ANNO LXII - N. 1 GENNAIO-MARZO 2010 
RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO
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Michele Dipace, Chiara Di Seri, Oscar Fiumara, Franco Giampietro, Flaminia Giovagnoli, 
Ennio La Placa, Morena Pirollo, Pamela Ricchio, Marina Russo, Aurelio Schiavone. 
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INDICE - SOMMARIO 
EDITORIALE 
TEMI ISTITUZIONALI 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato Avv. Oscar Fiumara in occasione 
della Cerimonia di Inaugurazione dell�Anno Giudiziario 2010. 
Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione � Roma, 29 gennaio 
2010 
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE 
Pamela Ricchio, Procedure di aggiudicazione di lavori pubblici: se la gestione 
non spetta al costruttore la gara � di lavori e non una concessione 
(C. giustizia, III Sez., sent. 13 novembre 2008 nella causa C-437/07) 
Federica Angeli, Concessioni di pubblici servizi: per i partenariati pubblico-
privati istituzionalizzati una singola procedura nel rispetto dei 
�principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit� di trattamento� 
(C. giustizia, III Sez., sent. 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08) 
Lorenzo D�Ascia, Sulla coerenza del disegno comunitario del regime di 
ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri (C. giustizia, III Sez., sent. 22 
ottobre 2009 nelle cause riunite C-261/08 e C-348/08) 
Giuseppe Fiengo, La legittimazione dei soggetti pubblici a partecipare 
alle gare d�appalto. �Apertura degli appalti pubblici alla concorrenza 
nella misura pi� ampia possibile� (C. giustizia, IV Sez., sent. 23 dicembre 
2009 nella causa C-305/08) 
Chiara Di Seri, Sulla necessaria �equivalenza� delle condizioni di ammissibilit� 
dell�azione di responsabilit� dello Stato legislatore (C. giustizia, 
Grande Sezione, sent. 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08) 
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Michele Dipace, Sul procedimento di approvazione e modifica degli statuti 
regionali autonomi. �Lo Stato in veste di garante della �istanza unitaria
� che connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, 
indirizzandolo verso l�osservanza della Costituzione� (C. cost., sent. 8 
maggio 2009 n. 149) 
pag. 1 
�� 3 
�� 9 
�� 19 
�� 40 
�� 53 
�� 64 
�� 73
Paolo Gentili, Limiti al valore probatorio degli �studi di settore� (Cass., 
Sez. Un., sent. 18 dicembre 2009 n. 26635). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Morena Pirollo, Prescrizione e decadenza del diritto all�indennizzo in materia 
di legge Pinto (CdA di Napoli, Sez. quarta civ., decr. 17 marzo 2008; 
CdA di Potenza, Sez. civ., decr. 28 aprile 2009; CdA di Napoli, Sez. prima 
civ., decr. 4 agosto 2008; Cass. civ., Sez. Un., sent. 26 gennaio 2004 n. 
1339; Cass. civ., Sez. Un., sent. 23 dicembre 2005 n. 28507; Cass. civ., 
Sez. I, sent. 13 aprile 2006 n. 8712; Cass. civ., Sez. I, sent. 20 giugno 
2006 n. 14286) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Federico Dinelli, Sul rapporto fra tutela costitutiva e risarcitoria nel giudizio 
amministrativo: osservazioni sulla disapplicazione dei provvedimenti 
presupposti favorevoli al privato (Cons. St., Sez. IV, sent. 21 aprile 
2009 n. 2435) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Alfonso Mezzotero, L�Ufficio del Commissario Delegato ex art. 5, l. n. 
225 del 1992: natura giuridica ed ambito dei poteri straordinari riguardo 
la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara 
(TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. 18 febbraio 2009 n. 1656) . . . . . . . . . . 
Flaminia Giovagnoli, Sul contenuto e i limiti nell�imposizione del vincolo 
di tutela indiretta (TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, sent. 20 ottobre 
2009 n. 684) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Michele Dipace, Contenzioso in tema di riconoscimento e revoca dello 
status di rifugiato. Legge 15 luglio 2009 n. 94, art.1, co. 13 - AL 34186/08 
Gabriella D�Avanzo, Procedura esecutiva adottata dal creditore a seguito 
di pronuncie di equa riparazione - AL 13887/02 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina Russo, Indennizzo ex legge n. 210/92. Rivalutazione di parte o 
dell�intero importo dell�indennizzo - AL 7530/06 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Maurizio Borgo, Disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per 
la costruzione e manutenzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili 
- AL 9028/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Alfonso Mezzotero, Gestione e procedimento di destinazione dei beni 
confiscati alle organizzazioni criminali - A.D.S. Catanzaro, AL 8190/2009 
pag. 83 
�� 91 
�� 127 
�� 160 
�� 196 
�� 205 
�� 207 
�� 210 
�� 213 
�� 217
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
Antonino Cimellaro, La trascrizione del decreto d�esproprio (o dell�atto 
equivalente) nel nuovo T.U. espropri e gli effetti sui diritti dei terzi. . . . 
Rolando Dalla Riva, I �numeri� degli avvocati pubblici ed il contenzioso 
delle pubbliche amministrazioni.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Monica De Angelis, Devoluzione e federalismo fiscale in sanit� . . . . . . 
Ennio La Placa, Il dottorato di ricerca al servizio della pubblica amministrazione. 
Prospettive alla luce delle riforma Brunetta. . . . . . . . . . . . 
RECENSIONI 
AA.VV., a cura di Franco Giampietro, Commento alla direttiva 
2008/98/Ce sui rifiuti. Quali modifiche al Codice dell�ambiente?, IPSOA, 
2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Andrea Carbone, L�azione risarcitoria nel processo amministrativo dopo 
la L. 69/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Alfonso Mezzotero, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo 
in attesa dell�attuazione della direttiva ricorsi n. 2007/66 e del 
nuovo Codice del processo amministrativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 221 
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La Rassegna dell�Avvocatura dello Stato deve molto all�avv. Oscar Fiumara, 
direttore responsabile per sei anni (1999-2005) della Rivista e, poi, Avvocato 
Generale dello Stato, collocato in questi giorni a riposo, per raggiunti 
limiti d�et�. 
Ha diretto la Rassegna in anni difficili, nel momento in cui sembrava che 
il dilagare dell�informatica e la crisi degli apparati dello Stato centrale non 
lasciassero pi� spazio ai quattro fascicoli a stampa annuali della Rivista, che, 
pur aveva segnato, a partire dal Secondo Dopoguerra, un importante momento 
di elaborazione ed approfondimento del diritto delle pubbliche amministrazioni 
in Italia. L�avv. Oscar Fiumara invece ci ha creduto e, con 
pazienza, ha cominciato a riannodare le fila di un discorso culturale, che mantiene 
vivo il senso di un�istituzione importante, qual � l�Avvocatura dello Stato; 
la tempestivit� e la continuit� della Rassegna ne sono un chiaro punto di emersione. 
La direzione della Rivista, affidata ad Oscar Fiumara, ha fatto alcune 
scelte importanti. In primo luogo, assecondando una vocazione professionale 
del �direttore� a lungo praticata, ha dato spazio al diritto comunitario, a 
quello espresso dalle decisioni della Corte di Giustizia dell�Unione Europea 
e a quello �in fieri� nei giudizi in corso. In questo settore l�Avvocatura dello 
Stato, che in nome del Governo italiano pu� intervenire in tutte le questioni 
pregiudiziali ed assume la difesa sulle contestazioni di inadempimento, appare 
effettivamente in grado di offrire ai lettori un quadro sufficientemente preciso 
degli orientamenti del diritto europeo. 
Una seconda decisione importante � stata quella di dar corso, previa autorizzazione 
delle amministrazioni interessate, alla pubblicazione delle consultazioni 
rese dall�Avvocatura dello Stato, ed in particolare dei pareri 
esaminati dal Comitato Consultivo. Si tratta di atti che rischiavano di andare 
dispersi nella memoria delle prassi amministrative e che, invece, con la pub- 
E D I T O R I A L E
2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
blicazione e con la diffusione presso gli operatori giuridici, divengono parte 
integrante della �dottrina�; ed effettivamente molti dei �lavori� dei nostri 
colleghi, per gli approfondimenti che recano e le soluzioni proposte, meritano 
un�adeguata considerazione presso un pubblico pi� esteso. 
La terza innovazione fatta dall�avv. Oscar Fiumara ha invece carattere 
organizzativo: a partire dall�anno 2000 la Rassegna dell�Avvocatura dello 
Stato viene attrezzata con un Comitato Scientifico, composto, oltre che dall�Avvocato 
Generale o da un suo Vice Avvocato Generale, dai professori universitari 
pi� autorevoli nelle rispettive discipline. L�apertura culturale della 
Rivista � compiuta attraverso il confronto istituzionale che si viene ad instaurare 
tra la ricerca universitaria nel settore giuridico e l�Avvocatura dello 
Stato. 
Si tratta, come si vede, di innovazioni importanti. Eppure non sono questi 
i meriti principali che si avvertono nell�attivit� svolta. Gli elementi che pi� 
caratterizzano la direzione della Rassegna di Oscar Fiumara e, poi, i suoi interventi 
sulla Rivista da Avvocato Generale dello Stato (si tratta pur sempre 
di una �pubblicazione di servizio�) vanno ricercati nel senso di serenit� e libert� 
che l�Istituto ha offerto a quanti, collaboratori esterni o redattori-avvocati, 
hanno contribuito in questi dieci anni a fare la Rivista. 
Di questo senso di pienezza nel lavoro, dell�equilibrio sempre manifestato 
nelle scelte delle cose da pubblicare e di quelle da approfondire, nella libert� 
di scegliere temi e metodi scientifici che risultavano agli Autori pi� consoni 
alla funzione svolta, caro Oscar, ti siamo grati. 
�Nella seduta di oggi 1� marzo 2010 il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina ad avvocato generale 
dello Stato del collega vice avvocato generale Ignazio Francesco Caramazza con decorrenza 22 
marzo prossimo, data del mio collocamento a riposo per raggiunti limiti di et�. 
All�illustre collega e carissimo amico Ignazio formulo tutti i miei migliori auguri e invio un caloroso 
saluto e un abbraccio affettuoso. Oscar Fiumara�(*) 
(*) Comunicato e-mail dell�Avvocato Generale inviato luned� 1 marzo 2010 - 14,04 da Segreteria 
Particolare.
T E M I I S T I T U Z I O N A L I 
Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Oscar Fiumara 
in occasione della Cerimonia di Inaugurazione 
dell�Anno Giudiziario 2010 
Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione 
Roma, 29 gennaio 2010 
Signor Presidente della Repubblica, Autorit�, Signor Presidente della 
Corte di Cassazione, Signore e Signori 
ho l�onore di poter evidenziare brevemente, in questa solenne circostanza, 
l�apporto che l�Avvocatura dello Stato continua a dare al Potere esecutivo, 
rappresentando e difendendo in giudizio, in modo organico ed esclusivo, le 
amministrazioni e gli enti che si avvalgono del suo patrocinio; al Potere giudiziario, 
contribuendo con lealt� ed obiettivit� alla risoluzione delle controversie; 
al Potere legislativo, suggerendo direttamente o indirettamente le 
soluzioni idonee alla miglior tutela degli interessi pubblici; il tutto in una sintesi 
che rappresenta la reale funzione dell�Istituto a tutela dell�interesse pubblico 
e della collettivit�. 
Anche nell�anno 2009 il numero degli affari nuovi impiantati dall�Avvocatura, 
nella sua struttura complessiva articolata nella sede romana e nelle 25 
sedi distrettuali, � stato imponente. Si tratta di 209.995 affari (che si aggiungono 
alle centinaia di migliaia antecedenti ancora pendenti nei vari gradi di 
giudizio): pur escludendo circa 35.000 fascicoli bagatellari senza effettivo seguito, 
residua sempre un cospicuo numero di circa 175.000 affari cui corrisponde 
un numero altrettanto elevato di sentenze di ogni ordine e grado, pari 
a 132.552: la percentuale di cause totalmente vinte si aggira, a seconda delle 
sedi, intorno al 60/65%; negli altri casi la soccombenza � spesso molto limitata.
4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Affrontiamo questo carico di lavoro con un organico di circa 370 avvocati e 
circa 850 impiegati amministrativi. La spesa per lo Stato, comprensiva di ogni 
voce, � di � 161.709.624 (il che significa che mediamente una causa costa allo 
Stato circa 900 euro): la parte preponderante di questa spesa � costituita dagli 
oneri per il personale, mentre le spese di funzionamento ammontano a soli 10 
milioni di euro di cui 2 milioni per l�informatica. 
Ringrazio il Governo per aver proposto, accogliendo le nostre richieste, 
alcune norme di grande utilit� per la funzionalit� dell�Istituto e ringrazio il 
Parlamento per averle approvate: mi riferisco, in particolare, alla recente 
norma che ha consentito una partecipazione del personale amministrativo alla 
distribuzione dei proventi per onorari di cause vinte, risolvendo cos�, con 
equit� ed equilibrio, un�antica questione. Mi permetto per� di insistere su alcune 
altre richieste che ho riformulato: ho chiesto l�istituzione di un ruolo, 
anche molto contenuto, di dirigenti amministrativi, perch� sia loro affidato il 
compito di gestione di alcuni servizi dell�Avvocatura, ora svolto impropriamente 
e illogicamente da avvocati, sottratti cos� alle loro funzioni naturali 
(credo che l�Avvocatura sia l�unica amministrazione statale priva di dirigenti 
amministrativi); - ho chiesto altres� alcune misure che consentano uno sviluppo 
di carriera ai giovani; - e ho sottoposto infine all�attenzione della Presidenza 
del Consiglio l�opportunit� di costituire una sede dell�Avvocatura a Lussemburgo, 
per una cura pi� diretta degli affari comunitari, che ci impegnano ormai 
stabilmente, nonch� eventualmente di alcune delle cause dinanzi alla Corte di 
Strasburgo, in sinergia con il Ministero della Giustizia. Tali misure, unite magari 
� non appena possibile � ad un sia pur modesto aumento degli organici, 
ormai indispensabile, in particolare per quanto riguarda il personale amministrativo 
gravemente carente, assicurerebbero un servizio certamente pi� produttivo 
alle amministrazioni patrocinate e al sistema giustizia. 
Certamente di grande aiuto � stato per noi l�avvento dell�informatica, 
senza la quale non avremmo potuto far fronte alla mole di lavoro sempre crescente 
ad organici invariati. Essa occupa un ruolo strategico per lo svolgimento 
dei compiti istituzionali. 
Gli sforzi compiuti ed i risultati raggiunti con le risorse a disposizione 
costituiscono un grande traguardo. Abbiamo modernizzato le tecnologie con 
un�operazione ad altissimo rischio ma perfettamente riuscita, migliorando la 
piattaforma tecnologica del nostro sistema, mettendolo al riparo da un inevitabile 
tracollo. E abbiamo insistito nel completamento dei progetti di scambio 
con le amministrazioni, in particolare con l�Agenzia delle Entrate, e con le 
giurisdizioni, automatizzando l�invio delle sentenze, come gi� avviene con alcuni 
TAR: queste sono state e continuano ad essere le nostre priorit�. E lo sono 
anche per il legislatore, che ha previsto il contributo dell�Avvocatura dello 
Stato nelle determinazioni da assumere su alcune innovazioni tecnologiche 
relative al processo civile. Ma tali priorit� devono essere tenute presenti anche
TEMI ISTITUZIONALI 5 
da coloro che con l�Avvocatura devono realizzare quanto concordato. L�Avvocatura 
� una Pubblica Amministrazione: pur se di fronte ai giudici perfettamente 
paritaria rispetto ai colleghi del libero foro, tuttavia � e resta una 
Istituzione pubblica, con la conseguente necessit� di contenere la spesa, armonizzare 
l�efficienza del proprio servizio in accordo con le giurisdizioni e 
trovare nelle amministrazioni le collaborazioni e le effettive soluzioni per rendere 
insieme un migliore servizio alla collettivit�. 
In uno scenario fatto di sistemi interagenti con un forte grado di accoppiamento, 
la lentezza o l�inadeguatezza di un sistema inevitabilmente condizionerebbe 
il percorso dell�intero processo. Ne abbiamo avuto la riprova con 
la giustizia civile e con le difficolt� di allineare gli scambi informatizzati imposti 
dal legislatore. 
Il successo dell�automazione anche per l�Avvocatura si misurer� a lungo 
termine: per poterlo ottenere � necessaria una continuit� di governo che va dal 
concepimento alla progettazione, dal monitoraggio dell�implementazione e la 
conduzione verso il normale esercizio, mantenendo tuttavia sempre all�interno 
della Pubblica Amministrazione il governo di tali processi, anche e soprattutto 
con un reale investimento su figure professionali idonee da inserire all�interno 
dei gangli delle amministrazioni. 
Il nostro lavoro si � sviluppato, anche quest�anno, su tutti i fronti. 
In circa 800 affari abbiamo trattato importantissime questioni dinanzi alla 
Corte Costituzionale e ai Giudici comunitari: cito, ad esempio, per la prima, i 
giudizi relativi al segreto di Stato (in relazione alla nota vicenda Abu Omar) 
e alla normativa sulla sospensione dei processi nei confronti delle alte cariche 
dello Stato; il giudizio sulla legge regionale sarda istitutiva di un�imposta sugli 
scali turistici nell�isola, che ha provocato il primo rinvio pregiudiziale della 
Corte Costituzionale alla Corte di giustizia delle C.E.; e quanto al contenzioso 
comunitario mi limito a ricordare le sentenze della Corte di giustizia sui poteri 
cautelari dei giudici nazionali in materia di affidamento dei figli minori, nonch� 
sulla titolarit� delle imprese farmaceutiche e sul sistema nazionale di determinazione 
dei prezzi dei prodotti farmaceutici a carico del Servizio sanitario 
nazionale. 
Dinanzi alla Corte dell�Aja stiamo esponendo le nostre ragioni nella causa 
promossa dalla Germania a proposito della giurisdizione affermata dalla Corte 
di cassazione italiana sulle richieste risarcitorie avanzate in relazione ai crimini 
nazisti. Di mero supporto � stata la nostra presenza nelle cause dinanzi alla 
Corte europea dei diritti dell�uomo (mi riferisco in particolare alla questione 
relativa alla confisca di beni sui quali siano stati commessi abusi edilizi): ma 
auspichiamo una nostra collaborazione pi� incisiva. 
Vastissimo e variegato � il contenzioso davanti ai giudici ordinari. Mi limito 
a ricordare le controversie relative all�irragionevole durata dei processi 
(in applicazione della c.d. legge Pinto). Siamo nell�ordine di 26.000 cause
6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
aperte nel 2009, che producono un esborso per lo Stato molto elevato, con un 
effetto perverso dato dal moltiplicarsi delle cause, con l�accrescimento esponenziale 
della spesa, conseguente al ritardo nell�esecuzione delle pronunce di 
condanna: � assolutamente necessario che si snellisca il procedimento di pagamento 
effettuando tempestivi e idonei stanziamenti; ed �, ovviamente, particolarmente 
necessario che si intervenga a livello normativo e organizzativo 
per ridurre alla radice il fenomeno della durata irragionevole dei processi, nefasto 
non solo e non tanto per le casse dello Stato, ma anche e soprattutto per 
l�interesse dei cittadini ad una giustizia rapida ed effettiva. 
Cito ancora � a titolo esemplificativo � il vasto contenzioso in tema di 
lavori pubblici; sull�emergenza rifiuti (particolarmente in Campania); sul risarcimento 
danni derivanti da contagio per trasfusione di emoderivati; sul 
flusso migratorio di cittadini extracomunitari (il Comune di Lampedusa ha rivendicato 
un danno all�immagine per il clamore mediatico dei respingimenti); 
ancora le cause risarcitorie per il disastro aereo di Ustica; i nostri interventi a 
favore di Stati esteri (Cina, Albania, Iran e altri Paesi mediorientali) minacciati 
da procedure esecutive nel territorio nazionale; le controversie sui compensi 
ai medici specializzandi; quelle sul trattamento carcerario fondate sulla convenzione 
europea per i diritti dell�uomo. 
Consistente � il contenzioso in materia penale, dove il nostro ruolo � essenzialmente 
quello della parte civile, pur non mancando posizioni di difesa 
di pubblici dipendenti incriminati per fatti e cause di servizio previa valutazione 
di coincidenza con gli interessi dell�amministrazione di appartenenza: 
sotto il primo aspetto segnalo, fra i tanti, i processi relativi alla strage di piazza 
della Loggia a Brescia; a Calciopoli a Napoli; i processi contro i capi storici 
di �Cosa Nostra� e quello c.d. �Addio Pizzo� in Sicilia; le frodi relative all�ampliamento 
della linea metropolitana di Catania; i reati ambientali, con particolare 
riferimento alle discariche abusive, allo smaltimento e al mercato 
clandestino dei rifiuti (in specie in Campania); sotto il secondo profilo la difesa 
dei militari ritenuti incolpevoli nei processi relativi ai danni da contaminazione 
dell�amianto sulle navi da guerra, o dei comandanti di unit� navali incriminati 
per episodi pur dolorosi compiuti in servizio (episodio della corvetta Sibilia). 
Altrettanto importante e significativo � il nostro contributo nell�ambito 
della giustizia amministrativa, dove ancor pi� significativa � la nostra posizione 
a tutela della correttezza e trasparenza dell�azione amministrativa. Si 
tratta di oltre 25.000 cause dinanzi ai tribunali amministrativi regionali e oltre 
4.000 cause dinanzi al Consiglio di Stato (o al Consiglio di giustizia amministrativa 
della Regione Sicilia: circa 700), dove la percentuale di cause vinte � 
del 70%. Si sono agitate questioni, singole o seriali, di grande interesse sociale 
ed economico: cito fra le tante la prosecuzione delle cause relative all�ampliamento 
della base militare statunitense Dal Molin a Vicenza; la delicatissima 
questione della nutrizione e alimentazione nei confronti di persone in stato ve-
TEMI ISTITUZIONALI 7 
getativo persistente (caso Englaro); la vertenza Telecom / Ministero Economia 
e Finanze, sulla pretesa restituzione di somme versate a titolo di canone di 
concessione di servizi di telecomunicazione, il cui esito positivo definitivo, in 
un contesto molto delicato, ha evitato allo Stato un esborso di oltre 500 milioni 
di euro (pari ad almeno un triennio della spesa per l�intera Avvocatura); le delicate 
cause relative ai provvedimenti delle Autorit� indipendenti (circa 650); 
quelle relative alla spesa sanitaria in Sicilia; alla determinazione del prezzo 
dei farmaci e alle tariffe per la remunerazione delle prestazioni sanitarie; il 
vasto e delicato contenzioso, in continuo aumento, proposto da magistrati ordinari 
contro il Consiglio Superiore della Magistratura per l�attribuzione di 
incarichi direttivi e semidirettivi; i numerosissimi ricorsi relativi ai concorsi 
per notaio e per uditore giudiziario e agli esami di ammissione alla professione 
legale. 
Concludo questa sintesi ricordando una parte rilevantissima e prestigiosa 
del nostro lavoro, quello relativo alla nostra presenza dinanzi alla Corte di cassazione 
che oggi solennemente ci ospita. Nell�anno decorso si sono avute ben 
11.430 nuove cause, nelle quali abbiamo assunto le vesti di ricorrenti o resistenti, 
e abbiamo avuto 10.966 sentenze (il 60% favorevoli). Mi piace segnalare 
la grande armonia nella quale lavoriamo con i magistrati della Corte (e in 
primo luogo con il suo Presidente) e mi limito a segnalare il capillare lavoro 
interpretativo svolto dalla Corte in materia tributaria, attraverso 6.287 sentenze 
(il 55% di quelle emesse nelle nostre cause); lo sforzo per definire il pi� rapidamente 
e funzionalmente possibile le controversie sulla legge Pinto (1.901 
sentenze); la definitiva chiusura del delicato contenzioso sul trattamento tributario 
delle fondazioni bancarie; il riconoscimento della natura indennitaria 
dell�obbligazione ex lege dello Stato per l�omessa o tardiva trasposizione di 
direttive comunitarie (dove per� � emerso un dissenso della Sezione Lavoro). 
Mi sia permesso accennare, per�, ad una notevole difficolt� in cui operiamo 
per via di una interpretazione sempre pi� preclusiva e formalistica del pur gi� 
rigoroso art. 366 bis cod. proc. civ.: la norma ha certamente consentito la rapida 
eliminazione di un tipo di contenzioso sbadatamente proposto, ma la progressione 
nel tempo di criteri interpretativi sempre pi� restrittivi, non 
prevedibili al momento della presentazione dei ricorsi, quanto al principio 
dell�autosufficienza e alla formulazione del quesito di diritto, ha impedito e 
impedisce la risoluzione serena di controversie che meriterebbero un esame 
pi� approfondito nel merito. 
A questo imponente lavoro, che ho sinteticamente esposto, si aggiunge 
non solo la resa di consultazioni alle amministrazioni, ma anche il supporto 
alle stesse nella loro attivit� concreta. Mi limito a segnalare la continuazione 
dell�opera di recupero di opere d�arte illegalmente esportate (quest�anno il 
Museo di Cleveland ha restituito alcune opere di grande valore, che si aggiungono 
a quelle esposte l�anno scorso al Quirinale nella mostra �Nostoi�). Con-
8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
siderevole � stato il nostro impegno a sostegno della Protezione civile e delle 
strutture commissariali per le emergenze ambientali in varie zone d�Italia. 
Nel manifestare la mia soddisfazione per l�impegno e i risultati di tutti 
gli avvocati dello Stato e del personale amministrativo di ogni sede, mi piace 
di sottolineare la piena disponibilit� dei componenti dell�Avvocatura Distrettuale 
dell�Aquila che, alloggiati provvisoriamente presso la caserma di Coppito, 
e pur danneggiati essi stessi nei loro beni personali, hanno continuato a 
lavorare con continuit� ed impegno, contribuendo all�auspicata normalizzazione 
della martoriata terra d�Abruzzo. 
�Notte mai non � s� nera ch�alla fin non habbia Aurora� recita l�oratorio 
della SS.ma Vergine di Giovanni Carissimi, il nostro musicista seicentesco sepolto 
nella chiesa di Sant�Apollinare, vicino alla sede dell�Avvocatura: con 
questo augurio, che � anche una convinzione, concludo. 
Grazie Signor Presidente della Repubblica, grazie a tutti per avermi ascoltato.

L E D E C I S I O N I D E L L A 
C O R T E D I G I U S T I Z I A U E 
Procedure di aggiudicazione di lavori pubblici 
Se la gestione non spetta al costruttore la gara 
� di lavori e non una concessione 
(Corte di giustizia delle Comunit� europee, Terza Sezione, sentenza 
del 13 novembre 2008 nella causa C-437/07) 
Con la sentenza del 13 novembre 2008, causa C-437/07, la Corte di giustizia 
delle Comunit� europee ha condannato la Repubblica italiana per aver 
considerato e gestito un appalto pubblico di lavori come una concessione di 
lavori pubblici, venendo meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della 
direttiva comunitaria 93/37. 
E� opportuno riassumere brevemente il contesto fattuale che ha condotto 
all�emanazione della pronuncia in commento, al fine di comprendere al meglio 
i punti intorno ai quali ruotano le argomentazioni della Corte di Giustizia. 
Con un ricorso, la Commissione delle Comunit� europee chiede che la 
Corte voglia dichiarare che, avendo il Comune di L�Aquila attribuito un appalto 
pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione 
di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt� attraverso 
una procedura, quale quella propria della �finanza di progetto�, finalizzata 
all�attribuzione di una concessione di lavori, e avendo proceduto a una 
modifica del progetto preliminare posto a base della gara successivamente alla 
pubblicazione del bando, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi 
a essa imposti rispettivamente dalla Direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 
93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici 
di lavori, in particolare dei suoi articoli 7 e 11, nonch� degli articoli 43 e 49 
Ce e dei principi di trasparenza e non discriminazione che ne costituiscono il 
corollario.
10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In qualit� di promotore, un raggruppamento di imprese propose al Comune 
di L�Aquila la progettazione e realizzazione di una tramvia per il trasporto 
urbano. 
Il Comune constat� la fattibilit� e il pubblico interesse dell�opera, il cui 
costo ammontava a oltre 33.5 milioni, il cui 60% era finanziato con risorse 
pubbliche, e il restante 40 % dal raggruppamento di imprese (CGRT), al quale 
doveva assegnarsi la concessione del servizio di trasporto. 
Dopo l�esito infruttuoso della gara per la mancata partecipazione di altri 
aspiranti, il Comune e il raggruppamento stipularono una convenzione con la 
seguente clausola: la gestione del trasporto urbano sarebbe stata affidata a un 
terzo, su cui gravava l�obbligo di corrispondere al �concessionario� un canone 
annuo di circa 1.4 milioni di euro per la durata di 30 anni. 
Secondo la Commissione delle Comunit� europee la suddetta convenzione 
configura un appalto pubblico di lavori ai sensi del diritto comunitario. 
Certo, la controprestazione dei lavori, nel caso di specie, consisterebbe 
in parte nel diritto di gestire l�opera. 
Tuttavia, dato che il CGRT non gestisce in prima persona l�opera, ma percepisce 
un canone garantito da un terzo incaricato della gestione di tale opera, 
il CGRT non si assumerebbe i rischi finanziari di detta gestione. 
Di conseguenza, tale operazione non potrebbe essere qualificata come 
appalto pubblico di lavori e richiederebbe il rispetto delle relative procedure 
di aggiudicazione. 
Pertanto, alla luce di tali considerazioni la Commissione delle Comunit� 
europee sostiene che poich� l�aggiudicazione di tale appalto tramite una procedura 
quale quella della �finanza di progetto� � diretta all�attribuzione di una 
concessione di lavori pubblici, sarebbe contraria alle disposizioni della direttiva 
93/37. 
Nelle proprie difese il Governo italiano afferma che nel caso di specie, 
lo schema della concessione si realizzi pienamente. 
Il concessionario realizzerebbe l�opera con un contributo finanziario fisso 
non superiore al 60% del prezzo dell�opera. I rischi connessi a tale realizzazione 
sarebbero stati assunti dal concessionario, che non potrebbe pretendere 
alcunch� oltre a tale contributo finanziario. 
In particolare, il Governo italiano ha affermato che in relazione al diritto 
di gestire l�infrastruttura, il servizio di trasporto di massa sarebbe riservato nel 
Comune ad un solo operatore, vale a dire all�Azienda della Mobilit� Aquiliana 
SpA (AMA), che � tenuta ad applicare nei confronti degli utenti un prezzo 
amministrato e ad utilizzare una biglietteria integrata con gli altri servizi di 
trasporto. 
Pertanto esso ha concluso che, il diritto di gestire l�opera si trasformerebbe 
per il CGRT in un diritto di percepire dall�AMA un canone fisso. Si tratterebbe 
di una modalit� di gestione dell�opera che non priva l�operazione in
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 11 
questione del suo carattere di concessione di lavori pubblici. 
La Corte di giustizia ha accolto la censura sollevata dalla Commissione, 
attraverso un ragionamento chiaro e persuasivo, scandito nella citata sentenza, 
dalle seguenti considerazioni. 
La Direttiva 93/37 distingue nettamente l�appalto dalla concessione di lavori 
(1). In entrambi i casi l�appaltatore o il concessionario si obbligano al 
compimento di un�opera. 
L�ente committente, invece: 
- Nel caso di appalto si obbliga a pagare un corrispettivo in danaro; 
- Nel caso della concessione, il corrispettivo � essenzialmente il diritto 
di gestire l�opera, ricavandone un profitto; tale corrispettivo pu� anche accompagnarsi 
al pagamento di un prezzo. 
- L�elemento tipico della concessione � per� sempre la gestione dell�opera 
attraverso attivit� imprenditoriale. 
La Corte ha ritenuto che si � in presenza di una concessione di servizi allorquando 
le modalit� di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore 
di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest�ultimo assume 
il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (2). 
L�aggiudicazione in forma di concessione e non di appalto di lavori della 
tramvia del Comune di L�Aquila secondo il metodo di finanza di progetto viola 
la direttiva 93/37 dato che il rischio di gestione non viene attribuito al concessionario. 
La Corte, nell�esame del caso ha rilevato che il concessionario � esentato 
dal rischio di gestione in quanto la gestione della tramvia non � attribuita al 
concessionario bens� ad un gestore del servizio quale soggetto terzo cui, per 
convenzione, incombe l�obbligo di corrispondere al concessionario un determinato 
corrispettivo per un periodo anch�esso determinato. 
In sostanza, la Corte ha affermato che la previsione contrattuale di un canone 
fisso garantito al concessionario dal gestore effettivo del servizio tramite 
il comune concedente fa venir meno in capo al concessionario ogni elemento 
del rischio finanziario connesso alla gestione che, come � noto, rappresenta, 
secondo il diritto comunitario, l�elemento di differenzazione della concessione 
(1) Direttiva 93/37 definisce <<appalto di lavori pubblici>> un contratto oneroso, verso pagamento 
di un prezzo, avente per oggetto l�esecuzione, ed eventualmente anche la sua progettazione, di lavori 
relativi ad una delle attivit� previste dalla Direttiva stessa. 
Definisce <<concessione di lavori pubblici>> un contratto che presenta le stesse caratteristiche dell�appalto, 
tranne il fatto che la controprestazione dei lavori consiste nel diritto di gestire l�opera, o in tale 
diritto accompagnato da un prezzo. 
Un contratto in cui l�aggiudicatario non � retribuito con il <<diritto di gestire l�opera>> non pu� qualificarsi 
<<concessione>>, e simula un <<appalto>> di lavori pubblici, se dal suo contenuto appare evidente 
che l�aggiudicatario non assume il rischio insito nella gestione dell�opera. 
(2) V. sentenza del 18 luglio 2007 relativa alla causa C-382/05, Commissione c. Italia, Racc., pag. 
1-6657, punto 34, e giurisprudenza ivi citata.
12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dall�appalto. 
Poich� la convenzione prevedeva che il servizio di trasporto venisse 
svolto da un terzo, e che il concessionario ricevesse da quest�ultimo un canone, 
convertendo un�attivit� a �rischio� in una di mero godimento, i giudici europei 
hanno condannato l�Italia per aver adottato una procedura non conforme per 
una operazione da designare piuttosto come appalto pubblico di lavori e non 
come concessione di lavori pubblici. 
Corollario dell�inesatta qualificazione dell�appalto come �concessione� 
� anche la violazione delle norme che disciplinano il contenuto del bando di 
gara e delle connesse regole di procedura per l�aggiudicazione. 
La Corte non si � soffermata sulla seconda censura, che avrebbe avuto 
senso solo se si fosse trattato di concessione. 
Nell�ordinamento nazionale, anche la legge 109/1994, � stata abrogata, 
sostituita dal Dlgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, 
servizi e forniture in attuazione). L�articolo 1 del decreto delegato ripete le 
medesime nozioni di �appalto di lavori pubblici� e di �concessione di lavori 
pubblici� come definite dalla Direttiva 93/37, a sua volta non modificata dalla 
Direttiva 2004/18 (3). 
Dott.ssa Pamela Ricchio* 
Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 13 novembre 2008 nella causa C-437/08 
- Pres. A. Rosas, Rel. J.N. Cunha Rodrigues, Avv. gen. Y. Bot - Commissione delle Comunit� 
europee / Repubblica italiana (avv. Stato G. Fiengo). 
�Inadempimento di uno Stato � Appalti pubblici � Progettazione e realizzazione di una tramvia 
municipale � Appalto pubblico di lavori � Attribuzione tramite una procedura diretta all�attribuzione 
di una concessione di lavori pubblici � Violazione della direttiva 93/37� 
(Omissis) 
1 Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunit� europee chiede che la Corte voglia 
dichiarare che, avendo il Comune di L�Aquila (in prosieguo: il �Comune�) attribuito un appalto 
pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia 
su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt� attraverso una procedura, quale quella 
(3) La nuova direttiva 2004/18/CE definisce le concessioni di servizi come contratti che presentano 
le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che la contropartita della 
prestazione di servizi consiste o unicamente nel diritto di gestire il servizio, ovvero nello stesso diritto 
accompagnato da un prezzo. Tuttavia, le concessioni di servizi non sono sottoposte ad alcuna regola 
specifica della direttiva. 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 13 
propria della �finanza di progetto�, finalizzata all�attribuzione di una concessione di lavori, 
ed avendo proceduto ad una modifica del progetto preliminare posto a base della gara successivamente 
alla pubblicazione del bando, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi 
ad essa imposti rispettivamente in forza dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 
93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU 
L 199, pag. 54), in particolare dei suoi artt. 7 e 11, nonch� degli artt. 43 CE e 49 CE e dei 
principi di trasparenza e di non discriminazione che ne costituiscono il corollario. 
Il contesto normativo 
La normativa comunitaria 
2 L�art. 1, lett. a), della direttiva 93/37 definisce gli appalti pubblici di lavori come segue: 
�gli �appalti pubblici di lavori� sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra 
un imprenditore e un�amministrazione aggiudicatrice di cui alla lettera b), aventi per oggetto 
l�esecuzione o, congiuntamente, l�esecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle 
attivit� di cui all�allegato II o di un�opera di cui alla lettera c) oppure l�esecuzione, con qualsiasi 
mezzo, di un�opera rispondente alle esigenze specificate dall�amministrazione aggiudicatrice
�. 
3 L�art. 1, lett. d), della suddetta direttiva definisce la concessione di lavori pubblici nei 
termini seguenti: 
�la �concessione di lavori pubblici� � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di cui 
alla lettera a), ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente 
nel diritto di gestire l�opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo�. 
4 L�art. 7 della direttiva 93/37 prevede che, per attribuire gli appalti pubblici di lavori, le 
amministrazioni aggiudicatrici applicano o la procedura aperta o la procedura ristretta e che 
possono ricorrere alla procedura negoziata in certi casi eccezionali, tassativamente elencati. 
Tali obblighi non si applicano all�attribuzione delle concessioni di lavori pubblici. 
5 L�art. 11, nn. 2 e 3, della suddetta direttiva prevede quanto segue: 
�2. Le amministrazioni aggiudicatrici che intendono attribuire un appalto di lavori pubblici 
mediante procedure aperta, ristretta o negoziata nei casi previsti all�articolo 7, paragrafo 2, 
rendono nota tale intenzione con un bando di gara. 
3. Le amministrazioni aggiudicatrici che intendono ricorrere alla concessione di lavori pubblici 
rendono nota tale intenzione con un bando di gara�. 
La normativa nazionale 
6 Gli artt. 37 bis 37 quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia 
di lavori pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 41 del 19 febbraio 1994; in prosieguo: 
la �legge n. 109/94�), regolano l�attribuzione degli appalti pubblici di lavori finanziati, in 
tutto o in parte, da soggetti privati. 
7 L�art. 37 bis di tale legge consente a soggetti privati di presentare alle amministrazioni 
aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilit� 
e di firmare i contratti corrispondenti che dispongono il finanziamento e la gestione dei 
lavori. 
8 L�art. 37 ter della stessa legge descrive la procedura di selezione del promotore. Cos�, 
prevede che le amministrazioni aggiudicatrici valutano la fattibilit� delle proposte presentate 
sotto differenti profili: costruzione, urbanistica, ambiente, qualit� progettuale, funzionalit�, 
fruibilit� dell�opera, accessibilit� al pubblico, rendimento, costo di gestione e di manutenzione, 
durata della concessione, tempi di ultimazione dei lavori della concessione, tariffe da applicare 
e metodologia di aggiornamento, valore economico e finanziario del piano e del contenuto
14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
della bozza di convenzione. Tali amministrazioni sono tenute a verificare l�assenza di elementi 
ostativi alla realizzazione di tali previsioni e, dopo aver esaminato e comparato queste ultime 
e aver sentito i promotori che ne facciano richiesta, indicano quale proposta � di pubblico interesse. 
9 In questo caso, in applicazione dell�art. 37 quater della legge n. 109/94, viene realizzata 
una procedura ristretta tesa ad indurre la presentazione di altre due offerte. La concessione 
viene in seguito attribuita nell�ambito di una procedura negoziata nel corso della quale vengono 
esaminate la proposta del promotore inizialmente selezionato e tali altre offerte. Nel 
corso di tale procedura, il suddetto promotore pu� adattare la sua proposta a quella giudicata 
dall�amministrazione aggiudicatrice pi� conveniente. In tal caso, egli risulter� aggiudicatario 
della concessione. 
10 Tale procedura viene designata con il termine di �finanza di progetto�. 
Fatti e procedimento precontenzioso 
11 Con delibera n. 49 del 29 gennaio 2002, il Comune ha constatato, ai sensi dell�art. 37 
ter della legge n. 109/94, la fattibilit� e il pubblico interesse di una proposta presentata dal 
Raggruppamento CGRT (in prosieguo: il �CGRT�) in qualit� di promotore, relativa alla progettazione 
ed alla realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa 
in tale citt�. Secondo tale decisione, l�importo stimato dei lavori ammontava a EUR 33 569 
698,44, di cui EUR 20 141 819,06, ovverosia il 60% del primo importo, finanziati direttamente 
dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, e EUR 13 427 879,38, ovverosia il restante 
40%, finanziati dal CGRT. 
12 Con delibera n. 212 del 26 marzo 2002, il Comune ha bandito una gara per l�attribuzione 
di una concessione di lavori in vista della costruzione di tale tramvia. Il bando di gara per la 
concessione � stato pubblicato segnatamente nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� europee, 
serie S, del 25 aprile 2002, con il numero di riferimento 2002/S 81 063094. 
13 A seguito dell�esperimento infruttuoso di tale bando di gara, con delibera n. 798 del 27 
novembre 2002, il Comune ha attribuito tale concessione al CGRT. A seguito di tale attribuzione, 
in data 2 dicembre 2002, il Comune e il CGRT hanno quindi concluso una convenzione. 
14 Il punto 12, lett. c), della premessa di tale convenzione indica che la persona incaricata 
della gestione del servizio di tramvia in forza di un contratto di servizio da concludere con il 
Comune sar� tenuta a corrispondere un canone periodico al CGRT. 
15 L�art. 5 di tale convenzione stabilisce in merito al corrispettivo del concessionario: 
� (...) 
Come sopra menzionato in premessa al punto 12, lett. c), al fine di garantire il rispetto delle 
previsioni del piano economico finanziario allegato al progetto preliminare, e quindi la sostenibilit� 
economico finanziaria dell�operazione, al Concessionario, oltre al Contributo pubblico, 
� riconosciuto, quale corrispettivo, il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamante 
la Tramvia, per tutta la durata della Concessione, anche mediante la percezione di 
un corrispettivo indicato specificamente nel piano economico-finanziario allegato, dovuto per 
effetto dello sfruttamento e per l�utilizzazione della Tramvia e delle connesse opere realizzate 
dal Concessionario da parte del Gestore del Servizio che avr� stipulato con il Concedente un 
contratto di servizio. 
A tal fine, il Concedente, avuto riguardo alla necessit� di garantire l�equilibrio economico-finanziario 
del Concessionario e all�essenzialit� � a tale scopo � del puntuale adempimento da 
parte del Gestore del Servizio del pagamento al Concessionario del suddetto corrispettivo, si
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 15 
obbliga con la presente Convenzione e per tutta la sua durata a prevedere espressamente nel/i 
bando/i, nelle relative documentazioni di gara per l�affidamento del servizio di trasporto pubblico 
afferente la Tramvia ed in particolare nel contratto di servizio disciplinante l�erogazione 
di detto servizio, l�obbligo in capo al Gestore del Servizio di pagare al Concessionario il corrispettivo 
di cui sopra, indicato nel piano economico finanziario allegato al progetto preliminare
�. 
16 Sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo, l�importo del canone che il gestore 
del servizio di tramvia sarebbe tenuto a corrispondere al CGRT � stato fissato a EUR 1 446 
079,32 annui per un periodo di trent�anni. 
17 Alla data di presentazione del presente ricorso, il Comune non aveva ancora designato 
il gestore del suddetto servizio. 
18 Peraltro, il progetto preliminare dell�opera, sul quale si basava la gara d�appalto, � stato 
modificato nel progetto definitivo che il CGRT ha presentato dopo la pubblicazione del bando 
di concessione. Tali modifiche sono state approvate dal Ministero delle Infrastrutture e dei 
Trasporti con nota del 29 settembre 2004. 
19 Senza che il costo complessivo dell�opera sia cambiato, il costo dei lavori rientranti 
nella categoria �Edifici civili ed industriali�, stimato in EUR 2 948 695,88 nel progetto preliminare, 
� stato portato a EUR 7 613 505,11 nel progetto definitivo, mentre il costo dei lavori 
rientranti nella categoria �Impianti per la trazione elettrica�, stimato in EUR 3 956 137,32 
nel progetto preliminare, � stato portato a EUR 3 140 566,98 nel progetto definitivo. 
20 In seguito ad un reclamo in merito all�attribuzione dei lavori in questione, la Commissione 
ha preso contatto, in data 16 e 17 giugno 2005, con le autorit� italiane, che le hanno 
fornito talune informazioni. 
21 Non soddisfatta delle risposte comunicate da tali autorit�, la Commissione ha indirizzato 
alla Repubblica italiana una lettera di messa in mora in data 18 ottobre 2005 e un parere motivato 
in data 4 luglio 2006, prima di proporre il presente ricorso. 
Sul ricorso 
22 A sostegno del proprio ricorso la Commissione fa valere due censure. 
Sulla prima censura 
Argomenti delle parti 
23 Con la sua prima censura la Commissione fa valere che la convenzione conclusa tra il 
Comune e il CGRT, in data 2 dicembre 2002, configura un appalto pubblico di lavori ai sensi 
del diritto comunitario. Certo, la controprestazione dei lavori, nel caso di specie, consisterebbe 
in parte nel diritto di gestire l�opera. Tuttavia, dato che il CGRT non gestisce in prima persona 
l�opera, ma percepisce un canone garantito da un terzo incaricato della gestione di tale opera, 
il CGRT non si assumerebbe i rischi finanziari di detta gestione. Di conseguenza, tale operazione 
non potrebbe essere qualificata come concessione di lavori pubblici. Essa dovrebbe essere 
qualificata come appalto pubblico di lavori e richiederebbe il rispetto delle relative 
procedure di aggiudicazione. 
24 L�aggiudicazione di tale appalto tramite una procedura quale quella della �finanza di 
progetto�, che � diretta all�attribuzione di una concessione di lavori pubblici, sarebbe contraria 
alle disposizioni della direttiva 93/37, e in particolare agli artt. 7 e 11 della direttiva. 
25 La Repubblica italiana ritiene che, nel caso di specie, lo schema della concessione si 
realizzi pienamente. Il concessionario realizzerebbe l�opera con un contributo finanziario fisso 
non superiore al 60% del prezzo dell�opera. I rischi connessi a tale realizzazione sarebbero 
stati assunti dal concessionario, che non potrebbe pretendere alcunch� oltre a tale contributo
16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
finanziario. 
26 In relazione al diritto di gestire l�infrastruttura, il servizio di trasporto di massa sarebbe 
riservato nel Comune ad un solo operatore, vale a dire all�Azienda della Mobilit� Aquilana 
SpA (in prosieguo: la �AMA�), che � tenuta ad applicare nei confronti degli utenti un prezzo 
amministrato e ad utilizzare una biglietteria integrata con gli altri servizi di trasporto. Per questa 
ragione il diritto di gestire l�opera si trasformerebbe per il CGRT in un diritto di percepire 
dall�AMA un canone fisso. Si tratterebbe di una modalit� di gestione dell�opera che non priva 
l�operazione in questione del suo carattere di concessione di lavori pubblici. 
Giudizio della Corte 
27 Dall�art. 1, lett. d), della direttiva 93/37, applicabile al momento dei fatti, risulta che la 
concessione di lavori pubblici � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto 
pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente 
nel diritto di gestire l�opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 
28 La Commissione fa valere, inoltre, che la concessione di lavori pubblici � caratterizzata 
dal fatto che essa implica un trasferimento del rischio legato alla gestione dell�opera al concessionario. 
29 A tal proposito la Corte ha rilevato che si � in presenza di una concessione di servizi allorquando 
le modalit� di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare 
la propria prestazione ed implicano che quest�ultimo assume il rischio legato alla gestione 
dei servizi in questione (v. sentenza 18 luglio 2007, C 382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. 
I 6657, punto 34, e giurisprudenza ivi citata). 
30 Dalla giurisprudenza risulta altres� che il mancato trasferimento al prestatario dei rischi 
legati alla prestazione dei servizi indica che l�operazione in oggetto costituisce un appalto 
pubblico di servizi e non una concessione di servizi pubblici (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 
2005, C 234/03, Contse e a., Racc. pag. I 9315, punto 22, e Commissione/Italia, cit., 
punti 35 e 37). 
31 Tali considerazioni, affermate in relazione agli appalti e alle concessioni di servizi, valgono 
per gli appalti e le concessioni di lavori. 
32 Nel caso di specie, se � vero che l�art. 5 della convenzione conclusa il 2 dicembre 2002 
tra il Comune e il CGRT prevede che a quest�ultimo venga riconosciuto quale corrispettivo, 
oltre al contributo pubblico, il diritto di gestire funzionalmente la tramvia in questione, risulta 
per� dallo stesso art. 5, dal punto 12, lett. c), della premessa di tale convenzione nonch� da 
altri elementi del fascicolo che la gestione della tramvia deve essere garantita da un gestore 
che � tenuto a concludere un contratto di servizi, non con il concessionario, ma con il concedente 
che determiner� l�importo da pagare al concessionario. 
33 L�importo del canone che dovrebbe essere pagato al CGRT dal futuro gestore del servizio 
di tramvia ammonta a EUR 1 446 079,32 annui per trent�anni. Risulta dagli elementi contenuti 
nel fascicolo che tale importo fisso � stato calcolato per garantire il pagamento al CGRT della 
quota del costo dell�opera, pari al 40% di quest�ultimo, di cui le autorit� pubbliche italiane 
non assicurano direttamente il versamento. 
34 In una situazione di questo genere il CGRT non si assume i rischi legati alla gestione 
dell�opera in questione. 
35 Ne consegue che occorre qualificare l�operazione in questione come appalto pubblico 
di lavori e non come concessione di lavori pubblici. 
36 Nel caso di specie � pacifico che l�importo stimato dei lavori considerati supera la soglia 
di applicazione della direttiva 93/37.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 17 
37 Di conseguenza detti lavori avrebbero dovuto essere attribuiti conformemente alle procedure 
previste dalla direttiva 93/37 per l�aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori. 
38 Nel caso di specie � pacifico che la procedura di aggiudicazione seguita dal Comune 
non corrisponde a tali procedure. 
39 Occorre, pertanto, considerare fondata la prima censura fatta valere dalla Commissione. 
Sulla seconda censura 
Argomenti delle parti 
40 Con la sua seconda censura, la Commissione afferma che la modifica del progetto preliminare 
dell�opera in questione posto a base della gara, successivamente alla pubblicazione 
del bando della concessione, contrasta con gli artt. 43 CE e 49 CE nonch� con i principi di 
trasparenza e di non discriminazione che ne costituiscono il corollario. 
41 La Repubblica italiana ritiene che questa seconda censura sia priva di fondamento. Infatti, 
la gara si sarebbe svolta sulla base di un progetto preliminare a valenza sperimentale e 
una serie di aggiustamenti tecnici si sarebbero rivelati indispensabili al fine di dare sicurezza 
e funzionalit� al progetto. Peraltro le modifiche tecniche apportate non avrebbero alterato i 
termini globali dell�operazione n� favorito un operatore a danno di un altro. 
Giudizio della Corte 
42 Come presentata nell�atto di ricorso, la seconda censura si riferisce ad una violazione 
delle norme applicabili alle concessioni, in particolare degli artt. 43 CE e 49 CE, del principio 
di non discriminazione e dell�obbligo di trasparenza, mentre non si riferisce alle direttive comunitarie 
in materia di appalti pubblici. A sostegno di tale censura la Commissione cita esclusivamente 
sentenze della Corte che hanno per oggetto concessioni e non appalti pubblici. 
43 Questa censura avrebbe valore nell�ipotesi in cui l�operazione in questione venisse qualificata 
come concessione di lavori pubblici e non come appalto pubblico di lavori, contrariamente 
a quanto affermato dalla Commissione nell�ambito della sua prima censura. 
44 Orbene, la Corte ha accolto la prima censura riconoscendo � al punto 30 della presente 
sentenza � che l�operazione in questione costituisce un appalto pubblico di lavori e non una 
concessione di lavori pubblici. 
45 In tale contesto, la Corte non si deve pronunciare sulla seconda censura fatta valere 
dalla Commissione. 
46 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre dichiarare che, avendo il Comune 
attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione 
di una tramvia su gomma per il trasporto pubblico di massa in tale citt� attraverso una 
procedura diversa da quelle previste per l�aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori dalla 
direttiva 93/37, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza 
di tale direttiva. 
Sulle spese 
47 Ai sensi dell�art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente � condannata 
alle spese se ne � stata fatta domanda. Poich� la Commissione ha concluso per la condanna 
della Repubblica italiana e quest�ultima � risultata sostanzialmente soccombente nei 
suoi motivi di ricorso, essa deve essere condannata alle spese. 
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: 
1) Avendo il Comune di L�Aquila attribuito un appalto pubblico di lavori avente ad 
oggetto la progettazione e la realizzazione di una tramvia su gomma per il trasporto 
pubblico di massa in tale citt� attraverso una procedura diversa da quelle previste per 
l�aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori dalla direttiva del Consiglio 14 giugno
18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di 
lavori, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di 
tale direttiva. 
2) La Repubblica italiana � condannata alle spese.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 19 
Concessioni di pubblici servizi 
Per i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati 
una singola procedura nel rispetto dei �principi di libera 
concorrenza, di trasparenza e di parit� di trattamento� 
(Corte di giustizia delle Comunit� europee, Terza Sezione, sentenza 
del 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08) 
In tema di appalti pubblici la Corte di Giustizia Europea ha recentemente 
statuito la compatibilit� con la normativa comunitaria dell�affidamento 
diretto di un servizio pubblico ad una societ� mista pubblico-privata, 
appositamente costituita in vista della fornitura di tale servizio, qualora l�individuazione 
del socio privato sia avvenuta mediante una procedura ad evidenza 
pubblica. 
Con la sentenza Acoset, resa nella causa C-196/08 a seguito della questione 
pregiudiziale sollevata dal Tar Sicilia, la Corte interviene sul controverso 
punto della necessit� o meno di una duplice gara per l�affidamento 
di un servizio ad una societ� mista pubblico-privata, risolvendo la nazionale 
diatriba che vedeva contrapporsi due orientamenti giurisprudenziali. 
Da un lato, la posizione secondo la quale l�affidamento diretto sarebbe 
sempre possibile tutte le volte in cui la scelta del socio privato sia avvenuta 
mediante procedura ad evidenza pubblica, dall�altro, quella diametralmente 
opposta, secondo la quale la giurisprudenza comunitaria in tema di in house 
providing comporterebbe, in qualunque caso, anche l�incompatibilit� assoluta 
con i principi comunitari dell�affidamento a societ� miste. 
Si tratta quindi di una pronuncia la cui importanza � di tutta evidenza 
sol che si consideri lo stato di incertezza che finora aveva caratterizzato le 
alterne vicende dell�istituto del partenariato pubblico privato di tipo istituzionalizzato 
(di cui la societ� mista rappresenta il modello pi� conosciuto). 
Stato di incertezza derivante da una pluralit� di fattori, tra cui la mancanza, 
a livello comunitario, tanto di specifici riferimenti normativi in tema 
di PPPI, quanto di chiare ed univoche indicazioni giurisprudenziali sul 
punto. Inoltre un forte ruolo � stato giocato proprio dalla confusione tra societ� 
miste e in house providing, e dalla incertezza con cui venivano percepiti 
i rispettivi confini. 
La non chiara percezione della demarcazione tra societ� miste e affidamento 
in house ha condotto ad un costante richiamo, a favore della tesi 
della doppia gara, di una giurisprudenza comunitaria pronunciata dalla 
Corte in tema di in house providing, la cui trasposizione, in tema di societ� 
miste, non ha fatto che accrescere lo stato di dubbi ed incertezze che gi�
20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
regnavano in materia, tanto da far invocare la disapplicazione (1) dell�art. 
113 del D.lgs. 267 del 2000, (allora norma interna di riferimento in tema di 
societ� miste), per incompatibilit� con il diritto comunitario. 
A riprova dell�importanza della pronuncia in commento si evidenzia 
coma ad essa, sul piano nazionale, faccia da eco un nuovo e recentissimo 
intervento del Legislatore italiano in tema di servizi pubblici locali, mediante 
l�art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, 
dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. 
Il quadro di riferimento 
Sul piano nazionale, il modello delle societ� miste trovava un esplicito 
riconoscimento normativo nel citato art. 113. comma 5, lett. b) del d.lgs. 
267/00 (2). 
Le travagliate sorti dell�art. 113 del TUEL, stigmatizzate da periodiche 
modifiche, pi� o meno incisivi rimaneggiamenti e veri e propri stravolgimenti, 
hanno ridisegnato pi� volte i due istituti delle societ� miste e dell�in 
house providing, nello sforzo di adeguarne il tenore ai mutevoli orientamenti 
comunitari. 
L�art. 113, comma 5, prevedeva tre diversi modelli organizzativi per 
l�affidamento di un servizio pubblico locale (3). Nella sua lettera b) si occupava 
specificamente delle societ� miste pubblico-private, come distinte 
dal fenomeno dell�in house, subordinandone la validit� alla circostanza che 
il socio privato venisse scelto mediante gare con procedure ad evidenza 
pubblica rispettose delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza. 
La lettera c) disciplinava il diverso modello dell�affidamento in house, 
(1) In tal senso si � pronunciato il Consiglio di Giustizia Amministrativa delle Regione Sicilia il 
quale, nella decisione del 27 ottobre 2006 n. 589, ha ritenuto �doversi pervenire ad una interpretazione 
restrittiva, se non addirittura disapplicativa, dell�art. 113, comma 5, lett. b), nel senso che la costituzione 
di una societ� mista, anche con scelta del socio a seguito di gara, non esime dalla effettuazione di una 
seconda gara per l�affidamento del servizio�. 
(2) Cos� come sostituito dall�art. 35 della l. 488/07 e modificato dall�art. 14, comma 1 del dl. 
269/03 convertito in legge con modificazioni dall�art. 1 della l. 326/03. 
(3) Il comma 5 dell�art. 113 recita infatti: �L�erogazione del servizio avviene secondo le discipline 
di settore e nel rispetto della normativa dell�Unione europea, con conferimento della titolarit� del servizio: 
a) a societ� di capitali individuate attraverso l�espletamento di gare con procedura ad evidenza 
pubblica; b) a societ� a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso 
l�espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto 
delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle 
autorit� competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a societ� a capitale interamente 
pubblico a condizione che l�ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ� 
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societ� realizzi la parte pi� importante 
della propria attivit� con l�ente o gli enti pubblici che la controllano�.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 21 
recependo sostanzialmente le indicazioni della Corte di Giustizia contenute 
nella sentenza Teckal del 18 novembre 1999 (4). 
L�obbligo di scelta del socio privato mediante una procedura ad evidenza 
pubblica era altres� ribadito dall�art. 1, comma 2 (5), del d.lgs 163/06 
(Codice dei contratti), configurandosi pertanto come dato acquisito e fatto 
proprio dall�ordinamento nazionale (6). 
Tale aspetto sembrava dunque assumere, nella vigenza dell�art. 113, 
una rilevanza decisiva anche in ordine alla differenziazione della societ� 
mista rispetto all�affidamento in house, tanto da un punto di vista strutturale 
e procedurale, quanto, e soprattutto, da un punto di vista del loro differente 
atteggiarsi rispetto al profilo della concorrenza e della relativa normativa 
comunitaria vigente in materia. 
E proprio sull�obbligo di gara per la scelta del socio privato, il quale 
vale a garantire l�applicazione del principio dell�evidenza pubblica, si fondavano 
(e si fondano) quelle posizioni, espresse in dottrina e giurisprudenza, 
volte ad escludere la necessit� di una doppia gara. 
Il quadro test� descritto muta tuttavia con l�introduzione dell�art. 23 
bis del D.L. 112/08 (7), il cui unidicesimo comma stabilisce l�abrogazione 
dell�art. 113 del TUEL, nelle parti incompatibili con la disciplina introdotta 
dal D.L. stesso. 
Tale intervento del legislatore in materia di servizi pubblici di rilevanza 
economica ha destato non poche perplessit� tanto in ambito nazionale 
quanto comunitario. 
A parte l�incertezza circa le disposizioni da quel momento applicabili, 
uno specifico punto critico risultava essere il comma 2 del citato articolo 
23 bis la cui formulazione sollevava numerosi dubbi, in particolare legati 
al mancato inserimento delle societ� miste tra i soggetti ai quali era possibile 
affidare con gara la gestione del servizio di rilevanza economica. 
Il sistema introdotto dall�art. 113 TUEL e basato sulla previsione di tre 
(4) Tale disposizione, infatti, subordinava l�affidamento diretto a societ� a capitale interamente 
pubblico alle due condizioni del �controllo analogo� (a quello esercitato sui propri servizi) da esercitarsi 
da parte dell�ente pubblico sulla societ� in house e della prevalenza dell�attivit� svolta dalla societ� con 
l�ente che la controlla. 
(5) Il secondo comma dell�art. 1 del citato Codice dei contratti dispone infatti che �nei casi in cui 
le norme vigenti consentono la costituzione di societ� miste per la realizzazione e/o gestione di un�opera 
pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica�. 
(6) Nello stesso senso si veda anche la circolare del Ministero dell�Ambiente del 6 dicembre 2004, 
su �Affidamento del servizio idrico integrato a societ� a capitale misto pubblico-privato�, la quale ribadisce 
fermamente �l�ineludibile necessit� di un previo confronto con altri soggetti operanti sul mercato� 
e conseguentemente l�obbligatoriet� di una procedura ad evidenza pubblica per l�individuazione del 
partner privato. La circolare specifica inoltre la necessaria presenza, in riferimento al soggetto privato 
da selezionare, di determinati requisiti di capacit� tecnico-gestionale oltrech� finanziaria. 
(7) Come convertito dalla L. del 6 agosto 2008, n. 133.
22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
possibili modelli organizzativi per la gestione dei servizi pubblici, veniva 
cos� sostituito da una generica e piuttosto nebulosa previsione di due modalit� 
di conferimento della gestione dei servizi pubblici: una ordinaria, a 
favore di imprenditori o di societ� in qualunque forma costituite da individuarsi 
mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, l�altra, derogatoria 
rispetto alla prima, attivabile a fronte di situazioni che, per la loro 
peculiarit�, non permettono �un efficace e utile ricorso al mercato�, con 
chiaro riferimento all�affidamento in house. 
Nella vigenza dunque della prima versione dell�art. 23 bis scompare 
l�esplicito riferimento alle societ� miste, le quali tuttavia venivano comunque 
fatte rientrare tra le modalit� ordinarie grazie all�inciso �societ� in qualunque 
forma costituite�; mentre l�affidamento in house viene 
espressamente configurato come un modello gestorio non ordinario. 
Ultimo e recentissimo tassello nell�evoluzione normativa della regolamentazione 
dei servizi pubblici � dato dall�ennesimo intervento del legislatore 
sul tema, volto a modificare ulteriormente l�art. 23 bis, ridisegnando 
i contorni dei servizi pubblici, e restituendo piena cittadinanza all�istituto 
delle societ� miste. 
Si tratta in particolare dell�art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 
recante Disposizioni urgenti per l�attuazione di obblighi comunitari e per 
l�esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, 
convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. 
Con tale intervento infatti il legislatore configura un modello gestorio 
dei servizi pubblici economici che, in via ordinaria, pu� realizzarsi mediante 
due modalit� alternative, prevedendo accanto alle �societ� in qualunque 
forma costituite�, anche l�affidamento a societ� a partecipazione 
mista pubblico-privata. 
L�art. 23 bis come modificato dall�art. 15 comma 1, lett. b) del citato 
D.L., prevede infatti che il conferimento della gestione dei servizi pubblici 
locali avvenga in via ordinaria: 
a) a favore di imprenditori o di societ� in qualunque forma costituite 
individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto 
dei principi del Trattato che istituisce la Comunit� europea e dei principi 
generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di 
economicit�, efficacia, imparzialit�, trasparenza, adeguata pubblicit�, non 
discriminazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalit�; 
b) a societ� a partecipazione mista pubblico e privata, a condizione 
che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza 
pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano 
ad oggetto, al tempo stesso, la qualit� di socio e l�attribuzione di 
specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 23 
sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento (8). 
Viene pertanto espressamente prevista, sulla falsariga dell�art. 113 
TUEL, la societ� mista come modello organizzativo ordinario per la gestione 
del servizio pubblico locale, con l�ulteriore condizione di una soglia 
minima di partecipazione del socio privato e soprattutto, con l�esplicita previsione, 
per l�individuazione del socio, di una gara cosiddetta con �doppio 
oggetto�, e cio� un�unica gara che provveda all�attribuzione della qualit� 
di socio e contestualmente all�affidamento dei compiti operativi connessi 
alla gestione del servizio. 
Tale intervento mostra pertanto, sul punto, un positivo allineamento 
della disciplina interna con gli orientamenti giurisprudenziali comunitari 
espressi in materia e con gli indirizzi dell�Unione Europea in materia PPP. 
L�art. 15 del D.L. 135/09 ribadisce, poi, il carattere eccezionale e derogatorio 
degli affidamenti in house, il cui regime, dettato dal comma 3 
dell�art. 23 bis, viene ulteriormente specificato, ancora una volta seguendo 
l�impronta dell�art. 113 TUEL, mediante l�inserimento della previsione 
espressa delle note condizioni comunitarie richieste per tale affidamento, 
tra cui il rispetto della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo 
sulla societ� e la prevalenza dell�attivit� svolta dalla stessa con l�ente o gli 
enti pubblici che la controllano. 
Il comma 3 prevede infine un�ulteriore condizione per l�affidamento 
di un servizio �in casa�, stabilendo infatti che tale affidamento possa avvenire 
solo a favore di societ� a capitale interamente pubblico, partecipata 
dall�ente locale. 
Ora, tale previsione sembra destare qualche perplessit� alla luce del 
recente orientamento della giurisprudenza comunitaria il quale, al contrario, 
ha mostrato importanti margini di apertura verso il modello di gestione in 
house (9). 
Sul piano normativo va da ultimo segnalato lo schema del d.P.R. recante 
il regolamento di attuazione dell�art. 23 bis approvato dal Consiglio 
dei Ministri n. 76 del 17 dicembre 2009, il quale detta criteri integrativi in 
tema di affidamento del servizio, fissa le soglie di rilevanza per il parere 
dell�Autorit� garante della concorrenza e del mercato di cui all�art. 23 bis 
comma 4, e stabilisce l�abrogazione, tra l�altro, dell�art. 113 TUEL. 
(8) In corsivo le novit� apportate al comma 2� dell�art. 23 bis, dall�art. 15, c.1, lett. b) D.L. 135/09 
come convertito dalla L. 166/09. 
(9) Corte di Giustizia, sent. 17 luglio 2008, causa C-371/05, Commissione delle Comunit� europee/
Repubblica italiana; Corte di Giustizia, sent. 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea/Comune di 
Ponte Nossa.
24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Breve excursus sull�evoluzione dei PPPI: tra societ� miste e in house providing
L�evoluzione dei PPPI, come anticipato, risulta profondamente segnata 
dalla mancata chiara delineazione dei confini tra societ� miste e in house providing. 
La confusione tra i due istituti sembra doversi in parte ascrivere alla progressiva 
e graduale precisazione delle rispettive nozioni ad opera della giurisprudenza 
comunitaria, la quale ne ha profondamente segnato l�evoluzione 
avvenuta attraverso diverse fasi. 
Inizialmente il Giudice comunitario ha interpretato estensivamente la nozione 
di affidamento in house, tanto da ricomprendervi molte societ� miste a 
partecipazione pubblica maggioritaria, con conseguente esclusione, in tutte 
queste ipotesi, del canone dell�evidenza pubblica. 
Tale posizione ha determinato l�inevitabile contaminazione e il reciproco 
condizionamento dei due istituti nell�ambito delle loro rispettive evoluzioni. 
Un affidamento in house cos� concepito, tuttavia, aveva l�effetto di allargare 
eccessivamente le maglie della derogabilit� della normativa comunitaria 
posta a tutela della concorrenza. 
Si � giunti allora ad una nozione progressivamente sempre pi� restrittiva, 
arrivando al principio secondo cui la partecipazione, anche se minoritaria (10) 
o potenziale (11), di un�impresa privata al capitale della societ� esclude la configurabilit� 
di una relazione interna tra amministrazione aggiudicatrice e societ� 
stessa, sulla base del rilievo che il soggetto privato, per sua natura, tende 
a perseguire anche un interesse proprio, diverso dall�interesse pubblico in 
senso stretto. 
E su questo orientamento comunitario sembra attestarsi e �arrestarsi� l�ultimo 
intervento del Legislatore nazionale (12). 
In quest�ottica i due istituti sarebbero per necessit� logica incompatibili, 
con conseguente esclusione della riconducibilit� della societ� mista all�affidamento 
in house (13). 
Successivamente tuttavia si registra un�inversione del trend giurisprudenziale 
precedente e una progressiva apertura comunitaria all�in house providing, 
mediante un graduale ampliamento delle relative condizioni di applicabilit�, 
(10) Corte di Giustizia, sent. dell�11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau. 
(11) In un�ottica di un sempre maggiore restringimento dei cordoni di ammissibilit� dell�affidamento 
in house, nella sent. del 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, il Giudice comunitario 
va oltre escludendo la sussistenza dei requisiti dell�affidamento in house qualora il capitale della societ� 
affidataria sia aperto ai privati. 
(12) Con particolare riferimento alle modifiche introdotte dall�art. 15 del D.L. 25 settembre 2009, 
n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 20 novembre 2009, n. 166. 
(13) In questo senso si veda Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 456/07 e Ad. Plenaria n.1/08.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 25 
a partire dalla sentenza Tragsa (14) fino alla recente sentenza Sea (15). 
Tuttavia tale apertura comunitaria, fatta di rivisitazione, mitigamento e, 
in buona misura, superamento delle rigidit� espresse dalle pronunce Stadt 
Halle e Parking Brixen, sembra non trovare puntuale riscontro sul piano normativo 
interno, dove i recenti interventi sembrano invece puntare verso direzioni 
diametralmente opposte. 
La vicenda processuale 
Con ordinanza notificata il 19 giugno 2008 il TAR Sicilia ha sottoposto 
alla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee la seguente questione pregiudiziale: 
�Se � conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza 
e libera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, un 
modello di societ� mista pubblico-privata costituita appositamente per l�espletamento 
di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto 
sociale esclusivo, nella quale il socio privato con natura �industriale� 
ed �operativa�, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, 
previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente 
operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche 
da fornire�. 
La questione viene sollevata in relazione alla organizzazione del servizio 
idrico integrato della provincia di Ragusa. 
Nel caso di specie si trattava dell�affidamento di un pubblico servizio attraverso 
una concessione trentennale, con conseguente inapplicabilit� delle 
direttive 2004/18 e 2004/17. 
Come sottolineato dalla Corte, alle concessioni sono tuttavia viceversa 
applicabili le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di 
non discriminazione sulla base della nazionalit� in particolare (16). 
Trovano nello specifico applicazione gli artt. 43 CE e 49 CE. 
Oltre al principio di non discriminazione anche il principio della parit� 
di trattamento tra offerenti (17). Tali principi comportano un obbligo di trasparenza 
a carico dell�autorit� pubblica, consistente nel dovere di garantire ad 
ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicit�, che consenta 
l�apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonch� il controllo 
(14) Sent. del 19 aprile 2007, causa C-295/95. 
(15) Sent. del 10 settembre 2009, causa C-573/07. 
(16) Punto 46 e nello stesso senso si veda anche sentenza C-410/04, del 6 aprile 2006, ANAV, 
punto 18; sentenza C-382/05 del 18 luglio 2007, Commissione/Italia, e da ultimo la recente Comunicazione 
della Commissione del 19 novembre 2009, COM (2009) 61, pag. 6. 
(17) Si veda in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit., punti 47-49, e sentenza ANAV cit., punti 
19 e 20.
26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sull�imparzialit� delle procedure di aggiudicazione. 
Le regole e i principi suesposti, come � noto, trovano una deroga, nel solo 
caso dell�affidamento in house, a fronte del quale l�indizione della gara non � 
obbligatoria, con conseguente affidamento diretto del servizio ad un ente che 
� giuridicamente distinto dall�amministrazione aggiudicatrice (18). 
L�iter argomentativo seguito dai giudici comunitari nella sentenza in commento 
pu� dunque schematizzarsi come segue: 
1) una volta escluso che nel caso di specie possa profilarsi un�ipotesi di 
in house providing, occorre allora verificare se l�affidamento del servizio pubblico 
alla societ� mista pubblico-privata senza indizione di gara specifica sia 
compatibile con il diritto comunitario, tenendo tuttavia a mente che l�individuazione 
del socio privato � avvenuta attraverso una gara d�appalto rispettosa 
degli artt. 43 e 49 CE, nonch� dei principi di parit� di trattamento e di non discriminazione 
sulla base della nazionalit�, cos� come dell�obbligo di trasparenza 
che ne discende. 
2) Occorre in altri termini stabilire se, ai fini della compatibilit� con il diritto 
comunitario, sia sufficiente un�unica gara per la scelta del socio privato 
e contestuale affidamento del servizio, ovvero sia viceversa necessaria una 
duplice procedura ad evidenza pubblica: la prima per l�individuazione del 
socio privato, la seconda per l�aggiudicazione del servizio. 
Ora, se � vero che dalla giurisprudenza comunitaria emerge che l�attribuzione 
di un appalto pubblico ad una societ� mista pubblico-privata senza 
indizione di gara pregiudicherebbe l�obiettivo di una concorrenza libera e non 
falsata (19), dall�altro lato � del pari vero che tutta la giurisprudenza che viene 
invocata a sostegno della necessit� di una doppia gara, � stata pronunciata 
dalla Corte in relazione a fattispecie sostanzialmente diverse. In tutti quei casi, 
infatti, nessuna gara era stata espletata neanche per la scelta del socio privato, 
con conseguente elusione tout court delle procedure ad evidenza pubblica. 
In tali ipotesi la Corte si era limitata ad escludere l�applicabilit� del modello 
dell�in house (l�unico realizzabile al di fuori e senza alcuna procedura 
ad evidenza pubblica e dunque effettivamente derogatorio rispetto alla normativa 
comunitaria), senza tuttavia pronunciarsi espressamente sulle condizioni 
di applicabilit� di altri modelli (come appunto le societ� miste) nei quali 
fosse comunque presente un�applicazione dei principi dell�evidenza pubblica, 
concretantesi nella gara espletata per l�individuazione del socio privato. Si 
trattava cio� di societ� miste per le quali la Corte aveva escluso l�applicabilit� 
del regime in house; in cui la scelta del socio privato era avvenuta senza alcuna 
gara; e in cui il servizio era stato successivamente affidato direttamente 
(18) Punto 51 e nello stesso senso si veda anche sentenza ANAV cit., punto 24. 
(19) Sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, punto 51, e sentenza 
10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, punto 48.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 27 
a tali societ�, (di nuovo senza alcuna gara), con conseguenti effetti distorsivi 
della concorrenza nonch� palesi e conclamate violazioni del diritto degli appalti. 
Sembra pertanto che il richiamo a tale giurisprudenza comunitaria non 
sia pertinente e soprattutto che, lungi dal risultare utile per il corretto inquadramento 
del problema, abbia viceversa solamente accresciuto le incertezze 
caratterizzanti i gi� fin troppo nebulosi confini tra societ� mista e in house 
providing. 
Il problema, infatti, non � quello di derogare l�obbligo della gara sic et 
simpliciter (come pu� avvenire in caso di affidamento in house e come avvenuto 
nelle fattispecie contemplate dalla richiamata giurisprudenza), bens� 
quello pi� sottile, relativo alla possibilit�, e alla compatibilit� con il diritto comunitario, 
di �accorpare� in un�unica gara, evitandone la duplicazione, tanto 
la scelta del socio privato quanto l�affidamento del servizio. 
In quest�ottica la citata sentenza (20) chiarisce definitivamente che sebbene 
la mancanza di gara nel contesto dell�aggiudicazione di servizi risulti inconciliabile 
con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parit� di trattamento 
e di non discriminazione, la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi 
suesposti nonch� la tipologia stessa dei criteri di scelta del socio privato (il 
quale deve possedere le necessarie capacit� non solo finanziarie ma anche tecniche) 
consentono di ovviare a tale situazione (21). 
Secondo la Corte si pu� dunque ritenere che �la scelta del concessionario 
risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di 
una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicch� non si 
giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario�. 
Sulla base di tali argomentazioni la Corte dichiara che �gli articoli 43 
CE, 49 CE e 86 CE non ostano all�affidamento diretto di un servizio pubblico 
che preveda l�esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui 
trattasi nella causa principale, a una societ� a capitale misto, pubblico e privato, 
costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con 
oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante 
una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, 
tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche 
dell�offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione 
che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di tra- 
(20) Punto 59. 
(21) I criteri di scelta del socio privato, infatti, �si riferiscono non solo al capitale da quest�ultimo 
conferito ma altres� alle capacit� tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione 
delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata�
l�attivit� operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest�ultimo�, punto 60.
28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sparenza e di parit� di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni�. 
Del resto orientamenti analoghi erano gi� stati espressi, su un piano nazionale, 
dal Consiglio di Stato nel parere n. 456/07, e, sul versante comunitario, 
dalla Commissione nella Comunicazione interpretativa COM (2007) 6661 
(22).
Inoltre, come evidenziato dall�Avvocato Generale nelle Sue conclusioni, 
il meccanismo della doppia gara sarebbe difficilmente conciliabile con �l�economia 
delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati�, 
la cui istituzione individua contestualmente la scelta del socio 
economico privato e l�aggiudicazione della concessione alla societ� a capitale 
misto da istituire appositamente. 
Conseguenza di tale duplice procedura, come osservato dalla sentenza 
(23), sarebbe quella di disincentivare le autorit� pubbliche dalla costituzione 
di PPPI. 
L�effetto ultimo sarebbe poi quello di indirizzare le scelte delle amministrazioni 
verso modalit� di gestione per cos� dire estreme: rivolgersi interamente 
al mercato (anche per quei servizi per i quali appaia inopportuna una 
totale devoluzione ai privati), oppure ripiegarsi totalmente su se stesse, optando 
per un�entit� a totale partecipazione pubblica, e cadendo, dunque nel 
modello dell�affidamento in house. 
Risultato quest�ultimo che appare paradossale, proprio muovendo dalla 
logica comunitaria della tutela della concorrenza (24). 
Andando oltre si potrebbe osservare che la circostanza che l�individuazione 
del socio privato debba avvenire mediante gara, non solo differenzia il 
fenomeno della societ� mista da quello dell�affidamento in house ma soprattutto 
sembra suggerire come, nel caso del partenariato pubblico privato di tipo 
istituzionalizzato, non possa propriamente parlarsi di affidamento �diretto� 
del servizio, quale sarebbe invece quello caratterizzante l�in house (25). 
(22) Secondo la Commissione, vista la difficile praticabilit� di una doppia procedura, per costituire 
un PPPI conformemente ai principi comunitari pu� procedersi come segue: �il partner privato � selezionato 
nell�ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggetto sia l�appalto 
pubblico o la concessione da aggiudicare all�entit� a capitale misto, sia il contributo operativo del partner 
privato all�esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell�entit� 
a capitale misto. La selezione del partner privato � accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall�aggiudicazione 
dell�appalto pubblico o dalla concessione all�entit� a capitale misto�. 
(23) Punto 61. 
(24) Sul punto si veda anche il parere del Consiglio di Stato n. 456/07, par. 8.2.3. 
(25) Nello stesso senso si veda parere Consiglio di Stato cit., secondo il quale nell�ipotesi del 
�socio industriale� (di lavoro o operativo) �l�attivit� che si ritiene �affidata� (senza gara) alla societ� 
mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di 
evidenza pubblica che abbia ad oggetto, al tempo stesso, anche l�attribuzione dei suoi compiti operativi 
e quella della qualit� di socio�.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 29 
Osservazioni conclusive 
Alla luce delle considerazioni suesposte appare evidente l�interesse destato 
dalla pronuncia in commento, nonch� il favore con cui si presume il comparto 
giuridico saluter� la sentenza Acoset, la quale pone un punto fermo in 
tema di PPPI, chiarendo la possibilit� per un�amministrazione aggiudicatrice 
di effettuare contestualmente tanto l�individuazione del socio privato quanto 
l�affidamento del servizio alla societ� mista. 
Posizione alla quale, con una certa lungimiranza, era pervenuto anche il 
nostro Consiglio di Stato, nel parere 456/07. 
Sembra infine apprezzabile l�approccio decisamente sostanzialistico adottato 
dalla Corte il quale consente di non cadere in rigidi e sterili formalismi, 
evitandone le relative ripercussioni sulla diffusione di un utile, e spesso indispensabile, 
strumento di gestione come il PPPI, il quale, attraverso una sinergia 
tra interesse pubblico e risultato commerciale, consente l�ottenimento del miglior 
risultato contenendone i costi, nonch� una ripartizione del rischio e della 
responsabilit� tra pubblico e privato. 
E del resto il favore comunitario per l�utilizzo dei partenariati pubblicoprivati 
� stato pi� volte espresso, proprio sulla base di tali considerazioni (26). 
Alla luce di tutto quanto detto sembra dunque opportuno ribadire l�importanza 
della sentenza in commento, non solo da un punto di vista strettamente 
giuridico ma anche alla luce dei riflessi di ordine pratico che la stessa 
� in grado di esplicare sul grado di �fattibilit�� di strumenti indispensabili 
come i PPPI, il cui sviluppo sarebbe stato senz�altro �tarpato� da un obbligo 
di doppia gara, che ne avrebbe quasi certamente decretato il fallimento. 
Dott.ssa Federica Angeli* 
(26) Si veda da ultimo la recente Comunicazione della Commissione del 19 novembre 2009 
COM(2009) 615, la quale ribadisce e sostiene con forza l�importanza dei PPP soprattutto nell�ottica 
della mobilitazione degli investimenti privati in funzione di cambiamenti strutturali a lungo termine, 
visti anche come validi e possibili strumenti per far fronte alla crisi economico-finanziaria. 
Secondo la Commissioni, infatti, i PPP sono forme di cooperazione tra le autorit� pubbliche e il settore 
privato che rappresentano strumenti utili in vista della �promozione dell�efficienza dei servizi pubblici 
tramite la condivisione dei rischi e lo sfruttamento delle competenze del settore privato, ma possono 
anche alleggerire la pressione immediata sulle finanze pubbliche offrendo una fonte di capitale aggiuntivo�. 
Nello specifico secondo la Commissione � ormai dimostrato che i PPP possono tra l�altro: 
- migliorare la realizzazione dei progetti, in quanto generalmente realizzati rispettando i tempi previsti 
e il bilancio concordato; 
- ridurre le spese per le infrastrutture; 
- migliorare la condivisione dei rischi; 
- favorire sostenibilit�, innovazione, ricerca e sviluppo. 
(*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 15 ottobre 2009 nella causa C-196/08 - 
Pres. J.N. Cunha Rodrigues, Avv. gen. D. Ruiz-Jarabo Colomer - Domanda di pronuncia pregiudiziale 
proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Acoset SpA / 
Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa, Comune di Comiso (RG), 
Comune di Modica (RG), Provincia Regionale di Ragusa, Comune di Acate (RG), Comune 
di Chiaramonte Gulfi (RG), Comune di Giarratana (RG), Comune di Ispica (RG), Comune di 
Monterosso Almo (RG), Comune di Pozzallo (RG), Comune di Ragusa, Comune di Vittoria 
(RG), Comune di Santa Croce Camerina (RG), Comune di Scicli (RG) (Per il governo italiano 
avv. Stato G. Fiengo). 
�Artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE � Aggiudicazione di appalti pubblici � Attribuzione del servizio 
idrico a una societ� a capitale misto � Procedura a evidenza pubblica � Designazione del 
socio privato incaricato della gestione del servizio � Attribuzione al di fuori delle norme relative 
all�aggiudicazione degli appalti pubblici� 
(Omissis) 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione degli artt. 43 CE, 49 
CE e 86 CE. 
2 Detta domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia che vede contrapposte 
l�Acoset SpA (in prosieguo: l��Acoset�) e la Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. Ragusa 
(in prosieguo: la �Conferenza�) e a., in merito all�annullamento da parte di quest�ultima 
della procedura di gara per la selezione del socio privato di minoranza nella societ� mista 
pubblico privata direttamente affidataria del servizio idrico integrato nella provincia di Ragusa. 
Contesto normativo 
La normativa comunitaria 
La direttiva 2004/18 
3 L�art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 
2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici 
di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), dispone come segue: 
� (�) 
2. a) Gli �appalti pubblici� sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi� 
operatori economici e una o pi� amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l�esecuzione 
di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva. 
(...) 
d) Gli �appalti pubblici di servizi� sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori 
o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all�allegato II. 
(�) 
4. La �concessione di servizi� � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto 
pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste 
unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 
(�) �. 
4 L�art. 3 della direttiva 2004/18 ha il seguente tenore: 
�Se un�amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non � un�amministrazione 
aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare un�attivit� di servizio pubblico, l�atto di 
concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell�ambito di tale at-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 31 
tivit�, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalit��. 
5 Ai sensi dell�art 7 della direttiva in parola: 
�La presente direttiva si applica agli appalti pubblici (...) il cui valore stimato al netto dell�imposta 
sul valore aggiunto (IVA) � pari o superiore alle soglie seguenti: 
(�) 
b) 249 000 EUR: 
� per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici 
diverse da quelle indicate nell�allegato IV [�Autorit� governative centrali�], 
(�) �. 
6 Il regolamento (CE) della Commissione 19 dicembre 2005, n. 2083, che modifica le direttive 
2004/17/CE e 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle soglie 
di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 333, pag. 28), 
ha modificato l�art. 7, lett. b), della direttiva 2004/18, nella versione risultante dal regolamento 
(CE) della Commissione 28 ottobre 2004, n. 1874 (GU L 326, pag. 17), sostituendo all�importo 
di EUR 236 000 quello pari a EUR 211 000 per il periodo dal 1� gennaio 2006 al 1� 
gennaio 2007. 
7 Conformemente all�art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 4 dicembre 2007, 
n. 1422, che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE e 
2004/18/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione 
degli appalti (GU L 317, pag. 34), detto importo � stato modificato in EUR 206 000 a far data 
dal 1� gennaio 2008. 
8 Secondo il disposto dell�art. 17 della direttiva 2004/18: 
�Fatta salva l�applicazione delle disposizioni di cui all�articolo 3, la presente direttiva non si 
applica alle concessioni di servizi definite all�articolo 1, paragrafo 4�. 
9 Ai sensi dell�art. 21 della direttiva 2004/18: 
�L�aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell�allegato II B � disciplinata 
esclusivamente dall�articolo 23 e dall�articolo 35, paragrafo 4�. 
10 Rientrano nell�allegato II B, categoria 27, di detta direttiva gli �altri servizi�, esclusi i 
contratti di lavoro, i contratti per l�acquisizione, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione 
di programmi da parte di emittenti radiotelevisive e i contratti concernenti il tempo di trasmissione. 
La direttiva 2004/17 
11 Ai sensi dell�art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 
marzo 2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua 
e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 
1): 
�2. (�). 
b) Gli �appalti di lavori� sono appalti aventi per oggetto l�esecuzione o, congiuntamente, la 
progettazione e l�esecuzione di lavori relativi a una delle attivit� di cui all�allegato XII o di 
un�opera, oppure l�esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un�opera corrispondente alle esigenze 
specificate dall�ente aggiudicatore. Per �opera� si intende il risultato di un insieme di lavori 
edilizi o di genio civile che di per s� esplichi una funzione economica o tecnica. 
c) Gli �appalti di forniture� sono appalti diversi da quelli di cui alla lettera b) aventi per oggetto 
l�acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l�acquisto a riscatto, con o senza opzione 
per l�acquisto, di prodotti. 
Un appalto avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in
32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
opera e di installazione � considerato un �appalto di forniture�. 
d) Gli �appalti di servizi� sono appalti diversi dagli appalti di lavori o di forniture aventi per 
oggetto la prestazione dei servizi di cui all�allegato XVII. 
Un appalto avente per oggetto tanto dei prodotti quanto dei servizi ai sensi dell�allegato XVII 
� considerato un �appalto di servizi� quando il valore dei servizi in questione supera quello 
dei prodotti oggetto dell�appalto. 
Un appalto avente per oggetto dei servizi di cui all�allegato XVII e che preveda attivit� ai 
sensi dell�allegato XII solo a titolo accessorio rispetto all�oggetto principale dell�appalto � 
considerato un appalto di servizi. 
3. a) La �concessione di lavori� � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto 
di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel 
diritto di gestire l�opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. 
b) La �concessione di servizi� � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto 
di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente 
nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo�. 
12 Conformemente all�art. 4 della direttiva 2004/17: 
�1. La presente direttiva si applica alle seguenti attivit�: 
a) la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al 
pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, o 
b) l�alimentazione di tali reti con acqua potabile. 
(�) �. 
13 Ai sensi dell�art. 9, n. 1, della stessa direttiva: 
�Ad un appalto destinato all�esercizio di pi� attivit� si applicano le norme relative alla principale 
attivit� cui � destinato. 
Tuttavia la scelta tra l�aggiudicazione di un unico appalto e l�aggiudicazione di pi� appalti 
distinti non pu� essere effettuata al fine di escludere detto appalto dall�ambito di applicazione 
della presente direttiva o, dove applicabile, della direttiva 2004/18/CE�. 
14 L�art. 18 della direttiva 2004/17 cos� dispone: 
�La presente direttiva non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti 
aggiudicatori che esercitano una o pi� attivit� di cui agli articoli da 3 a 7, quando la concessione 
ha per oggetto l�esercizio di dette attivit��. 
La normativa nazionale 
15 Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che approva il testo unico delle leggi sull�ordinamento 
degli enti locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre 
2000), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti 
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell�andamento dei conti pubblici (Supplemento 
ordinario alla GURI n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito in legge, in seguito a 
modifica, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274 
del 25 novembre 2003; in prosieguo: il �decreto legislativo 267/2000�), cos� dispone al suo 
art. 113, quinto comma: 
�L�erogazione [di un servizio pubblico locale da parte di un ente territoriale] avviene secondo 
le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell�Unione europea, con conferimento 
della titolarit� del servizio: 
a) a societ� di capitali individuate attraverso l�espletamento di gare con procedure ad evidenza 
pubblica; 
b) a societ� a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 33 
l�espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto 
delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo 
emanate dalle autorit� competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; 
c) a societ� a capitale interamente pubblico a condizione che l�ente o gli enti pubblici titolari 
del capitale sociale esercitino sulla societ� un controllo analogo a quello esercitato sui propri 
servizi e che la societ� realizzi la parte pi� importante della propria attivit� con l�ente o gli 
enti pubblici che la controllano�. 
Causa principale e questione pregiudiziale 
16 Il 10 luglio 2002 veniva conclusa la Convenzione di Cooperazione tra i Comuni iblei 
e la Provincia Regionale di Ragusa, che ha costituito l�Ambito Territoriale Ottimale (in prosieguo: 
l��ATO�) idrico di Ragusa, autorit� locale incaricata del servizio idrico integrato di 
Ragusa. 
17 In data 26 marzo 2004, la Conferenza, organo di gestione dell�ATO, sceglieva come 
forma di gestione del servizio di cui trattasi la �societ� mista a prevalente capitale pubblico� 
di cui all�art. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo n. 267/2000. 
18 Il 7 giugno 2005 la Conferenza approvava gli schemi di atto costitutivo della societ� 
per azioni e dello statuto della stessa, nonch� il progetto relativo alla convenzione di gestione 
di detto servizio il cui art. 1 prevede l�affidamento diretto del servizio, in via esclusiva, alla 
costituenda societ� mista (gestore del servizio idrico integrato). 
19 Successivamente, veniva pubblicato, in particolare nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� 
europee dell�8 ottobre 2005 (GU S 195), un bando di gara per la selezione dell�imprenditore, 
socio privato di minoranza, al quale affidare l�attivit� operativa del servizio idrico 
integrato e l�esecuzione dei lavori connessi alla gestione esclusiva di tale servizio, intendendosi 
per essi i lavori previsti in particolare nel Piano Operativo Triennale approvato dalla Conferenza 
dei Sindaci il 15 dicembre 2003. 
20 Ai sensi dell�art. 1, punto 8, del disciplinare di gara, �[l]e opere da realizzare sono 
quelle rientranti nel [Piano Operativo Triennale], cos� come modificato e/o integrato dall�offerta, 
nonch� nel successivo progetto conoscenza previsto nel [Piano d�Ambito] (�)�, e �per 
l�affidamento dei lavori non eseguiti direttamente dal socio privato si dovr� fare ricorso alle 
procedure di evidenza pubblica previste per legge�. 
21 Alla gara partecipavano tre raggruppamenti temporanei di imprese aventi come capogruppi 
mandatari, rispettivamente, la Saceccav Depurazioni Sacede SpA, l�Acoset SpA e 
l�Aqualia SpA. La commissione di gara escludeva l�Aqualia SpA ed ammetteva gli altri. Successivamente, 
il responsabile della procedura invitava le ditte rimaste in gara a dichiarare se 
persistesse il loro interesse. Dava riscontro positivo a detto invito solo l�Acoset SpA. 
22 Risulta ancora dalla decisione di rinvio che la Conferenza, anzich� prendere atto dell�aggiudicazione 
e procedere alla costituzione della societ� mista di gestione per l�immediato 
avvio del servizio in argomento e la fruizione dei fondi comunitari, nella seduta del 26 febbraio 
2007, paventando l�illegittimit� della procedura espletata per violazione del diritto comunitario, 
decideva di annullare la procedura di scelta dell�Acoset. La segreteria tecnico operativa 
dell�ATO quindi, con nota del 28 febbraio 2007, comunicava all�Acoset l�avvio del procedimento 
di annullamento e l�Acoset trasmetteva le proprie osservazioni con nota del 26 marzo 
2007. 
23 Il 2 ottobre 2007 la Conferenza si pronunciava a favore dell�annullamento della procedura 
di gara in questione e adottava, quale forma di gestione del servizio idrico integrato di 
Ragusa, quella del �consorzio�. Con nota del 9 ottobre successivo, veniva comunicato al-
34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
l�Acoset l�annullamento della procedura di gara. 
24 Nell�ambito del proprio ricorso principale avverso la decisione del 2 ottobre 2007 e gli 
atti ad essa connessi, l�Acoset chiedeva che le fosse riconosciuto il diritto a un risarcimento 
in forma specifica mediante l�aggiudicazione dell�appalto e un risarcimento per equivalente 
dei danni subiti in conseguenza dei provvedimenti impugnati. L�Acoset inoltre chiedeva, con 
domanda cautelare, la sospensione interinale degli atti impugnati. 
25 Secondo l�Acoset, l�affidamento diretto della gestione di servizi pubblici locali a societ� 
miste pubblico-private conformemente all�art. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo 
n. 267/2000, nelle quali il socio privato � stato scelto attraverso l�espletamento di gare 
nel rispetto delle norme comunitarie in materia di concorrenza, � compatibile con il diritto 
comunitario. 
26 I convenuti nella causa principale ritengono invece che il diritto comunitario autorizzi 
un siffatto affidamento di opere e servizi, in via diretta e senza gara, solo in favore di societ� 
a partecipazione pubblica totalitaria, le quali realizzino la parte pi� importante della propria 
attivit� con l�ente o gli enti pubblici che le controllano e sulle quali questi ultimi esercitino 
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La partecipazione, anche minoritaria, 
di un�impresa privata al capitale di una societ� alla quale partecipi anche l�amministrazione 
aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa 
esercitare sulla detta societ� un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi 
(v., in particolare, sentenza 11 gennaio 2005, causa C 26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. 
pag. I 1). 
27 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia osserva che la questione, sollevata 
dall�Acoset, in ordine alla compatibilit� dell�attribuzione diretta dell�appalto di cui � causa in 
relazione al diritto comunitario, � pertinente e che la risposta a detta questione non pu� essere 
chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte. 
28 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha quindi deciso di sospendere il 
giudizio in merito alla domanda di sospensione dell�esecuzione formulata in via principale e 
di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: 
�Se [sia] conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza e libera 
concorrenza di cui agli artt. 43 [CE], 49 [CE] e 86 [CE], un modello di societ� mista pubblico-
privata costituita appositamente per l�espletamento di un determinato servizio pubblico 
di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del 
servizio in questione, nella quale il socio privato con natura �industriale� ed �operativa� sia 
selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari 
e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere 
e alle prestazioni specifiche da fornire�. 
Sulla ricevibilit� 
29 Il governo austriaco osserva che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata 
irricevibile in quanto la decisione di rinvio non fornisce sufficienti informazioni riguardo 
al contesto fattuale e normativo in cui rientra il procedimento principale per consentire 
alla Corte di risolvere utilmente la questione pregiudiziale. In particolare, non sarebbero state 
fornite informazioni sulla specificit� della prestazione o delle prestazioni di cui � causa, sul 
contenuto del bando di gara e della procedura di aggiudicazione dell�appalto nonch� su alcune 
nozioni utilizzate nella questione sottoposta. 
30 Per quanto riguarda le informazioni che devono essere fornite alla Corte nell�ambito di 
una decisione di rinvio, occorre ricordare che queste informazioni non servono solo a con-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 35 
sentire alla Corte di dare soluzioni utili, ma devono anche conferire ai governi degli Stati 
membri nonch� alle altre parti interessate la possibilit� di presentare osservazioni ai sensi 
dell�art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. A tal fine, risulta da una giurisprudenza costante 
che, da un lato, � necessario che il giudice nazionale definisca il contesto di fatto e di 
diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto 
su cui tali questioni sono fondate. Dall�altro, la decisione di rinvio deve indicare i motivi precisi 
che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull�interpretazione del diritto comunitario 
e a ritenere necessaria la formulazione di questioni pregiudiziali alla Corte. In tale 
contesto, � indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi 
della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede l�interpretazione e sul nesso che individua 
tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui 
alla causa principale (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C 338/04, C 
359/04 e C 360/04, Placanica e a., Racc. pag. I 1891, punto 34). 
31 La decisione di rinvio del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia risponde a 
tali condizioni. 
32 Infatti, il giudice nazionale menziona le disposizioni nazionali applicabili e la decisione 
di rinvio comporta una descrizione dei fatti che, sebbene sintetica, � sufficiente per consentire 
alla Corte di statuire. Inoltre, il giudice a quo menziona i motivi che l�hanno indotto a ritenere 
necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, in quanto essa contiene una descrizione 
dettagliata degli opposti punti di vista sostenuti dalle parti nella causa principale per 
quanto riguarda l�interpretazione delle disposizioni comunitarie oggetto della questione pregiudiziale 
e, secondo il giudice del rinvio, la soluzione della detta questione non pu� essere 
chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte. 
33 Peraltro, la Conferenza osserva che, poich� la procedura di selezione del socio privato 
di cui alla causa principale � stata annullata, l�Acoset non ha alcun interesse ad agire al fine 
di ottenere una soluzione per la questione sottoposta. 
34 Al riguardo, � sufficiente rilevare che l�art. 234 CE ha previsto una cooperazione diretta 
tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento indipendente da ogni iniziativa 
delle parti e nel corso del quale queste ultime sono solamente invitate a presentare le loro osservazioni 
in merito a questioni che possono essere proposte esclusivamente dal giudice nazionale 
(v., in tal senso, in particolare, sentenza 9 dicembre 1965, causa 44/65, Singer, Racc. 
pag. 952). 
35 Pertanto, occorre esaminare la questione sottoposta dal giudice del rinvio. 
Sulla questione pregiudiziale 
36 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 43 CE, 49 CE 
e 86 CE ostino all�affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l�esecuzione preventiva 
di determinati lavori, come quello di cui alla causa principale, a una societ� a capitale 
misto, pubblico e privato, costituita specificamente ai fini della fornitura di detto servizio e 
con un oggetto sociale esclusivo, in cui il socio privato � scelto mediante procedura ad evidenza 
pubblica previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione relativamente 
al servizio che deve essere erogato nonch� delle caratteristiche della sua offerta in 
considerazione delle prestazioni da fornire. 
37 In via preliminare, occorre osservare che l�attribuzione di un servizio pubblico locale 
consistente nella gestione del servizio idrico integrato, come quello oggetto della causa principale, 
potrebbe rientrare, stando alla natura del corrispettivo di tale servizio, nella definizione 
di �appalti pubblici di servizi� o in quella di �concessione di servizi� ai sensi, rispettivamente,
36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dell�art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva 2004/18, oppure, eventualmente, dell�art. 1, nn. 
2, lett. d), e 3, lett. b), della direttiva 2004/17, il cui art. 4, n. 1, lett. a), prevede che quest�ultima 
si applica alla messa a disposizione o alla gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un 
servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua 
potabile o all�alimentazione di tali reti con acqua potabile. 
38 La questione se un�operazione debba o meno essere qualificata come �concessione di 
servizi� o di �appalti pubblici di servizi� dev�essere valutata esclusivamente alla luce del diritto 
comunitario (v., in particolare, sentenza 18 luglio 2007, causa C 382/05, 
Commissione/Italia, Racc. pag. I 6657, punto 31). 
39 La differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo 
della fornitura di servizi (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C 206/08, 
WAZV Gotha, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). �Un appalto pubblico di servizi
� ai sensi delle direttive 2004/18 e 2004/17 comporta un corrispettivo che � pagato direttamente 
dall�amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (v., in particolare, sentenza 
13 ottobre 2005, causa C 458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I 8585, punto 39). Si � in presenza 
di una concessione di servizi allorquando le modalit� di remunerazione pattuite consistono 
nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest�ultimo 
assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in particolare, sentenze 13 
novembre 2008, causa C 437/07, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, 
punti 29 e 31, nonch� WAZV Gotha, cit., punti 59 e 68). 
40 Il giudice del rinvio fa riferimento alla costituenda societ� mista pubblico-privata da 
istituire in qualit� di �concessionario� della gestione del servizio integrato idrico. Dal fascicolo 
emerge che la durata dell�operazione � fissata a trent�anni. 
41 Parimenti, il governo italiano osserva che si tratta in modo del tutto evidente dell�affidamento 
di un pubblico servizio attraverso concessione trentennale, il cui principale corrispettivo 
consiste nella possibilit� di richiedere agli utenti la tariffa idrica che la procedura di 
gara individua come compensativa del servizio reso. 
42 La Corte presuppone quindi che si tratti di una concessione. 
43 La Corte ha ravvisato l�esistenza di una concessione di servizi, in particolare, nei casi 
in cui la remunerazione del prestatore proveniva da pagamenti effettuati dagli utenti di un 
parcheggio pubblico, di un servizio di trasporto pubblico e di una rete di teledistribuzione (v. 
sentenze Parking Brixen, cit., punto 40; 6 aprile 2006, causa C 410/04, ANAV, Racc. pag. I 
3303, punto 16, e 13 novembre 2008, causa C 324/07, Coditel Brabant, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 24). 
44 L�art. 17 della direttiva 2004/18 dispone che, fatta salva l�applicazione delle disposizioni 
di cui all�art. 3 della stessa direttiva, quest�ultima non si applica alle concessioni di servizi. 
Parimenti, l�art. 18 della direttiva 2004/17 ne esclude l�applicazione alle concessioni di servizi 
rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o pi� attivit� di cui agli artt. 3 7, quando la 
concessione ha per oggetto l�esercizio di dette attivit�. 
45 � peraltro pacifico che l�esecuzione dei lavori collegati alla gestione esclusiva del servizio 
idrico integrato su cui verte la causa principale presentano carattere accessorio rispetto 
all�oggetto principale della concessione di cui trattasi consistente nella fornitura di detto servizio, 
di modo che quest�ultima non pu� essere qualificata come �concessione di lavori pubblici
� (v., in tal senso, in particolare, sentenza 19 aprile 1994, causa C 331/92, Gesti�n 
Hotelera Internacional, Racc. pag. I 1329, punti 26-28, e art. 9, n. 1, della direttiva 2004/17). 
46 Anche se i contratti di concessione di servizi pubblici sono esclusi dall�ambito applica-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 37 
tivo delle direttive 2004/18 e 2004/17, le pubbliche autorit� che li concludono sono tuttavia 
tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non discriminazione 
sulla base della nazionalit� in particolare (v., in particolare, sentenza ANAV, 
cit., punto 18). 
47 Le disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici 
comprendono in particolare gli artt. 43 CE e 49 CE (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., 
punto 19). 
48 Oltre al principio di non discriminazione sulla base della nazionalit�, si applica alle 
concessioni di servizi pubblici anche il principio della parit� di trattamento tra offerenti, e ci� 
anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalit� (v., in particolare, sentenza 
ANAV, cit., punto 20). 
49 I principi di parit� di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalit� 
comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza che permette all�autorit� pubblica concedente 
di assicurarsi che tali principi siano rispettati. L�obbligo di trasparenza posto a carico 
di detta autorit� consiste nel dovere di garantire, ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello 
di pubblicit�, che consenta l�apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonch� 
il controllo sull�imparzialit� delle procedure di aggiudicazione (v., in particolare, sentenza 
ANAV, cit., punto 21). 
50 Risulta inoltre dall�art. 86, n. 1, CE che gli Stati membri non possono mantenere in vigore 
una normativa nazionale che consenta l�affidamento di concessioni di servizi pubblici 
senza procedura concorrenziale, poich� un simile affidamento viola gli artt. 43 CE o 49 CE o 
ancora i principi di parit� di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza (v., in particolare, 
sentenza ANAV, cit., punto 23). 
51 L�applicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonch� dei principi 
generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, � esclusa se, allo stesso tempo, 
il controllo esercitato sul concessionario dall�autorit� pubblica concedente � analogo a quello 
che essa esercita sui propri servizi e se il detto concessionario realizza la parte pi� importante 
della propria attivit� con l�autorit� che lo detiene (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 
24). In un caso siffatto, l�indizione della gara non � obbligatoria, anche se la controparte contrattuale 
� un ente giuridicamente distinto dall�amministrazione aggiudicatrice (v., in particolare, 
sentenza 10 settembre 2009, causa C 573/07, Sea, non ancora pubblicata nella Raccolta, 
punto 36). 
52 Detta giurisprudenza rileva sia per l�interpretazione delle direttive 2004/18 e 2004/17 
sia per quella degli artt. 43 CE e 49 CE nonch� dei principi generali di cui essi costituiscono 
la specifica espressione (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 37). 
53 La partecipazione, anche minoritaria, di un�impresa privata al capitale di una societ� 
alla quale partecipi anche l�amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso 
che tale amministrazione possa esercitare su detta societ� un controllo analogo a quello che 
essa esercita sui propri servizi (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 46). 
54 Tale � il caso della concessione di cui trattasi nella causa principale, nel contesto della 
quale il socio privato deve sottoscrivere il 49% del capitale sociale della societ� a capitale 
misto alla quale � stata attribuita la concessione in questione. 
55 Pertanto, occorre stabilire con maggiore precisione se l�affidamento del servizio pubblico 
in questione alla societ� mista pubblico-privata senza indizione di gara specifica sia 
compatibile con il diritto comunitario, dal momento che la gara d�appalto finalizzata all�individuazione 
del socio privato cui affidare la gestione integrale del servizio idrico � stata effet-
38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
tuata nel rispetto degli artt. 43 CE e 49 CE nonch� dei principi di parit� di trattamento e di 
non discriminazione a motivo della nazionalit�, cos� come dell�obbligo di trasparenza che ne 
discende. 
56 Dalla giurisprudenza emerge che l�attribuzione di un appalto pubblico ad una societ� 
mista pubblico-privata senza indizione di gara pregiudicherebbe l�obiettivo di una concorrenza 
libera e non falsata ed il principio della parit� di trattamento, nella misura in cui una procedura 
siffatta offrirebbe ad un�impresa privata presente nel capitale di detta societ� un vantaggio rispetto 
ai suoi concorrenti (sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 51, nonch� 10 novembre 
2005, causa C 29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I 9705, punto 48). 
57 Peraltro, come osservato al punto 2.1 della Comunicazione interpretativa della Commissione 
sull�applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni 
ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (GU 2008, C 91, pag. 4), il fatto che 
un soggetto privato e un�amministrazione aggiudicatrice cooperino nell�ambito di un�entit� a 
capitale misto non pu� giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di concessioni 
a tale soggetto privato o all�entit� a capitale misto, delle disposizioni in materia di concessioni. 
58 Tuttavia, come ha osservato l�avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, 
introdurre una doppia gara sarebbe difficilmente compatibile con l�economia delle procedure 
cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quello su cui verte la 
causa principale, poich� l�istituzione di questi organismi riunisce in uno stesso atto la scelta 
di un socio economico privato e l�aggiudicazione della concessione alla societ� a capitale 
misto da istituire a tale esclusivo scopo. 
59 Sebbene la mancanza di gara nel contesto dell�aggiudicazione di servizi risulti inconciliabile 
con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parit� di trattamento e di non discriminazione, 
la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi ricordati ai punti 46-49 della 
presente sentenza e l�individuazione dei criteri di scelta del socio privato consentono di ovviare 
a detta situazione, dal momento che i candidati devono provare, oltre alla capacit� di 
diventare azionisti, anzitutto la loro perizia tecnica nel fornire il servizio nonch� i vantaggi 
economici e di altro tipo derivanti dalla propria offerta. 
60 Dato che i criteri di scelta del socio privato si riferiscono non solo al capitale da quest�ultimo 
conferito, ma altres� alle capacit� tecniche di tale socio e alle caratteristiche della 
sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al 
socio in questione viene affidata, come nella fattispecie di cui alla causa principale, l�attivit� 
operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest�ultimo, si pu� ritenere 
che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata 
al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicch� non si giustificherebbe 
una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario. 
61 Il ricorso, in tale situazione, a una duplice procedura, in primo luogo, per la selezione 
del socio privato della societ� a capitale misto e, in secondo luogo, per l�aggiudicazione della 
concessione a detta societ� sarebbe tale da disincentivare gli enti privati e le autorit� pubbliche 
dalla costituzione di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quelli di cui trattasi 
nella causa principale, a motivo della durata inerente alla realizzazione di siffatte gare e dell�incertezza 
giuridica per quanto attiene all�aggiudicazione della concessione al socio privato 
previamente selezionato. 
62 Occorre precisare che una societ� a capitale misto, pubblico e privato, come quella di 
cui trattasi nella causa principale deve mantenere lo stesso oggetto sociale durante l�intera
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 39 
durata della concessione e che qualsiasi modifica sostanziale del contratto comporterebbe un 
obbligo di indire una gara (v., in tal senso, sentenza 19 giugno 2008, causa C 454/06, pressetext 
Nachrichtenagentur, Racc. pag. I 4401, punto 34). 
63 Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, si deve risolvere la questione sottoposta 
nel senso che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all�affidamento diretto di un 
servizio pubblico che preveda l�esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di 
cui trattasi nella causa principale, a una societ� a capitale misto, pubblico e privato, costituita 
specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella 
quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa 
verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere 
e delle caratteristiche dell�offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione 
che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parit� 
di trattamento imposti dal Trattato per le concessioni. 
Sulle spese 
64 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese 
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 
Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all�affidamento diretto di un servizio pubblico 
che preveda l�esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi 
nella causa principale, a una societ� a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente 
al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella 
quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa 
verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da 
svolgere e delle caratteristiche dell�offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, 
a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza 
e di parit� di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni.
40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Sulla coerenza del disegno comunitario 
del regime di ingresso e soggiorno 
dei cittadini stranieri 
(Corte di giustizia, Terza Sezione, sentenza del 22 ottobre 2009 
nelle cause riunite C-261/08 e C-348/08) 
Con la decisione in commento, la Corte di Giustizia chiarisce la portata 
dell�art. 11, par. 3, regolamento n. 562/2006, che nella traduzione spagnola 
sembrava affermare un obbligo di espulsione � per gli Stati membri � dei cittadini 
stranieri non in grado di dimostrare la persistenza del loro diritto di soggiorno, 
mentre in tutte le traduzioni � al contrario prevista una semplice facolt� 
di espulsione. 
La decisione, nel far prevalere la versione vigente in tutte le altre traduzioni, 
giunge a una conclusione tutto sommato scontata. 
Essa si segnala per� per affrontare in maniera esplicita la portata dell�art. 
23, Convenzione applicativa dell�accordo di Schengen (CAAS), senza per� 
fugare i dubbi che ruotano attorno a questa disposizione. 
� opportuno ricordare che la disciplina comunitaria in tema di ingresso e 
soggiorno di cittadini stranieri (ossia provenienti da Paesi terzi) era prima contenuta 
nella CAAS: con il regolamento n. 562/2006, alcune delle disposizioni 
della CAAS sono state abrogate e riportate nel regolamento stesso (sono gli 
articoli da 2 a 8, CAAS). 
La norma centrale � l�art. 5 (prima della CAAS, ora del regolamento) che 
individua le condizioni che, a livello comunitario, i Paesi membri si obbligano 
a far rispettare per consentire l�ingresso nell�area Schengen di cittadini stranieri 
per soggiorni brevi fino a tre mesi. 
L�art. 5, par. 1 elenca le condizioni che (salve alcune deroghe elencate 
tassativamente dal par. 4) devono essere tutte possedute dallo straniero che 
aspira a ottenere il visto d�ingresso, in mancanza di una delle quali gli Stati 
membri sono tenuti a respingere la domanda di ingresso. 
L�art. 13 del regolamento precisa che �sono respinti�, quindi � obbligatorio 
per gli Stati membri respingere, i cittadini di Paesi terzi che non soddisfino 
tutte le condizioni d�ingresso previste dall�art. 5. 
A fronte di queste norme rigorose, che non offrono ai legislatori nazionali 
spazi di apertura (se non limitatissimi e contingentati dal par. 4 dello stesso 
art. 5), e che riguardano il momento dell��ingresso�, si rinvengono alcune disposizioni 
in tema di �soggiorno� sicuramente derogatorie, che fanno emergere 
qualche dubbio sulla coerenza complessiva del disegno comunitario. 
Esse si rinvengono nell�art. 11, regolamento 562/2006, e negli artt. 23 e 
25, CAAS.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 41 
L�art. 11, par. 6, regolamento 562/2006 stabilisce che se il cittadino straniero 
non � in grado di dimostrare la data di ingresso nel Paese membro, e 
dunque di aver rispettato i limiti di durata autorizzata del suo soggiorno, le 
autorit� competenti �possono� espellerlo, dal proprio territorio. 
Dunque da un lato l�art. 5 impone a tutti gli Stati membri di non consentire 
l�ingresso a cittadini stranieri (e, ai sensi dell�art. 13, regolamento 
562/2006, respingerli) quando non abbiano i requisiti richiesti, dall�altro lato 
l�art. 11 attribuisce solo una facolt� di espellere il cittadino straniero che, parimenti, 
non ha pi� i requisiti per soggiornare nell�ambito territoriale comunitario.
Un�altra deroga, a valle, in fase di concessione del titolo di soggiorno, 
alle regole rigorose sull�ingresso, � contenuta nell�art. 25, CAAS, che ammette 
il rilascio del permesso di soggiorno a cittadini stranieri che non avrebbero titolo 
per fare ingresso nell�Unione Europea, in quanto segnalati nel sistema 
SIS (v. art. 5, par. 1, lett. d), regolamento 562/2006), qualora sussistano �motivi 
seri�, e previa consultazione del Paese che ha effettuato la segnalazione. 
E� significativo che invece l�art. 11, par. 6 cit. non contenga alcuna delimitazione 
della facolt� di decidere se espellere o meno lo straniero privo di titolo, 
senza subordinarla, ad esempio, alla sussistenza di motivi seri, ad esempio 
a carattere umanitario. 
L�art. 11, par. 6 va peraltro coordinato con la norma pi� generale contenuta 
nell�art. 23, CAAS che regola complessivamente tutte le ipotesi in cui lo 
straniero non soddisfi o non soddisfi pi� le condizioni di soggiorno di breve 
durata applicabili nel territorio di una delle Parti contraenti (tra le quali, pertanto, 
anche quelle di cui all�art. 5, regolamento 562/2006), e il cui contenuto 
racchiude sinteticamente le contraddizioni interne al sistema. 
Infatti il par. 1 dell�art. 23 stabilisce che lo straniero che non ha pi� titolo 
per soggiornare deve �in linea di principio lasciare senza indugio i territori 
delle Parti contraenti�; il par. 3 precisa che se non lo fa volontariamente, esso 
�deve essere allontanato dal territorio della Parte contraente nel quale � stato 
fermato�. 
Sembra quindi configurarsi un obbligo del Paese che ferma lo straniero 
privo di titolo per soggiornare ad allontanarlo dal territorio, ossia, per utilizzare 
la terminologia italiana, ad espellerlo. 
L�obbligo in parola � peraltro subito attenuato laddove lo stesso par. 3 
dell�art. 23 precisa che l�allontanamento debba avvenire �alle condizioni previste 
dal diritto nazionale�, cos� non chiarendo se per �condizioni� si intendono 
le modalit� (che quindi in nulla intaccano la portata dell�obbligo di espulsione), 
ovvero i presupposti, il che invece porterebbe a un sensibile ridimensionamento 
della natura vincolante della prescrizione in esame: se � il diritto 
nazionale a stabilire in quali casi lo straniero irregolare pu� o deve essere 
espulso, allora che significato ha il par. 3 laddove parla di obbligo di allonta-
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
namento a carico del Paese in cui � stato fermato? 
E� un obbligo dello Stato verso gli altri Stati contraenti, o � una semplice 
facolt� rimessa alle scelte dei legislatori nazionali? 
Ad aggrovigliare ulteriormente la matassa � la seconda parte del par. 3 
che contempla la possibilit� che in applicazione del diritto nazionale l�allontanamento 
non sia consentito, nel qual caso il Paese in questione pu� ammettere 
l�interessato a soggiornare nel suo territorio. 
Pare evidente quindi che non sussista alcun obbligo per i legislatori nazionali 
di prevedere l�allontanamento dello straniero irregolare ai sensi del 
par. 3, ma ci� non spiega come possa �tenere� l�ordinamento comunitario sia 
in relazione al passaggio dello stesso par. 3 in cui si dice che lo straniero irregolare 
�deve essere allontanato�, sia in considerazione dei principi di chiusura 
delle frontiere esterne sanciti inderogabilmente dall�art. 5, regolamento 
562/2006, e di quelle interne stabiliti dagli artt. 19, 20 e 21, CAAS. 
Appare infatti alquanto contraddittorio un ordinamento comunitario che 
sancisce l�obbligo di respingimento degli stranieri irregolari che non soddisfino 
le condizioni sancite dall�art. 5, regolamento 562/2006, ma nel contempo 
rimette ai Paesi membri la facolt� (quindi il �non obbligo�) di espellere lo straniero 
irregolare che abbia ormai varcato illegalmente le frontiere esterne, o 
comunque si sia trattenuto per un tempo superiore a quello consentito. 
Ingresso e soggiorno non possono infatti che essere strettamente connessi 
tra loro, non potendo configurarsi - per ovvie ragioni di certezza del diritto - 
diversit� di trattamento tra due stranieri irregolari, di cui uno sia stato fermato 
alla frontiera esterna, e l�altro sia riuscito illegalmente a varcarla. 
Se dunque l�ingresso dello straniero irregolare � ammissibile solo quando 
vi siano eccezionali condizioni (quelle sancite dall�art. 5, regolamento 
562/2006: �motivi umanitari o di interesse nazionale� o adempimento di �obblighi 
internazionali�), dovrebbe coerentemente affermarsi che anche il soggiorno 
(o il suo perpetuarsi) sia limitato al possesso dei medesimi requisiti, 
senza margini di valutazione per gli Stati membri. 
Questo per l�ovvia considerazione, riportata anche nel n. 6 del preambolo 
del regolamento 562/2006, che �il controllo di frontiera � nell'interesse non 
solo dello Stato membro alle cui frontiere esterne viene effettuato, ma di tutti 
gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno�. 
Avv. Lorenzo D�Ascia* 
(*) Avvocato dello Stato.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 43 
Corte di giustizia (Terza Sezione) sentenza del 22 ottobre 2009 nelle cause riunite C- 
261/08 e C-348/08 - Pres. P. Lindh, Avv. gen. J. Kokott - Domanda di pronuncia pregiudiziale 
proposta dal Tribunal Superior de Justicia de Murcia - Spagna - Mar�a Julia Zurita Garc�a (C- 
261/08), Aurelio Choque Cabrera (C-348/08) / Delegado del Gobierno en la Regi�n de Murcia. 
(Per il governo italiano avv.ti Stato G. Fiengo e W. Ferrante). 
�Visti, asilo, immigrazione � Misure relative all�attraversamento delle frontiere esterne � Art. 
62, punti 1 e 2, lett. a), CE � Convenzione di applicazione dell�Accordo di Schengen � Artt. 
6 ter e 23 � Regolamento (CE) n. 562/2006 � Artt. 5, 11 e 13 � Presunzione riguardante la 
durata del soggiorno � Cittadini di paesi terzi in situazione irregolare nel territorio di uno 
Stato membro � Normativa nazionale che consente di imporre, a seconda delle circostanze, 
o una sanzione pecuniaria o l�espulsione� 
(Omissis) 
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull�interpretazione dell�art. 62, punti 
1 e 2, lett. a), CE nonch� degli artt. 5, 11 e 13 del regolamento (CE) del Parlamento europeo 
e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codice comunitario relativo al regime 
di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 
105, pag. 1). 
2 Tali domande sono state presentate nell�ambito di due controversie che vedono opposti 
cittadini boliviani, ossia la sig.ra Zurita Garc�a (causa C 261/08) e il sig. Choque Cabrera 
(causa C 348/08), al Delegado del Gobierno nella Regi�n de Murcia (rappresentante governativo 
nella regione della Murcia; in prosieguo: il �Delegado del Gobierno�) in merito ai 
provvedimenti d�espulsione dal territorio spagnolo, corredati del divieto d�ingresso nello spazio 
Schengen per cinque anni, adottati nei loro confronti. 
Contesto normativo 
La normativa comunitaria 
Il protocollo di Schengen 
3 Ai sensi dell�art. 1 del protocollo sull�integrazione dell�acquis di Schengen nell�ambito 
dell�Unione europea, allegato al Trattato sull�Unione europea e al Trattato che istituisce la 
Comunit� europea dal Trattato di Amsterdam (in prosieguo: il �protocollo�), tredici Stati 
membri dell�Unione europea sono autorizzati ad instaurare tra loro una cooperazione rafforzata 
nel campo di applicazione dell�acquis di Schengen, come definito nell�allegato di detto 
protocollo. Tale cooperazione � realizzata nell�ambito istituzionale e giuridico dell�Unione 
europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni del Trattato sull�Unione europea e del Trattato 
che istituisce la Comunit� europea. 
4 In forza dell�art. 2, n. 1, primo comma, del protocollo, a decorrere dall�entrata in vigore 
del Trattato di Amsterdam, vale a dire dal 1� maggio 1999, l�acquis di Schengen si applica 
immediatamente ai tredici Stati membri elencati nell�art. 1 del protocollo medesimo. 
5 In particolare, rientrano in detto acquis l�Accordo fra i governi degli Stati dell�Unione 
economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, 
relativo all�eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 
14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13), nonch� la Convenzione di applicazione dell�Accordo 
di Schengen, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19), come 
modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 13 dicembre 2004, n. 2133, che stabilisce l�obbligo, 
per le autorit� competenti degli Stati membri, di procedere all�apposizione sistematica
44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
di timbri sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi al momento dell�attraversamento 
delle frontiere esterne degli Stati membri e che modifica a tal fine le disposizioni della Convenzione 
di applicazione dell�Accordo di Schengen e del manuale comune (GU L 369, pag. 
5; in prosieguo: la �CAAS�). 
6 In applicazione dell�art. 2, n. 1, secondo comma, seconda frase, del protocollo, il Consiglio 
dell�Unione europea ha adottato la decisione 20 maggio 1999, 1999/436/CE, che determina, 
in conformit� delle pertinenti disposizioni del Trattato che istituisce la Comunit� 
europea e del Trattato sull�Unione europea, la base giuridica per ciascuna delle disposizioni 
o decisioni che costituiscono l�acquis di Schengen (GU L 176, pag. 17). Dall�art. 2 di tale decisione, 
in combinato disposto con l�allegato A della medesima, risulta che il Consiglio ha indicato 
gli artt. 62 CE e 63 CE, che fanno parte del titolo IV del Trattato CE, rubricato �Visti, 
asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone�, quali 
fondamenti normativi dell�art. 23 della CAAS. 
La CAAS 
7 L�art. 6 ter della CAAS dispone quanto segue: 
�1. Se il documento di viaggio di un cittadino di un paese terzo non reca il timbro d�ingresso, 
le autorit� nazionali competenti possono presumere che il titolare non soddisfa o non soddisfa 
pi� le condizioni relative alla durata del soggiorno applicabili nello Stato membro in questione. 
2. Questa presunzione pu� essere confutata qualora il cittadino del paese terzo fornisca, in 
qualsiasi modo, elementi di prova attendibile, come biglietti di viaggio o giustificativi della 
sua presenza fuori del territorio degli Stati membri, che dimostrino che l�interessato ha rispettato 
le condizioni relative alla durata di un soggiorno breve. 
(...) 
3. Se la presunzione di cui al paragrafo 1 non � confutata, le autorit� competenti possono 
espellere il cittadino [del] paese terzo dal territorio de[llo] Stat[o] membr[o] in questione�. 
8 Ai termini dell�art. 23 della CAAS: 
�1. Lo straniero che non soddisfa o che non soddisf[a] pi� le condizioni di soggiorno di 
breve durata applicabili nel territorio di una delle Parti contraenti deve, in linea di principio, 
lasciare senza indugio i territori delle Parti contraenti. 
(...) 
3. Qualora lo straniero di cui sopra non lasci volontariamente il territorio o se pu� presumersi 
che non lo far�, ovvero se motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico impongono l�immediata 
partenza dello straniero, quest�ultimo deve essere allontanato dal territorio della Parte 
contraente nel quale � stato fermato, alle condizioni previste dal diritto nazionale di tale Parte 
contraente. Se in applicazione di tale legislazione l�allontanamento non � consentito, la Parte 
contraente interessata pu� ammettere l�interessato a soggiornare nel suo territorio. 
(...) 
5. Le disposizioni del paragrafo 4 non ostano alle disposizioni nazionali relative al diritto di 
asilo n� all�applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status 
dei rifugiati, quale emendata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, n� alle disposizioni 
del paragrafo 2 del presente articolo e dell�articolo 33, paragrafo 1 della presente Convenzione
�. 
Il regolamento n. 562/2006 
9 Il regolamento n. 562/2006 codifica i testi esistenti in materia di controllo alle frontiere 
e mira a consolidare e sviluppare il corpus legislativo della politica di gestione integrata delle
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 45 
frontiere precisando le norme relative all�attraversamento delle frontiere esterne. 
10 Ai sensi dell�art. 5 di detto regolamento, relativo alle condizioni d�ingresso per i cittadini 
di paesi terzi: 
�1. Per un soggiorno non superiore a tre mesi nell�arco di sei mesi, le condizioni d�ingresso 
per i cittadini di paesi terzi sono le seguenti: 
a) essere in possesso di uno o pi� documenti di viaggio validi che consentano di attraversare 
la frontiera; 
b) essere in possesso di un visto valido, se richiesto a norma del regolamento (CE) n. 539/2001 
del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l�elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere 
in possesso del visto all�atto dell�attraversamento delle frontiere esterne e l�elenco dei 
paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [GU L 81, pag. 1], salvo che si sia in possesso 
di un permesso di soggiorno valido; 
c) giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza 
sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine 
o per il transito verso un paese terzo nel quale l�ammissione � garantita, ovvero essere in grado 
di ottenere legalmente detti mezzi; 
d) non essere segnalato nel [sistema d�informazione Schengen] ai fini della non ammissione; 
e) non essere considerato una minaccia per l�ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute 
pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri, in particolare non essere oggetto 
di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri 
per gli stessi motivi. 
(...) �. 
11 La formulazione dell�art. 11, nn. 1 e 3, del regolamento n. 562/2006, relativo alla presunzione 
in ordine alle condizioni relative alla durata del soggiorno, ha ripreso quella dell�art. 
6 ter, nn. 1 e 3, della CAAS, salvo nella versione in lingua spagnola, che al n. 3 del citato art. 
11 cos� dispone: 
�Se la presunzione di cui al paragrafo 1 non � confutata, le autorit� competenti espellono il 
cittadino [del] paese terzo dal territorio de[llo] Stat[o] membr[o] in questione�. 
12 A norma dell�art. 13 di detto regolamento, che riguarda il respingimento: 
�1. Sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino 
tutte le condizioni d�ingresso previste dall�articolo 5, paragrafo 1, e non rientrino nelle categorie 
di persone di cui all�articolo 5, paragrafo 4. Ci� non pregiudica l�applicazione di disposizioni 
particolari relative al diritto d�asilo e alla protezione internazionale o al rilascio di visti 
per soggiorno di lunga durata. 
(...) �. 
13 Ai sensi dell�art. 39, n. 1, di questo stesso regolamento, gli artt. 2 8 della CAAS sono 
abrogati con effetto dal 13 ottobre 2006. 
14 In forza del suo art. 40, il regolamento n. 562/2006 � entrato in vigore il 13 ottobre 
2006. 
La normativa nazionale 
15 La legge organica 11 gennaio 2000, n. 4/2000, sui diritti e le libert� degli stranieri in 
Spagna e sulla loro integrazione sociale (Ley Org�nica sobre derechos y libertades de los extranjeros 
en Espa�a y su integraci�n social) (BOE n. 10 del 12 gennaio 2000, pag. 1139), � 
stata modificata dalla legge organica 22 dicembre 2000, n. 8/2000 (BOE n. 307 del 23 dicembre 
2000, pag. 45508), nonch� dalla legge organica 20 novembre 2003, n. 14/2003 (BOE n. 
279 del 21 novembre 2003, pag. 41193; in prosieguo: la �legge sugli stranieri�).
46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
16 L�art. 28, n. 3, della legge sugli stranieri, che disciplina l�uscita degli stranieri dalla 
Spagna, prevede quanto segue: 
�L�uscita [dal territorio spagnolo] � obbligatoria nelle seguenti situazioni: 
(...) 
c) in caso di rigetto amministrativo delle domande formulate dallo straniero per restare nel 
territorio spagnolo o in mancanza d�autorizzazione a soggiornare in Spagna�. 
17 In forza dell�art. 51 della legge sugli stranieri, le violazioni delle disposizioni relative 
all�ingresso e al soggiorno degli stranieri sono classificate in base alla loro gravit� in �lievi�, 
�gravi� e �gravissime�. 
18 L�art. 53, lett. a), di detta legge definisce violazione grave: 
�il fatto di soggiornare illegalmente nel territorio nazionale spagnolo per non aver ottenuto 
una proroga del soggiorno o un permesso di soggiorno o perch� tali documenti sono scaduti 
da pi� di tre mesi, senza che l�interessato ne abbia chiesto il rinnovo entro il termine prescritto
�. 
19 Ai termini dell�art. 55 della legge sugli stranieri, la sanzione in cui si incorre in caso di 
violazione grave � un�ammenda di EUR 6 000 al massimo. Al momento di irrogare la sanzione, 
l�autorit� competente deve applicare criteri di proporzionalit�, tenendo conto del grado 
di colpevolezza, del danno causato, del rischio derivante dalla violazione nonch� delle relative 
ripercussioni. 
20 L�art. 57 della legge sugli stranieri, relativo all�espulsione dal territorio, dispone quanto 
segue: 
�1. Se i trasgressori sono stranieri la cui condotta viene qualificata dalla legge come violazione 
gravissima o grave ai sensi dell�art. 53, lett. a), b), c), d), o f), della presente legge organica, 
in esito al corrispondente procedimento amministrativo pu� essere disposta, invece dell�ammenda, 
l�espulsione dal territorio nazionale spagnolo. 
2. Costituisce altres� causa di espulsione, previo esperimento del corrispondente procedimento 
amministrativo, la condanna dello straniero, in Spagna o al di fuori, per un comportamento 
doloso che nel nostro paese � costitutivo di un reato punito con una pena privativa della libert� 
personale superiore a un anno, salvo che i precedenti penali siano stati cancellati dal casellario 
giudiziale. 
3. Le sanzioni dell�espulsione e dell�ammenda non possono in alcun caso essere applicate cumulativamente. 
(...) �. 
21 L�art. 158 del regio decreto 30 dicembre 2004, n. 2393/2004, che ha adottato il regolamento 
d�applicazione della legge sugli stranieri (Reglamento de la Ley de Extranjer�a) (BOE 
n. 6 del 7 gennaio 2005, pag. 485), cos� dispone: 
�1. In mancanza di autorizzazione a soggiornare in Spagna, in particolare perch� non sono 
soddisfatte o non sono pi� soddisfatte le condizioni di ingresso o di soggiorno, oppure in caso 
di rigetto amministrativo di domande di proroga di soggiorno, di permessi di residenza o di 
qualsiasi altro documento necessario affinch� lo straniero possa restare in territorio spagnolo, 
(...) la decisione amministrativa deve informare l�interessato del suo obbligo di lasciare il 
paese, fermo restando che sia fatta menzione di tale intimazione nel passaporto o in un documento 
analogo oppure in un documento a parte qualora l�interessato si trovi in Spagna munito 
di un documento di identit� che non consente di apporre la menzione ad hoc. 
(...) 
2. L�uscita obbligatoria dovr� avvenire nel termine previsto dalla decisione di rigetto della
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 47 
domanda o, eventualmente, entro il termine massimo di quindici giorni dalla notifica della 
decisione di rigetto, salvo che si verifichino circostanze eccezionali e l�interessato possa provare 
di averi mezzi di sussistenza sufficienti; in tal caso, il termine pu� essere prorogato fino 
a un massimo di novanta giorni. Trascorso il termine senza che l�interessato abbia lasciato il 
territorio nazionale, si applicheranno le disposizioni previste dal presente regolamento per i 
casi cui si riferisce l�art. 53, lett. a), della legge [sugli stranieri]. 
3. Se gli stranieri cui si riferisce il presente articolo lasciano effettivamente il territorio spagnolo 
conformemente a quanto disposto ai precedenti paragrafi, non sar� loro negato l�ingresso 
nel paese e essi potranno tornare in Spagna, nel rispetto delle norme che disciplinano 
l�accesso al territorio spagnolo. 
(...) �. 
22 Emerge dalle decisioni di rinvio che le succitate disposizioni nazionali sono interpretate 
dal Tribunal Supremo nel senso che, essendo l�espulsione una sanzione, la decisione che la 
dispone deve essere motivata in maniera specifica e deve rispettare il principio di proporzionalit�. 
23 Risulta dagli atti sottoposti alla Corte che, nella pratica, quando un cittadino di un paese 
terzo non ha titolo per entrare o soggiornare in Spagna e la sua condotta non ha dato luogo a 
circostanze aggravanti, la sanzione irrogata deve limitarsi a un�ammenda, in mancanza di ulteriori 
elementi che giustifichino la sostituzione dell�ammenda con l�espulsione. 
Controversie principali e questione pregiudiziale 
24 Nella causa C 261/08, il 26 settembre 2006 le autorit� competenti avviavano un procedimento 
amministrativo per violazione dell�art. 53, lett. a), della legge sugli stranieri nei confronti 
della sig.ra Zurita Garc�a, cittadina boliviana che si trovava in situazione irregolare in 
Spagna perch� o non aveva ottenuto la proroga del soggiorno o il permesso di residenza, oppure 
perch� tali documenti erano scaduti da oltre tre mesi senza che l�interessata ne avesse 
chiesto il rinnovo. 
25 Detto procedimento si concludeva il 15 novembre 2006 con l�adozione di una decisione 
del Delegado del Gobierno, che disponeva l�espulsione dell�interessata dal territorio spagnolo. 
Tale sanzione era accompagnata dal divieto di entrare nel territorio dello spazio Schengen per 
cinque anni. 
26 La sig.ra Zurita Garc�a contestava detta decisione dinanzi al Juzgado de lo Contencioso-
Administrativo n. 6 de Murcia, il quale respingeva il ricorso in primo grado. In appello, 
l�interessata sosteneva che questa stessa decisione avrebbe dovuto essere annullata poich� 
l�amministrazione non aveva correttamente applicato il principio di proporzionalit� nel valutare 
le circostanze della fattispecie, le quali non giustificavano assolutamente la sostituzione 
dell�ammenda con l�espulsione. 
27 Nella causa C 348/08, con decisione 30 luglio 2007, il Delegado del Gobierno disponeva 
l�espulsione dal territorio spagnolo del sig. Choque Cabrera, cittadino boliviano che si trovava 
in situazione irregolare in Spagna, ai sensi dell�art. 53, lett. a), della legge sugli stranieri, perch� 
o non aveva ottenuto la proroga del soggiorno o il permesso di residenza, oppure perch� 
tali documenti erano scaduti da oltre tre mesi senza che l�interessato ne avesse chiesto il rinnovo. 
Tale sanzione era accompagnata dal divieto di entrare nel territorio dello spazio Schengen 
per cinque anni. 
28 Il sig. Choque Cabrera contestava detta decisione dinanzi al Juzgado de lo Contencioso-
Administrativo n. 4 de Murcia, il quale respingeva il ricorso in primo grado. In appello, 
l�interessato sosteneva che questa stessa decisione avrebbe dovuto essere annullata poich� le
48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
autorit� non avevano correttamente applicato il principio di proporzionalit� nel valutare le 
circostanze della fattispecie e non avrebbero motivato la sostituzione dell�ammenda con 
l�espulsione. 
29 Alla luce di tali premesse, il Tribunal Superior de Justicia de Murcia ha deciso di sospendere 
i due procedimenti di cui era investito e di sottoporre alla Corte la seguente questione 
pregiudiziale, che � formulata in termini identici in ognuna di dette cause: 
�Se le norme del Trattato (�), in particolare il suo art. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE nonch� il 
regolamento [n. 562/2006], segnatamente i suoi artt. 5, 11 e 13, debbano essere interpretati 
nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, quale quella spagnola e la giurisprudenza 
che la interpreta, la quale ammette la possibilit� di sostituire con l�irrogazione di un�ammenda 
l�espulsione di un �cittadino di un paese terzo� sprovvisto di un titolo che autorizzi 
l�ingresso o il soggiorno nel territorio dell�Unione europea�. 
30 Con ordinanza del presidente della Terza Sezione 27 marzo 2007, i procedimenti C 
261/08 e C 348/08 sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento nonch� della sentenza. 
Sulla questione pregiudiziale 
Sulla ricevibilit� della questione sollevata nella causa C 261/08 
31 Il governo spagnolo eccepisce l�irricevibilit� della questione sollevata nella causa C 
261/08 perch� sarebbe puramente ipotetica. 
32 Esso sostiene che il principio di irretroattivit� della legge penale osterebbe all�applicazione 
ratione temporis dell�obbligo, eventualmente previsto all�art. 11, n. 3, del regolamento 
n. 562/2006, di sanzionare con l�espulsione i fatti di cui alla causa principale, in quanto tale 
regolamento � entrato in vigore solo il 13 ottobre 2006, mentre la situazione irregolare nel 
territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale era gi� stata denunciata il 26 settembre 
2006. 
33 A parere del governo spagnolo, dal momento che nella causa principale si tratta di una 
pratica amministrativa sanzionatoria, cui si applicano gli stessi principi sanciti nel processo 
penale, in particolare il principio di legalit� e quello di tipicit�, la normativa applicabile dovrebbe 
essere quella che era in vigore alla data dei fatti denunciati e non quella applicabile 
alla data dell�adozione da parte delle autorit� nazionali della decisione d�espulsione, vale a 
dire il 15 novembre 2006, posizione che il giudice del rinvio pare sostenere. 
34 A tale riguardo occorre ricordare che, nell�ambito di un procedimento ex art. 234 CE, 
basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione 
dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Parimenti, spetta esclusivamente 
al giudice nazionale, cui � stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit� 
dell�emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari 
circostanze della causa, sia la necessit� di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di 
emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, 
se le questioni sollevate riguardano l�interpretazione del diritto comunitario, la 
Corte, in via di principio, � tenuta a pronunciarsi (v., segnatamente, sentenze 25 febbraio 2003, 
causa C 326/00, IKA, Racc. pag. I 1703, punto 27, 12 aprile 2005, causa C 145/03, Keller, 
Racc. pag. I 2529, punto 33, 22 giugno 2006, causa C 419/04, Conseil g�n�ral de la Vienne, 
Racc. pag. I 5645, punto 19, e 16 luglio 2009, causa C 537/07, G�mez Lim�n, non ancora 
pubblicata nella Raccolta, punto 24). 
35 Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale � 
possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comu-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 49 
nitario non ha alcuna relazione con la realt� o con l�oggetto della causa principale, qualora il 
problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto 
o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., 
in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C 379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I 2099, 
punto 39; 22 gennaio 2002, causa C 390/99, Canal Sat�lite Digital, Racc. pag. I 607, punto 
19, e G�mez-Lim�n, cit., punto 25). 
36 Tuttavia, la Corte ha parimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare 
le condizioni in cui � adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza 
(v., in tal senso, sentenza 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 
21). Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento 
pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui 
la Corte � investita, che � quella di contribuire all�amministrazione della giustizia negli Stati 
membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche 
(sentenze Foglia, cit., punti 18 e 20; 3 febbraio 1983, causa 149/82, Robards, Racc. pag. 171, 
punto 19, nonch� 16 luglio 1992, causa C 83/91, Meilicke, Racc. pag. I 4871, punto 25). 
37 Nel caso di specie occorre rilevare che, alla data in cui � stata denunciata la situazione 
irregolare nel territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale del procedimento C 
261/08, vale a dire il 26 settembre 2006, il regolamento n. 562/2006 non era ancora entrato 
in vigore, cosicch� ci si pu� chiedere se occorra interpretare detto regolamento rispetto ai fatti 
che hanno dato origine a tale causa. 
38 � l�art. 6 ter della CAAS e non l�art. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 che dovrebbe 
applicarsi, qualora la data dei fatti fosse il criterio che determina la legge applicabile ratione 
temporis nella causa C 261/08. Infatti, l�art. 6 ter della CAAS � fra quelli abrogati, in forza 
dell�art. 39 del regolamento n. 562/2006, a far data dal 13 ottobre 2006. 
39 Tuttavia, come sottolineato dall�avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, 
l�art. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 non fa altro che riprendere il dettato dell�art. 6 ter, 
n. 3, della CAAS, che era in vigore al momento in cui � stata denunciata la situazione irregolare 
nel territorio spagnolo della ricorrente nella causa principale. 
40 Inoltre, occorre constatare che il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte una questione 
pregiudiziale, dello stesso tenore, nell�ambito della controversia che ha originato la causa riunita 
C 348/08, i cui fatti si sono prodotti quando detto regolamento era gi� in vigore. 
41 Pertanto, occorre dichiarare ricevibile la questione sollevata in tali due cause riunite. 
Nel merito 
42 In via preliminare, occorre rilevare che la domanda d�interpretazione verte sull�art. 62, 
punti 1 e 2, lett. a), CE nonch� sugli artt. 5, 11 e 13 del regolamento n. 562/2006. 
43 Orbene, occorre precisare anzitutto che l�art. 62, punti 1 e 2, lett. a), CE costituisce il 
fondamento normativo dell�azione del Consiglio diretta a adottare misure volte a garantire 
che non vi siano controlli sulle persone all�atto dell�attraversamento delle frontiere interne 
nonch� misure relative all�attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e, come 
tale, non ha l�oggetto o l�effetto di attribuire diritti ai cittadini dei paesi terzi n� d�imporre obblighi 
agli Stati membri. 
44 Inoltre, l�art. 5 del regolamento n. 562/2006 stabilisce le condizioni d�ingresso per i cittadini 
di paesi terzi all�atto dell�attraversamento di una frontiera esterna per un soggiorno non 
superiore a tre mesi nell�arco di sei mesi, mentre l�art. 13 di detto regolamento riguarda il respingimento 
dal territorio degli Stati membri dei cittadini di paesi terzi che non soddisfino 
tutte le dette condizioni.
50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
45 Di conseguenza, gli artt. 5 e 13 del regolamento n. 562/2006 non disciplinano la situazione 
dei cittadini di paesi terzi, come la sig.ra Zurita Garc�a e il sig. Choque Cabrera, i quali 
si trovavano gi� nel territorio spagnolo, da data indeterminata, quando � stato emesso nei loro 
confronti l�ordine d�espulsione per soggiorno illegale. 
46 Infine, alla luce del fatto che non si pu� escludere che gli artt. 6 ter e 23 della CAAS 
possano trovare applicazione, ratione temporis, nella causa C 261/08 (v. punti 37 e 38 della 
presente sentenza), come suggeriscono il governo austriaco e la Commissione delle Comunit� 
europee, per fornire al giudice del rinvio una risposta utile, occorre prendere in considerazione 
detti articoli della CAAS nell�ambito dell�esame della questione pregiudiziale (v., per analogia, 
sentenze 29 gennaio 2008, causa C 275/06, Promusicae, Racc. pag. I 271, punto 46, e 3 aprile 
2008, causa C 346/06, R�ffert, Racc. pag. I 1989, punto 18). 
47 Infatti, come risulta dalla sua formulazione, l�art. 23 della CAAS si applica a tutti coloro 
i quali, non essendo cittadini di uno Stato membro, non soddisfano o non soddisfano pi� le 
condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel territorio di uno degli Stati membri, il 
che, stando alla descrizione dei fatti esposta nelle decisioni di rinvio, sembra corrispondere 
alla situazione sia della sig.ra Zurita Garc�a sia del sig. Choque Cabrera. 
48 Ne consegue che, sottoponendo la questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, 
se gli artt. 6 ter e 23 della CAAS nonch� l�art. 11 del regolamento n. 562/2006 debbano essere 
interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare 
nel territorio di uno Stato membro perch� non soddisfa o non soddisfa pi� le condizioni di 
soggiorno di breve durata ivi applicabili, tale Stato membro � obbligato ad adottare una decisione 
di espulsione nei suoi confronti. 
49 Sia l�art. 6 ter, n. 1, della CAAS sia l�art. 11, n. 1, del regolamento n. 562/2006 stabiliscono 
una presunzione relativa secondo cui, se il documento di viaggio di un cittadino di un 
paese terzo non reca il timbro d�ingresso, le autorit� nazionali competenti possono presumere 
che il titolare non soddisfi o non soddisfi pi� le condizioni relative alla durata del soggiorno 
applicabili nello Stato membro in questione. 
50 L�art. 6 ter, n. 2, della CAAS, cos� come l�art. 11, n. 2, del regolamento n. 562/2006, 
permette di confutare tale presunzione mediante la presentazione, da parte del cittadino del 
paese terzo, in qualsiasi modo, di elementi di prova attendibili, come biglietti di viaggio o 
giustificativi della sua presenza fuori del territorio degli Stati membri, che dimostrino che 
l�interessato ha rispettato le condizioni relative alla durata di un soggiorno breve. 
51 In forza dell�art. 6 ter, n. 3, della CAAS, nonch� dell�art. 11, n. 3, del regolamento n. 
562/2006, se la presunzione di cui al n. 1 di ciascuno di tali due articoli non � confutata, le 
autorit� competenti possono espellere il cittadino del paese terzo dal territorio dello Stato 
membro in questione. 
52 La Commissione sottolinea, giustamente, che esiste una discordanza tra il testo in lingua 
spagnola dell�art. 11, n. 3, del regolamento n. 562/2006 e quello delle altre versioni linguistiche. 
53 Infatti, nella versione in lingua spagnola, tale disposizione impone un obbligo, in quanto 
prevede che le autorit� competenti dello Stato membro interessato �espellono� dal suo territorio 
il cittadino di un paese terzo qualora la presunzione non sia confutata. In tutte le altre 
versioni linguistiche, invece, l�espulsione risulta essere una facolt� per le dette autorit�. 
54 Si deve a tal proposito ricordare che, conformemente ad una costante giurisprudenza, 
l�esigenza che un atto comunitario sia applicato e quindi interpretato in modo uniforme esclude 
la possibilit� di considerare isolatamente una delle versioni, e rende al contrario necessaria
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 51 
l�interpretazione basata sulla reale volont� del legislatore e sullo scopo da questo perseguito, 
alla luce, segnatamente, di tutte le versioni linguistiche (v., in particolare, sentenze 12 novembre 
1969, causa 29/69, Stauder, Racc. pag. 419, punto 3; 7 luglio 1988, causa 55/87, Moksel 
Import und Export, Racc. pag. 3845, punto 15; 20 novembre 2001, causa C 268/99, Jany e a., 
Racc. pag. I 8615, punto 47, nonch� 27 gennaio 2005, causa C 188/03, Junk, Racc. pag. I 
885, punto 33). 
55 Secondo una giurisprudenza parimenti consolidata, la formulazione utilizzata in una 
delle versioni linguistiche di una disposizione comunitaria non pu� essere l�unico elemento a 
sostegno dell�interpretazione di questa disposizione n� si pu� attribuire ad essa, a tal riguardo, 
un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Infatti, tale modo di procedere 
sarebbe in contrasto con la necessit� di applicare in modo uniforme il diritto comunitario (v. 
sentenze 12 novembre 1998, causa C 149/97, Institute of the Motor Industry, Racc. pag. I 
7053, punto 16; 3 aprile 2008, causa C 187/07, Endendijk, Racc. pag. I 2115, punto 23, nonch� 
9 ottobre 2008, causa C 239/07, Sabatauskas e a., Racc. pag. I 7523, punto 38). 
56 Nel caso di specie, essendo la versione in lingua spagnola dell�art. 11, n. 3, del regolamento 
n. 562/2006 l�unica a discostarsi dalla formulazione delle altre versioni linguistiche, 
occorre giungere alla conclusione che la volont� reale del legislatore non � stata quella d�imporre 
agli Stati membri interessati l�obbligo di espellere dal loro territorio il cittadino di un 
paese terzo se questi non riesce a confutare la presunzione di cui al n. 1 del medesimo articolo, 
ma quella di lasciar loro la facolt� di farlo. 
57 Questa interpretazione � confermata, come rilevato dall�avvocato generale al paragrafo 
43 delle sue conclusioni, dal fatto che la versione in lingua spagnola dell�art. 6 ter della CAAS, 
la cui formulazione � stata ripresa all�art. 11 del regolamento n. 562/2006, � in linea con le 
altre versioni linguistiche quanto al carattere facoltativo, per gli Stati membri interessati, dell�espulsione 
del cittadino di un paese terzo che non riesce a confutare la detta presunzione. 
58 Resta da esaminare se, come sostiene il governo austriaco, si evinca dall�art. 23 della 
CAAS che gli Stati membri devono espellere dal loro territorio qualunque cittadino di un 
paese terzo che vi soggiorni irregolarmente, a meno che non vi sia un motivo per accordare 
il diritto di asilo o una protezione internazionale. In tal senso, detta disposizione osterebbe a 
che uno Stato membro possa sostituire un provvedimento d�espulsione con l�irrogazione di 
un�ammenda. 
59 Tale interpretazione dell�art. 23 della CAAS non pu� essere accolta. 
60 Occorre sottolineare, a questo proposito, che la formulazione dell�art. 23 della CAAS 
non si riferisce ad un obbligo d�espulsione espresso in termini cos� rigidi, considerate le deroghe 
che contiene. 
61 Da un lato, il n. 1 di detto art. 23, che fa parte del capitolo 4, dedicato alle condizioni 
di circolazione degli stranieri, del titolo II, relativo alla soppressione dei controlli alle frontiere 
interne e alla circolazione delle persone, privilegia la partenza volontaria del cittadino di un 
paese terzo che non soddisfa o non soddisfa pi� le condizioni di soggiorno di breve durata 
applicabili nel territorio dello Stato membro interessato. 
62 Lo stesso dicasi del n. 2 dello stesso art. 23, secondo il quale il cittadino di un paese 
terzo che � in possesso di un titolo di soggiorno temporaneo in corso di validit� rilasciato da 
un altro Stato membro deve recarsi senza indugio nel territorio di quest�ultimo. 
63 Dall�altro lato, l� dove l�art. 23, n. 3, della CAAS prevede che, in determinate circostanze, 
un cittadino di un paese terzo debba essere espulso dallo Stato membro nel territorio 
del quale � stato fermato, questa conseguenza � subordinata alle condizioni previste dal diritto
52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nazionale dello Stato membro interessato. Se in applicazione di tale diritto l�espulsione non 
� consentita, detto Stato membro pu� ammettere l�interessato a soggiornare nel suo territorio. 
64 Spetta quindi al diritto nazionale di ciascuno Stato membro stabilire, in particolare per 
quanto riguarda le condizioni per procedere all�espulsione, le modalit� d�applicazione delle 
norme di base stabilite all�art. 23 della CAAS, relative ai cittadini di paesi terzi che non soddisfano 
o non soddisfano pi� le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel suo 
territorio. 
65 Nelle cause principali, risulta dalle informazioni fornite alla Corte nell�ambito della 
fase scritta del procedimento che, ai sensi del diritto nazionale, la decisione che irroga l�ammenda 
non � un titolo valido per un cittadino di un paese terzo in situazione irregolare per restare 
legalmente nel territorio spagnolo, che, a prescindere dal fatto che tale ammenda sia 
pagata o meno, tale decisione � notificata all�interessato con l�avvertimento di lasciare il territorio 
entro quindici giorni e che, se non ottempera all�obbligo, pu� essere perseguito ai sensi 
dell�art. 53, lett. a), della legge sugli stranieri e rischia di essere espulso con effetto immediato. 
66 Di conseguenza, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che gli artt. 6 ter 
e 23 della CAAS nonch� l�art. 11 del regolamento n. 562/2006 devono essere interpretati nel 
senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione irregolare nel territorio 
di uno Stato membro perch� non soddisfa o non soddisfa pi� le condizioni di soggiorno di 
breve durata ivi applicabili, tale Stato membro non � obbligato ad adottare una decisione di 
espulsione nei suoi confronti. 
Sulle spese 
67 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese 
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 
Gli artt. 6 ter e 23 della Convenzione di applicazione dell�Accordo di Schengen, del 14 
giugno 1985, tra i governi degli Stati dell�Unione economica del Benelux, della Repubblica 
federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all�eliminazione graduale 
dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, come 
modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 13 dicembre 2004, n. 2133, che stabilisce 
l�obbligo, per le autorit� competenti degli Stati membri, di procedere all�apposizione sistematica 
di timbri sui documenti di viaggio dei cittadini di paesi terzi al momento dell�attraversamento 
delle frontiere esterne degli Stati membri e che modifica a tal fine le 
disposizioni della Convenzione di applicazione dell�Accordo di Schengen e del manuale 
comune, nonch� l�art. 11 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 
15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento 
delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), devono 
essere interpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in situazione 
irregolare nel territorio di uno Stato membro perch� non soddisfa o non soddisfa 
pi� le condizioni di soggiorno di breve durata ivi applicabili, tale Stato membro non � 
obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 53 
La legittimazione dei soggetti pubblici a 
partecipare alle gare d�appalto 
�Apertura degli appalti pubblici alla concorrenza 
nella misura pi� ampia possibile� 
(Corte di giustizia dell�Unione europea, Quarta Sezione, sentenza 
del 23 dicembre 2009 nella causa C-305/08) 
La decisione della Corte di Giustizia 23 dicembre 2009, in causa C- 
305/08 CoNISMa, ancora una volta smentisce l�interpretazione, tutta italiana 
e fortemente difesa dalla giurisprudenza amministrativa, del diritto 
europeo della concorrenza e degli appalti come �riserva esclusiva di caccia 
delle imprese private�. Le strutture pubbliche singole o associate (nel caso 
di specie si trattava di un Consorzio nazionale interuniversitario per la 
scienza del mare) in grado di offrire ad amministrazioni aggiudicatrici beni 
e servizi, non possono essere legittimamente escluse in quanto tali dalle 
pubbliche gare e sono contrarie alle norme comunitarie le disposizioni delle 
leggi nazionali che ne limitano in astratto, con presunzione iuris et de iure, 
la legittimazione ad offrire. 
I soggetti pubblici (le universit�, gli enti di ricerca, gli enti pubblici, 
ma anche le stesse strutture amministrative dello Stato e degli enti territoriali, 
in quanto dotate di autonomia organizzativa e funzionale) possono 
concorrere agli appalti di altre amministrazioni, ove tale attivit� risulti compatibile 
con i fini istituzionali (autorizzazione sulla compatibilit� dell�attivit� 
svolta rispetto alla missione affidata) e la loro offerta non alteri in 
concreto (perch� anomala e/o perch� sorretta da evidenti aiuti di Stato) il 
quadro di sostanziale concorrenza tra i vari offerenti. La natura pubblica, 
la mancanza di fini di lucro e la stessa presenza di apporti pubblici, che non 
incidano direttamente sull�offerta formulata, sono - secondo la Corte - 
aspetti del tutto irrilevanti per la normativa comunitaria. 
La decisione dei giudici europei si muove in una linea evolutiva coerente 
con le pi� recenti pronunce sull�in house providing e sul partenariato 
pubblico/privato ed indicano una sostanziale rivalutazione del ruolo dell�iniziativa 
pubblica nel contesto della stessa tutela della concorrenza e del 
mercato: l�operatore economico pubblico svolge infatti un�importante funzione 
di promozione nella sperimentazione di nuove iniziative ed assicura 
comunque alle amministrazioni aggiudicatrici un utile strumento di �paragone�. 
Una rilettura critica della normativa nazionale italiana sugli appalti di 
lavori pubblici e sulle concessioni di servizi alla luce di questi orientamenti
54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
della Corte di giustizia potrebbe portare ad una revisione funditus di tutto 
il dibattito svolto in Italia nell�ultimo decennio sui temi degli appalti pubblici 
e, da ultimo, sui servizi locali di interesse economico generale. Forse 
� giunto il momento di avviare - d�intesa, ove occorre, con la Commissione 
UE - tale rilettura. 
G.F. 
Corte di giustizia (Quarta Sezione) sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C- 
305/08 - Pres. K. Lenaerts, Avv. gen. J. Maz�k - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dal Consiglio di Stato (Italia) il 4 luglio 2008 - CoNISMa (Consorzio Nazionale 
Interuniversitario per le Scienze del Mare) / Regione Marche. 
�Appalti pubblici di servizi � Direttiva 2004/18 � Nozioni di �imprenditore�, �fornitore� 
e �prestatore di servizi� � Nozione di �operatore economico� � Universit� e istituti di ricerca 
� Raggruppamento (�consorzio�) costituito da universit� e amministrazioni pubbliche 
� Preminente finalit� statutaria non lucrativa � Ammissione alla partecipazione ad 
una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico� 
(Omissis) 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione del�art. 1, nn. 2, 
lett. a), e 8, primo e secondo comma, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 
31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione 
degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114). 
2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia che oppone il Consorzio 
Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (raggruppamento interuniversitario 
per le scienze del mare, in prosieguo: il �CoNISMa�) alla Regione Marche in merito 
alla decisione di quest�ultima di non ammettere detto Consorzio a partecipare ad una procedura 
di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi. 
Contesto normativo 
La normativa comunitaria 
3 Il quarto �considerando� della direttiva 2004/18 enuncia quanto segue: 
�Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinch� la partecipazione di un offerente che � 
un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico 
non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati�. 
4 Ai sensi dell�art. 1, n. 2, lett. a), della medesima direttiva: 
�Gli �appalti pubblici� sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o pi� 
operatori economici e una o pi� amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l�esecuzione 
di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente 
direttiva�. 
5 L�art. 1, n. 8, della suddetta direttiva cos� dispone: 
�I termini �imprenditore�, �fornitore� e �prestatore di servizi� designano una persona fisica
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 55 
o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul 
mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi. 
Il termine �operatore economico� comprende l�imprenditore, il fornitore e il prestatore di 
servizi. � utilizzato unicamente per semplificare il testo. 
(�) �. 
6 L�art. 1, n. 9, della direttiva stessa � formulato nei seguenti termini: 
�Si considerano �amministrazioni aggiudicatrici�: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, 
gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o pi� di tali enti pubblici 
territoriali o da uno o pi� di tali organismi di diritto pubblico. 
Per �organismo di diritto pubblico� s�intende qualsiasi organismo: 
a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere 
non industriale o commerciale; 
b) dotato di personalit� giuridica, e 
c) la cui attivit� sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali 
o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo 
di questi ultimi oppure il cui organo d�amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito 
da membri dei quali pi� della met� � designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali 
o da altri organismi di diritto pubblico. 
(�) �. 
7 L�art. 4 della direttiva 2004/18, intitolato �Operatori economici�, cos� prevede: 
� 1. I candidati o gli offerenti che, in base alla normativa dello Stato membro nel quale 
sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione di cui trattasi non possono essere 
respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro nel quale � aggiudicato 
l�appalto, essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche. 
(�) 
2. I raggruppamenti di operatori economici sono autorizzati a presentare offerte o a candidarsi. 
Ai fini della presentazione di un�offerta o di una domanda di partecipazione le amministrazioni 
aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori 
economici abbiano una forma giuridica specifica; tuttavia al raggruppamento selezionato 
pu� essere imposto di assumere una forma giuridica specifica una volta che gli sia stato 
aggiudicato l�appalto, nella misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona 
esecuzione dell�appalto�. 
8 L�art. 44 della direttiva, intitolato �Accertamento dell�idoneit� e scelta dei partecipanti, 
aggiudicazione�, cos� dispone al suo n. 1: 
�L�aggiudicazione degli appalti avviene in base ai criteri di cui agli articoli 53 e 55, tenuto 
conto dell�articolo 24, previo accertamento dell�idoneit� degli operatori economici non 
esclusi in forza degli articoli 45 e 46, effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici conformemente 
ai criteri relativi alla capacit� economica e finanziaria, alle conoscenze od 
alle capacit� professionali e tecniche di cui agli articoli da 47 a 52 e, se del caso, alle norme 
ed ai criteri non discriminatori di cui al paragrafo 3�. 
9 L�art. 55 della direttiva 2004/18, intitolato �Offerte anormalmente basse�, enuncia 
quanto segue: 
�1. Se, per un determinato appalto, talune offerte appaiono anormalmente basse rispetto 
alla prestazione, l�amministrazione aggiudicatrice, prima di poter respingere tali offerte, 
richiede per iscritto le precisazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi 
dell�offerta in questione.
56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Dette precisazioni possono riguardare in particolare: 
a) l�economia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione dei prodotti 
o del metodo di prestazione del servizio; 
b) le soluzioni tecniche adottate e/o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone 
l�offerente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti o per prestare i servizi; 
c) l�originalit� dei lavori, delle forniture o dei servizi proposti dall�offerente; 
d) il rispetto delle disposizioni relative alla protezione e alle condizioni di lavoro vigenti 
nel luogo in cui deve essere effettuata la prestazione; 
e) l�eventualit� che l�offerente ottenga un aiuto di Stato. 
2. L�amministrazione aggiudicatrice verifica, consultando l�offerente, detti elementi costitutivi 
tenendo conto delle giustificazioni fornite. 
3. L�amministrazione aggiudicatrice che accerta che un�offerta � anormalmente bassa in 
quanto l�offerente ha ottenuto un aiuto di Stato pu� respingere tale offerta per questo solo 
motivo unicamente se consulta l�offerente e se quest�ultimo non � in grado di dimostrare, 
entro un termine sufficiente stabilito dall�amministrazione aggiudicatrice, che l�aiuto in 
questione era stato concesso legalmente. Quando l�amministrazione aggiudicatrice respinge 
un�offerta in tali circostanze, provvede a informarne la Commissione�. 
La normativa nazionale 
10 A norma dell�art. 3, commi 19 e 22, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, 
recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle 
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (Supplemento ordinario alla GURI n. 100 del 2 maggio 
2006; in prosieguo: il �decreto legislativo n. 163/2006�): 
�19. I termini �imprenditore�, �fornitore� e �prestatore di servizi� designano una persona 
fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalit� giuridica, ivi compreso il gruppo 
europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 
1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la 
fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. 
(�) 
22. Il termine �operatore economico� comprende l�imprenditore, il fornitore e il prestatore 
di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi�. 
11 L�art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, intitolato �Soggetti a cui possono essere 
affidati i contratti pubblici (artt. 4 e 5 direttiva 2004/18)�, prevede quanto segue: 
�1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti 
soggetti, salvo i limiti espressamente indicati: 
a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le societ� commerciali, le societ� cooperative; 
b) i consorzi fra societ� cooperative di produzione e lavoro (...) e i consorzi tra imprese 
artigiane (...); 
c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di societ� consortili ai sensi dell�articolo 
2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, societ� commerciali, 
societ� cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all�articolo 
36; 
d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), 
b) e c) (�); 
e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all�articolo 2602 del codice civile, costituiti tra 
i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di societ� (�);
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 57 
f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico 
(GEIE) (�); 
(�) �. 
12 In epoca successiva ai fatti della causa principale, il decreto legislativo 11 settembre 
2008, n. 152 (GURI n. 231 del 2 ottobre 2008), ha aggiunto all�elenco di cui sopra il seguente 
punto: 
�f bis) operatori economici, ai sensi dell�articolo 3, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, 
costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi�. 
13 Infine, ai sensi dell�art. 2082 del codice civile italiano, l��imprenditore� � il soggetto 
che esercita professionalmente un�attivit� economica organizzata al fine della produzione 
o dello scambio di beni o di servizi. 
Causa principale e questioni pregiudiziali 
14 Dalla decisione di rinvio risulta che la Regione Marche ha indetto una procedura 
di gara per l�affidamento di un appalto di servizi avente ad oggetto l�acquisizione di rilievi 
marini sismostratigrafici, l�esecuzione di carotaggi e il prelievo di campioni in mare nella 
fascia costiera compresa tra Pesaro e Civitanova Marche. 
15 Il CoNISMa si � candidato per tale gara. Dopo aver formulato alcune riserve in ordine 
all�ammissibilit� del CoNISMa alla procedura di aggiudicazione dell�appalto in questione, 
l�amministrazione aggiudicatrice ha deciso di escluderla mediante decisioni in data 
4, 18 e 23 aprile 2007. 
16 Il CoNISMa ha impugnato detta esclusione con ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica (procedimento specifico previsto dall�ordinamento giuridico italiano) sostenendo 
che interpretare l�art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006 come recante un 
elenco tassativo che non include le universit� e gli istituti di ricerca, con la conseguente 
non ammissione di questi ultimi a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un 
appalto pubblico, non sarebbe compatibile con le disposizioni della direttiva 2004/18. 
Nell�ambito del procedimento di ricorso straordinario, il Ministero dell�Ambiente e della 
Tutela del Territorio ha chiesto il parere del Consiglio di Stato, come previsto dalla normativa 
nazionale pertinente. 
17 Il giudice del rinvio osserva che, al fine di rendere il proprio parere, deve stabilire 
se un raggruppamento interuniversitario quale il CoNISMa possa essere considerato come 
un �operatore economico� ai sensi della direttiva 2004/18 e se, pertanto, sia ammesso a 
partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi come 
quella oggetto della causa principale. Il giudice del rinvio esprime in proposito alcune riserve, 
fondate sulle seguenti considerazioni. 
18 In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che il CoNISMa � un raggruppamento 
(�consorzio�) costituito da ventiquattro universit� italiane e da tre ministeri. In base al suo 
statuto, esso non perseguirebbe scopo di lucro e si proporrebbe di promuovere nonch� di 
coordinare le ricerche e le altre attivit� scientifiche e applicative nel settore delle scienze 
del mare tra le universit� aderenti al raggruppamento. Esso potrebbe partecipare a procedure 
di gara e ad altre procedure di evidenza pubblica indette dalle amministrazioni pubbliche 
e dalle societ� operanti nel settore pubblico e in quello privato. Le sue attivit� 
sarebbero finanziate principalmente attraverso fondi concessi dal Ministero dell�Universit� 
e della Ricerca e da altre amministrazioni pubbliche, nonch� da enti pubblici o privati, italiani 
o stranieri. 
19 In primo luogo, il Consiglio di Stato richiama l�art. 1, lett. c), della direttiva del
58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli 
appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), alla quale � succeduta la direttiva 2004/18, 
a norma del quale s�intendono per ��prestatori di servizi� le persone fisiche o giuridiche, 
inclusi gli enti pubblici che forniscono servizi�, e osserva che tale formulazione sembra 
rivelare l�intenzione di riservare la possibilit� di contrattare con le amministrazioni aggiudicatrici 
ai soggetti che svolgono �istituzionalmente� l�attivit� corrispondente alla prestazione 
che dovr� essere fornita nell�ambito dell�appalto di cui trattasi. Stando a tale tesi, 
potrebbero partecipare a gare d�appalto, oltre agli operatori economici privati, soltanto gli 
organismi pubblici che forniscono a titolo lucrativo le prestazioni oggetto di tale appalto, 
conformemente alla missione loro conferita nell�ambito dell�ordinamento giuridico, con 
esclusione quindi degli organismi universitari. Questa tesi parrebbe esser confermata dalla 
sentenza della Corte 18 gennaio 2007, causa C 220/05, Auroux e a. (Racc. pag. I 385, 
punto 44), secondo cui la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici si applica 
all�interessato �in quanto operatore economico attivo sul mercato�. La stessa tesi sembrerebbe 
inoltre essere avvalorata dall�art. 3, comma 19, del decreto legislativo n. 163/2006, 
ai sensi del quale il prestatore di servizi � un operatore economico �che offr[e]� servizi 
�sul mercato�. 
20 In secondo luogo, il giudice del rinvio osserva che la posizione della giurisprudenza 
italiana non � univoca al riguardo. Taluni giudici riterrebbero che siano ammesse a partecipare 
ad un appalto pubblico le persone fisiche o giuriche che esercitino un�attivit� d�impresa, 
nonch� gli organismi pubblici che offrano, secondo la loro organizzazione 
istituzionale, servizi analoghi a quelli oggetto del bando di gara. In tale ottica, le universit� 
non potrebbero rientrare nelle categorie di imprenditori privati e pubblici, in quanto istituzionalmente 
preposte allo svolgimento di attivit� di didattica e di ricerca. Stando a un�altra 
tesi, le universit� pubbliche, nonch� i loro raggruppamenti, sarebbero ammessi a 
partecipare ad appalti pubblici di servizi, sempre che la prestazione di servizi di volta in 
volta considerata sia compatibile con i loro fini istituzionali e le loro previsioni statutarie. 
21 In terzo luogo, il Consiglio di Stato fa riferimento alla posizione dell�Autorit� per 
la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la quale opera una distinzione 
tra gli operatori economici e i soggetti, come gli enti pubblici non economici, le universit� 
e i dipartimenti universitari, che non rientrano nella prima categoria in quanto 
perseguono finalit� diverse dall�esercizio di un�attivit� economica, rivolta alla produzione 
di ricchezza. Di conseguenza, tali enti non sarebbero ammessi a partecipare ad appalti pubblici, 
salvo che gli stessi costituiscano apposite societ� in base all�autonomia riconosciuta 
alle universit� dalla normativa nazionale. Siffatta tesi sarebbe confermata dall�art. 34 del 
decreto legislativo n. 163/2006, che conterrebbe un elenco tassativo dei soggetti ammessi 
a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. 
22 Da ultimo, per motivare le proprie riserve, il Consiglio di Stato richiama la giurisprudenza 
della Corte secondo cui le disposizioni comunitarie in tema di appalti pubblici 
devono essere interpretate alla luce di un criterio funzionale che consenta di evitare l�elusione 
del principio fondamentale della concorrenza effettiva (sentenza 13 dicembre 2007, 
causa C 337/06, Bayerischer Rundfunk e a., Racc. pag. I 11173). Per quanto riguarda pi� 
in particolare gli appalti pubblici di servizi, la Corte avrebbe evidenziato l�obiettivo principale 
delle norme comunitarie in tale materia, vale a dire la libera circolazione dei servizi 
e l�apertura ad una concorrenza non falsata e pi� ampia possibile in tutti gli Stati membri 
(sentenza 11 gennaio 2005, causa C 26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I 1, punti
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 59 
44 e 47). 
23 Alla luce di tale giurisprudenza, il Consiglio di Stato rileva che l�ammissione delle 
universit�, degli istituti di ricerca e dei loro raggruppamenti alla partecipazione ad appalti 
pubblici potrebbe violare il principio della concorrenza sotto un duplice profilo. Infatti, 
da un lato, essa rischierebbe di sottrarre al libero mercato quote di appalti pubblici ai quali 
un numero non irrilevante di imprese ordinarie avrebbe, di fatto, difficolt� di accesso. 
Dall�altro, essa collocherebbe ingiustamente l�affidatario in una posizione di privilegio 
che gli garantirebbe una sicurezza economica attraverso finanziamenti pubblici costanti e 
prevedibili di cui gli altri operatori economici non possono beneficiare. Tuttavia, come rileva 
il Consiglio di Stato, un�interpretazione restrittiva della nozione di �operatore economico
� che fosse legata alla collocazione stabile di quest�ultimo �sul mercato� e che 
impedisse quindi alle universit�, agli istituti di ricerca e ai loro raggruppamenti di partecipare 
a gare d�appalto sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra entit� 
pubbliche e private, nonch� tra attivit� di ricerca e attivit� d�impresa, e, in definitiva, rappresenterebbe 
una restrizione della concorrenza. 
24 Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento 
e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se le disposizioni della direttiva 2004/18 (...) debbano essere interpretat[e] nel senso 
che vietano la partecipazione ad un appalto di servizi come quello di acquisizione di rilievi 
geofisici e campionatura a mare ad un consorzio costituito esclusivamente da universit� 
italiane e amministrazioni statali (...). 
2) Se le disposizioni dell�ordinamento italiano di cui all�art. 3, commi 22 e 19, e all�art. 
34 del (...) decreto legislativo n. 163/2006 � secondo i quali, rispettivamente �il termine 
�operatore economico� comprende l�imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o 
un raggruppamento o consorzio di essi� e �i termini �imprenditore�, �fornitore� e �prestatore 
di servizi� designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalit� 
giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (...), che 
�offra sul mercato�, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, 
la prestazione di servizi� � si ponga[no] in contrasto con la direttiva 2004/18 (...), 
se interpretat[e] nel senso di limitare la partecipazione ai prestatari professionali di tali attivit� 
con esclusione di enti che abbiano preminenti finalit� diverse da quelle di lucro, 
quali la ricerca�. 
Sulle questioni pregiudiziali 
25 Occorre preliminarmente ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, 
che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell�ambito di un ricorso straordinario, 
costituisce una giurisdizione ai sensi dell�art. 234 CE (sentenza 16 ottobre 1997, cause 
riunite da C 69/96 a C 79/96, Garofalo e a., Racc. pag. I 5603, punto 27). 
Sulla prima questione 
26 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della 
direttiva 2004/18 debbano essere interpretate nel senso che ostano alla partecipazione ad 
un appalto pubblico di servizi di un raggruppamento costituito esclusivamente da universit� 
e amministrazioni pubbliche. 
27 Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le disposizioni della direttiva 
2004/18 considerate dal giudice nazionale sono in particolare l�art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, 
primo e secondo comma, poich� fanno riferimento alla nozione di �operatore economico�. 
Inoltre, stando a tale domanda, il raggruppamento di cui trattasi non persegue un premi-
60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nente scopo di lucro, non dispone di una struttura organizzativa d�impresa e non assicura 
una presenza regolare sul mercato. 
28 Per rispondere alla suddetta questione, si deve anzitutto rilevare che le disposizioni 
della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di �operatore 
economico� e, dall�altro, non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi 
perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito 
l�esclusione di enti come quello oggetto della causa principale. Nondimeno, tali disposizioni, 
considerate alla luce della giurisprudenza della Corte, contengono elementi sufficienti 
a fornire una risposta utile al giudice del rinvio. 
29 Cos�, il quarto �considerando� della direttiva 2004/18 evoca la possibilit�, per un 
�organismo di diritto pubblico�, di partecipare in qualit� di offerente ad una procedura di 
aggiudicazione di un appalto pubblico. 
30 Allo stesso modo, l�art. 1, n. 8, primo e secondo comma, di tale direttiva riconosce 
la qualit� di �operatore economico� non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma 
anche, in modo esplicito, a ogni �ente pubblico�, nonch� ai raggruppamenti costituiti da 
tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di �ente pubblico� pu� includere 
anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno 
una struttura d�impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato. 
31 Inoltre, l�art. 4 della medesima direttiva, intitolato �Operatori economici�, al suo n. 
1 vieta agli Stati membri di prevedere che i candidati o gli offerenti i quali, in base alla 
normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati a fornire la prestazione 
che costituisce l�oggetto di un bando di gara siano respinti soltanto per il fatto che, 
secondo la normativa dello Stato membro in cui � aggiudicato l�appalto, essi dovrebbero 
essere o persone fisiche o persone giuridiche. Tale disposizione non stabilisce neppure una 
distinzione tra i candidati o gli offerenti a seconda del fatto che essi abbiano uno status di 
diritto pubblico oppure di diritto privato. 
32 In ordine alla questione, sollevata dal giudice del rinvio, di una possibile distorsione 
della concorrenza a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che, come 
il ricorrente nella causa principale, vanterebbero una posizione privilegiata rispetto a quella 
degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, si deve 
sottolineare che il quarto �considerando� della direttiva 2004/18 enuncia l�obbligo per gli 
Stati membri di provvedere affinch� una distorsione di questo tipo non si produca per il 
fatto della partecipazione di un organismo di diritto pubblico a un appalto pubblico. Detto 
obbligo si impone anche con riguardo ad entit� come il suddetto ricorrente. 
33 Si devono altres� ricordare, al riguardo, gli obblighi e le facolt� di cui dispone un�amministrazione 
aggiudicatrice, ai sensi dell�art. 55, n. 3, della direttiva 2004/18, in caso di 
offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l�offerente ha ottenuto un aiuto di 
Stato. Peraltro, la Corte ha riconosciuto che, in talune circostanze particolari, l�amministrazione 
aggiudicatrice ha l�obbligo, o quanto meno la facolt�, di prendere in considerazione 
l�esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, 
al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (v., in tal senso, sentenza 
7 dicembre 2000, causa C 94/99, ARGE, Racc. pag. I 11037, punto 29). 
34 Tuttavia, l�eventualit� di una posizione privilegiata di un operatore economico in 
ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non pu� giustificare l�esclusione a priori 
e senza ulteriori analisi di enti, quali il ricorrente nella causa principale, dalla partecipazione 
a un appalto pubblico.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 61 
35 Dalle considerazioni che precedono risulta che il legislatore comunitario non ha inteso 
restringere la nozione di �operatore economico che offre servizi sul mercato� unicamente 
agli operatori che siano dotati di un�organizzazione d�impresa, n� introdurre 
condizioni particolari atte a porre una limitazione a monte dell�accesso alle procedure di 
gara in base alla forma giuridica e all�organizzazione interna degli operatori economici. 
36 Questa interpretazione � suffragata dalla giurisprudenza della Corte. 
37 La Corte ha, infatti, dichiarato che uno degli obiettivi della normativa comunitaria 
in materia di appalti pubblici � costituito dall�apertura alla concorrenza nella misura pi� 
ampia possibile (v. in particolare, in tal senso, sentenza Bayerischer Rundfunk e a., cit., 
punto 39) e che � nell�interesse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione 
pi� ampia possibile di offerenti ad una gara d�appalto (sentenza 19 maggio 2009, 
causa C 538/07, Assitur, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26). Occorre aggiungere, 
in proposito, che siffatta apertura alla concorrenza pi� ampia possibile � prevista non 
soltanto con riguardo all�interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei 
servizi, bens� anche nell�interesse stesso dell�amministrazione aggiudicatrice considerata, 
la quale disporr� cos� di un�ampia scelta circa l�offerta pi� vantaggiosa e pi� rispondente 
ai bisogni della collettivit� pubblica interessata (v., in tal senso, in tema di offerte anormalmente 
basse, sentenza 15 maggio 2008, cause riunite C 147/06 e C 148/06, SECAP e 
Santorso, Racc. pag. I 3565, punto 29). 
38 In tale ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura pi� 
ampia possibile, la Corte ha altres� statuito che la normativa comunitaria in materia � applicabile 
qualora il soggetto con cui un�amministrazione aggiudicatrice intenda concludere 
un contratto a titolo oneroso sia a sua volta un�amministrazione aggiudicatrice (v., in tal 
senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, 
ai sensi dell�art. 1, n. 9, della direttiva 2004/18, un�amministrazione aggiudicatrice 
� un ente che soddisfa una funzione di interesse generale, avente carattere non industriale 
o commerciale. Un organismo di questo tipo non esercita, a titolo principale, un�attivit� 
lucrativa sul mercato. 
39 Analogamente, la Corte ha dichiarato che la normativa comunitaria osta a qualsiasi 
normativa nazionale che escluda dall�aggiudicazione di appalti pubblici di servizi il cui 
valore superi la soglia di applicazione delle direttive candidati od offerenti autorizzati, in 
base alla normativa dello Stato membro nel quale sono stabiliti, ad erogare il servizio in 
questione per il solo motivo che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica 
corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche (v., in tal senso, sentenza 
18 dicembre 2007, causa C 357/06, Frigerio Luigi & C., Racc. pag. I 12311, punto 22). 
40 Si deve inoltre ricordare, sulla scorta della giurisprudenza della Corte, da un lato, 
che il principio della parit� di trattamento non � violato per il solo motivo che le amministrazioni 
aggiudicatrici ammettono la partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione 
di un appalto pubblico di organismi che beneficiano di sovvenzioni che consentono loro 
di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli offerenti concorrenti 
non sovvenzionati e, dall�altro, che, se il legislatore comunitario avesse avuto l�intenzione 
di obbligare le amministrazioni aggiudicatrici ad escludere tali offerenti, l�avrebbe espressamente 
indicato (sentenza ARGE, cit., punti 25 26). 
41 Infine, sempre in base alla giurisprudenza della Corte, la normativa comunitaria non 
richiede che il soggetto che stipula un contratto con un�amministrazione aggiudicatrice 
sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita perch� il
62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
medesimo possa essere qualificato come imprenditore, ossia come operatore economico; 
� sufficiente che tale soggetto abbia la possibilit� di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, 
fornendo le garanzie necessarie a tal fine (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001, 
causa C 399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I 5409, punto 90). 
42 Di conseguenza, sia dalla normativa comunitaria sia dalla giurisprudenza della Corte 
risulta che � ammesso a presentare un�offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, 
considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l�esecuzione 
di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente 
dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul 
mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere 
sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. L�effettiva capacit� di detto ente di soddisfare 
i requisiti posti dal bando di gara, come fa giustamente osservare il governo ceco, � 
valutata durante una fase ulteriore della procedura, in applicazione dei criteri previsti agli 
artt. 44 52 della direttiva 2004/18. 
43 Occorre aggiungere che un�interpretazione restrittiva della nozione di �operatore 
economico� avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici 
e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero 
considerati come �appalti pubblici�, potrebbero essere aggiudicati in modo 
informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parit� di 
trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalit� delle medesime norme. 
44 Per di pi�, come sottolinea il giudice del rinvio, un�interpretazione di questo tipo 
sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra attivit� di ricerca e attivit� 
d�impresa e rappresenterebbe una restrizione della concorrenza. 
45 In considerazione di quanto precede, si deve risolvere la prima questione nel senso 
che le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 
2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di �operatore economico
�, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono 
un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di 
un�impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le universit� e gli 
istituti di ricerca nonch� i raggruppamenti costituiti da universit� e amministrazioni pubbliche, 
di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. 
Sulla seconda questione 
46 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della 
direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e 
secondo comma, ostino a una normativa nazionale che recepisce tale direttiva nel diritto 
interno, qualora detta normativa sia interpretata nel senso che essa riserva la partecipazione 
alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici ai soli prestatori che offrano servizi 
sul mercato in modo sistematico e a titolo professionale, con esclusione dei soggetti che, 
come le universit� e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro. 
47 Occorre in proposito ricordare che, come risulta dalla formulazione dell�art. 4, n. 1, 
della direttiva 2004/18, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o meno talune categorie 
di operatori a fornire certi tipi di prestazioni. 
48 Cos�, come correttamente osserva la Commissione, gli Stati membri possono disciplinare 
le attivit� di soggetti, quali le universit� e gli istituti di ricerca, non aventi finalit� 
di lucro, ma volte principalmente alla didattica e alla ricerca. In particolare, gli Stati membri 
possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti ad operare sul mercato in funzione
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 63 
della circostanza che l�attivit� in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali 
e statutari. 
49 Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni 
servizi sul mercato, la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto 
interno non pu� vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti 
pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Un simile divieto contrasterebbe 
infatti con le disposizioni della direttiva 2004/18, come interpretate nell�ambito 
dell�esame della prima questione pregiudiziale. 
50 In tale ipotesi, spetta al giudice del rinvio interpretare il proprio diritto interno quanto 
pi� possibile alla luce del testo e della finalit� della direttiva 2004/18, allo scopo di raggiungere 
i risultati perseguiti da quest�ultima, privilegiando l�interpretazione delle disposizioni 
nazionali che sia maggiormente conforme a tale finalit� per giungere quindi ad una 
soluzione compatibile con le disposizioni della medesima direttiva e, all�occorrenza, disapplicando 
ogni contraria disposizione di legge nazionale (v. sentenza 22 dicembre 2008, 
causa C 414/07, Magoora, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44). 
51 Di conseguenza, si deve risolvere la seconda questione affermando che la direttiva 
2004/18 dev�essere interpretata nel senso che essa osta all�interpretazione di una normativa 
nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come 
le universit� e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare 
a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, bench� siffatti soggetti 
siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell�appalto 
considerato. 
Sulle spese 
52 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce 
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. 
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: 
1) Le disposizioni della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 
2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli 
appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ed in particolare quelle di cui al 
suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione 
di �operatore economico�, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti 
che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura 
organizzativa di un�impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, 
quali le universit� e gli istituti di ricerca nonch� i raggruppamenti costituiti da universit� 
e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. 
2) La direttiva 2004/18 dev�essere interpretata nel senso che essa osta all�interpretazione 
di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale 
che vieti a soggetti che, come le universit� e gli istituti di ricerca, non perseguono un 
preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un 
appalto pubblico, bench� siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire 
sul mercato i servizi oggetto dell�appalto considerato.
64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Sulla necessaria �equivalenza� delle 
condizioni di ammissibilit� dell�azione di 
responsabilit� dello Stato legislatore 
(Corte di giustizia dell�Unione europea, Grande Sezione, sentenza 
del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08) 
Con la sentenza del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08, la Corte di 
giustizia si � pronunciata sulla questione pregiudiziale proposta dal Tribunal 
Supremo del Regno di Spagna (Sala de lo contencioso administrativo) sul problema 
del rapporto tra il principio dell�autonomia procedurale degli Stati membri 
nella disciplina dell�azione di responsabilit� per violazione del diritto 
comunitario ed i principi di equivalenza ed effettivit� (1). 
La Corte di giustizia era stata chiamata, in particolare, a chiarire se la previsione 
legislativa di un differente regime per l�azione di risarcimento a carico 
dello Stato - in funzione del fatto che tale azione si fondi su atti amministrativi 
adottati in applicazione di una legge incostituzionale ovvero di una disposizione 
interna in precedenza dichiarata incompatibile con il diritto comunitario 
ai sensi dell�art. 226 T.C.E. - sia conforme ai principi comunitari di equivalenza 
e di effettivit�. 
La Corte ha accolto la soluzione proposta dall�Avvocato generale, fornendo 
delle argomentazioni simili nell�impianto logico ma non del tutto coincidenti 
nel merito. 
Ad avviso dell�Avvocato generale, l�analisi in astratto degli elementi essenziali 
delle due azioni doveva condurre a ritenerle �sovrapponibili�, con 
conseguente violazione del principio di equivalenza, laddove, per far valer la 
responsabilit� dello Stato legislatore, il diritto spagnolo prevede che il ricorrente 
abbia preventivamente esaurito tutti i rimedi interni diretti a contestare 
la validit� dell�atto amministrativo adottato sulla base di una legge in contrasto 
con il diritto comunitario. 
Nelle conclusioni del 9 luglio 2009, infatti, era stato evidenziato come 
l�unica differenza tra le due azioni emergesse nel rapporto tra l�amministrazione 
ed il soggetto leso, che - stante l�obbligo di disapplicazione gravante 
anche sull�amministrazione - gode di una protezione �a livello diffuso� contro 
la legge contraria al diritto comunitario della quale, invece, non gode contro 
la legge incostituzionale, in considerazione della presunzione di legittimit� 
della legge e dei suoi atti attuativi e della natura accentrata del controllo di co- 
(1) Per un�analisi della questione pregiudiziale proposta e del regime della responsabilit� dello 
Stato legislatore previsto dall�ordinamento spagnolo, si rinvia al contributo precedentemente pubblicato 
in questa Rivista, 2009, III, 51 e segg.
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 65 
stituzionalit�. Tale differenza, tuttavia, non era stata comunque ritenuta idonea 
a giustificare la subordinazione dell�azione di risarcimento a carico dello Stato 
per violazione del diritto comunitario al previo esaurimento di tutti i mezzi di 
ricorso, �non soltanto amministrativi ma anche giurisdizionali�, avverso l�atto 
amministrativo adottato sulla base della legge �anticomunitaria�. 
La Corte di giustizia ha svolto la verifica della �somiglianza� tra le due 
azioni con specifico riferimento alla posizione della societ� Transportes Urbanos. 
Il giudice comunitario ha quindi rilevato come, secondo la ricostruzione 
fornita dalla decisione di rinvio, se la societ� �avesse potuto fondare la propria 
azione di responsabilit� su una sentenza del Tribunal Constitucional che dichiara 
la nullit� di detta legge per violazione della Costituzione, tale azione 
avrebbe potuto avere esito positivo, indipendentemente dal fatto che detta societ� 
non avesse chiesto la rettifica di tali autoliquidazioni prima della scadenza 
dei termini previsti a tal fine�. 
La Corte � quindi giunta alla conclusione che �l�unica differenza esistente 
tra le due azioni menzionate (�) consiste nella circostanza che le violazioni 
di diritto su cui esse si fondano sarebbero constatate, per una di esse, dalla 
Corte in una sentenza pronunciata in forza dell�art. 226 CE e, per l�altra, da 
una sentenza del Tribunal Constitucional� e che �tale unica circostanza (�) 
non pu� essere sufficiente per constatare una distinzione tra tali due azioni 
alla luce del principio di equivalenza�. 
Il giudice comunitario ha inoltre richiamato l�attenzione sul fatto che - 
contrariamente a quanto sembrava �suggerire� la giurisprudenza nazionale citata 
- il risarcimento del danno per violazione del diritto comunitario non � 
comunque subordinato alla condizione del previo accertamento della stessa 
ad opera della Corte di giustizia, anche se, nel caso di specie, la societ� aveva 
espressamente fondato l�azione su una precedente decisione adottata in sede 
di ricorso per inadempimento (2). 
In conclusione, alla luce della pronuncia del giudice comunitario, il rigetto 
da parte dell�amministrazione spagnola della domanda di risarcimento del 
danno proposta dalla Transportes Urbanos - per un importo corrispondente ai 
versamenti dell�I.v.a. indebitamente percepiti dall�amministrazione fiscale spagnola, 
nonch� ai rimborsi che la societ� avrebbe potuto esigere - non risulta 
fondato, nonostante la societ� non abbia proceduto a rettificare le autoliquidazioni 
nel termine prescritto. 
Dott.ssa Chiara Di Seri* 
(2) Si tratta della sentenza 6 ottobre 2005, causa C-204/03, Commissione c. Spagna, in cui la 
Corte aveva dichiarato che le limitazioni della detraibilit� dell�I.v.a. previste dalla legge spagnola erano 
incompatibili con gli artt. 17, nn. 2 e 5, e 19 della sesta direttiva. 
(*) Dottore di ricerca in Diritto amministrativo presso l�Universit� degli Studi di Roma Tre.
66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Corte di giustizia (Grande Sezione) sentenza del 26 gennaio 2010 nella causa C-118/08 - 
Pres. V. Skouris, Avv. gen. M. Poiares Maduro - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dal Tribunal Supremo (Spagna) il 18 marzo 2008 - Transporte Urbanos y Servicios Generales 
S.A.L. / Stato spagnolo. 
�Autonomia procedurale degli Stati membri � Principio di equivalenza � Azione di responsabilit� 
nei confronti dello Stato � Violazione del diritto dell�Unione � Violazione della Costituzione
� 
(Omissis) 
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione dei principi di effettivit� 
e di equivalenza per quanto riguarda talune regole applicabili nell�ordinamento giuridico spagnolo 
alle azioni di responsabilit� nei confronti dello Stato per violazione del diritto dell�Unione. 
2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia pendente tra la Transportes 
Urbanos y Servicios Generales SAL (in prosieguo: la �Transportes Urbanos�) e l�Administraci�n 
del Estado in merito al rigetto del ricorso proposto da tale societ� per far valere 
la responsabilit� dello Stato spagnolo per violazione del diritto dell�Unione. 
Contesto normativo 
La sesta direttiva 
3 La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione 
delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Sistema 
comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come 
modificata con direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: 
la �sesta direttiva�), al suo art. 17, nn. 2 e 5, nella versione risultante dall�art. 28 septies 
di quest�ultima, dispone quanto segue: 
�2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, 
il soggetto passivo � autorizzato a [detrarre] dall�imposta di cui � debitore: 
a) l�imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all�interno del paese per i beni che gli sono 
o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo; 
b) l�imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni importati all�interno del paese; 
c) l�imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi dell�articolo 5, paragrafo 7, lettera a), dell�articolo 
6, paragrafo 3 e dell�articolo 28 bis, paragrafo 6; 
(�) 
5. Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni 
che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono 
tale diritto, la [detrazione] � ammessa soltanto per il prorata dell�imposta sul valore aggiunto 
relativo alla prima categoria di operazioni. 
Detto prorata � determinato ai sensi dell�articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute 
dal soggetto passivo. 
(�) �. 
4 L�art. 19 della sesta direttiva menziona i criteri per il calcolo del prorata di detrazione 
previsto all�art. 17, n. 5, primo comma, di quest�ultima. 
Il diritto nazionale 
5 L�art. 163 della Costituzione spagnola (in prosieguo: la �Costituzione�) cos� prevede:
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 67 
�Qualora un giudice consideri, durante un processo, che un testo avente rango di legge, applicabile 
alla fattispecie esaminata e dalla cui validit� dipende l�esito del giudizio, pu� essere 
contrario alla Costituzione, esso investe il Tribunal Constitucional [Corte costituzionale] della 
questione nei casi, nelle forme e con gli effetti previsti dalla legge, che non saranno in alcun 
caso sospensivi�. 
6 La legge 28 dicembre 1992, n. 37, relativa all�imposta sul valore aggiunto (BOE n. 312 
del 29 dicembre 1992, pag. 44247), come modificata dalla legge 30 dicembre 1997, n. 66 
(BOE n. 313 del 31 dicembre 1997, pag. 38517; in prosieguo: la �legge n. 37/92�), prevede 
talune limitazioni al diritto di un soggetto passivo di detrarre l�imposta sul valore aggiunto 
(in prosieguo: l��IVA�) relativa all�acquisto di beni o servizi finanziati mediante sovvenzioni. 
Tali limitazioni sono entrate in vigore a partire dall�esercizio fiscale 1998. 
7 La legge n. 37/1992 prevede altres� che qualsiasi soggetto passivo � tenuto a presentare 
dichiarazioni periodiche in cui deve calcolare gli importi dell�IVA da esso dovuti (in prosieguo: 
le �autoliquidazioni�). 
8 Conformemente alla legge fiscale generale 17 dicembre 2003, n. 53 (BOE n. 303 del 18 
dicembre 2003, pag. 44987), il soggetto passivo ha il diritto di chiedere la rettifica delle sue 
autoliquidazioni e, eventualmente, di esigere il rimborso dei versamenti non dovuti. Secondo 
gli artt. 66 e 67 di detta legge, il termine di prescrizione di tale diritto � di quattro anni a decorrere, 
sostanzialmente, dal giorno successivo a quello in cui il versamento non dovuto � 
stato effettuato, ovvero a quello della scadenza del termine per presentare l�autoliquidazione, 
qualora il versamento non dovuto sia stato effettuato entro tale termine. 
La controversia principale 
9 Con sentenza 6 ottobre 2005, causa C 204/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I 8389), 
la Corte ha sostanzialmente dichiarato che le limitazioni della detraibilit� dell�IVA previste 
dalla legge n. 37/1992 erano incompatibili con gli artt. 17, nn. 2 e 5, e 19 della sesta direttiva. 
10 La Transportes Urbanos, che aveva effettuato talune autoliquidazioni per gli esercizi 
1999 e 2000 conformemente alla legge n. 37/1992, non si � avvalsa del suo diritto di chiedere, 
in applicazione della legge fiscale generale n. 58/2003, la rettifica di tali autoliquidazioni. � 
infatti pacifico che tale diritto era prescritto alla data in cui la Corte ha pronunciato la citata 
sentenza Commissione/Spagna. 
11 La Transportes Urbanos ha quindi avviato un�azione di responsabilit� dinanzi al Consiglio 
dei Ministri nei confronti dello Stato spagnolo. Nell�ambito di tale azione, essa sostiene 
di aver sub�to un danno pari a EUR 1 228 366,39 a causa della violazione, da parte del legislatore 
spagnolo, della sesta direttiva, violazione constatata alla Corte con la citata sentenza 
Commissione/Spagna. Tale importo corrisponde ai versamenti dell�IVA indebitamente percepiti 
dall�amministrazione fiscale spagnola durante detti esercizi, nonch� ai rimborsi che la 
societ� avrebbe potuto esigere per tali stessi esercizi. 
12 Con decisione 12 gennaio 2007, il Consiglio dei Ministri ha respinto la domanda della 
Transportes Urbanos, considerando che la mancata presentazione nei termini, da parte di quest�ultima, 
della domanda di rettifica di dette autoliquidazioni aveva fatto venir meno il nesso 
di causalit� diretto tra la violazione del diritto dell�Unione contestata allo Stato spagnolo ed 
il danno asseritamente sub�to da detta societ�. 
13 La decisione di rigetto del Consiglio dei Ministri si fonda in particolare su due sentenze 
del Tribunal Supremo, del 29 gennaio 2004 e del 24 maggio 2005 (in prosieguo: la �giurisprudenza 
controversa�), secondo cui le azioni di responsabilit� nei confronti dello Stato per 
violazione del diritto dell�Unione sono soggette ad una norma di previo esaurimento dei ri-
68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
medi, amministrativi e giurisdizionali, nei confronti dell�atto amministrativo che arreca pregiudizio 
adottato in applicazione di una legge nazionale contraria a tale diritto. 
14 Il 6 giugno 2007, la Transportes Urbanos ha proposto dinanzi al Tribunal Supremo un 
ricorso avverso detta decisione di rigetto del Consiglio dei Ministri. 
La decisione di rinvio e la questione pregiudiziale 
15 Nella sua decisione di rinvio, il Tribunal Supremo ricorda che, secondo la giurisprudenza 
controversa, l�esercizio di un�azione di responsabilit� nei confronti dello Stato fondata 
sul carattere incostituzionale di una legge non � soggetto, contrariamente alla medesima azione 
fondata sull�incompatibilit� di tale legge con il diritto dell�Unione, ad alcuna condizione di 
previo esaurimento dei rimedi dell�atto amministrativo che arreca pregiudizio, fondato su tale 
legge. 
16 La ragion d�essere del diverso trattamento tra tali due azioni riguarderebbe le differenze 
esistenti tra i ricorsi che possono essere proposti nei confronti di un atto amministrativo a seconda 
che essi siano fondati sull�incompatibilit� di quest�ultimo con il diritto dell�Unione o 
sulla violazione della Costituzione da parte della legge nazionale in applicazione della quale 
l�atto � stato adottato. 
17 Infatti, secondo la giurisprudenza controversa, poich� la legge nazionale gode di una 
presunzione di legittimit� costituzionale, si presumono �legittimi� anche gli atti amministrativi 
fondati su tale legge. Ne consegue che n� l�autorit� amministrativa n� l�autorit� giudiziaria 
possono annullare tali atti senza che la nullit� di una legge, derivante da illegittimit� costituzionale, 
sia stata pronunciata con una sentenza del Tribunal Constitucional in seguito ad 
un�azione per illegittimit� costituzionale esercitata conformemente all�art. 163 della Costituzione, 
azione la cui iniziativa spetta al solo giudice investito della controversia. 
18 Di conseguenza, se come condizione per poter avviare un�azione di responsabilit� fondata 
su una violazione della Costituzione si esigesse il previo esaurimento dei rimedi amministrativi 
e giudiziari nei confronti dell�atto amministrativo lesivo, si giungerebbe ad imporre 
ai cittadini l�onere di impugnare l�atto amministrativo adottato in applicazione della legge asseritamente 
incostituzionale utilizzando, in primo luogo, il rimedio amministrativo e, in secondo 
luogo, il rimedio giurisdizionale, nonch� esaurendo tutti i gradi fino a che uno dei 
giudici aditi decida infine di sollevare la questione di legittimit� costituzionale di tale legge 
dinanzi al Tribunal Constitucional. Una siffatta situazione sarebbe sproporzionata ed avrebbe 
conseguenze inaccettabili. 
19 Qualora, invece, la competente autorit� amministrativa o giudiziaria consideri che un 
atto amministrativo � stato adottato in applicazione di una legge incompatibile con il diritto 
dell�Unione, essa � tenuta, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, a disapplicare 
tale legge, nonch� gli atti amministrativi adottati sul fondamento di quest�ultima. Ne 
consegue che � possibile chiedere direttamente a detta autorit� l�annullamento dell�atto amministrativo 
lesivo ed ottenere in tal modo un risarcimento completo. 
20 Inoltre, secondo la giurisprudenza controversa, l�esistenza di una violazione del diritto 
dell�Unione che pu� comportare la responsabilit� dello Stato dovrebbe essere accertata da 
una pronuncia pregiudiziale della Corte. Orbene, gli effetti di una sentenza pronunciata da 
quest�ultima ai sensi dell�art. 267 TFUE non sarebbero paragonabili a quelli di una sentenza 
del Tribunal Constitucional che dichiara l�illegittimit� costituzionale di una legge, nel senso 
che solo la decisione di quest�ultima comporterebbe la nullit� di tale legge con effetto retroattivo. 
21 Alla luce di tali circostanze il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 69 
e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: 
�Se risulti contraria ai principi di equivalenza e di effettivit� l�applicazione di una diversa disciplina, 
elaborata dal Tribunal Supremo [nella giurisprudenza controversa], ai casi riguardanti 
ricorsi diretti a far valere la responsabilit� patrimoniale dello Stato legislatore, in funzione 
del fatto che i detti ricorsi si fondino su atti amministrativi adottati in applicazione di una 
legge dichiarata incostituzionale ovvero di una norma dichiarata contraria al diritto [dell�Unione]
� 
Sulla competenza della Corte 
22 Secondo il governo spagnolo, la Corte � incompetente a pronunciarsi sulla conformit� 
al diritto dell�Unione di decisioni giudiziarie come quelle che costituiscono la giurisprudenza 
controversa, dato che lo stesso Tribunal Supremo � in grado di modificare detta giurisprudenza 
qualora la ritenga incompatibile con tale diritto. 
23 Occorre ricordare, a tal riguardo, che, se � vero che non spetta alla Corte pronunciarsi, 
nell�ambito di un procedimento pregiudiziale, sulla compatibilit� di una normativa nazionale 
con il diritto dell�Unione, essa ha reiteratamente dichiarato di essere competente a fornire al 
giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti a tale diritto che gli consentano di 
pronunciarsi sulla detta compatibilit� per la definizione della causa della quale � adito (v., in 
tal senso, segnatamente, sentenze 15 dicembre 1993, causa C 292/92, H�nermund e a., Racc. 
pag. I 6787, punto 8, nonch� 31 gennaio 2008, causa C 380/05, Centro Europa 7, Racc. pag. 
I 349, punto 50). 
24 A tal fine, come ha rilevato l�avvocato generale al paragrafo 13 delle sue conclusioni, 
l�origine legislativa, regolamentare o giurisprudenziale delle regole di diritto nazionale di cui 
il giudice del rinvio dovr� valutare la conformit� al diritto dell�Unione alla luce degli elementi 
interpretativi forniti dalla Corte non incide affatto sulla competenza di quest�ultima a statuire 
sulla domanda di pronuncia pregiudiziale. 
25 Inoltre, secondo costante giurisprudenza, nell�ambito della cooperazione tra la Corte 
e i giudici nazionali stabilita dall�art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, 
cui � stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit� dell�emananda 
decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, 
sia la necessit� di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria 
sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Pertanto, dal momento che 
le questioni poste dei giudici nazionali riguardano l�interpretazione di una norma del diritto 
dell�Unione, la Corte �, in via di principio, tenuta a statuire (v., in tal senso, segnatamente, 
sentenze 13 marzo 2001, causa C 379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I 2099, punto 38; 22 
maggio 2003, causa C 18/01, Korhonen e a., Racc. pag. I 5321, punto 19, nonch� 23 aprile 
2009, cause riunite C 261/07 e C 299/07, VTB-VAB e Galatea, non ancora pubblicata nella 
Raccolta, punto 32). 
26 Orbene, nel caso di specie si chiede alla Corte non gi� di interpretare il diritto nazionale 
o una sentenza di un giudice nazionale, bens� di fornire al giudice del rinvio elementi di interpretazione 
dei principi di effettivit� e di equivalenza, per consentirgli di valutare se, ai sensi 
del diritto dell�Unione, esso sia tenuto a disapplicare norme nazionali relative alle azioni di 
responsabilit� nei confronti dello Stato per violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale 
(v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, causa C 119/05, Lucchini, Racc. pag. I 6199, 
punto 46). 
27 La Corte � pertanto competente a statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Sulla questione pregiudiziale 
28 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto dell�Unione 
osti ad una regola di uno Stato membro in forza della quale le azioni di responsabilit� dello 
Stato fondate su una violazione di tale diritto da parte di una legge nazionale siano subordinate 
ad una condizione di previo esaurimento dei rimedi contro l�atto amministrativo lesivo, sebbene 
le stesse azioni non siano subordinate ad una condizione siffatta qualora siano fondate 
su una violazione della Costituzione da parte della stessa legge. 
Osservazioni preliminari 
29 Per risolvere tale questione occorre preliminarmente ricordare che, secondo una costante 
giurisprudenza, il principio della responsabilit� dello Stato per danni causati ai soggetti dell�ordinamento 
da violazioni del diritto dell�Unione ad esso imputabili � inerente al sistema 
dei trattati sui quali quest�ultima � fondata (v., in tal senso, sentenze 19 novembre 1991, cause 
riunite C 6/90 e C 9/90, Francovich e a., Racc. pag. I 5357, punto 35; 5 marzo 1996, cause 
riunite C 46/93 e C 48/93, Brasserie du p�cheur e Factortame, Racc. pag. I 1029, punto 31, 
nonch� 24 marzo 2009, causa C 445/06, Danske Slagterier, non ancora pubblicata nella Raccolta, 
punto 19). 
30 A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che ai soggetti lesi � riconosciuto un diritto al risarcimento 
purch� siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica dell�Unione 
violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia 
sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione in 
parola e il danno sub�to dai soggetti lesi (v., in tal senso, sentenza Danske Slagterier, cit., 
punto 20 e giurisprudenza ivi citata). 
31 La Corte ha altres� avuto modo di precisare che, fatto salvo il diritto al risarcimento, 
che si fonda direttamente sul diritto dell�Unione qualora siano soddisfatte tali condizioni, � 
nell�ambito della normativa interna sulla responsabilit� che lo Stato � tenuto a riparare le conseguenze 
del danno arrecato, restando inteso che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali 
in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle 
relative ad analoghi reclami di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere 
congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere 
il risarcimento (principio di effettivit�) (v., in tal senso, sentenze 30 settembre 2003, causa C 
224/01, K�bler, Racc. pag. I 10239, punto 58, e 13 marzo 2007, causa C 524/04, Test Claimants 
in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I 2107, punto 123). 
32 Come ha rilevato il giudice del rinvio, � quindi alla luce di tali principi che dev�essere 
esaminata la questione sottoposta. 
Sul principio di equivalenza 
33 Per quanto riguarda il principio di equivalenza, va rammentato che, secondo una giurisprudenza 
costante, esso richiede che la complessiva disciplina dei ricorsi si applichi indistintamente 
ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell�Unione e a quelli simili fondati 
sulla violazione del diritto interno (v., in tal senso, sentenze 15 settembre 1998, causa C 
231/96, Edis, Racc. pag. I 4951, punto 36; 1� dicembre 1998, causa C 326/96, Levez, Racc. 
pag. I 7835, punto 41; 16 maggio 2000, causa C 78/98, Preston e a., Racc. pag. I 3201, punto 
55, nonch� 19 settembre 2006, cause riunite C 392/04 e C 422/04, i-21 Germany e Arcor, 
Racc. pag. I 8559, punto 62). 
34 Tuttavia, tale principio non pu� essere interpretato nel senso che esso obbliga uno Stato 
membro a estendere il suo regime nazionale pi� favorevole a tutte le azioni proposte in un 
certo ambito giuridico (sentenze Levez, cit., punto 42; 9 febbraio 1999, causa C 343/96, Di-
LE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA 71 
lexport, Racc. pag. I 579, punto 27, e 29 ottobre 2009, causa C 63/08, Pontin, non ancora pubblicata 
nella Raccolta, punto 45). 
35 Per verificare se il principio di equivalenza sia rispettato nella causa principale occorre 
quindi esaminare se, alla luce del loro oggetto e dei loro elementi essenziali, possano essere 
considerate simili tra loro l�azione di responsabilit� avviata dalla Transportes Urbanos, fondata 
sulla violazione del diritto dell�Unione, e quella che tale societ� avrebbe potuto avviare fondandosi 
su un�eventuale violazione della Costituzione (v., in tal senso, sentenza Preston e a., 
cit., punto 49). 
36 Orbene, per quanto riguarda l�oggetto delle due azioni di responsabilit� menzionate al 
punto precedente, va rilevato che esse attengono esattamente allo stesso oggetto, cio� il risarcimento 
del danno sub�to dal soggetto leso a causa di un atto o di un�omissione dello Stato. 
37 Quanto ai loro elementi essenziali, va rammentato che la regola del previo esaurimento 
di cui trattasi nella causa principale comporta una distinzione tra tali azioni, in quanto esige 
che il ricorrente abbia previamente esaurito i rimedi contro l�atto amministrativo lesivo solo 
allorquando l�azione di responsabilit� sia fondata sulla violazione del diritto dell�Unione da 
parte della legge nazionale in applicazione della quale tale atto � stato adottato. 
38 Orbene, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sembrano suggerire taluni sviluppi 
della giurisprudenza controversa rammentati al punto 20 della presente sentenza, il risarcimento 
del danno causato da una violazione del diritto dell�Unione da parte di uno Stato membro 
non � subordinato alla condizione che l�esistenza di una violazione siffatta risulti da una 
sentenza pronunciata dalla Corte in via pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze Brasserie du 
p�cheur e Factortame, cit., punti 94 96; 8 ottobre 1996, cause riunite C 178/94, C 179/94 e da 
C 188/94 a C 190/94, Dillenkofer e a., Racc. pag. I 4845, punto 28, nonch� Danske Slagterier, 
cit., punto 37). 
39 Si deve tuttavia constatare che, nella causa principale, la Transportes Urbanos ha espressamente 
fondato la sua azione di responsabilit� sulla citata sentenza Commissione/Spagna, 
pronunciata in forza dell�art. 226 CE, in cui la Corte ha constatato la violazione della sesta 
direttiva da parte della legge n. 37/1992. 
40 Risulta inoltre dalla decisione di rinvio che la Transportes Urbanos ha investito di tale 
azione il Consiglio dei Ministri, in quanto i termini per la presentazione di una domanda di 
rettifica delle autoliquidazioni effettuate per gli esercizi 1999 e 2000 erano scaduti alla data 
in cui � stata pronunciata la detta sentenza Commissione/Spagna. 
41 Cionondimeno, come riportato ai punti 12 e 13 della presente sentenza, detta azione � 
stata respinta dal Consiglio dei Ministri proprio in considerazione del fatto che la Transportes 
Urbanos non aveva chiesto la rettifica delle sue autoliquidazioni prima di avviare tale azione. 
42 Se invece, secondo la decisione di rinvio, la Transportes Urbanos avesse potuto fondare 
la propria azione di responsabilit� su una sentenza del Tribunal Constitucional che dichiara 
la nullit� di detta legge per violazione della Costituzione, tale azione avrebbe potuto avere 
esito positivo, indipendentemente dal fatto che detta societ� non avesse chiesto la rettifica di 
tali autoliquidazioni prima della scadenza dei termini previsti a tal fine. 
43 Dalle considerazioni che precedono emerge che, nel particolare contesto all�origine 
della causa principale come descritto nella decisione di rinvio, l�unica differenza esistente tra 
le due azioni menzionate al punto 35 della presente sentenza consiste nella circostanza che le 
violazioni di diritto su cui esse si fondano sarebbero constatate, per una di esse, dalla Corte 
in una sentenza pronunciata in forza dell�art. 226 CE e, per l�altra, da una sentenza del Tribunal 
Constitucional.
72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
44 Orbene, tale unica circostanza, in mancanza di qualsiasi menzione, nella decisione di 
rinvio, di altri elementi che consentano di concludere nel senso dell�esistenza di altre differenze 
tra l�azione di responsabilit� dello Stato effettivamente avviata dalla Transportes Urbanos 
e quella che quest�ultima avrebbe potuto avviare sul fondamento di una violazione della 
Costituzione constatata dal Tribunal Constitucional, non pu� essere sufficiente per constatare 
una distinzione tra tali due azioni alla luce del principio di equivalenza. 
45 In una situazione siffatta, occorre rilevare che le due azioni sopramenzionate possono 
essere considerate simili tra loro ai sensi del punto 35 della presente sentenza. 
46 Ne consegue che, considerate le circostanze descritte nella decisione di rinvio, il principio 
di equivalenza osta all�applicazione di una regola come quella di cui trattasi nella causa 
principale. 
47 Tenuto conto di tale conclusione, non � necessario esaminare la regola del previo esaurimento 
dei rimedi in questione alla luce del principio di effettivit�. 
48 Emerge da quanto precede che la questione sollevata dev�essere risolta dichiarando 
che il diritto dell�Unione osta all�applicazione di una regola di uno Stato membro in forza 
della quale un�azione di responsabilit� dello Stato fondata su una violazione di tale diritto da 
parte di una legge nazionale, constatata da una sentenza della Corte pronunciata ai sensi dell�art. 
226 CE, pu� avere esito positivo solo qualora il ricorrente abbia previamente esaurito 
tutti i rimedi interni diretti a contestare la validit� dell�atto amministrativo lesivo adottato 
sulla base di tale legge, sebbene una regola siffatta non sia applicabile ad un�azione di responsabilit� 
dello Stato fondata sulla violazione della Costituzione da parte di tale stessa legge, 
constatata dal giudice competente. 
Sulle spese 
49 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese 
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 
Il diritto dell�Unione osta all�applicazione di una regola di uno Stato membro in forza 
della quale un�azione di responsabilit� dello Stato fondata su una violazione di tale diritto 
da parte di una legge nazionale, constatata da una sentenza della Corte di giustizia delle 
Comunit� europee pronunciata ai sensi dell�art. 226 CE, pu� avere esito positivo solo 
qualora il ricorrente abbia previamente esaurito tutti i rimedi interni diretti a contestare 
la validit� dell�atto amministrativo lesivo adottato sulla base di tale legge, sebbene una 
regola siffatta non sia applicabile ad un�azione di responsabilit� dello Stato fondata sulla 
violazione della Costituzione da parte di tale stessa legge, constatata dal giudice competente. 

I L C O N T E N Z I O S O 
N A Z I O N A L E 
Sul procedimento di approvazione e modifica 
degli statuti regionali autonomi 
�Lo Stato in veste di garante della �istanza unitaria� che 
connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, 
indirizzandolo verso l�osservanza della Costituzione� 
(Corte costituzionale, sentenza 8 maggio 2009 n. 149) 
Il presente articolo ha per oggetto la promulgazione della legge statutaria 
della regione Sardegna non approvata dal referendum regionale per il mancato 
raggiungimento del quorum. 
Il Consiglio regionale della Sardegna in data 7 marzo 2007 approvava la 
legge regionale sulla �disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti 
fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento 
della Regione, l�esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, 
i casi di ineleggibilit� e incompatibilit� alla carica di presidente della 
Regione, consigliere regionale assessore regionale�. 
La legge in questione, ai sensi dell�art. 15, comma 2, dello Statuto di autonomia 
(l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3) veniva dietro richiesta di 19 consiglieri, 
assoggettata a referendum confermativo, ai sensi dell�art. 15, comma 4, 
dello statuto stesso. 
La consultazione vedeva una partecipazione popolare del 15,7%, con prevalenza 
dei voti contrari all�approvazione per cui non era, secondo la dichiarazione 
della Corte d�appello, raggiunto il quorum previsto dall�art. 14, comma 
2, della l.r. 17 maggio 1957, n. 20 (secondo cui il referendum non � dichiarato 
valido se � non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori�), cui faceva 
rinvio l�art. 15, comma 1, della l.r. 28 ottobre 2002, n. 21 avente ad oggetto 
�Disciplina del referendum sulle leggi statutarie�.
74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
La Corte di appello di Cagliari, alla quale, ai sensi del citato art. 14, � demandato 
l�accertamento del numero dei votanti e la conseguente proclamazione 
del risultato del referendum, sollevava alla Corte Costituzionale, tra le 
altre, la questione relativa alla legittimit� dell�art. 15 della l.r. n. 21/2002 in 
quanto, richiamando anche per il referendum relativo a legge statutaria l�art. 
14 della l.r. n. 20/1957, introduceva un quorum non previsto dall�art. 15 dello 
Statuto, con il quale pertanto si poneva in contrasto. 
La Corte Costituzionale, tuttavia, con la decisione n. 16/2008, dichiarava 
inammissibile la questione di legittimit� sollevata dalla Corte di Appello di 
Cagliari, affermando che detto giudice, non esercitando nel caso di specie funzioni 
giurisdizionali, non poteva sollevare la questione di legittimit� davanti 
alla Corte costituzionale. 
La Corte di appello di Cagliari, applicando il citato art. 14, dichiarava 
non valido il referendum sulla legge statutaria per il mancato raggiungimento 
del quorum strutturale di un terzo degli elettori. Il Presidente della Regione 
tuttavia promulgava, con atto in data 10 luglio 2008, pubblicato sul B.U.R. n. 
23 del 18 luglio 2008, la legge in questione, pur dando atto nell�atto di promulgazione 
che �la consultazione referendaria non ha raggiunto il quorum 
prescritto� e che la Corte d�appello di Cagliari non aveva conseguentemente 
dichiarato valido il referendum. 
La decisione del presidente della regione sarda di promulgare ugualmente 
la legge statutaria anche nel caso di referendum invalido per mancanza di raggiungimento 
del quorum sembra essere stata frutto dell�opinione che la promulgazione 
sia un atto presidenziale vincolato, e che al presidente non sia 
consentito di valutare la legittimit� costituzionale del procedimento di formazione 
della legge il cui sindacato non pu� che essere attribuito alla Corte Costituzionale 
ove possa esservi un interesse giuridicamente qualificato ad 
impugnare l�atto di promulgazione. 
Un�altra tesi fa discendere l�obbligo del presidente della regione sarda di 
promulgare la legge statutaria non avendo il referendum soddisfatto l�onere 
legislativamente previsto. 
Secondo questa opinione il referendum sulle leggi statutarie delineato dall�art. 
15 dello statuto speciale della regione Sardegna si configura come uno 
strumento oppositivo - sospensivo per impedire l�entrata in vigore della legge 
statutaria. La dichiarazione di invalidit� del referendum per mancato raggiungimento 
del quorum � quindi assimilabile alle ipotesi di mancata richiesta referendaria 
o di approvazione della legge da parte degli elettori; esiti tutti 
favorevoli ai sensi dell�art. 12 della L.r. 21/2002 perch� tutti idonei a far venire 
meno tale forza oppositiva - sospensiva. 
Il Governo italiano al contrario riteneva non costituzionalmente legittima 
la promulgazione della legge regionale statutaria della Sardegna per mancato 
raggiungimento del quorum referendario proponendo ricorso per conflitto di
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 75 
attribuzione. 
La particolarit� del ricorso per conflitto di attribuzione riguardava innanzi 
tutto quello di affrontare il problema dell�interesse ad impugnare, da parte del 
governo, il solo atto di promulgazione della legge regionale statutaria e non 
le disposizioni delle norme in essa contenute. 
Ai fini dell�ammissibilit� del conflitto di attribuzione, si � sostenuto che 
la promulgazione della legge statutaria della Regione sarda in carenza del requisito 
previsto dall�art. 15 c. 4 dello Statuto di autonomia (norma di rango 
costituzionale) che consente la promulgazione della legge statutaria sottoposta 
a referendum soltanto se � �approvata dalla maggioranza dei voti validi�, costituiva 
un�invasione dell�attribuzione esclusiva dello Stato di stabilire con 
legge costituzionale il procedimento di approvazione e promulgazione della 
legge statutaria della Sardegna. 
Tale attribuzione dello Stato risulta dalla circostanza che il procedimento 
di approvazione e promulgazione di tale legge statutaria � stato previsto con 
legge costituzionale (art. 3 della legge costituzionale n. 2 del 2001) dello Stato 
e pertanto pu� essere integrato o modificato soltanto con legge costituzionale 
di competenza esclusiva dello Stato e non della Regione. Ove tale procedimento 
non sia stato osservato in esecuzione della norma costituzionale che lo 
prevede, come � avvenuto nel caso in esame, rientra nella competenza dello 
Stato, attraverso il conflitto di attribuzione, richiedere l�annullamento dell�atto 
di promulgazione della legge statutaria facendo dichiarare l�illegittimit� costituzionale 
delle norme, anche eventualmente quanto alla interpretazione datane, 
in attuazione delle quali la promulgazione della legge � stata effettuata. 
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 149 del 2009 ha accolto il ricorso 
per conflitto di attribuzione, sia sotto il profilo dell�ammissibilit�, che 
nel merito dichiarando che non spettava al Presidente della Regione Sardegna 
procedere alla promulgazione della legge statutaria non approvata dai voti di 
un referendum non valido. 
La sentenza � molto importante perch� stabilisce principi generali da condividere 
pienamente. 
Sotto il profilo dell�ammissibilit� del conflitto di attribuzione la Corte ha 
accolto la tesi dell�avvocatura stabilendo che il Governo pu� utilizzare il conflitto 
di attribuzione per denunciare l�asserita illegittimit� dell�atto di promulgazione 
per vizi precedentemente non rilevabili. In particolare la Corte ha 
precisato che lo Stato si pone con riguardo al procedimento di approvazione 
e di modifica degli Statuti regionali autonomi, in veste di garante della istanza 
unitaria che connota il pluralismo istituzionale della Repubblica, indirizzandolo 
verso l�osservanza della Costituzione. 
Nel merito ha ritenuto fondato il ricorso in quanto l�art. 15 dello Statuto 
speciale della Regione Sardegna esige che si verifichi, per la promulgazione, 
la condizione dell�approvazione da parte della maggioranza dei voti validi,
76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
che nel caso di specie non vi � stata, nel caso in cui la legge statutaria fosse 
sottoposta a referendum. 
La decisione non pu� che ritenersi giuridicamente ineccepibile ove si consideri 
che la conseguenza giuridica della invalidit� della consultazione popolare 
per mancato raggiungimento del quorum strutturale in un referendum, che 
� previsto come espressamente confermativo o approvativo della legge in 
quanto regolato da disposizioni di contenuto analogo alla previsione dell�art. 
138 c. 2 della Cost., � che la legge sottoposta a referendum non � stata approvata. 
Una legge non approvata � del tutto inesistente e non pu� essere promulgata. 
Il presidente non ha il potere di promulgare una legge che non � stata 
approvata, altrimenti farebbe egli stesso una legge. 
A ci� si deve aggiungere che nel caso di specie il referendum (invalido) 
aveva dato l�inequivocabile esito di un voto popolare contrario all�approvazione 
della legge. 
Pertanto a prescindere dalla costituzionalit� del quorum previsto per l�approvazione 
della legge statutaria della Sardegna (questione espressamente affrontata 
nel primo motivo del ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte in 
quanto la legge regionale che prevedeva il quorum non era stata a suo tempo 
impugnata), si deve rilevare che nel referendum c.d. approvativo quello che 
conta � la volont� popolare. 
La mancata maggioranza dei voti validi, quale che sia il valore del referendum 
che non ha raggiunto il quorum, avrebbe dovuto di per s� impedire la 
promulgazione della legge. 
Avv. Michele Dipace* 
Corte costituzionale, sentenza 8 maggio 2009 n. 149 - Ud. Pubblica 21 aprile 2009 - Pres. 
Amirante, Red. De Siervo - Giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell'atto 
di promulgazione, adottato dal Presidente della Regione Sardegna, della legge regionale 
10 luglio 2008, n. 1 recante: �Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli 
organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio 
del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit� e incompatibilit� 
alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale�, promosso 
dal Presidente del Consiglio dei ministri (avv. Stato Michele Dipace). 
(Omissis) 
Ritenuto in fatto 
1. � Con ricorso consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica il 16 settembre 2008, pervenuto 
presso la sede della destinataria Regione il successivo 19 settembre e depositato il 
(*) Vice Avvocato generale dello Stato.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 77 
giorno 23 dello stesso mese, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso 
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della 
Regione Sardegna, per l'annullamento dell'atto di promulgazione della legge statutaria della 
Regione Sardegna 10 luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti 
fra gli organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, 
l'esercizio del diritto di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit� e 
incompatibilit� alla carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale), 
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Sardegna 18 luglio 2008, n. 23, in 
riferimento all'art. 15, comma 4, dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna, 
adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (come modificata dalla legge costituzionale 
31 gennaio 2001, n. 2). 
2. � Riferisce il ricorrente che la legge statutaria in parola, approvata dal Consiglio regionale 
della Sardegna il 7 marzo 2007, ai sensi dell'art. 15, secondo comma, dello statuto, era stata, 
su iniziativa di diciannove consiglieri regionali, assoggettata a referendum, ex art. 15, quarto 
comma, dello stesso statuto, referendum che si teneva il successivo 21 ottobre. La consultazione 
vedeva una partecipazione del 15,7% degli aventi diritto, con prevalenza dei voti contrari 
all'approvazione (votanti 228.440; voti favorevoli all'approvazione della legge 72.606; voti 
contrari 153.053), sicch� non veniva raggiunto il quorum previsto, per effetto del rinvio di 
cui all'art. 15, comma l, della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 21 (Disciplina del referendum 
sulle leggi statutarie), dall'art. 14, comma 2, della legge regionale 17 maggio 1957, n. 20 
(Norme in materia di referendum popolare regionale), a mente del quale il referendum non � 
dichiarato valido se �non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori�. 
La Corte di appello di Cagliari, nel corso del procedimento di verifica dei risultati del predetto 
referendum, sollevava, tra le altre, la questione di legittimit� costituzionale del citato art. 15 
della legge regionale n. 21 del 2002 censurando la previsione di un quorum non contemplato 
dall'art. 15 dello statuto speciale. Con la sentenza n. 164 del 2008, questa Corte ha dichiarato 
inammissibile la predetta questione, non riconoscendo alla rimettente la legittimazione a sollevare 
la medesima. 
A seguito di tale pronuncia, la Corte di appello di Cagliari, applicando il citato art. 14, dichiarava 
non valido il referendum per il mancato raggiungimento del suindicato quorum strutturale. 
Il Presidente della Regione, infine, ha promulgato la suddetta legge, con atto in data 10 luglio 
2008, pubblicato nel Bollettino Ufficiale n. 23 del 18 luglio 2008. 
3. � Il ricorrente, in via preliminare, ritiene sussistere il proprio interesse a ricorrere avverso 
l'impugnato atto, trattandosi di promulgazione approvata all'esito di un procedimento ritenuto 
non conforme alle corrispondenti previsioni statutarie, provviste di rango costituzionale. 
Infatti, la promulgazione della legge statutaria, in carenza del requisito della �maggioranza 
dei voti validi� espressi in sede referendaria, costituisce �invasione dell'attribuzione esclusiva 
dello Stato di stabilire con legge costituzionale il procedimento di approvazione e promulgazione 
della legge statutaria della Sardegna�. Pertanto, �rientra nella competenza dello Stato, 
attraverso il conflitto di attribuzione, richiedere l'annullamento dell'atto di promulgazione 
della legge statutaria facendo dichiarare l'illegittimit� costituzionale delle norme, anche eventualmente 
quanto alla interpretazione datane, in attuazione delle quali la promulgazione della 
legge � stata effettuata�. 
Ricorda l'Avvocatura dello Stato che, con la sentenza n. 469 del 2005, questa Corte ha riconosciuto 
la possibilit� per il Governo di utilizzare lo strumento del conflitto di attribuzione
78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
per �impugnare la promulgazione e la successiva vera e propria pubblicazione di un testo statutario 
in ipotesi incostituzionale per vizi non rilevabili tramite il procedimento di cui all'art. 
123 Cost. di adozione dello statuto e per vizi anche successivi al primo eventuale giudizio 
della Corte sulla legge in questione�. 
Il presente ricorso �, per la difesa erariale, finalizzato a censurare �vizi della promulgazione, 
sopravvenuti rispetto alla scadenza del termine di cui all'art. 15, terzo comma, dello statuto 
speciale, che evidentemente non si potevano dedurre in una fase antecedente� e �l'unico strumento 
utilizzabile � quello del conflitto di attribuzione�. 
4. � Nel merito, il ricorrente reputa �palese� l'illegittimit� dell'atto di promulgazione. 
Pi� precisamente, il ricorrente sostiene, innanzitutto, che l'impugnato atto di promulgazione 
sarebbe stato adottato sulla base di una disciplina (il combinato disposto degli artt. 14, secondo 
comma, della l.r. Sardegna n. 20 del 1957, e 15, comma 1, della l.r. Sardegna n. 21 del 2002) 
illegittima in quanto incompatibile con l'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale della 
Regione Sardegna che non contempla (e, dunque, vieta) il quorum strutturale in ordine al referendum 
in oggetto. 
Al riguardo, l'Avvocatura dello Stato sottolinea l'analogia della disposizione statutaria invocata 
a parametro rispetto alla previsione dell'art. 138, secondo comma, della Costituzione, che non 
prevede alcun quorum minimo di votanti per la validit� della consultazione referendaria, come, 
al contrario, � sancito per il referendum abrogativo di leggi statali ordinarie dall'art. 75, terzo 
comma, della Costituzione. 
In subordine il ricorrente sostiene che il succitato art. 15 rinvia agli artt. 9, 10, 12, 13, 14 e 15 
della l.r. n. 20 del 1957 esclusivamente con riguardo allo �svolgimento del referendum�. Ne 
consegue che il rinvio in questione non pu� essere interpretato come esteso anche al secondo 
comma dell'art. 14 della l.r. n. 20 del 1957, il quale indica il quorum strutturale previsto dall'art. 
32 dello statuto in relazione al referendum abrogativo. Sicch�, il predetto rinvio deve essere 
inteso, in un senso costituzionalmente legittimo, come riferito esclusivamente al comma 1 e 
cio� in relazione alla modalit� del referendum e non alla sua validit�: ci� che lo statuto speciale 
ha inteso affidare al legislatore regionale ordinario Ǐ soltanto la disciplina del procedimento 
elettorale di svolgimento del referendum, e non certo, la previsione di ulteriori requisiti di validit� 
della consultazione referendaria ovvero di ulteriori e diversi requisiti di promulgabilit� 
della legge statutaria sottoposta a referendum popolare�. 
5. � In secondo luogo, posto che ai sensi dell'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale 
della Regione Sardegna �la legge sottoposta a referendum non � promulgata se non � approvata 
dalla maggioranza dei voti validi�, il Presidente della Regione non avrebbe potuto adottare 
l'impugnato atto di promulgazione �e ci� per il semplice motivo che la legge statutaria sottoposta 
validamente a referendum confermativo, una volta che sia stata dichiarata non valida la 
deliberazione popolare, non � stata approvata dalla maggioranza dei voti validi� e, dunque, 
�una legge che non sia stata approvata � del tutto inesistente�. 
Il referendum dichiarato non valido per mancanza del quorum � rimarca l'Avvocatura dello 
Stato � non consente al Presidente della Regione di promulgare la legge, �e ci� per il semplice 
motivo che la legge statutaria sottoposta validamente a referendum confermativo, una volta 
che sia stata dichiarata non valida la deliberazione popolare, non � stata approvata dalla maggioranza 
dei voti validi�. In altri termini, la conseguenza giuridica della invalidit� della consultazione 
popolare, in un referendum confermativo o approvativo, � che la legge statutaria 
sottoposta a referendum non � stata approvata e, dunque, non poteva essere promulgata ai 
sensi dell'art. 15, quarto comma, dello statuto sardo. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 79 
Nel caso di specie � conclude la difesa erariale � il Presidente della Regione non avrebbe utilizzato 
le formule tassative di promulgazione previste negli artt. 4 (promulgazione della legge 
in caso di mancata richiesta di referendum); 8 (promulgazione della legge in caso di dichiarazione 
di illegittimit� della richiesta di referendum); 12 (promulgazione della legge in caso 
di esito favorevole della legge), della legge regionale n. 21 del 2002, ma ha dato atto della dichiarazione 
di non validit� del referendum, promulgando poi la legge regionale in questione. 
Egli avrebbe, cos�, �creato un'altra formula di promulgazione della legge regionale statutaria�. 
6. � La Regione Sardegna, con atto di costituzione depositato il 15 ottobre 2008, e dunque 
tardivamente, ha illustrato molteplici profili di inammissibilit� e, comunque, di infondatezza 
del conflitto. 
Considerato in diritto 
1. � Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale 
dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Sardegna, per 
l'annullamento dell'atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna 10 
luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i principi 
fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto 
di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit� e incompatibilit� alla 
carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale), in riferimento 
all'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna adottato 
con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (come modificata dalla legge costituzionale 
31 gennaio 2001, n. 2). 
La legge statutaria, approvata dal Consiglio regionale della Sardegna ai sensi dell'art. 15, secondo 
comma, dello statuto, era stata assoggettata al referendum previsto dal quarto comma, 
primo periodo, dello stesso art.15, a mente del quale detta legge Ǐ sottoposta a referendum 
regionale, la cui disciplina � prevista da apposita legge regionale, qualora entro tre mesi dalla 
sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto 
dei componenti del Consiglio regionale�. 
L'art. 15, quarto comma, secondo periodo, dello statuto prevede, altres�, che �la legge sottoposta 
a referendum non � promulgata se non � approvata dalla maggioranza dei voti validi�. 
Alla consultazione referendaria ha partecipato un numero di elettori inferiore al quorum previsto, 
per effetto del rinvio di cui all'art. 15, comma l, della legge regionale n. 21 del 2002, all'art. 
14, secondo comma, della legge regionale n. 20 del 1957, ai sensi del quale il referendum 
non � dichiarato valido se �non vi ha partecipato almeno un terzo degli elettori�. I voti favorevoli 
all'approvazione sono risultati inferiori rispetto ai voti contrari. 
Non essendo stato raggiunto il prescritto quorum, la Corte d'appello di Cagliari, nel corso del 
procedimento di verifica dei risultati, ha dichiarato non valido il referendum. A seguito di tale 
dichiarazione, il Presidente della Regione ha proceduto alla promulgazione della suddetta 
legge statutaria. 
L'odierno ricorso prospetta due ordini di censure a carico del medesimo atto. 
Il ricorrente sostiene, innanzitutto, che l'impugnato atto di promulgazione sarebbe stato adottato 
sulla base di una disciplina legislativa illegittima in quanto incompatibile con l'art. 15, 
quarto comma, dello statuto che non contempla (e, dunque, vieterebbe) il quorum strutturale 
in ordine al referendum in oggetto. 
In secondo luogo, per il ricorrente, il Presidente della Regione non avrebbe potuto adottare 
l'impugnato atto di promulgazione �per il semplice motivo che la legge statutaria sottoposta
80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
validamente a referendum confermativo, una volta che sia stata dichiarata non valida la deliberazione 
popolare, non � stata approvata dalla maggioranza dei voti validi�. 
2. � Va dichiarata, in via preliminare, l'inammissibilit� della costituzione in giudizio della Regione 
Sardegna, dal momento che essa � avvenuta in data 15 ottobre 2008, e cio� dopo la scadenza 
del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso (secondo quanto prevedeva, 
nella precedente formulazione, l'art. 27, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi 
dinanzi alla Corte costituzionale, applicabile ratione temporis al presente giudizio), intervenuta 
il 16 settembre 2008 (fra le molte, si vedano le sentenze n. 313 del 2006; n. 169 del 1999; 
n. 331 del 1998 e n. 428 del 1997). 
3. � In relazione alla prima delle due doglianze, il ricorso � inammissibile. 
Invero, il ricorrente ha inteso dimostrare che l'atto di promulgazione si � basato su una disciplina 
del referendum (il combinato disposto degli artt. 14, secondo comma, della l.r. Sardegna 
n. 20 del 1957, e 15, comma 1, della l.r. Sardegna n. 21 del 2002) incompatibile con l'art. 15 
dello statuto, che non prevede alcun quorum strutturale. 
L'illegittimit� costituzionale di tale disciplina si estenderebbe all'atto di promulgazione. 
La censura cos� formulata in realt� si esaurisce nella prospettazione di un dubbio d'incostituzionalit� 
su una legge regionale che, a suo tempo, non fu oggetto di alcuna impugnazione in 
via principale. 
Da ci� la inammissibilit� del ricorso in questa parte. 
Questa Corte ha in pi� occasioni statuito che, �altrimenti ritenendo, il ricorso per conflitto di 
attribuzioni si risolverebbe, da un lato, in strumento attraverso il quale si eluderebbero i termini 
perentori previsti dall'art. 127 Cost. per promuovere in via principale le questioni di legittimit� 
costituzionale di leggi regionali o statali e, dall'altro lato, in mezzo utilizzabile per sottrarre 
al giudice a quo il potere-dovere di sollevare in via incidentale la questione di legittimit� costituzionale 
dell'atto avente forza di legge, sul quale si fonda il provvedimento davanti ad esso 
giudice impugnato� (sentenza n. 386 del 2005, si vedano anche le sentenze n. 375 del 2008; 
n. 386 del 2005 e n. 334 del 2000). 
4. � Ammissibile �, invece, il ricorso in relazione alla seconda doglianza, l� dove il ricorrente 
ha inteso �censurare il fatto sopravvenuto dell'illegittima, sotto il profilo costituzionale, promulgazione 
della legge statutaria�. 
Questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare nella sentenza n. 469 del 2005 che, dopo la 
scadenza dei termini per impugnare in via diretta e preventiva uno statuto regionale ordinario, 
ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost., il Governo pu� utilizzare il conflitto di attribuzione 
per denunciare l'asserita illegittimit� dell'atto di promulgazione per vizi precedentemente 
non rilevabili. Ci� analogamente a quanto, pur in un diverso contesto costituzionale, si era 
gi� deciso, affermando che pu� darsi il caso �in cui proprio dalla intervenuta promulgazione 
si assuma risulti menomato un potere costituzionalmente spettante al Governo e la proposizione 
del conflitto sia l'unico mezzo del quale dispone per provocare una decisione di questa 
Corte che restauri l'ordine delle competenze� (sentenza n. 40 del 1977). 
La particolare importanza degli statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria e delle leggi statutarie 
delle Regioni speciali ha infatti indotto il Parlamento, dapprima in sede di revisione 
dell'art. 123 Cost. con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti 
l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni) 
e poi con la legge costituzionale n. 2 del 2001, a prevedere un possibile controllo 
preventivo, su istanza del Governo, sulla costituzionalit� di queste fonti, secondo una opzione 
comune a tutte le Regioni gi� sottolineata da questa Corte in precedenti pronunce (si vedano
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 81 
le sentenze n. 469 del 2005 e n. 304 del 2002). Al tempo stesso, si prevede anche l'eventuale 
integrazione del procedimento di formazione della fonte statutaria autonoma tramite il referendum 
popolare, ove lo richiedano, entro tre mesi, determinati soggetti puntualmente individuati 
dall'art. 123 Cost. e dalle corrispondenti disposizioni degli statuti speciali (per la 
Sardegna, si vedano i commi 4 e 5 dell'art. 15 dello statuto regionale). 
Lo Stato si pone, pertanto, anche con riguardo al procedimento di approvazione e di modifica 
degli statuti regionali autonomi, in veste di garante della �istanza unitaria� che, come gi� sottolineato 
da questa Corte (sentenza n. 274 del 2003), connota il pluralismo istituzionale della 
Repubblica, indirizzandolo verso l'osservanza della Costituzione. 
Nel caso di specie, la configurazione di un controllo preventivo azionabile dal Governo comprova 
la sussistenza in capo al medesimo di un interesse a preservare la supremazia delle previsioni 
contenute nello statuto speciale dalle lesioni che il procedimento regionale di 
approvazione o di modifica dello statuto autonomo possa infliggere loro. 
Tale interesse non si esaurisce con lo spirare dei termini previsti per sollevare questione di legittimit� 
costituzionale sul testo della legge statutaria, quando il vizio d'illegittimit� sopraggiunga 
nella fase ulteriore del procedimento e si consolidi a seguito dell'atto di promulgazione: 
esso si proietta, viceversa, anche su tale fase, in relazione alla quale � il conflitto di attribuzione 
tra enti ad offrirsi quale strumento costituzionale per garantirne la tutela, preservando cos� la 
competenza dello Stato ad impedire che entrino in vigore norme statutarie costituzionalmente 
illegittime. 
Tale competenza, di regola, si esercita secondo una sequenza procedimentale definita dalle 
corrispondenti norme dello statuto speciale: il Governo pu� promuovere la questione di legittimit� 
costituzionale entro trenta giorni dalla pubblicazione notiziale della delibera statutaria. 
Il controllo cos� scandito pu�, per�, non consentire al Governo di denunciare l'intero 
spettro di vizi che possono, in ipotesi, inficiare la legge statutaria, atteso che avverso di essa 
non � esperibile il controllo successivo previsto per le comuni leggi regionali. � questo il caso 
in cui la lesione si consumi per effetto dell'adozione dell'atto di promulgazione che determini 
una autonoma e successiva violazione delle norme ad esso sovraordinate. In relazione a tali 
vizi �, pertanto, attivabile il conflitto di attribuzione. 
5. � Nel merito, il ricorso � fondato. 
Il quarto comma dell'art. 15 dello statuto speciale della Regione Sardegna prescrive espressamente 
che la legge statutaria �sottoposta a referendum non � promulgata se non � approvata 
dalla maggioranza dei voti validi�. 
Questa disposizione esige che si verifichi una condizione, ossia l'approvazione da parte della 
maggioranza dei voti validi, che, con tutta evidenza, non si � avuta nel caso di cui al presente 
giudizio. 
Avendo il Presidente della Regione proceduto alla promulgazione malgrado il mancato verificarsi 
della condizione espressamente prescritta, si � data efficacia ad una legge statutaria il 
cui procedimento di approvazione non era giunto a compimento. 
N� la condizione prescritta dall'ultimo periodo del quarto comma dell'art. 15 dello statuto si 
realizza in ragione della dichiarazione d'invalidit� del referendum per il mancato raggiungimento 
del previsto quorum strutturale, dal momento che la succitata previsione statutaria impone, 
invece, che, in mancanza di una maggioranza di voti validi, la legge statutaria non sia 
promulgata. 
Non rileva a tal fine che l'invalidit� della procedura referendaria sia prevista da una legge regionale 
(la cui legittimit� costituzionale non � necessario in questa sede sindacare), ovvero
82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
che essa sia stata successivamente dichiarata dalla Corte di appello di Cagliari, dato che nella 
disposizione statutaria ci si riferisce solo ad un dato oggettivo, costituito dalla prevalenza, fra 
i voti validamente espressi nel referendum, di quelli di approvazione, rispetto a quelli contrari: 
� palese che tale condizione non � stata soddisfatta, n� alla luce dell'esito della consultazione, 
ove i voti contrari hanno prevalso, n�, a maggior ragione, se si dovesse considerare invalido 
il procedimento referendario, e inidoneo come tale ad esprimere una valida maggioranza favorevole. 
Pertanto il Presidente della Giunta, promulgando ugualmente la legge statutaria, ha violato 
l'art. 15, quarto comma, dello statuto. 
Per tali motivi va dichiarato che non spettava al Presidente della Regione Sardegna promulgare 
la legge statutaria regionale n. 1 del 2008 in assenza della sua approvazione da parte della 
maggioranza dei voti validi di coloro che avevano preso parte all'apposito referendum popolare. 
Di conseguenza, va annullato l'atto di promulgazione della legge statutaria 10 luglio 2008 n. 
1. 
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dallo Stato nei confronti della Regione 
Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe limitatamente alla parte relativa alla denunciata 
incompatibilit� con l'art. 15 dello statuto sardo della normativa regionale in base alla 
quale � stato emanato l'atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna 
10 luglio 2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e i rapporti fra gli organi, i 
principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione, l'esercizio del diritto 
di iniziativa popolare e i referendum regionali, i casi di ineleggibilit� e incompatibilit� alla 
carica di presidente della regione, consigliere regionale e assessore regionale); 
dichiara che non spettava al Presidente della Regione Sardegna procedere alla promulgazione 
della suddetta legge statutaria della Sardegna n. 1 del 2008; 
annulla, per l'effetto, la promulgazione medesima. 
Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 
2009. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 83 
Limiti al valore probatorio 
degli �studi di settore� 
(Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 18 dicembre 2009 n. 26635) 
Allego questa importante sentenza delle Sezioni Unite, che in sostanza 
nega il valore di presunzione ai parametri e agli studi di settore, se non adeguati, 
attraverso il contraddittorio procedimentale, alla concreta situazione 
del contribuente. 
La sentenza precisa che i principi affermati valgono soltanto in relazione 
agli accertamenti eseguiti mediante parametri o studi di settore, e non anche 
in relazione agli accertamenti eseguiti secondo le procedure ordinarie previste 
dall�art. 39 dpr 600/73. L�enfatizzazione del contraddittorio procedimentale 
con il contribuente, considerata dalla Corte un corollario diretto del principio 
costituzionale della capacit� contributiva, sembra per� suscettibile di applicazione 
pi� ampia, estesa anche ad altri casi in cui l�accertamento venga innescato 
da forme di presunzione legale. In particolare, si potrebbe pensare ai 
c.d. �accertamenti bancari�, nei quali spesso si fa questione dell�omesso 
�previo contraddittorio�. 
In questi casi sar� forse opportuno precisare che si tratta di presunzioni 
legali basate su fatti, quali i movimenti bancari, gi� di per s� specificamente 
attinenti alla posizione del contribuente. Il contraddittorio procedimentale 
non assume quindi, riguardo ad essi, quella funzione individualizzante che la 
sentenza allegata ritiene costituzionalmente necessaria quando si proceda, 
invece, sulla base di semplici estrapolazioni statistiche. 
Avv. Paolo Gentili* 
Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 18 dicembre 2009 n. 26635 - Pres. Carbone, 
Rel. Botta - Min. economia e finanze - Agenzia delle entrate (avv. Stato Antonio Volpe) c. 
P.G. (n.c.) 
(Omissis) 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
La controversia concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA ed IRPEF 
per l'anno 1996, con il quale l'Ufficio, ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, 
avvalendosi dei parametri del settore previsti dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, rettificava in au- 
(*) Avvocato dello Stato.
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mento i ricavi dichiarati dal contribuente (attivit� di parrucchiere per uomo): con l'impugnazione 
era eccepita la carenza di motivazione dell'atto impositivo non potendo i parametri costituire 
"prova�, in quanto mancanti dei requisiti di gravit�, precisione e concordanza, e la 
non corrispondenza ai parametri dell'attivit� esercitata in un paese dell'entroterra lucano con 
attrezzature acquistate molto tempo addietro e ormai quasi tutte completamente ammortizzate. 
La Commissione adita rigettava il ricorso, rilevando che l'accertamento era fondato su precise 
disposizioni di legge e che il contribuente non aveva dato alcuna convincente prova del fatto 
che i ricavi effettivamente prodotti potevano e dovevano essere inferiori a quelli accertati. La 
decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, che riteneva i parametri insufficienti 
a sorreggere da soli la legittimit� del'accertamento. Avverso tale sentenza il Ministero 
dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione 
con unico motivo. Il contribuente non si � costituito. 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
1. Va rilevata preliminarmente l'inammissibilit� del ricorso del Ministero dell'Economia e 
delle Finanze: nel caso di specie al giudizio di appello ha partecipato l'Ufficio periferico di 
Pisticci dell'Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio 
� stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione 
del dante causa, che cos� risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza 
di questa Corte (ex plurimis, v. Cass. n. 3557 del 2005), estromesso implicitamente dal giudizio, 
con la conseguenza che la legittimazione a proporre il ricorso (cos� come il ricorso per 
cassazione) spettava alla sola Agenzia. In relazione a tale inammissibilit� debbono essere 
compensate le spese della presente fase del giudizio, stante il consolidamento dei suddetti 
principi in epoca successiva alla proposizione del ricorso. 
2. Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione del D.P.R. n. 
600 del 1973, art. 39, e L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 189. affermando che i parametri, 
diversamente da quanto sostenuto dal giudice di merito, non sono presunzioni semplici, bens� 
presunzioni legali cui deve essere opposta una precisa prova contraria ed evidenziando che 
nel caso di specie l'accertamento aveva tallo seguito al mancato pagamento di quanto concordato 
con il contribuente in sede di accertamento per adesione. 
3. I parametri, istituiti con la finanziaria 1996 (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 189), 
rappresentano una tappa centrale di un percorso evolutivo dell'ordinamento tributario che va 
dai coefficienti presuntivi introdotti nel 1989 agli studi di settore previsti dal D.L. n. 331 del 
1993, ma poi attivati progressivamente con successivi aggiustamenti - nel processo di affinamento 
di metodi standardizzati di accertamento intesi a facilitare la lotta all'evasione fiscale 
e a ridurre il contenzioso tra contribuenti ed amministrazione, promuovendo la partecipazione 
del contribuente alla procedura di definizione del reddito mediante la "istituzionalizzazione" 
di un contraddittorio endoprocedimentale a carattere preventivo. 
3.1. La legge istitutiva, dopo aver abrogato i coefficienti presuntivi (art. 3, comma 179) e prorogato 
al 31 dicembre 1996 il termine per la approvazione e la pubblicazione degli studi di 
settore (art. 3, comma 180), prevede che �fino alla approvazione degli studi di settore, gli accertamenti 
di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e successive 
modificazioni, possono essere effettuati, senza pregiudizio della ulteriore azione accertatrice 
con riferimento alle medesime o alle altre categorie reddituali, nonch� con riferimento ad ulteriori 
operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, utilizzando i parametri di
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 85 
cui al comma 184, del presente articolo ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei 
compensi e del volume d'affari�. Il comma 184 prevede che �il Ministero delle finanze - Dipartimento 
delle entrate, elabora parametri in base ai quali determinare i ricavi, i compensi 
ed il volume d'affari fondatamente attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle 
condizioni di esercizio della specifica attivit� svolta. A tal fine sono identificati, in riferimento 
a settori omogenei di attivit�, campioni di contribuenti che hanno presentato dichiarazioni 
dalle quali si rilevano coerenti indici di natura economica e contabile; sulla base degli stessi 
sono determinati parametri (approvati con le speciali modalit� previste dal comma 186) che 
tengano conto delle specifiche caratteristiche della attivit� esercitata�. I parametri sono stati 
poi approvati con D.P.C.M. 29 gennaio 1996, modificato con D.P.C.M. 27 marzo 1997. La 
legge prevede altres� (comma 185) che l'accertamento mediante i parametri sia definibile (c.d. 
accertamento per adesione) ai sensi del D.L. n. 546 del 1994, art. 2 bis, limitatamente alla 
categoria di reddito che ha formato oggetto di accertamento, con preclusione, se intervenuta 
la definizione, della possibilit� per l'Ufficio di effettuare, per lo stesso periodo di imposta, 
l'accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. 
3.2. L'applicazione della procedura di accertamento per adesione costituisce la modalit� con 
la quale si realizza il contraddittorio, come momento essenziale, del procedimento di determinazione 
presuntiva dei ricavi mediante i parametri: tanto emerge anche da quanto previsto 
dal p.6 della Circolare 13 maggio 1996, n. 117/E (esplicativa ed attuativa delle disposizioni 
della legge istitutiva del metodo standardizzato costituito dai parametri), dove si precisa che 
�in sede di definizione dell'accertamento il contribuente potr� valersi del diritto di fornire la 
prova, contraria, motivando e documentando idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione 
di ricavi e compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri 
pu� ritenersi giustificata, in relazione alle concrete modalit� di svolgimento dell'attivit��. 
3.4. Questa interpretazione rappresenta una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni 
della legge istitutiva dell'accertamento sulla base di parametri, in quanto: 
a) da un lato, il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche 
in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l'azione 
amministrativa (in questo senso v. Cass. n. 2816 del 2008, sulla base di argomentazioni che 
il collegio condivide e conferma); 
b) dall'altro, esso � il mezzo pi� efficace per consentire un necessario adeguamento della elaborazione 
parametrica - che, essendo una estrapolazione statistica a campione di una platea 
omogenea di contribuenti, soffre delle incertezze da approssimazione dei risultati proprie di 
ogni strumento statistico - alla concreta realt� reddituale oggetto dell'accertamento nei confronti 
di un singolo contribuente. 
4. Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 105 del 2003) il meccanismo di accertamento in 
base ai "parametri�, previsto dalla L. n. 549 del 1996, art. 3, comma 181 - 189, �costituisce 
disciplina transitoria (applicabile ai soli esercizi 1995, 1996 e 1997) collocata tra il vecchio 
sistema dell'accertamento secondo i coefficienti presuntivi di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 69, 
ed il nuovo sistema degli studi di settore (in vigore dall'esercizio 1998). A differenza dei coefficienti 
presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzione semplice la cui 
idoneit� probatoria � rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni 
procedimentalizzate circa la partecipazione del soggetto passivo alla fase istruttoria che precede 
l'emanazione dell'atto di accertamento�. 
4.1. Il giudice delle leggi ha attribuito alle circolari 21 giugno 1999 n. 136 e 7 agosto 2000 n. 
157 la funzione di promuovere forme di contatto preventivo tra amministrazione e contri-
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buente assoggettato al controllo, alle quali ricondurre l'adeguamento del reddito "astratto" risultante 
dai parametri al reddito "concreto" che deve essere oggetto dell'accertamento. 
4.2. La circolare n. 136 del 1999 prevede specificamente che gli Uffici debbano procedere 
�alla notifica degli inviti predisposti, attivando il procedimento di accertamento con adesione 
ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5. In sede di contraddittorio con l'Ufficio, il contribuente 
potr� esporre e documentare i fatti e le circostanze idonei a giustificare, in tutto o in 
parte, lo scostamento dei ricavi o dei compensi dichiarati rispetto a quelli determinati in base 
ai parametri. Gli elementi forniti e le osservazioni formulate dai contribuenti andranno attentamente 
valutati dagli uffici al fine di pervenire alla definizione dell'accertamento ovvero rilevare 
l'insussistenza delle condizioni di procedibilit� dell'accertamento in base ai parametri�. 
4.3. A sua volta, la circolare n. 157 del 2000 evidenzia la direttiva ministeriale che richiama 
l'attenzione degli Uffici sull'�esigenza di incentivare l'applicazione dell'accertamento con adesione 
quale fisiologico e trasparente strumento per la definizione del rapporto tributario e la 
prevenzione delle controversie con il contribuente� e, ricordata la revisione dell'istituto dell'accertamento 
con adesione operata con il D.Lgs. n. 218 del 1997 (applicabile anche ai fini 
dell'accertamento mediante i parametri), sottolinea come nel procedimento di controllo assuma 
�rilevanza la fase del contraddittorio con il contribuente, il quale consente all'Amministrazione 
di conoscere e considerare le specifiche caratteristiche dell'attivit� esercitata e di adeguare il 
risultato dell'applicazione dei parametri alla particolare situazione dell'impresa o della professione 
esercitata�. 
4.4. Si conferma, per questa via, il valore dei riferimento, contenuto nella legge istitutiva dei 
parametri, alla procedura di accertamento per adesione quale indefettibile momento del contraddittorio 
tra contribuente ed amministrazione, che costituisce anche la via per giungere alla 
personalizzazione della stima necessaria a correggere la valutazione parametrica, lenendo 
conto delle diverse situazioni gestionali e della localizzazione dell'attivit� svolta dal contribuente: 
una attivit� utile, cio�, a porre rimedio a quel difetto delle modalit� applicative del 
procedimento di determinazione dei parametri, che la Corte costituzionale nella richiamata 
sentenza n. 105 del 2003 aveva ritenuto sottratte al proprio controllo di legittimit�, in quanto 
dettate da norma subprimarie, ma aveva allo stesso tempo affermato essere sindacabili da 
parte del giudice di merito. 
4.5. La legittimit� costituzionale delle disposizioni istitutive dell'accertamento con applicazione 
dei parametri e, quindi, riconosciuta dalla Corte costituzionale in quanto la procedura 
in questione costituisce un sistema basato su una presunzione semplice, la cui idoneit� probatoria 
� rimessa alla valutazione del giudice di merito (sent. n. 105 del 2003; ord. 140 del 2003), 
ed in quanto l'astrattezza della elaborazione statistica trova un efficace correttivo nel contraddittorio 
preventivo con i soggetti destinatari dell'accertamento. Tra quest'ultimi, coloro che 
svolgano attivit� d'impresa o arti e professioni in contabilit� ordinaria possono essere destinatari 
di un accertamento con l'applicazione dei parametri solo laddove la contabilit� risulti 
inattendibile a seguito di un verbale di ispezione (L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, lett. 
b)). 
5. Sicch�, una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni relative alla procedura 
di accertamento mediante l'applicazione dei parametri impone di attribuire a quest'ultimi una 
natura meramente presuntiva, in quanto, a ben vedere, essi non costituiscono un fatto noto e 
certo, capace di rivelare con rilevante probabilit� il presunto reddito del contribuente, ma solo 
una estrapolazione statistica di una pluralit� di dati settoriali elaborati sulla base dell'analisi 
delle dichiarazioni di un campione di contribuenti.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 87 
5.1. Un siffatto orientamento si � gi� manifestato nella giurisprudenza della Corte con le sentenze 
nn. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e la n. 4148 del 2009. Tra le altre, quest'ultima ben 
pone in evidenza che tali coefficienti rivelano �valori, che, quando eccedano il dichiarato, integrano, 
in ogni caso, presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento 
analitico - induttivo previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d); 
ma che, per i motivi sopra puntualizzati, sono, tuttavia, inidonei a supportare l'accertamento 
medesimo, ove contestati sulla base di allegazioni specifiche, se non confortati da elementi 
concreti desunti dalla realt� economica dell'impresa�. Ed � questo - salvo le precisazioni che 
si faranno successivamente in ordine all'inquadramento dell'attivit� accertativa de qua nel sistema 
di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, - l'indirizzo che il Collegio condivide e ritiene 
aderente alla realt� normativa delle disposizioni mediante le quali � stata istituita la possibilit� 
di procedere al l'accertamento sulla base dei parametri. 
6. In questa prospettiva va ribadito che quel che da sostanza all'accertamento mediante l'applicazione 
dei parametri � il contraddittorio con il contribuente dal quale possono emergere 
elementi idonei a commisurare alla concreta realt� economica dell'impresa la "presunzione" 
indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri. Pertanto, la motivazione 
dell'atto di accertamento non pu� esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento dai parametri, 
ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali 
sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio: � da 
questo pi� complesso quadro che emerge la gravit�, precisione e concordanza attribuibile alla 
presunzione basata sui parametri e la giustificabilit� di un onere della prova contraria (ma 
senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente. 
6.1. L'onere della prova, cui nemmeno l'Ufficio � sottratto in ragione della peculiare azione 
di accertamento adottata, � cos� ripartito: 
a) all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilit� dello standard prescelto al 
caso concreto oggetto dell'accertamento; 
b) al contribuente, che pu� utilizzare a suo vantaggio anche presunzioni semplici, fa carico la 
prova della sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei 
soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realt� dell'attivit� economica 
nel periodo di tempo cui l'accertamento si riferisce. 
7. L'esito del contradditorio endoprocedimentale non condiziona, tuttavia, la impugnabilit� 
dell'accertamento innanzi al giudice tributario, al quale il contribuirne potr� proporre ogni eccezione 
(e prova) che ritenga utile alla sua difesa, senza essere vincolato alle eccezioni sollevate 
nella fase del procedimento amministrativo, e anche nel caso in cui egli all'invito al 
contraddittorio non abbia risposto, restando inerte. In quest'ultimo caso, naturalmente, il giudice 
potr� valutare nel quadro probatorio questo tipo di comportamento (la mancata risposta), 
mentre l'Ufficio potr� motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione dei parametri 
dando conto della impossibilit� di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante 
il rituale invito. 
8. Alle stesse conclusioni si deve giungere in materia di accertamenti fondati sugli studi di 
settore introdotti con il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis, aggiunto in sede di conversione in 
legge (L. n. 427 del 1993), e la cui disciplina � stata poi via via modificata ed integrata nel 
tempo. Gli studi di settore, pur costituendo fuor di dubbio uno strumento pi� raffinato dei parametri, 
soprattutto perch� la loro elaborazione prevede una diretta collaborazione delle categorie 
interessate, restano tuttavia una elaborazione statistica, il cui frutto � una ipotesi 
probabilistica, che, per quanto seriamente approssimata, pu� solo costituire una presunzione
88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
semplice. 
8.1. Di presunzione semplice parla espressamente la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 14 bis, 
(introdotto con il D.L. n. 81 del 2007, art. 15, comma 3 bis), a proposito degli indicatori di 
normalit� economica (approvati con D.M. 20 marzo 2007, modificato con D.M. 4 luglio 
2007), che gli uffici devono utilizzare per gli accertamenti da effettuare fino alla revisione 
degli studi di settore: tali indicatori, che debbono essere �idonei alla individuazione di ricavi, 
compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche 
e alle condizioni di esercizio della specifica attivit� svolta�, �hanno natura sperimentale 
e i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscono presunzioni semplici�. 
Inoltre �ai fini dell'accertamento l'Agenzia delle entrate ha l'onere di motivare e fornire 
elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione 
degli indicatori� de quibus. Non solo, ma �i contribuenti che dichiarano un ammontare 
di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli indicatori 
... non sono soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetta all'ufficio 
accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati�. 
8.2. In buona sostanza, gli studi di settore - come, peraltro, in precedenza i parametri, anche 
se caratterizzati quest'ultimi da una minore approssimazione probabilistica - rappresentano la 
predisposizione di indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale, evidenziata 
dallo scostamento delle dichiarazioni dei contribuenti relative all'ammontare dei ricavi 
o dei compensi rispetto a quello che l'elaborazione statistica stabilisce essere il livello 
"normale" in relazione alla specifica attivit� svolta dal dichiarante. Lo scostamento non deve 
essere "qualsiasi", ma testimoniare una "grave incongruenza" (come espressamente prevede 
il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e come deve interpretarsi, in una lettura costituzionalmente 
orientata al rispetto del principio della capacit� contributiva, la L. n. 146 del 
1998, art. 10, comma 1, nel quale pur essendo presente un diretto richiamo alla norma precedentemente 
citata, non compare in maniera e-spressa il requisito della gravit� dello scostamento): 
tanto legittima l'avvio di una procedura finalizzata all'accertamento nel cui quadro i 
segnali emergenti dallo studio di settore (o dai parametri) devono essere "corretti", in contraddittorio 
con il contribuente, in modo da "fotografare" la specifica realt� economica della 
singola impresa la cui dichiarazione dell'ammontare dei ricavi abbia dimostrato una significativa 
"incoerenza" con la "normale redditivit�" delle imprese omogenee considerate nello 
studio di settore applicato. 
8.3. Ancora una volta, quindi, � il contraddittorio - previsto espressamente dalla L. n. 146 del 
1998, art. 10, come modificato dalla L. n. 301 del 2004, art. 1, comma 409, lett. b), e comunque 
gi� affermato come indefettibile, a prescindere dalla espressa previsione, dalla giurisprudenza, 
in ossequio al principio del giusto procedimento amministrativo (v. Cass. n. 17229 del 
2006), e dalla prassi amministrativa - l'elemento determinante per adeguare alla concreta realt� 
economica del singolo contribuente l'ipotesi dello studio di settore. 
8.4. Altrimenti lo studio di settore si trasformerebbe da mezzo di accertamento in mezzo di 
determinazione del reddito, con una illegittima compressione dei diritti emergenti dagli artt. 
3, 24 e 53 Cost.: se appare ammissibile la predisposizione di mezzi di contrasto all'evasione 
fiscale che rendano pi� agile e, quindi, pi� efficace l'azione dell'Ufficio, come indubbiamente 
sono i sistemi di accertamento per standard (parametri e studi di settore), il limite della utilizzabilit� 
degli stessi sta, da un lato, nella impossibilit� di far conseguire, alla eventuale incongruenza 
tra standard e ricavi dichiarati, un automatismo dell'accertamento, che eluderebbe 
lo scopo precipuo dell'attivit� accertativa che � quello di giungere alla determinazione del
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 89 
reddito effettivo del contribuente in coerenza con il principio di cui all'art. 53 Cost.; dall'altro, 
nel riconoscimento della partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell'atto di 
accertamento mediante un contraddittorio preventivo, che consente di adeguare il risultato 
dello standard alla concreta realt� economica del destinatario dell'accertamento, concedendo 
a quest'ultimo, nella eventuale fase processuale, la pi� ampia facolt� di prova (anche per presunzioni), 
che sar�, unitamente agli elementi forniti dall'Ufficio, liberamente valutata dal giudice 
adito. 
9. Alla luce di tali considerazioni quello dell'accertamento per standard appare un sistema 
unitario con il quale il legislatore, nel quadro di un medesimo disegno funzionale ad agevolare 
l'attivit� accertatrice nel perseguire Invasione fiscale, ha individuato strumenti di ricostruzione 
per elaborazione statistica della normale redditivit�, di determinate attivit� catalogate per settori 
omogenei. Tali strumenti, rilevando, rispetto ai redditi dichiarali, eventuali significative 
incongruenze, legittimano l'avvio delle procedure di accertamento a carico del contribuente 
con invito a quest'ultimo, nel rispetto delle regole del giusto procedimento e del principio di 
cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente, a fornire, in contraddittorio, i 
propri chiarimenti e gli elementi giustificativi del rilevato scostamento o dell'inapplicabilit� 
nella specie dello standard. 
9.1. Il sistema delineato � frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di 
rilevazione della normale redditivit�, che giustifica la prevalenza in ogni caso dello strumento 
pi� recente su quello precedente con la conseguente applicazione retroattiva dello standard 
pi� affinato �, pertanto, pi� affidabile. 
9.2. Tale sistema affianca la (e non si colloca all'interno della) procedura di accertamento di 
cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in quanto la procedura di accertamento standardizzato 
� indipendente dall'analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarit�, per i contribuenti 
in contabilit� semplificata, non impedisce l'applicabilit� dello standard, n� validamente 
prova contro, e la cui irregolarit�, per i contribuenti in contabilit� ordinaria, costituisce esclusivamente 
condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata. Si tratta, 
poi, di un sistema, che diversamente da quello di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, trova 
il suo punto centrale nell'obbligatoriet� del contraddittorio endoprocedimentale, che consente 
l'adeguamento degli standard alla concreta realt� economica del contribuente, determinando 
il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell'elaborazione statistica) alla fase 
dinamica dell'accertamento (l'applicazione degli standard al singolo destinatario dell'attivit� 
accertativa). 
10. Si pu�, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: �La procedura di accertamento 
standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema 
di presunzioni semplici, la cui gravit�, precisione e concordanza non � ex lege determinata 
in relazione ai soli standard in s� considerati, ma nasce proccdimentalmente in esito al 
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullit� dell'accertamento, con il contribuente 
(che pu� tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, 
di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della 
elaborazione statistica degli standard alla concreta realt� economica del contribuente, deve 
far parte (e condiziona la congruit�) della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno 
esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attivit� accertativa siano state disattese. 
Il contribuente ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la 
pi� ampia facolt� di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice pu� liberamente 
valutare tanto l'applicabilit� degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata
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dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente�. 
11. Applicando il principio enunciato al giudizio in esame, il ricorso si rivela infondato dovendosi 
rispondere negativamente al quesito proposto dall'amministrazione ricorrente, secondo 
la quale i parametri costituirebbero, ex lege (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 179 - 
189), una presunzione legale relativa, che assolverebbe in s� tanto la motivazione dell'accertamento, 
quanto l'onere della prova gravante sull'Ufficio. Il giudice di merito, nella libera valutazione 
delle risultanze probatorie, ha accertato in fatto che i parametri adottati non erano 
applicabili nel caso concreto, in relazione alla effettiva realt� dell'impresa, trattandosi di attivit� 
svolta in un piccolo paese dell'entroterra lucano, i costi erano riferiti a minime quantit� 
di beni e servizi e i beni strumentali utilizzati erano ormai obsoleti e acquistati in tempi remoti. 
Il giudice di merito ha tratto il proprio convincimento anche dall'esito del contradditorio endoprocedimentale 
nel quale si era pervenuti alla definizione di un reddito inferiore a quello 
presunto su base parametrica, con successiva notifica di atto di accertamento sulla base del 
reddito originariamente contestato al contribuente: a seguito del mancato pagamento da parte 
di quest'ultimo di quanto definito per adesione: il giudicante, rilevata la discrasia rivelata dal 
contraddittorio tra reddito accertato su base parametrica e reddito definito per adesione, ne 
ha tratto la ragionevole conclusione di �una non sicura e certa quantificazione del reddito effettivamente 
attribuibile al contribuente facendo apparire il maggior reddito e volume d'affari 
attribuito un mero riferimento�. 
Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata 
costituzione della parte intimata. 
P.Q.M. 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
Rigetta il ricorso. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, del 1 dicembre 2009.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 91 
Prescrizione e decadenza del diritto 
all�indennizzo in materia di legge Pinto 
(Corte d�Appello di Napoli, decreto 17 marzo 2008; Corte d�Appello di Potenza, decreto 
2aprile 2009; Corte d�Appello di Napoli, decreto 4 agosto 2008; Cassazione civile, Sezioni 
Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339; Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 23 
dicembre 2005 n. 28507; Cassazione civile, Sezione I, sentenza 13 aprile 2006 n. 8712; 
Cassazione civile, Sezione I, sentenza 20 giugno 2006 n. 14286) 
Il difetto di una specifica disciplina derogatoria contenuta nella legge n. 
89 del 2001 e la previsione, all�art. 4 della stessa normativa, del solo istituto 
della decadenza semestrale, ha ingenerato tra i cultori del diritto l�ormai tormentata 
questione se il principio generale di cui all�art. 2934, comma 1, c.c., 
in forza del quale �ogni diritto si estingue per prescrizione�, debba ritenersi 
applicabile anche al diritto all�indennizzo per l�irragionevole durata del processo, 
qualora trascorrano pi� di 10 anni senza che il cittadino avanzi alcuna 
pretesa a riguardo. 
Si pone, in altre parole, con tutta evidenza la necessit� di definire se ed 
in che misura la previsione contenuta all�art. 4 della legge Pinto secondo la 
quale: �La domanda di riparazione pu� essere proposta durante la pendenza 
del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a 
pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude 
il medesimo procedimento, � divenuta definitiva� costituisca impedimento 
alla maturazione della prescrizione del diritto all�equa riparazione. 
La questione ha incontrato, in diverse circostanze, la decisa opposizione 
delle Corti di merito, le quali hanno rilevato come il richiamo all�istituto della 
decadenza effettuato dal citato articolo 4, faccia s� che il danneggiato possa 
conseguire il recupero di tutto quanto gli spetta a titolo di equa riparazione secondo 
una regola di nuova compatibilit� tra prescrizione e decadenza, che 
comporterebbe l�inopponibilit� di qualsivoglia eccezione di prescrizione (1). 
La tesi che vede una �regola di nuova compatibilit�� tra i due istituti di carattere 
temporale disciplinati nella codicistica civile, comՏ di tutta evidenza, non 
contraddice la previsione della tassativit� delle ipotesi di sospensione della 
prescrizione ex artt. 2941 e 2942 c.c., in quanto non interpreta la previsione 
del termine di decadenza semestrale come automatica sospensione del termine 
di prescrizione. 
Principali oppositori delle teorie prospettate dall�Avvocatura dello Stato 
circa l�operativit� della prescrizione anche nei giudizi indennitari ex legge 
Pinto sono stati i giudici partenopei, i quali non hanno esitato a giudicare, in 
(1) Vedi, ex multiis, Corte d�Appello di Napoli, II Sez. Civ., decr. del 5 novembre 2008.
92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
maniera assai dirompente, prive di pregio le eccezioni a tal proposito espresse. 
L�intransigente orientamento de quo � originato, per certi versi, da una lettura 
massimalista del citato art. 4, che prevede unicamente l�ipotesi della decadenza 
del diritto in caso di definizione del giudizio presupposto con sentenza 
passata in giudicato, e non prevede affatto un termine prescrizionale; per altri 
versi dalla ritenuta incompatibilit� del termine prescrizionale tanto con la natura 
indennitaria della pretesa quanto con la necessaria valutazione di un termine 
ragionevole di durata collegato a vari fattori e non ad un preciso 
momento di esordio della prescrizione, valutazione, quest�ultima, che pare 
in tutta franchezza irreprensibile, tantՏ vero che lo stesso art. 4 prevede che 
la domanda possa essere proposta sia durante la pendenza del giudizio nel 
cui ambito si assume essersi verificata la violazione, sia a giudizio definito. 
In altre parole, si � sostenuto che, trovando l�istituto della prescrizione 
il proprio fondamento di rilevanza nell�inerzia del titolare del diritto, esso � 
concettualmente incompatibile rispetto ai giudizi, come quello per il ristoro 
dell�irragionevole durata del processo, in cui l�inattivit� � necessaria perch� 
possa maturarsi e possa farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo 
(2). Paradossalmente, infatti, ci� condurrebbe ad ipotizzare che una domanda 
di indennizzo sia intempestiva laddove, ad esempio, la ragionevolezza 
della durata del giudizio presupposto sia da ritenersi superiore al termine convenzionalmente 
assunto di tre o di cinque anni dall�inizio del giudizio di 
primo grado per la notevole complessit� del giudizio stesso. Il termine di durata 
ragionevole, infatti, � di creazione giurisprudenziale e non legale, con la 
conseguenza che ipotizzare in astratto un termine rispetto al quale agganciare 
l�esordio della prescrizione costituirebbe operazione di mero arbitrio del giudicante, 
ingenerando nei soggetti interessati ad esperire l�azione indennitaria 
ex legge n. 89/2001 incertezza in ordine al momento in cui introdurre la domanda, 
con rischio � peraltro � di inflazione dei ricorsi al fine di porre riparo 
ad eventuali eccezioni di prescrizione. 
Invero, pare doversi dare atto che l�orientamento in questione, pur mantenendosi 
per certi aspetti aderente ad una lettura prudente dell�art. 2934, 
comma 1, c.c. nonch� rispettosa dei peculiari meccanismi caratterizzanti il 
giudizio per equa riparazione, per il resto sembra non distinguere la funzione 
propria dell�istituto della decadenza e quella propria dell�istituto della prescrizione, 
i quali presentano, al contrario, caratteri e finalit� non omogenei 
(3). 
(2) E� di questo avviso la Corte d�Appello di Napoli, decreto 17 marzo 2009. 
(3) Sul punto, contrariamente, vedi G. ALPA, Istituzioni di diritto privato, Torino, 1997, p. 1203, 
ove si legge: �Subito dopo l'entrata in vigore del codice del 1942, Saraceno ha scritto che gli istituti 
della prescrizione e della decadenza hanno identica causa (inerzia) e identico effetto (perdita di una 
posizione giuridica) per modo che non sarebbe ragionevole contrapporli�. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 93 
E infatti, mentre la prescrizione trova fondamento nell�inerzia del titolare 
del diritto, sintomatica, per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto 
interesse alla tutela, la decadenza ha operativit� squisitamente processuale 
e si basa sul fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un 
termine stabilito, nell�interesse generale o individuale, alla certezza di una determinata 
situazione giuridica. Ne deriva che la fissazione di un termine semestrale 
ai fini dell�esercizio dell�azione sul piano processuale postula come 
necessaria la piena sussistenza ed integrit� del diritto sotteso sul piano sostanziale, 
il quale unicamente � soggetto alla decorrenza del termine prescrizionale. 
Ben potr�, dunque, il diritto all�equa riparazione essersi prescritto (4) pur, invece, 
restando virtualmente integro l�astratto esercizio dell�azione speculare. 
Senza dubbio, non � agevole formulare un criterio discretivo perfetto tra 
decadenza e prescrizione. A tal proposito, la giurisprudenza talvolta ha richiamato 
l�esigenza di guardare allo spirito della legge; altre volte si � fatto riferimento 
alla brevit� del termine; altra volta ancora si � ritenuto impossibile 
concettualizzare la differenza tra i due istituti. Per lo pi�, comunque, i giudici, 
specie della Suprema Corte, si sono orientati nel ravvisare la prescrizione ove 
vi � abbandono di un diritto per inerzia del titolare e la decadenza ove vi � 
mancanza di un certo atto-contegno, cos� individuando il fondamento di 
quest�ultima nella necessit� obiettiva del compimento di particolari atti, entro 
un termine perentorio stabilito dalla legge o dai privati (5), indipendentemente 
(4) Al riguardo, per completezza, pare opportuno riportare alcune precisazioni fatte dal GAZZONI, 
nel suo Manuale di diritto privato, p. 110, il quale ha sostenuto quanto segue: �il riferimento operato 
dalla legge alla estinzione del diritto non appare del tutto proprio. In verit� se la prescrizione operasse 
nel senso di estinguere il diritto, pi� non si comprenderebbe la regola posta dall'art. 2940 secondo cui 
non � ammessa la ripetizione di ci� che � stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito 
prescritto. Infatti se il diritto (di credito) pi� non esistesse il pagamento sarebbe non pi� dovuto ed � regola 
del nostro ordinamento che il pagamento dell'indebito ammette la ripetizione (art. 2033). Dovrebbe 
allora ipotizzarsi che a seguito della prescrizione nascerebbe in capo al debitore un'obbligazione naturale 
ex art. 2034, con conseguente soluti retentio in caso di spontaneo adempimento. Sembra dunque 
pi� opportuno dire che il diritto prescritto non si estingue ma perde la propria forza, nel senso che, se 
si agisce in giudizio, il terzo potr� eccepire l'intervenuta prescrizione, in tal modo bloccando l'iniziativa 
giurisdizionale. Ma se tale eccezione non viene opposta, il diritto potr� essere fatto valere ad ogni 
effetto. Con altra terminologia pu� dirsi che la prescrizione non opera sul merito della pretesa esercitata, 
da cui prescinde, per determinare solo un effetto preclusivo e non gi� estintivo�. Se ne deduce la differenza 
tra i due istituti, i quali restano distinti sul piano empirico anche quanto agli effetti, giacch�, secondo 
l�autore, la decadenza Ǐ sanzionata con la perdita del diritto�, mentre �il diritto prescritto non 
si estingue ma perde la propria forza (�)�. 
(5) In soluzione di continuit� con quest�orientamento sono le tesi di Guarino e di Santi Romano, 
i quali ritenevano possibile effettuare una distinzione netta tra prescrizione e decadenza solo operando 
uno scostamento dal concetto di diritto soggettivo per fondare la nozione di �potere�: potere che rappresenta 
la pi� tipica espressione della capacit� di agire del soggetto di diritto, manifestandosi nella produzione 
di rapporti nei quali esso stesso non si esaurisce, essendone la fonte. Tali rapporti originano 
diritti soggettivi. �, infatti, in forza di questi passaggi logici che SANTI ROMANO, nei suoi Frammenti 
distingue dalla prescrizione (che opera sul diritto soggettivo) la decadenza (che opera sul potere, o meglio 
sul suo esercizio). 
94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dalle circostanze che abbiano determinato l�inutile decorso del tempo (6). Ci� 
induce ad arguire che decadenza significherebbe causa di preclusione dell�esercizio 
del potere (che di per s� � imprescrittibile)(7). 
Tanto chiarito sul piano della teoria, preme principalmente in questa sede 
affrontare la questione della possibile operativit� di un termine prescrizionale 
con specifico riferimento ai giudizi in materia di equa riparazione per la durata 
irragionevole del processo e la sua eventuale compatibilit� con l�art. 4, l. 
89/2001. A dire il vero, il buonsenso suggerisce di affrontare il problema non 
unicamente facendo riferimento alle congetture di pura dottrina che distinguono 
diritto soggettivo e potere d�esercizio, bens� tenendo soprattutto conto 
delle intenzioni del legislatore, anche alla luce del conflitto di interessi in 
gioco, onde poter appurare se la previsione del solo termine semestrale ex art. 
4 cit. riveli unicamente la volutas legis di limitare nel tempo la possibilit� di 
attuare una data modificazione giuridica (decadenza), negando pertanto la possibilit� 
giuridica di adeguare lo stato di diritto allo stato di fatto attraverso il 
rilievo della prescrizione. Ebbene, appare indubbio che l�affermazione pi� 
volte fatta da alcuni giudici d�appello per la quale, con riferimento ai giudizi 
indennitari, l�inattivit� del ricorrente � necessaria perch� possa maturarsi e 
possa farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo, sembra fondarsi 
sull�assunto che obiettivo del legislatore del 2001 sia stato, con la succitata 
legge n. 89, quello di incentivare e promuovere l�inerzia di tutti coloro 
che si trovano a dover affrontare un processo onde far valere interessi meritevoli 
di tutela, ci� al solo fine di ottenere un ristoro patrimoniale per una lungaggine 
procedimentale che, ironia del diritto, essi stessi hanno contribuito a 
determinare! Al contrario, sembra a chi scrive che il fine del legislatore con 
l�emanazione della c.d. legge Pinto sia stato quello di offrire tutela a quei cittadini 
costretti, loro malgrado e per cause indipendenti dalla loro volont�, ad 
attendere anni per vedere definito un processo, non senza dimenticare, tuttavia, 
di prendere in considerazione anche il comportamento di costoro. Le sofferenze 
psicologiche, le ansie ed i patemi d�animo, che inevitabilmente colpiscono 
chi si trova a dover sopportare le lungaggini processuali, trovano ristoro 
(6) Vedi Cass. civ., 3 febbraio 1942, n. 327, in Rep. Foro it., 1942, voce Prescrizione civ., nn. 6- 
9; Id., 30 luglio 1942, n. 2305, in Magistratura del lavoro, 1943, 37; Id., 15 marzo 1949, n. 532, in Temi, 
1950, 1, con in nota lo studio di CANDIANAUR., Decadenza e prescrizione; Id., 12 giugno 1963, n. 1568, 
in Rass. Avv. Stato, 1963, 193; Id., 14 marzo 1968, n. 819, in Mass. Giust. civ., 1968, 411; Id., 12 settembre 
1970, n. 1401, in Foro it., 1971, I, 1328 e in Giur. it., 1971, I, 1, 1196; Id. (Sez. un.), 21 agosto 
1972, n. 2690, in Giust. civ. 1972, I, 1930 e in Rass. giur. Enel, 1973, 33. 
(7) Invero, talvolta il legislatore riferisce la decadenza al diritto soggettivo, il che accade, ad esempio, 
all�art. 2966 c.c., a mente del quale, se il venditore riconosce il diritto del compratore alla risoluzione 
del contratto per vizi della cosa, non opera il termine di decadenza dell�art. 1495 c.c. In relazione a 
siffatti casi acuta dottrina ha precisato che la norma va letta nel senso che, quando l�esistenza di un 
diritto dipende dall�esercizio di un potere, tale esercizio perde rilevanza se il diritto stesso � riconosciuto 
dalla controparte. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 95 
nel riconoscimento di un diritto all�indennit� da ritardo, il quale dovr� necessariamente 
passare attraverso l�accertamento di criteri predeterminati, tra i 
quali anche il comportamento tenuto dalle parti. 
In quest�ordine di idee si � collocata anche la Suprema Corte, che con la 
sentenza n. 2690 del 1972, a Sezioni Unite, osservando come la decadenza � 
posta la sua pi� rigorosa disciplina � sia destinata ad attuare pi� efficacemente 
della prescrizione l�obiettivo di assicurare certezza e stabilit� ai rapporti giuridici, 
ha osservato che per stabilire in concreto se un termine imposto dalla 
legge abbia natura prescrizionale ovvero decadenziale, �occorre non soltanto 
fare riferimento all�espressa definizione contenuta nella legge, quanto alla 
sua finalit�: nella prescrizione, quella di ritenere, in via presuntiva, abbandonato 
il diritto per l'inerzia protrattasi per un certo tempo (termine di durata) 
del suo titolare, e nella decadenza, quella corrispondente alla necessit� obiettiva 
di compimento di determinati atti entro un determinato tempo (termine 
fisso o perentorio)�(8). 
Una soluzione degna di mettere fine al problema della plausibile coesistenza 
degli istituti de quibus sarebbe quella di ritenere che in ordine ai giudizi 
indennitari ex legge Pinto trovi applicazione analogica il costante orientamento 
giurisprudenziale relativo all�art. 79 della legge n. 392/78 (9), il quale contempla, 
al secondo comma, analoga ipotesi di decadenza, disponendo che il 
conduttore pu� ripetere, dal momento del pagamento e fino a sei mesi dopo la 
riconsegna dell�immobile, le somme corrisposte in violazione dei divieti e dei 
limiti di legge. Ebbene, in siffatta ipotesi l�orientamento della Corte di Cassazione 
� quello di ritenere inoperante l�istituto della prescrizione per i crediti 
maturati nello svolgersi del rapporto contrattuale. Pi� esattamente, secondo il 
supremo giudice di legittimit� il rispetto del termine di decadenza semestrale 
per l�esercizio dell�azione di ripetizione ex art. 79, secondo comma, L. 27 luglio 
1978, n. 392, consente al conduttore il recupero di tutto quanto indebitamente 
corrisposto fino al rilascio dell�immobile locato, rendendo inopponibile 
qualsivoglia eccezione di prescrizione; diversamente, la violazione del termine 
semestrale espone il conduttore al rischio dell�eccezione di prescrizione dei 
crediti maturati e non per l�innanzi rivendicati (10). 
(8) E� sempre dello stesso avviso la Suprema Corte, con le sentenze 27 febbraio 1975, n. 789 (in 
Mass. Giust. civ., 1975, p. 360) e 9 febbraio 1979, n. 896, affermando, in via generale, l�irrilevanza della 
non esplicita qualificazione come di decadenza del termine legale o convenzionale imposto per il compimento 
di un atto, in quanto la lettura decadenziale del termine pu� risultare anche implicitamente, 
purch� in modo chiaro ed univoco con riferimento allo scopo perseguito e alla funzione che il termine 
� destinato ad assolvere. Nello stesso senso, si veda anche Cass. civ., 8 gennaio 1981, n. 187 (in Mass. 
Giust. civ., 1981, p. 68). 
(9) Cos� Corte d�Appello di Napoli, II Sez. Civ., decreto 3 febbraio 2009. 
(10) Vedi Corte di Cassazione, sentenze 26 maggio 2004, n. 10128 e 11 giugno 2007, n. 13891, 
ove si legge: �(�) il principio sancito da Cass. 26 maggio 2004, n. 10128, secondo cui il termine semestrale 
di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma cor-
96 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Vero �, tuttavia, che nella realt� contrattuale della locazione la rigida previsione 
di un termine semestrale decorso il quale si verifichi per il conduttore 
la decadenza di ogni diritto di ripetere i suoi indebiti pagamenti, incorrerebbe 
in un�incontestabile sanzione di irragionevolezza, visto che detto termine sarebbe 
contemplato unicamente a detrimento del conduttore e, comՏ intuitivo, 
la mancata previsione di analoga decadenza in danno del locatore in relazione 
alle sue pretese di corrispettivi non versatigli, determinerebbe una ingiustificata 
disparit� di trattamento tra i contraenti. Ora, con riferimento specifico ai 
giudizi per il ristoro dell�irragionevole durata del processo, non sussiste alcuna 
analoga esigenza di circoscrivere in un lasso di tempo determinato la potenziale 
conflittualit� dei contraenti e di realizzare la condizione della certezza 
delle situazioni giuridiche delle parti una volta cessato il rapporto contrattuale: 
l�azione indennitaria �, infatti, esercitata nei confronti di soggetti non solo 
estranei al procedimento presupposto di cui si lamenta la durata irragionevole, 
ma altres� del tutto scevri dalla possibilit� di analogo danno a proprio carico 
e il pi� delle volte esenti da ogni responsabilit�. 
E anzi, tanto per assumere piena coscienza della disparit� di posizioni 
delle parti in causa, si consideri che mentre il diritto all�equa riparazione spettante 
al privato ricorrente � disponibile, non lo �, invece, la posizione del soggetto 
passivo rispetto a tale diritto, cio� dell�Amministrazione pubblica 
chiamata a corrispondere il richiesto indennizzo, non potendo detta Amministrazione, 
soggetta alle norme sulla contabilit� pubblica ed agli specifici vincoli 
di bilancio richiamati dall'art. 7 della legge n. 89/2001, rinunciare alla 
decadenza, avuto riguardo agli interessi pubblici che presiedono alla erogazione 
delle spese gravanti sui pubblici bilanci (11). 
Tale considerevole differenza induce ad escludere la sussistenza dei presupposti 
che configurino un�ipotesi di applicazione estensiva dell�art. 79 citato, 
giacch� non pu� ritenersi operante, in ordine ai giudizi ex legge Pinto, un atteggiamento 
di favor per il ricorrente, in assenza di rapporto negoziale pregresso 
informato al principio generale della parit� di trattamento dei contraenti 
(12). 
risposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, previsto, dalla L. 
27 luglio 1978, n. 392, art. 79, comma 2, fa s� che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il 
conduttore � esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa � gi� maturata, 
mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente � stato 
corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilit� di 
qualsivoglia eccezione di prescrizione�. 
(11) Il che giustifica, nei giudizi di specie, l�assenza di preclusioni riguardanti la prospettazione 
di questioni nuove in sede di legittimit�, preclusioni non valide allorch� si tratti di questioni rilevabili 
d'ufficio in ogni stato e grado del processo. 
(12) Al contrario, sembra doversi osservare che gli interventi legislativi susseguitisi da ultimo in 
materia siano tutti tesi alla maggiore responsabilizzazione di colui che lamenta il danno da ritardo. In 
proposito basti operare una riflessione sull�innovazione introdotta con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112,
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 97 
Sulla questione, ormai sempre pi� incandescente, � lecito attendere una 
risolutoria pronuncia del Supremo Giudice delle leggi, il quale per la verit� 
ha gi� emesso � sia consentito ravvisarlo � un qualche smorzato sussurro di 
assenso alle tesi della Difesa Erariale attestanti l�operativit� della prescrizione. 
Con l�ordinanza n. 17703 del 27 giugno 2008, infatti, i giudici di Palazzaccio 
hanno riconosciuto che �il diritto all�indennizzo matura in relazione alla durata 
non ragionevole del processo inteso nella sua unitariet� e pertanto la 
prescrizione comincia a decorrere dalla data in cui detto diritto viene fatto 
valere (nel caso di azione antecedente alla definizione del procedimento presupposto) 
ovvero in quella di definizione del processo (in cui comunque matura 
compiutamente il relativo diritto), non avendo alcuna autonoma 
rilevanza, se non ai fini del computo dell'indennizzo, le singole annualit� in 
relazione alle quali viene operata la liquidazione�. La citata statuizione giurisprudenziale, 
ancorch� vanti il merito di riconoscere a chiare lettere l�operativit� 
dell�istituto della prescrizione civile nei giudizi per il ristoro 
dell�irragionevole durata dei processi, � parsa a molti (13) essere inficiata da 
vistose incongruenze e strutturata su di un iter motivazionale notevolmente 
scarno. 
Anzitutto, viene completamente omessa ogni argomentazione riguardante 
la natura della condotta dello Stato e dell�illecito perpetrato in ragione dell�ingiustificata 
lungaggine procedimentale, presa di posizione che si sarebbe rivelata 
alquanto provvidenziale, alla luce della crescente querelle generata dai 
molteplici e spesso contraddittori orientamenti delle Corti di merito. In secondo 
luogo, il momento di esordio del termine prescrizionale viene di fatto 
lasciato in bal�a delle scelte processuali del privato, giacch� dipende dall�iniziativa 
di quest�ultimo la possibilit� che la prescrizione decorra o meno in pendenza 
del giudizio presupposto, soluzione che non solo risulta essere 
palesemente in contraddizione con i principi di diritto disciplinanti l�istituto 
della prescrizione (i quali, peraltro, sono espressamente qualificati come inderogabili), 
ma finisce per agganciare l�operativit� di un istituto generale quale 
quello della prescrizione, rispondente a ben precise esigenze di certezza del 
diritto, ad un evento del tutto aleatorio. 
Si consideri, ancora, l�opzione del tutto inspiegabile di far decorrere, nel 
caso che l�azione indennitaria sia sollevata antecedentemente alla definizione 
del procedimento presupposto, la prescrizione �dalla data in cui detto diritto 
viene fatto valere�, affermazione che risulta vistosamente distonica e contradart. 
54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, che ha trasformato l�istanza di cui all�art. 
51 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642 (volgarmente detta �istanza di prelievo�) in una vera e 
propria condizione di proponibilit� dell�azione indennitaria ex art. 2 della citata legge n. 89/2001. 
(13) Si legga, a riguardo, l�opinione espressa dagli Avv.ti dello Stato A. MUTARELLIE - M. GERARDO, 
in Operativit� della prescrizione in tema di ricorso per il ristoro della irragionevole durata del 
processo (cd. legge Pinto), in Rass. Avv. dello Stato, Anno LX n. 4.
98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dittoria, posto che � giova ripeterlo � il decorso del termine � segnato proprio 
dall�inerzia del titolare del diritto. Non si spiega davvero come un diritto possa 
iniziare a prescriversi (dunque, a perdere forza sul piano sostanziale) proprio 
nello stesso istante in cui l�interessato ne opera la rivendica! Illogicit�. 
Valutazioni di logicit� e coerenza giuridica inducono ad arguire che la 
sottolineata incongruenza sia originata dall�errato riferimento di carattere temporale, 
inerente l�utilizzo del passato prossimo (�viene fatto valere�), come 
ad indicare un evento gi� compiuto nel passato recente. Diversamente, l�annessione 
di un verbo servile indicante l�idea della possibilit� (�pu� esser fatto 
valere�) ricondurrebbe il vaglio della Suprema Corte entro gli argini dei principi 
succitati, segnandone la piena conformit� alla disciplina codicistica. Ne 
deriverebbe, in buona sostanza, una specifica regola d�applicazione dell�istituto 
della prescrizione ai giudizi in materia di legge Pinto del tutto conforme 
ai dettami dell�art. 2935 c.c., in quanto individuante il momento d�esordio di 
detto termine nel giorno in cui il diritto pu�, per l�appunto, essere fatto valere. 
Constatato, ormai, che l�asse della prescrizione � rappresentato dall�inerzia 
del titolare del diritto e dimostrata la possibile operativit� dell�istituto de 
quo nei giudizi ex legge Pinto, si rende ora opportuno trattare la consequenziale 
(e non meno problematica!) questione dell�istante che segna l�esordio 
dell�inerzia rilevante, elemento di accertamento non semplice, visto il considerevole 
affastellamento di norme. 
In astratto la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante 
da fatto illecito potrebbe farsi decorrere o dalla data del fatto o dall�esteriorizzazione 
del danno, con conseguenze radicalmente diverse. 
Invero, l�art. 2935 c.c. � che espressamente riferisce l�esordio del termine 
al �giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere� � deve essere letto senza 
ignorare il 1� comma dell�art. 2947 c.c., che individua la decorrenza iniziale 
del termine astratto di prescrizione nel �giorno in cui il fatto si � verificato� 
(14).
L�analisi di queste norme � stata oggetto di numerosi approfondimenti da 
parte di giurisprudenza e dottrina (15). In particolare, con riferimento al fatto 
(14) In tal senso vedi AZZARITI - SCARPELLO, Della prescrizione, in Comm. C. C., a cura di Scialoja 
e Branca, Bologna, 1977, p. 292: �Quanto all�inizio della decorrenza del termine, la legge applica il 
principio d�ordine generale, stabilendo che il quinquennio o il biennio si computa dal giorno in cui il 
fatto si � verificato. � ovvio che per fatto non deve intendersi la semplice azione od omissione del soggetto 
colpevole, ma tutto l�evento lesivo considerato nel suo complesso, e cio� comprensivo non solo 
del comportamento doloso o colposo dell�agente, ma anche del verificarsi del danno, il che, dal punto 
di vista pratico, presenta una notevole importanza ai fini della decorrenza del termine, poich� il comportamento 
illecito e il verificarsi del danno non sempre coincidono cronologicamente�. Ed ancora, 
GRASSO, voce Prescrizione (diritto privato), in Enc. Dir., XXXV, Milano, 1986, p. 66: �si ritiene unanimamente 
che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto, pur essendo perfetto e 
quindi potendo essere esercitato, non � di fatto, esercitato dal suo titolare�. 
(15) Si rinvengono pronunce su questa problematica gi� da Cass., 27 luglio 1934 (Rep. Foro It.,
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 99 
illecito, la Corte di Cassazione ha statuito che �Il termine di prescrizione del 
diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non dal 
momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce 
danno all�altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta 
all�esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile� 
(16). 
Invero, sin dal 1982 la Suprema Corte era gi� pervenuta ad affermare i 
principi successivamente ribaditi e pure accolti in sede comunitaria (17). 
Gi� in tale occasione la Corte di Cassazione, partendo dalla considerazione 
che pu� accadere che la lesione prodotta dall�illecito si verifichi obiettivamente, 
ma resti occulta, affermava che �sarebbe chiaramente incivile far 
dipendere una conseguenza tanto grave come il decorrere di una prescrizione 
breve dal verificarsi di una circostanza che resti occulta e che non possa 
quindi essere percepita dal danneggiato che pure faccia uso della normale diligenza
�. Sulla scorta di tali considerazioni la Suprema Corte ravvisava un 
�principio generale che discende dal complesso del sistema�: nei casi in cui 
la manifestazione del danno non sia �immediata ed evidente agli occhi di un 
profano, e possa apparire quanto meno dubbia la sua ricollegabilit� con nesso 
causale all�azione di un terzo, il momento iniziale della prescrizione dell�azione 
risarcitoria non pu� essere ricollegato che al momento in cui il danneggiato 
ha avuto la reale e concreta percezione dell�esistenza e della gravit� 
del danno stesso e della sua addebitabilit� ad un determinato terzo; ovvero 
1934, voce �Prescrizione civile�, n. 24) ed ancora Cass., 27 gennaio 1948 (ivi, 1948, voce cit., n. 2). In 
dottrina: TRAVAGLINO, La prescrizione e l�illecito extracontrattuale, in BAT��, CARBONE, DE GENNARO, 
TRAVAGLINO, La prescrizione e dal decadenza, Milano, 2001, 174 e segg.; BONA e OLIVA, Prescrizione 
e danno alla persona, in MONATERI, BONA, OLIVA, PECCENINI, TULLINI, Il danno alla persona, Torino, 
2000, II, 605 e segg. 
(16) Cos� Cass., Sez. Lav., sentenza 20 luglio 2007, n. 16148, che ribadisce: �non � conforme al 
diritto sostenere che in caso di pluralit� di fatti illeciti protratti nel tempo il termine di prescrizione 
inizia a decorrere dal momento della commissione del primo degli episodi denunciati, poich� anche i 
successivi illeciti sono potenzialmente idonei a determinare una autonoma lesione del diritto e quindi 
a fondare una domanda di risarcimento. Neppure � conforme a diritto far decorrere la prescrizione del 
diritto al risarcimento del danno dal fatto illecito lesivo anzich� dal manifestarsi all�esterno della produzione 
del danno�. Infatti, �in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia per responsabilit� 
contrattuale che per responsabilit� extracontrattuale, questa Corte ha ripetutamente 
affermato che il termine di prescrizione ex art. 2935 c. c., inizia a decorrere non gi� dal momento in cui 
il fatto del terzo viene a ledere l�altrui diritto, bens� dal momento in cui la produzione del danno si manifesta 
all�esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile�. In senso conforme, vedi Cass., 
Sez. III, 9 maggio 2000, n. 5913, in Giust. Civ. Mass., 2000, 972; Id., Sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845, 
ivi, 1995, 1517; Id., Sez. III, 5 luglio 1989, n. 3206, ivi, 1989, fasc. 7 e Id., Sez. II, 18 maggio 1987, n. 
4532, ivi, 1987, fasc. 5. 
(17) Sul punto si veda il D. P. R. 10 maggio 1975, che ha adeguato alle convenzioni internazionali 
la L. 31 dicembre 1962, n. 1860 in materia di risarcimento danni dipendenti da incidenti nucleari, e che 
ha stabilito come dies a quo di decorrenza della prescrizione il �giorno in cui il danneggiato ha avuto 
conoscenza del danno e della identit� dell�esercente responsabile oppure avrebbe dovuto ragionevolmente 
esserne venuto a conoscenza�.
100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
al momento in cui il danneggiato avrebbe potuto pervenire alla percezione 
stessa usando della normale diligenza� (18). Tale principio, risulta ribadito 
dalla giurisprudenza successiva e condiviso anche dalla dottrina (19) e, peraltro, 
� stato affermato in evidente sintonia con quanto previsto dall�art. 2947 
c.c., che soggiace alla stessa norma generale, sopra descritta, mirante a far 
coincidere la decorrenza della prescrizione con l�attualit� dell�interesse che, 
per il danneggiato, �si configura come attualit� dell�interesse a reagire attraverso 
l�esercizio dell�azione risarcitoria�. 
Da quanto argomentato consegue che, in virt� del coordinamento con la 
norma generale dell�art. 2935 c.c., se il danno, per qualsiasi ragione, rimane 
�occultato�, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dal momento 
della sua esteriorizzazione, che deve realizzarsi con modalit� tali che non solo 
quel pregiudizio si realizzi nella sua completezza, ma che il diritto al risarcimento 
da esso derivante possa essere effettivamente fatto valere dai soggetti 
che ne sono legittimati. 
Risponde, quindi, ad un principio di civilt� giuridica � oltre che di interpretazione 
sistematica delle norme del codice civile � fissare la decorrenza 
della prescrizione dall�esteriorizzazione del danno (rectius, conoscenza del 
danno secondo l�ordinaria diligenza), momento che costituisce oggetto di apprezzamento 
da parte del giudice civile. 
La considerazioni pocanzi esposte, trasfuse alla disciplina della legge 
Pinto, inducono ad affermare che il diritto alla riparazione del disagio morale 
sopportato dal privato ricorrente cominci a prescriversi (e, quindi, possa essere 
fatto valere) solo a partire dal momento in cui egli � in grado di percepire il 
verificarsi del suddetto disagio, che � in soluzione di continuit� con la disciplina 
dettata dall�art. 2, comma 3, L. 89/2001 � � da ritenersi palesato all�istante 
del superamento del termine di ragionevole durata (anni 3 per il 
giudizio di prima istanza). Ebbene, l�operativit� di una presunzione juris tantum 
tesa alla determinazione del tempo della ragionevole durata fa s� che, in 
materia di equa riparazione, il momento del concretarsi del fatto e quello dell�esteriorizzazione 
del danno giungano inevitabilmente a coincidere. 
Dalla richiamata giurisprudenza in materia di danno derivante da fatto illecito 
occorre prendere le distanze, d�altronde, se si sceglie di aderire alla tesi, 
(18) Cos� Cass., 6 febbraio 1982, n. 685, in Giust. Civ., 1982, I, 2782 e seg. 
(19) Si vedano in giurisprudenza: Cass., 6 febbraio 2004, n. 2287, C.E.D.; Id., 29 agosto 2003, n. 
12666, in Foro. It. Mass., 2003, voce �Prescrizione e decadenza�, n. 32; Id., 9 maggio 2000, n. 5913, 
in Giust. Civ. Mass., 2000, 972; Id., 5 luglio 1989, n. 3206, ivi, 1989, fasc. 7; Trib. Roma, 11 agosto 
2003, in Arch. Civ., 2004, 63; Id., Milano, 17 febbraio 2003, in Giur. di Merito, 2003, 2188. In dottrina: 
VITUCCI, op. cit., sub art. 2935, 97 e segg.; IANNACONE, La Prescrizione, a cura di Viticci, II, artt. 2941- 
2963, in Comm. C. C., diretto da Schlesinger, Milano, 1990, sub art. 2947, 172 e segg.; LEBAN, Prescrizione 
e decadenza nel diritto privato, Padova, 2003, 44: �In altri termini, ci� che rileva non � il momento 
in cui l�atto illecito viene realizzato, bens� quello in cui si verifica il danno, sempre che - ovviamente - 
non si determini un contesto di coincidenza tra i due dati temporali�.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 101 
che ormai vede concordi molte Corti di merito, secondo la quale �l�obbligazione 
relativa all�equa riparazione si configura come obbligazione ex lege di 
natura indennitaria e non come obbligazione ex delicto di natura risarcitoria�. 
Si � osservato, in particolare, che essa sorge per il fatto oggettivo dell�eccessiva 
durata del processo e non gi� per il comportamento doloso o colposo degli organi 
giudiziari (20), costituendo jus receptum che l�obbligazione avente ad 
oggetto l�equa riparazione, quale obbligazione ex lege, sia riconducibile, in 
base all�art. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione 
in conformit� dell�ordinamento giuridico (21). 
In altre parole, secondo la giurisprudenza maggioritaria, il diritto ad 
un�equa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole del 
processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, non richiede l�accertamento 
di un illecito secondo la nozione contemplata dall�art. 2043 c.c. n� presuppone 
la verifica dell�elemento soggettivo a carico dell�agente: esso �, 
invece, ancorato all�accertamento della violazione dell�art. 6, par. 1, della Convenzione 
europea dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, cio� di un 
evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento 
ad una durata ragionevole. 
Anche da ci� sembra derivare che in materia di equa riparazione il momento 
del verificarsi del fatto coincida con quello dell�esteriorizzazione del 
conseguente danno, quantomeno con riferimento ai danni di carattere non patrimoniale, 
i quali ben potranno dirsi maturati in virt� del superamento del termine 
di ragionevole durata del processo. La questione potrebbe diversamente 
atteggiarsi con riferimento ai danni patrimoniali, che non necessariamente si 
manifestano col decorso della durata fisiologica, potendo invece venire ad esistenza 
successivamente, in ragione del prolungarsi ingiustificato del giudizio. 
In questo secondo caso � giocoforza ritenere che debba trovare applicazione 
analogica la giurisprudenza poc�anzi richiamata, individuante nell�esteriorizzazione 
del danno l�istante d�esordio della prescrizione. 
Precisata, dunque, la natura indennitaria del diritto di cui trattasi, preme 
incentrare ora la questione sulla dibattuta problematica del dies a quo, argomento 
che vede la giurisprudenza di merito occupare posizioni certo non unanimi. 
Secondo un primo orientamento, detto termine decorrerebbe dal momento 
della cessazione del processo della cui irragionevole durata si tratta e, dunque, 
dal passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, il che porta � in 
quest�ultimo caso � il momento d�esordio della prescrizione a combaciare con 
quello della decadenza, ex art. 4. A fondamento di tale tesi si pongono argo- 
(20) Ex multiis, vedi Corte d�Appello di Napoli, decreti n. 4449/08 e 6577/08 e Corte d�Appello 
di Potenza, decr. n. 95 del 28 aprile 2009. 
(21) Cos� anche Cass., sentenza 13 aprile 2006, n. 8712.
102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
menti diversi: alcuni osservano che �il diritto all�equo indennizzo � pur sussistendo 
anche a prescindere dal suo riconoscimento con la L. n. 89/2001, non 
matura affatto giorno per giorno, ma va verificato in relazione al concreto andamento 
del singolo processo in rapporto alle caratteristiche di ogni fattispecie: 
sicch� esso non � liquido n� esigibile prima della valutazione giudiziale e 
prima della proposizione della domanda o, se anteriore, della cessazione del 
processo medesimo� (22); altri, invece, ritengono che la fattispecie integrerebbe 
�ipotesi di illecito permanente il cui conseguente danno persiste nel tempo fin 
quando la relativa condotta non � cessata e ci� si verifica solo con il passaggio 
in giudicato della sentenza resa nel procedimento nel cui ambito si assume essersi 
verificata la violazione� (23); altri ancora osservano come �se il diritto 
di cui all�art. 6 CEDU non � scindibile in segmenti temporali � implicando una 
risposta conclusiva sull�istanza di giustizia e perci� connesse valutazioni in 
base al risultato finale e non ai singoli gradi o stati n� in rapporto ai singoli 
anni � di norma esso pu� essere fatto valere allorquando il procedimento � 
stato definito, perch� solo in quel momento si pu� avere la visione d�insieme 
della maggiore o minore congruit� dei tempi di risposta giudiziale resisi necessari 
in relazione alla natura del contenzioso� (24). 
Questa tesi non appare convincente a chi scrive, perch� priva della possibilit� 
di operare concretamente sul piano giuridico. E, infatti, la pur costante 
superiorit� temporale del termine di prescrizione rispetto a quello di decadenza 
non pu� considerarsi atta a consentire che il danneggiato possa ottenere la tutela 
processuale del suo diritto � ancorch� perfettamente integro sul piano sostanziale 
� oltre il decorso del termine semestrale fissato dall�art. 4 della legge 
Pinto, essendogli precluso l�esercizio del connesso potere. Il privato interessato 
ad attivare un giudizio riparatorio, in buona sostanza, si ritrover� a distanza di 
qualche anno dal passaggio in giudicato della sentenza, ad essere si titolare del 
diritto all�equo indennizzo sul piano sostanziale, ma sar� sprovvisto, sul versante 
processuale, del potere di azionare gli strumenti adeguati a consentire la 
concreta tutela della sua pretesa! Tale situazione rende praticamente inutile prospettare 
l�istituto della prescrizione con riferimento ai giudizi de quibus, con 
la paradossale conseguenza che se prescrizione e decadenza vengono a combaciare, 
tanto vale eliminare una delle due, a tutto detrimento della specifica 
funzione che ciascuna � chiamata ad adempiere. 
(22) Cos� la Corte d�Appello di Salerno, decr. 14 ottobre 2008. 
(23) Vedi Corte d�Appello di Roma, decr. 9 luglio 2001, in Guida al diritto, 2001, n. 38, p. 30. 
(24) La tesi � stata espressa dalla Corte d�Appello di Potenza, decr. n. 96/2009, e sembrerebbe 
porti alla consequenziale conclusione che l�inizio della prescrizione decennale coincida con il passaggio 
in giudicato della sentenza che chiude il giudizio presupposto. Contrariamente ad ogni logica aspettativa, 
i giudici hanno invece ravvisato il dies a quo addirittura nel momento della notifica del ricorso introduttivo 
(quale momento in cui il processo ha cominciato ad avere ripercussioni importanti sulla vita 
della parte)! 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 103 
D�altra parte, l�indirizzo che � facendo leva sull�argomento della illiquidit� 
ed inesigibilit� del credito sotteso al danno da ritardo � ritiene necessaria, ai 
fini del decorso del termine prescrizionale, la definitiva chiusura del giudizio 
presupposto, si palesa particolarmente inconferente anche nel merito: il diritto 
all�equa riparazione vanta, infatti, il connotato dell�esigibilit� perch� pu� essere 
rivendicato da chi si ritenga leso attraverso una domanda di condanna attuale 
al pagamento, senza l�apposizione di termini o condizioni. Quanto all�illiquidit�, 
deve all�evidenza rilevarsi che trattasi di condizione connessa a qualunque 
richiesta di risarcimento del danno al momento della proposizione della relativa 
domanda, posto che solo l�autorit� giudiziaria ha il potere di deciderne in concreto 
l�ammontare. Ci� dimostra che l�incertezza sull�an e sul quantum dell�obbligo 
indennitario certamente non costituisce ostacolo a che il termine 
prescrizionale decorra dal momento in cui � dato registrare la violazione. 
La tesi prevalente nella giurisprudenza, a contrario, ritiene che �la prescrizione 
decennale ben pu� cominciare a decorrere anche durante la pendenza 
del processo, e precisamente dal momento in cui si verifica il pregiudizio connesso 
all�irragionevole durata di un processo� (25). Ci� vuol dire che esso decorre 
da ogni momento in cui, superato il periodo di fisiologica durata, il 
processo continua a protrarsi fino alla sua definizione. Tale sembra essere l�indirizzo 
sposato anche dalla Corte di Cassazione con l�ordinanza n. 17703 del 
27 giugno 2008, di cui sopra, il quale merita di essere condiviso perch� in linea 
con i principi generali disciplinanti l�istituto della prescrizione, il cui termine 
decorre dal momento in cui il diritto pu� essere fatto valere. Non vՏ dubbio, 
infatti, che l�istante determinante l�esordio del potere d�esercizio del diritto 
coincida esattamente con quello in cui � dato registrare il principio del danno 
suscettibile d�indennizzo, ed � giocoforza ritenere che quest�ultimo cada proprio 
al superamento della cosiddetta durata ragionevole. Conseguentemente, e in 
analogia a quanto accade per l�illecito permanente, per il quale la prescrizione 
comincia a decorrere per ciascuna frazione di risarcimento dal giorno in cui il 
relativo danno si � verificato (cfr., per tutte, Cass. n. 5831/2007), il diritto all�equa 
riparazione matura di giorno in giorno dal momento in cui viene superato 
il periodo di ragionevole durata in relazione al protrarsi ingiustificato del processo 
costituente fatto permanente produttivo di danni suscettibili di autonoma 
e frazionata valutazione (26). 
A rigore, merita precisare che il principio test� affermato non subisce al- 
(25) Cfr., ex multiis, Corte d�App. di Napoli, decr. 4 agosto 2008; Corte d�App. di Reggio Calabria, 
decr. 7 novembre 2008 e Corte d�Appello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 2008. 
(26) Sul punto, si riporta il contrario indirizzo espresso dalle Corti d�Appello di Napoli nel decreto 
n. 2327 del 17 marzo 2009, ove si afferma: �il danno indennizzabile ex legge Pinto non sorge di continuo 
e di giorno in giorno, ma solo con il decorso di un termine ragionevole di durata del processo, con la 
conseguenza che, come corollario logico, il principio in base al quale gli effetti dannosi dell�illecito 
permanente si prescrivono di giorno in giorno non � applicabile alla fattispecie in esame.
104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
cuna deroga in virt� della plurioffensivit� della fattispecie presa in considerazione, 
ossia per il fatto che molteplici sono i danni in astratto derivabili dall�eccessiva 
lentezza del processo (patrimoniali, non patrimoniali, perdita di 
chance, etc.) e che, di conseguenza, differenti sono anche i momenti in cui gli 
stessi possono effettivamente venire ad esistenza (27). Ebbene, laddove anche 
uno solo dei danni riportati maturasse solo al momento della conclusione del 
processo, il termine prescrizionale potrebbe farsi decorrere soltanto a partire 
da quell�istante e ci� non di certo a causa di una deroga apposta al caso di specie, 
bens� semplicemente perch� quel particolare danno non pu� considerarsi 
sorto prima di allora (28). Si pu� dire, pertanto, che piuttosto che un solo danno 
(concettualmente e logicamente isolabile) destinato a permanere nel tempo, 
sono concettualmente distinguibili diversi danni, ancorch� della stessa tipologia, 
suscettibili di autonoma considerazione e valutazione, di volta in volta 
prodottisi a causa del reiterarsi della condotta lesiva nel tempo. Con riferimento 
ai danni originatisi successivamente al superamento della durata ragionevole 
e per effetto dell�ulteriore protrarsi del processo nel tempo, la 
prescrizione comincia a decorrere dalla loro verificazione di volta in volta. 
Sempre in punto di dies a quo, non sono mancati giudici decisi a ritenere 
opportuna l�operativit� in astratto della prescrizione solo a partire dalla data 
di entrata in vigore della l. n. 89/2001, osservando come, prima di allora, nessuno 
avrebbe potuto pretendere dal giudice italiano di essere indennizzato per 
l�irragionevole durata di un processo, non essendo stato ancora riconosciuto 
dall�ordinamento nazionale il relativo diritto e mancando, di conseguenza, 
anche la possibilit� legale di esercizio dello stesso, ai sensi dell�art. 2935 c.c. 
(29). Tale tesi poggia sull�assunto che il diritto all�equa riparazione sia sorto 
in forza della legge Pinto o, comunque, che pur trovando anteriormente riconoscimento 
nell�ordinamento nazionale, solo la legge richiamata ne abbia introdotto 
uno strumento di tutela sul piano interno. Entrambi gli argomenti (30) 
Conclusivamente, questo giudicante ritiene che rispetto all�illecito permanente costituito dalla durata 
irragionevole del processo la prescrizione non potrebbe che decorrere dalla cessazione della condotta 
lesiva, cessazione che si realizza con la sentenza definitiva assistita dall�autorit� di giudicato�. 
(27) D�altra parte, in alcuni casi, esiste una tipologia di danni, non patrimoniali, legati alla durata 
del processo indipendentemente dal suo esito decisorio, sicch� l�indennizzo pu� spettare anche al soccombente 
per il solo fatto di essere stato impegnato a lungo in una determinata controversia. Poich� 
trattasi di danni destinati a rimanere tali qualunque sia la successiva evoluzione del processo (si pensi, 
ad esempio, allo stress, allo stato d�incertezza e a tutte le sofferenze che ne derivano�), se ne deve dedurre 
che correlativamente sorge e viene acquisito al patrimonio del soggetto danneggiato un diritto all�indennizzo 
perfettamente esigibile e, come tale, suscettibile di estinzione per prescrizione laddove non 
tempestivamente esercitato. 
(28) In senso conforme, vedi Corte d�Appello di Regio Calabria, sezione civile, decr. 7 novembre 
2008. 
(29) Vedi, ex multiis, Corte d�App. di Brescia, decr. 4 marzo 2005. 
(30) Di cui il primo dovrebbe, a rigore, condurre a ritenere indennizzabili solo ritardi maturati 
successivamente alla data di emanazione della legge n. 89/2001.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 105 
sono, tuttavia, smentiti dalla giurisprudenza della Cassazione, consolidatasi a 
partire dai fondamentali arresti di Cass. Sez. Un. 26 gennaio 2004, n. 1339, 
1340 e 1341 e di Cass. Sez. Un. 23 dicembre 2005, n. 28507. 
Con le prime, le Sezioni Unite hanno identificato il fatto costitutivo prefigurato 
dall�art. 2 della legge 89/2001 proprio del mancato rispetto del termine 
ragionevole di durata del processo stabilito dall�art. 6 della CEDU, negando 
conseguentemente che la fattispecie prevista dalla norma interna assuma connotati 
diversi da quelli stabiliti dalla Convenzione, rispetto alla quale essa andrebbe 
considerata non gi� costitutiva del diritto all�equa riparazione, bens� 
unicamente istitutiva della via di un ricorso interno, prima inesistente, diretta 
ad assicurare una tutela pronta ed efficace alla vittima della violazione del canone 
di ragionevole durata del processo in attuazione del disposto dell�art. 13 
della Convenzione. Con la seconda pronuncia, le Sezioni Unite hanno ulteriormente 
chiarito che non � neppure predicabile una distinzione tra diritto ad 
un processo di ragionevole durata ex art. 6 della CEDU (o, addirittura, ad essa 
preesistente come valore costituzionalmente protetto), e un diritto all�equa riparazione, 
introdotto in forza della legge n. 89/2001, in quanto �la tutela assicurata 
dal giudice nazionale non si discosta da quella precedentemente 
offerta dalla Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza � tenuto a conformarsi 
il giudice nazionale�. 
Alla luce di simili pronunce, sembra corretto sostenere che gi� prima 
dell�entrata in vigore della cd. legge Pinto al cittadino fosse possibile esercitare 
il diritto all�equa riparazione per irragionevole durata di un processo, posto 
che con la citata normativa il legislatore ha solo istituito un rimedio giurisdizionale 
interno di riparazione della lesione di tale diritto, gi� riconosciuto per 
mezzo della legge n. 848/1955 di ratifica della CEDU, in precedenza tutelato 
solo dal ricorso alla Corte Europea (31). 
(31) A tal proposito si consideri che la Convenzione Europea non solo afferma il diritto, sostanziale, 
all�equa riparazione, ma � come detto � prevede anche uno strumento di tutela (sussidiario) che, 
prima dell�introduzione della legge Pinto, rendeva quel diritto direttamente azionabile davanti agli organi 
istituiti dalla CEDU da parte del soggetto che avesse subito danni dalla sua lesione (c.d. ricorso individuale, 
prima subordinato ad una dichiarazione dello Stato membro di riconoscere come obbligatoria la 
giurisdizione della Corte, dichiarazione avvenuta per l�Italia solo con decorrenza dal 1 agosto 1973, 
artt. 25 e 26 della CEDU testo originario; poi reso sempre possibile senza alcuna facolt� di disconoscimento 
da parte degli Stati membri, dopo l�approvazione del Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l�11 
maggio 1994, ed entrato in vigore in Italia l�1 novembre 1998: nuovi artt. 32 e 34 Conv.); inoltre che 
tanto il diritto all�equa riparazione quanto il ricorso individuale davanti agli organi di giustizia internazionali 
devono certamente considerarsi parte integrante dell�ordinamento interno, dato il fatto che la 
CEDU � stata recepita nell�ordinamento interno con la legge 4 agosto 1955 n. 848, in particolare lo strumento 
del ricorso individuale deve ritenersi gi� acquisito nel patrimonio dei diritti dei cittadini italiani 
dal 1 agosto 1973, valendo, dunque, quantomeno da quella data, a integrare la condizione cui l�art. 2935 
c.c. subordina il decorso del termine prescrizionale. 
A ci� si aggiunga la considerazione che, di fatto, la Corte Europea (e prima di essa la Commissione Europea) 
gi� da molti anni prima della l. 89/2001 esaminava richieste di �satisfaction �quitable�, emettendo
106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In ragione di questi argomenti si � ritenuto ragionevole dedurre che l�art. 
2 della legge n. 89/2001 si concreti in una norma sulla giurisdizione. 
Si � argomentato, infatti, che con la ratifica in Italia della CEDU, Ǐ stato 
introdotto nel nostro ordinamento sia il precetto �primario� (rinveniente 
dall�art. 6 della CEDU) che impone allo Stato di garantire ai cittadini una 
giustizia dalla durata non irragionevole, sia il precetto �secondario� o �sanzionatorio� 
(rinveniente dall�art. 41) secondo cui la violazione di questo dovere 
comporta per lo Stato l�obbligo di assicurare al cittadino danneggiato 
un�equa soddisfazione. Nel diritto italiano, dunque, la fattispecie normativa 
sostanziale secondo cui il soggetto leso dall�eccessiva lentezza di un processo 
ha diritto ad essere indennizzato dallo Stato, era gi� presente prima dell�entrata 
in vigore della nostra legge. Quello che mancava al nostro diritto era 
soltanto il momento giustiziale diretto ad accertare la sussistenza dell�obbligo 
riparatorio: momento che, ai sensi dell�art. 34 della Convenzione, si realizzava 
necessariamente davanti alla Corte Europea. La legge n. 89/2001, in attuazione 
dell�art. 13 della Convenzione (e dando quindi concretezza al 
principio secondo cui il singolo Stato deve garantire ai suoi cittadini un effettivo 
rimedio giurisdizionale �interno� contro le violazioni della Convenzione 
stessa) ha finalmente devoluto le controversie sull�eccessiva durata dei processi 
e sulla conseguente obbligazione indennitaria dello Stato, ai giudici italiani.
L�art. 2 della nostra legge, in quest�ottica, si risolve allora in una semplice 
norma sulla giurisdizione: una norma che attribuisce anche alla magistratura 
italiana la potestas iudicandi su queste controversie�(32). 
Sul punto giova osservare a chi scrive che: se � vero che il diritto all�equa 
riparazione trova il suo fondamento nell�art. 6 della CEDU ed ha natura e contenuto 
esattamente identici a quello gi� riconosciuto dall�art. 41 della Convenzione 
medesima, se come tale esso ben pu� essere maturato , in tutto o in 
parte, anteriormente all�entrata in vigore della c.d. legge Pinto; se il ricorso 
giurisdizionale alla Corte Europea era volto proprio a prestare tutela a quel diritto 
e, come tale, era sostanzialmente sovrapponibile al ricorso alla Corte 
d�Appello introdotto dall�art. 3 legge 89/2001; se il primo era ed � tuttora direttamente 
esperibile (in via sussidiaria in caso di insussistenza ma anche di 
inadeguatezza del ricorso interno rispetto allo scopo, imposto dall�art. 13 della 
condanne nei confronti dell�Italia direttamente esecutive nell�ordinamento interno, tanto che la legge 
Pinto � stata emanata proprio e solo al fine di porre argine, attivando il filtro del �previo esaurimento 
dei ricorsi interni� ex art. 35 Conv., all�affollamento di ricorsi davanti alla Corte di Strasburgo. La sovrapponibilit� 
delle tutele � dimostrata anche dalla norma transitoria di cui all�art. 6 della legge Pinto, 
che espressamente dispone che i ricorsi gi� pendenti presso la Corte europea dei diritti dell�uomo e relativi 
alla violazione del termine ragionevole di durata del processo possono essere trasferiti alla Corte 
d�appello competente sula base della nuova disciplina interna, sia pure entro un termine ristretto. 
(32) Cfr. Corte d�Appello di Regio Calabria, Sez. Civile, decreto 7 novembre 2008.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 107 
Convenzione, di consentire una tutela effettiva del diritto) e � soprattutto � lo 
era con esiti immediatamente efficaci, esecutivi e vincolanti nell�ordinamento 
interno; se tutto ci� � vero, non si vede allora perch� il diritto in questione 
possa ritenersi non legalmente tutelabile prima dell�introduzione del nuovo 
ricorso interno per effetto della legge n. 89/2001 e, dunque, impedito nel suo 
esercizio ai fini dell�art. 2935 c.c., se non sulla base di una nozione di legale 
possibilit� di esercizio limitata al solo novero degli strumenti di tutela giurisdizionale 
interna che, per�, non appare imposta da alcun cogente argomento 
sistematico ed, anzi, finirebbe con l�obliterare gli effetti della legge 4 agosto 
1955, n. 848 di ratifica ed esecuzione della CEDU. 
Si ritiene, in altre parole, che il diritto del cittadino ad un processo di ragionevole 
durata non sia stato introdotto nel nostro ordinamento dalla l. 24 
marzo 2001, n. 89, bens� dalla legge n. 848/1955 di ratifica della CEDU, che 
d� immediata rilevanza interna al diritto posto dalla Convenzione. La prima 
normativa si sarebbe soltanto limitata ad istituire uno strumento interno di riparazione 
per la lesione di tale diritto, che in precedenza era tutelato davanti 
alla Corte di Strasburgo (33). Da ci� discende che �il diritto in questione poteva 
essere fatto valere gi� prima del 2001 e nel momento stesso in cui, avendo 
la durata del procedimento oltrepassato il limite della ragionevolezza, la posizione 
soggettiva dell�interessato fosse stata lesa�(34). 
Dalle osservazioni che precedono si snoda, a complicare ancor di pi� l�intera 
tematica, il problema dell�immediata precettivit� del diritto alla ragionevole 
durata del processo sul piano dell�azione. Trattasi di una questione di 
capitale importanza, tesa a valutare se il diritto alla ragionevole durata del processo, 
in quanto fondato direttamente nell�art. 6, par. 1, della CEDU, abbia 
natura di diritto soggettivo perfetto e sia, pertanto, immediatamente precettivo, 
con la logica conseguenza che � essendo stata la Convenzione Europea dei diritti 
dell�uomo ratificata dallo Stato italiano con la L. 4 agosto 1955, n. 848 � 
esso troverebbe piena attuazione sin da allora, anche se solo nel 2001, con la 
cd. legge Pinto, lo Stato italiano ha previsto gli strumenti processuali onde 
consentirne l�esercizio in concreto sul piano interno. 
Sul punto, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14286 del 20 giugno 
2006, ha espressamente ritenuto che pur essendo stata la Convenzione per la 
Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libert� Fondamentali firmata in 
Roma il 4 novembre 1950, ratificata dal Presidente della Repubblica a seguito 
di autorizzazione conferitagli dalla Legge di esecuzione 4 agosto 1955, n. 848, 
ed entrata in vigore il 26 ottobre 1955, la tutela dei diritti umani, fra cui rientra 
la tutela mediante ricorso individuale della durata ragionevole del procedi- 
(33) Cfr. Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza n. 29507/2005. 
(34) E� di questo avviso la Corte d�Appello di Napoli, nei decreti n. 8160 del 14 ottobre 2008, n. 
4449 del 4 agosto 2008 e n. 6416 del 27 ottobre 2008.
108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
mento prevista dall'art. 6, paragrafo 1, decorre solo dal 1 agosto 1973. 
Ci� per la ragione che, ai sensi dell�art. 25, par. 1, della Convenzione, 
che disciplinava prima del Protocollo n. 11 l�accesso dei singoli individui alla 
Commissione, il diritto di ricorso spettante ad ogni persona fisica, vittima di 
una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione, era condizionato all�accettazione 
di una clausola opzionale che imponeva il riconoscimento, da 
parte dell�Alta Parte Contraente chiamata in causa, della competenza della 
Commissione in materia. Tale dichiarazione � stata resa dall�Italia solo il 31 
luglio 1973, con la conseguenza che i fatti precedenti a tale data non costituiscono 
fonte di responsabilit� dello Stato italiano nei confronti del cittadino 
(35).
Ne conseguirebbe che, siccome la finalit� della L. 24 marzo 2001, n. 89, 
particolarmente emergente dai lavori preparatori, � quella di apprestare un rimedio 
giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, anche 
nel quadro dell�istanza nazionale rimarrebbe preclusa al Giudice italiano ogni 
valutazione in ordine al periodo precedente al 1 agosto 1973, data a partire 
dalla quale � riconosciuta la facolt� del ricorso individuale alla Commissione 
(oggi, alla Corte Europea dei diritti dell�uomo), con la possibilit� di far valere 
la responsabilit� dello Stato. 
Nonostante le eccezioni fermamente opposte dagli Avvocati dello Stato, 
molti privati hanno evidenziato come non possa dubitarsi che la citata norma 
pattizia, nella parte in cui prevede che �ogni persona ha diritto ad un�equa 
riparazione e pubblica udienza entro un termine ragionevole� � abbia introdotto 
nel nostro ordinamento giuridico, per altro per mezzo di una legge ordinaria, 
un �diritto soggettivo perfetto�, come tale immediatamente precettivo. 
A riconferma di ci� si � aggiunto che la stessa Convenzione fonda il diritto 
d�azione, stabilendo all�art. 13, con formula non meramente programmatica 
ma d�immediata efficacia, che la medesima persona alla quale � stato appena 
riconosciuto il diritto sostanziale al processo di ragionevole durata (art. 6), ha 
pure �diritto a un ricorso effettivo davanti ad un�istanza nazionale�. 
Le considerazioni espresse dagli avvocati di parte privata certamente lasciano 
terreno fertile allo svilupparsi di riflessioni di portata giuridica non 
poco rilevante, riguardanti non solo la strumentalit� o autonomia del diritto 
d�azione, ma soprattutto il rapporto che intercorre tra questo e il diritto sostan- 
(35) In questo senso � indirizzata anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale � 
premesso che �the declaration made by Italy under Article 25 is, according to its own terms, valid only 
in relation to acts, decisions, facts or events occurring subsequently to 31 July 1973� (Foti e altri c. 
Italia, 10 dicembre 1982) � ha precisato che, in tema di termine ragionevole di durata del processo, il 
periodo rilevante comincia a decorrere, appunto, �from 1 August 1973, when the recognition by Italy of 
the right of individual petition took effect� (Pretto ed altri c. Italia, 8 dicembre 1983), fermo restando 
che �regard must be had, however, to the state of the case at that moment� (Brigandi c. Italia, 19 dicembre 
1991; vedi, altres�, Baggetta c. Italia, 25 giugno 1987).
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 109 
ziale che con l�esercizio dell�azione si fa valere. Evidente che l�interrogativo 
riguarda la possibilit� che la mancanza di uno specifico mezzo di tutela processuale 
sia di per s� circostanza sufficiente ad escludere la sussistenza del diritto 
di cui si invoca la tutela, o se, al contrario, non debba ritenersi che sia il 
diritto sostanziale a costituire una delle condizioni d�esercizio del diritto 
d�azione. 
Secondo l�orientamento rilevante nelle pi� recenti pronunce della Suprema 
Corte (36), �La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali, approvata il 4 novembre 1950, � stata ratificata 
dallo Stato italiano in data 26 ottobre 1955. Essa peraltro non ha dato ingresso 
immediato all�azione di riparazione per violazione del termine ragionevole 
del processo previsto all'art. 6, paragrafo 1, che era condizionata 
all'accettazione di una clausola opzionale consistente nel riconoscimento da 
parte dello Stato contraente della competenza della Commissione (pi� tardi, 
Corte Europea dei diritti dell'uomo) in tale materia: dichiarazione, sopravvenuta, 
per l�Italia, l�1 agosto 1973. 
Ne consegue che solo da tale ultima data si � introdotta una tutela internazionale, 
recepita poi con effetto retroattivo dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, 
che ha prestato in favore della vittima di un ritardo processuale la tutela interna 
individuale (Cass., Sez. 1^, 20 Giugno 2006, n. 14286)�. 
Se, dunque � pur dovendosi ravvisare la fonte di riconoscimento del diritto 
sostanziale all�equa riparazione nella norma contenuta all�art. 6, par. 1, 
della Convenzione � un rimedio giurisdizionale sul piano interno � stato introdotto 
soltanto a partire dal 1 agosto 1973, � d�obbligo ritenere che il dies a 
quo della prescrizione in astratto in materia di legge Pinto non possa giammai 
precedere tale data. 
Alla luce della disamina compiuta, si pu� concludere che il termine prescrizionale 
del diritto all�equa riparazione matura dal momento in cui viene 
superato il periodo di ragionevole durata in relazione al protrarsi ingiustificato 
del processo, ma solo a cominciare dalla data del 1 agosto 1973, data in cui � 
stato istituito il rimedio d�azione a vantaggio dei cittadini. 
Ultima, e non meno intrigante, tematica � quella afferente la durata della 
prescrizione, argomento vieppi� associato a quello della natura giuridica del 
diritto all�equa riparazione. In proposito, preme dare testimonianza della tesi 
manifestata nel corso di alcuni giudizi dall�Avvocatura dello Stato, in specie 
quella partenopea, la quale � evidenziando come la Suprema Corte abbia sempre 
parametrato il danno da lesione alle voci tipiche dell�illecito aquiliano, 
con ci� di fatto riconoscendone l�intrinseca natura risarcitoria � ha ravvisato 
(36) Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 10 luglio 2009, n. 16284; Cass. Civ., Sez. I, 5 dicembre 2008, n. 28828; 
Cass. Civ., Sez. I, 22 ottobre 2008, n. 25587; Cass. Civ., Sez. I, 18 dicembre 2007, n. 26666; Cass. Civ., 
Sez. I, 27 febbraio 2007, n. 4476.
110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
in 5 anni il termine prescrizionale da assegnarsi al diritto all�equa riparazione, 
in ossequio al disposto dell�art 2947 c.c. Si � sostenuto, cos�, che nei giudizi 
in materia di legge Pinto venga in rilievo la responsabilit� risarcitoria oggettiva 
dello Stato, che con una condotta continuativa ha leso il diritto soggettivo assoluto 
della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole 
a far data di inizio della durata del giudizio e fino alla data della 
decisione conclusiva in via definitiva dello stesso. Conseguentemente, si � affermato 
che, in assenza di fatti interruttivi, il diritto all�indennizzo debba ritenersi 
prescritto una volta spirato il termine per i danni verificatisi all�atto del 
superamento del periodo di durata ragionevole e per quelli successivi derivati 
dall�ulteriore protrarsi del processo con il decorso di cinque anni dal loro verificarsi 
via via nel tempo. 
La pi� consolidata giurisprudenza di merito (37), tuttavia, in soluzione 
di continuit� con la tesi che postula la natura indennitaria, e non risarcitoria, 
dell�equo indennizzo, afferma il termine di prescrizione avere durata ordinaria 
decennale, ex art. 2946 c.c., e che, pertanto, l�indennizzo competerebbe a retroagire 
di 10 anni dalla data di notifica del ricorso per equo indennizzo, costituente 
atto introduttivo ai sensi dell�art. 2943, comma 1, c.c. (38). 
Pi� esattamente, per i danni originatisi all�atto del superamento della durata 
ragionevole del processo, la prescrizione inizia a maturare dall�istante in 
cui termina la fisiologica durata del processo fino al giorno anteriore di 10 
anni dalla data di notifica del ricorso per equo indennizzo; analogamente, per 
i danni via via originatisi successivamente nel tempo per effetto dell�ulteriore 
protrarsi del processo, la prescrizione prende avvio dall�istante della loro verificazione 
di volta in volta. 
Dott.ssa Morena Pirollo* 
(37) Vedi, ex multiis, Corte d�Appello di Napoli, decr. n. 8160 del 14 ottobre 2008, n. 4449 del 4 
agosto 2008 e n. 6416 del 27 ottobre 2008; Corte d�Appello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 
2008. 
(38) Cos� Corte d�Appello di Milano, decreto n. 4039 del 16 dicembre 2008. 
(*) Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 111 
Corte di Appello di Napoli, Quarta Sezione Civile, decreto del 17 marzo 2008 - Pres. G. 
Annunziata, Rel. P. Cristiano - G.G. (Avv. P. Varriale) c. Ministero dell�Economia e delle Finanze 
(Avv. dello Stato A. Elefante - AL 1338/09). 
(Omissis) 
Svolgimento del processo 
Con ricorso depositato in data 25-6-2008, G.G. si � rivolto alla Corte d�Appello di Napoli 
chiedendo di essere indennizzato ai sensi della legge 24-3-2001 n. 89 per violazione dell�art. 
6 della Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo. Tanto, per l�eccessiva durata di un giudizio, 
finalizzato al conseguimento del corretto inquadramento in ruolo e delle finanze retributive, 
da lui promosso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania con 
ricorso depositato il 28-10-92, tuttora pendente a distanza di anni 15 e mesi 7 circa, senza 
perlatro, che alcuna udienza fosse stata fissata nelle more. 
Si � costituito il resistente Ministero per mezzo dell�Avvocatura Distrettuale dello Stato 
eccependo la improponibilit� della domanda, qualora mancante l�istanza di cui all�art. 51, 
comma 2, del decreto legge n. 112 del 25-6-2008, convertito con modificazioni in legge 133 
del 6-8-2008 nonch� l�estinzione parziale per prescrizione del diritto azionato ex adverso. Ha 
contestato, inoltre, il resistente la fondatezza della pretesa, sollecitando comunque l�integrale 
compensazione delle spese di lite. 
All�udienza camerale del 24-2-2009 la Corte si � riservata la decisione. 
Motivi della decisione 
(�) Priva di pregio, si aggiunge, � l�eccezione di prescrizione prospettata dall�Avvocatura 
dello Stato, e ci�, atteso il disposto del citato art. 4 che prevede solo l�ipotesi della decadenza 
dal diritto in caso di definizione del giudizio presupposto con sentenza passata in 
giudicato, e non prevede affatto un termine prescrizionale, che questa Corte ritiene incompatibile 
sia con la natura indennitaria della pretesa sia con la necessaria valutazione del rispetto 
di un termine ragionevole di durata collegato a vari fattori e non ad un preciso termine di esordio 
della prescrizione, tantՏ vero che lo stesso art. 4 prevede che la domanda pu� essere proposta 
sia durante la pendenza del giudizio nel cui ambito si assume essersi verificata la 
violazione, sia a giudizio definito. 
In altre parole, poich� l�istituto della prescrizione trova il suo fondamento di rilevanza 
nell�inerzia del titolare del diritto, � concettualmente incompatibile l�istituto in oggetto rispetto 
ai giudizi, come quello in esame, in cui l�inattivit� � necessaria perch� possa maturarsi e possa 
farsi valere il diritto alla riparazione del danno da ritardo. 
(�) Deve ancora rilevarsi che nella materia in esame la condotta pregiudizievole dello 
Stato nella gestione della durata dei processi integra un illecito permanente che cessa con la 
cessazione della condotta lesiva, cio� con la pronuncia definitiva che con autorit� di giudicato 
pone fine alle controversie. 
In proposito �, per�, opportuno chiarire che circa gli effetti dannosi che si producono 
nel patrimonio di un soggetto in conseguenza di un comportamento illecito di un terzo, che 
solo una condotta contraria di quest�ultimo pu� eliminare, la giurisprudenza si � varie volte 
pronunciata nel senso che la prescrizione decorre dalla cessazione del fatto lesivo solo con riguardo 
alle azioni dirette ad ottenere la restituito in integrum (ad esempio, restituzione di un 
fondo, demolizione di un manufatto abusivo, etc.) e non anche relativamente al diverso caso
112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
del diritto alla reintegrazione patrimoniale che soggiace ai termini prescrizionali ( sul punto 
Cass. N. 14861 del 16.11.2000). Sulla scia di questo indirizzo, si �, quindi, affermato il principio 
secondo cui la caratteristica dell�illecito permanente � di dar luogo al risarcimento dei 
danni, che si rinnovano di giorno in giorno e che contestualmente si prescrivono in modo continuo 
(Cass. N. 6512 del 2-4-2004). 
Tanto premesso, si puntualizza che questa Corte non intende mettere in discussione i 
suddetti principi, che sono pienamente condivisibili, volendosi solo evidenziare che essi non 
possono riferirsi alla fattispecie dell�illecito permanente di cui alla legge Pinto, in cui il danno 
indennizzabile non sorge di continuo e di giorno in giorno, ma solo con il decorso di un termine 
ragionevole di durata del processo, con la conseguenza che, come corollario logico, il 
principio in base al quale gli effetti dannosi dell�illecito permanente si prescrivono di giorno 
in giorno non � applicabile alla fattispecie in esame. 
Conclusivamente, questo giudicante ritiene che rispetto all�illecito permanente costituito 
dalla durata irragionevole del processo la prescrizione non potrebbe che decorrere dalla cessazione 
della condotta lesiva, cessazione che si realizza con la sentenza definitiva assistita 
dall�autorit� del giudicato. In teoria quindi i soggetti lesi dalla condotta pregiudizievole, fermo 
restando il loro diritto ad agire anche in pendenza della lite, avrebbero potuto secondo le 
regole del diritto comune far valere il diritto all�indennizzo con la decorrenza del giudicato 
nel rispetto dei termini di prescrizione (quinquennale o, pi� correttamente, decennale, qui non 
interessa); ma opportunamente � intervenuto il legislatore con la previsione del termine di decadenza 
di cui all�art. 4 della legge n. 89 del 2001 al fine di dare certezza ai rapporti giuridici. 
Per completezza si osserva, infine, che neanche potrebbe farsi coincidere l�esordio della 
prescrizione con la pronuncia di primo grado, perch� in astratto nulla esclude che la sentenza 
di primo grado possa intervenire in tempi ragionevoli, ed essere invece seguita da giudizi ulteriori 
in cui la stessa celerit� non sia pi� garantita, e ci� a parte la considerazione che, comՏ 
pacifico, il danno indennizzabile deve essere commisurato alla durata complessiva del giudizio 
presupposto, e non alle singole frazioni in cui, per fasi o gradi processuali, il giudizio stesso 
si articola. 
P.Q.M. 
La Corte d�Appello di Napoli cos� provvede: 
a) accoglie il ricorso per quanto di ragione e, per l�effetto, condanna il Ministero dell�Economia 
e delle Finanze al pagamento in favore di G.G. della di � 6.292,00, oltre interessi legali 
decorrenti dalla data della presente decisione al soddisfo; (�). 
Napoli, 24 febbraio 2009. 
Corte d�Appello di Potenza, Sezione Civile, decreto del 28 aprile 2009 - Pres. T. De Angelis, 
Rel. E. Nesti - A.D.B. snc ed altri (Avv.ti G. Romano e P. Genito) c. Ministero dell�Economia 
e delle Finanze (Avvocatura dello Stato di Potenza - AL 3753/08). 
(Omissis) 
Con atto depositato il 31/10/2008 i ricorrenti indicati in premessa hanno chiesto a questa 
Corte il riconoscimento di un�equa riparazione, ex l. n. 89/2001, per eccessiva durata di un
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 113 
processo dinanzi al giudice amministrativo nel quale avevano assunto la veste di attori dinanzi 
al Tribunale amministrativo della Basilicata. 
Detto processo ha avuto inizio con ricorso depositato il 2/5/2002 ed � stato definito con 
sentenza pubblicata il 2/5/2008. 
Istauratosi il contraddittorio con l�amministrazione convenuta, che ha chiesto il rigetto 
della domanda o la riduzione delle pretese di parte attrice, all�udienza del 10/2/2009, presenti 
i difensori delle parti, che si sono riportati alle rispettive conclusioni, ed acquisite le conclusioni 
del P.G., il quale ha espresso parere favorevole al riconoscimento della somma di � 
1000,00 per ogni anno oltre quello di durata ragionevole del processo, questa Corte si � riservata 
di decidere. 
(�) L�amministrazione resistente eccepisce, in secondo luogo, il termine di prescrizione 
quinquennale previsto dall�art. 2947 c.c. 
Questa Corte ha gi� in altre occasioni avuto modo di affrontare la questione sollevata 
dalla difesa erariale. Il discorso deve muovere dalla natura indennitaria e non risarcitoria della 
prestazione oggetto della lite, come costantemente affermato dalla giurisprudenza. 
Pertanto, il diritto all�equa riparazione ex lege 89/2001 non richiede la verifica n� di un 
illecito contemplato secondo la nozione dell�art. 2043 cc, n� dell�elemento soggettivo della 
colpa a carico del soggetto attivo, ma � ancorato al mero accertamento della violazione dell�art. 
6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo e delle Libert� fondamentali, cio� 
di un evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento in 
una durata ragionevole, configurandosi l�obbligazione avente ad oggetto l�equa riparazione 
non gi� come obbligazione ex delicto, ma come obbligazione ex lege riconducibile, in base 
all�art. 1173 cc, ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformit� 
dell�ordinamento giuridico (arg. ex multiis, Cas. 22-5-2007 n. 118453). 
Non essendosi, dunque, in presenza di un illecito aquiliano ma di una obbligazione ex 
lege, non appare conferente la giurisprudenza invocata da parte convenuta, che si riferisce, 
invece, al diverso caso dell�illecito permanente ed alla conseguente decorrenza de die in diem 
del termine di prescrizione del diritto al risarcimento in relazione ai danni che via via si verificano. 
N� appare configurabile tra il privato titolare del diritto alla ragionevole durata del processo 
e l�amministrazione della giustizia un rapporto obbligatorio di durata in cui distinguere 
i singoli ratei che di volta in volta maturano e che poi si prescrivono, anche perch� il diritto 
all�equa riparazione non � di per s� frazionabile in tante rate distinte quanti sono gli anni o i 
mesi di durata del processo oltre il limite di sua ragionevole durata: invero, la liquidazione 
secondo siffatti parametri temporali, lungi dall�essere dovuta, costituisce soltanto uno � anche 
se assai diffuso � dei possibili criteri di ristoro consentiti dalla legge, ma non esclude che le 
peculiarit� del caso concreto suggeriscano parametri differenti. 
Diversamente opinando si dovrebbe riconoscere il diritto di formulare distinte domande 
per il primo e/o secondo grado di giudizio, cos� come non pu� il giudice scindere l�unica domanda 
proposta, con riferimento all�intero giudizio, atteso che il diritto all�equa riparazione 
e la domanda diretta a farlo valere hanno carattere unitario e non sono suscettibili di essere 
frazionati o segmentati con riferimento ai singoli momenti della vicenda processuale. 
Se, dunque, il diritto di cui all�art. 6 CEDU non � frazionabile in segmenti temporali, 
perch� si tratta di dare una risposta sull�istanza di giustizia di tipo conclusivo, da valutare in 
base al risultato finale e non in relazione ai singoli gradi o stati o in rapporto ai singoli anni, 
di norma esso pu� essere fatto valere nel momento in cui il procedimento � stato definito,
114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
perch� solo in quel momento si pu� avere la visione d�insieme della maggiore o minore congruit� 
dei tempi di risposta giudiziaria resisi necessari in relazione alla natura del contenzioso 
ed alle necessit� istruttorie. 
E� infine sintomatico anche il decorso del termine semestrale di decadenza, che l�art. 4 
legge n. 89/2001 fissa all�atto della definizione del procedimento: in tal modo il legislatore 
ha dimostrato di essere consapevole del fatto che solo in quel momento la parte ha la percezione 
completa del perch� e di quanto la durata del giudizio presupposto abbia superato il limite 
ragionevole. 
Da quanto precede deve dedursi che la prescrizione del diritto all�equa riparazione decorre 
dal momento in cui la parte pu� pienamente rendersi conto del raggiungimento della 
soglia indennizzabile e della misura in cui tale soglia sia stata poi superata, conoscibilit� che 
dipende da una serie di valutazioni globali circa la complessit� del contenzioso. (�). 
P.Q.M. 
La Corte di Appello condanna il Ministero dell�Economia e delle Finanze a pagare a 
ciascuno dei ricorrenti indicati in premessa la somma di euro 3000,00 oltre interessi legali a 
far data dal 31/10/2008 al soddisfo; (�). 
Cos� deciso a Potenza, 22/4/2009. 
Corte d�Appello di Napoli, Sezione Prima Civile, decreto del 4 agosto 2008 - Pres. L. 
Martone, Rel. M. Cristiano - P.G. (Avv. R. Buonfantino) c. Ministero dell�Economia e delle 
Finanze (Avv. dello Stato M. Gerardo, Napoli - AL 12512/08). 
(Omissis) 
P.G., con ricorso in riassunzione depositato il 14 marzo 2008, ha lamentato l�eccessiva 
durata del procedimento da lui promosso dinanzi al TAR della Campania al fine di ottenere 
l�annullamento della delibera della G.M. di Ischia che apponeva un termine finale alla proroga 
del suo mantenimento in servizio quale vigile urbano. 
Ha dedotto che il giudizio, introdotto con ricorso del 18 marzo 1988, � tuttora pendente 
ed ha chiesto, pertanto, la liquidazione della somma di � 33.500 a titolo di risarcimento dei 
danni morali subiti per la violazione del principio di ragionevole durata del procedimento giudiziario 
fissato dall�art. 6, par. 1, della CEDU. 
Il Ministero dell�Economia e delle Finanze si � costituito ed ha eccepito in via preliminare 
la parziale prescrizione dell�azione; in subordine, nel merito, non ha contestato l�an della 
pretesa ma ha chiesto la compensazione delle spese del procedimento. 
Tanto premesso, questa Corte osserva: 
Il ricorso, proposto prima ancora dell�emissione della sentenza di primo grado, � certamente 
proponibile ai sensi dell�art. 4 L. n. 89/01. 
L�eccezione di prescrizione svolta in via preliminare dal Ministero � parzialmente fondata. 
Come � noto, l�obbligo indennitario dello Stato per l�eccessiva durata di un procedimento 
giudiziario pu� sussistere anche se non sia ravvisabile colpa nella gestione del proce-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 115 
dimento stesso da parte del giudice al quale esso � stato affidato, infatti, l�obbligo assunto a 
livello internazionale dalla Repubblica Italiana con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione 
impegna lo Stato unitariamente considerato in tutti i suoi poteri ed in tutte le sue articolazioni 
strutturali, sicch� tutti devono, nei limiti delle loro attribuzioni, concorrere 
all�adempimento di tale obbligo (v. sentenza CEDU 26 ottobre 1988, Martini Moreira c./ Portogallo), 
con la conseguenza che lo Stato risponde non solo per il comportamento negligente 
degli organi giudiziari, ma pi� in genere per il fatto di non aver provveduto ad organizzare il 
proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocit� la 
domanda di giustizia (v. sentenza 12 ottobre 1992, Boddeart c./ Belgio). 
Pertanto se l�eccessivo carico di lavoro, che notoriamente affligge la maggior parte degli 
uffici giudiziari italiani, pu� giustificare sul piano soggettivo il comportamento del singolo 
organo giudiziario, ci� non � rilevante ai fini della valutazione richiesta dalla L. 89/2001, che 
fonda un�obbligazione ex lege e non ex delicto, che sorge per il fatto oggettivo dell�eccessiva 
durata del processo e non gi� per il comportamento doloso o colposo degli organi giudiziari. 
Ne consegue che il termine di prescrizione dell�azione � quello ordinario decennale. 
Peraltro, come la S.C. ha avuto modo di porre in evidenza, il diritto del cittadino ad un 
processo di ragionevole durata non � stato introdotto nel nostro ordinamento dalla L. n. 
89/2001, ma dalla legge n. 848/55 di ratifica della CEDU, che ha immediata rilevanza interna 
al diritto posto dalla convenzione, la L. n. 89/01 si � limitata ad istituire uno strumento interno 
di riparazione per la lesione di tale diritto, che in precedenza era tutelato dinanzi alla Corte di 
trasburgo. Da ci� discende che il diritto in questione poteva essere fatto valere gi� prima del 
2001 e nel momento in cui, avendo la durata del procedimento oltrepassato il limite della ragionevolezza, 
la posizione soggettiva dell�interessato � stata lesa. 
Poich� si tratta di un diritto che matura giorno per giorno mentre si protrae il processo 
irragionevolmente lungo e sino a quando questo non venga definito (comՏ confermato dall�art. 
4 della legge che consente all�interessato di presentare istanza di equa riparazione quando 
il giudizio � ancora in corso) ci si trova in una situazione analoga a quella dell�illecito permanente, 
per il quale la prescrizione comincia a decorrere per ciascuna frazione del risarcimento 
(qui dell�indennizzo) dal giorno in cui il relativo nocumento si � verificato (Cass. n. 5831/07). 
Ora, anche in base ai parametri che possono ricavarsi dalla giurisprudenza della CEDU, 
questa Corte ritiene che per giudizi di ordinaria complessit� e non coinvolgenti questioni di 
rilievo tale da imporre uno straordinario sforzo di efficienza da parte dell�apparato giudiziario, 
una durata triennale per un grado di giudizio sia da considerare ragionevole, posto che ogni 
sistema giudiziario reale deve fare i conti con la contemporanea pendenza di numerosi procedimenti 
e, quindi, per quanto ben organizzato, non pu� non diluire il proprio impegno su 
tutta la massa delle questioni da istruire, studiare e decidere. In sostanza, � fisiologico e socialmente 
accettato che i processi abbiano una certa durata, misurabile in anni. 
Nel caso in esame, avente ad oggetto la richiesta di annullamento di una delibera, il limite 
triennale appare del tutto adeguato. 
Ne consegue che il diritto all�indennizzo del P.G. iniziato a maturare dal 18 marzo 1991, 
risulta prescritto sino al 10 dicembre 1997 (data anteriore di dieci anni al deposito del primo 
ricorso, poi riassunto). 
Va ancora osservato che, per quanto la CEDU, una volta superato il limite della ragionevolezza, 
consideri ai fini della liquidazione dell�indennizzo l�intera durata del procedimento, 
tanto non � consentito al giudice italiano, posto che l�art. 2, c. 3�, lett. a), della legge n. 
89/2001, espressamente sancisce che, ai fini della liquidazione dell�indennizzo riconosciuto
116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dal nostro diritto interno per l�eccessiva durata dei processi, �rileva solamente il danno riferibile 
al periodo eccedente il termine ragionevole�. Pertanto, finch� il legislatore non riterr� 
di modificare tale dettato normativo (che non contrasta n� con le norme di diritto internazionale 
generalmente riconosciute (art. 10 Cost.) n� con i principi fondamentali dell�ordinamento 
comunitario (art. 11 Cost.) n�, infine, con la Convenzione, ma solo con un orientamento ermeneutico 
della Corte di Strasburgo, che non pu� prevalere su di un�espressa disposizione di 
legge, i giudici italiani non potranno che attenervisi. 
In definitiva, pu� riconoscersi al P.G. solo l�indennizzo per il periodo 11 dicembre 
1997/4 luglio 2008 (10 anni e 7 mesi). 
Il P.G. ha chiesto solo l�indennizzo per il danno morale che, secondo i parametri di valutazione 
della CEDU, cui il giudice nazionale � tenuto ad adeguarsi, costituisce conseguenza 
ordinaria del prolungarsi del giudizio oltre i termini di ragionevole durata, sicch� pu� essere 
escluso solo in quei casi in cui specifici elementi di fatto dimostrino che la durata del procedimento 
corrisponde all�interesse del ricorrente (Cass., ss.uu., 26 gennaio 2004 n. 1338). 
(�) 
P.Q.M. 
La Corte d�Appello di Napoli dichiara estinto per prescrizione sino all�11 dicembre 1997 
il diritto all�equa riparazione di P.G. e condanna il Ministero dell�Economia e delle Finanze 
a pagare al ricorrente per tale titolo la somma di � 8.466 oltre agli interessi legali dal 14 marzo 
2008 al saldo (�). 
Napoli, 4 luglio 2008 
Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 26 gennaio 2004 n. 1339 - Pres. Ianniruberto, 
Rel. Lupo - (omissis)(Avv. G. Romano) c. Ministero della Giustizia (Avvocatura generale 
dello Stato). 
(Omissis) 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
(Omissis) 
3.- La soluzione della questione di massima posta alle Sezioni unite esige la considerazione 
della lettera e delle finalit� della L. n. 89 del 2001. 
Come chiaramente si desume dall'art. 2, comma 1, della L. n. 89 del 2001, il fatto giuridico 
che fa sorgere il diritto all'equa riparazione da essa prevista e' costituito dalla "violazione della 
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, ratificata 
ai sensi della L. 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole 
di cui all'arto, paragrafo 1, della Convenzione". La L. n. 89 del 2001, cio�, identifica 
il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo per relationem, riferendosi ad una specifica norma 
della CEDU. Questa Convenzione ha istituito un giudice (Corte europea dei diritti dell'uomo, 
con sede a Strasburgo) per il rispetto delle disposizioni in essa contenute (art. 19), onde non 
pu� che riconoscersi a detto giudice il potere di individuare il significato di dette disposizioni 
e perci� di interpretarle. 
Poich� il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla L. n. 89 del 2001 consiste in una determi-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 117 
nata violazione della CEDU, spetta al Giudice della CEDU individuare tutti gli elementi di 
tale fette giuridico, che pertanto finisce con l'essere "conformato" dalla Corte di Strasburgo, 
la cui giurisprudenza si impone, per quanto attiene all'applicazione della L. n. 89 del 2001, ai 
giudici italiani. 
Non � necessario, allora, porsi il problema generale dei rapporti tra la CEDU e l'ordinamento 
interno, su cui si e' ampiamente soffermato il Procuratore Generale in udienza. Qualunque sia 
l'opinione che si abbia su tale controverso problema, e quindi sulla collocazione della CEDU 
nell'ambito delle fonti del diritto interno, e' certo che l'applicazione diretta nell'ordinamento 
italiano di una norma della CEDU, sancita dalla L. n. 89 del 2001 (e cio� dall'art. 6, p. 1, nella 
parte relativa al "termine ragionevole"), non pu� discostarsi dall'interpretazione che della 
stessa norma da il giudice europeo. 
L'opposta tesi, diretta a consentire una sostanziale diversit� tra l'applicazione che la L. n. 89 
del 2001 riceve nell'ordinamento nazionale e l'interpretazione data dalla Corte di Strasburgo 
al diritto alla ragionevole durata del processo, renderebbe priva di giustificazione la detta L. 
n. 89 del 2001 e comporterebbe per lo Stato italiano la violazione dell'art. 1 della CEDU, secondo 
cui "le Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i 
diritti e le libert� definiti al titolo primo della presente Convenzione" (in cui e' compreso il 
citato art. 6, che prevede il diritto alla definizione del processo entro un termine ragionevole). 
Le ragioni che hanno determinato l'approvazione della L. n. 89 del 2001 si individuano nella 
necessit� di prevedere un rimedio giurisdizionale interno contro le violazioni relative alla durata 
dei processi, in modo da realizzare la sussidiariet� dell'intervento della Corte di Strasburgo, 
sancita espressamente dalla CEDU (art. 35: "la Corte non pu� essere adita se non 
dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne"). Sul detto principio di sussidiariet� si fonda 
il sistema europeo di protezione dei diritti dell'uomo. Da esso deriva il dovere degli Stati che 
hanno ratificato la CEDU di garantire agli individui la protezione dei diritti riconosciuti dalla 
CEDU innanzitutto nel proprio ordinamento interno e di fronte agli organi della giustizia nazionale. 
E tale protezione deve essere "effettiva" (art. 13 della CEDU), e cio� tale da porre rimedio 
alla doglianza, senza necessit� che si adisca la Corte di Strasburgo. 
Il rimedio interno introdotto dalla L. n. 89 del 2001, in precedenza, non esisteva nell'ordinamento 
italiano, con la conseguenza che i ricorsi contro l'Italia per la violazione dell'art. 6 della 
CEDU avevano "intasato" (e' il termine usato dal relatore Follieri nella seduta del Senato del 
28 settembre 2000) il giudice europeo. Rilevava la Corte di Strasburgo, prima della L. n. 89 
del 2001, che le dette inadempienze dell'Italia "riflettono una situazione che perdura, alla 
quale non si e' ancora rimediato e per la quale i soggetti a giudizio non dispongono di alcuna 
via di ricorso interna. Tale accumulo di inadempienze e', pertanto, costitutivo di una prassi 
incompatibile con la Convenzione" (quattro sentenze della Corte in data 28 luglio 1999, su 
ricorsi di Bottazzi, Di Mauro, Ferrari e A.P.). 
La L. n. 89 del 2001 costituisce la via di ricorso interno che la "vittima della violazione" (cosi' 
definita dall'art. 34 della CEDU) dell'art. 6 (sotto il profilo del mancato rispetto del termine 
ragionevole) deve adire prima di potersi rivolgere alla Corte europea per chiedere la "equa 
soddisfazione" prevista dall'art. 41 della CEDU, la quale, quando sussista la violazione, viene 
accor data dalla Corte soltanto "se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette 
che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione". 
La L. n. 89 del 2001 ha, pertanto, consentito alla Corte europea di dichiarare irricevibili i ricorsi 
ad essa presentati (anche prima dell'approvazione della stessa legge) e diretti ad ottenere 
l'equa soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU per la lunghezza del processo (sentenza 6 set-
118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
tembre 2001, Brusco c. Italia). 
Tale meccanismo di attuazione della CEDU e di rispetto del principio di sussidiariet� dell'intervento 
della Corte europea di Strasburgo, per�, non opera nel caso in cui essa ritenga che le 
conseguenze della accertata violazione della CEDU non siano state riparate dal diritto interno 
o lo siano state "in modo incompleto", perch�, in siffatte ipotesi, il citato art. 41 prevede l'intervento 
della Corte europea a tutela della "vittima della violazione". In tal caso il ricorso individuale 
alla Corte di Strasburgo ex art. 34 della CEDU e' ricevibile (sentenza 27 marzo 
2003, Scordino ed altri c. Italia) e la Corte provvede a tutelare direttamente il diritto della vittima 
che essa ha ritenuto non completamente tutelato dal diritto interno. 
Il giudice della completezza o meno della tutela che la vittima ha ottenuto secondo il diritto 
interno e', ovviamente, la Corte europea, alla quale spetta di fere applicazione dell'art. 41 
CEDU per accertare se, in presenza della violazione della norma della CEDU, il diritto interno 
abbia permesso di riparare in modo completo le conseguenze della violazione stessa. 
La tesi secondo cui, nell'applicare la L. n. 89 del 2001, il giudice italiano puo' seguire un'interpretazione 
non conforme a quella che la Corte europea ha dato della norma dell'art. 6 CEDU 
(la cui violazione costituisce il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla detta 
legge nazionale), comporta che la vittima della violazione, qualora riceva in sede nazionale 
una riparazione ritenuta incompleta dalla Corte europea, ottenga da quest'ultimo Giudice l'equa 
soddisfazione prevista dall'art. 41 CEDU. Il che renderebbe inutile il rimedio predisposto dal 
legislatore italiano con la L. n. 89 del 2001 e comporterebbe una violazione del principio di 
sussidiariet� dell'intervento della Corte di Strasburgo. 
Deve, allora, concordarsi con la Corte europea dei diritti dell'uomo la quale, nella citata decisione 
sul ricorso Scordino (relativo alla incompletezza della tutela accordata dal giudice italiano 
in applicazione della L. n. 89 del 2001), ha affermato che "deriva dal principio di 
sussidiariet� che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare 
il diritto nazionale conformemente alla Convenzione". 
Questo dovere per il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, di 
interpretare detta legge in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza 
della Corte europea, opera "per quanto possibile", e quindi solo nei limiti in cui detta interpretazione 
conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001, non potendo 
certo il giudice violare quest'ultima legge, alla quale egli e' pur sempre soggetto (concetto 
esattamente sottolineato nella memoria del Ministero della giustizia). 
Ma un eventuale contrasto tra la L. n. 89 del 2001 e la CEDU porrebbe una questione di conformit� 
della stessa con la Costituzione che, come si e' visto, tutela lo stesso bene della ragionevole 
durata del processo, oltre a garantire i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2). Occorre, 
allora, accertare se possa darsi alla detta legge un interpretazione che sia conforme alla CEDU, 
in applicazione del canone ermeneutico secondo cui va preferita l'interpretazione della legge 
che la renda conforme alla Costituzione. 
(Omissis) 
P.Q.M. 
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello 
di Roma, anche per le spese del giudizio di Cassazione. 
Cos� deciso in Roma, il 27 novembre 2003.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 119 
Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 23 dicembre 2005 n. 28507 - Pres. Carbone, Rel. 
Vitrone - C.C.S. (Avv.ti G.M. Giacomini) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvvocatura 
generale dello Stato). 
(Omissis) 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
Con ricorso depositato il 17 aprile 2002 C.C.S. conveniva in giudizio dinanzi alla Corte d'Appello 
di Genova la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirla condannare al pagamento 
di una somma a titolo di equo indennizzo dei danni patrimoniali e non patrimoniali per la non 
ragionevole durata di cinque giudizi da lui promossi dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale 
per la Toscana, rispettivamente il 6 giugno 1990, il 9 novembre 1993, il 28 novembre 
1997, il 16 febbraio 1998 e il 6 marzo 1998, tuttora in attesa di fissazione dell'udienza di discussione. 
Con decreto del 18 giugno - 17 luglio 2002 la corte adita rigettava la domanda osservando 
preliminarmente che il ricorrente non aveva titolo per far valere eventuali danni riferibili a ritardi 
maturati prima del 18 aprile 2001, data di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001. Quindi, 
passando a esaminare i vari processi pendenti, affermava che per il primo di essi, promosso 
dalla sig.ra M.T.S., madre del ricorrente che in qualit� di erede aveva provveduto alla riassunzione, 
la domanda non poteva trovare accoglimento poich� la riassunzione era avvenuta 
solo il 4 settembre 2001, e non era trascorso neppure un anno dal momento in cui era divenuto 
parte processuale; che per il secondo e il terzo la domanda era priva di fondamento essendo 
decorsi solo tre anni dalla presentazione dell'istanza di prelievo; che parimente infondata doveva 
ritenersi la domanda per il quarto e il quinto processo per i quali l'istanza di prelievo 
non era stata neppure presentata. 
Contro la sentenza ricorre per Cassazione con due motivi C.C.S. 
Non ha presentato difese la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
(Omissis) 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
Con il primo motivo viene denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6, n. 1, 
della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo ratificata con la L. 4 agosto 1955, 
n. 848, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., n. 3, e si contesta l'affermazione secondo cui 
solo dalla data di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 sarebbe sorto il diritto all'equa riparazione, 
prima non esistente nel vigente sistema positivo, con la conseguente esclusione 
della legittimazione degli eredi alla proposizione della domanda di equo indennizzo per l'eccessiva 
durata di un processo instaurato dal loro dante causa prima di tale data. 
La questione � stata sinora decisa in senso negativo dalla giurisprudenza di questa Corte la 
quale ha considerato che la L. n. 89 del 2001 contempla senza limitazioni temporali le violazioni 
del canone di ragionevole durata del processo verificatesi dopo la ratifica della Convenzione 
dei Diritti dell'Uomo, ma che, in assenza di una espressa previsione di retroattivit� della 
norma interna costitutiva del diritto all'equo indennizzo, resta esclusa la nascita di tale diritto 
in capo a un soggetto deceduto prima della sua entrata in vigore e, conseguentemente, la sua 
trasmissibilit� agli eredi (Cass. 11 dicembre 2002, n. 17650; 14 gennaio 2003, n. 360); e ci� 
anche se la parte, poi deceduta, avesse gi� proposto ricorso alla Corte di Strasburgo in quanto 
la fattispecie riparatoria prevista dalla normativa comunitaria non costituiva un diritto azionabile 
dinanzi a un giudice diverso da quello europeo. Tali considerazioni trovavano un ulte-
120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
riore elemento di conferma nel rilievo che la norma transitoria della L. n. 89 del 2001, art. 6 
aveva natura di norma sostanziale e non processuale e non prevedeva alcun traslatio iudicii 
ma consentiva unicamente una circoscritta e limitata applicazione retroattiva del nuovo istituto 
dell'equa riparazione con riferimento ai soli giudizi per i quali si fosse gi� avuto il tempestivo 
deposito del ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo e non fosse ancora intervenuta una dichiarazione 
di ricevibilit� del ricorso stesso (Cass. 4 aprile 2003, n. 5264). 
Ci� premesso, merita accoglimento l'invito a riconsiderare la fondatezza di tale orientamento 
interpretativo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, sulla base dell'evoluzione della giurisprudenza 
delle Sezioni Unite le quali, con le sentenze in data 26 gennaio 2004, nn. 1339, 
1340 e 1341 hanno identificato il fatto costitutivo prefigurato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 
proprio nel mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo stabilito dall'art. 
6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, e hanno negato, conseguentemente, 
che la fattispecie prevista dalla norma interna assumesse connotati diversi da quelli 
stabiliti dalla Convenzione, rispetto alla quale essa andrebbe considerata non gi� costitutiva 
del diritto all'equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, bens� unicamente 
istitutiva della via di ricorso interno, prima inesistente, diretta ad assicurare una tutela pronta 
ed efficace alla vittima della violazione del canone di ragionevole durata del processo in attuazione 
del disposto dell'art. 13 della Convenzione il quale stabilisce il diritto a un ricorso 
effettivo davanti a un'istanza nazionale il cui esperimento preventivo opera, a norma dell'art. 
35 convenzione citata, come condizione di procedibilit� del ricorso alla Corte di Strasburgo 
che, ai sensi dell'art. 34 convenzione citata, era proponibile in via immediata e diretta prima 
dell'introduzione del ricorso negli ordinamenti nazionali. 
Va ricordato al riguardo che l'art. 1 della Convenzione stabilisce che le Parti Contraenti riconoscono 
ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libert� definiti dal titolo 
primo della Convenzione", tra i quali � compreso il diritto ad un processo equo e di durata ragionevole 
(art. 6 citato), che dev'essere tutelato attraverso il ricorso a un'istanza nazionale 
(art. 13 citato), la cui introduzione nell'ordinamento vigente � avvenuta tardivamente, solo a 
seguito del moltipllcarsi delle condanne nei confronti dello Stato in sede comunitaria per il 
pregiudizio derivante dalla non ragionevole durata dei processi. 
La L. 4 agosto 1955, n. 648, provvedendo a ratificare e rendere esecutiva la Convenzione, ha 
introdotto nell'ordinamento interno i diritti fondamentali, aventi natura di diritti soggettivi 
pubblici, previsti dal titolo primo della Convenzione e in gran parte coincidenti con quelli gi� 
indicati nell'art. 2 Cost., rispetto al quale il dettato del la Convenzione assume una portata 
confermativa ed e semplificativa (Corte Cost. 22 ottobre 1999, n. 388). 
La natura immediatamente precettiva delle norme convenzionali a seguito di ratifica dello 
strumento di diritto internazionale � stata gi� del resto riconosciuta esplicitamente dalla giurisprudenza 
di questa Corte che ha affermato l'avvenuta abrogazione della R.D.L. 31 maggio 
1946, n. 511, art. 34, comma 2, nella parte in cui escludeva la pubblicit� della discussione 
della causa nel giudizio disciplinare a carico di magistrati per contrasto con la regola della 
pubblicit� delle udienze sancito dall'art. 6 della Convenzione che pone precisi limiti alla discussione 
della causa a porte chiuse (SS.UU. 10 luglio 1991, n. 7662); parimenti ha riconosciuto 
il carattere di diritto soggettivo fondamentale, insopprimibile anche dal legislatore 
ordinario, al diritto all'imparzialit� del giudice nell'amministrazione della giustizia, con richiamo 
all'art. 6 della Convenzione (Cass. 26 marzo 2002, n. 4297), e, infine, ha espressamente 
riconosciuto la natura sovraordinata alle norme della Convenzione sancendo l'obbligo 
per il giudice di disapplicare la norma interna in contrasto con la norma pattizia dotata di im-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 121 
mediata precettivit� nel caso concreto (Cass. 19 luglio 2002, n. 10542). 
Deve essere quindi superato l'orientamento secondo cui la fonte del riconoscimento del diritto 
all'equa riparazione dev'essere ravvisata nella sola normativa nazionale (Cass. 26 luglio 2002, 
n. 11046; 8 agosto 2002, n. 11987; 22 novembre 2002, n. 16502; 10 aprile 2003, n. 5664; 10 
settembre 2003, n. 13211) e ribadito il principio che il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo 
attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione della norma contenuta nell'art. 6 
della convenzione, di immediata rilevanza nel diritto interno. 
N� appare meritevole di consenso la distinzione adombrata in sede di discussine orale, tra diritto 
ad un processo di ragionevole durata, introdotto dalla Convenzione per la salvaguardia 
dei diritti dell'uomo (o addirittura ad essa preesistente - come valore costituzionalmente protetto), 
e diritto all'equa riparazione, che sarebbe stato introdotto solo con la L. n. 89 del 2001, 
in quanto la tutela assicurata dal giudice nazionale non si discosta da quella precedentemente 
offerta dalla Corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza � tenuto a conformarsi il giudice nazionale 
(SS.UU. 26 gennaio 2004, n. 1340). 
Da ci� consegue che il diritto all'equa riparazione del pregiudizio derivato dalla non ragionevole 
durata del processo verificatosi prima dell'entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 va riconosciuto 
dal giudice nazionale anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto 
prima di tale data il giudizio del quale si lamenta la non ragionevole durata, col solo limite 
che la domanda di equa riparazione non sia stata gi� proposta alla Corte di Strasburgo e che 
questa si sia pronunciata sulla sua ricevibilit�. 
L'accoglimento del primo motivo di ricorso non preclude l'esame del secondo motivo, avente 
natura autonoma, con il quale si lamenta il vizio di motivazione su un punto decisivo della 
controversia con riferimento all'affermazione, posta a fondamento della statuizione di rigetto 
della domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata dei processi pen denti dinanzi al giudice 
amministrativo, secondo cui la mancata o tardiva presentazione dell'istanza di prelievo 
escluderebbe la permanenza di un interesse alla decisione in capo al ricorrente, non essendo 
dato riscontare l'esistenza di una presunzione generale in tal senso. 
Va premesso al riguardo che nel sistema vigente prima dell'entrata in vigore della L. n. 205 
del 2000 - al quale deve farsi riferimento per i giudizi dei quali si lamenta nella specie la non 
ragionevole durata - il processo amministrativo richiede, dopo il deposito del ricorso, un solo 
necessario, infungibile impulso di parte costituito dalla presentazione nei due anni dal deposito 
del ricorso (o dall'ultimo atto della procedura quando venga ordinata un'attivit� istruttoria o 
la causa sia stata cancellata dal ruolo) di un'apposita istanza di fissazione, in mancanza della 
quale la causa si estingue per perenzione; una volta presentata tale istanza, infatti, il processo 
� dominato dal potere di iniziativa del giudice e non costituisce, perci�, adempimento necessario 
l'istanza di prelievo del ricorso dal ruolo, prevista dal R.D. n. 642 del 1907, art. 51, 
comma 2, che ha il solo fine di fare dichiarare il ricorso urgente onde ottenerne la trattazione 
anticipata sovvertendo l'ordine cronologico di iscrizione delle domande di fissazione dell'udienza 
di discussione. 
Orbene, con riferimento al problema dell'individuazione del momento iniziale dal quale decorre 
la durata del procedimento amministrativo instaurato prima dell'entrata in vigore della 
L. n. 205 del 2000 la giurisprudenza prevalente afferma che esso coincide con quello della 
presentazione dell'istanza di prelievo, ritenendo sufficiente a tal fine l'onere posto a carico del 
ricorrente di avvalersene per trarre il ricorso da una condizione di quiescenza e ottenerne l'effettiva 
trattazione, in considerazione del fatto che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 esclude 
l'addebitabilit� all'Amministrazione dei tempi imputabili alla negligente condotta della parte
122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
che non si sia avvalsa dello strumento acceleratorio posto a sua disposizione, sicch� solo dalla 
momento della presentazione di tale istanza il decorso del tempo potrebbe considerar si parametro 
esclusivo di valutazione del comportamento del giudice adito al fine di valutare la ragionevolezza 
della durata del processo (Cass. 5 novembre 2002, n. 15445; 14 novembre 2002 
n. 15992; 17 aprile 2003, n. 6180; 1^ dicembre 2004, n. 22503). 
A tale interpretazione si contrappone un orientamento minoritario secondo cui la mancata presentazione 
dell'istanza di prelievo non pu� influire sul calcolo dei termini del processo, ma 
potrebbe incidere unicamente sulla determinazione dell'entit� dell'equa riparazione spettante 
con riferimento al dettato dell'art. 2056 cod. civ. richiamato nella L. n. 89 del 2001, art. 2, che 
a sua volta richiama l'art. 1227 c.p.c., il quale al comma 2, esclude il risarcimento dei danni 
che il danneggiato avrebbe potuto evitate usando l'ordinaria diligenza, col risultato che la durata 
irragionevole del processo, ancorch� accertata, non potrebbe porsi esclusivamente a carico 
dello Stato (Cass. 6 marzo 2003, n. 3347). 
Va segnalato che successivamente alla ordinanza di rimessione degli atti al Primo Presidente, 
� intervenuta una nuova pronuncia (Cass. 13 dicembre 2004, n. 23187) con la quale, in adesione 
all'orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, 
ha gi� proceduto alla re visione dell'interpretazione sinora prevalente affermando che la lesione 
del diritto ad una ragionevole durata del processo va riscontrata, anche per le cause proposte 
davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso da, l'instaurazione 
del procedimento, senza che su di esso possa incidere la mancata o ritardata presentazione 
dell'istanza di prelievo. 
Tale interpretazione, che ha incontrato il con senso delle decisioni che si sono succedute sulla 
questione in esame (Cass. 21 settembre 2005, n. 18759; 12 ottobre 2005, n. 19801), merita 
ulteriore conferma in considerazione del fatto - evidenziato nella motivazione della citata pronuncia 
- che la presenza di strumenti sollecitatori non sospende n� differisce il dovere dello 
Stato di pronunciare sul la domanda, n� implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilit� 
per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando 
la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell'apprezzamento dell'entit� 
del lamentato pregiudizio. 
In conclusione il ricorso merita accoglimento e conseguentemente il decreto impugnato dev'essere 
cassato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si conformer� ai principi di diritto 
innanzi enunciati. 
Al giudice di rinvio viene rimessa altres� la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione. 
In conclusione il ricorso merita accoglimento e conseguentemente il decreto impugnato dev'essere 
cassato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si conformer� ai principi di diritto 
innanzi enunciati. 
Al giudice di rinvio viene rimessa altres� la pronuncia sulle spese del giudizio di Cassazione. 
P.Q.M. 
La Corte, pronunciando a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia 
la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, cui rimette altres� la pronuncia 
sulle spese del giudizio di Cassazione. 
Cos� deciso in Roma, il 15 dicembre 2005.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 123 
Cassazione civile, Sezione I, sentenza 13 aprile 2006 n. 8712 - Pres. Morelli, Rel. Di Amato 
- M.V. (Avv.to E. Lucchetti) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
(Omissis) 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE 
- che la Corte di appello di Roma, con decreto del 4 marzo 2004, accoglieva limitatamente ai 
danni non patrimoniali la domanda di equa riparazione, proposta da M.V., nei confronti della 
Presidenza del Consiglio dei ministri, per i danni subiti in conseguenza della non ragionevole 
durata di quattro procedimenti instaurati dalla Procura della Corte dei conti dei quali il primo, 
iniziato il 5.2.1988, era stato definito il 14.2.02; il secondo, iniziato il 20.3.1990, era stato definito 
il 22.5.02; il terzo, iniziato il 16.12.1991, era stato definito nel 2002; il quarto, iniziato 
il 18.4.1992, era stato definito il 22.5.02; 
- che, pertanto, con lo stesso decreto la Corte di Appello condannava la convenuta al pagamento 
della somma di Euro 2.000,00 oltre interessi dalla data del decreto, osservando, per 
quanto ancora interessa, che: 1) la durata ragionevole di ciascuno dai procedimenti era da stimare 
in anni sei, laddove uno di essi era durato 14 anni con una eccedenza di otto anni; 2) 
mancava la prova degli asseriti danni patrimoniali; 
- che, avverso detto decreto, M.V. ha proposto ricorso per Cassazione illustrato anche con 
memoria; 
- che la Presidenza del Consiglio dei ministri non ha svolto attivit� difensiva; 
- che il ricorrente con il primo motivo deduce la violazione dell'art. 2056 cod. civ. e della L. 
n. 89 del 2001, art. 2, nonch� il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte 
territoriale aveva liquidato il danno globalmente e non per singolo procedimento, aveva calcolato 
in misura inadeguata l'eccedenza rispetto alla ragionevole durata ed aveva liquidato in 
misura eccessivamente modesta il danno; 
- che il motivo � fondato per quanto di ragione; infatti, i procedimenti pendenti innanzi ad 
uno stesso ufficio giudiziario non possono essere considerati come un unico procedimento, 
atteso che per ciascuno di essi vale il principio della ragionevole durata ed atteso che la violazione 
di tale principio � fonte in relazione a ciascuno di essi di autonomo danno; il motivo 
propone, invece, una generica censura di merito, per tale ragione inammissibile, quanto alla 
individuazione della ragionevole durata dei procedimenti e quanto liquidazione del danno per 
ogni anno di ritardo; 
- che il ricorrente con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 1323, 1226 e 2056 
cod. civ. nonch� il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte Territoriale 
aveva escluso il danno patrimoniale in relazione alle spese sostenute per i quattro procedimenti 
(spese di viaggio, spese legali e perdita di tempo con nocumento per la propria attivit� professionale); 
- che il motivo, indipendentemente dalla possibilit� di individuare un danno in quelle spese 
del giudizio presupposto che nello stesso possono trovare ristoro, � inammissibile in quanto 
non coglie la ratio decidendi, atteso che la Corte Territoriale ha ritenuto non provati gli asseriti 
danni patrimoniali subiti; 
- che il ricorrente con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 1224, 1226 e 2056 cod. 
civ, nonch� il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte Territoriale, anche 
in mancanza di una specifica domanda, non aveva riconosciuto sulle somme liquidate il diritto 
alla rivalutazione ed interessi a far tempo dall'inizio dell'eccedenza rispetto alla ragionevole 
durata dei procedimenti;
124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
- che il motivo � infondato; infatti, questa Corte ha rilevato che il superamento della ragionevole 
durata del processo non d� luogo ad un'obbligazione ex delictu, ma ad un'obbligazione 
ex lege, riconducibile nell'ambito della previsione dell'art. 1173 cod. civ., ed avente natura 
indennitaria; dalla natura dell'equa riparazione ha poi desunto che essa non ha una finalit� interamente 
compensativa, che non potrebbe ritenersi realizzata se la somma liquidata non fosse 
corredata dagli interessi, a decorrere dall'insorgenza dell'obbligazione, cos� come avviene per 
le obbligazioni ex delictu; 
pertanto, gli interessi legali, che tenuto conto della natura dell'obbligazione alla quale accedono 
non hanno finalit� compensativa, possono decorrere, semprech� richiesti, dalla data 
della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della pronunzia 
retroagiscono alla domanda (Cass., 17 febbraio 2003, n. 2382; Cass. 27 gennaio 2004, n. 
1405), nonostante il carattere di incertezza e di illiquidit� del credito prima della pronuncia 
giudiziaria; nessuna rivalutazione pu� essere, invece, accordata in considerazione del gi� ricordato 
carattere indennitario dell'obbligazione; 
- che, pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e 
questa Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti ed alla stregua dei parametri indennitari 
rimasti fissati, pu� pronunziare nel merito liquidando, a titolo di equa riparazione 
del danno non patrimoniale, Euro 2.000,00 per il primo procedimento, Euro 1.500,00 per il 
secondo procedimento ed Euro 1.000,00 ciascuno per il terzo e quarto procedimento; 
- che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. 
P.Q.M. 
accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo ed il terzo motivo; 
cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei 
ministri al pagamento, in favore di M.V., della somma di Euro 5.500,00; condanna la Presidenza 
del Consiglio al rimborso delle spese di giudizio liquidate in Euro 750,00 (di cui 600,00 
per onorari e 150,00 per spese) per il giudizio di primo grado ed in Euro 1.000,00 (di cui 
900,00 per onorari) per il giudizio di Cassazione, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali come 
per legge. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2006. 
Cassazione civile, Sezione I, sentenza 20 giugno 2006 n. 14286 - Pres. Proto, Rel. Giusti - 
T.M. (Avv. A. Centola) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della giustizia 
(Avvocatura generale dello Stato). 
(Omissis) 
MOTIVI DELLA DECISIONE 
1.- Con il primo motivo (violazione dell'art. 111 Cost., dell'art. 6 della Convenzione per la 
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, della "Legge Pinto" n. 89 del 
2001, art. 2 e della L. 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, numeri 
3 e 5), la ricorrente denuncia l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di Napoli allorch� ha 
completamente omesso di considerare tutto il periodo del procedimento intercorso dal 1968
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 125 
al 31 luglio 1973. Essendo stata la Convenzione "ratificata dallo Stato italiano con la L. 4 
agosto 1955, n. 848", la Convenzione stessa troverebbe "piena attuazione sin da allora", anche 
se solo nel 2001 con la "Legge Pinto" lo Stato italiano ha previsto gli strumenti processuali 
onde consentirei l'esercizio in concreto di tale diritto anche direttamente all'interno dello Stato 
italiano. 
2. - Il motivo � infondato. 
2.1. - E' esatto che la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, 
firmata a Roma il 4 novembre 1950, prevedente, all'art. 6, paragrafo 1, il diritto di 
ogni persona a che la sua causa sia decisa entro un termine ragionevole, � stata ratificata dal 
Presidente della Repubblica italiana in seguito ad autorizzazione conferitagli dalla Legge Esecuzione 
4 agosto 1955, n. 848, con deposito dello strumento di ratifica il 26 ottobre 1955 a 
Strasburgo, ed � entrata in vigore per l'Italia lo stesso giorno. 
Senonch�, la giustiziabilit� dei diritti umani, tra cui quello alla ragionevole durata del processo, 
per il tramite del ricorso individuale decorre dal 1 agosto 1973. 
Difatti, ai sensi del vecchio art. 25, paragrafo 1, della Convenzione, che disciplinava, prima 
del Protocollo n. 11, l'accesso degli individui alla Commissione, il diritto di presentare un ricorso 
individuale non era aperto indiscriminatamente nei confronti di tutti gli Stati che avessero 
ratificato la Convenzione, bens� era condizionato alla accettazione di una clausola 
opzionale. In particolare, la citata norma della Convenzione collegava il diritto di ricorso spettante 
ad ogni persona fisica, vittima di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione, 
al fatto che l'Alta Parte Contraente chiamata in causa avesse dichiarato di riconoscere 
la competenza della Commissione in tale materia. 
Tale dichiarazione facoltativa, per l'Italia, � stata fatta dopo un periodo di riflessione, durato 
fino al 1 agosto 1973, con la conseguenza che i fatti precedenti non costituiscono fonte di responsabilit� 
dello Stato italiano nei confronti del cittadino. 
In questo senso � indirizzata la giurisprudenza della Corte di Strasburgo: la quale - premesso 
che � the declaration made by Italy under Article 25 is, according to its own terms, valid only 
in relation to acts, decisions, facts or events occurring subsequently to 31 July 1973 � (Foti e 
altri c. Italia, 10 dicembre 1982) - ha precisato che, in tema di termine ragionevole di durata 
del processo, il periodo rilevante comincia a decorrere, appunto, � from 1 August 1973, when 
the recognition by Italy of the right of individual petition took effect � (Pretto ed altri c. Italia, 
8 dicembre 1983), fermo restando che � regard must be had, however, to the state of the case 
at that moment � (Brigandi c. Italia, 19 dicembre 1991; v., altres�, Baggetta c. Italia, 25 giugno 
1987). 
Ne consegue che, siccome la finalit� della L. 24 marzo 2001, n. 89, particolarmente emergente 
dai lavori preparatori, � quella di apprestare in favore della vittima della violazione del diritto 
alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione, un rimedio giurisdizionale 
interno analogo alla prevista tutela internazionale, deve ritenersi che, anche nel quadro 
dell'istanza nazionale, al calcolo della ragionevolezza dei tempi processuali sfugga - corrispondentemente 
alla competenza, ratione temporis, della Corte di Strasburgo - il periodo di 
svolgimento del processo anteriore al 1 agosto 1973 - data a partire dalla quale � riconosciuta 
la facolt� del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte europea dei diritti dell'uomo), 
con la possibilit� di far valere la responsabilit� dello Stato -, dovendosi peraltro tener 
conto dello stato in cui la causa si trovava a quel momento. 
(Omissis)
126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
P.Q.M. 
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo ed il 
terzo; cassa, in relazione alle censure accolte, il decreto impugnato e rinvia la causa, anche 
per le spese, alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema 
di Cassazione, il 9 maggio 2006.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 127 
Sul rapporto fra tutela costitutiva e risarcitoria 
nel giudizio amministrativo 
Osservazioni sulla disapplicazione dei provvedimenti 
presupposti favorevoli al privato 
(Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 21 aprile 2009 n. 2435) 
La problematica del rapporto fra azione di annullamento e azione di risarcimento 
nell�ambito del giudizio amministrativo viene per lo pi� affrontata 
sotto il profilo della c.d. pregiudizialit� amministrativa. 
La sentenza che qui si commenta (1) si concentra, invece, su un diverso 
e connesso aspetto, quello avente ad oggetto le conseguenze che, sul piano 
dell�azione risarcitoria, pu� produrre una declaratoria di improcedibilit� del 
ricorso finalizzato all�annullamento dell�atto amministrativo lesivo. 
Sotto il profilo sostanziale, poi, la sentenza � percorsa da un filo conduttore 
che si pu� riassumere nei seguenti interrogativi: come deve essere effettuato 
il �giudizio prognostico� propedeutico al risarcimento di un interesse 
legittimo pretensivo? In astratto o in concreto? E soprattutto: pu� il giudice 
disapplicare provvedimenti favorevoli al privato sui quali si fonda la pretesa 
risarcitoria? 
Particolarmente rilevante, allo scopo di mettere a fuoco l�esatto contenuto 
delle questioni giuridiche emergenti e delle relative soluzioni, � la ricostruzione 
dei fatti di causa. 
Il fatto e la decisione del T.A.R. 
La vicenda decisa dal Consiglio di Stato trae origine da una procedura di 
gara indetta dal Commissario Straordinario per le opere d�integrazione dell�acquedotto 
del Sele-Calore, opere indicate tra quelle di valore strategico per 
effetto della delibera CIPE n. 121/2001. 
La ditta seconda classificata, impugnato il provvedimento di aggiudicazione, 
ne contesta la legittimit� sotto il profilo della mancata esclusione dalla 
gara della ditta vincitrice; quest�ultima, da parte sua, proponendo ricorso incidentale, 
segnala vari motivi per cui la ricorrente principale avrebbe dovuto 
a sua volta essere esclusa dalla procedura. 
In pendenza di giudizio, motivando sulla base del preminente interesse 
(1) Quando il presente contributo era gi� in fase di pubblicazione, � apparso il commento alla 
stessa sentenza di F. CORTESE, Il danno da provvedimento illegittimo e il �dover essere� del procedimento, 
in Giorn. dir. amm., 2009, 10, 1060 ss.
128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nazionale alla celere realizzazione dei lavori, la stazione appaltante stipula il 
contratto d�appalto con l�impresa aggiudicataria. Ci� viene a comportare l�applicabilit� 
alla fattispecie della norma di cui all�art. 246, comma 4, del D.Lgs. 
n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), ai sensi del quale, nei giudizi davanti 
agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure 
di progettazione, approvazione e realizzazione delle infrastrutture e 
degli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale, �la sospensione 
o l�annullamento dell�affidamento non comporta la caducazione del 
contratto gi� stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene 
solo per equivalente�. 
Non avendo pi� interesse all�annullamento dell�aggiudicazione � che in 
ogni caso non potrebbe pi� mettere in discussione l�attribuzione dell�appalto 
alla ditta prima classificata � la societ� aziona in via autonoma l�unica forma 
di tutela ormai possibile, cio� il risarcimento del danno provocatole dalla mancata 
aggiudicazione. 
Nell�ambito del separato giudizio instaurato con l�azione risarcitoria, n� 
l�amministrazione, n� la ditta vincitrice, provvedono a costituirsi. 
Si cominciano a questo punto a delineare le peculiarit� del �casus belli� 
da dirimere: l�assenza di contraddittori in sede di giudizio risarcitorio, sommata 
alla necessit� di dichiarare l�improcedibilit� per sopravvenuta carenza 
di interesse dei ricorsi principale ed incidentale aventi ad oggetto l�aggiudicazione, 
sembrerebbero assicurare al proponente della domanda di risarcimento 
una favorevole posizione processuale e, quindi, ottime chances di 
accoglimento della propria pretesa. La collocazione al secondo posto in graduatoria 
� una volta dimostrata l�illegittimit� dell�ammissione alla gara dell�impresa 
vincitrice � dovrebbe infatti garantire alla ricorrente, secondo le 
prospettazioni di quest�ultima, la spettanza dell�equivalente risarcitorio dell�aggiudicazione 
negatale. 
Sennonch� il giudice amministrativo di primo grado risolve la questione 
in modo profondamente diverso, peraltro accompagnando la decisione con affermazioni 
di principio di notevole momento. 
Dopo aver disposto la riunione dei giudizi introdotti con il ricorso principale 
e con il ricorso per il risarcimento del danno, il T.A.R. Lazio (2) sviluppa 
infatti il seguente ragionamento: vero � che il ricorso per l�annullamento, unitamente 
al ricorso incidentale, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta 
carenza di interesse, ma ci� non toglie che il giudice 
amministrativo, dovendo accertare � ai fini risarcitori e sulla base di un �giudizio 
prognostico� � la spettanza del bene della vita (in tal caso l�aggiudicazione) 
alla ricorrente, possa comunque trarre dal ricorso incidentale proposto 
a difesa del provvedimento impugnato gli argomenti di prova da porre a fon- 
(2) Nella sentenza della Sezione I, n. 11330 del 19 novembre 2007. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 129 
damento della propria decisione. 
Si afferma, in altri termini, il principio secondo cui il giudice amministrativo, 
per accertare la sussistenza in relazione ad una situazione di interesse 
legittimo pretensivo del danno ingiusto ai sensi dell�art. 2043 c.c., pu� ex officio 
servirsi di �qualunque fonte di prova inerente al rapporto di cui sia a conoscenza 
perch� acquisita agli atti di quel giudizio o di un giudizio connesso�. 
La circostanza che il ricorso incidentale sia stato dichiarato improcedibile non 
costituisce pertanto ostacolo a che il giudice ne utilizzi il contenuto per respingere 
la pretesa risarcitoria. In concreto, ci� consente al T.A.R. di escludere 
l�ingiustizia del danno lamentato dalla ricorrente principale, in quanto la stessa 
avrebbe dovuto essere estromessa dalla gara per le ragioni indicate nel ricorso 
incidentale dell�aggiudicataria. 
Le difese delle parti in grado di appello (3) 
La motivazione cos� sinteticamente riportata viene fatta oggetto di 
un�acuta critica in grado di appello. La difesa della societ� ricorrente mette in 
evidenza come il ragionamento del T.A.R., se portato alle estreme conseguenze, 
avrebbe per effetto la paradossale situazione per cui il giudice amministrativo, 
potendo/dovendo rilevare d�ufficio eventuali illegittimit� in sede 
di prognosi sulla spettanza del bene della vita, sarebbe costretto a riconsiderare 
ogni volta tutta l�attivit� procedimentale e provvedimentale compiuta dall�amministrazione, 
allo scopo di verificare che l�intero operato di quest�ultima sia 
stato svolto correttamente. In una fattispecie come quella in causa, ci� comporterebbe 
che il giudice, una volta rilevata l�illegittimit� dell�aggiudicazione 
alla prima classificata, prima di disporre il risarcimento del danno in favore 
della seconda, dovrebbe accertare non solo la legittimit� della collocazione al 
secondo posto in graduatoria di quest�ultima, ma anche la legittimit� della sua 
ammissione alla gara, dell�esclusione di eventuali concorrenti, nonch�, ancor 
pi� a monte, la legittimit� del bando, della decisione di realizzare l�opera e 
via dicendo. In sostanza, dovrebbe essere sottoposta a riesame tutta l�attivit� 
propedeutica all�attribuzione finale del bene della vita, in quanto ogni eventuale 
illegittimit� nella vicenda amministrativa presa in considerazione sarebbe 
idonea a privare del requisito della �ingiustizia� il danno lamentato dal ricorrente. 
Per evitare questo risultato, si sostiene che il giudice dovrebbe attenersi 
scrupolosamente alle allegazioni delle parti in causa, senza mettere in discussione 
la legittimit� di provvedimenti non specificamente contestati nell�ambito 
del giudizio dinanzi a lui. Ne consegue che il T.A.R., avendo rilevato d�ufficio, 
(3) Le difese riportate in sintesi risultano in parte dagli atti di causa e in parte dalla discussione 
orale, alla quale chi scrive ha assistito personalmente.
130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
con l�ausilio di un ricorso incidentale dichiarato improcedibile e relativo ad 
un giudizio connesso, l�illegittimit� della partecipazione alla gara della ditta 
ricorrente, avrebbe ecceduto i limiti segnati dagli articoli 112 e 115 del codice 
di procedura civile, in ordine alla corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato 
(4) e alla disponibilit� delle prove (5). 
La correttezza di questo argomentare viene avvalorata, secondo la difesa 
della societ� ricorrente, dallosservazione delle dinamiche processualcivilistiche. 
Si propone, cos�, il seguente esempio: si pensi che Tizio (venditore), dopo 
avere stipulato con Caio un contratto di compravendita, scopra, prima ancora 
di consegnare la merce a Caio, che quest�ultimo ha approfittato della sua buona 
fede per �strappargli� un prezzo di molto inferiore a quello di mercato. Ignorando 
che il contratto potrebbe essere annullato, Tizio decide di distruggere la 
merce pur di non consegnarla all�acquirente in mala fede; Caio, a questo punto, 
pu� chiedere al giudice il risarcimento del danno derivante dall�inadempimento 
del venditore. Si ipotizzi che Tizio rimanga contumace nell�ambito del 
giudizio cos� introdotto. Ebbene, la domanda che si pone �: pu� mai il giudice 
ordinario, in assenza di eccezioni di parte sul punto, rilevare d�ufficio l�annullabilit� 
del contratto sottostante al fine di rigettare l�istanza risarcitoria proposta 
dall�acquirente in mala fede? 
Poich� la risposta al quesito appare negativa, si vuole con ci� dimostrare 
che neppure al giudice amministrativo dovrebbe essere consentito rilevare 
d�ufficio l�illegittimit� dell�ammissione in graduatoria della seconda classificata, 
al fine di negare alla stessa � una volta acclarato che la prima classificata 
avrebbe dovuto essere esclusa � il risarcimento del danno derivante dalla mancata 
aggiudicazione. 
A queste osservazioni la difesa dell�amministrazione replica che il giudice 
di primo grado non ha affatto esorbitato dai limiti previsti dall�art. 115 c.p.c., 
in quanto egli ha soltanto effettuato un tipico giudizio prognostico finalizzato 
a verificare la sussistenza del danno ingiusto ex art. 2043 c.c.. A questo fine, 
egli ha non solo il potere, ma anche il dovere di accertare d�ufficio che la pretesa 
del ricorrente non si fondi su un fatto la cui �illegittimit�� priverebbe del 
requisito dell�ingiustizia il pregiudizio asseritamene subito. 
In funzione rafforzativa di questo argomento, si propongono diversi 
esempi dai quali � possibile desumere l�esistenza del principio generale dell�ordinamento 
secondo cui nessuno pu� pretendere di trarre vantaggio da una 
situazione di illegittimit�. Si cita, in questo senso, la consolidata giurisprudenza 
della Cassazione che, in caso di espropriazione di un fondo sul quale 
(4) Si lamenta soprattutto la violazione della norma di cui al secondo periodo dell�art. 112 c.p.c., 
secondo cui il giudice �non pu� pronunciare d�ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto 
dalle parti�. 
(5) Il primo comma dell�art. 115 c.p.c. stabilisce che �Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice 
deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero�. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 131 
sia stato realizzato un manufatto abusivo, esclude che il valore di quest�ultimo 
possa essere preso in considerazione ai fini del computo dell�indennizzo (6); 
e si cita, ancora, il noto orientamento del giudice amministrativo in materia di 
sindacato sull�eccesso di potere, per cui non � possibile invocare la disparit� 
di trattamento quando l�atto che funge da parametro di comparazione sia illegittimo 
(7). Un conferma normativa di questo principio si pu� inoltre individuare 
nella disposizione (8) che � a differenza di quanto previsto per la revoca 
� non prevede alcun indennizzo per il privato in caso di annullamento d�ufficio, 
in quanto l�illegittimit� originaria del provvedimento annullato esclude 
che al privato spettasse il bene sottrattogli con il provvedimento di secondo 
grado. 
All�esempio tratto dal diritto privato del contratto di vendita annullabile, 
si replica infine che, mentre l�azione di annullamento si prescrive in cinque 
anni, la relativa eccezione pu� essere fatta valere senza limiti di tempo quando 
la parte sia convenuta per l�adempimento del contratto (9); ci� ad ulteriore 
conferma che non � possibile fondare una pretesa risarcitoria su un presupposto 
illegittimo. 
La decisione del Consiglio di Stato 
La sentenza 21 aprile 2009, n. 2435 della Sezione IV del Consiglio di 
Stato, che ha confermato la pronuncia del T.A.R., si caratterizza per l�approccio 
particolarmente dogmatico con cui affronta le diverse questioni sottoposte 
al suo scrutinio. Ampi sono gli spazi concessi all�illustrazione delle motivazioni, 
cos� come numerosi sono i rinvii alla giurisprudenza pregressa. 
Ne risulta un quadro fin troppo articolato di argomentazioni giuridiche, 
non sempre poste in rapporto di consequenzialit� rispetto alle deduzioni delle 
parti (in sintesi riportate nel paragrafo precedente) e di stretta strumentalit� rispetto 
alle problematiche da sciogliere in concreto. 
Ci� premesso, l�intento che ci si propone � quello di estrapolare dal complesso 
iter motivazionale della pronuncia i passaggi fondamentali per dare risposta 
agli interrogativi posti in apertura. 
a) Il primo di questi interrogativi riguarda la possibilit� di utilizzare i mo- 
(6) Cfr., tra le pi� recenti, Cass. civ., Sez. Un., 10 marzo 2008, n. 6272 e Cass. civ., Sez. I, 14 settembre 
2007, n. 26260. 
(7) Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 29 aprile 2008, n. 1234; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 
7 aprile 2006, n. 778; Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7243; Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 
1998, n. 1163; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 1994, n. 1071. 
(8) Si allude all�art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del 
2005. 
(9) Il quarto comma dell�art. 1442 del cod. civ. stabilisce infatti che: �L�annullabilit� pu� essere 
opposta dalla parte convenuta per l�esecuzione del contratto, anche se � prescritta l�azione per farla valere
�.
132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
tivi di un ricorso incidentale dichiarato improcedibile nell�ambito di un giudizio 
connesso e riunito a quello risarcitorio, per rigettare la domanda introduttiva 
di quest�ultimo. 
Ebbene, su questo punto il giudice amministrativo di secondo grado si 
mostra privo di incertezze nell�affermare che �la concomitanza di azione annullatoria 
e risarcitoria�, ancorch� proposte con separati ricorsi, impone al 
giudice di conoscere �in via principale dell�unitario episodio in contestazione
�, tenuto conto che �l�interesse risarcitorio permane in un contesto (riunito) 
nel quale la domanda di risarcimento dei danni � sostanzialmente 
contestuale a quella di legittimit�, seppure questa ha poi preso la piega dell�improcedibilit�
�. 
Si afferma che la stretta connessione tra la domanda caducatoria e quella 
risarcitoria si spiega con la necessit� di accertare che l�operato dell�amministrazione 
si configuri come antigiuridico, giacch� soltanto in questo caso � 
possibile predicare l�esistenza di un �danno ingiusto�, risarcibile ai sensi dell�art. 
2043 c.c. Ma l�antigiuridicit� dev�essere apprezzata con specifico riferimento 
alla situazione del soggetto che lamenta il danno, il che impone di 
verificare � attraverso un esame prognostico condotto alla luce della normativa 
vigente � che in assenza dell�illegittimit� denunciata il soggetto avrebbe ottenuto 
il bene della vita anelato. A questo fine il giudice pu� certamente servirsi 
degli atti che si riferiscono al giudizio annullatorio, a nulla rilevando che, per 
via dell�art. 246 del codice dei contratti pubblici � non potendone derivare effetti 
concreti su una situazione di fatto ormai consolidatasi �, questo sia stato 
dichiarato improcedibile. 
Il fatto, cio�, che il giudice di primo grado, per motivi di economia processuale, 
abbia optato per la declaratoria di improcedibilit� dei ricorsi principale 
ed incidentale, non pu� precludergli l�esame del loro contenuto in sede 
di valutazione della fondatezza della pretesa risarcitoria. Diversamente opinando 
si verrebbe ad incidere sulla realt� giuridica sostanziale per effetto di 
una statuizione puramente processuale, neppure lontanamente sorretta, nel 
caso di specie, da ragioni di garanzia del diritto di difesa. 
N� � possibile sostenere, ad avviso del collegio giudicante, che, operando 
in questo modo, il giudice si sia appropriato degli spazi riservati per legge all�attivit� 
delle parti, nello specifico pronunciandosi su eccezioni non rilevabili 
d�ufficio. Questo perch�, si fa notare, all�interno del nostro ordinamento processuale 
vige �il principio dell�acquisizione delle prove, in forza del quale il 
giudice � libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze 
istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro 
ingresso nello stesso giudizio (�) o in altro tra le stesse parti (�)� (10). Se a 
(10) Vengono citati, in questo senso, i precedenti Cass. Civ., III, 10 ottobre 2008 n. 25028 e Cass. 
Civ., SS.UU., 8 aprile 2008 n. 9040.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 133 
ci� si aggiunge che il ricorso incidentale, secondo l�orientamento maggioritario 
della giurisprudenza (11), pur essendo formalmente un�autonoma azione 
di impugnazione, costituisce in realt� un�eccezione in senso tecnico, si ha 
che il giudice non ha fatto altro che pronunciarsi su un�eccezione di parte. 
Avendone rilevato la fondatezza, il corollario da trarne non pu� che essere 
nel senso della mancanza di danno ingiusto, in quanto il ricorrente, dovendo 
essere escluso dalla gara, mai avrebbe potuto conseguire l�affidamento del 
contratto. 
b) Vi �, in tale conclusione, l�implicita risposta al secondo interrogativo 
rilevante in questa sede, cio� se il giudizio prognostico debba essere compiuto 
tenendo conto dell�astratto quadro normativo applicabile alla fattispecie, ovvero 
se si debba attribuire rilievo ad una valutazione probabilistica del modo 
in cui avrebbe potuto agire in concreto l�amministrazione, in assenza della 
illegittimit� denunciata dal proponente l�istanza di risarcimento. 
La questione si � posta all�interno del processo in esame, in quanto l�impresa 
ricorrente aveva svolto, tra l�altro, questo argomento: una volta esclusa 
la ditta prima classificata, l�amministrazione non si sarebbe certo accorta che 
anche la seconda in graduatoria non era in regola con i requisiti di partecipazione, 
quindi le avrebbe assegnato l�appalto. 
In quest�ottica, il giudice dovrebbe assumere, nel compiere il giudizio 
prognostico, non gi� il punto di vista astratto di un�amministrazione chiamata 
ad agire sulla base di determinate regole, bens� quello concreto della specifica 
amministrazione agente, e considerare quindi con quale probabilit� quest�ultima 
avrebbe conferito il bene della vita alla ricorrente. Con il risultato che il 
risarcimento, in questo caso, non potrebbe che atteggiarsi alla stregua di una 
perdita di chance. 
Sennonch� il Consiglio di Stato ha implicitamente smentito tale opzione, 
affermando che l�antigiuridicit� del danno, come condizione per il sorgere 
del risarcimento, deve essere valutata �in base ad un ipotetico giudizio prognostico 
(virtuale) da condurre con riferimento alla normativa positiva di 
settore secondo i suoi effetti tipici� e che �quel che rileva ai fini risarcitori, 
non � l�essere del procedimento, bens� il suo dover essere secondo legge�. 
Se ne ricava, per deduzione, che si pu� ricorrere al criterio della perdita 
di chance soltanto quando non vi siano dubbi sulla legittimit� dell�aspettativa 
del privato, ma il soddisfacimento della stessa dipenda da valutazioni di op- 
(11) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2007, n. 2356; Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 
2005, n. 4407; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2004, n. 3456. 
In dottrina, sono numerosissimi i contributi dedicati alla tematica del ricorso incidentale. Tra i pi� recenti, 
si segnala quello assai approfondito di R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio 
amministrativo di primo grado (Con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali), in 
Dir. proc. amm., 2009, p. 285 ss., al quale si rinvia per una ricognizione dell�ampia bibliografia in materia. 

134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
portunit� riservate all�amministrazione (12) (quindi in corrispondenza di atti 
discrezionali). Questa situazione potrebbe verificarsi proprio in materia di appalti, 
giacch� il Consiglio di Stato afferma, riportandosi alla propria giurisprudenza 
precedente, che �nel caso in cui sia stato pronunciato l�annullamento 
giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione in un procedimento di 
pubblico appalto, per effetto della illegittima ammissione alla gara del soggetto 
primo classificato, �non � immediatamente operabile lo scorrimento 
della graduatoria con l�aggiudicazione dell�appalto al secondo classificato� 
(13)�. L�amministrazione rimane libera, infatti, di decidere nel pubblico interesse 
se vi siano le condizioni per stipulare il contratto con il secondo in graduatoria, 
ovvero se sia pi� opportuno indire una nuova gara. 
Ne deriva che, in un�ipotesi del genere, il secondo classificato potrebbe 
ottenere il risarcimento del proprio interesse legittimo solo provando il consi- 
(12) Quella del risarcimento da perdita di chance � una problematica molto complessa, sulla quale 
si registrano in giurisprudenza opinioni eterogenee. Secondo una linea argomentativa pi� volte seguita 
dal Consiglio di Stato, la perdita di chance si identifica con un danno attuale derivante non gi� dalla 
perdita di un risultato utile, bens� dalla perdita della possibilit� di conseguirlo. Ai fini del risarcimento 
occorre distinguere tra probabilit� di riuscita (che d� luogo ad una chance risarcibile) e mera possibilit� 
di conseguire l�utilit� sperata (che d� invece luogo ad una chance irrisarcibile). L�accertamento in ordine 
alla concretezza della probabilit� deve essere effettuato statisticamente attraverso �un giudizio sintetico 
che ammetta, con giudizio ex ante, secondo l�id quod plerumque accidit, sulla base di elementi di fatto 
forniti dal danneggiato, che il pericolo di non verificazione dell�evento favorevole, indipendentemente 
dalla condotta illecita, sarebbe stato inferiore al 50%�. Cos� Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 
686, ripreso da Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323. Cfr. anche, nello stesso senso, Cons. 
Stato, Sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3340 e Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1622. La sentenza n. 
5323/2006 � commentata criticamente da F. CORTESE, Evidenza pubblica, potere amministrativo e risarcimento 
del danno da perdita di chance, in Giorn. dir. amm,, 2007, p. 174 ss.. In altre occasioni, in 
particolare con riferimento ad ipotesi caratterizzare dalla persistenza in capo all�amministrazione di significativi 
spazi di discrezionalit� amministrativa pura, il Consiglio di Stato ha aderito all�impostazione 
secondo cui al giudice sarebbe preclusa l�indagine ai fini risarcitori � anche in termini di perdita di 
chance � sulla spettanza del bene della vita, ammettendosi il risarcimento solo dopo e a condizione che 
l�Amministrazione, riesercitato il proprio potere, abbia riconosciuto all�istante il bene della vita. Nel 
qual caso, il danno ristorabile non pu� che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento 
del bene anelato. In tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 15 aprile 2003, n. 1945. Con specifico riguardo 
alla materia dell�evidenza pubblica, poi, non sono mancate sentenze nelle quali il risarcimento 
per equivalente della perdita di chance � stato negato sul presupposto che la ripetizione della gara, in 
seguito all�annullamento dell�aggiudicazione, desse vita ad una fattispecie di reintegrazione in forma 
specifica della chance violata. V. Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2002, n. 4435 e Cons. Stato, Sez. 
VI, 18 settembre 2001, n. 6281. 
In dottrina, fra i numerosi i contributi in argomento, si segnalano: G. FALCON, Il giudice amministrativo 
tra giurisdizione di legittimit� e giurisdizione di spettanza, in Dir. proc. amm., 2001, p. 287 ss.; F. FRACCHIA 
Risarcimento danni da c.d. lesione di interessi legittimi: deve riguardare solo le posizioni a risultato 
garantito?, in Foro it., 2000, p. 481; A. DI MAJO, Danno ingiusto e danno risarcibile nella lesione di 
interessi legittimi, in Corr. giur., 2000, p. 388 ss.; R. PARTISANI, Lesione di un interesse legittimo e danno 
risarcibile: la perdita di chance, in Resp. civ. prev., 2000, p. 566 ss.; M. Protto, Responsabilit� della 
P.A. per lesione di interessi legittimi: alla ricerca del bene perduto, in Urb. app., 2000, 1005 ss.; D. 
PAPPANO, Potere amministrativo e responsabilit� civile. La riconsiderazione delle categorie dogmatiche, 
Napoli, 2008, p. 114 ss. 
(13) Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 135 
stente grado di probabilit� che l�amministrazione avrebbe optato, in seguito 
all�annullamento dell�aggiudicazione, non gi� per la ripetizione dell�intera 
procedura, bens� per lo scorrimento della graduatoria gi� formata. 
Brevi riflessioni sugli interrogativi irrisolti. Sulla disapplicabilit� di provvedimenti 
illegittimi che costituiscono il presupposto di pretese giurisdizionali 
di soggetti privati 
In aggiunta a quelli direttamenti esaminati, l�interessante caso giurisprudenziale 
qui descritto induce ad affrontare un altro profilo sul quale permangono 
elementi di incertezza. 
Si allude alla problematica legata alle modalit� e ai limiti che debbono 
presiedere allo svolgimento del c.d. giudizio prognostico da parte del giudice 
amministrativo. 
Si � visto che, nel caso esaminato, il giudice ha concluso per l�insussistenza 
di un �danno ingiusto� in quanto, sulla base delle allegazioni contenute 
nel ricorso incidentale proposto in un giudizio connesso, risultava che la ricorrente 
seconda classificata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara. 
Ma cosa sarebbe accaduto se quel ricorso incidentale non fosse stato proposto? 
Avrebbe potuto il giudice, d�ufficio, mettere in discussione la legittimit� 
dell�ammissione in graduatoria dell�impresa ricorrente �cercando nelle carte� 
le ragioni di una sua potenziale esclusione dalla gara? 
In ordine a questo interrogativo, non sembrano potersi cogliere nella sentenza 
del Consiglio di Stato precise indicazioni per una risposta. Diversamente, 
dalla sentenza del giudice di primo grado emerge una chiara inclinazione verso 
l�opzione affermativa, laddove si asserisce che �il potere di accertamento degli 
elementi costitutivi della fattispecie [risarcitoria] deve estendersi alla verifica 
dell�effettiva spettanza del bene della vita, il che pu� avvenire in qualunque 
modo, anche con l�eventuale esercizio di poteri istruttori attivabili d�ufficio, 
indipendentemente dalle deduzioni formulate dalle parti�. 
In termini generali, la domanda che ci si pone pu� essere tradotta in questo 
modo: fin dove si estendono i confini della vicenda amministrativa che il 
giudice pu� legittimamente prendere in considerazione in sede di giudizio prognostico? 
E quali poteri d�ufficio pu� egli esercitare? 
� chiaro che si tratta di un punto cruciale, la cui soluzione � destinata ad 
influire in molti casi sull�an del risarcimento. Il problema � capire se il giudice 
amministrativo possa constatare d�ufficio, al fine di disapplicarlo, l�illegittimit� 
del provvedimento che costituisce il presupposto della pretesa risarcitoria 
azionata dal privato (14). Se cos� fosse, gli spazi per il risarcimento si restrin- 
(14) L�esempio � proprio quello della collocazione al secondo posto in graduatoria, quando l�aggiudicazione 
sia stata annullata per mancata esclusione del vincitore.
136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
gerebbero in modo significativo, perch� la disapplicazione del provvedimento 
priverebbe di fondamento la pretesa che lo presuppone. 
A ben vedere la questione che occorre esaminare non � del tutto nuova, 
essendo gi� stata affrontata dalla giurisprudenza con riferimento a fattispecie 
simili (15), anche se non sempre afferenti controversie di ordine risarcitorio. 
D�altra parte il vero nodo da sciogliere non esaurisce la propria rilevanza all�interno 
della problematica della responsabilit� civile dell�amministrazione, 
ma coinvolge, pi� in generale, le dinamiche funzionali dell�intera giustizia 
amministrativa. 
� noto che, dopo un longevo orientamento negativo in ordine alla possibilit� 
di disapplicare i regolamenti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato 
ha mutato indirizzo, affermandone per la prima volta la disapplicabilit� nella 
famosa sentenza n. 154 del 1992 (16). Di qui in poi la tesi favorevole alla disapplicazione 
c.d. normativa si � consolidata attraverso numerose altre pronunce 
(17). 
Per altro verso, lo stesso Consiglio di Stato � costante nel ritenere che al 
giudice amministrativo non sia consentito disapplicare provvedimenti puntuali 
(18), perch� questo, oltre a non rientrare formalmente fra i poteri di sua spettanza, 
si tradurrebbe di fatto nell�elusione del termine perentorio di impugnazione 
degli atti amministrativi. La circostanza che questo argomento figuri 
sistematicamente tra le motivazioni a sostegno della c.d. pregiudizialit� amministrativa 
(19), sta a significare che il giudice amministrativo utilizza il divieto 
di disapplicazione come elemento ostativo all�accesso alla tutela 
risarcitoria (degli interessi legittimi) dinanzi a lui. 
Occorre ora verificare se lo stesso principio debba valere anche nell�ipotesi 
opposta, in cui il divieto di disapplicazione finirebbe per avvantaggiare, 
anzich� pregiudicare, il ricorrente, la cui pretesa sia fondata su un provvedimento 
presupposto illegittimo. 
Un caso di questo tipo � stato deciso dal T.A.R. Sardegna, con una sentenza 
che non � sfuggita all�attenzione della dottrina (20). La fattispecie ri- 
(15) V. note 20 e 27. 
(16) Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154. Per una trattazione completa del tema della disapplicazione 
dei regolamenti si rinvia al lavoro di F. CINTIOLI, Potere regolamentare e sindacato giurisdizionale. 
Disapplicazione e ragionevolezza nel processo amministrativo sui regolamenti, Torino, 
2007. 
(17) Ex multis, v. Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 1993, n. 799; Cons. Stato, Sez. IV, 20 febbraio 
1996, n. 222; Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2183; Cons. Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 
6657; Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 2003, n. 2750; Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5099. 
(18) V., ad esempio, Cons. Stato, Ad. plen., 3 febbraio 1998, n. 1; Cons. Stato, Sez. V, 4 febbraio 
2004, n. 367; Cons. Stato, Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5005; Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 2005, n. 
5992; Cons. Stato, Sez. IV, 6 marzo 2006, n. 1124; Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5295; Cons. 
Stato, Sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2552. 
(19) V. nota 24.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 137 
guardava un provvedimento, adottato da un comune, di indizione di una gara 
avente ad oggetto lavori di ampliamento della rete idrica. Questi lavori erano 
compresi, per�, all�interno dell�oggetto di una precedente e ancora vigente 
convenzione, stipulata dal comune stesso con una societ� dal medesimo partecipata 
in via minoritaria e affidataria diretta della concessione del servizio 
idrico. Tale affidamento diretto, mai impugnato, contrastava col diritto comunitario, 
nello specifico con la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia 
di in house providing, perch� la societ� concessionaria difettava del requisito 
del c.d. �controllo analogo�. Questa societ�, impugnando il bando, ne chiedeva 
l�annullamento, in quanto l�appalto di lavori messo a gara rientrava, come 
detto, nell�oggetto della propria concessione. 
Ebbene il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, affermando che, 
per quanto la giurisprudenza sia ampiamente consolidata contro la disapplicabilit� 
di atti puntuali non impugnati (ancorch� anticomunitari (21) ), ci� non 
pu� valere �nel caso in cui il ricorrente non contesti l�atto emanato in violazione 
del diritto comunitario, ma, al contrario, fondi su di esso le propri ragioni
�. In questo caso la disapplicazione diviene possibile, perch� 
maggiormente conforme a �canoni di legittimit� sostanziale e non meramente 
formale� dell�azione amministrativa. 
Non vi � ragione di limitare alle sole ipotesi di illegittimit� per violazione 
del diritto comunitario la ratio decidendi di questa sentenza. Ad avviso di chi 
scrive, infatti, la soluzione adottata dal giudice sardo non dipende dalla causa 
dell�illegittimit� provvedimentale, ma trova giustificazione nel principio sostanziale 
sopra ricordato � desumibile da diversi orientamenti giurisprudenziali 
e disposizioni normative (22) � secondo cui nessuno pu� pretendere di trarre 
vantaggio da una situazione di illegittimit�, neppure quando questa si sia ormai 
consolidata. Costituisce specificazione di questo principio il noto brocardo 
temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum, recepito dall�art. 1442, 
comma 4, c.c. 
Impostata in questi termini, la questione che si affronta in questa sede potrebbe 
trovare una prima soluzione proprio nel riconoscere al giudice amministrativo 
il potere di disapplicare atti presupposti illegittimi ogniqualvolta su 
di essi si fondino pretese, risarcitorie o annullatorie, avanzate dai privati. 
(20) La sentenza � la n. 549 del 27 marzo 2007, commentata da M. MACCHIA, La violazione del 
diritto comunitario e l��eccezione disapplicatoria�, in Giorn. dir. amm., 2007, p. 859 ss. 
(21) Per la problematica della disapplicazione degli atti amministrativi contrari al diritto comunitario, 
v. i recenti contributi apparsi in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, 2, ad opera di: M.P. CHITI, Le peculiarit� 
dell�invalidit� amministrativa per anticomunitariet�, p. 477 ss.; G. GRECO, Illegittimit� 
comunitaria e pari dignit� degli ordinamenti, p. 505 ss.; G. MONTEDORO, Il giudizio amministrativo fra 
annullamento e disapplicazione (ovvero dell'"insostenibile leggerezza" del processo impugnatorio), p. 
519 ss.
(22) V. supra note 6 e 7.
138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Si tratterebbe quindi, come � stato giustamente osservato, di introdurre il 
principio secondo cui il divieto di disapplicazione, anzich� valere in ogni caso, 
verrebbe ad operare soltanto in malam partem rispetto al privato ricorrente 
(23). 
Sennonch� questa soluzione non appare condivisibile. 
Non appare condivisibile perch� delle due l�una: o il giudice amministrativo 
� effettivamente sprovvisto del potere disapplicatorio, e allora non si pu� 
ammettere che ne faccia esercizio (neppure e soltanto) in danno del privato; 
oppure egli � titolare di questo potere, nel qual caso dovrebbe esercitarlo anche 
in favore del ricorrente, a cominciare dalle ipotesi di risarcimento del danno 
richiesto senza la previa impugnazione del provvedimento lesivo. 
La coerenza interna alla giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia 
di pregiudiziale amministrativa non pu� tollerare un atteggiamento ondivago 
in ordine alla spettanza al giudice amministrativo del potere di disapplicazione. 
Infatti, proprio perch� l�impossibilit� per il g.a. di disapplicare atti amministrativi 
non regolamentari � stata affermata con decisione in una serie di importanti 
sentenze (24), si deve ritenere che rappresenti una regola processuale 
�ferrea�, non suscettibile di applicazione differenziata in dipendenza del concreto 
atteggiarsi della pretesa sostanziale avanzata in giudizio. 
Forse perch� consapevole di ci�, lo stesso Consiglio di Stato (25), nel 
grado d�appello della fattispecie decisa dal TAR Sardegna (26), ha annullato 
la sentenza di quest�ultimo con la motivazione che un provvedimento amministrativo 
in contrasto con il diritto comunitario non pu� essere sic et simpliciter 
disapplicato dal giudice amministrativo, ma deve essere rimosso con il 
ricorso ai poteri di autotutela di cui dispone l�amministrazione. Con la precisazione, 
peraltro, che l�esercizio di tali poteri obbedisce anche in questi casi 
ai principi � oggi codificati all�art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 � 
della corrispondenza dell�atto di secondo grado all�interesse pubblico e della 
garanzia, anzitutto procedimentale, degli interessi incisi. 
In un altro caso (27), poi, il Consiglio di Stato ha negato espressamente 
che il mancato rilievo in fase di gara della carenza di un requisito di ammissione 
possa essere fatto valere come eccezione, da parte della p.a., in sede di 
giudizio promosso da un�impresa contro l�atto di aggiudicazione. Questo perch� 
�l'ammissione alla gara [�] � sorretta dalla presunzione di legittimit� 
ed efficacia che assiste in generale gli atti amministrativi�, con la conseguenza 
(23) Cfr. M. MACCHIA, op. cit., p. 865. 
(24) V. Cons. Stato, Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4, in www.giustamm.it, con commento di G. 
BACOSI, Per l�Adunanza, ormai � chiaro: il G.A. non �risarcisce disapplicando� ma �demolisce risarcendo�; 
Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3338; Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 952. 
(25) Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263. 
(26) V. nota 20. 
(27) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11 maggio 2006, n. 2637.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 139 
che potr� essere caducata soltanto per effetto di una formale impugnazione 
proposta con ricorso incidentale dalla ditta controinteressata, ovvero, per 
quanto riguarda l�amministrazione, in base all�esercizio del potere di autotutela 
(28).
Se ne ricava che n� l�amministrazione pu� invocare la disapplicazione di 
un provvedimento illegittimo per sottrarsi ad un�azione demolitoria, n�, a maggior 
ragione, pu� provvedervi il giudice d�ufficio (29). 
Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi con riferimento ad un�azione 
risarcitoria � ancorch� promossa per la tutela di interessi pretesivi �, giacch� 
non si rinvengono motivazioni idonee a giustificare in linea di principio un 
diverso trattamento di questa ipotesi (30). In tal caso il giudizio pronostico 
sulla spettanza del bene della vita al ricorrente dovr� muovere da una base di 
partenza che non potr� pi� essere posta in discussione (se non da parte dell�amministrazione 
in via di autotutela): questa coincider� con il provvedimento 
(28) Nel caso deciso, l�impresa ricorrente aveva ottenuto l�annullamento in primo grado dell�aggiudicazione 
e la reintegrazione in forma specifica rappresentata dall�assegnazione del contratto in suo 
favore; dopodich�, proponendo appello, l�amministrazione faceva notare � circostanza di cui non si era 
fin l� avveduta � che l�impresa vittoriosa in primo grado non era a suo tempo legittimata a partecipare 
alla gara. Ebbene il Consiglio di Stato ha dichiarato l�inammissibilit� di questa deduzione, in quanto 
essa �non rientra [�] tra le eccezioni in senso sostanziale di cui all'art. 345, comma 2, c.p.c�, suscettibili 
di proposizione per la prima volta in grado di appello. Ma non solo: il giudice ha altres� specificato che 
�Sul piano processuale, la deduzione di una carenza dei requisiti di ammissione in capo alla ricorrente, 
non rilevata in sede di procedura di gara, da parte dell'Amministrazione appaltante, non avrebbe costituito 
motivo di rigetto (o di dichiarazione di inammissibilit�) del ricorso di primo grado neppure se 
fosse stata dedotta in quella sede, proprio perch� a ci� ostava la presunzione di legittimit� e di operativit� 
degli atti amministrativi ancorch� illegittimi. Tale carenza, perci�, non avrebbe potuto essere rilevata 
dal giudice d'ufficio (ma, appunto, solo su domanda proposta con ricorso incidentale da una 
controinteressata), n� fatta valere dall'Amministrazione al di fuori del caso suddetto dell'autoannullamento, 
dovendo altrimenti ammettersi un'integrazione postuma, in sede giudiziale, dell'attivit� amministrativa 
sostanziale, lasciata nelle mani dell'Amministrazione "secundum eventum litis".In 
conclusione, l'eventuale mancato rilievo della carenza del requisito di ammissione alla gara non costituisce 
eccezione in senso processuale o sostanziale, � deducibile solo come motivo di ricorso incidentale, 
e non si converte in motivo di appello ove, come nel caso, l'Amministrazione sostenga di esser venuta 
a conoscenza del vizio solo successivamente alla pronunzia di primo grado�. 
(29) La sesta sezione del Cons. Stato, nella sentenza 12 aprile 2000, n. 2183, ha affermato che 
�l�istituto della disapplicazione (o invalidazione), postulando un rapporto diretto di stampo genetico tra 
fonte normativa e provvedimento, non � estensibile al caso in cui, in occasione dell�adozione del provvedimento 
impugnato (�), possa essere stato sul piano motivazionale considerato, congiuntamente ad 
altri elementi, il rapporto con un diverso ed inoppugnato provvedimento (�), applicativo della norma 
regolamentare asseritamente illegittima. Non si pu� infine non rimarcare la difficile armonizzabilit� con 
la caratterizzazione impugnatoria del processo amministrativo di legittimit�, e pi� in generale con il 
principio processuale della domanda, di una soluzione che, per il tramite di un�anomala disapplicazione 
in peius, si traduce nella vanificazione - o comunque nel riscontro dell'illegittimit� - di un provvedimento 
favorevole al ricorrente e, pertanto, da questi non impugnato e, quindi, non oggetto di cognizione da 
parte del Giudice�. 
(30) Si consideri, tra l�altro, che nel caso da ultimo riportato, la domanda annullatoria dell�impresa 
ricorrente era accompagnata anche da una richiesta risarcitoria, accolta dal giudice nella forma della 
reintegrazione in forma specifica. 
140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
presupposto sul quale il privato fonda la propria pretesa, che il giudice dovr� 
considerare alla stregua di un dato di fatto onde verificare il prevedibile esito 
che la successiva attivit� amministrativa avrebbe (legittimamente) prodotto. 
Il che equivale a dire che il giudizio di spettanza non potr� divenire la sede 
per un sindacato potenzialmente idoneo ad investire la legittimit� di tutto 
l�operato a monte della decisione illegittima fonte del danno, ma dovr� piuttosto 
riguardare soltanto lo stesso episodio amministrativo che viene in considerazione 
in sede impugnatoria, nei limiti del thema decidendum segnato dai 
motivi del ricorso e dell�eventuale ricorso incidentale. 
Neppure, a stretto rigore, potrebbe trovare applicazione, in via analogica 
nell�ambito del giudizio amministrativo, la regola dell�art. 1442, comma 4, 
c.c.. Evidentemente, infatti, anche in presenza di un�eccezione ritualmente sollevata, 
diretta a far valere l�illegittimit� del provvedimento presupposto (31) 
(con il fine di escludere la spettanza al privato del bene della vita connesso al 
provvedimento successivo), il giudice dovrebbe comunque effettuare una disapplicazione 
che esula, come tale, dal suo strumentario (32). 
Ancor pi� fondate appaiono queste conclusioni se si fa proprio il condivisibile 
ordine concettuale recentemente privilegiato dal Consiglio di Stato, 
secondo cui �Il principio della pregiudiziale non si fonda (�) sull�impossibilit� 
per il giudice amministrativo di esercitare il potere di disapplicazione, ma 
sull�impossibilit� per qualunque giudice di accertare in via incidentale e senza 
efficacia di giudicato l�illegittimit� dell�atto, quale elemento costitutivo della 
fattispecie della responsabilit� aquiliana ex art. 2043 cod. civ.� (33). Tale 
orientamento � che conduce a considerare infondata nel merito, e non gi� 
inammissibile, la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento 
non impugnato � muove dal presupposto per cui �la mancata impugnazione 
dell�atto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo 
precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione 
dei relativi effetti ed imponendone l'osservanza ai consociati�; il che evidentemente 
�impedisce che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita 
la condotta tenuta dall�Amministrazione in esecuzione dell'atto inoppugnato� 
(34).
(31) � molto dubbio, peraltro, che una simile eccezione possa essere sollevata dalla stessa amministrazione 
che ha adottato il provvedimento presupposto: questa infatti dovrebbe al limite annullare il 
provvedimento illegittimo esercitando i propri poteri di autotutela. 
(32) Tra l�altro, come rileva G. GRECO, La Cassazione conferma il risarcimento autonomo dell�interesse 
legittimo: progresso o regresso del sistema?, in Dir. proc. amm., 2009, p. 488, proprio l�art. 
1442, comma 4, cod. civ. dimostra come vi sia una profonda diversit� fra gli istituti del contratto e del 
provvedimento, �perch�, mentre l�annullabilit� del contratto pu� sempre essere eccepita (anche se � prescritta 
la relativa azione), l�illegittimit� del provvedimento inoppugnabile non pu� certo essere fatta valere 
per neutralizzarne l�esecuzione�. 
(33) V. nota successiva. 
(34) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917, nonch� Cons. Stato, Sez. VI, 21 aprile
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 141 
Orbene, se � vero che l�assetto di interessi scolpito da un provvedimento 
illegittimo non pu� pi� considerarsi contra ius in seguito al decorso infruttuoso 
del termine di impugnazione (35), allora l�impossibilit� per il giudice di re- 
2009, n. 2436, che rimette all�Adunanza plenaria la questione sull�esistenza della pregiudizialit� amministrativa, 
previo esame della compatibilit� della soluzione negativa data dalla Corte di Cassazione, 
nelle ordinanze 13 giugno 2006, n. 13659 e 13660, e, quindi, nella lettura da questa datane dell�art. 7 
legge n. 1034 del 1971, con il principio di ragionevolezza anche sistematica e con i principi di cui agli 
artt. 111, 81, 97, 103 e 113 Cost.. Per un commento di quest�ultima sentenza v. F. CORTESE, Corte di 
Cassazione e Consiglio di Stato sul risarcimento del danno da provvedimento illegittimo: motivi ulteriori 
contro e per la c.d. �pregiudizialit� amministrativa�, in Dir. proc. amm., 2009, p. 511 ss. V., ancora, le 
seguenti sentenze: Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 587; Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2008, 
n. 3059; Cons. Stato, Ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12; Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2007, n. 2136. 
(35) Di contrario avviso, ovviamente, � la Corte di Cassazione, la quale (da ultimo nella sentenza 
delle Sezioni Unite, 23 dicembre 2008, n. 30254, reperibile in www.giustamm.it, con commenti di A. 
ROMANO TASSONE, F. SATTA, R. VILLATA, C. MARRONE, P. CARPENTIERI, R. GISONDI, P. QQUINTO E M.A. 
SANDULLI) muove dal presupposto secondo cui �la circostanza che la parte che potrebbe avere interesse 
all'annullamento dell'atto non lo chieda non comporta che esso divenga valido o cessi di essere rilevante 
la contrariet� del comportamento alla sua regola [�] Nel diritto amministrativo, l'inoppugnabilit� non 
si traduce in convalidazione del provvedimento illegittimo, di cui resta possibile l'annullamento dall'amministrazione 
che lo ha emesso. E perci� se, per non esserne stata chiesta la sospensione, l'atto 
non perde efficacia e pu� continuare ad essere eseguito, il comportamento tenuto, prima nell'adottarlo 
e poi nell'eseguirlo, non perde i suoi tratti di comportamento illegittimo, fonte di responsabilit�, per il 
fatto che dell'atto neppure sia stato poi chiesto l'annullamento�. Secondo la Corte, ancora, quando si 
discute sulla spettanza del risarcimento del danno, �si deve accertare che la parte ha subito un danno 
per effetto della mancata realizzazione del suo interesse e questo a causa dell'esercizio illegittimo della 
funzione pubblica�. Si esercita, dunque, �un potere che nulla ha a che vedere con quello di disapplicazione, 
che al contrario consiste nel tenere per non prodotti quegli effetti di un atto, che rilevano come 
presupposto della legittimit� del provvedimento, esso oggetto della domanda di annullamento�. Si tratta 
di un argomento pi� volte espresso dalla dottrina, per cui ai fini del risarcimento �non si tratta di considerare 
l�atto come non avesse prodotto alcun effetto ma, all�inverso, di verificare, nell�analisi principaliter 
degli elementi costituitivi dell�illecito, che esso ha prodotto un effetto nefasto, la cui perniciosit� 
si intende elidere sul piano risarcitorio�. Cos� F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, Milano, 
2003, p. 558. Per un�analoga impostazione v. L. TORCHIA, Commento, in Giorn. dir. amm., 2003, p. 584; 
F. VOLPE, Una falsa soluzione al problema del pregiudiziale annullamento dell'atto amministrativo illegittimo 
nelle azioni risarcitorie per lesione di interesse legittimo, in Corr. giur., 2004, p. 348; M. ALLENA, 
La pregiudizialit� amministrativa fra annullamento e tutela risarcitoria, in Dir. proc. amm., 2006. 
Contrario alla disapplicazione, e critico con l�impostazione descritta, � G. GRECO, Inoppugnabilit� e 
disapplicazione dell�atto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale (note a difesa della c.d. 
pregiudizialit� amministrativa), in Riv. it. dir. pubbl. com., 2006, p. 523 s., secondo il quale la ricostruzione 
della Corte di Cassazione �trascura la �forza giuridica� del provvedimento e, cio�, la sua attitudine 
a realizzare un assetto di interessi, incompatibile � ove non venga rimosso � con ogni pretesa illiceit��. 
Poich� infatti, come rileva l�Autore, la persistente efficacia del provvedimento amministrativo costituisce 
titolo legittimante della condotta o dell�omissione che ne costituisce esecuzione, per potersi qualificare 
tale condotta o omissione in termini di illecito, occorre rimuovere il detto titolo. Ci� che pu� effettuarsi 
soltanto attraverso l�annullamento, ovvero attraverso la disapplicazione del provvedimento. In altri termini, 
sostiene Greco, valutare il provvedimento e la sua illegittimit� semplicemente come fatto rilevante 
ai fini del risarcimento significa depotenziarlo della sua capacit� di produrre effetti (in particolare di 
rendere lecita la sua esecuzione), il che si traduce nel non applicarlo come tale, e quindi nel disapplicarlo. 
D�altra parte, se l�attivit� esecutiva di un provvedimento illegittimo non impugnato � lecita e anzi doverosa, 
non si comprende come potrebbe contemporaneamente considerarsi illecita ai fini del risarcimento, 
senza con ci� violare il principio di non contraddizione dell�ordinamento. In tal senso, dello 
stesso Autore, v. anche La Cassazione conferma, cit., p. 493.
142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
spingere una pretesa privata che sia fondata su un provvedimento (presupposto) 
illegittimo ma inoppugnato, non dipender� da una preclusione di ordine 
processuale (come la mancanza del potere di disapplicazione), bens� da un elemento 
di carattere sostanziale: non sar� cio� possibile asserire l�ingiustizia del 
fondamento sostanziale della domanda proposta. 
�Segue: peculiarit� dell�evidenza pubblica 
Se quella finora espressa � l�impostazione teorica che si ritiene pi� coerente 
con le caratteristiche sistemiche della giustizia amministrativa (36), bisogna 
nondimeno effettuare alcune precisazioni con specifico riguardo alla 
materia dell�evidenza pubblica, che � poi l�ambito nel quale si � verificata la 
fattispecie in commento. 
Occorre tenere presente che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, in 
caso di procedure di gara la collocazione al secondo posto in graduatoria non 
d� automaticamente diritto all�attribuzione dell�appalto, una volta che sia stata 
annullata l�aggiudicazione in favore della prima classificata. L�amministrazione 
infatti, almeno fino alla stipulazione del contratto, conserva la facolt� 
di escludere dalla gara, per difetto dei necessari requisiti, uno o pi� concorrenti 
gi� ammessi, nonch� di richiedere agli stessi il completamento della documentazione 
atta a dimostrare la regolarit� della loro partecipazione. Ma se � 
cos�, allora la valutazione compiuta d�ufficio dal giudice in sede di giudizio 
di spettanza sulla illegittimit� della collocazione in graduatoria dell�impresa 
ricorrente, non si traduce nella disapplicazione di un provvedimento non impugnato; 
in realt� l�operazione logica che il giudice � chiamato ad espletare � 
diversa, e consiste nel valutare come l�amministrazione avrebbe dovuto agire 
Autorevoli sostenitori della pregiudizialit� amministrativa sono anche, fra gli altri, G. FALCON, Il giudice 
amministrativo tra giurisdizione di legittimit� e giurisdizione di spettanza, cit., p. 312 ss.; G. ROSSI, Diritto 
amministrativo, Milano, 2005, p. 449; M.A. SANDULLI, Ancora un passo (indietro) nel gioco dell�oca 
sulla pregiudiziale di annullamento, in www.giustamm.it; P. DE LISE, I nuovi confini della 
giurisdizione esclusiva (origine, contenuto e conseguenze), in M.A. SANDULLI (a cura di), Le nuove frontiere 
del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, 
Milano, 2005, p. 101. 
(36) Le considerazioni qui espresse si basano in buona parte sul presupposto dell�esistenza della 
pregiudizialit� amministrativa come principio regolatore del rapporto tra azione demolitoria e azione 
risarcitoria davanti al giudice amministrativo. Nuovi scenari protrebbero dunque aprirsi in seguito all�approvazione 
del �codice del processo amministrativo�, in attuazione dell�art. 44 della legge 18 giugno 
2009, n. 69, che all�art. 39 esclude la necessaria preventiva impugnazione del provedimento illegittimo 
come presupposto per la proposizione dell�azione di risarcimento de danno. Pur con questa avvertenza, 
si ritiene comunque di una qualche utilit� richiamare l�attenzione su una problematica cui la dottrina si 
� poco (o niente) dedicata, nonostante si colleghi ad una materia � la responsabilit� della p.a. � investita 
negli ultimi anni da una copiosa produzione scientifica. Da ultimo, si segnala il volume di G. CORSO e 
G. FARES, La responsabilit� della pubblica amministrazione, Torino, 2009, nel quale sono compendiate 
e commentate le sentenze pi� interessanti con riferimento ai vari profili nei quali si articola la materia 
della responsabilit� civile dell�amministrazione. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 143 
(e non, si badi, come avrebbe in concreto agito) nei confronti della seconda 
classificata in seguito all�annullamento dell�aggiudicazione gi� disposta. Ora 
� chiaro che, cos� come l�amministrazione avrebbe dovuto in tal caso rilevare 
le eventuali irregolarit� nell�ammissione alla gara di tale impresa (con la conseguenza 
di non doverla individuare quale aggiudicataria), ugualmente il giudice 
potr� e dovr� accertare tali irregolarit� nell�ambito del giudizio 
prognostico, con la conseguenza di negarle qualsiasi risarcimento. 
In pratica, la circostanza che residuino in capo all�amministrazione agente 
margini di operativit� compresi fra il provvedimento presupposto (collocazione 
al secondo posto) e il provvedimento attributivo del bene della vita finale 
(aggiudicazione), consente al giudice di accertare che l�amministrazione, 
avendo l�obbligo giuridico di annullare il provvedimento presupposto (cio� di 
escludere l�impresa gi� ammessa in graduatoria), non avrebbe dovuto assegnare 
il bene al soggetto in questione. 
Si consideri che, cos� facendo, l�attenzione del giudice non ricade direttamente 
sul modo in cui l�amministrazione ha gi� agito (attraverso il provvedimento 
non impugnato), e non porta quindi a censurare tale operato mediante 
un�ipotesi di disapplicazione provvedimentale; ma ricade, al contrario, sullo 
sviluppo successivo che l�azione amministrativa avrebbe dovuto ricevere a 
partire dalla constatazione che vi era un obbligo di non aggiudicare all�impresa 
illegittimamente ammessa. Il che comporter� il diniego di qualsiasi forma di 
risarcimento, anche in termini di perdita di chance. 
Al di fuori di queste ipotesi, e di altre analoghe, non si potrebbe per� ricorrere 
ad un�argomentazione di questo tipo: poich� l�amministrazione pu� 
sempre annullare in autotutela un provvedimento presupposto illegittimo, ci� 
� sufficiente ad escludere la spettanza del bene collegato al provvedimento 
presupponente (37). Cos� non �, in realt�, perch� da un lato non � vero che 
l�annullamento d�ufficio � sempre consentito; dall�altro, perch� il giudice non 
pu� attribuire ad un fatto del tutto eventuale e discrezionale dell�amministrazione 
� e si badi che l�amministrazione che ha adottato il provvedimento presupposto 
potrebbe anche non essere la stessa cui compete l�adozione del 
provvedimento conseguente � un�efficacia escludente dell�ingiustizia del 
danno inferto ad interessi gi� consolidati. Diversamente, ci troveremmo di 
fronte all�inaccettabile paradosso di diritti o interessi a tutela dimidiata, solo 
perch� (pi�) esposti all�alea di un futuro intervento restrittivo della p.a. 
Per fare un esempio che aiuti a comprendere il senso di quanto sostenuto, 
si potrebbe pensare ad un�impresa che, dopo aver ottenuto illegittimamente 
l�autorizzazione all�apertura di uno stabilimento industriale in un�area economicamente 
depressa, proponga istanza per la concessione di finanziamenti 
(37) Si consideri che il rapporto tra i due provvedimenti non � necessariamente di presupposizione 
in senso tecnico, ma pu� essere anche di mera consequenzialit� logica o cronologica. 
144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
pubblici previsti con riferimento al suo settore di attivit�. Si ipotizzi che il finanziamento 
le venga negato (ad esempio perch� l�amministrazione rileva erroneamente 
che l�istanza � stata presentata oltre i termini), e che tale impresa 
agisca in giudizio contro l�amministrazione stessa per il risarcimento del 
danno. Al che si domanda: potrebbe mai il giudice rigettare il ricorso, nel presupposto 
che l�illegittimit�-annullabilit� (in autotutela) dell�autorizzazione a 
monte valga ad escludere la spettanza del finanziamento? (38) 
L�art. 246 del codice degli appalti e la pregiudiziale amministrativa 
Alcune brevi osservazioni debbono infine essere dedicate all�art. 246 del 
codice degli appalti, ai sensi del quale, come si � visto, nelle procedure ad evidenza 
pubblica relative alle cc.dd. �grandi opere�, l�annullamento dell�aggiudicazione 
non pu� comportare conseguenze di alcun tipo sul contratto gi� 
stipulato. 
Si tratta di una norma molto particolare, la cui finalit� consiste ovviamente 
nell�assicurare la pi� celere realizzazione possibile delle opere di valore 
strategico per l�economia e lo sviluppo del Paese. 
L�applicazione di questa norma alla fattispecie esaminata ha fatto s� che 
il T.A.R. abbia dichiarato l�improcedibilit� del ricorso proposto contro il provvedimento 
di aggiudicazione e si sia quindi pronunciato sulla sola istanza risarcitoria. 
Ora, il punto � se si possa rinvenire in tale disposizione una implicita 
smentita circa la sussistenza della pregiudizialit� amministrativa. Questo perch� 
sembrerebbe chiara, in tal caso, la scissione tra rimedio caducatorio e rimedio 
risarcitorio, e quindi la non consequenzialit� di questo rispetto al primo. 
A ben vedere, tuttavia, il tenore letterale della disposizione si presta ad 
una interpretazione addirittura antitetica, dalla quale piuttosto che una smentita 
parrebbe discendere una conferma della pregiudizialit�. Stabilendo invero che 
�la sospensione o l�annullamento dell�affidamento non comporta la caducazione 
del contratto gi� stipulato e il risarcimento del danno eventualmente 
dovuto avviene solo per equivalente�, tale norma implicitamente afferma che 
alla sospensione o all�annullamento dell�aggiudicazione non osta la circostanza 
che il contratto sia gi� stato stipulato. Il giudice quindi, anzich� dichiarare 
l�improcedibilit� del ricorso contro il provvedimento, dovrebbe a stretto 
(38) Analogamente, si potrebbe anche domandare: l�illegittimit� del permesso di costruire sulla 
base del quale un soggetto ha realizzato sul proprio fondo un fabbricato pu� forse impedire che il valore 
di quest�ultimo assuma rilievo ai fini dell�indennit� di esproprio? Questo caso non � evidentemente assimilabile, 
e richiede quindi una soluzione diversa, rispetto a quello della radicale mancanza del titolo 
abilitativo (che d� luogo ad una fattispecie di abuso), sul quale la giurisprudenza consolidata si � pronunciata 
nel senso che il valore dell�immobile abusivo non entra nel computo dell�indennizzo (v., supra, 
nota 6). 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 145 
rigore pronunciarsi nel merito dello stesso, anche se ci� potr� avere conseguenze 
soltanto sul piano della risarcibilit�. 
Stimolato in tal senso dalla difesa dell�amministrazione statale, il Consiglio 
di Stato ha lasciato intendere in pi� di un passaggio della motivazione 
(39) di condividere questo approccio. Ci�, in particolare, attraverso l�esplicita 
affermazione secondo cui �al limite si pu� dubitare intorno alla esattezza della 
statuizione di improcedibilit� del ricorso principale e connesso incidentale, 
non anche sul fondamento sostanziale di essa� (40). 
In un�analoga fattispecie, tra l�altro, il giudice di primo grado si � determinato 
nel senso della procedibilit� del ricorso, nel presupposto che una pronuncia 
di segno contrario non sia autorizzata dalla lettera della norma. Questa 
infatti �un qualche effetto all�eventuale annullamento dell�aggiudicazione lo 
riconosce, e cio� il risarcimento del danno� (41). 
Si fa notare, in ogni caso, che se anche non si dovesse condividere questa 
ricostruzione � pu� sembrare eccessivo, in effetti, porre a carico del privato 
l�onere di una tempestiva impugnazione del provvedimento, quando dall�annullamento 
del medesimo non potrebbero discendere conseguenze concrete � 
, si dovrebbe ugualmente rilevare che l�art. 246 del codice degli appalti, in 
quanto norma di carattere eccezionale (42), non sarebbe comunque idoneo a 
fornire un argomento a sfavore della pregiudizialit�. Anzi, proprio per il suo 
valore di eccezione, esso finirebbe inevitabilmente per confermare la regola. 
Ci� detto non si possono tacere, conclusivamente, alcune perplessit� sul 
contenuto sostanziale della norma in esame. 
Non vՏ dubbio che essa presenti aspetti di criticit� sotto il profilo della 
compatibilit� costituzionale della disciplina recata, soprattutto con riferimento 
ai canoni dell�art. 113, comma 2, e dell�art. 97, comma 1, della Costituzione. 
L�art. 113, comma 2, prevede, come � noto, che la tutela contro gli atti 
della p.a. �non pu� essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione 
o per determinate categorie di atti�. Si sancisce in tal modo il principio 
secondo cui la tutela nei confronti dell�amministrazione deve essere piena, al 
pari di quella assicurata contro gli altri soggetti dell�ordinamento. Ma se � 
cos�, allora non pu� che balzare agli occhi la problematicit� di una norma che 
esclude la possibilit� di avvalersi del rimedio annullatorio (assimilabile ad una 
(39) Ci si riferisce sempre alla sentenza n. 2435/2009 in commento. 
(40) In un altro passaggio, il Consiglio di Stato punta l�accento sulla �ritualit�� dell�impugnazione 
proposta in primo grado, la quale ha consentito la valutazione del ricorso (anche di quello incidentale) 
sulla fondatezza della pretesa. Ancora, si consideri che la scelta del T.A.R di dichiarare l�improcedibilit� 
dei ricorsi principale ed incidentale aventi ad oggetto l�aggiudicazione, oltre ad essere definita (solo) 
�plausibile�, viene giustificata in base a motivazioni di economia processuale. 
(41) Cos� T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 29 ottobre 2008, n. 1480. In tale sentenza si richiama 
e si critica esplicitamente la sentenza del T.A.R. Lazio qui commentata. 
(42) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2009, n. 1589.
146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
forma di reintegrazione in forma specifica), con riferimento a determinate categorie 
di atti, cio� le aggiudicazioni nel campo delle grandi opere. � vero che 
la non annullabilit� (rectius, la sostanziale esclusione dell�efficacia tipica dell�annullamento) 
viene circoscritta alle sole ipotesi in cui sia gi� intervenuta la 
stipulazione del contratto, ma ci� non muta granch� la situazione. Difatti, potendo 
il contratto � vista la mancanza di una sanzione per il mancato rispetto 
dell�art. 11, comma 10, del codice degli appalti (43) � essere stipulato immediatamente, 
anche il tempo a disposizione del ricorrente per l�attivazione del 
rimedio caducatorio potr� ridursi in modo decisivo. Il che fa s� che solo in via 
cautelare sar� possibile conseguire un qualche risultato. 
Quanto all�art. 97, comma 1, Cost., alcuni problemi si pongono rispetto 
al principio di imparzialit� ivi enunciato. � evidente, infatti, che la norma 
dell�art. 246 presta il fianco a forme di abuso, nella misura in cui consente 
l�assegnazione in via definitiva di un�utilit� ad un soggetto che non la meritava, 
ma che pu� essere favorito con un tempestiva stipulazione del contratto 
prima che intervenga l�annullamento dell�aggiudicazione. Senza considerare, 
poi, le possibili collusioni che potrebbero verificarsi tra le imprese prima e seconda 
classificata, per ritardare ad un momento successivo rispetto alla stipulazione 
del contratto l�attivazione del rimedio risarcitorio, in modo da 
assicurare ad entrambe un beneficio. Ci� che entrerebbe in rotta di collisione 
anche con il principio del buon andamento. 
Proprio su quest�ultimo principio fa leva l�unica difesa che la norma pu� 
ricevere sul piano della conformit� alla Costituzione. Il buon andamento � assicurato 
dalla rapidit� della procedura e dall�abbattimento della potenziale paralisi 
che verrebbe determinata dall�instaurazione di un contenzioso. 
Si deve per� ritenere che una simile giustificazione possa essere accettata 
soltanto se il campo di applicazione della norma considerata sia veramente 
circoscritto ad ipotesi rare ed eccezionali (anche se le pi� importanti sotto il 
profilo qualitativo, trattandosi di opere strategiche). 
Per questo, pi� che sull�art. 246 del codice degli appalti, le censure di incostituzionalit� 
qui prospettate dovrebbe travolgere una norma di recente emanazione, 
e cio� l�art. 20, comma 8, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, 
convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Questa estende 
il principio dell�intangibilit� del contratto gi� stipulato a tutte le procedure 
amministrative che si riferiscono a investimenti pubblici, di competenza statale 
o regionale, individuati come �prioritari per lo sviluppo economico del terri- 
(43) Secondo cui �Il contratto non pu� comunque essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione 
ai controinteressati del provvedimento di aggiudicazione, ai sensi dell�articolo 79, salvo 
motivate ragioni di particolare urgenza che non consentono all�amministrazione di attendere il decorso 
del predetto termine. La deroga di cui al periodo precedente non si applica ai contratti relativi a infrastrutture 
strategiche e insediamenti produttivi, di cui alla parte II, titolo III, capo IV�.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 147 
torio nonch� per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali� 
(44). Come se non bastasse, poi, il successivo comma 8-bis esclude l�applicabilit� 
in questi casi del termine minimo di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione 
ai controinteressati dell�aggiudicazione (45) prima di potersi 
procedere alla stipulazione del contratto, e riduce a trenta giorni dalla comunicazione 
del provvedimento il termine per proporre ricorso al T.A.R. 
Risulta evidente che l�applicazione potenzialmente cos� ampia di una 
norma a dir poco critica sotto il profilo costituzionale, ne rende prevedibile, 
oltre che auspicabile, la declaratoria di illegittimit�. 
Dott. Federico Dinelli* 
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 21 aprile 2009 n. 2435 - Pres. Trotta, Est. Carella 
- TOTO SpA (Avv.ti G. e G. Pellegrino) c. Min. infrastrutture (Avv.ti dello Stato A. Elefante 
e G. De Bellis). 
(Omissis) 
FATTO 
La Toto spa � che si � classificata seconda con il punteggio di 70,95 nell�incanto pubblico ad 
offerta economicamente pi� vantaggiosa (art. 21, comma 1 lettera b e ter, legge n. 109/1994) 
per la progettazione ed esecuzione dei lavori acquedottistici della galleria Pavoncelli bis (infrastruttura 
strategica ai sensi della legge n. 443 del 2001), rispetto alla prima graduata ATI 
Societ� Italiana Condotte d�Acqua Spa con punti 93,37 � ha introdotto in primo grado due ricorsi 
che sono stati riuniti dalla sentenza odiernamente gravata. 
Con il primo (RG.7224/2006) tale societ� � nel chiedere in via principale l�annullamento dell�aggiudicazione 
provvisoria e in via derivata, come da motivi aggiunti, quella definitiva � 
ha dedotto, alla stregua di cinque mezzi, che l�ATI aggiudicataria doveva essere invece esclusa 
in quanto la mandante Alicante aveva presentato una SOA irregolare, sostituita (in via postuma 
alla partecipazione) da altra SOA, peraltro inadeguata secondo quanto prescritto dal bando di 
gara; inoltre, a seguito dell�accesso e con successivi motivi aggiunti, la ricorrente ha proposto 
i seguenti ulteriori motivi d�impugnazione: 
1) violazione art. 75 DPR 554/1999 e del punto 6 del disciplinare di gara, posto che le man- 
(44) La norma stabilisce che �Le misure cautelari e l'annullamento dei provvedimenti impugnati 
non possono comportare, in alcun caso, la sospensione o la caducazione degli effetti del contratto gi� 
stipulato, e, in caso di annullamento degli atti della procedura, il giudice pu� esclusivamente disporre il 
risarcimento degli eventuali danni, ove comprovati, solo per equivalente. Il risarcimento per equivalente 
del danno comprovato non pu� comunque eccedere la misura del decimo dell'importo delle opere che 
sarebbero state eseguite se il ricorrente fosse risultato aggiudicatario, in base all'offerta economica presentata 
in gara�. Per una conferma che anche da tale norma si pu� trarre in ordine alla sussistenza della 
pregiudiziale amministrativa, v. Cons. Stato, Sez. VI, 21 aprile 2009, n. 2436. 
(45) V. nota 43. 
(*) Dottore in giurisprudemza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
danti SELI S.p.a., con riguardo ad un soggetto munito di poteri di gerente e di rappresentante, 
ed Alicante Costruzioni S.r.l., con riguardo al direttore tecnico, non avrebbero prodotto le dichiarazioni 
richieste dalle norme rubricate; 
2) Violazione art. 75 DPR 554/1999, atteso che non vi sarebbe traccia nella documentazione 
del certificato del casellario generale del procuratore speciale della mandante DEC S.p.a.; 
3) Violazione artt. 38 e 47 DPR 445/2000, poich� nella dichiarazione di conformit� dei titoli 
di studio dei progettisti della Politecnica Ingegneria e Architettura Soc. Coop. mancherebbero 
i documenti d�identit� di alcuni ingegneri; 
4) Violazione di legge (art. 13 co. 5 bis e 6 L. 109/1994. Violazione art. 93, co. 3, DPR 
554/1999. Violazione del principio di immodificabilit� del soggetto e di par condicio) ed eccesso 
di potere per difetto di istruttoria, giacch� l�ATI controinteressata ha modificato la compagine 
associativa accettando la dichiarazione di recesso della Alicante Costruzioni S.r.l.; 
5) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 75, co. 1 lett. h, DPR 554/1999, art. 95, co. 4, 
DPR 554/1999, art. 3, co. 6, L. 34/2000, art. 13 L. 109/1994) ed eccesso di potere (difetto di 
istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, violazione del disciplinare di 
gara) in quanto la Alicante Costruzioni S.r.l. avrebbe presentato in sede di offerta false dichiarazioni 
attestando anche la sussistenza di requisiti smentiti dai bilanci 2003, 2004 e dalla 
bozza di bilancio 2005. 
L�Avvocatura dello Stato, che ha eccepito l�inammissibilit� del ricorso introduttivo in quanto 
proposto avverso un atto non definitivo, ha per� concluso per il rigetto del ricorso, mentre le 
societ� controinteressate, nel resistere alle censure dedotte, hanno proposto a loro volta ricorso 
incidentale avverso i verbali di gara ed i conseguenti provvedimenti adottati dall�amministrazione 
nella parte in cui non � stata disposta l�esclusione della Toto spa, per le seguenti ragioni: 
a. Violazione e falsa applicazione di ogni norma e principio in materia di qualificazione 
(DPR 34/2000; art. 74 DPR 554/1999, art. 18 L. 55/1990 e s.m.i., lex specialis) ed eccesso di 
potere (difetto di istruttoria, carenza e erroneit� dei presupposti) perch� la Toto S.p.a. non 
avrebbe qualificazione per le categorie OG6 e OG9, a qualificazione obbligatoria, per cui 
avrebbe dovuto costituire un�ATI verticale o dichiarare di subappaltare i lavori afferenti dette 
categorie, mentre, dichiarando di voler subappaltare parte dei lavori rientranti nelle categorie 
OG4, OG1, OG6 e OG9, dovrebbe necessariamente eseguire in proprio parte dei lavori ricadenti 
nelle categorie per le quali non � qualificata; 
b. Violazione e falsa applicazione del bando di gara e di principi generali (buon andamento, 
regolarit� della procedura di gara, par condicio) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria, carenza 
ed erroneit� dei presupposti) in quanto la Toto S.p.a. avrebbe prodotto una garanzia fideiussoria 
nella quale la compagnia assicuratrice non ha rinunciato a far valere le eccezioni 
ex art. 1945 c.c. come espressamente richiesto dal disciplinare di gara ed, inoltre, tale ricorrente 
principale avrebbe individuato quale progettista la costituenda associazione temporanea 
tra le societ� SWS Engineering S.p.a. ed ECO Consulting Ingegneria S.r.l., ma non sarebbe 
stata dichiarata n� da tali Societ� n� dalla Toto S.p.a., come invece richiesto dal disciplinare, 
la ripartizione dei servizi di progettazione da eseguirsi; 
c. Violazione e falsa applicazione di legge (lex specialis, art. 17 L. 109/1994 e s.m.i., art. 
51 DPR 554/1999) ed eccesso di potere (difetto di istruttoria, erroneit� e carenza dei presupposti, 
difetto di motivazione), nell�assunto che la ricorrente principale avrebbe individuato 
quale progettista una costituenda ATI senza prevedere la presenza nel raggruppamento di almeno 
un progettista che abbia conseguito il diploma di laurea da non oltre sette anni. 
Nelle successive memorie, la Toto S.p.a. ha dichiarato di avere esclusivo interesse alla tutela
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 149 
risarcitoria per equivalente, unica tecnica di tutela prevista dall�art. 246 D.Lgs. 12 aprile 2006, 
n. 163, rilevando l�improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse, sia dell�azione annullatoria 
che dello stesso ricorso incidentale il quale, peraltro, sarebbe inammissibile e infondato 
nel merito, mentre le controinteressate, hanno argomentato in contrario, insistendo 
per l�accoglimento del ricorso incidentale e per la declaratoria di inammissibilit� o comunque 
per il rigetto del ricorso. 
Il secondo ricorso di primo grado (RG n. 11449/2006) riguarda domanda di risarcimento del 
danno derivante dalla illegittima aggiudicazione dei lavori di completamento della galleria 
Pavoncelli bis, specificando diffusamente le ragioni di illegittimit� degli atti causativi del 
danno (come sopra esposte), ed indicando altres� criteri per la quantificazione dello stesso 
(10% dell�offerta quale mancato utile, perdita della spendita delle lavorazioni in discorso nelle 
future gare, spese sostenute per la partecipazione alla gara, rivalutazione ed interessi): in questo 
gravame si � costituita soltanto la difesa statale. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la impugnata sentenza, riuniti 
i ricorsi, ha dichiarato il primo gravame improcedibile con riferimento sia all�impugnativa 
principale che a quella incidentale, alla luce dell�art. 246, comma 4, del d.lvo 12 aprile 2006 
n. 163, non potendo la ricorrente principale � all�esito del giudizio eventualmente positivo � 
ottenere una nuova aggiudicazione in suo favore e, d�altra parte, neppure la ricorrente incidentale 
ricevere nocumento alcuno, con la conseguenza che la tutela sostanziale della posizione 
giuridica della Toto spa pu� avvenire soltanto attraverso lo strumento risarcitorio. 
Sotto tale aspetto, la domanda risarcitoria � stata ritenuta dal TAR ammissibile, ma nel concreto 
da respingere per l�assenza di un danno ingiusto in relazione all�infondatezza della pretesa, 
non potendo la Toto spa conseguire il bene della vita reclamato e cos� divenire legittima 
aggiudicataria in quanto doveva essere esclusa dalla gara sulla base degli argomenti desumibili 
dal ricorso incidentale proposto dall�ATI controinteressata nonch� della documentazione prodotta 
e, in particolare: 
i. � la Toto spa, come da attestazione SOA, non � qualificata per le categorie OG6 e OG9, 
che sono a qualificazione obbligatoria per cui, avendo dichiarato di voler subappaltare 
�parte�delle lavorazioni (OG4 � OG1 � OG6 � OG9) , finirebbe per eseguire direttamente lavori 
nelle categorie OG6 e OG9 per le quali non � provvista di qualificazione; 
ii. � a non diversa conclusione si perviene ove volesse ritenersi che l�indicazione �parte� 
sia sul piano logico da riferire alle sole categorie per le quali la Toto � qualificata (OG1 e 
OG4) e non anche alle categorie per le quali non � dotata di qualificazione (OG6 e OG9), dovendo 
queste essere totalmente subappaltate, in quanto in tal caso l�impresa, non operando 
nella dichiarazione siffatta distinzione ma utilizzando indifferentemente l�indicazione �parte� 
per tutte e quattro le categorie di lavori, avrebbe reso una dichiarazione incompleta e tale da 
costituire anch�essa causa di esclusione; 
iii. � la Toto spa � che ha individuato ex art. 19, comma 1 ter, della legge n. 109, il �progettista� 
nella costituenda ATI Societ� SWS Engineering spa e Societ� Eco Consulting Ingegneria 
� doveva essere esclusa dalla gara, essendo stata omessa l�indicazione dei servizi di 
progettazione che sarebbero stati eseguiti da parte di ciascuna di queste associate; 
iv. � la fideiussione prodotta dalla Toto spa non contiene la espressa rinuncia a far valere 
le eccezioni di spettanza del garantito, sicch�, anche volendo riconoscere alla clausola con 
cui il garante si impegna al pagamento a semplice richiesta scritta l�effetto sostanziale di precludere 
l�opponibilit� al beneficiario delle eccezioni altrimenti spettanti al debitore principale 
ai sensi dell�art. 1945 c.c., la fideiussione si presenta comunque incompleta e avrebbe dovuto
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
condurre all�esclusione della candidata, non potendo ricorrere l�amministrazione aggiudicatrice 
ad interpretazione di tipo sostanzialistico ma dovendo applicare alla lettera le regole di 
gara che, nel caso di specie, hanno previsto a pena di esclusione che nella fideiussione sia 
contenuta la dichiarazione da parte del fideiussore di rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza 
del garantito. 
Con l�appello in esame, l�istante originaria ha chiesto che il ricorso di primo grado di cui a 
RG n. 1449/06 sia accolta e l�Amministrazione appellata condannata al risarcimento dei danni 
per come quantificati nel ricorso introduttivo e sub IV dell�appello stesso, contestando il ragionamento 
sviluppato dal TAR con la articolazione argomentativa di seguito riportata: 
I.� erroneit� della decisione appellata nella parte in cui conclude per la carenza del requisito 
di ingiustizia del danno, avendo i primi giudici ritenuto di poter affermare (d�ufficio) l�illegittimit� 
dell�ammissione alla gara della ricorrente ed utilizzato le motivazioni proprie di una 
eccezione, senza che la stessa sia stata sollevata dall�unica parte resistente nel giudizio risarcitorio 
(la difesa statale), violando in tal modo gli artt. 112 e 115 c.p.c. nonch� disapplicando 
atti amministrativi e ribaltando regole fondamentali del nostro ordinamento nell�intento di 
superare la c.d. pregiudiziale amministrativa; 
II. � illegittimit� dell�aggiudicazione all�ATI Condotte, sostanzialmente riproponendo le censure 
di primo grado; 
III. � inescusabilit� delle illegittimit� denunziate, essendo state violate elementari regole in 
materia di evidenza pubblica e appalti di lavori, ed in quanto nella materia speciale in discorso 
(art. 246 D.Lvo n. 163/2006) dette illegittimit� costituiscono presupposto esclusivo e sufficiente 
per ottenere la tutela risarcitoria; 
IV. � quantificazione del danno commisurato alla mancata aggiudicazione della gara e secondo 
una corretta analisi del bene della vita, essendo stata la ricorrente pacificamente ammessa e 
risultata seconda classificata (in reiterazione delle richieste economiche di primo grado); 
V. � contestazione dei profili adottati dal TAR per affermare l�esclusione della ricorrente (la 
locuzione �parte� � da riferire soltanto alle categorie OG4 e OG1 in cui la Toto spa ha la qualificazione, 
mentre il subappalto avrebbe riguardato tutti i lavori rientranti nella categorie 
OG6 e OG9 e, comunque, versandosi in tema di mera incompletezza ovvero di irregolarit� 
formale della dichiarazione, atteso che � fin troppo noto che le lavorazioni scorporabili e rientranti 
in categorie a qualificazione obbligatorie possono essere realizzate solo da impresa in 
possesso della relativa qualificazione; nell�appalto integrato i progettisti non assumono la 
qualit� di concorrenti e, quindi, la prescrizione di cui al punto 1� bis del disciplinare � ossia 
l�indicazione della parte dei servizi che ciascuna impresa in ATI avrebbe svolto � non � indirizzata 
ai soggetti individuati ai sensi del comma 1 ter dell�art. 19 legge n. 109 del 1994, 
ma soltanto al concorrente al pubblico incanto; la fideiussione presentata dalla Toto e rilasciata 
da Assitalia Assicurazioni d�Italia SpA per quanto priva sul piano letterale del riferimento alla 
rinuncia alla possibilit� di opporre eccezioni ai sensi dell�art. 1945 c.c. � stata in concreto modulata 
alla stregua di un contratto autonomo di garanzia, essendosi il Garante impegnato a 
pagare il creditore entro 15 giorni dalla �semplice richiesta� scritta inviata con lettera raccomandata. 
La controparte pubblica si � costituita anche nell�odierno grado, concludendo per il rigetto 
dell�appello con conferma della sentenza impugnata, come da memoria depositata il 24 ottobre 
2008. 
L�appellante ha replicato con la memoria versata il 21 novembre successivo. 
All�udienza del 2 dicembre 2008, sulle conclusioni rassegnate dalle parti dopo l�ampia di-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 151 
scussione, la causa � stata trattenuta in decisione. 
DIRITTO 
1. � Nel presente giudizio, � controversa aggiudicazione di appalto integrato per la progettazione 
ed esecuzione dei lavori acquedottistici della galleria Pavoncelli bis � che � infrastruttura 
strategica ai sensi della legge obiettivo 21 dicembre 2001, n. 443 � ed, in particolare, l�ammissibilit� 
di una domanda risarcitoria riferita a lesione di interessi legittimi quando sussista, 
come nel caso di specie, declaratoria di improcedibilit� riferita alla domanda di annullamento 
dell�atto, cui dovrebbe ricondursi la lesione dell�interesse pretensivo fatto valere. 
Tale questione non � nuova per questo Consiglio, che si � gi� pronunciato sui punti dibattuti 
tra le parti, con consolidata e persuasiva giurisprudenza dalla quale non vi � ragione per discostarsi 
ed a cui si rinvia, ai sensi dell�art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205. 
2. � Preliminarmente occorre esporre in estrema sintesi i fatti di causa. 
La ricorrente originaria � che si � classificata seconda (punti 70,95) nell�incanto pubblico per 
la realizzazione dell�opera citata rispetto alla prima graduata ATI Condotte (punti 93) � ha lamentato 
in primo grado, con due distinti ricorsi, la mancata esclusione del Raggruppamento 
controinteressato (RG 7224/2006) e, di conseguenza, ha reclamato il risarcimento danni derivante 
dalla illegittima aggiudicazione dei detti lavori (RG 11449/2006): con le memorie depositate 
nel primo ricorso, la Toto spa dichiarava di avere esclusivo interesse alla tutela 
risarcitoria per equivalente alla luce dell�art. 246 del D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, una volta 
stipulato il contratto d�appalto, non soggetto per legge a nullit� o annullabilit�, e, pertanto, 
rappresentava l�improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse dell�azione annullatoria 
introdotta e del ricorso incidentale a sua volta promosso dal Raggruppamento Condotte avverso 
l�omessa esclusione della ricorrente Toto spa. 
Con la impugnata sentenza il Tar adito, riuniti i due ricorsi, ha dichiarato improcedibili sia il 
ricorso principale che quello incidentale, con riguardo al ricordato art. 246, ritenendo in 
astratto ammissibile la separata domanda risarcitoria, ma nel concreto da respingere per l�assenza 
di danno ingiusto in relazione all�esclusione delibata della Toto spa con riferimento ai 
motivi incidentali (dichiarati improcedibili): in breve, la ricorrente principale mai sarebbe potuta 
divenire legittima aggiudicataria dei lavori in discorso. 
Come da esposizione in fatto, l�appellante Toto spa, con il gravame in trattazione, contesta il 
ragionamento sviluppato dai primi giudici, ripropone le censure in primo grado specie quelle 
relative all�esclusione della controinteressata ATI Condotte, confuta gli argomenti addotti dal 
TAR per la di lei esclusione prognostica ai fini risarcitori. 
Ci� premesso, possono essere ora affrontate partitamente le questioni introdotte dalla societ� 
appellante avverso la sentenza impugnata, che va invece ritenuta esente dalle censure mosse 
e, dunque, l�appello deve essere respinto perch� infondato. 
3. � Con una prima argomentazione, che abbraccia i motivi di censura rubricati dalla I alla IV 
della esposizione in fatto, la Toto spa, nel lamentarsi per la dichiarata assenza di un danno ingiusto, 
sostiene che erroneamente i primi giudici avrebbero ritenuto illegittima e disapplicata 
o ritirata d�ufficio la sua ammissione a gara, utilizzando lo strumento proprio di una eccezione 
che nella specie non era stata sollevata dalla difesa statale (in RG 11449/2006), cos� sovvertendo 
gli automatismi propri dell�evidenza pubblica e regole processuali fondamentali nell�intento 
di superare la c.d. pregiudiziale amministrativa, ma con una analisi non corretta in 
termini di azione di danno dell�effettivo bene della vita propugnato. 
Queste doglianze, alla luce delle loro interdipendenze, possono essere unitariamente scruti-
152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nate. 
Le stesse non hanno pregio in quanto la societ� appellante trascura di considerare la concomitanza 
di azione annullatoria e risarcitoria, ancorch� alla stregua di due separati ricorsi (riuniti): 
come giustamente osservato dalla difesa statale nella memoria di appello (pag. 24), al 
limite si pu� dubitare intorno alla esattezza della statuizione di improcedibilit� del ricorso 
principale e connesso incidentale, non anche sul fondamento sostanziale di essa. 
Infatti, se le impugnative in parola fossero state respinte anzich� dichiarate improcedibili, il 
discorso sviluppato dalla societ� ricorrente non avrebbe ora senso. In ci� l�errore in cui incorre 
la societ� Toto: non � che una diversa tecnica o decisione di tipo processuale, anzich� altra, 
sposta i termini della questione sostanziale e modifica le ragioni di indole patrimoniale collegate 
(c.d. spettanza �au fond� della pretesa). 
N� la versatile tecnica difensiva di rinunciare alla coltivazione del ricorso di legittimit� e di 
dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse, non solo per s� ma anche per la societ� controinteressata 
che pure ha incidentalmente impugnato l�ammissione a gara della propria controparte, 
� idonea ad inibire al giudice di conoscere in via principale dell� unitario episodio in 
contestazione: difatti, l�interesse risarcitorio permane in un contesto (riunito) nel quale la domanda 
di risarcimento dei danni � sostanzialmente contestuale a quella di legittimit�, seppure 
questa ha poi preso la piega dell�improcedibilit�. 
Venendo cos� al nodo centrale della controversia, l�azione risarcitoria in esame, sia il passaggio 
della vicenda quello della inerenza alla giurisdizione amministrativa d�annullamento, oppure 
sia la via da seguire quella di una domanda risarcitoria indipendente dalla caducatoria, comunque 
non pu� prescindere dal considerare gli atti amministrativi controversi: in un caso, 
con riscontro diretto dell�atto censurato a mezzo dei vizi tipici denunziati; nell�altro, con 
esame indiretto dello stesso atto per il tramite dei comportamenti denunziati come illeciti. 
In altre parole, la fattispecie di causa, attenga ad una ordinaria azione di risarcimento danni 
da (asserita) lesione di interessi legittimi o investa (secondo lo schema ipotizzato) una questione 
interpretativa connessa ad una situazione di c.d. pregiudizialit� amministrativa, ad ogni 
modo essa non pu� essere sottratta al preliminare accertamento che la censurata attivit� della 
pubblica Amministrazione si configuri illegale (in termini di illegittimit� o di illiceit�): in sintesi, 
anche nel secondo caso l�atto amministrativo deve pur sempre risultare illegittimo in 
quanto manifestazione di attivit� antigiuridica posta in violazione di norme di legge (Cons.St., 
IV, 11 dicembre 2007, n. 6346). 
Questa valutazione dell�attivit� come antigiuridica o meno si pone nell�ambito della fattispecie 
di illecito come �condizione� per il sorgere del risarcimento: ossia, l�evento � ingiusto quando 
risulti contrastare con la situazione giuridicamente tutelata, in base ad un ipotetico giudizio 
prognostico (virtuale) da condurre con riferimento alla normativa positiva di settore secondo 
i suoi effetti tipici (Cass., SS.UU., 28 dicembre 2007 n. 27169). 
Tale processo virtuale � volto a stabilire se il contenuto del provvedimento sarebbe stato diverso 
qualora l�Amministrazione avesse agito legittimamente ovvero quale sarebbe stato il 
�corso delle cose� se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto, vale a dire se l�Amministrazione 
avesse agito correttamente (Cons. St., VI, 9 giugno 2008 n. 2751; Cass. SS.UU., 22 luglio 
1999, n.500). 
Sulla base delle suddette precisazioni � reso cos� evidente come l�evento precede il danno dal 
punto di vista logico giuridico e gli conferisce la propria colorazione di ingiustizia: cio�, il 
danno � la possibile �conseguenza� della causa evento, ma ove questa sia realmente sussistente.

IL CONTENZIOSO NAZIONALE 153 
Peraltro, il Collegio non pu� neppure mancare di considerare che una domanda risarcitoria 
proposta in sede giurisdizionale per lesione di interessi legittimi � ammissibile anche in caso 
di declatoria di improcedibilit� riferita alla domanda di annullamento dell�atto cui dovrebbe 
ricondursi la dedotta lesione (Cons.St., VI^, 18 marzo 2008, n. 1137): nella fattispecie, la declatoria 
di improcedibilit� in nulla ha precluso l�avvenuta valutazione concreta da parte dei 
primi giudici dell�istanza risarcitoria con riguardo all�atto lesivo ritualmente impugnato in 
primo grado con il ricorso principale (l�aggiudicazione) ed in relazione all�utilit� sostanziale 
perseguita (risarcimento). 
Inoltre, in disparte da ogni considerazione sull�interesse dell�appellante a sollevare una siffatta 
censura quando la sua domanda risarcitoria � stata comunque esaminata nel merito, giova osservare 
che, in realt�, il ricorso incidentale � deputato a svolgere la funzione di paralizzare la 
possibilit� di accoglimento del ricorso principale, introducendo una ragione ostativa all�accoglimento 
delle censure dedotte (Cons.St., V, 14 aprile 2008, n. 1609) e, quindi, lo strumento 
incidentale �funziona� come un�eccezione: secondo l�opinione prevalente, invero, il ricorso 
incidentale, pur essendo formalmente una autonoma azione di impugnazione, da un punto di 
vista sostanziale (per lo meno in primo grado) consiste in una eccezione in senso tecnico in 
quanto mira a paralizzare l�azione principale e a neutralizzare gli effetti derivanti da un eventuale 
accoglimento del ricorso principale, in questo caso con l�obiettivo appunto di �ribaltare� 
la pronuncia in modo favorevole ad esso ricorrente incidentale e cos� lasciare � che � il punto 
fondamentale controverso - immutato il medesimo assetto di interessi garantito dal provvedimento 
oggetto di impugnazione. 
Pertanto il TAR, nell�esercizio dei poteri giurisdizionali, non ha affatto esorbitato dai propri 
limiti e, quindi, ritualmente ha potuto prendere in considerazione l�eccezione derivante dal 
ricorso incidentale, anche se dichiarato improcedibile. 
Ci� in quanto, la finalit� di concentrazione in un�unica sede del contenzioso ingeneratosi tra 
le stesse parti in ordine a provvedimenti aventi il medesimo oggetto e la sovrapponibilit� nell�uno 
(giudizio annullatorio) come nell�altro caso (giudizio prognostico) del medesimo processo 
logico giuridico (accertamento dell�antigiuridicit� dedotta), rende plausibile la tecnica 
utilizzata della declatoria di improcedibilit� dei ricorsi e di rigetto della domanda risarcitoria, 
siccome funzionale alle esigenze di effettivit� della tutela giurisdizionale ed ai pi� generali 
principi di giustizia sostanziale e di economia processuale. 
Per concludere � ad avviso del Collegio � la scissione tra formale pronuncia sulla legittimit� 
del provvedimento impugnato (improcedibilit� anzich� annullamento) e valutazione dell�istanza 
risarcitoria (collegata o indipendente che sia) non � idonea di per s� a pregiudicare 
la ragione sostanziale, se effettivamente sussistente, di un danno risarcibile secondo le regole 
proprie della responsabilit� da fatto �illegale� di una Pubblica Amministrazione. 
I mezzi di censura (dalla prima alla quarta) vanno perci� respinti in tutti i loro profili. 
4. � Nella discussione orale, l�abile difesa della societ� appellante, a sostegno del ragionamento 
che l�avvenuta ammissione non poteva essere rimessa in discussione dal giudice di 
prime cure, ha richiamato gli articoli 1421 e 1441 del codice civile su nullit� ed annullamento 
del contratto. 
In sintesi, questo il senso della tesi: � obbligo del giudice attenersi al petitum e dichiarare la 
nullit� e/o annullamento del negozio in relazione alla causa indicata dall�attore. 
Sul punto viene agevole rispondere che: 
a.- il giudice non � tenuto a dichiarare una invalidit�, pur risultante dagli atti, ove tale pronuncia 
non sia rilevante per la decisione della controversia (Cass. Civ., I, 18 aprile 1970, n.
154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
1127); 
b.� il ricorso incidentale ha natura di eccezione riconvenzionale quando, come nella specie, 
la dedotta illegittimit� dell�atto presupposto (ammissione a gara) � rivolta ad evitare il pregiudizio 
derivante dall�esercizio dell�azione giudiziale principale (impugnazione aggiudicazione), 
e perci� si pone l�esigenza di decidere simultaneamente e con un�unica sentenza tutte 
le controversie esistenti fra i soggetti in lite (Cons.St., IV, 13 dicembre 1999, n. 1853; C.G.A., 
30 giugno 1995, n. 249); 
c. � il risarcimento del danno in via generale non pu� essere riconosciuto se non vi sono gli 
estremi della antigiuridicit� ed esso non �, come � noto, una conseguenza automatica dell�annullamento 
giurisdizionale (Cons.St., V, 18 marzo 2002, n. 1562). 
Ma, soprattutto, l�azione risarcitoria non � soggetta alla regola del principio dispositivo con 
metodo acquisitivo, bens� al principio dell�onere della prova (art. 2697 cc e 115 cpc) in quanto 
inerente a processo avente ad oggetto diritti (risarcitori): questo giudizio verte principalmente 
sull�esistenza delle �condizioni� (e relative prove) di danno ingiusto, rispetto alle quali pu� 
essere strumentale, ma non ragione sufficiente (nella specie) l�esclusione altrui. 
Pertanto non basta la deduzione, in base al principio dispositivo con metodo acquisitivo, dell�illegittimit� 
dell�atto, essendo necessaria, in base al principio dispositivo, la dimostrazione, 
come da artt. 2697 c.c. e 115 comma 1 c.p.c., degli elementi che consentano di concludere in 
senso favorevole il giudizio sulla spettanza del risarcimento, e, cio�, occorre innanzitutto la 
prova del danno ingiusto, nella sua esistenza (e nel suo ammontare), consistente nella verifica 
positiva degli specifici requisiti e, in particolare, nell� accertamento di una effettiva lesione 
alla propria posizione giuridica soggettiva tutelata ovvero la violazione della norma giuridica 
che attribuisce la protezione a tale interesse (Cons. St., VI, 30 settembre 2008, n. 4689; Cass. 
Civ., I, 15 novembre 2005, n. 23029; Cons. St., IV, 03 maggio 2005, n.2136; e 17 settembre 
2004, n. 6056). 
L�esame della correttezza dell�operato dei primi giudici deve concentrarsi, dunque, sulla situazione 
�in fatto� legittimativa del diritto vantato rispettivamente dalle parti principale e 
incidentale: sotto tale aspetto va per vero riconosciuto che il TAR si � semplicemente limitato 
ad esaminare i fatti introdotti ed a registrare le relative conseguenze ai fini risarcitori ed alla 
luce delle circostanze in appresso richiamate. 
Nella fattispecie non � revocabile in dubbio che la controparte aveva fatto oggetto della propria 
tesi difensiva per l�appunto l�erronea ammissione della Toto Spa per le cause di esclusione 
opposte. 
Pertanto il giudice di prime cure non ha violato il principio di disponibilit� delle prove, come 
da art. 115 del codice di procedura civile, secondo cui devono essere poste a base della decisione 
unicamente le allegazioni delle parti, cio� le circostanze di fatto dedotte a fondamento 
della domanda o dell�eccezione e le prove offerte dalle parti medesime: nel vigente ordinamento 
processuale opera il principio dell�acquisizione delle prove, in forza del quale il giudice 
� libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che 
sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nello stesso giudizio (Cass. 
Civ., III, 10 ottobre 2008 n. 25028) o in altro tra le stesse parti (Cass. Civ., SS.UU., 8 aprile 
2008 n. 9040). 
� vero che, tanto con il ricorso principale quanto con quello incidentale, si tendeva ad ottenere 
una reciproca esclusione e, quindi, sulla base processuale di una parit� logica tra parti contrapposte: 
tuttavia, correttamente il TAR ha stabilito di dichiarare improcedibili l�uno e l�altro, 
ma nella sostanza effettivamente pronunciandosi, per economia processuale, sul ricorso inci-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 155 
dentale tramite la domanda risarcitoria. 
Difatti, per stessa ammissione di parte ricorrente originaria, nella fattispecie, per lo speciale 
divieto di legge rammentato, non v�era possibilit� di eventuale rinnovazione della procedura 
di gara e v�era preclusione legale a poter vedere annullato il contratto nascente dall�aggiudicazione 
disposta nei confronti dell�altro concorrente, conch� l�impugnativa principale non 
poteva in ogni caso produrre il risultato di un effetto rispristinatorio, se non per equivalente 
risarcitorio. 
Recita, invero, l�art. 246, comma quarto, del d.lvo 12 aprile 2006, n.163 che �La sospensione 
o l�annullamento dell�affidamento non comporta la caducazione del contratto gi� stipulato, e 
il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente�. 
La tesi sostenuta dall�appellante non regge neppure alla controprova: invero, ove questo giudice 
di appello dovesse esaminare nel merito entrambe le ragioni di esclusione, dando anche 
priorit� alle censure dedotte dalla societ� appellante, in ogni modo costei non trarrebbe vantaggio 
alcuno, non tanto per la preclusione di legge, ma quanto per la circostanza che � pur 
in ipotesi di accoglimento delle prospettazioni e, quindi, di annullamento prognostico dell�aggiudicazione 
(limitato agli effetti risarcitori) nei confronti di Condotte � ci� non potrebbe 
mai precludere o escludere, ai fini dell�interesse risarcitorio perseguito, il doveroso esame 
preliminare del presupposto necessario per configurare un danno risarcibile in capo all�appellante 
stessa (l�antigiuridicit�): vale a dire, contrariamente a quanto dedotto, che non � �meccanicisticamente� 
configurabile un�automatica sostituzione nell�aggiudicazione, in assenza 
di accertamento circa il regolare adempimento a quanto prescritto dal bando di gara (nella 
specie relativamente all�ammissione oggetto di contestazione incidentale). 
Su tale punto appare utile ricordare che la Toto spa � seconda graduata nella gara in questione: 
da questa circostanza discende che, a prescindere dal vincolo limitativo dell�opera strategica, 
anche in via ordinaria la sua pretesa alla stipula del contratto di cui trattasi si sarebbe fondata 
su un atto discrezionale dell�Amministrazione che, anzich� seguire la via principale della ripetizione 
della gara, avrebbe potuto eventualmente ricorrere all�utilizzo della graduatoria predisposta 
in sede di gara. 
Ragionando in relazione a quest�ultimo spaccato, va allora rilevato che: 
I.- nel caso in cui sia stato pronunciato l�annullamento giurisdizionale del provvedimento di 
aggiudicazione in un procedimento di pubblico appalto, per effetto della illegittima ammissione 
alla gara del soggetto primo classificato, �non � immediatamente operabile lo scorrimento 
della graduatoria con l�aggiudicazione dell�appalto al secondo classificato�(Cons. St., 
VI, 14 gennaio 2000, n. 244); 
II.- �il potere di esclusione dalla procedura di gara per mancanza di uno dei requisiti o condizioni 
necessari per la partecipazione non pu� dirsi esaurito con la fase tipica dell�ammissione 
delle offerte�, perdurando esso per lo meno fino a quando la gara non sia conclusa (nell�ipotizzato 
affidamento diretto a Toto spa), il che avviene solo con l�aggiudicazione definitiva e 
con la stipula del conseguente contratto (Cons. St., IV, 31 maggio 2007, n. 2836); 
III.- la facolt� dell�Amministrazione di richiedere ai concorrenti nel procedimento di gara per 
l�aggiudicazione di un pubblico appalto il completamento della documentazione concernente 
il possesso dei requisiti d�ammissione alla gara stessa e fornire gli eventuali chiarimenti integrativi, 
�non incontra limiti temporali tassativi o preclusioni, essendone rimesso l�esercizio 
alla discrezionale valutazione dell�Amministrazione nei limiti della par condicio dei concorrenti 
e nel presupposto della effettivit� del possesso del requisito concorsuale� (Cons.St., VI, 
18 maggio 2001, n. 2781). 
156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Ne deriva a corollario che: 
A.- la pretesa azionata non � configurabile come fondata su gli �automatismi� propri del diritto 
soggettivo ma solo su posizioni di interesse legittimo al corretto uso di tali poteri, perch�, nel 
caso in esame (di preteso subentro nell�aggiudicazione), comunque ci si troverebbe in una 
fase anteriore alla stipula del contratto ed alla sua esecuzione, fase regolata da principi di 
diritto pubblico ed in cui l�interesse generale sotteso alla disciplina dei contratti degli Enti 
Pubblici, ed i relativi poteri riconosciuti agli Enti stessi comprendono proprio quello di non 
procedere alla stipula ove sussistano interessi pubblici pregiudicati (Cons.St., V, 10 maggio 
2005, n. 2344); 
B.- l�appellante non pu� pertanto oggi far valere una aspettativa diretta (in via virtuale) a stipulare 
ed eseguire quel contratto (la cui formazione sarebbe discrezionale) mirando, in definitiva, 
ad ottenere una sentenza sostitutiva in luogo del contratto con un meccanismo che 
riprodurrebbe nel settore dei contratti della Pubblica Amministrazione l�esecuzione dell�obbligo 
a contrarre disciplinata nei rapporti paritetici dall�art. 2932 del codice civile. 
Da ci� consegue, con riguardo alla fattispecie di causa, la esclusione di un obbligo automatico 
a contrarre cos� come previsto nel diritto privato quale strumento di forzata conclusione della 
gara e la possibilit� per la stazione appaltante di non dare luogo ad aggiudicazione ed anche 
di revocare per ragioni di pubblico interesse meritevole di tutela l�aggiudicazione stessa. 
Ci� dimostra, con argomento in contrario: 
i.- l�esattezza processuale della pronuncia di improcedibilit� adottata dai primi giudici; 
ii.- la rilevanza processuale del �fatto� incidentale di controparte ai fini di potersi configurare 
l�attivit� della pubblica Amministrazione come illecita; 
iii.- il nodo centrale della questione controversa rappresentato dall�esistenza effettiva del requisito 
di partecipazione oggetto di odierna verifica virtuale; 
iv.- la circostanza che il giudice del risarcimento, se non pu� essere condizionato, certamente 
non pu� neanche essere �amputato� nella valutazione prognostica dei fatti introdotti in giudizio 
dalle parti. 
Deve quindi essere esaminata la questione sostanziale riproposta in appello, che � il vero argomento 
dominante in una domanda risarcitoria. 
5. � La quinta critica tende ad infirmare la pronuncia impugnata nei suoi tre rilievi addotti dal 
TAR per affermare la irregolarit� dell�ammissione e, perci�, ai fini risarcitori, la inevitabile 
esclusione della ricorrente principale: il subappalto dichiarato in �parte� per tutte le categorie 
a qualificazione obbligatoria OG4-OG1-OG6 e 0G9 (la Toto spa non ha qualificazione in 
OG6 e 0G9); la necessit� di indicare le parti di progettazione che avrebbero svolto le societ� 
professionali associande nell�ATI individuata come progettista; la carenza della fideiussione 
per l�aspetto delle garanzie dichiarate. 
In ordine alle predette lacune riscontrate nella partecipazione a gara della societ� appellante, 
giustamente i primi giudici hanno rilevato che in sede di aggiudicazione di contratti con la 
pubblica amministrazione, la stazione appaltante � tenuta ad applicare in modo incondizionato 
le clausole inserite nella �lex specialis� relative ai requisiti di partecipazione ovvero alle cause 
di esclusione, atteso che il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara 
risponde, per un verso, ad esigenze pratiche di certezza e celerit� e, per altro verso, alla necessit� 
di garantire l�imparzialit� dell�azione amministrativa e la parit� di condizioni tra i ricorrenti 
(Cons.St., IV, 5 settembre 2007, n. 4644). 
N�, come ventilato in appello dalla ricorrente originaria, le cennate carenze nelle dovute dichiarazioni 
possono essere ritenute �mere incompletezze� ovvero �irregolarit� formali� in
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 157 
quanto esse attengono ai contenuti sostanziali della domanda di partecipazione a gara (e connessa 
offerta) sotto gli aspetti necessari della ineludibile qualificazione in capo ai soggetti 
partecipanti e delle prescritte garanzie reali in favore dell�Amministrazione appaltante, rilevanti 
allo scopo di determinare con esattezza gli elementi essenziali del contratto d�appalto. 
Viene cos� in rilievo il punto 3, lett. I, del disciplinare di gara il quale prevede che nella busta 
A della documentazione amministrativa, da presentare a corredo dell�offerta, la concorrente 
deve indicare �quali delle lavorazioni appartenenti alla categoria prevalente ovvero appartenenti 
alla categorie diverse dalla prevalente intende subappaltare�. 
La Societ� appellante ha adempiuto a tale onere dichiarando di voler �subappaltare �parte 
dei lavori rientranti nelle seguenti categorie: OG4; OG1; OG6; OG9�. 
Orbene, poich� da ci� si desume inequivocabilmente l�intenzione della TOTO s.p.a. di eseguire 
direttamente una porzione � quella non subappaltata � non solo delle lavorazioni ricomprese 
nelle categorie OG4 e OG1, ma anche di quelle afferenti alle categorie, per le quali la 
stessa risulta sprovvista delle obbligatorie qualificazioni (OG6 e 0G9), si deve concludere 
che tanto avrebbe dovuto costituire causa di esclusione della Societ� dalla gara. 
Avendo il TAR giustamente ritenuto in tal senso, l�appellante ne contesta la decisione proponendo 
una propria interpretazione della sopra riportata dichiarazione: a suo dire, il sostantivo 
�parte� andrebbe riferito alle sole categorie OG1 e OG4, mentre le lavorazioni rientranti nelle 
categorie OG6 e OG9 dovrebbero intendersi come interamente da subappaltare. 
Ad una simile conclusione si dovrebbe pervenire, in un�ottica di �favor partecipationis�, considerando 
che � �fin troppo noto che le lavorazioni scorporabili e rientranti in categorie a qualificazione 
obbligatoria possano essere realizzate solo da impresa in possesso della relativa 
qualificazione�: ma proprio perch� cos� noto, la societ� appellante avrebbe dovuto esplicitare 
chiaramente la propria volont�, e non certo puntare a postume interpretazioni correttive, per 
di pi� sulla base di mere presunzioni. 
� infatti pacifico che �le dichiarazioni di subappalto debbono comunque specificare a quali 
lavori si riferiscano, anche all�interno della singola categoria, come si ricava dal�art. 18 co. 3 
n.1) della legge 55/90, nel testo sostituito dall�art. 34 l. 109/94 e da ultimo modificato dall�art. 
231 D.P.R. 554/99, norma che � espressamente prevedendo la possibilit� che il subappalto riguardi 
opere rientranti all�interno di un�unica categoria � richiede pur sempre che la dichiarazione 
indichi i lavori o le �parti di opere� che si intendono subappaltare (e, del resto, si pensi 
ad un�impresa munita di qualificazione per una data categoria, ma in classifica insufficiente 
a coprire l�intero importo delle relative opere): � evidente che, in questo caso, la dichiarazione 
di subappalto dovr� individuare con precisione a quali lavori si riferisca, anche all�interno di 
quella stessa categoria, onde consentire di verificare se la qualificazione posseduta autorizzi 
l�impresa ad eseguire le lavorazioni rimanenti, escluse dal subappalto; a maggior ragione, nel 
caso di impresa del tutto sprovvista di qualificazione, la dichiarazione dovr� riferirsi inequivocabilmente 
a tutte le opere appartenenti alla categoria� (cfr. Cons. Stato, V, 1 dicembre 
2006, n. 7090). 
Secondo le previste condizioni di capitolato l�appellante Toto spa non poteva sfuggire al dilemma: 
o partecipare alla gara in associazione o indicare con esattezza le categorie da subappaltare, 
e non equivocamente in modo indistinto e �a mucchio�, con il risultato di lasciarsi le 
mani libere in fase di esecuzione. 
Ordunque - avuto riguardo all�art.12 delle preleggi e a ben vedere - l�interpretazione della dichiarazione 
che viene propugnata non �, ai fini della ricerca dell�intenzione del partecipante, 
il senso fatto palese dal significato proprio delle parole in base alle espressioni utilizzate, do-
158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
vendosi intendere per �senso letterale delle parole� tutta la formulazione negoziale , e non 
gi� in una parte soltanto (Cass.Civ. II, 28 agosto 2007, n. 18180) con la conseguenza che 
TOTO Spa, che dovrebbe eseguire le restanti parti della OG6 ed OG9, viene ad essere sprovvista 
delle necessarie qualificazioni: bens�, in applicazione di altro innominato criterio interpretativo 
fondato su �interna corporis�, si dovrebbe emendare un difetto contenuto in tale 
dichiarazione che va sostituito in senso additivo da un significato attribuito dall�interprete 
alla parola �parte� (non del tutto in elencazione, ma limitatamente alla OG6 ed OG9). 
Viene quindi agevole domandarsi: e perch� non anche la OG1, e cos� via. 
Ci� dimostra come nello specifico � in effetti � non si discute di una ricognizione del contenuto 
della dichiarazione, ma piuttosto di una sua integrazione secondo un criterio �riparatorio� la 
cui variante di senso pu� essere aperta alle pi� diverse opzioni. 
La prospettazione dell�appellante non pu� quindi essere seguita. 
Altrettanto deve concludersi quanto alle altre cause di esclusione contestate, a fronte delle 
tassative indicazioni disposte dal bando a pena di esclusione. 
Il punto 10 bis, nel caso di costituendi associazioni o consorzi (il riferimento � al RTI SWS 
Engineering Spa ed Eco Consulting Ingegneria s.r.l. individuato come progettista) prevede 
dichiarazione �di individuazione delle parti dell�opera o dei servizi di progettazione, secondo 
le categorie del bando di gara, che verranno eseguite da ciascuna associata o consorziata ovvero 
professionista individuato�: la tesi che nell�appalto integrato i progettisti non assumono 
la qualit� di concorrenti non � concludente, e va quindi disattesa, in relazione a tale espressa 
previsione di bando e con riguardo all�ineludibile esigenza che anche per i raggruppamenti 
professionali occorre conoscere anticipatamente �chi fa cosa� in relazione ai differenti contenuti 
prestazionali che possono essere vantati da ciascun associato in base alle diverse specializzazioni, 
competenze e specifiche esperienze professionali maturate. 
Relativamente alla progettazione (anche integrata) dei lavori pubblici, il Regolamento di attuazione 
(DPR 21 dicembre 1999 n. 554) della legge quadro in materia di lavori pubblici (11 
febbraio 1994 n. 109 e s.m.i.) offre al soggetto appaltante un ampio margine di scelta (cfr. 
art.50 e ss) in base a parametri vari (difficolt�, particolare complessit�, particolare rilevanza) 
ed ai progettisti un ventaglio di forme organizzative (studio interno, societ� di ingegneria, societ� 
professionali), non esclusi i raggruppamenti temporanei tra professionisti: orbene, una 
volta scelto il modello utilizzato per partecipare alla gara (nella specie, ATI) non si vede perch� 
mai non dovrebbero essere applicate le corrispondenze proprie del tipo prescelto in relazione 
alle comuni esigenze logico-operative proprie dell�istituto giuridico del Raggruppamento 
(Cons.St., VI, 11 maggio 2007 n. 2310): n� si pu� sostenere che le attivit� professionali devono 
essere ripartite tra tutti gli associati in linea meramente quantitativa perch� anche il Regolamento 
considera le singole specifiche competenze e responsabilit�. 
Le affermazioni al riguardo sviluppate dall�appellante non hanno perci� pregio. 
A sua volta, il punto 7, a proposito delle cauzioni richieste, dispone che �la fideiussione o la 
polizza devono contenere, a pena d�esclusione dalla gara, la dichiarazione da parte del fideiussore 
o dell�intermediario finanziario di rinuncia espressa al beneficio della previa escussione 
del garantito nonch� la rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza di quest�ultimo�: 
come si vede, le due dichiarazioni non sono per nulla equivalenti e/o fungibili. 
La tesi della ricorrente TOTO spa, secondo cui il garante si era impegnato a pagare su �semplice 
richiesta�, � destinata a recedere di fronte alla constatazione che il bando richiede non 
un affidamento soltanto, ma anche l� espressa rinuncia a far valere le eccezioni di spettanza 
del garantito e, quindi, l�una e l�altra dichiarazione funzionali a distinte certezze contrattuali:
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 159 
� noto l�ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di contratto autonomo di garanzia 
(Cass.Civ., III, 24 aprile 2008 n. 10652; Cons. St., V, 8 luglio 2002 n. 3792), ma qui si 
sta discutendo di formazione del rapporto di base che deve essere assistito da una garanzia 
piena ed incondizionata che la sola �a semplice richiesta� non assicura. 
Anche quest�ultima doglianza � dunque da disattendere. 
6. � Conclusivamente � e in sintesi � quel che rileva ai fini risarcitori, non � l�essere del procedimento, 
bens� il suo dover essere secondo legge. 
Inoltre, a sorreggere la virtuale esclusione in discorso, � sufficiente una soltanto delle cause 
sopra esaminate, e questa di essere da sola capace a sostenere l�insussistenza di una lesione 
da risarcire per effetto della illegittima ammissione. 
Per le esposte considerazioni il ricorso deve essere respinto, con conseguente conferma della 
sentenza gravata. 
Le spese di lite relative all�odierno grado possono essere compensate tra le parti, sussistendone 
giusti motivi, in ragione della novit� e complessit� delle questioni trattate. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), respinge il ricorso d�appello indicato 
in epigrafe e, per l�effetto, conferma la sentenza impugnata.
160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
L�Ufficio del Commissario Delegato ex art. 5, 
legge n. 225 del 1992 
Natura giuridica ed ambito dei poteri straordinari 
riguardo la procedura negoziata senza previa 
pubblicazione di un bando di gara 
(Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sez. I, sentenza 
18 febbraio 2009 n. 1656) 
Il T.A.R. del Lazio, con la pronuncia in esame, delinea i presupposti al 
ricorrere dei quali la pubblica amministrazione pu� procedere alla scelta del 
proprio contraente attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione 
di un bando di gara, puntualizzando che la procedura negoziata ex art. 
57, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, riveste un carattere eccezionale anche 
in ipotesi in cui l�amministrazione procedente sia un Ufficio commissariale, 
istituito ai sensi dell�art. 5, l. n. 225/1992. La pronuncia in commento consente 
di far il punto in ordine alla natura giuridica dell�Ufficio del Commissario delegato, 
procedendo ad un�indagine ricognitiva del complesso sistema della 
protezione civile, che permetter� di chiarire - in generale e, con specifico riferimento 
alla materia degli appalti pubblici - l�ambito e la valenza dei poteri 
straordinari e derogatori di cui all�art. 5, l. n. 225/1992, conferiti - con ordinanze 
del Presidente del Consiglio dei Ministri - alla Struttura commissariale. 
I fatti
In ragione dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico 
e della mobilit� nel territorio della Citt� di Napoli, gi� dichiarato con d.P.C.M. 
del 8 settembre 2006, con ordinanza n. 3566 del 5 marzo 2007, il Presidente 
del Consiglio dei Ministri nominava - fino al 31 dicembre 2008 - il Sindaco 
di Napoli quale commissario delegato per l�attuazione degli interventi volti a 
fronteggiare la dichiarata emergenza, conferendogli poteri straordinari anche 
in deroga alle disposizioni di legge ivi, puntualmente, indicati. Con decreto 
del 9 febbraio 2008, il Dirigente Generale del Comune di Napoli, gi� nominato 
Soggetto Attuatore dal Commissario delegato, in virt� dell�art. 2, O.P.C.M. n. 
3566/2007, affidava alla Napolipark S.r.l. (societ� in house del Comune di Napoli) 
il compito di procedere alla sperimentazione, implementazione e consegna 
al Comune di Napoli di un sistema integrato I.T.S. (Intelligent 
Transportation System) per il controllo e la regolamentazione del traffico urbano. 
La Societ� in house manifestava all�Ufficio commissariale la necessit� 
di appaltare l�esecuzione del servizio ad un�impresa privata. Cos� che con de-
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 161 
creto n. 19 del 10 aprile 2008, il Commissario delegato affidava al Soggetto 
Attuatore il compito di procedere direttamente, previa indagine esplorativa di 
mercato, all�affidamento della progettazione e realizzazione del sistema integrato 
I.T.S. mediante procedura ristretta con il criterio dell�offerta economicamente 
pi� vantaggiosa e/o negoziata. Il Soggetto Attuatore indiceva, di 
seguito, la procedura negoziata di affidamento senza alcuna indagine esplorativa, 
approvando, di conseguenza, gli atti preordinati alla selezione. Con nota 
del 7 agosto 2008, la Kapsch Trafficcom S.r.l. e la Kapsch-Busi S.p.A., chiedevano 
di essere invitate alla trattativa privata. La Struttura commissariale respingeva 
l�istanza in ragione dell�avvenuta preselezione dei soggetti da 
invitare e per aver gi� svolto una preventiva indagine di mercato. 
Insorgevano la Kapsch Trafficcom S.r.l. e la Kapsch-Busi S.p.A. impugnando 
innanzi al T.A.R. Lazio gli atti inerenti la scelta dell�Amministrazione 
di procedere all�individuazione del soggetto privato appaltatore attraverso la 
procedura negoziata di cui all�art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, 
denunciando plurime violazioni di legge. 
Ravvisati i presupposti per accordare la richiesta tutela cautelare, con ordinanza 
n. 5997, pronunciata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008, 
l�adito T.A.R. accoglieva l�istanza cautelare, sospendendo, per l�effetto, l�esecuzione 
degli atti gravati preordinati alla selezione negoziale. 
All�esito del giudizio, con la pronuncia in esame, il Tribunale accoglieva 
il ricorso ravvisando, fra l�altro, la carenza dei presupposti legittimanti l�indizione 
della procedura negoziale, avendo cura di chiarire, altres�, che i presupposti 
giustificanti la procedura negoziata non corrispondono, in modo 
automatico, ai presupposti inerenti la dichiarazione dello stato di emergenza. 
Invero, nell�esercizio dei suoi poteri straordinari e derogatori di cui all�art. 5, 
l. n. 255/92, l�Ufficio del Commissario delegato deve esternare una congrua 
motivazione indicando puntualmente le norme cui ha inteso derogare e le ragioni 
della medesima deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per 
relationem alle OO.PP.CC.MM.. 
Il quadro normativo-sistematico e la natura giuridica dell�Ufficio del Commissario 
Delegato 
Il nostro ordinamento ha riconosciuto, progressivamente, un vero e proprio 
�diritto pubblico dell�emergenza� finalizzato a fronteggiare, con speciali 
modalit� di azione e con apparati organizzativi diversi da quelli ordinari, eventi 
eccezionali che non possono essere gestiti efficacemente con i normali strumenti 
operativi (1). 
(1) Si veda, in dottrina, SALVIA, Il diritto amministrativo e l�emergenza derivante da fattori interni 
all�amministrazione, in Dir. amm., 4, 2005, 763 ss.; FIORITTO, L�amministrazione dell�emergenza tra
162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In materia emergenziale, il testo normativo fondamentale � la l. 24 febbraio 
1992, n. 225 (che istituisce il Servizio nazionale della protezione civile), 
in forza della quale le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi della medesima 
legge �legittimano lo Stato ad adottare - onde fronteggiarle efficacemente 
- specifiche ordinanze di necessit� ed urgenza per ovviare a situazioni di emergenza�. 
Tali ordinanze �sono espressive di un principio fondamentale della 
materia della protezione civile, che assume una valenza particolarmente pregnante 
quando sussistano ragioni di urgenza che giustifichino un intervento 
unitario da parte dello Stato�(2). 
Il legislatore statale ha cos� rinunciato ad un modello centralizzato per 
un�organizzazione diffusa a carattere policentrico (3). 
In particolare, le competenze amministrative inerenti il Servizio nazionale 
di protezione civile sono state cos� ripartite tra i diversi livelli istituzionali di 
governo in relazione alle tipologie di eventi cui far fronte: 
- eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni 
competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lett. a); 
- eventi che impongono l�intervento coordinato di pi� enti o amministrazioni 
competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lett. b); 
- calamit� naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensit� o estensione, 
richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lett. c). 
In particolare, sulla base di quanto previsto dall�art. 5, l. n. 225 del 1992, 
lo Stato ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria 
di cui all�art. 2, comma 1, lett. c) cit.. Infatti, l�art. 5, l. n. 225/92, prevede 
un particolare procedimento, articolato in due fasi, che consente 
all�Autorit� statale di adottare i necessari provvedimenti per fronteggiare le 
situazioni di emergenza (4). 
autorit� e garanzie, Bologna, 2008. Per un�ampia disamina del complesso sistema del Servizio di protezione 
civile, anche con riferimento alle esperienze normative antecedenti alla l. n. 225/1992, si vedano, 
in dottrina, CRISCI, Protezione civile e zone terremotate delle regioni Basilicata e Campania, ESI, 1982; 
DI PASSIO, La protezione civile. Funzione, organizzazione, Maggioli, 1987; PEPE, Protezione civile e 
pianificazione del territorio, Cedam, 2006; ID., Il diritto alla protezione civile, Giuffr�, 1996; GIAMPAOLINO, 
Il servizio nazionale di protezione civile. Commento alla Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, 
Giuffr�, 1993; SEVERI, Le ordinanze della Legge n. 225/92 sulla protezione civile, Giuffr�, 1996; SEVERI- 
MALO, Il servizio nazionale di protezione civile: Legge 24 febbraio 1992, n. 225 e norme collegate, 
Giappichelli, 1995. Tra i pi� recenti contribuiti in materia, si vedano MARZOULI, Il Diritto amministrativo 
dell�emergenza: fonti e poteri, Relazione al Convegno �Il diritto amministrativo dell�emergenza�, organizzato 
dall�Associazione italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, 6-7 ottobre 2005, Universit� 
degli Studi Roma Tre; FRANCHINI, La figura del Commissario straordinario prevista dall�art. 20 
del d.l. n. 185/2008, in www.igi.it. 
(2) Cos�, Corte cost., 16 luglio 2008, n. 277, in www.cortecostituzionale.it. 
(3) Cos�, testualmente, Corte Cost., sent. 28 marzo 2006, n. 129, e sent. 30 ottobre 2003, n. 327, 
entrambe in www.cortecostituzionale.it. 
(4) L�art. 5 (stato di emergenza e potere di ordinanza), l. 225/92, dispone testualmente che: 
�1. Al verificarsi degli eventi di cui all�articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta 
del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell�articolo 1, comma
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 163 
In una prima fase, al verificarsi di �calamit� naturali, catastrofi o altri 
eventi che, per intensit� ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi 
e poteri straordinari� (cos� l�art. 2, comma 1, lett. c), l. n. 225/92) il Consiglio 
dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per 
sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera 
lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in 
stretto riferimento alla qualit� ed alla natura degli eventi. Lo stato di emergenza 
pu� poi essere revocato, con le medesime modalit� con cui � stato dichiarato, 
qualora ne vengano meno i presupposti (art. 5, comma 1, l. n. 225/92). 
In una seconda fase, sono emanate ordinanze finalizzate all�attuazione 
degli interventi di emergenza. Dette ordinanze, per espressa previsione legislativa, 
possono essere adottate �in deroga ad ogni disposizione vigente�, purch� 
esse rispettino i principi generali dell�ordinamento giuridico (art. 5, comma 
2, l. cit.). 
In tale contesto, il Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, 
il Ministro per il coordinamento della protezione civile, possono anche emanare 
ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a 
persone o a cose, e ci� in coerenza con lo spirito generale della legge n. 225, 
che non � solo quello di porre rimedio ai danni gi� prodotti, ma anche di prevenirli, 
assumendo come carattere prioritario la tutela dell�integrit� della vita 
e dei beni, indipendentemente dalle cause e dalle responsabilit� che hanno 
prodotto la situazione di danno o di pericolo (5). In quest�ultima ipotesi non � 
consentita la deroga al regime normativo ordinario, se non con riguardo alla 
2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone 
durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualit� ed alla natura degli eventi. 
Con le medesime modalit� si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei 
relativi presupposti. 
2. Per l�attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si 
provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze 
in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell�ordinamento giuridico. 
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell�articolo 1, comma 2, il 
Ministro per il coordinamento della protezione civile, pu� emanare altres� ordinanze finalizzate ad evitare 
situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate 
al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione. 
4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell�articolo 1, comma 2, il 
Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l�attuazione degli interventi di cui ai commi 
2 e 3 del presente articolo, pu� avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega 
deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalit� del suo esercizio. 
5. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l�indicazione delle principali 
norme a cui si intende derogare e devono essere motivate. 
6. Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della 
Repubblica italiana, nonch� trasmesse ai sindaci interessati affinch� vengano pubblicate ai sensi dell�articolo 
47, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142�. 
(5) In tal senso, SALVIA, Il diritto amministrativo e l�emergenza derivante da fattori interni all�amministrazione, 
cit., 763 ss.. 
164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
competenza che rimane di regola incardinata in modo derogatorio negli organi 
straordinari investiti di poteri (art. 5, comma 3, l. cit.). 
L�esercizio di tali poteri - come specificato dalla normativa successivamente 
intervenuta - deve avvenire d�intesa con le Regioni interessate, sulla 
base di quanto disposto dall�art. 107, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento 
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti 
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonch� dall�art. 
5, comma 4-bis, d.l. 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per 
assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attivit� di 
protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa 
civile), convertito, con modificazioni, dall�art. 1, l. 9 novembre 2001, n. 401. 
Tuttavia, l�art. 107, comma 1, lettere b) e c), d.lgs. n. 112 del 1998 ha chiarito 
che tali funzioni hanno rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di 
unitariet�, coordinamento e direzione, escludendo che la legislazione regionale 
possa attribuire poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente. Infatti, 
le norme di cui agli artt. 5, l. n. 225/1992 e 107, d.lgs. n. 112/1998 sono 
�espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, 
sicch� deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche 
sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della 
Costituzione)�(6). 
La materia della protezione civile rientra appunto nell�ambito della potest� 
legislativa concorrente ex art. 117, comma 3, Cost., sicch� la l. n. 225/1992 
e il d.lgs. n. 112/1998 appaiono espressivi di principi fondamentali - cui la Regione 
� tenuta a prestare ossequio - ove ricorrano peculiari ragioni di urgenza 
che giustificano un intervento unitario da parte dello Stato. Lo Stato rinviene, 
altres�, un ulteriore titolo a legiferare in ragione della propria competenza legislativa 
in materia di �tutela dell�ambiente�, nel cui ambito si colloca il settore 
relativo alla gestione dei rifiuti, frequentemente alla base della istituzione di 
Uffici commissariali nelle regioni meridionali (7). 
Ad ogni modo, il potere di intervento dell�Autorit� statale pu� anche concretizzarsi 
nella nomina di Commissari Delegati (art. 5, comma 4, l. cit.) - il 
cui provvedimento di nomina deve indicare il contenuto della delega, i tempi 
e le modalit� del suo esercizio - i quali, nel quadro di quanto previsto agli art. 
12, 13, 14 e 15 della legge medesima, concentrano nel loro ufficio le competenze 
di regioni, province, prefetti e comuni, ed operano a mezzo di ordinanze, 
(6) Si veda, Corte cost., sentt. n. 82/2006 e n. 327/2003, in www.cortecostituzionale.it. 
(7) Cfr., Corte cost., sentenze nn. 161 e 62 del 2005; nn. 312 e 96 del 2003, in www.cortecostituzionale.
it. Anteriormente alla l. n. 225/1992 un importante caso di amministrazione straordinaria (emergenziale) 
era quello previsto dall�art. 5, l. 8 dicembre 1970, n. 996, che gi� consentiva al Presidente del 
Consiglio dei Ministri di affidare ad un Commissario Governativo la direzione ed il coordinamento di 
tutti i servizi di soccorso nelle zone colpite da calamit� naturali o catastrofi. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 165 
che possono essere emanate in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto 
dei principi generali dell�ordinamento giuridico (8). Infatti, in base alla 
disciplina di cui alla l. n. 225/92 tutte le ordinanze commissariali emanate una 
volta dichiarato lo stato di emergenza possono derogare alle leggi vigenti, salvi 
i principi generali dell�ordinamento, ed � l�organo delegante (ovvero la Presidenza 
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile) che 
trasmette al delegato (l�Ufficio commissariale) i propri poteri, cosicch� anche 
tale potere di deroga alle leggi vigenti pu� essere oggetto della delega (9). 
Inoltre, come gi� chiarito dalla giurisprudenza (10), il rischio della compressione 
dei principi costituzionali in materia di decentramento e autonomie 
locali � - per un verso - giustificato dal fatto che lo stato di emergenza � deliberato 
in presenza di eventi che, per intensit� ed estensione, debbono essere 
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, superando pertanto le stesse possibilit� 
logistiche e finanziarie degli enti locali e - per altro verso - attenuato 
dal limite temporale e funzionale dei poteri commissariali (come risulta dall�ultimo 
periodo del comma 4 dell�art. 5, l. n. 225/1992). Invero, la salvaguardia 
delle attribuzioni legislative regionali viene garantita attraverso la 
configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente autorizzato dal legislatore 
statale, ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalit� di esercizio 
(11). La l. n. 225 del 1992 circoscrive, infatti, il potere dell�Autorit� 
statale in modo tale da non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni 
regionali, attraverso il riconoscimento della sussistenza di un nesso di 
adeguatezza e proporzione tra le misure adottate e la qualit� e natura degli 
eventi, con la previsione di adeguate forme di leale collaborazione e di concentrazione 
nella fase di attuazione e organizzazione delle attivit� di protezione 
civile (art. 5, comma 4-bis, d.l. 343/2001), nonch� la fissazione di precisi limiti, 
di tempo e di contenuto, all�attivit� del Commissario delegato (12). 
(8) Cfr., Corte Cost., 14 luglio 2006, n. 284, in www.cortecostituzionale.it. 
(9) Cos�, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 maggio 2005, n. 981, in www.giustizia-amministrativa.
it. 
(10) In tal senso, Cons. St., sez. V, 19 aprile 2000, n. 2361, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(11) Cfr., Corte Cost., sent. n. 127 del 1995 e n. 418 del 1992, in www.cortecostituzionale.it; in 
ordine al rapporto ravvisabile tra potere di deroga al quadro normativo primario per effetto dell�adozione 
di ordinanze di protezione civile ex art. 5, l. n. 225/1992 ed i provvedimenti commissariali attuativi, si 
veda T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(12) Sulla base di tali premesse, parte della dottrina si � posta in maniera critica in ordine alle soventi 
proroghe delle gestioni commissariali, sottolineando che si � fatto un uso distorto dello strumento 
commissariale, in quanto vi si � fatto ricorso in caso non tanto di effettiva esigenza, quanto di pericolo 
derivante da un cattivo esercizio del potere amministrativo, realizzando un intreccio tra regime straordinario 
e ordinario; cfr., con riferimento all�emergenza ambientale calabrese, LEMETRE, La �stabile temporaneit�� 
dei regimi commissariali: un ossimoro lesivo delle competenze regionali? Note minime a 
corte costituzionale 16 luglio 2008, n. 277, in www.giustamm.it.; nello stesso senso, FRANCHINI, La figura 
del commissario straordinario prevista dall�art. 20 del d.l. n. 185/2008, in www.igi.it; in giurisprudenza, 
si vedano Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2002, n. 6280 e n. 6809, in Giorn. dir. amm., 2003,
166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In presenza di eventi che legittimano la deliberazione dello stato di emergenza 
in quanto talmente intensi ed estesi da richiedere mezzi e poteri straordinari, 
�l�unitariet� e la unicit� dei centri decisionali - anche a mezzo di 
commissari delegati - per provvedere all�attuazione degli interventi necessari 
a fronteggiare l�emergenza si impongono nel rispetto del principio della stessa 
unicit� ed indivisibilit� della Repubblica proclamato dall�art. 5 della Costituzione�. 
Sicch�, l�attribuzione dei poteri di promozione e coordinamento al 
Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, al Ministro per la protezione 
civile - nell�ambito del settore emergenziale - risulta coerente con le 
previsioni dell�art. 95 della Costituzione e dell�art. 5, l. 23 agosto 1988, n. 
400, sulla disciplina dell�attivit� di Governo e sull�ordinamento della Presidenza 
del Consiglio dei ministri (13). Dal punto di vista formale, il potere di 
nomina di un commissario straordinario trova fondamento, in termini generali, 
nell�art. 11, l. n. 400/1988, sulla disciplina dell�attivit� di Governo e sull�ordinamento 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri (ove si fa riferimento 
alla necessit� di realizzare obiettivi definiti o di soddisfare particolari e temporanee 
esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali), e, 
in termini specifici, in altre norme che disciplinano settori determinati. 
I Commissari Delegati sono nominati con Ordinanza del Presidente del 
Consiglio dei Ministri. 
L�esperienza concreta ha visto l�istituzione di numerosi Commissari Delegati, 
nominati per fronteggiare emergenze ambientali (dissesto idrogeologico, 
smaltimento dei rifiuti, ecc.) verificatesi in diverse regioni italiane, tra 
cui Calabria, Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania. 
Dall�art. 5, l. n. 225/92, che sancisce la specifica competenza dello Stato 
a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui all�art. 2, comma 1, lett. 
1157, con nota di MARTINI, Emergenza rifiuti e ordinanze extra ordinem e in Riv. giur. edil., 2003, I, 
445 e ss., con nota di GANDINO, I limiti al potere di ordinanza in materia di protezione civile con riferimento 
alla nozione di gestione dei rifiuti); sull�eccessiva dilatazione del concetto di emergenza ad opera 
della pi� recente giurisprudenza, che ha prodotto una procedura di infrazione nei confronti dell�Italia, 
si veda MARZUOLI, Il diritto amministrativo dell�emergenza: fatti e poteri, in Annuario AIPDA, 2005, 5 
ss.. 
(13) Si veda, in proposito, Corte Cost., 9 novembre 1992, n. 418, in www.cortecostituzionale.it., 
ove la Consulta, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalit� dell�art. 2, comma 2, l. 24 
febbraio 1992, n. 225, ha chiarito che �La legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, 
lungi dal modificare la ripartizione delle materie e delle competenze fra Stato e regioni, corrisponde 
all�ineludibile esigenza di una direzione unitaria degli interventi cui sono chiamati - tanto in fase di 
previsione e prevenzione dei rischi, che in fase di emergenza - molteplici organismi, sia statali che territoriali, 
qualificati come componenti del servizio; a tal fine - tenuto conto della rilevanza nazionale 
delle attivit� di tutela nel loro complesso e dell�ampio coinvolgimento in esse dell�amministrazione statale 
- � giustificata l�attribuzione di poteri di promozione e coordinamento al Presidente del Consiglio 
dei ministri o, per sua delega, al Ministro per la protezione civile (in coerenza con le previsioni dell�art. 
95 Cost. e con l�art. 5, L. n. 400 del 1988), senza che ci� comporti lesione alcuna di competenze regionali�. 
Si vedano, da ultimo, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e alla luce del d.lgs. 31 
marzo 1998, n. 112, Corte Cost., 16-30 ottobre 2003, n. 327, e Corte Cost., 3 marzo 2006, n. 82, citt. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 167 
c) di tale legge, (deliberando e revocando lo stato di emergenza, determinandone 
la durata e l�estensione territoriale in stretto riferimento alla qualit� ed 
alla natura degli eventi, nominando Commissari delegati, investiti del potere 
di emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione di legge, ma pur sempre 
nel rispetto dei principi generali dell�ordinamento giuridico), l�unanime giurisprudenza 
ricava la natura di amministrazione statale degli Uffici Commissariali. 
In proposito, la Corte Costituzionale ha affermato in pi� occasioni tale 
natura statale, rilevando, in particolare, che �i provvedimenti posti in essere 
dai commissari delegati sono atti dell�amministrazione centrale dello Stato, 
in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo, finalizzati 
a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunit� locali 
coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e ci� in ragione tanto della 
rilevanza delle stesse, quanto della straordinariet� dei poteri necessari per 
farvi fronte�(14). 
Pi� in particolare, per quanto riguarda i rapporti intercorrenti tra Presidenza 
del Consiglio dei Ministri e apparato organizzativo del Commissario 
Delegato, appare meritevole di adesione la teoria che li ricostruisce in termini 
di avvalimento (c.d. amministrazione indiretta) (15), poich� si verifica che una 
Amministrazione dello Stato si avvale, per la cura di interessi nazionali (nell�esercizio 
dei poteri emergenziali), di uffici regionali e locali, d�intesa con gli 
enti interessati, con la peculiarit� di conservare, tuttavia, la piena titolarit� 
della funzione (e del potere) esercitato. La prassi ha, infatti, visto l�utilizzo, 
presso gli Uffici Commissariali, di personale amministrativo proveniente 
dall�amministrazione regionale, provinciale e comunale, l�impiego di strutture 
e beni, mobili ed immobili, degli enti locali, e non di rado sono stati nominati 
Commissari Delegati i Presidenti delle Giunte delle Regioni interessate dalle 
situazioni emergenziali. L�impiego di personale amministrativo proveniente 
dalle amministrazioni regionali e locali, nonch� la nomina a Commissario Delegato 
dei Presidenti delle Giunte Regionali, non vale certo ad escludere la natura 
statale degli Uffici Commissariali, n� consente di affermare che la 
funzione emergenziale esercitata sia da imputare all�ente locale; al contrario, 
l�impiego di personale amministrativo, di dirigenti e di strutture appartenenti 
ad altri enti, valutato alla luce della teoria dell�avvalimento, consente di qualificare 
l�Ufficio del Commissario Delegato come organo statale �straordinario� 
di cui il Dipartimento della Protezione Civile si avvale per fronteggiare 
(14) Cos�, testualmente, Corte Cost., 26 giugno 2007, n. 237, cit.; si vedano, inoltre, Corte Cost., 
sent. 26 giugno 2007, n. 237, cit.; ord. 5 dicembre 2007, n. 417, cit.; ord. 4 aprile 2008, n. 92, cit.; da 
ultimo, Corte cost., sent. 16 luglio 2008, n. 277, cit.; si veda, altres�, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 
2008, n. 4467, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. St., sez. V, 20 agosto 2008, n. 3969, ivi. 
(15) La figura del c.d. avvalimento, detto anche di c.d. amministrazione indiretta, trova una sua 
precisa collocazione nell�art. 118 Cost. nella formulazione vigente al momento di entrata in vigore della 
l. n. 225/1992 e nell�art. 3, comma 1, lett. f), della c.d. legge Bassanini I (l. 15 marzo 1997, n. 59). 
168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
lo stato di emergenza (16). 
Gli uffici di avvalimento operano, pertanto, alle dipendenze funzionali 
dell�ente che se ne avvale, pur restando strutturalmente incardinati nell�ente 
cui appartengono, per quanto riguarda l�esercizio in concreto delle attivit� ad 
essi affidate. La competenza rimane in capo al primo ente, il quale si limita 
ad utilizzare (a proprie spese) a titolo ausiliario l�apparato organizzatorio di 
un ente diverso, disponendo direttamente (e non per tramite di quest�ultimo) 
dell�apparato stesso: ci troveremmo, cos�, in presenza, secondo tale ricostruzione, 
ad un classico esempio di amministrazione c.d. indiretta o mediata in 
cui l�ufficio commissariale si atteggia ad organo (straordinario) del quale il 
Dipartimento della Protezione Civile si avvale per lo svolgimento degli interventi 
d�emergenza nei settori contemplati dalla legge istitutiva del Servizio 
Nazionale di Protezione Civile. 
In sintesi, attraverso tale modulo organizzatorio la Presidenza del Consiglio 
dei Ministri, anzich� dotarsi di propri uffici, si avvale degli uffici (del personale 
e delle attrezzature) di una diversa figura soggettiva, per lo svolgimento 
dei suoi poteri e delle sue funzioni, conservando in ogni caso, a differenza di 
quanto si verifica con il diverso modulo organizzatorio della delegazione amministrativa 
c.d. intersoggettiva (che si instaura tra enti diversi), la titolarit� 
non solo della competenza, ma anche della funzione e le connesse responsabilit�. 
In ci� si rinviene la fondamentale differenza con la delegazione intersoggettiva 
delle funzioni, che effettivamente comporta una deroga all�ordine 
delle competenze tra enti diversi. 
Peraltro, questa ricostruzione dei rapporti tra il Presidente del Consiglio 
dei Ministri e gli uffici commissariali ex lege n. 225/1992 era gi� avallata dalla 
giurisprudenza amministrativa ancor prima dei recenti arresti della Consulta 
(17), la quale osservava come l�esame dell�intero impianto normativo deli- 
(16) Si vedano Cons. St., sez. IV, 28 aprile 2004, n. 2576 in Foro Amm. CdS, 2004, 1109; T.A.R. 
Calabria, Catanzaro, sez. II, 15 dicembre 2004, n. 2411, in www.giustizia-amministrativa.it; id., 1 marzo 
2006, n. 236, ivi; di recente, con diffusa motivazione, Trib. Catanzaro, sez. II, 1 febbraio 2008, n. 72, in 
www.altalex.it e in Rass. Avv. St., 2007, IV, 58 ss.; T.A.R. Lazio, sez. I, 19 maggio 2008, n. 4467, cit.. 
(17) Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 1992, n. 52, in Foro amm., 1999, 62, in 
Cons. Stato, 1999, I, 34; II, 1623 con nota di COSTA e in Giur. it., 1999, 1959, secondo cui �Il commissario 
delegato non � titolare di una potest� direttamente conferita dalla norma, ma � soggetto delegato 
nei cui confronti si opera un trasferimento di poteri gestionali e non della titolarit� dell�intervento che 
resta, comunque, in capo al Presidente del Consiglio, il quale pu�, ai sensi dell�art. 5, comma 4, legge 
24 febbraio 1992, n. 225, appunto avvalersi di commissari delegati�; nello stesso senso, Cons. St., Sez. 
IV, 29 agosto 2002, n. 4345, in www.giustizia-amministrativa.it., ove si � affermato che �Il quadro normativo 
di cui alla legge 24 febbraio 1992 n. 225, in deroga all�ordinaria funzione amministrativa relativa 
alla organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, prevede che competente in materia 
� la Presidenza del Consiglio dei Ministri che pu� avvalersi di delegati per l�attuazione degli interventi 
(art.5, comma 4, l. n. 225 del 1992); pertanto, il Commissario delegato trova predefinito dalla Presidenza 
l�organo titolare del potere, l�ambito normativo derogabile mediante i provvedimenti di attuazione�. 

IL CONTENZIOSO NAZIONALE 169 
neato dalla l. n. 225 del 1992 consente di ravvisare l�intento di fondo del legislatore 
di prefigurare una gestione unitaria delle attivit� di protezione civile 
(previsione, prevenzione, soccorso, superamento dell�emergenza), la cui titolarit� 
dev�essere ricondotta all�autorit� responsabile dell�attivit� governativa 
di coordinamento (art. 95 Cost. e art. 5, l. 23 agosto 1988, n. 400) e titolare di 
funzioni di soccorso e di prevenzione in stati di emergenza (art. 5, commi 2 e 
3, l. n. 225/1992), sulla quale grava l�obbligo di attuazione degli interventi 
conseguenti a dichiarazioni di stato d�emergenza, assunta, peraltro, collegialmente 
dal Consiglio dei Ministri. 
Cos� affermata la natura di amministrazione statale del Commissario Delegato, 
si tratta di verificarne il carattere di soggetto autonomo di diritto, dotato 
di autonoma capacit� sostanziale e processuale, ovvero, al contrario, di concludere 
per il suo carattere di mera articolazione periferica della Presidenza 
del Consiglio, come tale priva di autonoma rilevanza. 
Relativamente a tale problematica, chiarificatrici si dimostrano le disposizioni 
contenute nelle Ordinanze emanate dalla Presidenza del Consiglio, e 
destinate a disciplinare l�attivit� dell�Ufficio Commissariale: �Il Dipartimento 
della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri resta estraneo 
ad ogni rapporto contrattuale scaturente dalla applicazione della presente 
ordinanza e pertanto eventuali oneri derivanti da ritardi, inadempienze o da 
contenziosi sono da ritenersi a carico del Commissario Delegato che deve 
farvi fronte con i propri mezzi�(18) e, per quel che maggiormente interessa la 
fattispecie analizzata dalla pronuncia in commento, �Il Dipartimento della 
protezione civile � estraneo ai rapporti comunque nascenti in dipendenza del 
compimento delle attivit� del Commissario delegato�(19). 
Dalle disposizioni contenute dalle citate ordinanze emerge che: 1) il Commissario 
Delegato, nell�ambito dell�attivit� emergenziale, gode di piena ed autonoma 
soggettivit�, potendo concludere negozi che vincolano solo s� 
medesimo; 2) di tali obbligazioni, il Commissario Delegato risponde solo con 
i fondi messi a sua disposizione dal Governo; 3) in eventuali controversie nascenti 
da detti rapporti, unico soggetto legittimato processualmente � il Commissario 
Delegato, il quale pu� costituirsi in giudizio autonomamente, pur se 
con l�obbligatorio patrocinio della Difesa Erariale, in quanto amministrazione 
statale. 
Del resto, la giurisprudenza che si � pronunciata su controversie che vedevano 
come parti Uffici Commissariali (istituiti in Calabria, Campania, Puglia, 
Sicilia) si � sempre espressa nel senso di riconoscere piena legittimazione 
(18) Cos� dispone l�art. 5, O.P.C.M. n. 3337/2004; di identico tenore sono l�art. 8, O.P.C.M. n. 
3106/2001; l�art. 4, O.P.C.M. n. 3112/2001; l�art. 5, O.P.C.M. n. 3132/2001; l�art. 4, O.P.C.M. n. 
3185/2002. 
(19) Cfr., art. 7, O.P.C.M. n. 3566 del 5 marzo 2007. 
170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
al Commissario Delegato (20). 
Pertanto, il Commissario Delegato - pur qualificandosi come organo 
emergenziale, creato dal Governo al ricorrere dei presupposti di cui alla l. n. 
225/1992 - ha, tuttavia, natura di autonomo soggetto di diritto, dotato di capacit� 
processuale. 
In senso divergente da tale ricostruzione, riguardo la natura di autonomo 
soggetto di diritto del Commissario Delegato, deve, ad ogni modo, darsi conto 
dell�opinione espressa, in sede consultiva, dall�Avvocatura Generale dello 
Stato, secondo la quale gli Uffici Commissariali - proprio in ragione di organi 
straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri - non avrebbero una 
compiuta soggettivit�, trattandosi di organi straordinari dell�Amministrazione 
da cui sono delegati (la Presidenza del Consiglio), e dalla quale non sarebbero 
pienamente autonomi, con la conseguenza che l�Amministrazione delegante 
risponderebbe dei debiti contratti dal suo organo delegato. Secondo l�Avvocatura 
dello Stato, qualora si reputasse il Commissario Delegato soggetto autonomo 
e distinto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, �si finirebbe 
infatti con l�ammettere, pur in mancanza di una espressa deroga al citato principio 
fondamentale di cui all�art. 2740 c.c., una limitazione di responsabilit� 
della Presidenza del Consiglio per debiti nascenti dall�attivit� di un suo organo 
straordinario, che appare comunque ad essa riferibile, giusta il disposto 
dell�art. 5 comma 4 della Legge 24 febbraio 1992 n. 225, ai sensi del quale, 
come gi� ricordato, �Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua 
delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della 
protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del 
presente articolo, pu� avvalersi di commissari delegati. Una limitazione della 
responsabilit� patrimoniale per l�operato del Commissario, in mancanza di 
un�espressa previsione normativa, costituirebbe poi un effetto del tutto ingiustificato 
ed esuberante rispetto alle finalit� perseguite dalla legge 
225/92�(21). 
L�Ufficio del Commissario delegato gode del patrocinio obbligatorio ed 
esclusivo dell�Avvocatura dello Stato, in ragione della sua natura giuridica di 
organo statale (22). 
(20) Si veda, ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 9 luglio 2007, n. 1754, in www.giustiziaamministrativa.
it; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi; id., 3 maggio 2007, n. 
4707, ivi; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2006, n. 236, cit.. 
(21) Cos�, testualmente, parere dell�Avvocatura Generale dello Stato del 12 gennaio 2009, prot. 
n. 8941, approvato da CO.CO. (comitato consultivo) dell�organo di Difesa erariale, allo stato inedito. 
(22) Si veda, in merito alla natura statale della Struttura commissariale, ex multis, Cons. St., sez. 
IV, 28 aprile 2004, n. 2576, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui �L�ufficio del commissario 
delegato per l�emergenza rifiuti in Sicilia � un ufficio che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza 
del Consiglio dei ministri, per cui � evidente che gli atti assunti da tale organo sono riferibili alla stessa 
Presidenza del Consiglio, che ha nei confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e 
di indirizzo�. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 171 
ComՏ noto, ai sensi dell�art. 1, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione 
del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza 
e difesa in giudizio dello Stato e sull�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato), 
la rappresentanza, il patrocinio e l�assistenza in giudizio delle amministrazioni 
dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla difesa 
erariale, il cui patrocinio non pu� coesistere con quello esercitato da altri 
legali (23). Le amministrazioni dello Stato devono ricorrere necessariamente 
alla difesa in giudizio dell�Avvocatura dello Stato, pena la nullit� radicale degli 
atti processuali compiuti (24). Come opportunamente evidenziato dalla giurisprudenza, 
la necessit� del patrocinio e della rappresentanza delle amministrazioni 
dello Stato da parte dell�Avvocatura dello Stato risulta pacificamente 
applicabile anche agli organi delegati dell�Amministrazione centrale dello 
Stato ed alle gestioni commissariali la cui azione rientra nell�ambito di un 
munus statale, che, in quanto tale, implica necessariamente il patrocinio ex 
lege dell�Avvocatura dello Stato (25). Ed, infatti, nessuna amministrazione 
dello Stato pu� richiedere l�assistenza di avvocati del libero foro se non per 
ragioni assolutamente eccezionali, inteso il parere dell�Avvocato generale dello 
Stato e secondo norme stabilite dal Consiglio dei ministri (art. 5, R.d. cit.). Le 
speciali disposizioni in materia di rappresentanza obbligatoria dell�Avvocatura 
dello Stato afferiscono all�ordine pubblico processuale, trattandosi di norme 
(23) In proposito, da ultimo, con diffusa e condivisibile motivazione, T.A.R. Calabria, Reggio 
Calabria, 25 marzo 2009, n. 190, in www.giustamm.it, con commento di MEZZOTERO - LUMETTI, Il patrocinio 
erariale autorizzato: � organico, esclusivo e non presuppone alcuna istanza dell�ente all�Avvocatura 
dello Stato. Il caso delle Autorit� portuali in alcune recenti contrastanti decisioni del giudice 
amministrativo, ove il Collegio ha affermato il principio dell�esclusivit� del patrocinio dell�Avvocatura 
dello Stato con riferimento ad un ente (nella specie, l�Autorit� Portuale di Gioia Tauro) che si avvale 
del patrocinio erariale autorizzato, ai sensi dell�art. 43, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611. In forza di tale 
principio il Tribunale ha dichiarato la nullit� dell�atto di costituzione in giudizio a firma del difensore 
illegittimamente nominato dall�Ente, per difetto di jus postulandi. 
(24) Cfr., GIOVAGNOLI, Il patrocinio dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, in CARINGELLA, 
DE NICTOLIS, GIOVAGNOLI, POLI, Manuale di giustizia amministrativa, 2008, Roma, tomo I, 
390; PAVONE, Lo Stato in giudizio, Enti pubblici e Avvocatura dello Stato, Milano, 2002; Trib. Milano, 
sez. X, 14 maggio 2007, n. 5833 (inedita), con la quale � stata dichiarata la nullit� dell�atto di citazione, 
sottoscritto da un avvocato del libero foro nell�interesse dell�Ufficio del Commissario delegato, in quanto 
privo dello jus postulandi; nello stesso solco, con approfondita motivazione, Trib. Catanzaro, sez. II, 1 
febbraio 2008, n. 72, cit. 
(25) Si veda, in proposito, Cass. civ., sez. I, 12 dicembre 2003, n. 19025, in Riv. arbitrato, 2005, 
1, 76, con nota di GRASSO G., Istituzione del procedimento arbitrale, carenza di potestas iudicandi e 
fase rescissoria del giudizio di impugnazione per nullit�, ove il principio � stato affermato con riferimento 
al Sindaco ed al presidente della Giunta regionale quale commissario di Governo ai sensi della 
l. 14 maggio 1981 n. 219, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. 19 marzo 1981 n. 75, in materia 
di interventi di ricostruzione seguiti al terremoto del 1980 nell�area campana; in applicazione del principio 
dell�obbligatoriet� del patrocinio erariale, la Corte ha affermato, nella fattispecie, che per le citazioni 
in giudizio di detto commissario ovvero per gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi agli 
arbitri nei confronti di esso � applicabile l�art. 11, R.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 - sostituito dall�art. 1, 
l. 25 marzo 1958 n. 260 - in tema di notifica presso l�Avvocatura dello Stato. 
172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dettate in materia di jus postulandi. Ne segue che la disciplina prevista e sancita 
dal R.d. 1611/1933, in ordine al patrocinio erariale necessario, � imperativa 
ed inderogabile. La dottrina ha, infatti, evidenziato che lo jus postulandi dell�Avvocatura 
dello Stato in merito alle amministrazioni dello Stato � organico, 
obbligatorio ed esclusivo (26). 
La natura statale degli Uffici Commissariali giustifica, oltre il patrocinio 
obbligatorio dell�Avvocatura dello Stato, il disposto normativo di cui all�art. 
3, co. 2-bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245, introdotto dalla legge di conversione 
27 gennaio 2006, n. 21, secondo il quale: �In tutte le situazioni di emergenza 
dichiarate ai sensi dell�articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 
1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimit� delle 
ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta 
in via esclusiva, anche per l�emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo 
regionale del Lazio, con sede in Roma�. I successivi comma 2- 
ter e 2-quater (27) dispongono che l�incompetenza � rilevata d�ufficio e che 
la norma si applica anche ai processi in corso. 
La competenza del T.A.R. del Lazio - scelta legislativa reputata dalla Consulta 
compatibile con il dettato costituzionale (28) - si radica in ragione della 
(26) In ordine al principio di c.d. esclusivit� ed organicit� del patrocinio erariale, si rinvia, per 
approfondimenti a PAVONE, Lo Stato in giudizio, Enti pubblici e Avvocatura dello Stato, Milano, 2002, 
254; per una rassegna generale delle forme del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato, si veda GIOVAGNOLI, 
op. ult. cit.. In giurisprudenza, sulla portata del principio, cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, 
sez. II-ter, 7 luglio 2009, n. 6527, in www.lexitalia.it, ove � stato ritenuto illegittimo, per contrasto con 
l�art. 1, R.d. n. 1611/1933, un bando del Ministero delle Politiche Agricole per l�affidamento del servizio 
di assistenza giudiziale, rivolto a studi legali, poich� la normativa contenuta nel R.d. 30 ottobre 1933 n. 
1611 esclude la possibilit� per le amministrazioni statali di affidare tale attivit� agli avvocati del libero 
foro attraverso una gara ad evidenza pubblica nel caso in cui - come nella specie - non risultino esternati 
quei motivi eccezionali che consentono di avviare la procedura di autorizzazione per derogare alla norma 
che prevede il patrocinio obbligatorio dell�Avvocatura dello Stato. Con specifico riguardo allo jus postulandi 
dell�Avvocatura di Stato in ordine alla rappresentanza e difesa in giudizio dell�Ufficio del Commissario 
delegato ex lege 225/92, si veda, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2006, n. 236, cit., 
secondo cui �Il Commissario Delegato, bench� costituito presso l�Ufficio di Presidenza della Regione 
Calabria, ha veste di organo straordinario della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento 
della Protezione Civile) di cui si avvale il competente apparato statale per lo svolgimento dei compiti 
attribuiti dalla legge n. 225/1992 in materia di protezione civile. Ne consegue che trovano piena applicazione 
le norme del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611, nonch� delle altre leggi in materia di rappresentanza 
e difesa in giudizio dello Stato, riguardanti il patrocinio dello Stato e la notificazione degli atti alle amministrazioni 
statali�; in tal senso, anche gi�, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 15 dicembre 2004, 
2411, cit.; da ultimo, Trib. Catanzaro, sent. n. 72/08 cit., Trib. Milano, sent. n. 5833/2007 cit.. 
(27) Secondo cui: �2-ter Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d�ufficio. Davanti al 
giudice amministrativo il giudizio � definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell�art. 26 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e 
seguenti dell�art. 23-bis della stessa legge�; �2-quater Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano 
anche ai processi in corso. L�efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo 
diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale 
amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata pu� riproporre il ricorso�. 
(28) Cfr., in proposito, Corte Cost., 26 giugno 2007, n. 237, cit..
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 173 
circostanza che le ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali 
sono finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle 
comunit� locali, la cui cura richiede appunto l�esercizio di poteri straordinari. 
Spetta, infatti, al Governo disciplinare gli eventi di natura straordinaria, rientrando 
tra le sue competenze il potere di deliberare, prorogare e revocare lo 
stato di emergenza - determinandone durata ed estensione territoriale in riferimento 
alla natura e qualit� degli eventi - e, come detto, tali funzioni hanno 
rilievo nazionale, rispondendo ad esigenze di unitariet�, coordinamento e direzione 
(29). Sicch�, il carattere ultraregionale delle situazioni di emergenza 
- indipendentemente dal rispettivo ambito geografico di incidenza - giustifica 
la concentrazione del relativo contenzioso presso il T.A.R. del Lazio anche 
per l�impugnazione dei provvedimenti attraverso i quali le gestioni commissariali, 
data la loro natura di longa manus del Governo, pongono in essere le 
misure idonee a fronteggiare le situazioni di emergenza (30). 
Tuttavia, all�indomani della pronuncia della Consulta (Corte Cost., 26 
giugno 2007, n. 237), parte della giurisprudenza ha chiarito che il disposto 
normativo di cui all�art. 3, comma 2-bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245 (conv. 
l. n. 21/2006), non si riferisce, in modo indifferenziato, ad ogni tipologia di 
atto posto in essere dal Presidente del Consiglio del Ministri al verificarsi degli 
eventi di cui all�art. 2, co. 1, lettera c), l. n. 225/1992, ovvero dai Commissari 
delegati nelle ipotesi di cui all�art. 5, comma 4, l. cit.. La competenza del 
T.A.R. Lazio di cui all�art. 3, comma 2-bis, cit., attiene, infatti, ai giudizi impugnatori 
di provvedimenti amministrativi posti in essere nell�ambito di situazioni 
di emergenza derivanti da eventi naturali o legati all�azione dell�uomo 
fronteggiabili solo con poteri straordinari. Invero, la devoluzione alla competenza 
funzionale del T.A.R. Lazio ha riguardo solo alle impugnazioni delle ordinanze 
adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali, poste in 
essere a seguito della dichiarazione di cui al comma 1 dell�art. 5, l. n. 225/92, 
con precipuo riferimento sia, da un lato, all�istituto delle cd. ordinanze in de- 
(29) In tal senso, gi�, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 16 maggio 2005, n. 981, cit.; T.A.R. Sicilia, 
Catania, 22 giugno 2000, n. 1142, in www.giustizia-amministrativa.it; Corte cost., 9 novembre 
1992, n. 418, cit.. 
(30) Si vedano, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 9 aprile 2009, n. 1889, in www.giustizia-amministrativa.
it; Cons. Giust. Amm., 14 gennaio 2009, n. 15, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 17 novembre 
2008, n. 19673, ivi; Cons. St., sez. V, 20 agosto 2008, n. 3969, ivi; T.A.R. Lazio, sez. I, 19 
maggio 2008, n. 4467, cit.; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 15 maggio 2008, n. 4516, ivi; T.A.R. Calabria, 
Catanzaro, sez. I, 13 maggio 2008, n. 465, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14 marzo 2008, 
n. 1299, ivi; id., 7 gennaio 2008, n. 26, ivi; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 20 novembre 2007, n. 3918, ivi; 
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 25 ottobre 2007, n. 10095, ivi; id., 24 luglio 2007, n. 6940, ivi; T.A.R. 
Puglia, Bari, Sez. II, 11 maggio 2007, n. 1312, ivi; in dottrina, per approfondimenti, DE LEONARDIS, La 
Corte costituzionale accresce la competenza territoriale del Tar Lazio: verso un nuovo giudice centrale 
dell�emergenza?, in Dir. proc. amm., 2008, 2, 476 ss.; TEMPESTA, Stato di emergenza e competenza territoriale 
del Tar Lazio, in Il corriere del merito, 2008, 4, 481 ss.. 
174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
roga, di cui all�art. 5, comma 5, l. cit., che, dall�altro lato, alla diversa figura 
delle ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni 
a persone o cose, di cui al menzionato art. 5, comma 3, della stessa legge. 
Come chiarito dalla giurisprudenza, la norma in esame, attributiva della 
competenza del T.A.R. Lazio, � di carattere eccezionale, in quanto derogatoria 
rispetto alle ordinarie regole in punto di competenza territoriale dettate dagli 
artt. 2 e 3, l. n. 1034/1971, e - in quanto tale - necessita interpretazione restrittiva 
(31). 
Pertanto, dall�esame testuale dell�art. 3, comma 2-bis, sopra richiamato, 
risulta che la deroga alla competenza territoriale ivi prevista non trovi applicazione 
nelle ipotesi in cui l�impugnativa giurisdizionale concerna (non gi� le 
ordinanze di cui all�art. 5, cit., ovvero i provvedimenti ad esse conseguenti, 
bens�) atti e provvedimenti amministrativi di diversa natura che costituiscono 
l�esercizio di un�ordinaria attivit� gestionale, sia pure inserita nell�ambito delle 
particolari situazioni di cui all�art. 2, comma 1, lett. c), l. n. 225/1992. 
Sicch�, parte della giurisprudenza ritiene che allorquando l�Autorit� deputata 
a dirimere lo stato di emergenza agisca attraverso strumenti giuridici 
ordinari, non strettamente funzionali a fronteggiare tali stati eccezionali (finalizzati 
a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose), 
la competenza a conoscere degli eventuali avverse impugnazioni va determinata 
secondo le regole generali che disciplinano la competenza dei 
TT.AA.RR., ex art. 2 e 3, l. TAR (32). 
(31) Cos�, testualmente, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 gennaio 2008, n. 83, in www.giustizia-
amministrativa.it; in ordine al carattere eccezionale e alla sua necessaria interpretazione restrittiva, 
si veda, inoltre, Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2007, n. 2994, in www.giustizia-amministrativa.it; altres�, 
T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi, secondo cui �In ragione dell�espresso richiamo 
alle situazioni di emergenza di cui all�art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, deve infatti 
ritenersi che le �ordinanze adottate e [�]i consequenziali provvedimenti comissariali�, la cui cognizione 
� rimessa in via esclusiva al TAR romano, siano appunto gli atti strettamente funzionali a fronteggiare 
tali stati eccezionali e dunque le ordinanze contigibili e urgenti finalizzate a evitare situazioni 
di pericolo o maggiori danni a persone o a cose e i provvedimenti per l�attuazione degli interventi di 
emergenza�. 
(32) Cos�, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 gennaio 2008, n. 83, cit.; ha avuto cura di chiarire 
che �la giustificazione della disciplina processuale a regime cui ha dato vita, in particolare, il comma 
2-bis del contestato art. 3, trova la sua ragion d�essere proprio nella straordinariet� delle situazioni di 
emergenza (e nella eccezionalit� dei poteri occorrenti per farvi fronte) che costituiscono il presupposto 
dei provvedimenti amministrativi, l'impugnativa dei quali forma l�oggetto dei giudizi devoluti alla competenza 
esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Corte Costituzionale 26.6.2007 n. 
237). Appare evidente al Collegio che tale carattere di straordinariet� ed emergenza non pu� certo riscontrarsi 
in controversie meramente risarcitorie come la presente. Il tutto in assenza di una qualsiasi 
norma che estenda ai ricorsi per il risarcimento del danno la disciplina di cui sopra�; altres�, T.A.R. 
Campania, Napoli, sez. I, 12 giugno 2007, n. 6075, ivi, secondo cui �Quando si � invece chiaramente 
al di fuori di tale sfera di attivit� (vertendosi, ad esempio, di atti di organizzazione interna del commissariato 
di governo o, come nel caso in esame, della regolamentazione delle modalit� di informazione e 
partecipazione dei cittadini), difettano i presupposti della competenza funzionale del Tar del Lazio, che
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 175 
L�esercizio dei poteri straordinari e derogatori del Commissario delegato 
Come gi� avvertito, i Commissari Delegati sono nominati con Ordinanza 
del Presidente del Consiglio dei Ministri. Con tali provvedimenti, il Presidente 
del Consiglio dei Ministri delega i propri poteri agli Uffici commissariali delineando 
il contenuto della delega, i tempi e le modalit� di esercizio e delimitando, 
altres�, l�eventuale esercizio del potere di deroga, con puntuale 
indicazione delle singole disposizioni di legge cui poter derogare. In particolare, 
ai commissari delegati istituiti ai sensi della l. n. 225/1992 sulla protezione 
civile non � consentito derogare ai principi di concorrenza di derivazione 
comunitaria, per come espressamente disposto dalla direttiva del Presidente 
del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 (pubblicata nella Gazz. Uff., 21 
dicembre 1998, n. 298), emanata ai sensi dell�art. 5, comma 2, l. 23 agosto 
1988, n. 400, che � stata adottata a seguito di alcuni rilievi formulati dall�Unione 
europea: nella direttiva, che tende a delimitare - anche alla luce delle 
censure formulate in pi� occasioni dalla Corte costituzionale e dal Consiglio 
di Stato in relazione all�utilizzazione di poteri straordinari quando questi risultano 
generici e non ben circoscritti - il ricorso al commissario a situazioni 
imprevedibili effettivamente caratterizzate dallo stato di emergenza, viene stabilito, 
tra l�altro, che le ordinanze non possono comunque contenere deroghe 
alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie relative agli appalti pubblici 
(33). 
Tale direttiva all�art. 1 dispone che �la durata degli stati di emergenza o 
di grande evento, dichiarati ai sensi dell�articolo 5 comma 1 della legge n. 
225 del 1992 � definita in stretta correlazione con i tempi necessari per la realizzazione 
dei primi indispensabili interventi �� (comma 1) , e che �le ordinanze 
di protezione civile adottate ai sensi dell�articolo 5, comma 2 della legge 
225 del 1992, per quanto citato in premessa, non devono contenere deroghe 
alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie (comma 2 )�. Ed inoltre, 
all�art. 2 dispone che �le ordinanze di protezione civile previste dall�articolo 
� basata sul profilo oggettivo dell�atto e non gi� sul soggetto emanante, e tornano ad operare le consuete 
regole di riparto su base territoriale della competenza tra i diversi Tribunali Amministrativi Regionali�; 
in tal senso, pure, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 20 novembre 2007, n. 3918, ivi, secondo cui: �i provvedimenti 
impugnati (i.e.: l�approvazione del progetto definitivo di un sistema impiantistico complessivo 
e l�autorizzazione alla realizzazione e gestione dello stesso) non sono annoverabili in alcun modo fra 
�le ordinanze adottate [ed] i consequenziali provvedimenti commissariali�, posti in essere a seguito 
della dichiarazione di cui al comma 1 dell�art. 5, cit., atteso che essi costituiscono, al contrario, esercizio 
di attivit� amministrative gestionali poste in essere (pur se nell�ambito di un quadro emergenziale) in 
attuazione di impegni assunti a seguito dell�espletamento di un pubblico incanto e della conseguente 
aggiudicazione in favore dell�odierna controinteressata�. 
(33) Per una puntuale disamina dei limiti, interni e comunitari, all�esercizio dei poteri commissariali 
derogatori in materia di appalti pubblici il rinvio � d�obbligo a SALOMONE, Le ordinanze di protezione 
civile ed il rispetto dei vincoli derivanti dall�ordinamento comunitario con riguardo alle procedure 
di affidamento dei contratti pubblici, in www.giustizia-amministrativa.it. 
176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
5, comma 2 della legge n. 225/1992 laddove ineriscano a situazioni di emergenza 
ed a grandi eventi, ancora in atto, sono modificate nel senso di assicurare 
il rigoroso rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici 
di lavori, di servizi e di forniture�. L�art. 3 dispone, inoltre, che alla ricorrenza 
di situazioni di urgenza e di necessit� aventi carattere di assoluta imperiosit�, 
le ordinanze di protezione civile previste dall�art. 5, comma 2, l. n. 225/1992 
potranno prevedere la deroga alle disposizioni della legge nazionale nella materia 
degli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilevo comunitario, 
nel rispetto, comunque, delle norme contenute nelle pertinenti direttive 
comunitarie. In via eccezionale, soltanto �nell�ipotesi di assoluta eccezionalit� 
dell�emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione 
dell�integrit� della vita umana, il Capo del Dipartimento della protezione civile 
pu� essere motivatamente autorizzato a procedere ad affidamenti diretti 
in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario, 
semprech� non sia possibile provvedere altrimenti, in termini di rigorosa 
proporzionalit�, e soltanto per periodi di tempo prestabiliti, limitati 
alla adozione dei primi indispensabili interventi� (art. 4). A titolo di ulteriore 
puntualizzazione si dispone che i commissari delegati nominati, ai sensi dell�art. 
5, comma 4, l. n. 225, per l�attuazione degli interventi previsti, provvedono 
alle aggiudicazioni necessarie per il superamento delle situazioni 
d�emergenza, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici 
di lavori, di servizi e di forniture, sulla base di ordinanze di protezione 
civile adottate ai sensi dell�art. 5, recanti la definizione puntuale della tipologia 
degli interventi e delle iniziative da adottarsi in deroga all�ordinamento giuridico 
vigente, nonch� la specificazione di termini temporali e modalit� di realizzazione 
(art. 5). Non pu� in tale sede sottacersi che tali direttive - oltre ad 
impartire prescrizioni al Dipartimento della Protezione Civile - implicitamente 
suggeriscono, come si vede, un uso prudente nel ricorrere alle procedure d�urgenza 
(in ossequio, peraltro, ai principi generali, desumibili sia dal nostro ordinamento 
che dalla normativa comunitaria), limitato ai casi di effettiva 
indifferibilit� ed urgenza dei lavori connessi al pubblico servizio di cui � titolare 
l�Ufficio commissariale e solo per far fronte ad esigenze temporanee, non 
ripetibili nel tempo (secondo l�univoco indirizzo giurisprudenziale sopra segnalato); 
e ci� fermo restando il principio, affermato dalla giurisprudenza, secondo 
cui l�esercizio dei poteri derogatori ex art. 5, comma 2, l. 24 febbraio 
1992, n. 225 necessita, comunque, di congrua esplicitazione motivazionale, 
da parte del Commissario delegato, con puntuale riferimento alle norme alla 
quale si sia inteso derogare ed alle ragioni della deroga, non essendo sufficiente 
un mero richiamo per relationem alle Ordinanze di protezione civile che hanno 
previsto la derogabilit� di norme di legge (34). 
(34) In tal senso, Cons. St., sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3276, in www.giustizia-amministrativa.it. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 177 
Invero, il potere amministrativo di agire in deroga alle disposizioni vigenti, 
per far fronte alle situazioni emergenziali dichiarate con decreto del Presidente 
del Consiglio dei Ministri, ha natura assolutamente straordinaria ed 
extra ordinem, che si impone quale estrema ratio anche nell�ambito sistematico 
della l. n. 225/92. Dispone, infatti, l�art. 5, comma 2, l. cit., che �per l�attuazione 
degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui 
al comma 1, si provvede (�) anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni 
disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell�ordinamento giuridico�. 
Ci� significando che l�amministrazione deputata a far fronte agli 
eventi emergenziali (in primis i Commissari delegati) agisce nel rispetto dei 
principi generali dettati dall�ordinamento giuridico attraverso propri poteri ordinari, 
alla stregua di un�amministrazione comune. Sicch�, l�esercizio dei poteri 
derogatori - conferiti al Commissario delegato ex O.P.C.M. - implica 
un�attenta e congrua valutazione di tutti i presupposti necessari all�uso straordinario 
della deroga, limitata - in ogni caso - alle singole disposizioni normative 
indicate nella O.P.C.M. (35). 
A questi principi perfettamente si allinea la sentenza in commento. 
La procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ex 
art. 57, comma 2, lett. c), Codice degli Appalti pubblici, nell�ambito dell�esercizio 
dei poteri straordinari e derogatori del Commissario delegato 
I principi generali in materia di appalti pubblici, rinvenibili nell�ordinamento 
giuridico comunitario ed interno, impongono alla stazione appaltante 
di procedere alla scelta del proprio contraente privato attraverso una selezione 
pubblica improntata alle regole di pubblicit� e concorrenza. Invero, la finalit� 
perseguita con la direttiva n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento 
delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, 
di forniture e di servizi) - trafusa nel d.lgs. n. 163/2006 - � stata, in primo 
luogo, quella di garantire che nei singoli ordinamenti nazionali l�aggiudicazione 
degli appalti per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di 
altri organismi di diritto pubblico avvenisse nel rispetto dei principi del Trattato 
istitutivo della Comunit� Europea ed, in particolare, dei principi della libera 
circolazione delle merci, della libert� di stabilimento e della libera prestazione 
dei servizi, nonch� dei �principi che ne derivano, quali i principi di parit� di 
trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit� 
e di trasparenza�(36). Si � voluto, infatti, assicurare l�apertura degli 
(35) Cos�, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 febbraio 2009, n. 1656, in commento, secondo cui nell�ambito 
dell�esercizio dei poteri derogatori di cui all�art. 5 l. n. 225/92, non � sufficiente il mero richiamo 
all�Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma devono essere indicate puntualmente le 
norme cui si intende derogare e le ragioni della medesima deroga; in questo senso, in dottrina, SALOMONE, 
op. cit. 
178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
appalti pubblici alla concorrenza anche mediante regole dettagliate volte a garantire 
procedure di gara concorrenziali a livello della Unione europea (37). 
Invero, come gi� chiarito dalla Corte di Giustizia della Comunit� Europea, i 
principi di uguaglianza di trattamento e di non discriminazione sulla base della 
nazionalit� comportano un obbligo di trasparenza per la stazione appaltante, 
tale da garantire - in favore di ogni potenziale offerente - un adeguato livello 
di pubblicit�, consentendo l�apertura del mercato alla concorrenza, nonch� il 
controllo sull�imparzialit� delle procedure di aggiudicazione (38). Tuttavia, 
sebbene taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive 
comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE in materia di appalti pubblici, le amministrazioni 
aggiudicatrici che li stipulano sono tenute a rispettare, in ogni 
caso, i principi fondamentali del Trattato istitutivo della Comunit� Europea, 
che impongono, in via generale, all�amministrazione di assicurare la pi� ampia 
apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore, in ossequio ai 
principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libert� di stabilimento 
e della libera prestazione dei servizi (39). 
La procedura di affidamento - volta allo scopo di garantire i predetti principi 
diretti a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti 
- � fondamentalmente riconducibile alla materia della tutela della concorrenza. 
In proposito, la Corte Costituzionale ha rimarcato che �si tratta di assicurare 
l�adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del 
contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parit� 
di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalit� e di trasparenza�. 
Sicch�, la trasposizione dei sopra enunciati principi comunitari nel nostro ordinamento 
giuridico si traduce, essenzialmente, nell�attuazione delle regole 
(36) Cfr., in proposito, Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 
2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di 
forniture e di servizi), secondo cui �L�aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello 
Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico � subordinata al rispetto dei 
principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert� di 
stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch� ai principi che ne derivano, quali i principi 
di parit� di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit� e di 
trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia � opportuno elaborare 
disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali 
appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare l'apertura degli appalti 
pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate 
conformemente alle norme e ai principi citati, nonch� alle altre disposizioni del trattato�. 
(37) Cos�, Comunicazione interpretativa della Commissione, relativa al diritto comunitario applicabile 
alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive �appalti pubblici
�, del 1 agosto 2006. 
(38) Cfr., in particolare, Corte di Giustizia UE, causa C-324/98 Telaustria [2000] Racc. I-10745, 
paragrafo 62; id., causa C-231/03 Coname, sentenza del 21 luglio 2005, paragrafi da 16 a 19 e la causa 
C-458/03 Parking Brixen, sentenza del 13 ottobre 2005, paragrafo 49. 
(39) Cfr., art. 3, paragrafo 1, lettere c) e g); art. 4, paragrafo 1; artt. 23 - 31; artt. 39 - 60, del 
Trattato che istituisce la Comunit� europea, del 25 marzo 1957. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 179 
costituzionali dell�imparzialit� e del buon andamento (ex art. 97 Cost.), che 
caratterizzano l�azione della pubblica amministrazione. In particolare, l�osservanza 
delle prescrizioni comunitarie ed interne dell�evidenza pubblica garantisce 
il rispetto delle regole dell�efficacia e dell�efficienza dell�attivit� dei 
pubblici poteri. La selezione della migliore offerta assicura, infatti, la piena 
attuazione degli interessi pubblici in relazione al bene o al servizio oggetto 
dell�aggiudicazione (40). 
Sul versante interno, il nostro ordinamento giuridico conosceva gi� un 
principio di evidenza pubblica, prescrivendo l�art. 3, R.d. 18 novembre 1923, 
n. 2440 (legge di contabilit� di Stato) che ogni contratto della p.a. da cui derivi 
un�entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano 
le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata. 
La ratio del principio espresso dall�art. 3, R.d. n. 2440/1923 � quella di assicurare 
la par condicio tra tutti i potenziali interessati a contrattare con l�amministrazione 
e di consentire all�amministrazione stessa di contrattare alle 
condizioni pi� vantaggiose mediante l�acquisizione di un pluralit� di offerte, 
tantoch� �l�omissione della gara prescritta dalla legge per l'individuazione 
del contraente privato - omissione cui deve equipararsi l'espletamento meramente 
apparente delle formalit� previste dalla legge - comporta la nullit� del 
contratto per contrasto con norme imperative�(41). La ratio sottesa al principio 
recato dall�art. 3 cit., ha una portata tanto generale da doversi ritenere precettiva 
per qualsiasi attivit� dell�amministrazione, di modo tale che 
allorquando si presenti per i privati una possibilit� di guadagno, tutti siano 
messi in grado di beneficiarne a parit� di condizioni (42). Nondimeno, con il 
d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cd. Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, 
(40) Cos�, testualmente, Corte Cost., sent. 23 novembre 2007, n. 401, in Giorn. dir. amm., 2008, 
6, 624, con commento di LACAVA, in www.cortecostituzionale.it e LOPILATO, in www.giustizia-amministrativa.
it, secondo cui, tra l�altro, �Deve, anzi, rilevarsi come sia stata proprio l�esigenza di uniformare 
la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del 
contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che 
qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell�interesse dell�amministrazione, anche 
ai fini della corretta formazione della sua volont� negoziale�; in particolare, la Consulta ha avuto modo 
di chiarire che �la nozione comunitaria di concorrenza � � definita come concorrenza �per� il mercato, 
la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto 
dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati�. 
(41) In questi termini, Cass. civ., sez. un., 5 maggio 2008, n. 11031, in www.lexitalia.it; nello 
stesso senso, T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 5 novembre 2008, n. 878, ivi. 
(42) Si vedano, in ordine al principio di evidenza pubblica ed, in particolare, alla vigenza dell�art. 
3, R.d. 2440/1923, Cons. St., sez. V, 4 marzo 2008, n. 889, in Urb. e app., 2008, 9, 1132 e ss., con nota 
di BALDI; in www.altalex.it, con nota di LOGIUDICE; si veda, inoltre, pi� in generale, sul principio 
di evidenza pubblica, fra la giurisprudenza che si � pronunciata prima dell�entrata in vigore del Codice 
degli appalti pubblici, Cons. St., sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368, in www.giustizia-amministrativa.it, 
secondo cui: �anche quando un soggetto pubblico non � direttamente tenuto all�applicazione di una 
specifica disciplina per la scelta del contraente, il rispetto dei principi fondamentali dell�ordinamento 
comunitario (ritraibili principalmente dagli art. 43 e 55 del trattato Ce), nonch� dei principi generali
180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
servizi e forniture), il legislatore italiano ha dato attuazione alle direttive 
2004/17/CE e 2004/18/CE, recependo, nel nostro ordinamento giuridico, i 
principi generali dettati dalla normativa comunitaria in tema di appalti pubblici 
(43). Tuttavia, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il principio 
di evidenza pubblica sia espressione di un pi� generale principio di 
che governano la materia dei contratti pubblici impone all�amministrazione procedente di operare con 
modalit� che preservino la pubblicit� degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, merc� 
l�utilizzo di procedure competitive selettive�; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 23 agosto 2006, n. 7375, ivi, 
secondo cui: �il contraente pubblico � obbligato a mantenere un contegno che, in relazione alla rilevanza 
economica della fattispecie, consenta a tutte le imprese interessate di venir per tempo a conoscenza dell�intenzione 
amministrativa di stipulare il contratto e di giocare le proprie chances competitive attraverso 
lo formulazione di un�offerta appropriata, cos� da favorire la pi� ampia partecipazione di aspiranti alle 
procedure selettive; e, pertanto, l�obbligo di seguire le norme di evidenza pubblica, ivi incluse quelle 
concernenti l�adeguata pubblicizzazione della selezione, � regola generale, valevole anche per i contratti 
c.d. sotto soglia�; da ultimo, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 21 maggio 2008, n. 1978, ivi, 
secondo cui: �il principio di concorrenza e quelli che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, 
non discriminazione e parit� di trattamento (�) costituendo principi fondamentali del diritto 
comunitario, si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, 
a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne�; T.A.R. Campania, Napoli, 
sez. VI, 6 dicembre 2008, n. 21241, ivi, in www.giustamm.it, secondo cui: �I principi generali del Trattato 
sull�Unione Europea, i quali impongono che il sistema di scelta del contraente sia ispirato a criteri di 
parit� di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, valgono comunque anche per i contratti 
e le fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate, quali la concessione di servizi, gli appalti 
sottosoglia e i contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l�interesse concorrenziale delle imprese e 
dei professionisti�; ex pluribus, Cons. St., sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 30, ivi. In particolare, con riguardo 
all�affidamento diretto dell�appalto alle societ� in house miste, Cons. St., Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1, 
in Giorn. dir. amm., 2008, 11, 1119, con commento di CARANTA, secondo cui: �Il principio di concorrenza 
� uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in relazione al mondo delle commesse pubbliche. 
Esso garantisce la completa parit� di accesso di tutte le imprese europee al monte dei contratti pubblici. 
La conseguenza rilevante � che le imprese europee devono essere poste sullo stesso piano, concedendo 
loro le medesime opportunit�; sia sotto il profilo dell�accesso ai contratti pubblici (e quindi attraverso 
il sistema ordinario dell�evidenza pubblica), sia impedendo che particolari situazioni economiche pongano 
alcune di esse in una condizione di privilegio o comunque di favore economico. Da ci� consegue 
che il sistema dell�affidamento diretto, in primo luogo, costituisce eccezione di stretta interpretazione 
al sistema ordinario delle gare; e, in secondo luogo, deve rispondere a ben precisi presupposti, in assenza 
dei quali l�affidamento � idoneo a turbare la par condicio e quindi a violare il Trattato (e le direttive)�; 
nello stesso senso, gi� Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362, in Dir. maritt., 2007, 4, 
1193; id., 30 dicembre 2005, n. 7616, in ivi, 2007, 4, 1190; id., 25 gennaio 2005, n. 168, in Giur. it., 
2005, 851; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 26 giugno 2007, n. 1102, in Foro amm. TAR, 2007, 6, 2225. 
Si veda, in dottrina, VOLPE C., In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato e legislatore 
nazionale. Un caso di convergenze parallele?, in Urb. e app., 2008, 12, 1141; altres�, IMPASTATO, Brevi 
considerazioni sulla palingenesi della cd. �manomorta� attraverso il principio della redditivit� della 
gestione patrimoniale pubblica, in www.giustamm.it; si veda, altres�, Servizi Studi del Senato, Disegno 
di legge A.S. n. 1373, Misure a tutela dei segni distintivi delle Forze armate e costituzione della Societ� 
�Difesa Servizi Spa�, marzo 2009, n. 100, in www.federalismi.it. 
(43) In particolare, il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice contratti pubblici) dispone all�art. 27 
(Principi relativi ai contratti esclusivi), comma 1, che �L�affidamento dei contratti pubblici aventi ad 
oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall�applicazione del presente codice, avviene 
nel rispetto dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, parit� di trattamento, trasparenza, proporzionalit�. 
L�affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile 
con l�oggetto del contratto�.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 181 
tutela della concorrenza �nel� e �per� il mercato, rinvenibile del Trattato 
istitutivo della Comunit� Europea, che ha - nel nostro ordinamento giuridico 
- una sua precipua forza precettiva self-executing. 
Ne consegue che solo in casi eccezionali e tassativamente indicati dalla 
legge l�amministrazione pu� procedere alla scelta del proprio contraente 
attraverso una trattativa privata (rectius: procedura negoziata), cos� derogando 
al principio di evidenza pubblica che impone all�amministrazione 
l�adozione - in ogni caso - di un�idonea pubblicit� degli atti di gara, tale da 
consentire un confronto concorrenziale caratterizzato da oggettivit� e trasparenza 
(44). 
In proposito, le direttive in materia di appalti pubblici prevedono deroghe 
specifiche che autorizzano, a talune condizioni, procedure senza pre- 
Altres�, il successivo art. 30 (Concessione di servizi), comma 3, prevede che �La scelta del concessionario 
deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai 
contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, 
parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�, previa gara informale a cui sono invitati 
almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all�oggetto 
della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi�. 
L�art. 92 (Procedure di affidamento), comma 1, dispone, inoltre, che: �Gli incarichi di progettazione, di 
coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della 
sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo nel rispetto di quanto disposto all�art. 120, comma 2-bis, 
di importo inferiore alla soglia di cui a comma 1 possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a 
cura del responsabile del procedimento, ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f), f-bis), g) e h) 
dell�art. 90, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parit� di trattamento, proporzionalit� e 
trasparenza, e secondo la procedura prevista dall�art. 57, comma 6; l�invito � rivolto ad almeno cinque 
soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei�. 
(44) Si veda, in ordine alla procedura negoziata ex artt. 56 e 57, Codice appalti pubblici, DE NICTOLIS, 
Le procedure aperte, ristrette e negoziate, in Trattato sui contratti pubblici, Vol. III, Sez. III, p. 
1731 e ss.; cfr., par. 7 e 8 riguardo alle procedure negoziate; Cons. St., sez. V, 7 novembre 2007, n. 5766, 
in Foro amm. CdS, 2007, 11, 3148, secondo cui: �La trattativa privata � sempre stata intesa, nel diritto 
italiano, come la contrattazione diretta, senza gara, tra una pubblica amministrazione e un privato�; 
Corte giustizia UE, grande sezione, 8 aprile 2008, n. 337, in Foro amm. CdS, 2008, 4, 972; T.A.R. Sicilia, 
Catania, sez. III, 26 giugno 2007, n. 1104, in Foro amm. TAR, 2007, 6, 2227, secondo cui: �La trattativa 
privata - oggi definita procedura negoziata nelle direttive comunitarie e negli atti nazionali di recepimento 
- � un criterio di selezione dei concorrenti di tipo eccezionale perch� la necessit� di tutelare i 
principi di libera concorrenza, parit� di trattamento, non discriminazione, imparzialit� e buon andamento 
impongono il ricorso alle procedure aperte o ristrette e la procedura negoziata, come si evince 
dal confronto tra il quarto e il secondo comma dell�art. 54, d.lgs. n. 163 del 2006, pu� essere utilizzata 
solo nei casi specifici in cui la legge lo preveda espressamente�; si veda, altres�, in merito alla procedura 
negoziale senza bando di gara quale procedura eccezionale derogatoria al principio di evidenza pubblica, 
T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007, n. 1781, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. 
Molise, Campobasso, sez. I, 16 luglio 2008, n. 689, ivi; T.A.R. Veneto, sez. I, 21 novembre 2008, n. 
3620, ivi, che nell�annullare gli atti di gara inerenti l�affidamento diretto di progettazione ad un noto e 
prestigioso architetto, ha avuto cura di specificare che �la regola della concorsualit� non pu� essere 
violata, posto che la nozione di �affidamento�, e la conseguente necessit� dell�evidenza pubblica comprendono 
espressamente anche i �concorsi di idee�: il che vuol dire che non solo non � consentito alle 
Pubbliche Amministrazioni affidare senza procedimento concorsuale qualsivoglia tipo di progettazione, 
ma che anche la preliminare acquisizione di idee finalizzate alla progettazione deve comunque essere 
acquisita e remunerata solo previo procedimento ad evidenza pubblica�.
182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
via pubblicazione di un avviso pubblicitario (45). I casi pi� importanti riguardano 
le situazioni di estrema urgenza, risultanti da eventi imprevedibili, 
e gli appalti la cui esecuzione, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero 
attinenti alla tutela di diritti esclusivi, pu� essere affidata unicamente ad un 
determinato operatore economico. 
Il Codice degli appalti pubblici, recato dal d.lgs. n. 163/2006, sancisce 
che la procedura negoziata � una gara in cui le stazioni appaltanti consultano 
gli operatori economici scelti dalla medesima amministrazione e negoziano 
con uno o pi� di essi le condizioni dell�appalto (art. 40, comma 3). 
In attuazione delle direttive comunitarie sopra richiamate, il legislatore 
italiano ha previsto e sancito due tipologie di procedure negoziate: previa pubblicazione 
del bando e senza bando. A differenza della procedura negoziata 
con pubblicazione del bando (ex art. 56), soggetta a pubblicit�, ai termini per 
la presentazione dell�offerta ed ai criteri di selezione dell�offerta stessa, la procedura 
negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara (ex art. 57) 
non � soggetta a pubblicit�, n� a particolari regole procedimentali, salvo - qualora 
possibile - procedere ad una previa indagine di mercato individuando almeno 
tre imprese idonee ad espletare l�appalto da invitare alla negoziazione 
(cfr. art. 57, comma 6). L�indagine di mercato, prescritta dalla norma, � solo 
eventuale, poich� in alcuni casi la negoziazione � di fatto ad esecutore determinato, 
come nel caso dei lavori complementari o della ripetizione di servizi 
simili, mentre in altri casi l�amministrazione deve valutarne la concreta possibilit�, 
potendosi ad esempio verificare che l�esigenza di tutelare l�incolumit� 
pubblica abbia un�urgenza tale da non consentire neppure la negoziazione con 
tre imprese, ovvero che sussistano ragioni di natura tecnica talmente rilevanti 
per le quali l�affidamento debba necessariamente avvenire ad opera dell�originario 
esecutore (46). Deve, in ogni caso ritenersi che in ipotesi di procedura 
negoziata preceduta da una consultazione informale l�Amministrazione, che 
si sia autodisciplinata dettando regole procedimentali per lo svolgimento della 
negoziazione, � vincolata al loro rispetto, anche per quanto attiene alla par 
condicio fra i partecipanti (47). 
(45) Cfr., in merito, art. 31 della direttiva 2004/18/CE e art. 40, paragrafo 3, della direttiva 
2004/17/CE. 
(46) Si veda, in tal senso, LILLI, Legge 12 luglio 2006 n. 228: le prime modifiche �in corsa� al 
codice degli appalti, in www.giustamm.it; altres�, ex pluribus, MACERONI, La procedura negoziata nel 
nuovo codice degli appalti, in ivi; si veda, in giurisprudenza, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 maggio 
2008, n. 3886, in Foro amm. TAR, 2008, 5 1329, secondo cui: �Le norme legislative che permettono 
l�accesso a procedure negoziate senza bando, in deroga ai principi comunitari che regolano le procedure 
di evidenza pubblica aperte o ristrette, devono essere interpretate restrittivamente, gravando comunque 
sulla stazione appaltante l�onere di dimostrare l�effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali cui 
le norme riconducono la deroga�. 
(47) In tal senso, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 7 luglio 2008, n. 335, in www.giustizia-amministrativa.
it. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 183 
La procedura negoziata senza bando � consentita solo nei casi espressamente 
previsti dall�art. 57, Codice appalti pubblici, da ritenersi tassativi ed insuscettibili 
di interpretazione analogica e/o estensiva, in ragione del carattere 
eccezionale della procedura, derogatoria del principio di evidenza pubblica 
sopra divisato (48). 
Fra le ipotesi contemplate dall�art. 57 cit., la recente decisione del T.A.R. 
Lazio in commento si � soffermata sulla procedura negoziale sub lett. c) (art. 
57, comma 2), consentita nella misura strettamente necessaria, quando 
l�estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, 
non � compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate 
previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a 
giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni 
appaltanti. 
In particolare, il Tribunale ha chiarito che il ricorso alla procedura senza 
pubblicazione del bando di cui all�art. 57 comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, 
trova fondamento nella presenza di circostanze tanto eccezionali che non consentono 
l�indugio degli incanti e della licitazione privata e a condizione che 
l�estrema urgenza risulti da eventi imprevedibili per la stazione appaltante e 
non dipenda invece da un ritardo di attivazione dei procedimenti ad essa imputabile. 
Tuttavia, l�urgenza nel provvedere deve essere qualificata come estrema 
e deve derivare da circostanze che siano non prevedibili secondo l�ordinaria 
diligenza. Deve trattarsi, quindi, di un�urgenza qualificata e non generica, tanto 
da corrispondere ad esigenze eccezionali e contingenti, tali da far ritenere che 
il rinvio dell�intervento comprometterebbe irrimediabilmente il raggiungimento 
degli obiettivi che la stazione appaltante si � posta mediante la realizzazione 
dell�intervento stesso e non deve essere imputabile all�inerzia della 
stazione appaltante (49). 
(48) Si veda, in merito, Corte Conti, sez. contr., 3 aprile 2007, n. 3, in Riv. Corte conti, 2007, 2 3. 
(49) Cfr., in proposito, Autorit� di Vigilanza, determinazione n. 18 del 5 aprile 2000, secondo cui: 
ҏ, pertanto, illegittimo il ricorso a tale procedura nel caso in cui l�urgenza sia sopravvenuta per comportamento 
colpevole dell�amministrazione, la quale, pur potendo prevedere l�evento, non ne abbia tuttavia 
tenuto conto al fine di valutare i tempi tecnici necessari alla realizzazione del proprio intervento�; 
in giurisprudenza, si veda, T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 16 luglio 2008, n. 689, in www.giustizia-
amministrativa.it, secondo cui: �L�estrema urgenza dei lavori deve risultare da eventi imprevedibili 
per le stazioni appaltanti, fermo restando che l�urgenza non pu�, n� deve dipendere da un ritardo di attivazione 
dei procedimenti che sia imputabile all�ente pubblico�; in tal senso, gi�, Cons. St., sez. V, 16 
novembre 2005, n. 6392, ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007, n. 1781, ivi, secondo 
cui: ҏ da escludere che un ritardo imputabile alla stessa amministrazione possa giustificare la deroga 
ai principi dell�evidenza pubblica ed il ricorso alla trattativa privata�; si veda, inoltre, da ultimo, T.A.R. 
Lazio, Roma, sez. II, 12 maggio 2008, n. 3886, in Foro amm. TAR, 2008, 5, 1329, secondo cui: �l�urgenza, 
che pu� giustificare l�omissione dei giusti procedimenti di evidenza pubblica (senza con ci� violare 
i principi di legalit�, imparzialit� e buon andamento fissati dall�art. 97 della Costituzione), deve 
avere le caratteristiche della assoluta imprevedibilit� e della non evitabilit� altrimenti dei fatti o delle
184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In ogni caso, l�amministrazione ha facolt� ad indire la procedura negoziata 
ovvero procedere alla selezione pubblica attraverso altre forme di gara, 
caratterizzate da pubblicit� e trasparenza, in ossequio al principio di tutela 
della concorrenza e del mercato (50). In particolare, nell�ambito della procedura 
negoziata senza bando, l�amministrazione procedente gode di ampia discrezionalit�. 
Di guisa che l�art. 57, comma 1, impone espressamente alla 
stazione appaltante di esternare un�adeguata motivazione nella delibera o determina 
a contrarre, tale da indicare puntualmente le ragioni che hanno indotto 
l�amministrazione all�adozione della procedura speciale. 
L�obbligo motivazionale � cos� �funzionalizzato alla par condicio in ossequio 
ai principi costituzionali di imparzialit� e buon andamento (�) in termini 
di efficienza, di economicit� e snellezza � da riferirsi sia alla scelta di 
procedere a trattativa privata, sia alla mancata considerazione di talune offerte, 
sia alle ragioni della scelta di stipulare con un determinato offerente�(
51). Invero, nell�ambito della procedura negoziata senza pubblicazione 
del bando, i margini di discrezionalit� della stazione appaltante sono sensibilmente 
maggiori rispetto alle tipiche procedure di evidenza pubblica (52). Cos� 
che la garanzia del rispetto della par condicio e delle regole sulla concorrenza 
risiede nel rispetto, a monte, dei requisiti particolarmente restrittivi che, ai 
sensi dell�art. 57, comma 2, lett. c), Codice appalti pubblici, legittimano il ricorso 
a siffatta procedura (53). 
Sicch�, la valutazione della legittimit� dell�operato posto in essere dall�amministrazione 
procedente transita attraverso una duplice verifica che atcircostanze 
che la caratterizzano, solo cos� potendosi ammettere una cos� grave violazione ai predetti 
principi costituzionali�. 
(50) Si veda T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 31 gennaio 2009, n. 173, in www.giustizia-amministrativa.
it, secondo cui: �costituendo la trattativa privata ipotesi del tutto eccezionale, l�amministrazione 
appaltante � libera di indire una gara pubblica, pur quando si verifichino in astratto presupposti per 
aggiudicare i lavori mediante trattativa privata, senza neanche indicare le ragioni di tale scelta, rientrando 
ci� nelle scelte ordinarie dell'amministrazione che l�ordinamento considera di per s� preferibili 
(Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3721), piuttosto, al contrario, � la scelta della P.A. di procedere 
a trattativa privata che v� adeguatamente motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti 
specifici legali che di volta in volta la giustificano; mentre, qualora l�amministrazione si orienti per la 
gara pubblica, non occorre addurre alcuna giustificazione, rientrando ci� nelle opzioni normali che 
l�ordinamento considera di per s� preferibili, anche quando si verifichino in astratto, i presupposti per 
aggiudicare l�affare mediante procedura negoziata�. Altres�, Cons. St., sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 
5023, ivi, secondo cui: �laddove si presenti l�urgenza di provvedere l�amministrazione ha il potere di 
scegliere il contraente mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara; tale scelta 
peraltro non pu� essere ritenuta automatica, e deve essere ponderata con i rischi per la spesa pubblica 
ed anche per la qualit� della prestazione da ottenere, una volta che la concorrenza � fortemente limitata 
o, come nel caso di specie, nel quale � stata presentata una sola offerta valida, sostanzialmente annullata�. 
(51) Cos�, testualmente, DE NICTOLIS, op. cit., 1766-1767. 
(52) In tal senso, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 giugno 2008, n. 1540, in www.giustamm.it; 
Cons. St., sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3999, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(53) Cos�, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 giugno 2008, n. 1540, cit.. 
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 185 
tiene, da un lato, all�estrema urgenza nel provvedere in presenza di eventi imprevedibili, 
e, dall�altro, all�ostensione di un idoneo (rectius: adeguato) apparato 
motivazionale con il quale venga fornita congrua emersione alle relative 
ragioni. Tanto che, l�esame delle determinazioni a contrarre deve consentire 
un positivo apprezzamento della sussistenza dei presupposti, sia per quanto 
concerne la situazione non altrimenti fronteggiabile, sia con riferimento alla 
emersione di ragioni che giustificano il ricorso all�eccezionale procedura selettiva. 
Detto altrimenti, l�urgenza del provvedere, da coniugarsi � come la 
norma impone � con l�imprevedibilit� della situazione da fronteggiare, deve 
trovare riscontro nella fattispecie del caso concreto, in ragione della quale 
l�amministrazione appaltante ha indetto la procedura negoziata. Sicch� dall�apparato 
motivazionale della determina a contrarre deve emergere il nesso 
di necessaria implicazione causale tra la situazione di estrema urgenza ed il 
ricorso alla trattativa privata. Non �, dunque, sufficiente una mera formula di 
stile, essendo di contro necessaria una motivazione sostanziale, di modo tale 
che i relativi presupposti giustificanti l�indizione della procedura negoziale 
vanno valutati ed apprezzati con il necessario rigore. 
Tuttavia, atteso il carattere singolare della procedura negoziale di cui alla 
lett. c), i presupposti per il ricorso alla procedura negoziata non corrispondono, 
in modo automatico, ai presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza. 
In ci� sta il punto centrale della decisione del Tribunale amministrativo 
capitolino: non pu�, invero, assumersi a priori che la situazione di emergenza 
che caratterizza la dichiarazione (ex art. 5, l. n. 225/92) dello stato emergenziale 
integri sic et simpliciter i presupposti necessari per l�indizione della procedura 
negoziata di cui all�art. 57, comma 2, lett. c), Codice appalti pubblici. 
Deve, quindi, escludersi la legittimit� di una motivazione che identifica 
le ragioni di urgenza dell�affidamento richieste dalla lett. c) dell�art. 57, 
comma 2, con i presupposti (emergenziali) inerenti al conferimento dei poteri 
commissariali. 
Detto in altro modo, i poteri emergenziali non giustificano in quanto tali 
l�erosione dei principi comunitari di trasparenza e confronto concorrenziale, 
occorrendo un quid pluris, che l�Ufficio commissariale avr� l�onere di allegare 
a corredo della determinazione a contrarre. 
Avv. Alfonso Mezzotero* 
(*) Avvocato dello Stato. 
Con la collaborazione del dott. Aurelio Schiavone.
186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I, sentenza 18 febbraio 
2009 n. 1656 - Pres. Giovannini, Rel. Politi - Kapsch Trafficcom s.r.l. e Kapsch-Busi S.p.A. 
(Avv.ti M. Sanino e L. Montarsolo) c. Sindaco di Napoli, in qualit� di Commisssario delegato 
ex O.P.C.M. 3566/2007, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura generale dello 
Stato), Comune di Napoli (Avv.ti B. Ricci, G. Tarallo, B. Crimaldi, A. Cuomo, A.I. Furnari, 
G. Pizza, A. Pulcini, B. Accattatis Chalons D�Oranges, A. Andreottola, E. Carpentieri, G. 
Romano). 
(Omissis) 
FATTO 
Espongono preliminarmente le ricorrenti KAPSCH TRAFFICCOM s.r.l. e KAPSCH-BUSI 
S.p.A. (societ� operative per il mercato italiano del gruppo KAPSCH TRAFFICCOM A.G. 
con sede in Vienna) che con ordinanza del 5 marzo 2007 il Presidente del Consiglio dei Ministri 
ha nominato � fino al 31 dicembre 2008 � il Sindaco di Napoli Commissario delegato 
per l�attuazione degli interventi volti a fronteggiare la situazione di emergenza nel settore del 
traffico e della mobilit� urbana. 
Nominato nella persona del Direttore Generale del Comune di Napoli il �Soggetto Attuatore�, 
il predetto organo commissariale � con decreto del 9 febbraio 2008 � indicava l�obiettivo di 
procedere alla sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli di un sistema 
integrato ITS (Intelligent Transportation System) per il controllo e la regolamentazione 
del traffico urbano. 
Con il medesimo decreto veniva affidato a Napolipark s.r.l. (societ� in house del Comune di 
Napoli) il compito di procedere all�implementazione del sistema integrato. 
Quest�ultima, con nota del successivo 13 marzo, rappresentava al commissario delegato l�esigenza 
di individuare il soggetto appaltatore per la realizzazione del sistema anzidetto a mezzo 
di gara ad evidenza pubblica. 
Nondimeno, il commissario delegato (decreto n. 19 del 10 aprile 2008) affidava al Soggetto 
Attuatore il compito di procedere direttamente all�affidamento della progettazione e realizzazione 
del sistema integrato ITS mediante procedura ristretta con il criterio dell�offerta economicamente 
pi� vantaggiosa e/o negoziata, procedendo ad apposita indagine esplorativa al 
fine di individuare gli operatori maggiormente qualificati per la formulazione degli inviti a 
partecipare alla procedura stessa. 
Successivamente, il Soggetto Attuatore stabiliva di indire procedura negoziata di affidamento 
ancorch� in difetto dello svolgimento della pur prevista indagine esplorativa; ed approvava, 
conseguentemente, gli atti preordinati all�indizione della selezione. 
Ci� premesso, evidenza parte ricorrente di aver chiesto (nota del 7 agosto 2008) di essere invitata 
a partecipare alla trattativa privata. 
La struttura commissariale riservava, tuttavia, esito negativo all�istanza da ultimo indicata, 
in ragione dell�avvenuta preselezione dei soggetti da invitare in seguito all�affermato svolgimento 
di una preventiva indagine esplorativa. 
Assume ora parte ricorrente che gli atti come sopra impugnati siano illegittimi in ragione dei 
motivi di doglianza infra esposti. 
1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1 E 3 DELLA LEGGE 
241/1990. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 57, COMMA 1, DEL 
D.LGS. 12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI 
GENERALI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 187 
AL PRINCIPIO DI CONCORRENZIALIT�, TRASPARENZA ED IMPARZIALIT�. ECCESSO 
DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE DIFETTO 
DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. 
Nell�osservare come la decisione del Commissario delegato di procedere all�affidamento 
dell�appalto in esame a seguito di procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando 
sia immotivata, rileva parte ricorrente come l�eccezionalit� di tale procedura avrebbe dovuto 
imporre l�esplicitazione di un congruo apparato motivazionale recante l�indicazione dei relativi 
presupposti giustificativi. 
2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 57, LETT. B), DEL D.LGS. 12 
APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI 
IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO 
AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT� ED IMPARZIALIT� E DI PAR CONDICIO 
FRA I CONCORRENTI. VIOLAZIONE DELL�ART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 
2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE 
PER DIFETTO ED ERRONEA MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIET� E 
SVIAMENTO. 
Sarebbero, inoltre, insussistenti i presupposti fissati dalla pertinente normativa ai fini dell�indizione 
di una procedura negoziata senza bando: in particolare, escludendosi che � quanto all�affidamento 
del servizio de quo � fosse rinvenibile unicamente un operatore determinato in 
grado di garantirne l�esecuzione. 
3) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 57, LETT. C), DEL D.LGS. 12 
APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI 
IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO 
AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT� ED IMPARZIALIT� E DI PAR CONDICIO 
FRA I CONCORRENTI. VIOLAZIONE DELL�ART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 
2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE 
PER DIFETTO ED ERRONEA MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIET�, 
TRAVISAMENTO ED IRRAGIONEVOLEZZA. 
N�, quanto alla fattispecie in esame, sarebbe comprovata la presenza di ragioni di urgenza 
nel provvedere all�affidamento dell�appalto, tali da giustificare il ricorso alla procedura all�esame: 
non potendosi ravvisare, secondo quanto sostenuto dalla parte ricorrente, tali ragioni 
nei presupposti per i quali � stata dichiarata la situazione emergenziale in relazione ai problemi 
di traffico e di mobilit� urbana nella Citt� di Napoli. 
4) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 57, LETT. C), DEL D.LGS. 12 
APRILE 2006 N. 163 SOTTO DIVERSO ED ULTERIORE PROFILO. VIOLAZIONE E 
FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI, 
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PUBBLICIT� 
ED IMPARZIALIT�. VIOLAZIONE DELL�ART. 31 DELLA DIRETTIVA CE 
2004/18. ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE 
PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO 
ED IRRAGIONEVOLEZZA. 
La disposizione di cui alla lett. c) dell�art. 57 del D.Lgs. 163/2006 sarebbe, inoltre, stata violata 
nella parte in cui stabilisce un nesso di stretta proporzionalit� fra l�oggetto dell�affidamento 
ed il superamento delle condizioni eccezionali dell�urgenza. 
In particolare, se la norma consente di derogare ai principi di concorrenzialit� nella misura 
strettamente necessaria a superare una situazione di emergenza, nel caso di specie � stato pre-
188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
visto l�affidamento di un sistema complesso � quale quello per la regolamentazione ed il controllo 
del traffico urbano � con ogni evidenza incompatibile con l�adozione di interventi preordinati 
al superamento di contingenze aventi carattere di imprevedibilit� ed urgenza. 
5) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 57, COMMI 1 E 6, DEL D.LGS. 
12 APRILE 2006 N. 163. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1 E 3 
DELLA LEGGE 241/1990. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI 
IN MATERIA DI GARE PUBBLICHE, ANCHE DI DERIVAZIONE COMUNITARIA 
ED IN PARTICOLARE DEI PRINCIPI DI TRASPARENZA ED IMPARZIALIT�. 
ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE 
DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO, CONTRADDITTORIET� 
ED IRRAGIONEVOLEZZA. 
Parimenti viziata si rivela l�indizione della procedura negoziata non proceduta dallo svolgimento 
di un�indagine di mercato o esplorativa (come, peraltro, in un primo momento indicato 
nel decreto commissariale n. 20 del 15 aprile 2008). 
6) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL�ART. 5 DELLA LEGGE 24 FEBBRAIO 
1992 N. 225. VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO 
DEI MINISTRI DEL 22 OTTOBRE 2004. VIOLAZIONE DELL�O.P.C.M. N. 
3566/2007. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COMUNITARI IN MATERIA DI PUBBLICHE 
GARE. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE ED IN 
PARTICOLARE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. CONTRADDITTORIET�. 
TRAVISAMENTO. 
N� i provvedimento gravati trovano profili di legittimit� nell�adottbilit� di determinazioni derogatorie 
del vigente quadro normativo, assunte ai sensi della legge 22571992, atteso che in 
essi non trovasi indicato alcun riferimento alle disposizioni suscettibili di essere derogate. 
7) ECCESSO DI POTERE IN OGNI SUA FIGURA SINTOMATICA ED IN PARTICOLARE 
TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEIT� E CONTRADDITTORIET� DELLA MOTIVAZIONE, 
DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA, SVIAMENTO. 
La nota commissariale con la quale � stata respinta la richiesta inoltrata dall�odierna ricorrente 
ai fini della partecipazione alla procedura de qua sarebbe, poi, viziata non soltanto in via derivata 
con riferimento ai presupposti atti di indizione della procedura stessa, ma anche in ragione 
dell�erroneit� della circostanza (pregresso svolgimento di indagine esplorativa) nella 
nota medesima indicata a fondamento del diniego di invito. 
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento 
degli atti oggetto di censura. 
Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno eccepito l'infondatezza delle esposte 
doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. 
La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta 
in via incidentale, � stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 5997, pronunziata nella 
Camera di Consiglio del 17 dicembre 2008. 
Con il medesimo provvedimento � stata altres� fissata, ai sensi dell�art. 23-bis della legge 6 
dicembre 1971 n. 1034, l�odierna pubblica udienza ai fini della trattazione del merito della 
presente controversia. 
DIRITTO 
Riveste assorbente rilevanza, ai fini dell�accoglimento dell�impugnativa all�esame, la fondatezza 
della censura con la quale parte ricorrente ha contestato la sussistenza dei presupposti
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 189 
per lo svolgimento di una procedura negoziata, senza previa pubblicazione di bando di gara, 
ai fini dell�aggiudicazione della progettazione e realizzazione chiavi in mano del Sistema integrato 
di monitoraggio, gestione e controllo del traffico della Citt� di Napoli. 
1. Va preliminarmente osservato che l�art. 57 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 prevede, al 
comma 1, che le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura 
negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara dandone conto con adeguata motivazione 
nella delibera o determina a contrarre. 
Le coordinate applicative dell�istituto sono precisate dal successivo comma 2; il quale stabilisce 
che, nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura in questione � 
consentita: 
a) �qualora, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata 
nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura ��; 
b) �qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti 
esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato�; 
c) �nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili 
per le stazioni appaltanti, non � compatibile con i termini imposti dalle procedure 
aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate 
a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti�. 
Un preliminare ordine di considerazioni va svolto con riferimento all�operativit�, quanto alla 
vicenda in esame, della disposizione ora riportata. 
Ci� in quanto la difesa del Comune di Napoli (da ultimo, con la memoria depositata il 21 gennaio 
2009) pone in evidenza come l�O.P.C.M. 3566/2007 abbia espressamente autorizzato il 
Commissario delegato a derogare, fra le altre, anche alla disposizione di cui all�art. 57 del 
D.Lgs. 163/2006. 
Ora, impregiudicato il richiamo alla norma in questione operato dalle determinazioni commissariali 
che infra verranno individuate (circostanza che, anche se induttivamente, dimostra 
l�assenza, all�interno della vicenda procedimentale all�esame, di alcun intento derogatorio riguardante 
la previsione legislativa di che trattasi), va � in linea di principio � osservato che 
l�esercizio dei poteri derogatori ex art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992 n. 225 necessita, 
comunque, di congrua esplicitazione motivazionale, da parte del Commissario delegato, 
con puntuale riferimento alle norme alla quale si sia inteso derogare ed alle ragioni della 
deroga, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem alle OO.PP.CC.MM. che 
hanno previsto la derogabilit� di norme di legge (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008 n. 
3276). 
L�assenza di alcuna manifestata volont� derogatoria � e, con essa, dei relativi presupposti giustificativi 
� consente di escludere che, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, le disposizioni 
dettate dall�art. 57 del D.Lgs. 163/2006 non dovessero trovare (con riferimento alle 
fattispecie ivi disciplinate ed alle relative modalit� attuative) piena ed integrale applicazione: 
l�operato nella circostanza posto in essere dalla procedente Autorit� dovendo, conseguentemente, 
essere sottoposto a disamina in un�ottica di necessaria parametrazione con l�osservanza 
delle prescrizioni dalla citata norma dettate. 
Ci� osservato, merita particolare attenzione, ai fini della delibazione della sottoposta vicenda 
contenziosa, l�ipotesi contemplata alla lett. c) del comma 2 dell�articolo in questione. 
Con essa, la valutazione della legittimit� dell�operato nella circostanza posto in essere dalla 
procedente Amministrazione transita attraverso una duplice verifica, riguardante:
190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
- da un lato, l��estrema urgenza� nel provvedere, per come qualificata dalla riportata disposizione 
(e coordinata alla presenza di �eventi imprevedibili�); 
- e, per altro verso, l�ostensione di un idoneo (rectius: adeguato, alla stregua del letterale 
tenore della disposizione in rassegna) apparato motivazionale con il quale venga fornita congrua 
emersione alle relative ragioni. 
2. L�esame delle gravate determinazioni non consente un positivo apprezzamento della sussistenza 
degli indicati presupposti, n� per quanto concerne l�intrinsecit� di una situazione non 
altrimenti fronteggiabile, n� con riferimento alla emersione di ragioni giustificanti il ricorso 
all�eccezionale procedura in discorso. 
2.1 Va in primo luogo chiarito, a premessa delle considerazioni che il Collegio intende infra 
esporre, che effettivamente il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di 
bando riveste carattere di eccezionalit�. 
Con la conseguenza che: 
- se i relativi presupposti giustificanti vanno valutati ed apprezzati con il necessario rigore, 
onde scongiurare che situazioni di pretesa (ma non compiutamente dimostrabile) urgenza possano 
costituire un commodus discessus rispetto all�obbligo di individuare il privato contraente 
attraverso il confronto concorrenziale che solo la pubblica procedura di selezione consente di 
attuare con carattere di oggettivit� e trasparenza; 
- d�altro canto, l�obbligo motivazionale, lungi dall�atteggiarsi alla stregua di una mera 
estrinsecazione di un apparato giustificativo preconfezionato al solo scopo di offrire emersione 
alle scelte discrezionalmente operate dall�Amministrazione, deve oggettivamente (quanto, 
con ogni evidenza, compiutamente) offrire l�indicazione dei pertinenti presupposti legittimanti: 
e, con essi, della presenza di un nesso di necessaria (quanto univoca) implicazione 
causale, tale da imporre (in presenza di condizioni che la stessa legge qualifica, delimitandone 
l�operativit� alla misura �strettamente necessaria�, in termini di �estrema urgenza� e di �imprevedibilit��) 
il ricorso alla trattativa privata. 
Ci� osservato, va in primo luogo escluso che la pretesa urgenza del provvedere, da coniugarsi 
� come la norma impone � con l�imprevedibilit� della situazione da fronteggiare, nel caso in 
esame siano state comprovate in relazione alla concreta fattispecie a fronte della quale l�organismo 
commissariale ha indetto la contestata procedura. 
Si sostiene, da parte delle difese delle parti intimate (Commissario governativo; Amministrazione 
comunale di Napoli) che la stessa investitura dei poteri commissariali � e, prima ancora, 
la declaratoria dello stato emergenziale � evidenzino, con carattere di non misconoscibile rilievo, 
l�eccezionalit� della situazione del traffico nel capoluogo partenopeo: di tal guisa che 
l�indifferibilit� del provvedere (e, con essa, la ricorribilit� all�ipotesi di cui alla lett. c) dell�art. 
57 del D.Lgs. 163/2006) conseguirebbero ex se al complesso di determinazioni che, per effetto 
ed a seguito dell�O.P.C.M. 3566/2007, hanno condotto all�adozione degli atti ora avversati. 
Tale argomentazione, in effetti, si dimostra suscettibile di interpretazione in senso specularmente 
opposto rispetto alla prospettazione delle resistenti: ed adduce all�attenzione del Collegio 
un primo elemento � che, sia pure connotato dal carattere di presuntivit�, nondimeno 
rivela univoca concludenza ermeneutica � di confutazione dell�esistenza dei presupposti di 
legge al fine di legittimare il ricorso alla procedura negoziata. 
2.2 Se � infatti vero che la situazione del traffico napoletano presentava elementi di criticit� 
tali da indurre, ad opera del Presidente del Consiglio dei Ministri, la nomina (di cui all�ordinanza 
in data 5 marzo 2007) di un organo commissariale dotato degli straordinari poteri di 
cui all�art. 5 della legge 225/1992, allora non pu� non convenirsi sul carattere di incontroversa
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 191 
(preesistenza e) notoriet� che siffatta situazione, fin dal momento della sua �emersione� in 
termini emergenziali, ha assunto. 
Conseguentemente, appare arduo poter sostenere che �soltanto� in data 10 giugno 2008 l�organo 
commissariale abbia potuto prendere cognizione della presenza dei presupposti legittimanti 
il ricorso alla procedura negoziata ex art. 57: e, conseguentemente, emanare l�avversato 
decreto di indizione della procedura stessa. 
Se, effettivamente, nella (mera) declaratoria dello stato di emergenza fosse ex se individuabile 
il presupposto di una situazione di indifferibile urgenza tale da giustificare la ripetuta procedura, 
non � allora dato comprendere perch� sia decorso � fra la nomina dell�organismo commissariale 
e l�emanazione del decreto da ultimo citato � un arco temporale ragguagliabile ad 
oltre quindici mesi. 
In tale arco temporale � � peraltro opportuno soggiungere � lo stesso organismo commissariale, 
una volta individuato (e nominato) nella persona del Direttore Generale del Comune di 
Napoli il �Soggetto Attuatore� degli interventi volti a fronteggiare la situazione emergenziale 
di che trattasi, ha indicato (decreto n. 9 del 26 febbraio 2008) l�obiettivo di procedere alla 
�sperimentazione, implementazione e consegna al Comune di Napoli di un sistema integrato 
ITS (Intelligent Transportation System) con funzioni di controllo e regolamentazione del traffico 
urbano. 
Con il provvedimento da ultimo citato, veniva inoltre affidato a Napolipark s.r.l. (societ� in 
house del Comune) il compito di procedere all�implementazione del sistema integrato, fissandosi 
al 30 settembre 2008 la data di conclusione della fase sperimentale dell�impianto. 
A fronte di quanto rappresentato al Commissario da Napolipark con nota del 13 marzo 2008 
(esigenza dell�elaborazione di un capitolato tecnico da porre a base della procedura ad evidenza 
pubblica preordinata all�individuazione del soggetto incaricato della progettazione del 
sistema de quo), lo stesso Commissario (decreto n. 19 del 10 aprile 2008) affidava al Soggetto 
Attuatore il compito di �procedere direttamente, attraverso la struttura commissariale, all�affidamento 
della progettazione e realizzazione del sistema integrato ITS�; ulteriormente stabilendo 
che siffatto affidamento sarebbe dovuto intervenire mediante ricorso ad una 
�procedura ristretta con il criterio dell�offerta economicamente pi� vantaggiosa e/o negoziata, 
tenuto conto dell�indeterminatezza del numero di operatori qualificati che risultino effettivamente 
in possesso della tecnologia necessaria, nonch� della necessit� di contrarre al massimo 
i tempi di esecuzione, procedendo a tal fine ad apposita indagine esplorativa allo scopo di individuare 
i detti operatori qualificati, al fine del successivo loro invito alla procedura ristretta 
e/o negoziata�. 
Come inequivocamente illustrato dal riportato contenuto del decreto 19/2008, non � dato rinvenire 
la presenza dei presupposti legittimanti il ricorso alla procedura negoziata: e ci� in 
quanto: 
- laddove fosse stato dato riscontrare, al momento dell�adozione del provvedimento de 
quo, l�effettiva sussistenza di una situazione di �estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili� 
ed incompatibile �con i termini imposti dalle procedure aperte o ristrette�, 
- allora non � dato comprendere perch� l�organo commissariale, nell�affidamento dell�incarico 
in questione al Soggetto Attuatore, abbia posto il ricorso alla procedura negoziata senza 
previa pubblicazione di bando in un rapporto di alternativit� rispetto alla procedura ristretta 
da aggiudicare all�offerta economicamente pi� vantaggiosa. 
2.3 Se l�obbligo motivazionale imposto, ai fini in discorso, dall�art. 57 del D.Lgs. 163/2006 
non si dimostra, con ogni evidenza, assolto dal decreto commissariale n. 19/2008, a conclu-
192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sioni difformi non � dato pervenire a seguito della lettura della determinazione (n. 20 del 15 
aprile 2008) con la quale il Soggetto Attuatore ha effettuato la scelta al medesimo rimessa 
optando per la procedura negoziata. 
In esso leggesi infatti che la scelta della procedura negoziata senza previa pubblicazione del 
bando � giustificata in ragione della configurazione dei relativi �tempi tecnici�: i quali, �in 
termini di ricezione delle offerte, sono inferiori a quelli prescritti per l�espletamento di una 
procedura ristretta�. 
Gi� da tale � pur scarno � apporto motivazionale non � dato comprendere, attesa la conoscibilit� 
ex ante della tempistica della procedura ristretta, perch� l�urgenza (rectius: l��estrema� 
urgenza) legittimante il ricorso alla lettera c) del comma 2 dell�art. 57 non abbia formato oggetto 
di pregresso apprezzamento. 
Carattere di rincarata incomprensibilit� rivela, tuttavia, il successivo periodo del decreto 
20/2008, laddove si afferma che �sussistono le condizioni previste e disciplinate dall�art. 57, 
comma 2, del D.Lgs. 163/2006 per il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione 
di un bando di gara, ricorrendo, nella fattispecie in oggetto, le ragioni di natura tecnica 
invocate dalla predetta norma sub lett. b), nonch� le motivazioni di urgenza dell�affidamento 
richieste sub lett. c) che costituiscono il presupposto degli stessi poteri conferiti con l�O.P.C.M. 
n. 3566/2007. 
Se le ragioni di carattere tecnico richiamate dalla lett. b) del ripetuto articolo di legge formano 
oggetto di indimostrata affermazione (risolvendosi, per l�effetto, la relativa postulazione in 
una apodittica asserzione sfornita di alcun supporto giustificativo), diversamente l�applicabilit� 
della lett. c) dello stesso art. 57 viene ascritta (non gi� al determinarsi di una situazione di urgenza 
occasionata dall�insorgenza di non prevedibili evenienze; quanto, piuttosto) agli stessi 
presupposti del conferimento dei poteri commissariali. 
Va al riguardo escluso che i presupposti per il ricorso alla procedura negoziata, valutati all�interno 
delle coordinate normative che ne consentono l�esperimento, si atteggino in un rapporto 
di aprioristica (quanto automatica) corrispondenza con i presupposti per la dichiarazione 
dello stato di emergenza. 
A differenza di quest�ultimo, infatti, il ricorso alla procedura senza pubblicazione del bando 
di cui all'art. 57 comma 2, lett. c), del D.Lgs. 163/2006 trova fondamento nella presenza di 
circostanze eccezionali che non consentano l'indugio degli incanti e della licitazione privata, 
previa esposizione delle ragioni giustificative della deroga, e a condizione che l'estrema urgenza 
risulti da eventi imprevedibili per la stazione appaltante e non dipenda invece da un ritardo 
di attivazione dei procedimenti ad essa imputabile (cfr. . Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 
2005 n. 6392; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 marzo 2007 n. 1781; T.A.R. Molise, 16 luglio 
2008 n. 689). 
Deve quindi escludersi la legittimit� di una motivazione, quale quella esposta nella determinazione 
da ultimo citata, che identifica le motivazioni di urgenza dell�affidamento richieste 
dalla lett. c) dell�art. 57 con i presupposti (emergenziali) inerenti al conferimento dei poteri 
di cui all�O.P.C.M. n. 3566/2007. 
2.4 Sotto altro profilo, lo svolgimento stesso delle successive vicende procedimentali illustra 
la disinvolta configurazione del carattere di estrema urgenza che (quand�anche si ritenga positivamente 
configurabile quanto alla vicenda in esame) ha suggerito all�Autorit� procedente 
di escludere l�esperibilit� di una procedura ristretta, imponendo il ricorso alla procedura negoziata. 
A quasi due mesi dall�adozione della richiamata determinazione 20/2008, infatti, il decreto
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 193 
commissariale n. 39 del 10 giugno 2008: 
- non soltanto ha dato atto che il dirigente incaricato di svolgere attivit� �esplorativa� preordinata 
ai fini dell�individuazione di soggetti qualificati per l�affidamento dell�appalto �non 
ha potuto svolgere, nel termine fissato al 29 aprile 2008, l�incarico conferitogli�; 
- ma, ulteriormente (e pur in presenza della elaborazione definitiva del capitolato prestazionale 
d�appalto), ha fissato il termine ultimo per la presentazione delle offerte al 1� settembre 
2008 (cio�, a distanza di oltre due mesi e mezzo dalla data di adozione del provvedimento in 
rassegna). 
Lo svolgimento della tempistica procedimentale, per come precedentemente illustrato, consente 
di apprezzare: 
- non soltanto l�omessa esplicitazione delle ragioni di urgenza che hanno imposto il ricorso 
alla procedura negoziata (non potendosi rinvenire idoneit� giustificativa, come precedentemente 
esposto, nella mera, ancorch� presupposta, presenza di un dichiarato stato 
emergenziale); 
- ma, anche, l�assenza di alcuna effettiva dimostrazione in ordine alla necessit� di esperire 
l�anzidetta procedura in luogo della procedura ristretta (rectius: della incompatibilit� dello 
svolgimento di quest�ultima con la celerit� del provvedere), atteso che, laddove il presupposto 
all�uopo giustificativo venga individuato nella maggiore speditezza della relativa tempistica, 
allora non � dato comprendere come l�arco temporale compreso fra la delibera del 15 aprile 
2008 ed il termine ultimo individuato per la presentazione delle offerte si ragguagli a quattro 
mesi e mezzo (ed evidenzi una complessiva commisurazione ex se non certo incompatibile 
con l�esperimento della procedura ristretta). 
3. Le considerazioni dianzi esposte univocamente impongono di dare atto della fondatezza 
delle censure dedotte dalla parte ricorrente con riferimento al contestato esperimento di una 
procedura negoziata senza pubblicazione di bando: 
- sia per quanto concerne l�individuata carenza dei necessari presupposti giustificativi il 
ricorso a siffatta metodologia di individuazione del contraente; 
- sia in ragione della manifesta inadeguatezza ed incongruit� del relativo apparato motivazionale; 
sotto entrambi gli indicati profili rinvenendosi univoci elementi di violazione delle indicazioni 
dettate al comma 2, lett. c) dell�art. 57 del D.Lgs. 163/2006. 
Ci� osservato, all�accoglibilit� del gravame � nei limiti dianzi indicati; e con inevitabile assorbimento 
dei rimanenti argomenti di censura � non costituisce ostacolo la presenza di profili 
di inammissibilit� del proposto mezzo di tutela, per come articolati (da ultimo con memoria 
depositata il 21 gennaio 2009) dalla difesa dell�intimata Amministrazione comunale. 
Quest�ultima, in particolare, sostiene: 
- che sia mancata la necessaria completezza del contraddittorio processuale, in ragione 
dell�omessa evocazione in giudizio, da parte dell�odierna ricorrente, di Napolipark s.r.l. (mutuante 
la qualit� di parte necessaria dalla circostanza che a quest�ultima, secondo quanto stabilito 
dal decreto commissariale n. 19/2008, far� capo la gestione degli impianti di 
regolamentazione del traffico urbano); 
- della carenza di interesse, in capo a KAPSCH TRAFFICCOM, alla contestazione in 
sede giudiziale di una procedura negoziata alla quale la medesima societ� ha manifestato l�intendimento 
di essere invitata a partecipare; a tale manifestazione di volont� accedendo una 
(tacita, ma asseritamente concludente) accettazione della tipologia di gara scelta dall�Amministrazione.

194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
3.1 La prima delle indicate eccezioni di inammissibilit� non rivela pregio. 
Nell�osservare come Napolipark sia una societ� strumentale del Comune di Napoli (della 
quale quest�ultimo � socio unico) per lo svolgimento in house dei servizi relativi al traffico 
ed alla mobilit�, va rilevato come il decreto commissariale n. 9 del 26 febbraio 2008 abbia 
individuato nella predetta Amministrazione comunale il soggetto destinatario del sistema integrato 
ITS; in proposito rivelando univoca concludenza la disposizione, in tale atto contenuta, 
per cui l�obiettivo perseguito risulta essere rappresentato dalla �sperimentazione, implementazione 
e consegna al Comune di Napoli� del sistema di che trattasi. 
Non pu�, conseguentemente, essere disconosciuto che unicamente nell�Amministrazione anzidetta 
� notificataria del gravame; e, quindi, regolarmente evocata in giudizio � vada ascritta 
una posizione legittimante ad opponendum; non rivelando omogeneo fondamento giustificativo 
il successivo affidamento gestionale del servizio a societ� che, in quanto legata al Comune 
da vincolo di strumentalit�, si atteggia, ai fini in discorso, quale articolazione organizzativa 
di quest�ultimo (destinataria, conseguentemente, di un interesse oppositivo meramente derivato). 
3.2 N� si dimostra fondata l�eccezione di inammissibilit� del ricorso per carenza di interesse, 
che viene dalla difesa comunale ricongiunta all�intento dalla ricorrente manifestato di accettare 
il ricorso ad una procedura negoziata. 
Tale intento, in particolare, sarebbe comprovato dalla richiesta da quest�ultima inviata all�organo 
commissariale (e pervenuta il 12 agosto 2008) di essere invitata a partecipare alla procedura 
di progettazione e fornitura del sistema integrato di monitoraggio, gestione e controllo 
del traffico della Citt� di Napoli. 
La giurisprudenza (citata anche dalla resistente) ha in proposito sostenuto che sono inammissibili, 
per difetto di interesse, le censure proposte con il ricorso giurisdizionale dal soggetto 
che ha partecipato ad una gara a trattativa privata, qualora siano dirette a contestare l'utilizzo 
di tale strumento di scelta del contraente per difetto delle necessarie condizioni legittimanti, 
in considerazione del fatto che, con la domanda di partecipazione alla gara, il partecipante 
medesimo ha evidenziato chiaramente e univocamente la volont� di accettare la tipologia di 
gara scelta dall'Amministrazione procedente (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 11 giugno 2008 n. 
1351; T.A.R. Sardegna, sez. I, 23 dicembre 2005 n. 2445; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 5 gennaio 
2005 n. 4). 
L�apparente assolutezza dei menzionati arrets giurisprudenziali merita una precisazione. 
Ritiene infatti il Collegio che soltanto alla partecipazione � senza riserve � ad una procedura 
negoziata possa accedere l'inammissibilit�, per intervenuta acquiescenza, delle censure fondate 
sull'assenza delle condizioni legittimanti l'impiego di tale metodo di contrattazione; e sempre 
purch� l'interesse azionato non sia correlato all'aggiudicazione in s� (il che avrebbe giustificato 
l'impugnazione congiunta del bando di gara e degli atti conclusivi della selezione), ma alla 
scelta iniziale di assegnare mediante tale tipologia di selezione il contratto in considerazione 
(cfr., in termini, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 19 gennaio 2006 n. 145; T.A.R. Emilia-Romagna, 
Parma, 22 giugno 2004 n. 360). 
Nella fattispecie all�esame, al contrario, la ricorrente non ha partecipato alla procedura negoziata 
indetta dall�organismo commissariale; n� alla mera richiesta di essere invitata pu� fondatamente 
ricongiungersi, con carattere di univoca concludenza, una valenza abdicativa 
(veicolata da una condotta asseritamente acquiescente) ai fini della contestazione in sede giudiziale 
dei relativi presupposti giustificativi. 
D�altro canto, l�indimostrata conoscenza, da parte di KAPSCH TRAFFICCOM, delle ragioni
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 195 
che avevano indotto l�Amministrazione a ricorrere alla suddetta procedura di selezione (conoscenza 
che non pu� certo essere argomentata dalla mera presentazione di una richiesta di 
invito a partecipare) esclude che in capo ad essa possa essersi radicata una univoca volont� 
acquiescente, la cui configurabilit� potrebbe essere comprovata solo in presenza di una incontestata 
partecipazione all�intera procedura di selezione (nella fattispecie, non intervenuta). 
4. Conclusivamente ribadite le svolte considerazioni, accede alla fondatezza della censura 
sopra esaminata l�accoglibilit� del gravame, con assorbimento dei rimanenti profili di censura; 
conseguentemente imponendosi l�annullamento delle gravate determinazioni. 
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite. 
P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio � Sezione I � accoglie, nei limiti di cui in 
motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla gli atti con esso impugnati.
196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Sul contenuto e i limiti nell�imposizione 
del vincolo di tutela indiretta 
(Tribunale Amministrativo Regionale per l�Emilia Romagna, Parma, 
Sezione Prima, sentenza 20 ottobre 2009 n. 684) 
La pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale per l�Emilia Romagna 
rappresenta un utile ed ulteriore approfondimento sul sempre attuale 
tema dell�imposizione del vincolo di tutela indiretta in materia di beni culturali. 
La sentenza in commento offre, grazie all�iter argomentativo del Giudice Amministrativo, 
un�analisi attenta circa il contenuto prescrittivo atipico nonch� 
le finalit� cui il vincolo de quo � preposto, senza tralasciare i limiti di adozione 
delle misure indirette, cui l�Amministrazione deve soggiacere al fine di una 
tutela efficace. 
Fatto
In data 8 luglio 2000 con decreto n. 12612 il Direttore generale del Ministero 
per i Beni e le Attivit� culturali sottoponeva a vincolo di tutela indiretta, 
ai sensi dell�articolo 49 del D.lgs. n. 490 del 1999 (1), vari immobili ubicati 
in prossimit� delle Mura di cinta di Piacenza (2), tra cui un�area di propriet� 
della Societ� Immobiliare Elle.Bi S.r.l. Con tale decreto il Ministero poneva 
alcune prescrizioni volte ad introdurre l�obbligo dell�approvazione da parte 
della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dell�Emilia per tutti 
gli interventi da realizzare all�interno delle aree soggette al vincolo, estendendo 
tale vincolo ad una fascia di rispetto di 40 metri nello spazio prospiciente il 
canale di pertinenza del bene tutelato e imponendo altres� un limite massimo 
di altezza del nuovo edificato. Tali limitazioni impedivano la realizzazione di 
un progetto planivolumetrico ad opera della stessa Societ�. Quest�ultima proponeva 
impugnativa avverso il provvedimento ministeriale per l�annullamento 
dello stesso. L�istanza cautelare de qua veniva respinta dalla Sezione alla Ca- 
(1) Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 �Testo Unico delle disposizioni legislative in materia 
di beni culturali e ambientali a norma dell�articolo 1 della legge 8 ottobre 1997 n. 352�. Pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999, Supplemento Ordinario n. 229. 
(2) Le Mura di cinta di Piacenza, risalenti al XVI secolo, sono oggetto di tutela ai sensi dell�articolo 
2 del Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 ove si legge: �Sono beni culturali disciplinati a 
norma di questo Titolo: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, 
o demo-etno-antropologico; b) le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia 
politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, rivestono un interesse particolarmente 
importante; c) le collezioni o serie di oggetti che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche 
ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico; d) i beni 
archivistici; e) i beni librari�.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 197 
mera di Consiglio del 5 dicembre 2000 con ordinanza n. 487. All�udienza del 
6 ottobre 2009 il Tribunale Amministrativo Regionale per l�Emilia Romagna 
respingeva il ricorso. 
Il vincolo di tutela indiretta nella normativa nazionale e nella giurisprudenza 
amministrativa 
Una compiuta ed esaustiva ricostruzione del vincolo indiretto non pu� 
prescindere da un rinvio alla normativa vigente e alla pertinente giurisprudenza 
del Giudice amministrativo, il cui contributo � stato fondamentale per definire 
i contorni giuridici di tale istituto. 
Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e 
ambientali, D.lgs. n. 490 del 1999, dedica la III Sezione, articoli 49-53, alle 
forme di tutela indiretta dei beni di interesse storico, artistico e archeologico 
(3). I primi due commi dell�articolo 49 del citato Decreto, riguardo alle prescrizioni 
indirette, dispongono che �Il Ministero, anche su proposta del soprintendente, 
ha facolt� di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme 
dirette ad evitare che sia messa in pericolo l�integrit� delle cose immobili soggette 
alle disposizioni di questo Titolo e ne sia danneggiata la prospettiva o 
la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. L�esercizio 
di tale facolt� � indipendente dalle previsioni dei regolamenti edilizi e degli 
strumenti urbanistici�. Una lettura combinata di tale dato normativo e delle 
pi� rilevanti decisioni del Giudice amministrativo (4) permette sia all�interprete 
che al cittadino, quest�ultimo spesso compresso nel suo diritto di propriet� 
ex articolo 42 della Costituzione, di cogliere i tratti essenziali di tale 
vincolo. 
(3) La disciplina era rappresentata dall�articolo 21 della Legge 1 giugno 1939, n. 1089 secondo 
cui �Il Ministro per l'educazione nazionale ha facolt� di prescrivere le distanze, le misure e le altre 
norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo la integrit� delle cose immobili soggette alle disposizioni 
della presente legge, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni 
di ambiente e di decoro. L'esercizio di tale facolt� � indipendente dalla applicazione dei regolamenti 
edilizi o dalla esecuzione di piani regolatori. Le prescrizioni dettate in base al presente articolo devono 
essere, su richiesta del Ministro, trascritte nei registri delle Conservatorie delle ipoteche ed hanno efficacia 
nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore, a qualsiasi titolo, della 
cosa cui le prescrizioni stesse si riferiscono�. In seguito la disciplina � stata modificata con il Decreto 
Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, �Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell�articolo 10 
della legge 6 luglio 2002, n. 137� pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004, Supplemento 
Ordinario n. 28. Secondo l�articolo 45 del citato Decreto �Il Ministero ha facolt� di prescrivere 
le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l�integrit� dei 
beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di 
ambiente e di decoro. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 
e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni 
medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici�. 
(4) Si veda Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3078 e 5 ottobre 2004 n. 6488, TAR Lazio, 
Sez. II, 16 febbraio 2006 n. 1171 e TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 10 maggio 2004 n. 1664 .
198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Il vincolo indiretto dei beni immobili, non ha per oggetto la tutela immediata 
di beni culturali (5) bens� di beni diversi e distinti da quelli a cui � riconosciuto 
tale valore, ma che per loro natura e funzione (6) contribuiscono 
�mediatamente� alla tutela e alla valorizzazione dei primi. Il vincolo archeologico 
indiretto viene dunque imposto su beni e aree circostanti ai beni immobili 
di interesse storico, artistico e archeologico sottoposti a vincolo diretto, 
per garantirne una migliore visibilit� e fruizione collettiva, o migliori condizioni 
ambientali e di decoro (7). La decisione da parte dell�Amministrazione 
di usare tale prescrizione indiretta costituisce espressione della cosiddetta �discrezionalit� 
tecnica� (8) ed � ispirata dall�esigenza che il bene sottoposto al 
vincolo diretto sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e �cornice 
ambientale�(9). Logico corollario di ci� � che anche i beni immobili non adiacenti 
(10) a quello tutelato - purch� allo stesso accomunati dall�appartenenza 
(5) Cfr. supra nota n. 2. 
(6) Il dato della vicinanza da un punto di vista geografico non � preminente. In coerenza con ci� 
si pone il principio per cui possono essere sottoposte al vincolo indiretto non solo le aree dalle quali 
risulti visibile il bene protetto, ma anche e soprattutto quelle che con tale bene facciano parte di un unitario 
e inscindibile contesto ambientale. Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5784. Poich�, nel 
caso di imposizione di vincolo indiretto, la contiguit� con il bene direttamente tutelato non deve necessariamente 
essere solo fisica, o di carattere stilistico o estetico tra le aree, si deve ritenere che questa 
possa essere legittimamente giustificata anche per esigenze storiche concernenti i monumenti e le popolazioni 
circostanti. 
(7) Cons. Stato, Sez. VI, 11 ottobre 1996 n. 1316 e 20 febbraio 1998 n.188. 
(8) La discrezionalit� riconosciuta all�Amministrazione nella fissazione dell�ampiezza di vincoli 
indiretti soggiace a precisi limiti, che possono essere individuati: nel generale concetto di logicit� e razionalit� 
dell'azione amministrativa, al fine di evitare che la vincolativit� indiretta, accessoria e strumentale 
possa trasformarsi in una vincolativit� generale e indifferenziata; nel principio di proporzionalit�, 
consistente nella congruit� del mezzo rispetto al fine perseguito; nella specifica valutazione dell'interesse 
pubblico �particolare� perseguito; nella necessit� che la motivazione provvedimentale esprima chiaramente 
l'impossibilit� di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. Consiglio 
di Stato, VI, 20 settembre 2005, n. 4866 e n. 4867, 16 novembre 2004, n. 749. Il T.A.R. Sicilia, 
Palermo, Sez. III, 26 marzo 2009, n. 576 ha statuito che la valutazione circa l�ampiezza del vincolo indiretto, 
volto a costituire una fascia di rispetto a tutela di un bene immobile di interesse storico, artistico 
o archeologico oggetto di tutela diretta costituisce apprezzamento tecnico discrezionale della competente 
P.A., nell�esercizio di un penetrante potere di merito, non sindacabile in sede di legittimit� se non per 
macroscopico difetto di motivazione o per manifesta incongruenza o illogicit�: ipotesi che non ricorrono 
nel caso in esame. Nemmeno si pu� affermare che vi sia un labile collegamento con il bene da tutelare. 
(9) T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 aprile 2009, n. 376 �Il vincolo indiretto ex articolo 
21 della L. 1 giugno 1939, n. 1089 (oggi articolo 49, del D.Lgs. Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, 
n. 490) e le relative prescrizioni a salvaguardia delle condizioni di ambiente e decoro delle cose immobili 
tutelate dalla stessa legge, vanno stabiliti con riguardo alla globale consistenza della cosiddetta 
cornice ambientale, la quale, pertanto, si estende fino a comprendere ogni immobile, purch� in prossimit� 
del bene monumentale, che sia con questo in tale relazione che la sua manomissione sia idonea ad 
alterare il complesso di condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio ad esso 
circostante�. Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2007 n. 5436 e T.A.R. Sicilia, 
Palermo, Sez. I, 22 luglio 2008 n. 990. 
(10) Si � voluto comprendere quindi un ambito territoriale ampio, comprensivo di ogni immobile, 
anche non contiguo, la cui manomissione si valuta idonea ad alterare il complesso delle condizioni e 
caratteristiche fisiche e culturali che connotano lo spazio circostante.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 199 
ad un unitario e inscindibile contesto territoriale - devono essere salvaguardati 
e possono essere oggetto di divieti e di limitazioni stabiliti di volta in volta 
dall�Amministrazione. Il legislatore infatti non ha previsto un contenuto prescrittivo 
tipico per tale vincolo, rimettendo all�autonomo apprezzamento 
dell�Amministrazione la determinazione delle disposizioni utili, al fine di una 
ottimale protezione, da adottare per la conservazione e piena fruibilit� del 
bene, comprendendo tra tali misure anche l�inedificabilit� assoluta. Per quanto 
concerne il contenuto del provvedimento di imposizione, di fondamentale rilievo 
� la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, 
Sez. I, 10 giugno 2008 n. 1431 secondo cui �Il provvedimento di imposizione 
di un vincolo storico - artistico - archeologico deve indicare con precisione il 
bene oggetto del vincolo e, se indiretto, le cose in funzione delle quali il vincolo 
� imposto, il rapporto di complementariet� fra le misure limitative e il fine 
pubblico perseguito nonch� le ragioni di adozione della misura limitativa�(
11). 
Con la formulazione dell�articolo 49 il legislatore nazionale ha dunque 
voluto assicurare tutela piena ed effettiva del bene di interesse storico, artistico 
e culturale, ex articolo 2, non solo nella sua individuale entit� ma anche nel 
contesto in cui � posto, sulla considerazione che anche una alterazione dello 
stato dei luoghi in prossimit� (12) del bene oggetto di tutela diretta pu� comprometterne 
il valore storico-testimoniale. Cos� come statuito dal Consiglio 
di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia nella sentenza del 30 marzo 
2009 n. 199 �Il bene culturale quindi deve essere considerato come un unicum 
non scindibile dal suo ambiente originario, ragion per cui l�'imposizione di 
un vincolo indiretto sui terreni ad esso circostanti ove necessitato dall'esigenza 
di salvaguardare il bene, deve essere considerato pienamente legittimo anche 
ove la misura incida, limitandolo, sul diritto di propriet� esclusiva di terze 
persone�. 
Le condizioni ambientali che contraddistinguono l�opera all�epoca della 
sua realizzazione e l�integrit� del contesto territoriale connaturato alla funzione 
storicamente assegnata al bene culturale, anche alla luce della ricostruzione 
normativa e giurisprudenziale fin qui operata, sono oggetto di tutela in quanto 
rappresentano un fondamentale valore aggiunto del bene su cui � apposto un 
vincolo archeologico diretto. L�ultimo profilo da analizzare riguarda le modalit� 
con cui l�Amministrazione deve apporre tale vincolo. L�atto impositivo 
deve essere sorretto da istruttoria rigorosa che abbia compiutamente accertato 
la situazione di fatto, avuto riguardo alla natura, alle caratteristiche e all�ubicazione 
del bene, nonch� allo stato dei luoghi circostanti, e deve essere sor- 
(11) In tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2007 n. 111 e T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 8 
febbraio 2007 n. 370. 
(12) Cfr. supra note 6 e 9.
200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
retto, altres�, da congrua motivazione con la quale si dia contezza - alla stregua 
degli elementi di fatto raccolti e valutati e delle ragioni che hanno condotto in 
concreto alla scelta del tipo ed all'estensione della tutela adottata - al fine di 
verificare se attraverso l�imposizione del vincolo si sia provveduto realmente 
al perseguimento delle finalit� indicate dalla norma e non invece di altre ad 
essa estranee (13). 
Sulla scorta delle considerazioni finora svolte, il Tribunale Amministrativo 
Regionale per l�Emilia Romagna ha ritenuto corretta e giustificata l�apposizione 
del vincolo indiretto alle Mura di cinta di Piacenza, sottosuolo 
compreso (14). Nella relazione tecnico-scientifica della Soprintendenza per i 
beni ambientali e architettonici dell�Emilia, cui nessuna censura pu� essere 
mossa data la chiarezza espositiva e le motivazioni addotte, si legge che �� 
la cinta muraria di Piacenza costituisce uno dei pochi esempi italiani di mura 
antiche ancora pi� o meno integralmente conservate� il sistema bastionato 
di Piacenza, frutto del lavoro della migliore equipe di architetti militari del 
momento, costituisce senza alcun dubbio uno dei pi� rilevanti esempi di architettura 
fortificatoria del Cinquecento� l�importanza storica delle mura, 
in particolare nel tratto in oggetto, impone la creazione di una zona di rispetto 
del bene tutelato� che preveda limiti di altezza e di distanza dalle mura� al 
fine di garantire un corretto rapporto proporzionale con le mura, molto pi� 
basse, che rischierebbero altrimenti di perdere quel rilievo e quella preminenza 
che, come monumento tra i pi� rilevanti del territorio piacentino, loro 
compete ��. 
Considerazioni conclusive 
La sentenza in rassegna costituisce un ulteriore ed utile approfondimento 
in tema di misure di tutela indiretta. Nel difficile contemperamento degli interessi 
coinvolti, da un lato l�imposizione di un vincolo indiretto da parte 
dell�Amministrazione su beni immobili e dall�altro la propriet� di soggetti privati 
tutelata dall�articolo 42 della Costituzione, di sovente si assiste alla compressione 
del primo a favore del secondo, con la conseguente imposizione di 
obblighi e vincoli di varia natura e contenuto, per ragioni di preminente inte- 
(13) T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. II, 21 marzo 2008 n. 736. 
(14) Si fa riferimento alla porzione di sottosuolo corrispondente alla �fascia di rispetto� individuata. 
La Soprintendenza ha previsto che fosse necessaria un�autorizzazione per ogni intervento da effettuare 
nella zona soggetta a vincolo indiretto, stabilendo una �fascia di rispetto� di 40 metri nello 
spazio prospiciente il canale di pertinenza del bene tutelato e un limite massimo di altezza del nuovo 
edificato, ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria affinch� la �cornice ambientale� non assumesse 
connotazioni incompatibili con la fruizione del bene di interesse storico artistico. La finalit� del prescritto 
limite di altezza dei nuovi edifici � di non sminuire il pregio acquisito nel tempo dal bene di modo che 
resti inalterato il rapporto di proporzionalit� materiale con gli altri fabbricati del comprensorio.
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 201 
resse generale. Dati gli effetti spesso gravosi di tale scelte per i terzi, e premessa 
la natura prescrittiva tipica della misura adottata, nell�iter argomentativo 
offerto dal Giudice per la risoluzione del caso di specie, viene ribadito che la 
�discrezionalit� tecnica� dell�Amministrazione non pu� risolversi in mero arbitrio, 
ma deve essere ispirata ai principi di logicit�, razionalit� e proporzionalit� 
affinch� la sua azione non sia censurabile dinnanzi al Giudice 
amministrativo. 
Dott.ssa Flaminia Giovagnoli* 
Tribunale Amministrativo Regionela per l�Emilia Romagna, Parma, Sez. I, sentenza 20 
ottobre 2009 n. 684 - Pres. Papiano, Est. Caso - Immobiliare Elle.Bi S.r.l. (Avv.ti O. Di Benedetto, 
U. Eller e V. Zambotti) c. Ministero beni e attivit� culturali (Avvocatura dello Stato). 
(Omissis) 
DIRITTO 
Proprietaria di un�area ubicata nei pressi dell�immobile denominato �Mura di Cinta di Piacenza 
(da via Campagna a Porta del Soccorso)�, la societ� ricorrente impugna il provvedimento 
con cui, ai sensi dell�art. 49 del d.lgs. n. 490 del 1999, il Ministero per i Beni e le 
Attivit� culturali ha assoggettato a vincolo indiretto l�ambito territoriale circostante il suindicato 
bene. Censura, in particolare, talune delle prescrizioni adottate dall�Amministrazione, 
cui imputa l�indebita e immotivata introduzione di un divieto assoluto di interventi nel sottosuolo 
corrispondente alla �fascia di rispetto�, l�ingiustificata e non ammissibile previsione di 
un potere di autorizzazione della Soprintendenza per qualsiasi opera � anche di sola manutenzione 
ordinaria � da realizzare nelle aree interessate dal vincolo indiretto, l�omessa considerazione 
che gi� la disciplina di piano recherebbe un regime pi� restrittivo dell�attuale stato 
dei luoghi, l�incomprensibile e arbitraria imposizione di un limite di altezza edificabile nonostante 
la presenza di alberi di dimensioni tali da �schermare� il bene protetto rispetto alle costruzioni 
circostanti, l�erronea determinazione della �fascia di rispetto� con riferimento ad 
un canale che non avrebbe in realt� carattere pertinenziale rispetto all�immobile di interesse 
storico-artistico, il carente contemperamento degli interessi coinvolti. Di qui la richiesta di 
annullamento del provvedimento impugnato e di risarcimento del danno, con pretesa altres� 
al ristoro del pregiudizio patrimoniale sofferto in conseguenza del tardivo e solo parziale riscontro 
alla domanda di accesso agli atti del procedimento. 
Il ricorso � infondato. 
Per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006 n. 3078 e 5 
ottobre 2004 n. 6488; TAR Lazio, Sez. II, 16 febbraio 2006 n. 1171; TAR Lombardia, Milano, 
Sez. I, 10 maggio 2004 n. 1664), l�imposizione del �vincolo indiretto� disciplinato dall�art. 
49 del d.lgs. n. 490 del 1999 (in cui � stato trasfuso l�art. 21 della legge n. 1089 del 1939) co- 
. (*) Dottore in Giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura Generale dello 
Stato.
202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
stituisce espressione della discrezionalit� tecnica dell�Amministrazione, sindacabile in sede 
giurisdizionale quando l�istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata 
o presenti manifeste incongruenze o illogicit�, e si basa sull�esigenza che il bene sottoposto 
al �vincolo diretto� sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice 
ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili 
non adiacenti a quello tutelato purch� allo stesso accomunati dall�appartenenza ad un unitario 
e inscindibile contesto territoriale. Il �vincolo indiretto�, inoltre, non ha contenuto prescrittivo 
tipico, per essere rimessa all�autonomo apprezzamento dell�Amministrazione la determinazione 
delle disposizioni utili all�ottimale protezione del bene � fino alla inedificabilit� assoluta 
�, se e nei limiti in cui tanto � richiesto dall�obiettivo di scongiurare un �vulnus� ai valori oggetto 
di salvaguardia (integrit� dei beni protetti, difesa della prospettiva e della luce degli 
stessi, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si 
estende fino a ricomprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si valuta 
idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali che 
connotano lo spazio circostante. 
Ci� premesso, e venendo alla vicenda oggetto della presente controversia, la relazione tecnico-
scientifica della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dell�Emilia allegata 
al provvedimento impugnato evidenza, tra l�altro, che la ��cinta muraria di Piacenza costituisce 
uno dei pochi esempi italiani � di mura antiche ancora pi� o meno integralmente conservate 
��, che ��il sistema bastionato di Piacenza, frutto del lavoro della migliore �quipe 
di architetti militari del momento, costituisce senza alcun dubbio uno dei pi� rilevanti esempi 
di architettura fortificatoria del Cinquecento ��, che le ��mura, realizzate in muratura di 
mattoni a facciavista, con alta scarpa verso il fossato e una struttura portante ad archi su pilastri 
verso il terrapieno (ancora in parte conservato), furono rinforzate nel 1625 ��, che il 
��tratto settentrionale delle mura da via Campagna a Porta del Soccorso comprende il bastione 
di Campagna, l�importante bastione e torrione del Borghetto, oggetto di un intervento 
di recupero finanziato dalla scrivente Soprintendenza, e l�omonima porta ��, che ��l�importanza 
storica delle mura, in particolare nel tratto in oggetto, impone la creazione di una 
zona di rispetto del bene tutelato � che preveda limiti di altezza e di distanza dalle mura ...�, 
che ��si ritiene necessario, pertanto, al fine di garantire una congrua fascia di rispetto non 
edificata, che gli eventuali muovi immobili mantengano una certa distanza dall�argine del 
canale posto sul confine settentrionale dell�area, lungo via Alessio Tramello; distanza che riprenda 
quella degli edifici storici gi� presenti, come il convento di Santa Maria di Campagna 
posto ad ovest ��, che appare ��fondamentale limitare l�altezza massima dei nuovi edifici, 
al fine di garantire un corretto rapporto proporzionale con le mura, molto pi� basse, che rischierebbero 
altrimenti di perdere quel rilievo e quella preminenza che, come monumento tra 
i pi� rilevanti del territorio piacentino, loro compete ��. 
In questo quadro, non si presenta censurabile la circostanza che nella �fascia di rispetto� siano 
stati vietati anche interventi nel sottosuolo. Qualsiasi alterazione dello stato dei luoghi in prossimit� 
del bene tutelato, invero, pu� comprometterne il valore storico-testimoniale, perch� 
varia le condizioni ambientali che contraddistinguevano l�opera all�epoca in cui la stessa fu 
realizzata, alla luce dei compiti di difesa della citt� che si era in tal modo inteso garantire, e 
della conseguente necessit� che sia ora lasciato integro il contesto territoriale connaturato alla 
funzione storicamente assegnata al bene. La motivazione di una simile scelta, d�altra parte, � 
insita nelle caratteristiche dell�immobile, quali desumibili dalla relazione tecnico-scientifica, 
e non necessitava dunque di specifiche e aggiuntive considerazioni, la cui assenza la societ�
IL CONTENZIOSO NAZIONALE 203 
ricorrente lamenta imputando all�Amministrazione un�insufficiente illustrazione delle ragioni 
della misura. 
N� rivela un cattivo esercizio del potere amministrativo la prevista necessit� di autorizzazione 
della Soprintendenza per ogni intervento da effettuare nella zona soggetta al vincolo indiretto 
� ivi compresi quelli di manutenzione ordinaria �, trattandosi di una misura prudenziale che, 
lungi dal precludere in s� l�attivit� edificatoria, mira semplicemente a consentire una preventiva 
verifica sui vari interventi ed evitare che la c.d. �cornice ambientale� assuma connotazioni 
incompatibili con la piena fruizione del bene di interesse storico-artistico; onde, a fronte di 
ogni singolo diniego di autorizzazione, il privato potr� poi far valere dinanzi al giudice amministrativo 
l�eventuale assenza di ragioni che giustifichino il mancato rilascio dell�atto permissivo, 
essendo quella la sede per verificare, caso per caso, la corretta ponderazione 
dell�interesse pubblico alla salvaguardia della complessiva prospettiva e del decoro dell�opera 
vincolata e dell�interesse privato all�esercizio dello ius aedificandi. Non convince neppure 
l�assunto per cui si sarebbe in questo modo indebitamente introdotta una �riserva di autorizzazione� 
che la normativa limiterebbe agli interventi da effettuare sul bene vincolato in via 
diretta � non anche sugli immobili vincolati in via indiretta �, avendo gi� la giurisprudenza 
escluso l�irragionevolezza di una simile prescrizione, coerente con il rilievo che il �vincolo 
indiretto� non ha un contenuto prescrittivo tipico, sicch� l�Amministrazione deve valutare, 
con proprio apprezzamento discrezionale, le misure da adottare per la conservazione e piena 
fruibilit� del bene (v., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II, n. 1171/2006 cit.). 
La circostanza, poi, che la normativa di piano gi� recherebbe una disciplina pi� rigorosa di 
quanto risultante dallo stato dei luoghi � s� da rendere inutile l�introduzione di limitazioni non 
giustificate da reali rischi di peggioramento delle condizioni ambientali � non osta in realt� a 
che la competente Amministrazione appronti un regime autonomo per il bene protetto, in esito 
a valutazioni che, avuto riguardo all�esigenza di salvaguardia del bene stesso, si risolvano 
nella individuazione delle caratteristiche locali ottimali per garantire la visione, la prospettiva 
e il godimento dell�immobile vincolato; tanto anche perch� la normativa di settore non limita 
le prescrizioni alla difesa dell�esistente, ma rende astrattamente possibile la fissazione di regole 
che, in presenza di una modifica delle attivit� in essere, ne prevedano un assetto tale da ridurre 
il precedente impatto sul bene tutelato. 
N�, ancora, � significativo che nelle immediate vicinanze delle �Mura� siano presenti alberi 
di circa venti metri di altezza e dunque di dimensioni tali da �schermare� l�immobile rispetto 
alle costruzioni circostanti, in quanto la relazione tecnico-scientifica ha chiarito che alla base 
del prescritto limite di altezza dei nuovi edifici � la necessit� di non sminuire il pregio acquisito 
nel tempo dal bene, il cui valore testimoniale, per la funzione storicamente assolta, richiede 
resti inalterato anche il rapporto di proporzionalit� materiale con gli altri fabbricati del comprensorio; 
il tutto in coerenza con il principio per cui possono essere sottoposte al vincolo indiretto 
non solo le aree dalle quali risulti visibile il bene protetto, ma anche e soprattutto quelle 
che con tale bene facciano parte di un unitario e inscindibile contesto ambientale (v. Cons. 
Stato, Sez. VI, n. 6488/2004 cit.). La relazione tecnico-scientifica, da parte sua, lungi dal rivelare 
significative carenze istruttorie, ha fornito gli elementi di valutazione fondamentali per 
l�assunzione delle determinazioni conclusive � pur in assenza di indicazioni dettagliate in ordine 
alle dimensioni delle �Mura� �, per risolversi ogni successivo approfondimento in un 
accertamento di carattere meramente ricognitivo dello stato di fatto, s� da poter essere legittimamente 
esercitato dall�Autorit� decidente sulla base dei criteri fissati dall�organo tecnico. 
Un�ulteriore doglianza � imperniata sull�erronea qualificazione del canale come �� stretta
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
pertinenza delle mura �� , onde � a dire della societ� ricorrente � illegittima sarebbe la prescrizione 
che vi �ncora l�inizio della fascia di rispetto. La questione, tuttavia, appare ininfluente, 
perch� la relazione tecnico-scientifica ha essenzialmente preso a riferimento la 
distanza dagli edifici storici esistenti �in loco�, ed in particolare dal convento di Santa Maria 
di Campagna; con la conseguenza che, in presenza di simili parametri, anche ad arretrare il 
confine del bene monumentale, il limite esterno della �fascia di rispetto� resterebbe comunque 
immutato, e si tratterebbe solo di rideterminare la lunghezza dell�area inedificabile, senza variazioni 
sostanziali sul vincolo indiretto. 
Quanto, infine, alla dedotta carenza del profilo del contemperamento degli interessi coinvolti, 
ha rilevato la giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 3078/2006 cit.) come in tali casi sia 
sufficiente che l�Amministrazione dia conto della necessit� di date misure per la tutela della 
c.d. �cornice ambientale� del bene protetto, dovendosene desumere la prevalenza sugli interessi 
urbanistico-edilizi dei privati, il cui diritto di propriet�, del resto, � intrinsecamente assoggettato 
a limiti, vincoli ed obblighi di varia natura e contenuto, per ragioni di preminente 
interesse generale. 
Un�ultima questione � legata al pregiudizio patrimoniale che avrebbe sofferto la societ� ricorrente 
per effetto del tardivo e incompleto soddisfacimento del suo diritto di accesso agli 
atti. Sennonch�, indipendentemente da ogni indagine circa la condotta dell�Amministrazione 
a seguito della presentazione dell�istanza ex art. 25 della legge n. 241 del 1990, risulta decisivo 
il rilievo che la pretesa risarcitoria � stata fatta valere in termini del tutto generici, ovvero 
senza l�imprescindibile dimostrazione dell�esistenza del danno ingiusto e del suo ammontare, 
il che � sufficiente perch� il giudice non provveda sulla domanda. 
In conclusione, il ricorso va respinto. 
Vista la peculiarit� delle questioni dedotte, e valutata complessivamente la controversia, si 
ravvisa la sussistenza dei presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite. 
P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l�Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando 
sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
P A R E R I D E L C O M I TAT O 
C O N S U LT I V O 
A.G.S. - Circolare n. 40/2009 del 21 ottobre 2009 prot. 311887 - Contenzioso 
in tema di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato. Legge 
15 luglio 2009 n. 94, art. 1, co. 13. (Avv. Michele Dipace - AL 34186/08). 
�L�art. 1 c. 13 della legge 15 luglio 2009 n. 94 recante disposizioni in 
materia di pubblica sicurezza ha apportato rilevanti modifiche all�articolo 35 
del decreto 28 gennaio 2008 n. 25 oggetto della nota alla quale si fa seguito. 
Detta norma apporta al citato articolo 35 le seguenti modificazioni : 
a) il comma 5 � sostituito dal seguente: 
�5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto 
apposto in calce allo stesso, fissa l�udienza in camera di consiglio. Il ricorso 
e il decreto di fissazione dell�udienza, sono notificati all�interessato e al Ministero 
dell�Interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente 
Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero�; 
b) i commi 9, 10 e 11 sono sostituiti dai seguenti: 
�9. Il Ministero dell�Interno, limitatamente al giudizio di primo grado, 
pu� stare in giudizio, avvalendosi direttamente di un rappresentante designato 
dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato l�atto impugnato. 
La Commissione interessata pu� in ogni caso depositare alla prima udienza 
utile gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell�istruttoria. 
Si applica, in quanto compatibile, l�articolo 417- bis, secondo comma, del codice 
di procedura civile. 
10. Il Tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, 
entro tre mesi dalla presentazione del ricorso decide con sentenza con cui rigetta 
il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona 
cui � accordata la protezione sussidiaria; la sentenza � notificata al ricorrente 
e al Ministero dell�interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso 
la competente Commissione territoriale, ed � comunicata al pubblico ministero.
11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente,
206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Il Ministero dell�interno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla 
corte d�appello, con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d�appello, 
a pena di decadenza , entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione 
della sentenza�; 
c) il comma 14 � sostituito dal seguente: 
�14. Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d�Appello pu� essere 
proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, 
entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Esso � notificato 
alle parti assieme al decreto di fissazione dell�udienza in camera di consiglio, 
a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio 
ai sensi dell�articolo 375 del codice di procedura civile�. 
La prima considerazione di carattere generale � che il Ministero dell�Interno 
ritorna ad essere parte del giudizio camerale in tutte le fasi del giudizio 
stesso e pertanto viene stabilito che il ricorso ed il decreto di fissazione dell�udienza 
da parte del tribunale, in composizione monocratica, debbano essere 
notificati all�interessato e al Ministero dell�Interno, presso la commissione nazionale 
ovvero presso la competente commissione territoriale (che sono gli 
organi che hanno emesso il provvedimento) e comunicati al pubblico ministero.
Il Ministero dell�Interno, soltanto nel giudizio di primo grado potr� difendersi 
stando in giudizio tramite un rappresentante designato dalla commissione 
nazionale o territoriale che ha adottato l�atto impugnato. 
Il rappresentante designato dovr� essere un dipendente dello Stato senza 
oneri per il bilancio pubblico. 
Poich� si applica alle controversie in questione il secondo comma dell�art. 
417 bis del codice di procedura civile, ove il ricorso ed il decreto di fissazione 
dell�udienza siano stati notificati presso la sede dell�avvocatura dello Stato 
competente per territorio, questa facendo presente la nullit� della notifica ai 
sensi del novellato c. 5 dell�art. 35 dovr� trasmettere con ogni urgenza gli atti 
alle commissioni competenti indicando se la causa deve essere trattata dal 
rappr.te della commissione o direttamente dall�avvocatura dello Stato e assegnando 
in ogni caso l�affare contenzioso ad un procuratore o avvocato dello 
Stato. 
Nel caso in cui il ricorso con decreto di fissazione dell�udienza � notificato 
direttamente presso le commissioni competenti, come � previsto dalla 
norma citata queste dovranno subito provvedere alla costituzione in giudizio 
con un proprio rappresentante, trasmettendo all�avvocatura dello Stato competente 
i ricorsi che, prospettando questioni di principio particolarmente dubbi, 
richiedono la difesa dell�avvocatura dello Stato. 
Per quanto riguarda le fasi di impugnazione della sentenza di primo grado, 
il reclamo alla corte d�appello e l�eventuale ricorso per cassazione debbano 
essere proposti dalle avvocature dello Stato competenti o dall�avvocatura ge-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 207 
nerale per conto del Ministero dell�Interno. 
Il comma 10 dell�art. 35 in questione, come ora modificato, prevede che 
la sentenza di primo grado sia notificata al Ministero dell�Interno presso la 
commissione nazionale ovvero presso la competente commissione territoriale. 
E� il caso in cui il Ministero dell�Interno � stato in giudizio avvalendosi 
di un rappresentante designato dalla commissione che ha emesso l�atto impugnato. 
Ove si sia costituita l�avvocatura dello Stato, la notifica della sentenza 
deve essere effettuata presso l�avvocatura dello Stato a pena nullit�. 
In ogni caso dato il brevissimo termine per proporre il reclamo alla corte 
d�appello (10 gg. dalla notifica della sentenza), si invitano le amministrazioni 
in indirizzo ad inviare con ogni urgenza all�avvocatura dello Stato competente 
la copia notificata della sentenza con una adeguata relazione, e i relativi documenti. 
Per quanto riguarda la fase del giudizio di cassazione, tenuto conto del 
brevissimo termine per proporlo (30 gg. dalla notifica della sentenza), le avvocature 
distrettuali dello Stato competenti vorranno trasmettere gli atti all�avvocatura 
generale dello Stato corredati da apposita relazione per la 
determinazione sulla proposizione del ricorso. 
La predetta normativa si applica ai ricorsi depositati dopo l�entrata in vigore 
della legge in questione pubblicata sulla G.U. del 24 luglio 2009 n. 170 
S.O. 
Il Ministero dell�Interno vorr� trasmettere la presente nota alle commissioni 
territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale�. 
A.G.S. - Parere del 21 ottobre 2009 prot. n. 311665 - Procedura esecutiva 
adottata dal creditore a seguito di pronunce di equa riparazione (Avv. Gabriella 
D�Avanzo - AL 13887/02). 
�Pervengono alla Scrivente numerose richieste con le quali codesta Amministrazione, 
richiamandosi alla circolare n. 54/2008 dell�Avvocato generale 
dello Stato, chiede di proporre opposizione ai pignoramenti presso terzi promossi 
dai creditori per l�esecuzione di pronunce di equa riparazione loro favorevoli, 
in quanto detti pignoramenti non vengono eseguiti nelle forme del 
pignoramento diretto presso il debitore, come previsto dall�art. 1, comma 2, 
della legge 313 del 1994, il cui regime � stato esteso dall�art. 1 ter della legge 
n. 181 del 13 novembre 2008 ai fondi destinati alle finalit�, ivi specificamente 
indicate, del Ministero della Giustizia. 
Al riguardo � necessario riepilogare lo stato del contenzioso instaurato
208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
per l�esecuzione dei decreti di equa riparazione a mezzo di pignoramenti 
presso terzi. 
1 - Come si � gi� rappresentato con nota n. 75633 del 5 marzo 2009 (CT 
20474/07- avv. D�Avanzo) per i pignoramenti presso terzi notificati successivamente 
al 16 novembre 2008, data di entrata in vigore dell�art. 1 ter della 
legge 13 novembre 2008, n. 181 la Banca d�Italia rende dichiarazione negativa, 
nella quale evidenzia di non avere eseguito �alcun accantonamento in quanto 
l�atto di pignoramento, che avrebbe dovuto essere effettuato secondo le modalit� 
di cui al comma 2 dell�art. 1 della richiamata legge n. 460/94 e successive 
modificazioni � nullo ai sensi del successivo comma 3 del medesimo 
articolo, il quale esclude esplicitamente l�obbligo di accantonamento da parte 
delle Tesorerie Provinciali dello Stato�. 
Nell�ipotesi cos� descritta non viene pertanto proposta opposizione, non 
sussistendo, in assenza di accantonamento, pericolo di assegnazione delle 
somme oggetto di pignoramento. 
2 - Il problema di un�eventuale opposizione si pone, quindi, per i pignoramenti 
notificati anteriormente alla predetta data del 16 novembre 2008. 
Al riguardo si rileva che la Scrivente all�udienza fissata ex art. 547 c.p.c. 
� solita presenziare per contestare sotto un duplice profilo la legittimit� della 
procedura esecutiva azionata dal creditore presso il terzo - Banca d�Italia, eccependo, 
da un lato, l�impignorabilit� delle somme ai sensi dell�art. 1, comma 
1348 della legge n. 296 del 2006 (in ragione del fatto che, a mente della predetta 
disposizione, tutte le somme destinate al pagamento di spese per servizi 
aventi finalit� giudiziaria o penitenziaria non sono pignorabili) e, dall�altro 
lato, l�inammissibilit�, a seguito dell�entrata in vigore del citato art. 1 ter della 
legge n. 181 del 2008, della modalit� di esecuzione adottata dal creditore, in 
quanto eseguita presso il terzo, anzich� nelle forme del pignoramento diretto 
presso il debitore (funzionario delegato alla gestione dei fondi del Ministero). 
2.1- In entrambi i casi, il Giudice dell�Esecuzione � solito concedere termine 
per la successiva formalizzazione in atti di opposizione all�esecuzione 
(ex art. 615 e 617 c.p.c.), e quindi, una volta proposta detta opposizione, � concesso 
alle parti un ulteriore termine per l�introduzione del giudizio di merito, 
e ci� sia nel caso in cui si sia contestata la nullit� della procedura, ai sensi 
dell�art. 1, comma 1348 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 
2007), nonch� dell�art. 1, comma 2 del D.L. 313/1994, conv. in L. n. 
460/94 (il Giudice richiede che venga fornita concreta dimostrazione della effettiva 
destinazione dei fondi pignorati ai fini indicati dalla predetta legge finanziaria) 
e sia nel caso in cui si sia contestata la modalit� esecutiva scelta dal 
creditore. 
3 - In relazione a quanto sin qui evidenziato, e avuto riguardo alla concreta 
applicazione dell�art. 1 ter della legge n. 181 del 13 novembre 2008 alle esecuzioni 
presso terzi gi� notificate, riguardanti, appunto, la regolarit� della pro-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 209 
cedura, si rappresenta di avere sinora coltivato delle opposizioni �pilota� avverso 
i predetti pignoramenti, al fine di conoscere l�orientamento della giurisprudenza 
sul punto, evitandosi cos� di introdurre un contenzioso seriale non 
giustificato dai costi, dalle spese, oltre che, inevitabilmente, dell�alea dei predetti 
giudizi. 
3.1- Fondamento delle opposizioni, invero, non � la ricorrenza del diritto 
del creditore ad agire esecutivamente per la corresponsione delle somme, ma 
le modalit� della procedura esecutiva da lui azionata con atti notificati prima 
dell�introduzione del nuovo regime legale (16 novembre 2008). 
In particolare l�alea del giudizio deriva dal fatto che, in mancanza di una 
esplicita previsione di retroattivit� del predetto art. 1 ter della legge n. 181 del 
2008, le nuove disposizioni sono inopponibili al creditore pignorante in conformit� 
dei principi generali stabiliti dall�art. 546 c.p.c., a mente del quale �dal 
giorno in cui � notificato l�atto� il terzo � soggetto relativamente alle cose e 
alle somme da lui dovute�agli obblighi che la legge impone al custode�. Peraltro 
gli effetti del pignoramento presso terzi di cui all�art. 543 c.p.c. si producono, 
secondo il consolidato insegnamento giurisprudenziale, tutti e subito 
sin dal momento dell�ingiunzione che l�ufficiale giudiziario rivolge al debitore 
esecutato a norma dell�art. 492 c.p.c., ingiunzione che ha lo scopo di produrre 
il �vincolo di destinazione� sul credito del debitore esecutato verso il terzo al 
soddisfacimento del creditore istante (cos� Cass. 4621/1995; cfr. anche Cass., 
Sez. III, n. 10654/2008; e, in dottrina, Verde, �Il pignoramento in generale�, 
in Enc. del diritto, XXXIII, Milano, 1983, pp. 768/769). 
3.2 - Ma oltre alla particolare pregnanza dell�alea dei giudizi non pu� non 
rilevarsi l�inopportunit� di opposizioni che fossero proposte soltanto per denunciare 
il ripetuto vizio di procedura, ove si consideri che, secondo i noti 
principi costituzionali di buona amministrazione che regolano l�azione del 
soggetto pubblico, nel caso in esame non � in contestazione la debenza delle 
somme ingiunte, sicch�, come gi� chiarito nella sopra richiamata nota del 5 
marzo 2009, n. 75633 (Ct 20474/07 avv. D�Avanzo), l�Amministrazione soccombente, 
al pari, peraltro, di un qualsiasi altro debitore, � tenuta al tempestivo 
pagamento di quanto richiesto dal creditore, anche al fine di evitare l�incremento 
del debito per effetto degli interessi. 
E ci� esime dal rilevare, avuto riguardo all�effettiva utilit� dei predetti 
giudizi oppositivi, come il pagamento delle somme ingiunte verrebbe solo procrastinato, 
con ulteriore aggravio, appunto, di spese e accessori in relazione a 
crediti esigibili in forza di un titolo giudiziario. 
*** 
In conclusione la Scrivente ritiene che, per le esecuzioni instaurate prima 
della nota data del 16 novembre 2008, oltre alle cause �pilota� gi� proposte, 
coltiver� le sole opposizioni in cui possa essere eccepita la nullit� della pro-
210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
cedura per l�impignorabilit� delle somme sottoposte a vincolo. 
Nei casi in cui fossero staggiti i fondi che l�art. 1, comma 1348 della legge 
27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) dichiara impignorabili � 
impignorabilit� non rilevata dalla Banca d�Italia che, a quanto risulta, al momento 
non dispone il vincolo su tali somme � si proporr� opposizione all�esecuzione. 
E� appena il caso di chiarire che la rubrica dell�art. 1 ter della legge 13 
novembre 2008, n. 181, intitolata �Pignoramenti sulla contabilit� ordinaria 
del Ministero della Giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale 
antimafia� va letta con riferimento al disposto della medesima norma, la quale 
non stabilisce l�impignorabilit� di qualsiasi somma in giacenza sulla contabilit� 
ordinaria, ma, come � testualmente previsto, limita l�impignorabilit� ai 
fondi (della contabilit� ordinaria) �destinati al pagamento di spese per servizi 
e forniture aventi finalit� giudiziaria o penitenziaria, nonch� agli emolumenti 
di qualsiasi tipo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia, 
accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati 
degli uffici centrali e periferici del Ministero della giustizia, degli uffici giudiziari 
e della Direzione nazionale antimafia�. 
Sulla questione � intervenuto il Comitato Consultivo, di cui all�art. 25 L. 
103/1979, che si � espresso in conformit� al suesteso parere�. 
A.G.S. - Parere del 29 dicembre 2009 prot. n. 391862 - Indennizzo ex 
legge n. 210/92. Rivalutazione di parte o dell�interno importo dell�indennizzo 
(Avv. Marina Russo - AL 7530/06). 
�Si fa seguito al parere, espresso con la nota in riferimento previa approvazione 
del Comitato Consultivo della Scrivente, avente ad oggetto la questione 
della condotta processuale da tenere, alla luce della sentenza n. 1589/05 
della Corte di Cassazione, nei giudizi in cui si faccia questione della spettanza 
di interessi e rivalutazione sulla componente dell�indennizzo di cui alla l. 
210/92 commisurata all�indennit� integrativa speciale. 
Di tale parere si unisce altres� copia per comodit� di consultazione e, comunque, 
si rammenta che, prima di renderlo, questa Avvocatura aveva formulato 
alcune richieste istruttorie alle Amministrazioni in indirizzo, all�esito delle 
quali era emersa la sostanziale condivisione, da parte del Ministero dell�Economia 
e Finanze � Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, dell�orientamento 
espresso - in senso sfavorevole alle tesi difensive fino ad allora 
sostenute nell�interesse dell�Amministrazione - dalla Corte di Cassazione con 
la citata sentenza n. 1589/05.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 211 
In considerazione di ci�: 
- rilevata la difficolt� di rinvenire argomenti atti a sollecitare con buone 
prospettive di successo un ripensamento da parte della stessa Cassazione dell�orientamento 
manifestato nella citata sentenza; 
- tenuto conto del carattere seriale delle controversie in materia e del 
lungo tempo necessario ad ottenere un nuovo pronunciamento della Corte; 
- considerata la necessit� di incardinare, nelle more, numerosissimi giudizi 
potenzialmente inutili, se non anche forieri di ulteriori spese per l�Amministrazione; 
la Scrivente concludeva nel senso di non riproporre la questione in sede 
di legittimit�. 
Conseguentemente, anche nei giudizi di merito non si coltivava pi� l�eccezione 
di non spettanza degli accessori sulla componente di indennizzo commisurata 
all�IIS. 
La giurisprudenza di merito, dal canto suo, si adeguava pressoch� completamente 
alla giurisprudenza della Suprema Corte, che frattanto si consolidava 
ulteriormente nel senso gi� indicato (Cass. 18109/07). 
L�Amministrazione - poi - prendeva altres� in considerazione l�ipotesi di 
liquidare d�ufficio in via amministrativa detti accessori sui ratei arretrati degli 
indennizzi posti in pagamento, a tale scopo istituendo un Tavolo di lavoro (che 
peraltro non ha - ad oggi - ancora concluso la sua attivit�) e nelle more - con 
riferimento all�esecuzione di giudicati sfavorevoli sull�argomento - adottava 
la Direttiva dell�8 aprile 2008, nella quale disponeva che � � nell�intento di 
evitare duplicazioni di procedimenti con esito sfavorevole per l�Amministrazione 
terr� conto della consolidata e maggioritaria giurisprudenza ai fini della 
determinazione del periodo temporale cui applicare la rivalutazione dell�indennit� 
integrativa speciale�. 
Ebbene, la Suprema Corte - sezione Lavoro - ha di recente rivisto criticamente 
alcuni suoi orientamenti in materia di legge 210/92, tra i quali anche 
quello espresso con la sentenza n. 1589/05. 
La sentenza n. 22112/09, infatti, ha espressamente affermato quanto qui 
di seguito testualmente si riporta: �� La questione se la rivalutazione annuale 
debba essere approntata sul solo indennizzo oppure anche sull�integrazione 
� stata risolta nel secondo senso da questa Corte con la sentenza � n. 
15894/05 (v. anche in senso conforme Cass. 27 agosto 2007 n. 18109) in base 
ai seguenti argomenti: a) l�indennizzo deve essere inteso �nella sua globalit�� 
onde va rivalutato in entrambe le sue parti; b) l�indennit� integrativa speciale 
portava il meccanismo di adeguamento delle retribuzioni al costo della vita 
�nella sua originaria struttura� ma successivamente essa � stata snaturata 
col c.d. �taglio della scala mobile� onde non vi � ora ragione di non rivalutarne 
l�importo�. Questo Collegio ritiene non persuasivi tali argomenti, ai 
quali crede di dover contrapporre i seguenti: a) il primo canone di interpre-
212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
tazione legale � quello letterale � e l�art. 1 l. 210 del 1992 non disciplina 
l�indennizzo �nella sua globalit�� ma lo divide in due parti, regolate da due 
distinti commi, prevedendo letteralmente la rivalutazione annuale soltanto per 
la prima parte; b) l�indennit� integrativa speciale serve ad impedire o attenuare 
gli effetti della svalutazione monetaria onde � ragionevole che il legislatore 
non ne abbia previsto la rivalutazione,; le ragioni che hanno poi 
indotto lo stesso legislatore a bloccarla valgono anche per l�integrazione di 
cui qui si tratta; c) l�art. 32 Cost. garantisce la tutela della salute ma non impone 
scelte quantitative al legislatore salvo il principio dell�equit� ossia di 
ragionevolezza degli indennizzi�. 
��� 
Alla luce della pronuncia sopra riportata, ed in attesa di un eventuale auspicabile 
pronunciamento delle sezioni Unite, si rappresenta che � essendo 
evidente l�interesse dell�Amministrazione a seguire il nuovo orientamento 
della Suprema Corte in un�ottica di contenimento della spesa relativa agli indennizzi 
ex lege 210/92 � si torner� a coltivare, anche nei giudizi di merito 
ove processualmente consentito, la tesi della non spettanza degli accessori 
sulla componente commisurata all�IIS, invocando l�ora ricordato precedente 
favorevole al Ministero. 
Si cercher�, inoltre, di individuare i contenziosi nei quali siano state rese 
sentenze di merito sul punto sfavorevoli all�Amministrazione ancora non passate 
in giudicato, comprese quelle relativamente alle quali sia stato reso parere 
di non impugnazione (sentenze che, comunque, gli Uffici di codesta Amministrazione 
vorranno sollecitamente segnalare a questa Avvocatura Generale 
ovvero alla competente Avvocatura Distrettuale, a seconda che il giudizio di 
merito sia stato trattato da questo Generale Ufficio ovvero dall�Avvocatura 
Distrettuale), per proseguire - se del caso - i relativi giudizi fino al grado di 
legittimit�, anche in attesa di un eventuale pronunciamento delle Sezioni Unite 
sull�argomento. 
Nelle more, si raccomanda al Ministero della Salute in indirizzo di: 
� Adoperarsi in vista di un auspicabile chiarimento normativo della problematica 
in oggetto, attivandosi affinch� venga adottata una norma interpretativa 
che superi il dubbio attualmente in essere; 
� Soprassedere alle determinazioni oggetto del Tavolo di lavoro istituito 
per la liquidazione in via amministrativa degli accessori sull�IIS; 
� Rivedere quanto disposto con la D.M. 8 aprile 2008 circa la determinazione 
�del periodo temporale cui applicare la rivalutazione dell�indennit� 
integrativa speciale�, nel senso che l�esecuzione dei giudicati debba limitarsi 
al solo periodo espressamente coperto dalla sentenza, riservando ad eventuali 
futuri contenziosi, che venissero instaurati dalle parti private per l�ottenimento 
degli accessori su periodi successivi a quelli oggetto del giudicato stesso, le
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 213 
difese del caso. 
Infatti, sebbene la giurisprudenza di legittimit� sia orientata a ritenere che 
- per i rapporti di durata - l�accertamento di fatto contenuto nel giudicato copre 
anche il futuro, sia pure �rebus sic stantibus� (Cass. lav. 15931/04, 12554/98), 
tuttavia - con specifico riferimento al caso di condanna ad un dare o ad un fare 
riferibili a prestazioni periodiche, e segnatamente in materia pensionistica e 
contributiva, la Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire (Cass. lav. 
7487/00, 8484/03) che il rapporto - bench� di durata - non si sostanzia in 
un�unica prestazione rateale, bens� in pi� prestazioni periodiche, ciascuna delle 
quali realizza l�intera prestazione dovuta per il periodo considerato: ne discende 
che il giudicato riferito a un determinato periodo non pu� - a rigoreessere 
esteso a periodi successivi, e che la condotta suggerita dalla citata Direttiva 
- opportuna per la prevenzione di ulteriore contenzioso di esito certamente 
sfavorevole in presenza di un orientamento giurisprudenziale di 
legittimit� quale quello di Cass. 18109/07 e 1594/05 - cessa di essere opportuna 
alla luce di Cass. 22112/09. 
��� 
Sulla questione � stato sentito il Comitato Consultivo, che si � espresso 
in conformit��. 
A.G.S. - Parere reso in via ordinaria del 23 marzo 2009 prot. n. 94151 
- Disciplina del dissenso in materia di autorizzazione per la costruzione e manutenzione 
di impianti alimentati da fonti rinnovabili (Avv. Maurizio Borgo - 
AL 9028/09). 
�Codesto Ministero ha chiesto di conoscere il parere della Scrivente in 
merito all�interpretazione della disposizione contenuta nell�art. 12, comma 4, 
del D.Lgs n. 387/2003 (nella formulazione introdotta con l�art. 2, comma 158, 
della legge n. 244/07), e si rappresenta quanto segue. 
L�art. 12 del D.Lgs n. 387/03 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa 
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili 
nel mercato interno dell'elettricit�), dopo aver statuito che le opere 
per la realizzazione degli impianti, alimentati da fonti rinnovabili, sono di pubblica 
utilit� ed indifferibili ed urgenti, ha stabilito che la costruzione e l'esercizio 
dei detti impianti, la loro modifica, il potenziamento, rifacimento totale 
o parziale e riattivazione, nonch� le opere connesse e le infrastrutture indispensabili 
alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti 
ad un�autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia dele-
214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
gata), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, del 
paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante 
allo strumento urbanistico. A tal fine, � convocata dalla Regione una conferenza 
di servizi entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di 
autorizzazione. L'autorizzazione � rilasciata, a seguito di un procedimento 
unico, da concludersi nel termine massimo di 180 giorni, al quale partecipano 
tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione 
di cui alla legge n. 241/1990. In caso di dissenso, purch� non sia quello 
espresso da un�amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-
territoriale, o del patrimonio storico-artistico, ed ove non diversamente 
e specificamente disciplinato dalle Regioni, il decreto legislativo rimette la decisione 
alla Giunta regionale. 
Al fine di dare una corretta interpretazione della previsione (introdotta, ex 
novo, nel corpo dell�art. 12, comma 4, del D.Lgs n. 387/03 dalla novella di cui 
all�art. 2, comma 158, della legge n. 244/07) secondo la quale, in caso di dissenso, 
la decisione finale, in ordine al rilascio della autorizzazione unica, � demandata 
alla Giunta regionale, � necessario, preliminarmente, accertare la 
natura della conferenza di servizi, propedeutica al rilascio dell�autorizzazione 
da parte della Regione (o della Provincia delegata). 
Al proposito, si evidenzia come si tratti di una conferenza di servizi, di 
natura istruttoria, che ha il fine di consentire la partecipazione al procedimento 
delle amministrazioni interessate e le cui conclusioni assumono solo valenza 
istruttoria, di cui dovr� ovviamente tenere conto l'organo competente ad assumere 
la determinazione finale (nel senso che potr� discostarsi da tali conclusioni 
solo con adeguata e ragionevole motivazione). 
Ed invero, nel prevedere un procedimento unico, al quale partecipano le 
amministrazioni statali e locali interessate, per il rilascio dell�autorizzazione di 
cui all�art. 12 del D.Lgs n. 387/03, il legislatore delegato ha previsto non una 
decisione pluristrutturata, tipica della conferenza di servizi decisoria, in cui il 
provvedimento finale, concordato, sostituisce i necessari assensi delle amministrazioni 
partecipanti, ma una decisione monostrutturata, in cui vi � un�unica 
amministrazione competente che deve acquisire l�avviso di altre amministrazioni 
(il carattere istruttorio della conferenza di servizi che ci occupa si desume, 
seppure implicitamente, dal recentissimo parere del 14 ottobre 2008, prot. n. 
2849/08, reso dal Consiglio di Stato, Sez. III). 
L�acquisizione di tale avviso (Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 2008, n. 4942 
parla, pi� precisamente, di �parere�), in sede di conferenza di servizi, ha una 
valenza meramente istruttoria, con la conseguenza che non trovano applicazione, 
nel caso che ci occupa, tutte le disposizioni volte a rimediare alla non 
unanimit� della stessa, quale l�art. 14 quater, comma 3, della legge n. 241/1990. 
In sede di conferenza di servizi istruttoria, infatti, non � richiesta l'unanimit�, 
poich� tale conferenza non � un mezzo di manifestazione del consenso;
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 215 
ed �, per tale ragione, che la giurisprudenza ritiene che tutte le norme volte a 
disciplinare le ipotesi di dissenso delle amministrazioni siano da riferirsi alla 
sola conferenza decisoria (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 6 
marzo 2001, n. 1529). 
La natura meramente istruttoria della conferenza di servizi di cui all�art. 
12, commi 3 e 4, del D.Lgs n. 387/03 risulta avvalorata dalle seguenti considerazioni. 
1) L�art. 12, comma 4, nella sua originaria versione, risultava perfettamente 
sovrapponibile alla previsione contenuta nella legge n. 55/2002 con la quale 
sono state dettate misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico 
nazionale ed, in particolare, al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura 
di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria 
copertura del fabbisogno nazionale, � stato previsto che la costruzione e 
l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW 
termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonch� le opere connesse 
e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, sono dichiarati opere 
di pubblica utilit� e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero 
delle Attivit� Produttive (oggi, Ministero dello Sviluppo Economico), la 
quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, 
previsti dalle norme vigenti. 
Anche la predetta autorizzazione (come quella di cui all�art. 12 del D.Lgs 
n. 387/03) � rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano 
le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di 
semplificazione e con le modalit� di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, d'intesa 
con la regione interessata. 
Ebbene, la giurisprudenza amministrativa ha, in proposito, affermato la 
natura istruttoria e non decisoria della conferenza di servizi che deve svolgersi, 
ai sensi della legge n. 55/02, prima del rilascio dell�autorizzazione da parte di 
codesto Ministero (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 3505/04). 
2) L�inserimento, per opera dell�art. 2, comma 158, della legge n. 244/07, 
nel corpo dell�art. 12, comma 4, del D.Lgs n. 387/03, della previsione secondo 
la quale �In caso di dissenso, purch� non sia quello espresso da una amministrazione 
statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o 
del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente 
disciplinato dalle regioni, � rimessa alla Giunta regionale ovvero alle 
Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano�, non pu� ritenersi frutto 
della volont� del legislatore del 2007 di attribuire carattere decisorio ad una 
conferenza di servizi, configurata, ab origine, come meramente istruttoria. 
Ed invero, l�art. 2, comma 158, della legge n. 244/07 � rubricato �Modifica 
normativa per facilitare la diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili�; 
il che induce ad escludere che la disposizione, dallo stesso introdotta, 
possa essere interpretata in un senso (attribuzione di un carattere decisorio ad
216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
una conferenza di servizi, in origine istruttoria) che varrebbe a rendere, anzich� 
pi� facile, molto pi� complessa e difficoltosa la realizzazione degli impianti 
alimentati da fonti rinnovabili. 
Chiarita, pertanto, la natura meramente istruttoria della conferenza di servizi, 
prevista dall�art. 12, commi 3 e 4, del D.Lgs n. 387/03, � agevole comprendere 
il significato della disposizione, introdotta, nel testo dell�art. 12, 
comma 4, con l�art. 2, comma 158, della legge n. 244/07. 
Tale previsione, lungi dal costituire un meccanismo, di carattere speciale, 
volto a rimediare alla non unanimit� della conferenza di servizi, sulla falsa 
riga di quanto previsto, in via generale, dall�art. 14 quater della legge n. 
241/1990, deve essere intesa come espressione della volont� del legislatore 
del 2007, per il caso di conclusione negativa dei lavori della conferenza di servizi 
istruttoria, di rimettere la decisione finale, in ordine all�adozione, o meno, 
dell�autorizzazione unica, alla Giunta regionale, anche nelle ipotesi in cui il 
rilascio della predetta autorizzazione fosse stato originariamente delegato, 
dalla medesima Regione, alla Provincia. 
In altre parole, con la novella normativa del 2007, si � voluto prevedere 
che, nell�ipotesi in cui il �parere� della conferenza di servizi, all�uopo convocata 
ex art. 12 del D.Lgs n. 387/03, sia di segno contrario alla realizzazione 
dell�impianto, venga meno la delega, rilasciata dalla Regione alla Provincia, 
e la decisione finale sia rimessa alla Giunta Regionale. 
E che cos� sia, � comprovato dall�inciso �ove non diversamente e specificamente 
disciplinato dalle regioni�, contenuto nella disposizione, introdotta 
dall�art. 2, comma 158, della legge n. 244/07, che consente di dare rilevanza 
alle disposizioni di legge regionale (anche previgenti all�entrata in vigore della 
legge n. 244/07) che attribuiscono espressamente alla competenza della Provincia 
il rilascio dell�autorizzazione alla realizzazione degli impianti in argomento 
(competenza, quest�ultima, che rimane ferma anche nell�ipotesi di 
conclusione negativa dei lavori della conferenza di servizi istruttoria - cfr., in 
tale senso, recentissimamente, Cons. Stato, sez. V, ordinanza 10 marzo 2009, 
n. 1289). 
In mancanza di una specifica previsione legislativa regionale, nel senso 
di cui sopra, la decisione finale in ordine al rilascio dell�autorizzazione unica 
di cui all�art. 12 del D.Lgs n. 387/03, nell�ipotesi di conclusione negativa della 
conferenza di servizi istruttoria (salvo che il c.d. �dissenso� non sia espresso 
da un�amministrazione statale, preposta alla cura di interessi sensibili), non 
potr�, invece, che essere rimessa, in ossequio alla chiara previsione normativa 
di cui all�art. 12, comma 4, del prefato decreto legislativo, alla Giunta regionale 
(cfr., in tale senso, Cons. Stato, Sez. V, ordinanza 3 febbraio 2009, n. 708 
e T.A.R. Lazio, sezione staccata di Latina, ordinanza 19 dicembre 2008, n. 
703)�.
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 217 
A.D.S. Catanzaro - Parere reso in via ordinaria del 12 novembre 2009 
prot. n. 56944 - Gestione e procedimento di destinazione dei beni confiscati 
alle organizzazioni criminali (Avv. Alfonso Mezzotero - AL 8190/2009) (*). 
�Codesta Prefettura richiede il parere della Scrivente in ordine al ruolo 
che, nel procedimento di sgombero degli immobili confiscati, debba assumere 
l�Agenzia del Demanio, alla luce delle recenti novit� introdotte in materia dalla 
l. 15 luglio 2009, n. 94, contenente Disposizioni in materia di pubblica sicurezza 
(in Gazz. Uff., 24 luglio 2009, n. 170). 
Per come riferito nella nota qui in riscontro, tale richiesta di consultazione 
trae origine dal diniego opposto dal rappresentante dell�Agenzia del Demanio 
di procedere allo sgombero dell�immobile, sito nel territorio del Comune di 
F., confiscato al sig. L. S., gi� trasferito da codesta Autorit� Prefettizia al patrimonio 
indisponibile dello stesso Ente civico, per essere successivamente 
destinato a finalit� sociali e/o istituzionali (emergenze abitative, Associazioni 
ONLUS operanti nel settore socio-sanitario, uffici). 
A tale riguardo, prima di fornire risposta al quesito posto da codesta Prefettura, 
� appena il caso di evidenziare che, per come in pi� circostanze gi� 
rappresentato dalla Scrivente in diverse consultazioni rese in materia, la consegna 
del bene confiscato all�Amministrazione statale (nel caso in cui il bene 
sia mantenuto al patrimonio dello Stato per finalit� di giustizia, di ordine pubblico 
e di protezione civile, per come previsto dall�art. 3, comma 2, lett. a, l. 
n. 109/1996) ovvero all�Amministrazione Comunale (nel caso in cui il bene 
confiscato sia trasferito al patrimonio del Comune ove l�immobile � sito, per 
finalit� istituzionali o sociali, ai sensi dell�art. 3, comma 2, lett. b, l. n. 
109/1996), dev�essere reale e non gi� meramente figurata. Si consideri, del 
resto, che la necessit� dell�effettivit� della consegna � insita nella stessa ratio 
complessiva della legge fondamentale contenente la disciplina delle procedure 
di destinazione dei beni confiscati ai mafiosi. Ove il bene confiscato non sia 
materialmente consegnato all�Amministrazione che dovr� usarlo successivamente 
per le finalit� previste ex lege, da un lato sarebbe elusa la stessa finalit� 
della l. n. 575/1965, come integrata dalla l. n. 109/1996 (ossia lo spossessamento 
dei mafiosi dei beni che risultano sproporzionati rispetto al reddito dichiarato 
o all�attivit� economica svolta ovvero di quei beni che si ha motivo 
di ritenere il frutto di attivit� illecite o che ne costituiscano il reimpiego), dall�altro 
si vanificherebbe l�intento di utilizzazione dei patrimoni immobiliari 
dei mafiosi a fini sociali e collettivi, avuto di mira dal legislatore nel prevedere 
(*) Nel corso del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2010 - convocato in via straordinaria nel 
Palazzo della Prefettura di Reggio Calabria - � stato approvato un decreto legge per l�istituzione dell�Agenzia 
nazionale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalit� organizzata.

218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
la destinazione dei beni confiscati a determinate finalit� di interesse generale 
(i beni mantenuti allo Stato, sono destinati a finalit� di giustizia, di ordine pubblico 
e di protezione civile; i beni trasferiti al patrimonio comunale, devono 
essere utilizzati per finalit� istituzionali o sociali). 
Tanto preliminarmente evidenziato, si osserva quanto segue con specifico 
riferimento alla questione sottoposta alla Scrivente. 
La citata l. 15 luglio 2009, n. 94 ha introdotto alcune modificazioni della 
l. 31 maggio 1965, n. 575 (c.d. legge fondamentale in materia di beni confiscati 
in base alla legislazione antimafia). 
In particolare, per quanto rileva ai fini della presente consultazione, l�art. 
2, comma 20, l. n. 94/2009 ha sostituito nei seguenti termini l�art. 2-decies, l. 
n. 575/1965: �Art. 2-decies. - 1. Ferma la competenza dell�Agenzia del demanio 
per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli 
articoli 2-nonies e 2-undecies della presente legge e 12-sexies del decretolegge 
8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 
1992, n. 356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali � 
effettuata con provvedimento del prefetto dell�ufficio territoriale di Governo 
ove si trovano i beni o ha sede l�azienda, su proposta non vincolante del dirigente 
regionale dell�Agenzia del demanio, sulla base della stima del valore 
risultante dagli atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dal prefetto 
una nuova stima, sentite le amministrazioni di cui all�articolo 2-undecies della 
presente legge interessate, eventualmente in sede di conferenza di servizi, nonch� 
i soggetti di cui � devoluta la gestione dei beni. - 2. Il prefetto procede 
d�iniziativa se la proposta di cui al comma 1 non � formulata dall�Agenzia 
del demanio entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui 
al comma 1 dell�articolo 2-nonies. - 3. Il provvedimento del prefetto � emanato 
entro novanta giorni dalla proposta di cui al comma 1 o dal decorso del termine 
di cui al comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni 
particolarmente complesse. Anche prima dell�emanazione del 
provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il 
secondo comma dell�articolo 823 del codice civile�. 
Orbene, per come risulta dalla testuale formulazione del novellato art. 2- 
decies, l. n. 575/1965, la portata innovativa della novella recata dalla l. n. 
94/2009 si incentra esclusivamente nell�attribuzione all�Autorit� prefettizia 
del potere di destinazione dei beni immobili confiscati, prima di competenza 
del Direttore Generale dell�Agenzia del Demanio (cfr., art. 2-decies ante novella 
del 2009). In tal senso, del resto, si � espresso il Ministro dell�Interno 
nella circolare n. 11001/118/5 del 5 agosto 2009, inviata ai Prefetti della Repubblica, 
ai Commissari del Governo nelle Province autonome di Trento e 
Bolzano ed al Presidente della Regione Autonoma Valle d�Aosta, ove si afferma 
che: �Il comma 20 (della l. 15 luglio 2009, n. 94: n.d.r.) modifica la disciplina 
del procedimento di destinazione dei beni immobili e dei beni
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 219 
aziendali confiscati alle organizzazioni criminali, attribuendo al Prefetto della 
provincie di ubicazione del bene (anzich� al direttore generale del Demanio) 
il compito di decidere la destinazione del bene confiscato, ferma restando la 
competenza dell�Agenzia del Demanio per lo gestione dei beni confiscati alle 
organizzazioni criminali�. 
Alcuna innovazione reca la l. n. 94/2009 in ordine alla competenza relativa 
alla gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, che continua 
a rimanere in capo all�Agenzia del Demanio (cfr., l�incipit del nuovo art. 2- 
decies, ove si precisa: �Ferma la competenza dell�Agenzia del Demanio per 
la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 
2-nonies e 2-undecies della presente legge ��). Del resto, alcuna modifica ha 
subito l�art. 2-nonies, l. n. 575/1965, che delinea le competenze gestionali dei 
beni confiscati, attribuendole all�Agenzia del Demanio. 
Alla stregua di quanto precede, non vՏ dubbio che, allo stato attuale della 
legislazione, permanga il potere-dovere dell�Agenzia del Demanio, competente 
territorialmente, di gestire i beni confiscati alle consorterie mafiose di 
cui alla legge fondamentale n. 575/1965, che include, ovviamente, la redazione 
del verbale di presa in possesso e di consistenza dell�immobile e dei beni mobili 
che ne costituiscono l�eventuale arredo. 
Ne consegue, conclusivamente, che l�Agenzia del Demanio, competente 
per territorio, � tenuta a presenziare, tramite proprio rappresentante, alle operazioni 
di sgombero del bene. A tali operazioni, � necessario che intervenga, 
altres�, un rappresentante del Comune interessato, qualora sia allo stesso Ente 
civico trasferito, ai sensi dell�art. 2-undecies, comma 2, lett. b), l. n. 575/1965, 
con provvedimento prefettizio di destinazione ai sensi del novellato art. 2-decies, 
l. cit. 
Nei termini suesposti � il parere di questa Avvocatura�. 
L E G I S L A Z I O N E E D 
A T T U A L I TA� 
La trascrizione del decreto d�esproprio 
(o dell�atto equivalente) nel nuovo T.U. 
espropri e gli effetti sui diritti dei terzi 
Antonino Cimellaro* 
La presente tematica costituisce aspetto del controverso problema concernente 
il momento in cui possono dirsi prodotti gli effetti di un decreto 
d�esproprio nel nuovo regime espropriativo inaugurato dal D.P.R. 327/2001 
e s.m.i. (nuovo T.U. espropri) che, sul punto, ha introdotto - rispetto al precedente 
regime normativo - talune particolarit� che meritano di essere rilevate. 
** *** ** 
In via generale 
Come � noto, secondo la tradizionale configurazione dell�istituto, dall�emissione 
del decreto d�esproprio discende il trasferimento della propriet� 
del bene o del diritto in capo al soggetto espropriante che la acquisisce, secondo 
costante giurisprudenza (cfr. oltre a quella pi� avanti citata, anche Cass., 
I, 30 agosto 2007 n. 18314; Cass., I, 25 maggio 2006, n. 12408) a titolo originario, 
ovvero, nel senso che detto trasferimento prescinde ed � indipendente 
da ogni rapporto con la precedente situazione proprietaria. Tale modo di acquisto 
della propriet� si differenzia - come noto - da quello c.d. a titolo derivativo 
in cui, cio� l�acquisto dipende dalla sussistenza, con tutto quello che 
ne consegue, del diritto in capo al dante causa (precedente proprietario). 
(*) Avvocato cassazionista consulente in espropriazione per pubblica utilit� e procedure autorizzatorie.

222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Come si avr� modo di dire, il carattere originario dell�acquisto vale per 
ogni procedura ablatoria (anche illegittima) ma cos� anche quando, in luogo 
del decreto d�esproprio, si definisce l�accordo di cessione volontaria, erroneamente 
ritenuto negozio privatistico ma inquadrabile, invero, in ambito pubblicistico. 
A tale riguardo, si registra un costante orientamento giurisprudenziale 
con il quale si afferma che: �� l�accordo raggiunto con l�espropriante ha la 
funzione d�interrompere la procedura espropriativa e di produrre gli stessi effetti 
del decreto di espropriazione, ossia di costituire in capo all�espropriante 
la propriet� dei beni a titolo originario� (cfr. T.a.r. Sardegna, sez. II, 31 gennaio 
2008, n. 83; Cass., sez. I, 6 agosto 2008, n. 21249; Cass., sez. I, 2 marzo 
1999, n. 1730). 
Ci� comporta che, a differenza di quanto avviene nel caso di acquisto 
della propriet� a titolo derivativo (es. una compravendita), la trascrizione dell�atto 
finale di una procedura espropriativa (decreto o cessione volontaria) non 
ha lo scopo di dirimere eventuali controversie che possono instaurarsi tra gli 
aventi diritto, proprio perch� l�acquisto a titolo originario non pu� essere ostacolato 
in quanto tale dalle precedenti vicende giuridiche che hanno interessato 
il bene (o che interessano) la titolarit� del bene. Ci� ovviamente non significa, 
tuttavia, pretermettere, come si avr� modo di dire, il diritto all�indennizzo o 
la possibilit�, anche per i terzi, di ricorrere al giudice amministrativo per l�impugnazione 
degli atti amministrativi che potrebbero riverberarsi in via indiretta 
sulle proprie ragioni (in senso lato, indennitarie). 
E� noto come, nel sistema civilistico (l�espressione piace a Cass., sez. I, 
16 marzo 2006 n. 5825), la trascrizione, pur non avendo - almeno in via generale 
- valore costitutivo, consente a colui che a trascritto per primo di far 
valere la priorit� del suo acquisto rispetto a colui che, pur avendo stipulato 
prima l�atto di trasferimento, ha trascritto con ritardo il proprio acquisto. 
Tale situazione non pu� mai verificarsi nel caso in cui il passaggio della 
propriet� avvenga a seguito della definizione della procedura ablatoria (con 
l�emissione di un decreto d�esproprio), proprio per la rilevata particolare natura 
dell�acquisto, con la conseguenza che il diritto, cos� acquisito dal soggetto 
espropriante, non pu� mai in alcun modo essere inficiato e posto in discussione 
dai conflitti tra coloro che si assumono proprietari oppure dalle pretese di terzi 
che vantino diritti sul bene (ogni questione del genere risolvendosi, infatti, 
sull�indennit�). 
In particolare, nel regime delle espropriazioni, � opinione dominante che 
la trascrizione abbia la funzione di mera pubblicit� cd. �notizia�(1), in grado 
di rendere nota l�espropriazione a soggetti terzi (coloro che, in ipotesi, possano 
(1) Cfr. Cass., sez. III, 4 agosto 2000, n. 10229 che fa leva al riguardo sull��unanime dottrina� 
(che potrebbe, per�, rivedere la questione alla luce del nuovo T.U. espropri).
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 223 
vantare pretese sull�indennit�). 
Tuttavia, anche nel caso in cui venisse omessa o ritardata (potendo cos� 
determinare l�applicazione di sanzioni amministrative per l�eventuale ritardo), 
la trascrizione, in tale prospettiva, non inciderebbe in alcun modo sul rapporto 
giuridico espropriativo che resterebbe pienamente valido ed efficace. In altri 
termini, l�acquisto della propriet� con il legittimo decreto d�esproprio (o, ove 
del caso, con una legittima cessione volontaria) � sempre salvo, indipendentemente 
dalla trascrizione. 
E cos�, si pu�, in via di prima conclusione, affermare che fino al nuovo 
T.U. espropri si � riconosciuto che il decreto d�esproprio produce pienamente 
i suoi effetti sin da quando viene adottato, comportando da un lato, l�immediato 
trasferimento della propriet� al soggetto espropriante e, dall�altro, rendendosi 
pienamente opponibile anche ai terzi �acquirenti� che avessero curato 
di trascrivere precedentemente alla trascrizione di esso decreto (per esempio, 
sarebbe inefficace nei confronti dell�espropriante una trascrizione effettuata, 
nel tempo intercorrente tra l�emissione del decreto d�esproprio e una ritardata 
trascrizione dello stesso, da chi si assume avere la qualit� di erede del bene 
oggetto della procedura espropriativa, anch�egli per� tutelato solo per via indennitaria). 
Bench� non di stretta attualit�, appare legittimo, per�, porre la questione 
del perch� il sistema non riesca ad organizzare, con riferimento ai giudizi amministrativi, 
la trascrivibilit�, delle domande (e delle relative sentenze) volte 
all�annullamento del decreto d�esproprio o alla restituzione di un�area illegittimamente 
occupata oppure, ancora, di annullamento del provvedimento di 
acquisizione in sanatoria ex art. 43 D.P.R. 327/2001. Una lettura nuova e orientata, 
nonch� scevra da pregiudizi, degli articoli 2643, 2645 e 2652 e 2653 del 
codice civile potrebbe giovare alla luce della nuova pi� ampia configurazione 
dell�espropriazione, a tutte le parti di un rapporto, in senso lato, espropriativo 
e anche dei loro aventi causa (2) . 
Il nuovo T.U. espropri 
Occorre chiedersi se la funzione tradizionale della trascrizione possa dirsi 
mutata nel passaggio dal vecchio al nuovo regime espropriativo di cui al D.P.R. 
327/2001 e s.m.i. ovvero se vi sono differenze rispetto al passato. Invero, pur 
sembrando immutata, fino a diverso avviso, la funzione dell�istituto (dare pub- 
(2) Non si pu� ignorare, certo, l�indirizzo assunto dalla Cassazione (cfr. sent. 1� febbraio 2002, 
n. 1289) secondo cui il ricorso giurisdizionale di annullamento del decreto non � suscettibile di trascrizione. 
Ma esso appare espresso in termini non assoluti e comunque sempre con riferimento al precedente 
regime espropriativo. Pu� esservi spazio per la dottrina che voglia, anche in tale ipotesi, riconsiderare 
la questione affermando sul punto, ove del caso, la discontinuit� tra il precedente e il nuovo regime 
espropriativo.
224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
blicit� �notizia� al provvedimento d�esproprio non incidendo sulla sua immediata 
efficacia traslativa n� sulla sua immediata opponibilit� ai terzi a far data 
dalla sua emissione) si ricavano dal nuovo testo normativo, rispetto al passato, 
talune differenze che presentano varie implicazioni. In primo luogo, il decreto 
(almeno nello sviluppo fisiologico della nuova procedura e salvo le eccezioni 
di cui si dir�) � soggetto a due momenti in successione temporale, anche non 
immediata emanazione e l�esecuzione; in secondo luogo la trascrizione del 
decreto d�esproprio, ai sensi dell�art. 23 TU espropri , deve avvenire �senza 
indugio� presso gli uffici dei registri immobiliari, laddove la precedente normativa 
era molto pi� puntuale prescrivendo (art. 53, 2� comma, legge 
2359/1865) che tale adempimento - unitamente alla voltura catastale - venisse 
effettuata entro quindici giorni. 
Ma, allora, ai presenti fini ci si deve rapportare all�emanazione dell�atto 
oppure alla sua esecuzione? 
Dalla lettera della legge, si ricava che il decreto di espropriazione vada 
trascritto subito dopo la sua emanazione, senza dover attendere - come ritengono 
altri interpreti - la successiva esecuzione la quale - fuori dai casi (3) in 
cui vi sia una immediata immissione nel possesso subito dopo la condivisione 
delle indennit� (cfr. art. 20, comma 6, T.U.) e fuori dai casi di occupazione 
d�urgenza (art. 22-bis T.U.) - potrebbe avvenire non subito bens�, come previsto, 
nel termine (perentorio) di due anni dall�emanazione. 
Inoltre � previsto che una volta eseguito, il decreto non richiede la trascrizione 
(in ipotesi gi� effettuata) bens� - come dice il testo di legge - l�annotazione 
dell�avveramento della condizione sospensiva (arg. ex art. 24, comma 
5, T.U. espropri). Cos� la citata disposizione: �l�autorit� espropriante, in calce 
al decreto di esproprio, indica la data in cui � avvenuta l�immissione in possesso 
e trasmette copia del relativo verbale all�ufficio per i registri immobiliari, 
per la relativa annotazione�. 
Non inganni la circostanza che, invece, l�atto di cessione volontaria - sostitutivo 
del decreto di espropriazione -, con il quale il proprietario trasferisce 
il diritto oggetto di procedura, possa essere stipulato fino al momento dell�esecuzione 
del decreto di esproprio (cfr. art. 45 T.U.), essendo ci� legato alla particolarit� 
del tipo di atto e alle diverse finalit� ad esso collegate. D�altro canto, 
dopo l�adozione di un decreto d�esproprio (gi� di per s� traslativo del diritto) 
che bisogno vi sarebbe di effettuare la stipula di una cessione volontaria se 
non ai soli fini di concordare e condividere una indennit� rifiutata, con la possibilit� 
di ottenere gli incentivi di legge? 
In conclusione, non sembra esservi spazio per ritenere, contrariamente a 
(3) Se l�esecuzione del decreto � legata (art. 23, comma 1, lett. h) alla immissione nel possesso, 
� legittimo sostenere che ove tale immissione sia gi� avvenuta nei casi normativamente qui indicati, il 
decreto d�esproprio vada trascritto senza alcuna condizione in quanto da ritenersi �gi� eseguito�.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 225 
quanto deducono - invero, in modo improprio - taluni interpreti, che gli adempimenti 
di registrazione, trascrizione e volturazione catastale del decreto di 
espropriazione vadano curati dopo la sua esecuzione. N� risulta, sotto un profilo 
giuridico sostanziale, che non possano essere trascritti e (volturati in catasto) 
atti di trasferimento soggetti a condizione, (anzi, risultando il contrario 
cfr. Cass., sez. II, 19 agosto 2002 n. 12236; Cass., sez. I, 17 dicembre 1991 n. 
13589). 
La tesi qui proposta potrebbe trovare indiretto conforto in quella autorevole 
dottrina (P. Virga) la quale ritiene che con l�emanazione del decreto 
d�esproprio venga acquisita la propriet� (da trascrivere), mentre con la notifica 
e/o con l�esecuzione (da annotare) e cio� con l�immissione in possesso venga 
acquisito il possesso (ove gi� non acquisito ex art. 20, comma 6 oppure ex art. 
22-bis) (4). 
Vi �, altres�, da chiedersi se incide sull�argomento trattato la nuova configurazione 
che pare essere stata data dal nuovo testo unico alla notifica del 
decreto. Si richiama, al riguardo, il tradizionale orientamento giurisprudenziale 
secondo il quale il vizio della notifica del decreto (o la sua omissione) non incide 
sulla legittimit� di esso, bens� sulla opponibilit� al destinatario e sull�effettiva 
decorrenza dei termini processuali. 
Invece, a leggere la nuova norma (art. 23, comma 1, lett. f)) il decreto � 
condizionato alla sua �notifica ed esecuzione�. Pu� dirsi mutato qualcosa? 
Qualche chiarimento dovr� pervenire da dottrina e giurisprudenza per 
sciogliere eventuali dubbi generati dall�argomentazione volta a sostenere, in 
ordine alla notifica, la natura di elemento costitutivo del decreto d�esproprio. 
Quello che si ritiene fondatamente sostenibile sarebbe invece, come detto 
in precedenza, la necessit� di annotare nei registri immobiliari l�avvenuta notifica 
di un decreto d�esproprio (per il quale si rende inutile l�esecuzione gi� 
avvenuta con l�immissione anticipata ex art. 20, comma 6 oppure a seguito di 
occupazione d�urgenza ex art. 22-bis) che andrebbe trascritto, con la sola condizione, 
in questa ultima ipotesi, che esso sia notificato come vuole la legge 
(art. 23, comma 1 lett. f). 
Come potrebbe, a rigore, il Conservatore dei registri immobiliari trascrivere 
un decreto d�esproprio (per cos� dire, gi� eseguito) senza riportare anche 
tale sola condizione (della notifica di esso decreto)? E come potrebbe l�espropriante, 
una volta effettuata la notifica (solo attraverso le forme degli atti processuali 
civili) trascurare di chiedere e ottenere dal Conservatore l�annotazione 
dell�avvenuto avveramento della condizione (notifica)? 
(4) In questi ultimi casi il decreto definitivo d�esproprio dovrebbe rendere noto al Conservatore 
che l�esecuzione (immissione nel possesso) sarebbe gi� avvenuta e la trascrizione sarebbe �piena e incondizionata� 
senza, ovviamente ulteriori annotazioni (con qualche dubbio, come si dir�, a proposito 
della notifica).
226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Per non restare avviluppati in un defatigante dedalo interpretativo, � 
da ritenersi che il legislatore nell�apporre la condizione del decreto d�esproprio 
(�� che il medesimo decreto sia successivamente notificato ed eseguito 
��) abbia in realt� disegnato una unica operazione completa (notifica 
e esecuzione) lasciando - implicitamente - intendere che la trascrizione di 
un decreto (gi� eseguito e quindi perfezionato nell�ottica qui considerata) 
non meriti di essere condizionato alla sua successiva notifica (la quale verr� 
bens� effettuata ma ad altri fini). Si attendono lumi in proposito (5). 
I diritti dei terzi. In particolare, l�ipoteca 
Tutto quanto precede ha indiscutibili riflessi sulle posizioni dei terzi 
aventi diritto sul bene oggetto di esproprio, precisandosi che tutti i riferimenti 
ad decreto d�esproprio sono ovviamente da intendersi estesi anche 
alla cessione volontaria. 
Al riguardo, merita segnalare che, anche sul punto, � stato riprodotto 
dal legislatore l�indirizzo tradizionale che oggi viene espresso formalmente 
dall�art. 25 T.U. Espropri secondo cui: �L�espropriazione del diritto di propriet� 
comporta l�estinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali, 
gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui 
l�espropriazione � preordinata�. 
Ma, come nuova previsione, rispetto al chiaro e forse pi� coerente testo 
dell�art. 52 l. 2359/1865 che la collegava alla pronuncia dell�espropriazione, 
di decorrenza del momento abilitativo per far valere i propri diritti, � stabilito 
che: �dopo la trascrizione del decreto d�esproprio, tutti i diritti relativi 
al bene espropriato possono essere fatti valere unicamente sull�indennit��(
6). 
In sintetica ricostruzione del sistema di legge, si pu� rilevare che se � 
vero, dunque, che la procedura espropriativa viene indirizzata, sotto il profilo 
della procedura amministrativa, nei confronti della ditta proprietaria 
del bene oggetto della suddetta procedura, e se � vero che, come detto, l�acquisto 
del diritto avviene a titolo originario, � altres� vero che, per i terzi 
che siano titolari di diritti sul bene da espropriare, l�ordinamento assicura 
- come per il passato - comunque una tutela, sia pure indiretta, principalmente, 
ma non solo, di tipo indennitario (7). In termini pi� corretti, deve 
(5) La questione non sembri sterilmente cavillosa, ove si pensi che sovente nel rapporto tra il concedente 
- solitamente pubblico - e l�affidatario - solitamente privato - delle procedure espropriative, il 
concedente non considera concluso l�incarico affidato (e quindi non corrisponde o rimborsa, i relativi 
compensi) se non riceve dall�affidatario la completa documentazione degli espropri ivi inclusa la prova 
delle trascrizioni effettuate. 
(6) Non pu� tuttavia giungersi sino al punto di ritenere che, per il proprietario, anche l�opposizione 
alla stima sia condizionata dalla trascrizione. Ci� sarebbe comunque astrattamente teorizzabile.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 227 
parlarsi, in tali casi, pi� che di estinzione, di conversione (trasformazione) 
del diritto sul bene in diritto all�indennit�. Il principio in questione, per quel 
che concerne l�ipoteca, � stato affermato a chiare note da Tar Lombardia, 
sez. II, 29 marzo 1995 n. 466 secondo cui: �Ai sensi dell�art. 2742, ult. 
comma, c.c. il diritto del creditore ipotecario, una volta intervenuto l�esproprio, 
si trasferisce sulla relativa indennit�...�. 
Occorre premettere una breve notazione sul significato da dare, in tale 
quadro, all�ulteriore tutela in via amministrativa di impugnazione degli atti 
espropriativi riconosciuta ai terzi. Invero, secondo la giurisprudenza (Cons. 
Stato, IV, 22 maggio 2006 n. 3025) �� proprio la convergenza del potere 
pubblico e dei diritti di soggetti diversi dal proprietario in ordine alla medesima 
res determina quel collegamento qualificato tra potere e posizione 
soggettiva che costituisce il fattore legittimamente i titolari di quei diritti 
all�impugnazione degli atti della procedura espropriativa�. Anche per tale 
via, ne conseguirebbero possibili riflessi, quindi, sulle loro pretese indennitarie. 
Pertanto, quello che pi� appare di particolare interesse, ai presenti fini, 
� comprendere le implicazioni che derivano dalla circostanza che la trascrizione 
opera formalmente nell�attuale sistema come condizione di efficacia 
per far valere i propri diritti (art. 25, comma 3 e 34, comma 2 T.U. espropri).
Tale previsione rappresenta ulteriore ragione per ritenere necessaria la 
trascrizione (la cui mancanza potrebbe dilatare nel tempo l�esperibilit� delle 
pretese degli aventi diritto), sin dalla emanazione del decreto e non dalla 
sua esecuzione senza frapporre ostacoli di natura, per cos� dire, �ideologica�. 
Tutti gli operatori, a qualsiasi livello e cos� anche i responsabili degli 
uffici interessati, traggano le conseguenze dalla configurazione a titolo originario 
dell�acquisto per via ablativa. 
Ne deriva cos� che una volta trascritto il decreto (o la cessione) non 
cՏ ragione giuridica, attesa la conseguente estinzione di ogni diritto, per 
cui debba permanere l�indicazione, all�interno dei registri immobiliari, del 
nominativo del soggetto titolare di qualsiasi precedente diritto (estintosi, 
recte convertitosi, dopo il decreto, in diritto all�indennit�). 
Rifuggendo, nella specie, da improprie suggestioni civilistiche, si rileva 
come la cancellazione dai registri immobiliare dei diritti dei terzi sul 
bene espropriato (e cos� del loro nominativo) debba ritenersi �automatica� 
(come � tale l�estinzione per legge di essi diritti) e non vi sarebbe bisogno 
- come pure all�espropriante converrebbe fare per ragioni pratiche - di in- 
(7) Eccezion fatta per il coltivatore ammesso ad essere unico diretto interlocutore, accanto al proprietario, 
dell�espropriante.
228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
serire nel decreto d�esproprio (espressione di potere pubblico per eccellenza) 
l�ordine impartito al Conservatore di provvedere alla detta cancellazione. 
Va da s� che l�estinzione dei diritti dei terzi a seguito della conclusione 
della procedura espropriativa deve ritenersi comunque definitiva ed una eventuale 
retrocessione del bene al (gi�) proprietario non pu� determinare la reviviscenza 
del diritto del terzo (neanche, quindi, del coltivatore diretto). Sul 
punto cfr. Cass., I, 25 agosto 1993, n. 8978. 
In conclusione 
Se non si riuscir� ad organizzare un meccanismo (anche e forse soprattutto 
telematico, a quanto � dato apprendere) volto a riconoscere e consacrare 
nei pubblici registri l�effetto estintivo di ogni diritto, collegato al decreto 
d�esproprio e alla sua trascrizione, potranno verificarsi casi in cui, accanto all�ente 
espropriante/beneficiario di una espropriazione, continuino a sussistere 
nei registri catastali e immobiliari i nominativi di soggetti formalmente titolari 
di diritti che non sussistono pi� sul piano sostanziale, con conseguenze disparate 
nei casi concreti (8). 
Onde risolvere ogni questione, si fa sempre pi� viva negli operatori l�esigenza 
che siano indirizzate, quale che ne sia la forma, istruzioni agli uffici interessati, 
atti a chiarire gli effetti, ai fini che qui rilevano, del decreto 
d�esproprio o della cessione volontaria quale atto ablativo equivalente. 
(8) Ad esempio, possibili conflitti e contestazioni tra committente pubblico e affidatario delle procedure 
espropriative di cui si � fatto cenno alla nota 5.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 229 
I �numeri� degli avvocati pubblici e il 
contenzioso delle pubbliche amministrazioni 
Rolando Dalla Riva* 
Il modello tipico dell�avvocatura pubblica � costituito dall�Avvocatura 
dello Stato. Essa costituisce certamente un paradigma e punto di riferimento 
per quanti sono preposti alla rappresentanza e difesa in giudizio di un interesse 
pubblico. Come � risaputo - tuttavia - la disciplina dell�Avvocatura erariale � 
speciale e prevede delle deviazioni significative alla regola dello jus postulandi 
proprio dell�esercizio della professione forense in ragione della specialit� della 
difesa e alla qualit� della parte rappresentata. 
Accanto a questa realt� l�attuale ordinamento prevede la possibilit� della 
costituzione di avvocature interne presso le Pubbliche amministrazioni in ossequio 
alla deroga prevista dall�art. 3 del regio decreto legge 27 novembre 
1933 n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 34, meglio nota quale 
legge professionale forense. La disciplina di una tale forma di �avvocatura� 
(a parte il momento genetico) non si distingue dall�esercizio proprio della professione 
forense come svolta dai liberi professionisti, tanto che non si � di 
fronte ad un tertium genus di avvocatura, ma solo all�esercizio della professione 
forense da parte di dipendenti delle rispettive Amministrazioni pubbliche. 
Le osservazioni che seguono si propongono di analizzare ed approfondire 
tale fenomeno, per verificare se � possibile giungere a qualche conclusione 
sull�argomento. Ad una prima osservazione, quello proposto sembrerebbe un 
tema di nicchia, sfornito di particolare importanza, tuttavia il crescente interesse 
riscontrato nelle molte occasioni in cui viene discusso il problema, potrebbe 
testimoniare come questo tema possa meritare un momento di 
approfondimento. Solitamente l�argomento del contenzioso delle pp.aa. e degli 
uffici legali interni viene affrontato all�interno delle varie categorie in qualche 
modo interessate come quella degli avvocati dipendenti, dove viene posto l�accento 
soprattutto su aspetti relativi alle �rivendicazioni� di ruolo oppure alle 
istanze di carattere contrattuale e retributivo. Oppure � oggetto di discussione 
tra liberi professionisti, spesso con una comprensibile apprensione dovuta al 
timore che il mercato professionale legato alle pubbliche amministrazioni sia 
ridotto dal ricorso agli uffici legali interni da parte delle pp.aa. Anche i pubblici 
(*) Avvocato INAIL in Vicenza. 
Il presente articolo costituisce una rielaborazione dell�intervento tenuto al convegno �Il contenzioso 
delle Pubbliche amministrazioni e gli Uffici legali interni� tenutosi a Vicenza l�11 novembre 
2009. 
230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
amministratori o dirigenti pubblici si occupano del problema, solitamente in 
occasione delle riorganizzazioni degli enti, in quanto sovente non si comprende 
la particolare posizione funzionale da garantire agli uffici legali interni.
Cominciamo subito parlando di alcuni numeri precisando che i dati che 
verranno esposti nel presente lavoro sono tratti da �La Previdenza Forense�, 
rivista della Cassa di previdenza degli avvocati, che da alcuni anni pubblica 
periodicamente alcune rilevazioni statistiche in merito agli avvocati iscritti 
negli albi e, tra questi, anche su quelli iscritti nel registro speciale degli addetti 
agli uffici legali interni. Questi dati sono poi stati elaborati da chi scrive - quale 
statistico alle prime armi - e proposti in alcune tabelle. 
Al 31 dicembre 2008 risultavano iscritti nei registri speciali degli albi 
degli Ordini forensi 4.189 avvocati addetti agli uffici legali interni. Se si considera 
che nel dicembre del 1999 gli avvocati degli enti pubblici erano 3.772 
nel giro di nove anni essi risultano aumentati di 417 unit� (con un incremento 
rispetto al 1999 di poco pi� dell�11%) e l�andamento degli iscritti nel registro 
speciale ha conosciuto anche un fenomeno di contrazione tra il 2004 e il 2006. 
Questi dati dunque smentiscono quella che potrebbe essere chiamata una 
�leggenda metropolitana�, secondo la quale il numero degli avvocati pubblici 
sarebbe in continua crescita, addirittura esponenziale, in esito alla proliferazione 
di avvocature interne da parte delle pubbliche amministrazioni. 
Il dato assume un ben pi� rilevante significato se viene confrontato con 
quello relativo al numero complessivo di avvocati iscritti all�albo. 
Nel dicembre del 1999 erano complessivamente iscritti all�albo in Italia 
109.818 avvocati. Nel dicembre del 2008 risultavano iscritti ben 198.041 avvocati 
e - secondo gli ultimi dati aggiornati - tale numero ora si attesta oltre i 
220.000. 
Fra dicembre 1999 e dicembre 2008 il numero complessivo degli avvocati 
� aumentato di oltre l�80%. 
Percentualmente parlando la componente degli avvocati pubblici non � 
particolarmente rilevante ed oscilla (a livello nazionale) tra il 3,43% del 1999 
e il 2.12% del 2008. 
anno iscritti al Reg. spec. iscritti Albo avvocati 
% tra avv. pubblici 
e libero foro 
1999 3.772 109.818 3,43% 
2001 3.942 129.071 3,05% 
2004 4.019 158.478 2,54% 
2006 3.822 178.134 2,15% 
2008 4.189 198.041 2,12%
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 231 
Il dato ovviamente risente dell�aumento (questo s� esponenziale) degli 
avvocati in Italia. 
La distribuzione percentuale degli avvocati pubblici pu� riservare alcune 
sorprese che mettono in risalto come vi siano elementi di parziale contraddizione 
relativi alle cifre in numeri assoluti. 
Se si osserva la presenza degli avvocati pubblici si pu� notare come tali 
percentuali siano molto disomogenee tra i vari distretti di Corte di Appello 
esaminati e come vi siano distretti in cui tali presenze siano minime rispetto 
ad altri dove la componente degli avvocati pubblici � pur limitata � � maggiormente 
significativa. 
Distretto di C.A. 
iscritti albo 
al 31/12/2008 
iscritti elenco spec. 
Dipendenti enti pubblici 
% avv. pubblici su totale 
Trento 1.480 68 4,59 
Palermo 7.129 268 3,76 
Roma 25.948 969 3,73 
Torino 8.348 216 2,59 
Campobasso 1.350 33 2,44 
Firenze 9.564 231 2,42 
Potenza 2.124 49 2,31 
Napoli 21.897 497 2,27 
Ancona 4.636 98 2,11 
Catanzaro 7.852 165 2,10 
Bari 11.309 222 1,96 
Genova 6.070 116 1,91 
Venezia 10.355 191 1,84 
Perugia 2.665 46 1,73 
Catania 6.693 115 1,72 
Reggio Calabria 3.452 59 1,71 
Salerno 5.578 94 1,69 
Trieste 2.121 33 1,56 
Bologna 11.755 173 1,47 
L�Aquila 5.353 76 1,42 
Milano 20.186 275 1,36 
Caltanisetta 1.256 12 0,96 
Lecce 8.273 79 0,95 
Cagliari 4.383 37 0,84 
Brescia 4.765 39 0,82 
Messina 3.499 28 0,80
232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Percentualmente parlando il maggior numero di avvocati pubblici viene 
riscontrato nel distretto di Corte di Appello di Trento e Bolzano, dove gli avvocati 
degli enti rappresentano il 4,59% degli avvocati complessivi. 
Nel distretto di Palermo il dato � del 3,76%, poco superiore a quello del 
distretto di Roma del 3,73%; in questo ultimo caso l�alto numero assoluto di 
avvocati pubblici (conseguente alla concentrazione degli uffici pubblici legati 
al ruolo della capitale - nel Foro di Roma risultano iscritti ben 879 avvocati 
pubblici) viene compensato dal numero degli avvocati iscritti all�albo (e pari 
a 25.948 unit�). 
Molti degli altri distretti si attestano sulla percentuale nazionale di poco 
superiore al 2%, mentre si osserva in alcuni distretti una percentuale di presenza 
particolarmente limitata ed inferiore all�1% (Brescia, Lecce, Caltanissetta, 
Messina e Cagliari). 
L�analisi poi di alcuni dati percentuali relativi ad alcuni Tribunali ci consente 
di capire come il fenomeno delle presenza degli avvocati degli enti sia 
legato alla presenza delle sedi degli uffici pubblici, normalmente concentrata 
nei capoluoghi. 
A parte il dato del Tribunale di Tolmezzo (dove la statistica risulta falsata 
dai numeri minimi di iscritti) si osserva come sia il Foro di Bolzano (con il 
5,27%) a detenere la maggior presenza di avvocati pubblici. 
Ancora un volta il dato di Bolzano viene accomunato a quello del Foro 
di Palermo dove la percentuale � di poco inferiore ed � del 5,08%. 
Di poco sotto il 5% si porta il Tribunale di Potenza (ove operano avvocati 
pubblici in ragione del 4,82% del totale) ed il Foro di Roma (con un percentuale 
del 4,47%). 
Subito dopo si trovano ancora i Fori trentini con il 4,03% di Trento e il 
3,85% di Rovereto che confermano l�alta presenza delle avvocature civiche 
nel Trentino � Alto Adige. 
Panorama legislativo 
Prima di passare all�esame delle questioni centrali � necessario un accenno 
al panorama legislativo. La questione � gi� stata anticipata, ma pu� essere 
interessante, tuttavia, al di l� dell�esame delle norme che disciplinano 
l�esercizio dell�attivit� legale all�interno delle Pubbliche Amministrazioni, 
comprendere appieno il significato di una tale previsione normativa. 
In Italia la professione legale risulta storicamente caratterizzata dall�esercizio 
della rappresentanza e difesa in giudizio, dalla rappresentanza stragiudiziale 
per la composizione delle controversie e dall�attivit� di consulenza legale; 
queste sono in estrema sintesi le funzioni che l�ordinamento italiano prevede 
per la categoria degli avvocati. Solo per la rappresentanza e difesa in giudizio 
(con significative deroghe tuttavia) esiste una riserva di attivit� per i profes-
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 233 
sionisti legali, mentre tale riserva non esiste per le rimanenti attivit� relative 
allo stragiudiziale e alla consulenza legale. 
L�esercizio dell�avvocatura � uno dei tipici campi delle libere professioni. 
La particolare natura delle funzioni esercitate comporta che all�avvocato, in 
relazione all�incarico professionale ricevuto dal cliente, vengano riconosciuti 
determinati obblighi (e prerogative) direttamente dalla legge. Molte di tali situazioni 
fanno capo al professionista indipendentemente dal contenuto concreto 
del mandato ricevuto dal proprio cliente: L�avvocato svolge, infatti, 
un�attivit� che, per sua natura, implica l�assunzione di scelte e la selezione di 
strategie difensive in piena autonomia. Al legale fanno capo precisi doveri 
conseguenti all�adozione del Codice deontologico, tra i quali particolare rilievo 
assume il dovere di mantenere la propria indipendenza nell�esercizio dell�attivit� 
professionale (1). 
Proprio in ragione della necessit� che l�esercizio della professione legale 
sia svolto senza condizionamenti, che potrebbero comprometterne l�indipendenza, 
la legge professionale forense sancisce l�incompatibilit� di tale attivit� 
professionale con specifiche professioni (ad esempio quella notarile, di giornalista, 
di agente di cambio ecc�), con l�esercizio del commercio e, pi� in 
generale con qualunque impiego retribuito, sia pubblico che privato (art. 3 
R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 � legge professionale forense) (2). 
Questa norma soffre di due sole eccezioni: la prima che riguarda i professori 
universitari e i docenti di istituti secondari statali e, per quello che ci 
riguarda, la seconda che consente l�iscrizione, in apposito elenco speciale annesso 
all�albo professionale, degli avvocati di uffici legali interni di Enti pubblici.
Per quanto riguarda gli avvocati di uffici legali interni, la norma dell�art. 
3 della legge professionale � alquanto specifica, consentendo in primo luogo 
l�istituzione di uffici legali solo agli Enti pubblici; di conseguenza non � consentito 
ai soggetti privati di costituire uffici legali con propri avvocati dipendenti 
(3). 
(1) Come anticipato in premessa, rimane a parte il discorso relativo all�Avvocatura dello Stato le 
cui funzioni, compiti e prerogative sono disciplinate da particolari fonti normative (in particolare R.D. 
30 ottobre 1933 n. 1611 contenente il Testo Unico delle disposizioni sulla rappresentanza e difesa dello 
Stato e sull�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato, con il regolamento di esecuzione approvato con 
R.D. 30 novembre 1933 n. 1612). 
(2) Art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (L.P.F.): �L'esercizio delle professioni di avvocato (...) 
� incompatibile (�). E' infine incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella 
prestazione di opera di assistenza e consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario: 
a) (�); 
b) gli avvocati degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualunque modo presso 
gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente 
presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo�. 
(3) Il concetto di amministrazione e istituzione pubblica nel corso del tempo si � allargato a seguito
234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In secondo luogo la legge richiede che all�interno dell�Ente pubblico vi 
sia l�esistenza di un ufficio legale, in cui l�avvocato preposto tratti esclusivamente 
le cause proprie dell�Ente. 
La ratio che sottende tale disposizione � di tutta evidenza: solo all�interno 
della pubblica amministrazione (ovvero altri soggetti che svolgono un�attivit� 
oggettivamente riconducibile a quella di una pubblica amministrazione) il rapporto 
del professionista consente quelle garanzie di indipendenza richieste per 
l�esercizio della professione forense che nel rapporto del dipendente privato 
con il proprio datore di lavoro con molta difficolt� verrebbe riconosciuta. 
Un elemento da prendere in considerazione � anche la particolare formulazione 
della proposizione normativa: il precetto - di poche parole - viene formulato 
�in negativo�, quale eccezione al generale divieto di esercizio della 
professione forense quale dipendente. 
Un particolarit� della materia � data anche da una interpretazione della 
norma particolarmente �qualificata�, in quanto la normativa in questione � 
soggetta ad interpretazioni giurisprudenziali rimesse esclusivamente al Consiglio 
nazionale Forense (competente in sede giurisdizionale per i ricorsi presentati 
alle pronunce dei Consigli dell�Ordine) e, in grado definitivo, alle 
Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Questa circostanza ha consentito il 
formarsi di una giurisprudenza proveniente dal massimo vertice della giurisprudenza 
e che non ha subito il fenomeno delle �oscillazioni interpretative� 
proprie di altri settori del diritto. 
Secondo l�interpretazione che da tempo � stata data alla norma, per poter 
invocare l�applicazione della deroga al principio generale dell�incompatibilit� 
deve essere dimostrato che: 
a) presso l�Ente pubblico sia stato istituito un ufficio legale con propria 
organizzazione ed autonomia, con la specifica ed esclusiva attribuzione della 
trattazione delle cause e degli affari legali dell�Ente; tale ufficio non deve essere 
inoltre di natura �precaria�; 
b) che a detto ufficio siano adibiti gli avvocati che richiedono l�iscrizione, 
i quali devono occuparsi in via esclusiva, delle cause e degli affari legali dell�Ente 
stesso. 
Pi� volte � stato precisato che la sola circostanza di svolgere un�attivit� 
in senso ampio �legale� o �giuridica� (quale pu� essere quella svolta da molte 
divisioni amministrative o del personale) non basta a far superare il principio 
dell�incompatibilit�, ove tale attivit� si svolga al di fuori dell�ufficio specificatamente 
istituito dall�Ente per la trattazione delle proprie cause ed affari ledella 
progressiva privatizzazione di molte funzioni un tempo svolte da amministrazioni pubbliche in regime 
di diritto amministrativo. Ha preso atto di questa situazione anche la Cassazione nel giudicare i 
requisiti di ammissibilit� per l�istituzione di un ufficio legale interno. Si vedano in proposito Cass. Sez. 
Un. 3 maggio 2005 n. 9096 e Cass. Sez. Un. 16 luglio 2008 n. 19496. 
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 235 
gali (4). 
E� stato precisato, altres�, che per uffici legali, ai fini dell�iscrizione nell�elenco 
speciale, si intendono quelli e solo quelli, che, staccati ed autonomi 
rispetto ad altri uffici di gestione amministrativa dell�attivit� dell�Ente, svolgono 
esclusivamente funzioni di consulenza ed assistenza giudiziale e stragiudiziale 
relativamente a questioni o a controversie dell�ente pubblico cui 
l�ufficio appartiene, restando esclusa ogni attivit� di �gestione�, ancorch� 
espletata da addetti ad uffici denominati �legali� come quella relativa alla gestione 
del personale o la trattazione degli �affari generali� (5). 
Infine, su che cosa si intenda per �cause ed affari legali dell�Ente�, � stato 
affermato il necessario collegamento con l�attivit� giudiziaria (ambito normale 
della professione forense) e con il contenzioso dell�Ente (sia in atto che potenziale), 
ammettendo che sia sufficiente lo svolgimento di sola attivit� stragiudiziaria 
e di consulenza solo dove l�attivit� giudiziaria sia inesistente 
essendo la stessa conferita all�Avvocatura dello Stato (6). 
In sintesi, i requisiti richiesti per la creazione di una avvocatura presso 
una Pubblica amministrazione sono: 
1) costituzione di un apposito ufficio dotato di adeguata �stabilit�� (7); 
2) autonomia organizzativa e distinzione dell�avvocatura dagli altri uffici 
di �gestione� amministrativa; 
3) adibizione a tale ufficio di dipendenti abilitati all�esercizio della professione 
forense; 
4) adibizione di detti dipendenti in via esclusiva alle �cause ed affari legali� 
dell�Ente con inibizione allo svolgimento di attivit� di �gestione� amministrativa 
(8). 
Il principio secondo il quale l�attivit� forense, svolta da un avvocato del 
libero Foro, deve essere ispirata al principio di indipendenza e responsabilit�, 
tanto da essere svolta solo ed esclusivamente da liberi professionisti, nel 
(4) In tal senso, con pronuncia in un caso concreto, Cass. Sez. Un. 10 maggio 1993 n. 5331. 
(5) Tra le pronunce della Giurisprudenza che precisano i requisiti per la costituzione di un ufficio 
legale presso un Ente pubblico si pu� ricordare: Cass. Sez. Un. 19. ottobre 1998 n. 10367. La sentenza 
delle Sezioni Unite ricorda che le disposizioni in materia di iscrizione all�Albo professionale sono di 
carattere eccezionale e non sono suscettibili di interpretazione analogica; inoltre �ritiene la Corte di 
poter affermare che la iscrizione all�albo speciale presuppone che il dipendente di ente pubblico sia 
addetto all�ufficio legale � che abbia una sua autonomia nell�ambito della struttura dell�ente � ed, in 
virt� di tale sua appartenenza ed alla stregua dell�ordinamento dell�ente stesso, sia in linea di principio 
abilitato a svolgere, nell�interesse di questo, in via esclusiva attivit� professionale, intesa nel senso comprensivo 
sia di quella giudiziaria che della extragiudiziaria�. 
(6) DANOVI R. �Corso di Ordinamento forense e deontologia�, Milano, 1995, pag. 110 e segg.; 
per la definizione di �cause ed affari dell�Ente� altre considerazioni vengono svolte dalla sentenza della 
Cass. Sez. Un. 19 ottobre 1998 n. 10367 cit. 
(7) Sul particolare requisito dell�inquadramento stabile v. Cass. Sez. Un. n. 28049 del 25 novembre 
2008. 
(8) In tema di adibizione esclusiva v. Cass. Sez. Un. n. 18359 del 19 agosto 2009.
236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
campo della Pubblica Amministrazione si manifesta in diversa maniera. 
Presso un Ente pubblico l�esercizio dell�attivit� professionale forense � 
consentito nei riguardi di dipendenti del medesimo solo a condizione che non 
vi siano �contaminazioni� tra l�amministrazione attiva dell�Ente, a cui � rimessa 
la rappresentanza sostanziale della volont� della Pubblica Amministrazione 
ed il professionista legale che, nell�esercizio della propria professione 
deve poter garantire quella necessaria autonomia di gestione della causa propria 
di tutti coloro che esercitano tale professione. 
Qualora tali condizioni non fossero realizzate l�Ente pubblico non pu� 
costituire un autonomo ufficio legale al suo interno con la conseguente cancellazione 
dall�albo (o la mancata iscrizione) di quei dipendenti che si trovassero 
in tali situazioni. Le �cause e gli affari legali dell�Ente� dovrebbero essere 
pertanto affidate a professionisti del libero Foro (9). 
La richiesta di autonomia organizzativa e funzionale degli avvocati delle 
Pubbliche amministrazioni non � diretta, pertanto, alla mera tutela di �privilegi� 
o di �status� o all�aspirazione di una mera diversificazione dagli altri dipendenti 
o dalle strutture dirigenziali in genere dell�Ente, ma � coerente alla 
necessit� che l�esercizio della professione forense all�interno di un Ente pubblico 
sia adeguato a quegli �standards� propri dell�attivit� libero professionale 
svolta dagli avvocati del libero Foro, con i quali quotidianamente gli avvocati 
pubblici si confrontano. 
Le avvocature pubbliche 
Dopo aver inquadrato il problema sotto l�aspetto normativo, sono possibili 
ora alcune considerazioni sul fenomeno delle c.d. avvocature pubbliche, 
ovverosia della denominazione che sempre pi� spesso hanno assunto gli uffici 
legali degli Enti pubblici. 
Il problema della gestione del contenzioso delle Pubbliche amministrazioni, 
da certo tempo a questa parte, � oggetto di particolare attenzione da 
(9) Particolarmente attenta al fenomeno � la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di 
Cassazione che hanno avuto modo di statuire che �Il professionista legale esercita con libert� ed autonomia 
le funzioni di competenza, con sostanziale estraneit� dall'apparato amministrativo, in posizione 
di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attivit� di gestione amministrativa�. 
In questi termini la massima della sentenza della Cass. Sez. Un. 18 aprile 2002 n. 5559, in 
Foro it., 2002, I, 2701 con nota di L. CARBONE. Sui principi di autonomia professionale ed organizzativa, 
oltre alla sentenza appena citata si veda anche Cass. Sez. Un. 14 marzo 2002 n. 3733; Cass. Sez. Un. 19 
ottobre 1998 n. 10367; Cass. Sez. Un. 10 maggio 1993 n. 5331. In dottrina V. R. DANOVI, Ordinamento 
Forense e Deontologia, Giuffr�, 1995, pag. 110 e segg.; L. CARBONE, Gli avvocati degli enti pubblici 
nella giurisprudenza e nei parei del Consiglio nazionale forense, Foro it., 2002, I, 2702 con i riferimenti 
ivi citati. 
Si occupano dello specifico problema, con un approfondimento organico di tutta la materia relativa alle 
avvocature pubbliche, R. GIANI � S. IMBRIACI, L�avvocato dipendente di ente pubblico � Organizzazione 
e rapporto di lavoro, Giuffr�, 2009.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 237 
parte degli amministratori pubblici (10). 
I sempre maggiori compiti rimessi alle Pubbliche amministrazioni, soprattutto 
quelle locali, il nuovo rapporto con gli utenti caratterizzato da una 
maggior presenza del cittadino nel procedimento amministrativo (il quale per� 
comporta una maggior possibilit� di contenzioso), la progressiva privatizzazione 
dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni (aspiranti dipendenti nei 
concorsi, fornitori, rapporti contrattuali in genere ecc�), ha comportato un 
aumento delle posizioni di conflitto e la consapevolezza dell�importanza di 
una adeguata �gestione del contenzioso� da rimettersi a particolari figure professionali. 
Sotto un altro aspetto, la complessit� dell�azione amministrativa, la contraddittoriet� 
spesso delle stesse fonti normative, ha messo in evidenza come 
sia necessario alle Amministrazioni fornirsi di adeguate consulenze legali specifiche 
(anche in vista di evitare possibili contenziosi futuri). 
Per tali attivit� tradizionalmente le Amministrazioni si rivolgevano a professionisti 
del libero Foro; tuttavia � emerso come l�attivit� di difesa in giudizio 
e consulenza legale richieda, per una sua maggiore efficacia, una continuit� 
di presenza che non si risolve in meri incarichi da affidare di volta in volta a 
distinti professionisti esterni. 
L�accrescersi di competenze specifiche e di adeguata preparazione anche 
da parte di alcuni dipendenti pubblici (dotati di abilitazione alla professione 
forense) ed il riscontro in ordine ai costi spesso rilevanti di una consulenza 
esterna oltre che talora �difficilmente controllabili�, hanno indotto le pubbliche 
amministrazioni a sperimentare con sempre maggiore frequenza la possibilit� 
di istituire un autonomo ufficio legale interno, affidato ad uno o pi� avvocati 
dipendenti. Il ricorso all�istituzione di uffici legali interni � recentemente incrementato 
tanto che � sensibilmente aumentata la richiesta di iscrizione all�elenco 
speciale dell�Albo degli avvocati da parte di dipendenti addetti ad 
uffici legali, anche se � come sopra si � esaminato � tale dato assume un carattere 
fisiologico. 
La realt� presenta, per vero, situazioni alquanto diversificate; molte sono 
le tipologie di uffici legali che sono stati sperimentati; solitamente solo Enti 
pubblici di medie o grandi dimensioni possono trovare convenienza nell�istituzione 
di un autonomo ufficio legale. 
Un primo gruppo di tipologie � costituito dagli Enti di piccole e medie 
dimensioni dove l�ufficio � composto da uno o alcuni professionisti, il carico 
(10) Non fa parte del presente lavoro l�analisi di altre situazioni riscontrabili all�interno delle pubbliche 
amministrazioni, dove una parte del contenzioso pu� essere seguito (anche nella fase giudiziaria 
con la rappresentanza in giudizio) da uffici a cui sono preposti funzionari amministrativi. Per esempio 
gli uffici per il contenzioso in materia di pubblico impiego previsti ora dall�art. 12 del D.Lgvo 30 marzo 
2001 n. 165, ovvero la difesa della P.A. senza onere di patrocinio ai sensi dell�art. 417 bis del c.p.c., ovvero 
la rappresentanza e difesa dell�Ente impositore nel processo tributario.
238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
di contenzioso giudiziario � esiguo (non di rado il contenzioso minore) e il 
professionista legale svolge prevalentemente un�attivit� di consulenza interna 
agli organi dell�Ente. Usualmente le controversie di maggior rilievo o che riguardano 
particolari materie specialistiche sono affidate alla cura di avvocati 
del libero Foro e i professionisti interni svolgono una funzione di �collegamento� 
tra gli uffici dell�Ente e l�avvocato esterno cui � affidata la cura della 
gestione giudiziaria delle cause. In queste situazioni, essendo l�attivit� legale 
legata al contenzioso giudiziario non particolarmente pesante, non di rado al 
dipendente-avvocato vengono affidate anche altre mansioni lato sensu �giuridico-
legali� come la responsabilit� di uffici quali quello degli �affari generali� 
ovvero del personale, incarichi che �affiancano� quello della titolarit� 
dell�ufficio legale, con il compimento vero e proprio di attivit� amministrativa 
propriamente detta. 
Un secondo gruppo � costituito da quegli uffici legali che si collocano 
all�interno di Amministrazioni pubbliche di maggiori dimensioni che si avvalgono 
della rappresentanza e difesa dell�Avvocatura dello Stato (Regioni 
per esempio): in questo caso l�ufficio legale � di adeguate dimensioni, risulta 
organicamente organizzato, con plurime competenze anche per la presenza di 
un maggior numero di professionisti. Atteso che una parte del contenzioso 
giudiziario � assunto dall�Avvocatura dello Stato residua, comunque, la competenza 
dell�ufficio legale in ordine alla rappresentanza in giudizio per quelle 
cause in cui vi sarebbe incompatibilit� per l�Avvocatura dell�Erario, come le 
vertenze che vedono l�Ente contrapposto all�Amministrazione statale. Oltre 
all�attivit� di �collegamento� con l�Avvocatura dello Stato per il contenzioso 
giudiziario a questa affidato, prevalente risulta l�attivit� di consulenza legale 
agli organi dell�Ente, nonch� la partecipazione all�attivit� amministrativa con 
l�utilizzazione dei professionisti legali in commissioni collegi amministrativi 
ecc� (11). 
Un terzo gruppo � rappresentato, infine, da quelle avvocature costituite 
all�interno di Enti le quali si occupano, in via esclusiva e completa, di tutto il 
contenzioso giudiziario in qualunque grado di giudizio come su qualsiasi materia. 
E� il caso delle avvocature costituite presso i maggiori Enti previdenziali 
(come l�INPS o l�INAIL o l�INPDAP), ovvero le avvocature civiche dei Comuni 
di maggiori dimensioni. La presenza di un rilevante numero di profes- 
(11) Si registra una interessante linea di tendenza in proposito. Alcune Regioni a statuto ordinario 
hanno provveduto alla costituzione di autonome avvocature regionali a cui affidare la gestione dell�intero 
contenzioso giudiziario, anche quello in precedenza curato dall�Avvocatura dello Stato. Per esempio la 
Lombardia, la Toscana, la Puglia e l�Abruzzo si sono dotate di una apposita struttura denominata �Avvocatura 
regionale�; altre Regioni si sono dotate di strutture con caratteristiche corrispondenti, fra le 
quali sono da menzionare la Calabria, la Campania e l�Emilia Romagna. Con legge regionale 16 agosto 
2001 n. 24 anche la Regione del Veneto ha provveduto all�istituzione di una �avvocatura regionale� sul 
modello di quelle gi� adottate dalle altre Regioni.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 239 
sionisti, con specializzazione nelle varie branche del diritto e con la presenza 
di un adeguato numero di professionisti abilitati al patrocinio avanti alle Corti 
superiori, consente a questi Enti di essere completamente autosufficienti in 
materia di difesa in giudizio e di consulenza legale. In tali realt� le avvocature 
costituiscono un complesso organizzato che prevede spesso diverse dislocazioni 
territoriali, con la presenza di una o pi� strutture territoriali o centrali di 
coordinamento dell�attivit� professionale (12). 
Nel presente intervento � fuori dall�intenzione di chi scrive entrare nel 
merito circa la presenza o meno, nelle tipologie di uffici legali che si sono esaminati, 
di tutti i requisiti previsti dalla legge per la loro costituzione (13). Il 
ricorrere ad un tipo o all�altro di ufficio legale da parte degli Enti pubblici dipende 
da una serie di circostanze, quali le risorse economiche a disposizione, 
il reperimento di adeguato personale professionalmente preparato, le dimensioni 
dell�Ente e le sue articolazioni territoriali ecc � 
Pu� essere utile, tuttavia, domandarsi quale fra le tipologie che si sono 
esaminate meglio corrisponda agli interessi di un Ente pubblico ai fini della 
sua tutela giudiziaria o per una proficua consulenza legale specialistica. Nei 
primi due casi tanta parte di questa attivit� viene �esternalizzata�; ci� comporta 
che l�Ente � costretto a richiedere sempre all�esterno tali professionalit�. Visto 
che, come sopra evidenziato, ormai la �gestione delle controversie� sta assumendo 
un aspetto rilevante della attivit� delle Pubbliche amministrazioni, � 
da chiedersi se sia davvero opportuno lo svolgimento di tale attivit� all�esterno, 
verificando se, invece, non sia preferibile che si proceda alla valorizzazione 
delle risorse interne. 
Quanto mai importante per una pubblica amministrazione dovrebbe essere 
la capacit� di non esternalizzare il patrimonio di conoscenze giuridiche 
proprie del settore di attivit�, in modo da poter sempre pi� con maggiore efficacia 
intervenire nella cura dell�interesse pubblico affidato. Questo dovrebbe 
essere il �core business� di ogni amministrazione. 
(12) In particolare, con riguardo alle avvocature degli Enti previdenziali pubblici � intervenuta 
una disposizione speciale contenuta nella legge finanziaria per il 2001. Tale norma � l�art. 69, comma 
16, l. 23 dicembre 2000 n. 388 che testualmente dispone: �Gli enti pubblici che gestiscono forme di previdenza 
e assistenza obbligatorie, affidano l'attivit� di consulenza legale, difesa e rappresentanza in 
giudizio alle avvocature istituite presso ciascun ente. Nei casi di insufficienza o mancanza di avvocature 
interne la predetta attivit� pu� essere assicurata dalle avvocature esistenti presso altri enti di comparto, 
mediante convenzioni onerose, che disciplinano i relativi aspetti organizzativi, normativi ed economici. 
Il trattamento giuridico ed economico degli appartenenti alle avvocature costituite presso gli enti � disciplinato 
dai rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro e comunque senza oneri aggiuntivi per il 
bilancio dello Stato�. Tale disposizione normativa sembra prevedere una vera e propria riserva di competenza 
(competenza esclusiva) a favore delle avvocature circa la gestione del contenzioso legale degli 
Enti previdenziali. 
(13) La vigilanza su tale materia � rimessa d�altronde agli Ordini professionali.
240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Natura dell�attivit� dell�ufficio legale in una pubblica aministrazione - Ruolo 
strategico dell�avvocatura 
A questo punto occorre analizzare con maggior precisione l�attivit� svolta 
da un professionista legale all�interno di una Pubblica amministrazione. 
L�avvocato di un ufficio legale costituito presso un Ente pubblico esercita 
la sua professione secondo le norme comuni proprie di qualsiasi altro avvocato 
del libero Foro; l�unica distinzione risiede nell�iscrizione nell�apposito elenco 
annesso all�Albo professionale e nel fatto (diretta conseguenza di tale iscrizione) 
che lo jus postulandi non � di carattere �generale�, come qualsiasi avvocato 
del libero Foro (il quale pu� accettare il mandato da qualsiasi soggetto 
salve le incompatibilit�) ma � �speciale�, limitato alla difesa e rappresentanza 
dell�Ente presso il quale presta la sua opera (14). 
Come evidenziato sopra, all�avvocato pubblico � escluso il conferimento 
di attivit� di gestione amministrativa. Questo comporta che, secondo i principi 
del diritto amministrativo, egli non � titolare di rappresentanza �organica� 
dell�Ente presso il quale lavora; tale rappresentanza � rimessa esclusivamente 
agli organi dell�Ente secondo il riparto delle rispettive competenze, i quali 
sono gli unici a manifestare la volont� dell�Ente ed ad impegnarlo nei rapporti 
con i terzi. 
Ne consegue che l�avvocato pubblico svolge la sua attivit� di rappresentanza 
unicamente in forza della procura alle liti (nel campo civile) che deve 
essere conferita dall�Ente (speciale, per ogni distinta controversia, ovvero generale 
se per tutte le controversie) e spiega effetti solo all�interno dell�ordinamento 
processuale come per ogni altro avvocato. Egli non ha pertanto la 
rappresentanza �sostanziale� dell�Ente che pu� essere conferita, al pari degli 
altri avvocati libero-professionisti, con la procura alle liti, limitatamente per 
alcune attivit� della controversia (ricevere somme, quietanzare, transigere la 
lite).
Stesse considerazioni si dovrebbero effettuare per l�attivit� di carattere 
consulenziale svolta per gli organi dell�Ente; tale attivit� rimane di carattere 
�interno� (solitamente sottratta al diritto di accesso (15)) e da essa non deri- 
(14) Tale divieto si desume dall�art. 3 della Legge professionale forense sopra esaminata. Una eccezione 
a tale divieto � normativamente prevista per le avvocature degli Enti previdenziali pubblici ai 
sensi della disposizione speciale contenuta nella legge finanziaria per il 2001; tale norma � l�art. 69, 
comma 16, l. 23 dicembre 2000 n. 388 sopra riferita, che consente l�utilizzo di forme di collaborazione 
convenzionali tre le avvocature degli Enti in parola. Un�altra eccezione � stata introdotta per gli enti 
locali i quali possono istituire, mediante apposite convenzioni, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento 
di attivit� di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati ai 
sensi dell�art. 2, comma 12, della legge 24 dicembre 2007 n. 244. 
(15) In merito all�accesso agli atti di una avvocatura pubblica relativi ad una lite pendente, si veda 
Consiglio di Stato, sez. V, dec. 19 dicembre 2000 � 2 aprile 2001 n. 1893 (in Guida al Diritto, 2001, 27, 
pag. 86 con commento di O. FORLENZA).
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 241 
vano impegni diretti per l�Amministrazione di appartenenza, se non attraverso 
gli atti compiuti dagli organi preposti. 
Per tali ordini di ragioni se si dovesse ricondurre l�attivit� del professionista 
legale all�interno della Pubblica amministrazione secondo la tripartizione 
classica di tale attivit� (amministrazione attiva, consultiva e di controllo) senza 
dubbio la stessa sarebbe riconducibile alla amministrazione consultiva, che 
consente il mantenimento di quel principio di indipendenza professionale che 
costituisce il cardine dell�attivit� forense. 
Il divieto pertanto dello svolgimento di attivit� amministrativa c.d. �attiva� 
(con responsabilit� all�interno del procedimento amministrativo) da parte 
dell�avvocato pubblico non discende solo dall�interpretazione della norma dell�art. 
3 della legge professionale, ma risulta aderente alla natura dell�attivit� 
espletata all�interno della pubblica amministrazione. 
Il pericolo che pu� generare una commistione tra le funzioni propriamente 
legali e quelle amministrative non riguarda solamente la possibilit� stessa della 
permanenza di un ufficio legale interno, ma riguarda l�opportunit� che una delicata 
attivit� difensiva e di consulenza sia svolta con preparazione, competenza 
professionale ed autonomia. 
Anche l�attivit� consulenziale infatti deve essere svolta con adeguata �autonomia�: 
essa, infatti, � diretta a dare alla questione sottoposta una valutazione 
e giudizio sereni, con l�indicazione obiettiva delle possibili soluzioni 
giuridicamente corrette e con l�evidenza dei rischi per soluzioni alternative. Il 
parere legale da rendere, in sostanza, non deve essere semplicemente �allineato� 
alle aspettative di chi formula la questione, onde evitare che alla fine 
si trasformi in una sorte di �copertura� a quanto si ha intenzione di fare, ma 
Il caso sottoposto all�esame, consente all�Organo della giustizia amministrativa, nella citata sentenza, 
di formulare una tripartizione dell�attivit� di consulenza legale resa, sia da un libero professionista che 
da una avvocatura pubblica, con un diverso regime del diritto di accesso dei rispettivi atti: 
Il Consiglio di Stato distingue tra: 
1) consulenze legali rese nell�ambito di una apposita istruttoria procedimentale in vista dell�adozione 
di un atto amministrativo che solitamente richiama il parere nella motivazione: in tal caso il parere � 
sottoposto al regime del diritto di accesso in quanto correlato ad un procedimento amministrativo; 
2) consulenza legale che non � destinata a sfociare in un provvedimento amministrativo resa dopo l�avvio 
di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale o anche meramente amministrativo) ovvero 
dopo il compimento di tipiche attivit� precontenziose al fine di definire la propria strategia difensiva o 
in vista del possibile esito della lite: in questo caso le consulenze sono caratterizzate dalla riservatezza 
e l�atto ben pu� essere sottratto al diritto di accesso; 
3) consulenza legale resa in una fase intermedia successiva alla definizione del rapporto amministrativo 
ma precedente all�instaurazione di un giudizio o l�avvio dell�eventuale procedimento precontenzioso 
per consentire all�amministrazione di articolare le proprie strategie difensive: anche in questo caso la 
consulenza � riservata e sottratta al diritto di accesso. 
Interessante notare come il commentatore della sentenza non riconduca tanto il divieto di accesso (ovvero 
il suo differimento) alle norme relative al segreto professionale, bens� al principio del diritto di difesa 
da parte della P.A. ex art. 24 della Costituzione, considerando che l�azione dell�ente e la stessa attivit� 
di consulenza non rientra nel concetto di �attivit� amministrativa�.
242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
deve essere un qualificato contributo per la soluzione giuridica del caso prospettato. 
Fatte queste osservazioni occorre esaminare ora come venga considerata, 
di norma, da parte dell�amministratore pubblico la gestione del contenzioso 
dell�amministrazione cui � preposto. Normalmente il contenzioso giudiziario 
� visto quale momento �patologico� dell�attivit� amministrativa, sovente interviene 
durante lo svolgersi del procedimento amministrativo bloccandolo 
con inevitabili conseguenze negative per la realizzazione delle finalit� cui era 
rimesso il procedimento. Prevale, pertanto, una visione �negativa� del contenzioso 
collegata agli aspetti pregiudizievoli che questo comporta. 
Non � infrequente che l�amministrazione decida caso per caso l�atteggiamento 
da adottare nell�evenienza di contestazione giudiziaria di propri provvedimenti, 
con l�affidamento di volta in volta al professionista che si ritiene 
maggiormente preparato (o spesso solo quello pi� economico) per il caso concreto. 
Questo, tuttavia, comporta: 
- una difesa che rimane legata al singolo caso o vicenda ed � pertanto di 
tipo �occasionale� e non considera, invece, il complesso delle attivit� della 
pubblica amministrazione; 
- il disperdersi del patrimonio di conoscenza legale che viene affidato 
di volta in volta al professionista incaricato, ma che �esce� dall�amministrazione 
pubblica e non consente la formazione di una �memoria� condivisa interna 
sugli aspetti di maggior riguardo dell�attivit� amministrativa. 
In realt�, lo studio accurato del contenzioso di una pubblica amministrazione 
potrebbe consentire la messa a disposizione di un�elevata quantit� di informazioni 
circa i �settori di rischio� dell�attivit� amministrativa. Una corretta 
mappatura del contenzioso consente di far emergere procedure non legittime, 
carenze di legalit� in singoli procedimenti ovvero in settori particolari, deviazioni 
di comportamenti rispetto la regola di legalit� ecc... 
Nasce, pertanto, una nuova esigenza per l�Ente: quello di avere a disposizione 
un ufficio con elevata professionalit� e conoscenza del diritto che possa 
rappresentare lo strumento efficace per garantire maggiore legalit� e legittimit� 
all�attivit� amministrativa: in questo senso potrebbe essere considerato il 
nuovo ruolo delle avvocature interne delle pp.aa., in considerazione del progressivo 
venir meno degli istituti classici deputati al controllo degli atti delle 
amministrazioni (16). 
Questo consente in definitiva il perseguimento di un obiettivo molto im- 
(16) In alcuni regolamenti sul funzionamento degli uffici legali interni � avvocature viene assegnato 
a queste ultimi il compito di provvedere a controlli a campione aventi per oggetto la legittimit� 
degli atti amministrativi. Al precedente modello dei controlli di legittimit� �esterni� viene sostituito il 
modello dell�affidamento di tali compiti all�avvocatura interna. 
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 243 
portante per ciascun ente: quello della sempre maggiore �qualit� amministrativa� 
dei propri provvedimenti. Il perseguimento di questo risultato consente, 
anche, di poter affrontare serenamente l�eventuale contestazione giudiziaria 
dell�attivit� compiuta. 
I �report� che possono essere richiesti all�avvocatura interna (proprio in 
ragione della conoscenza dell�esito della contestazione giudiziaria e degli 
orientamenti della giurisprudenza) possono consentire di intervenire in quei 
settori ove maggiore � il contenzioso al fine di capirne il fenomeno per studiarne 
i possibili rimedi. Essi contengono, inoltre, dati che possono essere utilizzati 
ai fini della valutazione dei dirigenti a cui - in fin dei conti - � rimessa 
la responsabilit� dei settori di rispettiva competenza. 
Corollario necessario a queste nuove funzioni, che ben possono essere richieste 
all�avvocatura interna, � che l�elevata professionalit� di cui deve disporre 
deve accompagnarsi ad una effettiva autonomia ed indipendenza dagli 
altri settori dell�amministrazione in posizione di diretta collaborazione con gli 
organi di vertice. 
Al pari degli altri organi di valutazione interna si comprende come - anche 
senza il ricorso alla normativa vigente sopra esaminata - all�avvocatura della 
pubblica amministrazione debba essere garantito un ruolo di collaborazione 
diretta con gli organi di vertice che devono disporre di valutazioni indipendenti 
ed autorevoli del proprio ufficio legale interno. Tutto questo al fine di poter 
meglio utilizzare un ufficio che, diversamente organizzato, non sarebbe in 
grado di svolgere appieno un servizio proficuo per l�Ente di appartenenza.
244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Devoluzione e federalismo fiscale in sanit� 
Monica De Angelis* 
La recentissima approvazione della legge delega in materia di federalismo 
fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, pone l�importante 
interrogativo di come e quanto il settore sanitario ne sar� influenzato. 
Scopo dell�articolo � quello di ripercorrere le manovre giuridiche alla base 
della devolution in sanit� e di analizzare le condizioni istituzionali su cui il 
federalismo fiscale si innesta, provando a delineare i futuri scenari sui quali 
probabilmente la giurisprudenza dovr� ragionare ed intervenire. 
** *** ** 
Introduzione. Il possibile ruolo del federalismo fiscale in sanit� 
All�indomani dell�emanazione della prima legge (2000) che concretamente 
introduceva nell�ordinamento italiano meccanismi di federalismo fiscale 
- cio� un sistema di decentramento finanziario su livelli separati di 
governo - veniva evidenziato che la maggioranza dei cittadini riteneva che 
una pi� larga autonomia delle Regioni (rispetto a quella gi� conquistata) in 
campo sanitario avrebbe prodotto esiti non positivi ed era richiesta piuttosto, 
a gran voce, la garanzia dell�omogeneit� territoriale delle prestazioni erogate 
(1). Indagine a parte, al fine di erogare maggiore risorse per la sanit�, in modo 
da adeguarsi alla media dei Paesi europei, dal 2001 in poi partono progressivamente 
le misure verso una maggiore responsabilizzazione delle Regioni 
sulla spesa e dunque la prosecuzione di un processo di �federalismo sanitario� 
che conquista finalmente anche una copertura costituzionale. Del resto la sostenibilit� 
economica dei sistemi sanitari rappresenta un tema cruciale in tutti 
i paesi industrializzati. E lo � sicuramente in quelle realt� che hanno ridisegnato 
(o guardano verso) la distribuzione delle funzioni in senso federale. Gi� 
da tempo tuttavia la dottrina, supportata da studi comparati effettuati su alcuni 
Stati federali, ha sottolineato il paradosso insito nell�organizzazione federale 
della sanit�: quello di voler gestire un settore fortemente orientato a garantire 
l�equit� attraverso un sistema organizzativo finalizzato alla valorizzazione 
delle diversit� locali. In Italia, in particolare, oggi pi� che mai � giusto chiedersi 
se il federalismo fiscale nel settore sanitario da inverarsi con le recentis- 
(*) Ricercatrice di diritto amministrativo presso la Facolt� di Economia �Giorgio Fu�� - Universit� 
Politecnica delle Marche, docente di diritto degli enti locali, diritto dell�economia pubblica e diritto sanitario.
(1) Indagine FBM-Censis, 2001 in http://www.censis.it/277/372/4974/5129/cover.asp.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 245 
sime norme costituisca un avanzamento o un passo indietro rispetto all�impianto 
del Servizio sanitario nazionale (Ssn) disegnato nel corso degli anni 
Novanta e cristallizzato nel nuovo modello di ripartizione delle competenze 
previsto dalla riforma costituzionale del 2001 (Ssn devoluto) (2). In altre parole, 
occorre domandarsi quali eventuali opportunit� pu� offrire uno schema 
di finanziamento come quello di cui alla legge n. 42 del 2009 che d� voce alle 
norme programmatiche dell�art. 119 della Costituzione riformata e alle disposizioni 
dell�art. 117 che, in tema di sanit�, affida alla competenza esclusiva 
dello Stato la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), anche 
alla luce di ci� che con l�attuazione delle norme si � costruito negli ultimi anni: 
muovendosi sulle orme del previgente art. 117 Cost. che affidava alle Regioni 
l�assistenza sanitaria ed ospedaliera, il legislatore ordinario - in una decade - 
ha spostato l�asse di riferimento del Ssn dal livello statale al livello regionale 
trasformandolo in un insieme di servizi sanitari regionali, con una non indifferente 
quota di autonomia organizzativa, gestionale e imprenditoriale. Di 
certo, si pu� subito affermare che sarebbe una regressione se, a seguito del 
processo di devolution e dell�introduzione del federalismo fiscale, si creasse 
(maggiore) diseguaglianza nella popolazione rispetto all'accesso e alla qualit� 
dei servizi offerti negli anni passati. 
Una ricognizione della normativa: razionalizzazione, regionalizzazione, federalismo 
La costruzione del Ssn attuale trova come norma fondamentale di riferimento 
la legge n. 833 del 1978, proprio quella che lo istituisce. Tale legge ha 
finalmente segnato il superamento del precedente sistema mutualistico - ospedaliero, 
incentrato su una miriade di enti notevolmente differenziati tra loro e 
da una completa assenza di collegamenti tra assistenza ambulatoriale e domiciliare 
ed assistenza ospedaliera (con inevitabili, conseguenti duplicazioni di 
interventi e sperpero di risorse), oltre che dalla mancanza di una idea omnicomprensiva 
di salute. Il disegno organizzativo perseguito dal legislatore del 
1978 realizza, in ossequio a quanto previsto dall�art. 32 della Costituzione, 
una quasi totale �pubblicizzazione� delle strutture di offerta dei servizi sanitari 
e, soprattutto, si ispira ai principi di universalit� della tutela sanitaria garantita 
a tutti, di uguaglianza dei destinatari delle prestazioni, di globalit� del servizio 
secondo un sistema sinergico di assistenza e di socialit� per cui le prestazioni 
non sono solo di cura ma anche di prevenzione e di controllo. Secondo l�impianto 
della legge n. 833, i nodi decisionali del sistema sanitario sono due: 
uno a livello centrale (il Ministero) e uno a livello periferico (le Unit� sanitarie 
locali). Nel primo si concentrano le scelte di politica sanitaria e nel secondo 
(2) Legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3.
246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
quelle di gestione quotidiana degli obiettivi definiti a livello ministeriale. Alle 
Regioni � affidato un compito di programmazione e coordinamento delle singole 
strutture di offerta dei servizi sanitari operanti sul territorio. Questo sistema 
� poi governato da un modello di finanziamento in base al quale vi � un 
Fondo sanitario nazionale (Fsn), a destinazione vincolata, alimentato dalla fiscalit� 
generale e ripartito secondo uno schema a cascata che parte dallo Stato 
per scendere verso gli enti operanti sul territorio. 
E� possibile affermare che la devoluzione in sanit� sia nata per la necessit� 
di correggere l�indirizzo applicativo della legge n. 833 che stava conducendo 
al disastro economico un servizio fondamentale per la garanzia di un diritto 
assoluto come quello alla salute. Le prime preoccupazioni per la gestione non 
controllata del servizio sanitario � che dar� presto seguito a serie conseguenze 
sulla dilatazione della spesa � si hanno agli inizi degli anni �80 cosicch� le Usl 
vengono dotate di un collegio di revisori di conti e di pi� stringenti controlli 
sulle deliberazioni, l�obiettivo essendo quello di frenare la deresponsabilizzazione 
sui rispettivi bilanci. Dal 1982, in sostanza, parte la serie continua delle 
misure correttive al sistema, le quali caratterizzeranno la normativa sanitaria 
dei successivi due decenni. Dopo poco si procede, infatti, con l�introduzione 
di norme relative alla compartecipazione alla spesa farmaceutica, alla diagnostica 
strumentale e di laboratorio e ad una specifica razionalizzazione dei servizi 
con la vigilanza sui comportamenti degli ordinatori di spesa (3): in pratica 
al fine di contenere eccessi di spesa, nei contratti vengono introdotte forme di 
responsabilizzazione dei medici di medicina generale con la previsione, altres�, 
di sanzioni per quei medici non rispettosi degli standards medi assistenziali 
stabiliti da apposite commissioni regionali. Si inseriscono inoltre disposizioni 
legate a questioni sui quali si interverr� pi� volte nel prosieguo: pi� specifici 
criteri di finanziamento del Fsn e ripartizione tra Regioni; metodiche di ripianamento 
dei disavanzi delle Usl; revisione del prontuario terapeutico; quantificazione 
dei contributi sanitari (4). Nella sostanza, vi � il primo grande 
tentativo da parte dello Stato di rendere responsabili le Regioni delle spese eccedenti 
gli importi derivanti dalla ripartizione del Fsn: questa manovra, tuttavia, 
viene presto vanificata dalla Corte costituzionale che dichiara 
illegittimequelle norme in cui si parla di obbligo e non di facolt� della Regione 
di ricorrere all�autofinanziamento (anche con prelievi fiscali) in caso di disavanzi 
(5). Ciononostante, gli sforzi per limitare la spesa sanitaria seguono a 
(3) D.l 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella l. 11 novembre 1983 n. 638. 
(4) Legge finanziaria per il 1984, l. 27 dicembre 1983, n. 730 (artt. 28 e 29); d.l. 29 agosto 1984, 
n. 528 convertito nella l. 31 ottobre 1984, n. 733. 
(5) Corte Cost. sentenza n. 245 del 1984. Qui la Corte afferma: �la parte essenziale della spesa 
sanitaria ed ospedaliera non pu� non gravare sullo Stato [�] per l�evidente ragione che il diritto alla salute 
spetta ugualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato sull�intero territorio nazionale. [�] Non � 
pertanto casuale che la spesa in questione sia prevalentemente rigida e non si presti a venire manovrata,
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 247 
non mancare: nella programmazione sanitaria della seconda met� degli anni 
�80 si pone lo specifico obiettivo di razionalizzare i servizi e viene chiesto alle 
Regioni, nell�azione programmatrice di dettaglio, di fare attenzione all�organizzazione 
e alle esigenze reali del sistema specialmente nell�area ospedaliera, 
all�interno della quale si rileva il volume maggiore di eccesso di spesa. Ecco 
dunque arrivare misure (ovvero schemi operativi la cui implementazione viene 
lasciata all�iniziativa delle singole Regioni) volte a definire la dotazione media 
di posti letto, la durata della degenza media, l�accorpamento e la trasformazione 
di servizi nell�ambito di una logica di economicit� e razionalit�: � in 
quegli anni che entrano nel sistema concetti come day hospital, libera professione 
intramoenia, reparti con ricettivit� di tipo alberghiero a pagamento, standard 
di personale ospedaliero per posto letto, revisione del prontuario 
farmaceutico (6). Le iniziative del legislatore statale non sortiscono gli effetti 
sperati e agli inizi degli anni Novanta si procede con pi� forte determinazione: 
le Regioni dovranno assumere maggiori responsabilit� decisionali in termini 
di programmazione e organizzazione e a tal fine vengono aboliti i comitati di 
gestione delle Usl (7) e si modificano i criteri di finanziamento della spesa sanitaria 
di ciascuna Regione poich� quelli in vigore non sono idonei a tener 
conto, nella ripartizione delle risorse, delle differenze esistenti tra i territori 
(8). Il nuovo modello di finanziamento tiene fondamentalmente conto solo 
della c.d. quota capitaria, ovvero ad ogni Regione � attribuito un importo corrispondente 
ad un valore unitario (quota) moltiplicato per il numero dei residenti 
(9). 
Agli inizi degli anni Novanta, finalmente, si diviene consapevoli dell�urgenza 
di applicare principi e modelli di economicit� della gestione, ferma restando 
la validit� e la correttezza della scelta compiuta nel 1978 di dare 
attuazione all�art. 32 della Costituzione mediante l�istituzione di un Ssn teso 
a presidiare il diritto di tutti i cittadini a livelli uniformi e appropriati di assistenza. 
Ed � proprio la Corte costituzionale a contribuire alla rivoluzione del 
sistema e ad una sostanziale redistribuzione delle funzioni: emblematiche le 
sentenze nelle quali si introduce la visione del diritto alla salute come �diritto 
in qualche misura, se non dagli organi centrali di governo. � appunto l�esigenza di pari trattamento, sottesa 
all�intera riforma sanitaria, che spiega per quali motivi le singole Regioni non possono incidere
sulla spesa sanitaria�.
(6) Cfr. l. n. 595 del 23 ottobre 1985 e l. n. 109 del 8 aprile 1988.
(7) La soppressione dei comitati avviene con l. 4 aprile 1991, n. 111 e le Usl vengono affidate ad
amministratori straordinari con il compito di traghettarle verso una nuova e corposa riforma del Ssn.
(8) L. n. 887 del 22 dicembre 1984 (finanziaria del 1985).
(9) A sua volta la quota capitaria deriva dall�individuazione del costo dell�assistenza, cio� del
costo per persona di ciascun servizio di assistenza (sulla base di standards organizzativi e di attivit� necessari 
alla prestazione). La bont� del nuovo modello introdotto dalla legge finanziaria per il 1992 (l. n.
412 del 30 dicembre 1991) sar� tanto maggiore quanto migliore sar� la precisione con la quale sar� possibile 
stabilire il costo di ogni prestazione nelle singole aree regionali.
248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
finanziariamente condizionato� (10). Con un paio di decreti legislativi, dunque, 
si avvia la c.d. riforma bis del Ssn (11) che stabilisce il principio in base 
al quale i livelli uniformi di assistenza saranno fissati in coerenza con le risorse 
stabilite dalla legge finanziaria e rapportati al volume delle risorse disponibili. 
Le Regioni, poi, faranno fronte con risorse proprie agli eventuali disavanzi 
di gestione delle Usl e delle aziende ospedaliere, con conseguente 
esonero di interventi finanziari da parte dello Stato, pur precisando che le 
stesse Regioni hanno facolt� di adottare le misure necessarie e procurarsi i 
fondi necessari a coprire i disavanzi (12). I cardini della riforma del biennio 
1992-1993, oltre a confermare il modello di finanziamento sulla base della 
quota capitaria, si basano sull�attribuzione di maggiori responsabilit� gestionali, 
programmatorie, organizzative e finanziarie alle Regioni dando l�avvio 
al processo di regionalizzazione della sanit�; sulla aziendalizzazione delle Usl 
(aziendalizzazione delle strutture di produzione ed erogazione dei servizi sanitari 
intesa nel duplice senso di riconoscimento di autonomia patrimoniale, 
contabile, gestionale, tecnica ed organizzativa e di recepimento delle strategie 
di gestione di stampo privatistico); sulla responsabilizzazione della dirigenza 
e sulla remunerazione di ogni prestazione resa dall�erogatore (pubblico o privato), 
mediante un corrispettivo predeterminato (� il c.d. sistema a Drg con il 
quale si realizza una remunerazione commisurata alla effettiva prestazione) 
(13); sulla competitivit�, secondo le pi� classiche regole di mercato, tra soggetti 
pubblici e privati (la competitivit� � finalizzata a garantire il costante miglioramento 
qualitativo delle prestazioni offerte e la pi� ampia libert� di scelta 
da parte del paziente circa le strutture eroganti); sulla partecipazione del cittadino, 
uti singuli o in forma associativa - sindacati, organizzazioni del volontariato, 
etc. -, alla fase gestionale e organizzativa del Ssn con la segnalazione 
di proposte o la raccolta di informazioni sull�organizzazione dei servizi, e alla 
fase consuntiva di verifica degli obiettivi raggiunti (14). 
(10) Cfr. Corte Cost. n. 455 del 16 ottobre 1990 e n. 356 del 23 luglio 1992. 
(11) La legge n. 421 infatti delega il governo ad emanare norme di riforma che si concretizzano 
nei d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e 5 dicembre 1993 n. 517. Con tali decreti si � proceduto al riordino 
della disciplina in materia sanitaria e, pi� in generale, al riassetto istituzionale del Ssn che ormai risultava 
improcrastinabile alla luce delle molte disfunzioni e dei numerosi disservizi denunciati. 
(12) Rispettando le indicazioni della giurisprudenza costituzionale si opera pi� che altro �uno 
spostamento dell�accento della responsabilizzazione regionale alla responsabilizzazione delle aziende 
e degli operatori effettivi della sanit�, verso una razionalizzazione che non tende pi� soltanto al contenimento 
della spesa ma all�appropriatezza ed alla qualit� delle prestazioni�. Cos�MARZIO BRANCA L�evoluzione 
legislativa per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, in Sanit� pubblica, XIX, n. 
2, pag. 181. 
(13) Con tale sistema si sostituisce il modello �a finanziamento del prodotto� con quello a �finanziamento 
del fattore di produzione�, in linea con l�impostazione aziendalistica delle Usl, con l�obbligo 
di pareggio del bilancio, con la responsabilizzazione pi� marcata a livello locale della gestione 
del servizio. 
(14) Si pu� parlare di applicazione della sussidiariet� secondo la lettura �orizzontale�. Nell�intento
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 249 
Tale processo di redistribuzione delle funzioni nel settore sanitario (decentramento 
amministrativo), secondo un modello in base al quale la Regione 
assume il ruolo centrale del sistema, prosegue dapprima con il d.lgs. 112/1998, 
inserendosi nel complesso procedimento di razionalizzazione delle strutture 
centrali e periferiche dello Stato e della conseguente riallocazione di compiti 
fra gli enti territoriali (Regioni ed enti locali), per poi venire ulteriormente interessato 
da un nuovo programma di razionalizzazione e riorganizzazione, che 
culmina nella emanazione della c.d. Riforma sanitaria ter, disciplina che definisce 
il Ssn come il complesso delle funzioni e delle attivit� dei servizi sanitari 
regionali e degli enti e istituzioni di rilievo nazionale, proprio in 
coerenza con le prescrizioni del d.lgs. 112/1998 che conferisce alle Regioni 
la generalit� delle funzioni in materia sanitaria. Gli aspetti salienti di questa 
ulteriore riforma sanitaria consistono proprio nella definitiva valorizzazione 
delle Regioni (15), nell�individuazione di pi� precise tariffe per le prestazioni 
erogate dalle strutture (pubbliche e private) accreditate (16) e nel rafforzamento 
della programmazione. 
Il sistema sanitario sembra aver trovato dunque un assetto soddisfacente, 
che viene cristallizzato con la riforma costituzionale del 2001, la quale segna 
in maniera definitiva il passaggio verso un welfare devoluto, caratterizzato 
dall�abbandono dell�esclusivit� del ruolo pubblico nella sanit� e dal fondamentale 
coinvolgimento degli enti territoriali regionali. La nuova formulazione 
dell�art. 117, relativo alla distruzione delle funzioni fra Stato e Regioni, offre 
una copertura costituzionale a tale processo, stabilendo che la tutela della salute 
rientra nella sfera della legislazione concorrente regionale e questa enunciazione 
amplia notevolmente le competenze di tali enti territoriali rispetto 
all�originario art. 117 Cost., secondo il quale i poteri delle Regioni si sostandi 
promuovere un concreto miglioramento gestionale del Ssn, nonch� della quantit� e della qualit� delle 
prestazioni erogate ai cittadini, in attuazione di quanto disposto dalla l. 273/1995, � stata emanata la 
Carta dei servizi sanitari (Dpcm 19 maggio 1995). Ciascuna struttura erogatrice di servizi sanitari 
(aziende Usl e aziende ospedaliere) partendo dal dato reale (quantit� della domanda, numero degli utenti, 
natura delle prestazioni offerte) elabora un proprio decalogo operativo adattando alla propria specificit� 
i principi guida-emergenti dalla Carta dei servizi sanitari in qualit� di documento programmatico. 
(15) Le Regioni elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale (Psn), 
adottano il Piano sanitario regionale (Psr) per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione locale, 
definiscono l�articolazione del territorio regionale in Aziende/Unit� sanitarie locali, stabiliscono i criteri 
per la suddivisione elle Aziende/Usl in distretti, disciplinano il finanziamento delle Asl, le modalit� di 
vigilanza e di controllo e la valutazione dei risultati delle loro attivit�, provvedono all�accreditamento 
delle strutture pubbliche o private autorizzate a fornire prestazioni per conto del Ssn, propongono forme 
di sperimentazione gestionale tra strutture del Ssn e privati. 
(16) I nuovi criteri di remunerazione previsti dal decreto sono due: un finanziamento calcolato in 
base al costo standard di produzione del programma di assistenza, attribuito per l�erogazione di alcuni 
precisi servizi non quantificabili in relazione alla singola prestazione (programmi per patologie croniche 
di lunga durata, di prevenzione, di assistenza a malattie rare, etc.) e la remunerazione in base a tariffe 
predefinite a livello centrale dal Ministero e a livello locale dalle Regioni per quanto riguarda i ricoveri 
per acuti e le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
ziavano in una mera operativit� nel settore dell�assistenza sanitaria e ospedaliera 
e all�interno di una cornice programmatica ben definita dallo Stato. Ora, 
invece, le Regioni possono stabilire le linee di politica sanitaria, sia pure nell�ambito 
dei principi enucleati dalle leggi statali. Alla competenza esclusiva 
dello Stato resta affidata sicuramente, tuttavia, la determinazione dei livelli 
essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali e dunque quelle del 
settore salute: il che - come si vedr� - pu� condizionare non poco l�applicazione 
del federalismo fiscale (17). Quest�ultimo risulta ad ogni modo avere 
copertura costituzionale con le norme dell�art. 119 che garantiscono l�autonomia 
finanziaria (autonomia di entrata e di spesa) agli enti territoriali (Regioni, 
province, citt� metropolitane e comuni), cio� la potest� di stabilire e gestire in 
modo autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione 
delle funzioni loro affidate; e prevedono un fondo perequativo come strumento 
volto a compensare eventuali squilibri fra le entrate tributarie delle Regioni, 
consentendo a queste ultime di erogare i servizi di loro competenza a livelli 
uniformi su tutto il territorio nazionale. 
Evoluzione del finanziamento del servizio sanitario nazionale: un federalismo 
gi� adottato sulla carta? 
Il finanziamento delle prestazioni sanitarie � tema correlato sia alla qualificazione 
del diritto alla salute sia al funzionamento dei sistemi sanitari. In 
altri termini non vi � aspetto nella sanit� pubblica moderna che non possa non 
dirsi legato all�esame dei profili finanziari e dunque all�individuazione delle 
risorse necessarie (18). In Italia il sistema di finanziamento del Ssn ha subito 
un cambiamento di notevole portata alla fine degli anni Novanta. L�evoluzione 
di questo meccanismo rivela una tendenza federalistica: si attribuiscono progressivamente 
alle Regioni tributi propri per il finanziamento dei servizi, in 
sostituzione del vecchio sistema - disegnato dalla legge 833 del 1978 prima e 
in qualche modo mantenuto dal d.lgs. 502/1992 poi - che faceva procedere il 
finanziamento secondo uno schema a cascata dal livello statale a quello regionale 
e locale. 
Si possono distinguere quattro fasi nelle modalit� di finanziamento del 
(17) Cfr. Corte Cost. sent. 13 marzo 2003, n. 88. La Corte ha precisato che tale competenza esclusiva 
statale non pu� essere lesiva della riconosciuta autonomia costituzionale delle Regioni in materia 
sanitaria, in quanto � chiaramente finalizzata a garantire uniformit� del trattamento dei diritti civili e 
sociali su tutto il territorio nazionale, in considerazione della diversit� delle condizioni di �ricchezza� 
nei diversi ambiti territoriali regionali, s� da favorire la massima efficienza possibile per i sistemi organizzativi 
devoluti. Si tratta in altre parole di bilanciare il rapporto tra autonomie e uguaglianza, quale 
fondamentale principio costituzionale. In tal modo il principio di uguaglianza assume altres� una connotazione 
pi� congrua rispetto allo spirito della riforma federale in quanto si traduce nel principio di 
adeguatezza ed essenzialit�. 
(18) Cfr. GIAMPIERO CILIONE, Diritto sanitario, Rimini, Maggioli, 2005, pag. 266 e ss.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 251 
Ssn. La prima fase (1982-1992) � caratterizzata dalla quasi totale copertura 
della spesa tramite il Fsn. Una seconda fase (1993-1997) in cui il meccanismo 
di finanziamento diventa misto, e l'Fsn diviene "integrativo" del gettito garantito 
dai contributi sanitari che gravano sul lavoro dipendente. La terza fase 
(1998-2001) � contraddistinta dalla sostituzione dei contributi sanitari con un 
finanziamento tramite imposte regionali. Ed una quarta fase ancora in atto 
(2001- oggi) in cui si ha l�introduzione con legge ordinaria del federalismo fiscale 
e successivamente la sua costituzionalizzazione: si rafforza in senso federalista 
l�organizzazione devoluta del Ssn con l�obiettivo di concretizzare 
una forte autonomia finanziaria delle Regioni in materia di sanit�. 
Pi� precisamente, il sistema di finanziamento precedente alle riforme 
degli anni Novanta, si � basato pressoch� esclusivamente su un fondo nazionale, 
il Fsn appunto: tale Fondo, il cui importo veniva stabilito annualmente 
dalla legge finanziaria, era alimentato dai contributi sanitari (regionalizzati a 
partire dal 1992) e da entrate proprie, ma integrato, per un importo significativo, 
dai finanziamenti dello Stato. A partire dal 1997 si procede prima con la 
sostituzione dei contributi sanitari dei lavoratori con l�Imposta regionale sulle 
attivit� produttive (IRAP) (19) e con la possibilit� in capo alle Regioni di applicare 
ulteriori aliquote sul reddito delle persone fisiche (addizionale IRPEF); 
poi il sistema viene completamente ridisegnato: per effetto della legge n. 
133/1999 (20) e del conseguente decreto delegato n. 56/2000 (21) si prevede 
l�abolizione del Fsn e la sua sostituzione con una pluralit� di fonti di finanziamento 
rappresentate dalla stessa IRAP, dall�addizionale, dall�aumento della 
compartecipazione delle Regioni al gettito dell�Iva, da entrate proprie e da integrazioni 
� per importi tuttavia residuali � a carico dello Stato. Inoltre cade 
il vincolo di destinazione delle risorse per il finanziamento della sanit� e per 
allineare le differenze fra le Regioni � prevista l�istituzione di un fondo di perequazione, 
che tiene conto delle diverse capacit� fiscali per abitante e dei fabbisogni 
sanitari presenti nelle varie realt� territoriali: dunque agisce in favore 
delle Regioni che risulterebbero finanziariamente non autosufficienti in base 
(19) D.lgs. n. 446 del 15 dicembre 1997 "Istituzione dell'imposta regionale sulle attivit� produttive, 
revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale 
a tale imposta, nonch� riordino della disciplina dei tributi locali". L�IRAP � un�imposta sul 
valore della produzione netta derivante dall�esercizio abituale di un�attivit� diretta alla produzione o 
allo scambio di beni o servizi. 
(20) Legge n. 133 del 13 maggio 1999 rubricata �Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione 
e federalismo fiscale�. 
(21) Fino al 2000 il legislatore non � entrato propriamente nel merito del finanziamento del servizio, 
essendosi occupato fondamentalmente di razionalizzazione dell�organizzazione e del funzionamento. 
Il primo vero e proprio nuovo meccanismo di finanziamento del Ssn � contenuto infatti nel d.lgs. 
56/2000 di attuazione del �federalismo fiscale� che, nell�ambito degli interventi di razionalizzazione 
del sistema fiscale, introduce una serie di importanti innovazioni nella finanza delle Regioni a statuto 
ordinario.
252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
alla propria capacit� fiscale. Tali norme avrebbero dovuto entrare in vigore 
l�anno successivo. Tuttavia la loro applicazione ha subito una serie di slittamenti, 
compatibili, peraltro, con la stessa fase di transizione prevista dal decreto 
e nella quale � contemplata la coesistenza dei diversi regimi. Solo dal 
2004, fermo restando l�obbligo delle prestazioni sanitarie previste dai livelli 
essenziali ed uniformi di assistenza, ogni miglioramento o peggioramento 
dell�efficienza del sistema fa capo alle Regioni medesime. Nella sostanza il 
d.lgs. n. 56/2000 sembra essere stato per lo pi� rimandato (una specie di letargo 
giuridico) ed � stato sostituito, di fatto, dalla contrattazione Stato-Regione riguardante 
sia l�importo complessivo del finanziamento da destinare ai servizi 
sanitari, sia la sua ripartizione tra Regioni, esattamente come avveniva con il 
vecchio Fsn. I nuovi meccanismi, solo parzialmente a regime, non hanno impedito 
cos� il verificarsi di costanti tensioni fra gli enti territoriali regionali - 
che gestiscono e spendono ormai pressoch� autonomamente - e lo Stato, il 
quale mantiene ancora la capacit� concreta di determinare le entrate e l�ammontare 
complessivo dei fondi destinati al Ssn. Un ruolo decisivo nelle manovre 
di finanziamento del Ssn � stato quindi giocato di volta in volta dalle 
misure di carattere organizzativo-sostanziale o di stampo pi� prettamente finanziario 
contenute nelle leggi finanziarie annuali e nei provvedimenti ad essa 
collegati. Pertanto pur se il Fsn � stato abolito, il sistema della finanza sanitaria 
regionale continua ad essere gestito - per molti versi - a livello centrale, anche 
per ragioni dovute al rispetto del patto di stabilit� comunitario: nella realt� 
spetta allo Stato la stima delle risorse necessarie al funzionamento del Ssn, 
cos� come la determinazione normativa delle sue fonti di finanziamento e delle 
connesse misure legate al livello primario delle prestazioni. 
Al momento attuale, dunque, le Regioni non sembrano godere in alcun 
modo di una apprezzabile autonomia di entrata, intesa quale capacit� di reperire 
e programmare le risorse necessarie ad alimentare le proprie spese. Sebbene, 
infatti, a partire dal d.lgs. 56/2000, le Regioni siano state dotate di un 
ammontare di risorse proprie molto rilevante, le entrate non ricadono sotto il 
loro diretto controllo, ma vengono gestite, accertate riscosse e successivamente 
loro erogate da parte dell�Amministrazione statale. Le Regioni godono dunque 
della sola autonomia di spesa, nel senso che una volta destinate loro le somme, 
esse possono decidere di investirle come credono nell�ambito dei servizi sanitari, 
privilegiando politiche sanitarie ed interventi piuttosto che altri, senza 
vincolo di destinazione. Occorre peraltro rilevare che si tratta di una autonomia 
di spesa comunque limitata (autonomia vincolata), poich� la somma che 
giunge alle Regioni per effetto dei meccanismi finanziari attualmente in vigore 
non confluisce indistintamente nel loro bilancio, ma deve essere prioritariamente 
e necessariamente utilizzata per l�assistenza sanitaria e la copertura dei 
livelli essenziali di assistenza. Si pu� parlare, inoltre, di una sorta di responsabilizzazione 
finanziaria parziale delle Regioni, se si considera che da un
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 253 
lato � s� stabilita l�impossibilit� di attribuire gli oneri di finanziamento dei disavanzi 
delle As allo Stato (22) ma, dall�altro, rimane in capo allo Stato la fissazione 
delle modalit� per il ripiano dei disavanzi delle As. La situazione � 
complicata dal fatto che i disavanzi delle Aziende, a causa della costante sottostima 
delle risorse finanziarie e del ritardo con il quale vengono trasferite le 
quote statali alle Regioni, si presentano come una condizione normale: da qui 
l�avvio di una serie di misure tampone a livello regionale per garantire la fluidit� 
di cassa necessarie al proprio funzionamento come le consistenti operazioni 
di dismissione del patrimonio immobiliare o le operazioni di 
cartolarizzazione dei crediti vantati verso lo Stato; operazioni che, se effettuate 
in maniera errata o non congrua, potrebbero determinare ulteriori aggravi della 
situazione finanziaria. 
Federalismo fiscale e sanit�: nuove regole e vecchi problemi 
Dopo un lungo iter parlamentare, le norme sul federalismo fiscale in attuazione 
dell�art. 119 della riformata Costituzione sono entrate in vigore. Si 
tratta di una legge delega, i cui principi fondamentali sono, da una parte, il coordinamento 
dei centri di spesa con quelli di prelievo, in modo da comportare 
quasi �automaticamente� maggiore responsabilit� nel gestire le risorse da parte 
di tutti gli enti coinvolti; dall'altra, la sostituzione della spesa storica, basata 
sulla continuit� dei livelli di spesa raggiunti l'anno precedente, con la spesa 
standard (23). In altre parole, si mira a responsabilizzare il pi� possibile i centri 
di spesa, ad accrescere la trasparenza dei meccanismi finanziari e ad aumentare 
il controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti, superando il sistema 
di finanza regionale e locale improntato a meccanismi di trasferimento 
a cascata (24). A favore delle Regioni con minore capacit� fiscale - proprio 
come prevede il dettato dell'art. 119 - interverr� un fondo perequativo, assegnato 
senza vincolo di destinazione. Il federalismo fiscale cos� disegnato punta 
ad introdurre un sistema premiante nei confronti degli enti che assicurano (a 
parit� di offerta) elevata qualit� dei servizi e livello di pressione fiscale inferiore 
alla media degli altri enti dello stesso livello di governo. Viceversa, nei 
(22) Cos� come previsto dalla l. 405 del 2001, di conversione del d.l. 347/2001: i disavanzi vanno 
necessariamente ripianati a cura delle Regioni che vi provvedono con ticket aggiuntivi, ulteriore tassazione 
od altre azioni di contenimento della spesa. 
(23) Legge n. 42 del 5 ottobre 2009 �Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione 
dell�articolo 119 della Costituzione�, in G.U. del 6 maggio 2009. Il federalismo fiscale per diventare 
concretamente operativo necessita di una serie di provvedimenti che vedranno la luce nell'arco 
di 7 anni: 2 anni per l'attuazione e 5 di regime transitorio. 
(24) Conseguentemente il finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni comporter� la cancellazione 
dei relativi stanziamenti di spesa (comprensivi dei costi del personale e di funzionamento) 
nel bilancio dello Stato.
254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
confronti degli enti meno virtuosi � previsto un sistema sanzionatorio che consiste 
nel divieto di fare assunzioni e di procedere a spese per attivit� discrezionalmente 
individuate. Questi enti, poi, dovranno risanare il proprio bilancio 
anche attraverso l�alienazione di parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare 
nonch� con l�attivazione dell�autonomia impositiva nella misura massima. 
Sono previsti altres� meccanismi automatici sanzionatori degli organi di 
governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli 
obiettivi economico-finanziari assegnati alle Regioni e agli enti locali, con individuazione 
dei casi di ineleggibilit� nei confronti (ma questo varrebbe solo 
per gli enti locali esponenziali di comunit� territoriali) degli amministratori 
responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto 
finanziario. L�attuazione del federalismo fiscale dovr� essere, infine, compatibile 
con gli impegni finanziari assunti nel patto di stabilit� e crescita e deve 
confermare l'impianto delle funzioni fondamentali assegnate alle Regioni (25). 
Per quel che riguarda specificamente la sanit�, si rileva che i Livelli essenziali 
delle prestazioni (Lep) vanno finanziati e perequati al 100%, sulla base di 
�costi standard� e sulla base - e questa � una novit� - di �obiettivi di servizio� 
(26). Oggi, come visto, i trasferimenti statali alle Regioni per finanziare la sanit� 
(ma anche l'assistenza e l'istruzione) avvengono ancora, nella sostanza, 
sulla base dei vecchi meccanismi (spesa storica con criteri incrementali), i 
quali possono aver comportato forti sperequazioni a favore delle Regioni meno 
virtuose. Con l�applicazione delle norme di cui al d.lgs. n. 42, i trasferimenti 
statali verranno cancellati: al loro posto le Regioni dovrebbero godere di un 
mix di tributi propri e compartecipazioni con cui finanziare interamente i livelli 
essenziali delle prestazioni, a costi standard appunto. Si dovrebbe pervenire 
ad una piena responsabilizzazione delle Regioni sul finanziamento della sanit� 
pubblica e dunque si andranno ad aprire prospettive ancora completamente da 
(25) Rispetto al settore sanit� si noti che oggi sono ancora poche le Regioni che hanno portato 
avanti il difficile lavoro di contenimento della spesa collegato all�entrata in vigore del Patto di Stabilit� 
nel gennaio del 2006 e non sono rari i casi in cui si � continuato a spendere senza riguardi, con il risultato 
che alcune Regioni sforano anche di molto il Patto ed hanno personale in esubero, mentre altre si trovano 
ad avere un deficit notevole di medici e infermieri. L�elasticit� nella gestione dei fondi sanitari regionali 
� introdotta dalla legge in parola � potrebbe consentire pi� facilmente di investire il necessario sul personale 
senza sforare il Patto di Stabilit�. 
(26) Il riferimento � nell�art. 2, lettera f) determinazione del costo e del fabbisogno standard quale 
costo e fabbisogno che, valorizzando l�efficienza e l�efficacia, costituisce l�indicatore rispetto al quale 
comparare e valutare l�azione pubblica; definizione degli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni 
regionali e locali nell�esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni 
o alle funzioni fondamentali di cui all�articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della 
Costituzione�. Per "costi standard" si dovrebbero/potrebbero intendere i "costi efficienti" a cui presta i 
servizi la Regione pi� virtuosa. E nell�art. 2, lettera m), punto 1: �superamento graduale, per tutti i livelli 
istituzionali, del criterio della spesa storica a favore del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli 
essenziali di cui all�articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e delle funzioni 
fondamentali di cui all�articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione�.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 255 
esplorare. 
Ora, va evidenziato che per molti aspetti non si tratta di novit�, almeno 
per il settore sanitario, il quale peraltro - e indipendentemente dalla riforma di 
cui alla legge in analisi - il servizio sanitario � gi� organizzato in senso �quasi 
federale�: si � visto infatti, nelle pagine precedenti, come concretamente le 
Regioni dispongano da tempo di una notevole autonomia in campo organizzativo 
e amministrativo. Le norme del decreto sul federalismo fiscale possono 
essere considerate, dunque, come parte conclusiva di un processo messo in 
atto dallo scorso decennio e che ha trovato un primo sostanziale tavolo di verifica 
con il d.lgs n. 56/2000. In effetti, il settore sanitario � come � accaduto 
in altre occasioni � ha fatto da apripista sul tema della devoluzione e di una 
differente distribuzione delle funzioni prima e del federalismo fiscale poi: da 
innumerevoli anni, infatti, si � avuto il trasferimento delle responsabilit� a livelli 
sub centrali di governo e la progressiva espansione del ruolo delle Regioni; 
l�organizzazione e la gestione del servizio � appannaggio esclusivo del 
livello regionale; le prestazioni sono in larga parte finanziate con una imposta 
regionale sulla quale si hanno ampi margini di autonomia. Peraltro il settore 
sanitario � stato il primo, fra i settori pubblici importanti, ad introdurre elementi 
tesi a riconoscere il valore della diversit�, superando i limiti tipici di 
meccanismi fondati sull�uniformit�. Nel calcolo del fabbisogno finanziario 
delle Regioni, non a caso, vige un sistema di ponderazione che tiene conto 
delle caratteristiche demografiche, epidemiologiche, socioeconomiche delle 
diverse realt� territoriali (27). E nel prevedere il fondo perequativo (costituzionalizzato 
nel 2001), il citato d.lgs n. 56/2000 se da un lato mira a ridurre le 
differenze per la diversa capacit� fiscale delle Regioni, dall�altro nello stabilire 
che questa riduzione agisce solo per il 90%, con la restante percentuale si 
vanno ad incentivare le Regioni meno virtuose al miglioramento della base 
imponibile: in altre parole gi� il suddetto decreto innesca quel meccanismo di 
competitivit� che � tipico del federalismo e va ad aggiungersi alle altre misure 
di stimolo della competitivit� fra erogatori sanitari che sin dagli inizi degli 
anni Novanta erano stati introdotte nel sistema. L�impianto federalistico del 
2000, dunque, ben poteva costituire un volano per quelle Regioni che �ritenevano 
di possedere al loro interno le condizioni necessarie [�] per procedere, 
almeno in prospettiva, a un contenimento dell�intervento pubblico nel settore 
sanitario e, di conseguenza, a una riduzione della pressione fiscale� (28). Nella 
sostanza, invece, il federalismo fiscale previsto dal d.lgs. n. 56 del 2000 sembra 
essere stato per lo pi� rimandato (una specie di letargo giuridico) ed � 
(27) Cfr. NERINA DIRINDIN, Federalismo fiscale e tutela della salute. Un percorso di responsabilizzazione 
delle regioni o il presupposto per cambiamenti strutturali?, in Governare il federalismo, a 
cura di N. DIRINDIN, E. PAGANO, Roma, PSE, 2001, pag. 4, pag. 8. 
(28) Cos� N. DIRINDIN, cit., pag. 10.
256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
stato sostituito di fatto dalla contrattazione Stato-Regione riguardante sia l�importo 
complessivo del finanziamento da destinare ai servizi sanitari, sia la sua 
ripartizione tra le Regioni, esattamente come avveniva con il vecchio Fsn. Il 
nuovo meccanismo, solo parzialmente a regime, non ha impedito cos� il verificarsi 
di costanti tensioni fra le Regioni, che gestiscono e spendono ormai 
pressoch� autonomamente, e lo Stato, il quale ancora mantiene la capacit� 
concreta di determinare le entrate e l�ammontare complessivo dei fondi destinati 
al Ssn. Per la finanza sanitaria regionale, si pu� allora, a ragione, parlare 
ancora nel 2009 come di un sistema a finanza derivata, sia per effetto dei meccanismi 
di prelievo fiscale con i quali viene alimentata, sia per le limitazioni 
e il condizionamento che nel merito subisce la capacit� decisionale impositiva 
delle Regioni (29). 
Le norme della l. n. 42/2009 potrebbero sbloccare l�empasse in cui il sistema 
ora si trova, tuttavia le stesse rischiano di creare ulteriore disaggregazione 
e differenziazione (rispetto a quelle oggi registrate) nel tipo e nella 
qualit� dei servizi erogati se lo Stato non dovesse mantenere la possibilit� di 
controbilanciare questa tendenza, tutelando e promuovendo al massimo il principio 
di solidariet�, proprio attraverso la leva finanziaria (30). Perch� questa 
leva sia efficace e possa essere utilizzata dallo Stato come strumento per promuovere 
gli standard sanitari nazionali, � fondamentale che esista per lo Stato 
la concreta possibilit� di scegliere se erogare o meno i finanziamenti; possibilit� 
che, a sua volta, pu� dirsi concreta solo se le Regioni diventano davvero 
capaci di coprire con le proprie risorse una parte considerevole delle spese necessarie 
a garantire l�assistenza sanitaria: pertanto non si pu� nascondere la 
difficolt� che presenta il garantire la compatibilit� del decentramento con 
l�ideale di un Ssn, ovvero la conciliazione del massimo decentramento del sistema 
di governo della sanit� con il principio universalistico sancito nella legge 
n. 833/1978. Non stupirebbe quindi se nell�emanazione e attuazione dei decreti 
attuativi, la Corte Costituzionale fosse chiamata a specificare in termini pi� 
concreti cosa si intende per interesse nazionale ed universalit� nel settore della 
salute. Considerando, poi, gli ostacoli applicativi che fino ad oggi ha gi� vissuto 
il d.lgs. 56/2000, non si pu� non invitare a porre una particolare attenzione 
al c.d. dualismo amministrativo: ovvero non dovr� continuare a sottovalutarsi 
(29) G. CILIONE, op. cit., pag. 266. Per esempio le Regioni detengono solo una marginale capacit� 
di manovra su altri aspetti connessi al finanziamento del servizio, vedendosi sovente bloccata la possibilit� 
di imporre aliquote aggiuntive e non potendo effettuare mutui se non per spese di investimento, 
con ci� evidenziandosi in definitiva che la complessiva responsabilit� istituzionale in ordine al finanziamento 
del Ssn � da ritenersi del tutto riconducibile ai poteri dello Stato. 
(30) Cfr. IVAN CAVICCHI, Il pensiero debole della sanit�, Bari, 2008, passim. Secondo l�autore nonostante 
tutte le riforme degli ultimi due decenni, si riscontra la crescita costante negli anni delle disuguaglianze 
a tutti i livelli, in tutte le forme e soprattutto in tutte le Regioni. Con la fine del Ssn, voluta 
dalla riforma del Titolo V della Costituzione, entra in crisi quell'idea di universalismo che avrebbe dovuto 
rendere i cittadini tutti uguali di fronte alle possibilit� di salute.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 257 
l�esistenza di una forte differenziazione interregionale nelle capacit� di policy 
making e tecnico/amministrative. In altre parole, sarebbe quanto mai opportuno 
associare all�applicazione del federalismo fiscale concrete misure volte 
a migliore gli strumenti amministrativi per la sua implementazione, pena il 
mantenimento dell�empasse vigente. 
Scenari per il futuro: diritto alla salute rispettato? 
La disamina presentata nelle pagine precedenti aveva lo scopo di tracciare 
la cornice entro cui le nuove norme della legge n. 42 del 2009 si muoveranno. 
Sia consentito ora proporre alcune ulteriori riflessioni a margine di tale analisi. 
1. La legge c.d. sul federalismo fiscale � una legge delega, contiene, cio�, 
nella maggior parte delle sue disposizioni, principi e criteri direttivi entro i 
quali occorrer� operare, dunque concede al governo ampi margini di manovra 
nella fase applicativa. La costruzione dei decreti attuativi sar� quindi decisiva 
per la concretizzazione (ed ultimazione) del modello federalista in sanit�. Si 
� visto, ad esempio, come il regime di finanziamento del servizio sanitario 
pubblico derivi da una pluralit� di fonti: discipline nazionali e regionali, interventi 
finanziari dello Stato annuali e pluriennali, accordi negoziali, decretazioni 
d�urgenza o amministrative, a tutto discapito della stabilit� e della 
chiarezza del sistema. La prima cosa dunque che si auspica avvenga con l�emanazione 
dei suddetti decreti � l�individuazione di un modello comunque coerente 
e compatibile, tenendo conto che i mali che affliggono il finanziamento 
del Ssn sembrano fondamentalmente determinati da un lato da una spesa sanitaria 
pubblica che, nonostante rappresenti la voce pi� importante dei bilanci 
nazionale e regionali e sia continuamente in aumento � per ragioni demografiche 
ed a causa dei crescenti bisogni della collettivit� � continua ad essere inferiore, 
in percentuale al PIL italiano, rispetto a quanto destinato, nei medesimi 
termini, in altri paesi europei (31); dall�altro da una spesa sanitaria fortemente 
inefficiente e differenziata (32): studi assai recenti dimostrano come ancora 
continui ad emergere il �classico� dualismo italiano, con le Regioni del Centro-
Nord attestate su livelli di efficienza e di qualit� della spesa che appaiono 
significativamente pi� elevati rispetto alle Regioni del Mezzogiorno. Peraltro 
le Regioni che pi� sono lontane dalla frontiera efficiente risultano anche quelle 
che erogano prestazioni di qualit� inferiore: sembra quasi che spesa elevata e 
bassa qualit� vadano di pari passo. 
L�introduzione del federalismo fiscale (e del conseguente completo fede- 
(31) Fonte OCSE. Cfr. http://www.oecd.org/dataoecd/55/33/35635683.pdf. 
(32) FABIO PAMMOLLI, GIANLUCA PAPA, NICOLA C. SALERNO, La spesa sanitaria pubblica in Italia: 
dentro la �scatola nera� delle differenze regionali, Quaderno CERM 2/2009 in http://www.astridonline.
it/Politiche-/Documenti/CERM_Sanit-_26_10_09.pdf.
258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
ralismo sanitario) potrebbe allora aprire con una adeguata analisi di impatto 
delle norme da parte del legislatore, una nuova stagione di sanit�, pi� attenta 
ai territori e pi� premiante per le Regioni virtuose, quelle che sanno coniugare 
qualit� assistenziale e rigore gestionale. Il Ssn in questi decenni ha sicuramente 
cambiato in meglio l�assistenza sanitaria degli italiani, ma il perpetuarsi di 
costi inaccettabili in varie zone del Paese e la leggerezza posta da molte Regioni 
nella gestione della salute non dovrebbe essere pi� ammissibile: la cura 
del federalismo sanitario dovrebbe comportare infatti una maggiore responsabilizzazione 
dei centri periferici di spesa e la diffusione delle best practices. 
Tuttavia, si noti che gi� il d.lgs. 56/2000 aveva lo scopo di rendere le singole 
Regioni maggiormente responsabili del proprio vincolo di bilancio e della 
bont� del loro sistema: e la sua attuazione si � rivelata quanto mai difficile. 
In quello stesso articolato le risorse tributarie regionali venivano tendenzialmente 
collegate al reddito prodotto localmente: la dotazione finanziaria di 
ogni singola Regione risultava infatti necessariamente influenzata dalla distribuzione 
della base imponibile, che allora come ora risulta squilibrata tra Nord 
e Sud del Paese. Gi� all�indomani dell�emanazione del d.lgs n. 56/2000 era 
stato rilevato il rischio secondo cui le Regioni con un pi� elevato livello di 
reddito avrebbero avuto maggiori risorse per l�erogazione dei servizi pubblici 
aggiuntivi, inclusa l�erogazione dei servizi sanitari (33). E� vero che era ed � 
previsto in ogni caso un riequilibrio territoriale attraverso un fondo perequativo, 
ma una volta attivato il fondo (e, per il settore sanitario, usciti dall�empasse) 
non sar� facile stabilire quali saranno le Regioni che potranno accedervi 
(o dovranno accedervi). Il terzo comma dell�art. 119 della Costituzione indica 
che il fondo perequativo � istituito �per i territori con minore capacit� fiscale 
per abitante�: orbene, stabilire i criteri per questa minore capacit� (minore del 
livello di capacit� fiscale nella Regione pi� ricca; minore del livello medio 
nazionale di capacit� fiscale; minore del livello di capacit� fiscale medio delle 
3,5 o 7 Regioni pi� ricche) diventa una discriminante per le effettive possibilit� 
redistributive del meccanismo di finanziamento (34). 
2. E� cosa nota che le Costituzioni non sono sicuramente trattati di finanza 
pubblica e difficilmente indicano la lista completa degli strumenti necessari 
per realizzare gli obiettivi propri di un sistema di federalismo fiscale. La Costituzione 
italiana riformata nel 2001 non fa eccezione a questa regola: avendo 
indicato una pluralit� di obiettivi non raggiungibili con un unico strumento, si 
deve ritenere che essa verr� interpretata con il tradizionale e legittimo metodo 
del bilanciamento dei diritti e delle tutele. Dunque potrebbe essere ignorato 
(33) Cfr. FRANCESCO SPANDONARO, ANDREA RAFANIELLO, Le frontiere della sanit� tra decentramento 
istituzionale e sperimentazioni gestionali, Convegno AIES, 2002. 
(34) PIERO GIARDA, Competenze regionali e regole di finanziamento: qualche riflessione sul federalismo 
fiscale in Italia, Relazione presentata al Convegno ISAE-SIEP, Roma, 14 dicembre 2005.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 259 
qualche obiettivo e sar� necessaria l�integrazione della lista dei criteri attuativi 
e dei corrispondenti strumenti. Se si deve ritenere che il rispetto della lettera 
m) dell�art. 117 Cost. (individuazione dei Lep a livello statale) e le indicazioni 
di cui al comma 5 dell�art. 119 Cost. (risorse aggiuntive e interventi speciali) 
sono obiettivi forti che non possono essere cancellati, si deve altres� ammettere 
che questi sono anche obiettivi che non possono essere perseguiti solo con gli 
strumenti previsti dai commi 2 e 3 dell�art. 119 (fondo perequativo; tributi ed 
entrate proprie e compartecipazioni ai tributi erariali) e richiamati dalla legge 
n. 42: tuttavia bisogna aggiungere che l�indicazione in essa di criteri di finanziamento 
basati su indicatori di fabbisogno sono utili integrazioni alla lista 
degli strumenti proposta dalla Costituzione. Ancora una volta si vuole sottolineare, 
allora, l�importanza capitale che avranno le disposizioni dei decreti 
attuativi, i quali dovranno non solo lavorare sulla riduzione della (elevata ed 
eccessiva) segmentazione delle fonti di finanziamento, ma potranno anche 
operare affinch� sia data finalmente attuazione a quella delega inevasa dal 
1997 relativa all�emanazione di un testo unico sulla sanit�: questo metterebbe 
chiarezza nella miriade di norme e meccanismi che riguardano il sistema e 
migliorerebbe l�efficacia di ogni tipo di intervento. 
3. Le norme federalistiche della riformata Costituzione vanno comunque 
a determinare differenziazioni nei caratteri dell�offerta pubblica, nel trattamento 
dei cittadini ed anche nei livelli di spesa per abitante nelle varie Regioni, 
ma tale carattere � un requisito fondamentale di un sistema di federalismo fiscale, 
il quale deve prevedere necessariamente l�esistenza di qualche differenziazione: 
senza differenziazione, infatti, non cՎ sistema di federalismo fiscale; 
diversamente non si dovrebbe usare la parola federalismo. Ora, occorre considerare 
che la regionalizzazione del sistema sanitario ha gi� introdotto una 
notevole situazione di variabilit� con differenze, oltre che sul piano organizzativo, 
sulla redazione dei conti consuntivi; sulla predisposizione dei sistemi 
di contabilit� regionali, sull�applicazione dei meccanismi di compensazione 
(effettuati a posteriori e tardivamente), etc. Queste situazioni hanno generato 
e continuano a generare disuguaglianze nell�erogazione delle prestazioni, ripercuotendosi 
sull�efficacia dei servizi sanitari: infatti, nella pratica, i livelli 
di assistenza vengono erogati fondamentalmente in funzione delle capacit� organizzative 
delle singole regioni, anche a parit� di finanziamento. La legge n. 
42/2009 va ad incidere solo sul finanziamento del servizio e non tocca, se non 
indirettamente, l�assetto organizzativo e gestionale; ma se mancano buona organizzazione 
e buona gestione ovvero una amministrazione efficiente, difficilmente 
pu� avere buoni effetti il federalismo: la riprova sta in ci� che � 
accaduto all�indomani dell�emanazione del d.lgs 56/2000. E� pur vero comunque 
che se si hanno pi� risorse l�organizzazione ne trae giovamento e viceversa 
(con una organizzazione pi� efficiente, infatti, si liberano risorse). Tuttavia il 
rinnovamento del Ssn non potr� derivare soltanto dalla necessit� di sanare i
260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
bilanci regionali, ma dovr� essere giocoforza associato ad una riorganizzazione 
e riprogrammazione del servizio stesso: sono la buona programmazione e la 
buona organizzazione, infatti, ad incidere sul buono stato dei bilanci e soprattutto 
della spesa. 
4. E� cosa nota che in un sistema di federalismo fiscale sono necessarie 
regole volte a limitare la possibilit� di continue e ripetute ingerenze dello Stato 
nelle materie assegnate alla competenza legislativa regionale. Pi� precisamente, 
la teoria sul federalismo fiscale insegna che una appropriata struttura 
di finanziamento deve essere definita in relazione al diverso potere di ingerenza 
del governo centrale nell�attivit� degli organi decentrati. Quindi l�ingerenza 
potr� essere massima per le attivit� che devono sottostare al principio 
della uniformit� delle prestazioni e per gli interventi di cui al comma 5 dell�art. 
119 (risorse aggiuntive ed interventi speciali per favorire l�effettivo esercizio 
dei diritti della persona) e sar� corrispondentemente minore per quelle attivit� 
rientranti nella competenza concorrente e per quelle governate dal regime della 
competenza esclusiva delle Regioni. Di conseguenza laddove � minore il grado 
di ingerenza ammissibile, sar� maggiore il ricorso a fonti di entrata propria e 
all�esercizio dell�autonomia impositiva e sar� minore l�intensit� della perequazione 
della capacit� fiscale. Laddove il grado di ingerenza � pi� elevato 
saranno meno cogenti le ragioni per l�utilizzo di tributi propri e per l�esercizio 
dell�autonomia tributaria: non si pu� escludere il ricorso a tributi propri o a 
compartecipazioni, ma essi non svolgerebbero alcuna utile funzione, visto che 
lo Stato dovrebbe comunque finanziare le differenze fino al pieno pagamento 
dei costi delle prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale. E dunque 
non si pu� escludere in queste circostanze, nonostante l�apparente impedimento 
del comma 3 dell�art. 119 (l�espressione �senza vincoli di destinazione�), 
l�apposizione di vincoli di destinazione sulle risorse trasferite. Il punto 
� che, al momento, i tributi propri (lo strumento ritenuto capace di generare 
comportamenti virtuosi negli amministratori regionali) hanno comunque un 
ruolo assai limitato in relazione ai molti vincoli posti sulla autonomia finanziaria 
(si pensi al patto di stabilit�): ci� di cui si sente la necessit� e su cui si 
dovr� operare in futuro � la previsione di concreti incentivi a trovare innovazioni 
significative in campo tributario. 
5. Merita sottolineare, da ultimo, che bisognerebbe limitare il rischio 
dell�anteposizione dei vincoli interni gestionali e finanziari all�interesse dei 
cittadini: si pensi al sistema con il quale le Regioni attuano il governo della 
mobilit� passiva (che sarebbe il movimento in denaro in uscita da una Asl 
verso l�altra o da una regione verso l�altra) a compensazione di prestazioni sanitarie 
erogate. In un Paese come il nostro dove i confini regionali sono solo 
amministrativi � facile trovare situazioni di attrazione o di fuga dei pazienti in 
funzione dell�offerta di servizi: e ci� accade soprattutto nelle zone di confine. 
Le Regioni pi� efficienti e con maggiore risorse possono infatti stimolare le
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 261 
Asl frontaliere ad organizzare i servizi in modo da favorire la mobilit� attiva. 
Da un lato ci� incoraggia meccanismi di concorrenza tra Asl delle Regioni efficienti, 
ma dall�altro ci� pu� comportare una offerta di servizi mediocre da 
parte di altre Regioni (limitrofe o meno) meno efficienti, le quali a fronte di 
una offerta pi� vantaggiosa presente altrove (magari non molto lontano da 
casa) vanno ad ignorare l�interesse dei pazienti che pur hanno contribuito con 
la fiscalit� a sostenere i servizi sanitari della loro regione. Si noti, allora, che 
talune situazioni negative oggi registrabili non potranno cambiare con l�introduzione 
del federalismo fiscale perch� le norme del d.lgs n. 42/2009 non potranno 
incidere su quelle Regioni incapaci di modificare strutturalmente i 
propri servizi, quelle che si limitano ad attuare meccanismi di compensazione 
in denaro, ovvero scelgono una soluzione di basso profilo, omettendo di formulare 
una vera politica sanitaria (35) e minando l�effettivo esercizio del diritto 
alla salute. 
(35) In alcuni sistemi federali si � cercato di contemperare l�esigenza di assicurare l�assistenza 
sanitaria con quella di contenere e programmare la spesa, attuando le c.d. economie di scopo. Al fine di 
arginare la variabilit� della spesa si prevedono limiti alla libert� di scelta del cittadino in quanto si collega 
la gratuit� del servizio solo ad alcune aree geografiche, mentre si disincentiva il ricorso a cure sanitarie 
al di fuori delle medesime aree geografiche. La positivit� di tale misure risiede nella determinazione 
delle prestazioni in base alla popolazione di riferimento, nelle economie di scala, nella concentrazione 
delle conoscenze mediche, tecniche ed amministrative nelle strutture, nel dare maggiore certezza agli 
investimenti, etc. Cfr. PIETROMANZI, Federalismo diseguale: la via italiana ad un servizio sanitario federale, 
in Care, I, 2009, pag. 24. 
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Il dottorato di ricerca al servizio della 
pubblica amministrazione 
Prospettive alla luce della riforma Brunetta 
Ennio La Placa* 
Col decreto legislativo emanato il 27 ottobre 2009, n. 150, il Governo ha 
dato attuazione alla legge delega n. 15/2009, concernente disposizioni in materia 
di ottimizzazione della produttivit� del lavoro pubblico e di efficienza e 
trasparenza delle pubbliche amministrazioni. 
Il decreto rappresenta un ulteriore passo a completamento della riforma 
della pubblica amministrazione, meglio nota come riforma Brunetta, dal nome 
del Ministro che l�ha voluta. 
Il tema che si vuole trattare ed analizzare attiene alla modifica, disposta 
dal recente decreto (d.lgs. 150/2009), dell�art. 28 del d.lgs. n. 165/2001 (c.d. 
Testo unico sul pubblico impiego), che ha introdotto il dottorato di ricerca, 
come requisito alternativo, per l�accesso alla dirigenza pubblica di seconda 
fascia (1) e, in generale, sul ruolo che il dottorato di ricerca pu� svolgere nell�ambito 
delle pubbliche amministrazioni. 
ComՏ noto, il dottorato di ricerca, titolo accademico post lauream, rappresenta 
il pi� alto grado di istruzione universitaria, pi� esattamente il terzo 
ciclo di istruzione universitaria secondo il Bologna Process del 1999 (2). 
Esso venne introdotto nell�ordinamento universitario italiano con la legge 
n. 28 del 1980, che delegava al Governo il riordinamento della docenza universitaria 
e la relativa fascia di formazione nonch� la sperimentazione organizzativa 
e didattica. 
La legge prevedeva la valutabilit� del dottorato di ricerca �soltanto� nell�ambito 
della ricerca scientifica (3). 
(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
(1) Cos� dispone il secondo comma del nuovo art. 28 del d.lgs. n. 165/2001, derubricato �Accesso 
alla qualifica di dirigente della seconda fascia�: �Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti 
di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque 
anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito 
presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 
di concerto con il Ministro dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca, almeno tre anni di servizio, 
svolti in posizioni funzionali per l�accesso alle quali � richiesto il possesso del diploma di laurea�. 
(2) Il Processo di Bologna � un processo di riforma a carattere europeo che si propone di realizzare 
entro il 2010 uno Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore. Il 19 giugno 1999 ventinove Ministri dell'Istruzione 
del Consiglio d�Europa hanno sottoscritto a Bologna un accordo, noto come la Dichiarazione 
di Bologna. 
(3) Art. 8 legge n. 28/1980.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 263 
Questa disposizione veniva ribadita e rafforzata nel D.P.R. n. 382 del 
1980, sul riordino della docenza universitaria: il predetto D.P.R., derubricando 
l�art. 68 �Istituzione del dottorato di ricerca�, consacrava il titolo nell�ordinamento 
universitario italiano e lo riteneva valutabile �unicamente�, cos� 
espressamente veniva detto, nell�ambito della ricerca scientifica. 
Pertanto, lo svolgimento di programmi di ricerca, da parte del dottorando, 
doveva essere riconosciuto solamente in ambito universitario, segno questo 
di un�interpretazione, per certi versi restrittiva, del concetto di ricerca scientifica, 
esclusivamente legata al mondo universitario. 
E� necessario dire che l�accesso al corso di dottorato � consentito senza 
limitazioni di et� o cittadinanza per coloro che sono in possesso di laurea o di 
analogo titolo accademico conseguito all�estero, preventivamente riconosciuto 
dalle autorit� accademiche, anche nell�ambito di accordi interuniversitari di 
cooperazione e di mobilit� (4). 
Per laurea si intende quella quadriennale o quinquennale (magistrale o 
specialistica), se del nuovo ordinamento (5). 
Nel 1984, con la legge n. 476, il legislatore modific� alcuni articoli del 
D.P.R. n. 382/1980 (6) e sanc� la possibilit�, per il dipendente pubblico ammesso 
ai corsi di dottorato di ricerca, di essere collocato, a domanda, in congedo 
straordinario per motivi di studio, senza assegni o con borsa di studio 
nel caso in cui si trovasse nelle condizioni di poterne usufruire. 
Con tale legge, i dipendenti pubblici ammessi ai corsi di dottorato, videro 
affermato il loro diritto al mantenimento del posto di lavoro ed anche la progressione 
di carriera, il trattamento di quiescenza e di previdenza, ma non la 
retribuzione economica. 
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 201 del 1995, aveva interpretato 
le finalit� della disposizione del 1984 nel senso di rendere effettiva la ricerca 
scientifica, interesse costituzionalmente rilevante (art. 9 Cost.). 
Il legislatore del 1998, con la legge n. 210 recante �Norme per il reclutamento 
dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo�, ha dettato una 
nuova disciplina per il dottorato di ricerca che sembra ampliare gli ambiti di 
esercizio dell�attivit� di dottorato (7). Innanzitutto, si prevede che il corso per 
il conseguimento del dottorato di ricerca pu� essere svolto presso universit�, 
enti pubblici o soggetti privati e che �le universit� possono attivare corsi di 
(4) Cos� dispone l�art. 5 del decreto ministeriale 30 aprile 1999 del Ministero dell�Universit� e 
della Ricerca Scientifica e Tecnologica (Regolamento in materia di dottorato di ricerca). 
(5) Per nuovo ordinamento universitario si intende quello introdotto nell�anno accademico 
2001/2002 (laurea triennale di primo livello e laurea specialistica di due anni), emanato a seguito del 
Processo di Bologna. 
(6) Pi� esattamente sono stati modificati gli artt. 71, 73 e 75 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. 
(7) Viene prevista espressamente (art. 6 l. 210/1998) l�abrogazione dell�art. 68 del D.P.R. n. 
382/1980 (Istituzione del Dottorato di ricerca).
264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dottorato mediante convenzione con soggetti pubblici e privati in possesso di 
requisiti di elevata qualificazione culturale e scientifica e di personale, strutture 
ed attrezzature idonee�, ma viene ribadito a chiare lettere il fine che si 
prefiggono i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca: �forniscono 
le competenze necessarie per esercitare attivit� di ricerca di alta qualificazione�. 
La collocazione della suddetta disposizione nella legge che disciplina il 
reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, indubbiamente, 
configura un dottorato di ricerca incardinato e valorizzato per lo pi� in 
ambito universitario (l�Universit� � il luogo titolato, per eccellenza, all�esercizio 
dell�attivit� di ricerca di alta qualificazione), ma la possibilit� di svolgere 
la ricerca, durante il corso, presso altri enti pubblici o, addirittura, per la prima 
volta, presso soggetti privati, apre indubbiamente le frontiere di un ricerca 
scientifica proiettata ed applicata anche in altri campi, non solo quello universitario 
(8). 
Viene previsto, inoltre (questo � senza dubbio l�aspetto pi� importante 
della legge del 1998 con riguardo alla questione che stiamo trattando), che: 
�la valutabilit� dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell�ammissione a concorsi 
pubblici per attivit� di ricerca non universitaria, � determinata con uno 
o pi� decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro, 
di concerto con gli altri Ministri interessati�. 
Il legislatore nazionale amplia il panorama entro cui pu� esercitarsi la ricerca 
scientifica e prevede la possibilit� di valutare il dottorato di ricerca, seppure 
attraverso una preciso procedimento, per attivit� di ricerca non 
universitaria. 
Se da un lato viene chiarito l�obiettivo e la funzione del dottorato di ricerca, 
dall�altro si d� la possibilit� di valutarlo per altri fini. 
Siamo in presenza di un cambio di rotta, quindi, rispetto a ci� che prevedeva 
la legge n. 28 del 1980, istitutiva del dottorato di ricerca nel nostro Paese. 
Il decreto ministeriale n. 224 del 1999, adottando i criteri generali ed i 
requisiti di idoneit� delle sedi ai fini dell�istituzione dei corsi di dottorato di 
ricerca, conferma quanto detto dal legislatore nel 1998 e cio� che: �la formazione 
del dottore di ricerca, comprensiva di eventuali periodi di studio all�estero 
e stage presso soggetti pubblici e privati, � finalizzata all�acquisizione 
delle competenze necessarie per esercitare attivit� di ricerca di alta qualificazione�. 
Un significativo cambiamento � avvenuto nel 2001, quando con la legge 
(8) �Il titolo di Dottore di ricerca d� accesso al mondo della ricerca scientifica prevalentemente 
in ambito accademico ma, secondo una tendenza che va sempre pi� rafforzandosi, anche nelle strutture 
produttive e in centri di ricerca autonomi� (Universit� degli Studi di Milano); �Il Dottorato intende formare 
studiosi ed esperti che possano svolgere un�attivit� altamente qualificata in strutture di ricerca e 
all�interno di enti pubblici e privati� (Sp.i.s.a. � Universit� degli Studi di Bologna).
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 265 
n. 448, integrando l�art. 1 comma 2 della l. 476/1984 si stabil� che: �in caso 
di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia 
a questa, l�interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, 
previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell�amministrazione pubblica 
presso la quale � instaurato il rapporto di lavoro. Qualora, dopo il conseguimento 
del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con 
l�amministrazione pubblica cessi per volont� del dipendente nei due anni successivi, 
� dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo 
periodo�. 
L�attivit� di ricerca svolta dal dipendente pubblico ammesso ai corsi di 
dottorato viene considerata attivit� lavorativa - tranne nel caso in cui � richiesta 
la valutazione del servizio c.d. �effettivo� (9) - e, senza dubbio, il legislatore 
ha inteso cos� dare un valore diverso al dottorato di ricerca, non pi� inteso unicamente 
per conseguire attivit� di ricerca di alta qualificazione e titolo essenziale 
per l�accesso alla docenza universitaria, ma considerato anche una risorsa 
importante conseguita dal dipendente pubblico e messa al servizio della pubblica 
amministrazione; dalla ricerca scientifica - �solo universitaria� - svolta 
nel corso del triennio, si passa cos� alla ricerca applicata, all�azione diretta per 
il soddisfacimento degli interessi pubblici. 
La giurisprudenza ha anche negato l�esercizio di poteri discrezionali da 
parte della p.a. nella concessione del congedo straordinario o dell�aspettativa 
retribuita, valutando come interesse preminente, nella comparazione degli interessi 
pubblici, quello della ricerca scientifica (10). 
E� stato anche affermato che, nel caso in cui il dipendente pubblico cessasse 
l�attivit� di dottorato prima del suo completamento, non grava nei confronti 
dello stesso l�obbligo di ripetere le somme percepite (11), semmai il 
dovere di riassumere immediatamente servizio presso la sede di titolarit� (12). 
La prima sezione del Consiglio di Stato nel 2002 ha, inoltre, detto che: 
�L�art. 52, 57� comma, l. 28 dicembre 2001 n. 448, volto ad agevolare la frequenza 
ai corsi di dottorato di ricerca da parte di dipendenti pubblici mediante 
la previsione di forme di congedo straordinario, deve essere interpretato nel 
modo pi� estensivo, cos� da trovare applicazione anche nei confronti dei lavoratori 
a tempo determinato ai sensi dell�art. 2, 30� comma, l. 14 novembre 
(9) �Nei casi in cui una norma o un bando di concorso preveda � quale requisito di partecipazione 
ad un concorso � un determinato periodo di servizio effettivo presso una p.a., non pu� essere ad esso 
equiparata l�attivit� svolta presso un�altra amministrazione con una qualifica diversa, n� l�attivit� 
svolta per la partecipazione ai corsi di dottorato di ricerca; infatti, lo svolgimento dell�attivit� di dottorato 
non � assimilabile al servizio effettivo, che si caratterizza per lo svolgimento di funzioni inerenti 
allo status�, Consiglio di Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7590. 
(10) Consiglio di Stato, sez. I, 30 ottobre 2002, n. 3250. 
(11) Consiglio di Stato, sez. VI, 27 gennaio 1997, n. 108. 
(12) Circolare MIUR 4 novembre 2002, n. 120, in tema di congedo straordinario per dottorato di 
ricerca ex art. 2 legge 476/1984.
266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
1995 n. 481�. 
L�art. 9 bis del d.lgs. n. 303 del 1999 - introdotto dal d.lgs. n. 343 del 
2003 - ha istituito il personale dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei 
Ministri. L�ottavo comma, lett. b), del suddetto articolo, ha previsto che al concorso 
riservato ai dipendenti pubblici possono partecipare anche coloro che 
sono in possesso del dottorato di ricerca, purch� abbiano ricoperto funzioni 
dirigenziali, o equiparate, presso la presidenza, in un determinato periodo di 
tempo indicato dalla legge. 
Non vi � dubbio che si tratta di una fattispecie particolare e, per certi 
aspetti, marginale; la disposizione si applica ai dipendenti pubblici anche in 
possesso di dottorato di ricerca, ma che abbiano ricoperto funzioni dirigenziali 
presso la presidenza in un preciso e limitato periodo di tempo. Tuttavia, risulta 
evidente come il legislatore abbia voluto valorizzare il dottorato di ricerca ai 
fini dell�ammissione a concorsi pubblici per attivit� di ricerca non universitaria. 
Il Consiglio di Stato nel 2006 (13) ha affermato in merito che: �L�art. 9 
bis, 8� comma, lett. b) d. lgs. n. 303/1999, non individua due distinte categorie 
di candidati al concorso riservato ai dipendenti pubblici per l�inquadramento 
nel ruolo del Consiglio dei Ministri, potendo partecipare, a tale concorso, 
esclusivamente coloro che siano stati incaricati di funzioni dirigenziali, o equiparate, 
presso la presidenza, nel periodo compreso tra la data di entrata in 
vigore della l. n. 137/2002 ed il 1� gennaio 2003 e, inoltre, siano muniti di 
laurea e hanno un�anzianit� di almeno cinque anni di servizio in posizioni 
funzionali per l�accesso alle quali � richiesto il diploma di laurea o, in alternativa, 
alla suddetta anzianit� possiedano sia il diploma di laurea sia il diploma 
di specializzazione o il dottorato di ricerca o altro titolo 
post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri�. 
E� stato, inoltre, detto che: �Nelle procedure concorsuali o selettive pubbliche, 
ai sensi dell�art. 5 d.m. 30 aprile 1999 n. 224 e dell�art. 3 d.m. 3 novembre 
1999 n. 509 il dottorato di ricerca � un titolo differenziato e superiore 
alla laurea; pertanto � illegittima la valutazione della commissione giudicatrice 
che non consideri questo titolo� (14). 
La promozione della ricerca scientifica, come dello sviluppo della cultura, 
� uno dei principi fondamentali della Costituzione, che impegna lo Stato democratico 
al fine di favorire la crescita civile della comunit� nazionale; pu� 
considerarsi un diritto-dovere, attribuito alla Repubblica, anche per realizzare 
� in coerenza con quanto affermato all�art. 3 � l�esigenza fondamentale di rimuovere 
gli ostacoli che limitano la libert� e l�uguaglianza dei cittadini. 
Il rango costituzionale della ricerca non ne indica, per�, il perimetro di 
(13) Consiglio di Stato, sez. I, 01 febbraio 2006, n. 3101/05. 
(14) Consiglio di Stato, sez. II, 22 febbraio 2006, n. 2505/04.
LEGISLAZIONE ED ATTUALITA� 267 
esercizio e gli ambiti di destinazione, pur nel generale riconoscimento di protagonisti 
e fruitori che l�Universit� � � come si � detto � la sede prima e pi� 
naturale. 
L�evoluzione legislativa sopra descritta, riguardante il dottorato di ricerca, 
segue un percorso culturale e di elaborazione propositiva in linea con le istanze 
e gli impulsi degli apparati produttivi ed organizzativi della societ� contemporanea. 
Gi� il Consiglio Europeo straordinario di Lisbona del marzo 2000 (15) 
aveva individuato la ricerca come elemento generatore di sviluppo economico, 
occupazione e coesione sociale chiedendo, tra l�altro, di promuovere la mobilit� 
dei ricercatori e ponendo ai vari Stati la questione della valorizzazione 
della conoscenza a fini economici e sociali. 
La riforma della pubblica amministrazione non pu� non considerare le 
esigenze di modernizzazione del Paese e, ponendo al centro della propria 
azione, i cittadini da soddisfare nelle loro richieste di servizi essenziali e di 
buon governo, prefigura un esigente supplemento di qualit� e di efficienza. 
La promozione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni 
diventano momenti di particolare valore e significato al fine di conseguire 
gli attesi risultati di miglioramento del funzionamento e delle 
realizzazioni dell�apparato burocratico. 
L�Universit�, che ha un ruolo decisivo nel formare e selezionare il capitale 
umano pi� qualificato, pu� e deve avere un ruolo strategico per garantire alle 
pubbliche amministrazioni un accesso di personale qualificato e motivato con 
la possibilit� di configurarsi come centro di formazione permanente per la dirigenza 
pubblica. 
Pare possibile ipotizzare, in conclusione, a un rapporto sinergico tra Universit� 
e Pubblica Amministrazione e i dottori di ricerca potrebbero essere un 
gancio di collegamento, figure di raccordo mentre la ricerca non correrebbe 
alcun rischio di impoverimento uscendo dalla propria sede accademica perch� 
andrebbe incontro all�azione, alla traduzione nel concreto, a un pi� visibile 
servizio alla comunit� civile. 
La strada sembrerebbe tracciata, ed � opportuno percorrerla con la dovuta 
gradualit� e con le necessarie innovazioni legislative, ma anche oltre il dottorato 
di ricerca. 
(15) Il Consiglio europeo straordinario tenutosi a Lisbona il 23 ed il 24 marzo 2000 ha stabilito 
per l�Unione Europea un obiettivo strategico che prevede, tra l�altro, una politica attiva dell�occupazione 
che attribuisca una pi� elevata priorit� all�attivit� di apprendimento lungo tutto l�arco della vita. 
R E C E N S I O N I 
AA.VV., a cura di F. GIAMPIETRO (*), Commento alla direttiva 
2008/98/Ce sui rifiuti. Quali modifiche al Codice dell�ambiente? 
(IPSOA, 2009, pp. V-XXI-288) 
Non � sfuggito ai primi commentatori della direttiva 2008/98/CE �relativa 
ai rifiuti e che abroga alcune direttive� - pubblicata sulla GUUE n. L 312 del 
22 novembre 2008 - che tale atto normativo, in vigore in sede comunitaria a 
partire dal 12 dicembre 2008 (art. 42), rappresenta il nuovo �scenario� nella 
disciplina europea (e di quella futura) sulla produzione e gestione dei rifiuti, 
da prendere in considerazione nei 27 Paesi dell�Unione. Composta di 43 articoli 
e di 5 Allegati, si qualifica quale �punto di arrivo� (ma provvisorio) di un 
processo di elaborazione pluriennale - a partire dal 2002 - dell�originaria direttiva 
75/442/CEE e della sua codificazione, definita con la (vigente) direttiva 
2006/12/CE sui rifiuti, di cui dispone l�abrogazione a partire dalla data del 12 
dicembre 2010 (art. 41, par. 1), unitamente alle direttive 91/689/CEE sui rifiuti 
pericolosi e 75/439/CEE sugli oli usati, in essa riassorbite. Entro quella stessa 
data, gli Stati membri sono tenuti a dare ad essa attuazione (art. 40, par. 1). 
Pi� precisamente, la nuova disciplina ha aperto, contemporaneamente, 
due �cantieri� legislativi, uno comunitario, per le tante previsioni di interventi 
integrativi ed esecutivi delle sue molteplici prescrizioni (un vero e proprio 
work in progress anche per la Commissione) ed uno interno, cui dovr� attendere 
il legislatore nazionale dei Paesi membri (e quindi il nostro Legislatore, 
gi� alle prese con precedenti interventi �correttivi� del T.U.A., vigente dal 29 
aprile 2006 ..., cfr., da ultimo, la legge-delega n. 69/2009). 
(*) Franco Giampietro, titolare di Studio Legale Ambientale in Roma, gi� Magistrato ordinario 
(sino al 1994); Fondatore e condirettore Rivista Consulenza Ambientale (ora Ambiente & Sviluppo) 
dell�IPSOA. Presidente Associazione Giuristi ambientali (www.giuristiambientali.it). Autore di volumi 
e pubblicazioni in materia ambientale. Docente universitario a contratto.
270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Indiscussa l�opportunit� di un contributo interpretativo �parallelo� di natura 
giuridica e tecnica per consentire al lettore di riesaminare le problematiche 
giuridiche (cui sono dedicati otto degli undici capitoli del volume) alla 
stregua di puntualizzazioni integrative di concetti o criteri di valenza tecnicoscientifica, 
gli Autori del volume (F. GIAMPIETRO, D. R�TTGEN, G. GARZIA, F. 
BENEDETTI, M. MEDUGNO, A. BORZ�, A. MURATORI, V. GIAMPIETRO, A.L. VERGINE) 
hanno concordato di suffragare l�esame dei possibili significati delle 
nuove regole, tenendo in considerazione: 
a) la fase preparatoria pluriennale (2002 - 2007) del testo della direttiva, 
quale scaturisce da una serie di documenti, provenienti per lo pi� dalla Commissione, 
predisposti a partire dal Sesto Prograrama comunitario d�azione in 
materia di ambiente, adottato il 22 luglio 2002 dal Parlamento e dal Consiglio, 
con decisione n. 1600/2002/CEE; 
b) il dibattito e, a volte, la contrapposizione delle proposte, tra Commissione, 
Consiglio e Parlamento europeo, nel corso dei lavori preparatori, sviluppatisi 
nell�arco di quasi tre anni e che hanno condotto alla versione 
definitiva della direttiva, sottoponendo a vaglio l�originaria proposta della 
Commissione COM 2005 (667); 
c) gli orientamenti �fondativi� della Corte di Giustizia, formatisi sui nodi 
essenziali della direttiva 75/442/CE e succ. modifiche (per es., su ci� che � rifiuto 
e ci� che non lo � perch� sottoprodotto; sulle definizioni di recupero e 
riciclaggio; sulla distinzione tra smaltimento e recupero ecc.) per verificare se 
ed in che misura siano stati �convalidati� ovvero risultino �superati� dai nuovi 
precetti. 
d) N�, infine, poteva mancare un�analisi fondata sul confronto testuale 
tra il dettato della nuova direttiva (e delle specifiche direttive in essa assorbite) 
e quello della direttiva 2006/12/CE, mirato a cogliere, accanto alle varianti 
letterali, illuminate da 49 premesse (...), nonch� obiettivi, scadenze ed istituti 
nuovi, che evidenziano una pi� penetrante attuazione dei principi di tutela 
ambientale del Trattato, troppe volte invocati in termini generali e, soprattutto, 
generici. 
In sintesi, la direttiva in commento � apparsa caratterizzata dalle seguenti 
�linee di tendenza�: 
1) Si coglie la realizzazione di un�effettiva semplificazione legislativa del 
quadro comunitario vigente in materia di produzione e gestione di rifiuti, pur 
tenendo conto delle disposizioni transitorie sulla sua data di entrata in vigore. 
E� sufficiente qui richiamare le nuove definizioni (di recupero, smaltimento, 
riciclaggio ecc.), contenute nell�art. 3; la pi� duttile nozione di rifiuto, ove 
comparata con quelle del sottoprodotto e della materia prima secondaria, a 
valle del recupero (e del riciclaggio) ex artt. 5 e 6. 
2) Si rileva, inoltre, l�accentuazione della tutela preventiva nella produzione 
oltre che nella gestione dei rifiuti, sia con disposizioni vincolanti (come
RECENSIONI 271 
quelle sul riutilizzo dei prodotti ovvero sulla preparazione per il riutilizzo, 
nonch� sui programmi di prevenzione, ex artt. 29-33), sia con disposizioni 
programmatiche, che, in applicazione del principio della valutazione del ciclo 
integrale della vita di un prodotto (il c.d. �life cycle analysis�), e quindi del 
suo processo produttivo), ne considera i carichi energetici e ambientali, nelle 
varie fasi di vita. 
3) Va, infine, sottolineato un approccio metodologico pi� duttile (oltre 
che pi� articolato) del nuovo regime rispetto a quello codificato con prescrizioni 
rigide ed astratte dalla direttiva 2006/12/CE, citata. Nello stesso senso, 
si consideri che l�entrata a regime della nuova disciplina si radica sulla (prevista) 
continuativa collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione, necessaria 
per �integrare� alcuni precetti e regole tecniche. 
Si tratta di un regime che, pur con le sue luci (e le sue ombre ...) si caratterizza 
come un work in progress, nel quale gli Stati membri sono (forse con 
un tasso maggiore che nel passato ...) corresponsabili del suo successo o del 
suo fallimento, soprattutto rispetto all�obiettivo di un�effettiva armonizzazione 
delle regole nel mercato unico ... 
Le ultime osservazioni giustificano la necessit�, avvertita dai Coautori 
del presente volume di esaminare i possibili effetti della direttiva commentata 
(e di quella sulla tutela penale dell�ambiente: 2008/99/CE) sulla vigente disciplina 
del D.Lgs. n. 152/2006 (Parte IV) e su quelle connesse in materia di 
flussi specifici di rifiuti. 
Una volta raggiunta una determinata interpretazione delle nuove prescrizioni 
comunitarie, le si sono messe a confronto con la corrispondente normativa 
�interna� al fine di verificarne �l�impatto�... 
Cos� da offrire al Legislatore nazionale (essendo i lavori in corso ... tramite 
apposita Commissione) una prima proposta di modifica-integrazione 
delle disposizioni vigenti del T.U.A. per adeguarle alla direttiva 2008/98/CE, 
tenendo in considerazione anche i profili penalistici, di cui alla direttiva 
2008/99/CE sulla protezione penale dell�ambiente, che investe i profili sanzionatori, 
configurando ipotesi di delitti ambientali e la responsabilit� degli 
enti.
D O T T R I N A 
L�azione risarcitoria nel processo 
amministrativo dopo la legge n. 69/09 
Andrea Carbone* 
SOMMARIO: 1. L�art. 44 L. 69/09 e l�oggetto del processo amministrativo - 2. Lo stato 
dell�azione risarcitoria - 3. Pregiudiziale e processo amministrativo - 4. La L. 69/09 e la possibile 
evoluzione della tutela risarcitoria. 
1. L�art. 44 L. 69/09 e l�oggetto del processo amministrativo 
L�art. 44 della Legge 18 giugno 2009 n. 69 ha previsto una delega al Governo 
per il riassetto della disciplina sul processo amministrativo: la lett. b) 
del 2� co. del citato articolo 44 sancisce infatti che i decreti legislativi emanati 
in base alla delega devono �disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) 
riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, 
anche rispetto alle altre giurisdizioni; 2) riordinando i casi di giurisdizione 
estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non pi� coerenti 
con l�ordinamento vigente; 3) disciplinando, ed eventualmente riducendo, 
i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la 
tipologia dei provvedimenti del giudice; 4) prevedendo le pronunce dichiarative, 
costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa�. 
La portata della norma � tale da far ritenere che il legislatore delegato 
possa attuare una riforma determinante per il nostro ordinamento processuale. 
Il numero 4) della lettera b), infatti, disciplinando tutte le tipologie di azione, 
(*) Dottorando in Diritto amministrativo presso l�Universit� degli Studi di Roma �La Sapienza�, 
ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato.
274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
pone le basi per il superamento della tradizionale articolazione dell�oggetto 
giudizio amministrativo sull�impugnazione di un provvedimento, un�impostazione 
risalente alla stessa istituzione della IV sezione del Consiglio di 
Stato. 
E� noto infatti che con la legge Crispi del 1889 il legislatore non aveva 
ben chiaro di aver creato una vera e propria giurisdizione amministrativa, che 
si affiancava a quella ordinaria: nella Relazione dell�Ufficio centrale del Senato, 
difatti, si evidenziava che �il nuovo istituto non � un tribunale giudiziario 
speciale o eccezionale, ma rimane nella sfera del potere esecutivo (...). 
E� lo stesso potere esecutivo ordinato in modo da tutelare maggiormente gli 
interessi dei cittadini�. D�altro canto �fu la fortuna che cos� si riguardasse la 
cosa perch�, in caso diverso, la riforma tanto fondamentale per il nostro ordinamento 
giuridico molto probabilmente sarebbe stata irrimediabilmente 
condannata (...): un sindacato di carattere giurisdizionale, con il potere di sospendere 
prima e di annullare o revocare atti dell�amministrazione, sarebbe 
parso contrastante con i concetti [allora] dominanti sulla divisione e l�indipendenza 
dei poteri, quale insopportabile ingerenza giurisdizionale sulla pubblica 
amministrazione, capace di paralizzarne l�attivit� (1)�. 
Solo con l�istituzione della V sezione nel 1907 la dottrina inizi� a prendere 
coscienza del carattere giurisdizionale di questo tipo di controversie. Di 
conseguenza, si inizi� lentamente a considerare quale oggetto del giudizio 
non gi� l�atto impugnato, quanto il rapporto sottostante; processo, invero, 
non ancora del tutto concluso, anche se proprio nell�ultimo decennio si � assistito 
ad una considerevole spinta in tal senso, come si vedr�. 
I limiti infatti di un processo incentrato sull�azione di annullamento 
emergono soprattutto quando si tratta di valutare l�ammissibilit� di azioni diverse 
da quella impugnatoria. 
La stessa elaborazione dell�interesse legittimo quale situazione giuridica 
di carattere sostanziale (2), pienamente tutelata, secondo l�art. 24 Cost. al 
(1) SCIALOIA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in Riv. Dir. Pubbl. 1931, 
I, p. 410. 
(2) In tal senso si noti come in Francia, dove lo sviluppo della giustizia amministrativa � stato 
molto simile a quello intervenuto nel nostro Paese, il giudizio si conserva come strettamente oggettivo 
proprio in ragione della mancata elaborazione di una situazione giuridica sostanziale che legittimi il privato 
a ricorrere: infatti, per adire il juge administratif occorre la mera sussistenza di un interesse (processuale). 
Secondo G. NAPOLITANO (a cura di), Diritto amministrativo comparato, in Corso di diritto amministravo, 
IV, diretto da S. CASSESE Milano, 2007, p. 294, �il sistema francese si connota da sempre per l�impronta 
oggettiva del suo contentieux administrif. (�) L�ampiezza della legittimazione al recours pour exc�s 
de pouvoir, la sua indisponibilit� da parte del ricorrente una volta promosso, l�informalit� che dovrebbe 
caratterizzarlo, la rilevabilit� d�ufficio da parte del giudice di alcuni motivi di illegittimit� (i moyen 
d�odre public), sono tutti caratteri che esprimono la valenza di un controllo oggettivo �del diritto� di 
questo tipo di rimedio�.
DOTTRINA 275 
pari del diritto soggettivo, solo a fatica � riuscita a scalfire l�originaria concezione 
del processo amministrativo, trovando peraltro ostacoli anche nelle 
espressioni utilizzate dalle poche norme in materia, quali l�art. 26 (�decidere 
sui ricorsi (�) contro atti e provvedimenti di un�autorit� amministrava�) e 
l�art. 45 (�se accoglie il ricorso (�) annulla l�atto�) del T.U. Cons. St, nonch� 
l�art. 26 della L. 1034/71 (�il Tribunale amministrativo regionale (�) se accoglie 
il ricorso (�) annulla l�atto�). Come giustamente si � rilevato (3), �si 
tratta ora di verificare se questa origine della giurisdizione amministrativa 
sia tale da escludere che una volta che quel potere di annullamento � confluito 
nella giurisdizione detta di legittimit�, questa non possa atteggiarsi altrimenti 
per sua intima essenza che come giurisdizione di annullamento, oppure se il 
sindacato interno sul modo di esercizio del potere possa essere invocato anche 
attraverso una domanda diversa da quella dell�annullamento di un atto amministrativo 
che si assuma viziato�. 
Per quanto concerne in particolare le azioni di condanna, un primo timido 
accenno in tal senso nel giudizio amministrativo si trova nell�art. 26 
della L. 1034/71, secondo cui il g.a. �nelle materie relative ai diritti attribuiti 
alla sua competenza esclusiva e (rectius o) di merito pu� condannare l�amministrazione 
al pagamento delle somme di cui risulti debitrice�. Le altre pretese, 
invece, potevano trovare soddisfazione solo davanti al giudice ordinario, 
previo, se del caso, annullamento dell�atto lesivo (4). 
Recentemente l�art. 35 del d.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998 aveva previsto, 
nelle materie dei servizi pubblici, dell�edilizia e dell�urbanistica, devolute 
alla giurisdizione esclusiva del g.a., la possibilit� di disporre �anche attraverso 
la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto�. Tale 
norma � stata poi modificata dalla L. 205/00, che ha esteso il riferimento a 
tutte le materie oggetto di giurisdizione esclusiva, per questa parte non censurata 
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204/04. 
La stessa legge, inoltre, seguendo l�indirizzo giurisprudenziale della 
Cass., Sez. Un., n. 500 del 22 luglio 1999, ha riformato il 3� co. dell�art. 7 
della L. 1034/71, stabilendo che il T.A.R., nell�ambito della sua giurisdizione 
[dunque anche di legittimit�], conosce anche di tutte le questioni relative all�eventuale 
risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in 
Anche A. MASUCCI, Il processo amministrativo in Francia, Milano, 1995, p. 32, rileva che �nel ricorso 
per eccesso di potere il ricorrente non invoca un suo diritto (son droit), ma difende il Diritto (le Droit); 
ed ancora, il processo per eccesso di potere non � un processo tra le parti, ma un processo fatto all�atto; 
al giudice non viene chiesta la condanna di qualcuno, ma l�annullamento di qualcosa. Al giudice, cio�, 
viene richiesto (solo) di riconoscere l�illegittimit� di un atto amministrativo e di pronunciare, conseguentemente, 
il suo annullamento. 
(3) CAIANIELLO, Le azioni proponibili e l�oggetto del giudizio amministrativo, in Foro amm, 1980, 
p. 854.
(4) In tal senso cfr. R. CARANTA, L�inesistenza dell�atto amministrativo, Milano, 1990, 99.
276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. E� stata cos� 
introdotta in definitiva l�azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi. 
Inoltre, tra le azioni di condanna ad un facere specifico, � stata introdotta 
la condanna all�accesso ai documenti della P.A. (art. 24 L. 241/90) nonch� 
l�azione avverso il silenzio inadempimento (art. 21 bis L. 1034/71 come modificata 
dalla L. 205/00). 
L�ampliamento delle azioni proponibili davanti al g.a., aveva gi� portato 
la dottrina pi� attenta (5) a ritenere maturi i tempi per il superamento dell�impostazione 
tradizionale, mediante la concezione di una pluralit� di oggetti 
del giudizio diversi a seconda della pretesa richiesta. �Ci� non significa che 
accanto all�oggetto principale, ci possa poi essere un oggetto ulteriore, possiamo 
dire eventuale, connesso alla diversa pretesa, quella risarcitoria, fissata 
dal terzo comma dell�art. 7 della legge istitutiva del TAR (�). L�esigenza di 
assicurare l�effettivit� della tutela viene pesantemente mortificata da una ricostruzione 
dell�oggetto del giudizio amministrativo della giurisdizione generale, 
nei termini che si sono appena prospettati� (6). 
Nel tentativo poi di unificare le differenti pretese oggettive, questa teorizzazione 
si richiama all�antica ricostruzione dell�oggetto del giudizio amministrativo 
quale l�interesse legittimo fatto valere (7), nonch� alla pi� 
recente concezione che ravvisa nel rapporto amministrativo l�oggetto del giudizio 
(8), per concludere che l�oggetto della giurisdizione di legittimit� � la 
(5) Si veda in tal senso A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, 
Padova, 2001. 
(6) A. POLICE, La pluralit� delle pretese, unicit� dell�azione e oggetto del processo amministrativo, 
in Giudice amministrativo e tutela in forma specifica a cura di A. ZITO e D. DE CAROLIS, Milano, 2003, 
pp. 18-19. 
(7) O. RANELETTI, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, Milano, 1934, 
p. 161 e pp. 391 ss.; U. BOSSO, La giustizia amministrativa, Padova, 1941, pp. 204 ss.; U. FORTI Diritto 
amministrativo, vol. III, Napoli, 1945, pp. 551 ss.; G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 
1958, vol. I, pp. 186 ss., vol. II, pp. 178 e 201 ss. 
(8) M.S. GIANNINI, A. PIRA, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei rapporti 
nei confronti della pubblica Amministrazione, in Enc. Dir., vol. XIX, Milano, 1970, p. 225; M.S. GIANNINI, 
La giustizia amministrava, Roma, 1959, p. 184, secondo cui �l�oggetto del processo amministrativo 
non differisce dall�oggetto del giudizio civile, ed � la pretesa o affermazione o domanda o come altro la 
si voglia qualificare (a seconda dell�ordine concettuale di teoria generale che si voglia seguire) dell�amministrato. 
E� costui che determina il contenuto della domanda giudiziale, e quindi il contenuto del processo 
e della correlativa pronuncia. Questo non significa che il processo amministrativo sia identico al 
processo civile; significa solo che non differisce in quanto all�oggetto. Se differenze vi sono, esse provengono 
da altri fattori, dei quali principali sono due: che il petitum (l�oggetto della domanda giudiziale) 
� obbligato e consiste solo nella richiesta di annullamento dell�atto impugnato, e che questo � un provvedimento 
amministrativo, ossia un atto dotato di imperativit��. 
Anche L. TARANTINO, L�azione di condanna nel processo amministrativo, Milano, 2003, p. 104, ritiene 
che �la materia del contendere dinanzi al giudice amministrativo riguardi il pi� ampio rapporto esistente 
tra cittadino ed amministrazione. Infatti, se un posto di primaria importanza spetta alla posizione sostanziale 
del privato, che agendo reclama l�intervento del giudice, non per questo pu� essere obliterato 
l�interesse pubblico�.
DOTTRINA 277 
pretesa fatta valere del ricorrente. �La mutata ampiezza e consistenza dei poteri 
decisori del giudice (�) , infatti, arricchisce inevitabilmente il contenuto 
della domanda giudiziale il cui oggetto diventa la riparazione della lesione 
di una situazione giuridica del ricorrente che arrechi a quest�ultimo un danno 
ingiusto� (9), tanto da far parlare di una rinnovata giurisdizione di legittimit� 
che prenderebbe il nome di giurisdizione di �spettanza�. 
A questi progressi della dottrina si � per� finora contrapposta la prevalente 
giurisdizione, ferma nel ribadire la tradizionale impostazione impugnatoria 
del giudizio amministrativo (10). 
2. Lo stato dell�azione risarcitoria 
L�elaborazione di un�azione risarcitoria per lesione di un interesse legittimo 
ha avuto un iter lungo e travagliato, in parte legato all�evoluzione della 
struttura stessa del processo amministrativo. 
E� noto infatti come negli anni �20 del secolo ormai trascorso, la giurisprudenza 
discusse su quale dovesse essere il criterio da adottare per il riparto 
della giurisdizione tra g.o. e g.a., se il petitum ovvero la causa petendi. La 
definitiva opzione per quest�ultima comport� l�impossibilit� di esperire la 
c.d. doppia tutela, cio� di poter adire, anche cumulativamente, il g.a. per l�annullamento 
dell�atto e il g.o. per il risarcimento dei danni, a prescindere dalla 
situazione giuridica dedotta in giudizio. Tale impostazione gett� le basi per 
un diniego della tutela risarcitoria del caso di lesione di interesse legittimo, 
poich� da un lato il g.o. non poteva conoscere tali situazioni giuridiche soggettive, 
e peraltro, riteneva sussistere il �danno ingiusto� ai sensi dell�art. 
2043 solo laddove fosse stato leso un diritto soggettivo; dall�altro canto il 
g.a. non aveva la competenza a pronunciare una sentenza di condanna nei 
confronti della P.A., salva l�ipotesi del pagamento di somme di denaro di cui 
l�amministrazione risultasse debitrice (art. 26, co. 3, L. 1034/71). 
L�unico caso in cui il risarcimento del danno poteva essere accordato si 
verificava quando, a seguito dell�annullamento di un atto da parte del g.a. 
(appunto pregiudiziale), la situazione giuridica di interesse legittimo (neces- 
(9) A.POLICE, Pluralit� delle pretese, cit., p. 28. 
(10) Cons. St., Ad. Plen., n. 12 del 22 ottobre 2007, ove si afferma che �il legislatore �, infine, 
pervenuto a stabilire, con formula che privilegia le ritenute esigenze di concentrazione dei giudizi, il 
criterio della consequenzialit� - evidentemente inteso a confermare la priorit� del processo impugnatorio 
e in vista della prevalenza dell�interesse collettivo al pronto e risolutivo sindacato dell�agire pubblico e 
in vista della convenienza, per la collettivit�, dell�esercizio del sindacato stesso secondo criteri e modalit� 
che, essendo positivamente propri del giudizio di annullamento, da esso non consentono di prescindere 
- ed il criterio della �eventualit�� del risarcimento del danno arrecato all�interesse legittimo, criterio rafforzato 
dalla diversa prescrizione in tema di giurisdizione esclusiva e che, perci�, non solo esclude automatismi 
ma impone i predetti apprezzamenti specifici, possibili soltanto allorch� sia in causa, siccome 
suo oggetto principale e diretto, il provvedimento, con le sue ragioni ed i suoi effetti�.
278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sariamente oppositivo), riacquisiva la consistenza di diritto soggettivo � secondo 
la nota teoria della degradazione dei diritti a interessi per effetto dell�esercizio 
del potere � legittimando il privato ad esperire l�azione ex art. 
2043 davanti al g.o; nelle limitatissime ipotesi, inoltre di cui il legislatore 
aveva previsto la tutela aquiliana per gli interessi legittimi (11), la relativa 
azione andava proposta al g.o. solo previo annullamento dell�atto amministrativo 
invalido di fronte al g.a. 
Tale situazione � che in definitiva comportava per la P.A. una sostanziale 
irresponsabilit� nei confronti dei danni arrecati per lesione di interesse legittimo 
pretensivo (12) � fu superata, dopo i ripetuti richiami della dottrina, 
dalla giurisprudenza della Suprema Corte con la nota sentenza a Sezioni unite 
n. 500 del 22 luglio 1999: questa decisione, sulla base della constatazione 
che ormai per �danno ingiusto� ex art. 2043 non si intendeva pi� quello derivante 
da una lesione di un diritto soggettivo, ma anche di interessi (legittima 
aspettativa, perdita di chance) non qualificabili nemmeno come situazioni 
giuridiche soggettive, reput� irragionevole continuare a negare la tutela risarcitoria 
per l�interesse legittimo (che invece � una situazione giuridica vera 
e propria, tutelata, peraltro, dalla stessa Costituzione); a rafforzare tale conclusione 
si aggiungeva anche l�introduzione, da parte dell�art. 35 del d.lgs. 
n. 80 del 1998, dell�attribuzione al g.a. del potere di condanna al risarcimento 
del danno, anche in forma specifica, in sede di giurisdizione esclusiva (sebbene 
in un primo momento solo in relazione alle materie dei servizi pubblici, 
urbanistica ed edilizia), che rendeva ingiustificato il diniego di tutela laddove 
vi fosse, invece, la giurisdizione di legittimit�. Conseguentemente, l�azione 
risarcitoria � stata assoggettata alle strette maglie del processo amministrativo.
L�introduzione di una siffatta azione, come si � gi� peraltro accennato, 
ha rimesso in discussione i principi tradizionali del giudizio di legittimit�, 
modulato sull�interesse pubblico, in quanto essa si basa sull�interesse del cittadino 
e su logiche di �spettanza� (13). 
La positiva soluzione della risarcibilit� degli interessi legittimi, per�, 
lungi dal comporre definitivamente la questione, comport� invece una serie 
di problemi in merito principalmente legati alla determinazione del giudice 
competente in materia. La sentenza della Cassazione, nell�ammettere la tutela 
(11) L. n. 142 del 19 febbraio 1992. 
(12) Cos� F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2006, pp. 78 ss. Cui si rinvia 
per la tematica dell�evoluzione giurisprudenziale e legislativa del risarcimento del danno da lesione di 
interesse legittimo. 
(13) Cos� F.F. TUCCARI, Annullamento dell�atto e processo amministrativo risarcitorio, Napoli, 
2004, p. 9; G. FALCON, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimit� e giudizio di spettanza, 
in La tutela dell�interesse al provvedimento a cura di ID (Atti del Convengo di Trento, 9-10 novembre 
2000), Trento, 2001.
DOTTRINA 279 
risarcitoria, si espresse in favore del g.o., salvi i casi di giurisdizione esclusiva, 
sul presupposto della concezione della pretesa risarcitoria come diritto 
soggettivo autonomo. Sanc�, inoltre, l�esclusione della subordinazione di tale 
azione al previo esperimento dell�azione di annullamento davanti al g.a, potendo 
il g.o. comunque disapplicare l�atto amministrativo illegittimo ai sensi 
dell�art. 5 all. E della L. 2248/1865. 
Tale assetto, peraltro, non era destinato a durare a lungo, in quanto il legislatore 
del 2000 (14) mut� il quadro di riferimento, non solo estendendo a 
tutti i casi di giurisdizione esclusiva la previsione dell�art. 35 del d.lgs. 80/98, 
ma anche stabilendo, al 3� co. dell�art. 7 della L. 1034/71, che il T.A.R., 
�nell�ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative 
all�eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione 
in forma specifica�, in tal modo attribuendo in ogni caso al g.a. la giurisdizione 
in materia. Conseguentemente, l�azione risarcitoria veniva assoggettata 
alle strette maglie del processo amministrativo tradizionalmente strutturato 
sull�azione impugnatoria. 
Il Consiglio di Stato in sede di Adunanza plenaria (15) afferm� che, in 
forza della nuova situazione configurata dal legislatore del 2000, l�esercizio 
dell�azione risarcitoria, sia in sede di giurisdizione di legittimit� che esclusiva, 
doveva subordinarsi al previo esperimento dell�azione demolitoria del provvedimento 
fonte del danno ingiusto, come peraltro gi� sostenuto dalle Sezioni 
semplici. 
Successivamente la giurisprudenza amministrativa ebbe modo di precisare 
che il risarcimento ben poteva essere chiesto in separato processo, entro 
il termine di prescrizione quinquennale decorrente dal passaggio in giudicato 
della sentenza che annulla l�atto illegittimo (16), ma resta comunque ferma 
la necessaria pregiudizialit� dell�azione impugnatoria (17). 
In un primo tentativo di sottrarre l�azione risarcitoria alla necessit� della 
(14) Ci si riferisce alla l. 205 del 21 luglio 2000. Per un�analisi pi� approfondita si rimanda a V. 
CERULLI IRELLI (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000, pp. 33 ss.; R. CARANTA 
Attivit� amministrativa e illecito aquiliano. La responsabilit� della P.A. dopo la L. 21 luglio 2000, n. 
205, Milano, 2001, pp. 51 ss. 
(15) Cons. St., Ad. Plen., n. 4 del 26 marzo 2003. 
(16) Cons. St., Ad. Plen., n. 9 del 16 novembre 2005; Cons. St., Ad. Plen. n. 2 del 9 febbraio 2006, 
secondo cui �la regola della concentrazione, davanti al giudice dell�impugnazione, anche della cognizione 
della pretesa riparatoria, non conduce ad una diversa soluzione, quando la controversia sul risarcimento 
sia prospettata con autonomo, e successive ricorso, ossia dopo che il giudizio sul provvedimento 
si sia concluso e la relativa decisione sia passata in giudicato. Ed, invero, il nesso fra illegittimit� dell�atto 
e responsabilit� dell�autorit� amministrativa che lo ha posto in essere, non ha diversa natura, n� � meno 
stretto o di diversa intensit� se le due questioni dibattute � quella di non conformit� a legge della misura 
autoritaria e quella di responsabilit� per i danni che ne sono derivati � sono esaminate e risolte in unico 
o in separati giudizi�. Dello stesso avviso Cons. St., Ad. Plen., n. 10 del 18 ottobre 2004. 
(17) Cons. St., Ad. Plen., n. 4 del 26 marzo 2003; Cons., St, sez. VI, n. 5995 del 16 settembre 
2004.
280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
pregiudiziale amministrativa, le Sezioni Unite (18), proponendo un�interpretazione 
restrittiva dell�inciso �nell�ambito della sua giurisdizione�, esclusero 
che la giurisdizione spettasse al g.a. laddove la domanda risarcitoria non fosse 
proposta contestualmente a quella di annullamento del provvedimento. In qual 
caso, competente a conoscere del risarcimento dei danni sarebbe stato il g.o, 
cos� come, a maggior ragione, nel caso di questioni risarcitorie conseguenti 
all�esercizio di attivit� autoritative ma svincolate dalla necessit� di impugnare 
un provvedimento, 
Non sfuggivano i limiti di tale teorizzazione; in tal modo, in sostanza si 
concepiva uno spostamento della giurisdizione per ragioni di connessione, istituto 
affatto sconosciuto nel nostro ordinamento, che lasciava al ricorrente la 
scelta del giudice da adire (19). 
Gi� la Corte costituzionale aveva per� avuto modo di precisare, con la 
fondamentale sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, come il risarcimento del 
danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, non costituiva 
sotto alcun profilo una nuova materia attribuita alla giurisdizione del 
g.a., bens� uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio.
Tale posizione fu rafforzata e ulteriormente specificata con l�altrettanto 
nota sentenza n. 191 dell�11 maggio 2006, con la quale la Corte, pur non volendo 
esprimersi in merito alla natura della situazione giuridica sottesa alla 
pretesa risarcitoria, ovvero sulla natura (di norma primaria o secondaria) dell�art. 
2043 c.c., riconosceva al solo g.a. la competenza a conoscere del risarcimento 
del danno da lesione di interesse legittimo. 
Conseguentemente, l�Adunanza plenaria ribad� la necessit� della pregiudiziale 
amministrava, sia per ipotesi di interessi pretensivi, sia che si tratti di 
pretese risarcitorie concernenti diritti soggettivi �affievoliti� restituiti alla loro 
originaria consistenza (20). 
La Corte di cassazione, immediatamente intervenuta con le c.dd. �tre ordinanze� 
del 2006 (21), fece proprio l�orientamento della Consulta, ribadendo 
che �nel sistema normativo conseguente alla L. 205/00, in tema di tutela giu- 
(18) Cos� Cass., Sez. Un., n. 1207 del 23 gennaio 2006, secondo cui �la connessione legale tra tutela 
demolitoria e tutela risarcitoria � subordinata all�iniziativa del ricorrente, il quale resta libero di 
esercitare in un unico contesto entrambe le azioni passando attraverso il giudizio di ottemperanza per 
ottenere il risarcimento del danno, ovvero di riservarsi l�esercizio separato dell�azione risarcitoria dopo 
aver ottenuto l�annullamento dell�atto o del provvedimento illegittimo, proponendo la sua domanda al 
g.o., cui compete in via generale la cognizione sulle posizioni di diritto soggettivo�. Contra Cons. St., 
Ad. Plen., n. 10/04 e 2/06. 
(19) Rilevano il problema MALINCONICO, Risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi: 
riparto di giurisdizione e rapporto tra tutela demolitoria e risarcitoria, in Dir. Proc. Amm., 2006, 4, p. 
1050, e R. CONTI, Commento alla decisione n. 1207 del 2006, in Urb. e app., 2006, p. 419. 
(20) Cons. St., Ad. Plen., n. 2/06. 
(21) Cass., Sez. Un., ord. n. 13659 del 13 giugno 2006, la quale, superando la sua precedente im-
DOTTRINA 281 
risdizionale intesa a far valere la responsabilit� della p.a. da attivit� provvedimentale 
illegittima, la giurisdizione sulla tutela dell�interesse legittimo spetta, 
in linea di principio, al g.a., sia quando il privato invochi la tutela di annullamento, 
sia quando insista per la tutela risarcitoria in forma specifica o per equivalente, 
non potendo tali tecniche essere oggetto di separata e distinta 
considerazione ai fini della giurisdizione�. Solo laddove l�azione della P.A. 
non fosse riconducibile all�esercizio di un potere ovvero si fosse in presenza 
di diritti c.d. incomprimibili la giurisdizione sarebbe stata del g.o. 
Questo assunto non comportava, per�, anche la necessariet� della pregiudiziale, 
in quanto �deve escludersi la necessaria dipendenza del risarcimento 
dal previo annullamento dell�atto illegittimo e dannoso, [cosicch�] al g.a. pu� 
essere chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria 
completiva, ma anche la sola tutela risarcitoria, senza che la parte 
debba in tal caso osservare il termine di decadenza pertinente all�azione di annullamento�. 
Come rimedio per il ricorrente laddove i giudici di Palazzo Spada non si 
fossero uniformati a tale orientamento, la Cassazione configur� il diniego di 
risarcimento per mancanza della previa impugnazione dell�atto come questione 
di giurisdizione (come tale, ricorribile ex artt. 111, u. co., Cost. e 362 
c.p.c.), perch� il g.a. rifiutava di esercitare la giurisdizione che gli apparteneva.
Il Consiglio di Stato, nonostante questa posizione delle Sezioni Unite, 
non mut�, per�, la propria giurisprudenza (22). 
Non pu� non registrarsi, invero, come da tale indirizzo si siano discostate 
alcune pronunce del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana 
che, assecondando l�orientamento degli ermellini, hanno negato la necessit� 
della pregiudiziale, pur sostenendo, come del resto aveva suggerito la 
stessa Cassazione, che la mancanza della previa impugnazione possa essere 
postazione (ord. 1270/06) in merito alla giurisdizione del g.a., afferma che �nel sistema normativo conseguente 
alla L. 205/00, in tema di tutela giurisdizionale intesa a far valere la responsabilit� della P.A. 
da attivit� provvedimentale illegittima, la giurisdizione sulla tutela dell�interesse legittimo spetta, in 
linea di principio, al g.a., sia quando il privato invochi la tutela di annullamento, sia quando insista per 
la tutela risarcitoria in forma specifica o per equivalente, non potendo tali tecniche essere oggetto di separata 
e distinta considerazione ai fini della giurisdizione. E siccome deve escludersi la necessaria dipendenza 
del risarcimento dal previo annullamento dell�atto illegittimo e dannoso, al g.a. non pu� essere 
chiesta la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva, ma anche la 
sola tutela risarcitoria, senza che la parte debba in tal caso osservare il termine di decadenza pertinente 
all�azione di annullamento�. Analogamente Cass., Sez. Un., ord. n. 13660 del 13 giugno 2006 e Cass., 
Sez. Un., n. 13911 del 15 giugno 2006. 
(22) Anche dopo le ordinanze delle Sezioni Unite, ritenevano ancora sussistente la regola della 
pregiudizialit�: TAR Puglia, sez. Lecce, n. 3710 del 4 luglio 2006; Cons. St., sez. V, n. 5063 del 30 
agosto 2006; Cons. St., sez. V, n. 4645 del luglio 2006; Cons. St., sez. IV, n. 2136 dell�8 maggio 2007. 
Contra, per�, Cons. St., sez. IV, n. 2822 del 31 maggio 2007; TAR Puglia, sez. Bari, n. 3786 del 24 ottobre 
2006; TRGA, sez. Trento, n. 94 del 24 aprile 2008.
282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
valutata come comportamento negligente del danneggiato, rilevante ai fini del 
combinato disposto degli artt. 2056 e 1227, 2� co, c.c. per l�esclusione parziale 
o totale del risarcimento (23). 
Questa soluzione, giustamente ritenuta compromissoria dalla dottrina 
(24), non appare per� completamente convincente: non si pu� infatti fare a 
meno di rilevare come pi� volte la giurisprudenza civile abbia precisato che il 
dovere di ordinaria diligenza non implica l�obbligo di iniziare un�azione giudiziaria 
(25); sembra inoltre sfuggire ai giudici siciliani che, anche ragionando 
nei termini del 2� co. dell�art. 1227, l�onere della prova in merito alla riconducibilit� 
del danno alla negligenza spetterebbe al danneggiante, cio� alla P.A., 
mentre nelle pronunce richiamate il Consiglio ha in sostanza fatto applicazione 
di una sorta di presunzione al fine di escludere la risarcibilit� del danno. 
Tale interpretazione comunque sembra essere stata disattesa da una successiva 
Adunanza plenaria (26), che, valorizzando il dato letterale dell�art. 7 
TAR (nonch� dell�art. 35 d.lgs. 80/98) sulla natura consequenziale dell�azione 
risarcitoria, ha nuovamente escluso la possibilit� di accordare la tutela risarcitoria 
in mancanza della previa impugnazione dell�atto. 
L�ultima parola, in questo dibattito fin ora senza risultato, � stata della 
Suprema Corte che, con la pi� recente sentenza n. 30254 del 23 dicembre 
2008, ha ribadito, in un lungo obiter dicta, le posizioni gi� espresse nelle tre 
(23) Cos� Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., n. 386 del 18 maggio 2007, secondo cui �in tutti i casi in 
cui la diligente proposizione e coltivazione di tale impugnazione avrebbe potuto evitare il danno o eliderne 
l�entit� � la negligenza del danneggiato possa avere significativa rilevanza sulla definizione della 
domanda risarcitoria, che in tali casi potr� essere in tutto o in parte disattesa alla stregua degli ordinari 
criteri civilistici in liquidazione del danno risarcibile ed in particolare del combinato disposto degli art. 
2056 e 1227, 2� co., c.c.�; analogamente si veda la pi� recente Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. n.. 780 del 
23 settembre 2008. 
Rileva giustamente R. VILLATA L�adunanza plenaria del Consiglio di Stato ritorna, confermandola, 
sulla c.d. pregiudiziale amministrativa, in Dir. Proc. Amm., 2008, 1, p. 302, come la questione andrebbe 
affrontata senza dar peso a profili di opportunit�, in particolare di evitare costi per la p.a., mentre l�atteggiamento 
dei giudici siciliani sembra proprio di questo tenore. 
(24) Cos� R. VILLATA, La Corte di Cassazione non rinuncia al programma di imporre al Consiglio 
di Stato le proprie tesi in tema di responsabilit� della P.A. attribuendo la veste di questione di giurisdizione 
ad un profilo squisitamente di merito, nota a sentenza Cass., Sez. Un., n. 30254/08 in www.giustamm.
it, p. 2. 
(25) Ex multis, Cass. n. 11364/02. 
(26) Cons. St., Ad. Plen., n. 12/07, dove si sostiene che sussiste il vincolo della c.d. pregiudiziale 
amministrativa, che richiede il previo annullamento dell�atto amministrativo al fine dell�ammissibilit� 
della domanda di risarcimento del danno dinanzi allo stesso Giudice amministrativo, perch�: 1) il provvedimento 
amministrativo lesivo di un interesse sostanziale pu� essere aggredito in via impugnatoria, 
per la sua demolizione, e �consequenzialmente� in via risarcitoria, per i suoi effetti lesivi, ponendosi, 
nell�uno e nell�altro caso, la questione della sua legittimit�; 2) non cՏ traccia, nella pronuncia della 
Corte Costituzionale, di alcun sospetto di illegittimit� costituzionale, di siffatto disegno ed, anzi, sembra 
agevole inferirne il contrario; 3) diritto ed interesse, bench� molto spesso partecipi di una assimilabile 
pretesa ad un c.d. bene della vita, sono situazioni soggettive fortemente differenziate; il secondo origina 
da un compromesso.
DOTTRINA 283 
ordinanze del 2006. 
Non � per� passato molto tempo che il Consiglio di Stato, con la sentenza 
n. 578 del 3 febbraio 2009, ha nuovamente ribadito la sua linea affermando la 
necessariet� della regola della pregiudiziale (27). 
3. Pregiudiziale e processo amministrativo 
L�assunto dal quale muovono la maggior parte delle pronunce dei giudici 
amministrativi per affermare la sussistenza della regola della pregiudizialit� � 
quello relativo alla natura del processo amministrativo come giudizio di carattere 
impugnatorio, strutturato cio� sulla base dell�azione di annullamento 
di un atto amministrativo. Tale posizione suscitava per� non poche riserve gi� 
prima della L. 69/09, alla luce dell�introduzione del ricorso avverso il silenzio, 
dell�azione di nullit�, del principio di atipicit� delle misure cautelari, di nuovi 
mezzi di prova compresa la CTU, nonch�, appunto, dell�azione risarcitoria. 
Pur non potendosi negare, pertanto, che l�azione impugnatoria esaurisca 
tuttora la stragrande maggioranza del contenzioso davanti al g.a., � necessario 
tuttavia non sottovalutare la portata di queste innovazioni, volte a configurare 
un processo amministrativo avente ad oggetto, piuttosto che l�atto, il rapporto 
dedotto in giudizio. 
La giurisprudenza del g.a., invero, nell�affermare la regola della pregiudizialit�, 
ha sempre posto l�accento sulla sussidiariet� dell�azione risarcitoria 
rispetto a quella di annullamento, tale che �i commendevoli contributi acquisiti, 
in sede dottrinale e giurisprudenziale, in tema di �giudizio sul rapporto�, 
non sembrano condivisibili ove approdino al disconoscimento della natura 
principalmente impugnatoria delle azioni innanzi al g.a., cui spetta non solo 
di tutelare l�interesse privato ma di considerare e valutare gli interessi collettivi 
che con esso si confrontano e, non solo di annullare, bens� di �conformare� 
l�azione amministrativa affinch� si realizzi un soddisfacente e legittimo equilibrio 
tra l�uno e gli altri interessi. Queste essenziali circostanze (�) sembrano 
spiegare e giustificare e la propriet� dell�azione impugnatoria, nel cui ambito 
soltanto � possibile e doveroso esercitare computamente l�anzidetto vaglio di 
legittimit� nonch� misurare spessore e valenza cos� della dedotta situazione 
soggettiva come della denunciata lesione, e la posta consequenzialit� rispetto 
a essa, dell�azione risarcitoria (�). Non si trascuri che il risarcimento del 
danno, oltre che �conseguenziale� � previsto, nell�ambito della processualmente 
qualificante giurisdizione di legittimit�, anche come �eventuale�, con 
un attributo, cio�, che mentre � di regola oggetto di ingiusta pretermissione, 
riassume e sottopone alla consapevolezza del giudice i travagli che le relative 
(27) Ai cui si � ora aggiunta l�ordinanza di rimessione all�Adunanza Plenaria del Cons. St., sez. 
VI, n. 2436 del 21 aprile 2009.
284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
norme hanno inteso risolvere e che, in dottrina, hanno persino indotto a configurare 
come �speciale� la figura in discorso�(28). 
Anche parte della dottrina, inoltre, ha condiviso questo tipo di assetto 
(29).
Sembra a chi scrive, invece, che la regola della pregiudizialit� trovi le 
sue basi piuttosto che su un particolare atteggiarsi del processo amministrativo, 
sulla circostanza � peraltro gi� oggetto di un�attenta analisi da parte della 
giurisprudenza (30) � che il g.a. non ha il potere di disapplicare un atto amministrativo 
illegittimo, a differenza di quanto � previsto per il g.o. dall�art. 
5 All. E L. 2248/1865, secondo cui �le autorit� giudiziarie applicheranno gli 
atti amministrativi ed i regolamenti (�) in quanto siano conformi alle leggi�. 
A questo riguardo si consideri, infatti, come i giudici amministrativi abbiano 
affermato non solo la possibilit� di proporre l�azione risarcitoria successivamente 
a quella di annullamento, ma anche a prescindere da 
quest�ultima, nel caso in cui non sia necessaria al fine di conoscere dell�illegittimit� 
del provvedimento: ҏ chiaro infatti che nessun onere di previa impugnazione 
del provvedimento dannoso pu� addossarsi al suo destinatario 
ove l�atto sia stato rimosso in sede amministrativa, in autotutela (31) o su ricorso 
di parte, oppure se il danno non � prodotto dalle statuizioni costitutive 
nell�atto ma � materialmente causato dalle particolari modalit� di sua esecu- 
(28) Cos� Cons. St., Ad. Plen., n. 12/07. Dello stesso avviso Tar Piemonte, n. 4130 del 13 novembre 
2006. 
(29) Secondo R. DE NICTOLIS, In difesa della �pregiudizialit��, in Foro it., 2007, pp. 3186 ҏ insito 
nel sistema costituzionale che l�atto illegittimo debba essere annullato, essendo lasciato alla legge 
ordinaria non gi� il compito di stabilire forme di tutela che prescindano dall�annullamento dell�atto, ma 
solo di stabilire la tipologia di vizi che consentono l�annullamento, e gli effetti dell�annullamento medesimo. 
Sicch� il risarcimento pu� venire considerato come effetto dell�annullamento, e pu� essere previsto 
dalla legge ordinaria, e non come rimedio autonomo che prescinde dall�annullamento (�). Il potere 
del giudice amministrativo di conoscere del risarcimento del danno non � un�autonoma giurisdizione, 
in quanto rientra nei casi che sono gi� di sua giurisdizione; il risarcimento del danno � pertanto (�) 
un�azione �ulteriore� ed �eventuale�, in quanto il giudice, nell�ambito della sua giurisdizione, conosce 
�anche� dell�eventuale risarcimento; sicch� l�azione risarcitoria non pu� essere esercitata come azione 
unica, prescindendo da quella impugnatoria (salvo i casi in cui non vi sia un atto da impugnare, o l�atto 
sia gi� stato annullato in altra sede)�. 
(30) Cos� la stessa Ad. plen. n. 4/03, secondo cui �l�azione di risarcimento del danno pu� essere 
proposta sia unitamente all�azione di annullamento che in via autonoma, ma (�) � ammissibile solo a 
condizione che si sia impugnato tempestivamente il provvedimento illegittimo e che sia coltivato con 
successivo il relativo giudizio di annullamento, in quanto la g.a. non � dato di poter disapplicare atti 
amministrativi non regolamentari�. Cos� come Cons. St., sez. VI, n. 3338 del 18 giugno 2002, secondo 
cui �l�assenza di un potere di disapplicazione in capo al g.a., che pu� solo conoscere in via principale 
atti amministrativi di natura non regolamentare e non anche disapplicarli, non costituisce argomento di 
carattere meramente processuale, ma assume una valenza sostanziale, in quanto � strettamente collegato 
con il principio della certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, al cui presidio � posto il 
breve termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti amministrativi�. 
(31) Cfr. anche Cons. St., n. 3338 del 18 giugno 2002 e TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 10256 
del 15 luglio 2004.
DOTTRINA 285 
zione� (32), ovvero nel caso in cui il danno derivi da responsabilit� precontrattuale 
(33); nonch� nell�ipotesi che il provvedimento sia gi� stato annullato 
a seguito di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o addirittura 
di ricorso giurisdizionale posto in essere da un soggetto diverso da colui che 
chiede il risarcimento. 
Ancora, e a maggior ragione, nel caso in cui il danno sia causato da un 
atto nullo secondo quanto prevede l�art. 21 septies, stante l�imprescrittibilit� 
della relativa azione, come da ultimo sostenuto dalla giurisprudenza (34). Infatti, 
se nel rapporto tra azione di annullamento e risarcimento del danno � 
quest�ultimo ad essere sottoposto a limiti meno ristretti (in quanto la relativa 
azione si prescrive in cinque anni, mentre quella impugnatoria � sottoposta 
al termine decadenziale di sessanta giorni), nel caso del rapporto atto nullo/risarcimento 
del danno vale la regola opposta; il problema non sarebbe, cio�, 
quello di poter esperire l�azione risarcitoria quando non si pu� pi� far valere 
la nullit� dell�atto: � vero invece il contrario, giacch� la nullit� potrebbe essere 
dichiarata anche quando non pu� pi� essere richiesto il risarcimento. 
Da quanto precisato si evince come l�ostacolo insormontabile per accordare 
al privato la tutela risarcitoria non sia rappresentato dall�impossibilit� 
di un�autonoma impugnativa, quanto piuttosto dall�impossibilit� per il g.a. 
di conoscere dell�illegittimit� dell�atto in via incidentale; ch�, qualora questa 
non sia necessaria, nessun problema sussiste per l�esperimento della sola 
azione risarcitoria. Laddove, per�, il danno sia diretta conseguenza di un atto 
e l�illegittimit� di questo non sia stata acclarata precedentemente in sede giurisdizionale 
ovvero in altra sede, allora il g.a. si trova sprovvisto del potere 
necessario per conoscere di tale illegittimit� (35), che rappresenta un elemento 
costitutivo dell�illecito, in mancanza del quale la domanda non potr� 
(32) Cos� Cons. St., ad. plen., n. 9 del 30 luglio 2007, ove si precisa che �nella controversia in 
esame, l�omessa contestazione nel termine di decadenza da parte dei proprietari della dichiarazione di 
P.U. non spiega alcun rilievo giuridicamente apprezzabile, poich� il danno giuridicamente rilevante in 
capo ad essi deriva dall�irreversibile trasformazione e dalla mancata pronuncia del provvedimento traslativo�. 
(33) Cons. St., sez. V, n. 7194 del 6 dicembre 2006. 
(34) Cons. St. sez. V, n. 2872 del 9 giugno 2008. 
(35) Cfr. L. GAROFALO, Eventualit� del risarcimento del danno e pregiudizialit� amministrativa, 
in www.giustamm.it, p. 7, secondo cui �il risarcimento del danno, qualunque sia l�opinione che si abbia 
a proposito della pregiudiziale amministrativa, dipende esclusivamente dall�accertamento dell�invalidit� 
del provvedimento, essendo in esso implicito il riconoscimento della violazione di una situazione giuridica 
soggettiva protetta nella forma dell�interesse legittimo e dunque della riparabilit� delle conseguenze 
pregiudizievoli al patrimonio e alla persona derivanti da siffatta violazione. Solo che 
quell�accertamento, in quanto necessariamente immanente all�annullamento, per giunta capace di azzerare 
o restringere le conseguenze pregiudizievoli test� indicate, si pu� conseguire, in virt� di una scelta 
del legislatore che non pecca di incoerenza, unicamente passando attraverso l�annullamento del provvedimento 
invalido: che il pi� delle volte sar� quello giudiziale, ma potrebbe comunque essere quello 
derivante dalla fruttuosa instaurazione di un ricorso straordinario o amministrativo o dall�esercizio della 
facolt� di autotutela da parte dell�amministrazione�.
286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
che essere rigettata (si badi, non dichiarata inammissibile). 
Infatti il Consiglio di Stato ha ritenuto preclusa per il g.a. in sede di giurisdizione 
di legittimit� la possibilit� di disapplicare il provvedimento laddove 
invalido (36), non sussistendo alcuna disposizione normativa in tal senso, a 
differenza della pur simile situazione nella materia dell�invalidit� delle delibere 
assembleari delle societ� di capitali, dove l�art. 2749 ter, 3� co., c.c. prescrive 
espressamente la salvezza del risarcimento del danno eventualmente spettante 
ai soci e ai terzi nei casi in cui l�invalidit� non pu� pi� essere pronunciata a 
norma dei due commi precedenti. 
N� sembra potersi accogliere quanto prospettato da parte della giurisprudenza 
amministrativa, secondo cui l�autonomia dell�azione �non si pone in 
contraddizione con la preclusa possibilit� di disapplicazione del provvedimento, 
in quanto disporre il rimedio risarcitorio per gli effetti prodotti dal 
provvedimento vuol dire proprio postulare la sua efficacia e non gi� quindi la 
sua disapplicazione; n� contraddice il dovere della P.A. e degli attori dell�ordinamento 
di agire nel rispetto di atti amministrativi efficaci, posto che il presupposto 
dell�efficacia dell�atto illegittimo � esclusivamente il fatto che la P.A. 
lo abbia emesso e che non lo abbia ritirato� (37). 
Tale assunto non sembra cogliere nel segno: infatti non vi � alcun dubbio 
che l�eventuale danno sia stato determinato proprio dagli effetti prodotti dall�atto; 
danno che, per�, per essere risarcibile deve anche essere ingiusto, ch� 
altrimenti sarebbe giuridicamente irrilevante. Appunto per l�integrazione di 
tale requisito e conseguentemente di tutta la fattispecie risarcitoria � necessario 
accertare l�illegittimit� dell�atto. 
In conclusione, l�impossibilit� di accordare il risarcimento � determinata 
non dall�inammissibilit� della domanda, bens� dalla mancata integrazione della 
fattispecie dannosa, con la conseguenza che la pretesa dovr� essere rigettata 
in quanto non pu� essere provata l�ingiustizia del danno. 
(36) Secondo la nota sentenza Cons. St., sez. V, n. 154 del 26 febbraio 1992, secondo cui il potere 
di applicazione del g.a. deve limitarsi agli atti regolamentari illegittimi, nonch� agli atti non normativi 
solo laddove lesivi di diritti soggettivi (conseguentemente soltanto in sede di giurisdizione esclusiva). 
(37) Cons. St., sez. IV, n. 2822/07. Della stessa opinione R. GAROFOLI, La pregiudizialit�: per un 
superamento regolato, in www.giustamm.it, n. 11/09, p. 5, secondo cui �l�evidenziazione del difetto di 
un generale potere di disapplicazione in capo al giudice amministrativo non pare di per se sola decisiva, 
sol che si consideri l�ontologica diversit� delle operazioni logiche compiute dal giudice che disapplica 
e da quello, invece, il quale, adito con un�autonoma azione di risarcimento del danno, procede alla valutazione 
dell�illegittimit� dell�atto reputato lesivo dall�istante: quest�ultimo, infatti, acclarata, sia pure 
incidenter e non principaliter, l�illegittimit� della determinazione provvedimentale, non la considera 
tamquam non esset ai fini della decisione, ma al contrario pone la stessa determinazione, nella sua riscontrata 
contrariet� all�ordinamento, a fondamento, non certo esclusivo, della decisione di condanna. 
L�atto, quindi, lungi dall�essere disapplicato, accantonato pertanto ai fini della decisione, concorre nella 
costruzione di quel quadro di elementi, oggettivi e soggettivi, necessari perch� possa reputarsi integrata 
la fattispecie di responsabilit� dell�amministrazione�.
DOTTRINA 287 
4. La L. 69/09 e la possibile evoluzione della tutela risarcitoria 
In questo quadro si inserisce la legge n. 69/09. Occorre allora valutare 
come possa trovare attuazione la delega in merito all�azione risarcitoria. 
La necessit� che il legislatore preveda espressamente un�azione autonoma, 
non subordinata al previo annullamento dell�atto illegittimo, � un�esigenza 
che non pu� essere pi� disattesa se si vuole accordare al privato 
vittorioso il sostanziale soddisfacimento dei propri interessi, anche in considerazione 
della piena attuazione dell�art. 24 Cost. 
Pur tuttavia non bisogna sottovalutare i possibili problemi che deriverebbero 
da una siffatta soluzione. Pi� volte si � infatti ripetuto che la possibilit� 
per il privato di chiedere unicamente la tutela risarcitoria e, per l�effetto, il 
mancato annullamento del provvedimento comporterebbe di fatto un duplice 
danno per la P.A. (38), in quanto da un lato sarebbe costretta a risarcire il 
danno, senza che per� sia avvenuto, per contro, il ripristino della legalit� dell�azione 
amministrativa. 
La dottrina ha avuto modo di precisare come in realt� in molte ipotesi il 
costo dell�annullamento possa risultare molto pi� ingente rispetto a quello del 
mero risarcimento: �si pensi al caso della ripetizione di un concorso pubblico. 
A quello dell�annullamento di un piano regolatore gi� approvato, o a quello 
di un appalto pubblico, quando le prestazioni siano gi� in tutto o in parte eseguite: 
in questi casi (�) non si pu� negare che sarebbe decisamente pi� conveniente, 
per la finanza pubblica, risarcire i singoli (pochi) privati e mantenere 
in vita i provvedimenti adottati�(39). Senza considerare che la scarsit� di risorse 
pubbliche non dovrebbero in alcun modo andare a detrimento delle tutela 
giurisdizionale (40). 
Pi� difficile superare l�obiezione, sollevata da attenta dottrina, che con 
l�ammissibilit� del risarcimento anche a prescindere dall�annullamento del- 
(38) Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 603 dell�8 febbraio 2001, secondo cui vi sarebbe �un 
duplice danno per la collettivit� (�) di un�azione amministrativa scorretta ormai acquisita e di una sia 
pur parziale duplicazione dei relativi oneri�. 
(39) Cosi M. ALLENA, La pregiudiziale amministrativa fra annullamento e tutela risarcitoria, in 
Dir. proc. amm., 2006, 1 p. 132. 
Dello stesso avviso C. VARRONE La pregiudizialit� amministrativa; un mito in frantumi, in www.giustamm.
it , p. 2, secondo cui �pu� accadere che un sano pragmatismo � talvolta in grado di tutelare meglio 
la stessa amministrazione. Basta pensare gli effetti devastanti, sul piano finanziario, che derivano dall�azzeramento 
delle procedure pubblicistiche per la realizzazione di fondamentali opere infrastrutturali, 
che sarebbe possibile in qualche caso evitare con un modesto risarcimento a favore del contrinteressato, 
il cui terreno ad esempio, � stato interessato dal provvedimento ritenuto illecito e che, frattanto, � stato 
sospeso dal giudice amministrativo. In una recente indagine del Sole24ore era detto che il costo per la 
realizzazione delle opere pubbliche subisce un aumento medio del 30% a causa del contenzioso giudiziario 
e dei ritardi che in tal modo si accumulano�. 
(40) Come correttamente rileva A. ZITO, Il danno da esercitare illegittimo della funzione amministrativa. 
Riflessioni sulla tutela dell�interesse legittimo, Napoli, 2003, p.15.
288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
l�atto si rimette �in sostanza all�interessato la possibilit� di �scegliere� tra chiedere 
al giudice di assicurare un�effettiva giustizia nell�amministrazione e 
quella di lasciare in vita una situazione di ingiustizia sostanziale, purch� (41) 
il proprio interesse economico venga soddisfatto�. E� chiaro, infatti che il privato 
valuter� esclusivamente il proprio interesse nell�effettuare tale scelta; n� 
sembra venire in aiuto il combinato disposto degli artt. 2056 e 1227, 2� co., 
c.c., perch� come sopra si � detto l�onere della prova dell�evitabilit� del danno 
sarebbe alla P.A.. 
In considerazione di tali obiezioni sembra che l�eventuale previsione di 
un�azione risarcitoria autonoma debba essere subordinata all�inserimento di 
tre disposizioni, volte ad evitare che la tutela degli interessi privati si risolva 
in un pregiudizio eccessivo per la P.A. sar� pertanto necessario: 
- un termine non eccessivamente lungo entro il quale l�azione possa essere 
esperita, di modo da non minare la certezza dell�azione amministrativa (42). 
- una deroga espressa per tutte quelle situazioni la cui particolare delicatezza 
richieda necessariamente il previo esperimento dell�azione di annullamento 
(43). 
- la limitazione al risarcimento per equivalente, non essendo possibile accordare 
la reintegrazione in forma specifica laddove l�atto sia rimasto efficace. 
Solo in tal modo la tutela degli interessi privati trova un effettivo contemperamento 
dell�interesse pubblico. 
(41) M.A. SANDULLI, Finalmente definitiva certezza sul riparto di giurisdizione in tema di �comportamenti� 
e sulla c.d �pregiudiziale� amministrativa?, in www.giustamm.it, p.4. 
Cos� anche V. CESARONI, Le ragioni (anche) dell�interesse pubblico per un diritto sempre ragionevole, 
su Rass. Avv. Stato, n. 3/09, p. 1. 
(42) Si veda Cons. St., sez. VI, n. 2436/09, che nel rimettere, come si � detto, all�adunanza plenaria 
la questione della pregiudizialit�, ha evidenziato una possibile incompatibilit� con �l�art. 81 ult. co., 
poich� un�azione risarcitoria svincolata dal termine di decadenza dell�azione impugnatoria determina, 
insieme alla riapertura di un consistente contenzioso da tempo definito, un aggravio ed una imprevedibilit� 
di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica�. 
(43) Si pensi ad es., in materia di pubblici appalti, al rischio di comportamenti collusivi tra il 
primo ed il secondo classificato della procedura selettiva, laddove si accordino per la non impugnazione 
dell�aggiudicazione e per la richiesta di risarcimento danni, determinando una grave lesione dell�interesse 
pubblico. Rileva il problema anche V. CESARONI, Le ragioni (anche ) dell�interesse pubblico, cit., p. 1.
DOTTRINA 289 
La tutela cautelare ante causam 
nel processo amministrativo 
In attesa dell�attuazione della direttiva ricorsi n. 2007/66 
e del nuovo Codice del processo amministrativo 
Alfonso Mezzotero* 
PREMESSA GENERALE - L�art. 245 del Codice dei contratti pubblici ha introdotto 
(nei commi da 3 a 8) la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, 
indipendente dalla previa introduzione del giudizio di merito (in 
tal senso, appunto, ante causam, ossia �preventiva� o �pura�, che non accede 
al ricorso introduttivo, n� � formulata con atto separato e successivo, ma � destinata 
ad essere delibata dal giudice nell�ambito di un processo incentrato 
esclusivamente sulla valutazione della sussistenza o meno dei presupposti per 
la concessione della misura richiesta). 
Nel lavoro che segue vengono illustrate le ragioni della introduzione del 
nuovo strumento processuale nel nostro ordinamento processuale amministrativo, 
decisamente determinata (rectius: imposta) dall�influenza della giurisprudenza 
comunitaria nella definizione di un sistema cautelare capace di tutelare 
adeguatamente le posizioni soggettive di derivazione comunitaria anche innanzi 
ai giudici nazionali, che, peraltro, si erano gi� mostrati sensibili a quest�opera 
di tendenziale ampliamento delle cautele giurisdizionali apprestate al 
ricorrente privato nei confronti dell�agire (e del non agire) amministrativo. 
La disciplina del nuovo rimedio di tutela preventiva se, per taluni aspetti, 
appare modellata sulle corrispondenti norme dettate dal codice di procedura 
civile, per altri se ne differenzia notevolmente in ragione delle peculiarit� del 
processo amministrativo (� il caso, ad esempio, del procedimento inaudita altera 
parte, della non impugnabilit� del provvedimento negativo e dei rimedi, 
azionabili anche d�ufficio, avverso il provvedimento di interinale e provvisorio 
di accoglimento). Il che suggerisce di esaminare i profili comuni e differenziali 
tra i due procedimenti, quale necessaria premessa della successiva analisi della 
(*) Avvocato dello Stato. 
Il presente scritto, presentato al Convegno �Le novit� del processo amministrativo�, tenutosi a Castrovillari 
il 31 gennaio 2009, costituisce una rielaborazione ed aggiormento del saggio redatto dall�A. dal
titolo Il riparto di giurisdizione e gli strumenti di tutela nel codice degli appalti, cap. XXXIX del volume 
Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Commentario sistematico (a cura di 
F. S AITTA), Cedam, 2008. 
In un successivo scritto, di prossima pubblicazione su questa Rassegna, l�A. tratter� il tema della tutela 
cautelare secondo la legge di delega per la codificazione del processo amministrativo ed alla luce delle
disposizioni della bozza di Codice del processo amministrativo. 
290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
disciplina codicistica, della quale vengono evidenziati i diversi nodi problematici, 
che la prassi applicativa sar� chiamata a sciogliere, proprio al fine di 
rendere coerente il nuovo strumento a quelle esigenze di effettivit� della tutela 
giurisdizionale che ne hanno imposto l�introduzione nel nostro ordinamento 
processuale amministrativo. L�accento cade sulla immediatezza e rapidit� 
della tutela, che comporta in primis la garanzia di una tutela cautelare immediata, 
con l�attribuzione al giudice della cautela del potere di adottare 
ogni misura necessaria ad impedire che il giudizio di merito sia inutiliter 
datum. Principio che deve, in ogni caso, necessariamente armonizzarsi con 
quello di garanzia del contraddittorio e di ontologica specialit� del processo 
amministrativo, il quale verte pur sempre sulla tutela del primario interesse 
pubblico, che impone di evitare che il giudice amministrativo possa adottare 
una qualsiasi misura (anche provvisoria ed interinale) sulla base di un accertamento 
sommario e senza che almeno un contraddittore (P.A. o controinteressato) 
sia stato avvisato o messo in condizione di costituirsi. In altri 
termini, le ragioni del ricorrente abbisognevole di tutela cautelare non possono 
comportare l�azzeramento del diritto di difesa in nome dell�esigenza 
del principio di immediatezza della risposta giudiziale alle istanze giurisdizionali. 
In questa direzione si analizzano gli esiti del dibattito sulla tutela cautelare 
nel processo amministrativo e sulla sua (irrinunciabile) interinalit� e 
strumentalit� rispetto all�azione di merito, opportunamente confermata dal 
legislatore delegato, a fronte di tendenze legislative (si vedano le recenti riforme 
del processo cautelare civile e del processo societario) che sembrano 
configurare una tutela cautelare non proprio rigorosamente interinale. 
Particolare attenzione, in questo contesto, verr� dedicata all�esame dei 
limiti sistematici del processo in atto di �civilizzazione� del giudizio amministrativo 
e delle difficolt� di una sua armonizzazione con le norme del codice 
di procedura civile, spesso chiamate in soccorso, ma che rispondono a 
logiche del tutto diverse, il che � fonte di ulteriori incertezze che investono 
il ruolo stesso del giudice amministrativo. Del resto, il processo amministrativo, 
diversamente dal processo civile, diretto solo a dirimere una controversia, 
deve essenzialmente mirare ad assicurare che, anche nella sua azione 
futura, l�Amministrazione conformi il proprio operato alle regole di diritto 
e di buona amministrazione enunciate dalla sentenza. Detto altrimenti, il 
giudice amministrativo non � chiamato solo alla definizione del rapporto 
controverso, ma ad assicurare la �giustizia nell�amministrazione�, in specie 
attraverso la tutela caducatoria e l�indicazione alla P.A. delle regole per il 
futuro modus agendi: si tratta dei noti compiti conformativi dell�azione amministrativa 
affidati al giudice amministrativo e che non possono essere demandati 
alla pronuncia cautelare, la quale deve mantenere la sua non 
autosufficienza rispetto al giudizio di merito, nonostante le recenti novit�
DOTTRINA 291 
intervenute prima nel diritto societario (d.lgs. n. 5/2003) e poi, in generale, 
nella disciplina processualcivilistica (l. n. 80/2005). 
All�esito di tale indagine non poche perplessit� emergono sull�effettivit� 
utilit� del nuovo strumento, non foss�altro per la sua sostanziale sovrapposizione 
agli altri strumenti cautelari ordinari (ossia intra litem), che continuano 
ad essere privilegiati dai ricorrenti (ad oggi, le richieste di concessione 
di misure cautelari ante causam risultano davvero piuttosto limitate). In particolare, 
il rimedio introdotto dal Codice non sembra divergere effettivamente 
dall�istituto della tutela presidenziale delineata dall�art. 21, comma 
9, l. TAR, che presenta caratteristiche affini a quelle della tutela cautelare 
ante causam e che meglio si cala nei meccanismi tipici del processo amministrativo. 
In chiave critica, viene posta in discussione l�opinione di chi ritiene che 
la nuova tutela cautelare, segnata da un alto tasso di celerit�, informalit� e 
snellezza, sia destinata ad accrescere il livello di effettivit� della tutela, rappresentando 
la delibazione dell�istanza ante causam un momento di filtro 
del contenzioso amministrativo utile a deflazionare i ricorsi alla giustizia 
amministrativa, perch� l�adozione di un provvedimento di diniego adeguatamente 
motivato dissuaderebbe i privati dalla proposizione di ricorsi meramente 
dilatori e defatiganti. Se ci� in linea teorica pu� avere un fondamento, 
tuttavia, in senso contrario occorre considerare l�onere, che grava sull�istante, 
di rappresentazione, sia pur sintetica, delle ragioni poste a fondamento 
della richiesta; sicch�, con ogni probabilit�, il giudice, che dovr� 
giudicare iuxta probata et alligata, non sar� in grado, data anche la ristrettezza 
dei tempi, di offrire una motivazione particolarmente ampia, specie 
sul fumus (ove lo si ritenga costituire presupposto per la concessione della 
misura, ad onta della formulazione normativa di cui al comma 3 dell�art. 
245). Dal che consegue, per un verso, che quella particolare funzione di indirizzo 
dell�attivit� amministrativa - propria della tutela cautelare �ordinaria� 
- pu�, dirsi, riguardo alla tutela cautelare ante causam, decisamente abbandonata; 
per altro verso che l�istituto non svolger� nella pratica alcuna effettiva 
funzione deflattiva e di filtro; � ovvio intendere che una misura negativa 
non adeguatamente motivata, non dissuader� il ricorrente dal riproporre 
l�istanza cautelare nelle forme ordinarie. 
Quale considerazione conclusiva si rileva che l�istituto, pi� che rispondere 
ad un�effettiva esigenza di giustizia, � il portato di un obbligo di adeguamento 
dello Stato ai rilievi formulati in sede comunitaria e, alla prova 
dei fatti, potrebbe risultare di scarso impatto pratico, poich� le forme di tutela 
anticipata - seppur non ante causam - appaiono costituire sufficiente garanzia. 
Rispetto alla tutela cautelare monocratica di cui all�art. 21, comma 9, l. 
TAR, il nuovo rimedio nulla effettivamente aggiunge, limitandosi il legislatore 
ad esasperare i presupposti per la concessione della misura, fissando
292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dei requisiti di accesso alla tutela difficilmente riscontrabili in concreto. Sar�, 
quindi, compito dell�elaborazione giurisprudenziale disegnare i confini tra 
l�estrema gravit� ed urgenza e l�eccezionale gravit� ed urgenza, facendo 
oscillare il pendolo della tutela cautelare sull�uno o sull�altro polo, ma, considerato 
il ristretto spazio concettuale tra l�estremo e l�eccezionale, si pu� fondatamente 
prevedere la schiacciante prevalenza di uno dei due strumenti a 
discapito dell�altro. 
Per di pi�, sull�utilit� del nuovo strumento cautelare sembra destinata profondamente 
ad incidere la nuova Direttiva ricorsi 11 dicembre 2007, n. 66, 
che avrebbe dovuto essere attuata entro il 20 dicembre 2009, termine prorogato 
di novanta giorni per effetto della trasmissione dello schema di decreto legislativo 
attuativo al parere delle Commissioni parlamentari, ai sensi dell�art. 1, 
comma 3, l. 7 luglio 2009, n. 88; infatti, la previsione dello standstill period 
per portare ad esecuzione il provvedimento di aggiudicazione e, soprattutto, 
l�effetto sospensivo automatico del ricorso, contemplati dalla nuova direttiva, 
renderanno pressoch� superfluo l�intervento cautelare monocratico ante causam 
e inaudita altera parte, il cui abbandono non dovrebbe essere rimpianto 
da nessuno. 
In attesa che il decreto di recepimento della direttiva 2007/66 e, pi� in 
generale, il nuovo codice del processo amministrativo chiariscano il ruolo 
dello strumento cautelare ante causam, l�auspicio � che, in sede di revisione 
dell�art. 245 - necessaria anche in attuazione della delega di cui all�art. 44 della 
legge comunitaria n. 88/2009 - l�istituto possa assolvere alla medesima funzione 
di effettiva strumentalit� ed interinalit� tipica ed irrinunciabile nel nostro 
sistema processuale amministrativo. Ma la questione, considerata la mancata 
indicazione nella legge delega dei principi e criteri direttivi in ordine ai presupposti 
di proponibilit� dell�istanza cautelare ante causam, non mancher� di 
suscitare ulteriori dibattiti, fermo restando il prevedibile non utilizzo del rimedio, 
neppure a fronte della sua generalizzazione con la prossima entrata in 
vigore del nuovo codice del processo amministrativo. 
** *** ** 
SOMMARIO: 1. Introduzione ed ambito dell�indagine. 2. Il quadro normativo di riferimento 
e le ragioni del superamento della sospensiva. 3. Il principio di effettivit� della tutela 
e della necessaria pienezza dell�intervento cautelare nella giurisprudenza evolutiva della 
Corte costituzionale. 4. Lo standard minimo di tutela cautelare nel processo amministrativo 
degli Stati membri imposto dalla Corte di Giustizia. 5. La legge n. 205/2000 di riforma del 
processo amministrativo positivizza la tutela cautelare atipica e propulsiva. Le tecniche del 
remand e le misure positive-sostitutive ed il loro vincolo conformativo sulla successiva azione 
amministrativa. 6. Il decreto presidenziale: la tutela cautelare provvisoria (intra litem). 7. Il 
decreto monocratico non costituisce uno strumento di tutela cautelare ante causam. 8. La 
nuova frontiera del giudizio cautelare: la tutela ante causam. Analisi dell�evoluzione giuri-
DOTTRINA 293 
sprudenziale interna. 9. Il modello di tutela cautelare comunitaria imposto dalla Corte di 
Giustizia: l�obbligo di introdurre lo strumento della tutela cautelare ante causam da assicurare 
anche nel processo amministrativo e le critiche della dottrina. 10. L�art. 245 del Codice dei 
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE 
e 2004/18/CE, introduce la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo. 11. La 
strumentalit� della tutela cautelare quale postulato inabdicabile e non sacrificabile in nome 
della rapidit� della risposta giurisdizionale. 12. I profili comuni e differenziali della tutela 
cautelare ante causam disciplinata dall�art. 245 del Codice rispetto alla tutela cautelare ante 
causam civile. 13. Analisi della disciplina codicistica della tutela cautelare ante causam: i 
presupposti dell�istanza. 14. La rilevabilit� d�ufficio dell�incompetenza territoriale: dalla migrazione 
cautelare alla tutela cautelare errante? 15. Il regime delle impugnazioni. L�efficacia 
ad tempus del provvedimento cautelare di accoglimento. 16. Il potere di revisione della misura 
cautelare. Profili problematici. 17. Contributo unificato e tutela cautelare ante causam. 18. 
Riflessioni conclusive sulla tutela cautelare ante causam in attesa del nuovo codice del processo 
amministrativo anche alla luce delle novit� introdotte dalla recente direttiva 11 dicembre 
2007, n. 2007/66/CE. 
1. Introduzione ed ambito dell�indagine 
Le riforme che nell�ultimo decennio (l. n. 205 del 2000 e l. n. 80 del 2005) 
hanno investito il processo amministrativo, non solo hanno contribuito ad alterarne 
profondamente l�originaria struttura, ma hanno operato, altres�, una 
incisiva trasformazione della funzione assunta dal giudice nelle liti tra privato 
e pubblica amministrazione. In questo rinnovato contesto il giudice amministrativo 
ha assunto una centralit� sempre pi� marcata nell�assetto istituzionale 
se solo si considerano i nuovi delicatissimi settori economici rimessi alla sua 
giurisdizione esclusiva (dalla materia dei contratti pubblici ai giudizi contro 
gli atti delle Autorit� indipendenti), che gli hanno valso l�appellativo di �giudice 
naturale dell�economia�(1): si tratta, ormai, di un giudice deputato non 
pi� alla sola valutazione di interessi che trascendono quelli specifici dell�amministrazione, 
ma anche a garantire, nell�interesse generale della societ�, il rispetto 
delle regole del mercato. Un giudice che, conseguentemente, deve 
assicurare una tutela certa, rapida ed effettiva, contribuendo cos� a garantire 
anche la competitivit� del Paese. 
A partire dalla fine degli anni novanta, infatti, il legislatore ha introdotto 
significative novit� che, superando le tradizionali restrizioni di un sistema di 
tutela in origine costruito come giudizio di pura demolizione giuridica, hanno 
determinato un clamoroso cambiamento di prospettiva, spostando il baricentro 
(1) In questi termini, da ultimo, M.A. SANDULLI, Fonti e principi. Relazione al Convegno su �La 
Codificazione del processo amministrativo nel terzo millennio� - Roma, 20 maggio 2008. Palazzo Spada, 
in www.giustizia-amministrativa.it. 
294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
del momento processuale dall�atto al rapporto. 
Proprio per tale ragione si pone oggi, ancor pi� che in passato, il problema 
di definire quale sia l�oggetto del giudizio amministrativo, la cui soluzione appare 
particolarmente rilevante, in quanto, a seconda della tesi che si preferisca 
adottare, differenti conseguenze discendono, sia in ordine al rapporto che intercorre 
tra procedimento e processo, sia in merito al ruolo assunto dal giudice in 
quest�ultima sede, variando profondamente, non solo i relativi poteri di cognizione 
e di decisione, ma anche i vincoli imposti sulla successiva attivit� esercitata 
dalla pubblica amministrazione. ComՏ noto, i termini della questione sono tradizionalmente 
riassunti dalle formule �giudizio sull�atto� - �giudizio sul rapporto�, 
espressioni alla base di una �avventurosa partita giocata con la storia 
sul terreno dei massimi principi�(2) tra gli assertori della concezione c.d. oggettiva 
della giurisdizione amministrativa ed i sostenitori di quella c.d. soggettiva: 
gli uni, difensori della tradizionale visione impugnatoria del momento 
processuale; gli altri, sostenitori della pi� evoluta concezione che identifica nel 
processo il luogo in cui deve essere operato un pi� ampio sindacato sul potere 
esercitato dalla pubblica amministrazione, al fine di risolvere il conflitto di interessi 
generato in tale sede dalla crisi di cooperazione nei rapporti tra quest�ultima 
ed il privato. Pi� precisamente, mentre per i teorici del giudizio sull�atto il 
processo decisionale amministrativo (ossia, il procedimento) assume un ruolo 
irrilevante per il diritto, il termine di attacco giudiziale � individuato nel solo 
atto amministrativo (unico parametro di riferimento per l�esame dei processi decisionali) 
ed il giudice assume il ruolo di �mero controllore� della legalit� formale 
(c.d. legittimit�-legalit�) dell�azione amministrativa, non potendo fare altro 
che limitarsi a pronunciare una sentenza costitutiva di annullamento del provvedimento 
impugnato, per quella parte della dottrina che adotta la differente soluzione 
del giudizio sul rapporto, posto che procedimento e processo non vivono 
come mondi separati, ma coesistono ed assicurano entrambi una piena soddisfazione 
degli interessi vantati dal privato nei confronti della pubblica amministrazione, 
il momento procedimentale non solo configura lo schema 
organizzativo su cui si costruisce il rapporto tra il privato e l�amministrazione 
(sempre meno) domina del procedimento, ma finisce altres� per servire il processo, 
in quanto, rendendo trasparenti e conoscibili tutte le operazioni che precedono 
la formazione della decisione amministrativa finale (id est, il 
provvedimento), assicura al contempo la possibilit� di operare un controllo sostanziale 
delle scelte che dalla pubblica amministrazione sono adottate. Ne consegue, 
secondo tale impostazione, che: il termine di attacco giudiziale � 
identificato nell�azione amministrativa (globalmente intesa) che si svolge nel 
procedimento; il giudice amministrativo estende la propria cognizione sull�intera 
attivit� decisionale (ossia su tutti i momenti che precedono l�emanazione del- 
(2) GIANNINI-PIRAS, Giurisdizione amministrativa (voce), in Enc. dir., XIX, 1970, 251.
DOTTRINA 295 
l�atto finale); la sentenza, dovendo garantire la formazione di un giusto assetto 
degli interessi coinvolti, non pu� limitarsi a disporre l�annullamento dell�atto, 
ma deve, nei limiti della domanda fatta valere in giudizio, accertare, altres�, l�obbligo 
che incombe sulla pubblica amministrazione di comportarsi in un determinato 
senso, vuoi con una statuizione contenente un c.d. accertamento 
costitutivo, vuoi con una pronunzia di condanna ad un facere specifico (3). 
Come detto, l�evoluzione legislativa (4), non solo nazionale (come si dir�), 
che canonizza l�evoluzione di una quasi trentennale giurisprudenza amministrativa, 
sembrano decisamente traguardare verso la configurazione del processo 
amministrativo come giudizio sul rapporto (di spettanza): l�atto amministrativo 
non identifica pi� l�esclusivo termine di attacco giudiziale ed il processo non � 
pi� finalizzato alla sola emanazione di una sentenza costitutiva di annullamento, 
dovendo invece aprirsi (5) alla verifica �di ci� che nella vicenda sarebbe comunque 
successo se pure le dedotte illegittimit� non si fossero verificate�(6). 
Le direttrici principali su cui � stata incentrata questa trasformazione sono 
duplici: tale evoluzione, in primo luogo � stata condotta al fine di incrementare 
il livello di pienezza (7) ed effettivit� (8) della tutela giurisdizionale assicurato 
(3) Per una panoramica sulla teoria generale dell�oggetto del giudizio amministrativo, cfr. POLICE, 
Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, Padova, II, 2001, 773 ss.; id., Annullabilit� 
e annullamento (voce), in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2007, 49 ss. 
(4) Per una chiara rassegna delle novit� normative che negli ultimi anni hanno contributo alla trasformazione 
del processo amministrativo, allo scopo di assicurare effettivit�, pienezza ed immediatezza 
della tutela giurisdizionale, si rinvia a GAROFOLI, La giustizia amministrativa: la strada gi� percorsa e 
gli ulteriori traguardi da raggiungere, in www.giustamm.it; sulla pluralit� delle tecniche rimediali (caducatoria, 
risarcitoria, di accertamento, di nullit�) e sull�ammissibilit� di azioni atipiche di accertamento 
innanzi al G.A. il rinvio � d�obbligo a CLARICH, Tipicit� delle azioni e azioni di adempimento nel processo 
amministrativo, in Dir. proc. amm., 2005, 3, 557. 
(5) Sul rapporto tra procedimento e processo si veda, per tutti, NIGRO, Procedimento amministrativo 
e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione (il problema generale di una legge generale 
sul procedimento amministrativo), in Riv. dir. proc., 1980, 252 ss. In proposito, si veda, inoltre, 
CAIANIELLO, Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. proc. amm., 1993, 241 ss.; 
SALA, Procedimento e processo nella nuova legge n. 241, ivi, 2006, 572 ss. 
(6) In questi termini, GAROFOLI, La giustizia amministrativa: la strada gi� percorsa e gli ulteriori 
traguardi da raggiungere, cit.; in senso conforme, POLICE, Amministrazione di risultati e processo amministrativo, 
in Principio di legalit� e amministrazione di risultati, Torino, 2004, secondo cui �il giudizio 
amministrativo, anche quello generale di legittimit�, non si limita (o non si dovrebbe pi� limitare) al 
sindacato di un singolo atto, ma dovrebbe investire l�attivit� complessiva dell�Amministrazione in relazione 
ad un determinato assetto di interessi�. 
(7) In proposito, DE LISE, La pienezza della tutela del cittadino come obiettivo �condiviso� delle 
magistrature supreme, Relazione al Convegno �Il ruolo del giudice: le Magistrature supreme�, Universit� 
degli Studi Roma Tre, 18 e 19 maggio 2007, in www.giustamm.it, secondo cui effettivit� e pienezza 
di tutela costituiscono due valori distinti: mentre l�effettivit� � sinonimo di satisfattivit�, la pienezza 
si identifica con la completezza dei rimedi a protezione del cittadino. 
(8) Sul principio di effettivit� della tutela giurisdizionale nella teoria del processo amministrativo, 
si veda FIGORILLI, La giurisdizione piena del giudice ordinario e attivit� della pubblica amministrazione, 
Torino, 2002; ROMEO, L�effettivit� della giustizia amministrativa: principio o mito?, in Dir. proc. amm., 
2004, 653 ss. 
296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dinnanzi al giudice amministrativo; in secondo luogo, � stata ispirata dall�esigenza 
di garantire una maggiore immediatezza/concentrazione/rapidit� di tutela, 
onde consentire un giudizio pi� veloce ed idoneo a definire la lite tra il 
privato e la pubblica amministrazione entro un termine ragionevole (9). 
Pi� precisamente, in primo luogo, l�intervento di riforma � stato operato 
incrementando gli originari poteri di cognizione e di decisione del giudice, 
con il definitivo riconoscimento in capo a quest�ultimo della possibilit� di verificare 
la validit� sostanziale dell�azione amministrativa (id est, la correttezza 
dell�assetto di interessi coinvolti nel rapporto amministrativo) e di tutelare 
l�interesse legittimo condannando la pubblica amministrazione al risarcimento 
del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, ai sensi dell�art. 
35, d.lgs. n. 80/1998. Ferma restando la consapevolezza della necessit� 
di evitare una ingerenza del giudice nella sfera esclusiva dell�amministrazione 
(quella afferente al merito amministrativo ed alle valutazioni di pura opportunit� 
e convenienza alla stessa spettanti, nella prospettiva dell�ottimale perseguimento 
dell�interesse pubblico), nei diversi casi in cui l�esercizio del potere 
sia correlato ad attivit� vincolata o sia tutto al pi� connotato di discrezionalit� 
tecnica, se da un lato, il giudice amministrativo, al fine di verificare la fondatezza 
della pretesa sostanziale azionata dal ricorrente, potrebbe (rectius, dovrebbe) 
esercitare i suoi poteri cognitori operando un sindacato �diretto, pieno 
e sostitutivo� sugli accertamenti e sulle valutazioni preventivamente operate 
dalla amministrazione resistente, dall�altro, nel decidere sul ricorso questo potrebbe 
(rectius, dovrebbe) assicurare al ricorrente tutto quello e proprio tutto 
quello ch�egli ha diritto di conseguire condannando l�amministrazione ad un 
facere specifico. In questa direzione, il legislatore ha assicurato le condizioni 
per una precisa coincidenza tra oggetto dell�accertamento giudiziale pieno, 
specifica missione del giudice amministrativo, effettiva integrazione del momento 
procedimentale e di quello processuale, facendo perdere al potere di 
(9) Nell�ottica dell�accelerazione dei tempi del processo amministrativo si muove anche il recente 
intervento legislativo di cui all�art. 54, d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (in G.U. n. 147 del 25 giugno 2008 
- Suppl. Ord. n. 152 - in vigore dal 25 giugno 2008), recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, 
la semplificazione, la competitivit�, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione 
tributaria, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133 (in G.U. n. 195 del 21 agosto 2008 - Suppl. Ord. n. 196 
- in vigore dal 22 agosto 2008), che all�art. 54 ha, tra l�altro, ridotto da dieci a cinque anni il lasso di 
tempo necessario per la perenzione straordinaria dei ricorsi amministrativi. La disposizione � stata accolta 
in modo molto critico dalla dottrina: si veda, D�ALESSANDRO, Una norma barbara 2, in www.lexitalia.it; 
id., L�efficienza del processo amministrativo tra soluzioni attuali e prospettive di riforme, ivi; ILACQUA, 
Brevi note sul d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, in www.giustamm.it; PAOLANTONIO, Accelerazione del 
processo amministrativo?, ivi. Da ultimo, nella stessa direzione, si muove l�art. 20, d.l. 29 novembre 
2008, n. 185 (in G.U. n. 280 del 29 novembre 2008 - Suppl. Ord. n. 263), recante Misure urgenti per il 
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro 
strategico nazionale (su cui si veda il relativo Osservartorio in www.giustamm.it), che, all�art. 20, introduce 
un rito speciale per l�impugnazione dei provvedimenti previsti dallo stesso articolo, relativi a 
progetti facenti parte del quadro strategico nazionale. 
DOTTRINA 297 
annullamento la sua originaria ed inadeguata connotazione di rimedio esclusivo 
a disposizione del privato. Atteso che l�atto amministrativo identifica il 
momento conclusivo dell�esercizio di un potere che dopo l�annullamento giurisdizionale 
potrebbe (e/o dovrebbe) essere nuovamente esercitato, � allora 
evidente che �la misura dell�annullamento - per quanto efficace possa apparire 
- non � in alcun caso sufficiente a garantire la soddisfazione dell�esigenza 
di tutela fatta valere con l�azione�(10), in quanto, da un lato, qualora siano 
azionati interessi legittimi �pretensivi�, l�annullamento pronunciato dal giudice 
costituisce solo il punto di partenza che pone le premesse per la successiva 
riedizione del potere, unico mezzo da cui il privato potrebbe �sperare� di conseguire 
la piena soddisfazione della propria pretesa sostanziale; dall�altro, nel 
caso in cui si facciano valere interessi legittimi �oppositivi�, nulla esclude che 
la pubblica amministrazione dopo l�eliminazione dell�atto possa emanare un 
successivo provvedimento che incida per una seconda volta in senso negativo 
sulla posizione di vantaggio dedotta in giudizio dal ricorrente. 
Secondariamente, tale evoluzione � stata realizzata introducendo e potenziando 
gli strumenti preordinati ad evitare i danni che potrebbero conseguire 
dal tempo necessario per definire l�ordinario giudizio a cognizione piena, 
sia mediante l�introduzione di tecniche di tutela differenziate e semplificate 
(artt. 23 bis, 26, l. TAR), sia valorizzando il sistema di tutela cautelare (art. 3, 
l. n. 205 del 2000), che, sebbene in origine fosse stato concepito quale �rimedio 
asfittico�(11), invocabile ad esclusiva protezione degli interessi legittimi oppositivi, 
� stato nel tempo modellato sui principi di atipicit� e tempestivit� di 
tutela, consentendo di ottenere provvedimenti provvisori a contenuto positivo 
e/o propulsivo anche nei confronti degli atti cc.dd. negativi e dei comportamenti 
inerti della pubblica amministrazione. Ipotesi, quest�ultima, nella quale 
non si chiede al giudice della cautela di neutralizzare il provvedimento impugnato 
e di assicurare, quindi, la conservazione, in attesa della definizione del 
giudizio, della situazione in atto, quanto, al contrario, di intervenire con pronunce 
interinali a contenuto c.d. positivo o quanto meno propulsivo. L�adesione 
legislativa, a far data dall�entrata in vigore dell�art. 3, l. n. 205/2000, ad 
una concezione atipica delle tecniche di intervento cautelare, non costituisce 
il frutto del caso, ma rappresenta il prodotto di un graduale processo evolutivo 
che � partito da lontano ed � stato generato da una pluralit� di causali. Se gi� 
prima che intervenissero le recenti riforme legislative la giurisprudenza nazionale, 
in conformit� degli auspici provenienti dalla prevalente dottrina interna, 
aveva potenziato in via pretoria (per come appresso si illustrer�) le forme 
della tutela cautelare del privato nei confronti del potere amministrativo, esten- 
(10) GIANNINI-PIRAS, Giurisdizione amministrativa (voce), cit., 254-255. 
(11) In questi termini, ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di 
merito, in Foro it., 1985, I, 2491 ss. 
298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dendo l�ambito di applicazione del riduttivo quadro normativo previgente a 
fattispecie che da questo in origine non erano contemplate, dall�altro una spinta 
decisiva in favore della codificazione di pi� incisive forme di tutela anticipatoria 
�, inoltre, dipesa dall�influenza prodotta ad opera della normativa e della 
giurisprudenza comunitaria, le quali non soltanto hanno determinato una progressiva 
uniformazione del diritto sostanziale, ma hanno, altres�, operato quali 
principali fattori di una sempre pi� evidente armonizzazione delle regole processuali 
interne. 
La valorizzazione della tutela cautelare ha assunto un ruolo determinante 
per la trasformazione dell�oggetto del giudizio amministrativo (12): mentre 
l�assenza di forme di tutela sommaria e/o urgente avrebbe in passato potuto 
avvalorare la tradizionale concezione che qualificava il processo amministrativo 
come �giudizio sull�atto�, dal momento che il nostro ordinamento conosceva 
solamente meccanismi di protezione volti ad eliminare il provvedimento 
illegittimo (o, quanto meno a paralizzarne temporaneamente l�operativit�), a 
seguito delle innovazioni apportate, dapprima dalla l. n. 205/2000 e, successivamente, 
dal d.lgs. n. 163/2006, si potrebbe sostenere che il legislatore, dilatando 
(rectius, anticipando) le forme di protezione degli interessi legittimi, 
abbia contribuito ad accorciare le distanze tra amministrazione e giudice (13), 
aprendo cos� le porte ad un sempre pi� evidente passaggio verso un sindacato 
incentrato sul rapporto. Nella fase cautelare, infatti, il giudice non si limita ad 
un sommario sindacato della mera legittimit� �estrinseca� dell�atto impugnato, 
ma �entra [integrandosi]�nell�amministrazione attiva�(14), operando una 
piena valutazione degli interessi sostanziali in conflitto al fine di assicurarne 
una provvisoria definizione, il tutto in un momento anteriore rispetto a quello 
in cui verr� successivamente definita la controversia nel merito. 
Ci� premesso, � ora possibile circoscrivere l�ambito di questa indagine. 
Nelle pagine che seguono, dopo aver analizzato l�evoluzione della tutela 
cautelare nel processo amministrativo, si esamineranno le ricadute prodotte 
(12) Le recenti statistiche presentate in occasione dell�inaugurazione dell�anno giudiziario 2008 
hanno rilevato che le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa 
per la Regione Siciliana, nel corso dell�anno 2007, hanno emesso circa 8.000 provvedimenti 
cautelari; i Tribunali amministrativi regionali oltre 34.000. 
(13) Cos�, SATTA, Brevi note sul giudicato amministrativo, in Dir. proc. amm., 2007, 324; in senso 
conforme, ROMEO, Effettivit� della giustizia amministrativa: mito o realt�?, cit., secondo cui con l�emanazione 
della legge n. 205/2000 il Legislatore ha operato �una saldatura tra amministrazione e giustizia 
amministrativa�. Del resto, il Presidente del Consiglio di Stato, Paolo Salvatore, nel discorso tenuto per 
l�inaugurazione dell�anno giudiziario 2008, ha riconosciuto che �il giudice amministrativo, intendendo 
la sua missione come quella di dare giustizia definitiva alle istanze del cittadino anche al fine di conformare 
l�azione amministrativa, soffre nel provvedere alla tutela cautelare, ma �, tuttavia, ben consapevole 
che si tratta dell�unico strumento che l�ordinamento mette a disposizione per assicurare pronta 
ed efficace risposta agli interessi lesi�. 
(14) SATTA, op. cit., 324. 
DOTTRINA 299 
dall�ordinamento comunitario sul sistema di tutela cautelare nel processo amministrativo 
interno; successivamente, si tenter� di appurare se il livello di 
protezione garantito dal giudice amministrativo sia conforme allo standard 
minimo di tutela imposto dalla Corte di Giustizia. Questa operazione ci consentir� 
di verificare se l�istituto della tutela cautelare ante causam, introdotto 
dall�art. 245 del Codice dei contratti pubblici, della quale s�illustrer� la relativa 
disciplina, costituisca effettivamente uno strumento di tutela indispensabile 
ed utile per gli operatori economici, del quale il nostro sistema di giustizia 
amministrativa non poteva fare a meno. 
2. Il quadro normativo di riferimento e le ragioni del superamento della sospensiva 
Il fine cui � preordinato lo strumento cautelare in seno al processo amministrativo 
� quello di porre impedimento a possibili danni non riparabili, derivanti 
dal tempo occorrente per la definizione del giudizio, di fronte 
all�immediata produzione di effetti del provvedimento o del comportamento 
dell�Amministrazione (15). Atteso che l�impugnazione di un provvedimento 
amministrativo non ne sospende automaticamente l�esecutivit�, � fortemente 
sentita l�esigenza di garantire che il privato ricorrente, il quale possa vantare 
una pretesa fondata, quantomeno in termini probabilistici, non abbia a soffrire 
del tempo necessario per addivenire ad una pronuncia satisfattiva, in omaggio 
al principio della pienezza ed effettivit� della tutela giurisdizionale ex artt. 24 
e 113 Cost., nonch� al principio del giusto processo di cui all�art. 111 Cost., 
mutuato dall�ordinamento comunitario, in base al quale, tra l�altro, occorre 
assicurare ai cittadini una durata ragionevole dei giudizi (16). Ne consegue 
una particolare rilevanza del processo cautelare che diviene il momento centrale 
della causa, perch� in tale sede si riesce ad avere quell�anticipo di giustizia 
che poi diventer� definitiva quando vi sar� la sentenza sul merito. 
Per delineare un quadro delle pi� importanti tappe evolutive della tutela 
cautelare nel processo amministrativo occorre compiere un breve excursus 
storico che consentir� di comprendere le ragioni della radicale trasformazione 
(15) In tal senso, ex pluribus, Cons. St., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6301, in Foro amm. CdS, 
2004, 2608. 
(16) Sull�applicazione al processo amministrativo del principio di ragionevole durata, si veda AULETTA, 
La ragionevole durata del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2007, 4, 959; M.A. SANDULLI, 
I principi costituzionali e comunitari in materia di giurisdizione amministrativa, in Foro amm. 
Tar, Osservatorio di giustizia amministrativa, 7-8, 2009 e in www.federalismi.it. In giurisprudenza, si 
segnala: Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2009, n. 1732, in Foro amm. CdS, 2009, 1, 35 ss., con nota di 
MARI, La durata ragionevole del processo amministrativo: giudizio di cognizione e giudizio di ottemperanza 
come fasi distinte o congiuntamente valutabili? Considerazioni alla luce delle peculiarit� del 
giudizio di ottemperanza rispetto all�esecuzione civile.
300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
di tale strumento dalla sua originaria configurazione sino alle pi� recenti novit� 
disciplinatorie (l. n. 205/2000 e d.lgs. n. 163/2006) (17). 
Originariamente, la tutela cautelare era disciplinata dall�art. 12 della legge 
istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato (l. 31 marzo 1889, n. 5992), 
ove si prevedeva che la proposizione del ricorso avverso l�atto amministrativo 
lesivo non spiegasse effetto sospensivo, salva la ricorrenza di �gravi ragioni�. 
La sospensione dell�efficacia del provvedimento amministrativo, all�epoca 
unico strumento di tutela di tipo cautelare avverso gli atti della pubblica amministrazione, 
nelle more della pronuncia definitiva di merito, era considerata 
una eccezione al principio della imperativit� del provvedimento amministrativo. 
Tale impianto rimase fermo con il varo del T.U. sul Consiglio di Stato (t.u. 
26 giugno 1924, n. 1054), il cui art. 39 ribadiva l�esclusione dell�effetto automaticamente 
sospensione del ricorso e circoscriveva le ipotesi di sospensione 
alla sola ricorrenza di gravi ragioni. 
Meramente confermativo della impostazione tradizionale risult�, poi, l�assetto 
normativo divisato dalla legge TAR (art. 21, comma 7, l. 6 dicembre 1971, 
n. 1034 - Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), il quale si limitava 
a sostituire le gravi ragioni richieste dall�art. 39, t.u. n. 1054/1924 ai fini della 
sospensione del provvedimento, con l�espressione �danni gravi e irreparabili�, 
prevedendo, inoltre, l�obbligo di motivare l�ordinanza di sospensiva. 
ComՏ evidente, tale previsione normativa costituiva espressione di una 
(17) Per una compiuta disamina di tale evoluzione storica si rinvia a RUSCICA, Le novit� in tema 
di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2008, 1 ss.; in argomento, sempre in chiave ricostruttiva, 
DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura di Caringella, 
De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 55 ss., 111 ss.; ROSSI SANCHINI, La tutela 
cautelare, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 2^ edizione, Milano, 2003, V, 4520; 
M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in www.federalismi.it e in corso di 
pubblicazione in Foro amm. - TAR, Osservatorio di giustizia amministrativa. 
In materia di tutela cautelare nel processo amministrativo, quali opere di carattere generale, si segnalano, 
senza alcuna pretesa di completezza, AMMANATI, Esperienze e prospettive del giudizio cautelare amministrativo, 
in Dir. proc. amm., 1998, 865 ss.; CACCIAVILLANI, La sospensione dell�atto amministrativo 
impugnato in sede giurisdizionale, in Foro amm., 1974, 719 ss.; CANNADA BARTOLI Sospensione dell�efficacia 
dell�atto amministrativo, in Noviss. dig. it., app., vol. VII, Torino, 1987, 459 ss.; FOLLIERI, 
La cautela tipica e la sua evoluzione, 1989, 646 ss.; NIGRO, Sulla natura giuridica della sospensione da 
parte del Consiglio di Stato degli atti amministrativi impugnati, in Foro amm., 1941, 2 ss.; PALEOLOGO, 
Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971, 241 ss.; RAIMONDI, Profili processuali ed effetti sostanziali 
della tutela cautelare tra giudizio di merito e giudizio di ottemperanza, in Dir. proc. amm., 
2007, 609 ss; RICCI, Profili della nuova tutela cautelare del privato nei confronti della pubblica amministrazione, 
in Dir. proc. amm., 2002, 276 ss.; ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e 
giurisdizione di merito, in Foro it., 1985, I, 2491 ss.; SATTA, I presupposti della tutela cautelare. Il danno 
grave ed irreparabile ed il fumus boni iuris, in Giustizia amministrativa, Padova, 1997, 369 ss.; TRAVI, 
Sospensione dell�atto amministrativo, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XIV, Torino, 1999, 363 
ss.; id., La tutela cautelare nei confronti dei dinieghi di provvedimenti e delle omissioni della P.A., in 
Dir. proc. amm., 1999, 329 ss.. Per una aggiornata rassegna giurisprudenziale in materia ci si permette 
di rinviare a MEZZOTERO, Tutela cautelare: questioni controverse, in CHIEPPA - LOPILATO, Giurisprudenza 
amministrativa 2009, Milano, 719 ss.
DOTTRINA 301 
concezione squisitamente ed esclusivamente conservativa della tutela cautelare, 
allora coerente con il modello solo demolitorio del processo amministrativo: 
non vi � dubbio, infatti, che in un modello processuale nel quale la tutela 
invocata consiste nella mera caducazione di un atto amministrativo lesivo di 
preesistenti situazioni di vantaggio di cui il ricorrente � gi� titolare, la finalit� 
tradizionalmente ed ontologicamente propria dello strumento cautelare - per 
sua natura volto ad impedire, secondo l�insegnamento chiovendiano, che la 
durata del processo possa risolversi in danno di chi ha ragione (18) mediante 
l�anticipazione provvisoria dei possibili effetti di un�eventuale decisione definitiva 
favorevole per il ricorrente - si realizza con la temporanea neutralizzazione 
dell�esecuzione del provvedimento impugnato, destinata a stabilizzarsi 
per effetto della possibile sentenza di annullamento. 
Pu�, quindi, affermarsi che l�ordinanza di sospensiva, come tradizionalmente 
intesa, cio� finalizzata a paralizzare gli effetti dell�atto amministrativo, 
� riconducibile al principio romanistico del mittite ambo rem: aspettiamo la 
sentenza di merito e, nel frattempo, congediamo (e congeliamo) la controversia. 
L�evidente inadeguatezza di tale sistema chiuso (monistico) di tutela cautelare, 
originariamente concepita per la protezione delle situazioni soggettive 
che si traducono nell�opposizione alla disposta modificazione dell�assetto degli 
interessi (interessi oppositivi o statici)(19), ha imposto una profonda rivisitazione 
del strumento cautelare nel processo amministrativo, che si � nel tempo 
manifestata in conseguenza delle profonde e radicali trasformazioni che hanno 
attraversato la giustizia amministrativa in senso lato. L�opera di metamorfosi 
della classica sospensiva � stata ispirata dall�intento di renderla almeno in parte 
idonea ad assicurare la salvaguardia interinale di quella vasta gamma di posizioni 
protese alla modificazione della sfera giuridica o di azione esistente (interessi 
pretensivi o dinamici), suscettibili di essere vulnerate, quindi, da 
provvedimenti amministrativi che negano al soggetto l�innovazione a lui favorevole 
(provvedimenti negativi). 
Due fondamentalmente i grandi pilastri di questo poderoso percorso evolutivo 
dell�intero sistema di giustizia amministrativa e, quindi, anche, quale 
(18) CHIOVENDA, Sulla �perpetuatio iurisdictionis�, in Foro it., 1923, I, 362. Il passo � citato da 
CALAMANDREI, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 20. 
(19) Si pensi al classico esempio della espropriazione di un fondo per ragioni di pubblica utilit�. 
Riguardo agli interessi legittimi oppositivi, il cui contenuto consiste nel trovare tutela nel mantenimento 
dello status quo antecedente all�emanazione del provvedimento amministrativo che su di esso incide, la 
giurisprudenza ha da sempre affermato il principio per cui l�accoglimento della domanda di sospensione 
cautelare da parte del giudice amministrativo, relativamente alla tutela di interessi legittimi di natura 
oppositiva (nella specie, a seguito dell�impugnazione di una sospensione cautelare dell�impiegato dal 
servizio), implica, con decorrenza di regola dalla pubblicazione della relativa ordinanza, l�automatico 
venir meno dell�efficacia dell�atto impugnato senza necessit� dell'ulteriore attivit� della p.a. soccombente 
(Cons. St., sez. V, 14 novembre 1996, n. 1367, in Foro amm., 1996, 3270). 
302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
immancabile corollario, della fase propriamente cautelare del processo. 
Su un primo versante, il notevole incremento delle occasioni di interferenza 
della pubblica amministrazione nei rapporti economici, nella regolazione 
delle tipiche attivit� del c.d. �stato del benessere� ha contribuito mutare radicalmente 
la prospettiva tradizionale. I provvedimenti impugnati innanzi al giudice 
amministrativo sono non pi� esclusivamente quelli incidenti in senso 
sacrificativo su preesistenti situazioni di vantaggio dei privati, ma anche, e 
sempre pi� frequentemente, quelli lesivi di situazioni di aspettativa vantate 
dal privato a fronte della potest� amministrativa di adottare atti potenzialmente 
favorevoli, quali autorizzazioni, concessioni, ammissioni, approvazioni: muta, 
quindi, la consistenza della posizione soggettiva di cui si invoca la tutela innanzi 
al giudice amministrativo, destinata sempre pi� spesso ad atteggiarsi, 
non pi� come interesse legittimo oppositivo, volto cio� alla conservazione di 
una preesistente posizione sostanziale dalle aggressioni provvedimentali dell�amministrazione, 
ma di tipo pretensivo, in quanto diretto a conseguire quell�ampliamento 
della sfera giuridica o di azione in prima battuta precluso per 
effetto dell�atto negativo adottato dall�amministrazione (20). E� agevole comprendere, 
peraltro, che in relazione ad un atto negativo la mera tutela demolitoria 
appare priva di un�effettiva capacit� satisfattoria dell�interesse pretensivo 
(21), in assenza di ulteriori prescrizioni che, destinate a connotare la decisione 
giurisdizionale, siano utili a sortire un effetto conformativo rispetto alla successiva 
riedizione del potere amministrativo (22). A fronte di siffatto potenziamento 
del contenuto e degli effetti della decisione di merito si rendeva 
necessario un corrispondente adeguamento delle tipologie e dello stesso tasso 
di incisivit� delle misure cautelari, pena la perdita di effettivit� della stessa tutela 
interinale delle posizioni soggettive a caratterizzazione pretensiva. 
Il secondo fattore che ha decisamente contribuito alla radicale trasformazione 
del volto della giustizia amministrativa � rappresentato dalla crescente 
importanza assunta dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 
(20) ROMANO, Tutela cautelare nel processo amministrativo e giurisdizione di merito, op. cit., 
2493. Sul punto si veda ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 
1996, 22 ss. 
(21) Un classico esempio di questa categoria di interessi legittimi � costituito dal provvedimento 
di esclusione di un candidato dalla partecipazione ad una procedura concorsuale: ci� che soddisfa l�interesse 
dell�istante � solo un provvedimento positivo che gli permetta di partecipare al concorso, a nulla 
servendo la mera sospensione del provvedimento negativo di esclusione. Per la distinzione tra interessi 
oppositivi e pretensivi, destinata a sostituire quella tra interessi statici e dinamici, NIGRO,, Giustizia amministrativa, 
Bologna, 1983, 146 ss. 
(22) CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 127; CLARICH, La 
giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 1^ edizione, Milano, 
2000, 1773, il quale pone in luce la crisi della visione tradizionale del processo amministrativo nel quale 
campeggia in primo piano l�atto amministrativo e l�affermarsi, quindi, di una nuova concezione del processo 
volto alla conformazione del modo di esercizio del potere ed alla disciplina dell�assetto degli interessi 
e del rapporto giuridico tra cittadino e pubblica amministrazione.
DOTTRINA 303 
E� evidente, infatti, che in un giudizio relativo ad atti paritetici dell�amministrazione, 
incidenti su rapporti connotati dalla contrapposizione tra diritti 
ed obblighi, la protezione interinale dei diritti non poneva pi� un problema di 
paralisi del potere della p.a. e di congelamento, quindi, di un provvedimento 
lesivo che non esiste o non � necessario nelle controversie di tal genere, presupponendo, 
invece, l�adozione di misure cautelari assimilabili a quelle di cui 
dispone il giudice civile e capaci, quindi, di esplicare una funzione di volta in 
volta anticipatoria o conservativa delle successive ed eventuali decisioni di 
condanna e di accertamento mero (23). 
E� maturata, allora, la piena consapevolezza della necessit� di arricchire 
uno strumentario cautelare che, nel processo amministrativo, si presentava, 
per effetto dell�ultracentenario immobilismo legislativo, �molto limitato e fortemente 
tipizzato�(24). A ci� ha provveduto una giurisprudenza sempre pi� 
attenta a garantire, gi� nella fase cautelare, una tutela improntata a quel principio 
di effettivit� della protezione giurisdizionale che, desumibile da chiare 
indicazioni costituzionali, postula la piena salvaguardia di tutte le posizioni 
soggettive dedotte in giudizio, senza irragionevoli ed intollerabili discriminazioni. 
Sullo sfondo l�assunto della non abdicabilit� della tutela interinale nella 
prospettiva di un�effettiva e piena salvaguardia giurisdizionale e di valorizzazione 
della funzione conformativa dell�attivit� amministrativa della decisione 
giurisdizionale, anche di quella cautelare (25). 
Gi� prima del varo della l. n. 205 del 2000 erano state coniate alcune fattispecie 
di intervento cautelare del giudice amministrativo su provvedimenti 
di diniego ormai tipizzate per effetto di un reiterata, ancorch� non sempre consolidata 
e condivisa, applicazione giurisprudenziale (26). 
(23) Occorre, peraltro, al riguardo, tener conto del ridimensionamento degli spazi affidati alla 
giurisdizione esclusiva del G.A. conseguente alla importante sentenza della Corte costituzionale n. 204 
del 2004, sulla quale si vedano il commento di M.A. SANDULLI, Un passo avanti e uno indietro: il giudice 
amministrativo � giudice pieno, ma non pu� giudicare dei diritti (a prima lettura a margine di Corte 
cost. n. 204 del 2004), in Riv. giur. edilizia, 2004, 4, 1230; TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista 
dagli artt. 33 e 34 d.lgs. 80/98 dopo la sentenza della Corte cost. 204/2004, in Foro it., 2004, 10, IV, 
2594 ss. 
(24) NIGRO, Giustizia amministrativa, op. cit., 288. 
(25) Da ultimo, in proposito, T.A.R. Lazio, sez. I, 22 settembre 2009, n. 9171, in www.giustiziaamministrativa.
it, relativa all�idoneit� delle decisioni del g.a. ad indirizzare il riesame del rapporto controverso 
(fattispecie concernente l�abuso di posizione dominante da parte dei gestori aeroportuali). 
(26) Sul tema, GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e 
dell�ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in www.giustizia-amministrativa.
it. Per un�ampia rassegna giurisprudenziale, si veda F. SAITTA, La tipicit� delle misure cautelari 
nel processo amministrativo tra mito e realt�, loc. ult. cit., nonch� MEZZOTERO, Tutela cautelare:questioni 
controverse, cit. 719 ss; SAPORITO, La sospensione dell�esecuzione del provvedimento impugnato 
nella giurisprudenza amministrativa, Napoli, 1981. In ordine all�evoluzione giurisprudenziale sull�ambito 
applicativo della c.d. sospensiva, si veda ANDREIS, Tutela cautelare, diniego di provvediemnto e remand, 
in Urb.e app., 2009, 5, 629 ss; BARBIERI, Sulla sospensione dei dinieghi e dei silenzi della pubblica 
amministrazione, in Foro amm., 1996, 3527 ss.; BERTONAZZI, Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nei
304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Quanto all�ambito applicativo della tutela cautelare in relazione ai provvedimenti 
negativi la dottrina (27) distingue tra atti negativi in senso improprio 
o, meglio, negativi ma ad effetti innovativi, ed atti negativi in senso stretto, 
come tali del tutto incapaci di sortire un effetto di modificazione della realt�. 
Quanto alle prime, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la misura allora 
tipica della sospensiva con riguardo ai provvedimenti amministrativi che, 
negando l�invocata conferma di situazioni di vantaggio gi� attribuite al ricorrente 
da precedenti atti amministrativi, indirettamente producono l�effetto positivo 
della cessazione di quella stessa situazione: si pensi, in particolare, ai 
provvedimenti di diniego di rinnovo di concessione di beni. La giurisprudenza, 
gi� dagli anni trenta, riconoscendo al diniego di rinnovo un effetto positivo 
passibile di sospensione e consistente, per l�appunto, nella restituzione del 
bene, ha ammesso la possibilit� di utilizzare il provvedimento inibitorio, cos� 
paralizzando l�attivit� esecutiva dell�amministrazione decisa ad imporre lo 
sgombero del bene (28). Tale tesi, tuttavia, non si discostava dal tradizionale 
orientamento inteso a concepire la sospensiva come misura volta ad incidere 
con effetto di temporaneo congelamento sugli effetti materiali ricollegabili 
all�atto impugnato: al diniego di conferma del provvedimento ampliativo, infatti, 
si finiva per ascrivere un effetto innovativo della realt�, consistente, come 
rilevato, nella doverosa restituzione del bene gi� in possesso del ricorrente. 
La seconda fattispecie riconducibile alla categoria dei provvedimenti negativi 
ad effetti almeno indirettamente innovativi � quella del diniego di esonero 
dal servizio militare, in specie del provvedimento di rigetto dell�istanza 
confronti dei provvedimenti negativi e dei comportamenti omissivi della pubblica amministrazione, in 
Dir. proc. amm., 1999, 1208 ss.; CACCIAVILLANI, La tutela cautelare nei ricorsi avverso il diniego di 
provvedimento e l�inerzia della P.A., in Dir. proc. amm., 2002, 91 ss.; CARUSO, La giustizia cautelare: i 
provvedimenti negativi e le ordinanze �propulsive� dei Tar, in Giur. amm. siciliana, 1994, III, 1, 470 
ss.; DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 2001, 79 ss.; id., 
Effettivit� della tutela cautelare degli interessi pretensivi e poteri del giudice amministrativo, in www.lexitalia.
it; FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981; id., La cautela 
tipica e la sua evoluzione, in Dir proc. amm., 1989, 646 ss.; FRACCHIA, Osservazioni in tema di misure 
cautelari di carattere dispositivo nel giudizio amministrativo, in Foro it., 1998, III, 308 ss.; STICCHI DAMIANI, 
Sulla sospendibilit� dei provvedimenti negativi, in Dir. proc. amm., 1984, 413 ss. TRAINA, La 
proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), 
Milano, 2008, 638 ss.; TRAVI, La tutela cautelare nei confronti dei dinieghi di provvedimenti e 
delle omissioni della P.A., in Dir proc. amm., 1990, 329 ss.; id., Misure cautelari di contenuto positivo 
e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174 ss.; 
VARRONE, Discrezionalit� amministrativa e inibitoria degli atti a contenuto negativo, in Foro amm., 
1996, II, 731 ss. 
(27) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell�ordinanza 
a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit. 
(28) Cons. St., sez. IV, 3 marzo 1934, n. 62, ove si afferma che �pu� ordinarsi la sospensione di 
un provvedimento di concessione per coltivazione di tabacchi, poich� la revoca potrebbe produrre danni 
gravi ed irreparabili troncando un�impresa gi� avviata e facendo cadere i contratti stipulati dai ricorrenti 
con i coltivatori�. 
DOTTRINA 305 
di dispensa. Anche in questo caso, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto 
l�utilizzabilit� del meccanismo meramente inibitorio della sospensione 
dell�esecuzione facendo leva sulla ritenuta idoneit� del provvedimento 
di diniego di esonero a produrre effetti innovativi della realt�, quale, in particolare, 
l�obbligo di prestare il servizio materiale con relativo espletamento da 
parte dell�amministrazione dell�attivit� necessaria ad assicurare l�adeguamento 
della realt� al contenuto del provvedimento: nel dettaglio, la misura inibitoria 
paralizzerebbe la successiva attivit� procedimentale altrimenti svolta dall�amministrazione, 
consistente, come noto, nella successiva adozione del provvedimento 
positivo di chiamata alle armi (29). 
Un deciso cambio di prospettiva inizia a maturare nella giurisprudenza 
amministrativa per effetto dell�indirizzo volto ad ammettere l�utilizzabilit� del 
meccanismo della sospensiva con riguardo ai provvedimenti di diniego di ammissione 
a procedure concorsuali per l�accesso all�impiego pubblico. E� evidente, 
infatti, che in tal caso l�atto di diniego non produce neanche 
indirettamente effetti propriamente innovativi esaurendosi il contenuto della 
determinazione amministrativa impugnata nella decisione dell�amministrazione 
di non acconsentire alla produzione degli effetti invocati dal candidato 
e consistenti nella sua partecipazione alla procedura selettiva. L�utilizzazione 
della sospensiva con riferimento a siffatta tipologia di atti postula, quindi, in 
primo luogo, un mutamento di prospettiva, in specie il ripudio dell�assunto 
inteso a far coincidere la nozione di �esecuzione� di cui al precedente art. 21, 
l. TAR con gli effetti materiali dell�atto e l�adesione ad una differente concezione 
della stessa sospensiva come misura incidente sugli effetti giuridici in 
senso stretto (30) prodotti dall�atto: intervenendo, infatti, sull�effetto preclusivo 
innescato dal diniego di ammissione alla procedura concorsuale, la sospensione 
finisce per produrre, attraverso la c.d. ammissione con riserva, la 
produzione provvisoria degli stessi effetti non voluti dall�atto impugnato. 
In tal modo, tuttavia, la misura cautelare perde la sua tipica fisionomia, 
oltre che l�originaria destinazione funzionale: non appare pi� diretta a conservare 
adhuc integra la res in iudicio deducta in attesa delle decisione di merito, 
ma, al contrario, finisce per divenire strumento di temporanea trasformazione 
della situazione esistente, cos� atteggiandosi a mezzo di propulsione, anzich� 
di mera conservazione. Ed invero, la sospensione produce l�effetto dell�ammissione 
con riserva alla procedura operando �sull�effetto preclusivo del provvedimento 
di non ammissione�(31): sortisce cos� l�effetto di consentire al 
(29) Sulla sospensione del diniego di esonero dalla prestazione del servizio militare: Cass. civ., 
sez. un., 25 ottobre 1973, n. 3732, in Cons. Stato, 1973, II, 1333; Cons. St., sez. IV, ord., 23 aprile 1996, 
n. 575 e ord., 2 aprile 1996, n. 456, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. 
(30) FOLLIERI, La cautela tipica e la sua evoluzione, op. cit., 661. 
(31) Cons. St., ad. pl., 8 ottobre 1982, n. 17, in Cons. Stato, 1982, I, 1197 ss., sulla quale si legga 
il commento di POLIZZI, La sospensiva sul diniego di ammissione all'esame di maturit�, in Rass. avv.
306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
ricorrente la partecipazione alle prove, non anche tuttavia il conseguimento 
dei benefici derivanti dal superamento delle stesse, quale l�assunzione in esito 
al concorso, ovvero, allorch� si tratti di non ammissione agli esami, il consguimento 
del titolo di studio (32). I suddetti risultati, destinati ad assicurare 
la realizzazione dell�interesse sostanziale del ricorrente, sono infatti subordinati, 
oltre che all�esito positivo delle prove, anche all�accoglimento del ricorso: 
l�ammissione con riserva ad un concorso, disposta con l�ordinanza cautelare 
del giudice amministrativo, se consente certo la partecipazione al procedimento, 
cos� evitando i pregiudizi irrimediabili altrimenti derivanti dalla preclusione 
opposta dall�amministrazione, �non comporta tuttavia anche la 
successiva nomina con riserva, laddove il candidato risulti vincitore�. 
Intrapresa, cos�, la strada dell�ampliamento della sfera applicativa del 
meccanismo sospensivo agli atti negativi, la giurisprudenza ha progressivamente 
arricchito la gamma dei provvedimenti di diniego sospendibili, ricomprendendovi 
gli atti negativi di controllo, i provvedimenti di esclusione dalla 
partecipazione a procedure concorsuali per l�affidamento di appalti, i dinieghi 
di iscrizione in albi professionali (33), oltre che di provvedimenti ampliativi 
(autorizzazioni, concessioni). 
E� evidente che, in tal modo, si � attuata, in via pretoria, una vera e propria 
trasformazione della portata e della funzione della tutela cautelare amministrativa, 
non pi� volta, come nell�originaria idea del legislatore, a svolgere un 
ruolo di mera conservazione dello stato esistente prima dell�emanazione del 
provvedimento impugnato, bens� anche ad assicurare le misure di volta in volta 
Stato, 1983, I, 359 ss.; tale decisione ha dato occasione alle Sezioni unite della Corte di Cassazione si 
pronunciarsi sulla questione della sospendibilit� dei provvedimenti negativi: Cass. civ., sez. un., 22 
luglio 1983, n. 5063, in Dir. proc. amm., 1984, 413 ss. 
(32) Cons. St., ad. pl., 8 ottobre 1982, n. 17, cit.; in precedenza, T.A.R. Lombardia, Milano, 4 luglio 
1978, n. 603, in TAR, 1981, 177 ss., con nota di SELLERI, La sospensione da parte del Tar del 
diniego di ammissione agli esami si maturit�. Sull�ammissione con riserva alla sessione di esami di 
Stato per l'abilitazione all'esercizio di professioni. 
Sulla speciale disciplina recata dalla l. 17 agosto 2005, n. 168, che converte il d.l. 30 giugno 2005, n. 
115, il cui art. 4, comma 2-bis, dispone che �conseguono ad ogni effetto l�abilitazione professionale o 
il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano 
superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime 
o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti 
giurisdizionali o di autotutela�, si veda RUSCICA, op. cit., 258 ss., ove ampi richiami dottrinali e giurisprudenziali, 
nonch� DE SANTIS, Abilitazione forense, sufficienza della valutazione numerica, ordinanze 
propulsive e vizi di legittimit�, in Giur. merito, 2009, 12, 3142 ss.. La questione di legittimit� costituzionale 
di tale norma, sollevata dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana (ord. 
5 giugno 2008, n. 508), in relazione agli artt. 3, 24, 25, 103, 111, comma 2, 113 e 125, comma 2, Cost., 
� stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale con sent. 9 aprile 2009, n. 108, 
successivamente confermata dall�ord. 19 maggio 2009, n. 158 (entrambe in www.lexitalia.it). 
(33) Sulla sospensione del diniego di iscrizione ad albi professionali: T.A.R. Umbria, 30 settembre 
1980, n. 98, in Foro amm., 1981, I, 639 ss., con nota di FOLLIERI, La sospensione degli atti amministrativi; 
Cons. St., sez. VI, ord. 8 marzo 1996, n. 274, in www.giustizia-amministrativa.it. 
DOTTRINA 307 
idonee a far fronte a ritardi che potrebbero rivelarsi irrimediabili, in specie anticipando 
i contenuti non solo della decisione definitiva, ma anche della successiva 
attivit� rinnovatoria della pubblica amministrazione ovvero quelli 
dell�eventuale giudizio di ottemperanza. 
La cautelabilit� degli interessi legittimi pretensivi � stata affermata anche 
precisandosi che la strumentalit� della misura cautelare vada intesa in senso 
ampio (34), cio� con riferimento agli effetti derivanti dalle determinazioni 
della P.A. recettive della sentenza di merito, anche laddove si rendesse necessaria 
l�ottemperanza. La decisione finale del processo amministrativo, infatti, 
non produce soltanto l�eliminazione dell�atto impugnato, ma anche un effetto 
di ripristinazione ed un effetto conformativo, che vincola la successiva attivit� 
dell�amministrazione nell�esercizio del potere. E� stata evidenziato, inoltre, 
che la funzione anticipatoria della sospensiva andasse riferita all�utilit� finale 
del provvedimento conclusivo del procedimento e non a quella meramente 
strumentale derivante della sentenza caducatoria di merito. 
3. Il principio di effettivit� della tutela e della necessaria pienezza dell�intervento 
cautelare nella giurisprudenza evolutiva della Corte costituzionale 
A dare impulso all�esigenza di ampliare l�area del giudizio cautelare ha 
senza dubbio concorso, sul versante interno, la Corte costituzionale, la quale 
in pi� occasioni ha affermato l�essenzialit� della tutela cautelare ai fini della 
effettivit� della tutela giurisdizionale. 
Nel descrivere l�iter evolutivo della giurisprudenza del giudice delle leggi 
in materia � opportuno muovere dalla sentenza 27 dicembre 1974, n. 284 (35), 
con la quale la Consulta dichiar� l�illegittimit� costituzionale, in relazione agli 
artt. 3, 24 e 113 Cost., dell�art. 13, comma 4, l. 22 ottobre 1971, n. 865, che, 
in tema di edilizia residenziale pubblica, prevedeva la possibilit� di sospendere 
i provvedimenti di dichiarazione di pubblica utilit�, di occupazione d�urgenza 
e di espropriazione solo quando vi fosse �errore grave ed evidente nell�individuazione 
degli immobili ovvero nell�individuazione delle persone dei proprietari�. 
Alla dichiarazione di incostituzionalit� la Corte perviene sulla scorta di 
un percorso argomentativo inteso a rimarcare la stretta inerenza del potere 
cautelare di sospensione rispetto a quello, proprio della fase di merito, di annullamento 
dell�atto impugnato. Se � vero, infatti - sostiene il Giudice costituzionale 
- che l�art. 113 della Carta fondamentale rimette al legislatore ordinario 
(34) Si parla, in proposito, di �strumentalit� allargata�, secondo la definizione di TARULLO, La tutela 
cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende comunitarie e prospettive di riforma, 
in Foro amm., 2000, 2488 ss., spec. 2526 ss. 
(35) In Cons. Stato, 1974, 1329, nonch� in Giur. Cost., 1974, 3338 e 3349, con note di PROTO PISANI 
e PACE.
308 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
l�individuazione dei casi in cui gli atti amministrativi possono essere annullati 
dal giudice, non � altrettanto vero, tuttavia, che lo stesso legislatore possa ad 
libitum limitare o addirittura eliminare il potere strumentale di sospensione: 
quest�ultimo, infatti, si atteggia ad elemento connaturale e proprio di un sistema 
di giustizia amministrativa nel quale � accordato al giudice il potere di annullamento 
dell�atto impugnato. 
Con tale pronuncia, quindi, la Corte, senza giungere all�affermazione della 
rilevanza ed essenzialit� costituzionale dell�intervento cautelare nell�ottica del 
pieno dispiegarsi del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, si limita 
ad enunciare il principio di normale inerenza del potere di protezione interinale 
rispetto alla giurisdizione amministrativa di annullamento, giungendo a dichiarare 
illegittima la limitazione contemplata dall�art. 13, comma 4, l. 22 ottobre 
1971, n. 865, in quanto irragionevolmente discriminatoria rispetto alla regola 
generale volta a consentire il pieno esercizio del potere interinale. 
Ulteriore passaggio del percorso giurisprudenziale che si esamina � costituito 
dalla sentenza 1 febbraio 1982, n. 8 (36), con la quale la Corte costituzionale 
ha dichiarato l�illegittimit� dell�art. 5, ultimo comma, l. 3 gennaio 1978, 
n. 1, nella parte in cui escludeva l�appellabilit� delle ordinanze cautelari adottate 
dai Tribunali amministrativi regionali nei giudizi concernenti opere pubbliche 
e impianti industriali. 
Anche in questa decisione, tuttavia, il Giudice costituzionale, pur ribadendo 
l�assunto della naturale compenetrazione nell�ambito della giustizia amministrativa 
del procedimento cautelare con il processo di merito, non perviene 
ancora all�affermazione del rilievo e dell�indefettibilit� costituzionale della tutela 
interinale: alla declaratoria di illegittimit� costituzionale, infatti, la Corte 
giunge sulla scorta della riconosciuta rilevanza costituzionale del principio del 
doppio grado di giurisdizione desunto, con specifico riguardo al processo amministrativo, 
dall�art. 125 Cost., e della ritenuta applicabilit� del principio stesso 
alla fase cautelare di quel processo. 
Non si rinviene ancora, quindi, in questa fase del cammino interpretativo 
seguito dal Giudice delle leggi, l�affermazione del fondamento costituzionale 
della tutela cautelare. 
L�assunto inizia a fare breccia nella giurisprudenza della Corte, ancorch� 
in modo non ancora netto, con la sentenza 28 giugno 1985, n. 190 (37). Nell�occasione, 
la Corte si � pronunciata sulla questione di legittimit� costituzionale 
sollevata dal T.A.R. Lazio con ordinanza del 10 marzo 1980 relativa 
all�asserito contrasto con gli artt. 113 e 3, Cost. dell�art. 21, ultimo comma, l. 
(36) In Foro it., 1982, I, 329, con nota di F.G. SCOCA, Processo cautelare amministrativo e Costituzione. 
(37) Tra le altre, in Foro amm., 1986, 1675. Sul tema della tutela cautelare dei diritti patrimoniali 
nel pubblico impiego prima della riforma di cui al d.lgs. n. 80/1998, si rinvia, per tutti, a DI BENEDETTO, 
La tutela cautelare nel pubblico impiego nel giudizio amministrativo, in Foro amm., 1989, 1625 ss. 
DOTTRINA 309 
TAR nella parte in cui, limitando l�intervento di urgenza del giudice amministrativo 
alla mera sospensione dell�esecutivit� dell�atto impugnato, non consentiva 
a quel giudice di intervenire in via di urgenza nelle controversie 
patrimoniali in materia di pubblico impiego: in specie, il Giudice remittente 
aveva sottolineato la condizione di inferiorit� nella quale, per effetto di siffatta 
lacuna processuale, venivano a trovarsi i pubblici dipendenti rispetto agli altri 
lavoratori subordinati per i quali l�art. 423 c.p.c. riconosceva, invece, la possibilit� 
di ottenere, in corso di causa, ordinanza di pagamento per le somme che 
risultassero dovute. 
Nel pervenire alla declaratoria di illegittimit�, per violazione degli artt. 3 
e 113 Cost., dell�art. 21, ultimo comma, l. TAR il Giudice delle leggi prende le 
mosse dalla valorizzazione del principio chiovendiano secondo cui la durata 
del processo di merito non deve andare in danno dell�attore che ha ragione: 
principio che, destinato a rappresentare il fondamento stesso del sistema di tutela 
cautelare ed a provocare l�inserzione nel codice di rito civile del procedimento 
cautelare di urgenza di cui all�art. 700, come noto volto ad attribuire un 
potere cautelare residuale, ma atipico e generale, costituisce, nella ricostruzione 
della Corte, �espressione di direttiva di razionalit� tutelata dall�art. 3, comma 
1, e, in subiecta materia, dall�art. 113 Cost.�. In termini ancora pi� espliciti, la 
Corte enuncia il principio secondo cui �le quante volte il diritto assistito dal 
fumus boni iuris � minacciato da pregiudizio grave e irreparabile provato dalla 
cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria, spetta al giudice 
il potere di emanare i provvedimenti di urgenza che appaiono, secondo le circostanze, 
pi� idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione 
sul merito�: in tal modo il Giudice costituzionale finisce per innestare nel giudizio 
amministrativo, sia pure limitatamente alle controversie in relazione alle 
quali la questione di costituzionalit� � sorta, una tutela cautelare atipica e innominata 
della stessa ampiezza di quella riconosciuta al giudice ordinario dall�art. 
700 c.p.c. 
L�enunciazione del principio di essenzialit� della tutela cautelare nell�ottica 
dell�effettivit� della tutela giurisdizionale si rinviene, tuttavia, per la prima volta 
in termini inequivoci e chiari, nella sentenza interpretativa di rigetto 16 luglio 
1996, n. 249 (38), con la quale la Corte costituzionale ha respinto la questione 
di legittimit� costituzionale dell�art. 31 bis, comma. 3, l. 11 febbraio 1994, n. 
109, aggiunto dall�art. 9, d.l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito con la l. 2 giugno 
(38) In Giust. civ., 1997, I, 33 ss., con nota di CARANTA, La nuova disciplina dei ricorsi giurisdizionali 
in materia di appalti di lavori pubblici al vaglio della Corte costituzionale; in Riv. trim. app., 
1996, 285 ss., con nota di NICODEMO, Effettivit� della tutela giurisdizionale nelle gare per l�affidamento 
delle opere pubbliche; in Gior. dir. amm., 1997, 255 ss., con nota di COSTANTINI; in Urb. e app., 1997, 
51 ss., con nota di DE NICTOLIS, La Corte si pronuncia in tema di tutela cautelare nei giudizi relativi ad 
opere pubbliche; in Corr. giur., 1997, 29 ss., con nota di BOSCOLO, Tutela cautelare e opere pubbliche: 
un nuovo intervento della Corte Costituzionale.
310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
1995, n. 216, a tenore del quale nei giudizi amministrativi aventi ad oggetto controversie 
in materia di lavori pubblici, in relazione ai quali sia stata presentata 
domanda di sospensione degli atti amministrativi, l�amministrazione resistente 
o i controinteressati possono chiedere che la questione venga decisa nel merito: 
orbene la Corte, cui era stata prospettata la questione di illegittimit�, per ritenuto 
contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost., della disposizione illustrata se interpretata 
in modo da reputare preclusa la possibilit� di accordare tutela cautelare 
in presenza della domanda di trattazione del merito, ha accolto una differente 
opzione ermeneutica: ha sostenuto. infatti, che l�istanza dell�amministrazione 
resistente o dei controinteressati di sollecita decisione nel merito dei giudizi amministrativi 
in materia di lavori pubblici, nei quali sia stata invocata la sospensione 
della esecuzione dei provvedimenti impugnati, non elimina il potere 
cautelare del giudice il quale, in presenza delle condizioni di legge, pu� pur sempre 
disporre la domandata sospensione. A sostegno di tale conclusione il Giudice 
costituzionale, lungi dal limitarsi a qualificare la tutela cautelare come elemento 
connaturale e proprio di un sistema di giustizia amministrativa o a richiamare il 
principio chiovendiano inteso come espressione di una direttiva di razionalit� 
giuridica da collegare agli artt. 3, comma 1, e 113 Cost., sostiene espressamente 
che �la disponibilit� delle misure cautelari � strumentale all�effettivit� della tutela 
giurisdizionale e costituisce espressione del principio per cui la durata del 
processo non deve andare a danno dell�attore che ha ragione, in attuazione 
dell�art. 24 Cost.�. 
4. Lo standard minimo di tutela cautelare nel processo amministrativo degli 
Stati membri imposto dalla Corte di Giustizia 
Prima di procedere alla disamina del processo giurisprudenziale di superamento 
dei limiti frapposti dalla previgente formulazione dell�art. 21, l. TAR al 
pieno dispiegarsi di un�effettiva tutela cautelare e delle successive risposte fornite 
al riguardo dal legislatore del 2000, giova tener conto del ruolo, senz�altro 
decisivo, giocato al riguardo dal diritto comunitario. 
Notevoli sono, infatti, gli influssi che la giurisprudenza della Corte di Giustizia 
ha sortito sul dibattito nazionale in tema di tutela cautelare e sulla relativa 
evoluzione normativa, poi sfociata, come si dir� in prosieguo, nell�introduzione 
della tutela cautelare ante causam nel settore gli appalti pubblici ad adopera 
dell�art. 245 del Codice (39). Sotto tale profilo, le pronunce della Corte di Giustizia 
hanno contribuito nel corso degli anni a favorire la nascita di un vero e 
proprio �diritto comunitario all�effettivit� dei diritti�, delineando un modello di 
tutela giurisdizionale ispirato ai principi di effettivit� nella protezione delle si- 
(39) In proposito, si rinvia all�ampia disamina svolta da PICOZZA, Processo amministrativo e diritto 
comunitario, Padova, 2003, 69 ss. 
DOTTRINA 311 
tuazioni giuridiche soggettive fondate sul diritto comunitario e destinato progressivamente 
ad imporsi nei vari Stati membri, con l�effetto, tra l�altro, di armonizzare 
i sistemi di garanzie previsti dai singoli ordinamenti (40). 
L�armonizzazione dei sistemi di tutela dei vari Stati membri rappresenta, infatti, 
la condizione per garantire l�applicazione uniforme e la piena tutela delle posizioni 
soggettive a base comunitaria. La giurisprudenza comunitaria sembra, infatti, 
marciare decisamente in questa direzione, affermando il principio di 
uniformazione delle regole di tutela, destinato a confluire nella creazione di uno 
jus commune nel campo della giustizia amministrativa. 
Con specifico riferimento al giudizio amministrativo, l�influenza della giurisprudenza 
comunitaria si riscontra sullo stesso oggetto del processo, che, anche 
in relazione alle nuove forme di tutela imposte dal diritto comunitario, si va progressivamente 
trasformando ed allargando, e, di conseguenza, sul ruolo del giudice 
amministrativo, che � chiamato ad assicurarne l�attuazione in riferimento 
alle situazioni soggettive sottoposte al suo vaglio. Come esposto nel paragrafo 
introduttivo, al giudice amministrativo � ormai sempre pi� marcatamente affidato 
il ruolo di giudice dell�economia, le cui regole sono imprescindibilmente 
legate al diritto europeo, con la conseguenza che il giudice amministrativo deve 
necessariamente guardare con sempre maggiore attenzione e priorit� a tale diritto, 
nell�ottica di un coerente adeguamento della tutela allo jus commune europeo. 
Merita, in proposito, sin da ora segnalare l�attenzione dei giudici comunitari 
per la �certezza� che deve accompagnare il godimento di una tutela effettiva, 
che non pu� essere quindi rimessa alla valutazione discrezionale del singolo giudice, 
ma deve essere garantita da chiare e specifiche disposizioni di legge (41). 
La peculiarit� del nostro sistema di giustizia amministrativa, fondato su una 
diversa tutela dell�interesse contrapposto all�esercizio del potere pubblico (c.d. 
(40) A questo proposito, CHITI, L�effettivit� della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza 
del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, 503 ss., individua due momenti dell�influenza 
comunitaria sui sistemi di tutela giurisdizionale degli Stati membri. In una prima fase, l�apporto della 
Corte di giustizia � pi� sfumato e rimette ai singoli legislatori l�individuazione delle forme di tutela, 
seppur nel rispetto del principio di efficacia nella protezione delle posizioni che derivano dal diritto comunitario 
e di non discriminazione nella definizione delle relative regole procedurali. In una seconda 
fase, l�influenza della giurisprudenza della Corte di giustizia appare pi� decisa, con l�affermazione del 
principio generale dell�effettivit� della tutela giurisdizionale e l�elaborazione di una specifica �politica 
processuale� da parte della Comunit�. 
(41) Si veda il punto 13 della sentenza 19 ottobre 1996 in C-236/95 contro la Grecia in tema di 
tutela ante causam e le sentenze ivi richiamate; nonch�, tra le altre, 12 dicembre 2002, in C-470/99, 
Universale-Bau; 27 febbraio 2003, in C-327/00, Santex; 14 ottobre 2004, in C-275/03, p. 33, ove la 
Corte ha significativamente sottolineato che: ҏ importante al fine di soddisfare l'esigenza di certezza 
giuridica, che i singoli beneficino di una situazione chiara e precisa che consenta loro di conoscere la 
pienezza dei loro diritti e di avvalersene, quando occorra, dinanzi ai giudici nazionali�; e ancora, da 
ultimo, le conclusioni presentate dall�Avvocato Generale Sharpston il 7 giugno 2007, in C-241/06, contro 
la Libera citt� anseatica di Brema.
312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
interesse legittimo) rispetto a quella ordinaria dei diritti vantati nei confronti 
dei soggetti - pubblici o privati - in situazione di equiordinazione, crea invero 
non facili problemi di coordinamento con un ordinamento, come quello europeo, 
che non conosce tale distinzione e, soprattutto, � pi� attento al profilo sostanziale 
che a quello formale dei soggetti che vi operano e dei rapporti che 
tra essi intercorrono, guardando piuttosto all�incidenza che essi, a prescindere 
dalla forma e dalla natura, sono suscettibili di esplicare sul mercato. 
Il primo fondamentale elemento di incidenza del diritto comunitario sulla 
tutela delle posizioni giuridiche soggettive rilevanti per il nostro diritto interno 
�, dunque, legato a tali fattori e, in primis, all�inesistenza, in ambito comunitario, 
della categoria dell�interesse legittimo, con conseguente inammissibilit�, 
alla stregua dei relativi principi, di una �tutela minore� per le situazioni che 
in Italia sono ricondotte a quest�ultima categoria. La Corte di Giustizia segue 
un approccio sostanziale, in quanto l�ordinamento europeo non si preoccupa 
del relativo problema qualificatorio (di ordine interno), occupandosi, invece, 
dei rimedi e dei livelli di tutela da accordare alla medesima. Quest�ottica sostanziale, 
inevitabilmente, comporta una standardizzazione ed unificazione 
dei contenuti e delle forme di tutela giurisdizionale (42). 
La necessit� che anche gli interessi legittimi ricevano, nell�ambito del 
processo amministrativo, una tutela �piena� ed �effettiva� - condizione che, 
come vedremo, passa, tra l�altro, per la garanzia di una valida tutela cautelare 
- � stata, del resto, affermata anche dalla nostra Corte costituzionale nella nota 
sentenza n. 204 del 2004, che ha ricostruito i fondamenti e l�essenza del nostro 
sistema di giustizia amministrativa. 
Il principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno, per consolidato 
indirizzo giurisprudenziale concernente tutte le norme comunitarie 
self executing, implica il diritto dei singoli, non solo di chiedere l�applicazione 
della normativa comunitaria innanzi alle autorit� nazionali, sulle quali incombe 
conseguentemente l�obbligo di disapplicare la norma di diritto interno con 
quella incompatibile, ma anche di azionare e far valere in giudizio (sia pure 
nei soli confronti delle autorit� pubbliche, stante il mancato riconoscimento 
dell�efficacia �orizzontale� delle direttive) le situazioni giuridiche soggettive 
fondate su norme comunitarie del tipo sopra indicato. Prendendo le mosse da 
tale logica implicazione dell�ormai consolidata primaut� del diritto comunitario 
e appellandosi al principio dell�effetto utile dello stesso, la Corte di Giustizia 
si � preoccupata di garantire alle posizioni giuridiche di derivazione 
comunitaria una effettivit� di tutela, inevitabilmente interferendo, con le sue 
pronunce e i suoi indirizzi, sulla stessa conformazione dei mezzi di protezione 
predisposti dagli ordinamenti interni. 
(42) BARTOLINI, Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La 
nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Torino, 2005, 235 e s. 
DOTTRINA 313 
In particolare, la Corte di giustizia, pur continuando a rimettere agli ordinamenti 
nazionali la concreta individuazione delle modalit� e forme di tutela, 
in forza del principio di autonomia procedurale dei Paesi membri contemplato 
dall�art. 10 (ex art. 5) del Trattato CE, ha costantemente precisato che gli stessi 
ordinamenti devono garantire condizioni, non solo non inferiori rispetto a 
quelle previste per le posizioni fondate sul diritto nazionale (c.d. principio di 
non discriminazione)(43) e, comunque, tali da non renderne impossibile o eccessivamente 
difficoltoso l�esercizio, ma anche e soprattutto tali da rendere 
completa ed adeguata la protezione delle situazioni soggettive di origine comunitaria 
(cc.dd. principi dell�effetto utile e della leale cooperazione)(44): 
emblematici di tale evoluzione della giurisprudenza comunitaria nel garantire 
la conformazione (o standardizzazione) delle tecniche di tutela previste dagli 
ordinamenti dei singoli Stati membri a parametri di adeguatezza ed effettivit�, 
e nella individuazione, pertanto, di uno �standard europeo di tutela giudiziaria�(
45) delle situazioni soggettive comunitarie, sono per l�appunto gli indirizzi 
formatisi in tema di tutela cautelare. 
La materia dei poteri cautelari e d�urgenza �, senza dubbio, tra quelle su 
cui maggiormente si � avvertito il condizionamento della giurisprudenza del 
giudice comunitario, volta a rafforzare le concrete possibilit� di intervento del 
giudice nazionale, s� da offrire alle situazioni soggettive fondate sul diritto europeo 
una pi� ampia tutela interinale, quasi sempre indispensabile per garantire 
la pienezza e l�effettivit� della protezione giudiziaria (46). Tra gli aspetti che 
(43) La valenza del principio in questione viene enunciata in termini particolarmente evidenti 
nella sentenza della Corte giust. CE 16 maggio 2000, in causa C-78/98 (Preston). 
(44) In argomento, ex pluribus, Corte giust. CE 14 dicembre 1995, in causa C-321/93 (Peterbroeck); 
id., 17 settembre 1997, in causa C-54/96 (Dorsch). 
(45) Tra i tanti contributi, in proposito, a titolo esemplificativo si segnalano: ADINOLFI, La tutela 
giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive nazionali conferite dal diritto comunitario, in Dir. 
Ue., 2001, 41 ss.; ASTONE, Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999; 
CARANTA, Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992; id., Nuove questioni sul diritto 
comunitario e forme di tutela giurisdizionale, in Giur. it., 1993, 657; DANIELE, Forme e conseguenze 
dell�impatto del diritto comunitario sul diritto processuale interno, in Dir. Ue., 2001, 61 ss.; GNES, Verso 
la comunitarizzazione del diritto processuale nazionale, in Giorn. dir. amm., 2001, 524 ss.; GRECO, L�effettivit� 
della giustizia amministrativa italiana nel quadro del diritto europeo, in Riv. it. dir. pubb. comunit., 
1997, 797 ss.; MORETTINI, L�effettivit� del diritto comunitario ed il processo amministrativo 
negli Stati membri, in Riv. trim. dir. pubb., 2007, 723 ss.; PROTTO, Il risarcimento in forma specifica 
delle situazioni giuridiche di matrice comunitaria, in Giudice amministrativo e tutele in forma specifica, 
ZITO - DE CAROLIS (a cura di), Milano, 2003, 39 ss.; TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli 
Stati membri dell�unione europea, in Foro it., 1995, IV, 13 ss., in part. 24. 
(46) Con particolare riferimento al tema dei rapporti fra tutela cautelare nel diritto interno ed influssi 
del diritto comunitario, si veda: CARANTA, Tutela giurisdizionale (italiana, sotto l'influenza comunitaria), 
in CHITI E GRECO (diretto da), coordinato da CARTEI e GALETTA, Trattato di diritto 
amministrativo europeo, Milano, 2007, parte generale; CONSOLO, Fondamento �comunitario� della giurisdizione 
cautelare, in Giur. it., 1991, I, col. 1123 e ss.; CONTESSA, Tutela cautelare e diritto comunitario: 
spunti ricostruttivi di un rapporto difficoltoso, in www.giustizia-amministrativa.it; MORVIDUCCI, 
Le misure cautelari nel processo amministrativo comunitario, Padova, 2004; MOSCARDINI, Potere cau-
314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sono propri dello standard minimo di tutela cautelare definito dalla Corte di 
Giustizia, particolare rilevanza assume poi il carattere dell�atipicit�, profilo 
che costituisce l�espressione della sempre maggiore attenzione rivolta dai giudici 
comunitari all�esigenza di assicurare, non solo la primaut� del diritto comunitario, 
ma anche - e soprattutto - l�effettivit� di tutela delle situazioni 
giuridiche soggettive di matrice sopranazionale. 
Il cammino percorso dalla giurisprudenza comunitaria nel settore dei poteri 
cautelari d�urgenza � scandito da importanti pronunce. 
Storica, al riguardo, la decisione del caso Factortame, con cui � stato affermato 
il dovere dei giudici nazionali di disapplicare la norma di diritto interno 
che osti alla concessione di quei provvedimenti cautelari necessari per 
assicurare la piena efficacia della pronuncia giurisdizionale avente ad oggetto 
l�esistenza di posizioni giuridiche invocate in forza del diritto comunitario 
(47). 
Parimenti rilevanti i principi enucleati nella sentenza resa nel caso Zuckerfabrik, 
nella quale la Corte di giustizia si preoccupa di assicurare il medesimo 
standard di giustizia per il caso in cui il vizio dell�atto amministrativo 
nazionale impugnato sia da collegare all�atto comunitario (es: un regolamento 
o una decisione): con tale arresto, infatti, il Giudice comunitario ha riconosciuto 
al giudice nazionale il potere di disporre la sospensione dell�esecuzione 
di un provvedimento nazionale basato su un regolamento comunitario la cui 
legittimit� sia in contestazione, osservando che �la tutela cautelare .. garantita 
dal diritto comunitario ai privati davanti ai giudici nazionali non pu� variare 
a seconda che sia in contestazione la compatibilit� di norme di diritto nazionale 
con il diritto comunitario o la validit� di atti comunitari di diritto derivato, 
dal momento che, in entrambi i casi, la contestazione si basa sul diritto 
comunitario�(48). 
telare dei giudici nazionali in materie disciplinate dal diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 
1991, 1057 ss.; ROSSI SANCHINI, La tutela cautelare, cit., 4499 ss.; M.A. SANDULLI, Diritto europeo e 
processo amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, 1, 37; SICA, Effettivit� della tutela giurisdizionale 
e provvedimenti d�urgenza nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1991; TARULLO, 
La tutela cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende comunitarie e 
prospettive di riforma, in Foro amm., 2000, 2488 ss.; G. TESAURO, Tutela cautelare e diritto comunitario, 
in Riv. it. di diritto pubbl. com., 1992, 131 ss.; VIVIANI, Diritto comunitario e potest� cautelare dei 
giudici nazionali, in Dir. comunit. degli scambi internaz., 1993, 501 ss. 
(47) Corte giust. com. eu. 19 giugno 1990 (in causa C-213/89), R. c. Secretary of State for Transport, 
ex parte Factortame Ltd e a., in Racc., 1990, I-2433 ss.; e in Foro amm., 1991, 1885, con nota di 
CARANTA, Effettivit� della garanzia giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione e diritto 
comunitario: il problema della tutela cautelare. 
(48) Corte giust. com. eu. 21 febbraio 1991 (in cause riunite C-143/88 e C-92/89), Zuckerfabrick 
S�derdithmarschen AG - Hauptzollamt Itzehoe e Zuckerfabrik Soest GmBH, in Racc. 1991, I-415 ss.; 
in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1992, 125 ss., con nota di TESAURO, Tutela cautelare e diritto comunitario; 
in Foro it., 1992, IV, 1 ss., con nota di BARONE, Questione pregiudiziale di validit� di un regolamento 
comunitario e poteri cautelari del giudice nazionale.
DOTTRINA 315 
Il punto pi� alto del percorso seguito dalla giurisprudenza comunitaria 
nel tentativo di conformare i sistemi nazionali di tutela cautelare � probabilmente 
raggiunto con la sentenza pronunciata nel caso Atlanta: alla Corte era 
stato sostanzialmente chiesto se, sulla scorta del diritto comunitario, al giudice 
nazionale fosse consentito cautelare il singolo nei confronti di provvedimenti 
nazionali di diniego fondati su un atto comunitario della cui validit� si dubiti, 
adottando, quando necessario, misure cautelari a contenuto positivo o ingiuntivo 
nei confronti dell'amministrazione nazionale. 
Il Giudice comunitario, ribadito, in linea con i citati precedenti, che la tutela 
non pu� essere diversa a seconda che sia in contestazione la validit� di 
disposizioni di fonte europea ovvero proprie del diritto interno e osservato che 
gli artt. 185 e 186 del Trattato CE riconoscono, in uno al potere di ordinare la 
sospensione dell�esecuzione dell�atto impugnato, quello di porre in essere tutti 
i provvedimenti necessari, afferma che �la tutela cautelare che i giudici debbono 
garantire ai singoli, in forza del diritto comunitario, non pu� variare a 
seconda che questi ultimi chiedano la sospensione dell�esecuzione di un provvedimento 
nazionale adottato sulla base di un regolamento comunitario o la 
concessione di provvedimenti provvisori che modifichino o disciplinino a loro 
vantaggio situazioni di diritto o rapporti giuridici controversi�(49). 
La decisione assume un�importanza di primo piano per due ragioni, tra 
loro peraltro intimamente connesse. 
Da un lato, la sentenza Atlanta si segnala per la valorizzazione del principio 
di effettivit� della tutela giurisdizionale destinato, tuttavia, ad assumere 
consistenza autonoma, cos� cessando di essere mero corollario e precipitato 
sul versante processuale del principio di effettivit� del diritto comunitario: all�affermazione 
della regola che impone la pienezza della tutela cautelare si 
perviene, infatti, a prescindere dal fatto che la stessa sia strumentale alla salvaguardia 
dell�effetto utile del diritto europeo. 
Su altro versante, la pronuncia in questione, in sintonia con l�indicata valorizzazione 
del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale di cui costituisce 
corollario il riconoscimento di un pieno e generale potere cautelare, 
finisce per comportare l�estensione dello spettro delle misure cautelari adottabili 
a protezione delle posizioni soggettive di fonte comunitaria: queste, infatti, 
lungi dall�esaurirsi nella mera sospensiva dell�esecuzione dell�atto 
(49) Corte giust. com. eu. 9 novembre 1995 (in causa C-465/93), Atlanta Fruchthandellgesellschaft 
mbH c. Bundesamt f�r Ern�hrung und Forstwirtschaft, in Racc., 1995, I, 3799 ss.; in Foro amm., 
1996, I, 1783 ss., con oss. di IANNOTTA ivi, 1996, 2554, con nota di CARANTA, L�ampliamento degli strumenti 
di tutela cautelare e la progressiva �comunitarizzazione� delle regole processuali nazionali; in 
Giorn. dir. amm., 1996, 333 ss., con nota di CHITI, Misure cautelari positive e effettivit� del diritto comunitario; 
in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1996, 991 ss., con nota di LIMBERTI, Principio di effettivit� 
della tutela giurisdizionale e diritto comunitario: a proposito del potere del giudice nazionale di concedere 
provvedimenti cautelari positivi. 
316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
impugnato, possono assumere anche le sembianze del provvedimento positivo. 
In altri termini, la Corte innalza lo standard minimo di tutela cautelare, imponendo 
agli ordinamenti nazionali la necessit� di consentire ai giudici competenti 
l�emanazione di tutti i provvedimenti provvisori di volta in volta 
necessari; per questa via, la Corte apre definitivamente le porte al distinto principio 
di atipicit�, legittimando cos� l�emanazione di misure che potrebbero 
eventualmente risultare idonee a modificare e/o a disciplinare le situazioni di 
diritto o i rapporti giuridici controversi, senza attribuire, peraltro, rilevanza alcuna 
ai noti problemi connessi al potere discrezionale della pubblica amministrazione 
nell�ordinamento nazionale. 
In tal modo la Corte di Giustizia, se per un verso enuncia un principio in 
realt� gi� affermato dal nostro Giudice costituzionale con la citata sentenza n. 
190 del 1985 (50), per altro finisce per riconoscergli un ambito applicativo 
estremamente pi� ampio, estendendo la tutela cautelare positiva, e quindi 
anche ingiuntiva, a tutte le situazioni giuridiche comunitarie indipendentemente 
dalla consistenza dalle stesse assunte una volta trasposte in ambito nazionale: 
in altri termini, pu� dirsi che l�intervento interinale a connotazione 
positiva, anzich� solo sospensiva, � ammesso non pi� per i soli diritti soggettivi 
a contenuto patrimoniale, ma anche per gli interessi legittimi a connotazione 
pretensiva (51). Se si considera che, come detto, l�ordinamento comunitario 
non conosce la distinzione, tipica del nostro sistema giuridico, tra diritti soggettivi 
ed interessi legittimi, se ne inferisce che, nel garantire una tutela cautelare 
generalizzata ed anche positiva alle posizioni soggettive create in ambito 
comunitario, la Corte di Giustizia fa riferimento a tutte le situazioni giuridiche 
soggettive che abbiano la loro fonte nella normativa di livello comunitario, 
quale che sia la qualificazione ad esse in concreto riconosciuta nel momento 
del trasferimento nell�ordinamento nazionale ed alla stregua dei criteri di classificazione 
propri di quest�ultimo. 
In ci�, peraltro, la giurisprudenza comunitaria si allinea alle indicazioni 
fornite, sia pure limitatamente allo specifico settore degli appalti pubblici di 
(50) In questo senso pu� ritenersi che, in ordine al principio di atipicit� della tutela cautelare, l�influenza 
dei giudici del Lussemburgo cՏ stata, ma piuttosto che operare in una direzione innovativa, ha 
prodotto, come immediata conseguenza, quella di cristallizzare i principi gi� affermati da una pluridecennale 
giurisprudenza nazionale, la quale, come esposto in precedenza nel testo, aveva fornito una lettura 
evolutiva del termine �sospensiva�, allo scopo di assicurare una pi� effettiva protezione interinale 
degli interessi legittimi, mediante il riconoscimento della possibilit� di emanare tutte le misure cautelari 
idonee ad evitare che la durata del processo andasse a danno del ricorrente (si pensi alle misure ordinatorie 
emanate sub specie di ordinanze di ammissione con riserva a gare e/o a concorsi; alle sospensive 
di merito emesse con esercizio del potere di remand; alle misure cautelari c.d. sostitutive dei provvedimenti 
invocati dal ricorrente e negati dall�amministrazione). 
(51) Sull�intensit� ed elasticit� delle misure cautelari nel modello delineato dal giudice comunitario 
si veda, in particolare, Corte giust., ord. pres. 24 luglio 2003, in C-233/03, in Foro amm. CdS, 9, 2003, 
212, ove si rimarca la discrezionalit� nella valutazione del caso concreto da parte del giudice nazionale 
competente, senza schemi predeterminati imposti dalla normativa comunitaria. 
DOTTRINA 317 
lavori e forniture, dal legislatore europeo. 
Si ha riguardo alle direttive del Consiglio CEE 21 dicembre 1989, n. 665 
e 25 febbraio 1992, n. 13, che, all�art. 2, sanciscono l�obbligo a carico degli 
Stati membri di garantire che le autorit� nazionali responsabili delle procedure 
di ricorso possano adottare �con la massima sollecitudine e con procedura 
d�urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata 
o ad impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi 
i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione 
di un appalto o l�esecuzione di qualsiasi decisione presa dall�ente 
aggiudicatore�: come � stato osservato, infatti, la riportata disposizione, indicando 
solo in via esemplificativa il potere di sospensiva degli atti di gara, depone 
per il riconoscimento in capo alle autorit� competenti in materia di un 
ben pi� ampio potere cautelare (52). 
Le considerazioni svolte ci permettono a questo punto di verificare in che 
modo ed in quali termini il nostro sistema di tutela cautelare � riuscito, prima, 
per effetto della l. n. 205 del 2000, poi, in forza della introduzione da parte 
dell�art. 245, d.lgs. n. 163/2006 dello strumento della tutela cautelare ante 
causam, ad adeguarsi ai principi di pienezza ed effettivit� ripetutamente enucleati 
ed affermati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria. 
5. La legge n. 205/2000 di riforma del processo amministrativo positivizza la 
tutela cautelare atipica e propulsiva. Le tecniche del remand e le misure positive-
sostitutive ed il loro vincolo conformativo sulla successiva azione amministrativa 
L�esigenza di effettivit� e adeguatezza della tutela giurisdizionale nei confronti 
della Pubblica Amministrazione sembra essere uno dei profili che maggiormente 
qualificano il giudizio cautelare, all�indomani della riforma del 
processo amministrativo, attuata con la l. 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni 
in materia di giustizia amministrativa) (53). 
(52) CARANTA, L�ampliamento degli strumenti di tutela cautelare e la progressiva �comunitarizzazione� 
delle regole processuali nazionali, cit., 2561. 
(53) In generale, sul nuovo processo cautelare nella l. n. 205 del 2000, si segnalano, tra i molteplici 
contributi, CINTOLI, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urb. e app., 2001, 3, 
237 ss.; DE CAROLIS, La tutela cautelare: le misure cautelari, presidenziali e collegiali tra atipicit� ed 
effettivit� di tutela, in CARINGELLA - PROTTO (a cura di), Il nuovo processo amministrativo dopo due 
anni di giurisprudenza, Milano, 2002, 218 ss.; DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia 
amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 55 ss., 111 
ss.; DI LIETO, La tutela cautelare nel processo amministrativo, Roma, 2001; FOLLIERI, Il nuovo giudizio 
cautelare: art. 3 L. 21 luglio 2000 n. 205, in Cons. Stato, 2001, II, 482 ss.; FRANCO, Manuale del nuovo 
diritto amministrativo. La tutela nei confronti della p.a. nel mutato quadro normativo e giurisprudenziale, 
vol. II, Ipsoa, 2008, 447 ss.; GALLO, Presidente e collegio nella tutela cautelare. Novit� e prospettive 
nella disciplina della legge n. 205 del 2000. Relazione al convegno di studi �La nuova tutela
318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
L�ampliamento delle prospettive di tutela realizzatosi in tale ambito impone 
di riconsiderare i tradizionali confini del giudizio cautelare, tanto sotto 
il profilo dei possibili contenuti dei provvedimenti cautelari, quanto per quel 
che attiene alle modalit� di accesso del ricorrente alla relativa tutela. L�intervento 
del legislatore sul testo dell�art. 21, l. TAR ha, infatti, profondamente inciso 
sull�assetto complessivo del rimedio cautelare, colmando le lacune 
evidenziate da giurisprudenza e dottrina in anni di applicazione della precedente 
normativa e recependo le sollecitazioni provenienti a livello comunitario. 
In particolare, l�art. 3, l. n. 205/2000, che ha riscritto l�originario comma 
7 dell�art. 21, l. TAR, dispone che il giudice amministrativo possa adottare, 
sempre che ricorrano i presupposti richiesti, �le misure cautelari, compresa 
l�ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, idonee 
ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso�. 
Come osservato dalla dottrina (54), sebbene la formula usata dal legislatore 
all�art. 3, comma 1, l. n. 205 del 2000 ricalchi sostanzialmente quella impiegata 
all�art. 700 c.p.c., la misura cautelare prevista dalla l. n. 205 del 2000, 
si differenzia dal provvedimento d�urgenza delineato dal codice di rito. Infatti, 
mentre il provvedimento di cui all�art. 700 c.p.c. � atipico e residuale rispetto 
alle misure cautelari tipiche adottabili dal giudice civile, non potendo essere 
richiesto quando possono essere adottati i rimedi tipici previsti dal codice di 
cautelare nel processo amministrativo�, Roma, Palazzo Spada, 18 maggio 2001, in www.giustizia-amministrativa.
it; GAROFOLI, La nuova tutela cautelare, in CARINGELA - GAROFOLI - POLI, Trattato di giustizia 
amministrativa, III, Milano, 2006; GAROFOLI- PROTTO, Tutela cautelare, monitoria e sommaria 
nel nuovo processo amministrativo. Provvedimenti di urgenza, tutela possessoria, decreti ingiuntivi e 
ordinanze ex artt. 186-bis e 186-ter c.p.c., Milano, 2002; GIOVANNINI, Note di commento alla legge 21 
luglio 2000, n. 205, in www.giustizia-amministrativa.it; LUBRANO, Limiti e poteri dell�ordinanza cautelare 
nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 1219; NOTARPASQUALE, La tutela cautelare 
nei confronti dei provvedimenti negativi alla luce della legge 205/2000 (nota a Cons. St., sez. V, 14 gennaio 
2003, n. 87), in Dir. proc. amm., 2003, 1270; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il processo davanti 
al giudice amministrativo (a cura di Sassani - Villata), Torino, 2001, 19 ss.; POLICE, Giurisdizione 
piena e trasformazione della tutela cautelare, in Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive 
(Atti della tavola rotonda in memoria di L. Migliorini - Perugia, 7 dicembre 2001), Torino, 2003, 
231 ss.; RICCI, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., 
in Dir. proc. amm., 2002, 284 ss.; ROSSI SANCHINI, La nuova tutela cautelare, in Giorn. dir. amm., 2000, 
1090 ss.; id., La tutela cautelare, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di Cassese), 2^ edizione, 
Milano, 2003, V, 4520; RUSCICA, Le novit� in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 
2008, 41 ss.; F. SAITTA, L�atipicit� delle misure cautelari nel processo amministrativo, tra mito e 
realt�, in www.giustizia-amministrativa.it; N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 
117 ss.; SANINO, Il processo cautelare, in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli 
Irelli), Torino, 2000, 249 ss.; TRAINA, La proposizione del ricorso e la tutela cautelare, in Codice della 
giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2008, 638 ss.; TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, 
7^ edizione, Torino, 2006, 276 ss.; VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, 
Milano, 2002, 723 ss. 
(54) FOLLIERI, La fase cautelare, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2003, 
346; F. SAITTA, L�atipicit� delle misure cautelari nel processo amministrativo tra mito e realt�, in 
www.giustizia-amministrativa.it. 
DOTTRINA 319 
procedura civile, la misura cautelare di cui alla l. n. 205 del 2000 � s� atipica, 
in quanto non predeterminata, ma non � residuale, poich� � l�unica misura stabilita 
nel giudizio amministrativo. 
Il legislatore della riforma canonizza il principio di atipicit� ed elasticit� 
della cautela (55), abbandonando, in tal modo, definitivamente l�originaria 
identificazione della misura cautelare invocabile nel processo amministrativo 
con la sola sospensiva dell�esecuzione dell�atto impugnato, in quanto tale diretta 
- prima della metamorfosi dalla stessa subita per effetto dell�evoluzione 
giurisprudenziale - ad assicurare lo status quo attraverso l�inibizione dell�attuazione 
degli effetti sostanziali ed innovativi dell�atto impugnato, cos� sortendo 
un mero effetto conservativo e anticipatorio rispetto alla sentenza di 
accoglimento del ricorso (56). 
Il passaggio da un sistema chiuso e monistico delle tecniche di intervento 
cautelare ammissibili nel processo amministrativo ad un �modello aperto, generale 
ed atipico�(57) non � di per s� idoneo a chiarire l�ambito effettivo della 
protezione interinale accordabile alla pretesa dinamica intesa al conseguimento 
del bene della vita negato in prima battuta dall�amministrazione. Resta affidata 
all�interprete l�individuazione dei limiti interni frapposti al contenuto ed al 
grado di possibile incisivit� della misura cautelare: limiti tradizionalmente individuati, 
da un lato, nel carattere di strumentalit�, interinalit�, continenza e 
non autosufficienza dello stesso provvedimento cautelare rispetto alla decisione 
definitiva (58), di modo che il primo non pu� produrre conseguenze di- 
(55) Una chiara definizione dei nuovi poteri cautelari del giudice amministrativo a seguito della 
novella del 2000 si rinviene in Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in Foro amm. CdS, 2006, 6, 
1797, ove il Collegio afferma: �Con l�accoglimento dell�istanza cautelare ai fini del riesame alla luce 
dei motivi di ricorso il giudice non si limita a sospendere l�atto impugnato, ma ordina all�amministrazione 
di riesaminare la situazione tenendo presenti i motivi di ricorso, realizzandosi cos� un procedimento 
amministrativo aperto e l�interesse legittimo si configura nella pretesa alla adeguata e completa 
considerazione della propria posizione in vista della sua possibile - anche se non scontata - soddisfazione; 
si ha, cio�, una piena integrazione tra processo e procedimento, in quanto la pronuncia cautelare, 
pur lasciando impregiudicato il contenuto finale del provvedimento, impone all�amministrazione di riprendere 
in esame l�interesse del ricorrente sul presupposto di una (pi�) attenta valutazione dei dati o 
degli elementi emersi dal ricorso, nel corso del giudizio o nella fase istruttoria giudiziale, pur restando 
impregiudicata la potest� finale dell�amministrazione sul contenuto della decisione�. 
(56) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell�ordinanza 
a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(57) ROSSI SANCHINI, La nuova tutela cautelare, in Giorn. dir. amm., 2000, 1090. 
(58) Sulla strumentalit� della tutela cautelare, tra i tanti, CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale 
amministrativo, Torino, 2003, 621 e, da ultimo, GOISIS, Vincolo di strumentalit� e misure cautelari 
di tipo propulsivo nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2008, 3, 856; PALEOLOGO, Sospensione 
dell�esecuzione: II) Sospensione dell�esecuzione dell�atto amministrativo e altre misure cautelari, 
in Enc. giur., vol. XXIX, Roma, 1993, 2; in proposito, TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e 
rapporti tra giudice amministrativo e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174, in maniera 
eloquente evidenzia che �lo scopo della tutela cautelare � quello di determinare un assetto interinale, 
tale da evitare che l'interesse di una parte possa essere gravemente o irreparabilmente 
compromesso dalla durata del giudizio. L�interinalit� di questo assetto comporta la necessit� che esso
320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
verse rispetto alla sentenza di merito, n� assorbirla del tutto, precludendone 
la sua futura funzione; dall�altro, nell�esigenza di evitare che il giudice della 
cautela sconfini in ambiti normalmente ritenuti di esclusiva pertinenza della 
pubblica amministrazione cui compete la riedizione del potere all�indomani 
del congelamento del provvedimento negativo impugnato (59). 
L�esatta definizione dei confini di entrambi questi due limiti del potere 
cautelare continua a suscitare delle dispute, che investono, a ben vedere, la 
stessa funzione del processo amministrativo ed il ruolo che il giudice amministrativo 
� chiamato ad esercitare. 
Sul primo versante, come si osserver� in sede di osservazioni conclusive 
a proposito della sostanziale inutilit� del tutela cautelare ante causam introdotta 
dal Codice dei contratti pubblici, � assolutamente indiscutibile (e la riforma 
del 2000 ne fornisce testuale conferma) che nel processo amministrativo 
la tutela cautelare non possa avere vita autonoma, essendo il provvedimento 
cautelare destinato ad essere inglobato nella decisione definitiva, poich� esso 
non pu� accordare al ricorrente qualcosa di pi� e di diverso di quello che potrebbe 
essere ottenuto con la decisione nel merito sulla domanda (c.d. rapporto 
di continenza)(60). Lo strumento cautelare, in particolar modo nel processo 
amministrativo, rinviene la propria giustificazione genetica nell�esigenza di 
assicurare l�efficacia della successiva decisione nel merito, non potendo espandersi 
fino a consentire la definizione della res litigiosa, senza che sia necessario 
instaurare e/o attendere l�ordinario giudizio a cognizione piena. Mancando la 
decisione di merito, la misura cautelare si estinguer� comunque, non potendo 
aspirare ad alcuna sopravvenuta stabilit�, essendo la interinalit�-provvisoriet� 
non meramente eventuale, ma irrinunciabile, in quanto conseguente alla natura 
sia provvisorio e reversibile: esorbita da qualsiasi logica di una tutela cautelare la produzione di effetti 
giuridici definitivi, perch� altrimenti verrebbe superata la necessit� del giudizio di merito. L�ordinanza 
cautelare che comporti effetti giuridici definitivi usurpa uno spazio riservato alla sentenza; assume, per 
lo meno, i caratteri del provvedimento sommario (ma la tutela sommaria � ben altra cosa rispetto alla 
tutela cautelare)�. In giurisprudenza, sulla provvisoriet� dell�assetto di interessi costituito dalla pronuncia 
cautelare, comunque non autosufficiente e strumentale alla sentenza di merito, si veda, ex pluribus, 
Cons. St., sez. VI, 14 gennaio 2002, ivi, 2002, 145 e in Riv. amm. R. It., 2002, 135, con nota di ANDREANGELI; 
di recente, Cons. St., sez. V, 16 luglio 2007, n. 4026, in Foro amm. CdS, 2007, 7-8, 2224, secondo 
cui le considerazioni, anche in diritto, poste a fondamento della decisione dell�istanza di 
sospensione non vincolano il giudice in occasione della pronuncia definitiva di merito, e ci� in quanto 
la delibazione della causa in sede cautelare ha luogo solo in via provvisoria e sommaria, senza una piena 
cognizione degli atti di causa. 
(59) GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell�ordinanza 
a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit.; RICCI, Profili della nuova tutela 
cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in Dir. proc. amm., 2002, 284 s.; VIOLA, 
Riforma del processo civile e giudizio amministrativo: attenuazione del principio di strumentalit� della 
misura cautelare, in www.giustamm.it. 
(60) In giurisprudenza il principio di continenza della misura cautelare rispetto alla decisione di 
merito � ben definito da Cons. St., sez. IV, 6 aprile 2006, n. 1791, in Foro amm. CdS, 2006, 1128 ss. 
DOTTRINA 321 
servente e strumentale della cautela rispetto alla decisione di merito (61). Proprio 
per queste caratteristiche la tutela cautelare si distingue dalla tutela sommaria 
non cautelare, la quale pu� concludersi con atti strutturalmente e 
funzionalmente autonomi e definitivi. 
Sul secondo versante, la possibilit� di disporre di ogni misura idonea a 
garantire interinalmente gli effetti della decisione di merito, ai sensi dell�art. 
3, l. n. 205/2000, consente, come detto, allo strumento cautelare di travalicare 
l�ambito della mera tutela conservativa, costituita dalla sospensione del provvedimento 
impugnato. Tuttavia, le tecniche di tutela cautelare sganciate dal 
modello squisitamente inibitorio della sospensione pongono la questione della 
eventuale invasione del limite invalicabile costituito dalla c.d. discrezionalit� 
pura dell�Amministrazione ed a monte della loro compatibilit� con gli effetti 
interinali tipici della misura, di cui la dottrina dubita (62). 
L�acquisita connotazione anticipatoria, consacrata nella l. n. 205/2000, 
ha determinato il progressivo utilizzo di due tecniche cautelari, differenti da 
quella classica (la sospensiva): il remand (noto anche con il nome di ordinanza 
propulsiva) e la misura positiva. 
Si tratta di tecniche cautelari elaborate dalla giurisprudenza amministrativa 
allorch� la disciplina positiva contemplava esclusivamente la misura cautelare 
inibitoria. 
Nella prima, particolarmente utilizzata dai giudici amministrativi di primo 
grado, rientrano le ordinanze - in gergo note come propulsive, ordinatorie, sospensive 
di merito o remand - mediante le quali il giudice amministrativo, riscontrata 
la sussistenza dei consueti presupposti del fumus boni iuris e del 
periculum in mora, non si limita a sospendere l�atto impugnato, ma sollecita 
l�amministrazione perch� faccia luogo alla rinnovazione del procedimento ed 
(61) L�applicazione in termini rigorosi del principio di strumentalit� delle misure cautelari nel 
processo amministrativo � affermata anche dalla Suprema Corte: cfr., in particolare, Cass. civ., sez. un., 
31 gennaio 2006, n. 2053, in D&G - Dir. e giust., 2006, 28 ss., ove si precisa che �Le misure cautelari 
adottate nel processo amministrativo� presenterebbero �in forma accentuata il carattere della strumentalit��.
(62) TRAVI, Sub art. 21 l. T.A.R., in ROMANO (a cura di), Commentario breve alle leggi sulla giustizia 
amministrativa, 2^ ed., Padova, 2001, 655 e 672, il quale decisamente nega che la misura cautelare 
possa comportare effetti rinnovatori rispetto al procedimento amministrativo, non potendo imporre all�autorit� 
amministrativa di provvedere (o di provvedere nuovamente) sull�affare oggetto del giudizio; 
in senso adesivo, VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002, 723 ss., 
spec. 727; ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., 282 ss., secondo 
cui la misura cautelare in esame, perdendo il carattere della strumentalit�, sarebbe utilizzata come 
�strumento di tutela d�urgenza non cautelare�, facendo venire meno l�elemento discriminante della 
tutela sommaria rispetto a quella cautelare che, comՏ noto, ҏ identificato nell�autonomia funzionale 
intesa come idoneit� a dettare una disciplina definitiva del rapporto controverso�; dello stesso avviso 
� GOISIS, Vincolo di strumentalit� e misure cautelari di contenuto �propulsivo� nel processo amministrativo, 
cit., 872 e TARULLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo tra vicende interne, vicende 
comunitarie e prospettive di riforme, in Foro amm., 2000, 6, 2488. 
322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
al riesame del provvedimento impugnato tenendo presente i motivi di ricorso, 
completando l�istruttoria o valutando taluni profili, anche sostanziali, inizialmente 
trascurati (63). L�amministrazione viene, cos�, nuovamente investita 
della questione gi� portata al vaglio del giudice amministrativo attraverso 
l�impugnazione del (primo) provvedimento amministrativo adottato, perch� 
la stessa faccia luogo ad una riedizione del potere ovviamente immune dai 
profili di illegittimit� di tipo istruttorio, procedimentale o anche sostanziale 
prima facie riscontrati nella sede della cognizione cautelare ed alla luce delle 
censure esposte in ricorso, cos� come fatte proprie ed esternate dal giudice 
della cautela nelle espresse indicazioni contenute nella parte motiva dell�ordinanza 
cautelare. 
Nella seconda tecnica di tutela cautelare sono ricomprese le ordinanze, 
propriamente positive e sostitutive, attraverso le quali il giudice adotta (nel 
dispositivo dell�ordinanza cautelare) direttamente le determinazioni necessarie 
ad evitare che il tempo occorrente per la definizione del giudizio frustri 
irrimediabilmente l�interesse dedotto dal ricorrente, cos� sortendo un effetto 
di temporanea ed anticipata produzione degli effetti propri del provvedimento 
dallo stesso invocato e negato dall�amministrazione (64). In tal caso, in modo 
significativamente pi� incisivo rispetto al remand, l�intervento cautelare di 
(63 ) In giurisprudenza, sul remand, da ultimo, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 
10, in www.giustamm.it., ove si precisa che �a seguito della sospensiva (in sede giurisdizionale) di un 
atto amministrativo negativo, sorge il dovere della Pubblica Amministrazione di riesaminare (c.d. remand) 
la situazione controversa regolandola nuovamente (sia pure a titolo provvisorio) tenendo conto 
del dictum del Giudice Amministrativo: ossia, concedendo al ricorrente il richiesto provvedimento ampliativo 
o anche negandolo qualora sussistano altre legittime ragioni ostative non evidenziate in precedenza�; 
in precedenza, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 5 dicembre 2007, n. 12554, in Foro amm. Tar, 
2007, 12, 3776, ove si afferma: �essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza 
proprio per rimettere in gioco l�assetto di interessi definiti con l�atto gravato, restituendo quindi all�Amministrazione 
l�intero potere discrezionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, 
il nuovo atto, costituendo (nuova) espressione di una funzione amministrativa (e non di mera attivit� 
esecutiva della pronuncia giurisdizionale), porta ad una pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione 
della materia del contendere, ove abbia contenuto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente, 
oppure di improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l�interesse del 
ricorrente dall�annullamento dell�atto impugnato, sostituito dal nuovo provvedimento, a quest�ultimo�; 
ed ancora, Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in www.giustizia-amministrativa.it., in cui si 
legge che con l�esercizio del potere di remand �si realizza un procedimento amministrativo aperto e 
l�interesse legittimo si configura nella pretesa alla adeguata e completa considerazione della propria 
posizione in vista della sua possibile - anche se non scontata - soddisfazione. Si realizza cio� una piena 
integrazione tra processo e procedimento, in quanto la pronuncia cautelare, pur lasciando impregiudicato 
il contenuto finale del provvedimento, impone all�amministrazione di riprendere in esame l�interesse 
del ricorrente sul presupposto di una (pi�) attenta valutazione dei dati o degli elementi emersi dal ricorso, 
nel corso del giudizio o nella fase istruttoria giudiziale�. 
(64) DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 2001, 79 
ss. FRACCHIA, Osservazioni in tema di misure cautelari di carattere dispositivo nel giudizio amministrativo, 
in Foro it., 1998, III, 308 ss.; F. SAITTA, L�atipicit� delle misure cautelari nel processo amministrativo, 
tra mito e realt�, in www.giustizia-amministrativa.it; TRAINA, La proposizione del ricorso e la 
tutela cautelare, in Codice della giustizia amministrativa (a cura di Morbidelli), Milano, 2008, 638 ss. 
DOTTRINA 323 
tipo sostitutivo comporta che la pronuncia giudiziale tiene luogo del provvedimento 
invocato dal ricorrente e negato dall�amministrazione. 
Per ambedue le descritte tecniche processuali si � posto il problema della 
loro compatibilit� con il principio che vuole le misure cautelari avvinte da 
un nesso di strumentalit� rispetto alla pronuncia destinata a definire il merito 
della controversia, nonch� con quello inteso ad evitare lo sconfinamento del 
giudice in area riservata alla discrezionalit� della pubblica amministrazione 
(65). 
Come detto, lo strumento cautelare ha natura servente rispetto alla decisione 
di merito di cui deve garantire la fruttuosit� pratica, di volta in volta 
anticipandone provvisoriamente gli effetti, assicurando che la situazione non 
venga modificata in attesa della disciplina degli effetti che sar� dettata dalla 
sentenza stessa ovvero, ancora, determinando il prodursi di effetti quantitativamente 
minori rispetto a quelli potenzialmente realizzabili a conclusione 
del processo. Nel processo amministrativo, il giudizio cautelare ha vita processuale 
autonoma, ma non produce utilit� sostanziali diverse o superiori rispetto 
a quelle che pu� procurare alla parte la decisione di merito, i cui effetti 
essa tende a preservare nel tempo (66). Strettamente connesso con il principio 
di strumentalit� � quello di necessaria interinalit� della misura cautelare implicante 
la naturale provvisoriet� degli effetti che essa pu� produrre e la conseguente 
inidoneit� della stessa a sortire un effetto di sostanziale assorbimento 
della funzione propria della successiva decisione di merito, non potendo dettare 
una soluzione definitiva per la controversia, ragion per cui non pu� produrre 
effetti irreversibili (67). Principi, questi, non certo elisi per effetto 
dell�entrata in vigore della l. n. 205 del 2000 che, se certo amplia la gamma 
delle misura di cautela invocabili innanzi al giudice amministrativo, non modifica, 
invece, i connotati strutturali dell�intervento cautelare; la formulazione 
del nuovo art. 21, l. TAR ribadisce il carattere della necessaria coerenza effettuale 
del provvedimento cautelare rispetto alla decisione che definisce il 
merito del giudizio e quello, intimamente connesso, dell�interinalit� dell�assetto 
di interessi determinato dall�intervento anticipato del giudice ammini- 
(65) Il dibattito � illustrato da GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche 
del remand e dell�ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, cit. 
(66) E� quanto costantemente sostenuto dal Consiglio di Stato, secondo cui �nel processo amministrativo 
il giudizio cautelare ha vita processuale autonoma, ma non produce utilit� sostanziali diverse 
o superiori rispetto a quelle che pu� procurare alla parte la decisione di merito, i cui effetti essa tende 
a preservare nel tempo�: il giudizio cautelare, quindi, � autonomo dal giudizio di merito �solo sotto 
l�aspetto processuale e non anche sotto il profilo sostanziale�, non potendo produrre �utilit� finali diverse 
e comunque disomogenee da quelle che la decisione di merito pu� procurare alla parte� (Cons. St., ad. 
pl., 5 settembre 1984, n. 17, in Cons. Stato, 1984, I, 971). 
(67) In giurisprudenza, tra le tante, Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2005, n. 1000, in Foro amm. CdS, 
2005, 871; Sez. VI, 7 marzo 2005, n. 902, ivi, 733; Cass. civ., sez. un., 25 febbraio 1995, n. 2149, in 
Rass. giur. en. el., 1996, 950. 
324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
strativo (68). 
Secondo un indirizzo restrittivo delineatosi in dottrina (69) e fatto proprio, 
talora, dal Consiglio di Stato (70), le cc.dd. ordinanze propulsive, intese ad 
imporre all�amministrazione la riedizione del potere esercitato, sarebbero irrimediabilmente 
incompatibili con le peculiarit� proprie della struttura tipica 
della misura cautelare. Si � sostenuto, infatti, che nel caso di impugnazione di 
un provvedimento negativo il giudice amministrativo, in sede cautelare, non 
pu� ordinare all�amministrazione di riesaminare l�istanza del privato e di adottare 
cos� un nuovo atto con diversa motivazione, ma pu� solo adottare autonomamente 
misure d�urgenza di contenuto positivo, intese ad anticipare, in 
via meramente interinale, la produzione degli effetti del provvedimento richiesto 
dall�interessato e negato dall�amministrazione: si sconfessa, cos�, la prassi 
delle ordinanze cc.dd. propulsive, per legittimare, invece, quella delle ordinanze 
a contenuto autonomamente positive dirette ad anticipare, in attesa della 
definizione nel merito del giudizio, gli effetti dell�atto in prima battuta negato 
dall�amministrazione. In questa direzione si sostiene che il contenuto della 
misura cautelare supererebbe quello della sentenza di merito, intesa alla mera 
caducazione del provvedimento di diniego; dall�altro, la stessa, con il provocare 
l�adozione di una nuova e distinta determinazione amministrativa, sortirebbe 
un effetto assorbente e definitivo, cos� usurpando uno spazio proprio 
della decisione di merito. 
A tale indirizzo si contrappone un orientamento, attualmente pressoch� 
unanime, oltre che consolidato, della giurisprudenza amministrativa, avallato 
dalla dottrina maggioritaria (71), secondo cui la tecnica del remand non sol- 
(68) In proposito, F. SAITTA, L�atipicit� delle misure cautelari nel processo amministrativo tra 
mito e realt�, cit. 
(69) Per tutti, TRAVI, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo 
e pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1997, 174 ss., il quale osserva che �il principio di strumentalit� 
impone di escludere che attraverso l�ordinanza cautelare possano attribuirsi utilit� maggiori 
di quelle ipotizzabili in caso di esito vittorioso del ricorso, altrimenti il giudizio cautelare diventa una 
cellula impazzita del processo amministrativo, dove tutto risulta consentito indipendentemente dall�oggetto 
del giudizio e dai poteri del giudice rispetto al ricorso�. 
(70) Cons. St., sez. V, ord. 30 maggio 2000, n. 2586, in Cons. Stato, 2000, I, 1570; id., ord. 21 
giugno 1996, n. 1210, in Dir. proc. amm., 1997, 167, con nota di TRAVI, Misure cautelari di contenuto 
positivo e rapporti tra giudice amministrativo e pubblica amministrazione; Cons. St., sez. V, ord. 21 
giugno 1996, n. 1210, cit., ove il Collegio, disattendendo la tendenza dei giudici amministrativi periferici 
a fare un uso sempre pi� ampio e penetrante della tecnica del remand, ha osservato che nell�esame di 
istanze cautelari contro diniego di autorizzazione, non � consentito �ordinare all�amministrazione resistente 
di concedere le autorizzazioni da queste negate; l�annullamento del diniego pu� essere fatto solo 
con sentenza e non ordinato all�amministrazione; se i Tar ritengono di concedere l�autorizzazione provvisoria, 
e salvo vanificazione in caso di esito non favorevole al ricorrente del grado di giudizio cognitorio, 
devono farlo essi stessi�. 
(71) ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 
218 ss. GIALLOMBARDO, Realt� e prospettive del processo cautelare dinanzi ai Tribunali amministrativi, 
in Miscellanea giuridica (Studi in onore di I. Scotto), Roma, 1992, 92 ss.; NOTARPASQUALE, La tutela
DOTTRINA 325 
tanto non � in contrasto con i principi propri del sistema di tutela cautelare, 
ma coniuga due fondamentali esigenze: da un lato, quella di garantire, indipendentemente 
dalla tipologia e dalla struttura della posizione soggettiva dedotta 
in giudizio, un�effettivit� di tutela giurisdizionale rispetto alla quale 
l�approntamento di un adeguato sistema di intervento cautelare costituisce un 
inabdicabile corollario, se non un vero e proprio tratto costitutivo; dall�altro, 
quella che impone, per quanto possibile, il rispetto dei distinti ruoli anche costituzionalmente 
assegnati al giudice e all�amministrazione, alla quale � pur 
sempre rimessa, per effetto del contenuto propulsivo del remand, la parola ultima, 
salva la necessit� di un nuovo intervento del giudice dell�esecuzione in 
caso di inerzia ed inottemperanza (72). 
Peraltro, a sostegno dell�ammissibilit� della tecnica del remand � richiamabile 
la nuova disciplina dei motivi aggiunti, introdotta dall�art. 1, l. n. 205 
del 2000, che, modificando l�art. 21, l. n. 1034 del 1971, ha previsto in termini 
generali che �Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse 
parti, connessi all�oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione 
di motivi aggiunti�. Come � stato osservato in giurisprudenza, l�innovazione, 
che permette di far confluire all�interno del giudizio tutti gli atti 
connessi al suo �oggetto�, non va vista soltanto come uno strumento di economia 
processuale (73), imponendo la stessa, viceversa, di rivedere la tradizionale 
identificazione dell�oggetto del giudizio amministrativo con il singolo 
provvedimento impugnato. �Il presupposto logico, infatti, che ha reso possibile 
l�estensione dell�impugnativa ai provvedimenti sopravvenuti mediante 
semplici motivi aggiunti all�interno del giudizio gi� pendente risiede in ci�, 
che il legislatore del 2000 ha rimodellato l�oggetto del processo amministrativo 
intorno alla pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente�; la disposizione, 
invero, �comporta che l�adozione di un ulteriore provvedimento, inteso 
ad emendare un vizio dell�atto formante oggetto di un gravame, non pone pi�, 
oggi, automaticamente fine al relativo giudizio (strutturato, innovativamente, 
cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi alla luce della legge 205/2000, nota a Cons. St., sez. 
V, 14 gennaio 2003, n. 87, in Dir. proc. amm., 2003, 1270); SAPORITO, Le sospensive �propulsive�, in 
Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza (a cura 
di Allegretti, Orsi Battaglini, Sorace), Rimini, 1987, I, 355. 
(72) BERTONAZZI, Brevi riflessioni sulla tutela cautelare nei confronti dei provvedimenti negativi 
e dei comportamenti omissivi della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1999, 1222 ss.; GAROFOLI, 
op. ult. cit. 
(73) Tuttavia, secondo una parte della giurisprudenza, l�istituto dei motivi aggiunti, in corso di 
causa, avverso atti diversi da quelli impugnati con il ricorso principale, purch� a quelli direttamente collegati, 
introdotto dalla l. n. 205/2000, risponde ad esigenze di economia processuale ed �, comunque, 
alternativo alla riunione dei due distinti ricorsi, eventualmente proposti separatamente (per conseguire 
evidenti finalit� di speditezza, di concertazione giudiziale e di eliminare sprechi di tempo e di danaro), 
ferma restando l�autonomia delle impugnative: in questi termini, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 8 
gennaio 2009, n. 15, in www.neldiritto.it; Cons. St., sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6170, in Foro amm. 
CdS, 2006, 10, 2776.
326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
come giudizio sul rapporto), ma abilita semplicemente l�interessato ad integrare 
la sua originaria impugnativa mediante motivi aggiunti�(74). Per effetto 
della novella �, quindi, consentito al giudice di estendere in modo progressivo 
ed onnicomprensivo l�accertamento giurisdizionale alle successive determinazioni 
amministrative. 
Orbene, l�indicata novit� legislativa sembra fornire un�ulteriore conferma 
della correttezza della tecnica del remand e della sua coerenza con i connotati 
strutturali del sistema processuale amministrativo nel quale � destinata ad operare. 
Con l�ordinanza propulsiva, infatti, il giudice amministrativo, tenendo 
conto dei profili di illegittimit� prima facie riscontrati nella pregressa attivit� 
amministrativa e nel provvedimento di diniego impugnato, sollecita la manifestazione 
di una nuova volont� amministrativa, destinata, allorch� ancora negativa 
e sempre che non elusiva dell�obbligo di esecuzione, ad essere 
sottoposta in uno alla prima, al vaglio dello stesso giudice, cos� in grado di 
portare il proprio scrutinio e la conseguente decisione sul complesso ed esaustivo 
insieme dei profili addotti dall�amministrazione a sostegno della determinazione 
ostile al soddisfacimento dell�interesse pretensivo del ricorrente. 
In tal modo, oltre ad essere assicurata la continuit� e la completezza dell�accertamento 
giudiziale, ormai tendenzialmente esteso alla verifica della fondatezza 
della pretesa avanzata dal ricorrente nei confronti dell�amministrazione, 
risultano inalterati e rispettati i connotati della strumentalit� e provvisoriet� 
della misura rispetto alla decisione di merito. Ed invero, pur in presenza di 
pi� atti amministrativi, impugnati in tempi diversi dal ricorrente e conosciuti 
in sede cautelare in momenti separati, la sentenza definitiva sar� unica, sicch� 
non potr� sostenersi che l�originaria misura cautelare abbia sortito effetti eccedenti 
la cognizione di merito o che abbia definitivamente esaurito il rapporto 
processuale. 
L�ammissibilit� del remand e la sua coniugabilit� con i caratteri ontologici 
propri della misura cautelare hanno trovato, di recente, piena conferma nella 
giurisprudenza amministrativo; infatti, la quinta Sezione del Consiglio di Stato, 
con sentenza 19 febbraio 2007, n. 833 (75), nel riconoscere l�ammissibilit� 
del remand, pare superare gli esposti contrasti interpretativi emersi in merito 
all�utilizzabilit�, nel processo amministrativo, di siffatta tecnica di intervento 
(74) T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16 gennaio 2002, n. 398, in Foro amm. Tar, 2002, 115, 511, con 
nota di GALLETTA, Recenti novit� in tema di illegittimit� del provvedimento amministrativo affetto da 
c.d. vizi formali. Sulla nuova disciplina dei motivi aggiunti, intesa come indice della volont� del legislatore 
di trasformare il giudizio amministrativo in un giudizio sul rapporto, MAMELI, Atto introduttivo 
e attivit� istruttoria, in CARINGELLA - PROTTO, Il nuovo processo amministrativo, cit., 3 ss.; in argomento, 
si veda, inoltre, N. SAITTA, Sette note sui motivi aggiunti, in www.giustamm.it; per talune osservazioni 
sull�evoluzione che l�istituto del ricorso per motivi aggiunti ha subito per via giurisprudenziale G. VIRGA, 
L�evoluzione dell�istituto del ricorso per motivi aggiunti, in www.lexitalia.it. 
(75) In www.lexitalia.it e con annotazione in www.neldiritto.it. 
DOTTRINA 327 
cautelare. Osservano i giudici di Palazzo Spada che devono ritenersi ammesse, 
stante il vigente principio dell�atipicit� della tutela cautelare, scolpito dall�art. 
3, l. n. 205 del 2000, le misure cautelari propulsive consistenti nell�ordine, rivolto 
all�amministrazione, di esercitare nuovamente una determinata potest�, 
onde pervenire all�adozione di un atto, emendato dai vizi riscontrati in sede 
di cognizione giurisdizionale. Invero, il c.d. remand instaura un dialogo tra la 
giurisdizione e l�amministrazione, mirante ad orientare l�attivit� discrezionale 
della seconda nella direzione, ritenuta giuridicamente ortodossa, suggerita 
dalla prima. In questo senso � indiscutibile il vincolo conformativo che le ordinanze 
cautelari del tipo appena descritto imprimono alla potest� oggetto di 
vaglio giurisdizionale: di qui la sicura illegittimit� di un provvedimento, adottato 
in seguito ad un impulso cautelare, che ignori completamente il tenore 
precettivo della misura di carattere propulsivo, fonte e limite della rinnovazione 
procedimentale. 
La compatibilit� o meno con il carattere di strumentalit� della tutela cautelare 
si � posta anche per le ordinanze di tipo �sostitutivo�, consistenti, come 
detto, in misure positive con le quali il giudice adotta direttamente le prescrizioni 
necessarie producendo in via anticipata gli effetti del provvedimento negato 
dall�amministrazione. Per queste ultime si � evidenziato che anche 
l�attuale formulazione dell�art. 21, l. 1034/1971, estromette dalle misure cautelari 
adottabili proprio quelle di tipo sostitutivo, che �assicurano� non gi� 
�gli effetti della decisione sul ricorso�, come impone la norma processuale, 
bens� gli effetti ottenibili mediante il giudizio di ottemperanza (76). Non di 
meno, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che almeno sino alla riforma 
introdotta dall�art. 3, l. 205/2000, aveva avversato le misure cautelari sostitutive, 
in pi� occasioni non ha ravvisato ostacolo ad ordinare, in via cautelare, 
l�adozione del provvedimento richiesto dal ricorrente ed illegittimamente negato 
dall�amministrazione. Emblematica in tal senso � la pronuncia con cui, 
chiamato a pronunciarsi sul provvedimento di rigetto di opposizione contro 
l�ammissione di un contrassegno alle elezioni per il Parlamento europeo, il 
massimo Organo di giustizia amministrativa, ritenuta, prima facie, fondata la 
pretesa del ricorrente di non vedere ammesso un contrassegno suscettibile di 
generare confusione con il proprio, ha ordinato, in sede cautelare, l�introduzione 
di modifiche grafiche nel contrassegno contestato (77). Altrettanto significativa 
� altra pronuncia con cui, di fronte ad un diniego di concessione 
(76) CINTIOLI, op. cit.; RICCI, op. cit.; F. SAITTA, op. cit. 
(77) Cons. St., sez. V, ord. 18 maggio 2004, n. 2227, in Cons. Stato, 2004, I, 1356; contra, nella 
vigenza dell�art. 21, l. n. 1034/1971, nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dall�art. 3, l. 
205/2000, Cons. St., sez. V, ord. 30 maggio 2000, n. 2586, ivi, 2000, I, 1570, ancora affermava che, nel 
caso di impugnazione di un diniego di autorizzazione, il giudice amministrativo, in sede cautelare, non 
pu� ordinare all�amministrazione di concedere l�autorizzazione da questa negata, potendo il diniego essere 
annullato soltanto con sentenza.
328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
edilizia, dopo aver accolto l�istanza cautelare, in sede di esecuzione della relativa 
ordinanza, il Consiglio di Stato ha ordinato all�amministrazione di rilasciare, 
in via provvisoria, al ricorrente la concessione negatagli, riservandosi 
di nominare un commissario ad acta in caso di inadempimento (78). Nella giurisprudenza 
dei Tribunali amministrativi regionali, il potere del giudice cautelare 
di adottare la misura positiva o sostitutiva integra principio ormai da 
tempo acquisito. La sospensione dell�atto di diniego impugnato, con contestuale 
riconoscimento in via interinale della pretesa disattesa dall�amministrazione 
� cautela riconosciuta di normale praticabilit� (79). 
Ad avviso di chi scrive, l�adozione di tali misure positive, pur non dovendosi 
escludere a priori, incontra quale limite insuperabile quello costituito 
dal necessario rispetto della sfera riservata alla discrezionalit� valutativa dell�amministrazione, 
che preclude l�intervento cautelare sostitutivo del giudice. 
Pare, quindi, preferibile l�orientamento mediano, che distingue a seconda della 
natura vincolata o discrezionale dell�attivit� amministrativa sulla quale incide 
la pronuncia cautelare del giudice amministrativo; ne consegue che, mentre 
per le attivit� vincolate il giudice pu� spingersi fino ad ordinare all�amministrazione 
di adottare un atto con un certo contenuto; qualora, invece, residui 
uno spazio di discrezionalit� in capo all�amministrazione � da ritenere che 
l�ordine del giudice possa avere contenuto esclusivamente procedimentale, 
destinato ad imporre all�amministrazione la riattivazione del procedimento, 
senza, tuttavia, alcuna previsione sull�esito finale, che � dipendente dal concreto 
esercizio che l�amministrazione riterr� di fare del proprio potere discrezionale 
(80). 
Strettamente collegata alla tematica concernente l�adottabilit� da parte 
del giudice amministrativo di misure cautelari ordinatorie di tipo propulsivo 
� quella attinente al vincolo conformativo scaturente dalla pronuncia cautelare. 
Pur non trattandosi di un giudicato in senso tecnico, la pronuncia cautelare 
adottata dal giudice amministrativo � dotata di una sua singolare vis inibitoria 
(78) Cons. St., sez. VI, ord. 27 settembre 2005, n. 4354, in Cons. Stato, 2005, I, 1662 e in www.lexitalia.
it. 
(79) Si veda, di recente, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, ord. 16 luglio 2008, n. 616, in www.giustizia-
amministrativa.it, che ha sospeso l�efficacia del diniego di rinnovo all�installazione di un gazebo a 
carattere stagionale, disponendo che la ricorrente potesse procedere all�installazione del manufatto nei 
modi assentiti precedentemente dal comune; Cons. St., sez. V, ord. 28 agosto 2007, n. 4297, in Dir. proc. 
amm., 2008, 3, 856, con nota di ANDREIS, Vincolo di strumentalit� e misure cautelari di contenuto propulsivo 
nel processo amministrativo, ove il Collegio ha ritenuto ammissibile un�ordinanza cautelare 
propulsiva su un provvedimento che negava l�immissione in commercio di un farmaco. 
(80) In giurisprudenza, in tal senso, si veda Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239, in Foro 
amm. CdS, 2006, 6, 1797, ove si osserva che il potere cautelare atipico conferito al giudice amministrativo 
�pu� spingersi fino alla sostituzione del giudice all�Amministrazione nelle fattispecie nelle quali lo 
si ritenga, per esempio in caso di attivit� vincolata o a bassa discrezionalit��; in dottrina accoglie questa 
soluzione M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.
DOTTRINA 329 
e a volte propulsiva o sostitutiva, alla quale soggiace la capacit� di autodeterminazione 
e l�autonomia della pubblica amministrazione i cui provvedimenti 
siano stati sospesi. Anzi i suoi organi sono tenuti a dare esecuzione alle ordinanze 
cautelari del giudice amministrativo, e ci� risponde alla logica del sistema, 
tanto che nei casi di mancata esecuzione o conformazione a dette 
ordinanze, il ricorrente pu� rivolgersi ancora al giudice in sede cautelare esecutiva, 
ottenendone anche, se del caso, la nomina di un commissario ad acta 
per l�esecuzione (81). 
Il decisum cautelare, sebbene caratterizzato dalla provvisoriet�, determina 
un effetto conformativo analogo a quella della sentenza e, quindi, comporta 
un vincolo assoluto per l�amministrazione di attenersi, nella sua successiva 
attivit�, alla statuizione del giudice (82). L�amministrazione, pertanto, � tenuta 
a dare esecuzione alle ordinanze cautelari, imperative al pari delle sentenze, 
con la differenza che hanno minore stabilit�, cessando i loro effetti con la decisione 
di merito; ma finch� l�ordinanza cautelare non sia revocata, modificata 
o sostituita da una pronuncia di merito, deve essere eseguita. Anche il contenuto 
minimo della misura cautelare impone all�amministrazione, nel tempo 
in cui la stessa � efficace, di non pregiudicare in modo definitivo la posizione 
del ricorrente; ritenere il contrario tradirebbe la stessa natura strumentale della 
cautela giurisdizionale, impedendo, di fatto, che essa possa davvero assicurare 
interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso (art. 21, comma 8, l. TAR), 
e che, quindi, possa essere assicurata l�effettivit� della tutela giudiziale, dalla 
quale finirebbe per scaturire una eventuale sentenza d�accoglimento inutiliter 
data (83). Il che vale per tutte le misure cautelari, incluse quelle di tipo propulsivo 
e sostitutivo, ormai generalmente ammesse stante il vigente principio 
di atipicit� della tutela cautelare, scolpito dall�art. 3, l. n. 205/2000. 
Quanto alle prime, si � detto, consistono nell�ordine, rivolto all�amministrazione, 
di esercitare nuovamente una determinata potest�, onde pervenire 
all�adozione di un atto, emendato dai vizi riscontrati in sede di cognizione giurisdizionale. 
Il c.d. remand instaura un dialogo tra la giurisdizione e l�amministrazione, 
diretto ad orientare l�attivit� discrezionale della seconda nella 
direzione, ritenuta giuridicamente ortodossa, suggerita dalla prima. In questo 
senso � indiscutibile il vincolo conformativo che le ordinanze cautelari propulsive 
imprimono alla potest� oggetto di vaglio giurisdizionale: di qui la si- 
(81) Cons. St., sez. VI, ord. 29 luglio 2004, n. 5356; T.A.R. Veneto, sez. I, ord. 22 giugno 2000, 
n. 1212, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. 
(82) Per approfondimenti, CARINGELLA, Il giudizio di esecuzione, in Manuale di giustizia amministrativa 
(a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 596 ss.; DE NICTOLIS, 
La tutela cautelare, ivi, tomo, II, 111. 
(83) DE GIOIA, L�ottemperanza alla misura cautelare nel nuovo processo amministrativo, in Nuova 
rass., 2003, 691; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 2 agosto 2007, n. 1905, in Foro amm. Tar, 2007, 7-8, 
2669.
330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
cura illegittimit� di un provvedimento, adottato in seguito ad impulso cautelare, 
che ignori completamente il tenore precettivo della misura di carattere 
propulsivo, fonte e limite della rinnovazione procedimentale (84). A seguito 
della sospensiva (in sede giurisdizionale) di un atto amministrativo negativo, 
l�Amministrazione, nell�esercizio del dovere di riesame della situazione controversa 
alla luce del dictum cautelare, potr� ovviamente concedere il richiesto 
provvedimento ampliativo oppure negarlo, qualora sussistano altre legittime 
ragioni ostative non evidenziate in precedenza (85). 
Quanto alle ordinanze sostitutive, si � detto, si risolvono nell�adozione in 
sede cautelare di misure positive che si sovrappongono alla determinazione 
amministrativa sub iudice, attribuendo direttamente (ed interinalmente) al ricorrente 
l�utilit� sostanziale disconosciuta dall�amministrazione, sicch� a tali 
misure non pu� non riconoscersi efficacia vincolante per l�amministrazione. 
Tuttavia, il vincolo conformativo scaturente dalle ordinanze cautelari 
dell�una e dell�altra tipologia assume una diversa intensit�. Nel caso di misure 
cautelari di tipo positivo o sostitutivo, il loro ambito di attuazione � completamente 
definito dalla portata conformativa del giudicato cautelare. Nelle ordinanze 
emesse �ai fini del riesame�, invece, l�obbligo di attuazione della 
pronuncia interinale non comporta esclusivamente un�attivit� di esecuzione 
in senso stretto, caratterizzandosi il dictum cautelare per una relativa povert� 
di contenuto ordinatorio, richiedendo una completa riedizione del procedimento 
conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i 
vizi (sostanziali e formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come 
fondati. Nello svolgimento di tale attivit� l�amministrazione gode, nell�ambito 
dei profili sostanziali non coperti dal giudicato cautelare, della medesima libert� 
di determinare il contenuto dell�atto spettantegli nel decidere in prima 
battuta, essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza 
(84) LABRIOLA, Esecuzione delle statuizioni delle sospensive cautelari rimaste senza esito e possibile 
soluzione delle sospensive �propulsive�, in Nuova rass., 2003, 969. In giurisprudenza, si veda 
T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 10, in Urb. e app., 2009, 5, 629, con nota di ANDREIS, 
cit.; Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2007, n. 833, cit.; id., sez. VI, 25 febbraio 2003, n. 1054, in Foro it., 
2003, III, 361; id., sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 253, in Giur. it., 2001, 1273, ove significativamente si 
precisa che �ai sensi dell�art. 21, comma 14 e 15, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come novellato dall�art. 
3, comma 1, l. 21 luglio 2000, n. 205, deve ritenersi che l�effetto conformativo che consegue al c.d. giudicato 
cautelare sia assolutamente vincolante per l�amministrazione fino ad un�eventuale difforme decisione 
conclusiva del giudizio di merito; infatti, il richiamo al c.d. fumus boni iuris e la connessa 
ipoteticit� sintattica che sono usualmente presenti nella motivazione delle ordinanze cautelari si correlano 
esclusivamente alla fisiologica eventualit� di un difforme esito del giudizio di merito (a cognizione 
piena) e non certo alla (ovviamente inconfigurabile) potest� dell�amministrazione di ribadire i propri 
assunti che siano difformi dal decisum giurisdizionale. Conseguentemente, l�Amministrazione nei cui 
confronti venga emessa una ordinanza cautelare che abbia definito come corrette alcune risposte date 
ad un questionario per l�ammissione ad un corso concorso, non pu�, dopo il provvedimento cautelare, 
sovrapporre la propria opinione a quella del giudice�; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-ter, 17 marzo 2008, 
n. 2421, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(85) T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 7 gennaio 2009, n. 10, cit. 
DOTTRINA 331 
proprio per rimettere in gioco l�assetto di interessi definiti con l�atto gravato, 
restituendo quindi all�amministrazione l�intero potere decisionale iniziale, 
senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale; risultando il nuovo atto espressione 
di una funzione amministrativa e non di mera attivit� esecutiva della 
pronuncia giurisdizionale (86). 
Nel caso in cui all�esito dell�esercizio del potere di riesame l�amministrazione 
dovesse rivedere il proprio precedente operato in modo pienamente soddisfattivo 
per il ricorrente (ponendo in essere delle attivit� e/o adottando gli 
atti in precedenza negati) e lo abbia fatto nel pieno e consapevole esercizio 
del proprio potere discrezionale, il ricorso potrebbe senza dubbio essere dichiarato 
improcedibile per sopravvenuta cessazione della materia del contendere; 
in particolare, il successivo provvedimento pienamente favorevole per 
il ricorrente, adottato in esecuzione dell�ordinanza cautelare, determiner�: 
a) l�estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, 
qualora nel giudizio di merito non sia stata presentata alcuna domanda di risarcimento 
danni (87); 
b) la cessazione della materia del contendere relativamente al capo della 
domanda afferente all�annullamento dell�atto impugnato, qualora dovesse permanere 
l�interesse del ricorso per la parte afferente alla domanda di risarcimento 
(88). In questa ipotesi, a nulla varrebbe opporre all�ammissibilit� 
dell�istanza risarcitoria il tradizionale limite costituito dalla c.d. pregiudizialit� 
amministrativa, in quanto, come peraltro � stato affermato dalla giurisprudenza 
amministrativa, la possibilit� di ottenere un risarcimento del danno discenderebbe 
in via diretta dall�annullamento in via di autotutela dell�atto amministrativo 
(nel caso di specie, operato a seguito dell�esecuzione dell�ordinanza 
di remand). 
In tal caso, l�amministrazione sostanzialmente sostituisce l�atto originariamente 
impugnato con un altro atto, a seguito di rinnovata ed aggiornata at- 
(86) In tal senso, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 2 luglio 2007, n. 5893, in www.lexitalia.it., 
ove si precisa che solo con riferimento agli atti adottati in attuazione di misure cautelari di tipo positivo 
o sostitutorie, il principio secondo cui l�esecuzione della ordinanza di sospensione di un provvedimento 
di diniego non costituisce attivit� di autotutela e, quindi, non comporta l�improcedibilit� del ricorso o 
la cessazione della materia del contendere, non pu� applicarsi nel caso di esecuzione da parte della P.A. 
delle ordinanze emesse �ai fini del riesame�, atteso in tale ipotesi l�obbligo di attuazione della pronuncia 
interinale non comporta esclusivamente un�attivit� di esecuzione in senso stretto, caratterizzandosi il 
dictum cautelare per una relativa povert� di contenuto ordinatorio, ma richiede una completa riedizione 
del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata ad eliminare i vizi (sostanziali 
o formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati; nello stesso senso, T.A.R. Campania, 
Salerno, sez. I, 5 aprile 2006, n. 355, in Foro amm. Tar, 2006, 4, 1436 e, da ultimo, T.A.R. Lazio, 
Roma, sez. I-quater, 2 ottobre 2007, n. 9660, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(87) In tal senso, Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2005, n. 1089, in Foro amm. CdS, 2005, 3, 875; 
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 25 gennaio 2007, n. 521, in www.lexitalia.it. 
(88) In tal senso, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 2 aprile 2008, n. 583, in www.giustizia-amministrativa.
it. 
332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
tivit� istruttoria, autonomamente rispetto all�esecuzione del provvedimento 
giurisdizionale; il che determina acquiescenza al provvedimento giurisdizionale 
medesimo e cessazione della materia del contendere (89). 
Diversamente, la mera esecuzione dell�ordinanza cautelare, in quanto attivit� 
doverosa, non d� luogo ad acquiescenza, n� costituisce attivit� di autotutela 
e non determina l�improcedibilit� del ricorso per sopravvenuta carenza 
di interesse o la cessazione della materia del contendere, a meno che, come 
appena detto, la nuova valutazione dell�amministrazione non ecceda i limiti 
dell�esecuzione dell�ordinanza impugnata (90). Infatti, secondo consolidato 
indirizzo giurisprudenziale, nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso 
in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l�amministrazione si 
sia adeguata con un atto consequenziale al contenuto dell�ordinanza cautelare, 
non � configurabile l�improcedibilit� del ricorso o la cessazione della materia 
del contendere - a seconda se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole 
al ricorrente -, atteso che l�adozione non spontanea dell�atto consequenziale 
con cui l�amministrazione d� esecuzione all�ordinanza di sospensione degli 
effetti di un provvedimento non comporta la revoca del precedente provvedimento 
sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di 
merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso 
in cui il contenuto della (motivata) ordinanza cautelare sia tanto condiviso 
dall�amministrazione da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento 
gi� sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul 
suo prevedibile annullamento. Diversamente opinando, la dovuta ottemperanza 
all�ordinanza cautelare si trasformerebbe per l�amministrazione in una 
rinuncia coatta al proprio diritto di difesa in giudizio (91) e finirebbe per com- 
(89) Cons. St., ad. pl., 27 febbraio 2003, n. 3, in DIR. PROC. AMM., 2003, 4, 1201, con nota di ANDREIS, 
L�attivit� successiva alla sentenza di annullamento tra acquiescenza e principio di assorbimento; 
id., sez. IV, 6 maggio 2004, n. 2797, in Foro amm. CdS, 2004, 1356; T.A.R. Veneto, sez. I, 7 luglio 2004, 
n. 2277, in www.lexitalia.it, ove ulteriori riferimenti; Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005, n. 4165, in Giur. 
it. 2005, 184; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 2 luglio 2007, n. 5893, cit.; T.A.R. Campania, Salerno, 
sez. I, 5 aprile 2006, n. 355, cit. 
(90) Cons. St., sez. IV, ord. 18 novembre 2003, n. 5108, annotata da LUBRANO, Limiti e poteri 
dell�ordinanza cautelare nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 1219; T.A.R. Lazio, 
Roma, sez. I, 1 marzo 2004, n. 1912, annotata da CAMINITI, Possibile efficacia ultrattiva della misura 
cautelare propulsiva, in Foro amm. Tar, 2004, 1054.; da ultimo, in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, 
sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583, in www.neldiritto.it, con annotazione di FIORI. 
(91) Cons. St., sez. IV, 2 novembre 2004, n. 7068, in Foro amm. CdS, 2004, 3129; c., 12 dicembre 
2005, n. 7039, ivi, 2005, 12, 3589; id., 5 dicembre 2006, n. 7119, ivi, 2006, 12, 3295; T.A.R. Lazio, 
Roma, sez. II, 7 settembre 2006, n. 8092, in Corriere del merito, 2006, 11, 1330 e in www.lexitalia.it., 
con nota di D�ANGELO, Il provvedimento amministrativo posteriore al dictum giurisdzionale cautelare, 
cui si rinvia per l�illustrazione dei due opposti orientamenti in ordine alla natura, secondo una prima 
tesi, meramente adempitiva e provvisoria del nuovo provvedimento ovvero, secondo un�opposta tesi, 
sempre provvedimentale e definitiva; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 14 marzo 2007, n. 321, in Foro amm. 
Tar, 2007, 3, 1039; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 30 luglio 2008, n. 843, ivi, 2008, 7/8, 1958; Cons. 
giust. amm., 25 maggio 2009, nn. 478 e 479, in www.giustizia-amministrativa.it. 
DOTTRINA 333 
portare uno snaturamento della struttura e della funzione della tutela cautelare 
che, da provvisoria e strumentale, si atteggerebbe a tutela definitiva (cristallizzata 
al pari di un giudicato di merito), e tutto ci� in ammissibilmente a fronte 
di una intervenuta cognizione solo sommaria (92). 
N� appaiono convincenti quelle interpretazioni che, pur partendo dal condiviso 
assunto di dover verificare la mera esecutivit� del precetto cautelare 
ovvero la natura autonoma del nuovo provvedimento adottato in seguito al comando 
giurisdizionale interinale, in concreto finiscono con l�ipotizzare la sussistenza 
del nesso cautelare tra il secondo ed il primo nelle sole limitate ipotesi 
in cui l�Amministrazione abbia rieditato un provvedimento in toto vincolato 
di forza di stringenti e puntuali direttive contenute nell�ordinanza cautelare 
(93). Accedendo a tali interpretazioni, l�Amministrazione si troverebbe a dovere 
�subire� gli effetti di un comando giurisdizionale provvisorio, anomalamente 
sommario ed irretrattabile, cos� vedendosi preclusa la possibilit� di fare 
accertare in via giurisdizionale l�eventuale legittimit� del proprio operato, con 
evidente palese violazione del diritto di difesa di una delle parti del giudizio; 
specularmente, la parte ricorrente potrebbe, in ipotesi di secondo provvedimento 
favorevole, conseguire un vantaggio che l�ordinamento non gli attribuisce, 
ma la cui non spettanza non � si � potuta accertare nella naturale sede 
giurisdizionale a cognizione piena. 
Si aggiunga, peraltro, che, in considerazione della particolare portata confermativa 
delle statuizioni giurisdizionali amministrative, l�interesse dell'Amministrazione 
va ben al di l� della definizione del caso specifico portato al 
vaglio giurisdizionale, dovendo essa accertare la legittimit� dei suoi provvedimenti 
anche per i futuri comportamenti, verificando se la fondatezza e infondatezza 
delle censure mosse al suo operato la obblighino o meno a 
modificare le regole del suo comportamento (94). 
6. Il decreto presidenziale: la tutela cautelare provvisoria (intra litem) 
Uno sguardo d�insieme sulle novit� introdotte dall�art. 3, l. n. 205 del 
2000 rivela come l�intento del legislatore di assicurare una maggiore efficacia 
all�intervento cautelare risulti coordinato all�obiettivo di delineare un sistema 
di tutela attento alle esigenze di celerit� e urgenza espresse dalla parte ricorrente. 
In tale ottica, se l�introduzione della tutela cautelare atipica - attraverso 
la previsione del potere del giudice amministrativo di adottare le misure che 
(92) In questi termini T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583, cit. 
(93) Si veda T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 25 settembre 2009, n. 1534 e T.A.R. Lazio Roma, 
sez. I, 1 marzo 2004 , n. 1912, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it. 
(94) Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2005, n. 4165, in Foro amm. CdS, 2005, 7/8, 2164 e in Giur. it., 
2005, 184. 
334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
appaiono secondo le circostanze pi� idonee ad assicurare interinalmente gli 
effetti della decisione sul ricorso - ha rappresentato un ampliamento della tutela 
in relazione alle misure adottabili dal giudice amministrativo, sono state 
parimenti assecondate le istanze di riduzione dei tempi per accedere a quel 
tipo di rimedio. 
Al riguardo, rilievo decisivo ha assunto la previsione della possibilit� di 
adottare misure cautelari con decreto presidenziale (95). 
In aggiunta alla tutela cautelare collegiale di stampo tradizionale, erogata 
in adunanza camerale (comma 8 dell�art. 21, l. TAR), il legislatore della riforma 
ha introdotto la tutela cautelare monocratica, o presidenziale (comma 9 dell�art. 
21, l. TAR). 
Il comma 9 dell�art. 21, l. n. 1034 del 1971, introdotto dall�art. 3, comma 
1, l. n. 205 del 2000, dispone che �in caso di estrema gravit� ed urgenza, tale 
da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, 
il ricorrente pu�, contestualmente alla domanda cautelare o con separata 
istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale ammi- 
(95 ) Per approfondimenti, CHIEPPA- POLI, Sui poteri del presidente del Cons. Stato e dei presidenti 
di sezione in ordine all�adozione di provvedimenti cautelari monocratici e sull�inammissibilit� della 
delega di tali poteri, in Giurisdiz. amm., 2006, IV, 311 ss.; CINTIOLI, Osservazioni sul nuovo processo 
cautelare amministrativo, cit.; COLOMBOASSINI, Il giudizio cautelare nella legge di riforma del processo 
amministrativo (L. 21 luglio 2000 n. 205) ed i primi orientamenti giurisprudenziali in materia di urbanistica 
ed appalti, in Riv. giur. edilizia, 2001, II, 57; DE CAROLIS, La tutela cautelare: le misure cautelari, 
presidenziali e collegiali tra atipicit� ed effettivit� della tutela, in Il nuovo processo amministrativo 
dopo due anni di giurisprudenza (a cura di Caringella, Protto), Milano, 2002, 271; DE NICTOLIS, La 
tutela cautelare in corso di causa mediante decreto presidenziale inaudita altera partem, in Manuale di 
giustizia amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 120 
ss.; FOLLIERI, Il nuovo giudizio cautelare: art. 3 l. 21 luglio 2000 n. 205, in Cons. Stato, 2001, II, 479; 
GALLO, Presidente e collegio nella tutela cautelare: novit� e prospettive nella disciplina della legge n. 
205 del 2000, in www.giustizia-amministrativa.it; GAROFOLI - PROTTO, Tutela cautelare, monitoria e 
sommaria nel nuovo processo amministrativo, Milano, 2002, 199 ss.; GUIDARELLI, I provvedimenti cautelari 
monocratici nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 727; IARIA, Provvedimenti 
cautelari �ante causam�, in La tutela cautelare nel processo amministrativo (a cura di Rossi Sanchini), 
Milano, 2006, 143 ss.; LOSA, Commento all�art. 3 l. 21 luglio 2000 n. 205, in Disposizioni in materia 
di giustizia amministrativa, Commentario (a cura di Travi), in Nuove leggi civ., 2001, 589; MARIUZZO, 
La tutela cautelare nella l. n. 205 del 2000, I, in Amministrare, 2001, 235; MASSARO, Commento all�art. 
3 l. 21 luglio 2000 n. 205, II, in Disposizioni in materia di giustizia amministrativa, Commentario (a 
cura di Travi), in Nuove leggi civ., 2001, 608; NAZZARO, Il decreto presidenziale ante causam nel processo 
amministrativo: un ircocervo?, in P.Q.M., 2005, fasc. 1, 187; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il 
processo davanti al giudice amministrativo (a cura di Sassani, Villata), Torino, 2001, 54 ss.; QUERZOLA, 
La tutela cautelare nella riforma del processo amministrativo: avvicinamento o allontanamento dal 
processo civile?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2001, 173; RUSCICA, Le novit� in tema di tutela cautelare 
nel processo amministrativo, Milano, 2008, 121 ss.; SANCHINI, La tutela cautelare, in Trattato di diritto 
amministrativo. Diritto amministrativo speciale (a cura di Cassese), 2^ edizione, Milano, 2003, IV, 4529; 
SANINO, Il processo cautelare, in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli Irelli), Torino, 
2000, 272 ss.; SIGISMONDI, Nota a Cons. St., sez. V, decr. 24 aprile 2004, n. 1887, in Foro it., 2004, III, 
373; TARULLO - LEONARDO, Luci ed ombre in tema di tutela cautelare monocratica nel processo amministrativo, 
in Giust. amm., 2005, 255. 
DOTTRINA 335 
nistrativo regionale, o della sezione cui il ricorso � assegnato, di disporre misure 
cautelari provvisorie�. Il presidente provvede con decreto motivato che 
pu� essere adottato �anche in assenza di contraddittorio� ed � efficace sino 
alla camera di consiglio fissata per la trattazione della istanza cautelare. 
E� del tutto evidente la funzione acceleratoria della disposizione, atteso 
che convocare il collegio comporta dei tempi di definizione della domanda 
cautelare pi� lunghi rispetto a quelli che si hanno con la decisione da parte di 
un organo monocratico. 
Nonostante la indubbia innovazione rispetto al precedente assetto normativo, 
la disciplina sul decreto monocratico non sembra avere soddisfatto appieno 
le sollecitazioni al potenziamento delle tecniche di intervento cautelare 
del G.A. provenienti da taluni Tribunali amministrativi regionali, propensi a 
riconoscere (nel silenzio della legge) l�esercizio di un potere cautelare non 
solo monocratico ed anticipato rispetto all�instaurazione piena del contraddittorio 
- come quello introdotto dall�art. 21, comma 9, l. n. 1034/1971 - ma 
strictu sensu ante causam sulla falsa riga di quello previsto dall�art. 669 ter 
c.p.c. 
Prima di esaminare tale questione, � utile ricostruire la disciplina cui soggiace 
il funzionamento del meccanismo di tutela cautelare monocratico. 
In termini generali, il presupposto per l�esercizio dei poteri presidenziali 
(96) � costituito dall�esistenza di un pregiudizio di �estrema gravit� ed urgenza 
tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio�. 
Si ritiene che la valutazione del requisito del periculum in mora sia 
implicita nell�apprezzamento dell��estrema gravit� ed urgenza�, sebbene si 
tratti di affermazione, come si vedr�, non pacificamente condivisa. Il decreto 
presidenziale ha efficacia sino all�emanazione della pronuncia del collegio, 
cui l�istanza cautelare � sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Tale 
misura pu� essere richiesta contestualmente alla domanda cautelare ovvero 
con autonoma istanza notificata alle controparti. Il Presidente ha la possibilit� 
di decidere sull�istanza inaudita altera parte (�anche in assenza di contraddittorio�), 
purch� il ricorso sia stato comunque notificato alle controparti e 
sempre che il giudice non ritenga, e la fattispecie lo consenta, di dover convocare 
le parti davanti a s�. � fatta, in ogni caso, salva la facolt� per le parti di 
presentare eventuali memorie scritte o chiedere di essere ascoltate. 
La sussistenza di una forma di controllo da parte del Collegio nella prima 
camera di consiglio utile esclude l�ammissibilit� dell�appello al Consiglio di 
(96) La competenza in ordine al decreto che provvede sull�istanza di misure cautelari provvisorie 
� attribuita al Presidente e non � prevista la delegabilit� della funzione. Il decreto cautelare, pertanto, � 
adottato sempre dal presidente, fatte le salve le situazioni di legittima assenza o impedimento di quest�ultimo, 
nel qual caso il decreto � reso dal magistrato che svolge le funzioni vicarie di presidente 
(CHIEPPA - POLI, op. cit.). 
336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Stato avverso il decreto (97). Sar� invece appellabile, ovviamente, l�ordinanza 
del Collegio. 
Dibattuta � la questione concernente la necessit� o meno di valutare, 
anche in sede cautelare monocratica, il requisito del fumus boni juris. 
L�art. 21, comma 9, richiede il requisito dell�estrema gravit� ed urgenza, 
tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio 
(98), configurando l�intervento presidenziale quale extrema ratio (99) 
cui ricorrere a fronte di situazioni eccezionali non altrimenti fronteggiabili che 
giustifichino la deroga al principio della collegialit� delle decisioni nel processo 
amministrativo. Il termine �estrema gravit�� implica l�impossibilit� di 
aspettare la dilazione fino alla data della camera di consiglio, e dunque, l�irreversibilit� 
della situazione (100), la quale, in ogni caso, deve dipendere dalla 
natura o dall�oggetto del provvedimento e non gi� divenire tale per ritardi o 
inerzia del ricorrente (101). 
Nulla il legislatore prevede, invece, in merito al fumus boni juris. 
Per un primo orientamento la concessione della tutela cautelare monocratica 
non presuppone la previa valutazione dell�esistenza del fumus (102). 
Oltre a valorizzarsi il silenzio legislativo sul punto, si osserva a sostegno dell�assunto 
che la delibazione monocratica, seppure estremamente sommaria, 
della fondatezza della pretesa, realizzata attraverso la pronuncia sul fumus, 
potrebbe influenzare il collegio, chiamato successivamente a valutare il decreto 
presidenziale. 
Secondo un diverso (e condivisibile) indirizzo (103) occorre, di contro, 
valutare l�esistenza del fumus, osservandosi che l�esclusivo riferimento legi- 
(97) Sul punto si veda Cons. St., sez. IV, ord., 7 novembre 2000, n. 5602, in Giur. it., 2001, 615. 
(98) Si veda T.A.R. Lombardia, Brescia, decr. pres. 8 maggio 2002, n. 313, in www.lexitalia.it., 
che ordina alla stazione appaltante, sulla base della ritenuta ricorrenza di fumus e periculum, di non dare 
luogo alla stipula del contratto con l�impresa aggiudicataria. 
(99) CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, Milano, 2003, 1077. 
(100) Talora accade, invece, che si sospenda sulla base del �danno grave e irreparabile� e non 
della estrema gravit� e urgenza, cfr. il decreto Pres. f.f. T.A.R. Toscana, 19 luglio 2003, n. 769 e il decreto 
Pres. f.f. T.A.R. Piemonte, 8 novembre 2003, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it.; T.A.R. Lazio, 
Roma, sez. III-ter, decr. 26 settembre 2008, n. 4616, loc. ult. cit., ha ritenuto che ricorrono i presupposti 
dell�estrema gravit� ed urgenza nel caso in cui il calendario delle udienze della sezione non consenta il 
tempestivo esame in sede collegiale della domanda cautelare contenuta nel ricorso. 
(101) T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, decr. pres., 18 settembre 2000, n. 16, in TAR 2000, I, 
2962. 
(102) T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, decr. 31 agosto 2000, n. 3; id., sez. I, decr. 19 agosto 2000, n. 
1, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it. 
(103) In proposito, si rinvia alla puntuale ricostruzione di LUMETTI, Il decreto inaudita altera parte 
e il diritto di difesa dall�amministrazione, in www.giustamm.it; in argomento, DE CAROLIS, op. cit.; 
FOLLIERI, op. cit.; SANCHINI, op. cit., SIGISMONDI, op. cit., pone in risalto la tendenza a motivare i provvedimenti 
presidenziali esclusivamente sulla base dell�estrema gravit� ed urgenza della situazione che 
fonda la richiesta cautelare; in giurisprudenza: T.A.R. Toscana, sez. I, decr. 7 maggio 2005, n. 384; 
T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, decr. 26 settembre 2000, n. 1167, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it.
DOTTRINA 337 
slativo al solo periculum non pu� essere da s� solo addotto per sostenere che 
il giudice adito possa esimersi da una ricognizione, pur estremamente sommaria, 
circa il fumus di fondatezza del ricorso (104). Vanno, quindi, osservati 
i principi generali del processo cautelare. 
Si � cos� � sostenuto che, oltre al verosimile meritevolezza della pretesa, 
anche i presupposti di rito, quali la regolare instaurazione del contraddittorio, 
mediante notifica del ricorso, oltre che all�amministrazione resistente, ad almeno 
un controinteressato, la sussistenza della giurisdizione, la ricevibilit� e 
ammissibilit� del ricorso, l�assenza di causa di improcedibilit� del ricorso (sopravvenuto 
difetto di interesse, cessazione della materia del contendere, rinuncia 
al ricorso), vanno verificati dal Presidente, la loro sussistenza 
concorrendo ad integrare la nozione ampia di fumus boni juris. 
Dubbi sono pure emersi in relazione all�esatta identificazione del dies ad 
quem dell�efficacia della misura cautelare monocratica e, pi� in generale, in 
merito al rapporto tra il provvedimento cautelare monocratico e quello collegiale.
L�art. 21, comma 9, l. TAR, al riguardo dispone: �Il decreto � efficace sino 
alla pronuncia del collegio, cui l�istanza cautelare � sottoposta nella prima 
camera di consiglio utile�. 
Per una prima tesi, il decreto presidenziale cautelare conserva la sua efficacia 
fino alla prima camera di consiglio successiva alla sua emanazione, in 
tal senso dovendosi intendere il concetto di �camera di consiglio utile�. Anche 
il concetto di �pronuncia del collegio� andrebbe inteso in senso lato, riconducendovi 
qualsiasi pronuncia adottata dal Collegio dal momento in cui si radica 
presso lo stesso la questione, compresa quindi l�ordinanza che fissa un�altra 
udienza per esigenze istruttorie ovvero per integrare il contraddittorio. 
Un differente orientamento � stato espresso dai giudici di primo grado 
(105), secondo i quali il termine della �prima camera di consiglio utile� del 
citato art. 21, comma 9, non ha natura perentoria, ai sensi dell�art. 152, comma 
2, c.p.c., in quanto non espressamente qualificato come tale dalla legge, riguardando 
la fissazione della trattazione dell�istanza cautelare, ma non necessariamente 
la sua decisione, tanto che la pronuncia collegiale di 
conferma/revoca/modifica del decreto cautelare monocratico pu� anche essere 
differita in presenza di necessit� istruttorie. Secondo tale orientamento, per 
�camera di consiglio� ex art. 21, comma 9, l. n. 1034 del 1971 deve intendersi 
non gi� quella immediatamente successiva, sotto il profilo temporale, all�emanazione 
del decreto cautelare presidenziale, ma la prima camera di consiglio 
ove la domanda cautelare possa essere decisa ovvero quando ricorrano tutti i 
(104) Cons. St., sez. V, decr. 20 settembre 2000, n. 1, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(105) T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, ord., 22 aprile 2004, n. 1079; id., sez. I, 28 novembre 2006, 
n. 2380, entrambi in www.giustizia-amministrativa.it. 
338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
presupposti processuali necessari perch� la stessa possa essere esaminata. Fino 
a tale momento l�effetto cautelare � assicurato dal decreto presidenziale, sicch� 
il termine della prima camera di consiglio utile, in quanto ontologicamente 
mobile e non fisso, non potrebbe avere natura perentoria ma soltanto ordinatoria.
L�oggetto della cognizione del Collegio � la domanda cautelare e non il 
decreto. Ne consegue che la misura cautelare, in ipotesi disposta dal Collegio 
in accoglimento della domanda, prescinde da quanto gi� disposto dal Presidente 
del Tribunale, non essendo chiamato il Collegio ad esprimere una valutazione 
del provvedimento monocratico, come se si trattasse di una sorta di 
doppio grado cautelare, secondo il meccanismo tipico della cautela civile. In 
altri termini, il collegio non � vincolato dalla decisione monocratica, la quale 
� destinata ad essere sostituita dalla decisione assunta in sede collegiale: il legislatore 
non ha previsto alcuna forma di raccordo tra le due pronunce e, in 
particolare, non prescrive che l�ordinanza collegiale confermi, revochi o modifichi 
il decreto presidenziale. La decisione collegiale � destinata a sostituire 
integralmente quella presidenziale (106). 
7. Il decreto monocratico non costituisce uno strumento di tutela cautelare 
ante causam 
Come osservato, la l. n. 205 del 2000, pure innovando con l�introduzione 
della tutela cautelare monocratica, ha lasciato irrisolto il tema relativo alla invocabilit�, 
nel processo amministrativo, di un intervento cautelare non solo 
monocratico ed anticipato, quindi, rispetto alla valutazione collegiale, ma 
anche ante causam, destinato a manifestarsi, pertanto, prima ancora ed indipendentemente 
dall�instaurazione dello stesso rapporto processuale. 
E�, infatti, evidente che il decreto monocratico di cui all�art. 21, comma 
9, l. TAR, potendo essere emanato solo quando il ricorso sia stato previamente 
notificato e depositato, non possa essere considerato un provvedimento cautelare 
anteriore all�instaurazione del giudizio, ma solo una forma di tutela accelerata 
nell�ambito di un processo gi� pendente, ancorch� a contraddittorio 
semipieno o imperfetto o temporaneamente assente, che consente al ricorrente 
di ottenere una tutela ad horas, anche nelle fasi intermedie delle camere di 
consiglio fissate per la trattazione delle istanze cautelari. 
Il rito cautelare monocratico, pertanto, non d� luogo ad una tutela cautelare 
ante causam, perch� presuppone la notifica del ricorso di merito e della 
domanda cautelare, consentendo soltanto una pronuncia monocratica senza 
(106) DE NICTOLIS, op. cit., 127; in giurisprudenza, la provvisoriet� delle misure cautelari presidenziali, 
destinate ad essere assorbite dalla provvedimento collegiale, � chiaramente affermata da T.A.R. 
Lombardia, Milano, sez. III, 11 novembre 2005, n. 3970, in Foro amm. Tar, 2005, 11, 3387. 
DOTTRINA 339 
contraddittorio. 
Il legislatore fa, invero, riferimento alla richiesta di misura cautelare proveniente 
dal �ricorrente�, ossia da un soggetto che tale particolare qualifica 
abbia acquisito con la proposizione del ricorso (107). La legge prevede poi 
che l�istanza debba essere presentata al presidente del Tribunale o della sezione 
�cui il ricorso � stato assegnato�, presupponendo che il giudizio sia gi� incardinato 
ed assegnato ad una delle eventuali sezioni interne. 
Il riferimento all�eventuale �assenza del contraddittorio� va, pertanto, inteso 
quale possibilit� di provvedere inaudita altera parte, il che ovviamente 
non esclude che il Presidente, prima di provvedere, decida di ascoltare ugualmente 
le argomentazioni difensive delle altre parti. Sar� l�organo monocratico 
a stabilire, caso per caso, se sia necessario convocare le parti davanti a s� in 
tempi ristrettissimi, per consentire difese orali o scritte, ovvero richiedere l�acquisizione 
di atti e documenti nei termini e nei modi ritenuti opportuni (e-mail, 
fax ecc.). 
Non appare, dunque, condivisibile la tesi (108) secondo la quale la locuzione 
�separata istanza�, impiegata dall�art. 21, comma 9, l. TAR, potrebbe 
autorizzare l�accesso al giudice monocratico prima dell�instaurazione del giu- 
(107) CARINGELLA, Corso di diritto processuale amministrativo, cit., 1030, ha evidenziato che attraverso 
l�introduzione del decreto cautelare, �si sposa con chiarezza un�opzione mediana che, da un 
lato ammette il ricorso allo strumento monocratico cos� depotenziando il dogma della collegialit� delle 
decisioni nel rito amministrativo; dall�altro non ammette una tutela ante causam, in quanto, in ci� marcando 
una differenza rispetto al rito civile, richiede che la misura presidenziale sia richiesta dal ricorrente, 
ossia da un soggetto che tale veste venga ad acquisire per effetto della notifica e del successivo 
deposito dell�atto introduttivo del giudizio�; la dottrina maggioritaria � assolutamente concorde sulla 
natura non ante causam della tutela cautelare monocratica di cui all�art. 21, comma 9, l. TAR: CAINIELLO, 
Manuale di diritto processuale amministrativo, cit., 736; FOLLIERI, La fase cautelare, in F.G. SCOCA (a 
cura di), Giustizia amministrativa, cit., 352 ss.; GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 
2001, 174 ss.; GUIDARELLI, I provvedimenti cautelari monocratici nel processo amministrativo, in Dir. 
proc. amm., 2004, 3, 727; PANZARELLA, Il processo cautelare, cit., 61; TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, 
Torino, 2006, 261. 
(108) DE PIERO, Commento all�art. 3 (Disposizioni generali sul processo cautelare), in ITALIA (a 
cura di), La giustizia amministrativa. Commento alla l. 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2000, 69 ss.; 
SASSANI, Intervento all�incontro di studio sulla nuova tutela cautelare nel processo amministrativo, 
Roma, 18 maggio 2001, in www.lexitalia.it.; in giurisprudenza, questa soluzione � stata accolta dal 
T.A.R. Sicilia, Catania (sez. II, decr. pres., 6 dicembre 2001, n. 32; id., decr. pres., 4 maggio 2002, n. 
997), secondo il quale la domanda preliminare di sospensione del provvedimento impugnato pu� essere 
esaminata ed accolta con decreto presidenziale ancor prima della notifica del ricorso introduttivo alla 
Amministrazione resistente ed agli eventuali controinteressati. Si sostiene, al riguardo, che, sebbene il 
comma 1 dell�art. 3, l. n. 205/2000 nella prima parte sancisca che l�istanza di concessione di misure 
cautelari provvisorie deve essere notificata alle controparti, nella seconda parte dispone altres� che il 
Presidente provvede con decreto motivato anche in assenza di contraddittorio, non richiedendo quindi 
la notifica del ricorso; se ne deduce che il decreto presidenziale potrebbe, dunque, essere adottato anche 
inaudita altera parte, al fine di sottoporre l�istanza cautelare all�esame immediato e preventivo del presidente. 
Tale posizione � stata, tuttavia, rivisitata successivamente dalla sezione staccata del Tribunale 
amministrativo siciliano, imponendo che il richiedente depositi il ricorso, contenente l�istanza cautelare 
provvisoria, munito dell�attestazione della avvenuta consegna all�Ufficiale giudiziario.
340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dizio di merito, venendo quindi a configurare un rimedio ante causam. In effetti, 
siffatta ricostruzione si dimostra poco solida non solo e non tanto perch� confligge 
con il dato storico ed oggettivo offerto dalla relazione all�originario disegno 
di legge (109), ma soprattutto perch� si fonda integralmente su una lettura 
isolata dell�inciso �con separata istanza�; inciso che, se riguardato nel contesto 
normativo in cui il legislatore lo ha calato, perde la sua (solo apparente) carica 
di ambiguit�. Basti osservare che, esauritesi le cure presidenziali, tale �separata 
istanza� � comunque sottoposta al Collegio �nella prima camera di consiglio 
utile�. La fissazione della camera di consiglio presuppone, comՏ noto, che 
penda giudizio nel merito. Dunque, anche la domanda cautelare proposta con 
atto separato dal ricorso introduttivo mantiene la sua natura di domanda incidentale 
(intra litem), essendo pur sempre necessaria la notificazione ed il successivo 
deposito del ricorso principale. 
La tutela cautelare inaudita altera parte, essendo intra litem, non va, 
quindi, confusa con la tutela cautelare ante causam, la quale, come si dir�, viene 
richiesta in un momento antecedente alla proposizione del ricorso di merito e 
non accede al ricorso introduttivo del giudizio, n� � avanzata con atto separato 
e successivo, ma � destinata ad essere delibata dal giudice nell�ambito di un 
processo incentrato sulla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione 
della misura invocata. 
8. La nuova frontiera del giudizio cautelare: la tutela ante causam. Analisi 
dell�evoluzione giurisprudenziale interna. 
La mancanza nel giudizio amministrativo, sia prima che dopo la riforma 
del 2000, di uno strumento di tutela ante causam � stata al centro di un acceso 
dibattito in giurisprudenza, alimentato da una serie di interventi particolarmente 
incisivi provenienti sia da organi della giustizia amministrativa sia dalla Corte 
costituzionale, sul quale ha inciso in modo dirompente la giurisprudenza della 
Corte di Giustizia. 
Ancor prima della riforma del 2000, sul fronte del diritto interno, si � cercato 
di introdurre in via pretoria nel processo amministrativo una forma di tutela 
cautelare ante causam, gestita in via monocratica dal presidente del T.A.R. 
In particolare, gi� a partire dal 1997, la sez. III del T.A.R. Lombardia (110) 
(109) In tal senso, DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, Milano, 
2001, 126, nota 49. 
(110) T.A.R. Lombardia, sez. III, decr. 14 novembre 1997, n. 758 e ord. 19 gennaio 1998, in Foro 
it., 1998, III, 173, con nota di TRAVI; i citati decreti sono riportati in Foro amm. Tar, 1998, 1158, con 
nota di SPADEA, La terza sezione del TAR Lombardia apre ad una giustizia cautelare pi� effettiva ed europea; 
T.A.R. Lombardia, decr. 3 aprile 1998, in Urb. e app., 1998, 1334, con nota di SIGISMONDI, Processo 
amministrativo: tutela cautelare e rito monitorio; nella stessa direzione T.A.R. Sicilia, Catania, 
sez. III, decr. pres. 23 giugno 1998, in www.giustizia-amministrativa.it.
DOTTRINA 341 
si � resa protagonista di un indirizzo alquanto innovativo, fondato sul riconoscimento 
della generale potest� del giudice amministrativo di ricorrere all�art. 
700 c.p.c. nell�ambito della sua giurisdizione e di concedere il provvedimento 
cautelare, in via di urgenza, con decreto presidenziale e senza preventiva costituzione 
del contraddittorio: la misura presidenziale avrebbe, tuttavia, perso 
efficacia se il decreto non fosse stato notificato alla controparte, con contestuale 
fissazione della udienza avanti il collegio, secondo le prescrizione dell�art. 669 
octies c.p.c. 
Pi� nel dettaglio, si sosteneva che anche il giudice amministrativo potesse 
sempre emettere provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c., s� da assicurare, in 
linea con il principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, la possibilit� di 
ottenere anche nel processo amministrativo un intervento interinale anteriore 
alla pronuncia da parte del collegio sulla richiesta sospensiva. 
Volendo, quindi, ripercorrere i fondamentali passaggi logico-motivazionali 
volti a sorreggere il pioneristico tentativo giurisprudenziale di introdurre, a legislazione 
invariata e silente, un meccanismo di intervento cautelare monocratico 
e preventivo, possono citarsi i seguenti snodi argomentativi: 1) possibilit� 
per il giudice amministrativo di adottare provvedimenti cautelari ex art. 700 
c.p.c.; 2) adozione del provvedimento con decreto presidenziale inaudita altera 
parte; 3) sospensione risolutivamente condizionata ex art. 669 octies c.p.c. alla 
notifica del ricorso in sede giurisdizionale, nel termine di decadenza di cui agli 
artt. 19, comma 1, l. TAR e 36, comma 1, t.u. n. 1054 del 1924; 4) efficacia del 
provvedimento cautelare temporalmente limitata ex art. 669 sexies c.p.c., sino 
alla data della camera di consiglio collegiale. 
Per vero, i Presidenti dei tribunali amministrativi impegnati in quest�opera 
di aggiornamento ed arricchimento dell�armamentario cautelare del giudice 
amministrativo avevano seguito percorsi non del tutto identici in sede di individuazione 
e ricostruzione della base normativa e del fondamento giuridico 
dell�auspicato ed esercitato potere cautelare monocratico ante causam. 
Su un primo versante si poneva chi, nel tentativo di rimodellare le tecniche 
di tutela giurisdizionale superando i limiti spesso tracciati dalle previsioni o 
dalle lacune di disciplina proprie dell�ordinamento giuridico interno, volgeva 
lo sguardo alle indicazioni di fonte comunitaria. In tale direzione si muoveva 
il T.A.R. Lombardia che, impegnato nel tentativo di individuare il fondamento 
normativo del potere presidenziale preventivo, utilizzava, quale primo punto 
di riferimento, la previsione di cui all�art. 2 della direttiva comunitaria ricorsi 
del Consiglio della Ce del 21 dicembre 1989, n. 665/89, che pone a carico degli 
Stati membri l�obbligo di garantire che le autorit� nazionali responsabili delle 
procedure di ricorso possano adottare �con la massima sollecitudine e con procedura 
d�urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata 
o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, 
compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura
342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
di aggiudicazione di un appalto o l�esecuzione di qualsiasi decisione presa 
dall�ente aggiudicatore�: previsione, questa, che, come rimarcato in un importante 
arresto della Corte di Giustizia (111), se da un lato riconosce all�autorit� 
nazionale investita delle procedure di ricorso un potere di cautela 
generale e atipico, obbligando lo Stato membro a far s� che il giudice nazionale 
o l�altra autorit� responsabile possa adottare �qualsiasi provvedimento provvisorio�, 
dall�altro, secondo una certa tesi (non unanimemente condivisa) consente 
all�operatore economico di esperire l�azione cautelare anche ante 
causam, �indipendentemente da ogni azione previa� diretta all�annullamento 
dell�atto, gettando un�ombra di difficile armonizzabilit� comunitaria su quei 
sistemi giuridici nazionali nei quali, invece, la proposizione dell�istanza di sospensione 
del provvedimento impugnato presuppone, in virt� del vincolo di 
subordinazione funzionale del giudizio di sospensione rispetto al giudizio principale, 
la previa pendenza di un giudizio volto all�annullamento dell�atto di 
cui si chiede la sospensione. 
Lo stesso T.A.R. Lombardia richiamava, ad ulteriore sostegno della sussistenza 
di un fondamento normativo per tali provvedimenti d�urgenza monocratici, 
i principi di salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� 
fondamentali espressi dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti 
dell�uomo e delle libert� fondamentali, ratificata con l. 4 agosto 1955, n. 848, 
ove in primo piano � posta la tutela del diritto ad un giusto processo, ora 
espressamente costituzionalizzato (112): diritto asseritamente compromesso 
allorch�, in presenza di situazione di estrema gravit� ed urgenza incompatibili 
con una pur minima dilazione della trattazione dell�istanza cautelare, non sia 
contemplata la possibilit� di un intervento monocratico ante causam, ad efficacia 
temporalmente circoscritta. 
Su altro versante si collocava, invece, chi ricercava la giustificazione giuridica 
del potere cautelare monocratico e preventivo nelle pieghe dell�ordinamento 
interno. 
Nel decreto 23 giugno 1998 del Presidente della terza sezione del T.A.R. 
(111) Corte giust. comm. eu. 19 settembre 1996, C-236/95, Commissione delle Comunit� europee 
c. Repubblica ellenica, in Urb. app., 1998, 212, con nota di PROTTO, Sui mezzi di tutela cautelare negli 
appalti di rilevanza comunitaria; Foro amm., 1997, 381, con nota di A. SCOGNAMIGLIO, Ancora un intervento 
della Corte di giustizia in tema di tutela cautelare. Si vedano anche le notazioni di MASUCCI, 
La lunga marcia della Corte di Lussemburgo verso una �tutela cautelare europea�, in Riv. it. dir. pubbl. 
comunit., 1996, 1155, nonch� quelle di CHITI, Giudizio cautelare ed innovazioni comunitarie, in Giorn. 
dir. amm., 1997, 1085. Tale sentenza, come si dir� nel prosieguo della trattazione, giudicava negativamente 
il sistema di giustizia amministrativa greco che non prevedeva misure cautelari ante causam, soprattutto 
perch� in violazione del principio di certezza del diritto, poggiandosi su interpretazioni 
giurisprudenziali, anzich� su chiare disposizioni normative. 
(112) Il riferimento � all�art. 111 Cost., come riscritto dall�art. 1, l. cost. 23 novembre 1999, n. 2. 
Si veda, GRECO, La convenzione europea dei diritti dell�uomo ed il diritto amministrativo in Italia, in 
Riv. dir. pubbl. com., 2000, 25 ss.; PICOZZA, Il �giusto� processo amministrativo, in Cons. Stato, 2000, 
II, 1661 ss. 
DOTTRINA 343 
Sicilia, Catania, si affermava, infatti, la generale applicabilit� al processo cautelare 
amministrativo del modello di cui agli artt. 669 bis e ss. c.p.c., anche 
alla luce del dettato dell�art. 669 quaterdecies c.p.c., a norma del quale le disposizioni 
del codice di procedura civile sono applicabili nel processo amministrativo 
non solo quando richiamate dalle disposizioni regolatrici di 
quest�ultimo ma anche per analogia, posto che il diritto amministrativo costituisce 
un diritto speciale, e non eccezionale; si puntualizzava, inoltre, che il 
codice di procedura civile costituisce perlopi� una legge generale recante i 
principi fondamentali di ogni processo (c.d. diritto processuale comune). 
Entrambe le riportate opzioni ricostruttive valorizzavano, peraltro, gli artt. 
24 e 113 della Carta fondamentale che, fornendo copertura costituzionale alla 
riconosciuta tutela cautelare monocratica, garantiscono, appunto, il diritto alla 
difesa, asseritamente vulnerato qualora il sistema del processo amministrativo 
non consentisse alcuna possibilit� di tutela cautelare in sede giurisdizionale 
amministrativa anteriormente alla pronunzia del Collegio sulla richiesta sospensiva. 
Il tentativo di introdurre in via pretoria la possibilit� di un intervento interinale 
preventivo e monocratico � stato categoricamente stroncato dal Consiglio 
di Stato (113), che, sulla scorta di argomentazioni di diversa natura, 
ruotanti anche attorno all�esigenza di non intaccare i connotati tradizionalmente 
propri delle decisioni del giudice amministrativo, ha decretato la nullit� 
assoluta del decreto di sospensione emesso dal solo Presidente, anzich� dal 
Collegio, qualificandolo come provvedimento abnorme. 
A sostegno di tale deciso atteggiamento di segno negativo, il Consiglio 
di Stato adduceva ragioni non solo di tipo testuale, ma anche sistematiche. 
Sul primo fronte, si rimarcava l�assenza di una previsione normativa volta 
a riconoscere un potere cautelare, ancorch� temporalmente circoscritto, in capo 
al Presidente del Tribunale, da considerare, quindi, del tutto sfornito, nella sua 
veste monocratica, di potere giurisdizionale: la diversa opzione, favorevole 
all�esercizio monocratico del potere cautelare, avrebbe comportato, quindi, la 
violazione del principio di necessaria collegialit� delle decisioni del giudice 
(113) Cons. St., sez. V, ord. 28 aprile 1998, n. 781, in Foro it., 1998, III, 301; Urb. e app., 1998, 
1334; nello stesso senso, T.A.R. Abruzzo, L�Aquila, decr. pres. n. 2 del 1999, in www.lexitalia.it., con 
nota di DE CAROLIS, L�art. 700 c.p.c. nel processo amministrativo tra tendenze giurisprudenziali, norme 
positive e progetti di riforma, che esclude l�esperibilit� dell�azione cautelare ex art. 700 c.p.c. innanzi 
agli organi di giustizia amministrativa, poich� il giudice amministrativo emana provvedimenti cautelari 
ai sensi dell�art. 21, l. TAR. Tale posizione trov� conferma nella nota ordinanza n. 1/2000 dell�Adunanza 
Plenaria del Consiglio di Stato (tra le altre, in Giust. civ., 2000, I, 1292, 2163, con nota di SASSANI, Le 
alte Corti all�impatto delle questioni di giurisdizione dell�art. 33 d.lgs. n. 80 del 1998: prime impressioni 
di lettura, e di ANTONIOLI Brevi osservazioni sulla tutela cautelare del giudice amministrativo in materia 
di pubblici servizi), che ha negato l�esercizio del potere cautelare monocratico presidenziale, impedendo 
conseguenzialmente l�esercizio della tutela cautelare ante causam, ovvero di quella forma di tutela cautelare 
anticipata prospettata dal T.A.R. Lombardia sulla base delle fonti comunitarie. 
344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
amministrativo. 
Al contempo, si sottolineavano i rischi di compromissione del diritto di 
difesa e del principio di contraddittorio il cui pieno dispiegarsi �, invece, riconosciuto 
nel procedimento cautelare tipico del giudizio amministrativo di tipo 
collegiale. 
Infine, si evidenziava la non diretta applicabilit� della direttiva n. 665/89, 
la quale, pur richiedendo una tutela cautelare rapida ed efficace, demanda ai 
legislatori nazionali la determinazione delle modalit� per l�accesso alla tutela 
giurisdizionale e non impone affatto che in nome della rapidit� ed efficacia 
delle misure cautelari debbano essere sacrificate le esigenze del contraddittorio 
(114). 
Pertanto, doveva ritenersi inammissibile l�adozione di un rito cautelare 
inaudita altera parte, come quello applicato dal T.A.R. milanese. 
La novella del 2000 non ha modificato tale quadro. 
Infatti, la nuova formulazione dell�art. 21, l. TAR, come novellato dall�art. 
3, l. n. 205/2000, continua a non contemplare una tutela ante causam: l�amministrazione 
resistente ed il controinteressato, anche se in ipotesi non sentiti 
dal giudice monocratico, sono comunque destinatari della notifica del ricorso 
prima dell�avvio della �fase presidenziale� del �processo cautelare�. La lettera 
della norma (art. 21, comma 9, l. TAR) non consente, quindi, di rivolgersi al 
giudice senza prima aver notificato ai contraddittori necessari il ricorso cui 
accede l�istanza cautelare ovvero la sola istanza cautelare (successiva al ricorso). 
Deluse, pertanto, le aspettative di un mutamento sul piano legislativo che 
mettesse fine alla questione dell�ammissibilit� della tutela cautelare preventiva 
nel processo amministrativo, il T.A.R. Lombardia, con l�ordinanza 15 febbraio 
2001, n. 1 (115), tornava a sollevare dubbi di costituzionalit� in ordine a due 
disposizioni: a) l�art. 21, l. n. 1034/1971, cos� come novellato dall�art. 3, l. n. 
205/2000, nella parte in cui esclude la tutela ante causam e la conseguente applicabilit� 
dell�art. 700 e degli artt. 669 e ss. c.p.c. avanti al giudice amministrativo; 
b) l�art. 700 c.p.c., l� dove espressamente prevede che la tutela 
cautelare ante causam sia accordabile, nel concorso dei presupposti di legge, 
per i soli diritti soggettivi e non anche per gli interessi legittimi. 
La prima disposizione � stata censurata per contrasto con gli artt. 24 e 
113 della Costituzione, avuto anche riguardo agli artt. 6 e 13 della Conven- 
(114) In dottrina, prima della riforma del 2000, rimarcavano tale principio, PALMIERI SANDULLI, 
Il giudizio cautelare amministrativo, sunto della relazione tenuta in occasione del convegno Il giudizio 
cautelare amministrativo (le ordinanze propulsive), svoltosi il 14 aprile 1999 a Palazzo Spada, in Sospensive, 
1999, 99, 15190; SANINO, Il giudizio cautelare amministrativo, sunto della relazione tenuta in 
occasione del convegno Il giudizio cautelare amministrativo (le ordinanze propulsive), svoltosi il 14 
aprile 1999 a Palazzo Spada, in Sospensive, 1999, 99, 15181. 
(115) In Urb. e app., 2001, 770. 
DOTTRINA 345 
zione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali; 
la seconda per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione. 
Secondo il presidente del Tribunale amministrativo regionale milanese 
l�estensione dello strumento cautelare ante causam al processo amministrativo 
sarebbe sorretta da molteplici precetti; tra di essi viene puntualmente richiamato 
l�art. 2 della direttiva ricorsi 665/89, il quale esigerebbe che ciascuno 
Stato nazionale adotti forme di tutela il pi� rapide ed efficaci possibili, ivi incluse 
tecniche di tutela ante causam. Nel dettaglio, il Giudice milanese, pur 
prendendo atto delle importanti novit� introdotte dall�art. 3, l. 205 del 2000, 
ha osservato che �la rilevata modifica delle norme anteriormente vigenti presuppone 
peraltro la previa redazione, notificazione, nonch� l�avvenuto deposito 
del ricorso in sede giurisdizionale affinch� la richiesta di una misura 
cautelare provvisoria possa essere reputata ammissibile ��; infatti �pur davanti 
ad un obiettivo irrobustimento sul piano temporale e qualitativo delle 
nuove misure cautelari introdotte, la tutela siffattamente disciplinata, presupponendo 
la notifica ed il deposito del ricorso in sede giurisdizionale, resta 
pur sempre qualificabile come un intervento post causam e non gi� ante causam�. 
Ci� posto, il Presidente della terza Sezione del Tribunale Lombardo ha 
rimarcato il carattere privilegiato della posizione processuale della pubblica 
amministrazione davanti al Giudice amministrativo, �tuttora ineguale � di 
fronte al proprio contraddittore nel processo, non potendo essere avanzata alcuna 
richiesta di misure cautelari urgenti che, previa sommaria indicazione 
delle ragioni in diritto vantate, miri a conseguire un intervento immediato in 
ogni caso in cui ogni pur minima dilazione, necessariamente connessa con i 
tempi occorrenti per la redazione del ricorso in sede giurisdizionale e per ogni 
successiva formalit�, possa divenire fonte di un pregiudizio grave e non altrimenti 
riparabile�. 
Diversamente ha opinato la Corte costituzionale che, con l�ordinanza 10 
maggio 2002 n. 179 (116), ha dichiarato manifestamente infondata la questione 
poc�anzi riassunta. In particolare, la Consulta ha, in primo luogo, richiamato 
il proprio tradizionale orientamento in virt� del quale �il legislatore, nella sua 
discrezionalit� - con il solo limite della non manifesta irragionevolezza o non 
palese arbitrariet� - pu� adottare norme processuali differenziate tra i diversi 
tipi di giurisdizioni e di riti procedimentali�, aggiungendo che nel processo 
amministrativo la tempestivit� e la effettivit� della tutela anche cautelare sarebbero 
oggi assicurate dal complesso delle disposizioni vigenti (che contemplano 
la possibilit� di ottenere l�abbreviazione dei termini per instaurare il 
giudizio, di effettuare la notifica dell�atto introduttivo per via telematica o per 
(116) In Giur. cost., 2002, 1442. 
346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
telefax, di conseguire misure cautelari atipiche, di richiedere in camera di consiglio 
la definizione del giudizio nel merito con decisione in forma semplificata, 
di far dichiarare i ricorsi urgenti tramite la c.d. istanza di prelazione, etc.) 
e segnatamente dall�adottabilit�, in caso di estrema gravit� ed urgenza, di una 
misura monocratica. Secondo il Giudice delle leggi, �l�anzidetto completo sistema 
di tutela, anche di urgenza e cautelare, che riguarda tutte le posizioni 
azionabili davanti al giudice amministrativo, senza distinzione tra interessi 
legittimi o diritti soggettivi tutelabili, esclude l�applicabilit� di altri istituti 
propri del processo civile e, quindi, che si possa configurare una esigenza (rilevante 
sul piano costituzionale) di intervento additivo sulle norme relative ai 
procedimenti di urgenza della procedura civile�. 
Volendo schematizzare, ad avviso della Corte, la questione � manifestamente 
infondata in quanto: 
a) il legislatore pu� delineare distinti sistemi di tutela cautelare, senza che 
quello processual-civilistico assurga ad archetipo di valore assoluto; 
b) le differenti modalit� di estrinsecazione della tutela cautelare nel processo 
amministrativo sono comunque idonee ad assicurare l�effettivit� e la 
tempestivit� della tutela cautelare, attesa: 
- la massima semplicit� e flessibilit� del mezzo introduttivo dei giudizi 
amministrativi, anche attraverso lo strumento dei motivi aggiunti (art. 21, l. 
TAR);
- la possibilit� di avvalersi dell�abbreviazione dei termini, ove sussistano 
ragioni di particolare urgenza, anche ai fini dell�instaurazione del contraddittorio 
(art. 19 l. TAR; artt. 20 e 36, Reg. proc. Cons. Stato); 
- la non tassativit� dei mezzi per l�effettuazione della notifica dell�atto 
introduttivo, possibile anche mediante strumenti telematici e fax (art. 12, l. n. 
205 del 2000); 
- l�atipicit� delle misure cautelari, idonea a meglio assicurare l�anticipazione 
interinale degli effetti della sentenza (art. 21, comma 8, l. TAR); 
- la riconosciuta possibilit� di invocare la misura interinale monocratica, 
destinata a coprire il tempo che separa il deposito del ricorso e la trattazione 
collegiale della domanda cautelare (art. 21, comma 9, l. TAR); 
- la possibilit� di procedere a definire il merito in occasione dell�esame 
dell�istanza cautelare con la pronuncia della sentenza in forma semplificata 
(art. 21, comma 10, l. TAR). 
9. Il modello di tutela cautelare comunitaria imposto dalla Corte di Giustizia: 
l�obbligo di introdurre lo strumento della tutela cautelare ante causam da assicurare 
anche nel processo amministrativo e le critiche della dottrina 
Sciolti i dubbi in punto di legittimit� costituzionale della nuova disciplina, 
rimanevano le perplessit� in merito alla sua conformit� alla normativa comu-
DOTTRINA 347 
nitaria. 
A tal proposito occorre meglio analizzare le direttive del Consiglio C.E. 
n. 665/89 del 21 dicembre 1989, n. 13/92 del 25 febbraio 1992 e n. 50/92 del 
18 giugno 1992, che hanno introdotto una disciplina uniforme di tutela degli 
operatori privati nel settore degli appalti di rilevanza comunitaria. Le citate 
direttive richiedono esplicitamente agli Stati membri di garantire che l�autorit� 
nazionale investita del ricorso possa adottare �con la massima sollecitudine e 
con procedura d�urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione 
denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti�, 
e tra di essi quelli �intesi a sospendere o far sospendere la procedura 
di aggiudicazione di un appalto o l�esecuzione di qualsiasi decisione� assunta 
dall�ente aggiudicatore (cfr. i rispettivi articoli 2, parr. 1, lett. a) delle direttive 
665/89 e 13/92). Non � difficile riconoscere che tale ultima disposizione d� 
vita a standards di tutela cautelare abbastanza rigidi e puntuali, limitando in 
modo sensibile - pur senza elidere completamente - l�autonomia dei partners 
nel predisporre gli opportuni rimedi interinali a tutela delle situazioni giuridiche 
soggettive riconosciute in ambito comunitario. 
Secondo la lettura prospettata dalla Corte di Giustizia, le ricordate disposizioni 
comunitarie impongono una tutela cautelare ante causam, fondata cio� 
su un�azione cautelare �preventiva� o �pura�, scissa dal giudizio di merito. 
Questa impostazione si rinviene in particolare nelle note sentenze Commissione 
contro Repubblica Ellenica del 1996 (Corte di Giust. C.E., 19 settembre 
1996, in causa C-236/95) e Commissione contro Regno di Spagna del 2003 
(Corte di Giust. C.E., 15 maggio 2003, in causa C-214/00) (117). 
Nell�ambito del primo procedimento, promosso dalla Commissione nei 
confronti della Grecia per mancata attuazione della citata direttiva n. 665/89, 
il Governo dello Stato convenuto si era difeso facendo leva sulla superfluit� 
di qualsivoglia misura interna di attuazione; tuttavia, la constatazione della 
sussistenza, nello Stato greco, di una tutela cautelare normativamente confinata 
alla sospensione dell�esecuzione del provvedimento impugnato aveva indotto 
il Giudice europeo a sancire la violazione della direttiva n. 665/89, che prevede 
l�obbligo per lo Stato membro di predisporre una disciplina che consenta al 
giudice nazionale o comunque all�autorit� investita della procedura di ricorso 
di adottare �qualsiasi provvedimento provvisorio�. La Corte ha ulteriormente 
rilevato che mentre la direttiva contempla la proposizione di un�azione puramente 
cautelare (cio� slegata dall�azione costitutiva) cos� configurando una 
cautela preventiva o �pura� (ante causam), nel diritto greco la formulazione 
(117) In Giorn. dir. amm., 2003, 897, con nota critica di CHITI, La tutela cautelare ante causam 
nel processo amministrativo: uno sviluppo davvero ineluttabile?; Urb. e app., 2003, 885, con nota di 
CARANTA, La tutela cautelare ante causam contro gli atti adottati dalle amministrazioni aggiudicatrici, 
885-891; Sospensive, 2003, 34600. 
348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dell�istanza di sospensione del provvedimento si inserisce nel (e non � scindibile 
dal) giudizio di annullamento dell�atto. 
Questo orientamento � poi stato ribadito nella citata sentenza Commissione 
contro Regno di Spagna del 15 maggio 2003, nella quale il Collegio lussemburghese 
ha ritenuto che il Regno di Spagna fosse venuto meno agli 
obblighi ad esso incombenti in forza della ridetta direttiva 665/89 per il fatto 
di subordinare, �in generale, la possibilit� di adottare misure cautelari in relazione 
alle decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici alla necessit� 
di proporre previamente un ricorso contro la decisione dell�amministrazione 
aggiudicatrice�; tale conclusione non sarebbe secondo la Corte smentita dalla 
circostanza che �che, nell�ambito della sospensione per via giudiziaria, il ricorso 
pu� essere proposto con semplice atto scritto e che l�atto introduttivo 
del ricorso pu� essere formulato successivamente alla domanda di provvedimento 
provvisorio, dal momento che l�obbligo di un previo esperimento di tale 
formalit� non pu� neanche essere considerato compatibile con i precetti della 
direttiva 89/665, come precisati nella gi� citata sentenza Commissione/Grecia�.
Con l�ordinanza 29 aprile 2004 (118), resa nella causa C-202/03, la Corte 
ha nuovamente ribadito questo indirizzo, stavolta appuntando direttamente la 
sua attenzione sulla normativa processuale italiana. 
Il pronunciamento trae origine dai rilievi espressi dal presidente del Tribunale 
amministrativo regionale della Lombardia, sezione di Brescia, dapprima 
in occasione dell�adozione di un decreto cautelare monocratico (decr. 
pres. 10 marzo 2003 n. 189) (119) e, successivamente, nella vera e propria ordinanza 
(sempre monocratica) di rimessione alla Corte di Giustizia pronunciata 
ai sensi dell�art. 234 del Trattato C.E. (ord. pres. 26 aprile 2003 n. 
76)(120). 
In quest�ultimo provvedimento il Presidente del Tribunale amministrativo 
regionale di Brescia ha desunto dall�art. 2, comma 1, lett. a) della direttiva ricorsi 
n. 665/89 l�intento (confermato dal secondo, quarto e quinto considerando 
della stessa direttiva) di �privilegiare ogni possibile, immediato 
intervento da parte del giudice volto ad ovviare ad ogni violazione che sia 
stata commessa in sede di gara, s� che l�aggiudicazione definitiva possa intervenire 
a favore dell�impresa, la cui offerta debba essere prescelta in base 
alla legittima applicazione delle norme che disciplinano lo svolgimento della 
procedura di gara�. 
Inoltre, nell�invocare i principi comunitari di non discriminazione e di ef- 
(118) In Foro amm., CdS, 2004, 1000; in www.giustamm.it., con il commento di TARULLO, La 
Corte di giustizia e la tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: un nodo da sciogliere. 
(119) In Foro amm. Tar, 2003. 
(120) In Riv. it. dir. pubbl. com., 2003, 913 ss. 
DOTTRINA 349 
fettivit� della tutela giurisdizionale, il giudice bresciano ha sottolineato (nuovamente) 
il rischio di un trattamento discriminatorio tra diritti soggettivi ed 
interessi legittimi, osservando che �mentre nelle controversie fra soggetti privati 
ovvero in quelle proposte da questi ultimi contro la pubblica Amministrazione, 
che siano affidate alla giurisdizione del giudice ordinario, � possibile 
conseguire una tutela urgente prima della proposizione della causa di merito, 
l�attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione in materia di controversie 
concernenti gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture impedisce 
che la tutela cautelare possa intervenire prima dell�introduzione 
dell�impugnazione di un provvedimento posto in essere nel corso della relativa 
procedura di gara�. Tale rischio viene dal rimettente ritenuto suscettibile di 
tradursi nella violazione dell�art. 10 del Trattato, �trovando una pretesa assistita 
dal diritto comunitario una tutela cautelare meno efficace e ridotta rispetto 
ad altre forme della stessa, cos� come prevista dall�ordinamento 
nazionale�. 
Alla luce di tali premesse, nella ordinanza in parola si � chiesto alla Corte 
di Giustizia di accertare: 
1) se la diversa tutela cautelare prevista per le pretese comunitarie accordabile 
dal giudice amministrativo nazionale nelle procedure d�appalto rispetto 
a quella prevista nell�ordinamento interno per i diritti riconosciuti nelle liti fra 
soggetti privati ovvero in quelle fra questi ultimi e l�Amministrazione per le 
quali abbia giurisdizione nell�ordinamento nazionale il giudice ordinario violi 
o meno il principio di collaborazione sancito dall�art. 10 del Trattato, che fa 
obbligo, in assenza di un sistema processuale armonizzato, di riconoscere alle 
suddette pretese comunitarie l�identica forma di tutela e non gi� una tutela meramente 
incidentale e, dunque, meno efficace rispetto a quella garantita con 
carattere di generalit� agli altri diritti nazionali; 
2) se, inoltre, l�art. 21, l. n. 1034/1971, cos� come novellato dall�art. 3, l. 
n. 205/2000, nella parte in cui non prevede fra i possibili mezzi di ricorso urgente 
quello ante causam, come tale diretto ad impedire in via immediata che 
l�Amministrazione dia ulteriore corso alla sottoscrizione del contratto dopo la 
conclusione di una procedura di gara, del tutto indipendentemente dalla proposizione 
di una previa azione d�impugnazione di un atto della stessa procedura, 
rappresenti o meno sufficiente adempimento della previsione di cui 
all�art. 1, n. 3, della direttiva 21 dicembre 1989, n. 665/CEE, che fa obbligo a 
tutti gli Stati membri d�introdurre nei rispettivi ordinamenti nazionali ricorsi 
pienamente accessibili per quanti intendano richiedere la riparazione di un 
danno subito o comunque temano di subire una lesione in dipendenza di una 
decisione della commissione di gara per il conseguimento di un appalto pubblico; 
3) se la tutela cautelare accordabile dal giudice amministrativo nazionale 
integri o meno violazione dell�art. 2, lett. a) della suddetta direttiva, che fa ob-
350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
bligo di prendere con la massima sollecitudine e con procedura d�urgenza 
provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri 
danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a 
sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un 
appalto o l�esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorit� aggiudicatici; 
4) se, infine, la stessa forma di tutela cautelare violi o meno concorrentemente 
l�art. 6, comma 2, del Trattato che, nel codificare il rispetto da parte 
dell�Unione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per 
la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali, ha fatto proprio 
il principio dell�effettivit� della tutela giurisdizionale stabilito dagli artt. 
6 e 13 della stessa Convenzione, facendo obbligo agli Stati membri di assicurarne 
la piena operativit� nei rispettivi ordinamenti nazionali. 
Con l�ordinanza del 29 aprile 2004 la Corte di Giustizia, richiamando i 
propri precedenti, ha stabilito che �l�art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva deve 
essere interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai 
loro organi competenti a conoscere dei ricorsi la facolt� di adottare, indipendentemente 
dalla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento 
provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far 
sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica dell�appalto in esame� 
(punto 22). Considerando che �tale risposta deriva da una disposizione specifica 
del diritto comunitario ossia l�art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva�, la 
Corte ha reputato non doversi �fare riferimento a disposizioni pi� generali 
dell�ordinamento giuridico comunitario, quali, in particolare, gli artt. 10 CE 
o 6, n. 2, UE�, norme evocate dal Giudice rimettente nella prima e nella quarta 
questione; di qui l�ovvia conclusione che �non si deve (�) rispondere a tali 
due questioni� (punto 23 dell�ordinanza). 
La Corte di Giustizia ha, quindi, ritenuto non conforme al quadro comunitario 
la normativa nazionale italiana che non assicurava al ricorrente la possibilit� 
di agire in giudizio indipendentemente da ogni azione previa, 
chiedendo l�emanazione di un qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi 
i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione 
pubblica di un appalto. La prescrizione scaturente dal dictum della 
Corte di Giustizia era inequivocabilmente diretta all�inserimento della tutela 
cautelare ante causam nell�ordinamento processuale amministrativo italiano, 
che era stato ritenuto carente sotto il profilo della accessibilit� ad una tutela 
piena ed effettiva, avendo omesso lo Stato italiano di attuare l�art. 2, n. 1, della 
direttiva 89/665. Secondo i giudici comunitari, la sollecita definizione dei ricorsi 
cautelari non era sufficientemente garantita dal procedimento incidentale 
previsto dall�art. 21, l. TAR, perch� successivo o al massimo contestuale alla 
proposizione dell'impugnazione principale. 
Ancora una volta, con le surriportate statuizioni il Collegio di Lussem-
DOTTRINA 351 
burgo dimostra di non voler accettare compromessi o mediazioni con le dissonanti 
soluzioni processuali accolte negli Stati membri, ancorch� avallate - 
come nel caso del nostro regime di tutela cautelare - dalle rispettive Corti costituzionali. 
La soluzione fornita dalla Corte di Giustizia, da cui � poi conseguita l�(obbligatoria) 
introduzione nel nostro ordinamento processuale amministrativo 
della tutela cautelare ante causam (limitatamente al settore degli appalti pubblici) 
non � andata esente da critiche in dottrina (121), che ha tacciato l�indirizzo 
dei giudici comunitari come foriero di una eccessiva 
�comunitarizzazione� del processo amministrativo (122) e frutto di un formalismo 
del tutto inappropriato, specie quando la medesima questione � stata gi� 
esaminata dalla Corte costituzionale e dalle giurisdizioni superiori dello Stato 
membro coinvolto. 
La pronuncia in parola (come si avr� modo di sottolineare nelle conclusioni 
della presente relazione) suggerisce una serie di interrogativi sul carattere 
effettivamente additivo del dibattito svolto in sede comunitaria sul tema della 
tutela cautelare rispetto all�analogo dibattito agitatosi in sede nazionale e se il 
primo conduca effettivamente ad acquisizioni ulteriori rispetto a quelle autonomamente 
conseguite nell�ambito del secondo. 
In effetti, nell�imporre ai legislatori nazionali di prevedere nei rispettivi 
sistemi di giustizia amministrativa lo strumento della tutela cautelare ante causam 
la Corte di Giustizia sembra in contraddizione con la propria giurisprudenza 
sul principio di effettivit� della tutela, che non implica una visione 
letterale della normativa considerata, ma la valutazione, in termini esclusivamente 
effettuali, della sua capacit� reale (�l�effettivit��, appunto) di soddisfare 
le esigenze di tutela degli interessati. Da questo punto vista, � consentito rite- 
(121) In tal senso, si veda, da ultimo, CONTESSA, op. cit., il quale definisce come �ancipite� l�approccio 
comunitario al tema della tutela cautelare, imponendo la Corte di Giustizia ai legislatori nazionali 
l�adozione dello strumento cautelare ante causam che risulta in sostanziale distonia con l�assetto positivo 
dello stesso ordinamento processuale comunitario, che non prevede un siffatto tipo di tutela contro gli 
atti delle Istituzioni comunitarie. Particolarmente puntuali sono i rilievi svolti, in proposito, da ROTIGLIANO, 
La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: molto rumore per nulla, in 
Foro amm. Tar, 2006, 10, 3400 e da VILLATA, Osservazioni in tema di incidenza dell�ordinamento comunitario 
sul sistema italiano di giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2006, 3, 848 ss. 
(122) L�osservazione � di CHITI, La tutela cautelare ante causam e la progressiva comunitarizzazione 
del processo amministrativo: alcune riflessioni critiche, in Le nuove frontiere del giudice amministrativo 
tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, a cura di M.A. 
SANDULLI, suppl. al n. 12/2004 del Foro amm. Tar, 61; tale osservazione � riportata, adesivamente, da 
CORAGGIO, La disciplina del contenzioso nel codice degli appalti (Relazione al Convegno tenuto a Napoli 
il 16 febbraio 2007 a cura della Seconda Universit� di Napoli), in Foro amm. Tar, 2007, 3, 1210, il 
quale denuncia una �certa invasivit� dell�ordinamento comunitario nei confronti degli Stati membri� e 
da PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, 
servizi e forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, Padova, 
2007, 331. 
352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nere che la tutela cautelare provvisoria monocratica, gi� prevista nel nostro 
ordinamento dall�art. 21, comma 9, l. TAR, risponde in modo completo alle 
istanze di effettivit� della tutela giurisdizionale. � un mezzo rapido e privo di 
formalit� defatiganti. Si propone infatti con separata istanza notificata alle 
controparti (anche con utilizzazione dei nuovi mezzi di notifica in tempo 
reale), presupponendosi solo l�esistenza di un ricorso giurisdizionale anche 
contestuale (integrabile successivamente attraverso motivi aggiunti), comunque 
depositato, ed anche se non sia completato con la prova di tutte le notifiche, 
come � confermato indirettamente dall�espressa previsione della 
pronuncia di un decreto motivato da parte dell�organo monocratico investito 
dell�istanza, anche con contraddittorio non completo. Tale procedura cautelare 
sembra potersi qualificare come �sollecita� ed �urgente�, poich� la misura 
provvisoria potr� sempre essere conseguita in un ridottissimo arco temporale, 
senza attendere l�assegnazione della causa ad una delle camere di consiglio 
programmate (e senza neppure dover dare prova, come detto, del completamento 
delle operazioni di notificazione). 
N� l�esigenza di celerit� nell�erogazione della tutela cautelare potrebbe 
essere frustrata nei casi di assenza od impedimento del presidente (del Tribunale 
amministrativo regionale o di una sua Sezione) al momento del deposito 
del ricorso o della separata (e successiva) istanza, atteso che il silenzio della 
norma sembra autorizzare una possibile sostituzione del presidente con altro 
magistrato (ad esempio, il pi� anziano) presente nell�ufficio, senza che occorra 
all�uopo una specifica delega. 
Ai rilievi esposti si aggiunga che, come evidenziato in dottrina, il fondamento 
della tesi sostenuta della Corte di Giustizia non si rinviene nelle direttive 
del 2004, le quali si limitano a richiamare la direttiva ricorsi n. 665/89. �Conformemente� 
ad essa �gli Stati membri assicurano l�applicazione delle presente 
direttiva tramite meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti� (artt. 81, 
direttiva 2004/18 e 72, direttiva 2004/17). Dunque, l�espressa previsione della 
tutela cautelare ante causam � frutto di una vera e propria opera interpretativa 
della giurisprudenza comunitaria citata (come le misure cautelari provvisorie 
introdotte nel 2000 sono il prodotto della giurisprudenza del T.A.R. Lombardia). 
Lo strumento della tutela cautelare ante causam non � direttamente contemplato 
nella direttiva ricorsi, che come gi� pi� volte ribadito non la richiede 
espressamente, n� nelle nuove direttive del 2004, che a quella si limitano a 
rinviare; in quelle direttive ҏ solo previsto che la brevit� delle procedure di 
aggiudicazione degli appalti pubblici richiede un trattamento urgente delle 
violazioni delle norme comunitarie o nazionali di recepimento, senza alcuna 
specificazione degli strumenti confacenti�(123). Dal punto di vista stretta- 
(123) CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, cit., 901; nello stesso 
senso, BARBIERI, Diritto comunitario, processo amministrativo e tutela ante causam, cit., il quale evi-
DOTTRINA 353 
mente letterale, le direttive ricorsi, lungi dall�esplicitare l�adesione al modello 
della tutela ante causam, prevedono semplicemente una tutela cautelare basata 
sulla �procedura d�urgenza� e sul canone di �massima sollecitudine� (artt. 2, 
par. 1, lett. a, delle direttive 665/89 e 13/92). 
La direttiva ricorsi, cui la Corte di giustizia fa riferimento, � al riguardo 
quanto mai generica ed anzi la disposizione che si occupa dell�argomento potrebbe 
agevolmente indurre alla conclusione opposta poich� impone il riconoscimento 
di un potere �di prendere con la massima sollecitudine e con 
procedura d�urgenza le misure necessarie intese a riparare la violazione o ad 
impedire il prodursi di danni�, rendendo cos� evidente la completa parificazione 
fra l�impedimento del danno (tramite lo strumento cautelare) e l�eliminazione 
di un danno gi� verificatosi (che presuppone una sentenza di merito). 
Nella visione sostanzialistica della direttiva, dunque, non rileva il momento 
dell�intervento cautelare bens� l�ampiezza del relativo potere e la sua 
concreta efficacia. E a questi parametri � perfettamente rispondente il nostro 
processo cautelare dopo la riforma del 2000 (per tacere della giurisprudenza 
precedente), circostanza che la Corte di giustizia non ha verificato e che pure 
era stata ripetutamente evidenziata sia dal Consiglio di Stato che dalla Corte 
costituzionale (ordinanza n. 179 del 2002) quando avevano entrambi ritenuto 
su questa base che non fosse necessario prevedere un tal genere di tutela ed il 
cui precoce e generalizzato inutilizzo nella pratica processuale ne palesa in 
modo evidente l�inessenzialit� al fine di garantire pienezza ed effettiva di tutela 
giurisdizionale. 
Non si � mancato, inoltre, di rilevare come il nuovo tipo di tutela costituisce 
una lesione ulteriore - dopo la cautela presidenziale introdotta dalla l. 
n. 205/2000 - alla tradizionale collegialit� della giustizia amministrativa e rischia 
di squilibrare il delicato rapporto esistente tra il presidente e il collegio 
(124). 
Peraltro, lo strumento della tutela cautelare ante causam perentoriamente 
imposto agli Stati membri dalla Corte di Giustizia non si rinviene in sede comunitaria, 
ove non vi � una tutela del genere. E� sufficiente richiamare, al riguardo, 
l�art. 83, paragrafo 1 del Regolamento di procedura innanzi alla Corte 
di Giustizia, il quale ammette la proponibilit� di un�istanza cautelare innanzi 
denzia che nessuna direttiva comunitaria afferma espressamente che la tutela cautelare debba essere assicurata 
indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito; CONTESSA, op. cit.; CORAGGIO, 
op. cit.; LAZZARA, Tutela cautelare e misure d�urgenza nella giurisprudenza della Corte di 
Giustizia, in Dir. proc. amm., 2003, 1169, il quale ritiene che la Corte di giustizia sembra avere in mente 
un tipo di tutela urgenza pi� simile a quella sommaria non cautelare che a quella preventiva; PAOLANTONIO, 
op. cit., 332; ROTIGLAINO, op. cit.; VILLATA, op. cit., 855, rileva che �l�affermazione secondo cui 
la direttiva in questione prevederebbe la facolt� di chiedere la misura interinale senza necessit� della 
previa azione di merito � un�invenzione della Corte. Non ve nՏ traccia nella direttiva�. 
(124) CORAGGIO, op. cit.
354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
ai Giudici comunitari solo previa proposizione di un ricorso di merito (in tal 
modo evidentemente postulando l�inammissibilit� di forme di tutela cautelare 
ante causam avverso gli atti delle Istituzioni e degli Organismi dell�Unione) 
(125). In sede comunitaria, dunque, l�esercizio dei poteri cautelari della Corte 
di Giustizia � espressamente subordinato alla instaurazione del ricorso nel merito 
(come si evince, tra l�altro, dal primo inciso dell�art. 242), essendo accolta 
in pieno la tecnica processuale che informa il nostro processo amministrativo. 
Se, quindi, a tali disposizioni si volesse attribuire una qualche valenza paradigmatica 
(si noti che la complessiva visione organizzativa perseguita dalla 
Corte di Giustizia guarda ai giudici dei singoli Stati come ad una sorta di �articolazione 
territoriale� della Corte medesima), non vՏ dubbio che essa andrebbe 
ad indebolire, piuttosto che a rafforzare, le tesi invalse in seno alla 
giurisprudenza comunitaria. 
Come esattamente osservato in dottrina, il terreno della tutela cautelare 
manifesta in modo evidente un approccio comunitario al tema delle tecniche 
processuali definito �a geometria variabile�(126), in base al quale il livello 
sia qualitativo che quantitativo degli strumenti di tutela cautelare che i Giudici 
comunitari impongono agli ordinamenti nazionali risulta ben diverso (ed assai 
pi� stringente) rispetto al livello di incisivit� che essi stessi realizzano quando 
vestono i panni di Giudici degli atti amministrativi delle Istituzioni comunitarie. 
Comunque sia, occorre prendere consapevolezza del fatto che la giurisprudenza 
della Corte lussemburghese pone veri e propri principi del diritto 
comunitario, vincolanti per gli Stati membri: oramai la indefettibilit� di una 
tutela cautelare ante causam � uno di questi, quantomeno nell�ambito degli 
appalti pubblici comunitari. Conseguentemente, per quanto possa sembrare 
che la soluzione italiana successiva alla novella del 2000 si facesse ampiamente 
carico delle esigenze di effettivit�/tempestivit� della tutela cautelare 
espresse dalle fonti sovranazionali, e che per tale motivo essa soddisfi in modo 
complessivamente appagante (come in fondo ha rimarcato la Consulta nel 
2002) l�elevata domanda di �giustizia cautelare�, la pronuncia della Corte di 
giustizia ha creato un vuoto legislativo, colmato dal Codice dei contratti pub- 
(125) La disposizione in questione (inserita nell�ambito del capo rubricato �Della sospensione 
dell�esecuzione e degli altri provvedimenti urgenti mediante procedimento sommario�) cos� recita: �La 
domanda, ai sensi degli articoli 242 CE e 157 del Trattato CEEA, per la sospensione dell�esecuzione 
di un atto di un�istituzione � ricevibile solo se il richiedente ha impugnato tale atto in un ricorso dinanzi 
alla Corte�. In proposito, VILLATA, op. cit., 854, osserva che �innanzi alla Corte di giustizia non � possibile 
chiedere una misura cautelare se non si sia instaurato il giudizio di merito, ed anzi la strumentalit�, 
l�accessoriet� e la provvisoriet� della misura cautelare in funzione della pronuncia di merito 
conclusiva di un giudizio gi� pendente � motivo conduttore di tutta la giurisprudenza comunitaria sul 
tema�. 
(126) MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nell�ordinamento comunitario, Milano, 
2001, p. 46.
DOTTRINA 355 
blici, con l�introduzione nel settore degli appalti pubblici dello strumento imposto 
dai Giudici comunitari. 
10. L�art. 245 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, 
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, introduce la 
tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo. 
Tra le novit� pi� significative introdotte dal Codice un ruolo di primo 
piano dev�essere assegnato alle disposizioni della IV parte, dettate in tema di 
tutela giurisdizionale. Ci si riferisce agli artt. 244-246, nei quali il Codice affronta 
il nodo gordiano del riparto di giurisdizione, disciplina gli strumenti di 
tutela giurisdizionale (o equiparati), che, in forza dei recenti orientamenti della 
giurisprudenza comunitaria, devono essere garantiti ai potenziali contraenti e, 
da ultimo, riscrive il regime processuale delle controversie relative a infrastrutture 
e insediamenti produttivi. 
Le direttive 2004/17 e 2004/18 impongono agli Stati membri di garantire 
l�efficace tutela dei soggetti partecipanti a pubblici appalti, mediante il richiamo 
delle cc.dd. direttive ricorsi (89/665 e 92/13). Pertanto, il Codice, nel 
tentativo di ricercare una equilibrata composizione tra tutela degli interessi 
sostanziali che si pongono alla base della contrattazione pubblicistica ed esigenze 
di celerit� nella definizione delle relative controversie, opera una sintesi 
ricognitiva dei vigenti strumenti di tutela contenziosi, precisando i limiti della 
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed introducendo, in ossequio 
alla giurisprudenza comunitaria, la tutela cautelare ante causam nel processo 
amministrativo relativo agli appalti pubblici. In considerazione della 
estrema rilevanza degli interessi coinvolti, la codificazione della materia costituiva 
una ineludibile necessit�, che il legislatore ha soddisfatto dettando un 
corpus normativo tutto sommato omogeneo, coerente con l�intento di fondo 
di fare degli appalti pubblici una materia davvero speciale, sebbene, comՏ 
prevedibile, suscettibile di recare non pochi problemi applicativi sul versante 
della tutela cautelare ante causam (127). 
(127) Per un�ampia ricostruzione dell�evoluzione del potere cautelare preventivo del giudice amministrativo 
prima della introduzione della tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, 
si rinvia a GAROFOLI, La nuova tutela cautelare. Profili sostanziali e processuali, in CARINGELLA - GAROFOLI- 
MONTEDORO, Trattato di giustizia amministrativa, vol. II, Le tecniche di tutela nel processo amministrativo, 
Milano, 2006, 757 e ss.; in argomento, sempre prima dell�entrata in vigore del Codice, 
CARANTA, La tutela cautelare ante causam contro gli atti adottati dalle amministrazioni aggiudicatici, 
in Urb. e app., 2003, 885 ss.; CHITI, La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: uno 
sviluppo davvero ineludibile?, in Giorn. dir. amm., 2003, 897; id., La tutela cautelare ante causam e la 
progressiva comunitarizzazione del processo amministrativo: alcune riflessioni critice, in Le nuove frontiere 
del giudice amministrativo tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva 
(a cura di Sandulli M.A.), Milano, 2005, 57; F. SAITTA, L�atipicit� delle misure cautelari nel processo 
amministrativo, tra mito e realt�, in www.giustizia-amministrativa.it; GUIDARELLI, I provvedimenti cau-
356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
A completamento delle disposizioni in tema di giurisdizione, il Codice, 
nell�art. 245, individua gli strumenti di tutela, sia ordinari che cautelari, introducendo 
(nei commi da 3 a 8) la tutela cautelare ante causam nel processo 
amministrativo, indipendente dalla previa introduzione del giudizio di merito 
(in tal senso, appunto, ante causam) (128). 
telari monocratici nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2004, 3, 727; LEONARDI, La Corte 
di Giustizia interviene nel controverso dibattito italiano in materia di tutela cautelare ante causam, in 
Foro amm. Tar, 2004, 5, 1226; MARTINELLI, Notazioni in tema di tutela cautelare ante causam nel processo 
amministrativo, in Foro amm. Tar, 2004, 3739; MINGATI, Tutela cautelare ante causam nel processo 
amministrativo italiano ed ordinamento comunitario: problemi di effettivit� della tutela giurisdizionale 
avverso le procedure di aggiudicazione dei pubblici appalti, in Riv. trim. appalti, 2005, 185; MORFINI, 
La tutela cautelare ante causam e il principio di effettivit� nel settore degli appalti pubblici: diritto interno 
e comunitario, in Trib. amm. reg., 2005, II, 213; PANZAROLA, Il processo cautelare, in Il processo 
davanti al giudice amministrativo. Commento sistematico alla legge n. 205/2000 (a cura di Sassani, Villata), 
Torino, 2001, 83 ss.; PICOZZA, La tipologia e gli effetti del processo cautelare dopo la legge n. 
205/2000, in Processo amministrativo e diritto comunitario (a cura di Picozza), Padova, 2003; QUERZOLA, 
Colpo d�ariete della corte di giustizia al tab� della tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, 
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 353; id., La Corte di giustizia ancora come il Benvenuto 
Cellini dei diritti processuali nazionali: tutela cautelare e processo amministrativo spagnolo (o europeo?) 
(Nota a Corte di giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003), in Dir. proc. amm., 2004, 266 ss.; TARULLO, 
Il giusto processo amministrativo. Studio sull�effettivit� della tutela giurisdizionale nella 
prospettiva comunitaria, Milano, 2004. 
(128) Sull�argomento, i contributi editi successivamente all�entrata del Codice dei contratti pubblici 
sono gi� diversi: per una trattazione organica della disciplina di cui all�art. 245 del Codice, BUONVINO, 
I nuovi mezzi di tutela cautelare. Relazione svolta al convegno�Il codice dei contratti un anno 
dopo�, organizzato per il decennale della rivista Urbanistica e appalti, Roma, 19 ottobre 2007, in 
www.ildirittopericoncorsi.it; CORRADINO, Il giudizio sui �settori sensibili� (art. 23 bis c.d. legge T.A.R. 
e disposizioni processuali inserite nel recente �Codice dei contratti�, in I riti speciali nel giudizio amministrativo 
(a cura di Corradino, Dato), Torino, 2008, 332 ss.; DE CAROLIS, La tutela giurisdizionale 
nel codice dei contratti pubblici, in Urb. e app., 2006, 1130 ss.; DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in 
materia di appalti pubblici, Milano, 2007, 500 ss.; id., La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa 
(a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 129 ss.; GAROFOLI, 
Il contenzioso. La tutela cautelare ante causam, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. 
SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, VI, 2008, Milano, 3999 ss.; MADDALENA, Giurisdizione e norme 
processuali (artt. 244-246), in Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture 
(a cura di Sanino), Torino, 2006, 681 ss.; MEZZOTERO, Il riparto di giurisdizione e gli strumenti 
di tutela nel codice degli appalti, in Commentario al Codice degli appalti (a cura di Saitta), Padova, 
2008, 1249 ss.; PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi 
a lavori, servizi e forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, 
Padova, 2007, 331; RUSCICA, Le novit� in tema di tutela cautelare nel processo amministrativo, 
Milano, 2008, 185 ss.; TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam introdotta dall�art. 245 del codice 
degli appalti, in www.giustamm.it. 
In argomento, tra gli ulteriori contributi si segnalano: ARDIZZI, La tutela cautelare ante causam alla luce 
del codice dei contratti pubblici, in Giurisdiz. amm., 2008, 1, parte IV, 39 ss.; CRISCENTI, Gli strumenti 
di tutela nel codice dei contratti pubblici tra complessit� e velocit�. Relazione svolta al convegno �Gli 
strumenti di tutela nel Codice dei contratti pubblici�, organizzato dall�Ordine degli avvocati di Messina, 
19 aprile 2007, in www.giustizia-amministrativa.it; DE GIOIA, La tutela cautelare ante causam nel nuovo 
codice dei pubblici appalti: il procedimento inaudita altera parte e l�istruzione probatoria, in www.neldiritto.
it; FRENI, Sulla tutela cautelare ante causam. Brevi note a margine dell�art. 245 del Codice degli 
appalti, in Foro amm. - C.d.S., 2006, 2087; C.E. GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei 
contratti pubblici: problemi e prospettive, in www.giustamm.it.; GAVERINI, La giurisdizione del giudice
DOTTRINA 357 
Si tratta, � bene evidenziarlo fin da subito, di uno strumento di tutela ulteriore 
e settoriale (129), che si aggiunge a quelli gi� contemplati dal sistema 
processuale generale, in vista della piena attuazione dei principi del giusto 
processo e di effettivit� della tutela giurisdizionale. L�imposizione da parte 
della Corte di Giustizia di una forma di tutela cautelare ante causam, ossia 
�preventiva� o �pura� (che non accede al ricorso introduttivo, n� � formulata 
con atto separato e successivo, ma � destinata ad essere delibata dal giudice 
nell�ambito di un processo incentrato esclusivamente sulla valutazione della 
sussistenza o meno dei presupposti per la concessione della misura richiesta) 
viene ad incidere su di un tessuto normativo gi� apertosi all�atipicit� in materia 
cautelare, grazie all�intervento della legge n. 205/2000, ma in ogni caso ancorato 
alla necessit� della previa instaurazione del giudizio di merito, attraverso 
la notifica ed il deposito del ricorso (art. 21, comma 8 e 9, l. n. 1034/1971). 
Il carattere aggiuntivo dello strumento introdotto dal Codice trova conferma 
nel rilievo che, nell�ambito delle controversie indicate dall�art. 245, 
comma 1, d.lgs. 163/2006, sono attivabili anche i congegni cautelari post causam 
gi� previsti dalla vigente disciplina processuale. L�art. 245, comma 2, 
d.lgs. 163/2006, infatti, prevede espressamente l�applicabilit� della tutela cautelare 
collegiale, di quella monocratica e delle misure cautelari provvisorie 
proprie del rito accelerato di cui all�art. 23 bis, l. n. 1034/1971. Opera, altres�, 
il rimedio della sospensione della sentenza su istanza di parte in grado di appello 
ex art. 33, comma 3, l. n. 1034/1971, nonch� quello della c.d. ottemperanza 
cautelare previsto dall�art. 21, comma 14, l. n. 1034/1971. La misura 
cautelare ante causam, pertanto, � soltanto uno dei possibili rimedi invocabili 
dal soggetto legittimato al ricorso; ne segue il suo carattere facoltativo, trattandosi 
di uno strumento (settoriale) che si aggiunge a quelli che gi� fanno 
amministrativo in materia di appalti e le forme di tutela, anche cautelare, nel codice degli appalti (d.lgs. 
n. 163/2006): spunti di riflessione, in Foro amm. Tar, 2006, 11, 3554; MAIMONE, La tutela cautelare 
ante causam nell�ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., in Rass. avv. St., 2006, IV, 334 ss.; PAOLANTONIO, 
Note sulla c.d. tutela ante causam nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e 
forniture, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Diritto processuale amministrativo, Padova, 
2007, 331; ROTIGLIANO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: molto rumore 
per nulla, in Foro amm. Tar, 2006, 10, 3400; M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, 
cit; F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale: prime riflessioni. Relazione 
alla Giornata di studio su: �Il nuovo Codice dei contratti pubblici: prime riflessioni� - Lamezia 
Terme, 18 maggio 2006, in www.giustamm.it; M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema 
di contratti pubblici (note a margine degli artt. 244-246 del codice De Lise), in Foro amm. Tar, 2006, 
3375, e in www.federalismi.it. 
(129) La relazione che accompagna il Codice evidenzia, al riguardo, la sussistenza della delega 
legislativa ad introdurre la tutela cautelare ante causam nel processo relativo ai pubblici appalti, in 
quanto la legge delega prevede il recepimento delle direttive 2004/18 e 2004/17; sia la direttiva 2004/17 
che la direttiva 2004/18, rispettivamente agli artt. 72 e 81, impongono agli Stati membri di assicurare 
l�applicazione delle direttive medesime con meccanismi efficaci, accessibili e trasparenti, in conformit� 
alle cc.dd. direttive ricorsi (direttiva 1989/665 per lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, direttiva 
1992/13 per lavori, servizi e forniture nei settori speciali).
358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
parte del sistema processuale (generale). 
La disciplina della tutela ante causam per gli appalti, imposta all�Italia 
solo per gli appalti sopra soglia, � stata estesa dal Codice anche alle controversie 
relative agli appalti sotto soglia; tale scelta, sicuramente da condividere, 
sotto il profilo dell�uniformit� di disciplina processuale assicurata alla materia 
dei pubblici appalti, a prescindere dal loro importo, pur sollevando alcuni 
dubbi di legittimit� costituzionale - sotto il profilo della violazione del principio 
di uguaglianza e del diritto di difesa (artt. 3, 24 e 113 Cost.), stante l�assenza 
di un�analoga disciplina per tutte le altre controversie devolute ai giudici 
amministrativi (130) - pu� costituire un valido banco di prova al fine di un futuro 
riconoscimento generalizzato della tutela preventiva nel processo amministrativo, 
al pari di quanto avviene nel processo civile. Si parla, in proposito, 
di c.d. effetto spill over (131), il quale si realizza quando la regola processuale 
imposta dalla Corte di Giustizia trascende l�originario ambito oggettivo di applicazione 
ed � estesa alle situazioni giuridiche di rilievo interno da questa 
non contemplate (132). 
Se � vero che la disparit� dei rimedi processuali non pu� essere giustificata 
in ragione del rilievo comunitario di alcune di tali controversie (133), a 
(130) Il rilievo � stato da subito formulato dalla dottrina: F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici 
e tutela giurisdizionale, cit., il quale in proposito auspica che �il problema, se l�innovazione produrr� 
(�) una sorta di effetto volano, potrebbe essere risolto attraverso un ulteriore intervento legislativo inteso 
a generalizzare il nuovo strumento di tutela�. Occorre ricordare che la Sezione consultiva per gli 
atti normativi del Consiglio di Stato nel parere del 6 febbraio 2006, n. 355/2006, reso sullo di d.lgs., ha 
invitato l�Amministrazione a valutare l�opportunit� di assumere una specifica ed urgente iniziativa legislativa 
diretta a prevedere l�estensione della tutela cautelare ante causam alla generalit� dei casi di 
giurisdizione amministrativa; tale iniziativa, per�, almeno allo stato, non ha avuto seguito. 
(131) La lett. f) del comma 2 dell�art. 44, l. n. 69/2009, contenente la delega per la riforma del 
processo amministrativo, prevede la possibilit� di generalizzare la tutela cautelare ante causam. La prevista 
generalizzazione dell�istituto, al di l� delle materie gi� contemplate dall�art. 245 del Codice dei 
contratti pubblici, � stata poi attuata con l�art. 73 della bozza provvisoria del Codice del processo amministrativo 
(in www.lexitalia.it, n. 2/2010, con annotazioni di LIBERATI), su cui si rinvia al lavoro di 
prossima pubblicazione su questa Rassegna. 
(132) Sul punto, BARTOLINI, Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo, 
cit., 128; CARANTA, La comunitarizzazione del diritto amministrativo: il caso della tutela dell�affidamento, 
in Riv. it. dir. pubb. comunit., 1996, 451; DE PRETIS, La tutela giurisdizionale 
amministrativa in europa fra integrazione e diversit�, cit. 28; PROTTO, L�effettivit� di tutela giurisdizionale 
nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti. Studio sull�influsso dell�integrazione europea 
sulla tutela giurisdizionale degli operatori economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Milano, 
1997, 5; TARULLO, Il giusto processo amministrativo, cit., 30; id., Giustizia amministrativa ed appalti 
pubblici: influssi comunitari e linee di tendenza, in Cons. Stato, 2000, II, 1113. 
(133) In tal senso M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici, 
cit., la quale precisa che �una tale disparit� di trattamento rispetto alla disciplina processuale applicabile 
a fattispecie prive di rilievo comunitario contrasta con i principi costituzionali in tema di uguaglianza 
e di diritto di difesa. � pertanto auspicabile che il legislatore intervenga sollecitamente a disciplinare 
il rimedio ante causam in generale o che, quanto meno, i giudici amministrativi sottopongano in tempi 
brevi la questione alla Consulta�. Della stessa opinione � TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, 
cit., che richiama il parere reso dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato nell�adunanza del 6
DOTTRINA 359 
superare il sospetto di incostituzionalit� pu� valere il rilievo che non si tratta 
di una normativa che reca una deminutio di tutela, ma che l�accresce (sia pure 
in via solo teorica), in vista della successiva estensione del rimedio ad altri 
settori dell�ordinamento. 
Al riguardo, sebbene parte della dottrina abbia prospettato la necessit� di 
introdurre la tutela cautelare ante causam anche nel contenzioso che esula 
dalla materia degli appalti pubblici (134), sembra preferibile aderire alla soluzione 
restrittiva sostenuta da coloro i quali ritengono che tale forma di protezione 
debba restare circoscritta all�ambito oggettivo di applicazione imposto 
dalla Corte del Lussemburgo (135). 
In senso contrario alla generalizzazione della tutela cautelare ante causam, 
si svolgono, in dottrina, le seguenti argomentazioni: 
- il legislatore non � obbligato ad assicurare in favore di tutte le situazioni 
giuridiche soggettive le medesime forme di tutela giurisdizionale, in quanto, 
nella regolamentazione degli istituti processuali e nella previsione di forme di 
tutela differenziate questo gode di una ampia discrezionalit�, da esercitare nei 
limiti della ragionevolezza, con riguardo alla particolarit� del rapporto dedotto 
in giudizio (in tal senso, peraltro, si era espressa la Corte costituzionale con la 
citata ord. 10 maggio 2002, n. 179); 
- la tempestivit� e la effettivit� della tutela cautelare sono egualmente garantite 
dal complesso delle disposizioni processuali di matrice interna, cos� 
come riformate a seguito della l. n. 205/2000 (Corte cost., ord. 10 maggio 
2002, n. 179); 
- per principio generale dell�ordinamento, ogni azione cautelare, anche 
ante causam, presuppone sempre l�accertamento del fumus boni iuris, non potendosi 
fondare su mere esigenze di celerit� funzionale; 
- ammettendo che la tutela cautelare ante causam si fondi su mere esigenze 
di celerit� funzionale, allora il decreto cautelare ex art. 245, d.lgs. n. 
163/2006 costituirebbe uno strumento del tutto assimilabile al decreto presifebbraio 
2006, che invitava ad assumere una specifica ed urgente iniziativa legislativa diretta a prevedere 
la tutela cautelare per la generalit� dei casi di giurisdizione amministrativa. 
(134) In tal senso, CERULLI IRELLI, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie 
di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 
2008, 453; M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, cit.; TARULLO, Il giusto processo 
amministrativo, cit.; id., La nuova tutela cautelare ante causam introdotta dall�art. 245 del Codice degli 
appalti, cit. 
(135) BARBIERI, Diritto comunitario, processo amministrativo e tutela ante causam, cit.; CHITI, 
La tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo: uno sviluppo davvero ineluttabile?, in 
Giorn. dir. amm., 2003, 897 ss; id., La tutela cautelare ante causam e la progressiva uniformazione del 
processo amministrativo: alcune riflessioni critiche, in M.A. SANDULLI (a cura di) Le nuove frontiere 
del giudice amministrativo, tra tutela cautelare ante causam e confini della giurisdizione esclusiva, Milano, 
2005, 57 ss.; PAOLANTONIO, Note sulla c.d. tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti 
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, cit., 331 ss.; VILLATA, Osservazioni in tema di incidenza 
dell�ordinamento comunitario sul sistema italiano di giustizia amministrativa, cit. 
360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
denziale inaudita altera parte previsto in linea generale dalla legge TAR, considerato 
che, proprio come avviene nell�ipotesi di cui all�art. 21, comma 9, da 
un lato, occorre un atto che comunque sia notificato e depositato; dall�altro, 
sull�istanza del privato provvede sempre il Presidente o un altro giudice monocratico 
da questo designato. 
Gi� all�indomani della pronuncia della Corte di giustizia del 2004 concernente 
l�ordinamento italiano, la giurisprudenza circoscriveva il vincolo scaturente 
dalla giurisprudenza comunitaria alla sola materia degli appalti 
sottoposta alla disciplina comunitaria o, al pi�, alle situazioni giuridiche soggettive 
comunitarie (136). Allo stato attuale della legislazione, dunque, in mancanza 
di un intervento legislativo estensivo (auspicabile o meno che sia), al di 
fuori dell�ambito degli appalti pubblici comunitari o, al pi�, delle situazioni 
giuridiche soggettive di matrice comunitaria, un ricorso volto ad ottenere una 
tutela cautelare �preventiva� o �pura�, vale a dire scissa dal giudizio di merito, 
� inammissibile, in quanto rappresenta un rimedio non previsto in via generale 
nell�ordinamento processuale amministrativo. Si consideri, peraltro, che risponde 
ad un principio generale costantemente confermato che l�estensione 
al processo amministrativo di istituti di diritto processuale civile � ammissibile 
solo in presenza di una espressa previsione legislativa, che manca per il procedimento 
cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. (137). 
Quanto all�ambito applicativo della tutela cautelare ante causam prevista 
dall�art. 245, comma 3, d.lgs. n. 163/2006, si discute se il nuovo strumento di 
tutela si riferisca alle materie elencate nello stesso art. 245, comma 1, o alla 
materia delle procedure di affidamento come contemplata dall�art. 23 bis, l. 
n. 1034/1971, il cui rito � espressamente richiamato. 
L�art. 245, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, si riferisce agli atti delle procedure 
di affidamento, nonch� degli incarichi e dei concorsi di progettazione, 
relativi a lavori, servizi e forniture previsti dal codice degli appalti, nonch� ai 
provvedimenti dell�Autorit�. Tuttavia, l�art. 23 bis, l. n. 1034/1971, nel contemplare 
il rito speciale per le procedure di affidamento, lo estende anche agli 
atti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate 
alle opere pubbliche e di pubblica utilit� cui si riferiscono le procedure 
di affidamento. Se si riferisce la tutela ante causam alla materia �procedure 
di affidamento� in senso stretto, come prevista dall�art. 245, comma 1, d.lgs. 
n. 163/2006, la stessa non pu� essere invocata in relazione alle strumentali 
procedure espropriative. Se si riferisce, invece, la tutela ante causam alla ma- 
(136) T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 30 luglio 2004, n. 7550, in Foro amm. Tar, 2004, 2232, con 
nota di MARTINELLI, Notazioni in tema di tutela cautelare ante causam nel processo amministrativo, che 
ha ritenuto inammissibile una domanda cautelare ante causam proposta dalla Societ� Sportiva Calcio 
Napoli S.p.A. per l�iscrizione al torneo di calcio professionistico di serie B per l�anno 2004/2005. 
(137) Cons. St., sez. V, 27 aprile 2006, n. 2374, in Foro amm. CdS, 2006, 4, 1201; id., sez. IV, 2 
marzo 2004, n. 942, in Giust. civ., 2005, 9, 2242.
DOTTRINA 361 
teria �procedure di affidamento�, come contemplata dall�art. 23 bis, l. n. 
1034/1971, con estensione alle strumentali procedure espropriative, allora 
anche per queste ultime sarebbe ammissibile la tutela ante causam (138). 
Al riguardo, pare preferibile la tesi secondo cui la tutela cautelare ante 
causam � da riferirsi esclusivamente alle materie di cui all�art. 245, comma 1, 
del Codice, poich� il richiamo all�art. 23 bis, l. TAR vale soltanto ad indicare 
il rito applicabile alle controversie in tema di appalti e non anche ad individuare 
ulteriori materie nelle quali si possa proporre istanza per l�adozione di 
misure interinali e provvisorie ante causam; ulteriore conferma in tal senso 
sembrerebbe potersi trarre dal fatto che il comma 3 - introduttivo della tutela 
cautelare ante causam - non fa riferimento alcuno (come pure i commi successivi) 
all�art. 23 bis, ma solo all�art. 21, commi 8 e 9, l. TAR (139). 
11. La strumentalit� della tutela cautelare quale postulato inabdicabile e non 
sacrificabile in nome della rapidit� della risposta giurisdizionale 
Prima di valutare quale possa essere l�impatto pratico della nuova forma 
di tutela cautelare introdotta dall�art. 245 del Codice e se effettivamente - come 
pare doversi escludere - contribuisca ad un reale accrescimento di tutela, occorre 
premettere che la tutela cautelare (nel suo complesso considerata), solo 
in via prima approssimazione pu� costituire una forma rapida di soddisfazione 
delle esigenze di giustizia del cittadino: altro � la celere definizione dei giudizi 
nel rispetto del principio comunitario (ora costituzionalizzato all�art. 111) della 
ragionevole durata dei processi, altro � la concessione di una misura provvisoria 
e interinale, ad efficacia temporalmente limitata (arg. ex art. 245, comma 
6), inidonea a definire l�assetto di interessi sotteso alla domanda giudiziale. 
Non appare condivisibile l�opinione secondo cui l�effettivit� della giustizia 
amministrativa � garantita dalla tempestivit� (alla stregua del principio �si 
faccia presto, indipendentemente se bene o male�), dovendosi, per tale ragione, 
potenziare gli strumenti di tutela cautelare che incidono sul fattore tempo 
(140). 
N� � condivisibile la tesi che, muovendosi nell�ottica del giudizio sul rapporto, 
ritiene che il modello di tutela cautelare imposto dalla Corte di Giustizia 
potrebbe identificare lo strumento atto a consentire la definitiva risoluzione 
della res litigiosa, senza che sia necessario instaurare e/o attendere l�ordinario 
giudizio a cognizione piena, ma stimolando l�esercizio del potere di autotutela 
(138) Sul punto, DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa (a cura 
di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 142. 
(139) In tal senso, BUONVINO, op. cit.; CAPOGNA, La disciplina dei contratti pubblici. Commentario 
al Codice degli appalti, Ipsoa, 2007, 1759. 
(140) DE CAROLIS, Atti negativi e misure cautelari del giudice amministrativo, nel nuovo assetto 
della tutela dettato dall�art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001, 24. 
362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
della pubblica amministrazione resistente (141). 
N�, ancora, convince il tentativo, compiuto in dottrina, di espandere 
sic et simpliciter al processo amministrativo l�attenuazione del principio di 
strumentalit� della misura cautelare avvenuta nel processo civile (art. 669 
octies, comma 6, 7 e 8; art. 669 nonies) e societario (art. 23, commi 1-4; 
art. 24, comma 3, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5) a seguito delle recenti riforme, 
sostenendo che al processo amministrativo possa analogicamente 
trovare applicazione la regola della facoltativit� della introduzione del giudizio 
di merito, che potrebbe essere sostituito dalla definizione in sede cautelare 
del rapporto controverso (142). 
Orbene, non vՏ dubbio che l�estensione del modello processual-civilistico 
di c.d. strumentalit� attenuata al processo amministrativo finirebbe 
per far trasformare sostanzialmente la tutela cautelare d�urgenza in una 
forma di tutela sommaria, in quanto tale anche autonoma rispetto alla decisione 
di merito (143). ComՏ noto, la tutela sommaria non cautelare consente 
al giudice di giungere velocemente alla definizione della lite sulla 
base di una cognizione celere ed, eventualmente, incompleta; inoltre, il rito 
speciale (sommario) ha l�attitudine a definire il giudizio eventualmente attraverso 
una decisione anticipata (riduzione dei termini, ecc.) oppure assunta 
allo stato degli atti (144). Dalla tutela sommaria quella cautelare si 
distingue: sul piano funzionale, per essere al servizio della tutela principale; 
(141) La tesi � sostenuta da VERCILLO, La tutela cautelare nel processo amministrativo ed il paradigma 
imposto dalla Corte di Giustizia nell�ottica del giudizio sul rapporto, in www.giustamm.it. 
(142) Al riguardo, VIOLA, Riforma del processo civile e giudizio amministrativo: l�attenuazione 
del principio di strumentalit� della misura cautelare, in www.giustamm.it, il quale ipotizza la possibilit� 
di una sostanziale estensione giurisprudenziale (in mancanza di specifici interventi del legislatore) del 
principio di strumentalit� attenuata del nuovo processo civile alla multiforme tipologia di processi che 
caratterizzano il nostro ordinamento ed in particolare, al processo amministrativo che costituisce certamente 
il campo di intervento pi� �vicino� al diritto processuale civile e interessante in una prospettiva 
di uniformazione dei diversi riti processuali; di analogo avviso, sia pur in modo dubitativo, � GOISIS, 
op. cit.; nonch� ANDREIS, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, 
78 secondo cui la perdita del carattere strumentale della tutela cautelare nel processo amministrativo 
costituisce una evoluzione insita nel nostro sistema di giustizia amministrativa. 
(143) GAVERINI, op. cit., esprime un giudizio favorevole alla trasformazione della tutela cautelare 
ante causam in una forma di tutela sommaria, dovendosi consentire la progressiva emancipazione della 
fase cautelare ante causam rispetto al vero e proprio giudizio di merito, cos� come � gi� avvenuto per i 
provvedimenti positivi di cui all'art. 669 octies, c.p.c., rimettendo alle parti interessate la possibilit� di 
instaurare un vero e proprio giudizio di merito qualora abbiano ragione di sostenere l�esistenza di valide 
motivazioni a supporto della loro posizione giuridica. Ci� che, ammette lealmente l�A., imporrebbe di 
interpretare il requisito del fumus boni iuris in modo pi� rigoroso, poich� �necessariamente l�accertamento 
della presumibile fondatezza dell�istanza dovrebbe essere effettuato con maggior rigore e pi� 
specifica attenzione�. 
(144) Sulla distinzione tra tutela cautelare e tutela sommaria (non cautelare), MONTESANO, Luci 
ed ombre in leggi e proposte di �tutele differenziate� nei processi civili, in Riv. dir. proc., 1979, 593; sul 
punto, si veda, MENCHINI, Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, in Dir. proc. 
amm., 1999, 952. 
DOTTRINA 363 
su quello giuridico-formale, per non avere l�attitudine a comporre definitivamente 
il conflitto di interessi; ed infine, per avere come presupposto una 
situazione di periculum in mora, invece non richiesta per la tutela sommaria, 
che procede celermente a prescindere da una concreta situazione di pericolo, 
grave e irreparabile. 
Se sul piano della finalit� perseguita tutela cautelare e tutela sommaria 
sembrano avvicinarsi notevolmente, atteso che proprio la speditezza del rimedio 
accomuna queste forme di tutela differenziata generalmente unificate 
nella categoria della �tutela d�urgenza�, tuttavia, � evidente nella tutela 
sommaria la finalit� � solo quella di consentire al giudice di pervenire il 
pi� rapidamente possibile alla definizione della controversia, mentre nella 
tutela cautelare la celerit� rimane strumentale ad un accertamento definitivo 
a cognizione piena. 
Poste queste premesse, non pare ragionevole assumere che, in nome 
di esigenze di immediatezza e rapidit� della tutela giurisdizionale, ci si 
possa accontentare di una cognizione superficiale (quale quella propria della 
tutela cautelare), destinata tendenzialmente (rectius: facoltativamente) a sostituire 
la decisione di merito nella logica della strumentalit� attenuata del 
processo civile, che si vorrebbe trapiantare nel processo amministrativo a 
vantaggio della prontezza della decisione. Una tale soluzione, per il processo 
amministrativo, non sarebbe rispondente al principio di effettivit� 
della tutela giurisdizionale e di tutela del contraddittorio, non potendosi abdicare 
la regola che impone di considerare il provvedimento cautelare accessorio 
e strumentale rispetto alla successiva tutela impugnatoria, che deve 
essere tempestivamente richiesta. Come si esaminer� in prosieguo, il Codice 
dei contratti si muove in quest�ottica, discostandosi dalle suindicate tendenze 
del processo civile (art. 669 octies c.p.c.), ove si � riconosciuta la 
possibilit� per la tutela cautelare anticipatoria di mantenere la propria efficacia, 
ancorch� non di giudicato, anche nel caso in cui il giudizio di merito 
non venga proposto. 
Il mantenimento della regola della necessaria strumentalit� e non autosufficienza 
della misura cautelare, che si connota nelle intenzioni del legislatore 
come una misura ad tempus e non in grado di produrre effetti 
irreversibili sulla vicenda controversa, � senz�altro da condividere, ove si 
tenga conto che nel sistema sostanziale e processuale amministrativo non 
� consentito che un provvedimento della pubblica amministrazione rimanga, 
sine die, in condizione di sospensione, anche quando questo permanere 
sia conseguenza di una scelta della parte pubblica. Non si potrebbe 
ammettere, perci�, che un provvedimento cautelare (in quanto tale a cognizione 
superficiale, emesso sulla base di un giudizio di probabilit� e verosimiglianza 
e per di pi� reso inaudita altera parte) del giudice amministrativo 
possa permanere senza limiti di tempo, in quanto non connesso ad un giu-
364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dizio di merito che, prima o poi, dovr� comunque essere concluso (145). 
La situazione di incertezza, allorch� si sia in presenza dell�esercizio della funzione 
amministrativa, � comunque apprezzata dal legislatore in modo negativo, 
tanto se si fa valere un interesse legittimo oppositivo quanto se si fa valere un 
interesse legittimo pretensivo. In ci� consiste la specificit� del processo amministrativo, 
che impedisce la meccanica trasposizione della regola processualcivilistica 
di c.d. strumentalit� attenuata, che trova una sua logica (anche 
deflattiva) nelle controversie tra privati. 
La conclusione raggiunta nel Codice dei contratti, del resto, � corretta 
anche perch�, in materia, non sarebbe possibile opporre al provvedimento cautelare 
senza termine il rimedio che viceversa � consentito nel processo civile. 
Nel processo civile, comՏ noto, infatti, il soggetto destinatario di un provvedimento 
cautelare anticipatorio, nel caso in cui il giudizio di merito non sia 
stato tempestivamente avviato, ha comunque la possibilit�, che gli � riconosciuta 
in giurisprudenza, di proporre un giudizio di accertamento negativo, al 
fine di far accertare che la controparte non � titolare del diritto in relazione al 
quale ha chiesto la cautela. 
Nel processo amministrativo, un meccanismo del genere non sarebbe attivabile 
in tutti i casi in cui la tutela cautelare � rivolta nei confronti di un provvedimento, 
perch�, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, non si 
ritiene ammissibile il giudizio di accertamento a tutela di interessi legittimi. Il 
che significa che, in questa situazione, il provvedimento del giudice avrebbe 
un effetto a tempo indeterminato, non essendo consentito all�amministrazione 
di intervenire in proposito se non adeguandosi espressamente (e perci� con 
degli effetti che sono, dal punto di vista generale, ancora pi� criticabili rispetto 
a quelli introdotti dalla legge n. 168 del 2005 nel caso di provvedimenti cautelari 
nei procedimenti di abilitazione professionale). 
Soltanto parziale sarebbe la possibilit� di un rimedio costituito dal ricorso 
in sede giurisdizionale nei confronti del provvedimento che l�amministrazione 
abbia adottato in attuazione della tutela cautelare nell�ipotesi in cui questa tutela 
imponga un riesame, posto che, da un lato, in questo caso la possibilit� di 
(145) In questi termini, GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: 
problemi e prospettive, cit.; nello stesso senso, M.A. SANDULLI, Diritto europeo e processo amministrativo, 
cit., la quale esprime favore per la scelta del Codice di confermare la non autosufficienza della misura 
cautelare, in considerazione della �rilevata peculiarit� del processo amministrativo ed 
evidentemente degli interessi ivi coinvolti�; tali considerazioni sono riprese dall�A. nel successivo scritto 
La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.; della stessa opinione � PAOLANTONIO, Spunti di riflessione 
sulla tutela cautelare secondo la legge di delega per la codificazione del processo amministrativo, 
in www.giustamm.it, secondo cui �l�istanza cautelare ante causam di cui al Codice dei contratti 
pubblici non ripete nulla dei principi affermati dalla dottrina processualcivilistica in materia di tutela 
cautelare c.d. uniforme: l�istituto del Codice sui contratti pubblici non presenta, in alcuna delle accezioni 
che la dottrina ha elaborato nei decenni, da Calamandrei in avanti, alcuno dei profili di autonomia e 
strumentalit� che essa tutela deve presentare�. 
DOTTRINA 365 
ricorso non potrebbe essere riconosciuta all�amministrazione e, dall�altro, che 
il provvedimento amministrativo conforme all�ordinanza cautelare non potrebbe 
che essere considerato, in s�, legittimo. 
L�accessoriet� della tutela cautelare amministrativa rispetto al merito del 
giudizio � perci� da considerare non rinunciabile in nome di esigenze di celerit� 
della risposta giurisdizionale. Del resto, in una materia, quale quella dei 
contratti pubblici, il reale bisogno di giustizia del cittadino si appunta non gi� 
sulla tutela cautelare, ma nella pronta definizione del merito, cui consegue la 
conformazione della successiva azione della stazione appaltante, che il rito 
accelerato disciplinato dall�art. 23 bis, l. n. 1034/1971 aveva inteso garantire. 
Invero, l�obiettivo della celere definizione dei giudizi, che assicuri al contempo 
una piena e satisfattiva tutela delle situazioni giuridiche dedotte in causa, � 
meglio perseguibile, ove possibile, attraverso una razionale riduzione dei tempi 
processuali, anzich� attraverso l�ampliamento delle tecniche di tutela interinale. 
In sostanza, come acutamente sottolineato dai primi commentatori del 
nuovo sistema di tutela cautelare preventiva (146), �la ragionevolezza (n.d.r.: 
dei tempi processuali) � forse pi� figlia della semplicit� (del rito), che della 
(sua) velocit��. 
Le esigenze di speditezza vanno sempre contemperate con la necessit� di 
garantire una risposta giudiziaria qualitativamente adeguata, frutto di una ponderazione 
dei diversi interessi, rispettosa del principio del contraddittorio (che 
va maggiormente garantito quando sono in gioco interessi pubblici) e non limitata 
nel proprio svolgersi dall�impellente obbligo di dar luogo ad una pronuncia 
celere e molte volte, proprio perch� tale, affrettata. 
L�incompatibilit� tra la riduzione dei tempi processuali e la concessione 
di rimedi cautelari � ben dimostrata dalla tendenza normativa a rendere pi� rigorosi 
i presupposti per la concessione delle misure cautelari in proporzione 
alla riduzione dei tempi previsti per la definizione del giudizio nel merito. 
Esemplare �, in proposito, l�art. 14, d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (ora refluito 
nell�art. 246, comma 3, del Codice), che impone al giudice della cautela di 
valutare non solo l�irreparabilit� e l�imminenza del pregiudizio del ricorrente, 
ma anche il preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell�opera 
strategica, introducendo cos� una formula che sostanzialmente inibisce 
l�emissione di una qualsiasi misura cautelare, in quanto sconta in radice un 
giudizio di valore tutto sbilanciato in favore dell�interesse pubblico, non casualmente 
definito �preminente�; sicch�, in tal caso, � consentito ritenere che 
una misura cautelare potrebbe essere concessa solo in ipotesi di contrapposizione 
con diritti individuali costituzionalmente protetti e afferenti, ad esempio, 
alla salute del ricorrente. 
(146) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. 
366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
12. I profili comuni e differenziali della tutela cautelare ante causam disciplinata 
dall�art. 245 del Codice rispetto alla tutela cautelare ante causam civile 
La nuova disciplina - contenuta nei commi da 3 a 8 dell�art. 245 -, se per 
taluni aspetti appare modellata sulle corrispondenti norme dettate dal codice 
di procedura civile, per altri se ne differenzia notevolmente in ragione delle 
peculiarit� del processo amministrativo (� il caso, ad esempio, del procedimento 
inaudita altera parte, della non impugnabilit� del provvedimento negativo 
e dei rimedi, azionabili anche d�ufficio, avverso il provvedimento di 
interinale e provvisorio di accoglimento) (147). 
Del resto, la stessa relazione che accompagna il Codice, dopo aver premesso 
che per tutela cautelare ante causam s�intende l�ipotesi in cui una parte 
chiede la tutela cautelare prima di proporre il ricorso di merito, aveva rilevato 
la necessit� che siffatto meccanismo venisse adeguato alle peculiarit� del processo 
amministrativo e all�organizzazione della giustizia amministrativa, evidenziando 
come la disciplina proposta, oltre che costituire un agile strumento 
a tutela dei concorrenti pretermessi dalla gara, avesse anche una funzione latamente 
deflattiva del contenzioso, istituendo una sorta di primo filtro, utile a 
scoraggiare appelli alla giustizia con finalit� meramente dilatoria. Tuttavia, 
come si dir� in sede conclusiva, dell�effettiva idoneit� del rimedio congegnato 
dal Codice a garantire il conseguimento di siffatti obiettivi vՏ da dubitare. 
La disciplina del rimedio dettata dal Codice �, dunque, solo in parte mutuata 
da quella processualcivilistica (148). 
Quanto ai profili comuni al corrispondente rimedio civilistico, si osserva, 
schematicamente, che: 
- la domanda cautelare dev�essere esaminata da un giudice monocratico 
(presidente o suo delegato)(149); 
(147) La disciplina del rito cautelare nel processo civile prevede, infatti, una prima ipotesi - che 
pu� dirsi ordinaria - in cui l�istanza cautelare � decisa dal giudice con ordinanza, in seguito all�instaurazione 
del contraddittorio mediante la convocazione delle parti in un�apposita udienza. La seconda ipotesi 
�, invece, quella della misura cautelare resa prima dell�instaurazione del contraddittorio, nel caso in 
cui la preventiva convocazione della controparte possa �pregiudicare l�attuazione del provvedimento� 
(inaudita altera parte). In tale evenienza, il giudice concede, se del caso, la misura cautelare richiesta 
con decreto motivato, fissando contestualmente, entro un termine non superiore a 15 giorni, l�udienza 
di comparizione delle parti ed assegnando all�istante un termine perentorio (non superiore a 8 giorni) 
per la notificazione della domanda cautelare e del decreto. A tale udienza, il giudice, nel contraddittorio 
tra le parti, provvede con ordinanza confermando, modificando o revocando le misure in precedenza 
adottate. Come si vede, il contraddittorio � soltanto posticipato. Si veda l�art. 669 sexies, commi 1 e 2, 
c.p.c. 
(148) Sul punto, cfr., PAOLANTONIO, Spunti di riflessione sulla tutela cautelare secondo la legge 
di delega per la codificazione del processo amministrativo, cit. 
(149) La relazione di accompagnamento al Codice, elencando le disposizioni mutuate dal processo 
civile, parla espressamente di profili disciplinatori (artt. da 669 bis a 669 quaterdecies c.p.c.) da adattare
DOTTRINA 367 
- l�istanza cautelare ante causam va proposta al giudice competente per 
il merito (art. 669 ter), onde evitare che il richiedente possa scegliersi il giudice 
della cautela; 
- il giudice monocratico provvede o in forma decretale (inaudita altera 
partem) oppure con ordinanza (nel contraddittorio tra le parti), se l�urgenza 
lo permette (art. 669 sexies); 
- il giudice monocratico provvede senza formalit�, potendo comunque 
compiere gli atti di istruzione indispensabili (art. 669 sexies); 
- con il provvedimento cautelare il giudice fissa un termine per la notifica 
alle altre parti del medesimo provvedimento (art. 669 sexies); 
- il provvedimento cautelare � revocabile e modificabile dal giudice che 
lo ha emesso (art. 669 decies). 
La specificit� del processo amministrativo, diversamente da quanto previsto 
per la domanda cautelare ante causam nel processo civile (art. 669 sexies, 
comma 1 e 2), ha consigliato ai codificatori di introdurre un modello di tutela 
cautelare esclusivamente ante causam, ma non anche inaudita altera parte, 
nel senso processual-civilistico del termine, fondato cio� sull�accesso immediato 
al giudice, salva successiva notifica alle altre parti del ricorso introduttivo, 
con il calce il decreto di fissazione dell�udienza o, direttamente, il decreto 
contenente la misura cautelare nei casi di maggiore ed indilazionabile gravit�. 
Il comma 4 dell�art. 245, infatti, richiede espressamente che l�istanza 
debba essere �previamente notificata ai sensi dell�articolo 21, comma 1, della 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034� (ossia tanto all�organo che ha emesso l�atto 
impugnato quanto ai controinteressati ai quali l�atto direttamente si riferisce, 
o almeno ad alcuno tra essi). 
Il concetto di inaudita altera parte, nella tutela cautelare preventiva amministrativa 
(al pari, tuttavia, di quanto gi� accade per le misure provvisorie 
di cui al comma 9 dell�art. 21, l. n. 1034 del 1971, ai sensi del quale, il ricorrente 
pu�, �contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza 
notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo 
regionale, o della sezione cui il ricorso � assegnato, di disporre misure cautelari 
provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza 
di contraddittorio�), non viene inteso, come nel processo civile, quale 
effettiva assenza della controparte alla quale non viene neppure notificato il 
ricorso (art. 669 sexies, comma 2, c.p.c.), bens� quale possibilit� del giudice 
della cautela di provvedere anche senza sentire il contraddittore, a cui, comunque, 
l�istanza (solo questa e non anche, ovviamente, l�intero ricorso) � stata 
previamente notificata (che, quindi, � al corrente, quantomeno in astratto, che 
al processo amministrativo. 
Sui poteri monocratici del giudice di primo grado si veda BURICELLI, Il giudice amministrativo monocratico 
di primo grado: riflessioni su ipotesi di riforma, in www.giustizia-amministrativa.it. 
368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
� stato incardinato un procedimento cautelare che lo riguarda). In tal modo, i 
contraddittori avranno la possibilit�, se lo ritengano e compatibilmente con la 
ristrettezza dei tempi imposta dall�urgenza di provvedere, di contraddire prima 
dell�adozione del provvedimento cautelare. 
La scelta di diversificazione dei riti impone di vagliarne le ragioni sottese.
Un utile spunto lo si trae dalla relazione di accompagnamento al nuovo 
Codice, dalla quale emerge che non si � ritenuto necessario omettere la fase 
della notifica perch� l�adempimento non richiede tempi incompatibili con la 
tutela ante causam. Vi � poi, probabilmente, l�inconscio obiettivo di differenziare 
e valorizzare la posizione dell�Amministrazione, resistente istituzionale 
nel processo amministrativo, rispetto a quella di ogni altro contraddittore privato 
nel processo civile, laddove la tutela ante causa senza contraddittorio immediato 
� prevista (150). 
Tali argomentazioni non convincono una parte della dottrina (151), la 
quale non ha mancato di rimarcare che l�obbligo della previa notifica dell�istanza 
riduce il valore della tutela ante causam, connotata da esigenze di 
�eccezionale gravit� ed urgenza�, che suggerivano l�opzione, anche nel processo 
amministrativo, per il mero deposito dell�istanza cos� da consentire al 
Presidente di provvedere, laddove ne avesse ravvisato la necessit�, anche a 
contraddittorio non instaurato, al pari di quanto previsto nel procedimento cautelare 
ante causam civile. In questo senso si rimarca come l�esigenza di eccezionale 
necessit� ed urgenza non pu� non consistere nella difficolt� di notifica 
dell�istanza ante causam, sicch� averla imposta vanificherebbe le esigenze di 
celerit� ed immediatezza della tutela sottese alla introduzione del rimedio 
(152). 
Questa soluzione, tra l�altro, avrebbe dato un senso all�obbligo, contemplato 
dal comma 6 dell�art. 245 e presente anche nel procedimento civile inaudita 
altera parte, posto in capo al richiedente, di notificare, alle altre parti e in 
termini stringenti, l�eventuale provvedimento di accoglimento (che nel processo 
civile opera solo per il decreto ed ha la funzione di integrare quel contraddittorio 
eliso in prima battuta per conferire reale celerit� ed efficienza al 
procedimento). Per di pi�, si sottolinea che l�imposizione dell�onere della pre- 
(150) In tal senso M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici 
(note a margine degli artt. 244-246 del codice de Lise), cit. 
(151) DE GIOIA, op. cit.; FRENI, op. cit.; PAOLANTONIO, op. cit.; PICOZZA, Il processo amministrativo, 
Milano, 2008. 
(152) PAOLANTONIO, op. cit.; N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 157, 
evidenzia che �la strana prescrizione di un obbligo di previa notifica dell�istanza cautelare non pare in 
linea con quanto ipotizzato nel terzo comma, dato che l�interessato alla misura cautelare ante causam, 
mentre in un certo senso � sollevato dall�onere della previa notifica del ricorso, deve trovare, comunque, 
il tempo per previamente notificare l�istanza cautelare medesima�. 
DOTTRINA 369 
via notificazione dell�istanza finisce per assimilare, dal punto di vista pratico, 
l�istanza di tutela cautelare ante causam al decreto presidenziale di cui all�art. 
21, comma 9, l. TAR, sicch� ci si chiede quale sia, in concreto, la novit� introdotta 
dall�art. 245 del Codice, che continua a prevedere la notifica dell�istanza 
alle parti necessarie. 
In ogni caso, al di l� delle ragioni di fondo e pur consapevoli della pertinenza 
delle suesposte obiezioni, la scelta del legislatore di mantenere fermo 
l�obbligo della notifica dell�istanza all�amministrazione ed al controinteressato 
(153) appare, ad avviso di chi scrive, pienamente coerente con la necessit� di 
garantire, comunque, nel processo amministrativo la regola generale e fondamentale 
del contraddittorio, non potendosi l�amministrazione considerare una 
parte eguale alle altre, che dev�essere posta in grado (se lo riterr�) di rappresentare 
i propri interessi, anche con funzione di ausilio al giudice, chiamato 
ad intervenire in tempi ristrettissimi (154). Non �, del resto, da porre in discussione 
che - come rilevato dalla relazione di accompagnamento al Codice 
- la fase della notifica non richiede tempi incompatibili con la tutela ante causam. 
Infine, a sostegno della correttezza della soluzione scelta dal Codice, non 
va trascurato che, diversamente dal processo amministrativo, l�esigenza di 
fondo che il processo civile (art. 669 sexies, comma 2) intende soddisfare legittimando 
l�adozione del provvedimento inaudita altera parte � quella di garantire 
l�effettivit� della misura cautelare in tutti quei casi in cui l�attuazione 
del contraddittorio, anticipatamente rispetto all�adozione del provvedimento, 
potrebbe mettere la controparte in condizione di compiere atti di disposizione 
(anche materiale) di beni su cui il provvedimento medesimo � destinato ad incidere. 
E� ovvio intendere che una tale esigenza nemmeno teoricamente potrebbe 
prospettarsi nel settore dei pubblici appalti. 
Tenute ferme le ragioni d�ordine sistematico che impongono anche in tale 
fase di garantire il contraddittorio formale, dal punto di vista pratico, sorge il 
problema se, a tal fine, si renda necessario fornire al giudice prova del perfezionamento 
(per entrambe le parti) del procedimento di notificazione ovvero 
sia sufficiente la consegna dell�atto all�ufficiale giudiziario, eventualmente 
anche procedendo alla notificazione ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53, 
che autorizza la notifica a mezzo posta al difensore munito di procura (155). 
(153) E� da ritenere, al riguardo, che valga la regola dell�art. 21, comma 1, legge T.A.R., sicch� � 
sufficiente, ai fini dell�ammissibilit� dell�istanza, la notifica ad almeno uno dei controinteressati, fatto 
salvo il potere del giudice di ordinare l�integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri controinteressati, 
ove tale incombente risulti compatibile con la situazione di urgenza dedotta dal richiedente 
la misura. 
(154) Su questi profili, con riferimento all�analoga misura cautelare presidenziale ex art. 21, 
comma 9, l. TAR si vedano le condivisibili osservazioni di LUMETTI, op. cit. 
(155) L�applicabilit� delle disposizioni di cui alla l. n. 53 del 1994 per le notifiche da eseguire
370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In questo secondo caso � ovvio che il contraddittorio non sarebbe integro 
e la funzione garantista della norma andrebbe sostanzialmente vanificata; sicch� 
appare preferibile il diverso orientamento che impone di provare l�avvenuta 
notifica (156). Tale impostazione trova, del resto, conforto nell�art. 12, l. 
n. 205 del 2000, che faculta il Presidente del T.A.R. a disporre la notifica con 
qualsiasi mezzo idoneo, anche per fax o per via telematica. Inoltre, anche la 
Corte costituzionale (157) ritiene che in ipotesi di contraddittorio non integro 
il giudice ben possa ordinare la notifica con i nuovi e rapidissimi mezzi di comunicazione 
fissando una nuova udienza (peraltro, nel caso della tutela cautelare 
preventiva, neppure necessaria, considerato che la convocazione delle 
parti � solo eventuale) a brevissimo. 
In ragione della delicatezza degli interessi coinvolti e delle questioni giuridiche 
normalmente sottese al contenzioso in materia di appalti pubblici, non 
appaiono convincenti le argomentazioni svolte da quella dottrina (158), che 
auspica che �in sede di adattamento del modello cautelare civile al processo 
amministrativo (degli appalti) non sarebbe stato fuori luogo consentire all�amministrazione 
di farsi rappresentare, nel giudizio ante causam, da un proprio 
dipendente avente la qualifica di dirigente, a simiglianza di questo gi� 
previsto per il rito dell�accesso ai documenti amministrativi�. 
Le ragioni logistiche ed organizzative, relative alla mancata conoscenza 
dei fatti da parte del difensore tecnico, non paiono, comunque, sufficienti a 
far ritenere praticabile una tale soluzione, che condurrebbe ad una possibile 
dissociazione tra la linea difensiva seguita dall�amministrazione (ove rappresentata 
da un proprio dirigente) nella fase cautelare rispetto alle difese della 
successiva fase di merito (in cui � la rappresentanza non potrebbe che essere 
affidata ad un difensore tecnico, di fiducia, quando l�amministrazione resistente 
non fruisca dell�obbligatorio patrocinio della difesa erariale, e appunto 
alle amministrazioni dello Stato presso la sede della competente Avvocatura dello Stato, prima esclusa 
(considerato che l�art. 4, comma 1, l. cit. prevede, ai fini della notifica per cos� dire �personale�, che sia 
l�avvocato notificante sia l�avvocato destinatario della notificazione siano iscritti al medesimo Albo professionale) 
) � stata, ora, espressamente prevista dall�art. 55, l. 18 giugno 2009, n. 69, su cui si v. la Circolare 
dell�Avvocato Generale n. 6/2010, in www.avvocaturastato.it. 
(156) In questo senso, CORAGGIO, op. cit., il quale, a sostegno, rimarca che �nella logica della 
sentenza della Corte costituzionale la tutela del notificante non deve andare a scapito del destinatario, 
nel caso in cui dalla notifica nasca per costui un diritto, un potere o un onere�. L�art. 73, comma 2, ultimo 
periodo, della bozza provvisoria di Codice del processo amministrativo, in ragione dei diversi 
orientamenti da parte dei Presidenti circa l�obbligo della prova della notifica, prevede che �Qualora 
l�esigenza cautelare non consenta l�accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause 
non imputabili al ricorrente, il presidente pu� comunque provvedere�. 
(157) Ord. 10 maggio 2002, n. 179, cit. 
(158) TARULLO, La nuova tutela cautelare, cit. In generale, per la ricostruzione delle diverse tipologie 
di delega delle funzioni difensive dell�Avvocatura dello Stato a dipendenti dell�amministrazione, 
si rinvia a MEZZOTERO - ZUCCARO, La notificazione della sentenza di primo grado all�amministrazione 
costituita personalmente ex art. 417 bis c.p.c.: la Cassazione non persuade (Cass. civ., sez. lav., 22 febbraio 
2008, n. 4690), in Rass. avv. St., 2008, I, 208 ss.
DOTTRINA 371 
ope legis (159) all�Avvocatura dello Stato, ove si tratti amministrazione statale). 
A ci� aggiungasi che, quando l�amministrazione procedente sia un�amministrazione 
statale, la previa notifica dell�istanza va effettuata presso gli 
uffici della competente Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege, sicch� 
quelle esigenze di celerit� tanto valorizzate dalla dottrina qui avversata verrebbero 
ad essere frustate, ove la difesa erariale dovesse trasmettere il ricorso 
all�amministrazione (che in molti casi non ha uffici nella citt� sede del T.A.R.) 
per consentirne la diretta difesa a mezzo di dirigente. 
Alla discrezionalit� del Presidente (o del suo delegato) � rimesso il potere 
di sentire le parti, diversamente da quanto previsto per il procedimento cautelare 
civile, laddove, quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare 
l�attuazione del provvedimento, s�impone al giudice della cautela 
di differire l�integrazione del contraddittorio, esonerando il ricorrente dalla 
notifica del ricorso alla controparte. 
Nel processo amministrativo, dunque, la parte, pur astrattamente edotta 
sia della pendenza del procedimento cautelare ante causam che delle pretese 
dell�istante, laddove non sia possibile sentirla, non pu� che �rimanere alla finestra�, 
in attesa di conoscere l�esito del procedimento (in caso di accoglimento 
dell�istanza, il richiedente ha l�obbligo di notificarglielo entro un 
termine perentorio, fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni); in caso 
di soccombenza, quindi, pu� far valere per la prima volta le proprie ragioni 
avanzando istanza di revoca o di modifica o proponendo reclamo (quest�ultimo, 
secondo la tesi prevalente, da esperire dinanzi allo stesso organo che ha 
emesso il provvedimento, a differenza di quanto accade nel procedimento cautelare 
civile, laddove, con il termine �reclamo�, disciplinato dall�art. 669 terdecies, 
s�indica un procedimento articolato dinanzi ad un organo collegiale di 
cui non pu� far parte il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare oggetto 
di gravame). 
13. Analisi della disciplina codicistica della tutela cautelare ante causam: i 
presupposti dell�istanza 
L�esame della disciplina dettata dal Codice relativamente al nuovo meccanismo 
di tutela preventiva deve muovere dai presupposti per l�adozione della 
misura cautelare ante causam. 
Al riguardo, la formulazione del comma 3 dell�art. 245 induce a ritenere 
che sia richiesto un periculum in mora particolarmente qualificato, richiedendosi 
una situazione di �eccezionale gravit� ed urgenza, tale da non consentire 
neppure la previa notifica del ricorso e la richiesta di misure cautelari provvisorie� 
(misure monocratiche post causam) di cui all�articolo 21, comma 9, 
(159) Art. 1 T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611. 
372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
l. TAR. La norma si riferisce a casi di gravit� ed urgenza che si prospettano 
come eccezionali, ossia a situazioni del tutto straordinarie tali da richiedere 
un provvedimento giurisdizionale assolutamente indilazionabile. E� il caso, 
cio�, di ipotesi connotate da un periculum in mora di particolare intensit� e di 
maggiore ridondanza rispetto al presupposto previsto sia per le misure cautelari 
collegiali di stampo tradizionale (che implicano l�allegazione di un �pregiudizio 
grave e irreparabile�) sia per quelle monocratiche post causam (adottabili 
�in caso di estrema gravit� ed urgenza�). 
Si tratta di una variazione per cos� dire �quantitativa� rispetto alla formula 
impiegata nel comma 9 dell�art. 21, l. n. 1034/1971: infatti, nella disposizione 
del Codice la gravit� ed urgenza � connotata da una particolare intensit�, dovendosi 
trattare di un caso �eccezionale�, mentre ai fini della tutela monocratica 
post causam la gravit� e l�urgenza devono essere soltanto �estreme�(160). 
La distinzione tra le due forme di tutela non �, quindi, di tipo meramente 
cronologico (correlata alla circostanza che la prima � richiesta ante causam, 
mentre la seconda in corso di causa), ma riveste portata sostanziale, essendo 
stata rimarcata nel Codice l�eccezionalit� della situazione che giustifica l�accesso 
al giudice prima della introduzione del giudizio (161). 
Possono, cos�, prefigurarsi distinti presupposti di intensit� progressivamente 
decrescente per richiedere l�intervento cautelare del giudice amministrativo: 
a) una fortissima imminenza del pericolo che porti appunto alla possibilit� 
di esperire la tutela ante causam; 
b) un pericolo assai grave ed urgente, tale da non consentire neppure l�attesa 
della prima camera di consiglio disponibile che conduce alla misura cautelare 
provvisoria; 
c) un periculum in mora �normale� che faccia configurare la tutela cautelare 
in corso di causa erogabile da parte del Collegio. 
Il danno prospettato dall�istante ante causam deve, quindi, connotarsi in 
termini di straordinariet� ed irreparabilit�, tale da imporre un provvedimento 
assolutamente indilazionabile da parte del magistrato, onde evitare che l�esecuzione 
materiale del provvedimento (in ipotesi, il progredire del procedimento 
di gara), possa determinare una situazione di fatto non pi� modificabile, 
(160) Sul particolare rigore nel riscontrare la sussistenza dei presupposti previsti dall�art. 245 del 
Codice e sulla distinzione rispetto alla tutela cautelare presidenziale intra litem, cfr., le osservazioni di 
M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. 
(161) In questo senso, BUONVINO, op. cit.; contra, GAVERINI, op. cit., il quale sostiene che �la 
norma dell�art. 245 comma 3, consente nel suo complesso di ritenere che il rimedio ante causam potr� 
essere concesso non nei medesimi casi in cui sarebbe assentibile la normale cautela presidenziale, ma 
solamente qualora i tempi tecnici per la redazione di un ricorso e la notificazione dello stesso potessero 
compromettere definitivamente il diritto o l�interesse del soggetto richiedente; valutazione che, come � 
ovvio, spetter� al prudente apprezzamento del giudice amministrativo�. 
DOTTRINA 373 
neppure in forza di successive misure cautelari (162). 
Sul punto, tuttavia, � da segnalare che il Consiglio di Stato, nel parere 
reso sullo schema del Codice, aveva raccomandato al Governo di rendere identici 
i presupposti per la proponibilit� dell�istanza di misure cautelari ante causam 
a quelli per la proponibilit� dell�istanza di misure cautelari provvisorie 
(post causam); tanto al fine di evitare difficolt� interpretative e di assimilare, 
sostanzialmente, i due rimedi, quanto ai presupposti per l�accesso alla tutela 
giurisdizionale (163). Non accogliendo tale suggerimento, il Governo ha, di 
contro, dato luogo ad una �graduazione� delle misure provvisorie ed interinali, 
concedendo quella ante causam solamente quando la gravit� e l�urgenza della 
situazione presentino caratteri di straordinariet� tali da non poter attendere 
neppure la previa notifica del ricorso. 
Sul versante del requisito del fumus boni iuris, sebbene il comma 3 dell�art. 
245 non contenga alcun riferimento a tale presupposto, deve concludersi 
che una valutazione di tal genere non possa mai essere omessa dal giudice 
della cautela, sia pure nel quadro della estrema sommariet� che caratterizza il 
procedimento. 
Per quanto sia ovvio che in questa fase l�editio actionis non debba (n� 
possa, data l�estrema urgenza) essere compiutamente dispiegata dall�istante, 
pare evidente, ad ogni modo, che �l�istanza dovr� comunque contenere in 
estrema sintesi i motivi di gravame�(164). La rappresentazione del fumus, ovverosia 
dei profili che costituiranno il successivo ricorso di merito, resta ineludibile. 
Del resto, nelle controversie di cui all�art. 245, comma 1, del Codice, 
nelle quali � esperibile la tutela cautelare ante causam, trova applicazione il 
rito di cui all�art. 23 bis, l. TAR, ai sensi del quale la domanda cautelare deve 
evidenziare l�illegittimit� dell�atto impugnato. 
(162) TARULLO, La nuova tutelare cautelare, cit., cita, in proposito, il caso in cui l�impresa esclusa 
dalla gara (o alla stessa non invitata) debba rivolgersi al giudice nell�imminenza della seduta fissata 
dalla commissione di gara per l�apertura delle buste contenenti le offerte. 
(163) Cons. St., sez. cons. atti normativi, 6 febbraio 2006 n. 355/06, cit.: �Appare evidente, al riguardo, 
che occorre uniformare da un punto di vista lessicale le due previsioni, al fine di evitare difficolt� 
interpretative ed applicative, e pertanto rendere identici i presupposti di fatto per l�esercizio del potere 
cautelare ante causam e in corso di causa. N� la diversa sfumatura delle due aggettivazioni - pur esistente 
- appare giustificata dalla diversit� della tipologia di intervento cautelare�. 
(164) Cos�, condivisibilmente, CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici, 
cit. Dello stesso avviso, GALLO, La tutela cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici, cit.; 
M.A. SANDULLI, Introduzione al tema, in Le nuove frontiere del giudice amministrativo, cit., 8. Particolarmente 
calzanti appaiono le osservazioni svolte sul punto da PAOLANTONIO, op. cit., 337, il quale rileva: 
�che si tratti di tratteggiare, alleggerire o semplificare, credo che l�istanza di cui parla l�art. 245 del 
codice debba senza dubbio contenere l�illustrazione, pi� o meno articolata, di tutti i motivi di legittimit� 
rivolti nei confronti dell�atto o del provvedimento (quando si tratti di azione impugnatoria) nella disponibilit�, 
ossia a conoscenza, dell�istante, nessuno escluso�. Da tale rilievo l�A. trae la conclusione 
che l�istanza ex art. 245 del Codice sia sostanzialmente riproduttiva dell�istanza di misure cautelari provvisorie 
ex art. 21, comma 9, l. n. 1034/1971 e, come tale, insuscettibile di trovare diffusa applicazione 
nel processo amministrativo. 
374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Se la tutela cautelare ante causam � proposta in relazione ad una controversia 
civilistica, i fatti possono essere, di regola, agevolmente comprovati, 
sia pure in via solo indiziaria: la stessa esposizione dei fatti al giudice, l�audizione 
della parte o di un testimone, possono contribuire a rendere chiara ed 
evidente l�esigenza urgente di una cautela ante causam. Diversamente, in una 
controversia impugnatoria sulle procedure di affidamento, vengono in considerazione 
complesse questioni giuridiche, sicch� l�assenza di una rappresentazione 
delle censure rivolte avverso il provvedimento rende difficilmente 
percepibile la sussistenza del fumus boni juris (165). 
Non pu�, quindi, ritenersi ammissibile una istanza di tutela cautelare ante 
causam con cui il richiedente si limiti a formulare la richiesta di misure urgenti, 
allegando semplicemente la sussistenza di esigenze di celerit� funzionali ad 
evitare che la situazione divenga irreversibile (periculum), senza contenere alcuna 
deduzione (sia pur sintetica) a corredo della illegittimit� del provvedimento 
dell�amministrazione procedente. 
Una domanda cautelare disgiunta dall�allegazione e sintetica illustrazione 
dei profili di illegittimit� del provvedimento (poich� di questo si tratta in una 
procedura di evidenza pubblica) non potr� consentire al giudice di apprezzare 
la meritevolezza della pretesa. Tale conclusione � imposta dal principio della 
domanda di parte che permea il processo amministrativo (in tutte le sue fasi), 
non potendo il giudice integrare d�ufficio il thema decidendum, rimesso all�esclusivo 
dominio della parte istante (166). I fondamentali principi del nostro 
ordinamento processuale amministrativo impediscono di ritenere ammissibile 
la proponibilit� di un�istanza cautelare �al buio� o meramente �esplorativa� 
(motivata in forza del solo periculum). Tanto nel processo civile che nel processo 
amministrativo incombe sulla parte l�onere di allegare i fatti giuridici 
sui quali poggia la propria pretesa. Il principio dispositivo costituisce, al contempo, 
garanzia per l�amministrato - perch� lo ammette alla tutela giurisdizionale 
sol che prospetti una lesione alla propria posizione giuridica, a 
prescindere da ogni accertamento previo - ma anche un limite - perch� per 
avere accesso alla giustizia occorre muovere censure giuridiche all�altrui condotta: 
del debitore convenuto che non paga come dell�amministrazione che illegittimamente 
esclude un�impresa dalla gara. In altri termini, non � sufficiente 
subire un pregiudizio per chiedere giustizia: per ottenerla, occorre che il giudice 
accerti la fondatezza della pretesa, prospettando l�ingiustizia dell�altrui 
condotta. �Pi� in generale, a fronte dell�amministrazione pubblica pare poco 
razionale, anzi inaccettabile, che si possa avere una mera tutela cautelare 
scissa dalla completa espressione dei motivi di asserta illegittimit� dell�ope- 
(165) In questi termini, condivisibilmente, DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia 
amministrativa (a cura di Caringella, De Nictolis, Giovagnoli, Poli), tomo II, Roma, 2008, 129 ss. 
(166) L�assunto � ben sviluppato da ROTIGLIANO, op. cit. 
DOTTRINA 375 
rato amministrativo: come � tradizione del processo amministrativo e dello 
stesso diritto comunitario�(167). 
Del resto, la sintetica rappresentazione dei profili di illegittimit� del provvedimento, 
al di l� delle ragioni di principio che la impongono, appare funzionale 
all�attuazione di un pi� compiuto contraddittorio tra le parti, al quale 
il legislatore non ha inteso rinunciare neppure in questa fase, prescrivendo 
l�obbligo della previa notifica dell�istanza di tutela cautelare ante causam. 
Da ultimo, a sostegno della tesi esposta, soccorre il rilievo che la misura 
cautelare ante causam accordata ai sensi dell�art. 245 del Codice � accessoria 
e strumentale rispetto alla successiva tutela impugnatoria, che deve essere tempestivamente 
richiesta (168). Tanto, diversamente dalla scelta compiuta dal 
legislatore del 2005, che, come detto, nel riformare la tutela cautelare nel processo 
civile, ha previsto l�eventualit� che la misura cautelare mantenga la propria 
efficacia (sebbene non quella propria del giudicato) anche qualora il 
giudizio di merito non venga introdotto. Tuttavia, � da ritenere che il venir 
meno dell�obbligo di incardinare il giudizio di merito nei casi espressamente 
previsti dalla legge di riforma (n. 80 del 2005) non esoneri, neppure nel processo 
civile, l�istante dall�obbligo di indicare l�azione di merito (169): tale 
conclusione, oltrech� imposta dall�impianto complessivo della riforma del 
procedimento cautelare, trova il conforto di un recente indirizzo giurisprudenziale, 
formatosi in tema di processo societario, secondo cui anche per i provvedimenti 
anticipatori (oltrech�, ovviamente, per quelli conservativi), nei quali 
l�interesse delle parti pu� esaurirsi nell�ottenimento della cautela senza neces- 
(167) CHITI, op. cit., 65. 
(168) Di diverso avviso � TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit., il quale evidenzia 
che la misura cautelare anticipata si pone in rapporto di strumentalit� non con il giudizio di merito, ma 
con il giudizio cautelare ordinario. Secondo l�A., nella lettera della norma � costante il riferimento al ricorso 
cautelare ex art. 21 legge TAR, con il che si giustificano tutte le interpretazioni volte a qualificare 
la misura cautelare in parola alla stregua di un rimedio �precautelare�. Ci� non tanto perch� accordato 
in precedenza di una misura cautelare ordinaria, ma soprattutto perch� adottato in funzione di una sua 
futura cristallizzazione nella emananda tutela cautelare ordinaria. In proposito, secondo l�A., un ruolo 
decisivo gioca l�espressione �misure indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del 
ricorso di merito e della domanda cautelare di cui ai commi 8 e 9 del citato articolo 21�. L�uso della 
congiuntiva, conclude l�A., lascia intendere la necessariet� della proposizione della domanda cautelare 
ordinaria, che � tra l�altro confermata dal successivo comma sesto, ove si stabilisce che la misura cautelare 
perde efficacia con il decorso di 60 giorni o comunque con la pronuncia cautelare ai sensi dell�art. 
21. 
(169) Sull�attenuazione del nesso di strumentalit� necessaria tra fase cautelare e merito nel processo 
civile, a seguito della riforma di cui alla legge n. 80 del 2005, si veda CAPPONI, La nuova disciplina 
dei procedimenti cautelari in generale (l. n. 80 del 2005), in Foro it., 2007, V, 69 ss.; DALMOTTO, Il rito 
cautelare competitivo, in www.judicium.it; DE GIOIA, Quel nesso tra fase cautelare e merito. Si rallenta 
la strumentalit� necessaria. Il nuovo art. 669-octies c.p.c.: il modello � il r�f�r� francese, in D&G - Dir. 
e giust., 2006, n. 32, 37 e ss.; PACILLI, Il vincolo di strumentalit� a doppio binario tra tutela anticipatoria 
e tutela di merito nella novellazione del 2005, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 1365 ss.; SALETTI, Il 
nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, appendice di aggiornamento a Il nuovo processo 
cautelare (a cura di Tarzia), Padova, 2006. 
376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sit� di iniziare la causa di merito ex art. 669 octies c.p.c., permane la necessit� 
di allegare fin dalla proposizione del ricorso introduttivo cautelare la domanda 
invocabile nel merito (170). 
L�azione cautelare, anche nel processo civile, non � esperibile in s� e per 
s�, indipendentemente da ogni collegamento, sia pure eventuale, con un�azione 
di merito, essendo, appunto, coessenziale all�istanza cautelare l�enunciazione 
nel ricorso del tipo di tutela da invocare in via ordinaria, alla cui salvaguardia, 
in via sommaria ed urgente, si ricorre. TantՏ vero che, in via generale, la tutela 
ante causam dev�essere richiesta al giudice competente a conoscere del merito 
(art. 669 ter c.p.c.), mentre quella in corso di causa va rivolta al giudice della 
stessa (art. 669 quater c.p.c.); regole, queste ultime, lasciate immutate dalla 
legge n. 80 del 2005, che ha attenuato quel nesso di assoluta e rigida strumentalit� 
tra giudizio cautelare e giudizio di merito. Inoltre, l�allegazione della 
domanda di merito � funzionale alla verifica del fumus boni juris, che va parametrato 
alla situazione giuridica soggettiva che il ricorrente si attribuisce ed 
alle modalit�, tra le diverse ipotizzabili, nelle quali vuole tutelarla (171), nonch�, 
ancora, alla tutela del diritto di difesa della parte intimata. 
E� ovvio intendere che tali considerazioni, valide per il giudizio cautelare 
civile riformato a c.d. �strumentalit� attenuata�, debbano a fortiori estendersi 
alla tutela cautelare ante causam ex art. 245 del Codice, caratterizzata, per 
espressa volont� del legislatore, da un vincolo di accessoriet� e strumentalit� 
rispetto alla successiva tutela impugnatoria. 
Del pari, pur avendo il legislatore disegnato un procedimento cautelare 
fortemente anomalo, non pare eludibile l�obbligo per il giudice di operare un 
raffronto degli interessi in gioco, potendo la misura accordarsi solo quando 
gli effetti pregiudizievoli derivanti dal provvedimento impugnato in capo al 
richiedente si profilino pi� gravi del danno che l�eventuale accoglimento dell�istanza 
cautelare potrebbe arrecare all�interesse pubblico del quale � titolare 
l�amministrazione ovvero, come nel caso dell�art. 246, comma 3, al �preminente 
interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell�opera�. 
Da tale rilievo consegue che, pur non rinvenendosi alcuna prescrizione 
(170) Trib. Latina, ord. 1 ottobre 2004, n. 7503/2004, in www.judicium.it., che ha dichiarato inammissibile 
un ricorso cautelare atipico ex art. 700 c.p.c., per non avere il ricorrente indicato in maniera 
chiara e univoca il petitum e la causa petendi dell�azione che intendeva far valere in sede di cognizione 
ordinaria; nello stesso senso, Trib. Foggia, 5 febbraio 2004, in Giur. merito, 2004, 914, che ritiene necessaria 
l�indicazione nel ricorso cautelare dell�azione sostanziale che s�intende tutelare, la quale deve 
comunque potersi desumere da elementi plurimi ed inequivoci, che siano agevolmente ricavabili dal 
testo del ricorso. Sostiene questa tesi, con riferimento alla tutela cautelare ante causam introdotta dal 
Codice, F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit., che richiama a sostegno 
della necessaria indicazione dell�azione di merito il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. 
(171) In tal senso, in dottrina, MARINELLI, Note in tema di tutela cautelare nel nuovo rito societario, 
in Corr. giur., 2004, 2148. 
DOTTRINA 377 
al riguardo nell�art. 245, il provvedimento (decreto o ordinanza che sia), di rigetto 
o di accoglimento della domanda, deve contenere �un minimo di motivazione�(
172) (da ritenersi, ovviamente, un quid minus rispetto alla succinta 
motivazione di cui all�art. 26 l. TAR) sul fumus e sul periculum qualificato, oltrech� 
sull�incidenza del tempo in relazione alla situazione dedotta dal ricorrente, 
mediante l�indicazione delle ragioni che hanno determinato il giudice 
ad accordare la misura cautelare ante causam, in ossequio al principio precettivo 
di cui all�art. 111 Cost. e in vista della conformazione della successiva 
azione amministrativa. 
Con particolare riferimento al provvedimento di rigetto, la motivazione 
risulta oltre modo necessaria, considerato che la reiezione della domanda ne 
impedisce la rinnovazione (fatta salva la successiva proposizione di un autonomo 
ricorso), definendo, quindi, l�assetto di interessi sotteso alla proposizione 
della domanda cautelare. Dalla motivazione addotta nel decreto, l�istante 
� posto in grado di conoscere le ragioni del rigetto, potendo la motivazione 
resa soddisfare l�interessato e indurlo a recedere dall�intento di proporre ricorso; 
ovvero chiarire all�amministrazione se, indipendentemente dall�intervenuto 
rigetto (che pu� correlarsi anche al difetto dei prescritti, eccezionali 
motivi d�urgenza), non sussistano, comunque, aspetti critici della vicenda tali 
da poterla indurre a recedere dalle scelte amministrative oggetto di contestazione 
(173). 
Riguardo all�eventuale attuazione del contraddittorio (sostanziale) a seguito 
della proposizione dell�istanza cautelare ante causam, la formulazione 
dell�art. 245, comma 4, si differenzia da quella dell�art. 21, comma 9, l. TAR, 
l� dove si consente al presidente di provvedere �con decreto motivato, anche 
in assenza di contraddittorio�. 
Essendosi in presenza di un�urgenza qualificata, tale da rendere il provvedimento 
assolutamente indifferibile, la garanzia del contraddittorio appare 
recessiva rispetto alla piena attuazione del principio di tempestivit� (rectius: 
immediatezza) della tutela. Tuttavia, la convocazione delle parti da parte del 
Presidente non � dalla norma completamente esclusa, per come emerge dall�inciso 
�sentite le parti, ove possibile�, potendo risultare utile allo stesso giudice 
sollecitare il contraddittorio tra le parti per acquisire ulteriori elementi di 
valutazione. Il contraddittorio con le parti cui l�istanza � stata notificata (ovvero 
con le altre nei cui confronti il giudice ritenga debba essere esteso) � rimesso 
dalla norma alla discrezionalit� del giudice, fermo restando che, pur 
(172) Usa questa espressione, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit.; la necessit� 
della motivazione del provvedimento ante causam, �soprattutto sulla effettiva improcrastinabilit� e 
sulla non manifesta inammissibilit� ed infondatezza�, � rimarcata da M.A. SANDULLI, La tutela cautelare 
nel processo amministrativo, cit. 
(173) In tal senso, condivisilmente, BUONVINO, op. cit.
378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
in mancanza di convocazione, l�amministrazione ed i controinteressati potranno 
depositare in Segreteria memorie e documenti, per contrastare le ragioni 
di eccezionale gravit� ed urgenza allegate dall�istante a sostegno della domanda 
cautelare ante causam (174). A tale conclusione, peraltro, conduce il 
rilievo che ben potrebbe il giudice, pur ritenendo non possibile l�audizione 
delle parti, disporre l�acquisizione di atti e documenti, secondo un principio 
di informalit� dell�istruttoria che regge in generale ogni procedimento cautelare; 
sicch�, non si vede perch� non dovrebbe essere consentito alle stesse controparti, 
in mancanza di audizione, di produrre documenti e memorie 
(semprech� l�estrema ristrettezza dei tempi lo consenta) (175). 
L�art. 245, comma 3, del Codice non indica i possibili contenuti della misura 
cautelare ante causam, lasciando intendere che essa partecipi del carattere 
di atipicit� che ormai connota il regime ordinario della cautela post causam. 
La prefigurazione di un ventaglio aperto di provvedimenti cautelari plasmabili 
in base alla specifica richiesta del ricorrente ed al calibro dei contrapposti interessi 
presenti nella vicenda amministrativa, se appare consonante con il principio 
di effettivit� ed adeguatezza della tutela giurisdizionale (176), per altro 
verso d� corpo all�idea che nel giudizio cautelare ante causam trovino esplicazione 
i poteri propri della giurisdizione di merito. Le misure pronunciabili 
sono qualificate dall�art. 245, comma 3, d.lgs. 163/2006, come interinali e 
provvisorie. Tale aggettivazione non pu� non avere riflessi sulla struttura del 
provvedimento cautelare, il quale non solo non dovr� pregiudicare il futuro 
esito della causa ma, neppure, il futuro esito di una successiva misura cautelare 
post causam, quale che ne sia il contenuto. Al riguardo si � prospettato che 
l�unica tipologia di misura compatibile con le esigenze di massima interinalit� 
sottese all�istituto sia quella della sospensione della procedura. Un siffatto rimedio 
consente di apprestare una forma di tutela adeguata in attesa della successiva 
valutazione cautelare post causam; evitando che la procedura avanzi, 
si congela lo status quo in attesa che un vaglio pi� ponderato possa compiersi 
una volta instaurato il giudizio di merito (177). 
(174) In questo conclude N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, Milano, 2008, 152, con 
riferimento alle misure cautelari presidenziali provvisorie di cui all�art. 21, comma 8, legge TAR, riferendo 
l�ipotesi al caso in cui il Presidente non sia rapidissimo a pronunciarsi. Sembra, tuttavia, che la 
facolt� del deposito di memorie e documenti da parte dell�amministrazione e dei controinteressati, con 
riferimento alla tutela cautelare ante causam disciplinata dall�art. 245 del Codice, debba ammettersi in 
ogni caso, a prescindere dalla eventuale lentezza del giudice nel provvedere sull�istanza e pure quando 
non abbia ritenuto di convocare le parti per sentirle. 
(175) A tale conclusione pare aderire, implicitamente, DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia 
di appalti pubblici, cit., 515-516; l�equipollenza tra audizione della parti e deposito delle memorie 
� sostenuta da ROTIGLIANO, op. cit. 
(176) TARULLO, Il giusto processo amministrativo. Studio sull�effettivit� della tutela giurisdizionale 
nella prospettiva comunitaria, Milano, 2004, 575 ss. 
(177) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit.
DOTTRINA 379 
Unitamente alla sospensione della procedura, il giudice amministrativo 
ben pu� dettare all�amministrazione ulteriori regole di condotta che, senza incidere 
direttamente sugli interessi in gioco, siano volte a cautelare la posizione 
delle imprese concorrenti, quali, ad esempio, obblighi di comunicazione ed 
informazione ai partecipanti o all�Autorit� di vigilanza, ordini di restituzione 
di cauzioni incamerate, richieste di pareri tecnici o accertamenti il cui esito 
sar� poi lo stesso giudice a valutare, nel momento in cui sar� richiesto di adottare 
una misura cautelare intra litem. Il limite �, per�, sempre rappresentato 
dal carattere interinale di ogni precetto, la cui attuazione non deve alterare gli 
interessi in controversia, quali si presentano al momento dell�accesso al giudice 
della cautela. 
14. La rilevabilit� d�ufficio dell�incompetenza territoriale: dalla migrazione 
cautelare alla tutela cautelare errante? 
Con disposizione eversiva rispetto al noto principio generale di derogabilit� 
della competenza territoriale nel processo amministrativo, il comma 4 
dell�art. 245 del Codice prevede la rilevabilit� d�ufficio delle questioni di competenza. 
Il Codice pone, dunque, la regola della inderogabilit� della competenza 
per la fase cautelare ante causam del giudice competente per il merito, per 
porre freno al dilagante fenomeno del forum shopping o migrazione cautelare 
tipico del processo amministrativo, ossia la scelta del giudice della cautela in 
ragione dei diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sulla questione oggetto 
di lite, che costituisce una forma di abuso del processo indubbiamente 
odiosa a latere partis (178). 
(178) Sulla questione, si veda Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., ord. 28 luglio 2004, n. 661 (in Foro 
it., 2005, III, 138; Foro amm. CdS, 2004, 2303, con nota di CORSARO, Processo amministrativo: rapporti 
tra regolamento di competenza e tutela cautelare; www.giustamm.it, con nota di RAIMONDI, Un freno 
al turismo cautelare), che, in una controversia soggetta al rito di cui all�art. 23 bis, l. TAR, ha affermato 
che, ove sia stata proposta istanza di regolamento di competenza prima dell�esame della domanda cautelare, 
il giudice amministrativo deve necessariamente procedere alla sua preventiva delibazione e, nel 
caso in cui non rilevi la sua manifesta infondatezza, deve astenersi, almeno nei casi in cui risulti applicabile 
l�art. 23 bis, l. TAR, dal provvedere sulla domanda cautelare, che dovr� essere decisa dal giudice 
ritenuto competente dal Consiglio di Stato. Contra, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, ord. 24 settembre 
2004, n. 1475, in www.lexitalia.it., n. 10/2004, con nota di GIURDANNELLA e MATTIA, Pu� decidere sul 
cautelare anche il Tribunale la cui competenza territoriale sia stata contestata. Con tale decisione, il 
Tribunale siciliano, pur ammettendo che l�indirizzo patrocinato dal C.G.A. �appare ispirato al pregevole 
e condiviso intento di evitare fluttuanti trattazioni dei ricorsi da parte di Tribunali territorialmente diversi 
e di stigmatizzare gli ormai diffusi fenomeni di c.d. migrazione cautelare�, lo ha comunque ritenuto 
in contrasto con l�art. 30, l. TAR, da cui � desumibile �un principio generale che il legislatore ha voluto 
solo precisare (nella norma in esame) con riferimento ad una ipotesi che avrebbe potuto suscitare dubbi; 
sicch�, non si pu� dubitare della persistenza del potere cautelare nelle ipotesi (non espressamente disciplinate 
dal legislatore) in cui si discuta solo del difetto di competenza territoriale�, anche in ragione 
della circostanza che la contraria soluzione avrebbe �come effetto primario quello di creare inammissibili
380 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
Secondo l�orientamento tradizionale, l�eventuale difetto di competenza 
territoriale non impedisce al giudice adito di esaminare la domanda cautelare 
pur in presenza di un regolamento di competenza, potendo il giudice, in forza 
dell�art. 48, comma 2, c.p.c., ritenuto applicabile al processo amministrativo, 
compiere gli atti che ritiene urgenti (ivi compresa l�adozione delle misure cautelari, 
ove richieste) (179). 
La disposizione di cui al comma 4 dell�art. 245, proprio al fine di evitare 
quel fenomeno descritto in termini di �migrazione cautelare�(180), collocandosi 
nel solco di quella tendenza legislativa sempre pi� incline a riconoscere 
nuove ipotesi di competenza territoriale-funzionale ed inderogabile (ad esempio, 
in materia di giustizia sportiva o di provvedimenti emessi da commissari 
delegati ex lege n. 225/1992)(181), ha attribuito al giudice il potere di rilevare 
d�ufficio la questione di competenza, nell�apprezzabile scopo di eludere l�intento 
dell�istante di aggirare le norme sulla competenza territoriale dei giudici 
amministrativi di primo grado. Come evidenziato in dottrina, �la norma dimostra 
l�attenzione del legislatore per il rispetto del principio del giudice naturale 
precostituito per legge, ossia legato, secondo modalit� oggettive e 
normativamente tipizzate e non gi� per la mera opzione di una parte, alla conlacune 
nella continuit� della tutela giurisdizionale di natura cautelare, la cui tempestiva erogazione � 
stata invece ritenuta necessaria della Corte costituzionale (ord. n. 241/2000)�. Sui rapporti tra il regolamento 
di competenza e la tutela cautelare in chiave critica rispetto all�orientamento tradizionale, si 
veda BERTUZZI, Eccezione di incompetenza e tutela cautelare nel processo amministrativo, in www.lexfor.
it; per una compiuta ricostruzione dei diversi orientamenti giurisprudenziali in materia, si veda CORSARO, 
Processo amministrativo: rapporti tra regolamento di competenza e tutela cautelare, in Foro 
amm. CdS, 2004, 2302 ss.; PIZZA, Regolamento di competenza e tutela cautelare nel processo amministrativo, 
in Dir. proc. amm., 2008, 3, 875 ss.; RUSCICA, op. cit., 83 ss., ove ulteriori riferimenti. 
(179) Cons. Stato, ad. plen., 20 gennaio 1997, n. 2, in Dir. proc. amm., 1998, 169. Allo stato 
attuale, la giurisprudenza � ferma nel ritenere che la proposizione del regolamento di competenza non 
preclude l�esame dell�istanza cautelare, riferendosi la preclusione prevista dall�art. 31, comma 2, l. n. 
1034/1971 al passaggio in decisione del merito della controversia e non gi� della semplice istanza cautelare, 
venendo in rilievo in tal caso una semplice facolt� e non un obbligo: Cons. St., sez. V, 17 novembre 
2006, n. 6065, in Foro amm. CdS, 2006, 11, 3165; id., sez. VI, 22 novembre 2005, n. 6522, in Dir. proc. 
amm., 2008, 3, 874-875. 
(180) L�espressione � di F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit. Il 
fenomeno �, altres�, indicato anche in termini di �turismo cautelare� o �forum shopping�: si veda, RUSCICA, 
op. cit., 83. 
(181) Quanto alla giustizia sportiva, si veda l�art. 3, comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (come 
modificato in sede di conversione dalla relativa l. 17 ottobre 2003, n. 280): �La competenza di primo 
grado spetta in via esclusiva, anche per l�emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo 
regionale del Lazio con sede in Roma. Le questioni di competenza di cui al presente comma sono rilevabili 
d�ufficio�; quanto ai provvedimenti commissariali, si veda l�art. 3, comma 2 bis, d.l. 30 novembre 
2005, n. 245, convertito in l. 27 gennaio 2006, n. 21, il quale dispone che �in tutte le situazioni di emergenza 
dichiarate ai sensi dell�art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, la competenza di primo grado 
a conoscere della legittimit� delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti amministrativi 
spetta in via esclusiva, anche per l�emanazione delle misure cautelari, al T.A.R. del Lazio - sede di 
Roma�; ai sensi del successivo comma 2 ter dell�art. 3 cit. �le questioni di cui al comma 2 bis sono rilevate 
di ufficio�.
DOTTRINA 381 
troversia che � chiamato a decidere (anche alla luce dell'essenzialit� della tutela 
cautelare in un sistema processuale che aspiri ad essere realmente efficace)�(
182). 
Tale previsione crea, tuttavia, una pluralit� di problemi interpretativi. 
Il legislatore ha inteso sovvertire le ordinarie regole processuali disponendo 
la rilevabilit� d�ufficio di una questione solo in una limitata fase processuale, 
che si pone tra l�atro in limine litis e ante judicium, lasciando fuori 
dall�ambito di operativit� del rilievo ufficioso tutto l�ulteriore svolgimento 
dell�iter processuale, con l�aggravante di non aver coordinato la vecchia con 
la nuova normativa. 
Procediamo con ordine. 
E� possibile che, in ordine ad un�istanza cautelare rivolta al presidente di 
un T.A.R. territorialmente incompetente, il giudice rilevi d�ufficio la propria 
incompetenza, conformemente al disposto di cui all�art. 245, comma 4, del 
Codice, ovvero, al contrario, non formuli tale rilievo. 
Nella prima ipotesi, � chiaro che il giudice non potr� pronunciarsi nel merito; 
ma - dopo aver dichiarato la propria incompetenza (183) - dovr� fermarsi, 
lasciando all�istante ogni ulteriore iniziativa, o dovr� ordinare la trasmissione 
del fascicolo al T.A.R. che ritenga competente? 
Per risolvere la questione potrebbe forse trarsi spunto dall�art. 31, comma 
5, l. TAR, il quale prevede, nel caso di rilievo del vizio di incompetenza (ovviamente, 
formulato con l�apposito strumento del regolamento di competenza 
nell�ipotesi di competenza territoriale derogabile, secondo la regola generale 
fissata dal comma 1 dell�art. 31, l. TAR, derogata dal Codice nel procedimento 
cautelare ante causam), che il giudice adito disponga la trasmissione degli atti 
al Consiglio di Stato affinch� decida sulla competenza. 
In ogni caso, il giudice incompetente (per il merito) non pu� accordare la 
misura cautelare, qualora ritenga sussistente il presupposto dell�eccezionale 
gravit� ed urgenza. Tale soluzione risulta aderente allo spirito della norma, 
che ipotizza un rapporto di pregiudizialit� tra competenza per il merito (intesa 
come potere di provvedere sulla domanda) e competenza cautelare (intesa 
come potere di emettere la misura cautelare), sicch� il giudice in tanto pu� 
emettere un provvedimento cautelare in quanto si riconosca come giudice 
competente a decidere il merito della controversia. L�opposta soluzione, per 
cos� dire sostanzialistica, vanificherebbe di fatto l�intento sotteso all�introduzione 
del meccanismo della rilevabilit� d�ufficio della incompetenza e con- 
(182) M.A. SANDULLI, Diritto europeo e diritto amministrativo, cit.; sottolinea l�opportunit� di 
una estensione del principio di rilevabilit� d�ufficio della incompetenza territoriale oltre i confini delle 
�pi� opulente controversie in materia di appalti pubblici, PAOLANTONIO, Spunti di riflessione sulla tutela 
cautelare secondo la legge di delega�, cit. 
(183) All�esito di un�apposita camera di consiglio, da fissarsi ai sensi dell�art. 31, comma 5, l. 
TAR, analogicamente applicabile. 
382 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sentirebbe, ancora una volta, al ricorrente di scegliersi il giudice della cautela. 
Dovendosi ritenere che il meccanismo del rilievo ufficioso dell�incompetenza 
sia tale da comportare una definizione in rito del giudizio, con una 
pronuncia d�incompetenza, sembra allora che la via da percorrere sia quella 
che conduce alla trasmissione del fascicolo al T.A.R. individuato come competente 
nel provvedimento declinatorio della competenza emesso dal giudice 
adito. 
Tuttavia, tale soluzione non risolve tutti i problemi. 
Il T.A.R. ad quem potr� dichiararsi, a sua volta, incompetente o sar� tenuto 
ad adottare il provvedimento cautelare pur ritenendosi incompetente? 
La prima via sembra la meno praticabile, perch� altrimenti si correrebbe 
il rischio di non avere pi� ricorsi cautelari migranti, ma ricorrenti erranti (da 
un T.A.R. all�altro). Esigenze di celerit�, ispirate al principio dell�effettivit� 
della tutela giurisdizionale e della ragionevole durata dei giudizi, sembrano 
far propendere per la seconda soluzione, dovendosi ritenere preferibile che il 
T.A.R. ad quem accondiscenda alla decisione del primo giudice e si pronunci 
sulla cautela. 
Resta, comunque, il dubbio, da alcuni prospettato, della �forte asistematicit��(
184) di tale soluzione, considerato che la diretta trasmissione del fascicolo 
al T.A.R. ritenuto competente dal primo giudice � consentita solo nel 
caso dell�accordo traslativo, ossia unicamente quando le parti convengano 
sull�individuazione del giudice competente, per come disposto dall�art. 31, 
comma 4, l. TAR Tuttavia, tale dubbio potrebbe essere superato, escludendo 
che tale ultima norma trovi applicazione nei procedimenti cautelari ante causam, 
nei quali l�accordo traslativo tra le parti � sostanzialmente reso superfluo 
dalla rilevabilit� d�ufficio della questione di competenza; sicch�, ben potrebbe 
il giudice, che si ritenga incompetente, rilevarlo, trasmettendo (non importa 
se in forma decretale o con ordinanza) il fascicolo al giudice ritenuto competente, 
senza che a tal fine occorra un previo accordo tra le parti (peraltro, in 
pratica, difficilmente ipotizzabile ove le parti destinatarie della notifica dell�istanza, 
per l�estrema ristrettezza dei tempi, siano rimaste totalmente inerti). 
La soluzione proposta pare, del resto, in linea con il principio - affermato 
in dottrina (185) - secondo cui l�istituto della remissione del ricorso ad altro 
tribunale su accordo delle parti costituisce una specie di appendice della regola 
generale della derogabilit� della competenza territoriale, che evita le lungaggini 
dell�esperimento del regolamento di competenza. Ne consegue che, ove 
- come nel procedimento cautelare ante causam - il giudice possa rilevare ex 
(184) L�espressione � di TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
(185) CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 2003, 457; GIOVAGNOLI, 
Il processo di primo grado, in Trattato di giustizia amministrativa, diretto da Caringella - Garofoli, Milano, 
2006, 179. 
DOTTRINA 383 
officio la questione di competenza, senza che occorra la proposizione del regolamento 
di competenza per contestare la competenza del giudice adito, il 
meccanismo dell�accordo traslativo di cui all�art. 31, comma 4, l. TAR non rileva 
per lo spostamento della competenza. In definitiva, la rilevabilit� d�ufficio 
della questione di competenza elimina la necessit� della proposizione del regolamento 
di competenza, rendendo non indispensabili i rimedi congegnati 
dalla legge (l�accordo traslativo, appunto) allo scopo di rendere superflua la 
pronuncia del Consiglio di Stato sulla questione di competenza. Tra l�altro, il 
regolamento di competenza appare ictu oculi inconciliabile con la natura di 
rimedio preventivo, ossia ante causam, della tutela apprestata dall�art. 245 del 
Codice, come del resto sostiene proprio la dottrina qui avversata (186). 
Ove si tenga ferma tale soluzione, resta il problema delle forme e dei termini 
per la riassunzione del giudizio innanzi al T.A.R. ritenuto competente 
dal primo giudice, non potendo trovare applicazione la disposizione, dettata 
dall�ultimo comma dell�art. 31, l. TAR, specificamente riferita alla prosecuzione 
del giudizio in caso di accoglimento dell�istanza di regolamento di competenza. 
In proposito, pur considerando il carattere d�urgenza che riveste il procedimento, 
non � consentito ipotizzare che, all�esito della declinatoria della competenza 
da parte del primo giudice, il giudizio prosegua innanzi al T.A.R. ad 
quem senza necessit� di ulteriori atti d�impulso da parte dell�istante, potendo, 
comunque, risultare sufficiente una semplice istanza al presidente. Quanto al 
termine per la prosecuzione del giudizio, in mancanza di alcuna indicazione 
normativa che a ci� osti, non � da escludere che a fissarlo possa essere lo stesso 
provvedimento declinatorio della competenza emesso dal primo giudice cautelare. 
Un�ulteriore questione posta dall�art. 245 in tema di competenza, che la 
giurisprudenza sar� chiamata a risolvere, attiene all�ambito processuale della 
rilevabilit� d�ufficio del comma 4. In altri termini, l�inderogabilit� della competenza 
riguarda unicamente la fase della cautela ante causam ovvero, in forza 
del principio di simmetria/corrispondenza tra il giudice della cautela preventiva 
e quello competente per il merito, fissato dal comma 4, prima parte, dell�art. 
245, si estende a tutte le fasi del giudizio? 
La questione si pone, in particolare, nel caso in cui il ricorrente, non vincolato 
dalla pronuncia di incompetenza pronunciata d�ufficio dal giudice della 
cautela ante causam, introduca una domanda cautelare ordinaria innanzi allo 
stesso T.AR. dichiaratosi in precedenza incompetente. 
Ove si ipotizzasse l�ultrattivit� del principio della rilevabilit� d�ufficio 
della incompetenza, nulla quaestio. 
(186) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
384 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
In caso contrario, ossia ritenendo che si riespanda la regola generale della 
non rilevabilit� d�ufficio dell�incompetenza territoriale (art. 31, comma 1, l. 
TAR), in difetto di regolamento di competenza territoriale da parte dell�amministrazione 
o dei controinteressati, non rester� al T.A.R. adito che pronunciarsi 
nel merito del ricorso, pur essendosi in precedenza dichiarato incompetente. 
Pu�, inoltre, accadere che il ricorrente, dopo essere stato costretto a rivolgersi 
ad altro T.A.R. a seguito della declinatoria d�incompetenza pronunciata 
dal giudice della cautela preventiva inizialmente adito, decida, 
comunque, di introdurre il giudizio di merito dinanzi al giudice dichiaratosi 
incompetente, il quale - a questo punto -, similmente all�ipotesi precedente, 
in mancanza di proposizione di regolamento di competenza, non avrebbe strumenti 
per richiamare la propria precedente decisione, che finirebbe per essere 
tamquam non esset. 
Venendo alla seconda ipotesi in partenza ipotizzata, ossia quella in cui il 
giudice della tutela cautelare preventiva non rilevi la propria incompetenza 
territoriale, se si accoglie la tesi restrittiva, che limita l�ambito della rilevabilit� 
d�ufficio alla sola fase della tutela cautelare ante causam, dovr� concludersi 
che il T.A.R. abbia perso definitivamente la possibilit� di esprimere il proprio 
avviso in ordine alla questione, essendogli impedito nelle fasi successive di 
sollevare d�ufficio l�incompetenza territoriale, dovendosi lasciare spazio 
(anche su tale questione) al principio dispositivo (187). 
Se si aderisce alla tesi della ultrattivit� del potere di rilievo d�ufficio, ben 
potr� il T.A.R., nelle successive fasi (cautelare ordinaria o di merito), rilevare 
la propria incompetenza con quel che ne consegue in termini di translatio judicii. 
15. Il regime delle impugnazioni. L�efficacia ad tempus del provvedimento 
cautelare di accoglimento 
Il provvedimento emesso dal giudice della cautela preventiva, di accoglimento 
o di rigetto, in nessun caso potr� essere appellabile o impugnabile, 
n� reclamabile (188), ai sensi dell�art. 669 terdecies c.p.c. innanzi ad un giu- 
(187) Al riguardo, dubbiosamente, CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici 
tra complessit� e velocit�, cit., sostiene: �sarei, quindi, ad un primo esame pi� propensa a ritenere 
che, essendo la fase cautelare rimasta strumentale ed accessoria rispetto a quella di merito, il difetto 
di competenza territoriale sia rilevabile d�ufficio in ogni stato del processo, e non solo dal Presidente 
nella fase ante causam [�] pur nella consapevolezza che la questione di competenza territoriale non 
possa mai costituire motivo di impugnazione della decisione emessa dal tribunale amministrativo regionale 
(art. 31, co. 9, l. tar). E poich�, peraltro, neppure le disposizioni dell�art. 245 - come precisa il 
co. 8 - si applicano al giudizio in grado d�appello, la decisione di primo grado, che in fase cautelare o 
di merito, non abbia tenuto conto dell�incompetenza territoriale del giudice adito, non sar� mai per ci� 
stesso annullabile�. 
(188) Critico sulla mancata previsione della reclamabilit� del provvedimento (da proporre - se-
DOTTRINA 385 
dice diverso da quello che adottato la misura cautelare, non essendo tale rimedio 
compatibile con la specifica struttura del processo amministrativo, 
nel quale il provvedimento cautelare ante causam. 
Al riguardo, mentre il comma 5 dell�art. 245, con riferimento al provvedimento 
di rigetto afferma che esso non � impugnabile, il successivo 
comma 6, ultima alinea, con riferimento al provvedimento di accoglimento 
dispone che esso non appellabile. Se ne desume che la non impugnabilit� 
comporta che non � praticabile alcun rimedio, n� appellatorio davanti al giudice 
di secondo grado, n� sotto forma di istanza di revocazione o revoca davanti 
al medesimo giudice. A seguito del rigetto, � sempre proponibile la 
domanda cautelare ordinaria, unitamente al ricorso di merito. Il provvedimento 
di accoglimento, invece, non � appellabile. Pertanto, mentre � esclusa 
qualsiasi forma di giustiziabilit� del provvedimento di diniego, per quello 
di accoglimento � escluso soltanto l�appello, ma non sono esclusi anche gli 
altri rimedi davanti al medesimo giudice quali, ad esempio, la revocazione 
e l�opposizione di terzo; come si dir� in prosieguo, il provvedimento di accoglimento 
�, inoltre, modificabile o revocabile, d�ufficio, ovvero su istanza 
o reclamo di ogni interessato. 
A dire il vero, la differente formulazione dei commi 5 (non impugnabilit� 
del provvedimento negativo) e 6 (non appellabilit� del provvedimento 
di accoglimento) non sembra essere indicativa di una diversit� di rimedi impugnatori, 
comunque da escludere. 
Il provvedimento di accoglimento perde, comunque, effetto decorsi sessanta 
giorni, dovendo, inoltre, essere confermato dopo l�inizio del giudizio, 
che dev�essere introdotto entro strettissimi termini, in considerazione del 
generale termine di decadenza previsto. 
Inoltre, � escluso dal comma 8 dell�art. 245 del Codice che possa essere 
proposta in sede di appello una nuova istanza cautelare anticipata, in ragione 
del fatto che ormai l�assetto di interessi � stato cristallizzato dalla decisione 
di primo grado, sicch� � avverso quest�ultima che dovr� insorgersi. In appello 
le istanze cautelari restano disciplinate dall�art. 21, l. TAR ed, in particolare, 
dall�art. 23 bis, comma 7, l. TAR, che consente l�appello immediato, 
con riserva di motivi, avverso il dispositivo della sentenza. Del resto, � ovvio 
intendere che la limitazione al solo primo grado del potere di proporre domande 
di tutela cautelare preventiva � connaturata al tipo di rimedio in questione, 
che � preventivo rispetto ad un giudizio di merito ancora da instaurare 
condo l�A. - innanzi al Collegio) � F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici, cit., il quale invoca a sostegno 
il principio di parit� delle parti nel processo cautelare, che aveva indotto la Corte costituzionale, con 
sentenza 23 giugno 1994, n. 253 (in Cons. Stato, 1994, II, 884), a dichiarare l�illegittimit� costituzionale 
dell�art. 669 terdecies c.p.c., nella formulazione all�epoca vigente, ora sostituita dalla legge n. 80/2005, 
nella parte in cui contemplava il rimedio del reclamo per il solo provvedimento di accoglimento e non 
anche per quello di rigetto. 
386 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
(189). Si consideri, inoltre, che l�esclusione del rimedio di tutela preventiva 
in appello risulta coerente con il principio secondo cui il giudizio d�appello, 
anche per il suo carattere devolutivo, costituisce la prosecuzione del processo 
radicato con l�originario ricorso di merito; con la logica conseguenza che la 
richiesta di tutela cautelare ante causam non pu� essere avanzata per la prima 
volta o rinnovata in occasione della pubblicazione della sentenza che ha definito 
il primo grado di giudizio. 
Gli strumenti di tutela al riguardo assicurati dall�ordinamento (possibilit� 
di impugnare il dispositivo della sentenza e ottenerne la sospensione dell�efficacia; 
possibilit� di ottenere la misura cautelare monocratica ai sensi dell�art. 
21, comma 9, l. TAR), soddisfano pienamente le esigenze di una rapida definizione 
della controversia sul piano cautelare; tanto pi� ove si consideri che 
la vicenda processuale �, a questo punto, portata all�esame del giudice nella 
sua pienezza e nella completezza del contraddittorio, mediante l�impugnazione 
della decisione di merito di primo grado, con la conseguenza che non avrebbe 
logicamente ragion d�essere la reiterazione di un giudizio cautelare ante causam. 
Il regime di non appellabilit� del provvedimento cautelare ante causam 
appare costituzionalmente legittimo, considerata la proponibilit� della domanda 
cautelare ordinaria unitamente al ricorso di merito successivamente al 
rigetto dell�istanza cautelare preventiva e l�esclusione della tutela cautelare 
ante causam nel giudizio d�appello. Peraltro, essendo il provvedimento di accoglimento 
destinato comunque a perdere efficacia entro sessanta giorni, l�appello 
appare superfluo, in considerazione del breve lasso temporale di efficacia 
della misura. N� la mancata previsione di rimedi impugnatori avverso il provvedimento 
cautelare pu� ritenersi costituzionalmente illegittima perch� in ipotesi 
violativa del principio di parit� delle parti, consacrato nell�art. 111, comma 
2, Cost., ove si consideri che l�esclusione dell�appellabilit� e reclamabilit� riguarda 
tanto il provvedimento di accoglimento che quello di rigetto. 
Il Codice ha inteso chiaramente connotare il provvedimento cautelare preventivo 
quale rimedio rigorosamente interinale, non autosufficiente, provvisorio 
e, soprattutto, ad tempus (i suoi effetti si esauriscono con il decorso dei 
60 giorni), tale da non pregiudicare gli interessi (specie, quelli dell�amministrazione 
nei cui confronti � emesso il provvedimento di accoglimento) sottesi 
alla controversia, fino all�adozione della successiva pronuncia cautelare post 
causam, avverso la quale potr� proporsi impugnativa ai sensi dell�art. 28, 
comma 3, l. TAR. 
(189) A sostegno di tale conclusione F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, 
cit., richiama l�orientamento della dottrina processualcivistica, che, sulla base delle medesime argomentazioni, 
afferma l�inammissibilit� del provvedimento ex art. 700 c.p.c. per sospendere o modificare 
l�esecutivit� di altri provvedimenti giurisdizionali; nello stesso senso, GAVERINI, op. cit., 3562; TARULLO, 
La nuova tutela cautelare ante causam, cit.
DOTTRINA 387 
Sul versante effettuale, pare cogliere nel segno il rilievo di quanti (190) 
sottolineano che la disciplina positiva della cautela preventiva risulta conformata 
in modo profondamente differente da quella relativa alla misura cautelare 
collegiale, che appare dotata di una maggiore (ancorch� solo tendenziale) stabilit�, 
in quanto destinata a spiegare effetti fino alla sentenza di merito, ossia 
per un periodo di tempo non preventivabile. Tanto, condivisibilmente, si ritiene 
sufficiente a giustificare il diverso regime (di esclusione) delle impugnazioni 
del provvedimento ante causam. 
Ad ogni modo, l�istante che si sia visto rigettare la domanda potr� sempre 
riproporla dopo l�instaurazione del giudizio di merito e, dunque, nelle forme 
ordinarie, ai sensi dell�art. 21, commi 8 e 9, l. TAR, come richiesta di tutela 
monocratica o collegiale, sussistendo i rispettivi presupposti. 
L�emanazione di un provvedimento favorevole determina, invece, in forza 
della previsione contenuta nel comma 6 dell�art. 245, l�onere per l�istante di 
notificarlo (191) alle altre parti entro un termine variabilmente stabilito dal 
giudice, ma, comunque, mai superiore a cinque giorni (che costituisce, dunque, 
un termine legale massimo), pur quando il giudice abbia per ipotesi fissato un 
termine superiore. Tale termine deve ritenersi decorrere dalla data della pubblicazione 
del provvedimento. 
L�art. 245 tace in ordine alle conseguenze della mancata e/o tardiva notificazione 
del provvedimento di accoglimento. 
Al riguardo, considerata la perentoriet� del termine per la notifica, deve 
concludersi che la misura perda ogni effetto, anche prima del decorso del termine 
di 60 giorni previsto per introdurre il giudizio di merito. 
Entro tale termine perentorio l�atto va consegnato all�ufficiale giudiziario. 
Per il notificante, infatti, la notifica si perfeziona con la sola consegna dell�atto 
all�ufficiale giudiziario. A partire da tale momento, il beneficiario � legittimato 
a pretendere l�esecuzione del provvedimento. Per i destinatari, tuttavia, la notifica 
si perfeziona con il ricevimento dell�atto. Ne consegue che la pubblica 
amministrazione resistente � tenuta ad osservare il provvedimento cautelare 
dal momento in cui ne riceve la notificazione (192). 
Cos� come previsto dall�art. 669 undecies c.p.c. per l�analoga misura civilistica, 
il comma 6 dell�art. 245 del Codice dispone che l�efficacia del provvedimento 
di accoglimento pu� essere subordinata alla prestazione di 
un�adeguata cauzione per i danni alle parti (amministrazione resistente e con- 
(190) Diffusamente, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit.; nello stesso senso, DE 
CAROLIS, La tutela giurisdizionale, cit., 1137; DE NICTOLIS, Il nuovo contenzioso in materia di appalti 
pubblici, cit., 516. 
(191) Notifica della cui utilit� dubita la dottrina: PAOLANTONIO, op. cit., N. SAITTA, Sistema di giustizia 
amministrativa, cit., considerato che della pendenza del procedimento le parti necessarie hanno 
gi� contezza per effetto della notifica dell�istanza di concessione della misura cautelare ante causam. 
(192) DE NICTOLIS, La tutela cautelare, in Manuale di giustizia amministrativa, cit., 138.
388 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
trointeressati) e ai terzi. 
La prestazione della cauzione (il cui mancato versamento nel termine giudizialmente 
fissato si atteggia come condizione risolutiva dell�efficacia della 
misura cautelare concessa), diversamente da quanto disposto dall�art. 21, 
comma 8, l. TAR, riguarda unicamente il provvedimento di accoglimento, dal 
quale la norma del Codice si distingue anche in ragione del fatto la prestazione 
della cauzione si ricollega alla possibile produzione di danni alle parti e ai 
terzi, mentre il comma 8 dell�art. 21 prevede che la cauzione debba essere prestata 
solo nell�ipotesi in cui dall�esecuzione del provvedimento cautelare possano 
derivare effetti irreversibili. 
Non persuade, al riguardo, la tesi che ritiene di poter estendere per analogia 
la prestazione della cauzione anche all�ipotesi di provvedimento di diniego 
della misura, potendosi, secondo tale impostazione, commisurare la 
cauzione all�eventuale pregiudizio che si produrrebbe a carico del richiedente 
qualora illegittimamente risultasse non aggiudicatario, con la conseguenza che 
anche il controinteressato potrebbe subire l�imposizione della cauzione (193). 
Invero, richiamando le osservazioni formulate dalla dottrina con riferimento 
alla disposizione di cui all�art. 21, comma 8, l. TAR (194), l�istituto della cauzione 
presenta diverse finalit� a seconda che acceda ad un provvedimento di 
concessione ovvero di diniego della misura cautelare: solo nel primo caso la 
cauzione pu� dirsi avere funzione effettivamente cautelare, a garanzia degli 
interessi dell�amministrazione resistente ovvero dei controinteressati; diversamente, 
nel caso di provvedimento di diniego, l�imposizione della cauzione 
risponde a logiche diverse, non costituendo elemento condizionale dell�efficacia 
della misura cautelare, ma solo �una soluzione offerta dal giudice al ricorrente 
in luogo della misura cautelare rifiutata�(195). La diversit� di ratio 
dell�istituto della cauzione nel caso di provvedimento di rigetto la rende inestensibile 
all�ipotesi di provvedimento di accoglimento, l�unico al quale il 
comma 6 dell�art. 245 del Codice ha riferito l�imposizione della cauzione. 
Diversamente da quanto previsto nell�art. 21, comma 8, l�imposizione 
della cauzione pu� essere disposta per il possibile prodursi di �danni alle parti 
e ai terzi�, mentre non � ripetuto il divieto, previsto in quella norma, di subordinare 
a cauzione la concessione o il diniego della misura cautelare �quando 
la richiesta cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto 
alla salute, alla integrit� dell�ambiente, ovvero ad altri beni di primario 
rilievo costituzionale�. Tale disposizione, ponendosi a protezione di valori di 
primaria rilevanza, ben pu� essere analogicamente estesa alla prestazione della 
(193) Cos� TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
(194) N. SAITTA, Sistema di giustizia amministrativa, cit., 122-123, che parla di �cauzione a doppio 
uso�, rimarcando la diversit� della funzione dell�imposizione della cauzione nei due casi. 
(195) N. SAITTA, op. ult. cit., 123. 
DOTTRINA 389 
cauzione in caso di concessione di una misura cautelare preventiva. 
In via generale, se la causa di merito non � promossa entro il termine perentorio 
per essa previsto, il provvedimento cautelare perde efficacia, cos� 
come perde efficacia nel caso di omessa e/o tardiva notificazione del provvedimento 
di accoglimento o di mancato versamento della cauzione. 
Secondo una parte della dottrina, se entro il termine di sessanta giorni 
dalla notifica, comunicazione o piena conoscenza del provvedimento in relazione 
al quale � stata chiesta la misura cautelare, non � stata promossa la causa 
di merito, la p.a. e i controinteressati possono rivolgersi al giudice che ha adottato 
la misura cautelare per far accertare la sua perdita di efficacia. In particolare, 
si sostiene che la declaratoria di inefficacia della misura cautelare, 
sebbene non espressamente previsto dall�art. 245, potr� essere richiesta dalla 
parte interessata sia nel caso in cui non sia rispettato il termine di sessanta 
giorni (comma 2), quanto nel caso in cui non sia stato introdotto il giudizio di 
merito nel termine di sessanta giorni, sia quando l�istante non abbia provveduto 
alla notifica del provvedimento nel termine massimo di 5 giorni, sia, ancora, 
quando non sia stata versata la cauzione prevista dal comma 3. Questa 
regola, diversamente dal processo civile (art. 669 nonies c.p.c.), non � espressamente 
codificata, ma discende dal sistema, non potendosi concepire che conservi 
efficacia una misura cautelare che � disancorata da un giudizio di merito 
che non � stato proposto (196). 
Secondo altra tesi, che si condivide, la previsione di un apposito procedimento 
per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare appare inutile, 
in considerazione di come � articolata la norma di cui al comma 6 dell�art. 
245; ci� in quanto la misura cautelare ante causam di accoglimento � caratterizzata 
ex lege da un�efficacia esattamente delimitata nel tempo, sicch� sarebbe 
incongrua e sostanzialmente inutile, oltre che contraria a normali principi di 
economia processuale, la previsione di una fase procedimentale siffatta, che 
si riconnette - nel codice di procedura civile - alla mancata proposizione del 
ricorso di merito nei termini di cui all�art. 669 octies c.p.c. (nel caso dell�art. 
245, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, la data di inizio di efficacia 
del provvedimento � costituita dalla sua �prima emissione�, mentre quella finale 
� direttamente individuata dal legislatore, senza che il giudice possa, 
quindi, svolgere altra attivit�, anche solo notarile, in qualche misura utile a 
dare conto dell�intervenuta inefficacia della misura concessa) (197). 
A chiusura del sistema, con disposizione che accentua la strumentalit� ed 
interinalit� della tutela cautelare ante causam, il comma 6 connota la misura 
preventiva di accoglimento quale provvedimento rigorosamente ad tempus, 
la cui efficacia si esaurisce con il decorso del sessantesimo giorno dalla sua 
(196) DE NICTOLIS, op. ult. cit. 
(197) BUONVINO, op. cit.
390 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
prima emanazione (ossia, dalla data della sua pubblicazione). 
Come accennato, entro tale termine il ricorrente dovr� introdurre il giudizio 
di merito, chiedere la misura cautelare ordinaria, che potr� modificare, 
confermare o revocare quella gi� concessa in sede preventiva. Resteranno, 
cos�, efficaci le sole misure cautelari confermate o concesse ai sensi dell�art. 
21, commi 8 e 9, l. TAR. 
Il termine di sessanta giorni (entro il quale la parte dovr� notificare il ricorso 
di merito, depositarlo, chiedere ed ottenere una misura cautelare ordinaria, 
ossia post causam) � stato ritenuto dalla relazione di accompagnamento 
al Codice adeguato al tempestivo espletamento degli incombenti cui � onerato 
il ricorrente. 
Il Codice ha, cos�, disatteso il parere del Consiglio di Stato, che aveva 
suggerito di prevedere che il provvedimento di accoglimento diventasse inefficace 
�comunque non oltre la pronuncia del collegio cui l�istanza cautelare � 
sottoposta nella prima camera di consiglio utile a seguito della proposizione 
del ricorso�. Come rilevato in dottrina (198), �se la disposizione fosse stata 
cos� formulata, l�efficacia del provvedimento di accoglimento avrebbe potuto 
venir meno anche prima di sessanta giorni qualora il ricorrente avesse ritenuto 
opportuno instaurare pi� rapidamente il giudizio di merito e sottoporre, 
quindi, al collegio l�istanza cautelare prim�ancora del decorso di tale periodo�. 
In ogni caso, l�aver ancorato la perdita di efficacia del provvedimento ad 
un atto di competenza del giudice, considerato che nel termine di sessanta 
giorni dovr� pure provvedersi alla pubblicazione della pronuncia incidentale 
cautelare richiesta dal ricorrente con l�introduzione del giudizio di merito, appare 
piuttosto discutibile (199). Avrebbe, forse, potuto prevedersi la cessazione 
dell�efficacia della misura con espressa salvezza del tempo necessario alla 
pubblicazione del provvedimento cautelare. 
Non pare, da ultimo, condivisibile la tesi (200), secondo cui il provvedimento 
di accoglimento dell�istanza potrebbe ridurre il termine di efficacia di 
sessanta giorni: un potere riduttivo del genere vanificherebbe completamente 
la ratio che ha ispirato il legislatore ad introdurre la tutela cautelare ante causam 
nel nostro ordinamento processuale amministrativo, considerato, tra l�altro, 
che nel termine di sessanta giorni il ricorrente deve notificare e depositare 
il ricorso di merito ed entro lo stesso termine dovr� essere pubblicata la decisione 
cautelare (post causam). Un�ulteriore riduzione dei tempi trasformerebbe 
la misura in un provvedimento ad horas. 
(198) F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit. 
(199) In tal senso, condivisibilmente, TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
(200) PIACENTINI, Introduzione al dibattito presso il T.A.R. Lombardia del 12 ottobre 2006, richiamato 
in M.A. SANDULLI, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici, cit. 
DOTTRINA 391 
16. Il potere di revisione della misura cautelare. Profili problematici 
A compensare la regola dell�inimpugnabilit� (rectius: l�inappellabilit�) 
del provvedimento cautelare di accoglimento il legislatore ha esteso le ipotesi 
di revoca e modifica del provvedimento stesso rispetto a quelle previste dalla 
l. n. 205/2000 relativamente alle misure cautelari post causam. 
Dispone, in merito, il comma 6 dell�art. 245 del Codice che �il provvedimento 
di accoglimento [�] � sempre revocabile o modificabile dal Presidente, 
d�ufficio o su istanza o reclamo di ogni interessato, nonch� dal Collegio dopo 
l�inizio del giudizio di merito�. 
La norma - che suscita diverse perplessit� e dubbi di costituzionalit�, per 
violazione del principio della domanda tipico del processo amministrativo 
(201) e del processo di parti - necessita di alcune precisazioni. 
Dalla formula normativa si desume che il provvedimento di diniego � intangibile, 
il che � coerente con il principio dispositivo e dell�impulso di parte, 
che connota il processo amministrativo (202). Tuttavia, proprio rispetto a tale 
principio � decisamente distonica la previsione del potere di modifica e revoca 
d�ufficio del provvedimento di accoglimento riconosciuto al presidente ovvero 
al collegio dopo che sia stato instaurato il giudizio di merito. 
E� da ritenere che, nelle intenzioni del legislatore, un siffatto meccanismo 
di revisione ufficiosa del provvedimento di accoglimento, costituisca strumento 
per garantire al giudice non solo (e non tanto) un controllo sulle sopravvenienze 
fattuali, ma anche una valutazione della conformit� all�interesse 
pubblico della misura cautelare preventiva di accoglimento, sul presupposto 
della sua eversione rispetto al sistema delle tecniche di tutela tipiche sin qui 
previste dal sistema. 
Peraltro, un simile potere ufficioso di revisione della misura concessa non 
si raccorda con la corrispondente disposizione di rito civile (art. 669 decies), 
che richiede, ai fini della revoca o della modifica, un�istanza di parte. Secondo 
(201) Peraltro, il Consiglio di Stato, in sede consultiva, nel parere reso nell�adunanza del 6 febbraio 
2006, aveva ipotizzato che il provvedimento di accoglimento fosse revocabile o modificabile solo �su 
istanza o reclamo di ogni interessato�. In dottrina, quanto ai dubbi di legittimit� costituzionale della 
norma, per irragionevole disparit� di trattamento nel regime di modificabilit� o revocabilit� del provvedimento 
monocratico ante causam, riservato dal comma 6 dell�art. 245 al solo provvedimento di accoglimento, 
si vedano le osservazioni svolte da PAOLANTONIO, op. cit., 338 ss. e di C.E. GALLO, La tutela 
cautelare ante causam nel codice dei contratti pubblici: problemi e prospettive, cit. 
(202) L�applicazione del principio dell�impulso di parte nel processo amministrativo costituisce 
un vero e proprio dogma giurisprudenziale, che rinviene il suo fondamento normativo nell�art. 6 del regolamento 
di procedura emanato con R.d. 17 agosto 1907, n. 642 e nel connesso principio generale sancito 
dall�art. 112 c.p.c., in base al quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i 
limiti di essa: ex pluribus, Cons. St., sez. V, 21 dicembre 2004, n. 8184, in Foro amm. CdS, 2004, 12, 
3575. 
392 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
i principi generali, irragionevolmente disattesi dal Codice, la revoca e la modifica 
del provvedimento cautelare sono ancorate saldamente all�impulso di parte: 
il codice di rito civile, infatti, preclude qualunque iniziativa ufficiosa e conferma 
l�inesistenza di uno jus poenitendi sulla misura concessa esercitabile discrezionalmente 
dal giudice. Per la parte, la domanda di revoca o modifica costituisce, 
allora, esercizio del potere cautelare in senso rispettivamente negativo e correttivo, 
ma in niente diverso dal potere riconosciuto a colui che originariamente 
chiede che sia disposta la misura; specularmente, dal punto di vista del giudice, 
la pronuncia sull�istanza di revoca � anch�essa manifestazione della potest� 
cautelare finalizzata, nella mutata situazione di fatto, ad assicurare l�effettivit� 
della tutela (203). 
Peraltro, come rilevato dalla dottrina, qualora la revoca o modifica avvengano 
d�ufficio da parte del Collegio (dopo l�inizio del giudizio di merito), si 
determina una singolare ingerenza di un giudice su provvedimenti di un altro 
giudice, senza iniziativa di parte. Tale ingerenza appare difficilmente giustificabile 
sul piano del principio costituzionale di indipendenza del giudice, non 
essendovi tra giudice monocratico, da una parte, e presidente o collegio, dall�altra 
parte, una gerarchia, propria o impropria. Sicch�, � da ritenere che tale 
intervento d�ufficio da parte del Collegio sia da esercitare solo in casi di assoluta, 
estrema e oggettiva gravit�, quale estrema ratio per rimediare a situazioni 
abnormi (204). 
A prescindere dai rilievi di principio che si possono muovere a tale disposizione, 
il meccanismo della revoca o modifica ufficiosa - come gi� puntualmente 
evidenziato con cognizione di causa da parte della dottrina togata (205) 
- avr� scarso impatto pratico, in quanto, non esistendo un ruolo di cause del 
singolo giudice, il presidente o il componente del collegio ha cognizione della 
controversia e disponibilit� del fascicolo solo quando viene designato per la 
trattazione, il che avviene, nel vigente sistema, solo a seguito di un atto di impulso 
di parte. Ne consegue che appare congegno impraticabile quello che, di 
fatto, ipotizza che, in assenza di istanza di parte (di revoca o modifica), il giudice 
si metta alla caccia di fascicoli negli archivi della segreteria. 
I principali problemi interpretativi che la norma pone possono cos� sintetizzarsi: 
1) in primo luogo, vՏ da chiedersi in forza di quali presupposti (fattuali e 
giuridici) e secondo quali modalit� il presidente ovvero il collegio possa attivarsi, 
appunto d�ufficio, per revocare o modificare il precedente provvedimento 
cautelare ante causam; 
(203) In tal senso, ADDARIO, Limite temporale e competenza per la revoca e la modifica del provvedimento 
cautelare, in Giur. it., 2001, 1874. 
(204) DE NICTOLIS, op. ult. cit., 139. 
(205) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti pubblici, cit. 
DOTTRINA 393 
2) un secondo interrogativo attiene alla questione se la decisione di procedere 
alla revoca o modifica debba o meno essere preceduta da una fase delibativa 
nella quale sia assicurato lo stesso minimum di contraddittorio previsto 
dal comma 4 dell�art. 245 per l�adozione della misura cautelare ante causam. 
Quanto all�individuazione dei presupposti per l�esercizio del potere ufficioso 
di revoca o modifica, si pu� sostenere che il potere stesso � strettamente 
ancorato al sopravvenire di nuovi fatti o circostanze (ivi compreso lo jus superveniens) 
rispetto al momento di emissione del provvedimento ovvero di cui 
si � acquisita conoscenza dopo tale momento (206) e, quindi, non valutati in 
precedenza. Deve trattarsi, dunque, di elementi idonei ad innovare, in fatto e 
in diritto, il complessivo quadro valutativo su cui si fondava la pregressa decisione 
cautelare. Il che si spiega in ragione della funzione assolta dall�istituto 
della revoca o modifica, finalizzato ad adeguare il provvedimento cautelare 
agli sviluppi del processo introdotti da un mutamento della situazione di fatto 
o di diritto che abbia per effetto il sopravvenuto venir meno, in tutto o in parte, 
dei presupposti cautelari del periculum in mora e del fumus boni juris. 
Se cos� �, tuttavia, pare davvero necessario che a stimolare il potere d�intervento 
sul provvedimento emesso non possa che essere la parte a ci� interessata, 
che segnali al giudice le sopravvenienze reputate idonee a giustificare un 
provvedimento di segno negativo rispetto a quello in precedenza emesso, cos� 
come previsto nell�analogo rimedio civilistico dall�art. 669 decies c.p.c. 
Quanto alla questione relativa alla garanzia del contraddittorio prodromica 
all�adozione del provvedimento di revoca o modifica, l�espressione �senza formalit�� 
in base alla quale il legislatore prevede sia esercitabile il potere ufficioso 
di revisione non pare lasciare margini di dubbio sul fatto che il provvedimento 
di accoglimento possa essere modificato o revocato non solo in mancanza di 
domanda di parte, ma anche senza ascoltare le parti. Pur trattandosi di una sorta 
di provvedimento di autotutela giudiziale, il legislatore non ha seguito la c.d. 
regola del contrarius actus, prescindendo sia dalla domanda di parte che dalla 
sua notifica. 
Pare evidente come, anche sotto tale punto di vista, la norma violi il principio 
costituzionale della parit� delle parti, risultando assolutamente sbilanciata 
in favore dell�amministrazione (e dei controinteressati), considerato che il ricorrente 
potrebbe trovarsi nella condizione di dovere subire la misura negativa 
senza aver potuto in alcun modo interloquire sulla idoneit� a legittimarla delle 
sopravvenienze valutate dal giudice. 
Come opportunamente sottolineato in dottrina (207), �quando il giudice 
(206) Tale soluzione � proposta da F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici, cit., che richiama a 
sostegno l�art. 21, comma 12, l. TAR e l�art. 669 decies c.p.c., applicabile analogicamente; contra, M.A. 
Sandulli, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit., la quale sottolinea come la norma non 
subordina il riesame a �fatti sopravvenuti�. 
(207) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
394 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
amministrativo si accorga che ha sbagliato nel negare la misura cautelare, non 
pu� autocorreggersi (a vantaggio del ricorrente), mentre pu� farlo (a vantaggio 
dell�amministrazione e del controinteressato) nel caso inverso, quando, cio�, si 
avveda di aver sbagliato nel concedere la misura cautelare�. In sostanza, la revoca 
o modifica del provvedimento, fondata su una diversa valutazione dell�interesse 
pubblico (correlata a fatti sopravvenuti, ai sensi dell�art. 669 decies c.p.c., 
analogicamente applicabile, che inducano ad una rinnovata valutazione delle 
condizioni di legittimit� della misura concessa), � unilaterale: ossia, solo a danno 
dell�istante, che si vede revocata (o modificata in pejus) la misura in precedenza 
concessagli, d�ufficio e senza essere sentito. Dunque, la clausola rebus sic stantibus, 
che caratterizza in termini di rigorosa strumentalit� il provvedimento cautelare 
emesso ante causam nel processo amministrativo, opera solo a vantaggio 
delle controparti dell�istante. 
In ogni caso, un�improvvisa revoca del provvedimento, d�ufficio, sulla base 
di non precisati presupposti e in assenza di contraddittorio, che venga ad incidere, 
ad esempio, su un procedimento di gara, nel quale l�amministrazione potrebbe 
aver riaperto i termini o emesso ulteriori provvedimenti conseguenziali 
all�originaria misura cautelare di accoglimento, reca instabilit� all�assetto degli 
interessi in contesa; il che rende indispensabile, anche dal punto di vista pratico, 
il coinvolgimento di entrambe le parti prima di adottare un provvedimento del 
genere. 
La norma pone ulteriori problemi - gi� segnalati dalla dottrina (208) - nella 
parte in cui prevede che la revoca o la modifica su impulso di parte avvenga �su 
istanza o reclamo di ogni interessato�. 
Il primo problema interpretativo che la norma pone attiene alla equipollenza 
o meno dei termini �istanza� e �reclamo�. 
Secondo una tesi (209), si potrebbe ritenere che la distinzione tra l�istanza 
e il reclamo attenga alle ragioni poste a fondamento dell�una o dell�altra forma 
di domanda di revoca o di modifica; mentre con la mera istanza si aggiungono 
ragioni diverse o sopravvenute rispetto a quelle poste a fondamento dell�originaria 
istanza di concessione della misura cautelare, con il reclamo si contesterebbero 
i presupposti stessi valorizzati dal giudice per accogliere l�istanza 
cautelare ante causam. Quindi, il reclamo costituirebbe uno strumento con il 
quale si chiede la revoca del provvedimento adducendo l�erroneit� dei presupposti 
e dei motivi allegati nell�istanza cautelare ante causam, che sono stati condivisi 
dal giudice in sede di accoglimento dell�istanza e di emissione del relativo 
provvedimento. 
Secondo altra tesi (210), la distinzione tra istanza e reclamo si legherebbe 
(208) CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. 
(209) POLICE, op. cit., 793. 
(210) DE NICTOLIS, op. cit., 139 s. 
DOTTRINA 395 
al momento in cui la richiesta di revisione del provvedimento viene formulata, 
ritenendosi che la norma preveda una competenza specifica per la revoca e la 
modifica, che non coincide con quella inerente alla adozione del provvedimento 
cautelare. Mentre, infatti, quest�ultimo pu� essere adottato sia dal presidente che 
da un suo delegato, la revoca e la modifica sono di competenza esclusiva o del 
presidente o del collegio. La competenza dipende dal momento cronologico in 
cui la revoca o la modifica vengono disposte: 
1) prima dell�inizio dell�inizio della causa di merito, la competenza spetta 
esclusivamente al presidente e la richiesta si propone con istanza; 
2) dopo l�inizio della causa di merito, la competenza spetta esclusivamente 
al collegio e la relativa richiesta si propone con reclamo. 
In quest�ottica, si pone in risalto che, ove revoca e modifica avvengano su 
reclamo, esse integrano un rimedio demandato ad un giudice diverso da quello 
che ha adottato il provvedimento cautelare (ossia al Collegio). 
Secondo quanto espressamente dispone il comma 6 dell�art. 245 del Codice, 
l�istanza o il reclamo possono, dunque, provenire tanto dall�amministrazione 
che dai controinteressati destinatari della notifica dell�istanza cautelare ante causam, 
quanto da ulteriori soggetti, rispetto ai quali comunque il giudice dovr� verificare, 
secondo i principi generali, l�interesse rispetto alla proposizione del 
rimedio: si tratter�, in genere, dei controinteressati sostanziali, cui la domanda 
cautelare ante causam non sia stata notificata, ovvero di quei soggetti che dalla 
misura possono subire un pregiudizio dal provvedimento di accoglimento. 
E� da escludere che il ricorrente possa presentare istanza di modifica in melius 
della misura di accoglimento gi� accordatagli, considerato che la revoca o 
lo modifica controbilanciano la non appellabilit� del provvedimento favorevole, 
sicch� costituiscono rimedi esperibili unicamente dall�amministrazione ovvero 
dai controinteressati, formali e sostanziali, ovvero ancora da altri soggetti (estranei 
al procedimento cautelare ante causam) che hanno interesse a contrastare la 
misura (211). 
Il comma 6 dell�art. 245 del Codice non chiarisce, poi, se a comporre il collegio 
che si pronunci sulla domanda cautelare post causam possa essere chiamato 
a far parte il presidente (o magistrato da lui delegato) che abbia emesso il 
pregresso provvedimento cautelare ante causam (212). 
(211) In tal senso, condivisibilmente CRISCENTI, Gli strumenti di tutela nel codice dei contratti, cit. 
(212) La questione � posta da TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit., il quale evidenzia 
giustamente che ҏ difficile negare che il mantenimento dei poteri cognitori in capo al magistrato 
che si era gi� occupato dell�affare pu� realizzare una contrazione dei tempi di esame e pronuncia, dovuto 
al fatto, ovvio, che costui avr� gi� una conoscenza - per quanto sommaria - della vicenda (ri)portata al 
suo vaglio. Sotto altro profilo, per�, si pone il problema di una possibile prevenzione del giudice che, 
come ogni essere umano, � spinto ad adottare comportamenti coerenti e consequenziali; il giudicante 
pertanto, in seconda battuta, potrebbe risultare privo di quella serenit� che, verosimilmente, caratterizzerebbe 
l�operato di un magistrato completamente �ignaro� della controversia�. 
396 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
La prassi, osservata con riferimento alla tutela cautelare monocratica presidenziale 
di cui all�art. 21, comma 9, l. TAR, � nel senso di ammettere a partecipare 
al collegio chiamato a rivedere la misura gi� concessa il magistrato 
che si era in precedenza pronunciato, sicch� � ipotizzabile un�estensione di 
tale prassi anche nell�applicazione dell�art. 245, comma 6, del Codice. 
Sul versante dell�esecuzione del provvedimento, il comma 7 dell�art. 245 
dispone che per l�attuazione della misura cautelare trova applicazione il disposto 
di cui all�art. 21, comma 14, l. TAR: si applica, pertanto, il rimedio dell�ottemperanza 
cautelare, avendo, opportunamente, il legislatore del Codice 
evitato di richiamare la disciplina processual-civilistica dettata dall�art. 669 
duodecies c.p.c. per l�attuazione del provvedimento cautelare, che non garantire 
un�efficienza analoga a quella dell�ottemperanza (213). 
In forza del richiamo all�art. 21 cit., sar� consentito all�istante, nell�ipotesi 
in cui l�ordine sia rimasto ineseguito in ragione di una condotta inerte, dilatoria 
o soprassessoria, ovvero mediante l�adozione di nuovi provvedimenti amministrativi 
non satisfattivi per l�istante, notificare alle controparti un�istanza, 
stavolta rivolta al collegio, volta ad ottenere la nomina di un commissario ad 
acta ovvero la sostituzione del giudice all�amministrazione, perch� sia data 
compiuta attuazione (anche con atti di annullamento) alla misura rimasta inosservata 
(214). 
Va da s� che, laddove la misura adottata ante causam consista nella sospensione 
della procedura di gara, non sembra che essa abbisogni di una specifica 
attivit� esecutiva da parte dell�amministrazione, salvo che il giudice non 
accompagni tale dictum con ulteriori normae agendi volte a cautelare la posizione 
dell�istante mediante l�imposizione, all�amministrazione stessa, di comportamenti 
positivi, che comunque non ostacolino l�efficacia della successiva 
pronuncia cautelare, di qualunque segno essa sia. 
Il comma 7 dell�art. 245 disciplina pure il potere del giudice della cautela 
ante causam di regolare le spese del procedimento, rinviando a tal fine all�art. 
21, l. TAR. 
(213) Contra, BUONVINO, op. cit., dubita che la procedura esecutiva prevista dal Codice dei contratti 
pubblici, pur con la dimidiazione dei termini processuali, sia del tutto adeguata alle esigenze di 
eccezionale urgenza che si intendono soddisfare e, in particolare, al fatto che la misura cautelare ha efficacia 
comunque non eccedente i sessanta giorni; con l�aggiunta che il termine ora detto sarebbe anche 
destinato ad essere ulteriormente consumato dai tempi necessari per la nomina e l�attivit� materiale del 
commissario ad acta; tanto, osserva l�A., �in considerazione dei tempi tecnici necessari per l�attivazione, 
ai sensi degli artt. 90 e 91 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, del procedimento in questione, che va portato 
all�esame del Collegio (non prevedendo, la norma in esame, il radicamento innanzi allo stesso giudice 
monocratico del ricorso di ottemperanza di cui si tratta) e che deve essere preceduto dalla notificazione 
di apposito atto di diffida e messa in mora�. 
(214) Cfr. SANINO, Il processo cautelare in Verso il nuovo processo amministrativo (a cura di Cerulli 
Irelli), Torino, 2000, 283 ss., secondo cui in tale ipotesi non si seguono le formalit� proprie del giudizio 
di ottemperanza, essendo il giudice dotato dei poteri di merito �inerenti� a quel giudizio.
DOTTRINA 397 
E� da ritenere che la disciplina dell�art. 21, comma 10, legge T.A.R. trovi 
applicazione anche nel caso di pronuncia di un provvedimento di revoca o 
modifica, che partecipa della natura del provvedimento di rigetto, non potendo, 
come detto, ipotizzarsi un�istanza di modifica in melius da parte del ricorrente. 
Ove si opinasse diversamente, troverebbe, comunque, applicazione in via analogica 
il disposto di cui all�art. 669 septies, comma 2, c.p.c., norma che, secondo 
condivisibile dottrina (215), sarebbe stato auspicabile il Codice avesse 
richiamato, ponendo l�obbligo per il giudice della cautela di provvedere sulle 
spese nel caso di pronuncia di rigetto, mentre l�art. 21, comma 10, l. TAR si limita 
a prevedere una semplice facolt� del giudice riguardo al regolamento 
delle spese, in modo coerente con la tutela cautelare post causam per la quale 
� prevista (in tal caso sar� poi la sentenza a regolamentare, comunque, il regime 
delle spese). 
Va da s� che, in caso di provvedimento cautelare ante causam di rigetto, 
il giudizio di merito potrebbe non essere avviato mai, sicch� le parti resistenti 
potrebbero non vedersi mai ristorate dei costi sopportati per difendersi ove il 
giudice della cautela non abbia provveduto a regolare le spese del procedimento. 
Proprio per ovviare a tali situazioni, deve ritenersi che la statuizione 
sulle spese non possa costituire oggetto di mera facolt� per il giudice (come 
previsto dall�art. 21, comma 10, l. TAR), ma di un obbligo, secondo il disposto 
di cui all�art. 669 septies, comma 2, c.p.c. 
17. Contributo unificato e tutela cautelare ante causam 
ComՏ noto, il c.d. decreto Bersani (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito 
nella l. 4 agosto 2006, n. 243) ha significativamente innovato il regime del 
contributo unificato nel processo amministrativo, novellando l�art. 13 del T.U. 
delle spese di giustizia n. 115 del 2002. In particolare, nell�intento di semplificare 
il contributo unificato per i processi amministrativi, l�art. 21, comma 4, 
del decreto Bersani, eliminando il sistema della dichiarazione di valore dichiarata 
dalla parte al momento della proposizione del ricorso, ha introdotto due 
sole misure del contributo unificato, che prescindono dal valore della causa, 
riferite, invece, al rito processuale ed alla tipologia della controversia (216). 
Era, infatti, previsto il valore unico di �. 500,00, a prescindere dal valore della 
causa. 
L�art. 1, comma 1307, l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per 
il 2007) ha, poi, elevato la misura del contributo a � 1.000,00 per i ricorsi di- 
(215) F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, cit.; nello stesso senso, TARULLO, 
La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
(216) Si veda, in proposito, la circolare del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa 
del 6 luglio 2006, in www.giustizia-amministrativa.it., contenente chiarimenti in merito all�applicazione 
delle nuove disposizioni. 
398 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
sciplinati dal rito speciale di cui all�art. 23 bis, l. TAR e ad � 2.000,00 per i ricorsi 
che seguono tale rito in materia di procedure di affidamento di lavori, 
servizi e forniture e di provvedimenti delle Autorit� indipendenti (217). 
Premesso che il decreto Bersani ha lasciato ferme le esenzioni gi� previste 
dal T.U. delle spese di giustizia (218), tra queste l�art. 10, comma 5, T.U. sulle 
spese di giustizia prevede �il processo cautelare attivato in corso di causa�. 
Tale esenzione � stata, da ultimo, eliminata dall�art. 2, comma 212, lett. b), n. 
1, l. 23 dicembre 2009, n. 191 (219). 
Pertanto, prima di tale ultima modifica normativa, quando la domanda 
cautelare sia proposta unitamente al ricorso di merito (art. 21, commi 8 e 9, l. 
TAR), operava l�esenzione dal pagamento del contributo unificato. 
Con l�introduzione nel nostro sistema processuale della tutela cautelare 
ante causam, si � posto il problema se l�esenzione gi� contemplata dall�art. 
10, comma 5, T.U. cit. possa analogicamente estendersi alla tutela cautelare 
preventiva pura ovvero se debba corrispondersi un importo pari alla met� di 
quello che dovrebbe essere versato per la causa di merito, come avviene nel 
caso dei normali procedimenti ex artt. 669 bis ss., c.p.c., o se invece sia da liquidare 
l�intero importo dovuto per le controversie avanti al giudice amministrativo, 
prescindendo dal successivo pagamento per il giudizio di merito. 
Al riguardo, si confrontano due posizioni. 
La prima, pi� rigorosa, � patrocinata dalla dottrina (220) e dal Segretariato 
Generale della Giustizia Amministrativa (221), secondo cui, atteso che la 
norma di esenzione riguarda solo il processo cautelare in corso di causa, si 
deve ritenere che per la domanda ante causam sia dovuto un autonomo contributo 
unificato rispetto al successivo ricorso di merito. 
La tesi estensiva dell�esenzione � sostenuta dalla giurisprudenza (222), 
(217) Per un primo commento critico a tale nuovo aumento si vedano le considerazioni di G. 
VIRGA, Il prezzo della giustizia (a proposito dell�aumento fino a 2.000 euro del contributo unificato previsto 
dal maxiemendamento alla finanziaria 2007), in www.lexitalia.it., n. 12/2006. 
(218) Ad esempio: i ricorsi in materia di pubblico impiego (relativamente alle sole controversie 
concernenti rapporti gi� costituiti), i ricorsi proposti dalle associazioni di volontariato inerenti l�attivit� 
statutaria dell�ente; i ricorsi elettorali; i ricorsi in materia di previdenza, assicurazione sociale obbligatoria, 
il regolamento di competenza e di giurisdizione, i procedimenti cautelari (ovviamente, l�esenzione 
riguarda quelli post causam, non essendo previsti al momento dell�emanazione del T.U. n. 115/2002 
quelli ante causam). 
(219) Sulle modifiche al T.U. spese di giustizie recate dalla l. 23 dicembre 2009, n. 191 si veda, 
per un quadro riassuntivo, la Circolare dell�Avvocato Generale n. 3/2010, in www.avvocaturastato.it. 
(220) DE NICTOLIS, Il nuovo contributo unificato nel processo amministrativo, in Urb. e app., 
2007, 139, che ricostruisce analiticamente il nuovo regime del contributo unificato nel processo amministrativo 
alla luce delle novit� introdotte nel decreto Bersani; RUSCICA, op. cit., 226. 
(221) Circolare 6 luglio 2006, cit., nella quale si legge �il contributo per i giudizi cautelari � dovuto, 
in aggiunta al contributo per il ricorso in primo grado e in appello � c) per le istanze cautelari 
ante causam introdotte dall�art. 245 del codice degli appalti (approvato con d.lgs. n. 163 del 12 aprile 
2006), richieste dall�interessato in un momento antecedente alla proposizione del ricorso di merito�. 
(222) T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 27 aprile 2007, n. 324, in Giur. merito, 2007, 7-8, 2110. 
DOTTRINA 399 
che ritiene applicabile in via analogica (mancando una specifica disposizione 
che disciplini, per quanto concerne il contributo unificato, la domanda cautelare 
ante causam, prevista, nel giudizio amministrativo, solo per il processo 
in materia di contratti pubblici di cui all�art. 245 del Codice) la regola dell�esenzione 
posta dall�art. 10, comma 5, T.U. sulle spese di giudizio, che, se 
pure letteralmente riferita alla domanda presentata in corso di causa, � ritenuta 
comprensiva anche della tutela cautelare preventiva pura, che riguarda 
un�istanza cautelare che, sebbene proposta anteriormente alla notificazione 
del ricorso, mantiene i caratteri dell�accessoriet� e della strumentalit� rispetto 
al successivo giudizio di merito e che, quindi, non d� luogo ad un�autonoma 
iscrizione a ruolo. A sostegno di tale conclusione, si argomenta, in particolare, 
che �la previsione del versamento di un autonomo contributo - pur ipotizzata 
per la domanda cautelare ex art. 245 cit. in sede di primo commento sul nuovo 
contributo unificato, quale risultante a seguito della l. 4 agosto 2006 n. 248 e 
della l. 27 dicembre 2006 n. 296 - � prevista (peraltro, in misura ridotta alla 
met�) dall�art. 13, co. 3, T.U. n. 115/02, per i processi speciali previsti nel 
libro IV, titolo I, del codice di procedura civile, tra cui sono compresi i processi 
cautelari, che per� non sono caratterizzati da rigoroso vincolo di strumentalit� 
rispetto al giudizio di merito, come � invece nel processo amministrativo�. 
Orbene, ad avviso chi scrive, come gi� sostenuto in altra sede (223), pare 
da preferire la tesi rigorosa, non solo per ragioni d�ordine positivo (l�esenzione 
� prevista unicamente per i procedimenti cautelari post causam), ma anche in 
considerazione del rilievo che alla tutela cautelare preventiva ante causam, 
specie in caso di provvedimento negativo, potrebbe poi non seguire la successiva 
introduzione del giudizio di merito (224). La ragione dell�esenzione dal 
pagamento del contributo unificato per la domanda cautelare post causam pu� 
appuntarsi nel rilievo che una tale domanda �, per cos� dire, accessiva al ricorso 
di merito (nella quale, di prassi, � pure contenuta), oltrech� ad esso strumentale: 
in tal caso, la causa � gi� stata iscritta a ruolo e la domanda cautelare costituisce 
un�istanza che il ricorrente ha inteso formulare in funzione 
dell�integrit� del risultato cui ambisce con la gi� avvenuta proposizione del 
ricorso di merito; diversamente, nel caso della tutela cautelare ante causam, 
mai alcun giudizio di merito potrebbe incardinarsi (anche nell�ipotesi di concessione 
della misura), sicch� non appaiono decisive quelle ragioni che inducono 
la giurisprudenza citata a sostenere l�esenzione dall�obbligo del 
pagamento del contributo unificato. 
Naturalmente, ci si rende conto che, nell�ipotesi di introduzione del giu- 
(223) MEZZOTERO, op. cit., 1319. 
(224) Questo rilievo, ai fini dell�obbligatoriet� della statuizione sulle spese da parte del giudice 
della cautela ante causam, � formulato da F. SAITTA, Codice dei contratti pubblici e tutela giurisdizionale, 
cit., e da TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
400 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dizio di merito, dover provvedere, da parte del ricorrente, ad un doppio pagamento 
del contributo unificato (il primo per la fase cautelare ante causam, 
quanto meno di importo pari alla met� di quello che dovrebbe essere versato 
per la causa di merito, come avviene nel caso dei normali procedimenti ex artt. 
669 bis ss., c.p.c., ed il secondo al momento del deposito del ricorso di merito) 
appare conseguenza eccessivamente rigorosa e tale da dissuadere, di fatto, 
dall�esperimento dello straordinario rimedio cautelare previsto dal Codice. Il 
che impone al legislatore di prevedere dei correttivi al riguardo, specie se, 
come da pi� parti auspicato, il rimedio della tutela cautelare ante causam verr� 
generalizzato. 
18. Riflessioni conclusive sulla tutela cautelare ante causam in attesa del 
nuovo codice del processo amministrativo anche alla luce delle novit� introdotte 
dalla recente direttiva 11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE 
L�analisi della disciplina del nuovo rimedio introdotto dal Codice consente 
di formulare alcune riflessioni conclusive. 
Indubbiamente il legislatore ha colmato la lacuna processuale stigmatizzata 
dalla Corte di Giustizia europea, inserendo nel sistema processuale amministrativo 
uno strumento di tutela cautelare aggiuntivo delle tecniche di 
tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. 
Tuttavia, in attesa che il nuovo rimedio venga plasmato dalla giurisprudenza 
e ricondotto dal legislatore negli alvei della legittimit� in relazione ai 
punti critici in precedenza illustrati (225), emergono non pochi dubbi sull�effettiva 
utilit� dell�istituto, non foss�altro per la sua sostanziale sovrapposizione 
agli altri strumenti cautelari ordinari. 
In particolare, non si scorgono sostanziali differenze tra il rimedio introdotto 
dal Codice e l�istituto della tutela presidenziale delineata dall�art. 21, 
comma 9, l. TAR, che presenta caratteristiche affini a quelle della tutela cautelare 
ante causam e che meglio si cala nei meccanismi tipici del processo amministrativo 
(226). 
(225) In tal senso pare muoversi l�art. 73 della bozza di codice del processo amministrativo, su 
cui si rimanda al commento di prossima pubblicazione su questa Rassegna. 
(226) In proposito, perentoriamente, rileva M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, 
cit.: �la cautela ante causam � una misura assolutamente irragionevole e sproporzionata 
nel nostro sistema processuale amministrativo, in cui l�effettivit� della tutela sotto il profilo dell�immediatezza 
� gi� pienamente garantita dall�art. 21, c. 9 l. TAR e della possibilit� di integrare il ricorso 
fino alla scadenza dei termini attraverso la proposizione di motivi aggiunti. Ha quindi errato la Corte 
di Giustizia nell�ordinanza del 2004 e il Governo italiano ben potrebbe presumibilmente indurre gli organi 
comunitari ad una ulteriore riflessione sul tema. Del resto non appare a mio avviso senza significato 
la circostanza che la Direttiva 2007/66/CE si limiti a collegare l�effettivit� della tutela alla previsione 
di misure idonee a garantire che la violazione delle norma comunitarie non produca i suoi effetti, senza 
fare alcun esplicito riferimento alla necessit� di una cautela ante causam�.
DOTTRINA 401 
Anche la tutela cautelare monocratica, introdotta dalla l. n. 205/2000, si 
richiede con ricorso, previamente notificato e con la garanzia del mero contraddittorio 
formale; anche la misura monocratica � atipica e destinata ad essere 
assorbita nella successiva delibazione dell�istanza cautelare ordinaria. 
L�unica differenza - che per certi versi potrebbe, paradossalmente, andare a 
danno proprio dell�istante - � che si tratta di un rimedio che non prescinde 
dalla previa proposizione di un ricorso di merito. Tuttavia, come si � detto, 
anche l�istanza ex art. 245 del Codice non potr� mai prescindere dalla ricostruzione, 
seppur sintetica, in fatto ed in diritto delle ragioni che sostengono 
la richiesta di misura cautelare ante causam, mediante la rappresentazione 
sommaria dei vizi di illegittimit� del provvedimento, nonch� - detto in altro 
modo - dalla indicazione della futura azione di merito. 
Una valida giustificazione della introduzione dello strumento in esame 
potrebbe essere rinvenuta nella necessit� di consentire alla parte che subisce 
un pregiudizio da un atto di gara di poterne invocare la sospensione nelle more 
della valutazione circa la ricorrenza di profili di illegittimit� da fare valere con 
il successivo ricorso. E� ovvio intendere che, affinch� una simile ricostruzione 
abbia ingresso, si dovrebbe ammettere che il fondamento esclusivo della cautela 
di nuovo conio risieda nel (solo) periculum in mora. L�onere di provare 
l�illegittimit� dell�atto sarebbe, invece, rinviato alla sede del gravame i cui 
tempi non sarebbero in tesi compatibili con l�esigenza del concorrente di ottenere 
una tutela effettiva. Tuttavia, questa giustificazione non pu� essere condivisa, 
considerato che, per tutte le ragioni esposte, � onere della parte che fa 
l�istanza indicare anche i profili di illegittimit� che ci si riserva di illustrare 
funditus nel ricorso, da soli o in aggiunta agli altri eventualmente conosciuti 
successivamente. 
Se � cos�, per�, la tutela cautelare ante causam si rivela per la parte un 
inutile doppione della tutela monocratica e non stupisce che non se ne senta 
parlare nelle aule dei Tribunali amministrativi regionali, n� che sia edito alcun 
precedente giurisprudenziale sulla norma di nuovo conio (227). 
In definitiva: che farsene della tutela ante causam se pu� essere promossa 
solo con un atto notificato e depositato (come il ricorso e come l�istanza di misure 
provvisorie) nel quale (come nel ricorso e nell�istanza di misure provvisorie) 
vanno articolati, anche se solo sommariamente, i motivi che a dire 
(227) Cfr., Pres. GIOVANNINI nella Relazione di apertura dell�anno giudiziario 2009 dinanzi al 
T.A.R. Lazio, il quale sottolinea che �la tutela cautelare monocratica � gi� molto efficace: e ne d� conferma 
l�uso praticamente nullo dello strumento. Erano quindi perfettamente condivisibili gli argomenti 
svolti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 179 del 2002, nel senso che la possibilit� di tutela 
cautelare immediata consentita dalla l. n. 205 del 2000 (affatto pi� rapida di quella prevista dagli artt. 
669 e 700 c.p.c.) esclude che la tutela cautelare ante causam di fronte al giudice amministrativo costituisca 
una condizione di effettivit� della tutela e che in difetto di tale misura la p.A. goda di un�ingiustificata 
situazione di privilegio�.
402 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
dell�istante rendono la �lesione� una �violazione� della posizione giuridica di 
diritto comunitario? Tanto vale proporre ricorso riservandosi di dedurre motivi 
aggiunti entro il termine dimidiato ex art. 23 bis, l. TAR (o motivi nuovi entro 
quello ordinario per la proposizione del ricorso). 
Dunque, l�istituto in commento, cos� comՏ, non convince. Perch� possa 
rivelarsi di qualche utilit�, di un�utilit� diversa da quella riconosciuta ai rimedi 
cautelari dell�art. 21, l. TAR, occorrerebbe affrancarlo dall�onere di dedurre 
anche motivi di censura, perlomeno nei casi in cui di essi non sia facile ed immediato 
l�accertamento, non avendo l�interessato esatta cognizione dei motivi 
del provvedimento. Tuttavia, per quanto in precedenza esposto, alla proponibilit� 
di un�istanza cautelare ante causam al buio o meramente esplorativa 
(motivata, cio�, alla stregua del solo periculum) si oppongono saldi principi 
del nostro ordinamento processuale (in primis, il principio dell�impulso di 
parte). 
Se cos� �, allora, si deve riconoscere che l�istituto, pi� che rispondere ad 
un�effettiva esigenza di giustizia, � il portato di un obbligo di adeguamento 
dello Stato ai rilievi formulati in sede comunitaria. Di un tale rimedio, cos� 
come congegnato dal legislatore, forse neppure si sentiva il bisogno e non rappresenta 
un rilevante progresso sul piano dell�effettivit� della tutela rispetto 
ai risultati cui era gi� pervenuto il sistema italiano con la l. n. 205/2000, che, 
come detto, la Corte costituzionale nel 2002 aveva ritenuto adeguata per risolvere 
ogni problema di effettivit� della tutela interinale (228). 
L�istituto, alla prova dei fatti, risulta di scarso impatto pratico, poich� le 
forme di tutela anticipata - seppur non ante causam - appaiono costituire sufficiente 
garanzia. Rispetto alla tutela cautelare monocratica di cui all�art. 21, 
comma 9, l. TAR, il nuovo rimedio nulla effettivamente aggiunge, limitandosi 
il legislatore ad esasperare i presupposti per la concessione della misura, fissando 
dei requisiti di accesso alla tutela difficilmente riscontrabili in concreto. 
(228) Questi rilievi sono ben sviluppati da CHITI, Diritto amministrativo europeo, Milano, 2008, 
705, il quale sottolinea la �modesta utilit� di questo istituto nel quadro delle molte opportunit� date dal 
nuovo processo amministrativo, come anche confermato dalla Corte costituzionale con l�ordinanza n. 
179/2002�; nello stesso senso, con puntualit� di argomenti, PAOLANTONIO, op. cit.; ROTIGLIANO, op. cit., 
il quale osserva che �sembra trattarsi di uno di quei casi in cui l�osmosi tra diritto comunitario e diritto 
interno non � proceduta per induzioni quanto piuttosto per deduzioni, attraverso cio� l�imposizione di 
un modello nel contrasto ritenuto poziore alle tradizioni giuridiche nazionali. Mentre invece �i diritti 
processuali nazionali, frutto di un affinamento plurisecolare dei vari ordinamenti, sono con le loro peculiarit� 
un patrimonio ineguagliabile per il diritto europeo, pi� che una remora a fronte di un�uniformizzazione 
potenzialmente banalizzante delle regole processuali dell�Unione�; VILLATA, op. cit., in part. 
856. Considerazioni critiche in ordine all�utilit� del rimedio sono state espresse, da ultimo, anche da 
CERULLI IRELLI, Osservazioni sulla bozza di decreto legislativo attuativo della delega di cui all�art. 44, 
l. n. 88/2009 (presentate alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, l�11.2.2010), in 
www.giustamm.it; quanto ad una lettura del nuovo istituto alla luce dei principi del giusto processo e di 
effettivit� e pienezza della tutela giurisdizionale si rinvia alle condivisibili osservazioni di M.A. SANDULLI, 
La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.. 
DOTTRINA 403 
Sar� compito dell�elaborazione giurisprudenziale disegnare i confini tra 
l�estrema gravit� ed urgenza e l�eccezionale gravit� ed urgenza, facendo oscillare 
il pendolo della tutela cautelare sull�uno o sull�altro polo, ma, considerato 
il ristretto spazio concettuale tra l�estremo e l�eccezionale, si pu� fondatamente 
prevedere la schiacciante prevalenza di uno dei due strumenti a discapito dell�altro. 
Non sembra, pertanto, condivisibile l�opinione di chi (229) ritiene che la 
nuova tutela cautelare, segnata da un alto tasso di celerit�, informalit� e snellezza, 
sia destinata ad accrescere il livello di effettivit� della tutela, rappresentando 
la delibazione dell�istanza ante causam un momento di filtro del 
contenzioso amministrativo utile a deflazionare i ricorsi alla giustizia amministrativa, 
perch� l�adozione di un provvedimento di diniego adeguatamente 
motivato dissuaderebbe i privati dalla proposizione di ricorsi meramente dilatori 
e defatiganti. 
Se ci�, in linea teorica pu� avere un fondamento, tuttavia, occorre considerare 
l�onere, che grava sull�istante, di rappresentazione, sia pur sintetica, 
delle ragioni poste a fondamento della richiesta; sicch�, si deve convenire che, 
con ogni probabilit�, il giudice, che dovr� giudicare iuxta probata et alligata, 
non sar� in grado, data anche la ristrettezza dei tempi, di offrire una motivazione 
particolarmente ampia, specie sul fumus (ove, come sostenuto, lo si ritenga 
costituire presupposto per la concessione della misura, ad onta della 
formulazione normativa di cui al comma 3 dell�art. 245). Dal che consegue, 
per un verso, che quella particolare funzione di indirizzo dell�attivit� amministrativa 
- propria della tutela cautelare �ordinaria� - pu�, dirsi, riguardo alla 
tutela cautelare ante causam, decisamente abbandonata; per altro verso che 
l�istituto non svolger� nella pratica alcuna effettiva funzione deflattiva e di filtro; 
� ovvio intendere che una misura negativa non adeguatamente motivata, 
non dissuader� il ricorrente dal riproporre l�istanza cautelare nelle forme ordinarie. 
Del resto, come acutamente rilevato in dottrina (230), lo scarso impatto 
pratico che il nuovo istituto sta dimostrando in concreto di avere dipende da 
una ragione basilare: diversa �, infatti, la funzione della tutela cautelare nel 
processo civile rispetto a quella del processo amministrativo, poich� nel primo 
tale funzione � quella di garantire l�effettivit� della tutela giurisdizionale dichiarativa 
o esecutiva, i cui tempi di sviluppi potrebbero non essere compatibili 
con l�urgenza del provvedere, mentre la struttura quasi sempre 
impugnatoria del processo amministrativo (cos� come nelle controversie di 
cui all�art. 245, per le quali il rimedio preventivo � stato introdotto nel nostro 
ordinamento) ha ad oggetto una tutela finale di tipo costitutivo (finalizzata al- 
(229) TARULLO, La nuova tutela cautelare ante causam, cit. 
(230) PAOLANTONIO, op. cit., 337. 
404 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
l�annullamento di un provvedimento amministrativo), non dichiarativa o esecutiva, 
sicch� assai rare sono le ipotesi in cui l�esigenza di una tutela cautelare 
ante causam, ossia scissa dal rapporto di strumentalit� tra tutela 
cautelare e ricorso (di merito) impugnatorio, pu� emergere nel processo amministrativo. 
Possono scorgersi, non di meno, ipotesi in cui la tutela cautelare ante 
causam potrebbe presentare una certa utilit� e, in particolare, una possibile 
capacit� deflattiva del contenzioso. 
L�istanza cautelare ante causam ben potrebbe, infatti, concernere atti la 
cui conoscenza piena difetta in capo al richiedente e dei quali il medesimo 
non sia neppure in grado di apprezzare concretamente la reale, consistente 
ed attuale capacit� lesiva; e, in tal caso, il giudice invocato ben potrebbe acquisire, 
dall�amministrazione, ai fini della pronuncia, quegli elementi conoscitivi 
minimi che potrebbero indurre l�interessato a non proporre ricorso 
(o, ad esempio, a differirne la proposizione al momento dell�adozione, nel 
prosieguo della procedura amministrativa, di atti effettivamente ed utilmente 
impugnabili). 
Parimenti, la tutela cautelare ante causam potrebbe risultare utile nel 
caso di esclusione dalla gara nell�imminenza dell�apertura delle buste, ovvero 
di impugnativa del bando che, di per se, inibisca la partecipazione alla 
gara stessa (231); in tali ipotesi, infatti, potrebbe essere richiesta ed ottenuta 
ante causam la sospensione della procedura di aggiudicazione in attesa della 
definizione della domanda cautelare da avanzarsi in sede di merito, anche 
se ci� pu� produrre il non irrilevante effetto di una sospensione procedurale 
di non breve periodo, potenzialmente anche molto dannosa - almeno in talune 
tipologie di gara - per l�interesse pubblico. 
Oppure, sempre nel caso di intervenuta esclusione dalla gara, il concorrente 
potrebbe essere ammesso con riserva ai soli fini del suo inserimento 
in una graduatoria virtuale (ma con esclusione della concreta aggiudicazione), 
spettando al giudice valutare, di volta, in volta, se tale riammissione 
sia compatibile con le caratteristiche pi� o meno complesse delle procedure 
di gara e con l�esigenza, in caso di rigetto - nel prosieguo - della misura cautelare 
ex art. 21, l. TAR, di riprendere il procedimento senza pregiudizi irre- 
(231) Cfr., T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, decr. pres., 7 febbraio 2007, in www.giustiziaamministrativa.
it, che ha sospeso l�efficacia di un bando che non ammetteva la partecipazione ad 
una pubblica gara dell�impresa ricorrente perch� non rientrante tra le cooperative di tipo sociale alle 
quali sole era riservata la partecipazione; in tal caso, la P.A. ha annullato, in sede di autotutela, il 
bando di gara a seguito dell�emissione della misura cautelare ante causam, ma solo dopo la proposizione 
del ricorso di merito, con la conseguente successiva declaratoria, con sentenza succintamente 
motivata, della cessazione della materia del contendere; per l�indicazione di alcune ipotesi in cui lo 
strumento della tutela cautelare ante causam potrebbe risultare utile si rinvia a M.A. SANDULLI, La 
tutela cautelare nel processo amministrativo, cit. 
DOTTRINA 405 
versibili per l�amministrazione (mentre, non potr�, come detto, conseguire 
una pronuncia volta ad assicurargli l�aggiudicazione o ad escludere un altro 
concorrente, n� indurre l�amministrazione ad utilizzare differenti criteri valutativi 
attesa la natura irreversibile di siffatte operazioni). 
In aggiunta a tutte le considerazioni de jure condito svolte sopra, sull�effettivit� 
utilit� del rimedio cautelare, in generale, e di quella ante causam, 
in particolare, potrebbe incidere pesantemente la nuova direttiva ricorsi in 
materia di appalti pubblici 2007/66/CE dell�11 dicembre 2007 del Parlamento 
europeo e del Consiglio (pubblicata in G.U.C.E. 20 dicembre 2007, 
n. 1, 335), che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio 
per quanto riguarda il miglioramento dell�efficacia delle procedure di ricorso 
in materia d�aggiudicazione degli appalti pubblici (232). Tale direttiva 
avrebbe dovuto essere recepita dagli Stati membri entro il termine del 20 dicembre 
2009, termine prorogato di novanta giorni per effetto della trasmissione 
dello schema di decreto legislativo attuativo al parere delle 
Commissioni parlamentari, ai sensi dell�art. 1, comma 3, l. n. 88/2009 (233). 
La novit� pi� rilevante della nuova direttiva � costituita dalla particolarissima 
disposizione di cui all�art. 2, par. 3 (234), il quale prevede l�introduzione 
negli ordinamenti processuali degli Stati membri di un�ipotesi (la 
prima ed unica nel nostro ordinamento) di effetto sospensivo automatico (la 
cui durata minima � di non meno di dieci giorni) dell�atto di aggiudicazione 
(235) quale conseguenza della mera proposizione di un ricorso giurisdizio- 
(232) Fra i primi commenti relativi alla nuova direttiva ricorsi, si segnalano: BARTOLINI - FANTINI, 
La nuova direttiva ricorsi, in Urb. e app., 2008, 10, 1093 e ss.; CONTALDI LA GROTTERIA, Le 
nuove �direttive ricorsi� e le vecchie questioni sulla sorte del contratto, in Dir. e pratica amministrativa, 
2008, 3, 100 e ss.; DE NICTOLIS, La riforma del Codice appalti - La nuova �direttiva ricorsi�, 
in Urb. e app., 2008, 6, 665 e ss.; GRECO, La direttiva 2007/66/Ce: illegittimit� comunitaria, sorte 
del contratto ed effetti collaterali indotti, in www.giustamm.it; LIPARI, Annullamento dell�aggiudicazione 
ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, ivi. 
(233) Lo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva ed il relativo parere della Commissione 
Speciale del 25 gennaio 2010 del Consiglio di Stato sono pubblicati su www.giustamm.it; 
sugli effetti orizzontali della direttiva 2007/66, a seguito del suo mancato recepimento entro il termine 
del 20 dicembre 2009, cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. un., ord. 10 febbraio 2010, n. 2906, in 
www.lexitalia.it., n. 2/2010, su cui v. le prime note di commento di CARDARELLI, Commento a Cass. 
SS.UU., ord. n. 2906 del 10 febbraio 2010, in www.giustamm., n. 2/2010. 
(234) L�art. 2, par. 3, della direttiva 2007/66/CE dispone che: �Qualora un organo di prima 
istanza, che indipendente dall�amministrazione aggiudicatrice, riceva un ricorso relativo a una decisione 
di aggiudicazione di un appalto, gli Stati membri assicurano che l�amministrazione aggiudicatrice 
non possa stipulare il contratto prima che l�organo di ricorso abbia preso una decisione 
sulla domanda di provvedimenti cautelari o sul merito del ricorso�. 
(235) Atteso che l�effetto sospensivo derivante dalla proposizione del ricorso ha carattere eccezionale, 
esso � limitato all�ipotesi dell�impugnativa della sola decisione di aggiudicazione, come 
si desume dall�art. 2, par. 4, della direttiva 2007/66, il quale enuncia il principio che �le procedure 
di ricorso non devono necessariamente avere effetti sospensivi ed automatici�; ne costituisce espressa 
eccezione il caso indicato nel paragrafo 3.
406 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
nale avverso gli atti della gara (c.d. clausola di standsill) (236). Viene, dunque, 
introdotta una sospensione processuale che scatta automaticamente a seguito 
della proposizione del ricorso, che si aggiunge alla sospensione 
sostanziale, per un termine di non meno dieci giorni, prevista a decorrere dal 
giorno successivo alla comunicazione della decisione di aggiudicazione agli 
interessati. 
La finalit� della norma �, evidentemente, quella di evitare la c.d. �corsa 
al contratto�, ossia di scongiurare il rischio che, nonostante una tempestiva 
iniziativa di ricorso e nonostante una potenziale tempestiva risposta del giudice 
(ovviamente in sede cautelare), l�Amministrazione abbia gi� stipulato il contratto 
con l�impresa che sia stata (illegittimamente) individuata quale aggiudicataria; 
problema che si sostanzia nell�interposizione del contratto come 
ostacolo alla piena effettivit� (di tipo reintegratorio) della tutela offerta dal 
giudice amministrativo. 
Come i primi commentatori della direttiva hanno evidenziato (237), tale 
previsione costituisce una vera e propria novit� nel nostro sistema processuale, 
che � destinata a mettere in crisi (o comunque a far ripensare) il carattere dell�esecutivit�, 
come connotato tipico dell�atto amministrativo, tantoch� la dottrina 
si � subito premurata di congegnare dei rimedi per temperare 
l�indifferenziata applicazione del principio di sospensione automatica (238). 
In ogni caso, al di l� temperamenti ipotizzabili, il recepimento della sospensione 
automatica processuale costituisce un atto dovuto per gli Stati membri, 
essendo, a tal fine, espressamente, disposto che ҏ necessario prevedere un 
termine sospensivo minimo autonomo, che non dovrebbe scadere prima che 
l�organo di ricorso si sia pronunciato sulla domanda� (12� considerando della 
direttiva 2007/66) (239). 
La direttiva lascia agli Stati membri la possibilit� di far durare la sospensione 
processuale della delibera di aggiudicazione tra un periodo minimo, che 
� la decisione della fase cautelare, ed un periodo massimo, che � quello della 
decisione di merito. 
Come accennato, l�attuazione della nuova Direttiva ricorsi � stata disposta 
(236) Sulla clausola di standstill contemplata dalla direttiva del 2007 cfr., DI MARIO, Le clausole 
�standstill� nell�attuazione della direttiva 2007/66, in www.giustizia-amministrativa.it; RUSCICA, La 
rivoluzione attuata dalla Direttiva n. 66/2007, in www.altalex.it e in Strumentario enti locali, 2009, 11). 
(237) Si veda, in particolare, BARTOLINI - FANTINI, op. cit.; GRECO, op. cit. 
(238) Secondo DE NICTOLIS, op. ult. cit., 666, in sede di recepimento della direttiva 2007/66/CE, 
il legislatore delegato dovr�: �(�) scegliere, tra le due opzioni comunitarie [relative alla durata della 
sospensione automatica] quella secondo cui lo standstill opera fino alla definizione della fase cautelare, 
e non anche fino alla definizione del merito�; a conclusioni sostanzialmente identiche perviene LIPARI, 
op. cit.
(239) In tal senso, BARTOLINI - FANTINI, op. cit.; GRECO, op. cit.; contra LIPARI, Annullamento 
dell�aggiudicazione ed effetti del contratto, in www.federalismi.it, n. 9/2008, 10-11, che sostiene la facoltativit� 
del recepimento del termine sospensivo processuale. 
DOTTRINA 407 
dalla l. 7 luglio 2009, n. 88, recante �Disposizioni per l�adempimento di obblighi 
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunit� europee - Legge 
comunitaria 2008. (09G0100)�, in tempo utile ad evitare la scadenza del termine 
di recepimento della Direttiva, prevista per il 20 dicembre 2009. 
La legge contiene all�art. 44 una delega al Governo per il recepimento 
della Direttiva con decreto legislativo ed opera alcune scelte importanti tra 
quelle che il legislatore comunitario ha lasciato al legislatore nazionale. 
Per quanto rileva ai fini della presente indagine, la legge delega ha previsto 
il recepimento della sospensione automatica in pendenza di ricorso in 
presenza delle seguenti condizioni: a) la sospensione si applica solo nel caso 
di proposizione di ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento di aggiudicazione 
definitiva, accompagnato da contestuale domanda cautelare; b) la 
domanda dev�essere presentata al giudice competente territorialmente e per 
materia, il quale rileva l�incompetenza inderogabile d�ufficio prima di ogni 
altra questione; c) la preclusione alla stipulazione del contratto opera fino alla 
pubblicazione del provvedimento cautelare definitivo, ovvero fino alla pubblicazione 
del dispositivo della sentenza di primo grado, in udienza o entro i 
successivi sette giorni, se la causa pu� essere decisa nel merito nella camera 
di consiglio fissata per l�esame della domanda cautelare; d) il termine per l�impugnazione 
del provvedimento cautelare � di quindici giorni dalla sua comunicazione 
o dall�eventuale notifica, se anteriore. 
Ne risulta l�introduzione di modifiche importanti al rito in materia di appalti 
caratterizzate dalla certezza di una decisione in sede cautelare (o di merito 
nel caso di conversione del rito cautelare) anteriore alla stipulazione del contratto, 
effetto di per s� non garantito dalla sola tutela ante causam. 
L�art. 245-bis, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, introdotto dallo 
schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2007/66 prevede che il 
contratto non possa essere stipulato prima della decisione cautelare di primo 
grado ovvero prima della pubblicazione del dispositivo della sentenza pronunciata 
in forma abbreviata. A tal fine � previsto innovativamente che nel caso 
in cui la stazione appaltante fruisca del patrocinio dell�Avvocatura dello Stato 
la notificazione del ricorso debba essere effettuata anche alla stazione appaltante 
al fine di attivare il termine sospensivo della stipulazione. 
La disposizione del decreto attuativo conferma poi le indicazioni della 
legge in merito ai requisiti della domanda idonea a produrre l�effetto sospensivo 
(richiesta cautelare e proposizione al giudice competente). 
E� certo che l�introduzione della sospensione automatica nel nostro ordinamento, 
ove non fosse legata alla proposizione di una domanda cautelare, 
potrebbe rendere pressoch� superfluo l�intervento cautelare monocratico �ante 
causam� e inaudita altera parte (240); � chiaro che, in questo rinnovato con- 
(240) Cos� GRECO, op. cit.
408 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2010 
testo, verrebbe meno l�esigenza pi� volte prospettata dalla Corte di Giustizia 
di garantire la possibilit� di chiedere la sospensione dell�atto �indipendentemente 
da ogni azione previa�. Se � la stessa proposizione del ricorso 
a determinare di per s� la sospensione della delibera di aggiudicazione, il 
giudizio cautelare (ordinario e preventivo) si rivelerebbe sostanzialmente 
inutile, operando la sospensione della fase contrattuale automaticamente 
fino alla decisione di merito del giudizio, senza la necessit� di un intervento 
giudiziale. 
Diverso, invece, � il discorso laddove (come pare alla luce dello 
schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2007/66) il nostro legislatore 
si orientasse nel senso di limitare la sospensione automatica fino 
alla decisione del giudice cautelare, nel qual caso � ovvio che � interesse 
della parte proporre istanza cautelare, eventualmente anche ante causam. 
Semmai, il problema che si pone in questa evenienza � di un possibile uso 
distorto della tutela cautelare, qualora si dovesse tenere ferma la previsione 
secondo cui l�effetto sospensivo automatico perdura fino alla decisione cautelare 
definitiva (241). In tal caso il ricorso potrebbe essere proposto anche 
pretestuosamente per ottenere la sospensione ex lege della stipula, sicch� 
pare opportuno prevede un termine preclusivo (ossia di sospensione automatica) 
fisso, entro il quale deve sopravvenire un provvedimento cautelare 
collegiale. 
Allo stato, dunque, non essendo prevedibile per quale soluzione opter� 
definitivamente il nostro legislatore in sede di recepimento della direttiva, 
non vՏ dubbio che sussiste il rischio (invero, insito nel testo comunitario) 
per cui il ricorso al sistema della sospensione automatica, lungi dal favorire 
il ricorrente che ha ragione, si presti piuttosto ad utilizzi strumentali da 
parte di soggetti la cui unica finalit� sia quella di sospendere sine die le 
procedure di aggiudicazione (se del caso, attraverso l�introduzione di un 
giudizio palesemente infondato). Proprio per questa ragione, la dottrina ha 
ipotizzato che �in sede di recepimento, ben pu� essere previsto un termine 
di durata massima dello standstill conseguente al ricorso giurisdizionale 
(�), laddove non vi sia domanda cautelare e dunque una pronuncia cautelare 
che proroghi la sospensione legale. In tal modo, si incentiva il ricorrente 
a formulare domanda cautelare, e si consegue in tempi rapidi una 
pronuncia almeno cautelare sul ricorso�(242). 
(241) Cfr., in proposito, le osservazioni formulate nel parere sullo schema di decreto legislativo 
attuativo della direttiva 2007/66 della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, cit., 55-56, secondo 
cui il termine preclusivo deve operare solo per venti giorni e sempre che entro tale termine intervenga 
un provvedimento cautelare collegiale; a tale soluzione adde, CERULLI IRELLI, Osservazioni sulla bozza 
di decreto�, cit.. Favorevole alla previsione dell�effetto sospensivo automatico �fino alla decisione cautelare 
definitiva� � M.A. SANDULLI, La tutela cautelare nel processo amministrativo, cit.. 
(242) DE NICTOLIS, op. ult. cit., 666. 
DOTTRINA 409 
Non ci resta che attendere gli sviluppi della vicenda, i cui esiti - come 
pare probabile in considerazione delle disposizioni dello schema di decreto 
attuativo della direttiva 2007/66 - potrebbero portare ad una vistosa contrazione 
degli spazi applicativi dello strumento cautelare preventivo, gi�, 
attualmente, inutile. 
Finito di stampare nel mese di marzo 2010 
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Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma