biocarburanti e del fatto 
che una grande porzione di queste verr� riservata alla conversione in biochar. 
L�impiego di determinate coltivazioni per ottenere biochar su una scala cos� 
vasta, tuttavia, potr� facilmente entrare in conflitto con la necessit� di utilizzare 
i terreni agricoli per la produzione alimentare e/o di biocarburante. Inoltre, 
comՏ il caso per i biocarburanti, esiste il fondato pericolo che eventuali incentivi 
alla produzione abbiano ad esito la riduzione della disponibilit� e l�aumento 
del costo del cibo, se la produzione di coltivazioni per biomassa dovesse 
diventare pi� redditizia della produzione alimentare. 
Le ultime tre tecniche di rimozione del CO2 (CDR) prese in considerazione 
nel pi� volte menzionato Rapporto della Royal Society, consistono nell�: 
� Aumento della dissoluzione di rocce (land and ocean-based methods) 
Il biossido di carbonio viene rimosso in modo naturale dall�atmosfera 
dopo migliaia di anni, per mezzo di processi che coinvolgono la dissoluzione 
delle rocce composte da carbonati e silicati. Le rocce a base di silicati reagiscono 
al CO2 formando carbonati. Non sussistono dubbi sulla capacit� chimica 
dei silicati e carbonati di provocare un decremento delle emissioni e delle 
concentrazioni di CO2 presenti in atmosfera. I primi ostacoli, tuttavia, dipendono 
dalla scala dell�intervento, dai costi e dalle possibili conseguenze ambientali. 
La scala industriale degli sforzi di mitigazione del CO2 dovrebbe 
corrispondere, nell�ordine di grandezza, alla scala del sistema energetico che 
produce il CO2. Alcuni metodi propongono di ricorrere a massicce quantit� 
di silicati, come l�olivina: grandi quantit� di roccia dovrebbero essere estratte 
dalle miniere e ridotte in polvere, per poi essere trasportate sui terreni dove 
dovrebbero essere disperse. Si stima che servirebbero almeno 7 chilometri cu-
306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
bici all�anno di questi silicati, per avere a disposizione la quantit� necessaria 
a compensare il CO2 prodotto. Una variante di questo processo consiste nel 
rilascio negli oceani dei materiali dissolti. Prima della loro implementazione, 
queste tecniche hanno bisogno di maggior comprensione degli effetti indesiderati, 
del costo per l�intero ciclo e dell�impatto ambientale. La loro adozione 
provocherebbe un grande aumento dell�alcalinit� delle acque oceaniche, che 
potrebbe compensare il problema della loro acidit� ma, allo stato attuale, non 
si sa ancora se tutti gli effetti combinati tra loro saranno o meno benefici per 
la chimica e per la biologia delle aree d�intervento. Inoltre, per essere adeguate 
allo scopo, tutte queste proposte richiedono imponenti attivit� di estrazione 
mineraria e di trasporto su grande scala. Alcune opzioni, tra l�altro richiedono 
vastissime quantit� di acqua. 
� Cattura del biossido di carbonio dall�aria 
Quello della cattura in aria � un processo industriale di estrazione del CO2 
dall�aria circostante che produce una corrente di CO2 puro da usare, o di cui 
disfarsi. Non vi � dubbio che le tecnologie di cattura dall�aria potrebbero essere 
sviluppate; la loro fattibilit� tecnica � dimostrata, ad esempio, dai sistemi commerciali 
che catturano il CO2 dall�aria per poi utilizzarlo in processi industriali 
successivi. Molti metodi di cattura dall�aria sono stati studiati in laboratorio, 
ma nessun prototipo su larga scala � mai stato testato e rimane da verificare 
se questi metodi siano sostenibili sotto il profilo dei costi. 
� Gestione dell�uso del suolo, afforestazione, riforestazione e divieto di 
deforestazione 
Questi interventi NON sono normalmente considerati geongegneria e, secondo 
un precedente studio condotto dalla Royal Society nel 2001, a lungo 
termine, avrebbero un potenziale limitato. Gli ecosistemi terrestri rimuovono 
circa 3 GtC/anno (gigatonnellate di carbonio per anno) dall�atmosfera grazie 
alla crescita netta vegetale, che assorbe circa il 30% delle emissioni di CO2 
derivate dalla combustione di carburanti fossili e deforestazione netta, mentre 
gli ecosistemi forestali del mondo catturano oltre il doppio del carbonio presente 
in atmosfera. Quindi, semplici strategie basate sulla protezione e sulla 
gestione degli ecosistemi-chiave contribuirebbe in misura significativa ad aumentare 
l�eliminazione naturale del CO2 dall�atmosfera. Sfortunatamente, le 
emissioni derivanti dal cambiamento nell�uso del suolo, in primo luogo la deforestazione, 
contano per un buon 20% di tutte le emissioni di gas serra di origine 
antropica. Ed � la fonte di emissioni che cresce pi� rapidamente. 
6. Alcuni rilievi critici: impatto sull�ambiente e sulla salute umana 
Sin qui ci siamo occupati dei principali metodi di geoingegneria presi in 
esame nel Rapporto della prestigiosa istituzione accademica britannica pi� 
volte menzionata la quale, nel rilevare analiticamente i profili problematici 
propri di ciascuna delle tecniche considerate (46), ha sostanzialmente concluso
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 307 
(46) Secondo la Royal Society, la geoingegneria applicata attraverso metodi di rimozione dell�anidride 
carbonica (CDR) � tecnicamente fattibile ma lenta e relativamente costosa. I costi diretti e i 
rischi locali associati ad alcuni metodi particolari differiscono sensibilmente gli uni dagli altri ma sono 
paragonabili (o maggiori) a quelli dei sistemi di mitigazione del clima convenzionali. Le tecnologie di 
rimozione del CO2 e molte delle loro conseguenze sono diverse da quelle relative alle tecnologie che 
comportano la modificazione dell�albedo. I metodi CDR agiscono molto lentamente, e mentre riducono 
le concentrazioni di CO2, agiscono sulle cause del cambiamento climatico e delle sue conseguenze. Le 
tecniche CDR pi� desiderabili sono quelle che rimuovono il carbonio dall�atmosfera senza perturbale 
altri processi dei sistemi terrestri e senza richiedere deleteri cambiamenti nell�uso delle terra. La cattura 
ingegnerizzata dall�aria e le tecniche di dissoluzione (di rocce n.d.r.) potenziata sarebbero strumenti altamente 
desiderabili se fosse possibile affrontarli senza inaccettabili effetti localizzati. Le tecniche CDR 
che sequestrano carbonio, ma che hanno implicazioni legate all�uso della terra (come il biochar e il sistema 
di dissoluzione potenziata sul terreno) possono rappresentare un utile contributo ma forse solo su 
piccola scala e richiedono ulteriori ricerche per identificare le circostanze che le renderebbero economicamente 
possibili e socialmente sostenibili. Per le tecniche che intervengono direttamente sui sistemi 
terrestri (come la fertilizzazione degli oceani) la Royal Society ha ritenuto necessaria l�intensificazione 
delle attivit� di ricerca per determinare se possono sequestrare carbonio in modo affidabile ed economicamente 
sostenibile, senza avere inaccettabili effetti collaterali. I metodi di gestione della radiazione solare 
(SRM), se largamente impiegati, potrebbero conseguire un rapida diminuzione delle temperature 
globali (da pochi anni a un decennio) a un tasso e a un livello che non potrebbe essere raggiunto attraverso 
la mitigazione, anche se le emissioni di carbonio fossero istantaneamente ridotte a zero. Tuttavia, 
tutti i metodi SRM presentano un aspetto non trascurabile: non si dispone di una exit strategy credibile 
nel caso in cui qualcosa andasse storto. Alcuni degli studi condotti indicano che il clima conseguente 
al loro impiego sarebbe diverso da quello che si avrebbe se invece si procedesse con le metodiche di riduzione 
delle concentrazioni di CO2. Ad esempio, con una riduzione uniforme della radiazione solare, 
probabilmente le precipitazioni tropicali verrebbero ridotte e inoltre, non essendo possibile affrontare 
accuratamente pi� di un aspetto del cambiamento climatico alla volta, vi sono serie lacune nella capacit� 
dei modelli attuali di stimare aspetti come le precipitazioni e le tempeste, con conseguente incertezza 
circa gli effetti delle SRM sotto questo profilo. Ad avviso della Royal Society, i metodi di gestione della 
radiazione solare possono essere utili in futuro se si potr� provare che i rischi che comportano sono gestibili 
e accettabili o se si prover� che il sistema climatico si sta avvicinando a un punto di non ritorno. 
Le tecniche SRM non rappresentano, tuttavia, il modo ideale di affrontare il cambiamento climatico 
perch� non agiscono su tutti gli effetti e i rischi ad esso connessi (l�acidificazione degli oceani, ad esempio), 
vi sarebbero probabilmente degli effetti indesiderati (ad es. sull�ozono nella stratosfera), e potrebbero 
introdurre il rischio, nuovo e vasto, di ottenere effetti sconosciuti sui sistemi terrestri. L�adozione 
su larga scala di metodi SRM creerebbe un equilibrio artificiale, approssimativo e potenzialmente delicato, 
tra un riscaldamento da gas serra continuato e la ridotta radiazione solare che dovrebbe essere 
mantenuto, potenzialmente, per molti secoli. Si dubita che un tale equilibrio sia veramente sostenibile 
per periodi di tempo cos� lunghi, particolarmente con una continua e forse aumentata emissione di CO2 
e di altri gas serra (ad esempio, attraverso lo sfruttamento di carburanti fossili non-convenzionali come 
gli idrati di metano). Prima che alcuno dei metodi SRM venga applicato, � prudente e desiderabile che 
vengano effettuate ulteriori ricerche per migliorare la comprensione dei rischi e del loro impatto, al fine 
di ridurre le incertezze a un livello accettabile. A causa dei caveats di cui sopra, la valutazione effettuata 
dalla Royal Society suggerisce che la sola tecnica di gestione della radiazione solare (SRM) sufficientemente 
efficace e che potrebbe essere implementata rapidamente (entro uno o due decenni) sarebbe 
l�uso di una qualche forma di aerosol stratosferico, ma si dovrebbero determinare e giudicare relativamente 
scarsi i potenziali effetti collaterali (ad es., sull�ozono stratosfererico e nelle nuvole nell�alta troposfera). 
� possibile che entro un secolo un approccio di tipo SRM basato sullo spazio potrebbe essere 
conveniente sotto il profilo dei costi. Se si riuscisse a dimostrare la fattibilit� tecnica e l�assenza di effetti 
collaterali indesiderabili, i metodi di aumento dell�albedo delle nuvole potrebbero essere applicati in 
tempi relativamente rapidi. � importante notare che, rispetto all�impatto del cambiamento climatico in 
s� e per s�, probabilmente gli effetti non voluti provocati dalla geoingegneria sull�ambiente sarebbero 
meno significativi. L�impatto ambientale della maggior parte dei metodi non � stato ancora adeguatamente 
valutato, ma � probabile che possa variare considerevolmente in relazione alla loro natura ed
308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
affermando che la geoingegneria attuata per mezzo dei metodi di cattura del 
carbonio � tecnicamente fattibile, ma lenta e relativamente costosa mentre, se 
realizzata con i metodi di gestione della radiazione solare con aerosol stratosferici, 
potrebbe conseguire un rapida diminuzione delle temperature globali 
a un minor costo e costituirebbe il �piano B� ideale se eventi climatici eccezionali 
ne richiedessero l�implementazione (pur presentando il non trascurabile 
problema che potrebbe produrre effetti irreversibili sulla vita della terra, non 
esistendo una exit strategy credibile nel caso in cui qualcosa non funzionasse 
secondo le aspettative) (47). 
Interessanti rilievi critici, prevalentemente di carattere tecnico, sulle proposte 
di manipolazione del clima di cui si � parlato nei paragrafi precedenti, 
sono giunti anche dalle organizzazioni della societ� civile pi� attente all�evolversi 
degli eventi nel panorama delle politiche ambientali, soprattutto quelle 
estensione e, in alcuni casi, potr� essere molto difficile da stimare. Per tutti i metodi considerati, particolarmente 
per i metodi di gestione della radiazione solare (SRM), le condizioni climatiche ottenute 
non saranno esattamente paragonabili a quelle i cui effetti negativi siano stati cancellati, e ci� a causa 
di variabili critiche diverse dalla temperatura che sono molto sensibili alle differenze regionali (come 
ad es., i sistemi atmosferici, la velocit� dei venti e le correnti oceaniche). Le precipitazioni sono molto 
sensibili alle piccole variazioni del clima ed � quindi molto probabile che ne vengano influenzate, in 
modi difficili da prevedere. Si aggiunga che tutti i metodi avranno molto probabilmente degli effetti 
collaterali indesiderati sull�ambiente e necessitano di essere attentamente valutati e monitorati: nel caso 
dei metodi di gestione della radiazione solare (SRM) riguardano la considerazione dell�impatto ecologico 
su un mondo con alte concentrazioni di CO2 e degli effetti imprevedibili del cambiamento causato da 
una risposta forzata alla diminuzione della temperatura in condizioni di alta CO2 nei sistemi naturali. 
Nel caso dei metodi di cattura del CO2 (CDR) l�impatto ambientale sar� provocato dal processo in s�, 
piuttosto che dagli effetti sul clima, ma per i metodi che comportano la manipolazione di ecosistemi 
l�impatto potrebbe essere sostanziale. 
(47) Royal Society, Geoingeneering... cit., pag. 36: � ... �Termination effect� qui si riferisce alle 
conseguenze di uno stop improvviso o all�insuccesso di un dato sistema di geoingegneria. Per gli approcci 
SRM, che mirano a bilanciare gli aumenti dei gas serra riducendo la quantit� di radiazione 
solare in assorbimento, l�insuccesso potrebbe comportare un aumento relativamente rapido della temperatura 
rispetto al quale, l�adattamento, sarebbe pi� difficile se paragonato alla situazione in cui si 
verificasse un mutamento delle condizioni climatiche senza interventi di geoingegneria. I metodi SRM 
che producono la maggior quantit� di forcing negativo, e che si affidano alla tecnologia avanzata, sono 
considerati quelli a pi� alto rischio sotto questo aspetto�, (�... �Termination effect� refers here to the 
consequences of a sudden halt or failure of the geoengineering system. For SRM approaches, which 
aim to offset increases in greenhouse gases by reductions in absorbed solar radiation, failure could lead 
to a relatively rapid warming which would be more difficult to adapt to than the climate change that 
would have occurred in the absence of geoengineering. SRM methods that produce the largest negative 
forcings, and which rely on advanced technology, are considered higher risks in this respect�; vedi 
anche, pag. 56: �... Sarebbe rischioso intraprendere una massiccia implementazione su larga scala dei 
metodi SRM in assenza di una exit strategy chiara e credibile, per esempio, una transizione a fasi verso 
metodi CDR pi� sostenibili, dopo alcuni decenni. Ci� implica la necessit� di condurre ricerche in parallelo 
su entrambi i metodi SRM e CDR, dato che metodi CDR richiedono pi� tempo� �...It would be 
risky to embark on major implementation of SRM methods without a clear and credible exit strategy, 
for example a phased transition after a few decades to more sustainable CDR methods. This implies 
that research would be needed in parallel on both SRM and CDR methods, since CDR methods have a 
longer lead-time�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 309 
rivolte alla tutela della biodiversit�. Infatti, � proprio nell�ambito delle conferenze 
periodiche della Convenzione di Rio per la Protezione della Diversit� 
Biologica che la decisione generalizzata di vietare ulteriori sperimentazioni 
dei metodi di geoingegneria pi� azzardati ha potuto essere adottata. Per quanto 
siano stati individuati numerosi altri beni e interessi pubblici specifici, protetti 
da altrettante norme internazionali (48) che potrebbero essere vulnerati dal 
proseguimento di attivit� geo-ingegneristiche, la fonte di maggior preoccupazione 
� certamente costituita dal rischio per la biodiversit� vegetale e animale 
(49) che la diffusione di materiale nanotecnologico o di molecole tossiche o 
(48) Non esaustivamente: la Convenzione di Vienna sulla Protezione dello Strato di Ozono 1985 
e il Protocollo di Montreal del 1987, la Convenzione sulla Proibizione dell�Uso Militare o Ostile delle 
Tecniche di Modificazione Ambientale del 1976, (ENMOD), la Convenzione di Londra del 1972 e relativo 
Protocollo del 1996, la Convenzione ECE- ONU sull�Inquinamento Transfrontaliero a Lunga Distanza 
((CLRTAP) del 1979, il Trattato sullo Spazio Extra-atmosferico del 1967 (Outer Space Treaty- 
OST), ecc. 
(49) Oltre ai problemi legati allo stravolgimento delle condizioni atmosferiche e degli ecosistemi, 
recentemente, i media hanno riportato la notizia di misteriose morti di massa di uccelli e pesci, a migliaia, 
in molte parti del mondo, dall�Arkansas alla Svezia, Italia compresa (per una collazione degli principali 
episodi riferiti dalla stampa vedi: Collation of Dead Birds and Fish 06.01.2011, consultabile online su: 
http://www.dailynewsupdate.org/post/dead-birds-and-fish-timeline.html). La spiegazione di questo fenomeno 
� stata ricollegata a vari fattori (fulmini, uragani, spavento dei volatili suscitato dai fuochi d�artificio 
(Swedish birds �scared to death�: veterinarian www.thelocal.se/31262/20110105/). Dozens of 
crows fell from the sky in Maine, consultabile su: http://www.sott.net/articles/show/125470-Dead-birdsfalling-
from-the-sky-in-Maine; Pelicans Are Falling Out of the Sky (and Other Mysterious Mass Animal 
Deaths), consultabile su: http://ecosalon.com/pelicans-are-falling-out-of-the-sky-and-othermysterious-
mass-animal-deaths/; Truckloads of fish dying in the Murray River, Australia Report is from 
2009, situation is ongoing, su: http://www.dailytelegraph.com.au/news/truckloads-of-fish-dying-in-themurray/
story-e6freuy9-1111118907622; New Zealand, dicembre 2010, Penguins, petrels and other seabirds 
are dying in large numbers and washing up on our shores, says the Department of Conservation 
(DOC), NZ. http://www.newstalkzb.co.nz/newsdetail1.asp?storyID=188024 http://www.scoop.co.nz/stories/
AK1012/S00781/unusual-weather-conditions-causing-mass-death-among-seabirds.htm; North Carolina, 
USA. dicembre 2010. Large number of pelicans. Cause: presently unknown (awaiting results) 
http://www.enctoday.com/news/-86417-jdn--.html; Arizona, USA. 26 dicembre 2010, 70 plus bats. 
Cause - one theory is because it was �unseasonably warm� http://www.azcentral.com/news/articles/
2010/12/28/20101228tucson-70-dead-bats-found.html; http://azstarnet.com/news/local/crime/article_
0c307d8f-baf4-5a2f-ab95-93c7d846ff30.html; Illinois, USA. dalla fine di dicembre 2010 in poi, 
Multiple birds (estimate 50 - 100), clustered around a few households. Cause unknown: http://www.associatedcontent.
com/article/6185536/dead_birds_reported_by_residents_in.html?cat=8; Kentucky, USA. 
dicembre 2010. Lots of birds (seemed to fall only in this lady�s backyard) Cause unknown 
http://www.wpsdlocal6.com/news/local/Woman-reports-dozens-of-dead-birds-in-her-yard- 
112830524.html; Tennessee, USA. Estimated time of death last week of December 2010 120 blackbirds 
(very localised cluster). Cause unknown: http://www.wsmv.com/news/26379609/detail.html; Georgia, 
USA. 30 dicembre 2010. 3 rare cranes (all found together). Cause unknown: http://www.courierjournal.
com/article/20110105/NEWS01/301050085/Authorities+investigate+whooping+crane+deaths; 
Chile, South America, 2 gennaio 2011, Thousands of birds fall from the sky and die: http://www.youtube.
com/watch?feature=player_embedded&v=mrlH3BgKPxk; Manitoba, Canada, 3 gennaio 2010. 
10,000s of Birds Found Dead in Manitoba Cause : local reports suggest bird flu 
http://www.bbsradio.com/cgi-bin/webbbs/webbbs_config.pl?md=read;id=11811; Louisiana, USA. (Labarre) 
3 gennaio 2011. 500 blackbirds and starlings. Cause presently unknown: 
http://www.wbrz.com/news/hundreds-of-dead-blackbirds-found-near-new-roads/; Italy, around 3 gen-
310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
l�alterazione su larga scala degli ecosistemi ottenuta con altre tecniche potrebbe 
determinare (quanto ai rischi per la salute umana, limitatamente alla tecnica di 
raffreddamento della temperatura terrestre che implica l�uso di aerosol a base 
di fosfati, secondo uno studio dell�Organizzazione Mondiale della Sanit� risalente 
al 2006, l�inquinamento che ne deriva sarebbe causa di 500.000 morti 
premature all�anno (50)). 
Un modellamento preliminare delle metodiche di gestione della radiazione 
solare (SRM) suggerisce che, se i programmi di geoingegneria dovessero iniziare 
e poi essere fermati in modo brusco - eventualit� facile a verificarsi se 
l�insorgere di imprevisti lo imponesse - potrebbe aver luogo un rapido aumento 
delle temperature, estremamente pi� pericoloso per la vita della terra rispetto 
ad un eventuale loro aumento graduale. Inoltre, la riduzione della quantit� di 
luce solare, alterando la lunghezza d�onda della luce solare in ingresso, minerebbe 
alla base il processo naturale della fotosintesi clorofilliana, essenziale 
per la vita delle piante, esercitando un�influenza nefasta su tutta la catena alimentare. 
Un altro elemento di criticit� � stato recentemente rilevato anche dall�American 
Meteorological Society che, nella sua bozza di dichiarazione sulla geoingegneria, 
avverte come le proposte di ridurre la quantit� di sole che raggiunge 
la terra non si limiterebbero ad abbassare la temperatura ma potrebbero �... 
anche cambiare la circolazione globale, con potenziali gravi conseguenze, 
quali la modifica dei percorsi delle tempeste e degli schemi di precipitazione, 
in tutto il mondo. Tra l�altro, un cambiamento del clima indotto dall�uomo e le 
conseguenze derivate dall�alterazione del percorso della luce solare, quasi certamente, 
non sarebbero uguali per tutte le nazioni e per tutti i popoli, determinando 
l�insorgere di questioni di carattere etico, diplomatico, e preoccupazioni 
naio 2011, 300 doves. Cause unknown at this time http://www.geapress.org/ambiente/faenza-piovonotortore-
morte-foto/10282; Japan, 3 gennaio 2011. Multiple birds death. Suspected : avian flu: 
http://www.nytimes.com/2011/01/04/health/04global.html?_r=4; http://search.japantimes.co.jp/cgibin/
nn20101220a2.html; Sweden, 4 gennaio 2011. 50 - 100 jackdaws. Local vet theorises they were 
scared by fireworks, landed on a road and �didn�t know how to fly away from cars which hit them�: 
http://www.thelocal.se/31262/20110105/; East Texas, USA, 5 gennaio 2011. 200 birds found dead on a 
bridge. Theory: �Hit by cars�; http://www.allvoices.com/contributed-news/7800408-now-east-texasalso-
reports-hundreds-of-dead-birds. 
(50) Citazione dei dati OMS da P. J. CRUTZEN, Albedo enhancement by Stratospheric sulfur injections: 
a contribution to resolve a policy dilemma?, in Climate Change (Springer), n. 3-4 del 2006, 
vol. 77, pag. 211-219 �... L�aumento antropogenico delle concentrazioni di solfati raffredda, perci�, il 
pianeta, bilanciando una frazione incerta dell�aumento antropogenico del riscaldamento da gas serra. 
Tuttavia, questa fortunata coincidenza si �acquista� a caro prezzo. Secondo l�Organizzazione Mondiale 
della Sanit�, le molecole inquinanti hanno un impatto sulla salute e hanno provocato oltre 500.000 
morti premature all�anno in tutto il mondo� (�... Anthropogenically enhanced sulfate particle concentrations 
thus cool the planet, offsetting an uncertain fraction of the anthropogenic increase in greenhouse 
gas warming. However, this fortunate coincidence is �bought� at a substantial price. According to the 
World Health Organization, the pollution particles affect health and lead to more than 500,000 premature 
deaths per year worldwide (Nel, 2005)�).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 311 
legate alla sicurezza nazionale (51)�. 
Un ulteriore rilievo, da non sottovalutare, � che i metodi di gestione della 
radiazione solare (SRM) si preoccupano soltanto di rallentare o fermare il tasso 
di riscaldamento del pianeta - ammesso che ci�, come si � detto in premesse, 
continui ad essere un valido presupposto -, ma sembrano non curarsi di abbassare 
i livelli di CO2 e di altri gas serra dannosi presenti nell�atmosfera. Mirando 
esclusivamente ad impedire che una certa quantit� di radiazione solare raggiunga 
la terra, infatti, queste proposte affrontano i sintomi ma non le cause 
della concentrazione di CO2 nell�aria e, come affermato dagli scienziati indipendenti 
che hanno assunto posizioni critiche rispetto a queste tecnologie di 
frontiera, persino i loro pi� convinti sostenitori ammettono che gli aerosol a 
base di solfati sparsi nella stratosfera hanno molti effetti potenziali sconosciuti, 
oltre a quelli gi� appurati di danneggiamento allo strato di ozono (dovuti al 
fatto che le molecole di solfato nella stratosfera forniscono superfici aggiuntive 
che consentono ai gas clorurati, clorofluorocarburi e idrofluorocarburi, di reagire) 
(52). 
La capacit� di individuare come target le zone specifiche che richiedono 
una riduzione della luce solare (come le zone Artiche o Groenlandia, ad esempio) 
�, poi, altamente speculativa ed � probabile che le molecole di solfati o 
altri metalli verrebbero disperse altrove, con la conseguenza che in alcune regioni 
i livelli di precipitazione diminuirebbero (comՏ gi� accaduto nel passato 
allorch�, in seguito a grandi emissioni di molecole di solfato di origine vulcanica, 
alle latitudini tropicali si � verificato un arresto dei monsoni accompagnato 
da una grave siccit�), mentre in altre si determinerebbero delle inondazioni. 
Da segnalare, a proposito della gestione della radiazione solare attuata mediante 
diffusione nella stratosfera di particelle inquinanti a base di solfati per 
bloccare la radiazione solare, � il recentissimo meeting organizzato dalla Royal 
Society in Inghilterra il 4 aprile 2011 durante il quale, ancora una volta, pare 
sia emerso che gli scienziati considerano questa tecnica di geoingegneria come 
l'unica opzione praticabile (53). Alcuni tra i partecipanti (fisici, oceanografi, 
(51) American Meteorological Society, Geoengineering the Climate System, A Policy Statement 
of the American Meteorological Society (AMS Council, 20.07.2009), consultabile online su: 
http://www.ametsoc.org/policy/2009geoengineeringclimate_amsstatement.html 
(52) Tra i primi ad esprimere considerazioni critiche di carattere scientifico circa la validit� delle 
proposte di Geoingegneria va menzionata la famosa scienziata e attivista indiana Vandana Shiva la quale, 
con il lancio della campagna H.O.M.E. (Hands Off Mother Earth, Gi� le Mani dalla Terra), ha allertato 
l�opinione pubblica mondiale, generalmente poco informata su questi temi. 
(53) C. J. Hanley, Geoengineering: Scientists Debate Risks Of Sun-Blocking And Other Climate 
Tweaks To Fight Warming, 3 aprile 2011: �...Molte tecniche geoingegneristiche sulle quali si � riflettuto 
appaiono irrealizzabili o inefficaci... Quelle tecniche presentano, necessariamente limiti di scala, tuttavia, 
e incapaci di alterare il riscaldamento su tutto il pianeta. Un�idea sola che possiede quel potenziale � 
emersa. �Secondo la maggior parte dei resoconti, il contendente leader � (la tecnica n.d.r.) che impiega 
molecole di aerosol nella stratosfera�, ha affermato il climatologo John Shepherd della Southampton
312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ambientalisti, politici, avvocati, psicologi e un giornalista) hanno avvertito che 
questa dovrebbe essere comunque accompagnata da una forte riduzione delle 
emissioni di CO2, altrimenti lo strato degli inquinanti volontariamente immessi 
nella stratosfera per contrastare il riscaldamento globale dovrebbe essere 
mantenuto indefinitamente per bilanciare l'effetto dell'accumulo crescente di 
gas serra. Se questa operazione di gestione della radiazione solare dovesse essere 
bloccata all'improvviso, la temperatura terrestre si innalzerebbe considerevolmente 
all'improvviso. In ogni caso, durante la stessa riunione, � stato 
osservato che probabilmente dovremo dimenticarci i cieli blu (�... Hamilton 
observed. "We might never see blue sky again"...�). 
Per quanto concerne gli interventi sugli oceani, gi� oggetto di una moratoria 
ad hoc seguita alla constatazione della scarsa efficacia e della pericolosit� 
degli esperimenti di fertilizzazione effettuati su vaste aree marine (54), va pre- 
University in Gran Bretagna (Hamilton ha osservato: �Potremmo non vedere mai pi� i cieli blu�....� 
(�... Many geoengineering techniques they have thought about look either impractical or 
ineffective...Those techniques are necessarily limited in scale, however, and unable to alter planet-wide 
warming. Only one idea has emerged with that potential. "By most accounts, the leading contender 
is stratospheric aerosol particles," said climatologist John Shepherd of Britain's Southampton University 
(�...Hamilton observed: "We might never see blue sky again."...�); consultabile su: 
www.huffingtonpost.com/.../geoengineering-sun-blocking_n_844324.html -. 
(54) UNESCO, 2010. Ocean Fertilization- A scientific summary for policy makers: �... La fertilizzazione 
su larga scala potrebbe avere effetti indesiderati (e difficili da prevedere) non solo a livello 
locale, ovvero, il rischio di proliferazione di alghe tossiche, ma anche molto distanti nel tempo e nello 
spazio...�. In particolare, l�UNESCO, giudica sostanzialmente irrilevante la capacit� di contrasto del 
cambiamento climatico, rilevando che: �... Le stime circa l�efficacia complessiva di assorbimento del 
CO2 in seguito a fertilizzazione oceanica a base di ferro sono diminuite notevolmente (da 5 a 20 volte) 
negli ultimi 20 anni. Sebbene rimangano ancora delle incertezze, la quantit� di carbonio che pu� essere 
messa fuori circolazione per mezzo di questa tecnica, a lungo termine (decenni o secoli), sembrerebbe 
piuttosto piccola rispetto alle emissioni da carburanti fossili... Anche a voler utilizzare le stime pi� alte 
nel rapporto tra carbonio esportato ed efficacia di assorbimento atmosferico, la complessiva capacit� 
potenziale di rimozione del CO2 per mezzo di fertilizzazione oceanica � relativamente piccola. Perci�, 
calcoli recenti relativi alla capacit� di sequestro complessivo con imponenti sforzi di fertilizzazione in 
100 anni, rientrano in un range di 25-75 Gt (gigatonnellate) di carbonio, da porre a confronto con 
emissioni cumulative di circa 1.500 Gt di carbonio derivanti dalla combustione di carburanti fossili 
per lo stesso periodo, entro scenari economici simili� (�Large-scale fertilization could have unintended 
(and difficult to predict) impacts not only locally, e.g. risk of toxic algal blooms, but also far removed 
in space and time�. �...Estimates of the overall efficiency of atmospheric CO2 uptake in response to 
iron-based ocean fertilization have decreased greatly (by 5 � 20 times) over the past 20 years. Although 
uncertainties still remain, the amount of carbon that might be taken out of circulation through this technique 
on a long-term basis (decades to centuries) would seem small in comparison to fossil-fuel emissions...
Even using the highest estimates for both carbon export ratios and atmospheric uptake 
efficiencies, a the overall potential for ocean fertilization to remove CO2 from the atmosphere is relatively 
small. Thus recent calculations of cumulative sequestration for massive fertilization effort over 
100 years are in the range 25-75 Gt (gigatonnes) of carbon, in comparison to cumulative emissions of 
around 1,500 Gt carbon from fossil fuel burning for the same period under business-as-usual scenarios
�). Consultabile su: www.marcgunther.com/.../dumping-iron-probably-not-a-cool-idea/ 
La BBC riporta i dati di uno studio che rivela come la fertilizzazione degli oceani con polvere di ferro, 
implementata per assorbire CO2, potrebbe uccidere i mammiferi del mare (vedi: 
http://news.bbc.co.uk/2/hi/8569351.stm); inoltre, a proposito della sperimentazione di fertilizzazione
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 313 
liminarmente sottolineato che il fitoplankton � la base della catena alimentare 
marina. Il ferro pu� sicuramente provocare una crescita esponenziale del numero 
di micro alghe, ma la sua potenziale facolt� di cattura e di eliminazione 
del carbonio - come si � visto sub nota 54 - � dubbia. La lista degli effetti collaterali, 
in compenso, � alquanto lunga, dato che provocherebbe: carenza di 
ossigeno (anossia) nelle profondit� marine, generando le c.d. zone morte; distruzione 
dell�equilibrio degli ecosistemi marini, in particolare, della catena 
alimentare; uccisione dei grandi mammiferi; forte probabilit� che il rilascio 
di altri gas serra diversi dal CO2, come l�ossido di azoto, il metano e il gas dimetilsulfide 
(DMS) aumentino la formazione di nuvole, con conseguente alterazione 
del clima totalmente imprevedibile; potenziale impatto tossicologico, 
dovuto alla proliferazione di dinoflagellati (55) responsabili di gravi intossicazioni 
nel caso di fertilizzazione con l�urea e, infine, un potenziale peggioramento 
del problema dell�acidificazione delle acque. La fertilizzazione 
oceanica avrebbe, peraltro, effetti devastanti anche sui mezzi di sussistenza di 
popolazioni la cui economia dipende da sistemi marini sani. 
In ordine all�applicazione dei metodi di rimozione del CO2 (CDR), in 
particolare la cattura con il biochar, occorre ricordare che la geo-ingegneria, 
per definizione, implica interventi su scala planetaria; anche a voler sorvolare 
sulla questione di quale dovrebbe essere la provenienza di tutte le biomasse 
condotta da Lohafex, la stessa BBC riferisce che nonostante le sei tonnellate di ferro sparse su 300 chilometri 
quadrati nei Mari del Sud, i risultati sono stati assai modesti, in quanto dall�atmosfera � stata 
eliminata solo una piccola quantit� di CO2. Ci� nonostante, la societ� Climos intende procedere con 
una ulteriore sperimentazione su 40.000 chimetri quadrati (vedi R. BLACK, Setback for climate technical 
fix. The biggest ever investigation into "ocean fertilisation" as a climate change fix has brought modest 
results, 23.03.2009, consultabile su: http://news.bbc.co.uk/2/hi/7959570.stm). D. Wallace, del Leibniz- 
Institut fur Meereswissenschaften (IFM-GEOMAR), ha dichiarato che: � ...Le ricerche pubblicate suggeriscono 
che anche interventi di fertilizzazione degli oceani a base di ferro su larga scala 
rimuoverebbero solamente quantit� modeste di biossido di carbonio (CO2) dall�atmosfera in 100 anni� 
(�The published findings suggest that even very large-scale fertilization would remove only modest 
amounts of carbon dioxide from the atmosphere over 100 years"): consultabile, unitamente ad altri interessanti 
riferimenti, su: wattsupwiththat.com/.../ocean-fertilization-to-affect-climate-have-a-lowchance-
of-success/ -. Deve peraltro segnalarsi che, sin dal giugno del 2007, i consulenti scientifici delle 
Parti della Convenzione di Londra sul Diritto del Mare (UCLOS) avevano posto in dubbio la validit� 
degli esperimenti di fertilizzazione condotti sino ad allora e, soprattutto, espresso ufficialmente le proprie 
preoccupazioni sui suoi effetti collaterali (cfr.: International Marine Organization IMO, Ref. T5/5.01 
LC-LP.1/Circ.14, 13.07.2007 Statement of concern regarding iron fertilization of the oceans to sequester 
CO2, consultabile su: www.whoi.edu/.../London_Convention_statement_24743_29324.pdf -. Sul tema 
vedi anche l�articolo: Ocean Fertilization 'Fix' For Global Warming Discredited By New Research, consultabile 
su: http://www.sciencedaily.com/releases/2007/11/071129132753.htm. ScienceDaily (Nov. 30, 
2007).
(55) I dinoflagellati sono organismi unicellulari, flagellati, marini o di acqua dolce, rivestiti spesso 
da una corazza di placche cellulosiche. Possiedono caratteristiche sia animali (movimento, fotorecettori, 
eterotrofia inclusa la predazione) che vegetali (attivit� fotosintetica, presenza di pigmenti e cellulosa). 
Alcune specie hanno assunto recentemente una notevole importanza per la salute umana poich� producono 
tossine (neurotossine, epatotossine etc.) in grado di causare danni all'uomo ed ad altri organismi.
314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
necessarie per la sua applicazione, dunque, il rimedio potrebbe essere peggiore 
del male in quanto le polveri sottili generate dal biochar, sostanzialmente, sono 
fuliggine e, qualora questa dovesse esser soffiata via nell�atmosfera, potrebbe 
determinare un riscaldamento piuttosto che un raffreddamento del pianeta. 
L�impiego di piante geneticamente modificate per aumentare l�albedo e 
di alberi prodotti mediante biotecnologie o biologia sintetica per enfatizzare 
determinate caratteristiche che si suppongono utili nell�influenzare il clima, 
oltre a presentare tutte le problematiche legate ai danni per la biodiversit� e la 
salute umana ed ai rischi per la sicurezza alimentare gi� noti (56), comporta 
l�ulteriore incognita dovuta alla scala globale degli interventi. 
Nessuno conosce la quantit� di carbonio complessiva contenuta nel carbone 
e per quanto tempo possa rimanere confinata al suolo; aggiungere carbone 
pu� paradossalmente favorire il ritorno nell�atmosfera, sotto forma di 
CO2, del carbonio gi� presente nel suolo. Nel passato, in alcune zone gli agricoltori 
hanno tradizionalmente mescolato una certa quantit� di carbone con il 
compost ed altri residuati organici e che, in tal modo, sono stati creati, tra 
2.500 e 500 anni fa, suoli molto fertili come i terreni di Terra Preta nell�Amazzonia 
Centrale. Nessuno, tuttavia, ha mai carbonizzato vaste quantit� di biomasse 
sotterrandole per il breve periodo di tempo necessario a caratterizzare 
questa tecnica come un rimedio quick fix contro il riscaldamento globale. Il 
pericolo maggiore del biochar utilizzato per fini di geoingegneria, � l�ordine 
di scala richiesto perch� possa essere in qualche modo efficace: centinaia di 
milioni di ettari di terra dovrebbero essere sottratti all�agricoltura e sfruttati 
per nuove piantagioni destinate alla produzione delle quantit� di biochar necessarie. 
Direttamente o indirettamente, ci� significherebbe maggiore deforestazione, 
maggior distruzione di altri ecosistemi, maggior perdita di 
biodiversit� e una maggior quantit� di accaparramento di terra e di deportazioni 
di massa delle popolazioni indigene che abitano nelle foreste. 
Un altro importante profilo di criticit� � rappresentato dalla impossibilit� 
di testare i metodi di geoingegneria prima di implementarli: infatti, per definizione, 
la scala di intervento implicata � planetaria e non � possibile accedere 
ad alcuna fase sperimentale che possa avere un qualche valore significativo. 
Eventuali �esperimenti� o �prove sul campo� equivarrebbero di fatto alla im- 
(56) G.L., L�VEI, T. B�HN, e A. HILBECK, Biodiversity, ecosystem services and genetically modified 
organisms. TWN Biotechnology & Biosafety Series, 2010. Third World Network, Penang, Malaysia; 
V. SHIVA, Campi di battaglia. Biodiversit� e agricoltura industriale, edizioni Ambiente, 2009. L'agricoltura 
industriale si basa sul consumo intensivo di combustibili fossili, impiegati per produrre fertilizzanti 
e fitofarmaci. Se � vero che le applicazioni della chimica e della meccanizzazione all'agricoltura 
hanno assicurato rese che hanno soddisfatto la domanda alimentare crescente, il modello meccanicista 
ha iniziato a mostrare limiti evidenti. Le risposte - cibi modificati geneticamente, brevetti sulle sementi 
e sugli organismi e monocolture estreme - vanno nella direzione sbagliata, e rischiano di amplificare i 
danni gi� prodotti agli ecosistemi e alle popolazioni che li abitano.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 315 
plementazione massiccia di un dato metodo nel mondo reale, atteso che i test 
su piccola scala non sono in grado di fornire alcun dato realistico relativamente 
all�impatto sul clima (che potrebbe anche risultare irreversibile). 
Nella sua fase di gestione, poi, la geoingegneria pu� riservare degli effetti 
collaterali a sorpresa, dovuti a fallimenti di tipo meccanico, errore umano, inadeguata 
comprensione degli ecosistemi, della biodiversit� e del clima terrestre, 
imprevisti fenomeni naturali, irreversibilit� degli effetti di una data tecnica o 
interruzione dei finanziamenti. 
Per concludere, non pu� essere sottaciuto il fatto che procedendo in questa 
direzione si mercifica il clima e si innalza lo spettro della speculazione finanziaria 
sui problemi climatici. Tecnologie che possono seriamente alterare il 
pianeta non dovrebbero mai essere intraprese per motivi commerciali: se si 
dovesse decidere di ricorrere alla geoingegneria come �piano B� per risolvere 
i problemi del clima, la prospettiva che ci� sia riservato all�arbitrio di poche 
mani private si pu� dire, senza tema di smentita, inquietante. 
7. Il problema dei brevetti 
Non di poco momento � la questione dei diritti di propriet� intellettuale relativi 
alla �nuova� branca tecnologica di manipolazione del clima, sin qui discussa. 
ComՏ intuibile, il rilascio di brevetti a protezione delle metodiche di intervento 
geoingegneristico sugli ecosistemi per influire sul clima su scala planetaria 
pone il delicato problema della loro governabilit�. Infatti, lo strumento 
brevettuale, che si utilizza per proteggere la creazione intellettuale, � giuridicamente 
soggetto a un controllo di diritto pubblico che ne precede la concessione 
ma, una volta venuto in essere, ricade tipicamente all�interno di un 
regime normativo privatistico ed � quindi sottoposto alle leggi di mercato che 
reggono l�impresa e l�economia. Pertanto se - come adombrato nel Rapporto 
della Royal Society (57) -, un�emergenza climatica dovesse rendere necessario 
(57) Royal Society, Geoengineering... cit., pag. 56: �...Geoengineering methods are often presented 
as an emergency �backstop� to be implemented only in the event of unexpected and abrupt climate 
change, but this tends to focus attention primarily on methods which could be implemented rapidly, to 
the detriment of those with longer lead and activation times� (�... I metodi geoingegneristici spesso 
sono presentati come un �backstop� emergenziale da implementarsi solo nel caso in cui si verificasse un 
cambiamento del clima inaspettato e improvviso, ma questo fatto tende a focalizzare l�attenzione in via 
primaria sui metodi che possono essere implementati rapidamente, a detrimento di quelli che implicano 
tempi di attivazione pi� lunghi�); e anche pag. 59: �... SRM methods should not be applied unless there 
is a need to rapidly limit or reduce global average temperatures. Because of uncertainties over side effects 
and sustainability they should only be applied for a limited period and accompanied by aggressive 
programmes of conventional mitigation and/or CDR, so that their use may be discontinued in due 
course� (�... I metodi SRM non dovrebbero trovare applicazione a meno che si verifichi la necessit� di 
limitare o ridurre rapidamente le temperature medie globali. A causa delle incertezze sui loro effetti 
collaterali e la loro sostenibilit�, dovrebbero trovare applicazione solo per periodi limitati e dovrebbero 
essere accompagnati da programmi aggressivi di mitigazione convenzionale e/o CDR - rimozione del 
biossido di carbonio, n.d.r. - , in modo che il loro uso possa essere interrotto a tempo debito�.
316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
il ricorso a tecniche geoingegneristiche, le determinazioni sul bene comune 
�clima� sarebbero di fatto alla merc� del settore privato o di un singolo stato, 
con tutte le immaginabili conseguenze anche di carattere politico e diplomatico 
che ci� comporterebbe per gli effetti transfrontalieri tipici di alcune tecniche 
(58).
Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno molte preoccupazioni su chi controller� 
la geoingegneria e le sue tecnologie e perci� hanno finanziato degli 
studi per esaminare le possibili opzioni dirette alla loro governance (59). Il 
compito � stato affidato a due comitati tecnici (rispettivamente, la Camera dei 
Comuni nel Regno Unito e il Comitato per la Scienza e la Tecnologia della 
Camera dei Rappresentanti negli USA) i quali, pur trovandosi a diversi stadi 
di approfondimento della materia, hanno ritenuto strategica la loro collaborazione 
anche per le importanti implicazioni di carattere internazionale della 
questione. 
Il Comitato britannico per la Scienza e la Tecnologia presso la Camera 
dei Comuni, riferendosi al potere dei diritti di propriet� intellettuale di conformare 
gli sviluppi e l�uso di queste tecnologie altamente rischiose e, allo 
stesso tempo, potenzialmente molto redditizie - e, quindi, ai pericoli che potrebbero 
derivarne se si affidasse la loro circolazione esclusivamente al mercato 
-, ha proposto che sia meglio regolamentare la geoingegneria come bene 
pubblico. Tuttavia ha anche riconosciuto che gli investimenti sarebbero minimi 
in assenza di un regime di propriet� intellettuale (60). 
(58) Vedi anche A. HEAL, Managing Plan B: The Security Challenges of Geoengineering, in Harvard Kennedy 
School Review - Ed. 2011, consultabile su: isites.harvard.edu/icb/icb.do?keyword=k74756...icb... 
(59) The Regulation of Geoengineering - Science and Technology Committee, 5th Report Session 
2009-2010, Annex: Joint Statement of the U.K. and U.S. Committees on Collaboration and Coordination 
on Geoengineering, pubblicato a Londra il 18.03.2010 e consultabile su: www.parliament.the-stationery-
office.co.uk/pa/cm200910/.../221/221/pdf (ultima consultazione 07.04.2011). Nella Dichiarazione 
Congiunta dei Comitati Britannico e Statunitense sulla Coordinazione e Collaborazione in materia di 
Geoingegneria innanzi citata, si d� atto che nell�aprile del 2009, quando avvenne l�incontro a Washintgton 
(sede in cui venne deciso l�avvio di una collaborazione stabile tra i due paesi) con il suo omologo 
statunitense, il Comitato britannico per la Scienza e la Tecnologia presso la Camera dei Comuni aveva 
gi� prodotto un rapporto, Engineering: turning ideas into reality (HC (2008-09) 50-I, March 2009), che 
si concludeva con la raccomandazione al Governo U.K. di sviluppare un programma di finanziamenti 
pubblici sulla ricerca geoingegneristica (para 217). Il successivo rapporto The Regulation of Geoengineering, 
pubblicato nel marzo del 2010, contiene una discussione punto per punto dei cosiddetti �Principi 
di Oxford�, elaborati da un gruppo di esperti della materia. Gli USA, invece, nella Dichiarazione Congiunta 
si sono impegnati ad elaborare un Rapporto che, prendendo le mosse dai rapporti gi� pubblicati 
nel Regno Unito, riunisca i dati della ricerca congiunta per poi sottoporli al Congresso per l�adozione 
di un pacchetto legislativo che autorizzi �... Gli Stati Uniti ad impegnarsi nella ricerca geoingegneristica 
a livello federale e internazionale� (�... the United States to engage in geoengineering research at the 
Federal and international level�). 
(60) The Regulation of geoengineering..., op. cit., pag. 31: �... I principi in materia di diritti di 
propriet� intellettuale devono essere inquadrati in modo tale da non scoraggiare gli investimenti in tecnologie 
geoingegneristiche. Senza investimenti privati, alcune tecniche geoingegneristiche non saranno 
mai sviluppate� (�... Principle on intellectual property rights must be framed in such a manner that it
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 317 
La questione se sia opportuno che la geoingegneria venga classificata 
come bene pubblico (61) � stata affrontata anche da una recente ricerca indipendente 
in cui � stata, innanzitutto, valutata la situazione dei brevetti geoingegneristici 
nel panorama statunitense. In questa ricerca viene evidenziato che 
la dinamica in atto ricalca in pieno lo schema gi� adottato dalla grande industria 
globale nel settore delle biotecnologie (sostenuto, all�epoca, dal consapevole 
rifiuto di legiferare ad hoc da parte del Congresso USA e dalla 
protezione delle nuove tecnologie mediante il sistema ordinario dei brevetti, 
lasciate in balia del mercato), che attualmente � oggetto di numerose accuse 
motivate sulla considerazione che, oltre a lavorare contro l�interesse pubblico, 
quel modus operandi ha provocato una stagnazione dell�innovazione nel settore. 
L�esito della ricerca ha inoltre evidenziato che, sebbene sinora negli USA 
siano stati rilasciati relativamente pochi brevetti, a partire dal 2009-2010 si � 
verificato un impressionante aumento delle domande, anche da parte di soggetti 
stranieri. Inoltre, soggetti statunitensi gi� detentori o in attesa del rilascio 
di brevetti geoingegneristici, hanno presentato le loro domande anche in altri 
paesi (Europa, Giappone, ecc.). Ulteriori dati emersi dalla ricerca riguardano 
la tendenza dei brevetti esistenti ad assicurare coperture molto ampie - prevalentemente 
su ciascun nuovo �processo� tecnologico, piuttosto che sul �prodotto�-, 
e la concentrazione dei titoli in poche mani, anche in favore di entit� 
non direttamente operanti (NPEs). 
La circostanza che siano stati concessi dei brevetti basati su descrizioni 
generiche comporta un duplice ordine di problemi. Da un lato, infatti, viene 
does not deter investment in geoengineering techniques. Without private investment, some geoengineering 
techniques will never be developed�). 
Per un quadro d�insieme dei punti chiave relativi a diritti di propriet� intellettuale e regolamentazione 
della geoingegneria come bene pubblico, si rinvia al Memorandum incorporato a pag. 107, Ev 45, del 
Rapporto. 
(61) S. PARTHASARATHY, C. AVERY, N. HEDBERG, J. MANNISTO, M. MAGUIRE, A Public Good? Geoengineering 
and Intellectual Property (Science, Technology, and Public Policy Program 22/09/2010) STPP Working 
Paper 10-1, consultabile su: www.umt.edu/ethics/EthicsGeoengineering/Workshop/.../Chris%20Avery.pdf. 
I risultati della ricerca preliminare sul panorama dei brevetti di geoingegneria rilasciati negli USA ha rivelato 
l�esistenza di: �...1) diversi livelli di attivit� tra differenti tipi di geoingegneria; 2) una recente rapida 
crescita nella richiesta di brevetto per le tecnologie di geoingegneria; 3) un linguaggio molto generico 
nei brevetti, probabilmente per coprire innovazioni future; 4) concentrazione della propriet� dei brevetti 
tra pochi soggetti; 5) brevetti posseduti da entit� che non applicano direttamente queste tecnologie 
(non-practicing entities NPE�s); e 6) brevetti di geoingegneria rilasciati agli inventori da diversi uffici 
brevetti in tutto il mondo� (�... Analyzing the Geoengineering Patent Landscape. A preliminary investigation2 
of the geoengineering patent landscape reveals the following findings: 1) different levels of activity 
between different types of geoengineering; 2) a recent rapid increase in patent applications 
covering geoengineering technologies; 3) broad patent language, likely covering many future innovations; 
4) concentration of patent ownership among a few entities; 5) patents owned by non-practicing 
entities (NPE�s); and 6) geoengineering patents issued by multiple patent offices to inventors across the 
world� (pag. 2).
318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
impedito l�ulteriore sviluppo di tecnologie potenzialmente utili e, in tal modo, 
si accresce il rischio che i pochi detentori nelle cui mani si concentra la propriet� 
di brevetti strategici possano avere il controllo del clima e degli usi e 
sviluppi futuri della tecnologia derivata, in aperto contrasto con la nozione di 
interesse pubblico. Dall�altro, esiste il rischio concreto che applicazioni apparentemente 
non collegate alla geoingegneria, che dovrebbero essere di esclusivo 
appannaggio governativo per le implicazioni legate alla sicurezza 
nazionale, possano trovarsi sotto il controllo di soggetti privati. A tale proposito, 
la ricerca citata ricorre all�esempio del metodo di gestione della radiazione 
solare con specchi nell�alta atmosfera per raffreddare la terra, menzionato nel 
Rapporto della Royal Society, e il brevetto USA n. 5.041.834 (62) che copre 
un metodo simile ma in realt� molto diverso dal primo per il suo grande potenziale 
offensivo militare. 
Su queste premesse, la ricerca condotta ha proposto l�adozione di un sistema 
di brevetti sui generis modellato sul tipo ideato per l�energia atomica 
negli USA (63), anche per la geoingegneria. Entrambe le tecnologie, infatti, 
presentano i tratti caratteristici comuni della globale pericolosit�, della potenziale 
irreversibilit� degli effetti e della vulnerabilit� agli appetiti monopolistici 
da parte di gruppi di potere di vario tipo. Ci� consentirebbe ai governi di esercitare 
un maggiore controllo in favore degli interessi pubblici da proteggere 
evitando, nel contempo, che i possessori di brevetto dotati di grande potere finanziario 
possano sacrificare beni comuni non rinnovabili per favorire gli interessi 
speculativi a breve termine, comՏ gi� accaduto nel settore 
biotecnologico. Tutte queste tecniche, comunque, sono intrinsecamente transfrontaliere 
e, mancando attualmente qualunque forma di regolamentazione, 
dovrebbero essere meditate e disciplinate con accordi internazionali multilaterali. 
Un piccolo accenno merita, infine, una categoria a s� di brevetti anch�essi 
(62) KOERT, PETER (1991, August 20). �Artificial ionospheric mirror composed of a plasma layer 
which can be tilted.� Patent 5,041,834; citazione in nota su A public Good? Geoengineering..., op. cit., 
pag. 16
(63) S. PARTHASARATHY, C. AVERY, N. HEDBERG, J. MANNISTO, M. MAGUIRE, A Public Good? Geoengineering 
and Intellectual Property cit., pag. 10-11 �... Sia la geoingegneria che l�energia atomica 
sono tecnologie ad alto rischio e a potenziale alto rendimento economico: il loro impatto, positivo e 
negativo, � di portata globale e se dovesse procurare danni, questi sarebbero irreversibili. Soprattutto, 
la geoingegneria in quanto campo scientifico necessita di urgente attenzione e di sviluppo focalizzato, 
dato che la cornice temporale entro la quale queste tecnologie potrebbero essere impiegate con successo 
potrebbe essere breve... Organizzazioni private come Climos o Silver Lining project, perci�, stanno gi� 
andando avanti con le loro ricerche, facendo riferimento alla necessit� di affrontare immediatamente 
il cambiamento climatico� (�... Both geoengineering and atomic energy are high risk technologies with 
the potential for a high reward; their impacts, positive and negative, are global in scope and if either 
does damage, it is likely to be irreversible. Moreover, geoengineering as a scientific field needs urgent 
attention and focused development, as the window of time during which these technologies can successfully 
be deployed may be brief.... Private organizations such as Climos and the Silver Lining Project 
are therefore already going ahead with their own research, citing the need to immediately address climate 
change (Wood 2009)�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 319 
riconducibili alla �mistica dell�ingegneria ambientale�, che riguarda alcune 
coltivazioni geneticamente modificate (64). Le principali compagnie sementiere 
e agrochimiche stanno accumulando centinaia di brevetti per assicurarsi 
il monopolio dei cosiddetti geni �pronto-clima� che, in teoria, dovrebbero essere 
capaci di garantire alla piante una resistenza a vari stress ambientali quali 
siccit�, calore, freddo, inondazioni, salinit� dei suoli ed altre condizioni 
estreme (purtroppo, oggi sappiamo che le alte perfomance degli OGM promesse 
in passato sono rimaste sulla carta, mentre l�onere dei problemi di varia 
natura causati dal loro impiego � stato trasferito agli agricoltori e alle popolazioni 
locali). L�ampiezza della protezione accordata da alcuni brevetti � impressionante, 
posto che con un solo brevetto una compagnia pu� assicurarsi il 
monopolio di numerose variet� vegetali. 
Il focus sui cosiddetti geni �pronto clima� (climate-ready) rappresenta 
per l�agrobusiness globale un�opportunit� unica per imporre l�accettazione 
delle coltivazioni OGM, nonostante gli ultimi studi ne confermino la pericolosit� 
per la salute umana e animale (65) e per l�ambiente, in quanto vengono 
presentate come un rimedio strategico per contrastare il cambiamento climatico. 
(64) ETC Group, Patenting the �Climate Genes�� And Capturing the Climate Agenda, 
13.05.2008 su: www.etcgroup.org/en/node/687. Secondo la ricerca le multinazionali BASF, Monsanto, 
Bayer, Syngenta, Dupont insieme ai loro partner biotech, avrebbero depositato 532 domande di brevetto 
(per un totale di 55 famiglie di brevetti) sui cosiddetti geni �pronto-clima� (climate ready), presso gli 
uffici brevetti di vari paesi. Di fronte al caos climatico e con l�aggravarsi della crisi alimentare, �i giganti 
dei geni� stanno usando un�offensiva di Pubbliche Relazioni per presentarsi come i paladini dell�agricoltura. 
Oltre agli uffici brevetti statunitense ed europeo, i corrispondenti uffici dei grandi produttori 
alimentari (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Messico e Sud Africa) sono inondati di richieste 
di brevetti. Monsanto e BASF (il maggior produttore di sostanze chimiche al mondo), hanno unito le 
forze per progettare piante resistenti agli stress climatici, attraverso l�ingegneria genetica. Insieme, queste 
due grandi compagnie possiedono 27 famiglie di brevetti, sulle 55 identificate dalla ricerca di ETC 
Group.
(65) G.-E. S�RALINI, R. MESNAGE, E. CLAIR, S. GRESS, J. DE VEND�MOIS, D. CELLIER, Genetically 
modified crops safety assessments: present limits and possible improvements, in Environmental Sciences 
Europe, (Springer) Marzo 2011. 
La ricerca ha passato in rassegna 19 studi su mammiferi alimentati a soia e mais geneticamente modificati 
in commercio che rappresentano, per tratto (genetico) e per pianta, oltre l�80 % di tutti gli OGM 
ambientali coltivati su larga scala dopo esser stati modificati per diventare resistenti ai pesticidi, o per 
produrli. I dati grezzi riguardano test durati 90 giorni su ratti ottenuti a seguito di azioni giudiziarie o di 
richieste ufficiali e sono comprensivi dei parametri biochimici del sangue e delle urine dei mammiferi 
allevati a OGM, con numerosi casi di pesatura degli organi e risultati istologici. Molti dati convergenti 
sembrano indicare problemi al fegato e ai reni come punto finale degli effetti della dieta a base di OGM 
specificatamente, ai reni nei maschi, e al fegato nelle femmine. Sebbene 90 giorni siano insufficienti 
per valutare la tossicit� cronica, i segni rilevati sui reni e sul fegato potrebbero essere indicativi della 
malattia cronica. Tuttavia, non esiste alcun test obbligatorio su alcuno degli OGM coltivati su larga scala 
che prescriva una durata minima, e ci� � socialmente inaccettabile sotto il profilo della tutela della salute 
del consumatore. Ad avviso degli Autori, le ricerche dovrebbero quindi essere migliorate, prolungate e 
rese obbligatorie, e soprattutto dovrebbero focalizzarsi sugli ormoni sessuali e sulla salute riproduttiva 
per pi� generazioni.
320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
La questione � stata posta e dibattuta in occasione della nona Conferenza 
delle Parti della Convenzione sulla Diversit� Biologica a Bonn (19-30 maggio 
2008) e della Conferenza di Alto livello sulla Sicurezza Alimentare Mondiale, 
Sfide del Cambiamento Climatico e Bioenergia (3-5 giugno 2008), in cui � 
stato richiesto che i governi sospendano il rilascio di brevetti su geni e su tratti 
genetici �pronto clima�. Considerata la portata del rischio per la biodiversit� 
che deriverebbe dal loro impiego ed il potenziale pericolo per la sicurezza alimentare 
globale - dato che, tra l�altro, si tratta di ritrovati tecnologici che hanno 
ancora bisogno di essere testati adeguatamente -, in quel contesto � stato anche 
proposto che le strategie di sopravvivenza e adattamento al cambiamento climatico 
di matrice contadina tradizionale, che possono vantare millenni di esperienza, 
ottengano un riconoscimento del proprio status e siano incoraggiate e 
valorizzate. 
A proposito di quanto avviene nel panorama delle sementi biotecnologiche 
non pu� essere tralasciata la menzione della coincidenza, quantomeno singolare, 
della messa in commercio di variet� vegetali geneticamente modificate 
per resistere all�alluminio e ad altri metalli tossici (66), presumibilmente impiegati 
come aerosol a fini geoingegneristici (67). 
(66) Vedi l�articolo Toxicity-Resistant Crops, in Technology Review pubblicato dal MIT, 2.10.2008 
e consultabile su: www.technologyreview.com/biomedicine/21454/-. Vedi anche F. ZEPEDA, J. CAVALIERI, 
A, P. ZAMBRANO, Delivering Genetically Engineered Crops to Poor Farmers, 2009, pubblicato dall�International 
Food Policy Research Institute (IFPRI) �... Una nuova generazione di colture geneticamente 
modificate mira ad alleviare questa pressione attraverso il miglioramento di coltivazioni per l�alimentazione 
di base - come la cassava, il sorgo e il miglio - che incorporano tratti - genetici, n.d.r.- come la 
tolleranza alla siccit�, all�acqua, e all�alluminio nel suolo, cos� come piante con migliore utilizzo dell�azoto 
e del fosforo� � ... A new generation of genetically engineered (GE) crop research aims to alleviate 
these pressures through the improvement of subsistence crops - such as cassava, sorghum, and 
millet - that incorporate traits such as tolerance to drought, water, and aluminum in soils as well as 
plants with more efficient nitrogen and phosphorus use. However, many developing countries lack the 
necessary biosafety systems for a timely and cost-effective adoption. This brief focuses on the regulatory 
reforms necessary for farmers and consumers in developing countries to benefit from GE crops�, consultabile 
su: http://www.monsanto.co.uk/news/ukshowlib.phtml?uid=14393. 
Per una prospettiva dalla parte degli agricoltori biologici, vedi: B.H. PETERSON, Chemtrails and Monsanto�s 
New Aluminum Resistance Gene � Coincidence?Why did Monsanto Develop an Aluminum Resistance 
Gene?, consultabile su: http://farmwars.info/?p=2927 
(67) In proposito occorre segnalare che numerosi cittadini ed organizzazioni della societ� civile, 
in tutto il mondo, si sono interrogati sull�inspiegabile presenza di quantit� massicce di alluminio, bario 
ed altri inquinanti nell�aria, nell�acqua e persino sulla neve appena caduta al suolo. La presenza di tali 
particelle tossiche sarebbe confermata da numerose analisi di laboratorio, commissionate in via autonoma 
e sarebbe da attribuirsi agli aerosol antropogenici, sempre pi� evidenti nei cieli. Preoccupati per il ruolo 
che l�intossicazione da alluminio sembrerebbe svolgere nell�insorgenza del morbo di Alzheimer, si sono 
rivolti alle Autorit� competenti per chiedere delucidazioni ottenendo, tuttavia, solo vaghe rassicurazioni. 
L�associazione Geoengineeringwatch afferma l�esistenza di �... una enorme quantit� di dati, test di laboratorio, 
foto e video provenienti da tutto il mondo, che rendono possibile trarre la conclusione che la
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 321 
8. Conclusioni 
Premesso che il presente scritto non ha alcuna pretesa di completezza ma 
intende semplicemente presentare un tema di grande rilievo per i suoi potenziali 
riflessi sulla vita delle persone e di tutte le creature viventi, non � facile 
trarre delle considerazioni conclusive dai pochi elementi di geoingegneria sin 
qui tratteggiati. A livello istituzionale, peraltro, lo scenario comincia appena a 
delinearsi e le informazioni disponibili al pubblico sono, a dir poco, lacunose, 
rendendo arduo all�osservatore il compito di formulare ipotesi ed esprimere 
orientamenti sulla base di conoscenze parziali, frammentarie e, talvolta, contraddittorie. 
Tuttavia, si possono ordinare i vari tasselli noti e tentare di ricomporli 
entro un quadro unitario. 
Per iniziare, come argomentato in precedenza, sul fronte dell�analisi 
scientifica vi � incertezza perfino sulla reale sussistenza del fenomeno conosciuto 
come �riscaldamento globale�, che dovrebbe legittimare il ricorso alla 
geoingegneria. Rimanendo in ambito scientifico, la querelle sulle possibili 
cause del fenomeno del riscaldamento del pianeta e dei suoi andamenti ciclici 
non sembra mostrare segni di composizione, anzi, pare aggravarsi con il passare 
del tempo. 
Neppure risulta chiaro se i governi che hanno aderito al Protocollo di 
Kyoto siano sinceramente preoccupati di preservare condizioni ambientali che 
rendano possibile la continuazione della vita sulla terra (il che, implicherebbe 
la volont� di agire seriamente per ripristinare la qualit� dell�aria, dell�acqua e 
dei suoli), oppure, se, in verit�, preferiscano rimanere inerti finch� non diventer� 
indispensabile ricorrere alla geoingegneria come "... espediente che si 
diffusione di aerosol � stata ed � una perdurante e letale realt�. La presenza di alluminio, bario e altri 
elementi chimici � stata comprovata da test condotti sulla superficie dell�acqua e su campioni di aria e 
di terra in misura pari a centinaia o migliaia di volte superiore rispetto ai livelli ammessi dalla Agenzia 
di Protezione Ambientale - EPA... (�....Volumes of data, lab tests, photos and video footage, from all 
over the globe, make clear the conclusion that aerosol spraying has been an ongoing lethal reality�) ... 
I brevetti di geoingegneria per la diffusione di aerosol descrivono l�attivit� di vettori arerei (jet) che 
spruzzano aerosol con funzione di scie riflettenti che si espandono per formare delle nubi. Il primo elemento 
tra gli aerosol oggetto del brevetto rilasciato alla Hughes Welsbach � l�alluminio (la descrizione 
del brevetto � disponibile per esteso su: http://patft.uspto.gov/netacgi/nphParser?Sect1=PTO1&Sect2=HITOFF&
d=PALL&p=1&u=/netahtml/PTO/srchnum.htm&r=1&f=G&l=50&s1=5,003,186.PN.&OS=PN/ 
5,003,186&RS=PN/5,003,186). Altri brevetti riguardano aerosol a base di bario, zolfo, stronzio ed 
altro� (�... Aerosol spray geoengineering patents describe jet aircraft dispersing aerosols as reflective 
contrails that expand into clouds. The primary aersol in the Hughes Welsbach patent is aluminum. Other 
patents call for barium, sulfur, strontium and a host of other potential atmospheric additives�), consultabile 
su: http://www.geoengineeringwatch.org/. Vedi anche: I. S. PERLINGIERI, Worldwide Environmental 
Crisis. Gone Missing: The Precautionary Principle, in Global Research, Febbraio 2009, consultabile 
su: www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=12268. Vedi anche I. S. PERLINGIERI, Heavy Metals 
Poisoning, Brain Injury, and Clandestine Weather Modification Programs, su: http://rense.com/general90/
metc.htm; D. Perl, Uptake of aluminum into the central nervous system along nasal-olfactory 
pathways, Lancet 1:1028, 1987.
322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
serve di tecnologia aggiuntiva per contrastare effetti non desiderati senza eliminarne 
la causa prima� (68). 
Assai incerta, inoltre, risulta la questione se la sperimentazione o meno 
di una o pi� tecniche di geo-ingegneria sia gi� stata effettivamente praticata 
ed in quale misura. Infatti, mentre da un lato le autorit� governative e scientifiche 
generalmente lasciano intendere, in modo rassicurante, che le discussioni 
sul tema sono di tenore astratto e che riguardano eventualit� che ipoteticamente 
potrebbero presentarsi in un non precisato momento futuro (il piano �B�, insomma, 
nel caso in cui i governi non riuscissero a perseguire gli obiettivi stabiliti 
nel Protocollo di Kyoto e relativi programmi di azione), dall�altro, in 
alcuni casi, hanno iniziato ad ammettere in modo vago che qualche intervento 
di manipolazione, su piccola scala � gi� stato effettuato (cfr. supra, nota n.11). 
L�atteggiamento minimizzante delle istituzioni nominate, tuttavia, stride 
(68) Questa preoccupazione � stata espressa molto chiaramente. Vedi, ad esempio, M. G. LAWRENCE, 
The Geoengineering Dilemma: To Speak or not to Speak, in Climatic Change, Volume 77, n. 
3-4, 2006, pag. 247: �... Sono state espresse molte preoccupazioni sulla possibile futura applicazione 
della geoingegneria su larga scala. Particolarmente preoccupante � il fatto che potrebbe essere usata 
come pretesto per non ridurre le emissioni di gas serra, nel qual caso ne discende che l�intensit� di 
qualsivoglia sforzo geoingegneristico - cio�, la quantit� di solfati iniettati nella stratosfera ogni anno 
- dovrebbe anch�essa aumentare per stare al passo con l�accumulazione prolungata di gas serra...� (�... 
Many concerns have been expressed about the possible future application of widespread geoengineering. 
Especially worrisome is that it could end up being used as an excuse for not needing to reduce greenhouse 
gas emissions, in which case it follows that the intensity of any geoengineering efforts (e.g., the 
amount of sulfur injected into the stratosphere per year) would also need to increase to keep pace with 
accumulating, long-lived greenhouse gases...); pag. 246: �... Inoltre, dovrebbe essere tracciata una 
chiara linea di demarcazione tra gli esperimenti su piccola scala abbastanza vasti da fornire dati statistici 
significativi, e ci� che li travalica, per impedire che il concetto di �scienza� venga utilizzato per 
camuffare tentativi unilaterali di intraprendere sforzi geoingegneristici su larga scala ...� (�...Furthermore, 
a clear line will need to be drawn between allowed scientific experiments which are small-scale 
yet large enough to have statistically significant signals, and what goes beyond this, so that �science� 
cannot be used as camouflage for unilateral attempts to undertake largescale geoengineering efforts...�). 
Vedi anche A. HEAL, Managing Plan B: The Security Challenges of Geoengineering in Harvard Kennedy 
School Review - Ed. 2011, consultabile su: http://isites.harvard.edu/icb/icb.do?keyword=k74756&pageid=
icb.page414554 
�... Pi� sinistre e convincenti sono le campagne di lobbying delle corporations a supporto della geoingegneria 
come rimedio poco costoso, conveniente ed efficace, al cambiamento climatico. I produttori 
di carburanti fossili potrebbero spingere i governi su questa via come alternativa alla riduzione delle 
emissioni su larga scala, che metterebbero in pericolo i profitti. Nelle societ� poco inclini a porre in 
essere i sacrifici necessari a ridurre il carbonio, la proposta di soluzioni immediate - quick fix- potrebbe 
esercitare un forte richiamo. L�Istituto Americano d�Impresa per le Politiche Pubbliche di Ricerca, per 
lungo tempo contrario alle restrizioni all�impresa in nome della protezione ambientale, ha gi� fatto 
riunire dei comitati a supporto della opzione SRM -Gestione della Radiazione solare- � (�... More sinister 
and plausible are corporate lobbying campaigns in support of geoengineering as a cheap, cost-effective 
�solution� to climate change. Fossil fuel producers might push governments down this route as an alternative 
to wide-scale emissions reductions that would endanger profitability. In societies unwilling to 
make the hard sacrifices necessary to cut carbon, this vision of a quick fix could have strong appeal. 
The American Enterprise Institute for Public Policy Research, long opposed to constraints on business 
in the name of environmental protection, has already convened panels on the SRM option�).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 323 
con le evidenze raccolte da singoli cittadini e da numerose associazioni della 
societ� civile - praticamente in tutti i paesi NATO, ma soprattutto negli USA 
e in Canada, a partire dai primi anni �90 del secolo scorso (cfr. nota 66 e anche 
l�importante lavoro di documentazione svolto da ricercatori indipendenti (69)) 
-, che presentano una situazione assai diversa rispetto a quella ufficialmente 
rappresentata. Stride anche con i resoconti relativi alla morte inspiegabile di 
varie migliaia di volatili e di pesci (vedi nota 49, par. 6) e con quelli resi pubblici 
dall�Organizzazione Mondiale della Sanit� sin dal 2006, relativamente 
all�impatto di alcuni esperimenti, consistenti nell�impiego di aerosol stratosferici, 
sulla �... prematura dipartita di almeno 500.000 persone all�anno in 
tutto il mondo� (P. Crutzen, Max Plank Institute, vedi nota 50): apparirebbe 
quantomeno strano se questi dati ufficiali, raccolti evidentemente prima del 
2006, fossero frutto di attivit� e di ricerche ignote ai governi e, certamente, 
non appare trascurabile la coincidenza dell�improvvisa comparsa sul mercato 
di sementi geneticamente modificate proprio per resistere alla presenza di alcuni 
degli elementi chimici contenuti negli aerosol inquinanti che verrebbero 
irrorati per aumentare l�albedo (azoto, alluminio e fosforo ed altro, vedi nota 
n. 67). 
Fermo restando che vi sarebbe da domandarsi, con una discussione aperta 
al pubblico, se sia davvero possibile combattere il CO2 e gli altri gas serra 
presenti nell�atmosfera, ormai assurti al rango di principali responsabili del 
cambiamento climatico, mediante tecniche CDR o mediante irrorazione massiccia 
di altre sostanze inquinanti per anni o addirittura per secoli (70), rimane 
anche da chiarire come mai sia stato possibile addirittura pensare di candidare 
all�ammissione nel Clean Development Mechanism per generare carbon credit 
la tecnica geoingegneristica di fertilizzazione degli oceani, che consiste nella 
diffusione di decine di tonnellate di polvere di ferro o altri elementi chimici 
sui mari della terra (71). 
(69) S. I. PERLINGERI, Chemtrails: An Updated Look at Aerosol Toxin - Part 1, consultabile su: 
www.carnicominstitute.org/perlingieri.html 
(70) Royal Society, Geoengineering, op. cit., pag. 20: �....L�attuale tasso di rilascio di CO2 imputabile 
alla sola combustione di carburanti fossili � pari a 8.5 GtC/anno, pertanto, perch� gli interventi 
CDR possano avere effetto, sarebbero necessarie attivit� su larga scala -parecchie GtC/anno-, mantenute 
per decenni o, pi� probabilmente, per secoli� (�....The current CO2 release rate from fossil fuel 
burning alone is 8.5 GtC/yr, so to have an impact CDR interventions would need to involve large-scale 
activities (several GtC/yr) maintained over decades and more probably centuries�). 
(71) Persino tra i sostenitori delle nuove tecnologie, eminenti scienziati (hanno espresso le loro 
perplessit� su questo punto �....It may also be sensible to add to Cicerone�s recommendation a further 
general moratorium against open-market economic gain from geoengineering applications, as discussed 
by Chisholm et al. (2001) and Lawrence (2002) with respect to proposals for CO2 reduction through 
oceanic iron fertilization�, vedi M.G. LAWRENCE, op. cit., pag. 246. 
Anche la UK Royal Society, nel suo Rapporto Geoenginering...cit., pag. 5, fa riferimento a questa particolare 
circostanza: �...Recentemente, questo � diventato un tema (di discussione n.d.r.) dato che le organizzazioni 
hanno mostrato interesse nelle potenzialit� di interventi come la fertilizzazione degli oceani
324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Alla luce di questi rilievi, � difficile non qualificare come vagamente retorica 
la domanda cui si impegnano a dar risposta gli sforzi congiunti dei comitati 
scientifici britannico e statunitense innanzi nominati laddove, il secondo, 
con la propria indagine, si propone di chiarire: �... A quali condizioni gli USA 
dovrebbero prendere in considerazione di iniziare la ricerca o di attuare effettivamente 
la geoingegneria? (72)�. 
Correlativamente, occorre domandarsi se sia stata presa in considerazione, 
ed eventualmente in quale misura, l�esistenza di altre opzioni che imprimerebbero 
una svolta positiva anche al problema delle emissioni di inquinanti 
nell�acqua, nell�aria e nel suolo restituendo, nel contempo, fertilit� e vitalit� 
agli ecosistemi e ricreando il ciclo dell�acqua. 
Il caso dell�agricoltura � emblematico, a questo riguardo, ed � perfetto 
per illustrare come un approccio ideologico, meccanicistico, riduzionista, 
frutto di una visione frazionata della realt�, promuova sulla Natura degli interventi 
miopi che sinora hanno avuto come esito finale l�aggravarsi di molte 
situazioni negative cui si sarebbe voluto rimediare. 
nella cattura di carbonio e nella possibilit� di qualificarsi come carbon credit, con certificazione nell�ambito 
del Clean Development Mechanism del Protocollo di Kyoto. Il coinvolgimento commerciale 
negli esperimenti sulla fertilizzazione degli oceani ha provocato una rapida e vivace reazione da parte 
delle comunit� politiche e scientifiche internazionali e da parte delle organizzazioni ambientaliste non 
governative (NGO)� (�....Recently, this has become an issue as organisations have shown interest in 
the potential of interventions such as ocean fertilisation to capture carbon and qualify for carbon credits 
through certification under the Clean Development Mechanism of the Kyoto Protocol. Commercial involvement 
in ocean fertilisation experiments has provoked a rapid and vocal response from the international 
political and scientific communities and environmental non-governmental organisations 
(NGOs)�). Come chiarito da H.O.M.E. �... Le imprese coinvolte nelle attivit� di fertilizzazione oceanica 
sono sia commerciali che scientifiche e negli ultimi vent�anni sono stati effettuati almeno 13 esperimenti 
in tutti gli oceani del mondo. Un esperimento condotto nel 2007 vicino alle isole Galapagos dalla statunitense 
startup Planktos Inc. � stato interrotto grazie a una campagna internazionale della societ� civile. 
La societ� vendeva gi� quote di CO2 on-line e la societ� CEO ha riconosciuto che le sue attivit� di 
fertilizzazione oceanica erano da considerarsi �esperimento di business� tanto quanto �esperimento 
scientifico� � (�...There are both commercial and scientific ventures involved in ocean fertilization and 
at least 13 experiments have been carried out in the world�s oceans over the past 20 years. A 2007 experiment 
near the Galapagos Islands by U.S. start-up Planktos, Inc. was stopped because of an international 
civil society campaign (See example, below.) The company was already selling carbon offsets 
on-line and the company�s CEO acknowledged that its ocean fertilization activities were as much a �business 
experiment� as a �science experiment��), consultatibe su: http://www.handsoffmotherearth.org/learnmore/
what-is-geoengineering/ocean-fertilization/ 
(72) Royal Society, Regulation of Geoengineering, op. cit. Annex: Joint Statement of the U.K. 
and U.S. Committees on Collaboration and Coordination on Geoengineering, op. cit: � ... Il Comitato 
USA sta esaminando tematiche concernenti la ricerca e lo sviluppo delle proposte di geoingegneria, 
focalizzando la propria indagine sulle seguenti domande: in quali circostanze gli Stati Uniti dovrebbero 
iniziare la ricerca o la piena attuazione della geoingegneria?� (� ...The U.S. Committee is examining 
issues regarding the research and development of geoengineering proposals, focusing their inquiry on 
the following questions: Under what circumstances would the U.S. consider initiating research or the 
actual deployment of geoengineering?�) su: http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200910/cmselect/
cmsctech/221/22111.htm
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 325 
Il settore agricolo, pur essendone il maggior responsabile, raramente viene 
posto in relazione con le emissioni di biossido di carbonio (CO2) e di altri gas 
serra. Ancor pi� di rado, ovviamente, lo si associa alla geoingegneria, sebbene 
alcune forme di produzione agricola industriale rientrino all�interno della categoria 
�interventi sul clima� discussi nel Rapporto della Royal Society (si 
tratta della produzione di biomasse per biochar, delle piantagioni a monocoltura 
di alberi geneticamente modificati, coltivazioni per biocarburanti, ecc.). 
Secondo quanto riferito dalle associazioni ecologiste pi� responsabili, il 
Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) stima che l�agricoltura 
industriale sia responsabile delle emissioni di gas serra globali in misura 
pari al 14% (73) a causa della deforestazione necessaria al reperimento 
di nuove terre da sfruttare e della sua dipendenza dai carburanti fossili lungo 
tutta la filiera produttiva. A questi dati iniziali occorre aggiungere la quota di 
emissioni dovuta al sistema industriale alimentare nel suo complesso (includendo, 
cio�, anche la catena di distribuzione: i trasporti, l�energia necessaria 
alla refrigerazione, gli imballaggi ed il metano derivato dai rifiuti urbani). La 
somma di tutte queste fonti di produzione di gas serra, raggiunge una percentuale 
che va dal 44 al 57% delle emissioni globali (74). 
Durante le negoziazioni che avvengono periodicamente nell�ambito della 
Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) questo dato di 
fatto viene regolarmente ignorato, mentre le parti si limitano a discutere l�incremento 
della �produttivit�� agricola di tipo industriale, su larga scala, aumentandone 
artificialmente il valore per mezzo dello sfruttamento delle 
potenzialit� come carbon sink (il bilancio netto tra la quantit� di carbonio assorbita 
ed emessa, generalmente ottenuta facendo ricorso a monoculture a crescita 
rapida). Ovviamente, ci� comporta maggiore deforestazione per far 
spazio a nuove monocolture, maggior impiego di fitofarmaci, maggior consumo 
d�acqua: in una parola, alimenta il circolo vizioso. 
Uno studio molto importante - specie per l�autorevolezza dei riferimenti 
e delle fonti dati (75) su cui � basato - ha dimostrato che sostenendo un sistema 
agricolo ecocompatibile fondato sulla biodiversit� e praticato in piccole unit� 
produttive autosufficenti, entro 50 anni, si potrebbe ottenere la cattura dell�attuale 
eccesso di CO2 nell�atmosfera fino a due terzi, risolvendo contemporaneamente 
il problema dell�erosione dei suoli agricoli grazie all�aumento della 
materia organica fertile nella misura di 60 tonnellate per ettaro. Contemporaneamente, 
verrebbe preservata la diversit� dei tratti genetici nelle sementi e 
(73) ETC Group, Geopiracy..., op.cit., pag. 15; GRAIN, The Climate Crisis is a Food crisis. Small 
farmers can cool the planet - A way out of the mayhem caused by the industrial food system, dicembre 
2009, consultabile su:http://www.grain.org/o/?id=93 
(74) ETC Group, Geopiracy..., op. cit, pag 15. 
(75) GRAIN, The Climate Crisis is a Food crisis, List of references http://www.grain.org/m/?id=275
326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
negli animali da cortile, e dunque la loro capacit� adattiva, elementi, questi, 
indispensabili per garantire la sicurezza alimentare in condizioni di instabilit� 
climatica. Verrebbero, inoltre, risolti una serie di altri nodi problematici che 
travagliano il mondo (76). Come il titolo della ricerca suggerisce, la crisi climatica 
� una crisi alimentare e per risolverla, molto probabilmente, occorrerebbero 
piccoli agricoltori e sovranit� alimentare (77). 
Non � detto che le proiezioni dello studio citato siano da ritenersi assolutamente 
infallibili, come nulla pu� ritenersi tale, tuttavia, l�esempio � certamente 
utile per dimostrare alcune cose. 
La prima � che proposte di questo tipo, generalmente in linea con il sapere 
tradizionale e con le esigenze dei paesi del Sud del mondo, negli ambienti accademici 
istituzionali vengono generalmente dismesse con sufficienza e, sinora, 
non hanno avuto la forza di imporsi politicamente. La seconda � che, 
dei due paradigmi a confronto, quello di cui � espressione lo studio menzionato 
(78) e quello proprio dei �geoingegneri�, il primo nasce da un approccio olistico 
ai problemi e propone interventi capaci di suscitare effetti benefici a cascata, 
ad ampio spettro, di lunga durata e a basso costo, mentre il secondo, 
tipico del modello scientifico dominante e spesso ostaggio del mercato, non 
riesce ad affrontare pi� di un problema per volta come, del resto, esplicitamente 
dichiarato nel Rapporto della Royal Society �... Studies show that it is 
not generally possible to accurately cancel more than one aspect of climate 
change at the same time...� (79). Inoltre, richiede enormi sforzi economici in 
termini di ricerca e sviluppo, (oltre ai costi delle �esternalit� negative� generalmente 
non incluso nei calcoli iniziali), e pone le condizioni perch� si determinino 
degli effetti collaterali indesiderati da risolvere a loro volta i quali, alla 
fine, aggravano la situazione fino al punto di distruggere la coerenza interna 
e la capacit� di autoriparazione del sistema. 
Nel caso della geo-ingegneria, la cui piena implementazione, va ricordato, 
implica interventi su scala planetaria, le �esternalit� negative� potrebbero essere 
definitive. 
� molto importante che le grandi decisioni che riguardano la base naturale 
dei diritti umani fondamentali siano frutto della partecipazione pi� vasta pos- 
(76) GRAIN, The Climate Crisis is a Food crisis...., cit. 
(77) Sul punto mi permetto di rinviare al mio Sovranit� e diritto dei giudici, in Rassegna Avvocatura 
dello Stato, n. 2 del 2010, pag. 342 e ss. 
(78) GRAIN, The climate crisis is a food crisis Small farmers can cool the planet - A way out of 
the mayhem caused by the industrial food system (La crisi climatica � una crisi alimentare. I piccoli 
agricoltori possono raffreddare il pianeta - Una via d�uscita dal caos causato dal sistema alimentare 
industriale), su: www.grain.org/o_files/climatecrisis-presentation-11-2009.pdf. 
(79) Royal Society, Geoengineering..., op. cit. pag. 50: �Studies show that it is not generally possible 
to accurately cancel more than one aspect of climate change at the same time, but there are serious 
deficiencies in the ability of current models to estimate features such as precipitation and storms, with 
corresponding uncertainties in the effects of SRM on such features�.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 327 
sibile di tutte le parti coinvolte e non vengano riservati in via esclusiva ai governi 
e ai circuiti tecnico-scientifici pi� intaprendenti, ed altrettanto importante 
� che voci e visioni plurali abbiano pari dignit� d�ascolto, quando si tratta di 
affrontare questioni che riguardano commons come l�aria, l�acqua, lo spazio, 
gli ecosistemi, compreso quello climatico, e la radiazione solare, che sono patrimonio 
di tutti gli abitanti del pianeta. 
L�imposizione al mercato e ai governi di una pausa di riflessione prima 
di consentire interventi di manipolazione �geoingegneristica� del clima su 
scala globale, decisa nel contesto multilaterale delle Parti della Convenzione 
sulla diversit� Biologica in applicazione del principio di precauzione, a Nagoya, 
va quindi salutata con estremo favore e si spera possa suscitare il dibattito 
e la partecipazione della societ� civile con l�attenzione che il tema in 
questione merita. 
328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
La mediazione civile e commerciale 
di cui al d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 
Francesca Scaramuzza* 
SOMMARIO: 1.- Introduzione 2.- Mediazione e conciliazione 3.- L�obbligo di informativa 
4.- L�obbligo di mediazione 5.- Mediazione e giudizio arbitrale 6.- Il problema delle spese di 
lite 7.- Art. 7 e �Legge Pinto� 8.- Valutazione complessiva dell�istituto. 
1. Introduzione 
Il nuovo istituto della mediazione nelle controversie civili e commerciali, 
previsto dal d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (pubblicato in G.U. del 5 marzo 2010 
n. 53), costituente l�attuazione della legge delega contenuta nell�art. 60 della 
legge 18 giugno 2009 n. 69, si inserisce a pieno titolo fra i mezzi alternativi 
per la risoluzione delle controversie altrimenti detti ADR (acronimo anglosassone 
che sta per �Alternative Dispute Resolution�). 
La finalit� del d.lgs. n. 28 del 2010 � quella di agevolare la composizione 
delle liti attraverso un procedimento denominato mediazione che operi stragiudizialmente 
cercando di risolvere la controversia ed evitando il pi� lungo 
e costoso iter dinanzi all�autorit� giudiziaria. 
La normativa in commento rappresenta anche l�attuazione della Direttiva 
comunitaria 2008/52 del 21 maggio 2008, che deve essere recepita dai Paesi 
membri entro il 21 maggio 2011 e che disciplina la mediazione e la conciliazione 
per le controversie trasfrontaliere, cio� per le controversie in cui una 
delle parti ha la residenza o il domicilio in un Paese dell�Unione europea diverso 
da quello dell�altra parte. Non a caso la delega di cui al cit. art. 60 della 
l. 69 del 2009 stabiliva che la disciplina del caso dovesse essere redatta �nel 
rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria�. 
E� d�uopo segnalare immediatamente che la nuova disciplina � entrata in 
vigore il 20 marzo 2010, salvo per quel che riguarda il tentativo di mediazione 
obbligatorio di cui all�art. 5 primo comma del d.lgs. in oggetto, la cui applicazione 
� postergata di 12 mesi successivi alla data di entrata in vigore del 
provvedimento (cio� 12 mesi a partire dal 20 marzo 2010). 
Va, preliminarmente, precisato che il decreto in esame insiste essenzialmente 
sul concetto di mediazione distinguendolo da quello di conciliazione. 
2. Mediazione e conciliazione 
La mediazione � concepita come il procedimento diretto all�eventuale 
conciliazione della lite e, quindi, alla sua sottrazione alla cognizione dell�au- 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 329 
torit� giudiziaria. Tanto risulta dalla rubrica del testo di legge nella quale si 
parla di �mediazione finalizzata alla conciliazione�. 
Ci� appare, del resto, confermato dalle indicazioni di cui all�art. 1 del decreto, 
nel quale la mediazione � indicata come �l�attivit�� svolta da un terzo 
imparziale�, finalizzata alla �composizione� di una controversia o comunque 
per la �formulazione di una proposta� per la risoluzione della stessa (lett. a). 
La conciliazione, invece, � definita come �la composizione� della controversia 
avutasi a seguito dello svolgimento della mediazione (lett. c). In sostanza, 
pu� esservi mediazione senza conciliazione, qualora la prima non riesca a raggiungere 
l�accordo fra le parti. 
La legge in commento prevede due tipi di mediazione che possono precedere 
il ricorso all�autorit� giudiziaria, l�una facoltativa e l�altra obbligatoria, 
oltre a un modello spurio che potrebbe definirsi mediazione ope iudicis. 
La mediazione facoltativa � praticabile per tutte le controversie di cui all�art. 
2, e cio� per ogni controversia civile o commerciale relativa a diritti disponibili. 
Risultano escluse, quindi, la materia penale, tributaria e amministrativa, 
salvo per quest�ultima l�ipotesi in cui si tratti di rapporti posti in essere iure 
privatorum fra il privato e la pubblica amministrazione. Ci� perch�, nell�ultimo 
dei casi sopra segnalati, siamo pur sempre nell�ambito civilistico, dato che la 
questione dedotta in giudizio, ancorch� uno dei poli ne sia la P.A., nasce pur 
sempre da un rapporto di diritto privato. 
La mediazione facoltativa richiede che l�avvocato, posto di fronte a una 
delle controversie di cui al cit. art. 2, debba informare previamente il cliente 
della possibilit� di avvalesi del procedimento di mediazione, pena l�annullabilit� 
del contratto d�opera ove il giudizio non sia stato preceduto dalla citata informativa. 
La mediazione obbligatoria, invece, si attua in tre ipotesi: 
1) la prima, che si potrebbe definire ope legis, riguarda una serie di controversie, 
dettagliatamente indicate nel primo comma dell�art. 5 e cio� controversie 
�in materia di condominio, di diritti reali, successioni ereditarie, patti 
di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante 
dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilit� medica e da 
diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicit�, contratti bancari, 
assicurativi e finanziari�. 
Emerge, ictu oculi che non possono essere oggetto di mediazione obbligatoria 
le controversie relative ai diritti di credito derivanti da fattispecie contrattuali 
non incluse tra quelle previste dal primo comma, come ad esempio la 
compravendita. 
2) La seconda ipotesi in cui la mediazione � obbligatoria, � prevista dal 
quinto comma dell�art. 5 e concerne il caso della c.d. clausola di mediazione o 
conciliazione, relativa, cio�, a quella ipotesi in cui la mediazione o la clausola 
di mediazione siano previste in un contratto oppure nello statuto o nell�atto co-
330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
stitutivo di un ente. In tale caso, non si pu� promuovere il giudizio e neppure 
un eventuale arbitrato se prima non si fa luogo alla mediazione e alla conciliazione. 
3) La terza ipotesi, che potrebbe definirsi ope iudicis e che Mandrioli (1) 
chiama �delegata�, � prevista dal secondo comma dell�art. 5, il quale consente 
al giudice, anche in appello, purch� prima della precisazione delle conclusioni, 
di invitare le parti a procedere alla mediazione. 
Per comprendere quali siano le conseguenze dell�inottemperanza alla normativa 
sulla mediazione, bisogna innanzitutto distinguere l�obbligo di informazione 
delle parti della possibilit� o dell�obbligo di avvalersi del previo 
tentativo di mediazione, dal procedimento di mediazione stesso. 
3. L�obbligo di informativa 
L�obbligo di informazione � disciplinato dall�art. 4 terzo comma del decreto 
e vale per tutti i procedimenti aventi ad oggetto le materie di cui all� art. 
2, tanto se la mediazione � facoltativa, quanto se � obbligatoria, indipendentemente 
dal tipo di rito utilizzato (ordinario, sommario, camerale, cautelare). L� 
obbligo di informativa vale, dunque, anche per i procedimenti di cui al terzo e 
quarto comma dell�art. 5, per i quali ha dei limiti o appare addirittura escluso 
il procedimento di mediazione obbligatoria. 
Le conseguenze della mancata informativa sono duplici: 
- la prima �: il giudice che verifica la mancata allegazione del documento 
all�atto introduttivo segnala alla parte la facolt� di chiedere la mediazione. La 
segnalazione non � legata ad un particolare momento del giudizio, n� tanto 
meno alla prima udienza e vale tanto per la mediazione facoltativa, quanto per 
quella obbligatoria; 
- la seconda conseguenza � che la mancata informativa determina l�annullabilit� 
del contratto d�opera tra il professionista e il cliente. Trattasi, come 
si � detto, di annullabilit� e non di nullit�, per cui l�unico che pu� avvalersene 
� il cliente, con la conseguenza che, se quest�ultimo non lo fa, perch� non vuole 
ricorrere alla mediazione, il giudizio prosegue senza conseguenze. 
Se invece il cliente, a seguito della segnalazione del giudice, si avvale 
dell�annullabilit� perch� intende sfruttare la mediazione, il giudice dovr� consentirgli 
il ricorso a tale strumento, per cui dovr� �bloccare� il giudizio per dare 
modo alla parte di porre in essere il procedimento di mediazione. Il modus procedendi 
altro non pu� essere che quello previsto dalla seconda parte del primo 
comma dell�art. 5, il quale � �malamente ricollegato alla sola mediazione obbligatoria, 
ma non pu� non valere anche per la mediazione facoltativa� (2). 
(1) C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile (a cura di G. Carratta), Torino 2010, pag. 397. 
(2) Cos� G.F. RICCI, Diritto Processuale Civile, Appendice di Aggiornamento, Torino, 2010.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 331 
4. L�obbligo di mediazione 
Diverso dall�obbligo di informativa � invece l�obbligo di mediazione, allorch� 
esso riguardi alcune delle controversie previste dall�art. 5 primo comma 
del decreto. 
In proposito pu� avvenire che l�avvocato non dia luogo all�informativa 
di cui all�art. 4, terzo comma e la controversia che gli � dato di risolvere rientri 
fra quelle di cui al cit. art. 5 comma primo. In tal caso, la proposizione della 
domanda giudiziale senza il ricorso alla previa mediazione rende il giudizio 
improcedibile (art. 5 co. 1). Tuttavia, il rilievo del vizio � ancorato a specifiche 
preclusioni, nel senso che l� eccezione del convenuto e l�eventuale rilievo del 
giudice debbono avvenire �non oltre la prima udienza�. Ci� significa che se 
l�improcedibilit� non � rilevata nei termini, il giudizio prosegue e l�obbligatoriet� 
del tentativo di conciliazione viene meno. Restano, per�, gli effetti della 
mancata informativa al cliente di cui all�art. 4 terzo comma. 
Pu� anche verificarsi che l�avvocato ritenga che la controversia sia tra 
quelle che richiedono una mediazione facoltativa ed avvertire il cliente di conseguenza, 
mentre il caso rientra nelle ipotesi di cui all�art. 5 primo comma. In 
tale situazione, ove il vizio non sia rilevato oltre la prima udienza, le conseguenze 
sono analoghe a quelle gi� viste per il ricorso alla mediazione ed il 
rinvio del giudizio si ha solo se il cliente lo desidera. Non si potr�, per�, parlare 
di annullabilit� del contratto perch� essa � prevista solo per la mancata informativa, 
non per un�informativa erronea. 
Bisogna tenere presente che il mancato ricorso alla mediazione pu� risolversi 
in un danno per la parte, specie nel caso di rischio di soccombenza 
della medesima nel giudizio. Dunque, cos� come � evidente che la parte che 
vincer� la causa non avr� interesse ad eccepire il difetto dell�informativa e 
l�invalidit� del contratto, � altrettanto evidente un suo interesse a rilevare il 
vizio se per caso risulti soccombente, mentre la mediazione avrebbe potuto 
fargli ottenere un risultato pi� soddisfacente. Ne consegue che gli effetti del 
difetto di informativa non sono destinati a consumarsi nell�ambito del processo, 
ma possono permanere anche dopo la sua chiusura quando si siano risolti 
in uno svantaggio anche potenziale per la parte. Non � necessario che 
questa dimostri che la mediazione gli avrebbe fatto ottenere un risultato migliore 
di quello ottenuto nel processo, essendo sufficiente l�astratta possibilit� 
che ci� avrebbe potuto in qualche modo verificarsi. 
L�altra modalit� di mediazione � quella ope iudicis: indipendentemente 
dalla volont� della parte di avvalersi o meno della mediazione facoltativa o 
dal caso della mediazione obbligatoria, l� art. 5 secondo comma prevede che, 
tanto nel corso del giudizio di primo grado, quanto in appello, il giudice �valutata 
la natura della causa, lo stato dell�istruzione e il comportamento delle 
parti� pu� �invitare� le stesse a procedere alla mediazione, purch� prima dell�udienza 
di precisazione delle conclusioni o, se questa non � prevista, prima
332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
della discussione della causa�. Trattasi di una mediazione ufficiosa o �delegata�. 
Se le parti aderiscono all�invito, il giudice procede assegnando alle parti 
il termine di 15 giorni per iniziare il procedimento e rinviando l�udienza ad 
una data successiva alla scadenza del termine di cui all�art. 6. 
La situazione contemplata nel secondo comma dell�art. 5 non va confusa 
n� con la mediazione obbligatoria, n� con l�ipotesi prevista dal terzo comma 
dell�art. 4 in cui il giudice, accortosi della mancata informativa al cliente, pu� 
segnalare allo stesso la possibilit� di avvalersi della mediazione durante tutto 
il corso del processo (e quindi anche oltre le preclusioni di cui all�art. 5 primo 
comma). 
Infatti, la citata ipotesi di cui all�art. 4 riguarda il caso in cui sia mancata 
l�informativa al cliente e tale informativa viene data dal giudice. La situazione 
in esame, invece, sembra prescindere dal fatto che l�avviso sia stato o meno 
dato o che la mediazione sia stata rifiutata (se facoltativa) o non abbia avuto 
esito (se obbligatoria) ed attribuisce, indipendentemente da tutto ci�, la facolt� 
al giudice, anche in sede di gravame, di consentire alle parti di potersi avvalere 
ex novo della mediazione rifiutata o che non ha sortito effetto. 
Ci� � dimostrato dall�inciso contenuto nel secondo comma dell�art. 5, il 
quale precisa che tale disposizione si applica �fermo restando quanto previsto 
dal comma 1� dell�articolo. In sostanza il giudice pu� sempre disporre d�ufficio 
la possibilit� di avvalersi della mediazione. Si noti anche la differenza 
con quanto previsto dall�ult. comma dell�art. 4, ove si dice che il giudice, il 
quale si accorge della mancata informativa, rende nota alla parte la possibilit� 
di accedere alla mediazione, mentre nel dispositivo del secondo comma dell�art. 
5 si legge tutt�altra dicitura, cio� il giudice pu� invitare. 
Non c� � dunque una semplice informativa ma un invito a procedere al 
tentativo stragiudiziale di componimento della lite, invito peraltro che non obbliga 
le parti. In sostanza si potrebbe riassumere la questione in questi termini: 
- ove l�avvocato abbia dato inizio alla lite senza la dovuta informativa al 
cliente il giudice pu� in ogni momento del giudizio informare la parte della 
possibilit� di chiedere la mediazione; 
- ove la mediazione sia obbligatoria e non vi sia stata informativa o vi sia 
stata informativa erronea, se la questione � sollevata anche d�ufficio non oltre 
la prima udienza, si deve far luogo al tentativo obbligatorio di mediazione; 
- se invece � sollevata successivamente, al tentativo di mediazione si acceder� 
solo se la parte lo richiedesse; 
- infine, ove vi sia stata corretta informativa e la parte abbia rifiutato la 
mediazione facoltativa o il tentativo di mediazione obbligatoria non abbia 
avuto successo, � sempre una facolt� del giudice invitare nuovamente le parti 
ad effettuare la mediazione, compatibilmente per�, questa volta, con i parametri 
indicati dalla legge relativi alla natura della causa, allo stato dell�istruzione 
e al comportamento delle parti. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 333 
5. Mediazione e giudizio arbitrale 
Uno dei problemi che si pongono � quello di vedere se le regole sull�informativa 
della possibilit� di avvalersi della mediazione e sul tentativo obbligatorio 
di mediazione, valgano anche per il processo arbitrale, dato che pure 
con l�arbitrato si risolvono controversie �civili e commerciali�. Il problema 
non � di facile soluzione dato che l�art. 4 terzo comma, nell�imporre l�obbligo 
dell�informativa al cliente, lo ricollega alla generica dizione del �conferimento 
dell�incarico� per risolvere la controversia, il che potrebbe astrattamente riferirsi 
anche alla domanda arbitrale. E� vero che nello stesso comma si fa successivamente 
riferimento alla domanda giudiziale, ma solo per ci� che 
riguarda i casi in cui la mediazione � condizione di procedibilit� della domanda, 
cio� i casi di mediazione obbligatoria. 
Nonostante la genericit� della formula, � per� da ritenere che l�informativa 
e l�applicabilit� della mediazione non valgano per l�arbitrato. I dati letterali 
non contano, perch� sarebbe assurdo ritenere che l�avvertimento nel caso 
di giudizio arbitrale dovesse valere solo per la mediazione facoltativa e non 
per quella obbligatoria. Un elemento decisivo per decidere la questione pu� 
comunque essere ricavato dal successivo quinto comma dell�art. 5 il quale � 
l�unico a menzionare l�arbitrato ma lo fa solo in riferimento alla citata ipotesi 
in cui questo muova da contratto, da uno statuto o da un atto costitutivo di un 
ente che preveda la mediazione come obbligatoria. 
In tali casi, anche l�arbitrato va preceduto dal tentativo di mediazione. 
La conferma di ci� si evince anche dal fatto che, mentre il citato art. 5 comma 
4 menziona il giudice e l�arbitro, l�art. 4 comma 3 (sulla mediazione facoltativa) 
e l�art. 5 comma 1 (sulla mediazione obbligatoria che non sia legata alla 
fattispecie del quinto comma) fanno rifermento solo al giudice come organo 
risolutivo delle liti. Infatti, il primo comma dell�art. 5 prevede che il mancato 
esperimento del previo tentativo di mediazione obbligatoria �pu� essere rilevato 
anche d�ufficio dal giudice non oltre la prima udienza�. 
Nella stessa prospettiva il terzo comma dell�art. 4 afferma che qualora 
l�informativa non sia stata effettuata dall�avvocato �il giudice informa la parte 
della facolt� di chiedere la mediazione�. Ne consegue che tanto la mediazione 
facoltativa, quanto quella obbligatoria, non legata alle condizioni di cui al 
quinto comma dell�art. 5, sembrano ricollegabili solo al giudizio dinanzi all�autorit� 
giudiziaria e non a quello arbitrale. In ci� vi � probabilmente una 
ragione, data dal fatto che la mediazione � un istituto predisposto essenzialmente 
per la deflazione della domanda di giustizia e per provvedere ad una 
sollecita decisione delle controversie. 
Fini questi risolti entrambi anche dal giudizio arbitrale che, da un lato, 
elimina il contenzioso di fronte al giudice ordinario e dall�altro garantisce rapidi 
tempi decisori. Onde non avrebbe senso imporre anche per esso la previa 
mediazione, tranne nei casi di cui al quinto comma dell�art. 5, in cui tale ob-
334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
bligo sia stato previsto negli atti scritti contemplati dalla norma espressamente 
anche per il giudizio arbitrale. 
Da ci� dovrebbe ricavarsi quanto segue: per l�inizio di un eventuale giudizio 
arbitrale non vՏ l�obbligo della previa mediazione, neppure nei casi in 
cui essa � obbligatoria, salva l�ipotesi in cui tale obbligo non sia imposto da 
un contratto oppure da uno statuto o un atto costitutivo di un ente, dai quali 
l�arbitrato prende vita (tanto in conseguenza di compromesso che di clausola 
compromissoria). 
Di conseguenza, nel caso di arbitrato, l�avvertimento di cui all�art. 4, 
terzo comma, va tutt�al pi� fatto solo per le ipotesi di cui sopra e non anche in 
quelle generali degli artt. 4 e 5 primo comma. 
In ogni caso, a ben guardare, neppure in tali ipotesi sembra obbligatorio 
l�avvertimento del legale, sia perch� di fronte all�arbitro la parte pu� stare in 
giudizio anche personalmente e sia soprattutto perch� il comma quinto dell�art. 
5 si limita a prevedere, per le ipotesi sopra menzionate, che il giudice o l�arbitro 
diano ingresso all�omesso o non concluso tentativo di conciliazione, ma 
nulla di pi�. A ci� si aggiunga il fatto che i casi di cui al quinto comma dell�art. 
5 debbono essere pur sempre relativi a diritti disponibili e quindi rientranti necessariamente 
nel caso dell�art. 4 terzo comma, il quale non contempla affatto 
l�obbligo di informativa al cliente nel caso di giudizio arbitrale. 
6. Il problema delle spese di lite 
Se l�esito della lite corrisponde al contenuto della proposta, la parte che 
l�ha rifiutata, anche se vincitrice, non ha diritto al rimborso delle spese di lite 
maturate dopo la formulazione della proposta ed � condannata anche al rimborso 
di quelle sostenute dalla parte avversa relative a tale periodo. Inoltre, � 
condannata al pagamento a favore del bilancio dello Stato di un�ulteriore 
somma corrispondente al contributo unificato dovuto. Ancora, a suo carico restano 
le spese per l�indennit� corrisposta al mediatore (art. 23 primo comma). 
Insomma, in tal caso la parte vincitrice in giudizio che aveva rifiutato la proposta 
paga tutte le spese del processo e quelle del procedimento di mediazione, 
in aggiunta al contributo unificato appena menzionato. Inoltre, poich� il testo 
dell�art. 13 del decreto fa salva l�applicabilit� dell�art. 96 c.p.c., che importa 
la condanna del soccombente per lite temeraria, �riesce davvero difficile capire 
come far� il giudice a districarsi nella regolamentazione delle spese di lite� (3). 
Il secondo comma della norma prevede l�ipotesi che il provvedimento 
del giudice non corrisponda interamente al contenuto della proposta. In tal 
caso, il giudice, �se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni da indicare esplicitamente 
in motivazione pu� escludere la ripetizione da parte del vincitore 
(3) G.F. RICCI, op. cit.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 335 
dell�indennit� da lui corrisposta al mediatore e del compenso dovuto all�esperto� 
(secondo comma). In sostanza, in questa seconda ipotesi, la parte 
vincitrice si trova a non poter recuperare le spese corrisposte per la mediazione. 
Secondo parte della dottrina la disposizione non sembra aver molto senso perch�, 
se la sentenza � difforme dalla proposta, significa che la proposta era sbagliata 
ed allora la regolamentazione delle spese dovrebbe essere quella 
generale dell�art. 91 e seguenti c.p.c. 
Inoltre, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell�art. 13 non si applicano 
al giudizio arbitrale (terzo comma). 
Il collegamento della mediazione al giudizio arbitrale � molto limitato, 
sussistendo solo nell�ipotesi dell�art. 5 quinto comma del decreto, relativo alla 
clausola di mediazione inserita in un contratto oppure nello statuto o nell�atto 
costitutivo di un ente. In ogni caso non � chiaro il perch� dell�esclusione dalle 
conseguenze delle spese del giudizio del rifiuto alla proposta di mediazione, 
quando si tratti di arbitrato. Molto probabilmente dipende dalla solita scarsa 
conoscenza dell�arbitrato e dalla nota ritrosia a considerarlo un vero e proprio 
processo, regolato per ci� che riguarda le spese come il giudizio ordinario. 
Per concludere, le sanzioni dettate dall�art. 13 del decreto in tema di spese 
di lite appaiono eccessive: il fatto che alla parte vincitrice del giudizio che non 
abbia accettato una proposta di mediazione coincidente con il contenuto della 
decisione giudiziaria debbano essere accollate le spese di lite proprie e della 
controparte, costituisce un evidente �deterrente forzato� dal ricorrere alla tutela 
giudiziaria. Ci� in quanto, di fronte alla proposta del mediatore, la parte quasi 
sicuramente preferir� non rischiare, finendo per accettare la soluzione stragiudiziale 
segnalatagli, anche se non � convinta appieno ed anche se pu� ritenerla 
ingiusta, piuttosto che ricorrere alla tutela giudiziaria che avrebbe potuto offrirgli 
un risultato anche migliore. 
Proprio questo � il punto su cui si giocano dei dubbi di costituzionalit� 
per eccesso di delega con riferimento alla lett. a) dell�art. 60 della legge n. 69 
del 2009, che aveva posto come preciso criterio direttivo quello per cui l�attuazione 
della mediazione non dovesse in alcun caso precludere il ricorso alla 
tutela giudiziaria. 
7. Art. 7 e �Legge Pinto� 
Per finire, l�art. 7 del decreto prevede espressamente che i quattro mesi 
di durata del procedimento di mediazione stabiliti dal precedente articolo, nonch� 
il periodo all�uopo fissato dal giudice nel caso di mancato esperimento 
della mediazione �obbligatoria�, non debbano esser computati ai fini della verifica 
circa la ragionevole durata del processo ai sensi della l. 24 marzo 2001 
n. 89 (c.d. �legge Pinto�). 
Nella logica del legislatore evidentemente la ratio dell�art. 7 � la seguente: 
poich� la mediazione pu� determinare un rallentamento del singolo processo,
336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ma comunque in maniera funzionale a una pi� rapida soluzione delle controversie, 
la previsione di un tentativo obbligatorio di conciliazione non deve 
avere alcun impatto sulla determinazione della ragionevole durata del processo. 
A prescindere dalla disputa dottrinaria sulla natura di temine ordinatorio 
o perentorio riferito ai quattro mesi di durata della mediazione, salta subito 
agli occhi che la sottrazione del periodo di durata del procedimento di mediazione 
dal computo del termine oltre il quale il processo � da considerarsi irragionevole 
ai sensi della legge Pinto, � in contraddizione con il primo comma 
dell�art. 5, per cui l�esperimento del procedimento di mediazione � condizione 
di procedibilit� della domanda giudiziale. 
Se, infatti, la mediazione � sostanzialmente obbligatoria, l�arco temporale 
necessario per il suo espletamento deve necessariamente rientrare nel calcolo 
imposto dalla legge in tema di equa riparazione, costituendo il procedimento 
di conciliazione un passaggio indispensabile per l�ottenimento della pronuncia 
giurisdizionale (4). 
Basti considerare che la Corte di Strasburgo nel procedimento n. 18020 
del 31 marzo del 1992 ha statuito che: �in un caso di particolare urgenza, 
anche un ritardo di quattro mesi pu� comportare una irragionevole durata 
del processo�. 
In conclusione l�unico effetto che l�art. 7 potrebbe avere sar� semmai 
quello di escludere i ricorsi in base alla legge Pinto, aumentando invece le 
possibilit� di condanna da parte dello Stato italiano dinanzi alla Corte Europea 
dei Diritti dell�Uomo. 
8. Valutazione complessiva dell�istituto 
Dovendo effettuare una valutazione generale sull�istituto della mediazione, 
si deve rilevare in primis come ogni tentativo volto ad arginare o deflazionare 
il contenzioso giudiziario sia sempre il benvenuto, a patto che esso sia 
esattamente coordinato con i principi generali relativi alla tutela giurisdizionale. 
Sotto questo profilo, nessun problema si pone per la conciliazione facoltativa, 
che si attua sol se le parti lo vogliono, tanto da non incidere 
negativamente sul loro diritto di azione, che esse conservano perfettamente 
integro in luogo di ogni eventuale soluzione della controversia che avvenga 
al di fuori del giudizio. Pu� convenirsi anche con la mediazione ope iudicis di 
cui all�art. 5 secondo comma, che risponde in certo modo alle stesse esigenze 
della conciliazione giudiziale dell�art. 185 c.p.c., attuabile in ogni momento 
del processo. Analogamente a quest�ultima, che richiede il consenso congiunto 
di ambo le parti, l�art. 5 secondo comma si pone nella stessa linea del rispetto 
del principio dispositivo, dato che il giudice non pu� imporre, ma solo invitare 
(4) In termini analoghi G. OLVIERI La ragionevole durata del processo di cognizione in Foro it., 2000.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 337 
le parti a dare corso alla mediazione. 
Tra l�altro, volendo considerare il fenomeno della mediazione in chiave 
comparatista, �la possibilit� di risolvere la lite attraverso il semplice accordo 
delle parti o quella in cui la sua risoluzione avviene attraverso la proposta 
fatta dal mediatore alla quale le parti abbiano aderito, corrisponde alle due 
diverse figure identificate negli ordinamenti di common law, rispettivamente 
come facilitative mediation e evaluative mediation. E� evidente il ruolo diverso 
del mediatore nelle due ipotesi, che si limita a recepire l�accordo delle parti 
nel primo caso, e che contribuisce a formare il contenuto dell�accordo nel secondo, 
(da qui la definizione di mediazione evacuative, cio� valutativa, in 
quanto il mediatore, per formulare la proposta, deve effettuare una valutazione 
delle diverse prospettazioni delle parti). Fra i due istituti sussistono specifiche 
differenze, poich�, mentre nella mediazione �facilitativa� la formulazione 
dell�accordo conciliativo potenzialmente non ha limiti, nel secondo caso, la 
proposta del mediatore dovr� obbedire alla specifica regola dell�art. 112 c.p.c. 
(non dovr� fuoriuscire dalla materia del contendere) e quella della formulazione 
secondo diritto di cui all�art. 113 primo comma c.p.c.�(5). 
Perplessit� sono invece suscitate, secondo Ricci, dalla mediazione obbligatoria 
che, prescindendo dal consenso dei contendenti, comanda loro, volenti 
o nolenti, di percorrere la strada della composizione stragiudiziale prima di 
ricorrere alla tutela giudiziaria. Secondo l�Autore, anche se le conciliazioni 
obbligatorie non sono pi� ritenute contrastanti con i principi costituzionali e 
segnatamente con il diritto di azione, non si pu� certo dire che esse abbiano 
avuto un grande successo in pratica, neppure in quel settore nel quale esse 
hanno potuto vantare i maggiori consensi e cio� nel campo delle controversie 
di lavoro. Il numero delle controversie laburistiche conciliate in via stragiudiziale 
� sempre stato esiguo e ci� nonostante siano trascorsi oltre dieci anni 
dacch� in questo campo la conciliazione da facoltativa qual era, � divenuta 
obbligatoria (cio� dal d.lgs. n. 80 del 1998). 
A onor del vero, per�, bisogna rilevare come il legislatore del 2010 si sia 
impegnato per superare la �latente inerzia� nella quale, spesso, l�organo conciliativo 
giace. 
Ci� � avvenuto con il tentativo di vivificare la struttura dell�istituto cominciando 
fin dalla nuova etichetta (non pi� �conciliazione� ma �mediazione�), 
ma, soprattutto, con il proposito di rielaborare totalmente l�istituto 
con l�affidarne la gestione a un organo terzo e imparziale, tanto da trasformare 
quella che comunemente si chiamava conciliazione �paritetica� (gestita dai 
rappresentanti dei due opposti gruppi) in una specie di conciliazione �eteronoma,� 
nella quale il mediatore non risponde ad alcun interesse se non quello 
superiore della giustizia. 
(5) Cos� CASTAGNOLA e DELFINI in La mediazione nelle controversie civili e commerciali, Padova 2010.
338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
Questo sforzo, indubbiamente apprezzabile, si � tentato di raggiungerlo 
apprestando un complesso di previsioni destinate a garantire non solo l�imparzialit� 
del mediatore (artt. 1 lett. a, 3 e 14 del decreto) o la sua preparazione 
(art. 14), ma anche un suo ruolo attivo del tutto ignoto ai normali sistemi di 
conciliazione, consistente nel fatto che egli non deve limitarsi a verificare se 
le parti intendono o meno conciliarsi od ascoltare le loro (alquanto rare) proposte, 
ma pu� formulare esso stesso una proposta di conciliazione (art. 11), 
sulla quale le parti debbono veramente meditare, anche perch� un rifiuto immotivato 
pu� portare serie conseguenze per le spese di lite nel futuro processo 
anche nei confronti del vincitore.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 339 
La pubblica amministrazione e la giustizia alternativa 
Mediazione e arbitrato nei contratti pubblici 
Francesca Scaramuzza* 
SOMMARIO: 1.- Arbitrato e riparto di giurisdizione 2.- Arbitrato rituale ed irrituale 3.- 
Arbitrato e P.A. quando agisce iure privatorum 4.- Arbitrato in materia di esecuzione di contratti 
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Un po� di storia. 5.- Ancora sul riparto di 
giurisdizione 6.- Il momento in cui pu� essere proposta domanda di arbitrato: l�accordo bonario 
7.- Le modifiche alla disciplina dell�arbitrato apportate dal d.lgs n. 53/2010 8.- L�art. 
241 del codice dei contratti pubblici come modificato dal d.lgs n. 53/2010 9.- L�art. 242: la 
Camera arbitrale 10.- L�art. 243 e le ulteriori norme di procedura 11.- Le regole procedurali 
secondo la prassi della Camera 12.- Ambito di applicazione del giudizio arbitrale 13.- Efficacia, 
esecutivit� e deposito del lodo secondo il novellato art. 241 co. 9 e 10 14.- L�impugnazione 
del lodo 15.- L�impugnazione degli atti �camerali� 16.- Il doppio regime transitorio. 
1. Arbitrato e riparto di giurisdizione 
Attualmente, l�art. 12 del codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 
2010 n. 104, attuazione dell�art. 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69, recante 
delega al governo per il riordino del processo amministrativo, pubblicato 
in G.U. 7 luglio 2010 n. 156, S.O.) risolve, una volta per tutte, la disputa dottrinaria 
relativa al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo 
anche per ci� che concerne l�arbitrato: dispone l�art. 12 �Le 
controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice 
amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto�. 
Dunque, l�arbitrato � precluso per i diritti indisponibili o laddove, pur essendo 
il diritto disponibile, vi sia uno specifico divieto legislativo (art. 806 
c.p.c.); �, altres�, precluso per le situazioni soggettive di interesse legittimo (di 
regola devolute al giudice amministrativo). Invece, � ammesso in relazione ai 
diritti soggettivi disponibili, sia che di essi conosca il giudice ordinario, sia 
che di essi conosca il giudice amministrativo nelle materie di giurisdizione 
esclusiva. Tale situazione � stata affermata anche in precedenza dalla l. n. 
205/2005 il cui art. 6 co. 2 che ha espressamente ammesso l�arbitrato sui diritti 
soggettivi (salvi specifici divieti di legge, come per gli arbitrati relativi a opere 
di ricostruzione post-sismica), a prescindere da quale sia il giudice che ha giurisdizione 
su quei diritti soggettivi. 
Si ritiene che l�attribuzione di un dato contenzioso alla giurisdizione di 
legittimit� del giudice amministrativo sia sintomatico del carattere autoritativo 
del provvedimento e, dunque, della indisponibilit� degli interessi in gioco e 
non arbitrabilit� del relativo contenzioso. 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
L�art. 6 della l. n. 205/2000 e l�art. 12 del nuovo processo amministrativo, 
poi, hanno innovato completamente rispetto al passato; infatti, secondo il costante 
orientamento giurisprudenziale precedente, non era ammesso l�arbitrato 
nelle materie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, sia per 
quanto riguardava gli interessi legittimi che per i diritti soggettivi di cognizione 
del G.A. 
La giurisprudenza, infatti, pur riconoscendo la compromettibilit� in arbitri 
delle controversie relative a rapporti di �diritto civile� con l�amministrazione 
operante iure privatorum, fisiologicamente appartenenti alla giurisdizione del 
giudice ordinario ed aventi ad oggetto diritti soggettivi disponibili di natura 
patrimoniale, non riconosceva, invece, l�accesso a tale alternativa forma di 
definizione per le controversie involgenti posizioni giuridiche di diritto soggettivo 
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (1). 
Tanto in ragione, oltre che dell�indisponibilit� del pubblico interesse, 
anche della impossibilit� che, attraverso l�opposizione del lodo, il giudice ordinario 
ritornasse a conoscere controversie devolute alla giurisdizione del giudice 
amministrativo (2). 
Si evidenziava la necessit� di evitare che, proprio in relazione a controversie 
attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, potesse 
riconquistare spazi di giurisdizione il giudice ordinario, destinato a tornare in 
causa per effetto dell�individuazione nella Corte d�Appello del giudice deputato 
a conoscere dell� impugnazione proposta attraverso il lodo. 
Si rimarcava, inoltre, la contraddittoriet� della devoluzione dell�arbitrato 
alle sole controversie relative a diritti soggettivi, rispetto all�esigenza di assicurare 
la concentrazione, nella giurisdizione esclusiva, della cognizione di materie 
connotate dallo stretto intreccio tra diritti soggettivi e interessi legittimi. 
Si osservava, in specie, che il riconoscimento della possibilit� di ricorrere 
all�arbitrato, pur limitata alle controversie concernenti diritti soggettivi, 
avrebbe comportato una frammentazione giurisdizionale della materia, in contrasto 
con il fondamento stesso della giurisdizione esclusiva, consistente nella 
concentrazione presso il giudice amministrativo della competenza giurisdizionale 
nelle materie nelle quali � pi� stretto l�intreccio tra diritti soggettivi e 
interessi legittimi. 
Infine, si sosteneva, come rilevato, l�alternativit� dell�arbitrato rispetto 
(1) Vedi Cass., sez. un., 10 dicembre 1993 n. 12166, successivamente Cass., sez. un., 10 novembre 
1994 n. 9356. 
(2) �Il potere giurisdizionale degli arbitri, in quanto trova fondamento nella volont� delle parti 
di derogare convenzionalmente alla competenza del giudice civile, sussiste solo nell�ambito della giurisdizione 
di quest� ultimo; ne consegue che non possono essere devolute al giudice privato controversie 
che esorbitano dalla giurisdizione del giudice ordinario per essere la materia deferita al giudice amministrativo, 
sia come giurisdizione generale di legittimit�, sia come giurisdizione esclusiva � (Cass., 
sez. un., 12 luglio 1995 n. 7463).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 341 
alla sola giurisdizione civile ordinaria, non anche alle giurisdizioni speciali, 
sull�assunto secondo cui lo stesso � ricondotto nell�alveo della giurisdizione 
ordinaria in sede di omologazione e di impugnazioni (art. 825 e 827 c.p.c.). 
A tale esito era pervenuto, poco prima del varo della l. 205/2000, lo stesso 
giudice amministrativo ritenendo non preclusivo della sua giurisdizione l�inserimento 
di una clausola compromissoria in una convenzione stipulata tra 
privato e amministrazione per la realizzazione e gestione di un parcheggio. 
Riteneva il Consiglio di Stato che �non sono deferibili ad arbitri le controversie 
rimesse alla giurisdizione esclusiva del G.A.�(3). 
Anche dopo l�entrata in vigore del d.lgs. n. 80/1998, che ha ampliato 
l�ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la giurisprudenza 
aveva negato la deferibilit� ad arbitri delle controversie su diritti soggettivi 
rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo (4). 
La dottrina pi� attenta, per�, gi� prima dell�innovazione introdotta dall�art. 
6 l. n. 205/2000, riteneva che dovesse ammettersi l�arbitrato nelle controversie 
su diritti soggettivi, ancorch� rientranti nella giurisdizione del giudice 
ordinario. Ci� in base alla duplice considerazione che: l�art. 806 c.p.c. non 
reca alcuna preclusione in ordine alla compromettibilit� di controversie non 
rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario; inoltre non vi � indisponibilit� 
dell�interesse pubblico laddove l�amministrazione agisce nell�ambito 
dei rapporti paritetici, a fronte dei quali vi sono situazioni giuridiche di diritto 
soggettivo (5). 
Passiamo ora alle novit� introdotte dalla legge n. 205/2000 all�art. 6 (disposizione 
rimasta immutata, nella sostanza, anche nel nuovo codice del processo 
amministrativo del 2010, all�art. 12): la norma, come si � poc�anzi detto, 
consente l�arbitrato solo per le controversie attribuite al giudice amministrativo 
che vertano su diritti soggettivi (non anche per quelle che vertano su interessi 
legittimi; sul punto v. Cons. St., sez. VI, n. 1052/2004), e consente solo l�arbitrato 
rituale di diritto (non anche l�arbitrato irrituale e quello secondo equit�). 
Conseguentemente � nulla una clausola contrattuale che preveda un arbitrato 
irrituale su diritti soggettivi in materie rientranti nella giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo (6). 
L�arbitrato � configurato come facoltativo, in ossequio al costante orientamento 
della Corte Costituzionale, che ha sempre stigmatizzato gli arbitrati 
obbligatori. 
Trattandosi di arbitrato rituale di diritto, trovano applicazione le previsioni 
del c.p.c. sia per quel che concerne l�accordo di deferimento della lite ad ar- 
(3) Consiglio di Stato, sez. V, n. 2337/2001. 
(4) Cons. St., sez. V, n. 353/2001. 
(5) F. CARINGELLA, Commento all�art. 6, co. 2 l. n. 205/2000, Milano 2001. 
(6) Tar Puglia-Lecce, sez. II, n. 5389/2006.
342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
bitri, sia per quel che concerne le controversie arbitrabili, le modalit� di nomina 
degli arbitri e il procedimento in generale da seguire. 
2. Arbitrato rituale e irrituale 
In applicazione dell�art. 6 comma 2, in presenza di compromesso o clausola 
compromissoria, che preveda un arbitrato rituale di diritto su controversie 
relative a diritti soggettivi, il giudice amministrativo dovr� declinare la propria 
competenza, in favore di quella degli arbitri, sempre che sia ritualmente proposta 
la relativa eccezione. 
Ove le parti eccepiscano l�esistenza di un accordo per la devoluzione della 
controversia ad arbitrato rituale, formulano una eccezione di incompetenza 
del giudice adito, incompetenza che, avendo carattere relativo e derogabile, 
deve essere eccepita dalla parte in limine litis e non pu� invece essere rilevata 
d�ufficio. Per contro, l�eccezione con la quale si deduca l�esistenza di una clausola 
compromissoria per arbitrato irrituale, non comporta deroga alla competenza 
dell�autorit� giudiziaria ma attiene alla sola proponibilit� della domanda: 
essa non � vincolata ai limiti propri dell�eccezione di incompetenza e pu� essere 
fatta valere in ogni momento del giudizio. 
Siccome l�arbitrato � consentito solo se rituale e di diritto, mentre � precluso 
l�arbitrato irrituale, una eventuale eccezione di improponibilit� della domanda 
giudiziaria, per essere stato pattuito un arbitrato irrituale, sarebbe 
irrilevante e inidonea a precludere l�esercizio della funzione giurisdizionale 
del giudice amministrativo (7). 
Sul punto � intervenuta la Suprema Corte si Cassazione a sezioni unite 
in una recentissima sentenza (Cass., Sez. Un., n. 8987/2009) che ha escluso la 
possibilit� per la P.A. di avvalersi dell�arbitrato irrituale per la risoluzione di 
controversie derivanti da contratti di appalto �in difetto di qualsiasi procedimento 
legalmente determinato e perci� senza adeguate garanzie di trasparenza 
e pubblicit� di scelta degli arbitri irrituali�. 
Alla luce dell�art. 6, nel processo amministrativo pu� essere dedotta l�eccezione 
di incompetenza per essere la controversia devoluta ad arbitrato rituale; 
posto che la competenza arbitrale � derogabile, l�incompetenza del 
giudice adito non pu� essere rilevata d�ufficio, n� eccepita per la prima volta 
in appello. 
Come si sa, �la distinzione tra arbitrato rituale o irrituale � una questione 
di ermeneutica contrattuale, che va risolta con riguardo al contenuto obiettivo 
del compromesso e alla volont� delle parti. Nell�interpretare il compromesso 
o la clausola compromissoria alla luce della volont� delle parti, si deve ritenere 
che le parti hanno voluto un arbitrato rituale, se hanno inteso attribuire 
(7) R. DE NICTOLIS, F. CARINGELLA, V. POLI, Le ADR alternative despute resolution, Roma, 2008. 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 343 
agli arbitri una funzione sostitutiva del giudice, mentre hanno voluto un arbitrato 
irrituale se hanno inteso demandare agli arbitri la soluzione di una controversia 
mediante un negozio di accertamento o strumenti conciliativi o 
transattivi, sicch� il dictum degli arbitri � destinato a riempire il contenuto, 
in bianco, di un accordo transattivo sottoscritto dalle parti�(8). 
Ove permanga un dubbio circa la natura dell�arbitrato voluto dalle parti 
deve ritenersi che le parti abbiano voluto un arbitrato irrituale, �dovendosi ritenere 
eccezionale l�arbitrato rituale per la deroga che esso comporta alla 
giurisdizione pubblica�(9). 
Appare indicativo dell�intento delle parti di addivenire ad un arbitrato rituale 
l�uso di espressioni come �competenza�, �giudizio�, e, per converso, il 
mancato uso di espressioni tipiche per individuare l�arbitrato irrituale, quali 
�amichevole compositore� e la mancata previsione della consegna agli arbitri 
del c.d. biancosegno, tipica dell�arbitrato irrituale. 
3. Arbitrato e P.A. quando agisce iure privatorum 
Nessuna novit� ha recato l�art. 6 co. 2 l. 205/2000, quanto alle controversie 
nelle quali � s� coinvolta la P.A., ma considerata nella sua veste di soggetto 
agente iure privatorum, controversie che, in quanto fisiologicamente rientranti 
nella giurisdizione ordinaria, sono state anche in passato ammesse alla definizione 
arbitrale. 
In questo caso, la P.A,. poich� opera in posizione paritetica con il privato, 
pu� ricorrere all�arbitrato in ogni caso, anche se questo non sia espressamente 
previsto dalla normativa che regola i rapporti sostanziali considerati. 
Si tratta di una soluzione coerente, peraltro, con il sistema, posto che la 
controversia appartiene alla giurisdizione ordinaria, ed il giudizio arbitrale si 
risolve, cos�, in una mera variante procedimentale collocata all�interno di quel 
sistema. L�istituto dell�arbitrato resta, quindi, alternativo alla giurisdizione ordinaria. 
4. Arbitrato in materia di esecuzione di contratti pubblici relativi a lavori, servizi 
e forniture. Un po� di storia 
Varie sono state le tappe che hanno portato all�emanazione del codice dei 
contratti pubblici: in primis la legge n. 2248 /1865 art. 349 allegato f), poi il 
D.P.R. n. 1063/1962, la legge n. 741/1981, la legge n. 109/1994 (legge Merloni), 
la legge Merloni-bis n. 216/1995 e la legge Merloni-ter n. 415/1998. 
L�originaria versione della legge Merloni sanc� il divieto di previsione 
dell�arbitrato; successivamente la legge Merloni bis stabil�, con una netta inversione 
di tendenza, che �in caso di mancato raggiungimento dell�accordo 
(8) R. DE NICTOLIS, F. CARINGELLA, V. POLI, op. cit. 
(9) Cons. St., sez. VI, n. 1863/2006.
344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
bonario di cui all�art. 31 bis, la definizione delle controversie � attribuita a un 
arbitrato ai sensi delle norme del titolo VIII del libro quarto del c.p.c.�. La 
norma suscitava comunque dubbi esegetici, soprattutto a seguito della sentenza 
della Corte Costituzionale n. 152 del 1996 che sanciva l�illegittimit� degli arbitrati 
obbligatori. Sennonch� la legge Merloni ter chiariva sia l�oggetto dell�arbitrato 
sia la facoltativit� dello stesso. Varie furono le leggi che si 
susseguirono fino alla legge n. 166/2002, finch� il Consiglio di Stato sez. IV, 
con la nota sentenza n. 6335/2003, dichiarava illegittima la norma regolamentare 
che sottraeva alla libera scelta delle parti la nomina del terzo arbitro. 
In adeguamento a tale decisione il legislatore ha novellato l�art. 32 l. n. 
109/1994 (con l�art. 5, co. 16 sexies d.l. n. 35/2005, convertito in legge n. 
80/2005). 
Il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, da un 
lato ha generalizzato la disciplina finora dettata per i lavori pubblici, estendendola 
all�arbitrato in materia di appalti relativi a servizi o forniture, dall�altro 
lato ha tenuto conto dell�ultima riforma attuata con il d.l. n. 35/2005. 
5. Ancora sul riparto di giurisdizione 
In tale contesto pu� essere ricondotto il contenzioso riguardante la fase 
dell�esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, che 
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. 
Tradizionalmente, le controversie sugli appalti pubblici e, in generale, sui 
contratti della P.A. sono state ricondotte alla giurisdizione ordinaria o quella 
amministrativa in base all�ordinario criterio della causa petendi. 
In particolare, � stato osservato come il contratto, una volta stipulato, 
abbia natura di atto negoziale, retto dalle regole di diritto civile, e come la P.A. 
operi, nella fase di esecuzione del contratto, in posizione di parit� con il contraente 
privato: di qui la consistenza di diritti soggettivi delle posizioni soggettive 
delle parti, con conseguente giurisdizione del G.O. 
La fase dell�evidenza pubblica, che precede la stipulazione del contratto, 
� invece disciplinata dalle norme pubblicistiche posto che la P.A. agisce in 
veste di pubblica autorit�: ne consegue che le situazioni soggettive dei privati 
hanno natura di interesse legittimo, in quanto tali rientranti nella giurisdizione 
di legittimit� del G.A. (10). 
Su tale quadro elaborato dalla giurisprudenza, si � innestato l�art. 33 del 
d.lgs. n. 80/98, poi recepito dall�art. 6 co. 1 della legge n. 205/2000. Detta 
norma ha �devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie 
relative a procedure di affidamento svolte da soggetti comunque tenuti, nella 
scelta del contraente o del socio, all�applicazione della normativa comunitaria 
(10) Cos� Cons. St., sez. V, n. 4947/2008.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 345 
ovvero al rispetto della normativa interna di evidenza pubblica�. La disposizione 
� stata da ultimo abrogata per essere recepita dall�art. 244 del codice dei 
contratti pubblici, a sua volta abrogato dal d.lgs. n. 104/2010 e sostituito dall�art. 
133, comma 1 lett e) n. 1 del codice del processo, che ha anche recepito 
le modifiche apportate dal d.lgs. n. 53/2010 di attuazione della �direttiva ricorsi� 
77/2007 (11). 
La lettera della norma travalica, poi, il tradizionale settore degli appalti 
della P.A., riferendo la giurisdizione esclusiva del G.A. alle �procedure di affidamento�, 
di guisa che vՏ chi parla, in modo atecnico, di giurisdizione sui 
pubblici appalti. 
Riguardo a questi ultimi, la giurisdizione esclusiva si estende a tutti i settori 
dei contratti pubblici c.d. passivi. Sul piano soggettivo, invece, la norma 
rinvia alle disposizioni sostanziali, comunitarie ed interne, che stabiliscono 
quali soggetti siano tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica. 
La disposizione attiene anche alle procedura di scelta del socio e non 
solo a quelle di scelta del contraente (12). 
Convincente, secondo Caringella, appare la dottrina che reputa corretto 
interpretare in senso ampio l�espressione come comprensiva anche dei comportamenti 
non provvedimentali, posti in essere nel corso della procedura di 
affidamento, comprendendovi silenzi, ritardi, rifiuti taciti, comportamenti scorretti 
nella fase delle trattative che sono fonte di responsabilit� precontrattuale 
anche a prescindere dall�adozione di atti illegittimi. 
Si segnala, al riguardo, che l�articolo in esame, in ci� differenziandosi 
dal precedente art. 6, fa esplicito riferimento all�inclusione nella giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo, anche delle questioni risarcitorie. Tale 
accenno, se si considera che trattasi di questioni economiche legate alla procedura 
di scelta del contraente, sembra avallare l�attrazione nell�alveo della 
giurisdizione esclusiva anche delle controversie relative alla responsabilit� 
precontrattuale in cui incorra la P.A. nel corso della procedura di evidenza 
pubblica. E tanto a prescindere dalla circostanza che si tratti di violazione delle 
norme di evidenza che si traducano nell�illegittimit� della procedura, ovvero 
della violazione dei canoni di correttezza comportamentali denotanti la superficialit� 
della negoziazione senza specifiche illegittimit�. In entrambi i casi, 
la connessione con la procedura di evidenza pubblica mette in rilievo un esercizio, 
almeno mediato, del potere che giustifica l�attrazione delle controversie 
in capo al giudice amministrativo in veste esclusiva, secondo la ratio decidendi 
della sentenza n. 191/2006 della Corte Costituzionale. 
Quanto alla fase di esecuzione del contratto, l�inequivoca espressione uti- 
(11) F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2010. 
(12) Sulla nozione di procedura di affidamento Cass., sez. unite, n. 9154/2009; 4 febbraio n. 
2634/2009.
346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
lizzata dal legislatore, attinente alla fase pubblicistica della scelta del contraente, 
ha indotto la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ad escludere la riferibilit� 
del dato normativo alle controversie relative all�esecuzione del 
contratto e, dunque, concernenti una fase squisitamente privatistica, successiva 
alla stipulazione del contratto, come tale rientrante nella giurisdizione del 
G.O., in base al criterio ordinario di riparto fondato sulla consistenza della posizione 
soggettiva. 
La giurisprudenza amministrativa (13), anche alla luce dei parametri limitativi 
espressi dalle sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006 della Corte delle 
Leggi in tema di giurisdizione esclusiva, ha escluso la sussumibilit� delle vertenze 
relative a tale fase nell�ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., 
utilizzando i parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 103 della Costituzione. 
Quest�ultima norma preclude, a parere della Corte, una indiscriminata 
estensione della giurisdizione amministrativa esclusiva, consentendo di devolvere 
alla stessa solo le controversie direttamente connesse all�esercizio del 
potere, non bastando la generica tensione funzionale al perseguimento dell�interesse 
pubblico. L�attribuzione al G.A. delle controversie relative alla fase 
esecutiva, inoltre, comporterebbe un vulnus al principio di ragionevolezza, 
conferendo a due diversi plessi giurisdizionali liti identiche, afferenti a vicende 
di inadempimento di obbligazioni di diritto comune (sul punto Cons. St., sez. 
V, n. 4455/2008). 
Da ultimo, obbedendo ad esigenze di concentrazione, l�art. 133 del codice 
del processo, in ossequio alle indicazioni derivanti dal d.lgs. n. 53/2010 di recepimento 
della direttiva ricorsi, ha devoluto al G.A. in sede esclusiva, anche 
la cognizione delle questioni relative all�inefficacia del contratto consequenziale 
alla caducazione degli atti di gara ed alle sanzioni alternative che il G.A. 
pu� infliggere ove, nei casi pi� gravi, non dichiari l�inefficacia del contratto (14). 
L�art. 244 del d.lgs. n. 163/2006 codice dei contratti pubblici (in cui � 
stato trasfuso l�art. 6 co. 1 della l. 205/2000) devolve alla giurisdizione esclusiva 
del giudice amministrativo le controversie concernenti �le procedure di 
affidamento di lavori, servizi e forniture�. L�espressione utilizzata dal legislatore 
induce a ritenere non sussumibili, nell�ambito della giurisdizione esclusiva, 
le controversie attinenti alla esecuzione dei contratti relativi a lavori, 
servizi e forniture, che restano devolute al giudice ordinario. 
La chiara espressione normativa si riferisce infatti alle vertenze relative 
alla fase pubblicistica della scelta del contraente, non anche al contenzioso 
sorto con riguardo al successivo momento dell�esecuzione del contratto, stipulato 
a seguito della procedura concorsuale: contenzioso, quest�ultimo, attinente 
ad una fase privatistica, successiva alla stipulazione del contratto. 
(13) Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 238/2009. 
(14) Cos� F. CARINGELLA, op. cit.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 347 
Al giudice amministrativo in sede esclusiva, pertanto, vanno devolute 
tutte le controversie, comprese quelle di annullamento, accertamento e risarcimento 
del danno, afferenti il procedimento di affidamento del contratto, segnatamente 
tutte le questioni involgenti atti e comportamenti della stazione 
appaltante relativi alla fase dell�individuazione del contraente privato e, pi� 
in generale, prodromi alla stipulazione del contratto, nonch� le controversie 
relative a provvedimenti di autotutela pubblicistica. 
Al giudice ordinario vanno invece riservate le vertenze riguardanti i rapporti 
contrattuali tra le parti, successivi alla stipulazione del contratto di appalto 
ed afferenti la sua esecuzione, ivi comprese quelle relative ad atti di 
autotutela privatistici (quali il recesso o la risoluzione). 
In coerenza con tale impostazione, il legislatore ha ammesso l�arbitrato 
in relazione ai pubblici appalti, stabilendo una disciplina dettagliata per quanto 
riguarda l�arbitrato in materia di lavori pubblici. 
Il codice dei contratti pubblici stabilisce espressamente che l�arbitrato riguarda 
le �controversie su diritti soggettivi, derivanti dall�esecuzione dei contratti 
pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e 
di idee� (art. 241 co. 1). 
In sostanza, l�arbitrato riguarda una materia, l�esecuzione dei contratti 
pubblici e sempre che riguardi diritti soggettivi, devoluta alla giurisdizione 
del giudice ordinario. 
6. Il momento in cui pu� essere proposta domanda di arbitrato: l�accordo bonario
La questione � quella se la domanda di arbitrato possa essere proposta 
anche prima del collaudo finale o solo dopo quest�ultimo. 
In passato, l�art. 44 del D.P.R. n. 1063/1962 per i lavori prevedeva che la 
domanda di arbitrato dovesse essere proposta dopo l�approvazione del collaudo; 
la domanda era ammissibile anche in esecuzione dei lavori solo in ipotesi 
tassative: a) accordo delle parti a non differire la soluzione della 
controversia; b) controversie di natura ed entit� economiche tali da non potere 
essere differite; c) rilevanti variazioni dei lavori o ritardi nei pagamenti delle 
rate di acconto per una somma pari a un quarto dell�importo netto contrattuale.
Attualmente, l�art. 240 del codice impone l�accordo bonario sia per i lavori, 
che per servizi e forniture, prima del collaudo sulle controversie derivanti 
dall�iscrizione di riserve, eccedenti il dieci per cento dell�importo contrattuale. 
L�art. 241, a sua volta, dispone che sono deferibili ad arbitri le controversie 
derivanti dall�esecuzione del contratto, ivi comprese quelle derivanti dal 
mancato raggiungimento dell�accordo bonario. 
L�interpretazione pi� corretta delle due norme riportate � quella che il 
tentativo di accordo bonario si pone come condizione di procedibilit� della
348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
domanda di arbitrato proposta prima del collaudo finale (15). 
Se l�accordo bonario non viene raggiunto � immediatamente possibile il 
ricorso all�arbitrato, senza attendere il collaudo finale. 
Tanto vale solo per le controversie suscettibili di accordo bonario ai sensi 
dell�art. 240, cio� per quelle derivanti dall�iscrizione di riserve eccedenti il 
dieci per cento dell�importo contrattuale. 
Giova osservare che al mancato raggiungimento dell�accordo bonario 
deve essere equiparata, ai fini della procedibilit� della domanda di arbitrato, 
l�ipotesi in cui l�amministrazione non provveda sul tentativo di accordo bonario 
nei termini previsti dall�art. 240. 
Tali termini hanno sicuramente carattere ordinatorio, tuttavia, il loro inutile 
decorso legittima l�appaltatore a non attendere oltre le determinazioni 
dell�amministrazione, e a proporre la domanda di arbitrato (art. 240 comma 
16). Per le controversie di minore valore economico � da ritenere che resti in 
piedi, per i lavori, la regola di attendere il collaudo finale, a meno che non vi 
sia l�accordo delle parti per la immediata risoluzione, accordo da ritenersi pienamente 
ammissibile, attesa la valorizzazione, nel disegno normativo, del carattere 
volontaristico e facoltativo dell�arbitrato. 
In conclusione, dalla disamina combinata degli artt. 240 e 241 del codice 
e degli artt. 32 e 33 del capitolato generale, emerge dunque che la domanda di 
arbitrato pu� proporsi prima del collaudo finale nelle seguenti ipotesi: 
- per lavori, servizi e forniture: controversie su cui non � andato a buon 
fine il tentativo di accordo bonario; 
- per i lavori: controversie diverse da quelle di cui all�art. 240 del codice, 
per le quali la definizione non � differibile nel tempo; 
- per servizi e forniture: qualsiasi controversia salva diversa previsione 
nei capitolati. 
Al di fuori di tali casi, la domanda di arbitrato, per i lavori, � procedibile 
solo dopo il decorso di novanta giorni dalla trasmissione del collaudo. 
7. Le modifiche alla disciplina dell�arbitrato apportate dal d.lgs. n. 53/2010 
La legge finanziaria per il 2008 (legge 244/2007) aveva disposto un generalizzato 
divieto per le pubbliche amministrazioni di inserire nei contratti 
pubblici clausole compromissorie che demandassero le controversie a collegi 
arbitrali, con la conseguente nullit� della clausola eventualmente inserita in 
difformit� del divieto e la conseguente responsabilit� disciplinare o erariale. 
Il termine di entrata in vigore di tale disposizione � stato pi� volte differito da 
una serie di provvedimenti, l�ultimo dei quali (il d.l n. 194/2009, convertito 
in legge n. 25/2010) lo aveva fatto slittare alla data del 30 aprile 2010, per 
(15) Cass., sez. I, n. 14971/2007.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 349 
consentire la devoluzione delle controversie in materia di contratti pubblici a 
�sezioni specializzate� della giurisdizione togata. 
Come noto, la dottrina pi� attenta (16) aveva gi� aspramente criticato la 
legge finanziaria e, in generale, i ripetuti interventi legislativi sulla materia 
dell�arbitrato in cui sia parte una P.A., interventi altalenanti che inducevano 
l�Autore a parlare di �insondabile saggezza del legislatore�. 
Tuttavia, ad evitare il divieto assoluto e definitivo dell�arbitrato in esame 
� intervenuto il Legislatore con il decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53, il 
quale, pur in assenza di vincoli comunitari, (atteso che la delega per il recepimento 
della direttiva ricorsi contiene alcuni criteri in materia di accordo bonario 
e arbitrato, cio� temi che esulano dalla direttiva ricorsi), ha colto 
l�occasione per �razionalizzare� l�istituto: pertanto, ha provveduto, da un lato, 
ad abrogare le norme recanti il divieto di arbitrato in materia di contratti pubblici, 
dall�altro, ha introdotto una disciplina correttiva dei principali vizi e difetti 
dell�istituto, in linea con i quattro criteri direttivi contenuti nella legge 
delega (l. n. 88/2009), finalizzati a: 
1) impostare l�arbitrato come rimedio alternativo al giudizio civile; 
2) fare in modo che le stazioni appaltanti indichino fin dagli atti di gara 
se il contratto conterr� o meno la clausola arbitrale, proibendo contestualmente 
il ricorso al compromesso successivamente alla stipula del contratto; 
3) contenere i costi del giudizio arbitrale; 
4) introdurre misure acceleratorie del giudizio di impugnazione del lodo 
arbitrale. 
La disciplina ante novella � destinata a trovare applicazione ultrattiva, 
come si dir�, dal momento che, secondo l�art. 15 del d.lgs. n. 53/2010, le disposizioni 
razionalizzatrici in materia di arbitrato si applicano ai contratti e ai 
relativi giudizi arbitrali aggiudicati sulla base degli atti di gara stipulati successivamente 
alla entrata in vigore dello stesso decreto. 
Con le disposizioni razionalizzatrici dell�arbitrato contenute nell�art. 5 
del d.lgs. n. 53/2010, sono stati modificati solo gli art. 241 e 243 del codice 
dei contratti pubblici (e parte dell�art. 240) , mentre l�art. 242 recante la disciplina 
delle funzioni, dei poteri e del funzionamento dell�Istituzione arbitrale � 
rimasto invariato. 
8. L�art. 241 del codice dei contratti pubblici come modificato dal d.lgs. n. 
53/2010 
L�art. 241 del d.lgs. n. 163 del 2006 contiene, ora, un comma 1 bis, secondo 
il quale �la stazione appaltante indica nel bando di gara o nell�avviso 
con cui indice la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell�invito, se il 
(16) Su tutti S. SCOCA in Rivista di diritto processuale amministrativo, dicembre 2009.
350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
contratto conterr� o meno la clausola compromissoria. L�aggiudicatario pu� 
ricusare la clausola compromissoria che, in tale caso, non � inserita nel contratto, 
comunicandolo alla stazione appaltante entro venti giorni dalla conoscenza 
dell�aggiudicazione. E� vietato in ogni caso il compromesso�. 
Dunque, l�art. 241 comma 1 bis ha perfezionato la volontariet� dell�arbitrato, 
la cui natura facoltativa era gi� inscritta nel verbo indicativo �possono,� 
contenuto nel testo ante novella dell�art. 241 comma 1, attraverso l�attribuzione 
alla stazione appaltante della facolt� di inserire la clausola compromissoria 
negli atti di gara e l�attribuzione all�aggiudicatario del potere di 
ricusazione della clausola compromissoria. In sostanza, � stato rispolverato il 
vecchio istituto della declinatoria, mai espressamente stralciato dall�arbitrato 
dei lavori pubblici, rivisto e riadattato al nuovo sistema arbitrale, per superare 
le criticit� derivanti dalla sostanziale imposizione dell�arbitrato da parte della 
P.A., attraverso l�inserimento unilaterale della clausola compromissoria negli 
atti di gara o negli schemi di contratto, senza possibilit� di negoziazione da 
parte del concorrente. 
L�antico istituto � stato pertanto reintrodotto con la principale finalit� di 
riportare in posizione paritetica le due parti contrattuali, stazione appaltante e 
appaltatore. In quest�ottica, il legislatore delegato ha anticipato (rispetto a 
quanto previsto dal vecchio capitolato generale che disciplinava la declinatoria 
e consentiva l�esercizio del relativo potere fino al momento dell�inizio della 
controversia) il momento della scelta dell�organo giudicante alla fase della stipula 
del contratto pubblico. Per garantire la effettiva tutela della volontariet� 
dell�arbitrato e quindi il perfezionamento tra le parti dell�accordo compromissorio, 
in linea con le previsioni del codice civile in materia contrattuale, il Legislatore 
delegato ha imposto, da una lato, alla stazione appaltante l�obbligo 
di indicare gi� negli atti di gara se il contratto conterr� o meno la clausola 
compromissoria e dall�altro, ha assegnato all�aggiudicatario la facolt� di ricusare 
detta clausola con comunicazione da effettuarsi nel termine di venti giorni 
dalla conoscenza dell�aggiudicazione definitiva (17). 
Qualora l�aggiudicatario si avvalga di tale facolt�, la clausola compromissoria 
non potr� essere inserita nel contratto: dal tenore letterale della previsione 
normativa sembrerebbe, dunque, che, in caso di silenzio da parte 
dell�aggiudicatario, decorso il suddetto termine di venti giorni, si perfezioni 
la volont� arbitrale e, quindi, la clausola compromissoria resti inserita nel contratto; 
il requisito della forma scritta richiesto dal codice di rito (art. 808 c.p.c.) 
sarebbe, cos�, rispettato con la sottoscrizione della stessa convenzione pubblico-
amministrativa. 
Si pone, tuttavia, il dubbio sul piano civilistico se effettivamente in tal 
(17) RUBINO SAMMARTANO, Il diritto dell�arbitrato, Padova, 2010.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 351 
modo siano rispettate le regole dell�autonomia contrattuale delle parti nella 
scelta arbitrale: la fattispecie a formazione progressiva della convenzione di 
arbitrato, infatti, cos� come strutturata sembrerebbe configurarsi alla stregua 
di una vera proposta contrattuale irrevocabile ex lege per venti giorni dalla 
sua comunicazione; ma se cos� fosse la stessa sarebbe destinata a diventare 
inefficace, se l�accettazione scritta non dovesse pervenire al proponente nel 
termine suddetto.Diversamente opinando, pertanto, ritenere comunque perfezionato 
il contratto di arbitrato in assenza di un� accettazione espressa, almeno 
sotto il profilo sostanziale, non formale, sembra comportare una 
violazione dei principi di volontariet� in materia arbitrale, salvo non voler 
inquadrare la fattispecie in esame nell�istituto del contratto con obbligazioni 
a carico del solo proponente di cui all�art. 1333 c.c. 
L�applicazione di detta norma, tuttavia, presupporrebbe che al destinatario 
della proposta di accordo arbitrale possano derivare soltanto vantaggi 
e, cio�, che solo per l�aggiudicatario l�arbitrato costituisca un effettivo vantaggio. 
In maniera coerente, � vietato, in ogni caso, il compromesso: in tal modo 
il nuovo sistema arbitrale ha confinato la scelta arbitrale al momento del perfezionamento 
del contratto, escludendo qualsiasi successivo ripensamento 
delle parti. 
Con riguardo alla novellata disciplina della nomina del terzo arbitro (art. 
241 comma 5), il previgente meccanismo garantiva l�indipendenza dell�arbitro 
presidente, attraverso l�applicazione delle cause di astensione previste 
dal c.p.c. e imponeva l�obbligo di scegliere il presidente tra soggetti di particolare 
esperienza nelle materie oggetto del contratto dedotto in arbitrato, 
senza, tuttavia, sanzionarne l�inosservanza. La novella del 2010, invece, ha 
posto, a tutela dei necessari requisiti di �tecnicismo� e di �indipendenza,� 
(che le parti devono rispettare al momento della nomina del presidente del 
collegio) una efficace sanzione: la violazione delle regole sui nuovi criteri 
selettivi di professionalit� e indipendenza nella nomina del terzo arbitro, infatti, 
determina, oggi, la nullit� del lodo ai sensi dell�art. 829 comma 1, n. 3 
c.p.c. A maggiore garanzia di indipendenza dell�intero collegio, � stata prevista 
un�ulteriore causa di incompatibilit� per tutti i componenti del collegio 
arbitrale, in aggiunta a quelle gi� previste dall�art. 241 comma 6 del codice 
dei contratti pubblici: coloro che sulla medesima controversia si siano gi� 
espressi in sede di accordo bonario, come responsabili dei procedimenti, o 
come componenti della commissione di accordo bonario, ovvero come difensori 
della stazione appaltante o del privato nel procedimento di accordo 
bonario, in forza della novellata previsione, non possono essere nominati arbitri.
Per quanto riguarda i compensi del CTU e dell�ausiliare dell�organo arbitrale, 
con le nuove previsioni dell�art. 241 comma 13 � stato inserito un pi�
352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
puntuale rinvio alle specifiche disposizioni del d.p.r. n. 115/2002 ed � stato 
esteso espressamente l�ambito di operativit� dello stesso decreto presidenziale 
agli altri ausiliari del collegio arbitrale (diversi dal c.t.u.), quali potrebbero 
essere il custode o altri esperti, con esclusione del segretario del collegio. 
9. L�art. 242: la Camera arbitrale 
La specifica disciplina riguardante il funzionamento e le attribuzioni 
della Camera arbitrale � rimasta sostanzialmente immutata, sia rispetto al sistema 
precedente l�entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, sia rispetto 
alle novit� introdotte dal d.lgs. n. 53/2010 (se si eccettua l�ampliamento 
della sua competenza funzionale estesa a tutte le controversie relative alla 
esecuzione dei contratti pubblici, compresi quindi gli appalti di servizi e forniture). 
La Camera arbitrale, quindi, secondo l�art. 242 comma 1, continua a curare 
la formazione e la tenuta dell�albo degli arbitri, redige il codice deontologico 
degli arbitri camerali, e provvede agli adempimenti necessari alla 
costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale nell�ipotesi di cui all�art. 
241 comma 15. Pertanto, i componenti del Consiglio arbitrale dovranno, 
oggi, essere nominati fra soggetti dotati di particolare competenza, non solo 
nella materia dei contratti pubblici di lavori, ma anche in quella di contratti 
pubblici di servizi e forniture. 
Sono state rafforzate inoltre le funzioni di monitoraggio e rilevazione 
statistica del contenzioso della Camera arbitrale, che, per l�espletamento di 
tale attivit�, � stata dotata del potere di richiedere notizie, chiarimenti e documenti 
relativamente al contenzioso in materia di contratti pubblici (art. 242 
comma 5). La Camera arbitrale cura, altres�, la tenuta dell�elenco dei periti 
al fine della nomina dei consulenti tecnici (art. 242 comma 7 e comma 8), ha 
il compito di curare la tenuta dell�elenco dei segretari dei collegi arbitrali, 
nell�ambito del quale, in caso di arbitrato amministrato, il presidente del collegio 
deve scegliere �se necessario� il segretario (art. 242 comma 10). 
10. L�art. 243 e le ulteriori norme di procedura 
Le �ulteriori norme� contenute nell�art. 243 trovano applicazione allorquando 
le parti o i loro arbitri non raggiungano l�accordo sulla nomina del 
terzo arbitro: in tale ipotesi il presidente del collegio arbitrale � nominato 
dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici e la procedura si svolge sotto 
la �vigilanza� di tale istituzione. 
A livello comparatistico, l�arbitrato amministrato funziona anche in altri 
Paesi ed � gestito da appositi organismi o istituzioni, come le camere arbitrali 
internazionali (la corte internazionale di arbitrato della camera di commercio 
internazionale di Parigi - CCI, l� American Arbitration Assootiation di New 
York - AAA, o infine la corte di arbitrato di Londra - LCIA).
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 353 
L�art. 243 ante novella era la risultante di tutte le previgenti disposizioni 
di procedura riguardanti l�arbitrato amministrato (l�art. 32 legge n. 109/1994, 
come novellato dalla legge n. 80/2005; l�art. 150 d.p.r. n. 554/1999; il d.m. 
n. 398/2000, l�art. 1, comma 71 della legge 266/2005). 
Le modifiche apportate all�art. 243 con la novella si sono rese necessarie 
per coordinare questa norma con il testo novellato dell�art. 241. Infatti, nel 
nuovo articolo 243 vengono espressamente richiamate le norme sul compenso 
degli arbitri e dei c.t.u. Si tratta, per�, di modifiche non sostanziali. Innovativa 
appare, invece, la previsione relativa al segretario del collegio arbitrale, la cui 
nomina, finora necessaria, � stata rimessa, oggi, alla discrezionalit� del presidente 
del collegio, che vi procede �solo se necessario� (art. 243 comma 7). 
I principali atti e attivit� contemplati e presupposti dalle �ulteriori� norme 
di procedura contenute nell�art. 243, che trovano applicazione �in aggiunta� 
alle norme di cui all�art. 241, possono essere cos� sintetizzati: 
1) mancato accordo sulla nomina del presidente: sul punto la normativa 
non prevede che il disaccordo debba risultare da un atto scritto (art. 241 
comma 15); 
2) deposito presso l�Istituzione arbitrale per i lavori pubblici dell�atto di 
accesso, dell�atto di resistenza e delle eventuali controdeduzioni, dopo la notifica 
degli stessi, a cura della parte pi� diligente: tale trasmissione � necessaria 
ai fini della nomina del terzo arbitro da parte della istituzione, che provvede 
�sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, scegliendolo nell�albo di cui 
all�art. 242� (art. 241 comma 15 e art. 243 comma 2, ante e post novella); 
3) la determinazione della sede del collegio arbitrale �anche� presso uno 
dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali dell�Osservatorio: con l�aggiunta 
della congiunzione �anche� � stato restituito alle parti, gi� prima della 
novella in esame, il potere di stabilire con la convenzione compromissoria la 
sede arbitrale ed � stata attribuita alle stesse la facolt� di far coincidere, in alternativa, 
la sede con uno dei luoghi in cui sono situate le sezioni regionali 
dell�Osservatorio. Inalterata, invece, � rimasta la disposizione suppletiva in 
base alla quale in caso di mancata indicazione, ovvero di disaccordo in ordine 
alla determinazione della sede dell�arbitrato, questa deve intendersi stabilita 
ex lege presso la sede della Camera arbitrale, cio� Roma (art. 243 comma 3); 
4) comunicazione alle parti, a cura della Camera arbitrale, delle modalit� 
e della misura dell�acconto arbitrale, da depositare, a pena di improcedibilit�, 
prima della costituzione del collegio (art. 246 comma 6); 
5) liquidazione degli onorari e delle spese di arbitrato effettuata direttamente 
dalla Camera arbitrale, su proposta del collegio, sempre in base alla tariffa 
allegata al d.m. 398/2000 (sia pure con i massimi e i minimi �dimezzati�); 
6) obbligo per le parti �tenute solidalmente al pagamento del compenso 
dovuto agli arbitri e delle spese relative al collegio e al giudizio arbitrale� (art. 
241 comma 14), di corrispondere gli importi dovuti a saldo nei trenta giorni
354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
successivi alla comunicazione del lodo, nella misura liquidata dalla Camera 
arbitrale (art. 243 comma 8). Anche in questo caso, non sono previste sanzioni 
per l�eventuale violazione di tale obbligo; pertanto, in caso di mancato pagamento 
del saldo, agli arbitri non resta che agire legalmente per la soddisfazione 
del credito. 
11. Le regole procedurali secondo la prassi della Camera 
Il legislatore degli appalti pubblici con il Codice unificato ha abrogato il 
regolamento di procedura arbitrale portato dal d.m. n. 398/2000: secondo Rubino 
Sammartano si tratta di una scelta inopportuna, sia perch� detto regolamento 
� stato dichiarato legittimo dal Consiglio di Stato con la nota pronuncia 
n. 6335/2003, ma anche perch� lo stesso disciplinava la procedura arbitrale in 
maniera abbastanza analitica. 
Allo stato attuale, le norme di procedura dell�arbitrato amministrato, contenute 
nell�art. 243, sono abbastanza scarne. Anche se le stesse devono essere 
integrate con le previsioni contenute nell�art. 241 e, per quanto non previsto, 
con le disposizioni del codice di procedura civile, alcune fasi dell�attivit� camerale 
risultano prive di un�adeguata disciplina. 
Dopo vari interventi in materia, attualmente si � arrivati all�adozione di 
un manuale di procedura che, bench� rivolto ai segretari dei collegi arbitrali, 
unitamente ai modelli e schemi allegati predisposti dalla stessa Camera, costituisce 
un vero e proprio regolamento di procedura per gli arbitrati camerali. 
12. Ambito di applicazione del giudizio arbitrale 
Fermo il principio in base al quale, in materia di appalti pubblici, sono, 
senza dubbio, arbitrabili tutte le controversie relative alla fase esecutiva degli 
appalti pubblici (ma anche quelle precontrattuali di tipo risarcitorio), con esclusione, 
pertanto, di quelle relative alla fase della scelta del contraente, confermata 
la natura necessariamente rituale dell�arbitrato, la codificazione unitaria 
del sistema di giustizia alternativa degli appalti pubblici, ha ampliato il raggio 
di azione dell�arbitrato in esame, fino a far rientrare nel suo spazio: 
- le controversie relative ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; 
- le controversie relative ai lavori del Genio militare, giusta il regolamento 
di attuazione d.p.r. n. 170/2005; 
- le controversie riguardanti i contratti dei beni culturali; 
- le controversie relative ai contratti pubblici nei settori speciali di rilevanza 
comunitaria (gas, energia, elettricit�, acqua e trasporti). 
Fonte di tutti gli arbitrati degli appalti pubblici resta, ovviamente, la convenzione 
arbitrale, che pu� assumere, oggi, per�, solo la forma della clausola 
compromissoria e non anche pi� del compromesso. Come nel precedente sistema 
arbitrale, anche nell�arbitrato dei contratti pubblici ante novella, costituiva 
condizione di ammissibilit� dell�atto di accesso all�arbitrato la tempestiva
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 355 
e rituale iscrizione di riserve per un importo uguale o superiore al 10% rispetto 
all�importo contrattuale: secondo la disciplina del codice dei contratti ante novella, 
prima ancora di procedere in via arbitrale, tali controversie dovevano 
passare attraverso il filtro obbligatorio del tentativo di accordo bonario (disciplinato 
dagli artt. 240 e 240 bis), che, tuttavia, si poneva come condizione di 
procedibilit� piuttosto anomala, posto che la sua inosservanza non era sanzionata 
n� dal codice dei contratti pubblici, n� dalla giurisprudenza (18). La novella 
del 2010 non ha apportato significative modifiche ai ricordati presupposti 
di ammissibilit� e di procedibilit� dell�azione arbitrale, se non con riferimento 
al momento della decorrenza del termine entro il quale la commissione deve 
formulare la proposta di accordo bonario (art. 240 comma 5) e con riguardo 
al termine iniziale per poter farsi luogo al giudizio arbitrale in caso di fallimento 
del tentativo di accordo bonario (art. 240 comma 6). 
Nulla � cambiato con riferimento alla disciplina degli appalti pubblici di 
servizi e forniture per i quali non era e non � contemplato l�obbligo di riserve. 
La disciplina dell�arbitrato dei contratti pubblici deve essere, infine, coordinata 
con le regole contenute nel capitolato generale (d.m. 145/2000), ancora 
vigente in mancanza di espressa abrogazione. 
13. Efficacia, esecutivit� e deposito del lodo secondo il novellato art. 241 co. 
9 e 10
Gi� prima della novella, la disciplina del lodo, sia quella applicabile al 
lodo per arbitrato ordinario, sia quella applicabile al lodo per arbitrato amministrato, 
era condensata nei commi 9, 10, 11 dell�art. 241. 
Secondo la disciplina finora vigente in materia di arbitrato (sia ordinario 
che camerale) dei pubblici contratti di lavori, servizi e forniture: 
- il lodo si aveva per pronunciato solo con il suo deposito presso la Camera 
arbitrale, da effettuarsi entro dieci giorni dall�ultima sottoscrizione, a 
cura del segretario del collegio; 
- restava salva ai fini dell�esecutivit� del lodo la disciplina contenuta nel 
c.p.c.; 
- all�atto del deposito del lodo andava versata direttamente all�Autorit� 
di Vigilanza, a cura degli arbitri, una somma pari all�uno per mille del valore 
della controversia. 
Le differenze della previgente disciplina appena riassunta rispetto alle 
previsioni del codice di procedura di rito in materia di arbitrato rituale riguardavano, 
dunque, (oltre agli adempimenti tipici dell�arbitrato amministrato 
verso l�Istituzione) essenzialmente il momento di perfezionamento del lodo: 
secondo l�art. 824 bis del codice di rito, infatti, il lodo, dalla data della sua ul- 
(18) Cass., Sez. Un., n. 5274/2007.
356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
tima sottoscrizione, assume gli effetti di una sentenza pronunciata dall�autorit� 
giudiziaria ordinaria ma, per munirlo di efficacia esecutiva, occorre l�exequatur, 
quindi il decreto di esecutoriet� da parte del giudice, nella cui cancelleria 
il lodo va depositato (art. 825 c.p.c.); il lodo arbitrale in materia di contratti 
pubblici, invece, si aveva per pronunciato con il suo deposito presso l�Istituzione 
camerale. 
A seguito della novella della disciplina il quadro finale � il seguente: 
- il lodo si intende pronunciato con l�ultima sottoscrizione, ma diventa 
efficace solo dopo il suo deposito presso la camera arbitrale (art. 241 comma 9); 
- il deposito presso la camera arbitrale non � pi� a cura del segretario ma 
a cura del collegio arbitrale: previsione, questa, divenuta necessaria in conseguenza 
della nuova disposizione che ha reso solo eventuale la nomina del 
nuovo segretario; 
- non � pi� contemplato il termine di dieci giorni per il deposito del lodo 
presso l�istituzione (art. 241 comma 10); 
- il deposito del lodo presso la camera arbitrale, come in passato, va fatto 
in tanti originali quante sono le parti, oltre ad uno per il fascicolo d�ufficio 
(art. 241 comma 10); 
- viene disciplinato in maniera pi� puntuale e sistematica il rapporto tra 
il deposito del lodo presso la Camera arbitrale e presso la Cancelleria del Tribunale, 
agli effetti dell�art. 825 c.p.c.: il Legislatore delegato dice, oggi, espressamente 
che quest�ultimo deposito deve essere �preceduto� dal deposito del 
lodo presso l�Istituzione arbitrale; ci�, sotto diverso profilo, comporta che il 
deposito presso la Camera si configura come presupposto necessario per conseguire 
l�efficacia esecutiva del lodo; 
- in aggiunta alle precedenti disposizioni viene stabilito che, su richiesta 
di parte, il rispettivo originale depositato presso la Camera arbitrale � restituito, 
con l�attestazione di avvenuto deposito, ai fini degli adempimenti di cui all�art. 
825 c.p.c. (art. 241 comma 10); 
- la previsione contenuta nell�abrogato comma 11 � stata in parte riprodotta 
nel comma 9 dell�art. 241 con la nuova previsione riguardante la corresponsione 
dell�uno per mille in favore dell�Autorit� di vigilanza e con la 
precisazione che la somma versata a cura degli arbitri resta a carico delle parti. 
14. L�impugnazione del lodo 
Il d.lgs. n. 53/2010 ha introdotto anche importanti novit� riguardanti la 
fase relativa all�impugnazione del lodo. 
In precedenza, il codice dei contratti pubblici nulla diceva in proposito, 
con la conseguenza che il regime delle impugnazioni dei lodi per arbitrato camerale 
o esterno era quello disciplinato dal codice di rito. 
L�impugnazione del lodo, quindi, si proponeva per i motivi di nullit� 
elencati nell�art. 829 c.p.c. dinanzi alla Corte d�Appello nel cui distretto era
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 357 
la sede dell�arbitrato, con le modalit� e i termini (90 giorni il termine �breve� 
decorrente dalla notifica del lodo e un anno dalla data dell�ultima sottoscrizione) 
indicati negli artt. 827 e 828 c.p.c.; la decisione sull�impugnazione per 
nullit� e il relativo procedimento inibitorio avvenivano, invece, secondo lo 
schema dettato dall�art. 830 c.p.c. 
Con la razionalizzazione dell�arbitrato dei contratti pubblici, in linea con 
l�esigenza di ridurre i tempi della giustizia arbitrale, � stata introdotta una disciplina 
speciale che deroga in parte la disciplina del codice di rito, per quanto 
riguarda i casi di nullit� e i termini di impugnazione: in forza del comma 15 
bis il lodo � impugnabile oltre che per i motivi di nullit� anche per violazione 
delle regole di diritto relative al merito della controversia. 
Per comprendere tale previsione � necessario ricordare che, a norma del 
novellato art. 829 comma 3 c.p.c,. l�impugnazione per violazione di regole 
di diritto del lodo per arbitrato rituale � ammessa solo se espressamente disposta 
dalle parti o dalla legge; per evitare di lasciare all�autonomia negoziale 
delle parti l�inserimento di tale motivo di nullit� nella clausola arbitrale si � 
reso necessario intervenire normativamente, garantendo in tal modo un pi� 
pregnante controllo da parte della Corte d�Appello su questioni che implicano 
materie di pubblico interesse. 
L�impugnazione � proponibile nel termine di novanta giorni dalla notificazione 
del lodo e non � pi� proponibile dopo il decorso di centoottanta 
giorni dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale. Correttamente 
� stato raccordato il decorso del termine iniziale breve per l�impugnazione 
del lodo con la notificazione dello stesso, mentre il termine lungo di 
un anno, previsto in materia di arbitrato rituale, � stato ridotto a 180 giorni e 
decorre, non dalla data dell�ultima sottoscrizione, ma dal deposito presso la 
Camera arbitrale. 
Fra le novit� relative alla fase di impugnazione del lodo vi sono le previsioni 
introdotte dal nuovo comma 15 ter dell�art. 241, in forza delle quali 
la Corte d�Appello pu�, su istanza di parte, sospendere con ordinanza l�efficacia 
del lodo, se ricorrono gravi e fondati motivi: rispetto al disposto dell�art. 
830 c.p.c., dunque, in caso di impugnazione del lodo, i motivi per l�accoglimento 
dell�inibitoria devono essere non solo gravi ma anche fondati. 
Si tratta, come � evidente, della traslazione sul piano delle impugnazioni 
arbitrali del meccanismo relativo alla sospensione della provvisoria esecutoriet� 
in genere delle sentenze, che presiede alla connessione dell�inibitoria 
da parte dei giudici dell�appello, ai sensi del combinato disposto fra l�art. 283 
c.p.c. e l�art. 351 c.p.c., quest�ultimo espressamente richiamato dalla norma 
in esame. 
15. L�impugnazione degli atti �camerali� 
La natura amministrativa o �paragiurisdizionale� della Camera arbitrale
358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
ha fatto sorgere nella prassi giurisprudenziale dubbi sulla individuazione della 
giurisdizione dei i gravami attraverso gli atti camerali. In considerazione della 
natura privatistica del giudizio arbitrale amministrato e delle posizioni devolute 
in arbitrato che sono di diritto soggettivo, con la conseguenza che non 
sarebbe possibile ravvisare, nell�intervento dell�istituzione, connotati provvedimentali 
o autoritativi, sembrerebbe pacifico che la giurisdizione appartenga 
al giudice ordinario. 
Vi �, tuttavia, il contrario avviso della giurisprudenza amministrativa che 
ritiene sussistente, con riguardo all�atto di nomina dell�arbitro fatto dalla Camera, 
la giurisdizione del giudice amministrativo e l�assoggettabilit� a gravame 
dello stesso (19). 
In egual modo si dibatte sulla possibilit� di impugnare il provvedimento 
camerale di liquidazione dei compensi arbitrali e sulla appartenenza di siffatta 
impugnazione alla giurisdizione ordinaria o amministrativa: anche in questo 
caso si fronteggiano le diverse posizioni di coloro che ritengono incontrovertibile 
la possibilit� di impugnare l�ordinanza di liquidazione camerale, atteso 
che non vi � alcuna norma del codice degli appalti che ne sancisca l�inoppugnabilit�; 
e di coloro che, in linea con la citata sentenza del Consiglio di Stato 
n. 6335/2003, escludono del tutto la possibilit� di impugnare direttamente il 
provvedimento in questione e, comunque, ritengono che l�eventuale impugnazione 
apparterrebbe alla giurisdizione ordinaria. A quest�ultimo proposito, 
si � registrato il contrario orientamento dei giudici amministrativi, i quali 
hanno recentemente affermato la propria giurisdizione, sul presupposto che 
il provvedimento camerale di liquidazione dei compensi proviene da un organo 
amministrativo, che agisce nell�esercizio di un potere autoritativo e discrezionale 
(20). 
Sul punto � recentemente intervenuta la Suprema Corte a Sezioni Unite 
(21) che ha stabilito il principio secondo cui �nelle controversie in tema di 
determinazione del compenso degli arbitri da parte della Camera arbitrale 
poich� il relativo provvedimento incide su posizioni di diritto soggettivo degli 
arbitri e si configura come arbitraggio, sussiste la giurisdizione del giudice 
ordinario�. 
16. Il doppio regime transitorio 
In conclusione, la stratificazione delle norme modificative e integrative 
in materia di arbitrato negli appalti pubblici, implica la soluzione di numerose 
questioni di diritto transitorio. 
Il Codice De Lise (d.lgs. n. 163/2006) disciplina il diritto transitorio dei 
(19) TAR Lazio, sez III, n. 4026/2007. 
(20) Cons. St., sez. IV, n. 1008/2005. 
(21) Cass. civ., Sez. Un., n. 17930/2008.
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 359 
contratti pubblici e, segnatamente, dell�arbitrato con una apposita norma, l�art. 
253, che distingue i casi in cui la nuova normativa operi retroattivamente e la 
vecchia operi in maniera ultrattiva, in modo da garantire la fondamentale regola 
della razionalit� o unitariet� del singolo procedimento. A questa norma 
di diritto intertemporale, si � aggiunta, poi, la previsione transitoria contenuta 
nell�art. 15 comma 6 del d.lgs. n. 53/2010, secondo la quale �la disciplina introdotta 
dagli artt. 4 e 5 , (relativa all�accordo bonario e all�arbitrato), si applica 
ai bandi, avvisi di gara e inviti pubblicati successivamente all�entrata 
in vigore del presente decreto, nonch� ai contratti aggiudicati alla base di essi 
e ai relativi giudizi arbitrali�. 
La conseguenza era che il novellato arbitrato si applicava ai giudizi relativi 
a contratti aggiudicati in forza di atti di gara pubblicati successivamente 
al 27 aprile 2010 (data di entrata in vigore della novella), mentre gli arbitrati 
in corso, ovvero relativi a controversie dipendenti da contratti aggiudicati in 
forza di atti gi� pubblicati a quella data, si svolgevano secondo le regole previgenti. 
Ci� significava che si applicava la disciplina precedente, anche quanto a 
compenso per il collegio arbitrale, se l�arbitrato, anche se si fosse celebrato 
interamente dopo l�entrata in vigore del decreto legislativo, avesse riguardato 
appalti banditi o stipulati prima. 
Dunque, la disciplina novellata non era applicabile non solo agli arbitrati 
gi� in corso, ma anche agli arbitrati successivi all�entrata in vigore del decreto, 
se riferiti ad appalti anteriori. 
La previsione era di dubbia razionalit� e di poca utilit�; si prestava anche 
a critiche di inefficienza e inefficacia, perch� �se si volevano ridurre i costi 
degli arbitrati con effetti immediati per l�economia, occorreva farlo con norma 
di immediata applicazione e non con norma ad effetto differito� (22). 
La disposizione transitoria, tuttavia, ha avuto vita breve. 
Attualmente, l�art. 15 comma 6 del d.lgs. 20 marzo 2010 n. 53 � stato 
abrogato dall�art. 4 comma 7 del d.l. 25 marzo 2010 n. 40 , convertito in legge 
22 maggio 2010 n. 73. 
Alla luce della nuova norma, la disciplina introdotta dagli artt. 4 e 5, d.lgs. 
n. 53/2010 non si applica per i collegi arbitrali gi� costituiti alla data di entrata 
in vigore del citato d.lgs., ossia alla data del 27 aprile 2010. 
In tal modo si desume, a contrario, che la nuova disciplina si applica 
anche agli appalti gi� banditi, ai contratti gi� stipulati, e ai contenziosi arbitrali 
gi� avviati, con l�unico limite dell�inapplicabilit� se i collegi arbitrali sono gi� 
costituiti. 
Per costituzione del collegio deve intendersi non gi� che i singoli arbitri 
(22) R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice degli appalti e nel nuovo 
processo amministrativo, www.giustizia-amministrativa.it. 
360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 2/2011 
sono stati nominati e hanno accettato la nomina, perch� tali atti non determinano 
ancora la formazione di un collegio, ma invece che gli arbitri hanno tenuto 
la prima riunione, finalizzata appunto alla costituzione del collegio. 
Quindi la sola nomina e accettazione dell�incarico arbitrale, senza prima 
riunione, non dando luogo a costituzione del collegio, non � ostativa dell�applicazione 
della nuova disciplina. Per farsi salva l�applicazione della vecchia 
disciplina la costituzione del collegio arbitrale deve essere avvenuta entro 
aprile 2010. 
Infatti la previsione, ancorch� contenuta in atto normativo successivo al 
d.lgs. n. 53/2010, � sostanzialmente retroattiva facendo riferimento non alla 
data della entrata in vigore dell�atto normativo che la contiene, bens� del d.lgs. 
n. 53/2010.
Finito di stampare nel mese di luglio 2011 
Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. 
Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma